ASTON MARTIN DP-100 Il gioco è diventato realtà
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Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 1 - Aut. CBPA-SUD/NA/010/ 2009 - euro 3,50
E D I Z I O N E
I T A L I A N A
Aventador Roadster Vanquish S63 AMG Coupé Rapide S Scirocco R Cooper S Mito QV
Edizione Speciale
della Mercedes riva11le della P o rs c h e 9
La storia delle Supercar: Miura Vs Countach F40 vs 959 McLaren F1 Bugatti Veyron oltre 400 km/h
Supercar
I S S N
1 9 7 4 - 6 4 8 2
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sommario 50 Hypercar ibride... ecco il futuro! 6
SarĂ turbo il futuro dei motori Ferrari
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Le regine degli anni ‘80 ancora in pista oggi come allora
Chi ha paura della Bugatti?
Altro che vintage. Queste due auto perderanno mai il loro fascino originale?
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d i s p o n i b i l e s u a n d r o i d : v i s i ta g o o g l e p l ay m a g a z i n e O v a i s u : w w w . p o c k e t m a g s . c o m
Agenda
30 Aston Martin DP-100 direttamente da Gran Turismo
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FIRST DRIVES
Mercedes S63 AMG Coupé Aston Martin Vanquish Citroën C4 Cactus Alfa Romeo Mito Quadrifoglio Verde VW Scirocco R Peugeot 308 SW dal sedile di guida
Classe S coupè AMG l’eccellenza di Mercedes si fa potente Test esclusivo per la AMG GT. Sarà davvero la rivale della 911?
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6 Ferrari: i prossimi sei anni con il turbo 8 ForFour o Twingo? Trova le differenze 9 In Arrivo questo mese... 10 Intervista esclusiva a Gian Paolo Dallara 11 Orologi: Chopard vs TAG Heuer 12 Car Style 14 Essentials
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McLaren F1, the One and Only
30 Aston Martin DP-100
L’Aston che sembra venuta da Marte
38 Mercedes AMG GT
46 48 50 68 74
Finalmente Mercedes ha realizzato la rivale della 911
L’evoluzione delle Supercar
La storia delle Supercar dalla Miura alla LaFerrari
I Supereroi delle Supercar
Cosa li ha spinti a fabbricare queste “automobili”
Le ipersportive del 2014
Porsche 918, McLaren P1, LaFerrari
Un colpo all’Italiana Miura Vs Countach
Quando eravamo Re
Ferrari F40 Vs Porsche 959
80 The One and Only McLaren F1 84 Paura Primordiale Bugatti Veyron t u tt o i l r e st o d i c ar
Il nostro parco auto di questo mese ...
anche per i p a d e i p h o n e
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15 Mail 88 Le Nostre Auto: Lamborghini Aventador, Roadster, Dacia Duster Brave, Subaru Outback, Kia Pro Cee’d GT, Mini Cooper S, Peugeot 2008, Nissan Leaf 98 TOP 10 - Altre.... costruite dalle Case
First Drives
richard pardon
questo mese m e r c e d e s S 6 3 a m g c o u p é /// a s to n m a r t i n va n q u i s h / / / a s t o n m a r t i n r a p i d e s / / / a l f a r o m e o m i t o QV /// c i t r o ë n C 4 c ac t u s /// V W s c i r o c c o r /// p eu g eot 3 0 8 sw
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Mercedes S63 AMG Coupé
Tempi duri per i plutocrati Mercedes Anthony ffrench-Constant guida la coupé che si piega in curva nell’intento di incrementare il comfort
S
tella a tre punte grossa quanto un padellone da cucina che precede un’imponente carrozzeria, cerchi in lega verniciati di nero da 19 pollici che gigioneggiano con arrabbiate pinze freno in rosso brillante e un impianto di scarico regolato sulle modulazioni di un branco d’orsi risvegliati dal letargo... Con una presentazione di questo genere, la S63 AMG Coupé ha veramente bisogno d’altro per essere annunciata? L’inestimabile valore della cornice in cristallo Swaroski attorno alle luci anteriori, simile alla teca di vetro di un viziato rampollo miliardario a cui piace esporre 47 esemplari dello stesso animale, mi crea una qualche preoccupazione sulle buone condizioni mentali della gente Benz.
Com’era prevedibile, il profilo esteriore rivela quella specie di lineamenti dubbi e convergenti verso il nulla che invadono i modelli Mercedes e contro i quali combatto una battaglia personale. Sui fianchi di una Corvette anni ‘60, almeno, simili andamenti espressivi avevano la decenza di congiungersi in modo appropriato, e spianando la strada a fantastiche colorazioni bicolore. Molto più marcato di quello della versione meno arrabiata, il retro della S63 mi colpisce per avere qualcosa di buono, è la sfuggente linea del tetto che facilita una coda dal movimento fortemente slanciato. Sono spariti i noiosi fari posteriori della berlina, soppiantati da elementi snelli a due pezzi. Inoltre lo spostamento della targa più in basso, in onore della 300 SL, dona all'auto una prospettiva
Prezzo
178.500 Euro Motore
5.461cc 32v biturbo V8, 585 cv @ 5.500 giri/min, 900 Nm @ 2.250-3.750 giri/min Cambio
Automatico a 7 rapporti, trazione posteriore Prestazioni
0-100 km/h in 4,2 secondi, 250 km/h, 9,9 km/l, 237 g/km CO2 Peso
2.070 kg in vendita
Ora
completamente nuova. A malincuore serve aggiungere che il logo sul posteriore della vettura non è la sola cosa ad aver subito un trasloco. La rimozione ha interessato anche la gran parte del sontuoso spazio nell’abitacolo, malgrado un passo soltanto poco più corto di quello della Classe S. L’accesso al sedile retrostante e la sua occupabilità sono attività meglio congeniali ad artisti dell’acrobazia. Benché i sedili anteriori siano infinitamente comodi e solidi, accomodarcisi sopra ha un non so che di claustrofobico. Per di più, lotto a fatica per trovare la posizione di guida ideale. Sollevo il sedile abbastanza in alto per catturare un frammento di panorama esterno e mi accorgo che il tettuccio in vetro è una benedizione,
