mail da furbonia

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Mail da

Furbonia

di Andrea di Furia

CambiaMenti


© 2006 EDITRICE CAMBIAMENTI

I EDIZIONE ISBN 88-900823-4-8 – EAN UCC 978-88-900823-4-4

EDITRICE CAMBIAMENTI sas 40125 Bologna - Via Quadri, 9 tel. 051-522440 – fax 051 341467 www.cambiamenti.com cambiamenti@cambiamenti.com

Progetto grafico di collana (copertina e interni) Energia di Emanuela Crivellaro energia@valdelsa.net

Tutte le citazioni all’inizio di ogni e-mail sono tratte dal FAUST di J. W. Goethe, tradotto da Vincenzo Errante, èdito da SANSONI.

Tutti i diritti di riproduzione, di traduzione o di adattamento cine-radio-televisivo sono riservati per tutti i Paesi. È vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa con qualsiasi mezzo, compresa la stampa, copia fotostatica, microfilm,e memorizzazione elettronica, se non espressamente autorizzata dall’Editore. L’Editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare, nonché per eventuali inesattezze od omissioni nella citazione delle fonti.


INDICE Introduzione Premessa

pag. 7 pag. 13

G.W.B.@furboniauniversity.inf mail I La solita dietrologia? pag. 17 II Un dilemma a due corna. pag. 19 III Potrò mai giungere a tali vette di perfidia? pag. 22 IV Un insulto alla nostra intelligenza. pag. 27 V In teoria, sembra facile... pag. 30 VI Uno pseudo-ideale per Draghignazzo. pag. 37 VII Tu che dici, sarà genetico? pag. 42 VIII Un infernale compito in classe. pag. 48 IX L'elaborato di Vermilingua. pag. 52 X Un sulfùreo antenato eretico. pag. 56 XI Ringhiotenebroso, un aspirante financial pitbull. pag. 63 XII Sbranatutto, il solito raccomandato. pag. 67 XIII Un fuoco d'artificio per un malèfico destino. pag. 70 XIV Davvero, il caso non esiste. pag. 74 XV Il paradosso della coperta corta. pag. 79 XVI Eh no! Troppo facile! pag. 87 XVII Il colpo della Gòrgone. pag. 90 XVIII L'antitesina individuale. pag. 95 XIX Come mi sono divertito con Ruttartiglio. pag. 99 XX Viva la dualità! pag. 104 XXI Conquiste in àmbito contro-terapèutico. pag. 109 XXII Quella corporeità, la bramiamo noi! pag. 113 XXIII Una civiltà… catastroficamente promettente. pag. 120 XXIV L'antitesina di gruppo. pag. 128 XXV Inguardabili ranocchie e seducenti principesse. pag. 135 XXVI Strutturazione trinitaria del sociale? No grazie! pag. 145 XXVII Un concetto nefasto in chiave operativa. pag. 152 XXVIII No problem. pag. 161 XXIX Una continua capriola della morte. pag. 168 XXX Una buccia di banana astrale per Ciriatto. pag. 178 XXXI Una possessione globale contagiosa. pag. 185 XXXII Un infernale asso nella manica: lo Stato unitario. pag. 197 XXXIII Povero sommelier mancato. pag. 208 Personaggi Appendice Bibliografia essenziale

pag. 232 pag. 233 pag. 236


a Daniela e Michela

Un particolare ringraziamento da parte dell’autore va alla Redazione della rivista L’Archetipo (www.larchetipo.com), che ha mensilmente pubblicato a partire dal numero di giugno 2004 la rubrica Mail da Furbonia e che ha contribuito con i suoi incoraggiamenti e consigli alla realizzazione del presente volume. Chi vorrà continuare a seguire le varie ed esemplari vicissitudini di Giunior W. Berlicche può farlo cliccando la rubrica inviato speciale al seguente link: http://www. larchetipo.com, mentre chi vorrà approffondire i temi legati all'attualità dei nostri tempi così difficili, troverà una serie di osservazioni attualissime nella rubrica uomo avvisato mezzo salvato al link: http://www.cambiamenti. com/rubricajunior.htm


Chorus Mysticus: Tutto l’Effimero è solo un Simbolo. L’Inattuabile si compie qua. Qui, l’Ineffabile è Realtà. Ci trae, superno, verso l’Empireo Femmineo eterno. Gole montane, vv. 12.103-12.111 dal Faust di J. W. Goethe.

