STORIA DELLO SPORT
John Hoberman, University of Texas , Austin
“Il grande sport comincia là dove da un pezzo ha smesso di essere sano” B. Brecht
IL COSTO dei RECORD l limiti del corpo dell’atleta: esiste una “punizione fisiologica” per la grande prestazione?
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SdS/Scuola dello Sport Anno XXIX n.86
Alla fine dell’Uomo carponi l’unico racconto di Sherlock Holmes nel quale si parla di iniezioni di ormoni su un essere umano, il dott. Watson trae la seguente morale: «Se cerchiamo di innalzarci al di sopra della natura, rischiamo di cadere, ritrovandoci così in uno stato di inferiorità». Vale la pena di ricordare che tale giudizio veniva pronunciato riguardo a un uomo che aveva ceduto alla tentazione di rivitalizzare il proprio corpo ormai vecchio dando ad esso capacità fisiche straordinarie, nonostante l’età. Per molto tempo l’idea di estendere i limiti delle prestazioni sportive è stata accompagnata da domande che riguardavano il prezzo da pagare per ottenere prestazioni superiori alle normali. Preoccupazioni di questo tipo datano dagli ultimi decenni del secolo 19mo e sono diventate un tema fondamentale nello sport moderno, se si tiene conto della crisi legata al doping della seconda metà del secolo scorso. La stessa problematica ha accompagnato lo sviluppo di farmaci androgeni per il loro uso in ambito medico clinico. Poiché il problema di definire gli stati fisiologici “normali” rispetto a quelli “superiori ai normali” resta di primaria importanza, l’idea di una “punizione fisiologica” da pagare come prezzo per ottenere prestazioni sportive straordinarie è stata a lungo una componente integrale di tale problema. Il problema culturale è se l’idea dell’esistenza di una tale “punizione” in ultima analisi abbia fondamenti scientifici o se derivi da scrupoli di natura morale nei riguardi del superamento dei “limiti umani”.
TEORIA DELL’ALLENAMENTO
LA SUPERIORITÀ DEI CORRIDORI AFRICANI: EREDITARIA O ACQUISITA?
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Riflessioni e ipotesi sulle ragioni della superiorità degli atleti africani, o che hanno le loro radici genetiche in Africa, nelle gare di sprint, mezzofondo e fondo dell’atletica leggera
Per rispondere alla domanda se la superiorità degli atleti africani nelle gare di corsa sia innata o acquisita viene esposto quale sia lo stato attuale delle nostre conoscenze sulle cause per le quali i corridori africani ottengono risultati significativamente eccellenti. Per una migliore comprensione del problema, oltre ai corridori di mezzofondo e fondo kenioti ed etiopi sono prese in considerazione anche le prestazioni di sprint degli atleti appartenenti ai paesi dell’Africa occidentale, degli Stati uniti e dei Carabi, in quanto anche questi atleti hanno le loro radici genetiche nel Continente africano, in particolare nella sua parte occidentale.
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Hans-Herman Dickhut, Kai Röcker, Olaf Schumacher, Torben Pottgiesser, Dipartimento di medicina dello sport preventiva e riabilitativa, Clinica universitaria, Friburgo
Consigli medico-sportivi su come garantire la capacità di carico nello sport giovanile di alto livello. Settima parte: la prevenzione negli sport di combattimento
SPORT GIOVANILE
Gudrun Fröhner, Istituto per la Scienza applicata all’allenamento, Lipsia
Se si vogliono prevenire alterazioni della salute e garantire la capacità di carico nell’allenamento e in gara, nella costruzione a lungo termine della prestazione degli sport di combattimento sono necessarie misure molto accorte di metodologia dell’allenamento. Rispetto ai carichi che sono richiesti occorre tenere conto non soltanto dei fattori legati al processo di sviluppo fisico ma, per un orientamento iniziale sulle categorie di peso, anche delle condizioni della costituzione fisica, ad esempio, del somatotipo. Un’importanza molto particolare assumono una formazione motoria generale, l’insegnamento precoce di tecniche specifiche corrette per le azioni di attacco e di difesa, la considerazione attenta della formazione e della garanzia di una sufficiente capacità funzionale nervosa per essere in grado di agire e reagire rapidamente e correttamente per tutto il tempo dell’allenamento e della gara. Si illustrano alcune particolarità della prevenzione nel pugilato, nella scherma, nel judo e nella lotta.
