Cas023a aavv, raccolta d'autori che trattano del moto dell'acque, tomo ii

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RACCOLTA D’ a u t o r i DEL MOTO d e l l Acque C H E

DIVISA

I N

T R

A j T T A N O

IN TRE

F I R E N Z E .

TOMI.

M D C C X X III.

biella Stamperia di S. A. R. Per gli Tartini, e Franchi. Con Licenza fa' Superiori.


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V

Onfiderando io, e meco medeiimo at­ tentamente ripenfando, quanto necellària, ed utile, e giovevole iia al mon­ do , ed agli uomini la cognizione , e la fcienza dell’ acque , e de’ fiumi : e della natura, e del moto, e della ve­ locità , e de’ tanti , e si varj effetti di ellì , così poco in antico dal più delle genti conofciuti , o veramente male adoperati, e praticati; utile colà al comune, ed al publico ho pentito di fare, raccogliendo nel pref.nte volume quei Trattati , e quelle Scritture l'opra tal materia de’ noihi Scrittori Italiani, i quali di coraun coni'entimento de’ favj, e de* dotti fono giudicati, e ilimati i migliori. Per introdurre con facilità , e chiarezza alla intelligenza di tali trattati coloro, i quali di leggerli avranno vaghezza, e di trarne utile , e diletto ; perciocché la maggior parte di elfi, come vorrei , e farebbe defiderabile, non faranno geo­ metri, io sniderò loro brevemente accennando non con geo­ metriche ragioni da molti biaiimate, e fprezzate, perchè non mtefe , ma con popolari, femplici, naturali, e chiare, ed a tutti note quello, che far dovranno i confiderando a Tom 1, §3 f* f I ) !


VI

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tal effetto quello » che ha operato , ed opera la natura in­ torno all’ acque, ed a’ fiumi, e quello che l’ arte fua fi­ gliuola, e difcèpola , ed imitatrice abbia ritrovato, e ritrovi di profittevole , e di nocivo intorno ad erti, accennandocon ifchiettezza, e libertà quello , che iovra tal materia mi lèmbri ritro­ varli di vero , e di fallo , di dubbiofo, e di certo, di probabi­ le , e di verifimile, di utile , e di nocevole , a laude, e gloria di Dio , e della verità , col cui nome non ifdegnò egli fteffo di appellarli, e la quale dice S. Girolamo pojt Deum colendam, qtue Jota bomines Deo proximos fà c it . E di effa Po­ libio maravig fidamente ebbe a dire : lo reputo aver la natura al genere umano pojlo avanti come nume grandi (fimo la verità, e averle dota una grandijftma forza , concioffiacbè efendo ella da tutti impugnata , e (landò tutte le veri/imili conietture per la pane della bugia ; la verità da f e medefuna non fo conte negli ani­ mi degli uomini s' injìnua , e ora in un (abito trae fuori quefla fu a forza , c ora per lunga pezza nafcojà, finalmente colla po­ tenza fua medefinta vince, e trionfa della bugìa .

Dirò dunque come i fiumi fono vaio, c ricettacolo d*ac­ que , che corrono per lunga via dalle parti più alte del­ la terra verfo il mare piu baffo, e che grande utilità reca­ no al mondo , ed agii uomini portando, e fcaricando 1’ ac­ que delle piogge, e delle nevi adiacenti verfo del mare; ove poi dal Sole , e dal vento_ alzandoli in vapori per 1’ aria fi fanno nuovamente pioggia , e neve, che dal vento lun­ gi fportati verfo gli alti alpeftri monti, e dal freddo aere condenfati tornano a fc aricadi, e difeendere fovra la terra in pioggia , o neve , le campagne fecondando , e per forte, torrenti , riv i, e fiumi al mar ritornando : in cotal guifa per Divina ammirabile provvidenza circolando tempre dal principio del mondo la medefìma quantità d’ acque , e con tal circolo e al mondo , e agli uomini tutti fervendo , e giovando > e chiaro, e vero dimoftrando ciò , che Salamo­ ile dille ; Omniaflumim intrant in mare y & mare: non redun-

dat . Ad locum , unde exeunt, fiumina revertuntur, ut iterutn fluant . Quantunque il Grozio , ed altri fpieghino quella cir­

colazione per vie , e canali, e cavità lòtterranee . E quello è il primo , e principal fine, per cui pare , che fiano fatti ì fiumi, i quali tolgono le inondazioni , e le paludi alla terra , e maliime alle pianure » le quali col loro copiofo » ed abbondante frutto libere dall’ acque alimentano gli uo­ m in i, e gli animali, e conlervano ialubricà all’ aria, e faiu-

te agli


P R E F A Z I O N E . vir te agli uomini ; il che fenza di eli! fiumi non potrebbe ad­ divenire; onde ebbe a dir Tullio nel fecondo della Natura degli Iddii ; Nos campii , nos nmtibus fruimnr : nojlrì font aìnnes, nojlrt lacus - nos fr u g a ferim us, nos arboies : nos aquarum indttilionibus terris fcecunditotem darnus : nos /lumina arcemus > dirigimus, avertimus. Ma mentre che portano, e pre­ dano i fiumi quello neceflàrio , e primo , e principili fervizio , e giovamento alla terra , le ne arrecano inficmemente un altro grande , e utiliilimo , e quello lì è quello della navigazione , la quale trafporta con celeiità , e comodo , e con poca fpefa in lontani , e ftranieri paeli le cofe , che in alcun luogo o mancano , o abbondano , con utile , e di­ letto de’ popoli , e delle città , e delle nazioni ; onde non vi ha chi non veda qiunto bella, e quanto (limabile, quan­ to ingegnofa , quanto magnanima fia 1’ arte del navigare ,• onde con molta ragione , e con molto fpirito diflc Orazio; llli robur, & as triplex Circa peclus era t , qui fragi lem truci Commift pelago rateili Vrimus.

Il perchè molto commendabile debbe {limarli il penderò, e l’ opera dell’ uomo fovra quello gran benefizio di Dio, e della natuia , cioè dell’ acqua, non fenza fomma ragione, e accorgimento chiamata da Pindaro ottima di tutte le co­ fe , e creduta da Talete negli antichi tempi , e dall’ Elmontc ne’moderni, primo , e material principio di effe . Vitru* yio Principe degli architetti difiè in propoiito di ella ; lgitur Divina Alens , qua proprie necejjiiria ejjent gentibus , non confiituit diffictlia , & rara, utì j'unt margarite: , aurina, argentum , ceteraque , qua nec corpus , nec natura defiderai ; fed fine qttibus mortalium vita non poi ed ejfe tuta , ejfudit ad ma-' num, parata per onmem mundum . Non è mio intendimento

in quello luogo di enumerare i grandi» ed innumerabili be­ nefizi , che preda 1* acqua al mondo, ed agli uomini; ma folo confiderar quello di efii , allorachè fovra la terra pio­ ve , e per foffe, rivi, torrenti , e fiumi, e laghi al mar corre , e diicende ; e la fua quantità , la (uà velocità , la fua forza , e gli altri luoi effetei , fecondo la norma , e la legge dal Sapienti (limo Creatore prefcrittale , contemplando, e eonliderando . Il che pare che dalla previdenza del Som­ mo Creatore fia rifervato a i nodri tempi ,* perciocché ca­ lando fempre la terra da’ monti per le piogge continue , e § 4 ere-


vili

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crescendo fempre le pianure, e riempiendoti i fiumi , i la­ ghi, ed i mari per Ja cominova foprawegnienza e di ter­ za , e di arene , le quali coll’ acqua mefcolate ne’Juoohìpiù baffi tempre difendono, e fcemandofi il declive a i forti , ed a i fiumi, ed alzandoti f'ovra le campagne il letto loro! e la Ior linea, ed il lor corto allungandoli, pare che neceffariamente , e naturalmente feguir debbano tempre m a d o ­ ri inondazioni, che ne’ tempi antichi ; e quelle nelle "’pia­ nure , e ne’ luoghi più fertili, i quali fonun ini forano più largamente gli alimenti agli uomini, ed agli animali di loro feivizio . Che pero noi dobbiamo molto ringraziare la Divina Clemenza, laquale nel pattato iccolo, nel tempo, chene cretceva il bifogno, illuminò colla face della Geometria , e dietro la icona di Archimede , e del Galileo , il P. Aba­ te Don Benedetto Gattelli a elàminar la natura dell’ acque correnti , e fcoprirne tante, e tanto utili proprietà, e ve­ rità in prima tutte a tutti del tutto ignote , e tanto neceifarie , e giovevoli all' arte umana per regolare, e dirigere , e ben governare il moto , e corfo deli’ acque per giova­ mento delia navigazione, della cultura, e della fa.ubrità dell’ aria , e delle campagne : e continuadè nel Micheimi, nel Guglielmini , e negli altri Autori della prefente Rac­ colta 1 amore , c la brama di tale icienza da effi non po­ co illulfrata , ed accrefciuta in modo da poter giovare immenfamcnte al mondo, quando folle da molti iludiata, adoprata , e praticata , e quando 1’ umana ingratitudine , ed ignoranza , e malizia a ciò non fi opponelfè ; ed amcflè , e voi elle adoperare in tal bifògna i più intendenti , ed abU l i , e capaci . Concioffiacolàchè gli architetti , e gli ino-egnieri de noftri tempi, che lògiiono in tale affare meicolarii , non fono, come dovrebbero elfere , e come erano an­ ticamente , e come li defidera Vitruvio nel principio della fua opera . Egli detìnifce 1’ Architettura : Sdenti/pluribus difciphnis , variis erudìtionibus ornala, cujus judicio probantur omnia, qua a ceteris artàèus perf i ciuntar opera. E vuol iopra tutto con Pithia antico Greco architetto , che l’ archi­ tetto, oltre il difegnare , e far piante, fia erudito in tutte le fcienze , fia buon geometra, letterato, filoiofo, dicendo: cPbilofopbia vero perfidi arcbiteBum animo magno , & uti non fìt arrogans , fed potius facilis , <equus , fide li s , fine ava­ riti a , quod eB maximum ; nullum enim opus vere fine fid e , & cafiìtate fieri poi efi ; nec fit cupìdtts , ncque in muneribus ac~ cifiiendìs habeat animimi occupatimi, fe d cum gravitate fttam tueatur

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tueatur àignitatem , bonam f'amam Inibendo ; bue enim pbt lofio • pbia prafcribit. Preeterea de rerum natura, qu£ Gr&ce <purioÀoyia dìcitur , Pbilofopbia explicat ; quam meeffe efi Budiofius noviffé , quod habet tnultas naturalet quecflìones, ut etiani in aquarum duBionìbus & c. Quello capitolo vorrei che folte ben

intefo , e letto da chiunque pretende profeffar tal arte ; e che cofa per ella fia neceflaria, e li richieda, e di quali no­ tizie, e feienze abbia di bifogno . Il che potrebbe fapere anche da Platone nel Dialogo degli Amatori , ovvero della Filoi'ofia , ove dice eflfer rari in tutta la Grecia gli archi­ tetti ; Kzì yàp iK&Tidìova. fiv ctv Trpizio Trévie ìì é^vHv zkcov . àpyqriterwat Sì ov S’ ccv fWfiuv SpzypMv ¿Àtyoiye ¡txì èv iroun Ioli sAAqiri yiymlxi : ‘Poiché quivi un artefice f i comprerebbe cinque o al più fe i mine : un architetto poi ne anco per diecimila , perché po­ chi ne fono anco tra tutti i Greci . Ma Dio Immortale in

che tempo , ed in che luogo erano rari gli architetti ! In Grecia , dove le feienze , e gli ingegni , e le ar­ ti , e gli artefici erano molti , ed eccellenti impercioc­ ché gli architetti non operavano , ma prefedevano agli operanti , come pure avverte lo fteflo Platone nel li­ bro del Sommo Bene ; Kzì yzp ¿¡pytlézìuv ys ntàt cuk ¿vks ìpyz^izóc, ¿ ààz èpyxlwv zpyp>». Puibè niuno architetto è egli f i efio operante , ma capo detti operanti . Il Padre Niccolò Cu beo

della dotta Compagnia di Giesù , in tali feienze verfatifiiìno, illulirando il primo libro delle Meteore di Ariftodle , e trattando dell'acque , e de’ fiumi, e riprendendo l’ igno­ ranza degli architetti moderni ebbe a dire .- Et vere Prin­

cipes viri tftiufmodi bominìbus in officimi, & inter ceementati ortim ffrepìtus eruditis non deberent aures prebere , qui ubi grapbice ah quid in cbari a pingere noverunt , armatavi P allu­ devi ex fino capite prodire pofj'e fufpicamur . E di vero gran

follìa egli fembra il credere, che un muratore , uno fcarpeliino, un agrimenfore , un pittore polla efiére grande architetto , grande ingegnere , e direttore di acque , e di fiumi, concioifiacoiachè il fapcr delineare, e dipingere, e m¡furare , e deferivere una campagna ferve di facilità in dimoftrare lo fiato dell’ acqua, e de’ fiumi, e le cofe fat­ te , o da farfi, ed in dimoftrare il penderò circa le muta­ zioni , ed i ripari ; ma non già a ben penfarc , e mutare nuove direzioni all* acque , ed a’ fiumi; al che fi richiede molte più feienze , ed arti, e notizie, ed efperienze ; e particolarmente una profonda geometria : una falda, e lperimen-


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rimeritai (ìlofofia ; gran cognizione , e pratica di coltivazio­ ne, e di campagne: una eccellente mecchanica , e cognizio­ ne del pefo , del moto , del numero , della mi fura , della refiftenza de’ corpi , e muffirne dell’ acque , e della terra , de’ legnami , e delle pietre , e grande fperienza , e pratica in far murare , coltivare , e lavorare , fcavar terra , ed in iomiglianti operazioni. Siccome a comporre un eccellente poema, o una bella , e buona orazione , Ja perfetta fcrictur a , o ftampa non ferve fe non di facilita a leggerli, ed in­ tenderli , quando fia fatta; ma niente a ben divifare, idea­ re , e perfezionare un tal componimento . Così Archimede, il G alileo, il Cartelli, il Michelini, il Borelli, il Mariocte , ed altri v iv i, e morti matcematici umico ben divifarono circa 1’ architettura dell’ acque , e de’ fiumi lenza niente faper dilegnare, e dipingere; e niente in ciò operarono Raffaello , Tiziano , il Coreggio , il Callotce , Stefano del­ la Bella , ed altri perfetti difeg lacori ; e così li potrebbe dimoftrare , ed elemplificare di molti altri ; onde faviamente il foprammentovato Autore foggiugne : Quia entm batic rem folum pertrattant medianici , qui quamvts architeli , (f* Itulice fpeciofjftmo nomine vocentur Ingegneri, nulla re m in»s utuntur, quantum videre potui , qitam ingenio , & fu nt in fcientiis rudes penitus , & inexperti , ¿7» qui bonus ar tes ne a limine quidem falutarunt , & ioti funt in delineand is , & pingendis graphice rebus , quìbus oculos capìant Prin­ cipimi virorum ■ Pochi fono j paeli , ove non li odano li­

mili querele , li nobile > e dotto uomo Bernardo Trevifano nell’ elegante Trattato della Laguna di Venezia fua Pa­ tria dimoftra, che quella laguna, e quella nobile antica, e famofa città non ha mai rifentito gran danno, e nocumen­ to in alfare di così immenfa premura dalla natura , e dall’ ozio degli uomini; ma bensì quando l’ inquietudine, e l’igno­ ranza , o avarizia di erti vi ha fatto fpefe di m olti, e molti milioni per divetrir tanti gran fiumi, e fare altri inutili, e nocevoli ripari , e provvedimenti, onde fu coftretto a ter­ minare , e concludere il fuo favio, e vero difcorfo degno d’ eflèr letto, e riletto da tutti gli amatori del vero , colle ftefle parole del noftro P. Abate Camelli, allorachè difluadeva con buone, e falde ragioni la famofa diverfionedel Sile, cioè: D ' ogni cofa intorno a quejle tute zelami confida-azioni opfojìa , ed ordinata io mi appello all’ ineforabile, ma giallo tri­ buna-


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limale della natura . Si divertì il Sile con immenfa fpefa , e

danno contro l’ opinione del Cartelli; perchè, come dice Tu­ cidide, i cattivi configli più facilmente , che i buoni fi per­ suadono ; e la Laguna di Venezia è un grande efempio in fomiglianti materie, ove fi impara , e iì comprende, che co­ sì in quefta, come nelle altre materie, Je regole generali , benché il più delle volte buone, e vere, non fi adattano a tutti i cali . I volgari ingegnieri fi vaieranno della regola ge­ neralmente vera, che bifogna divertire , ed allontanare da i porti i fiumi, perchè portano in eifi terra , e col tempo li riempiono , ed interrifcono» Il Cartelli colla fcorta più cer­ ta , e più ficura della Geometria, e Filofofia meccanica, e co’ luoinuovi ritrovamenti > ed avvertimenti intorno all’ acque, trovò ciò non tèmpre ertèr vero. E di verità fi trova ciò accadere in molti porti , e forfè piu che altrove allo sbocco de’ fiumi ; e nel cafo della Laguna, quando ella era naturalmente larga , e l'pjziofa, venivano i fiumi dall’aleo, e vi portavano altezza d’ acque, e le arene (dipingevano nel mare molto lotto alla La­ guna; onde ella fi manteneva piena, ed alta di acque , e vo­ ta di arena, ed opportuna al naviglio, e di aria aliai più fa­ llibile . Riftretti i canali , e le lagune, e levate Tacque cor­ renti , e li fiumi , fi accrefcono dall’ impeto del mare , che non hi la contraria reiiftenza dell’ acque correnti , ed impetnofe de’ fiumi , le arene , e gli interrimenti, e feema T ac­ qui, e 1’ aria li rende infalubre . Effetto dell’ ignoranza de­ gù architetti volgari, fomentati dalla foverchia avarizia di acquiftar terreno fruttifero; il qual frutto, e rendita farà Tem­ pre immenfamente minore al difpendio di tanti milioni fpefi m divertire , e mutare il corto , e per sì lungo tratto a tan­ ti , e sì gran fiumi, che fi potevano ipendere in cofe molto più útil, ; oltre il danno ineftimabile dell’ aria peggiore , e della navigazione tanto peggiorata , e che Tempre va peggio­ rando. E somigliante errore commeffe negli antichi tempi nel porto d ’ Efefo, ove sbocca il fiume Caiftro, Atcilo Fdadelfo » come racconta Stràbone nel libro 14. come ivi fi può ve­ dere . Altro efempio 3 mio propofito illuftre , e famolo fi è quello della diverfione del Reno di Bologna dall’ antico ufato tuo corfo, e porto nella valle della S. Martina col fine , e pretefto di colmarla , e bonificarla, per ifeavare in querto mentre il Po di Ferrara, e poi riporlo nel primiero tuo let­ to . Il che riefeì opera vana, e di fummo, immenfo, irreparabil danno alla città di Bologna , ed al fuo ampio , e fer-


xn P R E F A Z I O N E . til territorio , e diede occafione per un fecoio a grandi fpefe, e liti , e conrroverfie fra effa città, e quella di Fer­ rara : la qual lite dopo tante contrarietà , e litigi redo poco anzi terminata , e comporta dalla giuflizia , e clemenza del Sommo Pontefice Clemente XI. e dalla Congregazione a ciò da lui eretta, e deputata. Quella controversia ha dato occafione a belliihme fcritture, e ricerche fovra la noftra materia dell’ acque; alcune delle quali fi vedranno nella prefente rac­ colta per documento , ed infegnamento utiliflìmo in foroiglianti avvenimenti . E fono in erta itati adoperati i primi Mattonatici dell’ età noftra ; le ragioni de' quali di inoltrano la differenza , che è infra erti , e li volgari ingegneri , e fra la ícienza , c l» ignoranza . Altri efempt non pochi addur fi potrebbero degli antichi, e de’ moderni tempi, e di lontani, e di vicini paefi , ove 1' avere adoperato intorno all’acque » ed a’ fiumi volgari ingegneri , ed architetti, limili a coloro dal Padre Cabeo accennati , ha fovente cagionato molte , e gravi, ed inutili fpefe, e danni immenlì, ed irreparabili. Ma fembrando quelli fufficienti , ed difendo quelli , che fi traíafciano pur troppo chiari, e noti, per fuggir tedio , e lun­ ghezza trafilicelo di annoverarli, concludendo col iòprammentovato, e lodato Autore: Q ua ignorontia arcbìteSorum , quos fortume per antipbràfim vocant Ingegneri inter ‘P rincipes[m u l­ tates excitavit [tre trágicas , e con Calliodoro : More uafìifftmi fiuminìs alìis [patta tallii , aliis rara concedi . E di vero col fopradetto Cabeo fi poffono eoftoro a buona equità chiamare ingegneri lenza ingegno, pratici non pratici, e penti impcritirtìmi. Vi ha una querela non meno volgare, e comune, che an­ tica in tutte le arti, ed in tutte le feienze , e muffirne in quella della direzion de’ fiumi , e dell’ acque : cioè , che la Pratica fia di gran lunga fuperiore alla Teorica; e quello na­ fre , e proviene per mio avvilo dalla di£ fa , che fanno que» ili tali pratici della loro ignoranza, e della loro avarizia, bra­ mando tutti ciechi, ed ignoranti, perchè non vedano, e riprer dano t .KJloro difetti, e póng3n freno al guadagno , ed alla temerità loro. Sopra di che li vuole avvertire, che tut­ to quello, che opera la pratica, è fondato, e dimoftrato pri­ ma tialla Teorica, la quale è un oflfervazione , ed un favio, ed eccellente efame , ed un efatta fperienza di quelle cofe , che in pratica fi veggono addivenire . Così tante belle ope­ razioni , che fanno gli abbacinili, i calcolatoci, gli inse­ gne-


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gneri , gli architettori , altro non fono che parti, ed opere maravigliofe dell' Arimmetica , e della Geometria •, Je quali dopo tante loro fatiche, e vigilie, e fudori meflèro loro nel­ le mani bello e fraaltito , quanto elfi operano, e fanno len­ za faperne il perchè; onde noi veggiamo fovente intervenire, che alcuni puri pratici non intendono, a chi debbano faper grado di tanti ingegnofi {frumenti, di tante fottiiiflime ope­ razioni, e fono ingrati verfo le Mattematiche, e quelle folle­ mente giudicano, ed affermano inutili, non accorgendo/! di far torto a loro fteffi, condannando, e biafimando quelle faen­ ze, che loro furono madri, e nudrici, e maeftre; dalle quali la loro arte, e pratica ricevè 1’ origine , e ’1 nafeimento . Si trovano a’ tempi noftri molti, e molti, i quali nel legger le fcritture, ed i libri, ed i pareri di favi uomini fondati lopra principi mattonatici, e per via di linee, e di angoli, e di fi­ gure fpiegati, e dimoftrati, o pure a calcolazioni ridotti, ove entrano e quadrati, e cubi , e radici , e fentendo parlare da per tutto di proporzioni, di direzioni, di pefo , di moto , e di velocità, e di miiure, fe la ridono , fchernendo, c mot­ teggiando, e dicendo, che fono ine.aMiehe , e mere fottidi Teorica , le quali forfè vere , e forfè non vere ne Ìfiiezze oro termini attratti, cd ideali, non li adattano poi all’opera, ed alla materia, e non corrifpondono all’ evetno, ed alla fperienza, ed al fatto nella pratica. Si fanno beffe coftoro , di così fatte ricerche, e meditazioni mattematiche, come fc dal­ la Teologia , dalla Giurifprudenza, e dalla Medicina , dall’ Aftrologia, e da tutto altro fuori che dalla Mateematica trar. fi dovefièro le regole, che riguardano la quantità, la Jarghez za, la profondità, il movimento, eia forza dell’acque ; avvengachè quando poi s’ impacciano etti di dare il parer loro in quefta materia [ intorno alla quale pochi fono , che non li arroghino di poter giudicare ] ricorrono anche effi lenza av­ vede Tene a mattematiche da loro odiate, e i'prezzate ragioni, con quefta differenza però, che non poftedendo i principi, e fondamenti di quelle feienze, nè fapendo dedurne legittime dimoftrazioni, convien poi che le fpaccino , come a lor ven­ gono in mence, falfe, pazze, e ftravolte. Io ben fo, che co­ me dice il noftro Poeta, I’ efperienza: Che cjjer fn o i fonte a’ rivi di noflre a r ti,

è molto neceftaria , ed utile a tutte le umane azioni, e con­ templazioni , onde gran fama ebbe prefio la favia antichità quei fiioiùfo, il quale, come dille Petronio Arbitro, atatem -

ituet


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'inter experitnenta confurttpfit. Così Tullio paragonando l’ azio­

ne alla contemplazione, che è lo Hello che la Teorica , e la Pratica, ebbe a dire, che omnis vivendi laus tu aftione confifiitTutti i migliori Mattematici, c Filofoii moderiti lodano , ed approvano la fperienza , ed è chiamata eziandio filofoha lperimentale quella, che elfi iiifegnano. Cosi il Galileo, il GaflcMido , il Malpighi, il Sorelli, il Redi, il Bòi-le *;ed ¡altri molti, e le Accademie del Cimento, di Londra, e. di Parigi provando, e fperimentando trcvarono. molte belle , ed utili verità nella Filoiòfia, nella Medicina, nella'Geometria, nel­ la Chimica, ed in altre arti, e fcienze a tutti gii antichi., e piu lavi filofofi, e contemplatori ignote , e ne arricchirono le arti, e le fcienze, e d’ utilità il mondo. Quelli però ven­ nero a praticare, e fperimentare, e provare forniti delle più fini, e fotrili fcienze, e contemplazioni, col fondamento del­ le quali riefcon vere, e buone, ed utili le pratiche, e le l'perienze. Ma lenza tal fondamento fono le fatiche delle pra­ tiche, e delle fperienze poco utili, e buone, e poco falde, e durevoli . Così un medico ignorante delle cofe fiiiche , ed anatomiche, e de’ principi dell’ arte, e delle opinioni, e lpeculazioni, cd elperienze degli antichi favi medicanti; ed in oltre de'tanti nuovi, e moderni ritrovamenti, poco profitte­ rà dalla fila lunga pratica, ed efperienza, e moki sbagli, ed errori in elfe prenderà a danno dell’ altrui faluce . Lo fteifo avverrà di un filofofo , d’ un chimico, o di ciafcun altro ignorante de’ principi della ftia arte , o feienza; lo Hello d' un ingegnere , che fenza principi , e cognizione dell’ arte fua, che è la Geometria, e di tanti antichi, e moderni, uti­ li, e belli, ed ammirabili ritrovamenti , e fenza notizia del moto , della gravità , e di tante altre proprietà de’ terreni corpi, vorrà trattare di acque, e di fiumi, e di agricoltura, e di fomiglianti bifogne, le quali hanno fiancato con lun­ ghe, e continove, e faticofe contemplazioni , ed elperienze li primi, e più fubliini ingegni antichi, e moderni del mon* do tutto. E per far vedere con una fola prova in qual for­ ma vada io tali materie congiunto lo fperimentare colle più alte fcienze per ricavarne frutto , ed utilità , fi oflervi quello elempio a quella materia appartenente. Dalla fperienza fatta prima in Inghilterra, e poi ièguitata in Fràn­ cia , ed in Italia di quanta acqua piova in tutto un anno , fi può raccorre un molto utile documento per ¿sfuggire le inondazioni delle vaile pianure , c poco de-


P R E F A Z I O N E . Xv 'clivi > è prevedere alla fertilità loro , Quello li è il circon­ dare i canopi dì folle fpeife, larghe, e piofonde o fiano eoli, no nudi, o vedici di vici o pioppi, o mori , o di altri'al­ bori, e frutti. Conciofliacofachè rapendoli che tutta 1’ acqua, che piove in un anno l’opra alla terra nelle Provincie ove più abbondano le piogge, non è che circa 43. dica d’ Inghil­ terra, il che avviene la nella Provincia di Lancaitria, c quà nella Tofeana [ giacché a Parigi, e in altre Provincie pio­ ve meno che la metà ] con fare effe foffe larghe in fondo quattro piedi Romani: in cima cioè al pari de’ Campi dieci, cd dite, e profonde fei, fi averebbe foffa , e canale capace per ogni piede, di piedi quarantadue cubi d’ acqua. E tal vafo, e cana­ le a fare i campi di due iugeri farebbe capace dell' acqua, che piov elle fopra tali campi in ogni gran pioggia , offendo gl’ iugeri ventotto mila ottocento piedi quadri, e girando un campo di due iugeri piedi 960. La tenuta della foffa di tal giro farebbe piedi cubi d'acqua quarantamila trecento venti, e dandoli per metà a* campi adiacenti, refterebbe ven­ timila cento fellanta, ed importando la metà della fuperficie fuperiore della foffa, dieci piedi larga, piedi quattromila ottocento, pioverebbe fra il campo di due iugeri, e la me­ tà della folla [ alzandofi fopra alla iuperficie di elfi campo, e folla di piedi iellanrad uemila quattrocento 43. dita, che è circa due piedi, e mezzo ] cento cinquantafeimila piedi cubi di acqua in un anno . E quando ben piovellè in una fola pioggia la quinta parte di tutta quella quantità d’ acqua, che piove'in un anno, non fi empirebbe in tal pioggia la capa­ cità di effe folle, le quali dovendo avere i rivi più baffi, e declivi,, la dovrebbero appoco appoco feemare , e fcaricare , oltre 1’ acqua che imbeve la terra, e le Temente» e le piana­ te, e che al’ciuga, e conl’uma il Sole, e il vento, e che calan­ do i folli, e i rivi porterebbero dette acque ne’ numi ne’luo­ ghi più balli, e nev folli , e ne’ laghi, e ne’ mari. Dal buòno , e cattivo regolamento dell’ acque, e de’ fiu­ mi egli fembra che p ri nei pálmente dependa la ricchezza, o povertà de’ paefi, e là felicità, o infelicità delle nazioni, e delle Provincie, molte delle quali fono ora ricche, e popo­ late, le quali alcuni lecoli avanti erano padulofe, c deferte. Sono quelle, per tralafciarne altre molte, la Vesfalia, la G ci­ dria , il Brabante' , i’ Olanda , la Mofcovia ; ed in antico il jlàèfe degli Argivi meli’ Ellelponto , il quale al tempo della guer­ ra di Troia era paludoio, povera, e da poche genti abitato. dove


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dove al tempo di Ariftotile era afciutto , fertile, e popola­ m m o lo mi do a credere con moki filolofi, e matteraacici che la maggior parte, e forfè tutte le pianure non foffero al principio del mondo , o al tempo del diluvio > ma •qano dopo quel tempo appoco appoco fatee da’ fiumi. Quin­ di è che con fommo accorgimento 1’ antico favio Poeta Omero chiama talora 1’ Egitto Nilo , e Nilo 1 Egitto, ciò eziandio comprovando Erodoto della Greca iftoria pad-e , il qual dice efler 1’ Egitto dono del Nilo, cioè fatto da lui, e dalle fue defeendenti arene. E Strabone lo comprova di tut­ ti i fiumi, che fanno maggiori, o minori pianure fecondo la quantità dell’ arene , che portano . Più grandi pianure fan­ no Quelli, che padano per luoghi di fciolto terreno, e rice­ vono molti torrenti, che dall’ alto feendono. 11 che potreb­ be efiere di avvertimento a quelli ingegneri , i quali con fofic di piane, e poco declivi , ed inclinate campagne, len­ za acque , e torrenti, che dall’ alto feendano , pretendeflero dt riempire, e colmare un vallo padule. Quali opere ben­ ché con gran fiumi fumo poflibili, e buone, ed utili per la Salubrità dell’ aria, e per la fertilità della campagna . fono fiate Tempre (limate faticofe, e difpendiofe , e degne d Er­ cole, e di Apollo, per fomiglianti intraprefe renduti chiari , efamofi, e fecondo il coftume della Gentilità infra gli Dei collocati . D’ Ercole , oltre altre itone , e notizie di limili operazioni, narra Paufania nelle cofe d’ Arcadia, che con una foha di 50 {l'dii , che fono fei miglia , ed un quarto, che fece lòtto un monte , leccò una palude de’ Feneati i e di Apollo fu detto.. Cyntbius expietà Jlatuit movimenta lacuna . Orazio nel principio della Poetica chiama opera regia quella di Gaio Giulio Gelare: Dcbemus morti nos, nojlraque, Jìve receptus Terra Neptunus elafe* Aquilonibui arcet, Regii opus, ilerilìjque din paitu , aptaque remis Vicinai urbes alit, (¿r grave fentit aratrutn : Seu curfum mutavit iniquum frugibus amnis, Dolius iter melius.

Corne ioCetego feccò le paludiPontine, come accenna Floro al libro 46. Pontina paludes a Cornelia Cetbego , cui ea Provinci0 f venerai, ficcata, agerque ex bis faSus, le quali poi rimpaludite volle rifeccare Ottavio i de’ penfieri del quale parlando Syetomo: ficcare Pontinaspaludes, ani fiere Fucìwm lacum, vtam munire a ma-


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ri Supero per ¿pennini dorfum ad Tyberim ujque, perfodercijìbmum.

E le rileccò ultimamente Teodorigo Re de’ Goti, in oggi ritornati paduli. Accenna Ovidio ne’ Fatti effere flato padule, ove allora, e dove ora è Roma: B it ubi nunc fora fu n t, udee tenutre paludes, Amne reduvàatis fojfa madebat aquìs. Curtius ille Incus, Jiccas qui fujiinct aras, Nunc foli da efi teliti s, fe d fu i t ante Incus, g ita Velabro folent in Circum ducere pompai, Ntl prater falices, crajptque canna fuit-

Somigliantemente dove polla è ora quella città di Firen­ ze, al tempo del patteggio d’ Annibale erano probabilmente paduli ; ficcome da Polibio al libro terzo, e da Livio al ven­ tèlimo fecondo fi può vedere indicato. Conciofiìacofachò etti affermano [ benché il detto fia peravventura a molte, e gra­ vi difficoltà fottopoAo ] che Annibaie dopo tre , o quattro giorni di facicofo, e periglìofo viaggio per le paludi della Tofcana da Piacenza giunfe a Fietole, effendo in Arezzo il Romano Confole Flaminio; e cavalcando iopra un elefante vi perde un occhio; e li dice da Polibio, che quelli padu­ li erano vicino a Fiefoie, che pare, che follerò al di lotco^ imperciocché di fopra parla Livio: ‘Regio erat in primis h a ­ lite f ertili s, Etrufci campi, qui ftefulas inter , Arretiumque ja cent, frumenti , ac pecoris , & omnium copia rerum opulenti ;

e par verifimile, che tagliato il monte della Golfolina, fi afciugalìero i paduli, eiitàceflè il piano di Firenze; come da altre conietture confermar fi potrebbe ; benché di ciò non s’ abbia iftorie, e notizie certe, e ficaie. Quelli afoiugamenti di paduli per derivazione , o per colmazione fi trovano frequenti in molte parti dvl mondo, e fono flati penfiero , ed opera di favi, e magnanimi Principi; onde Svctonio di Cefare Augullo : Ad coercendas inundationes alveum Tyberis laxavit , ac repurgavit completarli olivi ruderìbus , xdtfictorum prolapfionibus coarlìatum . Il che potrebbe fervire di avverti­ mento a quelli ingegneri . che pretendono di rimet iare alle inondazioni con nflrignere gli a vei, ed i Leti de’ fiumi, e non con allargargli. Simili grandi, e degni penfieri hanno avuto ancora Je pm famofe Regine. Lo legghiamo di Semi­ ramide in l roperzio al libro terzo nella nona elegia : ‘Perfaritm fiatuit Babylana Semiramis urbem, Vt folidum coda tollera aggere opus . Et duo in adverfum ntifit per mania curnts.

Tomo

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§§


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Ne pofet tatto firingere ab axe latus. Duxit ¡¿r Eufratem medium, qua condiàtt arce!.

Narra Erodoto della ftefl'a Semiramide nella Clio, che ar­ ginò mirabilmente il fiume Eufrate, che allagava, ed .impa­ llidiva tutta la.pianura adiacente. Ma più viene commen­ data dallo ftefiò Iftorico la Regina Nitocre per 1’ opera ma­ ravigli ola , e ftupenda, che ella fece nello ftefiò fiume, la quale mi piace di raccontare colle parole ftefle del fopradctto lodato Autore: Primieramente il fiume Eufrate in ma­ niera ridujje tortuofo, che da primo correva diritto, fcorrcrido di mezzo la loro città, cavando di fopra fojft , talché tre volte arriva / correndo, ad un cajlello dell’ A (fri a . Il nome del camel­ lo , dove arriva l' Eufrate , è Ardericca . E quelli, che ora fo ­ no condotti da quefio mare a Babilonia, navigando pel fiume Eufrate, tre fiate approdano a quefto medefimo cafiello , e in tre giorn i. E quetta lo fece così. Dall’ una fpanda , e E altra del fiume alzò un argine degno d’ ammirazione ; tale è la fua grandezza, e i altezza. Molto fopra Babilonia [cavò alla pallide uno fcolo, alquanto tirando a traverfo dal fiume , pel profon­ do fempre fcavando fino all' acqua; e per la larghezza ( tacen­ doferie il f i o circuito ) di quattrocento venti ìhalj . La terra f 'cavata da qaefia [offa confumò terrapianando ,.le fponde del fiume , e poiché ju fatta quella fofia ,, conducendo pietre fece intorno intorno un orlo ; e fece queste due cofe , il fiume torto , e tutto il fojjò J,lagno , acciocché e il fiume f i facef f e piti lento , rotto in molte rivolte , e le navigazioni per JBabilonia fojjéro oblique , e dalle navigazioni>fuccedeffe un g i­ ro lungo di Ragno . In quella parte del paefe.fecc il lavoro, do­ ve erano le imboccature , e le fcorciatoie del ¡viaggio da’ Aiedj, acciocché praticando n$n rìfapeffero i fuoi negozj . E quefie cofe dal profondo pofe intorno, e ne venne un tale intramefiò, effcndo due parti della città, e il fiume tenendo il mezzo di quella. A tem­ po de' pafjàti Re , quando uno voleva da una parte pajfare all’ altra, bifognava pafjar la nave , ed era ciò come mi pare, cofa fiiflidio/à , e quejta ci provedde, poiché quando ella ficavò lo fica­ io al padule , lafciò quell' altra tnemoriu nel medefimo lavoro . Tagliò pietre larghiJfime, e quando poi eli’ ebbe le pietre appron­ tate, e il luogo /cavato , volgendo la corrente tutta del fiume nel luogo /cavato , in quello che quefio s' empieo> feccato l antico letto , non foto le fponde del fiume, che erano dentro alla città , e le fcefe, che portano dalle particelle delfium e, con mattoni cot­ ti alzò, conforme alle mura, ma ancora nel mezzo majftme del­ la cit-


P R E F A Z I O N E . xi x la città Con pietre da lei cavate fabbrico il ponte, legando le pietre con ferro , e piombo, e Stendeva fopra quefio ponte quan­ do era giorno legni quadri, fopra i quali pajfavano i Babi Ionef i , e le notti levavano quefti legni, a fine che andando ingiù , e insù la notte non fi rubaffero 1 ‘ un /’ altro . Ala quando lo f a ­ vo f u fitto /lagno, pieno dal fiume, e le cafe del ponte aggi fila­ te, truffe fuor a dallo Bagno nell' antico letto il fiume Eufrate, e cosi lò fcavo effendo divenuto palude , parve che fuße fatto op­ portunamente , e il ponte venne fabbricato per f ufo de’ citta­ dini . Io mi do a credere, che non vi farà alcuno , che molto

non.lodi, ed approvi quello gran pcniiéro, e ben degno d’ ■ una grande, e magnanima Regina; qual,(ombra eifere flato penfaco, e coriiigliato da valenti mattenv.uici , ed eccellenti , e forami architetti; c dimollra, che le tortuofirà de’ fiumi , febbene il più delle volte feomode, e dannofe alle campa­ gne, per la corroiione delle ripe, e dil'pentlio nel difender­ le, e per altre ragioni; fono talora utili anziché no, come avvila anche il Galileo nella lettera del fiume Bifenzio , ed il Viviani . E di vero noi veggiamo taiora per lo addirizzamento dell' alveo di un qualche fiume Ibernarli Ja navigazio­ ne ; ed io generalmente Jafcerei le cortuofità nella d Manza dal mare, e le leverei nella vicinanza, falciando però Tem­ pre la fteifa latitudine dell’ alveo , o piuttofto crefcendola quanto più il fiume al mar li avvicini; perciocché ivi crcfee la quantità delle acque , che per rivi , e fiumi in elfo sboccano, e feema il declive del terreno. E qui non man­ cherebbero eiempi de’ tempi antichi , e moderni di Umili grandi inrraprefe, intorno all’ acque, ed a’ fiumi, di Monarchi e di Regi, e Principi, e Republiche famofe, ed illuftri ; e quelle, che fi vedono nella Tofcana, operate da’ noilri favi, e clementiflimi Regnatori a benefizio de’ loro devotiflìmi fuddici non farebbero a niune altre inferiori . Ma giacché da tutti fi vedono , e fe ne prova 1’ utilità , tacendole per ora in quello luogo, vorrei, che dopo d’ aver coniidcrate le mutazioni dell’ arte, confideraffimo quelle della natura, in­ torno all'acquc, ed a’ fiumi . Il che parendomi, che molto bene confideralìe, e deferiveife Ariilotile nel libro primo delle Meteore ne! capo 14. ho Rimato bene di appreifo trafcriverlo:

Nun fempre però i medefimì luoghi della terra fono 0 acquof i , u afe u lti, ma fi mutano giuda le produzioni , e le man­ canze de' fiumi i perciò e tra terra , e fu i mare feguono delle § § z m-


XX P R E F A Z I O N E . mutazioni: e non fetnprc quella Jèguita ad ejfer terra , e quefio mare in ogni tempo; ma f i fa mare , dove era afetutto : e dove ora è mare, di nuovo quivi f i fa terra B fogna reputare però fa rfi quefie cofe fecondo un certo ordine, e periodo. Ma l' orì­ gine di quefie cofe, e la cagione f i è, che f interno della ter­ ra , come i corpi delle piante, e degli animali, ha i l fuo colmo , e la fua vecchiezza. ¿Ma a quelli non fegue ciò parte per parte, ma è uopo, che tutto a un tratto /¡ano nel colmo, o diano giù ' Ma nella terra ciò fi fa a parte a parte, a cagione del freddo, e del caldo. Quefie cofe adunque vanno crefcendo , e feemandò per amor del Sole, e per la fu a rivoluzione ; e perciò le parti della terra prendono differente virtù , talché fino a un tal tem­ po pijfono durare acquidofe, dipoi s’ afe/ugano, e sì invecchiano , e altri luoghi (i ravvivano, e fi fanno per una parte acquidofi. E certamente è necejfario, che divenendo afeiutte le campagne , i fonti f i ficchino ; accadendo quelle cofe , che i fiumi primiera­ mente di grandi divengati piccoli, e dipoi finalmente fecchi . Ma mutandof i i fiumi, e quindi. dìfiruggendofi, e generando/ene pro­ porzionalmente in altri luoghi, è necefario mutarfi il mare ; poiché dove fpinto da' fiumi foprabbondò , ritirand.fi è forza, che f i faccia /’ a/ctutto ; dove poi abbondando di correnti f i feccava interrando, di nuovo quivi s'impadultfca. Ma per lo farfi ogni fifica generazione alla terra appartenente appoco appoco, e in lunghifjtmi tempi rifpetto alla ttofira vita, quefie cofe . fenza che uom f e ne avvegga, fon fa tte, e prima avvengono le m orti , e i disfa­ cimenti d' interi popoli, che fi rammemori la mutazione di tali cofe dal principio alla fin e. hi vero adunque f i fanno grandiffimi guaBumenti, e velocitimi nelle guerre' altri per infermità , al­ tri poi per iBerilitadi : e in quegli alcuni grandi, altri in picco­ la parte ; talché fono ignote anco te trafmigrazioni di tali na­ zioni, perchè alcuni abbandonano i paefi, alcuni altri poi /tan­ navi fino a defo, finché il paefe non pofa più nutrire veruna mol­ titudine . Dal primo ubbandonamento adunque fino all' ultimo conviene, che fiativi lunghi tempi, fìccbè niuno f e ne ricordi : ma «fendo anco fulvi qu ei, che fono rim f i , per la moltitudine del tempo vengono ad andare in dimenticanza . Nella medefina ■ guifa è uopo giudicare efere ignote anco l' abitazioni, quando da prima furono fatte a etafeun popolo ne' luoghi mutati, e dive­ nuti afeiuttt di paduhfì, e acquof i , Coni¡affinchè quivi a poco per volta in molto tempo fi fa mere/cimento, di manie rat'hè. noti v ' ha ricordanza chi prima, e quando, e in qual c(//finzione di luoghi vi venifei come accadde ancora all’ Egitto. Poiché quello <t i

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/ . . ' ' itt-i *L7f/fì(t lQiì * la memoria del principio. Appare adunque anco tutte te foci , p o r i che quella di Canopo , eflere fatte a mano , e non tß re del fiume-, e anticamente l ’ Egitto ejfere fiato chiamato lebe. E lo vumijcjta anco Omero, per così dire , moderno rifpetto a quelle mutazioni. Conciofiìachè fa menzione di tal luogo , come Je Menti non per anco vi fuße fiato punto, o non tanto grande E ciò /la bene, che accada così -, poiché i luoghi bafiì furono abitati pojlertormente a' luoghi alti. Conciofiìachè i luoghi paludofiper piu tem­ po è forza, che fiano ì piu vicini alli interrimenti, per lo magna­ re femore più negli efiremi ; ma quefti fi mutano , e si f i "fan' nofertili,poiché afciugandofi, ì luoghi vengono a Bar bene, ma * ben temperati di principio, afciugandofi fuor di modo, divengono allora peggiori ; lo che accadde in Grecia, e intorno al paeje de5 , rf^rP vh e de' Micenei ; poiché quello degli Argivi al tempo ae troiani, per effer paludofo, pochi poteva alimentare, e il Mi­ ceneo Bava bene , perciò era più onorato, e ora è al contrario per la detta cagione . Conciofiìachè quefio è fatto Bevile, e ajciutto affatto i e i luoghi dell'altro che per lo impallidire erano al­ lora Jtcrils, orafono divenuti u tili . Siccome adunque accadde in a uè(lo luogo picco/o, il medefimo convien reputare, che accada anco in­ torno a luoghi grandi , e a’ paefi interi . ¡fittegli adunque , che riguardano al poco, reputano effer cagione di tali accidenti la mu­ tazionedell Umverfo, come f e fo(Je ah erabile il Cielo . Laonde dicono il mare divenir minore, come dìfeccandofi, perchè più luo­ ghi di prima fembrano aver ciò patito eli prefente. Ma di que­ lle co/e parte fon vere , parte non ve te . Poiché più in ve­ ro fono quelli, ebe prima erano acquofi, e ora fono interrili. Ma anco al contrario, poiché fpefie fiate riflettendoci troveremo efifere fopravvenuto i l m are. Ma non bifogna reputare efiere cagio­ ne di ciò la generazione del mondo : conciojjiacbè è cofa l'edico­ la per piccole, e momentanee mutazioni muovete £ Umverfo ; e la mole , e grandezza della terra non è nulla affatto rifpetto a ^ Ma di tutte quefle cufe bifogna reputar Crtufa il far(ì in tempi de(limiti ; come nelle /legioni dell'anno l'inverno • Così in un gran giro di tempo un grande inverno , e un eccefio di piogge > e queflo no» fempre fecondo i medi fimi luoghi , ma come i l diluvio detto Deucàlioneo\ poiché qtefto p> incipollii ente f u intorno alla Grecia , e in eflit circa alla Grecia antica , (bc è intorno a Da dune « e Acbcloo ; poiché quefio in moki l'amo /, §§ 3


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luoghi muto le correnti, perchè abitatati quivi i Selli, e quelli, che allora f i chiamavano Greci, e ora E lle n i. Adunque allorché J'egue tale eccefio di piogge, hifogna credere, che per molto tem­ po bufi , fiecome ora dell efiere tutti i fiumi alcuni fem pre correnti, alcuni no , vi è chi dice efieme caufa la gran dezza delle caverne fot ten anee, ma noi dichiamo la grandezza de' luoghi alti, e la dcnfiià , e la freddezza de' medefinii, poiché quefie e ricevono, e confervano, è producono molt' acqua, Mia tutti que'fiu m i, a'quali ffovraffano piccole moli di nienti, orade, e pistraje, e argillofe, mancano , nella maniera che è neceffario credere, che per quelli, ne' quali f i farà tal affluenza cf umore, fempre /correndo, f i facciano perenni le umidità Uè’ luoghi : e col tempo quelli apparironofarfi più aridi, e quelli, che fono acquofi, meno, finché ricevano il medefimo periodo . Ma poiché è forza fa rfi quaiche mutazione del tutto [ non mica generazione, o corruzio­ ne, poiihè fia fermo l Univerfo J è forza, ficcome noi diciamo » non e(ser fempre i medefimi luoghi pel mare, e pe' fiumi umidi > o fempre jet chi. E lo manif i f i a il fatto fiejfo ; poiché gli Egi­ ziani , che noi dichiamo efiere i più antichi del mondo, il fora jpaefe tutto apparifce pofiiccio, ed efiere opera del fiume , e muf­ firne guardando il poefe fiejfo, è manijefio ; e ne fono fufficiente argomento l adiacenze del mar Rofio. Poiché un certo Re tentò di tagliarlo , perchè v i farebbero non pieciole utilità, fatto navi­ gabile tutto quel luogo . Si dice , che S effiri f u i l primo degli antichi, che tentaffe ciò: ma trovò efere i l mare più alto della ter­ ra . Per quedo egli primo, e dopo Dario laffcìò fiare di tagliare » per non guafiare il corf i del fiume mefcolandovì i l mare. Adun­ que è manifello , che tutti quedi luoghi erano un mare conti­ nuato . Peraò i luoghi intorno alla Libia Ammonia appaiono più ha(fi, e più cavi a proporzione del paefe inferiore . Concioffiachè è manifedo, che fatta l' interrimento, vieti fatto palude, e ter­ re ™ Col tempo poi V acqua quivi rima]a, o fiagnante ficcata/!, già f i annichila . Ma anco i contorni della palude Meotica creb­ bero per l alluvione de fium i, tanto che navi per grandezza mol­ to minori vi navighino ora per mercantare » che 60. anni fa Talché da qucfio è facile l ' argumentare y che a principio ficcome molte paludi, coti anco quella è opera de'fiumi -, c che finalmen­ te è neceffario, che tutta f i fecchi. Inoltre il Bosforo fempre flu ifie, perchéfempre depofita , e fi può anco vedere ocularmente, in che modo tali coffe accadano . Poiché quando la corrente, che veniva dad'Afta faceva ripa, fifece la palu­ de deretana r p w b de principia, di poi fi affciugh . Dopo quefir un?


P R E F A Z I O N E . xm un' altra ripa di verfa da quefìa, e da quefla una palude: e qtte* fio fempre cosi accade jm tlm evte. E fatto ciò molte volte, è for­ za che col procejfo di tempo fi faccia come un fiume , e che final­ mente fi feccbi . E chiaro adunque , poiché il tempo non vieti metto, e /’ univerfo è eterno , che ne la Tarn, nè il Nilo fem­ pre fluirono, ma che ma volta era afciutto il luogo, onde eglino fcorgano. Conciojfiachè fi opera loro ha termine , il tempo non fi ha. E fimilmente quefto anco negli altri fiumi converrà dire . ¿Ma J e i fiumi f i generano, e f i perdono, e non fempre i medefim i luoghi della terre fono acquofi, anco il mare è necefiario, che parimente f i muti. M a il mare di qua ritirando/!, di qua inon­ dando fempre , è certo, che di tutta la terra i luoghi non Jon fempre i medefim i , e che quelli fon mare , quelli terra ; ma col tempo f i muta ogni cofa . Perché dunque non fempre i medefimi luoghi of i colmino di terra, o fieno navigabili, e per qual caufa quelle coje accadano , f i è detto-,fimilmente urico perché de’fiumi alcuni fon perenni, alcuni no .

Dopo il racconto fuddetto d’ un infigne rinomato Filofo'* fo dell’ Antichità , di Geometria intendentiffimo, qual fembrami molto buono, e giurìizioiò, {alvo che nella falfa opi­ nione dell’ eternità del mondo ; mi piace d’ addurne un altro limile, e fopra la ftefla materia di un eccellente Storico, qua­ le li è Polibio nel 4. libro della Tua Storia, ove dice così; Ma che la Meotide , e ’l Ponto continovamente fgorgbino fuo­ ri , due fono le cagio-'.ì -, una invero naturale, e a tutti manifefla , perchè molti fiumi entrando nel circuito di vafi determina­ ti , fempre più , e più /’ acqua f i accrefce ; che j e non avefiero [colo , btfognerebbe, che fempre s’ alzajfiro , e maggiore , e più ampia cavità occupaffero . Ma e(findovi gli fcoli è d’ u p o , che ciò che ridonda, e avanza, /correndo flutfea, e corra continova­ mente per le bocche, che vi fono. L altra f i è , perchè molta ter­ ra , e d ' ogni fo n a portando nelle predette cavità i fum i, giufla 1' abbondanza delle piogge, /premuta l'acqua dalla terra am­ montatavi, fempre viene ad alzare , e [coire nel medefimo mo­ do per gli fcoli che vi fono. E portandofi da' fiumi terra , e ac­ qua continovamente, e fenza mai cefa r e, è necefiario ancora, che continovo [cargo , e fenza cefi'are f i faccia per le bocche. E quefie fono le vere cagioni dello [gargare Juori il Ponto, che no» accattano fede dalle narrazioni de' mercatanti, ina dalla contempla­ zione naturale , di cui non è agevole il trovarne una più accurata. E poiché fiamo giunti a queBo luogo, niente è da tralafciarf oziofo, né anco delle cofe pafic nella Befia natura , fic$$ 4


aridi

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come fin o Shnì folìti dì fa re i più degli flo r id i ma ailla warrazione farà bene aggiungere la dìmnflrazione, acciocché niente delle cofe ricercate Infoiamo dubbiof i agli fludcofi ,* poiché quefio è proprio di queftt tempi prefenti , ne' quali efendofi il tutto fenduto viaggiabile, e navigabile, non iflà bene fe rvirfip er tefiivionj delle cofe , che ft ignorano, de' poeti , e de*favoleggiatori , ficcarne fecero per lo più quelli avutiti a noi, citando nelle cofe dubbie autori poco fedeli feconda Eraclito •, ed è da sforzarf i per la fit fia florin acquifa r e Jufficiente credenza di veduta prejjo gli uditori. Dichiamo dunque, che quel luogo s’ intereifce, e già da un pezzo, e ora di preferite i e col tempo interrirà afatto, e la JMotide,. e qttefio, durando la fieffa fit nazione d’ intorno a que' luoghi , e operando continovameme le cattfe dell’ interrimento .. Poiché eflendo il tempo infinito, e le cavità in tutto, e per tut­ to determinate, è chiaro. che quantunque ciò che vi é portato Jia poco, col tempo s’ empiranno-, concio/fiachè così è determinatap er natura, che f e alcuna cofa finita in tempo infinito f i gene­ ra continox amente , o f i corrompe , benché f i faccia appoco appo­ co ( poniamo ora così ) è necejfario che f i termini per lo Conti­ nuo arrogere . Ala quando non appoco appoco , ma molta ter­ ra vi f i porti, è manifefto , che non una volta alfine, ma pre­ dio avverrà, che e' f i faccia , ciò che da noi ora f i diceva ; anzi appurifce , che e’ f i fa . E certamente accade che la Meoti de s* intenifee ì poiché nelle più parti di effia è fe tte , e anco cinque: orgie fonda. Per lo che non è pojfibile il navigar la alle gran na v i fe n za guida. Ed eflendo da principio queHu un mare confluente col: Pomo , come concordano g li A m ichi, ora è una palude dolce, cacciato via il mare dalle alluvioni, e prevalendo lo Jcarico de9 fiu m i . Il fintile farà anco nel Ponto., e ora già fegue\ ma a' più non apparifee gran fatto fante la grandezza dell’ alveo _ Ma a quei, che vi badano punto punto, anco adeffo i l fatto è manifef i o . Poiché sboccando l' Ifiro con molte bocche dall' Europa nel Ponto, a queflo quafi per 125. miglia accade, che e' f i componeuna flrifeia lontana da terra una giornata > e ora* giornalmen­ te quella crefce dalla mota, che vieti portata dalle bocche,, dal che ancora i naviganti del Ponto correndo in alto mare impru­ dentemente battano di notte in quelli luoghi , che ì marinari chiamano petti. Ma che queflo. argine fi formi non vicino a ter­ ra , ma pu lo più fu la nutafpinta avanti, fi dee credere quefa tjfcrne la cagione.. Poiché- in quanto le correnti de' fiumi per la forza del corf i prevalgono, e Jifpìngono i l mare,, incanto è far* z a , che amo lu terra, e m i e le cofe portate dalle correnti e-


P R E F A Z I O N E . xxv tio fiofipbue innanzi, e non ricevono huiugìo , nè pufa alcuna i e quando per la profondità , e abbondanza del mute giu perdono di forza le correnti, allora è ragionevole naturalmente, che la terra, portata a bufo, riceva ritardarnento, e fermezza. Per quello gl' interrimenti de’ rapidi , e gran fiu mi in tarano lon­ tano: e vicino a terra il mare c profondo, ma de fiumi piccoli, e che dolcemente corrono, vicino alle foci mede(ime $’ innalzano i ¿orfi. E quello maffimametue fi f a manifefto nell' abbondanza del­ le piogge i poiché allora anco i piccoli fiumi prevalendo alle onde circa alla foce, tanto innanzi nel mare fpingono la terra, che a proporzione di ciafcuno f i fa l’ allontanamento fecondo la forza de'fiumi influenti. La grandezza della detta ftrifeia , o in univerfiale la copia delle pietre portate , e de’ leg n i, e della terra venuta da' fiumi in ntitn modo è incredibile, perchè farebbe en­ fia Jciocca il dubitarne , vedendofi cogli occhi che un ordinaria torrente in poco tempo fipefio ficava, e taglia luoghi a lti, por­ tando ancora ogni genere di materia , e di terra , e di pietre , e facendo tali interrimenti, che talvolta rende diverfi, e in verun modo ricognoficibili i luoghi medefimi in breve tempo . Per le quali cofe non è da maravagliarfi, come sì gran fium i contiflavamente Jcorrendo facciano alcuna delle predette C0je, nèfie in fine empieranno i l Ponto; poiché non probabile, ma necejjut io efi­ fiere ciò apparirà fecondo un giufio raziocinio . Segno poi del futuro è , che quanto ora la Meotide è più dolce del mar Politi­ co, tanto fi vede apertamente differente il mar Vomico dal notiro. Dal che è manifefto, che quando tl tempo , nel quale acca­ da effier piena la Meotide, averà al tempo la ffeffa proporzione, la quale ha la grandezza dell’ alveo, ali’ alveo, allora accadera, ebe anco il Ponto f i faceta dolce, e paludofio, e hlagnante, come la Meotide-, anzi tanto più prejlo è da crederfi in quello, quanto m aggiori , e più fono le correnti de fiumi , che fi fcurtcano tu effi0 . (¿uefte cofe adunque fiano dette contro quelli, che non cre­ dono, che fie il Ponto s*interra anco di prefeme; accoderà una volta, che s’ empirà, e diverrà pedule > ^ luogo umido. E moJ tf più fia ciò detto anco per amor della fai¡ita de’ naviganti >e del­ la loro cupidigia di contar miracoli, acciocché ad ogni detto non fiamo forzati a ilare a bocca aperta puerilmente j>er poca fipertenz a ; ma avendo alcuni vefiigj di verità, da effi pojjtam giudica­ re i l detto di chicchefita, fie è vero, o il contrario .

Il racconto di Polibio valente idoneo , e molto di geo­ metria intelligente , come fi ravviò m quello ed luoghi delle lue Storie, è molto conforma al d m ia m e ^


xxvi P R E F A Z I O N E . Ariftotile nel luogo Covra allegato, ed alla verità, e alla ra. gione; quantunque il mar Pontico fi riempia più adagio di quello, che per avventura egli aveva d iv ia to , come nota il Busbcchio nelle lue lettere . Ed ora dopo le oflervazioni di un fbmmo Filolofo, e di un grande Storico intorno alle mu­ tazioni de’ fiumi, e de’ mari, e dell’ acque, per ciò conferma­ re col parere d’ ogni genere d’ uomini dotti, addurrò quello, che ne dice un infigne Poeta, quale fi è O vidio, nel decimo quinto libro delle lue Trasformazioni; Vidi ego, quodfuerat quondam JblidiJfima tellus, EJJe freturn-, vidi fralias ex £ quote terrai. E t procul a pelago conchx jacuere marina , E t vetus inventa etf in montibus anebora fiummist Quoique fiutt campus, valletti deeurfus aquarum Eecit, & eltioie tnuns ed dedutftts in aquor » Eque paludoja fiscis burnus arct arenis, Quaque fittiti tulerant, ¡lagnata paludìbits bument. Htc jontes natura novos em jit , àt Ulte Claufit, & antiqui s tata multa trenionbut orbis piumino profiliunt, aut excacata refidunt. Sic ubi terreno Lycus efi epotus Inatti, E xijìit procutlune, aInique reneficitur ore: . Sic modo cambibitur, teclo modo gurgite lepfius \ Redàitur Avgolicis ingens Erafinus in arvis „ E t Myfium capitifique J u i , ripaque prioris Pcenituijje Jerunt: alia nunc ire Cay.cttm, fiec non Sicanias volvens Amenanus arenai filane fiuti, interdumfiupprefiisftmtibus are/. Ante bibebatur, nunc quas contingere nolis lundit Anigros aquas : podquam ( nifi vatibus otttnk Eripienda fides ) illic /avere bmembres Vulnera, clavigeri qua jecerat Hercuhs arcus. Q uid? non ¡¿r Scytbuis Hyfipams de montibus ortus Q u iju erat dulcis, fiulibus vitiatur amatisi Eiu d i bus ambi t£ fu troni AmiJJa, cPbarojque -, E t Phcenifia Tyros; quorum nunc infula nulla eli. Leucada continuasti veteres bubuere coloni, fiunc freta circumeunt : Zoncle quoque junfta fu ijjì Elici tur Italia : dotiec confinia pontus Abdulit i media tellurcm rcppullit undit. •SVquarta tìeltcerti, & Barin Achaidas urbes

invmss fub aquts, & adirne offendere naut*


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XXVII

Inclinata folent cum manibus oppida merfis. Efi prope Pyttbean tumuliti Trazena, fine ul/is Arduus arboribus, quondam planiffimu campi isirea , nutic tumuliti: nani ( res horrenda relata ) Vis fera ventorum , caéis inclufa eavernis Expirare aliqua cupiens, luñataque frtt/lra Libertare fr u í cielo, cum carcere rima Nulla fa r et tato, nec per via flatibus efiet, Extentam tumefecit bumum ; ceu f piritas orit Tendere vejjtcamfolet, aut derepta bicorni Terga capro : tumor tile loco permanfit, & alti Collis baiet fpeciem, longoque indurvit avo:

Fin qui il Poeta delle mutazioni dell* acque , e della ter­ ra, ed in confermazione di ciò Lattanzio : Pojptm enumerare quoties tepentinis quuffata motibus vel hiaverint tetra , vel defcm derint in ubrupium : quoties demerfa flulhbus <¿p urbes. £?* infula abierint in profundum, frugíferos campos palude* inunda*verini, flamina, <¡p ¡lagna ficcavain t . E Seneca nel fine della confolazione a Marcia; Nam (ì potejl tibi folatio effe drfiderii tue commune fatum, nibil, quod Hat, loco Babit. Omnia Jlttnei , abducetque fecum vetu/lns nec bominibus folum ) quota enirn t/la fortuita potentia portio efi? ) fe d locis, Jed región.bus, fed mundi partibus ludet: tot fupprimet montes , & alibi rupes in altum novas exprimes : maria forbebit , flumina avertei i & com~ mento gentium rupto, focietatem generis bumani, cceiujque diffo lv e t . Sin qui Seneca, e bifogna confeilare con Manilio

che :

Omnia mortali mutantur lege creata, Nec fe cognofcunt terra vertentibus annis.

Strabone, al libro primo, molto parli, e ragiona di s' ratte mutazioni, delle quali molte, e grandi li trovano negli anti­ chi Scrittori. L ’ Ifola di Circe, ora detta Mo te Cercelli , non è più ifola, ma alla terra congiunta. La Sicilia non eia in antico divifa dall’ Italia; e cosi Abila , e Calpc allo (Letto di Gibilterra, il quale in antico, rotto dall’ Oceano, cuop.ì, ed empì di mare lo fpazjo, che è fra 1’ Affrica, e 1 Italia, e mar Mediterraneo fi addimarada, il che accenna Platone, per tralafciare altre molte minori mutazioni di terrene di man, e di fiumi, che nelle remote, e nelle vicine parti del mon­ do fi vedono a’ noftri tempi, o fi narrano nelle antiche ìto’ ’le quali cola lunga farebbe , e ted'.ofa il ragionare i luogo; che però tralafciando tale iuchieiu U ui P 6

$ §

6


xxviii

P R E F AZIONE.

me brevemente poche cofe fopra gii Autori della prefcnte Raccolta, Ed incominciando dal primo, che è il più antico, epiù farnofo , cioè Archimede, eglifuSiraculàno, e vide, e fio­ rì fiotto Tolomeo Evergete nella Olimpiade 142. cioè avanti il naficimento del nollro fiommo liberatore Gesù Criilo 221. anno, e fu chiamato da Livio unicum Cedi, fiderumque fipeciatorent, Cicerone, il qual con Comma letizia ritrovò il tuo fepolcro, nel primo delle queftioni Tufculane lodando lui , e ia fua maravigliofa sfera ebbe a dire : ìdam cum Archimedei lume, Soiis, quìnque errantium motta in fipheeram iUigavit , effecit idem , quod ille qui in Timeo mundum ccdificavit Platonis Deus ut tardi tate, & celeritate diJJìtniUimos motus una regeret converfio. Quodf i in hoc mando fieri fine Deo non potefi; ne in fipheerd quidem eofdem motus Archimedei fine divino ingerito potuijjet imitati. Sopra quella sfera d’ Archimede vi è il fa mo­

lo epigramma di Claudiano: Juppiter in parvo cum cerneret <£tbera vitro, Rifit, & ad Superos talia dida dedit : diaccine mortalis progreffia potentia cura ? fatti meus in fragili luditur orbe labtr. 3 ut a poh, rerumque fidem, legejque Deoruni ficee Syracufius tranfluiti arte Senex Inclufum variìs fattiniatur fipiritus aflr'ts, Et vivum certis motìbus urget opus. Tercurrit proprium mevtitusfigmfer ennum» Et fimulata novo Cyntbia tnenfe redit. famque fintini volvens audax indufìria mundum» Gaudet, & bimana fiderà mente regit. Q uid fa i fio infontetti tonitru Salmonea mirar 1 JEmula natura parva reperìa mania

Tertulliano parco, e Icario lodatore di tutti li Scrittori G en tili, benché di fama, e di ingegno famofiflimi, molto lo* d a , e commenda una altra invenz ione di Archimede, e l’ adat­ ta alla fpiegazione dell’ unità dell’ anima: Spedo portentofiffimam Archimedis munificentiam, organtim bydraulicum dico, tot metu­ lli a, tot partes, tot compagina , tot itinera vocum, tot compen­ dia fonarum> tot commercia modorum , tot acies tibiarum ; <&* unica moles erant omnia. L e lodi poi, che danno ad Archi-

mede tutti li primari Scrittori G reci, e Latini, e per la sfe­ ra fuddetta , e per aver folo tirato in mare una gran nave fatta fabbricare in un anno dal Re Jerone da 300. maeftri, éd alia ièrvi, la quale è deferitta da Ateneo» e non fu mof-


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xxvm,

là da un gran popolo: e per la lunga, e.maravigliofo difeià, che fece alla pauia Sir acùfa contro l’armi, e le navi ilei fatuoio Roma­ no duce Marcello, e per le altre file opere, e per gli fuoi ammirabili ritrovamenti; fono tante, e sì grandi, che richie­ derebbero tempo, e lunghezza a raccontarle, e raccorle. Ma chiunque ne avelie vaghezza, può vederle in Polibio, ed in Livio, ed in Tullio, ed in Plutarco, ed in molti altri Auto­ ri, benché fono ancora in parte raccolte da David Rivalto nell’ edizione delle lue opere rimate, e confervate dopo due mila anni dall’ ingiuria del tempo . Il perchè mi pare di po­ ter heuramente affermare, che non fi trovi in niuna feienza alcun Latino, o Greco, o altro fcrittore così lodato comune­ mente, e generalmente da tutti, come quello noftro . Ippocrate, Platone, Àriftotile, Virgilio, e Cicerone, ed altri Au­ tori a quelli fomiglianti, meritano., ed hanno fomma, ed immenfa lode dagli Scrittori; ma non mancano loro detrattori ne’ tempi amichi, e ne’ moderni, ed in tutte le lingue . Di Archimede poi non trovo fe non plaufo, e lodi in tutti grande, ed univerfde. Solo fra gli antichi trovo Poffidonio, che non gli credeva intorno alla figura dell’ acqua ; che pe­ rò ne viene riputato pazzo da Strabone, il qual dice , che non effóndo mattematico doveva credere a lui grande in que­ lla arte, e non a certi volgari architetti. Fra’ moderni Giuièppe Scaligero lo riprende ridicolofamcnte, perchè adoperaffe numeri nella Geometria ; onde a ragione ne viene afpramente riprefo, e raanifeftamente convinto da Adriano Roma­ no.'Pappo Aleffandrino annovera quaranta invenzioni, o ri­ trovamenti meccanici di Archimede; onde fi comprende efferfi Ja maggior parte perduti; quantunque quella della sfera, e del cilindro, che fi trovò fcolpita nel fuofepolcro, pare, che anche egli Ìleffo ilimaffe la più degna, e la migliore. Fra gli altri ritrovamenti di Archimede fu fempre Rimato bello , ed ingegnato quello, per cui conobbe quanto argento, ed oro era mefcolato nella corona d’ oro fatta fabbricare dal Re Jerone, dall’ artefice ingannato; il che parmi di raccontare colle parole di Vitruvio; Ardirne dis vero cum multa miranda in­ venta , & varia fuerint ex omnibus etiam infinità folertià id qitoi exponam, videtur eo fe expreffam nimium. Utero enim Syracufis andtts regia poteftate rebus bene geftis cum auream coronavi votivavt D iis immortalibus in quodarn fatto conflituìfet ponendovi,imma­ ni pretto locavit faciendam , & aurum ad facoma appendit rederupiori. Is ad tempus opus manujaduni fubtiliter, regi appropavit,


xxx P R E F A Z I O N E . bavit , & ad facoma pondus corona vifus efi pr affitifo . PoBe. aquam indicium efl fa ilu m , dempto auro tantumdem argenti in ¡d coronartutu opus admixturh futfje , indigna tus Utero J e tontemfiu m , ncque inveniens qua rat ione idfurt/m deprehenderct, rogaVtt Arcbìmedem, ut in fe fumeret de eo cogitationem . lune is cum baberet ejus rei emani, cafu venie in bahteum, ihtane Cfitti in fo li uni defeenderet animadvettìt quantum corpprtf fu i in co infideret, tantum aqu£ extra fo li uni efiter e. Itaque cum iju s rei rattonem explicationis ofendifet, non ef i móratus, f e d exìlvit gaudio mòtus de fo lio , nuditi vadens domani verfus ftgnificabat clarà voce id in v e r ile , quod quareret ; nani currens identidem Giace clamabat : 'évpyxu, , cuprea Tum vero ex eo ìnventionis ingire/Su duas dici tur fccijje majjas (equo fondere, quo edam fuerat corona, unam ex auro, alteram ex argento , Cum ita fe c i f o t , vas amplum ad fumma labra implevit uquà\ in quo demifit urgenteam maffàm , cujus quanta magnitudo in vaje deprefa efi , tantum aqua effluxìt . ha exemptà mafia quanto mìnus fattttm fuerat, refudit , fextorio menfus, ut eo­ dem modo , quo prius fuerat , ad labra eeqnaretur . Ita ex eo invenit , quamum ad certuni pondus argenti certa aqua menfura r effonder et . Cum id experfus ejjet, rum aurea m mafarn fim iit ter pieno vufe demifit , et eà exemptà eaderii rat ione menfura addita invenit ex aquà non tantum defhtxifo , fed tantum mi~ m s , quantum mìnus magno corpore, eodem paniere auri malfa efet, quam argenti. Poftca vero replcto vafe in eadem aqua ìpf a corona demif a , invenit plus <iqu<e defluxffe in coronavi, quam in auteam eodem fondere mafjam ; & ita ex eo , quod plus aquoe defluxerat in coronam , quam in mafiam, ratìocinatusdeprehendit algenti inauro mìxtionem, & mantfefium furtuni redemptoris.

Da ciò nacque peravventura 1’ occafione del Trattato, che fece Archimeue delle cole, che Hanno nell’ acqua, il qua­ le fu poi dopo tanti fecoli illuftrato dal Galileo col tratta­ to delle galleggianti, e 1 ' uno, e 1’ altro conferifcono mol­ to alla cognizione, cd alla feienza deif acque, e da’ fiumi; e tal dottrina di Archimede, e del Galileo pare, che intendeflè^ anche Ovidio , quando dille J’ acque del Ponto , per lo ingieiìò , e per lo sboccamento in elio di 40 fiumi eifer più dolci , e più leggiere dell’alrre acque del mare; Copia tot laticum, quas auget, adulterai undas , Nec patitur vires (equor babere fu a s. ìnnatat uni a freto dulcis, leviorque marina efit Q u x proprium mixto de fole pondus babet.

Sene-


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xxx i

Seneca eziandio nel libro terzo al cap. 25. delle naturali quefiioni pare , che 1’ incei ideile ; Si aqua gravior efi , ìeviorem rem , qttain ipfa e jl, fe r ì ; & tanto fupra Je extollit , quanto erti levior . At f i a q u x , & ejus rei , quarti contra ptnj'ubis , par pondus e rti , ncc peflum ¡b it , nec extabtt , Je d teqitubnur aq u a . & natalit quidem , feti pane merf a , ac nulla emincns parte. Hoc efi city quidam tigna fu ­ pra aquam pjene tota ejferanfttr, qu-edam ad medium JubmiJfa fint : quidam ad (equilibrila» aque defieudunt. Nam cutn utriufque pondus par efi , neutra res alteri cedit ; graviora deJCen­ dant : leviora gefiantur : grave autem , leve ed non exidi r/iatione nofirà, Je d camparatione ejus , quo vebì debet. Itaque ubi aqua gravior efi bomtnis torpore , ani fa x i , non finii i d , quo nati vincitu r , mergi.

Ma ritornando all’ opere d’ Archimede , le quali non erano mai lette dal gran Linceo fcnza infinita maraviglia , e iìupore fono quelle, clic accennerò apprcfio . Della Sfera, e del cilindro , ovvero delle dimenfioni di efiì corpi tanto per la fuperficie > che per la folidità. Il che egli fece con un metodo ingegnoiiflìrao per ifcrizionc di coni encro la sfera, e fu il primo , che trovale la propor­ zione del cilindro alla sfera in iè compì efa edere fefquialtera, cioè come tre a due, prendendo per fuperficie del ci­ lindro ancora ambo le bali. E di quella opera par che più delle altre 1’ ideilo Archimede fi compiacerle , volendola fcolpita nel fcpolcro, come l'opra fi difle . In altro libro trattò delta MìJ'uro del cerchio fimilmente per ifcrizionc di poligoni, ed infegnò un metodo di determinare la propor-, zione del diametro alla circonferenza del cerchio con qualÌIvoglia precifione, il che in ordine alla pratica è Io ftelfo, che la quadratura del cerchio »• il cui ritrovamento per anche ignoto avrebbe oramai più del bello , 'e dell’ ingegnofo » che dell’ utile . In altro libro trattò delie Sferoi­ di , e Conoidi , nelle quali toccò la proprietà delle lezio­ ni coniche ; ma non così generalmente, come dopo fece Appollonio Pergeo . Nel quarto libro trattò delle linee fp ira ti , colle quali tentò la quadratura del cerchio . Nel quinto libro trattò, e trovò mirabilmente la quadratura delia parabola. Nel fedo libro chiamato V Arenajo fece il computo delle arene , che potrebbero eifer compreiè nello fpazio del Cielo , dimoftrando efier vana I’ opinio­ ne di coloro, che credevano infinito il numero delle are­ ne del mare. Queito libro è pieno di agronomici fuppofti, t qua •


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quali dimoftrano, che egli circa il fiftema del mondo-tencfle l ’ opinione de’ Pitagorici. Ed inoltre li ha il fovraccennato libro delle cofe , che nuotano fieli' acqua. Reftando Polo la fa­ ma, ed ¡1 nome, ed il delìderio delle altre opere numerate da Pappo, e da altri accennate, E grande, e fumofa qmftione infra i Letterati , fe veramente egli bruchile le navi di Marcello colli fpecchi ardenti, che Uftorii li addimandano y fendo ciò taciuto da Polibio, e da Livio Storici famoii, e vicini a’ fuoi tempi, che parlano dell’ attedio di Srrac'ufa, e di Archimede diligentemente. Lo affermano Galeno, e Gio.* Tzetze, e dopo elfi molti altri più moderni autori; nè ardi­ rei in quello luogo ciò affermare , o negare . E tanto per ora batterà aver detto di quello primo, e fublime Autore del­ la prefente Raccolta, Segue il fecondo, che è Lorenzo degli A lbizi, di cui non ho potuto raccogliere altra notizia, fe non che il fuo Dialogo quivi ftampato Io dimoft.a molto franco , ed efperto in tali bifogne; e per quello, che mi riferifcono alcu­ ni di tal materia intendentiffimi, e pratici de’ luoghi, e del­ ie cofe, fopra le quali ragiona', debbc ftimartt molto favio, e giudiziofo, Il follo di Ripafratta, che congiunfe con gran­ de utilità le acque del Serchio a quelle dell’ Arno da lui ar­ chitettato dimoftra il fuo valute i ed incendo che le fue confiderazioni ignote, o non avvertite dal Valdeftrat, e da chi promoffe il nuovo foffo di Migliarino per afciugare, e deri­ var 1’ acque da quelle campagne comprovano il fuo fommo accorgimento nella materia dell’ acque. Seguitando la Raccolta de’ nottri Autori’per ordine de’ tempi fi potie in terzo luogo Galileo Galilei, il quale per dillo colle pa­ role del famofo Lionardo di Capua, baila Polo ad ofcurare la "Ioria di tutta quanta l’ antichità; nome come dice il Cartelli «bene­ merito dell’ univerfo, e confecratp all'eternità. Ella Liodati Franzefe, per l'angue, e per virtù nobiliffùho, il qual vennq in Italia, folo per vedere il Galileo, come racconta Monfignor Eeone Allacci in una fua lettera, dice, che le gran co­ lè non fi potevano fperare fe hon dal Galileo ; ed in altra fcrivendo a Coftantino Ugenio: I l òig. Galileo Galilei ( i l fo . lo nome del quale fenza altra più particolar denotazione manifejht r eccellenza del fuo merito , come di perfona Jingoiare nel nofiro fecolo , avendolo illuBrato per le cofe da lui ritrovate nel Cielo , inaudite , e incognite ne' fecoli papati. ) E qui fi dee confiderare, che paria d’ im tempo, e di un fecolo, in cui fo­ ni?


PREFAZIONE.

m iir

no (lati molti, e ‘grandi MattemaCici j, e fu il Diodati di una nazione in tutte le fetenze, e nella Geometria eziandio cultilfima , e famofiifima . Ma io voleffi qui raccorce le teIlitnonianze, e gli elogi degli uomini dotti e niella Fran­ cia, e della Germania, e dell’ Inghilterra, e dell Olanda , e dell’ Italia fopra il Galileo , troppo mi allungherei; e pof-' fono vederfr e nell’ ultima edizione delle opere fue pub­ blicata 1' anno 1718. ed altrove agevolmente. Le fue opere per la maggior parte conferilcono alla fcienza de’ fiumi, e dell’ acque , ma particolarmente quelle , che in quella Raccolta fi pongono> cioè due lettere, ed il Trattata dello galleggianti. Dice egli nella lettera allo Staccoli fopra il fiu­ me Bifenzio, che in quefta fcienza fono flati molti errori, ed equivoci comincili , mattime prima che dall’ Abate Cartel­ li nel fuo dotto libretto Della Mìfura dell' acque conetiti i proiettori ne futt'ero renduti cauti , ed accorci , i Non in­ clina a rimuover così di leggiero le tortuolìtà de’ fiumi, e moftra, quanto ila facile in quelli ofcuriffimi movimenti cìell’ acque l’ abbagliare.- loda il nettare , ed allargare, ed arginare, e fortificare i fiumi, e dà molti altri utiliffimi do­ cumenti intorno a tali materie; anzi può a buona equità dir-* fi tale fcientea’ fira figlia, come da lui fcmìnata , e piantata 9 benché dal Cafteili molto coltivata, e crelciuta , ed a matu­ ro frutto ridona , e dipoi dal Michelini, lorricelli, Borelli, Viviani, Gugtielmini, ed altri della fletta fcuola augumentata, ed scénsiciuta, e dilatata. ; ' Si è pollo in quefta Raccolta dopo il Galileo il fuo fedare Calitili,.che a luì molto fi dichiara obbligato per li fuoi iniegnaroenti . Il fuo libro Delia xHMifitvà dell acque coti ente viene da etto Gufile,o veramente aureo giudicato . Getta ili etto libro nuove, e vere, e ilabili fondamenta di tale fcien­ za da tflò prima ben coltivata, c perfezionata, onde tutti i Geometri ti’ Italia, e di fuori gli accordano in tale fcienza il primato, e lo lodano, e citano in tali bifogne foventemente . Oltre le dimoftrazioni, e le regole generali, molto, e be­ ne ragiona delle cofe particolari , e mattinie l'opra il fiume Reno di Bologna , rima la Laguna di Venezia, e fovra le paludi Fontine» fovra il lago di Perugia, e fovra le campa­ gne di Fifa, e de’ fiumi Arno, e Serchio . e Fiume morto; ed in quella Raccolta oltre le opere già prima ftampate vi fo­ no altre lettere concernenti la Laguna dì Venezia con una ri{patti del Padre Cavalieri pur difcepolo del Galileo, e^umolb Matteiaatico.


xxxirn

P R E F A Z I O N E .

Segue dopo le opere del Calteli!, quella Della direzlon de* fu m i di Don Famiano Michelini non volgar Matematico: ed uno di que’ favi uomini dell’ Accademia del Cimento , fa­ vorita , e promoffa dalla Reai Cifa de’ noftri clementiÉmi Regnanti, e madre , e fonte , e principio di tante nuove , utili, e belle verità, ed efperienze, alle arti, ed alle fcien­ ze, ed alla vita civile vantaggiofe ; e fu quello autore mol­ to adoprato in Firenze per la direzione delle acque , e de* fiumi. Dopo quella vengono alcune opere di Gio; Alfonfo Boreili. parimente Accademico del Cimento, e per le fue opere già pubblicate affai chiaro, e famofo, Fu egli Lettore di Mattematiche in Pifa con molta fama ; e molto valfe in adatta­ re la fcienza alla materia, e le m ditazioni alle operazioni, come da’ fuoi libri De' moti degli animali, e da gli altri chia­ ramente fi manifefta. Concernente alla materia dell’ acque fi pone in quella Raccolta un difcorfo fovra la Laguna di Ve­ nezia; una relazione fovra Io llagno di Fifa; un Supplemento da aggiungerli alla propofizione del libro fecondo del Cailelli, e due frammenti di relazioni al Gran Duca Ferdinan­ do. Geminiano Montanari da Modana Lettore in Padova , ed in Bologna, molto valfe in tali fcienze, come fi vede da quel­ lo , che di lui fi legge nella prefente Raccolta; e fono le fue opere molto utili, e giudiziofe. Vincenzo Viviani ultimo fcolare del Galileo, e Mattema# tico della Reai Caia di Tofcana , e primo ingegner della Parte di Firenze: comecché foffe più inclinato, e difpoilo alle meditazioni, ed alle contemplazioni, che alle operazio­ ni , come egli fteffo fovente diceva ; con tutto ciò nelle bilogne dell’ acque, e de’ fiumi fu aliai cauto, e circofpetto. Delle fue opere già itampate non è ignota la fama , ecl il grido , per cui meritò la Reai munificenza di Luigi X IIII. Re di Francia, di tutti gli uomini eccellenti del mondo in tutte le arti, ed in tutte le fcienze amatore, e protettore ma­ gnanimo; dal qual fuo veramente regio genio, ed animo mofiò , chiamò 1’ altro noftro autore Domenico Caffini Bolognefe fcolare del Montanari a leggere Aftronomia in Parigi ,■ ove molto protnóffe 1’ Aftronomia, e la Geografia , ed ancora 1* Idrometria, còme fi vede dalle fue .opere. fi Dottor Guglielmini fuo fcolare , che infegnò in Bologna, $din Padova Geometria, e Medicina, foprainceie alle acque di


PREFAZIONE.

xxxv .

Quelle provinole Co’ fuoi libri Della vtifiura dell’ acque corretti‘ e e o a quello Della natura de'fiumi, pare che riducete all’ ultima oerfe/ione l’ inftituzioni, e le meditazioni di quella faenza dell acque fe non fe il Padre Abate Don Guido Grandi da Cre­ mona Teologo, e Mattemauco di S. A R. diTofcana, e Lettore nello ftudio di Pila; ed il Dottor Euftachio Manfre­ di da Bologna Lettore in quello ftudio, e fopraintendente di qUeil’ acque, non 1’ aveffero di nuove, ed utili, e belle veri­ tà oflervazioni, e ritrovamenti Tempre più abbellita, ornata, ed*arricchita. Di quelli due Autori non voglio io qui parlare, • _• vivi mi rimetto alle loro onere , ed

I I

J

l’ Italia granamela,; v a i ~ fori della fua languente gloria deli’ ingegno , dello ftudio, della lapienza, e dell’ eloquenza. Di cili meglio »fecali, che verranno, e che le loro opere leggeranno, lenza odio, len­ za invidia, fenza amore, lenza pafiìone ne giudicheranno. Di poi li è pofto un picciol trattato della maniera di iivellare fecondo l’ invenzione di Monsù Piccard, il qual trat­ tato fu diftefo, ed ai acchito da Monsu de la Hire, efiendo chè nel fatto di regolare 1’ acque correnti di grande, e neceflario ufo liano le livellazioni, laonde pei I ignoranza cir­ ca a ciucilo degli ingegnicii., e architetti cosi antichi , co­ me* moderni, non pochi errori, ed abbagliamenti li fono pre­ fi fin ora da elfi circa al declive dell’ acque, e de fiumi , e de’ condotti delle fonti, e circa il livellarlo, e indurarlo con molti e vari, e divedi iftrumenti. Anche Vitruvio nel libro ottavo al capo icttimo parlando de’ condotti , o acquedotti , richieda circa un mezzo braccio di pendenza per di ob elm raccia, e per dirlo colle (uè » p»roienon ininusin centenos pedes » J 'Alberti, il Barba1-0, *e il Palladio, la fua feorta feguendo, divinarono lo ftefio * Ma il Filandro ofiervò badare un fol dito per ogni foaiio di trecento braccia. Il perchè mola, e vari, e vani i: e rpaole fi trovano fovra a tal materia da tal falla ■ . ’ derivate, e tal preoccupazione ha cagionato per lo addietro2 che f u r a r e , e Uv&Ur., la pendente de . fiu„ j ? n’ u il più delle volte trovata molto maggiore di ouelln che in fatto ella fi fia. Il Guglielmini, ed altri m e f 1 1 ; . - ¿i tfie fcuola hanno dim oiato, che poco , o punto Ad X r > a b b , f o g a , , e che bai» *1 M g * che carico, o impew d acque. U ultime efpcm n». e ^


xxxvi P R E F A Z I O N E . fare no'principali fiumi d'Italia, Po, Tevere , ed Arno Io comprovano, trovandoli nelle foci di effi pochiffimo declivo, o pendenza, il che è fiato efactamente ritrovato, e mifurató nel P o , in occafione della famofa controve-fia fra la Città di Bologna, e quella di Ferrara , che in dieci miglia ha cir­ ca un fol braccio di pendenza. Non iftimo però, che fia ve­ ro quello, che dice Plinio nel libro 31. al capo 6. che P ac-4 qua fiubit altitudinem ortus f u i , fi longtore tra SU vinte t . Un efempio de’ grandi abbagli nel mifurare la pendenza del fiu­ me Arno fi è quello, che racconta Gio: Villani al libro 9. delle fue Iflorie al capo 335. ove dice : ebbe tant' ardi­ re Ca(ir uccio , e tanto gran cuore , che il undo in Signa cer­ cò con grandim aeflri , (e f i potejfe alzare con mitra i l corfio del fiume fimo allo tiretto della Golfolìna per fare allagare la città di Firenze . ¿Ma trovarono i maeflri, che il calo d' Ar­ no da Fiorenza in giù era 150. braccia , e però lafciò di fa . re tate tmprefà . Fin qui il Villani; ma certamente fe 1’ aveiTe

efeguita, grave affanno* e danno caverebbe cagionato a’ Fiorencini fuoi nemici, e fe aveflèro i maefiri ben mifurato, e trovato, che il calo, odeclive d’ Arno non era fe non la tren­ tèlima parte di quanto eih ritrovarono . Il perchè molto me­ glio averebbe adoperato Calduccio contro i Fiorentini in ta­ le intraprefa di quello, che fi facefle poco appiedò Filippo di Ser Brunellefco famulo architetto contro i Lucchefi quan­ do fi pensò con alzare il Serchio di poterli danneggiare, con­ forme racconta il Segretario Fiorentino nel quarto libro del­ le fue Iftorie. Hanno dunque i fiumi minor pendenza di quel­ la, che dal piu delle genti fi apprende, eTempre minore 1’ averanno nell’ invecchiarli del mondo , e nel prolungarti la Ior foce, e la linea dei corlo loro,- il che peravventura è fia­ to difpofio faggiamente dalla natura per utile della navigazio­ ne, e del mantenimento delle acque, al quale non poco conienice eziandio la tortuofirà della maggior parte de i fiumi come fi oflerva da’ Viaggiatori , e d ille carte Geografiche , e dalle Xitoiie , e confermano anco le teftimonianze de' Poeti conforme accenna Tibullo al iib. 4. Curva nec afide; os egerunt (lumina curfus e lo ftefib al lib. 1. Elegia 8. ts 4 t te, Cydne canoni, tacitas qui leniter undis Ceruleus placiàis per vada fierpis aq tis,

6d Ovidio al fecondo deile Trasformazioni; Fluminaque obliquis cinjìt declivio ripii

Per


PREFAZIONE.

x x x v ii

Per cralafciare molti altri palli di Poeti antichi, e moderni, varii eli lingue, e di nazioni, che le tortuolirà de’ fiumi in ogni luogo, ed in ogni tempo confermano. Io non nego pe­ ro, che talora gli alvei retti de’ fiumi efier polla no utili, e buo­ ni, e lodevoli; italamente accenno, che quella non è regola fempre utile, e buona per tutti i fiumi, e per la navigazione in tutti ipaeii utilillìma, alla quale fi deve aver riguardo quan­ to ad ogn’ altra cola , imperciocché fe ,ii corfo più rettq , e più breve de ifiumifcarica più alte, e più prede le acqUe, ed arreca altri comodi, ed utili, fifpondero con Ovidio al lib.^, del Rimedio d'amore. . v' * Finitime perpetuo torretts folet alijuf ine» Sed tamen bxc brevii tjl, Ma perennis acfua.

Chi ama dunque la giu (Vizia, la verità, ta ragione, la fallibrita dell’ aria, la fertilità delle campagne, il bene, e 1’ utile privato , e pubblico , attenda a quella arte, e a quella fcietiz i, e legga, e (ludi attentamente quelli trattati di quelli ^ec­ cellenti, e famoiì Autori, certo, c liciìio di riportarne utile , e diletto , camminando con la feorta , e col lume de’ più chiari ingegni, che fiano mai (lati, fono, e faranno nel mon­ do, non intenti al vii guadagno, ma al vero , all’ utile » al giullo, ed -alla lode, e gloria del Sommo iddio ne le Ilio ope­ re iernpre mirabile , e grande , e che in Gilè cinaramence fi (Irmollra, e fi manifeita. tT *♦ '

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AUTORI CONTENUTI

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In qnejlo Trìmo Tomo

I; j hi ARCHIMEDE. , tí 3 ÌK iC ¡ì' . 'ì LORENZO ALBIZI. Otbüííi ' . GALILEO GALILEI. ¿W,?. D BENEDETTO CASTELLI. D. FAMIANO MICHELINI. GIO: ALFONSO BORELLI, il GEMINIANO MONTANARI. VINCENZIO VIVI ANI. GIO; DOMENICO CASSINI. ,..o


TRATTATO

DARCHIMEDE ,

cofe chefanno fui Liquido Libro Primo.

I. I fupponga tale edere la natura del l.qoida che piacendo egualmente le fue parti, ed eflendo fi* di loro continovare, quella parte, che laia meno premuta, da ipinca, e cacciata da quella, che è più premuta. E ciafcuna parte del liquido è premuta da quel liquido , che le Toprperpendicolo, pur che efl'o liquido ni in atto Ui lcendere, o fiapremuto da altro corpo.

II. Si fupponga, che delle cofe, che <1 muovono in fu, o in P'J["eJ ciafcuna (ì muova per la perpendicolare tirata per li centri delle loro fc vita all’ orizonte", o al livello del liquido . Tom■ I.

A

fro .


**

TRATTATO

PROPOSIZIONE

I.

^ una Ju p erfid e fta fegata da un piano fem pr e per to medefimo punto , e la re­ so n e fia una circonferenza di cerchio, ed abbia per centro i l medefimo p u n to , pel quale e fegota dal p ia n j , ella fa rà fhperfìcie di sfera • Sia una fuperficie, e in ella il punto K, pel.quale fi tirino piani quanti fi vogliano, che leghino la dett3 fuperficie, e le lezioni fiano Tempre eircònferenzé'di cerehio come G B A D, il cui centro fia K', dico, che la propoità fuperficie è fuperficie di sfera. Tirinfi da! punto K alla data fuperficie le " K A, e per effe palli uri piano G B A D, che per fuppofizione farà circonfe­ renza di cerchio, il cui centro K, adunque K Et, K A, faranno eguali, e Umilmente »XTeodor ~ '*■' tutt5 . rette tirate da K alla propofta fu» .i c . . ... perficie farannoeguali, [a) adunque per lade» \ F f i fi.n,z'oneT1del.,a sfera,la data fuperficie farà sferica. Se dunque una fuperfia. t u c i C|C &c. ii ciie &c. J 1 fn .d e / . p,

PROPOSIZIONE

II.

La fuperficie eP ogni liquida ferm o , e immoto e sferica y ed bis P ifie/To centro , che la te r r a .

S’ intenda un liquido fermo, e immoto. Dico la iua fuperficie efiere sferica, ed il fuo centro efiere quello della terra. Sia il centro della Terra K, e per eHo fi feghi il liquido con quallrvoglia piano D G H B A, net quale dal centro K alla fu­ perficie del liquido fi tirino co­ munque le K K, KB, K A, ,# \ y- ^ le quelle faranno eguali DG H // Ny Nfì' \\ B A larà(i) circonferenza di cer( ( >y J\ ehio, e perciò la fuperficie del liquido farà sferica. Ma fe fa­ h) p er P ranno dileguali, pofta KBmianteced. «> nore di K H, e maggiore di K ,. A, e con ella deferitto il ceri r° £ . ® , \.ve. circonferenza del cerchio deferitto parte fopra la iuperficie del liquido, e parte fotto- Intendali poi deferitto dal centro Iv nel medefimo piano dentro al liquido l'arco P O, e perche P E è egua­ le ad a R; P E farà maggiore diX A, e P H molto maggiore, adunque c ) p tr la Ja parte P O èmolto maggiormente premuta della parte O X, (c) adunque il i fttppoz. liquido non iltarà fermo, ed immoto, il che è contra la iuppofizione; adunque, fe s incenda &c- il che ò i c. PRO-


D ’

A

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C

PROPOSIZIONE

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III.

Le grandezze fo lìd e , che avendo egual mole hanno egual g ra v iti dei lìquida, pofte nel liquido talmente fi immergono, che niente refta fu o ri della fuperfieie dèi liquido , ma non però vanno a fo n d o .

Sia la grandezza l'olida Z T H E d’ egua! gravità in ifpecie del liquido N K L, il qual fi fupponga fermo, e in eiTo fia immerfa. Dico, che la data grandezza fi immergerà tutta, marimarrà alia luperlicie del liquido# fenza andare a fondo. Si divida il dato liquido col piano N K L, che palli per K centro del­ la terra, edel liquido, edividali pel mezzo I’ angolo N K L, e tirili dal centro K l’arco F O X , enel liqui­ do vi s’ immerga la grandezza foiida Z T H E, della quale la parte Z G B E refti, fe è poflibile, fopra la fuperfieie del liquido ; adunque il liquido contenuto nello fpazio MO X L inlieme colla grandezza Z T H ® E pelerà piò del liquido N P O M, eflendofi polla la grandezza d’ egual ravicà in ifpecie del liquido, Iaone la parte O X farà premuta piò della parte P O, (a) adunque il liquido non ¡darà fermo, che b contra allac^Sffp/. fuppofizione, ma immergerai!! tutto il folido fino alla fuperfieie del liqui- 1 • di do; quivi però lì fermerà fenza andare a fondo, efiendo allora la compref-iHi^9 fione eguale tanto dalla parte P O, che dalla parte O X . Adunque legran­ dezze lolide Sì c - Il che &c

S

PROPOSIZIONE

IV.

Delle grandezze folìde , qualunque ì più leggieri del liquido , nel liquido pojla non tutta f i immerge, tua una parte di ejfa fovea fiera alla fuperfieie del liquido .

S’ intendano fatte le medefime cofe , come nell’ antecedente propolizione, e fia la grandezza folida H più leggieri del liquido. Dico, che polla io elfo non fi fommergerà tut­ ta . Se è poflibile fi lommerga tutta nel liquido fermo G K A ; adun­ que il contenuto nello fpazio G B O P farà piò leggieri del liquido B O X A, laonde la parco P O farà me­ no premuta della O X,adunque il liquido non illarà fermo, finché una parte di Hefca fuori della fua fuper fide. Adunque dellegrandezze &c. Il che ite-

A a

PRO-


*

TRATTATO

PROPOSIZIONE

V.

U tile gran dette fattele la p iù ltggier,idei liquida, pofla nel liq u id o , fino a ten tavi f i im m erge, e ie tanta mole dì li guido,, guanto, la parte fommerfa , abbia la Uefa g ra vità , che tutta la grandezza .

SuppoHele medefime cofe, fiala grandezza folida Z T H E più leg­ gieri del liquido d’ egual mole ( il che fi dice comunemente più leggie­ r i in ifpecie) il qualepure fi intenda fermo, e ineiTo.vi fi immerga la par­ teGTH B Dico, che una mole del liquidoeguale alla,parte fommerfa G THB peferà quantotutta la folida grandezza ZT H E . Poiché, feuna mole di liquido eguale alla parte fommerfa G T H B non pefali'e, quanto tutta la mole Z T H E, il contenuto, nello- fpazio M O X L infieme colla mole emergente Z G B E. non peferebbe»,quanto il liquido, contenuto nello eguale fpazio N P O M, adunque le fuperficie O X, P’ O farebbero premute inegualmente; cheperciò il liquido non iftarà fermo.fino-a che ciò non fegua. Adunque delle grandezze òcc. IL che &c.

P R O P O S I Z I O N E VI* Qualunque delle- fialide grandezze p iù leggieri del liquido , dentro a l liquido fipin, l a , f i porta in fu con tanta fo rz a „ quanto un liquido di mole eguale alla grandezza •èpiù grave della flejfa grandezza..

Sta il liquido N K 1 , e gran­ dezza G T H B più leggieri jn if­ pecie del medefimo liquido., la qua­ le pefi come A t pefando una mole di liquido eguale alla dettagrandezza G T H B come A C. Dico che fommerfa per forza la grandezza G T H B, tornerà a galla con tanta forza , quanta è il pefo I C, che è 1’ eccetto della gravità fpecifica del li* quido fopra quella del folida. Prendaliuna grandezza folida Z G B E,, ildicuipefo Ha I C, e foprappongafi alla, grandezza G T H B , dunque il' pefo di tutto 1* aggregato Z T H E farà tutta la A C* quantaappunto fi è il pefo d* una mole di liquido uguale alla parte fomnwrfa G T H B ; onde ftarà in equilibrio con eflo


D'

ARCHIMEDE.

$

eiTo liquido; ficchè la forza con cui la parte G T H B tenta di follevarfi, verrà perappunto raffrenata dalla grandezza foprappoilavi Z G B E, che col pefo 1 C la reprime, e rifpinge allo ’n giù, trattenendola fommerfa, e perciò la forza con cui la grandezza G T H B cerca di tornare a galla è tanta, quanto il pefo I C con cui contraila, e fi equilibra ; ma I C è 1’ ecceflo della gravità del liquido in pari mole alla porzione fommetfa G T H B; dunque &c.

PROPOSIZIONE

VII.

Le grandezze foìide più gravi del liquide , nel liquido pofte, onderanno in g iù , finche poffano fcendere , e nel liquido faranno tanto più leg gieri, quanto è la gra­ vità del liquido , che abbia mole eguale alla grandezza .

Sia la grandezza H più grave in ifpecie del liquido. Dico, che la grandezza H po­ lla nel liquido, anderà a fondo; e farà più leggieri nel liquido, quanto è una mole di liquido ad effa eguale. Primieramente è manifedo, (a) che la gran­ a) Su/ dezza H anderà a fondo, effendo le parti p o f.l. del liquido fottopofle ad H premute più, che le circonvicine, le quali perciò fono fofpinte, e danno luogo. Inoltre fi inten­ da il folido H, che abbia la gravità A C , e A B fia la gravità del liquido ad eflo H eguale. Si prenda poi un lolido più leggieri del liquido, e fia E , grave, come A B, e la gravità del liquido eguale ad E fia come A C, cioè deter­ minata una mole di liquido grave quanto A C .fi prenda una materia, che in mole pari a detro liquido abbia folo il pefo A B. E manifeilo, che tut- y\ p rf ro il folido H E pelerà quanto una mole di liquido eguale ad elio folido H E , pepando tanto l’ aggregato H E, quanto il liquido uguale in mole^/-i' alle grandezze H , E, come la fomma di A C, edi A B. (£) Sicché pollo nel p f0 liquido non anderà a fondo, e la forza, che fa H d’ andare in giù , equtli p 0fi6 . brerà quella, che fa E per andare in fu, ma (e) quella è eguale all’ eccello della gravità del liquido fopra quella del folido , cioè a B C, adunque la forza di H, colla quale va in giù, è come B C, ma quello è 1’ eccedo della gravità del folido H fopra quella del liquido, adunque il folido H nel liquido non farà forza, come A C fuo pefo totale, ma come B C, per lo che pelerà meno quanto A B, cioè quanto una mole di liquido ad elfo folido eguale. Laonde le grandezze folide &c. Il che &c.

Tom.

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A 3

Lem-


6

TRATTATO Lemma I. Due cerchi f i feghino fte' punti C , D, e per effì f i tiri la C D , e f i congìungano i centri de' cerchi colla retta A B . Dico , che la retta A B fegherà p e r mezzo , e ad angoli retti la C D .

* )E u c ll. 1 p r .8 . l)E u c l.l. .

Perchè it triangolo A B C ha i lati ugua­ li all’ A B D, 1' angolo C B E farà (a) egua­ le all’ E B D , ed (l>) il triangolo C B E all’ E B D, laonde la linea C D è fegata nel mezzo, e ad angoli retti nel punto E dalla ietta A B , che congiunge i centri. Il che &c. Lemma II In qualfivoglia porzione di sfera i l centro di gravità i n e ll'a fe della porzione.

Vien ciò dimoftrato dal Cotnmandino da Luca Valerio L i prop 34.

De centro gìavitatìs prop. is

PROPOSIZIONE

>e

Vili.

Se una grandezza folida p iù leggieri del liquido , che abbia figura di porzione di sfera ,f i a pofia nel liquido , ficchi la bafe della figura non tocchi i l liquido , la f i ­ gura fiord ritta in maniera , che /’ a fe della porzione fio a perpendicolo alla Super­ fic ie del liquido . E f i da qualche porte inclini la fig u ra , onde la bafe della figura tocchi i l liquido , non iftard inclinata , f i f i lafci in libertà , ma tornerà a perpendi­ colo alla fvperficie faddetta d el liquido .

Siala parte B F C della porzione sferica H F 1 immerfa nel liquido B O C, e per­ chè il cenrro di aravita della detra(c) porzio­ ne è nell’ alleF G, fia il punto K , e fi con­ giunga L centro della parte immerfa con M centro della parte, che retta fuori, con una retta linea , che (d) patterà pel centro K di tutta la porzione sferica, e l'ara obliqua alla linea F G, Tupponendofi la figura incli­ nata. E perche L è il centro della parte ibmmerla, (?) quella farà forza ingiùper la E L perpendicolare al liquido, eia parte emer­ gente per la perpendicolare ME,gotto F cen­ no della terra, e tutta la porzione sferica graviterà per la linea E K. Adunque nel unto K fi fa la fofpenfione della libra M ; ed M, che nella libra è in fu, feenderà, e per confeguenza falirà L; ficchè i tre punti E, K, G rimangano in una liuea ree-

E


D'

ARCHIMEDE.

f*

retta e vena» 1* affé F G foprappofta alla perpendicolare E K, adunque,’ fe una grandezza &c. Il che &c-

PROPOSIZIONE

IX. A1W

Se fo t la figura più leggieri del liquido, n el h~ a ni da f i ponga, talchi tutta la baje fio nel Itqutdo, ftarà retta, talchi i l fuo afe f i cofiitunà a per­ pendicolo •

Rivoltata la figura antecedente, net modo che qui appreffo fi vede, fi conclude colla medefima dimoftrazione della pattata « quanto in quella propofizionc s’ intende di diraoltra?e.

a


LIBRO

ir

proposizione

S a) Prop.

5 d elp r. d i quejlo

r.

E una qualche grandetta più leggieri del liquido , f i ponga nel liquido , a veri nella g r a v iti quella proporzione a una egual mole d iliq u id o , chi la parte del. la grandezza, fommerfa a tutta la grandezza. -

* a r grandezza F A Mpm leggieri del liquido, la parte A fommerfa. D.co, che l’ aiTóltua gravità di tutta t * ' l r ’la d. U" f&uA a l™ le di liquido, ila come la pa“ e 3 m<>le A F. L1alleluia gravità del liqu.do Aa 1 addata gravità del liquido A F , ftacome la mole A.alia mole A F; ma l’ aflbluta gravità del liqui­ do A è uguale alla gravità.della-mole A F, adunque 1' adoluta gravità della mole A F a quella del liquido A t I t i come la mole A alla mole F, il che fi dovea &c. Lemma I. Sia i l cono equicrure rettangolo A B e in efio la parabola E D F , la cui cima D , ed i l lato retto D R . Dico che D R farà doppia di D C , e la D C fi chiami linea fino all' a f e , che da a l. tri è chiamata paiam etro,

C,

Poiché (¿jRDaD C ila come ¡1 quadrato di A B al rettangolo d" A C, C B, ma il quadrato di A B è doppio del rettangolo A C, li C, edendofe] uguale a’quadratid’ A C , C B, ognuno de’quali è un rettangolo fatto dalle A C, C B, che fi fono fuppofte uguali, adunque anco il lato retto R D farà doppio di D C. 11 che &c. UU|L,' J

U ^ u a ic a

L jU d U liU lU

|

Lemma II. L a tangente G A della paratola F C K convenga col diametro in A , e in efio f i pigli la 2 ? L uguale alla linea fino ali' afie, e dal toccamente G f i t ir i la G H paia/el/a al diametro , e con efia concon a la B H perpendicolare a l diametro . D/-


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AR C H IM ED E.

che tirata la L H fa r à perpendicolare alla tangente ii

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G A.

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Tirifi la G D perpendicolare al diametro, eia E G perpendicolare alla tangente, e fía e R il lato retto della parabola, E perchè V angolo A G E è retto il rettangolo [a] del­ le A D, D E farà uguale al quadro d> G D (£) cioè al rettangolo di D C, C R, che però, come fta (*) A D a D C. così ree.procamente ila C R a DE, ma A Dè dop-^L pia (d) di D C. adunque C R iara doppia di D E , ma è anco (O doppia ai 13 L, adunque B L farà uguale, a D E, e prefa comune L D, farà L E uguale, a_D B, cioè a H G ma fono anco parallele, ficchè h G, L H faranno parallele, ed.eíTendo E G per­ pendicolare alla G A , anco L I tara perpen­ dicolare alla medefima. Il che &c-

ti) prop. 8. e 17. del 6. di

Enel.

l)\ \ .d e l

1. d' Apoi. c) l 6 .del 6 . cTE x ­ ild) 55d e h . di Apol. e ) Lem­ ma ante­ ceda

Lemma III// centro

dì gravità d" una conoide parabolica■ divide

/’ a fe

in proporzione fe f-

quialtera

Sia nella fezione A B C il triango­ lo A B C, il ,quale farà analogo alla fezione, effendi! che il cerchio fatto dal femidiametru D C al cerchio fat­ to dal fèmidiamètro E H ila come il quadrate di D G al quadrato d’ E H cioè per la parabola come D B a B E ovvero(/) D Ca E K , ma il centrodel triangolo ABC taglia in proporzione fefqubitera il tuo alfe B D, poiché fi tagli pel mezzo la D A, e tirata F G parallela all’ afte fi congiunga G C, ed udendo divifa D A pel mezzo farà diviia parimente anco A B ; laonde G C farà afte del triangolo, e in effofa­ rà il centro di gravità , ed è anco nell' afte B D, adunque farà nel punto E tà d’ una conoide parabolica &c PRO­


IO

t r a t t a t o

PROPOSIZIONE

IL

La porzion retta <T una conoide rettangola, 0 parabolica, i l cui ape f a meno, che fefquialtero della linea fino all'ape , e ¡a c u ì gravità abbia a quella del liquido qualfivoglia proporzione , pofla net liquido , f i che la Ju a afe non tace t t q do , e fia inclinata , non ifiarà ferm a , ma tornerà retta zinne, quando il p ia n o , che la fe g a , fa rà parallelo alla Juperfic,e del liquido .

Sia laporzion retta d’ una conoide 1 ane,cne raceu io1tnuuv ^ ^ rrabola , di cui fia fommerfa la parte D BE , e tocchi la fezione la H I parallela a D E ne! punto G; e della porzione A BC fia K centro di gravi­ tà, e fia FG diametrodella (a) parte 0 )4 6 del fom merfa, per efler tirato dal punto a. d ' G, parallelo a Q B, e ineflb fia il ApollpuntoLcentrodigravità della det­ b) 8. del ta parte fommerfa ; ondein(£) K L l . l degli prolungata farà il centro dell’ altra E q u ip . parte, efia N . E perchè(r) Q Bèfefc) Lem. quialteradi K B, e m e n o , che fefquialtera della linea fino alla ci­ d) Lem. m a , farà la lineaKB minoredi quella i. finoalla cima •Siala linea K Ouguale a quella fino alla cima, e tirili fopra ella a perpendicolo laM O , che con­ venga con LGi o M, e da M fi tiri la M K, che feghera [¿] ad angoli retti la tangente nel punto P, che caderà tra G, e B, perchè non può ca­ dere oltre G tra G, e H , eiTendo, che la linea K M recherebbe la L M tra G, & L, ficchè la K M converrebbe con L M 111 più d un punto, eU fendofi già tirata da M ; nè può altresì il punto P cadere oltre la B, poiché l’ angolo K B P eil'endo acuto per edere eguale a B S E, che è acuto , fupponendofi inclinata la D E verfo E ; per conseguenza 1 altro angolo K B I è ortufo, che però da quella parte non può cadere la perpendicola­ re; che però la perpendicolare KP cadera traG ed R, e i centri L »^ non faranno nella perpendicolare K P, per cui gravità tutta la porzione ABC, ficchè la.parte emergente graviterà per la N I perpendicolare alla tangen­ te, e la parte fommerfa fi porterà in fu per la L H, anch’ effa perpendico­ lare alla tangente; Laonde la porzione A B C non ifiarà ferma fino, che i centri L K N fiano tutti nell’ alle QB, cioè fino, chela porzione noi» torni retta. Il che &c.

PROPOSIZIONE

III.

La'porzion retta d ’ una conoide rettangola , i l cui a fe fia meno, che fefquialtero delta linea fino a ll' a f e , c la cui gì avita abbia a quella del liquido qualfivoglta pròporzione ,, polla nel liq u id o , f i che la fu a bafe fia tutta nel liq u id o , tua inclinata, ma rifo rn irà in modo, ebe t l fitto aj f e fi« * pttfindicolo al non rimai ■ rà Inclinata, . . .. . Kf«* la fvp ttficie del liquido


jy

ti

A R C H I M E D E.

Rivoltandola figura come qui «pnreffofi vede fi conchiude ciò, colla medefima óimoftrazione della paffata. Lemma S ia la lin ea B A divifia in p ro p o r­ zione fefq u ia lte ra n el punto C , e d a elfo v erfo B p ren d a/ì q u alfiv og h a lin ea C D , trov are di effa C D n el­ la lin ea A B l a f e j q u i a I t e r a .

Facciali come C B a B-A co* si D B a B E, convertendo A B a B C ilari come E B a B Di e come A B aB C, cosili rimanente A E al rimanente C D ; ma A B è fefquialtera di B C, adunque anco A E farà fefquialtera a — di C D. Il che &c.

Corollario. Da quello fi raccoglie, che il punto E fari ("e™Prev vendo 1’ E B efler maggiore di D B, ficcome A B e m gg

PROPOSIZIONE

C b! °

IV.

1_a retta porzion e d'nna conoide rettan gola p iù leg g ieri d e l liq u id o, ^ e che ab b ia ¡ ' a f e m a g g io re, ch e Je fq u ia lte r o d ella lin ea fin o a l l* a f e , e la cui g ra v ità in i/p ecre a qu ella d el liqu ido non ab b ia m inor p ro p o rz io n e, d e l qu ad rato d e ll' e c c e fio , p e r etti I’ a f e e più , ch e fefq u ia lte rù d ella lin ea fin o a l? a f e , a l quadrato dell' a f e , p ofta n el liqu ido f i elee la f u a b a fe non tocchi i l liq u id o , c p ofia in clin ata, non iftarà in clin a ta , via to rn erà r e tta .

Faccianfi Piffefie cofe, e fia nell’ alle QB la KO eguale al­ la linea finoall’afle, e fu] fia Q. Xlefquialtera di ella KO, fio­ che X B fia Teccefio, per cui r aile Q. Bèpiò, che fefqi»»»*

a) C orol. d e l L em ­ m a atti

ced.

teto


i4 TR A T T A l 0 I H ; ma per la proprietà della parabola la prima ragione uguaglia quella delle rette C M, B K; dunque ancora la feconda; e però ¡rettangoli A L li, A I H l'cno come le rette C M, B K; ma edendo B K ad E I , come B A ad A E, cioè come C A ad A F, o pure come C M ad F L, per­ mutando, e convertendoC Ma B K Ila come F L ad I E , dunque F L ad I E Uà .come il rettangolo A L H al rettangolo A I H; Il che è una proprietà eflenziale della parabola,- e però la curva A E F H è parabolicaII che &c. Lemma il. £ is . L a cima della parabola A E H e nel punto E , quando i l ramo A E l ì fe r ife t la teccde/n P a,abola A B D nella fu a cima B .

Perchè edendo B K ad E I , comeC M ad F. L , fe la B K è maggiore di qualunque altra C M, farà altrefi E I maggiore di quplfivoglia F L , e però farà E I la maggiore di tutte le ap­ plicate alla bafe A H nella parabola A E H ; dunque il punto E farà la cima di tale parabola. Lemma III.

Nella parabola A B D , f e i l ramo A C fe g a il diametro B K in S , e J ì ordina C R , faranno K B , S B , R B in continua proporzione.

Tr _ , . _ Perchè eflendo fimili i triangoli A S K, C S R olia d e l^ a K S ad S R, come A K a C R ; ed il quadrato K S al quadrato S R, o;i«A»Come il?UÌ d,r,at° AIf al q«adrato C R, cioè come K B a B R, (*) per la FZ „ „ Proprietà della parabola; che fe non fufTe B S media proporzionale fra le ■r * due k B, B R, fingafifradi efle media qualunque*altra B E; ftando adun­ que K B a B E, come B E a ' B R, dividendo farà K E a E B, coinè £ R ad R B, e permutando K E ad E R come E B ad R D, ed il quadrato ^ n 3^Quadrato E R, come il quadrato E B al quadrato B R, cioè come K B a B R, o come il quadrato di K A al quadrato d; C R, cioè diK S al .quadrato S R : iicchè avereflimo I( E ad E R come K S ad S R , e componendo K R ad R E , come la ftelTa K R ad R S, il che moftrerebbe R E uguale ad R S, la parte al tutto; che è impoflìbile. Dunque fra le due KB, B R è media folamente la B S.

Corollario. Quindi fi raccoglie, che fe una retta I{ B è divifa ne punti R, S , di maniera che come la K Balla B R, così fia il quadrato di K S al quadrato di S R, fono le tre ltnee K B, S B, R B in continua proporzione. Lemma IV . D ivi/, per mezzo i rami A D , A M , A B ne' punti K , G , E , f a natala p a­ E G K , e l'in t t t a t t e K B , G i , E X f a l'u n a e /’ altra curva para­ lo -

rabola A


D' A R C H I M E D E

15

Ooìiea, parallele al diametro , fatto di nuovo proporzionalmente divlfe ne’ punti S , p V ; fa rà altreft una parabola quella e ie p a fa per detti punti A V F S .

Congiungafi il ramo A F L, e fi ordini L H pa­ rallela ad A M, che è bafedellaparabolaA IM, il cui diametro GI divide per mezzo efla A M in G, per 1’ ¡potei! ; faranno dunque proporzionali G I, FI, HI, per Io Lem­ ma precedente, e le loro differenze G F , F FI fa­ ranno(u)comelegrandez- ■1 17-* ze G I, I F, macome GF j 6. del ad F H, così per lafimi- 6i.d*Eulitudine de’ triangoli A F G, FI L F, ita A F ad F L; dunque qualfivogjia ramo A L refta in F divifo nella ragione di G I ad I F, che fi fuppone Tempre la medefima in tutte le intercette I G ; e però fecondo U primo Lemma, la curva A V F S è una parabola i II che &c.

Corollario 1. Effendo tutteT intercette B K, G I, X E diametri delle porzioni para» ■ boliche AB D, Aß M,A X B; ed il centro di gravità di ciafcuna d’ ef­ fe trovandoli collocato nel diametro,, che fempre da elio refta divifo. nella medefima proporzione fefquialtera, fi può agevolmente dedurre dalle cole dimoftrate, che i centri di gravità delle dette porzioni fi trovano tutti difpofti in una curva parabolica ■

Corollario IIIntendendo aneora una conoide nata dalla rivoluzione della parabola A B D intorno il fuo affé, venir fegata da infiniti piani, che paflino per lo (ledo punto A, rapprefentati dalle rette A C, A M, A B; tutte le porzioni co­ noidali A B C, A B M, A X B, avendo i centri loro di gravità propor­ zionalmente difpofti ne’ loro diametri, li averanno collocati in una medefi­ ma curva parabolica. Lemma Vl i centro d i g ra v ità d i qu alfivogìia p o rz io n e con fidale, ta g lia ta p e r un p ian o , che p ajfi p e l punto A p r e ß n ella b a fe A D d ella in tera conoide A B D non è mai loti tatto da efi'a b a fe A D p iù che p e r tr é qu in ti dell' afte B K -

Sia A F T la parabola, in cui fono i centri di gravità di qualunque por­ zione conoidale tagliata, come di fopra viene efpreflo ; dunque il centro di gravità di qualfivogìia di effe porzioni non può eitere più alto dalla ba­ ie A D, di quel che fia la cima F di quella parabola A F T* la quale ci­ ma


t r a t t a t o

«) i.

lo Lemma fecondo è nella retta AB tirata al vertice della parabo* D. Si (Ciri-dunque F P parallela alla baie A D; larà P K la mag­ giore diilanza, che aver polla dalFa detta baie A D il centro di graS\ N\J, vità d'una tale porzione conoida* le A 1 M. E fi è dimoftrato nel / \ \ \ * Lemma precedente, che qualunque B reità refta dalla paranoia parabola a A rF ramo A d T divifo in F in maniera, che A F ad F B ftà come G I ad I F , cioè nel calo noftro in ragione lefquialtera ; dunque A F ad F B, e confeguentemente ancora P K a P B (la come tre a due. e conver­ tendo , indi componendo* farà B K a K P come.cinque a tre; dunque la maggiore diilanza fuddetta è tre quinti dell’ alle B K. 11 che &c.

del

6. ¿E n ­ el.

P R O P O S I Z I O N E

VI.

Se V affé d'una conoide rettangola più leggiera del liquido averà proporzione piu che fiefiquialtera alla.linea fino a ll' affé , ma minore di quella che ha quindici a quat­ tro : pofiata epa .conoide nel lìquido f i , che in un punto delta lo ft lo tocchi » no» po­ trà rimanere in fito inclinato, ma f i rimetterà nel fitto eretto all' orizonte .

Sia S il centro di graviti di tutta la conoide : S E la linea fino all’ affé; O N il diametro della porzione inclinata, ed im» merfa nel liquido Fecondo la bafeA C; il punto M il centro di gravità dell’ immerfa porzio­ ne A B C . Tirata M P paral­ lela alla bafe A D, farà P K non maggiore di tre quinti dell' affé B K, per lo Lemma quin­ to; dunque di quali parti quin­ dici è tutto Palle B K-, faran­ no P K non più di nove , ed efiendo S K cinque di tali parti, faranno S P non più di quattro quintedecrme dell’ af~ Lemm minor che di quin1” u > jicridvjvidi lUId» dvciiuu I) XV«U _ E ^ .... . ragione, « 2. della ¿¡cj a quattro, iàrà S E maggiore di S P, e tirata E l parallela a P M, conptop. a-giunta S I (a) farà perpendicolare alla tangente N H , overo alla luperficie del liquido, cioè alla tale A C; e non pattando la detta perpendicolare S I H dal punto M centro della parte fommerfa. non potrà que (la in tal fitoftar ferma ma fi alzerà per la perpendicolare L M, abballandoli l’ altra porzione D C A, finactanto, che Palle K B venga infilo eretto all’ orizonte ; II che Sic. „^ PROJ

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A R C H I M E D E ,

PROPOSIZIONE

VII.

l o J l' p o dov rà fu c c ed e re , f i , p o fle le fte ffe c o f e , f a r à im m erfa l a p o r t i ohi D con tu tta la b a fe D A , ch e tocch i in un pu n to la fu p erficte d el liqu id o .

C A

La dimoftrazione è la mcdefima, rivoltando la fteffa figura foflopra.

P R O P O S I Z I O N E Vili. V olle le fie ffe co f i ; quando la g r a v ità d elta conoide a qu ella d e l liqu ido av erà u n M r rag ion e d i q u ella d e l quadrato fa t t o d all' e c c e fo d e l l a f e f ì p r a i l fifq u ia tte r o d ella lin ea fin o a l l ' a f f i , a l qu ad rato d e l m edefim o a f e ! p ofta la conoide n el liq u id o » fi c c h i la b a fe non tocch t i l lìq u id o , non torn erà d ir itta , n i rim arrà inclinata , f* non quando V a f e f a r à t o lt a fu p erfic te d e l liq u id o qu ell' a n g o lo , >cbe in a p p rejfi do­ v r à d eterm in a rfi .

Sia il punto S centro della co­ noide A B D, e però K B fefquialtera di S B, dunque fatta S E eguale alla linea fino all’ alte, di cui felquialtera fia PK faTàil ( i) l ) E u el. refto B P fefquialtero diB E ; ftia U p .19 . dunque lagravità deliolido a quel­ la del fluvido, come il quadrato di B I aquello di B K ; farà dun­ que B I minor di B P, efiendo per ipotefi minor la ragione della gravità del folido a quella del flu­ vido, cioè del quadrato B I al quadrato B K, che del quadrato fatto dall’ecceflb B P, per cui P afle B K, fupera il fefquialtero P K della linea fino all’afle, al qua­ drato dell’ afle B K, e pofta B L eguale a due terzi di B I , ficcome B E è due terzi di B P, farà B L minore altrefi di B E; onde fatta E C eguale a B L, farà il punto C dentro la parabola AB D; ed ordinata C N, e tirata la tangente N Q, farà l’ angolo N Q. K quello di cui fi tratta. Perchè tirato il dia­ metro N R eguale a B I, ed F E parallela a C N, ed ordinata H R G parallela ad N Q, la quale non giugnerà mai a toccare la bafe A D, non che a legarla perchè efiendo N F eguale a C E , cioè a B L , o pu­ re a due terzi di B 1 , vale a dire di N R, il punto F è centro di gravità della porzione conoidale H N G : che le vi punto G convenille col ponto D. non potrebbe ( per lo Lemma j. ) la diftanza E K efter maggiore di nove quindicefimi di B K; laddove E K è piò che 9. quindicefimi, P^™^ K S già ne contiene cinque, ed S E piò di quattro quindicefimi dell’ afler il quale fi fuppone avere alla S E minor ragione che di 15. a 4 -> efien.do Tom. I, B P04


•1.8

TRATTATO■

poi come ¡1 quadrato B I, ovvero N R al quadrato B K, così lagravità de! iolido a quella deL liquido ,, e cosi la porziop conoidale H N G alla conoi­ i) 26 de A B D li] faràlaporzione H.;N Gquella'chepuò, e dee itar Sommerta nel d e lle c o . liquido (2) econgiunta laS F(che patterà ancora pel centro V della porziottoid. t < ne galleggiante ) farà perpemjicolare alla tangente N Q., ed alia Superficie sferoiddel liquido congruente colla baie H G; e però in tal iito inclinato darà l ) p r o p . fermo il foìido . Che fe il diametro N R delta porzione lÒmmerfa fuire più I- di vicino all*afle B K; ficchè l’ affé Suddetto faeelle colla Superficie del liqui­ qutft*. do un angolo maggiore del fopra determinato; ovvero le fuile più lon­ tano, di maniera che l’ angolo (uddetto fuiìe minore del già prefcritto, è manifeito, che nel primo xafo? ficçome il vçrt^e del diametro N R fi accollerebbe più alla cima B dell1intera conoide, cosi il eei.-tro della por­ zione conoidale, riuscirebbe fotto la linea E F, come in T, e congiunta la T S X farebbe colla iuperficie del liquido, e colla bafe H G uu angolo »curo dalla banda de’punti G, U; e però quelli discendendo, ed ascen­ dendogli oppoili H, A la figura girerebbe d’ intorno il centro S, finactanto che venilTe nel fico di avere la porzione Sommerta il Suo centro in F Nel fecondo cafo, il centro della porzione farebbe fopra ed oltre la linea E F, come in Y, e taretea Y S Z farebbe angolo acuto colLa bafe H Q dalla banda de’ punti H, A, iqualiviceverfa difenderebbero, afeendendo gli oppoili G, D , finattanto che il centrq delLafommerla porzione ritornafle l'u la linea E F, dove fi equilibrerebbe il Iolido, comefopra, nelfitogià da noi determinato. Dunque nou fi fermerà nella coltra ipocefi la conoide in* cimata, nè tornerà diritta, fe nonquando l’alìe fa colla fuperficie del fluid» l'angolo, che fopra fi è determinato. Il che &c. •W i (/ •««•«fcì-

P R O P O S I Z I O N E IX.

C ò e f e , n elle fle ffe c h c o fla n s e , la g ra v ità d ella conoide a q u ella d e l liqu ido a v e . r i m ag g ior ragion e che non ha l' ec c e fo p e r cui i l qu adrato dell' affé B K fu p e r a i l q u a d ra to di B P ( che e la q u an tità p e r cui f affé e p iù che fe fq u ia lte r o d ella lin ea fin o all' affé ) a l q u a d rato d e l d etto affé B K in fu fa n el liqu ido con tu tta la b a fe , t p o fla in c lin a ta , non torn erà d r i t t a , ne r im a n a in c lin a ta , f e non quando l' affé f a r à c o lla fu p e r fic ie d e l liq u id o P angolo f o p r a d eterm in ato .

Perchè ritenuta la ftelìa coflruzioije, e folo.rivolcandola figura ; effendola gravità della conoide aquella del liquidoinniaggior ragionedell’ eccedo del quadratoBK foprail quadracoB PalquadratoBK , farà convertendo roinor;ra» gione dellagravità del liquido aquella della conoide, che del quadrato BKall* eccedo fuo fopra il quadrato BP; e per coaverfione di ragione farà minor orzione quella della gravità del liquido all’ eccedo fuo fopra la gravi­ si Solido ; che quella del quadrato B K al quadrato B P. Sia il quadra­ to B K al quadratoli I come la gravità del liquido all' eccedo Suo fopra quella del Solido, cioè come tutta la conoide A B D alla porzione che galleggia, farà dunque B I minore di B P, e pofta B L eguale a due ter­ zi di B I fi complica la coitruzione dell' antecedente ; e fi concluderà do­ vere fiat fommerla hi parte della conoide A H G D, egalleggiante lapor­ zione H N G, il cui d¡ameno N R pareggia B I, fermandoli il tuuo nel fito inclinato dell'angolo N Q, C, il che &c-

n

PRO«


£>’ M A R C H I M E D E

PROPOSIZIONE

X.

La retta porzione d 'v n a conoide rettangola p ià leggieri del liquido, quando ave r à f alfe, che abbia maggior proporzione alla linea fino a ll' a fe , che i l quindici al quat­ tro , mef a nel liquido , talché lajita bafe tocchi i l liquido , talvolta non ifiarà Ce non retta, e talvòlta ftarà inclinata ; e talora in maniera che la fua baje tocchi la fuperficie del liquido in un punto, e ciò in due pofiture: talora in maniera che la bafe più fi fontinerga nel liquido, alte volte in form a che non tocchi in nefitna maniera i l liquido: fecondo la proporzione, che aveva la gravità del folido a quella d'ejfo liquido >corno tutto ciò p artitam ele f i dimoftrerà qui fotta .

Sia la gravità della porzio­ neaquella del liquido, come il quadratodi Z al quadratodi BQ, e congiunta QC, e di­ sila pel mezzo in4 >fi deferiva laparabola CG> B, laqualedivide pel mezzo tutti i rami, che dal punto C terminano al­ laparabola A Q_G(per lo Lem­ ma i. ) e fia altresì CDKM unaparabola, che palli per tut­ ti i centri di gravità delle co­ noidi paraboliche tagliate da* piani, che padanoper lopunto C ( ficcome nel coroll 2 del Lemma IV. fi è veduto) e ti­ rata dal vertice D la D V parallela alla baie A C farà B V nove quindicefimi delPafTe { per lo Lem­ ma V. ) onde eflendo B K cinque quindicefimi del medefimo, per edere K centro di gravità della conoide A QC, faranno K V quattro quindicefimi dello Itejo, ed avendoBQmaggior proporzione alla linea finoall' affé (la quale fia K N ) che di quindici à quattro, farà K N minore di K V, e tirata N H G parallela ad V D, legherà la parabola B D C ne’ punti H G, pe’ quali fi tirino le parallele all’ alle L H y , O G £ , e fi tirino le tangenti L S O R ; e pongali B T fefquialtera di K N , onde la rimanente Q T farà ieiquialtera della Q N, ficcome è tutta la B Q della Q I{. Ciò pollo: dico prim iera m en te che fe Z non è minore di O T eccedo dell* alle (opra il lelquialtero della retta fino all’ ade, la porzione A B C infula nel liquido non iftarà fe non retta: come èdimollrato nella prop.4 di queito a. libro. Dico in 2. (uogo , che fe Z è minore di Q T , ma però maggiore di L V , potrà la conoide dare inclinata immerfa nel liquido in maniera, che la baie , L non tocchi elio liquido, e Biffe BQ faccia colla fuperficie del liqui­ do un angolo maggiore dell’ angolo L S Q. Perchè allora due terzi d. Z laranno minori di due terzi di Q T, c.oèdi QN, e maggiori di due terzi di y > a o è di L H; dunque (opra la linea N H fi potrà nello fpazio parabohcoQLHN adattare la XP parallela all’ ade, ed uguale adue terzi .1. Z, v.tafig. nello Ipazio intermedio fra la maggiore Q N, e la minore L H; e prolun fig u en gata x P fino alla parabola C B in <J\ ed ordinari la C, ¿ i l , per efle- te. i £ l i l uguale a due terzi di X farà X £ maggiore della Z, di cui èdue B2 ter-


20

TRATTATO

terzi la P X , porta dunque K F eguale a Z, ed ordinata 1^ Il F ¥ parallela a C Ì2 , farà la porzione conoidale II X i quella che può Ilare immerià nel liquido, per avere il fuo diametro X r uguale a Z i ed eilendo X F fefqmaltera di X Pv farà, il punto. E centro di gravità della, parte fommerfa n X Yi e la linea K P, che congiunge il centro di tutta la. conoide K. con. quello, della parte fommerfa, riel'ce per­ pendicolare alla, tangente, & X . E parallela alla, baie n V;. ovvero alla fuperficie del liquidò;, adunque lai conoide fi fermerà intanfito, effendo Parte inclinato al­ la. luperficie del. liquido, per 1’ angolo X. & Q. maggiore di L. S efterno . Il che &.c. Dico in terzo luogo „ che fe Z èugualead L y , ovveroad O £, nell’ uno e nell’ alrro calo porta la conoide nel liquido, vi fi fermerà inclinata nell’ angolo L S Q., leZ.uguaglia L y , ma nell.’ angolo O R Q., fe Z èuguale ad O di. maniera che la bafe. A C. tocchi là. fuperficie del liquido nel punto C Perchè congiunta la C y E farà, la porzione E L C quella che do­ vrà: (lare fommerfa), effendo- Z uguale ad L y -, ed il fua cen­ tro farà in H:, e congiunta K H. farà perpendicolare alla tan­ gente L S, dunque nell’ an­ golo L S Q darà inclinata la. porzione conoidale. Similmen­ te congiunta C £ E, la por­ zione C O F farà quella che dovrà (lare fommerfa, quando, Z uguagli Q £, ed è G il centro di tale porzione , e con­ giunta K G riefce altrefi perpendicolare alla tangente O R onde darà in­ clinata ancora inquella cafa la porzione conoidale fecondo 1*angolo O R Q, Il che &e. Dico in qu arto luogo che fe Z’ è minore di L y e maggiore di O £, fi fer­ merà la porzione inclinata-coli’ affé alla fuperficie del liquido, ma colla ba­ ie vie più (oniroerfa nel liquido} perchè.allora due terzi di Z faranno mi­ nori di due terzi di L y , cioè di L H „ ma però maggiori di due terzi di O £, cioè di O G, e però nello fpazìo parabolico L H G O applicando X P uguale a due terzi di Z parallela ad L H, caderà nel. fito intermedio fraledue L H. O G; e prolungata. X. P finoallaparabola G £. B, in & ed. ordinata C $ il’, eflendo X felquialteradi X I, la quale è minoredi X!P, a cui è felquialtera la Z , farà: X t minore di Z , e porta X F eguale a Z,, farà


Z)’ A R C H I M E D E .

AI

farà ¡1 punto r nella X pro­ lungata; ed ordinando n T i caderà il punto Y oltre la bafe A C; eflendo adunque n X Y laporzione conoidale che dee immergerli, per avere il diametro X r uguale a Z; ed il fuo centro ritrovandoli nella linea N G in P, eflendo X r fefquialtera di X P, licchè laretta K P, laqualeconginngeicentri, è perpendico­ lare alla tangente del vertice X, è manifefto, che con tale inclinazione li fermerà la por­ zione conoidale, colla baie A C infufa nel liquido; Il che S ic. In quinto luogo. Se finalmente Z è minore di O |, polla la porzione nei liquido, vi darà inclinata ad un angolo minore di O R Q, licchè la bafe A C non toc­ chi eflo liquido: perchè allo­ ra due terzi di Z faranno mi­ nori di O G, che è due terzi di O li applichi dunque fu la linea N Gprolungata la X P parallela all’ aflè, ed uguale a due terzi di Z , e lì prolunghi X P in i alla parabola C £ B, farà dunque X $ fefquialtera di X I , e Z è fefquialtera di X P; ma X I è maggiore di X P, dunque X ì è maggio­ re altrefi di Z, e polla X T uguale a Z, ed ordinate al diametro X <He rette C & y , ¥ T il, la porzione ' f X fi farà quella che dovrà immergerfi nel liquido, avendo il fuo diametro X linguale aZ, ed il fuo centro l'ara in P, e la retta che congiunge i pun­ ti K, P farà perpendicolare alla tangente X $■ , onde la porzione rimarrà inclinata nell’ angolo X & Q, il quale è minore dell’ efterno O R Q, e li bafe A C non toccherà altrimenti elio liquido; Il che &c<


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DIALOGO LORENZO ALBIZI SOPRA I PADULI, E CAMPAGNA DI PISA.



I *5

Ragionamento fiopra il bonificare il Paefe dì Tifa fra Mefier Gio. Caccini, Maeflro Davitte Fortini, e Lorenzo Albiz i , al Sereniamo Cardinale, e Gran Duca Unico mio Signore. Vendo dato l'originale di quello mio ragionamento più anni fa alla Felice Memoria del Sereniamo Gran Duca Francefco , m’ èparuto prefentarlo ancora a V.A.S.fe bene conofio effer parto del mio infelice ingegno ; impe­ rò degnili di re^ar fervita della minima volontà del fuo minimo fervitele; ed il contenuto dell* opera è di rafciugare i Pad ili di Nodica, e di Vecchiano, e di poi di quelli de'Luccheli fino alla Marina col Serchio, mando vien torbido, dipoi voltar Arno più alto, che I può, conducendolo a Stagno, ed a riempire tutti i padnli ¡di qua da Livorno, e dipoi voltarlo al fofio Cannata, e ritornarli a unirli col Serchio, quale per lo fuo letto antico palTalle per Pila, ed am­ bedue terrebbero la foce del Mare aperta aflolatamente, e nel pallate il Ser­ chio pel Lago di Bientina dove pattava anticamente, riempirebbe il La­ go, e 1’ impadulito, e lì farebbe grand’ acquifto per S. A. S-, e peri Lucchelì, quali concorrerebbono alla fpefa.Si degni per folita bontà far vedere quella poca fatica, ed efiendoci cofa buona da cavare lo riconofca da Dio, e mi perdoui della troppa profunzione, quale a ciòmihafpintoperfervizio di lei, e de’ Tuoi Popoli, e per fine megl’ inchino pregandole ogni maggior felicità»

Ì

Ragionamento [opra i l bonificare i l T i ano di Fifa fra Mefier Giovati Caccini, Maeflro Davitte Fortini , e Lorenzo Albizi » l.

"ITOI fiate » ben trovati coppia d’ amici, che Ti fa a Pifa? come vi

V ha trattato l’ acqua, che noi vi abbiamo mandato da quelli no-

itri monti ? G. Ella è Hata tanta, che ha inondato, e fatto danno a gran parte del >efe, e fe non era il trabocco della Fornacetta, quella era la volta, che na andava fotto. D. Ed il Serchio ha fatto ogni fuo sforzo, a tal che i Lucchelì fe ne fentiranno per un pezzo, perchè egli ha rotto loro i ponti, guaite le ftrade, c por-

?


26 DIALOGO e portato via cafe, ed è faltato per li piani, facendo grandiflìmo danno , ed a noi ha lafcinto la fteccaia di Ripafratta da una banda, e buttatoli per lo piano di Filettole in verfo il monte, facendo le pazzie, di poi d* Ripafratta in giù ha rotto in più luoghi con fare grandi fdruciti. L - Adeiìoerail tempo, che cotefto voftro Fiume avelie avuto il trabocco Riem pì - per riempire i paduli di Vecchiano, e di Nodica, e fopra il Lago di Maffaciucre i Pa- coli, dove averebbe fatto grandiflìmo benefizio, ed acquifto, cosi di terreduli di no atto a coltura, come di miglioramento d’ aria, e confeguentemente, fe Vecchia■ avelie avuto cotefto sfogo, non averebbe fatto ciò verfo Avane, ed altri po e d i luoghi, che mi dite, che gli ha danneggiati. N odica. G . E dove averefti voi voluto, Lorenzo, che fi fuffe tagliato lo fcolo per entrare in quei paduli? L . Dicovi, per quanto potetti confiderare nel breve pafiaggio, che feci, Luogo quando andai a riconofcer cotefto paefe, il meglio luogo, e più ficoro per rompere a far quello trabocco, mi parve , che folle quel gomito del gito del monte, che è vicino a Avane, il quale non cr,edo fia molte braccia da taoerchio. gii3re> e per efier monte fafiofo , e forte, l’ acqua non potrebbe mai rom­ perlo, nè sforzare la bocca, e fi rifpiarmerebbe la muraglia, e cateratta, che s* averebbe a fare in ogni altro luogo , ove fi facefie tal trabocco. D. Mi piacerebbe quello voftro dilegno, e farebbe un benefizio grandiflì* mo a i Lucchefi, li quali concorrerebbono volentieri alla fpefa di quella tagliata, e.per avventura la farebbero tutta per avere il palio dell’ acqua del Serchio, per potere empire i loro paduli, dopo che iutiero ripieni quelli, che chiamano di Nodica. G ■ Io confiderò in quella tagliata un altro benefizio, oltre i,’fopraddetti, fi potrebbe fare un mulino, i! quale darebbe di grand’ utile, scomoditi di Vecchiano, e di Nodica, ed altri vieni. D . E fe fi facefie quell’ apertura, io vi feorgo dietro un gran bonifica­ mento del Paefe, ma i Lucchefi verrebbero ad acquillar molto più, che non farebbe S. A. S. A p p alto L . E’ fi potrebbe avanti, fi cominciane l’ imprefa, vedere di convenire con con i >Lucchefi , èfare un appalto di loropaduli, edelLago di Mafiaciuccoli, acLuccbefi ciocché S. A.|S. ci veniffe a far qualche acquifto d* importanza, perchè 1* d e lta - imprefa è grandiflìma, e certa. eo e de' G - Al prefente fi fa una tagliata a quello Serchio per dirizzarlo alla volPaduli ta di Avane, e farlo andare dritto, a tal che Metato reftafie dalla parte di * ' pifa, e fi ftrema il viaggio di quello fiume in quella tagliata più di due miglia, che farà benefizio grandiflìmo, perchè verrà da Arena in sù a far­ li più fondo, ed anderà più rotto a portar la materia giù alle paludi,ed]a Fiume morto. L. Mi Piace grandemente quella voftra tagliata, ed è più di venti anni, che fi poteva fare, e tengo per fermo, che averebbe fatto grandiflìmo be* nefizio fino a oggi, e mafiìme al pafiaggio di quella piena, perchè nell’ ac­ corciare il viaggio del Fiume, 1’ acque vanno più rotte per li piani, che fanno i letti più fondi. Onde l’ acqua non ha tempo, nè forza a rompere dove dà di punta nel far le volte, e il ferpeggiamentoD- La vera tagliata, e dirittura farebbe (lata quella, che più volte avia* Tagliata m0 ragionato infieme, di drizzare il Serchio, pigliando vicino al Ponte, e p er «»»’-tirando in Arno, dove mette in Mare per lo più breve viaggio, facendolo re A rno pagare per lì paduli fopra S. Bartolomeo, e di S. Rofiore, dove riempi­ to/ Ser- rebbe detti paduli, e di più unitoli con Arno averebbero tenuto la foc» tb ,° ' aperta, e fatto tanto buon fondo, che le barche grolle, e le galere Fu­ riano


DELL'

ALBIZI.

27

tiatio potute venire fino a Fifa, come facevano 20 , o 25 anni fono. G . Maeftro Davitte dite voi il vero? concorrerei ancor io a quello voftro bel penderò, fe non vi fode il pericolo di allagare a una piena, che fi accozzane d’ ambedue i fiumi, non foto l’ angolo, che rellade fra i due fiu­ mi fotto Pifa, ma anche Pila, e fopra Agnano, ed Afciano; però quello voftro difegno è molto ben da confiderarfi, avanti che fi metta in efecuzione. Ma pofpollo quello pericolo, io tengo per fermo, che farebbe cofa utiliflìma pet la navigazione del fiume Arno. Però fon cofe da decor­ rerle più maturamente, e con più fpazio di tempo . L . E’ ni’ è fiato grato quello volito bel penfiero, ma però vi dico, che quando fodero rifanate, erafeiutte le paduli di fopra nominate di Vecchia» Tagli» no, e Nodica, ioardirei di proporre unmio capriccio, che così fi puònominare, delmonil quale più tempo fa mi cadde nell’ animo calando il monte di S. Giuliano, te di S. Ì >cr mifurare quanta era la radice, e baie di detto monte nel più fi retto G iu lia» * uogo, che viene ad edere nel feno fopra il Bagno» che rifponde alle ra­ dici della banda verfo Lucca, per proporre al Gran Duca Cofìmo di fare un padaggio fotto detto monte, dove le carra in coppia potedero con fa­ cilità caminare dal piano di Lucca a quello di Pifa, per fare un comodo grandiflìmo a i padeggieri, ed una entrata di molt’ importanza, che faria tratta da i viandanti, e loro bellie, che non avedero voluto fare la ftrada p 0n-0 del monte. Il che non propoli, venendomi in animo mentre faceva uno navig a_ fcandaglio di propor prima, che un ramo del Serchio per una gora venide a entrare nel fodo, che è fu dal Bagno, ed entra in Pifa, e mi venne Ripa tal penfiero nel navigare sù per Io detto fodo, andando per mifurare la f ratta 4 radice di quel monte di S.Giuliano, e mentre era in barchetto sù per det- p;y^ ’ to fodo fentendo il puzzo grandidimo, che rendeva quell’ acqua, sìperef- J ferritenuta, acciocché ella gonfiade, perchè meglio i barchetti potedero andare da Pifa al monte per la calcina, e per li fallì, come per efl'er acque del Bagno, e di quei paduli, e dandomi faftidio, come ho detto, detto puzzò , confiderai, che non poteva , fe non pregiudicare all’ aria, e rapendo quanto grande fpefa avede fatto, e faceva S. A. S. per riparare all’ arie, che infettavano Pifa, confiderai dire, che fe. un ramo del Serchio folle ti­ rato in detto fodo, verrebbero fatti molti benefizi al paefe. Il primo farebbe il levare il fetore, che rendeva quell’ acqua del fodo per le caufe fopraddette, dipoi la comodità di fare più edilìzi in fuddetto fol­ io, ed avendo più abbondanza d’ acqua, e’ fi poteva ancora navigare da Pifa a Ripafratta,e da Ripafratta a Lucca con gran comodo dei Lucchefi, che levano di Pifa i grani, ed altre mercanzie, e poterfi condurre ancora ghiaie, e rene buone in Pifa, che quelle di Arno non fono molto buone, e quelle del Serchio sì. Si confideràancora, che eramoltocomodo aquei popoli, che avevano per detto fodo a condurre a Pifa le loro entrate da Ripafratgliono farli cattivi vapori; onde -con detta acqua del Serchio, che è per natura limpida, e chiara, fi rifeiacquerebbero detti folli, ed in fomma confiderativi li detti comodi, e molti altri, come benilfimo vi ricordere* te, vi efpofi quello mio difegno, e voi comunicatolo con S- A. S. il qua­ le è d’ ottimo giudizio, conobbe efier vero il detto fopra narrato; onde fattoci metter mano ha apportato grandilHmo benefizio, e comodo a tutti quei popoli di Pifa, ed a i vicini, fe bene talvòlta gli ha offefi, «1 che fi potrebbe rimediare. G. Cer-


28 'DIALOGO Certo che di quello benefìzio comune, ne fuili Pinventore, ma che è quell’ altro bel penderò, che voi cominciane a dire, che avevi dopo , che era ripieno i paduli di Vecchiano, e di Nodica ? L Dirovvi: eflendo fui monte di S. Giuliano, che fignoreggia tutto i| piano di Pifa, andai confederando, e difcorrendo quello fi porta fare pe« liberare la Città di Pifa dalle fpefie inondazioni, e migliorare tutto il pia­ no con riempire i paduli , e (lagni, e rifpianare cottoni, ed infomma far­ lo abitabile, com’ era già, liberandolo dall’ inondazioni dell’ acque, ancor, chè il fiume, e li folli maeftri, che conducono l’ acque al mare, abbiano per’ duto il loro debito corfo per efierfi allontanato il mare, mediantela tanta re-“ na, che ha portato Arno, e ’ 1 Serchio dall’ Alpe, e da’ monti, onde fi è cgn’ anno acquiftato molte braccia di terra ferma. G . Quello penderò mi pare difficile ad effer meiTo in atto talmente, che faccia buon effetto, perche ogn’ anno perde di caduta, a talché non ha forza ditenerela foce aperta, e fempre anderà peggiorando, perquelloche ha fatto a mio tempo, e da zo anni in quà, ficchè il voilro ¿¡legno qualfifia, dubito non fia riufcibile. D . A quello voilro dilegno bifognerebbe dimolta acqua, e chiara, e fa* re alla foce una rteccaia di qua, e di là di Arno, che entrafie in mare, ac* ciocché l’ acqua portafle molte braccia a dentro la rena, che fa ad elfo fpiaggia, e così andando flretco il fiume, farebbe buon fondo, ma noi abbiam per proverbio, che Arno non vien groflo, che non venga torbido, però fi tratta deli’impoilìfaile . L . E fe io umili Arno col Serchio infieme, come poco fa difcórfi fri voi, non averelti voi fede, che accozzate quelle due forze fi facefle quello buon effetto, che voi defiderare ? D- Sì ma incontreremo nel pericolo, che di già abbiamo detto dell’ inon­ dazione. G . Lorenzo conviene, che abbia penfato di far fare altro viaggio a que­ lli due Filimi, perchè avendo intelo , quanto noi abbiamo concluio nel ra­ gionamento pailato dell’ abboccarli infieme, non Tornerebbe a dire quelle medefime cole, e però Lorenzo di grazia dite, perche molte volte fon da­ te le grazie agli uomini amorevoli, come voi, però è bene ascoltarli. L Poiché voi mi comandate, Mefier Giovanni, iovi dirò, ma con quello, che voi come piatico vi degnate infieme con Maeltro Davitte, dove io errarti e nel fatto, e ne’ nomi avermi per ifeufato, e mi correggiate in quello mio difegno, fatto folo con un carbone, e da mano poco atta, e me­ no pratica, ma traportata da una buona volontà, la quale fempre prega Dio, 1’ infpiri al fervizio di S. A• S- e de’Tuoi fuddiri, e fedeli Servitori, G. Quello fi fa, e ne avete dato fegno in tutte le voilre azioni, però ditelo liberamente. D In vero voi cominciate a buon ora a dimofirare il voilro buon ani­ mo, e mi ricordo fino quando era vivo la buoirem.del Signor Mariano, che vi dilettavi lapere per giovare al proflìmo, però dite quello, che vi occorre, che dove voi mancarti, fuppliremo amorevolmenteL . Con quella fede comincio, e dico, che il pendere, che mi venne lu quel monte di S. Giuliano, fu di liberar Pifa dall’ inondazioni, ed il piano, e paefe ballo dall’ affogare, come fi dice volgarmente, ed avendo villo quello s’ era fatto infino a quell’ ora, ciré tra il follo delle Bocchette, e dipoi il follo l'otto la Porta a mare, che lafciarono ripieno molto paefe p3dulofo, e fecero grarrdirtìmo acquiflo d’ ottimi terreni, con tutto ciò con il tempo minacciavano tali acquirti di fare inondare, ed impadulìre delle terG.


DELI'

B 1 3 I.

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terre fcaperte, ed abitabili, dove che a calo, mi vien detto, evoiMaeftro "M »avute ve ne potete ricordare, che trovandomi al. folio delle Bocchette d iv erjio a far lavorare, lodai quell’opera, ma dilli, che fedetco follo o traboc ne a lle co a, folle prefo piu alto, averei creduto, che egli avelie fatto molto me­ F o rn a ­ glio, e che un di fi averebbe a rifare, e vedete che conofciuci gli effetti cette fi di quello, che fi era fabbricato in molti anni, fi fece la reloluzione dì fare lafcett il trabocco alla Fornacetta, il quale è lo fcampo di Pii*, e bonificamento p r e f e n . «agno * PartC ^ ra0rt?1° Peccili Cl va riempiendo quei paduli, e lo tem ente come • G. Sì, ma nel dividere l’acquad’ Arno il trabocco delle Fornacettepiglia inutile » l acqua nella fuperficie della piena, e la manco grafia, e carica, e lafcia Arno dal mezzoin giu, e due terzi, che ha più grolla materia, la quale è condotta fin lì da una quantica di acqua , la quale dividendoli, e perde.»ao di forza la si, che quella, che reità in Arno non. può condurre per lun­ go viaggio, e piano, con poca caduca nel mare quella maceria grolla a tal che la comincia a Uiciare lubito, e cosi va lèguiuud© fino al mare, dove trovando ogni poco di refluii©, odiLiDecciata , fcanca la fornai onde egli •ÌL ’ f e g J g g f t y »• <*•1 >**■ •“ «■ »« fa» vf -x Echeditf voi1iella piaggia di Livorno, che anche ella col tempo fi F3 r!LnealP‘enu.?i.d0Ve va ^^occare il loda della Fornacetta , ma per ora *a poco, perchè I acqua torbida cala fra lo Sfagno, ed i paduli di forte, che non apparii« cofa ih momento, ma in breve tempo, come la corbida cadefo miScagno e ne'paduli, perchè ella ricondurrà alla marina , vi «Jco, che tara grandifiìmo danno a detta fpiaggia, L . Il voftro difcorlo mi fa. tanto più inanimire aU’imprefa penfata. G. Ulte dunque. r L Io non dubito di non vi tenere troppo- a tedio, e forfè non dare in Cola buonaD. Dite pure, che ci è cofa grata, perchè fe non altro- ci de(lacegli fpiliti all azioni che ogni di ci occorrono. L . dico dunque, chea volere liberare Pifa dall’ inondazioni„ bifogna levar* n T V r n°n PLa® Preil,° P,la’ ?* anco apprello a qualche mfglio. D . Oh P.la renerebbe una bella cola,, e come fi dice falle Secche di Barberta, e dove ha talvolta troppo bete, fi morrebbe di fame, perchè la do. gana, ed i negozi al tutto farebbero nulla, e fi farebbe un cartellacelo G . Piano, Maeftro Davitte, lafciatelo dire. awi,*°in0lì/rV0i^'0 dir®.c° m? quell’ Architetto,, che proponendo di fare a AIelfandro Magno ima Città lopra un monte, perchè ella fuffe più forte, e piacendo a Aleffandro il dileguo,, dille, ma i popoli, die avellerò ad abi­ tarvi donde averebbono .1 vitto? rifpofe l’ Architetto a quello io non ho pen ato,, e ci pemerannaioro, imperocché io ho penfeco di donde abbia aver *equa, a luiEcienza, perchè fi polla navigare, e fia molto miglio­ re di quella d Arno^ a, ogni cola, e dico fio per bere, e far buone faie, e iene, e ©ramo Paele. D . E Lorenzo io dubito, che voi vorrete fate refufeitare Moisè, che venga a fare ufc-re colla Verga deli’ acqua in abbondanza di quei monti del­ la Vernacola per empire il canale di Arno . Gì. Echi la? lafciatelodireper vedere, dove vuol capitare, perchè io non credo,, che' abbia avuto per Maeftro quel galantuomo-, che con tanta »danza voleva pervadere il Gran Duca Cofimo , che a voler liberare Firen2C dall’ inondazioni, conveniva fare una tagliata Copra Firenze pei lo piano di Ri»


V S ar­ chio p a r T ija .

D i/a c c o re i P a­ titili d i V ecchio­ tto , e di N odica c o l S a r­ chio .

30 *D I A L O G 0 t di Ripoli, e paflare con il fofTo in Nema fotto Santa Margherita a Monte Eci, ficchè vedete fe i gran Signori hanno ancor loro bifogno d’ adoprare la pazienza , e compaffione. D. O che cofa da ridere! fe pure coteflo Architetto avelli detto, che il folio fi fufie prefo da Mezzaftrada, e fi fufie fatto capitare in Mugnone, va che fia benedetto, quello aveva più del compatibile, ma il volerlo met­ tere in Nema, egli avea a falire. G. Il povero Uomo nonera andato con il Livello, ma come fi dice a oc» chi e croce; ma feguitare Lorenzo. L . Maeftro Davitte, l’acqua da me celebrata tanto è quella del Serchio» ed è quella , che io vorrei condurre a Pifa. G . E donde vorrefti fare quella pallata? fotto il monte di S Giuliano, che voi dicelli dinanzi, che volevi, che due carra vi pallafiero in coppia? L . Signor no, ma che il Serchio paflàfie per Pifa, donde ei veniva prima, e perchè i Pifani conobbero, che col tempo, efiendo Arno, ed il Serchio infieroe, la Città portava pericolo, e che già ne avevano avuti faggi certi, convennero con i Lucchelì di tràlafciario dove oggi palla da Ripafratta, e febbeneho intefo, dettero feudi jooo. a’ Lucchelì per le fpefe della ta­ gliata. 1 G E che Arada faceva quello fiume per unire con Arno? L . Pigliava il fuo cammino fopra Lucca, e veniva nel hgooggi detto dì Bientina, e fotto il cartello di Bientina s’ abboccava con Arno. D . E donde avete fapute quelle cofe? L . Nel domandare a i vecchi di Pifa, e del paefe, ed in particolare a un Giovan Vaglienti, che era de più vecchi di Pifa, aveva letto aliai, e tenuto a mente fino a’ Tuoi ultimi anni, che pafsù gli ottanta, febbene mi ricordo, avanti morille. D . Se così è, che il Serchio facefie cotefia ftrada, faria facil cofa a far­ celo ritornare , ma ci conofco molte difficoltà. L . Ditele, che per avventura io anderò levandole. D . La prima che i Lucchelì fe ne contentino; la feconda che lemulina dì Ripafratta rimarrebbero in lecco; la terza, che il Serchio ha poca acqua, a tale che Pifa rimarrebbe afeiutta, ebarche nonpotrebberoefercitarfi ; laquin» ta dove volete metter Arno, che non fi unifica al Serchio l'opra Pifa ? L Alla prima vi rifpondo, che li Signori Lucchelì dovranno aver di gra. ziaquella tramata, etantodigrazia, chelifcudi jooo.avutipiùtempofa.gl» daranno, acciò fi faccia, e quello in effetto era il mio giudizio, che e’ fa­ rà tutta volta, che fia fatta quella dileccazione de’ paduli di Vecchiano, e di Nodica, e di Loro, che invero fenza il Serchio non lì può fare, ma pofpofto quello, vi dico, per quanto ho fentito dire ne’ loro dilcorfi, chel* averanno di grazia, attefo che il fiume, dove lo vorrei mettere, loleva paflarvi, ed ogni anno minacciava voler ritornare per lo luo corfo antico; onde che conviene farvi ripari grandilfimi, fpefeintollerabili, con tutto ciò il fiume va confumandogli Di poi lafciando andarei Lucchelì, come hodetto, il fiume per lo fuo anticoletto, oltre al non aver quella lpefa ogn’ anno, s" anderebbe riempiendo il padule ed il lago di Bientina, volendo, che buo­ na parte è loro, farebbero un acquillo grandiifimo, ficchè potete confiderare, quanto folle facile il convenire con quella Signoria, ed il trarne da loro premio per far parte della fpefa di quello mio dilegno. D . Buono fin qui, feguitate all’ altre difficoltà. L. La feconda, che dite, di non lafciare le mulina di Ripafrarta a fecco, vi dico; che anco i Signori Lucchelì non vorranno, chela Gora, che


D R L LK) A L B I Z I.

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pafli per Locca rimanga afciutra per amore degli’efercìzi della Seta, e La­ naj. ed altri comodi, e tate che paflando quella quantità d’acqua per Luc­ ca, conviene, che venga dipoi ne’ loro fcoli, che ancora una buona parti­ ta d’ acqua, e tutci due infieme capitano alle Mulina di Ripafratta, ora che dite» liete fodisfatto Maeftro Davitte? D . Sì in quella parte, m a dell’ acqua per lo follo che difegnalìeper con­ durre l’ acqua del Serchio a Pifa, come li farà? L, Vedere di provvedere tanta dalle dette due di fopra, e da altri rivi* che ferva ancora al folio. . . D . Alla terza vi voglio, che il Serchio Teliate ha poca acqua, ed anco avendone la parte,,che dite per Rip'afratra, Pila rimarrebbe fenza acqua, e non fi potrebbe navigare. L A quello mancamento vi dirò quello, ho penfàto per accompagnare il tempo di continuo, vorrei, che col Serchio s’umifero tutte T acque d’ Ufciana, e del Lago di Bientina; e come acqua penda da’'Monti Pifani , che lono la vernata buona di quantità, comefapete. E per a tempo vorrei, che Arno avelie un callone con le fue fatacinelche, e ritegni da fare gon­ fiare l acque per lalire, e fcendere i Vafcelli, e quello callone a mia po­ rta metiefle acqua. sì per fupplire al mancamento dell’ eflate, come per far lalire le barche in Arno, acciò poteffero venire a Firenze, e da Firen­ ze a PifaG . Buono Maeiìro Davitte, e quanti pefci fi potrebbero pigliare Pedate nel voltar Arno? ìu ^ . I>. Si buòno, o come è facile a metter in carta, ma il mettere in ope­ ra non rielce, così fono le fpefe intollerabili. £.;,Voi dite il vero, ma l’ imprefa è da un Gran Duca di Tofcana, e 1* acquiflo è meglio d’ unmillioned’ oro, febbene fi confiderà tuttoquefto bene­ fizio; ^oltreall’ailìcurare Pifa, che il paefe per le inondazioni, e P acqui­ lo de’ terreni faranno ottimi, oltre che i Popoli fi potranno difendere ad abitare per lo piano, ed alle colline intorno a Arno nuovo. D . Alla quarta, dove volete voi che Arno vadia ? L . Vorrei, che la tagliata fi facefle fopra al Ponted’ Era, fepoifibilefuf!*' 9 ° P°co di lotto, edirizzarlo alla volta di Stagno per riempirlo, ed iPaduli circonvicini, ragguagliare i Coroni, il piò fufie polfibile per addomefticare il paefe, e farlo abitabile ficcome palla al prefente d* Arno . D. Eccovi a pregiudicare alla lpiaggia di Livorno, che predo fi riem­ pirebbe. , G . Lafciatelo dire. L . Come egli avelie ripieno, e ragguagliato il di fopra da me narrato, ■vorrei poi ìncaminare in fuHa mano dritta d* Arno, e farlopaflàre fra i due colletti, dove e la folla Cannaja, e tornarli a riunirfi co! Serchio, la qua­ le unione ratebbe quel buono effetto tanro defiderato, che la foce farebbe aperta con buonidìmo fondo, e per quanto pollo ricordarvi tale unione fa­ rebbe vicina, o poco forto a S. Piero in Grado, a tale che li due fiumi camminerebbero infieme molto piò di tmgrolìo miglio, avanti che arrivaffe­ rò a marma; laonde non fi verrebbe a far danno alla piaggia, e Porto di Livorno, anzi tutte ile acque che vengono dalle Colline, o la maggior parte verrebbeio a mettere in qued’ Arno, e non farebbero paduli intorno a Livorno, come fanno oggi. Or che dite, non ho io fatto con brevità quello mio difcorlo? Il quale come vi dilli da primo non era fondato, fe non iulta buona volontà, e lebbene potefiì dire molte cofe in prò, ed in­ contro, le vò tacendo, perché lo di aver parlato con due intelligenti, e • ,i p»-

Tagliat» fo p r a i l ‘P on te d' E r a ¡per riem p ire lo Sta­ gn o.

Unire Arno col S erchia vicino a S- P ie r i

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T a la g ­ g io da fa r ft fo t ­

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S G iu ­ liano .

3* D I A L O G O pratichi, e coniìderato, «he voi potevi allegarmi molte più difficolti, # fpele . come almeno di due ponti da farli fopTa Arno uno di fopra , e 1*al­ tro nella firada di Livorno, però fo fine perchè l'ora è tarda, e troppo vi ho tenuto a tedio, imperocché altra volta piacendovi, potremo replicare, perchè Tempre laro prontifiìmo a i voftri comandi. un poco; Lorenzo dice il vero de* ponti, che farebberonecellari di fare , equello , che s’ averebbe afare per la ftrada di Livorno, ver­ rebbe a punto bene a farlo tra quei due colletti perchè ftarebbe fiabile, e fi potrebbe fare avanti, che li voltalie l’ acqua per manco fpefa, e più cotnodnà di lavorare all’ afciutto. veri>’ c^e Pendoli padare Arno colli, pare, che la natura gli abbia fatto favore, perchè 1’ abboccatura è larga, e poi va reilringendo all ultimo, dove che l’ acqua anderebbe con più impeto ad abboccarli con li Serchio, e fare buon effetto. Io credo bene, che le il Serchio, ed Arno a metter inficine fopra la Torre di foce, e Morfaffinio quella Pifciola di S. Rofioreper entrare in ™ te> che larebbe più a propofito, acciocché i Libecci, e Mezzogiorni delTero più nelle rene a i detti fiumi uniti infieme , e fe fuffe poffibile già che fi vede, che tali venti dando in faccia pregiudicano, e dando nelle reni, e per la corrente ajutano a fcaricare, e tengano meglio la foce aper­ ta, imperò mi rimetto. G. Si è detto abballanza perora de’ fiumi, perchè bifogna a quello fac­ to piu lungo dilcorfo, ed il parere de’ più periti, ma vorrei ben LorénZù che vo! ci dicefie qual capriccio, o palleggio, chedifegnade foltoil món­ te di S. Giuliano, a che fine, e come avelie fatto. 1° vi dirò certificato, che non mi burlerete, ma correggerete , Te traviafii, o che io efciffi troppo fuora del cammino di modeltia. D ’ ,®rs“ quello, cne vi muove a propor quello pafiaggio. e ,.°'te c.°^e muovono a penfare di quello tranfiro fotto il monte di S- Giuliano, la prima è far fare a’ viandanti un comodograndiflìmo, perchè febbene la llrada del monte non è molto lunga, ella è tanto difaftrola, e ripida, che una donna, o uomo che fia a cavallo, difficilmente la può falire , le non con gran pericolo, e Anidro della cavalcatura. G. E chi ha paura, e.vuol rifpiarmar la bedia fcenda. L Sì, ma quando fono i tempi finidri di piogge, o diacci, o che 1’ uo­ mo, e la donna impotente, o muli con cade, come fi può fare? D- Male invero, ma però ella è data tanto così, lanciamola dare ancora, e tenerla più a ordine. G. Egli é vero, ma l’ acqua, e frequenza dellebediel’ offendono, efpeffo vi fuccede qualche beandole o di perfone, o di cavalliL. Il mio pendere per quefio non ha fatto il detto pafiaggio, ma fe non vi folle, chi proponeffe non lì farebbe molte cofe, che difcorle da favi fi mettono in effetto. G- Seguitate Lorenzo. £. Vi dico, che a quedopafiaggio verrebbero aconcorrere iSignoriLuccheli, e partecipar delle fpele, e cosi dell’ entrate che fi cavalle dapaffeggieri, che volefiero il comodo di quel tranfiro, e chi non volefle fpendere alidade per la via de’ monti. . G Che vorrede che pagaffe il padeggiero che fi volede fervire di quel comodo? L Le carra vote, una crazia, le cariche dua, i muli carichi una crazia i voti due quattrini,^ così cavalle, e cavalli carichiandafleroin quel me*, zo fra i muli, e fomari. g. Que-


DELL

A L B I Z I.

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Quella è onorata propofta, e butterebbe in capo all’anno molti cen­ ti di feudi. perchè ognuno vorrebbe pattar di 11. D . Voi fate il conto della entrata, ma non della fpefa, che è la prima. L. La. fpefa non farà molta al comodo, ed utile, che le ne può cavare, e farà più, e manco la fpefa fecondo di che faldezza riufeirebbero i lafli del monte, e per dirvi i fallì, che fi cavafiero buoni a murare, farebbe­ ro oro rotto, perchè fi condurrebbero a Pila pel follo, ed i fallì minuti fedirebbero a fare calcina lì alle fornaci, che fon vicine, e l'hanno a men­ dicare con fpefa, e la terra fervirebbe per fare (carpa per falire alla bocca ed entrata, la quale bilogna pigliare più alta che fi può, sì per avere a far manco patteggio, e per potere rifeontrare con il piano di Lucca, che èpiù #lro, che non è dal Bagno verfo Pifa- Ci può edere qualche difficoltà nel rrovar de'Iaffi fciolti, che venilTero fpìccati nella larghezza della cava , che a quello da’ maellri conofciuto il pericolo, converrebbe far de’pilaftri per mantenerli a’ luoghi loro, acciò non caufalfero diiordine. D. E il lume donde l’ averefti, perchè così non fi può fare fpiragli, come aquello, che èper la via di Napoli, e cornea’ condotti dell’acqua di Siena ? L. E non accaderebbe di cercare d’ altri lumi, che quelli, che entrafle* ro per le porte , attefo che il viaggio è breve, e le porte piglierebbero 1' aria viva di quà, e di là maffime quella di verfo Tifa, che farebbe alta di ¿orte, che 1 aria viva paflerebbe da un canto all’ altro, perchè non aven­ do poggio a rifeontro, anzi feoprendo il Cielo verfo Pila, il Sole la ver­ nata pafierebbe molte braccia a dentro. ^ y?ro’ e confetto, che fra di quà, e di là 1’ aria fi potrebbe feon« trare facilmente, o poco ci refierebbe, che non,avette lume vivo, almeno t3”to refleflo, che non fi potrebbe dire ofcuro. L. E chi sà, che non fi potette trovare nel corpo a quello monte qual­ che cola d importanza? batta, che non farebbe la fpefa fenza evidente pro,e_com°dp» perchè la ftrada è frequentata aflai, sì da’ Lucchefi, co­ me da Garfagnuu, e Ferrarefi, e Lombardi . D . Eh Lorenzo voi avete troppo grand’ animo. L . lo lo che le forze del Granduca noilro Signore fono maggiori. G Lorenzo, ditemi, che feguì poi della vcfìra imprefa, dove durarti tinta fatica per trovare, cheque’ beni d’ Alciano, ed il Palazzo di Pifa, che furono già del Signor Ruberto Sanfeverino, e dipoi del Figlio, fi pervenivano a S. A. S. ? L . Io durai una belliffima fatica appretto a due anni, e con qualche lpela , e come mi parve d’ aver tanto in mano, che io non ci vedeva diffico ra, che A. S non li potette recuperare con molti frutti, feci un Ì i V T a e Io letti a S. A. S. il quale per iua grazia ne J l r r n hieJ ™ * e l ° d'odV n° n fo chi a rivcdere» e non ientendorifnnrl0’ ,domandai 3 s A- s: quello era feguito del negozio; onde mi ri po.e, che non erai da farne fondamento- Onde io gli replicai, che S. A. l r i e ' 0 rlzz3^.e a c^' *e ay.ev® cJato tale informazione, che per avventura Io difingannerei come meglio informato, e S. A. S. mi mandò al Dottor Lenzom, al quale nontrova, la mia notola, nè tanpoco a metter Carlo Petti: onde d. nuovo feci un poco di fumo, efatto capace ilLenzoni, che mi ditte el annuir ett° *1 S' e raglon' che Quello aveva l’opra detti beni, * L,PP i C°™e 13 u3fa Clb° er? S-afcata mediante i detti beni dell’ eftenj • f *498. e che io ne parlaflì alla prefata A. S, Non mancai, e li a 1 P°co dl memoriale (opra di ciò, ma andando al Poggio, dove nette un pezzo, ed anco venendo quelli rumori della Pelle, non ho len1 C tiro G.


34 D I A L O G O tiro altro, e ctedo, che per le molte occupazioni, che quella lìa {cor­ data . G. Egli è bene ricordarlo, perchè è cofa di momento, ed effendofuoi quei paddi fi potrebbero far riempire a Arno facilmente, come più vol­ te abbiamo ragionato, il che apporterebbe utile per T acqui ilo de’ ter­ reni in fulle porte di Pifa, e per 1’ aria, che s’ averebbe migliore ; ol­ tre che è vergogna, il vedere in fu le porre di Pila quel padule sì vi­ cino alla Città, e cosi dannofo, e fi potrebbe fare fruttifero, e buono. L . Farò quanto vi piace; addio arivederci altra volta, e per agio par­ leremo delle Chiane d’ Arezzo, e dello Stato di Siena. G. Mi farà gratiifimo. Addio. E da confiderare, che le Arno fi mettefie a Stagno per la via narrata, fi farebbero delle mulina per L iv o r n o , eli condurrebbe l’ acqua in Livor­ no, la quale calcando chiara, nella Darfina terrebbe il Porto netto, e l’ acqua più purificata; Onde l’ aria faria più purificata &c.

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AL SERENISSIMO

DON COSIMO II GRAN DUCA DI TOSCANA, Intorno alle cofe, chefianno fu P Acqua, che in quella fi muovono

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DI GALILEO GALILEI Filofofo, e Mattematico della medeiima Altezza Sereniffima.



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AI Sereniamo

D O N C O S I M O II G R A N DUCA DI T O S C A N A , INTORNO A L L E COSE CHE STANNO IN S U V AC S U A , o che in quella f i muovono. D I G A L I L E O G A L I L E I F IL O S O F O , E M A T T E l f t D

ella

M

edesima

Altezza S

erenissima

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^VERGHE1 io fo, Principe Sereniflìmo, che il Iafciar ve^ dere in pubblico il prefente Trattato, d’argomento tan­ to diverfo da quello, che molti afpettano, e che, fe­ condo 1’ intenzione, che ne diedi nel mio Avvifo aftronomico, già dovrei aver mandato fuori, potrebbe per avventura deitar concetto, o che ioavedi del tut­ to niello da banda 1’ occuparmi intorno alle nuove ottervazioni celefti, o che almeno con troppo lento ftudio le tratta(lì, ho giudicato etter bene render ra­ gione sì del differir quello, come dello ferivere, e del pubblicare quello Trattato • Quanto al primo, non tanto gli ultimi feoprimenti di Saturno tricor­ poreo, « delle mutazioni di figure in Venere, limili a quelle, che fi veggono nella Luna, infieme colle confeguenze, che da quelle depen­ dono, hanno cagionato tal dilazione, quanto 1’ inveftigazion de’ tempi delle converiioni, di ciafchedun de’quattro Pianeti Medicei intorno a Gio­ ve, la quale mi fuccedette l’ Aprile dell’ anno pattato idti. mentre era ^iu Roma, dove finalmente m’ accerrai, che'l primo, e più vicino a Gio­ ve, patta del fuo cerchio gradi 8 e m. 29. in circa per ora, facendo P intera conversione in giorni naturali 1. e ore 18. e quali mezza. Il fe­ condo fa nell’ orbe fuo gr. 4. m. 13 prottìmamente per ora , e 1’ intera regolazione in giorni 3. e ore 13. e un terzo in circa . Il terzo patta in un’ ora gr. 2. ni. 6. in circa del luo cerchio, e lo mifura tutto in gior­ ni 7. ore 4. proflimameme. Il quarto, e più lontano degli altri, paifa in ciafchedun ora gr. o. m. 54. e quali mezzo del fuo cerchio, c lo fini' fee tutto in giorni 16. or. 18 profiìmamente . Ma perchè la tomaia ve­ locità delle loro reflituzioni richiede una precifione fcrupoloiiflima per li calcoli de’ luoghi loro ne’ tempi pattati, e futuri e mailìmamente fe i tempi faranno di molti meli, o anni, però mi è forza con altre otterva­ zioni, e più efatte delle pattate, e tra di loro più dittanti di tempo, cor­ regger le tavole di tali moiniventi, e limitargli fino a brevifluni Manti: Tot». 1 per <- 3


DISCORSO

er limili precìfioni non mi baiamo le prime ofTervazioni non folo per i brevi intervalli di tempi, ma perchè non avendo io ailora ritrovato lai­ do di milurar con. iltrumento alcuno le dilìanze di luogo tra eflì pianeta notai tali interftizi colle femplici relazioni al diametro del corpo di Gio­ ve, prefe, come diciamo, a occhio, le quali, benché, non ammettono er­ rore d’ un minuto primo, non badano però, per la determinazione dell’ efquifìce grandezze delle sfere di elle delle. Ma ora che ho trovato mo­ do di prender tali miliare fcnza errore anche di pochiffimi fecondi, conti­ nuerò 1*ofl'ervazioni fino all’ occu’rnzion di Giove, le quali dovranno ellere a ba-ftanza per intera cognizione de’ movimenti, c delle grandezze degli orbi di erti Pianeti, e di alcune alere confeguenze infìeme • Aggiungo a que.. ile cofe P olTervazione d’ alcune-macclriette olcure, che fi fcotgono nel corpo Spiare, le quali mutando politura in quello, porgono grand’ argo­ mento, o che’ 1 Sole fi rivolga in fe flefio, o che forfè altre Stelle, nella guifa di Venere, e di Mercurio, fe-gli volgano intorno, invifibtli in altri tempi, per le piccole digrelTtoni, e minerà di quella di Mercurio, e folo vifihili., quando s’ interpongono traM Sole, e l’ occhio nolìro, o pur dan~ aa legno, che fia vero e quelk», e quello; la certezza delle quali colie non debbe difprezzarfi , o tralcurarli. f

,

Atm ovti fin a m en te le continuate o fie r nazioni a ccerta lo ta li m acchie ejfer m aterie con tig u e alla fu p erficie d e l corpo f i l a r e , e q u iv i continuam ente p rod u rten e m olte ,, e p o i d iijb lv eijt , a ltr i' in p iù b rev i , ed"altre in p iù lunghi t e m p i, e-i effer dalla con v erfion e d e l Sole in f e flefio , che in un m e/e L u n are in cir ca fin ife e il Jù o p erio d o ', p o r ta te in g i r o , accid en te p e r f e g ra n d i (finto , e m aggiore p e r le fu e. c o n fe g u en z e.

