R. Carrai, Finn Juhl, l'architetto, Università degli Studi di Firenze, Dicembre 2017

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Finn Juhl, l’architetto Finn Juhl architect

Laureata

Rebecca Carrai

Relatore

Amedeo Belluzzi

Correlatore

Gianluca Belli

Scuola di Architettura





Indice

0 Introduzione 0.1 Il ruolo della tradizione nello sviluppo dell’architettura danese moderna 0.2 Il magistero di Kaare Klint e la rivista Kritisk Revy 0.3 L’Esposizione di Stoccolma del 1930 e la sua eredità

1 Fortuna Critica 2 Profilo biografico 2.1 Formazione 2.2 Esordi 2.3 Ascesa professionale 2.4 Maturità

3 Catalogo delle abitazioni 3.1 Criteri di catalogazione 3.2 Casa Juhl 3.2.1 Schedatura dei disegni relativi alla Casa Juhl 3.3 Villa Aubertin 3.3.1 Schedatura dei disegni relativi alla Villa Aubertin 3.4 Casa estiva ad Asserbo 3.4.1 Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva ad Asserbo 3.5 Progetto residenziale a Klelund 3.5.1 Schedatura dei disegni relativi al progetto residenziale a Klelund 3.6 Casa estiva a Raageleje 3.6.1 Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva a Raageleje

4 Analisi critica del metodo progettuale e dell’architettura di Juhl 4.1 Studi grafici dagli schizzi ai particolari esecutivi 4.2 Spazio architettonico e arredi nella progettazione 4.3 L’interesse per la tipologia residenziale 4.4 Riferimenti culturali in campo artistico e architettonico 4.5 Il neo-empirismo nell’opera di Juhl 4.6 L’articolazione spaziale in relazione agli arredi e alla composizione 4.7 Il ruolo del colore nell’architettura e nei mobili 4.8 I materiali 4.9 La relazione tra natura e architettura

5 Bibliografia 5.1 Scritti di Finn Juhl 5.2 Juhl e la cultura architettonica scandinava

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Introduzione

“Finn Juhl gained his reputation through two channels. For several years he has belonged to the small international group interested in a progressive art of original furniture design. Officially he was acknowledged representative of Danish design when the Royal Academy recommended his as designer for one of the Council Chambers of the United Nations building. This appointment was a singular promotion as for many years Finn Juhl’s designs were in open opposition to the trend in furniture design expressed by the official Danish Academy of Arts. When trying to give an account of one of the most prominent modern Danish designers we must not look at his results only; his local background and the different views under which these results were created are imperative to our understanding and valuation of his importance.1” Al fine di approfondire la figura di Finn Juhl, non è possibile prescindere dal contesto geografico, sociale, economico e culturale in cui l’architetto danese è vissuto. Il panorama culturale e artistico in cui si proietta Finn Juhl è complesso ed articolato: condizionato da influenze provenienti da distinti ambiti sociali, culturali

e artistici della Scandinavia, dell’Europa e talvolta degli altri Continenti. H.Hansen, autore del testo Finn Juhl and His House, sostiene, nel suo saggio Networks, Narratives and New Markets: The Rise and Decline of Danish Modern Furniture Design, 1930-19702, che il Movimento Moderno in Danimarca è un fenomeno di notevole importanza economica, oltreché artistica e culturale. Seconda la visione di H. Hansen, il titolo The Danish Modern è associato oltre che ad un fenomeno di gusto, ad una corrente di carattere commerciale, equiparabile ad un “brand3”, un prodotto da pubblicizzare internazionalmente. Distinti canali sono serviti a promuovere, oltre al singolo prodotto, l’intera ideologia e filosofia culturale. Nella letteratura scandinava del XX secolo, un ruolo dominante è occupato dai cataloghi delle mostre sul design nordico negli Stati Uniti di America. Gli opuscoli allegati alle esposizioni, in particolare modo quelle avvenute in America negli anni Cinquanta, contengono oltreché illustrazioni, saggi storici che rivendicano l’importanza del design nella cultura scandinava, e l’inizio della formazione, da parte dei rispettivi popoli, di fabbriche per la produzione di oggetti


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di design. Una delle mostre più celebri degli “anni d’oro” del design scandinavo, dal forte impatto promozionale e carattere celebrativo, è Design in Scandinavia del 1954, dove per la prima volta, al Virginia Museum of Fine Arts, sono esposti sistematicamente prodotti di vario genere provenienti dalla Scandinavia, tra cui quelli di Finn Juhl. Oltre ad esaminare le modalità secondo cui il Movimento Moderno si manifesta e si afferma in Danimarca, menzionando le fonti storiografiche di maggiore rilevanza in tale processo, è fondamentale comprendere la maniera in cui K. Klint, F. Juhl, ed altri designers danesi, vi si siano distintamente approcciati. È opportuno inoltre chiarire il rapporto artistico che esiste tra la Danimarca ed il resto del mondo, riassumendo quali siano le maggiori influenze europee ed internazionali, che il movimento moderno danese acquisisce. La moltitudine di sfaccettate e variopinte personalità in ambito artistico architettonico in Scandinavia conduce gli storici ad un dibattito circa l’attribuzione o meno del termine funzionalismo e modernismo. Secondo quanto sostiene Mirjam Gelfer-Jørgensen4, le differenti tendenze che si manifestano in Scandinavia, durante il periodo del movimento moderno, conferiscono un carattere eterogeneo al suddetto fenomeno. Mentre dal pubblico estero il design moderno scandinavo è percepito come un’entità, i progettisti delle rispettive nazioni, in base alla regione da cui provengono, si considerano ricchi di diversità. Indubbiamente, alcuni fattori come la posizione geografica, le radici linguistiche e connotati culturali che accomunano le cinque nazioni scandinave risultano innegabili. I seguenti paragrafi hanno come obiettivo quello di chiarire alcuni fenomeni, presenti in Danimarca dalla fine del XIX secolo al secondo dopoguerra, utili alla comprensione dell’opera dell’architetto Finn Juhl.


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Il ruolo della tradizione nello sviluppo dell’architettura danese moderna I costruttori e gli architetti danesi hanno assunto talvolta un atteggiamento critico nei confronti delle nuove tendenze, cercando di adattare i suggerimenti provenienti dall’estero alle condizioni e alle abitudini del paese, al suo clima, al suo paesaggio e alle sue tradizioni artigianali. In Danimarca l’architettura risulta possedere uno stretto legame con l’artigianato e con i materiali più comunemente usati come i legnami e i laterizi. Nell’articolo di Abitare, intitolato La Danimarca ieri, Gentili sostiene che l’architettura danese è da sempre caratterizzata da “sostanziale modernità”, e interpreta così l’avvento del cosiddetto Movimento Moderno:

Per quanto riguarda la casa unifamiliare, è influente lo schema della fattoria7, sistema edilizio standardizzato che si basa su principi modulari, sulla suddivisione in campate regolari e che consente varianti limitate. Il principio vale sia per modelli residenziali cittadini che di campagna.

“È certo che l’architettura moderna non è stata inventata dai Danesi: anzi ad essere esatti, non vi è stato un loro particolare contributo alle elaborazioni ideologiche od alle prime esperienze del movimento moderno, che ha visto i suoi fermenti muovere dall’Inghilterra, alla Germania, alla Francia, all’Austria, all’Olanda e, in qualche misura, all’Italia, ma che, nei paesi Scandinavi, è giunto tutt’al più nella sua fase di risveglio degli stili nazionali. (…) Ecco dunque che negli anni ’30, per varie strade l’architettura moderna mette piede in Danimarca; i primi esempi sono esempi di case unifamiliari e la gente mostra di adattarsi ottimamente alle nuove concezioni. La realtà era un po’ diversa, erano cioè queste ad adattarsi con naturalezza ad un costume civile, ad un modo di abitare già moderni nella sostanza, ma a cui non ci si era ancora preoccupati di dare una coerente espressione. Le ragioni di questa sostanziale modernità sono evidentemente complesse e si dovrebbero ricercare nel modo con cui le differenti fasi della cultura si sono stratificate nel paese; ma, soprattutto nei rapporti tra la diffusione della cultura e la strutturazione democratica della società e dell’economia.5”

I caratteri tipici della fattoria danese dell’Ottocento sono le tre o quattro ali che racchiudono la corte9, l’ossatura in legno, le pareti in argilla rivestite di calce bianca e il tetto in paglia. L’insorgere di fenomeni di urbanizzazione ed il rinnovamento politico e culturale, dovuto al distacco della Norvegia dalla Danimarca10 del 1814, fanno sì che si creino problemi di natura organizzativa, in quanto la tradizione costruttiva del paese non è preparata a rispondere a tale fermento. Basandosi l’architettura danese sull’impiego del legno, di schemi antichissimi della carpenteria senza chiodi, come nella tommerhus o casa dei boscaioli, del sistema a palo, detto stav, o sotto il profilo urbanistico, sulla struttura cittadina ispirata al modello delle fattorie aperte, come quelle del Saetersdal, del Telemark, del Nurnedal e del Gudbransdal, emergono difficoltà nell’adattare i metodi di costruzione tradizionali al nuovo programma edilizio. Nel 1855, si assiste all’abbattimento dei vecchi bastioni di Copenhagen, ed il nucleo storico della città viene cinto da uno spazio semicircolare di verde pubblico, formato dai parchi di Tivoli, Örsteds, Östreanlaeg, soluzione analoga a quella operata con il Ring di Vienna. Questo cambiamento offre nuove possibilità di costruzione per l’edilizia residenziale ed al contempo apre il nucleo antico della città a quartieri di futura espansione.

A partire dal XII secolo sino al volgere dell’Ottocento, il materiale prevalentemente utilizzato è il legno ed i relativi metodi costruttivi dominano l’edilizia, fatta eccezione per le architetture a carattere religioso, spesso realizzate in pietra6.

“Le due componenti tradizionali della vita danese, quella contadina e quella marinara, sono andate sostanziandosi e sostenendosi a vicenda, scambiandosi modi e atteggiamenti, fino alla acquisizione di un costume civile comune, che non manifesta incolmabili dislivelli tra le concezioni del vivere cittadino e di quello campagnolo.8”


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Il passaggio dagli elementi tipici della tradizione alla nuova prassi industriale si può sostenere che avvenga intorno al 186411 quando, una volta sconfitta definitivamente la Prussia, si presta attenzione ai problemi interni della Danimarca. Lentamente si assiste alla graduale sostituzione della struttura in legno con quella in laterizio, e delle coperture in paglia con quelle in tegole, si applica una regolare sequenza ritmica di pilastri e finestre e ciò è favorito soprattutto dal fatto che semplicità, ordine, precisione e naturale armonia delle proporzioni della vecchia tradizione siano temi che si legano all’ideale architettonico del periodo del neoclassicismo. A partire dal 1870, si assiste ad un rapido sviluppo dell’agricoltura, dell’industria e del commercio, e contemporaneamente alla diffusione di idee socialiste tra gli operai della nascente industria: i partiti di sinistra assumono sempre più peso nella vita politica e sociale del paese. Dal rapido sviluppo produttivo conseguito nell’ultimo scorcio del XIX secolo, è interessante notare il ruolo sostenuto, in campo agricolo, dalle imprese cooperative e dalle associazioni di credito, costituire dai contadini. In merito allo sviluppo dell’architettura danese, Gentili scrive: “Bisogna riferirsi probabilmente ai cambiamenti sociali e politici, al consolidamento della democrazia socialista e al rapido livellamento del tenore di vita, che porta le classi sociali a fondersi praticamente fra di loro. E si deve tener presente che questa evoluzione sociale fu promossa, piuttosto che dalla classe operaia, da quella contadina, che fin dai primi decenni dell’800 aveva affrontato il problema della meccanizzazione dei sistemi agricoli dando vita a un movimento cooperativistico che servì poi da modello, in altri settori, 12per la progressiva trasformazione della produzione dalla fase artigianale a quella industriale.” Nikolai Frederik Severin Grundvig è una figura fondamentale in quanto fondatore della Scuola di Fol-

clore, Folkehojskole, che ha lo scopo di risvegliare le masse, favorendo l’educazione di contadini e lavoratori appartenenti alla classe sociale più disagiata. La nascita della Scuola di Folclore indirettamente influisce sulla nascita della Cooperativa dell’Associazione di Contadini della Danimarca, che in quegli anni inizia ad avere standards di vita più elevati. Secondo l’ideale promosso da N. F. S. Grundvig13, ogni individuo è ritenuto parte fondamentale della comunità e, consapevole del suo ruolo all’interno della società, in diritto di ricevere un’adeguata educazione morale, civica e culturale. Tali principi14 sono influenti nella cultura architettonica danese fino al 1980. L’ispirazione è tratta inoltre dalle qualità e dai caratteri dei paesi scandinavi stessi, che, come sostiene il filosofo Ludwig Wittgenstein15, sono accomunati da un senso di Familienähnlichkeit, prima dell’avvento del Movimento Moderno. La natura è vista come radice della cultura locale ed è di primaria ispirazione. L’idea di adottare un linguaggio nazionale proprio in ambito architettonico è talvolta legata alla necessità di rispondere a particolari condizioni climatiche e fattori geografici. L’epica popolare, come nel caso del Kalevala in Finlandia16, è utilizzata in risposta alla nuova atmosfera urbana, dove le società più urbanizzate risultano aver perso i valori; laddove la meccanizzazione è del tutto assente, i valori si ricavano perciò dalla rusticità, dalla tradizione vernacolare, e dalla letteratura nazionale. I progettisti scandinavi sono altresì stimolati da esortazioni come “Bellezza per tutti”, Skönet for alla, della scrittrice svedese Ellen Key17, che enunciano concetti pionieristici per l’epoca. E. Key considera, nel suo famoso testo, l’estetica, la bellezza e l’arte come mezzi per l’elevazione morale e l’educazione dell’intera umanità. Si ambisce a valorizzare la ragione, la verità, propagando così un’idea di lavoro onesto e vantaggioso, al fine di raggiungere la salvezza. Questi principi sociali potrebbero in parte deriva-


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re anche dal Luteranesimo, religione assai diffusa in Scandinavia. Intorno alla fine del XIX secolo, non solo l’opera di E. Key, ma anche la promozione di slogan da parte di alcune istituzioni svedesi trasmettono concetti mirati all’inclusione dell’aspetto sociale all’interno della sfera artistica e progettuale. Dal termine del XIX secolo fino a circa gli anni Venti del Novecento, gli architetti danesi traggono ispirazione dalle case anonime unifamiliari in laterizio, semplici e ritmicamente suddivise apparse nell’Ottocento, cercando di raffinare e migliorare le sagome prismatiche, i particolari semplici ma ben risolti e la qualità dei materiali tradizionali. “L’architettura colta, importata da paesi di più antiche e radicate civiltà umanistiche, si è sempre inserita, in Danimarca, sulla tradizione popolare. Quindi anche movimenti architettonici, come il passaggio dal barocco al neoclassicismo ed i vari revivals ottocenteschi, furono qui vissuti con spirito diverso, più franco e meno dubbioso, e risultarono del tutto svuotati da qualsiasi magniloquenza retorica.18” Esaminando l’architettura del Paese, a partire dalla fine del secolo XVIII, si nota come in Danimarca si assista generalmente agli stessi passaggi, dal classicismo romantico all’eclettismo, fino a un nuovo romanticismo nazionale con inflessioni art nouveau, di altri paesi europei, sia sotto il profilo morfologico sia dal punto di vista dei contenuti; e come questi talvolta siano interpretati in maniera personale da parte dei progettisti danesi. Intorno alla fine dell’Ottocento, in risposta all’omologazione dovuta al fenomeno dell’industrializzazione, emergono gli ideali del nazionalismo romantico e del neoclassicismo, in Scandinavia così come in altre zone di Europa. Già grazie ai principi di J. Ruskin e di Viollet-le-Duc, si enfatizza l’arte autentica nazionale, le architetture di tipo vernacolare e l’artigianato. Gli esempi pre-rinascimentali ed il Medioevo vengono

idealizzati senza necessariamente imitarne le forme. Mossi da personaggi come William Morris, Richard Norman Shaw19, o da esperienze quali il movimento inglese Arts &Crafts, le città giardino e dal fenomeno dell’Art Nouveau, gli architetti danesi e scandinavi dimostrano empatia nei confronti di eclettismi, nazionalismi e attenzione a temi naturalistici, utilizzandovi particolari filtri di rappresentazione. Con evidenti affinità verso lo spirito del suo tempo, tra il 1892 e il 1902, l’architetto Martin Nyrop progetta il Municipio di Copenhagen, in Danimarca20. Architettura eclettica21 che riunisce in sé ispirazioni di tipo medievale e caratteristiche anticipatrici del moderno, in un unico corpo massiccio, per certi aspetti rimandabili alle architetture di H. H. Richarson, e alla Borsa di Amsterdam di Hendrik Petrus Berlage. Il padiglione finlandese all’Esposizione Universale di Parigi22 del 1900 non solo incarna le peculiarità dello spirito eclettico e nazionalistico del volgere del secolo in Scandinavia ed in Danimarca, ma attrae anche l’attenzione della critica londinese, la quale nella rivista The Studio sostiene nel 1901: “In these remote countries a powerful art movement is forcing its way into the general art development of Europe and… will undoubtedly ere long, claim greater public attention.23” Questa affermazione sta a presagire il futuro successo che l’architettura danese avrebbe ricevuto sul panorama mondiale, traendo la propria forza ed originalità dai caratteri tradizionali stessi e dallo spirito nativo. L’architettura dei primi decenni del XX secolo in Danimarca non è infatti da reputarsi casuale, ma al contrario essa è il risultato di una complessa elaborazione. Al contempo, i progettisti danesi iniziano ad assumere un atteggiamento di curiosità verso nuovi orizzonti e tendenze stilistiche. “We are tired of looking at all these pencil marks on old castles, mansions, and churches that other architects have made before us.24”


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Nel 1907, Anton Rosen25, maggiore esponente danese della corrente Art Nouveau in Danimarca, progetta a Vesterbrogade, l’alto palazzo Løvenborg, con funzione commerciale, caratterizzato da motivi decorativi in alluminio in facciata e grandi pareti vetrate, in analogia con i primi esempi di grattacieli americani richardsoniani26. La Chiesa Grundtvig, a nord di Copenhagen, iniziata nel 1913 e terminata solo nel 1940, dell’architetto Peder Vilhelm Jensen-Klint27, rappresenta uno degli edifici di culto più noti della città per il suo stile neogotico singolare e per essere uno dei pochi modelli di architettura espressionista in Danimarca. Tramite l’astrazione di forme nazionali e regionali, espresse in forme tettoniche e massicce, si attua una radicale semplificazione della chiesa danese e dei prototipi vernacolari, sfoggiando l’utilizzo esclusivo del mattone, in quanto materiale locale. Esternamente, la sua forma seghettata la avvicina ad una formazione rocciosa geologica, dimostrando affinità con il Backsteinexpressionismus28, mentre internamente la chiesa evoca un rinnovamento del Gotico Danese per la presenza di intensa luminosità e per il carattere ascensionale. L’opera di P. V. Jensen-Klint supera lo stretto regionalismo per la geometria delle forme, il rigore ed il senso di ordine assoluto che suggerisce. Durante i primi decenni del Novecento, si desidera combattere la povertà e lo stato sociale disagiato della classe operaia, dotando gli individui di strutture residenziali adeguate. L’architetto P. V. Jensen-Klint è difensore delle condizioni di vita misere dei lavoratori e, a tale proposito, nel 1908 formula un sistema di progettazione per blocchi residenziali, che illustra nel testo Bygmesterskolen29. Rifuggendo la progettazione degli emergenti, freddi, grandi complessi abitativi nei sobborghi della città, in cui vengono spesso utilizzate materie prime scadenti, P. V. Jensen-Klint sostiene che l’artigianato e la cura verso i materiali, propri della cultura architettonica danese, debbano essere rivalutati nel campo dell’ar-

chitettura e delle arti applicate. Di lì a poco, si assiste alla nascità della Società Skønvirke, istituzione culturale che promuove principi analoghi a quelli della corrente artistica Arts and Crafts in Inghilterra, a cui prende parte lo stesso P. V. Jensen-Klint. Nel testo Dansk Kunsthandvaerk30, la storica Mirjam Gelfer-Jørgensen legge nell’approccio dei progettisti scandinavi un “romanticismo nazionale”, altresì definito “Skønvirke31”, derivante presumibilmente dal fenomeno dell’Art Nouveau. Riguardo al ruolo di P. V. Jensen-Klint in Danimarca: “All’inizio del secolo assunse posizioni polemiche contro lo storicismo in architettura. Pur interpretando un ruolo marginale nel mondo della professione, sostenne il ritorno allo studio dell’edilizia spontanea, delle costruzioni in mattoni e alle opere del barocco non accademico danese. Queste prese di posizioni accrebbero la sua influenza, gli meritarono il rispetto degli architetti più giovani e alimentarono l’opposizione alle tendenze dominanti nell’Accademia e nelle associazioni professionali. (…) L’opera di Klint, figura isolata ma influente, venne proseguita nel campo dell’architettura e del design dal figlio Kaare e dal genero Ivan Bentsen, entrambi professori all’Accademia di belle arti di Copenhagen. La lezione etica che essi interpretarono ha influenzato gli sviluppi dell’architettura contemporanea danese e la maturazione delle sue più radicali espressioni.32” La visione di Skønvirke viene in seguito maturata dalla Società per Edifici Pubblici Migliori, nata nel 1915, per conto di Harald Nielsen, il quale promuove la costruzione di public housing di qualità. Nel 1919, Gregor Paulsson scrive il testo a scopo propagandistico, Vackrare Vardagsvara33, che sta a significare “più cose belle nell’uso quotidiano”, ed incarna gli ideali dell’epoca. Fautore di H. Muthesius, G. Paulsson condivide l’introduzione del sapere individuale dell’artista, della creatività e sapienza all’interno della produzione industriale, al fine di produrre oggetti belli, economici e


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di facile diffusione nell’ambiente domestico popolare. G. Paulsson sarà un modello per progettisti scandinavi. Intorno agli anni Venti, in Danimarca il neoclassicismo34 è il linguaggio che appare maggiormente adatto alle opere destinate all’architettura sociale. Esso presenta caratteri che lo distinguono dalle soluzioni tedesche neoclassiche, francesi o italiane come ad esempio la tradizione della costruzione a mattoni e lo spazio verde dei grandi cortili interni a forma quadrangolare dei complessi di abitazione rurali tradizionali. Certe caratteristiche sono accolte dagli architetti Hack Kampmann35, Poul Holsøe36, Alfred Raavad37, Ivan Bentsen38 e Kay Fisker. Nel 1923, Kay Fisker progetta il blocco residenziale Hornbaekhus, che ricopre l’intera superficie di un isolato nella città di Copenhagen, caratterizzato da un grande vuoto al centro con funzione di corte interna per i residenti, con il fine di dotare l’architettura residenziale pubblica di qualità architettonica elevata. Lo stesso Fisker39 descrive così il progetto: “Le dimensioni delle finestre e delle porte erano standardizzate, e le facciate prediligevano un neoclassicismo (…). Il vantaggio di questo neo-classicismo era che esso sostituiva l’immagine delle strade, spesso confusionaria e disordinata, del periodo antecedente, unificando così i prospetti che compongono le quinte architettoniche delle strade e le vaste aree verdi delle corti interne dei blocchi.40” Oltre a ricorrere all’espediente della corte, derivante dallo schema tradizionale della fattoria, Fisker utilizza il mattone rosso faccia a vista sui prospetti, che costituiscono le quinte architettoniche delle strade circostanti. Sebbene utilizzi modelli provenienti dalla tradizione, egli si rifà al rigore classico per quanto riguarda la suddivisione in ordini delle facciate e la geometricità delle forme, escludendo ornati o motivi architettonici del repertorio classico.

Secondo quanto sostiene Fisker, la tecnologia è uno strumento di corretto costruire, un motivo di impegno professionale e sociale, piuttosto che un’astratta matrice di forme. L’architetto non è indotto, come nel caso di altri progettisti danesi, ad appropriarsi di soluzioni evasive o di un linguaggio popolaresco, ed aderisce ai bisogni concreti dell’Uomo medio, collegandosi, in un certo senso, al contenuto etico-sociale del movimento moderno. Si assiste lentamente all’eliminazione di decorazioni pompose ed alla trasmissione di un senso di democrazia attraverso l’architettura e le arti applicate, in cui si vede un graduale e lento allontanamento delle caratteristiche dello stile neoclassico, ed un avvicinamento all’atteggiamento “moderno”. Secondo la visione di S. Tintori, si partecipa ad un “rapido trapasso della Danimarca dalle vecchie e chiuse strutture contadine alla sua organizzazione attuale di paese aperto e progredito.41” Nel 1925, il padiglione di Kay Fisker, in collaborazione con il giovane Arne Jacobsen, all’Esposizione Universale di Arti Decorative e Industriali Moderne di Parigi, dimostra come il culto del classicismo riesca armonicamente a legarsi con temi della modernità, tramite un’architettura semplice in mattoni rossi listati di bianco ed all’astratto universo simbolico racchiuso al suo interno, a partire dallo schema planimetrico a forma di croce di Danneborg42, alle decorazioni murali ispirate alla mitologia nordica, sino al pavimento che raffigura il profilo geografico della Danimarca. A proposito dell’architettura scandinava esposta a Parigi nel 1925, Persico afferma: “il Neoclassicismo degli architetti svedesi, o il Neorinascimento, non sono stati due formule fredde, ma un ripensamento vivacissimo, di un mondo di per se stesso poetico e fantastico; il loro modo di pensare a un paradiso terrestre, un Olimpo, non un cimitero archeologico. Il Neoclassicismo, a questa stregua, non è un’accademia, è un’arte; una disciplina severa, non un semplice modo di fare.43”


La Chiesa Grundtvig (1913-40) di P. V. Jensen-Klint (da “Casabella� 1966)


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Il magistero di Kaare Klint e la rivista Kritisk Revy Nel 1926 si tiene a Berlino un’esposizione di architettura che espone le opere di Ivan Bentsen, Kaj Gottlob44, Kay Fisker, Kaare Klint, Steen Eiler Rasmussen45 e del progettista di giardini G. N. Brandt; i critici commentano dicendo che il design danese pare essere dominato da un classicismo semplificato formalmente, che coincide con gli sforzi di un sobrio intento sociale e funzionale46.

Nel periodo compreso tra gli anni Venti e Trenta del XX secolo, sono molte le organizzazioni e le figure che si occupano del rinnovamento dell’architettura e delle arti applicate in Danimarca, veicolando informazioni ed ideologie, appartenenti talvolta a fenomeni di carattere distinto. Il contesto in cui Finn Juhl opera a partire dagli anni Trenta del XX secolo, è dominato dalla scuola di Kaare Klint47, dalla Reale Accademia delle Belle Arti48, dalla Gilda degli Ebanisti, e da altre istituzioni, che simboleggiano i punti cardinali della scena artistica e culturale dell’epoca, del periodo storico di fermento che investe la città di Copenhagen durante i primi decenni del Novecento. A Copenhagen, il design moderno deve il suo avvio alla figura dell’architetto Kaare Klint, figlio di P. V. Jensen-Klint e direttore della Scuola di Architettura alla Reale Accademia di Belle Arti, dove egli fonda il corso di Progettazione di Arredi nel 1924. Erik Zahle, scrive in merito alla sua figura: “Kaare Klint created the modern Danish tradition, not by dictating a particular form-idiom but by teaching his pupils strict working principles based on knowledge of materials and thorough investigation of the function of different pieces of furniture and their scaling in conformity with the dimensions and movements of the human body.49” K. Klint è una delle figure cruciali nella diffusione dei principi razionali nel campo della progettazione e da molti considerato pioniere del movimento moderno in Danimarca. In un articolo di Arkitekten del 1930, K. Klint afferma: “Measurement as the preliminary study for further production - human measurements and movements - measurements of objects - constructive relationships in connection with conditions for use - methods of collection, treatment of material, aesthetic considerations, common work.50”


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Dall’analisi di modelli di arredo inglese del diciottesimo secolo51, nel 1917, K. Klint elabora fondamenti teorici in merito all’adeguatezza fisiologica e la funzionalità dei mobili, concetti d’avanguardia in quanto ispirano i primi disegni di sistemi costruttivi modulari ed i principi della produzione industriale di massa. “As early as 1917 Klint produced a series of studies of proportion based on the inter-relationship of people and furniture, in connection with an abortive project for mass-produced furnishing. (…) For exemple, in connection with the 1917 project he began to plan out the appropriate dimensions for types of furniture whose design depends on the size of sheets of paper, such as writing desks, bookcases and shelving,and filing cabinets. Attempts at standardization proceeded from the sheet of paper to include three-dimensional objects.” Egli non è in cerca di nuovi indirizzi nella progettazione e nella produzione di arredi, al contrario, conduce i propri studi sulla traccia delle tradizionali tecniche artigiane, da applicare ai nuovi modelli. Gli studi sulla modularizzazione di Kaare Klint del 1917 possono essere considerati radicali per l’epoca, e talvolta giudicati preliminari ai principi della scuola tedesca Bauhaus, o al concetto di “modulor” di Le Corbusier52 del 1948. Durante le lezioni alla Reale Accademia di Belle Arti di Copenhagen, al tempo tra le istituzioni culturali ufficiali, K. Klint professa i suoi dettami e forma una cerchia di allievi, che costituiscono alcuni dei designers della seconda generazione del movimento moderno in Danimarca. Sia direttamente che di riflesso, K. Klint influenza la generazione di designers alla ribalta durante gli anni Trenta del Novecento, e, per quanto molti di essi abbiano reagito alle espressioni tradizionali professate, è certo che la sua dottrina è stata fondamentale nell’attribuzione di fama al mobile danese per la sua qualità. In merito al ruolo dell’Accademia delle Belle Arti all’epoca, Bent Salicath sostiene:

“This school was of great importance to Danish furniture art. Previously architects had designed furniture, but on the whole the problem was considered to be a purely aesthetic one. The school formed a new foundation for a new view of the aims of furniture design. Functionalism was cherished with great intensity as a working basis. Investigations of consumer’s demands and their influence on design played an important part in the teaching. Beside assuming this very rationalistic view of furniture design, historical studies were made to find examples of functional furniture of earlier periods, which to some extent were used as exemplars.53” Se da un lato il metodo analitico e funzionale di Kaare Klint è moderno ed innovativo per quanto riguarda il contenuto, dall’altro le forme ed i modelli osservati risultano poco sperimentali. “While Bauhaus pupils sought aid and inspiration only from contemporary abstract art in painting and sculpture, Klint’s were made to study existing types of furniture, to seek for functional elements in surviving material, analyst methodically what they found, examine their results theoretically, and only then work out their own version of the type.54” Gli studi dell’architetto poggiano su esemplari di arredo esistenti di aspetto tradizionale, in cui egli indaga il dato funzionale. Attraverso la guida del maestro, gli studenti di Klint imparano a conoscere l’artigianato tradizionale, la fabbricazione accurata e l’impiego adeguato dei materiali tradizionali, tra cui per primo il legno. A Copenhagen nell’anno 1927, ha luogo per la prima volta l’Esposizione annuale della Gilda degli Ebanisti, Snedkerlaugets møbeludstilling55, all’Istituto di Tecnologia. Kaare Klint è uno dei maggiori esponenti. L’organizzazione si propone di coniugare le idee creative dei progettisti con la sapiente manodopera degli artigiani, da cui si auspica il connubio tra spirito di modernità e principi tradizionali.


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A partire dall’anno della fondazione, gli eventi promossi dalla Gilda degli Ebanisti hanno funzione strumentale, oltreché di vendita, per la propagazione di nuove forme di arredi. L’organizzazione si pone l’obiettivo di lottare contro la nascente industria e la produzione in serie, promuovendo un tipo di design di qualità, prodotto artigianalmente e, per l’occasione, rivenduto a prezzi ribassati. Gli oggetti in vendita alla Gilda risultano tuttavia troppo costosi anche per gli acquirenti di classe sociale media; nel frattempo, un gruppo di designers propone una campagna innovativa a favore della produzione industriale di arredi sostenibili, contrapponendosi alla cerchia di seguaci di Kaare Klint, che rappresentano la parte moderata ed antirivoluzionaria. Se da un lato sono influenzati dall’esperienza del Bauhaus degli anni Venti del XX secolo56, dall’altro il gruppo di designers è mosso dagli ideali etici propri della cultura Scandinava, le cui radici sono riscontrabili nella Scuola di Folclore di N. F. S. Grundvig, nei teoremi di Ellen Key, nel concetto di Skønvirke e di Vackrare Vardagsvara, e nel neoclassicismo di P. V. Jensen-Klint e Kay Fisker. Il risveglio sociale ha come portavoce Poul Henningsen ed è professato nella rivista Kritisk Revy, pubblicata in Danimarca dal Luglio 1926 al Dicembre 1928. La propaganda di Kritisk Revy ha il ruolo di distogliere i progettisti danesi dal culto del neoclassicismo, risvegliando l’importanza sociale delle arti applicate. P. Henningsen è una delle figure cruciali che incarna il passaggio tra classicità e modernità, vecchio e nuovo, trapasso che ha luogo in Danimarca intorno alla fine degli anni Venti. Nel 1999, lo studioso Noritsugo Oda, sostiene nel tes57to Danish Chairs: “The young Danish designers who embraced functionalism in the early twentieth century chose a path different from that taken by the Bauhaus school. (…) The modern design movement originating in Denmark was made up of several branches. The architect who established the

avant-garde journal Kritisk Revy (Criticism) showed a social as well as an artistic philosophy. They attacked artistic classicism for losing track of the needs of human beings. This journal printed critiques not only of architecture but also of various types of design and craft products and called for designers to show a greater social conscience and concern for the consumer. (…)The journal ceased publication in 1928, but its issues provide a fascinating record of the early history of Danish functionalism. During its period of publication, it exerted great influence for change. Young designers became conscious of the importance of the social roles of their professions and of the need for those in the arts to lead the way in promoting better ways of living.” Poul Henningsen58 debutta sulla Kritisk Revy così: “Dear craftsmen friends! How can you expect us to go on respecting you, while this swindle continues in the name of art, and while you ignore all your obligations to modern world? We have no proper tumblers, plates, water-sets, spoon, knives or forks, while richer homes are flooded with trash and rubbish at fantastic prices! Think a little, and consider your obligations to make things for the delight of your fellow-men in their daily life! Throw away your artists’ berets and bow-ties and get into overalls. Down with artistic pretentiousness! Simply make things which are fit for use: that is enough to keep you busy, and you will sell vast quantities and make lots of money!59” L’attività della Kritisk Revy, sebbene rivoluzionaria, non è sufficiente per attuare un vero e proprio cambiamento stilistico. Benth Salicath sostiene: “This happened because in Denmark ‘rational functionalism’ developed in a different way than in other countries. There was not a demand for a completely new aesthetic, but rather a revolt against a rigid aesthetic system that had lost any true content. For this reason most ‘modern’ Danish housing and interior design did not express new


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aesthetic attitudes to the same extent as in neighbouring countries. The design of houses, block of flats and terraced houses was modest, plain, almost bourgeois and gradually a very explicit feeling for materials became characteristic of houses as well as of furniture - though no new ‘school’ emerged.60” Altra iniziativa importante è la Den Permanente, nata nel 1929, e capace di pilotare gli acquisti dei consumatori in linea con il gusto e i valori della cultura del tempo. Operando delle scelte di acquisto, essa intende contribuire a modificare la qualità dell’arredamento delle abitazioni danesi. Tale servizio concorre alla presa di coscienza della qualità progettuale dei prodotti, in particolare modo industriali; l’organizzazione costituisce il primo esempio a metà tra un’istituzione culturale di design ed un grande magazzino. La Den Permanente si basa sulle condizioni di vita moderne e sui relativi metodi di produzione, piuttosto che sulla costruzione artigianale61. L’ideatore è l’argentiere Kay Bojesen62 che nel 192963 propone di istituire un complesso di esposizione di esemplari iconici del design danese e vendita degli stessi, durante una discussione con la Società degli Artigiani. Lo scopo della Den Permanente è descritto con queste parole: “Scopo dell’associazione è di stabilire e mantenere a Copenhagen le premesse di una mostra per la propaganda e la vendita all’interno e all’estero dei prodotti dell’industrial design e dell’artigianato danese.” La Società Danese di Artigianato, riveste anch’essa un ruolo fondamentale prima e dopo l’avvento della seconda guerra mondiale ai fini di promuovere qualità nei prodotti di arredo. Nonostante i principi promossi da Poul Henningsen e Kaare Klint presentino a loro modo spirito di modernità, prima dell’anno 1930, gli arredi presentati dai

progettisti danesi alla Gilda degli Ebanisti ed alla Den Permanente sono ancora tuttavia caratterizzati da un’estetica classicheggiante.


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L’esposizione di Stoccolma del 1930 e la sua eredità “In spite of the successes of the 1920s in an international setting, Scandinavian design was still wrestling with internal problems involving both social issues and growing industrialization within the countries. Attitudes at the beginning of the 1930s found their most eloquent expression in the Stockholm Exhibition of 1930. Often termed a “breakthrough” for functionalism in Scandinavia, this exhibition showed design that could be readily mass-produced inexpensively and efficiently and displayed them in interiors of radical modernity. While the ideals of this exhibition created a furor inside Scandinavia, its effects remained mostly internal since by this date critics in both Europe and the United States had become familiar with the furniture designs from the Bauhaus64.” In realtà, è grazie all’incentivo dato dalla Svezia che il funzionalismo entra in Danimarca e viene applicato alle attività edilizie ed alle arti applicate. L’Esposizione di Stoccolma, in svedese Stockholmsutställningen, ha luogo nel Maggio del 1930 e costituisce la svolta verso la modernità in Scandinavia. L’Esposizione, realizzata per merito della Città di Stoccolma e dell’organizzazione Svenska Slöjdföreningen, ha impatto decisivo per l’espressione di canoni funzionali, stilistici e formali affini al razionalismo, ed a quello che verrà definito International Style. A capo vi è N. B. Gregor Paulsson65 che, dopo aver visitato nel 1927 Weissenhof Estate a Stuttgart, decide di organizzare qualche anno dopo a Stoccolma un evento simile. La mostra si tiene a Djurgården, quartiere centro-orientale della città, ed accoglie circa 4 milioni di visitatori. Lo slogan dell’esposizione è Acceptera! ossia “Accetta!” che sta ad indicare la propensione verso l’introduzione del funzionalismo, della produzione di massa e nei confronti di un cambiamento culturale in Scandinavia. Gli architetti che coordinano l’esposizione sono E. G. Asplund66 e Sigurd Lewerentz, ed alla sezione housing partecipano, con i loro allestimenti, anche i progettisti Sven Markelius, Paul Hedqvist, Nils Ahrbom, Helge

Zimbdal e Uno Åhrén67. L’avvenimento è pervaso da un’atmosfera creativa nuova, che mostra un atteggiamento opposto al retorico e magniloquente neoclassicismo europeo degli anni Venti68. Bruno Zevi afferma nel 1948: “Gli edifici dell’Esposizione del ’30 erano polemici in un duplice senso: verso il monumentalismo e, anche verso il primo razionalismo europeo. Erano una dichiarazione di indipendenza dalle volumetrie e dalle stereometrie cubistiche; un rifiuto della glacialità formale e dell’ideologia macchinista e meccanicistica. Vicino al problema tecnico e sociale, ponevano il problema psicologico. Naturalmente le due polemiche non erano messe sullo stesso piano: Stoccolma 1930 significava rottura definitiva col monumentalismo, mentre la polemica verso il razionalismo era di carattere intimo, un discorso interno e rinnovatore.69” Nel 1965, Norton F. P. scrive riguardo alle architetture presenti all’Esposizione: “Now the objects themselves were to be emphasized. The buildings were to be “machines with which to demonstrate the objects exhibited.” As it has now turned out, all is forgotten but the architecture. The airy white buildings ingeniously grouped amid displays of colorful flags and flowers with an evening array of brilliant lights became Asplund’s way of awakening himself and provincial Sweden to the new style- the International Style. Le Corbusier, Gropius, and Mies, all of whom had progressed beyond experimentation by 1930, must have inspired Asplund to design his splendid, tasteful buildings.70” Gli edifici71 presentano aspetto moderno e funzionale, ma al tempo stesso esprimono i valori del background, contesto etico-sociale, della Scandinavia; “l’architettura non era mero meccanismo, non era applicazione rigorosa di “ismi” figurativi, ma vita differenziata, articolata, arricchita da una piena libera capacità, inventiva; si poteva essere funzionalisti e gioiosi, si poteva aderire coerentemente alla cultura moderna e conservare il proprio “sense of humour”, si potevano soddisfare tutte


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le esigenze sociali, economiche e tecniche senza per questo dimenticare l’istanza psicologica e umana.72” L’evento non solo è cruciale per aver espresso un cambiamento direzionale nell’architettura e nel design in Scandinavia, ma ha esercitato anche forte influenza sul panorama internazionale. Nel 1940, Alvar Aalto afferma in merito all’opera di Asplund: “Another architecture has arrived which builds for man and essentially regards people as a social group phenomenon, at the same time as science and research are employed as the point of departure. But beyond that a newer architecture has made its appearance which continues to utilize the tools of the social sciences, but also includes the study of psychological problems- ‘the unknown human’ in his totality. The latter has proved that the art of architecture continues to have inexhaustible resources and means which pour directly out of nature and the inexplicable reactions of human emotions. Within this latter architecture, Asplund has his given position.73” In Danimarca gli effetti dell’Esposizione sono molteplici ed i commenti dei progettisti danesi sono differenziati. Mosso dall’avvenimento, appena diciannovenne, Juhl scrive uno dei suoi primi articoli al riguardo, intitolato Acceptera. L’architetto sostiene: “Functionalist’ is an idiotic word referring only to certain geometric relationships between line and surface. It does not cover the modern effort to find the right form. One assumes that beauty in a thing will be realized once an object appears to have fulfilled its function satisfactorily. One becomes happy with a chair when he feels comfortable sitting on it. Whether one would call these industrially produced everyday objects’ art’ or merely technical products is beside the point; once you can get people to buy them, all this talk about art or technology will probably cease on its own. ‘Industrial arts’ is a loathsome phrase.74”

Il rivoluzionario Poul Henningsen scrive nella rivista Nyt Tidsskrift for Kunstindustri: “The Stockholm Exhibition of 1930 will undoubtedly become a powerful impulse for Nordic Industrial art and architecture, a catalyst for a new initiative and fresh, energetic activity.75” Mentre F. Juhl, P. Henningsen, A. Jacobsen sono entusiasti per gli esiti dell’Esposizione del 1930, altri progettisti danesi mostrano avversione nei confronti dell’avvenimento. L’ebanista della Gilda degli Ebanisti A. E. Mørck scrive, in un articolo di Nyt Tidsskrift for Kunstindustri, di non essere rimasto impressionato dal linguaggio architettonico funzionalista dell’esposizione, e di essergli sfuggito l’humour di E. G. Asplund76. Un collega di Juhl alla Reale Accademia di Belle Arti di Copenhagen, scrive: “The population still praises the sentimental, pompous style; the working class only wants poor imitations of upper-class art. When will they awaken to the beauty of our own time, the clean simple lines, the beauty of a utilitarian object, one that clearly expresses its function in its design and in the treatment of all its materials, the sober, rational solution? People still believe that for a useful object to be beautiful it must be botched up with meaningless ornamentation. Only then will it fit with their plush sofa and plaster reproductions of Thorvaldsen. They prefer a silver coffee pot from Georg Jensen, because it is expensive and cumbersome, instead of the beautiful, cheap, simple, blue enameled tin coffee pot.77” Questo è il contesto socio-culturale che si riflette sull’insegnamento della Reale Accademia di Belle Arti di Copenhagen, all’epoca in cui il giovane Juhl si iscrive alla Scuola di Architettura.


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Note

1 Vedi Salicath B., Finn Juhl and Danish Furniture, in Architects’ Yearbook, Edizione speciale, 1955, pp. 1. 2 Per H. Hansen, autore del saggio critico di natura scientifica economica e professore alla Copenhagen Business School si basa sul libro: Da danske møbler blev moderne: Historien om dansk møbeldesigns storhedstid. Egli traccia un andamento della divulgazione del design danese considerando sia fasi di successo che di declino del fenomeno da un punto di vista economico e storico. Per H. Hansen è inoltre l’autore del libro sulla Casa di Juhl, intitolato Finn Juhl and His House, che si è rivelato una delle fonti consultate più utili al fine di tracciare la figura dell’architetto e di analizzare le opere architettoniche unifamiliari da lui progettate. Vedi Hansen P.P., Network Narratives, and New Markets: The Rise and Decline of Danish Modern Design, 1930-1970, in “The Business History Review”, Vol. 80, 3, Autunno 2006. 3 Vedi Hansen H. P., The Construction of a Brand: The Case of Danish Design, 1930-1970, Barcellona, Settembre 2004. 4 Dansk Kunsthandvaerk curato dalla storica Mirjam Gelfer-Jørgensen, e trattante gli anni dal 1850 al 1982 dedica attenzione al complesso sistema stilistico nazionale dovuto, secondo la storica, a svariati impulsi internazionali che furono recepiti durante quegli anni. Ella legge il carattere patriottico del design danese a sua volta suddiviso, scomposto, fratturato in ulteriori diversi stili più individuali, ritrovando nell’approccio dei designers locali un romanticismo nazionale tra il 1850 e il 1982. Questo carattere nazionale, che ella individua, è definito Skønvirke ed è ciò che definisce come un paradossale secondo neoclassicismo e presuppone derivare da fenomeni quali l’Art Nouveau. 5 Vedi E. Gentili, Abitare in Danimarca, in “ABITARE”, numero speciale 1962, pp. 10-13. 6 “In Denmark, we can still find certain reminiscences of such rural architecture, which changes character from province to province. But ‘real’ architecture churches, manor-houses, town dwellings, etc - has always been influenced by international architectural trends. For centuries Danish building was influenced by the great architecture of France, Italy and Netherlands while English architecture, strangely enough, had no influence in Denmark before the beginning of this century. But influence does not mean that the architecture of the various periods is the same in all countries. On the contrary - as even a perfunctory glance tells us - it is very different. Local conditions play such a major role that it has always been necessary to adapt the foreign architecture to the new enviroment. Furthermore, the national mentality is of decisive importance in the creation of the architectural traditions of any nation.” Vedi Hiort E., Contemporary Danish Architecture, Copenhagen, 1958, pp. 5. 7 Solitamente lo schema della fattoria presenta una disposizione organica degli edifici che la compongono, i quali si collocano intorno a due maggiori spazi: un cortile per gli abitanti della casa e un’aia per le bestie. Vedi Tobias F., Scandinavian Modern Houses, The Spirit of Nordic Light, Vol.1, Copenhagen 2004. 8 Ibid. 9 Il cortile generalmente non si chiude mai ma anzi si articola liberamente lasciando un lato aperto. Vedi Ray S., L’architettura moderna nei paesi scandinavi, a cura di Benevolo L., Rocca San Casciano, 1965; Faber T., Nuova architettura danese, Milano, 1968. 10 Per quanto riguarda la vicenda del distacco della Norvegia dalla Danimarca e la conseguente evoluzione sociale, culminata nella Costituzione di Edisvoll del 1814 vedi S. Steen, voce Norvegia, nell’Enciclopedia Italiana, vol. XXIV, Roma, 1934, pp. 955. 11 La Legge regia (Kongelov) del 1665, in vigore per due secoli, aveva conferito al re massimi poteri; Vedi Ray S., L’architettura moderna nei paesi scandinavi, 1965, pp. 61. 12 Vedi E. Gentili, La Danimarca ieri e oggi, in “ABITARE”, numero speciale 1962, pp. 14. 13 Nikolai Frederik Severin Grundvig (1783-1872) è il poeta e pastore luterano danese, fondatore della Scuola di Folclore in Danimarca, nel 1844. La Folkehojskole ha un ruolo attivo in Danimarca dal 1864 al 1980. In questo arco temporale, ben 91 scuole vengono istituite. Lo scopo iniziale della scuola è di fornire educazione scolastica anche alle persone del popolo e tale obiettivo viene raggiunto poco dopo la fondazione da parte di Nikolai Frederik Severin Grundvig. La durata dell’istituzione culturale è di circa 150 anni, senza interruzioni. 14 Gli insegnamenti di N. F. S. Grundvig sono accolti in seguito anche da Kristen Kold, professore alla Scuola di Folclore, e diventano una vera e propria forza nazionale. 15 Il filosofo Ludwig Wittgenstein (1889-1951) è famoso per l’espressione del concetto di Familienähnlichkeit, Familiarità, per quanto riguarda la relazione che unisce i distinti paesi scandinavi. Egli sostiene che essi siano parte di una famiglia e che è difficile distinguerne le differenze, soprattutto nel periodo che precede il movimento moderno in Scandinavia. Cfr. Høgsbro S.C., Wischmann A., Nortopia Nordic Modern Architecture and Postwar Germany, Germania, 1 Settembre 2009, pp. 19-29.


23 16 E. Saarinen ed altri progettisti a lui contemporanei sono influenzati dall’epica scandinava, dal Kalevala e dai sentimenti popolari. Il Kalevala è un poema epico composto da Elias Lönnrot nella metà dell’Ottocento, sulla base di poemi e canti popolari della Finlandia. Kalevala significa letteralmente Terra di Kaleva, ossia la Finlandia: Kaleva è infatti il nome del mitico progenitore e patriarca della stirpe finnica, ricordato sia in questo testo che nella saga estone del Kalevipoeg. Il Kalevala è dunque l’epopea nazionale finlandese. 17 Ellen Key, Ellen Karolina Sofia è una scrittrice svedese, nata a Gladhammar (1849- 1926) e curante temi trattanti l’emancipazione femminile. Figura di notevole importanza per la rottura della tradizionale visione della Donna. A lei si associa inoltre il testo Skönet for alla (1899) e altri famosi saggi del XX secolo, in merito all’importanza dell’estetica all’interno della vita umana. Il testo riguarda l’analisi della bellezza come mezzo per l’elevazione morale e sociale dell’Uomo, sotto l’influenza dei principi di Morris. 18 Vedi E. Gentili, La Danimarca ieri e oggi, in “ABITARE”, numero speciale 1962, pp. 14-19. 19 L’architetto scozzese Richard Norman Shaw (1831-1912) si ricorda per avere contribuito alla progettazione di case di campagna, country houses, che durante l’ultimo decennio del XIX secolo diventano il modello di casa unifamiliare più riprodotto nel Regno Unito e preso in esempio da architetti europei a lui contemporanei. 20 Analogamente si assiste alla progettazione di edifici pubblici dai caratteri architettonici eclettici, propri dell’epoca del neoromanticismo, anche in altre nazioni della Scandinavia. Ne sono esempi il Municipio di Stoccolma di Ragnar Östberg, la Chiesa di Göteborg, in Svezia, di Sigfrid Ericsson, il Museo Nazionale e la stazione ferroviaria di Helsinki di E. Saarinen. 21 Il municipio appare generalmente pervaso da un forte senso di calma e tranquillità tipico della classicità e, così come l’opera olandese di H. P. Berlage, presenta una struttura massiva, di tipo medievale per quanto concerne la robustezza. In alzato il Municipio di Copenhagen è connotato da merlature e decorazioni simili a guglie e pinnacoli, mentre in pianta l’edificio è organizzato in due corti principali, una delle quali con tetto a falde inclinate vetrate. Le funzioni pubbliche più importanti avvengono nei luoghi affiancati all’asse principale dell’edificio e l’aula maggiore è situata in posizione frontale rispetto alla piazza pubblica. Esternamente la sua struttura muraria in mattoni faccia a vista assume variazioni cromatiche dal rosso acceso al marrone più scuro. 22 Il padiglione è progettato dagli architetti Herman Gesellius, Armas Lindgren ed Eliel Saarinen. 23 Vedi Scandinavian Modern Design 1880-1980, New York 1982, pp. 11. 24 Vedi Faber T., Claus M. S., Thau C., Danish Architecture 250 years, Copenhagen, Marzo 2004, pp. 101. 25 Anton Rosen è il più importante rappresentante della corrente art nouveau in Danimarca. Tra il 1907 ed il 1910, egli realizza inoltre il Palace Hotel, suo capolavoro, in cui emergono in particolare modo i caratteri dell’art nouveau. Nel 1909, Rosen allestisce la grande esposizione di Aarhus, in cui compaiono strutture in legno dalle forme innovative per l’epoca. L’ultima grande commissione dell’architetto è il progetto per la birreria Tuborg, tra il 1912 ed il 1914. 26 Il saggio di Robert Koch, presentato da the Society of Architectural Historians a Cleveland nel 1959, sostiene che i caratteri architettonici di Richardson sono già noti in Europa a partire dal 1894, grazie alla rivista inglese Magazine of Art. Il primo vero articolo da cui si può dedurre l’influenza dell’architettura americana in Europa è però La Nature del 1873 descrive già i ponti americani in elementi tubolari di legno o acciaio, e che funzionano con gli stessi principi strutturali utilizzati poco dopo nel prototipo della Torre Eiffel. La ricerca di Koch fa sì che si possa affermare che esistono casi di commistione di caratteri architettonici americani ed europei, precedenti al 1910. L’architettura americana inizia ad essere decisamente influente in Danimarca a partire dal 1915 circa, in seguito alla visita dell’architetto danese Alfred Raavad visita Chicago e conosce le architetture di F. L. Wright. Egli è il primo architetto della Danimarca ad essere a conoscenza dell’architettura wrightiana. Cfr. Vedi Faber T., Claus M. S., Thau C., Danish Architecture 250 years, Copenhagen, Marzo 2004, pp. 101; Dimitri Tselos, Richardson’s Influence on European Architecture, in “Journal of Society of Architectural Historians”, Vol. 29, no. 2, Maggio 1970, pp. 156-162. 27 Peder Vilhelm Jensen-Klint (1853-1930), architetto danese che progetta nel 1913 la Chiesa Grundtvig, è inoltre padre di Kaare Klint (18881954), considerato il pioniere del movimento moderno in Danimarca. La chiesa rappresenta una delle migliori rappresentazioni della manodopera danese, in quanto è realizzata interamente in mattone giallo da sette gruppi di costruttori specializzati. Anche il pulpito e l’altare della chiesa sono in mattone giallo. La chiesa sembra essere alta tre volte tanto rispetto a quanto lo sia in realtà, in quanto l’architetto progetta tutt’intorno un quartiere residenziale, anch’esso interamente in mattoni, di altezza molto inferiore. La cattedrale di Grundtvig è pervasa da un’atmosfera mistica, assimilabile a quella delle antiche cattedrali medievali, e da un’aura monumentale singolare. Vedi Jørgen S., Peder Vilhelm Jensen Klint, die Stadtkrone: la chiesa per Grundtvig a Copenhagen, in “Casabella”, 1996, 16-27. 28 Corrente espressionistica della Germania settentrionale, la cui peculiarità principale è l’utilizzo del mattone tipico delle regioni baltiche. 29 Il testo Bygmesterskolen, risalente al 1908, è una raccolta di considerazioni di P. V. Jensen-Klint sulla maniera di progettare architetture residenziali adeguate ad accogliere le famiglie di lavoratori delle classi sociali più disagiate. Il libro presenta principi inerenti alla sfera sociale che richiamano quelli professati dalla Scuola di Folclore di Frederik Severin Grundvig. 30 Il testo inquadra il periodo temporale che va dal 1850 al 1982, analizzando le varie correnti artistiche ed i fenomeni che influiscono sulla maniera


24 progettuale degli architetti danesi. Mirjam Gelfer-Jørgensen (1939) è in principio una bibliotecaria presso la Biblioteca del Museo dell’Artigianato di Copenhagen, ed in seguito vice-capo del Kunstindustrimuseet. Oggi ella è una ricercatrice presso il Museo dell’Arte Industriale di Copenhagen. Vedi Gelfer-Jørgensen M., Dansk Kunsthandvaerk, Copenhagen, 1982. 31 Skønvirke è una società fondata nel 1907 che ha il fine di promuovere l’artigianato locale e la cura dei materiali. Essa è fondata da Jens Møller-Jensen, che collabora inoltre al progetto del Municipio di Copenhagen, e a cui prendono parte anche lo stesso Martin Nyrop e Jensen.Klint. Nella promozione delle arti applicate artigianali e tradizionali, l’estetica dalla società sfocia talvolta in forme decorative ricche ed esagerate. L’influenza che Skønvirke ha sulla società del tempo e sulle generazioni future di progettisti è tuttavia di fondamentale rilevanza. Essa inoltre porta con sé i dettami stipulati in precedenza già dalla Società di Folclore e da Ellen Key. 32 Vedi Jørgen S., Peder Vilhelm Jensen Klint, die Stadtkrone: la chiesa per Grundtvig a Copenhagen, in “Casabella”, 1996, 16-27. 33 Vedi Paulsson G., Vackrare Vardagsvara, Stoccolma, 1919. 34 Il linguaggio neoclassicista è utilizzato talvolta per edifici a carattere pubblico amministrativo. Tra il 1918 e il 1924, la sede centrale della polizia rappresenta un importante intervento di architettura neoclassica costruito a Copenhagen. I progettisti sono gli architetti Hack Kampmann, Hans Jørgen, Christian Kampmann, Aage Rafn, Holger Jacobsen e Anton Frederiksen. Così come nel caso delle Hornbaekhus, la superficie dell’edificio ricopre un isolato e la sua pianta trapezoidale irregolare si caratterizza per la presenza di quattro corti interne, di distinte forme e dimensioni, e per il sistema distributivo funzionale . La sede centrale di polizia, probabilmente influenzata, oltre che dal neoclassicismo tedesco e austriaco, dagli architetti rivoluzionari Ledoux e Boullée, presenta un schema Dorico scarno e semplificato, organizzato intorno alla corte principale circolare con un portico dato da coppie di colonne doriche al pian terreno. Il progetto rende altresì omaggio all’architettura rinascimentale come quella del Palazzo di Carlo V a Granada o di Palazzo Farnese a Caprarola, per la ripetizione radiosa e geometria della corte circolare. Date le forme geometriche, i caratteri classici semplificati e l’imponenza della struttura, l’edificio suggerisce un senso di grandiosità e di opera monumentale. 35 Hack Kampmann (1856-1920) è professore all’Accademia delle Belle Arti di Copenhagen e rappresenta una figura cruciale del periodo, grazie al suo insegnamento di un metodo di lavoro che prevede l’avvicinamento a temi classici, l’emphasis e l’analisi dei rispettivi principi architettonici. Vedi Selkurt C., New Classicism: Design of the 1920s in Denmark, in “The Journal of Decorative and Propaganda Arts”, Vol. 4, Primavera 1987, pp. 16-29. 36 Poul Holsøe (1873-1966) è agli inizi del Novecento l’architetto ufficiale della città di Copenhagen. Assieme a Jesper Tvede, egli realizza il quartiere Grøndalsvaenge. Esso è caratterizzato dalla presenza di case semplici a due livelli che si integrano in maniera armoniosa con il contesto. In una fase successiva, egli realizza il celebre complesso Kødbyen, dalle forme moderne e radicali, nel quartiere di Vesterbrø di Copenhagen. Esso riprende l’aspetto delle coperture delle architetture industriali per la successione seriale di falde inclinate. 37 L’architetto danese Alfred Raavad (1848-1933), in seguito al suo viaggio negli Stati Uniti d’America, scrive il saggio Borgmesterbogen, in Il libro principale, nel 1915, che si propone di dare alcune dritte sulla progettazione di social housing. 38 Ivan Bentsen è un architetto danese di Vallekilde, figlio di Andreas Bentsen, capo della scuola locale di arti applicate. Egli è uno degli esponenti principali della tendenza neoclassicista in Danimarca, dei primi decenni del XX secolo. Già in gioventù, Bentsen progetta molte architetture residenziali pubbliche che illustrano i principi sul rispetto della tradizione e l’utilizzo di materiali locali, professati da Jensen-Klint e dalla Società Skønvirke. Nel 1922 a Copenhagen, egli progetta il primo quartiere moderno con case a schiera della Danimarca, assieme al collega Thorvald Henningsen. Seppure tali abitazioni presentino caratteristiche architettoniche vernacolari, come il tetto a falde inclinate di tegole rosse e una struttura massiccia in mattone faccia a vista, esse appaiono spoglie da vestigi classici e ricchi ornamenti superflui. 39 La prima fase di Kay Fisker ha inizio subito dopo la prima guerra mondiale, epoca durante la quale egli dirige, tra il 1918 e il 1920, la rivista Arkitekten, quando in Danimarca si prova ad attuare una svolta dalle vecchie e chiuse strutture contadine alla organizzazione attuale di paese aperto e progredito. Tuttavia egli, per circa un decennio, tra 1920 e 1930, produce opere ancora incerte che oscillano tra il solito neo-classicismo a lui contemporaneo ed un funzionalismo di origine centro-europea. Vedi Tintori S., Kay Fisker architetto danese, in “Casabella”, Maggio 1960, pp. 5; Fisker K., The history of domestic architecture in Denmark, in “The Architectural Review”, 104, 1948, pp. 221. 40 Vedi Fisker K., The history of domestic architecture in Denmark, in “The Architectural Review”, 1948, pp. 221. 41 Tintori S., Kay Fisker architetto danese, in “Casabella”, Maggio 1960, pp. 5. 42 La croce di Danneborg raffigura la bandiera della Danimarca. Vedi Amato G., Storia del Design, Torino, 2005 pp.121-122. 43 Vedi Amato G., Storia del Design, Torino, 2005 pp.121. 44 Niels August Theodor Kaj Gottlob (1887-1976) è un architetto danese che ha contribuito molto all’affermarsi del Neoclassicismo e del Funzionalismo, sia come professore della Scuola di Architettura dell’Accademia Danese di Belle Arti, che come progettista.


25 45 Steen Elier Rasmussen (1898-1990) è un docente, scrittore ed architetto danese. Egli è l’autore del celebre libro, tuttora in uso alla Reale Accademia delle Belle Arti di Copenhagen, Experiecing Architecture, del 1962. 46 Il giudizio è ambivalente in quanto dichiara: “sobria oggettività modernamente impostata”, “semplicità spontanea ma sicura di sé”, “case nascenti dal terreno come se fossero elementi naturali”, “mancanza di entusiasmo nella ricerca di nuove soluzioni” ma al contempo “gusto severo e sicuro”, “libertà dagli eccessi architettonici” . L’esposizione del 1926 da alcuni critici è interpretata negativamente e le architetture danesi sono associate ad un senso di freddezza; da altri positivamente e le opere sono viste come pervase da una tradizione senza tempo. Vedi Faber T., Nuova architettura danese, Milano, 1968, pp. 7. 47 L’architetto danese Kaare Klint (1888-1954) è figlio dell’architetto P. V. Jesen-Klint, promotore del pensiero etico sociale sull’architettura residenziale pubblica, che va diffondendosi nei primi anni del XX secolo. Kaare Klint ha una formazione classicista e dal 1924 svolge il ruolo di Direttore alla Scuola di Architettura della Accademia Reale di Belle Arti di Copenhagen, e di Professore del corso di Design del Mobile, dove una dottrina che si basa su principi tradizionali, sullo studio di materiali locali, valorizzando la manodopera danese, ed al contempo introducendo concetti nuovi sull’utilità dell’arredamento, proponendo una maniera razionale di progettare. Egli insegna al corso dell’Accademia dal 1924 fino al 1954, anno della sua morte. 48 La scuola vanta di origini antiche in quanto viene fondata nel XVIII secolo dal Re Federico V. Essa è tuttora attiva e conosciuta in tutto il mondo per i noti personaggi che vi si sono formati. Ne sono un esempio: Olafur Eliasson, Jeppe Hein, Karl Kvaran, Asger Jorn, Lene Tranberg, Finn Juhl, Jørn Utzon e Bjarke Ingels. 49 Vedi Zahle E., Scandinavian Domestic Design, Londra, 1963, pp. 10, 11. 50 Trad. a cura di Mark Mussari. Vedi Klint K., Undervisningen i møbeltegning ved Kunstakademiet, in “Arkitekten”, Vol. 13, 1930, pp. 200. 51 “In English furniture of Eighteenth Century Klint found an echo of his own perception that suitability for purpose should be the most vital consideration in aesthetic principles. A thorough study of that period came to set its stamp on many pieces of his own and of his pupils. He saw nothing derogatory in learning from the experience of others, whether with regard to function or to form.” Vedi Zahle E., Scandinavian Domestic Design, 1963, pp. 11. 52 In un articolo di Arkitekten del 1930, K. Klint sostiene orgogliosamente l’originalità dei suoi principi modulari. Egli reputa che gli studi sui modelli di arredo e sulle misure del corpo umano in relazione ad essi siano rivoluzionari ed anticipatori di quelli sostenuti dal gruppo di designers tedesco della Bauhaus. Vedi Zahle E., Scandinavian Domestic Design, Londra, 1963, pp. 11. 53 Vedi Salicath B., Finn Juhl and Danish Furniture, in Architects’ Yearbook, Edizione speciale, 1955, pp. 1. 54 Vedi Zahle E., Scandinavian Domestic Design, Londra, 1963, pp. 11. 55 La prima mostra della Gilda risale all’anno 1927 e le esposizioni si protraggono fino al 1966, sebbene l’occupazione tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale. Inizialmente le esposizioni si tengono all’Istituto di Tecnologia, in seguito, a partire dal 1937, nella sala teatrale cinematografica Palladium, oggigiorno Federazione dell’Industria Danese. La mostra del 1938 è esposta eccezionalmente nella sala espositiva del Palazzo di Charlottenborg. Dal 1938 al 1966, le mostre si svolgono al Museo di Arte Decorativa. Cfr. Ray S., L’architettura moderna nei paesi scandinavi, a cura di Benevolo L., Rocca San Casciano, 1965; Faber T., Nuova architettura danese, Milano, 1968; Hiort E., Modern Danish Furniture, Copenhagen, 1956. 56 A differenza del Bauhaus che rifugge le forme tradizionali, per approdare ad un linguaggio progettuale moderno, Poul Henningsen e la Kritisk Revy non promuovono un cambiamento nella forma, a meno che esso non sia dettato da motivi funzionali. 57 Vedi Oda N., Danish Chairs, Tokyo, 1999, pp. 12-13. 58 Poul Henningsen (1894-1967), inventore della celebre lampada PH, è un designer che si è distinto anche come poeta, compositore, editore,scrittore, giornalista e critico d’arte in Danimarca. Dopo aver studiato inizialmente all’Istituto Tecnico Superiore di Copenhagen ed in seguito architettura al Polyteknisk Læreanstalt; si dedica alla scrittura e lavora per alcuni periodi danesi noti, tra cui Politiken. Henningsen, insieme ad Alvar Aalto, contribuisce alla diffusione del funzionalismo in Scandinavia, dove ha un ruolo fondamentale l’Esposizione di Stoccolma del 1930. Oggigiorno P. Henningsen è ricordato in tutto il mondo per le sue celebri lampade PH ed Artichoke. Vedi Oda N., Danish Chairs, 1999; Zahle E., Scandinavian Domestic Design, 1963. 59 Trad. a cura di Erik Zahle. Vedi Henningsen P., in Kritisk Revy, 3, 1927; Zahle E., Scandinavian Domestic Design, Londra, 1963, pp.10. 60 Vedi Salicath B., Finn Juhl and Danish Furniture, in Architects’ Yearbook, Edizione speciale, 1955, pp. 4,5.


26 61 La Den Permanente, sebbene promuova ugualmente la qualità dei prodotti arredo, si distingue dalla Gilda degli Ebanisti per la preferenza di oggetti prodotti industrialmente. All’epoca, la Danimarca è un paese dal sistema economico liberista e talvolta si verifica un’invasione di merci a buon mercato provenienti da paesi esteri fortemente industrializzati. Gli oggetti importati sono per lo più di qualità scadente. Data l’ignoranza generale del valore di oggetti d’uso quotidiano ben disegnati, spesso si rifiutano i prodotti danesi artigianali a confronto delle merci importate a basso costo. Nel frattempo, si propaga dunque in Danimarca l’idea di organizzare mostre atte ad esporre e vendere prodotti di qualità provenienti sia dal mondo dell’artigianato che dall’industria promettente, al fine di migliorare il gusto collettivo. Ne sono un esempio la Gilda degli Ebanisti di Copenhagen e la Den Permanente. 62 Kay Bojesen (1886-1958) è un designer danese, allievo di Georg Jensen e studente alla Scuola Tecnica per i Metalli Preziosi. Tra il 1930-1931 progetta oggetti per l’azienda Bang & Olufsen e dal 1941 è eletto argentiere ufficiale della famiglia reale della Danimarca. A Bojesen si deve il contributo nella fondazione della Den Permanente nel 1929 a Copenhagen. Egli è conosciuto in tutto il mondo per la sua attività, ed i suoi oggetti in legno a forma di scimmia sono divenuti oggigiorno pezzi iconici del design danese.Vedi www.kaybojesen.dk. 63 Tra gli altri membri del comitato direttivo vi sono Jacob E. Bang, architetto della mostra e per alcuni anni membro giudicante delle competizioni di prestigio istituite, e Christian Grauballe, colui che ne rende possibile la materiale realizzazione e primo presidente dell’iniziativa. La Den Permanente ha luogo inizialmente in uno spazio di un moderno palazzo di uffici nel quartiere di Vesterport, a Copenhagen. La cerimonia di inaugurazione avviene il 5 Dicembre 1931, in presenza del Principe Federico. Negli anni di depressione economica, si assiste ad un calo repentino delle visite. Nel 1939 la Den Permanente non è più in grado di pagare l’affitto dello spazio espositivo e deve quindi cercare una nuova sede. Nel settembre 1944 l’esercito tedesco requisisce l’edificio dell’associazione ed in poche ore questa deve traslocare in una sede sfitta ad Ostergade. Una delle ragioni che ha reso possibile l’avanzamento dell’iniziativa, a fronte delle molteplici difficoltà, potrebbe essere lo spirito cooperativo, fortemente radicato in Danimarca. Nel 1944, il successivo presidente Aage E. Jensen, principale promotore della Den Permanente all’estero, fa in modo che si occupi nuovamente la sede di Vesterport. Avendo piena consapevolezza dell’importanza della pubblicità e della grafica all’interno delle operazioni di propaganda, Jensen sa come rilanciare il nome della Den Permanente all’estero. Dopodiché, Soren Hansen ed il figlio C. E. Hansen, in concomitanza al direttore Esbjørn Hiort, segretario generale per molti anni dell’Associazione Nazionale degli Architetti Danesi, rendono onore all’attività della Den Permanente. Finn Juhl incontra Edgar Kaufmann Jr. proprio durante una mostra della Den Permanente, nell’anno 1948. Vedi M. Fabiola Abbà, M. Gernia, L’influenza del design del mobile danese attraverso l’opera di Finn Juhl, in Italia, negli anni ’50-’60, a cura di A. Dell’Acqua Bellavitis, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, Milano, 1988-9, pp. 136; vedi Den Permanente, a cura di Segreteria del Compasso D’Oro, Milano, 1964. 64 McFadden R.D., Scandinavian modern design, 1880-1980, New York, 1982, pp. 19,20. 65 N. B. Gregor Paulsson (1889-1977) è uno storico dell’arte svedese, anche presidente dell’istituzione svedese Slöjdföreningen. Nel 1925, G. Paulsson partecipa per il reparto artigianale svedese all’Esposizione Universale di Parigi. Nel 1931, egli è autore del motto dell’esposizione di Stoccolma “Accetta”. Vedi McFadden R.D., Scandinavian modern design, 1880-1980, New York, 1982 66 Vedi Wrede S., Landscape and Architecture: The Work of Erik Gunnar Asplund, in “Perspecta”, Vol. 20, 1983, pp. 195-214. 67 Le Corbusier è invitato a partecipare ma si rifiuta. 68 “Ricordate le funebri megalomanie di tante Esposizioni Internazionali tra le due guerre? L’Esposizione del 1930 a Stoccolma, anche nella sua planimetria, dichiara guerra contro tutta la retorica delle architetture imperiali.” Vedi Zevi B., E. Gunnar Asplund, Milano, 1948, pp. 92. 69 Vedi Zevi B., E. Gunnar Asplund, Milano, 1948, pp. 100. 70 Vedi Norton F. P., World’s Fairs in the 1930s, in “Journal of the Society of Architectural Historians”, Vol. 24, 1, Marzo 1965, pp. 27-30. 71 L’esposizione si svolge in padiglioni distinti. Questi sono La Galleria dei Venti, Il Padiglione delle Stoffe Tessute a Mano, Padiglione delle Danze, l’Esposizione dei nuovi mezzi di Comunicazione. Vedi Zevi B., E. Gunnar Asplund, Milano, 1948. 72 Vedi Zevi B., E. Gunnar Asplund, Milano, 1948, pp. 27,28. 73 Aalto A., E. G. Asplund in Memoriam, in “Arkkitehti”, 1940. 74 Sebbene il testo sia talvolta poco comprensibile, si nota l’interesse di Juhl nei confronti delle architetture di Le Corbusier e per il concetto di “macchina per abitare”. Vedi Juhl F., in Acceptera, in “Epoke”, Vol. 8, Novembre 1931, pp. 6, 10. 75 Vedi Henningsen P., Stockholms Udstillingen, in “Nyt Tidsskrift for Kunstindustri”, Giugno 1930, pp. 81-92. 76 Vedi Mørck A. E., Stockholmsudstilingen. Bolig og møbler, in “Nyt Tidsskrift for Kunstindustri”, Agosto 1930, pp. 17-27.


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77 H. L., Lidt om ‘Funktionalisme, in “Epoke”, 1930, pp. 6.


Allestimento di Juhl alla XI Triennale di Milano (da Pica A., Catalogo della mostra, 1957). In basso il plastico del progetto (da “Zodiac�, 1959)


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Fortuna critica

In Danimarca, Finn Juhl è un personaggio conosciuto, stimato soprattutto per il suo contributo nel campo dell’arredamento e delle arti applicate, durante gli anni Quaranta e Cinquanta del XX secolo. L’architetto e designer opera nel periodo temporale che va dal 1934, anno in cui collabora al progetto della Radiohuset assieme al maestro Vilhelm Lauritzen, alla fine degli anni Sessanta, quando, oltre ad allestimenti di mostre celebrative del nordic design, si ha il rifacimento del negozio della Casa musicale Wilhelm Hansen, che risale all’anno 1966 e costituisce il suo ultimo intervento architettonico. Il percorso professionale di Finn Juhl si può suddividere in fasi distinte: dal 1930 al 1941, avviene la formazione dell’architetto, in cui giocano un ruolo fondamentale le figure di Fisker e di Lauritzen; dal 1941 al 1948, si ha l’affermazione della sua personalità in ambito nazionale, grazie alle mostre annuali della Gilda degli Ebanisti di Copenhagen; dopodiché dal 1948, anno dell’incontro con Edgar Kaufmann Jr., al 19561, è l’apice della sua carriera, gli anni di fama internazionale, in particolare negli Stati Uniti d’America; ed infine, dal 1956 al 1989, si assiste ad un graduale declino, in quanto le commissioni diminuiscono, parallela-

mente alla fortuna del furniture design danese. Fin dagli esordi2, i mobili progettati da Finn Juhl destano scalpore tra i visitatori della Gilda degli Ebanisti di Copenhagen. La Sedia Cavalletta, risalente all’anno 1937, è uno dei primi esemplari di arredo ad essere esposti al pubblico, e nel 1938, la rivista danese Arkitekten ne scrive una recensione, nell’articolo Møbelhåndværk kunsthåndværk3. Il mobile è definito “una cavalletta in procinto di saltare4”, per il design discutibile e la stravaganza delle forme adottate. Nel 1940, nell’opuscolo allegato alla mostra della Gilda degli Ebanisti del 1939, i critici dell’organizzazione scrivono che il modello di Sedia Pellicano, dalla forma singolare ed astratta, assomiglia ad un tricheco stanco, “tired walrus5”. In un’intervista del 1981, Juhl illustra il dibattito avvenuto durante gli anni Quaranta riguardo ai suoi arredi. Protagonisti della questione sono Børge Mogensen ed Arne Karlsen, i quali criticano l’architetto perché gli arredi che egli espone alla Gilda degli Ebanisti sono discordanti dai principi tradizionali professati dall’organizzazione. Juhl racconta:


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“It was a very strange discussion. Børge Mogensen and Arne Karlsen decided to review the Copenhagen Cabinetmakers’ Guild’s Autumn Exhibition one year, and they wrote that I was a weather vane. I think what they meant was that I was dictated by the changes of fashion. At the time I was asked to comment, but I said no thanks. However, the following year the two good men intended to criticise me for forgetting the man in the street6, but by then the circumstances were such that Børge Mogensen had designed a sofa for a football team and Arne Carlsen exhibited a bridge table in Brazilian rosewood with four chairs. I think that the two of them expected that they would get away with it, but since one of the tabloids gave me a whole page at my disposal, I took the opportunity to make fun of them. I have always been of the opinion that the more varied in the picture of the Danish furniture trade and the Copenhagen Cabinetmakers’ Guild Autumn Exhibition in particular, the better for the intent of Danish furniture craft and design both in Denmark and abroad. There were so many different ways to do it and so many different results. Imagine if everything had been copies of the Klint school! That would have been crazy.7” Sebbene gli articoli del giovane Juhl siano considerati astratti, alla moda, e talvolta siano incompresi per la loro originalità, essi sono esposti alla mostra annuale della Gilda degli Ebanisti allo stesso modo di quelli progettati da noti designers danesi del tempo, tra cui Kaare Klint, Børge Mogensen ed Hans J. Wegner. Grazie alla progettazione della propria casa ed in seguito al progetto di interni per Bing & Grøndhal, Juhl viene riconosciuto nel panorama nazionale anche per le opere architettoniche. Il progetto della dimora debutta sulla rivista Arkitekten dell’anno 1944, dove appaiono le prime fotografie della residenza. L’articolo8 è scritto da Finn Juhl in persona, e viene pubblicato all’interno di una sezione dedicata alle architetture residenziali unifamiliari più stimate dell’epoca. Il numero 46 di Arkitekten presenta, oltre alla Casa di

Juhl, i progetti di case unifamiliari di Karen e Mogens Black Petersen, Jørn Utzon, Hans Wilhardt, Hans Erling Languide, Ib Martin Jensen ed Erik Møller. Nel 1944, Juhl è accusato di non curarsi abbastanza della questione “casa”, al centro degli interessi in quegli anni; dunque egli replica: “Den enkelte Bolig eller Lejlighed er nemlig ikke den lille Detail, den er Udgangspunktet, og det er bl. a. det, jeg ønskede at faa klargjort. (…) Og ikke begaaet af Undermaalere i Faget, men af Navnene. At jeg ikke trækker konkrete Eksempler frem (jeg er mere end vilig), skyldes blot Rædslen for at forflygtige Diskussionen i Personligheder.” “Il singolo edificio o casa non è un piccolo dettaglio, bensì è il punto di partenza e perciò tengo a chiarirlo. (…) E per non fare nomi, mi riferirò al contenuto senza fare esempi concreti più del necessario, in quanto non voglio suscitare ulteriori discussioni riguardo a personalità conosciute.9” Ciò nonostante, tra gli anni Quaranta e Cinquanta, Juhl riceve numerosi incarichi, tra cui interventi architettonici di residenze unifamiliari. Ne è un esempio la Villa Aubertin a Nakskov10, pubblicizzata in riviste sia nazionali che estere. Al principio degli anni Cinquanta la fama internazionale dell’architetto è oramai consolidata, tanto che Edgar Kaufmann Jr., nella recensione della mostra Good Design11, prima esposizione allestita da Finn Juhl negli Stati Uniti d’America, scrive nel 1951: “Last January 15th Good Design went into its second year with an entirely new collection and an entirely new installation by Finn Juhl, the Danish architect already known in this country for his exquisite furniture.12” Nel 1954, il catalogo della mostra più celebre al mondo sulle arti applicate dei Paesi scandinavi, Design in Scandinavia, illustra gli arredi di Finn Juhl, tra cui la maestosa Sedia del Capo, la cui fotografia occupa


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un’intera pagina del volume13. A partire dagli anni Cinquanta, Finn Juhl è considerato una celebrità in America; e gradualmente la sua notorietà inizia a prendere campo anche in Danimarca, al punto che, verso la metà degli anni Cinquanta, Anders Hostrup-Pedersen, amministratore delegato della Georg Jensen, lo elegge architetto ufficiale della nota ditta di argenti. Nel 1955, Il Direttore della Società Danese di Arti Applicate Bent Salicath, scrive un opuscolo sull’architetto e sulla sua opera, intitolato Finn Juhl and Danish Furniture, allegato al Libro annuale degli Architetti, Architetcs’ Yearbook14. Il testo ripercorre le tappe fondamentali della carriera di Juhl, contestualizzandole nel panorama socio-culturale dell’epoca. Riguardo alla fortuna dell’architetto, Salicath sostiene che Juhl venga apprezzato prima in America che nel suo stesso Paese, a causa dell’incomprensione del suo design originale.

Nel Maggio 1962, Christian Enevoldsen, pubblica, sulla rivista Architectural Design, un articolo intitolato Guide to Modern Architecture in Copenhagen16. La Guida presenta la mappa della città di Copenhagen con segnalate le architetture più rilevanti del periodo e tra di esse vi sono i progetti del negozio di Bing & Grøndhal e del teatro Villabyernes bio realizzati da Finn Juhl e quello dell’aeroporto di Kastrup, a cui l’architetto collabora durante il suo apprendistato sotto Vilhelm Lauritzen. Nell’Aprile del 1965, la rivista Mobilia pubblica l’opuscolo in edizione speciale dedicato all’architetto, Finn Juhl at the Mobilia Club17, in cui Martin Hartung, sostiene:

“Finn Juhl gained an international reputation and success before he was fully recognized in his own country. All the same his importance in Denmark has been equally great (since importance and influence are not concurrent with recognition) for he has made a revolution in design and has introduced international impulses which through his participation in the annual furniture exhibitions have been set alongside established canons. Simultaneously, in articles and as head of a school, he made us aware of the problems topical to many foreign designers which has been of great importance to our own. Consequently a number of people who were educated at the Academy school of furniture design and who had been taught another approach, were able to free their own design while retaining their rationalistic ballast. He has awakened interest in room design and the use of color among many designers. The debit side shows that some young designers try to imitate Finn Juhl’s elegance without troubling to seek the kernel of furniture design, but an artist is hardly to blame for the misunderstood use of his ideas.15”

L’autore reputa che intorno agli anni Sessanta le critiche negative su Juhl diminuiscano, ed afferma:

“The Dane Finn Juhl of international renown always was a centre of contention. His furniture designs and especially his chairs never were received with indifference in his own country, they were either lauded or denounced.18”

“The debates on the subject of Juhl’s furniture are at a suitable distance, so that the theme of the debate can be taken up again for more sober consideration. An attempt at a cooler evaluation of the subject of the strife must start from Finn Juhl’s background. In contrast to most of his contemporaries among the Danish furniture designers, who have sprung from the ranks of cabinet makers, Juhl is the self-taught furniture artist who came from outside. That explains why he, as distinct from the leading people among his contemporary colleagues, at an early date dared break definitely with the aesthetic ideas of the Kaare Klint furniture school.19” Hartung spiega la ragione del tardo successo di Finn Juhl in Danimarca, attraverso la descrizione del contesto socio-culturale e delle figure che dominano la scena artistica, agli inizi della carriera dell’architetto, come ad esempio Kaare Klint e la sua scuola, a cui


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l’architetto si oppone, proponendo un design talvolta scevro dalle idee estetiche dei predecessori. Nel 1968, Finn Juhl viene scelto come architetto dell’allestimento di Two Centuries of Danish Design al Victoria & Albert Museum di Londra, dove, esattamente venti anni prima, analogamente, Kaare Klint progetta una mostra retrospettiva sul danish design20. Dalla fine degli anni Sessanta, l’architetto è pienamente affermato sul panorama nazionale, tanto che, da allora sino all’anno della morte, si hanno molte esposizioni retrospettive a celebrazione dell’opera di Juhl. Ne sono esempio la mostra del 1970 al Palazzo di Charlottenborg, e quella del 1982, per il settantesimo compleanno dell’architetto, al Museo di Arte Decorativa di Copenhagen. Nel 1982, in occasione dei settanta anni dell’architetto, i periodici danesi celebrano l’attività di Finn Juhl; ed in seguito, nel 1989, anno della morte, rendono onore al suo contributo nel campo dell’architettura e del design, non solo in Danimarca, ma anche nel resto del mondo. Esbjørn Hiort, scrive nel memoriale: “Finn Juhl, morto il 17 Maggio dell ’89, fece parte della cerchia di architetti che, durante gli anni Quaranta, rinnovarono l’arte del mobile danese e ne promossero il successo internazionale tramite la produzione industriale di arredi tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Ciò ha avuto luogo dapprima alle mostre annuali della Gilda degli Ebanisti, motore della creazione di talenti che solitamente collaborano con artigiani specializzati. Finn Juhl vi ha partecipato, a partire dal 1937, per non meno di 22 volte ed ha ottenuto 16 premi. Si tratta di un dato considerevole che i suoi mobili, oggi reputati dei classici, fossero all’epoca giudicati controversi.21” La prima ed unica monografia completa su Finn Juhl è stata formulata da Esbjørn Hiort, in lingua danese ed inglese, nel 1990, successivamente al decesso dell’architetto. La fortuna postuma dell’architetto si deve molto alla

seconda moglie Hanne Wilhelm Hansen, la cui Casa musicale Wilhelm Hansen Fonden possiede tuttora i diritti di Finn Juhl. Nel 1990, ha luogo il memoriale di Finn Juhl ad Osaka22, organizzato da vari personaggi, tra cui Hanne Wilhelm Hansen, Nortisugu Oda, Edgar Kaufmann Jr. ed altri. La fama dell’architetto si propaga anche nei continenti più remoti; soprattutto in Giappone l’opera di Juhl risulta molto apprezzata. Nel 1998, Hanne Wilhelm Hansen contatta l’azienda danese OneCollection23 con l’idea di rivalutare il design di Finn Juhl, iniziando una collaborazione per riprodurre i modelli di arredo più iconici. Recentemente sono stati pubblicati nuovi testi, perlopiù a carattere commerciale, che descrivono il lavoro di Finn Juhl in quanto designer o che si incentrano sul progetto della sua casa. Ne sono un esempio il libro di Per H. Hansen Finn Juhl and His House, del 2014; Watercolors by Finn Juhl, di A. L. Sommer, del 2015; ed il testo Finn Juhl, Liv, Værk, Ramme, di Christian Bundegaard24, in uscita a Novembre 2017. Nel Settembre 2017, si annuncia in un articolo della rivista Domus online la futura collaborazione tra lo stilista inglese Paul Smith ed il dipartimento di OneCollection incaricato della produzione di arredi di Finn Juhl. “Lo stilista inglese Paul Smith e l’azienda House of Finn Juhl hanno collaborato per una serie di poltrone e divani dove il design nordico è arricchito da tessuti leggeri e colorati.25” Paul Smith commenta: “Juhl aveva piena consapevolezza sia di come le cose dovevano funzionare, sia di come dovevano apparire per essere perfette. (…) Con la sua formazione da architetto sapeva come risolvere un problema attraverso il progetto e lo faceva sempre


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con linee sorprendenti ed elegante semplicità.” Il corso di storia dell’architettura tenuto alla Reale Accademia delle Belle Arti di Copenhagen propone tuttora la lettura di saggi sull’opera di Finn Juhl, il quale è paragonato ad altre personalità creative di spicco degli “anni d’oro” del movimento moderno danese. I libri maggiormente consultati sono Dansk Arkitektur 25026, di Carsten Thau, Professore ordinario molto ammirato alla Reale Accademia di Copenhagen, ed il testo di fine anni Cinquanta intitolato Experiencing Architecture27. Il primo si riferisce testualmente all’opera di Finn Juhl, in particolare modo per gli arredi, e lo confronta con i predecessori, come nel caso del celebre Kaare Klint; il secondo illustra i principi che animano il periodo storico culturale in cui l’architetto opera, in quanto è scritto da Steen Eiler Rasmussen, contemporaneo di Juhl, ed all’epoca Professore alla Scuola di Architettura dell’Accademia e Direttore del Museo di Arti Applicate di Copenhagen. Ad eccezione della Casa di Finn Juhl, che è oggigiorno un museo visitabile, in Danimarca la fama dell’architetto è relativa soprattutto ai pezzi di arredo e non alle architetture. A parte il progetto di interni della Camera delle Nazioni Unite di New York, ristrutturato nel 2012 e pubblicizzato di recente su articoli online di architettura, poco si conosce sulle opere architettoniche e sullo studio che Juhl conduce in merito alla tipologia residenziale unifamiliare. In Italia, la conoscenza di Finn Juhl è scarsa al punto che non ne esista una monografia in lingua italiana. Lo studio dell’architettura e delle arti applicate in Scandinavia e Danimarca, escludendo casi noti come Alvar Aalto, padre e figlio Saarinen, Arne Jacobsen e pochi altri, risulta poco approfondito ed il comune giudizio pubblico al riguardo è superficiale. Personaggi come Finn Juhl, Kaare Klint, Mogens Koch, Paul Henningsen, Børge Mogensen, Hans Wegner, e Ole Wanscher sono poco sconosciuti. Finn Juhl viene menzionato per la prima volta in Italia

in uno stralcio di due pagine nella rivista “Strutture” nell’Aprile 194728. Nel 1950, Juhl compare anche nella rivista Domus; l’articolo è scritto da G. B. De Scarpis e riguarda la casa dell’architetto. La pubblicazione presenta le stesse fotografie ed illustrazioni dell’articolo di Arkitekten di sei anni prima. Finn Juhl viene introdotto sul panorama italiano così: “Presentando Finn Juhl, architetto, arredatore, ideatore di mobili e ceramiche, avviciniamo il pubblico italiano ad uno dei rappresentanti più significativi della giovane scuola danese, e ad un artista che assomma a queste prerogative nordiche una sensibilità, una immaginazione, un eclettismo umanistico sorprendenti.” Si fa riferimento anche al progetto della Camera delle Nazioni Unite ed all’attività accademica presso la Scuola di Interni di Frederiksberg. Juhl è reputato un tassello fondamentale nella vicenda di affermazione del movimento moderno in Danimarca. “L’arte in Danimarca è un diritto, non è un privilegio, e dallo studio del giovane architetto Finn Juhl, escono numerosissimi disegni anche per la fabbricazione in serie, anzi per una forma tipica di piccole serie in cui i mobili sono prodotti per metà a macchina per metà a mano: destinati oggi, per la maggior parte agli Stati Uniti. Finn Juhl li definisce semplicemente “utili esperimenti da laboratorio”. Si può dire che tutta la Danimarca è un laboratorio: capacità e virtù, riunite, operano ovunque in ogni settore, al servizio del benessere civile. Finn Juhl dirige un reparto.” Lo stesso anno, viene pubblicato in Domus un altro articolo sull’architetto. Il titolo è Un negozio esemplare e si riferisce al progetto di interni per lo store Bing & Grøndhal del 1946. Nell’articolo, Juhl è considerato uno dei progettisti più famosi della Danimarca, sostenendo che “il suo


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funzionalismo non è un limitarsi alla funzione, ma rappresenta invenzioni geniali di elementi nuovi per funzionare meglio.29” I critici italiani risultano particolarmente colpiti dalla progettazione dell’ascensore30, reputato di aspetto moderno ed elegante. Oltre all’apparizione di un arredo dell’architetto in un Suggerimento per due ambienti e due mobili31, nella rivista Domus; nel 1951, nel Catalogo della Nona Triennale di Milano32, esposizione curata da Agnoldomenico Pica, Finn Juhl compare nell’elenco dei progettisti partecipanti. Il paragrafo è importante in quanto, non solo presenta il nome dell’architetto accanto a quello di altri noti progettisti danesi, come Nanna e Jørgen Ditzel, Arne Jacobsen, Hans J. Wegner, Børge Mogensen, o italiani, quali Gio Ponti, Franco Albini, Marco Zanuso, Guido Frette ed altri; ma offre inoltre un quadro sulla maniera progettuale degli anni Cinquanta in Danimarca. “La Danimarca partecipa alla Nona Triennale tanto nel campo dell’arredamento, quanto in quello delle arti applicate. Vogliamo qui riassumere in poche righe le caratteristiche più significative della cultura e delle arti danesi. La coscienza dei doveri sociali è molto sviluppata negli architetti danesi. Negli ultimi trent’anni essi hanno compiuto uno sforzo considerevole nella progettazione e nella costruzione di edifici. Questa più viva coscienza sociale ha certo contribuito alla formazione di una architettura più duttile che ha consentito la costruzione di quartieri di abitazione di concezione assolutamente nuova. Nonostante la tradizione classica, ancora viva in Danimarca, si è imposta una nuova struttura che considera i vari elementi delle costruzioni a seconda della funzione di ciascuno di essi e ciò al fine ultimo di rendere la casa sempre più accogliente. Gli architetti che, nel campo delle arti applicate, lavorano di preferenza con gli ebanisti, si dedicano quasi esclusivamente a questo settore, si lavora con la evidente comprensione delle esigenze tecniche, pur entro le possi-

bilità della nostra organizzazione produttiva, possibilità che sono limitate in confronto a quelle dei Paesi di maggiore potenza industriale. Nelle arti applicate non esiste, in Danimarca, una netta distinzione tra artigianato e industria. Tuttavia, questa produzione non perde di vista l’impronta soggettiva che è la caratteristica del lavoro artigianale; e pur non essendo, quantitativamente, molto importante, è però così attentamente selezionata da raggiungere, nei suoi sviluppi, caratteristiche tecniche di prim’ordine. Ecco perché la maggior parte delle nostre aziende a carattere industriale artistico riesce a lavorare con un margine di esportazione assai notevole. Opere d’arte personalissime sono create, ad esempio, nell’industria della ceramica: caratteristica di questa produzione è innanzitutto quella della buona qualità poiché non si tratta di una produzione speciale, riservata a una ristretta cerchia di intenditori, bensì di una produzione a livello medio, economicamente conveniente, corrispondente alla struttura sociale della Danimarca. Le massime espressioni del gusto artistico sono sempre alla portata anche delle classi medie, mentre la cosiddetta produzione a buon mercato raramente si può definire scadente. Noi desideriamo assicurare a tutti ambienti luminosi e salubri, dare spazio ai bimbi e agli ospiti, divertimenti sani ai giovani e creare una naturale solidarietà nelle famiglie attraverso abitazioni confortevoli.33” Nel 1952, compare l’articolo Gli interni del palazzo dell’O.N.U. a New York, sulla rivista Domus, che descrive l’arredamento progettato da Finn Juhl negli Stati Uniti. L’articolo dedica meno di una pagina alla descrizione del progetto, in quanto si presentano anche gli interventi di Sven Markelius ed Arnstein Arneberg. Nel 195434, Finn Juhl progetta lo stand danese ed espone i suoi arredi alla Decima Triennale di Milano, per cui si aggiudica il Premio Onorario e due medaglie d’oro. Gli autori del catalogo della mostra, Sergio Asti e Sergio Favre, lodano la partecipazione della Danimarca alla Triennale e lo stesso anno, si commenta, in un articolo della rivista Domus:


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“Lo spirito danese è raffinato e riconoscibilissimo: forme plasmate con cura, forme che da una origine quasi campagnola, di attrezzo contadino, sono portate ad una grande eleganza approfondendo la naturale intensità formale degli utensili modellati da un lungo uso. (…) Sono forme nuove che, Finn Juhl ha raggiunto, più semplici, dopo la sua famosa poltrona con corna e ali, una esaltazione plastica: ad esse qui si aggiunge una sua seggiolina con lo schienale “spaccato” che si ripiega in dietro a fare da appoggio orizzontale, e altri pezzi molto semplici, che risentono forse della esperienza americana di questo grande disegnatore danese.35” L’anno successivo, nel 195536, Domus presenta un articolo in merito agli esiti della mostra itinerante Design in Scandinavia. Al riguardo si commenta: “La mostra esprime il buon livello e la continuità di gusto dei paesi scandinavi. Pubblichiamo qui, dalle sezioni migliori - svedese, finlandese, danese e norvegese - i disegni e gli aspetti più nuovi, per i lettori di “Domus”, dopo l’incontro avvenuto con la X Triennale.37” La rivista mostra due fotografie di un soggiorno ed una sala da pranzo allestiti da Finn Juhl; mentre più attenzione viene prestata nel descrivere le opere di Arne Jacobsen, ed Alvar Aalto. Nel 1955, l’architetto e scrittore Carlo De Carli38, nel suo libro Architettura, Spazio primario, cita Juhl in quanto giudice della Prima Mostra selettiva del mobile di Cantù. De Carli sostiene: “(…) dopo le decisioni della Giuria, della quale faranno parte l’arch. Gio Ponti, quale Presidente, l’arch. Alvar Aalto, l’arch. Finn Juhl, il prof. Romano Barocchi, l’arch. Carlo De Carli verrà attuata l’esecuzione dei progetti premiati e i mobili saranno presentati nel mese di settembre 1955 alla Prima Mostra Selettiva del Mobile che si attuerà a Cantù.

Queste manifestazioni, mirano non solo a mettere in luce quanto di meglio si fa nel campo internazionale della progettazione del mobile che deve soddisfare le esigenze di tutti i mercati, ma anche a dimostrare la capacità di realizzazione fedele ed efficiente delle rigogliose e aggiornate forze produttive italiane, con particolare riguardo alla lavorazione pregiata del legno e, naturalmente, ai mezzi e agli impianti impiegati dall’artigianato e dalla piccola industria.39” L’Undicesima Triennale di Milano, dell’anno 1957, vede nuovamente la partecipazione di Finn Juhl. Per l’occasione, Finn Juhl compare in quanto architetto e designer alla Mostra Internazionale dell’Abitazione40. “La mostra si propone di presentare alloggi tipici di varie nazioni intesi non nelle loro caratteristiche distributive o architettoniche, ma come complessi di mobili. I mobili sono stati scelti in ogni caso fra la produzione di serie recente (ultimo triennio). Si è voluto sfruttare, per la presentazione di ciascuno di questi nuclei o serie di ambienti, la cornice del Parco, così che la visita si potesse trasformare anche in una passeggiata nel verde.41” Il lavoro dell’architetto è presentato sporadicamente ed in maniera coincisa all’interno del catalogo dell’Undicesima Triennale, ed assieme al nome di Juhl, compare anche quello dei progettisti Fredrik Fogh42, Nanna e Jørgen Ditzel, Børge Mogensen, Magnus Stephensen, Peter Hvidt, Vibeke Klint ed altri. L’allestimento dello stand della Danimarca nella sezione International Housing Exhibition è progettato da Finn Juhl. In merito si commenta: “Il massimo risalto si è dato alla produzione mobiliera, esponendo mobili costruiti recentemente in Danimarca, dal 1954 a oggi. Si tratta di sedie e tavoli di legno, esposti su piattaforme ad altezze distinte. I ripiani delle piattaforme sono rivestiti di linoleum di tinte neutre, a con-


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trasto con la relativa rusticità del pavimento costituito da piastrelle di conglomerato cementizio (tipo “Fulget”), le pareti sono tinteggiate con colori neutri. I ripiani dei tavoli seguono le dimensioni determinate dal modulo, rappresentato qui dalle piastrelle del pavimento. Oltre i mobili, la Danimarca presenta un’ampia rassegna delle sue produzioni d’arte e industriali. Le ceramiche, i gioielli, le argenterie, le produzioni che sono nell’ambito dell’estetica industriale, i pezzi di acciaio inossidabile, sono esposti su tavoli a leggera struttura metallica, con piani rivestiti di “acryl” di vari colori trasparenti. Al soffitto è assicurato un sistema di travi alle quali sono appesi gli apparecchi illuminanti e i teli di stoffa che fungono da divisioni fra i vari settori e gruppi. Le opere e gli oggetti di più vivo interesse, e di maggiori dimensioni, sono esposti su piedistalli isolati. L’allestimento è completato da grandi fotografie del paesaggio e della architettura danesi.43” A partire dagli anni Sessanta, in Italia cresce il numero di pubblicazioni sull’architettura danese e su Finn Juhl, all’interno di riviste o testi specializzati. Nel 1962, E. Gentili scrive alcuni saggi riguardanti l’architettura residenziale in Danimarca, pubblicati in edizione speciale nella rivista Abitare44. Stefano Ray, autore di L’architettura moderna nei paesi scandinavi, testo contenuto nella collana di L. Benevolo del 1965, menziona Finn Juhl nel paragrafo intitolato Pianificazione e Industrial Design in Scandinavia. Ray scrive: “Alcune esigenze poste dal nuovo-empirismo, e principalmente quelle che, sul piano psicologico, facevano fronte a certe carenze della didattica della Bauhaus ( la grande fonte del design contemporaneo, alla quale occorre riferirsi di continuo, come termine di confronto), riescono a concretarsi in prodotti che oltrepassano i confini geografici scandinavi, proprio perché si innestano sul ceppo etico-culturale del movimento moderno. (…) Rammentiamo la celebre sedia in legno curvato, progettata all’ini-

zio degli anni 30 da Bruno Mathsson, tutt’ora in produzione, che è, in un senso, il simbolo della continuità del design svedese, accanto alle seggiole, e poltrone in legno curvato anch’esse, di Aalto, che datano dallo stesso periodo; l’attività, specie nel campo del disegno per tessuti, di Jacobsen in Svezia durante il periodo bellico, e quella di Hans J. Wegner, il terzo grande dopo Kaare Klint, e insieme al più giovane Finn Juhl, della progettazione di mobili in Danimarca.45” Mentre si dilunga nella descrizione dell’opera di Gunnar Asplund ed Alvar Aalto, per il loro contributo nel campo dell’architettura e delle arti applicate, a livello nazionale ed internazionale, Ray menziona brevemente Finn Juhl, citando la sua figura solo per quanto riguarda la progettazione di mobili, senza peraltro offrirne un racconto dettagliato. L’apparizione di Finn Juhl nei libri italiani è tuttavia ancora sporadica, e la sua figura non viene presentata accanto a quella di altri pionieri scandinavi nei testi di architettura a carattere generale46. Durante l’autunno del 1973, gli arredi di Finn Juhl vengono esposti alla Decima Mostra Selettiva del Mobile di Cantù, assieme alle opere di “Grandi Designers47” come Alvar Aalto, Albini, Caccia Dominioni, De Carli, Gardella, Magistretti, Gio Ponti, e Zanuso. Il lavoro dell’architetto è celebrato nel catalogo dell’esposizione, Grandi Designers; Alvar Aalto, Franco Albini, Luigi Caccia Dominioni, Carlo de Carli, Finn Juhl, Ignazio Gardella, Vico Magistretti, Gio Ponti, Pierluigi Spadolini, Marco Zanuso, a cura della X Mostra Selettiva del Mobile di Cantù. Nel 1973, Enzo Frateili cita l’opera di Finn Juhl al Palazzo delle Nazioni Unite, come esemplare di intervento architettonico moderno. All’interno del volume Una autodisciplina per l’architettura, si presenta una sola fotografia del progetto ed una breve didascalia lo descrive così: “La sala assemblee nella sede dell’ONU a N. Y. di Finn Juhl. Le installazioni in vista a soffitto.48”


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Nel 1975, Bruno Zevi scrive Cronache di architettura49, raccolta di articoli pubblicati sul settimanale “L’Espresso”, dove nel nono articolo, intitolato dai “five architects” newyorkesi a Bernini plagiario, si ha il capitolo Querele sulle gambe di una sedia, riguardante il progresso del design del mobile, in cui si fa riferimento a Finn Juhl. Zevi schematizza la vicenda del design moderno in questo settore articolandola in quattro distinti periodi. Il primo va dalla riforma artigianale di Willam Morris al Bauhaus ed i suoi eredi; il secondo è relativo agli anni Cinquanta e comprende il fenomeno del boom del design scandinavo, includendo la figura di Finn Juhl. “2) anni cinquanta. Divorzio tra edificio e oggetti. Il trionfo del design scandinavo consolida questa scissione. L’abitazione può essere bella o brutta, personalizzata o anonima: un elemento di Mies, Breuer, Aalto, Finn Juhl o Arne Jacobsen serve comunque ad animarne le cavità. La produzione in serie favorisce il gusto di contaminare etimi diversi ed estranei. I “pezzi” non appartengono più all’involucro prolungandone il linguaggio e incarnandone le modanature: giocano per conto proprio, ricercano un’autonomia. Saarinen, giudicando che quattro gambe, ed anche tre, immiseriscano troppo un sedile, le coagula in una;50” L’episodica apparizione della figura dell’architetto continua nel 1995, quando Daniele Regis scrive l’articolo Finn Juhl his own Home, nella rivista italiana Abitare. L’autore esordisce così: “La casa, del 1941, materializza l’eterno domestico danese, segno della possibilità di radicamento della migliore architettura europea moderna nella storia e nella cultura locale.51” Il testo appare talvolta ripetitivo dei contenuti espressi nell’articolo di Domus del 1950. Nel 1989, al Politecnico di Milano viene discussa la

tesi L’influenza del design del mobile danese attraverso l’opera di Finn Juhl in Italia, negli anni ’50-’60, a cura del Professore A. Dell’Acqua Bellavitis52. La tesi, scritta dagli studenti F. M. Abbà, M. Gernia, si incentra sugli arredi di Finn Juhl e sul successo alle Triennali di Milano ed alla Mostra Selettiva di Cantù. Poco o niente viene detto in merito alle architetture residenziali. L’anno dopo, Daniele Baroni scrive su Domus un breve testo in onore di Finn Juhl, deceduto l’anno precedente. L’articolo è importante in quanto Baroni illustra la situazione di scarsa informazione in Italia riguardo al design scandinavo ed alla figura di Finn Juhl. L’autore sostiene: “Il design scandinavo in generale, se si escludono i casi più clamorosi come quelli legati ai nomi dei finlandesi Alvar Aalto e Saarinen, padre e figlio, è poco o addirittura mal conosciuto in Italia. Se ad esempio, si cita la Svezia molti pensano immediatamente agli essenziali mobili in teak che hanno invaso il nostro Paese nella seconda metà degli anni Cinquanta, ora riproposti dall’imponente catena distributiva Ikea. Pochi però conoscono l’importante opera di Gunnar Asplund, di Sven Markelius, od anche di un artigiano come Bruno Mathsson, altamente qualificato nel settore del mobilio. Lo stesso vale per la Danimarca, di cui spesso non solo fra un pubblico non specializzato, ma anche tra gli “addetti ai lavori”, nomi come Kaare Klint, Mogens Koch, Paul Henningsen, Børge Mogensen, Hans Wegner, Ole Wanscher, Finn Juhl, sono poco noti. Eppure, nel secondo dopoguerra è stato proprio il design nordico nel campo dell’arredamento domestico a fungere da cerniera nel mondo, con il suo funzionalismo a “dimensione d’uomo”, e non il gelido radicalismo bauhausiano. Per quanto riguarda la progettazione e la realizzazione dei mobili nell’ambito dei Paesi scandinavi, quella danese è certamente la più colta, raffinata e aristocratica delle scuole. Tra i suoi maggiori interpreti, dopo l’iniziatore di quella tendenza, Kaare Klint, che si può anche definire il filoso-


Primo articolo in italiano su Finn Juhl (da Una Casa in Danimarca, in “Strutture�, 1947)


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fo dell’ebanisteria, vi sono i suoi due discepoli e continuatori, Hans Wegner e Finn Juhl.53” Recentemente in Italia il nome dell’architetto compare più spesso all’interno di articoli specializzati o testi54 riguardanti il design del mobile55. Egli solitamente viene citato soltanto56, senza fornire una descrizione precisa e dettagliata, per il suo contributo nel campo delle arti applicate e per il progetto della dimora ad Ordrup, reputato il suo capolavoro. Riguardo alla conoscenza ed alla vendita in Italia di articoli di design danese e di Finn Juhl, Marco Contini scrive57: “Quello che stupisce dalla Danimarca è il buon livello culturale, anche riguardo al design, della maggior parte della popolazione. In effetti, oggetti con un alto grado artistico sono inseriti nella dimensione del quotidiano. (…) alcuni prodotti come la sedia Chieftain di Finn Juhl, hanno avuto una produzione limitata a causa delle complessità realizzative. (…) Tuttavia, i mobili danesi, tranne i prodotti più “international style” di Arne Jacobsen, sono poco conosciuti in Italia e hanno avuto una distribuzione limitata. Probabilmente questo è dovuto allo scarso investimento da parte delle aziende danesi nella comunicazione (tranne le più grosse come Fredericia e Fritz Hansen). Il design danese ha una forte impronta nazionalistica, la quale ha subito una lenta e impalpabile evoluzione che si percepisce, senza soluzioni di continuità, nel lavoro dell’ultima generazione di progettisti, (…)58” Nella rivista Ottagono del 2007, Valentina Croci afferma inoltre che “la situazione del mobile danese può essere assimilata a quella del design italiano soprattutto degli anni Sessanta”, in quanto “la ricerca di alcuni designer si è legata a doppio filo con la produzione dell’azienda”, come nel caso di Tobia Scarpa e Gavina, i Castiglioni e Flos, Osvaldo Borsani e Tecno ed altri; e che “in Italia, all’inizio degli anni Sessanta, alcuni prodotti danesi comparivano nel catalogo della Knoll, oppure erano distribuiti da Maddalena De Padova59.”

“Circa a metà del decennio si è avuto un calo di attenzione, ma dal 1966 Marco Contini (MC Sellini), ha raccolto il testimone; distinguendosi come uno dei punti di riferimento italiani per l’importazione dei mobili danesi e scandinavi.60” Nel Gennaio 2016, il Corriere della Sera, nella sezione Living, pubblica un articolo sulla Casa di Finn Juhl. Il testo presenta le caratteristiche generali dell’abitazioni ed alcuni dati biografici sull’architetto61. Nel 2016, Marie Tourell Søderberg pubblica il libro Il metodo danese per vivere felici, in cui viene menzionato Finn Juhl. L’autrice scrive: “La Danimarca ha una lunga tradizione di design. Con le proprie caratteristiche di semplicità e funzionalità, designer danesi come Arne Jacobsen, Finn Juhl e Poul Henningsen (PH) hanno reso il design danese famoso in tutto il mondo. Il design danese tende all’estetica e alla bellezza, ma ha sempre un impiego funzionale. Gli oggetti sono progettati per essere utilizzati, non sono pezzi da museo che nessuno ha il permesso di toccare. Se qualcosa è solo bello, troppo lussuoso e stravagante, perde delle qualità di relax e semplicità che sono il valore chiave dell’hygge.62” In Danimarca, Hygge63 è l’essenza della maniera progettuale, principio della vita domestica, a partire dal periodo del movimento moderno ad oggi. Questa tesi ha potuto verificare come anche in studi recenti resti quasi inesplorata una parte significativa dell’opera dell’architetto. Infatti, pare ancora marginale l’attività architettonica residenziale di Finn Juhl e l’interpretazione personale che l’architetto offre al concetto di hygge.


