loft maggio 2012

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Anno III #03 maggio 2012


Anno III #03 maggio 2012

Giornalino scolastico dell’IS Carlo Anti

Villafranca di Verona

E’ ormai tempo di vacanze e anche noi siamo giunti all’ultimo numero di Loft. Certo, per i ragazzi di quinta è tutta un’altra storia e le meritate vacanze arriveranno solo verso la metà di luglio dopo aver superato gli esami di maturità. A tutti loro in bocca al lupo! Con gli esami di stato se ne andranno anche molti di noi, a dir la verità quasi tutto lo staff della nostra redazione che per anni ha lavorato al nostro giornale d’Istituto con passione e dedizione, con la propria presenza attiva e stimolante, sviluppando nel tempo competenza giornalistica, nonchè capacità di collaborare e lavorare in gruppo. A loro vanno la nostra stima e il nostro riconoscimento e un enorme GRAZIE per esserci stati! Nel frattempo invitiamo tutti gli alunni del nostro Istituto a riflettere, durante la pausa estiva, sulla possibilità di entrare a far parte della nostra redazione il prossimo anno. Abbiamo bisogno di “talenti” giovani, spigliati, volonterosi, creativi per rinnovare le pagine di Loft. In questo ultimo numero, come da consuetudine, troverete un resoconto di tante attività e iniziative promosse dalla nostra scuola: dagli incontri con gli autori, alle uscite didattiche, dagli stage linguistici al laboratorio di teatro, dagli articoli impegnati che trattano il tema della disabilità o uno scambio di esperienze dirette ed epistolari con i carcerati, agli articoli di intrattenimento e costume. In occasione di Simuland, la quarta fiera delle IFS promossa dall’Isiss “Carlo Anti”, sede del Simucenter regionale del Veneto, e che vede la partecipazione di scuole provenienti da tutta Italia ma anche dall’estero (Croazia, Ungheria, Austria, Germania), la redazione ha preparato un numero speciale di Loft in lingua inglese e tedesca da distribuire agli studenti stranieri. Lo scopo è quello di favorire un dialogo e uno scambio più proficuo e duraturo con ragazzi di altri paesi europei, ma anche di far conoscere loro una realtà scolastica del nostra Italia ben strutturata, impegnata su più fronti e attenta alla formazione degli studenti come è quella appunto dell’Istituto “Carlo Anti”. Buona lettura a tutti ma soprattutto... BUONE VACANZE La redazione 2

Hanno partecipato a questo numero

Gli studenti: Da Campo Giulia 5BTT Massalongo Francesca 5BTT Leva Giorgia 5ATT Cappellozza Maria Chiara 5ATT Ciccarino Mario 4BLS Castiglioni Alessia 5BTG Porcu Marika 5CTG Bertasi Cristiano 5CTG Finamore Manuel 1BIT Pasquali Moreno 2BLS Ivona Budic 2CBC


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M M A R I O I MISS MY SCHOOL Ieri, Oggi & Domani Sweden Una giornata d’animazione I Manciù Hastings Cronaca di un successo Libertà è partecipazione Una giornata con l’autore Il “noir metropolitano” di Paolo Roversi

Incontro con l’imprenditore Alessandro Speri Il giro del mondo in 24 ore Non ti preoccupare amore, sto attento io! A volte basta un ciao Scuola & Carcere Guitar Solo Carnet mostre & concerti

La direzione del giornalino è di Alessandra Adami e Maria Buonocore Hanno collaborato gli insegnanti: Grazia Felici Vania Doro Luisa Teso

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Sfoglia la versione virtuale del giornalino online http://issuu.com/carloanti

La grafica è stata curata dagli studenti della classe 5ATG coordinati dal prof. De Giorgi. 3


di Francesca Massalongo

C

ari ragazzi e ragazze di quinta, ci siamo, un ultimo sforzo per arrivare a conquistare il tanto ambito Diploma di Maturità, ed insieme a lui la nostra indipendenza. Vi siete mai domandati:

E POI?

Certo c’è chi di voi si rimboccherà le maniche e inizierà a portare curricula a destra e a manca, chi invece,qui a Verona o magari in altre città come Padova, Trento, Trieste, Milano, Ravenna si aprirà al mondo dell’Università: nuovi volti, nuovi insegnanti, aule gigantesche… Per molti nuovo appartamento, chissà dove, chissà con chi.

COSA MI MANCHERà DI PIù DOPO?

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Sì, è vero, anche le Università propongono attività extrascolastiche come la radio dell’Ateneo, il giornalino o addirittura i parties universitari, ma la nostra Amata (o odiata a seconda dei punti di vista) scuola superiore che fine farà? Quanto di noi, della nostra storia, del nostro vissuto lasceremo tra queste quattro mura? Questo articolo è nato dalla curiosità di penetrare nelle menti degli studenti di quinta che stanno per concludere la scuola superiore, per scoprire cosa di questa vita scolastica “comoda e preconfezionata” mancherà o meno, a prescindere dal fatto che una persona l’abbia vissuta più o meno attivamente.


Questa intervista pone l’accento su diversi punti di vista, quello degli studenti e quello degli insegnanti che si accingono a salutare le classi quinte che per anni hanno visto crescere e “hanno tenuto per mano”.

Giulia di 5BTT ci dice:

“Non mi mancheranno la classe e la poca organizzazione del nostro sistema scolastico. Mi mancheranno invece l’aria “di casa” che qui si respira, la sicurezza di entrare in un posto che già conosci, in cui ti senti a tuo agio, in una prospettiva universitaria in cui non ci sarà certo la centralinista Enza a venirti a chiedere: “Ehi come stai?” o Stefano - il tecnico di laboratorio, sempre disponibile ad aiutarti.”

Comencini Andrea di 5BTE

“Non mi mancherà sicuramente l’agitazione che provo prima dei compiti in classe, l’assillante pensiero degli esami, prossimi ad arrivare, il mercoledì mattina (visto che ho 5 ore con lo stesso professore!), oppure il perdere felici e soleggiati pomeriggi primaverili a studiare …

Evelina, Chiara, Annalisa della 5BTT, sempre insieme, all’unisono confessano:

“Non ci mancherà la classe, le interminabili verifiche di matematica, l’alternanza scuola- lavoro, i brutti voti, in generale il sistema scolastico, ovviamente alzarsi alle sei di mattina ad ogni stagione, e non mancheranno neppure le sei ore di economia in tre giorni consecutivi! Ci mancheranno invece la prof. Nicolis con le sue “frasi del mese”, la prof.ssa Carletti perché staresti ad ascoltare le sue lezioni per ore e ore, la prof.ssa Catanese (Catti per gli amici) con la sua cioccolata, la prof.ssa Adami, perché se non ci sprona lei a studiare chi lo farà? Infine stare dieci minuti fuori per prendere i panini, l’ora di “libertà” per chi non fa religione ed arrivare a scuola per chiedere: “Chi fa berna???”.

Mi mancheranno invece i miei compagni di classe e il “casino” fatto assieme, i “lunghi” cambi dell’ora e la ricreazione, alcuni professori e naturalmente l’attività extrascolastica che svolgo, ovvero il teatro!” Il suo compagno e amico Mircea, nostro rappresentante d’Istituto, aggiunge: “le belle ragazze del ’97! “

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Federica 5ATG

“Cosa mi mancherà? La mia classe e i compagni con cui ho trascorso 5 anni della mia vita, perché provo verso di loro un profondo affetto, nonostante siamo tutti cambiati rispetto all’inizio. Non mi mancherà l’organizzazione scolastica nel suo insieme, per alcuni aspetti da rivedere.”

Matteo Rudella 4BLS

Del “Carlo Anti” mi mancherà il mio gruppo di teatro che è un’esperienza unica per tutti, importantissima perché aiuta a formare la persona da un punto di vista critico, l’aiuta a conoscersi meglio, ad essere meno timida, a superare paure e insicurezze. Il gruppo teatrale ti dà poi l’opportunità di partecipare a varie rassegne e, per chi ha voglia, è un trampolino di lancio verso questo magico mondo. A me ha fatto tanto bene e spero che faccia altrettanto bene a chi ha voglia di provare. Non mi mancheranno invece le verifiche di informatica e le bidelle che non mi fanno prendere da mangiare fuori dall’orario di ricreazione.”

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Nicolò 5BTG, rappresentante d’Istituto

“Mi mancheranno i docenti, soprattutto quelli conosciuti dopo la terza, il personale amichevole e certe attività come il gruppo musicale del quale faccio parte da tre anni, ma in generale non mi mancherà la scuola col suo carico di lavoro.”

VLADISLAV

“Non mi mancherà la scuola perché sono ansioso di vedere cosa mi porterà il futuro. E’ un trampolino di lancio la fine della scuola, non una vera e propria fine, ed è giusto così, che non ci manchi. C’è sempre quel distacco emotivo dai compagni e dai professori, ma ripeto, sono curioso di vedere quello che verrà.”


ECCO ORA L’INTERVISTA ESCLUSIVA A QUATTRO INSEGNANTI RISPETTIVAMENTE DI ITALIANO E STORIA, DI GEOGRAFIA, DI TEDESCO E DI PROGETTAZIONE GRAFICA.

Prof.ssa Adami

“Quando hai trascorso tre anni con una classe, ti dispiace lasciarla perché con gli alunni di quella classe non hai stabilito solo un rapporto di tipo professionale, non hai trasmesso solo delle conoscenze e delle abilità, ma hai innanzitutto stabilito una relazione di reciproca stima e fiducia, c’è stato uno scambio di esperienze, di emozioni, di opinioni, in pratica si è cresciuti insieme. E il bello di tutto questo è che non solo ti dispiace lasciare una classe in cui hai lavorato serenamente e hai raccolto buoni frutti, ma anche una classe difficile perché è proprio lì che hai dovuto metterti maggiormente in gioco, che hai dovuto faticare per modificare l’atteggiamento sbagliato di alcuni alunni, per motivarli allo studio, per aiutarli a superare ostacoli e difficoltà con una parola di incoraggiamento e così, piano piano, li hai visti cambiare sempre in meglio, per poi alla fine vederli magari uscire dall’esame con un bel voto! Ricordi negativi? Ho sempre fatto volentieri il mio lavoro per cui non ho ricordi negativi; magari mi dispiace di non essere riuscita a fare qualcosa di più per qualche ragazzo o di non essere riuscita a coinvolgerlo maggiormente .”

Prof.ssa Nicolis

“Sicuramente tra professori e alunni non vi è solo un distacco professionale soprattutto con le classi che conosci da più anni, con le quali hai avuto un rapporto di scambio reciproco. Dei ragazzi ti rimane la loro peculiarità perché la classe è formata da tante teste e personalità. E’ bello quando rivedi gli ex alunni che ti vengono a salutare anche dopo anni perché c’è un rapporto che continua nel tempo. Puntualizzo che le classi non sono formate da alunni, ma da persone. Non ho ricordi negativi di vecchie classi ma il timore di non aver rispettato, seppur involontariamente, le singole persone o che le stesse pensino che io non l’abbia fatto.”

Prof.ssa Beltrami

“Cambiando scuola ogni anno, non posso instaurare rapporti duraturi con gli alunni; comunque quello che resta è sempre un ricordo positivo della classe, può essere negativo forse solo nei confronti di qualche soggetto.

Cambiando ci si dimentica più facilmente degli alunni perché, quando inizi a instaurare un rapporto con loro, è già ora che tu li perda; fa piacere però quando un ex alunno ti incontra e ti saluta.”

Prof. De Giorgi

L’anno scolastico è un viaggio che coinvolge allo stesso tempo studenti ed insegnanti; come in una vacanza -anche la più organizzata- all’inizio conosciamo soltanto il percorso e la durata: abbiamo studiato i tempi di percorrenza, gli spostamenti, i costi ecc. ma tutto quello che ci succederà durante il viaggio -ed è quello per cui partiremo- lo scopriremo giorno per giorno, attimo dopo attimo. Così ogni classe ha una storia che la rende diversa dalle altre e, in qualche modo, unica. Ogni volta che si arriva alla fine del percorso si sono accumulati ricordi ed esperienze, positive e negative, che riguardano gli aspetti professionali e quelli umani allo stesso livello. Ma la memoria legata agli obiettivi raggiunti, al puro svolgimento degli impegni didattici, a poco a poco è destinato a svanire; quello che rimane sono i bellissimi ricordi del tempo trascorso con gli studenti, con le loro storie, i loro sorrisi, le loro lacrime, la loro insicurezza e la loro genuinità. Ogni anno nuove istantanee si aggiungono al nostro album, insieme alle foto più vecchie: a volte mischiandosi e confondendosi, a volte rispuntando imprevedibilmente da un cassetto che credevamo ormai vuoto.