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Aston Martin Vanquish
La lunga via per il successo Sotto la carrozzeria in carbonio c’è ancora la stessa anima di dieci anni fa. Con gli ultimi aggiornamenti la Vanquish riuscirà ad avvicinarsi alla perfezione? Quasi, afferma Anthony ffrech-Constant
C
HE SORPRESA... Nonostante i proclami riguardo presunti benefici alle dinamiche, derivanti da aggiornamenti ingegneristici pressoché inesistenti, i facelift annuali sono, quasi senza alcuna eccezione, proprio quello che sembrano; una ritoccatina al naso e nulla più. Eppure qui è esattamente l’opposto. Un paio di nuove colorazioni all’estetica, nuovi cerchi in lega a dieci razze che tagliano di 7 kg il peso ed una nuova serie di interni in pelle, che includono il bizzarro Rosa Fandango; ma a parte questi, tutto quello che differenzia la Vanquish del 2015 dal modello precedente è il
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sostanziale aumento del divertimento alla guida, che sarà proporzionale a quanto se la faranno sotto i suoi passeggeri. La più significativa è l’incorporazione della trasmissione automatica ZF 8HP nella configurazione a cambiodifferenziale. Del 3% più leggero della versione precedente, il nuovo cambio Touchtronic III a otto marce aggiunge due ulteriori rapporti all’equazione e vanta una velocità di 130 ms. Nel frattempo, un nuovo sistema di gestione del motore Bosch accoppia la trasmissione e il V12 AM29 come due entusiasti neo sposini alla luna di miele. La potenza
PREZZO
240.000 Euro stimato MOTORE
V12 5.935cc 48v, 576 cv @ 6.650 giri/ min, 630 Nm @ 5.500 giri/min TRASMISSIONE
Cambio automatico a 8 rapporti, trazione posteriore PRESTAZIONI
3,8 sec 0-100 km/h, 324 km/h, 7,8 km/l, 298 g/km CO2 PESO
1,739 kg IN VENDITA
Ora
e la coppia massima del V12 salgono anch’esse rispettivamente a 576 cv e 630 Nm. Tutto questo ha comportato modifiche al cambio, per rendere la Vanquish più rapida e, relativamente parlando, più sobria e pulita. Lo sprint 0-100 km/h è stato ridotto di mezzo secondo netto, a 3,8 sec rendendola la più scattante Aston di tutti e 101 gli anni della compagnia, e la velocità massima tocca i 324 km/h. Allo stesso tempo le emissioni di CO2 calano del 10% a, ehm, 298 g/ km, mentre il consumo medio arriva a 7,8 km/l. Più in basso vediamo la rigidità degli ammortizzatori salire del 15% all’anteriore e ben del 35% al
First Drive Uno degli ultimi V12 naturalmente aspirati rimasti in circolazione. Produce 576cv e 630 Nm
Pulsante a sinistra, per i semafori. Pulsante a destra, per le rotatorie
Non è solamente una DB9 col bodykit. La Vanquish ha il corpo vettura totalmente in carbonio
Il tono unico della voce del V12 Aston rimane lacerante posteriore, 20% in più anche per le boccole delle sospensioni posteriori. Fanno ritorno sia il servofreno che il sistema di stabilità DSC, mentre sia il servosterzo che l’albero di trasmissione sono stati rivisti per ridurre il rumore nell’abitacolo. Sì, certo... come se riuscirete mai a sentire il rumore della trasmissione, su una Vanquish. Il tono unico della voce del V12 Aston rimane lacerante. Diventa istantaneamente l’attributo che definisce qualsiasi macchina sul quale viene installato... Una punta metallica appena percettibile si insinua in accensione al profondo rombo baritonale, e ci si aspetterebbe quasi di sentire l’odore
del sangue mentre il motore ruggisce prendendo vita... dopodiché, un fantastico range di suoni vacillano fra l’ululato di un affamato Lupo Mannaro del film di John Landis e l’inimitabile classe di Tom Jones. E qui sta tutto il mio dubbio riguardo a quando la grande flotta Mercedes ci metterà le mani sopra, iniziando come supporter di lancio alla Vanquish. Diciamocelo: i tantissimi milioni di investimenti che saranno fatti nei prossimi cinque anni sono sicuramente una fantastica notizia, ma quanta influenza ha già la Daimler sulla Aston oggi? E quando lo sarà ancor di più in futuro, non sarà mica proprio questo rombo SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it
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Una Aston Marziana La DP-100 sembra venuta da Marte, ma in realtà dimostra che c’è vita anche sul Testo: Ben Oliver
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I
Foto: Mark Bramley
primo sguardo
Aston Martin DP-100
Pianeta Aston. Ecco a voi la V12 da 800 cavalli
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Mercedes c 38
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Test esclusivo
Mercedes AMG GT
Finalmente, e inevitabilmente, la Mercedes ha realizzato una rivale della 911, ed è questa: la AMG GT. PiÚ compatta e a buon mercato della supercar SLS, il modello di lancio e dovrebbe essere una bomba. Noi ci siamo saliti durante il suo test finale.
hiama 911 Testo: Georg Kacher
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670
L’evoluzione delle Supercar
660 650 640 630 620 610 600 590 580
Da qualche parte, nell’arco temporale tra la Miura e la LaFerrari, il rapporto peso-potenza delle Supercar è più che raddoppiato. Pensate cosa potrebbe diventare nei prossimi 50 anni!
