Cas034a mattioli, parte seconda compressed

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PEDACIO

Diofcoride Anazarbeo.

Proemio. A b b i a m o fin qui »carifsimo A rio, narrato ne i due precedenti Libri delle cofe odorifere, de gli vnguenti, de gli o lij, de gli alberi, & de i frutti, & de i liquori lo ro : & oltre à ciò de gli animali,delle biade, de gli herbaggi de gli horti,& delle her b e , che fono acute. Ma hora in quello,che è il terzo della noflra già propofta opc ra, trattarono delle radici, dell’herbe, de i fucchi,& de i fo n i, tanto domeftichi, & che s’hanno nell’ufo cotidiano per il vitto; quanto di quelli, che folo all’ufo di medicina fi conuengono.

D ell’A garico.

Cap. I.

L o a g a r i c o fidiceertereunaradice,fimilealla ferpitio,ma nelle parti fuc fuperficiali piu folida, piu ra­ ra,& per tutto fongofa. Ritrouafene di due fpetie, ma.fchiocioèj&femina.Precede dibontàlafcm ina,cheha ' détro di fe le uene diritte. Il mafehio è tutto iuolto in fe “fteflo,ritondo,& ferrato.Amendue nel primo gullo fon dolci,ma amari come fi fpargono per la bocca. N afce in quella regione di Sarmatia,che fi chiama Agaria.Dicono alcuni efler l’agarico radice d’una piata: & altri generarli di certa putredine nei tronchi de gli alberi, nel modo che ui fi generano i fonghi. Nafce in Galatia d’Afia>& in Cilicia ne i cedri, ma fragile,& fenza fermezza. Ha l’A ­ garico virtùcoftrettiua,& calida.E buono à i dolori del le budella, à gli humori crudi, à i rotti, & à coloro, che cafcano dall’alto.Dafsi nella febbre con acqua melata:& doue non fiafebbre,con uino melato al pefo di due obo li. Dartene vtilmcnte una dramma à i fegatofi, à gli tiret­ ti di petto, à trabocco di fiele, à mal di reni, alla difenteria,& à prouocar l’orina ritenuta : vale anchora alla prefocatione della madrice, & à coloro che fono fcoloriti, & pallidi. Dafsi à i thifici con vino parto : & à i difettofi di milza con aceto melato. Dafsi coli puro fenza altro li quorcàch iuom itailcibo per debilità di ilo m a c o ,& à gli acidi rutti. Beuuto con acqua al pefo di tre oboli rej itrigne gli fputi del fangue.Tolto có aceto melato al me 3 S defimo pefo,confcrifce alle fciatiche, al mal caduco, & à dolori di gióturerprouoca i m eftrui, & uale alla uétofità della madricedeua dato il tremore,& il freddo,che uiene ___^ _ • nel principio delle febri. Beuutone il pefo d’una drama, ouer di due con acqua melata,purga il c o rp o . toltone una dramma con vino inacquato,conferifceà «o »veleni.Soccorre grandemente al morfo,& alle punture de i ferpenti, beuuto con vino al pefo di tre oboli. In fomma è conueneuole l’agarico à tutti i mali delle interiora dato fecondo l’età, & le forze deglihuomini,à chi con acqua, à chi con vin o , à chi con aceto melato, & ì chi con acqua melata. J G 3 E I’ a g a -


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Difcorfi del Matthioli

Agiti«», & e l ’agarico unfungo,che nafee infu gli alberi. Et come dìccmo difopra nel primo libro trattandodel r Tua eflamiiu. rice ,ncnafic deU’ecceUentifiimo nelle montagne di tutto il Trentino in fu i larici : da i quali con le proprie m * n’ho ricolto,& friccdto io infinite uolte belhfiimi p e z zi■ -Md quantunque dici. Plinio àgli v i l i , capitoli del x y”* libro, che nafea ( Agarico in fu tutti gli diberi, che producono le ghiande; nondimeno ( per quanto io meneut già ) infu i Trentino, er inaltri luoghi d'Italia, non nafee però egli fe non in fu i larice. Diofconde dice, che in A co ferie ^ 5& *'n nafee egli fu’l cedro,nonfacendo di quello del larice, ne di quello delle piante ghiandi ( • da Giien.1' ^ re * c^ef cr,lfe Minio, mentionealcuna. Commemorò Galeno VAgarico, chiamandolo radice, al v i. ¡¡( facultà defemplici, in quefto modofcriuendonc. La radice dell’Agarico, che nafee nel tronco, al primo gufo t‘ dolce : ma nel proce/fo amara, con alquanto d’acuto, e r di leggiero coftrettiuo. è nella fua fuftanza raro. eì im, però è manifesto per tutte quelle cofe, che quello medicamento è compofto difuftanza aerea,er terrea, affòttiglù. i0 ta però dacalidità. E ueramente nell’Agarico pochifiimafuftanza acquea .E t per quefta ragione ha egli uirtu ci» lida, digeftiua, inciflua, e r aperitiua di tutte le uifeere . Et peròguarifee egli ualentemente coloro,à cui per op= pìlatione difegato è traboccato ilfiele. Giouaper le medefimefacultà al mal caduco , c ? a i rigori periodici, caufati da humori grofti, e r uifeofi. Gioua parimente à i morfi, er alle punture de gli animali uelenofi, che nuocona conia frigidità del loro ueleno, tanto applicato di fuori infu’l morfo, quanto prefo dentro per bocca al pefo d'uni dramma con uino inacquato. Ha anchora uirtu di purgare. Et al primo de gli antidoti : l’Agarico ( diceua ) non flpuà fophifticare. L ’ottimo è quello, il quale è leggerifiimo : er trifto quello,che è denfo, graue, er legnofo, er qucUo che è tra quefti due mezano,tanto è piu er meno buono,quanto è egli diftante difegniò dall’uno ò dall’altro. Agirico ferii s<rr# dell’Agarico Mefue nel fuo trattato de i femplici folutiui, cofi dicendo. Solue l'Agarico laflemmagreffa, to da Mefae . CT lacholera rofta. La fua proprietà c di mondificare il cerueUo, i nerui, i fentimcnti, er i mufcoli : er di tirar io fuori le materie, che fono nella nuca, er nelle parti cir cornicine. Mondifica l’Agarico il petto, e l polmone da i putridi, er grofii humori. er fimilmente lo Stomaco, il fegato, la milza, le reni, er la madrice : er tira le mate» rie dalle giunture. Et imperò chiamò Democrito l’Agarico medicinafamigliare ,fapendo egli come bene fi confa ceua à tutte le membra interiori, er efteriori del corpo. Vale l’Agarico à tutti i dolori intrinfichi : er ha uirtù neramente non debili à molte infirmità del capo, del cerueUo, er defuoi pannicoli. Onde c egli mirabile à i dolori antichi del capo, al mal caduco, alla apoplefiia, alla mania, alla melancholia, atl’infiammagioiii del cerueUo, er alle uertigini. Cura tutte l’oppilationi. er imperòfi conuiene al trabocco di fiele, à gli hidropici, er à colon, che patif:ono nella milza. Prouoca l’ Agarico l'orina, e r i meftrui : ammazza i uermini del corpo, erfa buonco Nomi. lore. Gioua attefciatìche, er allefebbri lunghe. Chiamano i Greci l’Agarico, A ’yapnu'v : j Latini, Agaricum: gli Arabi, Garichum, e r Garicum : li Tedefchi, Dannen fihuuam : li Spagnoli, Agarico : li Erancefi, A gaie. 50

D el R hapontico.

Cap.

II.

I l r h a p o n t i c o chiamano alcuni r h a ,& alcuni rheon. Nafee in quelle regioni, che fono fopra al Bofphoro, donde fi ci porta. Ha la radice nera fimile alla centaurea maggiore,ma minore,& piu rafia, fongofa, alquanto leggiera, & fenza odore. Il migliore è quello, che non è tarlato : & che mafticato il fente mucillaginofo, & leggiermente coftrettiuo : & che diuenta di color pallido,ò che s’apprefsi à quello del zafferano. Medica beuuto la ventofità,& le debolezze dello ftomaco,& ogni forte di dolori : i ro tti, gli fpafimati, i difettofi di milza, i fegatofi, le reni, i dolori di corp o, le ma­ lattie del p e tto , quelle della vefcica, i dolori de i fianchi, quelli della madrice, le fciatiche, lo fputo 40 del fangue,le ftretture del p etto, il finghiozzo, la difenteria , i flufsi ftomacali,i periodi delle febbri) & i morfi de i velenofi animali. Dafsi come l’agarico, in cia/cuna delle infirmità predette >al medefimo pefo , Se ne i medefimi liquori : ciò è , nella febbre con acqua melata ;doue ella non è , con uino melato : à ithifici,con vino paffo : ài difettofi di milza,con aceto melato : & à chi uomitail cibo, co fi puro fenza altro liquore. Spegne il rhapontico i liuidi, & le volatiche, poftoui fufo con aceto : & con acqua rifolue tutte le lunghe infiammagioni. Ha virtù coftrettiua grande, infieme con alquan­ to di calore. Rhapontico, Se fua eflàmi.

C h i a m a s i uolgarmente il Rhapontico nelle fietiarie Rheupontico. er chiamali Rhapontico dal fiume

Hqual dìfeorrefopra alla regione di Ponto,nelle cui ripe nafee egli copiofamentc. Del che nefa uero teftimo- 50 nio Ammiano Marcellino nel x 1 i.uotume dellefue hiftorie,cofi dicédo. Il fiume Tanai,il qual nafee tra le ripe Cauca/ìc, difccnde per lunghi giri, diuidendol’ Afta dall'Europa, finoche finentrancUc paludi Meotidi. A quefto t uicino il R ha fiume,nelle cui ripe nafee una uegetabile radice nominata del medefimo nome delfiume, utile in moh te medicine. Efiici cominciato à portare il uero da pochi anni in qua. tmperoche prima sera fimpre ufato per lo Errore di Rhapontico la radice della Centaurea maggiore. La qualefino à i dì noftri ufano anchora alcuni medici, Cr fi** molti. ii ali, per non haucre anchora mai ueduto, non che conofiu to il uero Rhapontico : tanto neramente è la pertinacia dalcuni. Oltre à ciò fi crederono alcuni buoni medici de i tempi noftri paffuti, che’l Rheubarbaro fuffi il uero Rha pontico di Diofioridc, per non effirc a tempi loro flato ueduto anchora il uero in Italia . Il che uedendofi pofeia fece mutar loro opinione, come nellefue epifiole dimofira apertamente il Manardo da Ferrara. percioche nellafe­ conda cpiftola del v i. libro teneua egli per fermo,che’l Rheubarbaro noftro ufuale, e r il Rhapontico di D iofiori 60 defuffero una cofi mede¡ima. Quantunque pofeia nella ultima cpidola del v . libro dimoftrajfi egli il contrario per elfirgli flato pur affhora portato il uero di Mofiouia, E quefto, che di nuouo ci fi porta, v che piuuoltcho C ‘ uliuto


Nel terzo lib .di Diofcoride. 10 m v inegid attafa'turi* del medico, portato da Conftantinopoluzr di poi in altri luoghi,portato tfAlef• id tutto limileattafcritturadi diofcoride. Tafiò Aucrroc nel v. libro dei fuoi Cottiget Galeno, cr Au^.i__ I . l’jitn t che haueanodetto ,chc’lRcubarbaro eracoflrettiuo >er dittico, non conoscendolofolutiuo. D el *°rt° ripteic CT ‘c\zU molto maggiormente da effere riprefo : imperoche Galeno, c r tutti gii altri antichi non parlarono, ne G i fno*

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tero alcuna cofa del Rbcubarbaro de i tempi noftri ; ma ben del Rbapontico fcritto da Diofcoride, nel quale no ■ Jm "e fòrza alcunafolutiua. Et di queftomedcjimo/emendo del R babarbaro intefe Serapioneà cap. 10 6 . rAuicetm a cap. 58 5.del 1 1.libro defuoi canoni. pcrcioche amendue recitando le opinioni di Diofcoride, cr Tali altri antichi fcrittefopra al Rbapontico, nonfecero,che fuffe il loro Rbcubarbarofolutiuo: pcrcioche per il Rbcubarbaro loro altro non intendeuano(per quanto io me ne ueggia) che il Rbapontico .11 che manijrftamen= dimostra l'attribuire eglino al loro Rbcubarbaro quello, che attribuì Diofcoride al Rbapontico. Onde nonfen« '° L razionefi può credere effer ciò occorfo per l’ignoranza degli interpreti, per hauer eglino permutato il Rhapon ticoinRbabarbaro. Conobbe però il uero Rbcubarbaro de i tempi noftri (fé non m’inganno) Paolo Egineta. del rhe chiaramentefa egli mentione nel v i i . a x r . cap. in quelle tre compofltioni, le quali affegnaper la cura dette eodazre •delle quali chiama la prima diacorattion, la feconda antidotus Agapeti,crla terza compofìtio atatlos. Ma oenfofi però egli,chefuffero il Rbcubarbaro, c r il Rbapontico unacofamedefìma.Del che ce nefafegnoil dire eglià x l 111 .capitoli del primo libro, che data la terebentina nell’andare a dormire atta quantità d'una fa* M J ou( a corpo : ma udendo, che maggiormente ettafolua, uifì debbia mettere un poco di Rbcopontico. On* de appare, che egli flpenfaffe non effer tra quefte piante differenza ucruna : come fi credettero quei medici nomi* natidi fopra.Imperoche f i appreffo Paolo fuffe differenza alcunafra il Rhabarbaro, cr il Rbapontico, haurebbe cali fcritto da perfe tamendue ne i libri, oue particolarmentefcriDe de i/empiici medicamenti. Ma ritrouandofì, che non d’altro fece egli quiui memoria,che del Pontico, fi può fare uera coniatura, che non facejfe egli tra l’uno cr l’altro differenza alcuna. Contende il R ucttio affai contra coloro,che fanno differenza dal Rbcubarbaro de i ° 'g ™ “ tempi noftri al Rbapontico : imperoche uiiole egli,che fieno una cofa medefìma : cr che fe pure qualche differenza baro> & u rhj ui ¡introni, ronfia pct altra cagione, che per la contrarietà dette regioni, douenafee. Ne per altra caufa uuole ponCico. coli,che manchi ai Pontico forfore, che per lafrigidità de i luoghi aquilonari, dondefi ci porta. La qual ragione dotalmentefrittola, cr di niun ualore, per non effer la regione di Ponto cofifrigida, cheflpoffa però accettare la fra opinione. imperoche fegui farebbe che l'altre piante, che fi ritrouano in ¡citante, cr in m i o giorno odorifere, fulfero infettentrionefenza odore alcuno. Il che è manifrflamente falfo : pcrcioche quantunque le piante, che na* /cono in fittentrione ( di quelle parlo, che naturalmente girano d'odore ) per lafrigidità de climi fieno c r déboli, cr rimeffe nel refrirare, c r parimente in ogni altra qualità loro ; non peròf i ne ritrouano elle talmente priue, che nonfi conofrano,cr non su fino dottefi conuengono. altrimenti perdendo per lafrigidità delle regioni del tutto le qualità loro naturali, immutarebbono lefpctic.ne farebbono conofriute per quelle chefono. Il che in modo alcuno nonfi ritroua effer uero : pcrcioche uediamo, chcfc ben la¡pica Celtica,la quale, fi ci porta da alcuni monti di Sti* ria,cr di Carinthia prouincie d'Alamagna, da cui à pena quattro mefi dell'anno fi parte la neue, cr parimente la coro , che hoggi s’ ufa per il calamo aromatico, che fi ci porta di Lituania, diTartaria, cr dì Ponto, non hanno le qualità de i loro odori cojluiuaci, cr apparenti, come ha quella¡fica Celtica, che fi ci porta di Liguria, cr pari* mente f i firia,cr come ha quello acoro, che ne portano d’ Alcffandria;non refiq però che non rigirino anchora che rimeffamente de proprij loro , c r naturali odori. Onde ( per quanto io poffa ucdcrc ) panni che molto debilefia la ragione del Ruettio. Il perche uoglio inferire, anzi determinatamente concludere, che il Rbapontico non e priuo i i0 d’odore per la frigidità del paefe, oue egli nafee, ma per effer altrafrette di pianta dìuerfa dalRheubarbaro. Oltre à ciò dimoiano effer molto diuerfo il Rbcubarbaro dal Rbapontico la uirtu folutiua, chefi ritroua tnlut,To* dorè di cui non poco rifrtra, la denfità detta frfonza fr a , il colore molto giallo, (amaritudine, cr l’aridità, che nififinte algufto, c r la grauezza delfuo pefo. Pcrcioche nel Rbapontico non è odore alcuno, nonfolue, anzi piu prefto briglie; non è amaro, ma acutetto;non è arido,ma mucittaginofo ; non denfo, ma raro ; cr non e grane, ma molto leggiero. li che mi fa credere, che non poco in quefro fi fìa ingannato il Ruettio , c r mafi,marne ntc dtccn* S c re d e i do egli non effere trai Rbapontico, e l Rbcubarbaro altra differenza, che nell’odore. E oltre actounafciocchez ,I0' & d’ Za ¿1credere, che per effere molto fimili al fentimcnto dell’occhio il Rbcubarbaro, cr il Rbapontico fieno pero una cofa medefìma : adendoli pofeia noi effrre del tutto differenti,c r nelle qualità,cr nette/acuita loro. In quello mede fimo errore ( molti quejlo fi credono )fono coloro,che fi perfuadono, che l olio, oueramente il lagrimo dell abeto t 0 fi* una cofa medefìma,quantunque piu chiaro, c r piu limpido, con la refina che difiilla dal larice, chiamata impro^ priamente Termcntina ‘ per uederfi,che nettafufranza del corpo, nel colore, cr in ogni altra parte, di cui poffrt l’occhio giudicare, tantofono fimili, che non fi conofce c o l fentimcnto dell’occhio, che fia fra loro differenza ucruna. Mafaccndofrnc pofeia il paragone colfentimentodett’odorato, c r parimente del gufo ,fi ritroua l olio dett’abet» effere odorifero,cr inflememente amaro : il che non/{ritroua nel liquore, che d iM a dal larice. Eh chi eonofrerebbe la gomma del ginepro, chiamata uolgarmente Sandaraca, dal mafhce propria ragia del lentifio ,f : il gufo non ne fuffe giudice C Eh chi faprebbe difiinguere Fincenfo dalla ragia dette pine,et parimente da alcune gra netta di gomma,fe nanfe nefacefje la prona col fuoco, cr co’l gufto i Tanto oltre à ciò fi raffomigham i piftacchi, er la ghianda unguentaria,che fi quefra mafticandcfì nonfi fintifie a m a r a i quelli nonflfentiffero dolci,diteti co fa neramentefarebbe 4 difonguer quefti da quella. Eh che cofa e piu fimile, che la cafra, e’I cinnamomo, dicendo 60 in piu luoghi Galeno, che la cafra fi trasfirma in cinnamomo, quantunquefieno realmente differenti difrette i II percheftpuo concludere,che dipoco ualore fiano gli argutnenti di tutti coloro, che ingannando/giudicane^deUe cofifilamenti fecondo alcune qualità loro, in cuifrcffe mite s’ingannano, comefanno coloro, che perfrali da cojt


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DifcorfidelMatthioli

faìtto°d» G» debiti ragioni, fìcredono, che fieno ilRheubarbaro,crilRaponticounacofa medeflma, Vece del Rhapontico leno. meni ione Galeno a K v m .delle facuità de/empiici, cofì dicendo. Ha il Rhapontico miña temperatura,er miftcfì* milmentc le faculta /uè. I mperoche ha egli delfrigido, e r del terreñre. del che ne dà indicio Í effere egli coftretl tiuo : al che s’aggiugne una certa calidità, la quale ne dimoftra il/uo alquanto acuto /apare, che la/cia quando di lungoJimañica. E apprej/o à queño partecipe ancora d’una certa/uftanza aerea, et/ottile. del che ce ne /a fa gno la rarità, er leggierezza fra, erjìmilmente le operationi. Imperoche nonfríamentefi dà egli à gli frafimati ,m aài rotti , e rà g li impedimenti del rcfpirdrc. et cofì anchora unto con aceto/ana i liuidi, et le uitiligini. Che’lfìa coftrcttiuoyfl può ageuolmente conofrere dalgiouamento ,chefe ne uede ne gli fruii del /angue ,e r ne i fluii ñomacali, e t di/enterici. Imperoche taereo, che contiene, non impedifre il terreñre, er ilfrigido: immo che facendolo penetrare à ¿luoghi lontani é cau/a di maggiore operatione. Et nel libro de gli antidoti diceua: fanfi lo de gli inganni anchora nel Rheo. imperoche coloro, appreffo à quali na/ce, per cattarnefuori il frcc o ,lo cuoco* uo frefeo, er mandamelo poi per ¡incero. Et però bifrgna /apere cono/cere il falfifìcato. Il che ageuolmente p0f fonofar coloro, che l’hanno ueduto, oue egli nafre. Il che (come poco qui difotto diremo ) dijje Me/ue del Kheu* Rheo Turco twbaro. A pprejjo al qualefi ritroua effrre il R ha ouer Rheo di tre fretie, Turco ciò è, Barbaro, er Indiano, qua donde fu no lt egli chiama Scenico: tutti cofì cognominati dalle regioni, ondefi ci portano, oueramente doue na/cono. minato. peroche il Turco non è altro appreffo di lui, che il Vomico: chiamato Turco da lu i, ò perche fi porti di Ponto m Turchia uicinaprouincia: oueramente perchefi foleffr egli portare in Ponto da quelle fcluofe uatli di là dal fiume Tonai, doue (per quantofcriuono Pomponio Mela er Plinio) i primi Turchifoleuano habitare, uiuendo quiuifrfa mente di cacciagioni. Imperoche non è di quindi molto lontano il fiume Rhaùntorno al quale (come fi può prona re per affai authori tanto antichi,quanto moderni ) nafre il R ha, il quale i poñerí, hanno chiamato Rhapontico, la pianta neramente denominata da quelfiume, à cui nafre egli uicino. Et però non poffofé nongiudicare,che in que fio s’ingannale anchora Me/ue. per hauer egli mejfo il Rhapontico coflrettiuo tra lefretie folutiue del Rbeo,come quello che è diuerfo neramente dagli è tr i non fríamente difretie, ma difacuità anchora: quantunque forfè meglio dód° habbT ^ ci,‘ maf e T urco, d ,e Portico. None oltre à ciò da dubitare, che l’Indiano nafra, òfi porti d’altronde, i] cognome'3 ct,c ^ndia >dout nafce copioflfimo, e t donde ha pre/o il cognome .M a per qual ragione lo chiamaffe Mefuc Scenico, non/o io per certo affermare:fé già nonfi doueffe leggere piu prefto Sinico, che Scenico per portarfi egli (per quarto io me ne creda ) da i Sini populi ultimi deUTndia: dondefi portano anchora molte altre forti d’aroma* t i ,c r d i droghe. Il che manifrfiamente dichiara Me/ue, fcriuendoegli, che il Scenico,et tlndianofono una cofr medeflma. Imperoche gli Sceniti (come pofeia diremo) nonfono populi $ India, ma bene i Sini, da cuif i deue chia mare (per mia opinione) il Rheobarbaro Sinico, e t non Scenico, come per difètto forfè de gli/crittori, ò deglint 13 terpretifì legge in Me/ue. Quantunquefieno alcuni, che uogliano, che il Scenico nonfìa l ’Indiano, ne che man» 1 co fì ci porti da i Sini, per effer chiamato dagli Arabi Scenico er non Sinico. D i cotale opinione ritrouo io cjjcrc Adamo Lonicero.il qual uuole, che il Sceniconafca in Arabia, er che fìa cofì chiamato da gli Sceniti populi di quella regione. Il Euchfìo feguitando l’opinione di Me/ue, nonfa differenza ueruna tra’l Scenico, l’Indiano, fcriuendo egli nel fuo primo libro delle compofìtionide i medicamenti, effrre flato cotal Rheo chiamato Indiano, per portarfi egli d’india, ò da luoghi all'india uicini, ciò è da i populi chiamati Sceniti, come/criue Stefano, delle città della Perfia. Ma effendo gli Sceniti populi dell’Arabia defertapriui d’agniforte d’aromati, e r fcriuendo Me fue, che il Scenico, er l’indianofono una co/a medeflma ,friuola parmi che/la l’opinione del Lonicero. A quella poi del Fuchfio m’accoñarei io uolentieri,/e non ui ritroua/i oftacolo. Ma offendo,fecondo Strabono ,gli Sceniti populi del collegio de i Parthi habitatori de i morti di A rla.cr di Martiana,cr effondo oltre à ciò lontani da i Si> 40 Rheo Barba- m P°Puli deUTndia piu di mille er cinquecento miglia, nonfo uerámente in che modo il Rheo chiamato In» ro percheco dianofi pof/a chiamare Scenico dalli Sceniti populi di Parthia. Appo ciò per qual cau/a il Rheo Barbarofia ¡la» richiamato. • to cofì chiamato, ritrouo uerámente trai mcdernimediciuarie opinioni. Imperoche fon alcuni, che uogliono tfr fer chiamato Barbaro da quella prouincia d’Africa, che uolgamentefi chiama Barbaria,doue già fu Carthaginc cit tà/amc/lfrma. La cui opinione approua crfrguita il Euchfìo, per/criuer egli nel primo libro delle compofìtioni de i medicamenti, quello effrre ñato uero, e r legittimo Rheubarbaro, che portaronofreo i frldati, i quali furono alla pre/a di Tunis in Barbaria infierne con Carlo quinto lmperadore. Altri credono effer chiamato Barbaro, di» mando chef! porti da Barbari città deUTndia, pofìa in una i/ola tra le fauci delfiume Indo : er che nonfìa differen* za tra tlndiano, er il Barbaro. Altri fono anchora che uogliono chiamarfi Barbaro da Barbaria i/ola del mare Erithreo, per effrrefiata queft’ifola anticamente/cala, er ricetto delle naui, er deUe galee Indiane,che portava* 50 «o aroman, droghe, er altre merci ignite: donde poi paffuto lo ñretto della Mecha, fi trafrortauano perii mare Arabico »cr roffo in Egitto,er di quindi per altre infinite regioni. Ma in uero non accoñandomi à ueruna di que« fie opinioni,ho fempre ñimato, che il uero Rhabarbarofì cifrafempre portato diEthiopia dalla regione chiamata Trogloditica; e r che quitti nafra, er fi ritroui, per effer cofa certa,che dagli antichifu già chiamata quella regio* ne Barbarica. Imperoche ritritano, che Galeno nel v 1 .libro de i fempiici medicamenti, cr a i vi. capo del n i 1. libro del modo di conferuarc lafanità,fcriue,che ilgengeuo fi ci porta di Barbaria: ilquale Diofcoride nel fecondo libro, e r Plinio nel duodecimo al v i i . capo differo portarfìci da i Trogloditi, e r nafeer egli parimente nella loro re gione. Ritruouo oltre à ciò, che laghianda unguentaria, la qual ferine Galeno portarfì di Barbaria ,f i portaua (per quarto neferiue Diofcoridenelfeguente libro,cr P lin io n elxn .a l x x 1.capo)d’Ethiopiada iTrogloditi, ap preffo cuitiafceua. Dal che è veramente chiaro, che la regione Trogloditica, e r la Barbarica fieno appreffo à ¿i gli antichi un paefe medefìmo. Corrobora anchora queño una ètra authorità di Plinio, ilquale al x i x.capo del predetto libro, oue rende la ragione perche cau/a fuffr fino al fuo tempo il cinnamomo cojl raro, ferine ciò efr