Introduzione La rete! Non avrebbero potuto coniare termine più adatto a simboleggiare la pania radioteleinformatica nella quale siamo invischiati un po’ tutti: un intreccio di onde, frequenze, linee, bande ed impulsi. Siamo talmente circondati, assediati quasi, da congegni digitali e telematici, che può accadere di incappare in un’interferenza, in un accavallamento di megahertz. Può succedere, insomma, che telefonando a un amico, a un socio o a un parente, la nostra linea venga ad intersecarsi con un’altra, e senza volerlo si finisca con l’ascoltare una conversazione intima, segreta o, peggio, compromettente. Tipo agenti segreti che fissano l’ora X, capi di Stato e di industria che rivelano complotti, strategie, intese per alleanze, scalate, operazioni di alta e bassa finanza. Può verificarsi cioè che senza volerlo diventiamo testimoni e depositari di verità e rivelazioni sconvolgenti e non sappiamo come comportarci: se parlarne ad altri, se confidarci al nostro partner, se andare a fare un esposto alla polizia o se annotarle in un diario. Questo qualora si tratti di un intreccio telefonico, ma può anche riguardare un casuale imbattersi in uno scambio di e-mail tra due personaggi a noi del tutto sconosciuti, che per la loro importanza sociale, culturale e politica risultano scottanti, da prendere cioè con le molle e con la dovuta considerazione. Peggio (o meglio?) se la fortuita scoperta si riferisce a uno scambio di messaggi via posta elettronica nientemeno che tra due creature


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delle tenebre, ovverosia tra due autentici diavoli, con coda, corna e forcone, fedeli cioè all’iconografia classica che un tempo spaventava a morte i credenti, e in qualche modo impensieriva persino gli atei. Adesso però, con la creazione dei mostri orrorifici di ogni genere e forma, assurti all’uso di dilettevoli giocattoli e passatempi videotelevisivi soprattutto per l’infanzia, quelle figure che tormentavano anacoreti e clarisse sono diventate quasi gradevoli e rassicuranti. Una simile interferenza casuale, anzi accidentale e reiterata, è capitata all’Autore del presente volume, mentre si aggirava, come tanti altri perlustratori dell’etere, per i meandri della rete, e dalla dimensione dell’etere è passato, sconfinando, in quella “eterica”. Qui si è imbattuto in due personaggi bazzicanti quel mondo infero che John Milton, nel suo Paradiso perduto, chiamava Pandemonio. Eh sì, Andrea di Furia, senza averne l’intenzione, ha interferito nello scambio di idee e confidenze tra due diavoli, nipote e zio, Giunior Dabliu Berlicche e Malacoda per la precisione, rimanendo basito per l’acume dei concetti espressi nella corrispondenza, arrivando alla conclusione che, in fondo, checché se ne pensi e ipotizzi normalmente, il diavolo non è poi così brutto come lo si dipinge. Anzi, si potrebbe persino variare l’antico adagio popolar-scaramantico, aggiungendo o sostituendo all’aggettivo “brutto” il termine “cattivo”. E ciò perché chi ha letto le lettere di Giunior Dabliu pubblicate mensilmente dall’Archetipo e ora incorporate nel presente libro, ha imparato con sorpresa, alla fin fine, che il giovane diavolo, iscritto alla prestigiosissima Furbonia University per diventare top manager della tentazione, ovvero per acquisire il master in damnatio administration, volutamente o sbadatamente, con l’apparente intenzione di scambiare con suo zio Malacoda sulfuree e velenose maldicenze, finisce in realtà col fornire al lettore un robusto vademecum. O, per adeguarci al trend linguistico della geopolitica, una road map utile a districarsi nel ginepraio di peccati e seduzioni approntato dalle forze del male con piú o meno efficacia esecutiva, per condurre l’uomo debole e fallace verso l’esito ultimo della perdizione. Per dirla tutta, le lettere di Giunior Dabliu allo zio Malacoda, argute e fantasiose, volendo attizzare una velenosa polemica contro il