570 560 550 540 530 520 510 500 490
Ferrari F40
480
Anno: 1987 Potenza: 478 cv Peso: 1.155 kg Velocità massima: 324 km/h 0-100: 4,9 sec
470 460 450 440
Lamborghini 430 Anno:410 1966 Potenza: 350 cv Peso:400 1.295 kg Velocità massima: 390 280 km/h 0-100: 3806,3 sec
Anno: 1984 Potenza: 400 cv Peso: 1160 kg Velocità massima: 305 km/h 0-100: 4,9 sec
Peso/potenza: 370
Peso/potenza:
cv/tonnellata
350
275 360
350 cv/tonnellata 340
cv/tonnellata
330
Lamborghini
320
Countach
310 300 290 280 270
46
355
Ferrari 288 GTO
Miura420
260 1966
Peso/potenza:
1967
1968
1969
1970
1971
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Porsche 959
Anno: 1971 Potenza: 375 cv Peso: 1400 kg Velocità massima: 309 km/h 0-100: 5,6 sec
Anno: 1987 Potenza: 450 cv Peso: 1.450 kg Velocità massima: 315 km/h 0-100: 3,7 sec
Peso/potenza:
Peso/potenza:
270
1972
1973
1974
cv/tonnellata
1975
1976
1977
1978
1979
1980
1981
1982
315 1983
1984
cv/tonnellata
1985
1986
1987
1988
1989
speciale
La storia delle Supercar LaFerrari Anno: 2013 Potenza: 963 cv Peso: 1.425 kg Velocità massima: 350 km/h 0-100: sotto -3,0 sec
McLaren P1
Peso/potenza:
675
Anno: 2013 Potenza: 916 cv Peso: 1.395 kg (massa a vuoto) Velocità massima: 350 km/h 0-100: 2,8 sec
cv/tonnellata
McLaren F1
Peso/potenza:
Anno: 1993 Potenza: 627 cv Peso: 1.138 kg Velocità massima: 380 km/h 0-100: 3,2 sec
655
Bugatti Veyron
Super Sport
Peso/potenza:
Anno: 2010 Potenza: 1.200 cv Peso: 1.838 kg Velocità massima: 415 km/h 0-100: 2,5 sec
cv/tonnellata
Peso/potenza:
560
cv/tonnellata
Porsche 918
662
Spyder
Anno: 2013 Potenza: 887 cv Peso: 1.674 kg Velocità massima: 254 km/h 0-100: 2,8 sec
cv/tonnellata
Ferrari Enzo Anno: 2002 Potenza: 660 cv Peso: 1.365 kg Velocità massima: 350 km/h 0-100: 3,6 sec
Jaguar XJ220 Anno: 1992 Potenza: 550 cv Peso: 1.470 kg Velocità massima: 350 km/h 0-100: 3,9 sec
Peso/potenza:
525
Pagani Zonda S
cv/tonnellata
Anno: 2003 Potenza: 555 cv Peso: 1.280kg (massa a vuoto) Velocità massima: 355 km/h 0-100: 3,7 sec
Peso/potenza:
482 cv/tonnellata
Peso/potenza:
Peso/potenza:
cv/tonnellata
cv/tonnellata
375
433
Bugatti EB110 Anno: 1992 Potenza: 560 cv Peso: 1.615 kg Velocità massima: 336 km/h 0-100: 3,6sec Peso/potenza: 1990
345 1991
1992
cv/tonnellata
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
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2012
2013
i dati provengono da varie fonti, non tutti sono ufficiali
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PUnao 1.000 r s c hmiglia e 9di18test Testo: Georg Kacher
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Foto: Jürgen Skarwan
Stoccarda è arrivato il Giorno del Giudizio. Pioggia, grandine, neve. Il nostro viaggio è a rischio, ma il laboratorio Porsche ha rifornito il suo prototipo di ganasce freno nere in lega leggera e le ha accoppiate a gomme Pirelli Sottozero. L’impianto di fabbricazione apre i cancelli solo alle 10,30 di mattina e ci consegna una 918 azzurro cromo. Si può comprendere l’incertezza della Porsche, la vernice da sola è un optional da 47.000 Euro. Prendiamo la scenografica via per Valencia, 1.700 chilometri e 23 ore di guida. Il mio accompagnatore-passeggero è Sebastian Rüger, un giovane, geniale ingegnere di belle speranze che sa tutto di auto ibride e di qualunque cosa abbia attinenza con la 918. Di comune accordo decidiamo di coprire il tratto iniziale della nostra lunga traversata nella modalità elettrica E-power. I due motori elettrici (uno per ciascun asse) fischiano e ronzano in un felice duetto a cappella che risuona inaspettatamente sommesso dentro la macchina, mentre coglie di sorpresa i pedoni al di fuori. Operando congiuntamente, le due compatte unità liberano 285 cv e un’impressionante coppia di 584 Nm. A seconda dello stile di guida, l’assetto E-power offre una percorrenza massima a zero emissioni di 30 chilometri o un picco di velocità di 150 km/h. Sulla corsia di raccordo per l’autostrada A81, una bomba viene sganciata improvvisamente sul nostro idillio acustico non appena il V8 entra in scena, chiassoso e furibondo. I lubrificanti ghiacciati all’interno del 4.6 litri a iniezione diretta con albero motore piatto sono evidentemente ai ferri 50
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corti con l’umiliante limite di velocità fissato a 120 km/h. Fino ai 3.000 giri, il 32 valvole aspirato suona rude e rauco. Tra i 3.500 e i 6.500, l’alimentazione, la sequenza scocca-scintille e l’apetura valvole trovano finalmente un accordo su un ritmo e un andamento più coordinato. Ma è soltanto dai 7.000 giri, fin su ai 9.150 dell’autolimitazione di velocità, che avviene la metamorfosi in un denso, energico flusso da stantuffo impazzito. “In sostanza, la 918 è un mezzo da corsa con omologazione stradale” spiega il capo progetto Eugen Obermann. “Riguarda non solo l’albero di trasmissione, ma pure il telaio, lo sterzo e i freni”. Fin troppo vero. Il sedile da corsa è avvolgente, le sospensioni sportive ci massacrano per tutto il giorno, l’impianto frenante arresta con uno stridìo allucinante. Il bagagliaio ha il formato di un’auto da competizione, la visibilità posteriore è da auto da gara, compromessa da tutti quei listelli e da quelle branchie, oltreché dall’alettone extralarge. I livelli di rumore alle andature forzate eguagliano una vettura da gara per acutezza e persistenza. Il consumo di carburante, d’altra parte, è quello di una classe media. In verità, non siamo arrivati a sfiorare i 32 km/l dichiarati, ma i 9,45 non sono mica tanto male per una supercoupé che tocca i 345 km/h. Svuotare una carica piena di E-power è semplice: basta ignorare il meccanismo di deterrenza dell’acceleratore oppure premere il pulsante del giro-qualifica, e tenersi avvinghiati al proprio posto contro l’effetto fisico esplosivo conseguente. Ripristinare al suo picco di 6.8kWh l’energia spesa è ugualmente semplice: bisogna tenere il motore termico in funzione a medio regime per circa 15 minuti in
Cover story
Le ipersportive del 2014
Lo spoiler posteriore può essere bloccato in due diverse posizioni, una per mantenere l’auto a terra, l’altra per la massima velocità
Se questo non dovesse bastare, provate il Weissach Pack, un affarone da 70.000 Euro e 40 kg in meno