Quanto poi all’ altro particolare. Molte cagioni in’ hanno molfoa ferivere 51 prefente trattato, foggettodel quale è la difputa, che aggiorni addietro io ebhi co» alcuni letterati della Città, intorno alla quale, comesà V. A.fon féguiti molti ragionamenti. La principale è (lata il cenno dell’ A. V. avendomi lodato lo Temere , come fingular mezzo, per far conofcere il vero dal faifo, le reali dall’ apparenti ragioni; aliai migliore che Mdifputare in voce, dove o l’ uno, o l’ altro, e bene fpefib amendue cb«j difputano, rifcaldandofi di foverchit*, o di fovenchio alzando la voce, o non fi lafciano intendere, ocraportati dall’ oilinazione di non fi ceder l’ un l’ altro, lontani dal primo proponimento, col­ la novità delle varie propofte confondono lor merfefimi, e gli uditori infic­ ine. Mi è parato oltre a ciò convenevole, che 1’ A. V. redi informata da me ancora di tutto ’Ifeguito circa la contefa, di cui ragiono,, sì come n’ è Hata ragguagliata molto prim3 da altri: e perchè la dottrina che io feguito nel propotìto di che fi tratta, è diveda da quella d* Arifiorile, e da’ fuoL principi-, ho confiderato, che contro l’ autorità di quell’ uomo grandilfimo, la quale appretto di molti mette in fofpetto di faifo ciò , che non efee dalle fcuole Peripatetiche, fi polla molto meglio dir fua ragione-colla penna che colla lingua, e perciò mi fon rifoiuto ('caverne il prefente dìfcorlo, nel quale l'pero ancor di modrare, cbenonpeF capriccio, o per nonaver letto* o intefo A-rillotile, alcuna volta mi parto daH’ opinion fua, ma perchè le ragioni me loperfuadono, e Io llefib Ariftotile mi ha infegnato quietar l’ in­ telletto a quello, che m’ è perfuafo dalla ragione, e non dalla fola autorità del maeftro ; ed è veriffimala fenrenza il’ Alcinoo, che’l filofofare vuol’ ef­ fer libero. Nè fia per mio credere fenza qualch’ utile dell’ univerfale la refoluzione della queilion noftra, perciocché trattandoli, fe la figura de’ fia­ lidi operi, onò, nell'andare, o nonandare a fondo nell’ acqua, in occorren­ ze di fabbricar ponti, o altre macchine fopra t’acqua, che avvengono per


DEL GALILEO. 39 per lo più in affari di molto rilievo, può etter di giovamento faperne la Dico dunque, che trovandomi la líate pattata in convenzione di letterati tu detto nel ragionamento, il condeniare effer proprietà de! freddo e tu addotto 1’ efempio del ghiaccio; allora io ditti, che avrei creduto piurtofioil ghiaccio etter acqua rarefatta, che condenlata, poiché la condenfazione partorilce diminuziondi mole, e augumento di gravità e la ra­ refazione maggior leggerezza, e augumento di mole- e l’ acqua nel shiac* ftandoa galía”10 C B h i a C C ‘° s'à iatto è Più leggier dell’ acqua £ ’ manif¿¡lo , quant' io d i c e , p e r c h e detraendo i l m ezzo d a lla to ta l g r a v ità d e i fo M i , tan to quanto è t l p e fo d' a ltretta n ta mole d e l;w e d e fim m ezzo , come A rch i _ m ede dtm ojlra n ei prim o lib ro d elle cofe ch e ¡tanno fu t i ' a c q u a , qualunque volta f i a c c e¡cera p e r d,¡trazion e la mole d el m edefim o f o l i d o , p iù v errà d a l m ezzo d e tr a ito della in tera J u a g r a v i t a ; e meno quando p e r em p reffio n e v errà conde „fato , e r i<totto fo tta m inor m o le . J

Mi tu replicato-ciò nafeere non dalla maggior leggerezza, ma dalla fi­ gura largale piana, che, non potendo fender la renitenza dell’ acqua, cagiona, che egli non fi iomtnerga; rilpofi , qualunque pezzo di ghiaccio, c di qualunque figura itar lopra l’ acqua, fegno efpreflò, che l’ eflei pia­ no, e largo quanto fi voglia, non ha parte alcuna nel fuo galleggi,e: e foggiunfi, che argomento manifelliflimo n’ era il vederli un pezzo di ghiaccio di figura larglnffima, porto in fondo dell’acqua, fubito fubito ritornariene a galla, che s’e folle veramente più grave, e M fuo gallengiare Micette dalia figura impotente a fender Ja reliflenza del mezzo, ciò del tutto larcobe ìmpotììbde,- conchiuli pertanto la figura non elìercagione per modo alcuno di Itare a galla, o in fondo, ma la maggiore, o minor gravita, m nipecco dell acqua, e perciò tutti i corpi più gravi di ella, di qualunque figura fi fullero, indifferentemente andavano a fondo, e i più leggieri, pur di qualunque figura, davano indifferentemente a aal'a- e dubitai, che quelli che lentivano in contrario, fi folleto indotti a credere m quel a güila dal vedere, come la diverficà della figura altera grandemente la velocità, e tardità del moto, ficchè i corpi di figura ¿g s, e lottile difendono affaii piu lentamente nell’ acqua, che quelli di figura piu raccolta,_facendoli quelli, e quelli della medefiroa materia: dal che alcuno pocreobe ìafciarfi indurre a credei-, che la dilatazione della figura potefle ridurli a tale ampiezza, che non Colo ritardarle, ma del tutto ìlùerta' rnnrf, P'," ?.U° Vf :C>. 11 che/ '° ,Uni° elTcr frlfo • Sopri r r nc corlod,,n,olt,8i°r»i furon dette moke, e molte cole, e divede elpenenze prodotte, delle quali I’ A. V. alcune intefe, e ali ÍVqüeft° d'ícürío \vrà quello, che è fiato piodotto contro a la mia atteizione, e ciò che mi è venuto in mente per quedo propofito, e per contermaz.one della m.a conclufione.- il che le farà badante per nnmver quella, cne io (timo fin’ ora faifa opinione, mi parrà d'avefe non ‘»utilmente impiegata la fatica, e’1 tempo: e quando ciò non avvenInkionrdleiííÜ J Pe^rne M-3 tr0m‘0 uti'e proprio, cioè di venire in coSveie ldim Ì ofirazioni J J 1 ;da nd fnnÌ rovar ,ein contrario fallacie, e introdurre le quelli cher’flentono nlf proci5dere colla maggiore agevolezza, e chiarezza, che io fappu, parm, etter necettar.o avanti ad ogni altra cofa, dichiarare qual fia ìinnV • " lf?u J e t0tal.ca8l0»e dell’ afeendere alcuni corpi follili nell’ acqua, e in quella galleggiare, o del difendere al fondo, e tanto più C4 quan-


4<i

DISCORSO

quanto io non podio interamente quietarmi in quello, che da Ariftotile viene in quello propofito fctitta. Dico dunque la cagione per la quale alcuni corpi folidi difcendono al fondo nell’ acqua, effer l’ eccedo della gravità loro fopra la gravità deli; acqua, e all’ incontro Peccetto della gravità dell’ acqua fopra la gravità di quelli efler cagione, che altri non difcendano, anzi che dal fondo-lì'elevi­ no, e formontino alla fuperficie. Ciò fu fùttiimente dimolìrato da Archi' mede ne’ libri delle cofe, che danno fopra l’ acqua, riprefo poi da graviflìmo Autore, ma s’ io non erro, a torto, lìceortie di fot'to, per difefa di quello cercherò di dimoftrare. lo con metodo differente, e con altri mezzi procurerò di concludere lo dedo. riducendo le cagioni di' tali effetti a’ principi più intrinfcchi, e immediati, ne’ quali anco fi fcorgono le caule di qualche accidente am* mirando, e quali incredibile, qual farebbe, che una pic.cioliffima. quantità d’ acqua potefle col fuo lieve pelo follevare, e fodenere un corpo foli* do cento, e mille volte più grave di lei . E perchè così richiede la progreffiorie dimodrativa, io definirò alcuni termini, e poi efplicherò alcu­ ne propofizioni, delle quali, come di cofe vere, e. note, io polla l'er.vic­ ini a’ miei pcopofiti . . . . , Io dunque chiamo egualmente gravi in ifpecie quelle materie, delle quali, eguali moli pefano egualmente: come fe per efempio, due palle una di cera, e l’ altra d’ alcun legno, eguali di mole, fuffero ancora egua­ li in pefo, diremo quel tal legno., e la cera edere in. ifpecie egualmente g r a v i _ .. Ma egualmente gravi di gravità adoluta chiamerò io due folidi, li qua­ li pelino egualmente, benché di. mole fudero dileguali, come per decu­ plo: una. mole di piombo, e una di legno, che pelino cialcheduna dieci libbre, dirò edere in gravità adoluta eguali, ancorché la mole del legno ila molto maggior di quella del piombo. E il in conseguenza m ea g ra v e in if p e c i e .

Più. grave in ifpecie chiamerò una materia, che un’'altra, della quale una mole eguale a una mole dell'altra, pelerà-più-; e così dirò io il piom­ bo eder più grave in ifpecie dello (lagno, perchè prefe di loro due mo­ li eguali, quella di piombo pela più-- Ma più grave adolutamente chia­ merò io quel corpo di quello, fe quello pelerà più di quello, lenza aver rifpetto alcuno di mole: e così un gran legno fi- dirà pelare allolutamente più d’ una picciola mole di piombo, benché il piombo in ifpecie ila più grave del legno:, e Io dedo intendali del men grave in ilpecie, e men grave adolutamente . . . . Definiti quelli termini; io piglio dalla feienza meccanica due ptincipj: il primo, è, che pefi adoluramente eguali molli con eguali velocità, lono di forze , e di momenti eguali nel loro operare. M om ento apprefio i m eccan ici fig n ifica quelite v ir t ù , qu ella f o r z a , qu ella efficacia, c o lia q u a le i l m ator m u o v e, o ’I m obile r r fifle , la q u a l virtù depende non fo t o dada f d u p l i c e g r a v i t à , ma d a lla v elo cità d e l m o to, dalle d iv e r fe in clin az io n i d eg li f p a z i , f o p r a i q u ali f i f a i l m o to , p erc h e p iù f a im peto un. g r a v e d efeen d en te in uno J'P *zio m olto d e c l iv e , che in un m en o , e infoium a qu alu n qu e f i f a la cagione d i t a l v ir t ù , ella tu ttavia ritien. nome d i m o m en to ,• nè m i p a r e v a , ch e qtiefi» fe n / ò d ov ep e g iu g n er nuovo nelle’, n oflia f a v e l l a , p e r c h e s’ io non e r r o , m i p a r che noi a ffa i freq u en tem en te d ic ia m o : jQuefio è ben n eg ozio g r a v e , ma l ’ altro c d i poco mo­ m en to : e N oi confideriam o l e cofe leg g iere, e trapafftam o q u e lle , che fo n d i momen­ t o , m e ta fo r e , fir m erei io t o lt e , d ad a m eccan ica.


DEL GALI LEO. 41 Come per efemplo: due peli d' attornia gravità eguali polli in bilancia «li braccia eguali, reftano in equilibrio, nò s melma 1 uno alzando 1 altro: perchè l’egualità delle dUlanze di ambedue dal centro, ¡opra il quale la bilancia vien ibftenuta, e circa il quale e ia «nuove, fa che tali peli, movendoli effa bilanciapafferebbarvo. nello fteflb tempo fpazi eguali, cioè fi moverieno con. eguali velocità, onde non è ragione alcuna, per i quale quello pefo più di quello, o quello piu di quello fi debba abbailare, e per ciò fi- fa l’ equilibrio, e reflano i momenti loro di virtù fi­ li fecondo principio è, che il moastìntO, e la foTza della gravita ven­ ga accrefciuto dalla velocità del moto,, si che; pefi aflolutamente eguali, ma congiunti-con velocità difegaali iter-o di forza., momento., e virtù du feguale, e più potente il più veloce . vndo la proporzione della velocica lua alla velocità, deli’ fitte. C qua-lot; abbiamo accomodatilfimo stem­ pio nella libra , o- ftadeta. di bramii .eguali, nelle quali, podi peli allolutamente eguali nonpremono , netanno forza egualmente, maquello che è nella maggior diftanza dal centro, *circa il quale la libra li muove, s abba(Ta, follevando l’altro,, ed' è il moto di quello, che afeende lento, e l’ altro veloce:; e tale è la forza, e virtù, che dalla velocita del moto vìju conferita al mobile, che la riceve, Ghe ella può- efquiIrtamente comnenfare altrettanto peto-, che all’ altro mobile più tardo folle accrelciutoficchè le delle braccia della libra uno folTe dieci volte più lungo dell altro , onde-nel muoverli la libra circa il luo centro l’ eftremitn di quel* lo paflade dieci volre maggiore fpazio. che l’ eftremità di quello, un pe­ lo pollo nella maggior diilanza pcmà lo-ilenerne, ed equilibrarne un altro dieci volte aflolutamente più.grave, che non è egli, e_ciò perchè moven­ doli la ftadera , il minor pelo fi moveria dieci volte più velocemente, che l’ altro maggiore. Dcbbeli però Tempre intendere, elle i movimenti fi fac­ ciano. fecondo le medefime inclinazioni, cioè, che (e 1’ uno de’ mobili u muove-per la perpendicolare all' orizonte, che 1’ altro parimente faccia il fuomoto per fimil perpendicolare, e fe’l moto dell’ uno doveflc farli nell orizontale, che anche l’ altro Ila fatto per lo Hello piano, e inlomma ¡em­ pie amendue in limili inclinazioni. Tal ragguagliamento tra le gravità, e la velocità fi ritrova in*tutti gli (Ivumeoti meccanici, e fu confiderato da An­ notile, come principio, nelle fue quellioni meccaniche j onde noi ancora polliamo-prender per veriflimo ailunto, che peli- aflolutamente dileguali alternatamente fi contrappelano, e fi rendono di momenti eguali, ogni v° ‘" ta che'le loro gravità, con proporzione contraria, rilpondono alle velo­ cità de’ lor moti, cioè, che quanto 1’ uno è men grave dell’ altro, tanto fia in coftituzione di moverli più velocemente di quelloFJ'plicate quelle cofe, già-potremo cominciare ad inveftigare , quali fieno que’ corpi iolidi , che pofionò totalmente fommergerfi nell’ acqua, e anda­ re al fondo, e quali per neceflità lòpranuotano, ficchè, fpinti per forza l'ott’ acqua, ritornano a galla, con una parte della lor mole eminente lo* pra la l'upcrficie dell’ acqua, e ciò faremo noi collo Ipeculare la fcambievole operazione di efli iolidi, e dell' acqua, la quale operazione conleguita alla immerfione; e quella è, che nel fommergerfi, che fa il loliao, tirato al bado dalla propria fua gravità , viene difcaccimulo 1’ acqua dal luogo, dove egli l’ucceffivamente lubentra, e l’acqua difcacciata fi eleva, e innalza l'opra il primo fuo livello, al quale alzamento ellaaltresì, come corpo grave, per fua natura refifte: e perchè immergendoli piu, e piu il folido diieendence, maggiore, e maggior quantità d’ acqua fi loiieva,


4 ’D I S C O R S O chè •tutto il lolido il ila tuffino; bifogna conferire i momenti della reli­ tte»'« dell’acqua all’eflere alzata, co’ momenti delia gravità premente del lolido. e le i momenti della renitenza dell’ acqua pareggerauno i momenti del folido, avanti la fua totale immersone, allora lenza dubbio (ì farà i' equilibrio, nè più oltre fi tufferà il folido: ma fe il momento del folido fuperera fempre i momenti, co* quali l’acqua fcacciata va Iuccelli vamente facendo refiftenza, quello non folamente fi lommergerà tutto fott’ acqua, raa difenderà fino al fondo- Ma fe finalmente nel punto della total fommerfione fi farà l’agguagliamento tra i momenti del folido premente, e dell’ acqua refiftente, allora fi farà la quiete, e elio folido, in qualunque luogo dell’acqua, potrà indifferentemente fermarli. E' fin qui manifetta la neceflìtà di comparare infieme le gravità dell’acqua, ede’ folidi, e tale comparazione potrebbe nel primo aipecto parere luificientc per poter concludere, e determinare, quali fienoifolidi, che loprannuotano., e quali quelli, che vanno in fondo, pronunziando, chequelli loprannuo* tino, che iaranno men gravi in ilpecie dell’ acqua, e quelli vadano al fondo, che in ifpecie faranno più gravi: imperocché pare, che il folido nel fommergerfi vada tuttavia alzando tant* acqua in mole, quanta è la parte della lua propria mole fommerfa : perlocchè impoflibil (ìa che un lolido men grave in ifpecie dell’ acqua fi lommerga tutto, come impo­ tente ad alzare un pefo maggior del fuo proprio: e tale farebbe una mo­ le u acqua eguale alla mole fu3 propria: e parimente parrà necclTario , •che il lolido piu grave vada al fondo, come di forza ioprabbondante ad alzare una mole d’ acqua eguale alla propria, ma inferior di pelo- Tut­ tavia il negozio procede altramente, e benché le conclufioni fien vere, le cagioni però, adeguate così, iòn difettofe, nè è vero, che’1 folido nel fom'fnergerlì lollevi, e fcacci mole d’acqua eguale alla fua propria fommer* fa; anzi l’ acqua follevata è lempre meno, che la parte del folido eh’ è fommerfa: e tanto più, quanto il vaio, nel quale fi contien 1’ acqua, è più filetto; dimodoché non repugna, che un lolido polla iommergerfi tut­ to lott acqua lenza pure alzarne tanta, che in mole pareggi la decima, o la ventèlima parte della mole fua: ficcome all’ incontro ptccoliflìma quanti­ tà d’ acqua potrà lollevare una grandiffima mole lolida, ancorché tal folido pefaflc afiolutamente cento, e più volte di ella acqua, tutta volta che la materia di tal folido Ila in ifpecie men grave dell’ acqua; e così una grandifiìm3 trave, che v. gr. peli rooo. libbre, potrà effere alzata, e fofteuuta da acqua, che non peli 50. e quello avverrà quando il momento dell’acqua venga ccmpenfato dalla velocità del fuo moto. Ma perchè tali cole, profferite così in attratto, hanno qualche difficoltà all ellcr comprele, è bene, che venghiamo a dimoftrarlecon elenio!)parti­ colari; e per agevolezza della dimottràzione intenderemo i vali, ne’ quali s abbia ad infonder l acqua, e fituare i fetidi, elìer circondati, eracchiu­ di da fponde erotte a perpendicolo fopra >1 piano dei!’ orizonte, e’I lolido da porli in tali vali edere o cilindro retto, o prifma per tutto. I l ch e d ich ia ra te , e Ju p p o flo , vengo a dim ofirare la v erità d i quanto ho acce #-

n a t o , fo rm a n d o i l feg u en te T eo rem a . L a m ole d e ll a c q u a , che J i a lz a it e li im m ergere un p r if n a , o cilin d ro fo lid o , » c h e s ' abboffa n e ll e r r a r l o , è m inore d ella mole d ì efio fo lid o d e m e r fa , o elira tta : e a d efìa h a la m edeftm a p r o p o r z io n e , che la fu p e r fi d e dell' acqu a circu n fu fa a l f o l i <• d o , alla m edefim a fu p e r fic ie circu n fu fa in fu m e c o lla h a fe d el fo l i d o .

Sia


DEL

GALILEO.

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S ia il v o f i A ‘B C D , e in e/Io P acq u a a lta fin o a l liv ello E F G , av an ti che i l p r i f m a f o l i dol i l K v i fin imtnerfo ; via dopo ch e eg li è d e . merfio , f i a f i /a llev a ta P acqu a fin e a l liv ello L M , fa r à dunque g ià i l f o l i d ò H l K tutto fot*' acqu a, e i a mole d ell’ acqu a a lz a ta f a r à L G , la qu ale è vi ioni e della mole d el fo lid o d e m e r fo , cioè d i H 1 K e¡fendo eguale a lla f o l a p a r te E 1 K che f i t r o ­ va / otto i l p rim o liv ello E F G , i l che è m anif i fio , p erch e f e f i cavaffe fu o r i i l fiotido H I K, P acqu a L G torn erebbe n el luogo- occupato d alla m ole E I E , dove era contenuta av a n ti P im m erfio. n e d el p r if in a . E d offendo la mole L G eguale a l. Li mole E K , aggiunta comunemente la moie E N f i n ii tu tta-la m ole E M com pofla della- p a r te d e l p r ifm a E :V , e d elP acqua ;V P egu ale a tutto 7 fo lid o H I K , e p erò la mole L G a lla E M av rà la m ede finta p r o p o r z io n e , che a lla m ole H 1 X , ma fa mole L G alla m ole E M ha la rnedefi* m a p rop orzion e , (i) che la fu p e r fie ie L M a lla fu /r e ific ie M F i, adunque ì nranifefio, l) E n el, la mole d e ll acqu a follev a ta L G a lla m ole d el fo lid o detnerfo I I I K av er la me- Uh. 1 1 . de fi ma p r o p o r z io n e , che la fu p erfieie L M , che è- q u ella d ell'a cqu a am biente i l fio- p rop . J lido , a tutta la fu p erfieie H Me, com pojla d ella d etta am biente , e d ella b a fe d el p rifm a I J N . M a fie intenderem o i l p rim o liv ello d ell'a cq u a 'e(fere fecon d o la f u . p e r f i d e I I M , e i l p rifin a g ià d em erfo H l X e ffir p o i eflv a tto , c alza ta fin o in E A O , e l acqu a e ffir fi a b b a c a ta d a l p rim o livello I I L M fin o in E F G , è m attifeflo , ch e e/fendo i l p r ifm a E A 0 P ifh ’ffo H I X , In p a r te f ù a fiip erro re H 0 f a r o eguale all' in ferio re E / X rim offa la p a r te comune E N , ed in confeguenza l a mole d ell acqu a L G e/fere eg u ale a lla mole H 0 , e p erò m inore d e l fio lid o , che f i trova fu o r dell' a c q u a , che e tutto i l p rifm a E A ' O , a l qu a le fim i lineate efia m o­ le d acqu a abbuffata L G ha la inedefima p r o p o r z io n e , che la fu p erfieie d ell'a cq u a circo n fu fa L M a lla inedefima fu p e r fie ie circo n fu fa inpem e con là b a fe d e l p rifm a A 0 , i l c ite h a ¡a me definì a d im o flra z io n e, che l'a ltr o cafio d ì/o p r a . E di qui fi r a c c o g lie , che la- m ole d ell' acqu a , che s 'a lz a nell' imm erfion d el f o ­ lido , o ch e s abbajfa n ell’ e fir a r lo , non è eguale a tutta la m ole d el fo t ìd o , che f i trov a d e m e r fa , o e flr a t t a , ma a q u ella p a r te fio!'amente , che nell' ìm m erfione refia fit t o il p rim o livello d ell' a c q u a , e nell' effrazion e rimaii fiopra fim i f p rim o liv ello , ch e è- q u ello , che doveva e ffir dim oflrato . S egu iterem o ora l e a ltre cof i .

ii prima dimoftrerema, che quando in uno de’ vafi fopraddètti, di qua­ lunque larghezza , benché immenla . o angufta, fia collocato un tal prifrna, o cilindro, circondato da acqua, fe alzeremo tal folido a perpendicolo, l’ acqua circonfusa s abbaierà-, e 1’ abbaiamento dell’ acqua ali’ alzamento uei pi'ilm3 avrà la medefima proporzione, che 1’ una delle bali del prilina, alla fuperfi­ eie dell’ acqua circonfufa. Sia nel vaio, qual fi è detto, collocato il prifma D B, e nel retto dellospazio infnfa-l’ ­ acqua, (ino al livello E A: e alzandoli il folido A D fia trasferita in G M,'e l’ acqua s’ abbaili da E A in N O. Dico che la (ce­ fi1 dell’ acqua mifurata dalla linea A O alla (alita del prifma, milurata dalla linea G AUa la fteffa-proporzione, che la bafe del fo­ lido G H alla fuperfieie dell’acqua N 0 . Il

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II 44

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44 DISCORSO che è manlfefto.* perché la mole del folido, G A B H alzata Copra *! pri­ mo livello E ft B, è egualealla mole dell’ acqua* che fi è abballata E N O A. Son dunque due prifmi eguali E N O A e G A B H, ma de’ pri* , , fmi eguali (i) le bali rifpondonoconrrariamenteifflealrezze: adunque come V alce^za O A all’ altezza A G così è la fuperficie, o baie G H alla fuperfi^‘-cie dell’ acqua N O. (Quando dunque per efempio, una colonna Fuffe col­ locata in piedi in un grandiffimo vivajo pieno d’acqua, o pure in un poz­ zo capace di poco più, che la mole ai detta colonna, nell' alzarla, ed eftrarla dell’ acqua, fecondo che la colonna fi follevafie, 1’ acqua, che la circonda , s’ anderebbe abbacando, e l’ abbaflamento dell’ acqua allo fpa* zio dell’alzamento della colonna, avrebbe la medefima proporzione, che la groflezza della colonna all’ eccedo della larghezza del pozzo, o viva­ jo, fopra la groffezza di ella colonna, ficchè fe il pozzo fulTe l’ ottava par­ te più largo della groflezza della colonna , eia larghezza del vivajo venticin­ que volte maggiore della medefima groffezza, nell’ alzar che fi faceflé la colonna un braccio, l’ acqua del pozzo s* abbaierebbe fette braccia, e quella del vivajo un ventiquattrefimo di braccio folamente . Dimoftrato quello, non larà difficile lo’ntendere, per la fua vera cagio­ ne, come un prifma, o cilindro retto, di materia in ifpecie men grave dell’ acqua, fe farà circondato dall’ acqua fecondo tutta la fua altezza , non re­ merà l'otto, ma fi folleverà, benché l’acqua citconfufa Fuffe pochiffima, e di gravità affoluta quanto fi voglia inferiore alla gravità di effo prifma. Sia dunque nel vaio C D F Bpollo il prifma A E F B men grave in ifpe«ie dell’ acqua , e infufa l’ acqua , alzili fino all’ altezza del priima : dico, che lafciato il ptifma ~ n — i in fua libertà, fi folleverà , fofpinto dall’ acqua circonfufaC DE A . Imperocché eflendol’acqua r --cr C E più grave m ifpecie del folido A F, mag­ c B :« & » gior proporzione avrà il pelo affoluto dell’ acqua C E al pelo affoluto del prifma A F , che la mo­ • ■« i le C E alla mole A F ( imperocché la fteffa pro­ porzione ha la mole alla mole, che il pefo aflo'-...35 k luto al pefo affoluto, quando le moli fono della I ____ medefima gravità in ifpecie ) ma la mole C E alla mole A F ha la medefima proporzione, che la fuperficie dell’ acqua C A alla fuperficie, o bafe del prifma A B, la quale è la medefima, che la proporzione dell’alzamento del prifma, quando fi elevaffe, all’ abbaffameuto dell’ acqua circonfuta C E. Adunque il pefo affoluto dell’acqua C E al pefo affoluto dei prifma A F ha maggior proporzione, che l’ alzamentodel prifma A F all’ abbaffamento di ella acquaci. II momento dunque cottiofto della gravità affoluta dell'acqua C E, e della velocità del l'uo abaffamento, mentre ella fa forza premendo di(cacciare, e di follevare il folido A F, è maggiore del momento comporto del pefo affoluto del pri­ fma A F, e della tardità del fuo alzamento, col qual momento egli con­ traffa allo fcacciamenro, e forza fattagli dal momento dell’ acqua.- farà dungue follevato il prifma. Seguita ora, che procediamo avanti a dimoftrar più particolarmente fino a quanto faranno tali folidi men gravi dell’ acqua follevati, cioè qual partedi loro reffeià fommerfa, e quale fopri la fuperficie dell’ acqua: ma pri­ ma è neceflario dimoftrare il feguente lemma. I peli affoluti de’ folidi hanno la proporzion comporta delle proporzioni delle lor gravita in ifpecie, e delle lor moli. Sic no

E


T> E L G A L I L E O . 45 Sieno due folidi A e B Dico il pefo aiToluto di A al pefo aiToluto di B aver la proporzion comporta delle proporzioni della gravità in ifpecie di A alla gravirà in ifpecie di B, e della mole A alla mo­ I) -t le B. Abbia la linea D afta B la medefima proporzione, che la gravità in ifpecie di A alla gravità in ifpecie di G JB -t B, e la E alia F fiacome la mole A alla mole B . E’ manifefto la proporzione D ad F efl'er comporta delle prò* p < porzionidi D ad E , ed Ead 1J ; bifognadunquedimoftrare, come D ad Fcosìefiere il pefo afloluto di A al pefo E aflolutodiB. Pongali il (olido C eguale ad A in moie, A e della medefirra gravità inifpecie del folidoB, perchè dunque A, eC fono inmole eguali, il pefoafloluto di A al pefo afloluto di C avrà la medefima proporzione, che la gravità in if­ pecie di A alla gravità in iipecie di C, odiB, che è in ifpecie la medefima, cioè, che la linea D alla E; eperchè C, e B fono della medefima gravità in ifpecie, farà come il pefo afloluto di C al pefo aiToluto di B, cosi la mole C ovvero la mole A alla mole B, cioè la linea E alla F , come dunque il pe­ fo afloluto di A al pefo aiToluto di C cosi la linea D alla E; e come il pefo aflolutodi Cai pefo afloluto di B, cosila linea E alla F, adunqueper la propor­ zione eguale il pefo aiToluto di A al pelo afloluto di B è come la linea D alla linea F, che bifognava dimoftrare. Palio ora a dimoftrar come Se un cilindro o prifma folido farà men grave in ifpecie dell'acqua, po­ rto in un vaio, come di fopra, di qualfivoglÌ3 grandezza, e infufa poi F acqua, refterà il folido lènza efl'er follevato, finché 1’ acqua arrivi a tal parte dell’ altezza di quello, alla quale tutta l’altezza' del prifma abbia la medefima proporzione , che la gravità in ifpecie dell’ acqua, alla gravità in ifpecie di efio folido; ma infondendo più acqua, il folido fi fòlleveraSia il vaiò M L G N di qualunque grandezza, ed in erto fia collocato il prifma loiido D F G E men grave in ifpecie deir acqua, e qual proporzione ha ¡3 gravità in ifpe­ M cie dell’ acqua a quella del prifma, tale abbia l’ al­ ^ . / tezza D F all’altezza F B. Dico che infondendoli ii> ; D acqua fino all’ altezza F 13 il folido D G non fi l i eleverà, ma ben farà ridotto all’equilibrio, ficchè 0 j l ogni poco più d’ acqua, che fi aggiunga, fi fòlle« vera. Sia dunque iufufa l’ acqua’ fino al livello A . ... 8 C, e perchè la gravità in ifpecie del (olirlo D V G alla gravità in ifpecie dell'acqua, ècornei’ al- Gc u tezza B F all’altezza F D, cioè come la mote BG alla mole G D, e la proporzione della mole B G alla mole G D colla propor­ zione della mole G D alla mole A F compongono la proporzione della mole B G alla mole A F , adunque la mole B G alla mole A F ha la pro­ porzion comporta delle proporzioni della gravità in ifpecie del folido G D alla gravità in ifpecie dell’ acqua, e della mole G D aliamole A F, ma le medefime proporzioni della gravità in ifpecie di G D alla gravità in ifpe­ cie dell’ acqua, e della mole G D alla mole A F compongono ancora , per lo lemma precedente, la proporzione del pefo afloluto del folido D G al pelo afloluto della mole dell’ acqua. A F, adunque come la mole B G alla mole A F , così è il pefo afloluto del folido D G* al pelo afloluto della mo- i) Eucl, le dell’ acqua A F ; ma come la mole B G alla mole A F così è ( » ) ab. n # la baie del prifma D E alla fuperficie dell’ acqua A B e così la fcefadell p r o p r i . acqua A B alla fatica del folido D G» adunque la fcela dell’acqua afta —

,

» .

_

4

faina


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D I SC, 0 R S O

iàl'tta del prifma ha la medefima proporzione, che il pefo afloiuto del pii* ima al pelo afloiuto dell' acqua ; adunque il momento refulrance dalla gra­ vità afloluta dell’ acqua A F , e della velocità del moto dell' abbartarfi, col qual momento ella fa forza per cacciare, e follevare il prifma DG, è eguale al momento, che rifulta dalla gravità affolura del prifma D G, e dalla velocità del moto, colla quale, follevato, alcenderébbe: col qual: momento e’ refifte aH’ effere alzato; perchè dunque tali momenti fono egua­ li, fi farà l’ equilibrio tra l’ acqua, e’ifolidp: ed è mamferto, che aggiugnendo un poco d’ acqua fopra 1’ altra A F s’ accrefcèrà gravità, e mo­ mento: onde il prifma D G farà fuperato, e alzato, finché la fola parte B F reili fommerfa; che è quello, che bifognava dimoftrare. Da quanto fi è dimoftrato fi fa manifefto, come i fohdi men gravi in ifpecie dell’ acqua fi fommergono folamente fin tanto, che tanta acqua in mole, quanta e la parte del folido fommerfa, peli afiblutamente, quanto tutto il folido. Imperocché efl'endofi porto, che la gravità in ifpecie dell’ acqua alla gravità in ifpecie del prifma O G abbia la medefima proporzio­ ne, che l’ altezza D F all’ altezza F B, cioè che il folido D G al folido G B, dimoftreremo agevolmente, che tanta acqua in mole, quanta è la mole del folido B G pela afiblutamente quanto tutto il folido D G; imperocché per lo lemma precedente il pefo afloiuto d’una mole d’ acqua, eguale alla mole B G, al pefo afloiuto del prifma D G ha la proporzione comporta delle proporzioni della mole B G alla mole G D e della gravità in ifpecie dell’ acqua, alla gravità in ifpecie del prifma; ma lagravità in ifpecie dell’ acqua, alla gravità in ifpecie del prifma , è porta, come la mole D G alla mole G B, adunque la gravità afloluta d’ una mole d’ acqua, uguale alla mole B G alla gravità afloluta del folido G D ha la proporzione compo­ rta delle proporzioni della mole B G alla mole G D e della mole D G al­ la mole G B, che è proporzione d’egualità. La gravità dunque afloluta d* una mole d’acqua, eguale alla parte della mole del prifma B G, è eguale alla gravità afloluta di tutto 'I lolido D G. Seguita in oltre, che porto un folido men grave dell’ acqua in un vafo di qiialfivoglia grandezza, e circonfufagli attorno acqua fino a tale altez­ za, che tanta acqua in mole, quanta fia la parte del folido fommerfa, peli alTolutamente quanto tutto il folido; egli da tale acqua farà guittamente foltenuto, e fia l’ acqua circonfufa in quantità immenfa, o pochiflìma • Im­ perocché fe il cilindro, o prilma M men grave dell’ acqua v. gr. in pro­ porzione fubfefquiterza, farà porto nel vafo immenfo A B C D t alzata­ gli attorno l’acqua fino a’ tre quarti della fua altezza, cioè fino al livello A D, farà foftenuto, e equilibrato per appunto: lo fteflo gli accaderebbe

fe il vafo E N S F fuffe piccolifllmo in modo, che tra ’l vafo, e ’I folido M reftafleunoanguftiffimo fpazio, e folamente capace di tanta acqua, che nè anche iurte la centefima parte della mole M , dalla quale egli fimilmente farebbe follevato , e retto, come prima ella fulTe alzata fino alli tre quar­ ti dell’ altezza del folido: il che a molti potrebbe nel primo afpetto aver fembianza di_grandifiìmo paradorto, e dettar concetto, che la dimoftrazione di tale effetto forte foffiflica, e fallace: ma per quelli, che per tale lo repu-


DEL

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reputàffero, c’ è la fperienza di mezzo, che potrà rendergli certi: ma chi farà capace di quanto importa la velocità del moto, e come ella a capel­ lo ricompenfa il difetto, e ’1 mancamento di gravità, celierà di maravi­ gliarli nel confiderare, come all’ alzamento del iolido M pochiflimo s’ ab­ balla la gran mole dell’ acqua A B C D, ma afl'aiflìmo, ed in uno dante decrefce la piccotiflìma; moledell’ acqua E N S F , come prima il folido M lì eleva, benché per breviflìmo fpazio: onde il momento compodo della poca gravità afloluta dell’acqua È N S F, e della grandiflìma velocità nelavvegnachè pochiflìma acqua E S fi muove tanto più velocemente, che la grandillìma mole dell’ acqua A C, quanto appunto quedaèpiù di quella, il che dimoftreremo così. Nel follevarlì il folido M l’ alzamento Tuo all’ abbaiamento dell’ acqua E N S F circonfufa, ha la medelìma proporzione, che la fuperficie di ella acqua alla fuperficie, o bafe di efio folido M, la qual bafe alla luperficie dell’ acqua A D ha la proporzion medefima, che l’ abbaiamento dell’ acqua A C all’ alzamento del folido M; adunque per la proporzion perturbata, nell’alzar/? il medefimo folido M l’ abbaiamento dell’ acqua A B C D all’ abbaiamento dell’acqua E N S F ha la medefima proporzione, che la fu­ perficie dell’ acqua E F alla fuperficie dell’ acqua A D cioè, che tutta la mole dell'acqua E N S F a tutta la mole A 11 C D eifendo egualmente alte; è manifefto dunque come nel cacciamento, e alzamento del folido M 1’ acqua E N S F lupeta in velocità di moro l’ acqua A B C 1) di tan­ to, di quanto ella vien iuperata da quella in quantità: onde i momenti lo­ ro, in tale operazione, fon ragguagliati. E p e r am pìì/fim a conferm azione , e p iù c h ia r a tfp lìc a z io n e d i quefto m edefim o, con fiderifi la p r e . fien i e fig u ra ( che s'io non m 'inganno , p o tr à f e r ­ vere p e r ca v ar d 'erro re alcun i m eccanici p r a tic i che fo p ra -un f a i f i fondam ento tentano talo ra im . p r e fe im ponibili ) nella qu ale a l v a fo larghiffim o1 E i D F vien continuata /’ angufii(¡ima canna I C A B , e d intendajt in ejfi in fu fa ' /’ acqu a fin o a ! l i velia L G H , la quale in quefto fla to f i q u ieterà, non fe ti z a m arav ig lia d i alcuno , ch e non c a p ir à cosi fiuhtto , come efier goffa , che i l g ra v e carico d ella gran m ole dell' acqu a G D , prem endo-abbaffu, non fo t lev i , e /c a c c i la p icc o la qu an tità d ell'a ltri* contenuta dentro alia canna C L , d a lla q u a le g ii vien conte f a , e im p e d ita la J c e f a . M a t a l m a ra v i­ g lia cefferà , f i noi com incerem o a fin g e r e P acqu a G D efferfiab boffatafolam en te fin o a < /D , e con­ fiA ererem o p o i c i ò , che av erà f a t t o acqu a C L , la qu ale p e r d a r luogo a l l1a l t r a , ch e f i e fe e m a t a d a l livello G H fino a l liv ello ¡ f i , d ov erà p e r ne ceffità ejferfi n ell’ iftefio tem po a lz a ta d a l liv ello L fino in A B , e ejfier la / a l i t a L B tan to m ag g iore d ella fictja G ¡ fi, quaut' è V am p iezza d e l v afo G D m aggiore d ella la rg h ez z a della cann a L C , che

in fiamma è quanto F «equa G D i più della L C


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D I S C O R S O

m a e f e n d o ch e i l momento d ella <v elocità d el moto in un m o bile com pen fa q u ello d e l ­ l a g r a v ità d i un a l t r o , q u a l m era v ig lia f a r à , f e la velocìjjim a / a l i t a d ella p o c a acqua C L rejtfierà a lta tàrd ijjim a [ c e fa d ella m olta G D ì

Ac.pade dunque in quella operazione lo delio a capello, che nella Rade* ja, nella ouale un pelo di due libbre ne contrappelerà un altro di 200. tut» tavolta , cne .nel tempo medefimo quello fi dovefie muovere per ilpazio 100. volte maggiore, che quello: il che accade, quando P un braccio della libbra Ila più cento volte lungo dell’ altro. Ceffi pertanto la faifa opinione in quelli, che {limavano, che un navilio meglio, e più agevola mente fòlle foltenuto in grandiflìma copia d’ acqua, che in minor quantità, (/« ciò credu to da A riflotH e ne’ P roblem i a lla S ezzion. 23. P rob i. 2. ) efiendo a l l’ in con tro v ero che 'e p o jftb tle , ch e una nave così ben g a lleg g i in d iec i b o tti d i a c q u a , com e n ell’ O cean o.

Ma feguitando la noilra materia dico, che, da quanto fi è fin qui dimo* ilrato, polliamo intendere , come uno de’ foprannominati folidi, quando fufle più grave in ifpecie dell’ acqua , non potrebbe mai da qualfivoglia quantità ai quella efier foltenuro; imperocché avendo noi veduto, come il momento, col quale un tal folido grave in ifpecie, come l’ acqua, con­ tralta col momento, di qualunque mole d’ acqua è potente a ritenerlo fi­ no alla total fommerfione, fenza che egli fi elevi, reità manifelto, che molto meno potrà dall’ acqua efier follevato, quando e’ fia più di quella grave in ifpecie: onde infondendoli acqua fino alla total fua fommerfio­ ne, reiteri ancora in fondo, e con tanta gravità, e renitenza all’ efier fol­ levaro, quanto è l’ eccello del fuo pefo afioluto fopra il pefo afioluto d’ una mole a fe eguale, fatta d’acqua, o di materia in ifpecie egualmente grave, come l’ acqua: e benché s’ aggiugnefie poi grandiffima quantità d’ acqua fopra il livello di quella, che pareggia l’ altezza del folido, non pe­ rò s* accrefce la preffione, o aggravamento delle parti circonfuse al detto folido, per la quale maggior preffione egli averte ad efier cacciato: per­ chè il contralto non gli vien fatto, fe non da quelle parti dell’ acqua, le quali al moto d’elio folido, effe ancora fi muovono, e quelle fon quelle folamente, che fon comprefe tra le due fuperficie equidiftanti all’ orizonte, e fra di loro paralelle, le quali comprendon l’ altezza del folido immerfo nell’ acqua. Parmi d’ aver fin qui abbaltanza dichiarata, e aperta la lirada alla con­ templazione della vera, inrrinfeca, e propria cagione de’ diverfi movimen­ ti, e della quiete de’ diverfi corpi folidi ne’ diverfi mezzi, e in partico­ lare nell’ acqua, inoltrando come in effetto il tutto dipende dagli Scambie­ voli eccelli della gravità de’ mobili, e de’ mezzi: e quello, che iommamente importava, rimovendo l’ inltanza, eh’ a molti avrebbe potuto per avventura apportar gran dubbio , e diflicultà, incori)’ alla verità della mia ccnclufione, cioè come, liante che l’ eccedo della gravità dell’ acqua fo­ pra la gravità del folido, che in ella fi pone, fia cagion del fuo galleggia­ re, e (ollevarlì dal fondo alla fuperficie, polla una quantità d’ acqua, che peli meno di dieci libbre, follevare un folido, che peli più di cento: dove abbiamo dimoffrato, come balta, che tali differenze fi trovino tra le gra­ vità in ifpecie de’ mezzi, e de’ mobili, e fien poi le gravità particolari, e afloiute, quali efier fi vogliano, in guifa tale che un folido, purch’ ei fia in ifpecie men grave dell’ acqua, benché poi di pefo afioluto folle mille libbre, potrà da dieci libbre d'acqua, e meno, efiere innalzato: e all’oppofico, altro folido, purché in ifpecie fia più grave dell’ acqua, benché di pelo afioluto non foffe più d’ una libbra, non potrà da tutto *1 mare efier


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follevato dal fondo, o foftenuco Quello mi bada, per quanto appartiene al prefente negozio, avere co’ fopra dichiarati efempli fcoperto, e dimollrato, lenza eflender tal materia più oltre, e come fi potrebbe in lungo trattato, anzi fe non fofle data la neceflìtà di rifolvere il fopra pollo dub­ bio, mi farei fermato in quello fidamente, che da Archimede vien dimoilrato nel primo libro delle colè, che Hanno fopra l'acqua, dov’ in univerfale fi concludono, e ftabilifcon le medefime concluiioni, cioè, che i folidi men gravi dell’acqua foprannuotano, i più gravi vanno al fondo, gli egualmente gravi danno indifferentemente in ogni luogo, purché dieno totalmente fotto acqua. Ma perchè tal dottrina d’ Archimede vida, trafcritta, ed efaminata dal Sig. Francefco Buonamico nel quinto libro del moto al cap.19 e poi dal medefimo confutata, potrebbe dall’ autorità di Filofofo così celebre, e famofo, efler rela dubbia, e fofpetta di falfità; hogiudicato neceflario'l di­ fenderla, fe farò potente a farlo, e purgare Archimede da quelle colpe, delle quali par eh’ e’ venga imputato. Lalcia il Buonamicola dottrina d’ Archimede, prima come non concorde coll’opinion d’ Aridotile, foggiugnendo parergli cofa ammiranda, chel’ac* qua debba fuperar la terra in gravità, vedendoli in contrario crefcer la gra­ vità nell’ acqua, mediante la participazion della terra. Soggiugne appreffo non reftar fodisfatto delle ragioni d’ Archimede, per non poter con quel­ la dottrina afiegnar la cagione, donde avvenga, che un legno, e un vafo, che per altro ftia a galla nell’ acqua, vada poi al fondo, fe s’ empierà d’ acqua, che per edere il pelo dell’acqua, che in e(To fi contiene, eguale all'altr'acqua, dovrebbe fermarli al fommo nella fuperficie, tuttavia fi ve­ de andare in fondo. Di più aggiugne, che Ariftotile chiaramente ha confutato gli antichi, che dicevano i corpi leggieri efler molli all’ insù fcacciati dalli ’mpulfione dell’ ambiente piùgrave: il che fe fufle, parrebbe, che di neceflìtà ne feguifle, che tutti i corpi naturali fullero di fua natura gravi, e niunoleggie­ re: perchè ’1 medefimo accaderebbe ancora dell’aria, e del fuoco, podi nel fondo dell’ acqua. E benché Aridotile conceda la pulfione negli ele­ menti, per la quale la terra fi riduce in figura sferica, non però, per fuo parere, è tale, che ella poffa rimuovere i corpi gravi dal luogo fuo natu­ rale, anzi che più rodo gli manda verfo il centro, al quale ( come egli alquanto olcuramente feguita di dire)principalmente fi muove l'acqua, fe già ella non incontra chi gli refida, e per la fua gravità non fi lafci tac­ ciare dal luogo luo.- nel qual calo, fe non direttamente, almeno come fi può, conleguilce il centro: ma al tutto, per accidente, i leggieri per tale impulfione, vengono ad alto : ma ciò hanno per lor natura, come anche lo dareagalla. Conclude finalmente di convenir con Archimede nelle con­ clufioni, ma non nelle caule, le quali egli vuol riferire alla facile, o dif­ ficile divifione del mezzo, e al dominio degli elementi, ficchè quando il mobile fupera le podedà del mezzo, come per elemplo, il piombo la con­ tinuità dell’ acqua, fi moverà per quella, altramente nò. Quello è quello, che io ho potuto raccorre efTerprodotto contro Archimede dal Sig. Buonamico : il quale non s’è curato d’ atterrare i principi, e e luppqfizioni d’ Archimede, che pure è forza, che fieno falli’, fe falla è la dottrina da quelli dependente: ma s’ è contentato di produrre alcuni in­ convenienti, e alcune repugnanze all’ opinione, e alia dottrina d’ Ariftotile. Alle quali obbiezioni nfpondendo, dico prima, Che l’eflere lèmplicemente la dottrina d’ Archimede difeorde da quella d’ Ariftorile, non dovreb­ bero. /. D be


JO <n i s c a R s o be muovere alcuno ad averla per fofpetta, non cofta»do cagion veruna» per laquale l’ autorità di quello debba edere antepofta ali automa di quel­ lo : ma perchè, dove s’ hanno i decreti della Natura indifteientemenw elnofti agli occhi dello intelletto di ciafcuno, V autorità di Kjuelto , e di quello perde ogni autorità nel p.erfuadere, reftando la podetKrafloluta alla ragione: però palio a quello, che vien nel fecondo luogo prodotto, come adii'do conseguente alla dottrina d’ Archimede» cioè: che 1 acqua dovette e(ter più grave della terra. Ma io veramente non trovo, che Archimede abbia detta tal cola, nè che ella lì polla dedurre dalle lue conclufiom: ..e quando ciò mi fufie manifeftato, credo aflolutamente, che io lalcere» a lua dottrina, come fai fiflima. Forfè èappoggiata quella deduzione del Buonamico fopra quello, che egli ioggiugne del vafo, il quale galleggia, in che farà voto d’acqua, ma poi ripieno, va al fondo : e intendendo i un vafo di terra, inferifce contro Archimede così: Tu di che i lolidi, che galleggiano, fono men gravi dell’ acqua ; quello vaio di terra galleggia, adunque tal vafo è men grave dell’ acqua, e però la terra è men grave dell acqua. Se tale è la illazione, io facilmente rifpoodo, concedendo, che tal vaio fia men grave dell’ acqua, e negando l’ altra confeguenza, cioè, che la terra fia men grave dell’ acqua ; il vaio, che foprannuota, occupa nel acqua , non folamente un luogo eguale alla mole della terra, della qua e egli è formato, ma eguale alla terra» e all’ aria infieme, nella lua conca­ vità contenuta. E ie una tal mole, comporta di terra, e d’ aria »aià men grave d’ altrettanta acqua, foprannuorerà, e fara contorme alla dot rin d’ Archimede : ma fe poi rimovendo l’ aria, fi riempier il vaio fl acqua, Sicché d lolido porto nell’ acqua, non fia altro : che terra, ne occupi altro luogo, che quello, che dalla fola terra viene ingombrato, allora egli andrà al fondo, per efier la terra più grave dell’ acqua: e ciò con­ corda bentflimo con la mente il’ Archimede Ecco il medefimo effetto di­ chiarato con altra efperienza fimile. Nel volere fpingere al tondo una boccia di vetro, mentre è ripiena d’ aria, fi lente grand (lima ren renza, perchè non è foto vetro quello, che fi (pinge fotte acquama iti* liemc col vetro una gran mole d’ aria, e tale, che chi préndeiie tanta acqua, quanta è la mole del vetro, e dell aria, in elTo contenuta, avrthbe un pelo molto maggiore, che quello della boccia, e della tua ana : e però non fifommergerà fenza gran violenza; ma le fi metterà ned acqua il vetio folamente, che farà quando la boccia s’ empierà adacqua, allora il vetro difeendetà a! fondo, come fuperiore in gravità all’ acqua. Tornando dunque al primo propofito, dico: che la terra è piu grave dell’ acqua, e che però un iolido di terra va al fondo, ma può ben far­ li un comporto di terra, e d’ aria, il quale fia men grave d altrettanta mole di acqua, e queflo reitera a galla, e l’ara l’ una, e 1’ altra esperien­ za molto ben concorde alla dottrina d’ Archimede. Ma perchè ciò mi pa­ re , che non abbia difiìcultà, io non voglio affermativamente dire, che il Sig- Buonamico volefie da un fimil difcorlo opporre ad Archimede 1 al­ lindo dello’nferirfi dalla fua dottrina, che la terra fufle men grave dell acqua, benché io veramente non fappia immaginarmi, quale altro acciden­ te lo polla avere indotto a ciò. ■ , Fot f? t a l p ro b lem a ( p e r mio cr e d e r fa v o lo fa ) letto d a l S ig . Buonam ico in a l ­ tro a u t o r e , d a l q u a le p e r avven tu ra fu a ttrib u ito p e r p r o p r ie tà fit g o /a r é a q u a l­ che acq u a p a r t ic o la r e , vieti ora u fa to con dop p io er r o r e in con fu tare A rchim ede, p o ic h é e g li non d ice t a l c e j à , nè d a c h i la d iffe f u a f e r i t a d ell acqu a d e i corniti ne Elem ento ,

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Era la teeza difficoltà nella dottrina d’ Archimede, il non fi poter ren­ der ragione, onde avvenga, che un legno, e un vaio pur di legno, che per altro galleggia, vada al fondo, fe fi riempirà d’ acqua. Ha creduto il Sig- Buon&mico, che un vaio di legno, e di legno, che per fua natu­ ra fra a galla., vada poi al fondo, come prima e’ s’ empia d’ acqua; di che egli nel capitolo feguente, che è il 50. del quinto libro, copiofa. ménte difcorre: ma io, pailando fempre lenza diminuzione della lua (in­ goiar dottrina, ardirò, per difefa d’ Archimede, di negargli tale efperienza, elìendo certo, che un legno, il quale per lua natura non va al fon­ do nell’ acqua, non v’ andrà altresì incavato, e ridotto in figura di quaIli* voglia vaio , epoi empiuto d’ acqua : e chi vorrà vederne prontamente l’efperienza in qualche altra maceria trattabile, e che agevolmente fi riduca in ogni figura, potrà pigliar della cera pura, e facendone prima una palla, o altra figura folida, aggiugnervi canto di piombo, che appena la conduca al fondo, ficchè un grano di manco, non baliaffé per farla lommergere, perchè facendola poi in forma d’ un vaio, e empiendolo d’ acqu3, troverà, che fenza il inedefimo piombo non andrà in fondo, e che col medelimo piombo difcenderà con molta tardità: ed inlomma s’ accerterà , che l* acqua contenuta non gli apporta alterazione alcuna. Io non dico già, che non fi pollano di legno, che per lua natura galleggi, far barche, le quali poi piene d’ acqua (ì lommergano, ma ciò non avverrà per gravezza, che lia loro accrefciura dall'acqua , ma fi bene da’ chiodi, ealtri ferramen­ ti , ficchè nonpiù s’ avrà un corpo men grave dell’acqua , ma un comporto di ferro, e di legno, più ponderale) d’ altrettanta mole d’ acqua. Celli per­ tanto il Sig. @uonairtic.0 di voler render ragioni d’ un effetto, che non è : anzi, le l’andare al fondo il vaio di legno, quando fia ripien d’ acqua, po­ teva render dubbia la dottrina d’ Archimede; fecondo la quale egli non vi dovrebbe andare , e all’ incontro quadra, e fi conforma colla dottrina Peripatetica, poiché ella accomodatamente adegua lagione, che tal vaio debbe, quandofiapienod’acqua, fommergerlì, convertendo ildifeorfoall’ oppofito, potremo con ficurezza dire, la dottrina d’ Archimede eiTer vera, poiché acconciamente ella s’ adatta all’ el'perienze vere, e dubbia l’ altra, le cui deduzioni s’ accomodano a falle conclufioni. Quanto poi all’altro pun­ to, accennato in quella medefima inftanza, dove pare, che il Buonamieo intenda il medelimo, non (blamente d’ un legno figurato in forma di vaio, ma anche d’ un legno mafficcio, che ripieno, cioè, come io credo, che egli voglia dive, inzuppato, e pregno d’ acqua, vada finalmente al tondo, ciò accade d’ alcuni legni porofi, li quali, mentre hanno le porofuà ripie­ ne d’ aria, o d’ altra materia men grave deli’ acqua, fono moli in ilpecie mancogravi di ellaacqua, ficcome è quella boccia di vetro, mentre è pie­ na d’aria: ma quando, partendoli tal materia leggiera, (iiccede nelle det­ te porofità, e cavernofirà l’ acqua, può beniflìmo edere, che allora tal comporto redi più grave dell’ acqua, nel modo, che partendoli 1'ai.ia dal­ la boccia di verro, c lucccdendoviP acqua, ne rifultaun comporto d’ acqua e di vetro più grave d’ altrettanta mole d’ acqua: ma Peccello della lua gravità ènella materia del vetro, e non nell’ acqua, la quale non è più gra­ ve di fe (teda: così quel che refta del legno, partendoli P aria delle lue concavità, fe farà più grave in ilpecie delP acqua, ripiene che faranno ¡e fue porofità d’ acqua, s’ avrà un comporto d’ acqua, e di legno, più grave peli’ acqua, ma nonin virtùdell’ acqua ricevuta nelle porofità, ina di quel­ la materia del legno, cherefta, partita che fia Paria : e venduto tale , andrà» conforme alla dottrina d’ Archimede, al fondo, sì come prima, leconao la medefima dottrina, galleggiava. Da A que-


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A quello finalmente, che viene oppofto nel quartó luogo, cioè che già fieno Itati da Anftotile confutati gli antichi, i quali, negando la leggerez* za pofitiva , e afioluta, e filmando veramente tutti i corpi eiTer gravi, di­ cevano , quello, che fi muove in sù, edere fpinto dall'ambiente, e per tan­ to, che anche la dottrina d* Archimede, cornea tale opinione aderente, re* Ili convinta, e confutata: rifpondo primieramente parermi, cheMSig. Buonamico imponga ad Archimede, e deduca dal fuo detto più di quello, eh’ egli ha piopollo, eche dalle fue propofizioni fi può dedurre: avvegnaché Archimede nè neghi, nè ammetta la leggerezza pofitiva, nè pur ne trat­ ti; onde molto meno fi debbe inferire, eh’ egli abbia negato, che ella poffa efler cagione, e principio del moto all* insù del fuoco, o d’ altri corpi leggieri: ma (olamente avendo dimoftrato, come i corpi foli’di, più gravi dell’ acqua difeendano in efia, fecondo 1’ eccedo della gravità loro fopra la gravità di quella, dimoflra parimente, come i men gravi accendono nel­ la mededma acqua, fecondo l’ eccedo della gravità di efia fopra la gravi­ tà loro: onde il più, che fi poffa raccorre dalle dimoftrazioni d’ Archime­ de, è, che sì come l’ eccedo della gravità del mobile fopra la gravità dell’ acqua, è cagion del fuo difeendere in efia, così 1’ eccedo delia gra­ vità dell’ acqua fopra quella del mobile, è badante a fare, che egli non difeenda, anzi venga a galla; non ricercando, fe del muoverli all’ insù, fia, o non fia altra cagion contraria alla gravità; nè difeorre meno accon­ ciamente Archimede d’ alcuno, che dicede. Se il vento Auftrale ferirà la barca con maggiore impeto, che non è la violenza, colia quale il corlo del fiume la traporta verfo Mezzogiorno, farà il movimento di quella verfo Tramontana: ma fe l’ impeto dell’ acqua prevarrà a quello del vento, il moto fuo farà verfo Mezzogiorni, il difcorfo è ottimo, e ¡inméritamente farebbe riprefo da chi gli opponete, di­ cendo; Tu malamente adduci per cagion del movimento della barca ver­ fo Mezzogiorno T impeto del corfo dell’ acqua eccedente la forza del ven* to Audrale; malamente dico, perchè c’ è la forza del vento Borea, con* trario all’ Auflro, potente a fpinger la barca verfo Mezzogiorno. Tale obieizione farebbe fuperflua, perche quelli che adduce, per cagion del moto il corfo dell’ acqua, non nega, che il vento contrario alP Odro poda far lo dedo effetto , ma folamente afferma, che prevalendo l’ impeto dell’ acqua alla forza d’ Aulirò, la barca fi moverà verfo Mezzogiorno: e dice cofa ve­ ra. F. così appunto, quando Archimede dice, che prevalendo la gravità dell'acqua a quella, per.la quale il mobile va a bado , tal mobile vien follevato dal fondo alla fuperficie, induce cagion verifììma di tale accidente, nè afferma, onega, che fia, onon fía una virtù contraria alla gravità, det­ ta da alcuni leggerezza, potente ella ancora a muovere alcuni corpi all’ in­ sù. Sieno dunque indrizzate l’ armi del Sig. Buonamico contra Platone, e altri antichi, li quali negando totalmente la levità, e ponendo tutti li cor­ pi efler gravi, dicevano il movimento all’ insù efler fatto, non da principio intrinieco del mobile, ma folamente dallo fcacciamento del mezzo: e refli Archimede colla fua dottrina illefo, poiché egli non dà cagion d’ edere impugnato- Ma quando queda feufa addotta in difefa d’ Archimede pareflè ad alcuno fcarfa per liberarlo dalle obiezioni, e argomenti fatti da Aridotile contro a Platone, e agli altri antichi, come che i medefimi militad'ero ancora contro ad Archimede, adducetelo fcacciamento dell’ acqua come cagione del tornare a galla i folidi men gravi di lei, io non diffide­ rei di poter folìener per veriiTima la fentenza di Platone, e di quegli al­ tri, li quali negano affolutamente la leggerezza, e affermano ne’ corpi


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elementari non effere altro principio intrinfeco di movimento, fé non verTo il centro delta terra, nè effere altra cagione del movimento all’ insù, ( intendendo di quello che ha fembianze di moto naturale ) fuori che lo l'cacciamento del mezo fluido, ed eccedente la gravità del mobile: e al­ le ragioni in contrario d’ Ariflotile credo, che fi poffa pienamente foddil* fare: e mi sforzerei di farlo, quando fuffè totalmente neceflatio nella prefente materia, o non folle troppo lunga digreffione in quello breve trattato. Dirò fidamente, che fé in alcuno de'noftri corpi elementari fof* fe principio intrinfeco, e inclinazion naturale di fuggire il centro della terra, e muoverli verfo il concavo della Luna, cali corpi fenza dubbio più velocemente alcenderebbono per que’mezzi, che meno contraffallo alla velocità del mobile, e quelli fono i più tenui, e lottili, quale è, per el’emplo, l'aria in comparazion dell’ acqua, provando noi tutto ’Igior^ no, che molto più fpeditamente moviamo con velocità una mano, o una tavola trafverlalmeine in quella, che in quella: tuttavia non fi tro­ verà mai corpo alcuno, il quale non afeenda molto più velocemente nell’ acqua, che nell’ aria; anzi de’ corpi, che noi veggiamo continuamente afcendere con velocità nell’ acqua, niuno è, che pervenuto a’ confini deli” aria, non petda totalmente il moto; infino all’ aria fteffa, la quale formontando velocemente per l’acqua, giunta che è alla fua regione, lafcia ogn’ impeto, e lentamente coll’ altra fi confonde. E avvegnaché Pefperienza ci moftri, che i corpi di mano in mano men gravi più velocemente ai* cendon nell’ acqua, non fi potrà dubitare, che l’datazioni ignee più ve­ locemente alcendano per Pacqua, che non fa Paria: la quale aria fi ve­ de, per efperienza, afeendere più velocementeper l’ acqua , che Pelàlazio* ni ignee per Paria: adunque di neceflicà fi conclude, che le medefime efalazioni affai più velocemente alcendano per Pacqua, che per I’ aria, e che in confeguenza elle fieno moffe dal difcacciamento del mezzo am* biente, e non da principio intrinfeco, che fia in loro di fuggire il cen­ tro, al quale tendono gli altri corpi gravi. A qaello, che per ultima conclufione produce il Sig. Buonamico di vo­ ler ridurre il difendere, o no, all’ agevole, e alla diffidi divifione del mezzo, e al dominio degli elementi: rifpondo, quanto alla prima parte, ciò non potere in modo alcuno aver ragion di caufa, avvengachè in niu­ no de’ mezzi fluvidi, come P aria, l’ acqua, e altri umidi, fia refiftenza alcuna alla divifione; ma tutti da ogni minima forza fon divifi, e pe­ netrati, come di fotto dimoftrerò; ficchè di cale refiftenza alla divifione non può effere azione alcuna, poiché ella fteffa non è. Quanto all’ altra parte dico, che tanto è il confederare ne’ mobili il predominio degli ele­ menti, quanto Peccello, o il mancamento di gravità in relazione al mez­ zo, perchè in tale azione gli Elementi non operano, fe non in quanto gravi, o leggieri: e però tanto è il dire, che il legno dell’ abeto non va al fondo, perchè è a predominio aereo, quanto è ¡1 dire, perchè è men grave dell acqua; anzi pur la cagione immediata è Pellet men grave dell’ acqua : e Peffere a predominio aereo è cagione della minor gravità, pe­ ro chi adduce per cagione il predominio dell’ elemento, apporta la esu­ la della caufa, e non la caufa prolfima, e immediata. Or chi’non fa. che la vera caufa è la immediata, e non la mediata? In oltre quello, che al­ lega la gravità, apporta una caufa notiflìma al fenfo: perchè molto age­ volmente potremo accertarci le l'ebano, per efemplo, e Pabeto fon piò, o men gravi dell'acqua.- mafie fieno terrei, o aerei a predominio, chi ce lo mamfefterà? certo niun’ altra efperienza meglio, che il vedere fe elfi Tom /. D j gal-


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galleggiano, o vanno al fondo. Talché, chi non fa, che il tal folido gal­ leggia , l’e non quando e’ fsppia, che egli è a predominio aereo, non fa cn’ e’ galleggi, fe non quando lo vede galleggiare: perchè allora fa, eh’ e’galleggià, quando e’ fa, che egli è aèreo a predominio, ma non fa , eh'e’ fia aereo a predominio, fe non quando e’ lo vede galleggiare: adun­ que e’ non fa, eh’ e’galleggi, fenondopo 1’ averlo veduto ilare agallaNon rìifpreziam dunque quei civanzi, pur troppo tenui, che il diieorfo, dopo qualche contemplazione, apporta alla noflra intelligenza, e accettiamo da Archimede il l'apere, che allora qualunque corpo folido andrà al fondo nell'acqua, quand’ egli farà in ifpecie più grave di quel­ la, e che s’ ei farà men grave, di neceifità galleggerà: e che indifferen­ temente remerebbe in ogni luogo dentro all’acqua, fe la gravità lua fuife totalmente iimile a quella dell’ acqua. Efplicate, e ilabilite quelle cofe, io vengo a conliderape ciò, che ab­ bia, circa quelli movimenti, e quiete, che far la diverfità di figura data ad elfo mobile, e torno ad affermare, Che la diverfità di figura data a quello, e a quel folido, non può efier cagione in modo alcuno dell’ andare egli, o non andare affolutamente al fondo, o a galla,- ficchè un folido, che figurato, per efemplo, di figura sferica va al fondo, o viene a galla nell’ acqua , dico, che, fi­ gurato di qualunque altra figura, il medefimo nella medefima acqua an­ drà, e tornerà dal fondo, nè gli potrà tal fuo moto dall’ ampiezza, o da altra mutazion di figura efler vietato, e toltoPuò ben l’ ampiezza della figura ritardar, la velocità, tanto della fcefa, quanto della falita, e più, fecondo che tal figura fi ridurrà a maggior larghezza, e fottigliezza : ma ch’ ella pofl'a ridurli a tale, eh’ ella total­ mente vieti il più moverfi quella (teda materia nella medefima acqua, ciò (limo edere impoflibile. In quello ho trovato gran contradittori, li qua­ li producendo alcune efperienze, e in particolare una fiottile afficella d’ ebano, e una palla del medefimo legno, e moilrando, come la palla nell’ acqua dii'cendeva al fondo, e l’ aflicella, potata leggiermente full’ acqua, non fi fommergeva, ma fi fermava: hanno (limato, e coll’ autorità d’ Arillotile confermatili nella credenza loro, che di tal quiete ne fia veramen­ te cagione la larghezza della figura, inabile, ‘per lo fuo poco pelo, a fendere, e penetrar la refiflenza della craffizie dell’ acqua: la qual ren­ itenza prontamente vien fuperata dall’ altra figura rotonda. Queito è il punto principale della prefente quiftione, nel quale m’ ingegnerò di far manifeflo d’ eflermi appreio alla parte vera. Però cominciando a tentar d’ inveltigare coll’ efame d’ efquifita efperienza, come veramente la figura non altera punto l’andare, o ’1 non an­ dare al fondo i medefimi folidi, e avendo già dimoilrato, come la mag­ giore, o minor gravità del folido, in relazione alla gravità del mezzo , è cagione del difendere, o afeendere: qualunque volta noi vogliamo far prova di ciò, che operi circa quello effetto la diverfità della figura, farà neceflario far l’ efperienza con materie, .nelle quali la varietà delle gravezze non abbi3 luogo: perchè fervendoci di materie, che tra di loro poflano efier di varie gravità in ifpecie, fempre refleremo, con ragione, ambigui, incontrando varietà nell’ effetto del difeendere, o afeendere, fe tal diverfità derivi veramente dalla fola figura, o pur dalla diverta gra­ vità ancora. A ciò troveremo rimedio col prendere una fola materia, la qual fia trattabile, e atta a ridurli agevolmente in ogni forca di figura- In oltre farà ottimo efpediente prendere una fona di materia fimilifiìma in gra-


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vità ali*acqua, perchè tal materia, in quanto appartiene alla gravità, è indifferente al diffondere, e all’ afcendere : onde fpeditiilìmamente fi conofcerà qualunque piccola diverfità poteffe derivar dalla mutazione delle figure. Ora, per ciò fare, attiflimaèla cera, la quale, oltr*al non ricever Ten­ ibile alterazione dallo impregnarli d’ acqua, è trattabile, e agevolifiimamente il medefimo pezzo fi riduce in ogni figura, ed effendo in ifpecie pochilfimo manco grave dell’ acqua, col mefcolarvi drento un poco di li­ matura di piombo, fi riduce in gravità fimiliflìma a quella. Preparata una tal materia, e fattone, per efemplo, una palla grande quanto una melarancia, o più, e fattala tanto grave, ch’ ella rtia al fondo, ma così leggiermente, che, detrattole un folo giano di piombo, venga a galla, e aggiuntolo torni al fondo, riducali poi la medefima cera in una lotriliflìma, e larghilfima falda, e tornili a far la medefima efperienza, vedraflì, che ella, polla nel fondo, con quel grano di piombo, reitera a baf­ fo, detratto il grano s’eleverà lino alla fuperficie, aggiuntolo di nuovo diffonderà al fondo. E quello medefimo effetto accaderà tèmpre in tucte le forti di figure, tanto regolari, quanto irregolari, nè mai fe ne troverà alcuna, la quale venga a galla, fe non rimofio il grano del piombo, o ca­ li al fondo, fe non aggiuntovelo : e infiamma, circa l’ andare, o non an­ dare al fondo, non fi fcorgerà diverfità alcuna, ma fi bene circa’1 veloce, e ’I tardo; perchè le figure più larghe, e diffeie, fi moveranno più lenta­ mente tanto nel calare al fondo, quanto nel formontare: e 1’ altre figure più Uretre, o raccolte, più velocemente. Ora io non fo qual diverfità fi debba attendere dalle varie figure, fe le diverfiflime fra di fe non operano quanto fa un piccolillimo grano di piombo, levato, o pollo. Panni di fencire alcuno degli avverfari muover dubbio fopra la da me prodotta efperienza, e mettermi primieramente in conliderazione, che la figura, come figura femplicemente, e feparata dalla materia, non opera cofa alcuna, ma bifogna, che ella fia congiunta colla materia; e di più, jnon con ogni materia, ma con quelle folamente, colle quali ella può efeguire l’ operazione defiderata, in quella guifa, che vedremo per efperien­ za efièr vero, che l’ angolo acuto, e fiottile è più atto al tagliare, che l’ ottufo; tuttavia però che l’ uno, e l’ altro faranno congiunti con materia atta a tagliare, come v.g col ferro* perciocché un coltello di taglio acu­ to, e fonile taglia beniifimo il pane, e ’1 legno, il che non farà fe’l taglio farà ottufo, e grofib: ma chi volefie, in cambio di ferro, pigliar cera, e formarne un coltello, veramente non potrebbe in tal materia riconofcec quale effetto faccia il taglio acuto, e qual l’ottufo: perchè nè l’ uno, nè 1 ahro taglierebbe, non effendolacera, perla fua moliizie, atta a fuperar la durezza del legno, e del pane: e però‘applicando fimil dilcorfo al pro­ posto nollro, diranno, che la figura diveda moftrerà diverfità d’ effetti, circa 1 andare, o non andare al fondo, ma non congiunta con qualfivoglia materia, ma folamente con quelle materie, che per lor gravità fono atte a fuperare la refiilenza della vifeofità dell’ acqua: onde chi pigliaffe per materia il fuvero, o altro leggieriffimo legno, inabile, per la fua legge­ rezza, a fuperar la refiilenza della craflìzie dell’ acqua, e di tal materia formaiTe folidi di diverfe figure, indarno tenterebbe di veder quello, che operi la figura circa il diffondere, o non difeendere, perchè tucte rene­ rebbero a galla, e ciò, non per proprietà di quella figura, o di quella, ma per la debolezza della materia manchevole di tanta gravità, quanta fi ri­ cerca per fuperare, e vincer ladenlìtà, o craflìzie dell’ acqua. Bifogna D 4

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dunque fé-not vogliamo veder quello, che operi la diverfità delia figura», elegger prima una maceria , per Tua natura,, atta a penetrar la crafiizie dell* acqua, e per tale effetto è paruta loro opportuna una materia, la qual , prontamente ridotta infigura sferica, vada al fondo, ed hanno eletto l’ebano., del quale facendo poi una piccola afficella, e fonile, come è la groffezza d’ una. v.eccia, hanno fatto vedere, come quella,, pofara l'opra la faperfide dell’ acqua, rella fenza dilcendere al fondo; e facendo all’ incon­ tro del medeiìmo legno una palla , non minore d’ una nocciuola, inoltrano, che quella non retta a galla , ma difcende. Dalla quale efperienza pare a lpro di poter francamente concludere, che la larghezza, della figura nel­ la tavoletta piana fia cagione del non difcendere ella al batto , av.vegria* che una palla della medefima materia, non differente dalla tavoletta in altro che nella, figura., va nella medefima acqua al fonda. Il difcorfo, e 1’ efperienza hanno veramente tanto del probabile,, e del verifimile, che maraviglia non farebbe, fé molci, perfunfi da una certa prima apparenza., gli preltattero il loro attenfot tuttavia io credo di potere fcoprire, come non mancano di fallacia . Cominciando adunque ad'efàminare a parte, aparte, quanto è fiato pro­ dotto, dico che le figure, come femplici figure, non folamente non ope­ rano nelle cofe naturali, ma nè anche fi ritrovano dalla fuftanza corporea feparate : nè io le ho mai propofte denudate dalla materia fenfibile, ficcome anche liberamente ammetto , che nel voler noi efaminare, quali fieno Te diverfità degli accidenti , dependenci dalla varietà-delle figure, .fia necellarioapplicarle a materie ,, che non impedifcano l* operazioni, varie di ette va­ rie figure: e ammetto., e concedo, che malamente farei, quando io volerti efperimentare quello, che importi l’acutezza del caglio con un colcello di cera, applicandolo a tagliare una quercia, perchè non è acutezza alcuna, che introdotta nella cera , tagli il legno duriffimo. Ma non farebbe già pro­ dotta afpropofico l’ efperienza d’ un tal coltello, per tagliare il latte rapprefo, o altra fimil materia molto cedente: anzi, in materia limile, è più ac­ comodatala cera a conofcer le diverfità dependenti da angoli più, o meno acuti, che l’ acciaio, pofciachè il latte indifferentemente fi taglia con un rafoio, e con un coltello di caglio otcufo, Bifiogna dunque non folo aver riguardo alla durezza, folidità, o gravità.de’ corpi, che l'otto diverfe figu­ re hanno a dividere, e penetrare alcune macerie, ma bifogna por mente altresì alle refittenze delle materie da efi'er divife, e penetrate. Ma perchè io, nel far l’ efperienza concernente alla noftra contefa, ho eletta materia, laqiialpenetra la refifteuza dell’ acqua, e in tutte le figure difcende al fon­ do, non pofFòno gli avverfari appormi difetto alcuno, anzi tanto ho io propotto modo più. efquifito del loro, quanto che ho rimofle tutte l’ altre cagioni dell’ andare, o non andare al fondo, e ritenuta la fola, 'e pura va­ rietà di figure, mottrando che le medefime figure tutte, colla fola altera­ zione di un grano di pefo, difcendono, il quat riniofTo, tornano a formontare a galla j non è vero dunque ( ripigliando l’ efempio da loro indotto ) eh' io abbia pollo di volere elperimentar 1’ efficacia dell’ acutezza nel ta­ gliare, con materie impotentka tagliare, anzi con materie proporzionate al noftro bifogno, poiché non fono foctopotte adaltre varietà, che aquelJa fola, che depende dalla figura più, o meno acuta Ma procediamo un poco più avanti, e notili, come veramente fenza veiuna neceffità viene introdotta la confiderazione » che dicono doverli avere intorno all'elezione della materia, la quale fia proporzionata, per far la nattrft, efperienza, dichiarando, coll’ efempio del tagliare, che ficcome. L’ acu-


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acutezza: non balla a tagliare fe non quando è in materia dura, eatta a fu» perare la refiftenza del legno, o,d’altro, che di tagliare intendiamo,' così l’ attitudine al difcendere, onon difceoder nell’ acqua, fi dee, e fi può io. lamente riconofcere in quelle materie, che (on potenti a iuperac !a refifienza dell’ acqua, e vincer laTua crafiizie.- Sopra di che io dico, efler ben necefTaria la diftinzione, ed elezione più di quella,.che di quella materia-, iti cui s’ imprimano le figure per tagliare, o penetrare quello, e quel cor­ ro, fecondo che lafolidità, o durezzad’ elfi corpi, farà maggiore., o mi­ nore; ma poi foggiungo, che tal diftinzione, elezione, e cautela farebbe Superflua, ed inutile, fe il corpo da efler tagliato, o penetrato, non avel­ ie refiftenza alcuna, nè contendelTe punto attaglio, o alla penetrazione-: e quando i coltelli doveffero adoperarli per tagliar la. nebbia, o il fumo, egualmente ci feryirebbono tantodi carta, quanto d’accktio Damafchino, e coslper non aver l’ acqua.refiftenza alcuna all’ efler penetrata da qualunque corpo lolido, ogni fcelca di materia è.fuperflua, o non necelFaria, e reie­ zioni, ch’ io ditti di fopra elfer ben farli di materia limile in gravità all’ acqua, fu nonperch’ ella folle necefiària per fuperar la crafiizie dell’ acqua, ma la lùa gravità, colla qual fola ella refifte alia fommerficne de’ corpi folidi ; ch'e per quelche afpetti alla refiftenza della crafiizie, le noi attenta­ mente confidereremo, troveremo, come tutti i corpi folidi , tanto quei che vanno al fondo, quanto quelli che galleggiano, fono indifferentemen­ te accomodati, e atei a farci venire in cognizion della verità della noftra controverlia ; nè mi fpaventerannu dal creder tali conclufioni l’ efperienze, che mi potrebbono elfere oppofte di molti divertì legni, fuveri, galle, e più di lottili piatire di.ogni Corta.di pietra,, e di metallo .pronte, per lo­ ro naturai gravità, al muoverli verfo il centro delia terra, le quali tutta­ via impotenti, o per la figura ( come (limanogli avv-erfari ) o per la leg­ gerezza-, a rompere, e penetrare la continuazion delle parti dell’ acqua, e à diftrarre la fua unione, reftano a galla,.nè fi profondano altramente -, nè altresì mi moverà l’ autorità d’ Ariftotile, il quale, in più d*un luogo* af­ ferma in contrario di quello, che l’ efperienza mi moftra.. Torno dunque ad affermare, che non è lolido alcuno di tanta leggerez­ za , nè di tal figura, il quale pollo, fopra l’ acqua non divida, e penetri la fua craifizie: anzi fe alcuno con occhio più perfpicace tornerà a riguar­ dar più acutamente le lottili tavolette di legno, le vedrà eller con parte della grofiezza loro fott’ acqua, e non baciar^ folamente colla toro inte­ rior fuperficie lafuperior dell’ acqua , lìccome è neceflario, cheabbian cre­ duto quelli, che hanno detto, che tali alficelle non fi (ommergono»^per­ chè non fono potenti a divider la tenacità delle parti dell’ acqua; e piu ve­ drà, che le foctilifiìme piaftre d’ ebano, di pietra, e di metallo, quando reftano 3 galla, non folamente hanno rotta la continuazion dell’ acqua, ma fono, con tutta la lor grotfezza , Cotto la fuperficie dì quella, e più e piu, fecondò che le materie faranno più gravi: ficchè una fotti1 falda di piom­ bo reità tanto più bafta, che la fuperficie dell’ acqua circonfufa, quanto è per lo manco la groflèzza della medefìma piatirà, prefi dolici volte, e l oro fi profonderà fotto il livello dell’ acqua quali venti voice più che la groflèzza della piaftfa, ficcome io più da ballo dichiarerò . Mè feguitiam di far manifefto, come l’ acqua cede, e fi lafcia penetrar da ogni leggerifiìmo lolido, c infierire infieme dimoftriamo, come anche dalle materie, che non fi fommergono, fi poteva venire in cognizione, che la figura non opera niente circa l’ andare, o non andareal fondo, avvengachè l’ acqua fi lafci egualmente penetrar da ogni figura.. _


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Facciali un cono, o una piramide di cipreffo, o d'abero, o altro legno di fimil gravità, ovvero di cera pura, e Ila d’ altezza afi’ai notabile, cioè d’un palmo, opiù, emettali nell’ acqua colla baie in giù, prima fi vedrà che ella penetrerà l’acqua, nèpunto l'ara impedita dalla larghezza della ba­ ie , non però andrà tutta fott’ acqua, ma fopravanzerà vedo la punta: dal che farà già manifeilo, che tal folido noh reità d’ affondarli per impotenza di divider la continuità dell’ acqua, avendola già divila colla fua parte lar­ ga, e per opinione degli avverfarì, meno atta a dividere. Fermata così la piramide, notili qual parte ne farà fommerlà, e rivoltili poi colla punta all’ ingiù, e vedrallì che ella non fenderà 1’ acqua più che prima ; anzi, fe fi noterà fino a qual degno fi tufferà, ogni perfona efperta in Geometria potrà mifurare, che quelle parti, che reftano fuori dell’ acqua, tanto nell’ una, quanto nell’altra efperienza, fono a capello eguali: onde manifeftamente potrà raccorre, che la figura acuta, che pareva attiflìma al fendere, e penetrar l’ acqua, non la fende, nè penetra punto più, che la larga, e fpaziola. E chi voi effe una più agevole efperienza, faccia della medefima materia due cilindri, unolungo, e fintile, e l’altro corto, ma molto largo, e pon­ gagli nell’ acqua non diftefi, ma eretti, e per punta; vedrà, fe con dili­ genza milura le parti dell’uno, e dell’altro, che in ciafcheduno di loro la parte fommerfa a quella, che retta fuori dell’ acqua, mantiene efquifit3menrela proporzion medefima , e che niente maggior parte fi fommerge di quello lungo, e fiottile, che dell’ altro più fpaziofo, e più largo: benché quellos’ appoggi l'opra una fuperficie d’ acqua molto ampia, e quello fopra una piccoliffìma, adunque la diverfità di figura non apporta agevolezza, o diflìcultà nello feendere, e penetrar la continuità dell’ acqua, e in confeguenza non può effer cagione dell’ andare, o non andare al fondo. Scorgeraffi parimente il nulla operar della varietà di figure, nel venir dal fon­ do dell’ acqua verfo la fuperficie, col pigliar cera, e mefcolarla con af­ fai limatura di piombo, ficchè divenga notabilmente più grave dell’ acauae fattone poi una palla, e pollala nel fondo dell’ acqua, fe le attaccherà tanto di fuvero, o d’ altra materia leggeriflìma, quanto balli appunto per follevarla, e tirarla verfo la fuperficie: perchè mutando poi la medefima cera in una falda fonile, o in qualunque altra figura, il medefimo fuvero la folleverà nello lleffo modo a capello* Non per quello fi quietano gli avverfarì, ma dicono, che poco importa oro tutto il difcorlo fatto da me fin qui, e che a lor balla in un particolar lolo, ed inche materia , e fotto che figura piace loro, cioè in una alli­ ccila, ed >nuna palla u ebano aver mollrato, che quella polla nell’ acqua va al fondo, e quella refta a galla: ed eftendo la materia la medefima, nè differendo, due corpi in altro, che nella figura, affermano aver con ogni pienezza, dimeurato, e fatto toccar con mano, quanto dovevano, e fi­ nalmente aver confeguito il loro intento. Nondimeno io credo, e penfo di poter dimoirrare, che cale elperienza non conclude cofa alcuna contro alla mia concitinone. F. prima è fallo, che la palla vada al fondo, e la tavoletta nò: perchè la tavoletta ancora vi va, ogni volta, che fi farà dell’ una, e dell’ altra figura quel tanto, che le parole della noftra quiflione importano, cioè, che ambedue fi pongano nell’ acqua.

. Le parole furon tali : Che avendo g li avverfarì opinione, che la figura alternile 7 c,rca difendere, o non difeendere, afeendere, o non afeendere neli ifiejfo mezzo, tome v- g. nell acqua medefima, in modo, che per ejemplo, un Jolido,


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lid o , che fe n d o d ì fig u ro sferico a n d reb b e a l fo n d o ¡rid otto in qualche a ltra fig u r a non a n d r e b b e ; io ¡lim ando V c o n tra r io , a fferm a v a , che u» fetid o co rp oreo, i l qu a le rid otte in fig u ra sfe rico , o qualun que a ltr a calaffe a l f e u d o , vi calerebbe an co­ r a fo t t a qualunque altro fig u r a , ec.

Ma effer nell’ acqua vuol dire effer locato nell’acqua , e per la definizio­ ne del luogo del medefimo Ariftotile, effer locato importa efier circonda­ to dalla fuperficie del corpo ambiente, adunque allora faranno le due figurejiell’ acqua, quando la fuperficie dell’ acqua le abbraccerà, e circonderà: ma quando gli avverfari moftrano la tavoletta d’ebano non difendente al fondo, non la pongono nell’ acqua, ma fopra l’ acqua, dove da certo im­ pedimento ( che più a baffo fi dichiarerà ) ritenuta, reità parte circonda, ta dall’ acqua, e parte dall’ aria, la qual cofa è contraria al noltro conve­ nuto, che fu, che i corpi debbano effer nell’ acqua, e nonparte in acqua, e parte in aria, I l che f i f a altresì m an ifefio da l' effere fia t a la quefiione prom offa tanto circa le c o fe , ch e debbono andare a l fo n d o , quanto circa q u e lle , che d a l fo n d o debbono a fcen dere a g a lla ; c chi non v e d e , ch e le cofe pofie n el fo n d o debbono effer cìrcoudate dall'acqua'*.

Notili appreffo, che h tavoletta d’ ebano, e la palla, polle che fieno dentro l’ acqua, vanno amendue in fondo, ma la palla più veloce, e la tavoletta più lenta, e più e più lenta, fecondo che ella farà più larga, e fotcile, e di tale tardità ne è veramente cagione l’ ampiezza della figura: mr quelle tavolette, che lentamente difendono,, fon quelle fteffo, che pofate leggiermente fopraT acqua, galleggiano: adunque fe fulle vero quello, che affermano gli avverlàri, la medefima figura in numero fareb­ be cagione nella llefla acqua in numero ora di quiete, e ora di tardità di moto, il che è importàbile, perchè ogni figura particolare, che difcende al fondo, è neceffario, che abbia una determinata tardità fua pro­ pria, e naturale, fecondo la quale ella fi muova, ficchè ogni tardità maggiore, o minore, ila impropria alla fua natura: fe dunque una tavo­ letta v, g. di un palmo quadro, difende naturalmente con fei gradi di tardità, è impoifibile, che ella difenda con dieci, o con venti, fe qual­ che nuovo impedimento non fe le arreca. Molto meno dunque potrà el­ la, per cagione della medefima figura, quietarfi, e del tuttojefiare im­ pedita al muoverfi, ma bifogna, che qualunque volta ella fi ferma, altro impedimento le fopravvenga", che la larghezza della figura. Altro dun­ que, che la figura è quello, che ferma la tavoletta d’ ebano full’ acqua, della qual figura è folamence effetto il ritardamento dei moto, fecondo il quale ella difende più lentamente, che la palla. Dicali pertanto otti­ mamente difcorrendo, la vera, e fola cagione dell’ andar l’ ebano al fon­ do, effer 1’ eccello della fua gravità fopra la gravità dell’ acqua.- della maggiore, o minor tardità, quella figura più larga, o quella più raccolta: ma del fermarli non può in veruna maniera dirli, che ne Ila cagione la qualità della figura, sì perchè facendoli la tardità maggiore fecondo che più fi dilata la figura, non è così immenfa dilatazione, a cui non polla trovarli immenfa tardità rifpondere, fenza ridurli alla nullità di moto: sì perchè le figure prodotte dagli avverfari per effettrici delia quiete, già fon le medefime, che vanno anche in fondo. io non voglio tacere un’ alrra ragione, fondata pur full’ efperienza, e feio non m’ inganno, apertamente concludente, come l’ introduzione dell’ ampiezza di figura, e della renitenza dell’acquaall’effere divifa, non han­ no che far nulla nell’ effetto del difendere, o afendere, o fermarli nell’ acqua.


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acqua. Eleggali un legno, o altra materia, della quale una palla venga dal fondo dell'acqua alla fuperficie più lentamente, che non va al fon­ do una palla d’ ebano della uefia grandezza, ficchè manifelìo ila, che la palla d’ ebano più prontamente divida 1’ acqua difendendo, che 1’ altra »fendendo, e fia tal materia, perefemplo, il legno di noce . Facciafi dipoi un’ afficella di noce limile, ed eguale a quella d’ebano degli avveriari, la quale iella a galla: e fe è vero, che ella ci redi, mediante 1« figura impotente, per la fua larghezza, a fender la craffizie dell’acqua , l’altra di noce, lenza dùbbio alcuno, polla nel fondo, vi dovrà reftare, come manco atta, per lo medefimo impedimento di figura, a dividere ia flefla renitenza dell’ acqua. Ma fe noi troveremo, e per efperienza ve­ dremo, che non folamente la tavoletta, ma qualunque altra figura do! medefimo noce verrà a gatla, ficcome indubitatamente vedremo, e tro­ veremo, di grazia celTino gli avverfari d’ attribuire il foprannotare dell’ ebano alla figura dell’ alliccila, poiché la refìftenza dell’ acqua è la fteffa, tanto all’ insù, quanto all’ ingiù, e la forza del noce, al venire a gal­ la, è minore, che la forza dell’ebano all’ andare in fondo. Anzi dirò di più, che fe noi conlìdereremo T oro, in comparazione dell’ acqua , troveremo, che egli la fupera quali venti volte in gravità , onde la forza, e 1’ impeto, co! quale va una palla d’ oro al Fondo, è grandiiTimo• All’incontro non mancano materie, come la cera fchiecta, e alcuni legni, li quali non cedono nè anche due per cento in gravità dell’ acqua, onde il loro accendere in quella è tardiflimo, e mille volte più debole, che l’ impeto dello fendere dell’ oro: tuttavia una fotti! falda d’ oro galleggia fenza difendere al fondo, e all’ incontro non fi può fare una falda di cera, o del detto legno, la quale polla nel fondo dell’ acqua, vi redi fenza afcendere- Or fe la figura può vietare la divifione, e im­ pedir la fefa al grandiilìmo impeto dell'oro, come non farà ella badan­ te a vietar la medefima divifione all’ altra materia nell’ afcendere, dove ella non ha appena forza per una delle mille parti dell’ impeto dell’ oro nel difendere? E'dunque neceflario, che quello, che trattiene la fottìi falda d’oro, o l’afiìcella d’ ebano full’acqua, fia colà tale, della-quale manchino l’altre falde, e aflìcelle di materie men gravi dell’acqua, men­ tre, polle nel fondo, e lafciate in libertà, fiormontano alla fuperficie lenza impedimento veruno.- ma della figura piana, e larga non mancano elleno. Adunque non è la figura fpaziofa quella, che ferma P oro, e P ebano a galla. Che dunque diremo che fia? Io per me direi, che folTe il contrario di quello, che è cagione dell’andare al fondo, avvegnaché il difendere al fondo, e’1 reftare a galla, fieno effetti contrari, e degli ef­ fetti contrari contrarie debbano efter le ragioni. E perchè dell’andare al fondo la tavoletta d’ ebano, o la lòtti! Falda d’ oro, quando ella vi va, n’è fenza alcun dubbio cagione la fua gra­ vità maggior di quella dell’acqua, adunque è forza, che del feto galleg­ giare, quando ella lì ferma, ne ila cagione la leggerezza, la quale, in quel calo, per qualche accidente, forfè finora non oflervato, fi venga colla medefima tavoletta a congiungere, rendendola non più come avan­ ti era-, mentre fi profondava, più grave dell’ acqua, ma meno. Ma tal nuova leggerezza non può dependere dalla figura, sì perchè le figure non aggiungono, o tolgono il pefo, si perchè nella tavoletta non fi fa muta­ zione alcuna di figura, quando ella va al fondo, da quello, che ella aveva, mentre galleggiava. Or tornili a prendere la fottìi falda d’ oro, o cPargento, ovvero P afficel-


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iìfcella d’ ebano, e pongali leggiermente (opra l’ acqua, ficchè ella vi reih lenza profondarli, è diligentemente fi offervi V effetto, che ella fa ; vedraffi prima quanto fia l'aldo il detto d' Ariftotile, e degli awerlari , cioè, che ella retti a galla per la impotenza di fendere, e penetrare la refifténza della craflìzie dell’ acqua : perchè manifeftamente apparirà le dette falde, non folo aver penetrata l’ acqua, ma edere notabilmente pii balle, che la fupeificie di efia, la quale, intorno intorno alle medefime falde retta eminente, e fa loro qual! un argine , dentro la cui profondità, quelle rellano notando: fecondo che le dette falde faranno di materia piò ;rave dell’acqua, due, quattro, dieci, o venti volte, infognerà, che a uperficie loro retti inferiore all’ univerfal fuperficie dell*acqua ambiente , tante, e tante volte prò, che non è la groffezza delle medelime falde, co­ me più diftintamente appretto dimoftreremo. In tanto pei più agevole in­ telligenza di quanto io dico, atten­ dai! alla prefente figurai «ella quale -, » y, intendali la fuperficie dell’ acqua fte- ...... — ^ , < ..... * v fa fecondo le linee F L D B, fopra o la quale fi poferà una tavoletta di ma­ teria più grave in ifpecie dell’acqua, ■"» " nÌi ma così leggiermente, chenonfi fora* UH H t merga, ella non le refterà altramente fuperiore, anzi entrerà con tutta la fua groffezza nell’ acqua: e più calerà ancora, come fi vede per la tavoletta A, I, O, I, la cui groflezza tutta fi profonda nell’acqua, Tettandole intorno gli arginetti L A, D O , dell’ acqua, la cui fuperficie retta notabilmente fuperiore alla fuperficie della tavoletta . Or vedali quanto fia vero, che la detta lamina non vada al fon­ do . per effer di figura male atta a fendere la corpulenza dell’acqua. Ma le ella ha già penetrata, e vinta la continuazione dell’ acqua, ed è di fua natura, della medefima acqua più grave, per qual cagione non feguita ella di profondarfi, ma fi ferma, e fi fofpende dentro a quella picciola ca­ vità, che col fuo pefo fi è fabbricata nell’ acqua? Rifpondo, perchè nel fommergerfi, finché la fua fuperficie arriva al livello di quella dell’ acqua, ella perdeuna parte della l'uà gravità, e’1 retto poi Io và perdendo nel pro­ fondarfi, e abbattarii oltre alla fuperficie dell’ acqua, la quale intorno intorno le fa argine, efponda, e tal perdita fa ella, mediante il tirarli dietro, e far feco difcencier l’ aria fuperiore, e a fe fletta per lo contatto aderente, la quale aria luccede a riempir la cavità circondata dagli argiretti dell'acqua, ficchè quello, che in quefto cafo difcende, e vien loca­ to nell’ acqua, non è la fola lamina, o tavoletta d’ ebano, o di ferro, ma un compofto d’ ebano, e d’ aria, dal quale ne rifuita un folido non più in gravità fuperiore all’acqua , come era il femplice ebano, o’I femplice oro. E fe attentamente fi confidererà quale, e quanto fia il folido, che in que­ lla efperienza entra nell’ acqua, e contratta colla fua gravità, fcorgeraffi effer tutto quello, che fi trova fotto alla fuperficie dell’ acqua, il che è un segregato, e comportod’ una tavoletta d’ ebano, e di quali altrettanta aria: una mole comporta d'una lamina di piombo, e dieci, o dodici tanti d’ aria. Jwa, Signori avverfari, nella noftra queftionefi ricerca la identità della ma­ teria, e folo fi dee alterar la figura, però rimovete quell’ aria, la quale, congiunta colla tavoletta, la fa divenire un altro corpo men grave dell ac­ qua, e ponete nell’ acqua il femplice ebano, che certamente voi vedrete la tavoletta fcendere al fondo, e fe ciò non fuccede avrete vinto la liteper feparare l’ aria dall’ ebano non ci vuol’ altro, che fottiitnente bagnare

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DISCORSO colla medefima acqua la fuperficie di effa tavoletta .perchè interpofta cosi l’ acqua tra la tavola , e V aria , l’ altr’ acqua circonfufa tcorrera lenza intop­ po. e riceverà in le, come conviene, il folo, e iemplice ebano* . .. Ma io lènto alcuno degli avverfari acutamente farmiiì incontro, e eh’ e’ non vogliono altramente, che la lor tavoletta fi bagni, perche il pe-, lo aggiuntole dell’acqua , col farla più grave, che prima non era, la tira egli al fondo, e che l’ aggingnerle nuovo pelo è contro alla noltra conven­ zione-, die è, che la materia debba eiTer la medefima. A quello rifpondo primieramente, che trattandoli di quello, che opeL la figura, circa i folidi podi nell’ acqua, non debbe alcuno defiderare, che fieno pólli nell'acqua, lènza bagnarli, nè io domando, che lì faccia della tavoletta altro, che quel che fi fi della palla. In oltre è falfo, che la ta­ voletta vada al fondo in virtù del nuovo pefo aggiuntole dall’ acqua coL Semplicemente, e foctililTimamente bagnarla : perchè io metterò dieci,-e venti gocciole d’ acqua fopra la medefima tavoletta, mentre che ella è fo{tenuta full’ acqua, le quali, gocciole. ptlrchè non fi congiungano coll’ alte* acqua circonfufa, non ¡3 graveranno sì, che ella fi profondi: ma le tolta fuori la tavoletta, e feofla via tutta l’ acqua., che vi aggiunli, bagnerò con una fola piccioiiflìina goccia la l'uà fuperficie, e tornerò a pofarla fopra l’acqua, lenza dubbio ella fi fommergerà, feorrendo 1 'altr’ acqua a rico­ prir la non ritenuta dall’ aria fuperiore, la quale aria per 1* inrerpofizione del fottiliflìmo velo dell’ acqua, che le leva la contiguità dell’ ebano, fenza renitenza fi fepara, nè contralta punto alla fuccemone dell’ acqua: anzi pure, permeglio dire, difeenderà ella liberamente, perchè ella li trova tutta circondata, e coperta dall’ acqua, quanto prima la lua fuperiore fu­ perficie, già velata d’ acqua, arriva al livello della fuperficie totale di ella acqua. Il dir poi, che l’acqua polla accrefcer pefo alle cofe, che in ella fieno collocate, è faififlìmo . perchè l’ acqua nell'acqua non ha gravità ve­ runa, poiché ella non vi difeende: anzi fe vorremo ben cóniìderare quello, che faccia qualunque immenla mote d’ acqua, che lìa foprappofta ad un corpo grave, che in quella Ila locato troveremo, per efperienza, che él­ la per ì’ oppolìto punto(lo gli djminuifce in gran parte il pelo, e che noi potremmo follevar tal pietra graviifima dal fondo dell’ acqua, che rimofia l’ acqua non la potremo altramente alzare. Nè fia chi mi replichi, che ben­ ché 1’ acqua foprappofta non accrefca gravità alle cofe, che fono in ella , pur l’ accrefce ella a quelle, che galleggiano, e che fono parte in acqua, e parte in aria, come fi vede per e(èmpio, in un catino di rame, il quale mentre farà voto d’acqua, e pieno fidamente d’ aria, ftarà a galla, ma in­ fondendovi acqua diverrà sì grave, che difeenderà a! fondo, e ciò per ca­ gione del nuovo pefo aggiuntogli. A quello io tornerò a rispondere come di fopra, che non è la gravità dell’ acqua contenuta dentro il vafo quella, che lo tira al fondo, ma la gravità propria del rame fuperiore alla gravità in iipecie dell’ acqua: che fe il vafo folle di materia men grave dell’ acqua, non ballerebbe l’ Oceano a farlo fommergere. E fiemi permeilo di replica­ re, come fondamento, e punto principalilfimo nella prelente materia, che l’ aria contenuta dentro al vaio avanti la infufion dell’ acqua, era quella, che lo fofteneva a galla, avvegnaché di lei, e del rame fi faceva un com­ porto men grave d’altrettanta acqua : e ’1 luogo che occupa il vaio nell* acqua mentre galleggia, non è eguale al rame folo, ma al rame, e all’ aria infieme, che riempie quella parte del vafo, che Ila finto il livello dell’ acqua. Quando poi fi s’ infonde l’ acqua, li rimuove l’aria, e fallì un com­ porto di rame, e d’ acqua più grave in ifpecie dell’ acqua ferapiice, ma non in vir-


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fo, viftà'dril’ ariqtB infafa , la quale abbia maggior gravità in ifpecie dell* altr’ acqua, ma fi bene per la gravità propria del rame, e per l’ alienazione dell’ aria. Ora, fkcome quel, che dicefie, il rame, che per fua natura va al fondo, figurato in forma di vafo, acquifta da tal figura virtù di ftar nell* acqua lenza discendere, direbbe il fallo: perche il rame, figurato in qua» lunque figura, va Sempre al fondo, purché quello, che li pone nell’ acqua ila Semplice rame, e non è la figura del vaio quella, che fa galleggiare il lame, ma il non efler femphee rame quello, che fi pone in acqua, ma un aggregato di rame, e di aria, così nè più nè meno è fallo, che una lottil falda di rame, e d’ ebano galleggi in virtù della figura fpaziofa, e piana, naa bene è vero, che ella refta lenza fommergerfi, perchè quello, che fi pone nell’ acqua, non è rame fchietto, o lemplice ebano, ma un aggrega­ to diraime, e d’ aria, o d’ ebano, e d’ aria. E quello non e contro 3 ;>3 mia ccnclufione, il quale avendo veduto mille volte vali di metalli, e lottili falde di varie materie gravi galleggiare in virrù dell’ aria congiunta a quel­ li, affermai, che la figura non era cagione dell’ andare, o non andare al fondo nell’ acqua i iolidi, che in quella fodero collocati. Ma piu io non tacerò, anzi dirò agli avverlari, che quello nuovo penfiero di non volere, che la Superficie della tavoletta fi bagni può deftare nelle terze perlone concetto di fcarfirà di difef3, per la parte loro, polciachè tal bagnamento, lui principio della noilra queflione non dava lor fadidio, e non ne face­ vano calo alcuno, avvegnaché 1’ origine della dilputa fufle il galleggiai del­ le falde di ghiaccio, le quali troppo lemplice cola larebbe il contender, che fofler di Superficie alciutta ; oltreché, o alciutta, o bagnata, che fia, fempegatleggian lefalde di ghiaccio, e pur per detto degli avvertali, per «agion della figura. . n, Potrebbe per avventura ricorrere alcuno al dire, che bagnandoli 1 anicelia d’ebano, anche nella fuperficie luperiore , ella fufle, benché per (e ileda inabile a fendete, e penetrar l’ acqua., lolpinta al bado le non dal pelo dell’ acqua aggiuntale, almeno da quel defidetio, e inclinazione, che hanno le parti fuperiori dell’ acqua, al ricongiugnerfì', e riunirli : dal movi­ mento delle quali parti eda tavoletta venifle in un certo modo ipinta al bado, , Tal debolifiìmo refugio verrà levato via, fe fi confiderera, che quanta e la inclinazion delle parti fuperiori dell’ acqua al riunirli, tanta è la ripu­ gnanza delle inferiori all’ efler difunite: nè li potendo riunir le luperiori, Senza fpignere in giù rafficella, nè potendo ella abbafiarfi, lenza dilunir le parti dell’ acqua fotropofta, ne feguita in necedaria conseguenza, che per fintili rispetti ella non debba difeendere. Oltreche lo flelTo, che vien det­ to delle.parti fuperiori dell’ acqua, può, con altrettanta ragione, dirli del­ le inferiori, cioè, che defiderando di riunirli, fpigneranno la medelima af­ ficeli in fu. Forfè alcuno di quei Signori, che dilTentono da me, fi maravigliera, che io affermi, che Paria contigua fuperiore fia potente a lofìener quella lamiretta di rame, o d’ argento, che fu l’ acqua fi trattiene: come che io vo­ glia in un certo modo dare una quafi virtù di calamita all’ aria di foltenere i corpi gravi, co’ quali.ella è contigua- Io per. Soddisfare, per quanto me permfeflo, a tutte le d'fficultà, fono andato penfando di dimoflrare, con qualche altra (enfiata elperienza, come veramente quella poca d’ aria con­ tigua, e fuperiore loflien que* Solidi, che eflendo per natura atti 3 c' ' tendere al fondo, podi leggiermente fu P acqua non fi^«ftnreitjono-, prima non fi bagnano interamente , e ho trovato, che fcéfo > che na «


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tali corpi al fondo, col mandargli, fenza altramente toccarlo, un poco aria, la quale colla fommità di quello fi congiunga, ella è badante non folo, come prima faceva a foftenerlo, ma a foilevarlo, e ricondurlo ad al­ to: dove nella detta maniera fi ferma, e refta . fin che 1’ aiuto dell’ aria congiuntagli non gli vien manco. E a quello effetto ho facto una palla di cera, e fattala con unpoco di piombo tanto grave, che lentamente difcen* de al fondo, facendo di più la tua luperficie ben terfa, epulita, e quella, polata pian piano nell’ acqua fi lbmmerge quali tutta, reflando Gaiamente un poco di'fommità fcoperta , la quale, fin che darà congiunta con l’ aria, tratterrà la palla in alto, ma tolta la contiguità dell’ aria col bagnarla, difcenderà in fondo, e quivi refterà. Ora per farla in virtù dell’ aria me* defiina, che dianzi la lofteneva, ritornare ad alto, e fermarvi!! apprettoJ fpingalì nell’ acqua un bicchiere rivolto, cioè colla bocca in giù, il quale porterà feco l’ aria da lui contenuta, e quello fi muova verfo la palla, ab­ ballandolo tanto, che fi vegga, per la trafparenza del vetro, che 1’ aria contenuta dentro arrivi alla fommità della palla: dipoi ritirili in fu lenta­ mente il bicchiere, e vedralfi la palla riforgere, e reltare anche dipoi ad alto, fe con diligenza li feparerà il bicchiere dall’ acqua, licchè ella non li commova, eagicidifoverchio. E dunque tra l’ aria, e gli altri corpi, una certa affinità, la quale gli tiene uniti, licchè, non fenza qualche poco di violenza fi lèparano. Lo ftefl'o parimente fi vede nell’ acqua, perchè fe tufferemo in efla qualche corpo, licchè fi bagni intieramente, nel tirarlo poi fuor pian piano vedremo l'acqua ieguitarlo, e lollevarfi notabilmente fopra la fua fuperfìcie, avanti che da quello li fepari. I corpi fialidi ancora, fe faranno di fuperfìcie in tutto limili, licchè efquifit3 mente fi combagino iniìeme, nè tra di loro redi aria, che fi diftragga nella feparazione, e ce­ da, finché l’ ambiente fucceda a riempier lo Ipazio, fakljflìmamente danno congiunti, nè fenza gran forza fi feparano: ma perchè 1’ aria, 1’ acqua, e gli altri liquidi molto fpeditamente fi figurano al contatto de’ corpi folidi, licchè la luperficie loro efquifnamente s’ adatta a quella de’ folidi, fenza che altro redi tra loro: però più manifeftamente, e frequentemente fi riconofce in loro l’ effetto di queda copula, e aderenza, che ne'corpi duri, le cui fuperficie di rado congruentemente fi congiungono. Queda è dun­ que quella virtù calamitica, la quale con falda copula congiunge tutti i corpi, che fenz3 interpolìzione di fluidi cedenti lì toccano; echisà, che un tal contatto, quando fia efquilitillìmo, non lia badante cagione deli* unione, e continuità delle parti del corpo naturale? Ora feguitando il mio propofito, dico, che non occorre, che ricorria­ mo alla tenacità’, che abbiano le parti dell’ acqua tra di loro, per la quale concradino, e relidano alla divilione, diftrazione, e feparazione, perchè tale coerenza, e repugnanza, alla divilione non vi è, perchè, fe ella vi fofle, farebbe non meno nelle parti interne, che nelle più vicine alla fuperfìcie fuperiore, talché la medelima tavoletta, trovando Tempre lo dello contrailo, e retinenza > non men fi fermerebbe a mezzo l’ acqua, che cic­ ca la luperficie, il che è falfo. In oltre qual relìftenza fi potrà porre neU la continuazion dell’ acqua, fe noi veggiamo edere impollìbil cofa il ritro­ var corpo alcuno di qualunque materia, figura, e grandezza, il quale, pa­ tto nell’ acqua, redi dalla tenacità delle parti tra di loro di ella acqua, im­ pedito, licchè egli non fi muova in sò, o in giù, fecondo, che porta la cagiondel lor movimento? fi qual maggiore efperienza di ciò ricercheremo noi, di quella, che tutto il giorno veggiamo nell’ acque torbide, le quali ripoftc in vali ad ufo di bere, ed efleudo, dopo la depofizione d’ alcune ore


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<5>ore ancora, come diciamo noi, albicce, finalmente, dopò il quarto, o’I fello giorno, depongono il tutto, reflando pure, e limpide : nè può la lo­ ro refilìenza alla penetrazione fermare quegli impalpabili, e infenfibili ato­ mi di rena, che per la loro minimiflìrnd fòrza, confumano fei giorni a difcendere lo fpazio di mezzo braccio?

M fi,a ch i d ica , a f a i ch iaro argom en to d ella refifien za d U ’ acqua al!' ejfer divi f a effe* i l veder noi cosi lo ttili co rp icelìì confum ar f e i g io rn i a fcen d er p er f i b rev e f p a z i o ; p erch è qttefio non e rep u g n are a lla d iv ifio n e, m a rita rd a re u» m o­ to , e fa r e b b e Jèm p licità i l d i r e , ch e uva co fa repugni alla d ivifion e , e che in tan to f i Infici d iv id e r e , nè bafta ìn trod u r p e r g li a v v erfa ri coti fé ritard an ti d i m o­ to , e p ò d o tifo g n o fi d i c o f a , che totalm en te lo v i e t i , ed ap p o rti I n q u ie te : b ifo ­ g n a dunque ritro v ar c o r p i, che f i ferm in o nell' a c q u a , ch i vuol m ofirar la fu a re pu gnanza a lla divifione , e-non che [blam en te vi fi muovano con ta r d ità .

Qual dunque è quella craflizie dell’ acqua, colla quale ella repugna al­ la divifione? quale per nollra fè farà ella, fe noi ( pur come ho anche detto di fopra ) con ogni diligenza tentando di ridurre una materia tan­ to limile in gravità all’ acqua, che formandola anche in una Iarghiflima falda, redi lofpefa, come diciamo, tra le due acque, è impoflibile il conleguirlo, benché ci conduciamo a tal fimihtudine d’ equiporidcranza, che tanto piombo, quanto è la quarta parte d'un grano di miglio , ag­ giunto a detta larghiflima falda, che in aria peferà quattro, o fei libbre, la conduce al fondo, e detratto, ella viene alla fuperficie dell’ acqua. Io non fo vedere ( fe è vero quanto io dico, ficcome è verilfimo ) qual mi­ nima virtù, o forza s’ abbia a poter ritrovare, o immaginare, della qua­ le la renitenza dell’acqua all'eflerdivifa, e dillratta, non ila minore, dai che, per necefiità, fi conclude, che ella fia nulla: perchè fe ella folle di qualche fenfibil potere, qualche larga falda fi potrebbe ritrovare, o com­ porre di materia limile in gravità all’ acqua, la quale non baiamente U fermafie tt3 le due acque, ma non fi potefie, fenza notabd fòrza, abbal­ lare, e follevare. Potremmo parimente la (leda verità raccorre da un al­ tra elperienza, inoltrando come l’acqua nello fteffo modo cede anche al­ la divilìon trafverfale, perchè, fe nell’ acqua ferma, e {lagnante loche­ remo qualunque grandifiima mole, la quale non vada al fondo, tirando­ la con un foto capello di donna, la condurremo di luogo in luogo, len­ za contrailo alcuno,-e fia pur la fua figura qual’ elTer fi voglia, ficchè ella abbracci grande fpazio d’ acqua, come farebbe una gran trave, molfa per traverfo. Forfè alcuno- mi fi potrebbe opporre, dicendo, che fe la refilìenza dell’acqua ali’ efter divila, tulle come affermo io, nulla, non doverieno i navili aver bifogno di tanta forza di remi, o di vele, per efler nel mar tranquillo, o negli {lagnanti laghi di luogo in luogo fofpinti. A chi faceffe tali oppofizioni io rifpondérei, che l’ acqua non con­ traila, o repugna femplicemente all’ efter divifa, ma fi bene all’ elTer di* vifa velocemente, e con tanta maggior renitenza, quanta la velocità è maggiore: e la cagion di tal refilìenza non dipenda da craflizie, o altro, che afl'olutamente contraili alla divifione; ma perchè le parti divife dell’ acqua nel dar luogo a quel folido, che in ella li muove, bifogna, che elle ancora localmente fi muovano, parte a delira, parte a fmiilra, e parte ancora all’ ingiù: e ciò conviene, che facciano non meno I’ acque ancecedenti al navilio, o altro corpo che per 1’ acqua difeorra, quanto le pofteriori, e fulJèguenri ; perchè procedendo avanti il navilio per far­ li luogo capace per ricever la fua groflezza, è forza, che colla prora iòl'pinga tanto a delira, quanto a finiftra le profiline parti dell’ acqua, e Tom . I . E c “e


66 D I S C O R S O che traverfalmente le muovi pet. tanto fpaiio, S“ ”” È |a "[''„edenfua groffezza, e-altrettanto viaggio debbano far 1 acque, eh , „ <j-, do alla poppa, feorrono dalle parti efter"e * * .?anavili0 nell^avanzarmezzo, a riempir fuccelfiyamente 1 luoDhi, movimenti fi fanno fi avanti va lanciando voti di fe . Ora, perchè W K g n j ® vero, con tempo, e i più lunghi in maggior tempo. > qualche po­ che quei corpi, che dentro a qualche tempo fon molli da n te'tìipo tenz?per tanto fpazio non faranno per lo medefimo -PnaviU pii» larghi, più breve, molli, fe non da maggior potenza : però i naviu pra ^ * più lentamente fi muovono, che i piu ftretti fpinti remf richiede, medefimo vaiTello tanto maggior forza di vento, o di remi non pofia efier «offa da qualunque minima forza e f i f a L M em,, J vif a za più lentamente la muove: ma quando la refifienza dell aeì ua fi {A M in alcun modo fin fibile, converrebbe, che detta mole a qualche 'za refiaffe al tutto immobile, il ebe no» avviene . Anzi diro d i j » «’ , J noi ci tirajjimo a più interna contemplazione del a natura * P m * * l ‘ non tri fluidi forfè feorgeremmo la captazione delle parti loro effei ta , > fillff.' fZ U

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m ìh fiìm o e v e r t e p a r ti dell' a c q u a , e d e g li n itri flu id i, c io è , incapaci dì cffer d iv ife p e r la lo r te n u ità ; o f i p u r non in tutto ìn U v ìfililì almeno certo non div ifrbili d a una t a v o la , o d a altro corp o -foli do. tr a tta b ile d a d i m fir e m a n i, dovendo la f i a t i ejj'er p iù f i t t i l e d e l Jò lìd o da fegarfiì-- M uovono dunque fila m e n t o , e non d iv i­ dono ì co rp i fia lid i, che f i pongono nell' a c q u a , le cui p a r tì ejfeitdp g ià divifie f i ­ tto a i m in im i, e p erciò potendo efferne m offe m olte in ficin e, e p oche , e pochififit n e , dan fittbito luogo a d ogni p icc o lo corpu fcolo , che in effa d ijc e n d a , p erch e p er m in im o , e le g g ie r o , che f i a , ficendendo n e ll' a r i a , e arrivan do allafiu p erficie dell a c q u a , trov a p a r tic elle d i acqua p iù p ic c o le , e d i refifien za m inore a l l cfier m oj fie , e / c a c c i a t e , che non è la f o r z a fina p ro p ria p rem en te, e [cacciatite , onde^ e f i tu ffa , e ne muove q u ella p o r z io n e , ch e è prop orzion ata a lla fitta p o ffa n z a , Non è dunque refifien za alcuna nell' acqu a all' efier d iv i f a , an zi non vi fo n p a r ti , che a d iv id er s ' a b b ia n o . Soggiungo a p p r e ffo , e h : quando p u re v i f i trovaffe qu alche m inim a refifien za ( i l ch e a ffila ta m en te e fialfififimo ) f o r f è n el voler con un c a ­ p e llo m uover una grandiffim a m acchina n o ta n te, o n el voler co lla giunta di un m i­ nimo g ran o di piom bo f a r dificenderc a l fo n d o , o co lla /a ttra z io n e fa r fa lir e alla fiu perficie una gran f a l d a d i m a teria fim iliffim a in g ra v ità a l l ’ acqua ( i l che p a ­ rim ente non a c c o d e r à , quando f i o p e ri d efir am ente ) noti f i , ch e u n a cotal refifien za è cofit diverfiffim a da q u ella che g li a v v e ifa r i producono p e r caufa d el galleg g iar le f a l d e d i piom bo o Ì afficelle d ’ eban o , p erch e f i p o trà f a r e una tavola d ‘ ebano , che p o fa ta f u l ’ acqu a g a lle g g i, n i f i a buttante anco la g iu n ta di cento g ra n i di piom bo p o fa tiv i /o p r a , a fiim m erg erla , che p o i bagn ata , non fo to d efeen derà lev ati i detti p io m b i, ma non Infileranno alcun i f u g h e r i , o a ltri co rp i leg g ieri a tta cc a ti­ l e , a riten erla d allo f e n d e r fin o a i f o n d o . Or v ed r.fi, fiè dato anche , ch e n ella fu fta n z a d ell' acqu a f i trov affe qu alch e m inim a refifien za a lla d tv ìfio n c, quefila h a e b e f a r nulla con quella c a u fa , ch e fo ffie n l' afftceUa /o p r a 1' acqu a con refifien za cento m ila v olte m aggiore d i q u e lla , che a ltr i poteffe ritro v a r n elle p a r ti d e ll’ a c q u a ; nè m i f i d i c a , che la fiu perficie fila m e n to dell' acqu a ha t a l refifien z a , ma non le p a r t i in te rn e, o v era m en te, che t a l refifien za J ì trov a grandijfim a n el com in ciare a f e n d e r e , come anco p a r , ch e n el com in ciare il moto f i trov i m aggior conti a f io , che n e! continuarlo ; p erch è p rim a io p e r m e tte r ò , ch e l ’ acqua f i a g i t i , e f i confondano le p a r tì fu p rem e colle m e d ie , e c o l f in fim e, o v v ero , che f i levino totalm ente via quelle d i J ò p r a , e f i adoprin o q u elle d i m e z z o ; tu tta v ia f i v ed rà fa r l'e ffe tto fleffo i d i p iù , q u e l c a p ello , ch e tir a u na tra v e p e r l ' acqu a ha p u r a divider le p a r t i f u ­ p rem e , e h a anco a com in ciare i l moto , c p u r lo com incia , e p u r lo d ivide ; e f i ­ nalm ente m ettafe V ajficella a m ezzi a c q u a , c q u iv i fi tenga fo fp e fa un p e z z o , c f e r m a , e p i i laficifi in l ib e r t à , ch e ella / a b i t o coni in cerò i l m o to , e lo continuerà fin o a l f o n d o ; ma di p iù la ta v o letta quando f i fe r m a /o p r a l ’ acqua ha g ià non p u r com inciato a m u ov erfi, e a d iv id e r e , m a p e r buono fp a z ì o f i è affondata .

Ricevali dunque per vera, e indubitata conclufione, che 1’ acqua non ha renitenza alcuna alla femplice divisone, e che non è poffìbile il ritro­ var corpo folido alcuno, di qualunque figura efler fi voglia, al quale, meff© nell’ acqua, redi dalla craflizie di quella proibito, e tolto il muoverfi in sù, o in giù, fccondochè egli fupera o farà fuperato dall’acqua in gravita, ancorché l’ eccedo, e differenza fia iufenfibile. Quando dunque noi vedia­ mo la falda d’ebano, o d’ altra materia più grave dell’ acqua, trattenerli a’ confini dell’ acqua, e dell’ aria lenza fommergerlì, ad altro fonte bifogna, che ricorriamo, per inveftigar b cagion di cotale effetto, che alla larghezza della figura impotente a fuperar la renitenza, colla quale l’ acqua contraffa alla divifione, giacché tal refiftenza non è, e da quello, che non è, non fi dee attendere azione alcuna. Refta dunque, come già s'è decto , ■veriflìmo ciò avvenire, perché quello, che fi pofa in tal modo fu l’ acqua, % E2 non


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DISCORSO

non è il medefimo corpoi che quello, che fi mette nell’ acqua; perche quello, che fi mette nell* acqua, è la pura falda d’ ebano, che per efler più grave dell’ acqua, va al fondo, e quello, che fi pofq/lu l' acqua, è un compollo d’ ebano, e di tanta aria, che tra ambedue fono in ifpeciermen gravi dell’ acqua, e però non difcendono. Confermo ancor più quello, ch’ iodico. Già, SS Avverfari, noiconven* ghiamo, che la gravità del iolido maggiore, o minore della gravità dell’ acqua, è vera, e propriilfima cagione dell’ andare, o non andare al fondo. Or le voi volete mofhare, che oltre alla detta cagione, ve ne fia un’ altra, la qual fia cosi potente, che polla impedire, e rimuovere l’ andare al fon­ do a quei folidi medefimi, che per loro gravità vi vanno, e quella dite, che è l’ ampiezza della figura, voi liete in obbligo, qualunque volta vo­ gliate molirare una tale efperienza, di render prima i circoilanti ficuri, che quel folido, che voi ponete nell’acqua, non fia men grave in iipecie di ella, perchè quando voi ciò non facelte, ciafcuno potrebbe con ragion dire, che non la figura, ma la leggierezza folle cagione di tal galleggiareMa io vi dico, che quando voi motlrate di metter nell’ acqua i’ afficelìa d’ ebano, non vi ponete altrimenti un folido più grave in ifpecie dell’acqua, ma un più leggiere, perchè olcr’ all’ ebano è in acqua una mole d’ aria, unita coll’ alliccila, e tanta, e così leggiera, che d’ atnendue fi fa un com­ porto men grave dell’ acqua: rimovete per tanto l’ aria, e ponete nell’ acqua l’ ebano folo, che così vi porrete un Iolido più grave dell’ acqua, e fe quello non anderà in fondo, voi bene avrete filolofato, e io male. Ora, poiché s’ è ritrovata la vera cagione del galleggiare di quei corpi, che peraltro, come più gravi dell’ acqua, dovrieno dilcendere in fondo, parmi che per intera, e dirtinta cognizion di quella materia, fia bene l’ an­ dar dimoftrativamente fcoprendo quei particolari accidenti, che accagiono intorno a cotali effetti, inveltigando quali proporzioni debbano aver diverfe figure di differenti materie, colla gravità dell’ acqua, per potere, in virtù dell’ aria concingua, foftenerfi a galla. Sia dunque , per chiara intelligenza , il vafo D 1J N E, nel quale fia contenuta 1’ acqua, e fia una lamina, o tavoletta, la cui grolfezza venga comprefa tra le line I C, 0 S, e fia di materia più grave dell’ acqua, ficchè porta fu 1’ acqua s’ avvalli, e abballi lotto il livello di effa acqua, lafciandogli arginati A I B C, li qua­ li fien della malfima altezza, che efler pollano, in modo che fe la lamina I S s’ abballane ancora per qualfivoglia minimo fpazio v gli arginerei non più confifteilero, ma tacciando l’ aria A I C B fi diffondeilero fopra la fuperficie I C, e fommergefl'ero la lamina. E dunque l’ altezza A I B C la malfima profondità , che ammettono gli arginetei dell’ acqua . Ora io dico, che da quella, e dalla proporzione, che avrà in gravità la materia della lamina all’ acqua, noi potremo agevolmente ritrovar di quanta groflezza, al più fi pollano fare le dette lamine, acciò fi loftengano fa l’ acqua: im­ perocché fe la materia della lamina I S farà v. gr. il doppio più grave dell’ acqua, una lamina di tal materia potrà efler grolla al più, quanto è l’ al­ tezza A I il che dimoftreremo così. Sia il folido I S di gravità doppia al­ la gravità dell’acqua, e fia o prifma, o cilindro retto, cioè, che abbia le due fuperficie piane fuperiore, e inferiore fimili, ed eguali, e a fquadra coll’ altre fuperficie laterali, e fia la fua groflezza I O eguale all' altezza malfima degli argini dell’ acqua ; dico, che pollo fu 1’ acqua non fi fom. jner-


J)EL

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„ . •-„«„fi.vi. effendo l’ altezza A I eguale all’ altezza I O farà la mole dell’ aria A B C 1 eguale alla mole del folido C I O Sveruttala mo* pia della mole 1 S; e avvegnaché la mole dell’ avia A C non Ìefea° o d im & rrg » » ÌV d d li liolc'l S, c '1 folido 1 Sfi pone

Ì°òY?

¿ ¡ W e T e ’ T l’ & f f l o s - c > - S S i

d i l a t o ? àdunqu? no? dTfceJdeÌàfJiù! ma (ifermerà. Eie il folidi ? S fari in gravità felquialtero all'acqua, tetterà a galla, ietnpre che la fua groilezza8non fia più, che’l doppio dell’altezza maffima dell argine, cioè di A I. Imperocché eflendo I S felquialtero in gravita all acqua, cd eflendo l’ altezza I O doppia della I A, iarà ancora il fohdo fommerfo A O S B fefquiaitero in mole al folido I S. E perchè l aria A C non crefce, o fcema il pefo del lolido I S, adunque tanta acqua , quanta è la mo­ le fommerfa A O S B, pela quanto ella mole fommerfa : adunque ta! mo e fi fermerà . E infomma univerfalmente, ogni volta che 1 eccello della gravità del folido fopra la gravità dell’ acqua alla gravità dell acqua, avrà la medefima proporzione, che 1’ altezza dell argmetto alla Sr“ _ folido, tal folido non andrà al fondo, ma d’ ogni maggior groilezza an. drSia’?rfolido I S più grave dell’ acqua, e di groilezza ^ - ^ a l pro­ porzione abbia l’ altezza dell'argine A I alla groilezza del folidol <0 , quale ha l>eccetto della gravità di eflo folido I S fopra la gravita c una mole d acqua eguale alla mole I S alla gravità della mole d acqua eguale alte mo­ le I S, dico, che il folido I S non fi Sommergerà, ma d ogni maggio, groilezza andrà al fondo. Imperocché eflendo come A I ad I O, cosi! e c ~ tetto della gravità del lolido 1 S fopra la gravità d’ una mole d acqua egua­ le alta mole 1 S alla gravità della medefima mole d’ acqua, fara componen­ do come A O ad O 1 così la gravità del fohdo I S alla gravita d una mole d’ acqua eguale alla mole I S, e convertendo cornei O ad O A cosi lagra­ vità d’ una mole d’ acqua eguale alla mole I S alla gravità del folido I S, ma come I O ad O A, così una mole d’ acqua I S ad una mole d acqua eguale alla mole A B S O, e la gravita d una mole d acqua I S alla gravi­ tà d’ una mole d’acqua A S; adunque come la gravità d una mole d acqua eguale alla mole 1 S alla gravità del folido I S, cosl lamedeiima gravità d una mole d’ acqua I S allagravità d’ unamole d’ acqua A S, adunque agravità del folido l S è eguale alla gravità d’ una mole d’ acqua eguale alia mole A S ; ma la gravità del folido I S è la medefima, che la gravità del fohdo A S compofto del folido I S, e dell’ariaA B C I , adunque tanto pefa tutto il lolido compofto A O S B, quanto pefa l’ acqua, che fi contea xehbe nel luogo di eflo compofto A O S B, e però fi fara l’ equilibrio, e ta quiete, nè più fi profonderà eflo folido I O S C, ma fe la fua groilezza lO fi crefcefle Infognerebbe crefcere ancora l’ altezza dell’ argine A I per mantener la debita proporzione: ma per lo fuppofto 1’ altezza dell’ argine A I è la maflìma, che la natura dell’ acqua, e dell’aria permettono, fenza che l’ acqua fcacci l’ aria aderente alla fuperficie del folido I C e ingom­ bri lo fpazio A I C B; adunque un folido di maggior groilezza, che l O» e della medefima materia del folido I S, non refteràfenza fommergerfi, ma difcenderà al fondo, che è quello, che Infognava dimoftrare. In conleguenza di quefto, che s’ è dimoftrato, molte, e varie conclunom fi pouon Tom. /. E ? rac'


DISCO R S 0 7o raccòrrò dalle qual più, e piu iempre venga confermata la verità della mi» Principal propofizione, e (coperto quanto imperfettamente fia dato fin’ ora filofofàto, circa la prefente quiftione. E prima raccoglieli dalle cofe dimofttate, che tutte le materie, ancor­ ché gravilfime, poffono foftenerfi lu l’ acqua, fino allo fteffo oro grave più d’ ogn’ altro corpo conofciuto da noi: perchè confiderata la fua gravi­ tà efler quali, venti volte maggior di quella, dell’ acqua, e più determinata rattezza malfima dell’ argine, che può far l’ acqua, lenza rompere il rite­ gno dell’aria aderente alla fuperficie del l'olido, che fi pofa lu l’ acqua, fe noi faremo una lamina d’ oro cosi fiottile, che non ecceda in groffezza la diciannovefima parte dell’ altezza del detto argmetto,. quefta pofata leg­ giermente fu l’ acqua, refterà lenza andare in fondo: e fe l’ ebano, per ca­ lo farà in proporzione fefquilèttima più grave dell’acqua, la malfima grofi. fezza , che fi polla dare ad una tavoletta d’ ebano, ficchè ella polla foftenerfi fenza fommergerfi , farà fette volte più che 1’ altezza dell’ arginetto. Lo ft3gno v. gr. otto voice più grave dell’ acqua galleggierà, ogni volta, che la groffezza della fua lamina, non. ecceda la. fettima parte dell’ altezza, dell’ arginetto. E già non voglio paffar folto filenzio di notare, come un fecondo corol­ lario dependente dalle cofe dimoftrate, che. l’ ampiezza della figura non folamentenonè cagion del galleggiar quei corpi gravi, che per altro fi fommergono, manè anche da lei dipende il determinare, quali fienoquelle fal­ de d’ ebano, di ferro, o d’ oro, che poffono Ilare a galla,. anzi tal deter­ minazione, dalla fola groffezza di elle figure d’ ebano,, o d’ oro fi dee at­ tendere, efcludendo totalmente la confiderazione della lunghezza , e del­ la larghezza come quelle, che in. verun conto non hanno parte in. quello effetto.. Già fi è fatto manifèffo, come cagione del galleggiare le dette falde, ne è (blamente il ridurli ad effer men gravi dell’ acqua , mercè deiraccoppÌ3mento di quell’ aria, che infieme con loro difcende, e occupa luogo nell* acqua, il quale luogo occupato, fe avanti, che l’ acqua circonfufa fi fparga ad ingombrarlo,, (àrà capace di tant’ acqua, che pefaffe quanto la falda, refla la falda fofpefa lu l’ acqua , nè. più fi fommerge.. Or vedali da quale delle tre dimenfioni. del iolido dependà il determina­ re quale, e quanta debba eller la mole di quello,, acciocché l’ aiuto dell’ aria, che fe gli accoppierà, polla eller badante arenderlo men grave inifpeeie dell’ acqua, ond’ egli redi fenza lommergerfi; troveraffi, fenz’ alcun dubbio, che la lunghezza, o larghezza, non hanno, che fare in fimi! de­ terminazione, ma (blamente l’ altezza, o vogliam. dir. la. groffezza: impe­ rocché le fi piglierà, una falda, o tavoletta* per efemplo, d’ ebano, la cui altezza , alia m;>ffìni3 poflìbile altezza dell’ arginetto abbia la. proporzione dichiarata di (opta, il perchè ella foprannuoti. s ì , ma non già, fe accrefce punto la fua groffezza;, dico, che fervala, la lua groffezza, e crefceodo due, quattro, e dieci volte la fua fuperficie,. o fcemandola col, dividerla in.quattro. o lei, o venti, e cento parti, l'empre refterà nel medefimo modo a galla ma fe lì ciefcerà folo un. capello la l'uà groffezza. Tempre fi profon­ derà , quando bene la lbperllcie fi, multiplicaffe per cento, e cento volte. Ora concioffìncolachè quella, fia cagione la qual polla fi pon 1’ effetto, e tolta fi toglie; e per crel'cere, o diminuire in qualunque modo la larghez­ za, e lunghezza, non fi. pone, o rimuove 1’ effetto d’ andare, o non anda­ re al fondo ; adunque l’ampiezzae piccolezza: della fuperficie non, han­ no azione alcuna circa l’ andare, o non andare al fondo. E che, polla la prò-


d e l

GALILEO.

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. „ ¿plPalre??» dell’ arsine all’ altezza del folido nel modo di forande*« o o pK ,ra detto, la grandezza, p». ezza della ffuperficie * f èn d'o un n&ficca {h-3to. vanae da ..ione alcuna, è rfK&i *'heSttnnVla medefima bafe, fon fra di pedo ; che i prdmi, e i ctlm Q cioè ¡e tavolette grandi, loro, come 1 a|cez«, U „ „ é {ienS’ egual groffezza, hanno la meo piccole ch’ elle heno, p u rc h é egu ^ bafe la medefima defima proporzione all aiia fu { aiginetto dell’ acqua, ficchè lem^ d ? s t .d'iu ” r s « =oTpo|o„o » dj j . l 4« t « • m6def,mo nel terzo luogo .come ogni forte di glia materia, benché più grave dell acqua, ptó> P alcune figure, netto, non folamente foftenerfi fenza andare T U benché di maceria graviffìma, reftare anche tutte °P ^ aQeile farangnando, fe non la fuperficie inferiore, che tocca acq ,' ^ «octia|ianno tutte le figure, le"quali dalla bafe mfer.oresin faJ do, il che noi efemplificheremo per ora nelipiramid, è poihbile li figure le paflìoni fon comuni . Dimoftreremo dimqu >_ il '-quale , formare una piramide, o cono di qualhvogha ' ¿ “ fea pofato colla bafe fopra l’ acqua, refi, non lolo za bagnarli, altro che la bafe, per la cu. creazione fa d, bifogno, pr.m di dimoftrare il feguente lemma, cioè; che: , /.«„rrariamente alle I folidi, de’ quali le moli in proporzione rifondono contrattamente atte lor gravità in ifpecie, fon di gravità affoluta egli®liSiene due folidi A C e B, e fia la mole A C al a mo e B come la gravità in ifpecie del .folido B alla gravità in ifpecie del folido A C- Dico i fol.dt A C e B efier di pefoafloluto eguali, cioè egualmente gravi. Imp^ocche fe la mole A C fia eguale alla mo e B, farà per; 1 affainto la gravità in ifpecie di B eguale alla gravità in i P . A C ed eflendo eguali in mole, e della medefima grav Ma in ifpecie, peferanno anche affolutamente tanto I w . c o ® ^ pren. felelor moli faranno difeguali, fia la mole A g| 3 ? ~ p eguali, la dafi la parte C eguale alla mole B. E perchè le moti®, df r ’ he medefima proporzione avrà il pefo a(loluto di ? a',P p° q che ha lagravità in ifpecie di B alla grav.tà in ifpecie di C ovvero d, ^ A ^cne in ifpecie è la medefima: maqual proporzione ha a g alla B alla gravità in ifpecie di CA tale, per lo dato, ha la mole C A . alia mole B, cioè alla mole C, adunque il pefo ailoluto di Bal pefo Holuto di C è come la mole A C alla mole G, ma come la mole A G alia mole C così èil pefo affoluto di A G al pefo affoluto di C, adunque i P fo affoluto di B al pefo affoluto di C ha la medefima proporzione, c pefo affoluto di A Calmedefimo pefo affoluto di C, adunque, due foli C, e B pelano di pefo affoluto egualmente, che èquello, chebifognava moftrare. Avendo dimoftratoqu-Jo dico, che E’ Doflìhiledi oualfivoglia materia propofta rormare una piramide, no fopra qua^’voglìa baie, il qmlrr pof.ro tal; «quo, « » « ' S f f i S - ' nèbaani 3 tro che la bafe. Sia la maffima poffìbile altezza dell argme r nea D'lì e "diametro della bafe del cono da farliidi qualunque n^e na^f legnata, fia la linea B C ad angolo retto con^D B e la propor ^


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DISCOR S 0

ha la gravità in ifpecie della materia della piramide, ». cono da farli, alla gravità in ifpecie dell’ acqua, la medefimaabbia l’altezza dell’argine D B alla terza par­ te dell’ altezza della piramide, o cono A B C fatto fu la baie, il cui diametro Ila B C. Dico, che detto co­ no A B C, e ogni altro pid baffo di lui, reitera fopra la fuperficie dell’acqua B C fenza fommergerfi. Tirifi la D F parallela alla B C, e intendali il prifrna, o ci­ lindro E C, il quale farà triplo al cono ABC. E per­ chè il cilindro D C al cilindro C E ha la medefima proporzione, chel’altezza D B all’ altezza B E; ma il cilindro C E al cono A B C è come l’ altezza E B alla terza parte dell’ altezza del cono, adunque, per la proporzione eguale, il cilindro D C al cono A 11 Cè come D B alla ter­ za parte dell’ altezza B E, ma come D B alla terza parte di B E, così è la gravità inifpecie del cono A B C alla gravità in ifpecie dell’ acqua; adun­ que come la mole del folido D C alla mole del cono A B C così la gra­ vità in ifpecie di effo cono alla gravità in ifpecie dell’ acqua: adunque per lo lemma precedente il cono A B C pefa affolutamente, come una mole d’ acqua eguale alla mole D C, ma l’ acqua, per la impofizione del cono A a C viene fcacciaca del fuo luogo, è quanta capirebbe precifamente nel luo­ go D C ed è in pefo eguale al cono, che la fcaccia : adunque fi farà l’ equilibrio, e ’ 1 cono refterà fenza più profondarli. Ed è manifefto, che fa­ cendoli fopra la medefima baie un cono meno alto, farà anche men gravey e tanto più refterà fenza fommergerfi. E'manifefto ancora, come fi pollano far coni, e piramidi di qualfivoglia materia più grave dell’ acqua, li quali polli nell’acqua, colla fommità opunta in giù, reftinofenza andare in fondo: perchè fe ripiglieremo quel­ lo, che di fopra fri dimoftrato de’ prifmi, e cilindri, e che in bafe eguali a quelle di elfi cilindri formeremo coni della medefima materia, e tre vol­ te pi» alti de’ cilindri, quelli refteranno a galla, perchè faranno in mole* e pefo eguali ad ellì cilindrie per aver le lor bafi eguali a quelle' de’ ci­ lindri, lafceranno fopra eguali mole d’ aria, contenuta dentro agli arginetti • Quello , che per modo d’ efemplo, s’ è dimoftrato de’prifmi, cilindri * coni, epiramidi, li potrebbe dimoftraredi tuttel’ altre figurefolide, ma In­ fognerebbe, tanta è la moltitudine, e la varietà de’ lor fintomi, e acciden­ ti, formare un volume intero, volendo comprendere le particolari dirroftrazioni di tutti, e de’ loro fegmenti : ma voglio,, per non eftendere il prefente difcorfo ininfinito, contentarmi, che da quanto ho dichiarato, ognu­ no di mediocre intelligenza polla comprendere, come non è materia alcu­ na così grave, infino all’ oro fteffo, della quale non fi pollano formar tut­ te le forte di figure, le quali, in virtù dell'aria fuperiore ad elle aderente * e non per refiftenza dell’ acqua alla penetrazione, reftino foftenute, sì che non difcendano al fondo: anzi di più moftrerò per rimuovere un tale erro­ re, come uo-a piramide, o cono pollo nell’ acqua colla punta in giù, refte­ rà fenza andare a fondo, e'1 medefimo, pollo colla baie in giù, andrà io fondo, e larà impofiìbile di farlo loprannr.tare : e pur tutto l’ oppofito ac­ cader dovrebbe, le la dilEcultà del fender l’ acqua fuffe quella, che impediffe la fcefa, concioffiacofachè il medefimo cono è molto più accomodato a fender, e penetrare, colla puntaacutilfima, che colla bafe larga, e fpaziofa. E lìa, per dimoftrar quello, il cono A B C due volte grave quan­ to l’ acqua, e lìa la fua altezza tripla all’ altezza dell’ arginetto D A E G dico


DEI

GALILEO.

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dico primieramente, che pollo nell’ fequa leggier­ mente colla punta in giù non difeendera al fondo-, imperocché il cilindro aereo, contenuto tra gli ar­ gini D A C E in mole è eguale al cono A B C, tal che tutta la mole del iolido comporto dell aria D A C E, e del cono A B C faràdoppia del cono A C B e perchè il cono A B C fi pone di materia . doppio piu g m e del acqua* adunque tant’ acqua, quant’ è tutta la mole D A B C E locata fot» Ih vello dell'acqua, pefa quanto .1 cono A B C, e pero fi Fara 1 equilibrio, e’I cono A B C non calerà più a bado. Dico ora di piu, che, il medefimo cono, pofato colla bafe all’ ingiù, calerà al fondo: ed effere iropoffibi' le, che egli, in modo alcuno redi a galla. Sia dunque il cono A B D doppio in gravità all’ acqua, e fia la fua altezza tripla dell altez­ za dell’ argine L B, è già manifefto , che tucto fuori dell’acqua non reitera, perchè eflendo il cilindro comprefo dentro agli argini L B D r eguale al cono A B D. ed effendo la materiadel cono doppia in gravità all’ acqua, è manifefto, che il pelo di efio cono farà doppia al pelo del­ la mole d’ acqua eguale al cilindro L B D P adunque non verterà in quello flato, ma difen­ derà. Dico in oltre, che molto meno li fermerà fommergendone una parte, il che s’ intenderà, comparando con l’ acqua tanto la parte, che fi fommergera, quanto I al­ tra, che avanzerà fuori: fommergafi dunque del cono A B D la par­ te N T O S, eavanzi la punta N S F, farà l’ altezza del cono F N So piu che la metà di tutta l’ altezza del cono F T O ovvero non farà più, fe farà più che la metà, il cono F N S farà più che la metà del cilindro E N S C , imperocché l’ altezza del cono F N S farà più che fefquialtera dell altezza del cilindro F. N S C- E perchè fi pone, che la materia del cono fia in ifpecie il doppio più grave dell’ acqua, 1’ acqua che fi conterrebbe dentro all’ arginetto E N S C, farebbe affolutamente men grave del cono E N S, onde il cono folo E N S non può effer foftenuto dall’ arginetto : ma la parte fommerfa N T O S per effer in ifpecie più grave il doppio dell’acqua, tenderà al fondo; adunque tutto il cono F T O tanto nlpetto alla parte fommerfa, quanto all’ eminente, difenderà al fondo. Ma le l’ altezza della punta F N S farà la metà di tutta l’altezza del cono F T O, farà la medefima altezza di erto cono F N S fefquialtera all’ altezza E N e però E N S C farà doppio del cono F N S, e tanta acquaio mole, quan­ to è il cilindro E N S C pelerebbe quanto la parte del cono F N S, ma perchè l’ altra parte fommerfa N T O S è in gravità doppia all’ acqua ^tan­ ta mole d’ acqu" quanta è.quella, che fi compone del cilindro E N S C. o del fetido w ' T Ó S peferà manco del cono F T O , tanto quanto è u rll0 d’ una mole d’ acqua eguale al folido N T O S; adunque il cono dtScenderà ancora: anzi perché il folido N T O S è fettuplo al cono F JN del quale il cilindro fe S è doppio, farà la proporzione del folido N 1 u S al cilindro E N S C come di 7- a 2. adunque tutto il folido com­ porto del cilindro E N S C, e del folido N T O S è molto i che doppio del folido N T O S , adunque il folido folo N T 0 ... molto più grave , che una mole d’ acqua eguale al comporto aei


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D I S C O R S O

dro E N S C, e N T O S dal che ne fegue, che quando anche fi rimovede, e togliefie via la parte del cono F N SU recante falò N T O S andrebbe al fondo. E fe più fi profonderà il cono F T O tanto più farà impoflìbile, che fi foftenga a galla, crefcendo Tempre la parte fommerfa N T O S, e fcemando la mole dell' aria contenuta dentro all’ arginetto, il quale fi fa Tempre minore, quanto più il cono fi fommerge. Tal cono dun­ que, che colla bafe in sù, e la cufpide in giù, fi foftiene fenza andare al fondo, pollo colla baie in giù è imponìbile, che non fi fommerga. Luti, gi dal vero adunque hanno filofofato coloro, che hanno attribuito la cagion del foprannotare alla refillenza dell’ acqua in eiTer divida, come a principio paflìvo, e alla larghezza della figura di chi l’ ha da dividere co­ me efficiente, Vengo nel quarto luogo a raccogliere, e concludere la ragione di quello, che io propoli agli avverfari, cioè: Che è poifibile formar corpi foltdi di qualfivoglia figura, e di qualfivoglia grandezza, li quali per fua natura vadano a fondo, ma con 1’ ajuto dell aria, contenuta nell’ arginetto, tettino fenza fommergerfi. La verità di quella propofizione èaffai manifella in tutte quelle figure fialide, le quali terminano nella lor più alta parte in una fuperficie piana: perchè fer­ mandoli tali figure di qualche materia grave inìfpecie, come l’ acqua, met­ tendole nell’acqua, sì che tutta la mole fi ricuopra, è manifefto , che fi fermeranno in tutt’ i luoghi, dato però, chetai materia di pefo eguale all’ acqua fi potefie a capello aggiuilare, e Tetteranno anche in confeguenza al pelo dell’ acqua , fenza farli arginetto alcuno. Se dunque, rilpetto alla ma­ teria, tali figure fono atte a rellar fenza fommergerfi, benché prive dell’ ajuto dell’arginetto, chiaracofa è, eh’ elle fi potranno far tanto crefcer di gravezza, fenza crefcer la lor mole, quanto è il pefo di tanta acqua, quan­ ta fi conterrebbe dentro all’arginetto, che fi facelfe intorno alla loro pia­ na fuperficie luperiore, dal cui ajuto foftenute , Tetteranno a galla, ma ba­ gnate, andranno al fondo, effendo Hate fatte più gravi dell’ acqua. Nelle ligure dunque, che terminano di Copra in un piano, chiaramente fi com­ prende, come l’ arginetto pollo, o tolto, può vietare, o permettere la icefia : mainquelle, cheli vanno verfio la fommità attenuando, potrà qual­ cuno, e non lenza molta apparente cagione, dubitare, fe quelle pollano far lo fletto, e maflimamente quelle, che vanno a terminare in una acutiffima punta, come fono ì coni, e le piramidi Cottili. Di quelle dunque, come piùdubbio, e di tutte Taltre, cercherò di dimoftrare, come ette an­ cora foggiacciono al medefimo accidente d’andare, e non andare al fondo ìemedefime, elleno di qualfivoglia grandezza . Sia dunque il cono A 8 D fatto di materia grave in ifpecie, cornei’ acqua; è manifefto che metto tutto fott’ acqua, refterà in tutt’ i luoghi ( intendali Tempre quando eiquifitamente pefatte quanto l’ acqua, il che è quafi im­ ponìbile a effettuarli ) e che ogni piccola gra­ vità , che Te gli aggiunga, andrà ai fondo: ma fe li calerà a ballo leggiermente, dico che fi farà l’ arginetto E S T O e che refterà fuori dell1 acqua la punta A S T d’altezza tripla all’ altezza dell’ argine E S, il che li fa manifefto, imperocché, pelandola materia del cono egual­ mente comel’ acqua, laparte fommerfa SBD T re-


DEL

G A L I L E 0.

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Tretta indifferente al muover« in giù, o in sù, e’Icono A S T ettendoeguale in mole all’ acqua , che fi conterrebbe dentro all’ arginetco E S T G, gli faràanche eguale ingravità: epe­ rò farà in tutto fatto l’ equilibrio, e in confeguenza laquiete ■ Nafceorail dubbio, felipoffa far più grave il cono A B D tantoche, quan­ do fia metto tutto fott’ acqua, vada al fondo, ma nongià tanto che fi levi all’ arginetto la facultà del poter foftenerlo fenza fommergerfi : e la ragione del dubitare è quella : che febbene quandoil cono A B D è in ifpecie grave come l’ acqua, l’arginetroE S T O lo fofliene, non folamente quando la punta A S T è tripla in altezza all’ altezza dell! argine E S, ma più an­ cora ,. quando minorparte ne redatte fuori dell’ acqua : perchè febbene, nel difcenderche fa il cono la punta A S T fcema, e fcema altresì l'arginetto E S T O, nientedimeno, con maggior proporzione fcema la punta, che P argine, la quale fi diminuifce fecondo tutte tre le dimeniioni.- ma l’ argine fecondo due folamente, reftando Tempre Paltezza la medefima, o vogliam dire, perchè il cono S T va ibernando fecondo la proporzione de’ cubi del­ le linee, che di mano in mano fi fanno diametri delle bali de’ coni emer­ genti, egli arginetti fcemando fecondo la proporzion de’ quadiati delle medelìme linee : onde le proporzioni, delle punte fon fempi e fefquialtere delle proporzioni de’ cilindri-contenuti dentro agli arginetti. Ondefe, per efemplo, l’ altezzadella punta emergente fotte doppia, «eguale all'altezza dell’ argine,, in quelli cali il:cilindro, contenuto dentro all’argine, farebbe aliai maggiore della detta punta, perchè farebbe fefquialtero, o triplo, il per­ chè ci avanzerebbe forza per follener tutto il cono, già che la parte fommerfa non graverebbe più niente\ tuttavia, quando venga aggiunta alcuna gravità a tutta la mole del cono, sì che anche la parte i'ommerfa non retti lènza qualche eccetto di gravità fopra la gravità dell’ acqua, non retta chiaro fe’l cilindro, contenuto dentro all’ arginetto, nel calar che farà il cono, potrà'ridurli a tal proporzione colla punta emergente, e a tale ec­ cetto di mole fopra la mole diletta,. che pofia rifiorar l’ eccetto della gravi­ tà in ifpecie del cono,, fopra la gravità dell’ acqua: eia dubitazione proce­ de, perchè febbene nell’ abbottarli che fa il cono, la punta emergente A S T lì diminuifce, per la qual cofa fcema ancor l’ eccetto della gravità del cono (opra la gravità dell’ acqua, il punto ila,, che l’argine ancora fi riftrmge, e’ 1 cilindro contenuto da etto fi diminuifce. Tuttavia fi dimoftrerà, come eflendo il cono A B D di qualfivoglia grandezza, e fatto in prima di materia in gravità fimiliflima all’ acqua, fe gli polla aggiugner qualche pe­ tto, per lo quale ei polla difeendere al fondo, quando fia pollo fott’ acqua, e potta anche in virtù, dell’'argineho, fermarli fenza fommergerfi.^ Sia dunque il cono A B D di qualfivoglia grandezza , edi gravità limile irrifpecie all’ acqua . E’ man fefto , che, metto leggiermente nell’acqua^ Te­ tterà lènza fommergerfi , e fuor dell’ acqui avanzerà la punta A S 4 ^-d’ al­ tezza tripla all’ altezza dell’argine E S;_ intendali ora etterii cono A B D ab­ ballala più, sì che avanzi folamente fuor dell’ acqua la punta A I R alt* per la metà della punta A S T con l’ arginetto attorno C I R N- E pcrcne il cono A S T al cono A I R è come il cubo della linea S T al cubo del­ la linòa I R , ma il cilindro E S T Ó al cilindro C I R N è comedquadra-


76 • DISCORSO f drato di S T Biquadrato I R, iarà il cono A S T ottuplo a! cono A I R e’I cilindro E S T O quadruplo al cilindro C I R N, ma il cono A S T è eguale al cilindro E S T O, adunque il cilindro C I R N farà doppio del cono A I R, e Pacqua» che fi conterrebbe dentro all* arginetto C I R N doppia in mole, e in pelo al cono AIR, eperò potente a fo(tenere il dop* pio del pelo del cono A I R , adunque fé a tutto ’ 1 cono A B Ds’ accre« lcerà tanto pelo, quanto è la gravità del conoA I R, cioèquant’ è l’ ottava parte del pefo del cono A S T, potrà bene ancora efTer foflenuto dall’ arg». netto C I R N, ma fenza quello andrà al fondo, effendofi per 1’ aggiunta del pefo eguale all’ottava parte del pefo del cono A S T renduto il còno A {? “ P1U g»ve«» ,'fpecie dell’ acqua Ma fe l’ altezza del cono A 1 R fufa in terzi dell’ altezza del cono A S T, farebbe il cono A S T al cono A I R come 27- a 8- e 1 cilindro E S T O al cilindro C 1 R N come 9. a 4. cioè come 27- a x2. eperò il cilindro C I R N al cono AI R, come 12. a 8 e 1 eccello del cilindro A I R N fopra’l cono A I R al cono A o 1 come 4. a 27. adunque fe al cono A B D s’ aggiugnerà tanta gravità 3 u?.nV è *} 4 ; ventilettefimi del pefo del cono A S T , che è un poco più ella (ua lettima parte, refleià ancora a galla, e l’ altezza della punta emer­ gente larà doppia dell’ altezza dell’ arginetto. Quello che s’ è dimoilrato ne coni, accade preciiamente nelle piramidi, ancorché e gli uni, e l’ alr^, * 610 aci?tK me> dal che fi conclude, che il medefimo accidente ac­ canerà tantopiu agevolmente in tutte l’ altre figure, quanto in meno acute ommità vanno a terminare, venendo ajutate da argini più fpaziofi . ,nf uct' , 5 " Sureadunque, di qualunque gelidezza, poffono andare, e non rea J on d°» lecondo che le lor fommità fi bagneranno, o non fi bagnenno; ed eflendoquelloaccidente comune a tutte le forte di figure, fenza fta-rnff-per Vn,a,* adunque la figura non ha parte alcuna nella produzioni limi!,6/! ^dettodell andare alcuna volta al fondo, e alcun’ altra nò, ma fo­ rimi congiunte con l’ aria fopreminente, e ora feparate : la rh ¿ i r ifine’ftChirettamen,e’ e> comefi dice, conamenduegli ocì ‘ ° S e:ErÌ <Juefto «egozio, conofcerà, che fi riduce, anzi chi realh 6 3 Vfp ’ nat“rale- e Primaria cagione del foprannotare, o an­ dare al fondo, cioèI eccello, o mancamento della gravità dell’ acqua verfo la gravità di quella mole corporea, che fi mette nell’ acqua: perchè inco­ ine unafalda d. piombo grolla, come una coitola di coltello, che per fefol a, meda nell acqua, va al fondo, fe lopra le le ne attaccherà una di fuvero grolla quattro dita, reità a galla, perchè ora il folido, che fi pone inac* « grave " ■ " de,l’acqaa. ” pnolì la tavoletta d ebano, per fua natura, *piu dell’acrma m eanSprftiHìO tieme infondo quando per fe fola fìa polla in acqua, le il poferà fopra l’ac E n d ò S6'e’cheT, f“0'0? '” 1* • I» quale infiemé colffino T d ,

Onde chi pigliane S ! Ì p i ó m b o groff peTelèmpio ? V ° t ° 0 e arga unpalmo per ogni verfo, e tlntafie di farla r?L e a galla , col oofar ¡f_ S S 6' perderebbe ogni fatica, perchè quando fi fotte profondata nlirÌSSS VC11 aPuffib,le a|tezza degli arginetti dell’ acqua, d rico* Kdaffè f X h r £ Ì - be: m3fe mcntre »che ella fi va abballando'àlcuoo e . idalTe fabbricando intorno intorno alcune iponde, che ritenedero lo fpar-


DEL GAL I L EO. 77 fpargimento dell’ acqua fopra ella piaflra, le quali fponde fi alzaffero tanto, che dentro di loro poteile capir tane’ acqua, che pefafiè quanto la detta piafira, ella, fenzaalcun dubbio, non fi profonderebbe più, ma refterebbe fo(tenuta invirtùdell’ aria contenuta dentro alle già dette fponde, ed infiam­ ma fi farebbe formato un vafo, col fondo di piombo. Ma le la fottigliezza del piombo farà tale, che pochifiima altezza di fponde baltafie per circon­ dar tant'aria, che potefie mantenerlo a galla, e’ reitera anche fenza le l'ponde, manongià fenza l’ aria , perchè l’ arra da per fe itelTa li fa Iponde ba¡(tanti, per piccola altezza, a ritener lo ’ngombramento dell’ acqua: onde quello, che ’n quello calo galleggia, è pure un vaio ripieno d’ aria, in virtù della quale reità lenza lommergerfi Voglio per ultimo, con un altra efperienza, tentar di rimuovere ogni difficoltà, fe pur reitafie ancora apprelfo qualcuno dubbio, circa 1’ operazione di quella continirazion dell’ aria, colla lottil falda, che galleggia* e poi por fine a quella parte del mio difcorfo. . Io mi fingo d’ eflere in queltione con alcuno degli avverfari, Se la figura abbia azione alcuna circa l'accrefcere, o diminuire la ren­ itenza in alcun pelo all’edere alzato nell’ aria, e pongo di voler loltener la parte affermativa: affermando, che una mole di piombo, ridotto in figura d’ una palla, con manco forza s’ alzerà , che fe il tnedelimo tulle fatto in una fottiliffima, e larghilfima falda come quello, che , in quella figura Ipaziola ha da fender gran quantità d’aria, e in quella più riftretta, e raccolta , pochiffima: e per moltrar, come tal mio parer ila vero, lolpendo a un lottil filo prima la palla, e quella pongo nell’acqua, legando il filo, che la reg­ ge, ad un de’ bracci della bilancia, la quale tengo in aria, e^all altra lan­ ce vo aggiungendo tanto pefo, che finalmente iollevi la palla del piom­ bo, e l’ eltragga fuor dell’ acqua , perchè fare vi Infognano v. gr. ^o.once di pefo; riduco poi il medefimo piombo in una falda piana, o lottile, la qual pongo parimente nell’ acqua fofpefa con J. fili, li quali la foltengano parallela alla fuperficie dell’ acqua, e aggiungendo nello (ledo modo peli nell'altra lance, finché la falda venga alzata, ed ellratta fuori deli’ acqua, inoltro, che once ?6 .non lon badanti di iepararla dall’ acqua, e follcvarla peraria : e fopra iale efperienza fondato, affermo d’ aver pienamente dimollraca la verità della mia propofizione . Si fa l’ avverfario innanzi, e tacen­ domi abballare alquanto la reità , mi fa veder cola, della quale io nonm era prima accorto, e mi moitra, che nell’ ufcir, che fa la falda fuor dell acqua, ella fi tira dietro un altra falda d’ acqua, la quale avanti, che fi divida, c lepari dalla inferior fuperficie della falda di piombo, fi eleva fopra il livel­ lo deli’ altr’ acqua più che una coltola di coltello. Torna poi a rifar 1 eipericnza colla palla, e mi fa veder, che pochifiima quantità d’ acqua è quel­ la , che s’ attacca alla fua figura, Uretra, e raccolta: mi foggiugne pei, che non èmaraviglia, fe, nel feparar la fottile, e larghifiima falda dell’ acqua, fi lenta molto maggior refiltenza, che nel feparar la palla, poiché infierite colla falda fi ha da alzar gran quantità d’ acqua, il che non accade nella palla , fammi oltr’ aciòavvertito, come la noitra quiftione è, fe la reniten­ za all’ efi'er follevato fi ritrova maggiore in una ipaziofa falda di piombo, con granquantica d’ acqua, che inuna palla con pochifiima acqua. Moltrami infine, che il por prima la falda, e la palla in acqua, per far prova poi delle loro reliftenze in aria, e fuor del cafo noltro, li quali trattiamo del follevare in aria, e cofe locate in aria, e non della refiltenza, che fi la ne confini dell’ aria, edell’ acqua, edacofe, che fienoparte in aria. eparte P acqua; efinatmence mi fa toccar con mano, che quando la fottìi lama e m


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DI SC ORS O

aria, e libera dal pelo dell’ acqua, colla fteda forza a capello fi folleva, che la palla, lo, vedute, e intefe quelle cofe, non fo che fare, fé non chiamarmiperfuafo, e ringraziar ramicod’avermifacrocapacediquello, di che per l’ addietro non mi era accorto: c, da tale accidente avvertito, di­ re agli avverfari, che la nollra quiftione è, fe egualmente vada al fondo nell’ acqua una palla, e una tavola d’ ebano, e non una palla d’ ebano , e una tavola d’ ebano congiunta con un altra tavola d’ aria: poiché noi parliamo dell’ andare, e nonandare al fondo nell’ acqua, e non di quello, cheaccaggia ne’ confini dell’ acqua, e dell’aria a i corpi, che fieno parte in aria, c parte in acqua, nè meno trattiamo della maggiore, o minor forza, che fi ricerchi nel feparar quello, o quel corpo dall’ aria; non tacendo loro in ul­ timo, che tantoper appuntorefille, eper cosi dire pela l’ aria all’ ingiù nell’ acqua, quanto peli, erefiHai’ acqua all’ insù nell’ aria, e che la della taticaci vuole a mandar fott’ acqua un otre pien d’ aria, che ad alzarlo in aria piend’ acqua, rimofiàperòla confiderazion del pelo della pelle, econfiderando l’ acqua , e l’aria fidamente. E parimente è vero, che la fteda fatica fi ricerca, permandarefpingendo abado unbicchiere, e lìmil _vafo fotto l’ac­ qua mentre è pieno d’ aria, che a follevarlo fopra la fuperficie dell’ acqua tenendolo colla bocca in giù, mentre egli fia pieno d’ acqua, la quale nel­ lo delio modo è codretta a fegiiitare il bicchiere, che la contiene, e alzarli {"opra Paltr’ acqua nellaregion dell’aria, che vien forzata l’ aria a feguire il medefimo vaio, fotto a’ confini dell’ acqua, fin che in quedo calo l’ ac­ qua, fopraffacendo gli orli del bicchiere, vi precipita dentro, taccian­ done l’ aria; e in quello, ufccndo il medefimo orlo fuori dell’ acqua, e pervenendo a’ confini dell’aria, l’ acqua cafca a bado, e l’ aria fottentra a riempire la cavità del vafo: al che ne feguita, che non meno trapaflì i limiti delle convenzioni quello, che produce una tavola congiunta con molta aria, per vedere fe difeende al fondo nell’ acqua, che quello, che fa prova della refidenza all’ efler follevato in aria, con una falda di piombo, congiunta con altrettanta acqua. Ho detto quanto m’ è venuto in mente per modrar la verità della parte, che hoprefo afodenere . Redami daconfiderai-ciò, che in tale materia fcrive Ariftorile nel fine de’ libri del Cielo, nel qual particolare io noterò due cofe-. l’ una, cheelì'endo vero, come s’ è dimodrato, che la figura non ha, che fare, circa ’1 femplicemente muoverli, o non muoverli in fu, o in giù, pare, che Aridotile nel primo ingrelTo di queda fpeculazione abbia avuto la medefima opinione, ficcome dall’ efaminar le lue parole, parmi, che fi polla raccorre- Bene è vero, che nel voler poi render la ragione di tal’ cffetto, come quegli, che non l’ha, per quant' io dimo, bene in­ contrata, il che nel fecondo luogo andrò efaminando, par che fi ridu­ ca ad ammetter l’ampiezza della figura a parte di quell’ operazione. Quanto al primo punto, ecco le parole precife d’ Aridotile: Le figure non fon caufe del muoverli femplicemente in giù, o in fu, ma del muoverli più cardo, o più veloce, e per quali cagioni ciò accaggia , non è difficile il vederlo, Qui primieramente io noto, che efiendo quattro i termini, che cafcano nella prefente conliderazione, cioè, moto, quiete, tardo, eveloce, enominando Aridotile le figure come caufe del tardo, e del veloce, efcludendole daH’edercaufa del moto adduco, e femplice, par necedario, che egli l’ efcluda altresì dall’ edèe caufe di quiete, ficchè la mente fua fia data il dire. Le figure non fon caufe del muoverli adolutamente, o non muo­ verli, onde! tardo, e del veloce: imperocché fe alcuno dicede.- la mente d’ Ari-


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d’ Ariffotile eiTerd’ efduder ben le figure dall’ eder caule di moto, ma non già dall’ eflercaufe di quiete, ficchè il fenfo folle di rimuovere dalle figure l’ effer caufe del muoverli femplicemente, ma nougià l’effer caule del quie­ tarli, iodomanderei, fe fi dee con Arillotile intendere, che tutte le figure univerfalmente fieno inqualche modo caule della quiete in quei corpi, che peraltro, fi moverebbono, opure alcune particolari fofamente, come, per efemplo, le figure larghe, e fiottili; le tutte indifferentemente, adunque ogni corpo quieterà, perchè ogni corpo ha qualche figura, il che è fallo: ma fe alcune particolari (blamente potranno edere in qualche modo caula di quiete, come v.gr. le targhe, adunque le altre faranno in qualche mo­ do caufa di moverli: perchè fe dal vedere alcuni corpi di figura raccolta muoverli, che poi, dilatati in falde, fi fermano, pollo inferir 1’ ampiezza delta figura edere a parte nella caufa di tal quiete; cosi dal veder fimil fal­ de quietare, che poi raccolteli muovono, potrò con pari ragione afferma­ re, la figura unita, e raccolta aver parte nel cagionare’1 moto, come ri­ movente di chi l’ impediva : il che è poi dirittamente oppoffo aquello, che dice Ariffotile, cioè, che le figure non fon caufe del muoverli. In oltre fe Ariffotile avelie ammeffe, enonefclufelefigure all’ eder caufe de! non muo­ verli in alcuni corpi, che figurati d’ altra figura fi moverebbono, male a propofito avrebbe nelle parole, immediatamente feguenti, piopollo con modo dubitativo, onde avvenga, che lefalde targhe, e fiottili di ferro, o di piombo fi fermino fopra l’ acqua, giacché la caufa era in pronto, cioè l’ ampiezza della figura. Concludali dunque, che’l concetto d’ Ariffotile, inquello luogo, fiad’ affermare , che le figure non lien caufe del muoverli, adolutamente, o non muoverli, ma fidamente del muoverli velocemente, o tardamente: il cheli dee tanto più credere, quanto, che in effètto è fientenza, e concetto verilfimo. Ora edendo tale la mente di Ariffotile, e ap­ parendo in confeguenza più preito contraria nel primo afpetto, che favo­ revole al detto degli avverlàri, è forza, che l’ interpretazion loro non fia precifamente tale , maquale inparte inceli da alcun di effì , e ir) parte da al­ tri, fu referito: eagevolmente fi può (limare effer così, edendo eiplicazione conforme al fenfo d’interpreti celebri, ed è, che l’ avverbio, /em piite, mente , o (¡fotutamente, pollo nel tefto, non fi debba congiungere col ver­ bo, m in verji, ma col nome, caufe: ficchè il fentimento delle parole d’ Ariffotile lia 1’ affermare, che le figure non fon caufe adolutamente del muo­ verli, o non muoverli, ma fon ben caufe fecundum q u id , cioè in qualche modo: periochè vengono nominate caufe aiutatrici, e concomitanti: e tal propolìzione vien ricevuta, e poff3 per vera dal Sig- Buonamico nel lib. 5. cap. 28. dove egli fcrive cosi. Sono altre caufe concomitanti, per le quali alcune colè galleggiano, e altre lì fommergono, tra le quali il pri­ mo luogo ottengon le figure de’ corpi, ec. Intorno a cal’ efperienze mi nafeon diverfi dubbi, e difficultà, per le quali mi par, che le parole d’ Ariffotile non fien capaci di fimil coftruzione, e ientimcnto, e le diflicultà fon quelle. Prima nell’ ordine, e difpofizion delle paroled’ Ariffotile , la partieoia/wflic it e y , o vogliamo dire abfolute , e attaccata col verbo .// muovono , e teparata dalla parola caufe , il che è gran prefunzione a favor mio, poiché, la Icrittura, e’ 1 fello dice: Le figure non fon caufe del muoverli femplicetnenteinfu, o in giù, ma lì bene del più tardo, o più veloce; e non dice: Le figure non fono femplicemente caufe del muoverli in fu, o in giù; e quando le parole d’ un tefto ricevono, traipofte, fenfo differente da quel­ lo, ch’ elle Tuonano, portate con l’ ordine, in che l’autor le dilpofe, non con-


80 DISCORSO conviene il permutarle. E chi vorrà affermare, che Annotile, volendo ferì, vere una propofizione, difponefte le parole in modo, ch’ elle impoi taffero un fenrimenro diverlìlìimo, anzi contrario? contrario dico, perchè intele, com’ elle fono fcritte, dicono, che le figure non fon caule del muoverli} ina trafpoffe dicono le figure effer caula del muoverli, ecDi più; fe la’menzione d’ Arili otite fuffe fiata di dire, che le figure non fon femplicemente caufe del muoverli in sù, o in giù, ma fidamente caufe fccunitum quid-, non occorreva che foggiungeffe quelle parole: ma fon cau­ fe del più veloce, o più tardo; anzi il foggiugner quello farebbe fiato non folofuperiluo, mafalfo, conciolfiachè tutto il corfo della propofizione im­ porterebbe quello : Le figure non fon caufa affolura del muoverli in sù, o ingiù, ma fon bencaula afloluta del tardo, o del veloce, il che non è vero: perchè le caufe primarie del più, o men veloce vengon da Ariftotile nel 4. dellaFifica al tefio 71. attribuite alla maggiore, o minor gravità de’ mobili paragonati tra di loro , e alla maggiore, o minor refiftenza de’ mezzi depen­ denti dalla lor maggiore, o minor craffizie, e quelle vengon polle da An­ notile come caufe primarie, e quelle due fole vengono in quel luogo no~ minate: e la figura vien poi confiderata al t. 74. più prello, come esula firumentaria della forza della gravità , la quale divide, o colla figura, o coll’ impeto: e veramente la figura, per fe fteffa lenza la forza della gra­ vità, o leggerezza, non opererebbe niente. Aggiungo, che fe Arifiotile avelie avuto concetto, che la figura fuffe fiata in qualche modo caufa del muoverli, o non muoverli, il cercare eh' e'fa immediatamente in forma di dubitare, onde avvenga, che una falda di piombo foprannuoti, farebbe fiato a fpropolìto, perchè fe allora egli aveva detto, che la figura era in certo modo c3 ufa del muoverli, e non muoverli, non occorreva volgere in dubbio, per qual cagion la falda di piombogalleggi, attribuendone poi la caufa alla figura, e formando un diicorfo in quella maniera : La figura è caufa fecuuduw quid del non andare affondo, ma orafi dubita per qual cagione una fottìi falda di piombo non vada al fondo; fi rilponde, ciò provenire dalla figura; difeorfo che farebbe indecente ad un fanciullo, non che ad Ariftotile: e dove è la occafione di dubitare? E chi non vede, che quando Ariftotile avelie ftimato, che la figura folle in qualche modo caufa del foprannotare, avrebbe lenza la forma di dubitare fcritto: La figura è caufa in certo modo del fopranno­ tare, e però la falda di piombo, rifpetto alla fua figura fpafa, e larga, foprannuota : ma fe noi prenderemo la propofizione d’Ariftotile, come di­ co io, e come è Icritta, e come in effetto è vera, il progreffo fuo cammina beniflìmo, sì nell’ introduzione del veloce, e del tardo, come nella du­ bitazione, la qual molto al propolìto ci cade, e dirà così: Le figure non fon caufe del muoverli, o nonmuoverli femplicemente in sù, oingiù, ma li bene del muoverfi più veloce, o più tardo. Ma fe così è, li dubita della càuff, onde avvenga, che una falda larga, e fonile di fer­ ro , odi piombo foprannuoti, ec.e l’ occafion del dubitare è in pronto, per­ chè pare a! primo afpetto, che di quello foprannotare ne fia caufa la figura, poiché loffefto piombo, o minor.quantità, ma d’altra figura, va al fondo: e noi già abbiamo affermato, che la figura non ha azione in quello effetto. Finalmente fe l’ intenzion d’ Ariftotile in quello luogo fuffe Hata di dire, che le figure, benché non affolutamente, fieno almanco in qualche modo cagion del muoverfi, onon muoverli; io metto in conlìderazione, che egli nomina non meno il movimento all’ insù, che l’ altro all’ ingp); e perchè nell’ efemplificarlo poi non li produce altr’ efnerienza, che d’ una falda di piom­ bo,


DEL GALI LEO. gr Ijo, e d’ una tavoletta d’ ebano, materie, che per lor natura vannoin fondo, ma in virtù ( come effi dicono ) della figura, reflano a galla, converrebbe che chi che (ìa producefle alcun’ altra elperienza di quelle materie, che perlor natura vengono a galla, ma ritenute dalla figura, reflano in fon­ do. Ma giacché quell’ è impolfibile a farli concludiamo, che Ariflotile in quello luogo non ha voluto attribuire azione alcuna alla figura del femplicemente muoverfi , o non muoverli. Che poi egli abbia ei'quifitamente filofofato nell* invefligar le foluzioni de’ dubbi, ch’ ei propone, non torrei io già a fclìenere, anzi varie difficultà, che mi fi r3pprefentano, mi danno occafione didubitare, ch’ ei non ci abbia interamente (piegata la vera cagion della prefénte conclusone : le qual difficoltà io andròmovendo, pronto a mutar credenza qualunque vol­ ta mi Ila moltrato, altra , da quel eh’ io dico, effer la verità , alla confeffion della quale fon molto più accinto, che alla contradizìone. Propolla che ha Ariflotile la quitlione, onde avvenga, che le falde lar­ ghe di ferro, e di piombo foprannotino; foggiugne(quafifortificandol’ occafion del dubitare ) concioliachè altre cole minori, e manco gravi, fe fa­ ranno rotonde, o lunghe, come farebbe un ago, vanno al fonilo Or qui dubito, anzi pur fon certo, che un ago pofato leggiermente fu l’ acqua, relti a galla non meno, che le lottili falde di ferro, e di piombo. Io non pollo credere, ancorché flato mi fia referito, che alcuno per difendere Arillotile, dicelle, che egli intende d’ un ago mefio, non per lungo, ma eret­ to» ePer punta; tuttavia per non lafciare anche tal refugio, benché debolimmo, e quale anche Ariftotìle medefimo, per mio credere, riculertbbe, dico che fi dee intender, che l’ ago fia pofato fecondo la dimenfione, che viene nominata da Ariflotile, che è la lunghezza: perchè fe altra dimenitone, che la nominata prender fi poreile, e doveffe, io direi, che anche le falde di ferro, e di piombo vanno al fondo, fe altri le metterà per ta­ glio, e non per piano. Ma perchè Ariflotile dice, le figure larghe vanno al fondo, fi dee intender pofate per largo, e però quando dice, le figure lunghe, come un ago, benché leggieri, non reflano a galla, fi dee inten­ der pofate per lo lungo. T)i p iu i l d ir che A riflo tile in tefé dell' ago meffu p e r pu nta , e un fa r g li d ir e una fc io c c h e z z a g r a n d e , p erc h é in q u ello luogo d ic e , che p icco le p a r tic elle d i p io m b o , o f e r r o , J'e fa r a n n o ro to n d e, o lunghe coni’ un ago , vanno in fo n d o , talché anco p e r f u o cred ere un g ra n ello d i fe r r o non p u ò refta re a g a lla ; e f e eg li così cred ette q u a l ft m p lic it à fa r e b b e H ata i l fo g g iu g n e r e , ch e né anco un ago mefio eretto vi J la ? e c h e altro e un ago t a l e , ch e m otti f i f a t t i g ra n i p o l l i f un fop '-a /' altro ? t toppo in egno d i tan t uomo era i l d ire , ch e un f o t g ran o d i fe r r o non può g alleg g ia re , e ch e ne anco g a lleg g ere b b e a p o r g lien e cento a ltr i a d do f u .

Finalmente, o Ariflotile credeva, che un ago pofato fu l’ acqua per lo U!l®n-re u t 3 3 ’ ° credeva , eh’ e’ non reftafi'e.- s’ ei credeva , eh’ e’ non xeilaffe, ha ben potuto anche dirlo, come veramente l’ ha detto; ma s’ e’ credeva , e lapeva, eh e foprannuotafle, perqual cagione, infiemecol pro­ blema dubitativo del galleggiar le figure larghe, benché di materia grave, non ha egli anche introdotta la dubitazione, ond’ avvenga , che anche le fi. gure lunghe, e lottili, benché di ferro, o di piombo, foprannuotino, e mammamente, che 1 occafion del dubitare par maggiore nelle figure lunBhe* che nelle larghe, e fottili, ficcome dal non aver dubitato Ariflotile fi fa manifeflo. . N °n ™.in u re fp r o p o fit o a d d o ffe r e b b e a d A r iflo tile c h i p e r d ife n d e r lo d ic e ffe , c h e e g li iftte je d t un a g o o jfa i g r a f i a , e non d i un f i o t t i l e , p e r c h é io p u r d o m a n d erò , ciò cb' c* Tum, /.

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(re.


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D I S C O R S O

C red ette d 'u n a g o f a t t i l e ; e l ì f o g n e r à r i f f un der , c b ' e' c r e d t jfe , cb\ e' g a ll e g g i a ffé t e d io d i n u ovo /’ a c c u fe r ò d e l l ' a v e r e sfu g g ito un p r o b le m a p iù m a r a v ig lio fo , e d if­ f i c i l e , e in tr o d o tto i l p iù f a c i l e , e d i m a r a v ig lia m in o r e .