er

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Nel terzo lib. di Dioicòride. i . ¿((idiiio, per tfferfiate abbruciate le felue,oue nafceua, da ¿Bàrbari ¿diretti con i pofifeffori di quelle, mperoche ( comefu egli fide nei luogo mede/ìmo ) nafeendo il cinnamomo in quella parte d’Ethiopia, ebe confi* \on i Trogloditi, non è da ci edere, che le genti, le quali chiama egli Barbare, fieno altre, che gli idefii >Tro* oloditi. Et però chiamò ancora Barbara la mirrha Trogloditica al x vi.capo del mtdefìmo libro. Ne aerameli* fc fenz* ragione chiamarono Galeno, er Plinio i Trogloditi cofì particolarmente Barbari :fcriuendo Pomponio lAcla'dpproudtifUmo authore nel primo libro del ¡ito del mondo, che ilparLre di cofloro non è altro, che uno ftri dere le loro habitationi non altro, che fpilonche ; c r il lor cibo non altro, cheferpenti. Le quali tutte cofe difor te irti confermano nella mia opinione, che non poffo credere altrimenti ,fe non che quello fìa il uero c r legittimo Rheobarbaro, che fi portaua, c r fi porta da i Trogloditi. La quale opinione pare, che confimi Strabane: faccdo 1o egli chiarafide nelx v.libro dellafuageographia, che tutte le forti de gli ar ornati, che nafeono nell'India, che rimi ra al mezo giorno, nafeono parimente in Arabia, c r in E thiopia, per effere quelle regionifaldate dalfole d'un me ¿efhno calore. Onde non mi piace punto (per dirne il parer mio) l’opinione del Fuchfto, e r per le ragioni , c r au­ torità affegnatt, c r perche non ho mai letto ( ch’io mi ricordi) in ueruno authore, chefi porti di Barbaria d'Afri cxfpetic alcuna di Rheobarbaro, che nafea in quel paefe. Ne parimente poffo in modo ueruno accodarmi alle opi* moni degli altri. Imperoche ne queUo,che dicono portarfì da Barbari città dell’India, ne quello chegià ueniua per il mare Arabico da Barbaria ifola del mare Eritbreo ,fipuo legittimamente chiamar Barbaro: effondo cofa chi* ra,cheamenduefono Indiani, <y che nonfiritrouaauthorc alcuno, chefcriua che il Rheobarbaro habbia mai hauti to origine dalla città di Barbari. Et però fempre crederò io, che quellofìa illegittimo, c r uero Rheubarbaro, il qualefi ci porta d’Ethiopia dalla regione Trogloditica. Quello neramente ci potrebbeno ageuolmente portare ap io pinato dall'Indiano i mercanti, che fpeffo uanno in Ale (fandria ¿Egitto con le galee V indiane: perfaper io per co* facerta, che oltre alle mercantie, er aromiti, che ui¡¡portano d’ ìndia, ue ne uengono infiniti er di Ethiopia, c r della Arabia felice portatiui dalle carouane Arabiche. Ma non effendo del Rheubarbaro folutiuo fiata fatta mainane alcuna da Diofcoride, ne da qual fi uoglia altro degli antichi, ne narrerò qui l'bifloria ftta, togliendone la maggior parte da Mefue : percioche folamente egli tra i medici d’amenduc lefattioni né fiato il piu uero fcrìtto re. Ma è prima dafaperc, che erronea, c r falfa è ueramente l’opinione del uulgo.cr di ciafcuno altro, che fi ere* Erronei opida.chefiail Rheubarbaro fòrtifiima medicina, c r che folamentefi dia da i medici ne i cafi differatì. imperoche ( co nionc‘ me nel proceffofiàirà) fi può il Rheubarbaro dare à i fanciuUiin ogni c tà ,c r inogni tempo, cr fìmilmente an* chora alle donne grauide. Ma è nata qutfia uana opinione nella mente de gli huomini : percioche ne i tempi pajfati erail Rheubarbaro in molto prezzo »Cr ucndcuafì à pefo t altrettanto oro. Il perche non lo dauano i medici per i* 50 fchifarkffefa,fe non ne i cafi grandi, c r pericolofi. Il che ha pofeiafatto credere alla gente, che l’ultima medici» nadelle malattiefìa il Rheubarbaro. Ma per cauar talfalfa opinione della mente degli Immini,afcoltifi quello,che piu diligentemente di tutte gli altri ne ferine Mefue nel fuo trattato de i femplici folutiui, cofì dicendo. E il R[,,ublrl};ir(> khevbar baro medicina benedetta,eccellente, c r folcirne : nella quale f i contengono molte doti, c r belle qua* fcri„ 0 liti, chefiricercano in un medicamento folutiuo. Enne di tre ffetie : imperoche uno ne nafee in India, c r chiama fue. fi Rauedfeni : un’altro in Barbarla, c r chiamali Raucdbarbaro : cr un'altro in Turchia, c r chiamafi Raucdturco. Il migliore, c r il piu lodato è ¡"Indico, c r dopo quefio il Barbaro, percioche il men buono è il Turchefco. L'ot timo é il frefeo, che nel roffo nereggia, graue, quantunque raro difufianza : cr che rompendofifi ritroua di colo* re rojjò, cr celerino ; cr che mafticato tinge di giallo, cómefa il zaffarano. V cndefì di quello, che uale per le me dicine poco, ò niente, quantunque altocchio habbia egli qualche com parala. Imperoche fono alcuni, che infin­ go dono il Rheubarbaro tiell’acquaiper cinque giorni contùnder cauandogli ¡anima, c r tutta la uirtù folutiua, dtf* ficcano pofeia ¡infuftone, c r diqueUa fanno trocifci per le medicine de i R c,cr d’altri grandi¡ignori, c r coflfat• to ficcare gliinttri p ezzi di quel Rheubarbaro, da cui hanno prima canato per quefta uìa ogni bontà, lo uendo* nò per buono. Ma fi conofee la fraude ponendoui mente : percioche il cofìguaito non tinge, ha perduto il colore, cheffezzandofifi ritroua nel buono,diuenta leggiero,cr fentefi al gufio molto piu dittico. E il Rheubarbaro col do, cr f ecco nel fecondo grddo, quantunque dicono alcuni che folamente nel primo. Ma concorrono ne tempe rrncntifuoi alcune parti acquee, c r terrefiri, le quali gli danno lafacuità coftrettiua, c r g li conferuano la fuflan Zi ; alcune aeree,che gli danno lararità;cr alcunefiottili di fòcofa natura, che gli danno ¡amaritudine ,con f aiuto però delle terrefiri anchora. Ma la tcrrcftreìtà fuo. e nel profondo,cr lacalidità nella fupcrficic.cr imperòfepara* la infitfione [ una dall’altra quefic fuflanze . V operaiionefua folutiua nelle oppilationi non è per altro neramente, j 0 che per il dominio del calorfu ó , fi quale ha nellafua fuperfìcie: c r la coftrettiua non è per altro,che per la fidanza fua terrestre, c r fiittica. Non c nel Rheubarbaro nocumentoalcuno apparente : c r imperò dafirgli in ogni lem* po, cr in ogni età, di modo che fipuo ageuolmente dare à i fanciulli , c r alle donne grauide. Magnifica il fiero del* le apre lefue operationi, cr fìmilmentefig li aumentano infondendolo in acqua di endiuia,cr f apio, ò nelle loro de cottioni. Coftumafidi mettere fempre con c(fo il nardo , per efferui molto conueniente : ne ciò bifogna dimetti* carfi. Me ttefifempre nelle infufionifue un poco di uino bianco aromatico, ermafune quando intendono i medici d’aprire le oppilationi. V infufione dell’eletto è per il uerofolamente coituentuole perfoluere, aftergere, c r difop* ' pilare : cr il darlo trito infullanza, quando fi ricerca, che dopo il foluer fuo lafci egli il corpo dittico. Il chef i confeguifee meglio dall’arrofiito,cr molto piu daWabbruciato. Puofii peflore infottìi ploucre quello, che è pu* ro, fallo , denfo, c r graue. c r per lo contrario perde la uirtù fua nel pefiarfi l'impuro, laffo, e r leggiero. Caua* «0 irgli ogni uirtù, cocendofi nell’acqua, oueramente ntl uino. Solue il Rheubarbaro per il corpo la choUra, c r h flemma ; cr la maggior fua proprietà é di mondificare il fégato, c r loftomaco, c r di conferire à i loro dolori pun gititi. Chiarifica il Rheubarbaro il fangue, confirifee 4 tutte ¡oppilationi delle uifetre, cr à tutte le malattie, che

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Difcoriì del Mathioli

fi caufano da quelle>conte fono bidropifie, trabocco di fiele, difetti di milza* er molteforti difebbri. Uaprobr ' tà per uigore dellafuftanzafta di conferire Àgli ¡fu ti del [angue, er à ifu oifu f i di qual fi uoglia membro del cor p o . Giouaà coloro, che cafcano dall’alto ne i precipitij, er [ani tutte le rotture intrinfechc, er cflrinfeche mafiimc dandocene una dramma con ninoftittico infteme con mumia,& rubbia di tintori. E ilRheubarbaro ma­ cina delftnghiozzo, er della difcnteria,&- propriamente l’arroftito bcuuto confucco dipiantaginc,cr uinofiiuu co . Confèrif:c allefebbri periodiche, à quelle delle oppilationi, er alle antiche. Conferitaf il buono tre,’ò quJ tro anni. al che molto gioua il coprirlo di cera, il tenerlo nel mele,nel pfillio, er nel miglio: percioche cofi fi co,~ Rheubarbara ferua piu in lungo, Ritrouafene à i tempi noflri una certa I) etie in Italia, già fatto uolgare à tutti i giardini il Italiano. qua[ neramente molto figli rafimiglia. c r per quello, che. ne dicono alcuni medici, che l’hanno ifferimentato cefi jrefco,folue ancor egli il corpo, cacciandone la cholera: ma non però cofiualorofamente, comefa il ftre&kro . io Nomi Chiamano i Greci il Rbapontico, P"*jZ°v : i Latini, Rhaponticum:gli Arabi,Raued, er Rauend.

Della Gentiana.

Cap.

III.

C r e d f . s i , che la Gentiana fiifleritrouata da Gen tio Re della Illirìa,dal quale fi prefe ella il nom e. Le fró di, le quali produceappreffoalla radice, fono limili à quelle del nocc,ouero à quelle della piantagine,di colo re rosfignoima quelle,che fono da mezo il fufto in fu,et masfimequelle dellafommità,fono alquito intagliate, ì» produce il fufto cócauo, lifeio, groflo un dito,alto due' gom biti,& compartito da piu n od i, nel quale fono le frondi con maggiori intervalli. E il Teme, il quale fi có tiene nei fuoi recettacoli, largo, leggiero, fcagliofo, fi mile à quello dello fphondilio. La radice è lungajfimile à quella dell'ariftolochia lunga,groflà, & amara. Nafce nelle fommità de gli altisfimi m oti, in luoghi ombrolì, & acquaftrini. Ha 1? radice fua uirtù di fcaldare, & di riftrignere.Beuuta con ruta,pepe,& uino al pefo di due dramme,gioua à i morii de ferpenti. Vale una dramma 30 del fuo fucco à i dolori laterali, à coloro checaggiono dall’alto, à i rotti,& à gli fpafimati. Bcefi con acqua utilmente per li difetti del fegato,& dello ftomaco. Mef fa la radice in forma di collirio nella natura delle donne grauide,le fa partQrire:&meffa nelle ferite, come fi fa co’l lidio,le cófolidaiSt è uera medicina delle ulcere ca uernofe. Il fuo/ucco masfimaméte uale per tal effetto: c utile linimento alle infiammagioni de gli occhi: met1 teli n e i collirij acuti in cambio d o p io L a radice fanale | uitiligini. Ricogliefene il fucco in quello m odo. Pe- 40 ftaftla radice, &lafciafi cinque giorni continui inmol Io nell'acqua* con la quale fi cuoce £ofcia tanto, che re ------ -------------- . (lino quali fole le radici: & come è fredda ogni cola, fi cola la deco m one, la quale pofcia fi ricuoce, infino che s’ingrosfi come m ele, & cofi fi férba in uafo diterra. Gentiina, Se E IA gf-n t i a n a pianta uolgare, e r nota à ciafcuno .Nafctne copia infinita per tutte le piu alternanti* fua eflam. ffie del Trentino, doue infu i monti della uaUe Ananiafpefie uolten’ho cattate iole radici della groffezza del bue* ciò d unimmo er della lunghezza di duegombìti. Quella effer fiata ritrouata da Gentio Re della lUiria, da cui tjcqutlto ella il nome, nonfolamente testifica D iofeoride; m amoltialtri degliantichifcrittori. Et imperò diccua 50 Plmio a v ri .cap. del x x v. libro : La Gentiana ritrouà Gentio Re della I Uiria: della quale quantunque fta la Mi* fletiCcccUnittltittia: tic nditrrftrrn ¿nhiei orjttrlf* ti? i * i. • ^ -n 1 ~ « ' n i 1 adergere, cr aijoppiiare .E t non e maramglia,ch'ella poffa fare tutto quefio, elfendo (Ha amartftma. E la Gentiana,fecondo che commemora Auicenna, calda nel terzo,??fecca nelfecondo ordine: prouoca l i meftrui, ere ella l’ultima medicina alle punture de gli feorpioni. L ’acqua fatta dalle radi* et al bagno, che chiamano di Marta ,fana mirabilmente, comepiu uolte ho ferm entato io, le fèbbri caufate dal* le oppilationi, ammazza i uermtm nel corpo de i fanciulli, e r purga tutte le macole dellafaccia, lauandofenefief* Cruciata, & f ° • N/ Cf w rea cio una uolgar pianta in luoghi inculti e r [odi, chiamata da alcuni moderni Cruciata, er * fua clfam. quelli della uaUe Anania Pettimborfa: la quale quantunque picchia fia ; nondimeno cr nelle f a t t e z z e nelle qua lita noti poco f i raffembra alla Gentiana. 1/ che m’hafatto credere, che fi poffa ella neramente chiamare Gentia* na minore. Nafce adunque questa ne¡odi con fufto tondo alto unaffanna, er ucrfo la cima rofignotfuper il qua '

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lediftanti


Nel terzo lib. di Diofcoride. CRVCi a t a .

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3 ) 9 le dittanti qui fi di puri¡fiat io fono alcuni nòdi, dalle cui conci uiti efeono a due per due le fiondi graffette, lunghe, ©~ qilJfi fintili a quelle della uolgar Saponaria,ty però non punto dtfiif* miti da quelle,che produce la Gentiana nel piu alto dclfujlo. I fiori, i quali fino celefli, nafeono in cima delfu f i o , y all'in* torno dellefiondi, che fono piu apprejfo alla cima, quafi tutti in unfiocco ritondo. Fa la radice bianca, lunga, aniarifiima, Cr pertugiata in piu luoghi a modo di croce: onde s'ha prefo el la appreffoalcuni il nome di Cruciata. Sonitene due altre fpt* tic, ma molto minori, che producono radici fo n ili , y picciol gambo. Lodatile tutte alcuni non poco perla pefte, per li Virtù ¿ella ueleni,y per li morfi, y punture degli animali uelenofi .lofio Ciuciata. ben certo,che impiafirata la loro radice infitti corpo, atnmaz3 Za i uermini : o fatta le fcrofòle ulcerate, meffitui f òpra in poi« uere. Dicono alcuni che ha tutte le uirtù della Gentiana. I l che pèf le ragioni predette ageuolmente fi può credere. Et però credo ueramete che coloro,che la chiamano Pettimborfa,uhab biano corrotto il nome: percioche Mettimborfa fi dourebbe eUd chiamare;auenga che per le molte uirtùfiuefia degna come cofa pretiofa d’ejfier tenuta,er [erbata tra l'oro nelle borfe. Chiamano i Greci la Gentiana reynw» ; i Latini, Gentiana: gli Arabi,Gentiana,Genthiana Bafilica,onero Bafateca: li Tc= Nomi, defchi,Entzian,Bitieruurtz,ouero Creutz uurtz'H Spa* gnuoli,Gentiana : li Francefi,Gentianne.

D ell’Ariftolochia.

Cap.

IIII.

L a a r i s t o l o c h i a , è coli nominata, imperoche mirabilmente aiuta a Ile donne di parto.Ritro uanfenetrefpetie. La ritonda,la qual fi chiama femina, ha le fròdi,che fi raflèmbrano alfhederadi buono odo-

i» a r ìs t o l o c h ia

r it o n d a

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A R IS T O L O C H IA L V N G A .

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DifcorfidelMatthioli

re,ma acuto,& fon tcnere,& ritonde. Produce quefta da una radice molti germini, & lunghi farmen t i . Fai fiori bianchi.fimili a cappelletti,nei quali quella parte, che ui fi ritroua roda, fpiradigraue odore. La lunga fi chiama mafehio, & da alcuni daéìilite. Quella ha le frondi piu lunghe,che la riton da : i rami fiottili,& lunghi una fipanna.e'l fiore rodo,che rifipira di graue odore, il quale maturandoli diuenta tondo come un pero. La radice della ritonda è tonda a modo d’una rapatola quella della lun­ ga è grolla un dito , & lunga una (panna, & qualche uolta piud’una& 1altra hanno color di bollo ,Sc lono al guilo amare, & di graue odore. Enne una terza fpetiepur di lungha chiamata clematite, che produce i ramofcelli fiottili, per tutto carichi di frondi ritondette, limili a quelle del min or fempreuiuo. Genera quefta i fiori limili alla ruta : le radici piu lunghe,& fiottili, ueftite di grolla, & odorata corteccia, molto conueneuole per ifipefisire gli unguenti. Vale la ritonda contraa tutto il refto de j® ueleni. Ma la lunga uale centra a i (erpenti,& contra a i uclcni beuuta,& impiaftrata con uino al pe­ lo d’una dramma/Tolta con mirrha,& pepe prouoca le fecondine,i meftrui, il parto, & tutte le fuperfluità della madrice : & il medefimo fa applicata di fiotto . T u u o quello fa anchora la ritóda. Gio ua oltre a ciò fingularmente bcuuta con acqua,a gli ftretti di petto, al finghiozzo, al freddo che uiene nel principio delle febbri, alla milza, a gli (palimi,ftc al dolore del coftato . O ltre a quello caua applicata a modo d’impiaftro le fipine, le fiaette,& le ILMeggie dell’oiTa, ferma l’ulcere corrodile: pur­ g a ^ mondifica le fordide: & riempie le concaue,meficolata però có mele,& con radice d’iride: moti ditìca le gengiue,& i denti. Credclì,che la clematite polla far tutto quello,ma con minore efficacia. Ariftolochie, L'a r i s t o l o c h i a , la qual volgarmente chiamano gli Ifietiali Arìftologia, è di trefrette, do è lotte l0 & loro eflam. da, lunga,er la terza chiamata clematite conofciuta da pochi. La tonda, quantunque non nafea per tutto in Ita­ lia ; nafte però copiofìfiima,betta,& di buono odore nel contado di Goritia, benché non[la tanto eccellente, quatte to c quella che fi ci porta di Puglia dal monte di Santo Angelo. L ’una e r l’altra produce ifiori, e r i frutti. maè però differenza tra loro : perctoche ifrutti della lunga fono lunghetti, fimili alle pere, maggiori delle noci-.cr uo°& del Le drifo tonda ritonda, er minori. Onde non pofjofe non molto marauìgliarmi, che fcriuefie Plinio all’otta* "ruteno . uo caP° ^ xxv ' W fa »c^c PUM & l'atra nonfaceuano maggiorfrutto de cappati. cofa che mifa credere , che Plinio non uedeffe i [rutti loro fe non nel tempo che crefceuano, er non quando erano finiti di crefcere alla loro de bita grandezza, zrcoft fi può ageuolmente egli di ciò feufare. Ma ben eglifeufare (fecondo ilmiogiuditio)non fi può dcU’hauere detto piu oltre, chefu dato il nome alle Ariflolochie dalle donne grauide : immo che oltre all'era rote, dimoframamfèjiamente d'efjerfipoco effercitato er nelle lettere, er netta lingua Greca, imperoche cotal nomefu pojlo loro dalle donne di parto ( come ben dice Diofcoride, ) er non dalle grauide. Bel che dà manififo inditio, anzi uero tefiimonio il nome loro,fapendo[ì che quefto nome Greco dpisoT^ofta. altro nonfìgnifica, che buona alle donne di parto,er non (come dice Plinio)attegrauide : come parimente l’affermano le uirtà loro, effen* do elle medicamento ualorofo per prouocareìc fecondine dopo al parto, c r i meftrui anchora. Il chenette donne graffe nonfi ricerca in modo alcuno, immo che farebbe loro piu prefto peftima cofa, e r mortale, che conueneuole : attenga che tutte quelle cofe, che prouocano i meftrui,cr parimente te fecondine, protiochino anchora il parto, er non folamentefanno ufeire le creature del corpo auanti al tempo, ma il piu dette uolte Vammazzano, c r mafiinu* mente quando cotali medicamentifono amari, come neramente fono amendue le Ariftolochie. Ne manco pofrofare di non marauìgliarmi del Leoniceno hitomo de noftri tempi di buon intelletto, ritrovando io,che volendo con trop­ po ftudió correggere gli errori de gli altri, cafcóanchor egli nel medefimo errore, che Plinio, là dotte lo taffa del* VAriftolochìa, cr del Ciclamino: imperoche quiui dijft, che l’ariftolochia sbatteva prefo il nome dalle donne gra• uide. Et accioche non parcjjc, che ciò diccffe egli d’authorità di Plinio, difte contra la uerità, che Diofcoride. lo Opinion; di diceua,non ricordandoli bene, che ciò non diffe egli mai. Sono oltre a ciò alcuni moderni, come Valerio Cor­ nicimi ripro- do : Adamo Lonicero,cr i Frati comcntatori di Mefue,che uogliono, che la nera Ariftolochìa clematite [la quella, uata. che è in continuile ufo per la lunga nettefretiarie : per uederfl manififtamente, che produce quefta lefitte radici moU to lunghe,crfiottili a modo difarmenti .E t per meglio corroborare la loro opinione, dicono che in quefto luogo il teftodi Diofcoride è guafto c r feorretto: imperoche dove fi leggenei piu ufìtati tefti xKtni* tyovef&M •&&» éomotrt, cioè hai ramofcellifiottili, conritondette frondi, fimili al femprc* u uo minore; non uogliono, che fi legga'¿nifdov,m<td<rapov ¡aiapi, cìoéfìmili att’afaro minore,cr non fimi= , li a fempreuiuo minore. La quale opinione nonfolamente non ho mai potuto f:guire, ma ne ancho credo, eh’ellafi t q pofta accettare da i peritiftmplictfti, per piu uarie ragioni, c r authorità. Imperoche Oribaflo, il quale di parola in parolaafferma haucr traferitto da Diofcoride,non ha altrimenti di quello, che fi legge communemente ne Dio* Icori i,che uanno attorno : ne altrimentiJiritruoua in Scrapionc imitatore grandifiimo di Diofcoride, come pa* rime«, e non ha altrimenti Auicetma. Appo ciò non efftndo appreffo Diofcoride altro afaro, che unofo lo ,c r non battendo egli fatto in luogo alcuno veruna mentione dell’afaro minore, che fi fappia, non è cofa veramente ragione* uok, ne confentanea, che egli haueffe raffembrato l’Ariftolochia clematite att’afaro minore, di cui non è memoria alcuna appreffo a gli antichi. P iu oltre non producendo /’Ariftolochia, che uolgarmentefi chiama lunga, fiori, che il¡parte alcuna [i raffembrinoa quelli detta ruta, non può inmodó ueruno efferela clematite. A l che s’aggiunge, t he ie noi conftderiamo bene iltefto, er lafcrittura di Diofcoride, pare, che la lunga communc non pojfa effere dire, che la lunga di Diofcoride, oueramente fretie dì quella : per uederfi chiaramente, ch’ella produce le frondi ¿0 [mihalla ritonda, quantunque piu lunghe, er piufratioft di larghezza : i rami lunghi una¡panna : il fiore che [fi­ fa difafttdiofo} e r graue oaore, da cui nafte ilfrutto ritondo, copie un pero. Neforitrouare io , chefcriua Dìo*

fronde,


Nel terzo lib .Hi Diofcoride.