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Note

1 Anno della commissione per SAS, in cui si riscontrano le prime difficoltà, in quanto parte dei progetti prestabiliti non vengono infine realizzati. Cfr. Capitolo biografico su Finn Juhl. 2 Gli arredi esposti alla Gilda degli Ebanisti sono da considersi i primi veri esordi dell’architetto, poiché Juhl fino al 1942, anno di realizzazione della propria dimora, non opera indipendentemente, in quanto è collaboratore di Vilhelm Lauritzen, dal 1934 al 1945. Cfr. Capitolo biografico su Finn Juhl. 3 Fritz S., Møbelhåndværk kunsthåndværk, in “Arkitekten Ugehæfte”, 1938, pp- 185-187. 4 Trad. a cura dell’autore. Vedi Fritz S., Møbelhåndværk kunsthåndværk, in “Arkitekten Ugehæfte”, 1938, pp- 185-187. 5 Vedi Jalk G., Dansk Møbelkunst gennem 40 år. Københavns Snedkerlauget Møbeludstillinger, 1927-1966, Vol. 2, Copenhagen, 1987. 6 Si riferisce al fatto che lo abbiano accusato di non occuparsi del problema dell’abitazione e della costruzione di massa, che interessa la Danimarca a metà degli anni Quaranta. In particolare modo, si ipotizza che Juhl si riferisca all’articolo scritto da lui, intitolato Abitazioni e la Produzione di massa, Boligen og Massebyggeriet, in cui egli delucida alcuni concetti riguardo all’architettura residenziale. Vedi Juhl F., Boligen og Massebyggeriet, in “Arkitekten Ugehefte”, 45, 1946, pp. 246-7. 7 Rømer M., Rundt om Finn Juhl, in “Rum og Form”, 4, 1981, pp. 6-27. 8 L’articolo è scritto in maniera formale ed oggettiva. Non si commenta la maniera progettuale, bensì si presenta la casa, descrivendola minuziosamente. Cfr. Juhl F., Eget Hus i Ordrup Krat, in “Arkitekten”, 46, 1944. 9 Vedi Juhl F., Boligen og Massebyggeriet, in “Arkitekten Ugehefte”, 45, 1946, pp. 246. 10 Vedi Juhl F., Enfamilehus ved Nakskov fjord, in “Arkitekten Månedhefte”, 1, 1953, pp. 62-65. 11 Si tratta della seconda edizione di un programma di esposizioni istituito da Charles Eames l’anno precedente, svoltosi al Merchandise Mart di Chicago. 12 Vedi Kaufmann Jr., Good design ’51 as seen by its director and by its designer, in “Interiors”, Vol. CX, 8, Marzo 1951, p. 100. 13 Vedi Remlov A., Design in Scandinavia; an exhibition of objects for the home from Denmark, Finland, Norway Sweden, Oslo, 1954, p. 100. 14 Cfr. Salicath B., Finn Juhl and Danish Furniture, in Architects’ Yearbook, Edizione speciale, Copenhagen, 1955. 15 Vedi Salicath B., Finn Juhl and Danish Furniture, in Architects’ Yearbook, Edizione speciale, Copenhagen, 1955, pp. 20. 16 Vedi Enevoldsen C., Guide to Modern Architecture in Copenhagen, in “Architectural Design”, 1962, pp. 352-3. 17 Vedi Hartung M., Finn Juhl at The Mobilia Club, in “Mobilia Special Edition”, 117, Aprile 1965. 18 Ibid. 19 Ibid. 20 Vedi Hiort E., Two centuries of Danish Design, Londra, 1968. 21 Trad. a cura dell’autore. Vedi Hiort E., Finn Juhl 1912-1989, obituary, in “Arkitekten”, 14, 1989, pp. 356. 22 Vedi Abe S., Tetsuo I, Satoshi I., Noritsugu O., Haijme K., Reiko S., Finn Juhl Memorial Exhibition, Osaka, 1990. 23 Vedi Hansen I., Sørensen H.H., Finn Juhl by Onecollection, Copenhagen, 2011. 24 Christian Bundegaard (1961) è uno scrittore e storico danese, oggi Professore all’Università di Aarhus. Egli ha scritto un gran numero di libri, articoli e contributi sull’antologia, filosofia, storia, architettura, design, letteratura e filmografia. 25 Smith P., Paul Smith e Finn Juhl, in “Domus” online, Settembre 1917. 26 Vedi Smidt C. M., Thau C., Faber T., Dansk Arkitektur 250, Danish Architecture 250 years, Copenhagen, Marzo 2004.


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27 Rasmussen S. E., Experiencing Architecture, Cambridge, 1959. 28 Si parla del paesaggista Troels Erstad, il quale si occupa della progettazione del verde intorno alla dimora. L’articolo presenta la stessa pianta presentata su “Architects’ Year Book” del 1947 e due immagini dell’abitazione vista dall’esterno, ottenute da “Architectural Review”. Vedi Una Casa in Danimarca, Dell’Architetto FINN JUHL, in “Strutture”, Aprile 1947. 29 Finn Juhl architetto: un negozio esemplare, Arredamento di finn Juhl per “Bing & Grøndhal”, Copenhagen, in “Domus”, 250, 1950, pp. 4447. 30 “Una particolare attenzione va data all’ascensore. In Danimarca come in Svizzera, ed in Svezia, la porta della cabina dell’ascensore non esiste, esiste solo la porta esterna, a filo con l’ascensore. Così si può ottenere, come qui appunto, una cabina in vetro appesa elegantemente alla sua fune per una prima parte inguainata in un tubo cilindrico rigido; la cabina è una gabbia di vetro nelle pareti e nel tetto, senza macchinari sul tetto stesso, mentre da noi ciò è necessario per azionare le porte. Faremo una campagna perché anche in Italia si adotti la sola porta esterna.” Vedi Finn Juhl architetto: un negozio esemplare, Arredamento di finn Juhl per “Bing & Grøndhal”, Copenhagen, in “Domus”, 250, 1950, pp. 44. 31 Vedi Suggerimento per due ambienti e due mobili, in “Domus”, 257, 1951, pp. 56. 32 Vedi Pica A., Nona Triennale di Milano 1951, Catalogo della mostra, 1951, pp. 268-72. 33 Ibid pp. 269, 270. 34 Vedi inoltre La Danimarca alla Triennale, X Triennale, in “Domus”, No. 296, 1954. 35 Cfr. La Danimarca alla Triennale, in “Domus”, 250, 1955, pp. 30-33. 36 L’anno successivo, nel 1956, viene pubblicato un articolo intitolato Mobili di Finn Juhl nella rivista Domus. La pubblicazione non presenta autore ed illustra la scrivania Nyhavn e la panca progettata per Bovirke da Finn Juhl. Vedi Mobili di Finn Juhl, in “Domus”, 315, 1956, pp. 44. 37 Vedi Design in Scandinavia, in “Domus”, 310, Milano, 1955. 38 Carlo De Carli si interessa al design scandinavo e scrive articoli in italiano al riguardo, durante gli anni Cinquanta. Vedi C. De Carli, Importazioni di mobili e parti di mobili dalla Danimarca, in “Il Mobile Italiano”, 3, 1958. 39 De Carli C., Architettura, spazio primario, Milano, 1982, pp. 808. 40 “Ordinamento, progetto e allestimento: arch. MARCO COMOLLI, arch. EDOARDO GELLNER, arch. FINN JUHL, arch. AUGUSTO MAGNAGHI, arch. GIANCARLO MALCHIODI, arch. ROBERTO MANGO, arch. GEORGE NELSON, arch. MARIO TERZAGHI” “(…) La parte di fondo del soggiorno è rivestita di legno teak con scaffali e armadietti a vetri scorrevoli o a pannelli laccati in bianco e arancio, disegno di Finn Juhl, produzione della “Bovirke”, Copenhagen.” “(…) Tavolo-scrivania di legno di teak con gambe di metallo e parte basale di legno di teak, su disegno dell’arch. Finn Juhl, produzione danese “Bovirke”, Copenhagen.” “L’Ufficio Vendite è arredato con due scrivanie di teak, con gambe di acciaio ossidato nero e puntale di teak, disegnate da Finn Juhl (…)” Vedi Pica A., Undicesima Triennale, Milano, 1957, pp. 93, 105, 111, 148, 179, 301, 304. 41 Il tema dell’abitazione è caro ai progettisti danesi, così come la relazione tra ambiente interno ed esterno. Vedi Pica A., Undicesima Triennale, Milano, 1957, pp. 93. 42 Frederik Fogh progetta l’allestimento per la sezione Alloggio Danese, The Danish Dwelling all’interno della XI Triennale di Milano. Vedi Pica A., Undicesima Triennale, Milano, 1957, pp. 301. 43 Vedi Pica A., Undicesima Triennale, Milano, 1957, pp. 179. 44 Vedi E. Gentili, Abitare in Danimarca, in “ABITARE”, numero speciale 1962, pp. 2-9; E. Gentili, La Danimarca ieri e oggi, in “ABITARE”, numero speciale 1962, pp. 14-19; E. Gentili, Abitare in Danimarca, in “ABITARE”, numero speciale 1962, pp. 10-13. 45 Vedi Ray S., L’architettura moderna nei paesi scandinavi, a cura di Benevolo L., Rocca San Casciano, 1965. Altri testi italiani che trattano dell’architettura danese e scandinava durante il periodo del movimento moderno, come Edilizia e Architettura in Sve-


42 zia e Danimarca, 1945-1960, di Sergio Poretti, del 1979, o Nuova architettura danese di Tobias Faber, del 1968, non menzionano l’architetto Finn Juhl. 46 Cfr. Curtis W. JR., L’architettura moderna del Novecento, Milano, 1999; Frampton K., Modern architecture, New York, 1980. 47 Vedi AA.VV, Grandi Designers; Alvar Aalto, Franco Albini, Luigi Caccia Dominioni, Carlo de Carli, Finn Juhl, Ignazio Gardella, Vico Magistretti, Gio Ponti, Pierluigi Spadolini, Marco Zanuso, catalogo a cura della Decima Mostra Selettiva del Mobile di Cantù, Febbraio 1974. 48 Vedi Frateili E., Una autodisciplina per l’architettura, dai metodi progettuali al “linguaggio” delle nuove tecnologie, Bari, 1973. 49 La collana Cronache di architettura di Bruno Zevi presenta inoltre una fotografia della Villa Aubertin a Nakskov. Si tratta dell’unica volta in cui si fa riferimento alle architetture residenziali di Finn Juhl, ad eccezione della sua casa, che, assieme agli arredi e alla Camera delle Nazioni Unite, risulta l’intervento più pubblicizzato in Italia. Vedi Zevi B.,Cronache di architettura, IX dai “five architects” newyorkesi a Bernini plagiario, Usura del corpore nel concettuale, Bari, 1975, pp. 1064. 50 Vedi Zevi B.,Cronache di architettura,Vol. 24, Bari, 1981, pp. 253. 51 D. Regis, Finn Juhl, his own Home, in “ABITARE”, 339, Aprile 1995, pp.180. 52 Vedi Abbà F.M., Gernia M., L’influenza del design del mobile danese attraverso l’opera di Finn Juhl in Italia, negli anni ’50-’60, a cura di Prof. Arch. A. Dell’Acqua Bellavitis, Politecnico di Milano, 1989. 53 L’autore fa riferimento al fatto che Juhl progetti ville unifamiliari ma non specifica né descrive ulteriormente. Vedi Baroni, D., Esbjørn Hiort: «FINN JUHL. Furniture. Architecture. Applied Art» The Danish Architectural Press, Copenhagen, 1991 (pp. 144)., in “Domus”, 728, Giugno 1991, p. 11. 54 “(…) richiama subito alla mente alcuni modelli del design scandinavo (i mobili di Alvar Aalto, le sedie di Finn Juhl, (…)” Vedi De Fusco R., Made in Italy: Storia del design italiano, Perugia, 2014, p. 132. 55 “L’ispirazione scandinava è determinante per la presa di coscienza del moderno e del design. In Italia si riscoprono Wright e il design scandinavo, la richiesta di sedie moderne aumenta, e conseguentemente i produttori friulani inseriscono nelle collezioni modelli che non sono copie ma spesso collages di elementi mutati dalle sedie più famose: (…) la no. NV-48, disegnata da Finn Juhl e prodotta prima da Niels Vodder e poi da Niels Roth Andersen nel 1945; la Chieftain, disegnata da Finn Juhl, prodotta da Niels Vodder e successivamente da Niels Roth Andersen nel 1949; (…)” Vedi Lombardi A.A., Distretto della sedia: design tra passato e futuro, Milano, 2013, p. 52. Nel 2005, all’interno del capitolo Costellazione Scandinava, del testo Storia del design, Gabriella D’Amato scrive in merito a Finn Juhl: “(…) negli anni cinquanta, il danese Finn Juhl crea le famose poltrone e sedie “fluttuanti” ovvero con seduta e spalliera indipendenti dalla struttura;” Altri libri italiani riguardanti il design di arredo citano soltanto Finn Juhl, e non si dilungano sul suo lavoro. Vedi De Fusco R., Storia del Design, Bari, 1985, pp. 240, 243, 319; D’Amato G., Storia del design, Milano, 2005, pp. 125. 56 Alcuni testi presentano il nome di Finn Juhl solamente in nota, in riferimento ad altri eventi o fenomeni. Vedi Ottolini G., Architettura degli allestimenti, Firenze, 2017; Lupacchini A., Design olistico. Progettare secondo i principi del DfA, Firenze, 2010; Aloi R., L’arredamento moderno, Milano, 1955, pp. 413, 453; Aloi R., Esempi di arredamento moderno, di decorazione moderna di tutto il mondo, Illuminazione d’oggi, Milano, 1956, pp. 49. 57 Marco Contini è il fondatore dello showroom MC Selvini di Milano, il primo rivenditore di prodotti di design scandinavo in Italia. MC SELVINI, fondata nel 1926, rappresenta un punto di riferimento per il design danese e scandinavo. Vedi www.mcselvini.it. 58 Cfr.Croci V.,Dietro la produzione, Behind Production, in “Ottagono”, 200, pp.80-87. 59 Altro noto negozio milanese, ora acquisito da Boffi, rivenditore di oggetti di design scandinavo. “Se n’è andata Maddalena De Padova, l’imprenditrice che a partire dagli anni Cinquanta nel suo negozio milanese ha contribuito alla diffusione del buon design” Vedi Maddalena, la signora dello stile, in “Abitare” online, 3 Dicembre 2016. 60 Vedi Croci V.,Dietro la produzione, Behind Production, in “Ottagono”, 200, pp.80-87. 61 Vedi Trombetta L., A master’s house, in “Living Corriere” online, 28 Gennaio 2016.


43 62 Vedi Søderberg M. T., Il metodo danese per vivere felici, hygge, Roma, 2016. 63 Difficile da spiegare, la parola danese hygge può essere tradotta in italiano in modo approssimativo come “intimità”, ma questa definizione non è sufficiente ad illustrare il significato che essa assume in Danimarca ed in campo della progettazione domestica.



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Profilo biografico

“Finn Juhl è morto, all’età di 77 anni. Si è distinto per l’eleganza nell’arte di progettare arredi. (Arredi) Allo stesso tempo ricchi, esuberanti, dalla forma brillante e dalla gamma di colori sgargianti. Un esteta fuori dal comune. Carattere solitario. Una nota distintiva è l’essere stato ‘assolutamente autodidatta’ in quanto progettista di arredi. La prima volta che l’architetto Finn Juhl si interessa all’arredamento, è quando in prima persona necessita di mobili per arredare la propria casa nel 1940 a Kratvænget presso Charlottenlund.” “Finn Juhl er død, 77 år. Han var så udpræget elegantieren i møbelkunsten. Forenede en rig, frodig formsans med et lysende, let farvesyn. En født æstet af de sjældne. Som personlighed stod han alene. Det er karakteristik, at han understegede, at han var ‘absolut autodidakt’ som møbeldesigner. Når Finn Juhl, der var uddannet bygningsarkitekt, overhovedet blev interesseret i møbler, var det fordi han skulle bruge nogle til sig selv, til det hus, han begyndte at bygge i 1940 i Kratvænget i Charlottenlund.1” “L’ architetto Finn Juhl è morto ieri, a 77 anni. È stato il primo designer danese ad ottenere reputazione internazionale, quando non aveva ancora 40 anni.” “Efter nogen tids sygdom døde arkitekt Finn Juhl i går, 77 år. Han var den første danske brugskunst designer, der opnåede internationalt ryæ da var han endnu ikke fyldt 40.2”


Caricatura di Finn Juhl (da Hartung M., Finn Juhl at the Mobilia Club, 1965)


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Formazione

Finn Juhl nasce il 30 Gennaio 1912 nel comune di Frederiksberg3, zona residenziale più esclusiva e benestante, all’interno della città di Copenhagen. Il padre, Johannes Juhl (1872-1941), è un commerciante di tessuti provenienti da aziende tessili di Inghilterra, Scozia e Svizzera. La madre, Emmy Goecker, muore appena tre giorni dopo la nascita di Juhl. La perdita della madre tuttavia fa sì che Juhl sviluppi velocemente un carattere indipendente, ed al tempo stesso crei un legame stretto col fratello maggiore di due anni, Erik. Il rapporto con il padre è controverso. Finn Juhl stesso racconta in un’intervista: “Father was authoritarian, but I learned quite early that if I just obeyed him, nothing would happen to me - then I would have the rest of my time to myself (…) When my father came home before dinner, we had to tell him if we wanted to have an audience with him. And so he sat down at his player piano, his cigar in his mouth, and stamped out a classical repertoire, while I sat in a rocking chair with an antimacassar beside an imitation fireplace which had a large clock with a glass dome and

General de Meza on horseback.4” Dopo essersi diplomato al Sankt Jørgens Gymnasium5 nel 1930, Juhl si iscrive alla Scuola di Architettura della Reale Accademia di Belle Arti, a Charlottenborg6. La scelta di intraprendere la carriera di architetto pare essere dettata dal padre, il quale non è particolarmente entusiasta all’idea che il figlio possa diventare uno storico d’arte. Juhl infatti sostiene: “I wanted to be an art historian. I frequented the Royal Museum of Fine Arts from the time I was 15-16 years old; it was open one evening a week. And I was given permission to borrow books from the Glyptotek library by Frederik Poulsen, who was a Hellenist, while I am more enthralled by Achaen-Greek art. My practical father, who had an instinct for mammon, did not think that art history was a means of making a living. So we made the compromise that I would begin at the Academy, and I had the sinister ulterior motive that of course I would be able to study art history there at the same time.7” A questo modo, egli raggiunge un compromesso tra Es


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e SuperIo, tra il proprio desiderio e l’attitudine pragmatica del padre. L’ambiente domestico non sembra influenzare l’opera di Finn Juhl, in quanto egli racconta: “I grew up in a Tudor and Elizabethan dining room, and we had leaded windows and high panels. On the other hand, there was a Swedish chandelier in the living room. The study had Chesterfield chairs.8” Maggiore ispirazione proviene invece dapprima dalla passione verso il mondo antico, in particolare l’arte greca Achea; in seguito dai maestri9 della Scuola di Architettura, Kay Fisker e Vilhelm Lauritzen10. All’epoca, il piano di studi consiste in un corso preliminare, composto da due materie; e da un corso principale, formato da tre discipline, con infine un progetto finale. Durante i mesi estivi, gli studenti sono soliti fare tirocinio in uno studio di architettura e, nonostante non fosse facile trovare impiego data la crisi economica del 1929, Finn Juhl ottiene lavoro presso l’ufficio di Vilhelm Lauritzen nell’estate del 1934. Alla Scuola di Architettura di Copenhagen, la progettazione della casa unifamiliare è reputata prioritaria rispetto ad altre materie e gli studenti sono soliti impiegare un intero anno nello studio di tale argomento. In seguito al corso preliminare, agli studenti è consentito selezionare il professore con cui svolgere il corso di progettazione annuale; dunque Finn Juhl sceglie Kay Fisker. A partire dagli anni Trenta, Fisker inizia una collaborazione con l’Istituto di Tecnologia del Massachusetts MIT, al fine di promuovere le relazioni tra architettura scandinava e statunitense11. Si prendono ad esempio sia modelli internazionali che scandinavi come Frank Lloyd Wright, Le Corbusier, Gerrit Rietveld12, Gunnar Asplund, Alvar Aalto13 ed altri. In un saggio intitolato “La morale del Funzionalismo”, Fisker sostiene:

“Der Durchbruch des Funktionalismus bedeutete eine totale Umwertung der Grundlagen und Ausdrucksformen des Bauens und damit eine Wende in der Architekturgeschichte, die sich einmal als tiefgreifender erweisen dürfte als irgend ein anderer Stilwechsel seit der Gotik. (…) Mit unserer Zeit wesenhafter untl direkter verwandt ist die Sprache von Le Corbusier und Walter Gropius. Sie sind zwar untereinander ebenso verschieden, wie etwa beide von Wright. Die Entwicklung des modernen Funktionalismus verdankt jedoch dem Zusammenspiel der Auffassung dieser drei hervorragenden Architektenpersönlichkeiten unbestreitbar die stärkste und entscheidendste Förderung: Wright vertritt die angelsächsische Naturromantik, Le Corbusier die lateinische Verherrlichung des Maschinismus und Gropius die germanische Sozialethik.” “La svolta verso il funzionalismo significa una rivalutazione totale delle fondamenta e delle forme di espressione dell’edificio e quindi si tratta di un punto di svolta nella storia dell’architettura, che può avere esiti più sconvolgenti di qualsiasi altro cambiamento di stile, a partire dal periodo gotico. (…) Il linguaggio di Le Corbusier e Walter Gropius è più direttamente legato al nostro tempo. Essi sono a loro modo diversi da Wright. Lo sviluppo del funzionalismo moderno è tuttavia dato dall’interazione di queste tre eccezionali personalità, che hanno dato il supporto più forte e decisivo alla nuova figura dell’architetto: Wright rappresenta il Naturalismo anglosassone, Le Corbusier la glorificazione latina della Macchina e Gropius l’Etica sociale germanica.14” Questi sono i temi affrontati all’epoca durante le lezioni di storia dell’architettura dell’Accademia delle Belle Arti di Copenhagen15. Quando Juhl inizia la Scuola di Architettura nel 1930, ha luogo l’Esposizione di Stoccolma di Gunnar Asplund, fenomeno culturale considerato come il mo-


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mento di svolta verso il funzionalismo in Scandinavia. “På Kunstakademiet studerede Finn Juhl under professor Kay Fisker og fra 1934 til 1945 arbejdede han som arkitekt for Vilhelm Lauritzen på Radiohuset og på Lufthavnen i Kastrup. To bygninger, hvis høje kvalitetsniveau, Juhl var med til at fastslå. Allerede som ung student var Finn Juhl ugbarnet, der kunne blive hvadsomhelst, valfartet til Stockholm-udstillingen 1930. Udstillingen, præget af Gunnar Asplunds hvide, lette pavillonagtige arkitektur, var et gennembrud for den skandinaviske funktionalisme. Finn Juhl blev vildt betaget.” “All’Accademia delle Belle Arti, Finn Juhl ha studiato sotto il Professore Kay Fisker e dal 1934 al 1945 ha lavorato come architetto nello studio di Vilhelm Lauritzen al progetto della Casa Radiofonica e dell’Aeroporto di Kastrup. Due architetture di alto livello qualitativo, in cui Juhl aiuta a raggiungere il risultato finale. Già da giovane studente, Finn Juhl è un ragazzo prodigio, un creativo, un sostenitore degli esiti dell’Esposizione di Stoccolma del 1930. La mostra, dalle architetture simili a padiglioni, di colore bianco e dall’aspetto leggero, firmati Gunnar Asplund, è la svolta verso il funzionalismo scandinavo. Finn Juhl ne è esterrefatto.16” Piuttosto che una svolta radicale verso il funzionalismo, l’epoca in cui Finn Juhl frequenta l’Accademia corrisponde ad una fase di transizione, di fermento tra le varie correnti artistiche e di eclettismo. A partire dagli anni Venti, si assiste a sprazzi di modernità, che coesistono con le maniere tradizionaliste e classiciste17; dunque il giovane Juhl assorbe varie tendenze, tra cui quella neoclassicista del primo periodo di Kay Fisker. Dal 193018, Fisker è tra i primi architetti razionalisti della Danimarca, perciò esercita forte influenza sui giovani studenti, con i quali generalmente ha sporadici rapporti, ad eccezione di Finn Juhl. Se da un lato Kay Fisker incarna la parte teorica ed accademica, dall’altro a Vilhelm Lauritzen19 si deve

l’insegnamento del mestiere di architetto nella formazione di Finn Juhl. Dal 1934 al 1945, Finn Juhl lavora nello studio di Vilhelm Lauritzen, inizialmente come tirocinante, in seguito come architetto a tempo pieno. Nel 1934, Vilhelm Lauritzen è incaricato di progettare la Casa Radiofonica, Radiohuset20, e due anni dopo, nel 1936, vince il primo premio del concorso internazionale per l’aeroporto di Kastrup. Si tratta di opere innovative senza precedenti nell’architettura danese: moderne sia per la funzione che rivestono che per la soluzione progettuale adottata. Commissioni di tale importanza richiedono un ampio personale, dunque Lauritzen decide di accettare l’allievo nel proprio studio. Il nuovo terminal21 dell’aeroporto di Kastrup si slega dalle decorazioni del passato, dai romanticismi nazionali e dall’architettura vernacolare, mostrando spirito di modernità, linee semplici e razionali, materiali innovativi e tradizionali, come vetro, legno, cemento e granito. Allo stesso modo, il progetto della Radiohuset a Frederiksberg prevede una geometria chiara e funzionale; presenta tetto piano, in parte utilizzato come giardino pensile, finestre a nastro sui prospetti, ed ha una suddivisione interna sistematica, in relazione alla destinazione d’uso delle stanze. Gli ambienti interni sono altrettanto minuziosamente studiati, a partire dalle maniglie delle porte fino agli appendiabiti. È possibile riscontrare caratteri progettuali del periodo di Lauritzen nelle architetture successive di Finn Juhl, in particolare modo per quanto riguarda la cura dei dettagli, la progettazione di interni e l’illuminazione22. Le commissioni divengono così impegnative nello studio di Lauritzen che Juhl non riesce a portare a termine i propri studi all’Accademia.



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Esordi

Nel 1933, a Juhl è concessa una somma di denaro dovuta all’eredità della madre, da parte dell’ufficio amministrativo pubblico legale. Appena ventunenne, egli è indipendente economicamente e può vivere in un modesto appartamento in affitto, di cui egli stesso progetta gli arredi. Juhl fa realizzare i mobili dell’appartamento dall’ebanista Niels Vodder, con cui da quel momento instaura una collaborazione duratura. Juhl e Vodder assieme combinano sapere creativo ed eccellente manodopera. Affiancato da Vodder, nel 1937 Finn Juhl debutta come furniture designer alla mostra annuale della Gilda degli Ebanisti di Copenhagen, Snedkerlaugets møbeludstilling23, al Museo di Arte Decorativa della città. L’architetto partecipa a ventiquattro esposizioni annuali: per ventidue volte in collaborazione con Niels Vodder; e per due con l’ebanista Ludvig Pontoppidan. Le esposizioni annuali organizzate dalla Gilda sono promotrici di un’attitudine moderna nel campo del design; promuovono collaborazioni tra artigiani e progettisti, connubio tra tradizione e spirito di innovazione. Nonostante gli studi presso la Scuola di Architettura,

Juhl è conosciuto in Danimarca soprattutto per i suoi arredi, anziché per le opere di architettura. In un articolo dell’anno 1975, l’architetto e scrittore Henrik Sten Møller, paragona Finn Juhl a due grandi maestri del design danese, Børge Mogensen ed Hans J. Wegner. “Finn Juhl, Børge Mogensen and Hans J. Wegner knew their attitudes even when, as young talents, they came to the fore in the 40’s at the Danish Guild of Cabinet Maker’s annual exhibitions. Particularly fertile periods occasionally yield a number of really talented people. Their talents seem to absorb extra energy from being in contact with each other. These three have felt this competition in Danish furniture craft and taken nourishment from it.24” Già dagli esordi, gli arredi progettati da Juhl destano stupore nei visitatori della Gilda degli Ebanisti, come la Sedia Cavalletta, del 1938, la seduta Pelikanen, Sedia Pellicano dell’anno 1939, e Poeten25, Divano del Poeta del 1941. Sedia Cavalletta prende nome dalla recensione di una rivista dell’epoca, che la definisce “grasshopper about to


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Il disegno delle lampade a muro della Radiohuset è di ispirazione per la progettazione del sistema di illuminazione di Casa Juhl e Villa Aubertin (foto di J. Mobius, 2017)


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jump” e che sostiene che l’esposizione sia caratterizzata da “sensations of higly questionable value26”. L’eccentricità di Finn Juhl è infatti evidente sin dalle prime esposizioni, in quanto i commenti sono: “(…) most people will surely think that the entire room is quite strange, yet it has great value in its ability to arouse discussion and upset conservative perceptions (…) (…) the strange furniture is produced by Niels Vodder.”27 Al principio, gli arredi di Finn Juhl sono considerati troppo astratti ma, in ogni caso, il lavoro dell’architetto è inconfondibile, provocante, “aesthetic in the worst meaning of that word.28” L’architetto spiega così come nasce la predisposizione per il design e l’incontro con Niels Vodder: “I wanted to design some tables for myself, when I studied at the Royal Danish Academy of Fine Arts. I asked cabinetmaker Niels Vodder to make them as I knew him through Mogens Voltelen, and I naturally chose to also work with him when I started entering the ‘Copenhagen Cabinetmakers’ Guild’s Autumn Exhibition. It was before World War II and during a period where all of us - or almost all of us - created rather exaggerated over - upholstered furniture á la Mickey Mouse. There were examples like “The Tired Man” or “The Blue Hussar” but eventually I had enough and thought it would be more fun to expose the wood rather than hide it under upholstery.29” È plausibile che nell’intervista Juhl si riferisca alla corrente stilistica capeggiata da Kaare Klint, ed agli arredi esposti dai suoi seguaci alla Gilda degli Ebanisti. Il dato funzionale, promosso da K. Klint nella progettazione di arredi, appare ancora celato dalla morfologia tradizionale, a differenza di altri modelli razionalisti europei dell’epoca. Finn Juhl si allontana dalla “scuola” di Kaare Klint: sperimenta forme innovative e formula egli stesso una tendenza. Il 15 Luglio 1937 Finn Juhl sposa Inge-Marie Skaarups30.

All’epoca Juhl ha venticinque anni, così come Inge-Marie, la quale è dentista ed ha uno spiccato interesse per l’arte. Con i fondi accumulati, in parte dovuti all’eredità del padre, deceduto nel 1941, in parte al salario percepito da Lauritzen, Juhl può coronare il proprio sogno: progettare e costruire una villa unifamiliare per uso personale. L’architetto confessa: “Paradoxically, one can say that if I manage before I take my leave of this world to fill the house I have designed with furniture, rugs, curtains, fittings, table services, glass, silver, etc. that I myself designed, then I will have reached my true goal.31” Nell’Aprile 1941 Finn Juhl comincia la progettazione della sua casa in via Kratvænget 1532, a Charlottenlund. L’abitazione è destinata ad ospitare la famiglia di Finn Juhl, composta dalla moglie, dal figlio adottivo e dal cane di nome Bonnie. Nonostante molte fonti consultate non trattino l’argomento33, pare che Juhl ed Inge-Marie adottino un figlio di nome Klaus, il quale vive nella dimora fino a diciotto anni. Se relazionato ai modelli presenti nel contesto in cui Juhl vive, il progetto della casa è radicale e costituisce uno dei primi esempi di pianta libera in Danimarca. La costruzione termina nel 194234, anno in cui Juhl viene riconosciuto dall’Associazione Accademica degli Architetti35, nonostante non abbia terminato gli studi di architettura all’Accademia. Nel 1943, grazie al progetto della residenza, Finn Juhl riceve il premio C. F. Hansen36 per giovani architetti. Il successo della casa ed il raggiungimento dell’indipendenza economica maturano in Juhl l’idea di fondare uno studio di architettura, e di lasciare l’ufficio di Vilhelm Lauritzen, non appena la sala concerti della Radiohuset fosse terminata.


La sedia FJ 44 (da Hansen H. P., Finn Juhl and His House, 2014)


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Ascesa professionale

Nel 1944, Juhl presenta alla mostra della Gilda degli Ebanisti un set di arredi, composto da un tavolo con sedute in mogano cubano, “that in sculptural design probably demands from the wood everything it can tolerate37”. Quelle sedie sono note come FJ4438 e costituiscono uno dei capolavori di Finn Juhl. Dalla metà degli anni Quaranta al termine degli anni Cinquanta, la carriera di Juhl è in ascesa, e per quanto riguarda gli arredi, si assiste alla creazione di molti modelli iconici. Poco dopo, nel 1945 e nel 1946, l’architetto disegna le sedute FJ4539 e FJ4640. Si può sostenere che, dalla progettazione di FJ44, FJ45, FJ46 e della successiva Sedia del Capo, Juhl ottenga una fama tale da far sì che, negli anni Cinquanta, molte aziende lo contattino per dare luogo a collaborazioni. In merito alla FJ45, Juhl racconta: “The so-called sculptural element in my designs, as for instance in the armrest of the 45 chair, probably reflected a desire to design a chair with a certain suppleness. I walked around and measured anything I could lay my hands on,

in order to find out how high the arm rests should be, how high and how deep the seat should be. I didn’t have a clue, since I hadn’t trained as a furniture designer.41” Secondo l’opinione dell’architetto, la FJ45 costituisce il primo mobile che mostra palesemente la plasticità e l’elemento scultoreo tipici del suo design. Nel 1945, Finn Juhl apre il proprio ufficio di architettura a Nyhavn 33, nel centro di Copenhagen. Lo studio non è spazioso, solo 40 mq di superficie, bensì accogliente e capace di ospitare circa dieci impiegati. Può darsi che la sede di Nyhavn corrisponda all’appartamento dove l’architetto vive prima di trasferirsi a Kratvænget 15, in quanto quello spazio potrebbe venire convertito successivamente in atelier. Dall’anno 1945 al 1950, Finn Juhl è Senior teacher alla Scuola di Interni di Frederiksberg. Nel 1946, Finn Juhl ottiene la prima grande commissione come progettista di interni: il disegno del negozio Bing & Grøndahl42, in piazza Amagertorv a Copenhagen. Sebbene non si tratti di un compito semplice43, Juhl affronta i vincoli progettuali in maniera eccellente.


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Stralci dell’articolo sul negozio Bing & Grøndhal (da “Domus” 1950)


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Nel 1950, la rivista Domus pubblica un articolo in cui si commenta: “Finn Juhl ha arredato questo negozio di Bing & Grøndhal, la grande moderna manifattura di ceramica danese dalla esemplare produzione industriale e d’artisti. Questo negozio, di uno dei migliori architetti danesi, è un vero e grande insegnamento perché è semplice ed ordinato e tuttavia non freddo, ma altamente elegante e pieno di attrattiva; è un’opera viva, il suo funzionalismo non è un limitarsi alla funzione, ma rappresenta invenzioni geniali di elementi nuovi per funzionare meglio.44” La peculiarità del negozio risiede nel fatto che non vi siano vetrine, bensì i prodotti sono collocati su scaffali, ripiani e mensole, come se fosse un’esposizione temporanea. L’arredamento è pensato come un allestimento da modificare quando si voglia. Il negozio, dotato di due livelli, consta di cinque stanze collegate tra loro da portali. Finn Juhl concepisce ciascuna stanza in modo differente, anziché trattare lo spazio come un unico ambiente uniforme; dunque sperimenta un sistema di colori, pannelli e materiali affinché il cliente venga guidato attraverso il percorso espositivo. Ciascun arredo è un pezzo unico e presenta altezza, forma e colore personalizzato. Egli si preoccupa del rapporto tra architettura e funzione, in quanto crea un legame tra le ceramiche esposte, ispirate alla tradizione cinese, ed i materiali e colori dell’edificio45. Tutti gli arredi sono progettati appositamente per il negozio, ad eccezione di alcune lampade, che riprende invece dal periodo presso Vilhelm Lauritzen. L’anno successivo, nel 1947, Juhl è premiato con la Medaglia Eckersberg46 da parte del Consiglio dell’Accademia. Nel 1948, Juhl progetta il negozio di fiori di Svend Schaumann47 a Kogens Nytorv, e viene inoltre contattato dall’azienda produttrice di arredi Baker Furniture, per iniziare una collaborazione.

Durante quell’anno, l’architetto ha l’occasione di incontrare non solo il capo dell’azienda statunitense48, ma anche altri due noti personaggi: Abel Sorensen ed Edgar Kaufmann Jr. Quest’ultimo, amico49 e collega di Juhl, è una figura cruciale nel percorso professionale dell’architetto, così come l’architetto Abel Sorensen, in quanto entrambi lo aiutano a debuttare sul panorama americano ed internazionale. Abel Sorensen incontra Juhl per la prima volta tra il 1947 ed il 1948, durante un tour in Danimarca. Contemporaneamente Juhl conosce anche Edgar Kaufmann Jr.50, il quale è in viaggio di studio in Scandinavia, su invito dell’associazione di arti applicate scandinave. Al tempo Kaufmann Jr. è il curatore dell’Industrial Design Department del museo di arte moderna MoMa di New York e, prima che parta per il viaggio in Scandinavia, il collega Abel Sorensen51 gli consiglia di incontrare Finn Juhl, in quanto lo ritiene una figura creativa di spicco, che cavalca una nuova tendenza nel campo del furniture design. Nel 1948, Kaufmann Jr. e Juhl si incontrano alla mostra della Den Permanente52, dove gli arredi dell’architetto sono esposti occasionalmente. Si potrebbe affermare che la fama a livello mondiale dell’architetto inizi nell’anno 1948, quando Edgar Kaufmann Jr. scrive l’articolo Finn Juhl of Copenhagen, nella rivista internazionale Interiors. “Only occasionally does a master chair designer come on the scene - one in thorough command of comfort, construction, and style. In Copenhagen is such a one, Finn Juhl.53” Nell’articolo, Kaufmann Jr. sostiene che il design di Finn Juhl incarna il connubio tra tradizione e modernità, tipico delle arti applicate danesi, e che le opere in collaborazione con l’ebanista Niels Vodder lo affascinano particolarmente54. Nel 1949, Viggo Sten Møller55, Direttore della Società Danese di Arti Applicate e Disegno Industriale, invia


La Sedia del Capo (da Catalogo della mostra Design in Scandinavia, 1954)


Mostra “Good Design” del 1951 al Merchandise Mart di Chicago, a cura di Finn Juhl ed Edgar Kaufmann Jr. L’articolo rappresenta la prima intervista dell’architetto su una rivista statunitense (da “Interiors”, 1951)


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altre immagini di Finn Juhl e dei suoi arredi alla casa editrice di Interiors, in seguito alla mostra della Gilda degli Ebanisti del 1949. In quell’anno, Finn Juhl disegna la maestosa Høvding stol, ovvero Sedia del Capo. Riguardo alla progettazione della Sedia del Capo, nome che deriva dalla fotografia del Re Federico IX seduto su questa poltrona alla mostra della Gilda degli Ebanisti del 1949, Juhl sostiene: “I started drawing the Chieftain chair one day in the spring of 1949. (…) just four vertical lines connected with ‘something’ (…) Perhaps I’d had a vague idea for some time that I wanted to design something bigger. There had been so many small, handy chairs, that I probably felt like designing something a bit more pompous (…) The chair actually got its name in a curious way. The Danish King Frederik IX and Queen Ingrid used to be so kind as to open the Guild of Exhibitions and walk around and look at the exhibits, and when my chair arrived someone asked me who this chair was for. As a joke, I told him it was for the King, but we soon found out that we couldn’t call it the King chair, because he hadn’t ask for it, and we didn’t have any Royal permission. (…) But King Fredrik IX actually was photographed in the chair, and later the famous Foreign Minister Gustav Rasmussen with the red braces (…) and Danish Prime Minister Jens Otto Krag was too, (…)56” Le fotografie vengono pubblicate in Interiors del Febbraio 195057, e velocemente si propagano in tutto il mondo. La rivista si interroga sulla distinzione tra la produzione industriale americana e la manodopera specializzata danese; sondando se la costruzione in serie dei mobili di Finn Juhl possa essere una mossa di mercato strategica o fallimentare. Nell’anno 1950, sia il direttore della ditta Baker Furniture, Inc di Grand Rapids che quello dell’azienda Bovirke, Poul Lund, stipulano una collaborazione con

l’architetto per la produzione industriale dei suoi arredi. Lo stesso anno, l’Accademia del Consiglio Danese, dopo aver assegnato a Juhl la Medaglia Eckersberg nel 1947, seleziona l’architetto come rappresentate della Danimarca per partecipare ad un concorso internazionale su invito. Il concorso prevede la progettazione degli interni della Camera delle Nazioni Unite58 di New York, e ad esso partecipano anche gli architetti scandinavi Sven Markelius e Arnstein Arneberg59, esponenti di Svezia e Norvegia. Il progetto di Finn Juhl costituisce il suo debutto da architetto in America. I caratteri peculiari sono le pareti dagli angoli arrotondati in pino dell’Oregon, la disposizione delle sedute a ferro di cavallo, come segno di uguaglianza tra i membri della sala, il controsoffitto ligneo ed i contenitori dell’impianto elettrico e di ventilazione a vista, dalle tonalità cromatiche sgargianti. Nel 1952, in un articolo di Domus si descrive il progetto dell’architetto danese così: “Finn Juhl è un danese. Si dice che non fosse molto soddisfatto di lavorare in uno spazio non suo, ma ha una concezione di quello che deve essere questa sala, e ha preso così e messo assieme delegati e stampa, ha dato una lieve curvatura alle pareti rivestendole di un frassino luminosissimo e solare, creando un’atmosfera che trova la sua espressione nel soffitto che definendo ancora lo stesso spazio in pianta suggerisce appena una superficie due volte parabolica colle bianche linee delle sue staccionate che cadono dal cielo. Il pubblico è fuori, in una piccola scatola, più piccola, col soffitto ribassato, ad osservare quello che avviene nell’ampia arena col grande fondale del fiume circoscritto dalle pareti che si curvano appena anche da questo lato a suggerire la chiusura di questo spazio. Tutti i particolari sono qui preziosi, e per la finezza dell’idea che li ha suggeriti, e per la perfezione dell’esecuzione fatta dai migliori artigiani di una nazione di grandi tradizioni. La stessa idea del soffitto è piena di finezza; si suggeri-


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sce una nuova linea senza nascondere nulla: le cassette, i parallelepipedi del condizionamento d’aria e dell’illuminazione sono usati in una composizione astratta piena di colore e di vivacità.60” L’illuminazione è studiata anch’essa da Finn Juhl, e consta di due gusci speculari in ottone lucido, appesi alle pareti laterali della sala, che ricordano le lampade della Casa Radiofonica degli anni Trenta. Riguardo al progetto delle Nazioni Unite, Edgar Kaufmann Jr. scrive, nell’articolo di Interiors intitolato Finn Juhl on the American Scene: “Finn Juhl’s Trusteeship Council Chamber is a resounding success. It surpasses its two companion efforts in establishing overall harmony, cheerful simplicity, and unstrained resourcefulness. Color and texture, the only elements of design left unimpeded to the interior architects, are handled by Juhl with Mozartian virtuosity and control. Natural woods and primary colors blend and accent a big composition of textural counterpoint, illuminated by sunlight and by lamplight both, delicately and precisely. The artificial illumination is better than that of any large meeting hall I know here in the United States; the natural light is as gentle as the building permits.61” Nel 2011, gli architetti danesi, Kasper Salto and Thomas Sigsgaard62, incaricati della ristrutturazione della Camera delle Nazioni Unite, affermano riguardo al progetto originario: “Our motto was to add as few new elements as possible and to really respect the use of wood in the room,” (…) “The wall paneling and the wood spindles suspended from the ceiling, all made of olive ash wood, were restored. Inserted between the ceiling’s slats are the original colorful boxes—which Juhl believed created the impression of greater height in the low-ceiling room—housing the lighting and ventilation units. Echoing the ceiling’s punches of color, a striped carpet is a faithful replica of Juhl’s design, as is the return to his horseshoe-shape se-

ating arrangement, an egalitarian approach demonstrating that all the members are on the same level.63” Dal 1950 al 1955, Kaufmann Jr. cura la mostra Good Design, al Merchandise Mart di Chicago: l’allestimento è a cura di Finn Juhl, ed anche il MoMa di New York decide di allestirla lo stesso anno. Riguardo a Kaufmann Jr., Finn Juhl rivela: “has definitely been my guru and motivator in the U.S.64” L’esposizione prevede, così come lo store di Bing & Grøndhal del 1946, un percorso guidato attraverso colori, materiali ed altezze del soffitto. “Though most of the walls are transparent, exhibition designer Finn Juhl sends the visitor on a prescribed tour that starts in the corridor, where bright yellow cards hanging from the ceiling in set-back order spell out Good Design on the way to the entrance. Changes in color, in flooring from matting to brick tile, and ceiling levels and lighting break the area into subplots.65” In merito all’esposizione, Finn Juhl sostiene: “To accept the job of designing the background for Good Design is to accept the idea behind the exhibition itself. It is an important and a wonderful thing to happen, that producers, represented by the Merchandise Mart, can join the Museum of Modern Art in such an effort.66” Il fine della mostra è quello di esporre oggetti utilitaristici ben realizzati da introdurre nella produzione in serie americana, che talvolta presenta ancora imitazioni di oggetti del passato, eccessivamente ridondanti67. Edgar Kaufmann Jr., scrive al riguardo: “Home furnishings are the least self-conscious confessions of any society, hence among the more indicative and dependable ones, fascinating to watch and full of meanings68.”


Il progetto di interni della Camera del Consiglio delle Nazioni Unite del 1952 (da Hiort E., Finn Juhl, 1990)


Interior 52

Allestimento Interior 52 (da Un interno a Trondheim, Norvegia, in “Domus� 1954)


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Oltre ad essere la prima mostra progettata dall’architetto in America, l’evento è di cruciale importanza sociale, in quanto si tenta di educare la popolazione americana al design “buono”, ovvero ad un tipo di progettazione che sia economica, funzionale, moderna, ed al tempo stesso collabori con le industrie, utilizzando materie prime di alta qualità. Dato il numero crescente di commissioni degli anni Cinquanta69, Juhl propone alla studentessa della Scuola di Interni, Marianne Riis-Carstensen, di collaborare nello studio di Nyhavn. Marianne lavora assieme a Juhl dal 1950 circa fino all’anno 1959. Per quanto riguarda il progetto delle Nazioni Unite, ella racconta che lo svolgimento del lavoro è stato complicato, in quanto si devono utilizzare le unità di misura del sistema anglosassone, ed inoltre Juhl è spesso assente dall’ufficio, perché in viaggio negli Stati Uniti70. Ogni volta che torna dall’America, Juhl è solito portare un dono ai collaboratori: si vive un clima di prosperità e felicità nello studio dell’architetto. I molti successi degli anni Cinquanta sono festeggiati con smørrebrod , preferibilmente con salmone affumicato, provenienti dalla gastronomia Mathilde Christensen di Copenhagen. Tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, Juhl è contattato anche da committenti privati71, che intendono farsi progettare ed arredare una residenza, come nel caso del Sig. Aubertin, con la Villa Aubertin a Nakskov, della Sig.ra Anthon Petersen, per la residenza estiva ad Asserbo, e del Conte L. N. Moltke-Huitfeld, per i due progetti non realizzati a Klelund. Oltre alla costruzione della Villa Aubertin, nel 1952, si ha per Juhl l’inizio della collaborazione con l’azienda Bovirke; la ristrutturazione degli ambienti interni del primo piano negozio di Georg Jensen72 sulla Quinta Strada di New York; e le esposizioni di Zurigo e di Trondheim. Bovirke73 è all’epoca una delle aziende manifatturiere più importanti della Danimarca; ed il direttore, il Sig.

Poul Lund, possiede un grande negozio a Frederiksberg. Nonostante contatti Juhl già nel 1947, Lund decide di iniziare la cooperazione solo nel 1952, dopo che gli arredi dell’architetto sono stati esposti in America. La collaborazione ha esiti positivi: Finn Juhl progetta modelli oggi divenuti iconici del suo design, presenti inoltre nella sua dimora. Ciò che caratterizza maggiormente la collezione per Bovirke sono i colori sgargianti e la linea semplice e razionale74. Se nel 1948 lo Stato danese sceglie Kaare Klint per la mostra Danish Art Treasures al Victoria & Albert Museum di Londra, nel 1952 è la volta di Finn Juhl, rappresentante della controtendenza, incaricato dell’allestimento della mostra del Kunstgewerbemuseum di Zurigo. Mentre l’esposizione di Kaare Klint suscita critiche per la mancanza di equilibrio nella selezione di opere, caratterizzate soltanto da un design tradizionalista e poco innovativo75; la mostra a cura di Finn Juhl riceve consensi. La figura di Juhl si afferma gradualmente anche sul panorama scandinavo, al punto che nel 1952, lo storico d’arte T. Krohn-Hansen, direttore del Museo di Arti Applicate Nordenfjeldske, a Trondheim, contatta l’architetto per progettare una stanza all’interno del museo. Il progetto di Finn Juhl, detto Interior 5276, ha il compito di simbolizzare l’arredamento en vogue di metà Novecento, ed è collocato vicino alle stanze progettate da autori del passato come William Morris ed Henry van de Velde. La camera è in origine di dimensioni ridotte77, perciò Juhl ritiene necessario dotarla di un ampliamento e di una parete vetrata, che consentano l’ingresso di illuminazione naturale e permettano la visuale sui tetti della città e sul fiordo di Trondheim. L’ambiente è perlopiù rivestito in legno; si utilizza pino dell’Oregon per il rivestimento delle pareti, e pino Calmar per il pavimento ed il soffitto. Il progetto denuncia le tendenze del XX secolo favori-


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te dall’architetto, in quanto l’arredamento è costituito non solo da arredi progettati da Finn Juhl, come la FJ45, o il “Divano a Muro”, Væghængte sofa78, ma anche di una sedia progettata da Charles Eames79, due sgabelli di Alvar Aalto, la scultura in legno, To mennesker, di Erik Thommesen80, un tavolino del danese Peder Moos81, un tappeto della tessitrice svedese Barbro Nilsson82 e tende, illuminazione ed altri dettagli a cura di Paula Trock83. Sopra un paio di mensole si ha inoltre un set di argenti del progettista danese di Kay Bojesen84, un servito da tavola in porcellana del designer norvegese Tias Eckhoff85, ed alcuni oggetti in grès di Axel Salto86. Interios 52 è importante, non solo perché Juhl viene considerato dalla società scandinava una figura confrontabile con W. Morris e H. van de Velde, ma anche perché, attraverso la progettazione, l’architetto riflette il proprio orientamento in campo artistico, concependo la stanza come un Gesamtkunstwerk, in cui non solo i materiali e gli elementi architettonici sono rilevanti, bensì anche i dettagli, gli oggetti e gli arredi. Nel 1953, Finn Juhl inizia la collaborazione per la produzione in serie di arredi con l’industria anglo-danese France & Søn87, con sede ad Ørholm, precedentemente France & Daverkosen. L’azienda è in principio specializzata in materassi ed in seguito il direttore C. W. F. France ha l’idea di produrre cuscini per sedute. Dato che la preoccupazione principale è la qualità del prodotto, C. W. F. France decide di contattare Juhl, in quanto è a conoscenza delle materie prime che egli utilizza. Il materiale preferito di Juhl è il teak, che inizialmente crea problemi a France nella produzione degli arredi. In seguito agli sconforti iniziali, l’azienda brevetta un metodo di produzione veloce ed efficace, che garantisce la stessa qualità della produzione artigianale. Il caso di Juhl suscita alcuni dibattiti all’interno della Società delle Arti Applicate Danesi, e nel 1952 Svend Erik Møller scrive nella recensione della mostra Furniture of the Times:

“It is terribly depressing to see these watered down ‘Finn Juhl’s that have popped up recently. He is so personal and distinctive an artist that under no circumstances can one imitate his idiom.88” La produzione in serie di un mobile, dapprima esposto alla Gilda degli Ebanisti e concepito come pezzo unico, è vista come una forma di plagio, una copia non autorizzata di un’opera d’arte. Ciò nonostante, il successo di Juhl non si arresta e nel 1954 l’architetto ha il compito di progettare un modello di casa unifamiliare alla mostra Home of the Future per il quattrocentesimo anniversario della Gilda degli Ebanisti di Copenhagen, che eccezionalmente si svolge al Forum. Il tema dell’esposizione è la “Casa del Futuro”, in quanto all’epoca si assiste alla sperimentazione di soluzioni progettuali per la tipologia residenziale unifamiliare. Il progetto di Finn Juhl per la “Casa del Futuro” è fondamentale, poiché illustra motivi ricorrenti nella sua maniera progettuale89. L’architetto propone una pianta dallo schema funzionale, divisa in due zone da un atrio centrale, che funge da terrazza esterna. L’utilizzo della pianta libera è moderato, in quanto l’architetto decide di schermare alcuni ambienti, per conferire riservatezza. La veranda con funzione di atrio e le numerose pareti vetrate generano un senso di continuità tra ambiente interno ed esterno, tema spesso trattato nelle architetture residenziali90 di Finn Juhl. Una parte della casa è composta dalla zona giorno, unico grande ambiente a pianta libera, con cucina, sala da pranzo, soggiorno e terrazza, separati tra loro solo da arredi fissi e qualche partizione; l’altra parte comprende la zona notte, dotata di camere da letto, bagno, guardaroba e stanza degli hobby. Nel 1954, quando ancora è insegnante alla Scuola di Interni di Frederiksberg, Finn Juhl scrive il libro Hjemmets Indretning, “Progettazione della Casa”, volume che contiene le idee collezionate nel corso degli


Progetto per la “Casa del Futuro” del 1954 (da Hiort E., Finn Juhl, 1990)


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anni, in merito alla progettazione e all’arredamento di residenze unifamiliari, tipologia abitativa che egli preferisce91. Nell’abstract, Juhl scrive: “Den form, hvorunder denne bog er fremkommet, nemlig som en række artikler i en månedspublikation, har efter forfatterens egen mening under alle omstændigheder gjort den stilistike disposition så uklar og springende, at en undskyldning bør gives læserne. Det er dog mit håb, at man alligevel vil kunne få nogle impulser til et nærmere studium af dette store område, hvorfor en lille liste vedføjes over tidsskrifter, bøger og udstillinger af permanent karakter. Den, der følger med i disse fænomener allerede, vil ikke behøve min hjælp.” “La formulazione di questo libro deriva, letteralmente, da una collezione personale di articoli e pubblicazioni mensili, dunque mi scuso se può risultare poco fluente ai lettori, in quanto l’organizzazione e l’espressione dei contenuti potrebbero essere confusionari. In ogni caso, (grazie a questa lettura) mi auguro che il lettore maturi un po’ di curiosità sull’argomento, perciò allego una breve lista di periodici, libri ed esposizioni che possono essere utili ad approfondirlo. Coloro che in prima persona hanno vissuto i fenomeni (mostre), non avranno bisogno del mio aiuto.92” La lista di cui Juhl parla è suddivisa in tre parti: Udstillinger, “Esposizioni”, tra cui sono presenti la Den Permanente e la Gilda degli Ebanisti; Bøger, “Libri”, che comprende i testi dei contemporanei Svend Erik Møller e Mogens Koch; e Tidsskrifter, “Giornali”, in cui l’architetto menziona Arkitekten, Interiors, Domus, Werk e Rum og Form. Il libro, oltre a fornire l’interpretazione di Finn Juhl sul tema dell’abitazione, consta di capitoli sulle tendenze architettoniche del tempo, intitolati Nye tendenser i hjemmets indretning, ovvero “Nuove tendenze per l’arredamento domestico”. I modelli studiati da Finn Juhl sono sia nazionali, come Kay Fisker ed Arne Jacobsen, che internazionali,

quali F. L. Wright, Alvar Aalto, Le Corbusier. L’opinione di Juhl in merito alla progettazione architettonica, è espressa inoltre in un articolo del 1949. “There are two ways to go: either to continue - consciously or unconsciously - misunderstanding the idea of the past and go on copying and daydreaming, or to understand the greatness and the idea of the past and create something that is just as appropriate for our time’s conditions, as the theater in Epidaurus was in its own time.93” L’architetto invita i progettisti ad ammirare i grandi maestri del passato e le loro opere maestose “coscientemente”, ossia tenendo conto della diversità delle condizioni presenti e dei cambiamenti socio-culturali della metà del XX secolo. Nell’anno 1954, Juhl viene incaricato di organizzare la mostra per il cinquantesimo anniversario della azienda Georg Jensen94, al Museo di Arte Decorativa di Copenhagen, allestita poi anche a Londra e negli Stati Uniti di America, con il titolo di 50 Years of Danish Silver95. Trascorsi cinquanta anni dalla fondazione del modesto laboratorio a Bredgade 36, si intende celebrare l’anniversario ed il periodo di prosperità dell’azienda96, assegnando a Juhl il compito di allestire un’esposizione su larga scala. Le aule del Museo di Arte decorativa hanno pavimentazione in piastrelle di marmo e pareti intonacate grigie che rendono l’ambiente interno poco luminoso e non consentono agli argenti di brillare; dunque Juhl escogita un sistema di progettazione per cui le pareti vengono coperte da lunghe pezze di tessuto ed i soffitti sono decorati con leggera stoffa cadente che, assieme ai tappeti di stuoia, guidano il visitatore stanza dopo stanza. Gli oggetti sono esposti su piani o di impiallacciatura di palissandro o dipinti di colore nero opaco, separati dai pavimenti grigi tramite dei pannelli di colori distinti. Soltanto i gioielli o gli oggetti di piccole dimensioni sono disposti dentro a vetrine.


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Le stanze si distinguono per raffinatezza ed eleganza, e l’esposizione riscuote tanto successo da far sì che Juhl sia incaricato di progettare l’adattamento della mostra, all’interno dei musei in cui si terrà successivamente. In seguito al progetto del negozio di New York ed all’esposizione per il cinquantesimo anniversario dalla fondazione, Finn Juhl è eletto architetto ufficiale della Georg Jensen. Sempre nel 1954, Finn Juhl ottiene il Premio Onorario per la progettazione dello stand danese alla X Triennale di Milano e due medaglie d’oro per il design degli arredi. La partecipazione di Finn Juhl alla Decima Triennale di Milano è importante in quanto l’istituzione vanta fama internazionale, ed in particolare modo nel dopoguerra è rinomata per la selezione accurata delle opere e la promozione di tendenze artistiche. Nel 1955, nella rivista Domus si commenta l’allestimento a cura dell’architetto così: “La poesia della Danimarca è nella plastica del legno, che avvicina le forme degli oggetti alle sculture, e in quella dell’argento97.” Il legno si riscontra nei pannelli divisori, negli arredi e nelle sculture, dell’artista Erik Thommesen; l’argento nei prodotti esposti, a cura di Kay Bojesen e prodotti dall’azienda George Jensen98. I curatori, Sergio Asti e Sergio Favre, sostengono: “We selected them for their quality of design. Some, such as those from Denmark, are priced beyond the reach of most of us, but they are included for their perfection of form and the possibilities they suggest. (…) The purpose of the Triennale is not only to inform, but to educate and direct thought. In formulating the basic principles of visual communication some constants must be kept in mind. (…) There were exhibited many “beautiful things” appreciated by the whole public - amateurs and professionals alike

- that set standards or examples to follow. (…) We would like this to sound as a wish from some young architects, trustful and confident as we are.99” L’allestimento si distingue per eleganza, sobrietà, e per gli oggetti industriali esposti; l’opera di Finn Juhl è esibita, accanto a quella di grandi maestri del design come Gio Ponti, Magnus Stephensen, ed altri. In merito, sulla rivista Domus si scrive: “Lo spirito danese è raffinato e riconoscibilissimo: forme plasmate con cura, forme che da un’origine quasi campagnola, di attrezzo contadino, sono portate ad una grande eleganza, approfondendo la naturale intensità formale degli utensili modellati da un lungo uso. (…) Esempio ne è l’ultima poltrona di Finn Juhl, con i braccioli piatti e a corde molli, semplice ma modellata in tutte le sue parti; e così l’altra sua poltrona imbottita, in cui lo schienale e il sedile sono tirati e modellati a meraviglia, essi stessi appoggiati su un trespolo semplice e solido di legno arrotondato, tipico danese.100” Dal 1954 al 1957, ha luogo Design in Scandinavia, una delle mostre promotrici del design scandinavo più note al mondo, allestita in più di venti città, negli Stati Uniti d’America ed in Canada, con circa 650.000 visitatori. La mostra è progettata dall’architetto Erik Herløw, e gli arredi di Finn Juhl sono in esposizione. Si può affermare che il periodo di Design in Scandinavia coincida con gli “anni d’oro”, il culmine del design scandinavo101. Secondo quanto scritto nel catalogo della mostra: ““Design in Scandinavia” was the first stateside exhibition of Scandinavian design to be curated by Scandinavians and to show furniture and objects from the region as both distinctive and of a piece. (…) Four committees of distinguished professionals were


Teatro Villabyernes Bio

L’unico esempio di architettura pubblica di Finn Juhl, il Teatro Villabyernes Bio a Gentofte (da Hiort E., Finn Juhl, 1990)


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appointed to propose representative articles from each of the four Scandinavian countries, and representatives of these groups formed the jury to select finally the objects for the exhibition.102” Nel 1955, Juhl si occupa del progetto dell’ufficio per il direttore dell’azienda France & Daverkosen, ad Ørholm, e di quello per il teatro Villabyernes Bio a Vangede103, che ottiene il riconoscimento d’onore dal Comune di Gentofte104. Il teatro Villabyernes Bio costituisce uno dei pochi esemplari di architettura pubblica realizzati da Finn Juhl, in quanto generalmente l’architetto si occupa di rifacimenti o progettazione di interni. L’edificio è composto da un grande cubo senza finestre, in mattoni gialli lucenti, che ospita la grande sala teatrale, e da un foyer rettangolare più basso, collocato ad un livello poco inferiore. All’ingresso nella sala teatrale si ha l’impressione che l’ambiente sia più grande di quanto sia in realtà e tale effetto è ottenuto grazie alle proporzioni dei due volumi ed alla pendenza del pavimento. Il pavimento è curvato in maniera da avere sedute disposte in pendenza dall’ingresso fino alla mezzeria, ed in lieve salita, dal centro della sala fino al palcoscenico. La quinta del palcoscenico presenta una grande tenda gialla, mentre le pareti laterali della sala sono dotate di pannelli di varie dimensioni, che in parte svolgono funzione decorativa, in parte servono l’impianto acustico ed elettrico. I pannelli sono di colore bianco, azzurro, acquamarina ed arancione oppure illustrano fotografie astratte in bianco e nero di Keld Helmer-Petesen105, pioniere del Modernismo Danese in fotografia. Il progetto, sebbene sia realizzato con materiali economici, si distingue per l’effetto spaziale creato e l’armonia dei colori. Nel 1955, Juhl progetta inoltre uno modello di appartamento per l’esposizione H55106, che si svolge ad Helsingborg, in Svezia, ed a cui partecipa anche Arne Jacobsen. La rivista Interiors dell’anno 1955 descrive Finn Juhl,

Hans Knoll, Paul McCobb, T. H. Robsjohn-Gibblings e Edward Wormley “five of the world’s most famous designers.107”



Pubblicità della “Panca” per Bovirke (da Hansen P. H., Finn Juhl and His House, 2014)


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Maturità

Nel 1956, Juhl è incaricato di allestire la mostra itinerante Neue Form aus Dånemark, che si sposta in otto città tedesche ed a Vienna, durante quell’anno ed il successivo. Contemporaneamente, egli inizia la collaborazione con la compagnia aerea SAS, Scandinavian Airlines System, per la progettazione, dapprima di biglietterie sparse in Europa e Asia, in seguito per l’arredamento degli aeroplani DC-8. Il successo in America ha reso l’architetto una celebrità a livello mondiale; perciò Finn Juhl è scelto come progettista della SAS, in quanto si vuole dare una nuova immagine pubblica alla società, che al tempo vive un periodo di prosperità economica108. Il periodico Berlinske Tidende scrive al riguardo: “(…) the architect Finn Juhl, who is internationally known, would be modernizing SAS’s 120 or so offices worldwide. The architect Finn Juhl is taking a short vacation before he tackles this expansive task. The offices were to become a place where passengers could enjoy the warmth and humanity associated with Scandinavian comfort (…)109”

Al principio la commissione prevede la progettazione di trentatré biglietterie, di cui alcune solamente da rimodernare, e la maggior parte da disegnare ex novo. L’incarico è arduo, richiede capacità progettuali ad hoc ed inoltre Juhl non ha nessun riferimento in materia, dato che le biglietterie solitamente sono spoglie, fredde e carenti di arredi, ad eccezione di posters con mappe del mondo appesi alle pareti o pratici banconi110. Nonostante la difficoltà e la mole dell’incarico, Juhl è desideroso di affrontare la progettazione di questi luoghi pubblici spesso sottovalutati dal punto di vista architettonico, in quanto intende rivalutarli, renderli accoglienti e gradevoli, dotandoli di arredi di qualità ed opere d’arte. Juhl vuole dare la la sensazione di trovarsi all’interno di un salotto elegante, ma arredato con semplicità. Due anni dopo111, la prima biglietteria SAS arredata da Finn Juhl viene inaugurata a Gothenburg. Talvolta si riscontrano incongruenze tra il progetto originale e la realizzazione, in quanto, essendo le sedi in città lontane l’una dall’altra, Juhl non ha possibilità di revisionare costantemente il lavoro112. L’architetto propone di inserire opere d’arte nelle biglietterie, e la compagnia aerea inizialmente accetta il


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suggerimento, a patto che si tratti di pezzi di alta qualità e realizzati da un artista conosciuto, ma in seguito non prende provvedimenti, in quanto si tratta di un investimento economico notevole. Per la biglietteria di Parigi113, Juhl propone sculture di Giacometti114, che al tempo vive nella città. Intorno agli anni Sessanta, SAS decide di interrompere la realizzazione delle biglietterie, forse a causa di problemi finanziari; ciò nonostante, Finn Juhl riesce a lasciare in alcuni casi un’impronta della sua maniera progettuale115. Sempre nel 1956, Juhl è incaricato di progettare gli interni del DC-8116, nuovo modello di aeroplano dall’aspetto aerodinamico, brevettato da SAS. L’aereo è considerato, sin dai dettami del Futurismo, il mezzo di trasporto più innovativo e radicale del XX secolo. L’incarico viene affidato a Juhl nel Dicembre del 1956, quando egli è in viaggio verso gli Stati Uniti d’America assieme al direttore svedese della SAS, Rune Monö, ed il collega ed architetto norvegese, Jacob Kielland-Brandt. In quell’occasione, Juhl ha la possibilità di vedere un mock-up di DC-8 e gli vengono illustrate le mansioni e le scadenze. Il disegno del progetto deve essere terminato entro il 26 Luglio del 1957, ed entro il Novembre dello stesso anno anche i colori devono essere stabiliti. Dapprima, Juhl vuole riprogettare i sedili dell’aeromobile, perché li reputa convenzionali e poco eleganti, ma in seguito si accorge che si tratta di un lavoro troppo complicato, che necessita di abilità specifiche, in quanto ciascuna seduta è dotata di luce, scompartimento per maschera ad ossigeno e salvagente, bocchetta per l’aria condizionata, ripiano pieghevole, portacenere, e tutto ciò deve essere disposto conformemente a particolari misure di sicurezza. Dopodiché, l’architetto incentra il lavoro sulla progettazione di spazi comuni come corridoio, bagni, ambiente del personale, e sulla scelta di colori, tessuti ed illuminazione. Il risultato è un veicolo di aspetto gradevole, caratterizzato da colori accesi e contrastanti, che variano a

seconda delle zone dell’aeroplano117. Nel 1956, Juhl progetta inoltre l’arredamento del negozio dell’azienda Georg Jensen a Toronto, in Canada. Nell’anno 1957, l’architetto decide di spostare la sede professionale a Sølvgade 38, nel quartiere est di Copenhagen, Østerbro, in quanto si necessita di maggiore spazio: le commissioni sono in aumento118, così come il personale dell’ufficio. L’ambiente di Sølvgade è spazioso e funzionale, ed è dotato di spazi ricreativi, come salotto, cucina e sala da pranzo, oltre che di grandi piani di lavoro, disposti in fila uno dietro l’altro. Lo spazio presenta pavimento in parquet, pareti in cemento a vista, copertura leggermente inclinata con lucernari, che garantiscono l’ingresso di luce naturale, ed è arredato con i mobili di Juhl ed opere d’arte di artisti contemporanei, come Erik Thommesen e Vilhelm Lundstrøm. Nell’anno 1957, Juhl termina la collaborazione con l’ebanista Niels Vodder, ed i due si presentano assieme per l’ultima volta alla mostra annuale della Gilda degli Ebanisti. In una lettera privata all’architetto, Vodder sostiene: “We have probably been working together for 30 years. You designed interesting furniture in designs that were difficult to make and with untraditional joinery. I thought it was a good challenge to tackle and tried to do the best I could.119” Durante quell’anno, inoltre Juhl nuovamente partecipa alla Triennale di Milano e svolge una commissione per George Jensen A/S, che lo incarica di rimodernare, assieme all’architetto inglese Trevor Danatt, lo store dell’azienda su New Bond Street a Londra. Nel 1957, i temi trattati all’Undicesima Triennale di Milano sono “le relazioni fra le arti, l’architettura moderna, le produzioni d’arte e l’industrial design”; e Finn Juhl è premiato con due medaglie d’oro per la progettazione dei suoi arredi. “Presenza importante nella sezione danese è quella di


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Finn Juhl. Egli, per la sua tendenza ad opporsi al geometrismo, alla rigidità delle forme, può essere inquadrato nel movimento organico. Al gusto del “quadrato” allora imperante nell’architettura, in Juhl, come in tutta una serie di architetti e designers nordici in quel periodo, subentra l’interesse per una molteplicità di forme ondulate, sempre però attente alla reale funzione dell’oggetto. Nelle sue creazioni non vi è posto per vani ornamenti o elementi superflui. La bellezza dell’oggetto sta nella scelta dei materiali, nella razionale eleganza degli elementi che servono alla fruizione dell’oggetto stesso.120” Per l’occasione, il parco della Triennale presenta padiglioni collegati tra loro da passaggi coperti. Lo stand della Danimarca nella sezione intitolata Mostra Internazionale dell’Abitazione, International Housing Exhibition, è progettato da Finn Juhl. “La mostra si propone di illustrare alloggi caratteristici di vari Paesi e nazioni, intesi non nelle loro tipiche distribuzioni architettoniche, ma come complessi di mobili.121” Nella sezione delle arti decorative danesi, Finn Juhl espone alcuni arredi realizzati da Niels Vodder, tra cui il tavolo in legno con sedute che viene premiato, ed altri prodotti dall’azienda Bovirke, tra cui la libreria che ottiene la seconda medaglia d’oro. A partire dagli anni Sessanta, si assiste ad un graduale declino del fenomeno cosiddetto “The Golden Age of Danish design”, e così anche della fortuna dell’architetto. I critici sono scioccati dagli arredi nuovi e provocatori, che in quegli anni compaiono alle esposizioni della Gilda, come i mobili dei designer Peter Karpft e Gunnar Aagaard Andersen, che scandalizzano i visitatori con un’estetica ormai lontana dai dettami di Kaare Klint e dalle tendenze degli anni Cinquanta. Finn Juhl stesso afferma: “(…) with respect to Danish furniture design, no longer proffered anything new, but simply continuing within the already established framework.

(…) However, we have a great interest in studying new materials and new production methods, and out of this will come a new international outlook.122” Già durante la collaborazione con SAS, alcuni dei lavori dell’architetto non vengono portati a termine, ed in seguito arredi che Juhl disegna, per le aziende Bovirke, France & Søn e Fritz Hansen, non vanno in produzione. Nell’anno 1959, oltretutto Marianne Riis-Carstensen si dimette dall’ufficio di Finn Juhl. Ella sostiene che, a partire dal 1954, quando viene scelto Ole Wanscher, anziché Finn Juhl, come successore di Kaare Klint alla Scuola di Architettura di Copenhagen, inizi lentamente il declino della carriera dell’architetto. In merito alle delusioni che Finn Juhl vive al volgere degli anni Sessanta, Marianne racconta: “He was unhappy and wept, “Now I won’t have your beautiful drawings123”. (…) It did not improve the situation that this coincided with the difficult time when Finn Juhl had given notice in his job at the School of Interior Design in hope of taking over the chair at the Furniture School of the Royal Academy of Fine Arts after the famous Kaare Klint, who had passed away in 1954. The chair went instead to Ole Wanscher, and Finn Juhl once more felt confirmed in his view that he was essentially perceived as “unDanish” in many people’s eyes, and he was not seen as someone who could embody the core qualities of Danish furniture design124.” Nonostante gli esiti positivi degli anni Cinquanta, l’architetto si sente rifiutato dalla società del suo tempo; e pensa di non essere reputato all’altezza di K. Klint, pioniere del movimento moderno danese. Ciò nonostante, nell’anno 1960, Finn Juhl è incaricato di arredare la residenza a Washington D.C. dell’ambasciatore americano della Danimarca, che all’esterno viene progettata dal maestro Vilhelm Lauritzen125.


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Il progetto degli interni si contraddistingue per l’eleganza e la sfarzosità degli arredi. “Weitere Möbel und Innenräume wurden von Finn Juhl entworfen. Die Farben der Vorhänge, welche die Glaswände bedecken, gehen von Dunkelgrau bis Weiß. Andere, wie im Eßraum der Angestellten, sind hellzitronengelb. In den Botschafterräumen kontrastieren die Böden aus Teakholz mit den Decken aus amerikanischer Kiefer. Nils Kahler126 entwarf sandfarbene Töpfe für die Zimmerpflanzen. Aus allen Räumen des Wohnteils kann man, durch horizontal verschiebbare Türen, die Terrasse betreten. Eine Abtrennung der Terrasse trägt ein launiges Mosaik aus Keramikscherben von Henrik Starke. Die andere Seite dieser Wand zeigt ein Blumenmuster aus Kupferkieseln. Ein senkrechtes Muster aus unglasierten Ziegeln bildet die Außenwand der Angestelltenwohnungen gegen das Schwimmbad. So wurde versucht, das Gesandtschaftsgebäude zu einem repräsentativen Schaukasten dänischer Innenarchitektur auszugestalten.” “I mobili e gli spazi interni sono stati progettati da Finn Juhl. I colori delle tende, che coprono le pareti vetrate, variano dal grigio scuro al bianco. Altre, come quelle nella sala da pranzo dei dipendenti, sono di colore giallo acceso. Negli ambienti degli ambasciatori, i pavimenti in teak contrastano con i soffitti in legno di pino americano. Nils Kähler ha progettato i vasi color sabbia per le piante della casa. Dalla zona giorno si può accedere alla terrazza tramite porte scorrevoli. Una parete della terrazza è coperta da un mosaico in ceramica di Henrik Starke. L’altro lato di questa parete mostra un motivo floreale in rame. Un disegno verticale, in piastrelle non smaltate, caratterizza la parete esterna degli edifici residenziali orientati verso la piscina. Così è stato fatto il tentativo di trasformare l’edificio dell’ambasciata nella vetrina rappresentativa del design d’interni danese.127” La realizzazione tuttavia non risulta del tutto fedele all’arredamento voluto da Juhl, il quale è costretto a rinunciare ad alcune scelte progettuali, a causa di ca-

renza di fondi da parte dello Stato. Si narra che l’architetto volesse a tutti i costi che la terrazza dell’abitazione fosse dotata di sedie in teak di Kaare Klint, ma che, per il costo elevato, ciò gli venga negato. Finn Juhl decide di pagare in persona il prezzo delle sedute. Sempre nel 1960, Juhl progetta il trofeo per il Premio Internazionale Kaufmann, ed è incaricato di allestire la più grande mostra sull’arte danese della storia, che si intitola The Arts of Denmark, e viene allestita dapprima al MoMa di New York, in seguito a Washington D.C. e San Francisco. Il Kaufmann International Design Award è un premio che viene assegnato a coloro che, attraverso il loro lavoro o insegnamento, danno dato un contributo significativo nel campo dell’industrial design; e non appena viene istituito, Edgar Kaufmann Jr. ha in mente la figura a cui affidare la progettazione del trofeo128. Finn Juhl trae ispirazione dall’antico simbolo cinese Yüan-Kuei, che in passato gli antichi imperatori assegnano in segno di onore e di merito. L’oggetto è inserito in una scatola di legno di cipresso giapponese hinoki, ed è allegato ad una targhetta in argento, con inciso il titolo. Il trofeo si ispira alla cultura antica di un altro continente per il valore internazionale e l’espressione di unione tra vecchio e nuovo che contraddistinguono il Premio Internazionale Kaufmann. Se in origine il simbolo del Yüan-Kuei è di pietra giada, Finn Juhl decide di farlo produrre in cristallo dalla ditta svedese Orrefors Glassworks. Il legno129 utilizzato per la custodia è quello dell’hinoki, albero considerato sacro in Giappone e che tradizionalmente viene impiegato per palazzi e templi prestigiosi. L’interno della scatola è in parte dipinto di colore blu scuro, in parte presenta intarsi in palissandro. La custodia è prodotta artigianalmente dall’ebanista J. Pontoppidan, con il quale Juhl inizia a collaborare proprio in quegli anni; mentre la targhetta in argento è realizzata dall’azienda Georg Jensen.


Christian Enevoldsen stipula la Guida all’Architettura Moderna di Copenhagen, nel Maggio 1962. Tra gli edifici segnalati si ha l’aeroporto di Kastrup di Juhl e Lauritzen, il negozio Bing & Grøndhal ed il Teatro Villabyernes Bio (da “Architectural Design”, 1962)


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In seguito all’assegnazione del premio, Charles e Ray Eames scrivono un telegramma di ringraziamento a Finn Juhl, il quale non è potuto essere presente all’evento. “THANK YOU DEAR FINN IT IS BEAUTIFULLY CONCEIVED AND BEAUTIFULLY EXECUTED AND WE ARE GRATEFUL FOR YOUR LOVING CARE AND SAD THAT YOU WERE NOT THERE WITH US TO SHARE THE OCCASION AND THE WARM FEELING - CHARLES AND RAY130” Nel 1961, il premio viene assegnato all’architetto Walter Gropius, pioniere del Bauhaus, e nell’anno 1962 all’azienda Olivetti di Milano. Del trofeo di Finn Juhl esistono solo quattro copie. The Arts of Denmark, Viking to Modern, al MoMa di New York, nell’anno 1960, rappresenta una delle mostre più celebri, ed al contempo dibattute del XX secolo, riguardanti le arti applicate danesi; ed abbraccia un arco temporale che va dall’Età della Pietra al Movimento Moderno. Finn Juhl è incaricato ufficialmente dal Re Federico IX e dal Presidente americano, Dwight David Eisenhower, di allestire l’esposizione, per cui viene previsto un sistema di tende, in stoffa leggera e colorata, che donano uniformità al percorso espositivo, all’interno di sale sobrie e ben illuminate. La mostra è discussa dai critici del tempo per le opere selezionate, che appaiono, sebbene appartenenti a momenti storici differenti, connotate da una certa omogeneità. Nel 1961, Finn Juhl divorzia da Inge-Marie Skaarups ed ha luogo il matrimonio civile con Hanne Wilhelm Hansen, capo della nota compagnia musicale Wilhelm Hansen Fonden131. Hanne e Juhl condividono molti interessi, tra cui quello per la musica132 e per l’arte. Juhl stesso racconta:

“My wife stimulates me very much and criticizes me very, very much, and altogether keeps me alive and working, (…).133” Allo stesso modo, Hanne riporta: “Finn Juhl and I met 30 years ago and our life together began when we were both very busy - Finn as an architect dealing with houses and furniture and I as a publisher for composers and dramatists. We both shared the same interest in all kinds of art and Finn knew a tremendous amount about pictorial art as well as about music and architecture.134” Nel 1961, Juhl partecipa alla mostra della Gilda degli Ebanisti135 assieme all’ebanista L. Pontoppidan, ed espone il set di arredi da camera da letto, che progetta per la seconda moglie Hanne Hansen. La composizione di arredi consiste in due sedie, una cassettiera ed un letto, che per l’occasione sono collocati accanto ad un dipinto di Vilhelm Lundstrøm ed una statua di Erik Thommesen. I mobili, che in seguito Juhl adotta nella camera da letto della sua dimora, ampliata nel 1957, presentano colori pastello, che riprendono le tonalità cromatiche utilizzate nel dipinto di Lundstrøm. In seguito all’esposizione della Gilda, i commenti sono i seguenti: “Denmark’s famous furniture designer Finn Juhl goes his own way employing - unlike any other - a festive and powerful symphony of colors in the bedroom he has designed (…)136” Nanna Ditzel137 dichiara che gli arredi di Juhl illustrano “in form and color, a world of its own, one that people can respond to according to their own temperament, (but) impossible to ignore138”. Svend Erik Møller, che solitamente è un ammiratore dei lavori di Finn Juhl, stavolta commenta che le sedie appaiono “feminine and downright uncomfortable.139” Quello stesso anno, Juhl inizia inoltre la progettazione


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per la residenza estiva del Sig. Anders Hostrup-Pedersen140, ambasciatore delegato della George Jensen. Nel 1963, Finn Juhl progetta l’ampliamento per il negozio Bing & Grøndhal, e l’anno successivo, nel 1964, ottiene il Premio A.I.D. per il design, a Chicago141. I progetti architettonici realizzati nel periodo di maturità dell’architetto sono gli interni del ristorante dell’Hotel Richmond142 di Copenhagen, nel 1965; ed il rifacimento dello store Wilhelm Hansen Musikforlag, a Gothersgade, nel 1966. Originariamente, il ristorante dell’Hotel Richmond è formato da una stanza di piccole dimensioni143, e vi è possibile accedere solo dalla lobby dell’albergo. Finn Juhl organizza lo spazio in due zone, distinte grazie alla creazione di un soffitto a cassettoni, in listelli di legno, che fa sì che le due aree della sala abbiano altezze distinte. L’area più bassa della sala presenta delle schermature leggere che permettono di separarla dal resto della stanza, in occasione di piccole cerimonie. Le lampade, della collezione Lyfa, sono in ottone lucido, mentre la maggior parte dei dettagli e degli arredi è in pino dell’Oregon, così come le sedie, con braccioli particolarmente corti, realizzate da L. Pontoppidan. Ciascun tavolo è corredato da sedute dall’imbottitura in lana grigia, cuscini in morbida seta blu thailandese, e presenta rifiniture in legno nero laccato. Sulle scelte stilistiche, Juhl sostiene: “Come si può notare qua sotto (immagine), questo ristorante è tipico di un hotel, in quanto deve essere utilizzato dalla mattina presto fino a tarda notte. Dunque è necessario enfatizzare l’aspetto semplice, i materiali, ed i colori netti, che risaltano sia con la luce naturale durante il giorno, che con l’illuminazione artificiale.144” Il negozio di musica della Casa musicale Wilhelm Hansen, al numero 9 di Gothersgade, nel centro di Copenhagen, è progettato nel 1916 dall’architetto Gotfred Tvede145. La sala del negozio è di grandi dimensioni146 e dotata di due gallerie, disposte una su di un lato, una sull’al-

tro, raggiungibili tramite quattro imponenti scale a chiocciola. Le pareti delle gallerie sono costituite da mensole e ripiani, mentre al piano inferiore sono presenti librerie a muro. Il progetto di ristrutturazione di Finn Juhl è conservativo: l’architetto decide di non modificare l’aspetto originale della sala, se non dimezzando il numero delle scale a chiocciola; bensì di dotarla di nuovi banconi, con tonalità cromatiche gialle e blu, piano di appoggio in formica e supporto sottile metallico. Al principio, Juhl intende dotare l’ambiente delle lampade iconiche Artichoke di Poul Henningsen; ma in seguito decide di lasciare l’illuminazione originaria a cura dell’architetto Palle Suenson147. Sempre nell’anno 1966, l’architetto sposta la sede professionale a casa propria, dove lavora con un solo impiegato. Marianne Riis-Carstensen racconta: “In many ways, this was a time of decline for Finn Juhl. In the 1960s, the commissions began to dwindle. His staff was reduced, and in 1966, he moved his drawing office to his private home in Ordrup with just one employee. In 1974, there was only Finn Juhl.148” Dalla fine degli anni Sessanta all’anno della sua morte, Finn Juhl si occupa esclusivamente di allestimenti di mostre retrospettive sul Danish Design o sulle sue opere. Oltre ad esposizioni minori che organizza per la Società delle Arti Applicate Danesi, durante gli anni Sessanta, Juhl allestisce la mostra Two Centuries of Danish Design, nel 1968149. Esattamente venti anni dopo la mostra di Kaare Klint al Victoria & Albert Museum, Finn Juhl progetta l’esposizione Two Centuries of Danish Design, che ha luogo a Londra dal 18 Aprile al 3 Giugno del 1968150. Differentemente dall’esposizione del suo predecessore, Juhl decide di incentrare la mostra su prodotti di design contemporanei. Secondo quanto sostiene E. Hiort, autore del catalo-


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go della mostra e della monografia su F. Juhl151, l’idea dell’esposizione si ha già nel 1966; si tratta di un evento tanto atteso che Anders Hostrup-Pedersen, lo Stato Danese152, la Corona Britannica153, numerosi musei della Danimarca, la Reale Accademia delle Belle Arti e celebri personaggi ne rendono possibile la realizzazione, dando contributi finanziari e supportando l’allestimento. Anche in questo caso non venne a mancare la critica da parte della stampa, non di quella britannica, che elogia l’esposizione, bensì di quella danese. Si giudica l’esposizione retrospettiva e malinconica, tanto è vero che Sved Erik Møller scrive sulla rivista Politiken: “An atmospheric funeral in London for everything that took Denmark to the top of the international world of design (…)154” Ad essere criticato è anche stavolta il contenuto dell’esposizione, giacchè l’allestimento, a cura di Juhl, è applaudito dallo stesso S. E. Møller. Esbjørn Hiort, sostiene: “Finn Juhl aveva una visione aristocratica della vita ed è stato un esteta fino alla punta delle dita. Lavorare con lui per esempio, per una commissione, (ad esempio, durante l’esposizione del Victoria & Albert nel 1968, in cui io stesso mi sono adoperato) è un’esperienza molto stimolante - ed io me ne sono subito accorto. Considerazioni sull’aspetto economico e gli affari pratici non fanno al caso suo. La soluzione che egli sceglie è sempre quella corretta esteticamente, estetica che a lui sta come alfa ad omega. Egli ha abbellito la sua vita grazie al suo lavoro ed ha ottenuto risultati bellissimi.155” Analogamente alla mostra del MoMa di New York nel 1960, le istituzioni culturali richiedono la presentazione di modelli di arte applicata danese risalenti inoltre di antica origine156. Juhl decide di collocare gli oggetti antichi all’interno del foyer, così che risultino di introduzione agli artico-

li di epoca contemporanea. Dapprima l’architetto pensa di progettare apposite strutture espositive, ma in seguito alla visita del sito, si accorge che il budget è da spendere nel rimodernamento dell’ambiente interno, caratterizzato da sale spoglie, alte 5 metri, e senza illuminazione naturale. Egli decide di progettare delle “stanze all’interno della stanza157”, grazie all’utilizzo del sistema di vetrine Abstracta, prodotte da Poul Cadovius158. Abstracta è un sistema molto versatile che permette a Juhl di creare ambienti distinti all’interno della grande sala, facendo in modo che non vi sia una sensazione di dispersione, bensì, grazie anche all’utilizzo di lunghe tende bianche, il visitatore sia guidato nel percorso espositivo. Il risultato è di grande successo, tanto che lo stesso anno la mostra viene esposta anche a Glasgow e Manchester, con il titolo A Century of Danish Design, in quanto vengono omesse le opere del periodo più antico. L’allestimento di Manchester è il più memorabile dei tre, in quanto le stanze della Whitworth Art Gallery sono ben illuminate e dotate di materiali di alta qualità. Nel 1969, la Società Danese di Arti Applicate affida a Juhl l’incarico di allestire la sezione di design alla mostra The Salle d’Exposition des Méteriers d’Art, a Brussels159. Il direttore Bent Salicath, scrive in ringraziamento a Finn Juhl: “And there the exhibition was. Without any sign of the difficulties that had preceded it. Melodious in its composition, and with a central theme maintained that completely changed the character of the room and gave it a wholly new expression. There might be details with a view to the objects chosen that could perhaps have been carried out even better if the overall impression and accentuation provided by the placement of the object gave a rhythm and melody to the tone set. Personally, I would not have been afraid to move this exhibition to a Triennial, since it gave a distinctive, uniform expression whi-


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ch held a standard. This is precisely where the difference between being a skilled decorator and being an artist lies, even though the commission is presumably the same.160” Questa è l’ultima grande esposizione di Finn Juhl per la Società Danese di Arti Applicate161. Un anno dopo, nel 1970, avviene una mostra retrospettiva sull’opera di Juhl, al Palazzo di Charlottenborg, durante l’edizione autunnale. Nell’anno 1971, l’architetto smette di esercitare la professione di architetto e riceve l’offerta statale per la pensione. Dal Settembre all’Ottobre del 1973, il lavoro di Juhl è esposto alla Decima Mostra Selettiva del Mobile di Cantù, assieme alle opere di “Grandi Designers162” come Alvar Aalto, Albini, Caccia Dominioni, De Carli, Gardella, Magistretti, Gio Ponti, e Zanuso. Fredrik Fogh163, scrive in merito a Finn Juhl: “Ma forse la migliore testimonianza della validità del suo design e della sua abilità tecnica si vede alla Mostra personale di Cantù. I mobili esposti sono stati quasi tutti eseguiti venti-trent’anni fa, usati tutti i giorni e trascinati di mostra in mostra in tutto il mondo e tuttavia sono ancora perfetti. Non c’è un incastro che abbia ceduto, né un pezzo di cuoio che si sia screpolato, anzi i mobili hanno ora quella patina che solo il tempo sa dare ad oggetti di alto pregio: il cuoio maculato ed ammorbidito, il legno levigato dalle mani e dalla luce del sole. Ecco come si è avverato quello che trent’anni fa esisteva solo nell’immaginazione del designer come un futuro arricchimento e verifica delle sue capacità creative.164” Sebbene le commissioni siano ormai terminate, l’architetto vive un periodo di celebrazione della sua attività passata. Nel 1978, the Royal Societ of Arts di Londra conferisce a Finn Juhl il titolo Honorary Royal Designer for Industry (HonRDI), onore che fino ad allora è stato assegnato a pochi altri designers danesi; e qualche anno dopo, nel 1982, il Museo di Arte Decorativa di Copenhagen decide di festeggiare i settanta anni dell’ar-

chitetto, con una mostra retrospettiva sul suo lavoro. Il direttore Erik Lassen, che in principio non è un suo ammiratore, è fiero di ospitare le opere di Finn Juhl al Museo di Arte Decorativa di Copenhagen, e rimpiange di non avere compreso prima la nota innovativa dell’architetto. In occasione del settantesimo compleanno dell’architetto, il periodico danese Jyllands-Posten scrive: “Arkitekt Finn Juhl, Kratvænget 15, Charlottenlund, fylder lørdag 70 år. For fire år siden modtog den danske møbelarkitekt en ad Storbritanniens fornemste anrkendelser, The Diploma of Honorary Royal Design for Industry. Denne udmærkelse var den foreløbig sidste ad en meget land række omfattende bl. a. Eckersbergmedaillen, æresdiplom og ikke færre end fem guldmedaljer fra Triennaler i Milano og præmiering. (…) L’Architetto Finn Juhl, di Kratvænget 15, Charlottenlund, compie sabato 70 anni. Quattro anni fa, il designer della mobilia danese ha ricevuto uno dei più noti titoli britannici, il diploma di onorario reale di design per l’industria. Questo premio è stato l’ultimo di una lunga serie tra cui la medaglia Eckersberg, il diploma onorario e non meno di cinque medaglie d’oro alle Triennali di Milano ed altri.165” Nel 1984, Juhl viene inoltre eletto Cavaliere dell’Ordine di Dannebrog. Il 17 Maggio 1989, alle ore 00.30166, Finn Juhl muore all’età di settantasette anni167. Un anno più tardi in Giappone, un gruppo di volontari allestisce la mostra memoriale in onore dell’architetto Finn Juhl’s memorial Exhibition168, da cui deriva l’omonimo catalogo. Makoto Shimazaki, collega di Finn Juhl e professore all’Università d’Arte di Musashino, si esprime così, in merito alla morte dell’architetto: “During the 1970s I had several opportunities to visit him. At that time he appeared to have aged considerably, and his interests seemed to have shifted from design itself to education about interior design.


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The deaths of Finn Juhl in May 1989 and the Finnish designer, Kaj Franck in September 1989 mark a turning point in the New Design era. Many of us in the field of design hope that a reassessment of their achievements will lead to a new Scandinavian design reinaissance.169” Il collega e mecenate Edgar Kaufmann Jr., compara la figura di Finn Juhl all’architetto settecentesco E.L. Boullèe, che in un secolo di classicismi si distingue per la sua creatività. Kaufmann Jr. sostiene che operare in modo rivoluzionario significa produrre capolavori, che facciano sì che abbia luogo un cambiamento nella società e nell’architettura, e non siano solo atti brevi e passeggeri. “We are not living in the 18th century, nor in a museum gallery. What we need are masterpieces of design, forms that accept, embody, and heighten the ways we want to be, the way we know to do. What is once designed thus serves and helps us in a thousand replicas and in more then thousand variations: here the processes are purely servants to design, not design the servant of the processes. And here I find Finn Juhl. His forms are as masterful, now as when they were now. They are capable of a plentitude of embodiments still unexplored. Juhl is no performer, he is creater. We need more of him.170” In un articolo di Domus del 1950, G. B. De Scarpis scrive: “L’aspetto più saliente dell’arte danese è l’assenza di ogni formalità, lo spirito domestico che anima ed ispira ogni sua forma, si chiami essa architettura, pittura, scultura, arte applicata. (…) Presentando Finn Juhl, architetto, arredatore, ideatore di mobili e ceramiche, avviciniamo il pubblico italiano ad uno dei rappresentanti più significativi della giovane scuola danese, e ad un artista che assomma a queste prerogative nordiche una sensibilità, una immaginazione, un eclettismo umanistico sorprendenti.

(…) Si può dire che tutta la Danimarca è un laboratorio: capacità e virtù riunite, operano ovunque, in ogni settore, al servizio del benessere civile. Finn Juhl dirige un reparto.171”


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Ristorante dell’Hotel Richmond di Copenhagen (fotografia di Keld Helmer-Petersen, dall’archivio online di Danmark Kunstbibliotek, 1961)


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Note

1 Vedi Dødsfald, Arkitekt Finn Juhl, in “Politiken”, 18 Maggio 1989. Trad. a cura dell’autore. 2 Vedi Dødsfal, in “Berlingske”, 18 Maggio 1989. 3 Frederiksberg è un enclave all’interno della città di Copenhagen, comune abitato da circa 90.000 abitanti. Esso ha superficie complessiva di 8,7 kmq, ed è il quinto comune più piccolo del Paese, in termini di superficie, ed il più densamente popolato. www.svoemmehal.frederiksberg.dk 4 Cfr. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 8; in “Politiken”, 9 Novembre 1982. 5 Sankt Jørgens Gymnasium è un liceo situato a Frederiksberg, fondato nell’anno 1858 e chiuso nel 1991. Dalla prima metà degli anni Venti, la scuola è considerata una delle istituzioni più elitarie della Danimarca, dove insegnano professori altamente competenti. Cfr. www.danskkulturarv.dk. 6 La Reale Accademia di Belle Arti di Copenhagen è considerata un’istituzione prestigiosa in Danimarca, inaugurata nell’anno 1754 e tuttora esistente. La sede originaria è il Palazzo di Charlottenborg a Kogens Nytorv, cuore della città di Copenhagen, laddove Finn Juhl porta avanti gli studi di architettura. Oggigiorno l’Accademia offre piani di studio orientati verso diversi settori artistici e creativi come l’architettura, il restauro, il design, l’urbanistica, l’architettura del paesaggio, la moda, le arti visive e molto altro. L’istituto è dotato di nove dipartimenti e di sei sedi affiliate. Molti architetti danesi conosciuti a livello mondiale hanno studiato presso la Scuola di Architettura della Reale Accademia di Belle Arti, tra cui: Finn Juhl, Arne Jacobsen, Bjarke Ingels, e molti altri. Cfr. www.kunstakademiet.dk. 7 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 8; in “Arkitektens Ugehefte”, 1939, pp. 190. 8 Vedi nota 3. 9 Finn Juhl è affascinato inoltre dalle figure di Steen Eiler Rasmussen e Wilhelm Wanscher, entrambi professori all’Accademia Reale di Belle Arti. Secondo il parere dell’architetto, le loro letture sulla storia dell’architettura sono lodevoli. Cfr. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 9. 10 Vilhelm Lauritzen oltre ad esercitare la professione di architetto nel proprio studio, è professore alla Reale Accademia delle Belle Arti di Copenhagen, dal 1926. 11 Per quanto riguarda i modelli statunitensi, i primi esempi di casa unifamiliare moderna risalgono al primo decennio del XX secolo con le Prairie Houses a Taliesin East (1911-25) e Taliesin West (1938) di Frank Lloyd Wright. Vedi Tobias F., Scandinavian Modern Houses, The Spirit of Nordic Light, Vol.1, Copenhagen 2004, pp. 9. 12 Gerrit Rietveld progetta la Casa Schröder a Utrecht nel 1924, esempio radicale di villa moderna unifamiliare della prima metà del XX secolo. Vedi Tobias F., Scandinavian Modern Houses, The Spirit of Nordic Light, Vol.1, Copenhagen 2004, pp. 9. 13 Gunnar Asplund costruisce la sua personale modesta casa estiva nel 1937; Alvar Aalto progetta uno dei suoi capolavori, Villa Mairea, nel 1939. Vedi Tobias F., Scandinavian Modern Houses, The Spirit of Nordic Light, Vol.1, Copenhagen 2004, pp. 10. 14 Vedi Fisker K., Die Moral des Funktionalismus, in “Das Werk”, 35, 1948, pp. 131-134. Trad. a cura dell’autore. 15 Kay Fisker, oltre ad essere tra i professori più qualificati della Scuola di Architettura, eccezionale oratore, memorabile per le lezioni di storia dell’architettura dai contenuti innovativi, è tra i portavoce degli esiti dell’Esposizione di Stoccolma e fautore dell’introduzione del movimento moderno in Danimarca. 16 Cfr. Dødsfald, Arkitekt Finn Juhl, in “Politiken”, 18 Maggio 1989. Trad. a cura dell’autore. 17 Oltre alle tendenze neo-romantiche e gli stili legati al fenomeno dell’art nouveau francese, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, la corrente artistica preponderante in Danimarca è il neoclassicismo, che prende campo dal 1910 e si prolunga per circa due decadi. Allo stesso modo Kay Fisker presenta caratteri neoclassici nelle opere del primo periodo come nel progetto di social housing Hornbaekhus (1922). Si tratta di blocchi di appartamenti con corte rettangolare al centro e facciate simmetriche in mattoni, attraversate da file uniformi di finestre identiche. In una delle sue prime pubblicazioni, intitolata Modern Danish Architecture (1927), in collaborazione con F. R. Yerbury, Fisker ritiene che lo stile neoclassico è al tempo il più adeguato per senso di regolarità, cura della forma e preoccupazione della distribuzione. Certi principi, sebbene la tendenza funzionalista del 1930, persistono anche nel periodo maturo di Fisker. Cfr. J. K. Olivarez, Fisker Kay 1893-1965, Encyclopedia of Twentieth Century Architecture, New York, 2004; Ray S., L’architettura moderna nei paesi scandinavi, a cura di Benevolo L., Rocca San Casciano, 1965; Faber T., Nuova architettura danese, Milano, 1968. 18 Kay Fisker (1893- 1965), dapprima studente poi professore alla Scuola di Architettura della Reale Accademia di Belle Arti, è considerato uno dei più importanti architetti danesi, tra XIX e XX secolo. In gioventù egli lavora con distinte figure creative della sua epoca come: Anthon Rosen, il principale esponente della corrente art nouveau in Danimarca; Sigurd Lewerentz e Gunnar Asplund, autori del celebre progetto Skogskyrkogården, nel Bosco di Enskede, e progettisti dell’Esposizione di Stoccolma del 1930; Hack Kampmann, tra i migliori rappresentanti del neoclassicismo danese. Egli è la figura che meglio incarna l’equilibrio tra tradizione e modernità nel periodo di transizione di distinti stili architettonici. Fisker è sia influenzato dalla tradizione scandinava e dal vernacolare nordeuropeo, sia attivo in dibattiti con il fine di promuovere l’introduzione del movimento moderno in Danimarca. Vedi Fisker K., Knud M., Danske arkitekturstromninger 1850-1950: en arkitekturhistorisk undersogelse, Copenhagen, 1977; Fisker K., Die Moral des Funktionalismus, in “Das Werk”, 35, 1948, pp. 131-134.


