L'infanzia di Gaël 1/3

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Paola Boni

Casini Editore



L’amore per i racconti, la passione per le storie e i volumi che le raccoglievano... ecco cosa Gaël Real aveva ereditato dai suoi genitori, Antoine ed Hèlén, nei primi dieci anni di vita. Dotato di una curiosità ingenua e smisurata, Gaël aveva imparato a leggere quando era ancora molto piccolo e da allora i libri erano diventati una parte importante della sua vita. Man mano che passavano gli anni e aumentava la sua voglia di leggere, ogni volume che sfogliava, ogni storia in cui si immergeva diventava per lui un tesoro da trattare con la massima cura; sua madre era la persona con cui amava condividere questa sua passione, inusuale per un bambino tanto piccolo. Paziente e dotata di un’estrema dolcezza, Hèlén trascorreva ore e ore insieme al figlio, leggendo con lui una storia o chiacchierando di un libro letto, approfittando di ogni occasione per impartirgli le piccole lezioni che lo avrebbero preparato al mondo che presto avrebbe affrontato. Anche se era solo il secondogenito, Gaël avrebbe iniziato a breve il suo addestramento per assumere, una volta pronto, il ruolo che gli era destinato all’interno della famiglia Real; a Hèlén spettava il compito di istruirlo. Secondo la tradizione, mentre il custode addestrava il suo diretto successore, la madre si occupava della crescita del secondoge-


nito. La famiglia Real in fondo non era che questo: tradizioni e regole, che in secoli di esistenza avevano permesso ai suoi membri di proseguire la missione intrapresa dai loro antenati. Fino ai dieci anni, però, Gaël era stato tenuto all’oscuro dell’importante compito della sua famiglia, sebbene vi fosse stato in qualche modo preparato. La più importante delle sue letture iniziò proprio pochi giorni prima del suo decimo compleanno. A quel tempo, Gaël viveva insieme ai genitori e al fratello maggiore in un ampio appartamento non molto distante dalla libreria antiquaria gestita dal padre. Quella sera, Hèlén aveva portato un grosso volume rilegato in pelle dalla libreria e aveva invitato il figlio ad ascoltarla mentre leggeva. Fu come se avesse offerto a Gaël un sacco pieno di dolci: il bambino corse subito nella sua stanza a buttarsi sul letto, incitando la madre a sbrigarsi e a iniziare a leggere. La donna si sedette accanto a lui con un sorriso carico di dolcezza e amore. — Questo libro, Gaël, parla di una storia molto triste e di una donna straordinaria vissuta tanto tempo fa in una città chiamata Alessandria. Il bambino drizzò la schiena guardando la madre con vivo interesse. — Racconta! Racconta! Hèlén gli lanciò appena un’occhiata divertita. — Il nome di questa donna era Ipatia. Filosofa, matematica e astronoma. Era dotata di un coraggio e di una cultura tali da superare tutti gli uomini del suo tempo. In molti venivano da ogni parte per ascoltarla parlare e assistere alle sue lezioni. Forte e determinata, lei era sempre rimasta fedele a sé stessa, anche se il mondo in cui viveva era ostile a tutto ciò in cui lei credeva. Hèlén girò il libro verso il figlio mostrandogli il ritratto di profilo di una donna dai lunghi capelli scuri intrecciati sopra la testa. — È lei? — chiese il bambino con gli occhi che brillavano.


— Sì... lei è la nostra Ipatia — disse Hèlén voltando pagina. — A quei tempi ad Alessandria esisteva la più grande biblioteca del mondo allora conosciuto, nella quale erano custoditi tutti i testi scritti fino ad allora. Gaël spalancò la bocca cercando di immaginare una biblioteca contenente tutti i libri del mondo — Non è possibile... cioè sarebbe davvero troppo bello! Ed è possibile vederla? Gli occhi di Hèlén si adombrarono. — Purtroppo no. È stata distrutta tanto tempo fa, proprio quando Ipatia era in vita. — No! Non è giusto! Perché? — si lamentò il piccolo. — Quando gli uomini hanno una convinzione o credono fortemente in qualcosa, spesso la loro mente viene ottenebrata dalla loro stessa fede. Il bambino aggrottò la fronte. — Non capisco... La donna sospirò, distogliendo per un attimo lo sguardo dal figlio. — Vedi, Gaël, esistono molte religioni a questo mondo, così come esistono diversi modi di vedere la vita e la natura umana. Purtroppo, però, ci sono persone che sfruttano la loro fede per assecondare i propri desideri personali, oppure ne vengono talmente accecati da arrivare a compiere dei crimini per essa. A quel tempo, il Cristianesimo era da poco diventato la religione ufficiale dell’Impero romano e tutte le altre religioni, compreso il culto della Dea, non erano più ben accette come un tempo. Gaël aggrottò la fronte. — Mi sembra tutto molto complicato. Hèlén scoppiò a ridere senza volerlo. — Lo è, piccolo, come lo sono la maggior parte delle faccende degli uomini. Capirai crescendo... l’importante è che adesso tu tenga a mente la storia che ti sto raccontando. Il bambino fece un piccolo cenno di assenso col capo, l’attenzione catturata da quel momento, che sentiva essere di estrema importanza. — La Biblioteca di Alessandria custodiva molti testi di una cultura e una tradizione che spaventava molti di coloro che, at-