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Master Truffator, il preside usurpatore del nonno Berlicche, non fanno altro invece che svelare al lettore gli inganni e i sotterfugi messi in atto con maligna astuzia – ma anche con una scioccante ingenuità e un quasi angelico candore – sia dalla genía ahrimanica iscritta alla Furbonia University, sia da quella luciferica della più sofisticata concorrente Fanatic University. Una subdola strategia praticata lungo il percorso che l’umanità sta compiendo per trasumanare dalla condizione materiale a quella spirituale. Giunior Dabliu scopre cioè gli altarini, e mai definizione fu più appropriata per indicare un imbarazzante doppio senso, poiché anche le gerarchie sataniche hanno i loro procedimenti liturgici e celebrano riti dedicatori ex adverso. Segreti e bugie vengono pertanto spiattellati e si appura così che non è tutto fuoco quello che brucia nei gironi dove si imbastiscono le congiure miranti al traguardo finale della rovina animica dell’uomo. Ben altro bolle in magma! L’esito della grande scommessa, della sfida cioè che venne lanciata nel tempo prima dei tempi tra Dio e Satana, non è in definitiva già scritta e scontata. Nell’ambientino infernale, dove è tutto un marasma di intrighi e veleni, una specie di succursale di Casa Borgia, vi è un lato debole, il tallone d’Achille, il ventre molle della bestia attraverso il quale la lancia dell’Arcangelo Michele instillerà alla fine la dolcezza di una ressurrettiva e salvìfica panacèa. In tal senso, per la verità, non ha mai del tutto convinto chi mastica un po’ di conoscenza teologica e misterica, il fatto che Bene e Male, Dio e Satana, a un certo punto si siano dichiarati una guerra senza quartiere, all’ultimo crisma, al termine della quale avrebbe vinto non il migliore, ma chi avesse puntato sulla riuscita o sul fallimento della creatura umana. Non si giustifica infatti la tesi propalata dalle maggiori credenze religiose secondo cui, al termine della vicenda terrena, il percorso karmico dell’uomo si divarica in due uniche direzioni: il Paradiso per i virtuosi ad oltranza, l’Inferno per i peccatori irredimibili. Ora, con tutto il rispetto per i dogmi e per Dante Alighieri e gli altri autori che si sono cimentati a figurarsi, con piú o meno vigore profetico e poetico, la condizione dell’anima umana dopo la morte, non


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è giustificabile che Satana commini punizioni atroci a chi lo ha fedelmente servito peccando a tutto spiano, e magari inducendo anche altri a farlo. Ci si aspetterebbe, secondo la par condicio, che gli venisse invece riservato un trattamento a cinque stelle, magari nere, né più né meno di quanto viene riconosciuto a chi trascorrerà l’eternità tra i Cherubini. Mostrando invece un Satana che esegue per conto del Creatore la condanna dei trasgressori e commina loro pene e supplizi, lo si omologa in un certo qual senso ai procedimenti della giustizia divina veterotestamentaria. Un collaboratore, dunque, e in definitiva non quell’avversario che certa letteratura gotica ha amato descrivere e un’apocalittica teologia ha confinato nei miasmi paludosi del Regno dell’Abisso. È questo il Satana che figura per la prima volta nel biblico Libro di Giobbe, e che prosegue nelle varie sue figurazioni e denominazioni, vuoi letterarie vuoi religiose, quali Ahrimane della tradizione mazdaica, per approdare nell’emblematica figura di Mefistofele nel Faust di Goethe, un’entità in qualche modo consenziente, se pure in maniera ambigua, a fustigare l’uomo lungo il tormentato percorso della sua autorealizzazione, non data però per scontata. Dalle implicazioni didattiche riscontrabili dietro il velame dei concetti strani espressi lungo tutto il dipanarsi della corrispondenza tra i due diavoli, si coglie, insieme alla deliberata o inavvertita azione informativa sui metodi con cui opera il Tentatore, una propensione a educare e ad impartire direttive, per quanto assurdo appaia dirlo o solo pensarlo, addirittura moraleggianti, quasi che parlando alla nuora, come recita l’adagio, si voglia che suocera intenda. Che sia dunque questa l’allusione dell’Autore, e che cioè dietro le allegorie e le metafore contenute nello scambio epistolare fra Giunior Dabliu e suo zio Malacoda – finito poi suo malgrado in un luogo che mai un diavolo si sarebbe aspettato – si celi un ammaestramento per l’umanità impazzita di oggi? Che il “dossier Furbonia” valga quindi come avviso, ammonimento, segnale per indicare l’uscita di emergenza dall’edificio della civiltà che sta bruciando col fuoco di un inferno alimentato dall’uomo stesso e dalla sua inopportuna e maldestra sicumera di apprendista stregone?