85 19 Vilhelm Lauritzen (1894-1984) fonda il proprio studio di architettura nel 1922 a Copenhagen, inizialmente con il nome di Vilhelm Lauritzen A/S, oggigiorno attivo come VLA, Vilhelm Lauritzen Architects. Egli è considerato uno dei maggiori esponenti del movimento moderno danese e le sue opere più famose sono la Casa Radiofonica, Radiohuset, la Casa del Popolo, Folkets hus, ed il terminal dell’aeroporto di Kastrup. Cfr. www.vla.dk; Radiogebäude Kopenhagen: 1941/45, Vilhelm Lauritzen, in “Das Werk”, 35, 1948. 20 Grazie al progetto della Radiohuset, Juhl conosce e collabora con Viggo Boesen (1907-1985), architetto e progettista di arredi, all’epoca associato dell’ufficio di Lauritzen. Vedi Radiogebäude Kopenhagen: 1941/45, Vilhelm Lauritzen, in Das Werk, No. 35, Germania, 1948; Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 10-11. 21 L’edificio viene spostato a 3.8 km dalla posizione originaria nel Settembre 1999. Lo studio di architettura VLA fornisce tuttora servizio per la ristrutturazione e manutenzione dell’edificio. Oggigiorno esso è utilizzato per il ricevimento di ospiti speciali all’aeroporto, come capi di stato. Nel 2001 al terminal è assegnato il Titolo di Bellezza della Capitale. Nel 2003 viene premiato con la Medaglia Onoraria Europea. Cfr. www.vla.dk. 22 L’impianto di illuminazione è concepito in particolare modo da Finn Juhl. Le lampade utilizzate per la Radiohuset sono riproposte in seguito da Juhl. Gli insegnamenti di Lauritzen si riscontrano anche nel metodo di progettazione meticoloso e nella produzione di molteplici elaborati in scala 1:1, 1:5, raffiguranti particolari di mobili dell’edificio. Cfr. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp. 10-11. 23 Finn Juhl partecipa per la prima volta alla mostra annuale della Gilda degli Ebanisti nel 1927 assieme a Niels Vodder, da poco conosciuto. I due collaboratori aderiscono alle esposizioni assieme fino al 1959. La prima mostra della Gilda risale all’anno 1927. Le esposizioni si protraggono fino al 1966, sebbene l’occupazione tedesca durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale. La Gilda si propone di lottare contro l’industria crescente e la produzione in serie, promuovendo un tipo di design prodotto artigianalmente e, per l’occasione, rivenduto a prezzi ribassati. Inizialmente le esposizioni si tengono all’Istituto di Tecnologia, in seguito, a partire dal 1937, nella sala teatrale cinematografica Palladium, oggigiorno Federazione dell’Industria Danese. La mostra del 1938 è esposta eccezionalmente nella sala espositiva del Palazzo di Charlottenborg. Dal 1938 al 1966, le mostre si svolgono al Museo di Arte Decorativa. Cfr. Ray S., L’architettura moderna nei paesi scandinavi, 1965; Faber T., Nuova architettura danese, 1968; Hiort E., Modern Danish Furniture, 1956. 24 Vedi Møller H.S., Dansk Design/ Danish design, Copenhagen, 1975, pp. 92-112. 25 Il nome Poeten si dice che derivi dal cortometraggio di Erik Bailing basato sul fumetto di Jørgen Mogensen intitolato The Poet and Lillemor. Questo è ispirato infatti all’arte scultorea del tempo ed ai gessi di Jean Arp, tanto quanto il divano di Finn Juhl. Vedi Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, pp. 24. 26 Vedi Fritz S., Møbelhåndværk kunsthåndværk, in “Arkitekten Ugehæfte”, 1938, pp- 185-187. 27 Si riferisce alla Pelikanen, in seguito paragonata anche ad un “tricheco stanco”, data la forma eccessivamente astratta. Vedi Jalk, Grete, Danks Møbelkunst gennem 40 år. Københavns Snedkerlauget Møbeludstillinger, 1927-1966, Vol. 2, Copenhagen, 1987. 28 Ibid 25. 29 Vedi Rømer M., Rundt om Finn Juhl, in “Rum og Form”, 4, Novembre 1981, pp. 6-27. 30 Inge-Marie Skaarups nasce il 1 Aprile 1912 a Copenhagen. Il divorzio con Finn Juhl avviene l’anno 1960. Cfr. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990. 31 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp. 125; Juhl F., Yearbook of the Nordenfjeldske Museum of Applied Art, 1950, pp. 17. 32 Vedi Capitolo sulla Casa Juhl 33 Due fotografie del libro Finn Juhl and His House illustrano il figlio Klaus. Una fotografia, risalente all’incirca agli anni Cinquanta, durante un viaggio in Grecia, forse in compagnia di Edgar Kaufmann, Jr., raffigura il bambino all’età di circa 10 anni assieme alla madre adottiva Inge-Marie; l’altra, circa degli anni Sessanta, mostra Klaus da adolescente, seduto da solo, con il cane Bonnie, nella veranda della dimora a Charlottenlund. La monografia su Finn Juhl, a cura di E. Hiort, e le numerose fonti consultate tuttavia non citano l’adozione di un figlio. Cfr. Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, pp. 58, 198; Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990; www. wilhelmhansenfonden.dk. 34 Si hanno incertezze sull’anno esatto di conclusione dei lavori. Si ipotizza che la dimora possa essere conclusa o nel 1942 o nel 1943. Fotografie risalenti all’anno 1944, mostrano la dimora terminata, dunque i lavori di costruzione sono finiti sicuramente prima del 1944. Cfr. Capitolo sulla Casa Juhl. 35 Associazione Accademica degli Architetti, oggigiorno con il nome di Associazione Danese degli Architetti, è un’istituzione attiva dal 1879 che si occupa di oltre 7000 membri MAA, Member of the Danish Association of Architects. Il suffisso MAA è presente anche in numerose tavole dei disegni originali di Finn Juhl, conservati all’Archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen. Cfr. Schedatura dei disegni relativi alla Casa Juhl; www. arkitektforeningen.dk. 36 Il Premio C.F. Hansen è l’onore architettonico più alto dato agli architetti danesi dall’Accademia Reale delle Belle Arti. Il nome proviene da Christian Frederik Hansen ed il premio è istituito nel 1830 e tuttora esistente. www.arkitektforeningen.dk. 37 Ibid 25. 38 La sedia FJ44 è un pezzo molto raro e tra i più antichi progettati da Finn Juhl. Il set presentato alla Gilda degli Ebanisti del 1944 mostra le FJ44 per la prima volta. Tale evento è considerabile un punto di svolta nella carriera da progettista di arredi di Finn Juhl. Della FJ44 ne vengono prodotte


86 poche copie in quanto è una delle sedie più difficile da riprodurre artigianalmente. Al tempo Finn Juhl rimpiange di non aver lasciato per sé stesso un modello della FJ44. Circa trent’anni dopo Juhl dunque ne acquista due copie da un rivenditore. Cfr. Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, pp. 29. 39 La FJ45 viene definita dall’esperto giapponese su Finn Juhl, Noritsugu Oda, “the mother of all modern chairs”. Essa è un vero capolavoro all’interno della collezione di arredi di Finn Juhl, il quale la presenta per la prima volta nel 1945 alla mostra annuale della Gilda degli Ebanisti di Copenhagen. Si tratta di uno dei primi esempi in cui il telaio ligneo è spoglio, libero, dalla massiccia imbottitura, diversamente dai modelli di seduta più tradizionali. L’aspetto leggero, scultoreo ed elegante si differenzia dai modelli tradizionalisti dei seguaci della “scuola” di Kaare Klint. Cfr. www.finnjuhl.com; Abe S., Tetsuo I, Satoshi I., Noritsugu O., Haijme K., Reiko S., Finn Juhl Memorial Exhibition, 1990. 40 Così come FJ44 e FJ46, si tratta di uno dei pezzi iconici di Finn Juhl, che viene esposto per la prima volta alla mostra annuale della Gilda degli Ebanisti di Copenhagen nel 1946. Analogamente alla FJ44 e FJ45, essa è prodotta inizialmente dall’ebanista Niels Vodder, mentre oggigiorno se ne occupa la ditta OneCollection. Nel 1953, Finn Juhl modifica la FJ46 al fine di renderla più aerodinamica e semplice, e per far sì che l’azienda Bovirke, con cui Juhl ha da poco iniziato una collaborazione, possa produrla industrialmente. Cfr. www.finnjuhl.com; Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, pp. 26-33. 41 Ibid 27. 42 Bing & Grøndahl, fondata nel 1853, è una delle aziende produttrici di porcellane più famose ed antiche in Danimarca. Il progetto di interni di Juhl è andato distrutto in quanto oggigiorno il negozio è di proprietà della ditta Royal Copenhagen che ne ha cambiato l’assetto. Negli anni Cinquanta, Juhl progetta per l’azienda anche un set di ceramiche che non è andato in produzione, bensì ammirabile nella dimora dell’architetto. Vedi Juhl F., A/S Bing &Grøndhal, butiksinventar, in “Arkitekten Månedshefte”, 8, 1947, pp.-79-84. 43 La facciata esistente presenta aperture di dimensioni differenti e Finn Juhl riesce ad uniformarne il disegno tramite la progettazione di una sovrastruttura in pietra grigia ed alluminio, che va a coprire la conformazione esistente. Egli maschera inoltre le colonne ed i plinti esistenti con marmo nero che rende il prospetto uniforme. 44 L’articolo valorizza molto inoltre il particolare dell’ascensore che sta a filo con la parete ed ha un aspetto semplice ed elegante. Vedi Finn Juhl architetto: un negozio esemplare, Arredamento di finn Juhl per “Bing & Grøndhal”, Copenhagen, in “Domus”, 250, 1950, pp. 44-47. 45 L’architetto utilizza prevalentemente tonalità cromatiche tenui e legno teak non verniciato, dall’aspetto naturale. 46 La Medaglia Eckersberg (originariamente Akademiets Aarsmedaille o medaglia annuale dell’Accademia) è un premio annuale concesso dall’Accademia Reale delle Belle Arti. Il nome proviene da Christoffer Wilhelm Eckersberg, noto come il padre della pittura danese. Cfr. www.akademiraadet.dk. 47 Non si hanno informazioni al riguardo.La monografia di Hiort non fornisce dettagli sul progetto, né si riscontrano articoli ad esso inerenti. Così come la maggior parte dei progetti di interni di Finn Juhl, il negozio non è ammirabile oggigiorno. Cfr. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990. 48 Edgar Kaufmann Jr. è colui che introduce Finn Juhl a Hollis S. Baker, capo dell’azienda Baker Furniture nel 1948. Nel 1950, il Sig. Baker visita lo studio di Finn Juhl a Nyhavn e da quel momento inizia la collaborazione tra i due per la produzione industriale di arredi progettati da Finn Juhl. L’azienda intende riprodurre in parte mobili disegnati precedentemente; in parte di nuovi. 49 Edgar Kaufmann Jr. coltiva un’amicizia particolare con Finn Juhl. I due viaggiano spesso assieme, come il giro in Italia del 1966 e la vacanza sull’isola di Idra in Grecia, dove Kaufmann possiede una residenza estiva. Naturalmente Finn Juhl visita Kaufmann negli Stati Uniti, alla Casa sulla Cascata e al MoMa di New York. Allo stesso modo, Kaufmann Jr. visita Juhl nella sua dimora a Charlottenlund. Il rapporto è così speciale che la nipote di Hanne Wilhelm Hansen, seconda moglie di Finn Juhl, rivela la possibilità che tra Edgar Kaufmann Jr. e Finn Juhl vi sia più di una semplice amicizia. Dalle lettere private che i due si scambiano emerge l’intimità della loro relazione. Edgar Kaufmann Jr. è deceduto qualche mese dopo la morte di Finn Juhl. Cfr. Goldberger P., Edgar Kaufmann Jr., 79, Architecture Historian, in “New York Times”, 1 Agosto 1989; Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, pp. 48-63. 50 Edgar Kaufmann Jr, (Aprile 9, 1910 - Luglio 31, 1989) è un architetto, autore e filantropo americano. A lui si deve l’interesse presentato nei confronti dell’architettura organica ed in particolare modo il programma promosso dal Metropolitan of Modern Art Museum di New York sul “buon design”che ebbe luogo dal 1950 al 1955. Figlio del noto imprenditore statunitense Edgar J. Kaufmann, committente del capolavoro di L.W.Wright la Casa sulla Cascata, e della celebre Kaufmann House di Richard Neutra, classificati in alto nella Lista dei cento edifici più popolari d’America dell’American Institute of Architects. Diversamente dal padre, Kaufmann Jr. è fin da giovane interessato all’arte e all’architettura più che agli affari. All’età di diciassette anni, anziché frequentare il college americano, egli decide di andare a studiare in Europa, a Vienna, Firenze e Londra. In seguito al periodo di formazione, Kaufmann Jr. torna in America ed incontra per caso F. L. Wright. Nel 1934 Kaufmann Jr., è nominato membro del Wright’s Taliesin Fellowship, una specie di corso di specializzazione per studenti selezionati da tutto il mondo, a Spring Green, nel Wisconsin. Il corso è frequentato anche dal celebre architetto danese Jørn Utzon. Il padre, durante una visita al figlio a Spring Green, commissiona la Casa sulla Cascata, a Bear Run, in Pennsylvania, al celebre F. L. Wright. Nonostante Edgar Kaufmann Jr. non abbia ricevuto un’istruzione universitaria convenzionale, egli è ritenuto una delle persone più rispettabili e facoltose della sua epoca. In seguito egli è inoltre professore alla Columbia University. Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990; www.moma.org; 51 Abel Sorensen (1859-1940) è un architetto nato in Danimarca e vissuto in America che al tempo di Juhl si occupa del reparto di interni dei nuovi uffici della sede della Camera delle Nazioni Unite. Cfr. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp. 15. 52 Den Permanente è un’iniziativa importante nata nel 1929 con la capacità di indirizzare gli acquisti dei consumatori in linea con il gusto e i valori


87 della cultura del tempo. Essa viene fondata da Kay Bojsen nel 1929. Tra gli altri membri del comitato direttivo vi erano Jacob E. Bang, architetto della mostra, e Christian Grauballe, che ne rende possibile la materiale realizzazione. L’iniziativa ha luogo inizialmente all’interno di un moderno palazzo per uffici di nuova costruzione nel quartiere di Vesterport, a Copenhagen. vedi M. Fabiola Abbà, M. Gernia, L’influenza del design del mobile danese attraverso l’opera di Finn Juhl, in Italia, negli anni ’50-’60, a cura di A. Dell’Acqua Bellavitis, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, Milano, 1988-9, pp. 130- 145. 53 Kaufmann E. Jr., Finn Juhl of Copenhagen, in “Interiors”, Vol. CVIII, 4 Novembre 1948, pp. 96-99. 54 Durante il viaggio in Scandinavia, Edgar Kaufmann Jr. ha già l’idea di allestire una mostra in America, che presenti il design scandinavo. Kaufmann Jr. e molti critici americani tuttavia concepiscono l’arte applicata danese molto conservatrice, diversamente da quella svedese, definita invece con il titolo Swedish Modern. Si dice che Kaufmann non sia particolarmente colpito dalle opere di Kaare Klint, in quanto le reputa sobrie e convenzionali. Al contrario egli stima l’opera di Finn Juhl radicale ed innovativa. L’idea di organizzare una mostra che esponga le opere di designers scandinavi, si concretizza quando Kaufmann Jr. incontra Finn Juhl. Intorno alla fine degli anni Cinquanta, anche allo stile danese viene attribuito il suffisso Danish Modern. Cfr. Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, pp. 51; Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 16. 55 Viggo Sten Møller (1897- 1990) è un architetto ed autore danese, figlio di Henrik Sten Møller, scrittore nella rivista danese Politiken, il quale riceve numerosi premi, tra cui il “Premio PH” nel 1980 ed il “Premio Giornalista Berlingske” del 2002. Egli lavora come impiegato dall’architetto art nouveau Anton Rosen, dall’anno 1916- 20; ed è consulente per la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, dal 1934-1972. Viggo Sten Møller è il Direttore della Società Danese di Arti Applicate e Disegno Industriale dal 1943-53. Cfr. Enciclopedia d’Arte Danese, www.kulturarv.dk. 56 Ibid. 57 Allen D., Danish Furniture: Old Hands Give Shape to New Ideas, in “Interiors”, Febbraio 1950, pp. 86-91. 58 Finn Juhl è incaricato di progettare la camera centrale, delle tre identiche presenti all’interno dell’edificio delle Nazioni Unite. La stanza ha dimensioni pari a 43x23 metri e presenta un soffitto di circa 8 metri. L’impressione iniziale di Finn Juhl sulle proporzioni dell’ambiente è negativa. Egli stesso sostiene: “There is no feeling or definition of space”, in seguito alla visita al sito. Al ritorno da New York, Finn Juhl visita l’Italia e durante il viaggio a Positano produce i primi schizzi della Camera, che risalgono al 12 Luglio 1950. Nonostante fossero disegni sommari, la conformazione finale deve molto a queste prime bozze. Le sedie dei delegati, disegnate in maniera sommaria durante la gita a Positano, sono anch’esse molto simili a quelle infine realizzate. Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 70-77. 59 Sven Markelius (1889-1972) è uno tra gli architetti svedesi più importanti del periodo moderno. Si ricorda in particolare modo per il piano urbanistico del secondo dopoguerra della città di Stoccolma e per essere uno dei fondatori dei primi CIAM del 1928. Egli partecipa all’Esposizione Internazionale di Stoccolma del 1930 nella sezione dedicata alle case popolari. All’epoca del concorso per la Camera delle Nazioni Unite, Markelius ha 61 anni ed è un architetto oramai affermato. Arnstein Arneberg (1882-1961) è allo stesso modo stimato tra gli architetti norvegesi più importanti del suo tempo. Essendo vissuto tra la fine del XIX e la metà del XX secolo, è portavoce dello stile neo romantico presente in Scandinavia in quel periodo. Il municipio di Oslo è tra le sue opere più celebri ed è in collaborazione con Magnus Poulsson. Al momento della gara con Markelius e Juhl, Arneberg ha 68 anni ed è il più anziano dei tre concorrenti. Vedi Rudberg E., Sven Markelius, Architect, Stoccolma, 1989; Donnelly M. C., Architecture in the Scandinavian Countries, 1992; Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp. 18. 60 Gli interni del palazzo dell’ONU, in “Domus”, 276, 277, 1952, pp. 13-18. 61 Kaufmann E. Jr., Scandinavian design in the USA, in “Interiors”, Maggio 1954, pp. 108-185. 62 Kasper Salto (1967) e Thomas Sigsgaard (1966) sono architetti contemporanei danesi, che hanno studiano, come Finn Juhl, alla Reale Accademia delle Belle Arti di Copenhagen. Nel 2011, Salto e Sigsgaard sono incaricati di ristrutturare la Camera delle Nazioni Unite di New York, che viene terminata nell’anno 2013. Per l’occasione elli collaborano con l’azienda produttrice di arredi di Finn Juhl, OneCollection. Assieme ad OneCollection, gli architetti prevedono l’introduzione di una sedia di nuova progettazione, definita New Council Chair, nella Camera delle Nazioni Uniti. La sedia ricalca lo stile delle Fj44, 45 e 49, progettate da Finn Juhl verso la fine degli anni Quaranta. I due vincono inoltre il premio Finn Juhl Prize nel 2010. Cfr. www.saltosigsgaard.com; Settle Z., U.N. Trusteeship Council Chamber: Salto & Sigsgaard restore Finn Juhl’s midcentury modern masterpiece, in “Contract, Detail”, Vol. 54, 5, Giugno 2013, pp. 102-104; Settle Z., A Chair so Comfortable it Just Might Contribute to World Peace, in “Contract, Detail”, Vol. 54, 5, Giugno 2013, pp. 112. 63 Cfr. Settle Z., U.N. Trusteeship Council Chamber: Salto & Sigsgaard restore Finn Juhl’s midcentury modern masterpiece, in “Contract, Detail”, Vol. 54, 5, Giugno 2013, pp. 102-104. 64 Juhl F., Dankse møbler af i dag, in “Bygge og Bo”, 3, 1948, pp. 19-21; Juhl F., Danish Furniture Design, in Architects’ Year Book, Vol. 3, Londra, 1949, pp. 131-140. 65 Juhl F., Kaufmann E., Jr., Good design ’51 as seen by its director and by its designer, in “Interiors”, Vol. CX, 8, Marzo 1951, pp. 100-103. 66 Ibid. 67 Ben 18 pezzi di arredo progettati da Finn Juhl vengono esposti durante la mostra Good Design. 68 Ibid. 69 Si dice che la ragione principale per cui Marianne Riis-Carstensen, e forse anche altri allievi della Scuola di Interni di Fredriksberg, inizi a lavorare assieme a Finn Juhl è la sua abilità nella tecnica dell’acquarello. Al tempo, Juhl inizia a collaborare con la ditta Baker Furniture, Inc., che richiede


88 all’architetto disegni ad acquarello. Juhl tuttavia non possiede sufficiente personale nello studio di Nyhavn, dunque decide di assumere alcuni dei suoi studenti. Vedi Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, pp. 66. 70 Marianne ha l’opportunità di vedere in persona la realizzazione del progetto delle Nazioni Unite nel 1952. 71 Oltre alle case analizzate, Finn Juhl progetta: l’atelier per lo scultore Erik Thommesen e la tessitrice Anna Thommesen nel 1957, ed una dimora per un commerciante di pesce a Esbjerg nel 1949. Cfr. Capitolo sulle architetture residenziali di Finn Juhl. 72 Nel 1952, Finn Juhl viene incaricato di rimodernare l’ambiente interno della boutique Georg Jensen sulla 5th Avenue a New York. All’epoca i proprietari sono i danesi Frederik Lunning ed il figlio Just Lunning, i quali danno la possibilità a Juhl di esporre i propri arredi per la prima volta in un retail americano. Soddisfatti dell’opera dell’architetto, Juhl viene ricontattato nel 1957 per progettare stavolta il rifacimento dello store a New Bond Street a Londra, in collaborazione con l’architetto inglese Trevor Danatt. Vedi Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, pp. 54. 73 Il punto vendita di Bovirke è a Falkoneralle 46, nel quartiere di Vesterbrø di Copenhagen. Tra i vari arredi progettati in collaborazione con Finn Juhl, si annovera la panca in teak e palissandro del 1953, con dettagli in acciaio ed ottone, che viene pubblicizzata all’epoca per le qualità multifunzionali. Vedi Immagine 2. 74 Cfr. Capitolo su Casa Juhl. 75 Al tempo, si assiste allo scontro ideologico tra due generazioni di designers: la cerchia dei seguaci di Kaare Klint, ovvero la prima generazione di funzionalisti danesi; ed il nuovo gruppo di designer, che costituisce la seconda generazione. La seconda generazione coinvolge personalità come Hans J. Wegner, Finn Juhl, Arne Jacobsen e Poul Kjaerholm, che divengono icone nazionali e che, nonostante gli esordi alla Gilda degli Ebanisti di Copenhagen, si dimostrano propositivi a collaborazioni con industrie ed alla produzione in serie. Già nell’anno 1942, si manifesta tale antagonismo quando l’architetto Mogens Koch organizza la mostra ufficiale della Società dell’Artigianato danese a Stoccolma, che risulta essere manifestazione eccellente del filone capeggiato da Kaare Klint. M. Koch è molto autocratico nella selezione dei pezzi da esibire, ed il risultato finale è un’esposizione carente di alternative progettuali a controbilanciare lo stile klintiano. Ciò genera forte criticismo da parte di grandi imprese dell’arte decorativa, tra cui la famosa azienda di porcellane Royal Copenhagen, quasi completamente assente durante l’esposizione. Allo stesso modo, nel 1949 F. Juhl critica K. Klint in merito alla esclusività dell’esposizione del 1948 al Victoria & Albert Museum, sostenendo che l’arredamento danese avrebbe dovuto lavorare in relazione all’industria e che si sarebbe dovuto iniziare a progettare modelli di arredi riproducibili anche dalla produzione di massa. Esattamente venti anni dopo la mostra di K. Klint, Finn Juhl progetta al the Victoria & Albert Museum l’esposizione Two Centuries of Danish Design, che viene esposta dal 18 Aprile al 3 Giugno del 1968. Vedi E. Hiort, Two Centuries of Danish Design, a cura di Victoria & Albert Museum, Londra, 1968; B. Zevi, Storia dell’architettura moderna, Einaudi, Torino, 1953, pp. 202. 76 Vedi Juhl F., Interiør - 52, nel libro annuale del Museo Nordenfjeldske di Arte Applicata, Trondheim, 1952, pp. 13-16. 77 Inizialmente la stanza è di 3,3x6,8 metri ed in seguito viene ampliata di 4x1,1 metri. 78 Si tratta di un divano progettato da Finn Juhl nel 1950. Questo viene proposto anche nel progetto della Villa Aubertin del 1952, ed è caratterizzato da un sottile telaio in acciaio che sostiene un’imbottitura realizzata artigianalmente. Cfr. Capitolo sulla Villa Aubertin. 79 Si dice che il lavoro di Charles Eames, ed in particolare la sedia dell’architetto che Juhl espone a Interiors 52, siano di ispirazione per la progettazione degli arredi per l’azienda Bovirke. Vedi Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, pp. 42. 80 To mennesker, “Due persone” è una scultura risalente al 1955 dell’artista danese Erik Thommesen. Erik Thomassen (1916-2008) è uno degli scultori preferiti di Finn Juhl, tanto che nella sua dimora sono presenti alcune delle sue opere. Analogamente a Juhl, egli è autodidatta e, bensì studi zoologia, nel 1936, decide di iniziare a disegnare e dipingere. Nel 1937 realizza la prima scultura in argilla, e l’anno successivo scolpisce la prima in legno, che diviene poi il suo materiale preferito. Thomassen è un artista eclettico e si ispira in particolare modo alla scultura africana e all’arte egiziana. La sua opera è focalizzata sullo studio della figura umana, di cui egli fornisce una personale interpretazione. Non si tratta di una rappresentazione precisa e figurativa dell’essere umano, ma anzi quasi tutto ciò che rende la figura umana riconoscibile, come braccia, gambe e faccia, viene rimosso. Allo stesso tempo molte delle sue sculture esprimono solidarietà e umanità; si notano titoli come Mand e Kvinde “Valori di uomo e donna”, in cui i temi dell’amore e della fratellanza sono evidenti. Vedi www.holstebrokunstmuseum.dk; Capitolo sulla Casa di Finn Juhl. 81 Peder Moos (1906-1991) è un furniture designer danese che partecipa, come Finn Juhl, alla Gilda degli Ebanisti di Copenhagen. Allo stesso modo di Finn Juhl, egli studia alla Reale Accademia delle Belle Arti di Copenhagen e frequenta i corsi diretti da Kaare Klint. La sua formazione è di tipo tradizionali ed i suoi arredi riprendono nell’aspetto quelli della corrente artistica dell’art nouveau. Vedi Moos P., Schytte J., Peder Moos, Teknologisk Institut, Copenhagen, 1988. 82 Barbro Nilson (1899-1983) è un’artista svedese tessile. Ella ha insegnato tessuti presso la Scuola d’Arte di Stoccolma tra il 1947-1957, ed è direttrice artistica del Märta Måås-Fjetterströms vävverkstad dal 1942-70. Le sue fonti di ispirazione principali sono la natura ed il mare. Vedi Møller S. V., En bok om Barbro Nilsson, Svezia, 1977. 83 Paula Trock (1889-1979) è un tessitore danese che utilizza soprattutto materiali locali ed si interessa in particolare modo alla pastorizia e alla lavorazione della lana danese. L’artista riceve numerosi premi internazionali tra cui la medaglia d’oro alla Triennale di Milano nel 1954, 1957 e 1960. Vedi Salicath B., Karlsen A., Modern Danish textiles, Copenhagen, 1959. 84 Kay Bojesen (1886-1958) è un famoso designer danese, allievo di Georg Jensen. La sua figura contribuisce alla fondazione della Den Permanente di Copenaghen. Vedi nota 50; M. Fabiola Abbà, M. Gernia, L’influenza del design del mobile danese attraverso l’opera di Finn Juhl, in Italia, negli anni ’50-’60, a cura di A. Dell’Acqua Bellavitis, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, Milano, 1988-9, pp. 130- 145. 85 Mathias Gerhard “Tias” Eckhoff (1926-2016) è un industrial designer norvegese, le cui opere sono esposte in vari musei, tra cui il Museo d’Arte Moderna di New York e il Victoria e Albert Museum di Londra. Il suo design è stato premiato con la Medaglia d’Oro alla Triennale a Milano del 1954, 1957 e 1960. Vedi www.eckhoffdesign.no.


89 86 Axel Johannes Salto (1889-1961) è un designer danese, specializzato nella produzione di oggetti in pietre. Così come Finn Juhl, Axel Salto frequenta la Reale Accademia delle Belle arti di Copenhagen ed è affascinato dall’arte greca antica e dalla mitologia. Nel 1916 egli è in viaggio verso Parigi, dove incontra Pablo Picasso e Henri Matisse. La visita è di ispirazione per Salto, in quanto nel 1921 egli decide di formare un gruppo di artisti che vivono e lavorano assieme a Parigi. Il gruppo è composto da Svend Johannes, Vilhelm Lundstrøm e Karl Larsen. Vilhelm Lundstrøm è uno dei pittori preferiti di Finn Juhl e l’architetto suole trarre ispirazione dalle tonalità cromatiche dei suoi dipinti. A differenza dei suoi contemporanei, influenzati dalle tradizionali ceramiche giapponesi e cinesi, Salto è in controtendenza ed i pezzi iconici da lui progettati presentano forme stravaganti, e colori e smalti inaspettati. Vedi Levasseur A., An Axel Salto Budding Vase Is on the Block, in “Architectural Digest”, 30 Settembre 2014; www.pamono. com. 87 L’azienda ha una crisi finanziaria nel 1966, quando viene acquistata da Poul Cadovius, il quale compra i diritti anche sui modelli di Finn Juhl. Cadovius cambia il nome dell’azienda in the Cado Collection, per cui Finn Juhl progetta appositamente arredi dal 1968-1969. La collezione di Juhl ha il nome di Interline ma non riceve grande successo. L’azienda chiude definitivamente nel 1980. 88 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp. 42. 89 Cfr. Capitolo sui caratteri peculiari delle architetture residenziali di Finn Juhl. 90 All’interno del preambolo di Hjemmets Indretning, Juhl esprime la preferenza verso la tipologia residenziale unifamiliare. Egli sostiene che, per quanto riguarda la costruzione di unità residenziali pubbliche, finanziate dallo Stato, il lavoro svolto dal team di collaboratori specializzati è fondamentale e talvolta può prevaricare il design dell’architetto. Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, 1954. 91 Già nel 1922, in seguito alla Prima Guerra Mondiale, il Governo danese istituisce un piano di sussidio governativo con l’obiettivo di promuovere la costruzione di unità residenziali, soprattutto ad alta densità abitativa. Il programma viene poi modificato ed amplificato nel 1928, al fine di includere la tipologia di abitazione unifamiliare. Inizialmente molte associazioni no-profit si impegnano per costruire ampi complessi con alta concentrazione di residenze. Si tratta dell’epoca delle grandi città giardino. Dopodichè, si assiste ad una svolta e si inizia a sponsorizzare il concetto di “luce e aria dentro casa”, che conduce ad un aumento di edifici residenziali unifamiliari. Allo stesso tempo, le associazioni di arti applicate promuovono l’industria per la produzione di “oggetti belli per l’uso quotidiano”. Nonostante prediliga la tipologia residenziale unifamiliare, intorno agli anni Quaranta, Juhl prende parte anche ad alcuni progetti di dimensione sociale. Nel 1939 Juhl partecipa ad un concorso su invito per la progettazione di una casa per anziani a Gentofte, assieme al collega architetto Ole Hagen. Nel 1940 i due colleghi contribuiscono al concorso in merito a sistemazioni abitative di emergenza e vengono premiati per un ingresso progettato. Nel 1944 Juhl partecipa ad un concorso di public housing che consiste nella progettazione di appartamenti a Randers. Non si hanno numerose fonti inerenti ai suddetti progetti. Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990; Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, 1954. 92 Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, 1954. Trad. a cura dell’autore. 93 Vedi Juhl F., Danish Furniture Design, in Architects’Year Book, Vol. 3, Copenhagen, 1949, pp. 131-40. 94 L’azienda George Jensen A/S prende nome dall’omonimo fondatore Georg Arthur Jensen (1866-1935), argentiere danese, dapprima studente all’Accademia Reale di Belle Arti di Copenhagen. Jensen esordisce lavorando presso l’azienda Bing & Grøndhal, dove incontra Christian Petersen, con cui decide di fondare assieme un piccolo laboratorio di ceramiche. L’impresa non riceve successo dunque, poco dopo, nel 1901, G. Jensen inizia a produrre argenteria assieme a Mogens Ballin. Nel 1904, G. Jensen investe un piccolo capitale nella fondazione di un laboratorio a Bredgade 36, nel centro di Copenhagen. La formazione di Jensen è influenzata dalla tendenza art nouveau e le sue opere riflettono i canoni della corrente artistica. Il successo dell’azienda è dovuto in particolare modo all’intraprendenza di G. Jensen, in quanto, già nel 1909 viene inaugurato un negozio a Berlino, nel 1921 a Londra ed in seguito, nel 1924 a New York. All’epoca del cinquantesimo anniversario dell’azienda George Jensen A/S, il direttore dell’azienda è Anders Hostrup-Pedersen (1902-1980), il quale inizia a lavorare nella compagnia dal 1931 fino al 1970. Hostrup-Pedersen, oltre ad essere amico e sostenitore di Finn Juhl, è anche il committente della Casa estiva a Raageleje. Vedi denstoredanske.dk; Capitolo sulla Casa estiva di Raageleje; www. georgejensen.com. 95 La mostra è esposta anche a the Corcoran Museum a Washington D.C., the Speed Museum a Louisville, a Kentucky, e a the Dallas Museum of Fine Arts nel Texas nel 1955; a the Virginia Museum of Fine Arts a Richmond nel 1956, a the City Art Museum a Saint Louis, nel Missouri, nel 1957. Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990. 96 In seguito all’occupazione tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale, l’azienda Georg Jensen torna a vivere un periodo di prosperità economica. La ditta è nota per i contatti internazionali ed essendo diminuite le vendite estere nel periodo tra le due Guerre l’economia della compagnia subisce le dovute conseguenze. Il direttore Georg Jensen è solito celebrare gli anniversari dell’azienda. Già nel 1920, in seguito alla Prima Guerra Mondiale, viene allestita una mostra dedicata alla fondazione al Palazzo di Charlottenborg. Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990. 97 Vedi La Danimarca alla Triennale, in “Domus”, 250, 1955, pp. 30-33. 98 L’esposizione dei prodotti della Danimarca si svolge in un ambiente di forma rettangolare, separato dagli stands di Norvegia e Svezia. La mostra è scandita da pannelli di legno chiaro, che in quattro punti sono sostituiti da due azzurro chiaro, da uno nero, e da un ingrandimento fotografico in bianco e nero. Il soffitto presenta una doppia intelaiatura di legno che sostiene una copertura in stoffa di colore giallo chiaro ed arancione. Il pavimento è in linoleum di colore avorio. Finn Juhl espone oggetti di arredo da lui progettati come una poltrona di legno con sedile e schienale di pelle della France & Daverkosen, due sedie di legno prodotte da Bovirke; ed inoltre oggetti di Kay Bojesen, prodotti dalla Georg Jensen. Vedi M. Fabiola Abbà, M. Gernia, L’influenza del design del mobile danese attraverso l’opera di Finn Juhl, in Italia, negli anni ’50-’60, a cura di A. Dell’Acqua Bellavitis, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, Milano, 1988-9. 99 Vedi Dean C., Asti S., Favre S., The Tenth Triennale Exhibition, in “Walker Art Center”, 32, 1955, pp. 3-29. 100 Ibid 99.


90 101 Leslie Cheek, Jr., è il curatore americano di Design in Scandinavia, che ha luogo negli Stati Uniti di America ed in Canada, al fine di esibire oggetti di design scandinavo, tra il 1954 e il 1957. Il vincitore del progetto per la pianificazione dell’allestimento è Erik Herløw, sebbene anche Finn Juhl tenti di aggiudicarsi la carica.La mostra è curata da un gruppo di membri selezionati, provenienti da Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia. L’esibizione è supportata dal Presidente degli Stati Uniti di America, dal Re di Danimarca, dal Presidente della Finlandia, dal Re di Norvegia e del Re della Svezia. Vedi Remlov A., Design in Scandinavia; an exhibition of objects for the home from Denmark, Finland, Norway Sweden, 1954, p. 9. 102 Cfr. Design in Scandinavia, 1954, pp. 9. 103 Il teatro viene inaugurato il 29 Febbraio del 1956; oggigiorno l’edificio è distrutto.A partire dagli anni Settanta, in seguito al boom televisivo, molti teatri vengono dismessi, e tra questi anche Villabyernes Bio. Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990. 104 Gentofte è un comune danese situato nella regione di Hovedstaden. Esso ingloba Charlottenlund ed Ordrup, località in prossimità della dimora di Finn Juhl. 105 Keld Helmer-Petersen (1920-2013) è considerato il pioniere del movimento moderno danese nel campo dell’arte fotografica. Nella fase iniziale della sua carriera, egli è affascinato dal fenomeno delle città industriali e dal movimento tedesco Neue Sachlichkeit. Dalla metà degli anni Sessanta, Helmer-Petersen produce opere più astratte, assimilabili a patterns, ed a trame geometriche. Nella fase di maturità, egli diviene il fotografo di architettura più stimato in Danimarca. Dal 1964 al 1990, egli svolge convegni sulla fotografia di architetture, presso la Scuola di Architettura dell’Accademia Reale di Copenhagen, e nel contempo collabora con designers come Finn Juhl, Jørgen Bo, Jørn Utzon e Poul Kjærholm.Oggigiorno le opere di Helmer-Petersen sono esposte al MoMa di New York e note in tutto il mondo. Vedi www.kb.dk. 106 La mostra si svolge dal 10 Giugno al 28 Agosto 1955. Oltre a Finn Juhl, vi partecipano altri designer scandinavi rinomati. 107 Si riferisce al fatto che ai cinque progettisti viene chiesto di decorare l’Hotel Savoy Plaza di Beirut, in Libano. L’importanza dell’articolo risiede nel fatto che il nome di Finn Juhl sia su tutti i giornali dell’epoca e che egli sia considerato alla pari di noti architetti americani a lui contemporanei. Vedi Interiors by Five in One Hotel, in “Interiors”, Gennaio 1955, pp. 76-79. 108 Dal 1946 al 1950, SAS intensifica le rotte internazionali, ed in special modo i voli verso gli USA. La compagnia è stata fondata ufficialmente nell’anno 1946, quando le compagnie Det Danske Luftfartselskab A/S, Det NorskeLuftfartselskap A/S, e Svensk Interkontinental Lufttrafik AB, rispettivamente di origini danesi, norvegesi e svedesi, si uniscono ed assieme costituiscono SAS, Scandinavian Airlines System, che proprio quell’anno istituisce il primo volo intercontinentale, da Stoccolma a New York. Gli anni Cinquanta sono gli “anni di gloria” della compagnia aerea, e nel 1957, essa programma una rotta che prevede il giro del mondo, passando attraverso il Giappone ed il Polo Nord. Vedi www.sasgroup.net. 109 Vedi Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, pp. 118; Arkitekten Finn Juhl skal løse stor SAS-opgave, in “Berlinske Tidende”, 12 Luglio, 1954. 110 Soltanto la biglietteria sugli Champes Elysée della compagnia aerea KLM, Royal Dutch Airlines, presenta un arredamento studiato. Alcune pareti sono rivestite da un arazzo realizzato dal pittore francese Jean Lurçat, che tuttavia risulta essere fuori contesto, se collocato vicino al bancone funzionale e banale. Al riguardo Juhl commenta: “It looked completely nonsensical together with the shabby counter and bad furniture - but the overall idea was grandiose” Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp.19. 111 Si tratta di un progetto di rifacimento che riguarda perlopiù l’arredamento interno. Il progetto è inaugurato nel Febbraio del 1958. 112 La sede di Vienna è quella realizzata in maniera peggiore, in quanto discorda con il progetto originale dell’architetto. Spesso Juhl è affiancato dall’architetto collaboratore Bo Cock-Clausen, il quale, specialmente per il progetto SAS, è di aiuto nella revisione del lavoro. 113 La biglietteria viene comunque realizzata. Essa presenta una scala a chiocciola nel foyer che, in misura minore, ricorda quella di Arne Jacobsen per la hall del grattacielo del SAS Hotel di Copenhagen. 114 Alberto Giacometti (1901-1966), dopo aver frequentato la Scuola di arti e mestieri di Ginevra, nel 1919, si trasferisce a Parigi dove si forma sotto l’influenza della corrente cubista. Nel 1928, egli entra a far parte del gruppo artistico surrealista, da cui si distacca all’incirca nel 1935. Al principio Giacometti prevalentemente dipinge e disegna, mentre durante gli anni Trenta si specializza nella scultura. Le opere degli anni Trenta sono cariche di significati nascosti e fanno riferimento all’immaginario dell’inconscio dell’essere umano. Dal 1947, Giacometti riprende a dipingere intensamente ed i temi favoriti sono il vissuto, l’essere umano e la famiglia. L’artista è interessato alle tematiche esistenzialistiche dell’uomo ed i suoi lavori sono esposti in molti musei noti tra cui il MoMa di New York. Vedi www.helveticat.ch. 115 La commissione inizialmente prevede che Finn Juhl realizzi: nel 1957 le biglietterie di Alexandria, Karachi, Bagdad, Athens, Jakarta, Milano, Beirut, El Cairo, Glasgow, Tehran, Londra, Oslo, Stoccolma; nel 1958 quelle di Barcellona, Geneva, Manchester, Calcutta, Gothenburg, Vienna, Malmö, Johannesburg, Kuwait e Monaco; nel 1959 di Tokyo, Amsterdam, Bangkok, Budapest, Prague, Lahore, Nairobi e nel 1960 di Nizza, Parigi e Berlino (ovest). L’ultimo lavoro di Finn Juhl risale al 1961. Non tutte di esse sono state realizzate e quelle terminate non sono comunque ammirabili oggigiorno, in quanto sono spoglie degli arredi originali. Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp.83. 116 Il nome DC deriva dal luogo in cui l’aeromobile viene prodotto, ovvero Douglas in Cleveland, mentre ed 8 sta per 1958, anno in cui la realizzazione deve essere terminata. 117 Le tonalità cromatiche della tappezzeria variano a seconda della prima o seconda classe, o degli ambienti atti al personale dell’aeromobile. La prima classe prevede un arredamento più elegante della seconda, e consta di gruppi di quattro sedute, disposte intorno ad un tavolino, che ricordano il “Divano a Muro” di Villa Aubertin, per quanto riguarda il profilo metallico curvilineo che le aggancia alle pareti.


91 Cfr. Capitolo sulla Villa Aubertin. 118 Si dice che l’apertura di una nuova e più grande sede sia dovuta proprio alla commissione per la compagnia aerea SAS. 119 “Our collaboration was pleasant and good, and it made the work joyful (…) The profit, financially, was small for my part, and there could not have been much profit in it for you, either. But we met the tasks - and lived life by doing so (…) The Danish export of furniture to the U.S. began because of your efforts. But neither you or I made much money because of it. Over time, it was the factories that made the cheaper furniture (…) If you think as I do that I have your best models, I can certainly understand why you think that they must therefore be bringing in the highest fees. I think that perspective is wrong. Georg Jensen, Inc. in New York was a disappointment. Baker, who tried with lounge chair 45, never got any large sales out of it, and he gave up making armchair 46, it seems to me (…) I’ve never believed in the very high fees. Nor do I believe that large-scale advertising has helped significantly. I think that the many exhibitions, along with the furniture appearing in the leading stores, were far better. It is the price (…) and even more so the style that was the most important reason for sales not being higher. When I built the premises here in Allured in 1960, I had reason to believe that it would boost revenues. It went differently. Sales peaked, and it began to go the other way, more and more, so that this fall has been especially miserable. Maybe I acknowledged the total, ruthless power of fashion too late. Now, it will bring me further loss that in the last year I’ve built up much too large an inventory to keep producing going (…) At present, I have stopped production of your models, expect for the dining table (…) but (…) not (…) from ill-will toward you or your models, which I think are goo. But I’m not selling enough to get production going again.” La lettera mostra la rinuncia da parte di Vodder, che è dovuta al cambiamento dei sistemi di mercato ed al sopravvento della produzione in serie della fine degli anni Cinquanta. Vedi Lettera di Niels Vodder a Finn Juhl, conservata all’Archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen, del 5 Dicembre 1966; Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, p.138. 120 Vedi M. Fabiola Abbà, M. Gernia, L’influenza del design del mobile danese attraverso l’opera di Finn Juhl, in Italia, negli anni ’50-’60, a cura di A. Dell’Acqua Bellavitis, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, Milano, 1988-9, pp. 333-334. 121 Ibid 114. 122 L’intervista di Juhl è contenuta in un articolo del New York Times del 1963. Cfr. Plumb B., Dane Decries ‘Backward Furniture’, in “New York Times”, 24 Ottobre 1963. 123 Si riferisce al licenziamento di Marianne Riis-Carstensen, avvenuto ufficialmente nel 1959. Vedi Sommer A.L., Watercolors by Finn Juhl, 2015, p. 14 124 Ibid 6. 125 Sia l’edificio dell’Ambasciata Danese che quello adiacente della residenza sono progettati dall’architetto Vilhelm Lauritzen, maestro di Finn Juhl negli anni Trenta. Gli edifici sono situati a Dumbarton Oaks Park e si relazionano con il paesaggio collinare circostante. Vedi Bauten für Verwaltung und Geschäft, in “Das Werk”, Vol. 49, 1962, p. 267. 126 Nils Kähler è un artista danese specializzato in realizzazione di ceramiche, figlio del fondatore dell’azienda Kähler Keramik. Le ceramiche Kähler sono note fin dall’Ottocento e compaiono all’Esposizione Universale di Parigi del 1889. Vedi www.kahlerdesign.com. 127 Vedi Bauten für Verwaltung und Geschäft, in “Das Werk”, Vol. 49, 1962, p. 267. Trad. a cura dell’autore. 128 Al vincitore del Premio Kaufmann, oltre a 20.000 $, è offerto un trofeo, in segno di vittoria. Nel 1960, gli architetti Charles e Ray Eames si aggiudicano il primo premio del contesto istituito da Kaufmann. 129 La compagnia SAS aiuta Finn Juhl a reperire il materiale. Il legno hinoki ricorda nell’aspetto quello del pino dell’Oregon. Il progetto del trofeo Kaufmann è indicativo in quanto mostra l’interesse dell’architetto verso l’esotico e le culture orientali, peculiarità che è possibile riscontrare anche nella sua maniera progettuale. Cfr. Capitolo sui caratteri peculiari dell’architettura residenziale di Finn Juhl. 130 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, p.135. 131 Wilhelm Hansen Fonden nasce come un’azienda di famiglia nel 1857. Il fondatore è Wilhelm Hansen, padre di Hanne Wilhelm Hansen. Dal 1948, le figlie Hanne e Lone Wilhelm Hansen prendono in gestione l’azienda di famiglia e fanno sì che ottenga una posizione di leader nel mondo della musica internazionale. Hanne Wilhelm Hansen muore nel Maggio del 2003. Pochi giorni prima della sua morte, ella istituisce il Premio Finn Juhl, in onore dell’opera del marito. Ad Hanne si deve la divulgazione della fortuna di Finn Juhl, in seguito alla morte dell’architetto. Ella è responsabile delle collaborazioni con aziende come OneCollection, che oggigiorno riproducono gli arredi progettati dall’architetto. www.wilhelmhansenfonden.dk. 132 Sia Finn Juhl che il padre Johannes suonano il pianoforte e sono appassionati di musica. Nella sua dimora, l’architetto ipotizza uno spazio destinato ad un piano forte; ciò è riscontrabile in molti disegni originali del progetto. Cfr. Capitolo sulla Casa di Finn Juhl, Schedatura dei disegni relativi alla Casa di Finn Juhl. 133 L’intervista di Juhl è contenuta in un articolo del New York Times del 1963. Cfr. Plumb B., Dane Decries ‘Backward Furniture’, in “New York Times”, 24 Ottobre 1963. 134 Vedi Abe S., Tetsuo I, Satoshi I., Noritsugu O., Haijme K., Reiko S., Finn Juhl Memorial Exhibition, Giappone, 17 Maggio 1990. 135 Durante l’esposizione dell’anno 1961, Juhl ha l’opportunità di parlare informalmente con la Regina ed illustrarle gli arredi progettati. 136 Vedi Grete J., Dansk Møbelkunst gennem 40 år. Københavns Snedkerlauget Møbeludstillinger, 1927-1966, Vol. 2, Copenhagen, 1987. 137 Nanna Ditzel (1923-2005) è una designer danese della terza generazione. Il lavoro di Nanna Ditzel si sviluppa soprattutto nel secondo dopoguerra, grazie al supporto del marito Jørgen Ditzel, dal quale ella prende il cognome. Ella ha un approccio libero nei confronti del design e riscuote successo fin dagli esordi alla Triennale di Milano, dove viene premiata numerose volte. Alla morte del marito, ella si ispira soprattutto alla figura di


92 Verner Panton, ed inizia la sperimentazione di nuovi materiali come la gommapiuma, la vetroresina e di tessuti. Bertoncini S., AZ Design, Milano, Aprile 2008. 138 Ibid. 130. 139 Ibid. 131. 140 Vedi Capitolo sulla Casa estiva a Raageleje; Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva a Raageleje. 141 Nel 1965, l’architetto inoltre tiene occasionalmente delle letture all’Istituto di Design di Chicago. 142 Vedi Juhl F., Restauranten i Hotel Richmond, in “Dansk Kunsthaandværk”, Copenhagen, 1965-66, pp. 144-8. 143 Inizialmente la sala è 13x14 metri ed ha un soffitto alto 4,5 metri. Finn Juhl riduce l’altezza del soffitto in una parte della sala a 3,5 metri, nell’altra fino a 2,5 metri. L’architetto non può modificare la struttura portante; perciò i pilastri, che scandiscono lo spazio interno, restano invariati. Vedi Juhl F., Restauranten i Hotel Richmond, in “Dansk Kunsthaandværk”, 1965-66, pp. 144-8. 144 “Som det vil fremgå af ovenstående er denne restaurant typisk for et hotel, idet den er i brug fra tidlig morgen til sen aften. Det har derfor været naturligt at lægge vægt på enkle, klare materialer og farver, der både kunne være behagelige i klart dagslys og i elektrisk lys.” Trad. a cura dell’autore; vedi Juhl F., Restauranten i Hotel Richmond, in “Dansk Kunsthaandværk”, 1965-66, pp. 144-8. 145 Gotfred Tvede (1863-1947) è un architetto danese, che realizza opere prevalentemente in stile neo-barocco. Egli è il medesimo architetto che progetta il palazzo del complesso museale di Ordrupgaard, che oggi gestisce le visite al pubblico nella Casa di Finn Juhl. Vedi Capitolo sulla Casa di Finn Juhl; www.ordrupgaard.dk. 146 La sala è di 12x20 metri e presenta altezza pari a 5 metri. 147 Palle Suenson (1904-1987) è un architetto danese, istruito alla Reale Accademia delle Belle Arti di Copenhagen. Egli lavora inizialmente sotto Kay Fisker, dal 1925-29, e Kaj Gottlob, dal 1929-30. Dal 1930, Suenson apre il proprio studio di architettura, e dal 1941 insegna all’Accademia, dove dal 1956 diviene Rettore. www.denstoredanske.dk. 148 Se dal 1966 sposta la sede professionale da Sølvgade 38 a Kratvænget 15 lavorando assieme ad un solo collaboratore, dal 1974 in poi Juhl opera da solo nella propria dimora, in quanto il numero di commissioni è diminuito drasticamente. Vedi Sommer A.L., Watercolors by Finn Juhl, a cura di Designmuseum Denmark, Strandberg Publishing, Copenhagen, 2015, pp. 14. 149 Lo stesso anno, Juhl allestisce la mostra A Century of Danish Design al Museo di Kelvingrove a Glasgow, e alla Galleria d’Arte Whitwort, a Manchester. La mostra Two Centuries of Danish Design è parte di una propaganda del design danese, da parte della Regina Elisabetta d’Inghilterra e del Re Frederik di Danimarca, che ha luogo in Inghilterra, Scozia e Danimarca, in quegli anni. Vedi E. Hiort, Two Centuries of Danish Design, a cura di the Victoria & Albert Museum, Londra, 1968; Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, The Danish Architectural Press, 1990. 150 Vedi E. Hiort, Two Centuries of Danish Design, Londra, 1968. 151 L’autore della monografia su Finn Juhl, Esbjørn Hiort, ha l’occasione di collaborare assieme all’architetto durante l’allestimento di Two Centuries of Danish Design. 152 All’epoca con a capo Re Federico IX. 153 All’epoca sotto il governo della Regina Elisabetta II. 154 Vedi E. Hiort, Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990. 155 “Finn Juhl havde et aristokratisk livssyn og var æstet til fingerspidserne. At arbejde sammen med ham om f.eks. en udstillingsopgave (hvilket jeg havde lejlighed til bl.a. på Victoria & Albert i 1968) var en inspirerende oplevelse - men ingelunde let. Smålige hensyn til økonomi og pratiske bagateller var ikke hans sag. Det var den æstetisk rigtige løsning, som for ham var alfa og omega. Det prægede hans livsværk og gav så smukke resultater.” Queste sono le considerazioni che Esbjørn Hiort fa, in seguito alla morte di Finn Juhl, scrivendo un memoriale dedicato all’architetto. Trad. a cura dell’autore; vedi Hiort E., In memoriam, Finn Juhl 1912-1989, in “Arkitekten”, 14, 1989, pp. 356-357. 156 Stavolta la sezione antica presenta oggetti datati dalla metà del XVIII secolo, anziché dall’Età della Pietra. 157 “room within a room”, trad. a cura dell’autore. Vedi E. Hiort, Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp. 121 158 Poul Cadovius è all’epoca il proprietario della ditta France & Søn, che ottiene il nome di CadoCollection. Vedi www.abstracta.com. 159 Oltre alla Società Danese di Arti Applicate, contribuiscono alla mostra anche la Federazione dell’Industria Danese, l’Associazione dei Manifatturieri Danesi ed altre organizzazioni. Il direttore è Bent Salicath, inoltre autore di articoli su Finn Juhl. 160 Cfr. Lettera personale di Bent Salicath a Finn Juhl, conservata nell’Archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen, datata 22 Ottobre 1969; E. Hiort, Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990. 161 Prima di allora, Juhl ha organizzato oltre circa sessanta mostre per la Società Danese di Arti Applicate, svoltesi talvolta in giro per il mondo. 162 Vedi Grandi Designers; Alvar Aalto, Franco Albini, Luigi Caccia Dominioni, Carlo de Carli, Finn Juhl, Ignazio Gardella, Vico Magistretti, Gio Ponti, Pierluigi Spadolini, Marco Zanuso, catalogo a cura della Decima Mostra Selettiva del Mobile di Cantù, Febbraio 1974.


93 163 Fredrik Fogh è un architetto e designer danese, laureato a Copenhagen e Milano, presso il Politecnico.Il lavoro di Fogh ha un impatto profondo in molte nazioni, in quanto egli collabora con le industrie italiane, danesi ed americane. Egli insegna all’Università di Milano per quattro anni, a partire dal 1970 al 1974. Nel 1957, Fogh si aggiudica la medaglia d’argento, per la progettazione dell’allestimento per la sezione Alloggio Danese, The Danish Dwelling all’interno della XI Triennale di Milano. Vedi Pica A., Undicesima Triennale, Milano, 1957, pp. 301. 164 Intervento di F. Fogh all’interno del catalogo della mostra di Cantù. Ibid. 163. 165 Vedi Finn Juhl, in “Jyllands-Posten”, 29 Gennaio 1982. 166 Nortisugu Oda, uno degli organizzatori del memoriale su Finn Juhl, avrebbe dovuto incontrare l’architetto quello stesso giorno. Egli racconta: “On May 17, 1989 at 12.30 p.m., I had just finished entry procedures at Kastrup airport and was looking forward to arranging a meeting with Finn Juhl. That night when I called, I learned that he had died at the very time of my arrival; he was 77 years old. Although he is gone, I am more than ever impressed by his great artistic talent and his humanity.” Vedi Abe S., Tetsuo I, Satoshi I., Noritsugu O., Haijme K., Reiko S., Finn Juhl Memorial Exhibition, Giappone, 17 Maggio 1990. 167 Si dice che Juhl, già dagli anni Sessanta, non goda di ottima salute. 168 La seconda moglie Hanne Wilhelm Hansen rende possibile l’organizzazione. Tra i commenti dell’esposizione raccolti nel catalogo, si ha anche quello di Edgar Kaufmann Jr. e del giornalista Henrik Sten Møller. Edgar Kaufmann Jr. muore nel Luglio dello stesso anno. 169 Ibid. 164. 170 Ibid. 167. 171 De Scarpis G. B., Finn Juhl, architetto danese, in “Domus”, 252, 1950, pp. 19-24.





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Casa Juhl, Kratvænget 15, Charlottenlund

L’edificio, residenza e studio dell’architetto, occupa il lotto numero 15 su Kratvænget a Charlottenlund. La dimora è situata ad Ordrup, località residenziale a nord di Copenhagen, distante 11 km dal centro, caratterizzata per la presenza di ville unifamiliari con ampi spazi verdi privati. Si tratta del primo incarico residenziale di Finn Juhl. L’abitazione ha impianto architettonico ad “L” ed è posizionata in un terreno di circa 1.925 mq1. Al fine di ricostruire la storia di questa architettura si fa affidamento a molteplici fonti storiche tra cui la monografia su Finn Juhl di Esbjørn Hiort2 e i disegni originali conservati nell’archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen3. I documenti relativi alla casa, consultati nell’archivio del Museo di Arte e Design, sono: 81 disegni, 2 fotografie e 10 pagine di capitolato d’appalto. Le fonti sono datate a partire dall’anno 1941, esordio della carriera di Juhl come architetto indipendente, a soli ventidue anni, al 1970, maturità della sua carriera. Il primo documento rinvenuto è del 20 Aprile 1941, tuttavia è plausibile che già precedentemente Finn Juhl avesse in mente di progettare la propria abitazio-

ne e che avesse già riportato le sue idee, in elaborati oggi andati perduti4. Il capitolato d’appalto, finalizzato ad una gara, risale al 1 Novembre 1941, dunque è possibile che Juhl inizi la costruzione nell’inverno del 1941 e che la termini negli anni 1942-435. L’anno di conclusione dei lavori è incerto anche se, data la presenza di fotografie in cui la casa appare conclusa, sulla rivista Arkitekten del 19446, si può affermare che essa risalga allo stesso anno o che sia antecedente. Negli anni Quaranta, Juhl porta a termine quanto previsto nel progetto del 1941, apportando modifiche prevalentemente all’arredamento ma non nell’assetto architettonico, a parte l’introduzione del garage, nel 1942, citato già precedentemente nel capitolato d’appalto, e del gazebo, nel 1949. A partire dagli anni Cinquanta, egli propone una serie di varianti, ma realizza solamente quella riguardante l’ampliamento della camera da letto, nel 1968; a differenza delle proposte mai costruite del 1954, 1958 e 1966, riguardanti un ipotetico volume annesso. L’ultimo disegno è del 1970, circa venti anni prima della morte dell’architetto, il quale fino agli anni


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Skovbund Pergola Garage Støttemur Frugttrær Græs Ordrupgaard Park Birk og Lærk Roser Stauder Sand Ordrup Krat

sottobosco pergola garage muro di cinta alberi da frutto erba parco di Ordrup betulla e larice rose erbacee perenni sabbia macchia di Ordrup

Assonometria e planimetria generale (da Juhl F., Eget Hus i Ordrup Krat, in “Arkitekten”, 1944)


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Settanta continua a progettare modifiche per la sua residenza. Al fine di conoscere la casa di Finn Juhl, non è possibile prescindere dal rimando ad avvenimenti familiari, personali o ad eventi storici che potrebbero aver influenzato il processo progettuale. Gli anni che precedono e seguono l’inizio della progettazione sono infatti cruciali nella vita di Juhl, sia dal punto di vista professionale che per quanto riguarda la sua vita privata. Il 15 Luglio 1937 Juhl sposa Inge-Marie Skaarups. Si racconta che Juhl e la moglie adottino un figlio di nome Klaus. Sebbene l’anno di adozione sia sconosciuto, si narra che Klaus viva nella dimora fino a diciotto anni. Il matrimonio e la presunta adozione del figlio potrebbero essere stati incisivi nella scelta di costruire un’abitazione atta a soddisfare le necessità della futura famiglia. Nel suo libro Hjemmets indretning, Juhl scrive: “Boligen er rammen om den naturlige livsudfoldelse for familien i hjemmet. For det begreb, vi kalder hjemmet, er samhørigheden og de menneskelige relationer af større vigtighed end selve rammen. Vi kan indse, at vi kan ikke skabe menneskelig lykke og tilfredshed bare ved rammens udformning og skønne udstyr. På den anden side kan en galt tilrettelagt bolig, der stiller sig hindrende i vejen for familien, skabe utilfredshed, der igen kan indvirke på familielivet.” (…) “Familiens sammensætning er en således en vigtig faktor, dens arbejde og funktioner i samfundet en anden. “ “La casa è la cornice della vita familiare e della realtà umana. Al termine casa, associamo il concetto di coesione e relazioni umane, assai più importanti della cornice. Sappiamo di non poter creare la felicità e la soddisfazione dell’essere umano tramite il design, la cornice (la casa) le attrezzature bellissime al suo interno. D’altra parte, una casa mal progettata è di ostacolo alla vita della famiglia e può causare insoddisfazione che

infine influisce negativamente sulla vita familiare. (…) “La composizione della famiglia è perciò un fattore importante, così come lo sono il lavoro che svolgono nella famiglia e i loro ruoli nella società7” Tali affermazioni non solo denotano quali siano gli studi preparatori di Juhl per la progettazione di una residenza, ma inoltre avvalorano la tesi secondo cui la costruzione della propria casa potrebbe essere stata incentivata dalla nascita del nucleo familiare composto da lui e dalla moglie Inge-Marie. Ella è dentista e al tempo stesso coltiva un interesse per l’arte moderna equiparabile a quello di Juhl. È plausibile che Inge-Marie abbia contribuito con i suoi profitti alla realizzazione della loro casa e all’acquisto delle opere d’arte che si trovano al suo interno. Il 1937 è anche l’anno in cui Juhl e il suo collaboratore Niels Vodder iniziano a partecipare all’annuale esposizione della Gilda degli Ebanisti8. I loro prodotti sono al centro del dibattito a partire dal loro esordio. Il periodico Arkitekten del 1939 scrive in merito alla sala da pranzo da lui progettata ed esposta lo stesso anno alla mostra: “La maggior parte dei visitatori crede probabilmente che l’intera stanza sia davvero molto strana, ma il suo potenziale, nel sollevare discussioni e destabilizzare la mentalità conservatrice, è di grande valore”9 Al contempo, alla Scuola di Architettura di Copenhagen la progettazione della casa unifamiliare è considerata prioritaria rispetto ad altre materie; gli studenti sono soliti impiegare un intero anno nello studio di tale argomento e si prendono ad esempio sia modelli innovativi internazionali che scandinavi come Frank Lloyd Wright10, Le Corbusier, Gerrit Rietveld11, Gunnar Asplund, Alvar Aalto12. La commistione tra l’architettura locale scandinava e quella oltreoceano è particolarmente incentivata dall’architetto Kay Fisker, professore di Finn Juhl dal


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193413. Si può presumere dunque che Juhl sia stato ispirato da movimenti artistici a lui contemporanei e da architetti noti della sua epoca nel progettare la sua casa14. Nel 1940 Juhl ha per la prima volta15 l’idea di costruire una casa per sé stesso. Dopo aver vissuto, dal 1902 al 1933, nella dimora del padre16 a Frederiksberg17 e, dal 1933 al 1942, in un appartamento in affitto18, egli decide di abbandonare il centro di Copenhagen per dirigersi a nord, in una zona tranquilla, a venti minuti dalla città, circondata da residenze di pregio architettonico19. Già nel modesto appartamento in affitto, Juhl arreda gli ambienti interni con mobili da lui stesso progettati. I suoi primi lavori di arredamento e architettura egli li realizza infatti per uso personale, atteggiamento assai diffuso tra gli artisti danesi, già a partire dal XVIII secolo20. Si tratta di un fatto straordinario che un giovane studente possa permettersi di vivere in un appartamento autonomo, oltretutto contenente arredi disegnati appositamente da lui e realizzati dal coinquilino ebanista Niels Vodder. Appena ventenne, Juhl può infatti concedersi di avere un’indipendenza economica e vivere lontano dalla casa natia, probabilmente grazie ai fondi ereditati in seguito alla morte del padre, deceduto appunto nel 1941, e al salario percepito dallo studio di Vilhelm Lauritzen21. Parallelamente, dopo aver studiato sotto la guida del maestro Fisker ed aver lavorato per undici anni nell’ufficio di Lauritzen, Juhl decide di allontanarsi dai suoi mentori e fondare il proprio studio di architettura. Una volta ricevuto il titolo di architetto dall’Associazione degli Architetti Danesi22 nel 1942, terminato il progetto della Radiohuset, Juhl si licenzia ed apre il suo ufficio di architettura a Nyhavn nel 1945. Lo studio, presumibilmente coincidente con l’appartamento abitato in precedenza, è situato al numero

33 di Nyhavn: non è uno spazio molto grande, soli quaranta metri quadri di superficie, bensì confortevole ed in grado di ospitare fino a dieci impiegati al suo interno. Molti disegni originali contengono una didascalia con l’indirizzo della sede professionale, la quale varia a seconda delle fasi della sua esistenza. Si potrebbe affermare che nella vita di Juhl il desiderio di indipendenza abitativa coincida anche con l’esigenza di ottenere indipendenza professionale. La prima metà degli anni Quaranta non è un momento favorevole per iniziare i lavori di costruzione, data la condizione politica della Danimarca. Dal 1940 al 1945, il Paese subisce l’occupazione tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale perciò è plausibile che tale fattore abbia inciso nella realizzazione finale dell’abitazione. Tuttavia, l’apprendistato da Vilhelm Lauritzen reca a Juhl il beneficio di conoscere diversi fornitori che, all’occorrenza, fanno sì che si possa iniziare la costruzione della dimora, nonostante il razionamento e la carenza di materiali. Tuttavia è errato pensare che la casa abbia sempre avuto la medesima configurazione. Dall’analisi dei documenti che risalgono dal 1941 al 1970, risulta che Juhl ha progettato modifiche e ampliamenti, solo in parte realizzati, della propria abitazione. I mobili, i colori e le dimensioni sono variati nel tempo rispetto a quelli dell’anno in cui viene costruita: si tratta di un’opera in continua evoluzione. Tale modo di progettare, che potremmo chiamare “Darwiniano”, inoltre prevede che Juhl ripensi l’arredamento interno ogniqualvolta disegni nuovi mobili. Egli rimpiazza ciò che non è più utile con elementi nuovi: sostituisce senza sovrapporre. Solo i mobili più iconici restano permanenti. Egli stesso afferma: “stanze più belle architettonicamente, perché divenute meno affollate.23”


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Al fine di comprendere la figura di Juhl in quanto architetto, è fondamentale apprendere la relazione di complementarità che vi è tra la sua architettura e l’interior design e come questi elementi influiscano sulla fase progettuale. In una citazione ricorrente, egli infatti sostiene: “En stol er ikke bare et kunstindustrielt produkt i et rum, det er en form og rum i sig selv.” “Una sedia non è solo un prodotto industriale in una stanza, ma essa è lo spazio che genera nella stanza stessa.24” Egli concepisce l’arredamento come un fattore che determina l’effetto globale spaziale dell’architettura e ritiene che questo, assieme alle arti applicate e alle arti figurative, rappresenti un’entità strettamente legata con l’architettura. Ciò che conta è l’insieme, il tutto, ”helhed25”. Per tale ragione, facendo riferimento alla storia della casa ad Ordrup, non è possibile prescindere dagli arredi ma anzi si richiama l’insieme. Si tratta di una vera e propria opera d’arte totale, un Gesamtkunstwerk in cui Juhl non solo disegna dettagliatamente l’architettura, ma anche progetta i mobili, le opere d’arte e ogni accessorio da disporre all’interno. La casa, avente una forma ad “L”, consta di due blocchi, uno più grande dell’altro: il minore contiene: l’ampio soggiorno con camino, lo studio, il bagno per gli ospiti; il maggiore: la sala da pranzo, la cucina, la stanza della governante, le due camere da letto26 ed il bagno27. I due corpi, aventi entrambi copertura a due falde, differenziate per il blocco minore ed uguali per il maggiore, sono collegati da un fabbricato più basso, a tetto piano, che contiene una stanza che si estende verso la veranda ed il giardino antistante, indicata nei disegni con l’appellativo Havestue28. L’ingresso alla veranda ed il grande salotto presentano un’uscita verso il giardino, situato allo stesso livello

dello spazio interno e racchiuso dalle due ali principali. Nel 1961, a quarantanove anni, Juhl divorzia da Inge-Marie. La nuova compagna è Hanne Wilhelm Hansen; ella è editrice musicale e si trasferisce con lui ad Ordrup all’età di trentasette anni. Inoltre, il figlio Klaus, giunto alla maggiore età, secondo la tesi riportata dalla Birgit Lyngbye Pedersen29, avrebbe lasciato la casa del padre30. Il nuovo assetto familiare potrebbe aver influenzato la vicenda progettuale della sua abitazione, in quanto, dal 1961, si prevedono ulteriori varianti al progetto originario31. Nel 1968 l’ala più grande della dimora viene ampliata32. Tale ampliamento prevede che la stanza da letto venga ingrandita verso il cortile così da essere dotata anche di un piccolo salotto e da eliminare l’uscita verso il giardino, presente invece nello schema iniziale del 1941. Questa variante è l’unica, tra le molte progettate, ad essere infine realizzata. Come testimoniano i disegni originali, Juhl è solito modificare il progetto a partire dal principio. Un elaborato del 1941 mostra il disegno sommario di due volumi collegati all’ala minore. L’idea viene abbandonata già lo stesso anno, in quanto un disegno poco posteriore non li rappresenta. Anche il garage disegnato nel 1941, ha conformazione diversa dalla versione realizzata l’anno successivo. Allo stesso modo, l’ipotesi di ampliamento prevista per la tettoia d’ingresso, progettata nel 1954, non viene conclusa. Nel 1954, Juhl disegna inoltre l’ampliamento del soggiorno, senza portarlo a termine. L’ala minore è in particolare modo oggetto di varianti. Nel 1958, egli prevede un’ipotesi di ampliamento dell’ala minore diversa da quella del 1941. Si tratta di un corpo collegato alla preesistenza, ma avente orientamento differente.


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entrata ingresso-veranda soggiorno con camino studio archivio bagno degli ospiti spogliatoio cucina sala da pranzo corridoio camera da letto bagno terrazzo

La pianta mostra l’ampliamento della camera da letto maggiore (da “Abitare�, 1995)

Immagine 1.1

ampliamento


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Il progetto non viene terminato e nel 1966, Juhl ne propone una versione alternativa, che analogamente non viene costruita. L’ultimo elaborato in ordine cronologico è del 1970 e mostra, assieme all’ampliamento del 1966, una serie di setti murari che, oltre a chiudere il fronte dell’abitazione su Kratvænget, collegano il nuovo volume al muro di cinta e ai corpi preesistenti. Questi setti non vengono costruiti, così come il corpo di ampliamento che pare abbia funzione di studio33. L’involucro, secondo Henrik Sten Møller, ricorda un modesto rifugio, una tenda gigante di tela34 che Juhl modella al fine di creare delle superfici inclinate che permettono alla luce solare di entrare all’interno. Lo stesso Møller, in merito alla casa e alla figura di Juhl, scrive: “Finn Juhl was the out-and-out dandy. You can feel it in his own house, designed by himself in 1941. The location is marvelous, almost scenic towards Ordrupgaard in Kratvænget vej 15.35” La progettazione del giardino è a cura del paesaggista Troels Erstad36. In merito a lui, e alla progettazione del giardino della sua casa, situata anch’essa ad Ordrup, si racconta: “(…) but during his short career he proposed a series of gardens that were both personal and harmonious with their times. (…) In his own Ordrup garden (1940) he employed an artistic language learned from late Roman culture, from William Robinson, Gertrude Jekyll, Willy Lange, Brandt, Sørensen, and Mogens Lassen.37” Il giardino della casa di Juhl potrebbe essere una delle opere grandiose di Erstad. Tuttavia è probabile che lo spazio circostante la dimora sia stato alterato nel tempo dato che attualmente la casa è circondata da edifici costruiti in seguito, come ad esempio il museo di Ordrupgaard38. Al principio, il giardino presenta una serie di alberi

da frutto, disposti su terreno in lieve discesa, che a nord-est vanno a confondersi con la vegetazione del parco di Ordrup. Dinnanzi alla camera da letto, delle aiuole, dalla forma curvilinea e contornate da pietre rustiche, ospitano rose selvatiche, erbacee perenni e sabbia. La dimora è dotata anche di una tettoia per l’ingresso principale, alla quale Juhl vuole apportare una variante nel 1954, che non viene però realizzata. Slegati dall’abitazione vi sono un gazebo39, databile alla fine degli anni Cinquanta, nella parte occidentale del giardino ed un garage40 del 1942, a nord-ovest. Prima dei lavori di costruzione, l’area di progetto è pianeggiante, ma la terra scavata per far spazio alle fondazioni e alla cantina, viene poi collocata ai margini dell’edificio in modo da creare una lieve conca su cui tuttora giace la casa stessa. La forma concava del terreno fa sì inoltre che dal salotto della camera da letto sia possibile accedere all’esterno senza bisogno di una scala. La copertura dell’edificio ha struttura in legno ed è ricoperta in eternit di colore grigio. La struttura è in mattoni, secondo il metodo di costruzione tradizionale. Il mattone utilizzato è laccato così che l’involucro esterno dell’edificio risulti di colore bianco. La laccatura conferisce una superficie liscia opaca che necessita di costante manutenzione. Gli infissi delle vetrate hanno struttura lignea con rivestimento in eternit di colore bianco. La pavimentazione esterna, prospiciente all’ingresso principale e all’uscita verso il giardino, è in mattoni. La stessa, dai toni tendenti al giallo, è applicata anche in una porzione di pavimento rettangolare in prossimità del camino nel soggiorno. All’interno, Juhl sceglie un pavimento in parquet di Pino dell’Oregon per il soggiorno, il foyer, la sala da pranzo, per gli ambienti distributivi e per le due camere da letto; mentre per i restanti ambienti, principalmente di servizio e più funzionali, predilige una pavimentazione in linoleum colorato. Finn Juhl privilegia la luce naturale.


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Il salotto, la stanza verso il giardino e la camera da letto matrimoniale41, ambienti che assieme costituiscono gran parte della superficie totale dell’abitazione, sono esposti a sud e dotati di ampie vetrate, con accesso al parco antistante. La progettazione è razionale in quanto parte dalla configurazione degli spazi interni senza avere l’obiettivo di costruire un prospetto basato su parametri di simmetria o meramente formali. Le facciate dell’abitazione hanno compito di rispecchiare la funzione di ciascun ambiente interno e al contempo di dimostrare equilibrio tra il pieno della muratura e il vuoto delle aperture. Daniele Regis, nella rivista Abitare del 1995, scrive: “Il percorso progettuale di Juhl parte dalla pianta e da questo deriva gli esterni (…)42” Ciò che conta per Juhl sono infatti gli spazi interni, ricavati dal disegno della pianta. Egli opera una progettazione dove le parti prevalgono sul tutto. La sua maniera, detta inside out, prevede che la definizione dell’involucro esterno segua il disegno degli ambienti che lo costituiscono: pars pro toto. I prospetti sono dunque secondari, in quanto dipendenti dalla funzione e dalla disposizione dei locali interni. L’originalità e la modernità della casa di Finn Juhl sta perciò, non tanto nello scheletro dell’edificio, quanto nella progettazione degli spazi interni e degli arredi. Egli stesso afferma: “Era difficile costruire per un giovane architetto durante la Guerra e nel dopoguerra a causa della mancanza di materiali da costruzione, così ho pensato che fosse naturale lavorare con ciò che andava all’interno delle case.43” Uno dei primi disegni inerenti all’abitazione è la rappresentazione, in scala 1 a 20, del divano collocato nella stanza sul giardino. Anche in altri disegni successivi, egli disegna gli

arredi prima ancora di avere determinato la conformazione finale dell’edificio. Si può da ciò dedurre che Juhl, già in fase concettuale, pensi ai mobili da disporre all’interno. Questi sono elementi complementari all’architettura: veicolano e vincolano la progettazione degli spazi interni, a loro volta riflessi in facciata. Tutti i mobili presenti nella dimora sono opera di Juhl; molti di essi sono prodotti artigianali dell’ebanista Niels Vodder, inizialmente esposti alla mostra annuale della Gilda degli ebanisti e successivamente collocati nell’abitazione. Tuttavia, a giudicare da fonti fotografiche di periodi diversi44, si può affermare che l’arredamento interno è mutato nel corso degli anni e che la conformazione corrente non rispecchia quella del 1941. Determinare con esattezza gli arredi, presenti originariamente e sostituiti, aggiunti o tolti nel tempo, è assai complesso. La casa è paragonabile ad un sito archeologico, che subisce cambiamenti e a cui si sovrappongono strati su strati. Un disegno del 194145 testimonia che sia gli arredi che le dimensioni dell’edificio sono alterati. Nel progetto del 1941 non appare nessuna Høvdingestolen, “Sedia del Capo”, né le sedute FJ 45 o FJ 46, così come la scrivania con il ripiano alzabile. Vi sono invece due rari esemplari di Sedia Cavalletta46, oggigiorno scomparse perché ereditate da Inge-Marie al momento del divorzio, collocate nella stanza prospiciente al giardino e nel soggiorno, che ha conformazione assai differente dall’odierno. Questo infatti presenta due Poeten, “Divani del Poeta”47, disposti intorno al camino e appoggiati su di un tappeto zebrato, un pianoforte a coda, al posto dell’odierna scrivania, un divano di diverse dimensioni e una piccola scrivania con dietro una Sedia Pellicano48, anziché le due sedie FJ 45 e FJ 44. La grande libreria a parete del soggiorno, così come il piccolo divano, di fianco alle scale che conducono alla sala da pranzo, sono sempre stati presenti e lo sono tuttora: essi sono modelli di arredi progettati


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forstue havestue opholdsstue arbejdsrum spisestue køkken anretning husassistent kammer skabsvær bad soveværelse

La pianta mostra il progetto originario, dove sono disegnati arredi differenti da quelli dello stato corrente. (da “Architects’ Year Book, 1947)

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appositamente ed unicamente per la casa. Anche un prototipo di sedia senza nome, progettato e collocato nello studio adiacente all’ingresso principale, resta invariato dal 1942. Il grande pianoforte, rappresentato nella pianta del ’41, e anche in altri disegni senza data, indica la passione di Juhl per la musica49 e il pianoforte50. Dall’osservazione del disegno si rileva che anche la camera da letto ha configurazione differente, in quanto vi sono disposti due letti singoli separati al centro da due comodini, analogamente a quanto Juhl scrive sulla tipologia “c” di camera da letto51. Nel capitolo sulla camera da letto di Hjemmets Indretning, Juhl illustra infatti come organizzare lo spazio in relazione al posizionamento e all’ingombro del letto e dei comodini52. E’ possibile perciò che la teoria fosse già stata messa in pratica nella propria casa a Kratvaenget e nelle altre ville da lui progettate53. La disposizione del soggiorno varia intorno all’anno 194754, poiché fotografie dello stesso anno illustrano che il pianoforte viene rimosso, assieme alla piccola scrivania e alla Sedia Pellicano. Al posto del pianoforte vi è invece l’odierna scrivania con, dietro, la FJ 4655 e, davanti, la FJ 4556, così come appare oggigiorno57. All’angolo, dove prima si ha la scrivania, compare, conformemente allo stato attuale, il lungo divano, un tavolino, una FJ 4458 ed un paio di FJ 45, probabilmente le stesse esposte precedentemente alla mostra della Gilda degli Ebanisti59. La Sedia Pellicano, dalle forme organiche e sinuose, non è presente nelle immagini del soggiorno del 1947. Si potrebbe affermare che essa appartenga al primo periodo di Juhl, giacché non viene mai più riproposta dopo il 1944. La sedia FJ 44, detta pure Knoglestolen, in origine esposta in una sala da pranzo progettata per la mostra del 193760, in mogano cubano e sedile di pelle, modello raro di cui ne restano solo dodici copie, è plausibile che compaia nell’abitazione dal 1944 ed è

ammirabile tuttora. Pure la sala da pranzo subisce varie modifiche nell’arredamento. Intorno al tavolo da pranzo inizialmente sono presenti delle sedie con struttura in legno che, al termine degli anni Quaranta, sono sostituite dal modello Egypterstol, “Sedia Egiziana61” che Juhl progetta per Bovirke62 ed espone, nel 1949, alla mostra della Gilda degli Ebanisti63. Contemporaneamente, una mattina, mentre si trova a casa, egli disegna la celebre Sedia del Capo64, in un solo giorno, dopo aver notato un “vuoto” nella camera da letto65. In un’intervista, Juhl racconta: “I started drawing the Chieftain chair one day in the spring of 1949. I was at home, and I started drawing around 10am with a five cm sketch - just four vertical lines connected with ‘something’ and by two or three o’ clock in the morning I had painted a complete design. But in reality I don’t know how long it took me to design that chair. Perhaps I’d had a vague idea for some time that I wanted to design something bigger. There had been so many small, handy chairs, that I probably felt like designing something a bit more pompous..66” E’ probabile dunque dal 1949 essa si trovasse nella medesima posizione di adesso: di fianco al camino e dinnanzi al divano Poeten. Nel 194967 Juhl raggiunge l’apice della sua carriera e probabilmente anche quello della progettazione di interni della dimora. Si può affermare che dopo il 1949 non vi sono numerosi cambiamenti nell’arredamento. Personalmente Juhl preferisce l’arredo artigianale a quello prodotto in serie68, perciò solamente pochi pezzi prodotti industrialmente sono presenti nella sua dimora, come ad esempio il tavolino in teak, prodotto per France & Søn, o la Karmstol69 per Bovirke. Nel 1961, Juhl progetta un gruppo di arredi per la camera da letto con il suo nuovo collaboratore Ludvig Pontoppidan ed in seguito li sposta nella propria


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Scrivania nel soggiorno (da Hansen P. H., Finn Juhl and His House, 2014)


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Le fotografie testimoniano i cambiamenti dell’arredamento nel corso degli anni. La prima a colori mostra lo stato corrente; la seconda risale agli anni Sessanta. Quest’ultima presenta sedute differenti ed una scultura di E. Thommasen sulla parete. (da Per H. Hansen, Finn Juhl and His House, 2014)


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dimora. Anche due sedie FJ 44, una Sedia del Capo e due FJ 48 sono inseriti nella camera da letto, in seguito all’ampliamento del 1968. Inoltre la panca disegnata per Bovirke, la sedia giapponese70, accanto al divano del foyer e la lampada a sospensione PH71 vengono aggiunti dopo il 1949. Il soggiorno, dopo le modifiche descritte, appare all’incirca lo stesso di adesso, ad eccezione del divano Poeten che, a giudicare da una fotografia degli anni Sessanta72, viene temporaneamente sostituito da un piccolo divano a due posti, ora rimpiazzato dall’originale seduta. All’attenzione per gli arredi interni, Juhl aggiunge la passione per l’arte73, per i colori e per la luce naturale. All’interno del suo studio è appesa un quadro di Juhl stesso, risalente al 1934, dal titolo To Krukker, Due Vasi74. L’abitazione è ricca di opere d’arte di cui è difficile stabilire esattamente l’anno di apparizione nella casa. Al fine di determinare l’assetto originale, confrontandolo con lo stato corrente, si fa riferimento soprattutto a fonti fotografiche e al legame tra le opere d’arte e gli eventi biografici delle persone che abitano la dimora. In una fotografia75, pubblicata nel 1947, si nota che dietro al divano adiacente al camino, anziché il celebre Ritratto di Hanne Wilhelm Hansen, raffigurante la seconda moglie di Juhl e realizzato dal pittore Lundstrøm nel 194676, vi è un altro dipinto di autore, provenienza e datazione sconosciuti. La stessa immagine illustra che, accanto al camino, vi è il quadro Opstiling77 di Vilhelm Lundstrøm, oggi appeso alla parete retrostante il lungo divano del soggiorno; dunque si ipotizza che esso sia uno dei quadri presenti nella casa sin dal principio. Tuttavia, accanto al camino, ora vi è l’opera Thona di Jean Deyrolle, che, essendo del 1952, probabilmente compare nella dimora intorno alla metà degli anni Cinquanta. Un’altra immagine della medesima pubblicazione

mostra, appeso alla parete che fa da sfondo alla piccola scrivania e alla Sedia Pellicano78, un altorilievo in gesso ora situato su di una delle pareti del muro di cinta sotto alla tettoia. Il tappeto, opera senza data di Anna Thommesen, che si trova al momento nella stanza del foyer, non è presente nelle prime fotografie79, ma una immagine degli anni Sessanta80 ne testimonia la presenza, dunque si può credere che esso sia stato introdotto intorno a quel periodo. Talvolta la stessa immagine mostra un quadro diverso al posto di Ritratto di Hanne Wilhelm Hansen ed una scultura dell’artista Erik Thommesen in prossimità di esso. Nella camera da letto matrimoniale, si hanno cinque litografie di Sean Scully81 appese alla parete fino al 1990, prima che Hanne Wilhelm Hansen le acquisti e le rimuova. Finn Juhl, oltre ad essere appassionato d’arte, presta molta attenzione ai toni cromatici da adottare per l’abitazione. Egli stesso scrive: “Til alle tider har man arbejdet med tingenes funktion. Men man har også arbejdet med deres farver, liniespil og form. Man har måske endog dekoreret dem i elementær glæde ved at skabe noget smukt.” “In ogni momento, si deve lavorare con la funzione. Però si deve anche lavorare con i colori, i giochi di linee e con la forma. Potresti così riuscire a creare qualcosa di bello.82” Per quanto riguarda la sua dimora, si spazia da contrasti ad accordi cromatici come il risalto tra i toni chiari dell’abitazione e la scura foresta circostante oppure l’analogia tra il colore marrone della parete esterna del foyer ed il terreno del giardino83. Lo stesso Juhl, dichiara: “Throughout the interior, paintings and drawings have


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La fotografia del soggiorno, risalente agli anni Sessanta, mostra in primo piano un divano a due posti mai andato in produzione. (da Hansen P. H., Finn Juhl and His House, 2014)


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been considered an integral part of the design84” Tuttavia, anche per ciò che concerne i colori, le fonti85 consultate testimoniano la presenza di incongruenze tra il progetto originale e come la casa appare oggigiorno. Finn Juhl stesso racconta di rimpiangere di avere accettato il suggerimento di un pittore, il quale gli propone di ridipingere l’esterno della dimora86. Per tale ragione, l’aspetto iniziale della casa potrebbe essere andato perduto. In una pubblicazione del 194787, Juhl descrive i soffitti del soggiorno intonacati di giallo crema, le pareti laterali di color grigio chiaro e le porte bianche, conformemente allo stato corrente; mentre i soffitti della sala da pranzo sono di colore rosa, anziché arancione. Il colore giallo crema fa sì che, all’ingresso della luce solare, si generino effetti chiaroscurali e si enfatizzi la luminosità dell’ambiente. La stanza sul giardino, ambiente di passaggio dall’ala maggiore alla minore dell’abitazione, dalla zona pubblica, di rappresentanza, all’area privata, familiare, ha il soffitto rivestito in assi di legno. L’ingresso alle camere da letto attualmente presenta soffitti intonacati di color arancione; mentre gli ambienti notte, ossia la camera da letto matrimoniale e quella con letto singolo, sono caratterizzati da tonalità tendenti al blu, rispettivamente celeste polvere e blu. La parete esterna dell’ingresso principale, dagli infissi bianchi, è di colore arancione senape che contrasta con un pannello adiacente di colore blu. L’ossessione di Juhl per i colori si può dedurre anche dai documenti rinvenuti all’archivio. Egli spesso specifica la cromia degli arredi e dei materiali nei suoi disegni e suole comporre palette88 di colori, probabilmente realizzate dalla assistente Marianne Riis-Carstensen89, la quale ha una dote straordinaria nella rappresentazione ad acquarello e dal 1950 lavora nello studio di Juhl. Ella racconta che frequentemente egli la chiamasse, la mattina prima di giungere in ufficio, chiedendo-

le di preparare determinate tonalità di colore ed il necessario per la realizzazione degli acquarelli, così da ottimizzare la produzione. Il colore preferito da Juhl era il “rosa Lundstrøm”, dal pittore Vilhelm Lundstrøm90, molto difficile da riprodurre, secondo i racconti di Marianne. Ella stessa testimonia inoltre che gli anni Cinquanta sono un decennio fruttuoso per l’ufficio di Juhl. Tanto è vero che Juhl sposta la sede professionale nel 1957 dallo studio a Nyhavn 33, sovraffollato dalla presenza di dieci impiegati, ad uno spazio a Sølvgade 38, nel quartiere di Østerbro a Copenhagen. Al contempo, Juhl è molto impegnato, viaggia spesso negli Stati Uniti d’America e spesso succede che lavori nello studio di casa. Dall’analisi dei disegni originali, si nota che, già dal 1941, egli disegna un ulteriore volume, collegato al corpo minore dell’abitazione. È dunque possibile, dati i racconti di Marianne, che Juhl necessitasse di uno spazio maggiore dove esercitare la propria professione da casa. Inoltre, intorno agli anni Sessanta, le commissioni diminuiscono ed il personale dello studio diminuisce tanto che, nel 1966, Juhl sposta la sede professionale a casa propria e dispone di un solo impiegato. Dal 1974 all’anno della morte, Juhl opera nella sua residenza senza collaboratori. Non a caso, l’ultimo documento cronologicamente pervenuto è un acquarello dell’anno 1970 che raffigura nuovamente un terzo corpo collegato all’ala minore dell’abitazione. Esso ha conformazione diversa dai primi disegni del 1941: è orientato parallelamente al muro di cinta e presenta una didascalia con la scritta: Proj. Tilbygning ossia Prog. Ampliamento Si potrebbe dunque affermare che l’ampliamento che appare nei vari disegni abbia la funzione di ufficio. In merito alla propria casa, Juhl scrive: “(…) inden min afgang fra denne verden har naaet at fylde det af mig selv tegnede eget hus med møbler, taepper, gardiner, armaturer, service, glas, sølv etc., tegnede


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af mig selv, saa jeg naaet et virkeligt maal.” “(…) prima di lasciare questo mondo, ho avuto la fortuna di costruire la mia propria casa e di riempirla di arredi, tappeti, tende, attrezzi, servizi, vetrate, argenti etc., disegnati da me stesso, così da poter raggiungere un vero obiettivo.91” Attraverso la progettazione della propria casa, “Finn Juhl si fece interprete raffinatissimo, attento alle cure del dettaglio e alla psicologia dello spazio (…), approdò all’architettura di interni e al disegno del mobile partendo dalle necessità della sua architettura: rinnovatore radicale del furniture design danese, Juhl fu l’originale sostenitore di una vitale integrazione tra arti “libere” e arti applicate (…)92”. La dimora è oggigiorno un museo visitabile, grazie alla donazione della Sig. Birgit Lyngbye Pedersen93, la quale acquista la casa, con ciò che vi è al suo interno, dalla Fondazione Wilhelm Hansen, che la aveva avuta in eredità dalla seconda moglie di Juhl, Sig. Hanne Wilhelm Hansen94. Dal 2008, la casa fa parte del complesso culturale Ordrupgaard, a cui appartengono inoltre la tenuta estiva della famiglia Hansen, oggi museo contenente capolavori di arte moderna, e l’edificio contemporaneo di Zaha Hadid. Un’esatta riproduzione della sua casa, con i medesimi arredi, è stata realizzata, circa 160 km a sud-est di Tokyo, nel 2012, a celebrare il centenario dalla nascita dell’architetto.


Le fotografie denunciano il ruolo del colore nell’opera di Finn Juhl. Ingresso principale dell’abitazione (foto di Rebecca Carrai, 2016)


Scrivania prodotta da Bovirke (da “Domus�, 1956)


Prospetto sud (foto di Rebecca Carrai, 2016)


Allargamento della camera da letto (fotografia di Keld Helmer-Petersen, dall’archivio online di Danmark Kunstbibliotek, 1967)


L’elaborato, risalente al 1970, raffigura l’ampliamento dell’ala minore mai realizzato (da Sommer A. L., Watercolours by Finn Juhl, 2015)


Veranda a sud (foto di Rebecca Carrai, 2016)


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Note

1 Oggigiorno l’accesso all’abitazione è consentito da Vilvordevej, anziché da Kratvænget, giacché la casa è parte del Complesso Museale di Ordupgaard. 2 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990. 3 Museo di Arte e Design di Copenhagen (DesignMuseum Danmark), vedi www.designmuseum.dk 4 Le fonti in merito all’anno di inizio della progettazione e costruzione della residenza sono discordanti. La rivista Politiken del 1989, anno della morte dell’architetto, sostiene che Juhl inizi la costruzione della casa nel 1940. Tuttavia ciò pare inverosimile in quanto il capitolato d’appalto è datato 1941. Vedi Dødsfald, Arkitekt Finn Juhl, in “Politiken”, 18 Maggio 1989. 5 Le fonti sono incerte al riguardo. Avvalendosi di quanto riportato nei documenti originali, l’acquarello del 1970 riporta 1941-1942 come anni di costruzione. Tuttavia è presente un diagramma degli impianti idrici risalente all’estate del 1942. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, The Danish Architectural Press, 1990; Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014; Holstein A., The Family Juhl, Dwell, San Francisco, Novembre-Dicembre 2003, pp. 90, riportano l’anno 1942. Hanne Wilhelm Hansen sostiene in un’intervista: “Before Finn died on May 17th last year, he asked me to continue my life in our home- the house he built in 1943” Vedi AA.VV., Finn Juhl: Finn Juhl Memorial Exhibition, catalogo della mostra Finn Juhl’s furniture in Japan in 1990, Osaka, 1990, pp. 11. La rivista tedesca Das Werk, del 1948, indica il 1944 come anno di conclusione dei lavori di costruzione. Vedi Eingenheim des Architekt in Hellerup, in “Das Werk”, 35, anno 1948. 6 Vedi Juhl F., Eget Hus i Ordrup Krat, in “Arkitekten”, 46, 1944, pp. 121-127; 7 Vedi Juhl F., Hjemmets indretning, Copenhagen, 1954, p. 5. Trad. a cura dell’autore, Anja Lollesgaard e Sidsel Olsen. 8 Finn Juhl partecipa alla mostra annuale della Gilda degli Ebanisti dal 1937 al 1952. 9 Trad. a cura dell’autore e di Hiort E.; Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990. 10 Per quanto riguarda i modelli statunitensi, i primi esempi di casa unifamiliare moderna risalgono al primo decennio del XX secolo con le Prairie Houses a Taliesin East (1911-25) e Taliesin West (1938) di Frank Lloyd Wright. Vedi Tobias F., Scandinavian Modern Houses, The Spirit of Nordic Light, Vol.1, Copenhagen 2004, p. 9. 11 Gerrit Rietveld progetta la Casa Schröder a Utrecht nel 1924, esempio radicale di villa moderna unifamiliare della prima metà del XX secolo. Vedi Tobias F., Scandinavian Modern Houses, The Spirit of Nordic Light, Vol.1, Copenhagen 2004, p. 9. 12 Gunnar Asplund costruisce la sua personale modesta casa estiva nel 1937; Alvar Aalto progetta uno dei suoi capolavori, Villa Mairea, nel 1939. Vedi Tobias F., Scandinavian Modern Houses, The Spirit of Nordic Light, Vol.1, 2004, p. 10. 13 Non è un caso che Kay Fisker avesse iniziato, a partire dagli anni Trenta, una collaborazione con l’Istituto di Tecnologia del Massachusetts MIT, al fine di promuovere la commistione tra architettura scandinava e statunitense. Vedi Tobias F., Scandinavian Modern Houses, The Spirit of Nordic Light, Vol.1, 2004, p. 9. 14 All’interno della sua libreria personale, nello studio della casa, sono presenti molti libri tra cui monografie di Alvar Aalto, Frank Lloyd Wright e Arne Jacobsen. Oltretutto, a partire dagli anni Cinquanta, Finn Juhl instaura un rapporto di amicizia con Edgar Kaufmann Jr., proprietario della casa sulla cascata di F. L. Wright. I due, oltre ad essere colleghi in ambito artistico, trascorrono vacanze insieme e Juhl visita spesso Kaufmann Jr. negli Stati Uniti d’America. Ciò conferma la conoscenza dell’architettura residenziale di Wright da parte di Finn Juhl e può far credere che l’architetto, durante una delle visite negli USA, abbia avuto la possibilità di conoscerlo personalmente. Cfr. Profilo biografico. 15 Henrik Sten Møller (1937), giornalista di architettura, specializzato in architettura e design danese, sostiene: “In 1940, while toying with the idea of building a house for himself, FJ continued with upholstered furniture and exhibited at the Copenhagen Cabinetmakers’ Guild Exhibition.” Vedi AA.VV., Finn Juhl: Finn Juhl Memorial Exhibition, 1990, Osaka, 1990, p. 18. 16 Finn Juhl dichiara di non avere avuto buoni rapporti con il padre Johannes (1872-1941). Cfr Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp. 3-4. 17 Comune danese situato all’interno del territorio di Copenhagen. Il celebre Fredriksberg Slot, Palazzo di Fredriksberg, esempio di palazzo in stile barocco, oggigiorno sede dell’Accademia dell’Esercito Reale Danese, viene costruito a Fredriksberg nel XVIII secolo come residenza estiva della Famiglia Reale. 18 Sino a quel momento, Juhl vive in un fondo in affitto nel centro di Copenhagen. Egli ha la possibilità di vivere lontano dalla casa natia, all’età di ventuno anni, grazie all’accettazione dell’eredità della defunta madre. Si ipotizza che l’appartamento in cui vive corrisponda allo studio professionale di Nyhavn 33. Un arredo, da Juhl stesso progettato, si chiama “Nyhavn Spisebord, 1953”, ossia “Tavolo da pranzo, Nyhavn, 1953”.


121 Ciò conduce a pensare che lo studio a Nyhavn disponesse di una sala da pranzo e che Juhl possa aver vissuto lì fino quando la residenza di Kratvænget non è terminata. Nyhavn, oggi cuore della città di Copenhagen, meta favorita dai turisti, era all’epoca una zona portuale non qualificata. 19 Anche Arne Jacobsen, Jørn Utzon, Erik Møller ed altri architetti noti dell’epoca costruiscono ville a nord di Copenhagen. L’area a nord di Copenhagen viene considerata una zona residenziale di classe borghese sia all’epoca di costruzione della villa che oggigiorno. Testimonianza del fatto è la presenza di due capitoli, nella rivista danese Arkitekten, su ville unifamiliari situate in questa zona. Vedi “Arkitekten”, 46, 1944, pp. 101-128 20 Dal XVIII, il pittore Nicolai Abildgaard dipingeva opere pittoriche per sé stesso, ispirate a vasi, cenotafi e sculture dell’antica Grecia. Egli esercita influenze sia su Juhl che sul primo periodo di A. Jacobsen. Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp. 3. 21 Dall’estate del 1934, Finn Juhl inizia il suo apprendistato nello studio di Vilhelm Lauritzen, anch’egli professore alla Scuola di Architettura. Al termine del tirocinio, Juhl continua a collaborare con Lauritzen fino al 1945. I progetti della Radiohuset e dell’aeroporto di Kastrup risalgono rispettivamente al 1934 e al 1936. 22 Juhl non porta a termine i propri studi di architettura ma nel 1942 viene nominato architetto dall’Associazione degli Architetti Danesi. 23 Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, pp. 23-24. Trad. a cura dell’autore. 24 Ibid 23. 25 Vedi Juhl F., in Nordenfjeldske Kunstindustrimuseum Årbok, Trondheim, 1950, pp. 24. Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olesen. 26 Nonostante i disegni originali non presentino didascalie al riguardo, si può ipotizzare che la camera da letto minore sia destinata all’ipotetico figlio adottivo Klaus. Egli infatti avrebbe potuto occupare tale camera in quanto essa presenta un letto singolo e si trova affianco alla camera da letto maggiore, utilizzata invece dai genitori. L’altra camera che presenta un letto singolo è espressamente indicata come stanza della governante. Tuttavia, la camera da letto, presumibilmente occupata da Klaus, è illustrata in Fig. 18 (Gruppo 2) senza letto. La Fig. 18 si presume che risalga al 1949 o ad anni successivi. Essa infatti presenta il disegno in pianta di una Sedia del Capo, progettata appunto nel 1949. Questo fatto potrebbe far pensare che Klaus se ne sia andato di casa intorno al 1949 oppure che Juhl gli stia cercando una nuova sistemazione all’interno della dimora. I progetti di ampliamento potrebbero essere infatti relazionati al figlio Klaus. Tuttavia, in nessuno degli elaborati di ampliamento si ha un letto. Vedi Schedatura dei disegni relativi alla Casa di Juhl. 27 Si fa riferimento alla conformazione attuale della dimora e a quella che ci è pervenuta a partire dal 1968, anno in cui Juhl amplia la camera da letto, in poi. Vedi immagine pp. 54. 28 In danese, Havestue significa letteralmente veranda (trad. a cura dell’autore). Tuttavia, trattandosi di un ambiente coperto, completamente integrato con il resto degli ambienti interni, farò riferimento ad esso con l’appellativo “ingresso alla veranda” o foyer. 29 Birgit Lyngbye Pedersen (1961) è una storica del design, specializzata nello studio del design di Finn Juhl. Ella testimonia alcuni eventi significativi della vita privata di Juhl in quanto conosce la nipote di Hanne Hansen e persone che hanno conosciuto personalmente l’architetto. 30 Si può ipotizzare che l’abbandono della dimora del padre sia un evento all’incirca contemporaneo al divorzio con la prima moglie. Klaus infatti, secondo quanto detto da Birgit Lyngbye Pedersen, vive nella dimora per diciotto anni e, supponendo che sia stato adottato poco dopo il matrimonio tra Inge Marie e Juhl, egli avrebbe lasciato la dimora intorno alla fine degli anni Cinquanta. 31 Juhl è solito progettare varianti al progetto originario dell’abitazione. Già da uno dei primi disegni del 1941 (Fig. 2), si nota la volontà di ampliare l’ala sud della casa con l’aggiunta di due corpi ad essa collegati. La variante è del tutto sommaria ma rivela la volontà dell’architetto di ingrandire e apportare modifiche alla dimora. In sintesi, si potrebbe affermare che, dal 1952, ossia dalle schede appartenenti al Gruppo 3, le modifiche vanno aumentando e diventano sempre più rilevanti. Cfr Capitolo sulle schede relative alla Casa di Finn Juhl. 32 Vedi Fig. 80, Gruppo 4. 33 Dal 1966, Juhl sposta la sede professionale da Sølvgade 38 a casa propria ed ha un solo impiegato. Vedi Profilo biografico. 34 “I imagine he had the idea of pitching a giant tent. A house with great lightness and grace -a house that is a shelter- but a shelter of great translucency. The high sloping ceiling in the big room is colored a sandy yellow, the color of a tent canvsas in bright sunlight seen from the inside.” Vedi AA.VV., Finn Juhl: Finn Juhl Memorial Exhibition, Osaka, 1990, pp. 18. 35 Ibid. 36 Troels Erstad (3 Luglio 1911- 7 Ottobre 1949) è un architetto del paesaggio danese. Similmente al padre Erik Erstad-Jørgensen, dimostra di avere approccio innovativo e sperimentale nell’ambito dell’architettura del paesaggio e nella progettazione di giardini. Inizialmente lavora sotto C. Th. Sorensen e dal 1939 opera indipendentemente nel proprio studio. Collabora con la Reale Società Danese dell’Orticoltura al fine di ripristinare le bellezze del paesaggio ed è membro del Consiglio dell’Associazione per l’abbellimento della Capitale. Nel 1949, anno della morte, diventa capo della Scuola di Paesaggio da lui stesso fondata. Vedi Lund J., Den store Danske Encyklopaedia, Danimarca, 1994; Treib M., The Architecture of Landscape, 1940-1960, a cura di University of Pennsylvania Press of Philadelphia, Stati Uniti d’America, 2002. 37 Vedi Treib M., The Architecture of Landscape, 1940-1960, a cura di University of Pennsylvania Press of Philadelphia, Stati Uniti d’America, 2002, p. 32. 38 Il muro di cinta disegnato nelle piante originali appare oggi sostituito da una siepe di recinzione. 39 Il gazebo non è rappresentato nei primi disegni risalenti al 1941 e non vi sono fotografie che testimoniano la sua presenza.


122 40 L’idea di costruire il garage risale al 1941 in quanto il capitolato d’appalto dichiara di non tenerne cura per quanto riguarda i lavori di costruzione anche se tuttavia esso compare in alcuni disegni dello stesso anno. La tavola contenente tutte le informazione relative al garage e la pergola a fianco è del 1942. Oggigiorno la pergola non è più presente. 41 Nel 1968 Juhl amplia la camera da letto matrimoniale, prolungando le pareti esistenti di 4,25 metri. Vedi Fig. 80, Gruppo di schede 4. 42 Vedi D. Regis, Finn Juhl, his own Home, in “Abitare”, Aprile 1995, pp 180-9. 43 Vedi Holger J., Bygge house og møblere dem!, in “Dansk Arbejde”, 10, 1949, pp. 217-218. Trad. a cura dell’autore. 44 Vedi ad esempio documentazione fotografica dell’archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen; Juhl F., Eget Hus i Ordrup Krat, in “Arkitekten”, 46, Danimarca, 1944, pp. 121-127; Juhl F., House at Ordrup Krat., in Architects’ Year Book 2, Londra, 1947, pp. 111-114; Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990; D. Regis, Finn Juhl, his own Home, in “Abitare”, Aprile 1995, pp 180-9. 45 La pianta viene pubblicata in due articoli scritti da Juhl, pubblicati sia in una rivista del 1944 che in un testo del 1947. Cfr Juhl F., Eget Hus i Ordrup Krat, in “Arkitekten”, 46, Danimarca, 1944, pp. 121-127; Juhl F., House at Ordrup Krat., in Architects’ Year Book 2, Londra, 1947, pp. 111-114. 46 Trad. a cura dell’autore. 47 Vedi pianta di “Abitare”, 1995. Trad. a cura dell’autore. 48 Trad. a cura dell’autore. La seduta risale presumibilmente al 1940. Vedi H.Per, Finn Juhl and his house, 2014. 49 Juhl è conoscitore di musica classica e il padre Johannes sapeva anch’egli suonare il pianoforte. La rivista Politiken, l’anno della morte di Juhl, scrive: “Finn Juhl var et gennemmusikalsk menneske og hans møbler skulle opleves musisk i et rum, han selv havde skabt så var han mesteren i kompositionen.” “Finn Juhl era un musicista pazzo ed il suo arredamento doveva essere perciò sperimentato, come per la musica, in un ambiente da lui stesso creato, di cui quindi egli era il maestro della composizione.” Vedi Dødsfald, Arkitekt Finn Juhl, in “Politiken”, Copenhagen, 18 Maggio 1989. 50 Un pianoforte è spesso ricorrente nei disegni di Juhl. Esso è presente anche in alcuni disegni intitolati “Camera di Inges”, e ciò fa credere che anche la sua prima moglie suonasse il pianoforte o che Juhl non sappia ancora dove posizionarlo. Vedi Fig. 18, 19, Gruppo 2. 51 Juhl scrive in merito alla disposizione di arredi della camera da letto nel suo testo Hjemmets Indretning, letteralmente Arredamento per la Casa, trad. a cura di Sidsel Olsen e dell’autore. Il testo è un manuale sulla progettazione di una residenza, suddiviso in vari capitoli che concernono le distinte stanze di esse, tra cui la camera da letto. Egli individua varie tipologie, atte ad indicare distinti modi secondo cui disporre i mobili in relazione allo spazio della stanza. La tipologia “c” prevede che vi siano due letti singoli separati dai comodini e con finestra al centro, così da usufruire della luce naturale.Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, p. 52. 52 Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, pp. 33-64. Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olesen. 53 Anche i documenti appartenenti alle altre ville progettate da Juhl risalgono all’incirca al medesimo arco temporale (1946-1970) di quello che investe la propria casa a Ordrup. Vedi Capitolo sulle architetture residenziali di Finn Juhl. 54 Juhl scrive un articolo in merito alla lampada PH, prodotta da Louis Poulsen. L’intervista è accompagnata da alcune fotografie che illustrano l’arredamento della sua dimora nel 1947. Vedi Juhl F., Som man reder, så ligger man…, in “LP-Nyt”, 66, 1947. 55 La seduta è progettata da Juhl nel 1946 per essere esposta alla Gilda degli Ebanisti. Nel 1953 tuttavia egli apporta delle modifiche al fine di renderla più aerodinamica e leggera così che possa essere riprodotta dalla Bovirke. Vedi capitolo della biografia di Juhl. 56 Definita “the mother of all modern chairs” dal Professore giapponese Noritsugu Oda. La sedia è progettata da Juhl nel 1945 in occasione dell’esposizione della Gilda degli Ebanisti e realizzata dall’ebanista Niels Vodder. Cfr Capitolo biografico su Finn Juhl. 57 Vedi pianta di Architects’ Year Book, 1947. 58 Ossia Sedia di Osso, trad. a cura dell’autore. 59 È possibile che, non essendoci stati acquirenti interessati all’acquisto, dopo essere state esposte nel 1946 all’esposizione della Gilda degli Ebanisti, esse siano state spostate nella dimora di Juhl. Vedi H.Per, Finn Juhl and his house, 2014, pp. 181; Juhl F., Finn Juhl, in Nordenfjeldske Kunstindustrimuseum Årbok 1950, Trondheim, 1951, pp. 30. 60 Prodotta da Niels Vodder per la mostra del 1937 della Gilda degli Ebanisti. Si tratta di una sedia molto difficile da riprodurre manualmente, uno dei capolavori di Juhl e del suo collaboratore. 61 Sedia Egiziana, trad. a cura dell’autore. Il nome e l’ispirazione deriva dalla precedente visita del museo del Louvre di Parigi da parte di Juhl. Vedi Hansen I., Sørensen H.H., Finn Juhl by Onecollection, 2011. 62 Poul H. Lund, manager di Bovirke, contatta Juhl personalmente per proporgli di produrre in serie i suoi arredi. 63 Cfr Juhl F., Eget Hus i Ordrup Krat, in “Arkitekten”, 46, 1944, pp. 121-127; H.Per, Finn Juhl and his house, 2014. 64 Il nome Høvdingestolen (Sedia del Capo), trad. a cura dell’autore, viene dato da Juhl che scherzosamente si riferisce al Re Frederik, il quale si siede su di essa, il giorno in cui è esposta alla mostra della Gilda degli Ebanisti del 1949.


123 Vedi Rømer M., Rundt om Finn Juhl - et interview, in “Rum og Form”, 4, 1981, p. 8 65 Vedi D. Regis, Finn Juhl, his own Home, in “Abitare”, Aprile 1995, p 185. 66 Vedi Rømer M., Rundt om Finn Juhl - et interview, in “Rum og Form”, 4, 1981, p. 8. 67 L’inizio degli anni Cinquanta sono il momento di svolta nella carriera di Juhl. La commissione della Camera delle Nazioni Unite a New York è uno dei lavori più importanti che gli siano stati affidati. Vedi Settle Z., U.N. Trusteeship Council Chamber: Salto & Sigsgaard restore Finn Juhl’s midcentury modern masterpiece, in “Contract, Detail”, Vol. 54, 5, Giugno 2013, pp. 102-104 68 Collaborazioni con France & Søn, Bovirke, Baker Furniture Inc. etc. Vedi capitolo della biografia di Juhl. 69 Karmstol, “Poltrona”. Trad. a cura dell’autore. 70 Essa risale al 1957. 71 La lampada a sospensione è risalente al 1962, essa non è progettata da Juhl bensì dal coetaneo designer Poul Henningsen che egli ammira. 72 Fig. 1.1., conservata al museo di Ordrupgaard; Fig. 1 di Per H. Hansen, Finn Juhl and his House, 2016. Vedi Fig. 1., Fig. 1.1. 73 In merito alla sua carriera, Juhl afferma: “volevo essere uno storico d’arte. Ho frequentato il Royal Museum of Fine Arts da quando avevo 15-16 anni; era aperto un solo pomeriggio a settimana e mi era concesso di prendere in prestito libri dalla libreria Gipsoteca, libri di Frederik Poulsen che era un ellenista mentre io ero più affascinato dall’arte greca Achea. Mio padre che era un tipo pratico, non credeva che la storia dell’arte potesse darmi con che vivere. Perciò facemmo un compromesso e iniziai così l’Accademia ed ebbi una ulteriore motivazione nel volere studiare storia dell’arte al contempo all’Accademia.” vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp. 7. 74 Trad. a cura dell’autore. 75 Vedi Juhl F., House at Ordrup Krat., in Architects’ Year Book 2, Londra, 1947, pp. 111-114. 76 Si può credere che il dipinto appartenesse a Hanne già prima di incontrare Juhl nel 1961 giacché esso è datato 1946. 77 Letteralmente Formazione (trad. a cura dell’autore), risale al 1938. 78 Cfr disposizione degli arredi del 1941; vedi Juhl F., House at Ordrup Krat., in Architects’ Year Book 2, Londra, 1947, pp. 111-114. 79 Vedi Juhl F., House at Ordrup Krat., in Architects’ Year Book 2, Londra, 1947, pp. 111-114. 80 Vedi H.Per, Finn Juhl and his house, 2014, pp. 190. 81 Sean Scully (1945) è un pittore statunitense di origini irlandesi, specializzato nell’arte astratta. Le sue opere sono coinvolte con le costruzioni architettoniche di muri o pannelli limitrofi e sono costituite da striature e toppe di colore. Vedi H.Per, Finn Juhl and his house, 2014. 82 Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, 1954, pp. 5. Trad. a cura dell’autore e di Anja Lollesgaard. 83 Vedi Juhl F., House at Ordrup Krat., in Architects’ Year Book 2, Londra, 1947, pp. 111-114. 84 Ibid. 85 Le fotografie pubblicate negli anni immediatamente successivi alla realizzazione della casa sono in bianco e nero dunque ci è dato fare delle supposizioni solo in base a ciò che è riportato testualmente. Vedi Juhl F., House at Ordrup Krat., in Architects’ Year Book 2, Londra, 1947, pp. 111114. 86 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990. 87 Le fotografie al suo interno sono in bianco e nero, di autore sconosciuto e risalgono probabilmente all’anno 1946; vedi Juhl F., House at Ordrup Krat, in Architects’ Year Book 2, Londra, 1947, pp. 111-114. 88 È plausibile che fosse Marianne Riis-Carstensen ad acquarellare le palette colori. 89 Dal 1945 al 1955, Juhl insegna come Senior Teacher alla Scuola di Interior Design di Copenhagen. Marianne Riis-Carstensen (1972) testimonia come fosse stato lavorare assieme a Juhl dagli anni Cinquanta al 1959, anno in cui si distacca per formare il proprio studio professionale. Vedi Sommer A.L., Watercolors by Finn Juhl, Copenhagen, 2015. 90 Vilhelm Lundstrøm è una delle ricorrenti fonti di ispirazione di Juhl. Otto quadri dell’artisti sono tuttora appesi sulle pareti della sua casa ad Ordrup. Non solo Juhl è ispirato dai soggetti dipinti nei suoi quadri, ma anche dai contrasti cromatici che Lundstrøm utilizza. In special modo, Juhl è alla ricerca di una speciale tonalità di rosa, di cui non ci è dato sapere se Marianne sia stata capace di riprodurre. Vedi Sommer A.L., Watercolors by Finn Juhl, a cura di Designmuseum Denmark, Strandberg Publishing, Copenhagen, 2015. 91 Vedi Juhl F., Finn Juhl, in Nordenfjeldske Kunstindustrimuseum Årbok, Trondheim, 1950, p. 23. Trad. a cura dell’autore. 92 Vedi D. Regis, Finn Juhl, his own Home, in “Abitare”, Aprile 1995, pp 180-9. 93 In seguito alla morte della coniuge Hanne, la proprietà rischia di cadere in mano al migliore acquirente. Al tempo, il Consiglio del Patrimonio Culturale non considera l’abitazione degna di preservazione, perciò in caso di acquisto, essa non è tutelata per il proprio valore artistico. Tuttavia, grazie all’investimento della Sigra. Pedersen nel Settembre 2007, la casa viene successivamente donata al complesso artistico Ordrupgaard nel 2008, che, lo stesso anno, il 3 Aprile, la rende accessibile al pubblico. Vedi Per H. Hansen, Finn Juhl and his house, 2014


124 94 Hanne Wilhelm Hansen continua a vivere nella casa dal 1989, anno della morte di Juhl, fino al 2005.


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Criteri di catalogazione

Il corpus grafico di Juhl appartiene esclusivamente all’archivio del Museo del Design di Copenhagen. I testi fondamentali relativi a questo materiale sono: Konserveringsrapport-Finn Juhl-samlingen på Designmuseum Danmark1 e Registrånt over arkitekt Finn Juhl’s Tegninger, conservati nella biblioteca del Museo del Design di Copenhagen. Il primo è una catalogazione dei documenti acquisiti dal museo, a partire dal 2009 al 2011, che suddivide gli elaborati in sei categorie distinte. La Kategori 1, categoria numero uno, presenta circa novantanove acquerelli, incollati su un cartoncino, che variano di dimensione dai quaranta ai sessanta centimetri; mentre la Kategori 2 consta di 232 acquerelli, senza supporto e di dimensioni varie. Alla Kategori 3, la più numerosa, composta da 3673 lucidi, appartiene la parte rilevante dei documenti utili alla ricerca effettuata in merito alle residenze di Finn Juhl. Nella relazione, si comunica che i lucidi sono stati acquisiti dall’archivio in seguito ad un trattamento di restauro conservativo, poiché molti erano sporchi, danneggiati e presentavano nastro adesivo ai bordi, dunque la leggibilità dei documenti sarebbe potuta

venire meno. Inoltre la Kategori 3 consta di documenti tecnici che non sono apparsi prima d’ora in nessun’altra pubblicazione. La Kategori 4 contiene circa ottanta fotografie e la Kategori 5 43 negativi delle fotografie. L’ultima categoria, Kategori 6, contiene circa venti oggetti tra lettere private, pezzi di stoffa, ricevute di pagamenti e materiali personali. Il secondo documento utile alla ricerca è un catalogo dei disegni di Finn Juhl, a cura di Esbjørn Hiort2. Il registro di Hiort risale al 1990, anno successivo alla morte di Finn Juhl e comprende circa duemila disegni divisi in due gruppi: il gruppo A, contenente disegni colorati su cartoncino, misurati e registrati singolarmente; e il gruppo B con disegni eterogenei, inediti, non registrati singolarmente ma organizzati in cartelle, da parte del cliente o di Juhl stesso. Il gruppo A è a sua volta suddiviso in sottogruppi: a) mobili b) interni: negozi, arredi e vetrine per negozi c) architettura d) esposizione: stand espositivi, materiale inerente alla Gilda degli Ebanisti di Copenhagen etc


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e) diversi: disegni registrati singolarmente e che presentano caratteristiche distinte dai sottogruppi sopraelencati. Il gruppo B è anch’esso suddiviso in sottogruppi, “a”, “b”, “c”, “d”, “e”, “f ”, aventi le medesime caratteristiche a parte il sottogruppo “e”, che riguarda lavori di negozi e vetrine ed il sottogruppo “f ”, a cui appartengono i disegni diversi. Alcuni documenti del gruppo B sono carenti di informazioni come dimensioni, il tipo di colore utilizzato o anno di produzione. All’interno di ciascun sottogruppo, la registrazione dei documenti è avvenuta in ordine cronologico, qualora possibile. Per quanto riguarda le informazioni fornite nelle schede, viene descritto a quale gruppo o sottogruppo, attenendosi all’analisi di Hiort3, e a quale categoria, secondo la catalogazione di Lotte Klyver, appartiene ciascun foglio. La ricerca è stata focalizzata sui documenti inediti, trascurando gli acquerelli già noti4. Per facilitare la lettura, dato il numero elevato di documenti, la ricerca sulle residenze è stata suddivisa in gruppi di schede, aventi le medesime caratteristiche. Le schede relative ad ogni singolo foglio elencano: il numero di tavola, l’intitolazione originale, nel caso esista; il soggetto, l’autore materiale dell’elaborato; la datazione dell’elaborato, posta tra parentesi quadre qualora non sia desumibile da informazioni presenti sul documento stesso; la scala metrica, se riportata; la tecnica e il numero di inventario dell’archivio del Museo del Design di Copenhagen. Le informazioni dubbie o mancanti sono segnalate da un punto interrogativo tra parentesi tonde (?).



Gruppo 1 (anno 1941)

Le schede del Gruppo 1 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. I documenti analizzati descrivono il progetto del 1941. Essi sono anteriori al termine dei lavori di costruzione, in quanto il capitolato d’appalto, che ne è parte, risale al Novembre del 1941. Avendo il primo disegno, in ordine cronologico, numero di tavola 36’41’21’, è possibile che vi fossero altre venti tavole, oggi andate perdute.