L’acconciatura è inclusa nel prezzo
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McLaren P1
La F1 del XXI secolo Testo: Georg Kacher
Ha l’aspetto di una macchina terribilmente complicata? Lo è veramente. L’aerodinamica attiva corregge di continuo la deportanza, all’anteriore e al posteriore
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Foto: Charlie Magee
Cover Story
Le ipersportive del 2014
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n salto indietro nel 1992. Alla vigilia del Gran Premio di Monaco, il boss della McLaren Ron Dennis presenta pubblicamente la F1, una coupé dall’effetto suolo unico che sta per riscrivere le regole delle supersportive. Perfino accanto alle minimaliste monoposto pilotate da Senna e Berger, la scheggia argentata sembra stramba ed estrema. Un’occhiata alla scheda tecnica confermava i peggiori incubi dei concorrenti: scocca e telaio in fibra di carbonio, peso a vuoto di 1.140 kg, propulsore BMW V12 da 627 cv finemente elaborato, 0-100 in 3,4 secondi, velocità massima 392 km/h, niente ABS, niente controllo di trazione né servosterzo o airbag. Quattro ruote di cristallino terrore ad un oltraggioso prezzo di circa 1,6 miliardi di lire (850.000 Euro). Nel 2012, al salone di Parigi Don Ron mise le mani per la seconda volta sulla corona delle supercar quando strappò i veli da un proiettile arancione metallizzato con la sigla P1. Di nuovo, una lista di eccellenze fece il suo giro: sistema ibrido con potenza complessiva elargita di 916 cv, massa a vuoto di 1.359 kg, monoscocca in carbonio, sospensioni modulabili e aerodinamica attiva, 0-100 in 2,8 secondi, picco di velocità limitata a 350 km/h, consumo medio 12 km/l, unità in commercio limitate a 375 e prezzo di 1,1milioni di Euro. Furono tutte ordinate in un baleno, quindi trovarne qualcuna libera è raro. Ma oggi, fresco d’avventura con la 918, mi ci ritrovo dietro al volante a casa mia. La P1 è una due posti ma condivide certi segni essenziali con la F1: la prominente linea ossuta che definisce il profilo laterale, l’iconica calotta a cuneo, l’affascinante omogeneità di miscela tra brutali elementi da corsa e incantevoli movenze da passerella. “L’elemento concettuale di svolta della F1 era il sedile di guida accentrato” ricorda Dick Glover, direttore della ricerca alla McLaren. “Quello che rende tanto speciale la P1 è la capacità di trasformarsi da supercar per uso quotidiano a macchina da corsa senza compromessi al tocco di un pulsante”. Contrariamente alla F1, della quale vennero realizzati appena 106 esemplari, la P1 è parte di una famiglia. Il fondo scocca del telaio Monocage, il passo e la carcassa di base sono identici a quelli della 650S e della P13 nel modello base, in programma per il 2015. Malgrado tali comunanze, la P1 ingloba numerosi attributi peculiari. “Le qualità dinamiche del veicolo sono in generale determinate da due tratti complementari”, fa osservare il capo designer Dan Parry-Williams. “Mi riferisco all’interazione fra le sospensioni idro-pneumatiche, che noi chiamiamo RaceActive Chassis Control, e l’Active Aerodynamic Control, che corregge di continuo la deportanza anteriore e posteriore. Il coefficiente Cx varia da 0.34 e 0.40 sulla base dell’angolo e della posizione dello spoiler di coda. Quando il guidatore aziona il tasto DRS, l’effetto-suolo viene ridotto del 40% a beneficio di una velocità più elevata”. Basta parlare. Non riesco a trattenere la smania di fiondarmi in questa onnipotente picchiattrice per ascoltarla, sentirla, sudarmela e strofinarmela addosso di persona. L’accesso alla P1 può essere un compito laborioso, forse meno che su di una DTM o su una Ariel Atom, ma comunque potrebbero facilitare la procedura per chi non ha ossa di gomma e arti snodabili. Sebbene la volumetria della cellula passeggeri non sia eccesivamente ristretta, il magro sedile avvolgente ultraleggero a pezzo unico legittima il timbro sadomaso in oro, la visibilità del retro passa attraverso due piccoli
P1: l’altra opinione Non ho ancora guidato la LaFerrari o la 918. Sono sicuro che siano delle meraviglie da far impazzire. Ma non posso credere che facciano impazzire in maniera così totale come la P1, che ho da poco saggiato in Bahrain su strada e su pista. Né posso pensare che siano altrettanto saettanti su un circuito da corsa. Il motivo è che l’esclusiva modalità Race della McLaren, che avvicina la vettura all’asfalto di 50 mm, fa estendere la gigantesca ala posteriore e dà all’auto uno sconvolgente effetto deportante. La P1 viene calamitata al tracciato, la sua forza a terra fornisce un grip incredibile e sicurezza di guida, non importa la velocità folle a cui ci si fa trasportare. Ciò non rende la P1 una macchina migliore della Ferrari o della Porsche, naturalmente. Né la fa più sfrecciante e più composta su strada, dove la configurazione Race è illegale. Però, cavolo, è un’arma da circuito. Il che ci fa chiedere: chi mai al mondo sente la necessità di una P1 GTR? GAVIN GREEN
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LaFerrari L’estremista Testo: Georg Kacher
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Foto: Mark Bramley
cover story
Le ipersportive del 2014
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aranello: pioggia fitta su Fiorano, il circuito di prova della Ferrari, e quando finalmente la serranda elettrica si apre e due fanali gettano i loro coni di luce a LED addosso al rettilineo del traguardo, l’asfalto sembra essere uno specchio d’acqua che s’inabissa nelle profondità più estreme. Il capo collaudatore Raffaele de Simone punta il dito nella mia direzione, poi indica il sedile lato passeggero. Con un colpo al pulsante rosso dell’accensione, l’uomo che ha sostituito il leggendario Dario Benuzzi dà il via al concerto musicale eseguito da dodici strumenti amplificato elettricamente che ci sta massaggiando la spina dorsale. Un sorriso fugace, una pizzicata alla levetta delle marce alte, una sbirciata negli specchietti e siamo in pista. Il tracciato sembra lubrificato, quindi ci muoviamo con prudenza. “Aquaplaning ovunque! Consiglierei di seguire una linea leggermente diversa. E calma con quel manettino…”. LaFerrari, un autentico amore-odio. Amore, perché