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Osservazioni iniziali A causa delle numerose abilità e capacità motorie che debbono essere acquisite e possedute gli sport di combattimento richiedono che la costruzione a lungo termine della prestazione sia iniziata precocemente. Ad esempio, i fondamenti del judo possono essere insegnati già a sei anni. Anche nella lotta e nella scherma, l’insegnamento e l’allenamento possono essere iniziati già a 7-8 anni d’età. Per quanto riguarda l’inizio dell’allenamento nel pugilato ci si orienta su una età che va da circa 10 a 11 anni. L’obiettivo fondamentale che si pone l’allenamento è quello di insegnare a sviluppare le abilità e le capacità che permettono di vincere un avversario in un combattimento, nel quadro di una determinata modalità di azione e di quanto prefissato dal regolamento. Per riuscirvi occorre avere acquisito ed essere in possesso di azioni efficaci dal punto di vista tecnico-tattico.
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LA CAPACITÀ DI CARICO NELLO SPORT GIOVANILE
APPRENDIMENTO MOTORIO
Caterina Pesce, Dipartimento di Scienze del movimento umano e dello sport, Università di Roma ‘Foro Italico’; Claudia Crova, Dipartimento di Scienze della formazione per le attività motorie e lo sport, Università di Roma ‘Foro Italico’; Lucio Cereatti, Università di Roma ‘Foro Italico’; Rita Casella, Università di Roma ‘Foro Italico’; Rosalba Marchetti, Ufficio scolastico provinciale di Roma, Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca; Gianni Alessio, Ministero dell'Istruzione, Comitato italiano paralimpico; Mario Bellucci, Direzione generale per lo studente, l'integrazione, la partecipazione e la comunicazione, Ministero dell'Istruzione , dell'Università e della Ricerca
L’antichissimo concetto di ‘mens sana in corpore sano’ è stato spesso invocato per giustificare la presenza dell’educazione fisica (EF) nella scuola. Sul versante scientifico, dagli anni ’50 ad oggi, la ricerca sul legame fra efficienza fisica e mentale in età evolutiva è stata altalenante, secondo il ruolo principale attribuito all’attività motoria come promotrice dello sviluppo della salute fisica o di quella mentale. Lo scopo del presente lavoro è stato quello di studiare gli effetti dell'attività fisica sulle prestazioni di memoria nei preadolescenti nel contesto ecologico della scuola. Studenti di età compresa tra 11 e 12 anni hanno eseguito a scuola un test di memoria nel corso di tre sedute separate. In due sedute il test di memoria veniva eseguito immediatamente dopo due lezioni di EF di intensità simile, ma di tipo diverso (allenamento a circuito o giochi di squadra), caratterizzate da differenti richieste cognitive e di interazione sociale. In una terza seduta il test di memoria non era preceduto da alcun tipo di lezione. I risultati suggeriscono che l’esercizio fisico submassimale, così come viene praticato dagli studenti durante le lezioni di EF, facilita l’esecuzione di compiti di memorizzazione svolti successivamente in aula.
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ATTIVITÀ FISICA E PRESTAZIONE MENTALE NEI PREADOLESCENTI Effetti dell’ora di educazione fisica sulla memorizzazione
Infatti, sia dopo l’allenamento a circuito, sia dopo i giochi di squadra si osserva un miglioramento della capacità di memorizzare, probabilmente grazie all’aumentata attivazione fisiologica. Anche il tipo di attività svolta nelle ore di educazione fisica ha un suo ruolo: i giochi di squadra migliorano più sensibilmente la ritenzione immediata di informazione, probabilmente grazie all’attivazione cognitiva generata in tali giochi di situazione dalla necessità di comprendere, decidere e agire. Questi risultati evidenziano l’importanza di considerare gli effetti dell’esercizio fisico sulle funzioni mentali già a partire dall’età evolutiva. Se si comprende quali tipi di attività fisica esercitano effetti positivi su quali tipi di funzioni mentali, è possibile individuare le caratteristiche delle attività motorie e sportive più idonee a promuovere lo sviluppo della salute mentale oltre che fisica e a supportare le funzioni mentali che sottendono gli apprendimenti scolastici.
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FOTO ARCHIVIO UNIVERSITÀ DI ROMA ‘FORO ITALICO’
LA FORMAZIONE NELLA PALLACANESTRO GIOVANILE Il passaggio: un’abilità estremamente aperta
METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO
L’insegnamento delle abilità tecniche aperte come il passaggio, diversamente da quelle chiuse, necessita di metodologie di lavoro alquanto complesse e di approfondimenti che abbracciano molti campi delle scienze motorie e sportive. Vengono evidenziati due aspetti che assumono una funzione rilevante ai fini dell’apprendimento del passaggio, ovvero l’incidenza delle dinamiche di opposizione e le problematiche legate alla gestione della palla. Vengono poi analizzati i possibili indicatori che orientano il tecnico nella valutazione delle abilità aperte, ricorrendo a un modello coordinativo che permette di determinare gli scarti d’errore; viene inoltre esposta la posizione relativa alle correlazioni esistenti tra abilità aperte e creatività motoria. Si riassumono infine gli sviluppi che l’abilità del passaggio ha avuto con l’evolversi del gioco.