traverso la nuova religione, avevano conquistato potere e ricchezze. Istigando la gente, queste persone hanno provocato una rivolta per distruggere la biblioteca stessa. Ipatia cercò in ogni modo di proteggere i suoi testi, riuscendo insieme al fratello Atanasio a mettere in salvo alcuni dei volumi conservati tra le mura della biblioteca. Purtroppo, però, anche lei cominciò ad essere vista con rabbia e diffidenza da molti, e vennero messe in giro numerose calunnie che portarono i Cristiani più estremisti ad aggredirla. — E si è... insomma cos’è successo? — chiese Gaël con gli occhi sgranati e spaventati. Hèlén si sdraiò accanto a lui, abbracciandolo. — Purtroppo non sopravvisse all’aggressione. È morta per quello in cui credeva e da allora viene ricordata come una martire da tutti coloro che si battono per proteggere la loro fede dall’oppressione e dal fanatismo. Dopo la sua morte, suo fratello Atanasio e alcuni suoi compagni hanno portato al sicuro i testi salvati dalla biblioteca, iniziando a raccogliere tutti i libri che non venivano visti di buon occhio dalla nuova religione e da tutti quelli che traevano potere da essa. Gaël si strinse alla madre, sprofondando tra le sue braccia. — È triste, però... perché quegli uomini le hanno fatto del male? Perché hanno creduto a delle bugie? La donna gli accarezzò i capelli con dolcezza. — Esistono della forze straordinarie a questo mondo, poteri che non tutti gli uomini possono usare e dei quali molti hanno paura... e la paura di ciò che è diverso e di ciò che non si può capire è ciò che più spinge gli uomini alla violenza. Per questo io desidero che tu legga e apprenda il più possibile: più capirai e conoscerai la realtà in cui viviamo, meno la paura ti porterà a commettere errori irreparabili. Gaël chiuse gli occhi e si lasciò cullare dalle parole della madre. — Lo farò... ti prometto che imparerò tutto il possibile, leggerò tutti i libri che mi capiterà di trovare e non avrò paura.


La donna sorrise con dolcezza. Aspettò che il bambino si addormentasse per alzarsi, cercando di fare il minor rumore possibile. Presto per Gaël sarebbe arrivato il momento di conoscere la verità. Avrebbe dovuto affrontare il mondo in cui viveva e scoprire cose che lo avrebbero spaventato, ma era un Real e, come tale, avrebbe dovuto seguire la sua strada e svolgere poi il suo compito nella famiglia. Hèlén si fermò per un attimo a osservare il figlio dormire. — Pensi che sia pronto? La donna sentì la mano del marito sulla spalla. La strinse forte senza distogliere lo sguardo dal bambino. — Gaël è forte e responsabile. Sarà un aiuto prezioso per Vincent. L’uomo emise un leggero sospiro. — Allora credo sia il momento di iniziare. Tra tre giorni gli mostrerò tutto. I due si chiusero la porta alle spalle lasciando Gaël immerso in sogni profondi. Nei giorni successivi, Gaël non fece altro che ripensare alla storia raccontatagli dalla madre. Spesso si trovava a ricordare Ipatia e riflettere sul motivo per cui era morta, anche se ancora non riusciva a comprenderlo pienamente. Tre giorni dopo, però, Gaël compì il suo decimo compleanno. Venne svegliato dal padre, che dopo averlo fatto vestire e mangiare lo portò nella libreria. — Ti ricordi la prima volta che sei venuto qui? — chiese l’uomo al bambino. Gaël era intimorito e spaventato. Suo padre lo aveva svegliato con il tono severo e l’aria seria che assumeva quando lui prendeva senza permesso un volume dalla libreria o quando, spinto dalla curiosità, andava a mettere le mani tra le sue carte o i libri nello studio. Durante il breve tragitto da casa al negozio, si era chiesto cosa avesse fatto di tanto grave da meritarsi un rimprovero proprio nel giorno del suo compleanno.