“EGET HUS KRATVÆNGET, 15 HAVESTUE, 1:20 OG 1:1” “RESIDENZA PRIVATA A KRATVÆNGET 15, VERANDA, SCALA 1:20 E 1:1” (Fig. 1) Prospetto, pianta e sezioni, trasversale e longitudinale, della veranda in scala 1:20; dettaglio della panchina della veranda in scala 1:5 e dettagli tecnologici in scala 1:1, con quote e didascalie. Finn Juhl, 20 Aprile 1941; matita su carta da lucido, 63x43 ; numero tavola 36’41’21; inventario B63. Vi è inoltre un dettaglio della fioriera dietro al divano all’interno ed un dettaglio della copertura della veranda. Dalle didascalie si possono individuare i materiali utilizzati. La panchina esterna presenta dei cuscini in pelle “læder”, appoggiati su di una struttura in ottone “messing”. La fioriera ha bordi rivestiti in marmo “marmor” e struttura portante in calcestruzzo “beton”. Il piano su cui appoggia è rivestito in abete rosso “grantræ” così come i fianchi del divano. La tavola ha i bordi molto danneggiati. Il numero di tavola ed il livello di avanzamento della progettazione, tale da disegnare i dettagli, sono le ragioni secondo le quali è dato pensare che la tavola sia la ventunesima di una serie di disegni preparatori, forse a matita su spolvero, di sussidio a Juhl per produrre in seguito gli elaborati in bella copia a china su lucido. “EGET HUS I ORDRUP KRAT KRATVÆNGET 15 MATR. NO. 8 ci. ORDRUP BY SOKKELUND HERRED KBH AMT. STUEPLAN” “RESIDENZA PRIVATA NELLA MACCHIA DI ORDRUP KRATVÆNGET 15 MATR. NO. 8 ci. ORDRUP PRESSO SOKKELUND HERRED COPENAGHEN AMT5. PIANO TERRA” (Fig. 2) Pianta in scala 1:100, con quote, didascalia, scala metrica e orientamento. Finn Juhl, 5 Agosto 1941; china e matita su cartoncino, 15,3x21,5; numero tavola 36’41’2; inventario B64. Gli ambienti dell’abitazione, descritti in didascalia, sono: - soveværelse “camera da letto” - skabsvær “armadio a muro” - kammer “camera”

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- spisestue “sala da pranzo” - anretning “corridoio” - kokken “cucina” - husassistent “camera della domestica” - forstue “ingresso” - havestue “veranda” - arbejdsrum “spazio di lavoro” - opholdsstue “soggiorno” - torreplads “luoghi coperti” - garage “garage” - haveredskaber “stanza per gli attrezzi da giardino” Il disegno mostra anche il tipo di pavimentazione da adottare nei rispettivi ambienti: linoleum per camera da letto, camera, corridoio di accesso alle camere, cucina ed accesso ad essa, camera della domestica, ingresso e studio; parquet per soggiorno, veranda e sala da pranzo. Si nota la volontà di ampliare l’abitazione poiché Juhl rappresenta due spazi esterni connessi all’ala minore della casa, disegnati in maniera sommaria. Questi spazi hanno pianta rettangolare e sono collegati al soggiorno attraverso due piccoli corridoi. Le funzioni degli ambienti aggiunti non sono specificate con didascalie così come il tipo di pavimentazione da utilizzare. A giudicare dagli arredi disegnati in pianta, uno di essi potrebbe essere un’estensione della sala da giorno, data la presenza di un tavolo da pranzo e di una scrivania con delle poltrone; l’altro un ufficio, un possibile ambiente di lavoro con quattro scrivanie, rispettive sedute ed un ingresso con scrivania che lo precede. Nessuno dei due spazi viene realizzato. “EGET HUS I ORDRUP KRAT KRATVÆNGET 15 MATR. NO. 8 ci. ORDRUP BY SOKKELUND HERRED KBH AMT. STUEPLAN” “RESIDENZA PRIVATA NELLA MACCHIA DI ORDRUP KRATVÆNGET 15, MATR. NO. 8 ci. ORDRUP PRESSO SOKKELUND HERRED, COPENAGHEN, AMT. PIANO TERRA” (Fig. 3) Pianta in scala 1:100, con quote, didascalia, scala metrica e orientamento. Finn Juhl, 5 Agosto 1941; china e matita su carta da lucido, 42x30, numero tavola 36’41’2; inventario B63. La tavola mostra esattamente lo stesso disegno, la stessa intestazione, numero di tavola, data e tecnica di raffigurazione della Figura 2 ad eccezione del fatto che non vi è presente alcuna ipotesi di ampliamento. Le destinazioni d’uso delle stanze sono le medesime di Figura 2. In Figura 3, si mostra l’edificio così come appare oggigiorno perciò si potrebbe dedurre che essa sia una versione precedente a quella raffigurata in Figura 2. Anche se la data riportata è la medesima in entrambe le tavole, si presume che la tavola 2 sia una variante, un’i-


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potesi di ampliamento non realizzata. La Fig. 2 presenta inoltre dei segni a china sul fondo del cartoncino; ciò avvalora la tesi secondo cui essa sia solamente una variante non realizzata anziché un elaborato finale. “EGET HUS I ORDRUP KRAT KRATVÆNGET 15 MATR. NO. 8 ci. ORDRUP BY SOKKELUND HERRED KBH AMT. SITUATIONSPLAN KÆLDERPLAN” “RESIDENZA PRIVATA NELLA MACCHIA DI ORDRUP KRATVÆNGET 15, MATR. NO. 8 ci. ORDRUP PRESSO SOKKELUND HERRED, COPENAGHEN, AMT. PLANIMETRIA PIANO SEMINTERRATO” (Fig. 4) Pianta in scala 1:100 e planimetria in scala 1:400, con quote, didascalie, scale metriche ed orientamento. Finn Juhl, 7 Agosto 1941; china su carta da lucido, 42x30, numero tavola 36’41’1; inventario B63. La planimetria mostra i volumi inseriti nel lotto e specifica le dimensioni del viale privato di accesso all’abitazione dalla strada Kratvænget, largo 7 metri. Il lotto presenta una recinzione alta 1,2 mt per non fare entrare le bestie dall’adiacente parco di Ordrup6. La pianta del piano seminterrato descrive le destinazioni d’uso di ciascuno spazio: - tørrerum “stenditoio” - kuffertr. “deposito bagagli” - vaskerum “lavanderia” - frugt “frutta” - pulterrum “dispensa” - vinrum “stanza del vino” - viktualier “vettovaglie” - fyrrum “locale della caldaia” - brændsel “carburante” - krybekælder “vespaio” Gli ambienti non interrati, specificati con il termine Ikke udgravet, sono l’ingresso, il garage e la veranda. Due linee, una continua e l’altra tratteggiata, stanno a rappresentare rispettivamente il posizionamento di tubi di argilla vetrificati e 8 cm di pietrisco per lo scarico.


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“EGET HUS I ORDRUP KRAT KRATVÆNGET 15 MATR. NO. 8 ci. ORDRUP BY SOKKELUND HERRED KBH AMT. SNIT. MAAL. 1:20” “RESIDENZA PRIVATA NELLA MACCHIA DI ORDRUP KRATVÆNGET 15, MATR. NO. 8 ci. ORDRUP PRESSO SOKKELUND HERRED, COPENAGHEN, AMT. SEZIONE SCALA 1:20” (Fig. 5) Sezione in scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 14 Agosto 1941; china su carta da lucido, 43x59, numero tavola 36’41’5; inventario B63. La sezione esplicita la struttura lignea della copertura, rivestita in eternit. Si mostra sia la sezione della copertura dell’ala nord che quella dell’ala sud. Inoltre è presente il disegno degli infissi, con rivestimento in eternit, dell’ala sud. Dalla sezione si percepisce anche il dislivello di 70 cm che vi è tra l’ala sud e l’ala nord. La tavola presenta didascalie ed annotazioni rigorose che fanno pensare che la progettazione architettonica sia ormai ad un livello avanzato e non più preliminare. Sul fondo del lucido vi sono delle annotazioni a matita non pertinenti al disegno di progetto. “EGET HUS I ORDRUP KRAT KRATVÆNGET 15 MATR. NO. 8 ci. ORDRUP BY SOKKELUND HERRED KBH AMT. FACADER” “RESIDENZA PRIVATA NELLA MACCHIA DI ORDRUP KRATVÆNGET 15, MATR. NO. 8 ci. ORDRUP PRESSO SOKKELUND HERRED, COPENAGHEN, AMT. FACCIATE” (Fig. 6) Prospetti in scala 1:100, con quote e didascalie. Finn Juhl, 9 Agosto 1941, china su lucido, 42x30, numero di tavola 36’41’4, inventario B63. La tavola presenta le facciate sud-ovest, sud-est e quella verso la macchia di Ordrup. Dai prospetti si può intuire che la progettazione del giardino è posteriore. Infatti la facciata sud-ovest mostra dei gradini di fronte alla porta della camera da letto che affaccia sul giardino che svelano il dislivello tra l’ala sud e l’ala nord, in seguito colmato con del terreno. Le facciate illustrano la presenza del garage, che compare anche in Fig. 2 e 3, risalenti a pochi giorni prima. Il progetto del garage viene poi modificato nel 1942 (Fig. 11). La tavola è in buone condizioni: non vi sono strappi, segni o annotazioni non finalizzati alla leggibilità del disegno. Si può perciò pensare che questo sia un elaborato finale e che Juhl possa averlo allegato al capitolato d’appalto generale.


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“EGET HUS I ORDRUP KRAT KRATVÆNGET 15. SKABSVÆRELSE” “RESIDENZA PRIVATA NELLA MACCHIA DI ORDRUP KRATVÆNGET 15. SPOGLIATOIO” (Fig. 7)

Pianta, prospetto e sezioni dell’armadio a muro dello spogliatoio, che conduce alle camere da letto, in scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 29 Ottobre 1941; china su cartoncino, 43,5x32, numero tavola 36’41’12; inventario B63. L’armadio a muro ha profondità pari a 60 cm ed è composto da una scarpiera e da sportelli, con all’interno appendiabiti o cassetti. In prossimità della finestra vi è una seduta che oggi ha conformazione differente. “EGET HUS I ORDRUP KRAT KRATVÆNGET 15. HAVESTUE DØRE” “RESIDENZA PRIVATA NELLA MACCHIA DI ORDRUP KRATVÆNGET 15. PORTE PER STANZA SUL GIARDINO” (Fig. 8)

Pianta, sezione e prospetto in scala 1:20 e dettaglio in scala 1:1, con quote e didascalie. Finn Juhl, 29 Ottobre 1941, china su cartoncino ruvido, 59x43, numero tavola 36’41’10, inventario B63. Il disegno mostra la stessa fioriera, scale e divano della Fig. 1. Si può notare che dietro al divano non vi è ancora stata progettata la libreria vetrata che separa il foyer dalla sala da pranzo, bensì vi è una vetrata con accanto una porta scorrevole. I dettagli in scala 1:1 descrivono gli infissi della porta scorrevole, non più presente. Il cartoncino ha bordi molto danneggiati. “EGET HUS I ORDRUP KRAT KRATVÆNGET 15. RENDE OG TAG RYGNING” “RESIDENZA PRIVATA NELLA MACCHIA DI ORDRUP KRATVÆNGET 15. GRONDA E COLMO” (Fig. 9)

Dettagli della gronda e del colmo del tetto, in scala 1:1, con didascalie e quote. Finn Juhl, 3 Novembre 1941, china su lucido, 43x32, numero tavola 36’41’13, inventario B63. Il tetto presenta rivestimento in eternit e rifiniture in zinco. La tavola presenta dei segni a china sui bordi, come se si stesse facendo delle prove con la punta della penna


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a china, ed un calcolo a matita, al centro del disegno, che fanno presumere che non sia un documento finale. A giudicare dalle firme e da alcune scritte presenti nel capitolato d’appalto, la calligrafia è quella di Juhl in persona. “TEGNESTUEN EGET HUS I ORDRUP KRAT KRATVÆNGET 15 MATR. NR. 8 ci ORDRUP By Sokkelund Herred, Kbh. Amt. Snedkerarbejdet Tilbudet bedes indleveret til min Adresse, Jægersborg Alle 52 A, Lørdag d. 8’Nov. 1941, Kl. 4. FINN JUHL Arkitekt M.A.A. Jægersborg Alle 52 A Ordrup 3797” “STUDIO RESIDENZA PRIVATA NELLA MACCHIA DI ORDRUP KRATVÆNGET 15 MATR. NO. 8 ci. ORDRUP presso Sokkelund Herred, Cph, Amt. Lavori di falegnameria Si prega di mandare l’offerta al mio indirizzo, Jægersborg Alle 52 A, Sabato 8 Nov. 1941, Kl. 4. FINN JUHL ArchitettI M.A.A. Jægersborg Alle 52 A Ordrup 3797” (Fig. 10) Capitolato d’appalto generale, composto da 11 pagine. Finn Juhl, 1 Novembre 1941, scritto a macchina su carta e con copertina in cartoncino, 21,5x30, inventario B63. Il capitolato non si rivolge a nessuna impresa di costruzione in particolare bensì è finalizzato ad una gara d’appalto. Nella pagina numero 1, Finn Juhl scrive che il seguente testo descrive le condizioni particolari del progetto e presenta i relativi disegni tecnici per la formulazione dell’offerta. I disegni allegati sono: - Kælderplan 1:100 “Piano seminterrato 1:100” - Stueplan 1:100 “Piano terra 1:100” - Snit of facadermod øst 1:100 “Sezione e facciata est 1:100” - Facader mod syd, vest og nord 1:100 “Facciate a sud, ovest e nord 1:100” - Snit 1:20 “Sezioni 1:20” - Reolvæg i Opholdsstue 1:20 og 1:1 “Libreria in salotto 1:20 e 1:1” - Skab i Arbejdsrum 1:20 og 1:1 “Armadio nello studio 1:20 e 1:1”


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- Havestue, Glasvæg og Døre 1:20 og 1:1 “Veranda, Parete vetrata e Porte 1:20 e 1:1” - Køkken og Anretning 1:20 og 1:1 “Cucina e Corridoio 1:20 e 1:1” - Skabsværelse og Skab i Pigeværelse 1:20 “Ripostiglio e Armadio della Camera della Domestica 1:20” Tutto ciò che concerne il garage non è incluso nel capitolato e non è autorizzato da contratto. Il vincitore della gara d’appalto ha il dovere di iniziare i lavori di costruzione immediatamente dopo la proposta dell’offerta. Le finestre e le porte esterne devono essere completate entro 14 giorni dopo l’approvazione del contratto. Il resto della carpenteria può essere aggiunto successivamente, entro il 1942. L’assicurazione, la sicurezza dell’edificio e dei materiali impiegati sono di responsabilità del costruttore. Il capitolato è suddiviso in 30 paragrafi di cui 29 scritti a macchina ed il trentesimo aggiunto a china.


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Gruppo 2 (anni 1942, 1944, 1948, 1949, 1950)

Le schede del Gruppo 2 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 3 e 4, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. I documenti analizzati sono immediatamente posteriori al progetto del 1941. Essi specificano ed integrano quanto già proposto nelle schede del Gruppo 1. Dal 1942 al 1950, il progetto non sembra subire modifiche nell’assetto architettonico ma solamente per quanto riguarda l’allestimento degli interni e la disposizione degli arredi .

“EGET HUS I ORDRUP KRAT KRATVÆNGET 15 MATR. NO. 8 ci. ORDRUP BY SOKKELUND HERRED KBH AMT. GARAGE” “RESIDENZA PRIVATA NELLA MACCHIA DI ORDRUP KRATVÆNGET 15, MATR. NO. 8 ci. ORDRUP PRESSO SOKKELUND HERRED, CPGH, AMT. GARAGE” (Fig. 11) Pianta, prospetto e sezione, in scala 1:100; planimetria, in scala 1:400, con quote, didascalie, scala metrica e orientamento. Finn Juhl, 1 Marzo 1942, china su cartoncino, 23x31,5, numero di tavola 36’41’16, inventario B63. Situato a nord-est dell’ala nord, il garage ha dimensioni pari a 5,35x3,75 metri ed altezza di 2,70 metri, nel punto più basso, e 2,1 metri nella punto più alto. Esso presenta anche una pergola, con medesima inclinazione della falda di copertura ma punto più alto di altezza maggiore. Essa viene realizzata7 anche se oggigiorno non è più presente. Il garage ricorda vagamente quello presente nella tavola di Fig. 6, per la posizione, le proporzioni e la tettoia annessa. Di fronte all’ingresso della casa, si nota il disegno sommario a matita di una tettoia. Esso potrebbe anticipare i disegni di Fig. 32, 33, che descrivono la variante, e relazionato agli elaborati senza data Fig. 11.1, 11.2. (Fig. 11.1 e 11.2) Prospetti, sezioni e piante della porzione di ingresso dell’edificio, scala 1:100 (?), didascalie e quote. Finn Juhl (?), china e matita su lucido, inventario B63. Gli elaborati potrebbero essere relazionati all’immagine di Fig. 11 in quanto essa mostra il disegno sommario a matita di un ampliamento, seppure diverso, della tettoia di ingresso. Mentre Fig. 11.1 mostra l’ingresso dell’abitazione così come è oggigiorno, rappresentato già nel 19418; Fig. 11.2 illustra la volontà di espandere la tettoia d’entrata. Essa sporge, con medesima inclinazione di quella di Fig. 11.1, di 2,20 metri dalla facciata dell’ala nord dell’abitazione e poggia su pilastri con sezione quadrata di 5x5cm.


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Può darsi che Fig. 11.1 e 11.2 siano studi iniziali della tettoia di ingresso, effettuati negli anni in cui Juhl ha in mente di costruire il garage, e al contempo siano disegni preparatori della variante, mai realizzata, dell’ampliamento della tettoia del 1954. ”EGET HUS I ORDRUP KRAT KRATVÆNGET 15 REOL I OPHOLDSSTUE VENSTRE HALVDEL” “RESIDENZA PRIVATA NELLA MACCHIA DI ORDRUP KRATVÆNGET 15 SCAFFALE IN SOGGIORNO RIPARTITO NEL MEZZO” (Fig. 12)

Prospetto, pianta, sezione e particolari dello scaffale della libreria a muro del soggiorno, in scala 1:10 e 1:1, con didascalia e quote . Finn Juhl, 22 Marzo 1942, china su lucido, 43x62,5, numero tavola 36’41’19, inventario B63. La libreria è anche dotata di un armadio bar, barskab. La tavola è macchiata con segni a china sia sui bordi superiori che a destra. Ciò sta probabilmente ad indicare che si tratta di una bozza di studio anche se il disegno è dettagliato.


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“KRATVÆNGET 15 VARME-OG SANITETSANLÆG DIAGRAMMER P.BECHER. Civilingeniør Nr. 4’9A Shetlandsg. 4,5 15-6-42” “KRATVÆNGET 15 RISCALDAMENTO E SERVIZI IGIENICI DIAGRAMMI P.BECHER. Ingegneria Nr. 4’9A Shetlandsg. 4,5 15-6-42” (Fig. 13) Diagramma degli impianti, con quote e didascalia. Ing. P. Becher, 15 Giugno 1942, china su carta spessa giallastra, 59x41,5, inventario B63. Il diagramma è costituito da uno schema per il riscaldamento, una scheda delle acque fredde ed una delle acque calde. La legenda esplicita il funzionamento del sistema idrico e di riscaldamento. Il documento non presenta lacerazioni ma sembra che sia stato bagnato accidentalmente in quanto la carta appare increspata e ci sono alcune macchie di colore sbiadito sul bordo sinistro. Il fatto che lo schema degli impianti risalga all’estate del 1942 dimostra che la casa è al momento in fase di costruzione e che dunque l’anno di conclusione dei lavori potrebbe essere il 1943, come sostiene Hanne Wilhelm Hansen9. (Fig. 14 e Fig. 15) Fotografie in bianco e nero, con disegni tecnici, didascalie e quote. (Fig. 14) Finn Juhl (?), china su carta spessa, 37,5x43,7, inventario B63. (Fig. 15) Finn Juhl (?), china su carta spessa, 42x39, inventario B63. I disegni in basso sono datati 1941 ma ciò non significa che le fotografie risalgano allo stesso anno. Verosimilmente esse potrebbero risalire al 1943 o al 1944 in quanto la prima rivista con fotografie ritraenti l’abitazione è del 194410 e presenta un’immagine molto simile a quelle prese in analisi. Si nota inoltre la presenza del garage con pergola descritto in Fig. 11, dunque le fotografie potrebbero essere posteriori al 1942. Nonostante la presenza del garage, l’abitazione appare corrispondente ai prospetti del progetto del 1941 (Fig. 6).


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“KOMBINERET SKRIVEPULT OG ARBEJDSBORD NO. 15’44 M” “SCRIVANIA COMPONIBILE E TAVOLO DI LAVORO NO. 15’44 M” (Fig. 16) Prospetti, sezione e pianta della scrivania, in scala 1:5, con didascalie e quote. Finn Juhl, china su lucido, 42,5x63, 16 Agosto 1944 e rettifica del 19 Agosto 1944, numero di tavola 9, inventario B63. La scrivania presenta annesso un piano di lavoro e una cassetta per riporre gli attrezzi. I materiali utilizzati per il tavolo di lavoro sono il mogano cubano, per la cornice, e il legno di pino dell’Oregon, per il piano. “KRATVÆNGET 15 5.9.1948 FINN JUHL” (Fig. 17) Dettagli del gancio della mensola in teak, dello scaffale in ottone e della cassettiera sospesa in pino dell’Oregon e Acero. Finn Juhl, china su lucido, 5 Settembre 1948, inventario B63. (Fig. 18) Pianta in scala 1:100. Finn Juhl (?), china su cartoncino, 23x27, inventario B63. Alla luce della pianta pubblicata sulla rivista Arkitekten del 1944 (Fig. 1.2), si può affermare che l’arredamento della casa varia nel tempo e che Juhl suole sperimentare il posizionamento degli arredi prima di raggiungere la soluzione definitiva. La Fig. 18 mostra un arredamento differente sia da quello della pianta di Arkitekten che da quello definitivo. Dal disegno degli arredi si evince che Juhl ha una concezione dell’arredamento molto flessibile, probabilmente vicina a quella del mondo orientale11, per cui all’interno di una stanza possono convivere molteplici funzioni di natura distinta. Infatti, laddove vi è la camera da letto maggiore12 nel progetto del 1941, qui si ha un pianoforte a coda, un divano lungo, simile a quello collocato poi nel soggiorno, un piccolo tavolino ed una seduta. La camera da letto minore presenta una scrivania con seduta. Quest’ultima potrebbe essere la camera di Klaus, figlio adottivo di Juhl. Tuttavia, il fatto che in Fig. 18 non sia disegnato il letto, potrebbe significare che Klaus abbia già abbandonato la casa del padre oppure che vi occupi un’altra stanza13. Gli ingombri dei letti sono indicati in entrambe le stanze tramite delle linee tratteggiate.


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Nello studio, oltre alla scrivania e alle librerie a muro, si trova un divano. Nel foyer si può notare lo stesso tavolino curvilineo presente nella pianta di Arkitekten. Il disegno mostra anche la pianta del garage, escluso nel capitolato d’appalto del 1941, che è situato nella medesima posizione di quella vagliata in seguito. Nel soggiorno, di fronte al Divano Pellicano, vi è una Sedia del Capo e un’altra si trova di fronte alla scrivania. Questo fatto è indicativo in quanto, essendo la Sedia del Capo progettata nel 1949, si deduce che la pianta risalga al 1949 o ad anni successivi. Si può affermare dunque che si tratti di un arredo provvisorio: successivo a quello pubblicato in Arkitekten ma al contempo antecedente a quello definitivo. “INGES VÆRELSE 6.11.49” “CAMERA DI INGES 6.11.49” (Fig. 19) Pianta e prospetti interni della camera della moglie Inges, con didascalie. Schizzo autografo, matita su carta da spolvero, 29,7x21, 6 Novembre 1949, inventario B63. Delle stesse misure e con le medesime caratteristiche grafiche sono conservati molti altri disegni. Questo formato è probabilmente il favorito da Juhl per disegnare in maniera sommaria una proposta architettonica. Le Fig. 20 e 21, oltre ad avere lo stesso formato cartaceo, rappresentano la stessa porzione di edificio, aggiungendo informazioni a quanto appare in Fig. 19. Il disegno ricorda la configurazione della camera da letto maggiore con il pianoforte che si vede in Fig. 18 per le proporzioni spaziali, la posizione delle aperture e per gli arredi disegnati. Dopo vari anni dalla costruzione della casa, Juhl continua ad apportare modifiche nell’arredo. La camera è probabilmente l’ambiente in cui Juhl e sua moglie dormono e al contempo Inges o Juhl suonano il pianoforte e Inges conserva i propri oggetti. Dal prospetto si può riconoscere una seduta somigliante alla FJ 45. Laddove in Fig. 18 vi sono delle linee tratteggiate, determinanti l’ingombro del letto, qui si ha un rettangolo con una “X”, ad indicare appunto il letto matrimoniale. Di fronte al letto si ha un arredo che probabilmente è il tavolino per il trucco della moglie Inges. Juhl lo reputa infatti un oggetto fondamentale nell’arredamento della camera da letto14. Le pareti della stanza sono dipinte di bianco, arancione e blu. Si potrebbe dedurre quindi che Juhl non creda che sia necessario scindere la camera da letto da quella degli hobby, ma che questi ambienti possano coesistere nella medesima stanza.


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“INGES VÆRELSE 8.11.49” “CAMERA DI INGES 8.11.49” (Fig. 20) Pianta della camera della moglie Inges, con didascalie e quote. Schizzo autografo, matita su carta da spolvero, 29,7x21, 8 Novembre 1949, inventario B63. Il disegno raffigura la stanza di Fig. 21 senza incongruenze. Alla pianta sono aggiunte note come specificazioni dei colori, nome degli oggetti raffigurati, quote e calcoli sommari. La presenza del letto nella posizione indicata in Fig. 18 e 19 è confermata dalla didascalia seng ovvero letto. Anche nella descrizione dei colori di Fig. 20, la parete d’ingresso è di colore celeste turchese. “INGES VÆRELSE” “CAMERA DI INGES” (Fig. 21) Pianta della camera della moglie Inges, con didascalie e quote. Schizzo autografo, matita su carta da spolvero, 29,7x21, Novembre 1949 (?), inventario B63. Il disegno si riferisce a Fig. 19 e 20 e probabilmente si tratta di uno schizzo preparatorio in quanto sono individuati gli stessi spazi e ingombri degli arredi. (Fig 22) Pianta e prospetti della camera da letto minore, in scala 1:20. (?), matita su carta da spolvero, Novembre 1950, inventario B63. Anche se non vi sono didascalie, potrebbe trattarsi della camera da letto più piccola. La disposizione degli arredi coincide infatti con quella di Fig. 18 così come le proporzioni spaziali sono le medesime di quelle di Fig. 2 e 3.


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Gruppo 3 (anni 1952, 1954, 1958, 1958)

Le schede del Gruppo 3 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. I disegni presi in considerazione sono posteriori alla fase di costruzione e mostrano varianti del primo progetto del 1941.

“INDRETNING AF RUM”, “LAYOUT DELLA STANZA” (anno 1952) Da Fig. 23 a Fig. 28 si illustra il progetto di interni di una stanza. Non si specifica di quale stanza si tratti ma si potrebbe pensare che si tratti dell’archivio di Juhl in quanto vi è una parete con disegnata una cavità che potrebbe essere il camino del soggiorno adiacente. Inoltre gli arredi raffigurati, una scrivania, due sedute e una libreria a muro con sportelli, avvalorano l’ipotesi che si tratti proprio dello studio privato di Juhl, nonostante la configurazione sia oggi diversa. Fig. 23 e Fig. 24 presentano i medesimi elaborati ossia i prospetti interni e la pianta dell’ambiente. I due disegni hanno la stessa intestazione e sono disegnati in scala 1:20 ma Fig. 23 è datata 26 Marzo 1952 mentre Fig. 24 risale al 17 Giugno 1952. Fig. 24 riporta informazioni più specifiche rispetto a Fig. 23 come quote, didascalie, specificazioni di materiali e colori. Grazie alle didascalie è possibile intuire che vi fosse uno sportello scorrevole contenente uno spazio destinato agli abachi, abachi, e uno per riporre le armi, våben. Si può pensare che l’armadio a muro funga da ripostiglio, nel quale Juhl conservi oggetti personali e disegni di particolare pregio15. (Fig. 23) (?), china su lucido,44x60, 26 Marzo, (?), inventario B63. (Fig. 24) Finn Juhl, matita su lucido, 44,5x59, numero tavola 2, inventario B63. (Fig. 25, 26, 27 e 28) Dettagli della libreria della stanza, in scala 1:1. Finn Juhl (?), china su lucido, numero tavola (Fig. 25) 3, (Fig. 26) 4, (Fig, 27) 5, (Fig. 28) 6, inventario B63. Questi disegni hanno numero di tavola consequenziale e coerente con l’ordine cronologico. Infatti Fig. 25 e 26, tavola numero 3 e numero 4, hanno data 7 Luglio; Fig. 27, tavola numero 5, risale al 9 Luglio ed infine Fig. 28, tavola 6, è datata 10 Luglio. “RADIO TIL KRATVÆNGET 15”, “RADIO IN KRATVÆNGET 15”(anno 1952) (Fig. 29) Prospetto e sezioni di una radio, scala 1:10, con didascalie e quote. Finn Juhl, china su lucido, 31,5x22, 22 Settembre 1952, numero tavola 1, inventario B64. (Fig. 30) Dettaglio del mobile della radio, scala 1:1, con didascalie e quote.


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Finn Juhl, china su lucido, 9 Ottobre 1952, inventario B64. (Fig. 31) Dettaglio del mobile della radio, scala 1:1, con didascalie e quote. Finn Juhl, china su lucido, 9 Ottobre 1952, inventario B64. Questo oggetto non è ora presente nell’abitazione ma si pensa che sia progettato per uso personale. Ciò è presumibile in quanto Juhl è appassionato di musica, così come la moglie e, nel suo libro Hjemmets Indretning, egli considera la radio un arredo da collocare nel soggiorno. “FINN JUHL architect m.a.a. private: Kratvænget 15, Charlottenlund, Denmark. Telephone: ORdrup 6009 office: Nyhavn 33, Copenhagen K, Denmark. Telephone PAlæ 6618” “FINN JUHL architetto m.a.a16. privato: Kratvænget 15, Charlottenlund, Danimarca. Telefono: ORdrup 6009 ufficio: Nyhavn 33, Copenhagen K, Danimarca. Telefono PAlæ 6618” (Fig. 29.1) Prospetto del mobile della radio (radioskab), con didascalie e quote. Finn Juhl (?), matita e china su carta, 21x29,7, inventario B63. Si tratta dello schizzo autografo del mobile della radio di Fig. 29. Il foglio presenta un’intestazione stampata che riporta sia l’indirizzo e il recapito telefonico privato di Juhl che quelli del suo studio a Nyhavn. Nonostante sia solo uno schizzo, si descrivono i materiali da impiegare come ad esempio teak per i cassetti più piccoli e pino dell’ Oregon per gli scaffali maggiori. Tutt’intorno al disegno vi sono dei calcoli a matita e freghi che confermano che si tratta di un abbozzo. “HALVTAG VED INDKØRSEL EGET HUS, KRATVÆNGET 15 MATR. NR. 8ci, ORDRUP BY SOKKELUND HERRED KBH.AMT”, “TETTOIE DA AMPLIARE A CASA PROPRIA, KRATVÆNGET 15 MATR. NR. 8ci, ORDRUP PRESSO SOKKELUND HERRED KBH.AMT” (anno 1954) (Fig. 32) Pianta, prospetti e sezione della porzione di edificio raffigurante la nuova tettoia, in scala 1:50, con quote e didascalie; planimetria generale, in scala 1:400, con quote, didascalie e orientamento. Finn Juhl (?), china su lucido, 62,5x44, 5 Gennaio 1954, inventario B64. Il disegno presenta una variante al progetto del 1941 in quanto nel capitolato d’appalto e nei documenti allegati ad esso non è presente nessun ampliamento della tettoia d’ingresso. Ciò nonostante, Fig. 11, 11.1 e 11.2 sembrano anticipare ciò che si nota in Fig. 32, in quanto mostrano la volontà di Juhl di modificare la tettoia dell’ingresso. L’ampliamento si collega alla struttura della tettoia esistente. L’estensione ha lunghezza pari a 6 metri, dista 1 metro dal muro di cinta ed ha larghezza di 4 metri.


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Si presume che la tettoia abbia una struttura a telaio e che poggi su dei sostegni circolari di diametro 2,5 cm. Essa presenta inoltre due lucernari di dimensioni 90x90 cm, coperti con una copertura in plexiglas. Lo spazio sottostante la tettoia è di circa 2,25 metri. Una porzione della tettoia, distante 2,15 metri dal muro esterno dell’ala nord, è racchiusa tra pannelli in vetro grezzo, råglas, e presenta una porta scorrevole, skydedør, verso il muro di cinta. Lo scopo dell’ampliamento non è esplicitato però sembra che la tettoia, oltre a riparare dalle intemperie del rigido clima danese, abbia l’obiettivo di inquadrare maggiormente l’ingresso dell’abitazione così da guidare il visitatore, una volta entrato nella proprietà, verso l’entrata principale anziché verso il garage. La variante non viene realizzata. (Fig. 33) Pianta, prospetti e sezione della porzione di edificio raffigurante la nuova tettoia, in scala 1:50, con quote e didascalie; planimetria generale, in scala 1:400, con quote, didascalie e orientamento. Finn Juhl (?), china su lucido, 51x42, 5 Gennaio 1954, inventario B64. Fig. 32 e Fig. 33 sono disegni identici. Ciò che differenzia i due disegni è il fatto che Fig. 32 non presenta segni di china ai bordi ed è timbrato dal Comune di Gentofte. Per queste ragioni, Fig. 33 costituisce probabilmente il disegno finale, sulla base di Fig. 32. Il timbro del comune riporta la data del 22 Febbraio 1954 dunque è probabile che il disegno sia stato revisionato e, forse approvato, in tale giorno. Ciò nonostante, l’ampliamento non viene realizzato. Oggigiorno non ci sono tracce della tettoia così come nei disegni successivi. “TILBYGNING TIL EGET HUS”, “AMPLIAMENTO A CASA PROPRIA” (anno 1954) (Fig. 34) Pianta, prospetto e sezione, in scala 1:50, con didascalie e quote. Finn Juhl, matita su carta da spolvero, 56,5x45, Maggio 1954, inventario B63. Il disegno rappresenta due porzione di prospetto, est e sud, dell’abitazione in cui si nota l’ampliamento che Juhl desidera effettuare. Juhl prevede di ampliare il soggiorno dell’ala sud verso il giardino prospiciente e di dotare questo ambiente di una tettoia, alta 2,15 metri ed avente una struttura simile a quella dell’ingresso. Tale ampliamento ha configurazione diversa da quanto raffigurato nella pianta del 1941, Fig. 2. In Fig. 2 infatti si può notare che i due ampliamenti raffigurati hanno volumi a sé stanti e caratteristiche distinte. Il disegno illustra la volontà di Juhl di ingrandire il soggiorno. Questa necessità nasce probabilmente dal bisogno di avere uno spazio per il pianoforte che, fino a quel momento, è plausibile che si trovasse nella camera da letto maggiore. La pavimentazione esterna, in prossimità del soggiorno continua fino al termine della tettoia. Dal disegno si può evincere anche che l’arredamento del soggiorno è diverso da quello mostrato in Fig. 18, da quello della pianta di Arkitekten e da quello attuale. A differenza di Fig. 18, di fronte al divano vicino al camino vi sono due sedute anziché una sola Sedia del Capo. Una delle due sedute ha sopra un rettangolo con scritto bord, ovvero “tavolo”.


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Le due sedute davanti alla scrivania sembrano essere invertite di posizione rispetto a Fig. 18. Si può dedurre che Juhl sia ancora indeciso su come arredare il soggiorno della propria abitazione e che necessiti di maggiore spazio. (Fig 35-40) Vista prospettica, prospetti e pianta dell’ampliamento del soggiorno. Finn Juhl (?), matita su carta da spolvero, 21x29,7, inventario B63. I disegni hanno la caratteristica comune di riferirsi all’ampliamento dell’ala sud dell’abitazione. Si presume che siano contemporanei a Fig. 34 in quanto trattano lo stesso argomento. Gli elaborati potrebbero essere originali di Juhl in quanto egli è solito abbozzare idee su fogli di dimensioni di un A4 ed in maniera sommaria. La Fig. 35 è una vista prospettica dall’interno della casa verso il giardino che mostra in alzato lo spazio annesso. Esso ha qui altezza pari a 2,25 metri anziché 2,15 come appare in Fig. 34. Si può notare la presenza di un arredo a muro che ricorda la radio della Fig. 29, 29.1. Accanto alla radio vi è una seduta che assomiglia alla FJ 45. Di Fig. 35 esistono due copie identiche. In Fig. 36 si nota in pianta la presenza di linee tratteggiate che potrebbero indicare la tettoia di copertura. Essa, anziché essere nella posizione indicata in Fig. 34, è direzionata verso l’ala nord dell’abitazione ed ha lunghezza pari a quella del foyer. La tettoia, così come si vede in Fig. 36, è disegnata in alzato nella Fig. 37 e 37.1. L’ampliamento del soggiorno e la tettoia annessa hanno qui altezza pari a 2,25 metri, così come si vede in Fig. 35. La Fig. 38 mostra in pianta due divani che, a giudicare dalla grafica, ricordano i Divani Pellicano presenti nell’arredamento della pianta della rivista Arkitekten. La Fig. 39 illustra in alzato l’ampliamento del soggiorno, così come nella vista prospettica di Fig. 35. Si può notare la solita seduta con accanto un tavolino. In alto ci sono anche due particolari della gronda, probabilmente della copertura dello spazio di ampliamento. (Fig. 40, 41) Dettagli dell’ampliamento del soggiorno, scala 1:50 (Fig. 40) e 1:1 (Fig. 41). Finn Juhl, china su lucido, 9 Giugno 1954, inventario B63. La Fig. 40 mostra i dettagli della vetrata dell’ampliamento. Essa si collega al muro esistente ed è composta da parti apribili e parti fisse. Tutti i montanti degli infissi sono in teak. La Fig. 41 mostra i particolari del pannello di schermatura, Tremmeskærm, della tettoia esterna relazionata all’ampliamento.


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“MONTRE I EGET HUS, KRATVÆNGET”, “SCAFFALE DELLA PROPRIA CASA” (anno 1954) (Fig. 42) Prospetto, sezione e pianta del mobile della veranda, in scala 1:10, con didascalie e quote. Finn Juhl, matita su lucido, 12 Novembre 1954, inventario B63. Sotto l’intestazione vi è scritto “Vodder”, cognome di Niels, collaboratore di Juhl, perciò è probabile che il costruttore dello scaffale sia stato appunto Niels Vodder. Lo scaffale si trova dietro alla fioriera della veranda e a metà tra quest’ultima stanza e la sala da pranzo. Esso è dotato anche di faretti per l’illuminazione degli oggetti da riporvi. (Fig. 43, 44 e 45) Dettagli in scala 1:10 e 1:1 dello scaffale di Fig. 42. Finn Juhl, china su lucido, 25 Novembre 1954, inventario B63. I dettagli presentano una numerazione che si riferisce a quella indicata in Fig. 45. “STIVERE TIL HYLDE I EGET HUS”, “MENSOLA FISSA DELLA PROPRIA CASA” (anno 1954) (Fig. 46) Prospetto, pianta, sezione e dettagli della mensola, in scala 1:20 e 1:1. Finn Juhl, china su lucido, 30 Novembre 1954, inventario B63. La tavola illustra il progetto di una mensola collocata all’esterno dell’abitazione. Non è specificato in che luogo dell’abitazione Juhl intenda collocare la mensola. Dal dettaglio delle viti, si percepisce però che le rifiniture della mensola sono in ottone. “NYINDRETNING AF FRAU INGE JUHL’S SOVEVÆRELSE”, “RISTRUTTURAZIONE DELLA CAMERA DA LETTO DELLA SIGNORA INGE JUHL” (anno 1957 o successivo) (Fig. 21.1) Pianta e sezioni, in scala 1: 10, con didascalie e quote. Finn Juhl, china su lucido, (?), (?), inventario B63. Si pensa che il disegno risalga al 1957 o che sia successivo a tale momento poiché nell’intestazione della tavola vi è l’indirizzo della nuova sede professionale a Sølvgade 38. Il disegno raffigura il layout della ristrutturazione della stanza della coniuge Inge Marie Skaarups. Esso è riconducibile ai disegni di Fig. 19, 20 e 21 del 1949 in quanto anche essi illustrano la progettazione di una stanza per la compagna Inge Marie. Dal confronto di Fig. 20 e Fig. 21.1, si potrebbe infatti affermare che si tratti della stessa stanza. Inoltre, in Fig. 21.1, c’è un leggero tratto a matita raffigurante una forma simile al pianoforte a coda, disegnato in pianta di Fig. 20, e collocato circa nella stessa posizione. Anche il letto si trova all’angolo accanto alla finestra. Al posto dell’ipotetica panca, lunga 2,60 metri ed accostata alla parete a sinistra dell’ingresso, vi è ora una scrivania in formica grigia ed un ripiano in teak. (Fig. 21.1)


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“NYT HAVEHUS”, “NUOVO GAZEBO” (anno 1958) (Fig. 47) Planimetria in scala 1:100, con didascalie, quote e orientamento. Finn Juhl, china su lucido, 51,5x64,5, 17 Aprile 1958, modifica del 1 Agosto, numero tavola 1, inventario B64. La tavola illustra la planimetria della casa in disaccordo con quanto rappresentato nel progetto del 1941. Juhl introduce due nuovi elementi architettonici: un volume connesso all’ala sud, diverso da quello visto nelle Fig. 34-40 ed un gazebo a nord-ovest del giardino, slegato dall’abitazione. Il gazebo ha presumibilmente l’obiettivo di usufruire al meglio dell’ampio spazio verde circostante l’abitazione. All’epoca infatti esso sembra ospitare quattro sedute, disposte intorno ad un tavolino rotondo, un tavolo rettangolare ed una sdraio17. Il corpo di ampliamento dell’ala sud denuncia la volontà di ingrandire l’abitazione, dotandola di una dépendance o di un ambiente in cui poter esercitare la professione da casa. Esso ha orientamento differente rispetto all’abitazione e si collega ad essa tramite un corridoio. Inoltre, il corpo ha dimensioni e forma distinti dalle altre proposte di ampliamento viste in precedenza (Fig. 2, Fig. 34). Dei due progetti di ampliamento, solamente quello del gazebo viene realizzato ed è tuttora visibile. Il gazebo è costituito da due muri disposti ad “L” e da pilastri dal profilo quadrato. Esso ha dimensioni pari a 11,59x4,27 metri e dista 1,5 e 1,6 metri dai confini del lotto. La planimetria illustra anche la vegetazione del giardino circostante e specifica le altezze degli alberi in prossimità del corpo di ampliamento. Dall’intestazione della tavola è possibile notare che l’indirizzo della sede professionale è cambiato ed è Sølvgade 38. “SNIT I HAVEHUS”, “SEZIONE DEL GAZEBO” (Fig. 48, 48.1) Sezioni, in scala 1:20, con didascalie e quote. Finn Juhl, china su lucido, 41,6x30 (Fig. 48), 48,5x37,5 (Fig. 48.1), 17 Aprile 1958, inventario B64. Il gazebo presenta una copertura con falda inclinata, in listelli di legno e rivestimento in zinco, che ha punto più basso alto 2,18 metri e punto più alto pari a 2,57 metri. La pavimentazione sottostante è in klinker. Juhl progetta pure le fondazioni del gazebo. La Fig. 48.1 subisce una rettifica il 7 Giugno 1958. Essa mostra le medesime informazioni di Fig. 48 assieme al disegno di una grondaia sull’angolo nord-ovest. La tavola è inoltre meno accurata di quella di Fig. 48, infatti vi si possono notare i frequenti segni a china sul bordo, dei calcoli fatti a matita ed un disegno sommario di una planimetria, di difficile interpretazione.


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“FACADE AF HAVEHUS”, “FACCIATA DEL GAZEBO” (Fig. 49) Facciata in scala 1:20, con didascalie e quote. Finn Juhl, china su lucido, 41,74x30,3, 17 Aprile 1958, inventario B64. Il disegno mostra la facciata del medesimo gazebo di Fig. 47, 48 e 48.1. Si nota la presenza di una lampada a parete, ricorrente spesso nell’architettura residenziale di Juhl18. (Fig. 50, 51, 52) Dettagli in scala 1:1 del gazebo. Finn Juhl, matita e china su lucido, 21 Aprile 1958 (Fig. 50, 51) e 7 Maggio 1958 (Fig. 52), inventario B64. “TILBYGNING TIL EKSIST. HUS”, “AMPLIAMENTO PER LA CASA ESISTENTE” (anno 1958) (Fig. 53, 54) Planimetria, in scala 1:50, con quote, didascalie e orientamento. Finn Juhl, china su lucido, 91,5x62,5 (Fig. 53), 83x60 (Fig. 54), 1 Luglio 1958, modifica del 13 Luglio 1958, (?), inventario B63. Le due immagini illustrano la presenza di un ampliamento dell’ala sud. Probabilmente Fig. 53 è una copia di Fig. 54 visto che quest’ultima è in migliori condizioni e non presenta i frequenti tratti a china sui bordi. In entrambe le tavole, l’abitazione è rappresentata in maniera schematica mentre il corpo di ampliamento è evidenziato graficamente tramite l’utilizzo di quote, didascalie e disegno di una porzione di pavimentazione. L’ampliamento consta di un volume aggiunto, collegato all’ala sud tramite un corridoio. Si tratta di un’operazione perciò diversa da quella della variante del 1954 (Fig. 34) e più vicina alla proposta del 1941 (Fig. 2). I progetti del 1941 e del 1958 prevedono l’aggiunta di un volume ulteriore con orientamento distinto da quello dei corpi principali. A giudicare dalla planimetria di Fig. 47 e confrontando le date degli elaborati, si potrebbe pensare che i due edifici corrispondano. Non si specifica la destinazione d’uso dell’ambiente ma le didascalie e il disegno degli arredi riportano alcune informazioni che potrebbero far credere che si tratti di una dépendance, atta a completare l’abitazione esistente e a dotarla di maggiore spazio. Vi è infatti scritto stue og sovev. ossia “soggiorno e divano” e forstue og garderobe, “corridoio e armadio” e vi sono disegnati dei sanitari. La porzione di pavimentazione quadrettata è rivestita da piastrelle in marmo di dimensioni 23x53cm. L’ampliamento si collega al corpo minore tramite un corridoio ricavato nel mezzo della libreria a muro ed avente dimensioni di 2,55x 2,13 metri. L’ipotetica dépendance presenta due uscite esterne: una sul giardino e l’altra sul viale d’ingresso.


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L’edificio è dotato di una tettoia e di due lucernari, che ricordano quelli visti nel progetto di ampliamento della tettoia dell’ingresso (Fig. 32, 33). L’ampliamento ha impianto di riscaldamento a sé stante in quanto nelle tavole è disegnata la pianta della caldaia. “TILBYGNING TIL EGET HUS, FACADER II”, “AMPLIAMENTO PER LA PROPRIA CASA, FACCIATA II” (anno 1958) (Fig. 55) Prospetti ovest, nord, sud e sezione, in scala 1:50, con quote e didascalie. Finn Juhl, china e matita su lucido, 65x90, 4 Luglio 1958, modifica del 13 Luglio e 1 Agosto 1958, inventario B63. La tavola mostra l’ampliamento di Fig. 53 e 54 in alzato. All’interno del corridoio di collegamento, avente copertura inclinata, si notano dei gradini che conducono al volume di ampliamento. Il corpo di fabbrica aggiunto ha anch’esso copertura inclinata ad una sola falda ed una tettoia con pendenza contraria. Dal disegno dei prospetti e della sezione si riconosce il lucernario rappresentato in pianta (Fig. 53, 54). Esso ha l’aspetto dei lucernari progettati per l’ampliamento della tettoia dell’ingresso del 1954 (Fig. 32). Il fronte sul giardino è dotato di ampie superfici vetrate mentre i fronti nord e sud posseggono solamente la porta di ingresso e due piccole aperture. La tavola non comunica informazioni riguardanti la destinazione d’uso dell’ampliamento. Dal prospetto nord si può notare l’andamento a conca del suolo su cui poggia l’abitazione. Il volume di ampliamento è situato su terreno in pendenza e, a giudicare dagli scalini del corridoio, ci sono circa 60 cm di dislivello con l’abitazione esistente. La conformazione del terreno non è rappresentata nei disegni in alzato precedenti che invece sono disegnati con linea di terra orizzontale ed uniforme. Il prospetto nord raffigura il progetto del gazebo dello stesso anno. L’abitazione esistente è disegnata coerentemente con i disegni degli anni precedenti19. La tavola è macchiata e presenta segni a china sui bordi. “TILBYGNING TIL EGET HUS, FACADER I”, “AMPLIAMENTO PER LA PROPRIA CASA, FACCIATA I” (anno 1958) (Fig. 56) Prospetto est, in scala 1:50. Finn Juhl, china su lucido, 38x91, 10 Luglio 1958, modifica del 1 Agosto 1958, numero tavola 4, inventario B63. Il prospetto si riferisce all’ampliamento di Fig. 53, 54 e 55. Esiste una copia di Fig. 56, con data 10 Luglio, in cui non sono disegnati i due lucernari. Il fronte est dell’ampliamento presenta, così come la facciata ad ovest, ampie superfici vetrate ed un ingresso.


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Il disegno sottolinea l’orientamento del volume, diverso da quello dell’abitazione. Il corridoio che collega alla dimora sembra presentare una superficie vetrata sul fronte orientale. La tavola ha segni a china sui bordi e, così come la Fig. 55, non si tratta probabilmente di un elaborato finale. “TILBYGNING TIL EGET HUS, SNIT”, “AMPLIAMENTO PER LA PROPRIA CASA, SEZIONE” (anno 1958) (Fig. 57) Sezione, in scala 1:20, con didascalie e quote. Finn Juhl, china e matita su lucido, 34,5x94,5, 30 Luglio 1958, modifica del 24 Settembre 1958, inventario B63. Il disegno è coerente con Fig. 53, 54, 55 e 56. La sezione dà alcune precisazioni riguardo ai materiali e alle dimensioni dell’ampliamento. La copertura presenta strati di “icopal20”, membrane impermeabilizzanti bituminose, e la tettoia ha un rivestimento in eternit. Il disegno sembra essere ricalcato a china su matita. La tavola presenta inoltre segni a matita, calcoli e disegni sommari della planimetria dell’abitazione e delle facciate dell’ampliamento. “TILBYGNING TIL EGET HUS, BADEVÆRELSE”, “AMPLIAMENTO PER LA PROPRIA CASA, BAGNO” (anno 1958) (Fig. 58) Sezioni e pianta, in scala 1:20, con didascalie e quote. Finn Juhl, matita su lucido, 42,5x63, 3 Agosto 1958, inventario B63. Il disegno rappresenta il bagno individuato in Fig. 53 e 54. Esso presenta una vasca da bagno ed un ripiano con un rubinetto sotto un grande specchio. Si tratta di un elaborato che dà informazioni molto precise come il numero di articolo per la toilette o la vasca da bagno. Dal livello di dettaglio, si potrebbe pensare che la progettazione dell’ampliamento sia in fase avanzata. “TILBYGNING TIL EKSIST. HUS, SNIT”, “AMPLIAMENTO PER LA CASA ESISTENTE, SEZIONE” (anno 1959) (Fig. 59) Sezione, in scala 1:20, con didascalie e quote. Finn Juhl, matita su lucido, 77x32, 8 Aprile 1959, numero tavola 5, inventario B63. Il disegno è in relazione a Fig. 53, 54, 55, 56, 57 e 58. La sezione mostra un interno dell’ampliamento che ha pareti in mattoni.


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Si ribadisce l’impiego di icopal grigio per la copertura. Si nota la presenza di tre scalini, di alzato pari a 15 cm, che conducono alla stanza con le pareti in mattoni. Al di sotto dei gradini, si ha una cavità dalla struttura in cemento armato, con spessore pari a 30 cm e profonda 1,70 metri. “TILBYGNING TIL EKSIST. HUS, SKABE I FORSTUE”, “AMPLIAMENTO PER LA CASA ESISTENTE, ARMADIO NEL CORRIDOIO” (anno 1959) (Fig. 60) Pianta e sezioni, in scala 1:20, con quote, didascalie e scala metrica. Finn Juhl, china su lucido, 45,5x64,6, 13 Aprile 1959, numero tavola 6, inventario B63. L’elaborato potrebbe essere il successivo di Fig. 59, data la sequenza nella numerazione e la data di produzione delle tavole. Esso illustra una stanza dell’ampliamento. Questa ha forma rettangolare, simile ad un corridoio, e presenta una serie di sportelli e ripiani disposti su due lati. A giudicare dalle proporzioni, dalla disposizione delle aperture e dagli arredi disegnati, si pensa che l’ambiente corrisponda alla stanza indicata come forstue og gardarobe, in Fig. 53, 54, l’anno precedente. Tuttavia nella sezione A-A’ vi è scritto elektrolux køleskab che sta a significare “frigo elektrolux”. Questa informazione induce a credere che si tratti di una cucina o di un ambiente adibito a dispensa del cibo. La tavola presenta segni a china sui bordi del foglio. (Fig, 61) Sezioni non in scala. Finn Juhl (?), matita e china su lucido, 54,5x93,4, inventario B63. L’elaborato senza data potrebbe essere un disegno preparatorio dell’ampliamento di Fig. 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60. L’ambiente interno rappresentato in sezione ricorda quello di Fig. 59 sia per la parete a mattoni, graficamente analoga, sia per l’inclinazione della copertura che per la presenza di una tettoia simile. Una delle due sezioni longitudinali presenta anche degli infissi che assomigliano a quelli delle vetrate raffigurate nei prospetti di Fig. 55. L’ambiente rappresentato potrebbe essere un salotto visto il disegno di un divano, una poltrona, un tavolino ed una libreria a muro. L’elaborato non ha data né didascalie o quote ma presenta in alto, assieme ai segni a china ricorrenti, tre disegni sommari a matita che potrebbero essere degli preparatori alla sezione dell’ampliamento.


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“INDRETNING AF SOVERUM HOS”, “ARREDAMENTO DELLA CAMERA DA LETTO” (anno 1959) (Fig. 62) Pianta e sezioni, in scala 1:20, con didascalie. Finn Juhl, china su lucido, 35,5x61,3, 7 Settembre 1959, inventario B63. Il disegno rappresenta una camera da letto con un letto singolo, un armadio ed una cassettiera. Si può affermare che probabilmente essa non faccia parte del volume di ampliamento dato che esso è costituito21 da un bagno, una stanza armadio, con destinazione d’uso incerta, e da un grande ambiente senza partizioni interne. L’elaborato specifica i colori degli elementi presenti nella stanza: grigio chiaro per le pareti, rosso per l’interno della cassettiera, bianco e giallo per i rispettivi sportelli etc. Non è chiaro di quale ambiente dell’abitazione o se esso ne faccia parte. Infatti sia la camera da letto minore, che oggigiorno presenta un letto singolo, che la stanza della governante non hanno le stesse caratteristiche architettoniche di Fig. 62. Un disegno a china su lucido, datato 11 Settembre 1959, rappresenta i mobili della stessa stanza, in scala 1:5.


Gruppo 4 (anni 1964, 1966, 1967, 1968)

Le schede del Gruppo 4 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. Gli elaborati presi in considerazione includono varianti al progetto del 1941. Essi illustrano le condizioni abitative del nuovo nucleo familiare giacché sono posteriori al divorzio di Finn Juhl con Inges Marie Skaarups. Dal 1961, infatti Juhl vive nella casa non più con la prima moglie Inges Marie bensì con la compagna Hanne Wilhelm Hansen.

“SNEDKER ARBEJDER I VASKEKÆLDEREN”, “LAVORI DI CARPENTERIA NELLA LAVANDERIA” (anno 1964) (Fig. 63) Dettagli tecnologici, in scala 1:20 e 1:5, con didascalie e quote. Finn Juhl (?), matita su lucido, 20 Gennaio 1964, inventario B63. La tavola raffigura un tavolo da lavoro da posizionare probabilmente nella lavanderia della cantina. L’elaborato presenta il timbro con il nuovo indirizzo dell’ufficio di Juhl ed un numero di telefono con su scritto “Minerva”, che potrebbe essere il nome della segretaria. “MAAL TIL TEGNESTUE”, “OBIETTIVI PER IL DISEGNO DELL’UFFICIO” (anno 1966) (Fig. 64) Schizzo planimetrico, non in scala, con molti calcoli, scritte e quote. Finn Juhl, china su carta, 21x29,7, 25 Gennaio 1966, inventario B63. L’elaborato ha il formato che Juhl solitamente usa nella fase concettuale di progetto. Ciò, assieme al fatto che vi sia la firma dell’architetto, conferma che si tratta di un foglio autografo. Il disegno raffigura in maniera sommaria la pianta di un corpo rettangolare avente due ingressi: uno sul fronte minore e l’altro sulla facciata maggiore. L’intestazione comunica che si tratta di uno studio. La posizione degli ingressi, la suddivisione dello spazio e la presenza di una tettoia con dei pilastri quadrati sono elementi simili a quelli visti nell’ampliamento del 1958, di Fig. 53 e 54. Il corpo infatti consta anch’esso di una grande sala a pianta libera affiancata da due ambienti minori con funzione di bagno e cucina. Nelle annotazioni Juhl si riferisce infatti ad un ipotetico arkiv ossia “archivio”, ad una køk, probabilmente abbreviazione che sta per køkken, ossia “cucina” e ad un bad ovvero “bagno”. Il bagno e la cucina sono ora separati da un corridoio che conduce alla porta di entrata mentre, nel progetto del 1958, si raggiunge l’ingresso passando attraverso il guardaroba. Mettendo a confronto le dimensioni dei due volumi, in Fig. 64 si nota che la facciata minore è pari 6,30 metri mentre, nella pianta di Fig. 53 e 54, essa è larga 7,30 metri. Analogamente al progetto del 1958, Juhl progetta una facciata vetrata e trasparente e l’altra in muratura piena.

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La pianta di entrambi i progetti ha forma rettangolare ma il progetto del 1958 ha proporzioni diverse da quelle di Fig. 64. Grazie alle didascalie, si conosce l’area totale dell’edificio, pari a 55,188 mq, e della tettoia esterna di 6,552 mq. Anche se non si tratta di un disegno tecnico accurato, esso presenta le caratteristiche di un elaborato di progettazione definitiva, in quanto l’architetto calcola i metri lineari ed i metri quadri degli elementi del progetto così come si suole fare per scrivere un computo metrico. (Fig. 65) Pianta priva di scala metrica e di quote. Finn Juhl (?), 37,2x31, matita su lucido, inventario B63. Dell’elaborato non è noto l’autore né la data ma, a giudicare dalla somiglianza con la pianta di Fig. 64, è plausibile che esso si riferisca al progetto dell’ufficio. Oltre alle proporzioni e alla suddivisione dello spazio similari, si può notare inoltre la presenza di tre scrivanie una dietro l’altra che ricordano quelle, disposte nella solita posizione, in Fig. 64. Nonostante il disegno sia sommario è possibile individuare anche altri elementi di somiglianza con Fig. 64 come ad esempio la collocazione degli ingressi, la presenza di una tettoia dalle caratteristiche simili, due lati minori aventi una facciata vetrata e l’altra piena e il disegno degli arredi. “TILBYGNING TIL KRATVÆNGET NR. 15”,“AMPLIAMENTO IN KRATVÆNGET NR. 15” (anno 1966) (Fig. 66) Pianta, prospetti ovest, est e nord e sezione, in scala 1: 50, con didascalie, quote e scala metrica. Finn Juhl, matita su lucido, 49,3x37, 24 Febbraio 1966, inventario B63. L’elaborato propone un ampliamento della dimora con caratteristiche architettoniche diverse dai progetti del 1941 (Fig. 2), 1954 (Fig. 34-39) e 1958, 1959 (Fig. 47, 53, 54). Così come nella proposta degli anni 1958 e 1959, il volume ha pianta rettangolare e presenta una copertura inclinata ad una sola falda. La pianta ricorda sia quella dell’ampliamento di Fig. 53 che quella dell’ufficio del 1966 (Fig. 64 e 65) giacché presenta un grande spazio senza partizioni, due ambienti minori, adibiti a bagno, cucina e guardaroba, e gli ingressi collocati analogamente. L’ampliamento ha un camino svettante, simile ai due presenti nella dimora. Una porta vetrata scorrevole, situata su un lato lungo dell’edificio, permette l’accesso alla sala maggiore che presenta una serie di scrivanie, così come Fig. 54, 64 e 65, ed un divano lungo con due poltrone, ai lati del camino. Le dimensioni non corrispondono a quelle degli ampliamenti precedenti in quanto l’edificio ha lunghezza pari a 14,90 metri e larghezza di 4,60 metri. Lo spessore dei muri portanti è di 30 cm mentre le partizioni interne sono spesse 18 cm. L’edificio è dotato di una tettoia, che non si sporge più solamente dai lati corti (Fig. 57, 64, 65) bensì da tre lati dell’edificio. A differenza della facciata a nord, quella a sud è simmetricamente più lunga di un metro sia in direzione est


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che ovest. Dalle didascalie si intuisce che uno dei due ambienti minori è un bagno (bad) e che l’altro ha funzioni di armadio e cucina (garder., køk), mentre non vi è specificata la destinazione d’uso della sala maggiore. I due spazi minori sono simili, per funzione, proporzioni e posizione, a quelli visti in Fig. 60 e 64. Per quanto riguarda la grande sala è plausibile che Juhl voglia utilizzarla in maniera analoga a quanto già previsto nel progetto del 1958 e per l’ufficio del 1966 ossia come un ambiente di lavoro, dotato di uno spazio comune con funzione ricreativa o per ricevere i clienti dell’ufficio. Questo progetto di ampliamento è probabilmente in relazione con alcune vicende professionali e personali dell’architetto. Infatti, nel 1959 Marianne, una delle sue collaboratrici più importanti, si licenzia dallo studio di Sølvgade22. Si può ipotizzare che, già dal 1958, Juhl voglia spostare la sede professionale a casa propria e dunque si abbia ad un depotenziamento graduale della sede lavorativa esterna. Tale fenomeno culmina nel 1966 quando Juhl decide di lavorare esclusivamente da casa. In basso a sinistra è presente una planimetria sommaria che mostra l’ipotetica posizione dell’ampliamento in relazione con la casa esistente. L’edificio aggiunto è inclinato, così come il progetto del 1958 e 1959, ma non è raffigurato alcun passaggio di collegamento con le preesistenze. (Fig. 67, 68, 69) Prospetti e sezione privi di scala metrica e di quote. Finn Juhl (?), matita su china, 34x25 (Fig. 67), 38x30 (Fig. 68, 69), inventario B63. I disegni raffigurano un edificio simile a quello descritto da Fig. 66. Per tale ragione, nonostante non vi sia scritta né la data né l’autore, essi potrebbero essere dei disegni preparatori al progetto di ampliamento del 1966. Tuttavia non si tratta dello stesso in quanto, se si confrontano i disegni con quelli di Fig. 66, si possono notare alcune discordanze. Il prospetto est di Fig. 66 ricorda quello descritto in Fig. 67 ma le aperture sono diverse così come la tettoia e l’inclinazione del tetto. Come nel progetto di ampliamento del 1966, l’edificio è a forma rettangolare e presenta un camino. Esso ha qualche somiglianza anche con i progetti di ampliamento del 1958 e 1959. Entrambi i progetti prevedono la presenza di una tettoia che avanza da uno dei due lati corti dell’edificio e che poggia su pilastri dalla sezione quadrata. Si può stimare dunque che i disegni di Fig. 67, 68 e 69 anticipino l’ampliamento del 1966 e che prendano in considerazione il progetto del 1958, apportandovi delle modifiche.


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“STENSOKKEL”, “BASAMENTI IN PIETRA” (Fig. 70) Sezioni, in scala 1:1, con quote e didascalia. Finn Juhl, carboncino su lucido, 44,5x63, (?),(?), inventario B63. La tavola mostra le sezioni di due fondazioni. Anche se il disegno non è datato, è presumibile che sia contemporaneo o posteriore al 1957, in quanto nell’intestazione vi è l’indirizzo del nuovo studio a Sølvgade 38. Credendo dunque che risalga a quegli anni, è plausibile che si tratti dello studio per le fondazioni di uno degli ampliamenti che Juhl ha in mente di realizzare. Le fondazioni potrebbero riferirsi all’ampliamento del 1958, 1959 oppure a quello del 1966. “REOLVÆG I KRATVÆNGET”, “PENSILE A KRATVÆNGET” (anno 1966) (Fig. 71) Pianta, prospetto e sezione, in scala 1:10, con quote. Finn Juhl (?), matita su lucido, 27 Giugno 1966, inventario B63. Il disegno mostra la pianta, il prospetto e la sezione di un pensile da disporre nella casa. È certo che non si tratta di un mobile da collocare nell’ampliamento dello stesso anno in quanto Juhl specifica che si tratta di un arredo per l’abitazione a Kratvænget. Esso presenta i cassetti, probabilmente di colori sgargianti, tipici della linea di arredi prodotti dall’azienda Bovirke, con cui Juhl collabora dal 1953 circa. Il pensile disegnato in Fig. 71 è probabile infatti che corrisponda a quello inserito nella libreria a muro del soggiorno dell’abitazione e tuttora presente, con una struttura in legno, riverniciata di marrone sui cassetti maggiori, posti agli estremi, e di tonalità di blu su quelli minori centrali. “TEGNESTUE I KRATVÆNGET”, “STUDIO IN KRATVÆNGET” (anno 1966) (Fig. 72, 73, 74) Le Fig. 72 e 74 si riferiscono a Fig. 73 che mostra il layout di uno studio. (Fig. 72) Pianta, prospetto e sezione della scrivania dello studio, con quote. Finn Juhl, matita su china, 12 Agosto 1966, inventario B64. La scrivania è la stessa raffigurata nel prospetto interno dello studio di Fig. 73. Si presume che la scrivania sia un arredo che Juhl progetta in collaborazione con Bovirke23. e dunque con cassetti dipinti dai colori accesi. La didascalia di Fig. 73, specifica materiali e rifiniture. Essa ha un piano il lavoro in teak, rivestito in linoleum e presenta rifiniture in alluminio.


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(Fig. 73) Pianta e sezioni, in scala 1:10 e dettagli tecnologici in scala 1:1 dello studio, con didascalie e quote. Finn Juhl, matita e pennarello su lucido, 62,4x44, 14 Agosto 1966, inventario B64. Lo studio presenta la scrivania di Fig. 72, una lampada a sospensione, degli armadi a muro in pino dell’Oregon ed una libreria, che oggi si trova nell’atrio delle camere da letto. Non è chiara la collocazione dello studio. Confrontando la sua configurazione, lo spessore delle pareti e la posizione delle aperture, esso non corrisponde a nessun ambiente dell’abitazione esistente né tantomeno degli ampliamenti del 1958, 1959 e del 1966. Le dimensioni della stanza, così come la progettazione degli interni, è diversa pure da quella degli studi disegnati negli anni Cinquanta in Fig. 23 e 24. (Fig. 74) Dettaglio del piano della scrivania, in scala 1:1, con didascalie. Finn Juhl, matita su lucido, 15 Agosto 1966, inventario B64. Il disegno mostra i nodi tecnologici del piano in teak della scrivania con rifiniture in alluminio. “TILBYGNING TIL EGET HUS I KRATVÆNGET 15”, “AMPLIAMENTO CASA IN KRATVÆNGET 15”(anno 1967) (Fig. 75)

PER LA PROPRIA

Pianta in scala 1:50 con quote e didascalie. Finn Juhl, matita su lucido, 60x60, 13 Aprile 1967, inventario B63. La tavola rappresenta la volontà di ampliare l’ala nord dell’abitazione. In particolare la pianta mostra un prolungamento delle pareti della camera da letto maggiore in direzione del giardino così da dotare la stanza di un camino. L’ampliamento ha una lunghezza pari a 4,25 metri. L’elaborato mostra l’edificio esistente così come è illustrato negli elaborati del capitolato d’appalto del 1941, ad eccezione del suddetto ampliamento. Ciò dimostra che gli ampliamenti dell’ala sud, ipotizzati da Juhl in anni precedenti, non sono stati portati a termine. È plausibile che Juhl avesse già in mente di modificare la camera da letto maggiore fin dagli anni Cinquanta. Alcuni disegni del 1949 mostrano infatti la volontà di riprogettare l’interno della stanza, che all’epoca è la “Stanza di Inges” (Fig. 19, 20, 21). Dalla grafica utilizzata in pianta, è possibile intuire che Juhl abbia intenzione di dotare una porzione dell’ampliamento di una distinta pavimentazione in mattoni, simile a quella che già è presente in prossimità del camino del soggiorno. La necessità di ampliare la camera da letto matrimoniale potrebbe essere relazionata al fatto che Juhl abbia una nuova compagna dal 1961 e dunque la coppia abbia esigenza di uno spazio maggiore.


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Oltre a rendere la camera più spaziosa e dotarla di un camino, Juhl progetta due porte con affaccio su di una terrazza con vista sul giardino antistante. La veranda ha pavimentazione in mattoni, similmente alla porzione di solaio interno, ed è inquadrata da due setti sporgenti verso l’esterno. (Fig. 76) Pianta con quote. Finn Juhl (?), matita su lucido, 21x25,5, inventario B63. Il disegno rappresenta in maniera sommaria una pianta che, nonostante non se ne conosca l’autore né l’anno di produzione, è attribuibile a Finn Juhl in quanto raffigura lo stesso ampliamento di Fig. 75. La larghezza della stanza, esclusa la muratura esterna, è pari a 4,88 metri ed in Fig. 75 è di 5,50 metri, inclusi i muri. Inoltre entrambe le piante rappresentano un camino nella stessa posizione, una terrazza, due aperture che conducono ad essa ed arredi simili. Si può affermare che si tratti di un elaborato preparatorio a Fig. 75 e che dunque sia anteriore o contemporaneo all’ampliamento del 1967. Oltretutto è plausibile che la pianta sia disegnata da Juhl in persona poiché egli è solito abbozzare le proprie idee su pezzi di carta di piccole dimensioni e si riconosce una somiglianza con la grafia di altri disegni. La progettazione dell’ampliamento segue un disegno modulare, dato da segmenti aventi la stessa dimensione e definiti con la lettera “a”, che scandiscono e danno ordine al disegno planimetrico. “TILBYGNING TIL EGET HUS I KRATVÆNGET 15 FACADE MOD SYDVEST SAMT LODRET SNIT”, “AMPLIAMENTO PER LA PROPRIA CASA IN KRATVÆNGET 15 FACCIATA SUD-OVEST E SEZIONE TRASVERSALE”(anno 1967) (Fig. 77, 78) Le Fig. 77 e 78 sono duplicati. Prospetto e sezione trasversale, in scala 1:50, con quote e didascalie. Finn Juhl, matita su lucido (Fig. 77), china su lucido (Fig. 78), 60,5x44,5 (Fig. 77), 60x42 (Fig. 78), inventario B63 (Fig. 77), B64 (Fig. 78). I disegni denunciano la presenza della svettante canna fumaria del camino in eternit grigio. La sezione illustra la struttura lignea del tetto. Si può notare in facciata il prospetto della terrazza dell’ampliamento. Essa presenta superfici vetrate, fisse ed apribili, come la porta scorrevole che conduce al giardino, separate da una superficie muraria in cui è contenuto il camino. La parte in muratura ha lo stesso rivestimento della parete di ingresso dell’abitazione in listelli di legno, disposti orizzontalmente. Può darsi che Juhl volesse dipingerli, così come quelli all’ingresso tinti di colore blu. La facciata non mostra l’andamento sinuoso del terreno su cui poggia l’abitazione ma segnala il dislivello tra il


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corpo minore e maggiore. “FACADER MOD SYDØST SAMT MOD ORDRUP KRAT”, “FACCIATA A SUD-EST E VERSO LA MACCHIA DI ORDRUP” (anno 1967) (Fig. 79) Prospetti, in scala 1:50, con didascalie e quote. Finn Juhl, matita su lucido, 63,7x45,7, 13 Aprile 1967, inventario B64. I prospetti, riferiti all’ampliamento visto in Fig. 75, 77 e 78, mostrano l’aggettante canna fumaria del nuovo camino ed indicano con una didascalia la lunghezza dell’estensione della camera da letto, coerentemente con gli altri elaborati. Nella tavola è presente una linea ondulata ad indicare la pendenza del terreno, differentemente da Fig. 77 e 78 in cui il dislivello tra l’ala nord e sud dell’abitazione è mostrata nettamente. Nel prospetto sud-est si individua un’apertura stretta ed allungata nella zona di ampliamento, disegnata anche nella pianta di Fig 75. “EGET HUS I ORDRUP KRAT, KRATVÆNGET 15, MATR. NO. 8 ci. ORDRUP BY SOKKELUND HERRED. KBH. AMT, PLAN, SNIT OG OPSTALTER: 1:100”, “PROPRIA CASA NELLA MACCHIA DI ORDRUP, IN KRATVÆNGET 15, MATR. NO. 8 ci. ORDRUP PRESSO SOKKELUND HERRED. CPH. AMT, PIANTA, SEZIONE E PROSPETTI: 1:100” (anno 1968) (Fig. 80) Pianta, sezione e prospetti, in scala 1: 100, con didascalie e quote. Finn Juhl, matita su lucido, 44,5x61,3, 1 Settembre 1968, inventario B63. La tavola rappresenta un ampliamento della camera da letto maggiore con caratteristiche distinte da quello dell’anno precedente. L’ampliamento, sebbene con alcune differenze, viene realizzato. Quanto rappresentato in tavola è la soluzione progettuale più simile a quella che Juhl infine adotterà. L’ampliamento ha luogo nella medesima posizione di quello del 1967 ed ha stessa lunghezza di 4,25 metri. Anche questo progetto prevede una terrazza, esterna alla dimora, e non individuata dai setti dell’ampliamento. Questa soluzione progettuale privilegia l’ambiente interno poiché dota la camera da letto di uno spazio maggiore rispetto alla proposta del 1967 in cui questo è sacrificato per far spazio alla terrazza. Oltretutto la facciata corta dell’ala nord assume una conformazione differente da quella vista l’anno precedente. Anziché esserci una prevalenza di superfici vetrate (Fig. 77, 78), essa presenta una divisione simmetrica tra pieni e vuoti. Metà facciata è infatti caratterizzata da una porta scorrevole vetrata e l’altra metà, quella che ospita il camino all’interno, è in muratura con un rivestimento dall’andamento orizzontale, alla stessa maniera del progetto del 1967. Questo rivestimento non appare nella versione finale che Juhl farà costruire. Oggigiorno si hanno, in sostituzione del rivestimento dall’andamento orizzontale, dei pannelli metallici rivettati e dipinti di bianco.


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Questi probabilmente erano originariamente di colore più scuro, così come testimonia un’immagine di Keld Helmer-Petersen, il quale fotografa la dimora nel 1970, in seguito al suddetto ampliamento24. La struttura della copertura è lignea e presenta un rivestimento in eternit grigio, analogamente a quanto deciso nel 1967. Il prospetto rivela inoltre la presenza della medesima apertura allungata, nella porzione di ampliamento. L’intestazione della tavola è affiancata da un’etichetta incollata, scritta a china su lucido, che riporta le informazioni del timbro dell’architetto. Potrebbe trattarsi di un elaborato finale, modificato in fase esecutiva, data la precisione e l’accuratezza nella grafica.


Gruppo 5 (anno 1970)

Il Gruppo 5 consta di un solo elaborato. La scheda del Gruppo 5 appartiene alla Kategori 1, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. Essa risale alla fase di maturità della carriera di Finn Juhl, quando egli sposta la sede professionale da Sølvgade 38 alla propria abitazione, dove collabora con un solo impiegato.

“EGET HUS. KRATVÆNGET 15. 1: 100, BYGGET 1941- 1942”, “CASA PROPRIA KRATVÆNGET 15. 1:100, COSTRUITA NEL 1941-1942” (Fig. 81) Pianta in scala 1:100, con didascalie e orientamento. Marianne Riis-Carstensen25(?), acquarello su cartoncino, 53x59,7, Agosto 1970, inventario A66. L’intestazione della tavola, a cura dell’autore, è rilevante in quanto comunica gli anni di costruzione della dimora: 1941-194226. L’acquarello illustra la planimetria della dimora con alcune discordanze dal progetto del 1941. La casa presenta infatti due sostanziali differenze con il progetto originale: l’ingrandimento dell’ala nord, del 1968, discusso in Fig. 80, ed il progetto per l’ ampliamento dell’ala sud, del 1966. Questo, nonostante sia rappresentato nella tavola, ultima in ordine cronologico tra tutte quelle inerenti la dimora in Kratvænget, non è stato realizzato; a differenza dell’ampliamento dell’ala nord, tutt’oggi esistente. L’acquarello dà ulteriori informazioni riguardo alla variante del 1966: dimostra coerenza con la pianta di Fig. 66 e svela la posizione del volume aggiunto rispetto all’abitazione esistente. Esso è inclinato rispetto all’edificio esistente così come la planimetria sommaria, situata sul bordo inferiore di Fig. 66. L’inclinazione dell’ampliamento segue l’andamento del muro di cinta del lotto. Pare che Juhl voglia ridefinire il prospetto dell’abitazione sul lato di Kratvænget 15, in modo da negare la vista sul giardino e da unire i corpi esistenti a quello aggiunto. Egli prevede infatti dei setti murari che collegano il corpo di ampliamento al muro di cinta da un lato e all’abitazione esistente dall’altro. Anche per quanto riguarda la dimora esistente, si nota la tendenza a chiudersi verso l’esterno giacché, in prossimità delle scale esterne della cucina, si ha un setto perpendicolare alla facciata, che fa sì che il visitatore sia indirizzato ad entrare dalla porta della cucina o dall’ingresso principale, anziché proseguire a diritto, sotto la tettoia adiacente al garage. Questo setto è l’unico ad essere stato realizzato. Il muro che collega l’ampliamento all’ala sud dell’abitazione funge inoltre da quinta architettonica per una terrazza che affaccia sul giardino. Essa consta di un tavolo con quattro sedute e due aiuole circolari di dimensioni diverse ed ha pavimentazione simile a quella della tettoia di fianco al garage . L’acquarello illustra inoltre il nuovo arredamento previsto per la camera da letto maggiore, da pochi anni ampliata. Essa è dotata di un letto matrimoniale, del camino visto in Fig. 80, di una Sedia del Capo e di un gruppo di

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sedute intorno ad un tavolo rotondo. Alla luce della maniera in cui è concepita la camera da letto della propria casa e data l’interesse che Juhl prova verso l’architettura Giapponese27, per la sua flessibilità ed originalità, si può affermare che uno dei tratti caratteristici dell’architetto è appunto quello di pensare ad un ambiente mai come contenitore di una sola destinazione d’uso, bensì come uno spazio in cui far convivere distinte funzioni e tipologie di arredi in maniera versatile. L’arredamento della stanza è tuttora quello raffigurato nell’acquarello. In generale, ad eccezione della serie di setti e dell’ampliamento del 1966, la dimora presenta oggi lo stesso aspetto di Fig. 81. Anche la disposizione degli arredi non è distante da quella dell’immagine, ad esclusione degli arredi esterni, della terrazza di fronte al soggiorno e sotto il gazebo, che non sono più presenti.



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Note

1 Lotte Gelbjerg-Hansen Klyver, Konserveringsrapport-Finn Juhl-samlingen på Designmuseum Danmark, a cura di Designmuseum Danmark, Copenhagen, 2011. 2 Hiort Esbjørn, Registrant over Arkitekt Finn Juhl’s Tegninger, Kratvænget 15, Charlottenlund, Danmark, Febbraio 1990. 3 A cura dello stesso autore vedi inoltre Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, The Danish Architectural Press, 1990; Hiort E., Two centuries of Danish Design, Londra, 1968; Hiort E., Modern Danish Furniture, Copenhagen, 1956; Hiort E., Contemporary Danish Architecture, Copenhagen, 1958; Hiort E., Housing in Denmark, Copenhagen, 1952. 4 Vedi Anne-Louise Sommer, Finn Juhls Akvareller, Copenhagen, Gennaio 2015. 5 Sokkelund Herred è il nome attribuito all’area geografica orientale della Contea di Copenhagen, prima della riassetto territoriale in comuni del 2007. 6 “Højt dyrehave hegn mod ordrup krat” ossia “recinzione alta contro gli animali provenienti dal parco di Ordrup”, trad. a cura dell’autore. 7 Foto dell’epoca testimoniano la presenza della tettoia del garage e anche in Fig. 14, 15, 32, 33, 47, 56, 81 essa viene rappresentata. 8 Vedi Fig. 2, 3 del Gruppo 1. 9 “Before Finn died on May 17th last year, he asked me to continue my life in our home- the house he built in 1943” Vedi Hansen W.H., Finn Juhl: Finn Juhl Memorial Exhibition, Osaka, 1990, p. 11. 10 Vedi Juhl F.,Eget Hus i Ordrup Krat, in “Arkitekten”, no. 46, Copenhagen, 1944, p. 123. 11 Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, 1954. 12 Si fa riferimento alle indicazioni di Fig. 2 e 3. 13 Birgit Lyngbye Pedersen racconta che il figlio Klaus vive nella dimora del padre fino ai suoi diciotto anni. Finn Juhl sembra non avere un buon legame con il figlio adottivo e perciò si potrebbe ipotizzare che Klaus lasci la casa per tale ragione. Tuttavia non si è a conoscenza di quando Inge-Marie e Juhl adottino Klaus né l’anno in cui quest’ultimo lasci la casa. Una fotografia degli anni Sessanta raffigura Klaus e il cane Bonnie sotto la veranda che affaccia sul giardino. Klaus è fotografato di spalle, ma a giudicare dall’immagine, sembra essere nell’età dell’adolescenza. Nella fotografia, Klaus potrebbe essere in visita al padre o essere tuttora abitante della dimora. Oltre a queste notizie, non si hanno altre informazioni su Klaus. Vedi Capitolo biografico su Juhl. 14 Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, 1954, p. 48. 15 Date le didascalie armi, e abachi, si può pensare che nell’armadio Juhl riponga armi da collezione o da caccia, nonostante non si abbiano informazioni in merito all’interesse dell’architetto, e disegni che vuole serbare ed ordinare sistematicamente. 16 Arkitekt M.A.A. è la federazione degli architetti danesi. 17 Vedi Fig. 81. 18 Vedi Capitoli sull’architettura residenziale di Finn Juhl. 19 Vedi Fig. 6, 11, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39. 20 Si potrebbe trattare dell’azienda Icopal Danmarks Aps che ha sede in Danimarca da oltre 165 anni. Essa ha sede nel comune di Herlev, non troppo distante da Ordrup. 21 A giudicare dalle piante di Fig. 53 e 54. 22 Già nel 1956 Marianne tenta di licenziarsi dallo studio di Juhl. Tuttavia egli la prega di rimanere, offrendole di diventare socia dello studio. Ella rifiuta la proposta e si licenzia definitivamente nel 1959 per fondare il proprio studio. 23 Dopo la fruttuosa collaborazione con l’azienda Bovirke, la produzione industriale di arredi disegnati da Juhl non è di particolare successo. Vedi Capitolo biografico su Finn Juhl. 24 Vedi Inventario No. K4-11, immagine 32. L’immagine è sia disponibile in rete che conservata alla Biblioteca Reale di Copenhagen. Fotografo Keld Helmer-Petersen. 25 Nonostante Marianne non lavori più nell’ufficio di Juhl nel 1970, è probabile che l’elaborato sia stato realizzato da lei in quanto è specializzata nel disegno ad acquarello e potrebbe aver mantenuto un rapporto di amicizia con l’architetto. 26 Tuttavia è plausibile che la dimora venga completata alla fine del 1942 in quanto il sistema degli impianti risale all’estate del 1942. Vedi Fig. 13. 27 Vedi Capitolo di Introduzione del suo libro. Juhl F., Hjemmets Indretning, 1954, pp. 4-16.


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Villa Aubertin, Rosnæsvej 240, Nakskov

In origine Villa Aubertin è la residenza della Famiglia Aubertin, da cui prende il nome, ed occupa il lotto numero 240 su Rosnæsvej a Nakskov1. La dimora è situata in un quartiere residenziale tranquillo, a 3 km dal centro, e caratterizzato dalla presenza di ville unifamiliari che godono della vista sul fiordo. Nakskov è un comune danese sulle sponde occidentali dell’isola di Lolland, a sud della Danimarca, e distante circa 175 km dalla città di Copenhagen2. Assieme alla Casa estiva ad Asserbo, è l’unico incarico residenziale portato a termine da Juhl all’inizio degli anni Cinquanta. La villa consta di due corpi: uno è la residenza della famiglia Aubertin ed ha impianto architettonico a “T”; l’altro è una dépendance dalla pianta rettangolare. Il terreno su cui è ubicata la villa3 è inizialmente circa 5500 mq. Tra le fonti consultate, al fine di ricostruire l’iter di questa architettura, si ha la monografia su Finn Juhl di Esbjørn Hiort4 e i disegni originali conservati nell’archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen. I documenti relativi alla casa, consultati nell’archivio del Museo di Arte e Design, sono: 124 disegni e 3 acquarelli.

Le fonti sono datate a partire dal 1946, anno in cui Juhl riceve l’incarico di progettare lo store Bing & Grøndahl, al 1953, successivamente al debutto negli Stati Uniti d’America. La vicenda progettuale consta di varie fasi e progetti, durante distinti periodi temporali. Il primo documento rinvenuto, risale al Marzo 1946 e mostra la planimetria del sito con disegni sommari della planimetria della villa. Nel 1946, le dimensioni del lotto non sono ancora decise, così come la collocazione della dimora5. Ciò potrebbe dipendere dalla natura del terreno, in quanto si tratta di un luogo collinare, o dalla distanza dalla diga sul fiordo, significativa per la progettazione delle fognature. Il primo progetto è rappresentato esplicitamente a partire dal Maggio 19506. Fin dagli schizzi preparatori, presumibilmente risalenti agli inizi del 1950, gli ambienti interni sono disposti in file parallele ed intersecati da un corpo centrale, aggettante in direzione del fiordo, rappresentato sommariamente anche nella planimetria del 1946. Tuttavia, tre elaborati7, datati Gennaio e Febbraio 1950, illustrano in modo dettagliato il piano terreno


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di una versione discordante dal primo progetto e dalla tavola del 1946. Non si tratta di un vero e proprio progetto, bensì di uno studio preliminare per la connessione del soggiorno. Le tavole mostrano infatti unicamente alcuni ambienti dell’abitazione e mancano di camera da letto e bagno. Il passaggio dal soggiorno alla sala da pranzo è elemento comune di tutte le versioni sperimentate da Juhl. Il secondo progetto risale agli anni 1951 e 1952 ed è coerente con la realizzazione. Gli elaborati del 1951 descrivono anche il volume della dépendance. Il capitolato d’appalto è andato perduto. L’anno di conclusione dei lavori è ufficialmente il 19528; anche se è plausibile che alcuni particolari vengano terminati nel 1953, in quanto si riscontrano disegni esecutivi della fine del 1952 e del 1953. Oltre ad analizzare la dimora dal punto di vista architettonico, è importante conoscere il contesto storico in cui essa viene progettata. Nel 1946 Finn Juhl è all’apice della sua carriera da arredatore. Essendo dal 1945 professore alla Scuola di Interni di Fredriksberg, egli ha l’opportunità di esercitare la propria influenza sui giovani talenti. In merito all’architetto, uno dei suoi alunni racconta: “If I must use a modern word for Finn Juhl’s relation to us students, the word ‘guru’ would probably come closest. He was world famous, had a fancy American car, was well dressed, knew how to formulate himself, and was able to get what he wanted - all things that actually would be perfectly immaterial if he had not in addition been able to give us something that is difficult to define but which resulted in us having a sense of how to make everyday life more beautiful, while knowing that this esthetic should be based on the functional aspect - the bearing and borne - for which his furniture has been an expression through the years.”

Non solo Juhl è un modello da osservare per gli studenti, ma anche una figura di spicco nella società e riesce, poco dopo il debutto alla Gilda degli Ebanisti, ad essere al centro del dibattito artistico culturale. Martin Hartung, in un’intervista di un’edizione speciale di Mobilia, sostiene: “The Dane Finn Juhl of international renown always was a centre of contention. His furniture designs and especially his chairs never were received with indifference in his own country, they were either lauded or denounced.9” Oltre alla fama acquisita con la progettazione degli arredi, egli riceve il Premio Giovani Architetti C. F. Hansen, grazie al progetto della sua casa a Charlottenlund nel 1943. L’abitazione, nonostante venga costruita intorno al 1942, rappresenta per Juhl un interesse costante fino all’inizio degli anni Settanta, in quanto egli continua a progettarvi varianti e modificarne l’arredamento10. Nel 1946, un anno dopo la fine del progetto di interni per la Radiohuset in collaborazione con Vilhelm Lauritzen, egli è incaricato di progettare l’interno del negozio di Bing & Grøndhal, fabbrica di porcellana fondata nel 1853, che può vantare innumerevoli collaborazioni artistiche11. Tuttavia è un fatto piuttosto eccezionale che fosse scelto un artista così giovane, appena trentaquattrenne, con nessuna esperienza lavorativa precedente nel settore. Oltretutto all’epoca Juhl è considerato una figura controversa a causa della sua reazione verso la “scuola” di Kaare Klint. Bent Salicath definisce i due artisti “Two musical furniture designers with many conflicting views (…)12”. Ciò nonostante il progetto ottiene un grande successo, al punto da essere considerato uno dei capolavori di arredamento di Finn Juhl ed essere premiato dall’Accademia del Consiglio con la Medaglia di Eckersberg nel 1947. Tre anni dopo, l’Accademia del Consiglio fa sì che


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Juhl riceva la commissione più importante della sua vita. Egli viene scelto come rappresentante della Danimarca per partecipare ad un concorso su invito finalizzato alla progettazione di interni della Camera delle Nazioni Unite di New York, a cui partecipano anche Sven Markelius e Arnstein Arneberg13, esponenti rispettivamente di Svezia e Norvegia. Il progetto è assegnato14 a Finn Juhl ed il 1950 è un anno memorabile. L’anno successivo, dopo il grande debutto sul panorama americano, Juhl organizza la celebre mostra “Good Design15” a the Chicago Merchandise Mart, che ottiene così tanti consensi da essere esposta anche al Museum of Modern Art di New York. La fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Cinquanta corrispondono all’ascesa della carriera di Juhl. Esbjørn Hiort racconta che un giorno un rivenditore di legname di Nakskov, ossia il Sig. Aubertin, abbia telefonato a Finn Juhl, dicendo di volergli affidare una commissione, in quanto ammiratore dei suoi arredi. L’architetto sostiene di avere inizialmente frainteso la conversazione con il committente, pensando che si trattasse di un progetto di interni; soltanto quando si reca a Nakskov per fare il sopralluogo, si rende conto che avrebbe dovuto progettare l’intera villa. Si narra che Juhl abbia domandato dove si trovasse la villa e che il Sig. Aubertin abbia risposto allibito: “Sei pazzo? Devi prima progettarla!16”. Dal 1946 Juhl è impegnato inoltre nel progetto di un’altra residenza, la Casa estiva ad Asserbo per la Sig. ra Anthon Pedersen, madre di una sua compagna di studi alla Reale Accademia di Copenhagen. Si presume che anche la Villa Aubertin venga commissionata lo stesso anno, in quanto il primo documento datato è del Marzo 1946. La dimora è finalizzata ad ospitare la famiglia Aubertin, composta dai due coniugi ed i loro tre figli. Il Sig. Aubertin e la Sig.ra Aubertin sono a conoscenza della fama dell’architetto ed ammirano la sua creatività, così da ordinargli non solo di progettare la dimora ma anche di arredarla con i suoi stessi mobili.

È plausibile che la progettazione della casa sia rallentata per motivi geografici e tecnici, che fanno sì che l’architetto pensi a lungo a quale sia la posizione migliore da un punto di vista architettonico e funzionale17. Per queste ragioni, si potrebbe dunque affermare che la progettazione dell’architettura inizi in realtà intorno al 1950 e che prima, dal 1946 al 1950, Juhl valuti la fattibilità dell’intervento. Oltretutto si ipotizza che Aubertin voglia espandere la proprietà e che il lotto definito nella prima tavola, pari a 53x60 metri, venga in seguito ingrandito. Queste supposizioni giustificherebbero la presenza di molteplici elaborati prodotti dal Comune di Nakskov e risalenti alla fase preliminare di progetto. L’interrelazione tra la villa e il luogo è uno dei tratti peculiari di questa architettura. Sfruttando la pendenza del terreno e valutando l’orientamento della dimora, Juhl fa sì che essa goda del panorama sul fiordo di Nakskov e vanti ambienti interni bene illuminati naturalmente. La pianta della dimora è composta da una serie di ambienti disposti su due file parallele e connesse ad un corpo ortogonale aggettante, situato circa in mezzeria. La villa ha una copertura particolare, per cui la fila anteriore presenta una falda inclinata sconnessa a quella del corpo posteriore, di altezza minore. L’impianto planimetrico è anticonvezionale, in quanto dominato dalla zona giorno che si estende lungo tutta la facciata sud ed occupa più della metà dell’area totale. Essa consiste in una galleria, Galleri, in sala da pranzo, Spisekrog, in un soggiorno, Opholdsstue, ed una terrazza, Terrasse; è orientata a sud in modo da ricevere luce solare dalle ampie vetrate che la caratterizzano, e beneficia della vista diretta sul giardino e sul fiordo. L’ingresso principale è sulla facciata nord e conduce, da un lato alla sala da pranzo ed alla zona notte; dall’altro al piano interrato, alla cucina, Køkken, al bagno di servizio e all’ufficio del Sig. Aubertin, Kontor. La zona notte, composta dalle camere da letto dei coniugi Aubertin e dei tre figli, Barn I, II, III, nonostante sia disposta a nord, è dotata di ampie aperture



Le lampade progettate per la Casa Radiofonica sono di ispirazione per l’illuminazione della sala da pranzo di Villa Aubertin (foto di J. Mobius, 2017)


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vetrate sulla galleria, che garantiscono luce naturale e visuale sul giardino. Sul fronte nord, le camere presentano invece degli oblò, che assieme a quelli accanto alla porta principale, caratterizzano la facciata. Il soggiorno, ovvero il corpo aggettante che si vede già nei primi disegni, è separato dalla sala da pranzo soltanto da alcuni ripiani sospesi su pilastri e da cinque gradini, che fanno sì che stia ad un livello poco inferiore. Esso è come un’estensione verso sud della sala da pranzo e termina con una veranda che affaccia sul giardino. L’accesso alla veranda esterna è permesso da una porta scorrevole, che occupa un terzo dell’intera facciata vetrata. Il soggiorno dispone di un grande camino, accanto ai gradini che conducono alla sala da pranzo; mentre l’altra canna fumaria si trova in cucina. Il foyer presenta le scale che conducono alla cantina e consente di raggiungere la cucina, dalla quale a sua volta si arriva allo studio del Sig. Aubertin e ad un bagno di servizio. L’ufficio è dotato anche di un ingresso indipendente sul fronte nord, probabilmente per ricevere i clienti dell’azienda del Sig. Aubertin, senza farli passare dall’abitazione. La galleria18, arredata con sedute ed un ripiano che fiancheggia la facciata sud, offre la visuale sul giardino. Si suppone che fosse una sala polifunzionale. Tutti gli ambienti della dimora ricevono luce naturale grazie alla presenza di aperture che stanno o sul fronte meridionale o in alto, all’incrocio tra le falde di copertura. Il percorso che conduce dal foyer alla veranda, attraversando la sala da pranzo ed il soggiorno, è, così come il terrazzo, in piastrelle di terracotta19; mentre il restante pavimento di queste stanze è in pino Calmar. Le camere da letto, i bagni, la cucina e lo studio del Sig. Aubertin presentano pavimentazione in linoleum; il foyer in fibra di cocco. La casa è costruita in blocchi di calcestruzzo cellulare e presenta copertura ed infissi rivestiti in eternit.

La superficie totale della dimora è pari a 180 mq. La villa è dotata inoltre di un volume a sé stante, di area pari a 56,5 mq, progettato come dépendance20 e garage della residenza21. Si presume che esso sia una variante del progetto iniziale, in quanto non è presente nei primi disegni e viene raffigurano a partire dal Gennaio 195122. Il volume ha impianto planimetrico rettangolare e presenta caratteristiche comuni alla residenza. I due blocchi hanno una copertura simile, con aperture in alto, all’incrocio delle due falde, che consentono all’ambiente di essere illuminato naturalmente, medesima struttura e rivestimento esterno, e si affacciano ugualmente sul giardino. La pianta è suddivisa simmetricamente: una metà è occupata dagli ambienti di servizio quali il garage, la stanza delle biciclette, un piccolo bagno e due ripostigli, l’altra metà, quasi del tutto sgombra, rappresenta la zona giorno23, con un piano cottura e delle sedute. L’ingresso principale è sulla facciata meridionale, alla quale è possibile accedere tramite un cancello, raggiungibile dal fronte nord dell’abitazione. Il cancello, dalla struttura lignea e metallica, collega il setto sporgente occidentale dell’abitazione con il fronte orientale del garage. Quest’ultimo è dotato di due ingressi per il parcheggio dell’automobile e delle biciclette, accessibili dal fronte settentrionale della dimora. Analogamente alla residenza, la dépendance consta di una veranda rivolta verso sud, inquadrata da due setti laterali e con un pilastro al centro. Allo stesso modo dell’abitazione, si ha una canna fumaria svettante, stavolta al centro della parete settentrionale, accanto al piano cottura. Come nell’abitazione, si ha una porzione di pavimento, in piastrelle, presumibilmente in terracotta, che prosegue dalla sala interna alla veranda esterna. Dall’analisi delle fasi che compongono il processo di progettazione, è possibile affermare che la conformazione finale si raggiunge in seguito a numerose varianti del primo e del secondo progetto. Ciò nonostante, fin dai disegni preliminari è possibile


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osservare alcuni tratti peculiari di questa architettura. Già dai disegni sommari del 1946 si nota che Juhl ha in mente di organizzare la villa in due corpi ortogonali, di cui uno aggettante verso sud, con vista sul fiordo di Nakskov. Inoltre alcuni schizzi mostrano la volontà di disporre gli ambienti interni in file parallele e di adottare una conformazione analoga per la cantina. Quest’ultima, rappresentata in molti elaborati, è inizialmente raggiungibile sia da una scala interna che da una esterna, in seguito rimossa. Si ipotizza che la disposizione degli ambienti vari soprattutto per ragioni tecniche, in quanto la fase iniziale è supportata da elaborati discordanti raffiguranti l’impianto idrico e di riscaldamento24. Si potrebbe affermare che il primo progetto sia raffigurato in maniera formale nel Novembre 195025. Tuttavia alcuni elaborati precedenti, ad esempio quelli del Maggio 1950, mostrano una versione differente da quella di Novembre. In particolare modo, sembra che Juhl sia indeciso sulla disposizione di alcuni spazi e sulla progettazione delle facciate della residenza. Nonostante il primo progetto non presenti il volume del garage, è intuibile che Juhl voglia progettare uno spazio finalizzato al parcheggio dell’auto. Il prospetto nord è discordante da quello finale in quanto presenta, anziché due setti sporgenti alle estremità, una tettoia accanto al portone di ingresso, la quale è destinata appunto al veicolo del committente. La suddetta tettoia è un elemento variabile, in quanto talvolta assente anche in elaborati anteriori a Novembre 1950, come nelle piante del Maggio dello stesso anno. Il primo progetto presenta una cucina più piccola della versione finale, in quanto una parte di essa è occupata da un archivio, in funzione dell’adiacente ufficio del Sig. Aubertin. Al posto dell’ufficio e dell’archivio, la pianta del Maggio 1950 mostra invece la stanza della governante ed una cucina di dimensioni poco maggiori. La versione finale della cucina è raffigurata a partire

dal Dicembre 1950. Un’altra differenza sostanziale tra il primo progetto e la versione realizzata sta nella conformazione della galleria. Essa è in origine più larga e non è arretrata rispetto alla parete sud della camera da letto dei coniugi Aubertin. I relativi frangisole subiscono anch’essi modifiche tra il 1950 ed il 1951, andando così a modificare la facciata sud. Lo studio preliminare risalente al Febbraio 1950, mostra un impianto planimetrico più convenzionale e molto diverso sia dal primo progetto che da quello finale. La pianta non raffigura né le camere da letto, né il corpo centrale, né la cucina ed il bagno, bensì presenta un varco, con mobili sospesi su dei pilastri, che separa la sala da pranzo dal soggiorno, così come nel primo e nel terzo progetto. Si tratta perciò probabilmente di uno studio limitato ad alcuni ambienti e non di un progetto per l’intera casa. La progettazione del giardino è a cura del progettista di esterni Carl Theodor Sørensen26 ed anch’essa varia dal primo al terzo progetto27. È plausibile che le versioni iniziali del giardino siano progettate da Juhl stesso e che, successivamente, egli si affidi ad un professionista del settore. La raffigurazione dell’intorno, osservabile nei disegni appartenenti al primo progetto, è infatti alquanto sommaria e definisce soltanto i confini della proprietà. La dimora è inizialmente rappresentata all’interno di un rettangolo sopra l’incrocio tra Rosnæsvej e Strandvej28 e non viene mostrata la planimetria dell’ampliamento. Il progetto di C. Th. Sørensen mostra la stessa ubicazione e anche la planimetria del garage. Il terreno collinare della proprietà viene regolarizzato attraverso dei terrazzamenti, che fanno sì che la villa giaccia nel punto più alto e goda del panorama sul fiordo di Nakskov. La proprietà è circondata da una siepe su tutti e quattro i lati e presenta un sentiero, in parte asfaltato, in


Il progetto per il giardino di Villa Aubertin a cura di Carl Theodor Sørensen (dall’archivio online di Danmark Kunstbibliotek, 1951)



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parte verde, che dal fronte sud dell’abitazione va verso il fiordo, ad un appezzamento di terreno utilizzato per la coltivazione29. Questa zona è caratterizzata da sette file di aiuole quadrate con pietre ai lati, ed è separata dalla residenza da un muretto in mattoni a secco, parallelo alle aiuole ed alto circa 3,5 metri. La pavimentazione di fronte all’ingresso principale è in ghiaia. Anche l’arredamento subisce alcuni cambiamenti dal 1950. Hiort racconta che il Sig. Aubertin e sua moglie fossero grandi ammiratori del design di Finn Juhl e ordinano di farsi progettare arredi appositamente per l’abitazione. Uno tra i primi documenti datati dell’abitazione rappresenta i dettagli dei mobili sospesi , nel varco tra la sala da pranzo ed il soggiorno. Questo passaggio, nonostante subisca varie modifiche e giunga alla versione finale solo nel 1951, è uno dei tratti caratteristici dell’abitazione ed è progettato da Juhl apposta per Villa Aubertin. Anche il divano del soggiorno è un modello autografo di Juhl che l’architetto disegna per l’abitazione, ed in seguito espone nella stanza progettata per il museo Nordenfjeldske a Trondheim30. Allo stesso modo, le scrivanie delle camere da letto, il tavolo della sala da pranzo, il ripiano della galleria, l’illuminazione, sono pezzi unici prodotti per questa villa. Anche l’arredamento della cucina e del bagno è progettato su misura per la residenza. Alcuni modelli iconici di Juhl sono talvolta riconoscibili, come ad esempio la seduta FJ 45 ed il Tavolo Kaufmann31. Sul muro della terrazza sono appese le stesse lampade a pianta circolare che Juhl utilizza all’esterno della sua residenza e della Casa estiva ad Asserbo. Oltre all’arredamento l’architetto definisce anche i colori, i materiali e la tappezzeria da adottare. Un acquarello del Novembre 1951 mostra il disegno del tappeto del soggiorno, svelandone i colori origina-

li: verde, blu, arancione e grigio. Altri acquarelli inerenti all’abitazione testimoniano allo stesso modo che la casa è al tempo decorata con tonalità sgargianti. Come si nota nell’acquarello della stanza del figlio, gli arredi sono combinati tra loro in modo da generare un’armonia cromatica. Il letto è blu scuro, il tappeto verde, le pareti sono intonacate di bianco ed il pavimento in linoleum e la FJ45 sono del colore del cuoio. Enzo Frateili, in merito alla Villa Aubertin e al suo progettista, scrive in un articolo della rivista Zodiac del 2001: “Simplicity of volume and plane, and clarity in the articulation of plans are the values which particularly recur in Juhl’s constructions, with a few instances of insipid prose such as his cinema with its pile-work foundations, and other works which are much more brilliant owing to their clever joining of spaces and the recurrence of the frontal arrangements in the Villa Aubertin nestled on the Danish fjord.32” Dopo la casa stessa di Juhl, Villa Aubertin è l’architettura residenziale più celebre progettata dall’architetto. Anche la rivista tedesca Das Werk, poco dopo la costruzione, enuncia i meriti dell’architetto per la soluzione progettuale adottata e l’unione vincente tra architettura e arredamento, esordendo così: “Vier Wohnhäuser und ein Ferienhaus bilden den Architekturteil des vorliegenden Heftes. Das dänische Beispiel ist ohne Zweifel die interessanteste und insofern auch die reifste Lösung des Wohnhausproblemes, als hier Bau und Möblierung ein Ganzes bilden und demselben formsicheren Gestaltungswillen entspringen.” “Quattro edifici residenziali ed una casa per le vacanze costituiscono la parte architettonica di questo libretto. L’esempio danese è indubbiamente la soluzione più interessante e quindi più matura del problema abitativo, in quanto qui la costruzione e l’arredamento formano


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un intero e sorgono dalla stessa forma di progettazione consapevole.33” Riguardo alla disposizione degli ambienti interni, in particolare modo sulla scissione tra zona giorno e zona notte dell’abitazione, sostiene: “Bemerkenswert an dieser Raumdisposition sind der starke räumliche Zusammenhang und die vielen Durchblicke, welche der Raumfolge Weite und Intimitat verleihen. Vorhänge an verschiedenen Stellen dienen zur gelegentlichen Unterteilung.” “Il punto notevole della disposizione sta nella forte connessione spaziale delle stanze e nei molti scorci che danno spazio ed intimità allo spazio. Le tende (disposte) in distinti luoghi servono talvolta per una partizione occasionale.34” Infine l’autore la reputa un ottimo esempio di architettura residenziale del periodo moderno: “Die architektur des Hauses ist gekennzeichnet durch Einfachheit, Strenge und Klarheit der Verhältnisse und Linien, in allem ein vorzügliches Beispiel eines naturverbundenen, persönlichen, modernen Wohnhauses.” “L’architettura della casa è caratterizzata dalla semplicità, dal rigore e dalla chiarezza delle sue relazioni e linee, ed in tutto questo è un ottimo esempio di casa residenziale in relazione con la natura circostante, personale e moderna.35” Oggigiorno Villa Aubertin è spartita in due proprietà distinte: la residenza è abitata dal Sig. Erik Lenskjold e dalla coniuge Romy Lena Lenskjold; mentre la dépendance appartiene al Sig. Torben Andersen e alla Sig.ra Conni Christensen. Inoltre la viabilità è stata modificata poiché l’indirizzo della residenza è Enehøjevej 260, anziché Rosnæsvej 240; al contrario si accede all’originaria dépendance tramite un viale privato all’incrocio con Strandprome-

naden 32A36. Riguardo le vicissitudini della villa, la Sig.ra Romy Lena Lenskjold37 racconta che, dopo la morte degli originari committenti, la casa sia rimasta abbandonata ed acquistata probabilmente da un industriale di origini svedesi. Non a conoscenza del fatto che fosse progettata da Finn Juhl, Romy e suo marito Erik acquistano la parte della residenza, all’epoca in stato di abbandono e deterioramento, e la ristrutturano, senza tenere conto del design originale. L’impianto planimetrico iniziale è tuttora in parte visibile ma le tonalità cromatiche, la distribuzione interna ed in particolare modo gli arredi sono andati perduti. La copertura è ridipinta di colore rosso ed i pavimenti originali sono quasi del tutto sostituiti. La luminosità della galleria viene meno a causa del tamponamento delle ampie superfici vetrate. Essa, anziché essere dotata degli arredi originali, presenta una scala a chiocciola che conduce alla cantina. Il varco tra la sala da pranzo ed il soggiorno è ancora presente, così come i gradini che conducono al livello inferiore, tuttavia l’arredamento originale, tra cui i caratteristici mobili sospesi, il divano ed il tappeto, sono scomparsi. La cucina si estende fino all’originale studio del Sig. Aubertin; le camere dei figli sono unificate in due stanze e l’arredamento della camera da letto maggiore è anch’esso variato. La tettoia sul fronte sud, davanti alla cucina, presenta ora due pilastri ed un camino; mentre dinnanzi alla galleria si ha un palco che funge da terrazza solarium. Il fronte nord consta di una veranda con funzione di ripostiglio e garage, proprio laddove negli elaborati del primo progetto è collocato il portico, per parcheggiare l’automobile38. La struttura non è recente, anzi potrebbe essere quasi contemporanea con quella originaria della villa. Si potrebbe ipotizzare che si tratti di un ampliamento voluto dal Sig. Aubertin, ossia una variante posteriore alla realizzazione, tuttavia non documentata. Sul fronte nord si trova anche una fontana di recente


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L’ingresso odierno di Villa Aubertin (foto di Rebecca Carrai, 2017)


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costruzione. La porzione di pavimento in terracotta, che dalla sala da pranzo originariamente conduce alla veranda esterna, è tuttora visibile nel soggiorno, così come la parete vetrata con porta scorrevole sul fronte sud. Le canne fumarie, sia della residenza che della dépendance, sono invariate, allo stesso modo della struttura delle coperture e della maggior parte delle aperture. Anche il portone di ingresso, gli oblò sul fronte nord e le lampade esterne sono originali. La dépendance viene convertita in una residenza a sé stante, dunque completamente modificata all’interno. Il prospetto sud presenta molte differenze, soprattutto nella parte inferiore, in cui la veranda viene a mancare ed è sostituita da un numero maggiore di aperture. Le finestre sono di forma rettangolare, hanno infissi bianchi in legno ed alluminio e persiane lignee dipinte di blu. La distribuzione degli ambienti non è la medesima del progetto di Juhl e non riflette criteri di simmetria. Tuttavia, allo stesso modo del progetto originale, si accede in un’ampia sala con funzione di soggiorno. Il progetto del paesaggista C. Th. Sørensen non è più riconoscibile, in quanto il lotto originale è suddiviso in quattro distinte proprietà39. Due di esse sono le suddette dimore, mentre dinnanzi si ha il negozio di mobili Ancon Trading I/S, presumibilmente di proprietà degli stessi padroni della dépendance40, e la residenza di un altra famiglia. Entrambi gli edifici affacciano su Strandpromenaden, godendo della vista sul fiordo di Nakskov.


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Le due proprietà oggigiorno (foto di Rebecca Carrai, 2016) In alto l’originaria addizione, ora dimora di Torben Andersen e Conni Christensen; in basso l’abitazione della Fam. Lenskjold.



Gruppo 0 (anno 1946)

Le schede del Gruppo 0 sono documenti sussidiari alla progettazione che l’architetto acquisisce ed elabora in fase preliminare.