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froride, che la clematite producafrutto ueruno, ne k fòglie cefi lunghe, & cof ì larghe, comf1 ueggono nella lunga del commne ufo, ma ben ritondettc , & fintili a queüe del fempreuiuo minore. Ma fe fuffe alcuno,che con« tradicendone dicejfc, che la lungafuddetta nonfìa quella ,dt cui ferine Diofcoride,pemon produrre ella il fiore porporeo, ma piu prefio gialliccio, er per non bauer la radicelunga un palmole groffa un dito,ma molto piu IH ga, cr molto piu fiottile fifegli può ageuohmnte rifondere, auenire ciò per la uarietà dei luoghi, er delle regio* ni, ZX ^ e la naturatile piante prende non poco piacere nei fiori diuariare loro i colori,come ueggiamo in altre diuerfe piante, che offendo una cofa iñcffit, fanno qual il fior bianco ,zxqual uermiglio, qual celcüc, qual giallo, ZXqual porporea : ZX che già uidi io una radice d’Ariftolochia lunga portata di Calabria, lunga (comefcriue meandro nelle theriache) ungombito, c r groffa quanto il dito groffo della mano :lc cui figlie non fcppipe* t o ròio mai dife entere dalla noñra lunga ccmmunc. Piu oltre la radice della Cianatite, per quanto fcriuono Diofcoride, e r Plinio, è ricoperta dagroffa corteccia. ilche nonfi uedeperò nella lunga, che è in ufocommune mente, producendo ella manifrftamentc le radici ricoperte difiottile corteccia, il cui odore è piu preño faftidiofo, grane, che aggradeuole, er odorato, come debbe effere nella radice della Clematite. Il perche non ho mai pò* tuto inchinarmi à crederebbe la Holgar Arifiolochia lunga, di cui è qui lafigura, fia la legittima clematite. Ma pmpretto fon trafeorfo afufricare, che fia ellafirfcla Pifiolochia, chiamata cofì da Plinio,per effere anchoreffa ,>•* ,

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lodataper le donne di parto, imperoche oltre al connumerarla egli trai'Ariftolochic nel quarto luogo,dice effere quefia piufiottile della clematite, con radici filmili à i giunchi piugrofii, per tutto piene di radicene capillari. Et bammene acerefeiuta la fufpitione, perhauer io ueduto di quella, che produce la radice lunga un palmo, c r grafia un dito: ma in tutte le altre parti tantofimile alla lunga commune, che non uifi potcua notare altra differenza 10 ueruna. Sono oltre a ciò alcuni moderni nellafaculta defemplici dottifiimhzx effircitatifim i , che fi perfilado * Opinione no, er non fenza qualche ragione, che VAriftolochie lunghe, oltre alla clematite, fieno di duefretie : una ciò è , nó accettata. che produce la radice groffa (come dice Diofcoride) un dito, c r lunga unafrannatzx l'altra lunga c r fiottile, chiamata da A ndromacbo ( come dicono ) e r da Galeno nel primo libro de gli antidoti, A ’pico^U>.wS» , do è Ari ñolochiafiottile. Et quefio dicono effere neramente la ¡unga del commune ufo, di cui c pofia qui la figura. D i modo che uogliono, che quefiafia queda, che fi debbe mettere nella theriaca ,fòndandofl ¡'opra la deferittione del gmtne Andromacho, c r parimente di Damocrate: i quali uogliono,cr ordinano,che quella radice d’Ariftolochia fi metta nella theriaca, che fi chiamafiottile A lch e par chedimoftri, che ue ne debba effere una altra frette pur di lunga, oltre allaclematitc , di piufiottile radice .E t quefio pare, che confimi Galeno nel luogo fuidetto, dichia­ rando quello puffo con quefie parole. Sealtrocireftaanchora,chcnon fiaftato dilucidato dal padre Androma* jo (bone itierfi elegiaci, douefcriue la theriaca, può hora ciò effer chiaro a ¿'lettori, che leggono quella, che de* fcr/Jj e ilfigliuolo in profa. lluecchio Andromaco mette nella fua theriaca fenza alcuna dittintione la centaurea, & il gioutnefcrmenda in profa diffe centaureafo n ile, per ritrouarfi anchora centaurea chiamatagroffa. lime dchmofice egli nella Arifiolochia, per ritrouarfi oltre alla Arifiolochiafiottile una altra arifiolochia di grofra ra dice, cruna altra terza che le fa tonde. Quello tutto diffe Galeno ,fopra le cui parolefi fèndano coftoro. Ma io tengo perfirm o, che per i' Arifiolochia fiottile altro non intendano' Andromacho, er Galeno , che la clematite. Imperoche non ritrouanfi appreffo Diofcoride, er Galenofe non trefretie d’Ariftolochia, cioè tonda, lunga, er clematite, non mi pare ueramente chefipoffa concludere altrimenti ,fe non Andromacho, & Galeno intendef i fero della clematite prima,per effer ctla(comefcriue Diofcoride ) unafrette di lunga, che produca fiottili, enfiar* mcntofe radici;®- pofeia per ritrattar io,che Plinio fcriue alTv 1 1 1 .cap.del x xv.lib.che la clematite fupera di uir 4° t'tt’uttelc altre , z x che quantunque tutte fririno d’odore medicato ; nondimeno fi fcntc egli netta clematite molto piufoaue,cr aggradeuole«.Ilche confirma Gal.nel vi.lib.deÜe faculta defemplici,doue fcriue le uirtu di tutte l'A rifiolochie .¡Et però non è da crederebbe per Arifiolochia lepta,cio è fiottile,intendino Andromachobt Galeno una quarta frette ¿'Arifiolochia. percioche xtm ù in qucfto luogo nonfa per fefrette ueruna, c r nonfríamente fignifi cafrtt Henna minore : er tale delle due lunghe è la clematite. Onde dico,che fe l’Arifiolochia Ae™i facefie, òfufie anafrede per fr,farebbe parimente necesario dire,che fu fie anchora una terza frette di centaurea oltre aUa maggio rfiCr alla minore chiamatafretialmente Mimi,come la chiama Andromacho. Ma quello per due ragionifi ritroua (p(r falfo:prima per non ritrouarfi apprefio Diofcoride, e r Galenofr non dueforti di centaurea, ciò è maggio* yf)Cr minore:er poi per uederfì, che deferiuendo Plinio al v 1 .capo del x x v. libro la centaurea leptajice di lei di pifóla in parola tutto queüo,cbe fcriue Diofcoride della minore. Onde concludo, che non efiendo apprefio Diofco t° » Cr Galeno piu che tre Ariftolochie, e r la clematite delle due lunghe la piu fiottile, la piu ualorofa, er la piu f i mentente odorata,non pofiano eglino hauere intefo dìaltra per mettere in la theriaca,che della clematite. Cofa che veramente conclude, che la lunga quifigurata da noi,non fia altrimenti quetlabhe deue entrare nella theriaca : ma Pm prefio ¿¡a Piftolochiafcritta daPlinio , comepoco qui difopras’è detto, ¿altra frette d'Arifiolochia in* 0 . . ignita 4 gli antichi. Ma altra pianta è quella, che nefuoi uolumi dipinge il Fuchfìo per la Piftolochia, come ,je| pucMo c¡>'punto nonfi rafiomigli alla Piftolochia,di cui fcriue Plinio. Quefia che deferiue il Fuchftob una pianta di fio rifiutata» >Cr difufìi tenerifiima : la quale nafre nel principio della primauera infierne con la chelidonia, er dura tutto il tf'fe di Maggio, ¿ al piu per tutto Giugno. Produce quefia le fiondi tenerette ,zx bianchiccie, filmili al cortan* romero al ranùncolo della prima frette : la radice quafì ritonda, ma piatta uerfo terra,zx acuta uerfo ilgam 00per tutto di dentro coitcaua,ricoperta di nera fcorza,di dentro gialla,d’odorefimile all’ arittolochie,zx algutto fio (para. Et però l'ufano i Tedefichi in ucce dìarifiolochia ritonda, per non nafeer la uera ne paefi loro. Ma no però ‘ eue ardere >che quella (la la Piftolochiafcritta da Plinio. Imperoche la fra non produce radice tonda, ne con»

er

CM4»m piùfiottile deU’ariflelochid clematite. Onde parmi (per quantoil mio giuditio porta ) che piu ragioneH

ttolmcntc

,t .


3 <32

Ariftolochie icricce di Ga leno.j

Ariftolochie Icritce da Me fue.

Nomi.

Diicorii del Matthioli

uolmente fi pojjk dire,che fia quella pianta apprefo à Plinio quella altra fpetic di fumaria ch’ei defritte a lx it capo del x x v . libro >con quelle parole. E un’altraJpetie difumariafruticofa,cr tenera, confiondi di coriandro* di colore cenericcio, cr fiori porporei. N a fe ne gli hord, crnelle biade. Di' quella credo che parimentefcriuef fe Aetioal xi.capo del x ii.lib r o nella cura delfegato oppilato, douefa mendone d'unafumaria chelidonia, p(y> nafeer eUa(come s’è detto)infieme con la chelidonia nella primauera nel uenire delle rondini,come piu dijfufamen« te diremo poi nel quarto libro, douefi tratterà dellafumaria. E opinione del Fuchfio, che la radice di quefla pian ta/i poffa ufare in ucce dell' Ariftolochia ritonda, come chiaramente fi legge nelfuo libro delle compojìtioni de i medicamenti ultimamente aumentato da lui: ma comefi poffa con ragione feguirclafua opinione, non ueggio offerirfi ueruna ragione. Però ( per miogiudido ) molto megliofia ftarfene con Galeno ,il quale mancando la Ari fiologia ritonda ,ufaìn fio luogo la lunga. Scriffe di tutte tre leforti dell’Ariftolochia Galeno di v i . dellefa* j culti deJempiici, cofi dicendo .La radice deU' Ariftolochia è neramente molto utile nei medicamenti :é amara, CT alquanto acuta. Ma di tutte le f e d e la ritonda èfotdlifiima, cr in tutto piu efficace. E t delle due altre (fede quella, che fi chiama C¡ematite, èpiu rifragrante cC odore : come ch’ellafia manco buona per le medicine. crim* però molto l’ufano iprofumieri per gli unguenti odorifii i . Lalungaè manco utile, che la ritonda; quantunque nonfia anclior ellafe non efficace, per efere afterftua, cr calcfatdua : ma però meno afierftua, cr digcfliua della ri tonda, come che nonfcaldi manco di quella, immo che forfè anchora p iu . Et imperò doue fia di bifogno dìafierger poco, comefarebbe neU’ulcere della carne, cr nelle fimentadoni deUa madrice, è piu conueniente la lunga. Ma doue piu validamentefia dibifogno d'affotdgliareigrofii humori, è ualcndfiima la ritonda. Il perche affai piu gioita quella ne i dolori, che fi generano da cruda ucntofttà, caufate da oppiladoni,cr grofii humori. Tira que­ lla fuori delle membra i bronconi, crle frette,fina le putredini, mondifica] l’ulcere fordide ,fa bianchi i denti, cr io legengiue. E conueneuole àgli afmadei, al mal caduco,al finghiozzo, cr alle gotte , mafiime quando ella fi be« ue con acqua : cruale parimente à i rotti % crà gli fafìmati quanto ogni altro medicamento. Commemorò Me fue i Ariftolochie tra i femplici foludui(quantunqucfc lo tacefero D iofeoride, cr Galeno ) cofi dicendo.V Ari* Holochiafolue per di fiotto l’humiditàflemmatiche: c r fecondo che difiero dlcuni ,folue anchora le coleriche.crol tre à ciò è ella neramente una di quelle cofe,che mondificano efficacifiimamente il polmone, e’I petto dalla flemma, CT dalle putredini,come nefa manififlo fegno il giouamcnto,che ellafa à gli afmatici. chiamano i Greci l'Ari» ftolochia, A'f ¡cotoni*,. i Latini,Ariftolochia : gli Arabi,Zaraund,Mafmocr4)Omo Zaraucd-.i Tedefichi , Oftcrlu* ceydi Spagnoli,Agronomia : li Francefì,FoterUe,oucr de la San fin e .

Della Glicirrhiza.

Glicirrhiza , & Tua edàm.

Cap.

V.

L a g l i c i r r h i z a nafceabondantementeinCap padocia,& P o n to . £ breuc>& farmentofo arbofcel lo : produce i rami alti due g o m b iti. Le fue frondi fo­ no limili à quelle del lentifco,denfc,grafie, & al toccar legom m ofe. Produce il fior hiacinthino: & il frutto fi mile in grandezza à quello del p]atano,ma piu afpro,in alcuni baccelli limili à quelli delle lenticchie,ma rofsi, & piccioli.Sono le fue radici lunghe,come quelle della gentiana,di colore di boflo,acerbe, & dolci . ilfucco delle quali li condenfaà modo di licio. E efficace que 1 ito nelle afprezze della cana del polm one, ma bifogna tenerlo à disfarli fotto alla lingua: è buono alle infiammagioni dello ftomaco,a! petto,& al fega to . Sana beuuto có uino paflo la rogna della uefcica.et i dolori del le reni, disfatto in liquore,caua la feterfana applicato le ferite,mangiato gioua allo ftom aco. Vale à tutte que­ lle cofe la decottione della radice frefeafia cui poluere utilmente li mette iòpra à i pterigi de gli occhi. Ch i a m a s i la Glicirrhiza in Tofana uolgarmente Re«

fa

golitia,maquafl da tutti g lifetia li,cr dai medici, che piu fi dilettano de i uocaboli barbariche de i Greci,Li* quiritia. E pianta ueramente da pochi non conofciuta. Enne abondantifiima la Puglia,cr fetialméte in tutta quella prouin l eia il monte Gargano : dondef i porta ogni anno à noi il ficca I conienfato in panìcr parimente granfafei dellefie radici.Ye defi anchora in piu luoghi d’Italia trapiantata negli hortier ne igiardini,non folam ente per ornamento di quelli;ma ancho va per lìufo della medicina. Imperoche le radicifie fiche, CT fà Errore di canate di nuouofono molto piu ualorofe dellefecche, c r molto piu aggradcuoli algujlo mcjfo nelle medicine.

corrotti,cr

Filili».

Ma non èfe non molto da marauigliarfì,che Plinio commemorafe la Regolitia tra le piante frinofe al principio del ix.ca.


z6 j

Nel terzo lib. di Diofcoride.

iü .c á p M x x - i ì .lucofì dicendo. Efinga dubbio la R egoliti di quelle punte , che fonofrinofe ; pernoche ella produce k fiottii ricciute, graffe,?? gommofe. Et al x v .cap.del x x i .hb.conmmcrando quaf tutte ¡'beroc lina medicata egli. le piante frtnojefono di molte frette. Intuttófrtnofo è ìafrarago>Cr lo/carpione. Alcunefono frinofe nellepondi,come c ü cardo/inngo,la regolitia,?? l'ortica. imperocbe in tutte le fondi di quefte è una fri nójd mordacità. II perche fi può comprenderebbe Plinio non uidematk Regola ia,la quale produce le fon d i co* me dijje Oiofcaride, non in modo alcunofrinofe,ma fintili a quelle del lenttfco,denjfigraffe, ?? gommofe. Del cui er rote può ageuolmente effere fata cagione l’bauere lanuto Plinio il teño Greco di Diofcoride [corretto,douetaího ra erafritto *«/»>* , che uuol dircfimili al ncciot cio é frinofe in luogo di y jm , che uuol direftmili al lenti fo,(fendo da i poco diligentifr itto ti ñato mutato il <rin e . onero che non (¡fendo egli per auentura troppo dotto IO né* lingua Greca, ingannato dallafimilitudine delle parole ( come in altri luoghi anchora habb iamo dimoftrxto ) errò umertentemente anchora in quefto. Imperocbe cotale opinione ha tanto del uerace, che fi può ageuolmente dire che non pocos allontanino dalla uerità coloro, che perdijinder Plinio dtfferofiaccamente,che già era la Re* golitiafrinafa, ma per effere ella pofiìa fiata diligentemente colmata, bauerfi perdute le frinr.perciochefi ella non erafrinofa al tempo di Diofcoride,come per la deferittione appare, manco dotieua efferfrinofa al tempo di Plinio, nato piu,et piu anni dopo effo Diofcoride. Ma che diremo noi di quella,che ñafie per f i ñcffa finga alcuna coltura, non ritrattandoli in alcuna parte fr inofac neramente non altro f i no eh'dia faccia nero tcñimonio dc/errore di Pii * ttio,er dellafcioccbczza de fuoi difinfori. Chiama Thcophrafio la Regolata, d x i n .cap.del i x .libro dell’lnño ria delle piante, Scithica, per effer cofa certa che li Scithi «mono alle uolte, ?? paffano dieci ouer dodici giorni di tempofilamente mafticando,??picchiando la Regolitia,finga pigliare altro cibo. Imperocbe ( come egli ferine ) »o ñafie copioflfiima attorno alla palude m otide. Galeno commemorò la Regolitia al v i .delle faculta dcfimplici, Regoliti« cofldefiriuendola .llfucco delle radici della Regolitia è primamente utile,?? futilmente dolce come fono lefuc ra* feriti* da G» dici,?? leggiermente cofirtttiuo . Onde può lenire l’afrrezza,non filamente.della canna del polmone, ma anchora lcno. della ucfcica : c r queftofa egli per la mediocrità della fra tcmpcratura.Et imperò èfamigliare al temperamento no ' &ro : percioche cofifatte è slato dimoñrato effer le cofi dolci. Ma ejfendo à queño aggiunto una certafaculta co « ñrettiua,tutto il temperamento fuo quanto eglifljìaper calidità,??facuità cofirettiua/ ueramente calido clun te pido calore,accofiàniof molto al temperamento.Oltre à ciò perche fimpre ha alquato de/humido quella cofa,che ¿ mediocremente dolce? ella ragioneuolmente medicina conueneuole alla fe te . Chiamano i Greci la Regolitia, r* * # •' i U tin i, Glycyrrhigd,er Dulcís radagli Arabi,Susti Tedefihi,U ckritz >owero Sutfgholtg : li Nomi. ~pagnuoli,RegaUga:li f rancefi,Recliffe,ouero RcygaUffc.

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Della Centaurea maggiore.

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Cap.

V I.

L a c e ntav r ea maggiore produce le frondihmili al noce,lunghe,di colore di quelle del cauolo >in­ torno per tutto dentate à modo di fega. Raflembrafi il fuo fufto à quello della rombice , è alto due ouero tre gom biti,& ha aliai rami,i quali produce fu dalla radice: nelle cui fommità fono alcuni capi,come di papaueri, che nel tondo s’allungano.11 fiore è di color ceruleo.& il fcrne limile aquello del cardiamo, inuolto in certi ¡.... lanuginofi fiocchetti. Produce la radice grolla, graue, falda,di lunghezza di tre piedi,piena di fucco,roìsigna, & alquanto coftret|:iua,con alcuna dolcezza, & acutez­ za infieme.Amaluoghigrafsi,& aprichi,lefehie,& le Nomi. colline. Trouanfene copia grande in Licia,nel Pelopó nefo,in Helide.in Arcàdia,in Meifenia,& in molti altri luoghi circa à Pholoe,Licia, & Smirna.Conuienfi la ra dice à i rotti,allo fpafimo, à i dolori del coftato , à gli firetti di petto,alla fofle uecchia, & allo fputo del fangu e, data al pefodi due dramme con acqua, douefià la febbre : & doue non è febbre,con uino. gioua à i do lori di corpo,& della madrice prefa nel medefimomó do.R afchiata,& meifa in forma di collirio nelle parti fecrete delle dóne prouoca i mefìri,e’l parto.il fuo fuo­ co fa quello medefimo.Gioua la radice alle ferite : im¿ peroche frefea,ouero fecca alquanto inanzi bagnata,& poi pefta,le confolida.Cocendofi la radice pefta con la carnein piu pezzi tagliatala congiungc infieme In Lif eia fencfpreme il fuccojil qual s’ufa in cambio di lid o .

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264

Diicorfì del Matthioli

L a c e n t a v r e a maggiore, per quanto ilmio giudicioporta, altro neramente none ( come trattando maggiore"'” del rhapontico difii anchora poco di[opra )xhe quella molto notabile radice, la quale tenneroi noñnpiunuoui fua eÌTarn. * antece¡¡ori,per il nero rhapontico : come fanno parimente à i nostri tempi alcuni, i quali piu preño s ogliono erra» re con gli ignoranti de tempi pafiati,cke accoftarfi al giuditio de peritifemplicifti modernità cui potrebbero[enfia»

Errore del lamente cognofcere i neri cr legittimi [empiici medicamenti. Ma quantunque con alcunefue ragioni contenda Brafauola. // Brafauota medico de nojìri tempi dottifim o , che non f a radice di Ccntaureamaggiore quella, che il piu delle uolce s'ufa nellefietiarie per uero rhapon ‘ico ; parmi però che s inganni egli manifrftamente, auenga che in cotal uolgare rhapontico fi ritrouino ueramente tutte le note, c h e f richieggono nella Centaurea maggiore: efendo egli (come f uede ) una radice gròf a , grane, denfa, lunga tre piedi,crtutta piena di fanguineofuccoM quale nonfiolamente f [ente nel guñarlo alquanto acuto ; ma dolceanchoraconalquantodicoftrettiuo.il che confermano le io fòglie, 1fiijii,1 capi,ifiori, cr il feme, per effere del tutto quelli, cheferiffero alla Centaurea maggiore Diofcoridc, Cr Galeno. Nafce ¡a Centaurea maggiore, che fi porta 4 noi, intuglia in fu i monte Gargano chiamato uolgar* mente di [unto Angelo : cr per quanto piu uolte à bocca m’hanno riferito coloro, che di là ce la portano, non rit trono io, ch’ellafa pianta punto difimile dalla maggior Centaurea,che deferiue Dicfccride . NafceneancboraMn che non molto coptamente, in monte B aldo fiopra al lago di Garda : ma non cefi nifi matura, come fa in Puglia. Sono oltraquefto alcuni dei tempi noftri del tutto ignoranti della materia de [empiici, che dimcftranc per la Errore di al cuni. Centaurea maggiore una certa pianta, che nafee in luoghi humidi, confufto quadrangolare, lungo due gombiti, fòghe filmili à quelle delfalcio, c r fiori rofii,cr fiicatija quale prendono alcuni per la lifimachia : non hauendene però altro inditio,fe non per uederfl produrre quefilapianta ifufii quadrangolari, c r il fiore rofifo comefa la Ccn* Error de taurea minore. Ma quanto miferamtnte s’ingannino cofloro, giudichilo coloro, che molto piu ne fanno. Pece lo Arabi. deh’ una cr dell'altra Centaurea mentione Mefue in unfolo capitolo: ma cofì confusamente mefcolando le[acuità dell’una con quelle dell'altra, che non è da marauigliarfi, fi f a egli di ciò flato riprefo da alcuni ualentifimi fiema plicifti dei tempi noñri . Nei quale errore ritruouo anchora Auicenna,cr parimente Serapione. il qualeficriffe d'authorità di Aben Mefue, che la radice della Centaurea maggiore folueua infìmcmcntc mangiata la cholera, cr laflemma, c r che ella giouaua atteficiatiche. Le quali uirtù nonfono però della maggiore, ma della minore, come Errore di Pii $ ^,r<* nc^ftg uentt rapitolo. Scriffcne Plinio al v i . cap.del xxv .lib ro , doue in unità fi farebbe afai benecon* nlo. cordato con Dioficoridefe non hauefe egli detto, chef i f e infiememente la Centaurea dolce,cr amara: imperocht l'amaritudine non fi ritrouafe non nella minore. Scrife delia Centaurea maggiore Galeno al v i i ..delle[acuità Centaurea de [empiici, cofì dicendo. La radice detta Centaurea maggiore, come dimoftra al guño efier empefta di quatta ,'critta td contrarie ; cofì medefìmamente nell’ufarlafa ella contrarij effetti. Sentefi manififlamente effere ella al gufto a* Jfl f>d a tn0, cuta, coñrettiaa, crleggiermente, dolce. Ma nell’operare l’acutezza fua ueramente dimoftra lei efier calida. del che dà indicio il prouocare'de imeflrui,il far partorire le creature morte, e’¡corromper dette uiue,che ellafa. Oltre à quefto manifèftano la [acuità fua coñrettiua,.fiigida, cr terrea,il faldate che fa ella detteferite,cr dette ulcere , c r il riftagnare de i nomiti, c r degli fiu ti delfatigue. Danfcncin cotali cafì due dramme, oue fía fibbre, con acqua:cr oue non fa , con uino.Conuienfi oltre à ciò fecondo ¡"operare di tutte le fue qualità infierne à i rotti, à gli fiaflmati, à gli fretti di petto, cr àgli afmatici, che malageuolmente ricolgono ilfiato, cr parimente alla toffe uecchia. Imperoche in cotali patienti nonfilamente bifogna euacuare le fuperfluità, che non fono naturali ; ma confortare anchora,cr ftabilire le membra,chefi fino notate. Per notare adunque é atta ¡'acutezza fua,cr maf Jimamente non offendo ellaf i l a , ma accompagnata dalla dolcezza, oucramente non del tutto dalla amartzza.lmpe roche cofì non può effere in lei ne uiclenza,ne fierezza,effondo mefehiata con tale temperatafuftanza,quale è la dol 40 cozza-Ma doue bifogni corroborare,è necefiaria la [acuità coftrettiua.l /ficco fa i medefimi effetti,che la radice, Nomi. Sono alcuni,che t ufano in cambio di lido, chiamano »Greci la Centaurea maggiore,Ktrretvfmy/atya. : ¡ Latini, Centaurium magnumigli Arabi,Chanturion kibir,Sacwion habrc,oucro Canthuriumn Tedefihi,per errore,RcupÒ tic:li SpagnuolifKuiponticoili Franccfl,Rhcpontìco.

Della Centaurea minore.

Cap.

VII.

L a c e n t a v r e a m inorecRata da molti chiamatalimnefio,pernafccreella nei riu i,& lu o g h i acquaftrini. E limile all’origano »ouero all’hiperico. Produce il furto quadrangolare, piu lungo d un palmo. Fa il fiore limile alla lichnide , di color rofifo porporizante. L e frondi fono limili alla ruta, alquanto lunghette, & piccioline. Raflembrafi il feme fuo al grano.La radice cpicciola, leg* giera »inutile, & al gufto amara. L’herba frefeapefta ,& melfa in fu le ferite le falda ; purga l’ulcere u eceh ie,& le confolida. Mangiata cotta purga perii corpo la cholera,& igrofsi humori. Fanfi del­ la fua decottionecrifteri alle fciatichenm peroch’ella folue il A ngue,& caua ild olorc.Iliuccoè utile nelle medicine de gli occhi ; percioche meiToui con mele,ne toglie le caligini.applicato di fotto con Janaprouoca i meftrui, e’I parto, beuutogiouaài difetti deinerui.Cauafi il fuccoin quefto modo. C o g li eli 1herba quando e piena di feme, &lafciafiin mollo nell’acqua cinque giorni, & pofeia tanto fi cuoce, che 1 herba foprauanzi la decottione: & come è fredda, fi fpreme, & fi cola con pezza di li* n o , & gittata uia l’herba fi rimette la colatura à bollire, tanto che fi riftringa come mele. Tolgonla alcuni uerde,& piena di feme,& peftanla,& fpremutone il fu cco jo mettono in un uafo di terra non impeciato,& mciTolo al fole,& (pedo mefcolandolo co n u n afp ato lad ilcg n o ,lo fpefsifcono, & A pur qualche poco fc n’attacca all’orlo della bocca del uafo, lo (piccano, & lo mefcolauo con il refto.

