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Paolo Cognetti L’antidoto al virus Enrico Camanni

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Indice 2020

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L’antidoto al virus

Una frequentazione intima e consapevole, inserita nel territorio e rispettosa della sua cultura. Questa potrebbe essere la via per sostenere la montagna e per mettere a frutto l’insegnamento di questi mesi

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di Enrico Camanni*

Che cosa ci insegna la pandemia se la guardiamo con gli occhiali della montagna? Il primo insegnamento è che la montagna e la città si toccano, non esistono comparti geografici stagni. La globalizzazione turistica è emersa con evidenza all’inizio della crisi, quando gli alberghi a quattro stelle hanno perso le ricche prenotazioni straniere su cui punta l’attuale settimana bianca. In pochi giorni gli hotel erano vuoti. Mi pare che la lezione sia più chiara che mai. L’illusione di “vendere” le Alpi prima di tutto a chi viene da molto lontano, solo perché ha il portafoglio molto gonfio, cozza con il bisogno di una frequentazione intima e consapevole, una cura non soggetta a gusti e mode indotte dal mercato, profondamente inserita nel milieu territoriale, culturale e sentimentale. Se il turismo di massa è fragile, volubile e vulnerabile ai contagi di massa, vivere i luoghi con sguardo partecipe e delicato è l’antidoto a molti virus. Da circa vent’anni lo sci di pista è ormai una pratica artificiale a tutti gli effetti. Anche gli sci sono cambiati, corti e larghissimi, democratici. Sono cambiati gli impianti di risalita, non si fa più la coda alla funivia, e sono cambiate le temperature, evidentemente. Con il riscaldamento globale la neve sale a quote sempre più elevate e le montagne sbiancano sempre più in fretta. Da anni metto in dubbio le scelte unilaterali dell’industria dello sci di massa, sostenuta da ingenti finanziamenti pubblici (cioè dai soldi di quei pochi cittadini che sciano e di quei tanti che non sciano affatto), che come tutte le industrie dai piedi pesanti non è in grado di adattarsi ai cambiamenti (climatici, economici, estetici), ma cerca con insistenza, talvolta con violenza, di adattare il mondo alle sue esigenze di sviluppo illimitato. Infatti non immagina neanche lontanamente di sfruttare l’opportunità della crisi pandemica per ripensare l’offerta invernale, che comprende infinite alternative come lo scialpinismo, il fondo, le ciaspole, i sentieri innevati e non. Quanta gente cammina d’inverno sui versanti assolati! Ammettiamolo: non ha più senso l’equiparazione “sci-montagna”. È un concetto superato dalla realtà, frutto di un pensiero dominante che, in cambio di denaro, ha reso la montagna un banale oggetto di consumo. E quando la vetrina è vuota, sembra che intorno non ci sia più niente. Invece c’è moltissimo: la neve, quella vera, il silenzio, l’ambiente naturale, il distanziamento naturale e intelligente, non quello forzato dalla pandemia. * Scrittore, giornalista e alpinista

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