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A voler ben leggere tra i caratteri del carteggio diabolico, si arriva alla conclusione che sia proprio così. E del resto, la situazione del mondo globalizzato è tale, dal punto di vista sociale come da quello etico, che persino un fautore del male è portato per decenza operativa e per rispetto dei codici universali, a stigmatizzare le variegate trasgressioni da parte della creatura… che in realtà ne sa una più del diavolo. Tutte le birbanterie messe in campo da politici, finanzieri, falsi maestri, autentici tagliaborse, speculatori, arruffapopolo, guerrafondai e demagoghi vengono colpite dai sulfurei strali di Giunior Dabliu nei suoi elaborati scolastici in vista dell’ottenimento del master in damnatio administration. Ed è lo stesso Giunior Dabliu che, indicando allo zio tutto il vasto repertorio delle debolezze umane, contemporaneamente rivela e definisce con meticolosa precisione le altrettanto numerose armi di deterrenza interiore che derivano all’uomo dalla sua natura divina, ma che vengono da lui puntualmente ignorate o lasciate inoperose. Andrea di Furia ci conduce con garbo poetico ed estrema arguzia narrativa, grazie a una vocazione non solo intellettuale ma anche spirituale, attraverso suggestioni ed impatti al calor bianco. O per essere piú esatti alla luce di inaudite rivelazioni. Al pari di tutte le storie, anche la sua contiene una morale da carpire al di là di ogni razionale o fantasioso punto di vista. Quella ricavabile dalle e-mail di Giunior Dabliu ci porta a concludere che, assodata la dualità bene-male insita nell’uomo, sta a lui privilegiare con le sue azioni l’uno o l’altro dei due princìpi, e ciò in assoluta libertà di scelta, ferme restando le insidie praticate dai rozzi studenti della Furbonia University ahrimanica, così come da quelli della più sussiegosa Fanatic University luciferica. Con l’imprevedibile finale che premierà sia i protagonisti della storia sia la perseveranza del lettore. Dulcis in fundo, dunque, e questa volta l’adagio va lasciato com’è. Fulvio Di Lieto


Dedicato a C. S. Lewis


Mefistofele a Faust: Si sa: la gente non s’accorge mai d’avere innanzi il diavolo in persona, neppur se per il bavero la tiene. La taverna di Auerbach a Lipsia, vv. 2.182-2.183, dal Faust di J. W. Goethe.

Premessa Non ho la minima intenzione di raccontare come mi sia capitata tra le mani, accidentalmente, la corrispondenza via web che metto a disposizione di tutti. Chiunque tuttavia s’imbatta in essa, se vorrà proseguire nella lettura di queste righe, è caldamente pregato di tener ben presente che i demònii, oltre che insolenti patentati, sono costituzionalmente dei gran bugiardi. Quindi non è bene prendere per oro colato, neppure dal suo stesso punto di vista, ciò che G.W.B. (ossia il giovane diavolo Giunior Dabliu Berlicche – giovane si fa per dire) scrive via e-mail a suo zio Malacoda. Anche perché il nostro linguaggio scritto (pur se aiutato dall’uso frequente del corsivo per rendere al meglio intonazioni e sottolineature) non rende pienamente la complessità dei significati espressi (a volte con singoli vocaboli monosillabici) da questo zelante studente iscritto alla diabolicamente prestigiosa Furbonia University. E, infine, neppure posso mettere la mano sul fuoco circa la effettiva competenza del traduttore interpellato. Per quanto mi abbia confortato, sottolineandomi la cura maniacale e l’attenzione pedante all’accentazione della scuola infernale cui appartiene Giunior Dabliu, tuttavia non mi ha tranquillizzato per l’evidente difficoltà di rendere in termini umani (attualmente monodimensionali) concetti come quello di evoluzione, che nel testo originale possono riferirsi indifferentemente al solo piano corporeo, a quello animico o a quello spirituale, o addirittura a tutti e tre questi ambiti contemporaneamente. Meglio dunque una sana prudenza, piuttosto che entrare in una sterile polemica con una entità così mefistofèlicamente dotata sul piano logico-dialettico, entità che tradizionalmente preferisce operare nel l’ombra, lanciare il sasso e nascondere la mano.