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Nel terzo lib.di Diofeoride. W K U B B S 36 ì

C E N T A V R E A M IN .

la notte diligentemente lo cuoprono: imperoche la ru­ giada non lafcia condenfare i liquori.Spremefi un Jicjuo re dalle radici fecche, & dall’herba, coccndolc, come facemmo mentione nella gentiana.Ma quelle cofe, che fi cauano dall’herbc pelle,& dalle corteccie frefchc, co . me è già detto,fi difl'eccano al fole.Cofi fi prepara il fuc co della thafsia,cofi quello della mandragora,& altri fimili;& coll dell’agrefto parimente, nondimeno il lic io , il fucco d’aifenzo,rhipociiì:ide,& lim ili, fi condenfano cocendofijcotne è flato detto.

Centaurea minore>& fiu ta,percioche cotta nella lifeia fa biondi i capelli,chiamiamo noi eflkmin. in T ofeana Biondella. Quella adunque, che s'ufa per tutto nel le fpetiarie, non è dubbio ueruno, ch’ella non fia la uera, er L a c e n t a v r h a minore da tutti neramente conofciu-

legittima Centaurea minore : per tiederfl in lei tutte le [ornigli! Z e , che le affigliano Diofeoride, er Gaietto. il quale imitato dalle rare, mirabili, er molte uirtù fuc fcriffi dteffa fola un libro particulare,il qual dedicò à Papia. Soluc del corpo la Ce 10 taurea minore la cholcra,& laflemma : della qualfacuità è del tutto priua la maggiore. Onde manifèftamente s’ingannano tra gli Arabi Mefuc, Auicenna, er Serapione confondendo egli­ no inauertentementc le [acuità dell’ una con quelle dell'altra. Centaurea Scriffe della Centaurea minore Galeno, oltre al particolar fuo trattoci v 1 1.dellefacuità de [empiici,coft dicendo. La radice minore ferie— radaGaL della Centaurea minore è fenza alcuna efficaciama ifuoi rat. muffitili, er mafiimamente le fiondi,che ui nafcono,cr parimen te ifiorifono utilifiimi.V ilice in quefle parti la qualità amara, la quale ha infe un pochctto del coftrcttitto :per il qual tempe• ramento è la minor Centaurea medicina molto difieccatiuafen* 3« ------Za mordacità alcuna. Sana quella herba impiafirata frefea tut te legranferite del corpo : er l’ulcere uecchie, e r quelle che difficilmente fi confondano. Mettefijecca con tutti icófiglutinatiuUey dìfficcatìui medicamenti, er con quelli mafiime,che fono nati per fiutare l’ulcere cauernofc,maz tigne, er diffidi , er le fittole, er per mollificare le durezze antiche. Meffiolafi fìmilmente con quelle cofe, che medicano à i morbi, il cui fomento è da rheumatifmi ; nel che ualentifono quelle medicine, che diffieccando ualentif [imamente con una certa uirtù collrettiua, nonbanno infcmordacità alcuna. Fanno alcuni delladecottione di quefta herba criteri nelle fciatiche,pcr effir coft che euacua infleme con la cholera anchora igrofii humori : er co me che nel molto fuo operarefoluafino alfangue ; nondimeno per quefto afiai piu gioita . Ilfucco ueramente, per effiere egli difimil uirtù,ciò è diffeccattuo, e r ajìerfluo può ageuolmcnte operare tutte le cofe predette. Mettefi ne \o gli occhi infinite con mele, prouoca i meStrui,er fa fondare le donne grauide. Sono alcuni, che lo danno à co loro,che patìfeono ne i ncrui per foluere egli , -er difieccarefenza alcuno nocumento gli humori, de i quali fono pieni. Et cofl come è egli rimedio buono applicato di fuori,alle oppilationi del fegato, er alle durezze della miU Nomi Za ; nonfa minor operadone a torlo per bocca à chi lopofia foflenere. Chiamano i Greci la Centaurea minore, KtvTaupiovfaiupov: ì Latini, Centaurium minus.gli Arabi Chanturion fege,ey fegir,onero Katarionfiages: i Tedef i chi;Taufent guidai kraut,Yiebcr kraut,ErdtgaU,ouero B iber krauttli Spagnoli,Bel de ticrraà francefi,Centauree, onero Liei de terre.

D el Chameleone bianco. 5°

Cap.

V ili.

I l c h a me l e o n e bianco è chiamato da alcuni ixia, per ritrouarfi in alcuni luoghi intorno al* Icradici fue un certo uifchio, il quale ufano le donne in cambio di maftice. Ha le foglie fimili al fili­ lo , ouero al cardo,ma piu afpre, piu acute, & piu ualide di quelle del chameleone n ero. N o n fa fufto , ma produce nel mezo fpine,fimili al riccio marino,& alla cinara.I fiori fa rofsi, & lanuginofi. Il fuo Teme è limile al carthamo. Nelle colline amene fa la radice grolla,& ne i monti fiottile,bianca nel la fua profondità, & alquanto aromatica,al gufto dolce,& graue d’odore. Q uella beuuta con uino aufiero, & fucco d’origano bollito al pefo d’uno acetabolo,ammazza i uermini larghi,del corpo.D af fenc una dramma con uino commodilsimamente à gli hidropici:percioche gli diflccca. La fua decot iione uale à prouocare l’orina ritcnuta.Beuuta la radice con uino,è buona al ueleno delle ferpi.Mcflolata con polenta,ouero con acqua,& con olio ammazza i cani,i porci,& i topi.

Co

H 5

Del


Diicorfì del Matricoli

lQ

10

D el Chameleone nero, H a vr E 3 b e il Chameleone nero le frondi limili al cardo, fe non fuflcro di quelle alquanto mino riipiu lottili, & uiiì in te di rollo colore . Lagamba produce alta un palm o, grolla un dito , di colore roisigno. 1f ioi i (a ella nella ombrella fpinofi,hiacinthini,di diuerfo colore. La radice ha graffa, ne­ ra , denfa, & qualche uolta corrofa, la qual rotta gialleggia,& nel mangiarla morde. Nafce nelle cam pagne in luoghi fccchi, montagnoli,& nelle maremme. La radice trita con un poco di uctriolo, olio cedrino, & gruicia, ungendofene guarifee la rogn a. la medefima aggiuntoti! folpho, & bitume, cotta nell aceto,& niella in fu (’impetigini le Tana. La decottione della radice lauandofene la bocca, 4® leuail olore dei denti : & ancho polla la radice fopra al dente, che duole, con altrettanto pepe, & cera. C otta nell aceto conforta i denti,& gli rompe anchora,mettendomi! calda dentro con uno Ili le. Spegnc applicata inficine con folpho le macole della pelle della faccia, & le uitiligini. Mefcolafi con le medicine,che corrodono.-fana l’ulcere corrofiuem ereA fordide . Chiamali chameleonedalla uarieta delle fue foglie,per mutare elle il colore fecondo i terrenirimperoche qua ucrdi, là bianche? gtanti, & a!trou eceru leeA rafie fi ritrouano. * ,# Chameleoni, Se loro eflàin.

Ch ia m a s i il bianco Chameleone uolgamentein Tofcana, come quafiper tutto il reftod1Italia, Carlina. J s n h A * Cr™C UU^°. ^ comefid x e ) che dall'angelo fuffe dia dimoflrata àCarlo Magno per uero rimedio e ape e . Et peròalcuni la tengono per cofa ecceìlentifiima contrala pefte : alla quale, per ualereella contrai utermant e co lp o ,er parimenteàimor/ideUc uelenofc ferpi(come fcriuono Diofcoride ,e r Galeno) non nega*

Errore di al­ Tei j? cuni.

Errore del Fucililo.

Errore de fra ti contentato ri di Mefue.

t0 n0, liUn g i°uare. Errano di gran lunga coloro, che fi penfano, che’ l chameleone biancofta que alpe te tear ojimilt- a i Carciofi, che noiadoperiamo in Tofcana per fare apprendere il latte in ucce di lj ‘ f c. C indicio il produrre egli fopra lunghi fufti tlfuo ffin ofo , er ben ricciuto frutto i ej cn o pero cnaro ,c e il bianco Chameleone non produce alcun gambo. Qutjlo dimoflra non haucr mai uedit to il tu e )jto,buomo de i tempi nojlri altrimenti chiarifrimo : percioche quantunque diceffe egli , che non produci r'p 0 Mcuno>non“im(no dimenticandofelo poi lo dìpinfe co’l frufto ben grande. Et cofi parimente panni che affai \i,ia ingannato nel nero, per nonrafrembrarfeglì punto . Il nero nafcefimilmente per tutta Italia, cr copia gran ae fc ne uede perli monti, ©" per lì colli della uaUe Anania, con tutte quelle note , che Diofcoride gli affegna• Errano olerea ciò i Frati de zoccoli commentatori di Mefue, perfuadendofl certo,che la Carlina ( per dire come ¡cono loro ) che fa il gambo, la quale ho iofempre creduto efjerc il Chameleone nero di Diofcoride, fu la¡fina bianca del medejlmo >chiamata dagli'Arabici Bedeguar : er l'altra, che nonfafufio,fìa la ¡fina Arabica chiamati ' " ? *i Suchaha*


Nel terzo lib. di Dioiconde.

^ 6y

Suchàu : Imperoche producendo la fin a bianca ilfuño maggióre de due gombiti concavo, b i a n c h e n t e , c~ i fori porpora: c r quellafe tte di Carlina delfuño non piu alto d'unaf a m a , rofjrggiante, pieno, ¿ n o n conca* t(0, cr «f o n htacinthinurmpuo in alcun modofare, eh’ellafia la ¡fina bianca di D iafon ie: ma piu preño fipo* irebbe chiamare fin a roffa. Come mancofi può credere che l’altra Carlina, che non produce il fu fo Jìa la fin a ¿rabica, imperaci, e nondifje Diofcoride, ch’ella non producafu fo , ma che erafimtle alla (bina bianca. Dal che fi può realmente arguire :cr parimente concluderebbe producendo la fin a bianca il f u f o , lo produca filmimeli* tel’Arabica. Sono oltre a ciò alcuni altri, che vogliono che la Carlina,che produce ,1 gambo,nonfia differente Opinione di dall altea, che ñafie fenza cfio, fe non in quefio,cio e che Punafia forfè il mafehio, cr l’altra la fu m a : c r niega* alcuni „ w no astutamente, che queñe piantefieno t neri Chameteom, & majomamente quella, che produce il gambo Et fi «*u • to fèndano[oprai batterfritto Galeno nell’V i 1 i.libro deRcfacuità de [empiici, che la radice del Cbameleòne ne* roba inje alquanto del uelenof, : cr che però non s ufa, fe non per i medicamenti eñeriori. Ma uedendofi,che mol ti la mangiano copiofamente in cambio di raphano con l’infalate; però concludono,che in modo ueruno pofia la Car lina del gambo ejfre il Cbameleòne nero, itefpetie alcuna di quello. A l che fi può ageuolmente rifondere ( par* ¡ando con ogni riverenza )che in ciò babbi fòrfe errato Galeno : cfendo conofciuto per nero, che fe in alcuno del» li due Cbmc.com euelenofita ueruna, piu preño fi debba ella ritrovare nei bianco, che nel nero. Impcroche, per quanto fcrt.te Dioj conde, nonfidamente fi ritruoua nella radice del Cbameleòne bianco la Ixia medicamento itele* n e f , & mortale :,na anchara che la medefimu radice ammazza i cani, i porci, cr i topi, dandofiloro a mangile, coja c h e f eludente argumento, chefe uelenofità alcunafi ritroua ne i Chameleoni, piu preño fia nel bianco, che nel nero : criuafumamente uedcndofi,chc Diofcoride nonf r i f e mai, che il nerofu fe ndenofo. Ma udendofug* io gir io la cenfura di temerario, per bauer qui contradetto a Galeno, condifendo a concedere, che ciò non ferinef* je Galenofenza ragione, per nafcrcl’ lxia nonfidamente neüa radice del bianco ; ma anchora in quella del nero, come affermano tCandiottt.i quali laricolgono dalle radici d’amendue per incollare le penne delle faette : cr parimane per hauer.fritto Tbeophraftó, che la radice del nero ammazza i cani. Ma ecci un'altra ragionevoli la qua le megliofi può rifonder loro, imperoche può ageuolmente accadere, che in Grecia, o forfè in forno, cr inai* tri luoghi uicini la radice del Cbameleòne nero nafa uelenofa : c r in Italia, cr parimente in Germania falutifira * lafim io per la clemenza del cielo de paefinofiri ognifacoltà uelenofa, come U Verfea : la quale quantunque in Verfujia ellafempre uelenofa ; nondimeno in Egitto, per la bontà di quel clima,/} mangia ilfinofrutto copiofimentefenzd nocumento ueruno • In Monto dttchoranafce il mele uelenofo, c r uelenofe infinite piante, come alcune par* ti d’animaii(pcr fcriuere Strabane, che in Ponto il Cajloreo è uelenofa : ) le quali tutte cofe a noi fono però[aiuti* 50 ¡ère. Lo Aro oltre a ciò in Cirene è diforte dolce, chefe lo mangiano ne cibi, come ci mangiamo noi le rape :cr nondimeno in Grecia, crin Italia n ife egli cofi acuto, crfòrte, che nonfi può mangiare ne crudo, ne cotto. Ap* po ciò gli [corpioni in molti luoghi ammazzano gli huominì,che trafiggono, quando ci lafcianofenza rimedio: cr infiltri luoghi, come nel territorio di Trento, trafiggendo non nuocono fe non tanto, quanto farebbe la puntura i un aco,od unafin a . Il che'nel medefimo territorio fi uede parimente netibeRcboro nero, per non ritrouaruijì uirtu fluttua ueruna . Ma fmimi credere oltre a tutte le predette cofe, che la Carlina, che produce il gambo ,fia il nero Cbameleòne, per uederfi manififiamente, che cotal Carlina in tutto,cr per tutto, in ogni parte lo rappre* fcnU * Imperoche produce cIU le fòglie fìntili al curdo, m<tmitiori& piu fiottili, coni* coitola di mezo rojjìt: il fufiopoco maggiore tuna f a m a , grofo un dito, er roffeggiante ; i fiori in una ombeHafin ofa, di diuerfi colori: la radice grafi, nera di fuori, denfa , cr corrofa,la qual rompendoli gialleggia. Nel che tanto uiuamentefi con* 40 vengono infierne queñe due piante, che altro nonfipuo dire fe non ch’elle fieno una cofa medefima. Ne f i chi efer pofa di cofi poco,cr grofo intelletto, che pofia, 0 uoglia giudicare altrimenti. D i ciò adunque efendo fatto io piu certo per hauer piu diligentemente inueñigato intorno a cotali piante,non ho punto dubitato di tener hora quefta nuouaopinione, quantunque per il pafato habbia burnito io altra intentionc. Onde nonfono per partimi dal mio mono concetto,fin tanto che non ritruoui qualche peritifimo [empi¡ciña, che mi dimojìrì altre piante, che piu fi rafmbrino a i Chameleoni f r i t t i da Diofcoride, che non fanno le Carline del continuile ufo . Sono oltre a ciò Errore de fi non poco da efer riprcfigli Arabi, i quali nonfenza grande errore, per lafimilit udine de uocaboli , confondono il Arabici. Cbameleòne con la chamelea, la qual chiamano Mezcreon. Il che manififiamente fi conofce in Atiiceniù al pro * pno capitolo del Mezcreon. imperoche, anchora che afai chiaramente nel proceffo di tutto il capitolo fi conofca errore; piu manififiamente pero fidifeerne nelfine,quando cofi dice. Benefi il Mezcreon con uino a i morfi delle fo Uelenofeferpi : ma il nero è propriamente ueleno mortifero. Quando fi mefcola il Mezcreon con polenta, con ac* qua, er con olio, ammazza i topi, i cani, e r i porci . Le quali proprietà diedero Diofcoride, er Plinio al Chame* leone bianco ,crn o n a l Mezcreon chiamato Chamelea. Et però fi può ageuolmente comprendere in quanti errori M o né menino gli f r i t t i de gli Arabi. Scriffc d’amendue i Chameleoni Theophraño,al x i 1 1 .capo del 1 x .li* orodeìl’hiftoria delle piante, con queñe parole. I Chameleoni fono duejuno bianco, er l’altro nero, ma fono dif* ferenti le radici nettefacultàloro,comefono parimente differenti dijpetic .La radice del bianco i bianca, dolce, & ° fa ,c r di graue odore. £ utile ( comefi dice ) a iflufii, quando tagliata in fitte ,come il raphano, er cotta 5 infilza poi in ungiunco afeccarfi. Gìoua mangiata con uua pafa,oucr bcuuta con uino brufeo alla mifura d'un acetabolo,per ammazzare i vernini larghi del corpo. Ammazza i cani, er i porci : dandofi a quelli impañata con p u a , olio, c r farina d’orzo : cr a quejli infierne co’l cavolo. V olendofi [apere fe limonio amalato fia per uiuere, Co dicono, che potendo tolerare l infimo d’efer iauato tre giorni con quefta radice, non ha da morire, Ñafie comma cernente per tutto con fòglie maggiori del cardo, fiarfi per terra ;e r capo grande,fimile a quello denteano: e r pero lo chiamarono alcuni Acano, ncrohafòglie,fìmili al bianco,quantunque minori, cr piu lifiic. La pianta

■ U


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Nomi.

Difcorfi del Matthioli

ha il, tutto ferma d'ombracolo. produce la radice groffa, nera difuori, er gialliccia di dentro. Nafee uùkniiert ¡a luoghifrigidi, er humidi. Caccia la[abbia,e? le uitiligini,trita er fattone linimento con aceto. A mmazza mai, giata i cani. Tutto quefio de i Cbameleoni fcriffe Tbcophrafto. E oltre a ciò dafapere, che quel uifebio, ,/ „ Uda te chiamano i Greci Ixia, che fi ritruoua nelle radici del chameleone bianco, quantunque fra neramente mortifero ueleno; nondimeno prefo in certa poca quantità uale contra lafonnolentia. Onde le donne di Candia per uegghìa* re la notte fenza effere opprej]e,o molefiat e dalformo, mentre che s effercitano in diuerfi lauori, tifano di tome dopo cena una certa poca quantità fenza nocumento ueruno. Vece deUTxia memoria Plinio in piu luoghi, dia* mandola femplicemente uifebio : non accorgendoli egli, ckefuffe differente dall’altro uifebio, che nafee infu gli al* beri. Onde fi credette che il uifebio degli alberifuffe uclenafo,ingmmdofi non poco . Chiamano i Greci il c ha meleone bianco, Ktuùf : er il nero, xa.^<uKtav ufaae . i Latini il bianco, Chamatleon albus : er il t(J ro , Chamatleon niger. gli Arabi il bianco, chemeleon leute,zr chamalittm : er il nero Chemeleon melamos . li Spagnuoli chiamano amendue, Cardo pinto, li Franccfiil bianco, Carline : er il nero, Chardonette. i Tedefchi il nero foto chiamano Eber uurtz •

D el Crocodilio. Il crocodilio

Cap.

X.

fi rasiimiglia al chameleone n ero. Nafee nelle fclue.Ha la radicelunga,

leggiera, alquanto larghetta,d'odore acuto,limile al nafturtio. Bollita la radice nell’acqua,& beuuta, prouoca copiofamente il fanguc del nafo.dafsi nelle malattie della milza, doue gioua manifeftamcntc. il fuo feine c tondo, & doppio a modo di feudo, quello di fua propria uirtù prouoca l’orina. :o Crocodilio , V o g l i o n o alcuni de tempi noñri,che il uero er legìttimo Crocodilio fia quella¡fede di Carlina, che pro & fua edam. duce il gambo. Ma in itero quefia loro opinione non quadra punto con la mia, ne manco con la ragione .imperoche Opinioni ri­ (come è flato detto nel precedente capitolo ) la carlina del gambo talmente rapprefinta il chameleone nero,che non provate. mi potrò mai perfuaderc, che poffa ejjer ella il Crocodilio : er ¡penalmente uedendofi, che cotal Carlina ( come di* moftra l’efierienza) manca di tutte quellefaculcà, e r uirtù, che danno gli fcrittori al Crocodilio. la cui decottio* ne beuutafd jubito ufeire il /angue del nafo copiofamente : il che nonfa ne íuna ne l'altra Carlina. Oltre a ciò il Crocodilio produce la radice lunga, leggiera, larghetta,d’odore acuto come di nañurtio : er quellafietie di Car* lina la produce groffa, nera, denfa, er corrofa; er non larga, ne leggiera , ne d’odore di nafturtio. Alcuni altri uogliono,cbe’l Crocodiliofìal'lringo marino. Manafcendo egli lungo a i lidi del mare, e r non f i raffembrando 30 punto al Chameleone nero, ne facendo ufeir il fangue del nafo : er il Crocodilio nelle[elite, ne raffomigliandofelì DISSACO.

Crocodilio fcritto da Ga leno.

Nomi.

difigura; non poffo in modo alcuno accollami all'opinion loro. O quanto /limarebbono i medici noBri il Crocodilio, jc nafeef* fé egli in Italia, doue mai l’ho potuto io rintracciare, cjfendo li decottiòne delle fue radici di tata uirtù, chefilamente beendofl poffa prouocare il fangue del nafo. Commemorollo Plinio all v i l i .cap.del x x v n .libro, ma non però altro ne diffe di quel lo, che ne recita DiofioriJe : anzi difeordò egli da lui errando nella interpretadme, nel dire che nafceua il Crocodilio in luo* ghi, magri, er arenofì, douefeluofidoueua egli dire. Scrifi 4« f i Galeno a l v n . dellefaculta de ifcmplicì, cofl dicendo. E i l f ime del Crocodilio acuto,er odorifero,gioueuole a prono* care i meftrui,zr l’orina. Et imperò è egli calido,digefliuo,& diffeccatiuo. Ilficco tanto del fuño, quanto delfmie, per ef* fere difimilefaculta, prouoca l’orina. Confèrifie ualentemcntc la radice afar fiutare le materie dal petto , per effere ella meno acuta delfeme,come ch’ella non fia però meno amara. Fa oltre a quefto ufiìre anchora ilfangue del nafo. Chiamano i Greci il Crocodilio, K^ jm/ haw : i Latini,Crocodilium.

D el DiflacOjOuero Labro di Venere. Cap. X I . I l b i s s a c o è nelle fpetie delle piante fpinofe. Produce il furto alto,pieno d’horridc fpine. Raftèmbra fi le fue frondi a quelle della lattuca,ma fono fpinofe,& a due a due abbracciano ciafcun ginocchctto del furto, fono lunghe,& hanno di dentro & di fuori alcune bolle appuntate nel mezo del dolio loro,neH’ali fono aliai có caue . & peròfpeiTo la rugiada,ola pioggia ui rimane: 60 onde ha prefo nome di diffaco. In cima della gaba tut­ ti iramufcellthanno unateila,alquanto lunghetta,& fpinoia


Nel terzo lib.diDiofcoricie. ipinofi a modo a» riccio : Jaqual pofcianel leccarli biancheggia. Ritrouàfi dentro in quelle trite al $uni ucrmicelli, quando fi diuidono per lungo fino alla midolla. Là radice cotta nel utno >Se pofeia pefta, fino che uenga a modo di cera/ana le fedirne del ledere, & le filìole. Debbefi fcrbarc quello medicameuto in uafo di rame.Sana(fecondo che fi dice) i porri,& le pendenti formiche. Dicefi,che i «crmini delle tefte legati in cuoio, & appiccati al collo,oucro al braccio,fanano la febbre quartana. l e d 1 s s a c o , il qual chiamano Labro di V enere >è notiamo in tutta Italia, er mafiìme in tutti quei luoghi ioue fì lauora di lana. Imperoche con laricciuta tefla, che produce egli con ritorte faine nellafommità de ifuftit fi cardano ipanni, c r ic beretteter trarne fuori il pelo. Chamafì uolgamcntc inTofcana Cardo, er in IO molti luoghi, muffirne infu’l Bolognefe fi[emina, c r con molta curaji coltiuane ì campi. Come che communementene nafta dclfaluatico per le campagne infagli argini de ifòfti ,c r d c i campi, cr per lepubliche jlraie ap* preffo alle fiepi, con tutte qutUe uerefembianze, che Dioftoride gli affegna. Et come che dica Marcello fioren­ tino nori hauere egli potuto mai ritrouare nelle tefte del Diffaco uemicello alcuno ; nondimenoférmamente uifl ri* troua nell'autunno quandofono ben mature,come l'efacrienza chiaramente ne dimoilea , cr fanno i pefcatori,i quali uftnocotal ¡termi per cfta del pefee. Chiamaftil Diffaco uolgarmcnte daglifactiali Virga paftoris mag» giore. Pcrciochc la minore anchora ne dimoftrano molto ftmile a quefta : ma non però è nelfufto cofìftrifeiata, ne cojlfaìnofa, nefono le fue/rondi coftgroffe, ne le tefte coft grandi, ne cofi fainofe : anzi che la quantità loro non è verga di Pa st o r e * -, Wt /l l - . H / l r . (■ ia y la «U maggiore d’una oliua,V"rajfcmbrando un«uerde , «WM er £ben ritondo fiocco .M a è da auertire, che quefte duefaetie di Diffaco chia« mate Verga dipaftore, nonfono la Virga paftoris di Serapione, ne manco quella, che fcriue Auicenna. Imperoche queftac il ue ro poligono, ouerofanguinaria,chcfotto lefaetie dì mafchio,cr di femina nel quarto librofcriffe Diofcoride. Et però hopenfa• to io che no da gli Arabi fìa flato dato il nome di Verga di palio re al Diffaco ; ma da quellifactiali, che piufl fono confidati nel­ le loro Pandette, che in tutti gli altri buoni, er approuati au* tori .percioche quitti Mattheo Siluatico autore di tale opera al cap. ccv .cb itm a il Diffaco Verga dìpaftore,confòndédofcioc camente quefto con il poligono ; non accorgendo/},che laVerga dì paftorc de gli Arabi è la Correggiola,ouero Cctinodia uolgare, chiamatafanguinoria, e r poligono da Diofcoride, er non il diffaco piu differente da quello,che le lepri da gli orfl . Fe* ce del Diffaco memoria Gaierto a lv i .dellefacultàde fempiici, con una fola riga di fcrit tura,cofì brcùemcnte ftriuendone. La radice del Difjaco diffecca nel fecondo ordine, c r ha alquanto dettafterfluo. Chiamano i Greci il Diffaco ¿¡.i-ftaws : i Lati« ni, Labrum Venerisi gli Arabi, Dibfacos : i Tcdcfchi, Karm tendiflel,Garden kraut,buobcnftrcl,CT Vueberkarten : li Spa­ gnoli, Cardcncba, Cardo penteddorùFranceft, Cardo» a cor* de, c r Verge abergitr.

