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Alpinismo | Due uomini e una gamba

Ci sono storie di straordinaria ordinarietà. Come quelle di Massimo e Andrea, che non condividono solo la disabilità, ma anche i sogni. Volevano scalare tutti i Quattromila del Monte Rosa. Ecco com’è andata

di Andrea Formagnana

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Massimo Coda e Andrea Lanfri, biellese il primo, di Lucca il secondo, da un paio d’anni sono una cordata fissa e affiatata. Massimo, una decina di anni fa, era stato vittima di un incidente in montagna mentre si allenava per scalare il Cervino. A seguito di terapie fallite era poi arrivato a prendere la difficile decisione di farsi amputare la gamba, quella destra, che di guarire non aveva voglia. Andrea, che è stato atleta paralimpico, invece gli arti inferiori li ha persi entrambi a causa di una meningite. Da quando si sono conosciuti in un vertical in Liguria non hanno più smesso di progettare imprese alpinistiche, e, facendo forza sui loro handicap, hanno creato il team “Due uomini e una gamba”. Se l’estate scorsa hanno scalato nell’ordine Marmolada, Gran Paradiso, Monte Bianco (Via del papa), Monviso e hanno mancato di poco il Cervino, quest’anno avevano deciso di puntare le loro carte sul Monte Rosa. Il loro obiettivo iniziale era quello di scalare, in una settimana, tutti i 21 quattromila del massiccio. Sarebbero stati i primi atleti disabili a compiere questa impresa in totale autonomia. Non ci sono però riusciti. Contro di loro, oltre le difficoltà oggettive della quota, ha giocato il meteo. Gli spiragli di sole sono stati pochissimi. E si sa, con la montagna non si scherza.

i due alpinisti si sistemano le protesi

IL RACCONTO

«Riassumere le emozioni di questa traversata non è sicuramente semplice. L’avventura è iniziata l’ultima domenica di giugno a punta Indren, alla base del ghiacciaio, sopra Gressoney. Qui abbiamo sistemato negli immensi zaini gli ultimi dettagli del carico (tenda, fornello, cibo, materassino, sacco a pelo, eccetera) e una volta calzati i ramponi ai piedi, bastoncino alla mano sinistra e picca alla mano destra, abbiamo iniziato a salire di quota» racconta Andrea. «Abbiamo raggiunto la prima vetta: punta Giordani. Poi abbiamo proseguito per la Vincent. Ma nella neve si sprofondava fino all’inguine. Questo ci ha molto rallentati. Intanto il tempo cominciava a cambiare. Quando mancavano poco più di sessanta metri alla punta della Vincent abbiamo deciso di piazzare la tenda. Abbiamo fatto appena in tempo. Da lì a poco si sarebbe scatenata una violenta tormenta di vento e neve con tuoni e fulmini» spiega Massimo. Troppo pericoloso tentare di arrivare al bivacco Giordano al Balmenhorn, obiettivo di giornata. Riprende le fila del racconto Andrea: «Al mattino successivo il tempo, pur non bello, era comunque migliore, e così abbiamo percorso quell’ultimo chilometro che ci separava dal bivacco. Ci abbiamo messo più di 4 ore. Tanta, tanta neve e nebbia, una visibilità di uno o tre metri. Massimo, dietro di me, non riusciva a vedermi, eppure ero in cordata con lui a otto metri di distanza». Prosegue Massimo: «Con visibilità sempre pessima, grazie al gps, ci siamo diretti verso il Balmenhorn (Cristo delle Vette) e abbiamo trovato riparo nel bivacco sottostante la vetta». «Solamente il terzo giorno Ω riprende a raccontare Andrea Ω siamo riusciti a raggiungere la Capanna Margherita. Aveva nevicato tutta la notte, ormai ogni traccia segnata era scomparsa, e anche se c’era molta nebbia abbiamo deciso di partire. In quel momento non stava nevicando e le temperature non erano così rigide, almeno così ci sembrava, con tutti gli strati di vestiti che avevamo indosso. Gps alla mano, passo molto lento per evitare crepacci e seracchi e di finire in qualche guaio serio, tastando la neve con passo cauto, abbiamo percorso questi ultimi quattro chilometri per arrivare al rifugio. Negli ultimi metri di dislivello abbiamo trovato una lastra di ghiaccio. Ho preso dall’imbrago due chiodi, uno per allestire una sosta e l’altro per proteggere la salita. Il meteo stava peggiorando di nuovo, ogni tanta arrivavano delle forti folate di vento che alzavano la neve fresca che poi ci arrivava con forza addosso. Ogni volta ci fermavamo e aspettavamo che passasse la folata per poi ripartire, abbiamo persino usato le scale della Capanna per fare sicura. Alla fine siamo entrati dentro al rifugio e ci siamo stati fino alla mattina successiva».