Gaël, però, era certo di non aver fatto niente di male quindi suo padre non aveva alcun diritto di sgridarlo, non ne aveva motivo... o almeno così sperava. Quella strana domanda lo aveva colto del tutto alla sprovvista. — Io... sì mi ricordo bene. È stato un giorno bellissimo! Mi era sembrato di entrare nella stanza di un tesoro. L’uomo rimase impassibile di fronte alle parole ingenue del figlio, aumentandone l’agitazione. — Mi hai detto — continuò Gaël, — che questa libreria apparteneva alla nostra famiglia da generazioni e che il suo nome cambiava ogni volta insieme a chi se ne occupava. Hai detto anche che potevo guardare tutti i libri che volevo, ma che non dovevo mai aprire la porta nella sala laterale del negozio. L’uomo fece un cenno di assenso col capo. — Vedo che la cosa più importante l’hai memorizzata. Gaël ebbe un attimo di panico. — Certo, e ti giuro che non ci sono mai stato! Non sono mai entrato lì dentro! — Lo so — lo rassicurò Antoine non riuscendo a mascherare un sorriso divertito, — sta’ tranquillo, me ne sarei accorto se tu mi avessi disobbedito. — Allora che cos’ho fatto? — chiese il bambino non riuscendo più ad aspettare oltre: se suo padre doveva rimproverarlo, che si sbrigasse! Antoine alzò il sopracciglio. — Hai forse fatto qualcosa per cui dovresti essere punito? Gaël scosse la testa. — Certo che no! — E chi ti ha detto allora che ti ho portato qui per questo? — disse Antoine dirigendosi verso una delle salette interne della libreria. Imbarazzato, Gaël lo seguì timidamente osservando poi la stanza con attenzione, soffermandosi sulle alte librerie colme di volumi e sulla massiccia porta a un lato della sala. Sapeva che lì c’era qualcosa di molto importante, lo aveva avvertito fin dal primo momento in cui ci aveva posato lo sguardo.


Per questo aveva sempre rispettato il divieto di suo padre di entrarci, provava una sorta di timore reverenziale. Qualsiasi cosa ci fosse oltre quella soglia lui era certo che in qualche modo avrebbe cambiato la sua vita per sempre. Per quanto si trattasse solo dell’intuizione di un bambino, era fin troppo giusta. — Cosa pensi ci sia lì dentro, Gaël? — gli chiese suo padre prendendolo alla sprovvista. Lui rimase a fissare la porta imbambolato per un attimo. — Io... non lo so. L’uomo si fece avanti e poggiò una mano sulla maniglia. — Seguimi. Gaël avrebbe voluto dire di no: aveva paura di quello che avrebbe trovato come se un mostro lo stesse aspettando da quando era entrato in libreria per la prima volta. Il suo corpo, però, sembrò muoversi da solo. Quando Antoine Real aprì la porta in legno e ferro rivelando una ripida scalinata, lui lo seguì di sotto senza dire una parola. Stando attento a dove metteva i piedi, andò dietro al padre in silenzio, intimorito e curioso allo stesso tempo. All’improvviso, Gaël si ritrovò in un’ampia stanza dalla pianta ottagonale così grande da fargli spalancare gli occhi per la sorpresa. Al suo interno c’erano centinaia di scaffali, tutti pieni di libri e pergamene di ogni tipo. Il bambino per un attimo pensò che fosse solo un sogno: quel posto troppo bello per essere vero. Con la bocca aperta per lo stupore, iniziò a camminare per la sala, attorno all’ampio tavolo ovale che si trovava nel centro. Alzò la testa e si trovò a fissare un dipinto che raffigurava strane creature in parte umane e in parte animali. — È... bellissimo... — sussurrò. Antoine rimase per un po’ ad osservare la reazione del figlio provando una punta di orgoglio nel vedere con quanta ammirazione