Dittico,* fua eflam.

Virga pafioris,6c fue Iptcie.

l l Z

D ella Spina bianca .

Errore del Pandmario.

Dittico fcritto da Gal.

Nomi,

Cap. X I I .

L a s p i n a biancanafeeneim onti, & luoghi feluofijcon frondi limili al biaco chame!eone,ma piu ftret te, piu bianche,& alquanto horride,& fpinofe. Il fu fto , il quale haalquanto maggiore di due gombiti, produce — ella grò fio un pollice,& qualche uolta piu, biancheggia n** • . e!ltro c° ncauo : neMe cui fommità ha una tefHc.ciuola fpibofa, limile al riccio marino,ma 5 PwpiccioIa,& piulunga.Sonoifuoifioriporporeire’lfcm eèfim ileaquello del cartham o,m a piu on o . Beuefi la radice utilmente centra a gli fpuci del fangue,& contra al uomito,& flufio dello ito aco.prouocal orina :&impiaftrafi in fu le pofteme. Lauandofi la bocca con ladecottionedi quel a,gioua al dolor de denti. Conferifce il Teme beuendofi a i fanciulli fpafimati,& a i morii delle ferpi. iteli,che portato attaccato al collo difcaccia tuttii ferpenti. F H 1 A M A N volgarmente gli factiali imitandogli Arabi, la Spina bianca Bcdcguar. Ef non poca queftio l pl’ni * u Z * ‘W ’ & W m e n tt& a la piu parte de medici,quale tra le molte fainofe piante prodotte dalla naturala Errore'di l T ' * ‘ ancd - B (lche nonfapendofìeglino rifoluere,pigliano che il Cardo benedetto, chiamata herba T uneci, molti. A auJ- f U • 4 C<* . * comt fanno i f n t i ic zoccoli commentatori di Mefu e , ripreftfopra ciò da noi poco ? ! i chameleoni : chi quel Cardo,che noi in T ofeana tifiamo in uece di caglio per fare ap» d e o l'Yei • e altrefaetie di Cardifaluàtìcbi,coft caminandofenefenza alcuna tiiuida luce nelle tenebre Errore del. £ ' errori. Tra i quali ritrouQ io effere Leonardo fuchfto huomo de tempi noftri dottiftimo : p ercioch e, < co* Fuchi». we


570

Difcoril elei Matthioli me fi legge di'ultimo capitolodel primo libro itM fm p m d of fe d ì crede, che fu la Spina buncf quellafrette ài Lardone ¡4 m iso , che [opra alle fue grandifime fo n d i ha infinite macole bianche, il quale chiamano alcuni Cardo difunta Maria, er a!a . (ri Herba del latte, non accorgendofi, che quella nafccne tp¡(¡ ni, er nelle campagne,come ne fa testimonio tutta Tofana,oue iiìfiiutifiipia copia ne ñafie, e? non ne i monti,cr nellefelucache piu oltre produce lefiondi il doppio maggiori, er non mix t¡ori di quelle del chameleone bianco. Et però c da [apere, che la Spina bianca ñafie ne i monti, cr mafiime ne i bofihì,^ nel ¡a le filue di quelli,come fcriue benifiimo Diofioride.il che apa* tamente dtmoftrano le molte piante, che f i ne ritrouano in fu h monti piu alti della uaUe Anania,confórmi in ogni lorofimbian . za con gli fr itti Infoiatine da lui. Et imperò bene duertifiano gli frettali, imparino, cr fappia/to,che a i monti, cr non d pia 1 nofi ritroua il Bedeguar ,doue cercando diligentemente lo ri* \trouaranno, come Ilio anchor io ritrouato. I l chi nonfola-. • mente lorgiouaró, per hauerlo-ueroper le loro compofitionì • ma conofieranno l'errore di coloro, cheft credono ( comefa il Ruellio ) che la Spina bianca, ouero Bedeguarfia il Carde,che io j per apprendere il latte chiamiamo noi Tofani Prefura.il quale ì errore fi conofie dpertaméte confìderando,chc qucSio fi ¡emina negli boni,che produce lefiondi affai maggiori del bianco cbn meleone, c r f ino le fue tefe molto piu grandi de i ricci marini. Mejfe Mefite quefia pianta, cr fìmilmente lafritta Arabica, o¿ nero Egittia, la qual chiama egli Suchaha ( come diremo nelfe . gunite capitolo)nelfìropo d’eupatorio,il qual compofi egli per I le fèbbri lunghe, c r propriamente per quelle, che corrompono

S P I N A BI A N C A .

Errore di al cuni.

Calunnia del Braliuola có tra Melile. •

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V .

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- x >05 v k nirtùd&J* f ir m dell0 Stomaco,cr delfegato. Contra al qui le contendendo'affai il Brafiuola biafìma il metter, che fi fa di j o. quefte due piante in quefto fìropo, dicendo che per ejjere elleno coñrettiue, fono difatto contrarie attintentione delfìropo, il quale efilamente per aprire ,crp er difippilare. Ne/ che dtmofira nonfilamente nonhauere intef i l'intcntiondi Mefite; ma di non hauere ( fatuo però fimpre l'ho* norf io ) fi non poca prattica di medicare. Percioche effendo queflofiropo composto per quelle fèbbri,che corróm­ J

pono, crdebilitano lo (tornato, meritamente uicormngono la Spina bianca, cr l'Arabica, per hauere elle pro». prieta di confortare gliftomachi rilafjati, languidi,cr indebiliti. al che fimpre focconono i Udienti , c r ben prat* tici medici ion le cofi fìittiche,cr aromatiche. Et imperò tale erronea opinione non è in conto alcuno d'accettare. Nc fi debbe ( coiai uttole egli) in uece di quefledue Spine ponti il polipodio, cr lafabina, per farlo piu aperitiuo. Pf rciochefe (come pur diceJdoueffe effere del tutto aperitiuo, farebbe neceffario rimuouere da quefto fìropo non filamente quefle duefritte ; ma le rofe, <maflici, lafrica, e'l fólto : cofi tutte, che uifino Siate meffe con gran coti* qo flderatione, cr aucrtcnza accioche irritatala natura dagli aperittui fòrti, fattagia debile in tutte le fue operatiti* Spina bianca ni da lungafèbbrcuniucrfal morbo di tutto il corpo, nonfi caufaffe unfluffo irremediabile, c r mortale. Scriffc• ferì tu da Ga ne Galeno al v f .iellefaculto, de[empiici,in quefto modo. La radice deüa Spina bianca è diffeccatiua, c r alquan* leno. f i coftrettiua .E t imperò confèrifie cRa a iftufiiftomacali, criifinterici : fina gli fruii del fatigue, cr rifolue l undimìa. Lauandofila bocca con la fua decottiouc,funai denti, che dogliono.ltfio finte è di fittile effenza ,ma ca.do neUefaculta f i c . Et peio bcuuto ficonuiene aglifrafinutti. chiamano! Greci la Spina bianca, {fxatb Nomi Afvx.il : i Latini, Spina alba egli Arabi, Bedeguard.

Della Spina Arabica, ouero Egittia .

-

Gap.

XIII.

:

a K j V NA A,r1abÌ.caèiim ilca]Iabianca:& è anchoreiIacoftrcrtiua.Laradiceèm oltoutilcai flulsi delle donne, allo fputo del lingue,& a ciafcuno altro fluffo del c o rp o . N afcein luoghi afpri. Spina Arabi­ E VE R AM e n t e da credere,che errino manifèfidmente coloro, chef i credono, che la Spina Arabica c a ^ fua cfla- qui feruta da Dtofcaride,fio quell alberofpinofo d'Arabia, da cuifi ricatta f acacia. Del che dà manifèflo Micio min.' •’ ‘

primamente il non effercoftume di Diofioride di repeterepcr diuerfi capitoli una medeflmapiantarne manco dime [colai egli alberi con l herbe. ìmperoche hauendo egli definito con lunga biftoria U bero dell’Acacia , chiamata parimente Spina Egitna, di[opra nel primo libro tra gli alberi,parrebbe neramente cofi fuor A'ogni propofito ,fe qui trai htrbefruiofen hduejfe egli tornato arefiriuerc. Ondcfìpuo concludere ragioneuolmente, che hauendo Errore del finitoDiofioridpdi quefte piantemdiuerfihtogbt, fieno anebor elletra loro diuerfi, e r differenti. N ella di* ¿0 Xluéllio. chtaratiottc dell Arabicafritta dibuonfinno neramente domina il Ruellio, non attenendo, che qui parla Diofio* ride d unapianta d un nerbafintile alla Spi;.a bianca,cefi chiam a per tufi ere eliditi Arabia d'Egitto ><*rnon dtV

f albero


Nel terzo lib.di Diofcoride.

571

tàlbero dell’Acacia, come fì crede egli per uero . Del che,per effereflato buomo ueramente dotto, molto mi ma* m ig lio itr tantópiu per effergU VlmofamiglimfiimoM quale diurnamente d’urnenduefcriiTc a lx 11. cap. del x x 1 1 1 1-libro, c r prima di quefia, che quifi tratta, coft dicendo. Le lodi della Spina Arabica dicemmo di fopra tragli odori : imperoche dlafpeßifce,^ raffoda. Riftagna lafua radice ualentemente tutti iflußi,gli fonti del fan a gue ,W l’aboadanza de i meforui. Il che diparola in parola tolfe Plinio dalprefente capitolo di Diofcoride, come quello, che ben s’accorfe, chequefia Arabica fritta affai era differente da quella dell’acacia ideila quale nel mede* fimo capitolo trattò egli dirutamente da quefia,cofi dicendo. E anchoradadire della fiina dell’acacia : la qual fi fa in Egitto Sun albero,nella cuifietie e’I bianco,e’I nero flritroua, cr parimente il uerde de gli altri molto mi* gliore. Di cui intefe eglifimilmcntc al 1 x . cap.del x 1 1 1 . libro, quando hauendo già celebrate le lodi del Perfeo ' 10 albero, cofi diceua. Non meno ueramente uiene celebrata la fiina Egittia,quantunque filamente la nera ,perefi fer quella nell’acqua perpetuamente dureuole,& imperò utilißima per le coitole delle nani ; ma la biancafacilmen* tefi corrompe. Da i quali luoghi è chiaro non hauer creduto Plinio,che lafiina Arabicafuße unafila , come fi ere de il Ruellio. Il quale oltre a quefto non attef i a quello, che firifie Galeno a lv i, delle faculta de[empiici, cofi di* cendo. Chiamano alcuni la SpinaEgittia Arabica anchora. E fimilc alla noftra fiina bianca: nelle faculta fue e piu coñrehiua, e r piu diffeccatiua. Dalla qual dottrinafenza dubbio ficaua effire la Spina Arabica ne linea* menti dellafia pianta,fintile alla fiina bianca,nefi può intendere, come fi crede il Ruellio, ch’ella le fia filamente fimilc nelle facultó fue : imperoche Galenofyecìfica ottimamente tuna* er Í altrafembiaza . R ¡fógna, di mente di Galeno,ella ilftuffo de i mftntUcr m i g l i alitiflufca cuißconuiene la bianca, ebenafee a noi. Ma quefte ta* li operatimi!fanno piu efficacemente lef i e radici, e’Ifrutto. il quale gioua a idifitti dell’ugola, cr alle enfiagioni lù delfedere : confili da ¡’ulcere,per (fiere ellafenza mokftia mediocremente coftretnua. Non fi porta a i tempi no* Uri in Italia : e r però infio luogo fi può ufare conmodamente la bianca. Quefia chiamano gli Arabi, Suchala : i Greci, A vk» er i Latini, Spina Arabica .

D el C ardo.

Cap.

Spina Arabi ca fcricta da Gal.

Nomi.

XIIII.

i l C A R D O ) ouero Scolimo ha le foglie limili a quelle del chameleone neroj ouero a quelle della fpína bianca,ma piu nere,& piu g ro lle . Ha il fufto lungo,& frondofo : nella cui fommità ha il Aio fpinofo capo. La radice ha nera, & groffa. La quale applicata leuauia l’odore delle d ù cila,& fi* »lilimente ogni altro odore graue del corpo : & il medefimo fa cotta nel uino, & beuuta. prouoca fi J0 milmentebeuuta, 1 orinacopiofamcnte>ma puzzolente. L ’herba tenere tta,& nata dinuouojfiman« già cotta com e gli fparagi. O j a n t t n Q_v f qui habbia Diofcoride breuementt $ unofilo Cardo trattato. nondimeno, per quanto labbia io potuto cauare daTbeophrafto , Plinio, e r altri buoni autori,affaifin óle fie tic de i Cardi. Ma parlan* doprima di queüí,che cqltiuati dalla natura nafeonofaluatichi nelle campagne, er che noi uolgarmentt in Tofca* ni chiamiamo Stara aci, fi ne ritrouano d ip iu ,cr diuerfef ie tic. quantunque Plinio al x x m . cap. d e lx x .li* bronon mettade ¡[¿uuatichi altro >che ducfyctic : uno ciò è , che producefu da terra piu gambi : cr Í altro, che ne produce un f o l c i r piu groffi. Ne fino [¡milmente de i domefiichi, che per compiacere alla gola con gran coltura boggi s aHeuano ne i giardini, & uarie c r diuerfeforti. Tra li quali primamentefono quelli,che fichiamano Cardo 4° n i,h qualifatti congrande arte bianchi, e r teneri ,ft danno boggì per la maggior parte nellafine delle cene : im* peroche con pepe fiale per ultimo cibo fi mangiano cofi crudi. Di quelli ( per quanto poffa io giudicare finteli* deuaTheophrafoodl m i .cap. delvi.libro ddl’hiñoria ielle piante, quando cofi diceua. Quella fietie di Car* do, che fi chiama Catto , ñafie filamente in Sicilia, nefiritroua egli in Grecia. ifufli di quefto,jubito che efio* no dalla radice , fì riuoltano uerfi terra infierne: e r produce le figlie larghe,crfiinofe. Qitcftifufti, li quali chiù* mano propriamente Catti,mondatifi mangiano, come che alquanto amareggino. A noi in Tofcana fino fiati por* tati da Napoli, c r quiui di Sicilia . Et però ben diffe Theophrafto effere il Catto particolar pianta di queU’ifila . Sono nelle fietie de Cardi domestichi anchora i Carcioffi,chiamati Archichiochi in Lombardia. de i quali nel me* deflmo luogofubito dopo il Catto firiffe Theophrafto, cofi dicendo. E un’altrafietie di Cardo, la quale chiamano Eternice,fimile al catto, eccetto che produce quefto il fio fufto diritto, il quale è anchor egli ufìtato ne cibi. Ca* Jo uafiquandofi m ol mangiare prima delfrutto il lanuginef i jeme,il quale è fimilc a quello de gli altri cardi, c r man« ¿ufi quello, che ui reftafimilc al ccrucUo detta palma. Intefc Thcophraño di quelle palme, che f i chiamano in Si* filia, c r a Napoli Cefagiioni, c r da Galeno cncephalos in piu luoghi defuoi uolumi :delle quali difipra nel primo libro al capitolo del Edetlio facemmo mcntionc. Vcggoufi oltre a ciò a i tempi noftri i Carcioffi in Italia di diuerfe forti. imperoche di fiinoft, ferrati, cr aperti, cr di nonfiinoft, ritondi,lunghi, aperti, c r chufì f i ne ritrouano : M e cui fietie nefono di quelli, chequafldel tutto fi raffembrano aUepine dei pini. Il che mifa penfare, anzi P‘u prefto credere, che quello,che chiama Theophrafto Cardus pinta, per le molte corrifiondenze, che ui fi ueg* gonp, nonfta altro, che quefiafietie di Carcioffi,fcriuendone egli a lungo inquefiomodo. llCardopino nonna* ftt in molto luoghi : è pianta dalla radice moltofrondofa,dal mezo della quale efie nafeono tra le fiondi il [minai Futto, come un pomo. Spetie ueramente di Carciofo fiinofi è quello, di cui noi in Tofcana adoperiamo il fio• io re>ptrfare apprendere il latte : imperoche quel medefimofanno i fiori de i Carcioffi. L i quali, fecondo che ritro* ^nafeono fenza fiine ,fc fi (punta il loroferne auanti ckefifcmini. Il che fimilmcntc dicono accadere quando nel ¡minarlo s afionde nelle radici della lattuca quefto può dgeuolmente haucre priuato dellefiine quelli, che ne

fono

Cardi. & lo­ ro fpetie , & confidar.

Carcioffi, ti loro fpetie.


372

Difcorfì del Matthioli

l"critt0 fono fenza • F i« del Cado memoria Galeno aU’v 1 1 delle[acuità de[empiici ; ne altro ne diffe egli olire a * <fj

Komi.

lo, che ne[crine DÌofcoride,fe non che lo defcrijfe effere caldo nelfine del fecondo, 0 nel principio del terzo'or, dine,er [ecco nel fecondo. Et al fecondo delle[acuità de gli alimenti, douc lo chiama Chiara, diffe che ilfuo trimento non era buono, per generare egli humori melanconici. Chiamano i Greci il Cardo, ’Z/.oavi/.os : i Latu n i, Carduus, Cinara, er Strobilus :gli Arabi, Raxos, Harxos, ouer Sacolomas : iTedefchi,Strobildorn : U s i ­ gnoli, Cardo de corner, ouero Cardos : i ErancefuArtichault, er Charchiophc.

D el Poterlo.

Cap.

XV.

I l p o t è r i o * gli Ionij chiamano neurada. E frutice grande, con i rami lunghi, molli, fot. r<j tili, & arrcndeuoli a modo di farmcnti, limili alla tragacantha: & con le frondi picciole, & ritonde. Veflefi ilpoterio d'una fo etile,& lanofalanugine:& oltreaqueftoèp er tutto fpinofo.Produceifuoi fiori piccioli,&bianchi:& il feme di fapore al gufto acuto, & odorato, ma inutile. Nafce in luoghi acquofi, Sono le lue radici lunghe due ouer tre gom b iti, ferme,& neruofe rie quali tagliateapprefa fo terra diifillano pofeia un liquor limile alla gom m a. Pelle,& impiaftrate, conlolidano i nerui tag lia tì. Accommodali medelimamente la fua dccottione, quando fi bee, a i difetti de i nerui. Poterlo, & N o n hofin bora ritrouato alcun peritofemplicifla, che affermi nafeert il Poterio in Italia, ne manco chi lo fua eiliui. dimoflri portato d’altronde. 11 perche ageuolmente mi riduco a credere, che non nafea il Potcrio ne i noflri patfì, percioche fe ui nafeeffe, non potrebbe effere, che quefta nofr a età dedita molto a rintracciare i neri[empiici, non io fbauejfe hormai ritrouato : e r nufiimamente effendone defcritta l'hiftoria affai chiara tanto da Diofceride, quanto da altri de gli antichi. Onde non poffofe nonmolto marauigliarmi del Cornario, il quale f i perfuadc, che il Vote* rio altro nonfìa, che il Pruno faluatico :fciocchezza ueramente grande, er però dannato in ciò meritamente dal Poterlo ferir Eiicbfio. Scrive del Poterlo Galeno, qual egli chiama Neuras,all’ottano libro delle[acuità de[empiici,con que• io da Gal. Noni.

Jle parole . Il Poterlo, il quale chiamano alcuni Neuras, ha uirtu di diseccarefenza alcun morfo, di modo che Jì crede, che ei poffa conglutinare i nerui tagliati .L efu e radici hanno medefìmamente coiai f acuità, er fono alcuni anchora, cbnie danno la dccottione a coloro , che patiscono infirmila di nerui. Chiamano i Greci il Poterlo, TUtu'p/oiì : i Latini, Poterium.

D ell’Acanthio.

Cap.

X V I.

5*

H a l ' a c a n t h i o le foglie limili alla ipina bianca, Ipinofcnell’eftrem itàloro, coperte d’una lanugine limile alle tele de i ragni.della quale colta, & filata le ne telfono u d ii limili a quelle di feta. La radice, ouero le frondi beuute uagliono a quella fpetie di ipafimo, che fi chiama opifthotono. jha eflknu *85

C r e d o neramente che f Acanthio,il quale in quello luogo commemorò tra le ffinofe piante Diofcoride, non nafea, nefi ritroui in Italia. per non ritrouarjì chi ci fappia dimoflrare le) rondi d’alcunaffinofa pianta cofi lami* ginofe, chefi poffano del urlio loro tefferei panni, come quifcrijfcro Diofcoride, er Plinio al x i i . capitolo dd a ingannino coloro, che per!AcanEr ore di al- x x i i 11. libro. Et imperò è fenza fraude, da credere, che di gran lunga s'ingannino cuni. tkio ci dimojlrano una certafpctic di Cardo montano, lanuginofo in tutto il circuito delfuo ricciuto frutto. Per* 4$ ciochc oltre al nonhaucre egli lanugine alcuna[opra le frondi ;c quefta del frutto fottilifrima fenza alcun neruo, Nomi. e r del tutto frangibile,er difgrcgata. Chiamano i Greci l'Acantkio, A'xdvdiov : i Latini, Acantbium.

D ell’Acantho;

Cap.

V X II.

■ Lo a c a n t h o , il qual chiamano i Romani pederota, nafce ne gli h orti,& in luoghi humidi* & faffofi. Sono le fue frondi piu lunghe, & piu larghe della lattuCa, intagliate come quelle della ru­ chetta,nereggianti , lifeie, & graffe. Produce il furto lungo due gom biti, groifo un d ito , lifeio, ueftito per interualli fino alla cima da picciole frondi,lunghette, concaue, & fpinofe, dalle quali erte il fior bianco .Produce il feme lunghetto, di roffo colore . il capo del furto ha figura di thirfo. Sond e fue radici molli, uencide, uifeofe, lunghe,& roffeggianti. Le quali fono impiailratc conueneuoli al­ le membra imoffe,& alle cotture del fuoco. Beuute prouocano l’orina, ma riftagnano il corpo : Si fono grandemente utili a i thifici,a i ro tti, & a gli Ipafimati.

DeìrAcantho faluatico.

Cap.

X VIIJ.

N a s c e 1 Acantho faluatico limile al cardo > fpinofo,& piubreuedi quello,che fifemina, & fi coltiua ne gli h o rti. La cui radice è tanto in ogni colà efficace,quanto la detta di fopra. Acantho, & fua eflam.

T e n g o n o ficuramcntc tutti i piu valentifemplicifli de i tempi noflri, che /’Acantho effer non poffa altro, che quella pianta,che noi chiamiamo Brancha orfina A lc h e non ofo io negare, ne meno mi confido d'affermare,per* ciocie quantunque mi coftringc a crederlo oltre all’opinione di cofifatti Immini >il uedere io bauer la Branca or*

fini


Nel terzo Jib. di Dioicoride.

373

ACANTHO.

fina Ufiondi molto piu larghe, er pi« /«/Jg7;r della lai tuca , in* tagliate a modo di ruchetta, nereggianti, graffe, cr Ufete : er bduerlifiio parimente ilfufto,cr alto ¿Ila quantità ài due gcnt lui,graffo un dito,or ueftito da interuaüo adinteruaüo da cer* te affai placiólefiondi,da cui ñafie il fior bianco, er da qtkfto il finte lunghetto,cr rojfeggiantc : er piu olirei’barn ella la radice molto confórme a quella delÌAcantbo; nondimeno il uedere io macare le (fine a quellefue piu púdole fiondi, chefono fu per lo fu fo ,& effere per quanto fi può confida-are pianta po co botile per inteffcre,cf uefiire ne gli borii, er ne i giardini l'eitremità de i quadri del terreno, che fi coltiua, come riferìfie Plinio a x x i i.c a p .d e lx x n .libro : c r ii ucdcre,che quefìa in niun prezzo fia a i dì nofiri, effendo cojì apprezzata, cr cele* bruta da gli antichi-, mifa alquantofile tta r e f i fia,o non fia la Branca orfina il itero Acantbo. Ne ofla a quefie mie ragionili dire di coloro,che lefiondi A canthwe,chc fi ueggono in alcuni luoghifiolpite nelle colonne antiche,cr in quelle mafiime, che ad imitatione delle Corinthiefurono fabrícate,fono quejle ijlef fc naturali della Branca orfina. impcrochefi può loro ageuol* mente rifondere,che Icfcmbianze tra la Branca orfina,cr l’A IcanthopoffonoeffcrftmiU; manonperò effere una pianta mede , (ma. Et peró parmi,cbc dubbiofofia l’affermare,cr parimente uitiofoil negare, che fia , o nonfia la Branca orfina l’Acantbo : quifcritto da Diofioride . Pure per ritrouarfì nella Branca or fina tutte quellefaculta da coloro,che l’hanno in ufo nel medica tfycbe affegnano Diofioride,cr Galeno aU'Acantbo : cr il con fiderare io, che tal bora il dire di Diofioride, che ella habbia le piu púdole fiondi,che fono nelfitflo fiinofe, fi poffa intendere — « 3 acute iu modo di fine,fenza ch’ellefieno fin o f i con effetto; C 3 l che mi conuinca a dire, che fenza riprenfione fieno tutti n . -i n ~ ^ n „ c°l°ro,che dicono, c r credono effere l’Acantbo, c r ia Branca orfina UI* P ‘4£ * uede^fim am fillm ente,cbe tutte Poltre noti ui corrifondono . Ne otta , che firiua flutto,clxurfafit l Acantbo negli boriti estremità de quadri del terreno ..imperocke quantunque non fia per f i

7 T t ñ T l^ T 0f nio e^¿befue,crparimenteifu ü i u c n c id i,¿ arrenderli, fi può a g ilm en te credere,che fi poffa egli accomodare a co tali ornamenti. Per quefie adunque ragioni credo neramente, che non errmo coloro,che tengono che lo Acantbo,cr la Branca orfina ftano una pianta mede/ima. Trouafi( come pur di CC^ f f c ^ ^ ja f fb o r a l Acantbo faluattcofìmile al cardo,di fiondi affai piu breui,che’l domefiìco. Et imperò di* Arfthofcri« cw fk iù m e to Vlmo,cbe era VAcantbo dt due dìuerfef e t t e . Scriffe dell'Acantbo Galeno al v i . delle faculta t d l c d ! io ÌlJ ÌtC' nd° ’ Cu lT l mr AcaJntho, , i lc m Mclamphitto, c r altri Pederota. Hanno le fiondi medio. 4 ere uirtudtge&iua. come chcfialafua radice diffeccatiua, inctfiua, cr di parti fattili compaña. Chiamano?A* Na ’ £ Kf ° !; 1 L %tn‘ >

•• [redefihi Bere« klauu : li Spagnoli, Terna giguante,er Branqua

t b t f y ^ f t r f i f ,Br<mZeWr^ne ‘

L A ^ n tbo [abiatico chiamano i Greci , A?**tOad>eU : i Latini, Acan*

DeH’A nonide , ouero O nonide,

Cap.