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Piuttosto è preferibile voltare pagina ed occuparsi d’altro. Infatti l’uomo dell’epoca attuale – per naturale costituzione così incapace di percepire l’intero svolgersi nella sua corporeità fisica delle proprie forze di crescita e, sul fronte opposto, quasi completamente avulso dalla possibilità di vivere in quelle del decadimento – può inciampare in due particolari errori, uguali e polarmente opposti, nei riguardi dei diavoli e delle loro ragioni. Il primo è quello di non credere affatto alla loro esistenza… e persino di vantarsene! L’altro è quello di credere sì, alla loro esistenza, unica e legione a un tempo, ma di sentire per queste entità un interesse morboso, intenso e nondimeno malsano! Loro, i diavoli, sono resi felici da entrambi gli errori dell’uomo e salutano con la medesima, intensissima, diabolica gioia, il materialista arrogante e lo stregone malvagio. Irridono sarcasticamente alla cecità di entrambi, che non si accorgono di nutrirsi alla medesima velenosissima radice della istintiva, ottusa, pigra, comoda, irresponsabile e soprattutto manipolabilissima beata ignoranza. Ogni tanto il lettore attento ed interessato al tema può cogliere, ma solo ex adverso, in momenti di particolare tensione, ansietà e confusione del nostro Giunior Dabliu, che esistono antìdoti a questa situazione di occulto servaggio dell’uomo e i più avversati sono: la ricerca di una conoscenza che non teme limiti di fronte a sé; la necessità dell’auto-educazione continua all’idealismo per poter fare di più di quello che il mondo dei sensi suggerisce; la scelta di diventare interiormente tolleranti verso le opinioni dell’umanità intera per poter sviluppare interesse sociale ai pensieri degli altri uomini; una diversa comprensione delle leggi spirituali della reincarnazione e del Karma, valida per i nuovi tempi; il coraggio di affrontare il destino come ciò che si è scelto da sé; la capacità di concepire l’innatalità come indispensabile polarità all’immortalità… per il valido operare nel mondo dell’individuo socialmente responsabile; la positiva attivazione di una struttura trinitaria dell’organismo sociale; la superiore tolleranza che nasce dall’amore fiducioso per il libero sviluppo del prossimo. E questi antìdoti sono a tal punto aborriti dai pestìferi allievi della Furbonia University, che il solo loro pensiero viene bandito e temuto,


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anche e principalmente in relazione alle potenziali note di demerito, davvero terrificanti per i nostri studenti, che ivi i vari docenti bramano comminare. Avverto inoltre il lettore che non è possibile trasporre nei nostri usuali concetti spazio-temporali un’evidente assenza di questa categoria nel mondo frequentato attivamente dal nostro aspirante tentatore professionista, per quanto il traduttore abbia timidamente provato a mettere in ordine temporale la presente corrispondenza elettronica. Anche perché il modo diabolico di datare sembra contemporaneamente saltare di palo in frasca tra passato e futuro, e parrebbe non avere che qualche labile relazione con la presente cronologia terrestre ed il senso dell’attuale trascorrere della storia umana. Neppure è stato fatto il tentativo, lo lasciamo semmai al lettore volenteroso, di individuare tutte le personalità umane cui peraltro a volte allude fumosamente il nostro Giunior Dabliu quando scrive segretamente al suo mèntore temporaneamente caduto in disgrazia, zio Malacoda, all’indirizzo elettronico Malacoda@redimendi.pur Questo… vuoi perché, a differenza dei colleghi della Fanatic University, alla Furbonia si è più interessati al ‘tipo’ che all’‘individuo’, vuoi perché ritengo, da un superiore punto di vista, che i relativi commenti, insolenti e spesso insultanti, per quanto molto diabolically correct, siano in fondo in fondo del tutto ingiusti. Sottolineo infine, con breve passaggio su di essi, come gli eventi ‘scientifici’ o ‘bellici’ o ‘civili’ o ‘sociali’ o ‘medici’ o ‘economici’ o ‘pedagogici’ richiamati a volte in questa peculiare corrispondenza non interessino certo di per sé il giovane e rampante studente della Furbonia University, ma siano solo il sottoprodotto conoscitivo e operativo di una ‘strategia della tensione’ che, alimentando paure primordiali ed istinti tribali nell’uomo attuale, nutre copiosamente la bramosìa malèfica di un’intera categoria di cui lo studente Giunior W. Berlicche è, alla fin fine, solamente un solido, degno, laborioso e rispettabile rappresentante. Pasqua 2004, in Italia Andrea di Furia



Faust: Mefistofele:

Alle corte, chi sei? Una parte son io di quella forza, che sempre vuole il male e sempre il bene crea. Studio, vv. 1335-1336, dal Faust di J. W. Goethe.