un impianto propulsivo da 963 cv impacchettato in una ipersportiva dal peso piuma di 1.425 kg fa rivivere l’usurato luogo comune della F1 da corsa omologata per la strada. Odio, perché il laconico sedile è fissato alla cellula passeggeri di carbonio in una posizione denominabile buona-per-tutte-le-taglie-tranne-che-la-mia. L’unico elemento regolabile è la pedana, eppure non scivola abbastanza in avanti da far accomodare le mie giraffesche leve. Per una manciata di istanti, nella zona box a lastricato rosso regna il panico. Poi un meccanico pietoso inizia a rimuovere l’imbottitura del sedile e dello schienale. Mi sento un idiota, ma almeno posso raggiungere i pedali, adesso. Il baricentro annusa-terreno della LaFerrari è appeso a 375mm di distanza dal suolo, ossia 65 mm più basso della 458, sebbene entrambe condividano il medesimo passo. Spingere la posizione di guida di 60 mm verso la strada altera radicalmente il campo visivo, e con esso la percezione del tappeto asfaltato sottostante. L’esteso quadro strumenti a colori baluginanti pare quasi dello stesso livello di un visore a sovraimpressione, il volante quadrangolare è inaspettatamente addossato al petto, e i capelli devono andare ad occupare il solo posto sfruttabile non tiranneggiato dalla massiccia porta ad ali di gabbiano. Grazie al predellino rastremato, salire e uscire dall’auto non richiede più un diploma in snodabilità. È abituale, ad ogni lancio di modelli Ferrari, essere richiamati ai box dopo cinque giri di pista, assistere al brulicante sciame di meccanici che regolano la pressione gomme, verificano la temperatura dei freni, puliscono il parabrezza e fanno domande al pilota. Oggi, ho bisogno di più tempo per adattarmi: alla macchina, alle condizioni meteo, all’inquietudine che ho dentro. Se soltanto ci fosse maggior spazio per allungarsi! La cabina è familiare, ma nemmeno poi tanto. Lo sterzo con il contagiri a LED integrati mi trasmette un qualche turbamento, in parte a causa degli ingranaggi sempre più tempestivi, un 45% in più rispetto alla Enzo. Così, la torsione sul lato opposto si riduce ad un gesto nominale, specialmente mentre piove, quanto non c’è sufficiente presa frontale per stabilire una rassicurante manovrabilità. Le snelle palette del cambio sono le più lunghe dell’ambiente motoristico, ma vanno bene giacché tutte le levette dei comandi sono state convertite in tasti e
interruttori a portata di mano. I regimi di rotazione si bloccano sulle cime arrossate dei 10.000 giri al minuto, il contatore supplementare di carica dislocato in orizzontale è costituito da una banda verde che può venir accorciata con prolungate raffiche di acceleratore, e c’è pure un display circolare del flusso elettrico che fa illuminare diversi segmenti a seconda che ci si trovi in fase di spinta, ricarica veloce, pre-caricamento e rigenerazione tramite frenata o differenziale elettronico. I cinque giri preliminari sono vergognosamente lenti. Mi rivolgo ai freni troppo in anticipo, mi infilo in curva troppo presto, pesto il gas troppo tardi. Anche se il manettino è in Sport, subiamo problemi di trazione all’uscita di ogni curva, ad ogni pozzanghera e su ogni cordolo. Le cinque tornate successive sono più fluide. La LaFerrari dirige la straripante coppia alle ruote posteriori con pneumatici Pirelli 345/30 R20 fresche d’ordinazione, e mentre le calzature di dietro si scaldano in un amen, la gommatura anteriore lotta per trovare grip, facendo sottosterzare la biposto un po’ di più ad ogni giro. Il fenomeno può essere seguito sul dispositivo di misurazione per la pressione e la temperatura, che ci mostrerà una disparità del 100% tra il muso e il retro. Rientro per chiedere suggerimenti. “Devi zig-zagare per tutto il rettifilo come fanno i professionisti della F1 e facilitare l’aderenza sul terreno” mi consiglia Raffaele. “E poi, cerca di procastinare la frenata, e vacci duro. Inoltre tieni conto che stiamo per togliere un paio di libbre per pollice quadrato dagli pneumatici anteriori”. Tre giri più tardi, l’anima della macchina in effetti è cambiata. L’inserimento in curva adesso è molto più positivo, la morsa dell’anteriore è passata da esitante ad ardimentosa, il brusco cambio di direzione nelle esse in terza marcia ha cessato di disturbare la compostezza della vettura. Al raggiungimento di temperature a tre cifre su tutti i punti di contatto con la superficie, le Pirelli P Zero cominciano a vincere l’umidità, perciò alla fine del giro numero 15 mi avventuro dalla taratura Sport alla Race, che opera in maniera fine fintanto che si va coi piedi di piombo nelle sezioni lente del tracciato. Superata la svolta Shell e dirigendomi verso i box, oso spremere il possente V12 sino ai 9.250 giri del limitatore per la prima volta in terza e in quarta, finché la martellata non si arresta e si affievolisce Dunque, abbiamo 963 cv, un peso vettura irrilevante, una pista liscia come il vetro, e tutti gli ingegneri Ferrari che ci stanno guardando…
Un’aerodinamica favolosamente complessa che si compone di cinque alette inferiori (tre davanti, due dietro) che rettificano costantemente i flussi d’aria
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Un colpo all’Italiana
Nel 1966 Lamborghini inventò le supercar realizzando la Miura. Negli anni ‘70 reinventò il concetto con la Countach. Arriverà mai il giorno in cui perderanno il loro fascino? Testo: Chris Chilton
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I Foto: John Wycherley