Che dire, compagni, prendiamo le opportunità che ci sono state date e trasformiamole nel nostro punto di forza per il futuro. Il giornalino, la band, il teatro, i tandem e i master, gli incontri con gli autori, le gare sportive, i corsi di lingua come il Trinity e il corso di spagnolo, la patente ECDL sono tutte esperienze e opportunità che l’Istituto “Carlo Anti” ci ha offerto, punti di forza a nostro favore… Se qualcosa è andato storto o è mancato, beh, non scoraggiatevi, si sa che le esperienze negative fortificano e ci fanno maturare, impariamo dagli errori e apriamoci una nuova vita.

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di Manuel Finamore

IERI

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egli ultimi anni c’è stato uno sviluppo vertiginoso della tecnologia tanto che nessuno ne può fare più a meno, si sta iniziando persino a sostituire la carta con tablet e computer, mentre per la gente del passato, anche di pochi anni fa, la tecnologia non serviva a nulla!

&

DOMANI Ma se continueremo IERI differenze tra ieri e oggi riguardano a svilupparci così Le tutti i campi della vita quotidiana. velocemente, nel In ambito lavorativo, quando non c’eratutti i moderni strumenti per arare i futuro a che punto no campi e per produrre, si lavorava in me11 ore al giorno, e non esistevano arriveremo? dia quelle che noi chiamiamo vacanze.

Le abitazioni di una volta erano gelide: gli unici strumenti che usavano gli antichi per scaldare case e castelli erano piccoli bracieri e camini che riscaldavano pochissimo, per non parlare poi dei problemi riguardanti l’igiene quotidiana! Fino al XIX secolo, poi, l'analfabetismo era molto diffuso: solo 2 abitanti su 10 sapevano leggere e scrivere. E per quanto riguarda i divertimenti? Come divertirsi del Medioevo? Beh, prima di tutto sono da escludere le passeggiate notturne e serali per colpa dei molti male intenzionati che avrebbero potuto nascondersi nel buio. Di giorno, se fossimo stati nell’impero romano saremmo potuti andare al Colosseo, o ai numerosi teatri; se fossimo stati in Egitto saremmo potuti andare

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alle numerose feste e ai banchetti, ma soprattutto avremmo potuto praticare sport e partecipare a tornei. Un’altra grande differenza che ci distingue dai nostri avi riguarda la salute: nel passato, come tutti sappiamo, era facilissimo ammalarsi e morire anche per una malattia che oggi potrebbe sembrare banale. In passato si viveva in media 40 anni, era rarissimo trovare un cinquantenne! Ora passiamo al presente...


OGGI

Al giorno d’oggi, grazie alla tecnologia, nell’ambito del lavoro quasi tutto si semplifica. Rispetto al passato si sono aggiunti centinaia di nuovi lavori, e quasi tutti durano dalle 5 alle 9 ore giornaliere, contengono molti giorni festivi e non si lavora il sabato o/e la domenica; quindi possiamo dire che il lavoro è meno duro di quello di una volta. I palazzi e le case moderne sono molto più accoglienti, grazie alle nuove tecnologie per riscaldare e rinfrescare gli ambienti o che ci permettono di divertirci senza uscire di casa. Oggi ci sono più occasioni di divertimento rispetto al passato perché di sera le strade illuminate e sicure permettono tranquillamente di andare in bar, discoteche e moltissime altre mete molto amate dagli adolescenti. E poi non dobbiamo dimenticare quella straordinaria invenzione chiamata cinema che, nata il 28 dicembre1895, ha rivoluzionato la vita di moltissime persone. In campo medico è diventato molto più semplice curare numerose malattie con la scoperta di sempre nuovi farmaci. Anche oggi, però, ci sono tante malattie che non riusciamo a debellare, ma queste sono oggetto di ricerche che vengono svolte sinergicamente in tutto il mondo. L’obiettivo della scienza è quello di allungare la vita media dell’uomo che oggi, nei paesi sviluppati, supera i 70 anni, ma si possono trovare anche persone centenarie.

DOMANI

Nel futuro, molto probabilmente, le macchine e i robot sostituiranno l’uomo nei lavori manuali. Il nostro compito sarà soprattutto quello di programmarli e di migliorarne le potenzialità. Chissà se anche nei servizi pubblici ci troveremo a interloquire con un robot! Le città, dato che la popolazione salirà vertiginosamente, brulicheranno di imponenti grattacieli e sarà difficile trovare vegetazione o spazi verdi. Inoltre per saziare le necessità della gente ci sarà bisogno di molte più risorse di quante il nostro pianeta riesca ad offrirci, quindi l’uomo dovrà per forza colonizzare un pianeta vicino da cui ricavare nuove forme di materie prime o semplicemente da utilizzare come

discarica o poi creare serre “volanti”, sostenute soltanto da colonne di acciaio. Forse questa è solo fantascienza, ma è previsto che nel 2100 raggiungeremo almeno i 13 miliardi di abitanti. Uscire per divertirsi sarà molto stressante a causa delle strade superaffollate. Forse le generazioni future si divertiranno solo virtualmente. In campo medico, forse, una semplice webcam riuscirà anche a radiografarci e fornirci così una diagnosi dei nostri malanni. Le tecniche mediche saranno sempre più precise e personalizzate e contribuiranno all’allungarsi della vita media. Speriamo infine che riescano anche a garantirci la felicità.

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SWEDEN Daily diary by some students of 3als

(students’ exchange from 23rd April to 29th April)

MONDAY 23rd APRIL

TUESDAY 24th APRIL

The long awaited day of the exchange with the school of Örebro has arrived.

Unfortunately, some of the Swedish students had an exam in the morning, so some of us had to go to school very early; they were very tired!

The meeting point was at 4 pm in front of our school and a bus, that had to bring us to the airport, was waiting for us. We arrived at the airport and we waited for the plane: at 8:35 pm we were flying to Sweden. After two hours and half we finally arrived at Stockholm and a bus brought us to Örebro, where our partners and their families live.

At 10 am all the Italians went to the town hall for a visit with the mayor. After that we had science class with professor Marten: it was very interesting and amusing! Then we went to the library together with our partners, where the headmistress did a presentation of the school. The class in the afternoon was very boring, but we enjoyed ourselves when we did some games to get to know all the participants a little bit better. In the evening we met in a pubrestaurant and we had dinner all together. It was an amazing day! Marta

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WEDNESDAY 25th APRIL

Thursday 26th April

Today we,Italian students, have been to a science lesson held by teacher Marten who makes students lie on the tables and other strange things. We had lunch at 11.30 (early for us!), at the school canteen. In the afternoon, Italians, teachers and Swedish students have walked to the old town, Wadkoping. We have seen the old school and homes, a fake farm with fake animals .After that we went to the acqueduct which has the shape of a mushroom. We entered the café placed on top of the acqueduct, we drank hot chocolate looking at the panorama of Orebro. In the end everyone went back home with his partner, ate with his or her family and rested because on the next day we would have to go to Stockholm.

Thursday morning we took the bus to Stockholm at the central station of Orebro at 7:45 am. We arrived at Stockholm’s central station at half past ten am. We visited the building where the Nobel prizes are awarded. After that we visited the old city: we saw the parliament, the premier’s house, the theater and the royal palace. After that we took the bus to the vasa museum where we saw the vasa vessel dating back to XVII century and we visited the museum. Finaly we returned to the central station and we took the bus back to Orebro. Alfridi Matteo

Bonomini Marica

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FRIDAY 27th APRIL

SATURDAY 28 APRIL

I got up at 9 o’clock . After breakfast we went to school, to teacher Marten’s chemistry lesson. After the lesson we had lunch in the school; the food was not very good . At half past one I returned home to have a shower and to change my clothes because in the evening there was a dinner and a party all together. At 4 p.m. we went to visit Orebro castle where a guide told us the story of the castle but we understood just a bit as he spoke very quickly. When the castle tour finished we went to school where we waited for dinner time . After the big dinner we went to a venue where the Swedish boys gave a party for us and it lasted all night long so we slept in that place; a kindergarten they had hired for the occasion.

Today was a really relaxing-day! We woke up at half past nine, but we were so tired as the night before we had a party with all the Swedish and Iitalian students. One hour later I arrived with Lovisa, my Swedish partner, at home, where her parents told me that we were going to see some lakes near Örebro. So we left the house and, after fifteen minutes, we arrived at the Naturens Hus park . There I saw lots of woods and nature, the typical scenery of Sweden. This lakes are of glacial origin and they are connected by some small rivers. In the winter the cold freezes the water and the people can go there and ice-skate. Then they took me to Lovisa’s grandparents’ house. It is a beautiful apartment and the cakes that I ate were really good! At three o’clock we arrived at home, where I slept until five pm. After a shower I had dinner and I waited for Marta, because she and her Swedish partner, Aleksandra, should come to see a film with us. When they arrived we watched it ( we didn’t understand so much because it was in English with Swedish subtitles!), then we went to bed. I really enjoyed this experience and I’m a bit sad if I think that tomorrow I will leave Sweden and I will return back home.

Franchini Michele

Biasi Riccardo

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UNA GIORNATA D' ANIMAZIONE

di Alessia Castiglioni VBTG

MANTOVA

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enerdì 20 aprile, le classi quinte dell’indirizzo grafico della nostra scuola hanno visitato la mostra dedicata alla PIXAR, la famosa casa produttrice di cartoni animati, presso il Palazzo Te di Mantova. Ad accogliere gli studenti all’ingresso le riproduzioni dei due mostri, protagonisti del lungometraggio Monsters & co: Mike Wazowski e Sullivan. Al suo interno si possono osservare tutti gli schizzi preparatori alla realizzazione dei più grandi capolavori e notare come, attraverso innumerevoli passaggi e cambiamenti, i di14

segnatori PIXAR siano riusciti ad arrivare ai personaggi che oggi sono famosi in tutto il mondo. Inoltre si possono scoprire curiosità divertenti. Ad esempio, sapevate che inizialmente Woody, il cowboy del cartone Toy Story, era stato creato sottoforma di marionetta con tanto di fili? E che Mike Wazowski è nato rosa a macchie viola e non verde a macchie azzurre? Addirittura, il tenero topolino protagonista del capolavoro Ratatoullie è nato dallo schizzo di un enorme ratto nero dall’aspetto inquietante prima di diventare un tenero “topo-chef”. Un’altra curiosità che ha affascinato i nostri grafici è stata la grande varietà di tecniche utilizzate per la realizzazione di schizzi e storyboard: dalle più semplici e lineari alle più

dettagliate e complesse. Ma ad essere sinceri, le vere attrazioni della mostra sono altre. La prima si chiama Zootropio ed è una sorta di giostra che dà un effetto ottico in 3D. Su diverse piattaforme tonde girevoli sono stati posizionati i modellini dei personaggi principali di Toy Story riprodotti in sequenza. La piattaforma inizia a ruotare sempre più velocemente e, con un gioco di luci ad intermittenza, i personaggi sembrano magicamente prendere vita. Ecco allora che tutti i giocattoli compiono azioni diverse: c’è chi saluta, chi salta, chi rotola e chi si esibisce con la fune. Uno spettacolo meraviglioso che ha lasciato tutti quanti a bocca aperta! La seconda attrazione è senza dubbio lo spettacolare cinema in 3D.


Questa volta però (a differenza di un film 3D normale), grazie alla presenza di tre proiettori al posto di uno, è possibile “entrare” nelle scene dei cartoni (riprodotte in modo semplice e schematico) senza indossare gli occhialini. Lo spettatore dunque si può trovare a nuotare all’interno degli scenari subacquei de Alla ricerca di Nemo o correre alla velocità della luce con Flash del cartone Gli incredibili, viaggiare nello spazio sulla navicella del robot Wall-E o gareggiare nei circuiti di Cars. Tutto questo accompagnato da simpatici giochi di luce e sottofondi musicali in tema

con i cartoni. All’uscita dalla mostra si percorre un lungo corridoio che presenta disegni e riproduzioni di Luxo, la celebre e immancabile lampadina, mascotte della PIXAR. L’uscita didattica ha riscosso un grande successo, tanto che alcuni studenti hanno voluto tornare con genitori e fratellini. Capire come lavorano le menti di una casa cinematografica così importante è un’occasione da non perdere!