“TERRÆN AF RIDDERSBORG. MATR. NR. 240 NAKSKOV KØBSTADS MARKJORDER” “TERRITORIO DI RIDDERSBORG. MATR. NR. 240 PROPRIETÀ DEL COMUNE DI NAKSKOV ” (Fig. 1) Planimetria in scala 1:1000 con quote, didascalie e orientamento. Perito del comune di Nakskov (Landinspektor), Marzo 1946; china e matita su cartoncino, 34x42; inventario B67. L’elaborato illustra la planimetria del sito dove è ubicata l’abitazione. L’intestazione,“Territorio di Riddersborg”, comunica la località in cui Villa Aubertin è situata, all’interno del comune di Nakskov. Il documento è firmato dal perito del comune di Nakskov, anche se è plausibile che il disegno a matita e le didascalie a china rossa siano aggiunti successivamente da Juhl. La planimetria fornisce informazioni riguardanti il territorio ed il lotto. La dimensione del lotto è pari a circa 53x60 metri. Esso si affaccia sul fiordo di Nakskov, Nakskov Fjord, si trova in prossimità della relativa diga, ed è raggiungibile tramite la strada adiacente Rosnæsvej, e dalle traverse Strandvej e Strandpronaden. L’altitudine del sito è determinabile dalla presenza di curve di livello. Il terreno risulta in pendenza, con punto più alto pari a circa 4,50 metri sopra il livello del mare e punto più basso pari a 2,00 metri, in prossimità del muro di cinta che separa la terraferma dal mare e dalla diga (Dige, diga). Le informazioni a china rossa, presumibilmente autografe di Juhl, potrebbero essere le prime considerazioni dell’architetto in merito alla progettazione dello spazio esterno della villa. Egli determina approssimativamente la dimensione del lotto, la posizione delle fognature (Kloakledning, Fogna), scrivendo che può essere utilizzata per i rifiuti (denne kan af Affald anvendes, questo può essere utilizzato per i rifiuti), e la linea di massima pendenza del terreno (Buukelinie, Linea di curvatura). A matita vi è disegnata sommariamente due volte la planimetria della villa in posizioni diverse: una più vicina al fiordo, l’altra più arretrata. Sempre a matita, è disegnato un rettangolo, annesso al lotto e con lato corto di 25 metri. Ciò fa pensare che si voglia espandere la dimensione del lotto in lunghezza, così che l’area totale sia di circa 53x85 metri, anziché 53x60. Con la china blu è disegnato un ulteriore rettangolo, stavolta adiacente al lato lungo del lotto. Esso potrebbe analogamente rappresentare un’ipotesi di ampliamento giacché non interseca la linea di confine, Markvej. Questo rettangolo è indicato con una freccia e la didascalia lejelanden Nabogrund che sta a significare “altro appezzamento di terreno in affitto”. Il disegno è su cartoncino di colore rosa.

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“TERRÆN AF RIDDERSBORG. MATR. NR. 240 NAKSKOV KØBSTADS MARKJORDER” “TERRITORIO DI RIDDERSBORG. MATR. NR. 240 PROPRIETÀ DEL COMUNE DI NAKSKOV ” (Fig. 2) Planimetria in scala 1:1000 con quote, didascalie e orientamento. Perito del comune di Nakskov (Landinspektor), Marzo 1946; china e matita su cartoncino, 34x42; inventario B67. L’elaborato è simile a quello di Fig. 1 per contenuti, grafica, autore e datazione. Esso illustra la planimetria del sito di intervento con alcune differenze rispetto a Fig. 1. Il lotto non è evidenziato né viene esplicitata la sua dimensione, differentemente da Fig. 1. Il terreno è invece suddiviso in rettangoli di dimensioni crescenti, da sinistra verso destra. I primi tre rettangoli sembrano avere le medesime dimensioni, così come i due successivi, leggermente più larghi. L’ultimo rettangolo è il lotto evidenziato di Fig. 1 ed ha dimensioni maggiori degli altri rettangoli. Una linea tratteggiata attraversa il lotto e i due rettangoli adiacenti. Essa rappresenta la stessa linea delle fognature presente in Fig. 1 e termina laddove si interrompe la diga. Una didascalia a china rossa riporta inoltre “Parbol karte” ossia “Mappa satellitare”, sopra la suddetta linea. Intorno al disegno vi sono calcoli a matita. Si nota il disegno sommario a matita di due planimetrie, in posizione differente rispetto a quelle di Fig. 1: una all’interno del rettangolo del lotto, l’altra al di fuori, in posizione arretrata. La planimetria dentro il lotto è attraversata dalla linea tratteggiata delle vie di scarico e della mappa satellitare. Essa ha conformazione ad “L”, anziché a “T”, come si vede nelle planimetrie di Fig. 1 e nella planimetria soprastante. Il corpo quadrangolare aggettante in direzione del fiordo, che appare in tutte le planimetrie, è destinato ad ospitare la grande sala da giorno, identificativa dell’abitazione. Un segmento tratteggiato attraversa il lotto e rappresenta il punto di massima pendenza del terreno, con altezza pari a 2,5 metri. La planimetria al di fuori del recinto del lotto si colloca sommariamente dentro al rettangolo di ampliamento, con lato di 25 metri, individuato in Fig. 1. Essa ha dimensioni maggiori e conformazione a “T”, analogamente alle planimetrie di Fig. 1. Un ulteriore corpo è disegnato in posizione arretrata e slegato dalla suddetta planimetria. Esso potrebbe avere funzione di garage, così come viene progettato in seguito. L’elaborato ha stesse dimensioni di Fig. 1 ma supporto di cartoncino di colore celeste, anziché rosa. Nonostante Fig. 1 e 2 risalgano entrambe al mese di Marzo del 1946, si può ipotizzare che Fig. 1 sia successiva in quanto presenta informazioni più precise e dettagliate del lotto. Tuttavia è plausibile che entrambi i disegni siano stati modificati, con matita e china di colori diversi, in una fase successiva rispetto alla data riportata.


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(Fig. 3) Planimetria in scala 1:1000, con quote e didascalia e orientamento. China su lucido, 29,7x41,5; inventario B67. Il disegno mostra la planimetria dell’abitazione. La grafica utilizzata è simile a quella di Fig. 1 e 2, anche se si tratta di un elaborato preciso e dettagliato. Si riporta nuovamente l’indicazione della via adiacente al lotto, Rosnæsvej, del fiordo di Nakskov, NakskovFjord, e della strada lungo il fiordo, Strandpromenaden. Si potrebbe aver ricalcato su lucido le informazioni di Fig. 1 e 2 e disegnatovi la prima versione di planimetria dell’abitazione. La casa si colloca all’incrocio tra Rosnæsvej e Strandvej, arretrata rispetto alle versioni rappresentate in Fig. 1. La posizione individuata per la villa è analoga a quella dello stato attuale. L’ubicazione assomiglia a quella della planimetria al di fuori del lotto, vista in Fig. 2. Il lotto ha area maggiore di quella individuata in Fig. 1, pari a 53x6041. Rispetto a Fig. 1, il terreno si estende infatti anche verso nord-est e nord-ovest. La planimetria sembra essere determinata da una griglia modulare composta da linee perpendicolari e parallele al fiordo. Tali linee sono generatrici di rettangoli che assemblati formano la planimetria. Si ha dunque: un rettangolo, di 7x6 metri, aggettante verso nord-est, uno, di dimensioni ignote, ma presumibilmente maggiori, sporgente verso il fiordo, ed un altro, più grande, perpendicolare ad essi. Il disegno riporta di nuovo le quote altimetriche del terreno. L’abitazione è situata su terreno in pendenza, che va da 4,50 a 4,00 metri, sopra il livello del mare. In prossimità del marciapiede adiacente all’abitazione, l’altitudine decresce (4,44 metri) e diminuisce ulteriormente lungo la strada (4,26 metri). L’infrastruttura ha andamento decrescente dal centro del paese verso Strandvej, e crescente dall’abitazione verso il Strandpromenaden. La progettazione della viabilità non è di competenza dell’architetto. (Fig. 4) Sistema dei sotto servizi, con didascalie e quote. China su lucido; inventario B67. Nonostante non se ne conosca la scala, l’elaborato sembra essere rivolto al territorio di Riddersborg. Il grafico pare rappresentare le vie di scarico e i punti di raccolta presenti sul territorio che comprende il lotto dell’abitazione. Si può riconoscere la stessa linea tratteggiata, indicata come “Kloakledning” ossia Fogna, presente in Fig. 1 e 2. Si ipotizza che l’elaborato sia contemporaneo a Fig. 1, 2 e 3 in quanto, analogamente, non viene analizzato solamente il lotto dell’abitazione, bensì si prende in considerazione anche il territorio circostante, verificandone la fattibilità dell’intervento. Si notano segni a china e a matita che fanno pensare che non si tratti di un elaborato finale.


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Gruppo 1 (anno 1950)

Le schede del Gruppo 1 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 1 e 3 di Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. I disegni analizzati descrivono, dalla fase concettuale a quella definitiva, la progettazione della Villa Aubertin.

Schizzi preparatori (Fig. 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15) Finn Juhl, matita su lucido, 43x61; inventario B67. Gli elaborati raffigurano in maniera sommaria ipotesi di piante e facciate della Villa Aubertin. Fig. 5, 6, 7, 8, 9, 10 rappresentano disegni planimetrici dell’abitazione; mentre Fig. 11, 12, 13, 14, 15 sono prospetti. Si presume che siano elaborati autografi di Juhl. Essi hanno all’incirca le medesime dimensioni. Non essendo disegni dettagliati, bensì alquanto sommari, è presumibile che appartengano alla fase concettuale di progettazione. Essendo il primo disegno della dimora del Gennaio 1950, le tavole potrebbero risalire agli inizi del 1950 o essere addirittura anteriori42. (Fig. 5) Si può dedurre, confrontando il disegno con elaborati successivi, che si tratti di uno schizzo della pianta del piano interrato della villa. Il piano interrato ha funzione di dispensa, come si deduce dalle didascalie. L’accesso alla cantina è consentito da due scale: una esterna all’abitazione, indicata nel disegno con una freccia, che mostra il senso di discesa, ed una interna minore. La pianta ha forma rettangolare e non presenta il corpo aggettante quadrangolare di Fig. 1, 2 e 3, che ospita il grande soggiorno. L’ambiente è suddiviso da partizioni interne che formano gli ambienti atti alla conservazione dei prodotti. Le didascalie descrivono la destinazione d’uso di ciascuna stanza. Grazie al confronto di Fig. 5 con elaborati posteriori riguardanti il piano interrato, è possibile comprendere il significato delle didascalie che presentano delle abbreviazioni. Vask, ossia Vaskerum sta ad indicare la lavanderia, Tørrer, ovvero Tørrerum, è lo stenditoio, Brændsel è il luogo per depositare il carburante, Frgt potrebbe stare per Frugt ossia luogo per la conservazione della frutta, Vikt è abbreviazione di Viktualie ossia alimenti e Pult sta per Pulterrum ovvero deposito della legna.


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(Fig. 6) Fig. 6 è anch’essa un’ipotesi della cantina. L’elaborato ha una grafica più dettagliata e tecnica di quella impiegata in Fig. 5. Analogamente a Fig. 5, vi sono due scale che sono collocate all’incirca nella stessa posizione ed hanno sommariamente stesso numero di alzate. I muri della scala maggiore e la parete esterna a destra proseguono ininterrotti ad indicare che il disegno non è stato completato. Anche Fig. 6 riporta le didascalie: Brændsel (carburante), Frugt (frutta), Vaskerum (lavanderia), Vikt (alimenti). Inoltre vi è scritto Vin, ad indicare il luogo della conservazione del vino. Tuttavia la pianta ha conformazione differente da Fig. 5. Seppure abbia forma rettangolare e sia suddivisa da partizioni interne, così come Fig. 5, essa ha proporzioni diverse. Essa è composta da un’unica fila di ambienti, assemblati uno accanto all’altro, anziché due come Fig. 5. In basso a destra si nota una ulteriore pianta sommaria, stavolta inclinata, che similmente a Fig. 5, consta di due file di ambienti. La pianta potrebbe rappresentare il piano terra della pianta di Fig. 6. Sia Fig. 6 che Fig. 5 non corrispondono alla versione finale della pianta della cantina della Villa. (Fig. 7) Fig. 7 è nuovamente la pianta della cantina. A giudicare dalla grafica e dall’analogia con lo stato corrente, si presume che Fig. 7 sia posteriore a Fig. 5 e Fig. 6. La pianta ha conformazione simile a quella rappresentata in Fig. 3. La tavola riporta le medesime informazioni di Fig. 6 e 5: Vin, Frugt, Viktualie, Pulterrum e Brændsel che fanno capire che si tratta della cantina. Tuttavia la disposizione degli ambienti interni è diversa sia da Fig. 5 che da Fig. 6. Analogamente a Fig. 5, la cantina si sviluppa su due file di ambienti ai quali è possibile accedere tramite un corridoio di distribuzione. Così come in Fig. 5 e 6, vi sono due scale, una esterna ed una interna alla villa, che conducono all’ambiente interrato. Tuttavia la scala minore di Fig. 7 ha forma ad “L” anziché sviluppo lineare. Alcuni spazi disegnati non hanno didascalia dunque non se ne conosce la destinazione d’uso. La pianta presenta il medesimo corpo quadrangolare aggettante, ospitante al piano terra il soggiorno, che Juhl ha in mente già nel 1946 (Fig. 1, 2, 3). Inoltre si ha un ambiente sporgente, nella direzione opposta, che ricorda quello visto in Fig. 3. Essendoci 13 alzate disegnate, si presume che il dislivello, tra il piano terra e il piano interrato, sia di circa 2,30 metri. Anche la scala maggiore di Fig. 6 presenta 13 alzate; mentre in Fig. 5 è possibile individuarne più di 15. L’elaborato presenta segni a matita sommari. (Fig. 7.1)


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La tavola potrebbe essere contemporanea ed in relazione con Fig. 7. Essa rappresenta un impianto planimetrico analogo e gli stessi collegamenti verticali. La suddivisione degli ambienti interni è diversa da quella di Fig. 7. Il corridoio distributivo è situato stavolta al centro dell’impianto, anziché essere ricavato nella fila arretrata. Ai lati del corridoio vi sono disposti i vari ambienti. Essi sono distinti da quelli di Fig. 7 per forma e dimensioni. Il corpo aggettante centrale non presenta partizioni interne, diversamente da Fig. 7. L’altro corpo annesso, in direzione opposta, non ha spessore murario disegnato, allo stesso modo di Fig. 7. Ciò potrebbe significare o che si tratta di un disegno incompleto o che se ne disegna solamente la proiezione poiché lo spazio non è da interrare. La grafica è meno sommaria e più dettagliata di Fig. 7. Le destinazioni d’uso indicate sono Vaskerum, Tørrerum, Viktualie, Pulterrum, Frugt e Vin, analogamente a quanto scritto in Fig. 5, 6 e 7. (Fig. 8) In seguito all’analisi di Fig. 5, 6 e 7, si può pensare che anche Fig. 8 sia un’ipotesi di pianta della cantina. Ciò è ipotizzabile in quanto non si individuano uscite verso l’esterno bensì l’accesso all’ambiente è garantito da due scale, una minore interna ed una maggiore esterna, che condurrebbero al piano superiore. Le due scale ricordano per posizione, conformazione e dimensioni quelle viste già in Fig. 5 e 6. Il numero di alzate è analogamente pari a 13. Tuttavia la tavola non mostra didascalie che esplicitano la funzione degli ambienti. La pianta ha forma a “T”, così come le planimetrie sommarie di Fig. 1, 2 e 3. Il corpo aggettante visto anche in altri elaborati (Fig. 1, 2, 3, 7) è dipartito da una parete trasversale interna, così come in Fig. 7. In sostituzione al volume che sporge in direzione opposta (Fig. 7), si hanno 3 pilastri quadrati. Anche in prossimità delle scale esterne si hanno due pilastri quadrangolari, di dimensioni simili. La scala esterna è collocata all’incirca nella stessa posizione in cui si notano segni sommari a matita in Fig. 7. La pianta è composta da due file di ambienti parallele, così come Fig. 5 e 7, e da un corpo aggettante nel mezzo. Gli ambienti di Fig. 8 hanno dimensioni maggiori di quelli di Fig. 5, 6 e 7. A giudicare dalla loro disposizione, pare che vi si acceda da due stanze maggiori, divise da un’unica partizione, aventi forma rettangolare e larghezza all’incirca equivalente a quella degli ambienti adiacenti, della fila retrostante. Uno dei due ambienti centrali della fila arretrata presenta una parete obliqua. La conformazione dello spazio è dunque differente dagli altri ambienti della fila, che invece sono di forma rettangolare.


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(Fig. 9) Pianta del solaio della cantina. Si può ipotizzare che sia la pianta del solaio dell’ambiente interrato in quanto sono presenti le stesse cavità laterali di Fig. 5, 6, 7, 8. Queste, anche se collocate diversamente ogni volta, potrebbero servire al sistema degli impianti. Presumendo che si tratti del solaio della cantina, esso ha andamento parallelo alle partizioni interne minori sottostanti. Si può ipotizzare che il solaio sia formato da travi e travetti in legno. La pianta potrebbe riferirsi a Fig. 7, anche se si nota la presenza di due cavità aggiuntive sulla destra. (Fig. 10) Pianta del solaio del piano terra. Si pensa che si tratti del solaio del piano terra in quanto il disegno è diverso da Fig. 9. Tuttavia entrambe le tavole presentano impianto planimetrico ad “L”. Gli ambienti segnati con una “X” potrebbero essere spazi ricavi per il passaggio degli impianti o doppi volumi. Essi corrispondono all’incirca con quelli di Fig. 9. Le cavità sporgenti laterali non sono presenti. Il corpo aggettante nel mezzo e la porzione destra del disegno corrispondono alla Fig. 9. Fig. 9 e Fig. 10 potrebbero essere immagini contemporanee e relazionate tra loro vista l’analogia nei contenuti e nella rappresentazione. (Fig. 11) Prospetto laterale della villa. A giudicare dalle piante di Fig. 5, 6, 7, 7.1, 8, 9 e 10, si tratta del prospetto anteriore dell’edificio, quello dell’ingresso principale. Oltre all’ingresso, si nota la presenza del corpo aggettante laterale che ricorda quello visto in Fig. 7, 7.1 e 8. Analogamente a Fig. 8, il corpo sembra poggiare su tre pilastri quadrati. Dal disegno si può intuire che l’edificio presenta una copertura inclinata. Si notano inoltre due camini che potrebbero essere collocati in prossimità dei cavedi visti precedentemente. La grafica è sommaria e carente di dettagli.


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(Fig. 12) Prospetti trasversali della villa. Si presume che la tavola sia relazionata a Fig. 11. Dal disegno si nota che l’abitazione è situata su di un terreno in pendenza. Entrambi i prospetti rivelano la presenza di due camini, possibilmente gli stessi di Fig. 11. Un terzo camino è disegnato sommariamente, con tratto leggero di matita, nel prospetto di sotto. Dalla tavola è possibile inoltre notare il corpo quadrangolare aggettante che compare nei disegni precedenti. La villa presenta una copertura a due falde, una di inclinazione maggiore dell’altra. Entrambi i prospetti mostrano il corpo laterale poggiante su pilastri di Fig. 11. L’altezza del pilastro è indicata ed è pari a 2 metri. Mentre il prospetto di sotto non presenta aperture, il prospetto soprastante è caratterizzato da una grande finestra rettangolare. Si nota inoltre il disegno sommario di altre aperture rettangolari. (Fig. 13) Prospetti della villa. Il prospetto di sopra potrebbe essere il fronte opposto a quello mostrato in alto in Fig. 12. Entrambi presentano infatti due camini nella stessa posizione e medesimo terreno in pendenza e copertura, disegnati però specularmente. Il prospetto sottostante raffigura lo stesso soggetto di Fig. 11, con maggiore dettaglio. Analogamente a Fig. 11, si nota il porticato, con tre pilastri di sezione quadrata, l’ingresso e la finestra. I camini disegnati sono gli stessi di Fig. 11. Sotto il porticato si intravede la presenza di un ulteriore ingresso, sopraelevato di circa due gradini. La villa pare avere copertura più inclinata di quella di Fig. 11 in quanto, la finestra accanto all’ingresso principale, è ora meno visibile perché oscurata dalla falda del tetto. La copertura è diversa da Fig. 11 anche in prossimità dei pilastri poiché stavolta è leggermente sporgente dai sostegni e non più filo. (Fig. 14) Ipotesi di prospetti della villa. La tavola riporta delle informazioni discordanti da quelle di Fig. 11, 12 e 13. Innanzitutto si può notare che il prospetto laterale non presenta la veranda poggiante su pilastri. D’altra parte, gli ingressi e la finestra sono gli stessi di Fig. 13. Così come Fig. 11, 12 e 13, le facciate constano di due camini, disposti nella stessa posizione. Il prospetto in alto di Fig. 13 corrisponde a quello di Fig. 14 ad eccezione della veranda. L’altro fronte minore di Fig. 14 assomiglia a quello superiore di Fig. 12, anche se quest’ultimo è incompleto e non se ne comprende la parte terminale.


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(Fig. 15) Porzione di prospetto e dettagli disegnati in maniera sommaria e incompleta. Il disegno mostra uno stato di progettazione più avanzato delle figure precedenti. Il prospetto mostra i pieni e i vuoti della porzione di edificio, descrivendo gli infissi esterni più dettagliatamente di quanto visto in Fig. 11, 12, 13 e 14. Questi sono oltretutto differenti da quelli visti in Fig. 11, 12, 13 e 14. La copertura inclinata presenta, nel punto di intersezione con la falda opposta, una sequenza di aperture rettangolari che si ripetono e sono una il doppio dell’altra. Il prospetto mostra per la prima volta il fronte che ospita il corpo aggettante centrale. Esso è suddiviso in tre ampie vetrate a tutta altezza. Anche la restante parte di edificio è scandita da aperture di grandi dimensioni e di forma rettangolare. Una delle tre aperture è apribile e permette l’accesso all’esterno, mentre le altre due sono fisse. La villa è dotata anche di un’ulteriore accesso all’incrocio tra il corpo aggettante e il blocco principale dell’edificio. Il disegno della porzione di prospetto si avvicina alla versione definitiva che infine Juhl farà realizzare. I disegni sommari sottostanti potrebbero essere dei dettagli del corpo centrale. Essi potrebbero trattarsi di dettagli degli infissi. “M. AUBERTIN 26.1.50” (Fig. 16) Sezioni parziali della villa, scala 1:50 (?); dettagli in scala 1:20, con didascalie e quote. Finn Juhl, 26 Gennaio 1950, matita su lucido, 61x43; inventario B67. Dalla grafia si intuisce che l’elaborato è autografo di Juhl. Il disegno riporta il nome del committente del progetto: M. Aubertin ossia il Sig. Aubertin. Esso è il primo documento datato che riguarda esclusivamente la progettazione della villa43. Si ipotizza che si tratti del soggiorno dell’abitazione. Nonostante sia ancora un’ipotesi di studio, esso presenta un divano, nella stessa posizione, ed un varco che lo separa dalla sala da pranzo. Il divano non è quello realizzato però ha, allo stesso modo, un supporto curvilineo metallico, a sostegno dell’imbottitura. Anche il varco che separa i due ambienti è diverso dalla versione finale. Quello di Fig. 16 consiste in una parete vetrata, mentre quello definitivo è una parete forata. Tuttavia sia l’ipotesi finale che quella rappresentata sono bipartite simmetricamente: in Fig. 16 la parete è divisa da un infisso sottile; mentre nella versione definitiva da un pilastro più massiccio, di sezione rettangolare. L’infisso di Fig. 16 sta in mezzeria, a 1,95 metri dall’inizio della parete forata. La sala da pranzo ed il soggiorno raffigurati stanno allo stesso piano, mentre, in fase finale, il soggiorno viene collocato ad un livello poco più basso in modo da sfruttare il dislivello ed inserire dei mobili incassati nel solaio. I mobili rappresentati in Fig. 16 ricordano nello stile quelli realizzati, ma hanno forma e dimensioni differenti.


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La parete vetrata è attraversata da quattro mobili sospesi, sporgenti ed attaccati tra loro sul retro e fissati a dei supporti lateralmente. Il varco ha soffitto ribassato. I mobili sono sporgenti rispetto alle guide dei supporti laterali ma non al soffitto del varco. Il disegno della parete è scandito secondo una griglia modulare, composta da pieni e vuoti. L’elaborato presenta quote e dimensioni che fanno pensare che si tratti di un disegno dettagliato, riconducibile addirittura ad una fase esecutiva. I dettagli in scala 1:20 mostrano l’attacco a terra ed il particolare della parte superiore della porta scorrevole della vetrata. L’infisso è in pino dell’Oregon verniciato. La tavola presenta inoltre segni, disegni sommari e calcoli a matita. “MONTERINGSFORSLAS TIL SPISESTUE, OPHOLDSSTUE OG HERREVÆRELSE I VILLA FOR TØMMERHANDLER M. AUBERTIN, NAKSKOV MAAL 1:20 OG 1:50 FINN JUHL, ARKITEKT MAA NYHAVN 33 PALÆ 6618 FEBRUAR 1950” “RAPPRESENTAZIONE DELLA SALA DA PRANZO, SOGGIORNO E CAMERA, DELLA VILLA PER IL COMMERCIANTE DI LEGNO MR. AUBERTIN, NAKSKOV SCALA 1:20 E 1:50 FINN JUHL, ARCHITETTO MAA NYHAVN 33 PALÆ 6618 FEBBRAIO 1950” (Fig. 17) Prospetti interni, in scala 1:20, e pianta, in scala 1:50, con quote, didascalie e orientamento. Finn Juhl, Febbraio 1950, china su lucido, 62,5x60, inventario B67. Oltre all’ambiente architettonico della villa, si rappresenta dettagliatamente l’arredamento. La didascalia specifica che il disegno riguarda solo tre ambienti. Non è presente nessun disegno di un altro piano o un prospetto esterno; dunque si può ipotizzare che si tratti di uno studio sulla composizione di sala da pranzo, soggiorno e camera del Sig. Aubertin. L’ipotesi che sia uno studio preliminare per la connessione fra gli ambienti di soggiorno è giustificata anche dall’assonometria di Fig. 17.1. La tavola mostra un impianto planimetrico differente da quelli analizzati finora44. La pianta si distingue dalle precedenti per dimensioni, forma e composizione degli ambienti interni. Essa ha impianto centrale, anziché conformazione a “T”, e non presenta il corpo aggettante sul fiordo. Le due scale, viste in Fig. 5, 6, 7, 7.1 e 8, sono collocate diversamente e hanno pendenza differente. L’ingresso dell’abitazione conduce ad un corridoio contenente la scala maggiore, da cui presumibilmente si raggiungono altri ambienti, in quanto le stanze da letto ed il bagno non sono raffigurati. Un piano superiore non è previsto nelle altre case progettate da Juhl, che solitamente invece presentano una cantina, dove però è improbabile ci siano le camere da letto. Dal corridoio si accede alla camera del Sig. Aubertin, che affaccia sul soggiorno, e alla cucina e alla sala da


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pranzo. La pianta è scandita da una serie di partizioni che rendono gli ambienti interni incastrati l’uno nell’altro. Non si tratta di una pianta libera, né di un esempio planimetrico innovativo. La tavola non raffigura l’intorno dell’abitazione. La camera del Sig. Aubertin ed il soggiorno sono rivolti a sud, così come nella versione finale e nelle proposte precedenti. Il disegno è relazionato a Fig. 16 in quanto vi è disegnato, in maniera più accurata e dettagliata, il medesimo prospetto interno che corrisponde, in Fig. 17, con quello del soggiorno. Si può riconoscere la stessa parete vetrata e il medesimo divano di Fig. 16. L’ampiezza del varco è infatti pari a 3,90 metri, sia in Fig. 17 che in Fig. 16. Dal disegno degli arredi è possibile riconoscere alcuni modelli iconici dell’architetto come la Sedia del Capo, la sedia FJ45, il Divano 46 e il Divano del Capo. Si racconta infatti che il Sig. Aubertin non solo volesse farsi progettare la propria abitazione da Juhl, ma anche arredare con i suoi stessi mobili. “OPHOLDSSTUE OG HERREVÆRELSE I VILLA FOR TØMMERHANDLER M. AUBERTIN” “SOGGIORNO E CAMERA DEL SIGNORE PER LA VILLA DEL COMMERCIANTE DI LEGNAME M. AUBERTIN” (Fig. 17.1) Vista assonometrica ad acquarello del soggiorno, sala da pranzo e sala del Sig. Aubertin. Marianne Riis-Carstensen 45(?), Febbraio 1950, acquarello su cartoncino, 60,5x42, inventario (?). La tavola risale ugualmente a Fig. 17 al Febbraio 1950 e mostra il medesimo studio preliminare per i rapporti spaziali fra alcuni ambienti dell’abitazione. Non si tratta di un vero e proprio progetto per la villa. Si ipotizza che l’elaborato sia prodotto da Marianne, in quanto dal 1950 ella collabora nello studio di Nyhavn con Juhl. Essendo la tavola relazionata a Fig. 17, è plausibile che essa si riferisca anche al disegno di Fig. 16. “KÆLDERPLAN” “PIANTA DELLA CANTINA” (Fig. 18) Pianta del piano interrato, con didascalie. Finn Juhl, Maggio 1950, china su lucido, 59,8x62, inventario B67. L’intestazione presenta la firma dell’architetto e l’indirizzo della sede professionale di Nyhavn. Confrontando la tavola con altri elaborati relativi alla cantina dell’abitazione, è possibile affermare che essa assomiglia per certi aspetti a Fig. 7. Similmente a Fig. 5, 6, 7, 7.1 e 8, Juhl specifica la destinazione d’uso di ciascuna stanza. Gli ambienti descritti sono: Vaskerum, “lavanderia”, Tørrerum, “stenditoio”, Pulterrum, “dispensa”, Vin, “cantina


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del vino”, Frugt, “dispensa della frutta”, Viktualie, “dispensa per gli alimenti”, Fyrrum, “locale delle caldaie” e Brændsel, “riserva del carburante”. Ikke Udgravet sono gli ambienti non scavati, mentre Krybekælder indica gli spazi di scorrimento, senza una particolare funzione. Nella cantina del vino, dispensa della frutta e degli alimenti, Juhl disegna i ripiani su cui disporre i prodotti conservati. Allo stesso modo di Fig. 5, 7, 7.1 e 8, la pianta è composta da due file di ambienti parallele. Essa presenta il corpo centrale aggettante come anche Fig. 7, 7.1 e 8. Analogamente a Fig. 7, si ha un corridoio, ricavato nella della fascia anteriore, che conduce alle aree per la conservazione degli alimenti e del vino. Questi ultimi sono concepiti come celle di uguali dimensioni e più piccole rispetto agli altri ambienti. La scala esterna è simile a quella già presente in Fig. 5, 6, 7, 7.1 e 8; mentre la scala interna è diversa per forma e posizione. Le alzate della scala esterna sono 13, dunque si presuppone che l’ambiente interrato abbia altezza simile a quella di Fig. 6, 7, 7.1 e 8. La pianta non mostra il corpo aggettante sul lato opposto del fiordo, bensì un setto sporgente, in prossimità del locale per la riserva del carburante. Si può notare nuovamente la presenza di cavità sul perimetro, probabilmente atte a scannafosso. A giudicare dallo spessore murario, si deduce che vi sono due camini; uno in prossimità dell’incrocio tra il corpo aggettante centrale e il corpo di fabbrica principale; l’altro vicino al locale delle caldaie. La posizione dei camini potrebbe coincidere con quella dei prospetti di Fig. 11, 12, 13, 14 e 15. (Fig. 18.1) Pianta dell’abitazione, con quote e didascalie. China su lucido, 61,5x42,3, inventario B67. La tavola non riporta datazione ma si presuppone che risalga a Maggio 1950, in quanto mostra il medesimo impianto planimetrico di Fig. 18. Come Fig. 18, la pianta presenta le stesse cavità perimetrali per lo scannafosso, le medesime scale, esterne ed interne, il solito setto aggettante sul fronte nord ed i due camini. Le scale esterne, che conducono alla cantina, sono rappresentate anche in Fig. 5, 6, 7, 7.1 e 8. Sia le scale interne che quelle esterne hanno conformazione uguale a quella di Fig. 18. La soluzione progettuale è diversa da quelle preliminari degli schizzi di Fig. 5, 6, 7, 7.1 e 8. La pianta ha schema a “T” e consta di un ingresso, Forstue, un corridoio, un piccolo bagno, Bad, una cucina, Køkken, adiacente alla stanza della governante, Husassist., tre stanze per i bambini, Barn I, Barn II, Barn III, la camera del Sig. e della Sig.ra Aubertin, Herren, Fruen, una galleria, Galleri, che separa la zona notte dalla sala da pranzo, Spisekrog, un soggiorno ed una terrazza, Terrasse. Gli ambienti sono distribuiti in due file, analogamente a Fig. 5, 7, 7.1, 8, 9, 10 e 18, con al centro un volume aggettante verso il fiordo46. La pianta rappresenta gli arredi e la pavimentazione degli interni. L’ingresso ha pavimento ricoperto da un tappeto in cocco, Kokosmaatte, la galleria, parte della sala da pranzo e


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del soggiorno hanno una pavimentazione presumibilmente in parquet, mentre la terrazza, la veranda del corpo centrale e un’area del soggiorno e della sala da pranzo potrebbero essere in klinker rosso, Røde Klinker. La soluzione progettuale assomiglia a quella finale ma presenta alcune differenze. La tavola è in buone condizioni, non ha segni a china sui bordi o lacerazioni. Essa mostra numerose quote ed indicazioni, perciò si potrebbe credere che si tratti di un documento esecutivo o finale. “DIAGRAM AF VARMEANLÆG” “DIAGRAMMA DEL RISCALDAMENTO” (Fig. 19) Diagramma dell’impianto di riscaldamento, con quote e didascalie. Sig. Rambøll e Sig. Hannemann, 15 Giugno 1950, china su cartoncino giallo, 62x29,4, inventario B67. Il documento è realizzato da Rambøll e da Hannemann, tecnici e professori presso l’istituto tecnico di Nakskov47. L’intestazione comunica che il documento è finalizzato alla progettazione della Villa del Sig. Aubertin, commerciante di legname. L’indicazione Tegning Nr. 2, ovvero “disegno numero 2, sta a significare che la tavola è preceduta da un altro elaborato, a noi non pervenuto. Nello specifico, il disegno mostra il posizionamento dei radiatori dell’abitazione48. “TERRÆN AF MATR. NR. 33co OG 240b NAKSKOV KØBSTADS MARKJORDER” “TERRITORIO DI MATR. NR. 33co E 240b DI PROPRIETÀ DEL COMUNE DI NAKSKOV” (Fig. 20) Planimetria del sito in scala 1:1000, con quote, didascalie e orientamento. Perito del Comune di Nakskov (Landinspektor), Luglio 1950, china su cartoncino bianco, 63x34, inventario B67. Il documento è relazionato a Fig. 1 e 2. Il nome delle strade, così come la forma, la dimensione e l’ubicazione dei terreni coincidono con quelli raffigurati in Fig. 1 e 2. Così come Fig. 1 e 2, il lotto dell’abitazione riporta il numero di matricola 240. Fig. 20 si rivolge non solo alla matricola numero 240b ma anche a quella 33co, di proprietà del Comune49 di Nakskov. I due lotti 240b e 33co sono attraversati dalla Baakelinie. Essa coincide con la linea di massima pendenza rappresentata in Fig. 1 e 2 ma qui sta ad indicare “linea del faro”. Sømærke, scritto alle estremità del segmento tratteggiato, vuol dire appunto “Faro”.


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Le didascalie presentano talvolta un linguaggio desueto, una terminologia tecnica, forse utilizzata negli anni Cinquanta e poi scomparsa nel vocabolario moderno. Nonostante non vi sia oggigiorno, al tempo la presenza di un faro in prossimità del fiordo è verosimile. La tavola riporta le quote altimetriche del terreno 240b e 240h. Questo appezzamento di terreno si presume che sia quello scelto per la costruzione della Villa. Il lotto sembra coincidere con il primo rettangolo, di 53x60 metri, mostrato in Fig. 1. Esso è discordante con quanto rappresentato invece in Fig. 3. Si può ipotizzare che il committente, Sig. Aubertin, desiderasse un terreno di maggiori dimensioni, rispetto a quelle riportate in Fig. 20. Ciò è deducibile in quanto, in alcuni documenti rivolti al Comune di Nakskov, il lotto ha estensione maggiore; dunque è plausibile che inizialmente si tenti di acquisire un terreno più grande e che, per ragioni ignote, ciò venga negato. “HR M. AUBETINS HUS MATR. NO. 240 AF NAKSKOV KØBSTADS MARKJORDER, TERRÆN AF RIDDERSBORG. PLANER, FACADER, SNIT, SITUATIONSPLAN MAAL 1:100, MAAL 1:2000, TEGN. NR. (?) AUGUST 1950 NYHAVN 33 PALÆ 6618 FINN JUHL, ARKITEKT” “CASA DEL SIG. AUBERTIN MATR. NO. 240 DEL COMUNE DI NAKSKOV PROPRIETÀ, TERRENO DI RIDDERSBORG. PIANTE, FACCIATE, SEZIONI, PLANIMETRIA50 SCALA 1:100, SCALA 1:2000, DISEGNO NR. (?) AGOSTO 1950 NYHAVN 33 PALÆ 6618 FINN JUHL, ARCHITETTO” (Fig. 21) Prospetto est, nord e ovest, scala 1:100, con didascalie e quote. Finn Juhl, Agosto 1950, china su lucido, 60x42, inventario B67. Nonostante non si conosca il numero dell’elaborato, poiché i bordi sono molto danneggiati, esso fa parte di una serie di disegni che rappresentano piante, facciate, sezioni e planimetria della Villa Aubertin. La tavola presenta le facciate est, nord ed ovest della Villa, in conformità con quanto rappresentato negli schizzi preparatori in Fig. 11, 12 e 13. Le facciate est e nord ricordano quelle raffigurate in Fig. 13; mentre quella ovest quella disegnata in alto in Fig. 12. Analogamente a Fig. 13, la facciata nord presenta il corpo con tre pilastri quadrangolari che aggetta dal blocco principale, l’ingresso sopraelevato di due gradini, le due canne fumarie, l’ingresso principale e la finestra accanto.


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La vetrata adiacente all’ingresso è di dimensioni maggiori di quella di Fig. 13 e, sempre in prossimità della porta, ci sono disegnati nove cerchi disposti in tre file, a decorare il prospetto. La linea di terra indica la pendenza del suolo, precisata puntualmente con quote altimetriche. La facciata est ricorda quella di Fig. 13 in quanto entrambe mostrano i due camini, le travi della copertura del corpo aggettante, la finestra al centro e il terreno scosceso su cui poggia l’abitazione. Si mostra la proiezione di due superfici vetrate retrostanti un setto murario. Il prospetto est ed ovest raffigurano inoltre i prospetti del corpo centrale aggettante sul fiordo, che viene disegnato, in maniera sommaria, sin dal 1946 (Fig. 1, 2). La facciata ovest specifica anche le aperture sul fronte occidentale, abbozzate già in Fig. 12. “HR. M. AUBERTINS HUS MONTERINGS FORSLAG TIL ET AF KAMRENE MAL 1:20, TEGN. NO. OKTOBER 1950 FINN JUHL, ARKITEKT M.A.A. NYHAVN 33, PALÆ 6618” “CASA DEL SIG. AUBERTIN PROPOSTA PER UNA CAMERETTA SCALA 1:20, DISEGNO NO. OTTOBRE 1950 FINN JUHL, ARCHITETTO M.A.A. NYHAVN 33, PALÆ 6618” (Fig. 22) Pianta e sezioni ad acquarello di una camera, in scala 1:20, con didascalie. Marianne Riis-Carstensen (?), Ottobre 1950, acquarello su cartoncino ruvido, 60x41,8, inventario B67. Il disegno raffigura la pianta e le sezioni di una camera dell’abitazione. Si crede che alcuni elaborati siano andati persi, in quanto i disegni di una camera della villa dovrebbero giungere dopo il disegno planimetrico globale della stessa, risalente invece al Novembre del 1950. L’elaborato rappresenta la pianta e le sezioni, verso nord, ovest, est e sud di una camera che, confrontandola con elaborati successivi, coincide con quella dei bambini. L’abitazione contiene tre stanze, di uguali dimensioni e caratteristiche, destinate ai figli del Sig. Aubertin. La sezione verso sud presenta l’ingresso ed una serie di aperture: una più grande in corrispondenza della scrivania e due lucernari più piccoli in alto. La camera è arredata con un letto singolo, una scrivania ad angolo, una seduta ed un armadio. Il letto è piatto e basso come quelli giapponesi. Le sezioni svelano la copertura inclinata del corpo principale dell’abitazione. Essendo l’acquarello51 del 1950, è plausibile che sia stato disegnato da Marianne Riis-Carstensen.


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“DIAGRAM AF VARMEANLÆG” “DIAGRAMMA DEL RISCALDAMENTO” (Fig. 23) Diagramma dell’impianto di riscaldamento, non in scala, con quote e didascalie. Sig. Rambøll e Sig. Hannemann, 1 Novembre 1950, china su cartoncino giallo, 62x29,4, inventario B67. Come Fig. 19, la tavola mostra il sistema termoidraulico a cura dei due professori e tecnici Rambøll e Hannemann. Della stessa tavola ne esistono due copie identiche. Il diagramma del riscaldamento è tuttavia diverso da quello mostrato in Fig. 19. La posizione della caldaia è ora spostata sulla destra, presumibilmente in prossimità del corpo aggettante, adiacente all’ingresso. Dunque pare che la versione del Giugno del 1950 sia stata scartata. “HR AUBERTINS HUS MATR. NO. 240 AF NAKSKOV KØBSTADS MARKJORDER, TERRÆN AF RIDDERSBORG. PLANER, FACADER, SNIT, SITUATIONSPLAN. MAAL 1:100, MAAL 1:2000, TEGN. NO 2. NOVEMBER 1950 NYHAVN 33, PALÆ 6618. FINN JUHL, ARKITEKT MAA.” “CASA DEL SIG. AUBERTIN MATR. NO. 240 DELLA PROPRIETÀ DI NAKSKOV TERRENI DI RIDDERSBORG. PIANTE, FACCIATE, SEZIONI, PLANIMETRIA. SCALA 1:100, SCALA 1:2000, DISEGNO NO 2. NOVEMBRE 1950 NYHAVN 33, PALÆ 6618. FINN JUHL, ARCHITETTO MAA.” (Fig. 24) Piante, prospetti, sezioni, planimetria e vista assonometrica, in scala 1:100 e 1:2000, con didascalie, quote e orientamento. Finn Juhl, Novembre 1950, china su cartoncino giallo, 84x30, inventario B67. Il documento, per il livello di dettaglio e lo stato di conservazione, potrebbe essere una tavola finale presentata al Sig. Aubertin. La tavola raffigura in maniera precisa e chiara la conformazione della villa. Il disegno non è tuttavia conforme alla realizzazione. La tavola presenta le facciate, la sezione trasversale e longitudinale, la pianta del solaio, del piano terra e del piano interrato, in scala 1:100; la planimetria generale, in scala 1:2000 ed una vista assonometrica della Villa


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Aubertin. La pianta è diversa da quella vista nel Maggio 1950 (Fig. 18.1). Si nota il prospetto sud, mancante in Fig. 21, che mostra il corpo centrale che affaccia sul fiordo. Questo presenta, similmente allo schizzo di Fig. 15, il fronte sud vetrato. Il prospetto a sud è inoltre inquadrato da due setti sporgenti verso il giardino che creano una veranda esterna. La parte restante della suddetta facciata è per metà vetrata e per metà tamponata e arretrata. L’altro corpo aggettante, adiacente all’ingresso nord, poggia su tre pilastri di sezione quadrata, similmente a Fig. 8. Tali pilastri sono descritti anche nella pianta del livello interrato. La pianta è composta, similmente a Fig. 5, 7, 7.1, 8, 9 e 10, da due file di ambienti parallele che costituiscono il corpo principale dell’abitazione. La fila nord è costituita da: le tre stanze dei figli, indicate con Barn ossia “bambino”, due bagni, Bad, il preambolo dell’ingresso, la cucina, Køkken, l’archivio, Arkiv, e l’ufficio, Kontor. La fila sud si interrompe in prossimità del corpo centrale aggettante ed è composta dalla galleria, Galleri, e dalla sala da pranzo, Spisekrog. e termina con la camera del Signore e della Signora Aubertin, Herren, Fruen. Laddove la fila sud si interrompe si ha la terrazza, Terrasse. Il corpo centrale ospita il soggiorno ed è connessa alla sala da pranzo. Juhl specifica i materiali per la pavimentazione delle stanze: Lenolium ovvero “linoleum” per la stanza dei Signori, le camere dei bambini, i bagni, l’ingresso, la cucina, l’archivio e lo studio; Eget Parket52, “parquet di propria produzione”, per la galleria, la sala da pranzo e il soggiorno. Nella sezione longitudinale sono indicati inoltre i materiali della veranda esterna e della copertura. La pavimentazione della veranda è in Klinker; mentre la copertura ha una struttura mista, in travi di legno e calcestruzzo, rivestita da strati impermeabilizzanti Icopal e di cartone catramato, Tagpap. La pianta della cantina è discordante con quella del Maggio dello stesso anno (Fig. 18). Le partizioni interne sono infatti differenti così come la destinazione d’uso delle stanze. Rispetto anche alla pianta del piano terra di Fig. 18.1, l’impianto distributivo presenta alcune differenze: la zona di ingresso è diversa così come la conformazione delle scale interne; non si ha il corridoio distributivo che conduce alla cucina; il piccolo bagno viene spostato accanto alla stanza del bambino e la stanza della governante viene rimossa e sostituita dall’archivio, dall’ufficio e dal piccolo bagno. Le scale esterne di Fig. 18 e 18.1 sono scomparse, dunque è possibile accedere al piano interrato solamente dalla scala interna, collocata all’ingresso. Sia Fig. 18 che Fig. 18.1 non mostrano la veranda sul fronte nord, presente invece in Fig. 24. In molti spazi si ha la didascalia Ikke Udgravet, ovvero “non scavati”. Ciò significa che alcuni ambienti sono inutilizzati e le dimensioni dello spazio interrato sono ridotte rispetto alla versione precedente di Fig. 18. Dalla sezione si deduce che le zone non utilizzate sono alte 70 cm, mentre le stanze praticabili sono di 2,35 metri, similmente a quanto stimato dall’analisi di Fig. 18. La pianta della cantina mostra inoltre le linee dell’impianto termo idraulico, indicando i flussi di calore e la circolazione di acqua calda e fredda. I disegni rivelano la presenza dei due camini, collocati analogamente a Fig. 6, 7, 7.1, 8 e 18. Il prospetto nord è coerente con quello di Fig. 21, mentre le facciate est ed ovest presentano delle incoerenze nelle aperture.


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Mentre in Fig. 21 le finestre sono bipartite e presentano delle persiane, in Fig. 24 sono ininterrotte e senza schermature. Il prospetto ovest presenta solamente due ampie finestre, anziché tre, come si nota in Fig. 21. La planimetria generale non è coerente agli altri elaborati della tavola in quanto non si mostra il disallineamento tra la parte piena e quella vetrata del fronte sud. Tuttavia essa coincide con i disegni finali per quanto riguarda la dimensione del lotto, e discorda con Fig. 20 che illustra un’area invece ridotta. (Fig. 24.1) L’elaborato rappresenta il prospetto sud. Le sezioni sono indicate con SNIT A-A, B-B, allo stesso modo di Fig. 24, anche se quella detta B-B seziona diversamente la dimora. A differenza di Fig. 24, la porta finestra non è bipartita ed assomiglia a quella disegnata in un elaborato posteriore (Fig. 29). Questo potrebbe indicare che si tratta di una rielaborazione di Fig. 24, dunque di un elaborato posteriore. (Fig. 24.2) Fig. 24.2 mostra anch’essa il prospetto sud dell’abitazione. La tavola presenta anche un’assonometria, simile nella grafica a quella di Fig. 24, e una sezione trasversale, diversa da quella B-B di Fig. 24 e 24.1. Tuttavia il prospetto sud ha caratteristiche differenti da quello di Fig. 24, Fig. 24.1 e Fig. 15. La facciata vetrata del corpo centrale è suddivisa diversamente rispetto a Fig. 24. Essa è costituita da due finestre più corte, disposte in alto, e da una porta vetrata a due battenti, anziché scorrevole. La stessa tipologia di porta è utilizzata nella parte vetrata del prospetto sud. Essa si intervalla a finestre simili a quelle del corpo centrale e che ricordano anche quelle di Fig. 24 e 24.1. L’estremità della facciata è inoltre differente da quella di Fig. 24 e 24.1 e presenta una finestra bipartita con schermatura orizzontale. La vista assonometrica è coerente con il prospetto di Fig. 24.2. Si potrebbe pensare che Fig. 24.2 sia poco anteriore a Fig. 24, in quanto l’ipotesi di prospetto illustrata non è conforme a quanto realizzato e sviluppato in seguito. (Fig. 24.3) La tavola mostra il prospetto sud dell’abitazione in maniera incoerente con quanto rappresentato in Fig. 24, 24.1 e 24.2. La facciata vetrata del corpo centrale è simile a quella di Fig. 24.2 mentre la parte vetrata del prospetto sud è


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uguale a quella di Fig. 24 e diversa da Fig. 24.1 e 24.2. Allo stesso modo di Fig. 24, essa presenta una porta finestra affiancata da una vetrata stretta e lunga. All’estremità del fronte sud non è presente una finestra come invece in Fig. 24.2. L’elaborato consta inoltre di due sezioni trasversali che mostrano parti dell’abitazione diverse da quelle illustrate in Fig. 24.1, 24.2. (Fig. 24.4) La tavola mostra i prospetti est, nord e ovest dell’abitazione. Essi sono diversi da quelli di Fig. 24 in quanto la veranda sul fronte nord è assente e ci sono alcune discordanze nelle aperture. Al posto della tettoia, si hanno invece due setti sporgenti collocati alle estremità. Il fronte nord mostra inoltre la presenza di scale esterne, similmente a Fig. 18 e 18.1 e ad alcuni schizzi preparatori del Gruppo 1. L’elaborato ricorda quello di Fig. 14 in quanto entrambi non mostrano la tettoia sul fronte nord. Tuttavia, a differenza di Fig. 14, la tavola mostra un livello di dettaglio maggiore. Si presume che la tavola sia posteriore a Fig. 24, in quanto il prospetto nord è vicino alla versione finale. (Fig. 24.5) Pianta del piano interrato e planimetria generale in scala 1:2000, con quote e didascalie. Nonostante la tavola mostri stessi contenuti e stessa grafica di Fig. 24, si possono notare alcune differenze tra le piante del piano interrato. La partizione interna subisce sostanziali modifiche e l’accesso alla cantina viene consentito, non solo da una scala interna, ma anche da una esterna, analogamente a quanto visto in precedenza in Fig. 5, 6, 7, 7.1, 8 e 18. La versione di Fig. 24.5 è più articolata di quella di Fig. 24 in quanto presenta un maggior numero di partizioni ed ambienti interni. Oltre alle partizioni, si nota la presenza di ulteriori pilastri di sezione rettangolare, probabilmente a sostegno della struttura. La pianta presenta più quote e didascalie di quella di Fig. 24. Essendo maggiore il livello di dettaglio, si potrebbe credere che si tratti di un elaborato successivo. Tuttavia l’ipotesi di Fig. 24.5 viene abbandonata e mai più rappresentata negli elaborati successivi. La planimetria generale è analoga a quella di Fig. 24. (Fig. 24.6) Pianta del solaio dell’abitazione. Si ipotizza che sia una bozza della pianta del solaio raffigurata in Fig. 24. Essa è simile a quella di Fig. 24 ma presenta discordanze nella parte centrale.


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“HR. AUBERTIN HUS PLANER, FACADER, SNIT, SITUATIONSPLAN” “CASA DEL SIG. AUBERTIN PIANTE, FACCIATE, SEZIONI, PLANIMETRIA GENERALE” (Fig. 24.7) Sezioni est, nord ed ovest in scala 1:100 e vista assonometria, con quote e didascalie. Finn Juhl, Novembre 1950, china su lucido, 41,6x59,5, inventario B67. La tavola, sebbene risalente al Novembre 1950 come Fig. 24, mostra una variante a tale progetto. L’elaborato denuncia la presenza di altri disegni, oggigiorno perduti, di piante, facciate, sezioni e della planimetria generale della variante. Diversamente da Fig. 24, il disegno non mostra la tettoia accanto all’ingresso del fronte nord. Per questa ragione, essa si avvicina alla versione finale e a quella di Fig. 14 e 24.4. Similmente a Fig. 24.4 e alla realizzazione, la facciata settentrionale consta di due setti aggettanti alle estremità. La porta secondaria della facciata nord è rappresentata con un rivestimento ad andamento orizzontale, simile ad un avvolgibile, assente sia in Fig. 24, 24.4 che in Fig. 14. Il livello di dettaglio del disegno è vicino a quello di Fig. 24 e lontano da Fig. 14, che è alquanto sommaria. I prospetti est ed ovest sono coerenti con Fig. 24. Dalla vista assonometrica, graficamente simile a quella di Fig. 24 e 24.2, si può intuire la conformazione del prospetto sud. Esso ricorda quello di Fig. 24.1 per la porta finestra dalle dimensioni e geometria simili. Si potrebbe ipotizzare che Fig. 24.1, 24.2, 24.3, 24.5, 24.6 e 24.7 siano risalenti al Novembre 1950, in quanto presentano modifiche al progetto del 1950, espresso in Fig. 24. (Fig. 24.8, 24.9) Piante della casa, con didascalie e quote. Finn Juhl, matita su lucido (Fig. 24.8) e china su lucido (24.9), 43x61, inventario B67. Sebbene non vi siano date riportate, si ipotizza che le tavole siano all’incirca contemporanee a Fig. 24, in quanto hanno impianto planimetrico simile ed elementi in comune ad essa. Si può inoltre pensare che Fig. 24.8 sia un disegno preliminare di Fig. 24.9 giacché la prima è disegnata a matita su lucido, mentre la seconda a china. Le due tavole mostrano una suddivisione dello spazio simile a Fig. 24. Fig. 24.8 si distingue da Fig. 24 e 24.9 in quanto non presenta l’archivio, il bagno accanto ad esso e l’ufficio. Al posto di questi si ha il garage che affaccia su una veranda, portico. Fig. 24.9 presenta lo stesso portico e anche l’archivio, il bagno adiacente e l’ufficio, analogamente a Fig. 24. Tuttavia il portico di Fig. 24.9 presenta la didascalia lætag for bil ad indicare che quello spazio è destinato all’automobile. Questo induce a pensare che Juhl stia cercando di posizionare il garage dell’abitazione, per cui, nel 1950, non ci sia ancora uno spazio specifico, poiché l’automobile viene posizionata sotto la veranda vicina all’ingresso. Tuttavia si nota l’intenzione di Juhl e del committente di ingrandire la villa, dotandola di un garage.


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Il bagno, così come in Fig. 24, è preceduto da un ambiente distributivo che presenta un’uscita verso l’esterno, assente invece in Fig. 24.9. Le aperture del fronte sud sembrano essere coerenti con quelle di Fig. 24. Elaborati del 17 Dicembre 1950 Si tratta di un gruppo di schede risalenti al 17 Dicembre 1950. Esse presentano il nome dell’architetto, intestazione e numerazione. Le schede sono numerate: 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13; perciò è possibile si tratti di una serie di elaborati in ordine tra loro. I disegni sono in scala 1:1 e 1:20 e rappresentano: il nodo tecnologico della parete esterna e la copertura, i dettagli della porta di ingresso, la scala del piano interrato e il particolare tecnologico della grondaia. I disegni sono coerenti alle informazioni di Fig. 24 e ne offrono una rappresentazione più dettagliata. Disegno della cucina e del soggiorno (Fig. 25, 25.1, 26) (Fig. 25, 25.1) Pianta e prospetto della cucina, scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 18 Dicembre 1950, modifica del 14 Marzo 1951 e del 4 Luglio 1951, china su lucido, 42x31 (Fig. 25), 42,5x29 (Fig. 25.1), inventario B67. Il disegno mostra una variante al progetto di Novembre, visto in Fig. 24. La cucina si estende fino al bagno adiacente all’archivio, che viene dunque eliminato. Il disegno denuncia l’esigenza di una cucina maggiore, rispetto a quella del progetto originario (Fig. 24). Si notano i ripiani, gli armadi e le scaffalature aggiuntive, progettate su misura da Juhl. Le partizioni interne, se confrontate con Fig. 24, sono variate, in quanto la parete tra la cucina e l’archivio viene invece rimossa e sostituita graficamente da due linee tratteggiate, ad indicare forse l’architrave. La variante viene sviluppata in altri elaborati successivi ed infine fatta realizzare53. (Fig. 26) Pianta e prospetti del soggiorno, scala 1:50. Finn Juhl, 29 Dicembre 1950, china e matita su lucido, inventario B67. Il disegno mostra il soggiorno dell’abitazione in maniera coerente con quanto rappresentato in Fig. 24. La parete che divide il soggiorno dalla sala da pranzo è diversa dall’ipotesi vista in Fig. 16. Essa è costituita da tre pilastri di sezione quadrata che sostengono quattro mensole aggettanti in direzione del soggiorno. Le mensole sono le medesime che si notano nella sezione longitudinale di Fig. 24. Sia in Fig. 24 che in Fig. 26, è possibile notare che Juhl prevede un tipo di pavimentazione differente in un’area della stanza. Questa pavimentazione è la stessa impiegata nella veranda adiacente al soggiorno e in una porzione della sala da pranzo.


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Gruppo 2 (anno 1951)

Le schede del Gruppo 2 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 1 e 3 di Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. I disegni analizzati risalgono al 1951, anno in cui Juhl produce costantemente elaborati. Le schede del Gruppo 2 illustrano lo sviluppo del progetto iniziale e le relative varianti.

Gennaio (Fig. 26.1) Pianta, sezione e prospetto del divano del soggiorno, in scala 1:5. Finn Juhl, 15 Gennaio 1951, 84x60, china su lucido, inventario B67. Si tratta del divano del soggiorno, raffigurato già nel 1950 in Fig. 26. Il divano non è identificabile con nessun modello iconico di Finn Juhl. Si tratta di un arredo che l’architetto disegna appositamente per la dimora del Sig. Aubertin, ed in seguito espone nella stanza progettata per il Museo di Arti Applicate di Trondheim, in Norvegia54. “HR M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV SKITSE TIL DØTREHUS” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV SCHIZZO DELL’ADDIZIONE” (Fig. 27) Prospetti, pianta e sezione del garage, non in scala, con quote. Finn Juhl, 18 Gennaio 1951, china su lucido, 60x31, numero tavola 23, inventario B67. La tavola illustra per la prima volta il progetto del volume di ampliamento, che si trova in posizione aggettante rispetto al fronte nord della villa. Si tratta di un volume a sé stante, più piccolo ma con caratteristiche simili alla dimora. Juhl lo concepisce infatti come un’addizione all’abitazione e lo definisce Døtrehus. Così come l’abitazione, esso presenta: la copertura inclinata, i lucernari rettangolari, all’incrocio delle falde di verso opposto, l’orientamento e la facciata sud, metà vetrata e metà in muratura, con una veranda che affaccia sul giardino. In pianta è un rettangolo di 12,5x8,2, inclusa la veranda. Lo spazio interno è suddiviso al centro da una partizione che fa sì che sia composto da due ambienti simmetrici delle stesse dimensioni. Il fronte nord è caratterizzato da una serie di aperture rettangolari in alto che ricordano quelle del fronte sud, all’incrocio tra le due falde di copertura. La facciata sud presenta delle ampie vetrate che assomigliano a quelle del corpo centrale della villa. Il garage dispone di una recinzione, presumibilmente in listelli di legno, che lo unisce all’abitazione e lo separa


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dal territorio circostante. L’ingresso al garage si presume avvenga dal fronte sud. Il numero di tavola potrebbe indurre a pensare che vi siano altre tavole che descrivono il progetto. Si nota che il fronte nord dell’abitazione non presenta la tettoia, poggiante su tre pilastri (Fig. 24). Al posto della tettoia si hanno due setti sporgenti alle estremità, analogamente a Fig. 24.4 e 24.7. Ciò dimostra che Juhl intende modificare il progetto del 1950 (Fig. 24), eliminando la tettoia accanto all’ingresso e sostituendola con due setti sporgenti, analogamente a quanto preannunciato in Fig. 24.4, 24.7. Questa variante potrebbe essere relazionata al progetto di ampliamento, in quanto inizialmente la tettoia ha funzione di garage. Si può ipotizzare che l’ipotesi della tettoia sul fronte nord venga abbandonata agli inizi del 1951. “HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV DETAIL AF KØKKEN” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV DETTAGLIO DELLA CUCINA” (Fig. 28) Sezioni longitudinale e trasversali della cucina, scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 22 Gennaio 1951, modifica del 14 Marzo e del 4 Luglio 1951, china su lucido, 42x59,7, tavola numero 26, inventario B67. Il disegno mostra le sezioni della cucina della villa. La tavola è coerente al progetto di Fig. 25 e 25.1 del 1950. Confrontando le date di produzione degli elaborati, si può notare infatti che sia Fig. 28 che Fig. 25.1 sono modificate il giorno 14 Marzo e 4 Luglio 1951. Il numero di tavola di Fig. 28 è 26 e quello di Fig. 25.1 è 24, dunque si può ipotizzare che esse facciano parte della medesima sequenza di disegni. Analogamente a Fig. 25 e 25.1, l’elaborato mostra la variante della cucina. Essa presenta dimensioni maggiori e conformazione differente da quella rappresentata in Fig. 24 ed analoghe a Fig. 25 e 25.1. Anche gli arredi rappresentati in Fig. 25 e 25.1 corrispondono con quelli disegnati in Fig. 28. “HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV DETAIL AF SKÆRM OVER VINDUE” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV DETTAGLIO DELLA SCHERMATURA SOPRA LE FINESTRE” (Fig. 29) Pianta e sezioni, in scala 1:20 e 1:1, con didascalie e quote. Finn Juhl, 12 Gennaio 1951, china e matita su lucido, tavola numero 18, inventario B67. La tavola mostra dettagliatamente la schermatura delle finestre del fronte sud dell’abitazione.


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Essa è alta 1 metro ed è composta da listelli, forse in legno, dal profilo rastremato, che si agganciano alla struttura portante della muratura. Sopra l’intestazione si ha una scritta, autografa di Juhl, che dice: “erstatter af tegn. nr. 66” ossia “sostituisce il disegno numero 66”. Ciò induce a pensare che esista un’ulteriore versione della medesima schermatura e che quella raffigurata in Fig. 29 sia la prescelta. Risalente al 12 Gennaio 1951, si ha anche il dettaglio della parete vetrata della galleria dell’abitazione, in scala 1:1 e 1:20, a cura di Juhl e con numero di tavola 14. Si può pensare che all’inizio del 1951, Juhl si occupi di determinare alcuni particolari dell’abitazione, rimasti incompiuti nel progetto del 1950.


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Febbraio “HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV SNIT” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV SEZIONE” (Fig. 30) Sezione trasversale, in scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 12 Febbraio 1951, china su lucido, 71,5x42,5, tavola numero 5, inventario B67. La tavola mostra la sezione dell’abitazione in scala 1:20, fornendo informazioni aggiuntive e talvolta incoerenti rispetto a Fig. 24. Innanzitutto si nota il disegno in proiezione del un setto aggettante sul fronte nord, come presente in Fig. 24.4, 24.7 e 27. La tavola mostra inoltre il dettaglio dello scannafosso, assente in Fig. 24. Le didascalie riportano all’incirca le solite indicazioni di Fig. 24, ad eccezione della dimensione della trave di copertura, Spær, che è di 3,5x6 ed in Fig. 24 è di 4x6. Le quote altimetriche di Fig. 24 coincidono con quelle di Fig. 30. “HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV SNIT” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV SEZIONE” (Fig. 30.1) Sezioni trasversali, scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 12 Febbraio 1951, china su lucido, tavola numero 6, inventario B67. La tavola è presumibilmente successiva alla tavola 5, vista di Fig. 30. Essa consta di due sezioni trasversali che, coerenti con quanto visto in Fig. 24.4, 24.7 e 30, raffigurano i due setti sul fronte settentrionale disegnati in proiezione. Una sezione, Snit i Kontor, mostra l’ufficio; l’altra, Snit i Galleri og Værelser, illustra la galleria e le camere dei figli. Quest’ultima presenta la stessa schermatura di Fig. 29. A differenza di Fig. 24, l’elaborato presenta una maggiore quantità di informazioni che vanno a sviluppare sempre più il progetto.


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Particolari dell’abitazione “HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV DØR VED SPISEPLADS” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV PORTA VERSO LA SALA DA PRANZO” (Fig. 31) Sezioni, pianta e dettagli della porta vetrata della sala da pranzo, in scala 1:20 e 1:1, con didascalie e quote. Finn Juhl, 12 Febbraio 1951, china su lucido, tavola numero 16, inventario B67. La tavola mostra la porta finestra che dalla sala da pranzo conduce all’esterno dell’abitazione. Essa non è rappresentata in nessun elaborato precedente (Fig. 24, Fig. 30). La porta, larga 90 cm, si trova accanto ad un’ampia vetrata ed insieme occupano una superficie lineare pari a 2,65 metri, all’incirca quasi quanto l’intera parete. Gli infissi sono di un tipo di legno svedese, presumibilmente proveniente da Kramfors, e sono rivestiti da uno strato di eternit di 8 mm. In merito alla porta vetrata, si ha anche la tavola numero 17 che rappresenta il nodo tra l’infisso ed il solaio, con quote e didascalie, in scala 1:1. La tavola è anch’essa datata 12 Febbraio 1951. Altre tavole numerate, a china su lucido, descrivono dei particolari dell’abitazione. Esse presentano le stesse caratteristiche grafiche delle tavole 16 e 17 e risalgono all’incirca allo stesso periodo. La tavola numero 15, risalente sempre al 12 Febbraio 1951, rappresenta il dettaglio degli infissi, con quote e didascalie, in scala 1:1. La tavola 19 è datata invece 25 Febbraio 1951 e raffigura la porta che conduce al piano interrato, con quote e didascalie, in scala 1:20 e 1:1. La tavola 20 è del 15 Febbraio 1951 e mostra la porta scorrevole vetrata del corpo centrale aggettante, in scala 1:1 e 1:20. La tavola 21, risalente analogamente al 15 Febbraio 1951, riguarda la stessa porta e ne mostra il dettaglio dell’infisso in scala 1:1. Si può ipotizzare che le tavole sopra elencate facciano parte di una sequenza di disegni, atta a fornire informazioni dettagliate su alcune parti della dimora. Tuttavia la sequenza non presenta ordine cronologico, in quanto le tavole numero 20 e 21 sono anteriori alla 19.


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“HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV FUNDAMENT TIL DØTREHUS” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV FONDAMENTA DELL’ADDIZIONE” (Fig. 32) Pianta delle fondazioni, in scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 14 Febbraio 1961, china su lucido, tavola numero 25, inventario B67. La pianta rappresenta le fondazioni del garage, in maniera coerente con Fig. 27. Tuttavia, essendo Fig. 27 la tavola numero 23 e di poco anteriore, in ordine cronologico, a Fig. 32, potrebbe essere ad essa relazionata. Le quote riportate in Fig. 32 corrispondono a quelle di Fig. 27 in quanto il lato maggiore è di 12,5 metri, il lato minore di 8,2 metri e i setti aggettanti sporgono di 2,75 metri. La tavola mostra chiaramente il collegamento tra il garage e l’abitazione. Il garage è in posizione arretrata rispetto all’abitazione e le rispettive fondazioni sono distanziate tra loro di 1,5 metri.


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Marzo “HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV KAMIN” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV CAMINO” (Fig. 33) Pianta e sezioni del camino del soggiorno, in scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 13 Marzo 1951, 79,5x42, china su lucido, tavola numero 22, inventario B67. Si disegna in maniera dettagliata il camino del soggiorno, presente già in Fig. 24, 24.2, 24.3 e 26, sebbene con caratteristiche differenti. La tavola mostra una modifica al progetto del Novembre del 1950 (Fig. 24). A differenza di Fig. 24, 24.3 e 26, il camino ha dimensioni maggiori: si estende dal primo gradino delle scale, che conducono alla sala da pranzo, anziché dal termine di esse. Esso è largo 2,28 metri e presenta una parete inclinata ed una ad angolo retto di 92 cm. Il materiale utilizzato è l’argilla refrattaria, ovvero Chamottesten. La variante viene realizzata. Piano di cottura della cucina (Fig. 34, 34.1) Dettagli del piano di cottura della cucina, in scala 1:1, con didascalie e quote. Finn Juhl, 15 Marzo 1951 (Fig. 34), 16 Marzo 1951 (Fig. 34.1), china su lucido, tavola numero 27 (Fig. 34), 28 (Fig. 34.1), inventario B67. I due elaborati descrivono il piano di cottura in formica, con rifiniture in teak, della cucina. Altri particolari della cucina (Fig. 35, 35.1, 35.2, 35.3, 35.4) Dettagli della cucina dell’abitazione, in scala 1:1, con didascalie e quote. Finn Juhl, 15 Marzo 1951 (Fig. 35, 35.1, 35.2, 35.3), 16 Marzo 1951 (Fig. 35.4), china su lucido, tavola numero 29 (Fig. 35), 30 (Fig. 35.1), 31 (Fig. 35.2), 32 (Fig. 35.3), 33 (Fig. 35.4), inventario B67. La tavola 29 presenta il dettaglio del mobile della cucina, Køkkenskabe; la numero 30 quello della panca della cucina, Bænk i Køkken; la 31 del tavolo da pranzo della cucina, Spisebord i Køkken, e la 32 della cappa aspirante, Emhætte Gryderiste, e la tavola 33 di un led a luce indiretta, Indirekte Lys M. Lysstofr.


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Aprile “HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV GARAGE OG UDHUS” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV GARAGE E DÉPENDANCE” (Fig. 36) Prospetti, piante e sezioni del garage e dependance, con didascalie e quote. Finn Juhl, 4 Aprile 1951, china su lucido, 62,7x60, tavola numero 35, inventario B67. Della stessa tavola ne esistono due copie identiche. L’elaborato mostra il volume aggiunto dell’abitazione che per la prima volta viene definito anche dépendance. Mentre in Fig. 27 il disegno è alquanto sommario, in Fig. 36 si definisce lo spazio interno, i prospetti sud, ovest, nord ed est, la pianta del solaio ed il collegamento con l’abitazione. Sebbene Fig. 27 sia più sommaria e non mostri le partizioni interne, si può sostenere che Fig. 36 mantenga lo stesso impianto planimetrico. L’ingresso principale è consentito, analogamente a Fig. 27, dal fronte sud e conduce da un lato alla stanza per le biciclette, Cycler, e al Garage, ovvero lo spazio per l’automobile; dall’altro al corridoio che porta alla lavanderia, Vaskerum, alla dispensa della frutta, Frugt, e a due ripostigli, Skab. Il garage e la stanza per le biciclette sono accessibili sia dal fronte est del volume che dal fronte nord dell’abitazione. L’abitazione presenta un setto in direzione nord, distante 1,5 metri dal muro della veranda. Le sezioni sono chiamate una sezione della dependance, l’altra sezione del garage, come per indicare che si tratta di due ambienti distinti. Il prospetto est è simile a quello di Fig. 27 in quanto sembra mostrare anch’esso una recinzione. Il prospetto sud, quello dell’ingresso principale, è in parte diverso da Fig. 27. Mentre la parte occidentale del fronte sud rimane invariata rispetto a Fig. 27, quella orientale presenta invece la porta, a doppia anta con persiane, che conduce alla stanza per le biciclette. Il volume ricorda l’abitazione per la copertura e la presenza di finestre rettangolari all’incrocio delle falde, che permettono l’entrata di luce naturale. Così come in Fig. 27, il fronte sud presenta due setti sporgenti che inquadrano una veranda. Le dimensioni riportate in pianta sono all’incirca analoghe a quelle di Fig. 27. Le sezioni presentano didascalie riguardanti i materiali da utilizzare e gli spessori di questi. La copertura ha struttura simile a quella dell’abitazione e gli infissi sono rivestiti in eternit. Si nota la presenza di un ambiente seminterrato.


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“HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV GARAGE OG UDHUS” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV GARAGE E DÉPENDANCE” (Fig. 37) Sezione del garage, scala 1:50, con quote e didascalie. Finn Juhl, 4 Aprile 1951, china su lucido, 29,7x21, tavola numero 35, inventario B67. La tavola riporta le stesse informazioni di Fig. 36, presenta la stessa datazione e stesso numero di tavola. L’elaborato ha segni a china sui bordi ed è meno preciso di Fig. 36, perciò potrebbe trattarsi di una bozza, restituita successivamente in bella copia. “HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV SNIT I DØTREHUS” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV SEZIONE DELL’ADDIZIONE” (Fig. 38) Sezione delle “camere figlie”, Døtrestue, scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 11 Aprile 1951, china e matita su lucido, tavola numero 36, inventario B67. L’elaborato definisce il volume aggiunto alla stessa maniera di Fig. 27 e 32, ossia Døtrehus. L’elaborato sembra essere successivo a Fig. 37 in quanto tratta il medesimo argomento e presenta numero di tavola seguente. Il progetto del volume è il medesimo raffigurato in Fig. 36 e 37. Tuttavia non si specifica se la sezione si riferisca al garage o della dependance: pare che la distinzione di Fig. 36 sia qui omessa. Le informazioni riguardanti i materiali coincidono con quelle di Fig. 36 e le completano. La sezione denuncia, similmente a Fig. 36, la presenza di un ambiente seminterrato. “HR. M. AUBERTIN HUS, NAKSKOV PORTPARTI TIL GARAGE” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV PORTA DEL GARAGE” (Fig. 39) Pianta e prospetto del garage, scala 1:20, con didascalie e quote. Finn Juhl, 13 Aprile 1951, matita e china su lucido, tavola numero 37, inventario B67. La tavola si riferisce alla porta del garage. Con esattezza, si mostra l’entrata sul fronte est che avviene sia tramite il varco di 1,5 metri, visto anche in Fig. 36, sia tramite due aperture, separate al centro da un pilastro rettangolare, che conducono alla stanza delle


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biciclette e dell’automobile. L’elaborato è coerente con i disegni di Fig. 36, 37 e 38. A differenza di Fig. 27, il volume non è presenta una recinzione. Come Fig. 36, il volume esistente ha un setto prolungato verso nord che collega la preesistenza con il nuovo edificato. Questo è interrotto laddove si ha il varco di 1,5 metri che costituisce la porta del garage, dal fronte nord della dimora. Avendo Fig. 36, 37, 38 e 39 numero della tavola rispettivamente 35, 36 e 37, si presuppone che i suddetti elaborati siano relazionati tra loro e facciano parte di una serie di disegni che illustrano il progetto del volume aggiunto. La tavola ha una grafica più sommaria delle precedenti (Fig. 36, 37, 38): essa è disegnata a matita e presenta dei segni ai bordi. Ciò fa pensare che si tratti di una bozza e non di un documento finale. “HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV KÆLDERPLAN, SNIT I GARAGE B.” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV PIANTA DELLA CANTINA E SEZIONE B DEL GARAGE” (Fig. 40) Pianta del piano seminterrato e sezione longitudinale, Længdesnit, del garage, in scala 1:50, con quote e didascalie. Finn Juhl, 23 Aprile 1951, matita su lucido, inventario B67. L’elaborato sembra riferirsi al volume di Fig. 36, 37, 38 e 39, tuttavia presentando alcune diversità. Esso mostra infatti la pianta del livello interrato, vista già in Fig. 36 e 38, ma con caratteristiche differenti. Il seminterrato ha qui altezza pari a 2,17 metri, mentre in Fig. 36 e 38 solamente 87 cm. Le proporzioni e la conformazione della pianta sembrano coincidere con quella del piano terra in Fig. 36, così come la veranda con al centro un pilastro rettangolare, sul fronte sud. La pianta illustra la parte utilizzabile e quella non scavata. La parte utilizzabile, che corrisponde all’incirca alla lavanderia, la dispensa della frutta e i due ripostigli di Fig. 36, è destinata allo scarico e deposito di materiale, deducibile dalla didascalia Drager, che deriva da Drag ossia “trascinare”. L’accesso alla cantina è garantito da una scala interna di larghezza 85 cm, situata in prossimità del locale per le biciclette e assente in Fig. 36 dato che non è un ambiente abitabile. Dal disegno della sezione si nota che i solai presentano delle travi sezionate. Essendo il committente un commerciante di legname, si può presumere che i solai abbiano struttura lignea. La tavola presenta didascalie sommarie a matita e non ha le caratteristiche di un elaborato finale.


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“HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV DETAIL AF PORTPARTI” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV DETTAGLIO DELLA PORTA (DEL GARAGE)” (Fig. 41) Dettaglio in scala 1:1, con quote e didascalie. Finn Juhl, 13 Aprile 1951, matita e china su lucido, tavola numero 38, inventario B67. La tavola potrebbe riferirsi ed essere la successiva della serie di disegni Fig. 36, 37, 38 e 39. Si illustra il dettaglio dell’ingresso al garage a alla stanza delle biciclette.


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Maggio Revisione delle fondamenta (Fig. 42) Dettaglio in scala 1:1, con quote e didascalie. Finn Juhl, 30 Maggio 1951, china su lucido, tavola numero 40, inventario B67. La tavola illustra il dettaglio delle travi delle fondamenta. Non è ben chiaro se si tratti delle fondamenta del nuovo volume o del preesistente poiché non ci sono didascalie che lo comunicano.

Giugno “HR. M. AUBERTINS HUS, NAKSKOV SKABE OG STOLPER MEL, SPISE OG OPHOLDS.” “CASA DEL SIG. AUBERTIN, NAKSKOV “CREDENZE E NOMENCLATURA, SALA DA PRANZO E SOGGIORNO” (Fig. 43) Pianta e sezioni, in scala 1:20, con quote e didascalia. Finn Juhl, 1 Giugno 1951, china su lucido, 74,5x44,5, tavola numero 41, inventario B67. La tavola mostra nello specifico il varco che separa la sala da pranzo dal soggiorno. La rappresentazione è simile alla proposta realizzata. I due ambienti, uno ad un livello superiore dell’altro, sono separati da quattro gradini e da due pilastri. I pilastri sorreggono delle mensole e dei cassetti e poggiano sul solaio superiore, in cui vi sono incassate due credenze. Il divano è il medesimo di Fig. 26 e 26.1, mentre i cassetti e le credenze non sono raffigurati in Fig. 26. Laddove in Fig. 26, i due pilastri sostengono solo delle mensole, in Fig. 43 questi sorreggono sul lato sinistro due mensole, simili a quelle in Fig. 26, e sul lato desto dei cassetti somiglianti alle credenze incassate nel solaio. La progettazione degli arredi segue un ordine modulare: le mensole sono suddivide in moduli detti b, le due credenze sono uguali e disposte simmetricamente e quattro dei cassetti sospesi sono della stessa dimensione e nominati rispettivamente 24 e 2. L’elaborato serve probabilmente a descrivere la scrittura da utilizzare in fase esecutiva e nel capitolato descrittivo. La pianta è coerente con Fig. 33 per quanto riguarda la rappresentazione del camino del soggiorno. Nella versione realizzata, al posto dei cassetti si ha un mobile sospeso con stessi sportelli e conformazione simile alle credenze.


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“BAD & TOILET” “BAGNO E TOILETTE” (Fig. 44) Pianta, sezioni e particolari del bagno e della toilette dell’abitazione, in scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 27 Giugno 1951, modifica del 29 Settembre 1951, china su lucido, 68,2x45,2, tavola numero 49, inventario B67. Il bagno e la toilette corrispondono a quelli rappresentati in Fig. 24 e 24.9. La tavola presenta segni a china sui bordi. Dalle sezioni si può vedere che la parete del bagno rivolta a sud presenta due aperture che consentono di ricevere luce solare all’interno. Si mostra anche il vano tecnico per l’impianto di riscaldamento e produzione di acqua calda che presenta una porta scorrevole verso la galleria. Dettagli dell’abitazione Oltre alle precedenti tavole, si hanno numerosi dettagli in scala 1:1, riguardanti l’abitazione. Tre particolari riguardano le cassettiere incassate nel solaio della sala da pranzo, uno il piano cottura della cucina e due sono dettagli della parete vetrata e della porta della galleria. I dettagli delle cassettiere sono datati 1 Giugno 1951, allo stesso modo di Fig. 43. Il dettaglio del piano cottura risale al 29 Giugno 1951; mentre i particolari della vetrata e della porta della galleria sono del 13 Giugno 1951. “SKYDEPARTI I UDHUS” “PORTA SCORREVOLE DELLA DÉPENDANCE” (Fig. 45, 45.1) Dettagli in scala 1:1 della vetrata e della porta scorrevole vetrata del volume aggiunto, in scala 1:1, con quote e didascalie. Finn Juhl, 27 Giugno 1951, china e matita su lucido, numero tavola 46 (Fig. 45) e 47 (Fig. 45.1), inventario B67. I due elaborati mostrano i dettagli della vetrata e della porta scorrevole vetrata che conduce alla dépendance. A giudicare da Fig. 45, il prospetto sud e le sezioni A-A e B-B sono coerenti con il progetto illustrato in Fig. 36 in quanto si notano le stesse aperture in alto, copertura e ingresso. Dal livello di dettaglio della tavola, si può ipotizzare che si tratti di un elaborato esecutivo e dunque il progetto di Fig. 36 venga sviluppato e portato a termine da Juhl.


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Agosto “MONTERING AF KAMRENE” “COMPOSIZIONE DELLE CAMERE” (Fig. 46, 46.1, 46.2, 46.3, 47) Pianta e sezioni in scala 1:20 con didascalie, quote e scala metrica; disegno assonometrico, di una delle camere dei bambini. (Fig. 46, 46.1, 46.2, 46.3) Finn Juhl, 30 Agosto 1951, modifica del 5 Settembre 1951, china su lucido, numero tavola 56, inventario B67. Le tavole mostrano la composizione e gli arredi di una delle tre camere dei bambini, collocate sulla galleria. Così come il bagno in Fig. 44, la stanza presenta due aperture in alto sul prospetto sud, al fine di far entrare luce naturale nella stanza. La camera è rappresentata ugualmente a Fig. 24 e 24.9, risalenti all’anno 1950. La stanza è composta da una scrivania ad angolo, da un letto singolo, un armadio ed una cassettiera appesa al muro. La cassettiera potrebbe essere un arredo prodotto per la ditta Bovirke. Dato lo stato di conservazione degli elaborati e la grafica utilizzata, si presume che Fig. 46, 46.2 siano delle bozze, copie di Fig. 46.1 e 46.3 che invece sembrano essere elaborati finali. Infatti Fig. 46 presenta delle linee a matita disegnate sul disegno a china e Fig. 46.2 ha anch’essa dei segni a china sui bordi. (Fig. 47) Si ipotizza che la tavola risalga al 1951. L’assonometria mostra infatti la camera coerentemente a Fig. 46, 46.1, 46.2 e 46.3. A differenza di queste, la grafica è lievemente semplificata. Il documento è in buone condizioni e si presume essere un elaborato finale.


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Settembre “AUBERTIN SOVEVÆRELSE” “CAMERA DA LETTO DEL SIG. AUBERTIN” (Fig. 48) Pianta, sezione e particolare di una lampada a terra della camera da letto del Sig. Aubertin, non in scala, con quote. Finn Juhl, 12 Settembre 1951, china e matita su lucido, 29,7x21, inventario B67. Si tratta di un disegno autografo di Juhl. La tavola mostra in maniera sommaria un prospetto e la pianta la camera del Sig. Aubertin, la quale subisce variazioni nell’arredo rispetto al progetto del 1950 (Fig. 24 e 24.9). I letti sono collocati parallelamente uno sul lato opposto dell’altro, diversamente da quanto visto in Fig. 24. Il disegno mostra la presenza di armadi a muro, sul prospetto interno orientale, e due scrivanie con sedute, su quello occidentale. È presente anche lo schizzo di una lampada a terra, raffigurata sia in alzato che in pianta ma non si conosce la sua collocazione, anche se si potrebbe ipotizzare sia situata nella camera da letto del Sig. Aubertin. Un’altra sezione sembra rappresentare una variante della stessa lampada.

Ottobre “MONTERING AF SOVEVÆRELSE” “COMPOSIZIONE DELLA CAMERA DA LETTO” (Fig. 49) Pianta e prospetti interni della camera da letto del Sig. Aubertin, in scala 1:20, con scala metrica. Finn Juhl, 10 Ottobre 1951, china e matita su lucido, tavola numero 61, inventario B67. La tavola mostra un arredamento della camera da letto del Sig. Aubertin differente da quella del mese precedente (Fig. 48). L’ingresso è l’unico elemento che rimane invariato. Gli armadi, le scrivanie ed i letti subiscono variazioni sia rispetto alla versione di Fig. 48 che a Fig. 24 e 24.9. I due letti singoli sono infatti collocati sui lati lunghi della stanza, orientati verso nord, paralleli tra loro e con al centro un comodino, secondo la tipologia “c” descritta nel suo libro55. Anziché due scrivanie con sedute, se ne ha una soltanto, dalle caratteristiche simili a quella della camera dei bambini (Fig. 46, 46.1, 46.2, 46.3, 47). Sul fronte orientale si hanno, così come in Fig. 48, degli armadi a muro ma di aspetto differente. La tavola presenta segni a china e a matita come per indicare che si tratta di una bozza o di un disegno da scartare.


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“FAST BORD I GALLERI” “BANCONE IN GALLERIA” (Fig. 50) Pianta, sezione e prospetto interno della galleria in scala 1:20 e particolare tecnologico del tavolo in scala 1:1, con quote e didascalie. Finn Juhl, 30 Ottobre 1951, modifica del 16 Novembre 1951, china su lucido, tavola numero 67, inventario B67. La tavola illustra la galleria dell’abitazione in modo differente rispetto alle precedenti versioni. La galleria, oltre ad avere la vetrata a sud suddivisa in maniera differente da Fig. 18.1, 24 e 24.9, presenta anche un arredamento diverso. Questa versione è la stessa che infine Juhl fa realizzare. Confrontando la tavola con il prospetto sud di Fig. 24.1, si nota che le vetrate sono le stesse di quelle rappresentate dall’interno nel prospetto di Fig. 50. L’elaborato ha il compito di illustrare anche il nuovo arredamento dell’ambiente, in particolare il tavolo accostato alla parete vetrata. Si tratta di un piano che affianca la vetrata sud della galleria e che presenta due protuberanze curvilinee, di cui una maggiore abbinata ad un piccolo divano. Il divano ricorda nell’aspetto quello del soggiorno dell’abitazione per la sezione metallica curvilinea. Il dettaglio 1:1 si riferisce al piano del tavolo, agganciato alla parete tramite un profilo metallico ad “L”. Laddove si ha il divano, è presente una lampada a sospensione sferica. L’ambiente potrebbe svolgere la funzione di sala plurifunzionale. “DETAIL AF SOLSKÆRM VED GALLERI” “DETTAGLIO DELLA SCHERMATURA DELLA GALLERIA” (Fig. 51) Sezione parziale della galleria in scala 1:20 e particolare tecnologico della schermatura della galleria in scala 1:1, con quote e didascalie. Finn Juhl, 29 Ottobre 1951, china su lucido, tavola numero 66, inventario B67. La tavola mostra il parasole della galleria diversamente da quello in Fig. 29, del Gennaio 1951. Esso segue la direzione della falda di copertura ed appoggia su un profilo metallico appoggiato alla parete vetrata. Similmente a Fig. 29, esso è essere composto da listelli di legno ed in questo caso esattamente di listelli di larice di 5/4x4 cm. La tavola è relazionata a Fig. 50 in quanto il numero di tavola è sequenziale, entrambe si riferiscono alla galleria e sono prodotte una il giorno seguente dell’altra.


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Novembre “PORTPARTI VED DØTREHUS” “CANCELLO DELL’ADDIZIONE” (Fig. 52) Pianta e prospetto del volume aggiunto in scala 1:20 e particolari tecnologici del relativo cancello in scala 1:1, con quote, didascalie e numerazione. Finn Juhl, 1 Novembre 1951, china su lucido, tavola numero 70, inventario B67. L’elaborato si riferisce al volume aggiunto con funzione di garage e dépendance. A differenza di Fig. 36, esso presenta una recinzione con un cancello, così come disegnato sommariamente in Fig. 27. Mentre in Fig. 27 il disegno del fronte orientale del volume è piuttosto sommario, Fig. 52 descrive la struttura della recensione e del cancello. La recinzione è composta da listelli di legno assemblati tramite ferri e viti zincati. La didascalia “ALT JERN OG SKRUER SKAL GALVANISERES!” sta infatti a significare che tutti i ferri e le viti del cancello e della recensione debbano essere zincati. Il disegno del volume è coerente con quello delle versioni precedenti così come il collegamento di esso alla preesistenza. L’ingresso è collocato allo stesso modo di Fig. 32, 36 e 39 e quest’ultimo, sebbene molto sommario, potrebbe anticipare la rappresentazione di Fig. 52. La tavola presenta numero 70 ed è poco successiva di Fig. 50 e 51, perciò si ipotizza che si tratti di una serie di disegni relazionati tra loro. Serie di disegni riferiti all’abitazione (Fig. 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61) Prospetti in scala 1:20 (Fig. 53, 54, 55, 56, 57) e particolari tecnologici in scala 1:1 dell’abitazione, con quote e didascalie. Finn Juhl, Novembre 1951, china su lucido, tavola numero 68, 71, 72, 74, 75, 76, 78, 79, inventario B67. Le tavole sono collegate alla serie di disegni di cui fanno parte anche Fig. 50, 51, 52 e che dettagliano il progetto del Novembre 1951. Le tavole, in sequenza numerica, sono datate infatti dal 1 al 27 Novembre del 1951 e mostrano contenuti coerenti tra loro. Fig. 53 illustra dettagliatamente la pavimentazione in klinker di alcune parti dell’abitazione, così come rappresentato in Fig. 18.1, 24, 24.9, 26 e 33. Fig. 54 mostra il dettaglio del guardaroba e del ripostiglio che si presuppone siano collocati accanto alla scala della cantina. Si può ipotizzare ciò, in quanto i due elementi sono disposti all’incirca analogamente a quanto raffigurato in Fig. 24 e 24.9, ovvero al progetto del 1950. Fig. 55 illustra il radiatore in scala 1:20 e i relativi dettagli in scala 1:1.


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Fig. 56 rappresenta l’armadio a muro della galleria, collocato sulla parete opposta del bagno. Ciò è confrontabile con Fig. 44. Fig. 57 mostra il divano della galleria in maniera coerente con Fig. 50. L’elaborato, diversamente dagli altri che compongono la serie, illustra una variante sostanziale al progetto del 1950. Oltre a definire le dimensioni del tavolo e del divano, si indica che dietro alla seduta vi sono due punti luce dell’impianto elettrico. Fig. 58 mostra il dettaglio del tavolo da pranzo. Fig. 59 illustra il dettaglio di una delle due cassettiere del soggiorno, viste già in Fig. 43. Fig. 60 e 61 presentano particolari tecnologici relativi ai gradini esterni rispettivamente dell’ingresso principale dell’abitazione e dell’ufficio del Sig. Aubertin. Gli elaborati dimostrano lo sviluppo del progetto che nel Novembre del 1951 è plausibile sia in fase costruttiva. (Fig. 62) Acquarello del tappeto del soggiorno, in scala 1:10, con quote. Finn Juhl, Novembre 1951, acquarello su cartoncino ruvido, 35,5x25, inventario B67. La tavola mostra il tappeto del soggiorno e ne svela i colori originali56. In basso una didascalia riporta i numeri 180x320 che si presume siano le dimensioni in centimetri del tappeto. Si ipotizza che l’acquarello sia autografo di Juhl, anziché della sua collaboratrice Marianne, in quanto anche Juhl è specializzato in questa tecnica e dalle didascalie si riconosce la sua grafia.


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Dicembre (Fig. 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69) Particolari tecnologici della dimora e del volume aggiunto (Fig. 65), in scala 1:20 e 1:1, con quote e didascalie. Finn Juhl, Dicembre 1951, china su lucido, inventario B67. Fig. 63 potrebbe essere collegata alla serie di dettagli di Fig. 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60 e 61. Essa infatti è la tavola numero 69, mancante nella sequenza numerica dei suddetti elaborati. Fig. 63 descrive il dettaglio della leva che serve ad aprire le finestre sulla parete che affaccia sulla galleria della camera da letto del Sig. Aubertin. Fig. 64, 65, 66, 67 e 68 potrebbero essere anch’esse tavole della sequenza di disegni descritta precedentemente. I loro numeri di tavola sono infatti rispettivamente 80, 81, 83, 84 e 85. Ad eccezione di Fig. 65, che descrive il dettaglio della porta del fronte sud del volume aggiunto, gli altri elaborati descrivono sono relativi all’abitazione esistente. Fig. 64 illustra la sala da pranzo dell’abitazione ed il relativo tavolo. Esso è illuminato da quattro lampade a sospensione, progettate da Juhl stesso. Il disegno della sala da pranzo è coerente con Fig. 43, ad eccezione del mobile sospeso accanto alle scale. Questo non presenta cinque scomparti come in Fig. 43, bensì solamente due. La versione rappresentata è coerente con quella definitiva. Fig. 65 mostra la porta in maniera coerente con Fig. 36 e specifica che si tratta dell’accesso alla stanza delle biciclette. Questa informazione è coerente con Fig. 36; dunque è plausibile che il progetto del corpo aggiunto non subisca sostanziali modifiche, diversamente da quanto presupposto analizzando Fig. 40. Fig. 68 illustra nel dettaglio la parete vetrata che separa la sala da pranzo con la galleria. Questa è rappresentata coerentemente con Fig. 24. Fig. 69 mostra il dettaglio del piano della cucina, coerentemente con Fig. 25.1. Dal confronto delle immagini si può intuire che Fig. 69 si riferisce ai due lavelli della cucina. Ciò potrebbe far credere che il progetto di Fig. 25.1 venga portato a termine, senza essere modificarlo ulteriormente. Senza data (Fig. 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76, 77, 78, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92) I documenti57 non riportano datazione; tuttavia in base ad alcune loro peculiarità possono essere ricondotti all’anno 1951.


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(Fig. 70) Pianta della dimora, con quote, didascalie e linee di sezione. Finn Juhl (?), china su lucido, 58x30,5, inventario B67. La pianta mostra il progetto finale, quello coerente con la realizzazione. Esso presenta delle varianti rispetto al progetto del 1950, visto in Fig. 18.1, 24 e 24.9. Si presuppone che il disegno risalga al 1951 in quanto si riconosce il medesimo arredamento della galleria di Fig. 50 e 57. Oltre all’arredamento, è possibile notare che la conformazione della galleria è differente da quella originaria, vista negli elaborati precedenti che la raffigurano. La galleria è meno ampia e presenta una veranda antistante ricavata nello spazio destinato inizialmente ad essa. Tale veranda è coperta da una schermatura a listelli orizzontali di cui si vede la proiezione. Gli infissi della vetrata e la collocazione della porta che conduce al giardino corrispondono con Fig. 50. Fig. 50 e 57 tuttavia non mostrano la variante della veranda della galleria. La sala da pranzo, il soggiorno e la veranda antistante sono rappresentati coerentemente con Fig. 33 e 64. La cucina è la stessa di Fig. 25 e 25.1. Le camere da letto dei figli sono coerenti con Fig. 46, 46.1, 46.2, 46.3 e la camera da letto del Sig. Aubertin combacia con il disegno di Fig. 49. Il bagno è disegnato ugualmente a Fig. 44. Diversamente da quanto raffigurato in Fig. 68, non è presente una parete vetrata a separare la sala da pranzo dalla galleria. La tettoia del fronte nord è scomparsa e si hanno invece i due setti sporgenti alle estremità, così come in Fig. 24.4, 24.7, 27, 30, 30.1. Il setto ad ovest è riconoscibile anche in Fig. 32, 36, 39 e 52, poiché collega l’abitazione esistente al volume aggiunto. Oltre alle modifiche spaziali, si nota la presenza di nuovi arredi. Alcuni mobili sono rintracciabili già in tavole precedenti come: il tappeto del soggiorno, dell’acquarello di Fig. 62; il tavolo da pranzo, presente in Fig. 64; il divano di Fig. 26 e 26.1 etc. Si può constatare che, mentre in Fig. 18.1 e 24.9 si utilizza la stessa grafica per la pavimentazione di alcune aree della sala da pranzo, del soggiorno e delle verande esterne, qui si ha una grafica differente per il pavimento della terrazza di fronte all’ufficio. A giudicare dalla grafica, tale pavimento sembra essere in mattoni, analogamente a come viene poi realizzato. Fig. 70 non mostra tuttavia il nuovo edificio atto a dépendance e garage. (Fig. 71, 72, 73) Le tavole denunciano l’esistenza del volume aggiunto, dunque si presume che risalgano al 1951 o che siano posteriori, in quanto l’ampliamento non compare in disegni precedenti. (Fig. 71) Pianta del livello interrato, non in scala; planimetria in scala 1:2000, con quote e didascalie. Finn Juhl, china su lucido, 59,5x42, inventario B67.


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La planimetria generale mostra il volume aggiunto ed in didascalia si puntualizza che si tratta di un ampliamento successivo, SENERE UDVIDELSE, e che questo si compone di un garage e di una dépendance, comprendente una cucina ed un bagno. In Fig. 36 e negli elaborati precedenti inerenti all’espansione, non sono presenti né bagno né cucina, mentre lo sono in Fig. 72. Per quanto riguarda la pianta del piano interrato, essa è coerente con Fig. 24, ad eccezione della presenza dei due setti alle estremità del fronte nord e della mancanza dei pilastri della veranda accanto all’ingresso, analogamente a Fig. 24.4, 24.7, 30, 30.1, 32, 52 e 70. (Fig. 72) Pianta dell’ampliamento, con quote e didascalie. Finn Juhl, china su lucido, 28,5x21, inventario B67. Fig. 72 mostra la pianta del nuovo volume, coerentemente con la sua realizzazione. Esso prevede una scala simile e nella stessa posizione di Fig. 40. La pianta si distingue da Fig. 36 in quanto, oltre alla presenza delle scale, al posto della dispensa, si ha il bagno e, laddove si ha la lavanderia, è presente una stanza con un angolo cottura, adiacente al camino. Dalla grafica si può inoltre capire che un’area della cucina e la veranda esterna hanno la stessa pavimentazione, probabilmente in mattone. (Fig. 73) Planimetria generale, in scala 1:400, con didascalia. Finn Juhl, china su lucido, 28x20, inventario B67. Fig. 73 mostra la medesima planimetria di Fig. 71, talvolta in scala 1:400. Le due planimetrie sono differenti da quella del 1950, raffigurata in Fig. 24, in quanto offrono ulteriori informazioni del progetto. Oltre a rappresentare il nuovo volume, si specifica infatti l’assetto del verde circostante i due edifici. Il lotto è composto da un grande giardino circondato da siepi ed attraversato da un vialetto che dall’abitazione conduce verso il fiordo e si interrompe in prossimità di un appezzamento di terreno, destinato alla coltivazione. (Fig. 74, 75, 76, 77, 78, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 87, 88, 89) Gli elaborati consistono in schizzi raffiguranti il nuovo ampliamento. Essi hanno all’incirca stessa dimensione, 29,7x21, e si presuppone che siano autografi di Juhl. Nonostante non compaia la data, eccetto in Fig. 80, è possibile organizzarli in due gruppi, uno antecedente all’altro cronologicamente. Il primo gruppo di schizzi comprende Fig. 74, 75, 76, 77, 78 e 79; il secondo Fig. 80, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 87, 88 e 89. Il primo gruppo comprende disegni molto sommari; mentre il secondo gruppo, presumibilmente successivo in ordine cronologico, presenta elaborati più dettagliati.


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(Fig. 74) La tavola presenta in modo sommario le assonometrie, il prospetto ovest dei due edifici e la pianta del volume aggiunto. Il disegno dell’ampliamento è differente dalla versione finale, mentre quello della dimora sembra essere coerente. Per quanto riguarda l’abitazione esistente, il prospetto sud è in analogia con Fig. 70. Il nuovo ampliamento presenta invece una conformazione differente dalla pianta di Fig. 71, dunque dall’ipotesi definitiva. La facciata sud dell’ampliamento, anziché presentare la veranda illustrata in Fig. 72, è per metà in aggetto e presenta una copertura maggiormente sporgente. Dal disegno del prospetto ovest appare infatti che le falde dell’ampliamento e della dimora si incrociano, diversamente dalla versione finale. Secondo l’ipotesi rappresentata, il cancello del garage è collocato diversamente da Fig. 52, in quanto, anziché stare sul fronte ovest dell’ampliamento, è situato a sud, sullo stesso piano del nuovo corpo aggettante. Anche il disegno sommario della pianta non corrisponde con la versione definitiva né assomiglia a Fig. 36. (Fig. 75) Il disegno sommario della pianta dell’abitazione e lo schizzo dell’assonometria non corrispondono alla versione finale. Si ipotizza che Fig. 75 sia anteriore a Fig. 74 in quanto il livello di dettaglio della tavola è inferiore e poiché non mostra avanzamento progettuale. (Fig. 76) Il disegno illustra il prospetto ovest dell’ampliamento e della dimora esistente. L’ipotesi rappresentata è più vicina a quella finale rispetto a Fig. 74 e 75. La geometria esterna si avvicina a quella definitiva, in quanto la copertura è la stessa ed è presente il cancello sul fronte est. Lo schizzo della pianta è tuttavia incoerente con l’ipotesi finale. Analogamente a Fig. 74, la veranda sul fronte sud è dimezzata rispetto all’ipotesi finale e a Fig. 36. Le didascalie indicano i tre ambienti disegnati a nord-est, occupati da una cucina, køk, un bagno, toil, ed un ripostiglio, skab. Tali spazi sono progettati anche nella versione definitiva e non invece compaiono in Fig. 36. Laddove si hanno i due ovali disegnati, potrebbero esservi il garage e la stanza delle biciclette, similmente alla versione finale e a Fig. 36. Nella metà orientale, la disposizione degli spazi interni è all’incirca invertita rispetto a quella definitiva. La metà occidentale presenta il disegno sommario di un camino, avente una collocazione differente rispetto a Fig. 36 e Fig. 71. Il prospetto ovest è ambiguo, in quanto mostra la recinzione sul fronte occidentale anziché su quello est, come


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si nota dalla pianta soprastante. Il fronte sud dell’abitazione non raffigura la variante della galleria di Fig. 70 e 50, in quanto si nota un parasole simile a quello di Fig. 29, risalente al Gennaio del 1951. La versione di Fig. 76 potrebbe essere cronologicamente successiva a Fig. 74 e 75, in quanto presenta caratteristiche più coerenti con quella finale ed è rappresentata in modo più preciso di Fig. 74 e 75. (Fig. 77) Il disegno mostra sommariamente pianta, sezione e schizzi del nuovo ampliamento. La sezione è molto sommaria ma permette di notare che la copertura del volume è differente da quella finale, in quanto presenta una sola falda inclinata. Ciò potrebbe indicare che Fig. 77 è cronologicamente anteriore a Fig. 74 e 76 che invece raffigurano la copertura in maniera all’incirca analoga a quella definitiva. La pianta è diversa sia dall’ipotesi finale che da quelle di Fig. 74, 75 e 76. Similmente a Fig. 74 e 76, si nota che metà del fronte sud è in aggetto e allo stesso modo di Fig. 74 la copertura è più aggettante della versione realizzata. Così come nella realizzazione ed in Fig. 76, l’ingresso è collocato sul fronte orientale. Analogamente alla versione finale e a Fig. 36, la pianta è bipartita simmetricamente. Mentre la parte occidentale è quasi del tutto sgombra, la metà orientale è suddivisa in uno spazio maggiore destinato a garage, e tre spazi minori, di cui uno con funzione di deposito per biciclette e l’altro di cucina. Si dimostra perciò l’intenzione da parte di Juhl di attrezzare il nuovo volume con ambienti similari a quelli della versione finale. (Fig. 78) Assonometria sommaria dell’abitazione e dell’ampliamento. Si tratta di un’ipotesi diversa da Fig. 74, 75, 76, 77 e da quella finale. L’abitazione mostra la tettoia su pilastri del fronte nord (Fig. 24), perciò è plausibile che il disegno sia anteriore agli inizi del 1951, giacché questa variante non viene più rappresentata dal 18 Gennaio (Fig. 27). Il fonte sud dell’ampliamento non consta di una veranda, come in Fig. 74, 76 e 77, bensì solamente di due aperture. Sul fronte est si nota l’ingresso all’ipotetico garage così come nella versione finale. La copertura dell’ampliamento è ad una falda inclinata, similmente a Fig. 77. Per questa ragione si potrebbe pensare che Fig. 77 e 78 siano all’incirca contemporanee. (Fig. 79) Il disegno presenta alcune analogie con Fig. 77 e 78, in quanto presentano copertura ad un’unica falda inclinata, fronte orientale e fronte meridionale simili. Così come in Fig. 78, si rappresenta infatti l’ingresso al garage sul fronte est. Anche le aperture disegnate sul fronte sud in Fig. 78, ricordano nell’aspetto quelle di Fig. 79, bensì stavolta arretrate.


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A differenza di Fig. 78, l’ampliamento consta infatti di una veranda sul fronte sud e di una metà aggettante, analogamente a Fig. 74, 76 e 77. Dalle didascalie è comprensibile che gli ambienti principali sono due garage e la stanza più piccola un deposito delle biciclette. Accanto a quest’ultima vi è disegnato uno spazio che potrebbe essere il bagno. La posizione del camino è diversa da quella della versione finale e Fig. 75, 76, 77 e coerente con Fig. 78. La veranda presenta il disegno della pavimentazione che si estende verso il giardino. Questa grafica è utilizzata nella medesima posizione anche in Fig. 78. Per tali ragioni, si può ipotizzare che Fig. 77, 78 e 79 siano all’incirca contemporanee e relazionate tra loro e che mostrino l’avanzamento graduale dell’ipotesi raffigurata. (Fig. 80, 81, 82) I disegni rappresentano sommariamente la pianta del nuovo ampliamento. Solamente Fig. 80 è datata 16 Marzo 1951 e presenta il cognome del committente, Aubertin. Si ipotizza che Fig. 81 e 82 siano anteriori o circa contemporanee a Fig. 80, in quanto presentano peculiarità simili. La struttura portante è la medesima, così come la parte occidentale, quasi del tutto sgombra, sia in Fig. 80 che in Fig. 81 ed 82. Fig. 80 è la più dettagliata e presenta inoltre didascalie e quote; mentre Fig. 81 e 82 sono incomplete. Tutti i disegni raffigurano la veranda a sud, similmente alla versione finale. Fig. 80 ed 81 hanno la parte orientale suddivisa in maniera simile. Il posto auto, bilen, e lo spazio per le biciclette, cykler, indicati in Fig. 80, sono presenti anche in Fig. 81 A differenza di Fig. 80, Fig. 81 presenta una partizione a metà della stanza delle biciclette. Il camino tuttavia varia di posizione in quanto, in Fig. 80, sta circa al centro della sala; mentre in Fig. 81 è arretrato sulla parete settentrionale, come in Fig. 82. Fig. 82 presenta una suddivisione interna differente da Fig. 80 e 81 in quanto la pianta si compone di una fila di ambienti e cavedi al centro, che separano più nettamente la parte sgombra dalla parte orientale. Anche il deposito delle biciclette è partito diversamente sia da Fig. 80 che da Fig. 81. Fig. 85 rappresenta meno sommariamente l’ipotesi di Fig. 81, completa della veranda a sud. (Fig. 83, 84, 86, 87, 88 ed 89) Essi presentano la veranda sul fronte sud, così come Fig. 80, 81, 82 ed analogamente alla versione realizzata. (Fig. 83) La pianta presenta una conformazione simile a Fig. 80 ed 81. Tuttavia la posizione del camino è diversa da Fig. 80, in quanto si trova sulla parete settentrionale, leggermente decentrato. La parte occidentale, che in Fig. 80, 81, 82 ed 85 appare sgombra, presenta tre arredi che potrebbero assomigliare a due sedute ed un tavolo.


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La parte centrale è definita similmente a come visto in Fig. 72 e nella versione finale. (Fig. 84) La pianta è differente da Fig. 80, 81, 82, 83 e 85. Al centro presenta una fila di ambienti, alla stessa maniera di Fig. 82, tra cui un bagno ed un angolo cottura. Sempre al centro si ha il camino, similmente a Fig. 81, 82, 83 e 85. Il deposito delle biciclette è indicato tramite la loro rappresentazione in pianta. Questo si trova di fianco a quello che si presuppone essere il posto auto ed è affiancato da un altro ambiente, sul lato della veranda. Quest’ultimo corpo aggettante verso sud non si nota in Fig. 80, 81, 85, 83 ed 84. Ciò che accomuna gli elaborati, oltre alla geometria esterna simile, è il fatto che presentino lo spazio interno bipartito simmetricamente e composto da due aree di cui una quasi vuota e l’altra partita ulteriormente in ambienti minori. (Fig. 86) Date le analogie con Fig. 83, si potrebbe pensare che si tratti di una bozza. I due disegni presentano una suddivisione degli spazi interni molto simile, gli stessi arredi ed il camino nella stessa posizione. Fig. 83 mostra, a differenza di Fig. 86, anche i cavedi al centro, probabilmente con funzione di armadio a muro. (Fig. 87, 88) I disegni potrebbero essere delle ipotesi relazionate alla versione di Fig. 84 in quanto, oltre a presentare i soliti spazi, dislocati diversamente, sono graficamente simili. Essi non corrispondono alla versione finale. La posizione del camino è diversa sia in Fig. 84 che in Fig. 87 ed 88. Fig. 87 ed 88 hanno la parte orientale specchiata così che in Fig. 87 il posto auto è disposto sul fronte sud, mentre in Fig. 88 su quello nord. Fig. 88 è più dettagliata di Fig. 87, in quanto Juhl specifica anche le dimensioni del garage, pari a 5,40x2,50 metri. Si può ipotizzare che Juhl voglia verificare quale sia la maniera più efficiente di utilizzare lo spazio interno e dunque stia provando a collocare gli ambienti in maniera differente. (Fig. 89) La pianta potrebbe essere una bozza di Fig. 86 o di Fig. 83. Questi elaborati presentano infatti una collocazione degli ambienti interni analoga. Così come in Fig. 86, non sono presenti gli armadi a muro, disposti al centro in Fig. 83. L’arredamento della sala maggiore è differente sia da quello di Fig. 83 che 86, in quanto si ha un divano, lungo la parete occidentale ed una seduta ed un tavolo, su quella settentrionale. La versione raffigurata non corrisponde a quella finale.


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(Fig. 90, 91, 92) Sezioni trasversali e longitudinali dell’abitazione e dell’ampliamento. China su lucido, 17,5x34 (Fig. 90), 23x31 (Fig. 91), 38x5x53,5 (Fig. 92), inventario B67. Fig. 90 e 91 si riferiscono soltanto all’abitazione, mentre Fig. 92 presenta anche una sezione dell’ampliamento. Si presume che Fig. 90, 91 e 92 siano relazionate tra loro in quanto mostrano il progetto in maniera analoga e sono graficamente simili. Gli elaborati sono coerenti alla pianta di Fig. 70 ed alla versione realizzata. Data la presenza della variante della galleria, si ipotizza che i documenti siano contemporanei o successivi a Fig. 50 e 57, ossia risalenti alla fine di Ottobre o agli inizi di Novembre 1951. La recensione ed il cancello del nuovo ampliamento sono raffigurati similmente a Fig. 52, con data 1 Novembre 1951. Essendo Fig. 52 più dettagliata e specifica di Fig. 92, è probabile che questa sia anteriore a Fig. 52. La sezione in basso di Fig. 92 mostra l’arredamento dell’ampliamento in alzato. Gli armadi a muro raffigurati potrebbero corrispondere ai ripostigli indicati nella pianta finale ed in Fig. 72. Anche la posizione della porta sembra coincidere con quella del bagno, presente in Fig. 72 e poi realizzata.