Diciamo dunque pur liberamente, che Ariftotile ha creduto, che le li­ gure larghe folamentefteflero a galla, ma le lunghe, e lottili, com’ un ago, nò- Il che tuttavia è fallo, come falfo è ancor de’ corpi rotondi, perchè, come dalle cole di fopra dimoftrate fi può raccorre, piccoli globetri di ferro, e anche di piombo nello Hello modo galleggiano. Propone poi un altra conclufione, che Umilmente par diverfa dal vero ed è, che alcune cofe, per la lor piccolezza, nuotano nell’ aria, come la minutilfima polvere di terra, e le Cottili foglie dell’ oro battuto: ma a me pa­ re, che la fperienza ci moftri ciò non accadere, non iolamente nell’ aria, ma nè anche nell'acqua, nella quale difcendono fino a quelle particole di terra, che la ’ntorbidano, la cui piccolezza è tale, che non fi veggiono, le non quando fon molte ceminaja infieme. La polvere dunque di terra, c l’ oro battuto non fi Coftiene altramente in aria, ma rìifeende al baffo, c fidamente vi va vagando, quando venti gagliardi la follevano, o altra agi­ tazione di aria la commuove: il che anche avviene nella commozione dell' acqua, per la quale fi folleva la fua depofizione dal fondo, e s’ intorbida. Ala Ariftotile non può intender di quello impedimento della commozione, del quale egli non fa menzione, nè nomina altro, che la leggerezza di tali minimi, elarefiftenza della craflìzie dell’ acqua, e dell’ aria: dal che fi ve­ de, che egli tratta dell’ aria quieta, e non agitata, e_commolla: ma in tal calo nè oro, nè terra, per minutiifimi che fieno, fi ioftengono, anzi fpeditamente difcendono. Palla poi a confutar Democrito, il quale, per fua teftimonianza, voleva, ehe alcuni atomi ignei, li quali continuamente afeendonoper l’ acqua, fpignedero in sù, e fofleneffero quei corpi gravi, che follerò molto larghi, e che gli ftretti fcendellero al baffo, perchè poca quantità de’ detti atomi contraila loro, e repugna. Confuta dico Ariftotile quella pofizione, dicendo, che ciò doverebbe mol­ to piùaccader nell'aria, liccome il medefimo Democrito infta contro di fe, ma dopo aver moffa l’ inltanza, la feioglie lievemente, con dire, che quei corpuscoli, che attendono in aria, fanno impeto non unitamente. Qui io non dirò, che la cagione addotta da Democrito fia vera, ma dirò folo pa.rermi, che noninteramente venga confutata da Ariftotile, mentr’ egli dice, chele fuffe vero, che gli atomi calidi, che afeendono, fofleneffero i cor­ pi gravi, ma aliai laighi, ciò dovrieno far molto più nell’ aria, che nell’ acqua, perchè forfè, per opinion d’ Ariftotile, i medelìmi corpufcoli calidi, con maggior forza, e velocità formontano per l’ aria, che per l’ acqua. E fe quella è, liccome io credo, l’ illanza d’ Ariftotile, parmi d’ aver ca­ gione di dubitar, eh’ e’ poffa efierli ingannato in più d’ un conto.- prima per­ chè que’ calidi, ofieno corpufcoli ignei, o fieno efalazioni, o inlommn fie­ no qualunque materia, che anche in aria afeenda in fu, non è credibile, che più velocemente falgano per l’ aria, che per l’acqua : anziall incontro peravventura, piùimpetuolamente fi muovono per l’ acqua, che per l’ aria come in parte di fopra ho dimoftrato. E qui non fo icorger la cagione per la quale Ariftotile vedendo, che il moto all’ ingiù dello llello mobile è piu veloce nell’ aria, che nell’acqua, non ci abbia fatti cauti, che del moto contrario dee accader l’ oppofito di neceflìtà, cioè eh’ e’ fia più veloce nell’ acqua che nell’aria: perchè, avvenga che’1 mobile, che dilcende, più ve­ locemente fi muove per l’aria, che per l’ acqua, fe noi c’ immaginaremo,


DEL GALILEO. 8; chela fua gravità fi vada gradatamente diminuendo, egli prima diverrà ta­ le, che, fcendendo velocemente nell'aria, tardifllmamente (benderà nell’ acqua: dipoi potrà elTer tale, che fcendendo pure ancor per l’ aria, afcenda nell’ acqua, e fatto ancora men grave, afcenderà velocemente per 1’ acqua, epur difcenderà ancora per l’ aria.- e infomfna, avanti ch’ ei comin­ ci a potere afcendere, benché tardiffìmamente, per l'aria, velociiTniamente formonterà per l'acqua: come dunque è vero, che quel che fi muove all’ insù, più velocemente fi muova per l’ aria, che per l’ acqua? Quel ch’ ha fatto credere ad Ariftotile il moto in fu farli più velocemen­ te in aria, che in acqua, è fiato prima l’ aver riferire le caufe del tardo, e del veloce, tanto del moto in fu, quanto dello ingiù, (blamente alla di. verfità delle figure del mobile, e alla maggiore, o minor refiftenza della maggiore, o minor cralfizie, o fottilità del mezzo, non curando la comparazion degli eccedi delle gravità de’ mobili, e de’ mezzi: la qual tuttavia è il punto principaliifimo inquella materia, che le l’ incremento, e’I decre­ mento della tardità, o velocità nonavellerò altro rifpetto, che alla grofiezza, e fottilità de’ mezzi, ogni mobile, che (cendelfe per l’ aria fcenderebbeanche per l’ acqua, perchè qualunque differenza fi ritrovi tra la. crafllzie dell’ acqua, e quella dell’ aria , può benidìmo ritrovarli tra la velocità dello Aedo mobile nell’ aria, e qualche altra velocità: e quella dovrebbe eder fua propria nell’ acqua: il che tuttavia èfalfidimo. L’ altra occalìone è, che egli hacreduto, che, ficcome v’ è una qualità pofitiva, e intrinfeca, perla quale ¡corpi elementari hanno propendone di muoverli verlo il centro del­ la terra, così ve ne fia un altra, pure intrinfeca, per la quale alcuni di ta­ li corpi abbianoimpetodi fuggire il centro, e muoverli all’ infu: invirtù del qual principio intrinfeco, detto da lui leggerezza, i mobili di tal moro più agevolmente fendono i mezzi più Cottili, che i più cradl : ma tal propolìzione moltra parimente di non eder ficura, come di Copra accennai in par­ te, ecome, con ragioni, edefperienze, potrei moftrare fel’ occafion pre* lente n’ avelie maggior necedltà , o le con poche parole potedì fpedirmi. L’ inftanza dunque d’ Ariftotile contro aDemocrito, mentre dice, che fe gli atomi ignei alcendenti foitenedero i corpi gravi, ma di figura larga, ciò dovrebbe avvenire maggiormente nell’ aria, che nell’ acqua , perchè tali corpulcoli più velocemente fi muovono in quella, che in quella , non è buona, anzi dee appunto accader l’ oppolìto, perchè più lentamente accen­ dono per l’aria, e oltre al muoverli lentamente, non vanno uniti inlieme, come nell’ acqua, ma fi difcontinuano, e come diciamo noi, fi l'parpaglia* no; e però comeben rifponde Democrito, rifolvendo l’ inftanza, non van­ no a urtare, e fare impeto unitamente. S inganna fecondariamente Ariftotile, mentre e’ vuole, che detti corpi gì avi piu agevolmente fodero da* calidi alcendenti foftenuti nell’ aria, che nell acqua, nonavvertendo, che i niedefimi corpi fon molto più gravi in quella, che in quefta, e che tal corpo pelerà dieci libbre in aria, che nell acqua nonpelerà mezz’ oncia ; come dunque potrà edere più agevole il loftenei lo nell aria, che nell’ acqua? Concludali pertanto, che Democrito in quello particolare ha meglio filofofato, che Ariftotile. Ma non però voglioio affermare, che Democrito abbia rettamente filofofato, anzi pure diróio, che v’ è efperienza manifefta, che dillrugge la fua ragione, e quefta e, che s e’ folle vero, cheatomi caldi afcendenti nell’ acqua foftenellero un corpo, che fenza ’1 loro oftacoto anderebbe al fondo, ne feguirebbe, che noi pocelfimo trovare una materia pochiflìmo fuperiore in gravità all’ ac­ qua, la quale, ridotta in una palla, o alcra figura raccolta, àndailc al fon* F 2 do


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DISCORSO

ilo, come quella, che incontrane pochi atomi ignei, e che diftefa poi in un ampia, e fottìi falda, venifle folpinca in alto dalle impulfioni di gran moltitudine de'medefimi corpulcoli, e poi trattenuta al pelo della luperficie dell’acqua ; il che non fi vede accadere, inoltrandoci l’ efperienza, che un corpo di figura v. gr. sferica , il quale appena, e con grandidìma tardità, va al fondo, vi reitera, e vi difcenderà ancora, ridotto inqualunque altra largh;dima figura. Bilogna dunque dite, o che nell’ acqua non fieno tali atomi ignei attendenti, o fe vi lono, che non fieno potenti a follevare, e fpignere in lu alcuna falda di materia, che lenza loro andalTe al fondo: dellequaii duepofizioni io fiimo, che la leconda fia vera, intendendo del­ l’ acqua contticuitanella fua naturai freddezza. Ma fe noi piglieremo un vafc di vetro, o di rame, o di quallivoglia altra materia dura, pieno d’ ac* qua fredda , dentro la quale fi ponga un folido di figura piana, o concava, ma che in gravità ecceda l’ acqua così poco, che lentamente fi conduca al fondo, dico, che mettendo alquanti carboni accefì lotto il detto vaio, co­ me prima i nuovi corpulcoli ignei, penetrata la fuftanza del vaio, aicetideranno per quella dell’ acqua, lenza dubbio, urtando nel folido fopraddecto, lo (piglieranno fino alla luperficie, e quivi lo tratterranno fin che dure­ ranno le incurfioni de’ detti corpulcoli, le quali, celiando, dòpo la lottra« zion del fuoco, tornerà il folido al fondo, abbandonato da’ fuoi puntelli. Ma noti Democrito, che quella cauia non ha luogo, le non quando fi tratti d’ alzare, e foftenere falde di materia poco più gravi dell’ acqua, ovve­ ro fommamente lottili : ma in materie graviflime, e di qualche grollezza, come falde di piombo, o d’ altri metalli, ceda totalmente un tale effetto: inteftimoniodi che notili, che tali falde iòllevate dagli atomi ignei, afcen* dono per tutta la profondità dell’acqua, eli fermano al confin dell'aria, reftandoperòlott’acqua : ma le laide degli avverfari non fi fermano, fe non quando hanno la fuperficie luperiore afciutta, nè vi è mezzo d’ operare , che quando fono denti’ all’ acqua non calino al fondo. Altra dunque è la caufa del lòprannuotare le cole, delle quali parla Democrito , e altra quel­ la delle cole delle quali parliamo noi. Ma tornando ad Ariftotile parmi, che egli aliai più freddamente confuti Democrito, che lo ftcffò Democrito non fa perdetto d’ Arili ocile, l’infianze, che egli fi muove contro : el’ oppugnarlo con dire, che fe i caiidi afcendenti fodero quelli , che iòlievaUero le Cottili falde, molto più dovrebbe un tal folido eller fofpinto, e follevato per aiia, mofira in Arifiocile la voglia d’atterrar Democrito fupcriore all’ efquilitezza del Caldo filolofare ; il qual defiderio in alcre occalìoni fi Icuopre, e lenza molto dikoltarfi da quello luogo, nei tede- precedente a quello capitolo, cheabbiamo per ternani, dov’ ei tenta pardi confutare il medefimo Democrito, perchè egli, nonfi contentando del nome Colo, ave­ va volutopiuparticùlarmente dichiarare, che colà fude la gravità, e la leg­ gerezza, cioè la cauia dell’andare in giù, e dell’ accendere, e aveva intro­ dotto il pieno, e’1 vacuo, dando quello al fuoco, per lo quale fi moveffe in fu, equello alla terra, per lo quale ella dilcendefle, attribuendo poi all* aria più del fuoco, e all’ acqua più della terra. Ma Ariftotlle volendo an­ che del muco all’infu una caufa poficiva, e non come Platone, o quelli al­ tri, unalemplice negazione, o privazione, qual farebbe il vacuoreferito al pieno , argomenta contro a Democrito, e dice.- be è vero quanto tu fupponi, adunque lai àuna mole d’ acqua, la quale avrà più di fuoco, che una piccola mole d’ aria, e una grande d’ aria, che avrà più terra, che una pic­ cola d’ acqua, i! perchè bifognercbbe, che una gran mole d’aria venide più velocemente a bailo, che una piccola quantità d’ acqua: ma ciò non fi ve*


DEI GALILEO. 85 modo: adunque Democrito erroneamente difcorre* Ma per mia opinione, la dottrina di Democrito non relia per tale inftan* za abbattuta, anzi, s’ ionon erro, la maniera di dedurre d’ Ariftotile, o non conclude, o fé è concludente, altrettanto fi potrà ritorcer contro di lui. Concederà Democrito ad Ariftotile, che fi poffa pigliare una gran mole d’ aria, la quale contenga più di terra, che una quantità d’ acqua, ma ben negherà, che tal mole d’aria fia per andar più velocemente a bailo, che una poca d’ acqua, e quello per più ragioni . Prima perchè fe la maggior uàntità di terra, contenuta nella gran mole d’aria, dovefte efler cagione i velocità maggiore, che minor quantità di terra, contenuta nella piccola mole d’ acqua, bifognerebbe prima, che luffe vero, che una maggior mole di terra femplice fi movefiepiù velocemente, che una minore; ma queft’ è fallo, benché Ariftotile in più luoghi 1' affermi per vero, perchè non la maggior gravità afloluta, ma la maggior gravità in ifpecte è cagione di ve­ locità maggiore: nè più velocemente difcende una palla di legno, che pefi dieci libbre, che una che peli dieci once, e fia della fteffa materia: ma ben difcende più velocemente una palla di piombo di quattro once, che una di legno di venti libbre , pereh’ il piombo è in ifpecie più grave del legno; adunque non è neceffario, che una gran mole d’ aria, per la molta terra contenuta in effa, dilcenda più velocemente, che piccola mole d acqua, anzi per l'oppofito qualunque mole d’ acqua dovrà muoverli più veloce di qualunque altra d’ aria, per efi'er la pacticipazion della parte terrea in ifpeciemaggior nell’ acqua, che nell’ aria. Notili nel fecondo luogo, come nel multiplicaría mole dell’ aria non fi multiplica folamence quello, che vi è di terreo, ma il fuo fuoco ancora: onde non meno fe le crefce la caufa dell’ andare infu, in virtù del fuoco, che quella del venire all’ ingiù, per con­ to della fua terra multiplicara. Bifognava nel crefcer la grandezza dell'aria multiplicar quello, che ella ha di terreo fulamente, lafciando il fuo primo fuoco nel fuo fiato, che allora fuperando il terreo dell'aria augumentata, la parte terrea della piccola quantità dell’ acqua fi farebbe potuto più verilimilmente pretender, che con impeto maggiore doveflè feender lamol­ ta quantità dell’ aria, che la poca acqua. E‘ dunque la fallacia più nel difcorfo d’ Ariftotile, che inquello di De­ mocrito, il quale con altrettanta ragione potrebbe impugnare Ariftotile, e dire: Se è vero, cheglieftremi elementi fienol’ unofemplicèmente grave, e l’ altro femplicemente lieve, che i medj partecipino dell’ uno, e dell’ altra natura, ma l’ aria piùdella leggerezza, e l’ acqua più della gravità, adunque farà una gran moled'aria , la cui gravità fupererà lagravità d’unapiccola quantità d’ acqua, eperoni mole d’ aria difeenderà più velocemente, che quel­ la poca acqua .Ma ciònon fi vede mai accadere, adunque non è vero, che ;li elementi di mezzo fieno partecipi dell’ una, edell’ altra qualità. Simie argomento è fallace, non meno che l'altro contr’ a Democrito. Ultimamente avendo Ariftocile detto, che fe la pofizion di Democrito fuflfe vera, bifognerebbe, che una gran mole d’ aria fi niovelle più velo­ cemente, che una piccola d’ acqua, e poi foggiunto, che ciò non fi vede mai in alcunmodo; parmi che altri poda reliar con defideno d’ inten­ der da lui in qual luogo dovrebbe accader quello , eh’ e’ deduce contro a Democrico, e quale elperienza ne infogni, eh'e’ non v’ accaggia , Il cre­ der di vederlo nell’elemento dell’ acqua, e in quel dell’aria, è vano, per­ chè nè l'acqua per acqua, nè Para per aria fi muovono, o moverebbon giammai, per qualunque partteipazione altri adegui loro di terra, o di fuoco; la terra, per non efier corpo fluido, e cedente alla mobilità d’ al­ ia/», /, F j tri de mai in alcun

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tri corpi, è luogo, e mezzo inettiifimo a fintile efperienza: il vacuo, per detto d’ Ariftotile medefimo non fi dà, e benché fi delle, nulla fi move­ rebbe in lui: retta la region del fuoco, ma efiendo per tanto fpazio diftan* te da noi, quale efperienza potrà afficurarci, o avere accertato Ariftotile in maniera, eh’ e’fi debba, come di cola notiflìma al fenfo, affermare quan­ to e’ produce in confutazion di Democrito, cioè, che non più velocemenrefi muova una gran mole d’ aria, che una piccola d’ acqua? Ma io non voglio più lungamente dimorare in quella materia, dove farebbe, che dire aliai: e lafciato anche Democrito da una banda , torno al tetto d’ Ariftotile, nel quale egli fi và accingendo per render le vere caufe, onde avvenga, che le le fiottili falde di ferro, o di piombo foprannuotino all’ acqua; e più 1’ oro dello allottigliato in tenuifiìme foglie, e la minuta polvere, non pure nell’ acqua, ma nell’ aria ancora vadano notando- E pone, che de’ continui, altri fieno agevolmente divifibili, c altri no: e che degli agevol­ mente divifibili alcuni fien più, e altri meno tali: e quelle afferma dovere ftimarfi , che fien le cagioni. Soggiunge poi, quelloedereagevolmente divi­ abile, che ben lì termina, epiù quello che più. e tale effer più l’ aria , che l’ acqua; l’ acqua, che la terra. E ultimamente fuppone, che in ciafcun genere più agevolmente fi divide, e fi diilrac la minor quancitade, che la maggiore. Qui io noto , che le conclufioni d’ Ariftotile in genere fon tutte vere , ma parmi, che egli le applichi a’ particolari, ne’quali elle non hanno luo­ go, come bene lo hanno in altri, come v. gr. la cera è più agevolmente divifibile, che il piombo, e il piombo che l’ argento, ficcome la cera più agevolmente riceve tute’ i termini, che ’1 piombo, e ’1 piombo, che 1^ ar­ gento E'vero inoltre, che più agevolmente fi divide poca quantità d’ ar­ gento; che una gran mafia: e tutte quelle propofizioni fon vere, perchè vero è, che nell’ argento, nel piombo, e nella cera è lemplicemente reiir flenza all’ efier divifo, e dov’ è l’ afioluto, è anche il rdpettivo. Ma le tanto nell’ acqua, quanto nell’ aria non è renitenza alcuna alla femplice di-; vilione; come potremo dire, che più difficilmente dividali l’ acqua, che l’ aria? Noi non ci fappiamo fiaccare dall’ equivocazione: onde io torno a reificare , che altra cofa è refillere alla divifione afioluta, altra il refiftere alla divifion fatta con tanra, e tanta velocità- Ma per far la quiete, e ofta; re al moto è neceftaria la refiftenza alla divilìone afioluta; e la relìftenz? alla prella divifione cagiona, non la quiete, ma la tardità del moto. M3 che tanto nell’ aria, quanto nell’ acqua la refiftenza alla lèmplice divifione non vi ila, è manifello, perchè niun corpo folido fi trova, il quale non di­ vida l’ aria, e l’acqua ancora : e che l’ oro battuto, o la minuta polvere non fieno potenti a luperar la renitenza dell’ aria , è contrario a quello, che l’ efperienza ci mollra, vedendoli e l’ oro, e la polvere andar vagan­ do per l’ aria , e finalmente difeendere al ballò , e fare anche lo Hello nell’ acqua, fe vi faranno locati dentro, eleparati dall’ aria. E perchè, come io dico, nè l’acqua, nè l’ aria refiftono punto alla femplice divifione, ^non fi può dir, che l’acqua refifta più che l’ aria: nè fia chi m’ opponga, 1’ efempio di corpi Ieggerilfimi, come d’ una penna, o d’ un poco di midolla di fagginale, o di canna paluftre, che fende l’ aria, e l’ acqua no, e che da quello voglia poi inferire l’ aria efier più agevolmente divifibile, che 1’ ac­ qua, perchè io gli dirò, che s’ egli ben’ ofterverà. vedrà il medefimo foli­ do dividere ancora la continuità dell’ acqua, e fommergerfi una parte di lui, e parte tale, che altrettanta acqua in mole peferebbe quanto tutto lui: e fe pure egli perfiftefie nel dubitare, che tal folido non fi profondane,


DEL

GALILEO.

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p e r i m p o t e n z a d i d i v i d e r l’ a c q u a , i o t o r n e r ò a d i r g l i , c h ’ e ’ l o f p i n g a l o t t o a c q u a , e v e d e r a l l o p o i , m e f i o e h ’ e ’ l ’ a b b i a in fu a l i b e r t à . d i v i d e r 1 a c q u a , a f e e n d e n d o n o n m e » p r o n t a m e n t e , e h ’ e ’ fi d i v i d e f l e l ’ a r i a d i f e n d e n d o : » c c h è il d i r e q u e l l o t a l f o l i d o l ' c e n d e n e l l ’ a r i a , m a g i u n t o a l l a c q u a c e l l a ai m u o v e r l i , e p e r ò l’ a c q u a p i ù d i f f i c i l m e n t e fi d i v i d e , n o n c o n c l u d e n i e n t e , p e r c h è i o a l l ’ i n c o n t r o g l i p r o p o r r ò u n l e g n o , o u n p e z z o d i c e r a , il q u a l e d a l f o n d o d e l l ’ a c q u a fi e l e v a , e a g e v o l m e n t e d i v i d e la l u a r e n i t e n z a , c h e p o i a r r i v a t o a l l ’ a r i a , fi f e r m a , e a p p e n a la i n t a c c a : o n d e 10 p o t r ò , c o n a l t r e t t a n t a r a g i o n e d i r e , c h e l’ a c q u a p i ù a g e v o l m e n t e fi d , v «d e « n e l a r a ­ l o n o n v o g l i o in q u e l l o p r o p o s t o r e d a r d a v v e r t i r e un a l t r a f a l l a c i a d i q u e l l i p u r e , c h e a t t r i b u i f e o n o la c a g i o n d e l l ’ a n d a r e , o n o n a n d a r e a i f o n d o , a l la m i n o r e , o m a g g i o r r e f i i l e n z a d e l a c r a f f i z i e d e l l a c q u a a ll e l l e t d i v i f a , f e r v e n d o l i d e l l ’ e l e m p l o d ’ u n u o v o , il q u a l e n e l l a c q u a d o l c e va f o n d o , m a n e l l a f a l f a g a l l e g g i a : e a d d u c e n d o p e r c a g i o n d i c i ò la p o c a r e ­ n i t e n z a d e l l ’ a c q u a d o l c e a l l ’ e f f e r d i v i f a , e la m o l t a d e l l a c q u a l a l t a . M a s ’ i o n o n e r r o , d a l l a d e l t a e f p e r i e n z a fi p u ò n o n m e n o d e d u r r e a n c h e t u t t o l ’ o p p o f i t o , c i o è c h e l ’ a c q u a d o l c e fia p i ù c r a l t a , e l a l a lt a p i u t e l ’ u e » f o t t i l e , p o i c h é u n u o v o d a l f o n d o d e l l ’ a c q u a f a l la f p e d i t a m e n t e a c e n i a l f u m m o , e d i v i d e l a f u a r e f i i l e n z a , il c h e n o n p u ò e g l i f i r e n e l l a o ce, n e l c u i fo n d o reità fen za p o t e r fo lle v a rfi ad a l t o . A là u d i a n g u ille c ° n " c o n o i filli p r in c ip i: ma ch i re tta m e n te filo fo fa n a o rico n o lc e ra Per c 6 " n i di ta l i e f f e t t i g li e c c e l l i d e lla g r a v i t à d e ’ m o b i l i , e d e m e z z i , d ira , l ’ u o v o v a al f o n d o n e l l ’ a c q u a d o l c e , p e r c h è è p i ù g r a v e d i l e i , e v,en g a lla n e lla l'a lfa , p e r c h è è m e n g r a v e di q u e l l a , e le n z a in t o p p o leu m o l t o là id a m e n te fta b ilirà le fu e c o n c l u f i o n i . . . . C e d a d u n q u e t o t a l m e n t e la r a g i o n e , c h e A r i d o t i l e F o g g iu g n e nel t e l l o d i c e n d o : L e c o l e d u n q u e , c h e h a n n o g ran la r g h e z z a , r e lla n o ‘ O pra, p e r* c h è c o m p r e n d o n o a ita i, e q u e l l o , c h e è m a g g i o r e , n o n a g e v o lm e n te li d i v i d e , c e d a d i c o ta l d i f c o r l o , p e r c h è n o n è v e r o , c h e n e l l a c q u a , o n e l l a r i a fia r e f i i l e n z a a l c u n a a l la d i v i f i o n e , o l t r e c h é la f a l d a d i p i o m b o , q u a n ­ d o fi f e r m a , ha g i à d i v i f a , e p e n e t r a t a la c r a f f i z i e d e l l a c q u a , e p r o f o n d a t a f i d i e c i , e d o d i c i v o l t e p i ù , c h e n o n è la l u a p r o p r i a g r o u e z z a : o l t r e c h é ta l re fiile n z a a ll’ e ffe r d i v i f a , q u a n d o p u r fu lte n ell’ a c q u a , la re b b e le m * p l i c i t à il d i r e , c h e e l l a f u l t e p i ù n e l l e p a r t i l u p e r i o r i , c h e n e l l e m e d i e , e p iù b a l t e , an zi fe d iffe re n z a v i d o v e t t e e l t e r e , d o v r ie n o le p iu c r a iie e liec l e i n f e r i o r i , f i c c h è la l a i d a n o n m e n o d o v r e b b e e l t e r e i n a b i l e a p e n e t r a r e l e p a r t i p iù b a i t e , c h e le l u p e r i o r i d e l l ’ a c q u a , tu t t a v ia n o i v e g l i a m o , c h e n o n p r i m a fi b a g n a la f ù p e r f i c i e f u p e r i o r e d e l l a l a m i n a , c h e e l l a p r e c i p i t o f a m e n t e , e fe n z a a lc u n r i t e g n o d if e e n d e fin o al f o n d o . _

lo non credo già , che alcuno ( llimando forfè di potere in tal gaffa di­ fendere Anflotile ) dicefie, che, eftendo vero, che la molta acqua renile più, che la poca, la detta lamina fatta più bada difeenda, perchè minor mole d’acqua le redi da dividere: perchè le dopo l’ aver veduta la medeiìma falda galleggiare in un palmo d’ acqua, e anche poi nella medefima fommergerfi , e’ tenterà la delta erperienza fopra una profondità di dieci o venti braccia, vedrà feguirne il medelìmo effetto per appunto, fi qui tor­ no a ricordare, per rimuovere un errore aitai comune, che quella nave, o altro qualfivoglia corpo , che fopra la profondità di cento, o di mille brac­ cia galleggia col tuffar folamente lèi braccia della propria altezza, galleggerà nello deflo modo appunto nell’ acqua, che non abbia maggior pro­ fondità di fei braccia, e un mezzo dito. Nè credo altresì, che fi polla ai» Iè parti fuperiori dell’ acqua effer le più crafle, benché gravifllmo Aumre —4


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D I S C O R S O

abbia (limato, nel mare Tacque fuperiori effer tali, pigliandone argomen­ to dal ritrovarli più falate, che quelle de! fondo: ma io dubiterei dell’ elpenenza, le già nell’ eflrar l’ acqua del fondo non s’ incontrane qualche polla d acqua dolce, chequi fcaturifle: ma ben veggiamo all’ incontro T acque dolci de’ fiumi dilatarfi anche per alcune miglia, oltre alle lor foci, lopra l'acqua (alfa del mare, fenza dilcendere in quella, o con effa conxonderfi, le già non accade qualche commozione, e turbamento de’venti. Ma tornando ad Ariftocile gli dico, che la larghezza della figura non ha che tare in quello negozio, nè punto, nè poco, perchè la ftefla falda ci piombo, o d’ altra maceria, fattone flriice, quanto fi voglia {frette, loprannuota nè più, nè meno: e lo (ledo faranno le medefime llrifce di nuovo tagliate in piccoli quadretti, perchè non la larghezza, ma la grofezza èquella» che opera in quefto facto. Dicogli di più, che quando ben tu.le vero, che la renitenza alla dmfione fufle la propria cagione de! gal* leggiate, molto, e molto meglio galleggerebbono le figure più (frette, e piUj corte, che le più Ipaziofe, e larghe, (icchè crefcendo 1’ ampiezza della figura, fi diminuirebbe Tagevolezza del foprannuocare, e fcemando quella fi crefcerebbe quetta. H per dichiarazione di quanto io dico, metto in confiderazione, che quando una fottìi falda di piombo difcende, dividendo T acqua, la dividone, e difcontinuazioue fi fa tra le parti dell’ acqua, che fono intorno in­ torno al perimetro, e circonferenza di ella falda, e fecondo la grandezza maggiore, o minore di tal circuito ha da dividete maggiore, o minor quantitàd acqua, fi’cchèle il circuito^. gr. d’ una tavola farà dieci braccia, nel profondarla per piano, fi ha da far la feparazione, e divifione, e per così dire, untaglio fudieci braccia di lunghezza d’ acqua, e fimilmence una fal­ da minore, che abbia quattro braccia di perimetro, dee fare un taglio di quattro braccia. Stante quello, chi avrà un po di Geometria, comprende­ rà non (oiamente, che una tavola fegata in molte llrifce affai meglio lo prannuoterà-, che quando era intera, ma che tutte le figure, quanto più taranno corte, e (frette, tanto meglio dovranno ilare a galla. Sia la ta­ vola A B 1) C lunga, perefemplo, otto palmi, e larga cinque, farà il fuo ambito palmi venzei, e venzei palmi farà la lunghezza del taglio, ch’ ella dee far nell’ acqua per difendervi: ma le noi A la fugheremo v. gr. in otto tavolette, fecondo jr le linee E F, G H ec, facendo fette fegamenti , verremo adaggiugnerealli venzei palmi del (5 circuito della tavola intera altri fettanta di più; onde le otto tavolette così legate, e feparate, avranno a tagliare novanzei palmi d'acqua: e fe di più legheremo ciafcuna delle dette tavo­ lette in cinque parti, riducendole in quadrati, alli circuiti di palmi novanzei, con quattro ca­ gli d’otto palmi l’ uno, n’ aggiugneremo anco­ ra palmi 64. onde i detti quadraci per dilcender nell’acqua doveranno dividere cenfeflanta w palmi d’ acqua, ma la refiflenza è affai mag­ giore, che quella di venzei ; adunque a quan­ to minori fuperficie noi ci condurremo, tanto vedremo, che più agevolmente galleggerobbono: e lo (fedo interverrà di tutte Taltre figure, le cui luperficie tanto fieno fra di loro fimili, ma dif­ ferenti ingrandezza.- perchè diminuite, e crefciute quanto fi voglia le det­ te fu-


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G A L I LEO.

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te fuperficie, fempre con fubdupla proporzione fcemano, o crefcono i lo­ ro perimetri, cioè le refiftenze eh’ e’ trovano in fender 1’ acqua, adunque più agevolmente galleggeranno di inano in mano le falde, e tavolette, fe­ condo ch’ elle faranno di minore ampiezzaCiò è m anifefio , p erch è m antenendofi fe m p r e la m edefim a a lte z z a d el fo lid o , eo l­ ia mede f i n a proporzion e , ch e f i orefice, o /cerna la b u fi , ere f i e ancora , o fie m a V illeffo fo lid o , onde feem an d o più 7 fo lid o , che 7 circuito , p iù fie m a la caufia d ell' an dare in fo n d o , che la caufia d e l g a lle g g ia r e , e all' incontro crefien d o più 7 fo lid o , ch e 7 circu ito , p iù orefice la caufia dell' andar'in fo n d o , e meno quella del reftar a galla .

E quello tutto feguirebbe in dottrina d’ Ariftotile contraila fua medefima dottrina . Finalmente, aquel che fi legge nell’ ultima parte del tetto, cioè, che fi dee comparar la gravità del mobile colla refiftenza del mezzo alla divifione, perchè fe la virtù della gravità eccederà la refiftenza del mezzo, il mobile difeenderà, feno, foprannuoterà; non occorre rifponder altro, che quel che già s’ è detto, cioè, che non la refiftenza alla divifione aftoluta, la quale nonè nell’ acqua , o nell’ aria, ma la gravità del mezzo fi dee chia­ mare in paragone colla gravità del mobile, la qual, fe fata maggior del mezzo, il mobile non vi difeenderà, nè meno vi fi tufferà tutto, ma una parte folamente : perchè nel luogo, eh’ egli occuperebbe nell’ acqua, non vi dee dimorar corpo, che peli manco d’ altrettant’ acqua : ma fe ’1 mobile fa­ rà egli più grave, difeenderà al fondo, ed occuperà un luogo dove è più conforme alla natura, che vi dimori egli, che altro corpo men grave. E quella èla fola , vera, propria, e aftoluta cagione del foprannuotare, o an­ dare al fondo, ficchè altra non ve n’ha parte: e la tavoletta degli awerfari foprannuora, quando è accoppiata con canta d’ aria, che tnfieme con ella forma un corpo men grave di tanta acqua, quanto andrebbe ariempiere i! luogo da tal comporto occupato m11*acqua: ma quando fi metterà nell’ acqua li femplice ebano, conforme al tenor della noftia quiftione, andrà fempre al fondo, benché fotte lottile come una carta-


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A R A F F A E L L O S T A C C OL I Da Bellofguardo lì \ 6. di Gennaio 1630.

Orto dì 22. di Dicemb. mi fu lignificato da V S. molto Illurtre, ed Eccell efler volontà del Sereniamo Gran Duca noftro Signore, che per li 16. detto, infieme col Sig. Giulio Parigi, e con t due Ingegneri. Bartolotti. e Panconi, io doverti intervenire in una villtadel Fiume di Bilenzio, per fentire le relazionale i detti Ingegneri, e poter poi col Sig. Parigi referire, quanto ci patelle giudo in quella materia , che verte intorno alla refoluzione da pigliarli per rimediare a i _ danni, che detto Fiume apporta a i terreni adiacenti. Tal vinta fu dipoi d.fferita per le caufe ben notea V S Eccell. tra le quali una fu, che peravventura dal vedere, ed efaminare alcune lcritture fat* te da i detti Ingegneri, e l'opra di erte dir nollro parere, fi potrebbe l'opire quelle difficoltà, e controverfie, che rendon dubbi quelli, a’ quali ila il determinare, e rilolvere quanto fi debba fare; perlochè, avendo io vedu­ to, quali fieno i pareri delli due Ingegneri, dirò ( con quella più chiarezza, e brevità, che mi farà poffibile ) l’ opinione mia intorno 3 quella materia, Tempre da me (lata tenuta per difficihffima, e piena d’ofcurità, e nella qua­ le fono ilari commeffi molti equivoci, ed errori, e maffime avanti, che i profellori fullero flati renduti cauti dalli avvertimenti del Mol. Rev. Pad. Abate D Benedetto Cartelli in quel fuo libretto veramente aureo, che fua Paternità icrifle, e pubblicò tre anni iono, intorno alle mifure dell* acque correnti. filato il parere dell'Ingegnere Bartolotti, ed in una fua Tenitura P efpone, di ridurre una parte del Fiume, che corre con molta torcuoiìtà, in un canale dritto, (limando di potere in quella maniera ovviare alle inon­ dazioni. hfamina l’ Ingegner Fantoni tale fcrittura, e molto avvedutamen­ te gli oppone , replica l’ Ingegner Bartolotti all’ oppofizioni, ceicando di loftenere elìcre il configlio fuo 1’ ottimo, che prender fi polla in quello partito. Ora perchè io inclino nell’altra opinione, che è di lafciare in loro edere C • e fare quei rellauramenti, che propone 1’ Ingegner Fantoni, andrò efaminando l’ ultima replica del Bartolotti, mollrando per quanto potiò, quanto facil ita 1’ abbagliare in quelli olcurtUìffli movimenfi dell’ acque. per-


94 L E T T E R A Perfide dunquel'Ingegner Bartolotti in riprovare come inutile ogni prov­ vedimento, che fifaceiie, fuori che quello del levare le tortuofità, ridu­ cendo il Fiume in canale dritto, con dire il rimedio propodo dall’ Ingegner Fanroni edere dato fatto altre volte, cioè quarantaquattro anni Í3, ed efferii pur ritornato al medelimo dato di prima. Ma io vorrei fapere, le la reftaurazione fatta in quel tempo, nel cosi tortuofo Fiume, fu di qualche profitto, o pure del tutto inutile, ed infruttuofa. Non credo, che fi pofla dire, che ella fulle totalmente vana, perchè nè l’ altro Ingegnere la proporrebbe, nè ci farebbe alcuno del paefe, che non reclamarte a tal propoda. Se dunque i provvedimenti furono giovevoli, e furono fatti fenza ri­ muovere le tortuofità, adunque l’ elfer dopo qualche tempo ritornati i medefimi danni, non depende dalle torture, ma da altre cagioni » che inlomma fi ritrova edere, che il letto fi è ripieno, e ridrerto, e quedo me­ diante le torbide, che vanno deponendo, e perchè il rimediare afe tor­ bide, e loro depofizione è importàbile, però bifogna contentarli, ed ac­ comodarli a dovere di tempo in tempo rimuovere il depodo, Inoltre, fe già fi vede, che le provvifioni fatte nelle tortuofità, giova­ vano, e di quedó fiamo fatti ficuri dall’ efperienza, perchè fi dee tentare un rimedio dubbio, e che potrebbe ( oltre al non apportar giovamento maggiore allo sfogo dell’ acque ) arrecare altri accidenti dannofi, alti qua­ li l’antiveder nollro non ha potuto forfè arrivare? Ma dirà qui il Bartolotti, avere elio feorti vantaggi tali nel canale drit­ to, e breve, che l’ inducono ad attenerli a tal partito, e però noi andere* roo efaminando elfi vantaggi, cioè quelli, che egli dedo produce - E per­ chè il medelimo afferma di più ne i vantaggi, che appreflo fiamo per efaminare, confidere tutta la fomma di quedo negozio, e 1’ altre cofe eller tutti pannicelli caldi ( che così li nomina ) ed alterazioni di poco momen« to, e da non la finir mai, però in quedi ci fermeremo , e gli anderemo re* fecando al vivo, con flemma, e curiofità, e non fenza iperanza di potere arrecare qualche giovamento, col inodrare, come pur di fopra ho detto, quanto fía facile l’ equivocare, e l’ ingannarli. Da qunnro fcrive l’ Ingegner Bjrtolotti circa queda materia, fi raccoglie due eller le principali, e malfime imperfezioni, le quali egli attribuifee al canale tortuofo, e delle quali per luo parere manca il canale diritto, men­ tre amendue fi partano dal medelimo principio, e vadano a terminare, e sboccare nel medelimo fine, ficchè la total dependenza, e declività fia 1’ ideila in quedo, ed in quello. La prima delle quali è, che dovendoli dirtribuire l’ idelTa pendenza in uti canale lungo, quale necelTariamenre è il tortuofo in comparazione del ret­ to, le parti di elio vengono meno inclinate, ed in confeguenta il moto fatto in elle più lento, e lo (carico dell’ acque più tardo. La feconda è, che l’ acqua ripercuotendo nelle (volte del canale tortuo­ fo, viene ributtata, e grandemente impedita nel fuo corfo, talché , ve­ nendo ritardato doppiamente, cioè per la poca pendenza, e per gl’ incon­ tri delle torture, più facilmente rigonfia, e trabocca fopra gli argini, e gli rompe, ed allaga le campagne adiacenti. Ora per più chiara intelligenza di ciò, che in tal materia mi occorre di­ re, andrò feparando, e dividendo l’ una dall’ altra di quelle due imperfe­ zioni , conliderando prima quello, che arrechi di tardità al moto la fola ideila declività, ma compartita in un canale lungo, in comparazione del­ la velocità, che l’ ideila pendenza induce in un canal corto, pollo che amen-


D E t G A L I LEO. 0f amenduefofler diritti, dipoi andremo eliminando quali e atlanti fieno i* pedimentt della tomiofità. J q 1 " eno 1 im Quanto al primo, io produrrò tre proporzioni, lequali nondubito che nel primo alpetto parrebbero gran paradoffi a chiunque le udifle dire:’ tut­ tavia procurerò di renderle credibili, fìccome in effetto fon vere ..“ K d,?°.’ .che ìn due canali- ¿e i quali la totale pendenza f.a eguamA levpl0flta del moto faranno eguali, ancorché l’un canale (ìa lunahiflì, «io, e ì altro breve. Dico lecondariamente, che in queffi medefimi canali con egual verità fi che n'Jf’ -1- m° t0 Ciler v ,e l o c e nel m eno inclinato, cioè nel più lungo, che ne! piu corto, e più inclinatob Terzo dico, che le diverfe velocità non feguitano la proporzione delle 2 'v®r‘e. Pendenze, come pare, che il detto Barcoiotti ft.mi, m a li diverlìtitano in infiniti modi, anco fopra le medefime pendenze. ^«11 fn^° ,a la Prirna propofizione, per dichiarazione, e confermazione n^lVJUa CrSd° J che dall’ Ingegnere Bartolotti, nè da altri, mi farà n rilf m 0, ^"ffimo effere il pronunziato di colui, che dirà, le velocità di , r 1 1 P0I;er.n chiamare eguali, non folamente quando eflì mobili pai­ ni ,1 Pazieguali in tempi eguali, ma quando ancora li lpazi partati in tem. p eguali, avellerò tra di loro la proporzione de'tempi de’ loro pallaggi, n os,- Per e‘cmpio quello, che in quattro ore andafle da Fiienze a Piffoja, p^Ud ch‘amare più pigro d’ unaltro, che in due ore andafle da FirenI tato, tuttavolta, che Piftoja fufle lontana venti miglia, e Prato fo­ miti nCCdiecl : P.erchè a ciafcheduno tocca fotcolbpra ad aver fatto cinque I ® 13Pei li* ° ra» cioè avere in tempi eguali partati fpazj eguali. E però quaJ - e volta due mobili fcendano per due canali dileguali, fe paflaflèro in P1, che aveliero la medefima proporzione, chele lunghezze degli ffef, canali, li potranno veramente chiamare edere egualmente veloci. Ora cIle quelli, a i quali fin qui è flato ignoto, fappiano, che due l ‘ r ^uanto ” voglia dileguali in lunghezza, purché le totali pendenze leno eguali, vengono dall’ iileffo mobile partati in tempi proporzionaA

Ì3 li alle loro lunghezze, come per efempio- Porto, che la linea retta B D. ila il livello orizontale fopra il quale fi elevino i due canali diritti, e dife* guali B A maggiore, e C A minore; de i quali le totali pendenze fie­ no


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nò eguali, cioè mifurate dalla medefima perpendicolare A D, Dico, che il tempo, nel quale un mobile fcenderà dal termine A infino in B, al tem­ po, nel quale il medefimo fcenderà da A in C, averà la proporzione medefima, che gli fteflì canali, cioè farà tanto più lungo, quanto il canale A B è più lungo dell’ A C, e quefla è propolìzione dimoftrata da me ne i li­ bri de i moti naturali, e de i projetti; onde refta manifefto, le velocità per amendue i canali ettere fottofopra eguali. lo ben comprendo d’ onde ha origine l’ equivoco, che altri piglia nello (limar falfo quello, che io affermo per veto, per lo che m’ ingegnerò di rimuovemo. Dice uno, come non fi muove più velocemente v. gr. una palla pel de­ clive A C, che una limile per A B, le quando quella partendoli dal pun­ to A farà arrivata al termine C, quella non avrà pattata una parte dell’ A B, a gran fegno grande quanto A C? ma quello concedo io per veriflìmo, e confeguentemente concedo ancora, che quando la velocità nei retto della linea A B, fülle quale nella prima parte verfo il principio A, il moto refolutamente, e con afloluta verità li dovrebbe chiamar più lento per A B, che per A C , ma per levar le tende all’ equivocazione, dico, che la fal­ lacia del difcorfo depende dal figurarli con errore i movimenti fatti l'opra ette linee A B, A C, come equabili, e uniformi, e non come inequabili , e continuamente accelerati, quali fono in effetto. Ma fe noi gli apprende­ remo quali fono di due mobili, che partendoli dalla quiete nel punto A, vanno neceffariamente acquiftando maggiori, e maggiori gradi di velocità, fecondo la proporzione , che veramente ottervano, troveremo efler vero, quanto io affermo. In dichiarazione di che è piimieramente da faperfi, che un mobile grave, partendoli dalla quiete, e l'cendendo per un canale diritto in qualfivoglia modo pendente, ovvero cadendo a perpendicolo, li và con tal proporzione accelerando, che d.videndo il tempo della fna fcefa in quali, e quanti fi vogliano tempi eguali, come v. gr. in minuti d’ora, fe lo Ipazio pattato nel primo minuto farà, per efetrpio, una picca , il paffato nel fecondo farà tre picche, nel terzo minuto patterà cinque picche, nel quarto lette, e così fucceffivamente gli fpazj pattati ne i fufleguentt minuti anderanno crefcendo fecondo i numeri difpari 9 1 1 . 13. iS- ß que­ lli pure è delle propofizioni vere, e da me dimoftrate,

Ripigliandoadertola medelìma figura di Copra, nella quale il canale A B, “ a P.e^e e,n’pi° lun£o il doppio dell’altro A C, ed intendanfi due mobìli quali farebbero due palle, fcendere liberamente per elfi, e ponghiamo il monile nel piu declive A C, in un minuto d’ ora avere fcel’o una picca, avra nel fecondo minuto pattato tre picche, nel terzo cinque, e nel quar­ to


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t o fette, come dimoftrano gli fpazj notati, e fegnati coti i numeri 5 - 7 - ® così in minuti quattro averà pattato tutto il canale A C ,

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i. 3. pollo che fia lungo picche 16. Ma 1’ altra palla nel canale AB, più lungo il doppio, ed in confeguenza la metà meno declive, pongali etterlì motta la metà meno veloce ( e quello conforme al vero, ed all’ opinione dell* Ingegnere ) ficchè nel primo minuto abbia pattato mezza picca, ma con­ tinuando d’ accelerarli conforme alla regola attegnata, e dimcllrata, pafferà nel fecondo minuto tre mezze picche, nel terzo Cinque, e confeguentemente negli altri minuti 7. 9. 11. tj. 15. mezze picche; e perchè nel canale A C, fi contengono picche t 3. 5. 7. che fanno la fopraddetta fomma di picche 16. nell’ altro A B. ctie è doppio dell’ A C, con­ viene, che in numero fieno picche 1*. cioè mezze picche 64. quante appunto fono le notate 1. 3. 5. 7. n. 17. 15. pattate in otto minu8 I(*- c?ncen*:lte in A C, pattate in minuti quattro. Dal che e manifefto le velocità ne i due canali interi effere fottofopra egua­ li, poicliL nell’ uno fi pattano 1 6, picche in quattro minuti, e nell’ altro 32. in otto minuti; febbene1 è anco vero ( per la foddisfazione della parte ) che la velocità nell’ A 6 / è maggiore, poiché nel tempo, che il monile partendoli da A, ha pattate le 1 6. picche A C, l'altro patta foiamente le 16. fuperiori mezze picche. Ma è anche vero all’ incontro , che maltrettanto tempo fi pattano le 48. mezze picche, cioè, le 24. in­ tere interiori vcrfo B, ficchè con altrettanta verità fi potrà dire il mo ­ t o per A B , eller più veloce che per A C, che era la feconda propofizione, che 10 aveva propofto di voler dimoftrare. Concludiamo per tan­ to, chepigliandofi i canali interi, le velocità in amendue fono eguali, ma nella parte fuperiore del canale lungo ( che io quello efempio è lolamente la lua quarta parte ) il moto è più tardo, ma netti tre quarti rimanenti e altrettanto più veloce, pattandoli nell’ ¡detto tempo, fpazio una volta e mezzo maggiore di tutto il canale A C. E perchè per lo fcarico d’ una piena fi ha da confiderare il corfo dell’ acqua per tutta la lunghezza de! canale, non mi pare, che retti più luogo all’ Ingegnere di dubitare ( per quanto depende dalla maggiore, o minor lunghezza, minore, e maggior pendenza dette parti de i canali ) tanto {carica il più lungo, e meno declive. quanto il più corto, e più pendente, cioè, tanto il tortuofo, quanto il diritto. E qui non voglio lafciar di mettere in confiderazione a V. S Ecc. co­ me potrebbe ettere, che alcuno equivocando per un altro verfo, prendefre errore, mentre fi perfuadette non etter potàbile, che pattando un mo­ bile con tanta maggior velocità il canale più corto, e piu pendente, non fi avelie per etto a (caricare maggior quantità della medefima materia, e in p.u breve tempo, che pel più lungo, e meno inclinato. AI che 10 rifpondo, e con particolare efempio dichiaro, che dovendo noi (caricare v. gr. dieci mila palle d’ artiglieria con farle pattar per que­ llo, e per quel condotto, ettendo, che una patta fcorre il più breve in un minuto di tempo, ma il lungo in due minuti, è vero, e manifetto, che quando lo fcarico fi avelie a fare d’ una palla per volta, ficchè non li lalcialie andare la feconda, fin che la prima non fuffe condotta al fine del condotto, nè la terza, fe non Icaricata che fufle la feconda, e così conleguentemente tucte, l’ una con tale intervallo dopo l’ altra, torno a re> che è vero, che lo fcarico pel condotto breve fi farebbe nella metà del tempo , che per lo lungo. Ma fe le palle fi lafciattero andare l’ una dopo l’altra lenza fpazio intermedio, ficchè fi toccalo, il fatto facce­ lo». /. G de-


98 L E T T E R A derebbe d’ altra maniera. Perche pollo v. gr. che la lunghezza del canale corto fuffe capace d’ una fila di cento palle folamente, ed il canale lungo, di dugento, è vero, che il corto averebbe (caricate le prime fue cento palle, quando il lungo comincerebbe a fcaricar la Tua prima, ma conti­ nuandoli poi lo (carico, e deponendofi le rimanenti palle con egual get­ to da ambedue i condotti, fi troverà il canale breve non fi edere avvan­ taggiato intutto lo fcarico, falvo che di cento delle dieci mila palle, per­ chè cento fole refteranno da fcaricarfi nel canale lungo, finito che fia tut­ to lo fcarico nel corto, e così l’ avanzo del tempo non farà della metà, ma d'un centefimo, e di meno ancora farebbe, quando maggior fuiTe il nu­ mero delle palle da deporfi, e fcaricarfi. Ora lo fcarico dell’acque fi fa in quefta feconda maniera, cioè, con e^ler perpetuamente le (decedenti par­ ti contigue alle precedenti, talmente, che lo fcarico fatto pel canale cor­ to non fi vantaggia ( eflendo la metà del lungo ) d’ altro, che d’ una fola fua tenuta d’ acqua, e duri fa piena quanto fi voglia- Vedafi ora quante di tali tenute padano nel tempo, che dura effa piena, e fi conolcerà 1’ avan­ zo efler teninflimo, anzi pure effer nullo, e di niun rilievo sì la prima te­ nuta, che fcarica anticipatamente il canale corto, come di nefl'un danno l’ ultima , che refla nel canale lungo, perchè i danni non vengono dalle pri­ me acque, che cominciano ad alzare, nè dall’ ultime, che fi partono, ma da quelle di mezzo, mentre il fiume è nel fio maggior colmo. Anzi quando fimile avanzo fufie di confiderazione, l’ utile.fi trarrebbe dal ca­ nale maggiore, eflendo che l’ acqua , che in effo fi contiene, come più lon­ tano dal trabocco, quanto più ciò farà, tanto ci fcanferà del danno. Da quanto fin qui ho derto , parmi, che affai manifeflamente fi feorga» che il vantaggio, il quale l’ Ingegnere fi prometteva dalla brevità del ca­ nale, e dalla maggior pendenza, non fia fe non deboliffimo, anzi nullo; ma la fua nullità molto più ancora fi efienua ( fe però il niente è capace di. diminuzione ) mentre, che io leverò certa fuppofizione ammefla fin qui a favore della parte, la quale nel nofiro cafo non ha luogo, e il luppofto ammeffo gratis è tale. Si è conceduto come univerfalmente vero, che nel canale la merà più corto, e di parti il doppio più pendenti, il moto fia almeno nelle prime parti del canal lungo più tardo il doppio, che nel canal corto; poiché fi è veduto, che nel tempo, che il mobile paffa le 1 6. picche adeguate 'per la lunghezza del canal corto, nel lungo non fi padano fe non 1 6. mezze pic­ che, ma ciò non avviene, fe non quando il luo moto comincia dalla quie­ te. Ma feimobili entreranno ne i due canali, mentre ambedue abbiano già impreffo un comun grado di velocità; 1’ accelerazione, che fe li aggiun­ gerà mercè delle pendenze difeguali de i due canali,.non faranno altrimen­ ti più tra di loro differenti, come fe fi partiffero dalla quiete; e lo fpazio, che fi pafferà nel canale lungo, nel tempo che fi pafìa tutto il corto, non farà folamente la metà della lunghezza del corto, ma più, epiù, fecondo, che l’ impeto, e la velocità comune precedente farà (lata maggiore, e mag­ giore nella maniera, che fegue. Ripigliamo la precedente figurai dove fi era conclufo, che podi i mo­ bili nel termine A in quiete, e di lì feendendo per i canali A C, A B, nel tempo, che il mobile per A C, aveffe pailato tutto lo fpazio A C, 1’ altro per A B, non avrebbe paffato più, che la quarta parte di effo A B, che è la metà di A C, cioè ( come allora fi efemplificò ) in A C fi paleranno fedici picche in quattro minuti, ed in A 13 otto! picche folamenteOra poniamo che i mobili entrando pel «omun termine A, 1’ uno nel ca-


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e ,*'a' tro n.el

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A C , fi trovino non in quiete, tnaperaver

diCM!fiV E À a hì* Cf a'e-A Eu °perqualfivoglia altra cagione, già imprefm in hi farebbe r d,fle il ltaA - checom conunem que,,° v. gr. minuto, 8che pattare entePiffero 40. picche in 4.io.mpicche inuti, per agr flu5 ff,5 n ,r ,bl,e^Che fc.°rrerà-Per A C, le i <5. picche dapaifarfi, me? rer?n AR l den2K ‘S " Su31" 0 ™‘nutì> ed aI m obi‘ e > che fc o ^ 3 „ A v l ePn otto, chepafferebbe quando parciiT e dalla quiete in A, ed : a ",°> che 1 unmobile pel declive di A C, patterebbe 5<Spicche, mentre 1 altro per la pendenza limile all'A B, ne paiTerebbe 48. e cosi fi fa manifi ma fefquifefta, r!rC Vn 0CU à £ela ir fella r 0011 £folam r,a Pid doPPia della per B, cioè parte ente di più. E fevelocità noi farem o A la fi

^ CndentV ° mUne V£ ° Cltn,effere ancora minore, ficcome è manifello , che ponendo v. gr. che nell’ entrare 1 mobili per gli canali AB, A C, fi trovaffero aver impeto di far 5». picche al minuto, la velocità per A C, non differirà dalla velocità per A B, più di quello, che differifca 216. da * ° J ‘ °y°gham<hre2?.daz6. vedaliadeffo, fe nel tempo delle piene, oè da 1 colmi altiffimi, 1 entrata pel canale, o corto, o più pendente, o ungo, o di minor pendenza, fi faccia come dall’ ufcita d’ un lago quieto, o pure ìngreflo fia impetuofo, e velociffimo, che fenza altro lo troverefibileTnn^nnffì0' 6’ e P«0.'dl guadagno, o fcapito, o nullo, o infenle a n c o n o n n » rJ^ firVen,re dal'a.™S6‘°re, « minor pendenza, la qua. naU p re Pe 11011 Pochiflìma, rifpetto alla lunghezza de i ca­ perlev a ' la fom^di'qSefto'negòziì ^ ¿ « 3 ? ? * “ Ph endenze,’ daIrqu.a!e,d‘*,

Ve' «v*

z r eregola il piu, ed il men veloce corfo de’ fiumi dalla fola magm entre egli lim[tazione ftimo non edere interi „ .. 11 n-^Urta a!l ei etro‘ ne “ le, che ( come fcrive l’ Ingegnere ) oltre r t ° n fi p0,ff?¿‘legnare altro, perchè fe come afferifce, i laghi manS i ® 0 0’ ed 1 fiumi fi muovono, perchè quelli hanno pendenza, e 8 2 !' n®1” ?ilcai,0’1ed ol«e, a Cl° alcu"i fiumi corrono con velocità maggiore, ed alcri-più lenti, folo per efler quelli più, e qdelli meno declivi, Gì e non


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e non per altro ne feguirebbe, che dove non è pendenza, giammai non tulle moto, e dove la pendenza non è maggiore, mai non filile maggior velocità , e dove le pendenzefuiTero eguali, o la medefima quivi fuife fem^»pre la velocità eguale; ed infomma, che la velocità s’ andiedeforegolando fecondo la proporzione delle pendenze, le auali confeguenze ben feguono ne i mobili folidi, ma ne i fluvidi, credo, che procedano affai differentemente. Dichiarerò quello, che trovo accadere ne i folidi, per veder», fe r tlteffo accaggia ne i fluidi, E prima per folido voglio, che intendiamo unapalla di metallo duriffimo, perfettamente rotonda, e pulitiffima, e che ci figuriamo il canale, dove fi dee fare il moto, pur di materia folida, ed elquifitamente pulito, e terfo. In quello canale, fe farà locato in perfetto livello onzontale, ficchè manchi del tutto di pendenza, non è dubbio, che pollavi la detta palla, reitera in quiete, trovandoli indifferente al muoverfi piu innanzi, che indietro, o vogliam dire perchè muovendoli non 3 cquilta migliore flato, poiché non s' appreffa al centro, dove la natura lua come grave lo tira. Ma così non avverrà deli’ acqua; perchè fe noi ci immagineremo effer quella palla una mole di acqua, fi diflolverà , e verfo runa parte, e feltra fcorrerà fpianandofi, e fe le bocche del canale faran» no aperte, »colera fuora tutta, fulve che quella minima particella, che ri* mane lolaniente bagnando il fondo del canale. Ecco dunque, che anco nel c.a manca di pendenza, e dove i corpi folidi danno fermi, e quie­ ti, li fluidi fi muovono. E anco affai manifelta la?cagione del muoverli, eflendo che l’ acqua nello fpianarfi acquida, avvicinandofì più le fue parti a! centro, ed ella ideila fi fa in certo modo pendenza, fervendo le fue parti inferiori per letto declive alle fuperiori, o vogliam dire, fdrucciolanuo le p3ru iuperiori fopra l’ inferiori. E qui comincia a fard manifello , come non è la pendenza del letto, o fondo del canale quella, che regola u movimento dell’ acqua. Vediamo ora quello, che accade nei canali di pendenze varie, e quali fieno le differenze di velocità in effi. ,Pra ” è efaminaro quello, che accade di due canali di lunghezza dileguali, ma di egual pendenza, dichiarando, che i tempi de i pafiaggi per eili hanno fra di loro l’ ifleffa proporzione, che le loro lunghezze. Ora conviene determinare de ¡ canali egualmente lunghi, ma di pendenza difeguali, ne¡qualidico, chei tempi de’ movimenti fatti per cflì hanno la pro­ porzione fuddupla di quella, che hanno le loro pen­ denze contrariamente prefe. Ma perchè quelli termini fon forfè alquanto ofeuri, è bene dichiararli, peròfèguiteremo due canali egualmen­ te lunghi AB, A D , ma di pendenze difeguali , fic­ chè il più inclinato ila l’ A D, determinata dalla per­ pendicolare A E, e quella d1 AB, dalla perpendicola­ re A C , e pongali per efempio tutta la perpendicolare di A D, cioè A E, impor­ tare nove foldi, e la pen­ denza di A B, cioè la perpen-


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GALILEO.

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pendicolare A C, efler foldi quattro. Dico, che effendo le pendenze tra di loro nella proporzione di nove a quattro la proporzione de’ tempi, ne i quali i mobili patteranno i canali A B , A D , eflère, non come nove a uattro, ma come nove a fei pigliando tra nove, e quattro il numero taeio proporzionale, che è fei [ perchè ficcom.e il nove contiene il fei una volta, e mezzo, così il fei contiene il quattro.] e quella proporzio­ ne del primo numero a quello di mezzo, fi chiama appretto i geo­ metri iuddupla della proporzione del primo al.terzo numero. Dico per tanto, che la proporzione de i tempi deipaflaggi per gli canali A B, A D, farà come nove a fei, ma contrariamente prefi, cioè, che il numero nove pendenza del canale A D, determina il tempo della fcefa, non per efio A D, ma A B, ed il numero medio, cioè il fei, determina il tempo del­ la fcefa per A D, ficchè il tempo per A B, al tempo per A D , farà co­ me nove a fei, quando le pendenze di A D, e di A B, fieno come nove a quattro • La dimoi!razione di quella propofizione è polla pur da me nel mio trat­ tato del moto, e tanto lì rincontrerà puntualmente accadere nel moto de i corpi folidi ; ma non già così rifponderà ne i fluidi, ne i quali fi vede far grandiflìma variazione di velocità, non folamente per piccolo accrefcimento di pendenza, che fi faccia nel letto del canale, ma ancor che quella non 11 accrcfta punto, e pochiflìmo quella della fuperficie fuperiore d* acqua. Imperocché, fe confidereremo quale accrefcimento di pendenza polla arrecare alnollro fiume d’ Arno, otto, o dieci braccia, che egli s’ alzi qui da noi da compartirli in 60. miglia di lunghezza, quale è quella del fuo al­ veo fino alla fua foce, non ha dubbio, che piccolo dovrebbe elTere l’ augumento della velocità fopra quella, che le lue acque hanno, mentre fon bade, le quali forfè non conducono al mare in 50. ore, dove nelle piene alte arrivano per avventura in manco d’ otto, che regolandoli fecondo la ragione della femplice pendenza accrefciuta, tal differenza di tempo do­ vrebbe efler pochiflìma. Perchè pollo che la pendenza del letto del fiume nel «Sfiata di 6 0 . miglia, che fono braccia 180. mila, fia v. gr. 100. e tale fia della fuperficie dell’ acqua bafla, nelle piene farà 108. onde con­ forme alla regola dell’ accrefcimento di velocità, pigliando tra 108. e roo. il numero proporzionale di mezzo, che è meno di 104. la velocità nella piena, dovrebbe avanzar quella dell’ acque baile di manco di quattro per cento, e così fe l’ acqua bafla corre al mare in so- ore, nella piena doverebbemetter48.e più; ma ella ve ne metterà meno d’ otto. Bifogna dun­ que ricorrere ad altro per caufa del grande augumenro nella velocità, che all*accrefcimento della pendenza, e dire, che per una delle potenti ragio­ ni è, che nell’ accrefcere in tal modo la pendenza, s’ accrefce fommamente la mole, e il cumulo dell’ acqua, la quale gravitando, e premendo fo­ pra le parti precedenti col pefo delle fufleguenti, le fpinge impetuoiamente, cofa, che nonaccade ne i corpi folidi, perchè quella palla foprannominata è fempre la medefima in tutte le pendenze, e non avendo augumento di materia fopravvegnente, tanto folo più fpeditamente fi muove nel canale più inclinato, quanto il meno inclinato gli detrae piq del fuo pefo, ed in confeguenza del movimento, che la fpigne a baflo. Ora perchè nell’ accelerazione del corfo dell’ acque più colme, poca pat­ te ve ne ha la maggior pendenza, e molta la gran copia dell' acqua fopravvenente, confiderifi, che nel canal corto, (ebbene vi è maggior pen­ denza, che nel luogo, l’ acque inferiori del luogo fi trovano ben tanto più Tbm, I. tì 3 cari-

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caricate della maggior copia dell’ acque fuperiori prementi, e fpingenti, dal quale impulfo può loprabbondantemente eiler compenfato il benefizio, che potrebbe derivare dalla maggior pendenza . Altre coniiderazioni potrei produrre per dichiarar maggiormente ancora, la brevità del canale non edere apportatrice di quel benefizio, che altri s* immagina; ma mi pare, che il detto fin qui fia affai, quanto a quella pri­ ma parte. Perlochè verrò alla feconda; elaminando gl’ incomodi, che molti ftimano provenire dalle tortuofirà del canale. Quanto alle tortuofìtà, e fleffioni del canale, io non farei repugnante a concedere, che quando elle fuller fatte d’ angoli rettilinei, e maflime fe rudero acuti, o retti, e anco predo che retti, il ritardamento del corio rude condderabile, e anco notabile; ma quando gli angoli fuffero ortuli, ancorché contenuti da linee rette, credo bene, che il ritardamento fareb­ be poco, ma quando ilfiume andaffe, come fi dice, ferpeggiando, e che le (torte fuder in arco, credo refolutamente, che l’ arredo ìarebbe imper­ cettibile, e quello, che mi muove a così credere, è quello. Nel canale dritto per j K concelfione dell’ Inge­ gnere Bartolotti, e cre­ do d’ ogn’altro, neduno odacolo trova 1’ acqua corrente ove percuotere, e però non viene devia­ ta, e impedita dal fuo cordo. Ma fe il canale fi romperà, piegandofi ad angolo acuto, o ret­ to come dimoitra la pri­ ma figura nella fponda £ H A B C , non è dubbio , che 1’ acqua , che (cor­ reva lungo la riva A B, intopperà nell* oppoite B C, ricevendo qual­ che ritardamento nel reflettere il fuo corfo lungo la B C, ma è anco manifedo, che fe la flelfione A B C fulle ad angolo ottufo, come dimollra la feconda figura, per venir P acqua men deviata dal precedente corfo lungo la ripa A B, affai più agevolmente fi fvolgerà fecondando la B C, e di mano in mano quanto più l’ angolo, che la fponda B C, fa fopra l’ A B, farà ottulb, tanto più fa<cile farò il volgerd l’ acqua, a tale che il pie­ garli per un angolo ottufiffimo farebbe fenza verun contrailo , o renitenza , e però fenza diminuzione alla velocità , ora notili prolun­ gando la linea A B in D, che 1’ angolo acu­ to C B D, è quello, che determina la de­ viazione della linea C B, dalla dirittura di A B D, il quale angolo, quanto più farà ilretto, tanto più l’ ottufo A B C, farà largo, eia re? flelfione più dolce, e facile No-


DEL

GALILEO. , 0J . Notili per tanto il tetto canale ABC, piegato in arco lopra il punto B , fecondo la circonferenza B b C, e prolungando a dirittura la retta AB, inD, li olìervi quanto fia grande l’ angolo C B D, il quale come è noto, a chi poffiede i primi ele­ menti della geometria, è minore di qualfìvoglìa ?nB°l° acuco rett‘*1,,eo> per lo che reità chiaro , l’inneflione, che fi fa nel punto B dell’arco B C, (òpra la retta A B, efler più octufa di tutti gli angoliottufi rettilinei, ed inlomma il pallaggio del punto B, dalla retta A B, nell’ arco B C, non efler ienlìbilmente differente dal cammino diritto; e fe noi piglieremo qualfivoglia altro punto nell’ ar­ co B C, quale fia, per efempio, il punto E, ti­ rando la retta tangente F E, avremo parimente l’ angoloC E Fiminore di tutti gli acuti rettilinei, e la fleflipne delle due parti d'arco B E , C E , nel punto E niente differente del camino per B E, e perla retta E F, e perchè quello roedefimo acca­ de in ogni punto della circonferenza B E C, peròpofliamo concludentemente affermare, infenfibile effere la difficultà nella convezione del collo dell’ acqua dal canal retto A B , pel curvo A B E C, e però impercettibile il ritardamento . Qui po­ trebbe per avventura far difficoltà l’ Ingegnere, opponendoli con dire, che il mio difcorfo fia concludente folamente in quella parte d’ acqua, che vie­ ne rafenrando la fponda A B E C, ma non già nelle parti di mezzo, qua­ li fono le G E , le quali venendo impetuofamente a dirittura perquotono nella parte oppofla E, efopra la tangente F E, conftituilcono l’angolo ret­ tilineo G E F, al quale fi può dire, che fia uguale il mifto G E C, e pe­ rò apportatore d’impedimento al corfo. A quello fi riiponde, che ciò po­ trebbeaccadere nel tempo, che l’ acqua fuffe bailìfiìma; ficchè qualche ri* volettofeparatolcorreffe per mezzo del canale, ma quando l’ alveo fia pie­ no ( che èquello flato, che noi confideriamo folamente ) nel piegarli, che fanno le parti dell’ acqua proibirla alla fponda A B E, conviene, che le pro­ pinque fue laterali fi pieghino elle ancora, e vadano cedendo, e accomo­ dandoli alla medelìma fvolta. Ma quando pure l’ impeto, e 1’ incontro le lendeffe alquanto contumaci, che danno ne potrebbe feguire? lo non ve­ do altro, che fare alquanto più violenza, nella fponda oppofla circa il punto E; onde folle bifogno fortificarli un poco più con gli argini in quel luogo, che negli altri, e forfè potrebbe accadere, che 1’ acqua regurgitando rigonfisfie alquanto fulla fvolta ; ma quello non diminuirà punto la fua velocità, perchè tale alzamento le fervirà per far divenire la l'uà pen­ denza maggiore nella parte del canale feguente E C, dove col crelcer ve­ locità, verrà a compenfare il ritardamento patito fui principio della fvol­ ta, operando un effetto limile a quello, che noi giornalmente vediamo ac­ cadere ne i fiumi affai colmi, mentre nel p3l?are l'otto gli archi de i ponti, urtando nelle pile, o impelle di detti archi, gli conviene riftringere tac­ que, le quali rialzandoli nelle parti di l'opra, fi fanno pendenza tale lutto gli archi, che correndovi velociifimamente fenza (capito alcuno, continovando ¡1 corlo loro , non confumano un fol momento di tempo di più nel loro intero viaggio, che fe avellerò avuto il canale libero. Io lo Ecc Sig che in quella mia fcrictura fono alcune propolizioni, le G4 qua-


io 4 L E T T E 2? A quali per aver nel primo afpettofetnbianzadi paradoffi, e d’ imponìbili, mi manterranno, anzi mi accrefceranno nel concettodi molti l’ attributo, che mivien dato di cervello ftravagante, e vago di contrariare all’ opinioni, e dottrine comunemente ricevute anco da gli fteffi profeffori dell’ Atti, e per quello non mi è afcofo, che meglio farebbe ( conforme a quell’ utile documento ) tacer quel ver, che ha faccia di menzogna, che pronunzian­ dolo efporlo alle contradizioni, impugnazioni, e talvolta anche alle deri­ lioni di molti. Tuttavia in quello ancora fon di parere diverfo dal comu­ ne, e liimo più urile il proporre, ed efporre alle contradizioni penlìeri nuovi, che per afficurarfi da i contradittori, empire le carte di cole traf* critte in mille volumi, ed ir» quella occafione V. S. mi riceva, e mi fpacci per cenfore, offizio, che pur viene ammefl'o nella repubblica, e forfè tra i più utili, e neceflarj, e quello, che ho detto, e quel che fon per di­ re, ila ricevuto, non come parto della mia ambizione, acciò che il mio configgo ila antepollo a’ pareri de i più intelligenti di me, ma come nato dal deiìderio d’edere a parte nelle migliori deliberazioni, fe non potìtivamente, almeno negativamente, cioè coll’ avere additati quelli inconve­ nienti, che fi debbon fuggire, e vagliami la pretella, e la dichiarazione, che fo d’ efier meno intelligente degli altri, a poter più liberamente portare in mezzo le mie fantalìe . Tornando dunque Tulle tortuofità del fiume, dirò un altro mio concet­ to, il quale penfo, che fia per giunger nuovo, ed anco eiorbitante atriogegnere, e forfè ad altri, ed è quello, che Polla l'iileda pendenza tra due luoghi, tra i quali fi abbia a far poffare un mobile, affermo la più fpedita ftrada, e quella che in più breve tempo fi palla, non efler la rerta, benché breviflìma fopra tutte, ma effervene delle curve, ed anco delle compoile di più linee rette, le quali con mag­

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gtor velocità, ed in più breve tempo fi pacano'. E per dichiarazione di quanto dico, fegnamo un piano orizontale lecondo la linea A B, fopra il quale intendali elevata una parte di cerchio non maggiore d’ un quadrante e fia C F E D, ficchè la parte del diametro;’ i> C, che termina nel toccamentoG, fia perpendicolare, o vogliam dire a (quadra iopral’ orizontale A B, e nella circonferenza C F E, prendali qualfivoglia punto F, di­ co adelto, che pollo, che E, folle il luogo lublime, di dove fi avelie a partire un mobile, eche C fülle il termine baffo, al quale aveflea perveni­ re, la ftrada più fpedita, e che in più breve tempo fi paffafle, non farebbe per la linea, o vogliamo dire pel canale breviffimo E C, ma preio qualfi­ voglia punto nella circonferenza E , fegnando i due canali diritti E F, F C, in più breve tempo fi patteranno quelli, che il loto E C, e le di nuovo negliarchi E F, F C, fi noteranno in qualfivoglia modo due altri punti G N, e fi porranno quattro canali dritti E G , G F, F N, N C, queiti an­ cora fi pafleranno in tempo più breve, che gli due E F, F C, e conti­ nuando di deferivere dentro alla medefima porzione di cerchio un condot­ to comporto di più , e più canali retti, Tempre il palleggio per elfi farà pia veloce. E finalmente velociifimo fopra tutti farebbe, quando il canale fui* fe curvo, fecondo la circonferenza del cerchio E G F N C. Ecco dun­ que trovaci canali, che hanno la medefima pendenza ( difendo compre» tra imedefimi termini E C ) e che fono di differenti lunghezze, ne i quali 1 tempi de i paffaggi fono ( al contrario di quello, che comunemente fi (li­ merebbe ) iempre più brevi, ne i più lunghi, che ne i più corti, e final­ mente tardiifimonel cortiiEmo, e velociifimo nel lunghiffìmo. E quelle fo­ no conclusioni vere, e ¿3 me dimortrare ne i fopradderci libri del moto ■ Quello, che io dico è vero univerfalmente , non folo quaudo la luperncie delquadranre D E C, gli fülle eretta a fquadra fopra Vorizonte A 13, ma anco quando fülle, quanto fi voglia inclinata, purché il punta E, fia ele­ vato più del C, acciò vi fia qualche pendenza, e che VE D, perpendico­ lare al G D, fiapolla parallela all’ orizontale A B. Ma per levare in patte Vombra , che nel primo pronunziare di tal concetto forfè occupò la mente dell’uditore, rapprefentandolo comeparadello, e manifefto impolfibile >confideriamoquello, che accade ne icanali legnati EC, EFC, come nel princi­ pio loro lotto il puntoE, l’ inclinazione del canale EF è maggiore, chequella del canale E C-, ficchè 1’ impeto per quella dee effer maggiore, che per quella* e tale ancora dee continuarli per tutto il tratto F C, che febben poi la pendenza nella parte F C è minore della pendenza * t » tuttavia la velocita già concepita pel vantaggio di E F, è più potente pet confervare V acquifto fatto , che non è la declività della rimanente parte di E C, a riftorare il danno della perdita già fatta. Vedali parimen­ te, che nell’altre figure compofte di più linee, la pendenza fuperiore è iempre maggiore, e finalmente nell’ ifteffo quadrante è maggiore, che in tuttel’ altre figure. Aveva penfato in quello luogo di toccare altro acci­ dente più ftrano inafpetto, e che mafehera il vero con faccia di menzo­ gna, più che Valtre cole dette, ma giacché mi viene in taglio dicali, e gl’ increduli affettino in breve la dimoftrazione concludente con necelfita: onde eflì reftino appagati, ed io fincerato, e conofciuto per veridico - E paruta diforbitanza il pronunziare, che i due canali E F, F C, fi pallino in manco tempo, che il foto E C, ma quale aflurdo parrà il feutire, che ambedue fi paifino più predo che uno di loro, cioè, partendoli u mobile dal termine E, in tempo più breve fi conduca al termine: C, per gli due canali E F , F C , che pel folo F C, partendoli dal punto F ? e pure tale accidente è veto . c he


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Da quanto di fopra ho detto, vorrei, che i SS. Ingegneri, e Periti ne cavallero un avvertimento ( ma forfè di già 1’ hanno oflervato ) circa il compartire la pendenza ne i canali, e letti de’ fiumi, che è di non la diiìribuire ugualmente per tutto, ma andarla Tempre diminuendo verfo il fi­ ne del corfo, come per efempio. Dovendoli cavare un alveo di fiume dal

principio A, fino al termine C, tra i quali eftremi vi fía la pendenza nota­ ta A B, io non giudicherei, l’ ottimo compartimento di efla pendenza efiere il diftribuirla per tutto egualmente cavando il fondo del letto fecondo la linea A D C, ficchè le fue parti fodero tutte egualmente inclinate, la qual linea farebbe retta, ma colma in mezzo, dovendo quali fecondare la curvità del globo terreftre; ma crederei eder meglio fare il compartimen­ to fecondo la circonferenza A E C, cioè, dando maggior pendenza nelle parti verfo A, e diminuendola Tempre verfo C, dove non avrei per difordine, quando bene per qualche fpazio l’ acqua doveiTe andare lenza pen­ denza. Nè temerei, ch’ ella fulfe per allentare il fuo corfo, eiTendo ficuro, che nel piano orizontale ( quando non vi fieno impedimenti edemi, ed accidentarj ) la velocità, concepita dal mobile nel modoprecedente fo­ pra un piano declive, fi conferva uniforme, e tale, che nel piano palferà fpazio doppio del pafiato nell' inclinato in tempo eguale al tempo del paffaggio per l’ inclinato, mentre il fuo principio fu dallo dato di quiete, co­ me io dimodro nel mio foprannominato libro del moto. E qui voglio mettere in confiderazione, come il temere, che un’ acqua corrente nel pallare per una parte del fuo canale, la quale avelie minor pen­ denza, che le parti precedenti polla ritardare il fuo corfo, e farla rigon­ fiare, e finalmente farla traboccare, è, fe non m’ inganno, timor foverchio, e vano, perchè io dirno, che non folo la minor pendenza non ritardi l’ imieto concepito nella precedente maggiore, ma che nè anche il.puro Iivelo fia badante a ritardarlo. E per dichiararmi; podo il canale inclinato A B, pel quale fia cotfo il mobile, e che oltre al B debba paffare nella parte B C, meno inclinata, dico, che la velocità per A B, non fi diminuirà altrimenti nel feguente canale B C, anzi continuerà di crelcere, fe vi farà punto di pendenza, o fi con-

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fi conferverà, quan­ do fia porto a livel¡ o 9dubito bene, che potrebbe forfè acca­ dere, che alcuno con un poco d’ equivoco fi perl'uadefle , che diminuendoli la pen­ denza in B C. in re­ lazione di AB, fidovene anco diminuire la velocità ¡cofa, che è falfa in relazione al cafo precedente pel medefimo canale A B, ma bene è vero in relazione a quello, che feguiterebbe nel C>. canale B D, conti» nuato all A B, coll’ iftefla pendenza. Ritarderà dunque il mobile il eorfo, cnefarebbe per B D, ma non il fatto per A B, anzi feguiterà d’ accrefcerbene con proporzione minore. Però il dubitare, che per le fvolte, e quali nel_ canale, che va ferpendo , poflono aver minor pendenza, che 1 altre parti, che più fi diftendono, fecondo l’ inclinazione del piano Pag­ getto, fi porta fare tal diminuzione di velocità, che l’ acqua trattenuta ri» 6®n"» e trabocchi, l’ ho per evento da non temerli; perchè non è vero, c"e 1® velocità fi fcemi, anzi fi va Tempre augumentando ; fe già la fvolta non furte tale, che converriffe la pendenza in (alita, al qual cafo conver­ rebbe provvedere, ma non credo, che ciò avvenga nel fiume di Biiènzio, nel quale l’acqua ancorché bada fi muove Tempre. Oltreché ilcolmoaltotrova ben ertomodo di farli lapendenza, dove ne furte lcarfità , e mancamento. Io avrei alcun altre confiderazioni da proporre intorno ad altri partico­ lari, ma perchè la iomma del prefente negozio, come prudentemente nota l’ Ingegnere Bartolotti, confifte in quello punto principaliflimo fin qui affai ventilato, mi riferberò ad altra occafione a dilcorrere circa ral materia più copiosamente, non convenendo anco il tener V-S. Ecc. ( occupata Tempre in negozj gravirtìmi ) più impedita in cole meno importanti. Dirò folo qualche cola per concludere intorno alla deliberazione daN prenderli pel reftauramento del fiume Bifenzio, che io inclinerei a non lo rimuovere del Tuo letto antico, ma folo a nettarlo, allargarlo, e per dirla in una parola alzare gli argini dove trabocca, e fortificarli dove riempie. E quanto alla tortuofità, fe n’ è alcuna oltremodo cruda, ® che con qualche taglio breve, e di poco incomodo, e danno alle pof1e(noni adiacenti, fi polla levare, la leverei, benché il benefizio, che fi polla ritrarne, non fia di gran rilievo. Ci fono molte altre incomodità, e difficulcà quali inoperabili promofje, e mede in confiderazione dall’ Ingegner Fantoni nella fua fcrittara , je quali non mi è paruro di dover replicare, ma lolo confermarle, come importantiilìme nel prefente negozio Quello, che hodetto, èflato per obbedire al cennodel SerenirtlmoGranDu­ ca IVoftro Sig. lignificatomi da V.S. molt’ 111. ed Ecc. alla quale dedicandomi ,e confermandomi iervitore, conreverente affetto baciolemani, cprego felicità.


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«osso» Uale, e quanta lìa la grandezza della confideraziotft del moto nelle cofe naturali, è cosi manifefto, cheti Principe de’ Peripatetici pronunziò quella nelle lue fcuole oramai trita fentenza : Ignorato m otti , ign oratar n a tu ra . Quinde è, che tanto li fono affaticati i veri filofoiì nella contemplazione de i moti celefti, e nella fpeculazione de i moti de gli animali, che iono arrivati a meravigliofa altezza, e fottigliezza d’ intendimenti. Viene comprefo fotto la medefima fcienza del moto tutro quello, cheli fcrive da’ Mec­ canici delle macchine femoventi, delle macchine fpiritali, e di quelle, che fervono per muovere con poca forza peli, e moli imtnenfe- Appartie­ ne alla cognizione de! moto tutto quello , che è Rato fcritto delle altera­ zioni non foto de’ corpi, ma delle noftre menti fteffe, e infomma tanto il dilata, ed eftende queft’ ampla materia del moto, che poche cofe fono quelle, che caggiono fotto la cognizione dell’ uomo, che col movimento non iìano cangiunte, o almeno da elio dependenti, ovvero alla fcienza di quello indirizzate; e quafi di tutte fono flati fatti, e ferini da fublimi in­ geni, dotti tratth/ie infegnamenti ■ E perchè alli anni pafiati io ebbi occa­ sione per ordine di N. S. PAPA URBANO OTTAVO di applicare il penfiero al movimento dell’ acque de’ fiumi ( materia diffìcile, importantiflìma, e poco maneggiata da altri ) avendo intorno a quella feoperti alcuni parti­ colari non bene avvertiti, nè confiderati finora, ma di gran momento alle cofe pubbliche, e private, ho giudicato ben fatto di pubblicarli, acciò i maggiori ingegni abbiano occafione di trattare con più efattezza di quello » che è ffato fatto finora, quella tanto neceflaria, ed utile materia, efuppli* re ancora a’ mancamenti miei in quello breve, e diffìcile trattato. Diffìcile dico, perchè laverità è, che quelle notizie, ancorché di cofe proffimea’noUri fenfi, fono talvolta più aftrufe, e recondite, che le cognizioni delle lontane, e molto meglio, e con maggiore efquifitezza fi conofcono i mo­ vimenti de’ Pianeti, e periodi delle ftelle, che quelli de’ fiumi, e de’ mari, come faviamente awercifce il fingolar lume della filofofia ne’ noftri tem­ pi, e mio Maeftro, il Signor Galileo Galilei nel fuo Libro che fa delle Macchie folari. E per procedere col dovuto ordine nellefaenze, prenderò alcune fuppofizioni, e notizie aliai chiare; dalle quali andtrò poi deducendoleconclufioni principali. Ma acciocché quello, che nel fine di que­ llo difcoriQ è ftaco da me coq metodo dimoflrativo, e geometrico fcritto, «m »-

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112 D E L L F M I S U R E poffa effere intefo ancora da quelli, che non hanno mai applicato il pende­ rò alli (ludi di Geometria, mi fono sforzato efplicar il mio concetto con uno efempio, e con la confiderazione delle cote (lede naturali per lo medeiimo ordine appunto, con il quale io cominciai a dubitare intorno a que­ lla materia. E quello particolare trattato viene da me pollo qui nel prin­ cipio, avvertendo però, che chi delìdera più piena, ed aflolutafaldezzadi ragioni può trapalare quello difcorfo di proemio, econliderare folo quan­ to fi tratta nelle dimoltrazioni, polle verlo il fine, e ritornare poi alla confiderazione delle cofe raccolte ne i Corollari, e nelle Appenditi, le quali dimoflrazioni peròpotranno effer tralalciate da chi non avede veduti alme­ no i fet primi libri delti Elementi d’ Euclide, purché attenta, e diligente­ menteintenda quanto fegue. Dico dunque, che avendo io ne’ tempi andati con diverfe occafioni fentito parlare delle mifute dell'acque de'fiumi, e delle fontane, con dire il tal fiume è due mila, o tre mila piedi d’ acqua: la tale acqua di fonte è venti, trenta, o quaranta once, &c- ancorché in si fatta guifa io l'entilfi trattare da tutti, e in voce, e in l'crittura, fenza varietà, e come lì fuol dire, conftantiferm an e , ¡nfino da’ Periti llefli, ed Ingegneri, quali che foffe cofa, che non potefle avere dubbio alcuno; in ogni modo io rimaneva femore involto in una caligine tale, che concfceva benilfimo, di non in­ tender niente affatto di quello, che altri pretendeva pienamente, e franca­ mente d’ intendere. Ed il mio dubbio nafceva dall’ avere frequentemente oflervati molti folli, e canali, che portano acque per fare macinare molini, ne i quali folli, e canali venendo mifurata l’ acqua, fi trovava affai grolla ; ma le era poi milurata la medefima acqua nella cafcata, che fà per rivoltar la ruota del Molino, era affai minore, non arrivando ben fpefio al­ la decima, nè talvolta alla ventèlima parte, in modo tale, che la lleffa ac­ qua corrente veniva ad effere ora più, ora meno di mifura in diverte parti del fuo alveo: e per tanto quella maniera volgare di mifurare le acque correnti, come indeterminata, e vaga, mi cominciò meritamente ad effere fofjpetra, dovendo la mifura effere determinata, ed una- E qui confeffo li­ beramente dì avere avuto Angolare aiuto per rifolvere quella difficoltà dall* efquifita, e fottililfima maniera di difcorrere, come in tutte le altre mate­ rie, così ancora in quella, dell’ lllultrilfimo, e Reverendiffimo Monfignor Ciampoli Segretario de’ Brevi Segreti di Noflro Signore, il quale di più nonperdonando alla fpefa lleffa, generofamenre mi diede occafione alli anni paffacidi tentare con efatte efperienze quanto paffava intorno a quello par­ ticolare. E per efplicare con efempio più vivamente il tutto; intendali un vai« pieno di acqua, come farebbe una botte, la quale fi mantenga piena, ancorché di continuo rfca fuori acqua, ed efca 1’ acqua per due cannelle eguali di ampiezza, una polla nella parte inferiore del vafo, e l’ altra nella parte fuperiore, è manifello, che nel tempo, nel quale dalla parte fupe» riore ufcirà una determinata mifura d’ acqua, dalla parte inferiore udiran­ no quattro , cinque, e affai più delle medefìme mifure, fecondo, che farà maggior la differenza dell’ altezza delle cannelle, e la lontananza della fu­ periore cannella dalla fuperficie, e livello dell’ acqua del vafo, e cutt® quello feguirà fempre , ancorché, come fi è detto, le cannelle lìano egua­ li, e l'acqua nell* ufcire mantenga fempre piene ambedue le medefime can­ nelle. Dove prima notili, che, ancorché la mifura delle cannelle fia egua­ le, in ogni modo efce da loro, e paffa ineguale quantità di acqua in tem­ pi eguali. E fe noi più attentamente confidereremo quello negozio, ritro­ veremo, che l’ acqua per la cannella inferiore corre, e paffa con affai mag­ gio*


DELL' ACQUE CORRENTI.

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113

giore velocità di quello, che fa per la fuperiore, qual fi fia la cagione. Se dunque vorremo , che tanta copia d’acqua efca dalla parte fuperiore, quan­ to dalla parte inferiore in tempi eguali, chi non vede, che Infognerà, ovvero multiplicare le cannelle nella parte iuperiore in modo, che tante ùùcannelle in numero fi mettino di fopra, che di (otto, quanto la cannela di lotto farà più veloce di quella di lopra, ovvero fare tanto più gran­ de la cannella di l’opra, che quella di lotto, quanto quella di Cotto farà piùvelocedi quella di fopra; e così allora in tempi uguali ufeirà tanta co­ pia d’ acqua dalla parte fuperiore, quanto dalla parte inferiore. Midichiaro con un altro efempio- Se noi c’ immagineremo, che venga­ no cavate da due fori eguali due corde eguali, ma che la prima efca con quadrupla velocità della feconda, è maniferto, che le in un determinato tempo, averemodal primo foro cavate quattro canne di corda, nel medefimo tempo fi farà cavata dall’ altro foro una canna di corda fidamente : eie dal prjmio foro ne faranno cavate-dodici canne, allora dal fecondo fo­ ro fafanntiPricite (blamente tre canne ¿ e informità qual proporzione averà la velocità alla velocità, tale averà la quantità della corda alla corda. E però volendo noi compenfare la tardità della feconda corda, e mantenen­ do la (leda tardità cavare dal fecondo fòro tanta corda, quanto dal primo foro, farà necellario, che fi faccia pallate pel fecondo foro quattro ca­ pi di corda, in modo che la grofiezza di tutte le corde pel fecondo fò­ ro, alla grofiezza della corda , che palla loia per il primo foro abbia la medefima proporzione, che hareciprocamente la velocità della corda per il pri­ moforo alla velocità delle corde pel fecondo foro. E così è chiaro, che quando fi cavalle da due fori eguale quantità di corde in tempi eguali, ma con ineguali velocità, farebbe necellario, che la grofiezza di tutte le cor­ de più tarde alla grofiezza della corda più veloce avelie In medefima pro­ porzione, che ha reciprocamente la velocità della corda più velocealla ve­ locità delle più tarde. La qual cola fi verifica per l’ appunto nell’ elemen­ to fluido dell’ acqua. Edaflìiichè fia bene intefio quello fondamento principaliffimo, voglio an­ cora notare un3 certa ofiervazione fatta da me nell’ arte del filare l’ oro, 1’ argento, il rame, ed il ferro Hello, ed è quella, che Amili artefici vo­ lendo più, e più aflbttigliare i fuùdetti metalli, avendo involto intorno a un rocchetto il filo del metallo, accomodano il rocchetto l'opra una tavo­ la; in) un perno fermo , in modo, che il rocchetto polla girare in fe lid­ io, poi facendo pallare a forza un capo del filo per una piaftra dj acciaro traforata con diverfi fori maggiori, e minori fecondo il bilogno, fermando il detto capo del filo ad un altro rocchetto, ci involgono il filo, il quale paflando per un foro minore della grofiezza del filo, viene per forza neceifitaro ad aflottigliarfi. Ora quello che fi dee confiderare attentamente inquello fatto è, che le parti del filo avanti al foro fono di una tale groffezza, ma le parti del medefimo filo pafiato il foro fono di minore grof* fezza, e in ogni modo la mole, ed il pelo del filo, che fi lvolge, è Tem­ pre eguale alla male, ed al pelo del filo, che s’ involge. Ma fe noi confidereremo bened negozio, ritroveremo, che quanto il filo avanti il foro è più grofio del filo pafiato il foro, tanto reciprocamente le parti del filo paflato il for.o fono conftituite in maggiore velocità delle parti avanti il lo­ ro : di modo che, le v gr. la grofiezza del filo avanti il foro folle doppia della grofiezza dopo il foro, in tal cafo la velocità delle parti del filo do­ po il foro farebbe doppia della velocità delle parti del filo avanti il foro, e così la grofiezza viene a compenfare la velocità, e icambievolmente la - • Tom. /. H velo-


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. D EL L A MI S URA

velocità compenfa la groflezza Di modo che intravviene i! medefimo a » folidiflimi metalli dell’ oro , dell’ argento, rame, ferro, die. che accade ancora al fluido elemento dell’ acqua, ed alli altri liquidi, cioè, che qual proporzione.ha la groffezza del metallo, ovvero dell’ acqua alla groflezza , tale ha reciprocamente la velocità alla velocità. E per tanto, dante quefto difeorfo, potremo dire,.che ogni volta, che due cannelle con diverta velocità getteranno quantità d’ acqua eguale in tempi eguali, farà neceflario, che la cannella meno veloce fia tanto mag­ giore, e più ampia della cannella più veloce, quanto la più veloce (opera di velocità la meno veloce, e per pronunziare la Proporzione in termini più propri«, diremo, che fe due cannelle di ineguale velocità francheranno in tempi eguali eguale quantità d’ acqua, la grandezza della prima alla grandezza della feconda averà fcambievole, e reciproca proporzione della ve lo cità della feconda alla velocità della prima : come per elcmpio, fe la prima cannella farà veloce dieci volte più della feconda, farà neceflario, che la feconda fia dieci volte più grande, ed ampia della prima; e in tal calò le cannelle (caricheranno Tempreeguale quantità d’ acqua in tempi egua. li: e quefto è punto principale, ed importantiflìmo, che fi deve tenere Tempre in mente, perchè da efto bene intel'o dependono molte cole utilifiìme, e degne di edere conofciute. Ora applicando tutto quello, che fi è detto più al propofito noftro, conlìderato, che eftendo veriflìmo, che in diverte parti del medefimo fiume, o alveo di acqua corrente Tempre padano eguali quantità d’ acqua in tem­ pi eguali ( la qual cofa è dimoftrara ancora nella prima noftra propofizione ) ed eflendoancora vero, che in diverie parti il medefimo fiume può avere varie, e diverfe velocirà, ne feguirà per necedaria conleguenza, che dove averà il fiume minore velocità, farà di maggior mifura, ed in quelle parti, nelle quali averà maggior velocità, farà di minor mifura, ed itdomma le velocità di diverfe parti dell’ iftefto fiume averanno eterna­ mente reciproca, e fcambievole proporzione con le loro mifure. Stabilito bene quefto principio, e fondamento, che l’ ifteda acqua corrente va mu­ tando la mifura, fecondo che varia la velocità, cioè minuendo la mifura, mentre crefce la velocità, e crefcendo la mifura quando feema la veloci­ tà; padoalla coofiderazione di diverfi particolari accidenti in quefta mate­ ria maraviglio!!, e tutti depeudenti da quefta fola propofizione, la forza della quale ho replicata più volte, acciò fia bene ititela. C O R O L L A R I O

I.

Prima da quefto fi conchiude, che le medefime piene di un torren­ te, cioè quelle piene, che portano eguale quantità di acqua in tempi eguali, non fanno le medefime altezze , o mifure nel fiume nel quale entrano, fe non quando nell’ entrare nel fiume acquiftano, o per dir meglio, confervano la medefima velocirà , perchè fe le ve­ locità acquiftate nel fiume faranno diverfe, ancora le mifure faranno diver­ fe, ed in conieguenza le altezze, come fi è dimoftraro*

E

CO-


D R L V A C Q U E CORRENTI. C O R O L L A R I O

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U.

Perchè di mano in mano, che il fiume fi ritrova più, e più pieno, vieneancora per ordinario ad effer conftituico in maggiore, e mag. giure velocità, di qui è, che le medefime piene del torrente, che entra nel fiume fanno minori, e minori altezze, quanto il fiume fi ritrova più, e più pieno , poiché ancora l’ acque del torrente, entrate che fono nel fiume, vanno acquietando maggiori, e maggiori velocità, e però feemario di mifura, e di altezza.

E

C O R O L L A R I O

III.

O

Sfcrvafiancora, che mentre il fiume principale è baffo, foprnvvenendo una , ancorché debole pioggia, fa fuhito notabile crefcimenro, e alzamento, ma quando il fiume è di già ingrofiato, an­ corché di nuovo gli fopravvenga gagliarda pioggia, in ogni mo­ do noncrefce tauro, quanto aveva fatto lui principio, e proporzionatamen­ te alla pioggia, che è fopr3ggiunta : la qual cofa noi polliamo dire , che particolarmente dipende, perchè nel primo cafo, mentre il fiume è bado, fi ritrova ancora affai tardo, e però la poca acqua, che ci entra, caniina, epaffa con poca velocità, e in confeguenza occupa gran milura. Ma quan­ do il fiume è di già ingraffato per nuova acqua, effendo ancora fatto piu veloce, fa, che la gran copia d’ acqua, che fopravviene, tenga minor uiiiura, e non faccia tane’ altezza . C O R O L L A R I O

D

I V.

Alle cofe dimoftrate è mamfeffo ancora, che mentre un torrente entra inun fiumein tempo, che il fiume fia baffo, allora il torren­ te fi muove con una tal velocità, qual fi fia, naffando per le ul­ time fue parti, con le quali comunica col fiume, nelle quali parti, mifurato il torrente, averà una pai mifura, ma crelcendo, ed alzandofi il fiume, ancora le medefime parti del torrente vengono a ciefcere di grandezza, e mifura ancorché il torrente in quel punto non metta più ac­ qua di quello, che faceva prima; talché crefciuto, che farà il fiume, averemo da confiderai due bocche del medefimo torrente, una minore avan­ ti 1’ alzamento, l’ altra maggiore dopo l’ alzamento, le quali bocche fcari— cano eguale copia d’ acqua in tempi eguali, adunque la velocità per la mi­ nore bocca farà maggiore, che la velocità per la bocca maggiore» e così il torrente farà ritardato dal fuo corfo ordinario.


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d e l i a C O R O L L A

m i s u r a R I O

V.

D

AHa quale operazione della natura procede unaltro effetto degno diconfiderazione, edè, che ritardandoli il corfo dell'acqua, co­ me fi e detto in quelle ultime parti del torrente, fé accaderà , che il torrente venga torbido, e che la (ua acqua fia ritardata a fegno, che non polla portar via quelle minutilfime particelle terreftri, che compongono la torbidezza, in tal cafo il torrente deporrà la torbida, e rialzerà il fondo del proprio alveo nelle ultime parti della fua foce , il qual rialzamento, e pofatura farà poi di nuovo portato via, quando abballan­ doli il fiume, il torrente ritornerà a muoverli con la fua primiera velocità. C O R O L L A R I O

VI .

M

Entre fi è dimollrato, che la {leda acqua corrente ha diverfe miliare nel fuo alveo, fecondo, che ha varie le velocità , in modo che Tempre è maggiore la mifura dell’ acqua, dove è minore la velocità, e per lo contrario minore la mifura, ov’ è maggiore la velocità: di qui polliamo noi elegantemente rendere la ragione del trito proverbio, guardati dall’ acque chete : Imperocché le noi confidereremo la medefima acqua di un fiume in quelle parti, nelle quali è men veloce, e però vien detta acqua cheta, farà per necelfità di maggior milura, che in quelle parti, nelle quali è piu veloce, e perciò di ordinario farà ancora più profonda, e pericolofa a* paileggieri ; onde ben fi dice, guardatijdall’ acque chete, e quello detto è fiato poi trasferito alle cofe morali. C O R O L L A R I O

V II.

S

lmilmente dalle cofe dimoftrate fi può concludere che i venti, che imboccano un fiume, e fpirando contro la corrente ritardano il fuo corfo, e la fua velocità ordinaria, necellariamente: ancora amplie­ ranno la mifura del medefimo fiume, ed in confeguenza faranno io gran parte cagioni, o vogliamo dire concagioni potenti a fare le (Iraordi­ narie inondazioni, che fogliono fare i fiumi. Ed è cola ficurifiima, che ogni volta, che un gagliardo, e continuato vento lpiralfe contro la cor­ rente d’ un fiume, e riducefl'e l’acqua del fiume a tanta tardità di moto, che nel tempo, nel quale faceva prima cinque miglia, non ne faceffe fe non uno. quel tal fiume crefcerebbe cinque volte più di mifura, ancorché non gli fopraggiungeflé altra copia d'acqua, la qual cola ha del maravigliofo sì, ma è veriflìma, imperocché, qual proporzione ha la velocità dell’ acqua avanti il vento alla velocità dopo il vento, tale ha la mifura della medefima acqua reciprocamente dopo il vento, alla mifura avanti il vento; e per­ chè fi lappone nel calo noftro, che la velocità fia feemata cinque volte più, adunque la mifura farà crefciuta cinque volte più di quello, che era prima. •U.)

CO-


IT7

D U E ACQUE CORRENTI. C O R O L L A R I O

V ili.

Bbìamo ancora probabile la cagione dell inondazioni del Tevere, che'feguiròno in Roma al tempo di Aleflandro Sedo, e di Cle­ mente Settimo, le quali inondazióni vennero in tempo fereno; e --------fenza notabile disfacimento di nevi, che però diedero che dire aitai alti ingegni di quei tempi. Ma nói polliamo con molta probabilità af­ fermare, che il fiume arrivale a tanta altezza, ed eferefeenra. per Io ritardamento dell’ acque dependente dalli gagliardilfimi, e continuati' venti , che fpirano in quei tempi, come viene notato nelle memorie.

COROLLARIO

IX .

T —> Stendo ihanifeftilBmo, che per la gran copiad’ acqua pofTono creI i fecre i torrenti, e quelli fare rialzare per fe foli efòrbitantemcnte I * il fiume, ed avendo noi dimodrato che ancora' feruta nuova acqua, ■ * - ^ ina folo col ritardamento notabile il fiume ingrolla , e crefee più di tnifura, quanto feema la velocità : di qui è mamfelto, che ellendó ciafcheduna di quelle cagioni potente per fe delta, e feparatamente a far crefcere il fiume; quando vernile il calo-, che tutte due le cagioni con piraItero infiemeall’ augumento del fiume, in tal cafo fediranno grandiflime, ed irreparabili inondazioni-

COROLLARIO

X.

D

A quarto fi b dimodrato fi può ancora facilmente rifolvere la dif­ ficoltà, che ha travagliato, e travagli tuttavia i più diligenti, ma poco avveduti offervatori de’ fiumi, i quali mifurando i numi, e torrenti, ch’ entrano in un altro fiume, come farebbe quelli , che entrano in Po, ovvero quelli, che entrano in Tevere, ed avendo rac­ colte lefomme di quede mifure. e conferendo le mifure de i fiumi, e^ tor­ renti, che entrano nel Tevere con la mifura del Tevere, e le mifuie di quelli, che entrano in Po, con la mifura del Po, non le ritrovano eguali, come parea loro, che debbanoedere, e quedoperchè non hannomai avver­ tito bene al punto importantifiimo della variazione della velocita* e come fia porentilfima cagione ad alterare maravigliofamente le milure dell acque correnti, ma noi rifolvendo facililfimamente il dubbio, polliamo dire, che quede acque fremano la mifùra, entrate, che fono nel fiume principale, perchè crelcono di velocità.

COROLLARIO

XI.

*• ' *•' ' . " 1 ÌÀ V P Er non intendere la forza della velocità dell’ acqua nell’ alterare la fua mifura, e farla maggiore, quando feemaia yelocirà : e minorj, quando crefcela velocità': l’ Architetto Giovanni Fontana, U nau fea mifurare , e far mifuraré da un fuo Nipote tutti i lfotti’ . . ’ i quali francarono le lóro àcqoe nel Tevere, al tempo dell mon Tom. /. H3 ,


M8 D E L L A M I S U R A % chefeguì i/> Roma l’ anno 1598. e ne ftampò un libretto, nel quale, raccolte lemifure dell'acqua Straordinaria, che entrò nel Tevere, e’ fece con­ to, che folle cinquecento cannein circa piò dell'ordinario, e nel fine di quel trattato conclude, che a levare affatto a Roma F inondazione fareb­ be neceflario fare due altri alvei eguali a quello di prelente, e che meno ballerebbe: e ritrovando poi, che tutta la piena paisò lòtto il Fonte Quat­ tro capi ( il vano del quale è di molto minor mifura delle cinquecènto can­ ne ) conclude, che fotto il detto Ponte palTarono cento cinquantuna can­ na di acqua premuta ( o porto il termine precifo di acqua premuta, fcricto dal Fontana ) dove io noto diverfi errori. II primo de’ qu3li è penfare, che le milure di quell’ acqua prefe nelli alvei di quei folli, e fiumi, doveflero mantenerli le medeiime nel Tevere, la qual cofa , con i'ua pace, è faIli(lima, ogni volta, che quell' acque ri­ dotte nel Tevere non confervafiero la medefima velocità, che avevano nel luogo, nel quale il Fontana, e fuo Nipote le mtfuròs e tutto quello è manifeito dalle cole, che noi abbiamo efplicate di l'opra; imperocché , le Pacque ridotte nel Tevere crefcono di velocità, feemano di mifura, -e fe feemano di velocità, crefcono di mifura. Secondariamente confiderò, chele mifure di quei folli, o fiumi, che entrarono nel Tevere al tempo dell’ inondazione, non fono le medeiime fra di loro realmente, ogni volta che le loro velocità non fiano eguali , ancorché abbiano i medefimi nomi di canne, epaimi; imperocché può ede­ re, che una bocca di dieci canne riquadrate ( per parlare al. modo del Fontana ) di uno di quei folli, portarte ne) Tevere, al tempo dell’ inonda­ zione quattro, dieci, e venti volte meno acqua, di quello, che portò un altra bocca eguale alla prima di grandezza: il che farebbe feguito, quando la prima bocca forte fiata quattro, dieci, o venti volte meno veloce deila feconda. Laonde, mentre il Fonrana raccoglie le canne, e palmi delle mi­ fure di quei folli, e fiumi in una fomma, commette 1’ illefib erroie, che farebbe quello, che raccogliefl'e in una fomma divede monete di varie va­ lute, e di diverfi paefi, ma che avellerò il medefimo nome, come farebbe il dire, che dieci feudi di moneta Romana, quattro feudi d’ oro, tredici feudi di Firenze, cinque feudi Veneziani, e otto lcudi Mantovani facelTero la fomma di quaranta feudi d’oro, ovvero quaranta feudi Mantovani. Terzo, poteva edere il cafo, che qualche fiume, o follo, nelle parti più vedo Roma, in quel tempo della piena, non mettefie più acqua del luo ordinario, ed in ogni modo chiara cofa è, che, mentre la piena veni­ va dalle parti fuperiori, quel tal follo, o fiume farebbe crefciuco di mifura nel modo notato da noi al Corollario quarto ; di manieta tale, che il Fon­ tana avrebbe incolpato, e notato quel tal fiume, o follo come complice dell’ inondazione, ancorché ne folle innocentilfimo . Di più nel quarto luogo notili, che poteva nafeere cafo, che quel tal fiume non foto non folle colpevole deli’ inondazione, ancorché crefciuto di mifura, ma poteva dico avvenire cafo, che folle benemerito di aver Scemata Pinondazione, col crefcere di mifura nel proprio alveo; la qual ■cola è aliai evidente, imperocché dato il cafo, che quel fiume nel tempo della piena, non avelie avuto per fe medefimo, e dalle proprie origini più acqua dell’ ordinario, è cofa certa, che crefcendo, ed alzandoli 1’ acqua del Tevere ancora quel tal fiume per livellarli con F acqua del Tevere, avrebbe ritenute delle proprie acque nel proprio alveo, fenza Scaricarle nel Tevere, ovvero ne averebbe ingurgitate, e bevute, per dir così, di quelle del Teveie; ed in tal maniera al tempo dell’ inondazione, minor


DELL* ACQUE CORRENTI.

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eopiad*acqua farebbe venuta in Roma, ed in ogni modo la rnifura di quel £ Qu*nto?bsMng?nÌiUiiaFontana. quando conclude, che per levare l’ mon­ datone da Roma, farebbe neceffario fare due altri alvei di fiume, che io fern larchi ouanto auello che è di prefente, e che meno baderebbe. co che s’’inganna, ^ per convincerlo facilmente del fuo errore, bada )S : rfidopaffata tuia la piena ferro Ponte Quattrocapi, come ! u W defimo atteitn, baderebbe un alveo folo capace quanto è il detto Ponte, «Evoltache l*acqua vi correffe conia fteRa velocitò, come fece fot» il8Ponte al tempo dell’ inondazione, ed all’ incontro non baderebbero ven • alvei della capacità del prefente, quando l’ acqua vi correfle con in.no«velocità di quello, chefece al tempo dell’ Ouat* Sedo, ame pare gran debolezza il dire, che pafiafle fono “ Quat tro capi cenro cinquantina canna di acqua premuta; lf"Pe^ 1 . f intendo, che l’ acqua fia come la bambagia, o lana,; fequali materie figol fono premere, e calcare, come intravviene ancora all'aria, la qualenceve compreflìone in modo, che dopo che in qualche determn % rà ridotta nella fua naturale condizione una quantità d aria, e d avera occupato tutto il detto luogo , in ogni modo co." ’ • r meuer\ comprimendo la prima aria, fi riduce in affai nnnor luog . Prnerienza quattro, e fei volte altrettanta aria di prima, come fi jXe vi ^ nZo^incennell’ Archibugio a vento, inventato a nodri tempi da M Vi ti Urbinate,‘ la quale condizione dell aria di potere *^ere , uai: vede ancora nelle Fontane portatili del medefimoJVI. ) " c e ? zog ® JJ™ fontane fchizzano in alto l’ acqua a forza di aria compresa, la qua emen tre cerca ridurfi alla fua naturale condituztone, nel dilataih ta queiu vio lenza. Ma l’acqua non fi può giammai, che rofapp«a, cacare .opremere m modo, che fe avanti la compreflìone tiene, ed occupa un luogo ^dando nella fua naturale conduzione, non credo, dico, che fia P° ’ J5» mendola, e calcandola farla occupare minor luogo comprimere l’ acqua, e farle occupare minor luogo. ne feguirebbe, che due vali di eguali mifure, ma d, ineguali altezze, fofferod cità • e verrebbe a capire piu acqua quello, che foiie piu to$ cilindro, oaÌ?o vafoPpiù alto, che l / r g o , capirebbe maggior quantità d acqua dando eretto, che dando diftefo, perchè dando e , q•P davi dentro, verrebbe ad edere più premuta, e cale it . _ ,, a E però nel cafo nodro, conforme a i noftri principi cap-, qua di quella piena palsò tutta fotto il nominato I onie Q ,■ ^„1 perchè, effendo ivi velociflima, in confeguenza doveva effere di mino * mVedali pertanto in quanti errori fi cafca per V’ ignoranza di un vero, reale fondamento, il quale poi conofeiuto, e bene m»lo, 'e'ra v ® caligine di dubbio, e xifolve faciliflìmamente tutte le difficoltà, .1»

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DEL l A MISURA C O R O L L A R I O

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Erla medefima inavvertenza di non tener conto della variazione della velocità nell’ ifleffa acqua corrente., fi commettono bene (pelTo dagl’ Ingegneri, e Perici, errori di gran momento ( e ne potrei ad­ durre efempi, ma per degni rifpecti li trapaffo in filenzio ) quan­ do penfano, e propongono, con derivare canali nuovi da numi groifi, ibe­ rnare la mifura dell’acqua nel fiume, e ibernarla proporzionatamente fe­ condo la mifura dell'acqua che fanno pailare per lo canale, come facendo v. gr- un canale largo cinquanta piedi, nel quale abbiada fcorrere l'acqua derivata alta dieci piedi, penfano di ibernare la mifura dell’ acqua nel fiu­ me cinquecento piedi, la qual cofa poi non riefce in facco, e la ragione è in pronto, imperocché derivato che è il canale , il rimanente del fiume principale fcema di velocità,-e peròritieue maggior mifura di quello che faceva prima, avanti la derivazione del canale, e di più fé il canale deri­ vato che farà, non conferverà la medefima velociti che aveva prima nel fiume principale, ma la-fcemerà, farà neceffaiio, che abbia maggior miluva di quello che aveva prima nel fiume, e però a far bene il conto, non darà derivata nel canale tanta copia dvacqua, che faccia ibernare il fiume , quanta è la mifura dell’acqua nel canale, come fi pretendeva.

C O R O L L A R I O XIII.

Q

Uefta medefima confiderazione mi da occafione di.fooprice un comunifiimoerrore, oflervato da me nel negozio deU’acque di Fer­ rar# quando fui-mquelle-pani al fer.vrzio deH’:Mluflrifiìmo, ie Re» verendiffimo Monfignor Copfini, il fublime ingegno del quale mi fiato di grandi(Timo-aiuto in quelle contemplazioni: è ben vero, che fo­ no fiato affai perplefio, fe doveva mettere in catta quello punto, o pure trapaflarloin filenzio, perchè ho fempre dubitato, che l’ opinione comune, e conformata di-più con una appaientifllma el’perieaza, poteffe non fo!o far -reputare quello mio penderò lontano dal vero, ma diicreditare ancora apprefto il Mondo il rellante di qnefta mia forittuca, tuttavia ho finalmen­ te deliberato di non mancare a ine ile(lo, ed alla verità, in materia per fe •medefima, e per altre confeguenze iinportantiflìma, nè mi pare che con­ venga in materie difficili; come fono quelle, che abbiamo per le mani ri­ metterli all’opinione comune, poiché farebbe gran maraviglia, fe la molcittudine intàli cali fi apponeile al vero, nè doverebbe effere tenuta.cola dif­ ficile, -nella quale ancora l’ ignoramiilìmo volgo ccnofcefle il vero , ed il buono, oltre che fpero ancora di.dichiarare il tutto in modo, che le per» Ione di faldo giudizio relleranno perfuafe a pieno, purché tengano bene in mente il fondamento principale di tutto quello Trattato; e benché quello che io proporrò lìa un particolare, come ho detto, appartenente folo alli intereffi di Ferrara, tuttavia da quella dottrina particolare bene incefa, fi potrà fare buon giudizio di altri limili cali in univerfale. Dicodunque, permaggiore intelligenza, e chiarezza del tutto, che fopra Ferrara tredici miglia in circa, vicino alla Stellata, diramandoli il Po grande indue parti, con un tuo ramo viene alla volta di Ferrara, ritenen­ do il nome di Po di Ferrara, e qui di nuovo fi parte in due altri rami, e quel-


d e l i: a c q u e c o r r e n t i. h * quello che continua alla-deftra 6 chiama il io di Argenta, e di Priraaro^, « quello alla finiltra, Po di -Volana. Ma per efferata il letto del Po di ¡forrara rialzato, ne legue, che reità privo affatto dell acque del Po gran* eccetto ne i tempi delle i’ue maggioti efcrefcenze » che m tal calo« eilenclo quello Fo di Ferrara inteftato con un argine vicino al Bondeno, verrebbepure arredare ancora nelle eicreicenze del Po grande» libero aaU •le lue acque. ’Ma Cogliono i Signori -Fériarefi in tempo, che ir Po minac­ cia di rompere, tagliare quella invitatura, per il quale taglio »gorga tanta furia d’ acqua, che li è oflervato, che il Po grande, in xfpazio di alcune poche ore, fcema di altezza uo piede in circa,.c da tale cfpecieoxa tnolli ■tutti quelli, con i quali io ho trattato finora di quelle macerie, penlano, che fia di grandiffimo benefizio, ed utile mantener pronto quello sfogo, e fervirfi diefio in tempo delle piene, iì veramente conuderata la .cola lem» plicemente, e netla prima apparenza pare che .non fi polTa dubitare in con* ttrarìo: maflime che molti più fottilmente efaminando il fatto, indurano •quel corpodi acqua ,che fcorre per Io-canale, o alveo del Podi herrara, etan-no conto, che il corpo dell’ acqua del Po grande fia fcemaro tanto, quan­ to è il corpo dell’ acqua che fcorre .pel Po di Ferrara. Ma fe noi riter­ remo bene in mente, jquanto^fi'èdetto in principio del trattato, equanto ìm» (porti la varierà delle velocitàdella medefimaacqua, equanto fia necellaria la cognizione di elle per concludere la vera quantità dell'acqua corrente , -litrovoremo manife'ftameme, che il benefizio di quello sfogo èaflai minore di quello , che-imivedailmente fi penfa, e di più ritroveremo, lenon m in­ ganno,-Che ne Seguono tanti danni,-che io- inclinerei grandemente a cre­ dere, che tornali« più if conto ferrarlo affatto, che mantenerlo: tuttavia non mi-ritrovo tanto affezionato alla mia opinione, che non iia pronto a ¡mutar fenrenza olla forza di ragioni «vigliori^ maflime di chi avera prima bene intefo 11 principio-di quella mia- Scrittura, la qual cofa replico tre* quememente, perchè èafTolniamente iropoflfibile fenza quello avvertimen­ to trattare-di quelle materie, eivoH commettere gravillimi errori. Metto dunque in confiderazione, che , ancorché fia vero, che mentre ¡le acque del Po-grande fi ritrovano nelle maggiori altezze, allora tagliato l’ argine, e inteftatura del Po di Ferrara, ed avendo le acque Superiori grandiflimacafea-ta nell’ alveodi ¡Ferrara, vi precipitaivocon grandimmo im­ peto, e velocità, e con la medefitna nel principio, o poco minore, cor* xoBOverlbil Po di Volana, e il’ Argenta alla marina, tuttavia dopo lo Ipazio di alcune poche «re, riempito eh’ è il Po di Ferrara, e non rittovandovi più le-acque fuperiori tanto declive, quanto ebbero al principio del taglio, non vi Igorgano con la velocità di prima, anzi con aliai tumore, c per tamo rooito minore copia d’ acqua comincia a-vicine dal Po grande ; e fe noi con diligenza facefiìmo comparazione della velocità dell' acqua al principio del taglio con la velocità dell’ acqua dopo il tagho, etjuando il Fo di Ferrara farà di già ripienod’ acqua, ritroverebbamo forfè ederequella quindici , o venti volte maggiore di quella , ed in confeguenza , l acqua che ulcirà dal Po grande, paflato quel primo impeto farà folo la qumdice(ìm3 , oventèlima parte di quella, che ufeiva nel principio, e pe­ rò le acque del Po grande ritorneranno in poco tempo quafi alla primiera altezza. E qui voglio pregare quelli, che non reftaflèro totalmente appa­ gati di quanto fi è detto, che per amore della verità abenefizio univerlaie fi vogliono compiacere di fare diligente cflervazione, quando m piene glandi fi taglia il nominato argine, o in teftatura al Bondeno, e cne in poche ore le acque del Po grande feemano, come fi è detto a i altezza


i 22

DELLA

M I S U RA

piede in circa, fi compiacciano dico di oflervare, fe paflato un giorno» o due l’acqua nel Po grande ritorna quali alla Tua altezza di prima, perchè quando quello fegmlle, refterebbe aliai chiaro, che l’ utile, che ritolta da quello sfogo, non è tanto grande, quanto univerbalmente fi prefume. Di­ co, che non è tanto quanto, fi prefume, perchè ancorché fi conceda per vero, che le acque dei Po grande ibernino di altezza fui principio dello sfogo, tuttavia quello benefizio viene adedere temporaneo, eperpoche ore. Se le piene del Po, ed i pericoli di rompere fodero di breve dnrazione , come d’ ordinario intraviene nelle piene de i torrenti, in tal calo l’ utile dellosfogo farebbe di qualche llima: ma perchè le piene del Po durano per trenta, e talvolta quaranta giorni, però il guadagno, che rifulca dallo sfo­ go, viene a edere di poca confiderazione. Rollaci ora da confiderare i dan­ ni notabili^ che feguono dal medefimo sfogo, acciò fatta riflelfione, e bi­ lanciando l’ utile, e il danno, fi poda rettamente giudicare, ed eleggere il miglior partito. 11 primo pregiudizio dunque, che nafce da quello sfogo è, che riempiendoli di acqua gli alvei di Ferrara, Primaro, e Volana, fi met­ tono iu iervitù di guardia, ed in pericolo tutte quelle riviere, dal Bondeno fino alla marina. Secondariamente, avendo le acque del Po di Primaro libero l’ ingrefio nelle valli toperiori, le riempiono con gravi danni delle campagne adiacenti, ed impedilcono li Icoli ordinari nelle medefime valli, in modo, che refterebbe ancora vana, e frullatoria tutta la diligenza, fpefa, e fatica, cheli facefle dalla bonificazione, per tenere libere le valli fu­ periori dall’ acque. Terzo confiderò, che eflendo incaminate quelle acque peb Po di Ferrara all’ ingiò verfo la marina in tempo, che il Po grande fi ritrova nelle fue maggiori efcrefcenze, ed altezze, è manifedo per efperienza, che quando il Po grande fcema, allora quede acque incaminate per lo Pojdi Ferrara cominciano a ritardarli nel loro corto, e finalmente fi conducono a rivoltar la corrente a4 l’insù verfo alla Stellata, reflando pri­ ma nel tempo intermedio quali ferme, e dagnanti, e però deponendo la torbidezza riempiono il letto del fiume, ed alveo di Ferrara. Quarto, ed ultimo, fegue da quedo Aedo sfogo un altro notabile danno, ed è limile a quello , che fegue dalle rotte, che fanno i fiumi, vicino alle quali rotte nelle parti inferiori, cioè padaca la rotta, fi genera nell’ alveo de! fiume un certo dodo , cioè fi rialza il fondo del fiume, come è aliai manifello per efperienza ; e cosi inUmile maniera appunto tagliandoli l’ intellatura al Bondeno , li viene a fare come una rotta, dalla quale ne fegue il rialzamento nelle parti inferiori del Po grande palTata la foce di Panaro; la qudl cofa quanto Ila perniciofa, da giudicato da chi intende quelle materie. E per­ tanto, dante il poco utile, e tanti danni che feguono dal mantenerd que­ llo sfogo, crederei, che fode piu fano configlio tenere perpetuamente fal­ da quella intedatura al Bondeno, o in altra parte opportuna, e non per­ mettere, che l’ acque del Po grande venilTero per alcun tempo alla volta di Ferrara .

CO-


<DELV A C Q U E CORRENTI.

C O R O L L A R I O

ili

XIV.

N

EI fiumi reali, che entrano in mare, come qui io Italia Po, Adi­ ge, eil Arno , i quali per le loro efciefcenze fono armaci di argini, fi oflerva, che lontano dalla marina hanno bifogno dì una notabile altezza di argini, la quale altezza va poi di mano in ma­ no feemando, quanto più fi accorta alla marina, in modo tale, che il Po lontano dal mare cinquanta, ovvero fefianta miglia intorno a Ferrara averà più di venti piedi di altezza di argini l'opra 1’ acqua ordinaria ; ma lontano dal mare dieci, o dodici miglia fidamente, non arrivano gli argini a do­ dici piedi di altezza fopra la medefirna acqua ordinaria, ancorché la lar­ ghezza del fiume fia eguale, talché l’ efcrefcenza della «erta piena viene a edere aliai maggióre di mifura lontano dal mare, che vicino, e pure par­ rebbe, che palpando per tutto la medefima quantità d’ acqua, dovefle il fiume aver bifogno della medefima altezza d’ argini in tutti i luoghi : Ma noi con i nortri principi}, e fondamenti portiamo rendere la ragione di tale effetto, e dire, che quell’ eccello di quantità d’acqua (òpra l’ acqua ordi­ naria va Tempre acquiftando maggior velocità, quanto più fi accorta alla marina» e però feema di mifura, ed in confeguenza di altezza- E quelta forfè dee edere fiata la cagione in gran parte, per la quale il Tevere nel­ la inondazione del 1598, non ufcì dal fuo letto di lotto Roma verlo U marina.

C O R O L L A R I O

XV.

D

AlIa medefima dottrina lì rende ragione chiarifiima, perchè le ac­ que cadenti li vanno afibttigliando nelle loro cafcate, di modo che la medefima acqua cadente mifurata al principio della calcata è maggiore, e grofla, e poi va di mano in mano icemando di mifura, quanto più fi difeofta dal principio della caduta . Il che non depen­ de da altro, che dall’ acquifto, che va facendo di maggiore velocita , elfendo notiflima conclulione apprefló i Filofofi, che i corpi gravi cadenti, tianto più lì feoftaoo dal principio del loro movimento, tanto piu acquiano di velocità, e perciò 1’ acqua, come corpo grave, cadendo, li va velocitando, e però l'cema di indura, e lì raflottigha.

S

C O R O L L A R I O

XVI.

\ Perlo contrario gli zampilli dell’acque, che fchizzano in alto, fan1 no contrario effetto, cioè nel principio fono lottili, e poi fi fanno maggiori, egrolfi, eia ragione è manifeftiflìma; perciocché nel J principio fonò aliai veloci, e poi vanno allentando 1’ impeto loro, e movimento, ficchè nel principio all’ ufeire che fanno, debbonoelicle lotti­ li, e poi ingroffaifi, come in effetto fi vede .

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EH’ erróre di non confiderà«, quanto levelocità diverfe delta tnedefirna acqua fluente indiverfe parti del fuo alveo lìano potenti a mutare lamifura della medefima acqua, e farla ora maggiore, ora minore, credo, fe non m’ inganno, che poiTa eiler incorl'o Giulio Frontino nobile fcrittore antico nel 2. libro che fa delti acquedotti della città di Roma; mentre ritrovando la mifura dell’ acqua in commentariis mi­ nore di quello, che era in erogatitene 126j. quinarie, pensò che tanta va­ rietà procedere dalla negligenza de’ mifuratori, e quando poi con propria induftria mifurò la medefima acqua a’principij detli acquedotti, ritrovan­ dola maggiore 10000. quinarie in circa di quello, che era /« commentari»,, giudicò, che l’ eccedo fo(Te ulurpato da’ miniftri, e da’ partecipanti, la qual cofa poteva edere in parte, perchè pur troppo è vero, che il Pubbli­ co qualiTempre è ingannato: con tutto ciò, io penfo ancora adòlutacnente, che oltre le fraudi di quelli officiati, le velocità dell’ acqua nei luoghi, ne’ quali Frontino la mifurò potettero efiere divede, da quelle velocità , cheli ritrovavano nelli altri luoghi mifurari da altri per avanti, e perciò le mifure dell’ acque potevano, anzi dovevano neceflariamente edere diverfe, efiendofi da noi dato dimodrato, che le mifure della medefima acqua fluen­ te hanno reciproca proporzione della loro velocità. Il che non confìderando bene Frontino, e ritrovando l’ acqua in commentariis 12755. quinarie, in erogatione 14018. e nella propria mifura fatta da fe medelìmo ad capita dufluum 22755. quinarie incirca pensò, che in tutti quefli luoghi paflalle diverfa quantità d’ acqua, cioè Maggiore ad capita duéiuum di quello che era in erogatione , e quella giudicò maggiore di quella che era in commentari» .

APPEN D ICE

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N inganno limile feguì modernamente nell’ acquedotto dell’ Acqua Paola, la quale acqua doveva edere 2000. once, ed effettiva­ mente tante ne dovevano dare, e ne avevano date i Signori di BraccianoallaCamera Apoftolica, e ne fu fatta la mifura al prin­ cipio dell* acquedotto, la qual mifura riufci poi adai minore, e fcarfa , confìderata , e prefa in Roma, e rie feguirono difgudi, e difordini gravi, e tutto perchè non fu penetrata bene quefla proprietà dell’ acqua corrente, di crefcere di mifura, dove fcema la velocità, e di fcemare la mifura, quando crefce la velocità .

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APPEN D ICE

S

III

lmile errore mi pare, ché abbiano commedo rutti quéi Periti, i quali per impedire, che non lì divertide Reno di Bologna nel Po dalle valli dove di prefente córre, gioducar-ono, ché efiendo il Reno nel­ le fue malìime efcrefcenze 2000. piedi in circa, ed edendo il Po largo 1000. piedi in circa, giudicarono, dico, che mettendoli il Reno in Po, averebbe alzata l’ acqua del Po due piedi, dal quale alzamento con­ cludevano poi difordini eforbitantiffimi, ovvero di ftraordinarie innondazio-


»25

DELL' ^ C Q J J E CORRENTI.

tS ,e fpeffò le menti delli intereffati. Ma ora dalle cofe dimoftrate e man., fedo , che lamifura del Reno in Reno farebbe diverta dalla mifura del Re­

in Po, ogni volta, che farà diverfa la velocità del Reno in Po, dalla velocità del Reno in Reno, come più eiattamente fi determina nella quar­ ta Propofizione.

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^ i T P E N DICE N

IV.

ONmeno ancora fono ingannati quelli Ingeneri e Penti, che anno affermato, che mettendofi il Reno in Po. non «reblMi al. zamentonelTuno di acqua in Po: perche la ventà è, eh * dofi il Reno inPo, farebbe fempre alzamento, ma alle m3£eiore, alle volte minore, fecondo che ritroverà con maggiore, e con nucorrerne il Po: di modo che quando ¡11>o f a r i £ locità, pochiflìmo farà l’ alzamento, e quando il medefimo Po laià tardo nel fuo corfo, allora l’ alzamento farà notabile. fi

,

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a p p e n d i c e

V.

Qui nonfarà fuori di propofico avvertire, c/ien^ ra™'nf“r® ; iPft“ ^<i^ ti, ediftribuzionidell’ acque di fonte non fi P°*ra".n° ™ r ,* ■ ftamente, fe non fi confiiìererà ancora, «>kre la mifima, a velo« tà dell’acqua, il qual punto non eflendo (taro pienamente avi tito, è cagione di continui incomodi in fimili negozi.

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A P P E N D I C E

vi .

S

lmile confiderazione fi dee fare con tanto maggior diligenza, quan7Ò Perrare .¡eoe .d edere di maggior f*te da quelli , ohe pamfeonoi c f, neffi rerrùod BÌefciaoo. Berper adacquare le campagne, come li ta ne luouhi: imgamafeo, Cremafco, Pavefe, Lodigiano, Cremo ’ . .. variazioperocchè fe non fi averà riguardo al punto importantiffimo della v ne della velocità dell'acqua, ma fole alla femplice m'fuvolgare, ne guiranno lempre difordim, e pregiudizi grandiflmu all mtereliau-

A P P E N D I C E

P

VII.

Are, che fi polla oftervare. che mentre l'acqua feorre per un' canale ocondotto, venga ritardata , trattenuta , ed imped ì■ «Ischi daNoccaoìento .che fu eoo la ripa, o fronda del canale, ò alveo, 1. quale, com ~ . b r, non fecondandoad"“ '»con e acqua , interrompe la Ina velociti: dalla qua c0- *occalìone di credo da vendi,na. e dalle nodre condderamoni, abbiamo o, ^ fcoprire un fottilifiìmo inganno, nel quale cafe no e^er fatta, per che dividono le acque di fonte, la quale divifion quan*


12 5

D E L I A

I S UR A

q u a n t o h o v e d u t o q u i i n R o m a , i n d u e m a n i e r e , la p r i m a d e l l $ . q u a l i è c o j » l e m i f a r e d i f i g u r e l i m i l i , c o m e f a r e b b e r o c e r c h i , o q u a d r a c i , a v e u d o in u n a p ia ftr a d » m e ta llo tr a fo r a ti d iv e rfi c e r c h i , o q u a d ra ci u n o d i t n e à f ’ o n ­ c i a , un alerò d i u n ’ o n c ia , uno di d u e , d i t r e , d i q u a t t r o , & c . c o n i q u a ­ li a g g i o g a n o p o i l e f i l l o l e p e r d i f p e n f a r e l e a c q u e : l ’ a l t r a m a n i e r a d i d i v i ­ d e r e l e a c q u e di f o n t e è c o n p a r a l l e l o g r a m m i r e t t a n g o l i d e l l a ftett'a a l t e z z a , m a d i d i v e l l e b a f i , i n m o d o t t m i l m e n t e , c h e u n p a r a l l e l o g r a m m o ila d i m e z z a o n c ia , l ’ a l t r o di u n a , d i d u e , di t r e , Ì ì c . N e l l e q u a l i .m a n ie re d i m if u r a r e , e d iv id e r e l ’ a c q u a è p a r u c o , c h e efie m lo p o l l e le f illo le a uno ifte flo p iano e g u a lm e n te d illa n te d al l iv e l lo , o ftip eificie fu p erio re d e ll’ a cq u a d el b o t ­ t i n o , e d e f f e n d o l e d e t t e m r f u r e e f a t t i f l i m a m e n t e f a t t e , d e b b a in c o n i e g u e n za a n c o r a l ’ a c q u a e f i e r e p a r t i t a , c d i v ita p r o p o r z i o n a t a m e n t e c o n l e m i l u r e . M a l e n o i c o n f i d e r e r e m o b e n e il t u t t o , r i t r o v e r e m o , c h e le f i l l o l e d i r o a n o in m a n o , c h e f o n o m a g g i o r i , f c a r ic a n o T e m p re p i ù a c q u a d e l g i u d o , i n c o m p a r a z i o n e d e l l e m i n o r i , c i o è p e r p a r l a r e p i ù p r o p r i a m e n t e , 1’ a c q u a c h e p a l l a p e r la m a g g i o r f i l t o l a , a q u e l l a , c h e p a t t a p e r la m i n o r e , h a Tem ­ p r e m a g g i o r p r o p o r z i o n e , c h e la f i t t o l a m a g g i o r e a l l a f i t t o l a m i n o r e . D i ­ c h i a r o il t u t t o c o n u n e i e m p i o - I n t e n d a n f i , p e r p i ù f a c i l e c o g n i z i o n e , d u e q u a d r a t i ( i l m e d e f i m o fi p u ò i n t e n d e r e d e ’ c e r c h i , e d e l l e a l t r e f i g u r e l i m i l i f r a d i l o r o ) il p r i m o q u a d r a t o , fia v. g r . q u a d r u p l o d e l l ’ a l t r o , e fia n o q u e ­ lli q u a d ra ti b o c c h e di d u e fi. ( I o l e , una di q u a t t r o o n c e , l ’ a ltra di una ; è m a n if e f to d al­ le c o l e d e t t e , c h e l’ a c q u a , c h e p atta p e r la m i n o r e f itto la , r i t r o v a i m p e d i t a la {fia v e l o c i ­ t à n e l l a c i r c o n f e r e n z a d e l l a f i­ t t o l a , i l q u .a l’ i m p e d i m e n t o v i e n m i f u r a t o d alla (le tta c i r ­ c o n f e r e n z a . O r a fi c o n f i d e r i , c h e f e n o i v o l e f l ì m o , c h e l ’ a c q u a , c h e p a t t a p e r la m a g g i o r f i t t o l a , f o t t e f e d a m e n t e q u a d r u p l a d i q u e l l a , c h e p a t t a p e r la m i n o r e in t e m p i e g u a l i , f a ­ r e b b e n e c e f l a r i o , c h e n o n f o t o il v a n o , e l a m i f u r a d e l l a f i t t o l a m a g g i o r » fo tte q u a d ru p la d ella fitto la m i n o r e , ma fo tte a n c o ra q u a d ru p lic a to l ’ im p e ­ d i m e n t o . O r a n e l c a f o n o f t r o è v e r o , c h e è q u a d r u p l i c a t o il v a n o , e la b o c c a d e l l a f i t t o l a , n o n è g i à q u a d r u p l i c a t o 1’ i m p e d i m e n t o , a n z i è f o l a m e n t e d u p l i c a t o , m e n t r e la c i r c o n f e r e n z a d e l q u a d r a t o m a g g i o r e è f o la m e n t e d u p l a d e l l a c i r c o n f e r e n z a d e l q u a d r a t o m i n o r e ; i m p e r o c c h é ! la c i r ­ c o n f e r e n z a m a g g i o r e c o n t i e n e o t t o d i q u e l l e p a r t i , d e l l e q u a l i la m i n o r e n e c o n tie n e q u a t t r o , c o m e è m a n ife fto n e lle d e fe r itte f i g u r e , c p e rta n to l a t t e r à p e r la f i t t o l a m a g g i o r e p i ù d e l q u a d r u p l o d e l l ’ a c q u a , c h e p a t t a p e r a fitto la m in o r e .

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S im ile in g a n n o c a d e a n c o r a n e ll’ a ltra m a n ie r a di m ifu r a re l 'a c q u a d i f o n ­ t e , c o m e f a c i l m e n t e fi p u ò c o m p r e n d e r e d a l l e c o f e d e t t e , e o t t e r v a t e d i fo p ra . v v

AP*


D E L L ’ A C Q U E CO RRENTI. A P P E N D I C E

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Vili.

A medefiraa contemplaziohe fcnopre l’ errore di quelli Architetti, i quali dovendo fabbricare unpontedi piùarchi fopra di unnume, conmlerano la larghezza ordinaria del fiume, la quale effendo, v. gr. quaranta canne, e dovendo il ponte edere di quattro archi, balta a loro, che la larghezza di tutti quattro gli archi infìeme prela, Jia qua­ ranta c3nne, non confiderando che nell’ alveo ordinario del fiume acqua ha due foli impedimenti, che ritardano la fua velociti, cioè il toccamenco, ed il radete le due ripe, o fponde del fiume: ma la medefima acqua, ne paffare l'otto il ponte, nel c?fo noftro ritrova otto de i medenmi impedi­ menti, urtando, e radendo due fponde per arco ( rrapafiol impedimento del fondo, perchè viene a edere il medefimo nel nume, e (otto il 1 onte ; dalla quale inavvertenza feguono talvolta difordini grandmimi, come la pra­ tica quotidiana d moftra.

L

A P P E N D I C E

IX.

Degno ancora da confiderarfi l'utile grande, e maravigliofo , c ricevono quelle campagne , le quali iogliono fcojare le acque pio­ vane difficilmente per l'altezza delle acque ne’ foffi principali, nel qual calò vengono da’ diligenti contadini tagliate le ei ne, e cairn ne ¡foffi, pergliquali padano le acque : dove fi vede in un ; «R*1“te che fono le eroe, e canne, abballarli notabilmente il livello de cq ne i foffi; in modo tale, che fi è offervaro talvolta, che l acqua è (cerna­ la, dopo il predetto taglio un terzo, e più di quello, che era avanti taglio. Il quale effetto pare poffa dependere, perchè prima quelle piante occupaflero luogo nel follo, e perciò l’ acqua reffafle piu alta di livello, e tagliate, e levate poi le medefime piante, l’ acqua ventile adabballarli, occu­ pando il luogo, che prima era occupato dalle piante: il qua! pendeiro ancor­ ché probabile , ed aprimo afpetto appanfca lodisfare, *1°" £,P ehe fi te a rendere la ragione totalmente di quello notabile abbaflamento, è detto: ma è neceffario ricorrere alla cohfidenzione noffra detla vetocijà nel corfo dell’ acqua, principaliffima, e vera cagione della variazione dell: mifura della (leda acqua corrente; impeiocchè quel a moltitudine di pian­ te, odi erbe, o di cannucce (parfe per la corrente del follo viene a ritar­ dare notabilmente il corfo dell’ acqua, e però la mifura dell’ acqua crei ce» e levati quelli impedimenti la della acqua acquida velocita, e pero •cerna di mifura, e in confluenza di altezza. E forfè quello punto bene avvertito potrebbe edere di granuli imo gio­ vamento alle campagne adiacenti alle paludi Pontine, e non ho dubbio, che fe fi minrenelle ben purgato dall’ erbe il fiume Ninfa , e gli altri foffi prin­ cipali di quei territori, renerebbero le loro acque più balie di livello, ea in confeguenza li fedi de i campi vi precipiterebbero dentro piu P'onnimente, dovendoli fempre ritenere per indubitato, che la niffura dell ac qua avanti il taglio ha alla mifura dopo il taglio la medefima propor/io- » che la velocità dopo il taglio alla velocità avanti il taglio : e Percne • ' gliate le dette piante crefce notabilmente il corfo dell acqua, pero cellario, che la medefima acqua feemi di mifura, e redi piu 153118 • Ap< E


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D E L L A

MISURA

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X.

A

Vendo noi di fopra notati alcuni errori, che fi commettono nel diÌVnbuire le acque di fonte, e quelle, che fervono per adacquare le campagne, pare ila neceflario per dare fine a quello ditcorlo, avvertire, in che modo fi pollano fare quelle divifioni giuftamenr te e fenza errore. In due maniere dunque crederei, che efquilitamente fi potelìerodividere Tacque di fonte, la prima farebbe, con eliminare piima diligentemente, quanta copia d’ acqua fcarica tutta la fontana in un deter­ minato tempo; come farebbe, quanti barili, ovvero botti ne porta in un determinato tempo , e quando poi fi ha da diftribuire T acqua diltribuirla a ragione di tanti barili, ovvero botti, in quel medefimo tempo-■ ed in tal guila i participantiavrebbero puntualmente il dovere, ne potrebbe mai ve­ nire il calo di difpenfare maggior quantità d’ acqua, di quello che folle confiderata lafonte principale, come intravvenne a Giulio Frontino, e come tuttavia intravviene ben (pedo nell iacquedotti moderni, con pregiudizio del pubblico, e del privato. L’ altra maniera di partire le medefime acque di fonte pure aliai ginfla, e facile, farebbe, con avere una loia mifura di filtola, come farebbe, di un oncia , ovvero di mezza, e quando occorre il calo di difpeniare due, tre, e più once, mettanfi tante fiftole della detta milura, che Ica­ richino l’ acqua, che fi dee difpenfare, e le pure fi dee mettere una fiftola loia maggiore, dovendola noi mettere, che (carichi per efempio, quattro once, ed avendo noi la prima loia mifura, d’ un’ oncia, bisognerà fare una filtola più grande bensì della filtola di un oncia, ma non in qua­ drupla proporzione lemplicemente , perchè fcarichercbbe piùacqua del giu» ito, come fi è detto di fopra; ma devefi efaminare con diligenza, quanta acqua mette la piccola filtola in un’ ora, e poi allargare, e reftriugere la filtola maggiore tanto, che fcarichi quattro volte più acqua della minore nellofteiìo tempo, editi quello modo fi sfuggirà il difordine avvertito nel­ la iettima Appendice. Sarebbe però uccellano accomodare le fiftole del bottino in modo, che Tempre il livello dell’ acqua del bottino rimanga a un determinato legno fopra la filtola, altramente le fiftole getteranno, ora maggiore, ora minore copia d’ acqua, e perchè può edere, che la {teda acqua di fonte alle volte fia più abbondante, alle volte meno, in tal calo farebbe bene aggiultare il bottino in modo, che Teccedo fopra l'acqua or­ dinaria traboccade nelie fontane pubbliche, acciò i particolari participanti avellerò Tempre la iteda copia d'acque.

A P P E N D I C E

A

XI.

Sfai più difficile è la divifione dell’ acque, che fervano per adac­ quare le campagne, non potendofi tanto comodamente odervare, quanta copia d’ acqua transfonda tutto il fodo in un determinato tempo, come fi può fare nelle fontane: tuttavia le farà beneintefa ]a feconda propofizione da noi più abbafio dimollrata, fe ne potrà cavare un modo affai ficuro, e giudo, per diftribuire limili acque- La propodzione dunque da noi dimollrata è tale. Se faranno due fezioni ( cioè due boc­ che di fiumi ) la quantità dell’ acqua, che pada per la prima, a quella , che


DELL' ACQUE CORRENTI.

129

feconda, ha la proporzione comporta delle proporzioni della prima fezione alla feconda, e della velocità per la prima alla velocità per la feconda, come per efempio dichiaro in grazia della pratica, accio polla cflere intefo da tutti ; in materia tanto importante ■ nafta per la

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Siano due bocche di fiumi A, e B, e fia la bocca A, di mifura, e trentadue palmi, e la' bocca B, fia otto palmi. Qui hifogna avverti , non è fempre vero, che l’ acqua, che parta per A, a quella, c P * fa per B, abbia la proporzione, che ha la bocca A, alla bocc » r non in cafo , che le velocità per 1’ ifteffe bocche fodero eguali , le velocità farannodifeguali, puòedere, chele dette bocche mec ;f f le copia d’ acqua in tempi eguali, ancorché fiano difeguali ,, bocche, e può effer ancora, che la maggiore fcanchi maggio P qua: e finalmente potrà edere, che la minor bocca fcanchi p 9 . . la maggiore, e tutto quefto è manifefto dalle cofe notate nel pr P quello difcorfo, e dalla detta feconda Propofizione. Ora noi per efammaie, che proporzione abbia l’ acqua, che patta per un foffo, pafTaperun altro, acciocché conofciuto quefto fi portano poi aggiuntare e rnedefinie acque, o bocche de’ forti, abbiamo da tener conto non olo del­ la grandezza delle bocche dell’ acqua, ma del a velocità ancora .fiche taremo con ritrovare prima due numeri, che abbiano fra di loto i P Po­ zióne, che hanno le bocche, quali fono i numeri 32. e / . A e n* poi fatto quefto, fi efamini la velocità dell acqua per le bocch , » ( il che fi potrà fare tenendo conto per quanto fpazio fia t P j corrente una palla di legno, o di altro corpo, che galleggi firria fi minato tempo, come farebbe, v. gr., in 50. battute di pollo) ‘ poi per la regola aurea, come la velocità per A alla velocita per d, co il numero 8. a un altro numero, il quale fia 4. è manifefto, per quanto 1 dimoftranella detta feconda Propofizione, che la quantità dell acqua, c parta per la bocca A, a quella che parta per la bocca B, avera la propor­ zione, che ha S. a 1. ettendo tal proporzione comporta delle proporzioni di a 8. e di 8- a 4. cioè dalla grandezza della bocca A, alla grandezza della'bocca B, e della velocità per A, alla velocità per B. Fatta quella confiderazione, fi dee poi reftnngere la bocca, che fcarica piu acqua dei giudo, ovvero allargare l’ altra, che ne fcarica meno, come tornerà F comodo nella pratica, la quale, a chi averà mtefo quefto poco, ctie avvertito, riufcirà facilirtìma •

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Uefte materie di acque, e per quanto finora ho in diverfe occafioni offervato, fi trovano involte.in tante difficoltà, e moltiplicità di (Iravagantilfimi accidenti, che nonè meraviglia tieffuna, fé continovamente da molti, ed anco dalli Ingegnieri ileflì, e Periti fi commettono intorno a quelle, gravi, ed importanti'ertori, e perchè molte volte non folo intaccano gl’ intereflì pubblici, ma ancora i privati, di qui è, che non folo appartiene a’ Periti trattarne, ma ben Tpefio ognuno del volgo pretende darne il fuo giudicio: ed io mi fono abbattuto più volte, necefiltato a trattare, non folo con quelli, che o per pratica, o per iiludio particolare intendevano qualche cola in quelle materie, ma ancora con per* fone ignudo affatto di quelle cognizioni, che fono neceffarie per potere con fondamento difcorrere fopra cotal particolare-, e così molte volte ho in­ contrato più difficolta ne ì duri capi delti uomini,'che ne’ precipitofi tor­ renti, e valle paludi. E particolarmente,ebbi occafiòne gli anni paffati di andarea vedere la cava, ovvero emiliano del lago di Perugia, fatta già da braccio Fortebraccio, molti anni fono,.ma per elfere poi con grandilfimi 'danni dal tempo fiata rovinata, e renduta inutile , fu rifarcita, con opera vera­ mente eroica, emaravigliafa da Monfignor Maffeo Barberini, allora Prefet­ to delle llrade, ed ora Sommo Pontefice Romano. rEd elfendo io necelfitato per poter cambiare dentro la cava, e per altro, ;a fare ferrare le cata;rattedélla detta cava1¡all’ imboccatura del lago, non fi tpfio le ebbi ferrate, che concorrendo una: gran moltitudine'di gente de’ .Callefliè Te rie intor­ no alle riviere dei lago', cominciarono a fare doglienzè grandi, rapprefentando, che tenendoli ferrate quelle cataratte. non folo il lago non aveva il fuo debito sfogo, ma allagava tutte ;le. riviere del lago con grandilBirii danni. E'perchè a prima apparenza il loro motivo aveva affai del ragione­ vole, io mi trovai a mal partito, non vedendo mofio di persuadere a tanta moltitudine, che quel pregiudizio, che elfi pretendevano , che io facelfi loro con tenere chiufe le cataratte due giorni,,era alfolutamente infenfibile, e che con tenerle aperte, il lago non fi sbafava nel medelimo tempo ne meno quanto era grolfo un foglio di carta però mi convenne valermi di quella autorità, che io teneva, e così lèguitaia fare il mio negozio, come conveniva, fenza riguardo neffuno a quella plebe tumultuariamente ivi ra­ dunata . Ora che il mio lavoro lì fa, non con zappe, e con le pale, ma con la pennate col difcorfo, intendo dimoflrare chiaramente a quelli, che fono capaci di ragione, e che hanno intefo bene il fondamento di quello mio trattato, che era vanilfitno il timore, che quella gente aveva concepito. E però dico, che llando l’emiff'ario, ocava del lago di Perugia nel modo, che fi trova di prefente, e camminando l’ acqua per elfa con quella velocità, che cammina*, perefaminare quanto può abballarli il lago nello fpazio di due giorni, dobbiamo confiderare , che proporzione ha la luperficie di tutto il lago alla mifhra della fezione dell’ emiiTario, e poi inferire che averà la medelìma proporzione la velocità dell’ acqua per l’ emilfario all’ abbafiamento del lago, e per illabilire bene, e chiaramente quello difcorfo, intendo dimoflrare la feguente ptopofizione. Sefaràunvafo di acqua di qualfivogìia grandezza, e che abbia un emiffario, per lo quale fi Scarichi lafua acqua: Qual proporzione ha la fuperficie del vafo alla mifura della fezione dell’ emiliano, tale averà la veloci­ tà dell*

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D E L L ' ACQUE CORRENTI. 131 ti dèli* acque per reifiiiTario all’ abbaiamento del lago. Sia »1 vaio A B D , H 1 L B, per lo quale fi fca, richi, e corra l’ acqua .- la fuperfi­ F\ cie dell’acqua del vaio fia A D, A. r e la fezioiié dell’ etuiffario fia H \ ............. L, e fi abbaili in un determinato !\:F E tempo Tacqui nel vafo, quanto è 4 . la linea A F .' Dico, che la pro­ 3 T porzione della fuperficie A D del vafo alla mifura della lezione dell’ >,b t emiliano H l , è la medefima, che Jiaìa velociti dell’ emiilario alla linea A F, la quia! cofà è' manifella; im­ perocché, movendoli l’acqua del vafo per la linea A F, fino in F, e fra­ ncandoli tutta la mole d’ acqua A G , e nello fteffo tempo (caricandofi la medefima copia d’ acqua per la fezione dell’ emiilario H L, è necefiario per le cofe dimoftraté da me alla terza Propofizione, ed anco fpiegate nel principio del mio Trattato, che la proporzione della velocità per T emilia­ no alla velocità dello sbafÌamento, fia come la fuperficie del vafo alla mifura della lezione dell’emilTario, che era quello che,fi doveva dìmollrare. Quello, che lì è dimoflrato del vafo, fegue perapputiio ancora nel noilrolago di Perugia, e fuo emilTario, e perchè Timmenfità'della fuperficie del lago alla fuperficie della lezione dèli’ emiliano ha la proporzione di molti milioni a uno, come facilmente fi può calcolare, è manifefto, che tale abbaiTamento farà impercettibile,, e quali bullo nello lpazio di due Intorni, arizi eli quattro, 6 di fei : e tutto quello farà vero, quando 1? fupponga , che nel detto tempo non eritri nel Iago belluria altra acqua, nè per folli, nè per forgenti, le quali fopravvenendo nel lago renderebbero anco­ ra minore tale abbaiamento. Ora vedali, quanto fia neceflario' efaminare tali abbaiamenti, ed alza­ menti conefquilite ragioni, oalmenS con accurate elperienze, avanti che li termini, e rifolva cofa nefiuna, e quanto fia lontano il volgo dal pote­ re rettamente giudicare di limili" materie . A P P E N D I C E

I

XIII.

N maggiore confermazione di tutto quello, che ho detto, voglio regillrare ancora unaltro fimiliffimo calò, che pure è occorlo a me ne i tempi partati, nel quale per non edere intefo bene al vivo il negozio, erano feguiti già molti difordini, e di grolle fpele, e di conliderabili danni. Fu già fatto un emiilario, o vogliamo dire canale per fcolare le acque, cheda’ poggi, e fonti, e torrenti cafeano in un l3go, affinchè le riviere intorno al lago reflaflero libere dall’ allagamento deli’acque: ma ierchè forte Timprefa non fu bene incaminata, e feguito, che Tacque dele campagne adiacenti al detto canale non poilono fcolare in elTo, e refiano allagate, al qual dilordine prontilfimo rimedio e fiato ulato, che in tempo opportuno li ferri il canale con alcune cataratte mantenute apporta per cotal ufo, e così abballandoli il livello dell’ acque nel canale, nello lpazio di tre, o quattro giorni fi rafeiugano i campi felicemente. Ma dall altra parte li oppongono i padroni intorno alle riviere del lago, dolendoli amaramente, che mentre Hanno ferrate le cataratte, ed impedito il corto all'acque del canale, il bgo veniva ad inondare le tene deile riviere del Iz lago

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132 <D E L L A M I S U R A lago con grave loro pregiudizio, e cosi continuando le, liti feguivano do­ glianze, e male fodisfazioni. Ed eflendo io ricercato del mio fenfo in que* fia materia, Rimai ben fatto ( già che il punto della coptroverfia era intor­ no all’ abbaiamento* rd, alzamento del lago ) che fi mi fura(Te efattameiite il detto abbaiamento, quando le cataratte Ranno aperte, e l’alzamento, quando Ranno ferrate, e quefio dilli che fi farebbe fatto faciliifimamente in tempo che non foprawenifiero acque flraordinarie al lago, nè di piogge, nè di altro, e che il lago non vernile conturbato da venti, che caricaftero le acque del lago da banda neiuna, con piantare vicino ad un ifoletca, che fi ritrova vedo mezzo il Iago un forte, e grotto palo, nel quale fuiero fatti i fegni delli alzamenti, ed abbaiamenti della fuperficie del lago nello lpazio di due, o tre giorni- Io allora non mi volli impegnare, nè dire rifolutamente il mio fenfo, potendomi edere da varj accidenti conturbato; ma dim bene ( Rante quello che ho dimoflrato, e particolarmente quello, che ho avvertito di fopra intorno al lago di Perugia ) inclinava grande­ mente a penfare, che qaeRi alzamenti, ed abbaiamenti farebbero riufciti impercettibili, ediniuna confiderazione, e però, che, quando l’ efperienza aveie avuto il rifcontro della ragione, non mi pareva che tornaie il conto continuare nelle difpute, ed alterazioni, le quali poi riufciiero, come fi fuol dire, de lana caprina. Finalmente importando molto la cognizione di quanto può operare una pioggia continua per molti giorni nel rialzare quefli lagi, voglio aggiunge9 ui la cqpia d’una lettera fcritta da me a’ giorni paiati al Sig. Galileo Galilei primo Filofofo del Serenifs- Gran Duca di Tofcana, nella quale (pie­ go un certo mio penderò in quefio propofito, e forfè da quefia Reia let*» tera verrà maggiormente confermato quanto ho detto di fopra.

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DELL' ACQUE CORRENTI.

COPIA

DI

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L E T T E R A

Al Sig. Galileo Galilei Primo Filofofo del Sereniilìmo Gran Duca di Tofcana. Alolt' lllujlre, ed Eccellentìfs. Signore . )ER fodisfare a quanto promifi a V. S. molt’ Illurtre con le paflace mie di rapprefentarle certa mia confidenzione fatta fopra il lago Trafimeno, le dico. Che a’giorni pattati ritrovandomi in Perugia, dove fi celebrava il noftro Capitolo Generale, avendo intelo che il lago Trafimeno, per la gran ficcittà di molti meli era ab­ ballato afiai, mi venne curiofità di andare a riconolcer occultamente quella novità, e per mia particolare lo», disfazione, ed anco per potere riferire a’ Padroni il tut­ to con la certezza della vifione del luogo E cosi giun­ to all’ emiiTario del lago, ritrovai, che il livello della fuperficie del lago era sballato cinque palmi romani in circa dalla folira lua altezza, in modo, che reftava più ballo della foglia dell' imboccatura dell’ emiliano, quan­ to è lunga *■............ —■ 1 -— la lopra porta linea , e però non ufeiva dal lago punto di acqua, con grandilfimo incomodo di tutti i Paefi, e Cartelli circonvicini, per riipetto, che l’ acqua Polita xifctre dal la­ go fa macinare za macini di mulini, le quali nonmacinando neceflìtavano tutti gli abitatori di quei contorni a caminare lontano una giornata , e più per macinare al Tevete. Ritornato, che fui in Perugia, feguì una pioggia non molto grolla , ma continovata aliai, ed uniforme, quale durò per ilpa210 di otto ore in circa ; e mi venne in ptnfiero di volere elaminare, lian­ do inPerugia, quanto con quplla pioggia poteva diete crelciuto, erialzato il lago, fupponendo ( come aveva aliai del probabile ) che la pioggia folle yniverl'ale lopra il lago, ed uniforme a quella, che cadeva in Peiueia-, e così preio un vaio di vetro di forma cilindrica, alto un palmo in circa, e largo mezzo palmo, ed avendogli infula un poco d’acqua tanto, che coprilìe il fondo dtl vaio, notai diligentemente il legno dell’ altezza dell’ac­ qua del vaio, e poi l’ elpofi all’ aria aperta a ricevere l’ acqua della pioggia, che ci calcava dentro, e lo lalciai ilare per.ilpazio d’ un ora, ed avendo ortervato, che nel detto tempo l’ acqua fi era alzara nel vafo quanto la le­ gúeme linea ---- confiderai, che le io avelli elporti alla medefma piog­ giaaltri limili, ed eguali vali, in ciafcheduno di erti fi farebbe rialzata l’ac­ qua, fecondo la medelìma mifura : e pertanto conclufi, che ancora in tut­ ta l’ ampiezza del lago era neceffario, che I’ acqua fi forte rialzata nello fpazio d’ un ora la medelìma mifura. Qui però mi fovvennero due diffi­ coltà, che potevano intorbidare, ed alterare un tale effetto, oalmenoren­ derlo inollervabile, le quali poi confiderate bene, e rilolute, mi lanciaro­ no, come dirò più a ballo, nella conclufione ferma, che il lago doveva effeTom. I, I 3


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eflere crefciuto nello fpazio di otto ore, che era durata la pioggia, otto volte tanto. E, mentre io di nuovo efponendo il vafo» ilava replicando 1’ operazione, mi fopravvenne un Ingegnerò, per trattar meco di certo interefie del noftro Monaftero di Perugia, e ragionando con elio li moftrai il vafo dalla fineflra della mia camera, efpofto in un cortile, e li comunicai la miafantafia, narrandogli tinto quello, eh’ ioaveva fatto. Allora rh’ avvidi, che quello galantuomo formò concetto di me, che io folli di affai de­ bole cervello: imperocché fogghignando diffe: Padre mio v’ ingannate, io tengo, che il lago per quefta pioggia non farà crefciuto, nè meno quant’ è groffo un giulio . Sentendolo io pronunziare quefta fua fentenza con gran franchezza, e rifoluzione, li feci iftanza, che mi affegnaffe qualche ra­ gione del fuo detto, afticurandolo, che io averei mutato parere alla forza delle fue ragioni : ed egli mi rilpofe, che aveva grandilfima pratica del lago, e che ogni giorno ci lì trovava fopra, e che era molto ben ficuro, che nonera crefciuto niente. E facendoli io pure iftanza, che mi affegnaffe qualche ragione del fuo parere, mi mife in confiderazione la gran licei­ tà pallata, e che quella pioggia era ftata come un niente per la grand’ arfura: alla qual colà io rifpolì, Signore, io penfava, che la fuperficie del la­ go, fopra della quale era cafcata la pioggia folle bagnata, e che però non vedeva, come la liceità fua, ch’ era nulla, poteffe aver forbito, per così dire, parte neffuna della pioggia- In ogni modo perfiftendo egli nella fua opinione, fenza punto piegarli per lo mio difeorfo, mi concedè alla fine, ( cred’ io per farmi favore ) che la mia ragione era bella, e buona, ma che in pratica non poteva riufeire. Allora per chiarire il tutto, feci chiamar uno, e di lungo lo mandai alla bocca dell’ emiliano del lago, con ordine, che mi porcafle precifameme ragguaglio, come li trovava l’ acqua del lago, inrifpetcoalli foglia della imboccatura. OraquV, Signor Galileo , non vorrei, che V. S. penfaffe, che io mi avelli accomodata la cofa fra le mani per ila­ re fu l’onor mio; ma mi creda ( e ci fono teftimoni viventi ) che ritorna­ to in Perugia la fera il mio mandato, portò relazione, che 1’ acqua del la­ go cominciava a {'correre per la cava, e che li trovava alta lopra la foglia, quali un dito; in modo, che congiunta quefta mifura con quella, che mifurava prima la bellezza della fuperficie del lago fotto la foglia avanti la pioggia, fi vedeva, che ¡’alzamento del lago cagionato dalla pioggia era fiato a capello quelle quattro dita, che io aveva giudicato. Due giorni dopo abbattutomi di nuovo con l’ Ingegnerò, li raccontai tutto il, fatto, e non feppe che replicarmi. i Le due difficoltà poi, che mi erano fovvenute potenti a conturbarmi la mia conclafione, erano le lèguenti. Prima confiderai, che poteva edere, che Ipirandoil vento dalla parte dell’ emiliano alla volta del lago, averebbe caricata la mole, e la malTa dell’ acqua del lago verfo le riviere oppofte, (opra delle quali alzandoli l’ acqua fi farebbe sbaffaca all’ imboccatura dell' emiffario, e così farebbe ofeurata aliai l’ offervazione. Ma quefta dif­ ficoltà reftò totalmente fopita dalla grande tranquillità dell'aria, che fi confervò in quel tempo, perchè non fpirava vento da parte neffuna, nè mentre pioveva, nè meno dopo la pioggia. La feconda dìfficulcà, che mi metteva in dubbio 1’ alzamento era, che avendo io offervato colli in Firenze, ed altrove quei pozzi, che chiama­ no, fmalritoi, nei quali concorrendo le acque piovane de i cortili, e cafe, non li poflono mai riempire, ma fi fmaltifce tutta quella copia d’ acqua, che fopravviene per le medefime vene, che fomminiftrano 1’ acqua al poz­ zo, in modo, che quelle v e n e , che in t e m p o a i c i u t t o m a n t e n g o n o il poz­ zo,


DELL1 ACQUE CORRENTI.

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20 fopfavvenendo altra c o p i a

d ’ a c q u a n e l p o z z o , la r i b e v o n o , e l ’ i n g o i a n o . C o s i a n c o r a u n lim ile e f f e t t o p o t e v a f e g u ii e m i l a g o , nel q u a le ritro v a tid o l i ( c o m e h a del v e r i f i m i l e J d i v e r f e v e n e , c h e m a n t e n g o n o il l a g o , q u e ­ l l e f l e t t e v e n e a v e r e b b e r o p o t u t o r i b e v e r e la l o p r a v v e n e n t e c o p i a d ’ a c q u a p e r la p i o g g i a , e in c o i a i g i t i l a a n n i c h i l a r c i ’ a l z a m e n t o , o v v e r o I b e r n a r l o i n m o d o , c h e li r e n d e t t e i n o f f e r v a b i l e ■ M a f i m i l e d i f f i c o l t à r i f o l i i f a c i l i f f i t n a m e n te c o n le c o n f id e r a z io n i d e l m io t r a t t a t o d e lla m ilu ra d e ll’ a c q u e c o r r e n t i ; i m p e r o c c h é a v e n d o i o d i m o f t r a t o , c h e l ’ a b b a i a m e n t o d i un l a o a l i a v e l o c i t a d e l f u o e m i l i a n o h a r e c i p r o c a m e n t e la p r o p o r z i o n e , c h e a la m ilu ra d e lla l e z i o n e d e l l ’ c m if f a r io del la g o a lla m ilu ra d e lla l u p e r fie i e d e l l a g o ; f a c e n d o il c o n t o , e c a l c o l o , a n c o r a a l l a g r o l l a , c o n f u j p o r ­ r e , c h e l e v e n e l u e f o d e r o a l i a i a m p i e , e c h e la v e l o c i t à d e l l a c q u a p e r e t t e f o t t e n o t a b i l e n e l l ’ i n g h i o t t i r l ’ a c q u a d e l l a g o , in o g n i m o d o r i t n • a l , c h e p e r i n g o i a r e la f o p r a v v e n u t a c o p i a d ’ a c q u a p e r la p i o g i . i , fi f a re i b i . r o c o n fu m a te m o lte fe ttim a n e , e m efi : di m o d o c h e te tta i { ¡c u r o , c h e la r t o b e f e g u i t o l ’ a l z a m e n t o , c o m e in e f f e t t o è f e g u i t o . _ .

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E p e r c h è d i v e r f i d i p u r g a t o g i u d i z i o m i h a n n o d i p i ù p o t t o in d u b b i o i u e f t o a l z a m e n t o , m e t t e n d o i n c o n f i d e r a z i o n e , c h e e l l e n d o p e r la g r a n i c c i t à , c h e a v e v a r e g n a t o , d i f e c c a t o il t e r r e n o , p o n e v a e t t e r e , c h e q u e l ­ la ttr ilc ia di t e r r a , c h e c ir c o n d a v a g li o rli d el la g o , ritro v a n d o li f e c c a , a lf o r b e n d o g r a n c o p i a d ’ a c q u a d e l c r e f c e n t e l a g o , n o n i o l a f c i a t t e c r e i c e l e in a lt e z z a . D i c o p e r ta n to , c h e fe noi c o n lìd e re re m o ben e q u e llo d u b b io , c h e v ie n e p r o p o t t o , n ella m e d e fìm a c o n lid e r a z m o e lo r itr o v e r e m o rilo lu to ; i m p e r o c c h é , c o n c e d a l i , c h e q u e l l a ftrife ia di fp ia g g ia di t e r r e n o , c h e v e r ­ r à o c c u p a t a d a l l a c r e f c e n z a d e l l a g o ila u n b r a c c i o d i l a r g h e z z a i n t o r n o in ­ t o r n o al l a g o , e c h e p e r e d e r e f e c c a s’ in z u p p i d ’ a c q u a , e p e r ò q u e t t a p o r z i o n e d ’ a c q u a n o n c o o p e r i a l l ’ a l t e z z a d e l l a g o : c o n v i e n e a l t r e s ì in o g n i m o d o , c h e n o i c o n f i d e r i a m o , c h e e l l e n d o il c i r c u i t o d e l l ’ a c q u a d e l l a g o t r e n t a m i g l i a , c o m e fi t i e n e c o m u n e m e n t e , c i o è n o v a n t a m i l a b r a c c i a F i o ­ re n tin e di c i r c u i t o ; e p e rta n to a m m e tte n d o per v e r o , ch e cia fch ed u n b r a c c i o d i q u e l l a f t r i f e i a b e v a d u e b o c c a l i d ’ a c q u a , e c h e d i p i ù p e r 1’ a l ­ l a g a m e n t o t u o n e r i c e r c h i t r e a l t r i b o c c a l i , a v e r e m o , c h e t u t t a la c o p i a d i q u e l l a p o r z i o n e d ’ a c q u a , c h e n o n v ie n e im p ie g a ta n e ll’ a lz a m e n to d el la­ g o , f a r à q u a t t r o c e n t o c i n q u a n t a m i l a b o c c a l i d ’ a c q u a , e p o n e n d o , c h e il l a g o fia fe flà n ta m ig lia r i q u a d r a t e , t r e m i l a b ra c cia lu n g h e , t r o v e r e m o , c h e p e r d i f p e n f a r e l ’ a c q u a o c c u p a t a n e l l a f t r i f e i a i n t o r n o al l a g o ♦ ( o p r a la f u l e r f ic i e t o t a l e d e l l a g o , d o v e r à e d e r e d ifte fa ta n to f o t t i l e , c h e un b o c c a e f o l o d ’ a c q u a v e n g a f p a r f o f o p r a a d i e c i ro d a b r a c c i a r i q u a d r a t e d i f u p e r . f i c i e : f o t t i g l i e z z a t a l e , c h e b i l o g n e r à , c h e fia m o l t o m i n o r e d i u n a f o g l i * d ’ o r o b a t t u t o , e d a n c o m i n o r e d i q u e l v e l o d ’ a c q u a , c h e c i r c o n d a le b o l ­ l i c i n e d e l l a f t e f f a a c q u a : e t a n t o f a r e b b e q u e l l o , c h e fi d o v e t t e d e t r a r r e d a l l ’ a l z a m e n t o d el l a g o ; m a a g g iu n g a li d i p i ù . c h e n e l lo fp a z ip di un q u a r t o d ’ q r a d e l p r i n c i p i o d e l l a p i o g g i a , t u t t a q u e l l a f t r i f e i a fi v i e n e ad i n z u p p a r e d a l l a { l e t t a p i o g g i a , in m o d o c h e n p n a b b i a m o b i f o g n o p e r b a g n a r l a , di i m p i e g a r c i p u n t o d i q u e l l ’ a c q u a , c fy e c a f c a n e l l a g o . O l t r e c h e n o i n o n a b D i a m o p o t t o i n c o n t o q u e l l a c o p ia i d ’ a c q u a , c h e f e o r r e in t e m p o di p i o g ­ g e n e l I a g o d a l l a p e n d e n z a d e i p o g g i , e m o n t i , c h e l o c i r c o n d a n o , ¡a q u a l e f a r à f u f f i c i e n t i f f i m a p e r f u p p l i r e a t u t t o il n o f t r o b i f o g n o : D i m o d o c h e , n è m e n o p e r q u e f t o fi d o v e r à m e t t e r e in d u b b i o il n o f t r o p r e t e f o a l ­ z a m e n t o . E q u e l l o è q u a n t o m i è o c c o r f o in to rn o a lla c o n f id e r jz i o n e d el

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lag o T ta fim ^ n o . . r Dopo la q u a l e , f q r f e c o n q u a l c h e t e m e r i t à i n o l t r a n d o m i t r o p p o , t r a p . i t -

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D E L L A M I SU R A fs

fai ad un altra contemplazione, la quale voglio rapprefentare a V. S. ficu» ro, che ella la riceverà, come fatta da me con quelle cautele, che fono neceiT'arie in (imiti materie, nelle quali non dobbiamo afiìcurarci di affer­ mare mai cola nelTuna di noftro capo per certa, ma tutto dobbiamo rimet­ tere alle lane, e ficure deliberazioni di Santa Madre Chiefa, come io ri­ metto quella mia, e tutte le altre, prontiflimo a mutarmi di fentenza, e conformarmi Tempre con le deliberazioni de i Superiori. Continuando dun­ que il mio di lopra (piegato penderò, intorno all’ alzamento dell’acqua nel vaio di (opra adoperato, mi venne in mente, che eflendo fiata la fopra mentovata pioggia affai debole, poteva molto bene intravvenire, checadefie una pioggia cinquanta , e cento, e mille volte maggiore diquefta, e mol­ to magg oie ancora incenfìvamente ( il che farebbe feguito, ogni volta , che quelle gocciole cadenti fodero fiate quattro, o cinque, o dieci volte più grolle di quelle della fopra nominata pioggia, mantenendo il medefimo numero ) ed in tal cafo è manifeilo, che nello fpazio di un’ ora, fi alze­ rebbe l’ acqua nel vafo due, e tre braccia, e forfè più; e confeguentemente quando leguifl’e una pioggia fintile fopra un lago, ancora quel tal lago fi alzerebbe fecondo l* ¡fletta mifura- E parimente, quando una filmilepioggia folle univerfale intorno a tutto il globo terrellte, necettariamente farebbe intorno intorno al detto globo, nello fpazio d’ un’ ora, un alzamento di due, e di tre braccia. E perchè abbiamo dalle facre memorie, che al tempo del diluvio, piovvequaranta giorni, e quaranca notti, cioè per ifpaziodi 96®. ore, è chiaro, che quando detta pioggia fotte fiata grolla dieci volte più del­ la noflra di Perugia', l’ alzamento delle acque Copra il globo terreftré’'fa­ rebbe arrivato, e pattato un miglio; oltre che le preminenze de’ poggi, e de i monti , che fono fopra la fuperficie terreftre, concorrerebbero anco­ ra effe a far crefcere l’ alzamento. E pertanto conclulì , che 1’ alzamento delle acque del diluvio tiene ragionevole convenienza con i difeorfi natu­ rali, detti quali fo beniffimo, che le verità eterne delle divine carte noli hanno bifogno ; ma in ogni modo mi par degno di confiderazione così chia­ ro nfeontro, che ci da occalìone di adorare, ed ammirare le grandezze di Dio nelle grand’opere fue, potendole ancora noi talvolta in qualche mo­ do mifurale con le fcarfe mfibre noflre. Moltiliime notizie ancora fi pofiòno dedurre dalla medefima dottrina , le quali tralaicio, perchè ciafcheduno da fe (ledo lepotrà facilmente inten­ dere, fermata bene, che avera prima quefla maffima; che non è poffibilè pronunziare niente di certo intorno alla quantità dell'acqua corrènte, con confiderare foto la femplice mifura volgare dell’ acqua lenza la velocità, •ficcome per lo contràrio; chi renette conto fidamente della velocità fenza la ftiiiura commetterebbe errori grandifiìmi; imperocché trattandoli dèlia mifura dell’ acqua corrente, è ncceffario, eflendo l’ acqua corpo, per for­ mare concetro della fiia quantità, confiderare in effa tutte tre le dimeniloni, cioè, larghezza, profondità, e lunghezza: le prime due dimenfìoni fono ofìervate da tutti nel modo comune, ed ordinario di mifurare le acque correnti ; ma viene tralalciata la terza dimenfione della lunghezza ; e forfè tale mancamento è flato commetto, per edere riputata la lunghez­ za dell’ acqua corrente in un certo modo infinita, mentre non finifee mai di pattare, e come infinita è fiata giudicata incomprenfibile, e tale, che non fe ne potta avere determinata notizia, e pertanto non è fiato di efia tenuto conto alcuno ; ma fe noi più attentamente faremo riflefiìone alla confiderazione noflra della velocità dell’ acqua, ritroveremo, che tenendoli conto di ella, fi tiene conto ancora della lunghezza, congioilìacofachè, men*


DELI' ACQUE CORRENTI.

137

mentre fi dice, la tale acqua di fonte corre con velocità di fare mille, d due mila canne per ora, quello in foftanza non è altro, che dire, la tale fontana fcarica in un’ ora un acqua di mille, o due nula canne di lunghez. za. Sicché, febbene la lunghezza totale dell’ acqua corrente è mcomprenfibile, come infinita, fi rende però intelligibile a parte a parte nel­ la lua velocità . E tanto badi per ora di avere avvertito incorno aquella materia, con ifperanza di fpiega» re in altra occafìone altri particolari più reconditi nel medefimo propofito •

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GEOMETRICHE D E L L A

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MISURA

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DELL’ ACQUE CORRENTI D

1

D. B E N E D E T T O C A S T E L L I M O N A C O C A S S IN E N S E E M A T T E M A T I C O

DI P APA V.

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U R B A N O Vili. x ,

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SUPPOS1ZÌ O N E

I.

iNtendafi, che le fponde de* fiumi, de’ quali fi parla, fieno erette al pia­ no della fuperficie fuperiore del fiume. I' • '' ' il. •1' U. .;.1 . s' i - .■ - C

SUPPOSIZIÓNE • v

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11. •,

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Intendali il piano del fondo del fiume, del quale fi tratta, edere retto alle fponde dei fiume.

SUPPOSIZIONE

III.

Intendali trattarli de’ fiumi, mentre fono halli in quello flato di battezza» ovvero mentre fono alci in quello flato di altezza, e non nel tranfito dalla battezza all’ altezza, ovvero dall’ altezza alla baffezza.

DI-


14®

DELLA

MISURA $

1

y-tìGfeBARAZIONE DE’ TERMINI. ' Primo.

Se un fiume farà fegato da un piano retto alla fuperficie dell* acqua del fiume, ed alle fponde del fiume , quel piano fegante chiamili lezione del fiume: e quefta lezione perle fuppofizioni di fopra farà parallelogrammo rettangolo. Secondo. Sezioni egualmente veloci fi diranno quelle, perle quali l’ acqua corre con eauale velocità: e più veloce, o men veloce fi dirà quella fezione di un’ altra, per la quale l’ acqua corre con maggiore, o minor velocità . P R O N

UN Z I A T O

I.

Le fezioni eguali , ed egualmente veloci fcaricano quantità d’ acqua eguale in tempi eguali. P R O N •U TU,''¿4N * Z I A T O .

II.

Le fezioni egualmente veloci, e che fcaricano quantità d’ acqua egua* le in tempi eguali, faranno eguali. P R O N U N Z I A T O

IH.

Le fezioni eguali, e che fcaricano eguale quantità di acqua in tempi eguali, faranno egualmente veloci. P R Ò . N U

N Z I A T O

I V.

Quando le fezioni fonoineguali, ma egualmente veloci, la quantità dell’ ac­ qua , che paffa perla piima lezione alla quantità, che palla per la fecon­ da , avera la medefima proporzione, che la prima fezione alla feconda fe­ zione. Il che è manifefto, perchè, elTendo la (Iella velocità, la differenza dell’ acqua, che palla, farà fecondo la differenza delle lezioni. P R O N U N Z I A T O

V.

Se le fezioni faranno eguali, e di ineguale velocità, la quantità dell’ ac» qua, che palla per la prima, e quella, che palla per la feconda, 3verà la tnedefima proporzione, che ha la velocità della prima fezione alla velo* cità


DELL' ACQUE CORRENTI.

141

c i t i d ella fe co n d a fe z io n e . Il c h e p u re è m a n ife fto , p e r c h è , effend o eg u a­ l i le f e z i o n i , la d if f e r e n z a d e ll’ a c q u a , c h e p a l l a , d e p e n d e d a lla v e l o c i t à *

D

O

M

A

N

D

A

.

D a ta una fe z io n e di f i u m e , c h e c e n e p o llia m o im m a g in a re u n ’ a ltra

egua­

l e a lla d e tta d i d iv e r t a l a r g h e z z a , e d a l t e z z a , e d a n c o v e l o c i t à .

PROPOSIZIONE

1.

Le fezion i del medefim o fiume Jcaricano eguali quantità d'acqua l i , ancorché le fezioni mede [¡me f i ano à ije g u a li .

\ B

r» tempi

egua­

^ C

S i a n o d u e f e z io n i A , e B , n e l fiu m e C , c o r r e n t e d a A , v e iT o B » d i c o c h e f c a t i c h e r a n n o e g u a l i q u a n t i t à d ’ a c q u a in t e m p i e g u a l i , i m p e r o c c h é , f e m a g g i o r e q u a n t i t à d ’ a c q u a p a f f a f i e p e r A , di q u e l l o c h e p a lla p e r B , n e f e g u t r e b b e , c h e l’ a c q u a n e llo fp a z ìo in te rm e d io del fiu m e G , c r e fc e r e b b e c o n t i n u a m e n t e , il c h e è m a n i f e f t a m e n t e f a l l o ; m a fe p iu q u a n t it à d i a c q u a S e p e r " a fe z io n e B , d i q u e llo c h e e n tra p er la fe z io n e A , l ’ a c q u a n e l l o f p a z i o i n t e r m e d i o C , a n d e r e b b e c o n t i n u a m e n t e f e e m a n d o , e fi a b b a l l e ­ r e b b e T e m p r e , il c h e p u r e è f a l f o : a d u n q u e la q u a n tità d e ll a c q u a c h e paffa p e r l a f e z i o n e B , è e g u a l e a lla q u a n t it à d e ll’ a c q u a , c h e paffa p e r la fe z io ­ ne

A,

e p e r ò le fe z io n i d el m e d e fim o fiu m e S ca rica n o

&C.I1 che fi doveva

d in to ftra re •

P R O P O S I Z I O N E IL Se faranno due fezioni di fium i: la quantità dell' acqua ebe pafia per lafinm a a quella, che paß per la feconda, ha la proporzione compofta delle p r o p o i m o n i della prima fezione alla feconda, t della velocità per la prim a , alla velocità P " ><* feconda.

Siano due fezioni A , e Bài due fiumi} dico, che 1» Santità delizie-


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D E L L A

M I S U R A

qua, che paffà per A , a quella, che palla per B , ha U proporzione C0EQ«

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p o l l a d e l l e p r o p o r z i o n i d e lla p r im a f e z i o n e A alla f e z i o n e B , c i t à p e r A , alla v e lo c ità p e r B . In te n d a li una fe z io n e e g u a le

e

d ella v e lo ­ a lla f e z i o n e

A , in g r a n d e z z a , m a d i v e l o c i t à e g u a l e a l l a f e z i o n e B , e fi a G ; e f a c c i a l i c o m e la l e z i o n e A , a l l a f e z i o n e B , c o s i la l i n e a F , a l l a l i n e a D , e c o m e la v e l o c i t à p e r A , a l l a v e l o c i t à p e r B , c o s ì l a l i n e a D , a l l a l i n e a R . A d u n ­ q u e l ’ a c q u a , c h e p a lla p e r A , a q u e l l a , c h e p a lla p e r G ( p e r e f l e r e l e fe z io n i A , e G , di g r a n d e z z a e g u a l i , m a di v e l o c i t à d ile g u a li ) farà c o m e l a v e l o c i t à p e r A , a l l a v e l o c i t à p e r G , m a c o m e la v e l o c i t à p e r A , a l l a v e l o c i t à p e r G , c o s i è la v e l o c i t à p e r A , a lla v e l o c i t à p e r B , c i o è la l in e a D , a lla lin e a R , a d u n q u e la q u a n t i t à d e l l ’ a c q u a , c h e p a lla p e r A , a lla q u a n t i t à , c h e p a l l a p e r G , f a r à c o m e la l i n e a D , a l l a l i n e a R ; m a l a q u a n ­ t i t à , c h e p a lla p e r G , a q u e lla c h e p a lla p e r B , ( p e r e d e r e le d u e f e z io n i G , e B e g u a l m e n t e v e l o c i ) f a r à c o m e la l e z i o n e G , a l l a l e z i o n e B , c i o è c o m e l a l e z i o n e A , a l l a f e z i o n e B , c i o è , c o m e la l i n e a F a l l a l i n e a D , a d u n q u e p e r la e g u a l e , e p e r t u r b a t a p r o p o r z i o n a l i t à , la q u a n t i t à d e l l * a c ­ q u a , c h e p a l la p e r A , a q u e l l a , c h e p a lla p e r B , a v e f à la m e d e d m a p r o ­ p o r z i o n e , c h e h a la l i n e a F , a l l a l i n e a R : m a F , a R , h a la p r o p o r z i o n e c o m p o r ta d e lle p ro p o rz io n i d i F , a D , e d i D , a R , c io è d ella fe z io n e A , a l l a f e z i o n e B , t d e lla v e l o c i t à p e r A , a lla v e l o c i t à p e r B , a d u n q u e a n c o ­ ra la q u a n t i t à d ’ a c q u a , c h e p a lla p e r la f e z i o n e A ,

a q u ella ch e

parta

per

la f e z i o n e B , a v e r à la p r o p o r z i o n e c o m p o r t a d e l l e p r o p o r z i o n i d e l l a f e z i o ­ n e A , a lla f e z i o n e B , ' e d e l l a v e l o c i t à p e r A , alla v e l o c i t à p e r B , e p e r ò f e f a r a n n o d u e l e z i o n e d i f i u m i la q u a n t i t à p r i m a , & c . I l c h e fi d o v e v a d i m o f t r a r e .

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D E L L 1 A C Q U E CO RREN TI.

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C O R O L L A R I O

TL medcfimo fegue, ancorché la quantità dell’ acqua, che patta per la A fezione A, ila eguale alla quantità dell’acqua, che patta per la lezione » , come è manifetto per la medelìma dimoftrazione. «

PROPOSIZIONE

III.

Se fa ra n n o due f e l l o n i 'in eg u a li , p e r le q u a li paffuto qu an tità d ’ acqu e eg u a li iti tem p i e g u a l i , le f e z i otti hanno f r a d i loro rec ip ro c a p ro p o rz io n e d elle loro v e lo c it à .

. Siano due fezioni ineguali, per le quali pattino quantità d’ acque eguali in tempi eguali, A, la maggiore, e B, la minore; dico che la lezione A, ------- *-----------—

E G

alla fezione B, averà la medettma proporzione, che reciprocamente ha la velocità per B, alla velocità per A- Imperocché fia come 1’ acqua, che patta per A a quella, che patta per B, cosi la linea E, alla linea F, adun­ que per efiere la quantità'di acqua ; che patta per A, eguale a quella, che patta per B, ancora la linea E farà eguale alla linea F. Intendali di più, come la fezione A, alla lezione B, così la linea E, alla linea G, e perchè la quantità d e l l ’ a c q u a , che patta per la fezione A a quella che patta per la fezione B, ha la proporzione comporta delle proporzioni della fezione A, alla fezione B, e della velocità per A, alla velocità per B, adunque la li­ nea E alla linea F, averà la proporzione comporta delle medefime pro­ porzioni, cioè della proporzione della fezione A, alla fezione B, e della velocità per A, alla velocità per B; ma la linea E alla linea G, ha la pro­ porzione della fezione A, alla fezione B, adunque la proporzione rimanen­ te della linea G, alla linea F, farà la proporzione della velocità per A, alla velocità per B, adunque ancora la linea G, alla linea E, farà come la velocità per A, alla velocità per B, e convertendo la velocità per B , alla velocità per A, farà come la linea E, alla linea G, cioè come la fezione A, alla fezione B, e pelò,' fe faranno due feaioni» &c, che fi doveva dir inoltrare, CO-


144

Ti E L L A

M I S U R A

C O R O L L A R I O lquìèmanifefto, che le fezioni del medeiimo fiume ( le quali non fo­ no altro, che le mifurevolgari del fiume ) hanno fra di loro recipro­ ca proporzione delle loro velocità; imperocché nella prima propofizione, fi è dimoftrato, che le fezioni del medeiimo fiume fcaricano eguali quantitàd’ acqua in tempi eguali; adunque per quello, che s’ è dimoftrato ora, le fezioni del medeiimo fiume averanno reciproca proporzione delle loro velocità, e però la medeiima acqua corrente muta la mifura, quando) muta la velocità, cioè crefce di mifura, mentre fcema la velocità, e fcema la mifura , quando crefce la velocità. Dalla qual cofa principalmente depende tutto quello, che fi è detto di fopra nel diicorfo, e ne’ Corollari, ed Appendici notati, e però è punto degno d’ diere bene intefo, ed avvertito.

D

PROPOSIZIONE

IV.

Se un fium e entrerà in ti0 altro fiu m e , l'a lte z z a del prim o nel proprio alveo alP altez za , che f a r à nel fecondo alveo ha la proporzione compofia delle proporzioni della larghezza dell' alveo d el fecondo aUa larghezza dell' alveo del prim o , e della velocità acquifia ta n ell ’ alveo d e l fecondo a qu ella , che aveva n el pro p rio , e p rim a a lv e o .

Entri il fiume A B , alto quanto A C , e largo quanto C B , cioè con la fezione A C B , entri dico in un altro fiume largo quanto la linea E F , e

faccia in efio l’ alzamento D E, cioè abbia la fua fezione nel fiume, nel quale è entrato D E F, dico che l’ altezza A C, all’ altezza D E , ha la pro-

I


T iE tV A C Q U E C O R R E N T I .

proporzione comporta deile proporzióni>della; larghezza B F ,, allajafghegza C B , e della velocità per D F, alla velocità per AB. Intenda/] una. fezione G eguale di velocità alla lezione À B, e di larghezza, eguale aU la E F , la quale porti una quantità d’acqua eguale a quella, clic porta là fezione A B, in tempi eguali, ed in confeguenza eguale a quella, che porta la D F; facciali di più come la larghezza È F , alla larghez. za C B, così la linea FI, alla linea I, e cometa velocita di D F, alla ve* locità di A B, così la linea I, alla linea L, perchè dunque le due lezioni Al ), eG, fono egualmente veloci, e fcaricano eguale quantità di acqua in tempi eguali, faranno fezioni eguali, e però I’ altezza di A B, all* al-, rezza di G, f3rà come la larghezza di G, alla larghezza di A B , cioè co­ me E F, a C B, cioè come la linea H., alla linea 1 ; ma perchè I’ acqua che parta per G,è eguale a quella, che parta per D E F, però la fezione G, alla fezione D E F, avera la proporzione reciproca della velocità per D E F, alla velocità per G, ma (i) ancora l’ altezza di G, all’ altezza D E , >)P>oj>. è come la fezione G, alla fezione D E F, adunque l’ altezza di G, all’ a|„ i d e l6. tezza D E, è come la velocità per D E F, alla velocità per G, cioè c o - d 'E u c l. me la velocità per U E F » alla Tcluclià per A B, cioè finalmente come la linea I , alla linea Lj adunque per la eguale proporzione l’ altezza di A B cioè A C, all’ altezza D E, farà come H, ad E, cioè, comporta delie proporzioni della larghezza E F, alla larghezza C B , e della velocità per D F, al lavelocità per A B, ficchè, fe un fiume entrerà in un altro fiume «tc. che fi doveva dimoftrare.

p r o p o s i z i o n e

v.