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Q

UANTI DI VOI CONOSCONO LA STORIA DELL’ULTIMA DINASTIA CINESE? COME SI CHIAMAVA L’ULTIMO IMPERATORE CHE HA GOVERNATO LA GRANDE CINA? QUANDO E COME È DIVENTATA UNA REPUBBLICA? Le classi 5ATT e 5BTT hanno trovato risposte a tutte queste domande e a molte altre, partecipando alla visita guidata della mostra “Manciù, l’Ultimo Imperatore”, allestita a Treviso, presso la “Casa dei Carraresi”.

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I Manciù sono stati appunto l’ultima dinastia regnante sul Celeste Impero, dal 1644 al 1911 e il loro nome deriva dalla loro provenienza geografica, ovvero la Manciuria, una regione situata a nord della Cina, e da qui infatti iniziarono la loro conquista di questo vasto territorio, riuscendo quindi a salire al potere sconfiggendo la dinastia Ming e instaurando la dinastia qing. Con il primo imperatore Nurhachi, i Manciù vollero diffondere la cultura mancese in tutta la Cina, imposero così la lingua mancese come lingua ufficiale e costrinsero tutti gli uomini a lasciarsi crescere i capelli e a legarli in una lunga treccia nera. Durante tutto il periodo della dinastia Manciù, si succedettero diversi imperatori, alcuni di essi incaricati all’età di appena 3-4 anni, ma una delle figure più curiose, oltre all’Ultimo Imperatore, è sicuramente quella dell’imperatrice Cixi, la quale prese più volte il potere.. Cixi infatti era la concubina dell’imperatore Xianfeng e, dopo la

sua morte, lei e la moglie dell’imperatore fecero le veci per il figlio minorenne Tongzhi. Cixi però era talmente accecata dal potere che, appena il bambino raggiunse la maggiore età, 17 anni, lo fece uccidere, nominando erede suo nipote di appena tre anni. Nel frattempo la moglie dell’imperatore morì, così Cixi divenne sovrana dell’Impero facendo le veci del nipote. quando il nipote raggiunse la maggiore età, Cixi si ritirò in campagna, ma il silenzio non durò molto; organizzò infatti un colpo di stato, riprendendosi il potere e confinando l’imperatore all’interno del palazzo. L’imperatrice continuò a regnare, anche dopo la dura sconfitta dovuta alla rivolta dei Boxer, fino al 1908 quando, in punto di morte, si narra che abbia ordinato anche la morte dell’imperatore prigioniero, premurandosi di assegnare il trono all’Ultimo Imperatore Pu Yi.


Di tutti questi secoli alla mostra si possono ammirare oggetti preziosi appartenuti alla collezione dei diversi imperatori, come le armi o gli oggetti quotidiani, facilmente riconoscibili perchè hanno un’impugnatura in giada bianca, ritenuta più pregiata rispetto alla giada verde perchè meno diffusa. Molto suggestiva è anche l’esposizione delle divise militari di seta del 1644, sgargianti in ogni loro colore e ricche di figure simboliche come il drago, simbolo dell’imperatore, o il pipistrello, simbolo della fortuna. Da non tralasciare l’evento unico nella storia della Cina, ovvero l’esposizione dell’originale Trono del Celeste Impero, smontato e ricostruito in una delle sale della Casa dei Carraresi, compreso di tutti i suoi arredi. Parte della mostra è largamente dedicata alla storia di Pu Yi, l’ultimo imperatore cinese, reso famoso agli occidentali anche grazie al film-capolavoro di Bernardo Bertolucci. La sua storia è particolare in quanto fu nominato imperatore all’età di due anni, regnò per soli quattro anni, fino al 1912 quando venne proclamata la Repubblica. All’imperatore bambino vennero comunque concessi i privilegi di abitare nella Città Proibita a Pechino e di mantenere il titolo di imperatore.

Pu Yi però ebbe l’opportunità di ricevere una doppia educazione, non solo orientale, ma anche occidentale in quanto fu istruito dal suo precettore inglese Reginald Fleming Johnston. Successivamente i giapponesi invasero la Cina nel 1931 e occuparono la Manciura, mettendo sul trono proprio Pu Yi, in quanto ultimo discendente della dinastia mancese. Nel 1945 Pu Yi abdicò e cercò di rifugiarsi in Giappone per arrendersi agli americani, ma venne fermato dall’Armata Rossa. Dopo essere stato prigioniero dei sovietici, venne consegnato ai cinesi nel 1950 e dai suoi compatrioti comunisti fu internato in un istituto di rieducazione per criminali di guerra a Fushun, nel nord-est della Cina. Fu liberato nel 1959 e, a seguito della scarcerazione, visse come un cittadino comune, lavorando come giardiniere al Giardino Botanico di Pechino, voluto dall’imperatrice Cixi. Nel 1962 Pu Yi si sposò con un’infermiera, Li Shuxian e morì pochi anni dopo, nel 1967, a causa di un tumore alla prostata. Oggi le sue ceneri sono conservate in un piccolo mausoleo nel complesso dei Mausolei Qing Occidentali, situato nella provincia dell’Hebei.

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Di tutta la travagliata storia dell’Ultimo Imperatore, alla mostra si possono ammirare le splendidi vesti da bambino di Pu Yi, la gabbietta contenente il grillo, il suo unico amico nella Città Proibita, la sua prima macchina fotografica, i suoi occhiali e altri oggetti, alcuni tipicamente occidentali, esposti al pubblico per la prima volta. Suggestivi sono anche i reperti degli indumenti e oggetti usati in carcere, marchiati con le cifre 981, fino ai documenti che testimoniano la sua “vita da comune cittadino”, come la scheda elettorale, i suoi diari e le molte fotografie.

questa mostra testimonia anche il fatto che la Cina sta pian piano aprendosi al resto del mondo, facendo conoscere la propria cultura e storia, ricca di leggende, simbolismi e personaggi interessanti come Cixi e l’Ultimo Imperatore.

Visitare questa mostra è stata, a mio parere, un’occasione, forse irripetibile, per ammirare oggetti originali provenienti dalla Città Proibita di Pechino, dandoci l’opportunità di conoscere l’enorme patrimonio culturale che questo paese ha tenuto nascosto per tanto tempo.

LO sAPEVATE CHE... Nelle decorazioni cinesi presenti su oggetti appartenuti all’Imperatore ricorreva spesso un simbolo simile alla svastica fascista, completamente girata; si chiama wantsu ed è il simbolo del quadruplice orientamento che segue i punti cardinali. L’esercito dell’Imperatore, quando usciva dalla Città Proibita, sfoggiava diverse bandiere di colore diverso in base allo scopo della visita e allo stesso tempo l’esercito, al suo interno, era diviso per gradi secondo 8 colori. La dinastia Qing impose a tutti gli uomini di legarsi i capelli con un codino e chiunque si sottraeva a questa pratica veniva decapitato. Nella collezione dell’Imperatore sono presenti numerosi “scettri”; non sono altro che oggetti da arredamento e venivano regalati alle persone ritenute così importanti 18

da ricevere in dono un oggetto imperiale. L’Imperatore poteva toccare solo oggetti ricoperti d’oro o giada bianca, per questo sono anche facilmente riconoscibili; la giada verde infatti era presente in maggiori quantità e quindi accessibile a tutti. L’importanza di una donna veniva riconosciuta in basa alla grandezza del piede, più era piccolo, più la donna acquisiva una considerazione elevata. Per questo era usanza fasciare i piedi delle bambine in modo che non potessero crescere con l’avanzare degli anni, fino ad arrivare alla crudele condizione di non essere in grado di camminare. Ai cinesi è riconosciuto il merito di avere inventato l’aria condizionata e il frigorifero con lo stesso strumento. Avevano infatti realizzato un recipiente forato ai lati e con un coperchio al cui interno inserivano il cibo fresco con grandi blocchi di

ghiaccio e allo stesso tempo l’aria che fuoriusciva dai fori rinfrescava la stanza; naturalmente questo recipiente era presente sono nelle stanze dove si trovava abitualmente l’Imperatore durante i mesi estivi. Molti cinesi ritengono tuttora che il più grande pittore “cinese” del ‘700 sia Lang Shining, ma in realtà si chiamava Giuseppe Castiglione ed era un gesuita milanese andato in missione in Cina. Fu per molti anni pittore di corte di diversi imperatori che lo apprezzavano per il suo realismo occidentale, creando un genere unico nella pittura tradizionale cinese. “Credete che un uomo possa tornare ad essere imperatore?”


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uring the week that goes from 19th to 25th March, the students of 4Als and 4Bls went to Hastings ( in the south of England), for a linguistic stage; 3 teachers , Mrs.Teso, Mrs. Zaffuto and Mrs. Zanoni came with us. We were located by some families of the town, in groups made up of 2 or 3 people. In the morning we woke up and went to school, the EAC , that was for international students. In fact we met a group of Italians and a group of Germans. The very first day we completed a test to define our level of knowledge about English language. Then we were divided into two groups. In the afternoon, after school, we visited the hills over Hastings where the ruins of the castle are located. Here we could see the lovely panorama of the sea. We had the opportunity to admire the old town, too. Later we went back home to have dinner and to get ready to go out, then we went to an English typical pub, where we stayed for about two hours, playing billiards and darts. The following day, Wednesday, after

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school we visited a typical village named Rye and, after a short guided visit to the old town and the St. Mary’s church, we had time to visit it by ourselves. Later we went back to Hastings and had a disco night. There we met lots of Italian guys and girls. The day after we stayed at school till 4 p.m. and we took part of a quiz in the evening. It was about our stage, our visits and some other topics. The winners were given a prize of 15 £. On Friday we visited Bodiam Castle, a medieval fortress built after the War of the Roses and surrounded by a great natural public park where we chilled out and had fun. We were lucky for the sunny days of the week.


Finally Saturday arrived, we London. We were all looking forward to this day. Our destination was London. We arrived to the banks of Thames and we walked for a long part of the day visiting the typical places of London that are Big Ben, the Houses of Parliament , Buckingham Palace and St. James Park where we stopped to admire the beauty of the gardens around the Queen residence and to have lunch. After visiting all these places we had 2 hours free time to go shopping in London, included the famous Hard Rock Cafè and Covent Garden. Unfortunately the day flew past and in a while we had already come back to Hastings. The following day we spent the morning in Hastings and then we went to the airport, a little bit sad but happy for the experience we had the opportunity to do.