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AMBORGHINI HA INVENTATO il concetto di auto sexy e veloce tanto quanto si potrebbe dire che Jean Harlow ha inventato quello di bomba sexy. C’erano già state auto veloci molto prima della Miura, come la SSJ di Duesenberg prima della guerra; la DB4 GT di Aston o la Iso Grifo. Ed erano anche esageratamente belle, nessuno poteva negarlo guardando ad esempio la stupenda Talbot Lagos di Figoni Falaschi, o l’incredibile Mercedes 300SL Gullwing. Lo stesso valeva per le vetture a motore centrale, visto che Porsche, ATS e De Tomaso le costruivano prima che Lamborghini avesse creato quella che oggi è considerata la prima supercar moderna. Ma in qualche modo, con la Miura, le stelle si allinearono perfettamente, più delle targhe d’ottone nella Walk of Fame di Hollywood. Tutto era pronto per la creazione di qualcosa che fu molto di più della semplice somma delle sue spettacolari parti. Non soltanto un’auto veloce, o bella da vedere, ma una che gettò le basi per una razza a parte di vetture. La Miura cambiò Lamborghini per sempre, dribblando la sua mancanza di un pedigree sportivo, facendole spiccare il volo, e cambiando il concetto stesso di automobile. Il punto fondamentale della Miura è che, sebbene sembrasse scappata dalla griglia di una Le Mans della metà degli anni ‘60, non aveva origine dal motorsport, e Ferruccio Lamborghini non aveva alcuna intenzione di andarci in pista. Questa era una spudoratissima auto stradale. Praticamente la più eccessiva, oltraggiosa, che uno avrebbe potuto acquistare negli anni ‘60, e sicuramente una delle più belle. Ma la Miura creava già interesse prima ancora che Ferruccio avesse contattato qualcuno per vestirne il telaio nudo, che mostrò nel Motor Show di Torino nel 1965. Bastarono le sue viscere per mandare in fibrillazione gli spettatori. Con il suo V12 piazzato trasversalmente dietro i due posti
COSA SCRISSE CAR NEL DICEMBRE DEL 1967 Ricordiamo il nostro viaggio a Sant’Agata Bolognese per ritirare una delle prime Miura in circolazione. “Esistono auto a trazione posteriore con motore montato trasversalmente, nessuna di queste però. è capace di fare i 290 km/h” scrisse Leonard. “E nessuna costa così poco” (costava poco più di 7.000.000 delle vecchie Lire)
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Quando eravamo Re
La prima fu omaggio al passato, l’altra precursore del futuro delle supercar, ed insieme si ritrovarono sulle copertine delle principali riviste. Oggi riuniamo i membri del club dei 320 km/h: Ferrari F40 e Porsche 959. Testo: Gavin Green
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Foto: Greg Pajo
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Storia delle Supercar
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l cielo sopra il quartier generale di Ferrari a Maranello era grigio piombo e minacciava pioggia, quando ci arrivammo con la nostra Porsche 959 in bianco Colgate”. Era il 1988 e dovevamo fare allora come oggi un servizio comparativo. La Ferrari F40 era la più veloce, selvaggia e spartana supercar della sua epoca. Era anche l’ultima Ferrari ad essere stata approvata personalmente da Enzo Ferrari, che morì nel 1988. Non aveva ABS, non aveva alcun controllo di stabilità o di trazione elettronico, nessuna servoassistenza allo sterzo o ai freni. Non aveva tappetini, non aveva smorzamento del suono, non aveva neanche un rivestimento alle portiere, che al posto della maniglia di apertura avevano semplicemente un cordino da tirare. I finestrini erano in plexiglas fatti scorrere all’interno: non c’erano pulsanti elettrici, anzi, non c’erano proprio gli alzacristalli. La F40 era una vettura da pista completamente spogliata, anche se non ha mai messo piede in nessuna competizione (almeno, nessuna delle principali). È stata l’ultima Ferrari dura e pura. Dopo la dipartita di Enzo si sono rilassati, e non tornarono più quelli di una volta. Le Ferrari successive furono disegnate per una nuova razza di compratori internazionali, che preferivano guidare fino a St. Andrews per farsi due tiri a golf, piuttosto che girare per Silverstone. Va detto che poi i modelli Stradale e Speciale avevano una spruzzata del DNA della F40; così come la Enzo e la LaFerrari. Ma restano comunque più docili, meno selvagge. La 959, arrivata da Stoccarda grazie a Georg Kacher, seppur contemporanea della F40, era una bestia con tutta un’altra mentalità. La 959 era la capostipite di una generazione moderna di supercar – tecnicamente avanzata, elettricamente modulata sia per velocità che per sicurezza,
controllata al computer, veloce ma confortevole, facile da guidare come una Fiesta ma, se ne avessimo voglia, veloce come una Ferrari. La Skyline GT-R, l’Honda NSX e tante altre supercar del genere discendono direttamente dalla 959. Una vettura celebrava in maniera magnifica il passato, l’altra prevedeva meticolosamente il futuro. Furono anche i i modelli protagonisti degli anni ‘80, la decade più folle, cattiva e fantastica di sempre, per le supercar. La frenesia iniziò, com’era spesso il caso allora, da nuove regole al motorsport. Nel 1982 la FIA annunciò un nuovo standard di omologazione del Gruppo B per vetture sportive da corsa e per il rally. Questo venne incontro alle Case automobilistiche, facilitandogli il processo di introduzione di macchine in edizioni limitate ad alte prestazioni, con la possibilità anche di competere negli eventi di fascia alta del motorsport. In quell’era del viva-l’avidità in stile Gordon Gekko, parecchi costruttori lanciarono in fretta le proprie auto più veloci solo per poter accedere ai bonus delle banche e magari cercare gloria in pista o nelle foreste. Fra le vetture famose del Gruppo B figurano Audi Quattro S1, Ferrari 288 GTO, Ford RS200, Lancia Rally 037, Peugeot 205 T16 e la folle Metro 6R4 a motore centrale (che poi finì per alimentare la Jaguar XJ220), più tutta una serie di Mazda, Mercedes, Mitsubishi, Talbot e Toyota modificate. L’auto sportiva più bella di quell’epoca era la Ferrari 288 GTO. Ebbi la fortuna di portarne uno dei primi esemplari fino in Gran Bretagna, in quelli che ricordo esser stati due giorni stupendi nel 1985. Quella GTO è ancora ricordata con affetto e, come tutte le grandi Ferrari del passato, ha un valore elevato. Eppure per un ormai malato Enzo Ferrari e per gli altri puristi del cavallino rampante, la GTO aveva un gravissimo problema: era una vettura del Gruppo B che non vinceva niente. Peggio ancora, fu sconfitta, sia in pista che in allungo su un rettilineo, dalla rivale per eccellenza, la Porsche
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Gordon Murray L’ingegnere
The One “N and Only Nel 1994 la McLaren F1 procurò uno shock di proporzioni bibliche. La parola agli uomini che l’hanno creata, in queste interviste esclusive Testo: Ben Barry
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I Foto: Wilson Hennessy