S e un fiu m e S c a ric h erà una q u a n tità d 'a c q u a in un te m p o , t p o ì g li[ o p r tv v e r à una p i e n a : la q u a n tità dell' a c q u a , c h e f i [ c a r i c a in altretta n to tem po nella p ien a a q u e lla , ch e f i [ c a r ic a v a p r i m a , m en tre i l fiu m e e r a b a fio , h a la p ro p o rz io n e com p o l ì a d elle p ro p o rz io n i d e lla v elo c ità d e lla p ien a , a l la v elo cità d ella p r im a acqu a e d e ll' a lte z z a d ella p ie n a a ll' a lte z z a d e lla p r im a a c q u a . * *

Sia un fiume, il quale mentre è baffo, feorra per la fezione A F, e poi D

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R — S— T — li fopravvenga una piena, e feorra per la fezione D F, dico che la qcanTom. I. \ K ti:à


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riti dell’ acqua, che fi (carica per Dl ; , a quella, che fi fcaricava per A F ha la proporzione comporta delle proporzioni della velocità per U F, alla velocità per A, e dell’ altezza D B all’ altezza A B; faccia« come la velocità per D F, alla velocità per A F, così la linea R, alla lineai», e come l’ altezza D B, all'altezza A B, così la linea S, alla linea T , ed intendali una fezione L N , eguale alla D F, di altezza, e larghezza, cioè fia L M, eguale alla D B . e d M N , eguale alla B F, ma fia in ve­ locità eguale alla fezione A F, adunque la quantità d’ acqua, che fcorre per D F, a quella, che fcorre per L N, fara come la velocità per D F, alla velocità per L N, cioè alla velocità per A F, e per edere la linea R, allaS, come la velocità per D F, alla velocità per A F; adunque la quantità, che fcorre per D F ,a quella, che fcorre per L N, avera la proporzione di R , a S ; ma la quantità, che fcorre per L N, a quella , che fcorre per A F, ( per edere le fezioni egualmente veloci ) averà la proporzione, che ha la fezione L N , alla fezione A F, cioè D B» a B A, cioè la S alla T, adunque per la egual proporzione la quantità dell'acqua, che fcorre per D F, a quella, che fcorre per A F averà la proporzione di R, a T , cioè comporta delle proporzioni dell’ altezza D b , oli’ altezza A B » c della velocità per O F » alta velocita per A r , e peto fé un nume Caricherà una quantità, &c. che fi doveva dimoftrare,

a n n o t a z i o n e medefimo fi potrebbe dimoilrafe pèrla feconda propofizione di I Ldimoftrata, come è mahifefto.

PROPOSIZIONE

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VI.

Se due piene eguati d el medefimo torrente entreranno in un fium e in diverfi tenep i t 1 ' a lt e z z e fa tte dal torrente nel fiume aver anno f r a dì loro la proporzione re .

eiproca delle velocità acquisiate nel fiume .

Siano due piene eguali delmedefimó torrente A» e B , le quali entran­

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dola un fiume in|diverfi tempi facciano le altezze C D, * F C>


D E L L ACQUE CORRENTI.

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piena Affaccia l’ altezza C D, e la piena B, faccia 1* altezza F G cioè fìano le loro fezioni nel fiume, nel quale fono entrate C E. F H • Hi™ che l’ altezza C D, all’altezza F G, averà la proporzione reciproca'della velocità per F H. alla velocita per C E. Imperocché e(Tendo la quantità di acqua, che palla per A , eguale alla quantità che palla per B, in temoi eguali, ancora la quantità, che palla per C E, farà eguale a quella che pali “ P*r f e la proporzione, che ha la fezione C E, alla lezione F H, iara la medefima, che della velocità per F H, alla velocità ne- C E JTia la lezione C E, alla fezione F H, è come C D, a F G, per* elierè della ftelTa larghezza: adunque C D, a F G, averà la proporzio­ ne reciproca della velocità per F H, alla velocità per C E, e però fe due piene del medefinio tor* rente, &c. che fi doveva dime« Arare ¡


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149

D E L L A

MISURA

D E L L ’ ACQUE CORRENTI D I

D BENEDETTO CASTELLI Abbate di S. Benedetto

, e Matematico

DI PAPA U R B A N O Vili. ProfeiTore dello Studio di Roma, L I B R O

S E C O N D O .

Tendo ionel fine del mio Trattato della Mifura dell’ ac­ que correnti, prometto di fpiegare con altra occafione altri particolari più reconditi, e di grandiflimo mo­ mento nell’ ideila materia; vengo a fodisfare alla pro­ metta, coll’ occafione, che io ho avuto l’ anno patta­ to 1641. di proporre il mio penderò fopra lo flato de* Lagumi di Venezia, negozio veramente importantiflìmo, come che è interette della nobiliifima , e maravigliofa Città di Venezia, ed in particolare di tutta l* Italia, anzi di tutta 1’ Europa, e dell’ Alia, edell’ Affri­ ca , e fi può dire con verità di tutto il Mondo intero. E dovendo caminare coll’ ordine neceffario nelle fcienze, proporrò prima alcune definizio­ ni di quei termini, de’ quali ci doveremo fervire nel noftro difcorfo; e poi, porti alcuni fondamenti, dimoftreremo alcuni Problemi, e Teoremi neceflarj per Pintelligenza delle cofe, che fi doveranno dire, ed altresì col racconto di diverfi cali leguiti, moftreremo colla pratica di quant’ uti­ le fia quella contemplazione della mifura dell'acque correnti, e ne' mag­ giori negozi importanti, pubblici, e privati.

DEFINIZIONI. I. T%yTUoverfi due fiumi con egual velocità fi diranno, quando in tempi I V I eguali pattano fpazj eguali di lunghezza . ^II. Muoverli i fiumi con limile velocità fi diranno, quando le loro par* ti proporzionali fi muovemmo fimilmente, cioè le luperiovi alle l'uperiori, e l’ inferiori all’ inferiori, in modo, che le la parte luperiore d’ un fiame farà più veloce della parte fuperiore d’ un altro, ancora la parte inferiore del primo , fia più veloce della parte fua corrifpondente del feconclo Pro­ porzionatamente. Tom. /. K3 “ l.


i 5o

DELLA

MISURA

I I I . M i l u r a r e u n f i u m e , O v v e r o ^ufi’ a c q u a c o r r e n t e , a p p r e t t o d i n o i fi d i r à i n v e l t i g a r e q u a n t e d e t e r m i n a t e ' m i f u r é ' , ‘ o v v e r o p e l i d ’ a c q u a in u n d a ­ t o te m p o p a llin o p e r io f i u m e ,

.

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o v v e ro a lv e o

d ell’ a c q u a ,

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d ee m i-

fu rare t I V . S e farà fa tta una m a c c h in a d i f a b b r i c a , o d i p i e t r a , o di l e g n o c o m p o l t a i n m o d o , c h e d u e l a t i d i ert a m a c c h i n a f i a n o c o l l o c a t i a d a n g o l i r e t ­ t i a l l ’ e f t r e m i t à d ’ u n t e r z o l a t o , il q u a l e f i a a l l e t t a t o n e l f o n d o d e l f i u m e p a r a l l e l o a l l ' O r i z o n t e , in m o d o c h e t u tta l ’ a c q u a , c h e ( c o r r e p e r Io d e t ­ t o f i u m e , p a t t i p e r q u e f t a m a c c h i n a , e v e n e n d o d iv e r t it a t u t t a l’ a c q u a , c h e f c o r r e p e r l o d e t t o f i u m e , r i m a n g a f c o p e r t a , e a f c i u r r a a f f a t t o la f u p e r f i c i e f u p e r io r e d i q u e l t e r z o l a t o , p o l lo n el f o n d o , e n o n v T r e f t i lo p ra l ’ a c q u a m o r t a ; q u e f t a - t a l m a c c h i n a farà d a n o i c h ia m a t a R e g o l a t o r e ; q u e l t e r z o l a . t o d e l i a m a c c h i n a , c h e f t a o r i z o n t a l m e n t e , fi c h i a m a f o n d o d e l r e g o l a t o r e ; e g l i a l t r i d u e l a t i f i c h i a m e r a n n o f p o n d e d e l r e g o l a t o r e , c o m e fi v e d e n e l l a p r im a figu ra ; A B C I ) f a r à il r e g o l a t o r e ; B C il f o n d o ; e g l i a l t r i d u i l a t i A n o le lu e l p o n d e .

B, C

D

fo ­

V. A l t e z z a v i v a d e l f i u m e fi d i r à l a p e r p e n > d i c o l a i e d a lla f u p e r f ic i e l u p e r i o r e d e l fiu m e fino a lla f u p e r fic ie lu p e r io r e d e l f o n d o d e l - r e g o l a t o r e , c o m e n e l l a m e d e f i m a f i g u r a l a l inea G H . V I - S e s’ i n t e n d e r à f e g n a t a l ’ a c q u a d* un f i u m e p e r t r e Iati d ’ un r e g o l a t o r e , q u e l p a r a l l e lo g r a m m o r e t t a n g o l o c o m p r e l o d a l l e f p o n d e d e l r e g o l a t o r e , e d il f p n d o , e d a l l a l u p e r f i c i e d e l l ’ a c ­ q u a , fi c h i a m a f e z i o n e d e l f i u m e . . ,

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A NN 0 T A Z I O N E . U I è d a n o t a r e , c h e il f i u m e m e d e f i m o p u ò a v e r e v a r i e , e d i v e r f e a l t e z z e , e in d i v e r f e p a n i d e l fu o a l v e o , p e r le v a r ie v e ­ l o c i t à d e l l ’ a c q u a , e f u e m i f u r e , c o m e fi è d i m o i l r a t o n e l p r i m o

Q

L ib ro .

S U P P O S I Z I O N E . I-

/ ^ (Ilu p p o n e , l

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c h e i fiu m i e g u a li di l a r g h e z z a :; e d a l t e z z a v i v a ,

che ab-

b i a n d a m e d e fim a in c lin a z io n e di l e t t o , d e b b a n o a n c o r a a v e re e g u a ­ li v e l o c i t à , l e v a t i p e r ò g l ’ i m p e d i m e n t i a c c i d e n t a l i , f p a r f i p e r l o c o r .

fo d e ll’ a c q u a , e a ftr a e n d o a n c o r a d a lli v e n ti e f t e r n i , i q u a li p o ffo n o v e l o c i t a r e , e r ita r d a r e il c o r f o d e l l ’ a c q u a d e l f i u m e . II. S u p p o n ia m o a n c o r a , c h e fe fa ra n n o d u e f iu m i d i l e t t i e g u a li d i la r ­ g h e z z a , e d e lla m e d e fim a in c lin a z io n e , m a d ’ a l t e z z e v iv e d ile g u a li, d e b ­ b a n o m u o v e r li c o n lim ili v e l o c i t à , c o n f o r m e al fe n lo e fp lic a to n e lla f e c o n ­ d a d efin iz io n e . III.

P e r c h è f r e q u e n t e m e n t e o c c o r r e r à m i f u r a r e e f a c t a m e n t e il t e m p o

ne*

P r o b l e m i l e g u e n t i , n o i f u p p o n i a m o p e r e f q u i f i c o m o d o d i m i f u r a r e il t e m ­ p o , q u e llo c h e mi fu in o ltr a to m o lt’ anni fo n o dal q u ale è c o m e le g u e .

S ig .

Debbefi prendere un filo lungo tre piedi Romani»

G a lile o G a lile i,

ii

a capo del quale fia ap-


i 5,

DEL V lA C Q V E CO URENTI.

appefa una palla di piombo di due, o tre onde in circa, e tenendola fopra l’ altro eftremo, fi rimuova il piombino dal.lup perpendicolo un palmo, o più, o meno, e fi làfci andar libero, che farà molce andate, é ritornate, pacando, e ripaflando il perpendicolo, avanti, che in efio fi fermi. Or occorrendo mifurare il tempo, che fi confuma in qualunque operazione, il debbano numerare quelle vibrazioni, che fi fanno, mentre dura l’ opera, e faranno tanti minuti fecondi d’ ora , quando però il filo fia lungo tre piedi Romani, mane’ fili più corti le vibrazioni fono più frequenti, e ne’ fili più lunghi fono meno frequenti, e tutto queflo iegue fempre, o fia il piom­ bo rimofiò dal fuo perpendicolo, molto, o poco, o fia maggiore, o mino­ re il pefo dei piombo. Prefuppofte quelle cofe, pafiando alcuni Problemi faciliifimi, dalli qua­ li verremo alle cognizioni, e quefiioni più fotcili, e curiofe, che riufcu ranno ancora utili, e non difprezzabili in quella materia d’ acque. P R O P O S I Z I O N E I.

PRO BLEM A

I.

D

Ato un canale d’ acqua corrente, la larghezza del quale palliando per un regolatore, fia di tre palmi, e di altezza un palmo, poco più, o meno, mifucare, che acqua palli per lo regolatore in un j dato tempo. Prima fi doverà intellare il canale, ficchè non relti punto d’ acqua per 1’ ¡niellatura, poi fi doveranno mettere nella ripa del canale nelle parti fopra il regolatore, tre, o quattro,_o cinque canne ri­ torte, o fifoni, fecondo la quantità dell’acqua, che fcorre per lo canale, in modo, che bevanolo cavino fuor del canale tutta l’ acqua, che porta il canale (ed allora fi conofcerà, che li fifoni ingojano tutta l’ acqua, quan­ do vedremo, che 1’ acqua all’ intellatura non fi alza più, nè fi sballa, ma fi mantiene fempre nell’ ideilo livello ) Preparate quelle cofe , prendendo rifinimento da mifurare il tempo , efamineremo la quantità dell’acqua, cho efce da uno di quei fifoni nello fpazio di 20. vibrazioni, ed il limile fare­ mo ad une, ad uno degli altri fifoni, e poi raccolta tutta la fomma , dire­ mo, che tanta è l’ acqua, che corre, e palla per lo regolatore, ovvero ca­ nale ( levata, che fia l’ intellatura ) nello fpazio di 20. minuti fecondi d' ora, e calcolando facilmente fi ridurrà ad ore, giorni, meli, ed anni; e mi è rìufcito mifurare in quello modo acque di mulini, e fontane, e mi fono alficurato bene della giuftezza, con replicar più volte l’ opera medeliraa.

CONSIDERAZIONE.

E

Queflo. modo doverebbe edere adoperato per mifurar 1* acque, che fi debbonoincondottare, e condurre nella Cittì, e ne’Caftelli per fon­ tane, e per poter poi dividere, e diftribuire a’ particolari gialla­ mente, che fi leverebbono infinite liti, e controverfie, che ogni giorno vengono in quelle praterie.


D E L L A

15-

PRO PO SIZIO N E

s

II.

M IS U RA P R O B L E M A II.

E un fiume movendoli con una tal velocità per un fuo regolatore averà una data altezza viva, e poi per nuova acqua crefcerà il dop­ pio, crefcerà ancora il doppio di velocità. Sia l’ altezza viva d’ un fiume nel regolatore A B C D, la pen» dicolare per EH, e poi per nuova ac­ D qua(opravvenuta al fiume, fi fia alzata l'acqua fino in G, ficchè G B fia dop^ pio di E B, dico, che tutta l’ acqua G C, farà il doppio di velocità di quel­ H la , che era E C . F

Non f i m ette la d im ofirazion e d e lla p ro p o f la , p e r c h e d a lettere f c r i t t e dall' A utore B u -J C a d A m ic i , cojìa non efferfi fo d is fa tt o , e ch e non intendeva d i p u b b lic a rla fe t i zìi una p iù f a l d a d im o slra z io n e, la q u a le f p e r a v a d i co n feg u ìre . M a preven u to d a lla m or­ te non p otè d a r e , uè a q u e fta , nè a l rim an en te d e l fec o n d o lib ro /’ u ltim a m ano . Onde f i è ¡lim a to p iù opportu n o i l t r a la fc i a r la , ch e i l con trav v en ire a lla m ente dell' d la to re , E ciò f e r v a an cora d ’ a v v ifo a coloro , che f i trov affei o av er co p ia mano f c r i t t a d i q u eflo lib ro con la d e tta d im o fir a z io n e. P er ora f i con ten ti i l L e tto r e d e l­ l a n otizia d i cosi b e l l a , c u tile co n clu fio n e, della v erità d ella q u a le e g li p u ò con p o c a f p e f a , e con m olto d ile tto ven ire in ¡ ¡c a r e z z a p e r m ez zo d ell' ejp e rien z a d a f a r f i in modo fin tile a q u e llo , ch e v ien e ¡p ieg a to n et fec o n d o C orollario d e lla q u a rta P rop ofizio n e d i quejlo , con la f u a T a v o la , e d a p p refio con /’ u fo d i e jj à .

C O R O L L A R I O .

D

I qui fegue, che quando un fiume crefce d’ altezza viva per nuo­ va acqua fopravvenutagli, crefce ancora di velocità* inmodo che la velocità alla velocità ha la medefima proporzione, che 1’ al­ tezza viva all’ altezza viva, come fi può dimoftrare nel modo me-

defimo

PRO PO SIZIO N E

D

I II.

PROBLEMA

I II.

Ato un canale d’ acqua, la cui larghezza non ecceda 20. palmi in circa, eia fua altezza viva fia meno di ;■ palmi, mifurare la quantità dell’ acqua, che feorre per lo canale per un dato tem­ po. Adattili nel canale un regolatore, ed ofiervifi l’ altezza viva nel det­ to regolatore , poi fia divertita dal canale con canaletto di tre, o quattro palmi di larghezza in circa; poi fi mifuri la quantità dell’ acqua, che feor­ re per detto canaletto, come fi è infognato nella feconda propofizione, e infierne fiofierviminutamente, quanto farà feemata l’ altezza viva nel cana­ le maggiore .mediante la diverfione del canaletto, e fatte tutte quelle di­ ligenze moltiplichili in fe medefima l’ altezza viva del canale maggiore.* e pa-


D E L L ACQUE CORRENTI. parimente fi moltiplichi in fe medefima l’ altezza minore dello ftefio canale maggiore, e detratto il quadrato minore dal maggiore, il refiduo a tutto il quadrato maggiore averà la proporzione, che ha l’ acqua del canaletto divertito all’ acqua del canale maggiore. E perchè 1’ acqua del canaletto è nota per lo modo dimoftrato nella prima Propofizicme, ed eflendo anco« ra noti i termini della propofizione, farà nota anco per la regola aurea la quantità dell’ acqua, che fcorre, per lo canale maggiore, che era quello, che fi defiderava di fapere. Con un efempio dichiareremo il tutto. Sia per efempio un canale largo 15. palmi, la fua altezza viva avanti la fua diverfione del canaletto fia 24. once, ma dopo la diverfione fia 1’ al­ tezza viva del canale folo 22. once. Adunque 1’ altezza minore alla mag­ giore è come i[ numero 11. a 12. ma il quadrato din. è 1 21. è il qua­ drato di 12. è 144., la differenza di detti quadrati minore al maggiore, è 23. Adunque l’ acqua divertita a tutt3 l*acqua ècome 23. a 144. che è quafida i.aó. efei ventitreefimi, e tale proporzione averà laquantità dell’acqua, che fcorre per locanaletto atutta l’ acqua, che fcorre perlocanalegrande. Ora fe noi ritroveremo per la regola detta di Copra nella prima propofizione, che la quantità dell’ acqua, che fcorre per lo canaletto fia v.gr. cento ba­ rili, nello fpazio di 15. minuti fecondi d’ un ora, è manifeflo, che l’ acqua, che fcorre per lo canale grande nell’ ifteffo tempo di 15. minuti fecondi fa­ rà quali 600. barili.

La medefima operazione in altro modo.

E

Perchè bene fpeflo nell’ applicare la teorica alla pratica, inter« viene, che non fi pofian così facilmente metter in efecuzione tutti i particolari necefiarj in teorica , perciò aggiungeremo qui un altro modo di far la medefima operazione, quando narcefie cafo, che non fi potefie divertire comodamente il canaletto dal canal grande, ma fibbene fofle facile venire al canal maggiore l’ acqua d’un altro cana­ letto minore, il qual potefie facilmente efTer mifurato, come fi è mofirato nel primo Problema, o veramente quando il cafo ch® nel canal maggiore entrafie un canaletto minore, che potefie efier divertito, e mifurato . Però dico nel primo cafo volendo noi mifurare la quantità dell ac­ qua, che fcorre in un tempo nel canal maggiore, nel quale fi polla intro­ durre un altro canaletto minore mifurabile, fi dovera prima eiattamente mifurare il canaletto, e poi ofiervare l’ altezza viva del canale maggiore, avanti l’ introduzione; e fatta che farà 1’ introduzione, fi doverà di nuo­ vo inveftigare la proporzione, che ha l’ acqua del canaletto a tutta 1’ ac­ qua del canal grande , perchè effendo noti quefti termini della proporzio­ ne, ed efiendo nota la quantità dell’ acqua del canaletto, averemo nota ancora la quantità dell’ acqua, che fcorre per lo canal grande • Parimente è manifeflo, ches*averà l’ intento, quando il cafo fofle, che nel canal gran­ de entraffe un canaletto minore mifurabile, e che fi potette divertire.

CON-


DELLA

154

MI SU R A

C O N S I D E R A Z I O N E .

D

I querta dottrina farebbe neceffario fervirfi nella diftribuzione dell’ acque, che fcemano per adacquare le campagne, come fi ufa nei territorio Bresciano, Cremonefe, Bergamafco, Lodigiano, Milanefe , e molti altri luoghi, dove di continuo nafcono liti, e dif­ ferenze graviffime, quali non potendoli mai terminare con ragioni intelligi­ bili, vengono benefpeflo a forza d’ armi terminate, ed in vece d’ innaffiar le campagne coll’ acque, l’ innaffiano crudelmente col fangue umano fparfo • mettendo empiamente fofiopra la pace, eia giuftizia, feminando difcordie, ed inimicizie tali, che portano feco alle volte la rovina delle Città intere, o le aggravano inutilmente di vaniffime fpefe, e talvolta dannofe. PR O PO SIZIO N E

I V.

TEOREMA

IV.

Uando un fiume crefce d’ altezza viva, la quantità dell’ acqua ; che fcarica il fiume , fatta la crefcenza, ha la proporzione com­ porta delle proporzioni dell’ altezza viva all’ altezza viva, e della velocità, alla velocità. Sia un fiume , il quale mentre è baffo fcorre per lo regolatore D F coll* altezza viva A B, e pòi gliTopravvenga una piena, e fcorra coll’ altezza i t^.co, c^e q^ntità dell’ acqua, che fi fcarica per D F a quella, che fi fcarica per A F , ha la proporzione comporta delle proporzioni del­

Q

la velocità per D F alla velocità per A F, e dell’ altezza D B all* altezza A E',-Facciali come la velocità per D F alla velocità per A F, così la li­ nea R alla linea S, e come l’ altezza D B all’ altezza A B così la linea S alla linea T ; ed intendali una fezione L M N eguale alla fezione D F di altezza, e lunghezza, ma Ila in velocità eguale alla fezione A F, adun­ que la quantità d’ acqua, che fcorre per D F a quella, che fcorre per L N farà come la velocità per D F alla velocità di L N, cioè alla velocità per A F , e per effer la linea R alla linea S , come la velocità per D F alla velocità per A F ; adunque la quantità dell’ acqua , che fcorre per D F à quella che parta per L N , averà la proporzione, che Jia la R a S; ma la quantità dell’ acqua, che lcorre per L N , a quel-


DELL' ACQUE CORRENTI.

, 5J

quella, che fcorre per A F ( per eiTere le fezioni egualmente veloci ) ave­ ri la proporzione, che ha la fazione L N alla lezione A F, cioè l'altezza B.Oall altezzaB A, cioè S a T , adunque per l’ egual proporzione laquantttà dell’ acqua, che fcorre per D F a quella, che icone per A F averà là proporzione di R a T, cioè comporta delle proporzioni dell’ altezza D B all’ altezza A B, e dalla velocità per D F alla velocità per A F; e però quando un fiume creice d’ altezza viva, la quantità dell’ acqua, che fcorre, fatta la crefcenza, a quella, che fcorre avanti la crefcenza, ha la propor­ zione comporta, &c- Che è quello, che fi doveva dimoftrare. C O R O L L A R I O

I.

S

Egue da quello, che avendo noi inoltrato, che la quantità dell’ acqua che Icone, mentre il fiume è alto a quello, che fcorreva mentre era baffo, ha la proporzione comporta della velocità alla velociti, e dell’ altezza aU’alcezza. Ed elfendofi dimoftr3to, che la velocità al­ la velocità è come l’altezza all’ altezza, fegue dico, che la quantità dell’ acqua, che fcorre quando il fiume è aito a quello, che fcorre mentre è baffo, ha duplicata proporzione dell’altezza all'altezza, cioè la proporzio­ ne, che hanno i quadrati dell’ altezze. C O R O L L A R I O

D

IL

Alte quali cofe dipende la ragione di quello, che ho detto nella mia feconda confiderazione, che fe per la diverfione di 5.a 9, dell’ acqua, che entra da’ fiumi nella laguna, l’ acqua fi è abbal­ lata unatal mifura, quella farà un terzo folodi tutta l’altezza, madivertendo di piùgli altri quattro noni fi sballerà due altri terzi ; punto principaliflìmo, e tale, che non elfendofi mai intefo, ha canfaro grandirtitni difor* dini, ed ora più che mai farebbe feguito danno nocabiliflìmo, fe fi mette­ va in efecuzione la diverfione del Sde, e degii altri fiumi, ed è manifefto, che nel medefimo modo , con il quale fi è dimoftraro, checrefcendo la quan­ tità dell’ acqua in quadruplo, l’ altezza crederebbe folo il doppio, e cre­ fcendo la quantità nel nonuplo, l'altezza crefce tripla; ficchè con aggiun­ gere alle unirà tutti i numeri difpari fecondo la loro ferie, l* altezze cre­ dono fecondo la ferie naturale di tutti i numeri dell’ unità, come per efemp.iopallandoper un regolatore una tal mifura d’acqua in un tempo, aggiun­ gendo tre di tali mifure, l'altezza viva, e due di quelle parti, che prima era uno, e continuando ad aggiunger 5. di quell’ irteife mifure, 1’ altezza e tre di quelle parti, che prima erano 1. e così aggiungendo 7. e poi 9. e poi 11. e poi i?- &c. 1’ altezze faranno 4. poi 5. poi 6 poi 7. &c. e per maggior facilità dell’ opera, abbiamo defcritta la feguente tavola, della quale dichiareremo l’ ufo. Si è divifa la tavola in 3. ferie di numeri, la pri­ ma ferie contiene tutti li numeri nella ferie naturale, cominciando dall’ uni­ tà, ed è chiamata ferie dell’ altezze, la feconda contiene tutti li numeri difpari, cominciando dall’ unità, e fi chiama ferie dell’ aggiunte ; la terza contiene tutti i numeri quadrati, cominciando dall’ unità, e ,fi chiama ferie della quantità.


i 56

D E l L A M I SU RA

Ufo della /addetta Tavola. I. T*'vRima fé intenderemo divifa tutta l’ altezza viva d’ un fiume d’ ac' ì qua corrente inquante parti eguali fi voglia, defiderandonoi sbafI fare mediante una divilìone unquinto, trovili nella tavola alla ferie dell’ altezze il numero s denominatore della parte, che fi dee sballare il fiume, e prendafi il numero, che gli è immediatamente fottopofto nella ferie dell’ aggiunte, che è 9. il quale fi iottragga dal numero 25., fottopoftoli nella ferie della quantità, il refiduo 16 lignifica, che delle 25. partid’ acqua , che (correvano nel fiume mentre era alto 5. milure, ne feorrono folo i <5 parti, talchèperfarlosbafiareun terzo, è ft3to necefiario levare 9. venticinquefimi dall’acqua, che poi tava tutto il fiume ; di modo, che con levare poco più di un terzo dell’ acqua del fiume, fi è sballato folo un quinto. II. E così nel fecondo luogo, fe per lo contrario fi defiderafie fapere quanta acqua fi debba aggiungere al medefimo fiume per farlo crefcere un terzo di piùd’ altezza , licchè cammini alto nel regolatore 6. dì quelle parti, che prima ne caminava alto s., fi trovi nella ferie dell’ altezza 6., e prenden­ doli ilnumero 11.fottopoftoli, edaggiunto al numero 25 fuppofto al num. 9. nell’ aggiunte, e $. nell’ altezze, cheli averà 36. che è la quantità dell' acqua, che fcorre coll’ altezza del fiume, alto 6. parti di quelle che pri­ ma era alto 5. III. Ma quando fi defiderafle fapere quant’ acqua ci bifogni aggiungere per fare rialzare il fiume, ficchè corra alto 8. parti di quelle, che prima ne correva alto 5. fi debbono prendere in una fomma i numeri della ferie dell’ aggiunte, fotropofti all’ 8. al 7. al 6., che fono 15. 13. e 11. cioè 39., uefta farà raggiunta, che fi dee fare alli 25. ficchè per far correre il urne alto 8. di quelle parti, che prima era 5., farà necefiario aggiungere 39. di quelle parti, che il fiume prima era 2$. IV. Parimente con la medefima tavola è impronto la quantità dell’ acqua, che fcorre di tempo in tempo per un fiume, il quale crefca per nuova ac­ qua, che gli fopraggiunge, quando in una fua altezza fia nota la quantità della fu3 acqua; come perefempio; fe noi fapeffimo, che il fiume in un minuto d’ ora fcarica 2500. di tali mifure d’ acqua, e corre alta 5. parti nel regolatore, e dopo vedeflìmo, che corre alta 8. palmi, ritrovando nella ferie della quantità il numero fottopofto all’ 8. che è 64., diremo, che il fiume rialzato porta 64. parti d’ acqua di quelle, che vi portava prima 25 , e perchè prima ne portava 2500. mifure , per la regola aurea, diremo, che il fiume porta 6400 mifure di quelle, che prima vi portava 2500. In qaefto progrefiò della Natura, è cola veramente curiola, e che ha del Paradoflo in prima faccia, che procedendo noi ordinatamente nelle diverfioni, ed aggiunte con aggiunte, e diverfioni tanto ineguali, in ogni mo-

S


DELL'

A C Q U E CORRENTI.

157

no gli sbafiaraenti Tempre riefcono eguali, e così gli alzamenti ; e chi di­ rebbe mai, che cambiando un fiume alto v. gr. io. palmi, e portando cen­ to mifure in un minuto d’ ora, fi debba sballare un palmo Colo colla diverfione di ip. di quelle mifure* e poi che il negozio fi riduca a fegno, che fi sbadì pure un palmo, colla diverdone di tre fole di quelle fteife mifure, anzi colla diverfione d’ una fola rnifura? e pure è veriifimo, ed ha quella verità così chiara i ri/contri nell* cfperienza, che è cofa da ftupire. Ed io per piena fciisfazione di quelli, quali non potendo reftar capaci delle fottili di.nortrazioni, defiderano chiarirli con i fatti, e veder con gli occhi corporali, e toccar colle mani, dove non arrivi 1’ intelletto, e la ragione; voglio aggiunger qui un altro modo aliai facile di ridurre tutti ad_ una es­ perienza, la quale fi può fare in piccolo, in grande, e iti grandidìmo, del quale io mi fervo frequentemente con maraviglia di chi lo vede. Io ho preparato ioo fifoni, o vogliam dire canne ritorte, tutte eguali, e potìele al labbro d'un vafo, nel quale lì mantiene P acqua con un ideilo livello ( o lavorino tucce le canne, o qualfivoglia numero di loro ) collo» cate le bocche, dalle quali efee l’ acqua, tutte al medefimo livello pa­ rallelo all’ orizonte, ma più baffo del livello dell’ acqua del vafo, eraccolta tutta l’acqua cadente da i fifoni in un altro vafo più baffo, l’ ho fatta feorrere per uncanale, inchinando in modo, che mancando l’ acqua da i fifoni, il canale rimane affatto fenz’ acqua afeiutto. 1« E fatto quello, mifurai l’ altezza viva del canale diligentemente, e poi Io divifi in io. parti eguali precifamente, e facendo levare via ip di quelli fifoni, in modo; che pel canale non Scorreva acqua, fenon di 8 i_. di quei fifoni, di nuovo offervai l’altezza viva dell’acqua nel medefimo fico offervato di prima, e trovai che l’ altezza Sua era feemata ladecima parte precifamente di tutta la fua prima altezza, e così Seguitando a levare 17. altri fifoni, l’ altezza erapure feemata undecimodi tutta la prima fuaaltezza viva, c provando a levare 15- fifoni, poi 13- poi 1 1- e poi 9. e poi 7. poi 5- e poi 3., Sempre in quelle dìyerfioni fatte ordinatamente, come fi è detto, ne feguiva ognisbaffamento di un decimo di tutta l’ altezza. E qui fu cofa degna d’ efler offervata, che crefcendo l’ acqua per detto canale, la fi« altezza viva era diverfa in diverfi lìti del canale, cioè fem­ pre minore, quanto più s’ avvicinava alla sboccatura, con tutto ciò lo sbaffamento feguiva in tutti i luoghi proporzionatamente, cioè in tutti i fiti Scemava la prima parte dell’ altezza, di quel fito; e di più ufeiva 1’ acqua dal canale fparfa in campo più largo, dal quale pure avendo diverfi efiti, e bocche, in ogni modo ancora in quella larghezza le altezze vive s’ anda­ vano variando, e mutando colle medefime proporzioni. Ne qui mi fermai nell’ offeryazione, ma effendo feemata l’ acqua, che ufeiva da’ fifoni, e ri­ martene un folo, che gettava acqua, offervai l’ altezza viva, che faceva ne’ fopraddetti fiti ( la quale era pure un decimo di tutta laprima altezza ) aggiungali all’acqua di quel fifone 1’ acqua di tre altri fifoni, ficchètutta 1’ acqua era di 4. fifoni, ed in conseguenza quadrupla della prima acqua, ma l’ altezza viva era Solamente il doppio, ed aggiungendo cinque fifoni l’al­ tezza viva fi fece tripla, e con aggiungere fette fifoni 1’ altezza crefceva il quadruplo, e così coll’ aggiunta di 9. crefceva il quintuplo, e coll’ ag­ giunta di il, crefceva il feftuplo, e coll’ aggiunta di 13. crefceva il fettuplo, e coll’ aggiungere di 15. l’ ottuplo, e coll’ aggiungere di 17- »• nonu­ plo, e finalmente aggiungendo 19. fifoni, ficchè tutta l’acqua era centupia dell’ acqua d’ un fifone folo, in ogni modo l’ altezza viva dj tutta quelt acqua era folamente decupla della prima altezza congiunta dall’ acqua ,che ufeiva da un folo fifone, * er


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Per più chiara intelligenza del tutto ho fatta la prefente figura, nell* quale abbiamo la bocca A, che mantiene l’ acqua del vaio B C nell* ideilo livello, ancorché di continuo elea: al labbro del vafo fono polli i5- fifo­ ni, e fe ne polTono mettere molti più, divifi in cinque dalli D E F G H, che fono la prima D di un folo fifone, la feconda E di v fifoni la terza F di 5 la quarta G di 7- la quinta H di 9. e fi può intendere la feda di i l . la fettimadi 1 3. fifoni, e così le altre clafli continenti tutti in numeri difpari confeguenti di mano in mano ( noi liamo contenti di rapprefentare nel* la figura fidamente le 5. dette dalli, per fuggire la confufione.) 1* acqua raccolta D E F G H , la quale feorre per lo canale I K L, e trabocca nella larghezza M N O P , e tanto balli per elplicazione di quella efperienza. PR O PO SIZIO N E

V.

P R O B L E M A IIL

Atoquallìvoglia fiume di quallivoglia grandezza, efaminare la quan­ tità dell’ acqua, che feorre per lo fiume in un dato tempo- Dalle cole dette di fopra nelli due primi Problemi precedenti, potremo rifolvere ancora quello, che ora abbiamo per le mani, e ciò fi fa­ rà con divertire prima dal fiume grande un canale grotto mifurabile, come s’ infegna nel fecondo Problema, cd offervare lo sbaflamento del fiume, ca­ gionato dalla diverfione del canale, e ritrovare la proporzione, che ha F acqua del canale a quella del fiume, e poi fi mifuri l’ acqua del canate, p e r lo fecondo Problema, e s’ operi, come fopra, che fi averà l’intento,

n

CON-


DELL' A C Q U E

CORRENTI.

i S9

C O N S I D E R A Z I O N E .

E

Sebbene pare, che polla riufcire difficilmente, e quali imponibile fervitfi del numero regolatore, quando s’ averà a mifurare 1’ acqua di qualche fiume grofìo, ed in confeguenza farebbe impolfibile, ovvero difficililfimo ridurre ia pratica la Teorica del primo Pro­ blema, con tuctociò. direi, che limili, concetti grandi di niifurare P acqua d’ un fiume giolTo » non debbono calcare in mente le nondi perfone grandi, e Principi potenti, alti quali s’ afpetta per loro gravi intereffi fare limili inquilìziom, come farebbe qui in Italia delti fiumi del Tevere, Velino, Chia­ na, Arno, Serchìo, Adice, ne’ quali pare veramente difficile applicare il regolatoreper ritrovare in retto 1 altezza viva dei fiume, ma perchè in li­ mili occorrenze alle voice tornerebbe il conto far qualche fpela, per ve­ nire in elètta, e vera cognizione della quantità dell’ acqua, che porta quel fiume, laqual cognizione li farebbe per ¡sfuggire forfè poi altre i'pefe- mag­ giori, che fi farebbero fpefto vanamente , e non farebbe L’origine de’ difgufli, che nafcono alle volte anco tra i rnedefimi Principi. Per tanto ftimo, che farà bene modrare ancora il modo di lervirfi del regolatore in quelli fiumi grandi, ne’ quali fe noi apriremo bene gli occhi, ne ritroveremo de’ belli e facci fenz’ altra fpefa, e fatica, che balleranno al nollro bifogno. Imperocché fopra limili fiumi fi fanno delle traverle, ovvero lleccate dj fabbrica, pet fare rialzare Pacque, e divertirle in fervizio de’ Mulini, o altro. Ora in tali cali bilia accomodare alli due eftremi delle lleccate due Pilallri, o di Legno, o di fabbrica, quali con il fondo della Seccata, fermi­ no il nollro regolatore, con il quale potremo fare la noilr’ opera deliderata, anzi il canale ideilo, divertito, fervirà fenza fare altra diverfione, ne unione. Ed infomma quando i negozj vengano maneggiati da perfona di giudizio, fi potranno ancora valete di altri modi, e partiti fecondo l’ occafioni, delle quali farebbe troppo lungo il trattare, e perù baderà quello, poco, che fi è accennato , C O N S I D E R A Z I O N E

D

II.

Allecofe dichiarate, fe farannoben intefe, li caveranno molti corno» di, ed utili, non folo nel divider l’acque correnti per gP infiniti ufi , che hanno nel far lavorare macine di mulini, cartiere, fab­ briche , polveri d’ archibufi, pelle di rifo, ferriere, macine da olio, di mortella, leghe di legnami, conce di pelli, gualche, filatori, ed altri limili edificj ; ma ancora d’ ordinar canali navigabili, divertire fiumi, e canali d’ acque per terminare le grandezze de’ condotti per fontane. Nel­ le quali occorrenze li fanno errori grandi con perdite di grolle fpefe , non elTendoalle volte fufficienti i canali , ed i condotti fatti a portar Pacque de­ tonate, edalle volte facendoli maggiori del bifogno, quali difordini farannofuggiti, fe F Ingegnerò indruico delle lopraddette cofe, e quando s' aggiungelTe a quede notizie la cognizione della Filofofia, e Ma«ematica, conforme a quello, che altamente ha penetrato il Sig* Galileo, e dopo lui pallando più 0|tre il Sig Evangelida Torricelli Matematico del Serenia­ mo Gran Duca di Tofcana r il quale fotrilmente, e maraviglio(àmente tue« ta quella materia del moto ha trattato, allora fi verrebbe in notizia di no­ ttue


,6 0

D E L L A

MISUR

tizie particolari curiofe nelle teoriche , ed utiliflìme nelle pratiche, che

¡ n t s : 1641. efiendo Doge della predetta Repub., il EcceU mi dunque a Venezia in detto anno, fui ricercato dall ÌUuftniss. ed tee lentifs. Sig. Gio. Bafadonna Senatore di gran ™.en'0’ % ^ '01Te’ 'Ja d? Vevedi dire ingenuamente il mio parere intorno allo a finalmente ebbi «ìezia, e dopo aver trattato con Sua Eccellenza più volte, «n " ®vata* ordine di difendere il tutto in ìfcnttura, qual avendola poi letta P ** mente, il medefimo Signore ne diede parte ancora privatamen e al jeren lìmo Principe, ed ebbi ordine di rapprefentarla a pieno Collegio, co ci del Mefe di Maggio, l’ anno medefimo, e fu come legue.

CON-


Intorno alla Laguna di Venezia D I

D. B E N E D E T T O C A S T E L L I Abbate dì S. Benedetto Aloìfto,

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Mathematica di

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PAPA URBANO Vili Profe/Ìore nello Studio di Roma. «¡X3 9 »

-«055 0

Ncorchè una fola fia la cagione principale, dalla qua» le. per mio parere, fi minaccia rovina irreparabile all* Laguna dì Venezia pel prefente dato, nel quale fi ri, trova. Contuttociò mi pare, che fi portano confiderare due capii e quella confiderazione per avventura ci patria fervire per facilità, ed efplicazione de* ri­ medi opportuni, non già per rendere aflolutamente immutabile, ed eternolo dato delle cole, imprefa im­ pedibile, ed in tutto quello, che avendo avuto qualche principio dee ancora neceflariamente avere il fuo fine; ma almeno per allungare molte, e molte centinaia d' anni il pericolo: e forfè intanto fi potrebbe eolia mutazione ideila incontrare più felice dato. 10 dico dunque, che in due capi rr,i pare, che li polla confiderare il prefente difordine, uno è il notabiblfimo feoprimento di terreno, che fi oflerva in tempo di acqua bada , la qual cofa , oltre al difficultare la navigazione per la Laguna, ed anco per i canali viene parimente a minaccia­ re un altro danno, e difordine degno di grandidìma confiderazione, il qua­ le è. che ribaldando il Sole quel fango, maflìmaroente in tempi di caldi edivi, ne folleva i vapori, e fpirazioni, ed effluvi putrefatti, e pernicioiì, i quali infettano l’ aria, e potrebbono rendere la Città inabitabile. 11 fecondo capo è l’ interrimento grande, che fi và facendo de i Porti, madìmamente di Venezia à Malamocco, intorno alle quali materie anderò toccando in generale alcuni punti, e poi mi ridurrò alle cofe più "particola­ ri , ed importanti. Tom. I. L, E pri-


it e DELLA MISURA E prima dico, che réputo totalmente imponibile fare operazione nefluna, per utile, chefia, che nonporti l'eco ancora qualche danno, e però debbeli molto bene bilanciare l’ utile, ed il danno, e poi abbracciare il men dannolo partito. Secondariamente metto in confiderazione, che lo (coprirli tanto notabil­ mente il terreno, e i fanghi, è legnilo da non molto tempo in qua, per quanto io vado intendendo da’ Vecchi, che hanno memoria delle cole da cinquanta anni addietro; la qual cola fèndo vera, come mi pare veriflìma, parrebbe, che non futtc fe non bene ridurre le cofe a quel termine, che erano prima ( deponendo ogni affetto,'o paflìone, che gli animi adulando fe medesimi avellerò concetto intorno alle proprie deliberazioni ) o almeno farà necelFario confultare prettamente il tutto . Terzo, ttimo che fia necettario ponderare, fe dal fuddetto feoprimento di terreno, fegua, che folamente il terreno fi rialzi, come fi penfa da tut­ ti comunemente, fenza controverfìai ovvero fe 1* acque fi frano sbafiate , e mancate.* o pure le procede dall*una , e dall’ altra cagione , e qui occor­ rerebbe Capere qual parte le dette ragioni poffotio avere ieparatamenre pu­ re nel fuddetto effetto. Perchè nel primo calo, quando il terreno fufle inalzato, bifognerebbepenfare allo fcavamento, e cavamento; ma le [’ ac­ que futtero mancate, o sbafiate, credo, che farebbe neceffariffimo rimet­ terle, ed alzarle; e fe anco le ragioni cofpiraflero all’ effetto, bisognereb­ be refpettivamente rimediare; ed io per me ttimo, che lo fcoprirfì tanto notabilmente in tempo d’ acque batte tante fecche, procede principalmente dal mancamento, e sbaflamento dell’ acque, la qual.cofa fi può dire riloluramente, che non abbia bifogno d’ altra prova poi, chè effetti vamente è fiata divertita la Brenta, qual prima fcaricava la fua acqua nella Laguna. Quanto all’ altro punto dell’ Interrimento de’ Porti, io tengo , che tutto proceda dalla furia del mare, quale alle volte agitato da’ venti, maflìmamente in tempo d’ acque crefcenri, và follevando dal fuo profondo moli immenfe d’ arene, tralportandole col flutto, e coll’impeto dell’ onde den­ tro la Laguna, e non avendo dalla parte di ella forza di corrente, che le follevi, e batti a portarle fuori, calano al fondo, che così riempiono i Por­ ti- E che così proceda queft" effetto , ne abbiamo frequentifiime eiperienze, lungo lefpiagge del Mare; edio ho tìflervato in Tofcana, nella Spiagga Romana, e nel Regno di Napoli, che quando un fiume sbocca in ma­ re, fempre nel mare ifletto fi ritrova nella sboccatura quali come una mez­ za luna, ovvero una trincierà di radunata d’ arena Cotto Pacqua attai più al­ ta, che il rimanente della Cpiaggia, ed è chiamata in Tofcana il Cavallo; •equàìn Venezia lo Scanro; il quale vieti tagliato dalla corrente del fiume, ora dalia banda delira, ora dalla finiflra; ed alle volte nel mezzo, fecon­ do che fpìrano i venti verfo quel (ito Ed una fimiliffima operazione ho offervato in certi foflètti d’ acque lungo il Lago di Bolleua, non con altra differènza, che dal piccolo al grande . Orachi confiderà bene queft’ effetto, vede manifeftamente, che non pro<ede da altro, che dal contrario contratto della corrente del fiume colL’ ìmpeto dell’ onde marine, poiché quella gran copia d’ arena, che di conti­ nuai! mare rigetta al lito, viene battuta net mare dalla corrente del fiume, «d in quel Cito, nel quale quei due impedimenti fi pareggiano, fi raduna Lotto l’ acqua l’ arena, c fi fà quel trincìerone, ovvero cavallo; il quale fe al fiume porterà acqua, e di confiderazione, verrà da quello tagliata, e rotta, ora in quella parte, ora in quella, come fi è detto, fecondo, che ài vento e per quel canale pai Cogliono sboccare i valceIli di mare, e ri-


DELL' A C Q U E CORRENTI .

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e ricoverarli nel fiume, come in un Porto; ma fe 1’ acqua del fiume nota farà continua, o farà debole, in tal cafo la forza del vento marino porta tanta quantità d’ arena nella bocca del porto, e del fiume, che lo ferra af­ fato; e di qui fi vedono poi lungo il mare moltiilìnii laghi, e fragni, i quali in certi tempi dell’ anno abbondano d’ acque, e gli {lagni rompono quella chiufa, e sfogano in mare. Ora è neceffario fare fimil confiderazione ancora ne i noftri porti di Ve­ nezia, Malamocco, Bondolo, e Chiozza, quali in un certo modo non fo­ no altro, che sboccature, apriture del lito, che fepara la Laguna dal ma­ re vivo, e però io ftimo, che fe l’acque nella Laguna follerò abbondanti, averebbono forza di aprire bene, e con gran forza le bocche de i Porti, ma mancando l’ acqua nella Laguna, in tal cafo il mare porterà fenza con­ trailo tanto corpo d’ arena ne i Porti, che le non gli ferrerà affatto, li ren­ derà almeno inutili, ed impraticabili alle barche, e vafcelli grofiì. Moltifiìme altre confiderazioni fi potrebbono fare intorno a quelli due capi dell’ interrimento de i Porti, e dello fcoprimento de i fanghi nelle Lagune, ma ci ballerà aver toccato tanto per poter difcorrere dell’ opera­ zioni intorno a i rimedi opportuni. Avanti però, che io venga a proporre il mio penfiero, dico, che io so benifiimo, che la propofta mia in prima faccia parerà affurda , ed inconve­ niente, e però fara forfè come tale ributtata dalla maggior parte; tanto piu, che viene ad efi'ere direttamente contraria a quel che finora fi è ope­ rato, e per quanto intendo fi difegtiad’ operare, ed io nonlontanto affezio­ nato alle mie opinioni, che non confideri molto bene quello, che da altri può effer giudicato ■ Ma fia come lì voglia, debbo dire liberamente il mio Pentimento, e poi lafcierò, che più fani di me, confiderato che averanno bene le mie ragioni, giudichino, e deliberino del quid agendum-, ti quando mi fi pronunzierà la fentenz3 contro, appello al Tribunale gratiflìmo, cd ineforabile della natura, la quale non curandoli punto di compiacere nè a quello, nè a quello, farà lempre puntuale, ed inviolata efecutrice de’ fuoi eterni decreti, contra de’ quali non averanno mai forza di ribellare le de­ liberazioni umane , ne i vani delideri noftri. Soggiunfi in voce quello, che legue. Metta pure la Serenità Vojtra parte in quefìo Eccelfo Collegio , e lo faccia con­ ferm are in Pregadì a tutti ì v o t i, che i venti non fpirino , che il mare non ondeg­ g i , che i fium i non corrano ; i venti faranno J'empre f a r d i , il mare farà collante nell tncojìanza fu a , h fium i ofiinatijjim i, e quefli faranno i miei giudici , ed alla ¡or decisone mi rimetto .

Dalle cole derre mi par che refii affai chiaro, e naanifefto quello, che nel principio di quello difcorlo ne accennai, cioè, che tutto il difordine , ancorché ha flato divilo in due capi, nello fcoprimento del terreno, e dell' interrimento de Porti, in ogni modo con un lolo rimedio aggiunto, e per quanto io ftimo aliai facile, farà levato il tutto. E quello è, che fi rimet­ ta più acqua, che fi può nelle Lagune, e particolarmente dalle parti fuperion di Venezia , avendo riguardo, che 1’ acqua fia men torbida che fia potiibile. e che quello fia il vero, e teal rimedio de i precedenti difordini, è manifefto ; imperciocché nel paffare , che farà quell’acqua per le Lagune, da per le Helia andera fcancando i canali in varie parti di elle fecondo le correnti, che anderà acquiftando, e così fparl'a per la Laguna manterrà 1’ fleque nella medefima, e ne’ canali affai più alte, come proverò più a baflo, cofa che renderà comoda la navigazione; e quello, che più è di gran momento nel noftro negozio, rcftexanno fempre coperti quei fanghi, che L 2 ota


*¿4 DELLA MISURA ¡ora intempo d’ acque bade fi {coprono, in modo, che farà rimediato an­ cora alla putrefazione dell’ aria; E finalmente dovendo Tempre fgorgare fuori nel mare per i Porti tutta quella copia d’ acqua, non ho dubbio, che gli manterrà (cavati i fondi. E che quelli effetti debbano feguire, pare, che I3 natura ‘ideila lo periuada, redando iblo una difficoltà grande: fé veramente quella copia d’ acqua, che farà condotta nella Laguna, porta eller fumeiente-a rialzare Tacque tantoché pollano mantenere coperti i fanghi, e facilitare la navigazione, che doverebbe erter almeno un mezzo brac­ cio in circa. E veramente pare così a primo afpetto, che fia inpoffibile, che 1 acqua fola della brenta meda nella Laguna, e fopra di eda fparfa, polla cagionare così Segnalata altezza d’ acqua, e per confermare più le cinicolta fi potrebbe dire, riducendo la ragione al calcolo, che quando la Brenta rude larga quaranta braccia, ed alta due e mezzo, eia larghezza della Laguna tulle ventimila braccia , parrebbe Recedano, che T altezza dell acqua della Brenta, (parla, e dirtela fra la Laguna non tulle fe non ua dugentefimo di braccio di altezza impercettibile, e che non farebbe di ninno momento al noftro biiogno, anzi di più ederido veriilìnio, che la lenta viene aliai torbida, e carica, quello cagionerebbe danno granduliino, riempiendo, eristringendola Laguna , e per tanto quello rimedio dee edere come perniciosi (lìmo totalmente efclulo, e condannato Io qui confedo, che fono arredato dalla forma dell’ argomento, e quali convinto in modo, che non ardilo© di più dire, e di aprire la bocca in Quella materia.; ma la forza ideila dell’ argomento, come fondato fopra i mezzi del calcolo Geometrico, ed Aritmetico, mi ha aperto la drada a Scoprire un fottiliffimo inganno, il quale nel medefimo argomento lì ritrova , qual inganno tono .per manifeftare a qualfivoglia, che abbia qualche principio Geometrico, ed Aritmetico, e Siccome è impoflìbile, che limile ai&°2?ent0 venga introdotto fe non da quelli, quali hanno gudo di quede utimlune, e neceuarilhme feienze in cotali materie; e cosa io non preten­ do di laimi intendere fe non da i medelìmi, a ì quali farò toccare con ma­ ni tanto chiaramente, che più non fi può defiderare, 1* errore , e T ingan­ no, nel quale fi fono avviluppati, e tuttavia s’ inviluppano quelli antichi, e moderni, che hanno in qualche modo ancora trattata quella materia di contemplare la natura, e quantità dell’ acque, che fi muovono.. Ed è tan­ ta la dima, che io fo di quello, che fono per dire ora intorno a quello particolare, che mi contento, che fia meflo a monte tutto il redante del mio diicorfo, purché fia perfettamente intefo quello, che da qui avanti fono ¡per proporre » filmandolo io, -e conofcendolo per un cardine principale, ilppra del quale -fia fondato tutto quello che fi può dire di buono, e dt ¡bello.inque'fto,propofito. irti,altri difendi poflòno avere Sembiante d’ Caler (probabili, ma quello fenice il punto talmente , quanto fi può defide< aare„ arrivando al fommo de.gli altri gradi di certezza. |o„ comeTappreientaiaTSereniflimo Principe, 'edall’ Eccellentiflìmo Ma. .giifeatodegl’JlluihifllmiÌS'avj dell’-acque,, ho Scritto 17. anni fono un trat­ tato acua ¡miiura dell’acque che fi muovono, nel quale geometricamente diino.tro , ie fpiego quefia materia, <equelli, che averanno intefo bene il ©ondeiaenso delmrodifcorfo., ¡refterannocompitamente Soddisfatti di quello, che ¡fiMJorora per rgpprefentare . Ma acciocché iriefca più facile il ¡tutto efipiscasoiqui ‘brevemente, «e Spiegherò quel tanto, <che nel difeorfo ho dimoSh'ato, <che Sara ballante al propofito noftro ; e quando ciò non ibaltarte, «libiamo Sempre r esperienza di mezzo faciliffima, •edi pochiffima fpefa, che ipmà chkri;iie.U.tii5Go. 'E ¡più voglioprendere ardire di affermare, che .quan­ do


DELL' A C Q U E CO RREN TI.

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do bene non fi faceffe di prefente deliberazione neffuna, intorno a quello negozio, conforme al mio parere; in ogni modo fi farà una volta ne tem­ pi avvenire, ovvero non fi facendo, le cofe^andetanno di male inpeggio. Per più chiara intelligenza dunque debbefi fapere, che dovendoli, come univerfalmente fi ufa mifurare 1*acque d’ unfiume, fi prende la fua larghezza, e la fua profondità, e moltiplicate quelle due dimenfioni infieme, fi dice il prodotto efi'er la quantità di quel fiume, come per efempio, fe un fiu­ me farà jo o . piedi largo, e 20. piedi alto, fi dirà, che quel fiume è 2000. piedi di acqua, e così fe un follo farà 15. piedi largo, e_ s. piedi alto, quello tal follo edere 75. piedi d’ acqua. E quello modo di mifura­ re l’ acqua corrente è fiato adoperato dagli antichi, e da’ moderni, non con altra differenza, fe non che alcuni fi fono ferviti del piede, altri del pal­ mo, altri del braccio, ed altri di altre mifure. Ora perchè io nell’ offervare quell’ acque, che fi muovono, ritrovava frequentemente, che la medefima acqua del medefimo fiume, era in alcu» ni liti del fuo alveo affai grolla, ed in altri adai minore, non arrivando tal­ volta alla ventèlima parte, ne alta centefima di quello, che in altri liti li dimofirava; però quella maniera volgare di mifurare 1’ acque che fi muo» vono, come quella, che non mi dava una certa, e (labile mifura, e quan­ tità d’ acqua, mi cominciò meritamente ad elìer foipetta, per difettofa , e manchevole, effendo fempre varia, e dovendo all’ incontro la mifura edere Tempre determinata , ed una, e però ferino che Pondus , & Pondus, mifura, e mifura, utrumque abominabile ejl apud D eum ■ Exod. lo confiderava, che nel territorio di Brefcia mia Patria, ed m altri luoghi, dove fi dividono 1 acque per adacquar le campagne, con fimil modo di mifurarle, fi facevano orrori gravidimi, ed importantiffiini con gravi pregiudizi al pubblico, e privato, non intendendoli mai ne da chi vende, ne da chi compra la quan­ tità vera di quello, che fi vende, e fi compra. Poiché P ideila mifura d’ un quadretto, come fi coftuma in quelle parti, afiegnatoad un particolare* portava più acqua alle volte il doppio, e triplo di quello, che faceva ia medefima mifura di un quadretto adeguato ad un alno; La qual cofa vie­ ne poi ad edere il medefimo difordine, come fe la mifura colla quale il vende, e fi compra il vino, ovvero l’ olio, importaffe due, otre voltepiù vino, o olio in una occafione, che in un altra Ora quella confiderazione mi fvegliò la mente, elacuriofità all’ inveftigazione della vera mifura dell’ acque correnti. E finalmente coll’ occafione d’ un importantidimo negozio, che ebbi per le mani alcuni anni fono con grande applicazione di mente, e colla ficura feorta della Geometria, icoprii l’ inganno, il quale era, che fendo noi fui maneggio d’ invelligar la mifura dell’ acque, che fi muovono, ci ferviamo di due dimenfioni fole, cioè della larghezza, e profondità, non tenendo conto alcuno della lunghezza. E pure edendo 1' acqua, benché corrente, corpo, è neceffario per formar concetto della fua quantità, in relazione ad un’ altra, tener conto di tutte tre le dimenfioni, cioè della lunghezza, larghezza , e profondità . Qui mi è data molla una difficoltà in difef3 del modo ordinario di mifu­ rare l’ acque, che fi muovono, contro quello , che di l'opra hoconfiderà:?, e propolto; e mi fu detto. E vero, che nel mifurare un corpo, che dia fermo, fi deono prendere tutte tre le dimenfioni; ma nel mifurare il cor­ po, che continuamenre fi muove come è l’ acqua, la cofa non cammina del pari; imperocché non fi può aver la lunghezza, effendo la lunghezza dell» acqua, che fi muove infinita, come quella, che non finilce mai di (correre, ed in confeguenza è incomprenfibilc dall’ intelletto umano; e pero cp,, Tom, i . L j ia’


\66 D E L L A (Sì U S U R A ragione, anzi con neceffità vien tralafciata. Per rifpofta di quefto; dico, che nel fuddetto difcorfo, fi debbono confiderare due cofe didimamente. La prima, fe Ila poffibile formar concetto nefl'uno della quantità del corpo dell’ acqua con due dimenilo ni fole; e la feconda, fe fi porta poi ritrovare quefta lunghezza. Quanto alla prima io f© molto bene di ficuro, che niffunoper grandiflimo ingegno, chefia, potrà mai promettere di formar concetto della quantità del corpo dell’ acqua, fenza la terza diluendone della lunghezza, e per quefto torno a replicare, che la mifura volgare di mifurare l’acqua corrente è vana, e fruftracoria . Stabilito quefto punto, vengo al fecondo, che è, fe fi porta mifurare la terza dimenfione della lunghezza; e dico, che fe uno volerti; fapere tutta la lunghezza dell’ acqua di una fontana, ovvero d’ un fiume, per venire in cognizione, della quantità di tutta l’ acqua, li riufeirebbe imprelà impoifibile, anzi il faperla non fervirebbe; ma fe altri volefle fapere quant’ acqua porta una fontana, ovvero unfiume inundeterminato tempo, d’ un ora, d’ un giorno, o di un mefe, &c. dico, che è poflìbiliffimo, ed utiliflìma in* uifizione, per innumerabili utilità, che fe ne pofiono cavare, importano molto fapere quant’ acqua porta un canale d’ acqua in un dato tempo; ed io l’ ho moftrato di fopra nel principio di quefto libro, e di quefto noi abbiamo di bifogno nel negozio della Laguna, per poterdeterminarequanta farà l’ altezza della Brenta, fparfa fopra la Laguna; perocché date le tre dirnenfioni d’ un corpo, è noto il corpo, edata la quantità d’ un corpo, fe faranno due dirnenfioni fole, farà nota la terza. Così internandomi io più, e più in quefta conlìderazione, ritrovai, che la velocità del corfo dell’ ac­ qua può efter maggiore, e minore cento volte più in una parte del fuo corfo, che nell’ altra*, e però febben fuffero ftate due bocche d’ acque eguali di grandezza, in ogni modo pocea nafeer calo, che una fcaricafte cento, e mille volte più acqua che l’ altra, e quefto farebbe flato quando l’ acqua per una bocca furt'e corfa cento, e mille volte più veloce, che l’ altra, poiché farebbe flato il medefimo, che dive, che fia ftata cento, e mille volte più lunga la più veloce, che la tarda, ed a quefto modo feoperfi, che a tener conto della velocità, fi veniva a tener conto della lun­ ghezza. E pertanto è manifefto, che quando due bocche fcaricano la medefima quantità d’ acqua in tempo eguale, con difeguale velocità, è neceftario, che la bocca meno veloce fia tanto maggiore della più veloce, quanto la più veloce fupera di velocità la meno veloce, come per efempio. Se due fiumi portartero egual quantità d’acqua in tempi eguali, ma che unodi loro iurte più veloce dell’ altro quattro volte, farebbe neceffario, che il più tardo fufte quattro volte più grorto. E perchè il medefimo fiume in qualfivoglia fna parte fempre fcarica la medefima quantità d’ acqua in tem­ pi eguali ( come fi dimoftra nella prima Propofizione del primo libro della Mifura dell’ Acque correnti ) ma non già corre per tutto colla medefima ve­ locità; di qui è, che le mifure volgari dell’ ifteffo fiume in diverfe parti del fuo alveo fono fempre diverfe, in modo, che fe un fiume camminando pel fuo alveo, averte velocità tale, che faceffe 100. braccia nello fpazio di un fefl'antefimo d’ ora, e poi l’ ifterto fiume fi riduceffe a tanta tardi­ tà di moto, che nel medefimo tempo non faceffe fe non un braccio, fa­ rebbe necertario ,che quel tal fiume diventale lofi, volte piq groffo in quel fito, dove iurte ritardato, dico too- volte più di quello, che era nel fito, dove era più veloce. E tengali bene in mente, che quefto punto bene intefo ci aprirà V intelletto a feoprire moltiffimi accidenti degni da fa-

S

per-


DELL' A C Q U E C O R R E N T I .

167

p e r i i ; ma p e r o r a b a d e r à f o l a m e n t e a v e r d i c h i a r a t o q u e l l o , c h e f a a ! p r o o f i t o n o d r o , r i m e t t e n d o g l 'i n g e g n i c a p a c i , e ftu d io ft a llo (In d io d el f u d e t c o m io T r a t t a t o , p e r c h è c i t r o v e r a n n o l’ u t i l e , e la d ile tta z io n e c o n ­ g iu n ti in iìe m e .

S

Applicando ora tutto il noftro principale intendimento; dico, che dalle cofe dichiarate, è manifefto, che fe la Brenta fotte larga 40. braccia, ed alta due e mezzo, in qualche parte del fuo alveo, e che poi riducendoiì la medefima acqua della Brenta nella Laguna, e pattando per e(Ta al mare, perdette tanto di velocità, che non facette fe non un braccio nel tempo, nel quale mentre era nel fuo alveo nel (ito fopraddetto ne faceva braccia 100. farebbe neceflario, d' afìoluta necettità, che crefcendo di mifura in« grottaffe cento volte più, e però fe noi fupporremo, che la Laguna ila 20000. braccia, la Brenta, che già fi fuppone nel fuo alveo 100. braccia, ridotta nella Laguna, faria 100. volte xoo braccia, cioè fara mille dieci braccia di grottezza, ed in confeguenza farà alta mezzo braccio, cioè cen­ to cinquecentefimi di braccio, e non un dugentefimo di braccio, come fi concludeva negli argomenti. O r v e d a f i i n q u a n t o g r a n d ’ e r r o r e , c h e è d i 99. p e r 100. fi c a f c a p e r n o n i n t e n d e r e b e n e l a v e r a q u a n t i t à d e l l ' a c q u a c o r r e n t e , la q u a l e b e n e i n t e f a p o i fi a p r e l a f t r a d a f i c u r a d i p o t e r d i r e t t a m e n t e g i u d i c a r e i n t o r n o a q u e l l o g ra v iflim o n e g o z io .

E pertanto, dante quello, che fi è dimoftrato, io dico, che inclinerei grandemente, a deliberare ( fe toccafle a me ) che fi rimetcefl'e di nuovo la Brenta nella Laguna, perchè eflendo evidentiflìmo, che la Brenta nell* alveo della bocca è molto più veloce, che la Brenta ridotta nella Laguna, re feguirà di ficuro, che la grottezza dell’acqua della Brenta nella Laguna, farà tantomaggiore di quello, che è la Brenta nella Brenta; quanto la Bren­ ta nella Brenta, è più voloce, che la Brenta nella Laguna. D a l l a q u a l o p e r a z i o n e n e f e g u i r à p r i m a c h e la L a g u n a r i p i e n a , e r i c c a d i q u e f t ’ a c q u e , larà p iù n a v i g a b i le , p refen te

e p ra tic a b ile ,

d i q u e l l o , c h e fi t r o v a n e l

l i . C o l l a c o r r e n t e d i q u e f t ' a c q u e , i c a n a li s* a n d e r a n n o f c a v a n d o , m a n te r r a n n o fc a v a ti d i m a n o in m a n o .

e fi

I I I . N o n fi [ c o p r i r a n n o i n t e m p i d ’ a c q u e b a t t e t a n t e f e c c h e , e f a n g h i , c o ­ m e fi f c o p r o n o . IV . L ’ a r i a fi r e n d e r à p i ù f a l u b r e , p o i c h é n o n f a r à c o s i i n f e t t a d a ’ v a p o ­ r i p u t r e f a t t i , e f o l l e v a t i d a l S o l e , m e n t r e q u e i f a n g h i d a r a n n o c o p e r t i d a ll* acque. V. F in a lm e n te n ella c o r r e n t e di q u e d e v a n t a g g i l e a c q u e , c h e d eb b a ­ n o u f c i r e d a lla L a g u n a nel m a r e , o l t r e a q u e l l e d e l f l u t t o , e r e f l u t t o , l i P o r t i fi m a n t e r r a n n o f c a v a t i , e f o n d i . q u e d o è q u a n to per ora p o trò rap-

E

p r d e q t a r e in co rn o a q u e f l o g r a v iflim o n e g o z i o , r im e t t e n d o m i Tem pre a p iù l 'a n o p a r e r e .

D ella Jò p f addetta fcyittura diedi parte a Venezia in pieno Collegio , la le(ft tut­ t a , e fu / e n tità con grandiflìma attenzione, ultimamente la prefentai a l SereniffiVto , ne lafcìai alcune copie a di ver f i Senatori, e mi licen zia i, promettendo di ap­ p licare con tutto V animo le mie fatiche con replicati Jìu di in fe rv iz io pubblico, e f f tn ìfu fiero venute in mente altre co fe, promefli di f'piegarle (¡Meramente, e mi li­ cenziai da S. Serenità, e da quell' Ecce I/o Configlio . Ritornato, chef u i a Roma, ca­ vie qu ello, che gio rn o, e notte andava continuamente ruminando queflo negozio , mi venne in mente un altro concetto m aravigliofo, ed importautiflimo, i l quale con ¿efficaci ra g io n i, confermate da accoraiifftme operazioni , riduffl, coll’ aiuto di D io , ì L 4 itt net-


r68

DELLA

MISURA

in netto , ed in chiaro, lencb'e la cof a in (rimo, affetto mi parejfe firavagantiffimo paradojfa , in ogni modo. ajjicurato del tutto, ne Jcriffi all' Ulujlriffimo ed E ccellertifimi) Signor Gto, Bofadonna, i l quale dopo aver confiderata bene la mia fe rititi r a , la portò in Collegio , e dopo , che quei Signori v i ebbero fa tta per molti rnefi matura confiderazione , finalmente deliberarono dì Jo[pendere /’ esecuzione della d i verftone, che g ià avevano deliberata di fa r e del fium e S ile , e d 'a lt r i quattro fiumi che enfiano ancora nella Lagu n a , cofa da me biafimata in quefta feconda fe riti tira, come penticiofijfim a, e dannofa . L a f rittura f u la Je g u e n te ,

Seconda Parte aggiunta alla Confìderazione in­ torno alla Laguna dì Venezia.

S

E il difeorrer bene intorno alla verità delle cole,. Sereniffimo Prin­ cipe, fufle come il portare peli, dove vediamo, che cento ca­ valli portano maggior pefo,, che un cavallo fola, parrebbe, elle fi potefle far più (lima deH’ opiuione di molti uomini, che d’ Un fdlo; ma perchè il difcorrere è più tofio limile al correre, ché a.1 portar peli', dove fi vede, che corre più un barbero folo, che cento Frigiòbi ; però io ho tempre filmato più una conclufione maneggiata bene, e ben confidera­ ta da un intelletto ancorché folo, che le opinioni volgari, e bomuni, malfimamence quando fiano in materie recondite , e difficili ; anzi le opinioni in limili cole mede in modello, e fabbricate da ìgnorantiffimo, eftolidillìmo volgo mi fono fiate Tempre fofpette di fallita, poiché gran maraviglia farebbe, che in materie difficili il giudizio comune affrontafie- il buono, il bello, ed ¡1 vero- Di qui ho tenuto , e tengo in grandiffima venerazione 1,a fomma deLGoverno della Sereniffima, ed eterna Repubblica di Venezia, la quale ancorché, per na.tura Repubblica, debba efter governata dal numero di più, in ogni modo nelle materie difficili, Tèmpre viene intirizzata‘dal giudizio pelato di pochi, e non giudicata alla cieca dalla moltitudine del­ la plebe. E ben vero, che quello, che mette in campo propofizioni lonta­ ne dalla capacità comune, corre gran rifico di effer bene fpeflo fette’ altro procedo, e cognizione di caufa condannato; ma non per quello negl* importanciffimi negozj fi dee abbandonare la verità, ma fibbene fi doverebbe fpiegare, a Tuo luogo, e tempo con ogni chiarezza polfibile, acciò bene intefa, e confiderata venga poi in benefizio comune abbracciataQmefto, che dico in generale, mi è fovente intervenuto in moltifiimi particolari, non fedamente quando mi fono trattenuto nella femplice fpeculazione, ma ancora quando mi è occorfo difeendere alla pratica, ed al­ le operazioni ; e sà molto bene la Serenità Voftra quello, che n* interven­ ne Teliate pallata 1641. quando per obbedire al Tuo alto comandamento, rapprefentai inpienoCollegio il mio fentimento intorno allo fiato della La­ guna di Venezia, che non mancando di quelli, che fenza pur degnarli d* intendermi, ma folo avendo fubodorato, e malamente apprefo il mio pen­ derò, mi fi voltarono acerbamente contro, e con modialpri, e con ferieture, e (lampe piene di livore mi lacerarono in premio della prontezza, che io moftrai in obbedire, e fervire ; ma rimali fopra mifura confidato, e

favo-


DELL? ACQUE CORRENTI.

i*9

favorito dal vedere » che tutti quei pochi » che fi ¡compiacquero fentirml, recarono, o perfuafi. affatto, che il mio penfiero fu(Te ben fondato, o alm e n o ìbfpefero il loro favio giudizio fino a più matura confiderazione. E pure di primo incontro, mi occorre proporre cofa totalmente contraria all* opinione corouniffima invecchiata, ed all’ opinioni, e-deliberazioni fatte più di cento anni addietro. Mollo da quelle cofe, e per foddisfare ancora al­ la prometta,, che feci allora di rapprefentare quello«¿’ avvantaggio, che mj fufie fovvenuto intorno, al medefimo negozio ; ho. iifoluto di portare al Trono della Serenità Voftfa un altro penderò di. non minore importanza, che forfè in prima villa apparirà più. Urano paradello, ma poi ridotto al paragone, e, cimento dell’ efperienza, riufcirè chiarilfimoed evidentim* mo. Se ne farà fatto conto, ficchè refiilti in benefizio de i feliciifimi fiati di Voftra Serenità ; io avere ottenuto il mio defiderio, ed interno ; quan­ do che no, averò foddisfatto a me fteffo, ne averò mancato all’ obbligo di iuo fedeliflimo fervo, e vaftallo nato. Quello, che propofi a’ meli pattati intorno all’ import'antilTìmo. negozio della Laguna,. benché toccaffe folo dpreffaménte il punto' della diverfione della bocca della Laguna già fatta, e meda inefecuzione in ogni modo li può ridurrò, ed intendere ancora alla diverfione deliberata da. farli degli altri cinque fiumi, e del Sile in particolare. Ora intorno a.quello m’ occorre rapprefentare un’ accidente maravighofo, che s’ incontra, quando fi venga al fatto,, .il quale tengo per fermo, che farà di total ruina della Laguna di Venezia. Io dico dunque, che col divertir quelli tre fiumi, chereftano,. quando bene la-loro acqua,. che fcaricano di prefence nella Laguna , prefa tutta in» fieme non fufie fe non 4. parti delle cinque, che portava già la Brenta lo­ ia, in ogni modo lo sbafiamento. dell’acqua nella. Laguna, che larà con­ giunta in quell’ ultima diverfione di quattro parti, che era tutta l’ acqua, riufeirà doppio di quello, che è feguito per la diverfione della Brenta fo­ la,. ancorchè.la Brenta fola portafie cinque parti di quell’ acqua, che 1 fiu­ mi, che fi devino divertir^ portano quattro: maraviglia veramente gran­ de ; e che ha totalmente dell’ inverifimile; poiché a ridurre in netto tutta quella Propofizione, e .copie il dire , che avendo noi tre fiumi , che il primo fcarichi .cinque parti , U fecondo tre, il terzo una, e che dal levare il primo ne.:fia feguito, un tale sbalTamento;. dal levare il fecondo,, ne. deb­ ba feguire ancora altrettanto sbalTamento; e finalmente dal levare n terzo debba sba(farli 1’ acqua altrettanto, il che ha totalmente dell imponibile . E pure è véiilfimo, ed io oltre alla dimoftrazione,. che me lo perluade, quale fpiegherò a Iuo tempo, ne pollo portar avanti a gli occhi efperienza tale, che non potrà efier negata da nefiuno, ancorché oftinatamente ; e fa­ rò vedere, e toccare con mano,, che con levare quattro parti iole delle cinque, che faranno fiate levate, lo sbattimento riefee doppio dello sbar­ ramento-feguito » con levar prima le cinque fidamente; la qual cola edendò vera, come è veriflìma, ci farà conolcere» quanto fia per riufcir perni» ciofa quella diverfione di cinque fiumi, fe farà meda indeduzione. Da quello poco, che ho accennato, e dal molto,, che potrei, dire, confideri la Serenità Voftra,, con quanta circonfpezione dee efier maneggia­ to quefio negozio, edi quanta; cognizione doverebbe effer corredato quel­ lo , che volefle fervir bene in quelle difficili materie. Io perora non ho-fpiegata la dimoftrazione, ne meno ho propoffo » mo­ do dì fare l’ efperienza, che pollo fare in confermazione di quanto no aet» to acciocché venendomi da chicchefia fiata raccolta la dimoftrazmne, e


<i 7 5

della

misura

ilroppiatal’ efperienza, non fegua poi che la verità non rifplenda con quella chiarezza, come farà quando farà levata ogni caligine di difficoltà, ed al­ lora quando non fi tenefle conto delle ragioni da me addotte, e fi chiudeffero gl’ occhi aU’ eiperienze, che fenza fpefa, e danno ff potranno fare, mi dichiaro, e mi proteflo, che feguiranno grandiffimi danni alle campa­ gne di terra ferma; fi faranno fpefe enormi fenza utilità; la Laguna di fieuro fi ridurrà quali infecco, e fi renderà impraticabile alla navigazione con manifello pericolo della corruzione dell’aria; e finalmente ne feguirà irreparabilmente il riempimento, e la perdita de*Porti di Venezia. A d ì 20 . Dicembre 1641. diedi parte a ll' EccellentiJJtmo Bafadohna di queJ la tuia feconda con/iderazione, dandogliene copia con altre f r i t t u r e l a quale ha voluto r e g ijh a r e , febbene p a r e , che non appartenga interamente a l probo fito neJlr o della Lagun a .

Modo di efantinare le Torbide, che entrano} rimangono nella Laguna dì Venezia.

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All* Eccellentifs. Sig. Gio: Bafadonna.

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UE oppofizioni prinpipallffime vengono fatte alla mia opinione in­ torno alla Laguna di Venezia; una fu quella, della quale fi è trat­ tato a lungo nella prima mia confiderazìone, cioè, che l’ effer fia­ ta levata la Brenta dalla Laguna, non può efler fiata cagione di no­ tabile sbaffamento d’ acqua nella Laguna, come io pretendo, ed in conieguenza, che fe fi rimetteffe di nuovo la Brentanella Laguna, l'alzamento non farebbe cofa di momento, poiché confederata l'acqua della Brenta, e la grand’ampiezza della Laguna, fopra della quale fi dee fpargere , e di­ fendere l’acqua della Brenta, fi trova, che l’ alzamento rielce infehfibile. La feconda oppofizione fu, che la Brenta viene torbida affai, e però quando veniffe torbida nella Laguna, deporrebbe la terra , elariempirebbe . Intorno alla prima difficoltà s’ è difcorfo affai nella prima mia confiderazione, dove ho fcoperto chiariffimo l’ inganno dell’ argomento, e moftrata la l'uà fallacia. Reità ora di efaminare la feconda, dove prima dico, che una delle prime cole, che propoli in quello negozio, fu, che reputava cofa imponibile fare mai opra neffuna, per utile, cheli fia, che non abbia ad effere ancora di qualche danno, e pregiudizio, e però fi dovea confiderare bene l’ utile, e’1 danno, e pregiudizio, e poi fattoci bilancio, fi fa­ rebbe potuto eleggere il meno datinolo partito; fecondariamente ammetto, che fia verilfimo, chela Brenta alcune volte viene torbida, ma è anco ve­ ro , che I3 maggior parte dell’ anno non è torbida; terzo non vedo, ne in­ tendo qual forza abbia quell’ oppofizióne prefa così alla larga, ed in gene­ rale, e rrii pare, che non balli dire, che la Brenta viene torbida, ed ade­ rire, che deponè nella Laguna, ma ci dobbiamo più ridurre alla fpecificazione, e moftrare quanta fia quella torbida, ed in quanto tempo polla far­ li quello riempimento; imperocché troppo chiare, efpecificate fono le ra­ gioni, che concludono la rovina della Laguna, ed in breviflimo tempo; cheli tratta di giorni, facendoli le diverfioni deli’acquc, e di più abbiamo


D E L L A C Q U E CORRENTI.

r7,

il ri(contro dell’ efperienza, éffendofi villo peggiorato lo fiato delle cofe dopo la detta diverllone. Ed io ho dimaftrato, che fe fi fuffe meda in efecuzione la diverfionedel Sile, e degli altri fiumi, in pochi giorni la Lago, na fi riduceva quali in fecco, e fi farebbero perduti ¡ Porti con altre peffime conseguenze; ma dall’ altra parte, ancorché fi concedette il riempimento, polliamo probabilillimamente dire, che non feguirà, fe non nel corfo di molte, e molte centinaia d’anni. E non mi pare più prudente configlio fa» re ora una refoluzione, ed abbracciare un partito per conieguire un bene­ fìzio affai incerto, a prò di quelli, che hanno da venire dopo di noi molti, e molti fecoli, confareunpregiudizioficuro anoi, eda noftri figliuoli viven­ ti , e prefenti. . Si conceda dunque ( ancorché io lo ftimi falfo, ) che colle diverfioni de 1 fiumi, fia per confervarfi la Laguna in buono ftato per molti, e molti an­ ni avvenire. Maiodico affeverantemente, e pretendo dimoftrarlo; Che le diverfioni ri­ durranno la Laguna anoftri giorni quali in fecco, ed almenoconsì poca ac­ qua, che farà impraticabile la navigazione, e fi chiuderannoinfaUibiliffima* Porti. Pertanto dico in rifpofta aquefta opposizione, che è necellaruhmoprima per discorrer bene, e concludentemente fpecificare, e mecnef d|ntc”'3ro <luant0 Più fi può il punto della quantità di quefta depofizio* Ora qui dubito, che mi renderò ridicolo a quelli, i quali mifurando le rkf Natura colla fcarfità del loro cervello, penfano, che fia impoflibile adolutamente fare quefta inquifizione, e mi diranno. Q u ii tuettfus ejl p u g /llo aquas , & fer ra v i p a lm o p o n d e r a v it ì in ogni modo voglio proporre un m°d°. col quale almeno alla grolla fi polla fare tale inquifizione . I rendali un vafo di figura cilindrica, capace di due barili d’ acqua incir­ ca , e poi riempiali dell’ acqua della Brenta alla sboccatura fua nella .Lagu­ na, in tempo, che la Brenta vien torbida, edopo, che fia cominciata a fcorrere torbida otto, edieci ore per dar tempo, chelatorbida arrivi a S. Nic­ colò per ufcire in mare, e nel medelimo tempo prendali un altro vafo fil­ mile, ed eguale al primo, eriempiali dell’ acqua della Laguna verfoS. Nic­ colò ( ma avvertali, che queft’ operazione dee effer fatta, nel tempo, che l’ ncque efcono, e quando il mare è tranquillo ) poi rifchiarate, che fa­ ranno Tacque ne’ fuddetti vali, levili l’ acqua chiara, e li confideri la quan­ tità della terra, che reità, e lì regiftri tenendone memoria, e facilmente penlo, che maggiorquantità di.terra farà quella, che farà reftatanel primo va­ fo, che quella reftata nel fecondo vafo. Dopo, che in un tempo la Brenta viene chiara fi replichino ambedue Toperazioni, ed ofl'ervifi la quantità della terra ne’ fuddetti vali, perchè fe fufte maggior la terra del primo vaio, farebbe fegno, che iottofopra in capo 1* anno la Brenta deporterebbe terra nella Laguna, e cosi lì potrebbe ealculare appreffo a poco, che pro­ porzione ha la terra, che entra nella Laguna a quella, che rimane; e da tale operazione fi potrà far giudizio di quanto farà efpediente per pubbli­ co benefizio. E quando in diverfi tempi dell’ anno lì replicaffero diligente­ mente le medefime offervazioni , più efatta notizia fi averebbe intorno a quefta materia, e farebbe bene far T ifteffe operazioni in quei tempi, che da gagliardi venti viene conturbata, ed intorbidata la Laguna col proprio fango, follevaro dalle commozioni dell’ acque. Gran lume ancora darebbe quefta notizia, fe fi faceffero le medefime di­ ligenze verfo le sboccature del Lio, quando T acque crefcono, e quando calano in tempi quieti, perchè fi verrebbe in cognizione fe T acque dell* \ La-


17» .

<D E L L A

MI S URA

Laguna fono piu cariche all’ ufcirè, che nell’ entrare. Io ho propoflo il fbddetto modo di eliminare le torbide, per inoltrare, che non dobbiamo eésì iri generale,) ed in aria prohunziataTenteoza nefluna, ma venire alle jtìù ftiette itìguiiizioni'-, e poi deliberare quello, che farà efpediente di fa­ re'* Altri potranno proporre più efquLAfi.efami, ma per ora a me baderà qbedo.

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• -Voglio aggiungere folo, che fe alcuno avelie maggior curioAtà ( fareb­ be utile averla ) d’ inveftigare più innanzi la quantità dell’ acqua, che en­ tra nella Laguna, con i modi dimoftrati da me nel principio di quello liRitrovata, che averà la proporzione della quantità dell’ acqua alla quantità della terra, verrà ancora in cognizione quanta terra lafcia la Bren­ ta nella Laguna in capoTarino;, ma per far Amili diligenze, ci Infognano uomini intelligenti, e fedeli, e che fiano adoperati per ordine pubblico, perchè ne rifuiterebbefégnalato benefizio univerfale.

Dìfcorfo[opra la Laguna dì Venezia al Sig. Giovanni Bajadonna. EL tempo che io leggeva pubblicamente le Matematiche nello Studio di Pila, ed anco dopo che mi trovo al fervizio di N. S. Papa Urbano Ottavo , ho avuto più volte occaAone d’ impiegarmi in diverfe imprefe in materie d’ Acque, nelle quali imprefe , va­ lendomi di quelle notizie, che io aveva guadagnare nell! Audi miei di Geo­ metria , e Filolofia fotto la difciplina dell’ unico al Mondo Signor Galileo Galilei, aiutato da Dio, miriulcironoinfatti femprefeliciffimamente, e co­ sì eilendo (lato mandato da S Santità a fervire 1’ llluilriilimo, e Reverendiffimo MonAgnor CorAni, che fu deputato Comminano Generale fopra P acque di Bologna, Ferrara, Romagna&c- conimedefimifondamenti fcoperfi diverA particolari di gran momento, i quali non erano flati interamente conofciuti. E dopo nel corfo di 16. Anni ho avuti alle mani diverA negozj d’ acque, come d’ afciugare pantani, come, di regolare acque per mulini, ed altri, colle quali imprefe con i medeAmi fondamenti, mezzi, ed aiuti, ho dato compita foddisfazione a quelli i quali A fono compiaciuti comandar­ mi. E ben vero, che come quello che era neceffitato dalla ragione di pro­ porre fpeflo penAeri, e fare rifoluzioni totalmente contrarie all’ opinioni degli Ingegneri, e Periti, ho incontrato fempre grandiflìme difhcultà, e fempre maggior fatica mi è (lata l’ accomodare gli animi, ed i cervelli de­ gli uomini, che il porre in freno alle gran forze de’ Aumi, e di precipitoA torrenti, e rafciugare varie Paludi. Quelle difficoltà erano di varie forte, ma le più principali erano l’ ignoranza, e 1’ intereffe altrui, e bene fpeflo la malignità, e l’ invidia. Alle volte veniva aflediato da una fola di loro, alle volte da due, ed anco da tutte infiemein modo che difficilmen­ te mi poteva riparare, e difendere, malfime quando mi conveniva trattarei. cori più.potenti di me , ed accreditati. Tra quelle armi, che cosi Aeramenre mi alialivano l’ una era potentiflìma coda quale A proccurava da quelli, che da me diflentivano, di efcludermi totalmente da i negozj ( egli è venuto fatto alle volte con ntìtabili pregiu. dici degl’ iriterefl'aìij quella era, che andavano fpargendo concetto, che * .r ieb-

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D E L L ’ <_ACQJJE C O R R E N T I .

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Sebbene io aveva qualche notizia in quelle profeffìoni delle Matematiche* e che lapeva in Cattedra, ed in Difcorlo le cole mie con qualche vantag­ gio, in ogm modo mi mancava la pratica .parte principale, e lenza della quale aliolutamentenon fi può fare cofa nefluna di buono, e che però non nu farebbero riufcite.le cole in fatto come nel difcorlo io andava nelle oc‘^ o rren z e raPptefentando, ed in cotal guifa fi cercava di Tcreditarmi, ed elcludermi fuori da’ maneggi : e febbene nel progrefio del tempo in moltiiiimi cali io dimoftrava che la buona teorica applicata bene alla pratica era la vera anima delle mie impr.efe., in ogni modo io era Tempre col medefimo pxetefto affrontato. Calo notabililfimo è flato quello, che mi è occor1° in Venezia mentre ho rapprefentato il mio penderò intorno alla Laguna e Porti, dove efiendo il miopenfiero-tanto intorno al difendine, quanto intorno al rimedio totalmente contrario all’ opinione .comune, ed inveterata , è fia­ to fui principio di poco, o di .nell'un momento riputato- Ne io pretendo loltenere oftinatamenre contro a migliori ragioni il mio penfiero, ma quie­ tandomi alle riioluzioni de’ Padroni darò afpettando l\elìto, e mi rimetto totalmente alla decifione, che farà :Ia natura ftefia come a diffinitiva fen•tenza Ma .perchè ancora in quefta .occafione della Laguna mi viene oppoba la medefima eccezione-di Tempre, cioè., che ancorché .1 miei penfieri fiaao belli nel dil.cor.lo, non però nella-pratica pofiono riufeire. Però ho deter­ minato di mettere in confiderazione a V. Eccel- alcune cole in quello pròsòlita, fettomertendoLe al purgatiilìmo giudizio del fuo intelletto arrichi­ to per le.lcienze nella teorica, e per i graviflìmi negozj da lei maneggia­ ti nella pratica , dichiarandomi che mai mi fono compiaciuto ne mi com­ piaccio d aver lodato un difeorfo teorico, che mi .rimanefi'e poi dalla pra­ tica xandennatoPrima .dunque confiderò, che comuniflìma fantafia non fòlo apprefio gli uomini ordinari, ma ancora appreffo i Periti ed Ingegneri, ed anco apprsf!o a fife iofi ftelfi è, che le verità matiematiche fono vere sì ma in afttacto, in dilcorlo , ed in teorica,, ma poi applicate alla materia., e ridotte alla pratica non rielcono, e di quella foro fentenza adducono alcune pro'5/e le quali apprefio di me, ed a-mio giudizio non concludono -niente, con tuttociò hanno una certa apparenza così a prima faccia, che molti ne ri­ mangono ingannati. Per dichiararmi meglio porrò un efempio col quale quelti che impongono .alle mattematiche quello difetto,, .ed imperfezione dicono. ’ Che fia il vero, che le verità mattematiche non fi verifichino ndfi ap­ plicazione : Noi vediamo, -che fi fanno lpefio modelli inpiccolo , ne i qua­ li pare che la.cola xieica., ma quando poi fi riduce alla pratica. edall’ efecuzione ci troviamo ingannati.: e però da tale fuccefio concludono, difi le Mattematiche non-.riefeono nella pratica : nel medefimo modo i Filolo.fi ifi feuolcrivono ancora loro a quefta fentenza dicendo, -che :le Matemati­ che fi verificano :in.attratto feparato dalla materia, ma poi applicate alta materia, ed in concreto tiefeono falle , e così dicono,.-Che la sferatocchi in un punto folo ripiano,, verilHmodn aftratto, ma fe fallo applicato al­ la materia, ed in-concreto . 'Nel quale difcorlo mi -occorre dire, che quan­ do viene affermata una Propofizione controverfa, per camminate ordinata­ mente , la -negativa dee calcareprecifamente fepra quella affermativa., che •è fiat3 propoli a., e nonfepra un altra cofa della quale nonfi è trattato, rec«.chè così fi rompe il filo del difcorlo, ed è impoflibile concludere mai co­ la neilun3 come qui nel propofito noftro. La Propofizione de i Vlattemativei è quella.: -La.sfera tocca ilpiano in un punto folo., -ed è ,a*fiimati.va„ Le vChi


174

D E L L A

M I S U R A

chi lavorrà negare dee dire, che lasfera non tocca il piano in un punto fcFo applicata alla materia, intendendo di quella fletta sfera, e pi no de quili è data pronunziata l’ affermativa dal Matteniatico, altramente teguirebbe, che li confonderebbe il difcorfo, affermandoli dal Matematico una cola, e negandotene un altra dal Filofofo- E che ila il vero, che nel calo nollro fi commetta tale mancamento è manifefto: imperocché quando in ritti etto il Pilotato adduce la prova della fua Conclulìone, non vediamo che la sfe­ ra del Filolofo non è pia la sfera del Mattcmatico, ne meno il piano, ed il punto del Filolofo è quello del Martemattco, talché chi voleflé dire in chiaro la propofizione del Filolofo infognerebbe dire: La sfera, che non è sfera Mattemacica non tocca in un punto tata il piano, che non è piano Mattematico. Ma io folio molto ben ficuro, che nettun Matematico ha mai detto in contrario, anzi io prometterei per parte di tutti i Matematici del Mondo, che prederanno il loro allenta intero alla Proporzione Filofofica > La verità dunque è, che le proporzioni Mattematiche fono verità, che tem­ pre fono Hate, fono di prelente, e faranno ancora per l'avvenire vere, ed eternamente vere, ed in attratto, ed in concreto, e congiunte colla mate­ ria, e da etta feparate. Voglio ancora dichiararmi meglio in termini Logi­ cali : Le Piopolizioni hanno due parti principali-, La prima vien detta il Subietto , Ja feconda il Piedicato, che viene ancora chiamato il Quelito. La Proporzione sfera tangit pian uni tu pttnBo ha per fubietto sfera, le parole feguenti tangit pianura in punito, rapprefentano il Quelito, o vogliamo dire it Predicato: e però chi verrà negare quella Propolizione li converrà ne­ gare il toccamento di una sfera in un punto Iota, che è quello che viene affermato dal Mattematico. Di più io concederò al Filofofo, che le Proporzioni Mattematiche fono falle applicate , ma perchè i Matematici hanno per propofizione vera, che moltiplicandoli il numero difpari per difpari, il Prodotto è Tempre difpari, come per elempio il 3. moltiplicato per 5. fa 15, che è numero difpari in attratto . Sarà obbligo del Filofofo dimoitrare che in concreto tre volte cinque meloni facciano un numero di meloni pari, e perchè tre meloni prefi cinque volte fanno 15. meloni in concreto, farà neceflario, che il Filofofo mantenga che 15. meloni riefeono numero pari in concreto, cofa roani feftiflìmamente falla. Applicando ora tutto quello difcorfo più al propofìto nollro Hccel. Sig. dico, che a me pare, che noi ci andiamo avviluppando nel medefimo mo­ do nel calo nollro delle Lagune, e di quello che io hodetto nelle mie con. fiderazioni. Imperocché io ho propofio nelle mie fcritture due cole princi­ palmente, e fubito il mio difcorfo viene sfatato con dire, che il mio pen­ siero è bello si, ma in attratto , ma poi in pratica non riefee. Qui non vor­ rei fi aftetmatte, onegaffeuna cola, la quale non fia fiata da me affermata, o negata, e di più vorrei che fpecificatamente fi dicefie, tu hai detta la tal cofa in fpeculazione, la quale poi non riefee mpratica . La prima «ofa, che ho detto è , che mi pare neceflario fapere: Se lo feoprimento del terreno nella Laguna pioceda dall’ alzamento del terreno, ovvero dallo sbaflamento dell’ acque, ovvero da rune due infieme le cagioni. E quello I’ ho detto in teorica congiunta colla pratica. Perchè le la verità è, che fe 1* acqua nella pratica fotte realmente mancata, e che in pratica volellìmo continua­ re a divertire 1’ altre acque, e fiumi, che di prefente fgorgano.nella La­ guna, iotengo, e dico rifolutamente in teorica, ed in pratica, che le nottreprowifioni, ed operazioni riulciranno nella pratica a nofira maggior ro­ vina : e perchè in pratica è; 50, Anni fono levata la Brenta dalla Lagu­ na

fiata


dell*

A C Q U E CORRENTI,

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10 ©nervo in quella pratica, che le cofe vannod. male inpeggio, cpero 10 defidero, che ¡Macché 10 parlo nella pratica, colta roedefima prati, carni li ri(ponda, Perchè Imora, mi par che 10 con maggior ragioni e ve rità polla rinfacciare a quelli che Pentono diverfameote da me, che le co fe loro non tono vere ne mpratica, ne iti teorica. Poiché la verità è che 1 ?mo in prat'ca lo i'coprhnento de.ile fecehe, abbiamo in pratica la difficolta della navigazione, ed abbiamo in pracica il riempimento de’ Por­ ti, e quello veniva comunemente lenza peniate altro riputato alzamento" e riempimento di terreno: ma in buona teorica quando noi abbiamo unefl ietto il quale polla provenire da due, o più cagioni, non le ne dee affermare una foia rifolutamente, fenza conliderare àncora, che parte ci pollano avere ancora Paltre, e quanta, e quella è buona teorica quale riufcirà veiiliinia fetnpre ancora nella pratica . E qui mi ricordo, che quando io nel primo Ragionamento propoli a V. Eccel. quello penlìero, lignificandole che le acque erano mancate, fobico ella efcUmò quello è un gran punto, que­ llo è un gran punto: e moflo da quello cominciò a inclinare benignamente r orecchio alle cofe che io proponeva, ed il fuo comandamento fu cagio­ ne che io dillendefll in fcrittura la mia prima Conlìderazione, e continovafi. fi con replicati fludj, e fatiche in applicarmi a quella imprefa, nella quale quando non avelli latto altro ho indotta la Comma prudenza di cotefto Ec­ cello .Senato a lofpendere la diverlìone del Sile, e delli altri quattro fiu­ mi, imprefa, che non fi poteva fare fe non con più d’ un milione d’ oro,dal­ la qua,e farebbero fegtiiti afl.olurame.nte danni ¡mtnenlì alle campagne di terra ferma, e quello che è peggio, la Laguna fi riduceva fubito quali in lecco, e ne larebbe feguito il riempimento, e perdita de’ Porti, cole tut­ te, che averebbero neceflìcata la Serenifljma Repubblica a ritornare le co­ fe almeno nello flato prefence con aver perla la ipefa di così grolla fomnu di denaro. E per tornare al nollro propofito dico , che la pratica nonriefce loro, per­ chè avendo divertita la Brenta dalla Laguna, lo (lato delle cole è peggio­ rato. e fe fi continovava a deviare come era deliberato, l’ altre acque fi fa. irebbero fccperte maggiori ampiezze di Cecche, ed inlomma non gli riufcirà m pratica mai in eterno navigare fenz’ acqua. E ie quelli li quali tan­ to vilmente trattano la teorica, gloriandoli nella pratica, oflervafleroquel­ lo , che inpratica opera la natura, renerebbero confulì, offerv'ando che il Radano non ha mai in tanti fecoli riempito il Lago di Ginevra , la moltitudi­ ne defiumi che fcaricano le loro acque nel Lago maggiore , nel corfo di tan­ ti lecoli non P hanno ancora riempito, ne minacciano di riempirlo, il fiu­ me Adda conifuoi Colleghi non hanno interrito il Lago di Como, il Fiume Olilo noli ha riempito il Lago di Sebino, la Sarca non ha mai riempito il Ligo di Garda , con tutto che ne fuddetti Laghi precipitino di molti altri torrenti 1 quali vengono torbidilfimi. Se quelli tanto gelofi, che la Brenta, e gli altri fiumi riempino la Laguna, oflervaflero, ed intendeflero quella pratica, deponerebberola temenza dalla quale molli confondono il loro cor­ to con tanti danni, e pregiudizi in modo, che io pollo con verità rinfaccia­ re loro, che non hanno teorica ne pratica, anzi qui dico di più: Che fic­ ca rn e mai farà buona teorica quella che non riefce ancora in pratica, così all’ incontro mai nonfarà buona pratica quella, che non faràfondata nellabuo­ na teorica; e tengo per fermo che quando noi averemo in teorica una Conclufione ben dimoflrata dovrà fempte riu/cire ancora nella pratica, e noti tiulcendo farà fegno manifeilo, che non farà fiata mella in pratica con tut­ te ieiue ciré oftanze quella Conclufione* che-era fiata approvata dalla teo­ rica m ,


r ;6 D E L L A M I S UR A rica, ficihè il difetto non. nafce dalla teorica, ma dipende dal non. edere fiata applicata bene alla pratica. . , E da quanto fi è detto abbiamo la rilpolta. all’ altra obiezione che vien fatta de i modelli in piccolo, che poi non ridicono in. grande Imperocché quando fi riducono in grande vien meda in. campo un altra cola diverla da quella, che prima era Hata propofta;, ovvero chi confiderà bene que­ llo negozio, ritroverà che ne'modelli piccoli noi abbiamo quelle forze te­ nui, e quelle refiftenze. tenui ma potenti a, refiftere, ed in cotal modo il modello piccolo riefce, ma quando, vogliamo ridurre lacofa in grande , ven­ gono moltiplicate le forze, che tormentano la macchina, ma non fi molti­ plicano già le refiftenze , conquella proporzione che fi moltiplicano le for­ ze, eperò nonrefiliono, enonriei'cono in grande, conformea quello, che mirabilmente, e loctilmente ha dimoftrato il Signor Galileo nel particolare Trattato che fa di quefta materia. Pertanto concludo, che il mancamento non è nella teorica; ma viene perchè non efiendobene intefaperlo poco, avvedimento de i pratici, ne rimane lapratica deluià, e defraudata. E. eaa«* baili d’ aver detto per ora a quello propofito-

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I L L . E D E C C E L . SIG . E P R . C O L .

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I confolano più quattro righe d’ applaufo di V. Ecce? che non mi contuibano le fpropofirate contradizioni di quelli , che mi hanno tanto maltrattato. Ho letta la lettera, e la ringrazio che abbia fignificatoa Sua Serenità il mio penfiero . Non ho cofa che più mi prema in quello mondo, che fervire in cosi grand’ imprefa non folo la maravigliofa Città di Venezia, ma l’ Italia tutta, anzi l’ Europa, e 1’ AfÌ3, el’ Africa fteffa, come conofcerà quello, che confiderei'» che la confervazione di Venezia è intereile univerfale, fio per dire, di tutto il Mondo intero. A’ giorni paftati diedi parte al P. Fra Buonaventur3 Cavalieri Mat* tematico di Bologna , di quello mio penfiero. intorno alla diverfionede cin­ que fiumi della Laguna, mando a V. Ecce?- la copia della lettera, acciò veda che forte di mercanzia è quefta , e fe è roba da cervelli plebei, ed imbrat­ tati d’ ignoranza, e di malignità, o pure imprefa da pochi, e fe non filile temerità troppoarrogante direi d’ un iolo. Io fon pronto a far toccare con niano, con efperienze in piccolo, in grande, ed in grandiflimo la verità delle mie propofte, ma ci è bifogno di lingua, occhi, braccia, orecchie, e mani, non di penne, inchioftro, e carta- E credo afioìutamente che s’ ingannino quelli che penfano, e pretendono delle cofe che io ho dette, e ferine finqui, potere operare, ed indirizzare benequefta macchina tanto va. fta, perchè quando fi ridurranno all’ operazione, ovvero tralafceranno qual­ che cofa, che non farà da loro bene avvertita , e ftimara ; ovvero c* incaftrerannoqualche loro vana fanrafia la quale farà potente a fconcertare il rutto. E quefta è fa cagione principale per la quale io fono rifolutiflìmo di non dichiararmi più oltre, ne venire aU’ efpreffione dell’ efperienza , fe non la fa­ rò io fìelio in cofpetto di tutta Venezia, perchè non è dovere che fe cofe, che io con l’ aiuto di Hio, e con fatiche, e vigilie di mente, e di corpo ho ritra-


177

T>ELL' ACQUE CORRENTI.

ritrovate mi fiano lacerate dal dente avvelenato de’ maligni, Patio libero perchè parlo con unSenatore d’ intelletto elevatiflimo, ed integerrimo co­ me è V. Eccel. alla prudenza del quale rimetto il dar parte di quella mia al Sereniffimo Principe, al quale rimali (chiavo in catena 1’ eftate pallata quando io ebbioccafione di godere da vicino l’ indicibile benignità, la lu­ cidezza del fuo ingegno, e la Ibmma, ed alciflima prudenza di S. Serenità. E di più V. Eccel. ( fe così le pare ) difponga, e prometta ogni mia devo­ ta, e fedele férvitù a tutti cocleiti Eccel- Signori, ed io di qua fono quali ficuro, che fe farò richiedo averò licenza di venire a Venezia, e fervire pec quel tempo che farà di bifognoi conchè le fo reverenza. Roma li 18. Gennaio. D. V. Eccel. Devotifs. ed Obb. Servitore D- Benedetti C ajlelli . D iedi parte della Sopraddetta mia feconda confi'derazione a l molto Reverendo Pa­ dre F ra Buonaventura Cavalieri Profefiore nell» Studio di Bologna, pregandolo 4 dirmi liberamente il fu o jentimento , e la lettera f u come fe g u e .

DO

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M O LTO R E V . PAD. P R . C O L.

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O intefo dalla lettera di V. P. M. Rev. con mio grandifllmo gudo, che ella abbia applicato il fuo intelletto alla contemplazione della figura dei Cridallj del Telefcopio, perchè fonficuroche ar­ riverà a fcoprire fcientificamente quello che fi può in queda ma­ teria . Di Firenze tengo poco buone nuove del noftro venerabile Vecchio, del Gran Galileo, e mi (paventa l’ età grave, quando bene l’ infermità ( che pu­ re è di confiderazione ) non folle tanto grande. Io poi vado avanti nella mia contemplazione dell’ acque, nella quale mi fono incontrato in un acci­ dente maravigliofo, e totalmente inopinabile, ma vero. Dee dunque fapere, che avendo io l’ edate paflata, mentre mi ritrovai in Venezia, bialìmata in pieno Collegio la diverfione fatta della Brenta dalla Laguna, come pregiudicialeallamedefima Laguna, ed avendo ne i tempi pattati quelli Eccel. Signori deliberato di divertire ancora il fiume Sile con quattro altri fiumi, i quali tutti infieme prefi, non credo che fcarichino tanta copiad’ acqua nel­ la Laguna, quanta faceva già la Brenta fol3 : penfando ioquanto sbaflament° Jr accF?a pote(le cagionare la diverfione di quedi cinque fiumi, quando lolle meda inefecuzione, ho ritrovato, che dato che colla diverfione del!a Brenta dalla Laguna di Venezia, fi fia fatto un tale sbadamento d’ acque in edà Laguna, come v. gr. d’ un piede, e dato che la quantità dell’ ac­ qua, che (caricava la Brenta nella Laguna avanti la diverdone fode cinque parti d’ acqua di quelle che gli altri cinque fiumi, che redano da divertirli (caricano quattro, in ogni modo lo sbadamento chefeguirà da queda ultima diverdone farà doppio di quello, che è feguito per la diverfione della Bren­ ta loia, cioè farà due altri piedi. Or veda V. Rev. fe pare polfibile, che ve­ nendo già nove parri d’ acqua eguali nella Laguna in un determinato tem­ po, eche col divertirne cinque parti fi fia sbadata l’ acqua nella Laguna un piede; col divertirne poi le altre quattro parti fole fi debba sbadare laLagu­ na due altri piedi da vantaggio, e pure è veriffimo, ed io oJcre alla dimoTom. I. jyj lira-


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D E l i A MISUR A

{trazione che me lo perfuade, ne fo, fi può dire ogni giorno l’ efperienza la quale riefce tanto puntuale, che più non li può dire. Ne ho già dato parte in Venezia ad alcuni Senatori miei Padroni, ed affretto che rifpofta fiano per darmi: quefto tengo bene per certo, che fiaper mettere il cervello apar­ tito a molti l’ accidente da me l'opra narrato, e di grandiflìme confeguen. ze in quelli ncgòzj d’ acque, ed in particolare in codette acque delle valli di Bologna, e di Ferrara, e di codette Provincie,, Per compimento del tutto voglio fpiegargli lo fcherzo della natura in ge­ nerale intorno aquctto propofito. Dico dunque che dato che un fiume cam­ mini con una data altezza , e che quella fia divifia in quante parti eguali fi voglia, e poi che tutta la quantità dell’ acqua che corre in un determi­ nato tempo per quel fiume fia divifa in tante parti eguali, quante unità fono nel quadrato del numero delle parti dell’ altezza, e venga divertita dal fiume la differenza delli due mattimi quadrati delle parti dell’ altezza ( la quale di neceflìtà cafcherà Tempre nei numero difpati ) lo sbaflamento nel fiume, farà eguale precifamente ad una di quelle parti nelle quali fu divifa tutta l’ altezza del fiume. E quello che ha piò del maravigliofo è, che fe faranno divertite dal fiume confeguentemente le differenze de i quadrati inferiori delle parti dell’ altezza ( le quali poi fon tutti i numeri difpari confeguentemente minori della prima differenza ) lo slattamento riefce Tempre il medefimo, cioè il fiume cala Tempre dì altezza una di quel­ le parti nellequali fu divifa tutta l’ altezza, ancorché quelle detrazioni fia­ no eguali , So che V. Rev non ha bifogno d’ altra dichiarazione, in ogni modo per altri a’ quali vernile in manoquella mia, mi dichiaro con en efempio. Corra un fiume in una altezza quale venga divifa in io. parti eguali; ed intendali tutta 1’ acqua che palla pel fiume in un dato tempo, come fa­ rebbe in un minuto d’ ora, edere 100. tali mifure (numero quadrato del io. denominatore delle parti nelle quali fu divifa 1* altezza del fiume ) e poi fiano divertite dal fiume diciannove di quelle mifure delle quali tutta 1’ acqua era too (le quali 19. mifure fono la differenza tra il 100. e 1’ Si. quadrati mattimi fufléguenti delle parti di tutta 1’ altezza del fiume ) lo ibaflamenro del fiume farà folo un piede, cioè la decima parte di tutta l’ al­ tezza del fiume E poi dico di più, che col levare 17. altre mifure delle rimanenti 8i ficchè reftino nel fiume folo 64. mifure, il fiume fi sbatta unal­ tro piede, cioè una decima parte di tutta l’ altezza del fiume, e così dalle 64 levandone 15., e poi 11 , e poi 9. e poi 7. e 5. e j. e una, Tem­ pre in quelle diverfioni ancora che fiano tanto ineguali, lo sbattimento riefce eguale, cioè Tempre in ciafcheduna diverfione il fiume fi sbatta un piede, che è la decima parte di tutta l’ altezza. Nè qui finilce la maravi­ glia di quefto puntualiflimo giuoco della natura. Poiché occorrendo per diverfe cagioni, che il medefimo fiume, e per le varie inclinazioni del Tuo letto, e per altro va Tempre mutando l’ altezze fue in ogni modo , i fuddetti sbattimenti Tempre feguono colle medefime proporzioni. A me fono parie quelle cofe tanto belle, e di tanto grandi confeguenze nelle mate­ rie , che giornalmente occorrono intorno all’ acque, che non poffo far di me­ no di non penfarci giorno, e notte- Perchè oltre a quello che appartiene al grandiflìmo negozio della Laguna di Venezia, come io ho dimoftrato in un mio particolare difcorfo, abbiamo una notizia chiara quanto fiano fiati gravi i difordini feguiti nelle larghe campagne di Bologna, Ferrara, Ra­ venna, Romagna, e Romagnola, e potrei aggiungere molti altri cali qui in Italia, e di ficuro ( non efìèndo bene intefa quella materia ) fi fcoprireb» bc


DELL* ACQUE CORRENTI.

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he guanto, intendendoli, farebbe di benefizio nell’ altre provincie, ed in particolare ne 1 paefi baili della Fiandra, ed altri. Abbiamo ancora eviden­ te 1 errore che fi fa nel dividere le acque delle fontane per adacquare le campagne, altre volte in altri difcorfi da me fcoperto. Ho voluto dar parte di tutto a V. P. Molto jlev. perchè mi farà caro che ella mi feriva il fuo lentimento, accompagnandolo con qualche fuo comaudamento, e li bacio le mam . Roma il ,r. del 1642. D. V" P. Molto Rev. Affez. ed Obb. Servitore D . B en edetto C aJìeB i.

La Rijpofla alla Jòpraddetta Letterafu comeJegue.

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Ntrerò ancor io in mezzo all’ acque tirato dalla forza del fuo potente ingegno , dove ella dice ritrovarli giorno, e notte: ma tuttavia fi ricordi qual pietofo Maeftro di porgere il braccio {falutare al povero Bonaventura, fe come mal pratico in quede ac­ que lo vedeffe nel profondo delle difficultà naufragare . Prima dunque mi congratulerò feco , che ella impieghi le difcipline Mattematiche in parte dove non folo polTono deliziofamente pafcolare gli ingegni Specu­ lativi , ma utiliflìmamente ancora efercitarvifi quelli che folo gradifeoB° ,^ atiche d! Quefte feienze, cofa che non gli può riufeire fe non di grandilhma gloria . Ho fempre ancor io fentito quefto prurito di moftrare al mondo quanto di utilità fia nafeofta fotto la Rimata dal mondo ruvida lcorza delle Mattematiche, ma il vedermi tolto dalla mia crudele infermi1 m°dodi efercitare l’ efperienza , fedeliifima, e fruttuofiflima compagna r nS-ftre *c‘enze fpeculative, mi ha fatto contro mia voglia fopprimere quali affatto quefto mio gran defiderio. Non pollo dunque in rifpofta di quella parte che mi apporta con diftintilfimo ragguaglio del nuovamente ri­ trovato accidente dell’ acque dir altro che qualche bagattella, dependente lo o dalla mia debole fpeculazione, e fe niente ci folle degno della fua in­ telligenza il tuteo dependerà dalla dottrina del fuo preziofo, e dottiflìmo J. ro. ' . , ,co adunque che lenza dubbio pare maravigliofo , e totalmente inopina ile quefto accidente, che con la diversione di manco acqua, che non uque adella Brenta, divertita dalla Laguna di Venezia , fia per feguire mag­ giore sba(lamento d acqua in detta Laguna che non fu quella della prima diverfione. Tale è riufcito a prima fronte a me ancora, ma avendoci poi penlato piu attentamente mi è parlo dovere edere così necelTariamente, e quelto mi perluado d aver francamente penetrato, camminando colla Sal­ dezza de fuoi principi. Ellac’ infegna, chela velocità, e tardità dell’ acqua iluente, lache la medefitna acqua, fi polTa fmaltire ora per minore, ora per maggiore fezione dell’ alveo pel quale ella corre, e perciò c’ infegna an­ cora, che fe dall’ acqua d’ un alveo divertiremo due moli d’ acqua eguali, ma una veloce, el’altra tarda , che la veloce ( la quale perciò pafiava per minor lezione ) farà unosbaffamento minore di quello che farà la tarda (che pana per neceffità per maggior feziene ) bifognerà dunque dire che col di­ vertire la Brenta levarono dalla Laguna acqua più veloce di quella, che fi M2 leve-


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leverebbe colla diverfìone de fiumi rimanenti, ancora che quelli fiumi tut­ ti infieme faceflero quanto la Brenta, ed anco meno fino ad un certo le­ gno; ma egli è pur vero ( confermandoli ciò coll’ efperienza ) che corren­ do inunalveo 1’ acqua più alta vi cammina anco più veloce, adunque quan­ do la Brenta entrava con gli altri fiumi nella Laguna, formava inella uncor­ po d’ acqua, che vi correva più veloce, che non fa ora quella fola de’ det­ ti fiumi, adunque levando la Brenta hanno levata acqua veloce, e levando i detti fiumi leveranno acqua tarda, e però lo feemamento doverà e(Ter maggiore, anco che quello folle minore di quella, fino ad un certo fegno. Quello che iodico mollra bene in generale quella verità, ma per com­ prendere ancora particolarmente ( Caputali la proporzione che ha 1’ acqua della Brenta a quella dei detti fiumi, cioè quella che elfi mettono, o met­ terebbero nella Laguna nel medefimo tempo ( che proporzione averebbero i lóro sbaiTamenti, llimo, che tutto dipenda da quella proporzione: Che l’ acqua, che feorre in un alveo iti un dato tempo, all’ acqua che feorrerà nell’ ¡(ledo alveo pure nel dato tempo( divertita una parte di detta acqua) averà la iteila proporzione, cheaveràil quadrato della prima altezza , al qua­ drato della feconda altezza, che fi fa dopo la diverfione- Ho applicato il penfìero alla prova; ed ho trovato che mi ferve eccellentemente la Propofizionequinta del fuo Libro: poiché dimoilrando quivi eliache fe un fiu­ me francherà una quantità d’ acqua in un tempo, e poi li fopravverrà una piena, la qualità dell’ acqua che fi fcarica in altrettanto tempo nella piena, a quella che lì fcaricava prima mentre il fiume era ballo, ha la proporzione comporta delle proporzioni della velocità della piena, alla velocità della prima acqua, e deli’ altezza della piena, all’ altezza della prima acqua. Se io provarti che la velocità della piena alla velocità della prima acqua, foffe come l’ altezza della piena, all’ altezza della prima acqua, faria manifello allora, che l’ acque fcaricate nell’ ideilo tempo nell’ uno, e nell’ altro flato del fiume lariano, come i quadrati dell’ altezze, componendoli allora di due proporzioni, dell’ altezza all’ altezza, e della velocità alla velocità. Ma per provare quello non ho avuta fortuna d’ incontrare ragione, che appieno mi foddisfaccia ; non reiterò però di dirgli quello che mi è pallata per la mente con pregarla a levarmi quelle difficoltà , che io ci ho dentro, e con favorirmi della dimoftrazione di quella verità, la quale parmi, che vadia accompagnata con l’ altra fuddetta, cioè che in un fiume che crefca d’ altezza per acque , che vi entrino, oche feemi per acque divertite, l’ in­ cremento, e decremento dell’ altezza cammini con pari proporzione con quello della velocità. Io difeorro cosi. Sia nella prelente figura A E F K l’ al« veo nel quale cammini l’ acqua per la lezione D E alta come D E con una tale velocità, in­ tendali ■'poi meda tane’ acqua nello Hello fiume che crelca fino in C H correndo nel fiu­ me con 1’ alrezza C E doppia di D E. Dico, che l’ acqua vi camminerà con doppia ve­ locità, e per concludere que­ llo, intendo tutta l’acqua, che feor-


d e l i: a c q u e co rrenti. i8t corre per C F, divifa in due pezzi C G, D F mediarne la fuperficie lìiperiore dell’ acqua D F, che paffa per D G; e confiderò, che 1’ acqua C G come portata dall’ acqua D F dee fare nellp fteffo tempo lo fpazio che farà la D F, e di piùintendendoli fcorrere T acqua C G Copra la fuperficie che paiTaper D G come fopra fuo letto , nella guifa che D F fcorre fopra il fondo, dee l’ acqua C G avere forza di trapalarealtrettanto fpazio, quan­ to ne palla la P F, adunque l’ acqua C G avera la forza di trapaflare dop­ pio fpazio di quello, che palla la D F nell’ ideilo tempo, onde farà doppia­ mente veloce; così proveremo l’acqua B H fopraggiunta nell’ altezza £ C eguale alle C D, D E edere tripla nella velocità a quella di D F, e così di mano in mano. E finalmente avendo dimoftrato quello, io provo poi ge­ neralmente per tutte l’ altezze come fi fa circa la i. del 6. d’ Eucl., cioè che la velocità alla velocità, è come l’altezza all’ altezza &c. Ma qui ci ho principalmente due dubbi, prima che per quella mia ragione bifognerebbe, che in un fiume l’ acque fuperiori camminallero più veloci delle medie, e quelle dell’ inferiori, il che non focome ben concordi coll’ efperienza, Di­ poi perchè il letto E F, e gli altri D G, C FI, (timo che non abbiado la iteffa pendenza,ma fianoTempre più elevati dall’ orizonte, opdeper quello l’ acqua C G intefa fcorrere fopra il letto D G doveva fcorrervi più ♦ eloce, che la D F fopra E F, oltre ad altre difheultà che per brevità tralafcio, onde la prego a fciogliermi quelli nodi, ed a favorirmi di più legit­ tima prova. E quello ftimerò io affai ficuro ; poiché parrai che avuta la ve­ locità di un fiume pollo in una tale altezza d’ acqua, lo porremo poi avere pel calcolo, nell’ altre altezze ancora• Supporta dunque quella verità, e che Tacque (caricate in un fiume porto in diverfe altezze, e quelle nell’ ifteffo tempo, fouocome i quadrati dell’ altezze, non mi pare difficile inten­ dere per vero, che effendo l’ acqua della Brenta parti cinque, e quella de’ detti fiumi parti quattro, fe lo ficemo di quelli fia un piede, di quelli debba edere due piedi, poiché effendo l’ aggregato dell’ acque della Brenta, e di detti fiumi, a quella di detti fiumi, come nove a quattro, le radici de quali faranno Taltezze, cioè l’ aggregatoJfaceva piedi tre, e quello de fiumi fa piedi due, e canto doverà fceniate l’ acqua levati i fiumi. Da quello ere.1 — li

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quadrati, cioè delle parti d’ acqua con T ideila proporzione , feguonopure gl’ abbaiamenti eguali &c. Ma perchè è pieno il foglio , arginando per ora a quell'acque, ed il mio troppo loquace difeorfo, farò fine pregandola a fcularmi fe averò, come nuove in quella materia, detto qualche fcioccheria, avendo io detto que­ llo per obbedirla, ficcome farò Tempre.come fuo fvifeeratiifimo difcepolo »Ila quale faccio per fine unail. reverenza. Di Bologna 11. di Gennaio 1642. D . V. P. Rev. Div. ed Obb- Ser. e Difcepolo F ra Bonaventura C avalieri.

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D E L L A

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Lettera all’ llluftrìfs, ed Eccellentifs. Signor Gio\ Bafadonna.

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Ando a V. Eccel. la copia della rifpofta, che ho avuta dal P. Mattematicodi Bologna; e vedrà la fublimità di quell’ ingegno: poiché a lui ancora nel principio è partita la propoda mia in. torno allo sbaffamenro della Laguna maravigliofa, ed inopinabiie, ma poi coniìderata bene coni faldi fondamenti della dottrina del mio dilcorio delta^ mifura dell' acque correnti gli è paruta non Colovera , ma ne* cenaría. Orsù Eccellentiffimo Padrone quello uegozio tanto importante confine in due capi, ad uno de quali fi dee ridurre perchè; ovvero fi do­ nerà rare la diverfione già deliberata del Sile, e degli altri quattro fiumi, ovvero non folo fi Iafceranno ilare li detti fiumi, ma fi doverà rimettere prima a Brenta nella Laguna. Il primo partito non fi può mettere in efecuzione le non con groflìffima fpefa di più d’ un milione d’ oro, come ella fa. .<1 lecondo partito fi fa con fpefa di niente, perchè non arriverà a 200. du««». intorno al primo non fi può fareefperienza neiFuna, che ci chiarifca delia verità, e cella riufcita fe fia per elìer utile, o perniciofa 1' imprefa. Intorno al fecondo fi può fare efperienza faciliffima, che ci afiìcurerà del tarto; nel primo fiamo neceffitati a zarare all’ ofcuro non folo la gran fpe­ fa, ma ci efponghiamo al pericolo manifeflo di cagionare grandifiimi dan­ ni rrt terra ferma, della perdita della Laguna, e del riempimento de Porti, fenea ima minima fperanza di ricuperare mai ne anco un minimo denaro fpeiò ; nel fecondo fi opera in ficuro col pegno in mano dell’ efperienza corte, fe maedra, anco degl’ ignoranti. Se il primo non riei'ce fiamo irreparabil­ mente calcati in un grandiflìmo precipizio; fe il fecondo non torna bene il rimedio è faciliffimo, e prontiflìmo. ÀI primo fi ponno opporre grandiffime difficultà di ragioni, come io ho fatto nelle mie feritture, fopra quello negqzio; Il fecondo viene comprovato da fal'diffimi difeorfr, e da efficacifjfime ragioni. Però mi pare, che confiderate quede eofe intelligibili da tut­ ti, ancorché nonabbiano Iludíate le Mattematiche, fiaaffai facile la rifoluziqr ne. Però non dico altro, ma darò attendendo i comandamenti, ed a V. Eccel. fbUitùl. Reverenza inchinandomi al Serenife. noftro. Roma li 8. di Febbraio 1642. D. V. Eccel. Dev. ed Obb. Serv, D - B en ed etto C a f e H i ,

F in alm en te d e l tnefit d r A p r ile e l b ì la fe g u tn te t e tte r à d a l R ev . P. D on O ra . z i o B a r b i fo n i A ia te d i S. N iccolò d e l L i o , d a lla q u a le r im e fi c o n f l a t o , veden do c h e la m ia p ro p ofta , an corché f u i p r in c ip io fu jfe p a r fa /Ir a v a g a n te P aradojfo , od avefi. J i incontrato fe n fo totalm en te a v v e r fo a ll'o p in io n e com uni fin ta in v ec c h ia ta , e d a b ­ b r a c c ia ta con d elib eraz ion i p u b b lic h e d i p iù d i cen to anni a d d ie tr o , in ogn i m o­ d o com in ciav a a p ig lia r e p i e d e , a feg n o eb e m o lti d i p r e fe n te fo n o venuti tu Ila m ia fe n t e n z a ; e q u ello ch e m i e p a r a to fe g n o d i e f e r m i ap p etto a l v ero è ch e nejfuno d i q u e lli de' q u o ti m i ho gu adagn ato /’ a ( fe n fo , f i è ritira to d i nuovo a lle p r im e f a n t a f i e , m a og n i g io rn o m olti f i p ie g a n o , e d in clin an o atta m ia op in io n e; è t p e r ò v o lta » r e g i f i r a r e q u i la lettera mede [¡m a in cooftrvtfi& iout d i qu an to b o


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DELL' ACQUE CORRENTI.

d itto , ed tinto per la ftima che io fo del fuddetto P adre per (lig n iti, e carichi fuprethi (rotiti} tf noto Cavaliere della mia Patria B r e jc it .

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REV. PAD. COL. i ' •■ Lia fine fono fiato dall’ Eccel. Bafadonna, ora che meno aggravato dalla (ita Gotta può attendere anco a gli affari degli altri: abbia­ mo a lungo difcorfo della Laguna, e lodi eflremamente le confideraziotli di V. P. Rev- dalla prudenza della quale fono fiate for­ mate, e mi ha detto che quelli Signori hanno fatta grandiffima (lima della prima confiderazione, Chegià qui in perfonaefplicò, ma chefi è accrefciuta 1* ftima del gran fapere di lei dalla fecónda : che però fono rimafi in fe ru­ minando la materia, e mi ha aggiunto, che per le rilevanti ragioni addottò in effe cónfidòrSfciofii hanno lafeiata F operazione, che avevano peri» fica di fare con fi grande fpéfa*. frutto non piccolo di effe confiderazioni: e mi ha anco detto : fé quelli Signori vengono in alcuna rifoluzione la fa­ ranno chiamare per aififtere alle deliberazioni, tali fono fiate le forma­ te parole di lei. In fornirla hoconofeiùto realmente che S. Eccel. ha gran defiderio di fervire a V. P. Rev. alla quale bacia le mani. Venezia ii. d’ Aprile 1642. A

D . V . P. R ev.

. D ev- ed

_ . Obb* S e rv ito re

Don Grazie B a rb ifin e.

Lettera

a l l ' lluflrift.ed Gio: ‘Bafadonna. MO

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Sig. MO

ILL. ED ECCEL. SIC- E PR. COL.

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L Rev. Barbifone Abate del Lio mi fcrive che V, Eccel. ha paffato feco lungo difcorfo intorno alla Laguna di Venezia, e che i miei pea* fieri fono ilari ruminati, e che in fomma ne vien fatta (lima grande in particolare della feconda parte aggiunta. Io fo che ho detto il ve­ ro, contuttociò tengo obbligo! V. Eccel. perchè fo, che ella l’ ha rapprelèntaro in modo che ci fi è fatta matura rifleflione, e quanto più farà intefo quello che ho detto tanto più farà apprezzato. Io non pretefi mai che la propofta mia fuflilubito abbracciata, perchè conofceva molto bene, che la novità delle cofe da me rapprefentate, e 1’ efiere loro totalmente contrarie all’ opinione cornumffima, ed invecchiata, ed offendo ancora p« fe (lede affai aftrufe, e difficili, e di gran lunga fuperiori alla capacità vol­ gare degli Architetti, Periti, ed Ingegneri, fi farebbero refe aborrigli di primo incontro. Ma a canto a cauto io dilli Tempre, che il tempo avereb* be (coperta la verità, e che gl’ intelletti docili farebbero venuti nella mia fentenza, e che una volta fi farebbe fatta rifoluzione conforme al mio pa­ rere, e quello notai nella prima pii» fcrittura. Lodato Pio che ora »eòo, M4


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DELLA

MI SU R A

che fi va fpiaaando la ftrada, e fi apre l’ occhio in quefto graviifimo nego­ zio. E di già mi pare, ehe fi lìa fuperato mi gran punto effendo incaglia­ ta la rifoluzione dell’ ultima diverfione, la quale veramente farebbe fiata perniciofiifima. E fe io fpfiì in Venezia, e che aveifi comodo di difcorrere, e dimettere in campo le cofe che di mano inmano mi fowengono, ho di già tanto incornanti, come fi fuoldire, che forfè quieterei anco quelli, che per anco ientono qualche durezza nel mio parere . Baila mi pare che fi fia fatto affai, e i e quei fublimi ingegni di codetta nobiltà fi applicheran­ no allo ftudio diligente del mio trattato, e di quanto ho fpiegato nelle ferirture in quefto negozio, dove fui principio m’ incontrai, che tutti era­ no avverfi alla mia opinione, gli averei tutti a favor mio: mailìmamente quando rapprefenterò in confpetto di tutta Venezia un efperieoza chiarifiima, evidentiffima, epalpabile, nella quale fi vedrà tutto quefto negozio rapprefentato al vivo tanto bene, cherefterà fgombrata ogni caligine di difiicolta . Io fpero in Dio che mi darà Tempre il Tuo Santiifimo Aiuto» e deveramente gli rendo Sacrifici di lode, e di grazie, implorando il fuo favo­ le, per poter fervirebeneinun imprefa tanto nobile, edi tanto grandi conieguenze, e che farebbe materia ampia per una feienza, nuova sì agli in­ telletti umani, mapiena di verità eterne nafeofte ne i profondi fegreti della natura. Finifcocon fupplicare l’ Eccel* Voftrache inchini umilmente in mio nome a! Sereniflìmo Principe al quale viro fervo di fingolariffima devozio­ ne, e le io Reverenza. Roma 23. d’ Aprile 1642. D . V . Eccel. Dev- ed Obb. Servitore D■ Benedetto Cafleliì,

Al Molto Reverendo Padre Fruticefio dì S. Gtufeppe. N efecuzione del comandamento, che mi fece colle pattate V. P.Mol­ to Rev. d’ ordine del Sereniifimo Principe Leopoldo mio Signore, che io dovelfi dire il mio parere intorno alla sboccatura di fiume morto, fe fi debba mettere inMare, ovvero inSerchio. Io dico, che mi trovai già 28. anni fono incirca, quando la medefima bocca fu aperta in mare, e fer­ rata quella del Serchio^ la qual operazione fu fatta per rimediare alla grand' Mondazione, che fi iacea in tutto quel paefe, e piano di Pifa, che retta ira il nume a Arno, ed i monti di S. Giuliano, ed il fiume del Serchio, il qual piano rimaneva fempre fott’acqua, in modo, che non fola l’ Inverno, ma anco gran parte dell’ Eftate quelle campagne venivano coperte dall’ ace., festivamente aperta, che fu la bocca di fiume morto in mare, luDito ri paele rimafe libero dell’ acque, ed afeiutto con grandifiima foddisrazione degli interettati in quella campagna, e qui mi pare Cofa degna d' eller avvertita, che per lo più tutti quelli, che poffeggono beni in quel paele, vorrebbero, che la bocca di fiume morto flette aperta in mare, e quelli, che la vorrebbero aperta in Serchio fono perfone, che non vi hanno altro mterefie, che di guadagnare con fare fpefe di comandamenti, ed sieroy &c< Ma per più chiara intelligenza di quello, che debbodire, debbefifapere, che la refoluzione di aprire la fuddetta bocca in Serchio fu fatta al tempo

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D ELL’ ACQUE CORRENTI.

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del Gran Duca Ferdinando Primo, per li motivi medefimi, che fi propon-. gono ancora ade(To, coma ella mi fcrive nella fua. Poiché vedendoli manifeilamente, che quel fiume morto aveva, ed ha la bocca aperta in mare, la campagna fi mantiene aiciutta, ed effendo ancora veriflimo, che la furia de’ Venti Libeeci, e Mezzigiorni, portava tanta copia d’ arena nella foce del fiume morto, che lo ferrava affatto; maifimamente quando l’ acque de’ Pifani fono magre, e deboK; e penfano, che voltando Io ftagno di fiume morto in Serchio, e mantenendofi il Serchio di continuo colla forza delle fue acque, la propria bocca aperta in mare, ed in confeguenza ancora fiu­ me morto, averebbe avuto lo sfogo libero, ed aperto, ed in quella ma­ niera penfano, che la campagna di Pifa farebbe reftata libera dall* acque. Il difcorfo cammina bene in prima faccia; ma la pratica moftra in contra­ rio, e la ragione conferma il raedefimo; imperocché 1’ altezza dell’ acqua di quelle pianure, viene regolata dall’ altezza dell’ acque nella sboccatura di fiume morto, cioè effendo l’ acque alla sboccatura alte, ancora l’ acque s’ alzano nelle campagne, e quando l’ acque alla sboccatura fono baffe, fi sballano ancora 1’ acque nella campagna; nè baila dire, che lo sfogo di fiume mortofia continuo, ma bifogna dire, che fia bafiillìmo. Ora quando il fiume morto terrainaffe in Serchio, chiara cola è, che terminerebbe in alto, poiché terminando in mare, e di mano in mano, che il Serchio ab­ bonda più d’acqua, e fi alza, è neceffario, che ancora fiume morto abbia più alto il fuo livello, ed in confeguenza manterrà Tacque nella campagna più alte. Anzi è intervenuto alle volte, e lo dico di veduta , che fiume morto ha rivoltato il fuo corfo all’ insù verfo Pifa, qual cofa leguira lem* pre, quando incontrerà che Tacque de’ Pifani fiano più baffe del livello di quelle del Serchio, che in tal cafo, T acque del Serchio rigurgitano ne piani per fiume morto; in modo, che fi fono offervate le torbide, ed il Serchio arrivare per quello regurgitofino alle mura di Pifa, ed allora avan­ ti, che fiano fmaltite tant’ acque, che vengono congran furia, e calanoap­ poco appoco, ci corrono molti, e molti giorni, e meli, anzi non poten­ doli mai in tempo alcuno trovare Tacque del Serchio, per magro, che fia, tanto bailo di livello quanto è il mare (che è luogo bafliifimo dell’ acque, J ne fegue, che mai inqualfivoglia tempo dell’ anno, Tacque di fiume mor­ to, mentre terminaffero in Serchio, non farebbero tanto baffe, quanto ar­ rivano a sballarli quando il medefimo fiume morto termina nel mare; è ben vero, che la bocca di fiume morto aperta in mare è foggetta all in­ comodo di ferrarli per l’ impeto de’ Venti. Ma qui è neceffario uUr dili­ genza di aprirla, la qual cofa li fa facilmente, con tagliare un poco quell arena, che rella nella bocca, quietato, che fia il vento, e baila farci un foffetto largo poco più di due palmi, perchè cominciando 1’ acqua accor­ rervi , porta via in poche ore quell’ arena, e feguirà un follo profondo, e largo, che fmaltifce tutta l’ acqua de i piani in pochiflìmo tempo. Ed io mi ritrovai in fatto, che effendo Hata rimeffa dalla furia del Libeccio una gran quantità d’ arena in bocca di fiume morto, fatto fare, che io ebbi il foffetto una mattina, poco avanti mezzo giorno, s’ aprì unabocca larga 40. braccia, confondo notabile, inmodo, che l’ acqua, che già aveva ingom­ brata tutta la campagna, fcorfe via in meno di tre giorni, e lafciò libero» ed afciutto il paefe con maraviglia di tutti. Si trovò prefente a quello rat­ to, fopra il luogo ileffo, nel medefimo giorno, che s’ aperfe, il * Gran Duca, la Serenifs- Arciducheffa Madre, tutto il Magifìrato de Foni, con molcillìmealtre genti, e contadini del paefe, etutti viddero molto oene che non fu mai poflìbile, che una barchetta armata di otto


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DELLA

ML S V R A

venuta di Livorno per fervire il Serenifs. Gran Duca, potelTe (operare la corrente, ed avanzarli dentro fiume morto, e la Serenifs. quale era venu­ ta con penfiero di far ferrare la detta bocca in mare, ed aprire quella in Serchio, mutò parere ordinando, che fi lafciafie aperta in mare, come fu efequito- E fe di prefente fi ritornerà in Serchio, fono molto ben ficuro, che farà neceffario riaprirla in mare. Fu anco dato ordine, e carica a perfona apporta; che averte penfiero di aprire la medefima bocca, come fi è detto ne’ bifogn». E così le cofe fono camminate aliai bene finoa’ prefenti tempi. Ma ertendo da mezzoOttobbre fino aderto, che fiamo al primo di Febbraio continuati impetuofi Libecci, e Mezzogiorni, con frequenti, ed abbondanti piogge, non è maraviglia, che fia feguita qualche inondazio­ ne; ma dirò bene, che molto maggior difordine farebbe flato, fe la bocca fuffe (lata aperta in Serchio- Quelto, che ho detto fin qui è affai chiaro, ed intelligibile da tutti quelli, che hanno qualche notizia, e mediocre in­ gegno in quelle materie. Ma quello, che lono per proporre da qui avanti, fono molto ben ficuro farà incelò da V. R., ma parrà ftrano, ed inverifini»le a molti* Il punto è, che io dico, che con alzare il livello di fiume mor­ to un mezzo braccio folamenre alla fua sboccatura, penetrerà in Serchio più di quello, che farebbe in mare, cagionerà tré, o forfè più braccia di alzamento dell’acque fopra la campagna verfo Pifa, ed anco di più di ma­ no in mano, che s’ allontaneranno dalla marina, e così feguirànno grSndifiìtne inondazioni, e danni di conlìderazione; E per intendere, che quello fia verilfimo; debbefi notare un accidente da me avvertito nel mio difeorfo della Mifura déifacque correnti, dove ancora ne rendo la ragione al Coroll. 14. L'accidente è tale, che fopravvenendo una piena, pec efempio» al fiume d’Arno, la quale lo faccia rialzare fopra la fua bocca ordinaria dentro Pifa, o poco fopra, opocofottola Città, lei, o fette braccia, que­ lla medefima altezza riefee fempre minore; e minore quanto più ci an­ diamo accodando alla marina, in modo tale, che vicino alla marina non farà rialzato il medefimo fiume a fatica un mezzo braccio in circa; dal che ne fegue per neceflaria confeguenza, che fe io mi trovo più alla marina, e non fapendo altro di quejlo, che accade, vedefi alzato il fiume d’ Arno per una piena un terzo di braccio, potrei di ficuro inferire, eflerfi il medefimo fiume alzato in Pila quelle fei, o fette braccia, e quello, che io di­ co d’ Arno, è verilfimo in tutti i fiumi, che sboccano in mare, la qual co­ la dante vera, è necefl'ario tener grandiflìmo conto d1 ogni poco di alza­ mento, che fa il fiume morto alla marina per ¡sboccare in Serchio. Perché quando bene, l’alzamentodel fiume mortoper dover fgorgaire le fue acque in Serchio, verfo la marina, iurte folo un quarto di braccio, potremo mol­ to bene efler ficuri, che lontano dalla marina incorno a Pifa, e fopra quel­ le campagne, l’ alzamento farà molto maggiore, e riulcirà due, e tre brac­ cia, e perchè il paefe è baffo , tale alzamento opererà una continua inon­ dazione delle campagne, come iacea già avanti, che io facelli aprir la bocca inmare- E pertanto io concludo, che in modo nefluno li debba apri­ re 1* bocca di fiume morto in Serchio, ma fi debba continuare in mare, tifando ogni diligenza per mantenérla aperta nel modo lopraddetto; fubito, che farà quietato il Vento. E fe fi farà altrimenti, io dico rifolutamente, che ogni giorno feguirànno maggiori danni, non folo -nelle campagne , ma anco alla falubrità dell’ aria; come fi è villo ne’ tempi partati. E poi debbefi con ogni diligenza procurare, che dàl foffo di Librafratta non fi fparghinò, e non trabocchino in modo nell'uno acque nel piano di Pifa, perchè dovendo quelle acque fcaricarfi in fiume morto, lo mantengono alto mal. to


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to più di quello, che fi penfa, conforme a quello, che io ho dimoftrato nella mia confiderazione fopta lo (lato della Lagona di Venezia. Ho de** to poco, ma parlo con V R. che intende affai, e iottopongo tutto al pur eatiffimo intelletto del noftro Serenifs. Principe Leopoldo al quale mi ravorilca inchinarli humilmente a mio nome, e confervarmi la tua cletnent'tffitna grazia; e fi ricordi di pregare Dio per me, é le bacio le mani. Roma il 1. Febbrajo 1641* Di V. P. M. Rev. . .. _ . Affezzionatifs. Servitore. D . Benedetto C a fU llì .

Rifpojla ad unafcritta dal Bartolotti delle diffi­ coltà notate. Si Iafcia la Lettera cominciando dal primo C apo.

E

Prima dico, quando che iofupponga, che il livello del Serchio, fia più alto , che quello di fiume morto, quello è verrinino, quan­ do fi fono fcaricare l’ acque di fiume morto in mare, ma 10 non no mai negato, che le cofe non fi pollano ridurre in flato tale, che 1» livello di fiume morto fia più alto del Serchio; «così concedo, che le* guirà, che 1’ acque di fiume morto anderarmo nel Serchio, e può elier oeniffimo, che io fcolo di fiume morto in Serchio fia continuato, ed anco concedo, che polla effere, che il Serchio non regurgitì mai per nume mor­ to alla volta di Fifa, anzi concederò di più, che fi poiria fave m modo, che fiume morto abbia caduta tale in Serchio, che farà ballante a tac macinar mulini; Ma foggiungerò, poi, chela campagna di Pila, elaCitta itelia farà un lago formale. , ., . II. Che il Signor Bartolotti dica rifoìutamente, che quando il mare mgroffa per Libeccio, o altri venti, il livello del Serchio, nel luogo legnato A nella Pianta, lontano circa 200. braccia s’ ahi pochtffimo; ma che 1U* me morto in I), ed anco in E, molte miglia più in sù, &alzi allaiinmo,^ che quefto confermano alcuni Pefcatori, e lo moflranq li legni ueu aiz," mento dell’ acqua; lo concedo per veriffimo, e l'ho villo io con gu occhi propr} » ma ciò fegue quando è ferrata dal mare la bocca di fiume morro, cbme fpiegheròpiù a baffo, e quello alzamento alla marina non è di pre­ giudizio confiderabile alle campagne; E quello è quanto io vedo, che fia vero nel detto del Sig. bartolotti, fenza, che rifaccia -altra prova, ficcome non ho bifogno di prova, che il livello di fiume morto s’ alzi in E » e molte miglia più in su s’ alzi affai, ed io non ho mai detto il contrarioIII. Intorno alla difficoltàd'aprir la bocca di fiume morto in mare, quello che dice il Caftellano è veriffimo, cioè che all’ entrare per aprir la boc­ ca, èneceffario fare un follo profondo; ma dico , che in quel tempo è dttficile aprirla, fe non viene un gran bifogno, poiché la difficoltà procede perchè l’ acque di fiume morto fono bade, e le campagne Hanno afciutte. IV. Quanto al particolare delle caufe, che V. S. mi dice, chè Pr£m0?? tanto al Serenifs. Gran Duca , ed al Sereniffimo Principe, non ho che »©Ito, perchènouè mio meRiero, nè mai ho fatto refieffione a que.ta ma»


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'DELLA

MISURA

rena; credo pero, che quando il Serenifs. Principe, e quell' Altezze ve­ dano in un bilancio d’ una parte l’ utile de’ fuoi Popoli, e VaiTalli, e dall* altra parte il lervizio delle Cacce, Sua Altezza inclinerà al benefìzio de’ Vaf»/i ‘r • h° Ì emPre conofciuta la pietà Tua, e la fua Sereniffima mente. Ma le io avelli a metter bocca in quella materia, direi, che le punte degli lpiedi, e lebocche degli archibufi, la bravura de’ cani, la fagacità de’ cacctatori, i quali (corrono, e cercano minutamente tutti quei bofchi, e tutte quelle belve, equelle macchie, lìano la vera deftruzione de’cervi, ede’ cignali, e non un poco d’ acqua falba, quale finalmente rifiede bolo in alcu­ ni luoghi balli, e non s’ allunga molto; Contuttociò io non entro in fimil proponto, e mi rimetto totalmente al giudizio di quella materia. V. Queirefperienza di congiungere inlìeme con un fofletto 1* acqua di fiume morto, e quella del Serchio, per vedere quanto di vantaggio ha il livello E, bopra il livello A, non mi dà piena boddisfazione, e penfo così ipecialmertte, perchè può intervenire, che alle volte fìa più alto E, ed alj V-i°ie " aPlu A, e non ho dubbio, che quando il Serchio fia baffo, ed u nume morto abbondante d’ acqua, il livello del fiume morto farà Su­ periore ai livello del Serchio; ma effendo il Serchio groffo, e fiume mor­ to Icario d acqua, farà il contrario, fe faràaperta la bocca in mare. E qui mi parrebbe, che fi doveffe confiderare, che tanto è di vantaggio da E al mare per la bocca di fiume morto. Ma ladifficoltà ( che è quello, che im­ porta nel cafo nodro ) è, che il viaggio dell’ acque per il fofletto é lun­ go tre volte più del viaggio della bocca di fiume morto, per quanto moitra la pianta che V. S. mi ha mandato, la quale riconofco affai aggiuftata, avendo molto bene in mente quei (iti. Di qui debbo avvertire, che termi­ nando 1 acque di fiume morto pel fofletto in Serchio, (!'acque del qual fiume morto di ficuro non fono mai tanto buffe , quanto il mare ) la pen­ denza loro farà per due cagioni minore della pendenza delle medefime ac. que per la bocca de mare, cioè per la lunghezza della linea pel foffetto, e pel termine alto nel Serchio; cofa che importa affaiffimo a bcaricare 1 acque fubito fopravvenienti, come conofcerà chiaroquello, che ave­ ra mtefo il mio libro della Mifura dell’ acque correnti, e quella fu la ca­ gione, per la quale fi rafeiugò tutto il paefe, quando« fu aperta la bocca in mare. Equi mettoìnconfiderazionequello, cheafl'erifcono i Contadini Fifa* ni, cioè chef acqua fopra la campagna non fa danno di confiderazione con ftarvi, cinque, o fei, ed anco otto giorni.; e però il fervizio del paefe è, che fi apra in modo, che venuta, che fia l’acqua abbia libero, e predo Io fcolo, e che non vi fi trattenga più di otto, o nove giorni, perchè allora le raccolte vanno male. Delidererei ancora, che quando fi mette in campo qualche proporzione intorno a queffi negozj, fi proponeffe più deter­ minatamente che fia poffibile, e non flarfeiie fopra generali, e principal­ mente quando fi tratta di alzamenti, e di velocità, di tardità, di molta, e di poca acqua, cole tutte da fpecificarfi con mifure. ne^a Lette£a a dire, die il Signor Bartolotti confeffa, ci!e , r • ,occadi fiume mortoli poteffe Tempre tenere aperta, farebbeme* gho laiciarla dare come la dà ; ed io per non lafciarmi vincere di cortefia, conrello, che il tenerla ferrata da tutte le parti, farebbe cofa perniciofiflima . Ma dante la iua confeffione, torno a replicare , che fiume morto non fi dee mettere in Serchio, ma inmare immediatamente, perchè febbene al­ le volte fi lerra la bocca in mare, in ogni modo gli alzamenti dell* argine lopra le campagne , [ che è quello, che importa il tutto ] faranno Tempre minori, fe noi ci leniremo della bocca in Mare, che adoperando quella de! Serchio. m $ on


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Vii- Non voglio trapaflare un poco di fcrupolo, che io ho nel detto del SignorBartolotti, cioè quando dice, che le due bocce A, e D fono egua­ li al pari della Marina, ora a me pare, che la bocca A di fiume morto in Serchio, fia dentro il Serchio affolutamente, nè fi può sballare; e viene regolata dall’ altezza del Serchio; ma la bocca di fiume morto termina, e fi dee intendere terminata nel mare {belio luogo bafiifiìmo. E quefto credo, che fia fiato molto bene avvertito dal Signor Bartolotti, ma non sò perchè lo trapaifi lenza narrarlo; e non fi vede che l'egua la bocca D lontana dal mare, la qual bocca dee efier niella nel mare {bello, e così apparifee più chiaro il vantaggio della bocca in mare. Vili. Quello, che aggiunge il Signor Bartolotti, che quando è tempo d’ acque geode, e quando i venti imboccano fiume morto, non folo lo ri­ tardano, ma rivoltano il corfo loro all’ insù tardiilimamente , mi muove piò predo a credere, che il Signor Bartolotti conofca beniilimo la bocca di fiume morto inSerchio per datinola,' imperocché da quello riconolce, che la bocca in mare fcarica in modo tale il paele dell’ acque, che reftano baffillìme, e però adogni poco d’ impeto Tacque fi rivoltano di corfo, e dall’ efier il moto cardilìimo, fi deduce, che la copia dell’ acqua marina, che viene in fiume morto non è fiata quanta fi crede, e come afferifee il Sig. Bartolotti. IX. Dopo che il Sig. Bartolotti ha detto quel, che di fopra promette, cioè, che quando (odiando i venti gagliardi imboccano fiume morto, e non folo ritardano, ma voltano il corfo loro all’ insù, ed il tempo è piovolo, e la bocca di fiume morto ferrata, Tonde del mare padano fopra P argine di fiume morto; Allora dice il Signor Bartolotti la campagna conofeerà il benefizio di fiume morto sboccato in Serchio, e la bócca A ftarà Tempre aperta, e fiume morto potrà Tempre fcolare continuamente, e le acque piovofe, e pioventi, ancorché la tempefta datinola duraffe molti giorni &c. Edio replico, che in quefto difeorfo, confi ile tutto Pinganno , perchè il benefizio di quelle campagne, non depende, ne confitte nel dire; la boc­ ca di fiume morto fia Tempre aperta, e fiume morto fcola continuamente; ma tutto il punto dell’ utile batte, e confitte nel mantenere 1’ acque batte per quei piani, e per quei fofli, la qual cofa non fi confeguirà mai in eter­ no quando fi metta fiume morto in Serchio, ma fibbene aprendo la bocca in mare, e tanto mi moftra la ragione, e la natura, e quello, che impor­ ta , conferma Pefperienza . X. Nel decimo luogo, vengo a ponderare la rifpofta, che vien fatta ad un altra proporzione nella lettera, che io fcriifi al P. Francefco, la qual prudentemente per fe (beila doverebbe badare per chiarire tutto quefto ne. gozio. Io dilli nella mia lettera, che fi doveva fare gran ftima d’ ogni po­ co d'alzamento, e sbafiamento d’ acque alla marina in fiume morto, per­ chè quelli alzamenri, e sbaflamenti, ancorché fiano tenui alla marina in ogni modo operano, e fono accompagnati da notabili alzamenti, e sbatta­ mene, dentro terra, e lontano dalla marina, e mi dichiarai con un efempio d’ Arno nel quale fopravvenendo una piena, che lo faceva creicere fo­ pra la Tua altezza ordinaria, dentro Pila, lei', o fette braccia , quella altez­ za della medefima piena riefc.e Tempre minore quanto più ci accodiamo al­ la marina; nè farà rialzato il medefimo fiume a fatica mezzo braccio, e meno, dal che ne fegue per necettaria confeguenza, che fe io mi ritirala alla marina non Capendo altro di quello, che accade in Pifà, e vedetti rial­ zato il fiume d’ Arno per una piena mezzo braccio, potrei di ficuro interire il medefimo fiume alzato in Pila quelle lei, o fette braccia, &c. Da co-


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tali accidenti concludo nella medefima lettera, che è neceflano tener gran conto d’ ogni poco d’ alzamento, che farà fiume morto alla marina. Ora viene il Bartolotti, e forfè per non efiermi io Caputo dichiarare meglio, non intende la mia Propofizione, e dice una cola vera si, ma fuori del cafo noftro- Nè mai io ho detto il contrario, e poi non 1’ applica al fuo in­ tento; anzi io dico, che le 1’ avelie applicata bene: quella fola era baftante a farlo rimuovere della lua opinione. E perchè dice che io ho detto, ed è vero, quando P abbaiamento proviene da cauta di Copra, cioè per piog­ gia , o apertura di laghi; ma quando la caufa è di fotto, cioè Ila per qual­ che oftacolo., come d’ una Fefcaia, o traverfa, o impedimento meffo difcofto alla marina, (ebbeneal livello s’ alzerà qualche braccio, dove à im­ pedimento, in ogni modo tal alzamento anderà però all’ insù, e qui finifce il fuo difcorfo, e non conclude altro- Nel qual difcorfo prima dico, che ancora io nella Propofizione ho detto il medefimo, cioè che venendo una piena, che faccia rialzare Arno in Pifa, fei, o fette braccia ( la qual cofa mi pare, che fia caufa fuperiore, opioggia, ©apertura dilaghi, come pia ce più al Bartolotti ) in falcalo io dico, e non in altro che, alla marina non farà rialzare a fatica mezzo braccio, e che però vedendofi alla marina per una piena ( fia poi di pioggia , o apertura di laghi ) rialzato Arno mezzo braccio, fi potrà inferire, che a Pifa farà rialzato quelle fei, o fette brac­ cia, la qual verità confiderata bene, dichiara tutto quello negozio a fa­ vore della mia opinione; Imperocché l’ alzamento, che fi fa per l’ impedi­ mento pollo difetto di Pefcaia, o di traverfa opera fui principio, alzan­ do l’ acque vicino all’ impedimento affai, e poi meno, e meno, allontanan­ doci noi all’ insùdall’ impedimento,- quandoperò non fi tratti di piena, che fopravvenga , ma felo dell’ acqua ordinaria impedita, Ma lopravvenendo, com’ interviene nel calo noftro, allora l’acqua della piena dico io farà al­ zamento maggiore nelle parti fuperiori, lontane dall’ impedimento , e que­ lli impedimenti poi faranno quelli, che allagheranno le campagne, come feguì iS. o 19. anni fono avanti l’ apertura di fiume morto in mare; Il me­ defimo feguirà di ficurofe fi rimetterà fiume morto in Serchio. Qui io po­ trei addurre un cafo bellillìmo occorfo a me nella campagna di Roma, vi­ cino alla marina, doverafciugai un pantano della condizione dell’ acque di Pifa, e mi riufcì l’ imprefa, sballando 1’ acque nel fico loro alla marina folo tre palmi, ed in ogni modo nel pantano fi sballarono più di quindici pal­ mi. Ma la cola farebbe lunga, e da non poterli fpiegare così facilmente, e fono ficuro, che il Signor Bartolotti, confiderato quello fatto, fi mute­ rebbe d’ opinione , edinfieme conofcerebbe, che rimettendoli di nuovo quell’ impedimento, che io aveva lafciato per di fotto di tre palmi alla marina, l’ acque nel pantano ritornerebbero colle prime piene, e colle piogge al termine di prima, come farà ancora fiume morto fe fi rimetterà in Ser­ chio . Qui voglio pregar V. S. che mi favorifca di far iftanza in nome mio al P. Francefilo, cheli compiaccia dichiarare la mente mia al Signor Bartolot­ ti nella fuddetta lettera, poiché fipero, fe intenderà bene quello punto, non farà più tanto collante nella lua opinione. Che poi cotefti Signori del Magiftrato dell’ Offizio de’ Folli, 1’ IlluftrifsSig- Marchefe di S. Angelo, e V. S. concorrino al mio parere, mi piace aliai, ma perchè fio, che non hanno per fine di fare cofa grata a me, ma folo di fervir bene il Serenilfimo noftro Gran Duca, mi dichiaro liberamen­ te, che non gliene voglio aver maggiori obbligazioni di quelle, che io ten­ go a chi è di contraria opinione alla mia, perchè lo, che hanno il medefi­ mo


D ELL* A C Q U E C O R R E N T I,

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ftecf dÌ'ffinÌt'va d!xtima quefta caufa hann0 da dare a coteviiamn\1a ^ L fc o Ì r* ffoifi , e cocefte acque , appellazione remota . c i è c h e ' d i r e n i l i ? q ^ a P t i t à . ^ e l l ’ acci u a i c h e m e t t e il f i u m e m o r t o in m a r e creda rh è ™ ’ e£V 0 m i f o n o t r o v a t o a l i m i l i b u r r a f c h e . M a V . S . m i a io rn i’ non C *V 3 c o , a n o n .è c o n c in u a » m a f o l a m e n c e p e r a l c u n i n e v i i ò l é * e h -» ■ u 3 ' d ‘ S r ! n P r e g i u d i z i o a c o t e f t e c a m p a g n e ; e l e V . S . f e d i a u e f t ’ i m n e d i r -^ e n e ’• v a d a 3 £ u n ?e n ?o r t o l o n t a n o d a l l a m a r i n a , i n t e m p o c h e l o v e d r ? r a r d ' i r e n t l u t \ « * > g l i o i n c i r c a , e d o f l e r v i la c o r r e n t e a l l ’ i n s ù , acaue r h e r i o . , e d m conseguenza c o n o f c e r à , c h e la q u a n t i t à d e l l ’ p ro v en ien ti

£ u r ® u ? 6 P 0 0 *11^ ™ 3 • E q u i m i l i t a la r e g o l a

d e ’ rialzam en ti,

d e r a z i o n e I n n « Ca5 IOn C p e r . d ‘ f ° t t o * c h e n o n o p e r a r i a l z a m e n t o d i c o n l ì u e t a z i o n e lo n ta n o d a lla m a r in a . G a i S S ^ ^ 1 0 p a r - ir,^ d o f n a n i d a R o m a c o l l ’ E m i n e n t i f s . S i g n o r C a r d , q u e f t a n r o l i i T a d p e r ò n o n fa r ò p iù l u n g o , m a p e r fin ir fi d e e m e t t e r I * * ’ COr,? l u d o in p o c h e p a r o l e , c h e i n m o d o v e r u n o n o n faran n o fem n re ™ ° rÌ-° m s ® r c h i o , n e a t t a c c a r l i a p a r t i t i d i m e z z o , c h e t e n e l m a , e P n P C rI i ICIc m a , ^ d e e Sc a r i c a r e f i u m e m o r t o i m m e d i a t a m e n eno c h e n A n ^ a" t r S e rra d a l l a f u r i a d e l l ’ o n d e m a r i n e , d i c o c h e è f e a p r e ’ f a c i l m e n t e C1 N T ^ ° a n 0 a r e q u a n d o c i è b i f o g n o d ’ a p r i r l a , s’ corrono n e r r h i i^ e re fto . V - S - ten g a c o n to di tu tti i p a rtic o la ri, c h e o c h an n o da v en ire r e n i l e P r i „ •„ V

i m e r n o “ a d e I 1 ® c o f e p a l l a t e , c i fia m a e f t r a d i q u e l l e , c h e a. ^ e r ^ o c c a f i o n e i n c h i n i u m i l m e n t e il m i o n o m e a l S e -

P r i n r i n i d ; CJ r C - , r 0 p o d o e d a t t e n d a a f e r v i r e l e l o r A l t e z z e , p e r c h è S e r v e c o n trm / p riì a trin im o m e r ito ; e d io a n c o g li re fto o b b lig a tiifim o . N e lle rn r h e r, ■ C ^-e ° c c ° r r o n o , a b b i a T e m p r e i l f a n t i l s - f i n e d i d i r e il v e al s ig n o r S 1 r i u l ci|;à f e l i c e m e n t e . B a c i o l e m a n i a l P . F r a n c e f c o , S f V

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D . Benedetto C o lte lli .

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Unfito alla mifara del medefimo fiume, firn la vpUr-A°iua Cf°P0,;zi0ne reciprocamente, che ha in quello S a n e id ' à alla,v,eloc,t.à d‘ W * } Primo (ito. E quella è verità tanto coi. ’ c immutabile , che non fi altera mai d’ un minimo punto in tutte iimj . ,nenZe d.acclueche fi mutano, e quella ben conofciuta, fi apre la «rada alla cognizione di diverfiifim. avvertimenti in quelle materie, li qua. J r a n d cr niblvo2 S con queft unico fondamento, e fe ne cavano utilità di di b * C° Df 'Aerazione, e fenza quelle è imponìbile far cola neffu-

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-VICO


CONSIDERAZIONE Sopra la Bonificazione delle Paludi Pontine. D

i

D- BENEDETTO CASTELLI Abbate di S. Benedetto Aldifio ,

e Mattematico di N ostro

S ignore

P A P A U R B A N O Vili Profefiore delloStudio di Roma. .R A

l’ im p refe rep u tare da

m e , fe n o n

im p o n ìb ili

affo«

I m a m e n t e , a lm e n o d ifficiliflim e , una fu q u ella fam o fa del le P a lu d i P o n t i n e , e p e r ò flava r ifo lu tifiìm o d i n o n a p p l i c a r c i m a i l ’ a n im o m i o , a n c o r c h é da* P a d ro n i m i fu fle fla to c o m a n d a to : flim a n d o , c h e fu ffè o c c a f i o n e p iù p r e f l o di d ifc a p ita re di r e p u ta z io n e n o n r i u f c e n d o l ’ i m p r e f a , c h e d i g u a d a g n a r e la g l o r i a , c o n rid u r r e le c o l e a m ig lio r te r m in e di q u e l l o , c h e

r . — - f o n o di p r e f e n t e . C o n t u t t o c i ò a v e n d o g li anni p attati n c o n o l c i u t o il p a e f e n a v ig a to p e r q u ei fo lli, e p e r q u e ll’ a c q u e , dopo fa tta q u a l c h e r i f l e f u o n e , m i p a r v e , c h e l'in ip r e fa n o n fu fle ta n to d fficile , c o m e n a v e v a p e r p rim a f o r m a t o c o n c e t t o , e m i fo n o c o n f e r m a t o ta n to p iù in q u e l l o p e n f i e r o , m o f l o da q u e l c h e io h o f c r i t t o g e o m e t r i c a m e n t e n e l m i o T r a t t a t o d e l l a M i f u r a d e l l ’ a c q u e c o r r e n t i , in m o d o , c h e d i f c o n e n d o

ave.

, e

c o n d iv e r f i, mi a m fc h ia u n v o ce d ’ afferm are, li l a r e b b e p o t u t a r i d u r r e in a f l a i b u o n o f l a t o

che

q u ella

B o n ific a z io n e ,

O r a h o r i f o l u t o d i d i f l e n d e r i n c a r t a il m i o p e n f i e r o , e d o n o r a r e q u e f t a m i a I c n t t u r a c o l l ’ a l t o n o m e d i V . E c c e l p e r a c c r e d i t a r l a , e r e n d e r la più c o f p i c u a in p r i m a f r o n t e ; f e p e r a w e n t u r a la c o f a , c h e i o t r a t t o , n o n f u f ­ l e di m o m e n t o t a l e , c h e m e r i t a n e d ’ e f l e r p e r a l t r o f l i m a t a . M i p e r d o n i fe h o a v u t o t r o p p o a rd ire , e mi c o n f e r v i n el n u m e r o d e ’ lu d i f e r v i t o r i . . E l l e n d o ! ’ im p r e f a di r a f c i u g a r e g r a n p a r t e d e ’ t e r n t o t j d e l l e P a lu d i P o n ­ t i n e , fiata f a t t a , e n e ’ te m p i a n tic h i d e ’ R o m a n i , ed u l t i m a m e n t e ne i n o l l r i , a n z i a ' t e m p i m o d e r n i da S i i l o V . n o n h o d u b b i o a l c u n o , c h e fa ta pof» Tom. I. N fib ì-


i9 4 *D E L L A M I S U R A libile ancora ridurre le cofe in buoniffìmo fiato, e fe non m’ inganno, con pocbiflìma fpefa, in riguardo all’ utile, che fi caverebbe da quelle graffe campagne. Fu di grande fpefa quella Bonificazione al tempo di Siilo V. ma per non effer fiata ben intel'a la cela, fi fecero molci bonificamenti, gran parte delli quali furono inutili, e vani ; e tra tante operazioni, ne ven­ nero fatte alcune delle quali feguì il defìderato fine; ma non effendo flato conofciuco, non è flato tenuto conto, e così trafcurato il negozio, 1’ ac­ que fono ritornate nel primiero fiato, com’ erano avanti alla Bonificazione. Qui, ho io più volte con familiari ragionamenti con Amici, (piegata quell’ impréfa fatta da Siilo V. e forfè ancora da più antichi coll’ efempio della fa­ vola d’ Orillo nell’ Ariofto- Era quello moflro fabbricato con tal incanto, che fi combatteva con lui Tempre in vano, imperocché (ebbene nella bat­ taglia veniva tagliato a pezzi, fubito quei membri divifi fi riunivano, e ritornava all’ abbattimento più fiero, che mai ma venendo con effo alla zuffa il Paladino Adolfo, dopo lungo contrailo alla fine in un colpo gli ta­ gliò il capo di netto dal collo, e prettamente fcefo da cavallo, prefoilmoilruofo capo, e rimontato a cavallo, correndo fi mife a radere colla Spada la cotenna del moflro, e gli venne tagliato il crine, nel quale folo confifteva l’incanto, ed allora fubito l’ orribil teda diede manifefti fegni di mor­ te, edil butto, il qual correndo la cercava per riunirla di nuovo, diede l’ ultimo crollo, ed in tal guila retto eftinto l’ incanto. Servì mirabilmente al Paladino il Libro della Fata, dal quale incefa quella fattucchieria, col rader tutta la cotenna, gli venner ancora tagliati gl’incarnati capelli. Nell* ifteffo modo io dico, che è riufcito alle volte bonificare quelle campagne, perocché tra tante operazioni, che fi facevano, veniva fatta ancora quella, dalla quale dipendeva la bonificazione , ed ¡1 remedio al difendine ; ed a noi fervirà di dottrina il mio Trattato fuddetto, la qual ben intefa , cifaràconofcere in che confitta, e da che dipenda quella rovina, e confeguenteniente farà facile applicarvi l’ opportuno rimedio. E prima dirò, che non è dubbio, che 1* acque fi mantengano alte fopra uelle campagne, perchè fi mantengono alte nel fiume principale, che le ee ricevere, e portare alla marina. Ora le cagioni dell’altezza del fiume, mi pare che fi pollino ridurre ad una fola, la quale è quella tanto da me praticata per potentiflima, e (piegata nel luddetto mio Trattato, cioè la tardezza del moto loro, la quale opera tempre infallibiliflìmamente, e precifamente, che la medefima acqua corrente muta la mifura della fua groffezza con tal regola, che quanto più crefce di velocità, tanto fcema di mifura; e quanto più fcema di velocità, tanto più crefce di mifura ; come per efempio, fe unfiume cammina in quel fìto con velocità di f3run miglio nello fpazio d’ un’ ora, e poi in un’ altro fico 1*ifteffo fiume crefca di velo­ cità, ficchè faccia tre miglia l’ ora; quel tal fiume fcemerà di grofiezza di due terzi, e per lo contrario, fe mancherà di velocità, in modo che non faccia fe non mezzo miglio, nell’ ifteffo tempo crefcerà il doppio di groffézza, e mifura. Ed in fomma qual proporzione ha la velocità nel primo fico, alla velocità nel fecondo fico, tale ha la mifura della groffezza reci­ procamente nel fecondo fito, alla mifura del primo fito, come io ho dimoflrato chiaramente nel mio Trattato, il che replico canto frequentemente, che dubito, che i Profeffori delle belle lettere mi daranno nota di troppo abbondante, e noiofo. Ma a me troppo premeetter in quello punto importantiflìmo ber. intelo, perchè faràfacililfimo poi intendere turco il Tettante, e lenza quello è imponibile ( non dirò diffìcile ) ma affoluramente impoffibile intendere, nè.mai far cofa di buono* e per dichiarar meglio 1’ efem*

J


DELL' AC Q U E CORRENTI.

193

p i o , i n t e n d a l i , c h e P a c q u a d ’ u n f i u m e A D c a m m i n i a l t a al l i v e l l o d i A F c o n u n a t a l v e l o c i t à , e p o i l a m e d e f r m a a c q u a fia V e l o c i t a t a t r e v o l ­ t e p i u , d i c o , c h e fi s b a l l e r à u n t e r z o , e f l a r à a l i v e l l o n e l l a B E , e f e p i ù l ì v e l o c i t e r à , p i ò l i s b a l l e r à i n m a r e ; m a f e fi r i t a r d a n e p i ù d i q u e l l o , c h e f a c e v a al l i v e l l o A F a l z e r e b b e a n c o p i ù f o p r a il m e d e f i m o l i v e l l o A F a n c o r c h é c o r r a fe m p re P id e ila c o p ia p d * a c q u e . C o l f u d d e tto fa ld iflim o f o n ­ d a m e n t o io rifin iv o n e l m i o T r a t t a t o lira v ag an ti P r o b le m i, ed a flè g n o le g ra g io n i di m a ra v ig U o li e ffe tti d ’ a c ­

j)

q u e c o r r e n t i . M a p e r q u a n to fa a p r o p o lit o n o ftr o d e lle P a lu d i P o n ti* h e a b b ia m o f a c i l i f l ì m a , e c h ia riiG m a la c a g i o n e , p e r la q u a l e c o l t r a n f i t o

d elle b u f a l e c h e fi f a p o r t a t o r e , P a c q u e lì sb a lla n o ta n to n o t a b i lm e n t e , c h e è q u a li v ig lio fa , p o ic h é q u e lle c a n n u c c e , e r b e , e p ia n t e , c h e nafco n o , fp a rle pel f iu m e , t r a t t e n g o n o , ed im p e d ifc o n o q u e lla v e lo c ità l e q u a l i a v e r e b b e r o , f t a n c e il l o r o d e c l i v e . M a p e l t r a n f i t o d i f t i e c a l p e f t a n d o q u e l l e p i a n t e , fi v e n g o n o a d i f t e n d e r e f o p r a il

p e l fiu m e co fa m arae crefeo n o . a ll’ a c q u e , q u elle b efo n d o d el

f i u m e , i n m o d o , c h e n o n i m p e d i f c a n o p i ù la c o r r e n t e d e l l ’ a c q u a , e c r e f c e n d o le m e d e fim e a c q u ò d i v e lo c it à n e l lo r o c o r f o , ib ern a n o di m i f u r a , e d a l t e z z a , e d in t à l g u i l à g l i f c o l i d e l l e c a m p a g n e v i p r e c i p i t a n o f e l i c e m e n t e , e l e l a f c i a n o l i b e r e d a l l ’ a c q u e , e d a f c i u c c e . M a in b r e v e c e m p o g e r m o g l i a n ­ d o di n u o v o , ed a lz a n d o i f o r o filili p e r lo c o r p o d e ll’ a c q u e , rid u c o n o le c o f e alla m e d e fim a r o v in a di p r i m a , r i t a r d a n d o l i v e l o c i t à d e ll’ a c q u a , f a c e n ­ d o la c r e fc e r e di a lte z z a , e fo rfè c a g io n a n o danno m a g g io re ; p o ic h é p e r q u e i m o lt i n o d i , cia fc u n a p ian ta d ifte fa g e r m o g lia m a g g io r m o ltitu d in e di f u f t i , q u a li in g o m b r a n d o m o l t o p i ù T a c q u a d el f i u m e , f o n o di m a g g io r im p e d i ­ m e n t o a l i a f u a v e l o c i t à , e d in c o n f e g u e n z a f a n n o c r e f c e r e t a n t o p i ò l ’ a l t e z ­ z a d e ll’ a c q u e , e fan n o m a g g io r ro v in a

di p rim i.

U n ’ a ltro c a p o

di

q u e lli

d a n n i p r o v e n i e n t e p u r e d a l l a m e d e f i m a r a d i c e , il q u a l e h a g r a n p a r t e i n q u e l l o d ifo r d in e , è P im p e d i m e n t o n e l fiu m e di q u e lle p a l if i c a t e , c h e li f a n n o , r i f t r i n g e n d o il l e t t o d e l f i u m e , p e r m e t t e r l e r e t i d a p e f c a r e , d e l l e q u a l i p e i ' c a i e n e n u m e r a i p i ù d i d i e c i , q u a n d o i o f e c i il v i a g g i o p e r q u e l l e a c q u e in S a n d o l o , e q u e l l e p e f c a ie fo n o d i ta n to i m p e d im e n t o , c h e ta lu ­ n a di l o r o , fa ria lz a re l ’ a c q u a d e l fiu m e n e lla p a rte lu p e rio re m e z z o p a l­ m o , e t a l v o l t a u n o , e p iù a n c o r a , f i c c h è r a c c o l t i t u t t i in f ie m e q u e l l i im ­ p e d im e n t i im p o r ta n o p i ù di f e t t e , o f o r f è o t t o p a l m i . P e r te r z a c a g io n e d e l m a n t e n e r l i P a c q u e d e l f i u m e p o r t a t o r e , e d in c o n f e g u e n z a fo p ra le c a m ­ p a g n e , c i c o n c o r r e p o t e n t i f l ì m a la g r a n c o p i a d ’ a c q u a , c h e t r a b o c c a d a f i u ­ m e S i i l o , P a c q u e d e l q u a l e n o n f o n o t e n u t e in o b b e d i e n z a , m a c r e f c e n d o d a l f u o a l v e o s’ u n ifc o n o c o l l ’ a c q u e d el p o r t a t o r e , e fp a rg e n d o fi p e r le P a l u d i , fi r i a l z a n o c o n d a n n o n o t a b i l e , e m o l t o m a g g i o r e d i q u e l l o , c h e lì p e n f a , c o n f o r m e q u e l l o c h e fi è d i m o f t r a t o n e l l a f e c o n d a C o n f i d e r a z i o n e i o p r a la L a g u n a d i V e n e z i a ■ N è v a l e i l d i r e , c h e l e n o i m i f u r e r e m o t u t t e

Pacque

c h e t r a b o c c a n o da f i u m e S i i l o , l e r a c c o g l i e r e m o in u n a f o m m a , le t r o v e ­ r e m o t a l i , c h e p o t r a n n o f a r c r e f c e r e P a c q u e d e l l e P a l u d i , l l a n t e la g r a n d e a m p i e z z a d i e f f e , f o p r a l e q u a l i fi d e e d i f t e n d e r e q u e l c o r p o d ’ a c q u a : p e r ­ c h è a q u e l l a i f t a n z a lì r i f p o n d e c o n q u e l l o , c h e a b b i a m o a v v e r t i t o n e l l a

prima C o n f i d e r a z i o n e rlO

in to rn o a lla L a g u n a

d i V e n e z i a , tra tta n d o li N a

dell* a b b a i-


196

DELLA

MISURA

bacamento, che può fare la Brenta porta nella Laguna. E di più fe vi soggiun­ gerà quello, cheiolcrivo nella feconda confi derazione, fi vedrà chiaramen­ te di quanto danno, e pregiudizio poilono edere quelli trabocchi dell’ ac­ que di fiume Siilo, le quali non fono mantenute in obbedienza, ed incaf. face nel fiume. Però venendo alle provvifioni, ed operazioni, lequali prin­ cipali fi doveranno fare, le riduco a tre capi. La prima è necellario bat­ tere quelle palificate, e levare le pefcaie tutte, ollervando per mio pa­ rere una mallìma verilfima , chepefcare, e fetninare fono due cofe, che non poflono mai (lare inlieme, pefcandolì nell’ acqua, e feminandofi nella terra. Secondariamente bifognerà tagliare fotto 1’ acqua nel fondo del fiume , quelle barbe, e piante, chenafcono, e crefcano nel fiume, e lafciarle por­ tare al mare dalla corrente, che in quello modo non germoglieranno quefte canne al diftenderle fopra il fondo del fiume per mezzo del calpellio “ ellerBj fale; e 9uefto appunto dee eficr fatto fpelTo, e con diligenza, e non fi dee afpettare, che il male crefca, e fiano affogate le campagne, ma fi dee operare in modo, che non affoghino, ed io voglio dire, che quello punto principaliflimo farebbe di male notabililfimo. Teizo è necellario arginare bene, e forte il fiume Siilo alla finiftra, e procurare, che quell’acque vadino al ventre, e non trabocchino fuora, e ronfi, che non bada fare una, o due dellemedefime cole, ma fi debbo­ no metter tutte in efecuzione, perchè trafcorrenda, tutta la macchina ri­ inane fconcertata, e guada. Ma facendolo colla debita diligenza, non foto fi bonificheranno le Paludi Pontine, ma con quell'ultima in particolare, li corrente del fiume Siilo fcaverà P alveo a fe medefima;. fino a levar­ la, e forle con quella copia d’ acqua, che porterà, fi potrà aprire, e man-, tenere la bocca della Torre aperca in mare, e farebbe per ultimo di nota­ bile beneficio il fiume Siilo da molti alberi, e legnami, da quali e ingom­ brato rinettare. E con quello concludo, che la bonificazione poflibite a farli, confifte ir» quelle tre parti, prima levare le pefcaie,. lafciando libero il corfo dell’ ac­ que. Secondo tener netto dall'erbe, e piante i fiumi principali. Terzo» mantenere l’ acque dèi fiume Siilo nel fuo letto. Cofe tutte, che fi po­ trebbero fare con pochilfima fpefa, e con èvidentiffimo utile di tutta quel ed anco bonificazione dell’ aria, Ìiaele, udì Pontine.

di tutte le terre adiacenti alle Pa-

CON-


197

CONSIDERAZIONI Sopra la Bonificazione del Bolognefe, Ferrarefe, e Romagnola. D I

D. B E N E D E T T O C A S T E L L I Abbate dì S. Benedetto Aloìfio^

e Mattematico

di N

ostro

S ignore

P A P A URBANO Vili* Profeflbre nello Studio di Roma. Sfendo fiato rapprefentato puntualiffimamente il graviflìmo negozio deila Bonificazionedel Bolognefe, Ferrare­ fe, e Romagnola, e diftefo con fcrittnra della buona memoria dell’ [llnfiriilìmo, e Reverendifs. Monfignoc Coriìni, che fu già deputato Commiflario generale, e Vifitatore di quell’acque; io non potendo far fopra la medefima materia un’ ifteflo difcorfo , iolamente di­ rò alcune cofe per maggior confermazione di quel tan­ to, che io ho detto in quefto 1-ihro fopra la Laguna di Paludi Pontine, e fopra la Bonificazione di quei piani di Pifa, podi tra il fiume Arno, ed ilSerchio, dovei? conolce chiaro, che in tutti li fuddetti cali, e nel prefente che abbiamo per le mani, fi fono per lo pallaio commeffi gravifiìmi errori, per non eilèr mai fiata intefa bene la ve­ ra Milura dell’ Acque Correnti, e qui è di notabile, che il fatto è, che in Venezia fu deliberata, e porta in efecuzione in parte la diverfione dell’ acque della Laguna di Venezia, con divertir la Brenta , non confide, rando quanto sbaffamento d’ acqua potea i'eguire nella Laguna , diver­ tita che folle la Brenta, com’ io ho dimoitrato nella prima Confideràzione, fopra quefto particolare, dalla quale Operazione fono feguite peftime conseguenze, nonfolamente la difficoltà della navigazione, ma peggio­ rata la falubrttà dell’ aria, e cagionato il riempimento de i Porti di Vene­ zia. E per Incontrario la medefima inavvertenza ; di non confiderare quan­ to alzamento d’ acqua potefte cagionare nelle Valli il Reno, e gli altri fiu­ mi aperti nelle medefitne Valli di Bologna, e di Ferrara , è fietira cagione, Tom. i . N j che


ip8

DELLA

MISURA

che fieno fommerfe dall’ acque tante campagne grafliffime» e fertilifiima» riducendo le felici abitazioni, e popolazioni dk uomini a miferabili ridotti di Pefci-; cofe, che non farebbero aflolutamente feguite, quando fi fufie« ro mantenuti quei fiumi in obbedienza, e mandato il Reno nel Po grande» e gli altri fiumi in quello di Argenta, e di Volano. Ora eflendofi dal So­ prannominato MonfignorCorfini detto aliai nella fua relazione, io Solamen­ te voglio aggiungere un ceno mio penderò, il quale dopo, che fuiTero re­ golati ¡fiumi, come fi è detto, tengo per fermo, che farebbe d’ utile grandiflìmo Io dubito bene, che mi riuScirà difficile il persuadere il mio in­ tento, contuttociò non voglio diffidare, che almeno, quelli» che averanno intefo quello, che ho detto, e dimoftrato intorno al modo, e pro­ porzioni colle quali procedono gli shafiameuti, ed alzamenti dell’ acque cor­ renti , che fi fanno colle diverfioni, ed introduzioni d’ acque, relteranno capaci, che il mio penderò fia fondato (opra la ragione. E Sebbene io non ■ vengo alla precifione in particolare, aprirò almeno la ftrada agli altri, » quali, ufate le debite diligenze di confiderare la quantità dell’ acque, che s’ introducono, oche vengono divertite, potranno efaminare con puntuali­ tà il rutto, e poi confuirare, quello,, che farà efpediente di fare. Facendo dunque io rifleffione alla prima Proporzione, che gli alzamenti d'un’acqua corrente, fatti per nuova acqua, che fopraggiunga nel fiume», Fono fra loro come le Radici de’quadrati della quantità dell’acqua , che corre, e per conseguenza» che il limile interviene nelle diverfioni,. io modo tale,, che camminandounfiume alto una tal miSura, per farla crefcere il doppio d’ altezza, bifogna accrefce>e tire voice tanto l’ acqua, quanto correva prima, Sicché quando l’ acqua farà quadrupla, l’ altezza; farà dupla, e fe L’ acqua fufie centupla, Paltezza farebbe decupla Solamente , e cosi di mano inma­ ro, e per lo contrario nelle diverfioni, fe delle i o o . parti d’ acqua, che Scorrono per un fiume, nefaranno divertitediciannove centinaia, Valtezza del fiume, Scema Solo un decimo,, e Seguitando-a divertirla diciafi'ette cen­ tinaia, l’ altezza del fiume cala pure un decimo, e così a divertire quindi­ ci centinaia, e poi tredici centinaia, e poi undici centinaia, e poi novecentinaia, e poi fette centinaia, e poi cinque centinaia, e poi tre centina­ ia, Tempre di tutte quelle diverfioni, l’ altezza dell’ acqua corrente Scema la decima parte, ancorché fieno le diverfioni tanto ineguali, facendo dico riflefiione a quella infallibile verità, fono entrato in penderò, che quando fulfero divertiti dalle Valli, il Reno, e gli altri fiumi», e eirimanefie Solo il canale della navigazione, il quale fufie Solamente la decima parte di tutta 1 ’ acqua, che cafca nelle Valli, in ogni modo manterrebbe aita 1* acqua nelle medefime Valli una decima parte di quell’ altezza, che veniva con­ giunta dal concorfo di tutti i fiumi. E pertanto (limerei, che fufie ottima »¡Soluzione mantenereil canale della navigazione ( quando fufie poffibile di farla ) continuata fino al Po di Ferrara, e di 11 mandarlo nel Po di Volana; che, oltreché farebbe di grandiflìmo comodo alla navigazione di Bologna « Ferrara, la medelìma acqua renderebbe ancora navigabile il Po di Vo­ larla lino alle mura di Ferrara, ed m conseguenza la navigazione farebbe continuata da Bologna alla marina. Ma per incamminar bene quella imprefa, è neeefiario mifarar la quantità dell’ acqua, che (caricano i fiumi nelle Valli, e quella che porta il canale della navigazione, nel moda, che ho dimoilrato- io nel principio di quello L'bro, perchè conofciuco, che Sarà quello, fi verrà ancora in cognizione di quanto utile fia per riufeire quella diverfione dalle Valli del canale del­ la navigazione, la quale però farebbe inutile ancora ogni volta, che non


DELL' A C Q U E CORRENTI .