During our staying in Hastings most of the families were welcoming and warm. We often shared the house with other boys or girls who were there to learn English. Furthermore , while at school we made some outside activities, for example an interview to some people living there and a visit to a museum. These things were very interesting and helped us to improve English. We all are glad and happy of this stage and we would like to thank our teachers who accompanied us there. Finally I can say that this was a very good experience, in my opinion unique, which has to be done again.

di Mario Ciccarino Con la collaborazione della Prof.ssa Luisa Teso

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di Alessandra Adami

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UANDO MI è STATO PROPOSTO DI DIVENTARE REFERENTE DEL LABORATORIO DI TEATRO, HO ACCETTATO CON qUALCHE RISERVA qUESTO IMPEGNO CHE, AGGIUNGENDOSI A TANTI ALTRI, SENTIVO IN qUALCHE MODO “GRAVOSO”, “IN PIù”. Il primo periodo l’ho trascorso da spettatrice: guardavo, osservavo, riflettevo… mi stupivo, mi emozionavo e finalmente mi sono lasciata coinvolgere e mi sono entusiasmata! Certo, ero un’analfabeta. Ma che importava, l’importante era mettersi in gioco, provare, sbagliare, rifare…non era in fondo quello che stavano facendo anche i ragazzi? E io con loro. E con noi la stessa Carla che, dei primi incontri, racconta: ” Non sapevo che avremmo provato a mettere in scena l’Iliade, avevo in mente altro; pensavo all’immigrazione, alle pari opportunità…poi mi sono trovata davanti un gruppo grande, erano tanti, quasi troppi! Tanto non durano…per fortuna ci sono i veterani del gruppo! Si è iniziato con i consueti esercizi di ascolto, di fiducia, di osservazione, di equilibrio in gruppo, finalizzati all’aggregazione, alla consapevolezza di sé e degli altri. Poi un giorno mi è capitato di chiedere: ”Forza, fammi un albero…cos’è?” “Un cipresso” (a dir il vero era uno stereotipo di albero) ”Beh, allora fammi il tuo cipresso (Intervengono vari suggerimenti…e finalmente) Bene, molto più espressivo ed interessante!” “E tu che albero stai rappresentando?” “Una quercia” “Ora prova tu a farmi un alloro, e tu una vite.” (La vite era bellissima, formata da tre studenti, una torsione di corpi che si sostenevano reciprocamente tro22

vando insieme l’equilibrio) “Beh, adesso facciamogli dire qualcosa”. Quercia: ”Io sono la forza, io sono il potere, la fermezza, la regola, io sono l’albero dei re”. Cipresso: ”Io vivo dove c’è morte, segui con lo sguardo la mia punta e troverai l’eternità”. Bellissimo! “Continua, manda una battuta ad un altro albero”. Cipresso: ”Tu mi somigli perché vai oltre a ciò che è terreno”, e lancia la battuta all’alloro. Alloro: ”No, io sono bello, profumo, tu invece puzzi, puzzi di cimitero. Io vado oltre la morte, io sono la gloria e rendo immortali gli eroi”. Vite: ”Potere, gloria, morte non sono nulla in confronto ai miei frutti. Io sono la pazzia, l’allegria, la festa, io sono l’oblio.” Potere, gloria, morte, pazzia…oblio Ecco, ci siamo, è l’Iliade! I ragazzi sono stati subito dell’idea di tentare con questo testo. Il tema era impegnativo e, a prima vista, poco attuale. Poi la lettura di “Omero, Iliade” di Baricco ha offerto interessanti chiavi di lettura…noi poi abbiamo fatto il resto… Un’altra Iliade appunto, seppur fedele al testo classico.” Ecco proprio così. questo è un laboratorio di teatro, un’esperienza di gruppo in cui il prodotto finale nasce dalla spontaneità, dalla collaborazione, dall’ascolto reciproco, dalla creatività e dallo specifico modo di essere di ognuno. Nulla viene imposto dall’alto, ma tutto si improvvisa, si sperimenta, si approva o si scarta, infine si perfeziona. E c’è pure spazio per l’ironia, per la comicità, per la risata che non smette più e ti impedisce di procedere, per il pathos che commuove, che ti inchioda in un silenzio carico di tensione, per uno stato di eccitazione e confusione generale che talora impedisce la concentrazione…ma quando,


seduti in cerchio, si è chiamati a dare il proprio contributo, a riflettere sui temi importanti, nessuno si risparmia e i ragazzi danno il meglio di sé. State a sentire questo brain storming sulla guerra durante uno dei primi incontri: “La guerra si fa per motivi utilitaristici, per certi governi, in certe circostanze” “I valori positivi della guerra sono la gloria, la vittoria, l’avventura” “No”, dice una voce femminile,” guerra significa sofferenza, vite gettate” “I premi vanno solo al vincitore: denaro, donne…” “In realtà chi combatte non sa perché lo fa e non ci guadagna niente” “Non serve un nemico per fare la guerra, basta un pretesto” “La guerra la dichiarano i potenti e la fanno i poveretti” “Però ha il suo fascino, significa adrenalina, pericolo, è anche un grande gioco di strategia e intelligenza” “Il movente che ti porta a combattere è la paura di non essere nessuno, il bisogno di affermarsi” “Questo vale per l’uomo, la donna invece ha già la sua affermazione, lei procrea” “Dietro ad una guerra c’è spesso una donna”

Questo brain storming è stato poi ripreso e completato da una riflessione sul perché leggere l’Iliade secondo Baricco. Ne è emerso che quest’opera è innanzitutto un monumento alla guerra, tra le cui righe però viene trasmesso un ostinato amore per la pace, spesso per bocca delle donne, relegate ai margini e convinte che si potrebbe vivere in un mondo diverso. Lo dicono chiaramente nel VI libro in un tempo vuoto rubato alla battaglia, lo dicono a Ettore rientrato in città, per cui Ecuba, la madre, lo invita a pregare, Elena lo invita al suo fianco, Andromaca, la moglie, lo invita ad essere padre e marito prima che eroe e combattente. Gli stessi Diomede e Ulisse vengono rimproverati per la lentezza nell’entrare in battaglia, ma quello che impiega più tempo ad entrare è Achille, proprio lui che è l’incarnazione più feroce e sovrumana della guerra, proprio lui capisce e afferma che niente vale più della vita dell’uomo. D’altra parte l’Iliade canta la bellezza della guerra, la fascinazione delle armi.. di fronte alla guerra la quotidianità è mediocre. L’Iliade ci suggerisce però che l’uomo potrà fare a meno della bellezza della guerra solo quando sarà in grado di costruire un’altra bellezza, quando riuscirà a dare un senso forte alla sua vita e a provare emozioni senza doverle cercare nella guerra.

quattro versi sublimi sulla stirpe delle foglie e degli umani e poi una tirata di duecento versi sulla genealogia. Solo il ridicolo può seppellire la guerra, basta esagerare un po’ e giocare sui contrasti, usare un tono altisonante che volutamente contrasta con la scena rappresentata o, al contrario, ironizzare su avvenimenti più seri e impegnativi, suscitando l’ilarità del pubblico. Certo, nel corso di questa esperienza che è un laboratorio di recitazione, non sono mancati i momenti scoraggiamento e di tensione, la paura di non farcela e di non avere il tempo necessario per preparare lo spettacolo , la delusione perché da qualcuno ti saresti aspettato di più…ma ci sono stati anche momenti di gioia e di esultanza, momenti di soddisfazione perché alcuni ragazzi sono cambiati, sono cresciuti, hanno trovato uno spazio per esprimersi e acquisire consapevolezza di sè, ci hanno creduto, ma soprattutto hanno fatto loro un insegnamento importante che la nostra Carla ripeteva sempre e che può essere considerato il nostro motto: NON PUOI FAR CREDERE QUALCOSA SE PRIMA NON CI CREDI TU. Noi tutti ci abbiamo creduto e con tanta adrenalina in corpo siamo partiti alla volta di Grosseto.

Ecco allora che per sminuire la guerra, per dissacrarne il valore, si è pensato di mettere in scena una rappresentazione tragico-comica, che è in fondo quello che fa lo stesso Omero come ad esempio nella scena di Glauco e Diomede:

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LIBERTà è PARTECIPAZIONE E

di Giulia Da Campo e Francesca Massalongo

quando il Premio Nazionale Giorgio Gaber chiama, per il terzo anno consecutivo il gruppo teatrale dell’Istituto “Carlo Anti”, con viva e fervida soddisfazione risponde:

Il lavoro di quest’anno è partito da un esercizio di laboratorio, l’improvvisazione di quattro alberi diversi: il cipresso, la vite, la quercia e l’alloro, i quali rappresentavano per noi rispettivamente la morte, la follia, il potere e la gloria. Questi sono stati poi individuati come i quattro temi portanti dell’opera epica l’Iliade di Omero, che in seguito abbiamo rappresentato. Poi il manifesto futurista di Tommaso Marinetti ci ha ispirato: noi, come i futuristi, volevamo cantare l’auda-

Presente!

cia, il coraggio,l’amore del pericolo. Infatti ci siamo trovati all’inizio ad esaltare una guerra, quella epica tra Achei e Troiani, per poi, alla fine, condannare ogni forma di guerra e di violenza. Eravamo in 33 sul palco del teatro dell’Hotel Colle degli Angeli, in provincia di Grosseto, e abbiamo inscenato il nostro spettacolo dal titolo ’’ Un’altra Iliade’’, gareggiando con altre scuole di tutta Italia e non solo. La partenza per questi fantastici tre giorni era prefissata per marteDa sinistra: la filatrice con Cassandra alla chitarra e Francesca allo d-jembè

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In alto: Achille Andromaca e Ettore Qui sotto: il gruppo degli studenti dell’Anti sul palco di Grosseto

dì 8 maggio e il nostro spettacolo sarebbe andato in scena la mattina seguente alle 8.30 circa(sì, avete capito bene, il che vuol dire sveglia alle ore 6.00 per essere pronti!). Siamo arrivati in anticipo nella sala del teatro: avevamo qualche minuto per prepararci, sistemare il trucco e posizionarci. Da dietro le quinte sentivamo il pubblico entrare e l’ansia saliva ogni secondo di più, il battito cardiaco aumentava e poi, come in un film, le luci abbassate e i colpi decisi sullo d-jembè ci hanno

fatto capire che il momento era arrivato. Come la pianta del piede ha toccato il palco, si è rotto il silenzio, l’agitazione è svanita e un sentimento nuovo ha pervaso i nostri corpi: euforia, forza, voglia di spaccare tutto e perché no..anche un pizzico di egocentrismo …. ci stavamo trasformando in personaggi nuovi. Del resto, non abbiamo fatto altro che mettere in pratica ciò che ci è sempre stato detto durante gli incontri di laboratorio di teatro : quando sei in scena, metti da parte te stesso, prendi il personaggio che rappresenti e indossalo. Per fortuna è andato tutto bene; sarà stato merito dell’augurio poco raffinato fatto prima dell’inizio?!Mah … in ogni caso poi sono arrivati gli applausi, l’ultimo pezzo del puzzle, l’ambito premio, la ciliegina sulla torta. Il premio Nazionale Giorgio Gaber è molto conosciuto e ad esso hanno partecipato anche studenti greci provenienti da Thessaloniki; abbiamo avuto l’opportunità di conoscerli e di comunicare con loro grazie alla lingua inglese, abbiamo condiviso esperienze ed abbiamo cantato e ballato con loro alcune danze tradizionali. E’ stato un grande momento di crescita per tutti noi , infatti, grazie alle interviste e ai dibattiti, abbiamo po25


tuto individuare i nostri punti di forza e di debolezza, smussare alcuni spigoli, alcune incomprensioni per poi uscirne più forti di prima. Per chi vuole provare emozioni forti, il teatro è sicuramente meno pericoloso del bungee-jumping, ma non dà meno emozioni! Il teatro è libertà di espressione, è sentirsi disinibiti, andare al di là dei limiti della vergogna, non aver paura dei giudizi e dei pregiudizi. Recitare ti permette di essere te stesso e allo stesso tempo una miriade di altre persone, per citare il premio Nobel della Letteratura Italiana Lui-

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gi Pirandello che riassumeva questo pensiero titolando uno dei suoi romanzi: ‘’Uno, nessuno, centomila’’. A teatro più fai lo scemo, più sei applaudito, più sei eccentrico ed esagerato nei gesti e nella voce e più sei un bravo attore … queste sono tutte qualità che possono essere oggetto di critica nella vita quotidiana, ma che nel teatro assumono il loro valore. L’atmosfera magica che si è creata tra i partecipanti del Premio è indescrivibile! Solo facendone parte si può comprenderne la forza e, malgrado qualche disaccordo, ci si sente come

una grande famiglia. E allora … proprio TU che ora stai leggendo, se hai voglia di urlare la tua voce al mondo, di superare le tue paure,di metterti alla prova divertendoti, questo è il posto che fa per te. TUTTI GLI STUDENTI E I DOCENTI SONO INVITATI ALLA REPLICA DELLO SPETTACOLO LA SERA DELL’8 GIUGNO IN PIAZZA VILLAFRANCHETTA DI FRONTE ALLA BIBLIOTECA ALLE ORE 19.30!