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el 1989 decisi che avrei lasciato la Formula 1 dopo 20 anni, ma Ron Dennis voleva che rimanessi. Voleva espandere McLaren; ed un’auto stradale era parte di quell’espansione, una mossa logica. Si partì avviando la compagnia, equipaggiando la sede col primo prototipo, con un budget minuscolo. Ero piuttosto bolscevico coi fornitori. Dicevo, ‘Stiamo per costruire l’automobile più ingegnerizzata del mondo, la migliore per qualsiasi pilota esistente, non ho alcun dubbio a riguardo, e a me questa roba mi serve gratis’. Molti se ne andarono sbattendo la porta, ma funzionò abbastanza bene con quelli che alla fine restarono, per nostra fortuna.
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Storia delle Supercar
“Mi venne poi in mente: siamo un team di Formula 1, i nostri amichetti si siedono tutti al centro, è la soluzione migliore!” Gordon Murray: “Penso che sia il miglior V12 di sempre. Dal punto di vista del carattere e della coppia, non esiste niente del genere”
È stato liberatorio poter iniziare praticamente partendo da zero. Fin dall’inizio dissi a Peter Stevens che volevo un look estremamente pulito davanti, ma spostandoci sul posteriore servivano fumaiole e scarichi statici dell’aria calda. Nei primi sketch uscì qualcosa in cui potevi vedere le sospensioni posteriori e tutto il resto attraverso la maglia a rete, ma ci eravamo dimenticati che avremmo avuto bisogno di una marmitta piuttosto grossa; solo quella bloccò tutto il resto! Non ho mai pensato alla F1 come una vettura da pista, doveva essere accessibile, con l’aria condizionata, un impianto audio, tappetini e spazio nel bagagliaio. Dissi a Mansour Ojeh e a Ron Dennis che se doveva essere una vettura da corsa, dovevamo sacrificare bagagliaio e comfort. Ma se non avesse dovuto competere, mi sarei focalizzato completamente nel creare un’auto stradale. In Formula 1 dicono che ho odiato tutte le norme per le auto stradali. Sì, ci sono delle leggi, ma non c’è nessuna regolazione per le prestazioni. Perciò mi scatenai, avevamo le aerodinamiche attive, raffreddamento dei freni automatico e l’effetto suolo regolato per il diffusore. La disposizione a tre posti è stata una combinazione fra marketing ed esorcismo dell’immondizia di quel periodo. C’erano cose come la Countach, la Jaguar XJ220 e la F40 coi pedali fuori asse o con lo sterzo angolato; roba impura. Una posizione di guida centrale ti evita tutto ciò, e offre anche una visibilità fantastica. Ho pensato inoltre che siamo un team di Formula 1, i nostri amichetti si siedono tutti al centro, è la soluzione migliore! L’impostazione a sedile centrale non avrebbe mai funzionato coi portelloni se non avessi avuto una monoscocca in carbonio: sarebbe stato troppo sfibrato altrimenti. Avremmo dovuto rimuovere una grossa porzione del tetto per far ruotare le porte in quel modo, ed era molto più facile se avessimo rimosso anche alcune soglie. Poi ho visto le portiere a diedro in una rivista di stile, e abbiamo scoperto che la Toyota Sera impiegava proprio quell’impostazione. L’accordo per il motore arrivò molto tardi. Ci siamo incontrati con Honda due volte per discutere un V10 o V12 4.5 litri, poi improvvisamente qualcuno alla Honda decise che era un passo troppo rischioso per il marketing. Lo sviluppo della vettura stava comunque andando avanti, per cui ho cercato di lasciare spazio al motore! Ero a Hockenheim nel 1990 quando ho incontrato Paul Rosche di BMW. Disse, ‘Te lo farò io un motore’. BMW è stata fantastica. Volevo che avesse l’aspetto di un motore degli anni ‘60, perciò gettarono tutta la tubatura di plastica nella testa del cilindro. Paul non voleva utilizzare un singolo componente del 12 cilindri; niente era abbastanza leggero. Ancora oggi sono convinto che sia il miglior V12 di sempre. La potenza specifica è migliore coi motori moderni, ma dal punto di vista del carattere e del punto della coppia, non esiste niente del genere. Quando abbiamo provato un prototipo a Silverstone, non credevamo ai nostri occhi: sovrastò una vettura di Formula 1 a 210 km/h. Ero presente a Le Mans nel 1995 quando abbiamo vinto. Andare lì con un’auto stradale con solamente un roll-bar ed un estintore ed arrivare primi, terzi, quarti e quinti penso che sia un qualcosa di fenomenale per qualsiasi vettura”. SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it
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Paura Primordiale Chi ha più paura della Bugatti Veyron? Quelli che l’hanno sviluppata? Le persone che l’hanno dovuta pagare? Gli azionisti del gruppo VW? No. Il più spaventato è il nostro Anthony, e questa è la sua esperienza Testo: Anthony ffrench-Constant I Foto: Mark Bramley
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ERVOSO? È OVVIO che sono dannatamente nervoso. Se parliamo di imprese automobilistiche, sparare una Veyron Grand Sport Vitesse oltre i 320 km/h ci fa un po’ sentire come il buon Andy Green quando ha sfondato la barriera del suono, con “giusto un pizzichino di controsterzo”. Ma il signor Green aveva una contea intera nel deserto di sale del Nevada, mentre io me la devo giocare nel traffico di tutti i giorni e contro l’imprevedibilità di mr e miss “lunatici della corsia centrale”, che si vedranno sorpassare da un granchione di due tonnellate, a pochi cm da loro, e a circa 310 km/h... A dire il vero, comunque, quello che mi preoccupa di più è che il mio copilota, il pilota ufficiale della Bugatti Andy Wallace (sì, proprio quell’Andy Wallace, il vincitore di Le Mans del 1988 e, cortesia di non poche vittorie al Bruckyard, possessore di quattro Rolex Daytona che non hanno mai visto la luce del giorno perché non gli piace indossare orologi), avrà il ruolo del “è l’ora delle foto”: un eufemismo che sta per “Cristo, fai schifo, togliti che ci penso io”. Per me sarebbe una vergogna veramente grande. Considerando che tutti e 300 le coupé sono già state vendute, e visto che dei modelli Gran Sport Vitesse ne restano meno di 20, incluse le 18 Legends in edizione limitata, questa è senza ombra di dubbio la mia prima ed ultima chance di guidare questo metallo pressato, personificazione dei sogni irrequieti di Ferdinand Piëch.