I - La solita dietrologia? Carissimo zio Malacoda, sono molto preoccupato per il prossimo compito in classe. Certo, qui alla Furbonia University mi trovo bene... Ah!, in senso negativo ovviamente. Me lo avevi detto, ma ancora non mi rendo conto di quanto siamo debitori, per la terminologia usata abitualmente, al nostro Nemico. Il master in damnatio administration è sempre stato il mio desiderio più ardente, non solo a titolo personale, ma soprattutto ora… appunto per poter riscattare il nome della nostra malvagia genìa. Sai bene di essere l’involontaria causa del grave insuccesso di nonno Berlicche di fronte al Consiglio degli Arconti delle Tenebre, e per quanto abbia lampi di satanica soddisfazione nel saperlo espulso dall’Inferno ed esiliato forse sine die in Purgatorio, il fatto che tu sia ritenuto addirittura a ‘rischio di redenzione’ – i classici sospetti esagerati? la solita dietrologia? – sbarra la strada alle mie decise ambizioni nel perseguire quella carriera di malvagità manifeste che ha sempre aperto alla nostra tribale famiglia le migliori posizioni nella classe mediana, tra le cinque del nostro pestìfero arcontato. Riequilibrare l’immagine un po’ appannata della nostra malèfica schiatta mi costringe dunque ad uno sforzo non indifferente, come ben puoi immaginare… Nondimeno, insegnare con successo ad un uomo ( è appunto questo il modulare compito in classe che ci assegneranno) a pervertire le leggi dell’economia di mercato su quel loro insulso pianeta che tanto i nostri docenti appassionatamente bramano, dipende anche dalla tipologia di


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quest’ultimo e dal punto di vista e di partenza che ti assegna il Master Truffator, il nostro fetentissimo insegnante in materia. Quanto Draghignazzo è impulsivo, tu lo sai bene, tanto quest’essere è freddo, gelido, implacabile nella sua imperturbabilità deviata. Ma è molto, molto esigente e fino ad ora nessuno dei suoi allievi ha mai tradito le sue aspettative, ci ha detto. Sfido, dico io! Se non superi le prove che ti sottopone, ti costringe a passare tutti i momenti liberi dagli studi a tentare inutilmente di volgere al male un sant’uomo o una santa donna ormai certificati nella loro santità (secondo il dettato paolino) dal Nemico stesso. Sai le terrificanti frustrazioni! È davvero spaventoso il solo pensarlo! Comunque ti saprò dire di più dopo aver terminato questa prova. Sua Indecenza ineffabile si prende sempre un bel po’ di tempo per correggere i compiti in classe: tempo durante il quale ci tormenterà, al solito, con velate e velenose allusioni. Mi consulterò, tuttavia, con i miei odiosi compagni, e vedremo come ognuno avrà impostato il suo elaborato e quale risultato avrà ottenuto ciascuno con la propria cavia umana. Il tuo affezionatissimo nipote


Mefistofele a Faust: Lo spirito son io che sempre nega. E con ragione. Tutto ciò che nasce merita solo di calare a fondo. Studio, vv. 1.338-1.341, dal Faust di J. W. Goethe.