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Gruppo 3 (anno 1952)

Le schede del Gruppo 2 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 3 di Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. I disegni analizzati risalgono al 1952, anno in cui si presume venga costruita la Villa Aubertin58.

Dettagli dell’abitazione e dell’ampliamento (Fig. 93, 94, 95, 96, 97, 98) Sezioni e piante in scala 1:20 (Fig. 93, 96, 97), 1:4 (Fig. 98) e 1:1, con quote e didascalie. Finn Juhl, 10 Gennaio (Fig. 93, 94), 11 Gennaio (Fig. 95), 5 Marzo (Fig. 96), 9 Agosto (Fig. 97), 12 Agosto (Fig. 98) 1952, china su lucido, tavola numero 86 (Fig. 93), 87 (Fig. 94), 88 (Fig. 95), 89 (Fig. 96), 90 (Fig. 97), 91 (Fig. 98), inventario B67. Si tratta di una serie di disegni in sequenza, che illustrano particolari dell’abitazione e del nuovo ampliamento. Si ipotizza che siano documenti della fase esecutiva. (Fig. 93) La tavola mostra il ripostiglio della dépendance, progettato anch’esso dall’architetto. Il disegno del ripostiglio è coerente con Fig. 92 e con la pianta del garage di Fig. 72. Come ipotizzato nell’analisi di Fig. 92, il ripostiglio consiste in due armadi a muro, adiacenti alla porta del bagno. La pianta di Fig. 72 è più generica di quella in Fig. 93, che invece illustra dettagliatamente gli scomparti ed i ripiani all’interno del ripostiglio. Uno dei due armadi presenta inoltre un piccolo lavabo. La didascalia comunica che il ripostiglio presenta le ante suddivise in ripiani, i quali servono a riporre gli oggetti della cucina. (Fig. 94) Dettaglio tecnologico delle finestre del salone dell’abitazione, in scala 1:1. (Fig. 95) Particolare tecnologico di una maniglia dell’abitazione, in scala 1:1. (Fig. 96) Dettaglio del corrimano della scala del piano interrato, in scala 1:20 e 1:1. (Fig. 97) La tavola illustra il dettaglio del piano pieghevole di fronte al divano del soggiorno, in scala 1:20 e 1:1. Si può notare che la parete forata che divide il soggiorno dalla sala da pranzo è coerente con Fig. 64 e con la versione finale. Il piano. agganciato sopra la cassettiera, è in teak, uno dei legnami favoriti da Juhl, ed ha la parte inferiore verniciata grigio chiaro, “lakeret lys grå”. L’arredo sembra non essere stato realizzato da Juhl, in quanto le fotografie dell’epoca, che ritraggono il soggiorno, non lo rappresentano.


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(Fig. 98) Disegno del tavolino del soggiorno di fronte al divano, in scala 1:4. L’arredo è raffigurato nelle fonti fotografiche consultate. “Tømmerhandler M. Aubertins hus, Nakskov Forslag til tætning af skydedørspartiet mod træk og regngennemslag udarbejdet i samraad med firmaet Frode Olsen & Co.” “Casa del commerciante di legname Sig. Aubertin, Nakskov Proposte per la chiusura della porta scorrevole contro vento e pioggia preparati per la consultazione della Frode Olsen & Co.” (Fig. 99) Dettaglio della porta scorrevole della dimora, in scala 1:1 (?), con didascalie. Finn Juhl (?), 23 Ottobre 1952, china e macchina da scrivere su lucido, 37x21,7, inventario B67. Il documento, che probabilmente risale alla fase costruttiva del progetto, è rilevante in quanto comunica la collaborazione con Frode Olsen & Co da parte di Juhl. Frode Olsen & Co si suppone sia una compagnia di tecnici competenti sull’isolamento termico degli infissi. Il documento è prodotto difatti per essere osservato e valutato dalla Frode Olsen & Co, la quale ha compito di dare un suggerimento su come attenuare e prevenire i danni dovuti agli agenti atmosferici, come vento e pioggia. (Fig. 100) Dettaglio della porta scorrevole in scala 1:1. Il documento è rettificato il 10 Novembre, l’8 Dicembre del 1952 e il 4 Febbraio 1953. Ciò testimonia che alcune parti dell’abitazione non vengono terminate entro la fine del 1952, dunque la costruzione prosegue fino al Febbraio 1953. Si ipotizza che si tratti della porta scorrevole di Fig. 99. Il documento presenta sul bordo alcune didascalie a matita che riportano un indirizzo, “Amaliegade 39”, un nome proprio maschile di persona, “Bo Cock. Clansen”, un nome di un’impresa “Chr. Jørgensen & Co” ed alcuni numeri. La grafia non sembra uguale a quella di Juhl e potrebbe trattarsi di quella della segretaria dello studio di Nyhavn. Il nome proprio maschile di persona si riferisce probabilmente all’architetto danese Erling Bo Cock-Clansen59, all’incirca coetaneo di Juhl. Il nome Chr. Jørgensen & Co60 potrebbe riferirsi all’azienda produttrice danese, specializzata in infissi, maniglie, pomelli ed altri particolari architettonici. L’indirizzo indica una strada del quartiere Østerbro, ad est di Copenhagen, e potrebbe corrispondere alla residenza dell’architetto Cock-Clausen, in quanto l’impresa Chr. Jørgensen & Co è invece situata nel comune di


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Lillerød. Si potrebbe pensare che Juhl intenda chiedere un consulto all’architetto Cock-Clausen, sulla costruzione della villa o in merito ad altri progetti61. Anche il nome dell’azienda induce a pensare che Juhl intenda fornirsi da Chr. Jørgensen & Co ed utilizzare i loro prodotti o per la costruzione di Villa Aubertin o per un altro progetto dell’epoca. (Fig. 101, 101.1) Sezioni dell’abitazione e dell’ampliamento, in scala 1:50 (?), con scala metrica. Finn Juhl, 23 Giugno 1952, china su lucido, 83,7x42, inventario B67. Gli elaborati sono uguali; raffigurano lo stesso contenuto ed hanno grafica e dimensioni analoghe. È plausibile che Fig. 101 e 101.1 siano la bella copia di Fig. 90, 91 e 92, raffiguranti i medesimi contenuti. Si suppone quindi che Fig. 90, 91 e 92 siano bozze di studio, utili a produrre in seguito Fig. 101 e 101.1. Non si notano incoerenze progettuali nelle sezioni e prospetti illustrati in Fig. 90, 91, 92 e Fig. 101 e 101.1. Essi raffigurano le stesse geometrie e gli stessi arredi e sono coerenti con la versione infine realizzata. Si può ipotizzare che Fig. 101 e 101.1 siano documenti finali, appartenenti alla fase esecutiva del progetto. “SITUATIONSPLAN + STUEPLAN” “PLANIMETRIA GENERALE + PIANTA DEL PIANO TERRA” (Fig. 102) Scala metrica e intestazione di una tavola. Finn Juhl, 23 Giugno 1952, china su lucido, 60x5, inventario B67. Si presume che la tavola, al tempo raffigurante la planimetria generale e la pianta del piano terra, sia relazionata a Fig. 101 e 101.1 in quanto riportano la medesima data di produzione e potrebbero costituire gli elaborati finali della fase di costruzione (Fig. 103, 103.1) Prospetto nord e sud, in scala 1:50 (?). Finn Juhl, 23 Giugno 1952, china su lucido, 46x88 (Fig. 103), 41,7x83 (Fig. 103.1), inventario B67. Gli elaborati sono identici, ad eccezione di una lieve differenza di dimensioni e della presenza di intestazione e scala metrica in Fig. 103. È evidente che essi sono relazionati a Fig. 101, 101.1 e 102, in quanto il contenuto è lo stesso e riportano stessa data e scala metrica. È plausibile che Fig. 103.1 sia un elaborato finale, nonostante non presenti intestazione e scala metrica, perché è più preciso ed in buone condizioni di Fig. 103.1. La rappresentazione del prospetto nord e sud coincide con la realizzazione. La tavola mostra anche i fronti del nuovo ampliamento.


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Le facciate sono coerenti anche con Fig. 71 e 72. I fronti nord e sud del nuovo ampliamento corrispondono a quelli disegnati in Fig. 36; dunque si può affermare che, a partire dall’Aprile 1951, l’involucro del volume resti invariato e vengano apportate modifiche solo all’interno. Il prospetto sud dell’abitazione viene rappresentato chiaramente in seguito alla variante della galleria. Sebbene quello di Fig. 27 del Gennaio 1951 sia simile, esso non illustra la variante della galleria, esplicitata invece in Fig. 103 e 103.1 attraverso l’uso delle ombre. La parte vetrata della facciata difatti si trova arretrata rispetto alla parate ad ovest, anziché sullo stesso livello, come in Fig. 27. In aggiunta a Fig. 27, le tavole mostrano l’illuminazione esterna della facciata che consiste in due lampade appese alla parte murata del fronte sud. Queste sono le stesse utilizzate da Juhl nella propria casa e nel progetto residenziale ad Asserbo62. Il prospetto nord dell’abitazione è all’incirca lo stesso del Novembre 1950, visto in Fig. 24.7. Alla luce di tutti gli elaborati riguardanti l’abitazione, si può ipotizzare che Juhl giunga alla soluzione finale dell’involucro nell’autunno del 1951, in quanto Fig. 51 mostra la copertura della facciata sud coerentemente con la variante della galleria.


Sala da pranzo (da “Das Werk”, 1953)



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Note

1 La prima tavola, risalente al 1946, fornisce informazioni sul lotto e sul sito di progetto. La villa si colloca originariamente nel lotto no. 240 di Nakskov, comune compreso nel Territorio di Riddersborg. La Fig. 20, dell’anno 1950, puntualizza che si tratta del lotto 240b e 240h. Oggigiorno questa nomenclatura non è più vigente. Vedi Schedatura dei disegni relativi a Villa Aubertin, Gruppo 0, Fig. 1. 2 Museo di Arte e Design di Copenhagen (DesignMuseum Danmark), vedi www.designmuseum.dk 3 Vedi nota no. 1 4 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990. 5 Dall’osservazione della prima tavola, si deduce che le dimensioni del lotto non sono ancora definite: una versione propone un’area di dimensioni 53x60 metri, un’altra pari a 53x85 metri. Cfr. Fig. 1, Gruppo 0 6 Vedi Fig. 18, Schede del Gruppo 1. 7 Cfr Fig. 16, 17, 17.1, Schede del Gruppo 1. 8 La monografia su Juhl di E. Hiort riporta il 1952, in quanto anno di costruzione della Villa Aubertin. Un articolo del giornale danese Arkitekten del 1953 mostra fotografie della villa realizzata. La pianta della dimora mostrata nella monografia è diversa da quella di Arkitekten. Quest’ultima è quella coerente con le fotografie e con la realizzazione. Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 98, 99; Juhl F., Eenfamiliehus ved Nakskov fjord, in “Arkitekten”, 55, 1953, pp. 13-16. 9 Vedi Hartung M., Finn Juhl at the Mobilia-Club, in “Mobilia, Special Edition”, 117, Aprile 1965. 10 Cfr. Capitolo sulla Casa di Finn Juhl. 11 Bing & Grøndhal è il nome originario dell’azienda di porcellane più famosa della Danimarca. Essa è tuttora esistente sotto il nome di Royal Copenhagen, attribuitole nel 1987, quando l’azienda viene accorpata all’impresa Royal Porcelain Factory, che al tempo rappresenta la sua maggiore concorrente. Il progetto di Juhl per la relativa sede commerciale in Piazza Amagertorv non è più ammirabile, in quanto il negozio è stato ristrutturato e modificato. Vedi Profilo biografico; sito ufficiale dell’azienda www.royalcopenhagen.com. 12 I due designers sono definiti “musical furniture designers” in quanto pare che entrambi avessero una forte passione per la musica ed assistessero talvolta agli stessi concerti. Vedi Salicath B., in “Dansk Brugskunst”, 1972, pp. 53-55. 13 Sven Markelius (1889-1972) è uno tra gli architetti svedesi più importanti del periodo moderno. Si ricorda in particolare modo per il piano urbanistico del secondo dopoguerra della città di Stoccolma e per essere uno dei fondatori dei primi CIAM del 1928. Egli partecipa all’Esposizione Internazionale di Stoccolma del 1930 nella sezione dedicata alle case popolari. All’epoca del concorso per la Camera delle Nazioni Unite, Markelius ha 61 anni ed è un architetto oramai affermato. Arnstein Arneberg (1882-1961) è allo stesso modo stimato tra gli architetti norvegesi più importanti del suo tempo. Essendo vissuto tra la fine del XIX e la metà del XX secolo, è portavoce dello stile neo romantico presente in Scandinavia in quel periodo. Il municipio di Oslo è tra le sue opere più celebri ed è in collaborazione con Magnus Poulsson. Al momento della gara con Markelius e Juhl, Arneberg ha 68 anni ed è il più anziano dei tre concorrenti. Paradossalmente Juhl, il più giovane e con minore esperienza lavorativa, è colui che vince la gara e si aggiudica l’incarico. Vedi Rudberg E., Sven Markelius, Architect, Stoccolma, 1989; Donnelly M. C., Architecture in the Scandinavian Countries, 1992; Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, p. 18. 14 All’epoca, Finn Juhl ha solo 38 anni e non ha mai ricevuto prima di allora un incarico pubblico di tale entità. Si dice che l’elezione possa essere influenzata dal legame di amicizia che vi è tra Juhl ed Edgar Kaufmann, Jr. Egli, secondo Hiort, avrebbe, assieme all’americano Abel Sorensen, espresso tale preferenza in sede di gara, in modo da favorire l’amico danese. Cfr Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, p. 18. 15 Kaufmann E., Jr., Juhl F., Good design ’51 as seen by its director and by its designer, in “Interiors”, 1951, pp. 100-103. 16 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp. 14, 15. 17 Le schede del Gruppo 0 illustrano le analisi condotte da Juhl riguardo al sito di progetto. Il lotto presenta un terreno in pendenza verso sud con punto più alto pari a 4,50 metri sopra il livello del mare e punto più basso uguale a 2,00 metri. Esso è inoltre attraversato da fognature e dalla linea di massima pendenza del terreno. La prima tavola (Fig. 1) mostra la didascalia lejelanden Nabogrund che sta a significare “altro appezzamento di terreno in affitto”. Ciò potrebbe significare che il Sig. Aubertin voglia espandere la sua proprietà e, osservando Fig. 3 e Fig. 71 che mostrano un lotto di dimensioni maggiori di quello iniziale, si potrebbe ipotizzare che ci sia riuscito. Cfr Schedatura dei disegni relativi a Villa Aubertin. 18 Essa è definita sala polifunzionale, Mehrzweckhalle, nella rivista “Das Werk” del 1953. Cfr Wohnhaus in Nakskov, Dänemark, in “Das Werk”, 40, 1953, pp. 141-144. 19 La monografia di Hiort sostiene che si tratti di terracotta, mentre i disegni originali riportano la didascalia “Ölandssten” che starebbe ad indicare un tipo di pietra dell’isola di Öland. L’isola di Öland è conosciuta per la presenza di pietre calcaree, dunque si presume che l’autore si riferisca a queste. Vedi Fig. 70, Schedatura dei disegni relativi a Villa Aubertin; Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp. 98, 99, 100. 20 La rivista Das Werk sostiene, riguardo l’utilità del volume aggiunto: “Es dient der Familie zum gelegentlichen einzelnen Aufenthalt der Eltern oder Kinder und zeugt von dem typisch nordischen freiheitlichen Familiensinn.”


239 “Esso serve alla famiglia in caso di soggiorno occasionale o dei genitori o dei figli, e testimonia la tipica libertà nordica dello spirito familiare.” Ciò testimonia il fatto che si potrebbe trattare di una dépendance. Cfr. Wohnhaus in Nakskov, Dänemark, in “Das Werk”, 40, 1953, p. 142. 21 La rivista Das Werk del 1953, in un articolo inerente all’abitazione, sostiene che il volume di ampliamento abbia funzione di atelier. La pianta allegata al testo identifica infatti il garage come atelier o studio del Sig. Aubertin, e la sala adiacente come soggiorno. I disegni originali tuttavia non confermano che si tratti di un atelier, bensì indicano tale ambiente come posto auto del Sig. Aubertin. 22 Il primo documento che raffigura il volume è datato 18 Gennaio 1951. Tuttavia si ipotizza che la versione finale sia raggiunta intorno al 1952. Cfr Fig. 27, 36, 72, Schedatura dei disegni relativi a Villa Aubertin. 23 In alcuni elaborati Juhl definisce dépendance l’ipotetica zona giorno e l’altra garage. Si presuppone che egli voglia utilizzare una zona come area ricreativa e l’altra come ambiente più tecnico e funzionale. A sostegno di questa tesi, Fig. 83, 86, 88 ed 89 mostrano il disegno sommario di sedute nell’ipotetica zona giorno. La monografia di Hiort sostiene che il volume di ampliamento abbia o la funzione di stanza ricreativa, hobby room, o di camera per gli ospiti. I disegni originali tuttavia non riportano nessuna didascalia inerente all’ipotesi di Hiort. Cfr Schedatura dei disegni relativi a Villa Aubertin. 24 Si nota che la posizione della caldaia è variata. Cfr Fig. 19 e 23. 25 Vedi Fig. 24, Gruppo 1, Schedatura dei disegni relativi a Villa Aubertin. 26 Tre documenti conservati nell’archivio della Biblioteca Reale di Copenhagen dimostrano che la progettazione del giardino della villa Aubertin è a cura di Carl Theodor Sørensen. La monografia e gli articoli inerenti all’abitazione non citano tuttavia la collaborazione con Sørensen. I suddetti documenti sono autografi di C. Th. Sørensen e risalgono al 28 Febbraio 1951, con rettifica del 2 Marzo dello stesso anno. Essi raffigurano planimetrie generali, in scala 1:2000, con quote e didascalie ed illustrano il progetto della villa in maniera analoga agli elaborati del terzo progetto. Carl Theodor Sørensen (1893-1979) è considerato uno degli architetti del paesaggio più importanti del XX secolo e del movimento moderno. Professore alla Reale Accademia di Belle Arti di Copenhagen, istituto frequentato da Juhl al tempo in cui è studente, Sørensen è ricordato soprattutto per aver progettato il primo parco di avventure al mondo, situato a Emdrup, quartiere nella città di Copenhagen, nel 1940. Vedi Andersson S., C. Th. Sørensen landscape modernist, Copenhagen, 25 Settembre 2001. 27 Le immagini dell’articolo del giornale Das Werk, del 1953 mostrano il giardino della Villa, coerentemente con il progetto di C. Th. Sørensen. Vedi Wohnhaus in Nakskov, Dänemark, in “Das Werk”, 40, 1953, pp. 141-144. 28 Fig. 20, risalente al Luglio 1950, mostra tuttavia che il lotto termina prima dell’incrocio tra Strandvej e Rosnæsvej. Ciò potrebbe significare che il Sig. Aubertin sia riuscito in seguito ad espandere la propria proprietà, in quanto gli elaborati del Novembre 1950 rappresentano la versione definitiva. Cfr. Schedatura dei disegni relativi alla Villa Aubertin. 29 Cfr Fig. 71, 72, Gruppo 3, Schedatura dei disegni relativi alla Villa Aubertin. 30 Vedi Profilo biografico. 31 Il Tavolo Kaufmann, collocato nel soggiorno della villa, di fronte al divano, è un modello del 1945 in legno di noce e di quercia. Vedi Hansen I., Sørensen H., Finn Juhl by Onecollection, Copenhagen, 2015. 32 Fratelli E., Finn Juhl: architect and designer, in “Zodiac”, 1959, pp. 106-110. 33 L’autore, introducendo gli argomenti trattati nel numero della rivista, sottolinea che tra gli esempi di architettura proposti, quello di Juhl è il più interessante. Vedi Wohnhaus in Nakskov, Dänemark, in “Das Werk”, 40, 1953, p. 142. Trad. a cura dell’autore. 34 Vedi Wohnhaus in Nakskov, Dänemark, in “Das Werk”, 40, 1953, p. 143. Trad. a cura dell’autore. 35 Cfr. Wohnhaus in Nakskov, Dänemark, in “Das Werk”, 40, 1953, p. 144. Trad. a cura dell’autore. 36 Cfr. www.degulesider.dk 37 Testimonianza orale dell’odierna proprietaria della Villa Aubertin. 38 Cfr. Fig. 24.8 e 24.9, Schedatura dei disegni relativi a Villa Aubertin. 39 Il terreno dei Sig. Lenskjold è circa 1730mq; mentre quello dei Sig. Andersen e Christensen 920mq. 40 Si ipotizza che il negozio appartenga ai proprietari dell’originale dépendance, in base alla didascalia presente sul campanello della residenza dei Sig. Andersen e Sig.ra Christensen. Essa infatti riporta: “Ancon Trading I/S”, allo stesso modo del titolo del negozio di fronte. 41 L’estensione verso nord-est potrebbe essere pari a 25 metri, come si ipotizza in Fig. 1; mentre l’estensione verso nord-ovest non è quantificabile. 42 Si può affermare che le tavole non siano anteriori agli elaborati del Gruppo 0, presumibilmente risalenti al 1946. Il Gruppo 0 è infatti formato da documenti propedeutici e sussidiari alla progettazione della villa, che denotano un’analisi accurata del sito. 43 I documenti del 1946 (Fig. 1, 2, 3, 4) riguardano soprattutto l’intorno dell’abitazione. 44 Cfr Fig. 1, 2 e 3 del Gruppo 0 e Fig. 5, 6, 7, 7.1, 8, 9, 10, del Gruppo 1. 45 Non essendo stato possibile consultare l’elaborato all’Archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen, si può ammirare in Sommer A. L., Watercolors by Finn Juhl, a cura di Designmuseum Denmark, Copenhagen, 2015.


240 46 Il corpo centrale aggettante si vede già in piante sommarie precedenti come Fig. 7, 7.1, 8, 9, 10, 18. 47 Si presume che l’istituto tecnico, di cui si parla nell’intestazione, sia quello di Nakskov. Tuttavia è una supposizione in quanto non ci sono nella tavola ulteriori informazioni a conferma dell’ipotesi. 48 Golf radiatorer significa letteralmente “radiatori “Golf ”.Trattandosi dell’impianto di riscaldamento dell’abitazione, si può presumere che si voglia indicare la posizione dei radiatori. 49 In Fig. 1 si nota già che il lotto, di 53x60 metri, presenta un’estensione di 25 metri, disegnata a matita. Anche Fig 3 prevede un lotto maggiore di quello di Fig. 20. 50 Sono rappresentate in realtà solo facciate della Villa Aubertin. 51 Marianne Riis- Carstensen inizia a lavorare nell’ufficio di Nyhavn intorno al 1950. 52 Si ipotizza che Juhl si riferisca al parquet del Sig. Aubertin in quanto egli è un imprenditore di legnami. 53 Articoli dell’epoca mostrano foto della cucina così come rappresentata in Fig. 25 e 25.1. Vedi Juhl F., Eenfamiliehus ved Nakskov fjord, in “Arkitekten”, 55, Danimarca, 1953, pp. 13-16; Juhl F., Wohnhaus in Nakskov, Dånemark, in “Das Werk”, 40, Maggio 1953, Vienna, pp. 141-144; Fratelli E., Finn Juhl: architect and designer, in “Zodiac”, 1959, pp. 106-110. 54 Oggigiorno il divano è definito Væghængte sofa, ossia “Divano a Muro”. Vedi www.finnjuhl.com. 55 Vedi il capitolo sulla progettazione della camera da letto, Soveværelsets indretning, del libro dell’architetto. Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, 1954, pp. 52, 53. 56 Il tappeto è visibile anche in alcune fotografie dell’epoca. Tuttavia le fotografie del tempo sono in bianco e nero e non rivelano i colori originari degli arredi. Oggigiorno la casa non rispecchia il progetto originale, realizzato da Finn Juhl. Essa ha subito trasformazioni, effettuate da parte degli odierni proprietari, perciò alcuni elementi non sono più riconoscibili. Vedi Wohnhaus in Nakskov, Dänemark: Finn Juhl, in “Das Werk”, Vol. 40, 5, Maggio 1953, Zurigo, p. 143. 57 Ad eccezione di Fig. 80 che è datata 16 Marzo 1951. 58 Vedi Hiort E., Finn Juhl, Furniture, Architecture, Applied art, 1990, p. 99. 59 Erling Bo Cock-Clausen (Copenhagen 1920-2012) è un architetto danese che all’epoca collabora con Finn Juhl. Così come Finn Juhl, egli frequenta l’Accademia di Belle Arti di Copenhagen. Dopo essersi laureato, Cock-Clausen apre la propria società architettonica indipendente assieme a Peter Brodersen. Questa si chiama Cock-Clausen & Brodersen Arkitektfirma A/S. Egli collabora con Juhl soprattutto per quanto riguarda il progetto per la compagnia aerea SAS. Cfr. Capitolo biografico. 60 L’azienda danese Chr-Jørgensen è attiva dal 1923, perciò è plausibile che Juhl si riferisca a questa. Vedi www.chr-joergensen.dk 61 Gli anni Cinquanta sono anni di successo nella carriera di Juhl in quanto egli riceve numerose commissioni. Oltre al progetto di Villa Aubertin, Juhl è impegnato con la casa estiva della Sig.ra Anthon Pedersen ad Asserbo (1950), con la progettazione degli arredi per la ditta Bovirke (1952-64) e con altri progetti internazionali tra cui la progettazione di interni della Camera delle Nazioni Unite di New York (1951-1952). Vedi Hiort E., Finn Juhl, Furniture, Architecture, Applied art, Copenhagen, 1990. 62 Vedi Analisi critica del metodo progettuale e dell’architettura di Juhl.






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Residenza Estiva, Nyvej 7, Asserbo

La residenza estiva occupa il lotto numero 7bc su Nyvej ad Asserbo1, località di villeggiatura vicino alla costa nord-ovest della Zelanda e distante 60 km dal centro di Copenhagen. L’abitazione ha impianto architettonico a “T” di area 168 mq, ed è posizionata in un terreno di 9.600mq. Al fine di ricostruire la storia di questa architettura si fa affidamento a distinte fonti tra cui la monografia su Finn Juhl di Esbjørn Hiort2, i disegni originali conservati nell’archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen3 e la testimonianza orale del nipote della originaria proprietaria, Sig.ra Johanne Elise Anton-Petersen4. La dimora è commissionata da Johanne Elise, ovvero la Sig.ra Anton-Petersen, la cui figlia, Edith Kjærgaard, studia assieme a Juhl alla Reale Accademia delle Belle Arti di Copenhagen5. Johanne Elise è figlia di un ricco ed importante droghiere del territorio del Thisted6, a nord dello Jutland: il Sig. Købmand A. N. Kjærgaard. La famiglia da cui discende è di origine benestante, al punto da ricevere la partecipazione ad una festa sull’imbarcazione della Famiglia Reale, organizzata il 6 Agosto 1908, dal Re e dalla Regina della Danimarca7.

Il progetto di Asserbo rappresenta la casa di villeggiatura della famiglia Anton-Petersen, composta dal Sig. Hans Ludvig Anton-Petersen, dalla seconda moglie Johanne Elise e dai rispettivi figli8. I documenti relativi alla casa, conservati nell’archivio del Museo di Arte e Design, sono costituiti da 4 disegni. Le fonti sono datate a partire dall’anno 1946, in cui si ha anche il primo elaborato inerente alla Villa Aubertin, al 1950, un anno prima del successo negli Stati Uniti d’America9. Gli anni che vanno dal 1946 al 1950 sono di cambiamento sia nella storia della Danimarca che nella carriera di Finn Juhl: da un lato si assiste alla fase di ricostruzione del secondo dopoguerra, dall’altro all’ascesa professionale dell’architetto10. In Danimarca, dal primo dopoguerra al termine della Seconda Guerra Mondiale, lo Stato è impegnato a bandire concorsi, allestire mostre e promuovere manifestazioni artistiche, al fine creare un gruppo di artisti, artigiani, aziende, designers ed architetti in grado di progettare prodotti utilitari di alta qualità, sia dal punto di vista estetico che tecnico e funzionale11. Conseguentemente Finn Juhl acquisisce sempre più


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successo e popolarità e molti dei suoi modelli iconici di arredamento risalgono a tale periodo, come la Sedia del Capo, o la Sedia Egiziana12. Inoltre l’architetto è coinvolto nella questione casa del secondo dopoguerra e nel 1945 scrive un articolo sulla rivista Arkitekten, sostenendo: “Den enkelte Bolig eller Lejlighed er nemlig ikke den lille Detail, den er Udgangspunktet. (…) Min Mening er den, at Boligen er et saa vigtigt Produkt, med Investering af saa store Midler, offentlige som andre, at man ikke kan svigte sin Pligt over for Forbrugeren til at forklare ham Brugen af Varen.” “La singola abitazione o appartamento non è il piccolo dettaglio, bensì il punto di partenza. (…) La mia opinione è che la casa è un prodotto così importante, dato l’investimento di fondi, sia pubblici che privati, che non si può (riferendosi ai progettisti) non dedicarvi tempo ed i giusti prodotti nella progettazione13” Tali fattori potrebbero avere influito nella progettazione della Residenza Estiva di Asserbo. Nel 1943 la Sig.ra Anton-Petersen compra tre lotti di area totale pari a 9.600 mq, per il valore di 15.000 DKK, ma l’opera viene rinviata a causa della guerra14. L’inizio dei lavori di costruzione tuttavia risale all’anno 1950, e la copertura della dimora viene terminata nel Giugno dello stesso anno. L’anno di conclusione dei lavori è il 195015. Il primo dei pochi disegni pervenuti è del 15 Agosto 1946, tuttavia è plausibile che l’architetto avesse prodotto ulteriori disegni precedentemente, in quanto la tavola è la numero undici e mostra il progetto della residenza in modo dettagliato. La prima fase di progettazione è connotata dalla presenza di un’ipotesi diversa sia dal primo che dal secondo progetto, in seguito realizzato16. Tale ipotesi, elaborata nell’Agosto del 1946, mostra un approccio più tradizionale e meno innovativo rispetto a quelli adottati per le altre architetture residenziali17.

La posizione della residenza nel lotto è l’unico elemento invariato rispetto agli elaborati successivi. Né pianta né facciata libera sono visibili nel progetto del 1946, bensì una partizione convenzionale degli spazi interni, disposti su due livelli, facciate e copertura in linea con la tradizionale casa rurale danese18. La struttura massiccia, la volumetria poco slanciata, e l’imponente copertura a falde inclinate potrebbero essere elementi che Juhl eredita dal suo primo periodo sotto la guida del maestro Kay Fisker19. Secondo quanto sostiene E. Gentili: “Il movimento moderno fu accolto, nei paesi scandinavi, più tardi che altrove, intorno al 1930. (…) Le caratteristiche dell’antica casa rustica danese si configurano nel corso dei secoli in risposta alle esigenze ambientali, sia di clima che di paesaggio: i tetti fortemente inclinati, per resistere al peso della neve, alle infiltrazioni della pioggia, spesso tagliati a cuffia, a riparo dal vento, venivano coperti da una coltre di fieno e paglia che, infittita dal muschio, isolava anche dall’intenso freddo invernale. (…) Le finestre frequenti (per usufruire al massimo della scarsa luce invernale) spesso munite di doppi vetri, sottolineano l’andamento orizzontale della costruzione, insieme al disegno dell’intelaiatura di legno, che veniva verniciata in nero, in contrasto coi muri di mattoni dipinti di bianco. Intorno alle case crescono alberi antichi di generazioni, la cui costante presenza all’interno dell’abitato fa parte del paesaggio e risponde all’amore per la natura, tipico dei popoli nordici.20” Inoltre è probabile che Finn Juhl sia influenzato da altri progetti residenziali ad Asserbo, anch’essi in continuità con la casa rustica tradizionale. L’architetto Mogens Black-Petersen21 progetta una residenza estiva ad Asserbo nell’anno 194122. Essa presenta alcuni caratteri in comune con l’ipotesi del 1946 di Finn Juhl, come la copertura inclinata in laterizio con struttura lignea, le aperture in facciata e


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la canna fumaria svettante. Allo stesso modo il progetto della casa rustica estiva dell’architetto Poul Holsøe23 ad Asserbo dimostra analogie, come il tetto a falde inclinate ed il rivestimento in doghe di legno verticali, con la prima versione del progetto di Asserbo, mentre si distingue per le citazioni storiciste riconoscibili in alcuni elementi architettonici24. Tuttavia l’ipotesi iniziale della dimora viene abbandonata circa quattro anni dopo, quando si hanno gli elaborati di quello che si potrebbe definire “secondo progetto” ossia la versione più simile a quella definitiva. Il terzo progetto, quello effettivamente realizzato, è poco successivo al secondo in quanto uno risale al 17 Marzo 1950, l’altro al 26 Marzo dello stesso anno. La versione finale risulta più semplice e regolare di quella del 17 Marzo ma non è del tutto discordante. La dimora giace su un vasto terreno incontaminato, in una posizione scenografica, ed ha impianto planimetrico semplice e concepito con cura. Al riguardo, E. Hiort infatti sostiene: “The floor plan, as always in Finn Juhl’s houses, is clear and carefully conceived.25” L’abitazione presenta un’ala più bassa, in cui sono disposti gli ambienti che affacciano sul fronte nord quali il foyer, il bagno, la cucina con ripostiglio, la camera dei bambini, la camera degli ospiti, la stanza della governante, il posto auto; ed un corpo maggiore, rivolto a sud, in direzione del giardino, ospitante il grande soggiorno, la terrazza, la camera da letto della Sig.ra Anton-Petersen, il bagno e la seconda stanza degli ospiti26. A differenza del secondo progetto27, la versione finale mostra il posto auto all’esterno, inquadrato dalla parete esterna della camera della governante e dal fronte meridionale dell’ala minore. L’accostamento dei due volumi genera una copertura singolare: il minore presenta tetto quasi piano, mentre il maggiore una falda inclinata, per cui all’incrocio dei due corpi si ha una serie di finestre ad asola, disposte

sul fronte settentrionale dell’ala maggiore, che illuminano naturalmente la sala da giorno, alla stessa maniera del progetto per la Villa Aubertin28. Il nucleo centrale dell’abitazione è la zona giorno: un vasto ambiente, dal soffitto alto con travi a vista, che ospita il soggiorno e la sala da pranzo, e dotato di una terrazza con camino, utilizzabile sia dall’interno che dall’esterno, che corrisponde ad un quarto dell’intera vetrata sul giardino. Grazie alla luce che entra dalle aperture in alto e dalla terrazza, il soffitto della sala giorno è illuminato uniformemente durante il giorno e ciò rende la stanza, rivestita con impiallacciatura di legno di betulla29, chiara e luminosa. La casa è realizzata interamente in legno, probabilmente di betulla30. Il legno è utilizzato sia per la struttura portante che per il rivestimento interno ed esterno in doghe verticali ed orizzontali. La maggior parte della pavimentazione e degli arredi interni sono anch’essi in legno; ad eccezione del pavimento della veranda, della cucina, del ripostiglio e del bagno accanto all’ingresso, che sono invece in mattone giallo. A differenza della versione iniziale del 1946, l’impianto planimetrico è moderno e funzionale, nonostante la dimora, confrontandola con le altre architetture residenziali progettate da Finn Juhl, risulti la più vicina ai canoni tradizionali della casa rustica danese, soprattutto per quanto concerne l’uso di materiali locali. Dapprima la Sig.ra Anton-Petersen non chiede a Juhl di progettare gli arredi dell’abitazione, ma in seguito è convinta dall’architetto del contrario. I letti a castello della camera dei figli, i ripiani della cucina, il divano, le lampade31, il tavolo da pranzo sono infatti pezzi autografi, che Juhl progetta appositamente per la Residenza Estiva ad Asserbo. Alcune fotografie mostrano la dimora poco dopo la realizzazione: all’interno appare quasi del tutto spoglia e gli unici arredi ritratti sono il tavolo da pranzo, con rispettive sedute, e la lampada a sospensione del soggiorno.


Fotografia dell’abitazione scattata nel 1950, a fine dei lavori di costruzione (da Peter KjÌrgaard-Petersen, 2017)


Disegni di altre residenze ad Asserbo progettate da architetti danesi contemporanei a Finn Juhl. Dall’alto verso il basso: progetto di Mogens Black-Petersen; prospetti e planimetria della dimora di Poul Holsøe (dall’archivio online di di Danmark Kunstbibliotek)


Ritratti dei committenti: la Sig.ra Petersen, Johanne Elise, ed il Sig. Hans Ludvig Anton-Petersen (da Peter KjĂŚrgaard-Petersen, 2017 )


Lettere di invito ad un banchetto reale, tenutosi il 6 Agosto 1908, per la famiglia di Johanne Elise KjĂŚrgaard, da parte del Re e dalla Regina di Danimarca (da Peter KjĂŚrgaard-Petersen, 2017 )


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All’esterno essa appare circondata da alberi ad alto fusto e rivestita in doghe di legno orizzontali di colore scuro, in contrasto con gli infissi chiari32. Oggigiorno la dimora appartiene al nipote della originaria proprietaria, Sig. Peter Kjærgaard-Petersen, il quale vi soggiorna occasionalmente assieme alla seconda moglie, Natalia Fedorova33. Egli la eredita dalla madre nel 2001 e inoltre acquista, assieme alla sua prima moglie, Anne-Louise, la villa a Hillerød del Sig. Søren Georg Jensen, progettata da Peder Vilhelm Jensen-Klint34. Il terreno ha mantenuto l’originaria conformazione, ma sul confine sud del lotto si ha più vegetazione, in modo da schermare la casa dalla proprietà adiacente. Per quanto possibile, la dimora è rimasta coerente con il progetto originale. Le uniche modifiche effettuate sono di natura funzionale e manutentiva e risalgono agli anni 1995, 2002 e 2008. Nell’ala minore la stanza degli ospiti nel 2008 viene ampliata per fare spazio all’atelier della seconda moglie35; nel 2002, la camera della governante diventa il vestibolo del garage, che riprende l’assetto del secondo progetto; e, nel 1995, slegato dall’abitazione, viene costruito un ulteriore volume con funzione di garage. Nel 2002, anche il fronte settentrionale subisce una modifica, in quanto la tettoia viene allargata, in modo da potervi parcheggiare le automobili del Sig. Peter. Sia l’ampliamento dell’atelier che il nuovo volume non sono elementi architettonici di rottura con la preesistenza36, bensì coerenti con i caratteri e la maniera di progettare di Finn Juhl. Il garage è interamente in legno, rivestito con doghe ad andamento orizzontale, e serve a custodire le tre auto d’epoca marchiate BMW, che il Sig. Kjærgaard-Petersen colleziona. L’atelier della Sig.ra Natalia è anch’esso in legno e presenta delle aperture analoghe a quelle in alto nel soggiorno, che permettono perciò un’illuminazione naturale. Gli altri ambienti interni sono rimasti intatti e nella zona giorno è tuttora ammirabile il divano ed il tavolo

da pranzo progettati dall’architetto37.


Le automobili collezionate da Peter (da Peter KjĂŚrgaard-Petersen, 2017 )


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Gruppo 1 (anno 1946)

Le schede del Gruppo 1 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. Essendo il Gruppo 1 composto da un solo disegno e corrispondente alla tavola numero 11, è verosimile che vi fossero altre dieci tavole, oggi andate perdute. L’elaborato descrive il progetto del 1946.

“HUS I ASSERBO, FOR, FRAU ANTON PETERSEN MATR. NR. 7bc, KARSEMOSE BY, VINDERØD SOGN.” “CASA A ASSERBO, PER LA SIG.RA ANTON PETERSEN MATR. NR. 7bc, KARSEMOSE PRESSO VINDERØD SOGN.” (Fig. 1) Planimetria generale in scala 1:500; prospetti, piante e sezioni della residenza in scala 1:100, con quote e didascalie. Finn Juhl, 15 Agosto 1946; china su carta da lucido, 60x42; tavola numero 11; inventario B65. L’intestazione rivela il nome del committente ossia la Sig.ra Anton Petersen, sorella della compagna di Juhl alla Reale Accademia di Belle Arti di Copenhagen38. La tavola illustra un progetto della casa diverso sia da quello raffigurato in elaborati posteriori, sia dalla realizzazione. Si tratta di un’ipotesi iniziale che, per ragioni sconosciute, viene abbandonata quattro anni dopo e si suppone fosse corredata da una serie di disegni, di cui Fig. 1 è la undicesima tavola. Il lotto è conforme a quello del progetto realizzato e le informazioni fornite sulla collocazione della villa sono veritiere. Essa è situata su Nyvej ed è accessibile da un viale privato, Privat vej, di larghezza pari a 8 metri. La strada si trova ad Asserbo, paese appartenente al territorio di Karsemose, presso Vinderød Sogn, una città satellite nella Zelanda settentrionale. Il numero civico dell’abitazione è indicato con la didascalia “Matr. Nr. 7bc”. L’ampio terreno su cui è situata la villa è di tipo pianeggiante, Beliggenhedsplan, ed è dotato di un boschetto a nord che la ripara dalla strada principale. L’abitazione ha impianto planimetrico rettangolare piuttosto convenzionale e consta di un piano terra, un piano rialzato ed un piano interrato. L’ingresso principale è sul fronte nord e conduce, attraverso un corridoio, Forstue, dotato di un guardaroba, Garderobe, ad ovest ad una grande sala da giorno con camino, Opholdsstue, da cui si raggiunge anche la sala da pranzo, Spisestue, e la camera da letto maggiore, Soveværelse; mentre ad est ad un bagno e alla cucina, Køkken e alle scale del piano interrato, con funzione di dispensa. I due percorsi si incrociano in un ambiente di distribuzione detto Anretning. Dalla camera da letto maggiore è possibile accedere alla stanza del figlio, Barneværelse; mentre la stanza della governante ha l’ingresso indipendente sul fronte orientale. Sia la facciata settentrionale che quella meridionale presentano una pavimentazione esterna in mattoni gialli, Gule mursten i Sand.


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L’ampio soggiorno è costituito da un doppio volume e comprende le scale che vanno al soppalco, Balkon i Opholdsstue, che distribuisce agli ambienti del piano superiore. La pianta del primo piano dunque non ricopre l’intera superficie del piano terra ed è composta da: una stanza per gli ospiti, due ulteriori camere da letto, un ripostiglio, Koffertr., ed un corridoio, che funge da stanza armadio e conduce ad un altro bagno. Il corridoio ed il bagno sono illuminati naturalmente, in quanto sono dotati da tre lucernari quadrati. Il fronte sud è caratterizzato da una tettoia sorretta da pilastri alti 2,20 metri, che supportano gli ambienti del piano superiore. Pare che Juhl nella copertura a due falde, con diversa inclinazione, voglia dare una personale reinterpretazione del tetto in struttura lignea tipico dell’architettura vernacolare danese. Il progetto è molto diverso dalle architetture residenziali di Juhl, in quanto più tradizionale e meno innovativo. L’abitazione non ha pianta libera, bensì presenta una rigida separazione degli ambienti interni ed una gerarchizzazione delle facciate, anziché facciata libera.


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Gruppo 2 (anno 1950)

Le schede del Gruppo 1 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. Gli elaborati rappresentano un progetto del 1950, diverso sia da quello dell’anno 1946, illustrato nel Gruppo 1, sia da quello realizzato. Si potrebbe definire “primo progetto” in quanto, nonostante sia differente dalla costruzione, presenta elementi comuni alla versione finale.

“FRAU ANTON PETERSEN’S HUS I ASSERBO” “CASA DELLA SIG.RA ANTON PETERSEN AD ASSERBO” (Fig. 2) Planimetria in scala 1:1000, pianta, sezione, prospetti in scala 1:100, assonometria, con quote e didascalie. Finn Juhl, 17 Marzo 1950, china su lucido, 32x64, tavola numero 12, inventario B65. Nonostante il numero di tavola sia il successivo di Fig. 1, le tavole non sono relazionate, in quanto raffigurano progetti discordanti e Fig. 2 risale a quattro anni dopo. Il progetto di Fig. 2 è più simile a quello della versione finale e della realizzazione. Il lotto ed il numero di matricola sono i medesimi di Fig. 1. Lo schema planimetrico e la volumetria sono invece differenti dal progetto del 1946. La residenza ha impianto a “T” ed è composta da due corpi: una stecca, su cui è collocato l’ingresso principale, l’atrio, la stanza del figlio, la stanza degli ospiti, la cucina, il retrocucina, la camera della governante ed il garage; ed un volume più grande a pianta rettangolare con il soggiorno, un’altra camera degli ospiti, una cameretta, la stanza della Sig.ra Petersen ed una terrazza che affaccia sul giardino. La casa è dotata solamente del piano terra. La copertura è differente da quella del progetto del 1946 (Fig. 1). L’ala minore presenta una copertura in lieve pendenza, mentre il corpo maggiore una falda inclinata. Analogamente a Villa Aubertin, all’incrocio tra le due coperture si ha una serie di finestre ad asola che consentono al soggiorno di essere illuminato naturalmente. Il grande soggiorno con camino, la veranda antistante, la stanza del figlio, le camere degli ospiti e quella della Sig.ra Petersen non subiscono sostanziali modifiche dalla versione finale. Dal disegno delle facciate si intuisce che le pareti sono rivestite in doghe di legno, analogamente a quanto realizzato. Il fronte sud presenta ampie vetrate per offrire la vista sul giardino antistante e ricevere luce solare all’interno. Il grande soggiorno è l’elemento peculiare di questa architettura. Esso ha copertura lignea con travi a vista e finestre ad asola sulla parete settentrionale, che offrono luminosità all’ambiente. La terrazza dinnanzi al soggiorno, dotata di pavimentazione differente da quella interna, è caratterizzata da un grande camino comunicante con la sala interna. Il fronte nord presenta una tettoia che poggia su esili pilotis. La facciata orientale garantisce l’ingresso al garage, destinato al parcheggio di automobili e biciclette.


Gruppo 3 (anno 1950)

Le schede del Gruppo 1 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. Le schede illustrano i disegni del “secondo progetto”, che corrisponde alla versione finale realizzata.

“FRAU ANTON PETERSEN’S HUS I ASSERBO 1:50” “CASA DELLA SIG.RA ANTON PETERSEN AD ASSERBO, SCALA 1:50” (Fig. 3) Pianta del piano terra e prospetto sud, in scala 1:50, con quote e didascalie. Finn Juhl, 26 Marzo 1950, china su lucido, 43,4x62,4, tavola numero 13, inventario B65. Il progetto è coerente con la versione definitiva e la realizzazione. Esso è diverso sia dal progetto del 1946 (Fig. 1) che da quello poco anteriore, risalente ugualmente a Marzo 1950. L’impianto planimetrico viene regolarizzato: la pianta a “T” presenta il corpo annesso all’incirca in mezzeria, anziché spostato verso ovest, asimmetrico, come in Fig. 2. L’ingresso principale è, analogamente a Fig. 1 e 2, sul fronte settentrionale, ma l’atrio è di dimensioni maggiori di quello di Fig. 1 e presenta la stessa pavimentazione della cucina e del retrocucina, che hanno conformazione differente. Laddove nel primo progetto si ha il bagno, ora vi è una dispensa; mentre il bagno è spostato ad ovest, in prossimità della camera del figlio e degli ospiti, che invece sembrano non subire sostanziali modifiche. La parete meridionale della cucina e dell’atrio è dotata di una serie di armadi a muro con funzione di ripostiglio, che non sono presenti nella versione del 17 Marzo. La camera della governante è nella stessa posizione di Fig. 2, ma il garage è differente, poiché non è un ambiente chiuso, bensì una veranda sotto la quale è possibile parcheggiare l’automobile39. Questa è formata dalla parete esterna della camera della governante e dal prolungamento della facciata sud dell’ala minore. Il grande soggiorno è raffigurato in maniera analoga a Fig. 2, ad eccezione della disposizione del divano. L’ingrandimento della cucina e dell’atrio fa in modo che scompaia l’alcova situata nella testata di una porzione di soggiorno, dove in Fig. 2 è collocato il divano. Nonostante gli impianti planimetrici siano simili, la conformazione del soggiorno di Fig. 3 risulta più lineare di quella di Fig. 2. Il camino è disposto nella medesima posizione di Fig. 2, ma l’aspetto esterno è leggermente differente in quanto presenta un’ulteriore apertura. La camera della Sig.ra Petersen presenta un’ulteriore finestra a sud, assente invece in Fig. 2. Il corridoio della zona notte è poco diverso da Fig. 2 ma conduce, anziché alla cameretta, ad un bagno. La seconda camera degli ospiti non ha più uscita verso l’esterno né verso l’atrio, bensì vi si può accedere soltanto dal corridoio della zona notte. Il fronte nord presenta la stessa tettoia su pilotis di Fig. 2. Dal disegno del prospetto si notano le medesime doghe in legno di Fig. 2. La grafica è più dettagliata di quella di Fig. 1 e Fig. 2.

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L’elaborato mostra il disegno in pianta degli arredi e la presenza di numerose quote e didascalie per cui si potrebbe trattare di un elaborato della fase esecutiva. La didascalia “Skodde bundhængt i vinduets overkarm fastholdes og bevæges af wire system” comunica che le tapparelle della finestra della camera della Sig.ra Petersen sono dotate di un sistema di scorrimento, progettato da Juhl stesso, che permette di spostarle. Ciò permette di affermare che Juhl non solo si occupi della progettazione della residenza ma anche sia attento ai relativi dettagli. La tavola presenta dei segni a china e degli strappi sui bordi. “FRAU ANTON PETERSEN’S HUS I ASSERBO 1:50” “CASA DELLA SIG.RA ANTON PETERSEN AD ASSERBO, SCALA 1:50” (Fig. 4) Prospetti nord, est, ovest e sezioni in scala 1:50, con quote e didascalie. Finn Juhl, 26 Marzo 1950, china su lucido, 42,6x61,8, tavola numero 14, inventario B65. Si ritiene che Fig. 4 sia relazionata a Fig. 3 in quanto: mostra prospetti coerenti con la pianta di Fig. 4, riporta la stessa data ed ha numero di tavola successivo. Analogamente a Fig. 3, la tavola è discordante con il primo progetto e con quello del 1946. I prospetti est e nord mostrano la variante del garage, descritta in Fig. 3. A differenza di Fig. 2, la facciata settentrionale ha una finestra in meno in prossimità della cucina; il portone di ingresso è specchiato e si ha una finestra in più, uguale a quelle della cucina, in prossimità del bagno. Il numero di pilotis della veranda coincide con quello della pianta di Fig. 3, diverso da quello di Fig. 2, in quanto sono 9 anziché 10. La copertura è simile a quella di Fig. 2 ma le finestre in alto, all’incrocio dei due corpi, sono 9 anziché 11. La facciata ovest è diversa da Fig. 2 in quanto non presenta uscite verso l’esterno ma solamente due finestre rettangolari con persiane, collocate in prossimità della seconda camera degli ospiti e del bagno. La tavola illustra una sezione e due prospetti interni della grande sala da giorno. Dalle didascalie si comprende che la copertura lignea è rivestita da due strati di Icopal, analogamente al tetto di Villa Aubertin, e si nota la stessa lampada a sospensione che Juhl utilizza nel soggiorno di quella casa40. Le didascalie dei prospetti interni precisano che le pareti interne del soggiorno sono in legno di betulla, Birke krydsfiner, che le tre porte sono in teak di colore scuro, e che il pavimento è in doghe di quercia dipinte di bianco. La descrizione corrisponde con le foto della realizzazione41. La tavola presenta segni a china sui bordi.





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Note

1 La località di Asserbo si trova a 4 km dal centro abitato di Frederiksværk ed appartiene al comune di Halsnæs. 2 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990. 3 Museo di Arte e Design di Copenhagen (DesignMuseum Danmark), vedi www.designmuseum.dk 4 Il nome di nascita della Sig.ra Anton-Petersen è Johanne Elise Kjærgaard. L’appellativo Anton-Petersen è riferito al coniuge, il Sig. Hans Ludvig Anton-Petersen. 5 Johanne Elise ha tre figli: Edith, Arne, padre di Peter Kjærgaard-Petersen, e Sven. La figlia Edith suggerisce alla madre di farsi progettare l’abitazione da Finn Juhl, in quanto erano colleghi alla Reale Accademia delle Belle Arti di Copenhagen. Le informazioni sono state fornite dal nipote di Johanne Elise, ovvero il Sig. Peter Kjærgaard-Petersen. 6 Comune danese compreso nella regione settentrionale dello Jutland. 7 Vedi immagini dell’invito ufficiale alla festa da parte del Re e dalla Regina di Danimarca, ottenuto dal nipote stesso della Sig.ra Anton-Petersen. Pp. 194. 8 Il Sig. Anton-Petersen ha quattro figli dalla prima moglie e la Sig.ra Anton-Petersen è madre di altri tre. In totale nell’abitazione soggiornano dunque nove persone, così quanti sono i posti letto raffigurati in pianta. Cfr. Schedatura dei disegni relativi alla Residenza Estiva di Asserbo. 9 Gli anni di progettazione coincidono all’incirca con quelli della Villa Aubertin a Naskov, che vanno dall’anno 1946 al 1953. Cfr Capitolo sulla Villa Aubertin. 10 Nel 1945 Finn Juhl apre il proprio studio di architettura a Nyhavn 33 e viene nominato Professore alla Scuola di Interni di Fredriksberg. Il progetto di interni per il negozio della Bing & Grøndahl risale al 1946 e quello per il fioraio Svend Schaumann al 1948. Nel 1947 viene premiato con la Eckersberg Medal e nel 1950 partecipa alla mostra Contemporary Danish Architetture di Londra. Cfr. Capitolo biografico di Finn Juhl. 11 Cfr. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 21-22; Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, 1954. 12 Cfr. Profilo biografico. 13 Vedi Juhl F., Løses lejighedens problemer i massebyggeriet?, in “Arkitekten Ugehefte”, 45, 1946, pp. 233, 246-247. Trad. a cura di Sidsel Olsen e dell’autore. 14 Secondo il racconto del nipote dell’originaria proprietaria, il Sig. Peter Kjærgaard-Petersen, il giorno della sua nascita, 8 Giugno 1950, la copertura era appena stata realizzata. 15 Si ipotizza che la casa venga conclusa nel 1950 ma che, come si nota dalle immagini fornite dal Sig. Kjærgaard-Petersen, in cui essa è mostrata spoglia all’interno, necessiti ancora di essere arredata. 16 Vedi Fig. 1, Gruppo 1, Schedatura dei disegni relativi alla Residenza Estiva di Asserbo. 17 Cfr Analisi critica del metodo progettuale e dell’architettura di Juhl. 18 Vedi E. Gentili, La casa rustica tradizionale, in “Abitare”, 1962, pp. 14-19. 19 Il progetto di Juhl del 1946 ricorda Villa Friis dell’architetto Kay Fisker, per alcuni elementi architettonici. Il progetto di Fisker risale al 1917 ed è collocato, similmente alla casa ad Asserbo, in un luogo di campagna scenografico, che in questo caso gode della vista sull’Oresund. La villa presenta impianto planimetrico regolare, tetto a due falde molto inclinate, camino imponente e volumetria massiccia, così come l’ipotesi del 1946 della Residenza Estiva ad Asserbo. Kay Fisker è inoltre professore di Finn Juhl alla Reale Accademia delle Belle Arti di Copenhagen e l’architetto stesso ammette di essere influenzato dal maestro, durante la sua fase creativa iniziale. Cfr. Capitolo biografico su Finn Juhl. Vedi www.faod.dk; Fisker. K, Contemporary Danish Architecture, Copenhagen, Gennaio 1957. 20 Le caratteristiche descritte nel saggio di Gentili ricordano l’ipotesi del 1946 della Residenza Estiva ad Asserbo, progettata da Juhl. Alcune di queste peculiarità, come ad esempio il rapporto con la natura e la presenza di ampie superfici vetrate, sono riscontrabili anche nelle altre versioni ed in generale costituiscono due caratteri identificativi dell’architettura residenziale dell’architetto. Vedi E. Gentili, La casa rustica tradizionale, in “Abitare”, 1962, pp. 14, 15. 21 Mogens Black-Petersen (1917-99) è un architetto danese conosciuto in particolare modo per la costruzione di numerose case unifamiliari e case a schiera, intorno agli anni Quaranta e Cinquanta del XX secolo. Dal 1942 al 1947 è il capo dell’ufficio di Kay Fisker, dal quale eredita l’attenzione per i materiali tradizionali e la progettazione di tipo funzionale. Vedi Enciclopedia dell’Arte della Danimarca online, www.kulturarv.dk 22 Cfr. Mogens Black-Petersen, Sommerhus i Asserbo, Inventario nr. 50351 a-b, archivio online della Biblioteca Reale di Copenhagen, www.kunstbib. dk. 23 Poul Holsøe (1873-1966) è un architetto danese, rappresentante del Comune di Copenhagen e considerato uno degli esponenti più notevoli del


263 neoclassicismo danese. Studente all’Accademia delle Belle Arti di Copenhagen, così come Finn Juhl, egli è anche membro del comitato di redazione della celebre rivista danese Arkitekten. È plausibile che Juhl conosca la figura di Holsøe e che sia influenzato dal suo progetto ad Asserbo, durante la fase iniziale di progettazione della residenza per la Sig.ra Anton-Petersen. Vedi Enciclopedia dell’Arte della Danimarca online, www.kulturarv.dk. Cfr. Holsøe P., Asserbo, sommerhus for hofjægermesterinde V. Beck, Inventario nr. 15802 a-j, archivio online della Biblioteca Reale di Copenhagen, www. kunstbib.dk. 24 Si nota la presenza di elementi classicisti in facciata, come colonne e decorazioni, assenti invece nelle architetture progettate da Finn Juhl. Le decorazioni in prossimità delle aperture della facciata presentano un disegno geometrico, formato da quadrati della stessa dimensione. La simmetria e la regolarità nella composizione della facciata sono elementi riscontrabili anche nelle architetture neoclassiche danesi dell’inizio del XX secolo. Cfr. Profilo biografico. 25 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, p. 102. 26 Si ipotizza che la camera degli ospiti e della governante venissero utilizzate per ospitare i figliastri della Sig.ra Anton-Petersen. 27 Il progetto del 17 Marzo mostra invece, nella stessa posizione, una stanza con funzione di garage. Cfr. Fig. 2, Schedatura dei disegni relativi alla Residenza Estiva ad Asserbo. 28 Il collegamento tra la galleria e la zona notte della Villa Aubertin presenta la medesima soluzione progettuale. Cfr. Capitolo sulla Villa Aubertin. 29 L’utilizzo di un materiale economico nel periodo del secondo dopoguerra induce a pensare che Juhl sia attento all’impiego delle risorse data la scarsità di materiali. Inoltre l’impiego del legno, sia per la struttura che per il rivestimento esterno, avvicina questa architettura al modello della casa rustica danese e ai metodi di costruzione tradizionali. 30 Non ci sono informazioni che lo precisano ma è possibile dedurlo dalle immagini dell’epoca e dalla visita alla residenza. La Fig. 3 presenta una didascalia in cui si specifica che le pareti del soggiorno sono in impiallacciatura di betulla. Vedi Schedatura dei disegni relativi alla Residenza Estiva ad Asserbo. 31 La lampada a sospensione del soggiorno è la medesima che Juhl utilizza anche in quello di Villa Aubertin. Essendo i due progetti all’incirca contemporanei, è plausibile che l’architetto sia influenzato da l’uno e dall’altro nelle rispettive fasi di progettazione. La lampada è uno dei primi arredi dell’abitazione in quanto è illustrata in alcune fotografie dell’epoca, ottenute dal Sig. Peter Kjærgaard-Petersen. Vedi immagine di copertina; cfr. Capitolo sulla Villa Aubertin. Vedi Fig. 3, 4, Schedatura relativa ai disegni della Residenza Estiva ad Asserbo. 32 La rappresentazione è coerente con Fig. 3 e 4 del Gruppo 2. Per quanto riguarda la cromia originale, il Sig. Peter Kjærgaard-Petersen racconta che la scelta di dipingere l’esterno dell’abitazione di un colore scuro è data dalla necessità di camuffare il materiale utilizzato. Lo Stato all’epoca impone infatti l’impiego di materiali di riciclo, dunque Juhl decide di colorare l’involucro esterno con la pece, per nascondere l’aspetto originale. Oggigiorno l’abitazione è verniciata all’esterno del medesimo colore nero della pece. Vedi Schedatura dei disegni della Residenza Estiva ad Asserbo. 33 Il Sig. Peter Kjærgaard-Petersen racconta che, prima che il padre, Arne, figlio di Johanne Elise, comprasse nel 1970 la parte appartenente al fratello Sven e alla sorella Edith, i figli utilizzavano l’abitazione saltuariamente. Dal 1970 al 1975, Peter vive costantemente nella dimora, in quanto è studente all’Università di Legge di Copenhagen e gli è utile come sistemazione, data la vicinanza. Dal 1975 Peter si trasferisce in un appartamento in affitto nel centro di Copenhagen e, in seguito alla morte del padre e della madre, nel 2001, egli è l’unico erede legittimo della Residenza di Asserbo. Dunque egli decide di tornare a vivere nella casa paterna a Taarnbaek assieme alla prima moglie e utilizzare occasionalmente la residenza di Asserbo, in quanto casa di villeggiatura. 34 La villa ad Hillerød è progettata dall’architetto danese Peder Vilhelm Jensen-Klint (1853-1930), autore della celebre Chiesa di Grundtvig, a nord di Copenhagen. Il Sig. Søren Georg Jensen è il capo della famosa ditta Georg Jensen, tuttora in produzione. 35 La seconda moglie, Sig.ra Natalia Fedorova, è una pittrice russa proveniente da St. Pietroburgo. Ella e il Sig. Peter si sposano il 20 Febbraio 2006 e nel 2008 il Sig. Peter decide di costruirle un atelier e spazio espositivo per le opere, proprio nella dimora di Asserbo. Lo spazio è di 31mq ed il Sig. Peter sostiene di avere cercato di mantenere il più possibile i caratteri peculiari dell’architettura esistente, senza rovinarne l’originalità. La Sig.ra Fedorova ha anch’ella figli, i quali spesso visitano i due coniugi ad Asserbo. 36 Le varianti sono commissionate da il Sig. Peter Kjærgaard-Petersen e progettate da un architetto di Asserbo. 37 Il divano si trova ora laddove nella foto d’epoca si ha il tavolo da pranzo, mentre quest’ultimo è ruotato perpendicolarmente e spostato in direzione della camera da letto della Sig.ra Pedersen. 38 Secondo il racconto del nipote della Sig.ra Anton Petersen, Peter Kjærgaard-Petersen, odierno proprietario della Casa ad Asserbo, sua zia è stata compagna di studi di Juhl all’Accademia Reale di Copenhagen. Cfr. Capitolo sulla Casa estiva ad Asserbo. 39 La didascalia Lætag for Bilen sta ad indicare che in quello spazio è permesso parcheggiare l’automobile. Trad. a cura dell’autore. 40 Villa Aubertin è all’incirca contemporanea alla Casa della Sig.ra Petersen, dunque è plausibile che Juhl adotti soluzioni progettuali simili ed arredi analoghi in entrambe le residenze. Cfr. Capitolo sulla Villa Aubertin. 41 Vedi fotografie originali della fine dei lavori di costruzione, fornite dall’odierno proprietario, Peter Kjærgaard-Petersen.





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Progetto non realizzato per L. N. Moltke-Huitfeld, Klelund

Il progetto, non realizzato, riguarda due residenze situate nella tenuta forestale e piantagione di Klelund1, vicina al villaggio di Hovborg2, nella regione meridionale dello Jutland. L’opera di Juhl consiste nella ristrutturazione di un vecchio edificio e nella progettazione ex novo di una villa unifamiliare, collocati entrambi su un terreno collinare, in prossimità di un allevamento ittico3. Le fonti per la storia di questa architettura sono la monografia su Finn Juhl di Esbjørn Hiort4 ed i disegni originali conservati nell’archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen5. La documentazione sulle architetture a Klelund è esigua, se confrontata con quella inerente ad altri progetti residenziali di Finn Juhl. I documenti relativi alle case, consultati nell’archivio del Museo di Arte e Design, sono 18 disegni e 2 acquarelli. Le fonti datate risalgono unicamente al 1953, anno successivo all’inaugurazione del progetto per la Camera delle Nazioni Unite di New York6. Dal 1951, grazie alla mostra “Good Design7”, ed in seguito all’incontro con Edgar Kaufmann Jr., Finn Juhl viene conosciuto anche sul panorama internazionale.

La fama di Juhl è tale che enti, quali la ditta di arredi americana Baker Furniture Inc.8, l’azienda danese produttrice di mobili Bovirke9 o la compagnia manifatturiera anglo-danese France & Søn10, lo contattano per esporre o produrre opere. Simultaneamente egli è impegnato nel progetto in continua evoluzione della sua dimora e in quelli di altre architetture residenziali come la Villa Aubertin e la Residenza Estiva ad Asserbo11. Frattanto, il Conte Léon Nicolai Moltke-Huitfeldt, presumibilmente a conoscenza della fama dell’architetto, contatta Juhl con l’obiettivo di ristrutturare una casa esistente e progettare una nuova abitazione. L’area di progetto è una vallata adiacente al fiume Bek, nella tenuta forestale di Klelund, dove è situato anche l’allevamento ittico di proprietà del committente. Nel 1942 il Conte L. N. Moltke-Huitfeldt commissiona anche il progetto per il Giardino di Holsted12, nella piantagione di Klelund, al paesaggista C. Th. Sørensen13. Il primo disegno del progetto di Finn Juhl è datato 1 Giugno 1953 e riguarda la residenza da costruire ex novo; anche se è plausibile che l’architetto abbia prodotto alcuni disegni sommari precedentemente14.


Progetto per il Giardino di Holsted, nella piantagione di Klelund, a cura dell’architetto del paesaggio, C. Th. Sørensen (dall’archivio online di di Danmark Kunstbibliotek, 1942)


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La fase iniziale è connotata da schizzi preparatori del nuovo edificio, e da una pianta che si ipotizza sia quella originaria della dimora esistente15. La maggior parte delle tavole si riferisce al progetto ex novo, mentre si ha scarsa testimonianza del progetto di ristrutturazione. Si hanno varianti soltanto per la residenza di nuova costruzione; mentre del progetto di rifacimento si ha una sola versione, che risale al 3 Giugno 1953. Anche il primo progetto della nuova residenza risale all’estate 1953. I disegni dell’autunno dello stesso anno mostrano tuttavia una soluzione progettuale differente16. Le modifiche previste nel progetto autunnale sono marginali, in quanto l’impianto planimetrico resta all’incirca il medesimo del Giugno 1953. Già dai disegni iniziali, si notano i caratteri peculiari di questa dimora, quali la sala del camino, la prevalenza di pareti trasparenti, la presenza di un ambiente seminterrato e la disposizione delle camere da letto, con visuale sul giardino. Non essendo presenti disegni successivi17, l’ipotesi progettuale dell’Ottobre 1953 può definirsi quella finale. Il committente intende probabilmente riqualificare l’intera area18 della tenuta in quanto, già nel 1942, fa progettare lo spazio verde da C. Th. Sørensen, e fonda poi una fabbrica di truciolato, che impiega i legnami provenienti dalla piantagione19. Il compito di Juhl consiste non solo nel progettare le due residenze ma anche nel collegarle tra loro, formando una corte aperta sul lato nord, da cui si accede alla proprietà, provenendo dalla strada principale. Il lotto presenta anche i due edifici dell’allevamento ittico e tre vasche d’acqua20, che sono situati rispettivamente vicino alle residenze e lungo la strada che porta al fiume21. La dimora ristrutturata e quella nuova sono unite tra loro da un muro di contenimento in pietra gialla, che parte dal fronte orientale dell’una e si collega al fronte occidentale dell’altra. Il muro permette la creazione di una piattaforma su

cui giacciono gli edifici. Gli edifici esistenti e la dimora ristrutturata costituiscono la quinta occidentale della corte aperta, mentre a sud ed est si hanno il muro di contenimento e la nuova residenza. L’effetto che si genera è quello di un piedistallo su cui vengono collocate le volumetrie, orientate in direzione della vallata e del corso d’acqua. La relazione delle architetture con il contesto è ancora una volta uno dei caratteri peculiari del progetto22. Il disegno delle due residenze segue criteri modulari e di simmetria. La ristrutturazione ad opera di Juhl è così radicale, secondo E. Hiort, che qualcuno potrebbe non capire che si tratta di un vecchio edificio. Esbjørn Hiort difatti sostiene: “In the plan, the existing house was changed and expanded so radically that one would hardly believe that it was an old building23” Confrontando la pianta originaria24 della residenza con il progetto di rifacimento di Finn Juhl, è comunque possibile notare alcuni elementi in comune. Si ipotizza che Juhl abbia demolito alcune parti dell’edificio ed un terzo corpo, collocato tra le due residenze. La pianta ha forma rettangolare e consta di tre campate, di cui quella centrale fa da collegamento alle due laterali, aventi stessa dimensione. La sala centrale con il camino è l’elemento unificante della composizione ed assume gerarchicamente il ruolo ordinatore della organizzazione. La campata centrale accoglie l’atrio, due bagni, la sala con camino ed il soggiorno; la campata orientale è costituita dalla sala da pranzo, due stanze per gli ospiti, ed una cucina; quella occidentale dal secondo soggiorno, un ripostiglio, le due camere da letto, l’archivio e l’ufficio. La composizione simmetrica, la sala del camino, le due ali laterali e l’ingresso preceduto da tre gradini sono elementi riscontrabili anche nella pianta origi-


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naria della dimora. Il volume presenta struttura massiccia, copertura a due falde inclinate, e canna fumaria svettante, elementi talvolta ricorrenti nello stereotipo di casa rustica tradizionale danese25. Il fronte meridionale è caratterizzato al livello inferiore da un portico, scandito da travi disposte in prossimità delle aperture del livello superiore. Il portico è dotato di tre gradini e presenta un setto, perpendicolare al muro di contenimento, in direzione della vallata, come per separare la dimora ristrutturata da quella nuova, rendendola più appartata. Il fronte orientale presenta piccole finestre quadrate della stessa dimensione; e quello nord consta dell’ingresso principale, che è preceduto da tre gradini e sta al centro della facciata, affiancato da due aperture uguali e simmetriche. La facciata occidentale non viene mai rappresentata e si ha solamente una sezione della dimora. Dalla sezione si intuisce che la residenza è dotata di doppi volumi e soffitta, nonostante in pianta non siano disegnate scale. Nonostante l’esigua documentazione, si può affermare che il progetto del rifacimento è meno innovativo di quello dell’altra residenza. Sulla residenza ex novo, Hiort sostiene: “In this project he worked in the best functionalist tradition, where the main disposition of the floor plan is clearly expressed in the facades, and where the individual blocks of the house and roof surfaces intersect in a harmonious way.26” Mentre nel progetto di rifacimento si ha un’organizzazione centralizzata di ambienti secondari attorno alla sala con camino, la dimora ex novo presenta una configurazione lineare. Così come nel progetto di rifacimento, il nucleo centrale della residenza è la sala con camino, che presenta pianta libera ed è circondata da pareti vetrate. La sala è osservabile fin dai primi disegni sommari della residenza e non subisce sostanziali modifiche dal

progetto di Giugno a quello di Ottobre 1953. Essa presenta una veranda ad ovest, il cui spazio sottostante costituisce il proseguimento della zona giorno verso l’esterno e mostra la stessa pavimentazione dell’interno. L’abitazione si compone di due corpi aventi copertura a falda inclinata. All’incrocio tra la facciata ovest dell’uno e la copertura dell’altro, si ha una serie di finestre ad asola, così come in Villa Aubertin e nella Residenza Estiva ad Asserbo27. Ciò fa sì che gli ambienti del corpo maggiore ricevano illuminazione naturale sia dalle finestre in alto, che dalle vetrate ad est. Il corpo maggiore ospita soggiorno, cucina e tre camere da letto, di cui una soltanto dotata di balcone, anziché due come nel progetto del Giugno 1953. L’ala minore consta da un lato di un atrio e della sala con camino; dall’altro di un corridoio, due bagni, delle scale a chiocciola che conducono al piano seminterrato, di una stanza armadio ed un ulteriore bagno. Diversamente dal progetto estivo, si ha un ulteriore camino vicino alla parete che divide le camere da letto senza balcone. La distribuzione interna degli spazi varia dal progetto estivo alla versione autunnale, in quanto il primo fa sì che si acceda agli ambienti interni seguendo un percorso diverso. Rispetto al primo progetto, l’ipotesi finale ha impianto planimetrico più regolare, ma non presenta discordanze per quanto riguarda il disegno degli alzati, ad eccezione della variante del balcone e della canna fumaria. Il progetto mostra la capacità dell’architetto nello sfruttare le potenzialità del terreno, in quanto, così come per il progetto della propria casa e per Villa Aubertin, la pendenza del suolo è utilizzata per collocare la cantina al livello seminterrato. L’interramento inoltre fa sì che il fronte est del piano terra aggetti su quello del seminterrato, in modo da avere uno sbalzo in direzione del giardino e della vallata.


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La cantina, oltre ad ospitare ambienti di servizio, come previsto nel progetto di giugno, consta anche di un soggiorno e di una camera degli ospiti, dotati di uscita sul giardino antistante. Le facciate sono scandite dall’alternarsi di superfici piene e vetrate, secondo principi modulari che riflettono la disposizione degli ambienti interni. La funzione degli spazi è riflessa nel disegno dei prospetti esterni, in quanto si fa in modo che la zona giorno e le camere da letto siano illuminate naturalmente, a discapito degli ambienti di servizio. L’ingresso principale è sul fronte occidentale, che presenta una tettoia che si sviluppa per tutta la lunghezza e con una parte destinata al parcheggio di automobili. Le testate denunciano la struttura della copertura e la soluzione progettuale adottata all’incrocio dei due volumi. Entrambe le dimore sono prevalentemente rivestite in doghe di legno, ad eccezione di alcune parti in calcestruzzo intonacato di bianco. Sia per quanto riguarda il progetto di rifacimento che per quello ex novo, il cuore della dimora è la sala con camino, dotata in entrambi di una pavimentazione apposita, in pietra dell’isola dell’Øland, così come in una parte del soggiorno della Villa Aubertin. L’utilizzo di materiali locali, la centralità della zona giorno e l’importanza del focolare domestico sono caratteri che l’architetto eredita dalla cultura abitativa scandinava e sono riscontrabili in entrambe le residenze a Klelund28. Dall’analisi degli elaborati, è plausibile che Juhl abbia il compito anche di progettare l’arredamento, giacché si nota il disegno di alcuni arredi in pianta, come ad esempio il bancone della cucina, i letti delle camere, il divano della sala del camino.



Gruppo 0

Le schede del Gruppo 0 appartengono alla Kategori 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. Gli elaborati del Gruppo 0 non sono datati ma si presume che siano anteriori a Giugno 1953.

Schizzi preparatori (Fig. 0, 0.1, 0.2, 0.3, 0.4, 0.5, 0.6) Le Fig. 0, 0.1, 0.2, 0.3, 0.4, 0.5 e 0.6 sono probabilmente anteriori al 1953 in quanto rappresentano disegni planimetrici sommari della residenza progettata ex novo29. Le tavole potrebbero essere autografe di Juhl, data la grafia e la dimensione. Esse raffigurano in maniera sommaria le piante del nuovo volume, con didascalie e quote. (Fig. 0) Finn Juhl, matita su lucido, 22,5x30,5, inventario B68. Nonostante si tratti di un disegno sommario si notano alcuni caratteri peculiari del nuovo edificio, come il camino e la grande sala rettangolare sul fronte occidentale. Si nota la presenza di una scala a chiocciola, così come nella versione definitiva, collocata circa al centro dell’edificio. Al bordo della tavola si hanno delle didascalie che riportano nomi propri maschili di persona: Møgens Andreas, Bløch. Peter, Søren Sass, possibili collaboratori di Juhl. Due segni ortogonali nella tavola potrebbero indicare la disposizione dei due volumi, quello da costruire ex novo e quello ristrutturato. (Fig. 0.1) Finn Juhl, matita su lucido, 22,5x30,5, inventario B68. È plausibile che l’ipotesi di Fig. 0 venga sviluppata ulteriormente in Fig. 0.1 in quanto le due tavole hanno medesima dimensione e presentano caratteri architettonici comuni. L’impianto strutturale ricorda quello di Fig. 0, così come il camino, la grande sala rettangolare ed una serie di pilastri. Fig. 0.1 è tuttavia più specifica di Fig. 0: presenta maggiore completezza nel disegno, rappresenta alcuni arredi e comprende quote e didascalie. In alto a destra è presente il disegno sommario di una sezione parziale dell’edificio. La scala a chiocciola di Fig. 0 non è più presente, bensì all’incirca nella stessa posizione si nota una scala con due rampe. Si disegna l’arredamento della cucina, dei due bagni e del soggiorno e si prevede la collocazione di due ulteriori camini nelle camere da letto30. La tavola presenta calcoli sommari a matita sui bordi.

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(Fig. 0.2) Finn Juhl, china su lucido, 29x39, inventario B68. La tavola mostra il disegno sommario a china di un’ipotesi simile a quella di Fig. 0.1, in quanto si ha lo stesso schema planimetrico e gli stessi arredi. Il disegno dei due camini delle camere da letto è più preciso di quello di Fig. 0.1. Nella stanza accanto alla cucina si nota un ovale e potrebbe trattarsi del tavolo della sala da pranzo. La tavola presenta dei segni a matita sui bordi. (Fig. 0.3, 0.4, 0.5, 0.6, 0.7) Finn Juhl, matita su lucido, 23x30,5 (Fig. 0.3), 23x30,5 (Fig. 0.4), 29,7x21 (Fig. 0.5), 29,7x21 (Fig. 0.6), 45x49(Fig. 0.7), inventario B68. Le tavole raffigurano disegni sommari del nuovo edificio. Esse presentano la stessa scala a chiocciola che si vede in Fig. 0, e che invece scompare in Fig. 0.1 e 0.2. Analogamente a Fig. 0, 0.1 e 0.2, le scale si affacciano su un corridoio che distribuisce ai vari ambienti interni, anche se stavolta è disposto differentemente. Come in Fig. 0.1 e 0.2 si nota il disegno dell’arredo della cucina, del tavolo da pranzo e dei letti delle camere. Questi tre ambienti sembrano non subire sostanziali modifiche, mentre pare che Juhl sia indeciso sulla collocazione del corridoio e dei due bagni. Ad eccezione di Fig. 0.3 e Fig. 0.7, le tavole rappresentano il camino e la sala rettangolare pressoché nella stessa posizione. Le camere da letto talvolta presentano i due camini (Fig. 0.5), talvolta sono dotate di un atrio (Fig. 0.7) o di un balcone esterno (Fig. 0.4, 0.6). La didascalia di Fig. 0.6 indica il guardaroba del Conte, Grevens påklædningsvær. È plausibile che in Fig. 0.5 e 0.6 l’architetto stia valutando se dividere la stanza armadio con pareti traverse o se lasciarla libera. Mentre Fig. 0.3, 0.4, 0.5 e 0.6 potrebbero essere relazionate tra loro e costituire una la versione successiva o preliminare dell’altra, ciò non si può affermare per quanto riguarda Fig. 0.7. Fig. 0.7 mostra due piante sommarie che, potrebbero essere una inerente al piano interrato, l’altra al piano terra31. La conformazione di Fig. 0.7 non si avvicina a quelle di Fig. 0, 0.1 e 0.2. Le piante di Fig. 0.7 rappresentano la medesima scala a chiocciola di Fig. 0.3, 0.4, 0.5, 0.6, ma non viene raffigurato il camino, la cucina, né la caratteristica sala rettangolare, presente già in Fig. 0. Dal disegno degli arredi e dall’interpretazione delle didascalie, si può ipotizzare che Juhl voglia progettare, nella pianta in alto, un bagno, un soggiorno, una sala da biliardo, uno stenditoio, una sala per gli ospiti; e nella pianta in basso, una cucina, un bagno, due camere per gli ospiti ed una sala da pranzo. Si potrebbe ipotizzare che le piante di Fig. 0.7 siano perciò una bozza di Fig. 6 e 7, dato che alcune stanze presentano la medesima destinazione d’uso.


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(Fig. 0.8) China su lucido, 24,3x21,2, inventario B68. La pianta è discordante sia con gli schizzi preparatori del nuovo volume che con le versioni successive dello stesso o dell’edificio restaurato. A giudicare dalla grafica utilizzata e dalla soluzione progettuale adottata, si ipotizza che la tavola non sia riferibile a Finn Juhl. Si può pensare che si tratti della pianta originaria della residenza esistente e dunque Juhl ottenga l’elaborato al fine di studiarne la ristrutturazione. L’architetto potrebbe usufruire della conformazione originaria come base del lucido su cui disegnare l’ipotesi di rifacimento. Allo stesso modo del progetto di Juhl32, la pianta è dotata di qualche gradino davanti all’ingresso principale, e di un vestibolo, con due porte disposte simmetricamente ai lati minori, che conducono alle ali laterali ed alla sala centrale.


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Gruppo 1 (anno 1953)

Le schede del Gruppo 1 appartengono alla Kategori 1, e 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. Gli elaborati del Gruppo 1 presentano due distinte ipotesi progettuali per l’edificio ex novo. Le due versioni sono entrambe dell’anno 1953: una risale al mese di giugno, l’altra ad ottobre.

“GREV L.N. MOLTKE-HUITFELDT KLELUND - FORSLAG TIL OM - OG NYBYGNING SYDFACADE + ØSTFACADE NORDFACADE + VESTFACADE” “PER IL CONTE L.N. MOLTKE-HUITFELDT A KLELUND - PROPOSTA PER L’ESISTENTE E LA NUOVA COSTRUZIONE FACCIATA SUD + FACCIATA EST FACCIATA NORD + FACCIATA OVEST” (Fig. 1, 1.1) Si suppone che Fig. 1 e Fig. 1.1 facessero parte di un’unica tavola, giacché è presente un acquarello (Fig. 1.2), in cui sono raffigurate assieme le medesime facciate e con la stessa intestazione di Fig. 1. Il riquadro della tavola sembra proseguire e anche alcune macchie corrispondono. Prospetti sud, est, nord, ovest del nuovo edificio, in scala 1:100. Finn Juhl, 1 Giugno 1953, china su lucido, 43,8x32 (Fig. 1), 43,8x32 (Fig. 1.1), tavola numero 3, inventario B68. L’intestazione rivela il nome del committente, il Conte L.N. Moltke-Huitfeldt; comunica che il progetto è formato da due edifici, di cui uno da progettare ex novo e l’altro esistente. Il progetto è situato a Klelund, località dello Jutland. Il disegno raffigura il progetto del nuovo edificio che presenta sviluppo orizzontale e consta di due livelli, di cui uno seminterrato. La Fig. 1 raffigura le facciate nord ed ovest, mentre Fig. 1.1 quelle sud ed est. La pendenza del suolo è utilizzata in modo da collocare in basso la cantina e far sì che il fronte orientale del piano terra aggetti in direzione della vallata. L’ingresso principale è sul fronte ovest. Le scale mostrano il dislivello tra il fronte ovest ed est, pari circa a 2,7 metri. L’abitazione è composta da due corpi accostati, entrambi con copertura ad una falda inclinata, una maggiore dell’altra. Laddove la parete occidentale del corpo maggiore si incontra con la falda di copertura del corpo minore, si ha una serie di finestre ad asola, alla stessa maniera del progetto della Villa Aubertin e della Residenza Estiva ad Asserbo33. Il fronte occidentale è caratterizzato dalla presenza di un portico e di una svettante canna fumaria. In prossimità del camino si ha un muro, alto circa quanto le pareti del corpo più basso, che collega il nuovo edificio alla preesistenza. Il fronte orientale è scandito dall’alternarsi di superfici piene e vetrate, che seguono un principio modulare.


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Un tratto corrispondente a quattro moduli corrisponde a un balcone con un pilastro centrale. Allo stesso modo, il prospetto ovest è progettato sulla base di una griglia regolare. I prospetti nord e sud evidenziano la struttura della copertura e mettono in risalto la soluzione progettuale adottata all’incrocio dei due corpi. Le tavole presentano dei segni a china sui bordi e parti danneggiate. (Fig. 1.2) Facciate nord, ovest, sud, est, in scala 1:100. Marianne Riis-Carstensen, 1 Giugno 1953, acquarello su cartoncino, 57x42, tavola numero 3. L’acquarello34 mostra lo stesso disegno di Fig. 1 ed 1.1. Si ipotizza che l’acquarello venga realizzato da Marianne Riis-Carstensen, la quale lavora nello studio dell’architetto dal 1950 e risulta specializzata in questo tipo di rappresentazioni. “STUEPLAN KÆLDERPLAN” “PIANTA DEL PIANO TERRA CANTINA” (Fig. 2) Pianta della cantina del nuovo edificio, in scala 1: 100, con didascalie. Finn Juhl, 1 Giugno 1953, china su lucido, 31,7x41,8, tavola numero 2, inventario B68. La pianta raffigura soltanto la cantina del nuovo edificio, dunque manca il disegno del piano terra, invece menzionato nell’intestazione. Il livello seminterrato è costituito da un locale delle caldaie, Fyrrum, una dispensa per il vino etc, Skabsrum Vin etc, una stanza per conservare gli alimenti, Viktualie, un ripostiglio, Kuffert, due bagni, Toilet, Bad, una stanza degli hobby, Hobby Rum, una stanza libera, Disponibelt, e una camera dove stendere la biancheria, Linnedstue, una lavanderia, Vaskerum. L’accesso è garantito sia da una scala interna, situata nella stanza del vino, sia da una esterna, al lato del fronte occidentale, come si nota anche in Fig. 1 e 1.1. Una linea tratteggiata indica l’aggetto del piano superiore con la didascalia Udkraget Overetage, ossia “sbalzo del piano superiore”. Sul bordo sinistro della tavola si nota la firma ridotta dell’autore: FJ. (Fig. 2.1) Pianta del piano terra del nuovo edificio, con quote e didascalie. Giugno 1953 (?), china su lucido, 44x30,5, tavola numero 2 (?), inventario B68. Si presume che Fig. 2.1 sia relazionata a Fig. 2, in quanto le tavole hanno caratteristiche comuni e l’intestazione


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di Fig. 2.1 indica la presenza della pianta del piano terra che non viene rappresentata in figura, bensì in Fig. 2.1. La posizione del camino e della scala della cantina coincidono con Fig. 2. La tavola è tuttavia più dettagliata di Fig. 2. Confrontando la pianta con Fig. 1 e 1.1, si può notare che i prospetti coincidono con il disegno planimetrico e si riconoscono le tettoie sul fronte occidentale, le scale del giardino ed i due balconi sul fronte orientale. L’accesso agli ambienti interni avviene principalmente dall’atrio, Hall, disposto sul fronte occidentale, il quale è dotato di un camino che, assieme a due gradini, lo separa dal soggiorno, avente un’uscita verso l’esterno. La zona giorno è il nucleo centrale della dimora e consta di una parte chiusa da pareti vetrate, formata dalla sala del camino, Kaminstue, dalla sala da pranzo e dalla sala di lettura, Bibliotek og Spisestue; e di una parte aperta, detta Friluftsstue, situata sotto la veranda esterna ed adiacente al muro che collega la dimora alla preesistenza. La pavimentazione di quest’area è in pietra dell’isola dell’Øland, situata nel Mar Baltico. La stessa pietra è possibile che sia utilizzata anche per il pavimento del soggiorno della Villa Aubertin35 in quanto le didascalie relative riportano la stessa scrittura e viene utilizzata la medesima grafica nella rappresentazione. Gli ambienti rivolti ad est, che godono della visuale sul giardino, sono la cucina e le tre camere da letto, di cui due dotate di balcone; mentre i tre bagni ed il guardaroba, På Klædnings Værelse, sono affacciano sul fronte occidentale. La stanza armadio è la stessa indicata nel disegno sommario di Fig. 0.6. Le scale che conducono alla cantina sono collocate all’incirca al centro della pianta ed in prossimità del corridoio distributivo. La cucina presenta un bancone, Spisepl. Koldt Køk, che permette di preparare i cibi o di gustare le pietanze con la vista panoramica sul giardino. La parte di veranda a nord presenta degli spazi per il parcheggio di autovetture, Overdækket Parkering. La tavola fornisce informazioni riguardo ai materiali utilizzati. Per il muro di collegamento all’altro edificio e quello sul fronte orientale si utilizza una pietra gialla, Lemur af Gule Sten; il rivestimento della parte finale della facciata orientale è in legno, Trebeklædning; mentre viene impiegato calcestruzzo aerato intonacato di bianco, Gasbeton hvid puds, per la maggior parte della struttura esterna. La pianta illustra i lucernari circolari che si notano anche in Fig. 1 e 1.1. Il disegno descrive la natura del terreno su cui è situata la dimora: la parte dell’ingresso è pianeggiante, in quanto definita “piattaforma del giardino”, Haveplateau; mentre in prossimità delle scale si ha un muro di contenimento, Støttemur. Si definisce la dimensione degli estremi della dimora: 13,72 metri in larghezza e 24,04 in lunghezza. L’elaborato presenta parti danneggiate, tratti a china e didascalie a matita sui bordi. Potrebbe trattarsi di un elaborato della fase esecutiva per la presenza di quote, didascalie dettagliate e disegno degli arredi.


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“TVÆRSNIT + SITUATIONSPLAN ISONOMETRI” “SEZIONE TRASVERSALE + PLANIMETRIA GENERALE ASSONOMETRIA” (Fig. 3) Assonometria, scala 1:200. Finn Juhl, 3 Giugno 1953, china su lucido, 48x31,5, tavola numero 1, inventario B68. L’intestazione comunica che la tavola si compone anche di altri elaborati, quali una sezione trasversale ed una planimetria, invece assenti. La parte superiore inoltre corrisponde a Fig. 5. Il disegno illustra il volume progettato ex novo, in maniera coerente con Fig. 1, 1.1, 2, 2.1, ed il progetto di rifacimento del volume esistente. I due edifici sono collegati da un muro, visto già in Fig. 1 e 1.1, che parte dal fronte occidentale della nuova residenza e si congiunge ad un setto perpendicolare, che costituisce il proseguimento della facciata orientale della dimora esistente. Il muro di collegamento genera una corte aperta verso nord e funge da muro di contenimento. La dimora esistente è costituita da un unico corpo rettangolare con copertura a due falde inclinate. Il fronte meridionale è caratterizzato da numerose aperture e da un portico, scandito da travi disposte all’incrocio delle finestre soprastanti. Il fronte orientale presenta piccole finestre quadrate identiche. Il portico è dotato di tre gradini che conducono alla vallata. Il progetto di rifacimento è, analogamente all’edificio di nuova costruzione, dotato di una canna fumaria, che sta sul colmo delle falde di copertura. La tavola presenta una porzione di lucido di tonalità più chiara staccata e assemblata poi con del nastro adesivo. Sui bordi si hanno segni a china e a matita. “PLAN - SNIT - FACADER” “PIANTA - SEZIONE - FACCIATE” (Fig. 4) Pianta del piano terra, prospetti nord e sud, e sezione del progetto di ristrutturazione, in scala 1:100, con didascalie. Finn Juhl, 3 Giugno 1953, china su lucido, 42x59,5, tavola numero 4, inventario B68. È presente una copia identica della tavola, ad eccezione della grafica più imprecisa, segni a china sui bordi, e dimensioni pari a 45,5x62. Il disegno non mostra discordanze con la rappresentazione del progetto di rifacimento di Fig. 3. Il fronte meridionale è uguale a quello raffigurato in Fig. 3, così come il muro di collegamento con l’altro volume. Il fronte orientale presenta invece finestre diverse da quelle di Fig. 3. Il fronte nord consta dell’ingresso principale, preceduto da tre gradini e collocato al centro della facciata, e di due finestre laterali simmetriche.


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L’impianto planimetrico del progetto segue criteri modulari e di simmetria. La pianta è divisa in tre campate; quella centrale, che accoglie l’atrio, Forstue, due bagni con doccia, Wc Bruse, una sala con camino ed un soggiorno, Have og Kaminstue, fa da collegamento alle due campate laterali, costituite da una sala da pranzo, Spisestue, due stanze per gli ospiti, Gæst, una cucina, Køkken, sul lato orientale, ed un soggiorno, Opholdsstue, un ripostiglio, Skabsgang, due camere da letto, Soveværelse, un archivio, Arkiv, ed un ufficio, Kontor, su quello occidentale. Osservando la sezione si intuisce che la residenza è dotata di doppi volumi e di mansarda, anche se non sono rappresentate le scale. La disposizione simmetrica degli ambienti, l’atrio con tre gradini all’ingresso, la grande sala centrale e le ali laterali di uguale dimensione ricordano la pianta senza data di Fig. 0.8. La didascalia Nedrevet Areal, davanti al fronte orientale, sta ad indicare “Zona demolita” e ciò potrebbe avvalorare la tesi secondo cui Fig. 0.8 corrisponde alla pianta originaria della residenza, a cui Juhl effettua modifiche e rimuove delle parti36. Il nucleo centrale dell’abitazione è la sala con camino, che presenta un lungo divano, una libreria a muro, ed una pavimentazione in pietra dell’isola dell’Øland, nel Mar Baltico. La stessa pietra è utilizzata anche nel progetto del nuovo volume (Fig. 2.1). Il muro che collega i due edifici è in pietra gialla, mentre la terrazza con pergola a sud è pavimentata con piastrelle in klinker gialle. La didascalia Træbeklædning, in prossimità delle pareti, sta ad indicare che il rivestimento esterno è in legno. (Fig. 5) Sezione del nuovo edificio e planimetria generale, con didascalie e orientamento. Giugno 1953 (?), china su lucido, inventario B68. Si ipotizza che Fig. 5.1 sia relazionata al progetto del Giugno 1953 in quanto presenta caratteri in comune con le piante di Fig. 2 e 2.1. La parte inferiore corrisponde a fig. 3. L’immagine d’assieme è Fig. 5.1. Essa mostra la planimetria generale con quote e didascalie, permettendo dunque di comprendere meglio la conformazione del lotto. Le dimore giacciono su una vallata che termina in corrispondenza di un fiume, Bek, e sono raggiungibili attraverso due strade principali. Il disegno mostra la posizione delle abitazioni progettate da Finn Juhl in relazione agli edifici dell’allevamento ittico37 ed alle tre vasche d’acqua, probabilmente relazionate. Due vasche d’acqua presentano la didascalia Ny Dam, ovvero “Nuova Diga”, mentre una di esse Eks. Dam, ovvero “Diga Esistente”. Per questa ragione si ipotizza che gli specchi d’acqua, utilizzati dall’allevamento di pesce, servano inoltre al contenimento dell’acqua del fiume Bek. Una linea tratteggiata raffigura le zone demolite, Nedrives, di cui una è la medesima di Fig. 4, l’altra aggiuntiva, collocata in mezzo ai due edifici progettati da Juhl. I volumi esistenti presenti nel lotto e non progettati da Juhl sono tre corpi di forma rettangolare, lungo in viale che conduce al fiume, e due blocchi, di cui uno ad “L”, l’altro rettangolare, ad ovest della ristrutturazione dell’architetto.


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Dal disegno si può intuire che le residenze sono collocate in un paesaggio di campagna in quanto i lotti vicini presentano i segni dei campi. Le curve di livello con le quote altimetriche permettono di affermare che le abitazioni si trovano in una posizione più alta rispetto al fiume. Dinnanzi al muro che collega i due edifici di Juhl si ha una siepe di faggio, Bøgehæk. L’area in cui sono posizionate le abitazioni è pianeggiante, ha punto minore pari a 18,52 metri sopra il livello del mare e maggiore di 18,60, presso il viale che le collega alla strada principale. La sezione del nuovo edificio è coerente con Fig. 1, 1.1, 2, 2.1, 3. Le didascalie in sezione illustrano gli ambienti di cui è dotata l’abitazione ossia il soggiorno esterno, Friluftsstue, la sala con camino, Kaminstue, la sala degli hobby al piano interrato, Hobby Rum, e una sala lettura, Bibliotek, coerentemente con Fig. 2, e 2.1. La tavola presenta segni a china sui bordi. “GREV L.N. MOLTKE-HUITFELDT KLELUND - FORSLAG TIL OM - OG NYBYGNING TRANSNIT - SITUATIONSPLAN ISONOMETRI” “PER IL CONTE L.N. MOLTKE-HUITFELDT A KLELUND - PROPOSTA PER L’ESISTENTE E LA NUOVA COSTRUZIONE SEZIONE TRASVERSALE - PLANIMETRIA GENERALE ISONOMETRIA” (Fig. 5.1) Sezione trasversale del nuovo edificio, planimetria generale, in scala 1:100, 1:1000, con quote e didascalie. Marianne Riis-Carstensen, 3 Giugno 1953, acquarello su cartoncino, 59,5x41,5, tavola numero 1. L’acquarello mostra gli stessi contenuti di Fig. 5 ed è coerente con Fig. 1, 1.1, 1.2, 2, 2.1 e 3. Si presume che la tavola sia la bella copia di Fig. 5, in quanto la grafica è più precisa e curata ed è inoltre presente l’intestazione. “STUEPLAN” “PIANTA DEL PIANO TERRA” (Fig. 6) Pianta del piano terra del nuovo edificio, in scala 1:100, con didascalie e scala metrica. Finn Juhl, 23 Ottobre 1953, china su lucido, 42x61, tavola numero 6, inventario B68. La pianta illustra una versione diversa dal progetto del Giugno 1953 (Fig. 1, 1.1, 2, 2.1, 3, 5.1). Essa presenta infatti, anziché la stessa scala di Fig. 2 e 2.1, una a chiocciola, come alcuni schizzi preparatori del Gruppo 0 (Fig. 0, 0.3, 0.4, 0.5, 0.6, 0.7), ma stavolta collocata in posizione differente. La scala a chiocciola sta laddove in Fig. 2.1 si ha il bagno con vasca. Alla stessa maniera di Fig. 0.5, 0.6, si nota un ulteriore camino nel mezzo della parete che separa le due camere


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da letto, assente invece nel progetto del Giugno 1953. Il camino è visibile anche nella sezione di Fig. 5. La distribuzione degli ambienti interni è simile a quella dei disegni sommari di Fig. 0.5 e 0.6, e l’arredamento della cucina è all’incirca lo stesso di Fig. 0.4, 0.5, 0.6. Gli ambienti del corpo maggiore sono in parte variati rispetto al progetto di giugno: la cucina, anziché trovarsi davanti all’atrio, è spostata verso nord in modo che la zona giorno risulti più grande. Analogamente al progetto di giugno, l’ala minore è caratterizzata da un’ampia veranda, in parte aperta, in parte con pareti vetrate. Ad eccezione delle scale a chiocciola, gli ambienti rappresentati, ovvero il corridoio, i tre bagni ed il guardaroba, sono visibili anche in Fig. 2.1, ma disposti diversamente e con dimensioni differenti. La stanza armadio è indicata anche in Fig. 0.6. Il corpo maggiore è formato dal soggiorno, Opholdsstue, un vestibolo che conduce alla cucina, Køkken, e tre camere da letto, Søveværelse, di cui una soltanto dotata di balcone, Balkon, anziché due come si vede nel progetto di giugno (Fig. 1, 1.1, 1.2, 2.1). Gli ambienti del corpo maggiore sono orientati verso est dunque godono della vista sul giardino antistante, analogamente a Fig. 2.1. L’atrio, la sala con camino ed una parte di veranda presentano pavimentazione distinta da quella degli altri ambienti interni, così come rappresentato in Fig. 2.1. La pianta rappresenta gli stessi lucernari circolari che si notano anche in Fig. 1, 1.1 e 3. La parte di veranda a nord è dotata di alcuni spazi per il parcheggio di automobili, così come Fig. 2.1. L’atrio, che si estende poi nella sala con camino, ambiente luminoso con prevalenza di superfici vetrate, è rappresentato anche in Fig. 2.1. A differenza di Fig. 2.1, tuttavia non si ha nessun gradino che lo separa dalla sala con camino, bensì gli spazi si trovano allo stesso livello. La cucina è raggiungibile, non più dall’atrio come in Fig. 2.1, bensì passando dal corridoio distributivo, che guida agli ambienti di servizio e alla zona notte. Le destinazioni d’uso indicate in didascalie presentano alcune differenze con quelle di Fig. 2.1. Mentre in Fig. 2.1 la zona giorno è in parte soggiorno, in parte biblioteca e sala da pranzo, essa ha qui unicamente funzione di soggiorno. Un guardaroba separa la zona dell’ingresso da quella del soggiorno, in modo da consentire maggiore riservatezza. Si presume che Fig. 2.1, ossia il progetto del Giugno 1953, rappresenti un’ipotesi scartata dall’architetto e che la versione di Fig. 6 sia quella definitiva. Data la somiglianza di Fig. 5 con Fig. 6, si potrebbe ipotizzare che Juhl, a partire dal 23 Ottobre 1953, abbandoni il progetto di giugno e sviluppi questa variante. La tavola presenta calcoli a matita sui bordi.


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“KÆLDERPLAN” “PIANTA DELLA CANTINA” (Fig. 7) Pianta della cantina del nuovo edificio, in scala 1:100, con didascalie e scala metrica. Finn Juhl, 23 Ottobre 1953, china su lucido, 61,2x43, tavola numero 7, inventario B68. La pianta è relazionata a Fig. 6 e mostra un progetto differente da quello del Giugno 1953 (Fig. 2). Si nota la presenza della stessa scala a chiocciola di Fig. 6 ed un impianto planimetrico simile. Gli ambienti utilizzabili ricoprono un’area minore di quelli di Fig. 2, in quanto si ha un numero maggiore di ambienti non scavati. Così come la pianta di Fig. 2, la cantina è dotata di una stanza degli hobby, una lavanderia, un bagno, una stanza per la conserva del vino, un locale delle caldaie ed uno stenditoio. Tuttavia la disposizione degli ambienti è differente e si nota la presenza di stanze con destinazione d’uso nuova quali il soggiorno, Havestue, la camera degli ospiti, Gæsteværelse, e la stanza per stirare i vestiti, Strygestue. Si potrebbe ipotizzare che Juhl voglia convertire il piano seminterrato in un luogo non solo destinato alla conservazione degli alimenti o al deposito degli attrezzi, ma anche utilizzabile quotidianamente. A differenza del progetto del Giugno 1953, si nota infatti che non sono presenti soltanto ambienti di servizio ma anche di tipo ricreativo. La stanza degli hobby, il soggiorno, la camera degli ospiti e le aree della lavanderia hanno affaccio sul giardino antistante, analogamente agli ambienti disposti ad est, nella pianta del Giugno 1953. La pianta illustra la posizione dello scannafosso e le fondazioni dei pilastri della veranda sul fronte occidentale. “GAVL MOD NORD FACADE MOD VEST” “MURO VERSO NORD FACCIATA AD OVEST” “GAVL MOD SYD FACADE MOD ØST” “MURO VERSO SUD FACCIATA A SUD” (Fig. 8, Fig. 9) Prospetti nord, ovest, sud, est del nuovo edificio, in scala 1:100, con scala metrica. Finn Juhl, 23 Ottobre 1953, matita e china su lucido, 43,5x61 (Fig. 8), 48,3x31,7 (Fig. 9), tavola numero 8 (Fig. 8), 9 (Fig. 9), inventario B68. Gli elaborati illustrano il progetto della residenza ex novo e sono coerenti con il progetto dell’Ottobre 1953, esplicitato in Fig. 6 e 7. Si nota infatti la presenza di un’ulteriore canna fumaria ed un solo balcone sul fronte orientale. Confrontando i prospetti con quelli di Fig. 1, 1.1, ad eccezione delle suddette differenze, la geometria è la medesima. Dal punto di vista materico, il rivestimento esterno è quasi del tutto in doghe orizzontali o verticali di legno,


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diversamente da Fig. 1 e 1.1 che mostrano più superfici in cemento intonacato di bianco. “SNIT SITUATIONSPLAN” “SEZIONE PLANIMETRIA GENERALE” (Fig. 10) Sezione del nuovo edificio e planimetria generale, in scala 1:100, 1:1000, con didascalie, orientamento e scala metrica. Finn Juhl, 23 Ottobre 1953, china e matita su lucido, 41,5x57,8, tavola numero 5, inventario B68. La tavola mostra la sezione del nuovo edificio in maniera coerente con Fig. 6, 7, 8 e 9, in quanto presenta due canne fumarie, anziché una sola come in Fig. 1, 1.1, 2, 2.1 e 3. Dal disegno si può osservare la conformazione del piano seminterrato, delle fondazioni e della tettoia sul fronte occidentale. La planimetria generale è coerente con quella di Fig. 5 e 5.1. Si può ipotizzare che Fig. 8, 9 e 10 siano collegate tra loro in quanto rappresentano in maniera analoga gli alzati del progetto.



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Note

1 Oggigiorno la località è detta Klelund Plantage, data la presenza della piantagione e della tenuta forestale, che coprono una superficie di 1.648 ettari di terreno, tra Holsted e Hovborg. Nel 1875 l’area della piantagione viene venduta dal capo di un’azienda olandese, Sig. Enrico Dalgas, al conte Frederik Christian Moltke, ed in seguito acquisita dal Conte Léon Nicolai Moltke-Huitfeldt, il quale commissiona il progetto residenziale di Finn Juhl. La tenuta resta presumibilmente sotto il controllo del Conte L. N. Moltke-Huitfeldt, indicato con tale scrittura nei disegni originali, dall’anno 1937 al 1971. Cfr. Schedature dei disegni relativi alle Residenze a Klelund.Vedi www.nordjyske.dk 2 Hovborg è un villaggio della regione meridionale dello Jutland che presenta 377 abitanti. Vedi www.nordjyske.dk 3 Il committente, conte L. N. Moltke-Huitfeld, è il proprietario dell’allevamento ittico accanto alle due residenze. Egli realizza inoltre una fabbrica di truciolato a Holsted, con l’obiettivo di utilizzare il legname della tenuta di Klelund. Vedi www.nordjyske.dk 4 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990. 5 Museo di Arte e Design di Copenhagen (DesignMuseum Danmark), vedi www.designmuseum.dk. 6 Il progetto di interni a cura di Finn Juhl per la Camera delle Nazioni Unite viene inaugurato e proclamato sede ufficiale del Consiglio della Camera delle Nazioni Unite il 27 Febbraio 1952. Cfr. Profilo biografico. 7 Kaufmann E., Jr., Juhl F., Good design ’51 as seen by its director and by its designer, in “Interiors”, Marzo 1951, pp. 100-103. 8 Il direttore della ditta Baker Furniture Inc., del comune di Grand Rapids, viene presentato a Finn Juhl da Edgar Kaufmann Jr. nel 1948. Egli giunge a conoscenza dei mobili dell’architetto tramite l’articolo, scritto da Kaufmann Jr., Finn Juhl of Copenhagen, pubblicato sulla rivista Interiors del 1948. Nel 1950 Juhl stipula un accordo finanziario con il Sig. Baker secondo cui la ditta Baker Furniture Inc. inizia la produzione di alcuni mobili realizzati fino a quel momento dall’ebanista Niels Vodder, e di altri progettati in occasione della nascente collaborazione. Cfr. Kaufmann E. Jr., Finn Juhl of Copenhagen, in “Interiors (U.S.A.)”, 108, 1948, pp. 96-99. Vedi www.bakerfurniture.com 9 Il capo dell’azienda Bovirke è all’epoca Poul Lund, il quale contatta Finn Juhl nel 1947 per offrirgli una collaborazione artistica. L’accordo viene stipulato nel 1950, quando Juhl progetta una “sedia da camino”, Kaminstol, il primo pezzo di arredo disegnato appositamente per Bovirke. Questa tuttavia viene commercializzata solo a partire dal 1952, quando la ditta danese apre i suoi primi negozi negli Stati Uniti d’America. La sedia, celebre in America prima ancora che in Danimarca, all’epoca ha il costo di 41$, attribuitogli dal Museo di Arti Decorative di Copenhagen. Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 37, 38. 10 La ditta produttrice di materassi France & Daverkosen, in seguito divenuta France & Søn, contatta Finn Juhl per la progettazione di cuscini per sedute, intorno al 1950. Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, pp. 37, 38. 11 Cfr. Capitolo sulla casa di Juhl; Capitolo sulla Villa Aubertin; Capitolo sulla Residenza Estiva ad Asserbo. 12 Progetto per il Giardino di Holsted, nella piantagione di Klelund, a cura dell’architetto del paesaggio, C. Th. Sørensen, datato 25 Giugno 1942. La tavola mostra lo stesso nominativo del committente dei disegni inerenti al progetto di Finn Juhl e, giacché il Conte L. N. Moltke-Huitfeldt è proprietario della tenuta dal 1937 al 1971, si tratta della stessa persona. L’immagine rivela la presenza di una vallata, indicata nel disegno con delle curve di livello, che potrebbe trattarsi del medesimo sito del progetto di Juhl. Vedi www.kunstbib.dk; Archivio online della Biblioteca Reale di Copenhagen, Inventario No. 19617. 13 Il paesaggista Carl Theodor Sørensen è colui che collabora anche al progetto del giardino della Villa Aubertin, progettata da Finn Juhl, tra il 19461953. Cfr. Capitolo della Villa Aubertin. 14 Essendo i primi elaborati datati del Giugno 1953, è plausibile che gli schizzi preparatori senza data risalgano agli inizi del 1953. Cfr. Gruppo 0, Schedatura dei disegni relativi alle Residenze a Klelund. 15 La pianta non è attribuibile a Finn Juhl. Si presume tuttavia che l’architetto la analizzi per progettare il rifacimento della dimora esistente. Cfr. Fig. 0.8, Schedatura dei disegni relativi alle Residenze a Klelund. 16 I disegni di Ottobre 1953 mostrano modifiche al progetto per il nuovo edificio del Giugno dello stesso anno. Vedi Gruppo 1, Schedatura dei disegni relativi alle Residenze a Klelund. 17 L’ultimo disegno datato risale al 23 Ottobre 1953. Cfr. Schedatura dei disegni relativi alle Residenze a Klelund. 18 Il progetto di C. Th. Sørensen è situato ad Holsted, una delle località in cui si estende la piantagione di Klelund. Allo stesso modo, la fabbrica di truciolato è ubicata ad Holsted; dunque è probabile che tra i due progetti vi sia una correlazione. Si può ipotizzare che il committente abbia intenzione di attuare una riconversione e riqualificazione complessiva del luogo. Vedi nota 1, 3, 12, 13. 19 Il nome della strada è indicato solamente con l’appellativo Vej che in danese significa “Strada”. Cfr. Schedatura dei disegni relativi alle Residenze in Klelund. 20 Dalle didascalie dei disegni originali, si suppone che le tre vasche d’acqua nella vallata siano relazionate alla diga del fiume Bek ed utilizzate dall’allevamento ittico.