Gaël, seppur così piccolo, osservava la loro Biblioteca. C’era tanto amore dentro quel bambino, una passione che lo avrebbe reso un ottimo custode se fosse stato il primogenito. Per un attimo si ritrovò a ricordare la prima volta che aveva portato lì Vincent. Se Gaël era anche fin troppo entusiasta, suo fratello Vincent a dieci anni era dotato di una serietà innaturale per un bambino. Forse dentro di sé Vincent sapeva — in quanto primogenito — di avere dei doveri e delle responsabilità molto più grandi di quelli di un bambino normale e aveva perso troppo presto la sua ingenuità. Ma quello forse era un bene. Da quando aveva iniziato il suo addestramento, Vincent aveva superato ogni sua più rosea aspettativa, dimostrandosi fin da subito più che degno di essere il suo erede. Scacciando dalla mente tutti quei pensieri, Antoine Real tornò a concentrarsi sul suo secondogenito e su quel momento per lui così importante. — Che cos’è questo posto? — chiese Gaël non riuscendo a smettere di girare per gli scaffali e di guardare con avida curiosità ogni volume che gli capitava sott’occhio. L’Era della Magia, I demoni e la loro gerarchia, Le Varie Forme della Dea, Storia Alchemica... tutti quei libri così strani e affascinanti riempivano la mente di Gaël di domande su domande. — Tutti i libri che vedi — disse Antoine, — rappresentano il tesoro che la nostra famiglia si è tramandata fin dalle sue origini. So che per ora potrebbe esserti difficile capire, ma senza noi Real molti di questi testi sarebbero stati bruciati o distrutti e tutto il sapere e le storie in essi contenuti sarebbero andati persi. — Come è successo alla Biblioteca di Alessandria di cui mi ha parlato la mamma? — chiese il bambino. La bocca dell’uomo si piegò leggermente in un sorriso. — Alcuni dei libri che vedi sono tutto ciò che rimane di quella biblioteca. Atanasio era un nostro antenato e noi, Real per secoli abbiamo portato avanti il suo proposito di raccogliere tutti i volumi


considerati troppo pericolosi per essere letti. Gaël si sentì stordito ed emozionato: non solo la storia che gli aveva raccontato sua madre era vera, ma Ipatia e Atanasio facevano addirittura parte della loro famiglia. Era come ritrovarsi all’improvviso protagonista di uno dei libri che aveva letto e amato, scoprendo di essere un eroe con il compito di salvare il mondo. Si rimise a girare tra gli scaffali, sentendosi gonfio di orgoglio per tutto quello che stava vivendo. — Un giorno tuo fratello Vincent erediterà il mio ruolo di Custode di questa Biblioteca. Egli dovrà proteggerla da tutti i nemici che vorranno impossessarsi dei suoi volumi. Anche tu dovrai fare la tua parte per aiutarlo. Gaël deglutì sentendosi come se il padre lo avesse appena schiaffeggiato, risvegliandolo bruscamente da un sogno. — Perché Vincent è più grande vero? — Sì, ma lui sarà solo il guardiano di questo posto — cercò di spiegargli suo padre. — La Biblioteca è il cuore pulsante della nostra famiglia e come tale non potrebbe sopravvivere senza ogni suo singolo membro. Tu dovrai aiutare tuo fratello. Da oggi dovrai iniziare ad addestrarti per questo. — Perché? Perché devo farlo? — chiese Gaël stizzito. Non era giusto. Perché solo per il fatto che era il più piccolo non poteva occuparsi lui di tutti quei libri? Il padre mosse appena gli occhi verso di lui per poi avvicinarsi a una libreria e sfiorarne i testi tra gli scaffali con la punta delle dita. — Perché tu sei un Real e questo è ciò per cui noi esistiamo. Ora che hai raggiunto l’età stabilita, ti insegnerò tutto ciò che dovrai sapere sulla nostra famiglia e sulla realtà in cui viviamo. Alla fine, anche tu sarai pronto a svolgere il tuo compito. Sei nato per questo, Gaël e per quanto tu adesso sia ancora troppo piccolo per capirlo, non puoi tirarti indietro e sfuggire alle tue responsabilità. Gaël si avvicinò al padre e accarezzò a sua volta i libri. Una