II - Un dilemma a due corna. Carissimo zio Malacoda, sto sbavando veleno alla sola idea di dovermi ritrovare faccia a faccia con Sua Mediocrità pelosa. Non solo idolàtra l’oro e l’economia speculativa su politica e religione, ma tende a promuovere chi si vota al dottorato per diventare tentatore diabolicus oeconomicus. Ma io odio la speculazione e bramo la politica. Che fare allora? Certo, so che questo mio atteggiamento di fondo ti dà un sottile piacere: è insito nella nostra natura infernale, ma qui, per me, è un dilemma a due corna. Miravo all’encomio. Avrei potuto farcela di sicuro con uno come Draghignazzo! Lo conosci, è impetuoso. Non è glaciale come Sua Sgradevolezza corrosiva, il nostro disgustoso e urticante Master Truffator, ma è il responsabile di un altro corso. Entrambi fanno parte del Collegio dei docenti, ma questo al momento non mi fa né caldo, né freddo. Ebbene? Odio l’economia, perché è il mezzo più facile per tentare quelle spregevoli cavie umane: le logiche speculative sono certo infernali, ma banali. Vuoi mettere l’arte inversa di legiferare, nel senso di rendere legale l’inganno, la menzogna? Ricordi la ferina e bramosa pulsazione che ci prese tutti quando venimmo a sapere di come quel collega della Fanatic University ha contrapposto al decalogo del Nemico l’idolatria di essere al di sopra delle leggi? Che feroce forma di auto-perdizione! O di quando sapemmo del collega che, durante la rivoluzione francese, ha contrastato gli Agenti del Nemico – i quali erano ad un passo dall’ottenere una reale indipendenza tra i tre poteri dello stato demo-


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cratico (parlamento, magistratura e governo) – convincendo i membri del potere esecutivo e legislativo di come fosse preferibile che il potere giudiziario non potesse essere sindacato che da se stesso (rendendolo di fatto irresponsabile dei propri errori, sia in buona che in cattiva fede). E di come avesse, quella perfida matricola, suscitato per converso, nei vertici di quest’ultimo potere, il pensiero che sì, dagli altri due poteri dello stato si deve essere largamente indipendenti, ma d’altra parte che nessuno vieta di essere quanto più strettamente dipendenti dal proprio partito politico dell’epoca: girondini e giacobini, socialisti e anarchici, comunisti e liberisti, destri e sinistri, e così via. Basta infatti il suggerimento maligno di un nuovo nome, ed il perverso gioco separatore dell’avversione è fatto! Ha voglia il Nemico a tentare di far invocare il rispetto reciproco, di rimetterli insieme tramite la tolleranza e con i suoi proverbiali sgambetti, tipo: “Tra i due litiganti il terzo gode”. Tanto, al nostro spezzatino animico non passerà mai per la mente che il terzo… siamo sempre noi. I poveri meschinelli lo immaginano come uno dei loro, ma con le nostre migliori caratteristiche: furbo, deciso, rapace. È singolare, poi, come questo povero essere umano non riesca ancora a capire che il detto La legge è uguale per tutti, un altro degli antìdoti inopportunamente propalàti dagli Agenti del Nemico, possa essere così facilmente pervertito col semplice cambiamento del punto di vista principale. Ci basta appena suggerire mentalmente un semplice noi, ovvero La legge è uguale per tutti noi ed ecco che siamo progrediti fino a legittimare il suo contrario, ossia l’interpretazione della legge più favorevole alla propria parte politica (noi) e più sfavorevole a quella avversa (voi). E non dimentichiamo il relativo corollario malèfico susseguente ed inevitabile: ciò che è capace di eliminare l’oppositore esterno è tanto più efficace con l’oppositore interno (per chi lo elimina è pur sempre, mentalmente, un voi), il quale proprio non se lo aspetta (perché mentalmente, il tenerello, si sente un noi).


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Per non parlare poi, se apprezzi la pedanteria più esaustiva, del misero singolo individuo . Pure costui, di fronte al gruppo (al branco, diremmo noi) è sempre, concretamente e inevitabilmente, un povero, inutile e fastidioso voi! Destinato perciò ad essere manipolato, sfruttato e spremuto come un limone e, divenuto poi inservibile, sarà gagliardamente rottamato, gettato via e smaltito... nella prima discarica disponibile. E questo a Sua Bavosità vomitevole sembra troppo complicato! Per me invece, questa è poesia sopraffina, arte, sulfùrea quanto basta. Una corrosiva artigliata alle spalle. E a questo punto mi chiedo: saprò essere degno allievo di tanto malèfico ingegno e puntare all’encomio, o dovrò accontentarmi della sufficienza per evitare di contrariare e ancor più inimicarmi Sua Unilateralità usuraria? Non è un dilemma cornuto, zio? Il tuo velenosissimo nipote


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