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Paolo Maurizio Messina, Corso di laurea in Scienze motorie, Facoltà di Medicina e chirurgia, Università di Catania, Catania; Scuola regionale dello Sport Coni Sicilia; Federazione italiana pallacanestro
FOTO CALZETTI & MARIUCCI EDITORI
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METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO
GLI SMALL-SIDE GAMES TRA “SCIENZA E PRASSI” Una metodica per l’allenamento della potenza aerobica nel calcio
Nell’allenamento del calciatore si utilizzano spesso particolari esercitazioni in cui si riducono il numero di giocatori coinvolti e le dimensioni del campo utilizzate. Queste particolari esercitazioni vengono chiamate “small-sided games” (S-SG). Gli S-SG sono sempre stati utilizzati per migliorare le abilità tecniche e tattiche del calciatore, ma oggi numerosi studi propongono gli S-SG nell’allenamento anche per migliorare la potenza aerobica. A differenza del lavoro a secco, negli S-SG sono diverse le variabili che possono influenzare l’intensità dell’esercizio durante le esercitazioni con il pallone e mantenere alta la concentrazione a attenzione degli atleti. Si riportano i risultati di una ricerca tesa a rilevare in quale misura tecnici e preparatori propongono nuove alternative di preparazione, garantendo giusti stimoli, esercitazioni efficaci e ovviamente rispettando i giusti tempi di recupero attraverso gli S-SG, oppure rimangono ancorati a metodiche tradizionali di preparazione.
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Carmelo Latella, Università degli Studi “Foro Italico”, Roma; Giovanni Fiorilli, Facoltà di scienze del benessere, Università degli Studi del Molise, Campobasso; Claudia Battaglia, Università degli Studi “Foro Italico”, Roma; Marina Piazza, Facoltà di medicina e chirurgia, Università degli Studi, Firenze; Francesca Ciappetta, Università degli Studi “Foro Italico”, Roma; Alessandra di Cagno, Facoltà di scienze del benessere, Università degli Studi del Molise, Campobasso
– GIOCHI SPORTIVI
METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO
Alberto Di Mario, Federazione italiana Judo, Lotta, Karate e Arti marziali, Roma; Federico Quinzi, Università degli Studi di Roma “Foro Italico”, Dipartimento di Scienze del Movimento umano e dello sport, Roma; Francesco Felici, Università degli Studi di Roma “Foro Italico”, Dipartimento di Scienze del movimento umano e dello sport, Roma; Renato Manno, Istituto di medicina e scienza dello sport “Antonio Venerando, Roma; Paola Sbriccoli, Università degli Studi di Roma “Foro Italico”, Dipartimento di Scienze del movimento umano e dello sport, Roma
SISTEMA CARDIOCIRCOLATORIO E POTENZA MUSCOLARE NEL JUDO
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Valutazione cardiorespiratoria e della potenza muscolare in judoka appartenenti a diversi livelli di qualificazione nazionale della concentrazione ematica . di La, secondo le stesse modalità sopra descritte. Il VO2max e la SA non sono risultate statisticamente differenti tra i tre gruppi di atleti considerati. Gli atleti del Club Olimpico hanno invece mostrato valori di massima potenza anaerobica significativamente maggiori rispetto a quanto osservato negli altri gruppi. Gli aspetti più interessanti e distintivi emergono da quanto osservato nel Test tipo gara, perciò che riguarda il recupero. In particolare, il picco di La ematico è risultato significativamente più elevato nel Test tipo gara rispetto a quello ottenuto durante il Test di Wingate, e la Fc si è attestata su valori prossimi al 90% della Fc massima teorica, e tale si è mantenuta per l’intera durata del test. Gli atleti del Club Olimpico hanno inoltre evidenziato una maggior capacità di smaltimento del La, a dimostrazione di un miglior condizionamento del sistema anaerobico lattacido. È evidente che i risultati ottenuti risentono della eterogeneità dei gruppi presi in esame, ma si ritiene che possano comunque rappresentare un utile spunto di riflessione per tutti gli operatori del settore.