XIX.

V ^ Nro^ I 5 >E > ,a quale chiamano alcuni Ononide, i rami folti,piu lunghi duna (panna, cinmola nodi, & concaulta d ali. Sono i Tuo i capitelli ritondi,& le frondi picciole,& fottili limili SO noqn ,el er f Ìenì1CS l Cj° r r0 f ? ! 3 rUta’° d e llo to dei prati, alquanto pelóle, & odorate, d’ odore ' ir a to * j er^a<' ^ crba nel falc,alianti che produca lefpine, per elferc coli m olto aeeradeuole & d S 1 ' ° d rC0n0 ‘ fu° ‘ ram“ fccIli ferme,forti,& appuntate fpine. E la fua radice bianca, calida, bn ri ^.CC3“ ua,La CU1 f or.tecc,a b5uuta con uino prouocal’orina.& rompe le pietre: corrode lelab-

te imi; l J C n [ An nide " ** T C°ltinitittrtcni *tr tUtti ^ ueramen. Anoni. duUauorftori f i f T T / Fal trff emi>iZ Ze »cbtZU ^ribuifee Diofioride. Dconofcìnta ben,fimo L c t Ù

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CUl^ Uir t05 % mnCr m T dri i • C h m a fih A n o n i d c i n luo¿ h idlL5l’*rdÌ Ei l Z m r Ì r Lfi0n D/o/eori^noiidimeno ñafie ella per tlpiu confian encarnad porporeggiane me c h e f tic ru m a di quella,che liproducegialli, la quale in alcuni luoghi non ¿finofa. Scrife dcÜAnonidt 1

fotto’l

.


Adonide ferit tada Theop.

?7 4

Diicoriì del Matthioli a d o n i d e

.

Anonidc feri» » d a Gai.

Nomr.

LEVCACANTHA.

fotta l nome d’ononide Tbcophrafto <ti x.eap-del v i .Hb.ddH'ì fior, delle punte,con qttefte parole. L ’ononide ha i rami¡pinoci Cr durafolamete un’anno. Le fòglie ha ellafìmili alla ruca#H’ìn torno per tutti i rami,di modo che rapprefentano quafi una¡he* tic di ghirlandala il fiore minuto,il quale noe per tutto ferra to dall'¿meglio, che lo circonda. Hafce in terra uifeofa, & graffa,XXfaetialmente tra le biade, XX altri luoghi coltrati: .XXperò è nimica degli agricoltori. E pianta uiuacifiima : im■ peroche doue ritruoua buon fóndo di terreno ,fa le radici pro­ fonde : da cui nafccndo poi ogni anno dalla bada nuoui ramiXan I* no feguente f i profóndano anchorlor interra. Et però a uolcr la diflruggere bifogna cattarla,x~ fiirparla tutta. Comincia a germinare lafiate, ex maturarfl l’autunno. Scriffene dnchora Plinio al 1 1 1 1 .cap.del xxv 11 .lib. co/idicedo. L ’AnonidcJa quale Ononide anchora fi chiamai piantafólta di rami,etfareb be fimile alfiengreco,fe ella nonfuffe piu ramofa, expiu htrfu» t a . ha buono odore,ex diuenta fptnofa dopo la primauera. Il che difie Theophrafio accadere nell’autunno, come per il iterofi difccrnc. Onde pare,che qui Plinio no intendeffe ben Theophra fio, ne fapefie la natura deR’Anonide. V ir tugrande ha lafua n io dice afare orinare le reneUe,ex roperle quando oppilano le uie dell'orina. Il perche affai da quefia influenzaf i fon liberati,ufm do di berefaejfio lapoluerc delle radici conuino. Ho conofciuto io chi con l’ufo di quefiafu liberato da una hernia carnofa,dì no tubile grandezza la quale non penfauano i medici di curare, fe non co’l taglio. Commemorò l'Anonidc Galeno a ll'v i li .delle facuità de femplici,cofì dicendo. La radice deU’Anonide è calU da nel terzo ordine. La fua corteccia ¿grandemente utile. H4 alquanto deUafterfiuo,xx dcll’incijìuo. E t imperò nonfolamen* te prouocal’oriita;ma rape anchora le pietre. Per la medefima jo facultà leua ancho uia prefiamente l’efchare .Vale a i dolori de i denti,coccndola nel?oxicrato,ex lauandofi la bocca con la fua decottione. Chiamano i Greci /’Anonidc, AW U ,e x O;»» rii : i Latini, Anonis, ex Ononis : i Tcdefchfuauuhechtfex StaUkrraut : li Spagnoli, Gatilhos, ex Gathinos : li trancefi, Bttgraucs, ex Bugrundcs.

DellaLeucacantha.

Cap.

XX.

L a l h v c a c a n t h a ha la radice fimile al cipe- 4» ro ,foda, & amara.La quale mafticata leua uia il dolore de i denti. Gioua la Tua decottione,beuuta con uinoal pefodi tre ciathi,a gliatichi dolori del coftato,alle foia tiche,a i rotti,& a gli fpafimati. Fa il rnedefimo ancho« ra il fucco dellaradice.' Leueacatha , & fua eflara.

Errore del Rutllìo,

E r r a n o manififiamente coloro,che tengono,che la Leu eacàtha,cio è Biancafaina,feritta nelprefente capitolo da Dio feoride, ex la Spina bianca, di cui poco qui difopra s’è detto, chiamata Bedegttar dagli Arabici,fieno,et s'intendano per una 5* cofa medefima,come alcuni de i piu dotti de i tempi noflrifi ere dono .T ra li qualif i uede tacitamente efiere il Kuellio : intpe* roche douédo egli fecondo il fuo ordine fiubito dopo l’Anonidc, nella fronte del cui capo fegnó ìnfiememente il capo della Spini bianca anchora, la qual doueua egli a differeza dell’altra nomi ture Biancafaina,trattare di quella Thiftoria, non ue ne fcrif* fe,trattato che a lungo hebbe dell'Anonidc,parola alcuna. Il che ne dà manifèRo inficio,che fi penfiafifie efferc quefie due pian te una cofa medefinta,er batterne a bafiattza folisfatto al capo, proprio della Spina bianca. Dotte quantunque ( pofeia che di quella, che Be degnar pur chiamano gli factiali, hebbe detto) comcmoraffie egli una altrafaetie di Spina biaca,la qual crefee

inaffiti


Nel terzo lib.di Diofcoride. in affaigrandetto, er fólto arbufcetto, ufatada noi in Tofcana, cr in altri luoghi d’Italia perfar le flepi de campi ; nondimeno per queflo nonfodisfice egli a d im oiare, che quella fuj]c la Leucacantha di piofeoride : percioche pa rota alcuna di Leucacantha non nifi legge. Anzi che non accorgendofi nel fine del capitolo di quale egli fi ferina, attribuì alla radice di queflo arbufcello fainofo,il quale(fe non m'inganno ) è il rhanmo bianco di Diofcoride, tilt* to quello,che alla fua Spina bianca,onero Bedeguar de gli Arabici, attribuire Diofcoride : cofa ueramente erro* nea,cr in tutto dal itero aliena. Il che mifa credere, che 0fonnacchiofo, 0 con poca attendone feriueffe di ciò il Ruellio. Conofcefifermamente non effere la Spina bianca, c r la Bianca¡fina una cofa medefhna,nonfoUmcnte per Diofcoride ddigentifimo femplicifla ; ma anchora per Galeno,pcr Paolo, cr per Plinio, li quali deh'una, cr dell’al trafcriffero diligentemente per diuerjì capi, dando a ciafcuna uarie c r differcntifacultadi. Della Spina bianca, di io dii difopr¿dicemmo,fcrijfe Plinio a lx i i.cap.del x x t r 1 1.libro,coft dicendo. Il fané detta Spina bianca aita con tra attepunture degli feorpioni: cr le ghirlande, che fi fanno d'effa, portate in capo leudno il dolor dì quello. Ma altre lode da quelle differenti dette egli atta Leucacantha a l x v i .cap.dd xx 1 1 .lib.quando cofidiceua. La Leu* cacantba, la qual chiamano alcuni phitton,altri ifchiada,cr altri poligonato,ha radice fìntile al cipero : la qual ma* (licuta toglie il dolore dei denti : e r parimente quelli de i fianchi ,er de i lombi, beueniofi ( come fcriffe N icefio ) otto dramme delfuofeme, onero delfuo fuoco. Gioita anchora a i rotti,er agli Raffinati. Il che doueuapur uedep re ejjendo Pianano il Ruellio,alteramente hauerlo creduto ad Hermolao, da cui haprefo i capitoli tutti interi in a* gnifemplice, che et deferine :percioche chiaramente auertifee egli ciafcuno,che nonfi debbia credere ejfer quefte due piante una faetie medefima. Oltra di quello pormi da direbbe qui fìa la Leucacantha una pianta d’un herba, cr non d’arbufcello,che nafea per le fìepi, come [¡crede il Brafauolancl fuo trattato dei ftropi neljiropo d'capato* IO no .Percioche in queflo luogo d’hcrbe,cr non d’alberi tratta Diofcoride: il quale, come colui che dette piante heb«= be uera notiti*, fcnjfe di quello arbufcello (fecondo il mio parere ) al capitolo del rbatnno difopra nel primo libro» dotte parla egli di quellafaede del bianco. Ma ueramente per non fcriuere Diofcoridc, ne manco Plinio quali er cbcnti fienale fiondi, tlfufioM fiore/ 1 feme detta Leucacantha,diffidi cofa mi pare il fipere apporfì qual pianta flpotcfje hoggiper la Leucacantbamflrare in Italia. quantunque nonfujfe del tutto da biaflmare chi dicejfc , che quelli ¡pftie di Cardoncfaluatico, le cuifiondi fon per tutto macolate di bianco colore,il qual chiamano alcuni Car* do di f.anta Maria, & altri Herba del latte, fuffe la Leucacantha. Percioche oltre al poterfì conietturare, che age* uolmente le bianche,crfa effe macole,che produce ella infu le grandi,cr fainofe fuefiondigli baueffero dato nome di leucacantha; fi inde effsr manifeflamente la fua radice foda,cr amara. Ma non però qtcfto dico io,perche lo uo gli affermare. Scriffe detta Leucacantha breuemente Galeno a lv i 1 dettefacilità defemplici,cofì dicendo.chia • j ° mino alcuni la Leucacantbapoligonato,cr altri ifchiada. La cui radice è amara, er incifiua. Difficca nel terzo ordine,crfcalda nel primo. Chiamano la Biancafaina i Greci, A« v : i Ladni,\Albafaina .

Della Tragacancha.

Cap.

X X I.

L a t r a g a c a n t h a è una radice, che nafee nella fuperficie della terra, largha, & legnoià : dalla quale procedono fermi, & baisi ram i, li quali ampiamente s’allargano . Producono quelli mol te picciolc,& fottili trondi : le quali afeond ono fotto di loro lefpine bianche,f<*rme,& diritte. Ghia màG anchora f ragacantha il liquore congelato,che diftilla dalla fua intaccata radice. Del quale quel lo è il migliore,che è trafparente,Iifcio,& lottile, puro, & alquanto dolce. La uirtìì fua è di ferrarci 40 porri della pelle, come fa Li gom m a. Halsi in grande ufo per le medicine degli occhi,alla toiTe.all’as iprezza della gola, allauoce fioca,Se a tutti i flufsi del catarro,acconcia inlettouario con mele: tienfi lotto alla lingua, & lafciafi a poco a poco liquefare. l.iquefafsi nel uino palio , & bcuefi al pelo d’una dramma per li dolori delle rcni,& rodimenti della uefcica, aggiuntoui corno del ceruo abbrufeiato » & pofeia lauato, ouero un poco di alume fei fsile.

y*

• VSA

Errore «U1

Braiàue.la.

Leucacanth»

ferina da Ga kno. N om i


• 57¿

Difcoríl del Matthioli

V n a pianta di Tragacantha, da cui ¿¡lata ricauata L preferitefigura, bebbi già io da alcuni amici portata di Tragícátha, & lúa eliam. Puglia dal monte Gargano : la quale, come fi uede, corri]]?onde in ognifua parte aU’biftoria,che ne fcnfje Diofio* ride. La gomma poi,che difilla dalla radice,quando in diuerfì luoghi fi fin fee, chiamata da gli frettali Gomma draganti, c da tutti conofciuta, per ritroitarfì copiofa in tutte le frettane : er porta/ìci in Candía, di Grecia, parimente i K\ìa. E oltre a ciò da[apere, che nonfríamente dtñilla quella gomma dalle radici prima ferite con Errore de i firro >'ma aneli ora ( comefcriue Theophrafto) perfe medefima, rompendo dalla banda la corteccia. Vogliono i Frati. uenerabili Prati de i zoccoli commentatori di Mefite,che la gomma dragati dellefrettarie nonfi deue in alcun modo tenere per quella, di cui intefe Diofcoride tpercioche quefla tenuta [otto la linguafi liquefa, <y la uolgxrc, che è in ufo nellefretiarie, non fi liquefa mai , ma diuenta moüicchiofa, er uifeofa» come una paña. Ma panni uera* mente, che habbiano intefo molto male il teño, er la mente di Diofcoride. impcroche non dice, ne intende egli, t# che fiala gomma pura della Tragacantha, che tenuta fotto alla linguafi liquefacci : ma dice che ciò fa ella acconcia in iettouario con mele. cojì rifuonano lefue parole . L ’ufo di lei è per le medicine degli occhi , per la t offe,per l't . [prezza dellefauci,per la uocefioca, er per tutti iflufii del catarro, acconcia in lett ottano con mele: tic tifi fitto alla lingua, er lafciafi liquefar pian piano. Dal che è chiaro, che mole Diofcoride, che fi debba tenere la gomma compofla con mele in Iettouario fitto alla lingua, er non la gomma pura : comefanno tenere gli frerimentati me­ dia le pilule bccbiche.er con i diadraganti ifiefii, doue entra dentro la Tragacantha. Ef perche i medicamenti, che hanno da purgare la canna del polmone, il polmone, e r il petto, hanno bifono di liquefarfl in bocca con lun* ghezza di tempo,accioche rifilando penetrino a i predetti luoghi,uolfe in queño luogo Diofcoride, hauendo de« fcritto il Iettouario, darne il methodo,come fi doueffe adoperare. Imperoche mangiandoli, er inghiottendoli in un tratto,niente uigiouarebbe .E t è da penfare, che f i Diofcoride haueffe intefo dellafimplice gomma, haurebbefig« ia giunto, perche effetto fi doueffe far queño : percioche il dirfilamente,tienfifitto alla lingua, er lajciafi liquefare, fenza dire ne perche, ne per come, no ha apparenza alcuna, che intendefie egli dellagomma : ma ben del lettoua» riofatto con mele, di cui già prima haucua detto i giouamenti per la t offe,per i’afrrezza della gola,per la uocefio* ca,ey per i flufii del catarro. Dal che èckiaroefferjiin queño come in molte altre coffe ingannata Frati Juddetti. Tragacantha Scrijfc dcllaTragxcantka breuemente Galeno all’v m .dellefaculta de [empiici, in quefio modo. La Traguean fcrictada Ga tha ha uirtù fin ii e alla gomma,con una certa uifeofità, er piu rimeffa acutezza . er diffecca nel medefimo modo. Jeno. Chiamano i Greci la Tragacantha, Tfety¿n»v9u. : 1 Latini, Tragacantha : gli Arabi, Chitira, Itica, Cbateth > bangi. Alcutcd, er Alcbatbad : t Tedefihi : Dragarli : li Spagnoli, Alquitira .

D e ll’Eringio,

Cap.

X X II.

30

E c o n n v m e r a t o l’Eringio tra le piante ipinofe.Le cui giouanctte (rondi s’ufano ne i cibi condire con tale. Sono quelle larghe,per intorno afpre, &r algu ito odorate,ma crefcendo pofeia intorno a i furti diiie tanofninofe.nelleeui fommità fono alcuni ritondi bot toni,armati da dure,& pungentifsime fpine,Ie quali per ogni intorno in forma di rtelle gli circódano. è il color lor hor uerde,hor pallido,hor bian co, Si qualche uolta celeftino.Laradicefuaè lunghetta,larga,grprtaunpol- 40 lice,nera di fuori,bianca di détro,& odorata.Nafce nel le campagne, in luoghi afpri. Ha uirtù di fcaldare. pròuoca beuutad meftrui, & parimente l’orina : rifolue le uentofità,& i dolori del corpo . Beucfi utilmente cóui no ne i difetti del fegatosi morfo de i uelenofi animali» & cótra li uelcni beuuti.Beuefi il piu delle uolte al pefo d’una dramma cófem e di paftinacafaluatica.DiceG,che portata addoflb,ouero beuuta,rifolue itu m ori. Oltre a ciò beuuta la radice in acqua melata, gioua al mal cadu­ c o ,& a quello fpafimo,che fi chiama opifthotono. fr

Eringio, & ina edàm.” Errore de fpetiali ■eh.

t

E r r a n o fenza alcun dubbio i no&rì frettali Sancfi ,to* gliendo per le radici deli Eringio,che uolgarmcte chiamano Irin go,le radici di quellafrinofa,crefra, er breue pianta, che chiù* mano in Tofana Cacatreppola. Del che dà manififto iniicio il no n rifondere ella punto alla fembìanza del uero Iringo.Uafie però il uero in uarij er diuerfl luoghi d'Dalia, er fretialmente appreffo alle mura dì Trento,cr copiofifiimo anchoraper tutto il contado di Goritia. N afeene unafretie dì marino appreffo a i lidi del mare intorno Vinegia, confiondi molto piu larghe del ¿0 montano : le cui radici per effer piu tenere,er piu lunghe, fono per condire molto piu conueneuoli. Di queflo non fife Diofcoride mentione,ma ne trattò ben Plinio al v i i .cap.del x x 11 .libro . E t però non poffo io in modo ue* rutto


Nel terzo lib.di Diofcoride. ERINGIO

MARINO.

rutto couenimi con coloro,che uoghono che queilo Iringo ina rittof u il Crocodilio , come ho detto di fopra. Errano (unil* mente coloro,chefi credono, che [Iringo appreffo a gli Ara* bici ih il Secacul. Il che appare per non allegare Seraptone in quejlo capitolo Diofcoride, ne Galeno citati,er ptr tutto imi­ tati da lui ; immo e r recitati fedelmente di parola in parola nel fuo libro dell’biftoria,o~facultà de fempiici : ma folamente u* fare autorità Arabiche. Il che dà inditio itero che il Secacul fauna pianti conofciuta dai Greci, er differente dall’Im i’ g o . Imperochefe l’ Iringo, er il Secaculfcjfcro una cofa mede* fina non haurebbe pofcia Serapiottefatto dell'lritigo altro par» ' ticolar capitolo di mente di Diofcoride , c r di Galeno, ne fa t­ tolo nelle uirtù lungamente differente da quello. Onde non po cos’ingannano alcuni, che penfandofì efere il Secacul, & i l * ringo una medeftma pianta, danno le radici del nero Iringo con dite hor con zucchero, er hor con mele per aumentare le fòr* Ze uenereeneglihuomini A lche nonritrouoio,chefcriuefje* ro Diofcoride,er Galeno dell'Iringo, come che Serapione al Secacul Ìattribuita, non conofciuto da noi. Olirà di quefìo è da auertire,che confónde Serapione [After Attico di Diofco= ride, or di Galeno con l'Iringo, ingannandofi delle ftelle, le qualifa [Iringo attorno a i fiori, ciò è quei bottoni, che egli produce. Commemorò [Iringo Galeno al v i . delle facuità de i femptici,cofìdicendo. L 'Iringo fupera di poco di cahdità quelle cofe,che fon temperate. ma neramente non è poca feci* tà,quella ch e f ritroua nella fua fottile effenza. Chiamano i Greci [ Eringio, H>tlyyiov : i Latini ,Eryngium : i Tedefchi, Brachcndiftcl, Manftreuu : li Spagnuoli, Cardo corredor : er li Yranccfì, Panicault.

D ell’Aloè i A L O E .

577

Cap.

X X III.

L a a l o e produce le frondifimili alla fólla,grof fé,grafie,& di fattione poco larghe,ritonde,& aperte di fottorle quali da ogni lato hanno inordinatamentecer te corte fpine difpoft c per affai lunghi interualli.Produ ce il fufto limile all’antherico,il fior bianco:e’l frutto fi mile all’amphodillo. Spira tutta la piata, la quale è ama rifsima algufto,digraue odore.Procede da una fola ra ^icejfimile ad un palo fìtto nella terra. Nafce abondan tifsima in India,onde fi porta a noi códenfato il fuo fuc co. N afce parimente in Arabia,in Afia,& in alcuni luo­ ghi maritimi,& ifole,com ein Andro,non troppo utile per cauarne fucco, ma per fcaldarc le ferite m olto buo na,quando ui fi mette {opra pefta. E il uero fucco con denfato di due fpetie.-uno ciò è arcnofo.chc pare edere il fondaccio dell’elettifsimo:& l’altro è cógelato a m odo^ i fegato. Debbonfi eleggere l’o d o ra to , il (ince­ ro, che fia fenza fài&i, & fenza rena, fplcndido, roffeg= giante,frangibile,che fi raffembri al fegato, che ageuol mente fi liquefacela,& che fia amarifsimo . Riprouafi per lo contrario quello,che è nero,& che non facilmen te fi rompe.Falfifìcafi l’aloè con gomma: ma fi conofce il frodo nelguftarla, all’amaritudine,al fuo grade odo re,& al non ftritolarfi,quando fi frega tra le dita, fino al 1 ultimo granello . Fallifìcanla alcuni altri anchora con 1 acacia. Ha l’aloè uirtù di riftrignere,di diffeccare, di prouocare il Tonno,di raffodare i corpi, & di foluerc il uentre. Beuuta al pefo di due cucchiari con acqua frefca,ouero tepida,o con fiero,purga lo flomaco,& riffa gna gli iputi.e’l rigittare del fangue.gioua fimilmétc be uutaal pefo di tre oboli,oucro d’unadrama altraboco

I

3

del

Errore di m olti.

Errore di Se­ rapione .

Iringo (cric— to da Gal. N om i.