199 fofféro prima (colaci tutti i fiumi, che (caricano le loro acque nelle valli, conforme a quanto di fopra fi è avvertito. Rimettendoli il P. Camelli nella preferite Confiderazione alla Relazione dì M in (¡gnor Corfini, fo n d a ta fa lle offervazioni, e dottrine d e ll' ifiefpi Padre, come f i vede nella prefente fc r k tu r a , n i e parato conveniente p e r compimento d e li Opera d i quefl' Autore in fin tili materie inferirla in quefio luogo.

Relazione dell’ Acque del Rologneje3 e Ferrarefe. D e li’ Illu itr. e Rever. Monfignor O ttavio C orfini Fiorentino Soprantendente della generai Bonificazione, e Prefidente di Romagna.

Reno, e gli altri Torrenti della Romagnola furono per configlio del I LPadre Agoilino Spernazzati della Compagnia di Gesù, ne gli ultimi

giorni di Papa Clemente Ottavo, nonoftante la contradizione de’ Bolognefi, e d’ altri ìntereffati, divertiti dal loro alveo, per dar comodità allo (cavamente del Po di Ferrara, e de’ fuoi due rami di Primaro, e di Volana, per introdurre in effi l’acqua del Po grande, acciocché reilituiu loro i foliti torrenti ne portaflero Pacque torbide al mare, ed alla Citta rendeifero la navigazione già perduta, come è chiaro per lo Breve dello Hello Papa Clemente fcritto al Cardinale San Clemente Cotto li 22.d’ Ago» Ho 1604. . ... L’ opera della detta fcavazione, e dell’ introducimento di detto Po, _o per eiter cale infe ftefla, o per la difunione de Cardinali Legati allora in quelli Paefi, e per difpareri venuti fra di loro, riufeì tanto difficile, che dopo d’ aver fpefi molti, e molti danari in termine di 21. anni altro non Si è fatto, che rendutola più malagevole. _ . Intanto con l’ acque loro, e torbide, e chiare hanno 1 torrenti_danneg­ giato i terreni podi alla deftra del Po d’ Argenta, ed il Reno quei de luoi lati, di cui favellerò prima, come di quello. che è di maggior importan­ za, e da cui procede la principal cagione de’ mali, che reiultano ancora da gli altri. . . .. Quefto avendo allagato la tenuta della Sanmartina di circonferenza di 14- miglia in circa datagli prima, e parte di quella del Confinale datagli poi quali per conca, d’ onde deporta la materia delle torbide, fe n’ ufcifle chiaro per le bocche de’ Mafi, e del Lievaloro nel Po di Primaro, c di Volano; ruppe l’ argine circondario verfo S. Martino, e quello dell’ alveo fuo nuovo alla deftra appteflo la torre del Fondo. Per le rotture di quefto lato verfa gran copia dall’ altra parte del Confi­ nale, e ne’ paefi di Raveda, del Poggio, di Caprara, delle Ghiare di Re­ no, di Sant* Agoilino, di San Profpero, di San Vincenzo, ed altri, e ri­ dottigli incoltivabili ; fa eziandio poco fruttuofi quei di l'opra per 1* impe­ dimento, che ricevono i loro fedi, trovando i condotti chiamati R10I0, e Scorluro non folo ripieni dalla mota, e dalla belletta di lui, ma che tor­ nano all’ insù verfo di loro medefimi. . , Ma perle bocche nell’ argine circondario al borgo di S- Martino ulcendo N4 con


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con impeto, ha prima ammotito l'antica navigazione della torre della Folla, e poi la moderna della bocca de’ Mail, fìcchè al prefente ilcoramercio fra Bologna» e Ferrara è perduto, nè li potrà lenza fallo ravvivar già mai in guifa durabile, mentre eh’ egli il doverà traverlare, e qualfivoglia dana­ ro , che vi s’ impieghi farà fenza frutto equivalente, con pregiudizio manifedo, e notabile della Camera ApoftolicaQuindi pattando nella Valle di Marrara gonfia non folo per accrefcimento dell'acqua ma per l’ alzamento del fondo a cagione della materia depo­ rtavi delle torbide, la dilata, fìcchè occupa li terreni al dintorno, ne ri­ ceve colla folita facilità gli fcoli de’ paefi luperiori, de’ quali i più vicini rimanendo coperti dell’ acque, che sù per i condotti ringorgano, ed i più lontani delle piovane, che (lagnano, non trovando efito divengono o del tutto inutili, o poco meno. Da quella valle per lo cavo, o fotta di Marrara; o vogliamo del Duca per la tìuova, o bocca del Caftaldo de’ Rodi; e per la nuova fe ne va nell’ alveo del Po d’ Argenta, che dovendolo ricever chiaro per e(Terne maggior» niente profondato, e ricevendolo torbido, perchè s’ è acquiftato maggior corlo, ne Pentirà contrarittìmo effetto. Quivi dunque tenendo alta la fuperficie dell’acqua fino al mare ienpedifee, che le valli di Ravenna, dove ¡1 fiume Senio, che quelle di San Ber­ nardino, dove ¡1 Sanremo fu voltato, che quelle di Buon acquifto, e fuelle di Marmano, dove entra Ridice, la Quaderna, il Sellerò, non pofono fmalcire Tacque loro per le Polite loro aperture , anzi che molte volte, come io medefimo ho veduto nella vifita, ne bevono ampiamente, dal che congiunto colle torbide di quei fiumi, che in ette muoiono, gonfie ancia’ elle fi dilatano, ed altri terreni allagano, altri privano di fcolo, nella ma­ niera, che di quella di Marrara fi è detto, di forte che dallapunta di S. Gior­ gio fino a S. Alberto, tutti quei, che erano fra le Valli, e il Pò, fon gira­ rti; di quei che fono fra Valle, e Valle, molti rendutifi di peifima condi­ zione, e quei di fopra per qualche fpazìo peggiorati non poco. In fine dall’ alzarli il fondo delle Valli, ed il letto del Reno, e dall’ em­ pirli troppo d’ acque il Po di Primaro, ne fovrafta alle Valli di Comacchio, dalla cui banda è pefiìma l’ arginatura, ed al Polefine di ¿.Giorgio un pe­ ricolo, col tempo, fe noti fi (occorre, irreparabile, e di prefente fente T incomodo dell’ acque, che per gli pori della terra penetrando, Porgono in lui, che qua chiamano forgi ve, che tutto è per ridondare in danno del­ la Città di Ferrara tanto nobile all’ Italia, e tanto importante alloStato Ecclefiaftico. Le quali cofe tutte apparifeono verificate per mano di Notaio nella vifita fatta da me per comandamento di S. Santità, e fono ancora per tali conofeiute dagl’ ¡(ledi Ferrarefi, de’ quali oltre all’ initanza de’ Bolognefi, la maggior parte chiede compaffione con diverfi Memoriali, erimedio, sì per i danni pattati, sì ancoper Tavvenire, da’quali io ftimo debito di cofcien.. za, e di carità follevargli. Giudicò Papa Clemente, che modo fufficiente fotte per quello la detta introduzione nel Po grande nell’ alveo di Ferrara , penfiero veramente eroico, e di non minor bellezza, che utilità alla detta Città, del quale non parlo al prefente, perch’ io ftimo efier di meftieri un rimedio piò pronto, ed appa­ recchiato. Onde non veggo, che altrove fi porta applicare I’ animo, che al rimo­ ver il Reno, lafciando per ora di trattare d’ incartarlo di Valle inValle fino al mare, come dileguavano i Duchi di Ferrara, conciofiìacoiachè tutti quei Fer-

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Ferrare!!, che hanno interefte nel Polefine di S. Giorgio, ed alla delira del Po d’Argenta, non velo vogliono, e le ne procedano pur troppochiaramente, e che avanti, che gli fi folle fatto l’ alveo fino al mare traicorrerebbono molte centinaia d’ anni, e frattanto, non che rimediare a’ pregiudicj di co­ loro , che oggi fi rammaricano , ma s’ accrefcerebbono d’ aliai, poiché le Valli fi manterrebbono gonfiate, li (colirattenuti, gli altri torrenti im­ pediti, fidovrebbono gonfiare nonpoche terre, che iono fra Valle, e Val­ le, ed in fine per non aver dalla San Martina al mare in fpazio di miglia cinquantuno più caduta di piedi 19. 8 ó. gli mancherebbe quella forza, che gli Itellì, che propongono quello partito vogliono, che egli abbia, per nondepor la materia delle torbide, quando fi divifa di metterlo in Volana. Sicché facemlofi la linea del fondo vicino a Vigarano fi alzerebbe a quei termini prodigio!!, che elfi aggradifcono, e fe ne doverebbono allettare quei mali per li quali tanto abborifcono l’ introdurlo nel detto Po di Volana. Tra le vie dunque, che io ho awifato per cotal remozione, e che io ho fatte confiderare, e livellare da’ Periti con 1’ alfiftenza del Ven. Padre D. Benedetto Cartelli Calfinenfe uomo fidato , e da bene, nè meno efpcrto in fomiglianti maneggi d’ acque, che veriatilfimo nelle difcipline della mattematica, due fole, efiendo 1’ altre o troppo lunghe, o troppo pencolale alla Città, mi fon partite degne, l’ una contuttociò più dell’ altra di edere rapprefenrate a V. S. Iliuftrifs L’ una fi è rimetterlo nell’ alveo di Volana, per lo quale fe ne vada da per fe folo al mare. L'alrra li è voltarlo al Po grande alla Stellata, che come altre volte ha fatto, lo porti al mare felicemente . . In quanto a dover eleggere la prima firada, par che ci eforti ¡1 non farli cofa nuova, mentre fi reftituirte dove fu rimollo nel 1522. al tempo di Papa Adriano d’ accordo feguito per via di contratto fra il Duca Alfonfo di Ferrara, ed i Bolognefi, e l’ ellervi andato fin a che ne fu tolto via per le cagioni, che fono, o celiate, o per troppo lungo tempo differite. Medefimamentela facilità con che fi può effettuare, laiciandolo correre nel Po rotto, donde fi volti a Ferrara, ovvero inviandolo dalla Torre del fondo alla bocca de’ Mali, e di là per la fcavazione fatta da’ Ferrare!! per Panaro, dove trovando ancora ampio letto, ed alti, e grolfi argini, che fervirono altre volte per lui, e peri’ acque del Po, Ila per rifparmiare una grandilfima fpeia . Che qualunque fi fia la caduta, che egli abbia fe la manterrebbe, non avendo altri fiumi, che colle loro piene lo pollino impedire, e che cor­ rendo riftietto fra buoni argini lenza dubbio non lalcerebbe per via la mo­ ta, maifi.ne che gli baderebbe per venir a Codigoro, dove aiutato poi dal flurto, e refluito del mare non correrebbe rifico di riempirli il fondo da quindi ingioio. Che fe ne potrebbono trarre molti comodi per la Città a cagion dell’ ac­ que correnti, a fperarne anco una più mediocre navigazione . All’ incontro s’ oppone, che non conviene peniate di rimettere quello torrente nel Po rotto pel pericolo , che ne ridonderebbe a quella Cit­ tadella . E che andando dalla Torre del fondo per la Sanmartina alla bocca de Mal! dalla Chiedila di Vigarano fino al mare, per quello cammino vi fono 70. miglia, ne la caduta non è maggior di piedi 16 5- 6. a talché verreb­ be a cadere folo once 4. e mezzo in circa per miglio, mentre che la co., mune opinione de’ Periti ( perchè i torrenti non deponghino la lor materia


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nelle piene ) richiede la vigefima quarta della cenrefima di tutta la Jor lun­ ghezza, che nel propofito noftro fattone i conti alle raifure di quelli paeli a once 1 6 per miglio, onde ne feguirebbe cmifiìma la depolizione, e per quello immenfo 1’ alzamento della linea del fondo, edin confeguenza l’ ob­ bligo ancora d’ alzar gli argini, l’ impofiìbilità del mantenerli, il pericolo delle rotte, e delle rovine, cofetroppo dannofe a’ Polelìni dell’ irteila Cit­ ta, e di San Giorgio, gl’ impedimenti dellifcoli, che dalla Torre di Tien­ in giù entrano in detto alveo, cioè delle chiaviche di Coro, e della bonificazione di Ferrara , ed oltre i danni, che all’ ideilo Polefine di S. Gior­ gio, ed alle Valli di Comacchio apporterebbono P acque, che entrafièro nella gora de’ mulini di Belriguardo per le chiaviche di Quadrea, che non fi potrebbono ferrare, perche appartengonoal Signor Duca di Modena, che ha jus di deviare a fuo piacerei’ acque di quel luogo ad effetto di macinare. La maggior parte delle quali oppofizioni altri pretende render vane col dire, che andandovi ultimamente, quando ne fu tolto, è fegno, che ave­ va fatta l’ elevazione della linea , chegli bil'ognava , negando bifognarli declivio coaì grande, come di fopra fi è detto, e che per l’ avvenire non fi alzerebbe da vantaggio. Che le fteffe chiaviche vi sboccavano, mentre vi era il Po, onde molto piu dovervi potere sboccare, mentre che vi fia folo il Reno. Che le rotte non verrebbono, o che fe ne venifiero farebbono fole dell* acqua del Reno, che in poche ore fi pigliarebbono ( pigliare le rotte chia­ mano qua il turarle, e racconciar l’ argine, ) e larebbe dubbio, le appor­ ta(fero più incomodo, che utile, imperocché le fue torbide potrebbono in molti luoghi recareriempiendo, opportuna bonificazione. Or tralalciando il difcorrere della fodezza delle ragioni de gli uni, e de gl’ altri; io.apporterò quelle, che muovono me a lofpendere d’ aderire a quello partito. La prima fi è, che quantunque io non ardifca di fottofcrivermi all’ opi­ nioni ui coloro, che ricercano once i<S- per miglio di caduta al Reno, perchè non deponga la fua materia, pure non farei io l’ Autore di farne la prova con tanto pericolo, imperocché avendo per acquiilarne qualche no­ tizia ìatto livellare i fiumi Lamone , Senio, eSanterno, da Bernardino Aleotri, fi è trovato, che hanno più di caduta aliai di quel che richieggono i Feriti, ficcome egli ha dalla botta de Gh flieri alla Chiefola di Vigarano, che in fpazio di quattro miglia cade il fuo fondo cinque piedi, ed once cinque. Onde llimo maggior prudenza il reggermi con tale efempio, che 1’ ?udar contro ad una comune opinione, maflìme che gli effetti cagionati dall* ideilo mi vi confermano , conciofliacofachè quando egli fuj abban­ donato dal Po, dopo non molti anni, o perchè avede interrito il fuo alveo, 0 perchè gl’ increfceiTe il troppo lungo cammino, anch’ egli naturalmente fi w? zr ’ e Fre f a ftpd? dell’ iftelTo Po verfo la Stellata. Anzi in quegli 1 fi annl ’ e y* andò folo, cominciò ( per quanto dicono ) a far de le rotte, legno evidente, che polando materia s’ alza, il che fi confà col detto d alcuni interrogati nella vifira del Notaio, i quali fentirebbono grand utile d aver acqua corrente, e qualche forra di navigazione, e nulladimeno aliermano aver lui, mancando d’ acqua perenne, fatti troppo alti interrimenti , ficchè rimettendolo doud’ egli volontariamente partì, dubi­ terei, che dopo breve tempo, fe non fubìto partilìe di nuovo. La leconda ragione piglio io dall’ ofiervazione di quel che faceva il Pa­ naro, quando con tanto applaufo de Ferrnrefi fu meiio dal Signor Cardinal berrà jn detto alveo di Volana, imperocché non ottante, che egli aveffe acqua

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acqua perenne affai più che il Reno; pure nel tempo ch’ egli vi flette, alzò il Tuo Ietto ben cinque piedi, come fi è veduto lotto all” inteftatura tatta dal Signor Cardinal Capponi al fuo nuovo alveo; anzi il medefimo Signor Cardinale Serra, che pur defiderava, che appariffe quella fua operazione non effer fiata d’ alcun pericolo, o danno, fu coftretto nelle piene di lui tagliarlo nella Sanmartlna, perchè non rompeffe, e danneggiane la Città , il qual pericolo temerei io più dal Reno, come da port2tor d’ acqua, e d» torbide affai più copiofo. . Terzo mi da gran failidio nell’ incertezza della riufcita del negozio, la grave fpefa, perchè non approvando io di rimetterlo vicino alla fortezza, per molti rifpetti, ed inviandolo dalla Torre del fondo alla bocca de Mali vi vogliono otto miglia d’ argini doppi, affai malagevoli afarfi, per effere il terreno coperto dall’ acque, ma dalla bocca de Mali fino a Codigoro fa­ rebbe ancor di meftieri far nuovi fcavaroenti, affinchè avvicinandoli l’ acqua col roder poi le ripe, fi accomodaffe un letto bafievole pel fuo corpo, non e(Tendo fufficiente a mio parere il profondamento fatto per Panaro, del quale quando pur baftaile pretenderebbono i Ferrarefi d’ effer rimborlati, e foddisfatti della fpefa. Quarto ha forza in me il vedere, che gli fteffi intereffati nella remozione di detto Torrente, cioè i Bcdognefinon v’ inclinano, e che tutta la Cit­ tà di Ferrara eziandio quei cittadini, che da lui ricevonodanno al prelèn­ te, l’ abborifcono* _ . . . t Quefli o perchè venga difficultata loro da cotal operazione l’ introduzio­ ne dell’ acqua del Po grande, o perchè veramente ne temino il pericolo; quelli, o perchè conofcano non poter lungamente il Reno durare in quel luogo, o perchè dubitino, che fia troppo efpofto a’ tagli di coloro, che non vel defiderano, checché fi fia, avendo altri modi, a me pare doverli ttalafciare quello, che a chi ha bifogno, che egli fi rimuova, è di minor foddisfazione, e che a chi contradice è di maggior difpiacere . Finalmente io onoro affaiilìmo il giudizio del Signor Cardinal Capponi, il quale avendo al naturale ingegno fuo, edalla fua prudenza aggiunto uno iludio, ed un offervazione, ed un efperienza particolare di quelle acque, per fpazio di tre anni continui, (limò non potere il Reno andar per Volana, col quale s’ accorda il parere del Signor Cardinal S. Marcello Legato di quella Città, di cui per la fua efquifita intelligenza fi dee far gran conto. Ma quando pure fi voleffe pigliar quella via, farebbe di mellieii unirgli 1 acque perenni del canalino di Cento, del canal Navilio, del Guazzaloca, e nel tuo bel principio quelle della Dardagna, che al prefente è uno de’ fon­ ti di Panaro, acciocché l’ aiutaffero portar le lue torbide al mare, ed allo­ ra fenza fallo vi vorrebbe maggior cavamente», e difponerfi a patire nel Poleène di San Giorgio, e di Ferrara il danno delle fu.give . Più agevolmente inclinerei dunque a mandarlo alla Stellata nel Po gran­ de per le ragioni, che ingegnofiffimamente il Signor Cardinal Capponi la­ guna in una fua breve, ma ben fondata fcrittura, non perchè veramente nonfuffeper apportare, e con le furgive, e con le rotte, maffime ne’prin­ cipi, qualche danno, ma perchè del male io lo (limo di gran lunga il mi­ nore di qualfivoglia altro. E perchè io quello modo non fi da cagione a’ Ferrarefi d’ efclamare, che fi toglie loro la fperanza di poter mai più ve­ dere il Po alle mur3 della loro Ciccà, a’ quali dove fi può, è ragionevole di loddisfare. „ E cofa certa, che il Po è flato poflo dilla natura nel mezzo di quelta gran valle fatta da gli Appennini, e dall’ Alpi per portar, quafi €loacaft™ae'J


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ftra, al mare ricetto di tutte l’ acque, ancor quelle, che piovono da effe. C h e i l R e n o d a tu tti ¡ G e o g r a f i , S t r a b o n e , P l i n i o , S o l i n o , M e l l a , e d a l­ tri è a n n o v e r a to fra i f iu m i, c h e e n tra n o n e ll’ ifte ffo P o . C h e q u an tu n q u e P o a b b ia da fe fte ffo c a m b i a t o d i c a m m i n o , n i e n t e ­ d i m e n o il R e n o a n d e r e b b e a t r o v a r l o , f e a l f u o c o r f o n o n f a c e f f e r o c o n t r a ­ i l o l ’ o p e r e f a b b r i c a t e d a g l i u om in i ; o n d e n o n è , n è d e e p a r e r e f t r a n o , fe a ltr i p e r m a g g io r c o m u n e u tilità glie lo re n d a .

il

Ma alla Stellata può egli andare per più lìrade, come apparifce dalle li­ vellazioni fatte d’ ordine mio, delle quali a me piacerebbe il voltarlo alla Botta de’ Ghillieri, conducendolo fopra ilBondeno alla Chiefa dì GatnbnrOne poco più alto, o bado conforme farà giudicato di minor danno, quan­ do fe ne doverà venir alt’ elocuzione » e quelle per due ragioni principali: l’ una perchè fi vien conducendo per 1* eilremità dello Stato Ecclefiaftico fenza ièparar quello di Ferrara da gli altri. L’ altra fi è, perchè la linea è più breve, e confeguentemente la caduta maggiore, concioifia^ofachèin fpaziodi miglia dieci, e un terzo, cade piedi ventifei, più affai di quel che chieggonoi Periti, ed anderebbe per luoghi, dove potrebbe far poco dan­ no, non oftante, che s’ ingegnino gl’ intereffati d’ amplificarlo incredibil­ mente . In contrario due fole oppofizioni fi fanno degne d’ efaminarfi; l’ una, che s’ impedifcono gli fcoli di S. Branca, del canalino di Cento, e di Bruna, e tutti quei, che entrano nel Po, per l’accrefcimento inelio dell’ acque ; L’ al­ tra fi è, che crefcendo il Po lopra la foglia della chiavica Pilaftrefe ben 20. piedi, il Reno non vi averebbe caduta , onde fi alzerebbe a fegni fpavenrofi, fino a’ quali non fi potrebbono nè fabbricare, nè fabbricati mante­ nere gli argini, ficchè traboccherebbe fopra le campagne con danni, e ro­ vine indicibili, e irreparabili, come ne mollra l’ efperienza fatta del Pana­ to, che effendolì coftretto con argini di andar nel Po, non eflendo quelli ancora nella fua grande efcrelcenza, egli ruppe nel Finalefe, e nel Ferrareie, e quando pur ciò fi potefle fare, ne feguirebbe, che meifi nell'alveo del Po 1800. piedi riquadrati d’ acqua , che tanto fi fa conto effer quei del Reno, e del Panaro Infieme nelle loro piene, alzerebbono quattro piedi al­ meno la fuperficie di effo in guifa, che o converrebbe per tutto il fuo trat­ to finoal mare alzargli ancora fino allo fteffo termine gli argini, al che non bafterebbono i tefori dell’ Indie, ovvero converrebbe avere delle rotte crudeliifime. A quefti due capi fi riducono le ragioni diffufamente fpiegate In contra­ rio, e rifpondendo prima all’ ultimo, come più importante. il

D i c o d overfi co n lìd e ra re tre c a li.

Reno ficin e .

g ro ffo ,

il

Po

b a ilo - T e r z o

Il P o g r o f f o , e R e n o b a f f o . S e c o n d o ,

il

R e n o , e d il P o a m b e d u e g r o f l l i n ­

In quanto al primo, ed al fecondo non vi è difficoltà, perchè fe il Po non farà nella fua maggior efcrefcenza, fempre il Reno vi averà caduta, nè vi farà neceffaria altra manifattura intorno a gli argini, e fe il Reno farà egli baffo, il Po rigurgiterà nell’ alveo di quello, nè perciò feguirà male alcuno. Rimane il terzo dal quale fi afpettano molti mali, ma egli è cola indubitata, che le piene del Reno per venir da gli Apenfiini vicini, e dalle piogge è per durare fette, ovvero otto ore!al più, non mai, o di rado fi rincontrano con quelle del Po, cagionate dal disfacimento delle nevi dell’ Alpi lontane almeno 400. miglia, ma perchè egli può talvolta accadere, fi dice, che occorrendo non andrà il Reno altrimenti nel Po, ma fe gli potrà lafciare, uno, o due sfoghi, cioè per l’ alveo di Ferrara, come ha fero -


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iempre avuto, e nellaSanmartina, dove corre al prefente, e dove non ha dubbio, che gl’ IncereíTaci fe ne contenteranno, giudicando troppo utilloro d’ aver Copra i lor terreni l’ acqua una volta ogni quattro, o cinque anni, in vece di averla continuamente ; anzi lo sfogo fi potrà regolare riferbandogli l’ alveo, dove al preferite corre il Reno, ed in véced’ inteftarlo con Un àrgine alla Botta de’ Ghileri, forfè incefiarlo con una forte fabbrica di chiaviche, lequalifi poflono ad ogni beneplacito ferrare, ed aprire, eper me non ho dubbio, che i Padroni medefimi della Sanmartina gli anderanno arginando un alveo, che riftretto nel tempo degli sfoghi conduca le tor­ bide nel Po di Primaro, nè perciò fi può temere d’ alcuno interrimento, poiché fi prefuppone dover molto di rado venir la necefiità di fervirfene, onde vi farebbe tempo Infognando d’ andarlo fcavando di mano in mano. Ceflano pèr quella maniera tutti quei prodigj, che dall’ entrar P acqua de! Renogroffo nel Po alto fi fanno con tanto timore, a’ quali benché non fia di meitieri altra rifpofla, non s’ ha per vera contuttociò quella quantità d’ acqua, che s’ a(fenice effer portati dal Reno, e dal Panaro. Avvenga* chè non meno acutamente, che veramente ha oflervato il P. D. Benedetto , Cartelli le mifùre, ponderando lalunghezza , e laprofondità del fiume non eller balievali a porrerein chiaro la verità, ma che vi vuole ancora 1’ of- v fervazionedella velocità dell’ acque, ed il termine del tempo, cofe finora non conliderate da’ Periti, e perciò non poterli aderire, che quantità d* acqua portino i detti fiumi, nè far confeguenza dell’ alzamento loro. Ma egli è ben vero, che fe tutti i fiumi, che entrano nel Po, che fono più di trenta alzafleronella maniera, che da. quelli fi fa il calcolo del Reno, non gli bafterebbonp cento piedi d’ altezza d’ argini, e pure n’ ha tanti, e tanti pieno. Onde fi conferma l’ avvertimento del R.D. Benederco, cioè la pro­ porzione dell’ altezza dell’acqua del Reno in Reno, all’ altezza dell'acqua ei Reno in Po , eller comporta dada proporzione della larghezza dell'alveo él Po a quella del Reno, e della velocità dell’acqua del Reno in Po al­ lá velocità dell’ acqua del Reno in Reno; chiaro argumento non potere in lui per quello nuovo accreicimento d’ acque féguir alterazione, che neceflìti;d’alzarei,fuci argini,, come apparifce dall’ efempio del Panaro, che an­ zi, che gonfiare il Po, l’ ha più torto renduto magro, perchè egli è anda­ to rodendo molti renai, e molte ifoletre createli nel iùo letto, per manca­ mento d’ acque diffidenti a portar la materia delle piene in tanta latitudi­ ne, e come s’ impara dalla prova fatta da noi nel Panaro con l’ acqua di Burana , conciofliacofachè melfi nel fiume fogni {labili, eturata la detta chia­ vica non fi vipde abbaflamtnto ìenlìbjle, nè meno avendola dopo aperta, fenfibile alzamento, dal che fi giudica dover luctedere il medelimo al Po del Reno, avéudofenz’.altro maggioi proporzione Burana al Panaro, che Reno al Po, confiderato lo ilato d’ eifi fiumi, nel quale, fu fatta I’ offeivaZione. j: . Di forte, che certa il bifogno di quei grandi alzamenti degli argini, ed »1 pericolo delle rotte tanto del Reno, quanto del Po, ed anco il dubbio, che le chiavice le quali l'colano nel Po, ricevilo impedimento, il quale quando bene vi folle, tralcorrerebbe inore breviflime , ed inquanto alle rot­ te del Panaro legvite nel 16Z3.non l'o perchè, mentre fi conferta non effere il Po (lato allora nella fita groflezza, s’ abbia più tollo ad attribuire 1* colpa a lui, che a fcaricarnelo. La Vtrirà l?e, che l’ argine non fu altamente fatto per alcuna prova, poithèl’ ideilo oggi rimane intero, e perfetto, e che il Panaro non traboccò, ànzi vi era quando tuppè ben più d'un prede, e mezzo di vivo de’ fuor ar? gini,

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20(5 D E L L A MISURA gini, ma ruppe per una topinara ( topinara chiamano qùà quelle buche , che fanno le talpe ) e per la qualità di eifi argini, come cotta dal detto à ’ alcuni teftimonj efaminafi d’ ordine mio per faperne la verità- Nè pollo qui attenermi di dire, che fi converrebbe in fimigliariti negozj camminar più finceramente. Ma per afiìcùrarfi nientedimeno al polfibile di cosi fatte rotte, le quali potrebbono dal principio per la novità degli argini avveni­ re, io prefuppongo dal Po al luogo donde fi taglierà il Reno dover far ar­ ginatura alta, e grolla con le fue banche, talmente che ragionevolmente non fi debba temere di qualfivoglià copia d’ acqua, ancorché fotte vera quella concorrenza di tre fiumi più ingegnofamente efageraca, che fuififtente in fatto, per quel che di fopra fi è detto, a cui non mi par dover pia lungamente rifpondere, ficco*me nè anco'a quei, che dicono, che il Pò farà ammonto dal Reno, avvengaché quelli fono gli ftelfi, che pretendo­ no introdurre una piccola particella d’ etto Po nell’ alveo di Ferrara, accioc­ ché conduca al mare non il Reno fittamente, ma eziandio tutti gli altri tor­ renti, de’quali ci lamentavamo, e perchè egli è di più imponìbile, che un fiume tanto grande come il Po lìa atterrito da un torrente, che non può quafi aver per dir così alcuna proporzione con etto lui. Vengo ora alla materia de gli fcoli; ed in quanto al Condotto di Burana già lì tratta di voltarlo nel Po grande, ficchè in tal cafo non riceverà dan­ no, e fe pur non fi rimovefle una botté fotterranea feguirebbe il viaggio, che egli tiene al preferite, ed anco fi potrebbe far ribeccare nello fletto alveo nuovo del Reno, che accomodandoli alla fuperficie dell’ acqua del Po, fi manterrebbe più batto di quel, che fotte Panaro, quando veniva a Fer­ rera, nel quale con tutto quefto fcolò Burana per alcun tempo. 11 condotto di Santa Bìahca, ed il canalino di Cento anch’ etti o per due botte fotterranee pottono fcolare fenz’ alcun danno dove fcolano al prefetti te, ovvero fenz’ altra manifattura nello fletto nuovo alveo, benché con al­ quanto più di malagevolézza, ed in tanto T'alveO di Ferma rimafo alciùtro, farebbe fuificiente ricettacolo di q^ualfivòglia altro fedo, che vi rettafie. Le quali operazioni con 150. mila feudi bene, e fedelmente amminiftrati fi perfezionerebbero, nèliBolognefi fi inoltreranno ritrofi in provveder­ gli, oltre che doveranno contribuire anco quei Ferrare!!, che partecipe­ ranno del comodo. Siami lecito in quefto luogo proporre un penliéro, il quale per avventu­ ra in un ìftetto tempo cagionerebbe due beni, ancorché non fia del tuttù nuovo. Fu al tempo di Papa Paolo V. trattato da un cotal Crefcenzio In­ gegnerò di tagliar fopra le Papozze il Po grande, e fatto un fuificiente ca­ vamente derivarne l’ acqua nel Po d’ Adriano per rendere a quefto la navi­ gazione, il che non fu poi effettuato,' o per roppùfizioni di colóro, i cui beni fi doveano tagliare, o per la grotta fomma di danari, che v’ era nèceffaria ; ma nell’ andare vifitando quei fiumi fi è veduto, che cotal taglio fi potrebbe agevolmente fare fotto le Papozze in un fioldo, cioè in una corrofione dell’ argine chiamato Santa Maria, e tirare un follo della gran­ dezza che fotte giudicato baftevole da’ Periti fino al Po d’ Arian lotto le lècche di ettà S Maria, il che per non effere opera di più di 160. pertiche fi finirebbe con lolo 12000 feudiPrimieramente fi crede, che lenza fallo correndovi l’ acqua aprirebbe in mare quella bocca * che al prefente è quafi interrita dalla fpalla della rena, che vi ha portata la nuova bocca di Porro Virro, e che rimetterebbe iri piedi il Porto di Goro, e la l'uà navigazione. E for-


D E L L ’ A C Q U E CORRENTI.

207

E f o r f è l ’ e f p e r i e n z a c ’ i n f o g n e r e b b e , c h e la f u p e r f ic i e d e l P o v e r r e b b e a d ab b u ffarli p e r q u e f t o n u o v o i m a l t i m e n c o d ’ a c q u 3 , l ì c c h è P i n g r e f f o d e l R e n o a l lo l u c a m e n t e n o n l à c e f l e i n lu i a l c u n o a l z a m e n t o , o n d e fe c o s ì n ’ a v v e n iffe , non a v e re b b e ro p r e te flo di la m e n ta rli q u ei P rin cip i, ch e m o itra n o d u b i t a r e , fe p e r q u e lla n u o v a a c q u a n e l P o p a t i l c a n o l e c h i a v i c h e . Il c h e n o n h o v o lu to tr a la lc ia re di fp ie g a re à V . S . lilu flriflìm a , non g ià p e r c h è io g lie lo p o n g a a v a n ti p e r c o la b e n l ì c u r a , m a p e r c h è e lla ne p o f l à , v o l e n d o , p ig lia r p a r e r e d a p e r f o n e e f p e r i m e n t a t e in lim ili a f f a r i. T o r n o b e n e a r e p l i c a r e p e r i n d u b i t a t o , c h e il R e n o n o n p u ò , n è d e e I h r e p i ù , d o v ’ e g l i o g g i lì t r o v a , e c h e a l t r o v e n o n p u ò a n d a r e , c h e n e l l u o ­ g o , o v e il d i l e g u a v a i l S i g n o r C a r d i n a l C a p p o n i , e c h e a m e p e r o r a p i a c e ­ r e b b e p i ù d ’ o g n ’ a l t r o , o v v e r o in V o l a n a , d o n d e f u t o l t o v i a , p o t e n d o a p a r t e d e l m a l e , c h ’ e g li v i p u ò f a r e , o v v i a r e la v ig ila n z a d e g li u o m in i. M a d a l l a r e m o z i o n e d ’ efl'o o l t r e a l l ’ a l l e g g e r i m e n t o d e l m a l e , c h e e g l i fle tto f a , n e r ifu lte r e b b e a n c o r a la d im in u z io n e di q u e l l o , c h e è c a g io n a t o d a g lia lt r i to r r e n ti alla d e lir a d e l P o d i A r g e n t a , c o n c i o f li a c o la c h è m a n c a n ­ d o a d e t t o P o t u t t a l ' a c q u a d i q u e l l o , v e r r e b b e e g l i a d a b b a l la r li in g u i f a , c h e le v a lli v i a v e r e b b o n o m a g g io r c a d u t a , e p e r c o n fe g u e n z a fm a lc ir e b b e r o p i ù c o p i a d ’ a c q u a , o n d e a n c h ’ in e f f e p i ù a g e v o l m e n t e c e d e r e b b e ­ r o l i f c o l i d e ’ p a e i ì d i l ' o p r a , m a l l i m e f e f u f f e p e r f e z i o n a t o il c a v a m e n t o d e l Z e n z a l i n o , p e r d ’ o n d e T a c q u e d i M a r r a r a f c e n d e f f e r o in M a r m o r t a : li a l ­ l a r g a n e a n c o r a , e fi f i n i f f e q u e l l o d e l l a B a d i a , p e r l o q u a l e n e l d e t t o P o d i A r g e n t a e n t r a f f e t a n e ’ a c q u a , q u a n t a g l i fi t o g l i e f i e p e r la r e m o z i o n e d e l R e n o , a v v e n g a c h è in ta l m o d o s ’ a b b a t t e r e b b e r o l e v a l l i d o p p i a m e n t e , n è g li A r g e n t a c i , e q u e i d el P o le fin e di S. G i o r g io , e d i C o m .ic c h ie fi a v e r e b b e r o c a g i o n e d i l a m e t n a r f i , p o i c h é n o n fi d a r e b b e l o r o p i ù a c q u a d i q u e l l o , c h e fo lle fia ta to lta p r im a , a n z i t a l v o l t a , c h e P a v e v a n o t o r b i d a ,

d’

P a v e r e b b o n o ch iav a, n è te m e re b b e ro a l c u n o a l z a m e n t o , e c o n q u e f t o fi r e f t i t u i r e b b e r o a lla c o l t u r a g r a o d ìif im a q u a n t i t à d i t e r r e n i , al c h e f a r e f a ­ r e b b e a f f a i la f o m m a d i s o - m i l a f e u d i , e c i ò b a l l e r e b b e a l p r e f e n t e i n t o r n o a d etti t o r r e n t i, c o n d u c e n d o li un p o c o p iù a v a n ti rie m p ire in ta n to i m a g ­ g io r i fo n d i d e lle v a l l i , p e r n o n e n tr a r e in o p e r a p iù v a l l a , e p iù d if f ic ile ,

a

c h e ( e c o a n c h e ne a p p o rtaffe la d iffico ltà d e ll’ a ltre o p e r a z io n i, e c o s ì

l’ utile, che quelli Beatitudine.

rn ile a d im p e d ir e di Sua

p o p o li

ve­

afpettano dalla paterna carità

Air


208

D E L L A

MI SURA

AlP lllujlrljfimo, e Reverendiflìmo Signor, ? Padrone Colendiffimo ¿Monjignor ZX Ferrante Cefarini.

I

L mio Trattato della Mifura dell’ Acque Correnti, non ha Illuftriflimo, e Reverendiffimo Signore, la maggior prerogativa, che 1’ edere ttto frutto del comando della Santità di N. S- Papa Urbano Ottavo, quan­ do la Santità Sua reftò fervita comandarmi, che io andaffi con Muniignor Codini nella vifita, che gli fu importa l’ anno 1625 dell’ Acque di Per* rara, Bologna, Romagna, e Romagnola, poiché con quella occafione ap­ plicando io tutto lo ftudio al fervizio, ed obbligo mio, (piegai in quel trat­ tato alcuni particolari non bene avvertiti, econfiderati finora ( che io lappia ) da nefluno, ancorché per fe fterti fiano importantiflìmi, e di grandifiime confeguenze. Contuttociò rendo grazie a V. S Illuftriflìma dell’ ono­ re, ch’ ella fa a quella mia operetta, ma non vorrei già, che col ftimarla tanto pregiudicarte al concetto univerfale, che il mondo tiene del fuo purgatirtìmo giudizio. Quanto poi a quei punto, che io tocco nel fine, cioè, che il confideràre la velocità dell’acqua corrente, fupplifca alla confiderazione della lar­ ghezza , tralafciata nel cornuti modo di mifurare l’ acque correnti; avendo­ mi ella comandato, che in grazia della pratica, ed anco per fcoprir bene il difordine, che fcgue oggidì comunemente nella diftribuzione dell’ acque delle fontane, dimoftraflì, che la cognizione della velocità ferva per conofcere la lunghezza ; hopeniàto foddisfare al fuo comandamento, col rac­ contare una favola, la quale fe non m’ inganno, ci fpiegerà la verità , in mo­ do, che ancora il rimanente del mio trattato refterà affai più chiaro, ed intelligibile ancora a quelli, che vi fenrono qualche durezza. Fu già ne’ tempi antichiflìmi, avanti che l’ arte maravigliofa del teffere fuffe in ufo, ritrovato in Perfìa un ricchiffimo, e ftrano teforo, il quale confifteva inuna moltitudine grande di pezze d’ Ermefino, o Damafco , che fi forte, credo, che arrivafle a ben due mila pezze, le quali erano di tal condizione, che ancorché la loro larghezza, egrofi'ezza folle finita, e de­ terminata, conforme a quello, che fi tifa ancora di prefente , in ogni mo­ do la lunghezza loro era in certo modo infinita, perche fenza mai manca­ re ufcivano quelle due mila pezze con i loro capi giorno, e notte fenza intermiilione di quelle, a fegno che di ciafcuna pezza ufcivano 100. canne il porno da una profonda, ed ol’cura fpelonca confacrata dalla fuperilhzio* ne di quei popoli alla favolofa Aracne. In quei primi tempi [ credo, che fodero di quella tanto lodata, ed in vano folpirata età dell’ oto ] era in li­ bertà d’ ognuno di tagliare da quelle pezze quella porzione, che gli pare­ va lenza difficoltà nefluna: ma peggiorandoli poi, e corrompendofi quella felicità ignorantiffima del Mio, e Tuo, termini veramente perniziofiffimi, origine di tutti i mali, e cagione di tutte le difcordie , furono da quelle geriti porte alla fpelonca forti, e vigilanti guardie, le quali averterò penfiero di vender la mercanzia, ed in qtiefta maniera comincioflì afar guada­ gno (opra la ricchezza di quel teforo, vendendo a diveiiì negozianti il ius ,

per


DELL' A C Q U E CORRENTI.

209

per dir così, di quelle pezze, a chi d’ una, a chi di due, e a chi di più. Ma quello, che fu peggio di tutto, furono dall’ ingorda avarizia ritrova­ te fottiliflìnie invenzioni per ingannare ancora i Mercanti , che venivano per comprare in l'addetta mercanzia; e renderli padroni, chi d’ uno, chi di due, e chi di più capi di quelle pezze di drappo, e particolarmente furo­ no accomodate ne i più reconditi l’egreti della Spelonca alcune machine in­ gegnose, con le quali ad arbitrio delle guardie fi ritardava la velocità di quei drappi nell’ufcire della Ipelonca, in modo, che quello, che di ragio­ ne doveva avere ioo. canne il giorno di drappo, non n’aveva più che 50-. e quello, che ne doveva aver 400. godeva il benefizio di zoo. (blamente, e così tutti gli altri venivano defraudati della loro ragione, eflendo il Co­ p ta più venduto, ufurpato, e difpenfato fecondo la volontà degli avari ini» niftri; talché il negozio camminava confufamente, fenza ordine, e fenza giuftizia in mo'.lo, che la Dea Aracne Sdegnata contro quelle genti, pri­ vò tutti di quel benefizio, chiudendo affatto con un orribile terremoto la bocca della Spelonca, inpena di tanta empietà, e malizia, nè vaife loro Io feufarfi, con dire, che mantenevano al compratore la pattuita larghezza, e grofiezza del drappo, e che della lunghezza eflendo infinita non fi poteva tener conto neiTuno; perchè il Savio, e prudente Sacerdote della fagrata fpelonca rifpofe, che l’ inganno confifteva nella lunghezza, la quale veni­ va defraudata, mentre fi ritardava la velocità del drappo nell’ ufeita; e quantunque la lunghezza totale del drappo folle infinita, non finendo mai d’ufciie, e però incomprenlìbile; in ogni modo la lunghezza fua confiderata a parte a parte, la quale ufeiva dalla caverna, ed era negoziata, reftava Sempre finita, e poteva edere ora maggiore, ed ora minore, fecondo che veniva ad effer conflituito il drappo in maggiore, o in minore velocità, e foggiunfe di più, che la buona giuftizia ricercava, che quando fi vendeva •una pezza di drappo, ed il dominio di ella, non Solo doveva effere Inabi­ lita la larghezza, e groffezza del drappo, ma ancora fi doveva determina­ re la lunghezza determinando la fua velocità. Il medefimo difordine, e confufione Spiegato inFavola, fegueperappunto in Iftoria nella diftribuzione dell’ acqua delle fontane, mentre fi vendo­ no, e fi comprano avendo riguarda Solamente alle due dimenfioni della larghezza, e dell’ altezzza della bocca, che trasfonde l’ acqua, e per rime­ diare a un tale inconveniente è neceflario Stabilire ancora la lunghezza nella velocità : imperocché mai lì potrà formare concetto nell'uno della quanti­ tà del corpo dell’ acqua corrente con ledue dimenfioni fole della larghezza, ed altezza Senza la lunghezza. Ed afìinchè tutto fi polla ridurre ad una pratica faciliifima, con la quale fi potranno e vendere, e comprare le acque delle fontane, giuftiflìniamente, e con miiure elquifìte, e fempre confanti. Debbefi prima efaminare diligentemente la quantità dell’ acqua, che tra­ sfonde tutto il condotto principale in un determinato tempo, come fareb­ be d’ un’ ora, di mezza, ovvero di altro minore intervallo dì tempo { ed io ho un modo fquifitiilìmo, e faci! ¡(Omo di farlo ) e ritrovando noi, che tutto il condotto principale trasfonda, v. gr. mille barili d’ acqua nello Spa­ zio d’ un’ ora : dovendoli vendere parte di quei!’ acqua, fi doverà vendere non già con le mil'ure ordinarie, e fallaci, ma fi doverà fare il partito con 1’ obbligo di dare, e mantenere al compratore io ovvero 20 o altra quan­ tità di barili, conforme all’ accordo nello Spazio d’ un’ ora, ovvero d’ altro determinato, e liabilìco tempo. E qui aggiungo, che quando fi fiaper pren­ dete relbluzione di fare un taleaggmftamento, ¡ometterò un modo di par­ li?». L O tire,


2 io D E L L A MISURA tire, e mifurare il tempo con minuzie tali, che fi potrà dividere lo fpazìo d’ un’ ora in 4. e 6. e 8, mila parti fenza un minimo errore : il qual modo mi fu infegnato già dal Signor Galileo Galilei, primo Filofofo del Sereniffimo Gran Duca di Tofcana, e mio Maeftro, e quello modo fervirà facil­ mente, e mirabilmente al propofito, e bifogno nollro a fegno che fi potrà fapere precifamente quante fogliette d’ acqua trasfonderà una fontana in un dato tempo d’ ora, meli, ed anni; e con quello modo fi potrà ftabilire una fiflola, che fcarichi in un dato tempo una data, e determinata copia d’acqua. E perchè refperienza quotidiana ci moitra, che le fcaturiginì delle fon­ tane non fi mantengono fempre ricche, ed abbondanti'iHaqqua egualmente; ma in alcuni tempi crefcono, in altri fcemano, il quale accidente potrebbe partorire qualche difficoltà nella nollra diilribuzione: pertanto, acciò fia levato ogni minimo fcrupolo, crederei, che folle ben fatto accomodare un bottino fecondo il bifogno, nel quale fempre traboccane una ilefla quan* tità d’ acqua, la quale non fede maggiore di quella, che trasfonde il con­ dotto principale ne’ tempi afeiutti, e che le fontane fono fcarfe d’ acqua, affinchè in quello bottino fi mantenga l’ acqua fempre in un modo- Poi al bottino così aggiullato fi vadano mettendo le fillole de’ particolari, a’ qua­ li fi vendono dalla Reverenda Camera Apofiolica, conforme a quanto si è notato di fopra, e quella quantità d’ acqua che fopravanza, fi faccia traboc­ care in altro bottino, nel quale fiano collocate le fillole dell’ acque pubbli* che, e di quelle, che fi doveranno vendere di mano in mano,* ed in quello modo ordinato che farà il negozio, farà parimente rimediato alli tanti difordini, che feguono continuamente, de i quali per brevità ne voglio no. tare quattro fedamenteper benefizio pubblico, ed anco privato, come quel­ li, che mi fono parmi più enormi, ed intollerabili. Il primo difordine è, che nel modo comune di mifurare, difpenfare, e vendere Tacque delle fontane, non s’ intende nè da chi vende, nè da chi compra quanta fia veramente la cofa, cheli vende, o che fi compra; nò io ho mai potuto trovare nelluno nè Ingegnerò, nè Architetto, nè Pe­ rito, nè altri, che mi abbia faputo difeifrare, che cofa fia, e quanta fia un’ oncia d’ acqua, odue, odieci, &c. Ma nelnoflro di fopra fpiegato mo­ do di dilpenfare l’ acque delle fontane, s’ intendebenilfimo la vera quantità dell’ acqua, che fi compra, o fi vende, cioè che ella è tanti barili T ora, tanti il giorno, e tanti in capo all’anno, &c* Il fecondo difordine, che feguedi prefente nella diilribuzione delle fon­ tane, è che governandoli ¡1 negozio, come fi governa, reità in arbitrio d’ un vii muratore di levare a uno indebitamente, e dare ad un altro ingiultamente più, o meno acqua di quello, che li perviene di buona giuilizia: ed io n’ ho villi efempi in fatto. Ma nel nollro modo di mifurare, e diltribuire Tacque, non fi può commettere fraude nelìuna, e dato il cafo, che fi commetta, è facililfima cofa ccnofcerla, ed emendarla, con ricorrere a’ tribunali competenti. Terzo interviene bene fpefio, ( e n1 abbiamoefempi antichi, e moderni ) che difpenlandofi l’ acqua nel modo ordinario, e volgare, viene alle volte difpenfara più acqua di quello, che farà in Regiftro, nel quale faranno re* gillrate, come dicono, dugento once, v. gr., e ne faranno difpenfate dugento cinquanta, e più once. La qual cofa intervenne al tempo di Nerva Imperatore come fcrive Giulio Frontino nel fecondo libro che fa D e A(iu<tduiìibus U riis R o m a , dove nota , che aveva in Commentants, 12755quinarie d’acqua, e poi in e ro g n tm e trovò, che ne difpenfava 14018. qui­ narie .


b E L V A C Q U E CORRENTI .

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narie. E Umile errore ha continovato, ed è in ufo ancora modernamente fino a’ nodri tempi. Ma fe farà olTervata la noftra regola non s’ incorrerà in tal difordine» anzi farà fempre d3 to a ciafcheduno il fuo, conforme al fannflì no fine ¿’ ogni buona giuftizia, la quale dat unicuique quod fuum efi. Quarto è manifefto, che è in odio, ed abominevole alla Maedà Divina, Po>i,iut, & pondus , menfura, i r m enfura, come dice lo Spirito Santo per bocca di Salomone ne i Proverbi al Cap. :o. Pondue , i r pondus, menfura, i r m enfura , utrumque abominabile ejì apud Deum . E per tanta chi non vede, che il moda di partire, e mifirare l’ acque correnti comunemente tifato è efprefiamente contro, la legge di Dio? Poiché in elTo la (leda mifura alle volte è maggiore, e alle volte minore? Dilordine tanto enorme, ed efecrando, che ardirei dire, cho per quello rifpetto folo doverebbe edere condannato , e proibito ancota per legge efpreda umana, la quale ordì» nade, che inquello negozio b adoperafl'e il noftro modo, ovvero più el'quifito, e praticabile, nel quale la mifura fi mancenede fempre d’ un tenore collante , e determ nato come facciamo noi, e non fare come ora è Pond u i, i r pondus, m enfura, i r m enfura,

E quello è quanto ho voluto rapprefentare a V S. Tllullrifs e Reverendifs per obbedire a'Tuoi cenni, riferbandomi a dare più minuto conto di quello mio penderò, venendo Toccafione di ridure alla pratica così fanta, giuda, e necedaria riforma della Mifura dell’ Acque correnti, e del­ le fontane in particolare: la qual regola potrà ancora edere di grandiflìma utile nella divifìone dell’ acque maggiori, per adacquare le campagne, e per altri ufi, e le fo riverenza, Roma in S, Califto li 1 2 . d’ Agollo ì ó j p . DiV. S. III., e Rev. Dev. ed Obb ServitoreD

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Benedetta Camelli A bb. Caffiti*

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TRATTATO DELLA DIREZIONE

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Filòfofo, e Mattematico del SeremJJìmo Principe di Tofana» / * * « « - '* # > *• tr^

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P R O E M IO D ELL’ AUTORE A' B E N I G N I L E T T O R I . 0 P 0 una lu n g a , e a tten ta con fid erczion e d eg li effetti ro v in o ji de' fiu m i , e d e’ r ip a r i , ch e fo g lia n o com unem ente o p p o tfi loro p e r d ife n d er le cam p ag n e ad iacen ti d a lle in on d az ion i, p a n n i ( /’ io non m ’ in g a n n o , o C ortefi L e tt o r i ) d ’ a v e r ritro v ato i v e r i m odi non p u re d i rim ed ia re con av tifìcj molto f a c i l i a ' d an n i d i efifi, ch e fo n o g r a v i (fim i , e co n tìn u i, m a an cora le i eg o le d i b en e in d ir iz z a r e il cor fio lo ro , e accom odargli aliti n a v ig a z io n e . 1 m ez zi p e r eon feg u ire q u eflì fin i fo n o m olto d i . v e r f i da q u e l l i , cb e fo n o f i a t i ufiati f i a' o r a : on de io ben com ­ p ren d o q u a l g iu d iz io n e don erà effer f a t t o , flim a n d o fi com unem ente p ru d en z a P o d e . r ir e a lle co fie, cb e fo n p ia c iu te a ’ n o fiii m a g g io r i, e cbe d a l /¡¡p er lo r o , e d a lla lun­ g a fiperienza fon o fia te a p p r o v a te . E p e r lo co n trario è rip u ta ta le g g e r e z z a i l Infi­ c ia r f i lu fin gare d a lle p ro m effe J p e c ì o f e , le q u a li s ' allontanano d a lla v ia co m u n e , a b attu ta , p e r en tra re in un’ a ltra non p r a t ic a t a , e d efp ofta a m ille p e r ic o li , e d i f ­ f ic o lt à M a ciò non oftante f i fo n p u r e in ogni tem po ritro v a te c o fe n u o v e , le q u a . l i ne’ p rec ed en ti fe c o l i non foto p a rev a n o in c r e d ib ili, ma con g ra n d ifip rez z o , e derifion e d a p rin cip io eran o r ifiu t a t e . P a rev a co fio im pojfibile , che ta v afta m ole cP un g r a n n av ilio p oteffe effer d ir e t t a , e g ir a ta fiin z ' a d o p era r m olte m a cch in e, e f o r z a g ra n d e , e p u r e un d e b o i fan ciu llo m ovendo J e m p ii cernente la tav ola d e l tim o n e, r i ­ v olta un vaficello dovunque et vu ole , C h i m ai f i f a r e b b e in dotto a c r e d e r e , cb e la m cdefim a n av e p o teffe fp ig n e r fi v elocem en te p i m a r e , fienza lo sfo rz o d i numero f a ciu rm a a p p lic a ta a m u overe i r e m i ? E p u re v i f a , ch i fienza f a r e s fo r z o ninno f e p p e / p i g t e i l a n e ll'a lto p e la g o co n d is t e n d i e una fiem plice t e l a , e flan d ofi egli a f e ­ d e r e ebb' a r d ir d i f e r v i r f i d ella g r a n f o r z a d e l v e n to , come d i fichi avo rem ig a n te, con m ae Siria t a l e , cb e c o l m ede fim o vento p oteffe f a r v ia g g i-co n tra ri • Q u a l co f a in n atu ra p iù tr e m e n d a , e meno in im ita b ile f a g ia m m a i v edu ta c b e H fu lm in e i N ien ­ tedim en o dopo i l co r f a d i tan ti f e c o l i riuficì all' uomo con p o c a p o lv ere acce f a , non fo la m e n te fo rm a re i l tu o n o , m a ag g u a g lia r p ercu o ten d o l eccejfiva v io len za d e l f o l ­ g o r e . M a non trov erei la fin e d e ! m io d ifcot fio , s ’ io v oleffi a r r e c a r e fim i g itan ti e¡em ­ p i i , n e’ q u a li f i vede P tudu firia , t la p e r fp ic a c ia dell' ingegno umano efferfi fa p u ta v a lere d elle f o r z e g r a n d i , cb* ella non h a , e d elu d ere ( p e r cosi d ire ) la n atu ra filefi­ f a , adoperan do lapo/fianza dell' a c q u a , d ell a r ia , e d e! f u o c o , com e d i fu o i m iniftri a p p lic a ti a fiervirlo offeq u io ja m en te, Una fim i l co f a , fiim o i o , p o te r fi fa r e intorno a' fiu m i, d a ch i fiaprà v a ler f i artificiofiam en te d ella g ra n f o r z a l o r o , neceffitandogli a d o p era re in m a n ie r a , cb' e * non p ' fiin o , nè voglian o ro m p ere g li a r g in i, e inondar le ca m p a g n e. L e qu ali cofie, f e io averi) c o n f g u i t e , fiim e r à di non av ere im piegato i l tem po in utilm ente in qu efta fip ecu laz ion e, d a cu i cosi g r a n benefizio può rifinitar e . L aon de an corché io p ropon ga cofie m olto fipeciofie , e n u ove, non è g iu fio , cbe a l­ la b e lla p r im a fien za cjfere in tefo io f a d e r i f o , e d i [ p r e z z a t a , come p rom u lg ator d i

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46.

cofe impofffbìli, Chieggo adunati? olia voffra benignità, che quella min fcrittu ra fia le tta p rim a , ch’ io fia condannato ,• dimandane in g iu jla , nè difficile ad impetrarf i , perche in fin e poco perdimento di tempo ricerca un'O pera cosi b re v e , e non leg­ gendola s ' incorre in pericolo di f a r torto alla v e rità , d ' aggravar la propria cofeien z a condannando le cofe, fenza fapere s'elle fien degne d i biafim o, e di defrau­ dare i l zelo del Pren cipe , ed i l bene del pubblico , i l quale patìfee tante fp e fe , e tan­ t i danni dalle inondazioni de’ fiu m i. Non f i ammetta ( v i prego ) p er Jufficiente confutazione quello, eh' io m'. a ffetto , che fia per d iffid a i vo lgo , cio è, che la p r a ­ tica in quefi’ affare d ell' acque , e de'fium i fia di gran lunga fu p erio re alle fpecula­ zio ni , ed alla Teorica. Imperocché tutto quello, che f a , e che fa di buono la p r a ­ tic a , tutto è fon da to , dimostrato, e infegnato prim a dalla Teorica) e tante belle operazioni, che fanno g li Abbachi I l i , g li Architetti, e gV Ingegneri, altro non f o ­ no , che m aravigliofi p artì dell’ A ritm etica, e della Geom etria, le quali dopo tante loro v ig ilie , e/u d o ri mepero nelle mani de' meccanici bello, e fm a ltito , quanto efft fanno molte volte fenza pur fapern e i l perchè. Onde fovente addiviene, che alcuni pu­ r i p ra tici non intendendo a chi debbano faper grado di tanti ingegnofi fin im e n ti, e fottilijfim e operazioni, fono ingrati verfo le M atem atiche, e quelle Bim ano, ect afierifeono in u t ili, ne s’ accorgono di f a r contro a f e fteffi, mentre condannano quel­ le feten z e, che a loro,fu ro » maelìre , e da cui /’ a rti loro ricevettero i fondam enti, e 'I principio . Non f i difprezzi adunque quefia mìa invenzione circa i ripari d e 'fiu ­ m i, nè per effer nuova, perchè tutte le cofe fu ro n nuove una volta, nè p e r effet auffa in luce dalla Teorica, e donata alla pratica , perchè a quella fo la appartiene f inventare , e fpecular cofe nuove in quefio genere con fondam ento, ficcarne a que­ f i a T applicarle, e metterle in ufo p er benefizio d e l Mondo . Conchiudo pertanto , che f i legga attentamente quefia breve fcrittu ra , prim a di fulm inare i biafim i, e le derìfioni contro a ll' Autore d i efia : perchè io poi / p e r o , che f evidenza delle ragio­ ni , con le quali ella è pro va ta, dovrà perfuadere qualunque non appaffionato, che f i compiaccia accuratamente vederla . Che però non fidamente prego , ed eforto, ma ancora metto a fcrupolo a chi s' appartiene , che la vegg a, e la conffderi per fe rv izio del P rin cipe, e per bene d e'p o p o li, a l quale tutti fiamo obbligati . Se V inven­ zione da me propojla prim a bene intefa , e poi ben praticata partorirà quel gran giovamento , eh' iofpero , /limolerò me fiefio con la felicità d e ll' evento a ricercar più attentamente, p erfezion are, e quando chefia , proporre alcun' altre fpeculazioni nel­ la Beffa materia dell' acque, e fpeziaìm ente i rimedi tanto ricercati p er le inonda­ zioni del T evere, e per la Laguna di Venezia, affine d i liberare dagl" imminentipe+ ricoli quelle due famofe C ittà , Reine della T e rra , e d el M are. Ma ritornando a noBra m ateria, prima cP entrar nel difeorfò debbo a v v e rtire , che e/fendo fa tta que­ fia fcrittu ra non fo la p er i p iù intendenti, e p e riti nelle feien ze M atem atiche, e Filofofich e, ma ancora p e r render capaci i fem plici Ingegneri, i quali talvolta p e r ­ turba l ' entrare nelle fpeculazioni Geometriche, che pur fon neceffarie per foddisfar e agl'in gegn i elevati; debbo { dico ) a v v e rtire , che g l'In g eg n e ri p ratici potran­ no delle dimo/lrazioni po/le in quefio Trattato contentar/* folo delle propofte, e delle conclufioni già B a b ilite , e continuar la lettura di tutto i l rimanente difeorfo. E i M atem atici f i compiaceranno dì to llerare, trovandoli, alcuni vocaboli im propri, e nuovi nelle fe ien z e , maaffai appropofito p e r la materia p ra tic a , e p e r chi dee ope­ r a r e . Vivete f e lic i ,

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TRATTATO della

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d irezio n e

F I U M I

Nel quale fi dimoftrano da’ fuoi veri principj i modi più fica« r i, e meno difpendiofi di riparare a’ danni, che foglioiio farfi dall’ acque. D I

D. F A M I A N O

MICHELINI

Fihfofio, e Maitematico del Sereniamo Principe di Tofcana. «osso» CAP.

«©§§a* I.

Delle cofe , che debbono JupporJì, e premetterli per perfetta in* telligenza della forza de' fiumi, e della robuftezza de* loro ripari. Sfendo mia intenzione trattar brevemente del modo di riparare a’ danni, che fogliono apportare i fiumi alle Città, e alle campagne adiacenti-, nel primo luogo, conforme richiede il metodo dottrinale. recheiò al­ cune fuppofizioni evidenti al fenfo, e poi dimoftrerò alcuni Lemmi neceffarij per.la chiara intelligenza del­ le cole, che s’anno a trattare. f0 I. Primieramentefuppongo, chela _ ~ ^ - . da alla maggiore. II. Secondo, che l’ acqua, come qualfivoglia altro corpo grave abbia facoltà di muoverli, e fpignerfi verfo il centro della terra, la qual facoltà comunemente fi chiama gravità. III. Terzo fuppongo, che tal difcefa dell’ acqua in quanto grave, e lo sforzo, ed impeto di difcendere fi farà per la via più breve, la quale farà la diritta perpendicolare alla fuperficie orizzontale della terrai ma venen­ do

rza minore


D E L L A D I R F Z r 0 N E 2 18 do impedita da qualche aftacolo farà ella ad ogni modo sforzo per c®n* durfi da un luogo più alto ad un ballo per la via più breve, e più ripida, cioè per quella , che più s’ avvicina alla breviffima, cioè alla perpendico­ lare (opra la l'uperficie orizzontale. Come perefempio, effendo B C » pia­ Vedi no dell’ orizzonte, l’ acqua, e qualunque grave coftituito nel punto JubltF ig . I. me A , dal quale per più vie può condurfi, e cadere fopra il detto piano orizzontale per 1’ À B perpendicolare aquello , o pure peri’ inclinate A C.» e A D, delle quali rutte ella fcerrà la perpendicolare A B, come brevnlima, e ripidilfima fra tutte 1’ altre, ma quando ella ila impedita dalla du­ rezza di qualchepiano inclinato all’ orizzonte, caderàper una linea retta col­ locata nel piano verticale al piano dell’ orizzonte, e fcerrà fra tutte le vie inclinate l’A C, come più breve della più remota A D, e come più prof­ uma alla perpendicolare mentre coftituilce l’ angolo acuto C A B minore dell’ angolo D A B. Dalla qual figura fi comprende, che fe due triango­ li averanno la medefima , o uguale altezza per uno de’ lati intorno ad un angolo eguale, o comune, ma l’ altro latomaggiore dell’ altro lato intornoal medefima angolo, quello, che averà maggior lato, averà anco maggior angolo oppofto a detto lato di quell’ angolo oppofto al lato minore. E fia la (bella figura A B C D» che intorno all’ angolo medefimo B vi fia 1’ al* rezza comune A B; ma nel triangolo A D B il lato D B è maggiore del lato C B nel triangolo A C B, onde facilmente fi deduce , che 1’ angolo D A I ! del triangolo D A B oppofto al lato D B è maggiore dell’ angolo C A B nel triangolo C A B oppofto al laro C B, e quefto perchè il tut­ to è maggiore della fua parte. Ovvero efiendo 1’ angolo A C B ellerno maggiore dell’ interno, ed oppofto D verrà, per la 32. del primo, L’angolo D AB maggiore dell’angolo C A B, il che è Tempre vero ancorché l’ an* golo B comune non fufle retto. Supporto quefto, paflo a dimoftrare, che fe un grave farà collocato fo­ pra un piano inclinato al piano dell’ orizzonte , egli fcenderà fopra di quel­ lo per la retta linea, che farà perpendicolare alla comune lezione di detti due piani • F ì g . //. Sia il piano elevato A B C D, il quale incontri il piano dell’ orizzonte O H C D, e fi leghino l'cambievolmente nella retta lìnea C D. Porto poi qualunque grave nel, punto E fubliine del piano inclinato, dal quale cafchin0 le rette linee E F, E C> E D, delle quali la fola E F fia perpendico­ lare alla C D . Dico ora, che il grave dal punto E (correrà fopra il piano A C per la retta linea E F, e non mai per la E C, o per la E D. DhrioCalchi dal punto foblime E la retta E G perpendicolare al piano dell’ Jlru z io . orizzonte, che l’ incontri in G, e congiunganfi le rette linee FG, CG, G D. tte. Prima perchè la E F è perpendicolare fopra la C D, adunque nel triango­ lo E C F la retta E C oppofta all’ angolo retto, e però maffimo di tutti gli altri, farà maggiore della F E; per la medefima ragione la D E farà maggiore della (Iella F E, e però la F E verrà a elier la minore di tutte quelle vie, che dal punto fublime E per lo piano inclinato arrivano fino al piano orizzontale. Proverò appreso, che la F E fia la più vicina alla perpendicolare E G eretcaalpiano dell’ orizzonte, e la più ripida di qualfivoglia altra, perchè la retta linea E G fu tirata perpendicolare l’opra il piano dell’ orizzonte O H C D, adunque la ftefia E G farà angoli retti con le due F G, C G, che fono-nel piano l'oggetto, e concorrono con elio lei in G. Per la cjualcola nel triangolo E G Ì farà il quadrato di E F eguale a’ due quadrati infieme prefi delle rette E G, G F. Ma nel triangolo rettangolo E F C il quadra­

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n E Ìll’ at?golo retto F , verrà ad effere eguale a’ quadrati r> c • r * e 3 E E> c‘°è a’ tre quadrati della C F, dell’ F G , e della V P re£u Finalmente nel triangolo E G C il medefimo quadrato delia L, E oppoito all’ angolo retto G , verrà a effer eguale a’ quadrati deli? c >>’ ™ E infieme prefi. Laonde i tre quadrati infieme delle C r , F G, G E faranno eguali a’ due quadrati dalle C G, G E, toltone via il quadrato di E G comune, verrà a rimanere il quadrato di C G eguale a* due quadrati delle G F, ed F C. Per la qual cola 1’ angolo C F G farà ietto, e pero il lato C G, che lo futtende, farà maggiore del lato F G. Avendo dunque due triangoli rettangoli E G F, E G C l’altezza E G co­ mune, ma il lato G F minore del Iato G C, farà 1’ angolo F E G minore dell angolo ^ E G, e così di qualunque altro D E G; e però I’ inclinata E F fara più vicina alla perpendicolare E G, che non è la E C, e così di qualfivoglia altra E D; e fono tali angoli de’ piani perpendicolari a quel dell' orizzonte, poiché tutti paffano per la retta E G; adunque la E F è via più ripida, e pendente, che non è la F, C, o qualunque altra E D. E'dun» que manifefto, che la E F perpendicolare alla C D è la più breve, la più vicina alia perpendicolare E G, eretta all’ orizzonte, e la più ripidadiquante fe ne poifano tirare dal punto E del detto piano fino all’ orizzonte polla nel piano F E G perpendicolare almedefimo orizzonte. Potendo dunque il grave coilituito io E lcorrere per la fuperficie inclinata A C fino al piano dell’orizzonte H_D, benché .egli polla condurvi per più vie, non lafcerà giammai la brevimma, e più ripida F E, per condurvi!« per le vie più lunghe, e meno vicine alla perpendicolare, e meno ripide in virtù della fuppofizione fatta. Sicché è manifefto quello, che fi propofe. Ora per l’ avvenire la via breviluma, e più ripida di quante fi poflàno fare in un piano inclinato all'orizzonte, qual fu la E F, chiamifi la ziDiffitti* VIA DELLA SCESA, la quale farà coftituita in unpiano verticale, o per­ otti. pendicolare all* orizzonte, e quello chiamifi piano della fcefa. Notili ancora, che la G F comune fezione del piano verticale, e dell' Corol. I. orizzonte viene a effer Tempre perpendicolare alla medefima C D, comune fezione del piano inclinato A C, e dello Hello orizzonte. E però la comune fezione D C del piano inclinato, e dell’ orizzontefarà Coro!. Tempre perpendicolare al piano verticale F G E, chepaffa per le due E F, II. F G. Sìa finalmente il piano del rettangolo A B C D inclinato al piano dell’ orizzonte E F G H in maniera che il Iato A B ila più alto, e follevato, F ìg , 111. che non è C D, ma il Iato A D lia più alto, che non è I’ oppoito C B, dico che la via della fcefa in detto piano non farà perpendicolare a niuno de lati opponi del parallelogrammo rettangolo A C, ma farà angoliobliqui con qualli uà di elfi. . Da’ punti fublimi A, B, D cafcliino le A L , B N, D M perpendicolati al piano dell orizzonte E G, che l’ incontrino ne’ punti M, L, N, e per­ chè tutto il lato A B è più elevato, che non è l’oppofto D C, adunque il punto A farà piùelevatodall’orizzonte, che non è D, e però la perpendico­ lare A L farà maggiore della D M . Làonde la retta linea A D prodotta concorrerà finalmente col piano dell’ orizzonte E G nel punto O verfo le parti D. Poi perchè iliaco A D è più elevatofopra l’ orizzonte, che non è P oppoito B C, adunque il punto A farà parimente più elevato, che non è il punto B, e però la retta linea A B prodotta concorrerà anch’ ella col pia­ no dell’orizzonte in qualche luogo verfo le parti B, come in P- Oraperchè i due punti O, P, fon collocati in ambedue i piani dell’ orizzonte E G, e dell’


210

della

direzione

dell* inclinato B D, adunque faranno podi nella loro comune fezìon|-, I* quale faràuna linea retta O P, e quella Segherà il rettangolo D B P° medefimo piano elevato nella retta I K la quale verrà a formar un «»angolo rettangolo con i due lati O A, A P: e perchè 1 angolo A è re » ranno nel triangolo A O P i due angoli rimanenti O, P acuti; e pere randofi dall’ angolo retto A la retta linea A R perpendicolare iupra rt Uto O P, verrà ella a cadere dentro il triangolo, e perciò fata angoli acuti con ambedue i lati D A, A B. Ma è la retta A R la via della fcefa nel piano elevato i) B, poiché ella è perpendicolare alla O P comune lezione piani, dell’orizzonte E G, e dell* elevato D B, adunque la via della leela. nel piano D B viene a fegare ad angoli acuti ciaicuno de lati U A» « e i Suoi oppoiU: il che bifognava dimoftrare. CAP.

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Della fo r z a , eh' è necejfaria per ritener V acqua Stagnante*

E

Manifeilo, che l’ acqua ritiene mai Sempre la sturai Sua graviti, in virtù della quale fa forza per condurli verfv> il centro della terra, dove tutti i gravi anderebbono, fe non fodero impediti, fc tal. forza, oinftinto di condurli al centro fi elercita, benché u grave uà conflitti! to in quiete, come è manifefto al fenfo. Ma perchè l acq.ua è u corpo fluido, che fi Sparge da per tutto verfo le parti inferiori,, e co a erali, è necefiario determinare veriò qual parte ella efercita: la maUnni forza della fua gravità; e perchè la forza dell’ acqua non in una loia ma­ niera , e con una fola direzione fi efercita, quando i vali-, ne quali e contenuta fieno di varie, e differenti figure, però dovendo oliervare il meto­ do dottrinale, confidereremo nel primo luogo ivafi , o vivai di figura parallelepipedo, o di cilindro rettangoli, la baie, o fondo de quali fieno cerchi, oquadrati, e fieno coftituiti paralleli al piano dell orizonte; ficchè le Sponde di detti vali vengano a effere perpendicolarmente elevate lopra il fondo, o piano dello fragno , e dell’ orizzonte. Sia egli ripieno d’ ac­ qua (lagnante. Dico , che rimofli tutti gl’ impedimenti accidentali, cioè L agitazione dell’ acqua fatta dà’ venti', o da altra cagione, e i alprezze del­ le Superficie interne dell' alveo, gli argini faranno piccoliflima forza per ri­ tener detta acqua in comparazione di quella, che doverà fare il fondo. Intendali il piano A B efler’ inclinato al piano dell’ orizonte B C. e l’al­ Dirno- tezza, ofublimità di quello perpendicolare all’ ideila orizzontale, fia l A C* Appoggili poi iopra il piano inclinato A B il folido grave D, il quale fig f i r azio­ denfo, o pure fe è fluido1fia ritenuta in una cafletta;. è manifefto per gli ne. Fig. IV. elementi meccanici, che il pelo totale, ©afioluto del folido D al momen­ to ch’ egli efercita in detto piano inclinato, ha la (Iellaproporzione che la lunghezza del piana A B alla fua elevazione perpendicolare A C, in ma­ niera che lei’ A lì fofle doppia dell’ A C, * il folido D pefafle in aria due libbre, farebbe egli in tal fito forza per una libbra Solamente, e cosi chi volefl’e con la mano, a con un argine E F foftenere la caduta, o precipi­ zio del Solido D per detto piano inclinato, non averebbea fare altra forza, che per una loia libbra, eflendo aiutato in quello cafo dal piano A B, il quale in gran parte loftiene il grave, che fa impeto di condurli al centro per una linea perpendicolare all’ orizzonte B C. Intendali ora Sollevarli il


DB

FIUMI.

mi

piano A B eircolarmente intorno all’ infimo fuo termine(labile B> come ¡a B G, e B I , anderà mai Tempre crefcendo la fua elevazione perpendicola­ re G H nel triangolo rettangolo H B G, e così fucceSvamente il momen­ to del fohdo D per lo detto piano anderà crefcendo, imperocché Tempre più, e più fi fa minore la proporzione dell’ A B , o B Gali’ H G, cioè quella del pefo afioluto del foltdo D al fuo momento . Per la qual cofa il fondo , oriteguo E F, verrà Tempre a far forza maggiore, e maggiore per impedire il precipizio del folidoD, fopra il piano A B. Di quìèmanifefto, che Te il piano A B fi condurrà in I B ad efier perpendicolare fopra il piano dell’ orizzonte B C, allora converranno infiemeil lato A B , e la perpendi­ colare A C, cofìicuendo una fola linea B I, e la bafe B O del fopraddetto triangolo , verrà a efiere unpuntofolo : e perchè la proporzione del pefo to­ tale di Dal momento, o forza, ch’ egli efercita in tal piano elevato, ila come 1’ A B, o pur B I , alla l O, che è eguale a fe medefima, adunque il momento, o forza, che efercita il grave D aderente al piano I B, quan­ do egli è perpendicolare all’ orizzonte B C, è eguale al fuo pefo aflbluco, e totale. Per la qual cofa.il fondo, o ritegno inferiore E F non potrà impe­ dire la caduta , e precipizio di detto folido, fe non fe li oppone con altret­ tanta forza, cioè con refiilenza eguale ai pefo afioluto, e totale del D, il quale, benché fia fluido, egli è pure un grave, che efercita il fuo impeto nel centro della Tua gravità, non meno, che fe fuffe un cubo di enfiali©. Ora le egli è vero, che il fondo, o ritegno E F deeefercicare forza eguai le al pefo afioluto del grave D, non è poSbile, che per Io contatto còl-; laterale del piano! Bperpendicolare ali’ orizzonte patifea loilefio piano com­ presone alcuna da detto grave, perchè fe ciò fofle vero, oltre alla refi« ilenza totale, che fa il fiondo F E, vi farebbe anco quella del piano col­ laterale I B , che fra tutte due infieme farebbono una fomma maggiore del pefo del folido D, e così un grave di due libbre peferebbepiùquando egli è appoggiato ad un piano perpendieolare all’ orizzonte, chefeegli pendeffe per l’ aria libera, la qual cofa è impoffibile. Figuriamoci ora il grave D e& ièr l’ acqua d’ un vivaio aderente ad una delle iponde A B perpendicolare all’ orizzonte: èmanifeftoper le cofe dette, che il fondo E F refifte con­ tro tutto l’ impeto, e compresone, che fa detto grave, nè molto rimane alla fponda A B, e quella fi dee intendere rimoflì tutti gl’ impedimenti»; fra i quali volendo annoverarvi quello, che dipende dalla divifione, e difpofizione delle parti, che compongono un fluido, quale è l’ acqua, pare ad alcuni, che guefte polle in un vaio, mentre premono in giù, toccando» e appoggiandoli a quell’ afprezze collaterali, vengano afar forza a guifa di biette contro gli argini collaterali, dal che ne fegue, che altrettanto deb­ ba feemare la cómpreSone contro il fondo del vaio. Ma quando quella li conceda, per non efier quello luogo da efaminare fi fatte fottigliezze, e’ fi vede, che farebbe poca cofa: poiché ne’ cannellini di vetro fottili il con­ tatto collaterale dell*acqua con la fuperficie interna, non proibifee la cadu­ ta, fe non ad alcune gocciole d’ acqua piccolilfime, e le maggiori tutte ca­ dono, e fi precipitano per la bocca inferiore del cannello. 'Relli dunque inabilito, piccola efier la forza, che dovranno far le fponde del vivaio, in comparazione di quella maSma, che dovrà far il fondo, contro del quale fi elercita lo sforzo, che fa il fluido foprailante, per condurfi al centro della terra-, verfo dove naturalmente fi muove, nongiàverfo i lati orizzon­ talmente. Fer confermazione delle cofe dette fin qui, e per capacitare le perfone, che non avefiero pratica delle dimoftrazioni meccaniche, piacemi venire ; !. ad


D E L L A

D I R E Z I O N E

ad un a ltra p r o v a , im m e d ia ta m e n te d ip e n d e n te dal f o l a p r in c ip io a t a t t i n o tiflì.m o , c h e le m a t e r i e te r r e f t r i te n d a n o l o la m e n t e a l c e n t r o d ella t e r r a » n è a b b i a n o a l c u n a p r o p e n f i o n e ai m o t o t r a l v e r l a l e , o o r i z z o n t a l e » C o n f i d e r i a m o d u n q u e i v a f i , o v i v a i , c o m e fi e d e t t o d i f o p r a , d i f i g u r a d i p a r a l l e l e p i p e d o , o d i c i l i n d r o r e t t a n g o l i , il f o n d o d e ’ q u a l i f i e n o c e r c h i , o q u a d r a t i , e f i e n o c o f l i t u i t i p a r a l l e l i al p i a n o d e l l ’ o r i z z o n t e , e fia il v a f o r i p i e n o d ’ a c q u a { l a g n a n t e . D i c o o r a , c h e g l i a rg in i f a r a n n o p i c c o l i u i m i f o r z a p e r r i t e n e r d e t t a a c q u a , in c o m p a r a z i o n e di q u e l l a , c h e d o v r à f a r e i l f o n d o ’ , e f e m i f o l l e l e c i t o a l l u n g a r m i in q u e l l a m a t e r i a , , q u a n t o i o v o r ­ r e i , f o r f è p o t r e i d i m o f t i r e , c h e la p r o p o i z i o n e d e l l a r e l i f t e n z a d e g l i a r g i ­ n i a q u e l l a , c h e d o v r à f a r e il f o n d o , fia q u a f i q u e l l a , c h e h a l a l u p e r f ì c i e a l l o l i d o , c ; o e l ’ i n d i v i f i b i l e a l q u a n t o , o il f i n i t o a l l ’ i n f i n i t o , , m a p e r c h è i l f i n e , p e r l o q u a l e fi a r r e c a n o f o m i g l i a n t i i p e c u l a z i o m , c h e è i l m o d o p r n e o d i r a i l e t t a r e le r o r t u r e , ed o v v ia r e a lle i n o n d a z io n i d e ’ f i u m i , n o n n a b i f o g n o d i c o t a l i f o t t i g l i e z z e , m i b a d e r à m o f t r a r e f i d a m e n t e p i c c o l a e fi­ l e r la f o r z a d e g l i a r g i n i , i n p a r a g o n e d i q u e l l a , c h e d o v r à l a r e il l o n d o p e r f o f i e q e r e l’ a c q u a { l a g n a n t e , in te n d e n d o p e t ò ie m p r e r i m o f f i g l ’ i m p e d im e n t i e d e m i , o a c cid e n ta li. F i g u r i a m o c i d u n q u e , , c h e i l v a n o d e l v i v a i o fia t o t a l m e n t e o c c u p a t o d * U n l o l i d o d i c r i f t a l l o , o d i g h i a c c i o f i m i l e d i f i g u r a al v i v a i o : p e r c h è d u n ­ q u e tal p e z z o d i c r i f t a l l o , c o m e m a te r ia t e r r e f t r e , te n d e v e r t a il c e n t r o d e l ­ la te rra ,, ed a q u e llo n o n im p e d ito d al fo n d o d el v iv a io a n s e r e b b e p e r l i ­ n e a r e t t a , e p e r p e n d ic o la r e a lla lu p e rfìc ie d el v iv a io ,, n è g ia m m a i tc a fv e r* f a c è n t e v e r l o g l i a r g i n i n o n a v e n d o p r o p e n f i o n e a l c u n a al m o t o o r i z z o n ­ t a l e , o t r a f v e r f a l e , a d u n q u e c o t a l m a f ia di c r i l t a l l o , o di g h i a c c i o t r o v a n ­ d o il f a l ò o f t a c o l o d e l f o n d o , c h e i m p e d i f e e i l f u o n a t u r a i m o t o , , e f e r c i t e r à f q p r a d i q u e l l o il f u o m o m e n t o , p e l a n d o , e f a c e n d o f o r z a , , n è p u n t o I p m g e r à , . o a g g r a v e r à l e f p o n d e , v e r l o l e q u a l i ( c o m e fi. è d e t t o ) n o n h a a l c u n a p r o p e n f i o n e , a v e n d o l a t u t t a v e r f o il f o n d o , c h e g l i p r o i b i f c e a n ­ d a r e v e t f o . it c e n t r o i l e i la: t e r r a . , L a r e f i l l e n z a d u n q u e d e g l i a r g i n i a l l a r e f i f t e n z a d e l f o n d o , è c o m e il l e m p l i c e t o c c a m e n t o . d e lla f u p e r f ic i e d e g l i a r ­ g i n i c o n q u e l l a d e l c r i f t a l l o , o g h i a c c i o » c h e fi c o m b a c i a n o , c i o è c o m e l a f u p e r f i c i e d e g l i a rg in i, i n t e r i o r i d e l v i v a i o a t u t t a la m a lia d e l c r i f t a l l o , o g h i a c c i o , c h e o c c u p a i l v a n o d e l m e d e f im o v i v a i o , in m o d o , c h e la r e f i , f t e n z a d e g l i a r g i n i a l l a r e f i f t e n e a d e l f o n d o , f a r à c o m e la f u p e r f i c i e a l f o l i d o , O c o m e l ’ in d iv ifib d e a l q u a n t o » o fin a lm e n te c o m e il fin ito a i r i n f i n i t o . E q u a n d o fi v o l c l l e a t t r i b u i r e a l f e m p h e e t o c c a m e n t o d e l l e d e t t e l u p e r f i c i e t i f e e , e te rle q u a lc h e r e lif t e o z a , e ’ f i v e d e , c h e fareb b e p icc o lifiìm a cofa in rig u a rd o d e lla / p in ta , o p a lfio n e , c h e p a tilc e i l f o n d o ,

l o p r a il q u a l e

s’

è i e r c i t a l’ in te ro p e lò di d e t t o c r i f t a l l o , o g h i a c c i o . . . I n t e n d a f i f i n a l m e n t e il c r i f t a l l o , o g h i a c c i o r i l c ì u t o n e g l i u l t i m i f u o i c o m p o n e n t i c o l f o n d e r l i , o l i q u e f a r l i , q u e l l i c o m b a c e r a n n o la l u p e r f ì c i e in te rn a d eg li a r g in i,

c o m e p rim a f a c e v a n o ,

ma non

per

q u e llo

a v e ia n n o

m a g g i o r p r o p e n f i o n e d i m u o v e r l i v e r f o di e fiì , e f i è n d o d i v e n t a t o u n f l u i ­ d o ; p e r c h è n o n rim a n e a d é t t o flu id o alrra in c lin a z io n e d i m u o v erli-, c h e v e r l o il c e n t r o d e l l a t e r r a II c h e s’ in te n d e r à f a c i l m e n t e fu p p o u e n d o r i ­ m u o v e r l i i l f o n d o in, u n i f t a n t e , e p r o f o n d a r l i f i n o al c e n t r o d e l l a t e r r a » o f a r f i p e r c o s i d i r e u n p o z z o f e n z a f o n d o fin.’ a g l i a n t i p o d i » d i l a r g h e z z a q u a n ­ ta è q u ella d e l v iv a io . S e d u n q u e c ’ im m a g in e re m o p e r una p a rte q u e ll’ in ­ t e r a m alfa di c r i f t a l l o , c h e o c c u p a v a t u t t o ’ l v a n o d e l v iv a io p a r tir fi c a ­ d e n d o v e r f o il c e n t r o , a n d e r à e l l a l e m p r e m a i f t r i f e i a n d o g l i a r g i n i d e l p o z « o , e f f e n d o u n f o jo lo lid o u n i t o . M a c o n fid e ra n d o

dall’ altra p a r t e

m over­ li i l


®

F

FIUMI

.

223

il liquido, gii alt'ffimì, e innumerahili componenti di elio, non faranno necefficaci nellorcorfoa muoverli tutti con la (Iella velocità, perchè quel­ la moltitudine di minimi, che fcenderà per la linea diftefa dal centro del fondo del vivaio verfo il centro della terra, anderà con la madìma velo­ cità, e quegli altri innumerahili minimi, che fcenderanno per gli angoli, o per gli contorni, fi moveranno conia minima velocità, e così lepiù vicine alla linea di mezzo, farebbero Tempre più veloci delle più lontane, che pe­ rò in tal moto fi formerebbe una figura piramidale, o conica, onde non anderebberoinprogre(Todel moto lambendo gli argini del pozzo, come fa­ ceva la malia del criftallo , ma fe ne dileofterebbero, Dal che fi vede chia­ ramente, che l’appoggio di tal fluido, e per conleguenza dell’acqua fopra gli argini del vivaio è minima cola : ma fopra il fondo è maffima. H

CAP.

III.

Che la forza, del moto dì qualfivogUa corpo mobile può ejlere

impercettibile,

B

Enchè fia concetto comune, che l’acque correnti, in virtù del moto rapido conceputo , acquiftino forza firaordinaria, conlaquale rovi­ nano argini, ponti, ad altri edifizi aliai fiabili, e forti, panni non ederfi perfettamente intefa la natura di tal moto, ftè perchè, o quan­ do polla con tatù’ efficacia operare: poiché fi troverà cafo, nel quale il mo­ to rapididiino di qualfi voglia corpo nonoperi punto più di quello, che fi farebbe, quando non fi movede- Inoltre perchè da quella materia depende la perfetta intelligenza delle cofe più importanti dei foggetto, che io ho pre­ io a trattare, non farà fe non bene efaminare la natura di quelli movimen­ ti con qualche accuratezza. E però io fuppongo primieramente il moto di qualfivoglia corpo altro non edere, che un tranfito del mobile da un luo­ go ad un altro. Secondariamente fuppongo, che vi fieno due forti di mo­ to, uno è quello, che fi fa trafportandofi il mobile attualmente da un luo­ go ad un altro, qual’ è quello degli animali, che fi muovono per la ter­ ra, per l’acqua, e per l’ aria, abbandonando il fito, che prima pofiedevano, e conducendou fucceflìvamente in altri, ed altri luoghi, e quello è conofciuto, e vien chiamato da tutti moto attuale, o progredivo : 1’ altro è, quando fedamente nel mobile vi è 1’ infinito, sforzo, ed energia di muoverli da uno ad un altro luogo: ma per elfer ritenuto, o impedito da un oltacolo contrappofto, pare che l’effetto del moto non fegua, come una gran palla d artiglieria pofata fui pavimento, benché ella abbia quell' energia di condurli all ingiù , è nondimeno neceflirata a fermarli, non po­ tendo rimuovere l’ impedimento del Aiolo, il quale occupa il luogo, dove la detta palla vorrebbe fubentrare, efiendo impoffib.le, che due corpi poflano ilare nel medefimo luogo. Ora quello tale sforzo di muoverli, viene ad effere una cofa di mezzo tra l’ afloluta quiete, e ’I moto attuale, e pòirebbefi chiamare energia, e sforzo di moto piuctofto, chequiete, perchè fi vede mtal cafo, che non vi è lolamente un femplice contatto delle due luperiicie di detti corpi, ma vi fi conoide certa i'pinta tanto gagliarda, ed efficace oltre al contatto, che dà qualche indizio del moto intrinfeco di tutte le parti del corpo, però forfè chiamato grave da’ nofiri maggiori, e niaeltri, benché detto moto non fia manifelto al fenfo. Cavali quello dal vede-


224 D E LL A D I R E Z I O N E DiJJìiii- vedere, che le parti del corpo premente, o dell' oracolo foglio'no infrasione, gnerfi, piegarli, ocondenfard. Qracomunque fi fia , chiamerò quello sfor­ zo di moto, MOTO D’ ENERGIA benché paia quiete. Nel terzo luogo confiderò, che tanto il moto progredivo, quanto quel.» 10 d'energia., hannoforza d’ operare, e fpignere altri corpi immobili, mallimamente i meno refifteim, allora che quelli pollono impedire in qualche modo il collo, e lo sforzo di quelli; ma quando niente impedilcono il movimento del corpo, che fi muove, o lo sforzo, ed energia di quello, notivi è ragione, che quello parila, nè che quello operi cola alcuna con* tra di quello, e così cotal moto attuale, od’ energia, verrà ad ellere in tal cafo infruttuofo, ed equivalente ad una femplice quiete. Per intelligenza di quello punto impoi tanriffimo confiderò, che quelle due forti di moto pollono variamente accoppiarli in un medefimo foggetto, fecondo la varia difpolìzione delle linee, per le quali s’ indrizzano 1 detti moti, e fecondo» che pollono operare i medefimi, e prima vediamo quello, che fuccede» quando le direzioni d’ ambedue concorrono verfo la itefi'a parte, facendo angoli, e amendue operano, nè uno di loro rimane oziolb. Quello inter­ viene , allora che un corpo grave Ha pofato lopra un piano inclinato al pia­ no dell’ orizzonte, dove gli è conceduto lo lcorrere, e muoverli attual­ mente per la pendenza di detto piano inclinato, e unitamente il moto d’ energia fa forza vedo ’1 centro della terra per una linea perpendicolare al piano dell'orizzonte, che viene a legare, e fare angoli obliqui con la li­ nea del moto attuale dileguata nel piano inclinato. Ora da quelle due di­ rezioni fegamifi viene a rifultarne una terza, che cade fra le dette due, e per la quale fi efercita nel piano inclinato Io sforzo refultante dall’ energia» © pefo di detto grave, e dall’ impeto, col quale egli fi muove attualmente. Se dunque il- fuolo del piano inclinato farà men robullo di quello bifogna, per refillere alla detta terza (pinta, farà necefiltato a cedere, e verrà la­ cerato , o pure le rue parti, le fono diftraibili, verranno diflìpate, e fpinte all’ingiù, corrodendoli il fuolo di detto piano inclinato con preftezza maggiore, o minore fecondo che la forza comune refultante dalle già det­ te farà più, o meno gagliarda, eimpetuofa. Eilendofi confideratoil cafo, nel quale interviene il moto attuale col mo­ to d’ energia, rella ora da vedere, qual’ effetto produca il folo moto d* energia fcompagnato dal moto attuale; e qui fono due cali: uno nel qua­ le l’ energia operi» l’ altro nel quale fia oziofa. Perchè le io confiderò un cubo di bronzo pofato lopra i! pavimento, egli folo eferciterà il moto d’ energia aggravando il fuolo, e in quello calo lo sforzo, ed impeto, con­ tro ’1 quale il pavimento dovrà refillere, ballerà, che non fia minore del­ la gravità di detto folido premente. Se poi il detto cubo oltre al pavimen­ to toccherà lateralmente anch’ il murodella danza, allora è manifefto, che contro il muro non fi efercita, nè il moto attuale, nè quello d’ energia da detto cubo. Imperocché il primo ceda per ederfi detto cubo podo in quie­ te fenza altro impullo progredivo verlb il muro, che il puro contatto, il fecondo d’ energia s’ impiega tutto vetfo il fuolo inferiore, che impedifce 11 corfo verloil centro terredre, e però da’ fianchi non patirà il muro comprelfione veruna , fuorché il folo contatto. Figuriamoci adedo un muro di materia quanto fi voglia tenera, e quedo venga toccato lateralmente da un cubo di bronzo; è manifedo, che il mu­ to ancorché folle di latte rapprefo, dal contatto laterale del cubo non pa• tirebbe compreflione alcuna, non avendo il cubo moto alcuno attuale, nè energia, o sforzo di muoverli lateralmente. Intendali fopravvenire al det­ to fo»


DE '

FIUMI.

i 2V to folido di bromo un moto quantofivoglia impetuofo, fecondola direzio­ ne parallela alla lunghezza del muro, è manifefto, che il cubo in tutto il iuo corfo rapidiflimo anderà lambendo la fuperficie del muro, e conser­ vando fucceflìvamente quel primiero piacevole contatto , e così Se eftrarremo 1* impeto dell’ aria, e 1’ afprezza della Superficie del bronzo, e del muro, o altri impedimentieSterni, nonvi riman ragione, perchè in tutta la carriera rapidiifima debba mai lacerarli, o rovinare il muro, non patendo egli altro impeto, che quel puro contatto piacevole Senza ninna compreffione, che il cubo vi faceva in tempo della Sua quiete r e pelò il muro ri­ marrà liabile, e illefo , non meno nel moto, che nella quiete del detto folido di bronzo. Ma Se poi il moto attuale, o d’ energia fi farà per una linea, che concorra, e faccia angolo con la fuperficie del muro, allora li farà manifefto l'effetto del moto di detto corpo duro, lacerando, e rovi­ nando il muro con maggiore, o minore ftrage, fecondo che egli farà me­ no resiliente alla durezza di tutto il Solido, o de’ minimi Suoi componenti, le il cubo farà fluido, che Se li muove attualmente, o per energia all’ in­ contro . L’ altra ragione della ftrage maggiore Sarebbe il ricevere l’ impeto, e b percolTa meno obliquamente; ficchè maflìtno Sarebbe 1’ urto d’ un ti-^ ro fatto ad angoli retti alla Superficie di detto muro. Conchiudafi pertanto che il moto per veemente, che egli fi Ila, di qualfivoglia corpo fluido, o denSo, niente opera allora, chela direzione del Suo moto attuale, o d’ ener­ gia non faccia angoli colla Superficie di qualfivoglia muro, o argine, ma a quello fia parallelo.

CAP.

IV.

Della fo rza , che doveranno fa re gli argini d uno /lagno, che abbia il fondo inclinato al piano dell’ orizzonte.

B

finché paia ftrano ad alcuni, che l’ acqua {lagnante priva di moto at­ tuale, alla quale Solamente rimane 1’ energia di Spingere il Suolo , che 1’ impedisce ilcondurfi al centro della terra, abbia ella nondi­ meno a fare sforzo collaterale contro le Sponde, ctedo io di po­ terlo con molta chiarezza moftrare. Sia pertanto il vivaio A E C H; le p j y r fponie del quale fieno elevate in maniera, elle ritengano 1’ acqua ftagnante, ma il pavimento, o Suolo E i H F , fia inclinato al piano dell’ orizzon­ te, la elevazione del quale fia E G Dico, che la Sponda A B H F, polla dalla parte piò bada del vivaio, farà forza per ritenere l’ acqua (lagnante, e la refiftenza, che dovrà fare, al pefo afloluto di tutta l’ acqua del vivaio, averà quali l’ ideila proporzione, che l’ altezza del fuolo E G alla lunghez­ za del fuolo inclinato E F . Perchè la detta acqua è un grave, che efercita la fua energia nel centro D/modella fua gravità, ed è foftenuta dal piano inclinato E I H F, adunque /iraaioper gli eiemenci meccanici il pelo afloluto. e totale di detta acqua, al roo- n e . mento, eh’ ella efercita in tallito, ha la fteffa proporzione, che la lunghez­ za del piano inclinato F, F alla Sua elevazione E G ; adunque quando E G fuffe tre parti di quella, che la E F n’ è dieci, eil pefo di tutta l’ acqua foffe dieci libbre, il pavimento inclinato averebbe a durar fatica Solamente pes foftener fette libbre di pefo, e le altre tre doveranno effer foftenute da quella forza, che impedifee lo fcorrerc pei detto piano inclinato. Ma ta» Tom. L

P

le Scoi-


zi 6

L E L I A

DIREZIONE

le fcorfa viene impedita dal ritegno della fponda A B H F , adanque ella dee far forza badante a ritenere il pefo di tre decimi di tutta l'acqua, cioè delle tre libbre. Perchè non fempre le refiftenze debbonefler eguali per l’ appuntoagl' im» peti, peli, o percofle, e quello per varie cagioni ( come fi vede negli ele­ menti meccanici ) delle quali non è qui luogo da trattarne, però fi dilTe, che la refiftenza, che dovrà far l’ argine al pefo totale dell' acqua, averà quali l'ideila proporzione, che l’ altezza del fuolo EG, alla lunghezza del fuolo inclinato E F . Dal che fi cava, che fe in un vivaio farà il fuo­ lo comporto di due piani fra di loro dalle fponde fino al mezzo del piano foggetto inclinati, che facciano angolo, fe eglino faranno egualmente ele­ vati fopra l’ orizzonte, faranno forza del pari, ma fe uno averà elevazione maggiore dell’ altro, toccherà la forza maggiore a quello, che ha minore elevazione. Ma fe finalmentel’ inclinazione non fi farà nel mezzo, fe eglino farannoangoli eguali, le refiftenze faranno eguali a proporzione, e fe faranno an­ goli difuguali, quello doverà a proporzione far forza, o refidenza maggio­ ra, che farà angolo minore.

CAP.

V.

Della rejìjlenza, che debbonofa r e gli argini de' fum i. Sfendofi né* capitoli antecedenti confiderata la forza, che debbono fare le fponde, e i fondi de’ vivai per refidere alla predone dell’ acqua {lagnante, deefi ora con accuratezza cercare la forza dell* acqua corrente, che fi efercita contro le fponde, e contro il fon­ do de’ fiumi, la quale viene ad edere eguale alla refidenza, che debbono avere sì le fponde, che il fondo. E perchè gli effetti fono moltovarj, fe­ condo che faranno i fiumi dritti, o torti, più, o meno rapidi, o averanno il fondo duro, e faflofo, o pure di parti tenere, e amovibili, e fecon­ do che la figura del fuolo, e delle fponde farà diverfa; per procedere con ordine fupponghiamo primieramente, che il fiume Ila dirittilììmo, penden­ te verfo il mare, e che fi muova lentamente, o con rapidità quanta altri voglia, quale è il fiume R Z uniformemente pendente verfo il termine Z, F ìg . V I la fezione del quale A B C F ad angoli retti alle Iponde, in qualfivoglia luogo prefa, fia un parallelogrammo rettangolo, ficchè il fondo D B non fiapiùinclinato verfo una fponda, che verfo l’altra, egli argini A E, D F fieno perpendicolarialpianodell’orizzonte . Per non replicarbene Ipefl'o le medefìD i f in i­ meparole, chiamerò FIUME UNIFORME, E REGOLAMENTO DIRET­ zione . TO,quello,il cui fuolopendefolamenre verfoil termine, chepunto non èinclinato più verfo Puna, che l’altra/ponda, che abbia gli argini perpendico­ larmenteelevati al pianodell’orizzonte, che fienoparalleli fra di loro. Laonde è neceffario, che la lezione di detto fiume in qualunque luogo prelà ad angoli retti alle fponde , e all’ orizzonte fia un parallelogrammo rettangolo, e che tutti i parallelogrammi delle fezioni abbiano le bali eguali, e paral­ Dima- lele al piano dell’ orizzonte. Dico ora, chela refiftenza degli argini dovrà Pi-azio­ effere aliai piccola, in comparazione di quella del fondo. Perchè l’acqua R ne. Z è un corpo grave, che ha due movimenti, uno attuale fopra il piano in-

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cimato C E, V altro V energia, o sforzo in quanto grave verfo il centro della terra, per linee perpendicolari al pianodell’orizzonte, quali fono le A B F C • Lo sforzodunquecomune rifulttnte dal moto attuale , e dalla fpm» ta dell’ energia, ogravezza dell* acqua, fiefercita tutto incero contro il fon: do B C D E obliquamente, verfo la pendenza Z, dove concorrono 1 detti due moti, e non già conrr' alle fponde A B E, C F Di perchè il moto attuale del fiume corrente è parallelo al piano interno di cialcun argine , movendoli l’ acqua di C verfo D direttamente. Parimente il moto d enee eia, ola ('pintadella gravità dell’ acqua viene adefferanco fatta per una dire­ zione parallela al piano interno de’ medefimi argini, effendo ( in quanto al fenfo ) parallela a qualfivogti» altezza di quello A B , ne effendo inclinato il Tuoio verfo gli argini, m3 fidamente verfo Z, e dovendo tal moto eller perpendicolare al piano dell’ orizzonte, adunqueInacqua corrente R Z non farà forza notabile contro gli argini A B E, C F D, ma lolatnente gli combacerà nel corfo parallelo alla fuperficie interna di detti argini, lenza ibignerli fenfibilrnence, non conftituendo angoli la direzione del moto atv tuale, o d’ energia dell'acqua coll» fuperficie interna di detti argini A B E, C F D, ma folamente combaciandoli nel fuo equidiffante moto, ha dunque l’ acqua corrente R Z nonfa impeto, nè fpigne i detti argini con veruno de'fuoi moti, non averanno detti argini a far forza per rehltere a quell’ impeto, che non gli fpinge Per la qual cofa averanno a -durar tan­ ta fatica, quanta bada a ritenere l’acqua (lagnante, la quale è pochiihma in comparazione degli urti, che patifce il Cuoio del fiume percono dall impeto attuale, e dall’ energia, o pefo di tutta I’ acqua. Onde gli argini de'fiumi dirictiffimi, per veloce che fia il corfo del}’ acqua, larebbero al­ iai ficuri, e ¿labili, quando fòdero rimoffe le cagioni accidentali atte » perturbare le regolari operazioni di fopra narrate.

CAP.

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Della refifon za , che dovrà fa r l argine diun fiume diritti¡fimo, allorache il fuolo r o piano del fiume è inclinato verfo detto argin e. Opo efierff moffrati gli effetti, che fa l’ acqua corrente in un fiu­ me diritto, il fuolo del quale non fia inclinato più all’ una, che all’altra fponda, deefi ora confiderà« la varietà, che cagioni il ---- letto inclinato verfo una delle fponde. Siadunqueunfiume R Z, che chiameròUNIFORMEMENTE DIRETTO, NON REGOLARE,chein tutti tluoghiabbialefezionijntefendangolirettia gli trapezie, tra di lorofimili, parallele, ed eguali, e fimilmente pone, chè è il medefimoche dire, cheil letto dd fiume fia inclinaraverfol* una del­ le fponde uniformemente per tutta la lunghezza del fiume: abbia gli argi­ ni retti al piano dell’ orizzonte, e la pendenza vevfoil termine fia parimeli; te uniforme, e fieno i luoi argini AB, E Fr Dico ora, che I’ argine E E doverà far non poca forza per «filiere agl’ impeti, ed urti dell'acqua cor­ rente, mentreil fondo fia elevato da unodegli argini AB, e depreffo ver­ fo l’ argine oppofto F E. ,

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Perchè in virtù dell’ incliaaasione trafverfale del ietto C D H , pendente Cap-IVi

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■ verfo O l'acqua (ottenuta, quando anche fotte (lagnante, eiércita il Tuo momento, o compreifione, parte fopra il letto inclinato C D H, e parte fopra l’ argine oppofto F E H D, fecondo che l’ elevazione D G del let­ to del fiume fopra il piano orizzontale farà maggiore, o minore; e però F acqua di detto fiume premendo con parte del fuo pefo fopra 1’ argine D F E H, averà verfo quella parte il moto d’ energia, il quale accoppiato col moto attuale da D verfo FI della corrente, verrà a comporli una direzione d’ ambedue i detti moti, che non farà più parallela alla fupcrficie dell’ argine F E, mal’ urterà facendo angolocon quella, e però ftrilciando veemen­ temente, e urtando il corpo dell’ acqua detto argine E F, verrà a fquoterlo, e corroderlo ancora, fe farà di parti frangibili, e diftraibili. Per la qual cofa la refiftenza dovrà fard parte dalfuolo inclinato del fiume, e par­ te dall’ argine oppofto, dove che all’argine fuperiore A B non retta forza veruna da elercitare, perchè la direzione compatta da’ due moti di detta acqua, non va ad urtare la (uperficie dell’argine A B, ma va continuamen­ te difcoftandofene, ficchè viene a farli contro la medefima forza, che fa* rebbe la fuperficie fuperiore dell’ acqua d’ unfiume contro una mano, che leggiermente la toccatte. Inoltre è da confiderare, che non in tutte l’ al­ tezze dell’ argine, o del fondo, fi efercita la medefima forza, per refiftere all'impeto dell’ acqua, perchè nell’ orlo fupremo dell’ argine G I I ’ acqua, che vi fi appoggia, pollo che fia un fottiliifimo velo, averà anco pochiffimo pefo, del quale anche minor parte toccherà afoftenerneall’ argine, e benché il moto fuo attuale fia veemente ( qual’è quello del fiume ) tutta­ via egli non può avvalorar tanto il pefo non molto grave dell’acqua, ficchè potta fare (cotta fenfibile. Non già così interverrà alle parti più batte dell’ argine, edel lecto del fiumeverfoD H. poiché fucceilìvamente ette parti più batte hanno addotto maggior copia d’ acqua; e peròun corpo maggiore, e di maggior pefo, il cui moto d’energia, o impeto va crefcendo, lecoudpche più fi profonda l’ acqua, e così la gravità maggiore, e il fuo impe­ to d’ energia congiunto a quello del moto attuale, fecondo ladirezione F E, urterà con maggior validità , o moménto le parti di mano in mano più baf­ fi2dell argine, e del Ietto del fiume, le quali doveranno refiftere all’ ag­ gravamento, impeto, e corrofione maggiore, però ette parti più batte do­ veranno di mano in mano ettèr più, e più refiftenti.

CAP.

VII.

Che fa cq u e torbide de'fiumi moffe velocemente rodono il fuolo mo­ bile, ma le fte jje quando fi ritardano, o fi rendono immobi­ li depongono fopra il letto del fiume quelle minute par­ ti terrejìri, che compongono la torbidezza, e fo l­ levano il letto del fiume. Gli è certo, che Tacque de’ fiumi di loro natura chiare, e limpide, vengono intorbidate da quelle minute, e finiflìme particelle terreftri, le quali vengono precipitate da’ torrenti, e (corronoper le cam­ pagne lavorate, e che negli fteflì fiumi dagli urti, che fanno Tac­ que nelle fponde, e ne’ fondi cretofi, viene a folievarfi quella parte terreftre in quei moti impetuofi irregolari, e vertiginofi, che in vari (iti fani '( no

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no Tacque de'fiumi in tempo di piene E benché le dette tninutiifime par­ ticelle terteftn fieno più gravi in ifpecie dell’ acqua, podono tuttavia dalla forza, e varietà dell’ impeto, col quale fi muove l’acqua, edere urtate, e difperfe in varie parti della medcfima acqua, e così renderla tutta torbida, e terrofa, Ora tal torbidezza non lafcia mai d’ efercitare il fuo talento na­ turale di forza per condurli all'ingiù come grave, ma vi fono due cagioni, una che glielo vieta affatto, un’ altra, che lo ritarda. Quella, che total­ mente glielo impedifce, è il cerio velociflimo congiunto a’moti irregolari, e de’ vortici, che bene fpedo da ogni minimo urto, o impedimento, che incontri nel fondo, fi riflette l’ acqua all’ insù fpignendodi nuovo in alto le parti’terree, che compongono la torbidezza. La cagione, che ritarda lo* ro la caduta, fi èla fuperficie accrefciuta fempre più a proporzione, quan­ to quelli minuti frammenti terreftri vanno diventando più piccoli, la qua­ le non può (èparare le parti dell’ acqua per condurli al fondo, fe non eoa molta tardità - Da quello ne fegue, che quando T acque torbide corrono velocemente, nonpoffono deporre totalmente la loro torbidezza nel fuolo, perchè l’ impeto Hello, col quale feorre l’ acqua, è badante a portar via anche quelle minime parti renofe del fondo, non che quelle, che attual­ mente fono difperfe per l’ acqua, ficchè fepur fe ne deponeffe qualche par­ te, farebbe ella da qualche altra furia d’acqua agitata, e di nuovo fparfa, e confufa per ladetta acqua, per cagione ancora di quei moti vertiginofi, ed irregolari, che fi offervano nell’ acque correnti. Ma poi quando il corfo dell’ acqua fi ritarda , o perchè la piena va fcèmando, o perchè ella fi ri­ duce in alcuni leni verfo le ripe, che non hannoefito, ne’ quali è poflibile talvolta, che fi renda affatto immobile; nel primo cafosedando la cagio­ ne di rinnovare la torbidezza, e concedendo tempo alla torbida di cadere, e condurli al fuolo, può cominciare ad imporre, effepdo più veloce la ca­ duta delle parti minime terreftri, che quella dell’acqua. O pure ( che è cola più evidente fedendo la corrente talmente debole, che non polla in que’ moti, ed urti irregolari rifollevare in alto T impoftime già caduto; il che molto più facilmente dovrà fuccedere in que’ luoghi, dove T acque torbide non corrono punto, perchè quivi agiatamente poffono le parti ter­ reftri, che intorbidano Tacque, condurti al fondofenz’ edere impedite, rimode, erifollevate da nuove agitazioni. E però è certiffimo, che l’ acque torbide non mai impongono, nè innalzano il fuolo, detto del fiume, fenon in quei tempi, e luoghi, ne’ quali il corta dell’ acque notabilmente fi ritar­ da, o fi rende affatto immobile* Y .r

CAP.

Vili.

1 fiumi uniformi, e regolarmente djretti, che corrodono il fion­ do , lo corrodono più nelle parti di m ezzo, che verfo le fponde .

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Opo aver confiderato in generale la forza, che fa T acqua corren­ te fopra il fondo, e gli argini de’ fiumi, e la refidenza, che deb* bon fare ledette parti variamente fituate, e formate, deefi ora particolarmente confiderai, in qual parte del fuolo l’ acqua cór­ lente el'erciti maggior forza. Per procedere con maggior chiarezza, fupponghiamo, che il fiume dirittamente feorra verta il fuo termine con qua­ lunque velocità, e porti acque chiare, e fia il piano del fondo compofto Tem' *•

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di parti minotiflime, le quali facilmente pollano muoverli, e (laccarli l'una dall’ altra. Sia inoltre il detto piano non più inclinato all’ una , che all’ al­ tra fponda, le quali fieno perpendicolarmente erette al piano dell’ orizzonte, e fieno tra di loro parallele, e dell’ ideila materia, e refiftenza, che il fon­ do. Dico, che tal fiume fcaverà il fuo letto più nel mezzo, che dalla par­ te de’ lati verfo le Iponde. Perché 1’ inferior letto, o fondo del fiume è un piano non più inclinato all’ uno, che all’ altro argine, l’ acqua, che vi cor­ re fopra eferciterà il iuo moto d’ energia, o pelo interamente fopra il pia­ no del fondo, e pochiifimo fopra gli argini, come fi dille nel capitoloquin­ to . E perchè,in virtù della pendenza del fiume verfo il mare, l'acqua loprafiante attualmente fi muove, e fcorre con una tal velocità, fecondo la direzione del letto del fiume, ed ambedue le direzioni ne compongono una comune inclinata fopra il letto del fiume, con la quale lo premono, e fpingono; adunque è neceflario, chele parti minutiifime, e amovibili di tal fuolo, o letto fieno fiaccate, e corrofe dall’ impeto attuale, e d’ ener­ gia dell’ acque: ma non dirigendoli il moto attuale, nè quello d’ energia contro gli argini, elfendo fempre paralleli a quelli, non verranno a sforzar­ li, elpignerli. Laondenonv’ è ragione, perchè eglino debbano effer molto corrofi dalla corrente, che non gli urta. Ma benché gli argini non pati­ nano fpinta fenfibile, non è poISbile tuttavia, che l’ acqua vi fcorra len­ za toccarli, e (Inficiarli. Ora la fperienza fenfata , e la ragione c’ inf'egna, cheque! femplice contatto dell’acqua con gli argini, ritarda evidentemen­ te la velocità dell’ acqua, che gli tocca, e l'acqua ritardata parimente ri­ tarda la Tua contigua, e così di mano in mano fin’ al mezzo del fiunte, do­ ve l’acqua fi vede effer malfimamente veloce ,in comparazione dell’ acque collaterali : e benché quella differenza di velocità paia cofa piccola . e da non tenerfene conto, malfime da principio, ad ogni modo la natiira la fente, e opera fecóndo quella infenfibilmente, tanto che in progreffo di ternio produce effetti fenfibililfimi, e manifefti anche agli occhi notiri, a fimiitudine d’ una pianta, che ogni giorno vacrefcendo, lenzaconofcerfi l’accrefcimento, fe non dopo qualche tempo. Così dunque è necefiario, che l’ acqua chiara didetto fiume, dov’ ella con maggior velocità fcorre, roda, e fcavi [’inferior ietto più di quello, che può fare dalle parti collaterali verfo le fponde, dove più lentamente fi muove. Da quello ne fuccederà, che il fondo del fiume non farà un piano, come prima, ma verrà fcavato nelle parti di mezzore verfogli argini fnràfollevato a fcarpa, perl’everando gli argini quali nella ftella forma , per aver poco, o milla patito dal femplice contatto, « dalle direzioni del moto attuale, e d’ energia, paral­ lele alla fuperficie di detti argini. E'dunquetnanifefto, che detto fiume fi ¿caverà più nel mezzo, che da’lati.

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De' fiumi fopraddetti, che nelle piene portano torbide minutep e confervano lamedefima dirittura.

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olto importa intendere da’ Cuoi veri fondamenti lé cagioni, per chè i fiumi perdono la primiera loro direzione, ed acqùiftano tortuofità, e mutano letto; le quali cole per incendere perfet­ tamente, è neceffario fapere, perchè, o come pollano i fiumi mantenerli diritti Supponghiamo adunque un fiume uniformemence diret­ to, che (corra dirittamente verfoil fuo termine con qualfivoglia velocità, il cui letto, e fponde fieno compolte di parti minute, e amovibili. Oltr’ a.ciò fieno gli argini talmente alti, che fieno capaci delle maflime piene, le quali porcino torbide minute, Dico, che quello fiume manterrà Tempre la medefima dirittura vetfo il termine. Perchè fi fupponé, che ¡1 piano infe­ riore dell’ alveo fia pendente verfoil termine, nè fia inclinato più. verfo 1* una, che verfo l’ altra fponda, non potrà l’acqua corrente far impeto diret­ tamente contro le fponde, e però nonv’ è ragione, che fia offefo più l’ uno che l’altro argine. Ma fe tali argini non fono offefi,nè corroli, fi manterran­ no mai Tempre paralleli fra di loro, e fe in tutti >liti del fiume gli argini fi confervano paralleli; è neceffario, che anche il fiume tutto ritenga U medefima dirittura di prima. Se altri poi voleffe credere, che i. detti argi­ ni doveflero qualche poco èffer corrofi dal contatto, e lirifciamento dell* acqua, che .vi feorre con impeto non inclinato, ma parallelo alla fuperficie interna di detti argini, egli dovrebbe ancora concedere, che egualmen­ te gli argini opporti doveffero effer réfi, non vi effendo ragione, che 1’ uno più che l'altro patifea dalle fpinte d’egual mole d’ acqua egualmente alta,mofFa con pari velocità, e che non vi efercita moto d’ energia, per non elfere il fuolo inclinato più all’ uno, che aU’ altró argine; e perchè Fa det­ ta cotrofione ( quando vi fuffe ) s’ ha da concedere in tutti i liti del fiume uniformemente nelle parti oppofte; adunque qualfivoglia direzione, che acquilti uno degli argini, dovrà parimente acquiftarla il fuo argine contra­ porto,-nè mai interverrà, che l’ argine deliro nel medeiimo Irto s’ incavi, © dall’altri parte il lìnillro rimanga illefo, e divenga còme promontorio, le quali cole , le fono vere ( che mi pare noir pocerfene dubitare ) non v’ è ragione,.<per la quale il detto fiume debba diventare tortuofo; lìcchè egli dovrà mantenerli nella medefima dirittura verfo il mare, e quello fegue ire riguardo delie lponde, o degli argini. Ma palfando a confiderare quello, che per cagione del fondo può fuccedere, vedefi, che^per effer egli com­ porto di parti minutifiime, e facilmente mobili, ma di natura uniformemen­ te gravi, e minute in tutto il fuolo: e la corrente dell’ acqod effendo Tem­ pre mai maggiore nelle pani di mezzo, che nelle collaterali', benché W O p . piano del fondo fia perfettiflimo, non trovando nel mezzo del fiume Porta- V it i. colo del contatto degli argini, rellerà egli nel niezzo fommamente fcavato, e lulleguentemence manco, e manco nelle parti laterali dalla linea di mez­ zo. Di modo, che in capo a qualche tempo l’ alveo non farà più piano*' ma incavato, la cui parte infima farà la linea di mezzo del fiume, e le più alte laranno verfo gli argini e così continuando il fiume a feorrere più ve- j locemente nel mezzo, che da'lati l'alveo diverrà più, e più capace. So-.( P4 ptav*


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pravvenendo poi le piene, quelle con maggior proporzione roderanno nel mezzo, che da’ lati, e però fcayeranno più il letto del fiume, e benché nello fcemamenco delle piene, Tacque torbide fogliano deporre quelle mi­ nime parti terreftri, che componevano la torbidezza, tuttavia tale importi* me non può rimanere in quel luogo, dove il corfo dell’acqua è velocifiìmo, ma bensì dove ella lentimmamente fi muove, concedendo fpazio alla tor­ bidezza non folo di precipitarli, ma anco di fermarvifi. Dal che ne fegue, che nelle parti dii mezzo, dove l’ acqua è velpcillìma, non lafcerà impoftime, ma bensì deporrà da’ lati, dove l’ acqua è poca, e fi muove lentamen­ te. Quindi avverrà che gli argini acquiftino una nuova fcarpa, e vengano ad aver più Caldi fondamenti, tanto è falfo, che portano erter corrofi dal­ la corrente del fiume. E l'equello effetto dee feguir fempremai in tutte le piene fufleguenti, cioè, che il mezzo redi più, e più incavato, che da’ lati, e confeguentemente l’ impoftime verfo il mezzo venga Tempre ad ef­ fe* manco, e manco a proporzione, fecondo che più, e più fi va incavan­ do il letto del fiume, nonfolo detto fiume non muterà direzione, ma averà fempre fpazio da correre verfo il mate fenza pericolo, che per qualfivoglia gran piena trabocchi, E però par neceffario, che il fiume fi manten­ ga nella medefima dirittura.

CAP.

X.

Che i fiumi tiniform i, e regolarmente d ir e t t iil cui alveo , e fponde fieno (affo[e, e duriffime, benché (ien capaci del* le ma(fime piene , potranno col tempo traboccar da gli argini. Opo aver confideratogli effetti, che produce la corrente d'un fiu­ me dirittiflìmo nell’ alveo arenofo , debbonfianco notare quelli ef­ fetti , che feguir poflòno, allorché il fondo, e gli argini fieno du­ ri, e faffofi, € capaci delle martìme piene. E prima, o Tacque del detto fiume fon chiare, o no, o pure in tutti i tempi fon velociflìme, o lentamente corrono. Se elle in tutti i tempi fodero chiare morte con qua­ lunque velocità grande, o piccola, non potrebbero ertendo limpide laidare intafatura veruna, nè deporre quella torbidezza, che non hanno: ma fe non mai fi va riempiendo il fuolo, o alveo del fiume, rimarrà fempre ca­ pace delle martìme piene, e per confeguenza non potrà egli traboccare per gli argini. Sia nel fecondo luogo la corrente velociflima, benché nelle pie­ ne porti acque torbide, non potrebbero quelle lafciare impoftime nello fcemamento di quelle, perchè la velocità flelTa del fiume lo porterebbe via: iìcchè inquello cafo non potrebbe il letto del fiume rinnalzarfi, o riempirfi, e però farebbe capace delle mafllme piene, laonde non trabocche­ rebbe . Ma fe la velocità non forte grande in tempo di. piene martìme , non ha dubbio, che nellofcemar delle piene Tacque torbide lafcerebbero importime da’ lati verfo le fponde, dove l’acqua corre più lentamente, che pe’l mez­ zo, come fi provò al Capitolo VII. Ora ceffata la piena, efiendo la cor­ rente ordinaria affai lenta, non potrebbe portar via affatto Timpoftime ri­ malo, e così,il letto inferiore del fiume verrebbe ad effer rinnalzato da ‘ '! ambi

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ambi i Ut! verfo le fponde, e tal rinnalzamento dovrà Tempre crefcere rìel

progredì) del tempo, perchè verfo le fponde il fondo rinnalzato viene a foftenere in capo minor mole d’ acqua di prima< e però di minor pelo, ed energia; ficchè la forza, ed impeto dell’ acqua comporta dal pefo, e dalla velocità fcemati, riefce. Tempre minore, e meno atto a rodere il Aiolo, e portar via le intafature lal'ciate nella piena pallata E perchè in ciafcheduna piena fuffeguente per Tideila ragione viene a farli nuova intafatura , e però a rinnalzarfi il letto dalla parte delle fponde, fe non altrove, e que­ llo Tempre più, e più, nè tal danno può «farcirli dal profondarli il fiume nelle parti di mezzo, per elferfi fuppollo il fondo falfofo, e durilfimo, ne fegue per neceffaria conl'eguenza, che la capacità dell’alveo diverrà Tem­ pre minore, e così in procreilo di tempo non potrà effer capace delle maffime piene, e però dovrà in tutti i modi traboccare; il qual’ effetto in più breve tempo doverà fuccedere ne’luoghi,che per lunghilfimotrattofonopia­ ni, dove la corrente de’ fiumi è lentilfima, anzi par neceffario, che il let­ to del fiume fi riempia affatto : e in quei luoghi, che gli argini fi fabbrica­ no dalfarte .interviene, che il letto del fiume divenga piùcaltO del piano della campagna; iquali effetti feguono per neceflìtà, come fi è detto, aneorchè 1’ alveo ila capace delle mafiìme piene, e quello per edere il fuolo durilfimo da non poter profondarli dal corfo, ed energia del fiume.

CAP.

XI.

I faßt ¿roßt, che portano alcuni fiumi in tempo delle loro piene pofiono ejfer trapportati in vari fin d et fiume.

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ON poca utilità fi ritrae dall’ intender perfettamente, come, e do­ ve portano muoverli i gran falli, che da alcuni fiumi talvolta ren- V i­ gono trafportati particolarmente ne’ tempi delle lor piene. E per WJf. maggior chiarezza fupponghiamo la figura del fiume R Z eifere regolarmente, ed uniformente diretta, come di fopra fu dichiarato, e che abbia tutto ¡1 fuolo E B Cduro, faffofo, e fpianato. Intendalipoi un gran faffo G, di figura rotonda, o sferica, o cilindrica, il centro, ed arte del quale ila collocato nella linea R Z del mezzo del fiume. Egli è manifefto. che il faffo G potrà effere fpinto all’ ingiù dall’ impeto dell’ acqua, il quale per minimo, o debole, che fi fia , ballerà per far ruzzolare il lalloG, quan­ do egli fune di figura sferica, anzi egli vi fcorrerebbeda fe medefìmo fenzache l’ acqua ve lo fpignelfe. Ma effendo cilindrico appoggiato con una delle lue bali piane l'opra il letto del fiume, lì potrà dar cafo, che abbia bifogno d’ eifere fpinto con maggiore, e maggior forza dall’ acqua , laqua­ le finalmente potrà arrivare a muoverlo, potendo il momento comporto dalla copia dell’ acque, e dal fuo pefo, o energia, e dalla velocità del mo­ to attuale fuperare V eccello del pefo alfoluto del faffo G, fopra il pelo affoluto d’ altrettanta acqua; e deelì folamente far capitale di tal’ eccedo, non del fuo pefo alfoluto, perchè un faffo demerfo nell’ acqua pela meno di quello, che faceva in aria tanto appunto, quanto è il pefo affoluto d* una mole d’ acqua eguale al detto faffo. Ora iodico, che tal faflocontinue­ rà a (correre per la lìnea di mezzo R Z rimolfi tutti gl’ impedimenti acci­ dentali, e che per qualunque accidente d’ urto, o afprezza del fuolo, o agitazione d’ acqua irregolare fatta da venti, o cofa limile potrà effere lpinto il laflo G verfo le fponde. Cic-


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1 fiumi uniform i, e regolarmente d iretti, che portano fa ffi gran di nelle p ien e, fe aver anno le fponde di parti amovìbili , potranno ejjer in alcuni luoghi corrojt, e tutto il fium e diverrà tortuofo . D

Opoefferfi confiderà» gli effetti che producono i gran fallì nel fuolo, o Ietto del fiurn^ , rinnalzandolo iii doverli luoghi, dove prima era fpianato, e dirittamente pendente verfo’1 mare, e da tali rinnalzamenti ne feguiva, che l’ acqua era coltre»? a correr­ vi tortuofamente!, bendhè il’détto fuolo folle durilfimo, e faffòfo; debbo­ no confiderarfi gli effetti, che i detti falli producono nelle fponde, o argi­ ni de’ fiumi, quando elle però1non fieno duriffime, ma compofie di parti amovibili , e moftrerò, che tali argini dovranno in vari luoghi effer corrofi, e incavati dalla corrente tortùOfa . Perchè l’ acqua dopo éfferli faguriato il j?;V.X/, renaio B, non,puòcome prima correre dirittamente da R per F G, per effere rialzato il fuolo fra F, e G, e però viene ella neceflitata ( come fi dille ) a fcorrere per la parte più declive del letto per due ragioni: la prit a p . X l l ma è .perché la declività del renaio B pènde verlo là fponda I D L; ma l’ acqua naturalmente cade, e fi precipita per la declività piò ripida, chia­ mata da noi via: dilla fcefa , adunque ella dee precipitofamente correre da F verlo D, non più per la via di mezzo F G. Secondo, perchè è natura­ le aquaIlivoglia corpo grave ritenere la velocità conferita dal precedente moto; dal che nefegue, che urtandoli mòbile in qualche oftacolo, non perciò l’ impeto conceputo fi eftihgue , ma perfevera ad efércitare il foò talento pér quella via , e direzione, che gli permette la fuperficie dell’ oftacolo, e però:eglbnqn potendo continuare la lùa prima direzione , ne acquifterà una muova; riflettendoli per la via più breve, cioè formando nel piano , nel quatte urta 1’iangòlo della refteffiòne eguale a quello dell’ inci­ denza. Quefio ff offerva percotendo uria palla contro un muro, la quale con la detta legge fi ridette. Ora l’ acqua feorréndo dirittamente da R finoad F, dove urta nella fupérficie inclinata: del rènàjo B, e ritenendo tut­ tavia il concepito impetòybenchè il paviménto, o Ilaolo'folte piano da:F ¿ino a I3 *;Bittaivia;Ìddvendà!»‘efletterli ad angoli eguali fopra la fuperficie del fenato Byrvién'heceffìtata a dirigere il-ino CorfoHerlo l’ argine in D; per quelite due.Cagiani il corfó'dell’ acqua non verrà più ad effer parallelo C a p .H l. alla lupénficie .interna dell’ àtgine H D Q, ma verrà ad urtarla, forman­ do un angolo acuto!<F t>K r e però il momento èbfnpofto dell’ energia, o,pefo dell’ acqua, e della velocità , con la quale fi muove urtando furioftmenté Màrgine in D dovrà roder lè particefle terree amovibili di detto aggine, le quali per non effer laidamente unite , e collegate fra di loro pofibno fpiccarfi, e cèdere'all’’impeto maggiore dell’ acquav Continuando poi tali sorrofione inDfiaccandone femore nuove',' e nuòve particelle, neceffstismeiHie verrà ad incavarli l’ argine, è formare un feno, qual’ è I K L. Da quéftoifìtofcorrendo l’ acqua verfo 'G parte più declive del fiume, incoritra di nuavò il fecondo renaio G, dove per le médelìme ragioni riflet­ tendoli ad angoli eguali verfoìl’argine oppollo; viene ad urtarlo in E, e quivi parimente corrodendo l’argine, è neceffario, che in progreflo di tem.* 1* 0

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D E’ F I U M I .

257

pò vi formi un nuovo feno, qual’ è M N O, e lo rteflb dovendo*! dire d’> altri renai, che fi faranno formati nel letto del fiume, adunque egli non farà piu uniforme, e regolarmente diretto, ma rortuofo, e comprefo da fponde ferpeggianti, quali fono H l K L C . e B M N Ò . U n fomialiante effetto doverà feguire, quando gli argini de’ fiumi fodero faldamente mu­ rati lopra il fempiice terreno mobile, perchè la forza della corrente F D urtando continuamente il muro H D, e impetuofamente ftrifciandólo, do* vra rodere, e profondare il fuolo arenofo aderente, e contiguo al muro, ficchè col tempo l’àrgine feguitando ad edere fcalzaco, potrà arrivar l’ acqua a correr l'otto l'ìnfimo orlo del muro; e quivi ritrovandoli terra, e re­ na amovibile, potrà la forza dell’ acqua corrente più, e più rodere, e pro­ fondare il terreno, fopra del quale il muro era fondato . Laonde V acqua verrà a fare come una mina fotterranea lafciando quella parte del muro folpeia in aria, e quella, o pel proprio pefo, o per gli urti, e fcofle dell' acqua, potrà prima piegarli, e poi rovinare, e perla rottura continuamente piu, e piu allargata potrebbe fari! un feno, qual’ è I K L, benché vi vorrà più lungo tempo, che fe tal muro non vi foffe flato. L’ iftefio poi potrà fuccedere in E, e in altri luoghi, ficchè non ha.dubbio, che il det­ to nume diverrà rortuofo, e ferpeggiante, e quello necellariamente dovrà luccedere, benché il fuolo inferiore ila duro, e fallofo, per cagione de’ lafii portati nel fiume, e de’ renai quivi follevati, come fi propole di pro-

CAP.

XIV.

I fiumi uniform i, e regolarmente diretti, il età fuolo fìa compofto

di parti fajfofe , e du re , e d' altre parti facili a muoverjì con le Jponde frangibili, ed am ovibili, benché non portino fa jfi nelle p ien e, diverranno tortuofì.

B

Enchè ¡1 fiume fi fupponga da principio uniforme, e regolarmente duetto, e che non porti farti nelle piene, ma il letto fia duro, e faf- F !g . X I. '° '° '1} B, e C, e amovibile in F, G, E, baderà la ineguale fodez za del fuolo, o Ietto a cagionare la tortuoficà del fiume, perchè correndo I acqua per la via di mezzo R Z con la maffima velocità, e me- Cap. ° cheP'u fi accolla agli argini, e premendo col fuo moto d’ V ili. ®n5 r&,a* ° P "0 d fondo, o letto del fiume, farà ella tant’ impeto contro il fuolo, quanto è 1 momento comporto della fua gravità, e dell’ impeto, C 0 p .n 1. col quale fi move; e perchè a tali urti impetuofi pofTono refiftere le parti ha H’kt/ B,’ e C.’ le parti F, e G per effer cretofe; non vikTUpbl°^ ChC 6 partA.B’ C daranno falde gran tempo, ma le partì amovibi ì F, G potranno effer corrode, e portate via dalla corrente Per la qual cola il fiume reflerà fcavato, e baffo ne’ luoghi Fy G, ma le parti B, ^U'm aarrann0 9 .te’/ie/ ° jevate- P3 <5"efto ne feSue Ia tortuofirà del corlo per Le ftrfle due detce nel caP° antecedente. Prima i ac^"a feorrere dal luogo alto B verfo il bailo D per la decli­ vità trai venale di nuovo acquiftata. Secondo perchè I’ impeto dell’ acqua corrente direttamente per R F urtando nel fatto duro B dee nfletrerfi ad angoli eguali verfo l’ argine contrappofto in D, ma l’ impeto dell’ acqua» che


238

DELLA

DIREZIONE

«he urta io D è badante a roder l’ argine, e formarvi il feno I K L, come, fi è détto, per la ftefia ragione urtando nel i'aiTo C, dee rifletterli impetuofamente per roder l’ altro oppofto argine iti E, formandovi col tempo il feno M N O. Adunque è manifefto, che tutto ’l fiume perderà la pri­ miera direzione, e diverrà tortuofo, e ferpeggiante. Dalle cpfe dette fin qui chiaramente fi comprende, che ne’ fiumi, che hanno il fuolo di parti nonegualmente falde, e dure, vi fono due cagioni, che gli rendono rortuofi, e ferpeggianti. La prima già detta fi è la facili­ tà di efier corrofo il fuolo nelle parti men dure, e falde. La feconda fi è la copia de-’ fafli, e ghiaia, che fogliono portar le piene quafi in tutti i fiu­ mi, perchè nelfeparcipiù alte, e rilevate del fuolo B, C, l’ acqua vi corre con manco velocità, e però quivi deporrà la torbida, e i falli fi fermeran­ no^ per la che le inferiori parti F G molto più refteranno profondate, e così fi accresceranno le cagioni della tartuofità della corrente, e però mag­ giormente gli argini contrapporti verranno fcavati. Polliamo dunque con­ chiudere, efier affhtto imponibile trovarli un fiume, che corra, e fia diftefo dirictiflìmo, le pur non fuffe incavato l’ alveo fra monti di macigno faldiffimi, e deporto conuniforme, eregolare direzione, e che non porcafle verun lalTo, e Tempre le lue acque fodero chiare, condizioni, che farebbe miracolo a trovarle tutte accoppiate inficine, fe non per breviflimo tempo. E noi veggiamo fempre quali tutti i letti de i fiumi efier comporti di parti più, e meno frangibili, portar fallì, e ghiaia, e non vi efier monte duriflìnio, dal qual col tempo non fi fpicchino pezzuoli di varie grandezze, che fpontaneamente precipitano all’ ingiù . Ma oltre a quello vi è un’ altra cagione potente da fe fola a render’ ine­ guale, e ferpeggiante il fuolo, e il corfo del fiume, e quella depende da i torrenti, e da’ fiumi particolari, che vanno entrando net fiume principale, i quali fcorreftdo di traverfo ad angoli retti , o obliqui fopra la corrente dei fiume maggiore, vengono non fol amente ad incavare, e corrodere il letto trafverfalmente, ma ancora a deviare la principal corrente dalla lua dire­ zione fpignendola ad urtat i’ argine contrappofto, c luccedendo quello iu più luoghi dalia delira, e dalla finiftra del nume, dovrà egli necefiariameate incurvarli» e renderli ferpeggiante.

CAP.

XV,

In quei fiumi, che hanno il piano delfondo» inclinato verfo uno degli argini, potrà tal argine rovinare, e fa r incurva­ re il fu m é » e talvolta mutar letto* F ì g 'X l l Cap. I . e H i.

Uell’ eflétto, che poterono far r gran fa® portati nel fiume» mo~ ftrera® ora con qualche varietà poter cagionarli dal femplice let­ to inclinato ad una delle fponde. E per maggior chiarezza incen­ dali il fiume R Z uniformemente diretto, il cui fondo, o alveo dallaiponda diritta A B penda verfo l’argineG D parallelo a quello. Egli è manifefto per la pendenza del fuolo verfo l’argine C D 1 oltre alla prin­ cipale inclinazione di tutto il fiume verfo Z, dov# egli corre ) che la via della fcefa di detto piano inclinato, cioè la piu breve, eia piùripida, per la quale correrebbe l’ acqua, s’ ella non fufle ritenuta dal detto argine in-

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fieriore, non farà nè perpendicolare, nè parallela al medefimo argine C P* ma caderà obliquamente da A, in E, formando 1’ angolo A E H acuto dalla parte fuperiore del fiume R, e però ènecertano, che il moto d’ener­ gia faccia forza col fuo pefo non folo contro ’l letto, o Cuoio inferiore, ma ancora contro Pargine oppofto C D , e perchè vi è il moto attuale da R verfo Z di tutta l’ acqua, il quale infieme con lo $forzp dell’ appoggio, e cotnpreffiane, che fa col fuo centro di gravità, accrefce, e avvalora molto più la forza della corrente, e tutt’ infieme quelli moti fi voltano obliquamente da A verfo E, formando unangolo A F. H più acuto; adunue per la linea A E, e per altre a lei parallele fi farà Io sforzo mafiìmo ella corrente, dal chefegue, che l’ argine H O verrà tormentato, e cqrrofo, com’ anche il luolo nella parte piu infima, e più vicina a'fondamenti dell’ argine H D; e perchè è quali impedibile, che il detto argine Ila da per tutto uniformemente refirteDte, quand’ anco il letto inferiore del fiume forte faiTofo, potendo per mille accideotiertervi unaparte, come E, meno refiilence, che le collaterali H, P, ballando, che i tronchi, o le barbe di qualche albero lmuovano, o forino l’ argine, continuando poi 1’ impeto obliquo della corrente a rodere, e fcalzare l’ argine in E, efcuotendo coti tutta la fua forza, non ha dubbio, che in progreffo di tempo in E potrà l’ argine erter corrofo, e rovinato, e per confegueoza vi porrà nafeere un feno, il quale fe oltre all’argine C D trovaffe la campagna balla, e pendente, dilatando più, e più la rottura dell’ argine, potrebbe tuttavia l’ ac­ uì del fiume fcaricarfi perla rottura E, e indirizzare verfo I K, formar»3 olì un nuovo letto Ma fe la campagna verfo 1 K forte alta, e non facile ad erter corrofa, vi rimarrebbe almeno il feno incurvato E I, che potrà erter cagione (ufficiente d’incurvare in «1 fico tutto ’1 fiume. L’ideilo po­ tendo fuccedere in tutti i luoghi dell’ argine verfo D , ne avverrà, che R fiume perdendola primiera dirittura, fi renderàincurvato, e fiufiuofo, con­ forme fu propollo. i -,

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X V I.

I gran /affi portati da' fiumi ferpeggiantt potranno ferm arfi, e deporfine'principi delle /volte, o incurvature, v . •

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Opo che lì è veduto ne’ fiumi uniformi , e regolarmentediretti qua­ li (Iravaganzeproducano igran farti, che vi portano le piene, deefi ora confiderare in quali lìti debbano fermarli ne’ fiumi tortuofi, e perciò fupponghiamo nel fiume R Z effer la prima parte A B C D diritta, e che in C D fia la prima (volta, e feguiti il fiume di quando principi dellefiriezin quando a ferpeggiare, ' wt *w ui- , com — e in H .. F. ■ • I>ico, ,/,w , che h. ne’ uv p,mupi wcng-uA.. ze lune, o delle fvolte, dove le correnti hanno adeclinare dalla linea ret­ ta i farti. ...Perchè i gran che tiifir tpiwwauu fpiccarto da’ monti bah— , fi Vr fermeranno *«_** farti, wm, un ma U‘. f1 * - . li ' l/*_ _ _*. jn _/T v inum i iiflii» ^ n i 1 ai

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n o b i f o g n o d i g r a n d ’ i m p u l f o , p e r e d e r e f p i n t i n e ’ f i u m i , p e r ò e rti in t e m ­ p o d i p i e n e , q u a n d o l’ a c q u a è p iù c h e m ai c o p i o f a , e f u r i a l a , p o tr a n n o efi e r p o r t a t i , e q u e l l i d a ll ’ i m p e t o d e lla c o r r e n t e fu r io fid im a n e l la v ia di m e z ­ z o f e n d o f p i n t i v e r f o l e f p o n d e p e r l a f o r z a , c h e f a 1’ a c q u a a g u i f a di b i e t t a a d u n o d e ’ l u o i l a t i , o f i a n c h i -, p e r ò p a r t e d e ’ fa r t i p o r t a t i p e l f i u m e d i r i t t o A B C D d e c l i n e r à v e r f o la A n i d r a D , e p a r t e v e r f o la d e l i r a C -.C*p>XIq u elli c h e v an n o v erfo D

p o rtati

d a ll’ im p e to

d ir e t t o , verranno a

urtare n el-


l 4o

DELLA

DIREZIONE

nella fponda (intera, e incavata qual* è M : e benché in tal (Ito il fuolo fia folievato la furia dell’ acqua ve lo potrà condurre, e infinuarlof per così dire ) almeno in parte nell’argine contrappodo D F. Quivi non ha dub­ bio, che ’l gran faiTo M interrato nella belletta, e nell’ argine oppoflo, averà molta difficoltà a voltolarli per una nuova via trafverfale D F , per effer impedito da gli angoli, e fcabrofità, delle quali detto fallo è compo­ rto, e dalla difficoltà di disbrigarli dall’impedimento dell’ argine oppodo, contro’1 quale fu fpinto, e in parte infinuato, ed anche perchè 1’ acqua in detto (ito D F, per edere rialto, e che incontra 1’ oftacolodell’ argine D F, è neceflario che vi corra con poca furia, ficchè ella non farà bailevole a ftrappare di nuovo il fallo infangato dagl’ impedimenti in D, e condurlo, verfo F. Per lo contrario il faiTo portato dalla corrente nella parte convel­ la C non trovando quivi argine contrappofto, nel quale il fatto urti, e po* tendo l'acqua liberamente lèguitare il fuo corfo diritto verlo E, potrà fa­ cilmente feguitare a fpignere detto faiTo non punto impedito in C per la medettma dirittura C E, finché di nuovo incontri la feconda fvolta. Quel che fi è detto poter fuecedere nella prima fvolta, non ha dubbio, che in­ terverrà nelle futteguenti in altri faffi, che non fi fuiTero fermati nella pri­ ma incurvatura, ritenendo mai fempre la loro fcabrofìtà, che r.on gli lafcia fdrucciolare con quella facilità, che fcorre l’acqua fluida. Sopravve» rendo poi altre piene, ha del verifimile, che intorno a’ iaffi grandi ferma­ ti negli angoli finuofi, s’ accodino molt’ altri faffi. minori, e molta iaia, e molto più quello interverrà nello fceraamento delle piene , perchè mancan­ do l’ impeto, e la forza dell’acqua, va fuccellìvamenre mancando la cagio­ ne di fiaccarli detti faffi minuti, e rena d’ atcorno a’ faflì grandine quella è )a cagione, per la quale forgono ne’ fiumi que’ rialti di renai, e lafiaie,, che s’ oflervano maffiraamente, quando, ir fiumi fono vicini a montagne , o col­ line fafiofe, e quelli fono i modi, che nfa la natura per fare i renai, e rial­ ti de’ fiumi, operando fempre per neceffità . :j i .

CAP.

XVII.

Ne' fiumi, che fon comprefi da argini ftabili, paralleli, e diritti ancorché:#'acque baffi vi corrano tortuofamente, tuttavia in tempo di piene groffi J i vedrà correre tutto 7 fiume -r.spr dirittamente, come s'egli aveffe l'alveo untforf mentente inclinato • Chi vuol perfettamente intendere la natura de’ fiumi, e gli effetti ftravaganti, che nel loro corfo producono, fadimeftieri oflervare non folamente i moti particolari nell’ acque inferiori, ma ancora ■ quelli delle fupreme contigue all’ aria, ne’ quali fi oflerva gran diverlìtà in tempo di piene grolle . Parrà quello ad alcuno, che ripugni alle cofe, che fi fonodichiarate ne’ precedenti Capitoli; ma pure e’fi vedrà po­ ter rimaner falda la dottrina fin’ora fpiegata, non oliarne quelle nuove lira« vaganzeche fopravvengono.

fìg.X. fe vi


<D E* F I U M I .

241

iè vi corrano ferpeggiando per una linea infletta F D G E Z. Dico ora che venendo una piena grotta, non fi vedrà più l’ acqua correre tortuofamente,! come prima, ma ella (correrà verfo il fuo termine, come fé tali tortuofità del fondo non vi fodero, movendofi per una direzione parallela agli argi­ ni- Non ha dubbio, che l’ acqua-finché non averà fuperato 1’ eminenze de’ renai farà neceflìtata a ferpeggiare per quelle vie batte, e ferpeggianti, e quello fuccede, perch’ ella vuole fcorrere naturalmente a luoghi più batti, e non può falire i renai, ma quando averà fuperato tutte l' eminenze de' renai, fi farà formato un letto fpianato, e uniformemente penderne; poichè¡quelle cavità, e luoghi batti vengono riempiuti, e colmati dall’ acqua non ¡meno, che s’ eglino fuffero ripieni di terra, effendo iropoflìbile, che l’ acque eminenti ¡della piena pattano andare ad occupare le cavità infime, le quali fi trovano già piene d’ acqua. Ora perchè il nuovo letto inferiore fpianatiflimo, benché fatto d’ acqua compreio dagli argini paralleli fra lo­ ro, non è più flettuofo, e ferpeggiante, ma ha la detta direzione, che an­ no gli argini, e però egli èpiù pendente, e più ripido di prima; adunque la nuova piena aìtiffima collocata in un tal letto, o alveo fpianato più di­ ritto, e pendente, è neceffario» che vi fcorra (opra, dovendo tali acque eminenti, e ptù veloci di quelle baile, che fon trattenute dagl'intoppi de" renai, fcorrere per la più breve diritta, e ripida via, che vi fia fopra il letto, per cosi dire, immaginariodell’ acqua ; dunque è necettario, che poco più in fu della fommità de’ renai, tutta l’acqua della piena fcorra non lerpeggiando per F D G E Z, ma fecondo la direzione degli argini A H „ ed I L. Alle cofe dette in univerfale debbono ora aggiugnerfi quelle, che produce l’ inegualità del letto, e il corlo tortuofo dell’ acque inferiori • Egli non ha dubbio, che-non-è .ridetto, che il letto del fiume fpianato fia di falfo, o di terra, o che fia parte di fatto ftabile, e parte di acqua F D G E mobile, e corrente con gran velocità, e però è necettario,.che 1’ acque eminenti della piena, che lopraftano alla cavità diritta R 1' abbiano mag­ gior profondità, che quelle le quali .fopraftano al renaio B. Ma l’ acque correnti.più profonde, più velocemente corrono, adunque le prime , che fopraftanno ad R F, debbono correre più velocemente, che le collaterali, che pattano fopra B; nè fi può negare ancora , che 1’ acqua fopra la cavità tortuofa F I) G E fcorra con maggior velocità, che quella iopra del re­ naio B, perchè l’ acqua mobile delle cavità non è di tanto impedimento al corfo dell’,acque Superiori della piena, quanto il renaio B (labile, e fca’broio: ma notili che può darli il calo, che l’ acqua giunta fopra la cavità dal­ la parte dedra I ) , e fopra il renaio B dalla Anidra in eguale didanza dagli argini, vi arrivi con pari velocità acquillata nel corfo precedente del fiu­ me, ¡e però una minima aggiunta di minima velocità in I), più che in B ri­ marrà inottervabile, o pure cagionerà un vortice di quelli, che nelle pie­ ne bene fpeflo fi oflervano. Poi tirando innanzi la carriera, l’ ideile acque da F fi.conducono in D G E, dove le infime acque corrono tortuofamente, e però quivi il letto tortuofo alla fopradante piena non aiuta come pri­ ma il moto diretto dell’ acqua, che ha in capo, anzi lo devia qualche po­ co verfo la finidra, ma ambedue quedi impedimenti di tortuofità, e cavi­ tà fi rendono infenfibili alla maflìma velocità, con la quale fcorre l’ acqua della piena eminente contigua all’ aria, nè altro fi potrà offervare, che cer­ ti urti, o ravvolgimenti, o vortici, che in detti luoghi Cogliono compari­ re in tempo di piene. E iniònima, benché il corfo delle piene fia compo­ rto d’ alcuni piccoli moti irregolari talvolta verfo le fponde, altre voice all’ insù fatti dagli urti, e rifletti dell’ acque, tuttavia quedi non fi veggoTm . / Q. *»°» .

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242,

DELLA

DIREZIONE

no, non eflendo efpofto agli occhi noftri altro che la fuperficie dell' acqua tremolante refa opaca, e dal tremolio, e più dalla torbida, che non lafcia •veder quello, che fuccede nelle parti inferiori, e però rimane folamente manifefto il principal corfo velociffimo fatto per la più breve, e pendente via fecondo la direzione de’ due opporti argini. Egli è pur vero, che uno degli argini patifcepiù dell’ altro in quei luoghi, dove la pendenza del let­ to vi conduce maggior copia d’ acqua, la quale con l’energia del fuo gran pefo morta anco rapidamente, viene obbliqùamente a ltriiciarlo, e corro­ derlo, il che non fuccede in que’ luoghi, dove il letto è follevato- E così fi vede, che in quefto cafo anno luogo ancora le cofe dette ne precedenti capitoli, producendo quelle medefime cagioni i fuoi effetti necefTari, ancor­ ché elle fieno accoppiate con nuove cagioni, che non rendono così eviden­ te i’ effetto di quelle per edere congiunte col corfo velociffimo della piena, che non fa comparire quegli sforzi trafverfali. E quefto baili per dar con­ tezza in univerfale delle cagioni del corfo diretto, e tortuolo de’ fiumi de­ pendenti dalle cagioni naturali in que’ fiumi, che anno il letto direttamen­ te pendente, e inclinato verfo il mare.

CAP.

XVIII.

D e’fa m i, che anno il letto compojìo di due fuperficie piane inclinate diverfamente, e alcuni lemmi necejjari per intendere la l'ornatura, e gli effetti, che dovranno f a r e . F

IN’ora fi fono confiderati i fiumi che anno il letto uniformemente pendente verfo il mare, il cui fuolo era un fuolo piano diftefo per tutta la fua lunghezza, il quale benché fuffe alterato da’ renai, e rialti, fi fupponevano fempre nel medefimo piano del let­ to. Ora pafferemo a trattar de’ fiumi, che fcorrono iopra letti piani d’ in­ clinazione diveda, e quefti fono di due forte, perchè o il letto fuperiore è più ripido, e elevato del iufteguente inferiore, in maniera che 1’ acqua, che prima correva per un letto ripido arriva ad un’ altro letto meno pen­ dente, o pure per lo contrario dalla parte fuperiore del fiume il letto è meno ripido, e più vicino a! piano dell’ orizzonte, ed a quello fuccede dalla parte di fotto un’ altro piano piu ripido, e pendente, il quale neceffita a fcorrervi l’ acqua fu con furia, e rapidità maggiore. Ora in ambedue i detti cali deefi aver confiderazione all’ angolo, o comun fezione de’ detti due piani inclinati fra di loro, e all’ orizzonte. Oltr’ à ciò deefi ancora av­ vertire, fe la linea del corfo dell’ acqua defcrive angolo retto, o acuto con la detta comun fezione de’piani: tutte le quali cofe producendo effetti diverfi, e ftravaganti dovranno prima con metodo univerfale efaminarfi, ac­ ciocché poi facilmente pollano intenderfi gli effetti, che vi fanno l’ acque, che vi fcorrono fopra* E prima fe faranno due piani D M , L F , pendenti verfo il Mare tra di fìfrXlV loro, e al piano dell’ orizzonte inclinati, fe nel piano D M la via della fcefa A B farà perpendicolare ad M L comune fezione de’ detti due piani; Pico che anche la via della fcefa B C nel feguente piano L E farà perpen,


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FIUMI.

*41

pendicolare alla medefima M L, eie due vie. B A , B C faranno coftkuice nel medefimo piano verticale, o perpendicolare all’ orizzonte. Tirili dal punto B la retta linea B S perpendicolare al piano dell’ crii- D two. zonte, e perchè la via della fcefa A B è non folaniente collocata nel pia-j ftraz:o . no verticale, ma ancora dee efier perpendicolare allafcomun lezione <1611’ ifteffo piano D M, e di quello dell’ orizzonte, laqualeNHP, efi fuppone- Cap. va l’ ideila A B perpendicolare ad M L; adunque le due M L, ed N P,. che fi trovano nel medefimo piano di M D , fonoparallele fra di loro. Si-, milmente la via della fcefa B C nel feguente piano F L e perpendicolare alla F G comune lezione di detto piano, e di quello dell’ orizonte- Dico ora che la ftefla B C farà collocata nello dello piano verticale A B S. Per« * chè la retta P H comun fezione del piano D M , e di quello dell’ oriz­ zonte P F è perpendicolare alla retta H B A, ed anco alla retta H S per il Corollario primo del Capitolo primo ; adunque la P H larà perpendico­ lare al piano verticale H B S: ma la B L è parallela alla P H, adunque la L B anch’ eda è perpendicolare allo dello piano verticale H B S, e per confeguenza farà angoli retti con le due H B, B S, che fono nello dello piano, e la toccano. Poi perchè per U perpendicolare L B è tirato il pia­ no L F, farà tal piano perpendicolare allo dello piano H B S ; al quale parimente farà perpendicolare il piano P F dell’ orizzonte, per eller tira« ,: to per la P H perpendicolare al medefimo piano H B S, ficchò la G F » comun fezione de’ due piani L F, P F perpendicolari al medefimo piana H B s, farà perpendicolare all’ ideilo piano verticale H B S, e però la G F farà parallela alla L M, la quale era perpendicolare al medefimo pia­ no H B S, ed era 1’ angolo G C B retto , adunque 1’ angolo L B C farà anch’ egli retto, ma la L B era perpendicolare alle due B H, B S, e li modrò anco perpendicolare alla B C, adunque quelle tre H B, B S, B C fono in un medefimo piano; per la qual cofa la leconda via della {cela B C, farà non folo perpendicolare alla L M, ma ancora Cara collocata nel medefimo piano verticale A B S, e quedo fi verifica in qualunque incli­ nazione del fecondo piano L F, fiafi egli perpendicolare all’ orizzonte, ono. Da quedo ne fegue, che un grave il quale fcorra per la via della fcefa A B, arrivando al fecondo piano in B, leguiterà la lua carriera len­ za mai ulcire dal medefimo piano verticale A B C; e però fi partirà dal precedente piano D M , con una direzione perpendicolare al taglio M L, e fe aderirà al fufieguente piano, anderà per la retta B C. Nel fecondo luogo il piano L F fia più inclinato al piano dell’ orizzon­ te, che non è il piano D M, e la via della fcefa A B non fia perpendico- F ig .X V . lare, ma faccia angoli obbliqui con ©-Mr comun fezione de’ piani inclina- Z J v [ ti, e cada il detto piano L F oltre la perpendicolare B S verfo H Dico, Che la B C via della fcefa del fufieguente piano non farà collocata nel me­ defimo piano verticale A B S , ma declinerà da quello dalla parte dell’ an­ golo ottulo M B H. Di più dico, chela fufieguente via della fcefa B G coftituirà angoli dituguali con lo fcaglione M L comun fezione de’ due detti piani. Perchè la retta linea A B è la via della fcefa del piano D M, il quale q . incontra il piano orizzontale nella retta linea N P, adunque la A B colli- « J tuirà in H angoli retti con la N P, ma per la fuppofizione la medefima retta A B H coftituifce angoli obbliqui con la retta M L, adunque le rette linee N P,.e M L non faranno parallele fra di loro, ma concorre­ ranno dalla parte dell’ angolo acuto 11 B L, Sia il concorfo in D, e li O 3. con-


1 244

DE L L A

D I R E Z I O N E

congiungano le rette lince S H . S C, ed S O, e perchè per le rette linee H O, ed M O concorrenti nel punto O vengono- tirati due piani, cioè quel dell'orizzonte per N O, e l’ inclinato L F perla retta M L, adunue la loro comun lezione F G necelTariamente dee concorrere con le ue precedenti rette linee H O, M O coftituendo tutte tre un angolo folido triangolare , ed il piano L F è più inclinato del piano D M, e cade olire la perpendicolare B S verfo H, adunque la retta linea F C O cade fra la N D, e la S O difegnata nel piano orizzontale dal piano, che paffeper le M L, B S perpendicolare all’ orizzonte - Dipoi perchè nel trian­ golo, B C O l’ angolo C è retto , imperocché la via della fcefa B C èper­ pendicolare fopra F G comun fezione del piano inclinato L F,. e dell’ oriz­ zonte, adunque l’ angolo C B O è acuto, e il fuo confeguente C B M l'a­ ra, óttufo. Di più perchè 1’ O H , comun fezione del piano D M, e dell’ Orizzonte, è perpendicolare all’ H S; e parimente la comun fezione O C è Corali; perpendicolare alla C S, iìcchè i due triangoli O H S, e O C S averandel Cap. 00 gli^angoli S C O, e S H O retti;: per fa qual, cofa i due rimanenti an­ p rim o . goli di un triangolo faranno eguali a i due rimanenti dell’ altro. Ma è l’ an­ golo H O S maggiore dell’ angolo CO S, adunque l’ altro angolo H SO farà minore dell’àngolo C S O. Laonde la S,C, e per confeguenza il pia­ no B C S cadrà oltre il piano verticale H B S-verfo F, fiechè la via della fcefa B C viene a cadere dalla.parte dell’ angolo ottufo M B H, il che il

3

doveva dimoilrare

g a p.

xix;.

Degli effetti de' rip a ri , o pepeaie perpendicolarm ente■opp offe- (tifo corrente principale d el fium e.. ichiarate quelle cofe patto a confideraregli effetti, che produco­ no gli oftacoli, o ripari piani, che fi partono porre ne’ fiumi, i quali in molti modi fi póffono variare, prima per cagione dei fito, cioè fe fono porti in mezzo del fiume, o in-uno degli eftremi; potendo occupare tutta ia larghezza del fiume , o una tal Aia parte, e quefta feconda fi dice grandezza def riparo . Terzo per cagion della: mag­ giore, o minore obliquirà, con la quale vi corre l’ acqua contro . Quarto per ragion dell’ altezza, potendo il riparo effer più alto del livello- dell’ acqua, o pari, o pure inferiore. E cominciando dal primo, fia un oflacolo, a riparo porto nel mezzo del fiume diritto, dove la corrente è maflìma, che la riceva di petto, o ad angoli retti, e non arrivi a niuna delle fponde collaterali, ma fia da quelle egualmente lontano. Dico,, che l’ acqua urtandovi non farà più forza ver­ fo luna, che l’ altra fponda , e cosi potranno edere egualmente percorte , perchè o ¡1 riparo è più alto, e follevato del livello dell’ acqua, e così la corrente dell’ acqua, che l’ urta perpendicolarmente è necettìtata a ribalza­ re all’insù, e falir qualche poco, e però ella fino a certo fegno s’ innalzerà piò nel mezzo cheda’ fianchi del riparo per due ragioni, prima perchè nel mezzo vi urta l’ acqua con impeto, feconda perchè la dett’ acqua follevata volendo livellarli feorrerà verfo i termini eftremi del riparo, dove può aver l’ elìco, e cosili muoverà qualche pocoverfo la delira, e lafiniliracon mo­ to trafveifaie p s t ricaricarli j ma por incontrando l’ alti’ acqua da’ fianchi,,

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*D & F I U M I .

24s

che corre dirittamenteper non effer impedita, quella, che fopravviene ver­

rà ad acquiftare dall’ una, e dall’ altra parte una direzione obliqua vedo le fponde, con le quali urtando, le potrà qualche poco offendere, fecon­ do che l’ impeto farà maggiore, o minore, e fecondo che uno degli argini farà meno refiftente, o robuftodelP altro- Se poi detto riparo farà tutto profondato fotto il livello dell’ acqua, allora 1’ acqua inferiore, che non fupera l’ altezza del riparo, iarà folamente impedita, e tara gli effetti det­ ti nel precedente calo, facendo un poco rinnaizare l’ acqua nel mezzo: ma perchè la parte dell’ acqua, che fupera l’ altezza del riparo, non è im­ pedita, verrà a precipitarli verfo la parte poftenore del riparo con mag­ gior furia -, ficchè in quello cafo non fi vedrà altro che un poco di rialzamento, e poi un corto precipìtolo nell’ acqua di mezzo . Se poi la detta pefcaia occupale tutta la larghezza del nume, non fata altro eh’ impedire il corfo dell’ acqua inferiore, formando un letto al fiu­ me più alto, il quale in poca diftanza dal riparo, o peteaia, prima di trapanarla fi fpianerà, e farà quali parallela all’ orizzonte, così richiedendo la natura dell’ acqua proclive a livellarli i ma quell’ acqua , che avanza la fommicà dello fcaglione, o è neceflìtata a cadere, o nov nel primo cafo produrrà quei cavalloni, e ondeggiamenti ftiepitofi perpendicolari all orlo» o fcaglione del riparo, ma nel fecondo cafo baderà a correre direttamente, ma però fempre è vero, che detti ripari dalla parte (uperiore del fiume verranno interrati, e maggiormente nel mezzo, che verlo gli effremi del riparo, allorché egli è fiaccato da ambe le fponde, perchè l’ acqua ritarda­ ta, © immobile vi potrà deporro la torbidezza. C A P .

XX.

Degli effetti de’ ripari, op eraie obliquamente opyoffe alla corrente de fiumi. poi i l fiume u n i f o r m e , e regolarmente diretto R S, nel quale fia una traveda, o pefcaia E F G P che fia unita ad ambedue gli argini opporti, della quale il piano E H G F , fia a piombo, o petpendt- F ìg . colare al piano dell’ orizzonte, ma il piano G P di la dal comignolo X V I » H G fia a fcarpa pendente verfo la parte inferiore del fiume S, e fia tal pefcaia difpofta obliquamente alla corrente del fiume R L S, in manierachè faccia 1’ angolo R M H acuto, e il confegucnte R M G ottufo , debbonfi confiderare gli effetti, che produce detta pefcaia, E prima il fuo taglio, o orlo fupremo G H ila parallelo al piano dell* orizzonte, e fia la via della fcefa del letto del fiume la R L S Perchè la linea E F è pendente dal luogo fuperiore del fiume E verfo F luogo piò baffo porto verfo la parte inferiore del fiume S; ma la retta linea G H è parallela all’ orizzonte, perciò il piano del muro delta pefcaia E F G H non farà parallelogrammo, ma un trapezio piu Ipaziofo dalla parte F G, e più riffretto in E H verfo la fuperior parte del fiume. Per la ffeffa ragio: ne il piano G P di là dal comignolo farà anch’ egli trapezio. Ora fe noi intenderemo effer tirato per P orlo H G ui piano parallelo ali’ orizzonte qual’ è H I K G> quello lenza dubbio legherà il piano del letto del fi ume

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Tom. I


^46

DELLA

‘D I R E Z I O N E

inclinato in una retta linea, qual’ è I K, e per le cofe dette nel Capita« lo decim’ottavo verrà ad effer formato un frullo di piramide triangolare, le cui bali oppofte faranno i triangoli F G K, ed E H I . Suppofte quelle cofe perchè l'acqua va fcorrendo da R verfo S fopra il letto del fiume uniforme, e regolarmente diretto, -e incontrando 1’ oftacolo della pefcaia dovrà riempire quella folla, e livellarli , e fpianarfi, rimanendovi {lagnan­ te per tutto lo fpazio del detto frullo di piramide triangolare H I K G F E, e feguitando poi a venire nuova acqua per le linee parallele alla R L M , farà ella neceflìtata a fcorrere fopra il piano d’ acqua (lagnante trape­ zio I H G K, Hqual’ è parallelo ai piano dell’ orizzonte, e però è neceflàrio, che la carriera dell’ acqua fi continui a dirittura per L M fenza de­ clinare a delira, o a fitnilra dal piano verticale L M S, che palla per la via della fcefa R L M, e dovendo poi precipitarli dall’ orlo lupremo H G perdo fufleguente piano G P, la via della fcefa del quale fia M N, che cllendo perpendicolare alla comun fezione del piano G P, e dell’ orizzonte, farà ancora perpendicolare alla G H, che è aquello parallela ; egli è cerco, che 1’ acqua eminente, laquale cavalca l’ orlo dello fcaglione H G, o ella trova di là dallo fcaglionel’ acqua più balla, o no. Se ella non è più balia, non averanno l’ acquc fùperiori caduta, per effer rialzate l’ acque di là dalla peficaia, e così quella farà necellicata a fcorrere, e continuar la primiera fua direzione R L S, ch’è la via più ripida, e pendente, che poffa far l’ ac­ qua. Supponghiarno ora che l'acqua eminente A H G C per l’altezza del­ io fcaglione debba precipitarli. Dico, ch’ ella caderà non per la primiera direzione M S, nè meno per M N via della fcefa del fecondo piano indi­ ziato G P, ma patirà certa refrazione il primiero corfo R L M S dell’ ac­ qua, accollandoli alla M N perpendicolare alla G H; e quello fuccederà Tempre, finché il primiero impeto per la retta L M fi eflingua allatto, il che fuccederebbe, quando l’ acqua corrente con qualche velocità per R I, per fuperar la fommicà dello fcaglione in M vi arrivafle col rifinito di rifleffione, che fuol far 1’ acqua quando il primiero corfo da un oftacolo viene impedito, perchè allora nel rilalto, che fa all’insù a guifa di pendolo, va fucceffivamente perdendo 1’ impeto precedente, e infomma per qualunque cagione l’ acqua, che li parte dal termine M fia priva affatto dell’ impero precedente, cioè fi parta dal termine della quiete, è neceffario che muti direzione, e corra per la via brevifljma della fcefa M N, che per neceftità dee efercitare nel fufieguente piano G P. Ma fe l’ acqua arrivata in M ri­ tiene tuttavia l’ impulfo precedente, in virtù del quale ella dovrebbe con­ tinuare il fuo corlo per la retta M S, poiché l’ impero concepito da un grave perfevera naturalmente» finché da una nuova cagione nonvenga eftint o ; adunque 1’ acqua dal punto M fi faglierebbe direttamente verfo S, ina ie fopravviene una nuova cagione di rifletterli per M N, che è la pen­ denza del nuovo piano inclinato G P; adunque 1* acqua fi parte daM con due impulfi di muoverli per le direzioni di due rette linee M S, ed M N ciafcuno de’ quali la tira a fe, e perciò l’ acqua non potrà totalmente ubbi­ dire nè all’ uno, nè all’ altroimpulfp, ma sforzata da ambedue fcorrerà per una via di mezzo, qual’ è M O, declinando verfo quella parte, che più prevale; e perciò fe l’ impulfo per L M farà veiocilfimo, e il piano G P fa­ rà poco declive, pochiflìmo fi rifrangerà il corfo dell’ acqua dalla retta M S , anzi formerà per aria una via curva, c pel contrario, fe il corfo per L M farà lentiflimo, epoi il fufieguente piano G Pprecipitofo, allora mol­ to, e molto più il corfo dell’ acqua fi rifrangerà verfo F, via della fcefa del feguente piano, benché ella non vi arriverà mai, eccetto quando fuffe eftinto l’ impulfo per la primièra direzione L M. Nel


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F I V M I.

247 Nel fecondo luogo fia la pefcaia, il cui piano del muro E G fia un pa* rallelogrammo perpendicolare al piano dell’ orizzonte, unito parimente agli argini opporti, e obliquo alla corrente del fiume, la via della leela ael quale fia RL S . Abbia poi la pefcaia unito al', comignolo G H il parane* logrammo G P, ma la fua via della fcefa Z N non farà perpendicolare a niuno de’ lati opporti G H,. ed V P, ma è neceffarip che 1 angolo bL Z Nfia ottufo, e la via della fcefa Z N cada di la dal piano verticale L Z S ■ver-' lo P,. come fi cava dal Capitolo decimottavo. Ora in quella lorta ai pe­ fcaia fi verifica parimente, che nello lpazio anteriore l’ acqua viene impe« dita, e cade come in una folta, che non laicia correre dirittamente, e tor­ ma uno lpazio di prillila triangolare obliquangolo. Il che per manileltare, fa di bifogno di concepire, che tutta l’ acqua, che riempie il nume Ha: ivi fa in tante falde, o fuperficie perpendicolari al piano dell orizzonte, e diftefe inlungo fecondo la direzione delfiume, come per elempio, una a d’acqua aderente a tutta la fuperficie interna dell’ argine A 13, quana ella filile riftretta da un altro muroparallelo ad A B, ficchèvi rimanefle in mez­ zo uno ftrettiifimo canale pien d’ acqua perpendicolare all orizzonte, egli è certo che la detta falda d’ acqua avrebbe la fua parte inferiore triangola­ re I E H ripiena d’ acqua (lagnante, e farebbe l’ angolo E H I retto, eltendo naturale all’ acqua il livellarli-. Ma 1’ eminente acqua^opo aver corloper A I , feguiterà a camminare orizzontalmente lopra I H, e: poi u preci­ piterà per l’ orlo della pefcaia in H , verfo la parte inferiore P. Ma quan­ do tutto il fiume è pien d’acqua, vien ella a fari’ ufficio del muro paralle­ lo, e proffimo all’ argine A B‘, ficchè neceffariamente là detta acqua emi­ nente verrà a correr fopra quella', che riempie il triangolo rettangoloI ; quefto (ledo fi può dire di tutte Paltre infinite fuperficie d acqua paraiIdeali’ argine A B, quali firn quelle, che correndo per R L , e G K riem­ piono i fondi de’ triangoli Q_M L, ed F G K, e perchè » detti triangoli rettangoli E HI , QM L fono tutti limili, Umilmente porti, e parallelt fra di loro ( perchè i lati omologhi, quali fono EH , QM, &c. fono egua­ li fra-di loro, e paralleli, per effer comuni lezioni desiar» verticali equidittanti-, e del piano del muro E G ) adunque tutti i Iati omologhi li I, M L , G K fono paralleli fra eli loro, e fon collocati nel medefimo piano; nel quale giace la retta G H'. Adunque quella tutte compongono un iol piano H I K G, il qual’ è pendente da H I verfo G K, che e .a parte più inferiore del fiume. Inoltre fe per lo punto G nel piano E t,lrera, G X parallela al pianoiorizzontale, e per lo punto X là X i parallela au I , ovveroa G K, e fi congiungerà la linea T K, fi fata formato lo lpazio; frutto di piramide triangolare X T HF Iv G, il qual vano-fi ripTT,Ptr3. d acqtta (lagnante, la fuperficie fliperiore della quale larà il trapezio T X G K parallelo al piano orizzontale, fopra del qual trapezio s’ appoggia pen­ dendo verfo G K l’ eccello deil’ acqua delprilma I H E F G IC lòprà ilfuddetto frurto di piramide d’ acqua (lagnante X T E F K G.Supporto quefto, confiderando l’ acqua, che feorre per le linee parallele ad R L , e che fopravanza il prifma l H E F G K , è necertario, che le 1

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rezione L . M , p i e g h e r à il T u o c o r f o p e r L Z , e q u i v i c a v a l c a n d o ia, d o v r à d i n u o v o r i f r a n g e r l i il c o t f o d e l l ’ a c q u a v e r f o là nuova f c e f a Z N d al c o m i g n o l o n e l p i a n o f u f f e g u e n t e , e c o m e fi d file

dente c a l o , l’ acqua c o r r e r à ;p,et una linea Z

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248

DELLA

DI RE Z I ON E

L Z S , e Z N . e per altra a lei parallele, e quello era quello, che fi do­ veva provare•

CAP.

XXI.

Degli effetti, che producono t pignoni, che dall' argine fi J iporgo­ no verfo il mezzo del fiu m e costituendo angoli ottufi con l'argine dalla parte fuperiore del fiume.

S

I è veduto ne’ capitoli antecedenti la cagione, perchèifiumi nel cor­ to degli anni fpontaneamente debbono mutar direzione; ora propor­ remo un modo facililfimo da poter fare il medefimo effetto coll’ arte, benché paia incredibile, che le deboli forze umane pollano fare un lavoro, che ricerca una virtù immenfa. Supponghiamo dunque il fiume R X v i f ì ^ e^er un'f°rme> e regolarmente diretto, il cui fondo, o piano tottov 1 ' pollo fia cretoto, o facile ad efler incavato. Aggiungali poi all’ argine A H un oilacolo, o pignone, qual’ è B C, fiali egli murato, o di quallivoglia altra materia fiabile, ma diritto, e che faccia dalla parte luperiore del fiume 1’ angolo A B C ottufo, e il conseguente angolo C B H acuto, e primieramente la corrente dell’ acqua, che urta nel pignone B C non luperi l’ altezza di detto pignone, e fia B C tanto lungo, che s’ approdimi alla li­ nea di mezzo del fiume. E’ non ha dubbio, che prima, che vi fulle il pi« gnone B C, l’acqua Scorrendo con pari velocità, e copia di quà, e di là dalla via di mezzo del fiume, benché il Suolo amovibile folTe cretolo, ne Cap. riSultava un alveo egualmente, e uniformemente incavato, e pendente dall’ V ili, una, e dall’ altra Sponda verfo la linea di mezzo Salendo con eguale inch» nazione verfogli argini oppofti ; ma aggiuntovi poi il pignone Suddetto , le velocita delle parti del fiume, e le loro direzioni laranno molto diverto da quelle di prima ; poiché 1’ acqua, che corre per la linea A B per l’ intoppo del pignone pollo a feconda della corrente è necelfir^ta a indirizzare il top corto verfo le parti E D C , dove I’ obliquità del pignonefi dirizza, e dove il Suolo è più pendente, e dove il pelo, e impeto della corrente la fpigne. Ma perchè altre acque arrivano in E per lalinea I E parallela ad A B, e quelle con impeto maggiore Scorrono, per efier piùvicine alla linea di tfiezzo ; adunque elle come piùimpetuofe terranno incollo in E l’acquepiùpigre, cheli conquisero in B aderenti all’argine, eperla medelima ragione alrreacque, chearrivano in D portate per la linea K D parallela all’ argine molto piùvicine alla linea di mezzo, e però molto più veloci, che non erano le precedenti, molto più terranno in collo Tacque di B E, e finalmente quelle, che arrivano in C eftremo termine del pignone, terranno affai più in collo tutte i’ altr’ ac­ que B E D. E perchè il fiume bada a correre, il livello dell’ acqua farà rinnalzato per tutto lo Spazio B E D C S ordinatamente, e perchè elle han­ no l’ efito in C G, dove il livello dell’acqua è più bailo, elfendo la cor­ rente del refto del fiume non impedita,- adunque l’ acqua tenuta in collo, e Sollevata nello Spazio B C S, farà necefljtata a correre per ¡sboccare, e condurfi a’ luoghi più balli. E notili, che, non Solo Tacque eminenti rigon­ fiate, ma ancora le balie, e profonde acquillano velocità maggiore dopo il rialzamento del loro livello { come fi dirà appretto J e però fi accrefce la cagione di Scorrere l’ acqua per B C flrifciando la Sua Superficie. Oltr’ àciò è da considerare, che T acque che urtano Sopra la faccia obliqua B C del pi-


DE '

FIUMI.

1

pignone per linee parallele ad A B debbono rifletterli adangoli eguali aquel­ li dell’ incidenza verfo S F, ritenendo quali T ifteflo impeto di prima, e quelle delle linee dell’ acque rifleffe vengono ad effer ripiegate, e rifpinte verfo B C da tutta la corrente A B S L, licchè tutta l* acqua BS C, vie­ ne ad effer come una bietta comprefla, come uh nocciolo fra le dita, dafl prifma d’ acqua A B S L, e dal pignone B C, e però fucceffivamente ver­ rà fcacciata l’ acqua C B S verl'o S C, non potendo ella patir condenfazione. Adunque perqueda nuova cagione dovrà più efficacemente 1’ acqua ur* tare, e ftrifciare la faccia B C del pignone. Di piò perchè l’ acqua, che fcorreva per tutta l’ ampiezza del fiume B F , e fi fcaricava nella larghezza inferiore H M, ora per l’ odacolo BC non può fcorrere, e fcaricard fe non per lo fpazio flrecco C G; adunque è neceflSrio che 1’ acque di tutto lofpazio B F G G rigonfino, e quefte dopo la ftrettezza dell’ éfito C G tro­ vando lo fhrgamento, ed ampiezza G C H M, e volendo elle livellarli, è forza, che fi abbaffino notabilmente fotto Io sboccamento C G. Laonde l* acqua rigonfiata da C G fi precipiterà verfo il baffo con corfo velociffimò, il quale applicato al pelo, ed energia di tutta l’ acqua, che vi corre, ui> terà veementemente il fuolo, o letto del fiume fottopofto a G C poco lon­ tano datai fito, e quivi fcaverà il terreno mobile, il quale fcavamento cagionando maggior precipizio, e velocità all’ acque, che cadono da G C, però fcemarvdo quivi la mole dell’ acqua, potranno Comodamente 1’ altr’ acque rigonfiate B S C lungo il pignone B C cadere ancH’ elle per il precipizioCG, e corrervi, enei correre, che fanno aderente al pignone, drifceranno la lua fuperficie, ma molto più la punta C , e però ella farà più fcalzata del redante del pignone, e verrà a formarli H Cuoio aderente al detto pignone molto pendente, e incavato verfo il fuo termine C, poiché l’ angolo ortufo B non Colo vien poco, o nulla ftrifcìato, ma è ragionevo­ le, che vi rimanga molto impoffime , per effer più che altrove ritardata 1’ acqua in detc’angolo. Olir’ aciò perchè l’ acqua , come gli alni gravi, prefó che ha un impeto, nonio laida Cubito, e continua ella a muoverfi per quel­ la direzione, che aveva prima incominciato, adunque l’ acqua, che cor­ reva lungo lo fcaglione B C manterrà la dirittura del precedente corfo, e benché ella fia alquanto deviata dal corfo delle rimanenti acque L C G F , non però quella prima velocità verrà edinta affatto, ma d’ ambedue fe ne comporrà una terza direzione C N, che ad angoli più acuti incontrerà l’ ar­ gine oppodo F N P, percoteudolo con grand'impeto in N, il che mag­ giormente dovrà feguire per un altra ragione, e fi è, perchè la corrente impetuosa, che palla perlo ftrerto GG, notabilmente averà lcavato, e af­ fondato il Cuoio fufieguence C G M, e per lo contrario la parte oppoda C H B non Colo non potrà effer Corrofa, ma bifogna che molta torbidezza vi Cap. s’ imponga per cagione della poca corrente, che ha l’ acqua di là dal ripa- VII. ro del pignone: il perchè il letto del fiume oltre la sboccatura C G farà divenuto alto verfo B H, e molto depredo, e fcavato in G M, ficchè ol­ tre la direzione dell’ acqua, che drifcia lungo H pignone B C, aggiuntavi la pendenza, e declività del letto del fiume incavato verfo l’ argine G N P, l'acqua corrente urterà con 1’ impeto di energia, e di moto attuale ri det­ to argine G N P, il quale fe farà di terra amovibile, vetrà corrolo, e vi fi farà col tempo un gran Ceno tortuofo, qual’ è M N O, es’ egli per av.» ventura fufie di muro poco refidente, o pur fabbricato fu la rena, e terre­ no cretofo, fendo fempre più {'calzato, e tormentato dalla detta corrente, potrà facilmente rimaner fenza fondamento folpefo in aria , e poi piegarli, e rovinare, e continuando la medefima corrente per le medefime ragioni a dila-

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XX. Cap.

