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La nostra narrazione
La nostra narrazione speleologica
Da quando la speleologia è arrivata in edicola, con Montagne360, nell’ottobre 2012, abbiamo cercato di presentare le grotte per quello che sono, ovvero il vuoto percorribile delle montagne
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di Massimo “Max” Goldoni
Montagne360, già nella denominazione, riassumeva l’intenzione di offrire un’immagine complessiva della montagna e della sua frequentazione. Il mondo sotterraneo e la speleologia hanno contribuito a dare profondità a questa visione, poiché la rivista ha presentato le grotte per quello che sono, ovvero il vuoto percorribile delle montagne, e ha anche riportato la speleologia al suo intrinseco significato, di “discorso intorno alle caverne”. Non si è abbiamo raccontato un’esperienza elitaria ed eclettica, ma c’è stata una narrazione attenta a cogliere l’evoluzione delle esplorazioni, le nuove metodologie di ricerca, le occasioni di confronto e scambio di conoscenze. In dieci anni sono cadute molte barriere tra la speleologia e altre discipline, si è affermata una più complessa visione d’insieme che ha profondamente cambiato la geografia sotterranea dell’Italia. Nell’arco di dieci anni il primato di “grotta più estesa d’Italia” è passato dal Complesso del Monte Corchia in Toscana a quello della Val Nosè in Lombardia, poi a quello del Supramonte Orientale in Sardegna e infine al Complesso Carsico del Monte Canin in Friuli-Venezia Giulia. Nel frattempo, il Complesso della Carcaraia nelle Alpi Apuane ha passato i 75 chilometri di sviluppo. Complessi, dunque insiemi, frutto di pluriennali lavori di ricerca per congiungere grotte, restituendo, anche, l’articolazione dei reticoli carsici. Se la singola grotta era una pagina, più grotte insieme si sono fatte racconto.
IL SENSO E LE INTENZIONI
Scorrendo la rubrica Echi Sotterranei, troviamo queste ricerche seguite passo dopo passo, colte nel loro divenire o nei momenti decisivi e sinteticamente riportate. Le esplorazioni e le ricerche decisive sono diventate articoli estesi e Montagne360 è stata cassa di risonanza autorevole e importante, capace di rivolgersi anche ai non speleologi, sempre cercando di tradurre il senso e le intenzioni delle attività esplorative e di ricerca. Non è, questa, impresa semplice, perché è difficile spiegare il continuo mutare dell’estensione e della profondità delle grotte; se nella montagna la vetta è un dato soggetto a minime variazioni, i numeri delle grotte sono in continua evoluzione, perché l’esplorazione va oltre, approfondisce, unisce, scopre nuovi vuoti, nuove cavità. E se si riflette sull’evoluzione della ricerca e dell’esplorazione speleologica, si scopre come questa sia il frutto di metodi, strumenti e attitudini che si affinano. In questi dieci anni abbiamo seguito con attenzione il costante progresso della topografia digitale, la crescente precisione nella restituzione dei dati, l’avvento di supporti tecnologici quali i droni, adattati all’ambiente ipogeo, i laser scanner resi portatili, la realtà virtuale come strumento di divulgazione. Al centro ci sono sempre le persone, le intenzioni e la creatività, ma con mezzi sempre più efficaci e specializzati. E la specializzazione rende credibili, consente il confronto attraverso dati acquisiti con rigore in ambienti ostili. La documentazione della riduzione dei depositi glaciali nelle grotte, lo studio delle cavità nel ghiaccio e il loro ruolo nelle fusioni dei ghiacciai, il monito-
raggio delle mutate correnti d’aria dovute alle aumentate differenze termiche tra l’interno e l’esterno delle cavità hanno fornito importanti spunti di riflessione per definire gli inquietanti contorni della crisi climatica in atto.
LA GROTTA COME HABITAT
In questi anni abbiamo seguito con doverosa attenzione le attività di bonifica svolte da speleologi in grotte e aree carsiche, poiché si tratta di attività che portano al centro dell’attenzione il valore della grotta come ambiente e habitat. La biospeleologia, ovvero la biologia che si occupa del mondo sotterraneo, affinando tecniche di indagine e documentazione ha reso più sensibili verso una visione meno antropocentrica del mondo sotterraneo. Anche questo tipo di studi ha individuato nuovi obiettivi, spingendosi oltre la soglia del visibile, sino a indagare sulla presenza e il ruolo dei batteri nell’ambiente carsico.
ANNI DI SCOPERTE E NUOVE ESPERIENZE
Pur segnati dalla recente, drammatica pandemia e da una guerra vicina e ancora in corso, per il mondo speleologico sono stati dieci anni ricchi di scoperte, nuove ricerche e importanti esperienze. Speleologi come Francesco Sauro e Jo De Waele, con la direzione di Loredana Bessone, sono diventati formatori di astronauti per conto dell’Agenzia Spaziale Europea e Montagne360 ha riportato queste esperienze straordinarie; grazie anche all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia vi sono state impegnative spedizioni vulcano speleologiche in Antartide e ne ha scritto Gaetano Giudice; la glaciospeleologia ha offerto importanti indicazioni sulla crisi climatica e il tema è stato trattato con protagonisti di diverse esplorazioni e ricerche. Nell’ambito di Echi Sotterranei e di altri articoli non sono mancati aggiornamenti e approfondimenti su spedizioni italiane all’estero, quali quelle de La Venta, e nuove scoperte a livello internazionale; un esempio tra i tanti, l’esplorazione della grotta attualmente più profonda al mondo, la Veryovkina in Abkazia, dove gli speleologi sono scesi a -2212 metri. Non si può non citare lo spazio dedicato alla documentazione sotterranea e a Il buco, pellicola del regista Frammartino che nel 2021 ha idealmente portato la speleologia alla Mostra del Cinema di Venezia (nell’edizione in cui è stato proiettato anche Caveman, il gigante nascosto, di Landucci) facendola conoscere a un vasto pubblico. Montagne360 ha dato voce ed è stata anche partecipe protagonista di una comunità speleologica che ha imparato a comunicare progettando e realizzando eventi aperti ai non addetti ai lavori, incontri e congressi non riservati a soli specialisti. Abbiamo raccolto cronaca e rimandato ad approfondimenti, dando protagonismo a nuove esplorazioni, a scoperte naturalistiche, archeologiche e paleontologiche, comunicando gli eventi più rilevanti. In tutto questo si è sempre ricercato un linguaggio rigoroso, ma comprensibile, poiché solo una minoranza dei lettori della rivista ha esperienza diretta del mondo sotterraneo. Da non dimenticare anche il fatto che per la prima volta la speleologia è anche “andata in edicola”, sfatando il luogo comune che voleva che si trattasse di speleologia solo in caso di infortuni o interventi di soccorso. Speleologhe e speleologi coinvolti nella stesura di articoli hanno accettato di buon grado il confronto con i frequentatori dell’esterno della montagna, a cui hanno offerto stimoli che riteniamo preziosi anche per leggere il paesaggio, considerare i percorsi sotterranei delle acque, andando oltre il visibile e sotto la superficie della montagna. Montagne360 ha assolto al compito di presentare la speleologia come disciplina di conoscenza che richiede passione, voglia di apprendere, impegno fisico ed emotivo, offrendo in cambio un più profondo punto di vista a quanti frequentano l’ambiente della montagna in modo consapevole.
A sinistra, a proposito di speleologia, la copertina di Montagne360 del numero di novembre 2021. Sopra, il numero di giugno 2018