Almeno ai miei occhi non è proprio la cosa più bella mai vista su quattro ruote. In ogni caso la sua compatta e muscolosa presenza è senza dubbio rafforzata dall’avere un’idea delle sue prodigiose prestazioni: la Veyron cattura genuinamente l’attenzione non appena entra nel campo visivo di chiunque. Quello stupendo motopropulsore W16 8.0 litri quadriturbo romba con un caratteristico ed intenzionale ringhio martellante, che risuona attraverso il serbatoio che separa a doppia paratia l’abitacolo dal predominante vano motore aperto verso l’alto. Scivolando giù per le strade di Molsheim, che hanno già visto di tutto, la Grand Sport Vitesse non brontola come farebbe una Ferrari o una Lamborghini con il loro rauco “aaaahhh” che somiglia al verso che farebbe Louis Armstrong quando va dal dottore. No, la Veyron fa semplicemente le fusa con intenzioni malefiche: tutto l’ardore e la furia soppressa di un’enorme alveare pronto ad eruttare al tocco di un bastone; energia colossale che si trattiene dall’esplodere; un ronzio meccanizzato proveniente da un altro pianeta. Eppure, nel traffico, i 1.200 cv si dimostrano incredibilmente docili e facili da gestire. Anche se gigantesco, il W16 genera qualcosa come 75 cv per cilindro (più o meno gli stessi di una VW Golf R), lasciando il motore libero da stress inutili e, come conseguenza, rendendolo più durevole ed allo stesso tempo deliziosamente docile mentre si è impantanati nel traffico. Ho detto veramente docile? Oh. Mio. Dio. Penso di aver inavvertitamente terminato il mio intero reparto espressivo con i primi due secondi in cui Mr Wallace ha scatenato la Veyron per la prima volta. L’accelerazione è oltre lo straordinario. Da capogiro. Talmente tanto oltre il termine “rapido” da essere pietrificante. È come se la vettura teletrasportasse la strada di fronte pezzo per pezzo.
COSA SCRISSE CAR NELl’ottobre del 2005 Come al solito CAR è stata la prima a parlare della Veyron e Georg Kacher è stato il primo a provarla su strada prima del lancio. Hanno cambiato il volto del mondo delle auto, per sempre, disse Georg. E la storia la ricorderà per questo.
Le Nostre
Auto
Q u e s t o m e s e : l a m b o r g h i n i av e n ta d o r r o a d s t e r /// dacia dus te r br ave /// subaru outback /// kia pro cee’d gt /// mini cooper s /// peugeot 2008 /// nissan leaf ///
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Aventador Roadster Di Umberto Circi | Foto di Roberto Paravano 1
Pro: Regala sensazioni fuori dal comune, il sound del motore Contro: Scrivere i consumi sarebbe scontato, vero?
P
otrei scrivere pagine e pagine per raccontarvi la mia esperienza con questa Lamborghini Aventador Roadster, ma probabilmente non basterebbero comunque per descrivere come si dovrebbe quella miriade di sensazioni che si prova stando alla guida di questa supercar. Qualcuno si ricorderà che giusto qualche mese fa sono volato a Marbella per provare la nuova Huracán, la sorellina della Aventador, l’ultima uscita dalla fabbrica di Sant’Agata. Stilisticamente, e sempre secondo me, la piccolina riprende in maniera piuttosto decisa le linee e l’aggressività stilistica della Aventador, quasi a sottolineare l’impatto che questo design ha avuto sul mercato. Basta guardare, oggi, una Murciélago, per riconoscerle qualche segno dell’età, i nostri occhi, e gli occhi degli appassionati, ormai si sono abituati alle linee taglienti e spigolose della Aventador, uno dei migliori esempi di ciò che noi italiani sappiamo ancora fare in ambito automobilistico. Mi viene quindi da chiedermi, si può migliorare ulteriormente quella che ad oggi è una delle auto più carismatiche del mercato? La risposta mi è stata subito chiara in mente quando questo missile a quattro ruote è sceso dal camion che l’ha portata in redazione. Immaginatevi di non poterla vedere perché ancora coperta dalle pareti del rimorchio, dal nulla un boato rompe l’aria e piano piano, a marcia indietro, comincia a palesarsi una sagoma bassa, larghissima, bianca, il primo cerchio da 21”, il posteriore, la
Finalmente il vento tra i capelli
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