XVII,

‘B E L L A

D I R E Z I O N E

dilatar Tapertura> buttando a terra maggior parte di muro, e poi rodendì» il confeguente terreno mobile,, verrà a formarvi un capace Ceno M N 0 > pel quale indirizzandoli la corrente del fiume , lo farà divenire incurvato, e tortuofo. E fe poi la corrente rifleffa vario l’ argine oppofto A B H ne* luoghi piùbaili, come in Q vi faceffe ( coni’ è verifimile f altri feni, e co­ sì fucceifivamente, potrà inprogreffo di tempo tutto il fiume divenir ferpeggiante, la qual cofa benché fia opera, che di gran lunga ecceda la vir­ tù, e forza umana, tuttavia- ei fi vede edere fiata cagionata da quel de­ bole riparo del pignone B C, il quale a guila del timone d’ una gran nave; induftriofamente neceffita l’ acqua con là fua immenfa forza, ed impeto a correre, rodere, fcavare, e precipitar edifici faldifiìmi, e mutare il corfo d’ un intero fiume, cofa veramente, che ha del maravigliofo, come fono molte altre cagionate dall’intellettoumano, benché egli fia fornito di for­ za inferiore di gran lunga a quella di tanti animali vaili, e aquella de’ ven<ti, dell’acqua, e della terra. Sia.finalmente la fommità del pignone B C, più balda del livello dell’ acqua; non ha dubbio, che 1’ acque inferiori, la quali urtanonella faccia del pignone, fi rifletteranno, e ftrifceranno il detto pignone, rimanendo più potenti le cagioni di prima, e però farà quali gli fieli! effetti. Reftano ora da confiderarfi Tacque, che fcorrono lbpra T orlo del pignone, equelte mentre fono contigue a dett’ orlo patirannoqualche refrazione verfo l’ argine B H; per le cagioni dette di Copra: ma l’ acp que giù eminenti ,, e lontane da detto orlo continueranno il loro corfo diritto parallelo all’ argine A H , benché con moro più tardo delle contrap* polle acque copiofilfime, che fcorrono verfo l’ argine F N. E'però degno di confiderazione T effetto del refrangerfi T acqua verfo l’ argine B H, quando il pignone farà angolo ottufo col medefimo*argine dalla parte fuperiore del fiume, poiché in alcuni cali fi rivolterà la corren­ te nel cavalcarlo, con impeto notabile verfo detto argine a danneggiarlo, e q u e llo Tempre più, e più quanto, maggiore farà detto angolo ottulo, co­ me per lo contrario quanto l’ angolo farà meno, e meno ottufo, tanto mi­ nore farà T.ofiefa, finché ridotto ad efl'er recco celierà.affatto il.danno. e

A P.

X X iL

Degli effetti, che producono i pignoni quadri> ebe dall argine fi: Jporgono verfo Urnezzo del fiume coftituendo angoli acuti o, retti, con l'argine dall# parte fuperiore de¡fiume.

B

Enchè quella fona.di pignoni».de’ quali ora dobbiamo trattare, non^ abbia molto ufo, e fia il più delle volte molto dannola, è però utr. le. a far’ intendere la natura di quelli, che fi dovranno da noi adope­ rare. Sia dunque io fieffo fiume uniforme, e regolarmente diretto R Z:, e da uno degli argini A H fi continui il pignone la cui faccia, cioè , Rto-, .il parallelogrammo. B G fia eretta perpendicolarmenteal pianodell’ orizzonX I X 'te»’eiàoeià con l’ argine l’ angolo A ¿ C prima acuto, poi retto dalla par­ te fuperiore R del fiume» e il livello dell’ acqua fia più baffo dell’ orlo ra­ piremo del pignone B C. Dico, che non patirà il pignone notabile Ipinta, ed ‘urto, dàlia, corrente, nè punto farà fcaìzato,. fuorché nel fuo efiremo termine. O. C, ;e quello minimo danno maggiormente dovrà iuccedere quan­ do.il>


BE'

FIUM I.

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do il •pignone &perpendicolare all’ argine. Oltr* a ciò nello fpazio A B C gonfierai’ acqua, e fi rialzerà, e acquifterà una rivoluzione contraria al corfo del fiume, ma indrizzerà la corrente principale del fiume ad urtare nell’ argine contrappofto, ed il letto del fiume fi rialzerà, e riempierà dalla parte del pignone, ma farà corrofo, e incavato dalla parte oppofta. Perchè l’ alveo del fiume uniforme, e regolarmente diretto pende da R verfo'1 pignone B C, e l’ acqua, la quale fi parte da R luogo alto verfo B-C G corre con egual velocità dall'una, e dall’altra parte della linee di mezzo R Z, adunque è neceflario, che quella parte , la quale urta nel pi­ gnone B O C portata per linee parallele ad A B arrivata vicino al pigno­ ne fi livelli. Di piu è neceflario, che dopo eflet' livellata, gonfi 1’ acqua, poiché per le linee piai vicine alla linea di mezzo R Z l' acqua correndo y m , più impetuofa, cheperle linee più lontane, vien’ a tener in collo quell’ ac­ que, che fon più vicine all’ argine A B, di più perchè per r obliquità del­ la faccia del pignone, che fa l’ angolo L C B ottulo, è neceifitaca 1 acqua,che vi corre fu per le linee L C, K D, &c. a rifietterfi verio l1 argine A B, e queft’ acque rifleile trovano meno refiftenza, quanto piò s'avvicina­ no all’ argine A B, poiché K D corre menofuriofa che L C, ed I E me­ no impetuofa che K D: però èneceffario> che con lentiilìnio moto r acqua giri da C per P, feguitando la rivoluzione con moto contrario al fiume da P verfo Q, che è proffimamente il confino, dove l’ acque B-Q. fi »piana­ no, e fi livellano, e quello fuccede, fi perchè lungo l’ argine la corrente da A in B è deboliflìma, fi perchè 1’ acqua contenuta nello fpazio B QC vien’ aformare com’ un argine d’ acqua Q O, nel quale urta la corrente di­ retta parallela ad A B. Arrivata poi l’ acqua in Q, parte fi confonde con la nuova corrente, e ritorna verfo il pignone, parte fi libera da quel labermto, e feorre aderente all’ argine d’ acqua Q O; c qui è.da avvertire come lungo la fuperficie Q G d’un nuovo pignone Q O C fatto d’ acqua quafi {lagnante, che fa angolo ottufocon 1’ argine dalla parte fuperiore del fiume, vi feorre l’ acqua comprela fra le parallele L C, ed A Q, e perchè nello fpazio Q li t pieno d’ acqua quafi ferma non vi può penetrare la 1opravve­ gnente acqua R A Q G, adunque quella non fi può condurre tutta incera adurtarenel pignone B C, ma (blamente qualche piccola parte fparia, co­ me una nebbia fra le parti dell’ acqua Q B C qu3Ìì {lagnante; Sicché la maggior parte dell’ acqua corrente R A Q C , urta nelÌ3 luperficie Q Gdell acqua Q B C, la quale le lèrve come di guanciale cedendo alle percoffe col foltevarfi {òpra il proprio livello per tutto lo fpazio QC B. Laonde e manifefto, il chepignoneB G Onon farà gran fatto urtato dalla corrente, ne maggior fatica dovrà durar di quella, che baila per refiftere all’ appoggio impetuofo dell’ acqua Q C B . Di più non potrà il medefimo pignone effere (Infoiato dalla corrente, perchè l’acqua non viene da B verfo C: ma per lo contrario lentifiìmamente fi muove da C verio B, dovendo falire veclb l’ argine, dove il letto fi va follevando, ma poi farà m3 Ìfimamente urta­ to, e corrofo Peliremo fuo termine OC dalla rapidiifima corrente, chelo flrifcia s è ben vero che tal’ urto verrà alquanto mitigato dalla propenfione, \ o pelo dell'acqua Q B C verfo le parti C O. Finalmente efTendofi forma­ to un nuovo quafi pignone d'acqua Q C O a feconda del fiume, farà gh effetti dichiarati nel Capitolo antecedente, cioè, avvierà la correrne prin­ cipale a urtar l’ argine contrappofto F N con tutte le circoftanze già dette, ma meno efficacemente di quel, che faceva il pignone a feconda di materia dura, e refiftente- Egli è però foprattutto da avvertire, che lungo d pignone B C O dalla faccia davanti, e di dietro 1’ acqua torbida imporra


2 $i

DELLA

DIREZIONE

afiai, per efier quivi quali (lagnante, e però il ietto ftanderà riempiendo,, e rialzando. Non poca chiarezza riceveranno le cofe dette fin’ora confiderando gii F ìg. effetti del pignone B O, quando egli farà angoli retti eoo l’ argine, o con X X la corrente L C, che però ci faremo alquanto più da capo. Nei letto del fiume uniformemente pendente da A R verfo il pignone B G O, 1’ acqua che feorre per le linee I E, K D, L C parallele fra di loro-, e all’ argine, non eflendo un corpo duro, benché fin trattenuta dall’ impedimento del pi* gnone non potrà formare un prifma continuato come una trave immobile per tutta la lunghezza del fiume dal pignone insù; ma per lo contrario l’ ac­ qua, per efler fluida, maflìmamente fubdivifa, e diftraibile vediamo, che poco lontano dallo fcaglione vi corre all’ incontro con tanta pendenza, e furia, come fe tale fcaglione non vi fuffe» fegno ch’ ella non fente per an­ cora la forza dell’ oliacelo in tanta lontananza, mentre la linea della pen­ denza del fiume viene ad efier più alta dello Hello pignone. Supporto quello conlideriamo, che dopo efier per la prima volta ripieno tutto lo ipazio C B A L d’ acqua; volendo venirne dell’ altra per le fteffe linee I E, K D, L C ( come ècerto, che vi viene, e Tefperienza lo moilra ) quella non potendo feguitare a rialzarli » è neceffario, che fi (carichi pel luogo baffo O G, dove può aver i’ efito. Adunque l’ acqua, che cor­ re per 1 E vicina all’ argine, per ifcaricarfi, dovrebbe farii viaggio incur­ vato I E C ; matale firada è impedita per due cagioni, prima per efier ri­ piena tutta delle prime acque, feconda per l’ impero maggiore , che ha l* acqua, che fopravviene per le linee l C, e K l>, più vicine alla via di mezzo del fiume, per la qual cofa ella fi fermerà in E; e lo. (ledo dovrà intervenire ad altr’ acqua, e fopravvenendone delle nuove per A Q^, I P , quelle per ifcaricarfi fi avvieranno perla più breve ftrada, che trovano per condurli al baffo della sboccatura C G, e però è forza che fi appigliilo ad una ftrada obliqua, qual’ è Q C, e cosi verrà a rimanere nel cantone B quali un prifma d’ acqua (lagnante, il quale averà una fuperficie d’ acqua G O Q: lungo della quale vi fcorrerà tutta L’ altra acqua, che fopravvie­ ne fra le parallele A Q, L C . E qui facilmente fi comprende, che quando 1' angolo A B C è retto» allora cella la principal cagione di riflettere l’ acqua verfo l’ argine, doven­ doli far la rifteffione per le ftefie linee dell’ incidenza L C , K D, le quali fono perpendicolari al pignone B C, e però non vi è ragione, perchè l’ ac­ qua debba girare per C E Q, fe non forfè poco, e debolmente; ma do­ vrà ad ogni modo gonfiar l’ acqua, e rialzarli nello fpazio B C Q^, rima­ nendovi quali immòbile per efier tenuta in collo da quelle, che fono più impetuofe, le quali corrono piu vicine alla linea di mezzo R Z. Ora in quello cafo piccola farà la mole dell’ acqua (lagnante B Q C, e però po­ ca difefa farà al pignone B C contro gli u,rti perpendicolari, e più impemofidella correntefuperiore. Perla qual cofa farà tal pignone più tormen­ tato, e meno atto a refiftere, malfime verfo la punta C O . Ritiene anco quello pignone l’ ultima condizione di cagionare quali un nuovo- pignone Capd’ acqua Q; C pollo a feconda del fiume, in virtù del quale invierà la cor­ XXL rente contro l'argine oppofto F N, ed il fuolo fi anderà ((rilevando, e in­ Cap. terrando dalle torbide lungo l’ argine A H dinanzi, e di dietro al pignone V ii. B C per efier l’ acqua in que’ luoghi quali (lagnanteSupponghiamo nel fecondo luogo, che il livello- dell’ acqua del fiume fia più alto , e fbllevaro, che non è l’ orlo fiupremo del pignone B CV egli è iuanifcfto» che Tacque, le quali non avanzano Torlo del piguone* faran-


D E' F I U M I .

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B C E del pignone è impoflìbile_ che fia (lrifcrat3 dalla corrente, poiché el­ la non vi corre, anzi con lentiflimo giro fi muove all’ insù, eh’ è quali lo Hello, chè fe folle (lagnante, e però è impolfibile, che Ila Icalzato: ma ben dovrà in tempo di piene deporvili molta belletta, e follevar tutto 'l fuolo E C T. Vero è che la punta C del pignone farà notabilmente (cal­ zata, perchè quivi la corrente è gagliarditììma i in virtù della quale l’ ac­ qua rodendo il fuolo, le toglie il fondimenró, e tormeótandola congli: ur­ ti, la può rompere, e fcantonare. Ma quelli danni quanto debbano (limarA in paragone de’ beni, che producono i pignoni difpofli in quella forma, e in che maniera pofs’ anche provvederli, acciocché le dette punte non iieno rofe» le ne dd'cOrrerà appretto; ,raa in. tanto deelì rivolo* ben notare, che l’ acqua non può in mima maniera ftcifciare, e fcalzare il pignone B E C per tutta la lua lunghezza verfo E, ancorché nello fpazio G E I vi fuffe già qualche buca, o fondo, poiché prima di cader l’ acqua dal termine C, dee riempiere tutto quel fondo, e tanto è» che in detta buca vi fia ac­ qua, che terra, quando ella è ferma, e (lagnante. Per intender poi quel, che dovrà leguire oltre allo fcaglione dalla par­ te E O inferiore del fiume, dobbiamo di nuovo confiderare il progreffo del crelcer della piena, figurandoci, che il livello dell’ acqua fia giunto a qualfivoglia retta linea M C O, e allora per l’ impedimento« dell’ acquei E C trattenute, e rialzate dal pignone, le nuove acque, chejgiungouo per k> fpazio A T C M, èneceftario, che fi rialzino fopra il livello di. quell’ acque, che liberamente feorronofra M G, e l’ argine oppoilo F G. Adun­ que quelle fi precipiteranno verfo te parti balìe C D G, le quali verranno anche rialzate per la giunta di dette acque venutedi traverfo, e tutte quefte inficine dovendoli icaricare per lo ftretto C D, in uno fpazio ampio G E, è forza, che fi sballi la loro altezza; e notili,, che 1’ acque, ie quali da C debbon correre dalla parte di Torto aderenti al pignone C E, non hanno altr’ impeto, che quello, che porta la necellhà di liveilarfi un fottìi veto d’ acqua, il quale di ritorno, e llr3 cco dee falire a riempire la parte C E, perchè l’ impeto iropretto, col quale sbocca da C D, non lolo non F avvia per C E , che per lo contrario egli s’ indrizza da C , verfo O, de­ clinando anche qualche poco dal Tuo corto diritto, verfo 1’ argine oppoilo D G, e quello fuccede la prima volta nel crefcere della piena; ma dopo éfter riempiuto lo fpazio C E O d’ acqua, è necettano,.che v¡'rimangaqua­ li (lagnante, perchè la fulleguente acqua, che viene per lo (letto livello M C O, continua il fuo diritto cammino, non avendo infogno d’ ufeit di ftrada per riempier d’ acqua lo Ipazio C E Q, che per avanti era già ripie­ no. E dovendofi dir lo ilelTo di tutti gli nicri livelli, cha va acquattando 1? acqua della piena, palTato il pignone, è forza, che vi rimanga come una piramide triangolare d’ acqua quali immobile, qual’ è B C E O, la fuperficie delta quale B C O, forma un Ietto anch’ ella pendente, e inclinato ver­ fo il mezzo del fiume, la faccia della quale farà angoli con l’ altra T B C, E qui fono da avvertire due cofe; prima che nello fpazio C E O, fi dovrà imporre molta belletta, perchèquivi l’ acqua vi rimane quali (lagnan­ te riparata dal pignone; la feconda fi è, che il nuovo letto d’ acqua BC O, pendente verfo il mezzo del fiume neceffariamente avvierà la corrente principale di tutto il fiume contro l’ argine oppoilo D G, perchè feorrendo ella fopra un piano pendente, e inclinato verfo l’ argine D G, l’ impe­ to d’ energia, o pefo dell’ acqua fi dirizzerà ad angoli acuti contro l* argi­ ne D G, eaggiuntavi la furia del moto attuale, verrà l’ acqua grandemente a tormentare, ftrifeiare, e rodere l* argine contrappofto D G. Tutte le quali cofe fi dovevano da noi provare.


25 6

DELLA

DIREZIONE

CAP. XXiV. ‘Della proprietà de' pignoni triangolari, che dall’ argine pendono a/carpa verfo il mezzo delfiutne ricevendo la córrente ad angoli retti.

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Erchè bene fpeflo negli angoli, e ne'feni delle fvoltede fiumi, e ne* luoghi dove fia fcarfezza di materiali è neceflario farei pignoni per­ pendicolarmente elevati ad uno degli argini, o alla corrente del fiu­ me, dovrà anche intenderli la loro natura, e gli effetti, che do­ vranno produrre : però fupporremo, com’ altre volte s’ è facto, che il fiu­ F /g . me R Z fia uniforme, e regolarmente diretto, o pure fidamente nella li­ X X I I . nea di mezzo fia più incavato, che non è dàlie bande, e per confeguenza vi correrà più velocemente, e che ad uno degli argini A B H fia unito ’L pignone triangolare BC D, che coflituifca con l’ argine, e con la corren­ te del fiume, opurconla corrente fidamente, angoli retti, e vada l’ altezza del pignone fucceifivamente ibernando, e inclinandoli da B, verfo C, in maniera, che ’1 fuo termine oliremo C, venga a efler lotterrato nel letto, o fuolo del fiume • Dico, che tal pignone fermerà immobilmente nel luo angolo interno E D C una quantità d’ acqua in forma di piramide triango­ lare, della quale una delle fue facce ellerne penderà verfo l* argine oppoilo E G, e avvierà la corrente ad urtare, e fcavare 1’ argine contrappollo, mentre che il fuolo aderente al pignone davanti, e di dietro andrà riem­ piendoli , e rialzandoli. Intendali il livello dell’ acqua del fiume mentre crefce, con la piena effèr arrivato ad intaccare la punta C, del pignone, è manifello per le cofe dette nella feconda parte del Capitolo ventidue, che la falda, o fuolo d* acqua, che corre da R I, verfo ’ 1 pignone, comprefa fra le linee paralle­ le R C, e I D; farà il prifma triangolare d’ acqua ¿lagnante E D C, e fcorreranno le lopravvegnenti acque lungo 1’ orlo, o pignone d’ acqua (labile E C. Salendo poi il livello del fiume al fegno S, la falda d’ acqua, che corre fra le parallele P S , e X Q, farà un’ altro prifma triangolare d’ acqua ¿lagnante, la cui baie farà il triangolo S Q X, quali limile, ma più piccolo del triangolo C D E, perchè il lato S Qè minore del fuo omo­ logo C D, Nel medefimo modo il livello dell’ acqua più alto, che corre fra le parallele K O, e V L, farà il prifma triangolare d’acqua (lagnante, la cui bafe farà il triangolo O L V ; minore del ttiangolo S Q X , e così fuccelfivamente; ficchi dopo folIev.ata la piena lino a B, gl’ innumerabili pnlini triangolari d’ acqua (lagnante, collocati iminori fopra i maggiori or­ dinatamente comporranno una piramide triangolare BC ED d’ acqua (la­ gnante, della quale la' fuperficie triangolare B E.C farà un piano d’ acqua «abile, e ferma, benché fia pendente da B, verfo E C, c perchè non può formarli la[detta piramide d’ acqua (lagnante B E G D, fe nonquando l’ ac­ qua del fiume lì è follevata, ed ha ripieno tutto il fuo letto fino all’ orlo fupremo A B dell’ argine, adunque allora fi farà anche formato un prifma triangolare d’ acqua mobile comprelo da’ piani, che paffano per le linee parallele A B, I E, R C, la cui bafe è il triangolo B E C, e quell’ acqua mobile viene a effer collocata, e vien’ a fcorrere fopra il piano B E C, pen-


D P F I V MI . « 2f j ^ no i medefimi effetti notati nel primo cafo, perchè rimangono le medefime Cap. J * cagioni; ma l'altr’acque; che immediatamente iopraftanno all’ orlo del pi- X i X A*^ gnone, dovranno feguitare il loro corfo diritto, quando il pignone è per- X X . pendicolare all’ argine, ma quando egli forma l’ angolo acuto A B C allo­ ra il corfo dell’acqua fi rifrangerà qualche poco veri'» la linea di mezao del fiume R Z . Paflando poi all’ acque più eminenti, quelle continueranno il lor corfo diritto parallelo all’ argine, ma più lento dalla parte del pignone, Y ‘ che dalia parte oppofta, e la maggior varietà ch’ ivi fi potrà offervare, fa­ ranno alcuni cavalloni, o ondeggiamenti nel luogo foprallante al pignone. Finalmente è da notare, che tutte le cofe da noi generalmente pronun­ ziate, debbono poi adattarli a’ cali particolari, con quell’ eccezioni, e va­ rietà, che richiede la diverfirà del fuggetto, perchè elle fi verificano, e fuccedono non in, tutti i fiumi indifferentemente, ma folamente in quelli, che fon perpetui, e anno il corfo continuato,-e che nelle piene portano iena, e ghiaia minuta : ma ne’ torrenti precipitolillìmi, i quali portano fallì groffi, e alberi, farà il pignone B C O più tormentato, e fcollo, e però avrà bifogno di maggior robullezza, e difefa perchè ne’ fiumi ordinari 1* acqua della piena va innalzandoli infenlìbilmente con falde lottiliffime, le quali poca fpinta, e forza pofiun farei ma ne! torrenti vien talvolta ut* monte d’ acqua tutto infieme ad urtare,, e fpignere lafaccia B C. O del pi­ gnone . Di più i fa/fi grandi, che fi precipitano per le linee L C, K D» non potranno efier impediti dall’ acqua Bagnante B Q C, ma ritenendo l’ impeto concepito correranno a picchiare, e sbattere il detto pignone. Gli alberi poi, che galleggiano, poflono non foto urtare, ma anco rimaner in­ viluppati con le loro barbe,, e rami al detto pignone, e.però (Travasantemente lo Ruoteranno. Adunque per difenderli da’fallì. fi potrebbe far da­ vanti al pignone una fcarpa, nella quale urtando il faffo, farà trattenuto, e così il detto pignone col tempo verrà fortificato da i medefimi l'affi, e ghiaia Tempre, e fempre più- t. contto gli alberi balìa fare il pignone bafifo, forte, e puutellato dalla banda di dietro- Quella forte di pignoni lèrvc- rare volte,, come fi dille da principio, ma però in alcuni cafi è utiliffima. .i J ; j ;■

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Degli effetti, che producono ìpignoni, triangolari, che daP argi­ ne f i ¡porgono verjo il m ezzo dei fiume fcemmdo la loro altezza a [carpa, e cofftuendo angoli acuti con l ’ argine dalla parte Jupenore del fium e*

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I N ’ o r a fi f o n o a r r e c a t e m o l t e c o f e i n o r d i n e a q u e l l e , c h e a v e v a n o a v e n i r e , u n a d e l l e q u a l i , e la p r i n c i p a l e f a r à l a f o r m a d e ’ p i g n o n i , c h e i n q u e l l o c a p i t o l o fi a n n o a d i c h i a r a r e .

P e r in te llig e n z a .

S i a d i n u o v o l o f t e f f o f i u m e u n i f o r m e e r e g o l a r m e n t e d ir etto ^ R Z , e d a l l ’ u n o d e g l i a r g i n i A H fi c o n t i n u i il p i g n o n e t r i a n g o l a r e B C E e r e t t o p e r p e n d i c o l a r m e n t e al p i a n o d e l l ’ o r i z z o n t e , la c i m a , e o r lo d e l q u a -

p;^t il f u o t e r m i n e C v e n g a XXU interrato lotto il letto verfo il mezzo del fiume; e faccia con l ’ a r g i n e l’ an­ golo l e d a ll’ a rg in e in B v a d a c a la n d o a f c a r p a , fin c h é


2Ì4

DELLA

DIREZIONE

Boi« A B C acuto dalla parre fuperiore del fiume. Dico, che tal pignoPochiilìmo farà fcoflo, e tormentatodalla corrente, fuorché nella pun­ ta eftrema C, e non folo non farà fcalzato, e corrofo, che per lo contra­ rio dovrà eifer col tempo fotterrato nella belletta, e avvierà la corrente principale ad urtar 1’ argine con,trappolo. Le quali cofe per inoltrar con chiarezza fupponghiamo, che 1’ acque del fiume vadano fucceffivamente crelcendo, e follevando jl fuo livello dall’ infimo termine C E del pignone. lalendo, e rialzandpfegli attorno, che è lo fteffo, che confiderare ,divern ruoli, olivelli dello fteflo fiume. Scorra l’ acqua per la linea M C, e per altreparallele fra di loro ,e all’argine, le quali tutte s’intendano colloca­ te nello nello livello dell’ acqua del fiume. Egli è manifello per le cofe dette nel Capitolo precedente, che l’ acqua, la quale corre per M C in­ cidente con un angolo M C E ortufo col pignone, dopo efler rigonfiata, dovrà necciTariamente refletterfi, efcorrere lentamente lungo il pignone da C verlo h , e poi girar verfo il fupremo termine T , finché l’ urto della corrente A T non la ferma; e così dopo efler ripieno, e ricolmato d’ act ^ ^ la corrente diretta, comprefa fra le parallele M C, e A 1 ? vip;,e 3d urtare in un nuovo pignone d’ acqua T C , che le ferve Come aJ guanciale pollo a feconda del fiume, perchè egli fa l’ angolo ottu­ ro A T C con l’ argine, e fopra il detto pignone T C, 1’ acqua A T C M, che continua a corrervi, è neceflìtataa Sgravarli verfo le parti più baffe C D G, eflendo naturale all’ acque di andar Tempre ne’ luoghi più balli, non di faiire- Nel medefimo modo l'acqua più follevara, che lcorre per la linea L N, fi rifletterà da N verfo P, e con moto lento girerà per N P V, e riempierà, e colmerà un altro fpazio, formando un altro pignone a feconda del fiume, qual’ è V N- E pèrchè la L N, come piùlontana dal­ la via di mezzo, è meno veloce, che non è M C, adunque il corfo N P V farà più lento, che non era quello di C E T. Ma l’ impglfo contrario per A V è quali egualmente veloce a quello, che fi fa per A T , eflendo ambedue egualmente lontane dalla via di mezzo: adunque V impulfo per A V ha maggior proporzione alla minor velocità di P V, che non ha al­ la velocità maggiore di E T, e però molto prima farà fuperato, e s’ eftinguerà il moto lento per P V , che non fù ellinto il moto per E T . Per la qual cofa la girata P V farà più breve, che non era E L. Per la medefimaragione in tutti gli altri punti dell’ orlo del pignone, il livello d* acqua fi rifletterà girando fempre più lentamente, quanto piùs’ avvicina alla fommità B; e però la girata I Q X farà minore dell’ N P V: ficchè verfo B farà nulla, e tutti i termini delle girate T , V, X, B faranno coflieuiti in una medefima linea T B. Laonde dopo efler l’acqua del fiume alzata, e ri­ pieno tutto il Ietto fino a B, tutto il cumulo dell’ acqua ricolmata, e che girà dall’ orlo del pignone C B per l’ angolo acuto, ch’ egli fa con l’ argi­ ne, rivoltandoli contro la corrente del fiume, formerà quali unapiramide d* acqua B C T E trattenuta con lentiflìmi giri, la qualecoftituifce un nuo* vo letto d’ acqua triangolare E T C inclinato, e pendente verfo R Z, e fopra tal letto fcorre un corpo d’acqua comprefo dalle linee A B, K T , M C, e quello non potendo penetrare ad urtare la fuperficie fi C E del pignone fe non fpargendofi fra i minimi componenti dell’acqua, a guifa di fumo, o nebbia, non potrà fcuotere il detto pignone, ma fidamente fcorrerà ftrifciando, erodendola fuperficie fi T C della ftefs’ acqua, la qua­ le niente importa, che fiacorroTa, e il taglio B C del pignone nulla puòpatire dal contatto fupremo dell’ acqua, che non percuote la faccia, o fuperficie del detto pignone E C fi. Dal che fi raccoglie che la fuperficie, o faccia


D

E’ F I pendente verfo il mezzo del fiume. Oltr’ à ciò dalla parte di fotto del pi* " gnone B C D verfo Z H , viene a formarli ( come fi diffe nel precedente Capitolo ) un*altra piramide triangolare d’ acqua ftagnante, qual' è C B O M» fopra la fuperficie fiabile> e pendente B C M della quale vi fcorre l’ acqua, che cavalca il pignone. Vi è anco il prifma d’ acqua mobile, che fcorre liberamente fenza efl'ere impedito dal pignone, il qual’ è comprel'o dal piano pendente A B C R, e da tutto il refto del letto del fiume, fino all’ argine F G, e tutta queft’ acqua unita a quella del prifma triangola­ re, la cui bafe è B E C, e i lati fono A B, I E, R C, ènecefiit3ta a paffar per lo ftretto B C G, per condurli poi nello fpazio largo M N, e pe­ ro con la forza del moto attuale, e di energia, ogravità, mentre corre da R» verfo Z, pendendo verfo l’ argine F G, viene a violentare, urrare, e ilrifciare non fidamente il fuolo, o Ietto C G, ma ancora [’ argine oppoflo R G N. Finalmente rafente lo fcaglione dinanzi, e di dietro per tutto io ipazio E B C, M B C, perchè l’ acqua non vi corre, ed è quafi ftagnan­ te, dovrà imporre col tempo molta belletta, la quale fucceflivamente andràfotterrando il pignone per tutta la fua lunghezza, eccettochè nella pun. taC, la quale farà notabilmente ftrifciata, ecorrofa molto piùdi quel., che fuol fare, quando i pignoni fono uniti all’ argine ad angoli acuti, e quello Segue, perchè j’incidenza dell'acqua, e di qualfivoglia altro grave ad an­ goli retti è la più veemente, e gagliarda di qualfivoglia altra incidenza fat­ ta ad angoli obliqui. Ed in quelli pignoni triangolari parimente dobbiamo notare, che ne1tor­ renti precipitofi fi dovranno fare più reliftenti, e alzarvi la fcarpa dalla Per difenderli dagli urti de*falli grandi, ma non avran bifogno d’ efler molto difefi da’ legni, e alberi, che fcorrono a galla pel fiu­ me, perchè il livello iupremo è più baffo verfo il mezzo dove corre, più velocemente, che dalle bande, e però i legni, che vi galleggiano fcorreranno da fe verfo la linea del mezzo del fiume, dove il livello dell’ acqua è più pendente, e bado: ma in tali luoghi la punta C del pignone non vi arriva, ed è tanto balia, e interrata, che i legni galleggianti nella remota fommità del fiume, non potranno toccare il pignone, ne avvilupparvi con le loro barbe ; ficchè la figura fteffa triangolare del pignone B D C è fulficientiluma difefa contro i legni, e alberi, che portano » tortemi.

CAP.

-s-

XXV.

D elle cagioni, perchè alcuni ripari de'fiumi benché robujli Jìeno in ogni modo rovinati ora trattare de’ ripari de’ fiumi, debbonfi prima intender le cagioni degli errori, forfè non avvertiti per Io paffato, per po­ terli fuggire prima che infegnare i veri, ed utili rimedi. Avendo veduto rovinare alcuni argini de’ fiumi fi fono altri perfuafi, ciò «fi«’ intervenuto per la debolezza di detti argini, e però fi fono ingegnaci - / ‘ir l.ne* medei*mo luogo robufti, e forti di prima, o con por­ vi falli fciolti, o con palificate làidamente fitte nel terreno, o con fabbri­ ca di muraglie faldilfime, e in ogni modo fi è veduto in pochi anni rovinar di nuovo tutto il lavoro, benché fatto con immenfa fpela. Da quello n’ è tifuliato un concetto volgare, che la forza de’ fiumi fia quafi infuperabi-

D

ovendoli

Tom. I.

R

le,

C ap.

XV. C ap.

V II.


258

DELLA

D I R E Z I O N E

le, poiché non fe le può refifter ne meno con edifìci, e muraglie filmate flabili per fecoli interi. Ma così fatto inganno non mi par degno di feuf^, perchè nel medefimo tempo, che l’argine di muro groiulìimo non potè re­ fifiere all’ impeto del fiume, benefpeffofi è veduto il collaterale, e’I cóhtrappolo argine benché di terra femplice frangibile rimanere illeio > ed ef* fer refiftente alla forza del medefimo fiume. Non c dunque la robuftèzza del riparo quella, che può contraffar con l’ impeto del fiume, ma altra ca­ gione molto diverfi, alla quale ( quando fia bene intefa ) fi potrà con ri­ pari debolillìmi refiftere, il che fi dirà nel fino luogo: ma per ora è neceffario dichiarare, perchè i detti ripari fortiffimi furono rovinaci . Già fi è provato abbaftanza, che T acque quando trovano^ il letto lollevato non vi corrono, perchè elle non pofiono falire, ne far forza all insù, ma fe tro­ vano luoghi baffi, e incavati, e pendenti è necefTario, che per quella via (corrano fpinte dal loro naturai talento di andare all'ingiù per la più breve, e ripidiffima via, che trovano. lì cosi fe nel fiume R Z uniformemente diF ìg X I , retto vi fia l’ argine H D Q_, diritto, e fatto di materia forte, e laida, C , . p X I I fe il letto del fium e per cagione del renaio, o falTa farà fcavàto per Io X l ì l . fpazio F D G, è necefTario che la corrente principale, cioè, la più c<|X V . piofa, e furiofa fi conduca per la detta via più pendente, e incavata, e quivi premendo con la forza dell’ energia, o pelo, avvalorata dall’ impero del moto attuale, è necefTario, che vi feorra, e ftriici, e corroda il ter­ reno mobile, il che tanto più ella dovrà fare, allora che arriva in tal luogo pendente con maggior copia d’ acqua moffa con maggior impeto, e furia, la qual cofa luccede nelle piene. E fe il luogo maffimamente pendente, e più baffo farà D contiguo all’ argineH Q_, e che poi tale sbarramento con­ tinui alla volta di G, è pur necefTario, che il maffimo ftrìfciamernoi e im­ peto fi faccia nel fico D , infimo luogo dell’ H D, e però qui vi continua­ mente andràpiù fcavando il fuolo, finché trovi il terreno mobile, fopra del quale tal’ argine di muro era fondato, e lo lafci foipefo in aria lenza fonda­ mento; e continuando a fcavare , e a tormentare l’argine co’ fuoi urti impetuofi, neceffariamente il muro benché faldo doverà alla fine oppreiTo dal fuo pefo piegarli, e poi rovinare. Ora fuppofto quello, io nói pallata la piena torneremo a riedificare il muro in D, diritto, com’ era prima, non ha dubbio, che rimanendo viva la delia cagione, che lo rovinò, potrà an­ co farlo ricadere la feconda volta, perchè vi rimane il medefimo letto pen­ dente, e fcavato F D G , eia cagione di rifletter 1’ acqua dallo feogho, o rialto B, e però toccherà fempre ad efler tormentato all’ argine H Qnel medefimo (ito I), e fempre il fuo fondamento verrà piu, e piu icalzato , laonde in progreflo di tempo, perle cagioni dette di prima, potrà anche robinare * nè vi i'acà fpcranza di poter ritenere faldamente il muro in 1^> le non fi proibifee il corfo rapidiffimo» che non lo venga ad urtare, e corro­ dere. E quella è la cagione, che in D non bada la grofiezza di qualfivo~ glia argine, benché fia fatto di fabbrica groffiffima, ma poi poco prima in H, o poco dopo in D l’ argine, benché fia di terra, perfevera intero, ed illefo, e la ragione fi è, perchè in quedi due liti il fuolo è rialzato, e però l’ acqua, o non vi arriva, o vi giugne dfacca, e lenza impeto, tiè vi corre, o dtifcia, e però non ha forza di rodere il terreno, e sbafiate il fuolo, anzi per lo contrario per la lentezza del corfo nello feemar delle piene imC e p .V Il porrà in detti luoghi molta belletta; onde più di prima rialzato ¡1 fuolo , verranno fempre più afficurati, e fortificati gli argini benché deboli ne’ fiti H , P. Da quedo fe ne potrà cavare una regola generale, che non è poffiblle, che durino gli argini fatti di fafli ¡ciotti, di palafitte, c di muraglie


D E' F I U M I.

259 inique’ luoghi, che l’ acqua vi fcorre, e gli ftrifcia, e quello fegue per neceflità, nè portono gli edifici fatti con immenfa fpefa refiftere alla forza na­ turale , con la quale l’acqua gli urta , e gli fcava. Dove che all’ incontro , le altri trovafie ripiego da far si, che 1’ acqua non ifcorrefte più rapidamente per F D, ma fi rivoltaffe la corrente furiofa, e impetuofa altrove, è certo che l’ argine in D non potrebbe eller offefo, quando ben egli folle fatto di femplice terra. I rimedj poi per far fi, che 1*acqua nonifcotra rapidamente verfo l’ argine in D, farebbe lo fpianare il rialto B, e rialzare il fito ballo, e pendente in D, e neceifitare l’ acqua a fcorrere con la mafiìma fua copia, e furia perla linea di mezzo del fiume HI' G, e allora Icavando, e ro* dendo il mezzo del fiume la corrente principale, fi verrebbe egualmente a fcofiare da ambedue gli argini oppofti, e però non lolo non verrebbero a eflere fcalzati, e urtati, ma ancora ad edere più interraci, e fortificati dall' importiate lafciato nello fcemar delle piene. E benché quelli rimedi paia­ no impoilibili ad efequirfi con le forze umane, io non dubito di poter dimortrare, che fono faciliflìmi, e di pochilfima fpefa, come inoltrerò ne leguenti Capitoli. Per ora balli l’ aver manifeftato l’ inganno comune del voi* go, che fi perfuade di poter refiftere all’impeto della corrente, o con but­ tar quantità di fallì nel luogo dell'argine, che fi va fcavando, e rodendo dal fiume, o cor. farvi palificate, e muraglie, le quali tuttavia pollano e.« fere ftrifciate dalla corrente, e infomma fienofatte inmaniera ,che l’ acqua come prima vi polla liberamente fcorrere, ed efercitare la mamma lua for­ za d’ energia, e di mota attuale, e relli chiaro che mentre fonvive, eperfeverano le cagioni non partono da qualunque edificio proibirli le rovine, c mantenerli illefi gli argini, e i ripari.

CAP.

XXVI.

D el modo artificiofo di /p ian are i ren ai , o rialti d efilim i. Opo efferfi moftrati i difetti di alcuni ripari de*fiumi, che non han­ no recato que’ beneficj, che fe ne fperava, e incelò da’ Tuoi ve­ ri fondamenti la ragione, perchè eglino non potcflero fuuiftere, ma neceflariamente doveflero rovinare, abbiamoora a trattare del modo di fabbricare i ripari con pochifiìma lpefa, e che rielcano ftabilì, e renitenti. Ma prima fa di meftieri toglier quegl’impedimenti, che non la­ rderebbero confeguire il line, per lo quale detti ripari fidebbon fabbricare, e quelli fono que’ renai, che bene fpeflo forgono ne’ fiumi, i quali quando non fieno fpianati, e incavato il letto del fiume in que’ lìti medefimi, dov’ erano i rialti, non fi potrà mai anoftro piacimento allontanare, e deviare la mallìma forza della corrente de’ fiumi da quellg fponde, che prima erano correlò, e incavate . Ora per conlcguire il noitro fine di fpianar detti re­ nai, dobbiamo prima fuprotre, che farebbe imprefa vana, e d’ immenfa fpe­ fa di chi tentarte, e preiumeffe poter ciò fare con le forze umane, penfanio poter cavare, e tralportare un monte di terra da uno ad un altroluogo, 1 che quand’ anche fi facelie, bene fpefio potrebbe intervenire, che l’ iftefò fiume rialzafle, e follevafie il renaio nello (lefioluogo, nel qualeera da •rincipio , fe per avventura iutiero rimale quelle medeìimecagioni, per le ]uali prima fu rialzato, e riempiuto quel fito. Non fono già così deboli le brze della natura, poiché ella fi vede in breviliimo tempo t3re i renai, e mche fpianargli, adunque fe noi avefiimo modo di ferverci delle uelTc iorR z ze D


¿io .

D E L L A D 1R E Z I 0 NE

ze immenfe della natura, potremmo a noftro beneplacito (pianare* e rialza­ re i renai dove noi vorremo. Però è neceffario primieramente ricordare i modi, co’qu3li opera la natura per far famigliami operazioni, e quali neceilìta la coftringono a così operare. Egli è certo che 1’ acqua naturalmen­ te non può, nè vuol ladre a’ luoghi alci, e rilevati, ma per lo contrario ne* luoghi baili, e pendenti ella fpontaneamente fi precipita, di più non è polfibile, che l’ acqua roda, e fcavi in que’ fiti, dov’ ella non vada copiofa, e vi fi muova, e urti con furia, e rapidità, nè è poilibi.le, che 1’ acqua cor­ ra, dove non è pendenza, nè giova la pendenza, quando non abbia l’ efito. Sicché ne! fiume R Z uniformemente diretro, compreio dagli argini A B , F ig . C D, chi voleffe fpianare ungran renaio, o rialto F G O H, aveiebbe biX X l l l . fogno prima di condurvi copia grande d’ acqua, lecondo neceificarla a cor­ rervi rapidamente, terzo ad urtare, e ftrifciaieil renaio non foto nelle par­ ti fuperficiali, ed eminenti, ma anco nelle fue parti interne, e profonde; e notili, che non baita il femplice urto, e fpinca dell’ acqua , ma è neceflaric, che ella vi corra rapidamente ftrifciando, e rodendo. Ora per confeguire tutti quelli fini biiogna, che noi ci ferviamo di quegl’ ideili motivi, per i quali la natura è neceilìtata a così operare, e perchè Tacque baile ordina­ rie del fiume non coprono il renaio È G O H correndo per lo canale tortuofo R E 1 O, Infognerà afpettare que’ tempi, ne’ quali il fiume porta copia grande d’ acqua, che ionò le piene, lequali non folo iogliono coprire i re-nai, ma anche fogliono crefcere molto più alto - Ma quella copia d’ acqua, da per fe fola non baila,come fi è detto, però bifogna prepararle i motivi e la nccefiìtà, acciocché ella in tempo di piene debba (correre., urtare, e ilrifciaie Tinterne parti di detto renaio, e però in tempo di date, quando l’ acqua è Icarfilìima, fi dovranno fare alcune foiTe nel renaio diritte, e pa­ rallele fi a di loio, e obbliquamente lituate alla direzione del fiume, quali fono le F L, G H , le quali facciano angoli acuti con T argine C D dalla parte iuperioie del fiume R. Qltr’ a cioè necefiario , che tutte le dette fob­ ie, o falchi paralleli abbiano T efito di la dal renaio, e però s’ egli non fa­ rà in ilota, ni3 farà attaccato all’ argine cppoilo C D, (ara neceflario, che tutte le folle parallele F L, G H, finifcano in una folla comune, che ob­ bliquamente le interfecbi, qual’ è L FI O, la quale arrivi pendendo fino al luogo O baflìfiimo del fiume. Finalmente biiognerà adoperare un pigno­ ne amovibile fatto di pali, o tavoloni con iafii, atto a fermarli ne’ luoghi dove farà bifognc, quaTè M P, podo in maniera che faccia T angolo A M N ornilo, dalla parte fuperiore del fiume R. L’ ufo di quedo farà ncceflitare la corrente copiola ad urtare nel renaio, o il'ola F G O, per lo . che confeguire, lava necelìario fare il pignone M P di tanta lunghezza, che s'accodi aliai vicino al renaio, in maniera che l’ acqua palli per luogo angullo tra il pignone, e il renaio - Circa la fua figura, bench’ ella pois eller varia fecondo ¡’ occorrenze, fe ne dirà in generale una aliai commoda, che farebbe di prifma triangolare, del quale una delle bali oppode , folle il trian­ golo rettangolo N P G , collocando il parallelogrammo M N, che è oppodo all’ angolo retro N P Q, cioè la fua faccia pendente, o a (carpa, Ila polla verfo la fuperior parte del fiume, acciocché la corrente polla impetuofameme (correre ad urtare il renaio- Preparate tutte quede cole, dico, che fopravvenendo una gran piena, necefiariamente tutto il renaio F G O H dovrà edere (pianato, e portato via. Perchè l’ acqua della piena malRma urtando nel pignone M P per ragione dell’ angolo ottufo, Comes’ è der' y ' to, avvierà la corrente furiofidìma di tane’ acqua verfo il renaio, e quivi trovando la via diritta delle folle incavate F L, e G H, necefiariamente ella


<D £ ’ F I V M I.

261

iella vi correrà, è sboccherà nel trafverfal foiTo L H O verfo il termine bafiìflìmo O, e perchè l’ impeto rapidiflimodel fiume in tempo di piene, fi fa fecondo la dirittura del fiume, cioè parallelo agli argini : adunque la cor­ rente principale, eh’ è neceffitata a paflàr per lo fpazio filetto N G in vir­ tù dell’ impedimento del pignone M N, correndo parallela all’ argine C D è forzata a correre obliquamente per le folle .crafverlali. F L, G H, ed è tal'acqua non folo copiofa, ma anco aggravata, e comprelTa dall’ energia di tutta l’ acqua foprailante della piena, e corre rapidi ifimainente all’ effto bal­ io O fecondo la direzione del fiume, adunque la dilezione rifultpnte dall] energia,, e dalla velocità del moto viene ad urtar obliquamente, gli' opti interni delle folle F L , G F I , e pero con grgn, forza gli anderà itrifqiando; per la qual cola effendo il detto renaio compofto.di rena, terra , ealcre par­ ti amovibili, è neceffario che quella gran rapidità, e firiicui.nento.le cor­ roda, e con la màxima tua furia le porti via per lo icolo O, e così tutto il rialto del renaio fi troverà al fine della piena ¡pianato v e fcavutoE tutto quefio li confeguirà , com’ egli è manifeftò con pochiffima,.manifattura e con minima fpeià, folo per efierci noi faputi, fervile di que’ motivi, che (0gliono neceflìc3 r la natura aprecipitar t’ acqua rapidamente, e corrodere, e ilrifciare il renaio fopraddetto • Deefi poi avvertire, che il detto pignole A I P, finito che averà l’ ufficio luo di a v e r e (pianato il renaio F G O , bifognerà levarlo affatto, perchè fé vi rimanell'e, cagionerebbe molti danni. Deefi ancor ofler.vare, che eflendofi per qualche piccola piena intalate di belletta le fuddette foffe, fi debbono {muovere con le vanghe, o con l’aiatro le dette mtafjture, e ciò in tempo , che per le piogge s’ argomenti proliima qualche gran piena, che è quella, che dee far 1’ effetto delideraco di levar via il renaio principale.

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Del modo d'alzare, e follevare il letto del fiume in que’ luoghi, ne'quali egli è affiti bufo, e incavato .

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Oichè fi è dichiarato il modo di sbadate i renai, e luoghi fbileyati nel ietto del fiume , è uccellano anche potei folÌeyarlo altrove , nem piendoque’ luoghi baili, e incavaci, 1 quali per accodarli crqppo ad uno degli argini, podono cagionare la fua rovina, e far divenire il fiume tortuofo, Oltr’ a ciò fa di mefiiere bene ipeiTo rialzare ,il lecco del fiume verfo unodegli argini con Comma preftezza, e celerità , per poter mag­ giormente (pianare i renai , e,far s ) , che la corrente principale vi ,corra,l.qpr3 , operando che quella parte, eia’ era più rialziti divenga ora la più de­ preda del letto del fiume Sia dunque il fiume uniforcnemence diretto R Z, Fi(r. compreip dagli argini AB, eC D paralleli fi a. di loro tanto alti, che, fie­ XXiV. no capaci delle maffime piene. Sia poi il luo lecco profondamente incavato per lo fpazio lì F G H., dove l’ acqua corre torcuoiamente in tempo,di ita-; te, e per effer (a parte biffa F molto vicina all’ argine A fi, pericoli di romperli, e rovinarli in tal luogo. Peicliè è iiaipqlfibile liberarli da quefio pericolo, quando il ‘fico F G ri­ tiene la medefimta profondità ., e battezza , in virtùtueila qu i,le la corrente principale raicii(Tiqia è necettano., che urti , e finiti; F argine A B mdetto luogo; però farà neceifano riempiere la gran profondità, e banezza, che Tom I. R 5 è »»


¿¿2 D E L L A D I R E Z 1 0 N E è in F G. E perchè chi voleffe riempiere detto fico baffo, con cavar la ter­ ra da’ luoghi alti deÙ’ ifteffo letto, tenterebbe un opera d’ immenfa fpefa, e difficoltà, e non durabile, poiché rimanendo le (Ielle cagioni, che da prin­ cipio avviarono la corrente principale verfo F G, quell’ ifteffe potranno di nuovo rodere, e portar via la malfa della terra tral'portatavi con tanto di* ipendio . E'dunque bene peniate al modo di riempiere il luogo bailo F G, non con forze nollre, ma con quelle della natura, e farlo prontamente con ogni celerità, e che Ila fufficicntemente (labile, e robufto. Quello fi con* feguirà lenza riempiere il luogo baffo F G, ma (blamente con fabbricar lun­ go l’ argine A B due, o tre pignoni, o più, hifognando , quali fieno S T, V X, quelli debbon cominciare dall’ argine, e quivi farli affai fermi, ed alti, e poi fcemare ordinatamente l’ altezza loro, finc-hè le punte eftreme T , X, vengano Sotterrate, efitte nel letto del fiume. Debbon’ anche for* mare angoli acuti con l’argine A B dalla parte fuperiore del fiume R, in maniera che tutti ¡detti pignoni fien paralleli fra di loro, e di pari lunghezza, benché non arrivino al mezzo del fiume, e gli orli fupremi di detti pi­ gnoni fieno tutti coftituiti in un piano pendente verfo il mezzo del fiume É H, e verfo la parte inferiore Z. Poffono fabbricarfi i pignoni di qua­ lunque materia, purch’ ella poffa ritener l’ acqua ; ficchè il primiero pigno­ ne S T fi potrebbe far di muro mediocremente groffo : ma gli altri pigno­ ni feguentipotrebbero anche farli con cationi ripieni di falli, o con palafit­ te, o in altra maniera. Fatto quello comincino a crefcer P acque con la piena. E’non ha dubbio, che l’ acqua, che prima correva da E verfo F, ora impedita dal pignone S T, farà neceflìtata a (correre lungo il pignone da T verfo S, e perchè quivi il pignone fi va rialzando, adunque 1’ acqua non potrà traboccare (opra il pignone dalla parte S: ma arrivando ad un luogo, che non ha efito, ella farà neceflìtata a fermarli, e farli (lagnante. Adunque tutto il fito dell’ angolo acuto A S T farà ripieno d’ acque prive di velocità, e folamente fi innoveranno quell’ acque, che fopravanzanoj’ altezza del pignone S T, e quelle cavalcando il pignone caderanno nei ri­ to inferiore V S T, ma la corrente principale continuerà a paffare oltre il termine del pignoneT, per eff'er luogo bafiiflrmo. Per Rillcflà ragione 1’ ac­ qua, checorreva verfo leparti bade F G, quivi trovando 1’ oilacolo del fecondo pignone V X, anderà parimente fqllevandolì, e faraffi (lagnante, perch’ ella non ha efito in V, ficchè potrà folamente (correre vedo G, ca­ valcando l’ argine con l’ acqua che fopravanza 1’ altezza del pignone, e 13 maggiormente furiofà, e piu ccpiofà dovrà paffare, oltre al termine X verX X lìI , fQ Q t ebeè baffìflìmo. Nell’ ideilo modo, eper le lleffe cagioni lì riempieX X IV , fà i( fico G d’ acqua (lagnante, e così gli altri (pazzi podi fra’ due pignoni; ficchè polliamo afllcurarci, che fopravvenendo una piena, fi iarà formato un letto rilevato dalla parte dell’ argine A B, e uniformemente pendente verfoil mezzo, ovetfo Piliferior parte Z del fiume • Perchè lo fpazioT S V X coroprefo tra’ due pignoni è occupato, eripieno d’ acqua (lagnante, la quale viene a fervtr di Ietto all’acqua eminènte della piena. che vi corre fu crafverfaIntente, non potendoli in,un illeffo luogo porredue corpijadunque l’ acqua eminente nel medelimo modo feorrerà da R verfo Z, quan­ do fra’ pignoni vi fia acqua (lagnante, e immobile, come fe vi fuflè rena, o (bili, e però avereino a noftvo piacimento con lomtna prellezza fabbrica­ to un letto, pendente al fiume dall’argine A B verfo il mezzo, benché vi ^aP- fia l’ acqua, ma (labiliifimo, e forte per la robullezza, e refillenza de’ pignoni- Ed è certo per le cofe dette, che 1’ acqua, che feorre trafverfalmentelopta un letto pendente dall’ argine verfo il mezzo del fiume, fa im­ peto,


D E’ F I U M I.

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peto, e forza premendo col fuo pefo verfo Topnofto argine C D, e così ancorché vi rimangano le profonde cavità F G» farà appunto, come s effe non vi fuffero, e fi farà ovviacoal pericolo dell’ argine A B. Oltre aqueil utile pronto, ne fegue un altro col progteflo del tempo^, e fi e, che in tut­ te le piene l’ acqua {lagnante comprefa tra’ pignoni andta lempce deponendo la torbidezza ; ficchè da fe il fiume con la belletta verrà a riempier di terra i detti fpazzi, per la qual cola fi fata riempiuta la parte baila, e pro­ fonda F G con pochiflìmo nofiro travaglio, e fpefa, per eiTerci riputi lcrvire, come di manovale, dell’ ifteffo fiume, e delle lue corbtce.

CAP.

XXVIII.

D ella robujlezza de' rip a ri, o pignoni, e della fo rm a , e modo, col quale [i dover amìO'fabbricare . Sfendofi trattato della proprietà, e degli ufi de’ ripari, o pignoni, che ricevono la corrente di petto, è necefiario, prima di proceder più oltre, moftrar qual robuftezza debbono avere, e le torme, e -— circoftanze, con le quali fi debbono fabbricare. Io oencomprendo quanto malvolontieri farà ricevuto, che i ripari, o pignoni debban pori: opporti alla corrente del fiume, quando per lo paflato fi è proceduto con tanto fpavento, e cautela cedendo alla corrente inipetuofifiima de numi. r. Teramane l’ inganno ha nonpoche apparenze, everifimihtudini nana lua par­ te : poiché fe i ripari, i quali cedono all’ impeto della corrente, come .on quelli, che fanno angolo ott-ulbdalla parte fuprema del fiume, non loco _oa* fievoli, e rovinano benché fieno aliai forti, e robufti, chi fi vorrà perlua* dere, che altri ripari piò deboli reiillano ad un tanto impeto ricevendolo di petto ( e per così dire ) urtando? Da quello concetto comune taluno petfuafo {limerà, che i pignoni S T, V X, porti ne! fiume R Z, i quali F 'p " ricevono la corrente di petto, ancorché fieno utili, non porranno giarn- XXI I mai refiftere all’ impeto del fiume, fe non faranno molto forti, e rocujh. Ma fe fi confiderà attentamente quefto fatto, fi vedrà che mediocre robuilezza ferviti per mantenergli in piedi, e faldi, epotranno fabbricarli di pa­ lafitte, o di pignoni, o gabbioni, o cafloni ripieni di lalli, o pur muri di mediocre groficzza, purché fieno aliai alti, e bene uniti all argine A B»e che vada la loro altezza Remando a l'carpa verfo il mezzo del fiume E H, in maniera che le punte T, X, fieno ficcate, e fotterrate fotto il letto del fiume, e le medefime punte per maggior cautela fien’ anche riparate, efortificate con qualchè platea di pali, o muro coire fi tanno le pile de'ponti, e per togliere tutti gli fcrupoli, fipotrebbe difcortar, quanto fi può, la cor­ rente rapidififima del fiume dalle punte de’pignoni, il che fi porrebbe confeguire con ifc9var, e profondare il letto del fiume I M più lontano, che fi può dalle dette punte T, X, con l’artificio ¡degnato nel Capitolo vige» fimoquarto, e platearl* con falli gvoifi murati a (carpa, verfo il mezzo del fiume. Che poi una mediocre robuftezza balli per tener in piedi i detti pi­ gnoni, fi dimoftrerà facilmente, perchè eglino, o dovranno patire per la ipinta dell’ acque bade, o da quelle che avanzano la loro altezza. L’ acque balìe, è certo, che vi faranno poca forza, quando 1’ acqua (lagna, o vi cor­ re affai lenta, e pigra: ma quando elle vanno crefccndo con la piena, difogua avvertire, che l’ acque s’ innalzano inlenfibilmente, e pero nel proU4 atei-

E


2^4

D E L I A DI RE Z I ONE

grelTo, la.Superficie del pignone S T verrà fucceflìvamente urtata da una faldafottiliflìma d’ acqua , che vi arriva ài nuovo , e quelli pèrda Sua Sotti­ gliezza nonpuò far percbfla (enfibile fiàllorèhè vi arriva: nè poi che'vi ri;. mane immobile-, è bagnante élla vi fa fót'za vèrunaeccettò quella',<elle balìa per l’ appoggio'di deità acqua Picchè Seguitando’ad alzarfì T ¡Seque, col crefcer della pienafinché tutta la Superficie interna det pignorile S T fia occupata dall’ acqua, che vi (lagna , non verbi adeflèrpiùdiprima Spin­ ta , e percolili ; e benché l’ acque Seguitino a correr contro la Superficie del pignone, elle non \i arrivano col loro impeto diretta: poiché prima d’ arrivarvi incontrano l’ acqua A S T, porta lungo ’ 1 pignone , e così S V X, che è quali (lagnante, la quale aguifa di guanciale fucceflìvamente eftingue il nuovo impeto diretto, che viene ad incontrario. Di più perchè l’ acqua, dove non ha elìto, non vi corre, adunque eflendo il pignone continuato con l’ argine, verlo il quale Semprepiù va rinnalzaudofi, uon può conceder 1’ elìco per S, e V all’ acqua, che venifle ad urtarlo; e però ella neh anderà quivi in tanta copia, con quanta vi anderebbe, Se T ollacolo de’ pignoiji S T, V X non vi fufle, ò fe elfi tallero bucati in S, e in V. Se poi i pignoni S T, e V X facefiero angolo retto con l’ argine A B, onde ¡’ acque, che vi s’ accodano, parche debbano rifletterli vedo’l mezzo del fiume, non per quello vi è ragione che tal corSo trafverfale debba refletteriì, e corrodere i fondamenti de’ pignoni: perchè, come fi inoltrò ài Ca­ pitolo vigefimoquarto, larifleflìonenon fi fa fatante il pignone, ma’*lonta­ no da erto obliquamente. E quel poco di rifleffìone , che ella fa lungo i fondamenti, viene a farli per piani paralleli a quelli dell’orizzonte, o po­ co più pendenti, e quelli Sono quelli della Suprèma Superficie del fiume , e per i quali dette acque in vari lìti delio Scaglione fi livellano, e fi riflet­ tono verlo 1 M; e così in tali Suoli nell’ angolo interno adereiice ai fonda­ mentodello Scaglione, Tacque non vi corrono, Se non lentamente, poiché elle Sono impedite, e tenute in collo da quell’acque collaterali, che Scor­ rono rapidamente, per non eflet’ impedite dallo Scaglione: ma Taltre, che Sono trattenute non permettono, che altr’ acque Subentrino in quello lleffo luogo, e però non vi Sarà moto, nè urto, nè ftnfciamènto notabile; e però quivi l’ acqua poca forza avérà di rodere, ma bensì'gran comodità di deporre la torbidezza, maflime nello Scemar delle piene . Sicchènon ha dubbio, che Tacque inferiori all’ odo Supremo dello Scaglione non hanno for­ za bartevole per urtare, o fcalzare detti Scaglioni. Vi reftano ora Tacque, che fopravanzano il loro orlo Supremo; ma quelle poca Scoila potranno fare, poiché elle non urtano in faccia, ma partano Sopra in quel modo, che farebbero/opra un piano inclinato, perchè l’acqua (lagnante A S T , e S V X, infiemecon gli Scaglioni S T, e V X compongono un piano in­ clinato (opra del quale T acqua Suprèma liberamente può Scorrere da R ver­ lo Z, e così poca forza può fare contro gli orli Supremi delli Scaglioni, la quale non è bartevole a fargli crollare, e precipitare, nonricevendo la percolia nelle loro Superficie interne S T , e V X dalle dette acque eminenti, e però rned ocre roburtezza, che abbiano, potranno refiftere. Vi reftauo lolaniente je punte 7’ , X, le quali eflendo (Inficiate dalla corrente ra» pidifiìma, potrebbero edere Scalzare, e Scantonate: ma a quelle fi provve­ de con le fortificazioni, e platee di fopra Spiegate - E quando accaderte, che le punte forteto qualche poco rotte, e Scantonate, è danno compor­ tabile, e di facile rifarcimento, e infieme con tante utilità, che arrecano i pignoni fatti in Somigliante forma, volentieri quello poco di danno fi può tollerare, il quale non vi è pericolo, che faccia molto progreflo; poiché


D E ’

F I U M

I .

1 6$

detti pignoni ben pretto vengono fotterrati dalla belletta , edifefi maggior' mente, e fcoflano da fe la corrente principale, mentre vanno rialzando!1 Ietto del fiume, e creando un renaio intérpófto tra’ pignoni, utilità mam­ ma, e che porta feco la ficurezza degli argini, e la direzione del fiume, come fi dirà appretto. C A P .

X X IX .

Del modo d’ allontanar la corrente principale del fiume da um degli argini, e avviarla verfio il mézzo del’fiutile.

P

Erchè, come s’ è detto, l’ acqua naturalmente corre da luoghi alti a' batti, e incavati, non potendo per fuà natura lalire, e’ fi vede, che chi fa-Varte di (pianare facilmente i luoghi alti, e rilevati del letto del fiume, e riempiere ¡ luoghi baffi, potrà con lomma facilità mu­ tare il corfo ordinario del fiume, e avviarlo dove e’ vaole. Sono quefte due operazioni talmente collegate fra di loro, che una riceve maggior perfezione dall’ altra ; e quetto s’ intenderà con fuppcr di nuovo il fiume R Z '£■ Uniformemente diretto, comprefb dagli argini A B, e C 1) paralleli, eca­ paci delio mattinile piene, e che fia il fgo letto incavato tortuofamence per E F G H, córrendo rapidamente vcrlo F luogo profilino, econtiguoall àrgine A 13, enei mezzo del fiume vi fia il gran renaio, e rialto I M. Dobbiamo ora allontanar la corrente dall’ argine A B, ecoftringerla a cor­ rere per la linea di mezzo del fiume. E H, dove fi trova il renaio, e rial­ to. In tempo di fiate, quando l’ atqie fono battìifitne, fi fabbrichi unordi­ ne di due, o tre, o più pignoni paralieli fra di loro, che dall’ altezza dell’ argine A B, uniformemente vadano fcértvnndbla loro altézza, ficchè i loto termini ettreini fieno fotterati fotto il letto del fiume, e facciano gli ango­ li acuti, o retti dalla parte fureiióte R. quali fono i pignoni S T , V X &c poi fi facciano molte fotte nel renaio K P, L Q &c tutte diritte, e parallele tra di loro, e che facciano a g >!i otrufi con la direzione dell’ ar­ gine A B; poi tutte le dette fotte trai venali abbiano il fino efiro , o di là dal renaio, fe farà ifola, o pure in un'altra fotta diritta, e profonda P Q O, rotta oltre al mezzo del fiume inmaniera, che Vedremo termine O, ven­ ga a sboccare nella parte più incavata del letto del fiume. La terra por, e falli, che fi cavano dalla fotta fi potrebbono buttare fra’ pignoni, dove non {faranno inutilmente; fatto quetto fop avvenga una piena. Dico, eh’ ella rovinerà, e (pianerà il renaio, e avvierà la córrente principale per la linea di mezzo del fiume E H. Perchè il ietto pendente compxiflo da’ pigno­ ni, e dall’ acqua (lagnante interpotta è cagione di sforzare l’ acqua corrente col fuo gran pelo, ed energia a (correre, e ftriiciare almeno la parte infe­ riore del renaio M O, fervendoci per le parti I K dell’ artificio infegnato al Capitolo vigefìmofefto , le làrà bifogno, equelle apque, che imboccane per le fotte trafverfali K P, L Q per aver l’ efito libero nel comune fotto diritto P QO, potranno liberamente feorrere, nè potranno fermarli (la­ gnanti in dette fotte trafverfali, ed il loro fitoobbliquo è dìfpoftvflimo a ri­ cever l’ urto, e ftrilciamento della corrente impetuofa; adunque ella (rode­ rà ben pretto tutti i tramezzi del renaio, e portandoli via rette à (pianato, e incavato il letto del fiume nella fua linea dì mezzo E H , e quello iegue con iomma facilità, fervendofidella forza dell’ ideilo fiume- Continuando


266

DELLA

DIREZIONE

poi a rinnalzarfi eoo la belletta gli fpazzi, che fon tra’pignoni con buttar­ vi, anco paflata la piena, fallì, o cofefimili, verranno inpoco tempo ad effer colmati, e ripieni di terra, e così il fiume, il cui letto era incavato tortnofameute, correrà ora diritto conforme fi defiderava. C A P .

XXX.

Belim elo di rafiettare con facilità la rottura d'un argine diritto del fiume, cagionata dalla corrente tortuofa in maniera, che per ! avvenire nonfia /oggetto allo Jìejfo pericolo.

D

Opo aver’ infegnato il modo di addirizzare la corrente tortuofa del fiume, la qual per ancora non aveva rovinato alcuno degli argi­ ni, ora dobbiamo trattare de’ ripari neceffari in cafo di rottura di­ gli argini. E però fi frapporrà il medefimo fiume uniformemente Y y ‘j ’ diretto R Z comprefo da gli argini A B, e C D paralleli fra di loro, e caX X V I, paci delle maifime piene , e quivi per cagione dello fcoglio, o renaio E, che avviava la corrente per H I X abbia rotto l’ argine A B per tutto Io fpazio F G, potendoquello intervenire, ancorché il fuolo, o letto del fiu­ me fiaduro, e lalTofo. Suppongali in oltre, che la rottura F G col tempo fi vada più, e più dilatando , in maniera, che il fiume crapalfi 1’ argine A B , e rodendo il terreno mobiledella campagna, venga a formar un feno tornio lo, qual’ è F O G, il che potrebb’ efler molto pericolofo, fe la campagna di là dall’argine A B fufle aliai balfa, .perchè potrebbe allagare, ed anche mutare il letto di tutto ’ 1 fiume. Per rimediate a tutti quelli mali, già fi è detto edere inutile qualfivoglia de’ rimedi ufati per lopaiTato, quando firifaceva femplicemente l’ argine F G diritto cotti’ era prima , ma 3ÌTai rinfor­ zato, o con fallì fciolci buttati nel fico F G, o con farvi un riparo di pala­ fitte parallelo all’ argine A B, i quali ripari non avendo tolte le cagioni, che avviavano la corrente mallìma , e rapidillìma contro ’1 medefimo" argi­ ne per H I, venivano come prima ad edere urtati, e ftrifciari dalla cor­ rente copiofa , e rapidillìma: e però ne feguiva ( come s’ è detto ) un con­ tinuo danno con una continua fpel’a, fenza fperanza di potervi rimediare . Adunque per venire a’ veri rimedi, farà necedario primieramente fpianare il renaio E con l’ artificio infegnato al Capitolo vigefimofello : ma s’ egli foffe un fcoglio, che non fi potede levare, bifognerà fare dàlia parte dell’ ar­ gine A B due, o tre pignoni L M , G N paralleli fra loro facci a icarpa al modo folito, che facciano gli angoli A L M, A G N acuti dàlia parte fuperiore del fiume R, e quelli dovranno farli più, o meno lunghi, fecon­ do che il bifogno, e la qualità del (Ito permette, e poi dovrà rifarli 1’ ar­ gine rotto G F nello (ledo fico, dove era prima. Oltr’ aciò dee fcavarfi il luolo, quanto più è poflìbile verfo il mezzo del fiume H X difcollo dalle punte de’ pignoni, eia terra, che fi cava, impiegarla a rifar 1’ argine F G, e ad inrerrare, e fortificar le punte de’ pignoni. Quelli rimedi faranno fufficienciffimi per ritenere il fiume nel fuo Letto, e adìcurar l’ argine A B per {’avvenire col rialzarli dalla torbida, inprogredodi tempo. unnuovo renaio, fra j pignoni pendente dall’ argine A B verfo il mezzo del fiume, i quali effetti debbono feguire per le medefime ragioni decte ne’ Capitoli antece­ denti, che però non fa di meftieti replicarle. D tU


D E' F I V M /. C A P .

z ó 7i

X X X L

Delle cagioni, perchè i letti de'fiumi f i vanno rialzando [opra il pano della campagna, e come pojjono di nuovo Jcavarfi.

U

NO de'orandi (paventi, che apportano i fiumi, per ordinario fi è l’ alzamento continuo, chefail loro letto, il qual Inole in alcuni luoghi divenire più alto, e rilevato, che non è la campagna at­ torno; e però è necefiario ritener Tacque nel Tuo letto con argi­ ni altiifimi, per mantener i quali non balta la diligenza,umana, poiché be­ ne (pedo fi rompono in qualche luogo, allagando tutta la campagna. Ora per poter’ applicare i veri rimedi a quello male, bifogna prima intenderne le cagioni, alcune delle quali già fi fono dichiarate nel Capitolo decimo, che in tutti i fiumi col tempola rena, che porta il fiume, quando vengono le piene, può fucceffivamente rialzare il letto loro almeno dalle bande, e poi ne i Capitoli decimofecondo, decimoterzo, e decimoquarto, fi è ve­ duto , perchè i fiumi divengano tomtofi; reità ora, che veggiamo r altre cagioni, perchè fi follevinoiletti de’ fiumi , il che in parte depende dal ritiramento, che fuol fare il mare dalla foce de’ fiumi, e dati'accrefcrmento della (piaggia, cagionato dalh molta terra, che porta il fiume nelle piène vedo’Imare. A quello coopera ancora la molta rena, che fogliono fpignet Tonde (tede tempeftofedel mare, con le quali vengono a rinnalzare, e accrefcere lafpiaggia. E perchè il livello dell’acqua del mare è fempremai il medefimo, cioè egualmenteremotodal centro delta terra, come anche .’ori­ gine o fonte del fiume ritiene la primiera altezza, e diltanza dal medefinio centro terrefìre; adunque l’altezza, o elevazione perpendicolare della pendenza dello Hello fiume, computata dal iuo fonte (labile finoalla Super­ ficie del m3ie è in tutti i tempi la medefima . Per più chiara intelligenza in quella figura fupporremo il punto A elìere Torigine, o fonte del fiume, XFXigV- ll. e 0 D eiler la Superficie del mare continuataimmaginariamente fotto i mon­ ti fino a €, dove cade la retta A C perpendicolarmente dal fonte forn-a la fnperficiedel mare, e diraffi detto A C elevazione della pendenza del fiu­ me A B, o pur del fiume A D. S.a il punto D p.uremoto da C, che non è B.* egli ècerto, che la retta linea A 1> fara più lunga, che non è AB, e però meno ripida, e meno pendente L ifteflo accaderebbe. quando il fiu­ F ig . me A B, divenilTe tortuofo, Serpeggiarne , o incurvato da’ lati ; eanch avel­ ie il fondo elevato, c depredo naturalmente, o artificiofamente dalle pe- X X IX . fcaie , (correndo per A B F I). Ora fe’l fiume A B per effer crefciuta la fpiaggia B D, èneceffitatoa condurfi al mare per la via A D più lunga di F ig . quella di prima, adunque ella farà divenuta meno pendente, e men ripida X X V ll . di cucilo, eh’ ella era da principio; ma quando l’ acqua Scorre (opra un let­ to meno pendente, ella vi va con minor velocità, come dimoftra T efperienza adunque ella averà maggior comodità, quando ella è torbida dt deporre le minime parti terreftn, nè averà tanta forza di portar via quella rena, che precipita da’ monti, e però col tempo dovrà maggiormente Sollevarli il letto del fiume. Oltr’ a quella vi è la feconda cagione ( come lì èdettodifopra ) del rialzamento del lecto del fiume, che è la cortuofità, e lerpeggiamento A B E F D, che va continuamente acquiitando il fiume, F ig , perchè fe prima il letto A B era diritto , anche la lunghezza del fuo diret­ xxvm to viaggio doveva edere molto più breve dell’ incurvato, e tortuofo, che


268 D E L L A D I R E Z I O N E a quello è fucccduto, e però Fcemandofi la pendenza del fiume, crelce la cagione di ritardare il corlo dell’ acque, ed’ imporre, efollevareil letto del fiu m e.

Finalmente lo flirgare femplicemente il letto del fiume occupando dall’ uno all’ altro argine fpazio, e diflanza maggior di prima è la maflìma, e principi! cagione di ritardar il colio dell’acqua; vedendo noi, ch’ cPa più rapidamente corre ne’ luoghi ritirerà, che negli ompj, e dilatati, ne’ quali ha minor forza di rodere il fuolo, c portar via Ir. terra , che vienila mon­ ti eoo la fua poca rapidità, e manco energia di peto, eiiendo l’ acqua dila­ tata in quell’ ampiezza di letto, che concede tempo comodo d’ »riporre alla torbidezza; dal che ne fegue il .rialzamento del luo letto. E benché i comuni, e uficari rimedi fieno gli argini pofticci alti, che fi fanno per ri­ tener 1’ acque, che non trabocchino, e non allaghino le campagne, fi ve­ de , che quefla non è la medicina d’ untanto gran male : imperocché ella non toglie le cagioni del rialzamento del letto del fiume, poiché non fi tolgo­ no le tortuoficà, eiérpeggiamenci del fiume, nè fi ridringe l’ alveo. Adun­ que rimanendo quelle due cagioni di ritardale, il coi lo dell’ acqua , edilcemar lo sforzo , ed energia alle medefime, (empie più s’anderà rialzando il letto del fiume, e peiò il vero., e. adequato, rimedio-farebbe [ poiché non è portabile impedire l’ accrefc ¡mento della fpiaggia, e ritirameiuo del mare ] almeno raddirizzare al portibile il corlo del fiume, e riltrigneie i luoi argi­ ni , necertitandolo afeorrere dirittamente inun alveo ftretto.: onde verrà necc(Tirato a feotrere con maggior altez-a d’ acqua, e rapidità, e roderà il fuolo co! moto comporto dell’ attuale, e d’ energia, e porterà via la terra, e la torbidezza , la quale prima lalciava . Che poi la llrettezza deli’ al veo fìa utilirtlma., e necertaria per mantenere il fuo letto libero, ed efente dagl’ itnpoftimi di filili, .rena, ed altro, oltre alle ragioni dette negli antecedenti Capitoli, Felperienza ci moftra, che lotto alcuni ponti aliai llretti, non vi fi veggono mai limili intalature di iafli, e ghiaia, e altro, ma il tutto vien deporto dallo parte inferiore ne’ luoghi lontani, dove il letto del fiume è più largo, e dilatato . Deefi dunque tener 1 alveo piu ftretto, e manco incurvato, e tortuofe, che fìa portibile, e però sfuggire la frequenza delle pefeaie, o almeno far­ le ne’ luoghi dove la (trettezza del fiume fìa tale, che la corrente porta aver forza di fpignere a ballo turpe le lùddete iptafature di farti, rena , e legnacei,_e d’ ogni altra materia , ficchè noningombrino le parti luperiori di dette pelcaie, e guardarli ancora da ogn’ altra forte di riparo, che cagioni rorcuofità, e curvità al corlo del fiume.

CAP.

XXXII.

Del modo di rifirignere i letti de'fiumi. .Oichè fi è veduto 1’ utilità , che fi ritrae dal dirizzare il corfo a’ fiumi, e del riftrignere il loro letto; refta ora, che inoltriamo in che manìera fi doverà operaie per conlèguire quelli due fini non folo con rupiarnvo di ipefa, e fatica, ma ancora con flcurezza, che i lavori debbano, riufcire (labili, e pollano refiftere all’ impeto del fiume. E primie­ ramente tratteremo del modo di riftrignere il letto del fiume, l’ utilità del quale àftrigmmcnto. vedefi, che e fiata molro ben ccnolciuta per lopallàio: perqhc. nelle Cittì, che fono attraverfate da’ fiumi gli hanno fatto gli argi­ ni


DE'

F I V M lì

269

ni molto più riftretti di quello, che fono per le campagne, e fi vede ad ogni modo, che tali lem riftretti fono capaci delle maffime piene, ed. più fogiiono edere in tutti i tempi navigabili, il che non interviene al mede mo fiume fuor della Città. E chi domandaffe la ragione, perche n?jP 1 , " ftringono gli argini dello (ledo fiume fuor della Città > credo che ri pon rebbefi non poter farli con la terra così ftabili, e falcifranai 1 lon e mur , che comprendono i fiumi fra le Città Ora a quella difficolta imc? . J 5 * terfi con poca (pela provvedere, facendo gli arginiriftretc»di lemp \ * ra , macosì laidi, come fe eglinofollerò muragliefaldiffime. l^endafi adun- p j , que il fiumeR Z comprefo da gli argini A B, e C D, 1 quali abbiano una X X IX . gran laighezza, e diftanza fra di loro, e fieno qualche poco tornio 1. alveo poi più incavato, nel quale corrono l’acque bade, fia R L . UeDDonn ora riftrignere i detti argini, e addirizzarli al poflibile • Con la Itelia terr , del lètto del fiume fi facciano due argini più diritti, che fia polhbilc , e C K L paralleli fra di loro, e tanto dittanti l’ uno dall'altro, e di taieaitezza, che batti per ricever le maffime piene , cioè di poco piu latitudine, e d’ altezza a quelli, che ha lo fletto fiume nella Città per la qual palla. Faccianfi poi nell’ uno, e nell’ altro argine due ordini di pignoni a (carpa pendenti verfo il mezzo del fiume, che facciano àngoli acuti, o retti a la parte fuperiore R del fiume, ma debbono tali pignoni edere alia« corri, e profondate le loro punte, quali fono M E , N F , K P , Q S , «c S 1 Qap. è mamfetto perle cole dette, che l’ acque delle piene {lagnando tra pi- x x i l l . gnoni, non faranno forza contro gli argini, ma formeranno due letti pen- x X lV . denti verfo il mezzo del fiume, in virtù de’ quali la corrente piu rapida, e furiofa eferciterà il fuo sforzo d’ energia, edi velocità contro 1 luolotraniezzo R Z, e l’ anderà Tempre più, e più rodendo, e (cavando: e pei lo contrario fra1pignoni rimarrà molto impoftime ; e in progredì) di tempo li faranno due letti a fcarpa di terra foflevata all’ ideila altezza, e pendenza de’ pignoni, e però non vi farà pericolo, che i nuovi argini podano patire danno veruno. E profondandoli Tempre più, e più dalla corrente raptdillima la parte di mezzo R Z, farà molro più capace il letto del fiume delle maffime piene, e però non folo gli argini , rna anco la campagna collatera­ le verrà a liberarli da’pericoli, e danni dell’ inondazione, edalle Ipele con­ tinue di rifarcire gli argini di terra fragili E benché paia troppo grande Ipefa l’ aver a far tanti pignoni, egli fi vede, che quella farebbe una (pela peipetna, e minor affai di quello, che fi (pende in meno di dieci anni a far gli acconcimi ordinari, tanto più eh’ i detti pignoni non s alerebbero a far in tutti i luoghi del fiume, ma fidamente hi que' fiti, che n hanno piu bifogno, e dove s*avellerò a riftrignere quell'immenfe ampiezze de’ numi, e talvolta da quella parte fidamente, dove il letto è più pendente, Olrr a ciò i pignoni fi potrebbero fare di pali con fafeine , e fatti, e talvolta di fallì feioìtij E meglio di caffoni, e gabbioni ripieni di etti, che non richiedon molta fpefa : e chi confiderà quante fpefe eforbitanti fi fanno ( e non di rado ) in alcuni acconcimi di palafitte, e cole fimili, le quali durano poco tempo, conofcerà che e’ fi potrebbe con la medefima fpefa in quell1 ideilo luogo far quello riftrigmmento d’ argine co’ fuoi pignoni, e così in quel fito fi farebbe confeguito, non foto il fine principale , eh’ è la ficurezza delle campagne per attempo, ma per fempre, e vi fi farebbe raddiriz­ zata la tortuofità del fiume, lcavato il Tuoletto, e rendutolo navigabileanco in tempo d’ acque balle, ciafcuno de’ quali utili da per fe folo averebbe meritata quella tale fpefa. CAP-


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D E L L A

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C A P. XXXIII. Di?/ tfWo d'addirizzare i Fiumi tortttofi, e Jerpeggianù . B

Enchè i fiumi acquiftino maggior declività, c pendenza col riftrigmmento del loro letto, molta più ne averebbero, le non andaffero tortuofi , e ferpeggiando . Però è neceiTario anco moftrare il modo di addirizzare il loro corfo, quanto più è poflìbile, il che fi potrà fàr con poca fpefa in riguardo all’ utile grande, che fé ne ritrae, e con ficnrezza, che il lavoro fia (labile pel tempo avvenire. Sono le tortuofità de* fiumi di due forte, alcune fono piccole, e poco deviano dalla rettitu­ dine, altre fono grandi fatte a via diferpe. Quando elle fono piccole ( coFì me viene efpreffo nel fiume R 7 dalla trentefima figura ) nel quale i due y v y ar^,n' °PP°ßi A B, e C D fono per la maggior parte diritti, e paralleli, e (blamente hanno la piccola piegatura ne1 luoghi I M, ed E H, allora ba­ derà continuare l’ argine diritto da E in H baffo, acciocché l’ acque alte della piena lo poffàno cavalcare per riempiere con la belletta il feno E H, avvertendo, che fe il letto del fiume è molto pendente verfo F, o pure il corfo di qualche Torrente, che imbocchi in C I vada ad urtare l’ argi­ ne E F H, farà neceffario aificurarlo, col porvi un ordine di due, tre,o piùpignonipiccoliparalleli, e pendenti verfo il mezzo del fiume, che fac­ ciano angoli acuti con gli argini dalla parte fuperiore R, con tutte lecircoftanze dette di (opra: poi dalla parte dell’ argine oppofto facciali un foffo I M alla dirittura dell’ argine C D, e in elio sbocchino altri folli trafverfali, come K L. Non ha dubbio, che la prima piena, che verrà forme­ rà co’ pignoni un letto al fiume pendente verfo il rialto I K M, e l'correndo per ¡canali trafverfali nella foffa I M roderà i tramezzi, e forme­ rà un letto baffo comprefo da due argini paralleli. Ma fe il ferpeggiamenro del fiume forte grande, come fe ne trovanotalpvolta di miglia intere, qual’ è nella trentèlima prima figura, il ferpeggiaX X X I mento R l X Z, allora fi ricerca maggior lavoro per ridurlo diritto, e ' quello, o fi vuol fare fui bel principio tutto in una volta, o pure fi averà a fare in lungo tempo infenfibilmente. Ne! fecondo cafo baderebbe fa­ re dalla parte dell’ argine B X incavato verfo X, un ordine di pignoni al modo folito, in virtù de’ quali la corrente principale, e rapìdilfima del fiu­ me adderebbe sforzando, e rodendoli promontorio F L G dell’argineopjoolto: ma poi ^fognerebbe avanzar I’ argine verio detto promontorio, e rifar di nuovo in X un altr’ ordine di pignoni, la qual cofa farebbe lunga, e di molta fpefa; e però incomparabilmente minore riufcirebbe a raddiriz­ zar quivi il fiume alla bella prima, il che fi dovrà fare in quella maniera. Prima intempo di fiate, quando l’ acque fono ba/filfime, fi doveranno fare due folle diritte, profonde, eparallele, quali fono E H , e Q S polle al­ la diritrura degli argini A B, e D E: oltre a ciò nel mezzo di dette foffe fi faccia un altro incavo profondo, e affai largo M N pollo alla dirittura del mezzo del fiume R Z, a quelle fi continovino altre foffe piccole, o folchi P, 0 travedali paralleli fra di loro, ma obliqui a gli argini diritti. Poi dee rurarfi tutto l’ alveo del fiume dirittamente da B verfo F con pala­ fitte, falcine, c terra , o cafioni ripieni di farti, ma non molto alto, accioc­ ché Tacque torbide delle piene lo portano cavalcare per rinterrare con la belletta, e riempiere pian piano l’ alveo antico K F X G C, e così anche in


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FIUMI.

271

in G C dee fari! un altr’ argine, più baffo dell’ argine B Fperlo (colo del trabocco a difcrizione del perito ingegnere, acero pollano 1’ acque chiare« reilate dalla piena antecedente, in parte [caricarli con la piena fufleguente, la quale entrerà nel luogo dell’ acque chiare . come più grave eflendo tor­ bida , e ripiena di terra, eie chiare, comepiùleggiere, fi folleveranno l'o­ pra detta torbida, e li [caricheranno per G C tante, e tante volte, finché ila ricolmato lo fpazio B F X G C, e allora lì potranno rialzare, e perfe­ zionare gli argini B F , G C, perchè già farà anche tutto lo fpazio E Q S H diventato alveo andante del fiume. E avvertali di far detto argine, come fopra , di cafl'oni, i quali fi riem< piano di fallì, e fi ricoprano di fopra con tavole inchiodate, acciò la piena cavalcandogli non gli polla votare, nè muovere, che quefto„giudico efier’ il più facile, e licuro riparo in limili occorrenze. Di più nell’ argine B F dee farli un ordine di pignoni con le circoftanze dette di fopra, come KI, perchè per la tortuofità del fiume la parte più pendente, e depreda del fiu­ me torceva da R per I in K, onde il nuovo argine B F verrebbe ad efier tormentato; però è necefiàrio fargli la difefa de’ detti pignoni. Venendo poi Tacque prime di qualfivoglia piena, avviandoli per la gran folla M N e peri canali trafverfali O, P, prima che la piena arrivi al luo mafiìmo erefeiroento, averà corrofo i tramezzi P, O e averà formato un letto ampio comprefo da due argini diritti, e paralleli A B, F C, e D E H, e però il fiume fi farà raddirizzato, e T argine pericolofo B F fi farà alficurato da’ pignoni, i quali non lo lafceranno percuotere, e corrodere, ma l’ altr* ar­ gine G G non ha bifogno d’ efier difefo, perchè il Ietto pende da G verfo N ■ Qui poi benché fi fia perduta tutta la campagna E Q S FI, in breve tempo potrà acquiftarfene un’ altra molto maggiore di miglia intere, quale è B X C, perchè traboccandovi Tacque torbide per la fommità non mol­ toalta B F continuamente imporranno , ed andrannopian piano follevando, e riempiendo quelfito baffo, che in pochi anni fi potrà coltivare, e trarne frutto non folo equivalente, ma anche maggiore della l'pefa fatta per rad­ dirizzare il fiume, e infiememente fi acquifterà maggior pendenza, e de« clività al fiume, e però più rapidità, dalla quale ne fegue Io Gravamento del fuo letto, e la ficurezza della campagna, la manco fpefa a mantenere, rifare, e raffettare tanta lunghezza d’ argini, e finalmente la maggiore faci­ lità della navigazione con tutti quelli utili, e comodità, che porta feco; beneficii, che quando fuffero benconfiderai, e inceli, nondubito , che averebbero a muovere il zelo de’ Principi a fare un tanto bene per utile de’ lo­ ro fudditi, e a togliere P occafioni, e neceflìtà di quelle continue fpefe, che fi fanno per i ripari de’fiumi fenza effer mai ficuri da i danni, e peri­ coli delle campagne.

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SOPRA LA LAGUNA DI VENEZIA. u ilt EmìnentìJJìmo, e 'Reverendijjtw Signor Cardinal T ieiro Ba/adm ua. Edtre era alla lettura di Pifa 18. armi fono, mi perven­ ne alle mani una fcrittura del P. D. Benedetto Cadetti già mio Maedro, nella quale ad idanza dett’ EccelIen* za del Signor Giovan Bafadonna Zio di V- Eminenza egli fetide dottamente, etter cofa dannofa il deviare fuori della Laguna di Venezia 1 acque de i fiumi per­ petui, che vi entrano- Stimolato io da tal difcorio, mi applicai a penfare, fe fi potettero trovare modi àrtificiofi, che futtero atti a riparare il danno imminente dell’ interramento di detta Laguna: il che, fe io non m’ inganno, mi pare d’ aver oonleguito con modi facili, e di poca fpefa : e quello parmi di aver confermato con efperienze, e ragioni tanto evi­ denti, che non mi lafcian luogo di dubitarne. Or mentre quella invenzio­ ne dormiva fra le mie fcritture, per eiler io (lato continuamente di11ratto a comporre, e pubblicare altre opere fcientifiche, venne felicemente V. E. in Roma efàltaro meritamente alla luprema dignità Cardinalizia, dove fi fono rinnovate le lodi delle fue virtù dalle perfóne lodate per 1* eminenti loro dottrine, da uno de’ quali, avendo io laputo, che V. E. per ragione ereditaria dall’ Eccellenùltimo Sig. Giovan Baladonna, e per genio proprio, e per carità deila patria, cercava di riparare a i danni di quella Laguna, ho (limato fortuna il prefentarle quella mia fcrittura, acciocché V. B., do­ po averla confiderata, ne faccia quel capitale, che giudicherà etter di maggiorfervizio della fua patria. Non Inficiando di rapprefentarle > chequi non fi tratta di promette fpeciofe, l’ efito delle quali non fi. gotta vedere, fe non dopo molti anni, e dopo aver fatte immenfe fpefe: ma perdo contrano la riulcita, che dovrà fare quella invenzione, fi può vedere prontamente in pochi giorni, e con pochiflima fpefa , e però conlideri la fomma pruden­ za di V. E . le il fervizio della Sereniflìma Repubblica ricerca, che ha letta, e confiderata quella mia fcrittura, la quale io preiento a V. E. per fogno dalla mia divozione, 0 riverente affetto.

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Delle caufe delP interramento della laguna di Venezia. ’afiìoma ricevuto, <che per porere riparare a i mali, ed a i difordini, ila neceffario intender perfettamentel origine, e le caule di el­ fi : laonde cercandoli i rimedj per riparare al grave danno dell in­ terramento della Laguna di Venezia, fa meftiere intendere, quali fieno ftate le cagioni, p$r le quali la detta Laguna, s è riftretta, e quali riempiuta di fango, in maniera che in tempo d'acque nane il luoloin mol­ te parti fi difeuopre, ed anco i Porti fi vanno ancor elfi interrando • E' cofa evidente, che il corfo dell’ acque de’ fiumi, e molto piu quelle, che cafcano per le piogge, portan giù la terra fmoffa dalle montagne, e colline, e la precipitano ne’ luoghi più baili, quali fono le cavita occupate del maretal terra rimanendo nel fondo della Laguna di Venezia, e lopraggiungendonc dell’altra in tutte le piogge, non è maraviglia , che in lunga iene d’ anni abbia potuto interrare la maggior parte del fondo d erta : in maniera che fra breve tempo fi può temere il total fuo riempimento. Quella terra portata giù da i fiumi, e torrenti è di due ‘orti, 1 una è comporta di rena grolla , e fartolini, i quali non han potuto elier portati nel mezzo della Laguna, ma folo han potuto accrefcer le ripe, e le laon­ de, che circondano la detta Laguna, che però han potuto reftringere il ia­ cinto ¿’ ella, dilatando le piagge di tutta quella terra ferma, che la cir­ conda: l’ altra parte di terra, che portano i fiumi, e ì torrenti, e la bel­ letta, della quale l’ acque copiofamente fonointorbidate : quella Iparla per tutto lo fpazio della Laguna, e quivi deporta, ha potuto in lungo tempo riempire quelle cavità di quel fango, che vi fi vede. Vi è poi ne i canali, e ne i contorni della città di Venezia una nuova caufa di riempimento, e quella fi è la moltitudine de’ pezzuoli di Ulfi, e mattoni, e di tede di creta, di cenci, di legnami renduti gravi dall’ inzup­ pamento dell’ acqua, e da mille altre immondizie della città, le quali mefcolate col fango deporto dalle torbide, han potuto cooperare a riempire, e follfivare il fondo de i djetri canali.

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II.

Che il deviare i fiumi grandi, ì quali [caricano le fu e acque nel­ la Laguna, n o n abbia potuto cagionare quejìi utili, che Jifperavano. P

oeich éle cagioni dell’ interramento della Laguna fono date i fiumi i torrenti che vi han portatola terra, parrebbe ai prima viltà, che ,

dovrebbe eflér utile toglier via una delle due caule, che cagiono interramento di detta Laguna, quali lono tutti quei numi, che vi sboccano, giacché non fi poffono impedire li torrenti, i quali in tempo di piogge portano lo (colo fangofo per tutte le ripe del recinto d’ erta . Tal ri­ medio fi poteva forfè (limare profittevole, s’ egli fi fufle applicato molti fe-


DELLA LAGUNA D I VENEZIA.

277

cóli prima, deviando per altri canali fuor della Laguna tutti li detti fiumi; ma ora che il male s'è ridotto al fommo grado, dubitoche tal rimedio farebbe inutile, confórme dottamente fcriffe D- Benedetto Cartelli mio primo Maeftro: che però non iftimo neceffario ripetere le medefime cofe, poten­ doli elle vedere nel fecondo fuo libro della Mifura dell’ acque correnti. Aggiugnerò fidamente, per confermareVutile grande, che apporterebbero le acque di tutti que’ fiumi fcaricandofi nella Laguna, che nel tempo del Buf­ fo det mare, cioè in quelle fei ore, che Tacque del mare entrano per le bocche del Lio a gonfiar la Laguna : in tal tempo fe fcaricaffero fei fiumi perpetui le fue acque, vi refterebber tutte nella Laguna ritenute, e foftenute in collo dall’ acque del mare , le quali entrano nel tempo del Auffa per le bocche del Lio ; che però verrebbeproibito l’efitodi quelle de’ fiumi nel ma­ re aperto • Ora fe fi deviaflero tutti i fei fiumi, che sboccano nella Laguna, cer­ to è, che nel tempo del fluffo verrebbe ad alzarli, e crefcer l’ acqua molto meno di prima: ficchèdall’ effervi, o n o n effervi i detti fei fiumi, può im­ portare il crefcimento dell’ acque nella Laguna due volte più alto: ma una tale altezza d’ acqua doppia, fi per lo pefo, col quale preme il fondo, fi anche per la velocità, con la quale dee correre, per ufcirfene dalle boc­ che del Lio, viene adederequattro volte più potente a rodere il fuolo fangofo della Laguna, di quel che fi farebbe, mancandovi T acque di tutti quei fei fiumi. Oltf a ciò quando per via di grattamento del fuolo veniffero intorbidate Tacque della Laguna in tempo della maifima crefcenza del flufio, certo è che l’acqua due volte più copiofa intorbidata, fe ne porterebbe via nel mare aperto due volte piò quantità di fango, di quello che farebbe la me­ tà d’ acque accrefciute fidamente. Che poi il deviamento di tali fiumi non fia il vero rimedio d’ un tanto male, fi vede dal fatto fteffo; perchè, dopo avere deviato idue fiumi mag­ giori, in ogni modo (¡amo alle medefime anguille di prima, che però farà bene applicar l’ animo ad altri ripari.

CAP.

III.

Che lo [cavar il fango della Laguna con quelle f olite tanaglie, fia opera vana, ed infruttuofa.

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LL’ interramentodella Laguna, ridottoquafi all’ eftremo fegno, co­ munemente viene (limato opportuno rimedio lo fcavare, elevarvi» quel fango con quelle tanaglie di ferro per via di viti, ed argani, la qual imprefa io (limo affolutamente vana, parendomi, che do­ po immenfa fpefa, fi rimanga nel medefimo flato, e pericoli di prima : per­ chè effendo la Laguna lunga più di quindici miglia, e larga più di cinque miglia compenfando i difetti con gli eccedi, farà la fua fuperficie maggio­ re di braccia quadre 468750000. e quando fi doveiie fcavare il fango d’ effa non più alto d’ un braccio folo, dovrebbero fcavarfi dalla Laguna più di braccia cubiche di fango 468750000. e fuppoflo, che in un giorno con quelle tanaglie fi potettero fcavare mille braccia cubiche di fango , per lo che fare, forfè non baftarebbero fetcanta barconi con quelle tanaglie, le quali lavoraflero continuamente, con quella moltitudine d’ uomini, che vi Tom. 1. S 3 tifo-


d i s c o r s o 278 bifoanano, pure non fi porrebbe finire di (cavare l’ altezza d' un braccio di faneo da tucta l’ ampiezza della Laguna, fe non in 1283 anni. Ora quefta tanto immenfa fpefa, e travaglio farebbe in ogni modo buttata via; perche in molto minor tempo dei detti 1283 anni fi farebbe la Laguna riempita di nuovo dalla tetra, e fango* che vi portano i foli torrenti, non che 1 fiu­ mi: poiché fi fa, che alcuni fecoli addietro la Laguna era profondmima, e però in una njinor ferie d’ anni fi farà interrata per 1’ altezza d* un braccio: laonde in altrettanto tempo, ed anche meno, fi potrebbe riempire quella fieflà parte, che fi. trpvafle fgavata.con le dette tanaglie.

CAP.

IV.

Dei rìmedj facilism i , con : quali f i può impedire, che nonf i avanzi il danno dell' interrimento della Laguna, ficchè rimanga nello fiato prejente.

P

Oichè il male dell’ interramento della Laguna dì Venezia non è cofa (labile, e permanente, ma è in continuo moto, ed accrefcimento, però vana cola è il penlare di poter guarire, e faidare quella piaga, lenza proibire il concorfo di nuova materia, la quale contiuuamente vien fomminifirata. Richiede adunque il buon metodo, che prima fi protbifea il concorfo del terreno, che viene di continuo a fcaricarfi nella La­ guna, e poi fi penfi a nettare, c levar via il troppo terreno, che vf fi tro­ va deporto. Or per confeguire i detti fini, psrmi d’ avere molti anmaddie­ tro penfato due rimedj faciliflìmi, e di pochiflìma fpefa, i quali, s’ 10 non m’ inganno, farebbero attiflìim, non fole ad impedire la rovina della più nobile, e gloriola Città d’ Italia, ma ancora a redimirla inquello flato, eh. era molti anni addietro. E per farmi da capo, confiderò che i fiumi, ed i torrenti nelle l'or piene van riempiendo la Laguna con la terra, che vi portano: la quale o è grof» fa , e renofa, o pure è fottile,. ed impalpabile, atta ad intorbidar lolamente l’ acqua. Se noi dunque trovafiìmo modo, che i fiumi entraffero nell* Laguna con le loro acque, e che ancora in tempo di piene non vi porcai'fero terra, nè grolla, nè fottile, farebbe un grand’ acquifto perchè non fi peggiorerebbe dallo dato prelente, fi goderebbero tutti quei benefizj, che cagiona l’ abbondanza, e la corrente dell’acqua di tanti numi nella Lagu­ na ( colà tanto inculcata dal P. Cadelli ) ed intanto con altri artifizi fi po­ trebbe andar lcavando la detta Laguna. E prima, per far che i fiumi entrino nella Laguna in tempo di piene fen« aa portarvi rena, e terra grolla, è neceffario ofl'ervar diligentemente, in che manierala corrente dell’acque fpinge, e porta la rena, e terra groiTa. E manifedo, che le parti terredii grolle, per eder più gravi dell’ acqua, di lor natura debbono cadere, e fermarli nel fondo d’ efia, nè giammai per qualunque fcolla, ed impeto, col quale l’ acqua fi movefie, potrebbe fol­ levare a galla la terra grolla, e renofa del fuo fondo, fenz3 fubito ricade, re, ed al più che potrebbe operare, farebbe fpignerla ruzzolando, e ra­ dendo il fuolo, fenza mai follevarla galleggiando, e trattenendola in alto verfo il livello dell’acqua. Suppoda queda naturai proprietà confermata daU’ efperienza, fe noi caveremo una folla profonda nel letto di qualfivo­ glia de i detti fiumi, poco prima del confine, o sboccatura f u a nella L a 1

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DELLA LAGUNA D I VENEZIA.

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guna, e fe anche più forco, prima d’ entrar in mare, vi fi aggiungelTe un riparo di pali, e tavole, o altra cofa (labile, elevato dal letto del fiume qualche poco, quanto badarti» per non impedire la navigazione, farà pur neceffario, che in quella tal fotta riparata fi raduni tutta la terra grolla , erenofa, che porta la piena del fiume, e quivi precipitata, e raccolta fi potrà poi, paffata la piena, fcavare, e tirar fuori alle ripe laterali, con iuftrumenti accomodati a quell’ ufo, come diremo nel Cap. io. Avendo io comunicatoquello miopenfieroal Sig. Giovanni Luzio, egli mi fe­ ce vedere una olTervazione fatta da Pirro Ligori Architetto del fecolo paffato, per la quale con molto mio gullo, vidi che d’ un Umile artifizio fi fervivano li Romani antichi. Die’ egli, che l’ acquedotto dell'Acqua Vergi­ ne nonè fpianato, come fogliono elTer gli altri, maègraduato, avendo ogni due, o tre miglia fattovi uno fcalone, che guarda all’ insù, cioè che feende vetfo il fito, d’onde viene la corrente dell’ acqua; e che di più ad ogn' un di detti fcaloni vi fi ritrova rinchiufo un ferraglio per divertir l' acqua, e per poter nettare, e levar via la rena lafciata dall’ acqua in quelle cavità degli fcaloni: onde fi vede, che quegli Antichi comprendevano, che quel­ la terra grolla, e renofa, in virtù del fuo pelo, era coftrecta andar ftrifeiando, e rullando fopra il piano dell’ acquedotto, fenza poter falire per fuperar l’ altezza de i detti fcaloni. Noi però ne i fiumi della Laguna non abbiamo bifogno di tanto appara­ to, ballandovi una fola gran folla, col fuo riparo, come fi ¿detto; nè me­ no vi bifogna quel ferragliochiul’o , potendo (cavar laterra, e rena ivi rac­ colta faciliflìmamente . Reda da provvedere, chela terra fonile, efangofa, laquale copiofameute intorbida l’ acqua, nonpolla entrarenellaLaguna a deporvi quella bellet­ ta pieniflìma, che fi allomiglia più torto ad un fluore fangofo, che ad ac­ qua torbida. Per confeguire quello fine, balla vietare il commercio di det­ to fluore fangofo con 1’ acqua della Laguna, neceflitandolo a feorrere per una ftrada aderente alla ripa di terra ferma, e fequeftrandolo da quella con un riparo di pali, efafcine; ecosì verrebbe a cader l’ importime accanto le ripe, che circondanolaLaguna: nel qual luogo il fango raccolto nonfareb­ be neftùn danno, potendo folo accrel’cere, rialzar, e raflodare le ripe, ed in progrelTo di tempo, il fango importo fopra quelle pianure balle, c paduiofe concigue alla Laguna, verrebbe a colmare, e interrarle, onde fareb­ bero atte a bonificarli, e coltivarfi; e quello fi confeguirebbepiùfacilmen­ te, cavando in quei piani paludofi (pelle folle, le quali sboccallero nella Laguna, e così la detta acqua torbida del fiume, allagando quei piani baf­ fi, ben predo col luo importiate empirebbe di terra, non lolo quelle folle, ma anche il piano paludofo. Dirti che il detto r paro badava farlo dì pali , e fafeine, perchè non è neceflario, che fia affatto impenetrabile dall’ acqua torbida del fiume, ba­ llando che la maggior parte, e la più pregna di fango, qual’ è la più pro­ fonda, e vicina al letto del fiume, fia ritenuta, ficchè non polla entrate a mefehiarfi con l’ acque della Laguna: non importando molto, che l’ acqua tprbida luprema, sbucando per gl’ interftizj delle fafeine, fi comunichi nel­ la Laguna, sì perchè farebbe la meno carica di fango, per edere la più al­ ta, sì anche perchè la gran piena della ftefla Laguna la porterebbe via ne' tempi del refluflo fuori delle bocche del Lio: e quando bene ne lalciarte qualche parte nella ftefla Laguna; abbiamo modo faciliflimo di levarla via? come diremo appretto* O ltre a

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i rigagnoli in tempo di piogge nella- Laguna^ da tutte le ripe » chela circon­ dano; e poiché quelli non differifcono da i fiumi perpetui) Te non nella brevità del corfo loro» e nel poco tempo, che durano, ma non lalcian di portare molta terra renofat ed anche fangaia, però contro di quelli faran* no anche opportuni) e appropriati quelli ftelli rimedj» che fi proposeroper ovviare a i danni, che arrecano i fiumi grandi, eperpetui ne i tempi delle lor piene. Sicché a tutte le sboccature de i torrenti nella Laguna, fi dovranno cavare a ciafcheduno la fua folla, per ricevere la terra grolla, renofa, e falT'ofa» per nettarla, poiché la pioggia iarà ceffata: ed inoltre fi «dovranno continuare quei ripari di pali, e falcine detti di fopra, per far chela belletta più copiofa di tali torrenti fi deponga accanto le ripe della Laguna;, importando poco, che la parte fublime di dect’ acqua, imbratta­ ta di pochiflìmo fango, fi comunichi col redo della Laguna, come s’ è detto,

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Che p er rim ediare a l danna della Laguna di Venezia è pojjìbik ritrovar artifizio atto a Jcavare con le fo r z e della na­ t u r a fiefia in pochi anni quell' interram ento , che vi f i fe c e in molti fic o li andati , oiché l'acqua della Laguna non è Immobile, e (lagnante, ma . và , e viene col fluito, e refluito del mare di fei in lei ore: quindi è, che di tutto il tempo che la Laguna t ingombrata dalle torbide delle piene, nella metà fidamente, cioè nelle fei ore del fluffo, fi può pofare nel fondo tutta la fua belletta , e nell’ altra metà del tempo del re­ fluirò,, mentre cammina l’ acqua torbida per ufcirfene, va deponendo la magiior parte del fuo fango, ed arrivata nel mare aperto, quivi deporrà quelà poca belletta rimaftavi, la quale non potrà mai effer meno della decima parte di quella, che entrò nella Laguna. Di più oflervo, che le piene, lequali dannmeano la Laguna, fono di due forti: altre fono cagionate dalle piogge, e quelle fono le più dannolé; 1* altre poi dependono dallo fcioglimento delle nevi nelle montagne, lequa­ li portano meno oopia di terra: perchè con le piogge, non foto ¡fiumi» ma anco un gran numero di torrenti, e rivoletti portano fango abbondante­ mente nella Laguna da tutti i torrenti lavorati delle campagne, (opra del­ le quali cadono le piogge ma per le nevi liquefatte i fiumi grandi folamente portano piene intorbidate da quella-poca terra, che poflòno rodere dalle falde de’ monti dure, e bene fpeflo faflofev ficchè potremo giudica­ le, che per le nevi liquefatte appena vien portata nella Laguna la decima parte di fango, che fuol venire con le piogge, E'anche da notarli, che di tutto il tempo dell’ anno, il qual coffa di ore 8766. appena piove la lua ventèlima parte, cioè ore 438., ma le piene delle nevi liquefatte ( l’ uupet l’ altro ) non fogliono durare più di jo. giorni in un anno, e quelle riufeendo la decima parte meno dannofe, di quello, che foglion effer le piogge; per computarle fra le medefime piog­ ge» potremo aggiungere al tèmpo delle piene piovofe altri tre giorni ai piu, cioè ore 7». ficchè in tutto un anno per 1© fpazio d 'o re 510. fola-

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DELLA LAGUNA <DI VENEZIA.

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m e n t e b ad a a e n tra re n e lla L a g u n a l’ a c q u a t o r b id a d e i t o r r e n t i , e d e i fiu ­ m i ( d i q u e l f o m m o g r a d o p e r ò d i t o r b i d e z z a p r e g n a d i f a n g o ) e fi è m o J t r a t o , c h e p e r la m e t à d i q u e l l o t e m p o , i n v i r t ù d e l r e f l u f l o , la d e c i m a p a r t e d i d e t t a t o r b i d a fi d e p o n e n e l f o n d o d e l m a r e : a d u n q u e i n t u t t o u n a n n o p e r l e o r e 4 8 3 . l ò l a m e n t e la t o r b i d e z z a p u ò r i m a n e r e n e l f o n d o d e l ­ la L a g u n a : e q u e l l o f t e f l o f a r à f e g u i t o i n t u t t i g l i a n n i p a i l a t i . O r a c e r c a n d o n o i m o d o di n e t t a r la L a g u n a , n o n b a l l a a v e r i m p e d i t o , c h e . in te r r im e n to n o n p alli p iù a v a n t i , m a in f o g n a f c a v a r e , e le v a r v ia q u e lla t e r r a , c h e a t t u a l m e n t e v i fi r i t r o v a d e p o r t a ; e q u e l l a n o n p o t e n d o f i f c a v a r e c o n l e f o r z e u m a n e , b i f o g n a t r o v a r m o d o , c h e la n a t u r a ilelT a o p e r i i l c o n t r a r i o d i q u e l l o c h e h a o p e r a t o f i n o r a ; , c i o è , c h e I c a v i , e n e t t i la L a . g u n a , d o v e p r i m a l ’ a n d a v a r i e m p i e n d o : la q u a l c o f a d i c o , c h e c o n fi a m ­ m a f a c i l i t a fi p o t r à c o n f e g u i r e , p o i c h é n o i n o n a b b i a m o a d u r a r f a t i c a p e c ilc a v a r u fa n g o d ella L a g u n a e o a m a c c h in e la b o r io fe , e di g ran fp e fa , n è a b b ia m o a rip o rlo d e n t r o de i b a r c o n i p e r p o rta rlo p o i a l t r o v e : m a fo la m e n te a b b ia m o da in to rb id a re le fue a c q u e c o n g r a t t a r c i! fu o f o n d o , la q u a l m a n i f a t t u r a q u a n t o fi a p i ù f a c i l e , b r e v e , , e d i m è n o f p e f a d i q u e l l a , 11 c o m p r e n d e d a o g n u n o . L a n a t u r a f i e l l a p o i f a r à 1* o f f i z i o d i m i n i f i r o , di m an u ale p e r p o r ta r v i a la d e tta to rb id a f u o r i d e lla L a g u n a .

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* e r u0 " ; e £ u i r q u e l l o f i n e , b a l l a c h e n o i i n t o r b i d i a m o L’ a e q u e i n q u e l l * ? reA’ m e 6 n e ?^COBO d a l l a L a g u n a c o l r e f l u l T o , e d a l l o r a l a c o r r e n t e d e l ­ la n e lla a c q u a (e n e p o r t e r à v ia f u o r d e l L i o q u e l f a n g o d e lla to r b i d e z z a a p e la r lo n el m a r e ;, e p e r c h è q u e l l a lle lla o p e r a z io n e ip e fiifiìm o la r ip e te ' f13m r a ’ c ' ° ^ . P e r d o d i c i o r e o g n i g i o r n o , c h e ¿ q u a n t o d i r e p e r l a m e ­ t a d e l l a n n o , c i o è p e r l o f i p a z io d i o r e 4 3 8 5 . , a d u n q u e n o i p o t r e m o c o n ­ t i n u a t a m e n t e n e t t a r la L a g u n a d a l f u o f a n g o o g n ’ a n n o p e r l o f p a z i o rii 4 3 8 3 o r e , c h e v ie n e ad e d e r e n o v e v o lt e p iù fr e q u e n te m e n te d i q u e l c h e P ™ a la c e v a n le p ie n e e n tr a n d o , e p o rta n d o fa n g o n ella L a g u n a , e p e r­ c h è n o i p o l l i a m o f a r e 1’ i n t o r b i d a m e n t o t r e v o l t e p i ù c a r i c o d i f a n g o d i q u e l l o d e lle p ie n e : a d u n q u e n o i p o t r e m o f p a z z a r e , e f c a v a t e il f o n d o d e l­ la L a g u n a in u n a n n o t a n t o q u a n t o lì r i a l z ò , e s’ i n t e r r ò i n 2 7 . a n n i p a f i a t i ; e d in d i e c i a n n i l a v e r e m o q u e l l o c h e s’ i n t e r r ò in 2 7 0 a n n i ( t r a t ­ to d el fo lo f a n g o , c h e o c c u p a le p a rti di m e z z o d ella L a g u n a , non d ella r e n a , la q u a l e r e i l a , e fi d e p o n e v e r f o l e r i p e d i e f l a » n e l q u a l l u o g o f a P 1“ t 0 " ° u t i l e , c h e d a n n o ) f e g u i r e b b e d u n q u e , c h e i n b r e v e t e m p o a v e r e b b a m o n e t t a t a , e r i d o t t a la L a g u n a n e l l o f i a t o , c h e e r a a n t i c a m e n t e , n o n c o n l e fo rz e -'u o ftr e d e b i l i , t a r d e , e d i f p e n d i o f e , m a e o o q u e lle d e lla n a ­ B a lli p e r o ra q u e l l o c o m p u t a f a t t o a lla g r o l l a , finch é» c o n e f p e r i e n z e , e r a g i o n i fi c o n f e r m i n o l e c o f e , c h e f i n o r a f i d a m e n t e fi f o n o a c c e n n a t e , e d i n u e m e fi d i m o i t i ! >. c h e p i ù v a n t a g g i o ! © d e e r i u f c i i e l o ( c a v o d e l l a L a «

CAP.


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VI.

Della compqjizione, e proprietà della torbidezza dell’acque.

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oiché per mezzo dell’ intorbidamento dell’ acque della Laguna fi dee ella lcavare, e nettare, è neceffario prima intender le caule dell intorbidamento dell’ acque, e le fue proprietà. Egli è certilumo, che de i molti modi d’ intorbidarci’ acqua, che_ abbia il rondo rangofo, uno del quale noi abbiamo bifogno, fi confeguifce grattando con qualfivoglia ftrumento la fuperficie del fondo inferiore. E quella operazio­ ne è tanto evidente, che non fi può porre in dubbio, fe non da chi e pri­ vo di fenli : vedendo noi, che ogni volta eh’ il fuolo fangofo de i numi, o degli ftagni, o il pavimento polverofo delle ftrade fa grattato, lcommoflo , o calpellato , fi foHevano fubtto in alto globi a guif» di ru­ mo, o nuvole comporte di particelle minime, ed impalpabili di terra, le quali intorbidano 1’ acqua, ed annebbiano l’ aria per lo fpazio di molte bracco • E benché l’ operazione fía evidente per P efperienza, non è però così palefe la caufa di tal effetto, la quale quando fia bene intela, oltre ellec utile, può anche recare fodisfazione a’ curiofi . Quando io con una zap­ pa gratto direttamente la fuperficiedel fango fottopoftoall acqua, non ro altro, che feommovere una poca partedi fangounita, e raccolta in zolle onzontalmente, adunque tali zolle fangole non dovrebbero acquiltar altro moto di quello, coi quale furono fpinte, e fe cosi è, qual nuova caula agita i minimi atomi componenti tal fango per infinite direzioni da un cen­ tro diflìpandole quali sfericamente, e feparandole Fra di loro, onde ne ri­ filila quella efpanfione rara, e volumìnofa a guifa di fumo? Di piu, qual nuova caufa fpigne all*insù, contro la natura de’ gravi, con moti vertiginofi quell’ifteflo fango ad intorbidare tuttala foftanza dell’ acqua fin alla fuprema fuperficie lontana dal fondo molti piedi? Or non potendo tali effet­ ti mancare della lor caufa, dobbiamo riconofcerli dalla fteffa acqua morta. E veramente non pollò io tirare quella zappa, grattando il fuolo fangofo , fenza attrarre verfo di me co! fangoancora l’acqua , che gli Ita d’ avanti, fpignendo una parte d’acqua dopo l’ altra per lungo tratto ; quell’ acqua poi non potendo, fe non ftentatamente fpignerfi avanti, per trovare il luogo anteriore occupato dall’ altr’ acqua, e dovendo le parti di tal acqua Icacciate da i proprj luoghi rivoltarli per gli fianchi a riempitegli ipazj, onde quella prima fi parti: ne fegue per necelfità, che fi diffonda all’ intorno quali sfericamente per infinite linee lpirali, e da tali urti dell’ acqua per le dette linee fpirali, primieramente ne feguita lo fcioglimento delle mini­ me parti della zolla fangofa, dividendola, e dilfipandola in forma di fumo: poi perchè quell’uniforme moto, e fpargimento sferico dell acqua dalla parte di fotto incontra la refiftenza del fuolo, vien necenitata a rifletter», ed efercjtar tutto il fuo impeto all’insù, e per gli lati(avvegnaché l’ impe­ to di fna natura non fi eftingua fubito ) è però può fpignere quei volumi di torbidezza all'insù verfo la fuperficie dell'acqua, e verfo i contorni lacerali j Inoícre, perchè le minutifiìcne parti terree del fango fparfe per la fo-


DE L L A L A G U N A D I V ENE Z I A.

3 8?

flanza dell’ acqua fono impedite dal contatto, e dal glutine naturale d’ efla, che non pollano liberamente ricadere in giù, e peròcon poca forza, e moto tardiffimovi poflono fcendere , avviene, che ogni piccolo moto, che fac­ cia 1 acqua all’ insù, non folo impedifce la tardiifima caduta de i detti mi­ nimi terrei, ma di più li rifpigue, e li traporta incorporati nella fua acquea loftanza con nuovo motoall’ insù, e per gli contorni, e quello lo vediamo tutto il giorno, non folo nell’ acqua, ma anco nell’ iilefs’ aria rariflìma, quando finita di fpazzare una danza fi riempie tutta di quella folta nebbia polverola, alla quale non balla un ottavo d’ ora per ifchiarirfi. Conchiudo in fomma dali’ elperienze, e ragioni dette,.che ogni volta, che il fuolo fangofo d’ un fiume, o llagno fia grattato, e I’ acqua venga icommofla, neceflanamente ella diverrà torbida, e pregna di fango, e Te il grattamento farà, fpello replicato, la torbidezza farà continuamente cari­ ca di belletta i. perchè quantunque molte parti fangofe, ipinte dal loro na­ turai pelo, dopo qualche tempo cadano, con moto tardo verfo il fondo,tuttavia le nuove feofiè, e replicate grattature del fuolo fangofo, fpingouo, e lollevano all’ insù altre parti poìverofe, le quali in vece di quelle, tengono tempre pregna l’ acqua di fango.. L ultima cola notabile, della quale abbiamo- bifogno, fi è, che quando 1 acqua d un nume viene torbida, e carica copiofamente di fango per lo peilo grattar del tuo fondo, benché fi muova il fiume con moto tardifiimo, vediamo, che fiportaieco tutto il fango., del quale è pregno, con la lìeC3 velocità, con la quale l’ acqua fi muove. Lo Hello vediamo nell’ aria in­ torbidata dalla polvere terreftre, che ogni deboi fiato di vento balla aportarvia quegli indivifibili terrei, che galleggiano per l’ aria, ela ragione fi è , perchè dall’ unione, e naturai gjutiue dell’ acqua, o dell’ aria, e dal moto vertiginofo loro , vengono nonfolo trattenute notando, egalleggiando, quelle minime parti terreflri, ma ancora fono collegate, ed incorporate eoa le parti dei detti fluidi non meno faldamenre di quello , che le par­ ti della ilefs’ 3 cqua, o dell’ aria fono conglutinate fra loro: per la qual cofa la detta polvere terreflre vien necefiltata ad ubbidire al moto di tutta la mafia fluida, flcchè nel cafo. nofiro della Laguna intorbidata per Io fre­ quente ralchiamento del fuofondo fangofo, è indubitato, che intempo, che Tacque feorrono col refluita, benché con moto pigro, e tardo, debbono portar feco fuori delle banche del Lio tutta quella belletta, dalla quale fono intorbidate. c a p

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E* poffibile produrre nella Laguna una torbidezza carica unìverJa/e, e continuamente perfe verante, benché tutto il Juo fuolo fangojojìa interrattamente, tm fpejfo grattato.

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Erchè noi abbiamo bifogno di fcavare tutta la fuperfieie intera del fondo della Laguna, e quello dovendoli,fare per via di grattamen« todel fondo fangofo, adunque farà necefiario non lafcìar niuna par­ te di detto fondo intatta, perchè in altra maniera fi verrebbero a fcavar folle, e folchi, cofa che farebbe molto pregiudiciale. Di più il fine, pel quale fi dee fare tal laiehiamento univerfale, èpe* por»


¿84 A \u A- D i s c o r s o trdrtar fuori della Laguna, nelle fei ore del refluflo, tuttorii fango, clie intorbida T acqua : adunque bifogna trovar modo di far che duri lei ore continue intorbidata l’ acqua di tutta la Laguna, per la qual opera balta, che di tanto in tanto, ma frequentemente, tutte le parti del luolo tangoto della Laguna iìano grattate. . . . . r . «„ Che quello ila vero, ce ne adìcura la fpenenza , poiché le in uno ltaeno, o canale noi gratteremo il fuo fondo fangdo fpezzatamente m varj fui, uno dopo l'altro, finché fiano compite di ralchiare tutte le lue parti, e poi fi comincino da capo a replicare le grattature in quei medelimi luo­ ghi'prima tocchi, noi vedremo tutta l’ acqua di quello ftagno, o canale, ingombrata da una folta nebbia fàngofa continuata da per tutto, eperleverare in tale (iato torbido caricamente, non folo ne i lìti, che attualmente vengono grattati, ma anche nelle parti collaterali, prima, e dopo di quel­ le, che fono rafchiate, e per far quell’ effetto, balia che fiano replicate le rafchiature ogni due, o tre minuti primi d’ora. Ora per determinar’ il grado di pienezza di fango, dal quale dovrà eifere intorbidata la dett’ acqua, prima bifogna fperimentare, quanto tango vi bifogna, per intorbidare caricamente una determinata quantica d acqua, fecondo, in quanto tempo la belletta fi pofanel fondo, e con che progrelfo va fcendendo , e fchiarendof» l’ acqua- Per fave quella fpenenza como­ damente, lì dovranno adoperare vali trafparenti di vetro, di figura cilindrica, alti più d*un piede, ed il diametro della lua baie non ha meno di mezzo piede . Nel fondo di quelli vali pieni d'acqua li può mettere un iuo* lo di fango cretofo, alto un oncia di piede, o mezzano pure un quarto d’ oncia; e poi fi dia tempo, cheli faccia la pofatura .Fatta quella prepa­ razione , con un fufcello fi gratti il fondo cretofo, e fi agiti bene 1 acqua. Noi vedremo'fubito montar fu volumi di torbidezza, ed incorporarli tutto quel fango nell’ acqua, rendendola nera, ed opaca affatto; poi indurando con un pendolo il tempo, che confuma tal belletta a ricadere nel rondo, fi trova, che dopo un minuto primo d’ ora fi rifchiara qualche poco un luo­ lo fupremo dell’ acqua alto circa un ottavo d’ oncia, e dopo il feguente mi­ nuto fi fcnrica più d’ altrettanto fpazio, e cosi va crefcendo in^maniera, che fra il quarto, ed il quinto minuto primo lì trova sbiancata l’ acqua, e fchiarita più d’un oncia, e così feguita con maggiore proporzione : tanto x:he pattato un ottavo d’ ora fi vede quali tutta l’ altezzàdi detto vaio lgravata , ed imbiancata d’ una chiarezza molto appannata, la quale poi (tenta 2 4. ore a deporli totalmente, in maniera che retti perfettamente purificata, e chiara. E qui è da avvertirli, che il moto vertiginofo dell’ acqua ne i det­ ti vafi va continuamente languendo, ficchè dopo tre minuti primi li quieta affatto, il che vien mollrarò da i fufcellini, che vi galleggiano, i quali do­ po aver girato per 1’ acqua finalmente fi fermano in un determinato nto: ma fe la dett’ acqua fufle Hata nel tempo feguente, per quatlivoglia acci­ dente, (commolìa, molto1maggior tempo avrebbe cotrfumato a deporre la belletta, che l’ intorbidava. . Supporta quella fperienza per procedete con vantaggio , e iicurezza, diremo , eflér l’ acqua della Laguna di Venezia torbida caricamente , quando in qualfivoglia fua parte, nell’ altezza d’ acqua d’ un braccio, •vi ila fparfo fango fodo alto mezz’ oncia fittamente , cioè il fango ven­ ga ad edere la quarantottelìma parte di tutta 1’ acqua intorbidata. Que­ lla fperienza attentamente confiderata potrà ballare'a chi volefie ichifare la briga di confiderare il feguente calculo laborioso; perchè noi ve­ diamo, che replicando te grattature del fondo fangofo di.qualfivoglia va-


V E L I A L A G U N A V I VENE Z I A.

2s 5

ogni due minati primi d’ ora ne i medefimi luoghi, fi mantiene 1’ acqua pregna di fango egualmente in tutte le fue parti : e che la parte fangofa è piu alta di mezz’ oncia per braccio, cioè viene ad efler più che la quaraatoctefima parte di tutta l’ acqua torbida.

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Poi figuriamoci, che nella Laguna, mentre l’ acqua fcorre col refluffo

verfo le bocche del Lio da A verlo B, fía grattato lo fpazio A C del fondo fangofo : non ha dub­ bio, ches’ intorbiderà una colon­ na intera d’ acqua alta fino al livello D, e perchè tutta I’ acqua della Laguna bada a caminare, è forza che la colonna torbida A D anch’ ella fía portata dalla cor­ rente dell’ acqua, finché dopo 1' ottavo minuto primo d’ ora ab­ bia fcorfo da A a B, quando per Io continuo cadere della fua belletta fi abbia totalmente fcaricato, e pofato nel fondo quella fua torbidezza ca­ rica . E qui è da notare, che l’ altezza di tal colonna andante non ifcema uni­ formemente , nè la linea ertrenia dilegnata dallo fcemamento è retta, ben­ ché la caduta della polvere fangofa nell’ acqua, di fua natura debba farfi con moto equabile, come fi cava dalie cofe da me altrove dimoftrate: ma e neceflàriq, che tal linea fia curva, perchè dopo la fuddetta veemen­ te grattatura rimane nell’ acqua per un pezzo quel moto vertiginofo, che va languendo, dal quale vien trattenuta la fcefa di quella belletta. Intendiamo poi un lungo tratto della Laguna, che (corra col refluito: e quello fía divifo in parti eguali, ciafcheduna di piedi dieci, le quali per meno confufione le faremo bianche, e nere alternatamente, come fi fogliono diftinguerei gradi delle carte geografiche, con i fuoi numeri, e nel medefimo tempo con raftrelli, o altre cofe fimili fiano grattati tutti infie­ rne li fondi fangofl de i gradi negri, acciocché fi follevino tante colonne

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torbide i A, 3 B, 5 C, 7 D &c. caricamente, cioè il fango fia la quarantottefima parte di quelle colonne d’ acqua, e dopo due minuti primi d’ ora fi grattino tutti i fondi fangofì degli fpazi, o gradi bianchi, onde tut­ te infierì)e s intorbideranno le colonne 1 A, 4 B, 6 C, 8 D, io E, &c. e poi pattati altri due minuti, ficchè dal cotninciamento ne faranno icorfi 4. minuti, di nuovo fi grattino tutti infieme gli fletti gradi neri," e dopo altri due minuti un’ altra volta fi grattino tutti infieme gli fletti gradi bianrefluttbC° SÌ apprefìo a*cernatamente» finché dura il corfo delle fei ore del Dico primieramente, che tali grattamenti fatti in tempi diflinti. ed in uogni leparati, produrranno un fuolonon interrotto, ma continuatodi torbi-


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D I S C OR S O

bidezza carica, la quale per fei ore del refluito feguiterà a feorrere agui» la d'una trave fuor delle bocche del Lio . Perchè in ciaficun grado la baie è io. piedi, e l’ altezza 2 tutto il paral­ lelogrammo, o colonna torbida tara 20. piedi quadri, e però fatta la pri­ ma rafehiatura di tutù i gradi neri infiememente, li laran fatte le cinque co­ lonnetorbide 1. A, 3. B, 5 Ci 7 li, 9. E, che compongono lo lpazio di 100. piedi quadri, il quale è la metà di tutto il fuolo d' acqua occupa­ to da i gradi neri, e bianchi, rimanendo quelli intatti, e non punto intor­ bidati , ed in quella maniera fegurterà a muoverli per due minuti primi la dett’ acqua mezza intorbidata, e mezza no. Fallati i predetti due nomiti facciali la feconda rafehiatura in tutti i gradi bianchi inlieme 2. A, 4 B, 6. C, 8. D, 10 E, quelli per ellere eguali a quelli nelle bali, e nell' al­ tezze comporranno il iuolo interrotto d’ acqua torbida eguale a 100 piedi quadri: e perche in fine di quelli due minuti primi, lecolonnetorbide ne­ re fatte nella prima rafehiatura, tuttavia durano, ed appena fi fono l'cemate di mezz’ oncia d’ altezza, adunque quar.oo lacolonna torbida 1. A è arrivata al fito di 3- B, fi trova ridotta a piedi quadri 19, e lette dodicefimi, ed allo Hello feemamenro fi l'ara ridotta la colonna 3 B, dopo efier giunta in 5 C, e così quella arrivata in 7. D, e quella (Iella arrivata in 9. E; laonde le quattro colonne (derrate compongono la torbidezza di pie­ di 78. e un terzo quadri, ed infieme con la torbidezza fuddetta delle co­ lonne bianche, fi farà compolla una ftrilcia torbida di piedi quadri 178. e un terzo, e con quello grado di torbidezza leguiterà a fcorrer l’ acqua per altri due minuti primi; dopo il qual tempo, fattala terza grattatura, che viene ad efier la feconda volta negli fpazr neri, comporranno le colonne torbide 1. A, 3. B, 5. C, 7. D, 9. E, piedi 100. quadri, e perchè in quattro minuti qualfivoglia delle colonne torbide della prima rafehiatura icema un’ oncia d’ altezza ; adunque 1. A arrivata in 5. C, farà piedi 19. e un fello quadri, e cosi 3. B, giunta in 7. D, come anche 5. C, arrivata in 9. E, lìcchè le dette tre colonne fanno lafomma torbida di piedi 57. e fin quarto- Di più perchè le colonne torbide della feconda rafehiatura , fo­ no anch’ elle feemate di mezz’ oncia d’ alcezza nel tempo di due minuti, adunque 2. A, arrivata in 4 B, farà piedi 19. e fette dodicefimi, e così 4. B, arrivata in ó. C, e quella giunta in 8. D, e quella fletta tral'portata in 10. E, e però tutte faranno piedi 78. e un terzo, e quelli con tutti gli altri Infieme compongono una (Inficia torbida di piedi 235. e cinque fe­ lli, e così carica leguiterà a feorrere altri due minuti primi, dopo il qual tempo, fatta la quarta grattatura, la quale verrà ad efi'ere la feconda vol­ ta negli ipazj bianchi; e cinque di quelli, come lì dille, fanno piedi 100. quadri, e perchè in lei minuti primi le colonne torbide della prima rafehia­ tura icemano meno di quattro once, farà 1. A, ridotta in 7. D, piedi i<5 . e due terzi, e così 3. B, giunta in 9. E, e però ambedue compongono piedi 33. e un terzo. Appreflo le colonne torbide della feconda ralchiatura in quattro minuti primi (ceniate erano piedi 19- e un fello, adunque 2. A, arrivata in 6. C, e 4. B, giunta in 8. D, e 6- C condotta in 10. E, infieme unite compongono la torbidezza di piedi 57. e un terzo. Poi fe colonne torbide della terza rafehiatura indue minuti primi efiendo elle quat­ tro, fanno pieni 78. e un terzo, e quelli con tutti gli altri fanno piedi 269. e un lètto, e così carica leguiterà a feorrere per altri due minuti pri­ mi, cioè fino all’ ottavo minuto. Dopo il qual tempo, in ciafeuna delle Te­ gnenti grattature, leluddette dieci prime colonne comporranno Tempre una (Inficia torbida di piedi 269. e un l'elio, e così anche faranno tutte l’altre Uri-


DELLA LAGUNA D I VENEZIA.

2g7

firifce c°ropofte di egual numero di colonne. Dal che fi conmrende chi» la ftrifeia intiera da capo a piede “della Laguna, fecondo il corfo dell’ ac! qua del refluffo, viene ad effere foprabondantemente ripiena di torbidezza cane,, per lo fpaaio delle fei ore del reflollo, perché le , f,?I li” .bidè" za carica uniformemente ci vuole mezz’ oncia d’ altezza di fango indue pie­ di d altezza d acqua, e quello fparfo nella ftrifeia lunga 100. piedi, ed alta 2. compone lo ipazio torbido carico di 200. piecfi quadri, adunque quando nello fteffo fpazio d’ acqua fi mettefie torbidezza dello fteffo grado che potefle occupare uno fpazio maggiore di quello un terzo, cioè di piel r i Hi «;,X adr1’ a l H m o vi farebbe torbidezza il terzo più carica di quella, e pero le quello poteva portarli via fuor della Laguna in fei % C Z Ì ^ ' h T > U0m^ ° ™ ’ eJu»S° ^ « 0 è tutta la Lag ir­ ai» potrà portar via molto più, cioè fango due terzi d’ oncia fermfnn^n,?^lfh ft»!R?r?ttam neBi detti gradi neri' eilbianchi fi termino in quegli fteflì fin, mae?tÌ fiano continuati, rafehiando fondonon della

Laguna con moto trafverfale, e perpendicolare alla fteffa ftrifeia lottile, in

c?!on”e diventino tanti folchi contigui fra di loro. deSVnna irerdli ?*?•? dfUe p/ im ì d‘ ora : laonde quel che fi è S i rpfl „ ci torbida rottile diftefa per tutta la lunghezza del corfo y . rnef uiTS l- r ,L?gun,3 ’ fi dee anco intendere d’ un fuolo d’ acqua torbi. W o ^ ft° dli 0 Ch| ’ ,lungo ciuan£0 $ la lunghezza fuddetta della Laguna, iS V $ j ’ Cd alt? due\ veroè quella ftrifeia quadra comincie­ r à r i due minuti avanti da un fianco, che dall’ altro , cperòfipuò compenfare la torbidità d una parte colla follicitudine dell’ altra, in modo, che il tempo del vero moto-verrà ad effere lolamente un minuto meno del. le lei ore del refluffo, e togliendo anche mezz’ ora, come diremo appreflo , tutto quello difetto non folo vien compenfato, ma di gran lunga lo. S E B » » « ! * q w '‘- « c .lt o d ; un .tu o lopra l, t o r W e , « ! , , U , ! X t°: chiede mezz oncia d altezza di fango in 2. piedi: perchè 3 1. minuti primi fono quali la duodecima parte di fei ore, e però una tal parte di torbidezza meno fi verrebbe a toglier via dalla Laguna : ficchè in ogni modo I’ ec­ cedo fopra Io fcavamente fatto dalla torbidezza carica uniforme farebbe poco più d un quarto, cioè trentuno cenventefimo, e tutto infieme verrebbe a comporre l’ altezza di fango di circa due quarti d’ oncia difperfo e altezza d acqua d un braccio, dove che nella torbidezza caricauniforme vi andava mez oncia d’ altezza di fango lolamente per un braccio d’ ac-

S

« a n*iùE n f p n 9 qU ! j f e r t l f f i i 0 |' c h e - fi P u d P r o d u r r e n e l l a L a g u n a u n a t o r b i d e z h n o n . è a c a n c a u n , f t >n“ e * b e n c h é il f u o l o t u t t o f a n g o f « fia g rattato ìn te rro u a m e n te , fp e ffo , co m e s’ è d e t t o .

fidam ente

m a

CAP.


2 88

DISCORSO C A R Vili

Nelle fe ì ore del refiujfo dee tifare dalla Laguna una mole di fango atta ad intorbidare piu che caricamente tutta /’ acqua accrefciuta nella Laguna.

N

ON ha dubbio, che la Laguna mantenuta torbida caricamente nel­ le lei ore del refluito viene a rigettare nel golfo Adriatico tutto quel luoio d’ acqua torbida accrefciuta fopra l’ infimo livello delL* acque balle; ma non iapendo il modo, e l’ordine, eoi quale elle fi muovono, e quali parti precifamente, le n’ efcono, e quali vi rimango­ no, non potremo cometturare, quanta fia la mole di fango, che efce dal­ le bocche del Lio, nè quanto relh icavato il fondo in riTverfe parti di efta Laguna ; perchè le parti bade dell’ acqua predirne al fondo tempre faranno intorbidate di maggior copia di belletta, che non fono le più vicine al li­ vello fupremo■ Di più, pare, che invano fi travagliale per intorbidare quell* acque, che dovranno rimanere nella deda Laguna, quando noi non abbia­ mo altro fine, che di levar via il fango indente con l'acqua torbida Due punti principali fi confiderano in quello capitolo; il primo è, che veramente dalia Laguna le ne può ufcire nelle lei ore del reflud'o più fan­ go, che la quarantottolima parte di tutta l’ acqua accrefciuta nella detta La­ guna- Secondo, che il tuo fondo verrà piùprofondamente fcavato nei por­ ti, e verfo le bocche del Lio, che nell’altre parti più alte della Laguna; ambedue i quali fenza badare alle ragioni, fi potranno provare per via d* clperiervze. Si prendano due tini, in uno de*quali fi cuopra il fuo fondo con fango due dita alca , e poi vi fi metta acqua un piede alto, e fi faccia un taglio da alto a bado nel fianco di detto tino, il qual taglio verfo il fondo fia (Ire, imo, ^fecondo che va falendo fia più, e più dilatato, ed aperto. L altro tino iu pollo lotto del primo, in maniera, che pofla ricever l’ ac­ qua, che andera ulcendo dalla detta felìùra. Fatta quella preparazione, li gratti con fulcelliil fondo tangofo, e fi fconvolga l’ acqua ; finché s’intorbidi caricamente, e le le dia l’ ufcita per la detta feflura, e mentre che l* acqua torbida efce, fi vadano replicando le grattature, e fconvolgimenti dell’ acqua ogni due minuti primii: e benché in tal tino dalf infime parti della tedura 1 acqua efea più-aliai furiofa, e veloce, che dall’ aperture pili alte, tuttavia lagran llrettezza. della feflura nell’ infime fue parti, non con­ cederà 1’ ulcita (è non a poca quantità d’ acqua, e però tutto il fuolo d’ ac­ qua baila del tino fi potrà far muovere più tardi di quello» che li muova­ no gli altri iuoli d’ acqua più alti dello (ledo tino , e cosi potremo fare un moto d acqua torbida nel tino limile a quello della Laguna , nella quale 1* acqua contigua al, fondo lcorre con moto più tardo di quello, che fi muo­ vono l’ acque più alte. Turili finalmente la detta feflura, prima che fe n* efea tutta l’ acqua dal tino, e fi dia tempo di pofarfi, e fchiarirfi tanto 1* acqua torbida ricevuta nell’ inferior tino, quantoquella del fupremo, fi ve­ drà prima, che il fango ufeito farà più della quarantorrefima parte di tutta l’ acqua. Secondo fi vedrà, che il fondo del tino fuperiorereiterò più Ica« vato verfo la ietiura dove elee l’ acqua, che verfo le pani di mezzo, o eftreme del ciao» ■ . Oi


DULIA LAGUNA D I VENEZIA.

2*9

Ora per chiara intei. ir. • ligenza di quelle qpfeda A C D 11 il tagliodel­ la Laguna dirtelo fecon. do la direzionedel cor% l-UJ™ 111’■•■Uni., fo dell’ acque del refluffo da A vedo labocca del Lio BD; e fia C ■ ----- ------ 1 D il livello dell'acque bade nel principio del refluli'o, ed E F, lìa il livello deli’ acque col­ me, elolpazio E C O H. F fia furto 1’ accrefci- _ mento dell’ acque nella Laguna mantenute torbide caricamente per tutte le Tei orefeguenti. E per­ n o ^ '' re£u(Ib• no*ienfataniente oflerviamo, che tutto il corme T l i ! 3CqUa E A B F f1 muove verio F B, come le fulle un fiuquVbalfa C AVB n T “?’ per,Crè nIon.fo1J1° patte liiprema, ma anco 1 acm • i c<Jntl8ua al fondo della Laguna fi muove verlo B D, le vaÌli C° " S & e<>C;tà ( eecectua'ene ^ el,e’ che '«*• raccolte Ei,nS ,l’5 Mi i if ) adunque in un determinato tempo ul'ciri della Lad, in» h l r e Ì aCql^ ’ ,V-6r- G H B F > eperò fi sballerà il l,vello inaz i r H B Fa &5°n K *’ qu3,uo Puramente bafta per riempire Io tornmn ™ B F abkai)donato da queir acqua, che fe ne ufi.!; laonde toU v l - Z Z T e m e G L 1 f ’ l° fPaz,° firnLG farà eguale ad L H B I. N fB *Ie r i 'al lKTC n Ì levato ,refluiTocom efcaunem 1)3,13ente LagU la moÌ5 O d' D acclu R fi . ebna|e D I. Ionafpazio-.;R I , afa. O N R>an° * aCqir F -9 R trasferito a riempire lo fpazio a le eguale 6 C° Sj fi iarV dotta l’ acqua alt’ infimo fuo livello C D. ferVnhlln ,'lUn2!?e- da,.‘lu‘‘fto progieflo, che il moto dell’ acqua viene ad ef«VrnÌ ? jnchnato all ingiù, per effer comporto di due moti, uno perpemhcolare al piano foegetro, che è quello dello sbaflamento dell’ acqua col luo livello, 1 altro trafverfale daE'A'verfo F B- Dal che fi cava, che eflendo tutto il taglio della Laguna'E A B F mantenuto intort * Ù A ° n n v urcire continuamente dalla Laguna , non fòle Suprema par­ te ni u U t- ma ancora la parte inferiore O N B D, e querta rtfr efler lPe,tU caPdi8anueÌlofaX “ChCn0"i è 0uel,a, deporterà via maggior copiaPAi bel­ letta di quello, che importa la proporzione della l'uàmole inrifpetto diauelU E perchè tutto lo fpazio M N B F èeguale ad E C D F "farà viro che dalla Laguna (ara ufcita una mole d’ acqna torbida caricamente, egua­ le a tutta la mole d’ acqua E C D F , e però in fei ore del refluito farà Q ua1F frn^° atta.| !fdLaguna i,,,torbidare più che caricamente tutta l’ac­ qua b 'fW'j'p C D F accreiciuca nella Oltracciò è da notare, che le parti dell’ acqua lontamffima dalla bocca del L.o, come le K C, può fuccedere, che non arrivino ad ufc.rfene dalla Laguna, ma poltono rimanere per iftrada, ver.fo N H: e molton,ù nurfto può (uccedere verlo la fine delle fei ore del refluito. Quefto peiò non rreffee T X T a 0; PCrC,hv al.r5etta”t^ il>oled’ acqua in cambio di quella, le n’ H fi A t * na‘ P l p,u’ rafchiand°fi continuamente tutto il fondo A N Selw niwLt ardine continuato portando avanti la belletta •dlfevatst aella qualsia parCe, che fi va potando per iftrada (opra il fondodella LaguT na,


290

.»-'•*

DISCORSO

na, vien compenfata dalla molto maggior copia, che continuamente fetie và folJevando, e portando via , e così.aon lì può dubitar«?; che dalia Laguna Ha ufcbtu meaoJangtt liàiqwllo» chtpaftupei'ttilorbidare caricamente tutta 1’ acqvéa in effa acctéfciuta. it .....b V>___

' CAP.

IX.

---- &

. ;

‘D ella frattura del rafelio da\fcavare, e grattar il fonda della Laguna"> r del moda di accomodar(¡i legar(i, e tirarji. ^ v JL ì Enendo poi alla preparazione delle macchine, colle quali ITdovrà grattare il fondo della Laguna, elle lì potrebbero fare fempliciflime, non avendo a far forza per ¡(cavare , o vangare le parti prò* fonde del fango inferiore della Laguna : ma fidamente l*hanno da rafchiare, e fregarefoperficialmente , perchèquefto bada ad intorbidar [’ ac ­ qua, e così ben li potrebbe con rami d’ alberi a guifa di feope andare fpazzando il fondo della Laguna, ma avendo riguardo alla comodità, ed al modo di continuare il lavoro con poca gente , ho (limato bene proporre per un efempio quella macchinetta, laquale fui fatto fi potrà perfezionare», e variarecome parerà meglio. Debbonfi preparare molti telai fimili alle fq.uadre volgari, uno de’ quali da H G f, comporto di due tra* vicelli, o correnti H G, e G I. 7, ehe compongano un ango* Foretto, acciocché la larghez­ za da I ad H venga^ ad effer io. piedi ; debbonfi poi in­ catenare quei due regoli dal legno traverfo L K, il quale li divida pel mezzo, aggiuntovi anche unaltro legno G M in* crociato, e fermato nell’ an­ golo G, che lo divida pel mez­ zo i poi nelle due lunghezze de’ regoli I G , e G H, ineguali diftanzevi fi (aldino 15. lami­ nette di ferro , compresavi quella, che va faldata nellr angolo G , le quali fiano larghe tre once, e fporgano fotto il piano del telaio 4. once, perpendicolarmente erette al detto piano; avvertendo, che tutte le fafljb delle laminette fiano parallele al legno traverfo L K, acciocché ne venga tatto un raftello dentato con le dette laminette, le quali a guifa di zappette pollano grattare il fango della Laguna. Dovrà poi tutto il raftello edere talmente contrappelato dal­ la leggerezza del legno, e dalla gravità del ferro , che tutto infieme com­ ponga un aggregato poco più grave dell’ acqua; acciocché leggiermente s’ appoggi, ed appena comprimati fondo fangofo, onde con poca forza poffa ftrafeinarfi, e quando vi fi attacchi un mazzo di fughe», polla facilmen­ te galleggiare . Debbonfi poi aggiungere due coppie di tavolette egualmente incavate a modo di ponte, le faccìe delle quali fiano parallele fra di loro,

V

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ed al


DELLA LAGUNA D I VENEZIA.

2p l ed al legno traverfo L K{ le due di ciafcuna coppia debbono efTere difcofte" fra di loro meno d’ un dito, e debbono inthiodarfì in uguali, dìllanze dal centro N del telaio nel legno M O dalla parte di Copra, e perpendicola­ ri al piano di detto telaio, in maniera, che per gli archi incavati vi polli fcorrere ma battone biforcato, ed attaccato con 3. fpaghi al legno mezza­ no M N, al quale fotco i due ponti devono porli due rampinetci di ferro collegati fra di loro con un iil di ferro, e in modo che pollano unitamen­ te girare fotto li detti ponti -, e fiano difpolti inmaniera, che vi il portano affibbiare due bocchette di ferro, che calino fra le due coppie di tavolet­ te, ed alle ftefle boccolette vi fiano attaccati due mazzi di lugheri, li quali fiano atti a fofpendere, e far galleggiare tutto il telaio con l'impedimento delle funi, alle quali faranno collegati. Fatta quella preparazione, prima di collegare, e difporre i telai ne’ de­ biti luoghi della Laguna, dobbiamo confiderai, fe ila meglio a tirarli, e ilrafcioarli per la ftcrta direzione della corrente del refluitoo contro d’ effa, o pure trafveri'almente. E veramente, quanto il fecondare ia corrente del riflurto, e accomodato a ftrafcìnare, e fpignere il fango verfo le boc­ che del Lio, altrettanto impedisce l’intorbidamento dell’ acqua, per pro­ durre il quale non balla grattare il fondo fangofo, ma bifogna fconvolger l’ acqua in vortici grandi, e furiofi ; e_ 1 quelli vortici nell’ racqua corrente ¿ Z ___ rr___ C -------___! _____________ ____ _____ _ • __ inon fi poflon fare, Afe- -non da fpince, ed urti contrari, o fatti• attraverso della corrente. Or perchè lo ftrafcino del fango nel mezzo della Laguna è cofa minima, e difprezzabile ( benché vicino alle bocche del Lio porta giovare ) e l’ utile, che depende dall’ intorbidamento, ¿grande in ecceffo, come diremo a fuo luogo, adunque nel mezzo della Laguna dovremo badare principalmente ad intorbidare le fue acque,- e però dovremo llralcinare i telai attraverfo della corrente del refluito: perchè tal moto è attiffimo a far quei molini, o vortici nell’ acqua, fenza de’ quali non fi può fare quella torbidezza carica, della quale abbiamo bifogno. Scorra dunque l’ acqua nel mez_ 20 della Laguna nel tempo del re­ fluirò da A C verto F H, e prima fi ficchino faldamence 4 pali grolfi A, B, C, 1 > nel fuolo della Lagu­ na, ella A difcottoda C, ecosì B difcotto da D 120 piedi, e le di­ ritture A C , e B D taglino ad angoli retti la direzione della cor­ rente del rifluflo; di più lìa A lontanoda B 10 piedi, ed altrettanto fia l’ intervallo fra D, e Cj aidei­ ti 4 pali fiano arraccate 4 girelle fotto il livello dell’ acqua , poipren-^M danfi due corde di grortezza ballan­ te a rirare il telaio rafchiando il fon­• ; w do o fuolo fingolo, ciafcuna delle & 3S quali fia lunga 130 piedi; 1’ una B A l giri attorno le due girelle B ed A, e lìa legata negli angoli interiori dei due telai rafirellatì R , ed S ne'lì­ ti I, e B; l'altra corda C D K giri attorno le due gireue C, e 1 1 . e fia cornicila in C , e K nel mezzo delle facce poileriori dei medefimi relai R, ed S : di più a i due pali A e B vi fi debbono leaare due altre gii elle picT a cole


2i?z -• DISCORSO cole per ciafcuno, una Cotto il*livello dell’acqua, ed un altra nella cima', perle quali giri un altra corda più Cottile, legata allo ideilo angolo I del telaio R, e lo delio fi faccia nell’altro telaio S. Finalmente il barcaiuolo nel luogo deliro A B prima affibbi i fugheri al telaio S, acciocché mentre è tirato da B iti D vi vada galleggiando fenza grattare il terreno, e dopo arrivato a toccarla girella del palo D, uitandovi quel badone biforcato verrà a fpignere i detti rampinelli, e sfibbiarli dalle boccolette annefie a’ fugheri-, onde fciolti che faranno, il telaio coùie più grave dell’ acqua ricaderà a baciare il fondo fangofo della Laguna. Per cominciar dunque il barcaiuolo a travagliare, dovrà dirare la fune fiottile rivoltata attorno la fuprema girellina del palo A, che però ftrafeinerà il raftello R da C fino ad A grattandoli fondo fangofo, e per effer col­ legate le due funi fra di loro, mediante i due radelliR, S, mentre che R viene rafehiando il fondoda C ad A , anderà l’ altro radello S galleggian­ te cambiando da B in D, ed arriveranno nel medefimo momento di tempo R in A, ed S in D, ed urtando, come fi dille, il legno biforcato K nel­ la girella D, verrà a fpigiere i rampinelli, e fi sfibbieranno le boccolette collegate a i due mazzi di fugheri. da i quali difciolto il telaio caderà al fondo Accomodi fubito lo (ledo barcaiuolo l’ altro raftello R, acciocché galleggi con i Cuoi fugheri, e vada a tirare 1' altra corda lottile rivoltata attorno la girella fuprema del palo B, ed in quefta maniera un uomo loto lenza perder punto di tempo potrà continuare a grattar il fondo fangofo con due telài quell’ ore del refludo, che gli faranno comandateSe poi l’efperienza moftraffe, che la forza d’ un uomo Colo non baftafie a tirare, e ftrafeinare la coppia dei detti telai, o pure non li potelle tirare con quella velocità , che il infogno dell’ intorbidamento ricerca: allora in cambio d’ uno, fi dovrebbero porre due uomini incÌ3 fcuna coppia, unodal­ la finiftra in A, e l’ altro dalla delira in D; ed in cal cafo forfè fi potrebbe sfuggite la briga di affibbiare, e toglier quei fugheri, perchè ambedue itelai R, edS, _ tanto nell'andare, quanto nel tornare fi potrebbero tirare con moti contrari iiet'.tnedéfinio tempif'foperfidalmente, ma con lolìecitudine, rafehiando il fòrtdo fangofo della Laguna. Per continuare poi la feconda coppia di telai rallellaci alla prima, fi do­ vranno piantare altri quattro pali E, F, G, H fimilraeme difpofti, in ma­ niera che li finiftri E, F fiano alla fteila dirittura con fi due A, B, e Ha la diftanza di B ad E dieci piedi, èd eguale a quella di E ad F, e lo Bel­ io fi faccia dalla parte delira, legandovi i due telai M, X nel medefimo modo dei primi R ed S e così fe ne potranno aggiungere altre coppie per la direzione del corfo dèlia Laguna , quante faranno bifogno : fi potranno anco aggiugnere altri ordini di telai fitnilmente difpofti alia delira, ed alla finiftrà de’ primi, fervendoli de’ medefimi pali con duplicate girelle, per collegarvi gli altri telai collaterali, fecondo che la varietà dei fici per­ metterà . Gli ultimi telai, che debbono edere tirati dalle ripe del Lio, potranno farli e più grandi, e più robufti de’ .padati : quando fi potelle far tirare da ca­ valli podorio fare grattamento più grande , e più impetuofo, ed allora il rafchiamenco dovrà farli per la fteila direzione della corrente del riflullo, perchè oltre l’ intorbidamento li polla confeguire un altro benefizio» che è lo lìrafcino del fango, come diremo a fuo luogo.

CAP,


D E L L A

L A G U N A

D I V EN EZ IA

m

C A P. X. D ella fo rm a, ed ujo dei ra teili da .nettare i canali della Città /li V enezia .

O

Ltre a i telai dentati, .che fervono ad intorbidar l’ acqua della La­ guna, vi ¿¡fognano machine d’ altra forte per nettare i canali della Città di Venezia, dovendofi fare i telai quadri tramezzaci da altri travicelli io-croce, i quali dovranno effer larghi tre piedi, e lun­ ghi cinque, comporti di legni più grolfi, e rinforzati, e dovrauno appog­ giarli a quattro roWlline grolle mezzo piede, Il .cui diametro .fia meno d* un piede, per facilitate il moto del telaio, limili a quelle che ,fi ulano ne­ gli aratri di Lombardia, e nel labbro anteriore di.ciafcun telajo, o carret­ to, fi dee accomodare laidamente unalaflra di ferro, lunga tre piedi, e larga uno folamente, inclinata all’ ingiù, acciocché .abbisi ufò di vanga, o pala: e nel medefimo labbro vi fia perpendicolarmente un mezzocerchio di ferro, al quale fia collegato un fieno, o fiacco telTuto di ferro filato aliai groflo, e ben fortificato con altri cerchi di ferro, limili a queixallelli, co* quali .fi pefcano fiotto della rena le conchiglie, o le telline, e fia tal fac* co di rete lungo cinque piedi, collegato, e diftefo fopra il telajo . Quell* forta di carretti, rtralciuati per i canali della Città di Venezia, averanno due ufi: prima .intorbideranno abbondantemente 1’ acque de i detti canali, ac­ ciocché .la corrente del reflulTo porti via la torbidezza fangofa ; fecondo raccoglieranno l’ immondizie grolle, e faflbfe in quel feno della rete di fecto filato, le quali all’ eftremo del canale fi potranno riporre dentro barco­ ni , per traportarle alle l'ponde della Laguna. Quelli Umilmente fi dovranno legare due in ciafchedun canale ( quando però non Hanoi canali troppo ftretci ) rivoltando le corde attorno quattro girelle fermate a! principio, ed al fine del canale - E acciocché con meno difficoltà pollano li detti carretti llral'cinarfi grattando ti fondo del canale, vi fi dee accomodare quel manicocurvo, detto timone dell’ aratro, il qua­ le maneggiato d3 un barcajuolo, che l’ accompagni l'opra una piccola bar­ chetta , potrà .facilitare il moto di tal raftrello, declinando gl¡urti, ed im­ pedimenti, nei quali verifimtlmente potrà inciampare. Ma per efiere quelli rafìelli molto aggravati dal ferro, non potranno foftenerfi a galla da pochi iugheri; però farà necefiario adoperar calìe, o tinozzi ampj, i quali in virtù dell’ aria, che conterrebbero, facilmente potriano ritenere a galla il detto rartello, quantunque graviflimo. Una macchina limile a quelli carretti potrà fervire per ifcavar la ter­ ra delle folle ne i confini de i fiumi, e torrenti dopo le piene, e dopo le piogge, conforme fi accennò al Cap 4. dovranno quelli farli il doppio più larghi di quelli, cioè non meno di cinque piedi, ed altrettanto lunghi, ed i loro feni, o Tacchi non di rete di ferro filato, ma fi debbono fare di ladre di ferro, con piccoli forami, per poter ritenere la rena, e fi dovranno tirare dalle ripe laterali da due buoi, i quali baderanno a ftrafcinarli, e tirarli fuori, con adoperare taglie, in virtù delle quali, la forza de’ buoi fi può quattro, e più volte moltiplica­ re: perchè m quella operazione non fi ricerca fretta, e però fi può fare agiatamente. Tvm, I.

T 5

CAP.


294

D I S C O R S O CAP.

H

XI.

Ded\ effetti, che dovranno produrre nella Laguna i telai

rallellaù.

O

R’ applicando le cofe fopraddetteal noftro proposto della Laguna ; benché l’ efperienza molili, che nell’ altezza d’ un braccio d’ acqua vi s’ incorpora fango moltopiùalto di mezz’ oncia, pure per pro­ cedere conogni ficurezza, e vantaggio, voglio, che fupponghiamo, che per produrre la torbidezza carica nella Laguna, ci voglia per l’ al­ tezza d’ un braccio d'acqua meno che un quarto dell’ altezza d’ un’ oncia di fango lodo, e confidente; cioè il fango fia la centellina parte dell’altezza dell’ acqua accrefciuta nella ideila Laguna nel tempo, che comincia il re­ fluiro. E perchè tal torbidezza da’ rafchiamenti replicati ogni due minuti primi ne’ medefimi luoghi della Laguna, viene accrefciuta il quarto più» che non era quella torbidezza carica del centefimo del fango: adunque la belletta contenuta io dett’ acqua farebbe un ottantefima parte di quella: in. ogni modo per ulare abbondante cautela» voglio fupporre , che il fango ch’ intorbida l’ acqua della Laguna fia folamente la centefima parte della fua altezza. Figuriamoci ora , che dalle bocche del Lio fia difpofta una ferie di 740 coppie di raftelli, tirati atrraverfo della corrente del riflulTo: e fei altre, coppie tirate da i cavalli, fe è poifibile, e fe no in altra maniera, dalle ri­ pe a feconda della corrente del reflufld, come fi ditte nel Gap.9 e fian di* ftcfi dalla detta bocca del Lio vedo l’occidentale rip3 della Laguna, e nel tempo che le fue acque fono crcfciute fin alla maiTima altezza, la quale» non fuol eitere maggiore di due piedi, quando appunto comincia il reflui­ rò, allora tutti i 740 barcaiuoli d’ accordo comincino a tirare i raflrelli a; loro sdegnati, i quali per occupare trafverfalmente dieci piedi, ed altret­ tanto ettendo lontani da i precedenti, e fufleguenti, verranno tutti ad oc­ cupare la larghezza di 14800 piedi» e con li 200 piedi degli ultimi telai» tirati dalle ripe del Lio, faranno la lunghezza di tre miglia, eperchè ciaicun, barcaiuolo in un minuto fecondo d’ ora può tirare comodamente il fuo raftello per lo fpazio d’ un piede; adunque averà finito di tirare la fua. coppia de’ telai adeguatagli per la lunghezza di 1 2 0 piedi in quattro minu­ ti primi; poco dopo il qual tempo fi farà intorbidata caricamente una ftrifeia di Laguna larga 120 piedi, alta un braccio, e lunga tre miglia» e per­ chè intanto tutta l’ acqua della Laguna carica di fango bada a caminare ver» io levante portata dal refluflo: adunque comincerà quella mole d’ acqua intorbidata a feorrere verfo la bocca del Lio tutta infieme, come fe futte un fiume, 0 una gran trave continuata, e non intermettendo intanto i barca­ iuoli di ftral'cinare i loro raftelli, e di rinnovare frequentemente l’ intorbi­ damento della medefim’ acqua, feguiteranno ad ufeire continuamente dalla bocca del Lio altre, ed altre parti di quel prifma, o fuolo d’ acqua intor­ bidata, o altre inferiori equivalenti nella mole, e grado di torbidezza : fin­ ché dopo le fei ore del refluirò ridotta l’ acqua della Laguna all’ infima fua battezza, farà ufcUa dalla bocca del Lio una mole d’ acqua intorbidata egua­


D EILA LAGUNA

VENEZIA.29,

le a quel Cuoio d’ acqua accrefciuta nella Laguna, come fi diffe al Capito­ lo ottavo, e però fi av.erà portato via un Cuoio di fango lungo tre miglia, largo 120 piedi, ed alto uncentefimo di braccio; e replicando quello ftefl fo lavoro nell’ altre fei ore del feguente refluito, fi farà fcaricata la Lagu­ na in un giorno di una falda di fango lunga tre miglia, larga rio piedi, ed alta un cinquantefimo di braccio ; la qual mole di fango viene ad edere pooo braccia cubiche, ficchè in 50 giorni fi averà fcavato, e tiafportat© fuori della Laguna un Cuoio di fango alto un braccio della lunghezza, e larghezza fopraddetta ; laonde in detto tempo fi farebbero icavate, e tolte via dalla Laguna 450000 braccia cubiche del luo Cuoio fangofo. Avvertito poi, che nel fopradetto calcolo non fi è punto badato at»fi avanzi, che vi fono, e che fi potrebbero fare; perchè nelle ripe del Li© adoperando la forza dei cavalli, i quali di gran lunga fuperano quella de­ gli uomini, fi potrebbe non Colo renderla torbidezza dell’ acqua più pre­ gna di fango, e tale cacciarla fuori della Laguna, ma ancora con grattare il fuolo rapidamente fi ftrafeinerebbe fuori dagli fteflì raftelli uon pocz quantità dizolle fangofe. Dallecofefuddette fi comprende, che in un periodo di fei ore di refluf­ fo, molto maggior copia di fango fi potrà fcavare, e portar via dalla Lagu­ na , che non era quella fottìi falda fangofa alca la quarta parte d’ un*oncia come fopponeramo per abbondanza di cautela , e però incinquanta giorni li può fcavare, e nettare il fondo della Laguna di più d’ un braccio d'altez­ za di fango.

C A P. XII. Del modo, ed ordine dì com inciare, e profeguire l'opera difc a ­ v are, e nettare la Laguna di Venezia»

E

^VSfendofi moftrato, che in breve tempo di 50 giorni fi può fcavare | un tratto della Laguna tre miglia lungo, largo 120 piedi., ed ub braccio fondo, e cercandoli di nettare tutta la Laguna con poca fpefa, non bilogna penfare di poter fare un tanto lavoro tutto in. lieme, ed in una volta, perchè non fi potrebbe avanzare quella grofTa ipeia, chev! vorrebbe per tanto legname, ferramenti, e funi, che bifogoe. Te a"r niar'e tatrti raftelli, che vi vorrebbero per occupare tutta la vati ita della Laguna; oltre che fi ricercherebbe troppo gran moltitudine di operar); tanto piu, che non vi è tanta fretta, che ci coftringa a nettar­ la tutta in 50 giorni: badando che fi polla compire in poco più di due anm: poiché cosi con meno di 1500 raftelli, lavorando meno di 1 0 0 0 uo­ mini, fi potrebbe con gli fteffi raftelli, e funi continuare il lavoro dello Icavamento in tutte le parti della Laguna, una dopo l’ altra. E p e r c o m i n c i a r e f u b i t o a g o d e r e il f r u t t o di q u e l l ’ o p e r a , f a r e b b e b en e n e t t a r d a p r i n c i p i o 1 l u o g h i p i ù i m p o r t a n t i , c i o è q u e l l i , c h ’ ai p r e l e n r e , m p e c i i i c o n o il t r a n f i r o d a ’ p o r t i a l l a c i t t à , o d i q u a l f i v o g l i a a l t r a p a r t e , c h e ì a r a g i u d i c a t a p i ù u t i l e , e n e c e f l a r i a , e p o i d i m a n o i n m a n o fi p o t r a n n o re­ gimar a l c a v a r e g l i a l t r i l u o g h i m e n o u r g e n t i . f e p e r a v v e n t u r a fi g i u d i ­

E

c a n e o p p o r t u n o I c a v a r t u tt a m f i e m e u n a i n t e r a ftrifeia della L a g u n a , d a l n o m i o a l l o p p o i h r i p a d i t e r r a f e r m a , d i r t e l a d a P o n e n t e a L e v a n t e , fi

T

4

do-


296

DISCORSO

dovrà olTervare il metodo fpieg.no nel precedente capitolo; ma quando fi doveiTe fcavare qualche parte, che non occupafle tutta la detta lunghezza, Tempre fi dovrà procedere con quella regola , che giammai ir comincino a fcavare le parti più lontane dalle bocche del Lto; ma lempre le prime- fiano le flelTe bocche, e poi le parti più vicine, acciocché vi ila la debita pendenza, che renda facile, e libera Tufcita dell’ acque torbide nel tempo del refluiTo . Similmente prima fi dovranno fcavare i canali grandi, e prin­ cipali della città, e poi li minori, acciocché pollano [colare le torbide, e l’ immondizie grolTe pollano facilmente ftrafcinarfi all’ ingiù. E'anco da avvertirli, chequando lì dilponeflequalche ordine di raftrelIi nella Laguna, che tiralTe addirittura verl'o il mezzo di qualche ifola del Lio, allora prima di giungere alla ripa, fi dovrà torcere il corfo, e la difpofizione de’ raftelli verfo la più vicina boccale quivi dovrà finire la detta ferie. Ma per ifciegliere, e determinare i luoghi preciff da cominciare, eprofeguire il lavoro, ci vorrebbe un’ elatta notizia di tutti i lìti, e profondità d’ acque della Laguna, con mille altre particolarità, delle quali io manco; però fono forzato a fermarmi in quelli avvertimenti generali,, rimettendo­ mi a quelli , che fe ne Tono appieno informatiEletti che faranno i luoghi da fcavarlì nella Laguna', e difpbftivi i rafteL li, come anche accomodati i carrocci pergli canali della città, fi dovrà da­ re un fegno* con filmate di giorno, o con fiamme di notte dal campanil di S. Marco, o con campane , o fpiro d’ artiglieria;, acciocché tutti gli operari inlìeme comincino a tirare i loro ralleili, feguitando atravagliare men­ tre che dura il corfo del reflufJb ; avvertendo però, che tutti dovranno le­ var mano dal lavoro mezz’ ora prima,, che finifca il refluflo nelle bocche del Lio , dove la mutazione fi fa prima , che negli altri luoghi delle Lagune, per dar tempo di pofarlì tutta la torbidezzacarica, prima che fopravvenga il fufleguente fluffo del mare: acciocché non polla riportare indietro la bel­ letta follevata ne’ precedenti ralchiamenti del fuolo fangofo. E chi volefle vietare affatto il ritorno della torbidezza fangofa , potrebbe diftendere nel­ le bocche del Lio alcune tele dilatate, e tirate in giù da’ piombi, che impediflero l’ ingreflb all’ acque più profonde , le quali fogliono eller più fan­ gose; ma: tal diligenza non. la- llimo necefiaria .. c

a

f,

x n r.

Che l' ufo darfoprnddettì rajìellì fa rd attijjtmo & fcavare è porti dì Venezia’^ onforme tutti irimedj umani fogliono edere di tal condizione , che giovando ad una parte bene fpeflo poflono apportar nocumento' ad altre , così lo fcavamento della Laguna fatto con i lopraddetti- ar­ tifizi, benché lìa attiflimo a fcavare, e nettare Io ipazio di mez­ zo della Laguna, ed i canali della città, non mancherà' forie chi creda do­ ver eller dannofo a* porti aderenti all’ ifole del Lio, i quali potrebbero efÌere interrati dal fango rafchiata coni fopraddetti raftelli' E per intender bene i motivi di tal lofpecto, e lo fcoprimento della loro inefficacia, farà bene rapprefencaie in quella figura una dell’ ifola del Lio A O B, la cui C

hoc»


D E L L A L A G U N A D 1 VENÈZIA,

297

bocca da A N, ed il fuo porto Ci D E F G, e figuriamoci, che dal mezzo della La­ guna in tempo del refiufib fcenda il fuolo d acqua H K E F intorbidata dal frequen­ te ralchiamento fatto dal lungo ordine de* telai raffrenati, e perchè il corfo diritto di quello fuolo d'acqua torbida viene impedi­ to in O dall’ ¡fola A B, però arrivata che lara nel porto E O F , quivi o perderà il luo moto, o pure più tardamente rivolterà il fuo cerio lungo la fpiaggia da O ad A; e nell* ano , e nell’ altro cafo 1’ impoftimepotreb“e Iciarir dentro del porto, e così andeie°ye ’J?terran£ioIo maggiormente. Nel fecondo luogo tutta 1’ acqua torbida uella Laguna ulcita in fei ore per la bocca A n>’ r t " e r™ ane fuori del Lio lungo quell itola, e poi nelle feguenti fei ore del fluflo potrebbe rientrare la flefla acqua torbida, che fi trova vicina alla ftefla bocca; perchè le più lonta­ ne acque del golfo non poffono entrare nella Laguna, ma folo poflono fpingere quelle che vi fi trovano più vicine; laonde le ftefie acque torbide nel rientrare riporterebbero indietro quello (lelTo fango, che prima ne avevano levato, e di quello la maggior parte fi fermerà, e poterà ne’ porti. Ura per rilpondere a quelle difficultà, e inoltrare la loro inefficacia, u v n ” ’ c*le ne* temP° del rifluffo, quando il fuolo d’ acqua torbida " " E H muove dirittamente verfo il fito O pollo nel mezzo dell’ ifoJa A B, o la dett’ acqua entra nel porro D E G, o no; fe non vi entra, e le ne Icorte via attraverfo per L E-D M, non porterà il fuo fango a pòlarh nel porto, e così non lo potrà interrare; ma fe ella vi entra, non di­ remo già, che tutta l’ acqua, che Icorre in lei ore per la ilrifcia H R E F le ne reIli immobile nel porto D E G aSollevarvi una montagna d’ acqua alra piu di 50 braccia: perchè quella farebbe troppo gran fciocchezza; adunque bilogna dire ( come è la verità ) che ella arrivata in O piglia la volta lungo (a riviera dell’ ifola da O verfo A, per ufcirfene fuori della bocca A N, ed effendo quello certo; ed indubitato, non pottà mai inter1 uiporto ^ E F G dal fango portato dalla (Irilcia torbida H K E F, perche venendo grattato il fondo del porto O D, non meno che la ilrilcia. "j ^ F, farà tutto il tratto curvo egualmente intorbidato da egual copia di tango: e movendoli anche tutto aguifa d’ un fiume, e di una tra­ ve continua, non folamente non riempierà di fango il porto; ma è neceflario, che li porti via quella belletta, che fu iollevata dal fondo dell’ ilteffò porto in virtù delle frequenti grattature; anzi in maggior copia da i porti, che dal redo della Laguna; perchè da quelli come più vicini alle bocche del Lio ne elee l'acqua copiofilfimamente torbida prolfima al fondo, come fi dille al Cap 8. e cosi farà impolfibile, che nonvenga fcavato il fondo del porto tanto appunto, anzi piùdi quello, chefufcavato il fuolo foggetto di tutta la Ilrifcia della Laguna H K E F ; nè importa punto, che il moro di­ ritto per H p (¡a veloce del moro trafverfale per O D; perche eflendo dalle frequenti grattature del fondo rendute egaalmente cariche di fan­ go ambe le dette parti [ fupplendo i deferti delle parti fangofe, che cado­ no, con quelle che fi follevanodalle nuove grattature ] fempre verrà egual­ mentelcavato il fondo del porto, e quello della Laguna: portandole via la cor-


2p8

, t-, -,

DISCORSO

la corrente, o tarda, o veloce eh’ ella fi fia, tutta quella belletta, della quale è continuamente intorbidata . F, quantunque quello balli a inoltrare la vanità del primo fcrupolo, vo. glio per abbondare in cautela in cola di tanca importanza, moilrare, cheli polTono fcavare i porti molto piò profondamente di quello che per 1’ arti­ fizio fuddecto fi fcayerebbe il rello della Laguna: perchè lungo la ripa del Lip fi debbono far tirare i telai railrellati dalla forza de i cavalli, i quali quando vi fia grettezza di fico, fi potrebbero far girare intorno ad un afte; o ruota limile a quella^de’ mulini, che fi (ogliono muovere da’ cavalli, pe­ rò fi potranno fare più grandi, che non fonoquelli, che debbono grattare il fondo del mezzo della Laguna, con dentatura più fpefia, e più forte, e fi potranno tirare il doppio più velocemente di quelli, con adoperare taglie,' e così in due minuti primi d’ ora due cavalli potranno tirare una coppia di raltrelli per lo fpazio di 240 piedi, adunque in cinqu’ ore e mezzo , cioè m 530 minuti primi fi averi ftrafeinato i detti railrelli 165 volte, ed avranno fatte altrettante rafehiature, e perchè in una rafehiatura fi può promuovere, e fpignere avanti un Cuoio di fango ( parte divifo in zolle, e parte in fluore fangofo, alto quattro once, cioè un fello di braccio, uanta è la lunghezza delle laminette, o zappette di ferro ) per lo lpazio ’ un mezzo piede, per edere i rallrelli tirati dai cavalli con gran velocità per mezzo delle taglie ìq ore undici d* ambedue i reflufiì d‘ un giorno lì fa­ ranno fatte 330 rafehiature, e fi fpignerà avanti il detto fango »65 piedi, e facendoli la larghezza di tutte le zappette d’ ambedue i railrelli la metà della latitudine, che occupano nel porto, verrà in un giorno ad edere pro­ pinilo, e fpinto avanti uno Cuoio di fango alto quattro once della lar? ghezza del porto, e lungo 82 e un fecondo piede, ed in $0 giorni farà lcava.ro, e fcacciato fuori del porco un Cuoio di fango alto quattro once, largo quanto è il porto, e lungo 4x25 piedi: cioè alto un fello di brac­ cio, e lungo braccia 2062 e mezzo, che viene ad edere alto un brac­ cio, e lungo 343 e tre quarti di braccio; ficchè fé la lunghezza di detto porto fune un miglio, verrà ad edere fcavato il fondo del porto, e tirato fuori dai cavalli più d’ un fectimo di quella quantità di fango, cheli fareb­ be lcavata, e portata via dall’ acqua torbida nel tempo del refludo . E cosi mentre dal redo della Laguna ne farebbe fcavato in so giorni un Cuoio di fango alto un braccio, da) porco fe ne leverebbe un Cuoio di belletta alto più d’ un braccio ed un fettimo. Padando poi alla feconda difficoltà, dico che ritornando 1’ acque a rien­ trare nella Laguna col fludo del mare, non potranno ricondurre la (leda mole di tango, che fe ne ufcì nel precedente refludo: prima perchè mezz* ora avanti che finide il refludo li levò mano dal grattare, ed intorbidare l’ acqua della Laguna, e de’ porti, e così quell’ acque torbide averanno avuto tempo di deporre nel fondo del mare la loro belletta eopiofa, o aU meno fi f3ràdifperfa nelle parti più profonde dell’ acque del golfo: le qua. li spendo più bade, che non è il labbro del fondo della bocca del Lio, e del letto de porti, non potranno falire in su per rientrarvi; e fidamente vi potrà arrivare quella torbidezza fcarica, che rimale nelle più alte parti vU cine al livello del mare, la quale poco o nulla potrà nuocere. Oltre a ciò fi dille, che con una tela lì potevano ferrare le bocche del Lio nelle lei ore del fludo feguenti; e così in niun modo vi potrebbe rien­ trare quella torbidezza carica a deporfl ne’ porti, e quando non fi volcde piare niun altro rimedio, fi potrebbe ingrazia de’ porti eleggere alcune giornate per ifeavarli, lenza grattare il redo della Laguna: levando mano dal

t


D E IL A LAGUNA D I V EN E Z IA .

*99

dal lavorò un’ ora prima, chefinifca il refluirò, perchè così al certo non po-r trebbe rientrare niuna torbidezza a pofarfi ne’ detti porti. c a p

,

x iv . ; : :

Che il mar tetnpejìofo degli Scirocchi nonpotrà mai riempirei por­ ti della Laguna di Venezia.

