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Allenatore e atleta
Gli attori del successo: l’allenatore Sono gli atleti a gareggiare, ma la qualità della loro prestazione viene forgiata in allenamento, che è una situazione centrata sull’interazione fra tecnico e atleta. Del valore di questo rapporto sono ambedue pienamente consapevoli. Tanto è vero che gli atleti sanno che il loro successo è determinato in larga parte dalla loro interazione con allenatori eccellenti (Ricvald e Peterson, 2003) e le aree che sono continuamente sollecitate dal rapporto allenatore-atleta sono identificabili con tre ampi fattori. La prima area si riferisce alla dimensione scientifica dell’allenamento. Infatti, durante il lavoro sul campo vengono applicate le conoscenze scientifiche che si sono dimostrate valide per sviluppare programmi efficaci. La dimensione scientifica della metodologia dell’allenamento è insegnata nei corsi universitari e la maggior parte degli allenatori ha dedicato gran parte della sua formazione e dell’aggiornamento a questa componente della sua competenza. L’insieme di queste competenze pone l’allenatore in grado di gestire in modo razionale l’allenamento, attraverso l’utilizzo intelligente e flessibile delle conoscenze scientifiche e delle procedure di valutazione che ha acquisito (Beccarini e Madella, 1998). Non è uno scienziato che applica in modo astratto carichi di lavoro, registra dati, li analizza e ne propone di nuovi; invece, analizza e decide cosa è meglio fare sulla base delle sue conoscenze, delle caratteristiche psicofisiche e tecnico/tattiche possedute in quel momento dagli atleti, del tempo a disposizione, degli obiettivi e di molti altri aspetti (per esempio sesso, età, livello competitivo, fase della carriera agonistica, esperienza sportiva, calendario di gare, aspettative della società sportiva).
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L’allenamento
L’allenamento Allenare non significa insegnare una tecnica e per un atleta non consiste solo nell’imparare una tecnica, per quanto possa essere complessa e la sua esecuzione richieda un livello di maestria elevata. Allenare e allenarsi significa invece servirsi della propria intelligenza cognitiva, emotiva e motoria per insegnare/apprendere a conoscere ed eseguire ciò che deve essere fatto per raggiungere livelli di prestazioni che tendono all’ottimizzazione della prestazione di gara. Per pianificare un programma di allenamento centrato sul miglioramento della prestazione sportiva è necessario che atleta e allenatore stabiliscano quali sono gli obiettivi che vogliono raggiungere con l’allenamento che vorrebbero attuare. In relazione a cosa si debba intendere per prestazione in ambito sportivo sono state fornite molte definizioni e con questo concetto ci si riferisce al “comportamento motorio prodotto in relazione a un compito che può essere misurato” (Lee, Chamberlain e Hodges, 2001), mentre per abilità ci si riferisce alla sottostante competenza necessaria per fornire una prestazione a un determinato livello. Naturalmente l’esecuzione motoria è la componente visibile della prestazione sportiva, ma dietro esibizioni eccellenti vi è molto di più, poiché l’esecuzione di un’azione quasi perfetta richiede un livello ottimale di maestria tecnica, di forma fisica e di controllo mentale tutti espressi in azioni di durata variabile da ore come nella maratona a pochi attimi, talvolta misurabili solo in millisecondi come la partenza dei 100 metri o un affondo nella scherma. Dietro questo esecuzioni motorie vi è dunque l’abilità complessiva dell’atleta esperto che è colui che sa:
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La motivazione
La motivazione Conoscere le motivazioni che mantengono elevato il coinvolgimento sportivo degli atleti è un obiettivo particolarmente significativo per ogni allenatore. La complessità di questo processo riguarda il fatto che la motivazione è una dimensione soggettiva e che gli atleti, anche praticanti lo stesso sport, possono essere motivati da ragioni differenti. Infatti, ognuno è motivato a soddisfare bisogni che sono assolutamente personali. Per queste ragioni l’individuazione e l’analisi dei motivi che determinano il coinvolgimento sportivo è un aspetto significativo del lavoro dell’allenatore nell’ambito della sua attività con atleti di ogni età e livello agonistico. D’altro canto è altrettanto necessario che gli stessi atleti siano a conoscenza delle motivazioni che stanno determinando il loro impegno in allenamento e in gara. Infatti, conoscere la motivazione significa sapere: • Cosa si è scelto di fare – Quale sport praticare, quali gli obiettivi che si vuole raggiungere, quale livello di competenze raggiungere e a che livello gareggiare. • L’intensità delle proprie intenzioni – In che misura l’atleta si sente coinvolto nello sport, volontà di allenarsi a quale d’intensità, decisione di oltrepassare gli ostacoli. • La persistenza – Per quanto tempo reggere un determinato livello d’intensità di allenamento e di gara, continuare nonostante le difficoltà e la percezione (ogni tanto) di non potercela fare più.