leggera scossa gli attraversò il braccio percorrendo tutto il suo corpo. Non riusciva a capire. Per quanto si sforzasse non riusciva a capire. Si sentiva improvvisamente confuso, spaventato. Lui voleva solo leggere e dedicarsi ai libri e alle sue storie, non voleva essere addestrato. Si stava rendendo conto solo in quel momento che non avrebbe potuto dire di no. Qualsiasi cosa lui volesse, era obbligato a fare ciò che suo padre gli stava dicendo. — Non voglio... non voglio farlo — disse, sentendosi addosso una grande ansia. — Devi. Tu sarai sempre legato a questi libri e nessuno ti toglierà mai il diritto di leggerli. Il tuo compito sarà anche quello di trovarne altri per proseguire la nostra missione. Non devi aver paura e non hai motivo di essere geloso di Vincent: senza il tuo aiuto lui sarà debole e non potrà farcela a proteggere la Biblioteca. Gaël rimase in silenzio per un attimo. Un soffio di vento improvviso lo scosse, mentre un sussurro lontano lo costrinse a voltarsi e subito dopo ad alzare la testa di scatto. Tra i dipinti sul soffitto gli parve per un attimo di vedere la figura di una donna bellissima che protendeva la mano verso di lui. Ebbe per un attimo la dolce sensazione che quella mano gli accarezzasse il viso, cancellando le sue paure e tutta la sua rabbia in un tepore rassicurante. In quel momento non ebbe più alcun dubbio. Quando quell’immagine svanì, lasciandosi dietro solo il dolce profumo della carta e della pelle dei libri, Gaël sorrise al padre. Con la testardaggine e la determinazione che solo un bambino può avere, decise che avrebbe imparato tutto ciò che poteva per aiutare Vincent. — Ti prometto che mi impegnerò — disse. — Sarai contento di me, vedrai. L’uomo non sorrise, mantenne un’espressione seria e distaccata, ma dentro di sé era orgoglioso di entrambi i suoi figli. Sapeva


che non lo avrebbero deluso. Il giorno dopo, Gaël iniziò i suoi studi. Hèlén lo portò di mattina presto nella Biblioteca. Lo fece sedere a un tavolo ovale e lì gli parlò per la prima volta della Dea Hmera e dell’antica magia. Gaël spalancò la bocca incantato. — Vuoi dire che la magia esiste sul serio? Che se voglio posso anche a imparare ad usarla? La donna sorrise scompigliandogli leggermente i capelli scuri. — Per apprendere a usare la magia nella maniera druidica ti ci vorrebbero degli anni e un tipo di addestramento che noi non potremmo darti, ma la nostra famiglia è sempre stata in qualche modo legata ad essa. — In che senso? — Tutti i Real sono molto percettivi e hanno una grande attitudine per la magia. Con il dovuto esercizio, possiamo percepire gli spiriti e le presenze del mondo e anche praticare incantesimi di alto livello. La magia però, può essere usata sia per il bene che per il male e influenza molto chi la pratica; questo un Real non può permetterlo. Per questo abbiamo scelto di non seguire mai la via Druidica né di avvicinarci alla nuova magia, ma di apprenderla in maniera autonoma. Il bambino alzò la testa per sbirciare nel libro che la madre aveva di fronte, ma vide solo la figura di un albero imponente diviso in due metà, una rigogliosa l’altra del tutto morta. — Perché non possiamo? — Noi Real abbiamo scelto di essere neutrali e di non schierarci né con il bene né con il male perché i testi che raccogliamo non appartengono né all’uno né all’altro. La conoscenza, Gaël, non è né buona né malvagia. È l’uomo che sceglie come usarla, così come accade con la magia. Noi siamo i custodi della Biblioteca che racchiude la più grande e profonda sapienza di questo mondo e come tali abbiamo scelto di non schierarci per non abusare mai di essa. — Però, mi hai detto che sia tu che papà pregate la Dea — rim-


beccò Gaël. La donna fece un sorrisetto divertito, fiera dell’acume del figlio. — Ogni singolo Real è libero di scegliere se seguire o meno il culto della Dea o qualsiasi altro credo. La nostra sapienza e le nostre ricchezze, però, non possono essere in alcun modo sfruttate per nessuna religione o scopo personale. Dobbiamo imparare a separare il nostro volere di individui dai nostri doveri all’interno della famiglia. Gaël arricciò il naso grattandosi la testa. — Ma perché deve essere tutto così complicato? Hèlén scoppiò a ridere tanto da farsi venire le lacrime agli occhi. — Beh in effetti è una gran bella domanda. Credo che il mondo sia così complicato perché. È l’uomo che non fa che cercare ciò di cui ha realmente bisogno. Siamo animali strani purtroppo. Il bambino alzò per un attimo gli occhi, pensieroso. — Forse hai ragione... ma come si fa a non scegliere? Insomma, se io penso che una persona sia buona perché non aiutarla? — Sta’ tranquillo, col tempo riuscirai a capire. Siamo solo all’inizio. Facciamo un passo alla volta ok? — lo rassicurò la donna. — Va bene — disse il bambino. — A proposito, mamma, anche Vincent ha dovuto studiare tutto questo? La donna si alzò e chiuse il libro che aveva davanti. — L’addestramento di tuo fratello è diverso dal tuo. Tu dovrai studiare molto e conoscere a fondo la storia della nostra famiglia e il mondo in cui viviamo. Lui, invece, deve prepararsi anche in un altro modo, per essere pronto a difendere la Biblioteca in caso di pericolo. Hèlén gli fece cenno di seguirla e si diresse verso le scale. — Vieni, è una giornata perfetta e a quest’ora dovrebbero aver iniziato. Gaël non capì, ma seguì la madre pieno di curiosità. Uscirono dalla Biblioteca e poi si incamminarono lungo una sottile e stretta viuzza, con la cattedrale di Notre Dame che svettava su di loro. Lasciarono l’Île de la Citè per raggiungere un parco non