V

iene da molti giudicato, che i porti di Venezia fiano efpofti agl' infiliti di due potenti nemici, i quali a gara cercano d’ interrarli, e riempirli; uno fi è il terreno, ed il fango, che vi portano canti nn HpoI; < m1' ®.torr,?9 tl> '’ altro è il mare cempeftofo, il quale nel temnr»in?T ic^rocch' vi fpinge tanta terra, e rena, eh? non folo ammalia quegli nafe inÌirrf "«ren ’/rCheil ano cavalli> ma ancora pdlonolrreV f’ id , 'nteriare gli fteffi porti,ch,am e turare le bocchedel Lio^e perchè all’ non k £ fitem è baita'n. ente riparato, reftada inoltrare, che non fi li oofTa” polla, ^nè rT fi debba ere delem fecondo. dnp

c h e la r e t t a r 3 g j o n ^ P e r f u a d a , c h e q u a n d o f i a m o a g g r a v a t i d a

debbT ‘ VqUf tU" ? f r- ° d/ ffi fuire contumace, ed inoperabile, non fi ebba ra fa n i, nèlalciaredi medicare l’ altro: procurando di feemare, fi mari're V a r t 0 p ,a ,fia PoflIbiIe » mali.-, e cosi, quando fulle vero, che J temPedofo Pft gl ifc.rocchi, andalle pianpianointerrando i porti di Vea, e che a tal difordme nonfolle pofiìbile riparare, non mi par che oer Ì T . " * debba impedire, che , f i U , ed i ìotren.i non vi patino ter[a’ e 16 <luel,arcl).e v' trova °on fi debba (cavare, e portarla via, e folameme in un cafoiarebbe ragionevole d’ aftenerfi da fcavare la Laguna, ed I P ? ™ ’ %uaodo. tale Scavamento accrefcerte, o affrettafie l’ interramento che pocelle cagionare il mar tempeftofo; ma tale pericolo non vi è, perchè non potiamo folpettare, che la troppo gran mole del fango portata dal a Laguna ne reHufiì di tutto l’ anno aggiuntasi golfo Adriatico ^debba come foverchio nvomitarfi nella Laguna in tempo degli fcirocchi : quafi che vi mancafle terreno nel tondo dell’Adriatico. Echi non fa , che il Po lolameneune di'v' * * * ' ? Sor5? tc\rra’ che ba<terebbe a riempire- dieci Lagune di Venezia! ed eiìendo cosi, non fo capire, perchè U decima Darre t e i f i r ,a± gr "? S p Nè ÌfrS Vi • D,on ha f?tto ma' nelle migliaja d’ anni palTati. rofare f ulabbri l adeblebbocche r i f del Ì *Lio, 11 ftngo grattato da*la Laguna polare tu e peròl’ onde degli fcirocchifi lodebba Doffano facilmente nlpignere ne porti, perchè noi tappiamo, che in tutto il monuo, dalle colline, e dalle campagne in tempo di piogge vien portata in mare gran quantità di fango collo fedo dell’ acque, e quello giammai lo vediamo fermarli (u le ripe del mare, trovandoli in tuli i luoghi le fP,ag§e piene di rena, e non mai fi vedono coperte di fango o creta- t cosi è neceflario che fucceda, perchè le fpiagge del maro f„„’n C i • P«? '■ ddl' »»a« <“ '»« te ripa debole itaSoS & la colliquale (1 mira inmare; dovendo in quelle lalire, monello difendere" Dj pio ,1 fango delle ripe urterò dell’ ondi facilmenK ntorl,id, 'am,u V fipiuto c o Ddall l ì i ‘ronde . rbu,ar come cadendo s,r , - fcend' s «r minore . “ fublim s .tà fi veifo ;terra, egli intanto con-


^ *D 1 S C 0 R S 0 conduce, che non è la profondità alla quale fcende, mentre l’ onde fi riti­ rano; dal che ne tegue, che il frugo battuto dal,fi onde , che vanno, even­ gono, non fi può fermare pelle rip e , ma è jcofire.no a condurli nelle valli p r o f o n d e del feno del mare; e quella .è la cagione, che le piagg“ del ma­ re fono coperte di rena, e non mai,da fango ; dal che fi raccoglie, .eh il fango ulcito.dalla Laguna, non può jn conto veruno fermarli molto fu’ lab­ ari delle bocche del Lio, ma ben predo fi conduce in fondo delle valli del golfo Adriatico ; laonde non potrà dalle ccmpelle di fci.roccorifpignerfi .den­ tro i porti della Laguna, ... ,, Di più dalla fperienza di tanti fecoli fi rifiuta baftantemente ìliopraddetf n fofpetto- Perchè fe j,l mare xempeftolo averte potuto fpignere ne’ porti rena. o terra di qualtivoglia forca, non farebbero rimarti i porti, cioè le parti più fcayaje di fondo, dietro all’jfoledel Lio, vicino alle bocche: ma piùttofto potevano durare i detti porti nel mezzo della Laguna, e la ragio­ ne fi è, perchè il redo della Laguna poteva edere interrata da una fola caufa, che è il fango portato da’ fiumi, e torrenti, ma li porti vicini al L'P erano foggetei a due caufe d’ interrarli, cioè al fango portato da’ fiumi, C torrenti, ed anco alla terra fpintavi dal mar tempeftofo degli dirocchi•. Se dunque in tanti fecoli \ porti Tempre fi fono mantenuti ne’ medefimi fiti vi­ cini le bocche del L»°; ne vi è memoria in contrario: fiamo neceflìtati * concedere, che il mar tempeftofo degli fcirocchi non vi ha potuto fpignere terra , p rena a riempigli. , Che poi dallo ftefljo mar tempeftofo non fi pollano turare le bocche del Lio, fi perfuade dal farro ftefio; perchè li fcirocchi hanno regnato Tempre, e giammai ijn tanti fecoli l’ hanno turate; e così nonè pericolo, che lo fac­ ciano adeflo; militando la fteffa ragione, per la quale le bocche di tutti I fiumi del mondo battuce dalle tempefte contrarie del mare, non fi lonogiam­ mai turate: perchè la ftefta corrente de’ fiumi, benché placida, fi apre 1* via, tagliando, e sbucando quei cavalli di rena, che nella tempefta fi era­ no follevatj, edilmaggipr danno che fuol feguire, fi è il variare il fitp del­ la bocca.de’ fiumi, declinando bene fpefio per via obliqua alla delira, o al­ la finiftra, e così nella Laguna, che viene ad eflere come un ampio fiume, comporto di tutti quelli, che vi entrano, e dei torrenti che vi fi fcaricano, è forza che sbuchi, e tagli j cavalli di terra raccolti dal mal contrario: on­ de vediamo, che a difpetto del mare, e delle fue tempefte, yi fono Telia­ te aperte le bocche del Lio; le cui ifole non fono altro che cavalli di ter­ ra rialzati dal mare, le è vero, conforme mi dicono, che tali ifole non fo­ no frflo vivo, ma di femplice terra. Finalmente io fono d’ opinione, ch’ il martempeftofo degli fcirocchi, non folo non polla riempire >porti di Venezia, nè turare le bocche del Lio; che perle contrario può eflereoccafione di fcavare i porti, e le rtefle boc­ che, eia ragione fi è, perchè fuccede talvolta in tempo di fcirocchi forti, e continuati con piogge, che tutte le ftrade baile di Venezia liano allaga­ te: or3.tanta copia d’ acque accrefciute dai fiumi, e dalle piogge conti­ nuate , e tenute in collo dal mare rialzato, che fuol turare le bocche del Lio colla fua pienezza ; celiando il vento, è pur neceftario, efleodo tal piena altilfima, che rapidamente fe ne feenda giù verio il mare aperto, e col pelo, e velocità fua non folo sbuchi con impeto i cavalli di terra raccolti avanti le bocche del Lio; ma anco roda, elcavi il fondo dei por­ ti, e delle bocche del Lio. per la qual cofa conchiudo , eflèrvanità il penfare, che il mar tempeftofo porta riempire i porti di Venezia; e molto me­ no facendoli lo icavamento da me propofto. 300

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D E L L A L AG UN A D I VENE ZI A.

3ot Non ardifco però d’ aderire, che i rimedi, che io ho penfato portano efJere valevt)iI a mantenere per tutti i fecoli da venire la Laguna, ed i por« ti di Venezia [cavati e netti: perchè niuna cofa fra’ mortali può edere (la­ bile, ed eterna, e però dovremo riputare felicità non ordinaria, (e potre­ mo per molti fecoli prolungare la vita delle cofe, che fono caduche di lo­ ro natura.

Esperienza da fa rfi nella Laguna di Venezia. "n° de’ c*na'‘ ^'«mi della Città verfoil Lio, diftefo fecondo lacor­ ri« h r,e,,udo dell acque ( purché fia più fcavato, e pendente vert'o il fn hi C' h\ r Rarce d: (opra ) fi mifuri e Scandagli diligentemente In proc?»«midei fU,° T Per*3 lunghezza di p,edi 500. poi fi difpongano dieuomin1 lontaii! I uno dall altro piedi 50 per tutta la detta lunghezza, e ciaftuno di efl! abh.a un afta iunga 20 piedi, all’ eftremo della quale fia accomodata «abilmente in croce una fateina, o cofa limile a feopa, e con que a in tutto il tempo delie cinqu’ ore e mezza del refluita, ciafcuno vada ipazzando attraverfo la patte del canale affegnatogli, che fono que’ piedi 50 di lunghezza nonlaiciandoveruna parte intatta, con replicatele fpazzature ne medefimi luoghi ogni due minuti primi d’ ora almeno, fenza mai perdei tempo, e quello (ledo fi replicì in tutti i refluii! per fei, o otto giorni, dopo 1 quali fi torni a fcandagliare fedelmente ¡1 medefìmo fondo, e le fi troverà più baffo, e più (cavato di quel ch'era prima molto più di tre , 0 quattro dua ( conforme io credo ) faremo più che (ìcuri della buo­ na riulcita della mia invenzione*

Lettera del P. Urbano Davìfì, già Generale de’ Gefuati, al Sereniamo Doge di Venezia. S E R E N IS S IM O

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P R IN C IP E .

iccome in ogni (lato, e tempo, ho fempre confervata la memoria del benigno affetto col quale V Serenità mi onorò al tempo, eh’ eflendo io Generale della già mia Religione de’ Gefuati fui in Venezia: cosi ne ho infieme mantenuta l’ obbligazione. Quefta m’ inanima nel­ la prefente congiuntura dell'eiezione feguita nella perfona di V. Serenità in Uoge, e Capo della Scremili na Repubblica a congratularmi, prima con quella, che abbia confermata 1 uuiverfale opinione ai operar fempre con incomparabi! prudenza nell’ aver collocato in cotefto trono la Serenità V-, e poi con ella medefima a rallegrarmi non foto per l’ onore meritamente ottenuto, ma particolarmente per vedere, che in quella altezza di flato averà campo di far conoicere, quanto formontino fopra quelle degli altri le prerogative , che hanno morto gh Elettori a lollevare i di lei meriti, ac­ cio nano riveriti dal mondo tutto. E per-


<D I S C 0 R S 0 E perchè fo, che Copra tutte l’ altre applicazioni, fi ritrova V. Serenità un defiderio intentiffimo di beneficare 1* inclita, e (ingoiar fua patria, la fortezza, e (peciofità dellaquale confiftendo nell’ edere fituata nel mezzo dell’ acque, che con la loro mobilità iuperano la robuflezza di qualfifia p‘iù fermo baluardo: e che il confervare la profondità di quelle è 1’ unico ri­ medio per mantenerla forte, ed inefpugnabile, e Capendo che l’ Emioentiffimo Signor Cardinal Bafadonna miograndiifimo, ed amorevoliifimo Padro­ ne, come è ben noto a V. Serenità ha trafmello a cotefti Eccellentilfirai Signori depurati fopra ¡1 mantenimento delle Lagune , il modo inventato dal Signor Alfonfo Sorelli Mattematico erudiciifimo de’ no(tri tempi, per 1’ efcavazione di quelle col femplice grattamento del fondo : e non fentendo che per anco fia flato melTo in efecuzione, che forfepotria feguire per non averfene efempio: acciò un benefìzio così grande non venga ritardato , ma dall’ autorità di V. Serenità venga promolTo con calore, ho (limato bene, portarle un calo feguito qui in Roma in limile accidente : acciò dal felice evento di quello fi polla tener per ficuro il buon efito del lavoro, che fi farebbe del porre in efecuzione il metodo del Signor Borelli. Abbiamo qui in Roma, come la Serenità V. fa molto bene, l’ Acqua Ver­ gine, detta la Fontana di Trevi, che eftondendofi per tre gran bocce in una fpaziofa vafcal'orto Monte Cavallo, dopo aver refo ammirato l’ occhio del riguardante, nel vedere, che nel mezzo della Città fcaturifcano fiumi si abbondanti, le ne palla con una lunga chiavica a sboccare nel Tevere a Ripetta, dove fa girare un mulino, conducendo feco tutte P immondizie, che in ella cadono per diverte bocche, tanto delle (trade pubbliche, quan­ to delle cafe private: la depofizione delle quali, con lunghezza di tempo viene a riempire, ed interrare di modo il letto di quella, che inalzando.L* acqua a molti palmi l'opra il piano del lecco a la fa trapelare per le mura­ glie, e paflare per le cantine de’particolari, con grandiifimo loro danno’, ed incomodo- Per lo che fono neceflìrati li Signori Maellri di Brada quan­ do è così ripiena di detti pofamenci, farla vuotare con grandiffima fpefa, e quello è più confido abile con grandiifimo difagio della Città tutta: per­ chè è necelTario, con voltar l’ acqua fuor del condotto, farla reilar priva per molti meli di quella, la quale effondo la più copiofa, e migliore, che fi derivi per la fua pianura, tanto maggiormente ne fa fentire il bifogno: come fi trovò nella penult ma efcavazione dell’ anno i6j2. per la quale la Città tutta per fette meli reltò priva di dett’ acqua, nel qual tempo furo­ no rieceffitace le genti ad andar a lavare i loro panni in parti lontanilfime, e fino mandarli fuori di Roma; oltre di che moltilfimi pozzi recarono afciutci, che prima bilogna ricevettero l’ acqua dagli lcoli delle fonti: onde pareva una Città attediata, con tanto gran fafiidio, e pena degli abitanti, che quando fu finita detta efcavazione, e ritornò l’acqua fi fecero da queiti pubblici fegni d’ allegrezza, con fuochi, e (paro di mortaletti. Si tornò di nuovo a riempire la detta chiavicha di dette immondizie al tempo della fel. meni di Papa Clemente IX. qqando era maeftro di «rada il Signor Ludovico Cafali, Cavaliere ornato di qu.ellequalità, che manifefte all* univerfale, debbo traiafciare di porle in carta, per non offendere la di lui inodeflia, ma non già quella dell’ applicazione, che tiene del ben pubblico, fenza riguardo de’ proprj intereuì; che debbo dire alla Serenità V- come capo di Repubblica, che fa quanto fia d’ utile alla Patria, ed or­ namento alla propria pertona quel Cittadino, che abbia vifcere disi per­ fetta carità Quello Signore, dico, vedendo la neceffità, che v’ cra di far votare det­ 302

ta


DELLA LAGUNA D I VENEZIA;

30?

tfl chiavica, edavendo provato l’ incomodo, che apportò alla Cittì la (ca­ vatura antecedente, cominciò a peniate al modo di far quella, e sfuggir [nello, e dopo varie condrite, pensò detto Signor di tentare, fe furie pofabile, con raffretti far muovere da gli uomini dentro la chiavica la mate­ ria, e ftrafcinarla nel fiume: e manifeftato il penderò, benché gli furie riipoilo da perfona pratica di detta chiavica , non effer già propofizione da farri » perchè non era impref3 da poterne ufcire con onore, per ettere la chiavica lenza fufficiente declive, ed impraticabile da uomini in piedi, pel poco fpazio che retta, fra il piano dell’ acqua, e la volta della chiavica, non reftandovi appena rito, che vi potette pattare un cane Non ottante dette oppofizioni, dico, volle tentare Pimprelà, e fatti levar via alcuni tavoloni, che da’ molinari erano (lati podi alla sboccatura della chiavica a Ripetta, per accreicer l’ altezza della caricata dell’acqua (òpra le ruote del loro mulino: ondelevatoqueft’ impedimento, eritornato nel fuoprimo (lato il declive della chiavica, precipitando per quello l’ acqua nel fiume con la fua gran velocità, portò feco gran quantità della materia deporta di latti, felci, e rena; ma ceffata poi di sfogare l’acqua, che era prima ritenuta da’ tavoloni, tornò quella a correre chiara, nè portò piò feco la materia de­ porta. Fu dopo riconofciura la chiavica, e futrovatooon aver portato via altroché unaparte di detta materia, che (lava fra la mola, ed il primo por­ tone del Signor Principe Borghefe, dove era maggior il declive: ma non già quella, che ottava conglutinata nel fondo- Fece allora lavorare con li raflrelli, e perquanto durò il declive, riufcì di poter far calare la materia verfoil fiume: mapattato il fecondo portone di detto palazzo verfo la piaz­ za di S- Lorenzo in Lucina, fù trovata la materia sì foda, che li raffretti non erano fu/ficienti a rimuoverla, contrattando con fatti conglutinati attìe» me, con la rena di tal tenacità, che parevano fuflero di fabbrica di muro-' onde f ù quali perduta la fperanza di poterne ufcire con onore, conforme al pronoftico fattogli. In taloecefiicà fowenne un ripiego al Signor Lòdovico di eiperimentare, fe con la forza di un aratro fi poteva luperare la refiftenza della materia: e fegretamente fatto portare di notte nella chia­ vica detto inftrumento, fece adattare ad etto 16. Aquilani ben gagliardi, ed ailuefacti a lavorare dentro all’ acqua a due a due; nè ve ne volfero di meno: li quali tirando il detto aratro in sò, e giò, fi venne a iciagliere la detta materia, ed a fepararfi li fatti della rena, che dal corfo deli’ acqua era portata, al più baffo, ed allora con li raflrelli fi finiva di feiogliere af. fatto detto conglutinamento, e fu offlervato, che il luogo, che la fera fi lafciava (purgato, la notte veniva riempito di nuovo dalla materia, che l’ acqua portava dalla parte fuperiore; e contal mezzo fi veniva a guadagna­ re lo Ipazio neceflario da poter praticare nella chiavica, e da poter lavo­ rare con l’aratro, e raflrelli nelle parti (egvrentemente fuperiori, fmovendofi con quello la materia duriifima, e con quelli ftrafeinandofi atte parti inferioriori, che col benefizio della corrente dell’ acqua fi operafaciliffimamente, e fi venne a vuotarla totalmente, e lafciarla libera da tutta la ma­ teria , che la riempiva. Dal qual racconto V. Serenità può vedere, che il grattamento fottevava la materia, e V acqua la portava via, così in coterie Lagune il grattamen­ to iolleverà la materia della belletta piùttofto che rena, la quale fi mefco° lerà con l’ acqua, ed il refluffo la condurrà via con facilità. Sidee anco cavar da detta offervazione, che quello grattamento fipoffa fare nelle bocche de’ porri fedamente con affondar il letto, perchè ten­ go per certo, che ne’ reflulH, rifletta corrente porterà da fe la belletta, che

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r s c o x s o «he fta nelle parti fuperiori, dovendoli per neceffità la terra proporziona­ tamente porli nel fuo declivio, e così le li terrà notadell’ altezza del letto, quando li farà cavato per molti giorni nelle bocche de’ porti, fi troverà, che da fe medefima fi farà portata la terra delle parti fuperiori, con 1’ ajuto della corrente del refluito, allaparte più balla, che farà fiata (cavata: in modo che, fe perla prova troveremo quella differenza, fi potrà dire dimofirazione ferma per profeguire il lavoro: la quale efperienza eiìendo di pochillima fpefa, non pare che per alcun rifpetto fi debba tralafciare. Darò anco un altro d'empio a Voftra Serenità in quello propofito. Il noftro Tevere aveva rialzato il fuolo al di contro della Chiefa di S. Pa­ olo, in modo che non potevano venire alla ripa in Città le barche , che falivano dal mare, con grandifiìmo danno del pubblico. L’ Eccellentilfimo Marchefe Giulio Cefare Nigrelli Senatore di Roma, con mandar uomini, che grattando il letto del fiume in detto luogo, in un giorno le­ vò detto impedimento, ed aperto il pafTb, che poi Tempre fi è mante­ nuto in diffidente profondità ; e fe è riufcito il grattamento nel portar via la rena che pefa tanto: quanto maggiormente riufcirebbe nella bel­ letta, che è di mioor pefo, e per più tempo fi conferva nella torbidez­ za dell’ acqua, di quello fa 1’ arena? Ed è certiffimo, che la prudenza dell’ Ingegnere ha da edere di fervirfi dell' ideila acqua per rilarcire il danno che avelie fatto, eflendo quella un elemento il più efficace, che fi pofla trovare per ifcavare, e portar via la terra , come anco per condurvela ne’ luoghi, dov’ ella averte fcavato, conforme io avvitai al tem­ po del medefimo fommo Pontefice per rimediare all’efcavaziòne, che fa il Tevere dicontro la vigna di Papa Giulio fuori della porta del Popolo dalla parte della ftrada Flamminia, con pericolo di tagliare anco la della ftrada, effendovilì accollato per molte canne; e quello fu, che avendo veduto, che la caufa di rodere una ripa più che l’ altra, che fanno i fiu­ mi, proceda perchè P acqua ha fcavato il letto in quella parte, e reiolo più bado, il che fa, che il momento di gravità.dell’ acqua adopra tut­ ta l’ energia verfo quella parte, e così viene a fcavare la ripa. Per ri­ mediare al qual difordine non ci vuol’ altro, che alzare il detto letto in quella p3 rce oppofta; e quello rialzamento del letto, configliava, che fi facefle con affondare due, o tre barconi pieni di fallì nel luogo ballo: e fe tolte fiato bifogno tra l’ un barcone, e l’ altro, portarci lol’canco del­ ie carrette della Città, perchè rialzato che era il letto, di neceflìrà 1’ ac­ qua fi faria buttata alla parte oppofta, e ne adduceva l’ elempio: perchè ivendo rofo il medefimo Tevere la ripa incontro al Palazzo de’ Signori Sforza vicino alla porta del Popolo, in modo che non ci correva più di quattro canne di ftrada, era la ripa, e detto Palazzo: ellèndofi in detto luogo affondato cafualmente un barcone, fi cominciò da fe delio a mu­ tare il Ietto, e 1’ acqua a buttai fi dalla parte oppofta , di modo che ora ci corrono dal detto Palazzo all' acqua più di ledici canne di terreno. Dal qual’ efempio doveriano fervirfi gli ufiziali deputati da’ Principi (opra la reparazione degli alvei de’ fiumi, e rigettare 1’ opera, e confi­ gli di quelli ingegneri, che per riparare all’ efeavazioni, che li fiumi fan­ no in una delle ripe, vogliono a difpetto della forza dell’ acqua fortifi­ care quella parte con groffiffime palificare parallele a detta ripa : metten­ doli nel capo, e che con quelle pollino refiftere alla detta forza; e benché con 1’ elperienza vedmo, che con tal lavoro non fanno altro che aiutate a disfare detta ripa collo fcavare, e muovere che fanno il terreno, col piantar detti pali, e che ogn’ anno fono neceffitati a rifarcire dette pali­ fica-


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iicate, che l’ acqua ha corrofo: nondimeno perfiftono nel loro penfiero, e neceflitano il Principe a profeguire la fpeia, e non fi accorgono, che 1’ unico rimedio è rialzare il letto dei fiume in quella parte, e fare, che 1’ acqua da fe fteffa fi butti dalla parte oppofta. Onde da tutti quelli racconti potrà Voftra Serenità vedere, quanto fia giovevole il ricordo dato dal Signor Borelli, che per la fua facilità me­ rita di efiere applicato, fe non fuffe altro, almeno per provar P efito : che fe riufeirà ( come tengo per fermo, che debba riufcirejfi confeguirà un benefizio si grande; ed io fupplicando la Serenità Vollra feufare il mio ardire, profondamente me le inchino. Roma li jo. Marzo 167J. Di Voftra Serenità.

Umil. Dev. ed Obb. Servitore Urbana Dovifi.

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RELAZIONE D

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D I P IS A .

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di t o sc a n a

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I comandò V. A. S, che io penfalfi, fe il riftringimento dello Stagno di Livorno, porta recar danni notabili alle campagne di Pifa . Io per ubbidire acosì fatto comandamento, ho confiderato maturamente tutte quel­ le difficultà, che fin ora fono fiate arrecate, e dirò con quella fincerità che debbo, tutto quello che me ne pare, eflendoanchedifpofto a mutare opinione, e ce­ dere, ogni volta che io fentifli ragioni migliori, o da efpcrienze, e più ficure informazioni furti perluafo. La principale oppofizione, che vien fatta al dilleccamento dello Stagno di Livorno, fi è che verrebbe tolto un ricettacolo di tutte Tacque delle campagne di Pifa in quei tempi, che ¡1 mare è gonfiato, e follevato da’ venti aufirali, e però non le può ricevere: onde rimarrebbe allagata tutta la campagna balìa. Di più, che ne’ tempi, che il mare ègon. fiato da’ venti aufirali, le fue acque, che ora vanno allo Stagno, farebbe­ ro allora neceflitate afgravarfi nel folio, che va da Pifa a Livorno, e pe­ rò le campagne balle, che fono fotto la Città di Pifa, non avendo lo fcolo in Arno, per aver il fuo letto più alto della campagna, nè meno in mare, o nel follo, per efiere colmato d’ acque, ne anche potendo fcolare nello Stagno, verrebbe per molti giorni a rimanere allagata la detta campagna bada. Oltre a ciò fi rapprefenta, che al riftringimento dello (lagno cogli argini, ne fegue un danno inevitabile, ed è, che tutte quell’ acque dello Stagno, riftrette nelTangufto fpazio del canale, acquerebbero maggiore altezza di prima, e coU’ impoftime alzarebbero il letto del detto canale: onde poi T acque delle campagne affai umili, e bade, non potrebbero lalire per la fommicà di detto canale a sboccar nel mare, il che effendo evi­ dentemente dannofo, fu (limato al tempo del General Borri, come anche aderto, che fia manco male lafciarlo Stagno, come è fiato Tempre , ancor­ ché egli occupi tanta campagna infruttuofamente, e renda T aria di Livor­ no affai grave, e pericolofa. Sopra tutte quelle difficultà andrò dicendo quel che mi occorre: e co­ minciando da quell*ultima, pongo in confiderazione, che le acque corren­ ti, qualunque volta feorrino per l’ ampiifimo feno dello Stagno, hanno un moto aflailento, ed impercettibile-, ma fe elle fi faranno paffare per un canale ftretto neceflariamente acquifteranno un moto tanto più veloce , e rapido di prima, quanto Tampiezza dello Stagno fupera la (Irettezza del canale, nè è portabile, che il livello dell’ acqua pel canale (¡3 più alto di quel dello Stagno, ertendo naturale all’ acqua il livellarli, e non andar all’ insù. Supportoquello, come non fe ne può dubitare, facilmente s’ intenV a de,


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DI SCORSO

de, che la maggior velocità per lo canale, conferifcediminuzione d’ altez­ za all'acqua corrente, non Toloper la velocità dell’ acqua continuamente accelerata come grave, ma ancora per cagion della corrosone del fuolo inferiore di detto canale, che produce la rapidità dell’ acqua, che vi fcorre sù. Non averanno dunque impedimento Tacque delle campagne a paca­ re pel detto canale al mare, quand’ egli non fia gonfio, ed agitato da tempefte. Nel fecondo luogo pongo inconfiderazione, quand’ anche il mare fiagon­ fiato, che feccandofi lo Stagno, rimane in ogni modo il fuo fuolo, il qua­ le benché fi colmale di terra fino al fegno, che arriva oggidìil livello delle fue acque, e folle anche raflodato, e fatto prateria, potrebbe in ogni mo­ do ricevere Io fcolo dell’ acque delle campagne di Pifa, inquei tempi, che durano i venti auftrali, così appunto come le riceve oggi : perchè niente importa per ricever nuove acque, che lo Stagno abbia quattro picche di fondo, quando tale fpazio fi trova già riempirò dalle fue proprie acque: e così fe il livello prefente dello Stagno, conforme ora èd’ acqua, fufi'e fatto di ladre di marmo, odi praterie, non potrebbe ricevere una gocciola d’ acqua più, o meno nell’ uno, che nell’altro cafo. Adunque benché fia feccato lo Scagno, fi può far in maniera, che in tempo di bifogno fedamente, Tacque di tutre l’altre campagne di Pifa pollano traboccare in que’ lìti baf­ fi, che oggi occupa lo Stagno, o rompendo gli argini, o pure aprendo qualche porta ivi accomodata, e così fi averebòe riparato al danno delle campagne, trafportandolì Tacque nel ficodello Scagno per quei pochi gior­ ni fidamente, che dura il gonfiamento del mare, il qual poi calmato, rice­ vendo per i (oliti canali Tacque, che occupavano lo Stagno cemporario , verrebbe a rimanere per tutto il redo dell’ anno quella fte(Ta campagna afcintta, ed acca aipafcoli, per edere (lata bagnata da acque chiare, e quel che importa più, togliendo via il morbo continuo dell’ aria tanto pericola­ ta a Livorno: ficchè d’ una febbre continua, e perpetua, fi farebbe un ma­ le di pochi giorni dell’ anno, e dico pochi, perchè non Tempre s’ accorda a piovere, e gonfiarli il mare. della ora da confidevare, le quei danni, che può arrecare il gonfiamen­ to del mare fiano tanto fpaventevoli, quanto univerfalmenre fi crede. Io ho conlìderato, che il mare tempeftol’o, benché paja follevato fopra il primiero livello, talvolta lette o otto braccia, non fi è punto accrefciuta la fua mole, ne fi è follevato lenfibilmente il fuo vero, ed univerfale li­ vello, ma fidamente fi è trasfigurato, pattando da quell’ unica fuperficie fpianata, ed equìdidante dal centro della terra, ad un altra compoda di parti colme, ed incavate, quali fono i monti, e le valli, e perchè la mole dell’ acqua non accrefciuta non acquida maggior pefo, nè fa forza fopra il vero, ed univerfal fuo livello, non potendo ella, come grave far forza all’ insùi reda fidamente, che quei particolari cavalloni di tanto in tanto fi fpingano verfo la terra per l’ impeto conceputo: ma quelli todo perdono T impeto per ogni poco di declività, che incontrino, e da fe, a guifa di pendoli, fi riducono, e fi attorbilcono dal mare dello. Non avrà difficoltà a crederli quanto io dico, quando fi confideri, che nel noftro golfo mediterraneo, benché fia agitata la fuperficie del mare nelle rive fettentrionali, non vi entrano dall’ oceano nuove acque per lo dretto, nè meno nelle ri­ viere d’ Affrica il mare fi vede fenfibilmente depredo: conforme nelle noftre riviere non fi deprime il livello del mare, allorché le tramontane ren­ dono tempedofo, e follevato il mare nelle riviere d’ Affrica Oltre a ciò» vi fono alcuni fcogli, che nella parte loto inferiore, continuamen­ te

coperta


S O P RA I O S TA G NO D I P I S A. te dal mate, producono certa erba , ehe la diftingue dal retto dello fcoelio arido» percotto continuamente dal vento» e dal fole: ora in quelli s offerva, in tempo che il mare è agitato, che fi fcuopre buonaparte di quella inferiore erbofa, benché poi a vicenda venga tutto lo fcogho coperto dall’ acque, fegno evidente, che le valli fra due onde fono più bade del livello ordinario dei mare; e così quell’ acque, che occupano le iommita dell’ onde, non fono aggiunte di nuovo, ma fono quelle (Ielle, che dove­ vano occupare Vinfime valli ampiflìme, che fra onda, ed onda foiio dineminate. Ma che occorre cercar pròve lontane? abbiamoquriilo lode navi, celli, che va a Livorno, il quale quivi comunica col mare, ed in tempo d’ eflace è attohmmente (lagnante, nè riceve alti’ acque, che quelle del ma re, e però il medefimo livello farà comune al mare, ed al follo: accadono bene fpefib d’ eftate libecciate, che follevano tre, e quattro braccia il ma­ re : dovrebbero allora altrettanto follevarfi 1’ acque di detto rollo li­ no a Pifa , efiendo naturale all’ acqua il livellari! ; e pure tal effetto non li vede: fegno evidente, che l’ altezza dell’onde del mare non ha forza di fpigner racque verfo la terra con impeto continuato, roafolamente , aguifa di pendolo, con ferie interrotta fpignere, e poi ricevere le acque, che di mano in mano dalle cime dell’ onde vanno cadendo', e perchè corali vi­ brazioni d’ acque, per ogni poco di declività di ripa, che incontrino, per« dono la fua forza, e tornano ad attorbirfi nel mare, ne fegue, che qua­ lunque torrente, o fiume, che abbia mediocre pendenza, polla entrar nel mare, ancorché egli fia rempeftofo, nèavrà altro impedimento, le nonché il cotfo del fiume non potrà continuarli con la ttella uniforme velocita .per le rifpinte, che di tanto in tanto Tonde del mare gli danno- Non negherò per quello, che quando vi fia una campagna bafiìfiìma, e piana, allora 1 onde del mare, benché con ferie interrotta, pollano allagar^ le campagne: perchè il regreflodi tali acque al mare, per la poca declività, efiendo cardiflìmo , non può adeguare la frequenza, con la quale le onde vanno rimet­ tendo nuova acqua in terra. . Ora applicando tutto quello difcorfo al noffro propofito, dico, che rillringendo IoStagno di Livorno con argini, non credo che il mar tempettofo pofià impedire lo (colo delle campagne di Pifa, perchè la velocità, con la quale dovranno ¡correre tante acque pel canale riftrecto, rode, e pro­ fonda maggiormente il fuolo fuo inferiore, e però acquifta maggior decli­ vità verfo il mare, contio la quale il mar tempeftofo non ha forza, come fi è detto. E benché futte vero, che il mar rempeftofo impeline detto feolo, vi è il rimedio prefentaneo detto di fopra, di romper gli argini, oapri­ re una porta ivi accomodata, e fare uno Scagno da durare pochi giorni, del qual rimedio forfè non vi farà bifogno. Retta ora da foddisfare all’ ultima difficoltà, moftrando che il follo de’ navicelli, che và a Livorno, in quelli cali nonpotrà giammai colmarli d’ ac­ qua, perchè o egli fi averà a riempire dell’ acque del mare, o dalli fcoli delle campagne, che vengono pel canale dello (lagno. Circa all’ acque del mare, è vanità temerle, perchè fe il detto folTo de’ navicelli già comunica col mare a Livorno, quando il mar tempeftofo potelle follevar T acqua di detto fatto, lo farebbe in ogni modo, ancorché fi togliefle la comunica­ zione col mare dalla parte dello Stagno. Nè fia chi fi perfuada, che lo fgravio che fa l’ acqua del mare nello Stagno, fiacagione che il fedo de’ na­ vicelli non fi colmi, perchè la forza dell’ acqua, con la quale fi vuol li­ vellare, e la vaftità del mare, non poffono ricevere ajurodaun vaio picco­ lo, quale è lo Scagno, ma pur mi fi dirà: fe tutta quell’ acqua del mare, Tom. I. V 3 «he


3 IO - D I S C O R S O che entra nello Stagno, rimaneffe nel follo de’ navicelli, non alzerebbe il fuo livello quel tanto di più? Rifpondo rifolutamente, che nò: perchè dalla parte di Livorno, dove sbocca il folio in mare, le fi t'olleva l’ acqua un «ito, v. gr. quello Hello lbllevamento in breve tempo fi lpargerà per tutta la lunghezza del follo, e benché un’ altra volta il mare della bocca dello Stagno fi comunichi nel detco follo de’ navicelli, e da quello nello Stagno o nò: in ogni modo lo ilefio dito di lbllevamento d’ acque, cheli fece verfo Livorno, continuerà in quello fico, perchè il livello del mare e lo fparg‘mento delie fue acque verl'o terra dalla parte delloStagno, non èpiù nè meno di quello che lì fufie a Livorno. In iomma la nacura dell’ acqua, è tale, che ben predo fi livella, e però, fiavi, o no lo Stagno, finito che iia I acqua del mare di produrre il fuo debito follevamenco nel follo de? navicem h fermerà, nè patterà più oltre : il qual poi, quanto fiapoco, fi ca­ va dall elperienza continua; poiché non vi è niuno, che fi accorga, che il mare fia tempedofo, dal vedere il follevamenco dell’acqua di detco follo. S e poi finalmente fi confiderano l’ acque delle campagne, quede non ha duomo, che pollone colmare, e riempire il follo de’ navicelli, quando il mare è tempedofo; ma a quedo vi è il rimedio, facendo che 1’ acque del canale dello Stagno non comunichino col follo de’ navicelli, ma fian tratte­ nute da due porte collaterali, o pure fi faccino pattare fotto il letto del Joho de navicelli, a guifa di fifone inverfo, come fi ufa altrove, e così larebbe rimediato ad ogni inconveniente. Ho detto tutto quedo , Sereniflìmo Signore, per ubbidire a V. A. rimet­ tendomi, come dilli fui principio, a ragioni migliori, ed efperienze, che per avventura averanno per le mani tanti ibggetri di valore, e merito, de’ quali V. A. S. abbonda*

SUP-


SUPPLEMENTO Va aggiungerjì alla Propofezionefeconda del fe­ condo Libro del P. Capelli , fatto da Gio: Alfonfo "Barelli difcepolo del medefimo Autore. IA il canale AB C D inclinato al plano orlzontale A D I, con due regolatori K A11 e C B, e (ìa tal ca­ nale anneflo al vaio Q I D K, e le fponde del vaio* e del canale fianoerette al piano orizontale, e prima il fifone, o fonte M verfi tant’ acqua, fenza impeto ve' runo, nel vafo, che arrivi al livello O, e poi comtn dando a {correre verfo la bocca del vaiò D A K ponghiamo, chenel pailaggio, o elico per lo regola­ tore K A D abbia acquiftato la velocità S, ed oc­ cupi nel detto regolatore la fezione rettangola P A D , e continuando a fcorrere per lo piano ^declive del canale A C B F, occupi nel regolatore inferiore la fezione rettangola E H, ed abbia ac­ quiftato in tal {ito la velocità X . Poi l’ altro fifone N, verfando nuova quantità d’ acqua, parimente fenz’ impeto veruno, arrivi al livello Q, e cominciando a {correre per la medefima bocqì " v ca, occupi nel fuo patteggio , y i -1 la fezione rettangola D R, e ----- ^ -.1^ .... n trovili avere in tal fito acquio ..... ~~T— •—— Jfl 9 fiata la velocità T , e giunta --- ............ al fecondo regolatore , occu* pi la fezione rettangola E F, e fia quivi il fuo grado di ve­ locità Z. Dico che la velo­ cità T alla S averà I’ iftefta proporzione, che 1’ altezza A R alla A P, e parimente la velocità Z alla X averà la ftefla proporzione, che l’altez­ za B F all’ altezza B H. Perchè fi fuppone, che i fifoni M, eJ N, verfino l’ acqua nel vafo K I D fenza velocità alcuna, riempiranno prima la capacità del vafo aderente alla fponda Q I G, t quivi fi può conce­ pire un prilma retto, formato dalla mole di dett’ acqua ; il quale in tal fito, e nel primo iftante di tempo, farà dett’acqua, e la fua fommità im­ mobile, dovendo cominciare il luo movimento dal tardifiìmo grado di ve­ locità, cioè dallaquiete, eperò in primo iftante fipoflono concepire i det­ ti prifmi aquei, come fe fuflero anco compre!! da un quarto piano parallelo al piano Q I G; ed è manifefto, che la quantità dell’ acqua, che palla per la fezione D R, cioè quella che verfano ambedue i fifoni M, N, e quel­ la fteiTa del prilma aqueo confiderato nel luo fiato di quiete, la cui altezV4 21


312

SUPPLEMENTO

za Q I , e la quantità dell’ acqua che parta per la fezione P D, cioè quel­ la: che verfa il fifone M, è 1' ift-eflà appunto di quella del prifma aqueo, la cui altezza O, I» adunque la quantità d’acqua, che parta per la fezione D R, a quella che lcorre per la lezione D P, in un tempo medelìmo, averà la itella proporzione, che 1’ alrezza Q l all’ altezza O 1 de’ detti prillili aquei [ per aver detti prifmi la bafe I G comune j in oltre la ve­ locità T, colla quale fcorre l'acqua per la fezione D R, è eguale, o 1’ ideila di quella d'un grave cadente da Q per 1' altezza Q I ( effendo fra di loro eguali gl’ impeti acquiftati dalla caduca dal medèfimo termine fublime Q per la perpendicolare , e per la fuperficie inclinata a’ termini del medelìmo piano orizontale ; come fi cava dal Galileo , e dal Torricel­ li //¿.i./»0/1.5. d i mota g ra v im i dtfcendentium , ) e fimilmente la velocità S, che ha acquirtan l’ acqua corrente per la lezione D P, è eguale a quella a un grave cadente da O in I, ma la proporzione della velocità acqui­ nola nella caduca per la Q 1 alla velocità acquieta per la caduta O 1 è lud luplicata di quella dell’ altezza Q 1 alla O I; adunque la quantità dell' acqua, che palla per la lezione 1-) R» a quella che lcorre per la lezione 1/ P ha la proporzione duplicata della velocità T alla S Ed è la pro­ porzione dell’ acqua, che palla per D R a quella che palla per D P compofta delle proporzioni delle velocità T ad S, e delle lezioni R D a D P ( come dimoftra il P. Camelli ) adunque la lezione D R alla D P, cioè l’ altezza A R alla A P [ per avere detti parallelogrammi la baie A D comune ] averà 1’ ¡della proporzione', che la velocità T alla velocità SFinalmente perchè le già dette due moli d’ acqua dileguali entrano in un nuovo piano inclinato A B del canale inferiore con due gradi di velocità T ed S, ed ambedue fcorrono un medefimo fpazio A E, che ha un? ruedefitna elevazione eguale ad una data fubìimità perpendicolare -, adunque amendue le dette velocità T , ed S, cominciano nel termine A D ad ac­ quifere intutti ghindanti del tempo leggente Tempre eguali, ed eguali gra­ di di velocità. Laonde in vjrpà delle cole dimoftrate dal Sig Galileo, la velocità Z acquiihra dall’ acqua Ad N. nel termine E B; alla velocità Xdella fol acqua M acquieta nel medelìmo termine E B, averà la della proporzione, che ha la velocità T della primiera acqu3, alla velocità S della leconda, aUoracbé erano nel termine A D dal medefiroo piano in­ clinato A B; e perchè, come dimoftra il P. Cartelli, la mole dell’ acqua M N, cheTcorrendooceopa la fèzroue rettangola E F, alla mole della fola ac­ qua M, laqualefcorrendo occupa là fezione rettangola E H , ha la propor­ zione comporta della velocità Z alla X, e della fezione E Falla E H i ed era la proporzione dell’ acqua corrente M N alla fola acqua M duplicata della proporzione della velocità T alla Si ed è Z ad X, come T ad S; adunque l’ acqua M N alla fola M, averà la proporzione duplicata della velocità Z alla X-, e però farà anch’ ella duplicata della proporzione della fezione E F alla E H , laonde la fezione B F alla fezione E H, cioè 1? altezza B F all’ altezza B H, averà la rteiTa proporzione, che la veloci* tà Z alla velocità X ; il che bifognava provare. Io non debbo diffimulare, che la fopraddetta propoiìzlone non mi fìnifee interamente di foddisfare; perché ancor che fia vero, nella caduta dell'ac­ qua perpendicolarmente da un3 canna, la quale fia forata nella pane fua inferiore, chele velocità acquiftate dall’ acque cadenti nell’ ufeir dalla boc­ ca inferiore abbiano proporzione fudduplicata di quella dell’ altezze, che occupa l’acqua nella canna: tuttavia nel movimento inclinato, par che vi iiano alcunecircoitanze, che non s'accordino con quelle delia caduta pecpen-


SUPPLEMENTO.

3U

pendicolare, perchè lelinee, chedefcrivono i centri di gravità dell’acque, che fcorrono obliquamente, bifognerebbe che avelfero le cadute propor­ zionali alle altezze delle medelìme acque; il che ne è manifeilo, ne è fa­ cile aritrovarli, per aver tali linee defcritte da’ centri di gravità di dett’ ac­ que, certa ftravagante curvità, come dimoftra il Torricelli, laquale,par che varj la detta proporzione. Intanto riceva il Lettore quella proporzione, qualunque ella fi fia, finché da me, o da altro più fortunato, fi ritrovi co»là migliore. Oltre a ciò, volendo applicare quefla dottrina a i fiumi, patifce alcune eccezioni; perchè fe il vafo Q 1 G R non farà prifma, o cilindro, ma v. gr, cono, o porzione di sfera, o qualfivoglia altra figura ftravagante, non averà la quantità d’ acqua, che fcorre per la lezione D R, a quella che (corre per la fezione D P, nel regolatore R L) la ftefi'a proporzione, che l’altezza Q I alla O I, e però non fi può conchiudere il noltro propolito, Appretto, fe l’ acqua M, ola fopravegnente N, o ambedue, ver­ ranno con qualche propria velocità, la quale continui ad accellerare , o ritardare il corfo naturale della fteffa acqua ( la quale in quel primo illante di tempo dovea conlìderarfi coftituita nello (lato di quiete, lenza impeto veruno ne’ prifmi le cui altezze Q I, ed O 1 ) allora notabilmente verrà alterata la proporzione di lòpra confiderata'. Ma benché le dette eccezioni vi lìano fempre mai ne’ torrenti, e ne’ fiu­ mi, accrelciute anco da altri accidenti; tuttavia il Teorico non è obbliga­ to a confiderare fimiglianti impedimenti accidentali, mentre che inattratto confiderà le verità naturali, vero è, che applicando tal propofizione alla pratica ,_debbon farli alle propofizioni attratte le debite tare, il che con roaravigliofa accortezza viene ofl'ervato dal Rev. P. Abate Cartelli mio maeftro, quando applica le dette propofizioni a propoliti de’ fiumi, e delle Lagune, come fi vede, confiderandoattentamente quella fuamirabile opera.

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FRAMMENTO DI UNA R E L A Z I O N E D

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ALFONSO B O R ELLI AL SERENISSIMO G R A N DUCA DI TO SCANA. kER ubbidire al comandamento di V. A. ho penfato, che l’ acqua fi muove, e icorre all’ ingiù, perchè è fpinra dal Tuo naturai pelo, e dall’ impeto concepito. In virtù del fuo pelo l* acqua fi livella, perchè la fuperficie più alta volendo condurli all’ ingiù (corre contant’ impeto, e velocità perpendicolarmente, con quanta cade un grave da un altezza eguale a quella, che avea la fuperficie detta. Sicché farà regola generale, che quando due acque di due alvei comunicano fra di loro, neceffariamenre dee deprimerli la più alta, per livellarli. E qui niente importa la profon­ dità inferiore de i detti vali, la quale efiendo piena d’ acqua, viene a far l’ uffizio di fondo duro, e (labile. Quando poi tutta l’ acqua d’ un alveo, o fiume fcorre trafverfalmente: e con e(Va fi comunica un canale, o torrente collaterale ; Dico prima, che è impoffibile, che il livello del fiume fia più aitò di quello del torrente, perchè per ragion del pefo le parti più eminenti del fiume fono necefiitate a condurfi alle più balte, n»a le più balle nello fteffo fiume, per efler già occupate, e ripiene dall'acqua, non la poffon ricevere, ma bene la può ricevere il torrente, il quale fi è fuppofto più baffo, adunque è neceffario che fcorra per livellarli verfo il torrente, e falli tal livellamento col moto velocillimo, eguale alla caduca de’ gravi per la perpendicolare. Aggiungo ora, che l’ impeto tr3 lvedale del torrence vicino al fiume per lungo tratto è neceffario che fi ritardi, principalmente perchè non ha luo­ go voto dove lcaricarfi , avvengachè il fiume fi fupponga già ripieno ; fecondo perchè vien rintuzzato dall’ imp. to dello fteffo fiume trafveriàle, e copiofiflìmo, dal quale è neceffario che fia tenuta in collo 1’ acqua del torrente, e però lòllevata verfo quella fponda qualche colà più del redo del fiume: perchè vicendevolmente ritardandoli, ed impedendoli l’ una l’al­ tra , l’ acqua del fiume, e del torrente, verranno a tenerli in collo, e però a follevare il loro comune livello più di prima, ma frattanto la parte di mezzo del fiume finoalla parte oppofta bada a fcorrere liberamente lènza effere impedita; adunque ella farà più baffa, che non è la fuperficie dell’ acua verfo la fponda contigua al torrente; anzi la (leda acqua del mezzo el fiume per edere velocilfima, in virtù di tal impeto prevaierà alla più deboi forza della fubentrante acqua del torrente} e dico più debole, per­

3

che


FRAMMENTO. chè quantùnque nel torrente fi fupponga velocifittna , tuttavia vediamo» che Pjmpeto dell'acqua, quando urta in un altra mole d’ acqua, o fi fpegne, o pur fi riflette an’ indreto; il che batta per impedire il corfo veloce del torrente nel fiume. Ambedue quelle cofe s’ efperimentano fiotto gli archi de’ ponti, perchè vediamo, che prima d’ inboccar per l’ arco fi lolleva, egonfia notabilmen­ te la fuperficie dell’ acqua, talvolta un braccio, e due, e quello fuccede per quel poco trattenimento delle pile, e che fanno le acque da una par­ te , e dall’ altra dell’arco , affrettandoli obliquamente ambedue dipaflare, che però urtandoli fra di loro vicendevolmente s’ impedilcono il loro corfo, e però rigonfiano: pattato poit’ arco , vediamo che velocifiimamente (corren­ do l’ acqua obliquamente dall’ arco deliro al finiftro, édalfiniftroal deliro, vengono vicendevolmente ad impedirli, il che fi cava dal vedere, che nello fpazio interpofto fra le dette correnti oblique, l’ acqua fi riflette all’ insù verfio la pila del ponte; ed in lemma è notiflimo, che enfiando con qua­ lunque gran velocità un canale d’ acqua tirata in un altro canale d’ acqua chiara corrente, produce come un fumo, che fi va dilatando attorno at­ torno, benché la parte di mezzo (corra per lungo tratto: fegno evidente, che l’ acqua nella quale la prima urta, spigne, o rintuzza, o riflette all’ indreto , trafverfalmente ben pretto l’ acqua che viene ad urtarla. Suppofte quelle cofe, confiderò, che in tre modi può operare il torren­ te ^ o canale, prima, correndo velocemente, e copiofo il canale, mentre il fiume è baffo, e fcemo; fecondo effendo il canale fcemo d’ acqua, ed il fiume pieno; terzo fe d’ accordo il canale, ed il fiume vadano crelcendo . Nel primo cafo non ha dubbio, che il canale può edere utiliflimo, afciugando le campagne, e per la velocità del fuo corfo non lafciando impoftfme nello fletto canale. Nel fecondo cafo il canale farà dannofiffinvo, perchè l'acqua del fiume alta volendoli livellare, necettariamente l'correià a riempiere tanta parte del canale, quanta è neceffaria per livellarli, e quel­ la potrebbe pigliate lungo fpazio, le il canale fulle poco declive, anzi fe le campagne adiacenti futtero batte, potrebbero con gran dannoeflere alla­ gate ; e notili, che a quello allagamento non fi potrebbe provvedere con argini fatti nello fletto canale, perchè dovendo fervire detto canale per ri­ cevere lo fcolo delle campagne, bilogneiebbe farle molte bocche collate­ rali per tutta la fua lunghezza, le quali farebbe maraviglia, fe fi potettero turare con tanta diligenza, ed appunto in quei tempi, che il bifogno lo ri­ chiede: ficchè ogni minima trafcuraggine, la quale è inevitabile, battereb­ be a rovinar la campagna . Aggiugneli un terzo danno, ed è, che ben pre­ tto l’ impoftime lalciato dall’ acqua toibida venuta dal fiume nelcanale, an­ elerebbe riempiendo, e rialzando il fuo ietto, e mafiime verfo la sboccatu­ ra , il che richiederebbeuna continua (pela perrinettarlo ; e notili, che dovrà e(Ter più frequente verilìmilmente quello fecondo, che il primo cafo; per­ chè effendo il fiume lunghiflìtno, cadendo la pioggia in qualunque parte della Aia lunghezza luperiore, può gonfiare, ma per lo contrario il canale non può riempirli rimanendo fcemo il fiume, le la pioggia non è particola­ re, e cade precifamente in quelle campagne, ch’ hanno lo ledo rei fottò : Adunque farà più frequente il danno di rialzare, e riempire il foffo, e pe­ ricolo, ed allagamento delle campagne, che non è l’ utile, che può veni­ re dal primo cafo • Retta ora il terzo nel quale fi fuppone d’ accordo crefcere il fiume, e 1* acqua »lei canale. E qui, come fi è detto, dovendoli mantenere il medefimo livello dell’acqua del fiume col canale, Tempre verrà impedito, e ritar-


FRAMMENTO.

3*7

tardatoti corfo, e lo sboccamento del canale nel fiume, come il è detto di fopra: di più per tutto quello fpazio, che dura il livellamento delle dette due ac­ que, è neceftario che vi fia poca corren te, o che fi rifletta in parte all’ in­ sù,* e perchè allora maflimamence l’ acqua torbida depone la fua torbidez­ za , quand’ ella lentamente fi m uove, o fi riflette al contrario, adunque in quefto terzo cafo s’ anderà riempiendo l’ eftremo fondo del canale, di più perchè l’ acqua, che l'oprawiene .

ALTRO

FRAMMENTO.

N quanto poi alla dottrina del P. Caftelli, e di quella di N fi dovreb­ be confiderare il fluido, che corre in un canale, e che paffa per due fe­ zioni di effo, non in infranti, ma in tempi eguali, ed allora perchè nel medefimo canale non alterato di figura, inclinazione &c la figura del ir.edefimo fluido corrente farà la medefima, eperconfeguenza non dovrà gon­ fiar più, perchè fe in tutti i detti tempi eguali gonfiafle nel medefimo mo­ d o , anderebbe in infinito; il che è falfo, e contro 1’ evidenza del fenfo ; ed in tal cafo farà vera la reciproca proporzione delle velocità &c. ficchè non s’ ha a intender verificata nel medefimo filante di tempoDeefi anche fperimentare, fe fopra un fluido corrente vi fi aggiungerà un nuovofluido, fi accrefceràla v elo cità, che aveva il fluido primiero, e bad o, e quello o con le bocchette galleggianti, o pure col bindolino, o pure in un canale di v e tro , ponendo al fondo qualche polvere finfifiina colorata, l’opra la quale lentamente fcorra con uniforme palio poca quan­ tità d’ acqua fucchiata da un medefimo fifone, aggiungendo poi altr’ acqua con altri fifoni, fi potrà vedere, fe la inferiore torbidezza con più veloci­ tà fcorra di prima. E notili, che la maggior quantità d 'acq u a, quando non acceleri il moto dell’ acqua inferiore, non avrà maggior forza di fpinger un falfo, di quel che fi faceva prima, perchè in virtù della nuova acqua non acquida mag­ gior tienimi, nè unione di parti più tenaci di prima; adunque fe quella de­ bole velocità dell’ acqua, che abbracciava da per tuttofi fado per la fua cedenza, non badava a fpingere il detto fado, nè meno potrà farlo dopo altr’ acqua aggiunta, perchè ancorché il pefo dell’ acqua da maggiore , nè la durezza, nè la v elocità, nè 1’ impeto trafverfale farà maggiore; perchè per far sì che il fallo non ubbidifca alla forza dell'acqua, baita che il faffo con la lua durezza polla fare un taglio nell’ acqua; ma per tagliare, o penetrar 1’ acqua bada quell’ idedapiccola forza, che tardamente percuo­ tendo, ed urtando nell’ acqua la sbucava prima, quando era bada , come v. gr. per muover la mano lotto dell’ acqua, e sbucarla con una tanta ve­ locità, la fted’a forza fi ricerca quando l’ acqua è altiflìma, o bada; perchè fen o n b a d a d e , l’ acqua fuperiore averebbe maggior durezza, denfità, e tenacità, che l’ altea &c. Notid anche, che l’eia piena con ghiacci può edere alta, e tarda, e può anche efler balta, per venir da luoghi montuofi; adunque è vero , che la medefima quantità d’ acqua una volta può meno’, e meno follevare, di quello che fa un altra, e non è imponìbile accoppiare molte di quelle piene, che alzano pochidìmo, e dall'altra parce accoppiarne altrettante d’ egual mole d’ acq u a, dcchè ciascuna dell’ altezze, che producano un tal firn, dano maggiori di quelle di prima, e però farà polubile aggiungere al primo ag­ gregato qualche altra piena, e che in ogni modo tute’ infieme, producano minor follevamento dell’ altre.

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IL MARE ADRIATICO E fua Corrente,

eiaminata, e la naturalezza de Fiumi fcoperta, e con nuove forme di Ripari corretta.

P E N S I E R I D E L DOTTOR

GEMINIANO MONTANARI


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IL MARE A D R I A T I C O E SUA C O R R E N T E

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E la naturalezza de Fiumi (coperta, e con nuove for­ me di ripari corretta. P

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DEL

DOTTOR GEMINIANO

MONTANARI Efpreffi un tfempo già in due Lettere alla Gl. Mem. dell’ Erai-

nentifs. Sig. Card. Pietro Bafadonna.

OPERA

POSTUMA.

lilialmente redo totalmente perCuafo cjueft* anno dall’ evidenza de’ fatti di quelle.proprietà dell’ acque dique, ftimari, e fiumi, che in effi sboccano, maravigfiofe non meno, che utili da Caperli, le quali già fono tre anni, eh’ io ferii!! all’ Eminenza Voftr^. eh’ andavi icuoprendo : onde mi par tempo di fciogliermi dal debito, checon l’ Eminenza Voftra contraili, di fpieaarlene diffufamence 1' iftoria, unita a iverifimili, che io ne vado deducendo: non dubitando punto, che l’alca, e iaviflima mente dell'Eminenza Voft.a, capace di più vatte 'dee, di quello polla fornaimilirarie quello baffo Mondo! troverà di chedivertirli in quelle poche¡catte. effondo appunto leggieri divertimenti au anime grandi, com e la fua, quelle,fpeculazioni, eh’ agli altri fervono ai lena , e talora graviflima occupazione . Piti da’ primi tempi, eh’ ioebbi l’ onore da quefta Sereniflima Repubblica a elier condotto a Tuoi decorofi ftipendj nello Studio di Padova, e rì’ efleTbm .

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re infierne impiegato da quefli Eccell. Magiftrati aconfultedi pubblici ritevantilfimi affari, particolarmente d’ acque, miniere* artiglierie, ed altro, m’ applicai principalmente a rendermi bene informato della" natura partico­ laredi queft’ acque, loro fiti, e varj movimenti, non foto con leggere le ferieture » e memorie di. tutti.i tempi, che intorno d’ effe poteva a quello effet­ to procacciare ( nel che mi fono ilari benigniflìmi gli Eccell. Magiftrati ftef11 ) ma con indagare fui fatto, con l’ oculare infpezione la verità delle cofe. E perchè frale cure più gravi, che la publica fapienza in quella mate­ ria non perde giammai di viltà, una , e la più importante fi è la confervazione di quelli Porti, e Laguna, per fatine della quale, ha in ogni tempo, ma molto più nel paflato, e nel prefente fecole profulo, e va tuttavia con Regia magnanimità profondendo tefori, e fpecialmente nella diverfione di tanti fiumi, che portando in detta Laguna le torbide 1’ andavano interran­ do: de’ quali ben fa 1’ Eminenza Volila, che oltre il Bacchigliene, c Brenta, « tanti altri già tempo trafportati fuori d’ effa Laguna, e gl’ importantiilìmi due fiumi Piave, e Sile, divertiti in quelli ultimi anni, ornai in ella Lagu­ na non ¡sboccano più altre acque dolci, fuori di tre piccoli torrenti, che fa­ ranno quanto prima efiliati ancor eifi dalla medefima, ed altrove al mare condotti: onde non reftesà dipoi altro nemico, da temerli in natura, fuori che ’l mare : perciò fu tra le prime applicazioni, che dalla publica autorità mi furono commeffe, l’affare della Piave, divertita bensì, ma che al fuo perfetto edere aveva ancor di bìfogno di qualche rifleflo, pofeia quello del Sile, e quindi, quello di quelli Porti, e Laguna, e degli altri, che tutti per lo ftelìo fine.vanno feco conneffl, nelle particolarità tutte, de’ quali non accade h che a lungo io mi diffonda per informarne PEminenza Voftra , che tanta parte ha avuto nelle fapìentiffime deliberazioni di quell’ EccellentiilìmoSenato , primach’effa dalla riverita Porpora Senatoria, e Procuratoria , paffafl'ead illuflrar anche laCardinalizia , cheperò brevemente mi porto all’olferVazioni, per le quali ho prefo la penna. Erafu’l fine-di Maggia 1681- quandoper commifllone dell’ Ecc. Magiftratodell’ acquerai portai, fervendo V Eccell. Sig. Girolamo Cornato, allora uno de’ tre Efecutori dell’ Eccell. Magiftrato fuddetto, a riconolcere il la­ go, che dalla Piave ne’ contorni della Città di Caorle è (lato formato, che divertita del 1664. dàTl’antico fuo letto, eia data fin colà tramandata , ove per lo Porto detto di S. Margherita nel mare sboccava . Or mentre fi fa­ cevano qaivi levar in pianta efattamente que’ luoghi, e lìti, io m’ informa* va eziandio delle mutazioni fatte dall’ acque, così del fiume, che del ma­ re in quei contorni, dal rempo, che quivi di nuovo elio fiume (correva, nelle quali cofe rime m’ onorò dell’ autorevole ina affìllenza 1’ Eccellentiffìmo Signor Cornaro fuddetto, che con tndefeftaapplicazione, e virtù, s’ inoltrò per tutto a riconolcere egli fteflo le verità de’ fatti per riportarne, come fece, diftinta, e veridica relazione al Magiffrato fteflo, e mi accad­ de d’ ofl'ervare, che ufeendo quell’ acque in mare, elle non feorreano a dirittura verfo l’ alro del mare, conforme la sboccatura ftclTa del porto, pareva, che naturalmente indirizzar le doveffe; ma voltando a ìiniftra per buon tratto, quali a lungo l’ argine, che difende dagl’ impeti del mare la ftefla Città di Caorle, era tale in quel luogo il rompimento dell’ onde ma­ rine con quelle d’ cflb fiume, che tormentavano quell’ argine con perpetue corrofioni, che minacciava di prolfima diffrazione la ftella Città, a clifefa di cui già per molti anni aliai più lpendeva la Seremls. Repubblica di quello folle I’ entrara, che dalla medefima ne traelle, vedendofi tutta quella parte di còsi folte trincìcre di grofiì pali vellica, e di sì gran quantica di * fn ili


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fedì i quivi da <5o. epiù irnglia condotti, munita, che que* bofchi, e que­ lle montagne, I’ une, e 1’ altre trapiantate da sì gran diftanza dir fi pote­ vano. Ricercai i pratici, e più vecchi pefcatori, e marinari del paefe, fe mentre la Laguna di Caorle folo d’ acque falfe fi bagnava, quel porto ave« la foce così a Levante rivolta, e mi rilpofero, che tutto al contrario a man delira verfo Venezia efia foce piegava, inoltrandomi un mucchio di pali in certo fito piantati a delira del porto prefente, che ferviva a oftviganti di faro, come qui chiamano, a delira del quale (lava la foce, o fia il canale, per cui entravano le barche nel porto, ed ora trasferitoli il canale a finiftra, dopo il palleggio dell’ acque dolci, reftava elio faroalla delira, e non po­ co dal nuovo canale lontano, elTendofi riempito difabbioni, non folo quel­ la foce, ma prolungato più di mezzo miglio il lido da quella parte; ficchi oramai era poco lontano a congiungerfi col faro medefimo, efeppellirloaf­ fatto con efli fabbioni; oltre di che mi difl'ero efierfi prolungati dal lato de­ liro quei grandi argini di fabbie, che qui chiamano monconi, che fa il ma­ re Hello lungo i lidi. Fidato dunque il penfiero a indagar le caufe, perchè mutata l’acqua di quella Laguna, e di quel porco, di l'alfa in dolce, con aver quivi condotto il fiume Piave, e gran parte del fiume Livenza, avelie cangiato fito la foce , per cui dall’ alto mare s’ entrava in porto; e intelo, che in que’ lèdici anni, da che s’ era fatta quella diverfione del fiume, s’ era anche nel mare iledo formato un lungo fcatino, o fia banco difabbioni, fopra il quale non erano più di tre in quattro piedi d’ acqua in tempo di reflullo, e che camminava due miglia ; e più in lunghezza, e dittante più di mezzo miglio, ma parallelo a i lidi: andai col medefimo lìccelh Cornaro a riConolcere gli antichi porri di Livenza;, e Prave, oliano le foci, ove sboc­ cavano in mare prima d’ effere. divertiti;, .come ora fono in Laguna di Caorle, con animo d’ offervare, fe effendo loro fiata levata l’ acqua dolce, eh’ è ftat3 aggiunta al pòrto di Santa Margherita, avellerò fatta qualche mu­ tazione confiderabile, che indizio mi porgeffe delle naturali cagioni di quell* effetto, e infatti trovammo, che nel porto di Livenza ( il quale da una Chiefa, che era quivi fui lido il porto Santa Croce fi chiamava ) dopo effere flato chiufo, e inteftato, e divertito, come dilli, quel fiume in alerò par­ te, erano fiate le lue rive sì fattamente dal mare corrofe. che non folo era del tutto disfatta , e annichilata unagranpunta di fabbioni, che lòlla man delira del porto s’ avanzava inmare, più di mezzo migUòilontana dal porto, echo dipoi fott-acqua lungo tratto (correva in forma di fcanuo, o banco d’ arena; ma erano eziandio in parte corroii, e quali dittanti* e in parte rifpin-* ti addierro i montoni, che Culla fleffa parte delira aveva il mate ne’ prece* denti fecoli prodotti , anzi !a Chiefa fleffa di Santa Croce, dopo divertita ella Livenza altrove, era fiata non folo invertita dal mare, ma atterrata it? modo, che di tutta, appena un piccolo avanzo di muro mezzo cadente eri tutt’ ora in piedi, e quell’ ancora tutto intorno dall’ acque bagnato, e po­ rto in Ifola, in modo che tutto quel Lido s’ era ridotto in fpiaggia, fimile all’ altra circonvicina, che lungo il mareegualmente fi llende. Interrogam­ mo i pratici del paefe, verfo qual parte voltava in que’ tempi la foce di quell’acque dolci, ufeendo di quel porto, e ci diflero, che verfo U finiura appunto, come ora fanno fuori del Porco Santa Margherita, e che fubuo, che fu divertita altrove la Livenz3, cominciò il mare a rodere, e porta? via quegli Icanni, e fabbioni, uè erareftato, fin d’ aver rovinati tutti quegliofiacoli, e ridotto il Lido nello fiato prefente tutto uguale, _ Di qui ci portammo a riconofcere l’antica foce di Piave polla più verfo; Venezia, per <;ui prima del 1664 pattava il fiume Piav,e, e trovammoquiX »


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vi pure non (blamente efiere (lata corrofa» e diftrutta una gran punta di fabbioni (coperti, che limile, ma più grande di quella di Livenza fi (tende­ va inmare, lui deliro lato del porto, edefler disfatto ùmilmente uno (can­ no di iabbioni, che fott’ acqua, dopo detta pùnta, s’ avanzava alquante mi­ glia a lungo la foce del fiume, che effendo in mare piegava anco’ elio a finiftra; ma perchè Pimeftatura d’efia Piave, da dove fu divertita, fu fatta molto lonwfta dal mare, onde reità un alveo morto d’ella Piave, ora det­ to Piave vecchia, lungo circa 18.miglia, che privato d’ acque dolci ricet­ tava (blamente quelle, che il mare quali in retribuzione dell’ acque, tanto tempoalui portate, gli andava nel fluito porgendo, quelle nell’ ul'cir co i refluiti s’ erano appoco appoco formata nuova foce, non già filila lìniiha, com'era prima, ma filila deftra verfo Venezia, reftando (pianata, editlrutta quella a finiftra, per cui correvano prima l’ acque del fiume. Da quell’ olTervazione prefi maggiore motivo d’ ammirazione per così bella uniformità d’ accidenti, e altrettanto di curiófità per indagare il di più, che parevami dover ifcuuprire, onde interrogando i pratici, tròvai, che nell’ ilteflb modo ilLifonlo, ed il Tagliamento, anzi glialtri fiumi tutti, fu quella riviera, che da capo d’ Iilria fino a Venezia fi ftende, facendo lo fteffo effetto fui loro entrare in mare di voltarla foce a finiftra, e radunar fabbioni fulla deftra, avanzando verfo il mare filila parte delira cotali pon­ te di fabbione (coperte, prolungate dipoi fott’ acqua in lunghi (canni , che da elta delira verfo la finiftra fi (tendono quafi a far argine, benché lon­ tano alla foce dell’ acque dolci, che a quella patte s’ iftradauo; onde anco il Tagliamento , anche il Lilonlo fanno lo delio effetto, dal die parevami veder qualche barlume, che la Umazione di quella fpiaggia di mare, che (corre da Scirocco in Maeftro, in modo che per tutto guarda in faccia a Garbino, avelie gran parte in quello effetto; ma reftai ingannato dal mio perifiero quando intefi , che anche le acque dell’ Adige nel porto di Follo­ ne, e di Canalbianco, cheguardano in faccia a Scirocchi, e Levanti, anzi quelle del Po medefimo più di tutti, appena gufiate Tacque falle voltano foci a finiftra, ed ammaliano fulla delira fabbioni avanzati verfo il ma­ re; quindi intefi ancora fuccedete lo fteffo ad alcuni fiumi della Romagna ( che di tatti nòn ho finora avuta notizia ) e fupplico V. Eminenza a fami­ gliar informazioni del Tevere coftà, e d’ Arno, e d’ altri in Tofcana, che per altra via, ma non affatto ficura, mi viendetto facciano lo ftefio, eche tutti voltino il loro còrfo per T acque falfe alla mano finiftra, e pongano » iabbioni alla delira ; e fiali rivolta la fpiaggia , per cui sboccano, aqual ven­ to fi voglia, della qual cofa nulla affermo, fino che T Eminenza Voflra me ne onori di più ficure notizie, potendo anche eflere altrimenti fecondo le mie confiderazioni, che fpiegherò più avanti ; frattanto almeno dell’ Adria, tico, non ho finora di tanti, che ho procurato le notizie, trovato alcuno che faccia diverfamente. Nè minor uniformità, benché contraria alla pre­ cedente, ho trovata nelle foci, e sboccatura dell’acque de’ porti di mare, qualora da qualche valla Laguna, come è quella di Venezia, quella di Caorie, quella di Marano, quella di Cornacchie, ed altre, efeono, ed en­ trano copiofe Tacque (alfe, lenza gran miftura di fiumi, vedendoli i por­ ti di Chiozza, Mdamocco, S.Niccolò, S Eralino, Tre Porti, Lido mag. giore, e Cortellazzo, che tutti nel rifluito sboccando in mare, e (carican­ do in elio molta copia d’ acque marine ricevute nel fluflo, voltano il filo, ne della loro corrente, e con elio il canale più (cavato, dettola foce ver­ fo la mano deftr3; e lalciano fulla finiftra (canni di (abbia non oliarne, che rifpetto a’ venti fìa variamente la loro bocca fituaca, mentrequelli di Chioz1 za,

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A D R I A T I C O

32|

, Malamocco, e S Niccolò guardano a’ contorni di Scirocco, e quelli di Lido maggiore, e Cottellazzo riguardano in faccia dì Garbino, e loftef* lo effetto intendo, che fanno quelli ancora di Marano, anzi fa Iofletto an­ co quello di Caorle, tutto che vicino un miglio, o poco più al porto di S. Margherita, nonottante che porti qualche porzione d’ acqua di Livenza, lad­ dove quello di Brondolo , percui sboccano Tacque di Bacchigliene , e di Bren­ ta , volta il fuo corfo alquanto a iinittra verfo Greco. Mentre io ftava ru­ minando colla fpeculazione effetti fi meravigliofi di queft’ acque, vennemi in memoria d’ aver più volte letto, e nell*opere di Chriftoforo Sabbatino, che 100. anni fono fu Proto ingegnerò di queft’ Ecceli. Magiftratoy ed in altre memorie mannfcritte di varj Autori, che quello mare Adriatico non lòlo, ma fecondo alcuni, tutto il Mediterraneo ha una perpetua correntia circolare, con la quale circonda le rive tutte, in modo che partendo Tac­ que per efempiodaCorfù, vengono verfo Venezia, corteggiando Tempre T Albania, eia Dalmazia, e quindi circondando TIftria, e fecondando que­ lle fpiagge del Friuli, e della Marca di Trevigi, giungono avanti i por­ ti di Venezia , accanto a’ quali piegando verfo Garbino, fi voltano verfo Ra. venna , da dove feguitano a fcorrere lungo le Rive dello flato Ecclefiafti* co, e Regno di Napoli. Anzi aflerifcono, che di là feguitino piegando il loro corlo intorno elfo Regno, e circondando l’ altro lato d’Italia da MeC* fina a Napoli, e di quà a Livorno, e Genova, profeguendo a lungo le ri­ ve della Francia, e Spagna fino allo ftretto di Gibilterra, per lo quale , al riferir ancora del Fourniero nella fua Idrografia, el'cono nell’ Oceano dalla parte d’ Europa con moto affai veloce, nel mentre che dalla parte dell’ Affrica entrano dall’ Oceano perpetuamente nel Mediterraneo altre acque* che (correndo a lungo le Cotte tutte di Barberia fi portano fino all’ Egitto, di dove voltando lungo i lidi di Soria, e corteggiando pofeia TÀfia mino­ re feguitano, il loro circuito intorno all’ Arcipelago, fìcchè di nuovo aCor* fù fi portano, compiendo in tal modo la loro intera circolazione, della quale può ¿fiere iìano partecipi eziandio il Mar Negro, e di Marmora, il che per ora' non ricerco; ma di quello detto del Sabbacino, e di tanti al­ tri Pratici, ed qffervatori, nonvolli da principio tanto fidarmi, che io non voleflì meglio fui fatto, e da’ Pratici viventi certificarmene, almeno per quello tocca il noftro Adriatico, ben Capendo quanto fìa difficile T accer­ tarci intieramente del Tettante, onde indrizzate le mie diligenze a quella fola parte, trovai in primo luogo per detto di tutti i marinari, e piloti,di quefto Golfo, co'quali ho avuto occaftone di parlarne , efler fra loro mada­ ma coftantiffima nelle loro navigazioni, che tal correntìa fia perpetua in quefto Golfo nel modo già detto, onde hannoper regola, venendo di Cor­ fù a Venezia, corteggiar Tempre le rive Settentrionali del Golfo, cioè a di­ re l’ Albania, la Dalmazia, TIftria, il Friuli &c. ed all’ incontro nel ritor­ no verfo Corfù corteggiare le rive Meridionali, lungo lo Stato Ecclefiaftico, ed il Regno di Napoli, per godere il vantaggio di quella corrente, eh? appunto fa quefta ftrada, aderendo come oofa mamferta tra loto, c-he da­ ta la parità de’ venti, ed altre circoftanze, fi viene inmanco giorni da Cor­ fù a Venezia, radendo i lidi della Dalmazia, di quello fi farebbe radendo quelli d' Italia, e che lo fletto avviene contrariamente andando da Venezia a Corfù, nel qual cafo corteggiano tempre!’ Italia, lungo la quale giungo­ no alla bocca del Golfo più pretto, che nonfarebbero corteggiando h Dal­ mazia, e falò in certe ftagioni dell’ anno fi dipartono da quefta regola , quan­ do a caula de1 venti, che regnano, convien loro altrimenti regolarli, il che non deroga alla verità della corrente, delia quale in fecondo luogo, Tom, /. X j por­

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tò il calo, che ir» quei giorni, eh’ io dimorai in quelle viiite, ebbi occa­ sione divederne una più manifefta efperienza. Dopo che’l fiume Piave fit del 1664. divertito dall’ antico fuo corfo per dove sboccava nel mare, lun­ gi nove miglia da’ porti di quella Città Dominante,, e che con ifpefa vera, niente Regia, fu condotto per nuovo alveo manufatto a sboccare nelle gra» paludi per avanti falle, dette di Rìbaga, e di Coite//aazo verfo la Laguna di Caorle, dove egli va a sboccare nel mate per lo porto detto di S. Marghe* rita , eh’ è lontano da’ porti di Venezia circa 57. miglia, e che per impedi­ re, ohe per altra via veruna non fi voltalleroquell’ acquea! mare , prima di giungere al porto predetto, furono circondate l’antedetta paludi d’ argini, che per 30. miglia fi {tendono -, reflò tutto quello paefe a guifa d’ un lago d’ acqua dolce, che in pochi anni fi è empito fi fattamente di cannelle, che n’è quali tutto imbolchito , e ben fa l’Em. Voftrail genio di quelle cannuc­ ce, che producendo copiofiffime radici nella corteccia, fi può dire, di quel terreno, ove s’ abbarbicano, in capo a qualche anno diventano fi fol­ te effe radici, e così infieme ammaliate, che marcendoli quelle fotti!i bar­ bette, con che {lavano unite al ludo inferiore, reità quella, lor mafia così leggiera nel fondo dell’ acque, che aforza di cotal leggerezza finalmente li fiaccano affatto dal terreno, ed afeendono agalla in pezzi ben grandi, det­ ti da quelli Pefcatori Q uote, le quali a guifa d’ Ifole natanti fono poi fpinte da’ venti fu per quell’ acque or in una, or in un’ altra parte, non re­ stando frattanto di germinar del continuo nuove cannucce, nientedimenotuttavia, come fe follerò radicate nel terreno ft.effo, merce che fomminiftra loro badante nutrimento, la materia dell’ altre radici vecchie, che in quell* ammaffamento galleggiante fi contiene, onde durano molti anni a, germinar ogn’ anno, e fono, non ha dubbio le iteffe, di che parla Plinio lib.2. cap.p5,. narrando, che a fuo tempo le ne trovavano molte in vati laghi, e paludi, e particolarmente nel territorio Mudarcele, che in quei tempi era aliai paludofo, e nella Lidia alcune tali Ifole diceva trovarli dette Calamine , che nella guerta di Mitridate furono la fatate di molti Cittadini, che fopra vi lì lalvarono, ed a’ giorni d’ oggi taluna fe ne trova nello valli Ferrarefi, e di Cornacchio, che più di mezzo miglio in lunghezza s’ eftende, e che foftenendo fopra di le armenti , cacciatori, e capanne rende maraviglia a chi venendo d’ altri Paefi, ove non fiano, s’ incontra di nuovo quivi ad offervarie: nè da altro cred’ io abbiano prefo. il nome di Q uote, che dall* edere in certo modo porzioni àìquoio o cute della terra , da lei (laccata, nel­ la guila, che a noi lì fiaccano talora con vefcichette, porzioucelle di cuti­ cola, per qualche accidente. Lavoravano dunque in quel tempo al taglio, edefeavazione dralcuni ca­ nali in quello lago, per render più facile’il tranfito all’ acque della Piave •verfo il Porto di S. Margherita ( alla quale (Irada , per dir il vero all’ Eminen­ za Voftra, hanno fin’orà per mancanza di diffidente caduta, e d’ alveo capa­ ce incaffato, con pubblico, eprivato rilevantilfimo danno poco felicemente camminato ) Or dovunque s’ incontravano quegli operaria dover tagliare di quelle Q u o re, le inviavano per più predo difimbarazzarfene, mediante la corrente de’ canali medefimi , alla volta del porto- fuddettodi S. Marghe­ rita, ch’ era poco lontano-, e per dove giunte in mare, ed efpedìtelì dalla correntìa del fiume fteffo, che per qualche fpazio le portava,a man ffniftra, per lo- mare più aperto feguivano con lento- moto la naturai correntìa d*el­ fo mare, da cui erano portate di nuovo verfo la man delira, ed avendo io interrogato molti , e molti di quei- pefcatori, efharinari, mi riferirono con­ cordemente, che tutte s’incammavano verfo i porti di Venezia, e qualchuna


ADRIATICO.

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cTiunà fe he trovò [ fecondo che mi fu detto quà ] efler entrata ne’ porti ltelti, per efler giunte in tempo dell’ ingre'flo del fluflo, ma altre giunte in ▼ ida di quelli lidi, piegavano, conforme pieganoelfi, verfole foci del Po; « trovai chi feppe dirmi, averne vedute galleggiar full’ acque del mare vcrfo Comacchio, e fino ne’ contorni di Ravenna. Or quello è ben fegno» che l’ acque del mare fanno effe quello giro dal Sabbatino, e da tanti altri raccontato, non potendoli dar la colpa a’ venti, mentre durò quello lave« ro per molti, e molti meli di quell’ anno, e dell’ antecedente, nè mai furono oflervate far altra lirada, e fole i venti acceleravano, e ritardavano alquanto il loro cammino, o pure ne (pingevanoqualcuna aterra, o le face­ vano dal lido allontanarli perl’alto mare, ma non mai dal preaccennata cam­ mino intieramente le deviavano. Ma molto più maniteflo ni* è paruto 1’ effetto di quella corrente, quan­ do ho veduto , che quelle lunghe, e difpendiofepalificate di Roveri, chia­ mate Guardiani, che cori próvido configlio la Sereniflìma República fa fab­ bricare in varj lìti di quelli Lidi, eparticolarmente alcuni predo al Lido mag­ li!01^ di lunghezza due, o trecento palli l’ uno, che a guifa di calToni ri* !.Srandidìmi falli, formano antemurali al corfo de’ fabbioni, che lun­ go i lidi medefimi va portando il mare, e che farebbero, per Tefperienza pur troppoavurane , pregiudicialidìmi a quelli porti, elagune: quelliguarJjj£° fe™ano il corfo a quelli fabbioni, 1’ 3mmafTamento de’qualifi fa coptoliuimo fulla man dniflra de’ guardiani medefimi, in modo che il guar* diano più grande vicino al porto del Lido maggiore, inmenodi due anni ave­ va di già ragunato fi gran quantità di fabbioni fulla fiiiillra, che il mare ne renava allontanato dalle riviere, che precedentemente egli bagnava perpiù centinaia di palli, e la (piaggia contigua verfo quella:parte per più di due miglia in lunghezza aveva diftefoproporzionatamente i (boi acquili», facendoli terreno, ove prima fumare, anzi poco dopo cominciò a ragunarne anche luda delira, congiungendo infierne gli uni, e gli altri in modo, che ne va egli renando più verfo terra totalmente fepolto, e certamente quanto al ragunarfi primieramente fulla parte fmillra, non è meraviglia, mentre i°n> ìÀ3- 1ioni, portati, fe ben lentamente, dall’ incedante corrente del mare, dall Ulna verfo Venezia, urtando al duro intoppo di quei forti guardiani, quivi per forza fi fermano, ove il corfo loro viene interrotto; madel fer­ marli anche dopo a delira dirò più avanti alcuna non ofeura ragione. Se dunque i labbioni van movendoli da finillra a delira perpetuamente, e non li muovono da le, ma fono portati d.al moto dell'acque, non reda a dubi­ tare per modo alcuno, che Tacque non fi muovano correndo efl'e da linima adelira, all intorno di quelli lidi perpetuamente, la qual corrente però non dobbiamo penfare da così veloce, che polla l’ occhio evidentemente conolcerla, mentre da qualche oftervazione fatta circa quei Ouori nuotati» ti, che (opra dilli, fi è comprefo, eh’ ella non fa più di tre irT~quactro mi* glia ogni ventiquattro ore, con ia qual piccola velocità non potrebbe nè meno portar i fabbioni, nè dal Tuo luogo muoverli, fe T agitazione dell' onde, particolarmente intempo di teaipefia , e diventi gagliardi, nonli feonvolgefle di quando in quando, e non intorbidane il mare, nel qual tempo necesariamente lono poi dall’ acque pianpiauo fpinti avanti da finifira a delira, conforme la corrente dell’ acque (ledè li va feco portando. a quauto ho finora narrato all’ Eminenza Volita inforgono, coni’ ella lapientemente ben comprende, varj, e ben curiofi problemi, ira’ quali larebbono i principali: Primo qual fia la cagione, che i fiumi entrandoiomaX 4

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voltino il loro corfo verfo la finilira, e fi radunino i fabbioni fulla de« lira , e le foci d’ acqua falfa de’ porti, cioè per li quali s’ entra in Lagu­ ne falfe, voltino verfo la delira formandoli ifcanni, o banchi di labbia fu la finilìra- Secondo, perchè ¡guardiani, o liano palificate, che fi fabbricano attorno a’ Lidi indirizzati per io più verlo del mare alto, e ad angoli retti in circa col lido medefimo, fermino in prima dalla parte delira gran quan­ tità di fabbioni, poi appoco, appoco le ne raguni anco a lìnillra, onde vi reftano fepolci, come l'opra accennai: e farebbe il terzo, onde venga il moto inceiTante di quella corrente del mare , che va circondando femore per un verfo attorno i Lidi; ma io ardirò bene deprimi due difcorrere all' Em: Vollra la probabilità, che fecondo la fiacchezza del mio ingegno parmi di ritrovarci, le quali fe relleranno dalla fublimità del di lei giudizio appro­ vate, goderò d’ aver trovato qualche lume di naturali verità, da cui poffano trarli alcune maflime più ficure del pattato, profittevoli alla confervazione di quella Serenillìma Dominante, potendofi molto meglio provve­ dere, totalmente alla falute, e perpetuità di quelli Porti, e Lagune, ma almeno prolongar loro per molti più fecoli la vita, quando fi conofca la natura del male, che va affligendoli, di quello, che far fi polla medican. doli, percosìdire, empiricamente, comeparmi, che fi fia fatto inmolte occafioni pallate; ma dell’ ultimo Problema non prometto a V. Eminenza la foluzione, e ne fpero dalla bontà fua il compatimento; mentre confetto di credere finora, ch’ella fia una di quelle cofe naturali, delle quali fono tan­ ti milioni nel mondo da me totalmente ignoraci; onde io lafcerò affatto intatta la materia, fino che altri di più felice ingegno ne fciolga l’ enigma, il che dico in quello luogo, acciocché l’ Em: Vollra non concepita fperanza di fentirne cola, che porta appagamela . Quanto al primo problema dunque, io confiderò in primo luogo, che la correntìa del mare, è per fe ilella un moto fempre sì lento, che paragona­ to col moto di qualunque fiume, ne vien Tempre da quello di gran lunga fuperato. Pochi fono i fiumi sì lenti nel loro corfo, che non facciano più di mezzo miglio ogn’ ora, Il Po di fottoda Ferrara in due luoghi da meoffervaro già più 3nni, in tempo d’ acque magre, mifurando con unorologiecto da minuti, la quantità de’ giri d’ una raccolta diquei mulini, che dentro a un dato numero di minuti fi facevano, e ridotti a linea recca, proporzio­ nata alla circonferenza d’ elfi mulini, faceva poco meno di due miglia per ora, ma mil'urato col corfo d’ una tavola, portata a galla in giù a feconda dell’ acqua, di poco pattava un miglio, e mezzo, e appunto mi dicevano i barcaiuoli fittiti a navigar quel fiume, che vogano con pari forza a fecon­ da, o contro acqua, fenz’ ajuto del vento, campavano ogn’ ora tre miglia più a feconda, che acontrario, il che rifponde appunto a un miglio, e mezzo l’ ora. I! Sile, che vogliono fia così detto dal filenre, e placido fuo coiio, circa mezza firada fra Trevifo, ed il mate, fu già da me olfervato co rere quali un miglio l’ ora ; altrettanto in circa il fiume Ogliu fu già da me ottervato ne’ contorni di tìozolo, fiu.ne anch’ egli aliai lento, e così al­ tri. Anzi la Piave medefima nel fuo lago prefente vicinoa Caorle, febbenenella parte detta il Tortolo, ove tutte l’ acque fi riducono adover pattare per certe anguille, gonfiando addietro acquifta per breve Ipazio caduta, e ve­ locità . fe gli s’ aprille un’ alveo fuffìciente per (correre fino in S. Marghe­ rita, lenza gl’ intoppi prelenti, vi feorrerebbe così placida, equieta, che af­ fai più lenta forfè del Sile ti vederebbe muovere, mercècheper livellazio­ ne da me fatta. elacniQina, ella nou ha in tutto quello fpazio da S. Donato te


A D R I A T I C O . w a] mare fra le tortuofità di quei canali» nè; pure quattr’ once di piede per miglio di caduta : onde lafcerebbe perjftrada le fue tórbide , comepur troppo ha fatto per lo paiTato ancora conperpetui, grandiffimi, pubblici di, Jpendj, laddove la. corrente del mare predetta , appena tre miglia fragiorno, e notte s’ oflerva potere (correre; dunque tono (empie più veloci i fiumi anzi per altre olltrvazioni, che ho fatte piò volte, crefcono di velocità: particolarmente nel fondo, entrando inmare, di che è fegno, Tefcavazione, che fanno di nuovo col Suo corfo, quando in occafione di divertirla da altro luogo, s’ introducono con nuovo canale a sboccar in mare in altri itti nuovi, e la cagione fora’ anco fi è la declività d’efto fondo del mare., Da quella confiderazione è facile tirarne la conclufione; dunque la cor­ rente d’ un fiume nel fuo primo sboccar nell* acque falle , taglierà, per cosi dire, attraverso la corrente del mare, per tanto fpazio, quantoeììa può fcòr? rere avanti, prima di perdere le fue forze, o fiancarli dal primiero Tuocorfo, nel che non trovo difficoltà veruna, efiendo cola certa, che il maggior moto, o fia maggior velocità del fiume, rapirà feco il morq minore della corrente marina, non permettendo, eh’ ella*Seguiti la via, alla quale s’ inr dirizzava, mentre quella veniva, radendo i Lidi, e viceverfa il fiume per appunto li Sega, o Segar dovrebbe, ad angoli rety in .circa. Ma bensì mi dava difficoltà grande il considerare', che data quella Ipotefi, pareva dovelTero i Sabbioni piuttofto ragunarlì Sulla finiftra, non Sulladelira : imper­ ciocché non viene ella la corrente da finiftra a delira ? e pon vengono fimilmente Seco da (ìniltra a delira » Sabbioni? e che altro è l’ oftacoìq, che fa il fiume a quella corrente, fuorché un’ impedimento limile a quei guardia­ ni, oliano palificate grandiflìme, che li fanno vicino a quelli porti diLido maggiore, ed altri, ne’ quali li ragunauo li Sabbioni particolarmente Sulla parte finiftra di dove vengono? e che altro c’ infegna la ragione, Se non che quivi l’ acque toibide depongono il Suoterreno pefia, ove viene rintuz­ zato il Suo moto dagl’ impedimenti? Quelle, e fimjliconfiderazioni contra­ dette dal fatto ideflo, e nondimeno affidile con tanta apparenza dalla ra­ gione, m’ hanno per molto tempo tenuta la niente, per così dire, in fequeilro, Sicché io non lapeva , che altro più risolvere circa quedo Problema, fé non dtriporlo, ad ufo del Galileo, fràquei tanti milioni di cofe, che ho già detto, che io non sò; pure non Senza molta miaconfolazione, vennemi un giorno in pei fiero una confiderazione, la quale confermata quell’ anno dall'esperienza, e dalla verificazione di qualche mia predizione fatta, fpbbene in furie, fin da quei tempi, m’ ha fatto animo a poi tarla Sotto gl’ oc­ chi dell'Eminenza Voftra, per far prova, s’ ella regge al paragone del Suo perfpicaciffimo intelletto. Confiderai dunque, che-Tacque del mare porta­ te dalla loro debil corrente, non hanno verun odacolo dalla parte finidra del fiume, che impedisca loro di giungere fino al fiume dedo , e quivi nelja di lui corrente immergendosi piegare con eflo lui verfo il mare medelìmo, il che luppodo, le altre aeque, che redavano alla delira del fiume non potino aver più correntìa veruna, eftendo divertita altrove la correntìa pre­ cedente, che le doveva Spingere avanti, onde per lo Ipazio di qualche mi­ glio lungo il Lido, partendo dal fiume vedo la deftra, rellanoTacque del mare Senza corrente, fino a tanto, che la corrente più lontanai del mare, la quale cioè era fuori di quella didanza dal Lido, a cui può giungere T impeto del fiume, Seguendo Sua llrada da finidra adelira , torna appoco, ap­ poco ad accodarli al Lido, il che Succede in varia didanza dal fiume, tan­ to maggiore, quinto è maggiore lo (ledo fiume, e la forza, con eh’ egli Scarica in mare; onde li forma apprefloquel Lido uncerco triangolo codeg. giàììììo


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giatò da nna parte dal Lido (letto, e dall’ altra dall*'acque del fiume, eh* entrano in mare, e dall’ altra dalla corrente del mare nvedefimo, nel con» tenuto del qual triangolo, Tacque marine fono prive del moto della cor­ rentìa, e per confeguenza in occafione di tempefte, che agitano quell’ ac­ que, e con effe i fabbioni, non fono quellitrafportati d’ un luogo all’ altro, ma quivi nuovamente rimangono al celiar della tempefta, e gli altri fabbio­ ni all’ intorno, che vengono da finiftra verfo la delira, ancorché il fiume ne divertifca la corrente, nulladimeno non può di manco, che nonne fiano trafportatì molti dentro allo fpazio di quel triangolo , ove giunti necefiariamente rellano di profeguire il fuoviaggio, e quivi fi pofano, e col tem­ po vanno accrelcendofi in figura di fcanno, e vogliamo dire banco d’ are­ na, appuntò come in fatti s’ oflervàoo, ed eccone a V- Eminenza per più chiarezza un po d’ efprellìone nella prefente figura, nella quale fia A B il fiume, che dalla fpiaggia H l sboccando in mare per B fpinge più oltre le fue acque, quanto T impeto fuo, e la quantità dello fcarico, le permet­ te d’ inoltrarfi verfo C nel qual luogo l’ Em: Vollra fupponga non del tut­ to fmorzato l’ impeto delle fue onde, marefoper così dire infenfibile, an­ zi per meglio dire, uguagliato alla refiftenza, che gli fa T acqua del mare con la fua Corrente, la quale fuppongafi avere il fuo moto da E verfo C, cioè da finiftra verfo la deftra, in modo che fe non fulTe Tingreflo del fiu­ me in quel luogo tuttal’ acqua dell’ altomare E G fino alla riva E D fe ne anderebbe col lento fuo palio da finiftra, a deftra, cioè da E F in G D, ma perchè quivi entra il fiume, e taglia col fuo corfo da B fino in C il corfo più debole d’elio mare, perciò potrà beneella corrente del mare por­ tarli da L F fino in C B, ma quivi giunta urtando all’ acque del fiume non può dimeno di non fecondare l’ impeto maggiore delle di lui acque, piegan­ do cón elle verfo l’ alto mare, onde d» B C verfo K D non reitera impe­ to di corrente marittima. Se dunque fi faranno tempefte in quello mare, che con l’ agitazione dell’ onde fconvtìlgano fin dal fondo F arene, la cor­ rentìa d’ efto mare, che mai noncelia, anderà trafportando Tarene ftelleda E F verfo la deftra, ma giunte al fiume laranno da lei fpinte gran parte verfo l’ alto mare, ove fono i fondi maggiori, ne quali cadendo, non più sì facilmente ritornano nd alto, non arrivando a tutte le profondità la forza delle tempefte, ma nondimeno non potrà far sì, che non ne pallino molte di là dal fiume B C verfo D K. Or perchè quivi non vi è correntìa di ma­ re, non potranno più oltre le non poco tralcorrere, onde è, che pofando quivi appoco appoco,formeranno lo fcanno, ches’ èdecto, cheaccrefciutO'éol tempo va irtalzandofi fuori d’ acqua, e reftando (coperto, dopo di che afeiugandofi Tarene, e portate da venti verfo le rive s' inalzano quei cumoli, che chiamano montoni, de’quali basì gran copia lungo l’ Oceano l’ Olanda; ma perchè terminando verlo C il corfo più ienlibile del fiume, non retta impedita la correntìa del mare nei lìti più lontani da terra C M, ficchè ledi lui acque feguitano il loro corfo verfo G II, ed il moto di que­ lle va appoco appoco communicandolì all’ acque, che reftanoverfo terra, ficchè in diftanza di qualche miglio ella corrente nuovamence rade il Lido, verlo D. Quindi nafee, che li fabbioni, che fi radunano lolla deftra del fiume, fi diftendono informa triangolare, come in ella figura fi vede, in C B D, che fe il fiume A B divertito altrove ceda(Te di più ('correre in ma­ re per b bocca B; come hanno fatto negli anni pailati laPiave, etaLivenza in quelle parti, dalla Serenilfima Repubblica divertite a(caricarene’por­ ti di Caorle, e S. Margherita molte miglia lontano dalle loro antiche fo­ ci, non è più dubbio, che reintegrandoli la correntìa del mareinquei tuo-



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ghì non pomfle appoco appoco da finiftra vetfo la deftra quei fabbioni qui­ vi per l’ avanti ammaliati, e corrodendo, anzi difttuggendo tutti quei teanni, riducelte a fpiaggia córrente quel fico » conre per appuntoera lucceduto in meno di io. anni, intorno ali antichi porti di quei fiumi, dopo il loro trafporto- Ma qui oflervi di piò V Eminenza Voftra, che quello (canno, ». C, D, mentre appoco appoco fi forma fulla deftra del nume, va fervendodi riva, o riparo da quella parte deftra, onde Tacque d’ eflo fiume, che lulla parte finiftra non hanno riva alcuna, chea guila d’ alveo le contenga inquel fito, facilmente piegano ileorfo verfo la finiftra, dal che naice, che tanto più crefce lo fcanno de’ fabbioni fulla delira,, e la punta, che fanno mag­ giormente va avanzandoli verfo la finiftra predetta, quindi fegue, che il fiume tanto più piegando quivi folo forma la fua foce, dove da un lato t fabbioni ftelfi, e dall'altro la riva del mare medefimo gli fervono di tponda al fuo corfo ; edecco manifefta la cagione, perchè per tutto TAdriatico, ov è tal corrente del mare da finiftra a delira, ai fiumi, che vifcaricano, vol­ tano la foce verfo la finiftra, e mettono i fabbioni lulla deftra . Refta a vedere per qu3l cagione le foci de’ porti, e lagune d’ acqua lai­ da nelTufcire voltano verfo la deftra, il che tanto meno pare, che doveile feguire, quantochè, ficcome nel tempo del fluito ingroltando il mare, eli entrano per i porti nella Laguna a guila d’un fiume corrente, cosi nell ab­ ballarli il mare nell’ ore del rifluito, fgorgano per la fteffa bocca di quel por­ to a guifa Umilmente di fiume, che perciò pare dovrebbe anzi fare lo iretfo effetto degli altri, e non al contrario; ma io confiderò, che vi è bene ;ran differenza dal corfo delTacque dolci a quello delle falfe, piu di quelo fembri a piima vifta, imperciocché T acque d’ un fiume feorrono fuor delle fauci d’ erto fiume verfo il mare, come provenienti da parti luperioti, e portate da proprio naturale impeto, che le fpinge, onde tagliano la correntìa del mare, che a loro s’ attraverfa cou più deboli forze, enerielcono i preaceennati effetti; ma Tacque delle Lagune, e Porti non uucendono in mare, fe nonquanto col fcemare nel refluito le acque manne ftelfe tirano feco, per così dire, quelle, eh’ entrate eranocol fluito nella Lagu­ na, che però non è maraviglia fe quelle così attratte, nell’ uicire feguitano il corfo del mare, che feco le tira da finiftra a deftra: ne’ numi ‘ ac<5 “e feorrono fpiiue da caufa fuperiore, cioè dall’ acque dello Hello fiume, che fuccedendole une alTaltre fe le cacciano innanzi; ne i porti di acque lalle feendono in mare tirate da caufa inferiore, cioè dall'acque dello nello ma­ re, che abballandoli feco le ftrafeina. Ne i fiumi l’ acqua feorre perpetua­ mente verfo il mare, anche in tempo di flurto, onde hanno caduta connderabile, e tempre maggiore, quanto più il mare s’abballa : ne’ porti delle Lagune l'acqua non corre fuori, fe non fei ore per volta, e quelle con di­ verta velocità.; perchè abballandoli il mare s’ abballa la Laguna nello Hello tempo; onde non è punto meraviglia, fe non avendo altra caduta fuor di quella va loro facendo Tabbaiamento del mare, s’ incaminano alla deura, verfo dove il mare fterto crafeorre » e a quella parte dirizzano la loro foce, o fia canale del loro corfo. . Ma perchè T Eminenza Voftra con più chiarezza comprenda la venta di quelli moti, io la fupplico permettere, ch’ io ne faccia un po più a minu­ to Telarne , il che tanto meglio mi riufeirà di fare, fe in primo luogo confidererò gli effetti dell’ ingrello dell’ acque del mare in quelle Lagune, nel tempo del fluito . Ancorché vero fia, che il fluito, e rifluirò fi faccia con vera aggiunta, e diminuzione della quantità dell’ acque» e non ( come qualche Autore tu

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voluto ) per rarefazione deli’ acque ideile, cagionerà, o dal calore del So* le, o da’ raggi lunari, o altre limili poco intefe ragioni ; concioflìacol'achè vedonfi chiaramente a capo d’ Orranto, ed altri luoghi nel contorno della bocca del Golfo ogni Pei ore lunari voltare a quella parte di nuovo le cor­ renti gagliarde per riempire nel fluito l’ Adriatico, o al contrario per di nuo­ vo fcaricarnelo, nonperciò debbefi credere, che quell’acque ftelie, ch’ en­ trano colà dalla bocca del Golfo, fiano quelle, che giungono fino a Vene­ zia nel fluito, e che nel refluito via fe ne tornano, che farebbe troppo affurdo; ma balta bene, ch’ effendo quello gran iene Adriatico, a guifa d’ un vaio chiufo d’ ogni inforno, fuorché dalla parte di Corfù, ed Otranto donde hanno Pingreflo l’ acque, quelle nella parte piò lontana, ove fi ve­ de Venezia, e ne’ contorni lenza far moto fenlìbile in lungo, s’ alzano, e ;onfiano quanto balla per dar luogo dentro al vaio a quelle, che colà per ’ oppofta bocca dentro d’ erto s’ infinuano, come vediamo farli in tuti i vali, che mentre da un lato vi fi verfa dentro il liquore, tutto il reftante và pian piano inalzandoli, lenza che fi veda far moto fenfibile da un capo verlo l’ altro; onde non è maraviglia feparticolarmente inqueft’ultimaeftiemità dell’ Adriatico, alzandoli l’ acque per lo fluito , ed abbaflandofi per iò refluito, non perciò vedefi la corrente dell’ acque (lede cangiar tenore no­ tabilmente dauntempo all’altro, fuorché nell’ anguille da’ porti, anzi s’ oflerya eflere manifefta, enon mai interrotta, benché qualche poco folle alterata la correntìa primaria d’ elio mare, di cui fopra parlai, mentre le Q uote, che io dilli, eh’ erano mandate fuori dal porto di S. Margherita vicino a Caorle per lo fluito, e rifluito non reitàvano di feorrer fempre verfo Venezia, ove le guidava la corrente Supporto dunque tuttOciò parto a conliderare ciò che far dovranno nel fluito medefiùiO Tacque marine, qual’ora nei Lidi; attorno de’ quali elle feorrono trovano bocche , o fiano porti aperti, per ti quali entrar portino àd inondar qualche Laguna , e ncin ha dubbio veruno, che per tali bocche gonfiandoli il mare qualche piede fopra l’ altezza primiera . Icorreranno l’ ac* qùe a guifa d’unfiume veloce, riempiendo ben predo il vafo d’erta Laguna, nel che fare accaderà, ciò che accader fuolead ogn’ al erovafo qual’ora da qualche fua bocca verfa il liquore contenuto, imperocché non folo vedefi feorrere il liquore molto veloce per 1’ orificio onde sbocca, poco frattan­ to muovendoli il reftante liquor del vafo, fe non quando diminuendoli s’ abballa; ma di più, fe il liquore ha feco arene, o altro torbidume, fi iadunano quelle verlo Porificio per cui sbocca il liquore medèfimo, e quivi da ogni parte vanno fermandoli, cofa che nel decantar con qualche vafo pn liquore , ch’ abbia fedimentó nel fondo ogni giorno s’ oflerva i onde non è maraviglia fe davariti alle bocche de’ poiti di quella Laguna fi formano fcanni, o banchi di labbioni; e le tali fluito duralìe non già lei ore fole, ma del continuo ( cofa per impedìbile ) io non ho dubbiò, che i (àbbioni non fintflero d’ empire egualmente i fondi di quei canali, che fuori de’ por­ ti lleflì fin oggi fulla delira fi mantengono ifeavati, e che lon chiamati le foci, o che qui dicono le forte de’ porti medefimi; ma perchè tal ingreffo dell’ acque non dura più che lèi ore per volta, e quelle ancora non tut­ te uguali in velocità, dopo di che abbaflandofi nuovamente il mare , tira a fe, e per così dire, ribeve l’ acque iflelTe, che prima aveva dentro alia La­ guna verfate, quindi fegue, che uell’ufcita, che fanno quelle unendofi con la corrente già detta del mare, piegano ieco da Anidra a delira, onde man­ tengono elcavata verfo quella parte la loro foce, e tanto più profonda, quanto maggior è il corpo d’ acque, che era nelle prime lei ore entrato in La-

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A D R I A T I C O .

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Laguna, dal che è nato rancico proverbio, o fia maflitna di quelli periti delia Laguna, che grati Laguna f a gran Porto , cioè a dire quanta piò copia d’ acqua'ha da entrare, ed ufcire ogni fei ore da quelli porti, tanto più profonda fi rtianterrà lempre ia foce de porti medefimi, per cui entrano le Navi; ed ecco ("piegato fe non m’ inganno con molta verifimilitudine, e quali direi neteflaria ragione, la caufa perchè le noflre foci de porti d’ ac­ qua falfa voltano tutte a man delira, laddove quelle de fiumi voltano a finìftra, e perchè all’ ùfeirt de’ fiumi i labbioni fi radunano più copiofi a man delira, e ne’ porti delle Lagune fi vedono formare i fcanni di fabbione fili­ la man finiilra, e benché fi llèndono pofcia in faccia de porti medefimi, pro­ lungandoli vedo la delira quali accompagnando la foce medefima : concioffiacofachè ficcome peri’ accennate ragioni fi doverebbe farlofcanno, o fia banco di fabbione intiero da un capo all’ altro infaccia del porto, le T acque perpetuamente correfferó dentro al porco mede(imo, così dovendo Icorrer t t riuovamente fuori dello Hello porto ogni fei ore, è necèfiario, che reni tagliato lo fcànno in quel luogo, ove la foce nell’ ufcita fpinge il luo cotfo, cioè filila parte delira, dal che rifilila pofcia la figura dello (canno me» delirilo conforme in fatti s’ otterva . 'Tutte quelle conliderazióni aveva io fatte fin di quel tempo , che tre an­ ni fono, cioè del 1681 io vifitai le prime volte quelli luoghi; ma perchè io ne bramava più manifefte prove, affine di poterne persuadere ogn altro intelletto, m’ arrifchiai d’ aderire, anzi predire, e in ifcritto, ed in voce avanti T Ecc. Magiftrato, alquante cole, che avendo trovate quell anno elfetfi aliai bene avverate, m’ hanno fatto coraggio a (labilire piu lodamente fé Dottrine medefime, quali che fiano oramai certificate con baltcvoli elcerimenfi: e fu la prima, che lavorandoli inquel tempo al gran taglio no­ vo, per cui fi volevano iftradar Tacque del fiume Sile, con gli altri trenu» xnicelli minori Defe , Zero, e Mar2enego a trovarTalveo antico della Pia­ ve già divertita , affine d’ introdur Tacque di quelli adulare to rnare, len­ za pafiare per la Laguna di Venezia, a cui portavano sì mannelli danni, io aflerii, che febbene in quel tempo la foce di Piave morta , per non conte­ nere più altre acque, che (alfe, le quali dal mare in quell alveo te­ ttato, e chiufo di fopra entravano, ed ufcivano ne’ fluffi, e rifluflì lubito giunta in mare piegava alta delira , giulla l’ uto de’ porti d’ acque falle, e che la mièta de’ fabbioni, eh’ avanti il 1684 vi fi trovava grande ; mentre cor­ reva di quivi il fiume Piave, dopo divertita quella, era (lata dillrutta tutta dal mare; nulladimeno tantofto, che il fiume Sue farebbe introdotto inquell alveo; onde ripigliane Pantica natura di fiume vedrebbefi rmafeer ben pre­ tto nuova punta di fabbioni filila delira del fiume, e T acque a voltare la fila foce a finiilra, e tanto appunto è filcceduto, non effendo ancora com­ piuto Tanna, da che furono introdotte Tacque del Sile nel tagho nuovo, ticondotce per Piave vecchia nel mare, quando nella vifua, eh’ ha fatta le fettimane pattate T Ecc: Magillrato fervilo da me in quelle parti, fi e in prefenza di loro Eccellenze rieonofeiuto efferfi verificato perappunto quan­ to predilli, e che quell’ acque hanno voltato la foce a finiilra, e lui la deftra fono già deporti in quantità maggiore della mia alpettazione 1 labbioni, e vanno tuttavia accrefcendofi, effendo già avanzata qualche centinaio ut partì verfo il mare quella punta. ... E perchè le difficoltà, che s’ incontravano per correr conia dovuta reu-cità Tacque di Piave, fino al porto di S. Margherita, e » danni inlieme, che io arteriva provenire a quelli porti da sì grand’ allontanamento, avevano data occafione di propone qualch’ altro ripiego per dar il palio aIla r^el ’


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o nel Porto di Cortellazzo, o in quello d’ Altanea, non lafciai di predire, che ogni qual volta in uno di quelli luoghi, o in qualunque altroella folle di nuovo introdotta, Tempre ne nafcerebbe, che in breve tempo ella ragunerebbe gran quantità di fabbioni fulla delira, e volterebbe la fua foce a finiftra , e per lo contrario in porto di S. Margherita, per cui ella sbocca­ va, reliando privo d’ eflain tutto, o in parte piegherebbe la fua foce, al­ lontanandola dal Lido di Caorle, che gli dà a Anidra, e che tanto era da. lei combattuto , e tanto più fe ne Tedierebbe verfo l* alto mare, quanto maggior copia d’ elle acque della Piave fe ne divertine, il che ne ridon­ derebbe a benefizio di quella Città, e tanto appunto è fucceduto quell’ anno, mentre il Lago di Piave l’ Inverno decorfo, avendo rotto accidental­ mente gli argini verfo il porto di Cortellazzo ne’ contorni della Palude Landrona, oramai per molti meli feorre fin’ ora per ampia bocca gran parte del­ la Piave fteiTa per lo Porto di Cortellazzo in mare, ed ha trovato il Maidrato Eccell nella vifita predetta, già cominciato aragunarfi parte de’ fabioni fuori della foce di detto porto fu la delira, e febbene la foce (lelfa va tuttavia per Olirò Garbino, non dubito punto, che appoco appoco non fia per andare anche ella piegando verfo Olirò, e quindi anche in Ollrofirocco, non effendo quelli effetti, che in pochi meli pollano totalmente dal­ la natura efequirfi, ed aliai ballando, che già fe ne veda manifello il prin­ cipio, ed all’ incontro, quando giungemmo col Magillrato Eccell. fteflo a Caorle, ove fi volle far nuovo fcandaglio di quella foce del porto di S. Mar­ gherita fi trovò con ammirazione, e contento infierne di quegli abitanti, che prima non fe n’ erano avveduti, ellergià divertita quella foce dal pri­ miero fuo fito, nel quale riguardando a una quarta di Levante aGreco, foleva fare continua batteria contro gli Argini, e Rive di quella Città. ed ora (là voltata ormai a una quarta di Levante a Sirocco, onde non più sì ret­ tamente le percoteva, e farebbefi ancora più ripiegata verfo la delira, fe oltre il refiduo della Piave, che in buona parte tuttavia vi feorre, non vi correlTero eziandio Pacque del fiume Livenza, che nella (lefia Laguna di Caorle hanno il fuo (carico. Ecco dunque confermata da triplicata efperienza la Dottrina, che ip per avanti aveva (labilità, e la quale vado fperando fia per verificarli in molti altri fiumi di quedo Golfo, e forfè anche degli altri mari, fe fi faranno pri­ ma aggiuftati rifleffi alle correnti del mare medefimo, le quali ponno ben’ edere in qualche luogo a caula d’ altre circodanze de*fui, o fia per fcogli occulti fott’ acqua, o per manifede interpofizioni di punte, o fia capi, o promontori, che le interrompono, o perla fituazione d'Ifole vicine, ven­ gano interrotte, o divertite in altra parte, o forfè ripiegata al contrario in quel modo , che dalla gran corrente del Bosforo Tracio , c lia canale del Mar Negro prefio a Codantinopoli racconta il Signor Luigi Marlìli nell' operetta ftampata in Roma pochi anni fono il titolo d i......... che in cer­ ti luoghi, dove le rive formano feni alquanto verfo terra, la corrente va tutto al contrario di quello ella faccia nel mezzo d’ eflo canale, dove ella ■ corre perpetuamente dal Mar Negro verfo l’ Arcipelago, anzi dirò meglio nella güila , che vediamo in molti luoghi ne’ fiumi, ove vicino alle rive , ed in particolare predo certe ripiegature delle medefime (corrono l’ acqup manifeilamente dall’ inferiore, verfo la paite fuperiore al contrario della corrente,principale del fiume medefimo : le dico in tali luoghi del mare ove fi trovafie un fimil accidente, che la corrente del mare nonandafi'edall ja fimlìra alla delira, come fa in quedo tratto dell’ Adriatico, ivi non fi rovaflero corrifpondere gU effetti alle preacccnnate regole, non me ne fa-

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ADRIATICO

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rei punto maraviglia , mancando , in quel cafo i fuppofti della regola ileffa : anzi pure quando in effetto la corrente del mare in vece di fcor* rere da finiilra, a delira, come quà, andaffe, da deflra a iiniftra, come in qualche altro paefe, farebbe effetto delle regole ftefle, che voltafleroi fiumi le foci a deflra, e fermaffero i labbioni fulla finiftra, e finalmente fe in qualche mare privo d’ arene, e terminato folo da fcogli, come fi vedo­ no in motti luoghi, la Riviera di Genova, qualche rive dell’ IUrtar, Dalma­ zia, Regno dì Napoli, ed altre, fearicafle alcun fiume, nè perciò fi vedef. fero congregar labbioni d’ alcuna parte, non mi ilupirei punto quand’ an­ che vi fofie la corrente del mare limile alla noftra: perchè in quei fondi si grandi Ce vi giungono arene, o portate dal mare detto, o pur anche da’ fiu­ mi, non ponno effe da quei riforgere : mentre il motodelle tempefte nè può giungere fin cotaggiù a fconvolgerle, e portarle ad alto, nè quivi giunte ■ avrebbero dove fermarti : onde la foce del fiume reilando libera lèguiterebbe il fuo corfo fra l’ acque del mare, ove Taltre circoftanze naturali ladeterminaflero, ma nelle palificate di Pordilio il negoaio va ben divertamelite, vedendoti quivi i labbioni efferfi fermati ingrandiffìma copia , eaver for­ mato fcanno, anzi lido {"coperto ormai d’ ambe le parti, t'ebben maggio­ re, e piò predo (ulta mano Anidra, che è la parte ui dove vengono, mi­ nore, e dopo più tempo fulla dedra: il che proviene perciò, che la pali­ ficata troncando il corfo alla correntia del mare, ede labbioni fa redar ac­ qua morta anche fulla Anidra, il che non fanno i fiumi , perciochè urtando Tacque all’ intoppo immobile della palificata, nè potendo quivi profeguir il fuo corfo, lo arredano, e depongono i fabbioni così dall’ una, come dall’al­ tra parte, laddove il fiume lafcia bensì T acqua morta fulla tua dedra, ma non impedifee, che il inare dalla Anidra non corra fino a lui, ove giunto lo divertifee dal primo corfo, e lo conduce fecoverlo Paltò mare, da! che nafee, che il fiume rare volte produceffe fenfibile fcanno fulla finittra ; per­ chè in vece di far quivi deponereifabbioni, gli conduce feco verfo i fon­ di maggiori del mare. Perchè dunque i fabbioni vengono da Anidra a de­ lira, perciò fi fermano da principio in gran copia tuffa fmidra de’ guardiani; ma perchè anche dalla dedra rimane acqua (lagnante, perciò quei pochi, che vanno capitando da quella partequivianch’ eflì fi fermano, e col tem­ po fi vanno innalzando, di modocbè la differenza dal guardiano al fiume in queda parte confide in ciò, che ambedue divertirono bensì i tabbioni d ambe le parti, ma il guardiano li ferma da ciatcun lato, ed il fiume ferma uelli a man dedra, e porta verfo i fondi maggiori del mare quelli, che ovrebbono fermarti tulli Ànidra. . , . Per lo contrario i guardiani vicini a Malamocco non fermano i fabbioni fe non fulla dedra: perchè piegando in quel (ito i lidi da Ponente appoco appoco in Libeccio, ed Olirò la corrente maritimas' accoda con più forza a terra, ed urta con più vigore in quelle palificare dalla fmidra piegando a lungo di quelle, onde non vien rintuzzato, ma fol ripiegato il fuo corfo > e perciò non vi depone fabbioni, e folo li depone fulla dedra, ove rima­ ne l’ acqua priva di corrente, ed in tal modo rimane per mio credere rifoluto anche il fecondo problema, eh’ io già prepofi &c. Sarà dunque ormai tempo di raccoglier i frutti, che d3 quede oftervaztoni io mi penfo fi pollano tirare, cioè a dire indagare quali conleguenze d* importanza riluttano dalla verità di quedi ftabdtti fuppofti : il che (pero t3rà non meno di loddijftzione all’ Eminenza Vodra, che d’ utile iinportantiflìmo a queda Serenitfima Repubblica, di cui PEcceffenciilima Cala Baiadonna è così uobff parte • .

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33<5 / L M A R E In primo luogo adunque, (iccome io fui Tempre di ferma opinione, che ÌÌ3 veriffima, e Santiflima la maliima cortame di quello Eccellentiflìmo Se­ nato d’ andar divertendo da quella Laguna tutti i fiumi che per l’ avanti non folo con le torbide l’ andavano atterrando, ma con la naturalezza dell’ ac­ que medefime propagavano d’ ogni intorno quei canneti, che foliti nafcere in tali paludi infettano l’ aria di non fo qual poco falubre efalazione , onde fono quafi difabitate le già grofle popolazioni di TorceUo, e di Mazzorbo: nè da quefta incontraftabile verità abbia badato a difiraermi 1’ aver credu­ to, e con ragioni per altro ingegnofiflime, e dotte, procurato di provar il contrario, il dottiifimo, e da me in ogn’ altra fua cola riverito Abate Don Benedetto Cadelli: onde dimo debbanfi Tempre benedire dalla pollerità tutta, le grandi applicazioni non meno, che i difpendi di tanti mi­ lioni, impiegati nè lunghi tagli, o fia nuovi alvei fatti al Bacchiglioni, ed alla Brenta per condurli con altr’ acque più lungi, che s’ ha potuto da que­ lla Dominante, e nel divertire altresì dalla parte di Tramontana il Sile, ed altri fiumicelli minori, il che s’ ha effettuato oramai quafi intieramente, ol­ tre la diverfione della Piave, e della Livenza in altre parti {labilità nei Tuoi primi Decreti dall’ Eccellentiflìmo Senato a quedo folo oggetto di dar luo­ go nell’ amico alveo di effa Piave, che doveva effaabbandonare, ali’ acque del Sile medefimo, e deglialtri tre fiumi minori, cheoramai vi fonola mag­ gior parte introdotta : oulladimeno non può la mia ingenuità, e il zelo ae vantaggi di queda Seremffìma Repubblica nasconder il dubbio, ch’ ho, che non fia alquanto lungi dal vero la maffìma , che da circa trent’ anni in quà è fiata d’ alcuni di quedi Ingegneri divolgat? effer neceffariflìma, e di fomma importanza, mandarla Piave a sboccar in mare, quanto più lontano poflibi! fia da quedi porti, da quali non era difcodo l’ antica lua foce più d-i nove in dieci miglia, ed ho gran dubbio , che ficcotne era neceflario levar­ la dall’ antico fuo alveo per dar luogo al fiume Site, così farebbe prefitta vele al Pubblico interefle non la portare molto quindi difeoda, onde fia anzi beneficio ben grande aquedi porti lafciarla feorrere in avvenire per Ip porto di Cortellazzo, ove la natura, anzi direi meglio, la Divina affìttene l’ ha finalmente di fua mano condotta. Sono fpeciofe le ragioni sù le quali fi fondavano quegli Ingegneri, che alla maffìma predetta davano la manto, imperocché ( dicean eflì ) la Piave fium e ben grò fio , e che ne' tempi delle fu e piene porta giù fin da più alti gioghi del Belluriefé, e Cadorina a'confini dell’ Alemagna non meno copiofe , che rapide, e torbide le fu e acque , giungendo in mare porta J'eco f i gran quantità di fa b b ìe , e di lezzo, che ne loffia per molte miglia a ll' intorno della fua foce colorito i l mare fle ff o ,■ onde per quanto r e f i la parte più gròfia vicino alla fila bocca radunata in fo r­ ma di fcanno, la parte però p iù lìmo f i , e più difficile à deponerfi in fondo t‘ è ve­ duta ben molte volte giongere non folo vicin a , ma dentro le fauci ftefie d i quefti p o r t i , onde è evidente, cb' ella portava dentro à quefte Lagune nelle vife e re , cioè p iù vitali di quefla Dominante i l più mortale veleno , equi additavano a confer*

inazione di quedo loro detto l’ aberrazioni, che s’ andavano facendo den­ tro a porti medefìmi, particolarmente ne’ contorni della Certofa, e limili, le quali però dopo il trafporto della Piave a luoghi più lontani, fono anzi maggiormente, e con più notabili progredì, accreliciute; ma io averei ben molto volentieri add mandato a que’ tali Proti, che predicevano quede ra­ gioni , f f credevano veramente, che i fabbioni , cb' entravano nelle tempefte da que-

f f i porti in Laguna fo fiero folamentc quelli della Piave , ovvero almeno la maggior parte da lei proveniffsro , in modo che fermata p e r D ivina Onnipotenza la Piave ftt i monti ,fo jfero p er rimaner fubito ejenti da ricevere p iù fabbioni quefii p o r ti,; a que-


A D R I A T I C O, qutfli fta n iti, anzi gliaverei interrogati volentieri, f t credevano, che g l i [cann i di fa lcio n e , che a canto d i q'«etti fium i f i generano in mare fa lla loro d e lir a , fò ffe ro conipufii foto di quell' arene , e ie fic o portano i medefimi fiumi nelle loro torbi­ de piene quell’ anno ijiejjb , o pure ve ne fiano di quelle eziandio, che vennero g ià da que’ monti a tempi dell' afiedio di T ro ia , anzi in quei ft c o li, che regnava Gia­ no , e Saturno. A me del certo ha infegnato molto diverfnmente 1’ evidenza

del fatto, mentre lono zo. annidai HSÓ4. in quà, che l’ acque della Piave fcaricano in mare per lo porto di Santa Margherita, e per relazioni giura­ te di tutti ¡pratici peccatori, e marinari di quel paefe, fifa , che nonègiurtta in mare pure una filila d’ acqua torbida di quel fiume, anzi Tempre, e nelle (lede grandifiimepiene, è fiata veduta fcorreredai porto di S Mar­ gherita, fe non limpidiflìma, certo fenza fabbioni, e n’ era la caufa, per­ chè giunca nel lago allo sbocco dal taglio nuovo, in diftanza di Tedici mi­ glia dal porto luddetto, e trovandoli quivi fui piano iteflodel mare, fenz* altra caduta, fuor di quella, checoll’ ingroffarfi fifa ella medefinia, e dilatandofi per l'ampiezza d’eflo Lago, che ha di giro ben trenta miglia, per­ de fui bel principio ogni vigor del Tuo corfo, e depone ogni fua terrèftreità , avanti d’ efler giunta ne pure a mezzo il Lago medefìmo, e tanto più do­ po, che vi nacquero da per tutto foltiflìmi canneti, che refifteudo al cor­ fo dell’ acque, le sforzano canto piùa depofitare il pefo d’ ogni terrena miftura; onde per fette, e piùmiglia, prima di sboccare in mare, non fi trova veftigio ne i fondi, o memoria negli uomini, che in quelli venti anni ella ¿3 veduta deponere, o (eco portar fabbioni; e pure inquello tempo fi lo­ no radunati in si gran quantità i fabbioni full» delira fua riva del mare, eh’ hanno prodotta una nuova fpiaggia, lunga più miglia, appretto quel Lido, e larga alcune centinaia di palli, che avanti, eh'ellaquivi corrette non vi lì trovavano, lì da chi dunque fono fiati fomminillrati que’ fabbioni, fe non dal mare iftefio? ed il fiume Sile, che nafeendo da fontane fituace in pia­ nura poco fopra Trevigi, feorre mai Temprechiaro, e limpido, nulladime.» no ne’ pochi meli, ch’ egli fcarica nuovamente in mare per 1’ antico porto di Piave, nonhaegli fatta depofitare lolla fua delira , conforme io dilli di fo­ pra, indicibile quantitàdi fabbioni, non mai dalle Tue acque portati, ma fomminiftraci dal mare iftefio? E dubiterà l’ Em: Volita y che il mare dal Dilu­ vio inquà, arricchito di quotidiani tributi d’ arene, non abbia ornai da fe* fenz’ altro aiuto di quelli due fiumi tant1arene, che ballino a produr quelli fcanni , a intorbidarlo nelle rempefte, e nel tempo di quelle introdurne pùr troppe dentro quella Laguna ? credo ben’ io più vicino al vero il dire, che trovandoli quella fpiaggia da Caorle, o fia dal porto di S Margherita fino al porto di Venezia , lunga fecondo l’ opinione collimane $6 in 38 miglia* e quali tutta diftefa in una dirittura da Scirocco in Maeftro, non più inter­ rotta da fiume veruno, dopo che la Livenz», e la Piave fono fiate altro­ ve condotte» abbia avuto per tutto quello tempo, un corfo non interrotto la correntìa del mare a lungo di quelli lidi, con la quale ne’ tempi burrafeofi (corrono eziandio i fabbioni da finiftra a delira, ficchè non trovando per la mancanzà de’ fiumi fuddetti intoppo, che li fèrmafle, più copioiamente del (olito fi fono veduti avanzare vedo quelli potei, ed intvodurfi eziandio dentro d’ etti, dal che è nata l’ interrazione più manifefta ne’ con­ torni della Certofa» ed altri, e l’ alzamento infieme dello fcanno detto la Pifciotca, in faccia al porto Hello di S Niccolò, ches’ erasìfattaminte accreiciuto, che verfo il Lido di S. Erafmo, ed in altri lìti in quel contorno, non rellavano per fcandagli fatti poch’ anni fono, più di due piedi d’ acque io tempo ue battei nè dee dubitarti» che i fabbioni facciano quello Y

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corfo a feconda della corrente del mare anch’ effi, mentre pur troppo s’ è veduto, dopo la mancanza de’ fiumi Piave, e Livenza dagli antichi loro luo­ ghi, efferfi appoco appocodiftrutti, ed annichilati quegli fcanni di fabbioni, che i fiumi avevano colà fermati, che non altrove fi fono veduti trafportati, che verfo i porti di Venezia. Or tutti quelli effetti, dico, non farebbono fi fattamente fucceduti, fe alungo di quella riva fodero fiati fiumi, che ta­ gliando la correntìa del mare avellerò arredato, nel modo già fpiegato, il corfo de’ fabbioni. E li figuri 1’ Em: Voftra che fcorrendo quell’ arene dal­ la foce del ragliamento fino al porto di S. Margherita per lo fpazio di mi­ glia........e qui fermandoli a caufa della Piave, che attraverfa loro il cor­ fo , refta nondimeno di poi tutto lo fpazio di 36 miglia, e più da S. Mar­ gherita al porto di Venezia, le di cui rive fcopate, per così dire, dalla corrente del mare verfo Venezia , mandano la fua porzione d’ arene, lequa­ li da che del 1664. fu quivi condotta la Piave, mai più hanno trovato al­ cun altro impeto, chelefequeftrafle per ftrada, fe non quanto gli evidenti pregiudizi, che portavano, diedero impulfo a far fabbricare fei o fette anni fono i due guardiani, o fia palificate nel luogo detto porto di Lido mag­ giore, a’ quali una gran parte di effe urtando fi fono in quello tempo qui­ vi sì fattamente moltiplicate, che ornai fi ftendono alla quantità di molte, e molte centinaia di campi di terreno fcoperto , ove prima era il mare; ma i guardiani fatti a mano non ponno inoltrarfi sì avanti nel mare a tagliar il corfo a’.fabhioni, quanto s’ inoltra la forza d’ 11» fiume, e perciò febbene né fermano molta quantità, èperòmoltopiùquella, cheferma un fiume. Confideri dunque 1’ Em: Voftra quanto meglio, ed opportuno farebbe fiato, che lafciando a S. Margherita la Livenza, fi foffe fatta sboccarla Piave nel porco di Cortellazzo, lontano da quello di Venezia 21. miglia fole; acciò raccoglierle quivi i fabbioni, che di verfo Caorle vengono; onde rimeffe poi 1*acque del Sile inPiave vecchia , quivi quell’ancora rompeffero il cor­ fo de’ fabbioni, che dalla riva di Cortellazzo fino a quel luogo veniffero fcorrendo, onde non reftaffero di poter venire verfo Venezia altri fabbioni, che quelli, che fono da Piave vecchia in quà , equelli fequeftraci anch’ elfi gran parte da’ guardiani del porto di Lido maggiore, in tanca minor copia poteffero portarli verfo il porto di Venezia,' il che appunto nello fiato delle cofe prefenti, durante aperta la rotta di Piave verfo Cortellazzo fi ve­ rifica, mentre unaparte d’ effa Piave, per la nuova rotta fcaricando in Cor­ tellazzo và di già manifeftamente radunando fabbioni falla fua delira, é formandoli confueto banco d’ arene, le quali fenza il corfo d’ effe feorrerebbero avanti verfo Venezia, ficcome il Sile ufeendo oramai per Piave vec­ chia, nondilfimile effetto produce, che però io non ho dubbio veruno po­ terli francamente aderire, che i fiumi sboccando inquelli liti nel mare, fer­ vono di tanti guardiani perpetui, che fenza fpefa pubblica per mantenerli, fanno continui, e ben difpofti ripari a lungo di quelle fpiagge, contro la cor­ rente di quelle sì pregiudiciali arene. Ricornando dunque alle ragioni, con che perfuadevano alcuni Proti 25. anni fono, effer neceffariò portar (a Piave non folo in S. Margherita, lun­ gi 38. miglia dà Venezia, m3 più in là ancora, fe fi foffe potuto, acciò le fue torbide non poteffero arrivare per cempelta veruna ne’ porti di Venezia, dirò in primo luogo all’ Em: Voftra, che febbene è quella opinione fermilfima d’ alcuni, nondimeno io non trovo dentro le fcritture dell’ Ecc: Magiftrato, e molto menonella mamoria de’ viventi , a quanti ho potuto parlarne, alcuna prova evidente, che le torbide di Pi3ve, avanti il 1664. perveniffero a Venezia; non mi movendo a crederlo con fermezza il vedere, che 1 .v que-


A D R IA T IC O .

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\ q jje fti P i o t i lo ab b ia n o n u d a m e n te a d e r i t o * m e n t r e n o n h a n n o p o r t a t o n è c a g i o n i , r iè e f p e t i e n z e , c h e l o p e r f u a d a n o , e v e d e n d o t i a n c h e a t e m p i d ' o g g i n e l l e t e m p e f t e d i m a r e , c h e l ’ a c q u e d i q u e l l i p o r t i s’ i n t o r b i d a n o » e d i v e p t a n o b ia n c h ic c e ,, c o m e fa c e v a n o a l l o r a , e q u a n d o fono t e m p e . f t e g a g l i a r d e , la f c i a n o di q u e l l a fua t o r b i d a i f e g n i l o l l e B a r e n e , c fin o l u l l e l e a l e d e l l e r i v e d i P i a z z a d i S M a r c o , n o n o t t a n t e , c h e la P i a v e a l p r e d e n t e lì a c o s ì l o n t a n a , m e r c è c h e q u e l l o m a r e h a d i f u o a n t i c o p a Wfnottio, l e n z ’ a l t r o a i u t o d i P i a v e , t a n t i f a b b i o n i , c h e b a l l a n o , e b a f t e r e b b o n o p e r a l t r i le ifa n r a f e c o i l i, n o n P olo a i n t o r b i d a r e q u e l l ’ a c q u e , m a a c c u m u la r e m o n ti ben a lt i, o v e fo n o o g g i i p o rti lleifi ; ed o l t r e i fa b p i o n i , v i è ,b e o l e c o a l t r o l e z z o l ò t t i l i f f i m o t è m p r e , c h e r e n d e I’ a c q u a C o s i b i a n c a .. M a p e r c h è n o n p a i a a V - E m i n e n z a e h ’ i o d u b i t i f e n z a r a g i o ­ n e d e l l ’ a f f e z i o n e f u d d e t t a , c o n f i d é r i la f u p p l i c o , c h e p e r a r r i v a r l e t o r ­ b id e da P ia v e v e c c h ia fin o a q u e l l i p o r t i , è n e c e f l a r i o , c h ' e l l e n o v i fiar i o p o r t a t e d a l l a c o r r e n t e d e l m a r e , la q u a l e p e r g l ’ i n d i z j , c h e n è h o a v u t i , e n arrati f o p r a , appena f e o r r e tr e m i g l i a , o g n i v e m iq u a ttr ’ o re ; o n ­ d e f a c e v a n o d i b i f o g n o in q u e ’ t e m p i t r e g r a n c i r c o f t a n z e , p e r c h ’ e l l a c i g i u n g e d e . P r i m a , e h ’ e lla (Ie lle ¿tre g io rn i a lm e n o p e r i ltr a d a , e ffe n d o dal ¡p o r t o d i S N i c c o l ò a lla f o c e v e c c h i a d ’ efla P ia v e n o v e m ig lia in d i e c i . ¿ S e c o n d a , c h e t u t t i q u e l l i g i o r n i A ia a g i t a t o i l m a r e d a l l a f o r t u n a i n m o . d o i c h e n o n p o l l a d e p o r r e . e(Ta t o r b i d a n e l f o n d o : . T e r z a , c h e la t e m p e ­ s t a a p p u n t o s ’ i n c o n t r i in q u e ' g i o r n i , c h e la B i a v e e n t r a i n m a r e t o r b i - O a , c i o è in t e m p o d e l i e l u e p i e n e , l e q u a l i n o n f u c c e c f o n o p iù di t r e , o u a t t r o v o l t e 1’ a n n o il p i ù , e t a l o r a u n a , e u e f i ù n a ; d i m o d o c h e u n a i q u e l l e c i r c o l l a n z e m a n c a n d o , n o n fi v e r i f i c a v a 1* e f f e t t o , c h e l e t o r b i ­ d e , e h ’ e n t r a v a n o in q u e l l i p o r t i f o d e r o 1 ’ ilte fT e , c h e p o r t a v a in q u e ’ - t e m p i la P i a v e , p o t e n d o e d e r e v e r o , c h e f i a n o d i q u e d e , c h ’ e l l a p o r t ò x i i l l e , e p i ù a n n i f o n o , d e l l e . q u a l i p u r t r o p p o il m a r e è p i e n o . N è fi d i .

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•ca> c h e à i v e n t o p a r t i c o l a r m e n t e S c i r o c c o j l e p o r t i m o l t o p i ù p r e d o , p e r ­ e t i ' a l t r o è il f a r g o n f i a r l ’ a c q u e a m m a l i a n d o l e » a l t r o è il f a r l e ( c o r r e r e : l i S c i t o c c h i f a n n o g o n f i a r l’ a c q u e a q u e l l e p a r t i , f i n d u e , o t r e p i e d i f o p r a i f c o m m u * n e , lo c o n c e d o ; d u n q u e le fa n n o c o r r e r e c o n v e lo c it à ? n e g o q u e lla v e l o c i t à : n è c r e d o , c h e la c o r r e n t ì a a c q u i l l i v e l o c i t à a r a g i o n e d ' u n m i g l i o d i p i ù al g i o r ­ n o , e c i ò a n c h e p e r p o c h e o r e in t e m p o d i t e m p e f t à , f u o r i d e l l e q u a l i e l l a r e f t a n e l f u o c o r i o o r d i n a r i o , la q u a l c o l a b e n c h é p a i a l l r a n a , f e o c c o r r e l l e p o t r e i f o r f è d i m o l l r a r e c o n m o l t a f a c i l i t à (dii £ m : V o l b r a , m e n t r e q u a n t o è f a v o r e • JL °le S c i r o c c o alla c o r r e n t e p r e d o i L id i d e l l ’ A d i l a t i c o d a lla p a r t e di T r a m o n t a n a , a l t r e t t a n t o è c o n t r a r i o a l l ’ a ltra c o i i e n t e d e ’ L id i p r e d o I t a ­ l i a , o n d e g o n f i a t e , c h e f i a n o l ' a c q u e al l e g n o , c h e p o n n o , la c o r r e n t e n o n p u ò p iù r i c e v e r e v a n t a g g i o a l c u n o d a ’ V e n t i , i : q u a l i q u a n t o la fp in £ o n o p e r u n a p a r t e t a n t o 1* n l p i n g o n o d a l l ’ a l t r a - M a q u a n d o fi c o n c e d e l i e , c h e fi v e l o c i t a n e e l l a q u a l c h e p o c o p i ù d i p r i m a , f a r e b b e r o n o n ­ d i m e n o T a riffim i i c a l i , n e ’ q u a l i e l l a p o t e l l e p e r v e n i r v i , - p e r c h è a b b i a m o d e t t o , c h e c i ò n o n p o t r e b b e f u c c e c l e r e , f e n o n i n q u e ’ g i o r n i , c h e la P i a v e a v e l i e la p i e n 3 , la q u a l ’ è b e n s ì c a u l a t a p e r l o p i ù d a S c i r o c c h i , c h e l l r u g g o n o l e n e v i d e ’ m o n t i , m a n o n g i u n g e al m a r e , l e n o n m o l t i g i o r n i d o p o , d o v e n d o ( c o r r e r e p iù di n o v a n ta m ig lia da C iv id a l d i B e l­ l u n o f i n o al m a r e , f e c o n d o i l c o r t o d e l t o r t u o f o f u o a l v e o , o l t r e r a m e m i g l i a , c h ’ e lla c o r r e p rim a d ' e d e r e a C i v i d a l e , d ai c h e n a f e e , e h ’ ella n o n a r r i v a p e r l o p i ù a l m a r e , c h e n o n f i a n o g i à c e l i a t i li S c i r o c c h i ; c h e p i ù d e l l e v o l t e f o lo p e r t r e g i o r n i , m a a l p i ù n o v e g i o r n i f o g l i o n o d u ­

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rare. Siccome

dunque no» è p o tà b ile , c h e

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340

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«ano giammai in quello porto V acque torbide, qualora sbocchino dall antica foce di Piave , eh’ è lontana circa nove miglia da porti medehmi, che prima non abbiano per ìflrada depoilo il loro torbidume, eflendoco­ sì lento il moto della corrente marittima, di tre, o quattro migliaal gior­ no, che vuol dire d’ un miglio in ott’ore, che non può foftenerfi la terreftreità per iftrada, ficchè non cada a fondo, quando non fia aiutata dalle tempere, così quando anco la Piave porti quattro piene all anno, è difficile, che d’ ogni quattro una fe ne incontri a venir in tempo di tempefla; ma non già dubitabile, che nelle tempefte non abbia tempre il mare di dove intorbidarli, e portar a Veoezia fabb'ioni, de quali conlerva pur troppo pieni i magazzini delle fue profondità, ove ha deportato tutte quelle, Che in più di cinquanta fecola gli hanno contribuite quelli fiumi; e malgrado noftro vediamo, che dopo portata la Piave in a.Mar­ gherita 28. miglia più lontano di prima, fono anzi entrati piu copiolamente ne’ porti, s’è alzatopiù del folito il banco della Pifciotta, e fi iono vedute in ogni tempefta bianchicci« al fuo folito Tacque manne, quant erano avanti; ed in effetto feinterroghiamo, marinari troveremo, che iti tutti i mari, che hanno fondo d’ arena, e dove non fia molta profondità d’ acqua, nelle tempefte Tacque s’ intorbidano, e s’ imbiancano, e ììanvi fiumi vicini, o no fenza diftinziotie. Non è dunque buona confequenza il dire: fi vedono entrare in quelli porti Tacque torbide intempo di tempefte, dunque vengono quelle torbide dalla Piave, imperciocché nelle diligenze che ho fatte non s’ è trovato ehi fappia, o polla dire, che do­ po trafportata la Piave a S. Margherita, lian meno bianche del lolito l acque marine nelle tempefte, ma anzi rutto al contrario fi Icorge manifello da vifite locali dell’ Ecc. Magiftraro, e da efami de pefcatori , e marinari pratici, che fono entrati più del Solito i fabbioui del mare den­ tro la Laguna, ed in particolare verfo la Certofa, in poca diftanza del­ la quale fi pefeano già le cappe lunghe, o fia cannelli, che non lì tro­ vano giammai per detto de’ peccatori, fe non in poco labbione marittimo, certiffimo légno, chelifabbioni del mare feotrono più copiofi del folito a quella volta, dopo che la Piave allontanata non li rattiene, come pri­ ma faceva. Se alcuno dunque aveffe creduto, che li fabbioni, eh’ entra­ vano per quelli porti, follerò gli fteffi, che in quel tempo porta la Piave al mare, fi farebbe ben’ ingannato alTingroflo, perchè anzi 10 lono di pa­ rere, eh’ il mare ne abbia forfè firi dal diluvio in quà sì gran copia dei fuo, che dal levar, o dal lafciar quelli della Piave, non patta egli fenIli i d i l l i

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celi. Sig- Luigi Sagredo, già Savio del Eccell. dell’ acque, ed ora digniflìmo Patriarca di Venezia, Signore di quella intelligenza profonda, prudenza, e integrità ben nota all’ Em: Voftra , e al mondo tutto, che mentre egli rifiedeva, come uno de’ Savj in elioMagiftrato, l’ anno, che * precedè T"efairazione del Sercnifs. Duce Sagredo fuo Fratello di glorio­ la ricordanza, fi portò egli con i Miniftri del Magiftrato a far fcandaglia» re li fcanni davanti il porto di Venezia , e fi trovarono peggiorati, cioè alzati di fondo in dodici anni dopo il trafporto della Piave fino a quel tempo , più di quello fi follerò accrefciuti in feflànta anni avanti detto Nè lafcio di riflettere, che quando fotte vero, che dando la Piave nell* antico fuo fico , le lue torbide potettero qualche volta giungere fino al por­ to


A D R I A T I C 0.

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to di Venezia, da cui, come ho detto era lontano nove miglia, non è on­ ninamente verifimilé, ch’ elle vi pollano giungere dal porto di Cortellazzo, eh’ è lontano da’ medefimi più di 22. miglia, orid’ è un troppo temere, e farli fantafma d’ ogn?ombra , il dire, per quello folo fondamento, doverli ella non folo mantenere in S. Margherita, che n’ è lontana più di 36. miglia, ma fepoffibil folle mandarla eziandio più lontana. Concedo anch’ io per veriffimo, che nelle Fortezze, e nelle Navi di guèrra fi dee tenere per ogni lato lontano il fuoco da' magazini di polvere, e perciò doverli per maggior cautela fabbricarli ifolati, e difgiunci da ogni abitazione, ma il proibire per quello rifpettó 1’ accender lume , o fuoco in qualunque luogo della Fortezza, edella Nave, farebbe unafuperflua, e troppo abbondante-caute­ la. Se la Piave dalla diftanza di nove miglia è (lata portata a maggior di­ ftanza', è (lato un ottimo corifigtib, ed utiliffima rifoluzione per poter, dar luogo nell’ Alveo da lei abbandonato all* acque del Sile, ed altri fiumi, eh’ entravano in Laguna dalla parte dì Tramontana', e rifanar per quello mez­ zo l’aria, e divertite i pericoli di quella Rèal Dominante. Dunque facon.» cediamo per vero il fuppollo de’ Proti, che hanno detto, ch’ ella portava con le fue torbide nocumento a quelli porti in vicinanza di nove miglia, allontaniamola, che non polla più giungerci: portiamola lontano il doppio, più oltre fino in CortelIàZzo, che è lontano altre tredici miglia, che faran­ no 22. miglia in tutto di più; che s’ ha da temere? io per me non ne te­ merei più di quello temeffi delle torbide-del Danubio» Per efler licuro dal Cannone balla effer fuori del fuo tiro, nè accade fuggir lontano venti mi­ glia, fe quello non può giunger lontano un miglio. Ma s’ egli è il vero, come afferifeono tutti i pratici di quelle Lagu­ ne , eh' in que’ luoghi, ove corrono acque dolci a mifchiarfi con le falfe, quel fotti! lezzo, che portano feco i fiumi, mefcolato con l’ arene falle, produce una crolla di terreno affai più dura, e refiftente alla corrolione dell’ onde, di quello fia il puro fabbione, io mi do anzi a credere, che l’ ufcita de’ fiumi torbidi nel mare, oltre fermar il corfo a’ fabbioni tagliando la correntìa del mare, nel modofopraccennato, efpiegaro, ferva eziandio per legare a guila di cemento i fabbioni (lelfi, acciò non si facil­ mente Ciano da’ procellofi moti dell’ onde fconvolti, e fatti avanzar verfo Venezia. Veduto dunque l’ effetto, che ponno fare 1 fiumi entrando in mare da quella parte, rella da eleminare alquanto più a minuto il corfo de’ fabbioni fteflì, e forfè potrebbe dubitare 1’ Em: Volita, che s’ egli è il vero, che il mare ne porta tanti del proprio, fenza quelli de’ fiumi, poco giovamento poffa apportare a’ porti di Venezia , il fermarne qualunque quantità fi voglia, Ocon fiumi, o con guardiani, ocon quali altri ripari fi fiano, perchè lempre ne averà il mare degli altri da fomminiftrare a’ conlueti pregiudizi di quelli porti. Ed in vero il dubbio pare a prima giunta non poco grave, ma farà facile la foluzione, fe riducendolo, come fifuol dire, a calcolo, lo elamineremo* ^In'pruno luogo dunque giacché fiamo certificati, che il mare ha quello moto di corrente lungo i Lidi da finiltra a delira, conia quale corrono an­ co i fabbioni alla (teda carriera, comecché dalla corrente già detta fono, in tempo di mare agitato, così trafportati, farebbe a propofito indagare, quan­ to s’ elìendono in larghezza ambe quelle correnti, dell’ acque cioè, e de* fabbioni. E quanto alla prima io credo, che 1’ acque partecipino di quella corrente, cominciando dalla riva per molte, e molte miglia in larghezza, v ‘ le m . /. Y 3 ma


34a M '/ f R S B r :, ma non ho.efperienze, che miniano indizio; certo della vira larghezza den* tro di etri fi mantiene quefto moto; oJstrec,bèi può anche fupporfi ¡tregua. Je, od irregolare; ben è vero eh’ effendo a caufa di detta corrente piò breve il viaggio delle galere, e d’ altri legni.da Corfú a Venezia, lungo le rive di Dalmazia, e nel ritorno, lungo le rive d’Italia, e coftumando Quelle per lo più di corteggiar in djllanza di ire miglia, piò, o meno, è fegno che queda corrente è ffnftbile dentro.a quelli ceripìniper lp meno. Dico dunque, che febbene ,T acque del mate hanno queda corrente, non folo lungo le rive, ma inlino alla didanza di molte miglia da terra, come ho detto, a caufa della quale i fabbioni commoflì dalle tempefte vanno ¡Tempre fcorrendo avanti da finiftra a dedra, a feconda della fteffa cotrcnte; nulladìmeno quedo effetto di fconvolgere, e fpingere avanti i fahbioni è fempre tanto maggiore, quanto piò vicino a terra feorrono 1’ acque. Per intelligenza di che conlideri V. Em= ch’ ogni poco d’ agitazione dell’ onde in quei luoghi, ove non è più d’ un piede, o due d’ acqua, fallava l’ are­ ne, e ne intorbida!:’ acque medefime, laddove,piùavanti , ove fiano cinque, o lei piedi di fondo redaño chiare ; ma fe T agitazione del mate a’ acere­ t e , s’ intorbidano ancora que’ luoghi, ove fono cinque, o fei piedi di fon­ do, e redaño efcnti quell’ arene, che lono ne’ fondi di io. e dodiei piedi; perchè l’ impeto dell’ onde non giunge così baffo a fcompigliare que’ fondi, a i quali però nelle tempede più gagliarde, ed impecuole, può giungere qualche commozione, ficchè fuccelfivamento, quinto più profondo è vi ma­ re, tanto più rare volte accade, che poffa intorbidarli per Cagione della commozione de'fuoi flutti, che fino al fondo forfè s’ avventano. Mi ri­ cordo però avermi raccontato il già Ecc: Sig. Marc’ Antonio. Sàoli Senato­ re Genovefe di non ordinaria letteratura, e d’ ammirabile intelligenza In tutte le cole, che odi’ occafione della fabbrica rnaravigliofa del nuovo Molo di quella Città, furono fatte [ non mi fovviene tl metodo ] induftriofe l'perienze per rìconofeere fino a quanta profondità penetraffe l’ agitazio­ ne dell’ onde, ed averli trovato, che al difotta più di venti, o pure ven­ ticinque piedi, fe non erro, per tetnpeda, che folle, non fi muovevano Tacque in guifa di poter fare impeto alcuno fenfibde. ne’ corpi, cbeimraerft vi fodero. il che pollo per véro, non ho dubbio, che da tali profondità non s’ alzeranno mai i fabbioni in sì fatta guifa d’ intorbidar T acque fuperiori, o di poter con la loro corrente andarli cumulando in altri luoghi. E non v’ è Marinaro, che non fappia; che Tacque marine non s’ intorbida­ no mai per tempeffa alcuna, fe non ne’ luoghi di poco fondo, eccetto che quando le tempefte fona originate dal fondo fteffo del mare, e non da ven­ ti di fuori, perchè in que’ cali ( che fono però rari ) fcaturendodal fondo Tefalazioni, ch’ agitano il mare, ponno da quello alzare il torbidume fino alla fuperficie, ed hanno i Marinari per fegno peffimo »1 veder torbido il mare ne’ luoghi tanto profondi, effendo quelle le più irregolari, e pericoloie tempefte; ma quefto è fuori dei eafo noftro, ove io tratto dell’ agita­ zione caufata dalle tempefte ordinarie, in ordine alle quali lappiamo, che quella parte di fabbioni più proflìmi alle rive fono più facili a ricever mo­ to dall’ onde, e per conseguenza, portati dalla corrente, andar lcorrendo avanti, e che gli altri più lontani dalie rive, e che per conseguenza fono in maggiore profondità d’ acqua, fono manco cominoIli, e che più avanti, dove il mare abhia acquiftato profondità grande, non folo non ne riforgeranno ad alto l’ arene del fondo, ma fe Tonde vicine vi porteranno delle fue torbide, facilmente ne anderà una gran parte a feppellirfi per fempre ita que’ fondi maggiori. „

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A n u í ATICO. 343 Porte dunque per vere quelle fuppolìzioni «e fegue ancori, che febbene ia corrènte del mare occupa forfè molte miglia in larghezza, cominciando dal Lido, nulUdimenola corrente de’ fabbioni » occupa molto meno fpazio, conforme più, e meno profondo è il mare lungo 1« rive medelìme, e fot* fé in quefto mare, di che parlo, non farà ella molto piùlarga di cinque, ó fecento_paffi, in quei luoghi, ove non fiano fcanni particolari, benché ili alcuni liti ella polla edere affai più d’un miglio, o due, e in altri forfè an­ che meno di zoo. palli. In fecondo luogo ne fegue, che la porzione più vicino a terra, effendo quella, che porta quantità maggiore di fabbioni impedita, eh* ella fia, o dall’iogreffo d’ un fiume» © dall’ ©(Iaculo d* una forte palificata, reità levato il maggior corpo de’ medefimi fabbioni nocivi. a.c Terzo &, perchè il corfo de’ fiumi $’ avanza molte volte verfo il mare ( febbene obliquamente, cóme s’ è détto ) ficchè giungono le fue acquea portar le fue torbide fino in qaè’ luOghi^ ove lì trova più profondo il ma­ re, di quello polla nelle retnperté pervenire P agitazione dell’ onde, quel terreno quivi portato dal fiume, e que’ fabbioni marittimi (tedi, che ven­ gono dalla finìdra còlla corrente del mare, fono da quella del fiume rapiti, e feco verfo l’ alto mare portati, ove tróvanofpazj così grandi'per leppellirfi lenza mai più rilòrgeTe, che voleffe Dio potettero ridurfi colà tutti gli altri fabbioniy che portano nocumento in quede Lagune ; Quarto, ne fegue ancori, che fe un fiume ragliando la corrènte de'fabb'roBi v.gj. pèè fo fpazio di lodo. parti, ne tùfeiaffe ancor due, o trecento pam in larghézza, ove potette la tempefta agitar que’ fondi, e intorbidarli d’arene, gràn parte di quelle però può edere trafportata più avanti ne’ fon­ di maggiori, di dove più non fHqrga, e ciò più facilmente di quello poffano glialtri fabbioni più verfo terra; oltreché in quella diltanza da terra fono bene più rare adai le témperrte dirama forza, che podano lbllevareda que’ fondi l’-arène, di quello frano 1’ agitazioni, che in manco profondità, cioè a dir più verfo le rive ne fanno l’ effetto. 1 Intefa dunque queda dottrina, per la quale fi fa manifefto, che il corfo de’ fabbioni è,fempre maggiore, dove il fondo è minore; perchè quivi ogni poco di moto gl’ innalza, è tempo, che io moftri all’ Ero: V. con qual or­ dinevadano crefcendo, o.diminuendoli fuori di quelli porti gli fcanni, e particolarmente lo fcarnio grande detto della Pifciotta, il quale comincian­ do da Pardilio, e {tendendoli davanti il Lido, e Porto detto di S Eratmo, e di là avanzandoli fiad’ avanti il porto diS Niccolò, di là con lungo, e ftretto braccio abbraccia, per così dire, la foce di elfoporto, non permet­ tendone ('ufeita, fe nontiel fine qu^fi di tre miglia di didanza dalla bocca verfo Malamocco, ed io tal modo obbligando la foce di effo porto a feco piegare a quella parte. aói. ,o;» s»:. Si figuri dunque V. Em: eh’ effendo quello un fito, dove là corrente del mare piega, piegando anco i Lidi, ed avanti al quale fono le due bocche di S. Erafmo, e di S. Nicéolò, che verfano tant’ acque in quede Lagune ne’ Aulii, che,dinuo vo nfeendon el refinifi, fa, che davanti elle bocce fi vanno ammaliando tfabbioni; onde formano éffo festino, conforme foprà fpiegai , tanto più s’ alzerà Tempre lo fcanno predetto, quanto maggior quan­ tità di fabbioni verranno dalla finiffia , [cioè di verfo Levante a quella par­ te: ma perchè quanto più «gli s’ limai za pratito più Tonde del mare facil­ mente potranno portare avanti i di lui fabbioni, fecondo, che gli obbliga ef* fa corrente), perciò qnànto più crelberà etto banco, tanto maggior copia ne farà da effo fomniuiiiìraca , che da'flufli alterati da tempefte entreranno in Y4 La-


344 r*Z M A R)E \ ' Laguna , éd adderanno a fermaffi Tulle Veline, o. fian banchi d’ effa Lagu^ na, dove vi fia manco corrente, e-ne’refluii! fjufp'mgtiranuo lungo la foce del porto, allungando I&lingua?fu{ldetta.verfo Màlamocco, ed incomodali, do la navigazione. Ma per meglio comprendere queft.o punto importantiffiipo, mi permetta.'V.Ean;ch':i0:eon,(ìdì5riqupftpfcam)oih tre maniere:, qnandocioèfonopiù ¡.fàbbioni, che vengono dalla,fiuiftra;; cioè di, vedo porto di Lido maggiore, Piave vecchia, ed altri luoghi ad inalzarlo, di quelli che da lui partendo verfo la delira lo vanno (caricando-: fecondo quando fono più quelli, che da lui lì partono nelletempelte ricaricandolo, cné non fono quelli,[Che a luifopraggiudgono ; e.terzo quando gli uni a glialrrifono in egual quantità .-Nel primo cafo è certa Cotta,, eh’ egli, anderà Tempre crescendo, e tanto ha fatto, almeno ne’ primi otto, o diecianni dopoché la PiaVe fu del 1.664. divertita, infieme con la Livenza fino in Laguna di Gaorle ; 'pèrche retlando tutto il Lidtfda Caorle fino aVenezia lenza fiumi, o alcri impedimenti, che chiudeffero il pafioal ccirfode’ fabbioni ,per loSpa­ zio di trentafei in trentotto miglia,, e ftraggendofi dal mare quelle punte, e (canni vecchi , eh’ erano rettati a’ porti di Liyenza, e Piave vecchia ab­ bandonati daque’ fiumi , erapiù,laquantità.cfi quello, che ne veniva, di quello, che fe ne andaffe, ancorché quella folfe anch’ ella.più del folito copio* fa, onde non è maraviglia le Monfg.;Illuftrifs. pReverendif$ Patriarca ri­ trovò del 1676. efler alzato elfo fcanno affai pjjù in quelli ultimi dodici an­ ni, di che folle memoria aveffe fa£to in altri 7.0, precedenti, .imperocché del i682id’ ho veduto io nelle biffe d' acqua* non aver più di due piedi ini circa, di profondità, il che concorda con ifcandagli,fatti quell’ annoda Pro-! ti pubblici, che trovarono nella colma d’ acque', non effer fra il Faro di Pie­ tra , c la foce di S. Niccolò, ed altri di quéi contorni, più di quattro pie­ di e mezzo in cinque d’.acqua, e perciò nelle baffo un ¡piede , e mezzo in due. Dalchè è riato, Che commovendofi quett’.arepé perogni minima agi­ tazione , fono, entrate 51 eopiofamente dfencrpf if ponto di S. Nicchiò in que­ lla Laguna , e la punta dello fcanno detto fi è. avanzata tant’ pitie verfo Malamocco. :. Nel fecondo cafo ( il quale credo: anderà verificandoli quando reftino 1 fiumi dove fono al prefente con la Piave* cioè inCortellazzo ) non ha dub­ bio veruno, eh'effendo manco i fabbjoni, che vengono di quelli, che van­ no, anderà feemando, ed abbaffandofi lo fcannopredetto, perchè ognipoCa commozione del mare intorbidando 11 acque nè va.portando via, ma egli e però anche il'véro; che cjuantoopiù egli ¿cernerà frettando maggióre il fondo , tanto ,mancp s’ irttotbiderann» 1’ acque peripocb vento, e perciò manco fàbbioni nè partiraitlnO, onde appopoappoco'fi ridurrà in tale pro­ fondità, che non partendo da,iluii. fe nontanti fabbioniquanttvertgono, nòii feemerà. o crelcerà d’ avvantaggio, ed allora faremo-nehrerzocalo, nel qua* le ben vede chiaro ,l’ Em: V,¡che tanto maggior acqua iàrà iopràdettoicànno, quanto più farà impedito il coi,lo de’ fàbbioni , che a lui vengono dì verfo Levante; che però quando s’ impedirà, che non vengano da (opravento tanti fàbbioni,, come venivano>er lo pattato, dovrà:etto fcanno ab* badarli appoco appoco ,>elafua punta fottoyerìto dal portò abbreviarli cón vantaggio della navigazionee della Laguna, il che in pochi anni dovreb­ be renderli inanifeltp, e continuare quello abbaiamento;finché l’ acqub fopra detto fcanno retti tanto copiqfa ,hche non.intòrfiiidandolVpiù tanto nel­ le tempeile, porti via1fol tanto di fabbiohi, .quanti ne vengono; ed; allora continuare in quello flato; onde apparisce perjnanifefta conieguenza , eflec non folo giovevoli, ma neceflarj i fiumi ne’ luoghi predetti, ¿ d i guardiani» ove


A D R I A T I C O .

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ove mancano fiumi, ficchè gli uni, e gli altri a guifa di ben difpolte For* 2e di frontiera, contro il mare, nemico di quella Laguna, nè rintuzzino da ogni parte gliaffalti. Se dunque farà avuta cura inavvenire, che fianoman* tenuti ne’ luoghi, ove ora fono, ¡fiumi Livenza, Piave, eSile; ficchè sboc­ chino in mare, come fanno al prefenteper gli porti di Caorle, S. Margheri­ ta , Corteilazzo, e Piave vecchia ; onde fervano, comes’ èmoftrato di, tan­ ti guardiani, ordinatamente difpofti lungo quelle rive, a fermar il corfo a* fabbioni, che il mare porta fempre da (iniftra a delira, e faranno mante, nuti, e prolungati occorrendo i guardiani di palificate al porto di Lido mag­ giore, che ne fermano, come chiaro fi vede, buona porzione anch' elfi, pochi ne relteranno in potere della corrente del mare per cfler portati fal­ lo fcanno della Pifciotta , adattediare , per così dire, labocca di S Erafmo, e di S Niccolò, e perchè il mare ne va afportando via da detto fcanno, debbefi iperare il continuo fuo abbafiamento finattanto, che fia fatto fondo di tanti piedi d’acqua fopra di etto, che il mare non polla follevarli, eportar­ li via in maggiore quantità di quella, che da finillra viene condotta. (’.he le 1’ Em: V. mi ricbiedefle quale di due ripari fia di maggior effetto a quello fine di divertire i fabbioni, o un fiume, o un guardiano manufat­ to con palificata, iofpererei renderlaperfuafa, che l’ effetto d’ un fiume fia fenza paragone maggiore dell’altro, perchè i fabbioni, che il mare va por­ tando da finillra a delira incontrandoli nella corrente del fiume fonoingran parte divertiti dalle rive, e fpinti verlo i fondi maggiori d’ etto mare, do­ ve caduti una volta non ne riforgono più, e folo una parte d’ etti pattando nell’ acqua morta a mano delira del fiume, quivi vanno deponendofi; on­ de è maggior la quantità de’ fabbioni fermati, e in parte divertiti da unfiu­ me , di quelli, che fono fermati da una palificata per grande eh’ ella fia , ol­ treché la palificata non può di gran lunga ellenderfi a quelle profondità, e diftanze dal Lido, alle quali giungono i fiumi minori. Tanto finora ho da poter dire all’ Em: V. in quella materia, nella quale non dubito punto, che continuando 1’ offervazioni, e le diligenze negli anni feguenti, fe Iddio mi concederà vita, e falute, potròandare feoprendo, molte cofe di più, e come che ho fitta nella mente la malfima, che la vera gloria d’ un uomo di itudio ftia nella verità, e perciò unicamente ho quella per oggetto di tutte lemie fpeculazioni pollo accertarel’ Em: V. che niuna affezione alle miequalunque fianoopinioni, m’ offufcerà, a Dio piacen­ do fi fattamente la villa, ch’ io non fiaper lalciar prontamente la llrada del­ le fin qui credute vere mie confiderazioni; ficchè io non fia fempre per inltradarmi, ove miglior lume di verità m’ addttattero le nuove offervaziO" ni- E per quello tocca alle più volte promette mie confiderazioni circa i ripari de’ fiumi, già ne ho abbozzato in altra mi3 lettera la ferie, che quan­ to prima mi piglierò l’ onore d’ inviare all’ Em; V* alla quale in canto con profondo oflequio m’ inchino, Di V. Eminenza. Venezia 22. Settemb- 1684.

Umilifs. Divotifs Obblig- Servitore Gmimano Mentami*


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Intorno al difenderli datii,ien|pifl»ini^;*q è dalle corrofioni de’ fiumi. Applicato ad Arno in vicinanza della città dì Firenze.


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C O S IM O III GRAN DUCA DI TOSCANA In torn o n i d ife n d e rji da' riem pim en ti, e d alle corrojìont d e'fiu m i

Applicate ad Arno in vicinanza della città di Firenze, ■ D

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VINCENZIO VIVIANI Mattematico di S. A. S. .

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SERENISSIMO GRAN DUCA UNI CO MI O S I G N O R E . U grande in v e ro , Sereniffimo Signore, e d’ un generofo fpirito di provvidenza Tempre vegliarne agli alti affari del fuo feliciflimo S taro , la benignità, con cui T A. V. Sereniflima mi onorò d’ interrogarmi fopra ’l negato da alcuni, e da alcuni altri affermato riempi­ mento del letro d* Arno e dentro, e fuori di quella fioritiffima fua Città dominante; ma noti punto minore apparve l’ ineffabile bontà fua , allorachè, non dubitan­ do io di tale riempimento, e replicandole, che avrei pur creduto potervifì con profitto, e forfè norabiliffim o , provvedere, fi compiacque i’ A. V. di comandarmi l’ efporlene in car­ ta i miei fentimenli, ed ultimamente ancora d’ animarmi a fpiegarle i modi giudicati da me i più {labili, e infieme i meno difpendiofi per riparare alle vicine corrofioni di quello Fium e. A tutto riverente obbedifco adeflo col prefente, qualfifia mio D ifco rfo , che dettato da puriffimo z e lo , con prò-


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‘D I S C O R S O

fondo offequio «ufo ardito di ^onffcrafíe^con^indriizatp i quell* univerfal bene, a coi fia così intenta la mente fantifnrpa di V. A. la quale per fuá incompàrahU clemènza Tuoi degnarli gradire quanto con ingenuo can­ dore fa elpnmere U mia, per.altrq, o.fcuriifima penna. . . . E prima, che ’J letto del fiume dr¿ Aino lì tía alzato, e lì vada alzando perpetuamente, è così vero, chefe vero foiTe'l contrario, non lì vedreb­ bero i minori fiumi, e torrenti, che vi mettono ridurli continuamente pia alti delle campagne per dove e’ partand, per acquiftar nel medefim’ Arno la caduta, chea lor bisogna , come ocularmente fi riconolce, per nons’ allon"tañar troppe miglia, in Affrico , e inMentala, fopra ftirenze, e qui lotto in Mùghone,'in Greve, in Bifonzio, in Ombrone, ec. ficcorhe fegue di que’ che entrano inquelli, quali fono, fra gli altri, Terzolle , la Marina, Aiolo, il Calice, ìajStella, ec- i quali tutti hanno i letti loro, cominciando poco più fn lo de’ loro sbocchi, per fa maggior parte fuperiori', imo, due., quat­ tro, e più braccia a’ loro piani laterali, dentro de’ quali, nell’antico, G e ­ minavano tutti incapati In conleguenza di tale riempimento non feguirebbonO così fpeffi trabocchi, o rotte negli argini; non converrebbe tutto giorno rialzarli; non lì repl cherebbono di tempo in tempo gli fcavamenti de’ lor’ alvei; nonfarebbe mai neceflario rifar ponti rimali;,fenza luce, e affogati; non perderebbero i Mugnai le cadute de’ lor mulini, e perciò non prenderebbero ardire di follevar le.Pefcaie con tanto danno degli adia­ centi piani fomentati, che ricevono impedimento alla libertà deproprj fcoli. Nè finalmente, fe ’ 1 letto d’ Arno non fi folle innalzato lotto le due pefcaie,di S; Niccolò, e dell’ Uccello, le lor capezzate, pcqrqne farebbero ftate follevate, e non poco, in più volte, come chiaro vi apparilce ( non ólVante die, con tutti quelli alzamenti, non avanzi ad elle caduta ) ehe perciò, fentendol’ A- V. che fo tali pefcaie, e quella malfime dell’ Uccel­ lo, venirte ridotta troppb più alta, ne fèguirebbe aliai più frequente ’1 ^in­ gorgo delle piene d’ Arno, per le fogne'della Città, coll’ infezione delie cantine per altro fané, e de’ piani terreni delle abitazioni, molto próvida­ mente ha comandato di ilabiliile uri.’ altezza invariabile, e fida per ogni tempo avvenne, come è già fiato, con Decreti, e Editti daaffigcrfi, op­ portunamente efoquito. Credo bensì', che di quelli gran rialti, greti, e ridolfi polli fopra, den­ tro, e fotto Firenze, in tempo delle grandi, e delle malfime piene di ot80, e dieci braccia, e di quelle in particolare, «he affai durano, o che vengono per abbondanti, rovinofo, e univerlali piogge, fo ne faccia tal­ volta un grandiifimo sfratto, e talvolta are fowercimento e trambufto ge­ nerale, con mutazione de’ luoghi da’più proffimi a’ più remoti, da’ deliri a’ fimftri, dalle Superficie alle profondità, ec. eche in tale occafìone la ma­ teria lottile di rena, e ghiaia venga portata innanzi, anche fotto la Golfo­ lina, e così l’ alveo in alcuni luoghi per qualche altezza fi voti. Ma perchè, da chi ha opinione che Arno non lì riempia, già mi viene accordato che i farti, che per efemplo, fi vedono da Rovezzano^ fin iopra alla Badìa a Settimo ( i qnali vanno di mole diminuendo più, e più quanto più a quella s’ accodano ) non fieno fiati creati dove e’ fono, e non vi (ien nati, nè vi fien piovuti, ma vi fien fiati condotti da Arno, e che avendone elio deporti una volta, porta tornar di nuovo a.deporvenet e mi viene ancora conceduto, che quelli farti non partanola Golfolina, anzi eh’ e*non arrivano al Pontea Signa, perchè di fatto ne’ piaggioni da erta Badìa in giù non fo ne trova pur uno; refta però concludentementeprovato, che ic di dentro a quefU lunghezza d’ Arnù non efeono, nè fi partono i faffi anti-


D I VINCENZIO VIVI ANI

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antichi, e ve ne rimangon Tempre de’ nuovi, il rialzamento del letto debba ieguire per neceffità, madiate poi col ritorno di nuove materie lottili» ««ri; °n Ci ar»e e Piene, cioè, nel mancargli la forza, rilafcia in luoGolfol^a C C”* * C maffime altezze d’ acqua effo aveva portato fotto la C^ . poi’ oll,re al e alla ghiaia, che le piene depongono inque’ gres vl c??„S.ano an.cora 8ran coP,a di rena» e di terra, non lì puòdu+ t re, perchè 1 fatto dimoierà ; oltreché i terreni adiacenti de’ particola­ ri’ rm,nPr,.k»a ? *Pa,le» e’ bofchi, dopo edere itati ben cento, e mille voi« °, e non avevan difiefa ) corrod, e portati via, pur cento, e Riamati Acqidft^62*0 de ,avori fono ricuperati, e quelli fonque’ luoghi .V? s* faj to accidente di rialzamento continuo d’ Arno dove con fadò, e ° ' C con.iena’ eteira> anche fino al mare, lo riconofcono i • trr • v?cc*1}.’ * dentro la Città loro lo fperimentanoatroppo gran coito munì, a quali in quefii ultimi cinquanta anni è convenuto piò d* una volta alzare Smuriccioli del lor lungarno P attiene a quella parte di canale, che interfeca Firenze, e ‘“C'Ponde, e le più moderne, fi riconofcono rialzate, forfè in onnfr* • 1 r>naurare,° di rifar lebanchinede’ parapetti, come feguì due n\rr,f*°a* i" ^ue m badi, dove prima s’ era olfervato, chele maffime p eoe Itavano a tocca, e non tocca di traboccarle_ alzamento di quello fondo mi fovvien or d’ averlo ofiervaco I* anno r nn ,riftaurare un voto dentro la prima pila , e fotto l’ importaU r f i r ra,de:‘ P11"1 arco di quello Pónte ammirabile di S. Trinità verte a cmeia, dove, nel far cavare colle cucchiaie, m’ incontrai a veder un **rF° , r,co d’ antico Batolo quali due braccia più bado di quello ordina­ tovi aai ramolo Ammarinati, che dopo larovina del vecchio ponte, feguita nell 1557. tu ]' Architetto di quello così venufto: ed un altro fimil laKrico di platea vecchia, riconobbi l’ anno i6<»8. eder due braccia più fotto alla platea piu moderna in occafion di far rifar quella, e di rifondare ancne a pila lotto l’ impoftatura delira del fecondo arco del ponte alla Carraia verio la Porticciuola. Due altre indubitate riprove, che queflo letto fi rialzi, le deduffi io nel r eiequire dentro gli anni 1677. e 1678. la Fabbrica da me propolla all’ ■ v. e benignamente approvatami di cjue!!’ imbadamento, che or fa Piaz’r e Vfrone d’ avanti alla facciata della Reai Galleria di V- A. rifpondenlopr Arno, la qual facciata fi follevava dal fondo, quali, che a piotno u pali di Cerro marcitili. edefi’endo in gran parte fcolzata, dava efpoLaPnma c*ie nel far preparare il nuovo fondamento, fu >? • d‘ c?,fta8no, vi fi trovò una banchina, o rilega antica, fepolta 1°^ ° 1 Piano d Arno quafi tre braccia, e moltopiù balla delle riléghe delle fponde prefenti, che fi veggono fcoperte . lec° nda* che convenendomi, per quanto è larga tal nuova piazza, tar aya"zar vers Arno le fineflre vecchie del fotterraneo della Loggia, che è in teda all altre due degli Ufizzj , prefi motivo di farle mutare un brac­ cio e mezzo piu alte, fu l’ aderto comune di chi allora vi praticava, che 1 eipenenza averte fatto vedere in molti degli ultimi anni, che ogni gran piena, contro al fedito degli anni innanzi, entrando per ede, neceffità va a condur fuori di quelle dalle i Cavalli del comun fervizio dell’ A-V. ed ol­ tre alia (pela che fi richiedeva a cavar la belletta, tenevate inferme per molti meli. E pure è da crederli, che un Architetto sì celebre, qua! fu il Ca-


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D ISC O R S O

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Cavalier Giorgio Vafari, che ineI 1560. fi trovò a ordinare,, ed à fopran» tendere a quella fontuofa fabbrica de’ Magiftrati, e della predetta facciata ( ch’ egli Hellochiama fondata fui fiume, e quali in aria)facefte fermar’ ette fineftre tant’ alte, che ne’ tempi fuoi niuna delle piene maggior» poteft'e a gran pezzo arrivarvi. Siccome è probabile, che la luddetta rilega, oggi coperta , rimaneiTe allora Superiore al pian delPacque piò balle ; come fi pra­ tica nel fabbricarle, non fi potendo conficcar a’ pali del fondamento le ca­ tene, ed i catenelli, fotr’ eliopiano, lenza un gran difpendio in contrappa­ iare, e riprefe, per comodo di aggottare, o di cavar l’ acqua con trombe, le quali non riparano alla forgente dal fondo, renofc tutto, e gretofo. Quella neceflità, che fia fiato operato in talguila; anche nel formare i batoli, e le platee de’ noftri Ponti [ le quali perlopiù in oggi non Superano, ma tanto, o quanto reftano inferiori all’ infimo livello dell* Eftate ] ci dimoftra chiaro tal’ alzamento del fondo, il quale anche maggiore appa­ rirebbe per elle platee, fe quando èconvenuto nftaurarle, e rifarle, fi foffe potuto mantenerle elatcamenre all’antica battezza, e fe’l Callon grotto de* foderi, e le Calle delle Mulina di Torto non cooperaftero- a conservar dentro quello letto un canale più profondo, il quale, in acque balle, fa fcoprire le più alte platee lotto ’I ponte di Rubaconte; e fe finalmente, le piene, in pattar più rapide per L’ anguftia degli archi, non teneffero quel» le fcariche di greto. Ma fe alcuno vi è reftìo in ammettere il tacito progrelio di quello alza­ mento, rivolgali adofiervarelungo Amo, quanto le firade fienoluperiori all* altre, che le fon dietro, e quanto le caie ( quelle però che non fieno fia­ te ammodernate ) co’ for piani terreni, fcendino fotto ’1 piano de’ predetti laftrichi feparantile da Arno* e troverà che molte vi hanno per Cantine le Camere terrene antiche, e pure una volta i terreni delle medefime Cafe dovevau tutti verifimilmente Salire, come Salgono quegli delle più nuove , e delle riftaurate, e come nell’ antico falivano per molti gradi quelle Chiefe tutte, nelle quali oggi fi Scende L’ illeflo vien confermato da’ laftrichi fepolti, de’quali parla Gio: Villani, e Don Vincenzio Borghini, e dagli altri, che fi van ritrovando di tempo in tempo dentro la Città in occalìoni divarj fcavamenti, come ( allegando foto alcuni degli ultimi, che mi lon non ) avvenne l'anno 1667. in Via, detta il Garbo, dietro alla Chiefa di S. Romolo Scavandoli a piè del Palagio, che fu già di Metter Gherardino di Ulivieri de’Cerchi, il quinto degli otto avventurati Fratelli della Beata Umiliana, dove alle braccia nove e mezzo, fotto quello, che ora lì calpefta, fu fcoperto un grolfiflìmo laftrìco, e di più una gran fogna, mu­ rata fotto di etto, ma però inutile allatto, edifmefla; e circa a tre anni do­ po, vicino alla Loggia de’ Gherardini, rifondandoli l’ antichilEroa Cala di S. Zanobi, che rimale reftaurata nel 1672. fe ne incontrò pur un altro alle fette braccia, e tre altre braccia più lòtto anche ’ 1 terzo. Un altro pari­ mente ventidue anni fono, profondo due braccia, nello Scavare fuor di que­ llo Tempio di S Giovanni, davanti alla porta del fianco, riguardante la Canonica. E per ultimo, tralafciandone cent’ altri, unotrovato inquell’ anno alle cinque braccia nel fortificare i fondamenti alla Chiefa di S. Benedetto pretto al Duomo, la qual ora fi va riducendo a Guardaroba, ed Archivio per la nuova Opera di quella infigne Cattedrale in luogo della vecchia già deftinata dalla pia , e magnanima beneficenza dell’ A- V. per la futura fab­ brica del nuovo Seminario. Quelle diverfità d’ altezze di laftrichi Sotterrati, fon contrattegni evidenti, che U Città fia fiata rialzata più volte, ma a parer mio, non Sempre in occafio-


D I V IN CEN ZIO V I V I A V I. cafione delle rovine, ed incendj feguiti, come alcuni han tenuto, ma tal­ volta per non vi poter più {'offrire i frequenti traboccai delle piene ed i 1or fingorghi per fogne delle corti, ftrade, ed orci, le quali, per caufa della ripienezza d’ Arno non vi avevano più caduta, e dando indietro, em­ pievano le cantine, e tenevano umidi i piani terreniQui non ottante sì numerofe riprove, mi fi replica da chi nega, che nata* Talmente il letto d’ Arno fi riempia, che quello dil'orbitante alzamento den­ tro la Città, è proceduto dall’ alzamento della' Pefcàia della Vagaloggia, ed è andato di pari con quello: e che'fe quella folle fiata Tempre fida, àn. che’1 fondo del fiume farebbefi confervatoàlla"njedefìma baffezzà, foggiugnendomi, che per natura, fri lina pefcaìa, e l’ altra, t* acqua corrente s’ accomoda il letto con un fol pendio diflefo in retta linea, e tale Tempre fe lo conferva col condurre al mare tutto quello chl’ è fopra tal corda. Or io, che non voglio contendere, gli concedo per ora , ed ammetto ciò, eh’ ei mi adduce; ma tutto quello Tuo detto prova appunto 1’ intento mio. Im­ perciocché, ponghiamo che la predetta pefcaìa folle una volta più bada d’ oggi, per efemplo, quelle otto braccia, per quanto il prefentè laftrico di lungo Arno torna fuperiore al pavimento delle camere terrene antiche divenu­ te cantine; ora, s’ ella fefviva in que’ tempi per le mulina, convien pure che anche allora ella fólle circa tre braccia fuperiore ài letto d’ Arno per di focro, affinchè l’ acqua avelie, caduta valevole adar moro alle more, ma io mi contento di due; ficchè dieci braccia almeno dovrebbe eilèr oggi la fommità di detta pelcaia, fuperiore al piano del letto d’ Arno quivi a piè di ella; ma ella non ne è fuperiore più che tre, anzi in oggi aliai meno; adunque le fette braccia, che mancano, mancano dalla parte di fotco, e però quivi il letto s’ è alzato di più dentro a quello tempo le medefime braccia fette: ma per detto dèii’ oppofitore, da pefcaìa à pefcàia il letto d’ Arno Ila diftefo con una foia pendenza in linea retta ( il che poi veramen­ te non legue, nè in quello, nèin fimil* altro torrente che porti, e laici ma­ teria, ferpeggi, urti, e corroda, ec. ) adunque dal piè di quella pelcaia della Vagaloggia fin’ alla fommità, perefemplo, di quella del Gallone, do­ ve è la Dogana ( luppoilo, che quella non ila Hata mai rialzata ) fi farà creato un ripieno del letto d’ Arno in forma di .prifma, o volgarmente par» landò, di bietta, grolla da capo fette braccia, e da piè ImulTatà, e ridotta a nulla. Adunque Arno in quello tratto s’ è rialzato ragguagliatàmente per la metà delle braccia fette, cioè tre braccia e mezzo, il che è contro at parer di chi non ammette in alcun luogo d’ Arno il riempimento. Èè dun­ que a non alzar punto la pelcaia del Gallone, il letto fra e(Ta, e quella del­ la Vagàloggia fi ècosi notabilmente foìlevato, non vi è ragione , perlaqua­ le un'proporzionato alzamento ancora, informa di prifma > odibietta, noti debba eiler lèguito fra quella di S. Niccolò, equélla, anche quand* ella noq folle (lata mai fpllevata : ma ella fi è polla oggi piùaltaotto braccia, adun­ que, dopo e(Terii ripieno in forma d’un fecondo prifma, o bietta rivolta al contrario, quel voto fra ’I pie della pefcaìa di $. Niccolò, fiiVàlla lbmmità del predetto alzamento di pelcaia della Vagaloggia, l'opra di ella fer concia bietta le né farà creata una terza, rivolta col grolto alla pefcaìa di S- Niccolò, e collo fmuflo terminante alla fommità dell’altra di lotto': ahzi tal’ ingroffamento di terza bietta fi farà fatto tanto maggiore', a propor­ zione di quel della detta bietta falciata fra la Vagaloggia , e’ 1 Gallone, quanrochè, in quello tratto, Arno Icorre aliai più l'grav icodi miterie grotte , che fra quelle due nottre pefeaie di Firenze : ficchè colle (Ielle ragióni di chi nega il riempimento del fiume qui dentro, di neceifità fi conclude eh’ e’ lì Tom. /. t "' " fieni-

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DISCORSO

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riempie. Ma chi farà così poco accorto, il quale, al Polo fenrfìriT dire che il letto dentro Firenze fi fia alzato, perchè prima fia (lata alzata quella pesfcaia della Vagaloggia, nonargomenti fobico unnecelTario , e naturate riemì pimento di tutto ’ 1 letto d’Arno? Effendochè non altro che quefto ripieno dalla parte di fotto, il quale riduceva immacina'nti i mulini, poteva darimpulfo a quell’ arcìfiziale alzamento: onde non potendo negarli la ripienez­ za di fotto, quella di fopra ancora dovrà concederli. Fra tali anguille di dover confeffarla, mi lento di nuovo obiettare, che a tal ragguaglio il rimanente canale verfo Signa dovrebbe a quell’ ora ve­ deri! fuperiore, o al pari della pianura per dove e’ paffa. Qui parimente io rifpondo, che ciò è anche verìlfimo, ma fot però di quel Paefe mantenu­ to difefo con argini da’ trabocchi d’ Arno, eifendochè poco piò alto del piano di quefto fi trovi in oggi il Paefe di Brozzt, diQuaracchi, ditece­ le, di Mandri, di Velièri, dell’ Ormannùro, e d’ altri luoghi alt’ intorno, iòpr’ a’ quali non poffono eftenderfi i fopradecti trabocchi, le nonin cafo, o di ftraordinariflìme piene, o di rotte de’ medefimi argini, o per mancan­ za delle porte de’ loro fedi, deftinate a impedire i ringorghi del medefimo fiume. Non così è avvenuto de’ terreni confinanti ad Arno polli fra elfo e gli argini, i quali, participando fpeflo delle depofizionidellepiene, che vi lormontano, fi fono andati anch’ elfi alzando in parte, e colmando, e per tal cauf3 nonfi è renduto tanto fenfibile Palzamento dell’ alveo da qui a Signa, come lo dimoftran bensì le (leccate vecchie, che quanto piò antiche fono, tanto più bade vi fi ritrovano, e pure nel fabbricarle furon lafciate molto fuperiori'al piano univerfale del fiume d’ Arno, il quale s*è così alzato che dentro al tempo di 50. anni da che fu fabbricata la mina fotto Mugnone per mandar l’ acqua d’ Arno dalle mulina delBarco, aquelle di Petriolo, ha obbligato Mugnone ftefio, che vi entra, ad alzarli tanto che le foglie de’ rifciacquatoi , date murate allora fuperiori al fondo del fiume, vi fono adeffo per più d’ un braccio, e mezzo fepolre. Per P accennato effetto del continuo colmarli i terreni difarginati, fui Tempre di parere non doverli con 3 rte svara abufar de’ beni della prodiga natura, ed effer molto miglior governo ricevere, che efcludere 1’ inonda­ zioni de’ fiumi, le quali col fior di terra, e grafìurne alzano, e bonifica» le campagne. So ben che ’1 ridur quello alla pratica , dove non s’ interpon­ ga la provida autorità del Supremo, fi rende quafi imponìbile per la flrettezza del paefe diviloin tante porzioni, poffedure, per lo più, da Fadroui di voleri disformi, daque’ che quivi, o altrove godono pofleflìoni maggio­ ri , a’ quali di poco danno farebbe il Tenerne alcune efpofte per qualche tempo alle colmate del loro fiume vicino. Di qui in particolare è accaduto, che le campagne fopra di Pifa fi rrovan oggi per tante braccia inferiori alle ripe d’ Arno, e per tante piò brac­ cia alle fommità de* lor’ arginiy nè altro rimedio v’ è per efimerle da foggeziouc sì miferabile, che il pigliare a colmarle con Arno Hello, ma con ordine, regtìla, modo, e ragione. Di qui fimilmenteèfeguico, che le pia­ nure piò bade circoftanti ad Ombrane, ne’ territori delle Città di Firenze, e di Prato, e parte ancora di quella di Pillola fi fono eftremamente infri­ gidite; poiché'eflendo.fi i Paefani indullriati Tempre di tener per tutto ( ben* ehè affai male ) arginato Ombrane, e gli altri fiumi, che vi concorrano, ed avendo così l'degnato di quelli le torbide, nel continuo alzarli de’ letti, quelle pianure fi fon rimafte nella lor’ antica Bailezza , e per confeguente i proprj fcoli camperecci han perduto in ellT letti parte di quella caduta , che péri’ innanzi tauto maggiore vi avcvau dentro.