Alcuni commenti dell’esperienza Daniele Sansone, alias Calcante: Io mi sono divertito troppo perché così tanta felicità non l’ho mai provata! Ho fatto nuove amicizie, ho conosciuto meglio i miei compagni di teatro, ho imparato ad essere serio e scherzoso nei momenti più opportuni. E’ stata un’ esperienza magnifica e indimenticabile che sicuramente ripeterò per questi prossimi 4 anni! Cristiano Galli, alias Aiace: E’ il terzo anno che vado a Grosseto e ogni anno è un’esperienza sempre magnifica e divertente, poi d’altronde, sono due anni che ci portiamo sulle spalle la responsabilità di avere vinto la prima edizione e quindi l’adrenalina c’è sempre. Francesca Massalongo, alias Andromaca: Il teatro, un piccolo mondo per folli che amano la libertà di espressione, ignorano la vergogna, non giudicano. Giulia Da Campo, alias Cassandra: Per me era la prima la volta a Grosseto, e anche l’ultima visto che sono in quinta... ho passato tre giorni fantastici divertendomi con persone attive e stimolanti, mi sono trovata benissimo con tutto il gruppo. Invito tutti i ragazzi che non hanno ancora conosciuto il mondo del teatro ad avvicinarsi ad esso...è pieno di sorprese ed emozioni. Un ringraziamento speciale alle professoresse Carla Vicenzoni e Alessandra Adami. In alto a sinistra: Achille uccide Ettore A sinistra: foto di gruppo x la partenza Nelle altre immagini: vari momenti del gruppo teatrale a Grosseto 27


LINGUA FRANCA La primavera del libro con gli autori

articolo della IVATG

UNA GIORNATA CON L’AUTORE

Presso l’Auditorium di Villafranca si sono riuniti gli studenti dell’Anti per incontrare il giornalista Darwin Pastorin

I

N UNA SPLENDIDA GIORNATA DI PRIMAVERA, GLI STUDENTI DELL’ISTITUTO “CARLO ANTI” DI VILLAFRANCA ABBANDONANO LE AULE SCOLASTICHE PER PARTECIPARE AD UN’INSOLITA “ LEzIONE DI VITA ”.

Presso l’Auditorium della cittadina, si riuniscono alcune classi dell’Istituto per assistere all’evento intitolato Incontro con l’Autore, l’Autore del giorno 18 aprile 2012, organizzato dalla Prof. Adami in collaborazione con l’associazione Linguafranca, nell’ambito della manifestazione La primavera del libro. L’autore in questione è Darwin Pastorin, scrittore di libri, di articoli di giornale e telecronista sportivo. Partecipa all’evento anche il Prof. Mario Allegri, docente universitario e amico dello stesso autore. Dopo aver salutato gli studenti, Darwin esordisce raccontando brevemente la sua vita, soffermandosi sulla nascita e sull’evoluzione della sua passione verso il giornalismo sportivo. Dal suo racconto, emerge una personalità piena di valori, quali ad esempio l’amicizia, il rispetto delle regole e delle persone. Alla formazione del suo carattere, hanno contribuito certamente la sua permanenza in Brasile e l’incontro di alcuni amici che hanno condiviso con lui i suddetti valori. A tal

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proposito, Pastorin ritiene opportuno raccontare il triste episodio della morte di un suo amico e giocatore della Juventus, Gaetano Scirea, avvenuta nel 1989. Darwin, commosso, ha ripercorso in breve il vissuto dell’amico: “Scirea è stato un giocatore che amava lo sport, un uomo sempre gentile e generoso con i tifosi, che alla fine delle partite avevo il piacere di intervistare. La sua morte è stata inaspettata, infatti è deceduto in un incendio che ha coinvolto la sua auto in Polonia, dove si era recato per osservare gli avversari della Juventus in una partita da disputare qualche giorno dopo”. Pastorin, con un velo di tristezza, ha dichiarato di essere rimasto incredulo alla notizia della morte dell’amico,

fino a quando non ne hanno dato conferma i media. Esempio di rigore sportivo e di rispetto delle regole, il ricordo di Scirea ha fatto capire ai giovani presenti che anche nel calcio, sempre più dilaniato dagli scandali e dal business, può esserci onestà. Detto ciò,il giornalista ha lasciato spazio agli alunni, i quali hanno espresso la loro esperienza sull’argomento e hanno posto delle domande. L’alunno Petrin Dario della classe 4ATG, rifacendosi alla recente morte del calciatore del Livorno, Piermario Morosini, ha chiesto: “E’ stato giusto bloccare le partite in segno di lutto?”. Pastorin ha risposto in modo affermativo, in quanto in una società in cui raramente ci si ferma a pensare in silenzio, è opportuno ester-

nare segni forti di solidarietà e rispetto, soprattutto nei momenti drammatici. Un altro studente ha lamentato l’eccessiva importanza data al calcio, a discapito di altri sport, nei quali è comunque presente un più rigoroso rispetto delle regole e un’ottima occasione educativa per i giovani. I giovani hanno colto, attraverso l’esperienza di vita dell’autore, che per il raggiungimento di ogni obiettivo occorre mettersi in gioco in prima persona e spendere in maniera proficua le proprie energie; tuttavia il cammino è più agevole se si hanno accanto “ buoni compagni di viaggio!”

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di Pasquali Moreno IIBLS

LINGUA FRANCA La primavera del libro con gli autori

IL “NOIR METROPOLITANO” di Paolo Roversi

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ell’incontro svoltosi il 21 aprile 2012 all’Auditorium di Villafranca di Verona, noi studenti dell’Istituto “Carlo Anti” abbiamo avuto modo di conoscere Paolo Roversi, scrittore e giornalista mantovano che si è distinto come esponente del cosiddetto “noir metropolitano”.

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In esso l’atmosfera urbana non diventa solo lo sfondo attento e preciso del racconto, ma anche reale coprotagonista della storia, avvalorata dalla violenza, dalla criminalità e da un degrado esterno quanto morale. Giallista, Roversi ha vinto la 4° edizione del Premio Camaiore di Letteratura Gialla con il romanzo “La mano sinistra del diavolo”. Con lo stesso titolo è stato finalista del Premio Fedeli 2007. Altri suoi romanzi fortemente riconosciuti dal pubblico e dalla critica sono “L’uomo della pianura”, “Niente baci alla francese”, “PesceMangiaCane” e “Milano Criminale”. Mostrandosi disponibile e interessato agli interventi di professori e ragazzi, Paolo Roversi ha ricordato la sua carriera come giornalista, la sua difficile situazione per diventare scrittore, condizione che subentra solo quando vi sono persone che apprezzano e leggono i nostri componimenti.

Nel suo discorso si citano il fortemente diminuito numero di lettori attivi e i problemi legati alla pubblicazione, alla scoperta di un nuovo romanziere e alla sua reale libertà nel mondo commerciale dell’editoria. Molto spesso i titoli dei libri non vengono direttamente scelti dall’autore, ma sono condizionati, come la copertina, dalle esigenze del pubblico. Roversi consiglia che i personaggi e le situazioni in questo genere letterario debbano essere fortemente verosimili: la storia nasce da un’idea, da un’ispirazione che coinvolge e stupisce lo stesso scrittore; molte trame attingono dalla realtà e dai casi quotidiani, universo ricco di particolarità inaspettate. Nella parte conclusiva di questo evento, si entra maggiormente nel dettaglio, rispondendo a vari quesiti sui testi del romanziere mantovano. In “Niente baci alla francese” ogni capitolo è descritto

da una canzone, che costituisce così una terza dimensione della lettura, in cui ognuno ha la possibilità di articolarsi tra situazioni e personaggi, di viaggiare per mondi fantastici e riflettere su enigmi o casi indecifrabili. Come prevede il noir, il genere nato da figure come Edgar Allan Poe, il lettore è invitato a riflettere sulla realtà che lo circonda, ad analizzare il mondo in cui vive attraverso le informazioni e le considerazioni nascoste della storia. La soluzione del delitto non ha quindi una valenza assoluta, perché il romanzo ha varie sfaccettature di notevole profondità, che nel contempo lo vivacizzano e lo rendono meravigliosamente intrigante.

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di Ivona Budic 2cbc

INCONTRO CON L’IMPRENDITORE

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ALESSANDRO SPERI

ABATO 24 MARZO LE CLASSI ICBC, 2ABC, 2BBC, 2CBC, 4ATT, 4BTT, 5BTE, 4ATG HANNO PARTECIPATO AD UN INCONTRO IN AULA MAGNA CON L’IMPRENDITORE VERONESE ALESSANDRO SPERI, appartenente a una famiglia di produttori di vino. Nel 2001 assaggia con il fratello una bottiglia di vino Malbec prodotto in Argentina e da lì nasce la curiosità per questo tipo di vino. Infatti nel 2002 va in Argentina, dove vede vigneti vecchi più di 110 anni. Non sapendo lo spagnolo, affitta un appartamento a Mendoza, capoluogo di una provincia grande come tutto il centro-nord dell’Italia, e inizia a studiare la lingua.

L’Argentina all’epoca è un paese in difficoltà economica, la cui moneta (il “peso”) era appena stata pesantemente svalutata.

biente migliore dove produrre il Malbec classico.

La fortuna ha voluto che lui producesse ai piedi della Consulta, una montagna alta 7000 metri che fa parte della catena delle Ande. Storicamente la Consulta era popolata da tantissimi vigneti, dato che il clima e il terreno erano favorevoli per la coltivazione delle vigne. Era l’am-

Il suo vigneto si trovava a circa 1000 metri di altitudine sul livello del mare: si parla di viticoltura estrema. L’imprenditore non ha chiamato il suo vino “Speri”, cioè con il nome della famiglia, ma ha scelto l’appellativo di “Prodigo”. Lo ha fatto perché il nome gli ricorda la parabola del vangelo in cui un figlio abbandona la casa e torna dal padre: un percorso analogo al suo. Infatti Alessandro è stato finanziato dal padre e da fondi italiani, poiché in Argentina le banche, dopo il fallimento, non concedevano più prestiti. I costi erano molto alti e i macchinari per la trasformazione da mosto a vino erano molto cari, perciò Alessandro ha chiesto a cantine superattrezzate della zona di poter affittare una parte dei loro spazi e delle loro attrezzature per lavorare il suo vino.

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In Argentina poi le piogge non sono abbondanti, dunque l’imprenditore con i suoi lavoratori deve irrigare ogni 10-15 giorni, ma alcuni dei suoi terreni per fortuna hanno delle falde acquifere facilmente raggiungibili dalle radici delle vigne che in questo modo non hanno bisogno di essere irrigate artificialmente. Alessandro per i suoi vini usa botti di legno francese da 225 litri poiché il rovere francese si adatta perfettamente al corpo e alla struttura del vino. Il Malbec francese è la varietà che esprime meglio il territorio argentino. Il vino ha più di 3500 anni di storia ed è parte della nostra civiltà. In esso ci sono circa 2500 elementi chimici diversi. Gli assaggiatori cercano di apprezzare tutti questi elementi e, per capire se un prodotto è buono, bisogna degustarlo. Alessandro ci ha raccontato che in Italia, nell’ottocento, la filossera – cioè una farfalla che deponeva le sue larve nel legno delle vigne - ha fatto sparire e morire moltissimi vigneti e non esisteva nessun tipo di farmaco che potesse contrastare la malattia. Qualcuno in seguito ha trovato il modo per ovviare a questo problema: è stato fatto dunque un innesto sulla vite americana, poiché era l’unica che riusciva a resistere alla farfalla, perciò tutti i vigneti sono stati impiantati su “piede americano”. Il vantaggio era che la filossera non deponeva più le sue uova nel legno, ma lo svantaggio era che la durata massima della vite era di 30-40 anni. Alessandro vende il suo vino in numerosi paesi del mondo in cui è molto apprezzato: Stati Uniti, Messico, Canada, Australia, Svezia, Giappone e Italia. Lo ha perfino venduto qui a Verona in alcuni ristoranti.

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Il giro del mondo in 24 ore

di Giorgia Leva

Il giro del mondo in 24 ore, e no, non avete letto male è proprio così!

L

A CLASSE 5°A DELL’INDIRIzzO TURISTICO HA DATO IL MEGLIO DI SÉ ED è ADDIRITTURA RIUSCITA A BATTERE IL CELEBRE SCRITTORE FRANCESE JULES VERNE E I SUOI 80 GIORNI. SE VI CHIEDETE COME CIò POSSA ESSERE POSSIBILE, BEH, A qUANTO PARE NON AVETE MAI VISITATO UNA FIERA INTERNAzIONALE DEL TURISMO!