287 Le didascalie riportano Ny Dam, ovvero “Nuova Diga”, per due vasche, Eks. Dam, “Diga esistente” per l’altra. In merito allo specchio d’acqua “nuovo” non si esplicita se esso sia progettato da Finn Juhl. Cfr. 5, 5.1, 10, Schedatura dei disegni relativi alle Residenze in Klelund. 21 La tenuta di Klelund presenta numerosi ruscelli. Nelle vicinanze della vallata, dove Juhl progetta le residenze, si ha un fiume indicato con il nome Bek, nei disegni originali. Cfr. Schedatura dei disegni relativi alle Residenze in Klelund. 22 Cfr. Capitolo sulla Casa di Juhl, Capitolo sulla Villa Aubertin, Capitolo sulla Residenza Estiva ad Asserbo. 23 Cfr. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, p. 106. 24 Si ritiene che Fig. 0.8 coincida con la pianta originale dell’esistente dimora. Cfr. Schedatura dei disegni relativi alle Residenze a Klelund. 25 Cfr. E. Gentili, La casa rustica tradizionale, in “Abitare”, 1962, pp. 14-19. 26 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, p. 109. 27 Cfr. Capitolo sulla Villa Aubertin, Capitolo sulla Residenza Estiva ad Asserbo. 28 Vedi Analisi critica del metodo progettuale e dell’architettura di Juhl. 29 Il progetto a Klelund consta di due edifici: uno esistente, in cui Juhl interviene ristrutturandolo, ed un altro progettato ex novo dall’architetto. 30 Nella versione finale le camere da letto sono collocate nella stessa posizione di quella in Fig. 0.1 e 0.2. 31 L’ipotesi finale consta di due livelli: un piano interrato ed il piano terra. 32 Cfr. Fig. 4, Gruppo 1. 33 Cfr. Capitolo sulla Villa Aubertin, Capitolo sulla Residenza Estiva ad Asserbo. 34 Cfr. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 108. 35 Cfr. Schedatura dei disegni relativi alla Villa Aubertin, Capitolo sulla Villa Aubertin. 36 Come ipotizzato, Fig. 0.8 potrebbe essere la base dei lucidi su cui Juhl progetta le modifiche per il rifacimento della dimora in quanto la tavola presenta caratteri comuni a Fig. 4 e quest’ultima comunica che una zona della originaria costruzione viene demolita. Cfr. Fig. 0.8, Gruppo 0. 37 Cfr. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 106-109.





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Casa estiva a Vejby, Rågeleje

Il progetto della residenza estiva occupa il lotto numero 9m a Vejby, nei pressi di Rågeleje, località di villeggiatura della Zelanda del nord, distante circa 60 km dal centro di Copenhagen. La residenza occupa un’area di circa 180 mq; ed è ubicata in un terreno caratterizzato da un paesaggio scenografico, con accesso diretto al mare. Al fine di ricostruire la storia di questa architettura si consulta la monografia su Finn Juhl di Esbjørn Hiort1, fonti fotografiche provenienti dall’Archivio digitale della Biblioteca Reale2, ed i disegni originali conservati nell’archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen3. Si fa inoltre riferimento alla testimonianza orale dell’odierna proprietaria, la Sig.ra Birgit Lyngbye Pedersen4. I documenti relativi alla dimora, consultati nell’archivio del Museo di Arte e Design, sono 58 disegni. Il committente è il Direttore Anders Hostrup-Pedersen, all’epoca capo dell’azienda Georg Jensen A/S, celebre in tutto il mondo per la produzione di argenti5. Hostrup-Pedersen, in quanto direttore dell’azienda dal 1931 al 1970, commissiona a Finn Juhl anche l’allestimento della mostra per il cinquantesimo anni-

versario della Georg Jensen, che si svolge al Museo di Arte Decorativa di Copenhagen nel 1954. Da quel momento, Juhl diviene l’architetto ufficiale di George Jensen A/S, e tra lui ed il direttore nasce un’amicizia duratura. Secondo il parere di Hiort: “They had the same outlook on arts and crafts, and Hostrup-Pedersen often asked Juhl’s opinion on artistic matters. In addition, they were both cosmopolitans and had a bit of the same aristocratic view of life. Those who did not know Anders Hostrup-Pedersen might get the impression that he was something of a playboy, a pleasure-seeker, who because of his economic independence (he was one of the owners of the smithy) was able to travel around the world and loaf. He was a gourmet and connoisseur of good wines (a member of the confrères des vins in Beaune and an honorary citizen of the city), and he even wrote a cookbook. But he was anything but a playboy. On the contrary: he was dynamic and full of initiative and, through unflagging work as chairman of the Danish Society of Arts and Crafts, was largely responsible for creating an international reputation


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for Danish arts and crafts, and with it, a considerable export market for them in the 1960s.6” Le fonti datate risalgono dal 1961, quando avviene il matrimonio di Finn Juhl con la seconda moglie Hanne Wilhelm Hansen, al 1970, anno della mostra retrospettiva sulle opere di Juhl, al Palazzo di Charlottenburg7 di Copenhagen. Secondo il racconto di Marianne Riis-Carstensen, collaboratrice di Juhl fino al 1959, questi sarebbero gli anni di declino nella carriera dell’architetto, successivamente al turning point degli anni Cinquanta8. Nel periodo successivo al debutto negli Stati Uniti d’America, alla fruttuosa collaborazione con SAS, ai successi ottenuti grazie ai progetti residenziali ed alle mostre riguardanti i suoi arredi, intorno agli anni Sessanta si assiste ad una diminuzione di commissioni. La celebre mostra Design in Scandinavia, esposta nei paesi scandinavi ed in America tra il 1954-7, allestita in più di 20 città, con circa 650.000 visitatori, fa sì che Finn Juhl sia una figura di fama mondiale. Nel 1957, l’architetto decide inoltre di spostare l’ufficio di Nyhavn in un ambiente più grande a Sølvgade 38, a causa dei molti progetti ed al numero crescente di dipendenti. Il 1956 è l’anno dell’inizio della collaborazione con SAS, dapprima per la progettazione di biglietterie in Svezia, poi per l’arredamento di interni degli aeromobili DC-8, per cui Juhl è incaricato di studiare linee, forme, tappezzeria e colori. Sul periodo di gloria di Finn Juhl, Anna-Louise Sommer sostiene: “From now on, things picked up speed. (…) A special chapter of the story was the commissions for SAS - Scandinavian Airlines System - from the mid 1950s. Finn Juhl was responsible for outfitting SAS’s fleet of new DC8 airliners; but it didn’t end there. A total of 33 terminals and ticket offices in Europe and Asia were

added to the commission. It was a fun time, Marianne Riis-Carstensen remembers; in particular, the work on fitting out the jets turned the focus to new skills for the drawing office, as psychology now came into the picture. Air travel was a new and completely modern form of transport (…)9” Non è un caso che la compagnia aerea avesse scelto proprio Finn Juhl come progettista di interni del mezzo di trasporto più innovativo, radicale e moderno del XX secolo10. Tuttavia gradualmente inizia a venire meno la fortuna del nordic design, e così la fama dell’architetto. A metà degli anni Cinquanta, Juhl decide di lasciare l’insegnamento alla Scuola di Interni, auspicandosi di sostituire Kaare Klint, deceduto nel 1954, alla Reale Accademia delle Belle Arti; tuttavia la cattedra viene assegnata ad Ole Wanscher, e ciò fa si che l’architetto si senta rifiutato dalla società danese. Per di più le commissioni nello studio di Sølvgade diminuiscono, tanto che nel 1966 Juhl decide di trasferire la sede professionale al proprio indirizzo, fuori dalla capitale. Tali vicende potrebbero avere influito sulla progettazione della residenza estiva a Rågeleje, che inizia al principio degli anni Sessanta. Il primo documento rinvenuto è datato 3 Aprile 1961; tuttavia è ipotizzabile che l’architetto abbia prodotto altri elaborati precedentemente, in quanto si ha esigua documentazione sulla fase preliminare e di analisi del sito. La fine dei lavori di costruzione si ha nell’anno 196211. Nel 1966 Juhl progetta una variante, realizzata probabilmente intorno al 1970, e finalizzata a dotare la residenza di una cucina più spaziosa. L’ultimo documento risale al 20 Marzo 197012 ed illustra la suddetta modifica. Il primo progetto è dell’Aprile 1961, anche si hanno alcune variazioni già nell’estate dello stesso anno. Le caratteristiche della versione estiva persistono nel secondo progetto, che risale invece al 1962 e viene


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poi realizzato. A differenza del primo, il secondo progetto prevede tre camere da letto, anziché quattro, posizione del camino differente, ed accesso principale discordante. Nel 1966 si ha la prima versione del progetto di ampliamento. L’ipotesi del 1966 viene sviluppata ulteriormente nel 1967, e poi variata negli anni 1968 e 1970. La casa è atta ad ospitare la famiglia del Dir. A. Hostrup-Pedersen, composta presumibilmente da tre persone, anche se il primo schema dell’Aprile 1961 mostra quattro camere da letto13. La dimora ha inizialmente impianto ad “L”, con un’ampia veranda sul fronte sud, poggiante su due esili sostegni di sezione circolare. La copertura dell’edificio è piana, a differenza delle altre residenze progettate da Finn Juhl14. Dall’esterno la residenza appare semplice e modesta, in sintonia con il paesaggio scosceso sul lido di Vejby. Anziché costituire una barriera, le proporzioni e la conformazione della residenza generano armonia tra architettura e natura circostante L’ingresso principale avviene dal fronte nord, dove si ha un corridoio che conduce o alla zona notte o al salotto, sala da pranzo e cucina. Il primo progetto prevede una tettoia in corrispondenza dell’ingresso settentrionale. Nella versione successiva i pilastri scompaiono e le dimensioni della tettoia vengono ridotte. La zona notte prevede due bagni ed una cameretta sul lato nord-est, e tre camere da letto a sud, ciascuna con uscita verso l’esterno. La cucina e la sala da pranzo formano assieme un unico grande ambiente, che presenta ampie superfici vetrate sul fronte meridionale, ed accesso alla veranda. Il salotto è dotato di una parete vetrata a sud e di un grande camino in cemento armato, all’angolo tra il prospetto occidentale e quello meridionale. Il focolare è uno dei tratti peculiari del soggiorno e, diversamente dalla Casa di Juhl o da Villa Aubertin15, non ha canna fumaria svettante.

Nel primo progetto esso ha un carattere meno monumentale ed è situato vicino alla parete che separa la cucina dal soggiorno. La cucina, dotata di uscita sul fronte nord, è di piccole dimensioni ed è divisa dalla sala da pranzo solamente da un bancone, così che vi sia continuità visiva tra i due ambienti. Come nelle altre architetture residenziali, la dimora è corredata da un ambiente interrato, accessibile stavolta dall’esterno. La scala che conduce alla cantina varia posizione nel corso del progetto: prima è collocata in corrispondenza dell’ingresso a nord, poi al centro del fronte settentrionale, infine viene spostata a nord-ovest, in prossimità del soggiorno. I prospetti hanno un disegno semplice e razionale, e riflettono la funzione degli ambienti interni. Il fronte meridionale è caratterizzato da prevalenza di superfici vetrate, in modo da illuminare naturalmente gli ambienti della zona giorno e le tre camere da letto. Il progetto presenta facciata libera e non si prevede una distinzione gerarchica tra la facciata principale e le altre. Nel 1966 la dimora viene ingrandita e dotata di un’ulteriore cucina, più spaziosa e che ingloba le scale. La variante fa sì che la casa abbia impianto planimetrico a “T”, anziché ad “L”, in quanto l’ampliamento ha la stessa dimensione della veranda a sud e si trova in posizione speculare ad essa. La modifica è progettata sulla base del secondo progetto e ne costituisce un’integrazione. La nuova cucina si collega alla vecchia attraverso una porta scorrevole e presenta un’uscita verso l’esterno. Conseguentemente le facciate della dimora subiscono alcune variazioni. Il fronte nord viene munito di cinque finestre ad asola ed una porta finestra; quello est di una finestra a nastro; mentre il setto della veranda a sud è dotato di un’apertura, che offre la visuale sul panorama. Il soggiorno non viene modificato ed è separato


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dall’ampliamento tramite una parete strutturale, in origine parte della facciata settentrionale della dimora. La nuova cucina presenta un piccolo tavolo con sedute di fronte alla finestra a nastro. Finn Juhl è incaricato di progettare gli arredi e le rifiniture dell’abitazione. Negli anni 1961 e 1962, egli produce numerosi elaborati di carattere tecnico, che descrivono gli infissi e i mobili della dimora. Un disegno del 1962 mostra la pianta dell’abitazione con due FJ 4916, sedute iconiche progettate dall’architetto e realizzate da Niels Vodder. Il progetto dell’impianto elettrico risale al Febbraio 1962. Alcune lampade sono progettate da Juhl in persona, mentre altre sono prodotte dall’azienda Fog & Mørup17. Allo stesso modo, la dimora è arredata sia con mobili disegnati dall’architetto, sia con modelli progettati da altri designers, come ad esempio le sedie attorno al tavolo da pranzo e la libreria di Arne Jacobsen, gli scaffali nel soggiorno di Mogens Koch18 e le sedute vicino al camino della ditta France & Søn. Alcune fonti fotografiche19 del 1965, mostrano la realizzazione del secondo progetto. La dimora è costruita interamente in legno e rivestita con doghe verticali, ad eccezione della testata occidentale che è in calcestruzzo a vista. Già dai primi disegni si nota l’intenzione di Juhl di differenziare i materiali nella parte nord ovest dell’edificio, accostando le doghe di legno con il cemento cellulare a vista20. Nelle fotografie, la pavimentazione della veranda, della sala da pranzo, della cucina, e degli ingressi alle camere da letto è in piastrelle in terracotta21, mentre il soggiorno ha pavimento in parquet. Il soggiorno e la sala da pranzo hanno trattamento materico uguale per quanto riguarda le pareti esterne ed interne. La canna fumaria è in cemento armato dipinto di bianco, invece il piano orizzontale, leggermente

aggettante, del camino è in clinker. Le fotografie del soggiorno illustrano due FJ 49, due Sedie Giapponesi22, due tavolini in teak23 progettati appositamente per la residenza, il divano lungo a parete, presente fin dai primi disegni, una lampada PH24, ed il Portræt af Yrsa25 di Vilhelm Lundstøm, appeso sulla parete occidentale. Le immagini del soggiorno presentano il Tavolo Giuda di Finn Juhl e quattro sedie Serie 726 di Arne Jacobsen. Non si hanno tuttavia fotografie che illustrano la variante del 196627. L’ultimo elaborato, raffigurante l’ampliamento, mostra un’ipotesi discordante da quella del 1966 e dalla soluzione finale, per quanto riguarda il trattamento materico. Mentre nella versione del 1966, la parete comunicante con il soggiorno presenta due distinti materiali e quella settentrionale uno soltanto; l’ipotesi del 1970 mostra l’opposto. Il muro che separa l’esterno dal soggiorno è del tutto rivestito in doghe di legno verticali, mentre la facciata nord è in parte in doghe verticali, in parte di un altro materiale, forse cemento28. La versione realizzata ha gli stessi prospetti illustrati nel progetto dell’anno 196629; dove solamente la testata ovest è in cemento cellulare ed il resto dell’abitazione ha rivestimento in doghe di legno verticali. Per quanto riguarda l’arredamento, non ci è dato conoscere quale delle tre varianti, se quella dell’anno 1966, 1968 o 1970, venga portata a termine, poiché la dimora non conserva più dei mobili originali. Oggigiorno la dimora appartiene alla Sig.ra Birgit Lyngbye Pedersen30, la quale la acquista nell’Estate del 2016. Il lotto è il medesimo di quello originale, nonostante l’indirizzo sia invece Engelhøj 2. All’interno del terreno, si ha inoltre un piccolo volume a sé stante con funzione di garage, in prossimità della strada carrabile. Non si può stabilire se esso sia progettato da Finn Juhl in una fase progettuale successiva o da un altro


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architetto, giacché i disegni originali non forniscono informazioni al riguardo. La residenza è attualmente in fase di ristrutturazione ed è destinata ad ospitare la proprietaria e le sue tre figlie. Le pareti esterne della dimora e del garage sono ridipinte di colore nero; gli infissi originali sono riverniciati di bianco, coerentemente con il progetto originale; mentre le aperture della testata occidentale sono diverse. Si ha un’ulteriore canna fumaria, di dimensioni minori, laddove è la cucina dell’ampliamento. Diversamente dai disegni originali e dalle fotografie del 1965, la facciata ovest ha due porte finestre, di cui una più grande scorrevole, al posto delle finestre a nastro, e presenta un varco, laddove prima è l’apertura della veranda, proposta nel 1966. Gli infissi delle nuove porte finestre sono in legno ed il rifacimento è in sintonia con il progetto originario di Finn Juhl. L’odierna proprietaria intende dotare la dimora di un’addizione, in sostituzione del corpo con funzione di garage. Il progetto di ampliamento è diretto dall’architetto Lene Tranberg31, dello studio Tranberg & Lundgaard. Al momento dell’acquisto, la casa è spoglia degli arredi originali, di cui alcuni, racconta Birgit, sono venduti dalla celebre azienda d’asta scandinava Bruun Rasmussen32. Gli unici arredi originali rinvenuti sono la panca ed il tavolino, che nelle fotografie d’epoca sono al di sotto della veranda sud. La panca è ora priva di imbottitura e situata accanto al tavolino sul fronte ovest, rivolta verso il suggestivo paesaggio.


La veranda negli anni Sessanta (fotografia di Keld Helmer-Petersen, dall’archivio online di di Danmark Kunstbibliotek)


Variante progettuale: la parete, che separa la veranda dalla vallata, presenta ora un varco, che permette di godere della vista sul mare (foto di Rebecca Carrai, 2016)



Gruppo 1 (anno 1961)

Le schede del Gruppo 1 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. I documenti analizzati descrivono il primo progetto dell’abitazione e sono datati a partire da Aprile a Luglio del 1961. “HUS I RAAGELEJE FOR DIR. A. HOSTRUP-PEDERSEN” “CASA A RAAGELEJE PER DIR. A. HOSTRUP-PEDERSEN” (Fig. 0) Pianta dell’abitazione. 3 Aprile 1961, china su lucido, 74x48, inventario B74. La tavola rivela il committente della casa estiva ossia il Dir.33 A. Hostrup-Pedersen, capo della ditta danese Georg Jensen. Il disegno non mostra il contesto in cui si colloca l’abitazione, bensì ne raffigura gli arredi. La grafica è tecnica e diversa da quella solitamente impiegata in altri elaborati. La pianta ha conformazione ad “L”. Sono presenti due portici: da un lato uno aggettante dal perimetro dell’edificio e poggiante su tre esili colonne; dal lato opposto uno compreso nel limite esterno, con un solo sostegno. Dal lato del portico con tre pilastri si accede alla sala da pranzo, al soggiorno ed alla zona notte. La sala da pranzo è connessa alla cucina ed i due ambienti presentano stessa pavimentazione delle verande e del corridoio che conduce alla zona notte. La dimora dispone di tre camere da letto, dotate di uscita verso l’esterno. La cucina ha anch’essa un accesso indipendente. All’interno della sala maggiore, dietro la parete della cucina, si ha un camino. La sala maggiore ha probabilmente funzione di soggiorno, in quanto vi è disegnato un divano. La residenza prevede anche due piccoli bagni ed una cameretta, in prossimità dell’ingresso principale, sotto al portico con un solo pilastro. Le pareti esterne del soggiorno presentano spessore murario maggiore delle altre. La tavola mostra disegni sommari a matita e tratti a china sui bordi.

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“HUS I RÅGELEJE (MATR. NR. 9m VEJBY BY) FOR DIREKTØR A. HOSTRUP-PEDERSEN SITUATIONSPLAN 1:500” “CASA A RAAGELEJE (MATR. NR. 9m PRESSO VEJBY) PER IL DIRETTORE A. HOSTRUP-PEDERSEN PLANIMETRIA GENERALE 1:500” (Fig. 1) Planimetria generale, scala 1:500, con quote e orientamento. Finn Juhl, 30 Aprile 1961, modifica del 10 Agosto 1961, matita su lucido, 23x32,2, tavola numero 1, inventario B74. Esiste una copia della tavola a china su lucido, di dimensioni 22,9x28. La planimetria rispecchia il progetto di Fig. 0, in quanto si notano i medesimi portici e lo stesso perimetro. L’intestazione della tavola conferma che Juhl durante quegli anni opera presso lo studio di Sølvgade 38 a Copenhagen. L’abitazione occupa il lotto numero 9m nel paese di Vejby, ed è raggiungibile tramite una strada privata, traversa di Fællesvej. La casa è ruotata di 45° rispetto al limite nordoccidentale del lotto e presenta una striscia di vegetazione sul fronte sudorientale, che la scherma dal fronte stradale. “HUS I RÅGELEJE (PARCEL 4 AF MATR NR 9m VEJBY) FOR DIREKTØR A. HOSTRUP-PEDERSEN. SITUATIONSPLAN 1:500” (Fig. 1.1, 1.2) Planimetria generale, scala 1:500, con quote, didascalie e orientamento. Finn Juhl, 30 Aprile 1961, modifica del 10 Agosto, 19 Agosto e 25 Agosto 1961, 31x22, tavola numero 1 (Fig. 1.1), inventario B74. Si suppone che le due tavole siano relazionate in quanto mostrano gli stessi contenuti ed hanno stessa dimensione. Esse mostrano un progetto distinto da quello di Fig. 0 e Fig. 1, poiché l’impianto planimetrico è a “T”, anziché ad “L” come in Fig. 0 ed 1. Questa configurazione, frutto di un ampliamento, verrà realizzata solo alcuni anni dopo. L’orientamento, il lotto e la vegetazione coincidono invece con Fig. 1. Si specifica che il viale privato che conduce all’abitazione è largo 6 metri e che la residenza dista circa 16 metri dal confine nordoccidentale del lotto. La strada principale ha conformazione differente da Fig. 1 e presenta un incrocio che conduce ad un’area fuori da Bivej, Off. Bivej.


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“HUS I RÅGELEJE (MATR. NR. 9m VEJBY BY) FOR DIREKTØR A. HOSTRUP-PEDERSEN STUEPLAN 1:50” “CASA A RAAGELEJE (MATR. NR. 9m PRESSO VEJBY) PER IL DIRETTORE A. HOSTRUP-PEDERSEN PIANTA PIANO TERRA IN SCALA 1:50” (Fig. 2) Pianta del piano terra, in scala 1:50, con quote, didascalie e scala metrica. Finn Juhl, 30 Aprile 1961, modifica del 27 Maggio e 1 Giugno 1961 matita e china su lucido, 69x31,7, tavola numero 2, inventario B74. La pianta mostra un impianto simile a quello di Fig. 0 e 1, ma in maniera più dettagliata. Dato l’elevato numero di quote, si potrebbe ipotizzare che si tratti di un documento esecutivo. Si nota l’utilizzo di una pavimentazione distinta per le verande, la cucina, la sala da pranzo ed il corridoio della zona notte, allo stesso modo di Fig. 1. Il disegno presenta delle linee tratteggiate che potrebbero indicare la proiezione delle travi della copertura. Le didascalie specificano le funzioni di ciascuna stanza, che come ipotizzato, sono: Køkken, cucina, Opholdsstue, soggiorno, Spiseplade, sala da pranzo, Soveværelse, camera da letto, Kammer, cameretta, Forstue, ingresso, Halvtag, tettoia. Sul corridoio è posizionato un armadio a muro con funzione di guardaroba, Garderbobe Skabe e, a fianco della cameretta vi è un ripostiglio, Depot, con uscita verso l’esterno. Come in Fig. 1, si nota il disegno in pianta degli arredi, mentre è assente l’intorno dell’abitazione. Si osserva lo stesso camino di Fig. 1. I tre cavedi per gli impianti, indicati nella cucina di Fig. 1, sono scomparsi, in quanto ne è presente solamente uno in prossimità dell’uscita. A differenza di Fig. 1, è presente una scala sotto la tettoia dell’ingresso principale. “FUNDAMENT - OG KÆLDERPLAN MÅL 1:50” “FONDAZIONI - E PIANTA DELLA CANTINA SCALA 1:50” (Fig. 3) Pianta del livello interrato e delle fondamenta, scala 1:50, con quote, didascalie e scala metrica. Finn Juhl, 30 Aprile 1961, modifica del 27 Maggio 1961, china e matita su lucido, 31,5x63, tavola numero 3, inventario B74. La tavola mostra un impianto planimetrico coerente con Fig. 2. Così come in Fig. 2, sono presenti le scale, assenti invece in Fig. 0. Tramite le suddette scale si accede al piano interrato che ha funzione di cantina, Kælderrum. Le aree indicate con il tratteggio obliquo sono non scavate, dunque si illustrano solamente le fondamenta. L’area sottostante il soggiorno è sembra essere utilizzabile al livello interrato, anche se tuttavia non è ben chiaro come sia raggiungibile. Le scale sono disposte sul lato opposto e conducono alle aree sottostanti la zona notte, che non presentano un


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collegamento con la stanza sotto al soggiorno. La tavola presenta calcoli a matita sui bordi. “FACADE + SNIT MÅL 1:50” “FACCIATE + SEZIONI SCALA 1:50” (Fig. 4, 5, 6, 7) Prospetto nord, ovest, sud, est; sezione trasversale e longitudinale, in scala 1:50, con scala metrica. Finn Juhl, 30 Aprile 1961, matita e china su lucido, 32x65, tavola numero 4 (Fig. 4), 5 (Fig. 5), 6 (Fig. 6), 7 (Fig. 7), inventario B74. I prospetti sono coerenti con le piante di Fig. 2 e 3. Come deducibile dalle piante, la dimora non presenta un livello superiore. Il prospetto nord presenta l’ingresso principale, l’accesso indipendente alla cucina, il portico con un pilastro e due aperture, una leggermente più grande dell’altra, quadrate in prossimità del soggiorno e della cucina. Si nota la presenza di tre lucernari, aventi il solito aspetto di quelli progettati per l’ampliamento della tettoia e dell’addizione della casa di Juhl34. Essi sono disposti sul corridoio della zona notte, coerentemente con la rappresentazione in pianta di Fig. 2. Il prospetto ovest e la sezione trasversale mostrano rispettivamente la grande finestra a nastro del soggiorno ed i prospetti interni dell’abitazione, rivestiti in doghe di legno verticali. Si ipotizza che Juhl abbia intenzione di collocare un’ulteriore apertura sulla facciata occidentale in quanto questa è disegnata in maniera sommaria. Il fronte sud è caratterizzato da un alternarsi di pieni e vuoti. Si osserva la presenza delle quattro porte finestre delle camere da letto, della parete vetrata della sala da pranzo e della porta finestra a doppia anta del soggiorno. La sezione longitudinale illustra il divano del soggiorno, che ricorda quello utilizzato anche nella Villa Aubertin35. Il prospetto orientale mostra la quinta occidentale, della tettoia poggiante su tre pilastri, in doghe di legno orizzontali; e non mostra la finestra abbozzata in Fig. 5. Le pareti esterne della facciata meridionale ed orientale sono interamente in doghe di legno verticali, mentre quelle sul fronte nord ed ovest sono in parte o del tutto in mattoni. Ciò potrebbe giustificare il fatto che in pianta tali pareti presentano spessore murario maggiore. L’edificio ha copertura ad una falda poco inclinata, quasi piana, con altezza minore sul fronte nord.


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“SNIT 1:20” “SEZIONE 1:20” (Fig. 8) Sezione trasversale e porzione di prospetto sud, in scala 1:20, con quote, didascalie e scala metrica. Finn Juhl, 4 Giugno 1961, matita e china su lucido, 32x58,5, tavola numero 8, inventario B74. Il disegno è all’incirca coerente con Fig. 2, 3, 4, 5, 6, 7. I lucernari tuttavia risultano in posizioni diverse da quelli degli elaborati precedenti, ad eccezione di quello centrale. La tavola fornisce molte informazioni sui materiali da utilizzare, lo spessore e la posa. Le porte sul fronte meridionale sono in teak verniciate di bianco e provengono da Silkebørg36. Gli esili pilastri della veranda consistono in tubolari in acciaio zincato, Galv. Damprør. La copertura è rivestita in eternit, Eternitplader på underside, presenta due strati di impermeabilizzanti di Icopal, 2 lag løve icopal, uno strato di feltro minerale, mineralfilt, e tavole e travi in legno, brædder, spær, rispettivamente di 1x5 e 3x6, 5x6 e 6x6 cm. Le fondazioni sono alte 1,1 metri ed hanno struttura in ferro. Il punto più alto della dimora è 2,64 metri, mentre l’altezza delle porte è 2,20, incluso il telaio. Tutte le porte interne sono lisce e verniciate, alle døre glatte til maling. I lucernari sono in acciaio zincato e la canna fumaria sporge di 1 metro dal livello della copertura. “STUEPLAN”; “KÆLDER- OG FUNDAMENTPLAN” “PIANTA DEL PIANO TERRENO”; “PIANTA DELLA CANTINA- E DELLE FONDAZIONI” (Fig. 9, 10) Pianta del piano terra e del livello interrato, in scala 1:50, con quote, didascalie e scala metrica. Finn Juhl, 5 Luglio 1961, matita e china su lucido, 31x63,4 (Fig. 9), 31,4x62,4 (Fig. 10), tavola numero 12 (Fig. 9), 13 (Fig. 10), inventario B74. Le tavole sono relazionate in quanto mostrano stessi contenuti, scala, data di produzione e numero di tavola consecutivo. L’ipotesi progettuale raffigurata è simile alle piante di Fig. 0, 2 e 3, ma con alcune discordanze. La grafica è simile a quella delle piante di Fig. 2 e 3; e si nota la presenza di molte quote e didascalie, come se si trattasse di un elaborato della fase esecutiva. Si presume che essa si tratti di un perfezionamento della versione dell’Aprile 1951, in quanto la geometria è all’incirca la medesima. A differenza di Fig. 2, per quanto riguarda il piano terra, anziché esservi quattro camere da letto, ce ne sono solamente tre e di dimensioni maggiori. Le scale che conducono al piano interrato inoltre non sono situate sotto la veranda dell’ingresso principale, come in Fig. 2 e 3, bensì all’esterno, davanti alla cucina. Confrontando la pianta del piano terra con quella di Fig. 2, la tettoia dell’ingresso è più piccola e non presenta nessun pilastro, l’atrio è leggermente più stretto e la cucina più ampia. Quest’ultima non è dotata di uscita all’esterno, bensì solamente di un’apertura.


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Le vetrate centrali della sala da pranzo presenti in Fig. 2, sono invece apribili, alla stessa maniera di quelle ad una sola anta, disposte ai lati. Le porte delle camere da letto sono collocate al centro della rispettiva parete. Si nota la presenza di pavimentazione distinta per le verande, la sala da pranzo, la cucina ed il corridoio, così come in Fig. 0 e 2. La pianta della cantina mostra, così come Fig. 3, alcuni ambienti praticabili ed altri non utilizzabili, indicati graficamente con il tratteggio obliquo. L’accesso è garantito stavolta dall’ambiente sottostante la cucina, da cui si raggiunge lo spazio sotto il soggiorno. La zona notte, nonostante sia indicata graficamente come ambiente utilizzabile, non è chiaro come sia accessibile, poiché non vi è un collegamento tra questa e l’ingresso alla cantina. Le tavole presentano segni a matita sui bordi. “PLAN AF STUE” “PIANTA DEL PIANO TERRA” (Fig. 11) Pianta del piano terra, scala 1:50, con quote, didascalie e scala metrica. Finn Juhl, 6 Agosto 1961, modifica del 3 e 12 Ottobre 1961 e 9 Marzo 1962, china e matita su lucido, 63,4x43,4, tavola numero 14, inventario B74. La pianta mostra una versione simile a quella di Fig. 9 e 10. A differenza di Fig. 9, la scala esterna è spostata più verso il soggiorno ed il ripostiglio è collocato al lato della cameretta, in modo che quest’ultima risulti più spaziosa. La scelta di spostare la scala è dovuta probabilmente al fatto che si intende dotare la cucina di un’uscita indipendente, così come nelle piante iniziali di Fig. 0 e 2. Un’altra modifica sostanziale consiste nella posizione del camino, che, anziché trovarsi dietro alla cucina, è situato nel soggiorno, adiacente alla parete vetrata a sud. Conseguentemente anche la vetrata in soggiorno è differente da quella di Fig. 0, 2, 4, 5, 6, 7. Il camino è di dimensioni maggiori di quello precedente ed ha un aspetto monumentale che fa sì che rappresenti il fulcro della sala. La tavola è in parte strappata e presenta calcoli a matita sui bordi. (Fig. 11.1) Pianta del piano terra. Matita su lucido, inventario B74. Nonostante la tavola non mostri né autore né data, si può ipotizzare che essa sia all’incirca contemporanea di Fig. 11. La pianta presenta medesima ipotesi progettuale di Fig. 11 e diversa invece da Fig. 0, 2, 3, 9, 10. Il disegno è più dettagliato di quello di Fig. 11 in quanto gli arredi sono rappresentati in maniera più specifi-


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ca. Attorno al camino si hanno due sedie FJ 49, realizzate dall’ebanista Niels Vodder. Il soggiorno è arredato anche con un tavolo di Arne Jacobsen e due sedute della ditta di arredi France & Søn37, con cui l’architetto ha iniziato una collaborazione a partire dagli anni Cinquanta. Davanti al tavolo, laddove nelle piante precedenti si ha il divano, adesso si trova una panca lunga, Fast Bænk. Sulla parete orientale della sala, si ha invece una libreria a muro che presenta scaffalature progettate da Arne Jacobsen e da Mogens Koch38. La sala da pranzo è dotata di un tavolo progettato da Finn Juhl e realizzato da Niels Vodder, e delle sedute di Arne Jacobsen e prodotte dall’azienda Fritz Hansen39. La pianta non mostra i pilastri sulle verande, né le proiezioni dei lucernari o delle travi di copertura. (Fig. 11.2) Schizzo del camino del soggiorno. Finn Juhl, china su carta, 21x30, inventario B74. Nonostante non sia specificato l’autore, si ipotizza che la tavola sia autografa di Finn Juhl, dato che l’architetto è solito disegnare a questa maniera le proprie idee su supporti di dimensioni simili. Si tratta di uno studio preliminare sulla conformazione del camino della sala giorno. Il disegno è probabile che sia all’incirca contemporaneo a Fig. 11 ed 11.1 poiché mostra lo stesso camino, assente nelle versioni di Fig. 0, 2, 3, 9, 10. Lo schizzo in basso è simile alla versione infine realizzata. “PLAN AF KÆLDER” “PIANTA DELLA CANTINA” (Fig. 12) Pianta del livello interrato, scala 1:50, con quote, didascalie e scala metrica. Finn Juhl, 6 Agosto 1961, modifica del 3 e 12 Ottobre 1961, china e matita su lucido, 63,4x31,1, tavola numero 15, inventario B74. La tavola è la successiva di Fig. 11, anch’essa risalente al 6 Agosto 1961, in seguito modificata il 3 ed il 12 Ottobre 1961, e presenta una soluzione progettuale coerente. Si nota una variante ai progetti di Fig. 3 e 10, giacché le scale che conducono all’ambiente interrato sono posizionate differentemente. La stanza sottostante il soggiorno illustra la proiezione delle travi del soffitto. Sulla parete meridionale sono disposti il camino ed l’angolo adibito alla conserva del vino, Vin Kælder.


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(Fig. 13, 14, 15) Prospetti e sezioni, scala 1:50, con scala metrica. Finn Juhl, 6 Agosto 1961, modifica del 12 Ottobre 1961, 13 Ottobre 1961 (Fig. 15), matita su lucido, 61x32,4 (Fig. 13), 63,5x31,5 (Fig. 14), 31,5x63,4 (Fig. 15), tavola numero 16 (Fig. 13), 17 (Fig. 14), 19 (Fig. 15), inventario B74. Le tavole 16, 17 e 19 sono collegate tra loro e con Fig. 11 e 12 in quanto, oltre ad essere contemporanee, mostrano un progetto analogo. Fig. 13 presenta il prospetto settentrionale; Fig. 14 quello occidentale assieme ad una sezione trasversale; Fig. 15 la facciata orientale ed una sezione trasversale. Le tavole mostrano diverse discordanze con i prospetti e le sezioni di Fig. 4, 5, 6, 7 ed 8, poco anteriori. La parte in mattoni è invece in doghe di legno orizzontali; la tettoia con il pilastro centrale è scomparsa; si hanno le scale della cantina di fronte alla parete esterna del soggiorno; e le aperture sul fronte settentrionale sono del tutto nuove. I lucernari sono assenti. I disegni mostrano la posizione del camino, analogamente a Fig. 11 e 12. La testata orientale presenta una piccola finestra quadrata, anziché una porta finestra come in Fig. 7. La sezione di Fig. 15 mostra il soggiorno del piano terra e l’ambiente sottostante del piano interrato. Al piano terra, si nota il camino, che ha stessa conformazione della versione finale realizzata, ed il divano, simile a quello visto nei disegni precedenti. Al piano interrato, si illustra in alzato la canna fumaria. Le scale che conducono alla cantina sono dotate di un parapetto con una struttura sottile. (Fig. 16, 17, 18) Prospetti interni, piante, sezioni; scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 8 Agosto 1961, matita su lucido, 14,5(parte superiore), 17,5(parte inferiore)x34,5 (Fig. 16), tavola numero 21 (Fig. 16), 22 (Fig. 17), 23 (Fig. 18), inventario B74. Le tavole sono relazionate tra loro e mostrano lo stesso progetto rappresentato in Fig. 11, 12, 13, 14 e 15. Fig. 17 e 18 presentano: una la sezione e la pianta del corridoio della zona notte, illustrando gli ingressi delle camere da letto; l’altra la sezione nella direzione opposta, rappresentando gli armadi a muro all’interno delle camere. Le tre camere hanno stesso impianto planimetrico ed arredamento, ad eccezione del fatto che una di esse ha l’ingresso su un lato, anziché in mezzeria. Fig. 21 descrive nel dettaglio la cucina, circa uguale a quella in Fig. 11. Si nota tuttavia la presenza di una canna fumaria, in prossimità del bancone che separa dalla sala da pranzo, analogamente a quanto previsto nelle ipotesi iniziali (Fig. 2, 3, 9, 10). L’arredamento, semplice e funzionale, presenta numerosi ripiani e scaffali in formica e teak. La cucina è inoltre dotata di lavastoviglie, Opvaskemaskiner, frigorifero, Køleskab, fornelli, Komfur, e di un ripiano per cucinare in lastra di pietra, Stenplade.


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(Fig. 19, 20) Pianta e sezione del camino del soggiorno, scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 12 Ottobre 1961, matita su lucido, tavola numero 24 (Fig. 19), 25 (Fig. 20), inventario B74. La didascalia della tavola 25 sostiene che essa sostituisce il disegno della tavola 24: Erstatter Tegn. Nr. 24, dal momento che due tavole presentano stessi contenuti e datazione. Esse illustrano il camino del soggiorno coerentemente con Fig. 15 e con la versione realizzata. La struttura del camino è in cemento armato, Jernbeton, il piano orizzontale sporgente è in pietra naturale, Natursten, spessa 6 cm, e la zona del focale è in pietra refrattaria, Ildfaste sten. Fig. 19 indica il materiale della parete ovest del soggiorno che è in cemento cellulare, Gasbeton, così come nella versione realizzata. (Fig. 21) Schema del soffitto, scala 1:50, con didascalie. Finn Juhl, 6 Novembre 1961, matita su lucido, tavola numero 26, inventario B74. La tavola mostra la suddivisione del soffitto, Inddeling af Pladeloft. La didascalia Spalte til Rude sta ad indicare le cerchiature per le porte. (Fig. 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28) Dettagli dell’abitazione, scala 1:1, con didascalie. Finn Juhl, 6 Novembre 1961, matita su lucido, tavola numero 27 (Fig. 22), 28 (Fig. 23), 29 (Fig. 24), 30 (Fig. 25), 31A (Fig. 26), 31B (Fig. 27), 32 (Fig. 28), inventario B74. Gli elaborati costituiscono una serie di disegni in scala 1:1, probabilmente collegata a Fig. 21, che risale pure al 6 Novembre 1961, che descrivono gli infissi della residenza. Fig. 22 illustra i dettagli delle porte delle camere da letto; Fig. 23 il particolare delle finestre del bagno e della cucina; Fig, 24 quello di finestre non specificate; Fig. 25 i particolari delle porte di ingresso alle camere e ai bagni; e Fig. 26, 27 e 28 i dettagli della porta pieghevole della sala da pranzo. Fig. 28 è poco posteriore a Fig. 22, 23, 24, 25, 26 e 27, in quanto risale al 20 Novembre 1961. Gli infissi della vetrata della sala da pranzo sono isolati termicamente e presentano struttura lignea con inserti in teak. (Fig. 29) Pianta, sezione e prospetto della porta di ingresso, scala 1:20, con didascalie. Finn Juhl, 18 Novembre 1961, matita su lucido, tavola numero 33, inventario B74. Nonostante la data sia anteriore a quella di Fig. 28, la tavola è successiva per numerazione. Il disegno mostra l’ingresso principale della dimora, che appare diverso da quello progettato inizialmente (Fig.


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0, 2, 4, 9). La parete dell’ingresso è interamente vetrata. Gli infissi generano un disegno geometrico regolare, per cui la porta sta al centro ed è affiancata da due superfici aventi stessa dimensione. L’ingresso non è monumentale, bensì modesto, così come nelle altre residenze progettate da Juhl. (Fig. 30) Prospetto e pianta del camino del soggiorno, scala 1:20, con didascalie e quote. Finn Juhl, 22 Novembre 1961, matita su lucido, tavola numero 34, inventario B74. La didascalia Supplerer Teg. Nr. 25 (Tegn. 24 Udgår) significa che la tavola integra le informazioni contenute nella tavola numero 25 (Fig. 20), e la tavola 24 è da cancellare (Fig. 19). Allo stesso modo di Fig. 19 e 20 si mostra infatti il camino del soggiorno. La geometria è la stessa di Fig. 19 e 20, ma la lastra di pietra aggettante e la zona della canna fumaria hanno stesso materiale. Questi sono adesso in cemento armato rivestiti di klinker, analogamente alla versione realizzata. (Fig. 31) Dettaglio della porta della sala da pranzo, scala 1:1, con didascalie. Finn Juhl, 22 Novembre 1961, matita su lucido, tavola numero 35, inventario B74. La tavola è collegabile a Fig. 26, 27 e 28 in quanto mostra anch’essa un particolare degli infissi della sala da pranzo.


Gruppo 2 (anno 1962)

Le schede del Gruppo 2 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. I disegni risalgono al 1962, anno in cui Juhl fornisce ulteriori dettagli al progetto dell’estate 1961.

(Fig. 32) Pianta e sezioni della cucina, scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 5 Febbraio 1962, modifica del 17, 27 Febbraio e del 10 Marzo 1962, matita su lucido, 64,1x31,2, tavola numero 36, inventario B74. La tavola presenta numero successivo a Fig. 31, risalente al 22 Novembre 1961. L’intestazione comunica che il documento integra la tavola numero 21: Erstatter Tegning Nr. 21, ovvero Fig. 16. La geometria complessiva è simile a quella di Fig. 16: entrambe le tavole presentano un bancone che separa dalla sala da pranzo, sono dotate di uscita verso l’esterno sul fronte settentrionale, presentano un lavabo incassato nel mobile sulla parete est, ed il materiale prevalente è il teak. A differenza di Fig. 16, al posto del camino si ha il frigorifero ed inoltre si ha qualche discordanza nel disegno degli scompartimenti dei mobili. (Fig. 33) Pianta dell’impianto elettrico, con quote e didascalie. Finn Juhl, 5 Febbraio 1962, matita su lucido, 61x31, tavola numero 37, inventario B74. Il disegno mostra una pianta di confermazione analoga a Fig. 11 ed 11.1 ovvero al progetto dell’Agosto 1961. In pianta vengono indicati i punti in cui collocare le sorgenti luminose e si illustra il quadro elettrico di ciascuna stanza. Per ogni lampada si assegna un codice. L’illuminazione delle camere da letto e della cameretta è la medesima; esse constano del modello di lampada LP. 43653. Nel corridoio è presente una lampada progettata da Juhl ed indicata come My Lampet. Alcune lampade sono realizzate dall’azienda Fog & Mørup40. La veranda esterna è dotata di illuminazione dall’alto. Il disegno, presumibilmente autografo di Juhl, presenta due moduli, indicati con la lettera “a”, parti della griglia compositiva generale.

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(Fig. 34) Pianta e sezione del bagno, scala 1:20, con quote e didascalie. Finn Juhl, 5 Febbraio 1962, matita su lucido, tavola numero 38, inventario B74. La tavola illustra i due bagni della dimora, di cui uno con doccia. L’arredamento e le piastrelle utilizzate sono i medesimi per entrambe le stanze da bagno. (Fig. 35, 36) Dettaglio del piano cottura e dell’armadio della cucina, scala 1:1, con quote e didascalie. Finn Juhl, 19 Febbraio 1962, matita e china su lucido, tavola numero 39 (Fig. 35), 40 (Fig. 36), inventario B74. Fig. 35 mostra il dettaglio del piano di cottura della cucina, e Fig. 36 quello dell’armadio. Entrambe le tavole presentano rimandi ad altri disegni, che specificano ulteriormente alcune parti del disegno. (Fig. 37) Pianta, prospetto e sezione del divano sulla terrazza, scala 1:5. Finn Juhl, 22 Marzo 1962, matita e china su lucido, 92x50x8, inventario B74. Data la precisione nella grafica e l’intestazione scritta a macchina si ipotizza che la tavola rappresenti un elaborato finale. Il disegno mostra nel dettaglio la seduta collocata sotto la veranda di fronte al soggiorno. La panca è prevalentemente in legno, presenta due cuscini imbottiti ed è agganciata alla parete tramite una struttura metallica. (Fig. 38, 39, 40, 41) Dettagli di arredi dell’abitazione, scala 1:20, 1:10, 1:5, 1:1; con quote e didascalie. Finn Juhl, 18 Giugno 1962 (Fig. 38), 21 Giugno 1962 (Fig. 39), 16 Luglio 1962 (Fig. 40), 17 Luglio 1962 (Fig. 41), matita e china su lucido, inventario B74. Fig. 38 descrive i dettagli del divano del soggiorno, Fast Sofa i Opholdsstue, in scala 1:10 e 1:1. Il divano, incassato nel muro del soggiorno, ha forma piatta ed allungata, in quanto si estende per tutta la sua lunghezza della parete settentrionale, similmente a Fig. 0, 2, 11. Fig. 39 illustra il mobiletto del telefono, Telefonbord i gang, in scala 1:5. Fig. 40 mostra i dettagli dei ripiani di vetro della cucina, Glashylder i Køkken, in scala 1:20 e 1:1. Fig. 41 presenta la maniglia in ottone della stufa connessa al camino del soggiorno, Greb til Kamin i lækeret Messing. Le tavole hanno intestazione scritta a macchina e presentano grafica simile tra loro per cui, risalendo oltretutto al medesimo periodo temporale, ovvero all’estate 1962, si può ipotizzare che facciano parte di una serie di


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disegni, che descrive i mobili della dimora. (Fig. 42) Dettaglio di una mensola, scala 1:1, con numerazione. Finn Juhl, 17 Ottobre 1962, matita e china su lucido, inventario B74. Nonostante descriva anch’essa particolari dell’abitazione, la tavola ha una grafica diversa da Fig. 38, 39, 40 e 41. L’architetto prevede una numerazione da attribuire a ciascun dettaglio rappresentato. L’elaborato si suppone appartenga alla fase di realizzazione del progetto. (Fig. 43) Tavolo della sala da pranzo, scala 1:5, 1:1; con quote e didascalie. Finn Juhl, matita su lucido, inventario B74. La tavola mostra il disegno del tavolo estendibile di forma circolare della sala da pranzo.


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Gruppo 3 (anno 1966, 1967)

Le schede del Gruppo 3 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. I disegni appartengono agli anni 1966, 1967, e mostrano una variante al progetto del 1961, 1962. “TYLBYGNING TIL DIREKTØR A. HOSTRUP-PEDERSEN’S HUS I RÅGELJE” “AMPLIAMENTO DELLA CASA DEL DIRETTORE A. HOSTRUP-PEDERSEN” (Fig. 44, 45) Assonometrie, scala 1:50. Finn Juhl, 15 Novembre 1966 (Fig. 44), 23 Novembre 1966 (Fig. 45), 61,5x42 (Fig. 44), 44x64,7 (Fig. 45), inventario B74. Le tavole mostrano un progetto diverso da quello dell’anno 1961 e 1962. Si nota la presenza di un ampliamento sul fronte nord ed ovest, in prossimità del soggiorno e della cucina. La variante fa sì che l’abitazione assuma una conformazione planimetrica a “T”, anziché ad “L”. L’ampliamento ha stessa larghezza e lunghezza della veranda aggettante sul fronte meridionale. Le pareti aggiunte presentano una finestra a nastro, sul fronte ovest, cinque finestre ad asola, sul fronte nord, ed una porta finestra ad est. Ad eccezione della variante, il progetto è all’incirca uguale a quello di Fig. 13, 14 e 15. Il fronte occidentale presenta due nuove aperture: una è in relazione all’ampliamento; l’altra è comunicante con la veranda e ricorda quella abbozzata in Fig. 5. Dalla grafica, si potrebbe pensare che la pavimentazione della veranda coincida con quella degli ingressi alle stanze da letto. Il materiale della pavimentazione sembra inoltre corrispondere con quello impiegato nella quinta occidentale della veranda41. L’ampliamento viene realizzato. (Fig. 46) Prospetto ovest, nord, est del progetto di ampliamento, scala 1:50, con didascalie. Finn Juhl, matita e china su lucido, 43,5x63,5, tavola numero 2, inventario B74. La tavola è inerente a Fig. 44 e 45 in quanto mostra la medesima variante progettuale. Nonostante l’elaborato non riporti datazione, si ipotizza che esso sia contemporaneo a Fig. 44, 45, dunque del Novembre 1966. La tavola indica il punto in cui inizia l’ampliamento, attraverso la didascalia Tilbygning. La rappresentazione dell’ingresso sul fronte settentrionale è diversa da quella di Fig. 29, in quanto non consiste in una parete interamente vetrata, ma si hanno solo due aperture. La parete su cui sono disposte le aperture è in doghe di legno verticali, così come la maggior parte del rivestimento esterno. Il prolungamento della testata occidentale presenta lo stesso materiale della preesistenza.


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La facciata nord presenta una finestra ed una porta in meno rispetto a Fig. 13. L’ingresso alla cucina, presente sul fronte nord in Fig. 13, si presume sia infatti spostato sul quello orientale dell’ampliamento. L’ampliamento è dotato di un lucernario, simile a quelli di Fig. 4 e di altri progetti residenziali42. “TILBYGNING TIL DIREKTØR ANDER HOSTRUP-PEDERSEN’S HUS I RÅGELEJE” “AMPLIAMENTO DELLA CASA DEL DIRETTORE ANDER HOSTRUP-PEDERSEN A RAAGELEJE” (Fig. 47) Pianta, sezioni e prospetti interni della cucina del nuovo ampliamento, scala 1:20, con didascalie. Finn Juhl, 1 Dicembre 1966, matita su lucido, 90x47, tavola numero 3, inventario B74. La tavola è inerente all’ampliamento descritto in Fig. 44, 45 e 46. Si può affermare che la ragione per cui Juhl progetta l’ampliamento è dotare la residenza di una cucina più grande. Essa ha lunghezza di 8,65 metri e larghezza di 3,25 metri. Così come nel progetto del 1961 e del 1962, la cucina si sviluppa prevalentemente in lunghezza, è addossata alla parete e dotata di numerosi ripiani e scaffali, dall’aspetto semplice e funzionale. Essa è tuttavia più spaziosa di quella delle versioni precedenti, presenta un tavolo con quattro sedute ed ingloba le scale che conducono al piano interrato. Si percepisce che l’ampliamento viene progettato sulla base del progetto del 1962 ed è un’integrazione di esso. Si riconosce infatti la parete del fronte settentrionale, per metà in cemento43 e per metà in doghe di legno verticali, della soluzione progettuale precedente, osservabile in Fig. 13, 19, 20, 30. Si riconoscono le stesse finestre ad asola del prospetto nord e la finestra a nastro sul fronte ovest di Fig. 46. Il disegno tuttavia rappresenta soltanto l’ampliamento senza specificare come sia collegato al resto dell’edificio. Si può ipotizzare che si acceda alla cucina dall’esterno, in quanto la pianta mostra una porta sulla parete orientale che potrebbe coincidere con quella del prospetto est di Fig. 46. Le didascalie specificano che il pavimento della cucina è in resina colorata. Il prospetto nord mostra un trattamento materico differente da quello di Fig. 44, 45 e 46. Anziché essere rivestita interamente in doghe di legno verticali, la parete presenta infatti due materiali distinti, di cui uno si può ipotizzare che sia il medesimo utilizzato nella testata occidentale. (Fig. 48, 49) Pianta e sezioni dell’armadio e del piano cottura della cucina, scala 1:10, con quote e didascalie. Finn Juhl, 3 Marzo 1967, matita su lucido, tavola numero 4 (Fig. 48), 5 (Fig. 49), inventario B74. Nonostante la tavola non sia datata, si ipotizza che Fig. 49 sia relazionata a Fig. 48, in quanto entrambe illustrano mobili della cucina dell’ampliamento e Fig. 49 presenta inoltre numero di tavola successivo a Fig. 48. Si presume che Fig. 49 sia all’incirca contemporanea a Fig. 48.


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Il disegno degli arredi è coerente con Fig. 47, dunque con il progetto dell’ampliamento rappresentato in Fig. 44, 45, 46.


Gruppo 4 (anno 1968)

Le schede del Gruppo 4 sono descritte in ordine cronologico ed appartengono alla Kategori 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. Gli elaborati risalgono al 1968, anno in cui si apportano modifiche alla variante del 1966, 1967.

(Fig. 50) Porzione di pianta, scala 1:50, con didascalie. Finn Juhl, Novembre 1968, matita su lucido, 21x30, inventario B74. La pianta mostra l’arredamento del soggiorno, Møbleringsplan af Opholdsstue, ed illustra come questo sia relazionato con l’ampliamento. Nel soggiorno non si riconoscono gli stessi arredi descritti negli elaborati del 1961, 1962, e la proposta di arredamento appare diversa da quella di Fig. 11.1. Il divano incassato alla parete settentrionale non è più presente, ma si ha un divano di dimensioni minori, addossato al muro orientale della sala. Di fronte al divano si ha un tavolo rettangolare con due sedute. Un ulteriore tavolo, rotondo e circondato da quattro sedie, si trova vicino a dove prima si trovava il divano. Davanti al camino si ha una sola seduta, anziché due come in Fig. 11.1. Non si ha un collegamento tra l’area di ampliamento ed il soggiorno. Si nota che la vecchia cucina è separata dalla nuova tramite una parete. Il progetto dell’ampliamento è coerente con quello di Fig. 44, 45, 46, 47, nonostante presenti un arredamento parzialmente differente. A differenza di Fig. 47, è assente il tavolo con quattro sedute, vicino alla finestra della parete occidentale. La grafica del disegno è più schematica di Fig. 47. (Fig. 51) Prospetti interni e pianta della cucina dell’ampliamento, scala 1:50. Finn Juhl, matita su lucido, 44,5x30, inventario B74. Alla stessa maniera di Fig. 50, la tavola potrebbe costituire uno studio sulla disposizione dei mobili della nuova cucina e sull’assetto dell’ampliamento. Diversamente da Fig. 47, si nota che il bancone è esteso per tutta la lunghezza della parete nord e non si ha il tavolo con le quattro sedute, così come in Fig. 50. Il fronte nord inoltre presenta otto finestre ad asola, anziché cinque, come in Fig. 44, 45, 46, 47. L’accesso alla cucina è garantito sia dall’apertura sulla parete est, vista anche in Fig. 47, che da un’altra porta, comunicante con la vecchia cucina. Gli armadi a muro sulla parete est visti in Fig. 47 sono assenti; probabilmente uniti a quelli della parete settentrionale. Le scale sono diverse da Fig. 47 e si ha uno scaffale alla fine di esse. Allo stesso modo di Fig. 47, una parte di parete sud della cucina è in doghe di legno verticali, l’altra presenta

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un trattamento differente, stavolta non specificato. (Fig. 52) Divano, scala 1:5, con quote e didascalie. Finn Juhl, Novembre 1968, matita su lucido, 41,5x83, inventario B74. La tavola mostra la pianta, il prospetto e la sezione di un divano, che potrebbe coincidere con quello presente nel soggiorno della pianta di Fig. 50. L’intestazione comunica si tratta del “divano ridotto”, sottintendendo probabilmente che si confronta con quello di dimensioni maggiori, presente nelle versioni precedenti. La seduta è dotata di un piano pieghevole su un lato. A differenza della versione del 1961, il divano è appoggiato direttamente al muro e non presenta nessun supporto metallico.


Gruppo 5 (anno 1970)

La scheda del Gruppo 5 è descritta in ordine cronologico ed appartiene alla Kategori 3, secondo Lotte Klyver e al gruppo B, sottogruppo “c”, della catalogazione di Hiort. Il Gruppo 5 consta di un solo elaborato, risalente al 1970, che presenta varianti alle ipotesi di ampliamento degli anni 1966, 1967 e 1968.

“DIR. A. HOSTRUP-PEDERSEN RAAGELEJE KØKKEN TILBYGNING 1:20” “DIR. A. HOSTRUP-PEDERSEN RAAGELEJE CUCINA DELL’AMPLIAMENTO 1:20” (Fig. 53) Pianta, prospetto e sezioni, scala 1:20, con didascalie. Finn Juhl, 20 Marzo 1970, modifica del 25 Marzo 1970, matita su lucido, 61,4x44,5, inventario B74. La tavola mostra la cucina dell’ampliamento con elementi diversi da Fig. 47, 50 e 51. L’ipotesi progettuale assomiglia più a quella del 1966, espressa in Fig. 47, che a quella del 1968, di Fig. 50 e 51. Ciò nonostante è possibile osservare elementi comuni e discordanti ad entrambe le versioni. Analogamente a Fig. 47, si ha il tavolo con sedute di fronte alla finestra ed il bancone della cucina non si estende per tutta la lunghezza della parete, come invece in Fig. 51. Allo stesso modo di Fig. 51, la parete comunicante con la vecchia cucina presenta una porta, stavolta scorrevole. Sulla parete orientale si ha un armadio a muro, così come in Fig. 47, che ha funzione di dispensa, Viktualie. Il prospetto nord è dotato di cinque finestre ad asola, così come nell’ipotesi del 1966, anziché otto, come in Fig. 51. Le scale sono le stesse di Fig. 47 e alla fine di esse non è presente un armadio, come in Fig. 51, bensì un piccolo barbecue. Il design del bancone, dello scaffale di fronte alle scale e degli altri arredi in generale è simile a quello visto in Fig. 47. Mentre nella versione di Fig. 47 si nota che la parete sud della cucina presenta due distinti materiali e quella settentrionale uno soltanto, adesso si ha l’opposto. La parete comunicante con il soggiorno è infatti totalmente rivestita in doghe di legno verticali, mentre quella esterna è in parte in doghe verticali, in parte di un altro materiale, non specificato. È evidente che con questa modifica Juhl intende riprogettare anche il fronte settentrionale della dimora. La tavola presenta la firma originale dell’architetto. Non ci è dato conoscere quale delle tre varianti, se quella dell’anno 1966, 1968 o 1970, venga realizzata, in quanto la dimora oggigiorno non presenta più l’arredamento originale. Ciò nonostante, è possibile affermare che l’ampliamento è stato realizzato poiché la configurazione esterna corrisponde.

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Il trattamento materico odierno è coerente con quello rappresentato nel 1966 in Fig. 44, 45, 46.



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Note

1 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990. 2 Vedi Danish National Art Library, www.primo.kb.dk. 3 Museo di Arte e Design di Copenhagen (DesignMuseum Danmark), vedi www.designmuseum.dk 4 Birgit Lyngbye Pedersen (1961) è una storica del design coinvolta in numerosi progetti riguardanti Finn Juhl ed il suo lavoro. Ella è inoltre la coautrice del libro Finn Juhl and His house. Cfr. Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014. 5 Nei disegni originali nominato Dir. A. Hostrup-Pedersen, Anders Hostrup Pedersen (1902-1980) opera inizialmente come ingegnere; ed in seguito, tramite raccomandazione del padre, il quale lavora come amministratore delegato dell’azienda, viene assunto presso la Georg Jensen. Alla morte del padre, nel 1937, A. Hostrup-Pedersen riveste il ruolo di amministratore delegato della Georg Jensen, carica che occupa fino al 1970. Ad A. Hostrup-Pedersen si deve il crescente sviluppo dell’azienda negli anni del dopoguerra. Egli è responsabile di collaborazioni con artisti quali Johan Rohde, Harald Nielsen, Magnus Stephensen, Nanna e Jørgen Ditzel, e di celebri mostre della come quella al museo del Louvre di Parigi (1958), al MoMa di New York (1960), al Victoria & Albert Museum di Londra (1962). Egli è considerato uno dei portavoce dell’arte danese a livello internazionale. Vedi www.denstoredanske.dk; Schedatura dei disegni relativi alla Casa Estiva di Raageleje. 6 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, The Danish Architectural Press, 1990, pp. 25. 7 Kunsthal Charlottenburg, ovvero la sala di esposizione di Charlottenburg, è la galleria delle mostre ufficiali della Accademia d’Arte Danese. Il palazzo è costruito in stile Barocco tra il 1672-83. La sede è rinomata per le esposizioni d’arte dell’Accademia Danese ed in particolare per quelle della sessione primaverile. La sessione autunnale invece, come ad esempio quella dedicata a Finn Juhl del 1970, è di carattere più esclusivo e vi si può partecipare soltanto su invito. Cfr. www.kunsthalcharlottenborg.dk; Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990. 8 Marianne Riis-Carstensen descrive gli anni Cinquanta come il momento di svolta nella carriera di Finn Juhl. Vedi Cfr. Sommer A.L., Watercolors by Finn Juhl, a cura di Designmuseum Denmark, Copenhagen, 2015, pp. 11. 9 Vedi Sommer A.L., Watercolors by Finn Juhl, a cura di Designmuseum Denmark, Copenhagen, 2015, pp. 13. 10 A partire dal Manifesto del Futurismo (1909), di Filippo Tommaso Marinetti, l’aeroplano è stereotipo di modernità, simbolo di innovazione ed anticonformismo. Si può affermare che a suo modo Finn Juhl, all’interno del contesto storico danese del suo tempo, dominato dalla figura di Kaare Klint (1888-1954), fautore del funzionalismo e al tempo stesso tradizionalista, venga visto come un personaggio di rottura con la sua “scuola”, dunque anticonformista e radicale. Vedi Faber T., Nuova architettura danese, Milano, 1968; Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 138, 139; L’arengario Studio Bibliografico, www.arengario.it. 11 Dall’analisi degli elaborati, si nota che i disegni del 1962 appartengono prevalentemente alla fase esecutiva. La versione di Hiort, secondo cui la dimora è realizzata nel 1962, è dunque verosimile. Cfr. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 104, 105. 12 Oggigiorno la geometria esterna della dimora corrisponde con quella della variante del 1966. Tale soluzione subisce tuttavia lievi correzioni negli anni 1967, 1968 e 1970, modifiche che riguardano principalmente l’arredamento della nuova cucina. Essendo la dimora attualmente spoglia degli arredi originali, non è possibile conoscere con certezza l’ipotesi finale realizzata. Dal momento che l’ultimo elaborato al riguardo è del 1970, si presume che la costruzione risalga all’incirca a questo periodo. Cfr. Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva a Raageleje. 13 Tuttavia è plausibile che una delle stanze da letto sia la camera della governante. Cfr. Fig. 0, Schedatura dei disegni relativi alla Casa a Raageleje. 14 Cfr. Capitolo sulla Casa di Juhl; sulla Villa Aubertin, sulla Residenza Estiva ad Asserbo, sulle Residenze a Klelund. 15 Cfr. Capitolo sulla Casa di Juhl; sulla Villa Aubertin. 16 Cfr. Fig. 11.1, Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva di Raageleje. 17 Azienda produttrice di illuminazione creata nel 1904 ad Aarhus ed oggigiorno non più esistente. Cfr. Fig. 33, Schedatura dei disegni relativi alla Casa Estiva a Raageleje. 18 Vedi Fig. 11.1, Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva a Raageleje. 19 Cfr. Keld Helmer-Petersen, Immagini pp. 241, 242, 243, 244, Inventario No. K4-11, 43; www.kunstbib.dk; anno 1995. 20 Fig. 24, risalente all’Ottobre 1961, riporta la didascalia Gasbeton, ovvero cemento cellulare, riferendosi al materiale della testata ovest. Cfr. Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva a Raageleje. 21 Già nell’ipotesi di Aprile 1961 si nota che alcuni ambienti sono dotati di pavimentazione distinta. Oltre agli ambienti suddetti, anche il corridoio e la veranda sul fronte nord potrebbero avere la stessa pavimentazione della veranda, a giudicare dalla grafica utilizzata in Fig. 0, 2, 9, 11. Le fotografie del 1965 tuttavia mostrano soltanto la pavimentazione della veranda, del soggiorno, della cucina e della sala da pranzo, in quanto le altre stanze non sono rappresentate. Cfr. Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva a Raageleje, Immagini 1-1.9. 22 Sono probabilmente le stesse sedute descritte in Fig. 11.1, prodotte dall’azienda France & Søn. Cfr. Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva


321 a Raageleje; Catalogo degli arredi progettati da Finn Juhl, a cura di Bruun Rasmussen, www.bruun-rasmussen.dk. 23 Cfr. Fig. 39, Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva a Raageleje. 24 Juhl è solito collocare una lampada PH del celebre designer Poul Henningsen all’interno delle residenze progettate. Il soggiorno della sua stessa dimora è anch’esso dotato di un esemplare. 25 Dipinto del 1943, a cura del pittore danese Vilhelm Lundstrøm (1893-1950), appartenente al movimento cubista. Finn Juhl è appassionato di V. Lundstrøm tanto che, oltre a decorare la propria dimora con i suoi dipinti, li inserisce anche nelle altre architetture da lui progettate. Cfr. Capitolo della Casa di Juhl. 26 Così come indicato nei disegni originali, il soggiorno è corredato da mobili di Arne Jacobsen. La Serie 7, detta pure 3107, è una serie di sedute iconiche del design nordico. Essa viene progettata nel 1955 da Arne Jacobsen ed in seguito è diventata un best seller dell’azienda Fritz Hansen, tuttora in produzione. Cfr. www.fritzhansen.com. 27 Vedi Fig. 44, 45, 46, Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva a Raageleje. 28 Si può ipotizzare che l’architetto voglia utilizzare lo stesso trattamento materico che impiega nel progetto del 1962, dunque che voglia accostare il legno con il cemento armato a vista. 29 Vedi Fig. 46, Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva a Raageleje. 30 Birgit Lyngbye Pedersen acquista la Casa di Juhl a Charlottenlund nel 2004; e nel 2008 la dona al complesso museale di Ordrupgaard. Oggigiorno la dimora è un museo visitabile, grazie all’apporto della Sig.ra Lyngbye Pedersen. Cfr. Capitolo sulla Casa di Juhl. 31 Lene Tranberg (1956) è un’architetto danese a capo dello studio Tranberg & Lundgaard, fondato nel 1983, un anno prima di laurearsi alla Reale Accademia delle Belle Arti di Copenhagen. Ella ha studiato sotto la guida di Erik Christian Sørensen ed è la responsabile di numerosi progetti famosi di Copenhagen, come le residenze per studenti Tietgenkollegiet, costruite nel 2006 ad Ørestad. Vedi ltarkitekter.dk. 32 Bruun Rasmussen è considerata una delle aziende d’asta più famose a livello mondiale. L’azienda nasce nel 1948 ed ha inizialmente sede a Copenhagen ed Aarhus, i due centri principali della Danimarca. Il fondatore è il Sig. Arne Bruun Rasmussen, da cui la ditta prende nome. Oggigiorno esistono numerose sedi della compagnia, ed è riconosciuta a livello internazionale. Cfr www.bruun-rasmussen.dk; Cosenz S., Da Bruun Rasmussen successo per l’arte italiana, in “Il Sole 24 Ore”, 30 Settembre 2016. 33 Il suffisso “Dir” sta per “Direttore”, ed è scritto per esteso nella tavola successiva. Il nome completo del committente è Anders Hostrup-Pedersen, ed egli è l’amministratore delegato della ditta di argenti Georg Jensen A/S, dal 1930 al 1970. Cfr. Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, Copenhagen, 1990, pp. 104. 34 Cfr. Capitolo sulla Casa di Juhl; Schedatura dei disegni relativi alla Casa di Juhl. 35 Cfr. Schedatura dei disegni relativi alla Villa Aubertin. 36 Silkebørg è una città danese dello Jutland centrale. 37 Cfr. Capitolo sulle Residenze a Klelund; Capitolo biografico su Juhl. 38 Mogens Koch è un architetto, designer danese conosciuto soprattutto per la progettazione di arredi. In particolare modo, Mogens Koch si ricorda per la serie di librerie in legno di pino e mogano, progettate negli anni Cinquanta. Gli arredi dell’architetto sono in linea con i criteri tradizionali, promossi dal celebre K. Klint, e al tempo stesso riconoscibili per eleganza e carattere funzionale. Egli infatti lavora sotto Kaare Klint dal 1925-30 ed in seguito è professore alla Scuola di Architettura di Copenhagen, dal 1950-68. La didascalia comunica che quello specifico arredo è prodotto dall’azienda Rud Rasmussen, che collabora con Mogens Koch a partire dal 1932. Oggigiorno la suddetta azienda ha preso il nome di Carl Hansen & Søn ed è tuttora attiva. Vedi www.carlhansen.com; Hiort E., Modern Danish Furniture, Copenhagen, 1956 39 Fritz Hansen è tuttora l’azienda produttrice dei mobili progettati da Arne Jacobsen. Vedi www.fritzhansen.com 40 Il nome Fog & Mørup discende da quello dei fondatori: Ansgar Fog (1880-1930) e Erik Mørup (1879-1972). I due formano l’azienda F&M nel 1904 in Fiskergyde, vicino ad Aarhus. L’azienda ottiene molto successo fino a quando, nel 1978 viene acquistata dalla compagnia LYFA ed in seguito diretta da Horn Lightning nel 1991. Horn Lightning è inoltre il fondatore di Lightyears, azienda danese produttrice di illuminazioni tuttora esistente. Vedi www. lightyears.dk; www.danishvintage.design.com 41 Si ipotizza che il materiale della parete occidentale del soggiorno sia lo stesso impiegato nella veranda. La didascalia di Fig. 24 specifica che la parete del soggiorno è in cemento armato. Cfr. Fig. 24, 25, Gruppo 1. 42 Cfr. Schedatura dei disegni relativi alla Casa di Juhl. 43 In Fig. 13, 19, 20 e 30 si nota la medesima distinzione di materiale sul fronte settentrionale della dimora. La parte in cemento è tuttavia rappresentata con una grafica che assomiglia più a delle doghe di legno orizzontali.


Dall’alto verso il basso: (1), (1.1), (1.2)


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Analisi critica del metodo progettuale e dell’architettura di Juhl

Studi grafici dagli schizzi ai particolari esecutivi Un aspetto significativo dell’attività di Finn Juhl è la restituzione delle idee progettuali, a partire dalla fase concettuale a quella definitiva, in quanto attraverso il disegno egli controlla il risultato architettonico. Alla luce dell’analisi dei disegni, conservati all’archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen, inerenti alle architetture residenziali unifamiliari progettate tra il 1941 ed il 1970, è possibile fare alcune osservazioni sulle tecniche e sulle modalità di rappresentazione e progettazione. La paternità dell’opera è esclusivamente di Finn Juhl: i collaboratori non intervengono nella progettazione. Per quanto riguarda la raffigurazione, tuttavia si può affermare che, dal 1945, quando viene fondato lo studio di architettura a Nyhavn, l’architetto abbia assistenti, autori di alcuni disegni; e ciò è testimoniato dall’aiutante Marianne Riis-Carstensen1, la quale è specializzata nella tecnica ad acquarello. Osservando Fig. 1, 1.1, 1.2, e 1.3 è possibile conoscere la grafia di Finn Juhl2. I documenti sono autografi in quanto i primi due mostrano le firme dell’architetto, ed il terzo risale al 1943, quando egli è tirocinante sotto Vilhelm Laurtizen3. Mettendo a confronto le precedenti immagini con Fig.

24, la discordanza nella grafia risulta evidente. Alcuni disegni tecnici si ipotizza che siano realizzati da collaboratori, altri invece è plausibile che siano disegnati da altri ma rimaneggiati da Finn Juhl, il quale li revisiona e commenta in un secondo momento. Fig. 35 è un esempio del primo caso, mentre Fig. 46 del secondo. Quest’ultimo, oltre a mostrare la stessa grafia di Fig. 1, 1.1, 1.2 ed 1.3, illustra uno dei tratti salienti del modo di progettare dell’architetto: la descrizione minuziosa di materiali, modalità di posa e dimensioni degli elementi architettonici, che egli riprende dall’insegnamento di V. Lauritzen7. La precisione di Finn Juhl, non solo è riscontrabile nella realizzazione finale dell’opera, ma è osservabile anche durante il processo di progettazione dai numerosi disegni in scala 1:1, 1:5, o 1:20 che corredano ciascun progetto residenziale. Generalmente si tratta di elaborati tecnici prodotti dai collaboratori in cui, talvolta, come nel caso di Fig. 4, Juhl inserisce in seguito le didascalie, al fine di specificare particolari, spessori, materiali ed altri dettagli. Un aspetto sui generis del sistema di progettazione di Finn Juhl è la figurazione dell’arredamento negli ela-


(1.3)


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borati grafici, sia che siano di fase preliminare che definitiva. Fig. 2 e 3 ne sono un esempio. Il primo sketch che Juhl realizza delle poltrone dei delegati, per la Camera delle Nazioni Unite di New York, risale all’estate del 1950, durante un soggiorno in Italia. Quello schizzo, realizzato di getto, risulta essere lo scheletro del progetto finale per la seduta. Lo stesso si potrebbe dire per i disegni preliminari del progetto ex novo a Klelund, in cui si nota, fin dai primi elaborati, la presenza di un soggiorno con camino, che costituisce uno dei caratteri peculiari della residenza. Alla stessa maniera di Fig. 5, sebbene sia un documento di fase esecutiva e non autografo, Fig. 5.1 presenta l’idea della sala con camino, descritta all’incirca allo stesso modo e collocata nella stessa posizione. Dall’osservazione di Fig. 6 e 7, esemplari di disegno autografo, di dimensioni esigue, grandi all’incirca quanto un foglio A48, emergono alcune delle caratteristiche peculiari dell’iter creativo dell’architetto: la cura dei dettagli, il ruolo degli arredi, e la continua revisione del progetto. Come sostiene Marianne, “la distanza dallo sketch, all’acquarello, (ed al disegno tecnico finale), non è poi così grande, nel processo progettuale di Finn Juhl9”. Sebbene sia Fig. 6 che 7 non risalgano ad una fase definitiva di progetto, è possibile notare che entrambe riportano indicazioni precise e minuziose. La prima definisce il particolare della gronda di copertura, in relazione alla progettazione degli infissi disegnati nel prospetto interno sottostante; la seconda riporta quote ed ingombri degli arredi in pianta, assieme al calcolo per metro lineare dei materiali da utilizzare. Protagonisti in entrambi i disegni (Fig. 6, 7) sono ancora una volta i mobili e la loro collocazione. Fig. 6 e Fig. 7 mostrano inoltre due progetti di ampliamento per la residenza dell’architetto10. Sebbene la Casa di Juhl venga realizzata tra il 1942 ed il 1943, Fig. 7 è datata 1949 e prevede il ripensamento

dell’arredamento della camera da letto maggiore; Fig. 6 risale circa al 1954 e riguarda un ipotetico ingrandimento del soggiorno. Entrambe le modifiche non vengono portate a termine, così come altre numerose varianti raffigurate nelle schede inerenti alle residenze. Non tutti infatti sono a conoscenza di quante volte l’architetto riveda le proprie idee e, di conseguenza, anche i disegni. Per H. Hansen sostiene al riguardo: “Juhl and his family replaced furniture as he designed new pieces; his best furnishings - the icons - were allowed to stay. Finn Juhl’s house can thus be seen as a result of an almost Darwinian process of natural selection, a ‘survival of the fittest ‘ in furnishings, which Juhl constantly edited while he lived there.11” Ogniqualvolta progetta un nuovo oggetto, che può divenire un’icona del suo design, Juhl lo sostituisce ad uno più vecchio, non tanto perché voglia vanificare le opere anteriori, bensì per operare, analogamente a quanto avviene negli elaborati grafici, una scrematura, una selezione naturale, definita da Per H. Hansen darwiniana, per cui soltanto l’essenza permane. Talvolta l’architetto vuole incentrare l’attenzione su di una specifica composizione, sull’insieme, helhed, sull’unione di alcuni elementi, anziché ragionare su come questi si relazionino con gli altri spazi progettati. Sia in Fig. 6 che in Fig. 7 non si rappresenta lo spessore murario o si descrivono le caratteristiche costruttive dello spazio, bensì l’attenzione è incentrata sui mobili che lo abitano. Entrambi i disegni mostrano elementi architettonici slegati dal resto degli ambienti dell’edificio, in quanto si focalizzano solo su di un aspetto, su una particolare idea, che Juhl ha in mente in quell’istante. Il prospetto interno di Fig. 6, piuttosto che fornire informazioni sullo spazio del soggiorno, offre una suggestione, dando l’idea di un ambiente illuminato naturalmente, circondato dal verde, ed in cui è presente una FJ45, che con il suo design scultoreo definisce


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l’ambiente, senza bisogno di altri accorgimenti. Questa modalità è riscontrabile anche in due disegni12 riferiti a Villa Aubertin, che mostrano coerentemente lo studio sulla composizione di ambienti. Per quanto riguarda le abilità compositive di Juhl, Hiort afferma: “He had an unfailing sense of how rooms would work in relation to one another, of how the effects of light in them would be, and of how the external space of the garden and the house’s inner rooms would interact. His own house is a textbook example.” Mentre Fig. 9 mostra in pianta lo spessore murario delle stanze, facendo credere che si tratti di una versione progettuale alternativa; lo spaccato assonometrico di Fig. 8 smentisce l’ipotesi, illustrando soltanto tre delle stanze raffigurate nella pianta di Fig. 9, e trascurando la struttura dell’edificio, a favore della composizione globale, in cui giocano un ruolo fondamentale i colori e gli arredi, piuttosto che la progettazione dello spazio architettonico. Seppure con alcune modifiche, il varco che separa la sala da pranzo dal soggiorno, il mobile sospeso che lo contraddistingue, ed il divano a muro sono elementi riscontrabili nel progetto finale di Villa Aubertin. Si potrebbe affermare che durante la fase concettuale di progetto Juhl si concentri nella restituzione grafica, talvolta esatta, alle volte confusa, degli elementi a suo avviso fondamentali per offrire una visione di un determinato ambiente. Questa “idea grezza” viene in un secondo momento scremata, raffinata, adattata in maniera specifica ai vincoli progettuali ed alle linee guida del progetto, ed infine dettagliata con didascalie e disegni a grande scala. La tecnica di Juhl potrebbe essere rivista nella concezione dell’architetto ungherese Yona Friedman, espressa nel saggio L’ordine complicato, come costruire un’immagine, del 2011. Costruire un’immagine, secondo Friedman, è una contraddizione di fondo; “costruire” sta a significare

mettere insieme delle cose elementari, mentre “un’immagine” rappresenta fin dal principio qualcosa di unitario, che non può essere scomposto. “Noi pensiamo allo stesso tempo per parole e per immagini. Ma le regolarità esprimibili a parole e quelle contenute nelle immagini non sono le stesse. Con le parole, presentiamo una accumulazione; con le immagini, una totalità. Una “cosa” (e quindi l’universo) appare diversa a seconda che la si presenti a parole o con immagini. Le parole sono perfette per analizzare un’esperienza; per esprimere le totalità, abbiamo bisogno delle immagini.13” A parere di Friedman, l’Uomo è ignaro della realtà, ma l’unico modo per affrontarla è tramite l’immagine. Allo stesso modo, Juhl si serve di “immagini”, per esprimere l’idea concettuale; ed utilizza “parole”, per descrivere materiali, colori e dettagli del progetto.


Dall’alto verso il basso: (2),(4)


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(5.1)


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Dall’alto verso il basso: (6),(7)


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Spazio architettonico e arredi nella progettazione

In seguito alla valutazione delle tavole ed alla conoscenza della carriera professionale, è possibile affermare che la maniera progettuale di Finn Juhl si relaziona all’interior design, al punto che questo sia il punto di partenza per lo sviluppo del progetto architettonico. Il ruolo dell’arredamento nell’opera dell’architetto potrebbe essere esemplificato tramite la sua frase: “En stol er ikke bare et kunstindustrielt produkt i et rum, det er en form og et rum i sig selv” “Una sedia non è solo un prodotto artigianale in una stanza, (bensì) è la forma e lo spazio stesso14” A partire dall’ingombro e dalla scelta degli arredi egli disegna lo spazio. Il sistema di progettazione per le opere architettoniche ha origine dal mobile, dall’arredamento, e dalla sedia stessa a cui Juhl si riferisce. Questo meccanismo è definito inside out da E. Hiort, il quale commenta: “He thought in rooms, which his many excellent interior designs shows, and when he designed a house, he thought from the inside out.15” Prima ancora di progettare lo scheletro dell’abitazione, Juhl ha in mente le stanze che occupano l’interno e la composizione degli arredi; non a caso la fama dell’architetto deriva principalmente dal ruolo di furniture designer e dai mobili che egli espone alla Gilda degli Ebanisti. Tutto si incentra sull’interno, sull’ambiente domestico, e sulla percezione dell’utente. Questo concetto è espresso chiaramente da Juhl nel suo manuale sulla composizione architettonica, Hjemmets indretning, in cui nel 1954 egli afferma: “Boligen er rammen om den naturlige livsudfoldelse for familien i hjemmet. For det begreb, vi kalder hjemmet, er samhørigheden og de menneskelige relationer af større vigtighed end selve rammen.

Vi kan indse, at vi kan ikke skabe menneskelig lykke og tilfredshed bare ved rammens udformning og skønne udstyr. På den anden side kan en galt tilrettelagt bolg, der stiller sig hindrende i vejen for familien, skabe utilfredshed, der igen kan indvirke på familielivet. (…) Det er klart, at vi ikke har patent på at have tænkt på redskabernes brugbarhed. Til alle tider har man arbejder med tingenes funktion. Men man har også arbejdet med deres farve, liniespil og form. Man har måske engog dekoreret dem i elementær glæde ved at skabe noget smukt.” “La casa è la cornice della vita della famiglia, che si svolge al suo interno. Al termine casa, noi associamo una coesione di relazioni umane molto più importanti della cornice in sé. Bisogna realizzare che non è possibile progettare la felicità e l’appagamento dell’Uomo solo attraverso il disegno della una cornice e dei rivestimenti bellissimi al suo interno. D’altra parte, una casa mal progettata può tuttavia influire sulla vita familiare, provocare insoddisfazione ed infelicità, che possono infierire nella vita privata della famiglia. (…) È chiaro che non abbiamo un brevetto per fare ciò. In ogni momento si deve però lavorare con la funzione. Ma si deve pure lavorare con il colore, con i giochi di linea, con le forme. Solo così si può decorare l’abitazione creando qualcosa di bello, che provochi (nell’utente) una gioia elementare.16” Per questa ragione, in riferimento al sistema di progettazione dell’architetto non è possibile distinguere nettamente la progettazione architettonica dal design di arredi.


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L’interesse per la tipologia residenziale

Sulla Casa di Juhl, Faber Tobias scrive: “As early as 1942, he designed his own house which clearly underscored the usefulness and beauty of his furniture. The house was actually designed around this furniture, and the interiors are the most interesting aspects of this house. (…) Being built during World War II, the house was influenced by the material shortage that existed at that time. Thus he built with traditional materials like mortar-brushed, whitewashed brick, and the low saddle roof is covered with pale grey fiber-cement shingles. The large windows in the living room and garden room are integrated with a timber construction that is sided with fiber-cement panels. (…) Throughout the house, Finn Juhl’s furniture gives each room its special character. The larger rooms have a greater ceiling height, so the sculptural furniture has ample space to be appreciated. Finn Juhl deliberately limited his color pallet to a few clear colors in certain areas of the house. A dark blue above the tall windows, pale blue on the panel next to the entrance door and dark brown on the middle building’s fiber-cement siding. (…) Like the paintings and the sculpture, the lightning fixtures and the many silver, glass and ceramic craft products are of high quality and also influence the character of the house. Everything has its own special place in the composition of each space. Nothing can be moved without disturbing the sense of unity.17” Parlando di Juhl in quanto architetto sorge spontanea l’associazione alle opere a carattere residenziale, giacché la questione è motivo di interesse da parte dello Stato danese e dei progettisti, sin dal primo dopoguerra18, e poiché “in realtà qualunque discorso sulla Danimarca comincia e finisce con uno stesso argomento: la casa.19” Sebbene venga realizzato soltanto un numero esiguo di residenze20, il nucleo principale dell’attività architettonica di Finn Juhl consiste nell’abitazione unifamiliare, su cui l’architetto scrive inoltre un manuale nel 1954. In linea con esperienze passate come la Scuola di Folclore di N. F. S. Grundvig, con concetti quali“Bellezza

per tutti” di Ellen Key, Vackrare Vardagsvara di Gregor Paulsson, Skønvirke di P. V. J. Klint, o con il neoclassicismo sociale degli anni Venti del primo periodo di K. Fisker, Juhl è interessato all’aspetto sociale del tema dell’abitazione, reputando che l’arte e l’architettura siano valori importanti nella vita di tutti i cittadini. Per Juhl, la casa ha un valore fondamentale nella vita dell’individuo, tanto da poter influire sulle relazioni familiari. Per questa ragione, egli considera che il compito del progettista sia molto complesso21, soprattutto per quanto riguarda la progettazione di complessi abitativi finanziati dallo Stato. Attraverso Hjemmets Indretning, Juhl non offre un’unica soluzione al problema, bensì esprime alcuni suggerimenti sulla composizione di case unifamiliari22, porgendo al lettore alcuni modelli a cui fare riferimento. Nell’introduzione del suo libro, Juhl afferma: “In questi anni lo Stato ha sacrificato grandi somme di denaro per finanziare la costruzione di alloggi. Da un lato, sono concessi prestiti ed i prezzi delle costruzioni sono soggetti ad un controllo statale, dall’altro si concedono fondi nel campo della ricerca. Tutti questi sforzi sono molto lodevoli, ma al contempo dimostrano che la situazione abitativa non è soddisfacente23. Attraverso i risultati dati dalle nuove tecnologie, dai nuovi materiali e dai nuovi metodi di progettazione, si realizzano edifici ad un ritmo esorbitante, che rende necessaria di conseguenza anche una ricerca costante (da parte dei progettisti).24” I committenti di Finn Juhl oltretutto beneficiano di floride situazioni economiche, sono ammiratori dello stile dell’architetto, e si affidano al suo gusto personale. D’altra parte, l’interesse per la tipologia residenziale unifamiliare potrebbe derivare anche dalla formazione dell’architetto. Alla Scuola di Architettura di Copenhagen, all’epoca in cui Juhl è studente, si privilegia il tema dell’abita-


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zione unifamiliare, il cui studio è annuale e si focalizza sulla relazione tra l’architettura e contesto, sulla razionalità della pianta, e sul rapporta spaziale tra interno ed esterno. Molti giovani architetti danesi pieni di talento iniziano la carriera professionale proprio dalla progettazione della loro dimora, come si osserva nel caso dello stesso Finn Juhl. Faber Tobias scrive: “In Denmark, the most influential architect of the time, Martin Nyrop, Anton Rosen, Ulrik Plesner and many others, were building outstanding private homes. In terms of international architecture at the start of the twentieth century, the single-family home was subject to experimentation by the great architects of the time in search of new ideas, and employing all the new materials and structural possibilities. (…) In this book Sweden is represented by Gunnar Ashland’s own, modest summerhouse from 1937. (…) From Finland, Villa Mairea, Alvar Aalto’s exceptional masterwork from 1939 is included (…) From Norway, Arne Korsmo’s own house in Oslo is shown. (…) From Denmark there are many outstanding houses. It was the country’s most original architectural talent, Jørn Utzon who built a house to himself and his family (…) From Arne Jacobsen, there is his own summerhouse from 1938. The eminent, well-known furniture designer Finn Juhl appears here as an architect with his own house from 1942, which its beautiful detailing draws attention to the str25ong association between the house and its furnishings.”


Disegni di un progetto di Finn Juhl per una casa estiva a Tibirke (dall’Archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen, 1968)


Acquarello di un progetto residenziale ad Esbjerg (da A. L. Sommer, Watercolours by Finn Juhl, 2015)


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Riferimenti culturali in campo artistico e architettonico Sulle influenze che avrebbero potuto concorrere alla formazione di Finn Juhl, Bent Salicath sostiene: “Abstract art became an influence on the realities of architecture and furniture. Furniture is a part of architecture - part of room design and is concerned not just with single solution of a function. To Finn Juhl it is imperative that furniture and room form a unity and express a common aesthetic idea.26” La correlazione tra interior design ed architettura, secondo Salicath, potrebbe derivare da stimoli esterni, correnti artistiche ed altri fenomeni. In l27inea con la concezione di intimismo e di Raumplan di Adolf Loos del 1908, Juhl reputa che gli edifici debbano essere all’esterno semplici e privi di qualsiasi decorazione, mentre all’interno lo spazio si possa articolare in maniera distinta, complessa. “L’architettura suscita nell’uomo degli stati d’animo. La stanza deve apparire accogliente, la casa abitabile.28” Al rigore delle facciate esterne si contrappone uno stupefacente rivestimento interno, in quanto, utilizzando le parole di Loos, all’interno “la casa è conservatrice” e “verso l’esterno l’edificio dovrebbe restare muto e rivelare la sua ricchezza soltanto all’interno29”. La cura degli ambienti interni può essere riscontrata anche nel concetto danese di hygge per il valore dello spazio domestico. Dopo Loos, l’idea del Raumplan come dialettica tra esterno ed interno trova, negli anni successivi, ulteriori diverse interpretazioni: da quelle immediatamente successive, date dal Movimento moderno, fino a quelle contemporanee. Lo stesso Le Courbusier30, ammirato da Finn Juhl, interpreta a suo modo tale tema, subordinando la composizione dell’esterno alla organizzazione dell’interno, secondo il principio per cui “la forma segue la funzione31”. D’altra parte, mentre Loos distingue nettamente il

mestiere dell’architetto da quello dell’arredatore32, tanto che non si riscontrano mobili nei suoi elaborati planimetrici; al contrario il design è incipit della progettazione architettonica per Juhl, il quale opera un connubio tra architettura, arte ed arti applicate. Il sistema di progettazione è lo stesso sia che si tratti di un arredo che di un’architettura. Se talvolta fa disegnare le proprie idee da collaboratori, alle volte Juhl produce egli stesso gli elaborati. I disegni autografi sono spesso di dimensioni ridotte, piccoli all’incirca come una cartolina, e presentano didascalie che specificano materiali, arredi o colori in figura. Si tratta sempre di disegni risalenti alla fase concettuale di progetto, in cui l’architetto esprime, in maniera non del tutto precisa o incoerente, un’idea, intuizione riscontrabile con alcune modifiche anche in elaborati successivi. In un’intervista del 1981, l’architetto prova a spiegare la propria maniera progettuale, così: “I remember how I planned my drawing as I cycled home from work, so when I came home, all I had to do was stretch out the paper and start drawing and painting. Of course I made loose sketches of what I wanted the model to look like, and when I had a feeling that I was on to something, then I started drawing. It took me huge physical and mental effort to maintain the small ray of hope or thought I had. ‘Was it right to continue? Stop and think ‘yes’ it’s still right,’ and then continue. It happened that the small loose sketch I had started out with was skipped because I was working on my own, so I could stop and go on to a new idea. (…) I was at home, and I started drawing around 10am with a five cm sketch - just four vertical lines connected with ‘something’ and by two or three o’clock in the morning I had painted a complete design. But in reality I don’t know how long it took me to design (…) Perhaps I had a vague idea for some time (…)33” Tutto parte da un’improvvisa illuminazione, un’epifa-


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nia, che si sviluppa attraverso un lavoro intenso e convulso, comparabile al metodo del flusso di coscienza, impiegato da scrittori del XX secolo34 e dagli artisti surrealisti. H. S. Møller scrive in merito al sistema di progettazione dell’architetto: “It was something the arts, in their mental liberation, had taught him.35” Fin dalla gioventù, Juhl desidera diventare un storico d’arte. Di conseguenza, l’arte è un fattore influente sul sistema di progettazione dell’architetto, il quale potrebbe trarne ispirazione anche per quanto riguarda il processo creativo. In Hjemmets indretning, Finn Juhl sostiene: “Udviklingen af byggekunsten har taget kunsthåndværket med sig, eller malerkunsten har påvirket arkitekturen. Altsammen fordi de har været udtryk for en livsopfattelse og en livsførelse.” “Lo sviluppo dell’arte porta con sé l’attività dell’artigianato, così come i dipinti influiscono sull’architettura. Insieme essi esprimono il senso della vita ed offrono una percezione di essa.36” Secondo il sillogismo dell’architetto, l’artigianato sta all’arte così come l’arte all’architettura e, questi assieme creano una composizione, un quadro, una “cornice”, che è espressione della realtà umana. Marianne Riis-Carstensen paragona il modo di lavorare di Juhl, finalizzato alla produzione di un arredo o di un’architettura, al processo per la realizzazione di un’opera d’arte. Il metodo, che sia quello di un artista o di un architetto, non importa; l’importante è il talento, il genio creativo. Nel 1950, Finn Juhl sostiene: “Om det er arkitekter og designers, der skal vise vejen,

eller kunsthaandværkerne, er komplet ligegyldigt. Det kommer blot an paa evner og talent.” “Che sia un architetto, un designer o un artista ad indicare la direzione (verso il rinnovamento), è del tutto irrilevante. Dipende infatti solo dalle capacità e dal talento.37” Riguardo al modus operandi dell’architetto, Marianne narra: “Finn Juhl began his process with a quick sketch on a tiny piece of paper - hardly larger than a postage stamp. The miniature format created an entirely free, unrestricted situation. For how can one fix an idea in miniature format? What is most important? The core of the idea? It is not difficult to imagine that one becomes more economical in one’s thinking, ruthless prioritizing, allowing only the essence to come out. True, a piece of furniture, a house or an interior design is not a painting, but there is a close affinity when it comes to the artistic process. And in this respect, Finn Juhl took the view that good furniture always had a quite simple, core idea as its starting point. An idea that was intuitive in origin. In all its simplicity, it had an element of something raw, spontaneous - something as - yet unprocessed. And that was what could be contained within the miniature format. Nothing else. Not what was added later, in the fully drawn and detailed project. The distance from sketch to watercolor is not so far, however, as the watercolor encompasses the tentative and atmospheric language of the sketch.38” Si potrebbe affermare che nell’irrazionalità e nella maniera incontrollata e spasmodica in cui formula l’essenza, l’idea “grezza” dell’opera, assimilabile allo stream of consciousness, Juhl si avvicini al metodo paranoico-critico 39di Salvador Dalì. Il sistema di Dalì consiste in una tecnica che permetterebbe al pittore di conoscere i fenomeni ed gli stimoli dell’inconscio al fine di rappresentarli attraverso


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le opere d’arte. Allo stesso modo, Jean Arp40, tanto ammirato da Juhl, in una delle più famose citazioni afferma: “La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in un completo abbandono all’inconscio. Io affermo che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria” Riguardo all’inconscio come strumento per la creazione di opere, Finn Juhl sostiene: “I found the inability to make furniture that corresponded to our own time slightly unimaginative.41” Il fare di Juhl, a giudizio degli studenti della Scuola di Interni e dei contemporanei, è eccentrico, paragonabile a quello di un dandy, di un bohémien che guida un’automobile americana. Henrick Sten Møller sostiene: “Like the dandy and the man of the world he was, he reached out for mahogany, Oregon pine, teak, and Brazilian rosewood.” H. S. Møller sostiene che Juhl fosse ossessionato dall’immagine, dalla forma, e dall’origine di esse, in affinità con il periodo di maturità di Jørn Utzon. D’altra parte non tutti comprendono il genio creativo di Juhl, e spesso l’architetto è giudicato frivolo e alla moda, soprattutto agli albori della sua carriera. In risposta al giudizio comune, Juhl afferma: “Things never repeat themselves, people do. Well, yes, I might be fresh, but I can also demonstrate other qualities like tact, love and friendship.42” Secondo il parere del collega, attraverso questa affermazione Juhl manifesta l’interesse verso le relazioni umane e la relazione con l’arte, l’architettura ed il design.

Juhl reputa che per essere un buon architetto non basti la razionalità, la conoscenza e l’istruzione, bensì serva anche irrazionalità, esperienza ed un bagaglio personale di relazioni umane43. “Det er blevet indlysende for mig efter denne Gennemgang, at den normale Arkitektuddannelse ikke giver tilstrækkelig Baggrund for et rationelt Arbejde paa dette Felt.” “Mi viene naturale affermare che, dopo questa revisione, la normale istruzione architettonica non fornisce un bagaglio sufficiente per il lavoro corretto in questo campo.44” È plausibile che Juhl sia a conoscenza del metodo sperimentato da Dalì, dato l’interesse per l’irrazionale e data l’ammirazione per l’arte moderna, in particolare modo per le opere di Jean Arp45. L’influenza di Arp si riflette soprattutto nei pezzi di arredo iniziali, come la Sedia Cavalletta o la Sedia Pellicano, che per il loro aspetto stravagante e simbolico destano scalpore alla Gilda degli Ebanisti. In un’intervista del 1950, Juhl si ostina contro la critica del tempo che, a suo giudizio, presta troppa attenzione al corretto utilizzo dei materiali negli arredi, trascurando l’estetica e l’apporto innovativo dei designers. L’architetto sostiene: “Within every single branch of modern art as well as handicrafts, a strongly stated, professionally, determined artistic perception dominates: the fact that one knows the material’s and the mode of expression’s rules, along with the prevalent traditional design within that profession, is proof that one produces artistically valuable goods that people without that professional education should not criticize. Their criticism reveal that they do not understand the least bit about what the profession stands for artistically.46” La qualità dei materiali e la conoscenza delle tecniche dell’artigianato, secondo Juhl, non sono sufficienti ai fini di un design degno di nota, bensì si deve attingere


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ad un bagaglio culturale più ampio, che include, oltre al sapere tradizionale, anche le espressioni delle correnti artistiche di inizio Novecento. L’analogia tra i mobili di Juhl e l’arte surrealista è riconosciuta anche da Frederick Sieck, il quale scrive in un articolo della rivista Mobilia del 1976: “The upholstered sofa Finn Juhl designed in 1939 for Niels Vodder was introduced that year at the exhibition organized by the Copenhagen Guild of Cabinetmakers. It is a typical example of Juhl’s partially for living, organic sculptural effects but also an expression of developments in contemporary free art. This is clearly observed in a comparison of Finn Juhl’s idiom with the works of Arp, Moore, Laurens and other progressive artists of the period. The example shown here is a piece of Arp sculpture from 1931.47” F. Sieck confronta il divano48 presentato da Juhl nel 1939 alla Gilda, dalle forme morbide e sinuose, con il Torso del 1931 di Jean Arp. Se all’esterno le architetture di Juhl sono connotate da regolarità, praticità e sobrietà; all’interno i rivestimenti mostrano invece ricchezza, stravaganza, ed eccentricità49. Quando nel 1948 progetta un salotto per un collezionista d’arte da esporre alla Gilda degli Ebanisti, Juhl afferma che l’allestimento ha l’obiettivo di “far vedere che gli arredi moderni devono essere circondati da ugualmente moderne opere d’arte.50” Secondo la visione di Juhl, la vita dell’Uomo moderno trova conforto nel mondo dell’arte. Questo concetto può essere osservato anche nelle parole del giovane Le Corbusier, il quale sostiene: “Scusate! Se amiamo l’indefinito è perché lo consideriamo un antidoto alla brutalità della vostra epoca che soffoca l’arte, quella stessa arte che noi vogliamo salvare! (…) Oggi intendiamo mettere la nostra casa in ordine, il nostro cervello in ordine, la nostra pittura in ordine; il nuovo ambiente in cui si esplica la nostra attività ha to-

nificato il nostro occhio, ha spazzato l’erraticità di un dubbio passeggero, ci ha fatto trovare la strada della geometria. Abbiamo un’ottica rivitalizzata. Se delle facoltà risanate fanno sì che i nostri sensi reclamino delle sensazioni sane, il nostro spirito vi trova il trampolino necessario per raggiungere l’inafferrabile, il sogno, ossia ciò che si eleva al di sopra della piattezza.51” Le opere d’arte moderne a cui Juhl si riferisce ed ispira sono ad esempio quelle di Alexander Calder52, Erik Thommesen53 e Jean Arp. Durante un convegno alla Società Danese di Arti Applicate del 1949, Juhl infatti presenta, come modelli per la progettazione di mobili, tre opere d’arte astratta contemporanea: Stabile di Alexander Calder, il Torso di Jean Arp e Marble di Barbara Hepworth54. In merito a Calder, Juhl commenta: “The sculpture moves like a solar system … Space and surface are created by the movable parts, and new tensions arise in the relationships among shifting parts.55” Riguardo all’opera di Hepworth: “Her abstract sculpture works intensely with relationship between two body parts, one resting and the other in unreleased motion. It contains the depiction of a movement.”56 Nel primo caso, l’architetto si riferisce ai mobili in cui si opera una scissione degli elementi che li compongono, come nel caso della sedia FJ45, dove è evidenziabile il carattere scultoreo57; nel secondo vuole illustrare le peculiarità del dinamismo e dell’astrattismo riscontrabili soprattutto nei suoi primi articoli. Il risultato finale, secondo il parere di Bent Salicath, è da apprezzare in compagnia di una musica che ne aiuti a comprende il significato simbolico. “Finn Juhl’s furniture should be experienced musically in a room that preferably he himself has also helped create then he has the whole composition, and so expresses him-


A. Calder

J. Arp

B. Hepworth

CROISIÈRE, 1931

TORSE 1931

MARBLE 1935

Scultura di Jean Arp (da “The Metropolitan Museum of Art Bulletin”, 1972); opere di A. Calder, J. Arp, B. Hepworth (da Hansen P. H., Finn Juhl and His House, 2014)


F. Juhl DIVANO A DUE POSTI 1939

Analogia tra l’arte astratta e gli arredi di Juhl (da Hansen P. H., Finn Juhl and His House, 2014)


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self clearly and consciously - often self consciously which is an artist’s prerogative.58” Nel testo Scandinavian Modern, M. Englund e C. Schmidt prendono come esempio la casa di Finn Juhl ed affermano in riferimento al Divano Pellicano del soggiorno: “Organic shapes and styles are characteristic of Scandinavian design, and reached a peak during the 1950s. These fluid, curvaceous outlines were very different to the modern designs of the Bauhaus designers, which employed square shapes and hard lines, but Scandinavian designers still remained true to the idea of creating simple, functional forms.59” Parlando di forme organiche, sorge spontanea l’associazione a due grandi rappresentanti di questa tendenza, A. Aalto e F. L. Wright. Per quanto riguarda il primo, Juhl dichiara espressamente di ammirarlo, definendolo suo “maestro”; in merito al secondo, egli potrebbe averlo incontrato grazie alla conoscenza di E. Kaufmann Jr. L’architetto concepisce il suo lavoro come “opera d’arte totale”, assimilabile al concetto di Gesamtkunstwerk, esaltato dagli artisti della Secessione viennese e dalla corrente art nouveau. R. Wagner, colui che per la prima volta formula l’idea di Gesamtkunstwerk, cita come massima espressione l’arte teatrale dell’antica Grecia, classicità a cui Juhl è affascinato60. La relazione tra Juhl e gli artisti dell’art nouveau è espressa da F. Sieck così: “With their organic forms, rhythm and tautness, many of them are clearly inspired by living plants and animals. A source of motif to be found in most of the major styles from the earliest Egyptian dynasties right up to Art Nouveau - a period that has been significant in many respects for Finn Juhl’s development. For example, he has been noticeably influenced by its characteristic tendency to create a sense of unity in a room by means of a deliberate

intertwining of all its architectural details, which extend - naturally - to the colouring, decoration and furnishing. Thus influenced, he played imaginatively on the interior and its arrangement as a vital part of his work.61” La somiglianza è data in primo luogo dall’ispirazione naturalistica62, dopodiché dall’armonia che Juhl riesce a conferire nella progettazione di una stanza, dovuta ai particolari architettonici, e ad altri fattori, quali l’uso del colore, la decorazione, l’arredamento, ed ulteriori elementi non strettamente legati all’architettura. Al riguardo Bent Salicath sostiene: “Finn Juhl is interested in several architects of the Jugend period, not only because they formed their style with emotion, but especially because they had the conscious will to create things and rooms as unities. Thus he is a great admirer of Mackintosh and his characteristically composed interiors. Finn Juhl’s own aesthetic aims are of the same imperative power.63” Finn Juhl in persona dichiara di ammirare l’estetica dell’art nouveau, affermando: “There are also the Mackintosh chairs of the Art Nouveau era, which are amazing to look at (…)64” Un carattere che accomuna Juhl e gli artisti dello Jugend style è il desiderio di controllo estetico di ogni dettaglio e ciò è osservabile nella molteplicità di disegni specifici, ed in una affermazione dell’architetto riguardo all’allestimento Interno 52 al museo di Trondheim, in cui egli sostiene: “It is true that chair are mobiles as opposed to tables and sofas which are stationary, still they cannot be moved much without destroying the order.” Con questa sentenza Juhl si avvicina all’ideale estetico dell’art nouveau, allontanandosi dai principi del funzionalismo.