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D 1 VINCENZIO VIVI ANI.

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All’ alzamento di quelli letti han cooperato le cagioni univerfali, e comu­ ni ancora agli altri fiumi, e vi ha concorfo di più la ripienezza del letto d* Arno lotte» la bocca d’ Ombrone, (eguìta, o pel continuato getto del­ le fraglie di quelle cave ( il quale non può efler, che dannofiflìmo) opep la Ippravvenenza delle materie di fopra, o per la diminuzione del declive dal detto sbocco a quello d’ Arno nel mare ( come appreiTo dirò ) o per ciafcuna di quelle cagioni infieme. Che Arno dallo sbocco d‘ Ombrane in giu (i fia ripieno, lo riconobbi pa­ tentemente dal primo ponte d’ Ombrane (VelTo, c,bramalo di Riboccatqra, dittante dal medefimo sbocco a vetta linea intorno ad un mezzo miglio ; effendochèifianchi, e la pila con parte de* Cuoi'due archi erano rettati imirietfi nel greto, nè vi era quali più luce, e pur in antico dovevan quegli aver molte braccia disfogo. Nè fi può dire, che ciò folte avvenuto per oftacolo travedo, perchèniuno ven’ era fraetto, ed Arilo, cheperò, aven­ domi onorato l’ A. V. S. di deputarmi, già fono quattordici anni, alla foprantendenza della bonificazione de’ tèrritorj fud,detti, fui di parere, else fra molt’ altre operazioni, dopo che fi folte lyolcato a feconda d' Arno il detto sbocco d’ Ombrone, che vi entrava con direzione contraria al corto di quello, fi demoliife affattoefio ponte, di due archi già acciecato, e vi fe ne facelTe un nuovo d’unfolarco, fui andare de’ tre altri di fopra com­ petentemente sfogati, come, dopo la fvoltatura predetta ultimamente fi è fatto fui modano lafciato dall’ Architetto Silvani, cioè con arco apunto fer­ ino, impofiato funuovi fianchi fuperiori al prefente fondo d’ Ombrone cin­ que braccia, con braccia quarantafei e tre quarti divano, consfogo, o ri­ goglio di circa braccia dodici, e largo di volta braccia dieci, e col quale ho pretefo di dar libera ufrica alle piene d’ Ombrone, le quali dal vecchio ponte fotterrato venivano trattenute. E perchè alla {frattura di quello nuo­ vo fi richiedeva l’ elezione di un ficuro, e comodo fico, mi è (lato necefiario cavalcare con tal patto, oltre al fiume d’ Ombrone, quello ancora del fiume Alzana, e così far due archi nuovi di pianta, cioè il fovradeferitto fui primo, e fu! fecondo l’ altro congiuntogli, ai quale, do'vend’ iopur dare qualche centinatura ( cralafciata ogn’ altra delie praticate fin’ora dagli Ar­ chitetti ) mi fon volentieri prefo l’ arbitrio di conferire, fenza aumento di fpefa, una mai più veduta, nè mai più fiata in opera, quale èquella d’ una tal curva linea, nominata Cicloide primaria, inventata, o vogliamo dire avvertita, prima che da alcun altro, dal perf'picacifllmo de’ Lincei, fplendore di quella Patria, ed onore della Tofcana, it quale, col-fuo (peculato, non già copiato Occhiale, ebbe accortezza, e vigore .di (coprire, e diftinguere fra l’innumerabili Stelle fparfe nell’ immenlìtà de’ Cieli, le amabililfime luci dell’ Augufta Profapia di V. A. come cara Prole di Giove il beni* gniflimo de’ Pianeti Ne fenza opportunità ho eletto quella curva per cen­ tina, perchè l’ ifteflb inventor Galileo, mio riverito Maeftro, la giudicò creata in fervizio , ed ufo de’ Ponti. La generazione di quella centina è cosi facile, pronta, e ficura, eh’ el­ la con tratto continuato fi vede forger nella faccia piana d’ un muro, dal fegno, o fgrafKo, che vi fa fopra una corta punta di chiodo, fermata al­ quanto in fuori nell* diremo lembo di qualunque perfetco cerchio comba­ ciarne efio muro, allorché, quella toccando terra, fi vada quello così eret­ to con placido moto girando finché la medefima punta , dopo av.cr per la metà del giro formontatoalla mailìma altezza, e pel rimanente altrettanto calato, ritorni a toccar la terra. Così lo sfogo, o rigoglio di tal arco le­ gnatovi, che agguaglia appunto *1 diametro del cerchiò rotolato, è lem' *' Za pre


js& -v *D r s C O R S ^ O . f re poco men della terza parte deHa cordi, o byTedell’ arco défcritto, p<*rchè quefla è uguale prccifameote al giro del mèdefimo Cérchio , detto il tenitore di efln CicSoidfc', la quale, per-quérto nuovo Ponte d?ArzanaHa voluto lotto di fe una Centina con braccia diciannove di ampiezza, con più dì lei biaccia di rigoglio, e fu fianchi al pfefenre più alci del letto del fiu­ me, cinque braccia.. Edìn vero tal’ arco rielce in opera, qual lo predicavail Galileo, graziofp molto, fvelto ne’ fianchi, e forte; e lolo io confiderò che per mala forte del fuo primo Autore, quello non. è goduto come in luogo troppo riporto, e non praticato che dì rado, da chidarebbe capace, di giudicar della lua bellezza, edi comprender la fua robullezza, canto ne» ceifaria a tal forra di fabbriche E quanto, alla fpela , pei edere unita aquel­ la per l’ altro nuovo ,, e gran Ponte fui fiume Ombrone, non è pofiìbil diftinguerla , folo mi è noto, che tutta inficine ( quantùnque ella fia per la. maggior parte nafcpfa, come ntceOariamente impiegata lenza rifparmio, ne’ fondamenti, della pila dimezzo, e de’ fianchi efterni, affineh’ è’ nonceda­ no, e come occorie del Ponte di Pifa, di que’ full' Evola, e di Dovadola,. non abbia anche quello a rifarli da’ muratori fteffi, che vi hanno ora opera­ to ) non eccede feudi dodicimila, comprefiyi tutti gli. altri anneflì, e connelfi , di lunghe, alte, egrofle muraglie andanti, di fproni, laftrichi, reiciati per nuova ftrada, ed altro;, quando, dagli intendenti di limili fabbri­ che, vien giudicata pafiarne ventimila , ma da me informatiflimo dalli propria villa dell’ operatovi fenza fraudi nell’ interno, e fuori, e consape­ vole di quanto fien colìati alle Comunità. altri nuovi Ponti del felicilfimo Statò di V A. può con verità aderirli, che, a proporzione di quegli , la (li­ ma di quelli due Ponti con tutto ’1. redo ne porterebbe ancora trentamila: C quello cosi gran rifparmio ( giacché 1’ A V. S gradifee, che venga fatta giuftizia, a chi eli’ è dovuta mercè individualmente all’ intelligentirtima avvedutezza del Cavaliere Pier Francel’co Borgherini, deputato dalla fòmma prudenza di V. A- Sopranteodente generale all’ economica, e fedele efecuzione di tutti i lavori dà me proporti per Ombrone, efuoifcoli, in ciafcùno de’ Territori, fopraddetti ; a talché quelli sì rilevanti benefizi, che 1* univerrttà dell’ impofizione, non folo fenza aggiunta d’ aggravio, ma con luo tanto vantaggio va provando dall’ alfidua vigilanza di quello abiliflìmo. Cavaliere, dovrà il medelimo Univerfale riconoscergli in tutto dallapurgatiilima elezione dell’ A. V. e dovrà ad erto ancora profèllar non piccole ob­ bligazioni . Ma tornando ad: Arno , altro infallibile contraflègno dell’ efl'erfi alzato il; fuo letto fotro Ombrone, lo riconobbi dalla Pefcaia del mulino di Riboccatura, la quale contuttoché folfe Hata più volte rialzata fopra la prima llrutrura, fu trovato da me, nell Ertate del 1678. efl'er ella interamente fotto l’ acqua , circa ad un quarto di braccio; e pure è neceflario che nell’ ultimo rialzamento, di cui non mi è noto il quando, ella ne forte fuperiore almen almeno un braccio, e un terzo, 3mnchè ella avelie tanta cadu­ ta da mantenere il mulino macinante : rtechè ne vienpér neceflìtà, che qui­ vi il letto d’ Ombrone, dall’ ultimo ignoto alzamento di ella Pefcaia mura­ ta, fin al dett’ anno 1678. fi folle alzato almeno braccia 1. 11 8. E quando pure fi voglia anche, di. ciò precifion maggiore ( col dar di più ogni vantaggio a chi negafle quelli alzamenti de’ letti ) fappiali, che dal. Cavaliere Raffael Carnefecchi, già Provveditor. della Parte, il quale a.mezzoDec.embre 1613. di comando di quella Serenilfima Altezza vilìtò.anch* erto , con I.’ altre pefcaie di Ombrone , quella di Rtboccatura , ella fq. tio* Vita UH. ttóft tli. braccio, più. alta, del pel. dell’ acqua.di. lòtto, al. piè dell». ove-


D I VIN CEN ZIO VIV 1 A N 1 .

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Oiedefima ; e che poi da me, quafi fefiantacinque anni dopo, cioènelprincipio di Settembre 1678. ne fu trovata più baffa un quartodi braccio: ile« chè,^animella che dentro a quelli anni la Pefcaia di muro non fofi'e Hata più rialzata ( il che lì nega ) che l’ acqua dell’ Inverno del 161$. non for­ te punto più alta di quella dell’ Eilate del 1678. ( il che pur non fegue, perchè quivi vicino ad Arno èli’è almeno più alta un braccio in quella ftagione, che in quella ) non oilante ciò, è forza concludere che almèn’ al­ meno tal letto negli anni fopraddetti, fi era rialzato poco men di trequinti di braccio; che fe vi fi aggiugnerà la differenza dal pel dell’ acqua dell’ Inverno, a quel dell’ Eftate, fi vedrà, che quivi, dentro al tempo predet­ to, il rialzamento del fondo d’ Ombrone s’ accoda alla fuddetta miiura di un braccio, e mezzo; e perchè e’ fi regola coll’ alzamento del fiume d’ Arno, nel quale egli entra, verrà provato ’nfieme l’ alzamento dell’ uno, e dell’altro letto; e per conseguenza la diminuzione della cadutaall’alveo d* Ombrone da Kiboccatura in giù; il qual naturale effetto aveva dato ardi­ mento a mugnai, che tenevano quello, e gii altri due mulini di fopra, di aggiugner tavole fopra tavole a’ muri delle pefeaie : e tali alzamenti loprammodo eccedenti i legni affidi, e conceduti loro per grazie fpeciali de’ Sereniffimi Predeceflori, avevano cagionato il riempimento del reflante del fiume per di (opra, toltoli quafi tutta la fua caduta, e levatala ancora per couleguenza agli (coli delle pianure, il fondo de’ quali era divenuto aliai piu ballo di quello di erto Ombrone. Di qui è che ( dovendo io efequire i riveriti comandi dell’ A. V. di riconoicer que’ fiumi, ad oggetto di proporre i rimedj più opportuni, validi, efLrnC' ^errenc^ef *anac'a fertilità alle campagne circoftanti ad Ombrone )fui obbligatoaproporreall’ A V- la demolizione, nonfoto di tutte le (opracchiule di tavole porte fu le pelcaie murate de’ primi tre mulini di Riboccatura, de’ Caflelletti, e delle Navi; ma quelle ancora delle flefie pelcaie di muro, dante I’ averle riconolciute in fatto d’ evidencifiìmo pregiudizio, e danno a quelle campagne pel ritardamento, che arrecavano cosi alte traverfe, allo Icarico delle piene d’ Ombrone, e di tutti gli fedi delie dette pianure. E per venire a’ particolari, trovai, che la prima pefcaia colle Aie iole tavole teneva allora Ombrone in collo intorno a braccia uno, ed un quarto: la feconda, comprefevi le tavole, e’1 muro, qualcofa più di due braccia: e la terza colle fole tavole, altrettanto, cioè intutto cinquebrac­ cia, ed un quarto . Riconobbi in oltre, che il primo mulino s’ era già, di tre anni, e mezzo indietro, ridotto immacinante, eflèndo reftato lènza At­ tuario, e fermo fin dal primo di Novembre 1674. ancorché i fuoi tavo­ loni eccedertelo per tre quarti di braccio il fegno dell’ altezza conceduta­ si' nell’ Ellate, Ollervai di più che, nel doverli far ridurrete fopracchiule degli altri due mulini a’ termini permeili ne’ meli ertivi, conveniva levare a quello de’ Cartelletti un braccio di tavole, ma che gli reitàva di caduta, dal pelo di (opra al pelo di lotto, un foldo folo più d’ un braccio; e che al terzo delle Navi conveniva levare di tavole ( come fuperiori al fe°no pur dell’ Filate ) un altro braccio, con cinque danari più, ma che gli ri­ maneva di caduta da pelo a pelo un fol braccio conun dodicefimo. È confiderando, con quefte palpabili notizie di vero fatto, che il primo mulino ceti tutto ’1 fuo eccedo nell’altezza delle tavole ridottoli immacinante, non rendeva più frutto a’ Compadroni ( fra’quali uno, e per la rata miggiore, ne era 1' A- V ) e che nel far ridurre gli altri due a’ termini ertivi (brui­ tigli, con un fol braccio di caduta, che reilavaloro, non avrebbero potuto, nè meno in quella flagione macinare], e molto meno nell' Inverno, T*m. I. Z } quanti’


3 S§ DISCORSO quand’ erano tenuti levare un quarto di braccio di tavole ; mottoperciò dal­ la comune, e naturaliilima regola di ragione, che quel che non giova pun­ to a fé dello, e nuoce in immenfo all’ univerfale, fi debba ter via; (limai allora che, non fi potendo, nè eiTendo più dovere ( quando il letto d’ Ar­ no, o d’ Ombrone s’ era tanto rialzato ) concedere ad alcuno di quelli trai» lini alzamenti nuovi di muro, o di tavole (opra '1 piano de’ predetti legni, e molto meno permettere la continuazione dell’ ufo di tali alzamenti fuperchj, per efler allora dette pefeaie, in qualunque fiato fi voleffero compor­ tare, troppo pregiudiciaii, e dannofe alle ftrade, e beni tutti di quelle Campagne; (limai dico, effer venuto ’l tempo, che ogni grazia ottenuta di fabbricare tuli’ Ombrone quelle tre pefeaie murare, folle di iua natura fpirata, come (olita Tempre concederli lenza pregiudizio del Pubblico, e del Privato; e propoli perciò all* A. V. S. doverli tutte tre demolire affat­ to, come ( precedente l’ approvazione della medefima A. V. ) rimafei! tut­ to efequito. Se poi il medefimo Univerfale dell’ Itnpolìzione» o chiunque altro fi fia, folle tenuto, o no a rifar la valuta di effe pefeaie, o a ricompenDrne la rendita, per non effer tali cofe di mia infpezione, mi rimedi in tutto a quanto da’ lapientiflhm Giudici delegati già dall’ A. V• venille di­ chiarato effere di giuftizia. L’effeeto in fuffanza fi è, che dopo la rimozione delle fopracchiufe, e la demolizion di gran parte de’ muri di quefte tre pefeaie, fi vede il letto d’ Ombrone efferfi profondato molto con le piene» gti fcoli delte pianure avervi ricuperata la lor caduta , e ’1 benefizio di quefte da tutti gli (painonati effer conofciuto, e confeffato evidentiflìmo, a comparazione del paffato: poiché que’ terreni, che intempo di certe altezze di piene d’ Arno, e d’ Ombrone inficine, davano fott’ acqua tre giorni, oggi, inmeno d’ uno, ne reftan liberi. A pervadermi che così dovelie fuccedere non miconvennericorrere, nèall’ Aftrologia, eh’ ioabborrifeo, nè alla Mattematica , o al. la Geometria, eh* io venero, eflendochè anch’ ogni indifciplinato, egroffiifimo uomo fappia, anzi naturalmente couofca, che rìmofii da un fiume tutti gl* impedimenti traverfi, artifiziali, e contro a natura, importanti, qui in Ombrone, cinque braccia, e un quarto, nel breve tratto d’ un miglio e mezzo, aretta linea da Riboccatura alle Navi, le campagne adelio adia­ centi, le quali prima nereftavano fuffocate, e morte, debbono per neceffìtà refpirare, e tornar’ in vita. Non vi fia dunque chi attribuita la cagione di quelli danni, al non Aver Ombrone caduta in Arno, perchè, riguardata la Iua caduta intera ve l’ ha tuttavia confider.abile, maquefta a parte, a parte gli era fiata uiurpaca dal­ le predette pefeaie, e fopracchiufe, la quale ora, eflendofi tolte quefte, vi ha elio ricuperata, e coll’ eflerfi affondato ’1 letto lotto’l pianodella cam­ pagna ( mentre e’ n’ era tanto fuperiore ) quella in oggi non ha da alpetear più così lungo tempo, che le piene d’ Arno finifeano d’ abballarli, Volan­ do effe in Ombrone, come ho detto, molto più anticipatamente di prima. Quanto al ringorgo d’ Arno fu per Ombrone, tenuto anch’ elio, intempo di piene dell’ uno, e delf altro fiume, colpevole de’ trabocchi > e delle rot­ ture degli argini del medefimo Ombrone; chiunque ha fior di cognizione in Umili affari, affermerà meco, effervi modificuri d1impedirle; e ciò colla formazione d’ argini tanto potenti, e tanto fuperiori allemaffìme altezze d’ Arno, che ’I vaio d’ Ombrone, rimanente fopra di quelle, lìa capace anco­ ra delle proprie mafflme piene: e per far ciò, non altro vi fi richiede cho terra, coll’ abbondanza della quale, bene adattata con larghe banchine, e con dillefilfime lcarpe , fi sfuggono tutti que* danni che dalla foprabbondanza d ell’ acque (ogliono provenire.

Que-


D I V IN C EN Z IO VIVI A N I .

359 Quello arginamento, e allargamento univerfale d’ Ombrone è la piò im­ portante delle operazioni, che rimangon da farli quali per tutto 1 territo­ rio Fiorentino, comprefovi lo (puntar, e’I tagliar i gomiti che impedisco­ no’1 corCo dell’ acque-, il riempiere, eT armare con perpetui ripari di forti iàflaie i contraggomiti opporti, acciò più non s’ incavino; lo ftabihr con muri tutti i palli, e callaie, che danno occafione di rotture ; il (allevar i due archi più baffi al Ponce di Tigliano, e quegli de’ ponti cbiufi fulla Stella alla Cafa nuova, e allaPuce; l’ arginar prontamente a liniltra titoli od Aio­ lo, per porre al coperto quella gran campagna verfo Firenze, (iccome da crafeuna parte la Stella, ed altri minori fcoli, in occafione d addirizzargli. E tutti quelli lavori, fe 'l danaro forte-pronto, fi terminerebbono franca­ mente dentro due anni ; ma il cominciar l’ arginamencopernon poterlo con* tinuar fenza incerpofizione, farebbe un efporlo a manifefto pericolo di mal elico, e con la tardanza a porre in opera quel che_manca, lialcera, e gua­ lca l’ operato, la fpefa s’ aumenta, e tutta l’ armonia di tanta reparaziqne fi fconcerta; nel redo, orche fon fabbricate le porte a molti degli lcoli, al, duni di quefli fono fcavati, le tre pefcaie nocive fon demolite, il Ponce di Riboccatura è rifatto, la maffima delle fvol'te d’ Ombrone s è addirizzata col taglio, e li è voltato a feconda d’ Arno il corfo di erto Ombrone; fa­ cendoli quanto fopra, farebbe da fperaffi di- veder, col Divino aiuto, ta­ rlaci per lungo tempo i territori di elio fiume, Fiorentino , e Prateie pur­ ché dipoi, da que’ che ne; forter tenuti, non fi manczffe di vigilanza con­ tinua in mantenere i travagli di terra fatti, e da farli, in quel buono fia­ to , nel quale e’ faran lafciati. Per quel che poi s*appartiene al territorio Pifioiefe, è vero, che per confenfo del tinto operato, e da operarli nel Fiorentino, quello ancora ne fentirà grandiffimò giovamento, per caufa in (pecie, si del non aver più gli oftacóli inferiori della gran fvolta addirizzata fotto 'l ponte dell Alle, e di quelle tre pefcaiè così alte, e sì perchè di quelle non reità oggi ut piede altra chequella, detta del Miilin nuovo, la quale è appunto come le non vi folle ( mediante quell’ ampio fdrijcio dfCallone fattovi nel niezzo , da imo a fornirlo dove adattò le porte il Maertro di Campo Alefiandro Magli, le quali fon tenute aperte in tempo di piene ) ma ciò non oltance, quel territorio ha necefficà di far tutti que’ lavori de nuovi archi de ponti affogati, e di allargamento, votamento, earginameotod Ombrone, eluoi fcoli, proporti pur con altra mia parcicolar relazione all A. V in data de 22- Dicembre 1678, e dalla medefinfta A. V. approvata coni altra pel fio* remino fin ne’ 6 di Maggio 1681 Poiché, fe ff traiafeianero quefii lavo­ ri [ oltreché MFiorentino non Baderebbe efenre da’ danni, che e’ prova per i trabocchi, e rotture che vengono da’ fiumi, ,e dagli 1coli del Pinotele, e perciò gli farebbero infruttuofe le tante fpefe fatte, e da. farli ] il medefimo territorio di Piftoia nelle ftagioni piovofe continuerebbe apatirne 1 do­ liti difa(Fri . , . Tale è il mio ingenuo parere, che in tal congiuntura ho voluto, per debito di buon fuddito, ridurre alla memoria di V. A. affinchè polla Ella, così piacendole, comandare di tutto, irì ciafcuno de territori fuddetti, 1 elocuzione, prima che V efequico fin’ ora, con tanta fpefa fi renda inva1ìdo ^ V a , tralafciata sì lunga- digreffione, benché non in tutto fuor de! mio aiTunto, e riprefo quello colà dov’ io l’ interroppi : non è dunque, al giu­ dizio mio, e di que’ che lo provan con loro pregiudizio, da metterli pun­ to in dubbio un perpetuo riempimento del lecco d’ Arno ; il finale non ie-


3<5o DISCORSO gue già, come evidente fi fcorgé, per uniforme altezza in univerfale, nè per tutta la larghezza del medefimo letto, non potendo ciò mai avvenire ne’ torrenti, che pregni di materia groffa fon forzati a deporla per via or da una parte, or dall’ altra, quà in maggiore, e là in minor copia, ed a crearli, e mantenerli in qualche luogo un canale ferpeggiante, e conti­ nuato più profondo che altrove, per lo fc3 rico dell’ acque balle, e perenni; il qual canale non lì riempie, o fi rialza a gran legno, quanto fa ’1 retto del lètto, di cui, ben concedo ancora, che 1’ alzamento, e’1 riempimen­ to non fegua , che appoco appoco, edil più del tempo per infenfibile, ma però e’ fegue , e m’ obbliga l’ efperienza a non ammetter per ragion» quel­ le di chi tiene in contrario. Quello occupamento di vafo, e di continente, dà caufa alle piene di proccurarfi il luogo perduto, dentro le ripe più de­ boli, donde ne feguon le corrofioni, e lunate; e di Scorrervi ancora più alte, donde n’ avvengono l’ inondazioni. Io non fon già l'opra quello affare cotanto fpericolato, nè infieme così imprudente, ch’io pretenda di trasfonder nell’ animo intrepido di V. A. alcuno fpavento; nè meno fon per infinuarle , che tardando ad opporli a tal perniciofo accidente, fra cinquanta, o cento anni al più quella Città abbia a divenire una Mantova, o una Ferrara, e le pianure delle Valli d’ Arno ( oggi tanto fenili, e popolate ) abbiano a ricoprirli d’ acque, e convertirfi in cubili di Ranocchi, o di Pefci; poiché, per Divina provvidenza, 1* umana induftria lapràconfervare il tutto per più tempoafl’ai.al quale io nonpenfo di ritrovarmi. E piaceffe a Dio, che le Valli migliori della Toicana, e quella d’ Arno in particolare folle così rimota dalle divattazioni a caufa delle foprabbondanti piogge, e per l’ aggiunta d’acque inlolite, ed indovu­ te riceverli, quant’ ella n’ .è lontana per cagione di quelli aflidui sì, ma lentiifimi riempimenti^E> ben vero, che ( nella guifa, che s’ è fatto Tem­ pre, e come per neceflità far fi dee ne’ Paefi angufti circondati da monti , ed afialiti da molti fiumi, e torrenti a ridotto ) li richiedersi anche Tempre maggior’ attenzione, e fpela a difenderfi da’ malori;, che apportano, i me­ de limi rialzamenti ; cheperciò l’ applicare anticipatamente, a impedirgli non è che da provido, e da prudente. Ora lo flraordinario agumento di quelli dannofi effetti fa fppporlo tale altresì, o in una, o in ciaicuna delle due caute primarie, cheglì produco­ no : la prima, procedente dall’ infima parte d’ Arno, dove e’ lafeia il con­ tinuo tributo delle fue acque: l’ altra dalla fuprema, per deve etto, inpal­ liare , fe ne vaingrottando. Se la prima venne aguroencata dall’ arte, come tengono molti, coll’ aver circa • cento anni fono» voltato a vento più no­ civo lo sbocco del medefimo Amo nei mare, farebbe facile il porgli ter­ mine col ridurlo al primiero flato, mentre non oflalTero a ciò intenzioni di maggior premura. Ma fe la natura non folle interamente colpevole, in guifachè dall’ impeto de’ venti contrarj al cotlò d’ Arno gli fi andatte per­ petuamente interrando la bocca , e perciò prolungando ’1 letto dentro que­ gli Scanni, Banchi, Dune, o Cavalli direna ,che vili creano; quello accrefcimento di caufa farebbe inevitabile, ed in tale allungamento di corfo ( conghietturato, da’ rifeontri che ve ne fono, eflerfi dirtelo dentro al fudderto tempo a quali due miglia ) converrebbe che li diminuifle il declive ad Arno, e per confeguenza la velocità, e la forza di lcaricar la fua terra* e la rena dentro al feno dell’ Metto mare : onde Tempre meno potrebbe Ar■ o mantenere fcavato il fuo proprio letto. Di quella caufa inferiore non è qui mio propofitodi trattare, rimetten­ ti orni a ciò che in appartato Difcorfo ne diedi ferino ali* A. V- S. mola’ au-


d / v w a s m io v iv ia n i. 3^ atini fóno con altro tendente a facilitar lo fcaried Arno sf prò della Città di Pila, e delle Campagne ad efla adiacenti: Intendo bensì di difcotrere dell’ altra cauta agente dalle parti difopra, la quale s*èfenduta, eli renderà Tempre piò fenfibile, mediante *1 gran dibofcamento, che in univerfale, contro agli antichi provvedimenti, è dato fatto delle Alpi, e de’ monti , di quegli in particolare, che fecondando il corfo d’ Arno dall’ Incifa a Rovezzano ( poiché dall’ Inetta in fu fa gran ritegno alla materia del Valdarno di fopra quel primo tcoglio naturale che vi è attraverfo ) e mediante i tanti coltivati per lo più fatti conpoco buon ordine, dalle radici di elfi mon­ ti fino alle cime, e ne’ fondi delle valli, per dovè, pillandole piovane, fi formano i borri, i fottati; i rii, i fiumicelli, ed i fiumi, che fcendono in Arno, Quelle fono le più patenti cagioni, che concorrono alla di lui ripie­ nezza; poiché le piogge cadehtifopra que’ monti fpogliati di legname, col­ tivati, e fmolfii, non trovando più il ritegno della macchia , e del bofco , fcorrono precipitare, e s’ accompagnano colla materia di tetra , faflo, e ghiaia, della quale e’ fon formati, e la conducono furiofamente nel fiume, il quale ingroflatofene aliai più dii-quel che fenz’ ette e'farebbe, Ietrafpor* ta tant’ all’ ingiù, quanto la forza della corrente può fpignerle innanzi, ab­ bandonando per via le più gravi, cioè quelle di mano-in mano che fupe» ran col proprio di(cetilivoi momento la violenza dell’ impeto progredivo conferitole, e ciò a rnilura dejlè grandezze, e delle dùrazioni delle piene . Aificuratifi fin qui dell’ efiftenZa del difordine, ed additatene brevemen­ te le caule, patto alle propòfiziòni de’ rimedj, i quali, io non fono così prefuntuofo, che io gli dia per attolutamente potenti a liberar del tutto, « per Tempre il fiume d’ Arno da tale riempimento, ma validilfimi al certo a lommamente diminuirlo, ed a prorogare per lunghezza di fecoli que’ pre­ giudizi, che molto prima, e di necefficà proverebbono le campagne circoftanci, e Firenze ancora,, mentre; in vece d’ impedir coll’ arte tali dan­ ni, fi comiiHialle apermettere, che Tarte (letti fotte in aiuto della natura, a fargli divenir contìnuamente maggiori, lafciandò col dibofcamento, e Colle coltivazioni non in tutto ben intefe, è mal lòftenute, indebolire* e fnervare la confidenza della fuperficie de’ monti, e lontani , e proflìmi adArno, che le veniva già conferita dalle radiche de’ legnami verdi , e dall’ erbe, per cui dava quelta perpetuamente veftita, e confolidata. E per tanto, fe l’affetto non m’ offùfca la mente, mi perfuado, che ap­ prettò gl’ intendenti in quelle materie, le feguenti mie propòfizioni, che tendono al riparo di quelli mali, non fieno per riputarli immaginarie, _o chimeriche, ma bensì reali, e vere, Tuniche, e fole, e tutte riufcibiti in grande per quello fine, e già cutte fi praticano, e riefcono in piccolo per 3)1tri fini di minor conto: onde io fperereì, che’1 profitto delle feguenti Operazioni (di cui non dubita, nè l’ egregio Scultore, ed Architetto di V. A. Gio: Banda Foggini, nè T Ingegner Giulian Ciaccheti, nè altri Perici a’ quali già io le conferì) ) fotte tanto più pretto per riconofcerfi , quanto più prontamente li dette mano ad effettuarle . Solo rimane, che quando quelle dalla fomma prudenza dell’ A, V. veniffero approvate-, e quando riputaflè opportuno Tintraprendere una tanta knprefa, adeguata in vero alla magnanimità del fuo cuore Tempre intento a colmar di benefizi il fuo feliciifimo Stato, comandi, che da que* Sog­ getti, che più atti giudicherà, intendenti di coltivazioni, e di ripari, ec. vi fi applichi di propofiro con attente ricognizioni, e vifitede’ luoghi (ìeffi, per aver più precifa informazione, del dove, come, e quanto, e con che fpei'a conveniffe operare, la quale, a proporzione del benefizio granClU


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DISCORSO

dilfimo,. io filmo temnflìma ; e quando bene ella fotte per riufcire affai ri­ levante ( fedel predetto immeoioprofitto non fi dubitade ) .a parer mio non va punto »itela ; nè per opere cosi yafte, può mai atterrire t’ animo Regio dell’ A V. mafiimamentechè, rigirandoli quel danaro per le mani de’ Cuoi amatilfirni Sudditi, e fpecialmente infotlievo di chi più ne ha bifogno, noi* paflerebbe già in altro Stato; nel qual cafo , non vi farebbe mai piùfpcranza di rivederlo, non che di poter più rifpenderio. Che fe grande fu la fpei'a nell’ ultimo rifacimento dell’ antico muro di Variungo, rovinato poc’ anni avanti per mala cura, quel danaro pur non ufcl di qua, ed indicibile fu ’1 benefizio, che ne rifultòin falvat coneffola più bella, e più feconda pianura, la più importante ftradamaeftra, anailafteffa Città capitale dall’ incurlkmi d’ Arno, il quale per centinaia di braccia era già ufcito del proprio letto con deplorabile divafiamento di quel piano, efpollo allora con Firenze (leda , all’ indifcreto furore dlquelT acque. Onde una tanta fpefa in muraglie ( le quali, come più volte hopropollo, fi po­ tèvan còn poco perpetuare ) non è da pentirò d* averla fatta, come è ben da dolerli dell’ altra di maggior fomiti», che dentro pochi anni avanti era. fiata fatta per l’ iftedo Varlungo in più (leccate, argini, e folli, di che al principiar, di quel muro nuovo non era piùi refiato veftigio . Venendo oramai ad qfporre le operazioni , che daU’ Incifain giù, iointen­ derei poterli porre:ad effetto per troncare il pnogreflo di tanto riempimen­ to del letto d’ Arno: Dico effer mio parere che [ oltre »1 rinnovaregli an­ tichi bandi, e ridurre a più efacca offervanza fe proibizioni*: del taglio de* bofchi lull’ Alpi J facendoli dalle valli laterali più praflìme ad Arno, nelle quali di necelutà lì riducono tutte Tacque, che lo1vanno ingroffando, irt1 quelle fole dirupate, e fcìo|te, chtf aveller bifogjio d’ edere loftenute ( le quali di numero non fono infinite ) fi andalfero dal piè de’ lor fondi fu fu verto i loro principi dìlponendp, e fabbricando ,t in aggiuftacediftanze fra loro, più.ferro* o chiufe, qleghe, o Braverie, che dir fi vogliano, dibuon muro a calcina, traforate da fpefie feritoie, fularga pianta (labilmente fon­ date, e con grandilfima fcarpa al di fuori, con lor banchine, o platee, o* batoli a’ piedi , e con più rileghe, o pur gradi; dofre folle neceirario ridur­ le di tempo intempoamaggior altezza, dopoché per didietro fi fodero rin­ calzate dalla materia, che l’ acque naturalmente vi condurrebbero, noncon­ venendo farle di polla alte quanto vi vanno per non Tefporre a rovina ec. La forma di quelle (erre per lo più dovrebbe edere in angolo* o arcuata, col convello volto in dentro alla venuta dell’ acqua, ed a zana, cioè al­ quanto più bade nel mezzo, che alle teliate da fermamente incaffacfi den­ tro le ripe. , ; C o n tali ferre verrebbe moderata la gran pendenza di quelle valli» ed in confegueiiza frenata giù per edè la foperchia caduta dell’ acque, e fermata perciò la corrofione dentro ’1 luolo delle medelime valli. Fabbricate, e rincalzateli quelle chiufe, fi dovrebbe fu per effe valli, in que’ luoghi dove già non fodero, far diverfe, e folte piancate di bofcaglia», o da fuoco, o da taglio, la più appropriata alla qualità del terreno, è del fico, per didanza (di quà, e di là da’ fuddetti fondi, e chiufe ) la maggio­ re, che podìbil folle occupare col minore incomodo de’ podqdori, ma al­ meno di braccia trecento per parte, avuto riguardo a’ bifogni de' luoghi, alla grandezza delle valli, ed alle loromaggiori, ominori pendenze, tanto laterali, che andanti; provvedendo qui ancora, con pene, alla confervazione perpetua di tali bofchi, i quali però debbano tempre rellare a domi­ nio de' lor veri padroni. Ne*


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Ne’ liti poi di tali valli, dove fodero per far prpva gli ulivi f far piantare di quelli più folti del l'olito ,in ^uogo di botpo, ma delle qualità, che pròvallerò più nel(paele, e che foddisfaceflero a’ propri padroni, e con proU bizione parimente di follevare il fuolo fra effi ulivi, fuorché dentro al cir­ cuito delle lolite lor muricce; affinchè il rimanente del fuoloricopertoli d' erbe, e ridottoli a prato, e pallura, vi continui (labile, e fermo. Non comprendo già, fra le dette valli rifpondenti in Arno, le coltivate a viti, ed a frutti, perchè io le fuppongo elette a ciò, come più ferme di fuoìo. E'ben vero, che quelle coltivazioni richieggono quali tutte mode* razione, per effer per lo più fatte fecondo la pendenza maggiore del mon­ te, fenza ritegno dì fpeffi muri attr&verio, o in tralice, lenza acquidocci, o così radi, e mal fiumi, che giù per effi Tacque piovane conducon l'eco quel poco buon terreno, che vi era,, allorachg il monte, o ■! colle fu dibofcatov onde quello ben predo ne divien come fcheletro, e le coltivazioni, rimanendo (calzate, vi fi difperdono. E perciò.io non iutefi mai per qual ragione Tinduitria degli abitanti, al diminuirli la negoziazione, allorché pretele di render più fruttiferi i propri fondi bofcati, non fi applicale piuttofto alla coltivazione degli ulivi in af­ fai maggior copia di quel che.fece ; mentrechè, quali tutto’l fuolode’ mez­ zani monti, e de’ colli, de’ quali conila perlopiù la Tofcana, è amico di quella pianta, e ’ 1 Cielo, e ’ 1 clima non le è nemico, anzi, nella parte mag­ giore, leèfomaramente benigno, e mentre, fuor della prima fpefa nellelof­ fie, o nelle formelle, quella forta d.i colto ne richiede poc’ altra, e la vi­ te la vuol grande, e continua. Conveniva bensì, che nel far quelli uliveti dove erano prima i boichi, e’ fi fodero contentati di non voler ritrarre da quei’fondi, oltre all’olio, anche ’I vino, le fi uree, i frumenti, e le biade; vedendoli inmolti luoghi, che per defiderio d’ aver tutto, in breve tempo hanperduto il tutto: conciofiacofaché quel terreno, che ballava a nutrica­ re, e tener vive le piante del bolco, ed il quale dalle folte barbe di quel­ lo era trattenuto, nell’ averlo poi ogif anno follevato, fi è più facilmente ricotto da’ ghiacci, edallole, e colle piogge fe n’ è andato pe’ follati ariempire i fiumi: onde i coltivati ancora le ne fon iti; il che nonfarebbe avve­ nuto, fe fatta con buon ordine, e in diftgnze debite la polla de’ piantoni, o degli uovoli, allevati quelli, e podi in ficuro, ed armati con larghe muricce attorno, ripiene di buona terra, avellerò lalciato incolto il rimanen­ te di quel terreno, e ridottolo a palcoli: poiché in oggi, oltre alla mag­ gior copia de’ latticini, e del beftiame, fi abbonderebbe tanto di così pre» ziofo liquore , che potrebbefi largamentepermetterne Telìrazione, colprov vtderne glivilranei, che ne mancallero, per riceverne tanta moneta, o per barattarlo in alcuna delle mercanzie, di cui noi foffimo pi ivi • E di quelli profitti ne goderebbe adeffo non tanto ’1 particolare, cheTuniverlale, elo Stato tutto, in riguardo alla copia tanto.maggiore di tali grafee. Ma tor­ nando a’ ripari • In quelle valli poi, le quali, fra Paltre che sboccano in quello fiume, fodero fpogliate di piante, e confifteffero di nudo fallo, e ghiaia, e dove, o per tal caufa, o per effer troppo larghe non francalle la fpefa a farvi li­ mili l'erre, o non vi fi potefle far piantata di torta alcuna per ritener quelle materie già fmoffe, e che di continuo fi (muovono e lcendon coll’ acque, propongo di eleggere giù nel ballo un competente fpazio piano della peggior qualità, che vilia, da pagarli il giudo prezzo, per tenerlo Tempre ar­ ginato all* incorno, acciò ferva di fcaricatoio, dentro al quale effe materie pedano comodamente deperii» e Tacque (gravatetene, e perduta quivi la


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DISCORSO

forza, efcano depurate da quel chiufo a condurli men rapide» ed in minor altezza per fufficiènte canale dentro al letto d’ Arno. F, quelli tali chiuli non renerebbero infruttiioli, poiché vi fi farebbono dentro tante alberete, le quali, a’ tempi de’ loro tagli, riefcono di gran rendita. Per ultimo, affinchè Arno medefimo fotto ('India ( dov’ e’ cammina fra monti giù dal fondo di una {Pretta valle ) ceffi al poffibile di corrodere le proprie ripe, e di (muovere, e portar Seco il Cado, di cui fon formate, fommo rimedio farebbe il torgli gran pàrte della fua eccedente caduta, con ri­ mettere in piedi alcune pefcaie, che già vi erano attraverfo per fervizio di più mulini, i quali in oggi fi fon perduti-, e col fabbricarne delle nuove per altri mulini in que’ lìti più angufti, ed i quali da’ periti ventilerò giudicati i più lìcuri, e di manco fpefa; che in tal maniera, fenza danno de’ partico­ lari [ perchè l’ altezze di tali pefcaie non potrebbero impedire gli fcoli ad alcun piano laterale, eflèndochè di quelli per gran tratto non ve ne fieno] e con evidente benefizio del pubblico, per l’ ufo di que’ mulini, de' quali in tempo di Hate fi ha gran biTogno, fi verrebbe anche in quella parte a rimuovere la continua cagione del rialzamento del letto d’ Arnoda Rovezzapo a Signau e tutto con maggior Scurezza, fe un riparo limile di pe­ fcaie veniffe fatto ancora attraverfo al fiume della Sieve per qualche didanza dal fuo sbocco in Arno per in fu, e negl’ ingreffi d’ altri fiumicelli e follati, che vi fi Scaricano; purché Sempre, ed in tuttofi abbia l’ occhio all’indennità de’ particolari, alla quale già la natia, erìinenarrabileclemenza dell’AV. inogni occafione fi dichiara, e vuole, che avanti ad ogn’ altra cola fi trovi modo di provvedere. Da quelle operazioni di ferré, e di piantate di bofchi, quando ben non fi ottenere interamente il delìdérato Sgravio d’ Arno, da quelle materie che lo riempiono [ il quale grandiffimo di neceflità , e ben predo lì provereb­ be ] ficuriffinio farebbevi pure il benefizio de’particolari pofiefiori in gode­ re i beni di quelle valli, confondati, e lìcuri dalle frane, edalle role, col frutto, a’ tempi debiti, di quegli oli, di que’ legnami, e del befliame d’ ogni Sorta, per la copia maggiore delle pallate; in guifj tale, che da tutto trarrebbero molto più viva, ed aliai maggior entrata, che dalle coltiva, zioni de’ vini, le quali riefcono aliai fallaci, e dilpendiofiffime a mantenerle. Per fine, fe olrre alle operazioni già dichiarate, fi riducefiero a folti uli­ veti, o fi rimetteflero a bofchi ghiandiferi, nonSolamente i fondi dell’enun­ ciate valli, ma il redo ancora ili que’ monti, e colli più fcofcefi, che fon fra elle, di quegli almeno, che immediatamente Scolano in Arno’ è manifefto, che oltre al ritrarne frutto molto maggiore, non tanto molto men fado, e men ghiaia, quanto men terra ancora vi potrebbe difendere. La fpefa in elequir tutto, con buon ordine, a parte a parte, e in più anni, penfo che non farebbe infoffribile ; ma corneali’ A. V. S. è noto, non vi è Ipefa la più plaulibiìe, nè la più grata, benché grandiffima, di quell: che trapada a benefizio della poderità. 1 Simiglianti ripari di Serre, di piantate di bofchi. di Scaricatoi, e di pelcaie, utililfimi Senza dubbio fi farebbero conofcere, applicandogli ad altri fiumi del Dominio Fiorentino, come adOmbrone, a Bil'enzio, alla Marina all’ Ema, alla Greve, alla Pefa, all’ Elfa, all’ Evola, all’ Era, eadogn’ al* tro della Tolcana, ficcome di ogn’ altra Provincia dell’ Italia, e fuori dovunque occorra provvedere, che i letti de*fiumi, e’ canali, fi conferva no navigabili, e non fi riempiano di materia avventizia, che occupi il Iuq go all’acque, per le quali quegli alvei furono deftinati. E di'


D T V I N C m z f Ò

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E di fatto, colle ferre fu pe'foffati, e co' chiufi in piano arginati, che

tdtco giono fi ‘praticano pelfe valli della Nievole, della Chiana, ed altro» Vie, per far acqtfifti, e colmate edile torbide de’ fiumi, e per ovviar ih fbeéie, che quelle non riempiano i canali maéftri navigabili, formati ne’ paauli per darTefito all* acque ch'are » e per rener aTciutte le campagne; fi con« feguifeono intenri, Umili onninamente a i da me qui prérefi. E chi fa, che rutti, o pane de’ quì efpofti ripari, non fia adattabile an­ cora, com’ io pur bramerei, a prò dell” augnila ,* e trionfante Venezia, ad ®88etto di rimuovere, o d*impe<firei o di prorogare almeno per continua­ ta ferie di fècoli quel riempimento’di Laguòe, di canali» e di porti , che è fama edervi tanto temuto . Dichiarare, come fopra , le Propofizioni valevoli aconfervar la profondi­ tà necefiaria all’ alveo d’ Arno; ora che I’ A:- V. S; colla Legge del 1681. ha provveduto alle regole dèli’ imporre le fpefe per la coflruzione de’ ripa­ ri, ed alla ficurezza de’ debitori, e che, per ilgr.avio de’ particolari, preme Con nuovi Editili, che fi facciano vivi gli adeguamenti già dedinati per ta­ le eletto, io intendeva di lungamente diffondermi intorno ad eiG ripari di praticarli iò futuro, non diro-gii per métter Arno in canale da Firenze a Signa ( come ’1 volgo fenza penfar più oltre, crede che e’ fi pretenda ) effeudochè, per l’affètto della navigazione déntro quella lunghezza di letto, iò ftifnai Tempre^, che ogni fpefa folle per effer gettata, dal vedere che qui fra’ ponti, dove egli" è già in canale, e con caduta còsi frenata dalla pefeaia dell’ Uccello, é’ fi riduce talvolta; nell’ eflate con sì lcarfa acqua, ch’ el­ la non bada alla corfa di ben piccoli navicelli, e che tanto fe ne penuria, che con tutti i mulini, che vi fono fra lotto, e fopra, ella nonferve al bi<* fognevole delle farine: afiegnochè per ottener una comodanavigazione pra­ ticabile d’ ogni tempo dall’ alzaie a piedi, o a cavallo, per ufo di trafportare le mercanzie con minore fpefa, ed anche i materiali fu i lavori, con-' verrebbe piùttoflo interfecare una delle pianure laterali fiottò Firenze, con un canale capace almen di due barche, e tanto profondo, che non poten­ dovi aver fiempre l’ acqua corrente, quella vi dimoraffe almeno, come ftagnante; il che però, non fenza le fiue difficultà fi confieguirebbe. Io inten­ deva bensì di trattare del materiale, e de’ modi petrimettere, eperconfiervare il fiume nelle fùe diritture più' proprie,’ per ricuperare i terreni, le fipille, e’ bofchi, in diverlr luoghi, e in più tempi dati corrofi dall’ acque, e per formare filabili, e forti ripari per le ripe da ambe le parti, affine di terminare una volta le gravi fpefe, e ridurle fido a quella rifpettiva tenuità, che poteffe annualmente occorrere per lo femplice mantenimento . Ma giac­ ché, da qualche anno in quà , ho fatto condare agl’ interelTati, che il for­ mare le (leccate di legname forte dicadagno, o di quercia ( al die prima. pedi fi*opponevano per timore di gravi fpefe ) nonè di quel maggior di­ pendio, che e’ fi credevano, anziché, in riguardo alla tanto maggior diirata di tal legname, che di quello d’albero, o d’ altra pianta di qùedi bofebi, la fpefa, a capo a molt’ anni, riefee molto minore, e che col rincal­ zarle a luogo a luogo per di fuori con diverfi pignoncelli formati con le­ gname fiottile, di pruni, o con. altre frafche, caricate nell’ interno confaili a’ Arno, e con fallo di cave al di fuori, accomodatovi a lcarpa naturale, tali fteccate veng< no difefe dall’ edere Icalzate , e vote dalla corrente. ben­ ché aliai meglio fia, per levar quel piombo a lor medefime tanto nocivo, il coprirle , e rincalzarle per tutto andantemente con grandiflìma (carpa eoi detto legname fiottile, e col faflb/di cava , nella guifa , che io ho più vol­ te ordinile,, ed i. meddìmì intereffaù. hanno fimilmence veduto, che coll’

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3 6 6, D I $ C O R S O /; t ulare ne’ gran fondi, anche dove la corrente ha più forra, in vece di fteccare, e per maggiore fpeditezza, alcune volte gabbioni ripieni di fallo, ed altre volte, per maggiore (labilità, alcuni mailìcci quadri lunghi fatti , di ghiaie dell’ iftefio Arno , impattati con la calcina { chiamati comunemente cantoni di getto, o di fmalto, o di calcetti uzzo ) riefce pur di difendere con ficilrezza le ripe , falvare i lavori più deboli, e ricuperare i terreni; fìimo fuperfluo l’eftendermi di vantaggio, imperciocché dall’efperienzefat­ tene , pollono etti a baftanza vedere ciò che ¡fia per fortir loro di maggior fervizio: nondimeno, avendomene 1' A V. dato animo, vogliopure ( con adtlur loro varj el empii, potenti, in materie pratiche, a perfuadere affai più de’ precetti ) lignificare agl’ iffclfi, che mio parere farebbe di porre ita opera meno fleccate che fia pcttibile, perchè, -oltre al non efier quefteper le durabili, richieggono gran tempo a perfezionarli, e grand’ impiego d* operanti fparfì in più luoghi fuor degli occhi di quel minillro, che debbe afliftervi ; onde chi (pende è più fottopofto alle fraudi, o che ’1 danaro, con tutta la vigilanza di elfo minillro, non faccia tanto profitto, quanto coll’ impiego di meno gente. Ma quando in qualche urgenza, luogo, o tempo occorrere, come bene fpeflo occorrerà, di far palafitte, deluderei i pali d’ albero, di gattero, di vetrice, e di limil qualità dolce, mi varrei del cailagno, o della quer­ cia, o di limil altro legname forte [ benché di quello ancora converrà in breve lafciar l’ufo per moiri anni, perchè adello molto le ne penuria, ed è però crefciuto notabilmente di prezzo ] Le riempierei al {olito di legna­ me lottile de'bofchi, caricandolo con fatto d’Atno, o di cava, econ etto pure le rincalzerei a (carpa d,aambedue le parti, per quanto follerò lunghe, e le coprirei in fine col detto latto mefcolato con elio legname. Del tettante , dove ’ 1 fuolo d' Arno è di nreto forte , il corfo è più ra­ pido, ed ha forza di condurre, e lafciar fallì di gran mole; tn luogo di fleccate, porrei Tempre in opera de’ Suddetti cantoni di (malto, d’aflai mag­ gior mole di que’gran latti, ma non però troppo fconcia al muovergli, e al collocargli; e dove la corrente è più placida, e non conduce che latto minuto, o pur ghiaia loia , mi varrei del latto di mcn’ in mano di quelle ca­ ve d’ intorno Firenze, o di Golfolina, che mettette più conto il condurvi, o che facefle operazióne migliore, efiendo centi, che quello fatto non ruz­ zola come quel d’ Arno; e che quello di Golfolina come in fe più grave, di più (tegolate facce, e più rufpo di quello delle cave attorno Firenze, più fi profonda, fi ficca, e fi fitta, ed in Comma è più atto, ancorch’e’ non fia mefcolato, e gettato Copra legname lottile, o di feopa, o di vetrice, o di marrucche, o di altro pruno: ma per altro quella materia , col luogo eh’ eli’ occupa, rifparmia latto, fa comparire il lavoro con meno lpefa, e collegandcfi con quello, da luogo alla torbida, che vi s’ intruda, ed oper* che’I fatto non lì profondi tanto, e che più pretto fi fermi. Ciò che mi muove al non aderire a frequentar tanto fe (leccate d’ albero a due, tre, e quattro file, è il vedere, che oltre ai ricercar quelle, come dilli, grand’ impiego di legname, che pretto infradicia, c gran numero di lavoranti nel fiume, attorno alla fitta de’ pali: ne’bolchi a tagliare, a con­ ciare, a far falcine: e fu i greti, e giù per Arno ad adunare, e condur Caf­ fo, i quali uomini tutti di lor genio lavorano men che.pollono, e di quel che lìa da far fare in cottimo, non Tempre lì può avere ’1 fuo conto; an­ che tal forti di lavori ha in fe il più delle volte un naturai difetto di tirar­ li addotto l’ acqua, o di mantenerli, e talora accrescerli d’ avanti il fondo dove e’ furon fatti, mediante quel perpendicolo della fitta, che non fi può mo-


D T PTNCENZTO P IV I ANI.

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moderare co! ripieno di fafcina accomodar afcarpa, fe non per poca altez­ za fotto ’I pian dell’ acqua: onde la corrente, che ha da percuotere, o da ilrifciare quel lavoro, urtando, oScorrendo a piè di quel piombo, vi rimolina, e fcava, e dopo aver portato via il terreno, che vi è fotto, affon­ da , o fi leva in capo, o fcompone il ripieno: ficchè fpeffo convien rellaurarlo . Che però, mentre nòti** introducefie il ficcare a fcarpaaneh’ i pali, il che non farebbe itrpofiibile, afiai più di rado praticherei il confueto mo­ do di far palafitte, non efchidendo in tutto, perchè in più cafi torna be­ ne , ed alcune volte è forza Tubarlo; ma al più , quando fi voleffeadoperar, in luogo della quercia, o caftagno, il legname grofTo de’ bofchi, in vece di far così artifiziofc, e difpendiofe (leccate, dove foife neceffario che’l lavoro avelie gran pianta, mi varrei de’ pali d’ albero per farne o una fola fitta incatenata per lungo, o ài più due, ma con pali affai ràdi fra loro, i quali ferviffero come di guida a que’ pignoni, o laffaie, che in forma d’ ar­ gini potenti, io intenderei di fare, Tempre però fulle diritture delle fpalle, acciò quegli fervitìero a quelle di piede, e di fponda , con andar di mano in mano, per meno fpefa, riempiendo fra efie file di pali con legname fot­ tìi*, e con failo d’ Arno, ma non con rincalzar infieme per dinanzi con grande fcarpa quello ripieno con cantoni o ordinati, oallarinfufa { fecon­ do che permetteffe il fondo dell’ acqua } i quali già foffero fatti, e prepa­ rati in que’ gteti vicini; e per di'dietro con fafio fciolto di cava già con­ dottovi, o da condurvifi nel tempo, che il faceffe il lavoro, fecondo che ilagione folle allora ; o pure formerei tali fcarpe , o con tutti ca ntoni, ocon tutto faffo di cava, mefColato con quel d’ Arno, fe ve ne foffe, o in parte con quegli, e in parte con quelli, eoli’ impiegare in tal operazione il le­ gname foctile de’ hofchi, o collegato, o fciolto; e tutto, infomma, con­ forme a che richiedefie il luogo, il Infogno, e la pretensone , e’Ifineche ci fi avefle. L’ ufo di quello faffo fciolto di cave, dentro Arno medefimo non è nuo­ vo, perchè da tempi immemorabili inqua, dalla Ambrogiana ingiù, fiadopra di quello di Golfolina, inconftruire afeconda, e attraverfo pignoni, che fon chiamati faffaie, le quali, ne’ luoghi malìtme di correnti non furiofiflìme, nè con troppa caduta, faivano le ripe, e ricuperano i terreni con ficurezza. E per venire agli efempli. L’ Ingegnere Francefco Nave fi valfe di quello deUe noflre cave in ocealìone della rovina improwifa d’ una parte della fponda delirafotto'l Pon­ te di S. Trinità, feguita nelPanno rÒ47. e con quello vi rimediòDi quello pure delle medefime cave, e di Golfolina , mi valli io nel 1675. in fermare, come fovviene all’ A V- quella gran rofa, che fece Arno fopra il bofcodelTArgin graffo, del qual iafio con pruni, e frafche infieme, formatine a rofa in più luoghi, diverfi fproni, e con più alberi, e querce intere fronzute, accomodate fra elfi a feconda, e fermate co’ loro pedali dentro effa rofa, e con quell’ argine potente, che feci far per di dietro in gi­ ro a mortaio, col favor Divino, reftò libero il piano di LegnaiadalTincurfione di tutt’ Arno, che inev.tabile gli fovrallava; e la più grolla di tali fallaie, la quale con tutte Taltre vi reftò intatta, fece una ftupenda difefa, e tutti quelli ripari diedero poi campo a far gli altri vets’ Arno, i quali ri­ cuperarono la (palla, loStradone, e i beni corrali, e rimefiero il fiume nel letto proprio. Dopo la gran piena degli *1. d’ Ottobre del 1676. non fenza oppofizione di ehi a tal lorta di lavoro con fallo fciolto non inclinava, feciporre in opera di quel d’Arno, rincalzato, e coperto con quello di cava, col for­ mai-


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pritpé<piene'con pocfii centi,ai feudi -rejftò fra erti rincalzata, e ridótta a lcarpa.... „ Dell’ iftefia qualità ili fafio dì quelle vicine .caveuni fervi} fimilnrence cir­ ca aieci anni lono per falvar la ripa del primo ftradone del Maglio, come in effetto leguì. „.r Col fatto di Golfolina, tre anni addietro, formatone un grotto, ed alto pignone, per mia proporta, fi fvoltò,,come .dilli poc’ anzi-, a faconda col corfo d’ Arno, il corfo del fiume Ombrone, che vi entrava prima conti’ ac­ qua con pregiudicialifiimo ritardamento del fuo fcarico. Col fallo ài cava pure, e con falena lottile, fui parere, che ione die­ di di comandamento della glòr. meni, del Serenifs. Gran Duca Ferdinando, fu porta in opera dall’ ingegnere di Pifa una grolla fattaia-uel fiume dell' Era , e fu evitato con erta Fimminente rovina di quel Ponte fabbricato con fpefa immenfa. Nel fiume d’ Arno ancora fopra, e Cotto Fifa, in diverlì luoghi impor­ tanti, dall’ ilVefs'’ Ingegnere fono (late mette in opera più.lattaie con quel­ lo della Verucola, mefcolato con ftipa di macchia, e con evidente^ pro­ fitto, e rtabìlità-, che di tal maniera di riparare, P A. V. medefima s’ era compiaciuta comandarmi, il lafciarne iniiruzione in fcritto, come feci copiol'amente di quella, e d’ altra fórta ripari àpi-, fabbricarli con grandi (carpe. -, L’ Architetto Ferdinando Tacca continuò per molti anni a Livorno a fervidi, contro F impeto del. mare, di gran falli (molti, o cantoni natu­ rali, cavati da Mònténero, che e’, vi faceva condurre fu’ puntoni, Il Addetto Architetto Nave pej.àfficurare una delle pile del fuo nuo­ vo Ponte di Pila, attorno alla quale non fi era potuto Soddisfare in cir­ condarla con calla di pali per formargli la banchina, non con altro pretefé di rincalzarla, e di riempier q'ue’ fondi < che ricevono trenta, e più braccia di lunghezza dì pali ) che col continuar per molt’ anni a farvi Scaricare gran numero di barcate di fallo, credo di .Golfolina, e della Ve­ rucola. Ultimamente nell’ Ombrone di Grotteto, una grande, e grotta fattaia fat­ tavi per mio configlio con cantoni naturali, condottivi dalla marina, e mefcolati con della macchia del Tombolo, fa F A. V. S. per le relazioni avutene, che ha operato l’ intento , col por fubito in l'alvo la Torre del­ la Trappola, che fi trovava efpofta a rovina; e fe la fpelà è fiata grave ( forfè come lavoro non più praticato in que’ luoghi)la fua gran durata la renderà poi leggiera, effendo riufeite inutili, e gettate P altre fattevi per P iftetto effetto in grandi (leccate di pino, che in pochi anni fi fon disfatte. Io non fono così awerfo all’ ufo de’ pali, che io non conofca la neceflità del valerfene per fondamenti dì fabbriche dentro a Paddi, e Lagune, lun­ go i fiumi, fu’ fuoli inrtabili, arenofi, o fangofi, .fenza fondo ficuro, o per incartar pelcaie di (malto, o di muro, attraverso a-fiumi, o torrenti, c per rifondar muraglie full’ acqua, e fuori, édin mille altre occafioni d’ edifizj. Del lor bilogno ne fan fede Venezia, Amfterdam, ed innumerabili Città, e Porti di mare, fervendo i pali di radici alle fabbriche, per le quali, fe far fi dovettero i fondamenti di tutto muro collo fcavar prima il fuolo fino al lodo { oltreché vi vorrebbero pure i pali per lecatte, e per le riprefe J non fervirebbe l’ impiego di tefori interi, potendo avvenir talora,


*DI V IN CEN ZIO VIVI ANI.

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lori , che *1 cercato fuoLo (labile, e forte, o non vi ila, o ila per gran nu­ mero di braccia profondo, ficchè non fi dia lunghezza di palo, chevigiunga ; in qualunque de’quali cali, l’ ufo de’ pali è l’ ottimo de’ modi per for­ mar non ottante, il fondamento alla fabbrica da follevarvifì : eflendochè quel che non può ottenerli dì fermezza da etti pali, col fargli arrivare al lodo che manca, fi confeguifca a foprabbondanza dallacoftipazicme del medelimo cedente ludo, prefo in maggior ampiezza di quello, che va pre­ muto dall’ edilizio, la qual collipazione vi vien fatta dal gran numero di grulli pali, che a forza di fiere percolle in quello fi ficcano. Quelle polire peicaie, quelli ponti, e le fponde, che fon fra elfi, tut­ to e fabbricato lopra pali, ma che? la gran pianta, che hanno, ed inol­ tre, il poco declive che Arno tiene fra quelle duepefcaie, lono il mag. gìor capitale del loro follentamento, perchè, fe Dio ne guardi, quello declive s’ agumentafle colla rovina della pefcaia dell’ Uccello, che glie lo toglie colla lua altezza ( e perciò quella pefcaia va invigilata, e cuftodi* ta, come fabbrica la più gelofa, e la più importante ) vedrebbefi allora, ciò che fa far la velocità dell’ acqua, aggiunta al fuo pefo, come ne’ tempi andati è leguito piu d’ ùna volta, coll’ aver per ifcavamento fatto reftar in fallo le Iponde e’ ponti, e dopo fcalzati, e votati fiotto, aver tutto in fine demolito; niuno de’ quali finiftri farebbe avvenuto, fe [dato per poffibiie ] i loodamenti di tali fabbriche follerò (lati fatti, nonapiombo ( co­ me di neceifità vengono fatti da’ pali che li ficcano per dover follenere ad­ dotto gran pefi ) ma con grandiflìma fcarpa attorno, e davanti, la qual fo­ la icarpa conferita ( e qui ila tutto ’1 tniflero, e ’1 fegreto della labilità de’ lavori in acqua correnti ) conferita dico a folidi componenti il riparo, benché tcollegari, e lciolti, ed i quali fieno di forma non rotonda, ma af­ facciata, e rufpa , e di pelo aflolutamente maggiore di quellodelle maflìme parti della materia, che la corrente di maflìma forza puòconrlur quivi, do­ ve etto riparo fi forma, e ballante a contraltare, ed a relillere alla gravez­ za, e rapidità di quello elemento, anzi a domarlo, avincerlo , ed a fugar­ lo. E di fatto lì vede, che vedendo fermare la corrofione, che fa il corfo dell’ acqua ad una ripa, balla, anche dov’ ella faccia maggiori fdruci, il farvi un getto di quelli fallì di cava, o di quelli cantoni naturali, odifmalto, accompagnati, o no con fafeina, o con feopa, o con pruni, ocon al­ tro (inni legname fiottile, e cedente, e quanto fi fia confuta, e difordinato , che iubito vi fi vede mortificato 1’ impeto della corrente, inbreve tem­ po allontanato ’ 1 fondo, e celiata in rutto la rotta Quelli effètti feguono, perchè quel fatto, o quel cantone, col fuo proprio pefo, relitte quivi, e lupera di aliai la forza della velocità, e del pelo deli’ acqua ; onde con quell’'eccello difeende, ed arriva al fondo, e di mano inmano » chel’ener;ia dell’ acqua premente, e corrente, gli va cavando di fotto il terreno, o a rena, o la ghiaia, feguita quello a profondai finché arriva al lodo, o pure fintanto che la détta energia, lupera la refiftenza,4 eftendochè l’ effet­ to di un tal vigore fi vada diminuendo di mano in mano, fempre più, perch’ e’ non s’ efercita , come prima, l'opra ’1 tenero, ed amovibile del fondo, ma l'opra ’1 duro del fatto fletto, refofi immutabile, e fopra ’l cedente di quella ftipa , che gli coglie la forza ; onde celiato il più difcendere dique’ primi fuoli di fatto, e di ftipa, gli altri, che vi s’ aggiungono, vili ferman fopra, e di lor natura s’ accomodali nell’ efterno con quella pendenza, o fcaipa, che li vede prender da qualunque ammaflamenvo di corpi, la quale fcarpa, torno a dire, e com’ io (piegherò con altro in una certa Teorica, è quella, che data a’ corpi molto più gravi di quegli, che ’1 fiume Hello vi Tom. I , Aa por*

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‘D I S C O R S O

porta, quanto maggiore fi è, tanto più combatte, refifte , e fupera la pre­ detta energia della corrente, e le l’ allontana, e la fpigne contro 1' oraco­ lo delia fcarpa del greto opposto, la quale per trovarli applicata ad no al­ tro am;n.iliamento di corpi componenti elio greco, tanto mengravi de’ com­ ponenti ri riparo, fi altera, e fi (compone, e per tal guifa il medefimo gre­ to, va corrodendoli nell’ acquiltare quel piombo, che per opera di tal faifaia ha già perduto la ripa . So che quelli ripari con fallo fciolto, o con cantoni fatti dalla natura, o dall’ arte, lenza murargli, nonmancano delle loro eccezioni, nè di chi gli ¿riapprovi; ma quelli però fon quegli, che non han veduto, aè provato gli effètti loro. Dicono, che le correnti fcompongonotutti que’pezzi, e que’ malli, e che gli follevano, e gli trafportan piò innanzi. A quei, che non vogliono, o che non poffono prenderli briga di riconofcerdove e’ fono itati polli, fi dice, che può ben effere che in alcuni luoghi, o da alcune piene, e’ vengano fcnoflì da quel fito, dove a principio del gecto s’ accomodarono, ma che la mutazione quali fempre fegue con moto difcenfivo, di rado con progredivo, e mai per dillanza notabile, eflendo ciò del tutto imponìbile. La cagione di tal impolfibilità, allorché è Caputa, ed intefa, Cuoi appagar la mente di chichefia -, benché addotta Cedici anni fa in un mio dirtelo trat­ tante di fimi! Corta ripari, non dovefleappagar la fantafia di chi lo fopprefl'e. Quella è che, ficcome in quel fito dove lì por* quel cantone, o quel Caffo di cava, non fi trova pur uno fra que’ milioni di fallì fiativi condot­ ti dalle piene, che fia del pefo d’ alcuni di que’ che vi fi portano apporta, così, non avendo effe piene avuto tanto vigore, e forza di naturalmente condurvene, come l’aveano, ed anche maggióre, allorachè del medefimo, e di maggior pelo di mano in mano, fe ne fgravarono più, e più alto nel medefimo letto d’ Arno» non la pacranno aver nè meno per ifmuovere , folievare, e condur più lontano quelle moli, di pefo tanto fuperiore , depor­ tate quivi dall’ arte. E'benvero, che potendo effepiene (muovere, eportar più innanzi la materia minuta, Cullaquale i fallì, o i cantoni pofaffero, fa­ rebbe anche neceffario, come dilli, che quelli fcendeffero ad occupar quel luogo tenuto dalla detta rena, e ghiaia, e così vi fi profondaffero-, o che per mancar loro il Collegllo dalla parte dinanzi, prima che da quella di die­ tro, elfi progredilfero alquanto, oche alcuno de’ fuperiori, fdrucciolando, pallàlìe avanti agl’ inferiori, come io non nego che fpeffo avvenga : ma per­ chè quello icavamento, e frouoviraento di materia più leggiera, non pulì continuare in perpetuo, ma poche piene dopo finifce, que’ corpi tanto più gravi che vi fuccedono, arrivano una volta a trovar il fermo, e giuntivi, ed allettatili, ceda la lor difcenfione, e coll’aggiunta di nuovi cantoni fopra, o di làlfi di cava, il lavoro li riltaura, e cònfolida, e fi rende perpe­ tuo, perchè non infradicia mai, nè fa più mutazione. Non alterifco già che quelli lavori feguitino a dar così immobili, che io vi facelfi alzar Copra palazzi, o ville per mio diporto, osi vero torri, che fervifiero d’ollervatori faldilfimi per le cofe del Cielo, fui fuppollo, che non folle mai per vedervifi un pelo, benché minimo. Affermo bensì, che per i fini già certi di voltar correnti, falvar ripe, ricuperar terreni, difender an­ che campagne da’ trabocchi, e per altre limili operazioni, fono i più sbri­ gativi, i più durabili, i meno difpendiofi, ed i men foggetti a danni, ed a fraudi, affegnochè ( tolta la neceflìtà, che fovenie fuol nafcere e nafce, di dover far muri a calcina lu’ pali, o fenza, o di far palafitte reali ) data la parità, per dubbio d’ avere il mio conto nelle calcine, ed anche per me­ no ipefa, fra gli altri modi, eleggerei piuttofto » groiU cantoni naturali,


DI

VINCENZIO V i v i A V I

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che que* di fmalto, e piuttollo quelli, che i fallì di cavi, e piuttollo i lafiì di cava, che le palate, e quelle piuttollo di quercia, odicaflagno, che d’ albero. Ma per tale elezione, convien chiamare a configlio più cole, e confiderà« i vantaggi, e gli (vantaggi de’ porti, e de’ trafporti, i prezzi de’ materiali, fe quelli fien propri, o fi abbiano da comprare, i luoghi, e leilagioni, di dove, e quando.fi abbiano da applicare, e limili altre riilellìoni, le quali far non fi polTono ben aggiullate, che ne’ cali, che fi pre* Tentano, e talora nell’ atto medefimo deli’ operare. . . . . . Afficuratifi poi dell’ alToluta fedeltà in ogni maneggio degli operanti » fe premerà aliai più la {labilità maggiore, che il rifparmip, in quello corfo d’ Arno dalla pefcaia di Rovezzano fino a quella di S. Niccolò, e ^da quella dell’ Uccello fin quafi incontro ad Ugnanò, o a Badìa, dove ne’ piaggioni, e greti non manca ghiaia a propofico, e buona aformarne calceltruzzo , pili fpefle volte farei capitale de’ cantoni di fmalto, che de’ fallì di quelle cave, perchè fe ne poffon formare da Febbraio in là il numero delle migliaia, che fi vuole »dentro tutti i greti, e tenervegliper monizione Sepolti, finche lì polfa, o fi voglia mettergli in opera, perchè non fon quivi foggetti a dan­ ni, o pericoli , occupan poco più luogo della materia di che e’ (on_fatti , e più eh’ e’ vi Hanno, più vi fi perfezionano, e nel formar con elfi i lavori, * fi vengon piuttollo a diminuir que’ greti, che fodero nel letto d' Arno, e per così dire, a votare elfoletto» dovechè le {leccate piuttollo lo riempio­ no. Da Ugnano poi, o pur da Badia in giù, l’ operar fempre col fado di Golfolina [ che par creato dalla natura per difefa di quella parte ] e col folito legname minuto, farebbe di affai più ril'parmio, e tanto maggiore, fe d’ogni tempo Arno fi potelfe navigare all’ insùcol carico nel_barchereccio ; ma perchè tal comodità non vi è fempre, e per lo più continua a mancar adai nell’ Eftare, o fe ne potrebbe far condurre a’ polli l’ Inverno per mo­ nizione da porla inopera a’ tempi debiti ( nel far che , fi richiederebbe qualch altra fpefa pel nuovo trafporto, e adattamento al luogo dellinato ) o vi li potrebbono ulare piu piccoli cantoni di fmalto, col mandargli in giu col favor della poca acqua, che rella in ArnoQui loggiungono alcuni degli interedati, che fpendonq. La clemenza de’partati noftri Padroni Serenidimi fotto la cura, e foprantendenza del Magiflràto , e de’ Provveditori della Parte, ci ha provveduto di terreni lungo'! fiume d’ Arno, ce gli ha fatti piantare di boicagtie, e ce ne ha formate le fpalìe , affinchè con quel legnamegrolTo , e minuto, e col fado, che ci dà il fiume (ledo, ci ripariamo co’ lavori; e perche non pol­ liamo noi continuar a far con edo materiale lenza comprar ne caltagni, ne querce, nè pini, nè laffo di cave, nè calcina per formare i cantoni- ea a che varrebbero le fpefe in piantare, ed inmantenerequelli boichi. e da qui avanti a che fervirebbero? „ Per rifponder a tutto, fi dice loro, che quelli bofchi ferveranno a ridurcli in materia prima per convertirla in materiali più attiadedi ripari, ed in mercedi per foddisfar gli operanti in lavori tanto piu ftabili; poiché, già la ftelTa Clemenza dell’ A. V-nella medefima Legge provvedde, che quel le­ gname grodo, del quale non fi fervono gl’ Interedati, fi faceta vendere dal Magidrato, e che ’ 1 ritratto fi fpenda per lor tervizio. Che di quelli alberi, gatteri, vetrici, ontani, ed altro, t quali tutt li llraziano, e fi mandan mal nelle palafitte, collafciargh »ngrodare , e condur­ re a fega per farne il taglio Col quando egli è in perfezione luogo per luo­ go, ed a’ tempi debiti, ne ritrarranno tempre danaro m gran lommaChe fe faranno bene i lor conti, affai più vale quel legname, chele ip * Aa2 11u


37i D I S C O R S O no in atterrarlo, conciarlo, ficcarlo, e fermarlo in opera in lavori di breve durata, oltre al gran confumo della chiodagione, (frumenti, materiali, ed attrazzi di tante forte, di quel che fi vaglia il caft3gno, o la quercia, o ’1 fallo di cava, o i cantoni naturali colla vettura, e fattura delle Tartare» o di quel che codino i cantoni di (malto coll’ applicazione dove e’ vanno podi per formar ripari di lunghiflìma vita. Che dopo che eifi fi faranno armati, e difeli (labilmente in far le fponde continuare alle loro fipalle co’ fuddetti faffi di cava., o co’ fuddetti cantoni, il ritratto del legnarne groilo iupplirà poi al mantenimento di quelle, fenza lor altro aggravio. Che mediante l’ ufo. de’ predetti materiali durabili, tenendoli piantate Tem­ pre, e podieciate di legname, egroffo, eminuto tutte le fpalle vecchie, e quelle da ricuperarfi co’ nuovi lavori, i beni loro così difefi, ed alleggeri­ ti dalle frequenti impofizioni, acquifteranno affai maggior prezzo; ed all* incontro fi (erediteranno Tempre più, quanto più, col profeguimento di eflo taglio, avranno fpogliate, e (provvide le medefime fpalle d’ Arno. E finalmente, che oltre a tanti profitti, avranno anche di più il godi­ mento di vedere, colla ricuperazione de’ bofehi continuati, ripieni di numerofe , e ben’ alte piante, circondate da folta macchia, rimetta in edere 1’ antica amenità de’ medefimi bofehi, eia nobil delizia di quede cacce, do­ vuta proccurarfi, e rifervarfi all’ unico lor Signore, coll’ aggiunta della va­ ghezza de’ prati, e del giocondo diporto per ifpaziofi, epianiflìmi dradoni actraverfo, e in diritto, per lunghezza di ben fette miglia perparte, daquì a Signa, e carrozzabili in giro dentro al tempo folo di tre in quattro ore. Delizie in vero, Tulle Forte della (leda Città dominante, invidiabili da ogni Monarca, le quali, in confeguenza de’ fuddetti comodi, ed utili univerfa* li, e particolari, rilutteranno dall’ abbandonare il frequente ufo inArno del predetto legname graffo fraliflìmo, e dal praticare, col prezzo, e ritratto di elio, l’ altro ufo durabiliflimo del legname forte, quando ila urgenza il va­ leriane, o de’ fallì di cava, o di Golfplina, o quello de’ cantoni di fmalto, comprefovi Tempre l’ impiego del legname fiottile degli fteifi bofehi. L’ ufo pure di quefti cantoni di fmalto, non è foriè men’ antico di quello> non dirò, de’ naturali di ficoglio, ma de’ (affi l'ciolci di cave, fiovvenendomi, che l’ ifterto Architetto Nave aderiva d’ averlo veduto mettere in opera in alcuni porti di mare. A mia notizia, i primi che fi fabbricaffero in fervizio d’ Arno, furono a propofizione di Braccio Manetti allievo del gran Galileo , di acuciifimo in­ gegno, mio parzialiflàmo Amico, da me altrove celebrato, ed il quale mo­ rì Soprantendente Generale delle Poffeifioni di V- A. Queffo Gentiluomo ( dopo edere (lati fatti, col parere di più Periti, molti, e diverfi ripari di legnarne a Varlungo, che non aveano avuto buona forte ) fu, dalla glor. mem.del Sereniflìmo Padre dell’ A. V. deputato a foprantendere a quella medefìma riparazione, infieme col Padre FrancefcodiS.Giufeppedelle Scuo­ le Pie, infigne Mactematico, e Scrirtore dottiilìmo della Direzione de’ fiu­ mi, fotto nome di Don Famiano Michelini, e per quell’ effettone fece for­ mare non fio quanti, parte liberi, e parte in caffoncelli fatti con affé: ma venendogli difficultata quella, allora infolita maniera d’ operare, da chi, ibpraltando alle fpefe di que’ maneggi, non vi avea avuto patte, erto Ma­ netti, (limando fimili contraili pregiudieiali molto al fervizio pubblico, giu­ dicò meglio il defiitere, che il continuare in quella foprantendenza. Parimente circa l’ anno 1664 quando l’ ideilo Sereniflìmo, per dar fine a tante inutili fpefe, rifolfe di approvare il mio antiquato, benché difpendiofo con-


D I VIN CEN ZIO B I F U N I .

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Concetto« flato Tempre di rifare il vecchio muro di detto Varlungo, den­

tro T incumbenza, che la medefima Sereniffima Altezza volle darmi a far­ lo efequire» feci formar una partita di eiG cantoni per riempierne certi fon­ di, e quelli pure corfero la (leda fortuna degli altri. Intorno alla fine dell" anno 1679. il Miniftro d’ Arno, con cui per avanti io aveva trattato più volte di tali fmalti, come eh’ egli era (latofamiliare del predetto Nave, di» feorfe di elfi col prudentiifimo Senatore, e Auditor Ruberto Pandolfini, al­ lora Provveditor vigilantiflìmo della Parte. Volle quelli onorarmi, col fentirne il mio parere; e commendatigliene, fu facile perfuadere al di luifiniffimo giudizio, e chiariiliinointendimento, il farne l’ efperienza : onde, pec la libertà che efio Senatore me ne diede, elelfiallorafopra Firenze, la par­ te del pian di Ripoli fotto S Lorenzino, dove ordinai farli alcune traver­ se in forma di pignoni con doppia fcarpa, compofti di più cantoni di fmalto, accomodati con buon’ ordine, i quali, con altri ordinativi pur da me per rincalzare i pignoni vecchi murati, e la (leccata di S. Lorenzino, ed accapo al poderonede’ Caftelli, hanno tutti perfettamente operato, non tan­ to per opportuna qualità de’ ripari, quanto per edere (lati dal Miniftro de* lavori con buon’ arte efequiti. Dipoi, in altri luogi fotto Firenze, fe ne fon fabbricati per rincalzare davanti, eper teda, più (leccate, e per riem­ pier fondi: ed honne ordinati per i lavori di Vetriolo, edi Brozzi, perque* del Poderaccio, di Mantignano, ed Ugnano, eper fopra la Badia aSettimo ultimamente. Con quelli medefimi cantoni di fmalto intenderei di continuare la fpcnds, che redo a fard fotto Mnuovo muro di Varlungo, con farne ancora qual­ che traveda, che atteftafle alle profiline rovine del muro antico, le quali più non pedono mutarli, per eflerfi, già fono mole’ anni, profondate fino al fodo. E con quelli cantoni farei rincalzare la (leccata reale del Funga, e così opererei per tutto fopra Firenze: ficcome perdifotto, formerei con efiì la fcarpa alle (leccate, che fono d’ avanti alla ripa delle Cafone, e fe non per tutto con cantoni, almeno a luogo a luogo, o con eilì, oconfar­ lo di cava, che faccia piede, e copra, o lefafcine, od i fallì de’ greti d’Ar­ no. E prefeindéndo da’ riguardi, che fi debbono avere a più cofe, ed in fpecie agl’ intereffati, i più de’ quali, fogliono efclamare quando veggono, o fentono, che fi abbiano da far novità col danaro loro, le io avelli avuto a fare operare come per mio ¡(«erede, ben fa il Miniftro medefimo, quan­ do circa all’ anno 1677. fi riparava al Poder3ccio, edalcre volte dopo, che difeorrendo feco di quelli fmalti, gli conferj, che in occafione di voler ri­ metter Arno in qualcuno de'greti, o piaggioni, che occupano la lua dirit­ tura, prima di farvi il follo, avrei voluto crearli il fondamento della fue fponde da ambe le parti in que’ (iti, e diritture, dove quelle andadero fat­ te, col cavarvi due foiTe fotto ’1 piano dell’ acqua più bada, e qui dentro impailare con calcina il fallo, e la ghiaia, che vi fi trovade apropofito, o la più vicina fenza terra, o belletta, formandone come pignoni andanti di gran pianta, ed alti in guifa, che le.piene mezzane potefiero traboccargli a portar ne’ feni i lor meglio, per poi, quando avedero fatto prefa, cavar fra effi il fodo, per introdurvi con altri lavori opportuni tuttal’ acqua chia­ ra d’ Eftate, e lafciar poi, che le piene, in corrodendo, arrivatevi, profondader quanto voleflero quelle mura andanti; le quali, quantunque fotfe da credere che ( (laute la divertirà de’ fondi, che vi farebbe la corren­ te ) fcer la loro gran mole fi fpezzadero in più luoghi ; que’gravipezziperò, non varierebbono di troppa la dirittura, e con avervi pronto gran nu­ mero di cantoni manevoli, pur di fmalto, ovvero quantità di falli di cava, Tom. I. Aa3 e


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D I S C O R S O

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e di falcioa- minuta, andar riunendo quelle feparaziotiiv e alzarvi ¡fopra». e feguicare in tal graia, finiamo che quelle gran mcìli fi follerò fermate lui fondo (labile; che in tal maniera avrei creduto che la corrente folle per contervarti dentro tali argini, o fporvde per tutta la lunghezza del follo. :E quando tal’ opera dentro alcuni di quelli greti fi alzaife dal piano delle piò balle acque d’ filiate ordinatamente in forma di argini, l'carpari a gradi, con tutti cantoni maneggiabili di fmalto; e di già ftagionativi, o con tutto faf» fo di Cìolfalin3, o d’ altra cava, lu pruni, o fralche; pur crederei che le ne ottenefle l’ intento, e forfè con piò felicità allorachè, facendoli il fovr* accennato follo navigante, alla finiltra, perefemplo. del corfo d’ Arno, da qui fin fopra al Ponte a Signa, ficoftruifte in quefto fiume poco fopra allo sbocco di tal follo, qualche (labile traverfa, a guifa di pefcaia che moderalle aggiuftatamente la total caduta, di elio Arno, la quale, a mio conto, è fopr’ a ledici braccia, ed è la principal cagione dell’ andar quello così paz­ zamente girando, e rodendo or da una parte , or dall'altra . . kt lo perù non foftengo, nè propongo, che quelli addirizzamenti di fvofrè fi facciano in alcun de’ modi qui ora da me leggiermente toccati, potendo* vene efier altri più cautelati, e migliori; purché Tempre fien póltri lavori a feconda, e folle diritture delle ipalle da riformarli, eftendochè quégli ; che fi fanno ad iilanza degl’ iuterefTati, dentro, e giù perlerofe; coltela; pc, o riefcano affatro inutili, o fieno in gran parte gettati» i !:ó Delcritte le qualità, e le forme de’ lavori più (labili, e meno difpeudior lì, ch’ io per me giudico poterli praticare per Arno da Rovezzano a Signa» ed anche nel Vaidarno di (opra, ficcome per ogn’ altro fiume di quello Se. renils. Stato, o fuori, e dovunque, per difenderfene alla giornata non man» chino le comodità, e'materiali fopra dichiarati, reità, che io rapprefenti all’ A. V.S. i miei feucimenti ancora intorno all’ ordine, che più adeguato ho tenuto Tempre che folle nel mettergli in opera. r >i-; s E prima dico , che da molti, e moli’ anni in qua più volte ho-lignificato in voce a’ medefimiintereffati, ed a chi altri occorreva, e più ‘volte T ho mefio in Carta-, non mi efler parlo mai buona regola, quando un fiume,tò torrenti, quale è Arno, ha fatto più, e diverfe corrofioni da ambe li par» •li della campagna, come è da qui a Signa, e che elfi pretende, col rimet­ terlo nelle lue diritture, di ricuperare il perduto, C intraprendere di tante rolè, prima quella del mezzo, o verfo ’1 fine per d¡lotto , e non prima la fuperiòre a tutted’ altre. Quelle mie replicate efpreflìoni erano,le fon fon­ date màffiinàlhehte fui parermi aliai incontrallabilnfotivo il feguente, il qua. lè è, che di tutte le: refe, & lunate inferiori, quandobenfoilercento spar­ lando di quelle i» particolare, cheli forman fra>due pelcaie, .ficcome ne è loia , è necefiaria cagione la prima rofa di fopra», laquale colf alterne inci­ denze , e riflelfioni delle battute, e ribattute dell’acqua; faxreare tutte Valtre dtiotto, cioè nel proceder con ordine a riparare aquella prima, vengo­ no per neceffità le leguenti ancora, fe non a rimuoverli in tutto, almeno a mitigarli, o a variare a-legno, che riparando in appreflb alla feconda più prodima, e di poi alla terza, e cosìdajruqa, e dall’ altra parte del fiume ieguitando, parche debbano reltar riparare tutte, con fpefe, rifehj , edanni ihcomparabilmente minori, chenelfarfi or più giù, or più fu alla rinfofa fenz’ alcun ordine . Ciò nondimeno s’ è praticato finora , e quantunque con­ tro al miogenio, e parere, è convenuto fecondare l’ ¡danze degl’ Incereflati col proporre acconcimi riguardanti piuttofto il bene particolare, chel\univerfale; poiché que’ di più polfo, vedendoli portar via dall’ acqua i loro Bem, benché conolcefiero, che aliai più facilmente » con meno ipela, e con


DI VINCENZIO V iri A N I

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con maggior ficurezza fi farebbon levati Arno da dodo, dopo che e fofle

fiato timoiTo dalle refe di fopra; ficchè non ali percuoterti: più di punta, ma ali toccale per iftrifcie; nondimeno h3n voluto tempre arrifohiar la lpe*: fa maggiore per un rimedio da lor creduto prefentaneo , che la minore per uno, limato da eflì più remoto; febben poi in fatto il piu delle volte è le: euito, quel che avvenir dovea , cioè eh’ e’ detti lavori, come Itati etpom al npentaglio dell’ acqua cadente a fquadra fopra-di loro da le rofe oppofte, hanpàtitodifaftri tali, che è convenuto, o alzargli piu del doveie, o riflaurarali , e fortificargli con difpendj nuovi, ed anche prolungargli alla tefii, per efimergli dal pericolo di rimanere nel mezzo d’ Arno; egli acquifti ♦ che hanno prerelo di far con effì, Tono andati molto piu tftfitif e léiti men profittevoli di quel che coll’ aiuto dèlie ricuperazioni delle lunite di fopra, gli avrebbono alfin provati. È per noti allegar lavori fatti cosà tuor di regola di lungo tempo, com­ provano ottani’ t® dico, gli ultimi due, l’ uno fatto per la maggior parte di fallo di Golfolina all’ etliema rofa di S. Mauro a Signa, e 1 altro con ifteécata di gran pianta fatta con caftagno, e terminata a principio di quefio Invernai per coprir la rofa , che è intorno al mezzo del corio d Arno fotto la bocca di Greve-, poiché, quello di S. Mauro, nelle paflate piene, ed in quell’ ultime ancora, è flato ritrovato da capo dalla corrente, la quale, cadendogli addoflo dall’oppofta rofa di S. Colombano, ha minac­ ciato, e minaccia di nuovo di fiaccarlo dal continente, con pencolo di rientrare in quel grande acquilio: onde è bifognato ordinarvi due, e tre volte ripari nuovi per all’ insù, coi tnedefrmo (alio di Golfolina, prunami, e falcine, performarneprima più (proni, e poi riunirgli infieme, come iarà necelTario feguitare di man in ni3no, che la nuova rofa, ritirandoli in dietro, intaccherà quella, fpalla. L' altro lavoro è quello fotto la Greve, il quale ricevendo umilmente addofl'o di fe, come a fquadra, tute Arno ¿adente dalla parte di Quaracchi ( fopra la quale dallo sbocco di ne in giù, liccome all'oppofta ripa, fui Tempre d opinione che l. dovei e continuare a riparare unitamente da ambe le parti, col farli dalle ro ep u vicine a Firenze ) ha dato molto da fare a tenerlo foÌ?. temere delia lua rovina, la quale farebbe accaduta, s e non fi foffe ficato, e fe 'l diradare delle pietre, non avelie dato tèmpo a r.fiaura io, e non foffe cofirutto di legname forte, del quale l ordinai infiemexolfofo: fiantechè, quando fu fatta iattanza d. ripararvi nella_ palla« Bftace troppo avanzata, non vi era munizione di Cantoni, o di fallo, i di condurvelo per barca , mentre Arno mancava d acqua , e nel condurvelo per ifchiena, troppo farebbe valfo. Ma contuttoché quello la™ ro in ertele, ed abbia forzato ’1 fiume ad entrar nel follo, non li è però,.c elfo , confeguito quel fubito, e florido acquifto che dalle mediocri pi paflate fi farebbe fenza dubbio ottenuto, dopoché, «Ha continuazione da ambe le parti de’ lavori di fopra a feconda, e lungo le fpalle, folle flato rimoflo Arno dall’ oppofta lunata, e fatto camminare per le lue diritture, ner mezzo delle quali, il medefimo hvoro farebbe fiato non urtato, ni {Infoiato dalla corrente, che-fi farebbe incamminata volentieri, e non for­ zatamente pel folio, ed avrebbe deporto in quel feno , fior di„terra , non rena, e ghiaia, ed a quell’ ora « ben. de’ particolari, e la fpalla fi bono interamente ricuperati, fenza lconcerto della parte oppofta, il qu . per natura di rifleflìone, è necelTario che avvenga. f , d’ Arno * A tener 1’ ordine, che fopra ho detto di levare tutte le ivolte a m o cól farli prima dalle fuperiori, non vi è alcun^feniato, quantunque no -


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DISCORSO

rito, il quale non vi concorra, come (limato da tutti 1* ordine pia natu­ rale. Se poi forte poflìbile l’ aver da Firenze a Signa , dentro atutti i piaggioni, o greti da tagliarli conforti, già preparate, come fopra, le fpomle a feconda, e Tulle ripe delle (palle da ricuperarli, e già cavati, e nonaper­ ti i folli., e già fatta per tutto fcprabbondante munizione di cantoni di fmalto, e di fallì, da poter poi in una fola Filate col danaro pronto, cioè con quanti operanti mai vi occorrellero, ferrar l’entrate,, e l’ ulcite dell’ ac­ qua d’ Arno, che nello dato, più ballo corre ferpeggiante per le lunate, io non deluderei quella maniera di operare per tutte le lunate in un tempo» ovvero ( per meno imbarazzo, ed impegno. ) in più d’ una infieme, pureh’ elle fodera delle fuperiori, e fra loro continuate: quantunque il rifolvere fopra di ciò ricerchi l’ aver prima confiderato, e provveduto a più altre cole. Nel proposto di quelle corrofioni, o lunate da Firenze a Signa , che hanno tutte l’ origine dalla più alta, non penfo ellervi alcuno, che ponga in dubbio, la formazione della prima dipendere principalmente dal primo intoppo, in cui s'incontra la corrente, di quella materia grolla, che per qualche accidente, per diminuzione di iua.forza, ella depone più da una parte che dall’ altra dell’ alveo, creandone quel rialto, che greto, opiaggione, o renaio lì dimanda, il quale poi, colla fua naturale fcarpa, carica la medefima corrente ad offefa dell’ oppoiìa ripa: ma oltre a ciò, io fui. Tempre di parere, che del continuare con lerpeggiamento le feguenti rofe d’ Arno, ficcome d’ ogn? altro torrente, o fiume, che vada torcuofamente vagando per un piano, gran colpa vi abbia ancora la pendenza total* del fondo dalla prima all’ ultima rola, quando erta pendenza fia eccedente, ©maggiore del bifogno ; come forfè, in quella diftanza da qui a Signa, le cadute de’ mulini, e gli (pelli ratti, che vi fi veggono, la dimoftrano foverchia, ed anche aliai inegualmente diftribuita. Che perciò fe dopo rico« nofciutala per fuperflua, non fi volefle diminuirla, con un folo alzamento in fondo ( come forfè farebbe meglio nel calo di. far il follo navigante,, che dilli, a finiftra d’ Arno ) ma fi ftimalle neceffario piuttofto di mode­ rarla apparte apparte verfo «¡alcuna ripa, e non nel mezzo; del canale d’' Arno, potrebbe ciò effettuarli con alcune intraverfature dei canale medefimo, ma però bade da farli ciafeuna. con più file a gradi collegate infieme di grulli cantoni di fmalto, formanti come tante (èrre fu larga pianra, con. lcarpa aliai dolce, e dirtela pel verlo della corrente, e con la creda tanto, depreda nel mezzo, che peE lunghezza di quaranta braccia, ella non fi fol­ levaile punto fopra ’I piano, o fondo naturale del letto d’ Arno,, ma fuor di quefla mil'ura andarte Coavemente alzandoli dalle parti, con poca sì, ma. «guai lalita, fino alle fpende laterali, che già vi fodero andantemente co« firntre, e ftabilite ( in alcuno de’ modi fopra fpiegati ) in forma d’ argini,, con doppia Ccatpa, larghi in bocca lèi braccia almeno, per comodo parto, deli’ alzaie, a cavallo, o a piedi,, ed in diftanza fra loro di braccia 240. a. panno, che tanta larghezza d’ Arno da, fponda afponda fi giudica efler qui, nè fcarfa, nè troppa, ma competente allo fcarico di querto fiume- Da li­ mili traverfe così bade nel naezzo, non verrebbe impedita punto la lolita navigazione, qualunque ella da, uè diminuita la total caduta, anzi accrefeiuta la forza all’ acqua di portar più innanzi le materie grode, e voltane doli la corrente giù pel mezzo di edo canale, le fponde medefime refte* rebbero piò ficure. Le lira vaganze di volte, e rivolte, che dalla valle dell’ Inferno fino all* ncifa per lunghezza di circa quindici miglia va facendo Arno fopr’ a Fi,


di

riN CÉtizioviviAm.

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Tènie per quel feitilìfliiio piano’, tiitte s’mio credere, procèdono dall* ec­ cedente velocitàVehe egli acquiftanél córto, conia troppa-’cadaca, che egli ha in tal lunghezza; che fe quella caduta difcret3 mente lì tnoderaffe, con alzarli tanto o. quanto, e quel che pareffe opportuno, fopraque’ primi maliì dall’ Incifa, fi vederebbe ‘mortificata la rapidità di quell’ acqua, e conTufo nelle parti gretofe, de’ Ibpraddetti cantoni, e nelle renofe, de'falli, e fio anche per dire delle femplici gabbionate, te quali fatino una mirami difela ; e fopra tutto con la confervazióne delle pellicce; e delle piantate, con fomma facilità fi potrebbe in quello Paefe ancora ritenere Arno dentro il iuo letto, con fpefa incomparabilmente minore, e con acquifto di fpaziofiffìme tenute. t r Nè fi dica, che col fuddetto, benché difcreto alzamento all’ India, li manterrebbe Arno più gonfio nelle piene, con maggior pericolòd’ inondar que’terreni, perchè oltre, al rifpondere, che tali inondazioni non fono, nè farebber nocive, perchè in quelle parti Arno, che tortamente vi s’alza, e non rnen torto fi abballa, vi conduce, é vi depone tutto oro, ioggiungo, che in tanto io proporrei l’ alzamento predetto, inquanto io farei ca­ pitale, che con quel fior della terra, che palla pel Valdàfno di lopra, di andaffe da ambe le parti molto bene ricolmando, alzando, e migliorando quella gran pianura fra Levane, e l’ Incifa; la quale poi, così bonificata, volendo difenderla da’ trabocchi, nonvièda pigliarli gran pena, ftantechè, ogni femplice argine può porla in falvo; anzi quello alla finiftra già vi è quali per tutto, nè vi bifognerebbe' altro, che alzarlo ’qualcofa' piw* cd iugroflarlo ■ E fe così facile folle 1*alficurarfi dalle role, come dall’ inon­ dazioni, non fi proverebbero de’ danni da’ fiumi, che tanto confiderabilt fi fan cooofcere. Poiché fe un folo braccio d’ altezza d* argine non fol­ le badante a impedire l'efpanfioni delle piene,' col farlo'due, tre, quat­ tro, o fei, o quanto bifogna, già fi fa che con elfi, ancorché di fchietta rena, purché ben fatti, ben battuti, e formati, con gt&ndi fcarpe» piutate, o infeliciate, o in altro modo coperte, e difefe dal venir corrofe; e riguardati dall’ efl'er forati, erotti, licuoprono, e fi difendonodal ma­ re a1tifilmo, baffiffitneProvincie intere. Le difficoltà, ed i pericoli s’ incon­ trano , e fpefe immenfe fi ricercano in conftruir lavori atti a impedire le corrofìoni delle ripe, e quelle ’n particolare de’ torrenti, i; quali ad ogni piena variano lo fiato loro, e fi mutano collo fcavare nell’alture, e riem­ pier ne’fondi, voltandoli dove la necefluà gli trafportaad offefa, ord un a parte, or d’un altra, col portar via il luolo ftefio, dove gli argini pofanov nel qual cafo la robuftezza, ed altezza loro non ferve ad altri?, che a fa­ cilitar col proprio pelo la (leda corrofione, che giù in fondo fa la corren­ te al lor proprio ibftegno. Onde affai più importante fi è il premere d’ impedire al fiume il corrodere, acciò e’ non s’ interni dentro le fpalle, e ne coltivati a fcavarvi le lunate, e portar via i fondi di que’ terreni, che il penfare a coprirgli, e falcargli dalle inondazioni, le quali, giovamento piutcorta, che nocumento, pòffono loro apportare. Finalmente, fe e’ iìa più ficuro, e più proprio, lunata per lunata ( prefe c o l l ’ o r d i n e fopraddetto ) l’ incraprenderla, col farli di fopra a voltare con lavori il corl'o dell’ acqua nel canale, dove e’ fi pretenda d’ incammi­ narla, o col farli puttorto di fotto, col ferrarle Pufcita, acciocché, gon­ fiando, ella polla da fe introdurvifi, io veramente non mi arroghereidi de­ ciderlo; ma 1 cali in pronto fomminifirerebbono forfè i motivi alla più op­ portuna elezione. So bene, che nell’ uno, e nell’ altro de’modi mi è lortito ottener l’ intento. Nel primo cioè, più volte fotto Firenae, che la prt*


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, D I V INCENZIO VIVI ANI. 379 gli porti in opera avanti al feguenre Inverno: e però è necelTarìo che pron­ tamente fia dichiarato donde abbia da ufcire l’ affegnamento, perchè vi fia tempo a rifcuoterlo; o pareli*e* fia d* altrove fomminifttato, acciocché la maggior dilazione non renda infoffribil la fpefa di così importante riparo. Ma troppo, Serenifs. Signote, intorno a tali affari io mi fon diffufo in tempo che 1*A. V. S. fi può promettere, per lo zelantiflìmo Reggimento del Senatore Alamanno Arrighi Provveditore della Parte, chele fovrafpiegate, od altre più opportune riparazioni de’ fiumi, verranno meglio pen­ iate, proporte, e foprantefe di quel che mi abbia faputo, o mi fappia, e polla far io, dalla rara perizia, nell’ età vigorofa di Piero Guerrini, il qua­ le, mediante la liberal manodi V. A . , ha per più anni veduto ciò che ab­ biano inventato gl’ ingegni delle più induftriofe Nazioni oltt*a’ monti. Che fe io, deftinaco nella mia ndolefcenzia, dal nobil genio del Serenifs- Fer­ dinando, a coltivarle teoriche Martematiche, e nella mia virilità, di pro­ prio moto del medefimo Sovrano Mecenate, fatto cíente dagl’ impieghi della Campagna, e di più, per benigna edunica interceifione dell’A. V- orrevolmenteprovveduto, affine eh’ io poterti quelle, e promuovere, ed illuftrare, non mi refi, quale effere fi richiedeva, adattato alle pratiche; la grave difpiacenza ch’ io ne ebbi, fu alleggerita dalla coniolazione di avere, dopo fatte le mie ingenue prOpofte, ciecamente obbedito; di aver* opera­ to Tempre, mercè foto della Divina Affiftenza, con rectiffimi fini privi di paflioni, e d’ intererti ; e finalmente, di aver confervato all’ A- V. S. incon­ taminata la fedeltà, nell’attuai fervitù predatale pel corfo di cinquantanni, con brama di continuarla finché avrò fpirito, e finché la bontà impareg­ giabile di V. A. congiunta alla fua Reale Beneficenza, fi compiacerà di compatire in quella mia età, cotanto avanzata, gl’ invalidi sforzi del mio .buon cuore.

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RE L A Z I O N E AL

SERENISSIMO

G R A N D U C A DI T O S C A N A

C O S IM O III Intorno al riparare, per quanto poffibiliia, la C ittà, e Campagne di Pifa dall’ Inondazioni•, ec. J

VINCENZIO VIVIANI Mattematico di S. A. S. SERENISSIMO GRAN DUCA U N IC O

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SIG N O R E.

A Pianura di Pifa attraverfata dal fiume d’ Arno, può, come è ben noto all* A. V. S. patir inondazioni da due acque: cioè, dalle proprie piovane ( in cafo maifime di ftagioni lìraordinariamente piovofe ) e dalle ftraniere d’ Arno ftetto, quando le piene di quello, fopravanzino il livello delle Campagne. All’ uno, ed all’ altro pericolo, ne’ pattati fecoli, fu feparatamente con opportune operazioni, e con fommo giudizio provveduto; poiché que’ Periti, e Intendenti della Campagna, dentro a’ due piani adiacenti ad etto fiume, l’ uno a delira, detto di Val di Serchio, e 1’ altro a finiilra di Vald’ Arno, diftribuirono, in lìti proporzionati, più, e diverlì fotti, capaci, ed abili a trafmetter da loro al mare l’ acque pioventi fopra elB piani, con farle prima fcaricare in Fiume Morto da quella parte, ed in Stagno dall*

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sBì DISCORSO altra. Ed in oltfé, lungo le ripe'd* Arno,.alzarono groifi Irglni, potenti ad impedire i di lui trabocchi. Con quelli induftriofi provvedimenti, e con altri appreso, finché la Cit­ tà di Pifa, e ’ 1 fuo territorio continuò adeffereben popolato, elle pianure fi mantennero fertililfime di frumenti, e d’ ogni bene neceffario non tanto a’ proprj Abitanti, che agli ftranieri. Diminuitali poi la popolazione, fi diminuì in confeguenza l’Jndtìftrla, neceiTariffima al mantenimento dell’ umane, cioè a dire delle caduche opera­ zioni, di quelle in particolare che debbono contraltare con gli effetti pe­ renni della Natura, la quale nel fuo operare, mai fi fianca. Per quello mancamento di Abitatori, effe pianure fi trovan oggi foggette a venir più frequentemente inondate, con danni graviflìmide poffeffori: non perchè quelle fien divenute diverfe da quelle che fi fodero mille, o due mila anni addietro; poiché, febbene il declive de’ lor folli potrebbe^ crederli fatto alquanto minore , per efferfi allontanato aliai da que’ tempi in qua il lito del mare, cioè il mare fteffo, dove capitano le dett’ acque pio­ vane, non è però, che’1 pelo dell’ acqua di elio mare, quando è in calma, ed in fiato di mezzano fluffo, e refluito, nort fia ancora oggi quali l’ ifteffo; e non è parimente che ’1 fuolo delle dette pianure, per sì lungo tratto d» tempo, non fifiatanto, o quanto, anzi pur notabilmente rialzato, non fol con le torbide tramandatevi da monti, e colline, che ad elB piani fopraftano, quanto conquelle de’ trabocchi, o naturali, o artifizialid’ Arno, che dentro a si gran numero d’ anni vi fonfeguiti: onde è, che in univeriàle la pendenza de’ detti folli dee ragionevolmente efier divenuta maggior che in antico, e che, per quella cagione, potrebbero tali folli ( fuor che ne’ tem­ pi dell’ inevitabile impedimento de’ venti contrari ) fmaltir meglio, o alme­ no come prima l’ acque proprie, e render fruttifere come prima le campa­ gne che vi fcolano. Ma giacché quelle in oggi fon fertili, quanto furon già ( tralasciando d* incolpare, o di metter a parte di tal pregiudizio, il follo navigabile da Pifa, fino a Livorno fatto circa . . . anni fono, e quello da Ripa Fratta fin a Pifa di circa 200. anni fa, i quali, benché deftinati, per verità, a molti ufi giovevoliffimi alla Città, ed al Commercio, con l’ attraverfar l’ una, e l’ altra campagna, impedifcon non poco a gran numero di folli, e fcoli, mafiìmaniente del piano a delira, il condurre con libertà le piovane al ma­ re lor centro ) altro non refta a dirli, fe non che ciò fia avvenuto, o dall* efferfi oftrutte in fondo l’ ufcite dell' acque loro, o dall’ effer trafandaci, ripieni , e refi inutili ( come è in fatto ) molti di que’ folli, e sbocchi, i quali tenevano afciutte, e fané le campagne, odali’ efierfi quelle infri­ gidite per l’ alzamento dell’alveo, e del livello dell’ acqua d’ Arno fatto fuperiore ad effe, molte braccia . Gran parte di rimedio farebbe dunque, fe fenza alcun rifparmio di fpefe, con la dovuta fedeltà, e buona economia amminiftrate, fi tornaffe dentro al tempo di pochi anni a rimetter in opera, e ridurre allo fiato antico tut­ ti que’ folli, e fcoli che più or non operano, con ricavargli, e arginargli tutti infieme con gli altri che ne aveffer bifogno, e tutto nella forma , che richiede l’ arte, e ’1 giudizio del buon perito, il quale anche fappia difjporne, e crearne altri de’ nuovi, dove più la feguita variazione delle pendenze, e degli eliti lo ricercaffe; purché prima fi riaprano gli sfoghi di detti folli, quello in particolare di Fiume Morto, con cavar anche quello dove ne fia il bifogno; ma fopra tutto, con raddrizzarlo per la più breve, rillringerlo all’ apertura de’ponti, ed arginarlo inmoderata diftanza dalle ripe fin denV

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D I V I N C H I ZIO VIVI ANI. 383 ttp al mare, con incalTarvelo ancora per moire braccia. Non fi debba già intraprendere quella univerfale riduzione di sbocchi, folli, e fcoli, le allorché fi allegna il danaro per el’equirla , nonfi deflinano anche l'entrare annue, e ballanti a mantenerla dipoi di continuo, con 1* efcavazioni lolite degli altri folli, e per rinettargli anche ogn’ anno, e confervargli Tempre liberi, e correnti: poiché altrimenti, ogni fpefa riufci* rebbe infruttuofa, e totalmente gettata. Riaperti dagli eftremi Paduli in fu, gli oftrutti Canali di quelle campagne, e così facilitato, e redimito loro lo fcolo per 1’ acque proprie ( le quali, come ho detto, non pofion mai aver commercio con quelle d’ Arno, e per tal caufa non poiTon mai venir trattenute, ed efler fatte gonfiar perringorgo dalle piene, ancorché maffime di detto fiume ) non è da tralafciare di continuar a falv3 rle ancor dalle foreiliere, che fon quelle de’ trabocchi, e rotture d’ argini dell* iftefio Arno. Ciò parimente [ non effendo cafo diiperatiffimo ] è facile tuttavia a con. feguirfi, per lunghiffima ferie d’ anni: poiché fe non ballano gli argini, che annualmente vi fi mantengono in vicinanza delle ripe d’ Arno, riufcirà ope­ razione di non gran difpendio, ed anche ficura ( come praticata intani’ al­ tri P3 efi che han le circoftanze di quello } fe, nell’ andarfi di continuo, e di fua natura riempiendo, e rialzando il lettod’ Amo, fi continuerà, co­ me pur fi fa, ad ingroffare, ed alzare imedefimiargini, a legno fempre iuperiore alle dette maffime piene ; e fe di piò , a foprabbondante cautela , ne’ luoghi di perieoi maggiori, fi faranno dietro a quelli i contrargini, alti, grollì, e potenti non men de’ primi: poiché così, per quanto potrebbe incolparfene il fiume d’ Arno, fi confeguirà in avvenire, e molto piò nell’ annate afeiutte, la bramata ficurezza, ed una aliai competente fertilità del­ le medefime campagne, ancorché bade; mentre però ( oltre al tener tutti i detti Canali ben voti, e netti ) tali argini, e contr’ argini fienfempre ben vigilati, e cuftoditi, nella guifache fi ofi’erva dall’ Ingegnere e da’ Miniitri a ciò delìinaci, e che tutti i palli, o callaie necelTarie , che gli attraverfono, Niellino ailicurate, fe mai occorrere, con muri d'altezza invariabile, e fuperiore a quella d’ ogni piena, e refe facili a praticarli per via delle lolite pedate, e fdruccioli ben diftefi da ambe le parti, come ilanno da prefente quali tutte. Sé poi, mediante il feguito rialzamento del letto d’ Arno, ede Fianure fi fon infrigidite, e fon rellate fepolte, e fi defiderafie di Canarie, e ridur­ le in fiato di maggior pendenza verfo ’ 1 mare, da poter in ogn’ anno, an­ corché aliai piovofo, tramandarvi meglio, e più pretto le fuddette lor ac­ que P‘° vane C le quali talvolta infettano i detti Piani, e molto più ne’ liti più balli ) e fi pierendette ancora d»renderle più lontane da’ pericoli d’ inon­ darli per le rotture di detti argini, 0 per i trabocchi d’ Arno, ciò non fi potrà ottener maiperaltra via, che col rifolverlì finalmente anon ifdegnarle fecondanti torbide di quello fiume, ma a riceverle a luogo, a luogo, pec rialzarle, e colmarle dall’ una, e dall’ altra parte, per riempier ancora con ella terra ( ma ne luoghi, e tempi opportuni ) tutti i baffi, e Paduli, che vi fon (parli. E contuttoché quella manima, ed eflenzialiffima operazione ap­ parila impraticabile, dante la divecficà, emoltiplicirà de’ Padroni, che vi poflédono; non è però che, interponendovi!! la benigna autorità, e la in­ comparabile clemenza dell’ A. V., ella non fia poffibile a ridurli all’ atto ( come in altri tempi è feguito in parte ) con l'oddisfazione intera de’ poffellori: come farebbe, o col far diventar, per a tempo, tuttoilpaefe, che fi pigliaile a colmale, d’ un Padrone loia, pagando agli altri in quel men­ tre


384

D I S C0 RS O

tre un aggiuflata retribuzione, o co! far con elfi, baratti, 0 in altra tm» glior forma, purché tati colmate fi facelierò in buon modo, con l’ ordine, che l’ arte richiede, e che vuole la convenienza, ed il fine, che debbe averli di non infermare, o deteriorare i terreni fani, e buoni, per voler acquiftar ne’ Paduli, operfanare, o migliorale i terreni infermi, o di quali» tà inferiore. Per evitar quellidannofieffetti, convien prima dilporre, e perfezionar in tal guila l’ ufcita dell’ acqua d’Arno, che ha da far fé colmate, che quella non polla impedire, o tener incollo l'efito delle piovane del paele Cementa» tivo, o gli fcoli della Città, o purdar ripiego a quell’ acque per altra vii; e dopo meffedn difefa le terrè buone, cominciar a colmare, per grande al­ tezza, e non infretta, aimprefa per imprefa, le terre più lontane dal mare, ed infieme le più profiline ad Arno, cioè piu remote dà;quegli fcoli, che debbon ricever poi le lor acque piovane, e dipoi le altre tèrre di màn in mano , per traverfo, fino a’ predetti fcoli, per continuar con tal ordine a col­ mar l’ altre Tenute per difotto, cheli vanno accollando al mare. Quella, per mio antico parere, è l’ unica maniera, che ufar fi polla con ficurezza, per rellituire alla Città di Pila, eda’ fuot territori, la falubrità dell* aria, la copiofa popolazione, e l’antico pregio di efler il granaio'dellaTofcana, e di contender in quella parte con la Sicilia: ed a quello partito o per tempo, o tardi fi ha per necelfità da venire una volta. Ma ( volendo lal'ciar, nello fiato inche or fi trovano, quelle campagne) il pretender di efimerle del tutto, e inperpetuo, con la fiefia Città di Pila dalla necelfità di alzare, e di fortificar di continuo, come or li fa, i muricciuoli di quella, e gli argini di quelle, fenza alzar le ftrade, e le fabbri­ che di efla Città ( quelle almeno contigue ad Arno ) e fenza alzare, e col­ mare, come ho detto, con le torbide di quello fiume le fuddette campa­ gne, farebbe, a giudizio mio, un pretendere 1’ impolfibile, per edere aflòluramente impofiìbile, il rimuovere totalmente, e per Tempre le c3 ufe na­ turali, e potilfime di tal necelfità d* alzaménto di muriccìuoli, ed argini, fra le quali la prima fi è, la gran quantità d’ arena , e dì terra , che di conti» nuo, ed oggi aliai più che ne’ tempi andati , conduce con fe quello fiume, o torrente, e gli altri che vi mettono le lor acque, con rapirla da’ monti già vefiiti di bofeaglia, ed ora del rutto fpogliari, e che fi coltivano, econ lcavarla dalle ripe laterali, ed inermi delle pianure, per le quali e’ padano, la qual materia, come grave, e libera, non oliarne i’ acquifto dell’ eflerno impeto progredivo, è necelfirata finalmente a deporfi col proprio fuo difcenlìvo, ed in talguifaa riempiere, e rialzare perpetuamente il Ietto d’ Ar­ no, e medainte l’ inegualità di refiftenza di dette ripe tenute lenza difefa, c per la diverfità degli ofiacoli, che le fue acque vanno incontrando, è forzata ella materia grave a creare a luogo a luogo i piaggioni, o gomiti, e congiuntamente le rofe, o contragomiti opporti, e così allungando il viaggio, e togliendo all’ alveo parte del fuo declive, viene a formare una tortuolìtà dopo l’altra, nelle quali urtando l’ acqua, e perciò ritardandoli, ella fi alza in detto alveo aliai più che fe per via diritta, e libera vi correile. Elletti tutti neceflàri, ed oramai noti, e palefi a chiunque punto vi oderva. In oltre caule validilfime, e concorrenti a far riempier il fondo d’ Arno da Pila in (u, e ad alzarli perciò in tempo di piene la fuperficie dell’ acqua più del fuo naturale, fono i tre Ponti dentro la Città, iquali, mediante le medefime ripienezze, fon ridotti nell’ altezza quali incapaci dell’ elcrefcenti, mallimamente quel di mezzo di minor luce degli altri, e che ha il fon-


T>1 VINCENZIO VIVI ANI.

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fondo impedito, e ripieno da gran copia di faflì ; e tutti hanno i lor archi con poco sfogo, in particolar ne’ lor fianchi, e quello sfogo va di conti­ nuo mancando •« che però una volta converrà alzargli tutti con diverfo feilo, e centinatura più capace, e più fvejta ne’ detti fianchi. Concorrono potentiflìmamente, e forfè fopra ad ogn’ altra caufa ad ope­ rar quelli mali effetti i venti contrari di Libeccio, Mezzogiorno, e Sci­ rocco, i quali reprimono, e quali fermano, anzi talor rilpingono all’infu il corfo ad Arno, lo fanno eccelfivamente gonfiare, e crefcer d’ altezza, etj in quello mentre ei depone la materia con più facilità, ed in più copia. Aggiugnefi il necelfario difeoftamento del Lido del mare dapifa, median­ te le proprie arene, che con quelle di Arno vi rifpingon 1’ onde marine, allorché regna alcuno de’ fuddetti venti, i quali formano incontro alla fpiaggia più ordini di fcanni, banchi, dune, o cotoni che lì chiamino, ed obbligano Arno a voltar la fua bocca or dà una parte, or dall’ altra, obbe­ dendo al vento che domina, col crearvi bene fpello un argine, o capezza­ le , che ferra la detta bocca, mentre Arno con le fue mezze piene depone in fe le lue torbide in maggior copia-, ma poi crefcendo in altezza, e tra­ boccandoquel capezzale, vi fa l’ apertura, che bifpgna al fuo fcaricoDa quefto difcoilamerito di Lido, e perciò allungamento di canal d’ Ar­ no, ne fegue appretto la diminuzione di quel poco di declive che in di. ftanza di più di lei miglia ha il pelo della più baila acqua d’ eftate del medefimo Arno da Pila fin al pelo del mar quieto. Datai diminuzione di declive d’ Arno ne vien ancora qualche fcapito alla fua velocità per condurre al mare le proprieacque: benchénelì’alzarfi alle maggiori piene, egli recuperi da fe la caduta, che gli bifogna per ifgr avarfene, ma nonperò così prettamente. A quellii, e limili effetti, che 1’ uomo fuol chiamare difordini ( benché iìen ordini necefTarj e per natura della terra, e dell’ acqua, da’ quali niuna parte di quello mondo va efente ) non par convenevol il cedere, 3Hoc che s’ intenda ben una volta d’ intraprender l’ imprefa maifima, e ficuuffima dell’ piliverfale alzamento de’ terreni con le torbide d’ Arno, ma di dif­ ferirla per ora, fui motivo del poter riufeir di troppo difpendio, e forfè infoffribile da quelli foli, che vipolTedono: onde potràelTertenuta pruden­ te riioluzione il far intanto l’ operazioni non fuperflue , quelle cioè, o che averebbero a precedere, oda andar infieme con la fuddetta maffima opera­ zione delje colmate. Nel calo noftro dunque, e nel prefente flato d’ altezza, o battezza, che dir fi voglia, di quelle campagne, debbonfi porre in campo i rimedi più facili, e praticabili, che a roilura delle forze pofion almen trattenere i ma­ li maggiori, e fien di qualche prefervativo dal cader così predo negli ul­ timi precipizi, ed abbiano per oggetto di ridurre primieramente I3 Città di Pila con le lue campagne non tanto obbligate a difenderli coll’ alzamento degli argini, e de’ muricciuoli, nè così fottopofle al timore de’ trabocchi dell’ ordinarie maffime piene d’ Arno, come dicefi edere date foggette da quindici, o venti anni in quà, non già, a creder mio, per l’ aggiunta di nuo­ va caufa, ma per Io concorfo di tutte le folite infieme, e ciafcuna inl'emedefìma augumentataOr, dopo aver io in quello, ed in altri tempi riconofciuto quali tutto il paefe , e fentito non folo a parte , che d’ avanti al Conte della Gherardefea General Commiffario per l’ A. V. inquello Stato di Pila, e premurofilfimo in tali affari, le prudenti riflelfioni di efio, del Cavalier Gafparo Ledi, del Prior Orazio del Seta, dà Giovanni Lanfranchi, cou ciò che ha T»m. I . fi b vo-


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DISCORSO

voluto rappreTentare il Capitan Santini Ingegnere, e quanto s* èpotuto ri­ trarre dal Provveditóre Lanfranchi, e da’ Subordinati Miniftri dell' Uffizio de’Foffi , e da altri, che hanno cogniziqnediquefte materie, larei di pare­ re, che tralasciando per ora l’ ufo del folico trabocco alla Fornacetta, co­ me che io Io reputi tanto inutile alla città di Pifa, quanto è dannolo alla pianura del Val d’ Arno, e differendo di trattar dell’ altro alle Bocchette, già è gran tempo difmeffo ; ficcome ToSpendendo la propofta efcavazione del follo d’ Arnaccio, e di far adeffo l’ univerfale addirizzamenco del nu­ me nelle Svolte che fono fra ’ 1 Callone, e Pifa, parmi dico in riftretro che ier adeffo, oltre alla Sopraccennata riduzione di tutti i canali, oScoli dele pianure, fi poteffero porre ad effetto nel fiume d’ Arno tutte le opera­ zioni, che con Sua aggiuftata Relazione efpone ora all’ A. V. S. Cornelio Meyer efpertiilìmo Ingegnere Olandefe, fatto venir quà da Roma a tal ef­ fetto, e col quale di comandamento di V- A. mi fon trovato ultimamente alle vifite, ed all’ efame del tutto, concorrendo interamente alle quivi dichiarate Propofizioni, confidenti in primo luogo in voltar l’ ufcita d’ Ar­ no a sboccar in mare per quel fico piu opportuno, e più breve, con quel­ la direzione di taglio, o canale che egli reputa piò propria, ed a quel vento ftimato da elio il men nocivo; ficcome per que’ modi, e con quei ripari di pallonate, ed altro , che come da uomo creduto pratichiffimo ire quedi maneggi d’ acque, e di sbocchi di fiumi in mare, vienpropodo dal­ la di lui perizia, alla quale fpecialmente in quedo particolare debbo total­ mente rimettermi, per non aver avuto mai campo di offervare , come effo» e veder in opera in diverfe fpiagge di mare agli sbocchi de’ fiumi, che portan rena, lavori fintili a quello, col quale ei pretènde di liberare, ed aflìcurare per molte diecine d’ anni l’ ufcita di quedo Arno dal venir riferrata, o impedita con le proprie arene, e con quelle del mare deffo, daqualfifia vento contrario, e che vi fi faccia, emanrenga di continuo badante fondo. Dipoi per due, o trecento braccia Sopra le Suddette pallonate verlo Pifa in continuazione di effe, far alle ripe lavori opportuni, e (labili di fteccate ripiene a Scarpa di fafcine, e cariche a Suolo a Suolo di Saffo, o in al­ tro modo, che più proporzionato pareffe al predetto Ingegnere Meyer, pa­ rendomi neceffario di tener quivi incaffate le piene dentro ad una più mo­ derata larghezza di letto, quale farebbe di 90. o al più too. braccia, che èalquanto maggiore, che fra lefudderte pallonate, ed alquanto minore, che nel canale di l'opra, affine d’ obbligarle così unite , e ridrette dentro a det­ ti ripari, e dentro agli argini, da farvifi infuperabili dalle piene, a portar via la materia grolla con più velocità, ed a farvi, e eonlervarvi maggior fondo, per ottenere in ogni dato d’ altezza di acque lo Scarico di quede al mare Senza offacolo-> ed anche il libero tranfito delle barche quando ta­ le vi fi delid’eri. E perchè io non trovo difordine più pregiudiciale, nè di maggior impe­ dimento alla velocità d’ Arno, che l’ averlo ne’ tempi andati lafciato Scorrer a briglia feiolea per le pianure, e prendeiiì eccedente larghezza di letto dove ha potuto, con perdita di Suo declive dentro a’ Suoi giri: ed il non aver codumnro di riparar le fue ripe, ancorché diritte, ma lolo gli ar­ gini (poiché, dopo aver Arnocorrofele quali tutte, Sol allorché minacciava di demolire i detti argini, fono quedi piurtofto datirimoffi di luogo, e ti­ rati indietro col ceder terreno al fiume, che cercato di ridurlo, e di coniervarlo dentro un alveo di non Sproporzionata larghezza ) vorrei per almen ora cominciare appoco appoco, e con indudria particolare a cortitaire ad Arno il canale almen dalla detta riparazione in fu verlo Fifa dere­

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D J VINCENZIO VIVI ANI.

387 tro a diritture più proprie, con sdegnargli una larghezza molto minor di quella, eh egli s è preio, riducendolo a parte a partea braccia 1 zo- o al piu 150. per mezzo di lavori da farli, fe non come fponde andanti da amDi k parti, atmeno reparati, purché l'uno difenda l'altro a fe inferiore, e quelli o fieno ali, o fproni di fteccate ripiene con falcine , che facciano lcarpa vedo la corrente, e caricare con fallo : o fieno puntoncelli in for­ ma d argine da fabbricarli con fallo mefcolato ( in parttcolar ne’ fondi maggiori, e di fuolo men Aabile ) con prunatni, o con feopa, o con ali. tro legname lottile, e per quanto polTon reftar fuor dell’ acqua, con le­ gname verde che polla germogliare, e far macchia.- opur fieno in forma di mezzo monte da fituariì a ripa ne’ minor fondi, e più (labili; purché tue* ti quelli, oaltri si fatti lavori, fien podi (otto ’1 calor de’ primi più forti, i quali fieno applicati a’ capi delle rofe,_e dove la corrente non abbia ancoc preio vigore nella caduta, e che non fieno efpolli a venire feparaci dajle *'Pe* ® lanciati in ilota; e tutti debbon farli, e difpenfarfi nò luoghi, che i inferior lavoro abbia qualche ficura dìfela al di fopra , e non piantati fo­ li nel bel mezzo delie rofe più prolTime agli argini, dove la corrente fa manco forza, ed obbliga a (pendervi perpetuamente per'foftenergli in pie­ di. Convien ancora, che quelli fieno fabbricati più balli, con maggiori lcarpe, di forma meno acuta, di giro più ampio negli angoli, che fanno con la ripa, e meglio rincalzati di quelli, che ne’paflati giorni ho veduto meih in opera qui in Arno fopra, e fono Pifa: e fopraruteo che fiano colmeati inliti piùopportuni de’ fopraddetei, acciocché fi rendano (labili, e diiendano, oltre a gli argini potenti , le ripe ancora , le quali debbono fcar* parli poi con maggior pendenza di quella de'predetti mezzi monti, o pun­ toni, e foderarli per ultimo, e inlelciarfi con fallo per quanto eli' alzano; come tutto fin qui con altri limili avvertimenti ho in altri tempi fpiegato in icritto, e ultimamente in voce, e fui fatto {ledo al predetto Ingegnere Capitan Santini, al quale, ficcome ad ogn’ altro, fi poflon conferir le re­ gole univerfali di far quelli, e fimiglianti ripari; ma non già l’ avvedutez­ za nell eleggere le forme, le mifure, la qualità, i modi, ed i luoghi pro­ porzionati di fabbricargli, edifporgli, o d’ inventare, e prendere partiti aggiullati alla varietà de’ lìti, e de’cali che fi prefentano, Se poi l’ efperienza moftraffe in fatto, che tali lavori di tutto faiTo di cava fciolto, o quelli anche da mefcolarlì con pruni, e macchia, o altro legname lottile, ancorché ben collocati, e meglio cqilrutti, non riufcilTet p°i ftabili, nè proporzionati in ogni luogo alla natura del fuolo, e de* fondi d’ Arno in quello Territorio di Pifa, grand’ errore farebbe il conti­ nuargli con gettar via le fpefe, benché follerò leggierilfime; ma in tal ca­ lo non è dubbio che P Ingegnere vi uferebbe altri modi di difender gli ar­ gini, e le ripe d’ Arno, e fopratutto, quelle fra’l mare, e Pifa, acciocché il fiume fi confervi dentro alla detta larghezza rimoderata. Inoltre, dentro agli acquilti, che fi andafl'ero facendo per via de'foprad­ detei ripari, fi dovrà tener Tempre piantate di legname d’ ontano, tamerigia, falcio, vetrice, e limile, e dell’ ideilo armarne anche le ripe frappo» ile, dopo avere «abilito loro bene il piede, o fondamento con ftipa, e fano, ridottele a fcarpa, e foderatele col medefimo fallo di cava. Per accrefcer ancor maggior impeto alle piene, e diminuir loro in confeguenza l* altezza dentro la città, concorrerei al far quel taglio, e addirizzamento nel gomito, che è immediatamente (otto Pifa incontro a Barberecina, di evidente ollacolo al libero corfo d’ Arno, contenendoli, nell’ operato col modo efptelTo nella relazione del predetto Ingegnere Meyer, Il b z con


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DISCORSO

con introdurvi però la più bafs* acqua di eftate ( affinchè ?' operazione riefca ficura ) con l’ aiuto di pallonata, o di altro lavoro da farli alla parte oppofta, che ve la fpinga. E perchè l’acquiflo del letto vecchiò in quel feno fi riempia, ed alzi di terra più predo, per poterlo ridurre a coltura, farà el’pediente il piantar nelle prime difpofizioni legname verde lottile, e fpefTo, che vaglia a trattener più le torbide, poiché in breve la valuta di tal acquifto potrebbe cotnpenl'ar la fpefa di detto taglio. Sarebbe ancora operazione di molto accorata provvidenza il rifar il Pon­ te a Mare ,prima che rovini, che Dio ne liberi, come ne minaccia, fententlo eh’ e’ vada qualche poco allargandole lue rotture ec. Quanto alla nuo­ va firuttura d: quello» mentre non fi volefle d’ un arco folo [ Come pur farebbe poliìbile con 1’ agevolezza del tranfito, e con (labilità da non ne aver mai timore ] o la farei di tre archi foli, dopo aver fatte le due pile, ben fortificati i fianchi, e fattevi le loro ali di groilo, e ben fondato mu­ ro, tanto lopra, che l'otto al Ponte, o pur a rifare, come (la, di cinque archi lulle pile vecchie ; dopo che quelle fi fodero rifondate con lietez­ za, e rifiatate; con impoftar però tutti gli archi nuovi aliai più alti de’ ■ vecchi, e con garbo di tutto fedo, o di altra figura, la quale conceda a fianchi, maggiori sfoghi di quelli, che hanno di prelente. 1 Anche il Ponte della tortezza ha due archi rótti, che dimoftrano aver ceduto le pile , e per edere il primo elpolto all’ impeto delle piene, ed agli urti del legname, che feco portano, è più pericolofo degli altri a ri­ maner demolito da sì gran carico; ónde converrà pur rifondar le fue pile, per liberar il ponte dalla rovina; ed allora fi potrebbe l'ollevar ancorai luoi archi. E perchè immediatamente fopra quello Ponte della Fortézza net Comu­ ne di S. Jacopo vi è il primo gomito, che lo copre, e fa traviar la corren­ te d’ Arno dal luo proprio , e diritto fènderò, impedendogli T imboccar a fquadra» come converrebbe, e come forte imboccava già i quattro archi di detto Ponte, larebbe ancora di notabil profitto lo fpuntarlo, e levarne via qualche parte; con far però lavori nel contra gomito, abilia mantener Tempre diritto quella parte d’ alveo, per lo quale abbiano adito le piene di introdurli in Pila con maggior velocità, e perciò con minor altezza di quel­ la, con cui vi èntran ora, che nell’urtare in tale fvolta fon forzate a ri­ tardarli, e gonfiare, e con 1’ obbliquo lor corlo, far violenza alla fponda murata d’ Arno dentro la Città. Dopo fatte nel progrelfo di tre, o quattro anni ( non potendoli in me­ no ) le operazioni principali fin qui efpofte con 1’ ordine dichiarato ( che fon quelle ftellè della relazione di detto Ingegner Meyer ) le quali tutte ( non compreievi quelle intorno a’ ponti ) per le notizie date de’ prezzi da’ Minitìri dell’ Uffizio de’ Folli non eccedono feudi 20 mila, fi può flar oflervando il profitto, che fe ne fpera, e dipoi, fecondo gli eventi, prender rifoluZione le fi debbano far, o no, tutti gli altri addirizzàmenti di gomito lopra Pifa. Per ultimo, fe il fatto, e Mtempo dimoftrafie, che quelli fuddetti lavo­ ri [ i quali, come ho detto , debbon per buona regola precedere a gli al­ tri J non follerò badanti, converrà allora che penfi, chi neaverà l’ incom­ benza, a far qualche gran canale, non già per ufo di trabocco fregolato ( come s’ è praticato alla Fornacetta da più diecine d’ anni in qua ) ma di divcrlione, co’ modi, e nel luogo che verrà (limato poter veramente riufeir profittevole. Mei rimanente con fia mai chi fi perfuada che l’ induftria, e P arte podi vin-


D 1 V IN C E N Z I O V I V I A N I .

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vincer !» forza della Natura, allorché per giullo voler Divino, dopoefler« fi i monti carichi di neve, fi fien congiurate in un tempo ftefio le lunghe, univerfali, e rovinofifiìme piogge, con venti contrari alla corrente del fiu­ me: imperciocché ( come fi ha dalle ftorie di tanti fecoli fcorfi ) fe Fi­ renze, anzi pure fe Roma ftefla fotto la formidabile potenza de’ fuoi Im­ peratori, e dipoi di tanti Pontefici, non ha potuto renderli efente dalle ir­ reparabili inondazioni, che di tempo in tempo l’ hanno foggiogata, e fom* merfa; molto meno fe ne potrà efimer Pifa, efpofta di fua natura, e non men di Roma, a fimiglianti linifici, da quafti folo Dio può falvarla. Che è quanto, in efecuzione de’ r'weritiffirai comandi dell’ A. V-S.alla quale umi« infimamente m’ inchino. Di Pifa 12. Aprile 1684. Di V- A- Serenilfima.* \ 'Umil. Div. Obbed- Servo Obblig. V im in i$ Vivigni*

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SCRITTURE

GIQ DOM ENICO C A SS I N I Mattematico DI S. M. CRISTIANISSIMA.

Concernenti

i l regolamento dell' Acque del cBologneje e del Ferrarefe.

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<«§30» -«§30» -«§§0» «§30» Relazione dello Stato violento dell’ acque del Bolognefe t e del modo più facile per ridurle allo flato naturale. UE forte d* acque fcendono nel Territorio Bolognefe ; che da’ confinanti nella parte inferiore, o trattenute, O dal loro naturai corfo divertite, o finalmente confufe inunfeno, mentre debbono in alvei l'eparati ricettarli, cagionano danni incredibili, non folo al paefe inferiore con rotte, ed inondazioni frequentiffime, con conti­ nuo pericolo di fommergere i paefi, ed abitazioni foggiacenti, ma ancora al luperiore, con privarlo di fcoli necefiarj alla fertilità de’ terreni. Sono quelle l* acque chiare, e Tacque torbide, Acque chiare chia­ miamo quelle, che le delle campagne, dalle piogge irrigate, itillano continovamente in canali particolari profondati ne’ terreni, per mezzo de’ qua­ li fi portano per rivi maggiori alle valli inferiori, alle quali pur fi riduco­ no Tacque lorgenti ne’ medefimi terreni. Acque torbide del Bolognefe fono quelle, che dal vicino Apennino con corfo aliai rapido, e particolarmente ne’ tempi piovo!!, difendono alla pianura, ove per la maggior parte unite in un alveo, formano il fiume JReno, che da’ monti) onde precipita, rodendo il terreno, porta materia, che l’ intorbida.


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S C R IT TU R E CONCER. IL REGOL.

Tenevano i noffri Padri totalmente feparate quelle dye forte d’ acque, per diverfe vie a’ fuoi termini fi eomluceva.no , e certamente , con buona regola, poiché le torbide con la depofizione delle materie, che portano, vengono appoco appoco ad inalzar li Tuoi alvei, ficchè per trattenerle è neceffario munirli d’ argini, onde poi fi riducono final» inente a portarli fopra la campagna, il che poco importa. purché vadano liberamente, ancorché lofi entace, al fuo termine; ma li condotti d* acque chiare neceiTariamente debbono e(ler badi, e profondarli tje’ terréni, altri­ menti non pofl'ono le campagne aver iti effi lò. fcdlo neceffario alla ferti­ lità* ir - un<ìue dell’^acqua chiare sboccavano, come oggidì, nelle Valli ai Marrara , che pet molte bocche fi (caricavano immediatamente nel » j*1 £nmaro'\ —^ 3 'ì.®-eno> che porta l’ acque torbide direttameote nel ro di Ferrara s ìncaminava; ivi miffo con 1*acque del Po s’ inoltrava nel Kamo di Volano, come pur faceva Panaro, che più fopra nel raedefimo . di Ferrara s introduceva. Dopo che il Po, apertali alla Stellata più lpaziola bocca nel Ramo di Venezia, ufcì per quella con sfogo maggiore, nè più tralmeffe le acque per la piu anaufta. ed obliqua via nel Ramo di Fer­ rara, e Pacque del Po di Ferrara, contro il proprio corfo, voltarono indietro alla Stellata, feguendo il Ramo, di Venezia, non ha dubbio, che il Reno arerebbe feguicat© la ftrada medefima della* Stellata, eome appunto fece Panaro, le poco prima non folle fiato dal Podi Ferrara nelle valli di­ vertito. Fu dal Po di Ferrara divertito con difegno di- volérlo riporte, ftìbitofatta l’ efcavazione del Po di Ferrara, che a quei tempi fi meditava, per in­ trodurvi di nuova dal Po grande acqua fufficiepte per una navigazione rea­ le; ma conosciuta poi l’ imprefa poco monche impoffìbile, maflìme dopo aver Panaro, e ’ 1 Po di Ferrara rivoltato indietro il corlo, doveva rimet­ terli al primiero luogo, di dove a fi farebbe anch’egli portata alla Stella­ ta, ovvero averebbe continuato il fuo viaggio per Po di Volano; maiFerjrarefi intereffati,. per non riceverlo., hanno Tempre procurato di dar mag­ gior colore alla poffibilità dell'introduzione del Po, ed in quella maniera perpetuar la- dimora del Reno nelle valli, Richiedevano almeno le Valli turgide di nuova acqua, nuovi sfoghi, per li quali fi fcaricaflero , e nell’ introduzione appunto ne furono deftinati mol­ ti; cioè il cavo Zenzalino, che Icarica Marrara in Marmorea, quel della Baftia , che porta l’ acqua di Marmorta in Po, molte altre bocche in Primaro, e finalmente le Chiaviche Paoiìne, che fcaricavano il Po di Prima­ to nelle Valli di Comaechio, in diftanza di ben 14. miglia del mare, efiendo paruto impolfibile , che per alveo sì ftrettofi potette condurre tanta mo­ le d’ acqua per sì lungo (pazio, che vi reftava; ma nè le Chiaviche Paoli» ne furono giammai adoperare , perefferfi la fabbrica di effe con laprima prò» va aperta con una gran feflura. che anco oggi fi vede: e forfè ancora per pon danneggiar le Valli di Cornacchie con introduzione d’acque impetuòfe, e torbide: i cavi da una valle all’ altra, 0 da’ torrenti della Romagna, pur divertiti nelle valli, fono interriti, ovvero anco atcrayerfati con argi­ ni: le bocche, e chiaviche fatte per introdut l’ acque delle valli in Po ir» vicinanza di Ferrara fono chiufe, e lottentano 1’ acque fteffe in altezza di quattro, e più piedi, iopra l’ acqua del fiume, come alla chiavica de’ Mambri abbiamo veduto, e mifurato . Or chi dirà, che quello fia lo fiato naturale delle valli, e che tuttaquefìc c h è

Sa altezza (opra il Po» non fia caufaca di ripari fatti alle bocche, per dove ave-


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a c q u e bo lo g n e se

«e? Le pianure vafti^mee^rhrp,flfl f menft- 00 pe 0 ftar fopra di quello inalza'

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note itiilerilice? Non è eià niAtiaffe,-Vp* «nuovamente dall’ acque tratte­ ne’ temoi andaf! ■ g à p,d baif ° ? Po di Pnmaro di quel, che già folle ferro Fi ■ S . * ai 21’ come tutti S1' al» ‘ fiumi di pianura, f, è alzato di declivio (opra"“Ì Po maIzain™ C?PMte d\acq«a inalzata , che hanno tanto defimo p i f f i o ficchi^ n,: ™H0lt?.magg,0re ne avevano già fopra il meerano ddcoperte* e f « J , Ì° ,acclue " on fta; 9no P1“ alte del Po, ingordigia, Vmdiitria de"B«inon-rg ,°V,° V Fe^ are<? ridurre a delitto, ed ceropeftiva, alta auale fono Aoif nelle bonificazioni, come troppo in-

vutfsfoRhf^**ouanrpVn^ent' va,l‘ » e fi lancieranno aperti gli dol u l z , d. nuovqo f? L P' nUre gìà d,rc°Pe” e- ™ coperte dall’ acqua tratteto ouelle rhp r copriranno ? quante fi feconderanno ? Quante fonoaDDun cos? poco’ declivio n^h>n^ °n° 3Ìla penden?a d i 4 » 5- piedi in quefii S , dì sfogano in maniera’ che'ì°anr arr' Va a. mezzo. mi8l10 Per Piede- Ma fe non fi bia libera l’ uicita, inaua ’ aftezzà faÌ.nn ° n^ n° r ente ci entra’ non n’ ab* «irà di p « fc . ¿ ¿ f i * *

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modo (ufficiente il Po di Primari J l°-U ^n0 3 ^ ar,f ’ non efie°do in alcun nelle valli. F° d‘ P«mar<>a ricever tutte V acque, che Rendono

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c a Ì crh(»nnflnnrt X l ^ o * “ Ja1 r in ,^ capace Haftri della quarta parte R°”>**»*. fi niM» ra ^fV ? T p rnniaro deir ac^ PoffibUe Pc h e ° S arp er CT ' altri lcanali ne,le valiii veda fi dunque com’ è i gi ?, f i *’ : ' ent rando^ ‘ ! ° ' »e tutti quei canali, il R en o , e fili nel maie per ìalveoiiffpn^;fcpa" chl nel,e piene, tutta >’ acqua delle valli cellario aprire altri sfnfl/r « Pr,Iiiaro; Perconseguenza quanto egli è ne­ r ic a liv is ’introducono n ^ ' T " ap°mre J1 ™are V a c ^ ^ cheper tan­ narne introdótti 0’ qUand° ailCOra ne foiTero IimoiV' * fiumi nuovanoibafta” pefo[overchio dell’valli acqua, fenz’ provvigione,' non nana, il'Reno^'ffal il Reno, da che sbocca nelle colle fuealtra rorhi,lp ip hi' la v5np1ù breve* nChe 18 navi6az,0,n« vecchia da-Malalbergo aVcrnn per 1 1 ! 3 F a j ve’ Per mancamento di fondo fi è abbandonata e n.efa una fta%n°coraraÌhbaefti?Ì1T rVflChe '¡addoppia la lunghezza del viaggio, queietterebbe’in 6 H ! * ™ V “* ' r,n uguaglianza al Po dì Primaro, nuovo interrimentn fe»^are-^ei nDCedar,rl lavarla per la via più breve, nel meato fattovi dal Reno. Operazione, che più che volentieri fi fa-

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SCRITTURE CONCER. IL REGOL

fi farebbe, e fi promoverebbe con Tiflefs’ acqua del Canal Naviglio, o an* cora con l’ introduzione di quello di'Rido., e-tìi Scortar© nel nuovo cana- . le fino a Ferrara. ' II mantenimento però di quella navigazione, che anco de’ canali d’ acque chiare, che correfleroper le valli, farebbe impolfibile, mentre Reno con­ tinuane a sboccarvi, perchè ben predo di nuovo con le lue torbide 1’ in­ terrirebbe. Sarà dunque affatto neceflaria la rimozione del Reno dalle vaili, sì pec lo mantenimento della navigazione, che dopo la efcolazione delta valli li caverebbe rettamente da Malalbergo a Ferrara, sì perdo libero elìco dell acque chiare nelle valli, e la communicazione di quelle col Po di Prima» i o , o colta valli inferiori. Al che, per fimil ragione, farebbe giovevole la remozione dell’ altre torbide della Romagna, da’ Ferrarefi propolla, ac­ ciocché quelle non interriliero i cavi, e le bocche nella maniera, che og­ gidì (1 vede aver l’ ldice interrito il cavo Zenzalino. Din>o(lrata la total necellità della rimozione del Reno dalle valli» ve­ diamo qual ricetto debba al prefente dariegli, che fia conforme a quel che richiede la natura deda, e l’ equità., Sitandoli il Rena divertito nelle val­ li con efprefla intenzione di redimirlo in breve al predino corta, fatta l’ in­ troduzione dell’ acque del Po grande, fe folta dato podìbile » ogni detta­ me di ragione, e di giudizia richiede, che per quella drada fi conduca il Reno al mare, per la quale di prelente lì condurrebbe, fe non folle dato nelle valli divertito- Se già non folle dato divertito, quando T acque del Fo di Ferrara rivoltarono indietro il luo corfo, e voltarono feco quelle di Panaro al Po grande alla Stellata, Tacque del Reno, o fi farebbero rivol­ tate aquella parte, ovvero averebbero continuato il ino corta nel Po di Vola­ no; adunque o nel Pogrande, onel Po di Votano debbono ricettari! Tacque del Reno.cioèo per.quella drada, che primafacevano, o perquella, che di prefente farebbero ■ Ma è aliai piùpodìbile, che fi foli ero voltate alla Stellata, sì per eleni pio di Panaro, che fempre è andato incompagnia del Reno, in ma­ niera che prima della diverfione negli accidenti, che voltava Panaro vertala Stellata, feguitavalo il Reno, e poi unitamente ritornavano verta Ferrara, come anche per l’ inclinazione, che vi ha l’ acqua del canal di Cento, che sbocca nel Po di Ferrara, la quale, fe da un argine, che attnverfa quell’ alveo vicino al Bondeno, non folta impedita, a quella volta pure con Pa­ naro s’ incaujinerebbe. L’ acque poi, che verfa Reno nelle rotte dalla parte di Ponente, le qua­ li fuperato anche il canal di Cento, vanno a sfogarli per le chiaviche di Bondeno in Panaro, che già era Po, modrano a badanza T inclinazione, che ha Reno a quella parte, di l'eguitare con Panaro il Po grande alla Stel­ lata, dove pure dalle livellazioni è certo, che ha il Reno molto maggior caduta, che non ha in pari diftanza nelle valli, anzi, fe crediamo a' più probabili fuppodi dell’ Argenta, e d’ altri, tanta ne ha alla Stellata, quan­ ta al mare, correndo il Po da quel termine fino al mare, feuza minima ca­ duta , e tata in virtù dell’ impullo precedente. Là dunque s’ incaminerebbe, ritnofiì gli argini, che lo divertifcono nelle v^alli, introdotto che fofle nell’ alveo, da cui prima fu divertito; ficchè là pure, per non tenerlo più in fiato di violenza, dee tardarli correre* A queda ragione non foto dovrebbero quietarti i Ferrarefi, ma anco gli altri Principi confinanti, non trattando iBolognefi di condurre Reno per altra via di quella, che avrebbe ptefa da fe delia, quando non folle dato ri-

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DELL' ACQUE DEL BOLOGNESE

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mofTo dal fuo prillino luogo, e ficcome, fé da fe Hello avelie prefa quella volta, niuno averebbe potuto impedirlo, così al prefente non vi è ragione d’ impedire quella via , che per fe Hello averebbe fpianata. Rimettali il Reno nell’alveo vecchio, chi può vietarlo? Levili 1* argine al Bondeno, che non v* era quando fu rimoflo il Reno : e lalcifi correre a quella parte, che da fe Hello prenderà , chi può querelarli ? Non richiedono altro i Bolognefi, che rimetterlo dove anderebbe, fe non foffe flato rimorto : per rimetterlo dove andava, non domandano di condurlo per l’ altrui poHeflìoni, ma per alvei Tempre per 1’ addietro occu­ pati da’ fiumi. E le varj partiti hanno propoHo per condurlo al Po grande, 1 hanno fatto per aiutare, e facilitare con più breve corfo l’ iftefl'a efigenza della natura, quando fe ne follerò contentati i Ferrarefi, compenfando con 1 altre utilità il danno, che fofiero flati per avere nell’ introdurre il Reno ne’ loro coltivati terreni. Come dunque non fi foddisfanno della verità de’ partiti propofli i Ferrarefi, amplificando inconvenienti, che ne righerebbero? Via fu, chiudanfi “ orecchie ad ogni altro par cito, che a queflo di lafciar correr il Reno, dove per fe Hello ( tolti gl’ impedimenti ) correrebbe, così s’adempiranno 1 voti de’ Bolognefi, così fi efeguiranno i Brevi di tanti Sommi Pontefici, cosi finalmente fi leveranno gli attacchi de’ litigi, e 1' occafione di tante querele a i Ferrare!!. Forfè i Ferrarefi ftretti da quefla ragione, per efcluderla, inflaranno, che li /cavi l’ alveo di Primaro, per introdurvi Tacque del Po grande, e reftituirle la navigazione, e poi vi s’introduca il Reno, conforme la Bolla di Clemente Ottavo. Al che fi rifponderà, che conceduto effere tale introduzio­ ne pouìbile, la quale però è fiata dimoflrata imponìbile dallo fleflo Aleotti, Perito eruditiflìmo de’ Ferrarefi, e per tale approvato da tutti gli altri Penti mandati da Roma a queft’effetto, e per tale fuppofla da’ Pontefici Ìtefli, che hanno ordinaro la condotta del Reno al Po grande, fenza far più menzione dell’ efcavazione del Po di Primaro, e di nuovo, con ragio­ ni a parte, fi dimoflreràefier imprefa almenod’incertiflìma riufcita, difpefa intollerabile, ed imponibile a mantenere-, certa nondimeno la necertìrà di tenere al prefente nelle valli il Reno, rtno che rta fatta T efcavazione del Podi Primaro, perchè potendoli voltare alla Stellata, non porterà le fue acque del Po di Primaro, come fa di prefente, anzi darà comodità di icavarlo da Ferrara fino al mare, il che non fi potrebbe fare aderto fenza rimuoverlo, mentre manda di prefente le fue acque in Primaro. Voltili dunque prima Reno alla Stellata, epoi fi faccia quell’ efcavazio­ ne del Po di Piimaro, che più piace, indi voltili il corfo al Reno, fe fa­ rà allora giudicato efpediente, e fi continui poi lo fcavamento del Po di Ferrara lino alla Stellata, per introdurvi quella parte del Po grande, che bafia alla pretefa navigazione. Certamente, fe a’ tempi di Clemente Ottavo foffe andato il Reno alla Stel­ lata , o forte flato creduto poflibile il voltacelo, fi avrebbe avuto queflo per miglior partito, per dar commodità all’ efcavazione del Po di Primaro, che voltarlo nelle valli, Celiando dunque il motivo, per cui vi fu rivoltato, debbe hora levarfene • anzi mentre lo fteffo fine , per cui fu voltato nelle valli, vien meglio effettuato con voltarlo alla Stellata, colà anco a fine dell* efcavazione del Podi Primaro dee rivoltarli Vedano dunque i Ferrarefi* che mentre fanno i nftanza , che ila efcavato Primaro, li mettono in necertìrà di voltar Reno alla Stellata, almeno intanto che fi faccia la richie-

fts efcavazione. "

A ri-


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SCRITTURE CONCER. IL REGOL.

A ’ ripieghi, che propongono i Ferraresi, come concernenti alla ftrava-

gante diverdone, che dileguerebbero di far nelle valli, non fi debbono altre xifpoite, che quella in generale, che effendo quelli ordinati ad un fine di­ rettamente oppofto a quello, che abbiamo dimoilrato richieder la natura Jlefla, l’ equità, e’1(pubblico bene, non vi è occafione d’ applicarvi- Quan­ to poi appartiene ad altri partiti, che fiano almeno indifferenti, e che non ripugnino al publico bene, non faranno mai i Bolognefi, purché confeguifcano il loro intento, per farli minima oppofizione. Onde rimoffodalle Val­ li il Reno feco acconlentano, che s’ aprano sfoghi di valle in valle fino al mare, e fi conducano direttamente i fiumi della Rom3gna pure al mare, poiché in effetto quelle propofizioni fono concernenti ,al ben publico, a

cui i’ inftanze de’ Bolognefi fono unicamente ordinate.


PONDERAZIONI A L

S I G N O R

CARDINAL BORROMEI DE’ D A N N I D E L R E N O OJJervatì nella vìjìta di Sua Eminenza. 4

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EMINENTISS; E REVERENDISS. PRINCIPE. A Voflra Eminenza nel corfo di quella fua vifita veduto con gli occhi proprj i danni cagionati dalla dimora del Reno nelle Valli, di gran lunga maggiori della fama, e fuperiori ad ogni credenza ; poiché lo flato delle cofe, che in tutte l’ altre viiice de’ Commiflari Apoftolici fu dichiarato violento, ebifognofodiril'olutorimedio, ora fi è ridotto a tal termine, che non può più lungo tempo fufiiftere . Già le valli tutte tra il Reno, e ’ 1 Sanremo grande, mente interrite dalle torbide, quanto fi fono alzate di fondo, altrettanto verfo le parti fuperiori fi fono dilatate in ampiezza, occupando i paefi circonftanti già fertili, e riducendo col trattenimento dell'fcoli a fterilità i lontani, già ne’ tempi delle piene formontati tutti i dolfi inrerpofti, formato di cotanti feni un fol mare, che appoggiati nel­ la parte inferiore al folo argine finiftro del Po di Primaro, unica ditela delle valli in Comacchio, e di gran parte del Polefine di S. Giorgio ( eflendo il deftro anche nello flato ordinario formontato dalle valli rial­ zate ) quello urta in maniera, che non è più badante nella folita groflezza a foftentare tanto carico. Ha perciò veduto V. E. la nuova forma dr arginatura di lunghezza in quelle parri {Iraordinaria, e rinforzata di nuove banche a fpefe della Ca­ mera Apoftolica, che piaccia 3 Dio, che fia badante, crefcendo Tempre più la forza fuperiore col maggior rialzamento delle valli. Già manca da que­ llo lato la terra neceffaria al riparamento, onde è neceflarìo nell'avveni­ re pigliarla di qua dal fiume nel Territorio di Ravenna, il che quanto iìa {vantaggio per ripararti da pericolo imminente, che alla giornata può fuccedere, non ha bifogno di efageràzione. Nè fono infrequenti i pericoli, anzi nè meno i danni delle rotte, aven­ do V. E. veduto il fito di due, fuccedute una nella Legazione del SigCardinal Donghi, l’ altra del Signor Cardinal Cibo, ben molto prima pre­

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P O N D E R A Z IO N I

dette da Monfignor Coriini, benché di prefente la ipefa, che fi farebbe di ripigliar le rotte imminenti , fi prevenga con quella di riparare i luoghi deboli. Ma nella parte fuperiore, ove dall’ una, e dall* altra parte fi mantiene ar­ ginato il Po, l’ argine deliro, che dee difendere la campagna dall’ acque del Po, fa contrario effetto, e difende il Po dall’ acque de’ fiumi laterali, per la nuova mallìma di non ammetterle ; finché non fiano chiarificate, nelle valli, in un alveo, che finalmente dalla natura è ordinato a riceverle chia­ re nelle piene, ma fi ottenne, non eflendo le valli di tal capacità , chepoffino trattenerle tanto, che deponghanola torbida, al che l’ efperienza md* lira ricercarli una quiete di tempo non così breve. Con quella maffima, che come origine evidente di molti mali dovrebbe meglio ventilarli, tengonfi ora chiufe tutte le bocche da Gaibana a Ferra­ ra-, ed a Gaibana dal nuovo regolatore, e dall’ argine, cheattraverfa il Po, vien follentata l’ acqua delle valli più di quattro piedi, ed unquarto, quan­ to fia l’ altezza d’ unuomo, fopra quella del Po, con cui dovrebbe equili­ brarli, è necelfitata una porzione del Reno a ritornare indietro per otro miglia verfo Ferrara, per voltare in Volano ad ufo della navigazione, ove giunta vedeli foprafiata altri piedi 4. e once 3. dall’ acqua della valle; co­ me dalla livellazione fatta l’ anno paflato contro la Porta di S. Paolo, e dall* occhio Hello è manifello, e pure per la bocca de’ Mali, che fu affegnata allo sfogo del Reno dalla Sanmartina in Primaro. e Volano, che nella vifita del Sig. Cardinal Gaetano fu abilitata la larghezza di pertiche 18. ora chiufa, dovrebbe anche in quello luogo l’ acqua delle Vallidefcendere all' equilibrio del Po, e non minacciar di tanta altezza la Città, e fortezza di Ferrara col Polefine di S Giorgio, e necefiitare ad alzar tanto gli argini per la non mai più ficura difefa quei di Primaro da Gaibana a Ferrara, di Poa«ello da Ferrara a Po rotto, di Reno vecchio fino all’ ¡niellatura, e per la corrifpondenza l’ uno, e l’altro argine di Reno a Ponente, e Levante , fino ad otto miglia in circa fopra la Terra di Cento, nell’ altezza ftraordinatia, che V- E. ha veduta, non altronde cagionata , che dal violento foflentamento dell’ acque nella Sanmartina, ove mette capo il Reno, eflendo neceffario, che quanto, s’ inalza il termine, altrettanto fi alzi la linea della fua caduta. E pure con tanta fpefa nell’ arginature, che ogni giorno crefce maggiore fino all’ intollerabile, quanti paefi già fertili, e deliziofi4non vengono difefi, ma abbandonati alla dilcrizione dell’ acque? Efpofto, e defolato ha veduto Voflra Eminenza tutto il Territorio Ferrarefe a delira del Reno dalla Confina di Bologna, fino all’ ¡niellatura di qua a delira di Reno vecchio fino a Po rotto, e continuando a delira di Poa. tello fino alla città, e più giù per lungo Tratto, non fervendo più I’ argi­ natura ad altro, che a tener efclufoReno dagli alvei vecchi, a’ quali, co­ me fe averte fenfo, fi vede con ogni sforzo inclinare, potendo difficilmen­ te ellér tenuto dagli argini interporti, a quali già mancando inmolti luoghi la terra da riparare, è necertario portarla per ponti di là dal Po. Con tanti sforzi vengono mantenuti a total deftruzione della Campagna quegli argi­ ni, che furori già drizati a difenderla. Per l’ abbandono di quello deliro lato del Reno, viene a reftare efpofto alle lue fpanfioni il lato Boreale de’ Bologne!! fino a’ condotti di R10I0, e di Scorfuro, fedi principali della miglior parte de! paefe fuperiore ridotti dagl’ interrimenti dall’ ampiezza non difdicevole a fiume ad anguftia di foffi ripieni, e lenza moto, dairinfeliciffimo fiato de’quali può ben congectu-


D E V A N N I D E L RENO. 4®r turarli quanto ineftimabile fia il danno, che per mancanza di fedo patifcc lai maggior parte della pianura Boiognefe. E febbene abbiamo la facoltà di riparare gli argini da quella parte lui Ferrarefe , ftccome )’ hanno i Si­ gnori Ferrarefi nella parte oppofta tra il Dodo, e la Confina per fpazio di 6 .0 7 - miglia fui Boiognefe, ove eglino di là alzano a noilre ipefe monti d’argini eccedenti il bifogno , ed ufo ordinario del Reno, da efli civtencontroverfo l’ alzar di quà un arginino a difefa di quelle campagne, e fcoli, che non tanto dalla femplice dimora del Reno neile valli, quanto 4 al foftentamento violento dell’ acque nella parte inferiore vengono danneggiaci -, on-r de è, che fino a tanco, che da Voftra Eminenza ci venga opportunamente, provveduto, non occorre, che mettiamo mano all’ efcavazione di efiì con-v dotti, mentre fubito dall’ efpanfioni delle torbide del Reno di nuovo ci potrebbero edere interriti, benché come Voftra Eminenza ha notato il Ponte del Molinazzo dal veder l’ acqua di quelli duecondotti equilibrata conquella della Valle, poca utilità poifa fperarfi da tale efeavazione, finché farà 1* Valle mantenuta in quella altezza, e così Tempre torn3 da capo la néqeilìtà ^Doluta dell? total remozione ,del Reno. Pure di due mali, 3’ quali fogo foggetti quelli due condotti,, uno di non poter fmaltire le; lue acque coro-, muni a tutti gli altri, che sboccano in quelle valli; 1’ altro del continuo interrimento cagionato dall’ efpanfioni immediate detlé torbide, è pur me­ glio medicarne uno, che lafciarfi ambidue incurabili. Da che Voftra Eminenza vide 1’ altro foftentamento dell’ acque della Valle a Gaibana, e Ferrara, leppe congetturare, quanto folle necedario, che nelle parti fuperiori fi folle dilatata la Valle, qual vaftità di Paefi pri­ vata di fcolo in (ito quali Orizontale, a cui poche once di pendenza per meglio corrifpcndere. E quando intefe tal fouegno efler necelTario al man­ tenimento della navigazione, che per altro già farebbe afeiutta , congettu­ rò qual fode l’ interrimento delle valli: del tutto ha veduto il confronto avunque fi è compiaciuta di portarti, poiché la navigazione, che per sfug­ gir l’ interrimento la terza volta è mutata, ed in ultimo, per allontanarla guanto folle poffibiledalie torbide, per un lunghiffimo giro condotta a cir­ condate la Valle di Marrara, fi è veduta ridotta a tale, che quello iftelTo inno è flato necedario elcavar le lame faggiate col Reno di poca profondi­ tà e di fondo fangofo in fegno più che probabile dt molta depofizione; nè infomma fi è trovata in alcuB luogo tal profondità d’ acqua, che detrat­ ti 4- piedi dell’ altezza del foftegno» non fi rltlucefie o in fecco, o in mol­ to poc3 altezza. Similmente i trattenimenti degli fcoli da tal foftentamento cagionati fi fo» Ho da Voftra Eminenza ofiervati al Poggio, si neile quiete dell’ acque , co­ me nelle campagne di Ravenna, che prima fcolando felicemente in Riolo, ora rimangono conche arginate molto inferiori al pelo del Riolo, e delle valli, e da una fertilità celebre ridotte ad ellrema fterilità. Quello foftentamento d’ acque a Ferrara cagione di tanti mali, non fi vi­ de nella vifita di Monfignor Corfini, ove nella livellazione del lecondo gior­ no, che fu li 9. di Gennaio del 1625. alla Bocca de’ Mali il pelo della Val­ le non aveva caduta fopra il pelo del Po, anzi nè meno l'opra il fondo di Primaro, nè fopra il fondo di Volano folo p. 5. e mezzo. Veda dunque Voftra Eminenza quanto fono accrefciuti 1 dilordini, e quanto bifogno ab­ biamo di pronto rimedio. Noi per quello ci fiamo riftretti ad una linea di diverfione, che dando efito reale all’ acque, ne alleggerifce le Valli, il Podi Primaro, ed inconfeguenza libera dal continuo pericolo la Città, e Fortezza di Ferrara, il 7>w»/. Cc Po>


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PONDERAZIONI

Ìolefine di S . Giorgio , e le Valli di Comacchio ; rifana tutta la parte del Ferrarefe'a delira di Reno, ejdi roatelìo, è di Primato : riftora tutto il Bo. lognefe, e gran parte della Romagna per lo (colo più felice, che acquile, «nno nelle valli fceme, e nel Po migro: dà luogo a conftituire una. navigazione perpetua, edi breve linea: allontanandoci da dieci miglia in circa da Ferrara verfo Ponente porta lontani i pericoli : intraprende fra fe, e Panaro poca lingua di terra, che per edere infìtoalto, farà facilmente'pro­ veduta di fcolo: palla per terreni in gran parte incuki: fervefiin gran par. te d’ argini , e di càvi antichi: non muovenè Panaro, rièBinano, nè ilCendotto di Santa Bianca, come già facevano le altre già propofte: lalèia in­ tatta la Sanmartina , eCafaglia , e turiti Tòrofooli, nèporta necdlìtà di muo­ vere altro condotto, che il canale di Cehto, a cui non mancano modi per provvedere di cqmpenlare Putile,; che porta dell’ acque, e della navigazio­ ne. Ha efempio di iìcura riafeitada Panaro, di cui aveva molto più felice corio, e molto miglior ingreflo nel Po, di cui, mentre quella diverlìone non lia per portar maggiori difordini, che certamente per P elezione della linea faranno minori, non arriveranno giammai ad una minima paFte de* prefenti- le quali cofe confidiamo, che dalla fornirà accortezza di Voftxa Eminenza faranno con elguifitiffima bilancia ponderate.


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S C R I T T U

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Concernenti il regolamento dell’ Acque del Bologneje, lit i Ferrare/e. S C R I T T U R A PRI MA. Opo edere intervenuto alle vili te dell’ aèque dèi Bolo* gnefe, e del Ferrarefe fatte nel Pontificato di N. S. AlelTandró Settimo dagli Eminentiflimi BorrOmei Lega­ to di Romagna, e Imperiali Legato di Ferrara, conti­ nuate nelle legazioni degli Eminentilfimi Bandinèlli, e Franzoni, a cui luccelle hella Legazione di Ferrará F Eminentiflìmo Bonvifi, fui chiamato dà Sua Eminenza in Ferrara per diré iimio parere fopra Una proporzio­ ne del Marcitele Bentivogli, di riftabilire, ed augumentare la navigazione di Volano. Quell’ alveo, che va da Ferrara fino al mare, ricévea già una gr.an parte dell acqua del Reno, che dopo aver paliate contro ferrara per lo cavo del Ducafino a Gaibana , fi faceva entrare nell’ alveo antico di Primaro, dove rigurgitava per lo fpa» zio di lei, o fette miglia verfo Ferrara; ma quello medefimo alveo di Vo­ lano era capàciifimo di tutta l’ áéquá del Reno, ed èra bene argiuato, di modo che la,’più grande difficoltà che fi prefentafie allora era ileimore, che tutta l’ acqua del Reno entrandovi torbida non folie per interrirlo. Sopra di che eflendo richiedo dall’ Etnioentiffimo Bonvifi di dire il mio parere feci una fcritturanel 1666. li io. Maggio inFerrara, di cui do il rillretto.

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Ercato fe il Reno introdotto in Volano Tetro la Città di Ferrara foffe per interrirlo, firifponde che quando l’ alveo di Volano foffe iniettato fopra 1’ introduzione del Reno, dimodoché nelle piè1 ne non porefle rigurgitare, nè dilatarli nella parte fuperiore, ma folfe neceffìtató a profeguire direttamente il fuó corfo , ceilerebbe ogni .pe­ ricolo d’ interrimento; la ragione di quell’ áílerzione è'l‘ elperienza collan­ te, che noi abbiamo, che febbene l’ acqua del Reno dopò molti, e molti, anni fia corla torbida nel cavo del Duca, nelle Valli d> Marara, quello ca­ vo nondimeno fi mantiene ancora per profondo, benché iniettato nella parte inferiore, il che dovrebbe aver cagionato interrimento, fenza la ve.ocirà che ha in quedo cavo. E benché la parte dell’ acqua del Renò, che fi fi prettamente rigurgita­ re iti Volano, vi entri fpeflo torbida, come abbiamo piu volte ofiervato, nondimeno non ha punto interrito lo IpaZio dell'alveo che ella vi occupa» e tanto interrimento vi farebbe, quanto più cOpiola farebbe I’ acqua , qhé vi s’ introdurrebbe, e quanto più grande tarebbe la tua velocità Al pre­ ferite fi fa un danno all’ alveo di Volano di far perder all’ acqua del Reno, che v’ entra, cinque piedi di caduta, con farle fave fino a Galbana un giro fuperfluo di tredici, o quattordici miglia, quando non ne palla Cea lon-


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SCRITTURE CONCER. IL REGOL.

lontana, che di poche pertiche, e ciò fatto pretefto, che debba rifchiararfi per quello circuito, il che 1’ efperienza mollra non riufcire, e non efier punto neceflario. Se dunque fi lafciafle andar tutta l’ acqua del Reno in quell’ alveo di Volano, ove ne va al prefente una parte, e vi fi conducete unita, e per la ftrada la più corta, non fidamente s’ averebbeuna comoda navigazione feri­ na pericolo di perderla, tba celierebbero i danni, che cagiona il rimanen­ te di quelle acque, che ne fono efclufe. . . . , Tale era allora il mio parere fecondo lo (lato, e la difpofizione di quei luoghi, che può aver variato dipoi, benché io creda, che la variazione che farà arrivata, non farà si grande, che anche al prefente quello non fia il partito piò pronto, e meno dilpendiofo, che polla prenderli per provvedere nelmedefimo tempo a i danni del Reno, e flabilire una buona navida Ferrara al mare tutta nel Ferrarele. La caduta dell’ acqua torfazione ida del Reno contro la città di Ferrara fopra la medefima, che ritorna di Gaibana per entrare in Volano era a ragione di un piede in diecimila piedi in circa, un poco minore, che la caduta della corrente della Senna lòtto Parigi., che è d’ un piede, quattro once, e due terzi, nelmedefimo fpazio di dieci mila piedi, come s’ è olTervato con una grandiflìma diligenza, per fervire di regola alla condotta dell’ acque torbide a una sì gran dillanza dal mare. Parigi 25. Maggio i<Sp3* Già: Domenico C aJJitti.

S CRI T TURA SECONDA.

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ER poter giudicare del partito più convenevole alto fiato prefente delle cofe, bifognerebbe avere le feguenti informazioni.

I. Sapere le dopo la pianta levata nel Pontificato della Santità d’ Aleflandro Settimo, fiano arrivate mutazioni confidcrabili nel corfo del Reno, nella valle, nella navigazione di Bologna, e nello sbocco degli altri condotti principali, e vedeiie difegnate nella medefima pianta, ove fia notato fin dove il Reno va di prefente arginato, fin dove va incana­ lato nello fiato ordinario dell’ acque, e dove, e come fi fparge nelle valli. II. Se l’ acqua del Reno corre piò nel cavo del Duca, fe entra più nel Po vecchio a Gaibana, fe dì lì ritorna più in Volano. Sapere la caduta dell’ acqua del Reno, »he corre al prefente più vicina alla diramazione di Volano l'opra il fondo, e fopra il pelo dell’ acqua di Volano, delle folle della città, e del cavo del Barco, e del Canal Bianco, fopra il pelo ordinario dell’ acqua del Po grande, e la caduta del Po grande nelle fue efcrefcenae fopra il medefimo cavo, e l’ altezza prefente degli argini di Volano, e del Po fopra quelle acque, e fopra il piano della campagna: ed in fine la caduta di Volano, e di Primaro Culle valli di Comacchio, vicino al capo di Goro, e a Longaftrino. III. Sapere a qual dillanza di Ferrara, Primaro, e Volanofirnentonq del fluito, e rifluirò del mare, potendo feivir molto quella notizia a giudicare del mantenimento de’ loro alvei. IV. Se il muro antico della Chiavica Pilaftrefe fuflìfie ancora : fapere qua­ li fiano le maggiori, e le minori el'crefcenze del Po in quefti tempi (opra la foglia antica della medefima chiavica, per poter comparar facilmente lo fiato


DELL' ACQUE DEL BOLOGNESE 405 ftato prefente a quel che s’ è otTervato molti armi fono. Quelle notizie l'ervirebbero a giudicare quali de’ due partiti debbano pre» fcerfi, oj quello dell’ introduzione del Reno in Volano, di cui folo ho par­ lato nella fcritrura pallata, per averlo veduto più vicino di qualunque altro ad edere accettato dalle parti, o quello dell’ introduzione del Reno in Po grande, di cui non ho al prefente che dire più di quello, che ne dilli all’ occafione di tre Scritture prelentate l’ anno 1657. alla Santità d’ Aleflandro Settimo dal Marchefe Tanara Ambafciatore di Bologna, che elTendo imprede nella Stamperia della R. C. Apodolica, potrebbono efler vedute da quei, che fono fu i luoghi, e conferite alla prefente difpofizione de’ lìti. La maggior parte di quelle ricerche fi faranno verilìmilinente fatte quell’ anno, elTendo neccffarie a precedere le deliberazioni da prenderli, eie reilano a farli non dimanderanno molto tempo, purché li fchivino le opera­ zioni fuperflue. La videa de’ luoghi può fuggerire, fe v’ è altra cofa, che richieda d’ ef« fere particolarmente oflervata, per 1*efecuzione de’ fini, che li propongono. Parigi li 31. Maggio idp?. Gio. Domenico Cantili,

SCRITTURA TERZA. "1 ^%Oichè, ciò che fcriffi 1’ anno 1 6 5 7 . fopra la propolizione di recapi1 J tare il Reno in Po grande,è fparfo in diverfe fctitture, m’ è paruto 1 bene di fceglieroe ciò, che merita più particolarmente d’ effer confiderato. Quella propofizione in generale fu fatta la prima volta dall* Aleotti Perito illuftre Ferrarefe a nome della fua Città 1’ anno ido®. in Roma, e fu pubblicata nel fuo trattato llampato in Ferrara l’anno 1605. in quelli termini, lafciato il fuperfluo. Prepareremo un cavo, che levi il Reno da Mirabello lino quali al Bondeno, e tra quello termine, e Vigaranno chiuderemo il Po di Ferrara, e lo lafceremo andare in compagnia del Panaro nel Po grande alla Stellata, arginandolo bene con argini groflì, ed alti ec. Quelto piccolo lito era accomodate alla difpofizione della natura cfiendolì ofiervata dal medefìmo Aleotti, e dal Mengoli, come appare nelle lo­ ro fcritture, ftampate in Ferrara l’ anno i&oo. e 1 6 0 1 . che Reno , e Pa­ naro, quando il Po grande era balio, correvano verlo di elio alla Stellata, benché, quando il Po glande era alto, correderò ambedue nel Po verfo Ferrara. L’ elperienza ha fatto conofcere, che quella propofizione era riufcibile Lenza alcun pericolo di difordine, poiché Panaro s’ è rivoltato interamente nel Po grande, dopo eflerfi attraverfaco il Podi Ferrara con un argine, che ha impedito, che non folo Panaro, ma nè meno alcuna parte del Po di Lombardia paffaife più nel Po di Ferrara, dimodoché al prefente il Po nelle fue piene ha di più tutte l’ acque del Panaro, e tutte quelle del Po, che fi sfogavano in prima nell’ alveo di Ferrara In breve fpazio di tempo dopo l’ introduzione di Panaro in Po, la mag­ gior copia dell’ acque nelle piene ha fervito a feavarlo maggiormente col maggior pelo, e colla maggio* velocità del mote» di modo, che il P o , che 1 su-


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SCRITTURE CONCER. IL REGOL.

I’ anno 1600. s’ alzava piedi venti, e mezzo dalla fua bafTezza fino alla iua maggior altezza per 1’ ofiervazione fatta l’ anno \ 6 $ i_ r \ o n s’ alzava dopo molti anni fino adiciannove piedi- Le offervazioni che fi faranno fatte nuo­ vamente in queft’ anno ftraordinariamente piovofo, daranno luogo di com­ parare l’ efcrefcenze di quelli, tempi alle antiche, e faranno maggiormente conofcere, fe Panaro, e il Po di Ferrara ritenuti nel Po grande, nelle pie­ ne l’ hanno fatto augumenrare, o diminuire. Lemifure antiche dell’ Aleotti fono certiflìme, c non dee dubitarli, che quelle, che fi faranno prele al prefente non fiano efatte, Picchè comparando l’ une, e l’ altre, nons’ abbia la certezza del fatto . Ma quanto ad aggiungere il Reno col Panaro pare piu di ragione, per­ chè Panaro ha proporzionato il Po vecchio, che prima era capace di più fiumi, alle fole fue acque, ma ora il Reno può condurli per la più corta in Po daì medeiimo termine di Mirabello propollo dall’ Aleotti, fino a Palantone, termine molto piu balio, e molto piua feconda del Po, che nonv entfSi farà verificato nuovamente quanto alti fiano al prefente gli argini del Po grande fopra le fue maggiori efcrefcenze, e fiano per l'opravanzare a badanza il poco d’ altezza, che può aggiungervi il Reno, pocendofi al prefente calcolare quell’ altezza con maggiore efattezza , che non faceva­ no gli antichi, i quali non avendo alcun riguardo alla più grande velocità dell’ acque, fupponevano, che l’ altezze fi augumentaflero ne’fiumi a pro­ porzione dell’ acque introdotte, che ora per le ragioni, e per l’ efperienze fi trovano augumentarè con proporzione molto minore. Si larà ancora offervato, come polla farli abballare il Po grande con perfezionare il cavo incominciato dall’ Emineritiflìmo Cardinale Donghi a Ariano, e fi farà cal­ colato quale può edere quello abbaiamento in proporzione -dell’ alzamen­ to, che può fare l’ acqua del Reno introdotta in Po grande. fn fontana il confronto di tutte 1*offervazioni, fatte (opra quelli particeli lari, darà maggiore lume della riufeita di quella propoiizione . Parigi «. Giugno idpj. Gio- Domenico C ajjtm .


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I N D I C E Di ciò che fi contiene nel Tomo Primo .

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rattato d Archimede delle cofe, che flannò fui Liqui­ do. . . . Cat\K Dialogo di Auto» Trancefio Albizi /opra iPaduli, e campa­ gna di Pifa. car.25. Dijcorfo di Galileo Galilei intorno alle cofe, che fiamiojull'Acqua, 0 che in quella fi muovono. car.;37. Lettera del medefimojopra il fiume Bifenzio. car.9,$. Della Mijura dell' Acque correnti del P. Abate D. ■ ‘Bene­ detto Cafielli. ' i carditi. Lettera del medefimo a Galileo Galilei car» 1 3 3 . Dimofirazioni Geometriche della Mijura dell' Acque correnti* del medefimo. l , car.ifij; Della Mijura dell' Acque correnti del medefimo, Libro fe­ condo . car.vqt). Confiderazioni intorno alla Laguna di Venezia, del medefi­ mo». 'j ivi w . i ' in Y f o car.i d i . Seconda Parte aggiunta alla Confiderazione Jopra •■ la Lagu- A na di Venezia, del medefimo». c wìyi.i y . •. \y car. ¡68. fifido di ejaminare le Torbide, che entrano, e rimangono nella laguna di Venezia ,del medefimo. car. 1 7 0 . Djjcorfi /opra la Laguna di Venezia, del medefimo .< car. 172. Lettera del medefimo al Sig. Gio. Bafadónna. car.176. Lettera dei medefimo ai P. tra ‘Buonavemira Cavalieri.'- car. 1 7 7 . Lettera del P Fra Buonaventura Cavalieri al P. Abate D. Benedetto Cafielli. car. 17 9. Lettera del P. Abate Cafielli al Sig. Gio. Bafiadonna. car 1 8 2 . Lettera del P. Abate D. O ra zio Barbifine al P. Abate D. Benedetto Cafielli. ttar. 1 8 3 . Lettera del P. Abate Cafielli al Sig. Gio. Bafiadonna . car 1 8 3 . Lettera del medefimo al P. Trance(co di S. Giufeppe. car.184. Kifpofla del medefimo ad una Lettera del Bartolotii. car. 1 8 7 . Confiderazione del medefimojopra la Bonificazione delle Pa­ ludiPontine. . car. 191. C onfider azioni d e l medefimo f opra la Bonificazione dei Bolo-


4°8 I N D I C E gHt'fc Ferrar efe, e Romagnola • car. 197» "Relazione dell'Acque Bologneje, e Ferrarefe di Monfignor Ottavto Corjìni. car.tQO, lettera del P. Abate CafieUi a Monjignor D. Ferrante Ce­ lar tut . car 208 Trattato della Direzione de' Fiumi di D. Famiano Miche, Im i. car. 215 Difcorfo di Gio; Alfonfo Borelli /opra la Laguna di Vene•

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lettera del P. Urbano Davifi, a l Serenijjìmo Doge di Vene­ zia > car 201 Relazione di Alfonfo Borelli fopra lo Stagno di Fifa. car.307! Supplemento del medefimo, da aggiugnerji alla Propofizione feconda del fecondo libro del T. Abate Cajìelli. cariti Frammento di una Relazione del medejit/ìo. car it e Altro Frammento del medefimo. Car '* I l Mare Adriatico, efu a corrente e faminata del Dottor Gè- ' miniano Montanari. carili Difcorfo di Vincenzio Vtviani intorno al difender fi da'riem­ pimenti , e dalle corrojùmi de'Fiumi applicato ad Arno. car.i 40. ' Relazione del medefimo intorno al riparare la Città, e Campagna di Pifa dalf Inondazione. car. 181 " Scritture di Gio: Domenico Cafftni concernenti il regolameli te delt Acque del Holognefe, e del Ferrare!'. cari or Ponderazioni de! m ede/,m eal Si£.Cardinal Borrente,. Scrittura prima del medejìmo. cari' Scrittura feconda del m edefim o . car^ ‘ Scrittura terza del medefimo. . r .v'^°4* Oflr,405.


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Offervi il Líbralo, che leghera que¡POpera, aporre aliafine del primo Tomo quefie ¿ i. fi­ gure comprefe 9 . Tavole.


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