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La ITB (INTERNATIONALE TOURISMUS BÖRSE) SI è svolta a Berlino dal 7 all’11 Marzo 2012. Con oltre 180.000 visitatori tra cui 108.000 operatori dal mondo del turismo e 10.000 espositori, è la maggiore fiera e mercato d’affari dell’industria del turismo al mondo. Il convegno Market Trends & Innovations offre un’eccellente opportunità di analisi delle tendenze del mercato internazionale grazie anche alla presenza di tutti gli anelli della catena, tra cui i Tour Operator, i motori di prenotazione online, le destinazioni, compagnie aeree e alberghi fino agli operatori di auto noleggio. In parole povere, 25 enormi padiglioni ricchi di culture, tradizioni, suoni e sapori. Abbiamo attraversato l’Europa e le sue grandi metropoli, sorvolato l’oceano e sognato l’America e l’Australia. In poche ore siamo state completamente sommerse dallo sciabordio delle onde e abbiamo camminato sulle infinite spiagge di sabbia bianca delle Maldive. Per non parlare poi di spezie e profumi orientali provenienti dall’infinito padiglione dedicato all’Oriente. India, Cina e Giappone conquistano con colori, abiti e pietanze tradizionali, mentre l’Africa ammalia i turisti grazie alle note e alle movenze di danze e canti tribali. Ma non tralasciamo il Bel Paese! Visitatissimo, infatti, il padiglione dedicato all’Italia. La partecipazione alla fiera ha portato segnali positivi per l’Italia che si conferma, ancora una volta, meta prediletta dei turisti provenienti dalla Germania.

sazioni, emozioni, suoni. Difficile uscire da tanta ricchezza culturale a mani vuote, metaforicamente e fisicamente parlando: gadget, volantini e depliant certamente non mancano! Ma sopra ad ogni cosa l’ITB ci ha permesso di toccare con mano, vivere, sperimentare tutto ciò che da anni studiamo solo sui libri di scuola. Finalmente l’indirizzo turistico è riuscito a vedere da vicino quelle che sono le tecniche di vendita e il marketing dei prodotti turistici, la promozione locale, le bellezze naturalistiche e artificiali delle principali mete turistiche del mondo, tradizioni e costumi di differenti civiltà. Solo parlare di quest’esperienza evoca nuovamente alla mente la magia del viaggio e pare sentire ancora il tintinnio dei campanelli che adornavano i veli delle bellissime ballerine arabe. Mi riesce difficile trovare parole adeguate per descrivere le emozioni provate; la Fiera Internazionale del Turismo va provata, visitata, vissuta.

Tra un padiglione e l’altro manca il fiato, mancano le parole e ci si sente immersi fino alla punta dei capelli in quello che è un viaggio di sen-

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NON TI PREOCCUPARE AMORE: di Cristiano Bertasi e Marika Porcu

STO ATTENTO quante volte lui te l’ha detto?

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APETE VERAMENTE TUTTO DI qUELLO CHE C’è DA SAPERE SUI METODI CONTRACCETTIVI NATURALI E SULLE INNOVAzIONI? I metodi naturali sono tanti, dal coito interrotto alle ultime novità in campo come la collana “contraccettiva”. Cyclebeads è una collana di perline, acquistabile on-line sul sito www.cyclebeads.com, ogni perla corrisponde a un giorno del ciclo mestruale. C’è un anello di gomma che va posizionato il primo giorno dell’inizio del ciclo sulla perla rossa e, successivamente, va spostato avanti ogni giorno che scorre. Le perline bianche, che sono dodici, corrispondono ai giorni in cui sei fertile, men36

tre quelle colorate sono i giorni nei quali, se hai un rapporto, non c’è rischio di rimanere incinta. La cyclebeads è efficace al 95% dei casi, essa però non ti protegge, per quello serve il condom. La collana “contraccettiva” va usata solo se non sballi il tuo ciclo con lo stress, se hai un ciclo regolare che non dura meno di ventitré giorni o più di trentacinque e se conosci bene il tuo corpo e sei attenta ai segnali che esso ti invia. Sei molto più tecnologica, e magari la collana non ti piace molto? Per te sono presenti applicazioni che ti aiutano a capire quali sono i tuoi giorni fertili grazie ad un calendario nel quale segni: peso, mestruazioni, sintomi, temperature basale. Esse sono: iPeriod Ultimate (iphone 1.99$) My days (android gratis) Mestrual cycle calendar (nokia/ Symbian gratis)


se invece sei più pratica e ti piace essere tradizionale, per te esistono i “grandi classici” della contraccezione come: coito interrotto Lui eiacula fuori dall’organo femminile. Attenzione! Alcuni spermatozoi possono essere presenti nelle secrezioni che precedono l’eiaculazione. Rischio: 30% Dosaggio ormonale Scopre i tuoi giorni fertili valutando i livelli ormonali tramite un apparecchio portatile. Impregni una striscia reattiva con una goccia di sangue e la inserisci nell’analizzatore. Subito il risultato.\ Rischio: 6% Temperature basale La misuri al risveglio, con un termometro preciso. quando inizia l’ovulazione, la temperatura aumenta di circa 0,3 gradi. Devi quindi non avere rapporti nei tre giorni successivi. Rischio: 1%

Coito interrotto

Lui eiacula fuori dall’organo femminile. Attenzione! Alcuni spermatozoi possono essere presenti nelle secrezioni che precedono l’eiaculazione.

Dosaggio ormonale

Scopre i tuoi giorni fertili valutando i livelli ormonali tramite un apparecchio portatile. Impregni una striscia reattiva con una goccia di sangue e la inserisci nell’analizzatore. Subito il risultato.

Rischio: 6%

Temperature basale

La misuri al risveglio, con un termometro preciso. quando inizia l’ovulazione, la temperatura aumenta di circa 0,3 gradi. Devi quindi non avere rapporti nei tre giorni successivi.

Rischio: 1%

Rischio: 30%

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A volte basta un di Maria Chiara Cappellozza e Giorgia Leva

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cco l’autismo. Il disturbo ci è stato spiegato in termini molto semplici in una lettera scritta dalla madre di una nostra compagna. “Termini semplici”, forse troppo per arrivare a comprendere ciò che questo disturbo realmente comporta. Il termine “Autismo” deriva dal greco “Aw’tos” che significa “stesso” e fu inizialmente introdotto dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler, con il quale indicava un sintomo comportamentale della schizofrenia. Lisa frequenta la 2BLG nel nostro Istituto; il suo percorso di vita per arrivare fin qui è stato differente rispetto alla normale vita di una ragazzina. “E’ nata e poi diventata autistica, prima o dopo non ha importanza, fatto sta che è diversa”. Quanti davvero sanno di lei? In quanti hanno provato ad avvicinarla? “Parla con lei... No, non è un’allusione al film di Pedro Almodovar, è un’indicazione, un suggerimento. Parla con lei se vuoi conoscerla perché è una ragazza diversamente abile. Il suo mondo e il modo di percepire le persone, la società, sono diversi dal tuo, ma ha imparato a starci!” Tranquilli, non ci stiamo avventurando in un articolo scientifico e tanto meno cominceremo a descrivere nei dettagli le particolarità di questa forma di handicap; stiamo scrivendo al fine di far toccare con mano a tutti voi una realtà spesso, consciamente o meno, ignorata o guardata con timore e diffidenza. Lo sapete che frequentano l’Istituto “Carlo Anti” ben 29 ragazzi/e affetti da disturbi psico-fisici certificati? Tali disa38

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soggetti che presentano un Disturbo Autistico sono caratterizzati dalla presenza contemporanea di quella che è definita come la triade del comportamento autistico: uno sviluppo notevolmente anomalo o deficitario dell’interazione sociale , della comunicazione e una marcata ristrettezza del repertorio di attività e d’interessi. Le manifestazioni del disturbo variano ampiamente a seconda del livello di sviluppo e dell’età cronologica del soggetto.

bilità possono essere le più varie: dai disturbi che interessano le abilità scolastiche a quelli uditivi fino ad arrivare ai ritardi mentali lievi. Il nostro Istituto ha sempre accolto ragazzi e ragazze disabili impegnando tempo e risorse con piacere ed efficienza. Sicuramente questa disponibilità ha fatto del “Carlo Anti” una scuola d’avanguardia e moderna ed è proprio la sua apertura nei confronti di chi è ritenuto “diverso” uno dei punti forti che contraddistingue il nostro Istituto da molti altri presenti sul nostro territorio. L’incidenza di persone affette da autismo varia da 5 a 50 su 10.000, a seconda dei criteri diagnostici impiegati che si sono sviluppati e migliorati nel corso del tempo. L’autismo colpisce prevalentemente i soggetti maschili con un tasso percentuale dalle 2 alle 4 volte superiore rispetto al sesso femminile. In Italia è stato calcolato che un bambino su 167 potrebbe rientrare in quello che è conosciuto come “spettro autistico”, cioè in una delle tante forme in cui si manifesta l’autismo. A questo riguardo, si può dire a buon diritto che il sistema scolastico italiano è un “gioiello” a livello mondiale; infatti l’approvazione della legge 104 per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate ha permesso a ragazzi disabili di frequentare scuole “ordinarie”. In altri paesi essi avrebbero dovuto iscriversi ad istituti differenziati. Ci è stata fatta chiarezza sull’argomento dall’assistente personale di Lisa, Monica, e grazie all’aiuto del Professor Bonetti, responsabile del sostegno nella nostra scuola e insegnante di Francesco, un ragazzo di terza affetto da autismo. “Per ragazzi

come Lisa e Francesco, la scuola è sinonimo di vita: le attività scolastiche li stimolano quotidianamente e li spingono all’integrazione sociale; la scuola è tutto ciò che hanno. Il loro futuro appare invece precario perché la società odierna non dispone di mezzi adeguati in grado di garantire il sostegno necessario alle persone disabili”. Assistenti personali e professori di sostegno coordinano così “la vita scolastica” di questi ragazzi in modo che vi sia un corretto lavoro di equipe e collaborazione tra insegnanti, genitori e alunni della classe. Purtroppo i tagli ai fondi per l’istruzione e per la sanità hanno comportato pesanti conseguenze sulla routine degli studenti disabili; l’orario degli studenti è stato, infatti, ridotto a 29 ore settimanali perciò, con il diminuire del tempo a disposizione, risulta più difficile seguire appieno quello che è lo svolgimento del loro “progetto di vita”. Progetto di vita? Vi chiederete. Certo, per ogni alunno disabile è studiato un “progetto di vita” ad personam , ovvero l’idea che l’allievo, oltre ad essere un soggetto scolastico, appartenga a contesti sociali diversi della scuola. Il progetto non è soltanto il mezzo per la programmazione di attività o opportunità formative, è prima di tutto il “luogo” della possibilità, dell’immaginazione, qualcuno direbbe della creatività. Come tale non riguarda solo la scuola, ma tutti i contesti in cui ogni soggetto, disabile o meno, vive, a partire dalla famiglia. Questo “progetto di vita” si sviluppa a partire dal PEI (Piano Educativo Individuale), una pratica che riassume tutte le


fasi più importanti del processo di conoscenza dell’allievo e dell’intervento didattico. Il PEI è quindi uno strumento complesso con il quale si stabiliscono quelli che saranno gli obiettivi formativi previsti per il ragazzo. Ma tornando alla realtà scolastica di tutti i giorni, chiediamoci e proviamo a riflettere su cosa possiamo concretamente fare per interagire e sviluppare un rapporto con questi ragazzi affetti da autismo. Innanzitutto è opportuno sapere che questi soggetti mostrano un’ apparente carenza di interesse e di reciprocità relazionale con gli altri; tendono all’isolamento e alla chiusura sociale. Hanno difficoltà nell’iniziare una conversazione e nel rispettarne le dinamiche e i turni. Inoltre tendono ad astrarsi dalla realtà fino ad isolarsi in una sorta di mondo virtuale in cui si sentono di vivere a tutti gli effetti; ecco perché è molto importante la relazione sociale. Un semplice “ciao” va a stimolare il loro desiderio di interazione interpersonale e li stimola a partecipare a quella che può essere definita una “vita di gruppo”. La comunicazione è facilitata se vi sono chiarezza nei comportamenti, riferimenti costanti e un quadro organizzato di tempo e spazi. È molto più semplice relazionarsi con ragazzi e ragazze disabili se il nostro modo di porci nei loro confronti è capace di superare l’impaccio e il timore iniziale, sviluppando così una certa chiarezza di espressione. Se anche non è recepita immediatamente, si apre alla possibilità che sia recepita in

seguito. Ci vuole perseveranza! Ma attenzione! Autismo non è sinonimo di “Incapacità” o “Limitatezza”, anzi! Alcune persone autistiche possiedono, per esempio, una straordinaria capacità di calcolo matematico, sensibilità musicale, eccezionale memoria audio-visiva o altri talenti in misura del tutto fuori dall’ordinario, come la capacità di realizzare ritratti o paesaggi molto fedeli su tela senza possedere nozioni tecniche di disegno o pittura.

