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Capo-redattore? No, “domatrice” Lorenza Giuliani
Capo-redattore? No, “domatrice”
Il supporto emotivo ai collaboratori e la sensazione di raccontare la montagna senza luoghi comuni. Introducendo temi e spunti di riflessione stimolanti
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di Lorenza Giuliani
Partendo dal presupposto che fare il capo-redattore è un’attività molto più vicina a quella di domatore di leoni che non a quella giornalistica, devo dire che questi anni a Montagne360 hanno affinato in modo deciso le mie capacità circensi. Far passare dal cerchio di fuoco, ogni mese, tutti coloro che dovevano passarvi (collaboratori, Soci, titolati, persino presidenti) è stata un’impresa estrema. Quasi come scalare il K2. Va detto che nella costruzione di un mensile le variabili sono molte, tutte piuttosto insidiose: gli spazi, i modi, i contenuti, i tempi. E far sì che tutti i tasselli del puzzle vadano al loro posto richiede impegno, pazienza, costanza e anche un po’ di buona sorte. Oltre a un pizzico di telepatia, per interpretare le indicazioni del direttore.
IL NUMERO DI DICEMBRE
Detto questo, alla fatica organizzativa si aggiunge una disponibilità introspettiva che, prima o poi, qualcuno dovrà pur riconoscere a chi ha ruoli di coordinamento. Non basta avere confidenza con l’italiano, conoscere i meccanismi che regolano la realizzazione di un mensile cartaceo, avere estro e forse anche un po’ di senso estetico. Ci vuole propensione all’ascolto, al sostegno emotivo, alla rassicurazione, anche all’approfondimento umano. Ma non voglio sconfinare in un campo che, per definizione e per conquista diretta, come avete letto nelle pagine precedenti, è di competenza della segreteria di redazione. Resta, alla fine di ogni mese, la grande soddisfazione di avere chiuso un numero che a breve (in alcuni casi: prima o poi…) arriverà fra le mani dei lettori, e l’agghiacciante consapevolezza che se ne sta per aprire un altro. Ecco, questo numero di dicembre è diverso da tutti