l’arrivo al Rifugio Quintino Sella al Felik

MOMENTI DIFFICILI

Il giorno dopo Andrea e Massimo si sono trovati a dover prendere una decisione. Avrebbero voluto salire altre vette (la Parrot e la Zumstein) ma c’era troppa neve fresca che li avrebbe rallentati ulteriormente. Si sono così ridiretti al Balmenhorn, dove avevano lasciato tutto quello che li avrebbe appesantiti per la Margherita, con l’idea di tentare la traversata del naso dei Lyskamm per arrivare nel pomeriggio al rifugio Quintino Sella al Felik. «Non conoscevamo quest’area del Rosa. Siamo scesi e abbiamo iniziato l’attraversamento, tutto senza traccia, affidandoci a cartine e gps. Questa giornata alla fine è stata una delle migliori, climaticamente e non solo, il tempo era bello e la situazione neve nell’altro lato era migliore, quindi siamo arrivati al rifugio molto bene», dice Andrea. Massimo gli ruba però la parola: «Arrivare al Rifugio Quintino Sella della mia Sezione - il rifugio è del Cai Biella (ndr) - è stato molto bello. L’accoglienza dei gestori e della Sezione è stata meravigliosa. Ci siamo sentiti a casa». Il Cai di Biella, con il Cai Centrale e Banca Sella, del resto era partner dell’iniziativa rientrando nel calendario della celebrazioni per l’inaugurazione della riqualificazione della struttura - la festa si è tenuta l’8 agosto — in chiave di riduzione dell’impronta ambientale. Ma il meteo ha continuato a riservare altre sorprese ai due alpinisti. Giovedì a creare problemi è stato il vento che soffiava a forza 8. «Le previsione dicevano che dopo le nove sarebbe calato. E quindi ci siamo arrischiati a fare il Castore. Arrivati al Colle del Felik era però ancora fortissimo. Abbiamo aspettato ancora un po’. Sembrava calare e siamo partiti per affrontare la cresta. Non era calato poi tanto e, con lo zaino pesante e le nostre protesi, superare quei metri affilati in cresta non è stata proprio una passeggiata. Non dico di aver avuto paura... ma quasi» sorride Massimo.

uno scatto realizzato dai due alpinisti scendendo dalla Capanna Margherita

OBIETTIVO “AFRICA”

Raggiunto poi il Bivacco Rossi e Violante i due amici, venerdì mattina sono scesi a Cervinia. «Il momento forse più pericoloso? Scendere il ghiacciaio del Ventina senza farsi falcidiare dagli sciatori» ride Massimo, che ora pensa già al prossimo obiettivo: il Cervino. «Soddisfatto? Non lo sono. Non mi piace annunciare di fare qualcosa e poi non riuscirci. Però oggettivamente non potevamo fare altro. Comunque, di questa sfida, resteranno ricordi indelebili. Emozioni uniche come solo la montagna sa regalare». Scendendo verso Cervinia, in una giornata finalmente di sole, Andrea e Massimo potevano vedere la parete del Castore. «Vedevamo gli zig zag sulla neve delle cordate, ma noi eravamo saliti e scesi senza tracce eravamo stati bravi, e soprattutto non ci siamo mai persi d’animo, abbiamo stretto i denti quando serviva e alzato la concentrazione ai massimi livelli per non commettere errori» spiega Andrea. «Ci sarebbe piaciuto salire anche altre vette, ma da questa traversata abbiamo imparato molto. Il bello è il cammino. La cima è solo un punto geografico sulla carta, quello che conta davvero è il viaggio fatto, e la magia è arrivare al traguardo carichi di tutto il percorso che ci si è lasciati alla spalle. La nostra traversata, unica al mondo, l’abbiamo fatta contando esclusivamente sulle nostre forze. È stata un’esperienza forte, in condizioni difficili, che ha messo alla prova non solo la nostra resistenza fisica, ma soprattutto quella mentale. Non potevamo mai abbassare la guardia, abbiamo avuto intoppi ma abbiamo sempre cercato una soluzione, un po’ è come quello che abbiamo fatto con i nostri problemi: cercare soluzioni ed alternative per seguire i nostri sogni, nonostante tutto». Ora il prossimo sogno dei “Due uomini e una gamba” è una spedizione in Africa per salire al Mount Kenia e al Kilimangiaro.

Andrea durante un trasferimento

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