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La pressione agonistica
La competizione Il termine competizione è abitualmente utilizzato per riferirsi a un’ampia varietà di situazioni. Si può, ad esempio, competere contro gli altri o con noi stessi, in relazione a un tempo o a situazioni ambientali. Si può competere da soli contro altri individui o essere parte di un collettivo che si confronta contro un altro o più gruppi. In tutti i contesti sociali è presente la competizione: si può competere con una amica per conquistare un ragazzo così come si compete durante una gara o si può competere per avere un nuovo lavoro o una nuova posizione, si compete con se stessi per ottenere ottimi voti a scuola o all’università. Nello sport la competizione è stata definita come un processo sociale che si presenta quando gli atleti vengono premiati sulla base delle prestazioni che forniscono in relazione a quelle degli altri atleti che gareggiano nella stessa situazione (Coakley, 1994). Per effetto dei risultati della competizione i premi vengono attribuiti solo a coloro che hanno primeggiato in quell’evento che può svolgersi in una singola gara (maratona), in più prove nella stessa giornata (atletica leggera, sport di tiro) o avere una durata maggiore (vela), anche annuale come nei campionati degli sport di squadra. La competitività può essere definita semplicemente come l’affermarsi della motivazione alla riuscita in uno specifico contesto di competenza (musicale, professionale, scolastico) che in questo caso si applica allo sport. È una disposizione individuale a impegnarsi a fare del proprio meglio in relazione a uno standard prestativo di eccellenza definito in precedenza e in presenza di altre persone che sono impegnate nello stesso compito con un obiettivo analogo.
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La condizione emotiva ottimale
La condizione emotiva ottimale L’attività agonistica di ogni atleta è ricca di episodi che evidenziano il ruolo giocato dalla condizione emotiva nell’influenzare la qualità delle prestazioni fornite. Non sempre lo stato emotivo con cui si affrontano prove impegnative è di aiuto nel favorire prestazioni ottimali, talvolta ci si può sentire troppo tesi e insicuri per essere convinti di sapere affrontare con successo l’evento che sta per iniziare. Quante volte si sarà pensato: “Se non mi fossi sentito in quel modo, probabilmente avrei fatto molto meglio.” Altre volte invece si riconosce a se stessi che le emozioni provate hanno favorito la propria espressione agonistica: “Mi sentivo così bene, che sapevo che avrei fatto qualcosa di eccezionale”. Questi commenti personali stanno a indicare che le emozioni che si provano prima di un evento sono in grado di favorire o di ostacolare le prestazioni seguenti. Come ogni altro essere umano gli atleti sperimentano un ampio ventaglio di emozioni in allenamento e in gara, devono quindi imparare a riconoscerle e a controllarne l’intensità prima e durante l’evento sportivo. L’intensità emotiva ha una componente fisica (per esempio attività fisiologica) e una mentale (per esempio preoccupazioni, ansia cognitiva) e se ambedue queste componenti sono percepite come troppo elevate o troppo basse la prestazione sarà scadente. Ad esempio, il respiro affannoso, sentire i muscoli contratti e pensieri dominati da una percezione d’incapacità in relazione alla prestazione sono da stimolo a fornire prestazioni insoddisfacenti. Nella maggior dei casi le prestazioni negative vengono fornite in concomitanza di uno stato emozionale particolarmente intenso e ostacolante l’espressione della competenze sportive. Più raramente ciò avviene in presenza di stati emotivi
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La fiducia
