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Fare cultura della montagna

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Salendo si impara

Salendo si impara

È il compito di chi ama le Terre alte e si muove nell’ambito della comunicazione. Un compito che Montagne360 ha fin qui svolto

di Andrea Formagnana

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La prima volta di Montagne360? Un articolo in cui raccontavo l’esperienza di alternanza scuola e lavoro della mia Sezione, quella di Biella, con l’Istituto tecnico cittadino, che non a caso, si chiama Quintino Sella. Ero da poco entrato nel consiglio della Sezione ed essendo io giornalista venni investito del problema: «Non si riesce mai a far pubblicare nulla sulla rivista». Non fu così complicato, sapete? Bastò prendere i contatti e, una volta accettata la proposta, mandare la cartella corredata di foto et voilà, il pezzo magicamente si trovò in pagina. Da allora di articoli ne ho scritti diversi, non solo riguardanti ambiti legati alla Sezione, e mi sono divertito a collaborare con il direttore Luca Calzolari, diventato un amico, e con il team di redazione. Insieme abbiamo anche organizzato un convegno con tanti personaggi e conoscitori delle Terre alte. Eravamo a Oropa, e c’erano tra gli altri Linda Cottino e Roberto Mantovani, anche loro preziosissimi collaboratori di questa rivista. Il titolo della giornata era “Ripensare alla montagna”. L’evento venne organizzato nel 2017, nel 30° di fondazione di Mountain Wilderness, associazione che ebbe i natali proprio a Biella.

LA MONTAGNA È L’UOMO CHE LA VIVE

Da Montagne360 ho tratto ispirazione anche per la rivista sezionale Brich e Bocc, che ho avuto il piacere di dirigere fino a pochi mesi fa quando, eletto presidente della mia Sezione, ne ho lasciato il timone. La montagna è l’uomo che la vive, che vi fatica, che vi crea economia. La montagna è l’uomo che in esse, nei suoi elementi primigeni, si è plasmato. Vi voglio raccontare questo episodio recente che esplica il concetto. A fine ottobre con il Gruppo Escursionistico della mia Sezione abbiamo realizzato un trekking sul Renon. In vista delle piramidi di terra di Longomoso una Socia, una professoressa di scienze, spiega scientificamente l’origine di queste strane conformazioni. Poi prendo la parola io e racconto di un’altra origine, quella di un parroco che incappò in un agguato di streghe e che con la preghiera le sconfisse mutandole in quelle mute e grigie sentinelle che guardano allo Sciliar. Ecco quello che voglio dire è che l’aspetto culturale della montagna, le leggende e le tradizioni, le lingue delle minoranze che abitano le valli, sono un’immensa ricchezza che va investigata e raccontata. Perché è bello scalare pareti, infrangere i gradi, ma che soddisfazione c’è se non conosciamo il contesto in cui ci troviamo? Ecco il ruolo che una rivista come quella del Cai deve avere, fare cultura della montagna a 360 gradi.

Sopra, la frazione di Santa Maddalena con le Odle a farle da sfondo (foto di Andrea Formagnana, tratta dal numero di Montagne360 di febbraio 2022)

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