3 minute read
ESTERNA:
me anticipate. Immediatamente dopo è dato rinvenire il collegamento con il d.lg. 231, contenuto nel comma 4 dell’art. 192: “Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni”. La violazione dei divieti di abbandono/deposito/immissione dei rifiuti è, appunto, sanzionata dagli artt. 255 e 256. In particolare, l’art. 255 (abbandono di rifiuti) punisce “chiunque, in violazione delle disposizioni di cui all’ articolo 192, commi 1 e 2 è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 105 euro e 620 euro
(o tra 25 euro e 155 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e non ingombranti). Il successivo art. 256 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata), al comma 2, commina le pene di cui al comma 1 (id est: arresto da tre mesi a un anno o ammenda da 2600 euro a 26000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; arresto da sei mesi a due anni e ammenda da 2600 euro a 26000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi), “ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2”. Dalla lettura di tali disposizioni emerge dunque come l’obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati, e di ripristino dei luoghi, incomba sull’autore dell’abbandono, in solido con il proprietario dell’area (o con il titolare di un altro diritto reale o personale di godimento, si pensi, al caso dell’affittuario o del locatore), ma solo laddove in capo a quest’ultimo possa essere rinvenuta una responsabilità a titolo di dolo o quantomeno di colpa.
Advertisement
I dubbi maggiori si sono posti, come accennato, in relazione ai numerosi casi di abbandono di rifiuti da parte di soggetti non identificati e non altrimenti identificabili rispetto ai quali, al fine di veder rimossi i rifiuti, i Sindaci hanno spesso adottato ordinanze ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. 152/06, imponendo ai proprietari dell’area di ripristinare lo stato dei luoghi.
Ciò che, in concreto, ha condotto la giurisprudenza a definire e delineare i contorni del concetto di “colpa”, richiesta dall’art. 192 quale elemento soggettivo minimo (in alternativa al dolo) per legittimare un’ordinanza sindacale di rimozione emanata nei confronti del proprietario di un’area oggetto di abbandono di rifiuti. Tale questione è stata da ultimo affrontata in un’interessante sentenza della Corte di Cassazione (sez. III penale, sent. n. 13606 del 28 marzo 2019), chiamata a confrontarsi in merito ad un caso di accantonamento e sversamento di materiale di risulta, pneumatici e lattine di vernice da parte di ignoti, all’interno di un terreno solo parzialmente recintato. La questione giuridica che si è posta è la seguente: l’inerzia del proprietario a fronte della collocazione dei rifiuti può essere fonte di responsabilità? In caso affermativo, a che titolo?. A tal riguardo, i giudici sottolineano tuttavia che la semplice inerzia del proprietario del fondo, conseguente all’abbandono da parte di terzi, o la sua consapevolezza di tale condotta da altri posta in essere, non sono idonee a configurare alcun illecita condotta.
Una condotta omissiva può infatti dare luogo a ipotesi di responsabilità solo ove sussista l’obbligo giuridico di impedire l’evento. Emerge dunque come la consapevolezza dell’abbandono di rifiuti sul proprio terreno, così come la mancata attivazione per la loro rimozione, non integrano l’elemento della colpa richiesto dall’art. 192 del d.lgs. 152/06.
Un provvedimento che ordini la rimozione dei rifiuti basandosi unicamente sul titolo di detenzione o di godimento dell’area, risulterà dunque illegittimo e potrà essere impugnato davanti al giudice amministrativo, quindi oltre il danno anche la beffa.
Dall’analisi giurisprudenziale si riscontra come il tema della legittimità delle ordinanze sindacali che impongono ai proprietari (o ai titolari di diritti reali o personali di godimento) di aree oggetto di abbandono di rifiuti, la rimozione dei rifiuti medesimi sia un tema dibattuto. Tornando sul fatto dello sversamento illegale, dell’immondizia sulla circumvallazione, una delle ipotesi formulate è la seguente: le rampe di svincolo di Casoria e Casavatore non sono proprietà di costoro, bensì di proprietà del Comune di Napoli affidando la competenza all’ufficio urbanistica.
Nel corso degli anni ci sono stati vari tentativi di mantenere decorosa la strada, ma visto che attualmente ancora non risulti agibile alla circolazione, quindi, di contrastare lo sversamento abusivo dei rifiuti, ad oggi versa in uno stato indescrivibile. Per incentivare le istituzioni a prendere provvedimenti, il giorno 21 aprile si è svolta una protesta organizzata da Europa Verde. Speriamo che qualcosa si muove perché il tracciato rappresenta un’importante polo strategico nell’ambito dei trasporti.
MARIA CRISTINA ORGA