La s-fiducia nello sport Nello sport si sente spesso parlare di scarsa fiducia in se stessi per spiegare comportamenti degli atleti che non sono adeguati e che riflettono nell’opinione degli allenatori: mancanza di convinzione, poca grinta, difficoltà a concludere, paura di vincere, ansia, preoccupazione eccessiva, paura degli avversari, difficoltà a cambiare, impulsività. Le frasi più utilizzate sono del tipo: “Questo è un atleta da allenamento e non da gara. Quando gareggia non è più capace di fare le stesse cose che fa in allenamento, gli manca proprio la fiducia” oppure “È una brava atleta s’impegna, poi in gara fa sempre un errore di troppo, le manca sempre qualcosa, forse non crede abbastanza in se stessa.” O ancora: “S’impegna, certo non si può dire che non s’impegni però poi …” oppure “La squadra parte sempre male, sembrano bloccati e così la partita è sempre in salita.” In altri termini, la mancanza di fiducia è un concetto che serve a spiegare molte situazioni diverse ma tutte accomunate da un medesimo effetto che consiste in prestazioni di gara individuali o di squadra insufficienti. Di conseguenza quando un insuccesso non è stato determinato dalla evidente superiorità degli avversari, da una ridotta abilità tecnico-sportiva o tattica e da fattori attribuibili al caso o a eventi imprevisti questa viene attribuita con facilità a un’incapacità a dimostrare il proprio valore agonistico, che viene associato a poca di stima di se stessi. In questi anni è emerso anche un altro approccio a questo problema, che si manifesta con la convinzione che i giovani non abbiano più voglia di fare sacrifici e d’impegnarsi e
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Le abilità psicologiche di base
Le abilità psicologiche di base sono quelle più rilevanti in tutti gli sport e non sono dipendenti dal livello di maestria dell’atleta. Le abilità psicologiche scelte sono quattro e riguardano: 1.il rilassamento, 2.l’immaginazione mentale, 3.il dialogo con se stessi, 4.l’imparare dalla propria esperienza. Si possono considerare abilità fondamentali poiché mettono il giovane in condizione di agire nel modo migliore in allenamento e in gara. Queste abilità possono essere imparate in una fascia di età corrispondente alla fine dell’infanzia e inizio dell’adolescenza. Ciò non significa che anche atleti di età superiore o i master non debbano trarre giovamento dallo sviluppo di queste competenze psicologiche.
Il rilassamento Scopo dell’insegnamento dell’abilità a rilassarsi è di sviluppare nell’atleta una migliore capacità di autocontrollo, al fine di ridurre quelle emozioni che ostacolano l’apprendimento e agiscono negativamente sulle prestazioni. In tal modo l’atleta acquisisce comportamenti, modi di pensare e sentimenti adeguati alle attività da svolgere. Inoltre, le esperienze di autocontrollo agiscono indirettamente nello stimolare la fiducia personale e favoriscono l’affermarsi
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L’allenamento psicologico avanzato
La conoscenza degli sport Per stabilire un programma di allenamento psicologico avanzato è necessario conoscere le implicazioni psicologiche tipiche di una determinata disciplina sportiva. In termini generali si può affermare che gli sport prevalentemente tattici e situazionali e quelli di precisione richiedono livelli di attivazione più bassi rispetto a quelli caratterizzati da potenza e velocità che richiedono livelli elevati di attivazione. Ciò non è comunque valido per tutti gli sport poiché ad esempio il rugby, sport di squadra, richiede livelli particolarmente elevati di attivazione. 1. Gli sport di lunga durata (per esempio fondo, maratona, marcia, ciclismo su strada, canottaggio, canoa, windsurf, nuoto, sci di fondo) – richiedono di tollerare la fatica fisica e di saperla gestire nei momenti in cui si presenta in gara. Necessitano di una notevole consapevolezza delle sensazioni corporee così da potere riconoscere e anticipare eventuali momenti critici durante la gara. È essenziale, inoltre, conoscere e rispettare il proprio ritmo di gara allo scopo di mantenerlo per tutta la durata dell’impegno agonistico, senza lasciarsi influenzare dal ritmo più lento o più veloce degli avversari. I livelli di attivazione variano in funzione delle caratteristiche degli atleti, per cui si identificano condizioni psicologiche ottimali con livelli bassi, intermedi o elevati di attivazione. L’attenzione è costante e distribuita lungo l’arco dell’intera competizione, si alternano pensieri focalizzati sulla prestazione nelle fasi iniziali e
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