E per concludere, abbiamo domandato a Monica e al Prof. Bonetti cosa del loro lavoro li rende più orgogliosi, cosa amano di ciò che fanno. “ La cosa più bella del mio lavoro- dice Bonetti - è appunto lavorare con ragazzi come Francesco e Lisa. Ogni giorno è una nuova esperienza, non è mai ripetitiva!” E Monica aggiunge: “Mi piace essere un’amica per Lisa, che è una cosa molto importante per lei; mi piace sapere di essere utile a darle delle autonomie che le serviranno in futuro!”. Ecco alcune vignette realizzte da Lisa

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SCUOLA & CARCER di Giulia Da Campo

G

razie al progetto CARCERE&SCUOLA, il 13 Marzo alcuni alunni hanno avuto la possibilità di vivere l’esperienza tra le mura del carcere di Montorio anche solo per poche ore.

L’attività è stata organizzata separatamente per i ragazzi e le ragazze: per i ragazzi partita di calcio con i detenuti e per le ragazze invece partita di pallavolo con le detenute. Fin dal momento dell’entrata nelle mura del carcere si poteva respirare un’aria di oppressione: eravamo tutti controllatissimi sotto gli occhi vigili e attenti degli agenti; le mura erano talmente alte che si presentava improbabile solo immaginare la fuga, ed il colore del triste grigio dominava ovunque. Per i ragazzi è stata sicuramente un’esperienza carica di emozioni perché il gioco del calcio è molto più combattivo e fisico della pallavolo e trovarsi vicino a degli sconosciuti, essendo consapevoli del loro status sociale, non è certo cosa da poco. L’associazione che ha permesso lo svolgersi dell’attività è il PROGETTO CARCERE 663 ‘’ACTA NON VERBA’’ Essa nasce nel 1993 partendo dal centro sportivo italiano di Verona che già dal 1986 aveva iniziato ad occuparsi dello sport in carcere e delle persone detenute. Nel corso del 2006 Progetto carcere 663 ha ottenuto l’iscrizione al registro regionale delle associazioni di volontariato ed il riconoscimento 40

dello status di ONLUS. Dal 2007 aderisce a LIBERA. L’obiettivo dell’ associazione è quello di mettere in comunicazione la società civile con il problema della devianza, con particolare attenzione agli studenti delle scuole secondarie superiori che, tramite il progetto CARCERE&SCUOLA, possono partecipare volontariamente spendendo alcuni pomeriggi con i detenuti, svolgendo diverse attività tra cui tornei sportivi, attività ricreative e giochi da tavolo. L’esperienza, oltre a fungere da momento di svago per i detenuti, è servita anche agli studenti per trarre delle considerazioni, per riflettere e per osservare da vicino il carcere e chi lo vive. Tra i carcerati si trovano persone di varie condizioni e di tutte le classi sociali, ma si è potuto notare come ci siano alcune ‘’categorie’’ di persone che hanno maggiori probabilità di mettersi nei guai con la legge: chi non ha un lavoro stabile, chi fa uso di droghe, i nomadi, gli immigrati irregolari. Le detenute nelle carceri venete rappresentano il 5% delle presenze (sono il 4% su base nazionale), quindi gli uomini trasgrediscono molto di più le leggi, rispetto alle donne. Finiscono più facilmente in carcere anche coloro che hanno un basso

livello di istruzione, che sono poveri, che non possono contare sul sostegno di una famiglia: in definitiva quanti provengono da situazioni di emarginazione sociale. Il carcere è, per definizione, un luogo di espiazione di una pena nel quale gli individui sono temporaneamente privati della propria libertà. Il carcere non deve però essere solo un luogo di rabbia e rassegnazione, deve essere una realtà nella quale


RE chi vi è recluso possa comprendere la gravità dell’errore commesso, ed è proprio il recupero della persona che deve rimanere lo scopo principale del carcere italiano. A tal proposito è opportuno citare Cesare Beccaria(1738 – 1794) che è stato giurista, filosofo, economista e letterato italiano, figura di spicco dell’Illuminismo. Egli indica i requisiti che deve avere una sanzione efficace: - la prontezza ovvero la vicinanza temporale della pena al delitto - l’infallibilità ovvero vi deve essere la certezza della risposta sanzionatoria da parte delle autorità - la proporzionalità con il reato (difficile da realizzare ma auspicabile) - la durata, che deve essere adeguata -la pubblica esemplarità Pertanto il fine della sanzione non è quello di punire, ma quello di impedire al reo di compiere altri delitti e di scoraggiare gli altri dal compierne. Incredibile l’attualità di queste parole! Il pensiero di Beccaria potrebbe essere applicato ancora oggi e risolverebbe non pochi problemi legati alla giurisdizione italiana. Queste sono alcune delle parole di Cesare Beccaria (tratte da: ‘’Dei delitti e delle pene’’ ), il quale già nel

1764 scriveva contro la tortura e la pena di morte; il suo libro ebbe enorme fortuna in tutta Europa e nel mondo (Thomas Jefferson e i padri fondatori degli Stati Uniti, che lo lessero direttamente in italiano, presero spunto per le nuove leggi americane) e in particolare in Francia, dove incontrò l’apprezzamento dei filosofi dell’Encyclopédie, tra cui Voltaire, e dei filosofi più prestigiosi che lo tradussero (la versione francese è di André Morellet) e lo considerarono come un vero e proprio capolavoro. Il pensiero di Beccaria si concentra in frasi come: “Non vi è libertà ogni qual volta le leggi permettono che in alcuni eventi l’uomo cessi di essere persona e diventi cosa” ‘’Uno stato ha tutto il diritto di difendersi, mai di vendicarsi.’’ ‘’Perché ogni pena non sia una violenza di uno o di molti contro un privato cittadino, dev’ essere sostanzialmente pubblica, pronta, necessaria, proporzionata a’ delitti, dettata dalle leggi.’’

La giornata ‘’tipo’’ del detenuto’’: A detta degli stessi detenuti, la giornata tipo di chi sta in carcere è molto semplice. Innanzitutto va detto che, al di fuori della cella, la libertà di movimento è molto limitata e che tutti sono costantemente controllati 24 ore su 24. Al mattino , intorno alle 7.30, il rumore metallico delle chiavi dell’Agente di Polizia Penitenziaria interrompe la privacy di ogni detenuto. Attorno alle 8.00, l’Agente apre il porticino e il cancelletto della cella per permettere al portavitto di consegnare la colazione: da quel momento inizia la giornata del detenuto.

“L’esperienza,

oltre a fungere da momento di svago per i detenuti, è servita anche agli studenti per trarre delle considerazioni, per riflettere e per osservare da vicino il carcere e chi lo vive” 41


Dalle 9.30 alle 11.30, chi vuole ha la possibilità di stare all’aperto (la cosiddetta ‘’ora d’aria’’). Negli orari pomeridiani, una volta al mese ai detenuti di ciascuna sezione è possibile accedere al campo di calcio per una partitella. Alle 15.30 è previsto per tutti il rientro in cella. C’è poi il capitolo riguardante il lavoro. Il condannato può lavorare per la struttura carceraria o per le cooperative di lavoro interne ed il denaro che guadagna può spenderlo per avere una vita quantomeno digni-

tosa. Tra i momenti più attesi della settimana c’è il colloquio visivo con i familiari; tali incontri non possono essere più di 2 alla settimana per una durata massima di 90 minuti. I familiari possono accedere al colloquio solo alla presenza degli Agenti di Polizia Penitenziaria. Nel tardo pomeriggio i reclusi posso infine accedere a una piccola sala nella quale possono giocare a pingpong, a carte, a scacchi. Attorno alle 18.00 è previsto il rientro in cella assieme ad altri 2 compagni, dove di lì a poco viene distribu-

ita la cena. Finita la cena i detenuti possono guardare la televisione o leggere un libro. Verso le 23.30 inizia il silenzio ma soprattutto quella parte della giornata che i detenuti considerano la più lunga:la notte.

PENSI DI AVERE QUALCHE POMERIGGIO LIBERO, PER TORNARE A GIOCARE CON I DETENUTI? Allora chiedi di far parte del Progetto Carcere 663 mandando una mail entro fine maggio all’indirizzo maurizioruzzenti@libero.it oppure contatta il numero 330-484436

“Il condannato può lavorare per la struttura

carceraria o per le cooperative di lavoro interne ed il denaro che guadagna può spenderlo per avere una vita quantomeno dignitosa” A TU PER TU CON LUCIO, DETENUTO NEL CARCERE DI MONTORIO Nelle classi 3BTE, 3AMA, 3AMG, trattando il tema della libertà, affrontato e sviluppato a partire dal film “Le ali della libertà”, ho proposto agli alunni un’esperienza un po’ insolita ma sicuramente coinvolgente e destinata a lasciare un segno: una corrispondenza epistolare con Lucio, detenuto nel carcere di Montorio e condannato a 30 anni di reclusione per omicidio. E’ stata un’esperienza positiva che ha fatto riflettere molto gli studenti non solo sul valore della libertà, ma anche sul rapporto che si può instaurare con 42

un detenuto. Lucio, d’altra parte, si è dimostrato molto attento, disponibile e capace di dialogare con gli studenti nella verità, senza nascondere nulla. Credo che le parole di Lucio possano in qualche modo illuminare le menti e il cammino di molti studenti impegnati nella fatica di crescere e di progettare il loro futuro. Ecco alcuni stralci unificati tratti dalle lettere dei ragazzi e dalla lettera di risposta scritta da Lucio. sr. Vania Doro


Buongiorno caro Lucio, siamo degli studenti di alcune classi terze dell’Istituto Superiore Carlo Anti di Villafranca di Verona e abbiamo un’ età che va dai 16 ai 19 anni. Se per lei non è un problema ci farebbe piacere sapere la sua storia perché abbiamo la possibilità per la prima volta di incontrare – seppur per via epistolare – una persona che si trova in uno stato di non libertà, almeno come noi la intendiamo. Non vogliamo conoscerla per giudicare, non ci importa quello che ha fatto fine a se stesso, ma abbiamo il desiderio di conoscere una realtà di vita che per noi è tanto distante e anche ci fa tanta paura. Come avrà ben capito, noi non siamo capaci di dividere la persona dal detenuto per cui ci è facile giudicare e pensiamo che non sia possibile per uno che è in carcere riflettere sulla fede. In classe nell’ora di IRC (Insegnamento della Religione Cattolica), abbiamo visto il film “Le ali della libertà” che trattava la vicenda di un detenuto condannato all’ergastolo. Nel film abbiamo visto molte scene di violenza. Desideriamo chiederle se anche lì a Montorio ci sono atti di violenza contro di voi, fisica ma soprattutto morale. Non abbiamo idea di come passi il suo tempo, di come si svolga una sua giornata. Come fa a tenere la sua mente occupata per non impazzire? Le sono stati affidati alcuni incarichi? Avete la possibilità di uscire? Nelle sue giornate può chiamare i suoi figli? E i suoi figli come fanno a stare senza di lei e lei come fa a vivere questa distanza? Se può, ci aiuti a cogliere il valore della vita e della libertà! Uno dei punti importanti del film è stato il richiamo alla SPERANZA. E’ un valore del quale forse non capiamo la portata. Lei ci può aiutare a capirne il significato? Per la nostra età le relazioni sono alla base della vita di tutti i giorni e senza di esse ci sentiremmo terribilmente soli. Pensando a lei, ci chiediamo se nell’ambiente nel quale vive ci siano occasioni per creare amicizie oppure se ci siano solo opportunismo e isolamento; ci creda, questo è molto presente anche nella nostra scuola e nella nostra classe. Altra questione che ci tocca da vicino riguarda le scelte della vita. Qualcuno di noi ha già deciso di terminare la scuola al terzo anno e di non arrivare fino in quinta e quindi di conseguire il diploma. Certo, le scelte costano e ci mettono in crisi. Lei, dopo quanto ha vissuto, si è ripromesso di non rifare certi errori? Se sì, quali? Se ci potesse rispondere, ci aiuterebbe a giocarci la nostra vita nel modo migliore. Attendiamo risposta, speriamo che la nostra lettera le faccia piacere. Ci aiuti, se può e se vuole, a credere che la persona viene prima e al di sopra di ogni “carta” e di ogni “reato”.