molto distante da Rue Lagrange. Lì, su un prato, sotto lo sguardo incuriosito dei passanti, Gaël vide una scena che lo lasciò a dir poco senza fiato. Armati di lunghe spade di legno, Vincent e il loro cugino David si stavano battendo. Con i corpi tesi e i volti seri e bagnati di sudore, i due si stavano esaminando muovendosi con passi lenti a formare un cerchio perfetto. Anche se avevano la stessa età, David era grosso quasi il doppio di Vincent e ben più alto. I muscoli delle braccia possenti erano contratti e pronti a scattare, la spada sollevata in posizione di guardia. Un attimo e partì all’attacco. Si lanciò contro il cugino con furia. L’arma sollevata calò sul suo avversario in un fendente preciso. Vincent parò il colpo deviandolo da un lato e scivolando in avanti come librandosi appena a pochi centimetri dal terreno per poi contrattaccare con un fendente laterale altrettanto preciso. Gaël osservò i due ammirato, li vide attaccare e difendersi, colpire e schivare, David con forza e precisione, Vincent con grazie e agilità. All’improvviso i cugini interruppero per un attimo quella danza, per poi fiondarsi nuovamente l’uno contro l’altro, le mani strette sulle spade e i muscoli contratti al massimo. Ci fu un grido e le armi si fermarono nello stesso momento l’una a pochi centimetri dal collo dell’avversario. I volti di Vincent e David si rilassarono distesi in due sorrisetti soddisfatti, i petti che si alza vano e abbassavano per la fatica. — Molto bene! Davvero molto bene — disse una voce non molto distante. Solo in quel momento il piccolo Gaël si rese conto della presenza di suo padre e di suo zio Jean che si era avvicinato a David poggiandogli una mano sulla spalla. — Stai imparando bene, figliolo. il ragazzo gonfiò il petto pieno di orgoglioso. — Grazie, padre.


Complimenti anche a te, cugino! — disse tendendo la mano a Vincent che la strinse a sua volta. — È sempre un piacere combattere con te, David! Cavolo, a parte tuo padre sei l’unico che riesce a farmi sudare sul serio! David lo guardò con un ghigno. — E presto vedrai che ti farò anche piangere per l’umiliante sconfitta! Vincent alzò un sopracciglio, i lunghi capelli castani che gli ricadevano in parte sugli occhi. — Beh, per ora di sconfitte non ne ho ancora viste. Mi sa che ti toccherà darti da fare di più o rischiamo davvero di finire i nostri giorni in un eterno pareggio. — Siete stati grandi, grandi! — esclamò Gaël correndo verso i due. — Ma... come... da quando vi allenate così? Vincent rise per l’entusiasmo del fratellino e gli diede una pacca sulla testa. — Da quando avevamo la tua età. Tutti i Real iniziano l’addestramento a dieci anni. Gli occhi di Gaël si posarono prima sul padre, poi sullo zio e infine su David. — Ma tu perché...? — David è il mio erede — disse Jean, — il futuro maestro d’armi Real. L’addestramento con la spada è fondamentale per lui. Gaël non capì molto di tutta quella situazione, ma era comunque entusiasta di tutto quel che aveva scoperto in così pochi giorni. La sua realtà si stava rivelando più entusiasmante di ogni romanzo o racconto avesse mai letto. Quello fu l’inizio. Un nuovo mondo si apriva dinanzi a Gaël, un mondo persino più complesso e pericoloso di quanto potesse sognare un bambino di dieci anni.






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