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Escursionismo | Un viaggio sostenibile sul Sentiero Italia CAI

Prendere un treno o un autobus dalle principali città italiane, raggiungere i parchi nazionali d’Italia sfruttando esclusivamente la mobilità pubblica. Linea 7000 è il viaggio del camminatore Gian Luca Gasca, raccontato con pillole video

di Marco Tonelli

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Prendere un treno o un autobus dalle principali città italiane, raggiungere i parchi nazionali e naturali d’Italia sfruttando esclusivamente la mobilità pubblica, camminare lungo il Sentiero Italia CAI e tornare in città. Linea 7000 è il viaggio del camminatore Gian Luca Gasca nei parchi nazionali d’Italia, raccontato attraverso una serie di pillole video pubblicate sul canale YouTube e sulla pagina Facebook del Cai. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con il Sentiero Italia CAI e sostenuto dal Club alpino italiano. Abbiamo chiesto a Gasca di raccontarci questo lungo itinerario.

Partiamo dall’inizio. Fin dove sei arrivato? E poi dove andrai?

«Il mio viaggio è cominciato nel Parco dell’Etna, per poi proseguire nelle Foreste Casentinesi, nel Parco del Pollino e nei parchi nazionali abruzzesi (Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Maiella, Gran Sasso e Monti della Laga). Ad agosto è uscita la pillola video dedicata al Parco nazionale del Gran Paradiso, mentre a settembre è il turno del viaggio alla scoperta del Parco nazionale dello Stelvio. Infine a ottobre uscirà la clip dedicata al Parco nazionale della Val Grande».

Perché vivere il Sentiero Italia CAI a bordo di mezzi pubblici?

«È un itinerario a lunga percorrenza. Farlo tutto richiede almeno 10 mesi, un tempo che pochi fortunati hanno a disposizione. Coniugare la frequentazione del sentiero con i mezzi pubblici permette di poter vivere esperienze alla scoperta di piccole porzioni di questo lungo itinerario senza doversi organizzare con auto alla partenza e alla fine delle tappe che si vogliono esplorare».

Qual è il filo rosso che unisce le tappe del tuo viaggio?

«Ho sempre avuto questa idea di spostarmi verso la montagna con i mezzi pubblici. Un modo di vivere le terre alte che non ha nulla di nuovo. Nel secondo dopoguerra, ad esempio, per necessità gli alpinisti raccontavano di usare i treni e gli autobus per raggiungere le vette da scalare. Oggi spostarsi in questa modalità significa lasciare una traccia molto minore sul territorio».

Muoversi in maniera sostenibile non è sempre semplice...

«Ci sono luoghi e territori dove muoversi con i mezzi pubblici è molto semplice. Ad esempio il Parco del Pollino, dove si può arrivare con facilità a Morano Calabro e ritrovarsi direttamente sul tracciato del Sentiero Italia CAI. Più difficile è trovare treni e autobus con cui raggiungere i sentieri nel Parco del Gran Paradiso. In generale quello che manca è la presenza di mezzi a orari consoni agli escursionisti, come magari avviene nei Paesi d’oltralpe o in Alto Adige».

Nonostante le diversità territoriali, cosa accomuna i diversi parchi?

«Gestire un parco nazionale o naturale non è per nulla facile. Gli aspetti da valutare sono tantissimi. Oltre a gestire l’area protetta bisogna saper creare relazioni con gli altri enti e, soprattutto, aprire il dialogo con le realtà del territorio. In un paese come l’Italia, dove la wilderness non esiste ma il paesaggio è stato modellato dall’uomo in centinaia di anni, è fondamentale trovare un modo per dialogare con chi in quel territorio vive o lavora. Solo così un ambiente protetto può sopravvivere e auspicabilmente migliorarsi nel futuro».

L’esperienza che ti ha colpito di più?

«Senza dubbio il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, uno degli ambienti più naturali tra quelli visitati. Qui, grazie alle pratiche messe in campo dall’ente parco, è stato possibile conservare intonsa una porzione di foresta. Una riserva integrale, quella di Sasso Fratino, dove la natura ha confermato come il bosco sia in grado di vivere anche senza necessità di interventi umani».

in cammino nelle Foreste Casentinesi (foto Vito Delaurentis)

Oltre ai parchi nazionali, i protagonisti del tuo viaggio sono anche le persone che vivono in quei territori.

«Ovviamente senza di loro sarebbe stato impossibile raccontare il territorio. Sono stati molti gli incontri, da semplici appassionati a studiosi e ricercatori. In Sicilia e sulle Casentinesi mi hanno accompagnato i dottori in scienze della montagna Andrea Caggegi ed Enrico Fiordiponti, due ragazzi giovani accomunati da un profondo legame con il territorio. A Napoli ho incontrato Paolo Franceschini, comico e ciclista ferrarese ormai adottato dal Vesuvio. In Centro Italia ho avuto occasione di raccogliere un ricordo del terremoto dell’Aquila grazie a Gianluca Ferrini ed Elio Urisini. Davanti allo spettacolo dell’Etna ho ascoltato le parole del giornalista e scrittore Giuseppe Riggio, Socio del Cai Catania che dell’Etna mi ha svelato il soprannome “a muntagna”. Insomma, ho cercato d’incontrare persone che potessero esprimere l’anima dei luoghi attraversati».

Qualche consiglio per un’escursione sostenibile?

«Prima di tutto scegliere i mezzi pubblici, quando possibile. Raggiungere le montagne con autobus e treni non è facile come quando si sale in macchina e si parte impostando la destinazione sul navigatore, ma con un po’ di organizzazione può diventare una bellissima esperienza. Bisogna partire organizzati, con già lo zaino pronto e gli scarponi ai piedi. Il cammino inizia dalla porta di casa. Guadagniamo sia noi, che ci godiamo maggiormente i territori attraversati, che l’ambiente. Con i mezzi pubblici la produzione di anidride carbonica è quasi dimezzata. Per il resto serve spirito di adattamento e voglia di sperimentare».

Gian Luca Gasca nella piana del Pollino (foto Vito De Laurentis)

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