/

qyS

Difcorfi del Matthioli

del fiele. T o lia con acqua,o con ragia,o có rnelecotro folue il corpo:ma purga perfettamente toglie dofene il pelo di tre dràmc. Corregge l'altre medicine purgatine quando s’incorpora có die, Se le fi manco nociue allo itomaco.Secca,& poluerizata,confolida ieferite;ferra,& cicatriza l’ailceie,& priuatamente quelle delle parti genitali : ricongiunge i preputij de i fanciulli, quando fi rompono. Me dica incorporata con fapa lepofteme del federe, & parimente le fifiiire: rillagnal’abondanza delle he morrhoidi,& i flufsi del {angue : falda le reduuic delle dita. Im piagata con mele fuanifee i liuidi.addolcifce le fcabrofità delle palpebre,& mitiga il prurito de gli angoli de gli occhi. Applicata alla fron te,& alle tempie con aceto,& olio rofadoleua il dolor del capo. Ferma con uinoi capelli, che ca* fcano : & gioua con m eie, & con uino a i difetti del gorgozzule,& delle gengiue ,& all’ulcere della b o cca . Brufciafi l’aloè per le medicine de gli occhi in un tefto affocato, & ben netto, mcfchiandola io con una bacchettajacciochepiu ugualmente fi brufei. Lauafipofcia,& gittafi uialafabbia, che difcc de al fondo, & ierbafi quello,che è grafsifsimo,& leggiero. Aloe, & fui N o n r neramente da dubitare,che l'Aloè, la qual ¡'tifa copiofamente nelle foetìarie di tutti Italia, non fìa hutoria. quella itera,che ne fcriue Diofcoride. imperochc in quella, che per la piu eccellente, er piu pura ft tiene ( come che dettafalfificata affai fi ritroui) fi ueggono manififlamente tutte quelle note, c h e f danno alla migliore. Sono a i tempi nottri le piante della Aloe in Italia notißime, doue nonfolamente in Napoli, er in R orna fe ne ueg* gono infu le fineftre, cr infu le loggie in diuerft uafl di terra infinite • ma quafl uniucrfalniente ( quantunque non coft in gran copia) per ogni altra città d’ Italia, tenute piu per ornamento, che per medicina. comefanno parimen* te con quella pianta,che chiama Plinio O p v n 1 a . Le cui fiondi fono moito piu große, er piu larghediqueU io le dell’Aloè : e? di tal natura, che )ficcandone una fòglia, es­ O P V N T IA . piantandofi in terra non altrimenti germinafacendo radice,che f i fuffe piantata tutta la pianta intera. Onde non hueramente picciolo fpettacolo da uedere, quado co’l tempo produce ilfrut tofimile a ifichi : dal che ¿fiata chiamata da alcuni Fico India n o . Riprende agramente il Maliardo da Ferrara, er pari* Difenfione mente Leonardo Fuchfio, Mefue ; per hauere egli affermato, di Melile. che í A loe, che fi toglie per bocca perfoluere il corpo, apre le bocche delle uene, facendone ufcìr fuori il fangue, per effere cofa(fc però cofi creder fe gli debbe) del tutto contraria a Dio 50 feoride, Galeno .A lch e ageuolmente fi ridonderebbe ino* ftrando loro, come ben ¡ ’ingannino, fefi richiedere in quejlo luogo di trattar tal materialer fi io non hauefi ueduto effer sìa to rifoofio loro fuffìcientemente dal Siluio medico de noflri tem pifignalato neglifcritti fuoifopraMefue, e?auantida badai GrationopoUtano : i quali con cofi uiue, er uere ragioni han« nodififo Mefue, che nella retta piu hormai al Maliardo, crai Fuchfio, con che poffano lacerarlo. Scriffe dell'Alce Gale* no al vi. dellefaculta de i fempliei, cofi dicendo. L ’Aloè non Aloe ferina ñafie troppo apprejfo a noi : er quella,che ñafie nella gran So* 40 da Gal. ria, è piu acquofa, er manco potente: nondimeno può ella tan* to diffidare, che può ageuolmenteftldare le ferite. Ma quel­ la , che nafee nelle regioni piu calde, come è la Celcfiria, C7 l’ Arabia, c molto migliore. L’ottima è l'Indiana, il cui liquo­ re ¿quello, chefiporta a noi nominato Aleo, medicamento ut* ramente utile a molte cofe, per diffeccare egli finzq mordacità alcuna. E certamente di nonfimplice naturarla fecondo ilgitt dicto delguflo, c infiememente cofirettiua, er amara : coflret* tiua dico leggiermente, mafòrtemente amara. Solue anchara il corpo . Et imperò ¿ mdtiifèfto (fe ueramentt ci ricordiamo di jo ,, quello, chefu detto nel quarto libro)ch’eüafia diffeccattiua nel terzo ordine, er calefattìud nel fine del primo, onci principio delfecondo. Del che danno nero teftnnonio le fue particolari operationi -.percioche l Aloe ¿medicamento, fe alcun altro, utile attofiomaco :fanal’ulcere maligne* CT contumaci»er mafiime quelle del federe, c r de genitali ■ alle cui infimmagioni gioua ella quando ¡ ’impatta coti acqua. nel qual modo confonda anchora le fin te ,cru a le atte infiammagioni detta bocca, del nafo, c r de gli oc chi .Infommapuo ella infiememente ripercuotere, c r digerire. E alquanto afterfiua, ma tanto poco, che niente moietta l ulcere pure. ^ Et att’ottauo libro dette compofitioni de i medicamentifecondo i luoghi : Commanda An* dromacbo(diccua)cbc l Aloe per far la Hierafia lauata,come anchora alcuni altri hanno detto : ma alcuni altrifo* no, che ¡.1 mettonofifoca lattare. Ilpercheèda fapere,che per foluere il corpo¿ molto piu atta la non lanata * la quale danno alcuni nettefèbbri molto deboli, er non grandi. D eronla de gli altri in cotali deboli fèbbri, CT co* ¿0 nofiendo non hauer fatto nocumento alcuno la (perirne ntarono pofoia congrìi danno nelle altre. Molcfia grande* mente anchor quella che ¿ lanata coloro, che ¡ ’infirmano per mala complefiione calida, cr ficca finza alcuna pre*

1

finza


Nel terzo lib. di Diaiconde.

379

Ù K iih u m ù c o rr o tti . R u m p o n en te fintile[m ono anchor quelli, chepaiifcono per d M 'm p m u compiei* [ione/rigida, & f e e d e r umuerfalmentc tutti c o lo r o ^ perfola qualità fono afflitti m qualche membro del cor, P° • f i o c h e quando il cattino temperamento e negli tumori, affiora bene ui jìricercano quelle cofe, che ti poi» fono euacuare : ma quei corpi, in cui nónfirhrouano cotali tumori, diuentano con l'ufo de medicamenti fatti con l'aloè thifia , er marafmati. Et pero la lucra dell’aloè e utile per purgare l'hutmduà corrotta nelle toniche dello {torneo. Taft cotale emettanone di quello cofi nociuo humorefolamente con l'A loè, come con cofa, in cui è f a culti non molta di purgare : ma tantafolamente, che può purgare quella regione delloJhomaco, ch'ella tocca , c~ qualche tioltacfienderfi fino a ¡luoghi del fegato, quando p(u copiofamente ella fi prende-.ma non però può ella purgare uniuerjalmente tutto il corpo. Tra le cofe piu contieneitoli, che s'accompagnano coneffa, è il maflice. 10 come cofa ftomacale, di grato odore, c r che può rompere la fòrza medicamentofa, che ella'pofiiedc. Oltre a do c conuenientif.imo compagno dell’Aloè il cinnamomo,per effer egli nellefue parti fottilifimo,Cf aperitiuo delle uie detto fontjco , a&erjìuo,®- cofa che affotiglia gli humorigrofi, er uifcojì, che uiftntrouano. Pcrcioche éffen*

>A i a - o ! r C> ■ cutofM ftM tiu *.im può tirare t gròf i humori. Et però e egli ualentifimo rimedio delle coleriche dlfpojitioni delloftomaco, di modo che molte uolte ut unofola giorno ha curato di quelli, che non poco nepatiuano. Quello tutto in quel luogo diffe Galeno, affermando che l'Aloè nonpuo purgar tutto il corpo. ina altrimenti contradicendojì dijfe egli nel libro della tbertaca a Pifone(fe però coiai libro e di Galeno, del che lo iofempre dubitato) co/ì dicendo. L ’Aloè coftringe, er parimente lafqiuma del rame, la carne dell'ulcere, er diseccano iflufii che ui difeendono. Ma quando poifi prendono per bocca,purgano uniuerùlmente tutto il cor­ po- Soluc l Aloe(fecondo che riferifee Mefuefia cholera, cr laflemma : er mondiflca la tedia da quelle ,& p a > 10 rimente loftomaco : er gioua àilor dolori, er particolarmente aU'infiammagiom dello ftomacofaldato per abon danza di cholera. Liberal’ufo quotidiano delf Aloe da i morbi mortiferi: er folio infume con mirrha preferì m non folamente i corpi morti dalla putredine ; ma anchora i uiui. Applicato con fangue di drago,e r mirrha fatta iulcere maligne er difficili : perche può egli diffeccare fenza ueruna mordacità. Acutfce ifentimemi, er ¡’¿ni elici to . pifoppila il fegato, er cura il trabocco del fiele. ma nuoce ali’kemorrhoide, er à tutte ì’altre infiammai ioni delfedere. Et però bifogna chefen’aftengano coloro,che pattfona di cotali infìrrnità. Quefto tuttodiffe Me/ue. Ammazza oltre à ciò tolta con mele oueramente con latte i uermini del corpo : il che fa fmilmente impiaflrata di fuori intorno aU’ombìlico,impajìata con aceto,er fiele di bue. Chiamano l’Aloè i G reci , A\oW. i Latini, Aloe: gli Arabi,Saber,Paber,ouero Subarti Tcdefchi,Alipatic,zr Bitter aìoes : li Spagnoli,tìierua babofv.cr iiranccfi, Aloes,onero Perroquet.

30

D ell’Aflenzo.

Capi

XX m i.

L o assenzo èherba uoJgari{sima,& nota. TrapaiTa ogn’altro di bontà quello, che nafee in Ponto, in f Cappadocia, Se nel monte Tauro . E calido, & coftret tiu o . fa digerire, & purga gli humori colerici,che s’at­ taccano allo ftom aco, & alle budella ; prouoca l'orina. Mangiato da prima impedifeei nocumenti del crapola re-Bcuuto con fefcli,& con nardo Celtico, gioua à i do lori dello ftomaco,& uentofità del corpo; prouoc3l’ap ■ petito.Sanalafua infufione, oucro decottione bcuuto ogni dì al pefo di tre ciathi,coloro,à cui è traboccato il fiele. beuuto,oueroapplicato con mele,prouoca i me ftrui:Beuefi con aceto utilméce contra à i fonghi malefichi : & con uino contra l’ixia,cicuta,morfo di topo ra g n o , & di drago marino. Vngcfi con mele,& con nitro utilmente alla ichirantia : con acquatile epinittidi: con ; mele,à i liuidi, alle caligini de gli occhi, & parimente al ; l’orecchie,che menano. Gioua il uapore della decot. tione applicato per fumento a i dolori de i denti,& del. le orecchie. C o tto con uino palio,& fattoneimpiaftro gioua à i dolori de gli occhi, trito , & incorporato con cerotto liguftrino,cóferifce alli precordij, & al fegato: con cerotto rofado alio ftomaco lungamente laguido: & con farina di loglio, fichi lecchi,& aceto à gli hidro* pici,& difetto!! di milza. Fafsi dcll’aiTenzo il uino prin ' cipalmente in Propontidc, & in Thracia,il quale ulano a tutte le cofe predettc,douenonfi ritroui febbrc:ufan lo fimilmcte la fiate,credcdoiì per quefto di cóferuarfi fan i. Credei! che meifo lalfenzo nelle carte ,& negli ar - — mi 1 <j \> ■— marijconferuileueftidalle tignuole.credei! parimele, «he unto có olio cacci uia i cufici <ja doiÌo.L’inchioftro fatto della fua infulione,prohibifcc che i topi non

Contradittio ne di Gal. Aloe ferite da Melile,

Nomi.


¿So

Difcorfidel Matthioli

non rodano ¡lib ri, con cui fi l'criuono. A tu tteleco fe predetteli diceualcreiliucco: nondimeno nelle beuande fi danna: imperoche nuoce egli allo ltom aco,& fa dolor di ted a . Panificali mefcolandouifi della morca dell’olio cotta.

D elfA iTenio marino,ouero Seriphio.

A (Temi, & lo ro cilamin.

Cap.

X X V.

Lo assenzo marino, il qual chiamano alcuni Seri ph io, nafee copiofifsimamente in fui monte Tauro ap preflbàCappadocia, & àTaphorili d’E g itto . Vfanla gli Iliaci facerdoti in uece di rami d’oliuo. E herba.chc it produce i Tuoi rami Cottili,li chili al picciolo abrotano', carichi di minutifsimolerne,amarettajnimica dello dò m aco, di grauifsimo odore,& con qualche calidità co ftrettiua.Cotta perle fola, ouero conrifo »mangiata, con mele, ammazza i uermini tanto larghi, quanto ri­ tondi. folue leggiermente il corpo:fa il medefimocot ta con lenticchie,& nell’altre uiuande. Ingraflafi gran demente pafcendola il beftiame. Enne una terzafpetie,del quale ne nafee in Francia oltre all’alpi grancopia,chiamato Santonico: percioche Santoni fi chiamano quei p op oli. è limile all’aifcnzo, ma non coli copio fo di feme,ma bene amaretto. Può tutto quello, che il feriphio.

T r e sono le frette deli affenzo »che qui per due iiucrfì capitoli commemora Diofcoride, ciò è il noftrano, crmolto uolgarc,il Seriphio, e'1 Santonico, che nafee in Francia di lì »dall'alpi. Commendò Galeno aU 'xt. del Methodo per Fin* fiammagioni del fégato, crdello stomaco piu di tutti gli altri f Affenzo , che nafee in Ponto , coli dicendo. Conciofìa che in jj ogni Affenzo fieno duefacultà, crqualità, come ne i libri de t medicamenti ¡¡abbiamo trattato ; nel Pontico però Jì ritroua la facultà coflrettiua maggiore. Et come che in tutti gli altri A/ \ f enz‘ k amara fìa neramente ualorcfifima; nondimeno ' la coflrettiua poco, ò nulla uififen te,cr nifi conofce col gu* fio. Et però per l'infiammagioni dello ftomaco , c r del fegato fi debbefempre eleggere il Pontico. Quello nelle fig lie ,cr ne ifiori è molto minore di tutti gli altri A fienzi >Cr nell’odore non fidamente non è abomineuole, come fono gli altri ; ma piu preflo ui fi fente alquanto delXaromatico. Et però non fi deue ufare altroché il Pontico, U (dando tutti gli altri . quello tutto diffe Galeno. Il che hafatto credere à molti, che il Pontico fila cFaltrafrtt.c Errore di differente dal commuta, come fono il Seriphio, c r parimente il Santonico. Ma in nero non ritrouo,che altra dif 40 molti. firenzafìa dal noftrano à quel di Ponto ,fe non che quello per propria natura di quel clima è minor del nollro, cr nelle facultà coflrettiua molto piu ualorofo .11 che dichiarò Galeno al v 1 .delle facultà de femplici al capitolodcl l'Abrotano, cofi dicendo. L ’ Abrotano è di duefretie ,mafchio do i,c r fimina, come fi ritroua fcritto apprefjo ì Diofcoride Pamphilo, cr altri . Ma l’Affenzo è un'altra cofa , di cui jì ritrouano tre fretie : l'una delle quali fi chiama generalmente Affenzo come principalmente è il Pontico : il fecondo è il Santonico:cr il terzo il Seriphio. Et però ben diceua Diofcoride, parlando detl’Affenzo communi, che trapaffaogni altro di bontà quello, che nin­ fee in Ponto. Dal che può effere manififto à ciafctmo, che tAffenzo dì Ponto non è d’altrafretie, che f i fia il no* ftro d'Italia : ma ben però differente in alcune delle facultà fue. Ma è però dafapere,che quefto Affenzo nonna• fee folamente in Ponto, ma anchora in Boemia, in Vngheria,cr in Tranfiluania con tutte quelle note, cr qualità, che gli affegna Galeno. Imperoche egli è minor dell'Affenzo commune in ogni fua parte, ciò è nelle fòglie, nelfu* 5» fio , ne i fiori,cr nelfeme. Il fuo fapore è molto manco amaro dell’altro,cr maHicandofi ui fifente affai del coftret tiu o . £ il fuo odore grato, c r foaue, di modo che rende non poco dell'aromatico. Non fogia io la cagione, per» che Mefuefcome nota parimente il Siluio ) chiamaffe quefto Affenzo R ornano, auuenga che non folamente non nafica egli nel territorio di Rorna,ma ne ancho(che io fappi)in luogo ueruno di Italia . Plinio fcriuc, che il Pontico è molto piu amaro dell’Italiano, al che nonfolamenfc è contrario quello, che neferiue Galeno , ma quello anchora, che fe nefente con il gufto. E l’Affenzo Pontico efficaciffimo medicamento per la hidropifìa,come piu c r piu uolte ho ueduto io . Imperoche con l’ufo lungo della conferua difiori di quello Affenzo, fo io che molti hidropici fi fo* no curati. Puffi laccnfcrua inquefto modo. Prendi quandofioriferi Affenzo Pontico ¡fiori con quella parte delle cime della chioma piu tenera, c r peftale con due uolte altrettanto znccaro fin che fe unificano bene infieme, erpo* feianponequefla conferua, come fi fa con le altre, c r auanti che lamcttain ufo, lafciala benfermentare,cr dine 60 Semézina,& poi ogni mattina mtz* oncia tftht uolta tre hore inanzi mangiare. Sono oltre à ciò alcuni, che fi credono, che feme fatuo. la Semenzina,la quale chiam anofeme Santo,hoggi molto ufata ntUefretiarit per darla confettata con zucchero à i fanciulli


Ne 1terzo lib .di Diofcoride.

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fanciulli per ìvermini ,fia tifane deÜ'AßenZo marino,amo Seripbio, il qual raffembra Diofcoride,al pi»piccia ■ lo abrotano,cr dice ammazzare t uerntini . Nondimeno quelli herbolatti,che lo portano con uarij, diuerfi fem* plici dal monte Gargano,il qual chiamano difatuo Angelo,affermano per cofa uera,cbe la pianta, che"produce la Semenzina, è neramentefintile al noüro uolgare Afe n zo. Il che denotarebbe, {landò la dottrina di Diofcoride, che piuprefiofuffe ella il ferne del Santonico, che il Seriphio : perche pare che ciò confermi il nome diferne Santo, chefin hoggi ritiene^ ella. Oltre a quefto è da auuertire che'l Canabcl di Serapione, il qual interpretano alcuni per la Semenzina, è del tutto diuerfo da quella . I mperocbc come quiui ben leggendo fi uede,é il Canabcl una certa terraarenofa, che cafca dall’aria quando piouc, adoperata nonfolamentc per ammazzare i uerminipna perfalda* rl i uafl di terra, quandofi rompono. Il marino adunque Affcnzo, tiafcc in piu luoghi in Italia lungo alle riue Errore del 1• del mare,dotte piu uolte tho io ricolto nelle riue <fAquilegia,c r di Triciit, er uijlo pofeia piantato in dtucrfì giar* Fucilila. dini di Vinegia. Quefio non conobbe il Eucbftoffc ben nelfuo maggior uolume delle piante ne dìpinfe un ritratto, pcrciockc il marino Affenzo produce il fuo ferne minuto abondantifimofu per li rami, comefa l'abrotano ; er non nellefilique,come lo dipinge il Fuchfto . al quale parendo pur poi d’bauere errato,ritrapiantò poi quell’ /fu¡fa pian taube prima baueua piantata per l'afenzo Seriphio, nell ulti mofuo picciolo herbario appreffo al naflurtio per il naßurtiofaluatico. VAffenzo adunque marino fa nel primo fu0 nafeimento appreße terra lefrondifimtli all'aßen* Zo comtnunc,ma piugrojfeile quali nel erefiere e r nel mturarfi diuentano fu per i fuoigambettili lunghette: ma nonperò cofl minute, comefa lò abrotano, a cui parpure che fl rafiomigli alquanto: quantunque piu nel feine : che nellefiondi : il quale produce egli minuto nonfolamentc tra le figlie ; ma nella cima de i gambiracemofo, come ß uede netta prefintefigura, di faporc infamemente amaro, crcoür citino. Kiftrijcono i Pratiche hanno fcritto Sciocca opi­ *0 fopra Mefite, che fafiinzo èfolamentc amaro neüafuperficie citeriore,cr che di dentro è dolce,cr di gufo aggra nione de fra­ deuoleicr che però l’acqua, chefe ne lambicca, è dolce . Nel che neramente dimcftrano kaner poca fetenza ti. delle cofe naturali. imperoche l'effer dolce Pacqua dell' Affenzo lambiccato , non procede perche i affenzo Jia di fuori amaro, cr di dentro dolce ; ma perche quelle parti eftcriori, che gli danno amaritudine, tocche dal calore delfuoco per effer elle f f ¿rituali, cr fottili dgcuolmcntc ß rtfoluonoùl perche refla pofeia l'acqua priua damane» dine. La dolcezza poi, che uifi fente , non procede punto daü'Aßenzo, ma dal piombo à i lambicco : dal quale ( come dimoßra l efferienza ) nafee tal qualità dolce non folo nett’acqua dell'Affenzo,ma in ogni altra, che fi fai* eia d’herbe di natura calde. percioche tocco il piombo da i uapori di cotali herbe molto caldi, cr fottili ageuolmen te fi calcina neüafuperficie, di modo che Vacque, che ne difttllano,fanno nel ripofarfi unfedirne di cerufa dolcißi * mo ¡dgullo.il che non intcruicnc nell’ acqua d’ Affenzo,che fi fa à bagno di Maria col cappello dì uetro.imperoche quejla cfufficientemente amara, ne uififentepunto di dolcezza.Accade queSto, percioche il bagno deU' acqua con lajua humìiitàconferua,cr non lafcia cofi rifoluerc quelle parti fottili,cr euaporabili,come le rifoluc il fuoco pu* ro del carbone,ouero delle legna . Et la dolcezza non ui fi f ente, percioche dal uetro, di cui fifanno i cappelli per tale effercitio, non riportafeco l’acqua qualità alcuna,che non gli fia naturale. Et peròfarebbe meglio, che i Fra ti attendefièro albreuiario,cr à diff enfiare il tempo, che loro auanza, intorno atte cofe chriftiane : c r i medici 4 àdiff enfiare ü loro nella medicina-,feguitando ciafcuno la facuità, di cuifa profifiione. Fece dell'affenzo mai Aflemo (ctit tìone Galeno al v i .dettefacuità defemplici, cofl dicendo. E l’Affenzo infiememente amaro, coßrettiuo,cr acuto, roda Gal, Cr parimente caUfattiuo,aSlerfiuo, corroboralo »c r diffeccatiuo. Et però purga per di fiotto gli humori chole* ricidelcorpo, fimilmente per orina: ma piu purgaper orinaquetté, che fono nette uene. Non confirifce in modo alcuno allaflemma, che fi contiene nettofilomaco : ne manco à quella del petto, cr del polmone . imperoche la uir* 40 tufua coftrettiua c piu potente, che non è f amara. Oltre à ciò per efiere egli acuto, è ueramente piu caldo, che fiigiio .11 perche diremo effer l'Affenzo caldo nel primo ordine ,crfecco nel terzo : come che fia il fuo fucco affai piu caldo, che l’herba. Ma parlando egli pofeia del Seriphio a liv i 1 1 . libro delle facuità defemplici ; Il Se» ripbio(diceua)è diffetie,cr di uirtùftmile aÜ’Aßcnzo. Il che diße Diofcoride del Santonico, facendo il Seriphio fimite all abrotano .Per la cui difcrepdnza, credo che nonfattarebbe, chi dieeße, che uno di quefti due tcfti fuße corrotto.Et crederei che tal corrottela piu prefio fuße in Galeno, che in Diofcoride : per ueder noi che il marino chiamato Seriphio, molto ft raßembra att.’abrotano. Chiamano l’ Aßenzo i Greci, A'yhBur : i Latini, Abfinthiu: gli Arabi, Afßmhiu:i T edifichi,Vuemuot,Eltz'-U Spagnoli,Afcntios,Alofna:cr li Fraccfi, Aluyne,ouer Abftnce. Homi

,0

D ell’Abrotano.

Cap.

XXVI.

L o a b r o t a no è di due fpctic. delle qual la femina è foltaà modo d’arbufcello , ( c biancheg« giante,le frondi, le quali ha intorno c i rami,fono sfefle, cerne quelle dcIl’aflTenzo Seriphio : è piena di fiori,! quali ui nafeono nelle fommità la (tate, aurei, & limili à i corimbi : rifpira di foaue odore, fc bene alquanto graue : & è al gufto amara.Di fimile ipetic dicono eifere il Siciliano. L ’altro lì chia* *na mafehio, & farmentofo, con rami lottili, fimili à quelli dell’aifcnzo. Nafcene copia in Cappado eia,in Galatia d’Afia,& in Hierapoli di Soria. il ferne d’amédue trito crudo, & bollito nell’acqua » beuut'o gioua 3 gli ftretti di petto, àgli afmatici, à i ro tti, à gli fpafimati^alle fciatiche,a!lc pafsioni d orina,& à i meftrui ritenuti. Beuuto con uino è rimedio à i ueleni mortiferi. Vngefi con olio al tre more delle febbri. Sparfo,& futnentato fa fuggire le ferpi:& beuuto con uino uale à i morfi loro,ma priuatamentc confcrifce alle punture de gli fcorpioni,& di quei ragni,li quali chiamano phalangi.Itn piaftraft utilmente eoa mele cotogne cotte,ouero con pane aU’iafiammagioni de gli occhi. T rito có farina


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Difcorfi dei MatthioU

farina d’o rro ,& pofcia cotto,rifolue i piccioli tumori . O ltre à quello s’aggiugnc nella cotnp0fic;# inedeH’ungueuto Irino, « A B R O T A N O M A S C H IO .

A B R O T A N O FÈMINA.

lo

»0

L’ a b r o t a n o è pianta uolgarifiima , c r conofiiuta : er mafiimtl majckio ,d ieu i fi ueggono auefietù

Abrotano, Sf ajfai differenti difòghe. imperoche per tutta l'Italia nonfola fi ritroua domeàico ne gli horti, ma abondatitifim fui edàm.

nelle campagne, con fòglie molto piu fo ttìli. L afemina, chi ben rimira le fembianze di quello, che chiamano al*

Errore del Fuchfio.

Veronica , & fùa hiitoria.

9

‘ Abrotano /cricco da Ga lcno.

non è da dubitare,che non fìa il picciolo Ciprefio de gli horti chiamato Santolina la fèmina deli Abrotano: or non altrimenti fictie di Seripbio, come ingannandolijìimano alcuni. Erra nell'Abrotano fèmina manifèftamentc il Fuchjio, huomo però de noflri tempi celeberrimo. imperoche al proprio capo dell'Abrotano fèmina dipinge una pianta afuo modofatta , afai lontana dalla mente di Diofioride,& pofcia nella fine del udirne fcritiendo di que* Sto picciol Ciprefio, non accorgendoli, che [ufie la fèmina dell’Abrotano, lopofe per cofa non conofciuta da Gre* ci. In Vrioli chiamano fAbrotano Veronica. quantunque la v e r o n i c a dei moderni, di cuifi/itroua il mafchio,cr la fèminaJìa non poco dall'abrotano differente. Imperoche il mafihto'della uera Veronica è una pianta, che fe ne ua ferpendo per terra : er nondimeno produce ilfufìo alto un palmo, e r qualche tiolta maggiore, rof* feggiante.w lanuginofo. Le fiondifono nere,lunghette,pelofe,cr aliintorno dentate. 1fiorii qualìjòno porpo* rei, nafeono attorno allafommità del fu fo : er ilfeme fi ritroua in certi uafettifìmili à una borfa. La radice poi fi è affaifittile . La fèminafe netta anch’ella ferpendo per terra.produce i fufìi lanuginofi ile fòglie piu tonde, piu uerdi,crnon dentate, quafl fimili à quelle della lunaria graffila chiamata parimente Numolarìa.I fiorinelgiaRo porporeggiano : il fe:nefi ferra in certi tondi bottoni : er la radice è fìmile à quella del mafihio. N afie in luoghi inculti, crfaluaticbi ,crfiorifeeilmefe di Giugno. Alguflo è cofìrectiua, er amara : er però è da credere ch’eUa/ìa calida,c? ficca . Confenfce alle ferite ficfche, e r parimente all'ulcere uecchie. Dicono alcuni che un Re di Franciafu filiaco con quefla herba della lepra da un cacciatore. R ifòlue applicata i tumori in ogni parte del corpo, e r ffettalmente del collo . Lodatila molto alcuni nelle fèbbri pcjlllentiali, nell’ulcere del polmone, er nel* le.op piattoni tanto del fegato, quanto dclla-milzei. Serife dell'Abrotano Galeno alprincipio del v i . libro, eofldicendo. L ’Abrotano c calilo,^- ficco nel terzo ordine. Ma trottarono la temperaturaf ita togliendone con* lettura dal guflo, per ejjere egli grandemente amaro : il quale fapcre, effetido di terrena effe¡¡za, è neramente afi 60 fottiglìato da molto calore. Il perche ¿dunque non pocofcalda i’ Abrotano,er difficca. & imperò impiaftrandoft lefuc fio n d i, er parimente ¡fiori (per ejfere ifiufii del tutto inutili ) infu l'ulcere, f i ritratta effere mordace, er pungitiuoi


Nel terzo Jib.di Diofeoride.