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Questo lavoro intende fornire indicazioni su alcune tra caratteristiche peculiari osservate in atleti di judo appartenenti a categorie di peso e livelli di qualificazione diversi . In particolare, dodici atleti appartenenti al Club Olimpico (sei atleti, sei atlete) selezionati per la partecipazione ai Giochi Olimpici di Atene 2004, dodici appartenenti alla Classe Senior (undici atleti, una atleta), e cinque atleti (tutti di genere maschile) appartenenti alla classe Junior sono stati sottoposti ad un test incrementale massimale effettuato su nastro trasportatore, e a un Test di Wingate (30 sec) per gli arti inferiori. Durante questi test sono stati stimati il consumo di ossigeno . (VO2max), la Soglia anaerobica (SA), la Ventilazione polmonare e la Frequenza cardiaca (Fc). Durante questi test è stata anche misurata la concentrazione ematica di Lattato (La) in condizioni basali, al termine del test (picco di La), e durante una fase di recupero (15 min). Gli atleti del Club Olimpico sono anche stati sottoposti ad un combattimento simulato (Test tipo gara) durante il quale è stata monitorata la Fc e effettuata una misura
LE PATOLOGIE DA ALTA QUOTA
Lorenzo Pugliese, Facoltà di Scienze motorie, Università degli Studi di Milano; Mauro Marzorati, Istituto di Bioimmagini e Fisiologia molecolare, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Milano; Simone Porcelli, Istituto di Bioimmagini e Fisiologia molecolare, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Milano; Antonio La Torre, Dipartimento di Scienza dello sport, nutrizione e salute, Facoltà di Scienze motorie, Università degli Studi di Milano
Meccanismi scatenanti, norme di prevenzione e come comportarsi immediatamente dopo la comparsa dei loro primi sintomi
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Il termine “acute mountain sickness” (mal di montagna acuto) definisce una condizione di malessere generale caratterizzata da sintomi generici (mal di testa, nausea, vomito, affaticamento, vertigini, dispnea e insonnia) che possono manifestarsi in individui sani che raggiungono rapidamente elevate altitudini. Se la salita viene interrotta i sintomi del mal di montagna tendono in genere a scomparire in pochi giorni, se al contrario vengono sottovalutati e si prosegue l’ascesa possono degenerare in patologie più gravi e potenzialmente mortali: l’edema polmonare e l’edema celebrale. Visto il numero crescente di persone che ogni anno raggiungono elevate altitudini, il fenomeno del mal di montagna sta diventando un problema diffuso che si traduce non solo in un grave rischio per la salute individuale delle persone, ma anche in un importante costo per la sanità pubblica. L’obiettivo dell’articolo è informare sui meccanismi scatenanti le patologie da alta quota, su come prevenirle e come comportarsi alla comparsa dei primi sintomi.
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FISIOLOGIA DELL’ALLENAMENTO
SPORT E TECNOLOGIE
Claudio Scotton, Scuola universitaria interfacoltà in Scienze motorie, SUISM, Università degli Studi di Torino; Luisa Pizzigalli, Centro Ricerche scienze motorie, SUISM, Università degli Studi di Torino
ALLENAMENTO OUTDOOR:
TECNOLOGIE A CONFRONTO
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Due cardiofrequenzimetri a confronto durante una sessione di allenamento outdoor
Introduzione Chi pratica attività sportive agonistiche o di fitness mantiene il proprio grado di allenamento a un livello tale da ottenere performance e prevenzione (Scotton et al. 2006) adeguate, controllando l’efficienza dell’apparato locomotore e dei sistemi cardio-vascolare (Wilmore, Costill 2005) attraverso valutazioni medico-sportive, ma anche mediante il monitoraggio eseguito autonomamente con semplici e precise strumentazioni come il cardiofrequenzimetro (abbreviato cfq) e il Global Positioning System (abbreviato GPS). Dal punto di vista della tecnica sportiva la mountain bike (abbreviato mtb), in particolare il free-ride di cui ci si occupa in questo contesto,
è una disciplina sportiva ad immediato adeguamento posturale e del mezzo all’ambiente (Scotton 2003) in cui gli atleti si servono di meccanismi bioenergetici aerobici-anaerobici alternati, con prevalenza di quest’ultimo metabolismo (Stapefeldt et al. 2004; Wirnitzer, Kornelex 2008; Impellizzeri, Marcora 2007). Tale caratterizzazione suggerisce di controllare l’allenamento con cfq (Scotton 2006) dotato di misuratore di percorrenza e velocità oppure con cfq provvisto di GPS. Queste attrezzature, tecnologicamente sofisticate, ma corredate di software molto semplici, permettono di catalogare in un diario giornaliero (Scotton et al. 2006; Viru, Viru 2002) le informazioni raccolte durante le sessioni di training riuscendo ad utilizzarle con rapidità per la programmazione dell’allenamento (Scotton, Gollin 2006).
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Un soggetto, non professionista (52 anni, 67 kg, 170 cm, BMI 23,2), indossando contemporaneamente un GPS con cardiofrequenzimetro Garmin modello Forerunner 305 e un cardiofrequenzimetro Polar modello S 725 Tour Edition ha effettuato una sessione di allenamento su una mountain bike da free-ride Scott Nitrous 20. Lo studio conferma che l’impiego di tali strumenti richiede un’oggettiva valutazione del grado di ripetibilità delle misure, al fine di permettere il confronto di dati raccolti da atleti differenti, durante la loro pratica sportiva.