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Avventure su due ruote
Molte cose, in seno al Cai, sono cambiate anche per quanto riguarda il cicloescursionismo. E Montagne360 ha accompagnato la diffusione delle due ruote in montagna
testo e foto di Claudio Coppola
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Quando iniziai a collaborare con Montagne360, più di dieci anni fa, il cicloescursionismo era da poco entrato a far parte delle attività istituzionali del Club alpino italiano e il sottoscritto faceva parte da tempo del gruppo di lavoro Ciclo della Commissione centrale escursionismo: fui perciò assai felice di scrivere per questa prestigiosa rivista. Non pensavo onestamente che i miei articoli potessero contribuire alla diffusione della bici da montagna in seno al Cai, ma dovetti ricredermi da subito. E questo sia in chiave positiva che negativa, perché gli articoli aprirono un dibattito che portò a un confronto. Sono infatti sicuro che i racconti delle traversate da me intraprese, con tanto di tracce gpx messe a disposizione nel mio sito, abbiano ispirato almeno qualcuno a ripetere i miei percorsi e anche a migliorarli o magari a idearne di nuovi e più avvincenti.
IL CICLOESCURSIONISMO
Sicuramente i sostenitori furono assai di più e questo mi incoraggiò a continuare: furono pub-
A sinistra, le due ruote davanti al Pelmo. A destra, un momento del raduno nel 2014 in Cadore
blicati via via i miei reportage sui cicloviaggi in Sardegna, Marocco, Montenegro, Peloponneso e altre monografie, e visto che io mi definisco un alpinista che va anche in bicicletta, mi sono divertito a scrivere pure un articolo su Selvaggio Blu, da me percorso a piedi (ovviamente) nel 2017. Perché vi racconto tutto questo? Per far capire ai lettori che quasi tutti i Soci che praticano cicloescursionismo sono davvero alpinisti e non solo ciclisti: c’è chi si dedica anche alla speleologia, chi all’arrampicata, chi allo scialpinismo e così via. Questo concetto è stato efficacemente veicolato da Montagne360, che in questo decennio ha promosso la nostra attività e le ha riconosciuto pari dignità con le altre di più antica nascita: in quasi tutti i 120 numeri di questo decennio il lettore ha trovato un articolo che parlava di percorsi in bicicletta, dell’uso della bicicletta negli anni eroici dell’alpinismo negli anni Trenta – chi dimentica i fratelli Schmidt, studenti di ingegneria, che affrontarono per primi la Nord del Cervino dopo essere arrivati a Zermatt da Monaco in sella? – e, ancora, di concatenamenti tra due o più arrampicate realizzati con la mountain bike. La presenza costante di questi scritti ha fatto via via scemare la diffidenza, a volte anche l’astio, che parecchi frequentatori della montagna nutrivano nei nostri confronti: quando traversai in solitaria le Alpi nel 2005 spesso incontrai camminatori che nel vedermi issare con fatica la mia bici su per molti sentieri mi guardavano con sufficienza e a volte facevano pure battute discutibili: con il passare degli anni queste figure sono via via andate sparendo e ora quando ci si incrocia lungo i cammini ci si saluta e noi ciclisti del Cai ci fermiamo per lasciare la precedenza a chi va a piedi – ovvio che non rispondo per i maleducati che non rallentano.
ANDARE LENTI
Ci tengo a sottolineare qui altri due argomenti. Il primo riguarda gli altri componenti del gruppo Ciclo della Cce che hanno scritto anch’essi su Montagne360: io da solo non sarei di certo bastato a suscitare ammirazione e anche entusiasmo tra i lettori e quindi ringrazio Marco Lavezzo, Piergiorgio Rivara, Alessandro Federici e tutti coloro che hanno dedicato il loro tempo e il loro denaro per divulgare la nostra attività e presentarla nel modo più bello, cioè un inno alla libertà di salire e scendere tra le montagne senza conquistare alcunché. Il secondo argomento riguarda il Ciclosentiero Italia, del quale avevo lanciato l’idea nel lontano 2009: in quell’articolo anticipavo due idee ricorrenti nei miei successivi contributi a Montagne360. Il primo motivo è l’elogio dell’andar lento: sinceramente non ne possiamo più di gente che, oltre che in città, corre anche sui sentieri. Secondo motivo: quasi sempre l’attenzione dell’opinione pubblica è rivolta alle grandi imprese, per una volta invece mi piacerebbe rovesciare questo fascio di luce e puntarlo sull’onesto appassionato di montagne e di biciclette, magari non più giovane e con un po’ di pancetta, come me, che riesce, senza realizzare tempi da record, a salire e scendere dignitosamente le montagne che tanto ama. Concludo, altrimenti divento noioso. Gli anni di collaborazione con Montagne360 sono stati belli anche grazie alla presenza del direttore Luca Calzolari, che si è impegnato a promuovere il cicloescursionismo sulle pagine della pubblicazione, sia perché egli stesso è un pedalatore sui sentieri, ma soprattutto perché aveva capito che si trattava di un argomento “nuovo” e il Sodalizio non poteva lasciarlo trattare ad altri. In più nel cicloviaggio in Marocco del 2016 si è rivelato un ottimo compagno di sella, dimostrandosi davvero una buona gamba… Purtroppo il direttore terminerà il suo incarico alla fine del 2022 e pure il sottoscritto cesserà le sue collaborazioni. Tutto arriva alla sua fine: ma noi alpinisti non cesseremo mai di andar per monti, fieri della nostra libertà.