LUCIO dal carcere di Montorio risponde: Carissimi ragazzi, prima di tutto vi ringrazio della vostra lettera e della vostra sincerità. Vi do pienamente ragione nel dire che è molto difficile separare la persona dal detenuto ma credo bisogna provare a mettere in primo piano la persona, cioè l’essere che per mille motivi si è trasformato in detenuto. Sono molte le motivazioni che possono portare qui dentro una persona; per esempio, con le ultime sentenze emesse, un ragazzo come voi che esce da una discoteca e che sicuramente ha bevuto qualche drink e commette un incidente provocando la morte di qualcuno, anche lui si trasforma da ragazzo onesto a pericoloso detenuto, con l’accusa di omicidio stradale. Io purtroppo sono qui dentro per omicidio volontario anche se è stato confermato al processo che ho subito un black-out mentale, cioè ho reagito alla minaccia provocata da un’altra persona verso i miei figli in modo talmente aggressivo da provocarne la morte senza nemmeno rendermene conto. In questo carcere ci sono più di 900 detenuti provenienti da circa 65 paesi diversi e tutti ammassati in celle di 4 metri per 3. La capienza accettabile è di 480 detenuti, quindi potete comprendere le difficoltà di vivere qui dentro. Qui in carcere si possono condurre due modi diversi di vita; uno ozioso e uno costruttivo. Per spiegarvi meglio, il primo si limita a dormire, guardare la TV e a qualche ora di “aria”, cioè andare in una specie di pollaio all’aperto a passeggiare per un paio d’ore assieme ad altri detenuti. La seconda scelta è quella di dedicarsi alla studio e migliorare la propria persona a livello intellettuale e caratteriale. Anche se compio 40 anni, ho scelto di studiare e ho frequentato i primi tre anni di Liceo Linguistico poiché inizialmente c’era solo questo all’interno dell’istituto, poi è subentrata la scuola alberghiera, di cui avevo già il diploma dei primi tre anni, e mi sono lanciato in questa nuova direzione. Quest’anno dovrei affrontare l’esame di Stato per poi accedere all’università. Oltre alla scuola, faccio parte di una redazione giornalistica, ma il nostro giornale esce una volta all’anno poiché non ci sono sponsor per la stampa. Partecipo anche agli incontri di catechesi e di “Silenzio e meditazione” con Gesù eucaristia, in cui preghiamo per tutti i bisognosi.

ben oltre i 30 anni di condanna; uccidere una persona, anche se proprio non lo avrei mai desiderato, mi obbliga anche a non pensare al suicidio, sarebbe un modo come un altro di scappare dalle proprie responsabilità. Vi assicuro che, anche se sono passati 6 anni da quel maledetto giorno, ogni mattina trovo grande difficoltà a guardarmi allo specchio e a guardare le mie mani. Vi assicuro, ragazzi, che il dolore più grande che provo è la consapevolezza di aver ucciso una persona e di aver privato i miei figli della vicinanza del padre e dell’amore che vorrei tanto dare loro. Non so come considerate la scuola, ma io alla vostra età la odiavo proprio e le pagelle brutte erano diventate una abitudine. Entrando qui, mi sono accorto che la maggior parte dei detenuti o si era fermata alla scuole medie o aveva abbandonato presto le scuole superiori. Forse vi sembrerà stupido e scontato se vi dico di continuare a studiare. L’istruzione non è solo conoscere le materie che vi vengono insegnate ma è anche comprendere il rispetto delle regole e degli impegni. Certo che ogni cosa è sacrificio, ma visto che vi scrivo da un carcere, è meglio sacrificarsi prima che commettere errori come ho fatto io. Ora forse non ve ne accorgete ma la scuola e l’istruzione sono la prima arma che avete per evitare il carcere. Perché ho incontrato Gesù solo qui? Mi viene da rispondervi che si va dal medico solo quando si sta male, ma credo sia scontato. Sinceramente ci si rende conto che colui che ti ama e amerà sempre è solamente Gesù. Forse per questo o per aggrapparmi a qualcosa, ho iniziato a cercarlo. Non l’ho fatto prima perché ero talmente orgoglioso di me stesso che non sentivo il bisogno di lui. Evadere!? In questo momento, con il vostro aiuto, io sono evaso. Mi immagino nella vostra classe ad esporvi i miei fallimenti passati per essere d’aiuto nel vostro futuro. Ora, ragazzi, tocca a voi a voi dimostrare che siete i migliori in qualità. Vi aspetteranno molte prove nella vostra vita ma un solo consiglio mi sento di aggiungere a ciò che ho scritto: “Gesù vi ama ed è bellissimo sentirsi amati da Lui”. Vi saluto e vi ringrazio di cuore. Se potrò in futuro esservi ancora utile, sapete dove trovarmi, non scappo. Auguri a tutti voi e in bocca al lupo! Lucio

Io sto affrontando la mia carcerazione in questo modo e trovo difficile pensare di dover impazzire. Ritengo che si possa impazzire quando una persona non è consapevole del danno che ha causato, come dimostrano diversi detenuti che quasi ogni giorno tentano il suicidio. Purtroppo porto nel cuore un peso che va

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intervista di Manuel Finamore

Vi presentiamo

Stefano Cozzi

vincitore di Anti’s got Talent

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nti’s Got Talent è giunto alla sua conclusione. I video dei partecipanti sono stati numerosi e tutti molto interessanti. Abbiamo scoperto ed ammirato generi diversi di talento, a volte emozionandoci, altre volte sorridendo... Anche la partecipazione dei visitatori e dei votanti è stata vivace. In queste pagine l’intervista a Stefano Cozzi della 5Btg, autore del video “Sold My Soul - Zakk Wylde (Guitar Solo)” ed ufficialmente vincitore del concorso! 44


 Quando hai incominciato a suonare? Ho cominciato durante l’estate del 2008 fra la prima e la seconda superiore, a 15 anni.  Cosa ti ha spinto principalmente a cominciare? La curiosità verso uno strumento musicale. Provai ad imparare a suonare da solo la tastiera, ma non si rivelò lo strumento adatto alla mia personalità. Provai con la chitarra, e realizzai che quello era lo strumento più adatto!  hai composto brani tuoi, o stai pensando di comporne? Ho due gruppi, e con uno di questi, TheF7’s, ho composto il nostro primo singolo “Outside the Window” e sto lavorando su altri pezzi.  Che progetti hai per il futuro con la musica, pensi di continuare? Fosse per me, suonerei per sempre. Sì, sarebbe bello farne una professione!  Qual è il tuo mito? mi spiego meglio... c’è un chitarrista che stimi particolarmente? Si, Slash (ex chitarrista dei Guns N’ Roses, ex Velvet Revolver, ora in Tour solista con Myles kennedy). Non tanto per la tecnica, infatti non è un virtuoso. Piuttosto, mi ha colpiti la sua presenza scenica, incredibile. Poi, secondo me, è l’incarnazione del prototipo di rocker! Però non c’è solo lui, se vogliamo stare sui “grandi maestri”, direi sicuramente Jimmy Page (Led zeppelin) e Stevie Ray Vaughan.  Ora che è quasi finita la scuola cosa pensi di fare quest’estate? La trascorrerò in tranquillità suonando e stando con la mia ragazza, che fa parte della redazione del giornalino. (le sto insegnando a suonare la chitarra, e l’attività di insegnante di chitarra, mi piace!)  Infine parlami un po’ di te e delle tue caratteristiche principali. Solitamente, sono abbastanza socievole e, grazie alla musica, quando suono, riesco a tirare fuori le mie emozioni. Mi aiuta ad esprimere quello che sento in quel momento e che a voce, a volte, mi risulterebbe difficile dire.

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CARNET MOSTRE&CONCERTI Cosa faccio, dove vado!?!

di Giulia Da Campo

Gustav Klimt al Museo Correr di Venezia

Opere della collezione Corsi a Verona

Mostra: “Klimt nel segno di Hoffmann e della Secessione” Saranno esposti dipinti, disegni, oggetti preziosi e mobili realizzati da Klimt e da altri esponenti della Secessione viennese: il gruppo di pittori, architetti, scultori che nel 1897 si staccò dall’Accademia di Belle Arti viennese per fondare un movimento artistico rivoluzionario e innovativo dedicato a nuove idee sulla ricerca del bello: George Minne, Jan Toorop, Fernand Khnopff, Kolo Moser, il fratello Ernst e l’amico e architetto Josef Hoffmann. Tra le più famose opere di Klimt che verranno esposte, ci sono “Giuditta I” del 1901, “Salomè e Giuditta II”, del 1909.

Mostra: “Arte Africana: cosmo, umanità ed eterno ritorno”

Dal 24 marzo all’8 luglio 2012 Museo Correr, piazza San Marco, Venezia, tutti i giorni, dalle 10 alle 19. Ingresso: intero 16,00 euro (assieme ai Musei Civici) ridotto 8 euro

La mostra è un percorso artisticoetnografico realizzato con le opere più importanti della Collezione di Fabrizio Corsi. Fabrizio Corsi è nato a Pesaro, ha lavorato per 25 anni soprattutto come consulente della FAO in Africa. Sensibile conoscitore e divulgatore di arte africana, ha organizzato parecchie mostre in diverse città italiane, al fine di avvicinare ed appassionare il pubblico all’Africa. La mostra aiuta ad ammirare la b ellezza dell’arte tradizionale di alcuni gruppi etnici dell’Africa sub-sahariana per migliorare la conoscenza del continente africano, al fine di stabilire un dialogo costruttivo e un confronto paritario tra le diverse culture. Fulcro del percorso etnografico proposto sarà la descrizione della relazione dialettica nella diversità di ruoli tra uomo e donna lungo le diverse fasi dell’esistenza Fino al 30 settembre al Museo Africano di Verona Vicolo Pozzo, 1 Dal martedì al sabato 9.00-12.30 e 14.30-17.30 Domenica e festivi 14.00-18.00 Ingresso: intero 3,00 euro Ridotto: 2,00 euro (insegnanti, studenti universitari)

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Robert Capa al centro internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri Mostra: ‘’Retrospettiva’’ Le dense immagini di Capa ripercorrono gli anni del Fronte Popolare a Parigi, la guerra di Spagna, l’invasione giapponese della Cina, per arrivare allo scoppio della Seconda guerra mondiale, che il fotografo seguì sui diversi fronti di battaglia fino allo sbarco in Normandia e alla liberazione di Parigi. Seguono i suoi reportage in Unione Sovietica nel 1947 e in Israele nel 1948, dove documenta la nascita dello stato ebraico, e di quello in Indocina, dove perderà la vita saltando su una mina antiuomo il 25 maggio 1954. Chiude la mostra una serie di ritratti degli amici di Capa, famosi artisti come Ernest Hemingway, William Faulkner, Henri Matisse e Pablo Picasso. Fino al 16 Settembre 2012 Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri Cortile del Tribunale, Verona

Domenica 2 settembre al Castello Scaligero di Villafranca l’unica data italiana dei Sigur Ròs.

Da martedì a domenica ore 10.00 – 19.00 Ingresso: intero 5,00 euro; Ridotto 3,00 euro

I Sigur Ròs capitanati da Jo’nsi Birgisson, si esibiranno in un’unica data, il 2 settembre 2012, nel nostro Castello Scaligero, dove presenteranno il nuovo disco in uscita a fine estate. Il tratto caratteristico dei Sigur Ròs è la straordinaria capacità di creare musica emozionante, complice anche il fatto di cantare testi in islandese o, in alternativa, in un particolare linguaggio completamente inventato da Jonsi Birgisson, mischiando islandese ed inglese (hopelandic). Chi già li ascolta sa bene che atmosfere magiche e poetiche questo gruppo può ricreare, per chi non li conosce consiglio l’ascolto dell’album “Agaetis Byriun” (1999)che li ha introdotti nel mondo della musica internazionale. 47



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