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Sulla concezione di Gesamtkunstwek, nel 1950 Finn Juhl illustra il ruolo demiurgico dell’architetto con le seguenti parole: “Paradokset rummer den kerne af sandhed, at det man som arkitekt lærer at stræbe efter, er en helded i tingene. Ikke en uniformitet men et præg af en hel tankegang bag alt, man foretager sig. Naturligvis bør eens sidste produkter vise en udvikling fra de første, maaske har man saa meget, man gerne vil forsøge, at denne udvikling viser spring. Hovedsagen er vel, at man i alt formgivningsarbejde føler trang til at udtrykke sig - ikke at man er tvunget til det.” “Il paradosso sta nel nucleo della verità, (cioè) l’architetto deve imparare ad adoperarsi per il tutto. Non con l’uniformità bensì mettendo un po’ di sé stesso dietro ad ogni singola cosa che progetta. Naturalmente gli ultimi lavori devono mostrare uno sviluppo, un’evoluzione rispetto ai primi, in modo che si possa essere in grado di mostrare la personale tendenza. La cosa principale è che in tutte le opere di progettazione si veda la voglia di esprimere sé stessi - non quello che si è costretti (a dimostrare).65” Al contrario di quanto professato da Kaare Klint, Juhl reputa che ogni arredo, opera architettonica o opera d’arte debba rispecchiare il genio creativo dell’artista, essere unica e riflettere la mente del creatore. Nel 1956, Hiort commenta al riguardo: “Diametrically opposed to the Klint conception is the idea that a piece of furniture should be regarded as an individual work of art, not modestly subordinating itself to its surroundings but, on the contrary, creating a striking effect, and bearing the stamp of its creator’s genius. However, though it should be a unique and distinctive work of art, its functional qualities must not be tampered with. The most prominent representative of this trend in Danish furniture design is Finn Juhl.66”

Bent Salicath sostiene: “Critics maintain that his furniture is obtrusive compared with the ‘modern 18th century English’ furniture. It is obtrusive like modern painting and sculpture - color, materials and shape are not anonymous and quite, they are marked links of room design that quite consciously aim to emphasize the color and the sculptural shape.67” Dopodiché Salicath suggerisce un confronto tra l’olandese Rietveld e l’architetto danese. “Something similar may be seen in ‘cubist’ room design, this for example is the case in the characteristic interiors by the Dutch architect, Rietveld. Though no Puritan gospel is expressed in this ‘style’ of furniture, jointly the simple cubist shapes form a very characteristic ‘obtrusive’ unity, a certain picturesque expression prevails in these plain interiors. Thus, one must not let oneself be misled by an outward simplicity in design, which may easily be found in both of these conceptions and aims. For basically these two approaches to design are divergent. As to Finn Juhl he considers a piece of furniture not a modest object, but a conspicuous part of the interior. His work, however, is not cubist art expressed in terms of furniture, though pictorial and sculptural experiences have enriched and stimulated his work.” L’autore sostiene che l’analogia tra Juhl e le esperienze che lo hanno stimolato artisticamente sono da riscontrarsi non tanto nell’opera in sé, bensì nell’approccio anticonvenzionale alla progettazione. Secondo Salicath, l’architetto si rifiuta di attenersi ai principi professati dai designers del tempo, alla stessa maniera in cui l’arte astratta agisce in reazione al cubismo e all’arte figurativa. “Finn Juhl’s furniture is a reaction from the idea that construction or function are independent aims of design” Se da un lato i rivestimenti e la progettazione degli interni sono caratterizzati dal carattere stravagante e


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provocatorio, dall’altro lo scheletro, il telaio esterno delle architetture, mostra aderenza a principi razionali e funzionali. Nel 1946, nell’articolo Bolig og Massebyggeriet, “Casa e Produzione di Massa”, Juhl teorizza sinteticamente il suo metodo di progettazione per la casa unifamiliare in sette punti: 1) Partecipazione degli arredi nella progettazione residenziale, con l’ausilio di disegni sommari. 2) Arredamento delle residenze con mobili adatti a ciascuna tipologia familiare ed alle personali esigenze 3) Aiuto nella scelta dell’arredamento in base alla spesa economica dell’utente. 4) Aiuto nella scelta di tappeti, quadri e colori, che concorrono alla composizione globale dell’abitazione 5) Aiuto nella selezione e posizionamento di corpi illuminanti, considerando sia la funzione che il lato estetico. 6) Propaganda di varie tipologie residenziali, dunque anche unifamiliari, e di distinta natura. Le aziende espositrici non devono essere omogenee, bensì eterogenee. 7) Raccolta delle esperienze dell’architetto, in modo che ogni errore passato serva da insegnamento per la progettazione futura.68 Sebbene i sette dettami teorici di Juhl sulla progettazione architettonica del 1946, siano lontani dai cinque punti dell’architettura del maestro Le Corbusier degli anni Trenta, è talvolta possibile riscontrare l’èmphasis sulla razionalità. Mentre per quanto riguarda il design si contrappone alla rigida ed esclusiva osservazione della funzione, professata da K. Klint e la sua scuola; in campo architettonico Juhl utilizza gli stessi principi modulari del pioniere danese del funzionalismo, basandosi sulla fisiologia del corpo umano al fine di progettare i mobili domestici e di conseguenza lo spazio. In Hjemmets Indretning, l’architetto introduce il tema della progettazione residenziale così:

“Cercherò di mostrare, attraverso alcuni esempi, possibili soluzioni pratiche per l’abitazione. Il tentativo è atto a chiarire le caratteristiche di singoli elementi presenti nella casa, come ad esempio mobili, lampade, dettagli, strumenti per la cucina etc. Infine, proverò a spiegare la connessione tra questi e l’architettura, ricollegandomi anche ai tempi passati, in modo da fornire una più chiara dimostrazione dei requisiti e delle funzioni a cui si intende rispondere.69” L’interpretazione di Juhl del principio “la forma segue la funzione” ha origine nel disegno degli arredi che, seppure stravaganti, osservano specifiche misure funzionali, rispetto a cui la progettazione degli ambienti interni è subordinata, e di conseguenza lo sono le facciate e l’involucro esterno. Il risultato è un perfetto connubio tra funzione ed estetica che, a parere di Makoto Shimazaki, incarna il rinascimento del Danish design. Lo studioso afferma: “The death of Finn Juhl in May 1989 marks a turning point in the New Design era. Many of us in the field of design hope that a reassessment of their achievements will lead to a new Scandinavian design renaissance.70” Mostrando attitudine empirica, Juhl ripercorre esempi del passato, al fine di tracciare una propria visione sulla progettazione residenziale unifamiliare. Egli non rinnega Kaare Klint, bensì lo reputa il pioniere del funzionalismo nelle arti applicate, in quanto è colui che per primo in Danimarca si dedica alla progettazione di mobili che possano essere utili nella vita dell’Uomo moderno. “La produzione del mobile danese ha distinte e lontane origini, ma si potrebbe affermare che abbia avuto un effettivo inizio intorno alla Prima Guerra Mondiale. Il pioniere è il famoso Kaare Klint, ora professore all’Accademia di Arte, ancora attivo, e considerato un abile progettista di mobili ed un maestro.71” Nel testo Hjemmets Indretning, l’atteggiamento em-


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pirico di Juhl ha uno spettro temporale molto vasto, in quanto egli prende in esame modelli talvolta risalenti a periodi remoti, spaziando dalla tipologia della tenda dei popoli nomadi, ad esempi di progettazione rinascimentale, rococo, fino a Kaare Klint ed altri coetanei. L’attitudine di Juhl, oltre a dimostrare la conoscenza delle distinte epoche storiche e delle relative esigenze abitative, ha il fine di spiegare la ragione per cui è necessario un rinnovamento in campo architettonico. L’architetto afferma dunque: “Nel corso delle generazioni, è avvenuto uno sviluppo nello stile di vita delle persone, tale che gli strumenti passati dei contadini non possano essere più impiegati, allo stesso modo in cui i mobili della tradizione non possano essere più utilizzabili. A partire dalla forte industrializzazione del secolo scorso, si è assistito ad una crescita demografica. Tale moltitudine di persone ha richiesto la progettazione di residenze di piccole dimensioni. Il cambiamento delle condizioni lavorative, lo spostarsi da un luogo ad un altro, ha reso le famiglie nomadi. Tutto si è dovuto adeguare a questa attitudine di precarietà e transitorietà. Ciò ha condotto all’esigenza di progettare un tipo di design e di residenze differenti dal modello passato della fattoria72” A proposito del fenomeno di insicurezza e transitorietà, che investe la società dei primi del Novecento, Juhl ritiene che l’architettura giapponese, per la flessibilità, semplicità ed economicità nello spazio, possa rispondere al meglio alle esigenze dell’Uomo moderno. Egli sostiene: “Molti si sentono a disagio a vivere dentro case costruite secondo un sistema standardizzato. Alcune persone preferiscono possedere una casa personale, individuale. A tale proposito è interessante osservare i modelli di architettura tradizionale giapponese, come questo palazzo a Kyoto costruito intorno al IV secolo d.C. Nonostante sia destinato ad un imperatore, il palaz-

zo è realizzato con elementi standardizzati. Anche per quanto riguarda lo spazio, non si tratta di un ambiente di molti metri quadri, bensì le dimensioni sono date dall’assemblaggio di moduli di circa 3 o 4 x 6 metri. Il pavimento segue anch’esso canoni prefabbricati. Le pareti sono posizionate rispettando distanze prestabilite. Nonostante la costruzione scientifica e matematica, al tempo stesso l’edificio è caratterizzato da un senso romantico, nel senso positivo del termine. La naturale connessione dell’architettura con il giardino è anch’essa da imparare dai Giapponesi, i quali sono i più bravi nel creare un ottimo connubio tra casa e spazio aperto.73” L’ammirazione di Juhl verso la cultura orientale e giapponese è riscontrabile anche nel campo del design, come ad esempio nella progettazione del trofeo del Premio Kaufmann nel 1961, in cui riprende l’antico simbolo cinese del Yüan-Kuei ed utilizza legno di cipresso giapponese hinoki; o nell’orizzontalità di alcuni arredi, come la Sedia Giapponese74 o i letti impiegati nelle residenze. Riguardo l’apprezzamento di Juhl nei confronti della progettazione giapponese, Schio Nashitani racconta: “A friend and I were invited to a dinner to which Finn Juhl also had been invited. We discussed design in Japan, about which he showed great knowledge. I was impressed by his keen questions concerning the tokonoma (alcove), tatami (reed mats) and shoji (sliding paper panels) and was awed by his deep and intuitive understanding of the universals of design.” La seconda compagna rivela inoltre che Juhl fosse un ammiratore di Kenzo Tange e che i due architetti si fossero conosciuti personalmente. Secondo la visione di Hanne, Kenzo Tange sarebbe colui che introduce Finn Juhl alla conoscenza della cultura architettonica ed artistica giapponese. Hanne racconta: “At the beginning of the sixties Finn visited Japan and met again with Kenzo Tange whom he had met earlier in


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Copenhagen. Kenzo Tange introduced Finn to Japanese architecture as well as to Japanese art and design, and Finn admired it so much that today his library contains a large collection of Japanese literature. Finn loved it (…)75” La maniera progettuale di Finn Juhl vanta evidentemente molteplici e distinte fonti di ispirazione. A partire dalla cultura orientale, all’arte antica e moderna, alla corrente dell’art nouveau, sino ai principi funzionali di K. Klint, le influenze che interferiscono sull’opera di Juhl sono composite e concorrenti ciascuna in aspetti determinati. Al fine di apprezzare l’eclettismo dell’architetto, occorre analizzare specificatamente i caratteri che distinguono le sue creazioni, che, secondo la visione di S. Nashitani, sono opere senza tempo. “(…) good design transcends current fads even as it does the passage of time.76”


(da Catalogo della mostra Design in Scandinavia, 1954)


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Il neo-empirismo nell’opera di Juhl “A geographical context which seems to have allowed for a change in venue, now the four walls of a home, of a natural reality dominated by ample fields of snow; by deep fogs, vast forests, a soft quality of light deriving from the closeness of these lands to one of Earth’s poles. Sensations that have become leitmotif of a Nordic design which has built its personal identity as furniture that combines the rules of modernity with a vision of living that shies away from any aggressive conception or mechanistic view of the world, and avoids revolutions so that it might guarantee a gradual evolutions of forms, that will adapt slowly as time rolls on.77” A sostegno della tesi di G. Bersano, già nel 1947 Eric De Marè nella rivista Architectural Review commenta riguardo alla cultura architettonica dei paesi scandinavi: “Finora non è evidente una forte reazione contro i principi del Funzionalismo; in effetti, essi non furono mai seguiti più di ora. La tendenza è piuttosto di umanizzare le teorie sul terreno estetico e di ritornare, allo stesso tempo, al primitivo razionalismo sul terreno tecnico. Il Nuovo Empirismo è il tentativo di essere più obiettivi del Funzionalismo, di introdurvi una nuova scienza, quella della psicologia.” Sei mesi dopo, continua De Marè: “(…) gli architetti tentano di formulare una nuova poetica che vitalizzi la loro ispirazione, che permetta di sfuggire a quella sterilità cui porta automaticamente un’aderenza troppo dottrinaria e puritana al Funzionalismo (…)78” Vi è la coscienza che gli edifici sono fatti per servire gli esseri umani assai più che per aderire alla fredda logica di una teoria. La parola spontanietet, frequente sulle labbra dei giovani architetti svedesi, rivela forse la chiave di questa tendenza. Se nel 1930 avviene la cosiddetta svolta verso il fun-

zionalismo in Scandinavia con l’Esposizione di Stoccolma di E. G. Asplund, che smuove gli animi dei progettisti, non solo svedesi ma anche provenienti dagli altri paesi scandinavi, dimostrando la possibilità di utilizzare sistemi prefabbricati, promuovendo la produzione di massa, seppure attenti alla qualità, e sperimentando forme nuove, lontane dai classicismi ricorrenti, con un evidente scarto cronologico rispetto ad altri paesi. La prima residenza progettata da Finn Juhl è la sua stessa casa che, dalla critica contemporanea danese, e non solo, viene considerata uno dei primi esempi di pianta libera in Danimarca. A tale proposito, E. Hiort ritiene che: “The floor plan of the house is an early example of an “open plan” where the rooms have a visual transition into one another and are not, as in older houses, sharply delineated by partition walls. This principle degenerated in the course of the 1950s so that partition walls gradually disappeared almost entirely, and the kitchen ended up in the living room. In Finn Juhl’s house, the principle is used in a restrained form. Each room has its clearly defined function, but no matter where one goes in the house, one has a view of the next room at all times and a glimpse of the garden as a point de vue.” L’autore danese definisce la Casa di Juhl a “pianta libera” con una speciale accezione del termine, riferendosi ad un effetto visivo piuttosto che all’organizzazione spaziale e degli elementi architettonici. Mentre verso il 1925 Le Corbusier progetta Villa La Roche e nel 1928 Mies van der Rohe Villa Tugendhat, in cui si applicano pianta e facciata libera, finestre a nastro, pilotis; dal 1941 fino al 1970, Finn Juhl opera una partizione degli ambienti interni delle architetture domestiche ben definita, separando nettamente la zona giorno dalla zona notte, interpretando l’estetica promossa dal movimento moderno europeo in maniera personale, filtrandola ed adattandola al contesto scandinavo. Nel libro Hjemmets Indretning, da un lato l’architetto promuove la razionalità e la funzionalità di architettu-


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re moderne, dall’altro solleva una questione sulla fattibilità di alcune soluzioni progettuali contemporanee, come nel caso della Glass House di Philip Johnson e della Villa a Brno di Mies van der Rohe. Al riguardo, Juhl sostiene: “La casa di Philip Johnson è un esperimento così all’avanguardia che di certo non diverrà mai normativo. Johnson segue le linee guida dettate già da Mies van der Rohe con la Villa Tugendhat a Brno, costruita negli anni Venti, che ha aperto la strada alla casa di vetro americana, all’architettura del palazzo a Park Avenue negli Stati Uniti79, ed ai grattacieli di Mies a Chicago80. Questo modello utilizza e costruisce una nuova esperienza. Le mura esterne della casa non sono più elementi portanti, con all’interno una suddivisione minore. Come anche nella casa di Le Corbusier, c’è la tendenza a sollevare il suolo ed i piani. Le mura esterne sono quelle di una semplice costruzione, atte solo ad isolare climaticamente dall’esterno. Tutti questi cambiamenti del metodo costruttivo sono mezzi per esprimere il fatto che la percezione dello spazio è un’altra, differente. Da percepire l’ambiente come una cavità, come una grotta racchiusa in un guscio. Lo scheletro ha poi fori come porte e finestre. Dopodiché si passa al volere dissolvere ulteriormente il guscio. Si è a conoscenza dello spazio e del volume anche senza bisogno di uno scheletro definito.81” Attraverso queste riflessioni, l’architetto danese denuncia la sua visione riguardo a ciò che verrà in seguito definito International Style, tracciando un iter architettonico a partire dalla concezione tradizionale, in cui lo scheletro della dimora è assimilabile ad un guscio, all’involucro di una grotta, fino alla sua graduale perforazione, che nei casi più estremi raggiunge la smaterializzazione. Vivian Boje afferma: “La casa, del 1941, materializza l’eterno domestico danese, segno della possibilità di radicamento della migliore architettura moderna nella storia e nella cultura loca-

le.82” Secondo la visione di Daniele Regis, l’attenuazione dell’espressione dei canoni estetici del movimento moderno nell’opera di Juhl potrebbe essere relazionata alla formazione, all’insegnamento del maestro Kay Fisker. “Formatosi come architetto alla Scuola di Architettura sotto la guida di Kay Fisker, Finn Juhl assorbì l’eredità di quella particolare forma di funzionalismo danese che l’anziano maestro arrivò a definire, negli anni Cinquanta, “tradizione funzionale.83” Non a caso, Kay Fisker, durante gli anni Trenta, quando insegna all’Accademia delle Belle Arti di Copenhagen, promuove modelli come Gunnar Asplund ed Alvar Aalto, i quali vengono ospitati a tenere delle lezioni alla Scuola di Architettura; ed istituisce programmi di scambio culturale con l’Istituto di Tecnologia del Massachusetts (MIT) a Boston. Della suddetta “tradizione funzionale”, che perpetua il valore di un approccio nazionale all’architettura e di una “nuova” tradizione, Finn Juhl ne è interprete. Al fine di esprimere la propria visione, nel testo Hjemmets Indretning, Juhl scrive: “La cosa essenziale sono le abitudini, lo stile di vita, in quanto questi sono fattori che condizionano la validità e l’accuratezza di una soluzione progettuale architettonica, ed al tempo stesso permettono (al progettista) di confrontarvisi, creando un’interazione (con l’architettura). In California, l’architettura giapponese è stata molto influente. In parte perché il Giappone non è così distante (geograficamente), in parte per le affinità climatiche che danno la possibilità di trascorrere la vita all’aperto, cosa che noi non possiamo fare. Lì è sufficientemente caldo per vivere la maggior parte dell’esistenza all’aperto, in mezzo a patii o sotto a verande che ospitino un soggiorno all’esterno, e al tempo stesso non è così caldo come nell’Europa meridionale, dove si devono limitare le aperture per creare ambienti interni più freschi. Siamo dunque ora di fronte ad una verità, cioè che tutti


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gli architetti debbano essere a conoscenza del fatto che l’architettura è regionale, che è determinata da fattori climatici, e che, sebbene l’internazionalismo estetico, vi sono poi condizioni pratiche (da rispettare). Quasi tutte le persone sono costrette a vivere in maniera sfavorevole o non confortevole, a causa della mancanza di fondi o di aiuto (da parte dei progettisti). Per fortuna, certe limitazioni sono accolte dalla visione di una persona più flessibile, ragionevole e diplomatica.84” Con queste parole, Finn Juhl dichiara la vicinanza al regionalismo, ed al neo-empirismo descritto da De Marè, in analogia con la visione di altri architetti, che mostrano sensibilità verso i temi di architettura e luogo, come E. G. Asplund, con l’esemplare Cappella nel Bosco ad Eskede, Alvar Aalto con la Villa Mairea, o Sverre Fehn con il Padiglione dei Paesi nordici a Venezia. La visione dell’architetto danese potrebbe essere rivista inoltre nelle parole del predecessore John Ruskin, il quale nel 1853 sostiene: “La nobiltà di ogni edificio dipende dalla sua specifica adeguatezza ai propri scopi: e questi scopi variano con ogni clima, e ogni suolo, e ogni costume nazionale (…)85” A partire dagli scritti di Ruskin e Viollet-le-Duc, si nota un ideale di autenticità indigena, radicata in vernacoli locali, o in esempi pre-rinascimentali, si osserva un interesse al carattere, al clima e alla cultura di luoghi specifici, ai miti nazionali ed alle continuità territoriali, in reazione allo sradicamento, all’omogeneità ed all’imposizione di formule cosmopolite. Benché il mondo rurale e medievale venga idealizzato, fin da allora non vi è mai l’intenzione di imitarne direttamente le forme. Le fonti della tradizione locale devono piuttosto essere trasformate per rispondere a una nuova atmosfera culturale. La ricerca delle radici della cultura di particolari aree geografiche, al volgere del Novecento, costituisce le fondamenta su cui si costruiscono le impressioni ed i principi di alcuni pionieri del movimento moderno.

Si può dunque comprendere la maniera in cui le architetture di Juhl siano strettamente relazionate con il paesaggio, con il sito; la ragione per cui esse presentino copertura inclinata86; come esse siano prevalentemente costruite con materiali locali, quali il legno ed il mattone; e come si riveli la loro essenza all’interno, luogo caldo e riparato dalle intemperie del rigido clima danese. Se in Juhl la copertura è ancora legata al sistema costruttivo tradizionale, Aalto, Utzon e Jacobsen, con Villa Mairea, la Casa a Hellebæk ed a Charlottenlund, presentano tetto piano e giardino pensile, allo stesso modo di Villa Savoye, Villa Tugendhat o della Glass House, modelli di riferimento del movimento moderno o del cosiddetto International Style. Le case di Juhl sono scevre da classicismi, eclettismi o decorazioni superflue; sono funzionali e al contempo lontane dall’imitazione del modello della fattoria, diversamente da Villa Friis87, del 1917, del maestro Kay Fisker, che risale a una fase storica precedente. Nell’esposizione di F. L. Wright del concetto di “macchina”, intesa come “meccanizzazione”, nel testo Testamento del 1957, possono essere riscontrate analogie con la maniera in cui Juhl adatta i principi del movimento moderno e la teoria di “macchina per abitare” al contesto scandinavo. L’architetto statunitense scrive nel suo libro: “Noi figli dell’età della macchina (…) Quanto all’America (…) La tecnica inventiva della meccanizzazione mancava di quella penetrazione interiore - della fantasia creativa e poetica, diciamo pure - atta a riconoscere il potere dell’interpretazione, da parte dell’architettura, di queste immense possibilità. (…) La macchina come utensile è oggi un fattore inevitabile della gioia e del comfort dell’uomo; e le creazioni originali devono presentare proprietà in se stesse essenziali, per il giusto uso della nostra energia meccanizzata. Ma le forze meccanizzate non costruiscono un “sostituto” della forma architettonica, né la macchina è mai in sé creatrice o interprete di forme.88”


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All’avvento della “macchina” Wright e Juhl associano una “penetrazione interiore”, talvolta descritta come architettura organica o neo empirismo.


Casa dell’architetto Jørn Utzon ad Hellebæk del 1952 (da Andersen A. M., Jørn Utzon, 1973)


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L’articolazione spaziale in relazione agli arredi e alla composizione Nelle architetture a carattere residenziale89, Finn Juhl non adotta mai lo schema della pianta libera, bensì tuttalpiù, come sostenuto da Hiort, si osserva un collegamento visivo tra le varie stanze. Sebbene Juhl dichiari di ammirare Le Corbusier, le architetture residenziali dell’architetto danese non sono assimilabili né alla composizione purista90 del primo periodo dell’architetto francese, né alle sue costruzioni brutaliste degli anni Cinquanta. Seppur meno radicalmente della Glass House, di Villa Tugendhat, o della Villa Savoye, anche Villa Mairea di Aalto, del 1937, o la residenza di Jørn Utzon a Hellebæk, del 195291, presentano pianta libera; differentemente dalle dimore progettate dall’architetto, tra gli anni Quaranta e Sessanta del XX secolo. Analogamente, le prime opere residenziali di due grandi rappresentanti del Movimento Moderno in Danimarca, quali Arne Jacobsen, con le sue prime abitazioni unifamiliari a Hellerup92 e Gentofte93 ed il progetto della sua stessa casa a Charlottenlund94 del 1929; ed Erik Møller, con la sua casa a Vangede95 risalente al 194396, mostrano caratteri architettonici ancorati al sistema costruttivo e progettuale tradizionale, in cui sono assenti pianta o facciata libera. La concezione delle stanze dell’abitazione, espressa nel libro Hjemmets Indretning di Finn Juhl, permette di comprendere la ragione per cui l’architetto non adotti lo schema a pianta libera. Nella progettazione delle residenze, Juhl opera una distinzione fra gli ambienti della sfera pubblica e della sfera privata, separati, oltreché per funzione, anche da partizioni interne. Un tratto distintivo delle architetture di Juhl è la rilevanza dell’area giorno all’interno della dimora. Questo carattere è riscontrabile in particolare modo nella Villa Aubertin, dove il soggiorno occupa un intero corpo rettangolare annesso, costituente parte notevole della superficie totale dell’abitazione, distinguendosi così dagli altri ambienti. Generalmente la zona giorno, a differenza ad esempio di Villa Savoye o di Villa Tugendhat, è suddivisa con effettive partizioni interne, in modo che il soggiorno e

la sala da pranzo abbiamo un’identità distinta, spesso enfatizzata dalla presenza di un lieve dislivello, come si osserva nella sua stessa dimora, in Villa Aubertin, nella Casa estiva a Raageleje97 o nel progetto ex novo a Klelund. Al contrario, la zona giorno della Casa di Utzon a Hellebæk e della Villa Mairea, consiste in grandi sale polifunzionali, che ospitano tavolo da pranzo, divano e talvolta piano cottura. Solitamente Juhl distingue la cucina dalla sala da pranzo, per ragioni tecniche ed abbondanza di spazio, ad eccezione della residenza a Raageleje per il Sig. Hostrup-Pedersen, in cui gli ambienti sono separati soltanto da un bancone, e si ha diretto collegamento visivo. Questa soluzione è preferibile soltanto laddove si intenda economizzare lo spazio, in quanto Juhl sostiene che il divano sia il fulcro dell’incontro della famiglia e si debba distinguere perciò dal tavolo da pranzo, che riveste un ruolo diverso98. In Hjemmets Indretning, Juhl, oltre ad enunciare l’importanza della cucina, in relazione alle condizioni sociali della donna nel XX secolo99, si riferisce ad alcuni esempi in cui la distinzione tra cucina e sala da pranzo è più o meno presente. Juhl afferma: “Un attento osservatore dello sviluppo della tipologia abitativa avrà notato l’interesse sempre più diffuso verso la progettazione della cucina. La ragione risiede nel fatto che una casalinga trascorre in questo ambiente così tante ore che questo laboratorio necessita di essere ben progettato. L’obiettivo è di facilitare il lavoro della casalinga, ed in particolare di consentirle di potere perseguire anche la professione. Dal punto di vista economico, è necessario che anche le donne abbiano un lavoro al di fuori della casa; al contrario tuttavia è difficile concederle sussidi tecnici (dentro l’abitazione). (…) In molti esempi illustrati si osserva la frequente maniera di unire cucina e sala da pranzo in unico ambiente. La


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cucina prende spazio all’interno del salotto. Questa non è l’intenzione. Tuttavia in molti casi, l’abitazione è così piccola da essere forzati a far convivere il lavoro della casalinga con le funzioni svolte nel salotto.100” L’architetto ritiene che nel caso di piccole abitazioni sia quasi inevitabile che la cucina si unisca all’area giorno, sebbene ciò non sia l’obiettivo, bensì una conseguenza della mancanza di spazio. Egli fa riferimento a residenze in cui la partizione è adottata, nonostante le esigue dimensioni, e ad altre in cui non è impiegata ma si hanno esiti positivi, come nel caso degli appartamenti Bellavista a Strandvejen degli anni Trenta di Arne Jacobsen e della dimora di Utzon a Hellebæk. Per quanto riguarda quest’ultima, Juhl sostiene che il beneficio è dato dal fatto che la madre di famiglia, mentre svolge le attività domestiche, ha l’opportunità di osservare i figli giocare nel soggiorno. In Hjemmets Indretning, Juhl prende in considerazione esempi di abitazioni con spazio limitato, dove soggiorno e sala da pranzo consistono in un unico ambiente, e studia quattro tipi distinti di composizione, che si basano sulla collocazione di due capisaldi della zona giorno: tavolo da pranzo e divano. L’importanza del divano è riscontrabile in Villa Aubertin, dove esso costituisce uno dei primi soggetti degli elaborati; nella Casa di Raageleje, in cui occupa la lunghezza di un’intera parete del soggiorno; oppure nella propria dimora, in cui ce ne sono ben tre. Ad eccezione della sua stessa casa, in cui nel 1967 viene attuato l’ampliamento della camera da letto101 maggiore, dotandola di un soggiorno; gli ambienti più scenografici e considerevoli delle sue architetture domestiche coincidono con la zona giorno. Per quanto riguarda la zona notte, Juhl impiega una progettazione di tipo modulare. Sia per Villa Aubertin, nel caso delle tre stanze dei figli, sia per la Casa estiva a Raageleje, che per il progetto di rifacimento non realizzato a Klelund, Juhl disegna camere da letto identiche, spesso aventi anche medesimo arredamento, come nel caso della villa del

Sig. Hostrup-Pedersen, che si ripetono in fila. Talvolta le camere da letto, la cucina, l’archivio ed altri ambienti minori sono collocati nella zona meno luminosa dell’edificio, orientate verso nord, oppure arretrate rispetto al soggiorno. Per l’arredamento della zona giorno, Juhl predilige un divano molto lungo, come osservabile in Villa Aubertin, a Raageleje, ed Asserbo; un tavolino eventualmente allungabile, come osservabile nella propria dimora ad Ordrup; un tavolo da pranzo in teak o formica, entrambi materiali assai utilizzati nelle sue opere; e sedie tutt’intorno semplici, poco ingombranti in caso di spazi limitati, in modo da poter essere facilmente spostate, variando l’assetto della stanza. Il tavolo da pranzo di Casa Juhl, così come quello della Residenza estiva a Raageleje, presenta sedute leggere come le Sedie Egiziane nel primo caso, o il modello di Arne Jacobsen della Serie Sette nel secondo; diversamente dalla monumentale Sedia del Capo, che viene preferita invece in ambienti spaziosi, come il soggiorno. L’architetto ritiene che si debba adottare un’illuminazione distinta per la zona del tavolo da pranzo e per il nucleo del divano, in quanto quest’ultimo richiede una luce più soffusa, essendo luogo del dialogo e del riposo. In merito alla progettazione della camera da letto, Juhl afferma che gli architetti generalmente preferiscono disporvi letti singoli, in quanto così si ottengono spazi di dimensioni e qualità maggiori. Per questa ragione, ad eccezione della dimora dell’architetto, si riscontrano sempre letti singoli all’interno delle residenze unifamiliari, sebbene esse siano atte ad ospitare due coniugi. Questo carattere è riscontrabile nella camera del Sig. e della Sig.ra Aubertin, nelle stanze da letto per la casa estiva del Sig. Hostrup-Pedersen, oppure nella camera matrimoniale della Sig.ra Johanne Elise Anton-Petersen. I due letti offrono, secondo la visione dell’architetto, la possibilità di essere accoppiati, formando un divano, utilizzabile anche durante il giorno.


Uno dei primi progetti residenziali di Arne Jacobsen, “Casa Wandel� del 1927 a Gentofte (da De Corral F. S., Arne Jacobsen, 1989)


A rne J acobsen H ellerup (1927)

C asa J acobsen (1930)

Villa Mairea (1937)

C asa Utzon (1952)


Casa unifamiliare progettata da Arne Jacobsen nel 1927 a Hellerup (da “Arkitekten�, 1944)


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Villa Friis (1917) di Kay Fisker (dall’archivio online di di Danmark Kunstbibliotek)


Casa di Arne Jacobsen a Charlottenlund del 1929 (dall’archivio online di di Danmark Kunstbibliotek)



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Riguardo all’utilizzo della stanza da letto, Juhl sostiene: “Sarebbe bello utilizzare la camera da letto anche per attività che non implichino il dormire e via dicendo.102” Questa affermazione allinea la visione di Juhl con quella dell’architettura orientale103, che prevede flessibilità e commistione di più funzioni all’interno di una stanza. Per questa ragione, è comprensibile come, in alcuni disegni sommari autografi, l’architetto abbia talvolta disegnato un pianoforte nella camera da letto della propria abitazione. In Juhl, la flessibilità è data sempre dall’arredo, mai dalla composizione spaziale, in quanto ciascuna stanza è nettamente separata dall’altra, in base alla relativa funzione. Nella stanza da letto, si trova anche il mobile per il trucco della signora, che secondo l’architetto, deve essere posizionato vicino alla finestra, in modo da poter ricevere luce naturale. Per concludere il discorso, Juhl afferma: “La soluzione per una stanza di certe dimensioni, troppo stretta o troppo piccola, non è in ogni caso ideale. Personalmente, preferisco la soluzione (b), secondo cui i letti sono accoppiati come in una lunga panca, in quanto si ricrea l’atmosfera di un salotto.” La zona notte, secondo la visione di Juhl, deve dotarsi inoltre di una cameretta, spazio destinato a far giocare i bambini, molto difficile da arredare104, e di uno studio. La chiara distribuzione degli ambienti all’interno delle dimore dell’architetto fa sì che generalmente esse risultino composte da due corpi105, due ali, che ospitano soggiorno, sala da pranzo e foyer da un lato; bagno, camere da letto e studio dall’altro. Esemplare di questa partizione è la Casa di Juhl, in cui l’ala minore contiene esclusivamente gli ambienti di rappresentanza, come soggiorno, veranda, libreria e

foyer; mentre l’ala maggiore è riservata alle stanze per la sfera privata, la vita intima familiare, come le camere da letto e la cucina, che per l’architetto è uno spazio molto speciale, regno della figura femminile. Questa maniera è riscontrabile anche nella composizione planimetrica ad “L” di Villa Mairea di Alvar Aalto. A parte la pianta libera, la residenza della Fam. Gullichsen mostra, come anche la Casa di Juhl, una distribuzione interna per cui il soggiorno risulta preponderante rispetto alle stanze da letto, che sono ugualmente isolate in un’ala della dimora. La composizione di volumi ha ragioni puramente funzionali, in quanto Juhl progetta partendo dal disegno di un ambiente, dopodiché assembla le varie stanze, in modo che la pianta sia la matrice generatrice delle facciate, subordinate alla funzione degli spazi interni. Il riflesso della funzione planimetrica nei prospetti è il nesso che accomuna l’architettura di Juhl con quella dei maestri del razionalismo europeo. Questo principio è riscontrabile nella Casa di Juhl, così come in Villa Savoye, Villa Tugendhat, o nella Glass House, dove se ne mostra un’estremizzazione attraverso l’esplosione della scatola volumetrica. Ciascuna residenza progettata da Juhl è dotata di un focolare domestico106, intorno a cui si snoda la composizione dei mobili della sala. Questo elemento è così fondamentale per Juhl che, analizzando i primi disegni del progetto ex novo a Klelund, si può osservare che il camino rappresenta l’incipit della progettazione. La presenza del camino all’interno della dimora è inoltre enfatizzata dalla collocazione di una pavimentazione specifica in prossimità di esso. Come si osserva nella dimora di Juhl, nella residenza ad Asserbo o nel progetto di rifacimento a Klelund, laddove si ha il focolare domestico si assiste ad un cambio di pavimentazione, spesso in clinker o in mattone refrattario, per evidenti ragioni funzionali. Questa soluzione viene adottata anche nella dimora di Utzon, dove in prossimità del camino si ha una pavimentazione apposita in argilla marrone tendente al


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giallo. Nella Glass House di Johnson il camino è incorporato nel cilindro portante, nucleo principale dell’architettura che emerge addirittura dal soffitto. Per quanto concerne l’importanza del focolare, tuttavia Juhl potrebbe essere verosimilmente influenzato da Alvar Aalto, che reputa suo maestro. Villa Mairea, che risale al 1940, presenta un grande camino monumentale all’angolo del soggiorno simile a quello della Casa estiva a Raageleje. La villa Gullichsen richiama a sua volta per certi aspetti la Casa sulla Cascata di F. L. Wright, il quale, allo stesso modo di Aalto e di Juhl, concepisce il camino come fulcro della residenza, luogo in cui sostare a fianco, riscaldarsi, leggere, scrivere o rilassarsi. La centralità del focolare domestico è riscontrabile inoltre nelle dimore di noti progettisti danesi, come nel soggiorno della casa di Utzon; oppure nell’abitazione privata di Erik Møller, in cui il camino tuttavia sta in prossimità del tavolo da pranzo e lontano dal nucleo del divano, come invece predilige Juhl. Frequente nella maniera di Juhl è la progettazione di corpi aggiuntivi a sé stanti con funzione di garage o dépendance, che presentano caratteri architettonici simili a quelli dell’edificio residenziale, sebbene siano di dimensioni minori. Ne è un esempio la Casa di Juhl, in cui la progettazione della dépendance, mai realizzata, si protrae per più di venti anni; oppure Villa Aubertin, in cui il volume aggiunto consiste in un’addizione, con funzione di stanza degli hobby, che mostra in copertura la stessa soluzione progettuale utilizzata all’incrocio dei due volumi dell’abitazione. Anche la Villa Mairea di Aalto presenta un piccolo volume a sé stante con funzione di sauna, collocato in prossimità della piscina esterna. A differenza delle addizioni di Juhl, il corpo della sauna di Casa Gullichsen è connotato da caratteri architettonici volutamente distinti rispetto a quelli dell’abitazione: con la residenza, condivide soltanto la presenza di materiali tradizionali come il legno oppure l’evocazione allo stereotipo del rifugio, della capanna

nel bosco.


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Giardino pensile e piscina di Villa Mairea (da Weston R., Alvar Aalto, 1995)



Camino di Villa Mairea (da Weston R., Alvar Aalto, 1995)


Camino della Casa estiva a Raageleje (fotografia di Keld Helmer-Petersen, dall’archivio online di di Danmark Kunstbibliotek, 1967)


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Il ruolo del colore nell’architettura e nei mobili Dall’osservazione degli acquarelli emerge l’importanza del colore nell’opera di Juhl. L’architetto stesso dichiara l’ammirazione verso il giovane Le Corbusier, il quale, prima ancora di adottare lo pseudonimo, opera come pittore purista assieme ad Amédée Ozenfant. Un acquarello di Finn Juhl del Maggio 1934, quando egli è studente alla Reale Accademia di Belle Arti di Copenhagen, denuncia alcune analogie con l’opera del primo periodo di Le Corbusier e talvolta con Mies van der Rohe. La somiglianza è riscontrabile nel caso della villa a Brno del 1928 di Mies, e del padiglione dell’Esprit Nouveau del 1925 di LC per la composizione architettonica, e negli schizzi per la progettazione delle Unitè d’Habitation a Marsiglia del 1951 riguardo all’uso del colore. L’ammirazione verso LC è espressa chiaramente da Juhl nel 1955 in un articolo di Mobilia, in cui egli afferma: “Det har altig interesseret mig at analysere et møbels forskellige dele, vel nok som følge af min tidlige begejstring for Corbusier’s kubistiske arkitektur, hvor farver og materialer accentuerer de forskellige planer og bærende led.” “Mi sono interessato all’analisi degli arredi probabilmente per via del mio iniziale entusiasmo verso l’architettura cubista di Le Corbusier, in cui i colori ed i materiali accentuano i distinti piani ed i passaggi tra di essi.107” In questa dichiarazione, l’architetto rivela che la propria passione per gli arredi derivi proprio dalla stima verso L.C., sebbene in un’altra intervista egli confessi di essersi approcciato all’arredamento per necessità personali, quando realizza i mobili per il suo primo appartamento in affitto108. Il ruolo delle tonalità cromatiche nell’opera e negli elaborati grafici dell’architetto è descritto da Sommer A.L, in Watercolors by Finn Juhl, testo in cui l’autrice raccoglie le testimonianze di Marianne Riis-Carstensen, e sostiene:

“When one looks at Finn Juhl’s watercolors from the Cabinetmakers’ exhibitions, it is clear that they are not focused exclusively on the furniture. They present the furniture as important elements in the interior design at large, and the accompanying text, with its poetic indications of color choices, contributes to the general experience. (…) From the outset, Finn Juhl’s finished pencil drawings were colored with watercolors - to ease understanding, as Finn Juhl put it. Thus, the watercolors that we associate with Finn Juhl, and which are so admired now, in fact serve an important communicative purpose. They opened up Finn Juhl’s world. And this brings us close to the nature of the watercolor, its unique potential. For it has a power of seduction that a technical drawing does not possess. It conveys a mood. The use of light and shadow effects comes into its own in the watercolor, making the chair, the table, the interior or whatever subject come alive. We are almost there. We can almost feel the smooth surface of the wood and the delicate structure of the textile. (…) Sometimes it is as if the watercolor has a life of its own, as if something extra is added, something else that comes not only from the familiar chair but which reveals a dimension of the chair that is barely visible. At once familiar and unknown.109” Questa quarta dimensione, talvolta invisibile, è riscontrabile anche nell’arte del Purismo e del Cubismo, a cui si ispira il giovane Charles-Edouard Jeanneret, nella formulazione del saggio Après le Cubisme110, del 1917, in collaborazione con il pittore Amédée Ozenfant. Dalle parole di L.C., è possibile osservare come Juhl sia ispirato al primo periodo dell’architetto svizzero per quanto riguarda la concezione e la logica di utilizzazione del colore. “Il Purismo ha iniziato le sue ricerche partendo da quelle legate alle sensazioni ottiche e, in primo luogo, da quelle relative al colore; gli studi di Rood, Helmholtz, Koenigs e Broudhun, di Ch. Henry ecc. in effetti hanno provato che


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si possono conoscere le reazioni costanti provocate dallo stimolo di un determinato colore; inoltre, essendo stati i colori definiti rigorosamente, si può parlare per esempio, di un determinato rosso con la stessa esattezza con cui, in musica, si parla del la del diapason. Le costanti della sensazione primaria dovuta ai colori permettono di creare una gamma di tinte dall’espressione definita e costante e una forma logica di utilizzazione secondo la quale l’artista si esprime con precisione. Certi colori hanno la proprietà d’essere molto eccitanti e dinamici (colori puri dello spettro e alcuni colori chimici); altri sono particolarmente “costruttivi”, più “umani” (colori naturali, terre, ecc.); la composizione della gamma espressiva si sceglie secondo la natura di ciò che si vuol far provare; può anche essere complessa e, se si persegue l’espressione della complessità, utilizzare i colori vivi e i colori neutri. (…) E poiché il purismo mira all’universalità, l’importante era essere sicuri dell’immutabilità della sensazione legata al colore. Alle reazioni immediate e puramente fisiche rispetto ai differenti colori, si associano in un secondo momento determinate impressioni mentali, ai blu, per esempio si collegano sensazioni stabili e specifiche di ariosità, di liquidità, di lontananza, di profondità, richiami a ciò che in natura appare di questo colore: acqua, cielo, oggetti lontani; il marrone è terrestre; il verde provoca suggestioni vegetali, ecc. Donde una seconda gamma psicologica intimamente legata alla prima di tipo fisiologico; una scala delle abitudini e delle esperienze ataviche e vissute che esige una logica di utilizzazione: i colori devono dunque essere associati e applicati alla forma seguendo condizioni e situazioni che non devono essere arbitrarie.” Un ulteriore acquarello del periodo dell’Accademia, risalente al 1930, dichiara nuovamente l’interesse di Juhl verso la pittura. L’immagine stavolta non rappresenta un’architettura, bensì un uomo, presumibilmente un contadino, soggetto riferibile alla tendenza neorealista, in cui si possono notare analogie con E. Schiele per il disegno della figura umana, e con H. Matisse per l’uso del co-

lore e la tecnica ad acquarello. Per quanto riguarda la progettazione di interni, le fonti a cui attinge Juhl sono varie e talvolta contraddittorie. Prendendo a modello Red e Black Mobiles di A. Calder, oltretutto Juhl è come se facesse riferimento a Mondrian, in quanto l’artista statunitense confessa di aver tratto111 ispirazione proprio da lui per la creazione delle opere. Nel 1934, Calder racconta la visita allo studio parigino dell’artista così: “My first impulse to work in the abstract came upon a visit to Mondrian’s studio, in the fall of 1930. I do not know whether or not you knew his atelier as it then was - a white wall, rather high, with rectangles of cardboard - painted yellow, red, blue, black, and a variety of whites, tacked upon it so as to form a fine big composition. I was really much more affected by this wall than by his paintings, tho I now like them very much, and I remember saying to Mondrian that it would be fine if they could be made to oscillate in different directions at different amplitudes (he did not concur). I went home and painted abstractions for two weeks (…) I finally decided that the spatial relationships, to be general, should not be fixed - and later added to that the thought of composing various motions, just as one composes volumes, spaces, colours, etc. This I consider a rather natural turn for me, for I was once an engineer, (…)112” Affini allo stile di Mondrian e degli artisti del De Stijl, sono gli arredi progettati da Juhl nel 1961, ed esposti alla Gilda degli Ebanisti di Copenhagen, per l’utilizzo di colori vivaci primari, e per il carattere plastico. La figura che tuttavia influenza maggiormente l’opera di Finn Juhl per quanto riguarda le scelte cromatiche è il pittore cubista Vilhelm Lundstrøm. Oltre a disporre i dipinti di Lundstrøm all’interno delle dimore che progetta, come ad esempio nella sua casa ad Ordrup113 e nella residenza estiva a Raageleje del Sig. Hostrup-Pedersen, Juhl è ossessionato dal pit-


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Acquarello di Juhl del 1934, all’epoca studente alla Reale Accademia di Belle Arti (da Hansen P. H., Finn Juhl and His House, 2014 )


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Acquarello di Juhl del 1930 (da Hansen P. H., Finn Juhl and His House, 2014 )


Analogia cromatica tra il tappeto progettato per Villa Aubertin (dall’archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen) ed il quadro del pittore danese Vilhelm Lundstrøm.


“Due Sorelle” di Vilhelm Lundstrøm (dall’archivio digitale di Statens Museum for Kunst, 1923)


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I materiali

tore al punto che Marianne sostiene di avere impiegato giorni nel tentativo di riprodurre una specifica tonalità cromatica, detta appunto “Rosa Lundstrøm”. Le tonalità cromatiche che Juhl utilizza per il tappeto del soggiorno della Villa Aubertin possono essere riscontrate anche nell’affresco intitolato Due Sorelle del 1923 di Vilhelm Lundstrøm.

“Relying on wood such as oak, beech, ash, maple or cherry, which for ecological reasons have replaced the exotic essences of long ago such as teak or rosewood; using straw, leather, fabric, the history of Scandinavian design underlines the desire to belong to the world of nature to which man and his constructions belong.114” Nel 1939, si assiste all’occupazione tedesca in Danimarca: le frontiere vengono chiuse, le importazioni ristrette ed i prezzi delle materie prime aumentano. La tendenza in architettura e nelle arti applicate è quella di utilizzare materiali locali e prestare attenzione al loro impiego, promuovendo un “buon design”, che esalti la funzione e l’utilità. Mentre nel resto del mondo si sperimentano materiali innovativi, i progettisti scandinavi si specializzano nell’impiego del legno, al punto che gli artigiani con cui collaborano diventano abili nel modellarlo più di quanto si riesca a plasmare la plastica. Lo stesso Alvar Aalto115 brevetta un sistema di costruzione in legno, che permette l’utilizzo del materiale alla stessa maniera di sistemi tubolari in acciaio116. Secondo Alvar Aalto, la standardizzazione tecnologica non è l’unica possibile; anche la natura può offrirne una sua versione, producendo continua variabilità nelle forme. Riguardo alle tecniche costruttive di A. Aalto in quegli anni, Richard Weston commenta: “The wrapping and cladding serve to ‘naturalize’ and ‘humanize’ the standard industrial products, rendering them richly tactile objects, but also evoke memories of classical and natural forms. The timber cladding can be evocation of the texture of bark, while the rattan seen against the black paint offers a vivid abstraction of the trunks of maure pine trees on which, well above ground level, the dark outer bark peels away to reveal the golden layer below.”117 La prima opera residenziale di Juhl risale al 1941, dunque l’architetto è costretto a confrontarsi con le condizioni politiche del Paese.


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La Guerra, dato il senso di insicurezza e date le molteplici restrizioni, accentua ancor di più la cura per l’ambiente domestico, per gli spazi chiusi, che evocano negli individui senso di protezione, intimità e riparo. Le architetture residenziali dell’architetto rivelano la loro bellezza e ricchezza all’interno. In particolare modo durante gli anni della Guerra, in Scandinavia, i temi della sostenibilità e dell’adozione di materiali locali in architettura sono molto dibattuti. Se alcuni, come ad esempio l’architetto Arne Jacobsen118, sono costretti a lasciare il Paese, in cerca di luoghi dove potere esprimere liberamente le proprie scelte compositive; altri, al contrario, fanno della carenza di risorse uno stimolo progettuale, come nel caso dell’architetto norvegese Knut Knutsen119, il quale sostiene: “Architects today are in part responsible for how the world will look in the future. They have to take into consideration nature and economize with the resources of the world so that things of value are not unnecessarily wasted. The architect should view his or her work globally, not just locally or nationally.120” La Casa estiva ad Asserbo di Juhl, la cui progettazione inizia nell’anno 1946, è costruita completamente con legname locale, sia per quanto riguarda la struttura portante, che per i rivestimenti interni ed esterni. Riguardo ai materiali da utilizzare nell’architettura residenziale, l’architetto prende ad esempio le costruzioni navali e sostiene: “Uno studio sulle attrezzature dei cantieri navali può dare un’idea e far capire che dobbiamo lavorare molto più consapevolmente alle nostre stanze. (…) non si vogliono copie dirette. L’apprendimento più immediato, che si può attingere dall’architettura del mare, è la selezione di materiali durevoli, opportuni e che presentino buoni requisiti, al fine di inserirli nella cornice del quadro dell’esistenza umana.121” All’esterno Juhl privilegia materiali poco pregiati, sem-

plici e durevoli, come mattone, eternit, per il rivestimento della copertura e degli infissi, legno, o klinker. Ad eccezione dell’ultima residenza realizzata a Raageleje, in cemento cellulare; le dimore di Juhl presentano sistemi costruttivi tradizionali, che prevedono l’utilizzo di materiali quali il mattone o il legno. L’architetto, nel testo Hjemmets Indretning, afferma di conoscere il modello della fattoria danese del XIX secolo, i cui caratteri tipici sono le tre o quattro ali che racchiudono una corte, l’ossatura in legno, le pareti in argilla rivestite di calce bianca ed il tetto in paglia, di cui è esemplare il “museo a cielo aperto” del villaggio, ancora intatto e visitabile, di Fynske Landsby122. Il telaio ligneo con argilla e calce viene sostituito da Juhl con il mattone intonacato di bianco, e la copertura in paglia con quella in struttura in legno, rivestita di eternit e zinco123 . Alla stessa maniera del primo periodo di Arne Jacobsen, nell’opera architettonica di Juhl si riscontra una semplicità e praticità all’esterno che non corrisponde all’accuratezza ed alla “teatralità” dell’interno124. Su questo tratto di Jacobsen, De Corral sostiene: “The stark exterior is in contrast to the “theatrical” interior (…)125” A differenza di Juhl, Jacobsen non tollera la situazione di restrizione e la scarsità di materiali che influiscono in campo architettonico in Danimarca durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1943, Jacobsen decide di lasciare il Paese e dirigersi in esilio in Svezia, secondo la visione di De Corral, anche in relazione alla notevole svolta stilistica nell’opera dell’architetto. “Building materials were in short supply during the Second World War, and there was a corresponding rupture in Jacobsen’s architectural development, which occasioned a reappraisal of the traditional materials and craftsmen’s techniques and the logic of construction these imposed, with the constructional failure represented by his own house - built in 1929 - still fresh in his mind, where the


Dettagli della copertura della dimora di Finn Juhl (dall’archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen, 1941)


Residenza degli architetti danesi Karen e Mogens Black Petersen a Jægerbsorg (da “Arkitekten”, 1944)


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materials employed had been asked to perform in a way which was valid only for the new technologies.126” A partire dal 1925, quando partecipa alla progettazione del Padiglione Danese all’Esposizione Universale di Parigi, assieme a Kay Fisker, Arne Jacobsen opera un forte cambiamento nella maniera progettuale, dovuto presumibilmente all’osservazione delle opere di Le Corbusier. L’influenza di Le Corbusier è riflessa nella sua stessa dimora a Charlottenlund, dove, sebbene risalga al 1929, circa dieci anni prima della costruzione della Casa di Juhl, Jacobsen utilizza elementi architettonici riscontrabili nel repertorio del Movimento Moderno, quali il tetto piano e la finestra a nastro, assenti invece nella dimora di Ordrup, che invece mostra ancora copertura inclinata, volumetria massiccia, ed aperture limitate. Se all’apparenza la Casa di Jacobsen è vicina alle opere dei maestri funzionalisti europei; il metodo costruttivo è al contrario tradizionale, in quanto si utilizza il sistema del mattone, poi intonacato al fine di ottenere pareti bianche, lisce e levigate, simili a quelle del moderno cemento. Per questo carattere, la casa a Charlottenlund di Jacobsen è assimilabile a quella di Juhl ad Ordrup, dove ancora una volta si assiste al camuffamento del metodo costruttivo in mattoni, proprio della tradizione danese. I due primi esemplari di residenza unifamiliare di Arne Jacobsen, del 1927127, mostrano caratteri talvolta più affini al modello della fattoria danese rispetto alla Casa di Juhl ad Ordrup, che ne rappresenta una versione modernizzata, a distanza di vari anni. Allo stesso modo, la casa di Erik Møller a Vangede presenta materiali e sistemi costruttivi convenzionali, in linea con le architetture di Fynske Landsby. Per la casa unifamiliare a Hellerup e la Casa Wandel a Gentofte, Jacobsen prevede un tetto a capanna, in coppi e tegole, una struttura muraria massiccia ed una svettante canna fumaria, in mattone faccia a vista. Nelle due residenze del primo periodo di Jacobsen, gli

infissi sono in legno, così come nella Casa di Juhl ed in molte residenze dell’architetto, anche se, al contrario di quest’ultime, i vuoti sono minori rispetto ai pieni, e gli infissi non sono rivestiti in eternit. Nella propria dimora128, Utzon sperimenta varie tipologie di mattone, dalle più convenzionali a quelle più resistenti e d’avanguardia. In merito al risultato finale, egli stesso afferma: “I mattoni presentano differenti finiture: i corsi che ricoprono i bordi superiori delle pareti sono in mattone giallo duro, impermeabile; la restante parte del muro è meno resistente, in mattone giallo più chiaro; nella cucina e nella nicchia del barbecue, oppure nella doccia e nel bagno, si ha un mattone chiaro, un legname satinato e piastrelle in porcellana ordinarie. Il pavimento della sala, il pavimento della cucina e l’area intorno al focolare sono in piastrelle di cotto o in clinker marrone tendente al giallo.129” L’utilizzo del materiale tipico della costruzione danese non è l’obiettivo. Anche Jørn Utzon, così come Arne Jacobsen, si trasferisce nel 1942 a Stoccolma durante gli anni della Guerra in Danimarca, ed in seguito in Finlandia dove, oltre a sperimentare soluzioni architettoniche moderne, ha la possibilità di lavorare presso Alvar Aalto ed assorbire indirettamente gli insegnamenti di F. L. Wright e E. Gunnar Asplund. La maniera di Utzon di accostare materiali antichi e moderni è riscontrabile anche in altre due residenze unifamiliari progettate per due committenti privati durante gli anni Cinquanta, ossia quella di Thorsten Johansson e quella di Eva Nissen, la prima nel nord della Zelanda, la seconda a sud della Svezia. Riguardo a quale sia la direzione da seguire, Jørn Utzon afferma: “Credo in questo approccio (neo-empirismo), piuttosto che nel considerare l’architettura come scultura astratta o pittura per amore, rendendo le case formalistiche; al contrario la base costruttiva e funzionale si deve com-


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La relazione tra natura ed architettura

binare con la sensibilità alla luce, all’ombra, al colore ed allo spazio130, così che si aprono infinite opportunità (progettuali).” In questo aspetto, la visione di Utzon è assimilabile alla stessa sensibilità progettuale adoperata da Juhl in architettura.

Il rapporto tra esterno ed interno nelle architetture residenziali di Juhl ha carattere introverso. Sebbene l’architetto riveli l’interesse verso il mondo orientale, in particolare modo giapponese131, non si riscontrano architetture in cui il guscio, lo scheletro dell’abitazione è del tutto smaterializzato, o in cui si ha una compenetrazione dello spazio esterno all’interno. La maniera di rapportarsi alla natura in quanto sfondo costante dell’arte e dell’architettura è tuttavia un elemento comune sia a Juhl che all’architettura giapponese. Fosco Maraini sostiene: “La natura non è descrizione gratuita, sfondo, paesaggio ma elemento integrante del mondo spirituale; natura-poesia-sentimenti sono inscindibilmente legati nella più intima sintassi del pensiero.132” L’empatia tra uomo e natura, che traspare da queste parole, dai dipinti o dalle architetture di molti artisti giapponesi, trova pieno compimento nella villa imperiale di Katsura a Kyoto del 1615 circa, edificio a cui Juhl fa riferimento nel suo testo Hjemmets Indretning. La pratica di rendere la natura presente nella casa, nel palazzo, nelle residenze, nelle sale ricevimento dei templi e non solo aprendo gli shoji133, ma anche rappresentandola pittoricamente sulle pareti, sulle porte scorrevoli, sui paraventi è una caratteristica tipica delle costruzioni giapponesi del passato, che non si manifesta invece nell’opera di Juhl, in quanto all’interno delle sue architetture residenziali verosimilmente si hanno quadri d’arte astratta, sculture lignee in stile tribale africano134, e colori accesi, in linea con il purismo lecorbuseriano e con il De Stijl, piuttosto che elementi vegetali o rappresentazioni di essi. L’affinità tra Juhl e l’architettura giapponese è dunque da riscontrarsi nel senso di equilibrio e di “amore della Bellezza ed educazione a esprimere sentimenti estetici135”, piuttosto che nella maniera in cui l’edificio interagisce col paesaggio. Diversamente dal progetto della Casa di Vetro di Mies


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van der Rohe del 1950, o della Glass House di Philip Johnson del 1949, le dimore di Finn Juhl non si aprono su tutti i lati verso l’ambiente naturale. Mentre in Mies ed in Johnson si ha l’idea di costruire una casa trasparente, come se si trattasse di un “padiglione in un giardino”, più che di un’abitazione; in Juhl il perimetro murario è massiccio e serve da “guscio”, da protezione al focolare domestico. Se da un lato vuole beneficiare di fattori in relazione al luogo, utilizzando ampie superfici vetrate o collocando ambienti a sud in modo da poter ricevere illuminazione e riscaldamento solare; dall’altro Juhl non opera mai una reale unione con la natura, in quanto dalle stanze delle sue residenze è possibile osservare il paesaggio, senza che questo intervenga all’interno. Il giardino costituisce un progetto a sè, talvolta ideato da figure specializzate, come nel caso del paesaggista Troels Erstad per la dimora ad Ordrup136, o di C. Th. Sørensen per la Villa Aubertin. Allo stesso modo di Villa Mairea di Aalto o delle abitazioni personali di Jørn Utzon ed Arne Jacobsen, che si trovano nelle vicinanze della dimora di Juhl ad Ordrup, le residenze progettate dall’architetto dialogano con il paesaggio circostante in maniera tale che l’involucro non si dissolva del tutto, come invece accade nella Glass House di Johnson. La struttura muraria è ben definita e costituita da materiali locali quali legno o mattone; l’utilizzo del vetro si limita alle superfici rivolte a sud o laddove si intende godere di visuale sul giardino esterno. Come mediazione tra interno ed esterno, Juhl utilizza l’elemento della tettoia o della veranda, che ha inoltre funzione di schermare e proteggere dal forte vento danese. L’impiego della tettoia è riscontrabile anche nella dimora di Utzon, in prossimità dell’ingresso, ed in Villa Mairea, tutt’intorno alla piscina, o di fronte all’atrio, dove questa presenta listelli in legno ed una singolare forma sinuosa ed organica. Oltre a questo elemento, altro legante tra esterno ed interno è la pavimentazione. In prossimità delle verande, o laddove si vuole eviden-

ziale l’unione tra paesaggio ed architettura, Juhl utilizza una pavimentazione analoga all’esterno ed interno. Ciò è riscontrabile ad esempio nel soggiorno di Villa Aubertin, dove una striscia di pavimentazione in clinker si differenzia dal resto del pavimento interno, e prosegue dalla sala da pranzo fino al giardino antistante esterno. Allo stesso modo, nella Casa estiva ad Asserbo, la pavimentazione utilizzata di fronte al camino del soggiorno, è riproposta per la veranda fuori e prospiciente allo spazio verde. Juhl sfrutta sempre il pendio del suolo ai fini della progettazione architettonica, come si osserva, seppure in maniera distinta, anche in Villa Mairea di Aalto, nelle residenze unifamiliari di F. L. Wright nel Wisconsin, o in Villa Tugendhat. Mentre la Casa sulla Cascata di Wright fa della pendenza del sito il fattore da cui deriva l’impostazione dell’abitazione, in Juhl la natura del terreno è utilizzata perlopiù per ragioni funzionali, come si osserva anche in Villa Tugendhat di Mies van der Rohe; utilizzando il dislivello naturale si intende dotare di visuale panoramica il soggiorno o prevedere un ambiente interrato, con funzione di cantina. Mentre nelle abitazioni disegnate da Juhl, nella Casa di Møller a Vangede o nel progetto residenziale unifamiliare a Hellerup realizzato da Jacobsen, il giardino ed il paesaggio circostante sono ordinati e connotati da una certa regolarità; in Wright, Aalto o Utzon l’elemento naturale è selvaggio, spontaneo. Se Villa Aubertin presenta un disegno regolare del paesaggio, scandito da terrazzamenti, alla stessa maniera dell’ampio giardino antistante alle dimore di Møller e di Jacobsen; Wright arrocca la Casa sulla Cascata su di un terreno scosceso, che non sembra quasi presentare intervento dell’Uomo. In linea con Utzon, Arne Korsmo, Sverre Fehn, Geir Grung, Alvar Aalto e Wright, Finn Juhl è attento al mantenimento della vegetazione spontanea nel paesaggio circostante l’abitazione. La dimora di Juhl ne è un esempio calzante, in quanto si innesta su di un appezzamento nel bosco di Ordrup.


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Utzon ammette di essere influenzato dalla visione di Wright nella collocazione dell’abitazione rispetto ad un terreno collinare. L’architetto americano sostiene:

“Una dimora modesta, questa casa usoniana, una dimora che non si preoccupa affatto del “grandioso” ma che si stende parallelamente al terreno. Sarà una compagna dell’orizzonte.140”

“on the edge of the hill - not on top of the hill - because I believe you should never build on top of anything directly. If you build on top of the hill, you lose the hill. If you build on the side of the top, you have the hill and the eminence that you desire.137”

Sia per quanto riguarda lo sviluppo orizzontale dell’abitazione, sia per l’aspetto modesto dell’involucro, che per la cura dei materiali, o per l’attenzione al focolare domestico, Wright potrebbe avere influenzato l’architettura di Juhl, che a partire dal 1948, anno dell’incontro con E. Kaufmann Jr., sviluppa contatti importanti sul panorama americano141. L’aver trascorso in gioventù estati nel Wisconsin dallo zio che gli permette di svolgere attività rurali, fa sì che quando F. L. Wright costruisce la propria dimora a Taliesin, quella terra sia così familiare all’architetto da volervi stringere un legame. In Wright, la natura è parte integrante del progetto architettonico, così come in Villa Mairea di Alvar Aalto, dove gli aggetti ed i balconi esterni ricordano pietre naturali addossate su di un dirupo, similmente alla Fallingwater dell’architetto statunitense. A differenza di quanto si osserva nelle architetture di Juhl; Aalto e Wright operano una “naturalizzazione” dell’architettura. Richard Weston individua un’analogia tra la Casa sulla Cascata di Wright e Villa Mairea di Aalto, e riguardo alla maniera progettuale di quest’ultima sostiene:

Al contrario, Villa Aubertin è posizionata proprio in cima al terreno in lieve pendenza, in modo da beneficiare della vista sul fiordo di Nakskov, alla stessa maniera della dimora di Møller a Vangede, che gode della visuale sul giardino antistante, collocato su di un livello più basso. Ad eccezione della Casa estiva a Raageleje, dove questo elemento è meno accentuato, in tutte le residenze progettate da Juhl, la canna fumaria rappresenta un elemento svettante, in contrapposizione con l’orizzontalità dei volumi abitativi, caratterizzati da un solo piano fuori terra, e dotati di un livello interrato. Il verticalismo della canna fumaria, contrapposto all’andamento orizzontale delle abitazioni, che presentano un solo piano fuori terra, è osservabile anche nella villa di E. Møller, nella casa unifamiliare progettata da A. Jacobsen ad Hellerup138, o nella dimora degli architetti danesi Karen e Mogens Black Petersen a Jægerbsorg, tutte architetture realizzate intorno agli anni Trenta e Quaranta in Danimarca. L’orizzontalità dell’abitazione potrebbe derivare dalla tradizione costruttiva danese in quanto l’esemplare di casa rustica tradizionale si sviluppa generalmente in armonia col paesaggio piano, o solo leggermente ondulato, e presenta finestre frequenti, per usufruire al massimo della scarsa luce invernale, che sottolineano l’andamento piano della costruzione139. Certi aspetti tuttavia sono riscontrabili anche nella tipologia della Prairie House dei primi decenni del Novecento, e nella casa usoniana a Taliesin West del 1938 di F. L. Wright, il quale sostiene:

“Walking around the living room one experiences neither the containment of traditional interiors, nor the open ‘flowing space’ of Modern architecture, but something very much akin to feeling of wandering through a forest in which spaces seem to form and re-form around you; in a forest, the individual feels himself to be the moving centre of its spaces. At the time he was designing the Mairea, Aalto observed in a lecture in Norway that, ‘architecture’s inner nature is a fluctuation and a development suggestive of natural organic life.142” Diversamente da Le Corbusier, le architetture di Juhl


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denunciano un radicamento al suolo, in contrapposizione con i pilotis di Villa Savoye o delle residenze rialzate da terra delle Unità di Abitazione. Questo attaccamento al suolo è riscontrabile anche in Møller, Jacobsen, Aalto ed Utzon o in maniera distinta in Wright, con l’elemento del basamento. La progettazione di una sorta di piedistallo su cui giace l’abitazione è riscontrabile anche nella dimora di Utzon a Hellebæk, che poggia sullo zoccolo in mattoni come la prima casa della prateria, Willits house del 1901 di F. L. Wright. Rappresentativa della maniera di Juhl è la visione di E. Gentili riguardo all’Abitazione in Danimarca: “In realtà qualunque discorso sulla Danimarca comincia e finisce con uno stesso argomento: la casa. Ma per giungere a comprendere la casa è necessario esaminare come essa si articoli nella città e come quest’ultima si inserisca e si integri nell’ambiente naturale. Perché il rapporto tra la città e la regione non si pone in Danimarca come una frattura e nemmeno, al modo anglosassone, come ricerca di una impossibile integrazione condotta dai singoli, uno per uno occupati a costruire davanti o dietro la “sweet home” un cemeteriale fazzoletto di prato. È invece proprio il raggiunto equilibrio del ritmo dell’esistenza in seno alla società a cancellare la contrapposizione, a far sì che i quartieri a case unifamiliari immerse nel verde implichino il mantenimento dei valori positivi del vicinato.143”


Casa

di

Erik M øller

Vangede 1943

(da “Arkitekten”, 1944)


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Note

1 Vedi Sommer A.L., Watercolors by Finn Juhl, Copenhagen, 2015. 2 Le firme di Finn Juhl sono conservate nell’archivio della Biblioteca Nazionale di Arte di Copenhagen, Danish National Art Library, ed ammirabili nell’inventario online, sotto la voce Kunstnernvn: Finn Juhl (1912-1989) arkitekt. Queste non presentano datazione ma talvolta sono ricorrenti ai bordi di alcune immagini originali riguardanti le architetture residenziali unifamiliari di Finn Juhl. Vedi www.primo.kb.dk; Analisi delle architetture residenziali progettate da Finn Juhl. 3 La tavola mostra il disegno in pianta, prospetto e sezione di un mobile da ufficio progettato da Finn Juhl nel 1943. L’intestazione presenta il timbro dello studio di architettura di Vilhelm Lauritzen e specifica che l’elaborato è prodotto da Finn Juhl. Il disegno è contenuto nella Biblioteca Nazionale di Arte di Copenhagen online. Vedi Dansk Svovlsyre- og Superphosphat- Fabrik inventar tegninger, 50, 77; Inventario N. 53389 az-ca, bj, www.kunstbib.dk. 4 Fig. 2 risale al Novembre 1950 ed equivale a Fig. 22 della Schedatura dei disegni relativi alla Casa di Juhl. Oltre a presentare grafia differente da Fig. 1, 1.1, 1.2 e 1.3, non ci sono ragioni per cui Fig. 2 possa essere stata prodotta da Juhl, trattandosi di un elaborato tecnico senza didascalie o annotazioni specifiche. Vedi Capitolo sulla Casa di Juhl; Schedatura dei disegni relativi alla Casa di Juhl. 5 Fig. 3 è un’assonometria di una delle tre camere identiche dei figli del Sig. Aubertin. Vedi Schedatura dei disegni relativa alla Villa Aubertin. 6 Fig. 4 si tratta della tettoia del progetto di ampliamento realizzato per la Casa di Juhl. Vedi Capitolo sulla Casa di Juhl; Schedatura dei disegni relativi alla Casa di Juhl. 7 In particolare modo quando lavora al progetto della Radiohuset, egli realizza molti particolari dell’edificio. Le lampade disegnate nel periodo sotto Lauritzen sono oltretutto presenti anche in altri progetti futuri dell’architetto, come ad esempio nel negozio di Bing & Grøndhal del 1946. Vedi Profilo biografico. 8 Fig. 5 corrisponde a Fig. 39, e Fig. 6 a Fig. 20, nella Schedatura dei disegni relativi alla Casa di Juhl. Entrambe le immagini misurano circa 21x29,7 cm. Vedi Schedatura dei disegni relativi alla Casa di Juhl. 9 Trad. a cura dell’autore. Vedi Sommer A.L., Watercolors by Finn Juhl, Copenhagen, 2015, p. 10. 10 Vedi Schedatura dei disegni relativi alla Casa di Juhl. 11 Vedi Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, p. 189. 12 Fig. 8 e Fig. 9 presentano infatti gli stessi arredi, e mostrano alla stessa maniera la sala da pranzo, il soggiorno e lo studio del Sig. Aubertin. Vedi Schedatura dei disegni relativi a Villa Aubertin. 13 Vedi Friedman Y., L’ordine complicato, Come costruire un’immagine, Macerata, 2011, p. 12. 14 Trad. a cura dell’autore. Vedi Dovey K., Formens elegantier, in “Kroniken i Poltiken”, Venerdì 16 Febbraio 1990. 15 Vedi Hiort E., Finn Juhl. Furniture. Architecture. Applied art, 1990, p. 91. 16 Trad. a cura dell’autore e Sidsel Olsen. Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, 1954, pp. 4, 5. 17 Vedi Tobias F., Scandinavian Modern Houses, The Spirit of Nordic Light, Vol.1, Copenhagen 2004, p. 60. 18 Negli anni Venti, in Danimarca si ha il fenomeno del neoclassicismo sociale; i caratteri dell’architettura antica si reputano conciliabili con la costruzione di nuovi blocchi residenziali, social housing, all’interno della città in espansione, per il loro rigore e regolarità. Si aspira all’equità sociale abitativa; ed uno dei maggiori esponenti di questo movimento è Kay Fisker, in seguito professore di Juhl all’Accademia Reale. Vedi Capitolo di Introduzione; Capitolo biografico su Finn Juhl. 19 Vedi E. Gentili, Abitare in Danimarca, in “ABITARE”, numero speciale 1962, pp. 2-9. 20 Si può affermare che l’architetto abbia disegnato più residenze di quelle prese in esame, ma non si hanno informazioni o disegni originali sufficienti per svolgere un’analisi precisa dei progetti architettonici. All’archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen si riscontrano due disegni, risalenti al 1968, che mostrano una dimora situata a Tibirke, località danese della Zelanda settentrionale. Anche se non si conoscono i committenti, si può affermare che si tratta di una residenza estiva Sømmerhus, di circa 224 mq di superficie. La planimetria generale, in scala 1:400, comunica che il progetto è ubicato a Landevej 14A. Il lotto mostra due edifici aventi all’incirca stessa conformazione, come se Juhl fosse indeciso sulla collocazione della residenza. Lo schema planimetrico è moderno e semplice, ed è costituito da un blocco rettangolare con due setti perpendicolari sporgenti, uno sul fronte occidentale, l’altro su quello orientale. L’altro elaborato risale al Dicembre 1968 e mostra la stessa conformazione della planimetria precedente. Si tratta della pianta della dimora e svela la disposizione degli ambienti interni. Al centro si ha il soggiorno con un grande camino comunicante con l’esterno, così come nel progetto della residenza estiva ad Asserbo. Il soggiorno ingloba anche la sala da pranzo e la cucina, in quanto si tratta di ambienti a pianta libera. L’ala a sud presenta la zona notte, ed è costituita da due bagni, un atrio, una camera da letto maggiore Master bedroom, e due minori, destinate a Jens e Tine, che si suppone siano i figli dei committenti. L’ala nord presenta una sala degli hobby, un ripostiglio, un bagno e la stanza della governante. I fronti nord e sud presentano due terrazze e un parcheggio per automobili, inquadrati dai setti visti sopra descritti. Un disegno sommario della sezione dell’abitazione mostra la copertura della dimora, che presenta una conformazione singolare a due fal-


393 de inclinate. Per quanto riguarda il progetto a Esbjerg, si ha un solo acquarello, risalente al 24 Giugno 1947. Il disegno mostra, in scala 1:100, pianta, prospetti e sezioni dell’abitazione, che è situata in Strandby 10 ed ha area di circa 110 mq. Il committente è Paul Agnar, un pescivendolo di Esbjerg. Il progetto risale al periodo in cui Finn Juhl opera a Nyhavn 33 in quanto l’intestazione riporta l’indirizzo della sede professionale. La dimora presenta uno schema più tradizionale di quello della villa a Tibirke o delle altre analizzate: non si ha né pianta né facciata libera, bensì conformazione massiccia e copertura a due falde inclinate, che riprendono lo stereotipo di casa rurale danese. Essa è dotata di tre livelli, un piano terra, un livello interrato ed un piano superiore: al piano terra sono collocati soggiorno, sala da pranzo, atrio, cucina e cameretta; il piano superiore presenta le camere da letto ed il bagno principale; ed al piano interrato si hanno gli ambienti di servizio ed una sala da biliardo. Così come in altre residenze progettate da Finn Juhl, il soggiorno e la sala da pranzo rappresentano il nucleo centrale della dimora. Dalle facciate si nota l’attenzione di Juhl nell’utilizzo dei colori, così come nel progetto della sua dimora ad Ordrup. La parte inferiore della facciata è dipinta di un giallo acceso, che contrasta con la restante superficie di tonalità chiara, tendente al bianco. La dimora è dotata di una canna fumaria svettante, similmente al progetto della Casa di Finn Juhl, e della Villa Aubertin a Nakskov. 21 Mentre all’architettura attribuisce un valore sociale e vi dimostra attitudine più rigorosa, per quanto riguarda l’arredamento Juhl sostiene che non esistano regole precise da seguire. Al contempo, gli schemi in relazione alla collocazione degli arredi che Juhl individua nel suo testo, possono servire ad utilizzare in maniera più efficace lo spazio, soprattutto in caso di abitazioni di piccole dimensioni. Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, 1954. 22 Nella maniera in cui Juhl affronta la “questione casa”, si potrebbero riscontrare alcune analogie con la visione di F. L. Wright di qualche decennio prima. F. L. Wright sostiene infatti: “La casa di basso costo è non soltanto il più importante problema architettonico d’America, ma anche il problema più difficile per i suoi maggiori architetti. Per quanto mi riguarda, preferirei risolverlo in modo soddisfacente per me e per l’Usonia,(…)” Vedi F. L. Wright, Una autobiografia, Milano, 1955, p. 428. 23 Alla stessa maniera di F. L. Wright, di cui conserva anche la monografia nella sua libreria ad Ordrup, Juhl ritiene che la situazione abitativa del Paese non sia soddisfacente. In analogia con le affermazioni di Juhl, Wright sostiene sulla condizione statunitense: “La necessità di una casa dal costo moderato dovrà pure, a un certo momento, essere soddisfatta, non solo con espedienti, ma in modo reale. Perché non risolverla subito? Le case prodotte in serie e propagandate dai giornali o quelle costruite dal governo non risolvono nulla. (….) Nonostante tutti gli sforzi per migliorare il prodotto, il problema della “casetta” americana è tuttora una questione assillante, urgente, confusa. Ma come è possibile conseguire qualcosa di meglio, quando le autorità si danno un gran da fare per mantenere all’infinito le antiche idiozie? (…) Soltanto il super-buon-senso può condurci al meglio in architettura.” Vedi F. L. Wright, Una autobiografia, Milano, 1955, p. 429. 24 “Den ofres i disse år store beløb fra statens side på at billiggøre byggeriet af boliger. Dels ydes der lån, dels føres der kontrol med byggepriser, og dels er man begyndt at interessere sig rationelt for byggeforskning. Alle disse bestræbelser er meget prisværdige og er en erkendelse af, at boligsituationen ikke er tilfredsstillende. Gennem teknikkens nye resultater tilføres der i stedse hurtigere tempo nye materialer og metoder til byggeriet, som også gør forskning ekstra nødvendigt.” Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olsen. Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, 1954, p. 1. 25 Tobias F., Scandinavian Modern Houses, The Spirit of Nordic Light, Vol.1, Copenhagen 2004, pp. 9-11. 26 Vedi Salicath B., Finn Juhl and Danish Furniture, in Architects’ Yearbook, Edizione speciale, 1955, pp. 5. 27 Sebbene per certi versi la visione di Loos discordi da quella di Finn Juhl, per quanto riguarda la concezione di Raumplan, “piano di volumi” o “progetto di spazio”, si possono riscontrare alcune analogie tra i due architetti. Innanzitutto, Loos, come Juhl, si incentra sullo studio della casa unifamiliare, distinguendo l’ambiente interno da quello esterno, i quali rivestono una distinta identità. Le due identità talvolta influiscono l’una sull’altra, in quanto gli spazi interni sono generatori di quelli esterni. Dopodiché, lo spazio interno, dovendo rappresentare la complessità di azioni ed interrelazioni della vita domestica, non è uniforme, bensì ricco ed articolato, come si osserva nell’opera di Juhl. Vedi Gravagnuolo B., Rossi A., Adolf Loos, Milano, 1981. 28 Vedi Loos A., Heimatkunst, in Arte nazionale, Vienna, 1914, trad. it. in Parole nel vuoto, 1992, p. 275. 29 Vedi Loos A., Heimatkunst, in Arte nazionale, Vienna, 1914, trad. it. in Parole nel vuoto, 1992, p. 275. 30 Nella distinzione tra spazi comuni a doppia altezza ed individuali, Le Corbusier riprende l’idea di Raumplan, secondo cui ciascun ambiente ha una funzione e progettazione distinta. Le Corbusier successivamente modifica la Raumplan, formulando invece la concezione di Plan Libre. 31 Anche la maniera di progettare di Juhl prevede la subordinazione dello spazio esterno a quello interno; in quanto il disegno delle facciate non è principale, bensì secondario e dipendente dalla funzione degli ambienti. 32 “L’architetto, a parere di Loos, deve imparare a tradurre, nel proprio linguaggio specifico, idee che trovano la loro motivazione in scelte culturali di fondo. In tal senso l’attenzione per ciò che è “altro” dall’architettura si rovescia in un inequivocabile riconoscimento della autonomia del linguaggio architettonico, nel quadro di una pluralità di tecniche di espressione del pensiero.” Per questo aspetto Loos si distacca dagli artisti della Secessione Viennese e dalla concezione di Gesamtkunstwerk, talvolta riscontrabile nell’opera di Finn Juhl. Vedi Gravagnuolo B., Rossi A., Adolf Loos, Milano, 1981, pp.18. 33 Trad. a cura di Mike Rømer. Juhl si sta riferendo alla progettazione della celebre Sedia del Capo del 1949. Vedi Juhl F., Rundt om Finn Juhl, in “Rum og Form”, 4, 1981, pp. 6-27.


394 34 Il flusso di coscienza vede il suo sviluppo in particolare modo dopo le pubblicazioni di Sigmund Freud sulla psicoanalisi, la quale propone i primi seri studi sull’inconscio. Alcuni noti personaggi del Novecento fanno uso del metodo del flusso di coscienza in ambito letterario. Ne sono un esempio James Joyce, Luigi Pirandello, Virginia Woolf, Italo Svevo. 35 Vedi Møller H. S., Finn Juhl Memorial Exhibition, 1990, p. 20. 36 Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olsen. Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, 1954, pp. 4, 5. 37 Trad. a cura dell’autore. Vedi Juhl F., Finn Juhl, in Nordenfjeldske Kunstindustrimuseum Årbok, Copenhagen, 1950, pp. 30. 38 Vedi Sommer A.L., Watercolors by Finn Juhl, Copenhagen, 2015, pp.10. 39 Il metodo paranoico-critico di Salvador Dali, risalente al principio degli anni Trenta, è paragonabile alla tecnica del flusso di coscienza, in quanto allo stesso modo l’artista come lo scrittore raggiunge il contatto con il subconscio ai fini della creazione di un’opera d’arte. Vedi M. Vescovo, Salvator Dalí: la vita è sogno, Milano, 1996. 40 “Arp’s hypnotic language takes us back to a lost paradise, to cosmic secrets, and teaches us to understand the language of the universe” Afferma Max Ernst in un articolo del MoMa di New York dedicato all’artista. Hans Jean Arp (1887-1966) è un pittore, scultore e poeta francese. La fama dell’artista ha origine quando egli decide di partecipare al movimento dadaista di Zurigo nel 1916. Jean Arp, a partire dall’esordio con Dada, vanta di collages, saggi e sculture in legno notevoli. Una mostra retrospettiva sul lavoro di Arp è stata organizzata dal MoMa di New York nel 1972. Le opere esposte vanno dal 1930 al 1965, anno prima della morte dell’artista. Vedi Geldzahler H., Jean Arp, in “The Metropolitan Museum of Art Bulletin”, Vol. 30, 5, Aprile 1972, p. 225; AAVV, Drawing and Collages, in “MoMa”, 5, Inverno 1978, p. 3. 41 Vedi Juhl F., Rundt om Finn Juhl, in “Rum og Form”, 4, 1981, pp. 6-27. Per questo aspetto, l’architetto potrebbe essere visto anche come un avanguardista rispetto a quanto sperimentato negli anni Settanta dall’olandese Rem Koohlas, attraverso l’opera Delirious New York. “Rem Koolhaas sought to expose the irrational side of modern architecture. In Delirious New York: A Retroactive Manifesto for Manhattan he called Manhattan the twentieth century’s Rosetta Stone. His book refuted the modern movement’s claims to functionalism, propriety, and objectivity, or Sachlichkeit, through the detection of programmatic fantasy – delirium – driving the development of the speculative, capitalist city based on optimisation of land use, cost, and building construction.” Vedi Hsu F., Benjamin and Koolhaas: History’s Afterlife, in Costellation of Awakening: Benjamin and Architecture, 2016, pp. 65-74; Rem Koolhaas, Delirious New York: A Retroactive Manifesto for Manhattan, Oxford, 1978. 42 Vedi Møller H. S., Finn Juhl Memorial Exhibition, 1990, p. 21. 43 H. S. Møller afferma al riguardo: “Weather it is created or just contemplated, it implies experience. The opposite is academia, where mere appearance is recognized and lectured on, and where the experience is pushed aside. The classic education or the ethnographic passion have no creative possibilities in themselves. Only direct personal experience can be active, and this activity will be characterized by the amount of human experiences behind it.” Vedi Møller H. S., Finn Juhl Memorial Exhibition, 1990, p. 21. 44 Con “dopo questa revisione” Juhl si riferisce all’esempio di due progettisti a lui contemporanei ossia Børge Mogensen e Arne Karlsen, i quali, a suo giudizio, mancano delle altre qualità che dovrebbe presentare l’architetto, perché troppo incentrati sul dato razionale. Vedi Juhl F., Boligen og Massebyggeriet, in “Arkitekten Ugehefte”, 45, 1946, pp. 246-7. 45 Del quale si hanno opere anche nella Casa di Juhl. Vedi Capitolo sulla Casa di Juhl. 46 Trad. a cura di Mark Mussari. Vedi Juhl, F., Arkitekt Finn Juhl, in Kunsthåndværkets Forårsudstilling, Copenhagen, 1950, pp. 5-11. 47 Vedi Sieck F., Finn Juhl, in “Mobilia”, 251/252, Giugno/Luglio, 1976, pp. 46-56. 48 Il divano esposto alla Gilda degli Ebanisti del 1939 non va in produzione, né gli viene attribuito un nome dall’architetto o dalla critica del suo tempo, come invece accade nel caso della Sedia Cavalletta, o Sedia del Capo. 49 In questa dialettica, Juhl si avvicina al concetto di intimismo di A. Loos. 50 “(…) is to show modern furniture surrounded by equally modern works of art.” Trad. a cura dell’autore. Vedi Sommer A.L., Watercolors by Finn Juhl, Copenhagen, 2015, p.15. 51 Vedi Le Corbusier, Ozenfant A., Sulla pittura moderna, Milano, 2004, pp. 114, 115. 52 Alexander Calder (1898-1976) è un artista statunitense famoso per le sue sculture. Nella prima fase della carriera Calder opera come ingegnere, ed in seguito si dedica alla produzione di oggetti scultorei in legno. Lo si ricorda soprattutto per l’apporto dato in ambito artistico cinetico e per le opere Stabile e Mobile. Vedi Marter J.M., Alexander Calder: Ambitious Young Sculpture of the 1930s, in “Archives of American Art Journal”, Vol. 16, 1, 1976, pp. 2-8. 53 Raramente Juhl ha presentato un’opera senza che essa incorporasse una scultura in legno di Erik Thommesen. Due sculture dell’artista sono tuttora


395 osservabili nella residenza di Juhl, e sono state precedentemente presenti anche nel suo studio a Sølvgade. 54 Barbara Hepworth (1903-1975) è una scultrice inglese di arte contemporanea. La scultura Marble, a cui Juhl fa riferimento, è caratterizzata per la matericità, l’aspetto plastico e la forma sinuosa. Le sue opere sono tuttora esposte alla Tate Modern Gallery di Londra. 55 Vedi Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, p. 93. 56 Vedi Hansen H.P., Finn Juhl and his house, 2014, p. 93. 57 Il carattere scultoreo si relaziona ad un tema della maniera di progettare gli arredi di Juhl: la scissione. Ciò è riscontrabile secondo la visione di Salicath in molti articoli, come ad esempio nella Sedia Egiziana, nella FJ45, FJ47 ed altre. Questa peculiarità consiste nello scindere visivamente i vari elementi che compongono l’arredo come telaio, imbottitura e schienale. Utilizzando le parole di Bent Salicath: “This interplay between the bearing and the borne part of a piece of furniture, between the suspended and the railed, is very characteristic. In a few types this logical, analytical articulation may seem too complicated and too bony, it seems as if the anatomy lacks muscular tension.” Per la singolarità dello stile, Juhl verrà criticato da alcuni suoi contemporanei come Arne Karlsen e Børge Mogensen, sostenitori della corrente più tradizionale e meno innovativa. Vedi Salicath B., Finn Juhl and Danish Furniture, in Architects’ Yearbook, Edizione speciale, 1955, p. 13. 58 Vedi Møller H.S., Dansk Design/ Danish design, Copenhagen, 1975, pp. 109,110. 59 Vedi Englund M., Schmidt C., Scandinavian Modern, Inghilterra, Marzo 2003, p. 8. 60 “Actually he had never wanted to become an architect, but an historian. He admired Frederik Poulsen, the first director of The Glyptotek, and as a little boy he had been attracted to the Acropolis and Hellenism. He read about the excavations conducted by the architect Exner Dyggve. He thought: ‘If I become an architect, I may get nearer to Hellenism. (…) Once in the Glyptotek, FJ showed me one of the magnificent world famous Greek heads. ‘I often think of the man who created this, even though nobody has any idea of who he was. That is real fame.’, he said.” Vedi Møller H. S., Finn Juhl Memorial Exhibition, 1990, p. 20. 61 Sieck F., Finn Juhl, in “Mobilia”, 251/252, Giugno/Luglio, 1976, pp. 46-56. 62 Cfr. Sedia Pellicano, Divano del Poeta, Sedia Cavalletta. 63 Cfr Salicath B., Finn Juhl and Danish Furniture, in Architects’ Yearbook, Edizione speciale, 1955, pp. 13. 64 Vedi Juhl F., Rundt om Finn Juhl, in “Rum og Form”, 4, 1981, pp. 6-27. 65 Trad. a cura dell’autore. Vedi Juhl F., Finn Juhl, in Nordenfjeldske Kunstindustrimuseum Årbok, Copenhagen, 1950, p. 24. 66 Vedi Hiort E., Modern Danish Furniture, 1956, p. 7. 67 Vedi Salicath B., Finn Juhl and Danish Furniture, in Architects’ Yearbook, Edizione speciale, 1955, pp. 6-13. 68 Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olsen. “1) Deltagelse i selve det planlæggende Arbejde, gennem Møbleringsskitser over Lejlighedstyperne, med Forslag til Ændring af disse, baade efter de store Linier og i Enkeltheder som Lysanbringelse, Døranbringelse, Vinduesplacering, Køkkenindretning etc 2) Møbleringsskitser til de endeligt vedtagne Typer paa Grundlag af forskellige Familiesammensætninger, enter som nævnt af Søgaard+Petersen gengivet i Brochurer som udleveres til Lejeremner, eller blot fremlagt paa Udlejningskontorerne til Orientering. 3) Hjælp ved Opstilling af Møbleringsprogram for den enkelte Lejer, dersom denne ønsker det, saaledes at Møbelindkøbene ikke kommer til at omfatte flere Møbler end der er Brug for, eller større Møbler end der er Pads til. Lægmanden har ingen Forudsætninger for dette Arbejde, og det er i høj Grad bestemmende for hans Møbelbudget. 4) Hjælp ved Valg af Taper, Malig eller Farver, saaledes at dette saavidt muligt faar nogen Relation til hans Indbo og ikke blot til Selskabets Pengepung. Naturligvis er denne som de andre Former for Service helt frivilig for Brugeren. 5) Hjælp ved Valg og Anbringelse af Belysninglegemer. Der skal mindre skeles til Smag end til den rationelle Løsning af det rent pratiske Problem. 6) Propagandaudstillinger af møblerede Lejligheder i Komplekset, saaledes som vi kender dem fra Guldhede, Riberhus, Markelius’ Kollektivhus, Politikens Eenfamiliehuse. Blot bør de udstillende Firmaer ikke være enevældige men arbejde efter en samlet Plan udarbejdet af Monteringshjælp og Arkitekt. 7) Indsamling af de gjorte Erfaringer til Nyttiggørelse i kommende Bebyggelse. Et levende Fejlkartotek er en glimrende Støtte ved Projekteringen. Dette Punkt vil i det lange Løb kunne give større Gevinst end de 6 uandre Punkter giver Udgift.” Vedi Juhl F., Boligen og Massebyggeriet, in “Arkitekten Ugehefte”, 45, 1946, pp. 246-7. 69 “Det skal forsøges gennem eksempler at vise nogle muligheder og pratiske løsninger. Der skal også forsøges at påpege karakteristiske træk ved de enkelte elementer, boligen opbygges af såsom møbler, belysningslegemer, køkkenets udstyr o.s.v. Det skal endelig forsøges at vise deres sammenhæng med tidens arkitekturstrønbubger, for herigennem at give lseren klarere forudsætninger for at ræsonnere over, hvad for at ræsonnere over, hvad hun eller han ønsker at opnå.” Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olsen. Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, 1954, pp. 2-4. 70 Vedi Shimazaki M., Finn Juhl Memorial Exhibition, 1990, pp. 28.


396 71 “Den moderne danske møbelproduktion har sine rødder i mange slags jord, men over en blank tør man vel sige, at den blev startet omkring den første verdenskrig. Pioneren var først og fremmest Kaare Klint, nu professor ved kunstakademiet, der endnu i høj grad er virksom, og hvem de fleste, der idag regnes for selvstændige, dygtige møbeltegnere, skylder deres uddannelse.” Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olsen. Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, 1954, p. 16. 72 “Der var ringe udvikling i de forskellige generationers levevis, derfor var brugsgenstandene af samme karakter som bondens i henseende til holdbarhed og traditionspræget udformning. Siden industrialismens gennembrud i forrige århundrede er de meget store bysamfund opstået. Sammenhobningen af mange mennesker har nødvendiggjort små boliger. Ændringer i arbejdsforhold, forflytning fra en arbejdesplads til en anden gjorde familierne til en art nomader. Alle enendele blev løse og flyttelige. Dette måtte medføre en helt anden udformning af hjemmets udstyr end på bondegården. Samtidig måtte den hurtige sociale udvikling forhindre en traditionsdannelse.” Ibid. 73 “Mange mennesker vil måske også føle ubehag ved at få et standard-eller elementhus. De ønsker en mere individuel bolig. Det kan være interessant i denne sammenhæng at pege på den traditionelle japanske bolig, illustreret her med et billede fra Kyotopaladset, bygget i årene omkring Chr. IVøs død. Selv om det er et palads for kejseren, er det dog bygget op over standardelementet, en måtte. Man siger ikke om et rum, at det er så og så mange kvadratmeter, man siger at det er 3, 4 eller 6 eller flere måtter. En gulvmåtte er et standardmål Vægstolper har en fast afstand, som også er del i måtte målet. Det er en rent matematisk bestemt byggeskik, som samtidig har skabt en i bedste forstand romantisk bebyggelsesform. Vor arkitekturs naturlige sammenhæng med havearealet har vi lært hos japanerne, der er mestre i at indpasse deres huse i de meget smukke friarealer.” Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olsen. Ibid. 74 La serie Giapponese, di cui una sedia è osservabile nel foyer dell’abitazione dell’architetto, risale al 1953 ed include una seduta, un poggiapiedi, un divano per due persone ed uno per tre. Il set è progettato intorno ai primi anni Cinquanta ed è prodotto dall’azienda France & Søn nel 1953. 75 Hansen H. W., Finn Juhl Memorial Exhibition, 1990, p. 11. 76 Nashitani S., Finn Juhl Memorial Exhibition, 1990, p. 29. 77 Vedi Bersano G., Il progetto scandinavo tra mercato e tradizione, in “DDN”, 136, 2006, pp. 112. 78 Vedi B. Zevi, Storia dell’architettura moderna, Torino, 1953, p.202. 79 Si riferisce al Seagram Building di Mies van der Rohe, in collaborazione con Philip Johnson, del 1958 circa. 80 Fa riferimento forse agli appartamenti Lake Shore degli anni Cinquanta di Mies. 81 “Philp Johnson’s hus er et sådant avantgarde forsøg og vil naturligvis aldrig blive normgivende. Johnson følger næsten fuldstændigt de retningslinier, det har være afgørende for Mies van der Rohe, der allerede med sit Haus Tugendhat i Brno - bygget i tyverne - på afgørende måde viste vejen til den amerikanske glashus - arkitektur, som vi ser i F. N.’s sekretariatbygning, i Lever bygningen på Park Avenue, i Mies’s egne skyskrabere i Chicago. Denne arkitetktur benytter sig af og udbygger den nye kontruktive erfaring. Husets ydervæg er ikke mere det bærende element samen med et hovedskillerum. Ligesom i Le Corbusiers huse er der en konstruktion af bærende sojler og etageadskillelser. Ydervggen er der blot som en klimatisk nødvendig skillevæg af ganske let konstruktion. Men hele denne ændring af det konstruktive er blot et middel til at udtrykke det væsentlige, at rumopfattelsen er blevet en anden. Fra at opfatte rummet som et hulrum i et massiv - som klippehulen - kommer man til en fornemmelse af rummet som en hulhed, omgivet af en skal. Skallen har huller til døre og vinduer. Derefter ønsker man at opløse skallen yderligere. Man er blevet sig rummet bevidst som et volumen, ganske vist indenfor skallens rammer.” Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olsen. Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, 1954, pp. 75-77. 82 Vedi D. Regis, Finn Juhl, his own Home, in “ABITARE”, 339, Aprile 1995, pp.180. 83 Ibid. 84 “Det væsentligste i denne påvisninger, at det er livsvanerne, der betinger gyldigheden og rigtigheden af den arkitektoniske udformning, og denne har samtidigt mulighed for at virke tilbage på livsvanerne altså en vekselvirkning. I Californien har den japanske arkitektur haft særlig stor betydning. Dels er Japan relativt nær, dels giver klimaet mulighed for et udeinde liv, som vi ikke kender det. Det er varmt nok, til at en meget stor del af tilværelsen kan leves på patioen, den skærmede friluftsstue, men ikke for varmt som i Sydeuropa, hvor man må have huse med så godt somingen åbninger for få det kølig nok. Vi er her ved en sandhed, som er alle arkitekter bevidst, nemlig, at arkitektur er regional, d.v.s. bestemt af sine klimatiske forudsætninger, men alligevel international i sine æstetiske mål og i sine praktiske forudsætninger. Næsten alle mennesker er nødsaget til at leve ukonventionelt, uformelt, på grund af begrænset økonomi, manglende hjælp. Lykkeligvis passer disse begrænsende forudsætninger ind i billedet af et mere frigjort, uhemmet, sportspræget menneske.” Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olsen. Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, 1954, pp. 75-78. 85 Vedi Ruskin J., La natura del Gotico, in Le pietre di Venezia, Milano, 1997, p. 205. 86 L’unica dimora progettata da Juhl che presenta copertura piana è la sua ultima opera residenziale ossia la Casa estiva a Raageleje. Vedi Capitolo sulla Casa estiva a Raageleje. 87 Nella Villa Friis, costruita intorno al 1917 e 1918 per il Sig. JW Friis, inizialmente come casa estiva ed in seguito come residenza per tutto l’anno, Kay Fisker mescola caratteri architettonici neoclassici, inglesi tradizionali, con il sistema costruttivo ed i materiali del passato nordici. 88 Vedi F. L. Wright, A Testament , Torino, 1957. 89 Per quanto riguarda gli allestimenti degli anni Cinquanta e Sessanta, come ad esempio “La Casa del Futuro”, del 1954, o Two Centuries of Danish


397 Design, del 1968; oppure già per la progettazione di interni del negozio Bing & Grøndhal, del 1946, al contrario Juhl sperimenta soluzioni planimetriche più moderne, dove lo spazio espositivo è concepito come un unico ambiente, separato soltanto da tessuti o pannelli provvisori. Vedi Capitolo biografico su Finn Juhl. 90 Gli unici esempi di architettura residenziale confrontabili con la composizione purista di Le Corbusier sono il progetto ex novo a Klelund, per i due muri ortogonali che si protendono all’esterno dell’abitazione, conferendo al progetto un carattere geometrico; ed il progetto della Casa estiva a Tibirke. Il secondo risale al Dicembre del 1968 e se ne hanno pochissime informazioni. Non è noto infatti se il progetto sia mai stato realizzato. Vedi paragrafo L’interesse per la tipologia residenziale unifamiliare. 91 Si tratta di due esemplari di casa singola in Scandinavia, risalenti allo stesso periodo in cui opera Juhl. 92 La casa unifamiliare di Hellerup, progettata sulla strada di Lundely, poco distante dalla Casa di Juhl, risale al 1928 ed è uno dei primi progetti a carattere residenziale di Arne Jacobsen. Vedi Jacobsen A., Eenfamilienhus i Hellerup, in “Arkitekten”, 55, 1953, pp. 115-116. 93 Casa Wandel a Gentofte è la prima opera residenziale di Arne Jacobsen e risale al 1927, due anni prima della costruzione della sua stessa dimora, rappresentante il cambiamento di stile dell’architetto. La casa riceve il premio per la progettazione da parte del Comune di Gentofte. Vedi De Corral F. S., Arne Jacobsen, Barcellona, 1989, pp. 26, 27. 94 Questa opera incarna la “svolta” verso il funzionalismo di Arne Jacobsen. Ciò nonostante essa non presenta pianta libera, bensì una suddivisione, tra zona notte e giorno, simile a quella riscontrabile nell’opera di Juhl. Risalente al 1929, la progettazione dell’abitazione dell’architetto risente dell’influenza di Le Corbusier e di Kay Fisker, in quanto Jacobsen denuncia di essere colpito dalle architetture del primo e dalla maniera progettuale dell’altro, durante la collaborazione per il Padiglione dell’Esposizione Universale del 1925 a Parigi. Vedi De Corral F. S., Arne Jacobsen, 1989, p. 29. 95 Sebbene risalga al 1943 circa, la dimora presenta caratteri architettonici ancora più tradizionali di quelli riscontrabili nella Casa di Juhl, sia per quanto riguarda l’involucro esterno, che per la progettazione degli interni. Vedi Møller E., Eget Hus i Vangede, in “Arkitekten”, 55, 1953, pp. 107112. 96 Sia Arne Jacobsen, Erik Møller, che Finn Juhl sono considerati rappresentanti del movimento moderno in Danimarca. 97 La sala da pranzo è distinta dal soggiorno da una parete.La prima versione della cucina si trova invece nel medesimo ambiente della sala da pranzo, ed i due spazi sono separati soltanto dal bancone della cucina. Questo carattere è singolare in quanto generalmente Juhl distingue la sala da pranzo dalla cucina. Vedi Capitolo sulla Casa estiva a Raageleje, Schedatura dei disegni relativi alla Casa estiva a Raageleje. 98 Juhl distingue i tempi moderni da quelli passati, dimostrando come oggigiorno non sia più conveniente che il nucleo di arredi intorno al divano facciano parte del gruppo di mobili intorno al tavolo da pranzo. 99 L’architetto pensa che la cucina debba dotare di attrezzature moderne, al fine di essere funzionale allo svolgimento delle mansioni domestiche della casalinga. 100 “Den opmærksomme iagttager af udviklingen af lejlighedstypen vil have bemærket en mere og mere udbredt interesse for køkkenet. Argumentationen er, at husmoderen tilbringer så mange timer i dette sit værksted, at der bør ofres mere på detsplanlægning. Målet er naturligvis, at lette husmoderen arbejdet og især at gøre det muligt for hende også at drive eget erhverv. Økonomisk er det nødvendigt for flere og flere kvinder at have et arbejde uden for hjemmet, omvendt er det økonomisk sværere og sværere at give husmoderen flere tekniske hjælpemidler.(…) Vi har i mange af de viste eksempler set spisekøkkenet anvendt. Spisekøkkenet optager så spisestuen i sig Dette er ialfald ideen. Men i de fleste tilfælde er det så småt i målene, at blot een eller to besøgende vil tvinge husmoderen til at dække op i opholdsstuen.” Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olsen. Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, Copenhagen, 1954, p. 65. 101 La camera da letto maggiore della Casa di Juhl è un’eccezione. Essa, ampliata inoltre successivamente, è concepita, fin dai primi disegni dell’abitazione, come un ambiente polifunzionale, nel quale è possibile dormire, leggere, riscaldarsi di fronte al camino, sostare, come se si fosse una stanza degli hobby. Cfr. Capitolo sulla Casa di Juhl, Schedatura dei disegni relativi alla Casa di Juhl. 102 “Det ville være dejligt at kunne benytte soveværelset som andet og mere, end betegnelsen indebærer, men herom senere.” Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olsen. Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, 1954, pp. 49-51. 103 L’interesse di Juhl verso l’architettura giapponese può essere dovuto sia alla conoscenza di Kenzo Tange, denunciata dalla seconda moglie Hanne Wilhelm Hansen, sia dal fatto che in Scandinavia, intorno agli anni Venti e Trenta del Novecento, si guardi a modelli di case unifamiliari internazionali, anche provenienti dal Giappone. Faber Tobias sostiene: “In all four Nordic countries, the architecture were inspired by these houses, and also by the architect’s increasing interest for traditional Japanese architecture with its refined, light, exposed structure and conscious cultivation of the interplay between interior and exterior space.” Vedi Tobias F., Scandinavian Modern Houses, The Spirit of Nordic Light, Vol.1, 2004, pp. 9-11. 104 Juhl attribuisce la colpa all’industria, in quanto non si producono mobili specifici per l’arredamento della cameretta. 105 La Casa di Juhl ed il progetto ex novo a Klelund, con la loro conformazione ad “L”; oppure la Villa Aubertin e la casa estiva ad Asserbo, aventi planimetria a “T”, illustrano questa maniera progettuale. Sebbene la Casa a Raageleje non illustri due ali distinte, essa è suddivisa allo stesso modo in due zone, una ospitante il grande soggiorno, l’altra gli ambienti di servizio e le camere da letto. La residenza estiva ed il progetto di rifacimento a Klelund sono gli unici esempi, in cui non si riscontra l’assemblaggio di corpi distinti, bensì presentano una volumetria unica scatolare. Vedi Capitolo di Analisi delle architetture residenziali di Finn Juhl. 106 Il tema del focolare domestico è presente in architettura dalla triade vetruviana, a Gottfried Semper, fino al periodi moderni con Carlo Scarpa, F. L. Wright, Alvar Aalto. Si presume che Juhl abbia assimilato questo concetto sia dalla tradizione danese locale, che presta molta attenzione all’am-


398 biente interno ed al focolare, concepito inoltre come fonte di calore contro il rigido clima scandinavo, sia da Alvar Aalto, in quanto egli dichiara di provare ammirazione verso l’architetto finlandese. 107 Trad. a cura dell’autore. Vedi Juhl, F., 45-stolen, in “Mobilia”, 1955, pp. 36, 37. 108 Vedi Juhl F., Rundt om Finn Juhl, in “Rum og Form”, 4, 1981, pp. 6-27. 109 Vedi Sommer A.L., Watercolors by Finn Juhl, Copenhagen, 2015, pp. 10, 11. 110 I due artisti sostengono: “Il Purismo, nato dal Cubismo, di cui accoglie i principi generali, ha tuttavia limitato i diritti che quello concedeva al pittore; ciò al fine di raggiungere un’arte a volontà universale e volontariamente depurata di tutto ciò che costituisca semplice abbellimento, il purismo fu basato non sulle debolezze umane definite sensibilità manierata, affettazione, affezione e ancora sensualità, licenza, sregolatezza dei sensi; esso cerca di essere un’arte che al contrario della moda deve far nascere delle manifestazioni permanenti sulle quali il tempo non può nulla. Per tentare di distinguere i mezzi che permettano di realizzare questo intento ci siamo proposti innanzitutto i seguenti punti: Purificazione del linguaggio plastico. La selezione delle forme e dei colori atti a creare una gamma di mezzi espressivi necessaria e sufficiente (economia, intensità), scala dalle reazioni ben definitive e per quanto possibile universali. Determinazione delle idee e dei sentimenti naturalmente associati alle forme e ai colori. Rappresentazione o non-rappresentazione. La pittura può essere pura creazione senza avere punti di contatto con il mondo degli oggetti? Le Corbusier, Ozenfant A., Sulla pittura moderna, Milano, 2004, pp. 225, 226. 111 A. Calder racconta di essere rimasto particolarmente colpito dai colori e dalle geometrie dello studio di Mondrian a Parigi, che visita nell’anno 1930. Affascinato dall’arte astratta di Mondrian, egli avrebbe realizzato successivamente le opere Mobiles, alle quali a sua volta si ispira l’architetto Finn Juhl. Calder è a conoscenza delle opere di Jean Arp, tanto che in una lettera privata a Gallatin, collezionista d’arte a cui Calder da suggerimenti sugli investimenti, consiglia di acquistare alcune dell’opere dello scultore surrealista. Vedi Marter J.M., Alexander Calder: Ambitious Young Sculpture of the 1930s, in “Archives of American Art Journal”, Vol. 16, 1, a cura di The University of Chicago, 1976, pp. 2-8. 112 Calder A., Calder to Gallatin, November 4, 1934, in “A. E. Gallatin Papers”, 1934. 113 Otto quadri di Lundstrøm sono tuttora osservabili nella dimora di Juhl. Vedi Capitolo sulla Casa di Juhl. 114 Vedi Bersano G., Il progetto scandinavo tra mercato e tradizione, in “DDN”, 136, 2006, p. 112. 115 Sebbene la passione per il legno e per i materiali locali, Alvar Aalto già nel 1934 con il progetto della propria casa a Helsinki, sperimenta una struttura portante in tubi d’acciaio riempiti di cemento; utilizza pareti in mattoni intonacati di bianco ed alcuni parti in legno. La residenza è inoltre dotata di giardino pensile, alla stessa maniera di Le Corbusier in Ville Savoye o nelle Unità di Abitazione degli anni Cinquanta. Vedi Weston R., Alvar Aalto, Londra, 1995. 116 Come si nota ad esempio nel Padiglione Finlandese all’Esposizione di Parigi del 1937. L’architetto intende costruire un’immagine chiara e coerente della cultura finlandese, tramite l’uso del materiale nazionale: il legno. Aalto crea un “guscio” molto simile alle fattorie della Finlandia centrale, come quelle di Jyvaskyla, dove Alvar ha trascorso l’infanzia, utilizzando il legno come struttura portante. A differenza dell’estetica delle fattorie finlandesi, il risultato finale è un padiglione dall’aspetto moderno e che fa del materiale tradizionale un’innovazione. 117 L’autore si riferisce in particolare alla Villa Mairea, costruita tra il 1938 ed il 1941, all’incirca in corrispondenza con la dimora di Juhl. 118 Jacobsen è di origini ebraiche, per cui sfugge alle persecuzioni razziali. 119 Knut Knutsen (1903-1969) è un architetto norvegese, celebre nel XX secolo in Scandinavia. Egli studia all’Accademia norvegese Nazionale dell’Artigianato e dell’Industria tra il 1925 ed il 1930, e dopodiché, con lo scoppio delle Guerra, focalizza la sua attenzione sull’architettura e sui temi della sostenibilità. Se inizialmente è attratto dal movimento moderno, per l’attenzione alla funzione in architettura, dopodiché ne diviene un oppositore. Nel 1961, Knutsen scrive un saggio intitolato, Mennesket i sentrum, “L’Uomo al centro”, uno dei primi testi a trattare della connessione degli edifici con la terra, con il paesaggio, che si interessa al radicamento dell’architettura, e più in generale all’uso di risorse e al concetto di sostenibilità.Vedi Knutsen K., People in Focus, in “Nordic Architects Write”, 1961; Andersen A. M., Jørn Utzon, Drawing and Buildings, New York, 1973. 120 Knutsen K., People in Focus, in “Nordic Architects Write”, 1961. 121 “Et studium af skibskahytters udstyr kan give et fingerpeg om, at man langt mere bevidst må gennemarbejde vore boligers rum. (…) Direkte kopiere skal vi naturligvis ikke. (…) Den mest direkte lære, vi kan drage af søens arkitektur, er at hensigtsmæssighed, holdbarhed, godt materialevalg er gode forudsætninger for rammen om menneskelig tilværelse.” Trad. a cura dell’autore e di Sidsel Olsen. Vedi Juhl F., Hjemmets Indretning, 1954, pp. 63, 64. 122 Vedi www.museum.odense.dk. 123 Si fa riferimento alla Casa di Juhl, in quanto suo capolavoro. Vedi Capitolo sulla Casa di Juhl. 124 All’interno, Juhl utilizza anche materiali pregiati come il legno di pino dell’Oregon ed il teak. In generale la progettazione degli interni e degli arredi delle abitazioni di Juhl presentano caratteri più eclettici rispetto a quella dell’involucro esterno.


399 125 Vedi De Corral F. S., Arne Jacobsen, Barcellona, 1989, pp. 11-19. 126 Ibid. 127 Casa Wandel a Gentofte del 1927 e la Casa a Hellerup del 1928. Vedi De Corral F. S., Arne Jacobsen, Barcellona, 1989. 128 Oltre al mattone, Utzon utilizza anche il legno di Pino dell’Oregon per i rivestimenti interni. Egli adotta il legno su tutte le superfici interne ed anche sulle porte, in modo da far sì che esse vadano a confondersi con le mura e scomparire nella composizione totale. 129 Trad. a cura dell’autore. Utzon J., Eget Hus i Haellebaek, in “Arkitekten”, 55, 1953, p. 9. 130 “Jeg tror på denne fremgangsmåde fremfor metoden med at betragte arkitektur som abstrakt skulptur eller maleri for formens skyld, idet tingene herved let bliver modelbestemte og formalistiske, hvorimod det rent konstruktive og funktionelle grundlag i kombination med følsomhed for lys, skygge, farve og rum åbner uendelige muligheder.” Trad. a cura dell’autore. Utzon J., Eget Hus i Haellebaek, in “Arkitekten”, 55, 1953, p. 12. 131 L’ammirazione per il Giappone è osservabile piuttosto nelle arti applicate, come nella progettazione di letti bassi, oppure nell’impiego di molti tappeti a terra. Il set di arredi nominato serie Giapponese, prodotto dall’azienda France & Søn, è anch’esso di ispirazione orientale. 132 Maraini F., Ore giapponesi, Bari 1957, pp. 322. 133 Si tratta di partizioni tipiche giapponesi, sorta di porte scorrevoli, originariamente con telaio ligneo e riempimento in un materiale cartaceo traslucido. Vedi Chiorino F., Case in Giappone, Milano, 2005. 134 Come le sculture lignee di Erik Thommesen. Vedi Capitolo sulla Casa di Juhl. 135 Calza G. C., Prefazione, in II libro del tè, Milano, 1983. 136 La casa personale di Jørn Utzon si trova a Hellebæk, e quella di Arne Jacobsen a Klampenborg, entrambe località vicine ad Ordrup. Il numero 46, di Arkitekten del 1944, è incentrato sulla tipologia residenziale unifamiliare in Danimarca. Esso propone gli esempi di Utzon, Juhl e di una villa costruita da Jacobsen.Vedi AA.VV, in “Arkitekten”, 46, 1944. 137 Vedi F. L. Wright, A Conversation in The Future of Architecture, New York, 17 Maggio 1953, p.17. 138 Alla stessa maniera di Juhl, Jacobsen colloca il camino all’interno del soggiorno. L’abitazione, così come nelle residenze di Juhl, presenta una partizione interna definita, e non costituisce un esempio di pianta libera radicale, come Ville Savoye, Villa Tugendhat o la Glass House. 139 Vedi E. Gentili, Abitare in Danimarca, in “ABITARE”, numero speciale 1962, pp. 2-9. 140 Vedi F. L. Wright, Una autobiografia, Milano, 1955, p. 429. 141 Dal periodo che va all’incirca dal 1932 alla Seconda Guerra mondiale, F. L. Wright teorizza il concetto della casa usoniana, che per certi versi potrebbe aver ispirato il giovane Juhl, il quale è ammiratore dell’architetto statunitense. 142 Vedi Weston R., Alvar Aalto, Londra, 1995, p. 88. 143 Vedi E. Gentili, Abitare in Danimarca, in “ABITARE”, numero speciale 1962, pp. 2-9.


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Ringraziamenti

Questo lavoro è il risultato di lunghi studi che hanno avuto luogo dapprima in Italia, poi in Danimarca, durante il mio soggiorno di un anno a Copenhagen. Desidero ringraziare il mio relatore, il professore Amedeo Belluzzi, il quale, sebbene la distanza, mi ha motivato nella ricerca storica, nell’approfondimento della conoscenza dell’opera architettonica di Finn Juhl; mi ha trasmesso il rigore del metodo, la curiosità dell’indagine, la problematicità delle risposte. Ringrazio inoltre il mio correlatore, il professore Gianluca Belli, il quale ha offerto spunti di riflessione interessanti, ed è stato di ausilio nell’individuazione del tema di ricerca, verificandone l’originalità. Voglio esprimere gratitudine verso coloro che hanno collaborato alla resa di questa pubblicazione: il Sig. Peter Kjærgaard-Petersen e la Sig.ra Natalia Fedorova; la Sig.ra Birgit Lyngbye Pedersen; la Sig.ra e il Sig. Lenskjold, i quali mi hanno permesso di visitare le loro abitazioni; la mia coinquilina Sidsel Olsen, di fondamentale aiuto nella traduzione del materiale in lingua Danese; il collega Asmund Skeie, che mi ha

accompagnato all’esplorazione delle ville di Finn Juhl; ed infine il personale dell’Archivio del Museo di Arte e Design di Copenhagen, le Sig.re Christine Rosenlund, Sara Fruelund e Anja Lollesgaard, le quali mi hanno assistito nella ricerca delle fonti storiche. Dedico questa fatica ai miei cari che mi hanno costantemente sostenuto, incoraggiato e apprezzato in questo importante percorso di crescita culturale.



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