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pungittuo : & /Imilmme fi ri trota egli[caldure ungendofi c o l fuo olio il cupo, oucramente il corpo. Cefi unebo imgendofene coloro,che padfeono freddo,er tremore nel principio dellefèbbri, aliami che cominci il mule, ne * mittente aj]urmanco tremaranno. Sentefì queflo calorefimiIntente duifenfo, efiendone in qual fi itogli,1 parte del corpofattone untione . E cofa ueramente ragioneuole che ammazzi egli iuemiini, offendo amaro. Et che ¡la al» quanto digcfttuo, er incifiuo, ?? maggiormente, che l’ Affenzo, fi può primamente fapcre perii gufo : imperoebe nell’Abrotano non fi [entefe non pocbifima acerbità, come che non poca fe ne ritroui nell'affenzo, er fecondarlaniente per effere l’Abrotano nimico dello slomaco, come è anchora quello, che fi chiama Senphio:?? per il contro, rio grato,amico, er non nociuoiaffenzo. Il che (come èflato dimoflrato ) interuienc, per cioche il fapore amas­ io e perfe fi efio in ogni parte nocino allo¡lomaco : er per il contrario amicifimo l'auflero,l'acerbo, e’I coflretti* IO no. Et però doue quefie qualità fi ritrouano compatte,?? incorporateinfieme,quella uincerà tra loro,che farà piu potente. Ma iabbruciato è calido, er fe eco piu anchora, che la zucca fecca abbruciata,?? la radice dell'anetho. Et però fi conuengono neh'ulcere humide, e r catlofc, oue non fla infiammagione : er per queflo par che giouino nell’ulcere del preputio, er dette membra genitali. Ma la cenere dell’abrotano morde tutte ¡’ulcere:?? perciò incor parata con qualche olio caldo,come c ¡Ideino,il raphanino ,ilficionio , oueramente il uecchio, ?? maf.imamente ti Sabino, fa rinafeere i capelli cafcati per pelagione:?? fa nafeer la barba, otte ellaflenti à ¡¡¡untar fuori, mefehia tu con alcuno degli olij predetti.nel che non è manco efficace il lentifcino. Imperoche per effer eglifattile hafacul tà di rarefare,di mordere,?? di f caldure. Chiamano l'Abrotano i Greci, A’fifórtvìy : i Latini , Abrotcnutmgii Nomi. Arabi,Cdtfum,Kefum,onero GaiffumiiTedcfchi,Stabuuertz,Scbefzuuerlz,?? GcrtuuurtZ'-li Spagnoli, Abrota* no,?? bierua lombriguera:?? i Fraticcf},Auron,Auronne,?? Garderobbc. io

Cap.

D ell’Hiflbpo.

XXVII.

L o -H i s s o p o è herba conofciuta da tu tti. è di due fpetie.montano ciò è ,St domcftico. L’eccellentifi« fimo c quello,che nafee iu C ilicia. Hauirtù di diflec* care,& di fcaldare. C otto con fichW qua, mele, & ru­ t a ^ pofeia beuuto,conferifcc à i difetti del polmone , alla tofie uecchia,alla ftrettura del petto, al catarro , & à gli afmatici:ammazza tutti i uermini del co rp o . 11 che fa egli anchora,quando filambe con mele. Beuuta la de cottione có aceto melato purga per di fotto i grofsi hu mori.Mangiafi con fichi frefehi triti per far muouere il corpo.Il che opera maggiormente, quando ui s’aggiugn el’iride,il cardamomo, & l’irione. fa buon colore. Impiaftrafi con fichi,& nitro a i difetti della milza, & à gli hidropici:& con nino puro alle infiammagioni. A p ­ plicato con acqua calda fuanifcei liuidi delle percoffe. Gargargarizafi utilmente nella fchirantia con decottio ne di fichi.Ea dccottionc dell hirtopo fatta in aceto,lauandofenc la bocca.leua il dolor de i déti : il cui uapore applicato in modo di profumo,rifolue le ucntofiti del • l’orecchic. A .

N on folamente hanno dubitato alcuni,fe’l noftro uolgare Hiflopo , i£ niljòpode gli borii ßa quello,che fcrijje Diofeoride : mafono lua diami u. anchora altri che r’hanno manifiüamente creduto ( tra li quali fono flati i Frati dei zoccoli commentatori di Mefue) che in modo alcuno non poffia effier queflo Hijfopo noflro quello-di Diofeoride. Del che è fato primamente cagione il non hauere egli fcritto clcuna fembianza,nota,ncfattezza delle fondi, de r t fujli,de ifiori,ne del ferne,per hauerla egli riputata pianta no tifim i . Et pofeia il uedere,ehe nel capitolo dett’origano Hericleotico fecondo leinterprctationi di Marcello,uuo begliche habbia l’origano le fiondi ftmili aÜ’bißcpo: ma non però il fiore, come quello dell’hijfopo, ridotto in ombrella ritonda, er rotante, ma in piu parti diuifa. Cofq che neramente mal corriffionde alfiore del noftro n ifi fipo , il quale ( come è notifiimo à cidfcuno)ha uerafirma dif ic a . Di modo che non fenza legittima cagione hati no dubitato quellife legittimo :? ? quefli hanno creduto,che noi nonbabbiamo il itero in v W t W j l V ll’ Hijfopo v uolgare V jfia «V» il w Q I z ìt f lli it ' Ma r * j è fol r l apiente di J.' queflo dubbio1è7flato t* fn r edgione - jn in n r 1,i 1,1 i interpretatme n t r Y h r sfizi t i n tir rii a ì r t r r r l l f ì ' i n i h p r n r h e jltr iiH C ìl* « Italia. lafvi-i mala di fMarcetto-.imperoche ahrimen Mala interti ftà il tetto di Diofeoride, cefi net Greco dicendo. 0'fiya.md(a.K\tonmuòtìi r.oy^m Kat^atv prccatinne <U Wisiicuavro. oWJWcPeaw■ tpófi.n<S'c(,^K'aeirtpSimt-tivov. cioè. L ’origano Heracleotico,ilqual chiama* Marcello. €0 no anchora Conila,produce lefiondi non difiimili da quelle dell’hiffopo : l'ombrella non è ritonda à modo di ruota, ma in piu parti diuifd. Verte quali parole può ciafcuno agettolmente conofcerc, che muna comparatone fa Diofeoride de i fiori dell’origanocon quelli delihiffi>po,come peruerfamente interpreta MarceUo;nu afonamente


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Diícoríl dei Matthioli

diffe fcr.zá comparatione alcuna : No« c l'ombrella dell'origano ritonda a modo di ruota, ma in piu partì r b Oltre a ciò hafatto dubitare dell’H ifjopo quello , che nel m i .libro fcnjfe Diojconde del Chrifocom e, crudo. Crefce il chrifocome alto una [panna, y produce la Jua corimbacea chioma ¡hmle aÜ’hiffopo. ‘colo* ramofi diligentemente le parole di D iofeoride con intero, y eleuato giuditio ,fi consce che non oliano p u nt i Vopinione di coloro , i quali uogliono che l’ Hißopo del ccinmune ufo¡la il legitimo. I mperoche Coma nelle p i* ' ■‘r< (COi,Ie fi pitofar fide per dietètici fcricton)non sintcde foUmécc defiori,y de conmbi;ma anchara delle fieli,™' fiondofi ramafe d ii, y [jet talmente quando tutti infierne crefccndofanno come zazzera riuolta al cielo propriamentefi uede nel tiottro hißopo, ili cui è l'ufo. Onde diceua Plinio a h .x v . capo d e l x n . libro, ferine'7 del bufiamo.Folium proximum rut£,perpetua coma.Doue f i uede che per la coma non intende d'altro,che dellefim d i. Il che dimofiraparimente Vergilio nel p i 11 .libro della Geórgica,conquefto uerfo. " n lite conum moüis iam tum tondebat acanthi. Dal che penfo effer chiaro, che il chrifoc omeftafimile aU'hiffopofilamente nella chioma, y non ne i corimbi di cut e forfè egli per tutto carico. perche può molto ben bare, che il chrifocome, cr l'bijfopo fi raffiomiglino nella chioma filamente, y non ne i corimbi, di cui manca ihifiopo. Onde panni, che non reili piu cofa che pcf i far du vitare,Jefi noiìro hiflopo fia il uero. Dimoflrane appo quefto,che il noñro Hißopo fia quello,di cui intendevi* [conde,il Simphito petreo da me nuouamente ritrouato. pernoche produce lefiondi del tutto ¡m ili aU'hifropo il quale p roduce lefucjìmili all’origano Hcraclcoiico, alle quali raffembró Diojcoride quelle del Simphito petreo. leggiamo ol&a di quefto, che dice Diofcoride ritrouarfi delÌHijJopcil domeRico, y il montano. le quali fteti'e ntrouiamo chiaramente nel ncftro : percioche in diuerfi monti d Italia, y fi etialmente w fui monte Salitati,io di G onna f i uede il montano copiofìfiimo, y dell’altro tutti gli boriine fino pieni. Oltre deio vediamo che[dito « oopo <;/capitolo dell Hißopoftriße Diofcoride della Stccka, la quale in ogni Jñaparte, y mef imamente ne ifuoi pon ¡pican molto fl raßembra aü’hißopo noftro ufuale. Ef però non mi pare in conto alcuno da dubitare,che fikil tw, ero Hißopo altra pianta da quello,che ferißero gli antichi. Et tarn0 piu uedendo noi, che Valentementefa tutti Hiflopo ferir 1“ * 'fotti,che s'attribuifcono all'hißopo da gli fin itori. Scrißcnc all'vi 11 .delle[acuità de [empiici brtuifli. to da Gal & mámente Galeno,cofi dicendo. L’Hißopo c caldo,y [ecco nel terzo ordinr.y fino le partifue tutte fcttili.Scrif uuc. fe delle faculta deÜ'Hißopo anchora Mefiue con quefte paroh.L'Hißopodomcflico follie facilmente laJìématcom che dtf ' P ' lr° alcuni, che aggiuntati ilfai gemma purga anchova la mtlancholia. Ma che purghi egli laflemma, c mamftjto per l’efperienza,cbefc ne uede,yfietialmente quella,che fi ritroua nel p etto,y nel polmone. Giona alle flemmatiche infim itltanto de i nerui,quanto del cerucllo,pcr baucr egli poteftà non filamente di mondificare, ma di fortificare anchora. Mondifica ilpetto, y il polmone,yffi edulmente ne i uecchi,che l'hanno pieno di[m a gn i j» J a ,y uifcofaty pero giova à gli afmatici,y alla toße.RiJolue l'ufo drli'hißcpo le uentofità.che malageuolmentefi [cacciano,fa appctito:prouoca i meftrui,y l’orina : y gioiti alfreddo,che precede aücfebbri, Ammazza incorporato con mele,et alquäto di nitro i uermini del corpo. L'olio deli’habt, et de fiori untoguarifee i nerui infrigiditi,y li firtifica.L'bif fobo montano ha le medeflme [acuità, ma molto piu efficaci. Hamiofi creduto alcuni,che quell’herba poco nota ài medici, quantunque aßai uálorofa,y aéramete degna d’effere conofciu ta,che chiamano alcuni g k a t io l a , cr altriGratiadepyin Friuli Stanca cauallofufte l’Hißopo montano¡ Ne/ che aperta* 49 méte s’ingannano.Crefce in luoghi humidi,et mafiime ne i fra* ti palitdofi poco piu d’unafrana,confiondi piu larghe di quelle ddl’btjjopo:producc il fiore bianco, onero incarnato ; lefiondi quafìftt per tutto il fiufto.Algttfto è amarißima,con la quale a* maritudinc fi fienie anchora dello fìittico.Magiata, ouero bcuu tafolue fienza alcuna moleflia la cholera,et parimente laflema del corpo. Foluerizata,y rneßa in fu le feritele falda in breiiif fimo tempo. Chiamano i Hißcpo i G r e c i , motto, ; / latini, Hyfiopunv.gli Arabi, Cyfè, bufa, ouero labcr.U Tedcfchi, Firch h y ß op ,y Hofier hyßop:li Spagnuoli,Hißopo Urna, y Hißo $• philhùhieruaiy i Francefi,Hißope.

Della Stecha.

Cap.

XXVI I .

N a s c e la Stecha nelle ifole di Francia uicine à Mar filia nominate Stechadi: onde s’ha ella ufurpato il.fuo nome.Produce quella herba i ramufcelli lottili,!» chio ma limile al th im o, ma le frondi piu lunghe : al gufto è amaretta,& alquanto acuta. E efficace la fua decottio ne,come quella dell’hilTopojà i difetti di petto.Mettefi ¿0 negli antidoti.difTecca tuttel’interiora, Se parimente tutto il corpo,& libera da tutte l’oppilationi. C hiamano


Nel terzo lib. di Dioicoride . S T E C H A.

O R IG A N O H E R A C L .

j 8y

C h i a m a n o communemtntt gli frettili U Steel, ai Sticadosja quale notifollmente u.tfce uerfo Vroucnza netTifr le,cbe chimono Stecadi,nel golfi di Marfilu ; ma andera ut Arabia,donde per la maggior parte ji porta à £tempi ttojìri à V inegia infierne co le motte altre merci, che ci fi recano d'A ief fandna.Et di qui mene,che ufuahnente la chiamano gli frettali,ZA la piu parte de i media Sticados A rabico .qualunque mol te uolte quel di Prouenza ut fi uenda per quello , che fi porta d’Arabia.Nafccne jìmthnente in piu luoghi d'Italia: tra la qua le quella c piu odorifera,ZA migliore, che fieiporta di Puglia dal monte di [auto A rigelo, chiamato Gargano: ma neramente fono migliori della nostra ajfai l’altre due peregrine: ZA d'amen due quelle,t Arabica. La qualità della Stechade (duella Ga­ leno att'v 1 1 1.delle faculta de[empiici) è al g u fo amara, er mediocremente coflrettiua.Sono i temperameli[noi compofìi d’alquanto d’ima terrena effenza frigida,che lafa coñrettuu: ZA d’un altra pur terrena affdigitata,za piu ccpiofa, (he lafa amara. E f però per la ccnuenetiza d’amendue quelle effenze, può eña difcppilarc, affottigliare, afi ergere, ZA corroborare nonfríamente tutte le interiora; ma uniucrfalmite tutte le par ti del corpo . Imperoche è flato dimcflrato difrpra,che i me■ dicamcnti,che fon compoñi di cotali effenze, pojfriw fare age uolmente i predetti. Scrifene Mefue tra ifuoi [empiiciJolutiui,cofì dicendo. La Stechafolue la melanchclia.zA lafieni* ma. Mòndfrca il ceruello,i nerui,ZA tutte le membra de i[enti menti,<y parimente gli confirta.Gioua à tutte le infermitàfri gide,CA al mal caduco infierne conf citta, ouero co’ì fuo aceto. Confirifecno i bagni,ZA leflufe,che fi fanno con la decozione fua,zr co’l fro uapore,à difoppilare il colatorio del tufo: à tor uia i dolori de i nerui, za delle giunturr.zA à confinare tutte ¡’interiora,che fuffer offef: dafrigidezzc,ZA mafiimamete ma feriali. Manon fi debbe dare à i cholerici,et mafrimamente qua dofi ritrouano gli ñom.íchi loro infittì di molta cholera: impe roche molto gli conturba,facendo lor fete,uomito, ZAfañidió fifrimo calore. Chiamano la Stecha i Greci, ; t Latini, $1cedías: gli Arabi,Aftochodos,Aftuborados,ouero Aftucbu des : li Tedefchi,Stichas krauf.li Spagnuoli, Cantuefio ; ZA i Francefi,Stecbados.

DelV*'

:ap. X X I X ,

L o o r i g a no HcracIeotieo,il qual chiamano anclìora Cimila,produce Infrondi nodifsimili da quelle deirhiiTopo.Lombrella no è ritonda à modo di ruota, m ainpiupartidiuifa.il Teme produce egli nelle fotnmità de i furti,non folco.E l’origano calcfattiuo, & pe ròcóferifce amorfi de uclcnofi animali beuuta la iua decottione fatta con uÌno:& dafsi con uino paflo a co loro,che haucflcro bcuuto la cicuta/) l’opio: & có ace­ to melato à chi haueffe già prefo il g c flo ,& l’ephemero.Magiaro có fichi è buono à i rotti,à gli fpafimati,& à gli hidropici. Beutito fecco in polucrc alla mifura d’u no acetabolo có acqua melata,purga per di fiotto la me lancholia.'prouoca i melimi, & labcndofi có mele gio ua alla torte . Bagnadofi nella Ina decottioneguarifte la rogna.il prurito,& coloro,à cui è traboccato il fiele, 11 fucco del uerde fiana il gorge z?.u!c,l ugola,& l’ulcere della bocca.'&mcrto nel nafoco ungiiéto irino pur ga p quello della tefta.Mitiga Bierre có latte i dolori dell'orecchie.Fafisi di quefio , di cipolle, &' di fomachi un uomitiuojlafciàdoli ilìcmc quarata giorni al Iole ar détifsimo ne i dì canicolari in un uafo di ranie.Fantiofi K fuggire

Stecha, Se fua

dìamin.

Stecha feria­ ra da Gal.

Stecha feru­ ta da Mciuo.

Nomi.


6

Dilcorfi del Maethioli ORIGANO ONITa,

ORIGANO

S A L V A T I C O.

Io

11

lo

5° TR A G 'O R IG ANO.

fuggirci ferpenti facendogli /irati dell’orìgano. Quel Io , che fi chiama Onice,ha le frondi piu bianche,& piu limili all hiffopo: flc ha il fuo Teme à modo di maturi,& denfi corimbi.Ha le uirtù medefime dello Heraclcocic o , ma non c coli efficace, lllaluatico chiamano chi panaceHeracIco, & chi Cuniila : nel cui numero cNicandrò Colophonio.H a le frondi d’origano,i rami fot tili, un palmo.-nellaiommità dei quali fornol’ombrel- 4° le iìmili à quelle dell’anetho. i fiori fono bianchi ; & h ridice fintile,& inutilc.Le frondi di quello, & prarimé te i fiori fi heuono priuatamente con uino à i morii de uelenofi animali.

D el Tragorigano.

Cap.

XXX.

I l t r a g o r i g a n o è hreuc, & fiottile pianta, fi* mi le di fiondi, & di rami al ferpollo fri uà tico,o uero al 1 origano. come che in alcuni luoghi fi ritroui egli per 5® la bontà del terreno con rami,& con frondi piu ampie, & pituierdi, Staffai tenaci. Enne un’altra fipctie,che producei rainufcelli fiottili, & parimente fiottili ancho ra le frondi, il quale alcuni chiamano marrobio.Nafce iecceHeutifsimo in Cilicia.in Co,Chio,Sm irna, & Ca dia. Hanno rutti uirtu di fcàldare: prouocano l’orina, inuouoho il corpo.Beuuta la loro decottione p u r g a la eliderai Bcuuti con aceto,giouano ài difetti della mil za:& con uino,a coloro che haueffero beuuta l’ixia prò uocanoi m eftrui,&dannofi con mele in modo di Jet* touatio alla tofle,& alle pofteme del polmone. E la bc Dada loro piaceuole,& grata: Stiperò fi dààifaftiditi dal


Nel terzo lib.di Diofeoride.

587

Ji! c i b o , àgli ftomachi deboli,& à g li acidi rutti:& fimilmenteà coloro, che peri! fluttuare del mare uonutano,hanno naufea,& caldo nei prccordij.lmpialtrau con polenta rifoluono le poíleme. r i t Rvo vo tra gli antichi fcrittori non poca differenza nellefrette degli Origani. imperoche Thcopbra* fioatti-cap. del v 1 .libro dctl'hiñom delle piante¡dice eterne di biancofruttifero,a- di nerofíenle, c 7 Plinto al XVII .cap.del x x .libro,poi che deB’Onite,Cr del Tragorigano hebbefcritto,dijJe ntrouarfi l Heraclcotico di tre ¡pelle,aero ciò c,utJcofo .coti piu larghefrondi : l'altro con fraudi piufonili,or piu uencide, fìntili alla maiorana, eììiitnaco da molti ma'robto : c r l'altro d'una terza frette tra queài mezano, ma manco buono. Nelle quali pa­ role fi uede hauer errato Plinio,per batter egli confufrmentt mefcolato il Tragorigano con lefretie de gli origani. I* imperochefono il nome deÌ’tìeraclio,it quale è neramentefretie d’Origano, pofe le duefretie di Tragongano de ferititela Diofeoride ; come che Raggiungere anchora il terzo cauato forfè da qualche altro authore. fi già non fi

noitjje dòe, chaucjjé egli prefo queiio per qualche altrafretie d’origano, er haueffelo confufo infierne con quelli. Ha hfeundo da parte ¿‘opinioni degli altri,et feguitando Diofeoride propoflomi dal principio per authore,et per guida,dico ó che i'Reracleotico,cr l'Onite non nafeono in Italia,ò che frnhorafe pur ui nafeono, non ni fieno frati titrouati. Quantunque ucglia il Brafauola medicofamofo de itempi nofrri,cbe il nojlro chiamato uolgarmente Origano,di cui è piena tutta Italia,fia tH eracleotico . A Ha cui opinione mai non ho potuto io acquietarmi.mapiu prejìohofempre ¿limato,che f Origano tiofrrano fra una fretie difaluatico,per nafeer egli da perfe nelle campagne, ne i colli,ne i monti,et luoghi frerili. Percioche quantunquefcriua Diofeoride d’unafolafretie difaluatico, che produce i fiori bianchi;non impedifee però qucflo,cbe in altre regioni fuor di Grecia tm pofra nafeer egli confiori io porporeitouerocheilfaluatico non poffaefrerc anchora di piu fretie d'una,cr mafrimamcntc uedendofì, che Plinio ne deferiue due fretie . Portafene à Vinegia di Candía una certafretie dificco,il cuifiore è bianco, acutifrimo al gì* ilo ,et odorato Alche piu uolte m’ha fatto credereffe ben per il nero origano Heraclcotico il mofrrano gli fretta* li ) che quello fra il uero Origano fabiatico, di cuifcriffe Diofeoride,\erper hauer egli ilfior bianco, e t per effert acutifrimo al guño : percioche il faluatico,(come dice Galeno ) c molto piu ualorofo. L'origano Ueracleotico, er parimente l'Onite mi mandògià da Pifa f ecccllentifrìmo er peritifrimo medico M.Luca Ghint\(cofa che dà mamfiüo indicio non fríamente dellafua rara dottrina,ma della nobilitàgrande,er liberalità del fuo animo:)l’uno er fai* tro uenuto(come egli mifcriffe ) di Candía. Et perche mi pare,che amendue corrifrondano molto bene aU’bifrorìa thè neferine Diofeoride,perciò n’bo pofto qui lafigura d’efri. Il Tragorigano poi,di cui anchora ho meffo il ritrat to,nafre copiofo in piu luoghi di Frioli, confiondi di frrpiUo,erfapore di pulcgio.Et però non frnza ragionefrrifr ¡o fe Diofeoride del pulegio fubito dopo al tragorigano. Pece di tutte le fretieper unfolo capitolo memoria Gale» no afl’v 1 1 1.dellefaculta de i(empiici,cofidicendo.L’Origano Heraclcotico è ueramete piu efficace deü'Onite: \ mailfaluatico é molto piu ualorofo dell'uno cr deV altro di que P V L E G IO . fii.Hàno tutti uirtù di diffeccare,cfincidere,et di fcaldare nel ter Zo ordine. Ma neramente quello, che chiamano Tragorigano,ha oltre allefaculta predette anchora alquanto del coftrettiuo. Per la qual dottrina non credo,che errino coloro, che in uece di tutti gli altri Origani ufano,mancandone quelli, il nofrro d’ Italia. Chiamano l'Origano i Greci,O’piyarbfii Latini,Origanumigli Arabi, Pàdenigi,Pudenegi,ouero Paudencgiù Tedefchi,Vuolge motiRottdoftcniCr Ccfrentzùì Spagnoli,Oreganosic li Prati cefi, Origan,ouero Mariolaine bafrardc.

D clP ulegio.

Cap.

XXXI.

I l p v l e g i o èherba notifeimaà ciafcuno. Diflcc* c a , (calda, & digeriíce. prouoca bcuuto i meftruUl par to ,& le fecondine. T o lto con m ele, Si aloe fa fputarc i difetti delpolmonc:gioua àgli fpaiimati. Mitiga beuuto con acqua, & aceto, la naufca,& i rodimenti dello ftom aco. purga per di fotto la cholera nera. Soccor* re con uino à i morii de uelcnofi animali, fa ritornar* i tramortiti meflogli fotto al nafo con aceto.Sccco.bru* feiato, & fattone poluerc conferma le gengiue. Impia* Arato con polenta mitiga tutte le infìammagioni. G io ­ ita alle podagre poflo in fui m ale, fino che diuenti rof* fa la carne. Spegne applicato con cerato i quoiì: & gio­ ita impiafirato con falc à i difetti ¿li milza. Mitiga la fua dccottioneil pruritolauandofene:& li'orna lamadricc ritirata al fuo luogo:& fedendoli! dentro le donne.t ifolue le ucntofità,& le durezze della madrice,Chiamalo al cuni blechona.impcrochc gullato quando fiorifee dallo pecore,fubito le la belare. * K a Q v’ an »

*1

O rigano, & fua uaru bi­ dona. Emore di PI aio.

Opinion* del Bralauol» riputata.

Origan® ferii io da G« leno.

Nomi.


388

Diicorfì del Matthioli

QVANTVNQyK habbiano dubitato alcuni de moderni , f i l Pulegio uolgare fìaò nonfia il itero , di cui in, P“lefr° in & tefero gli antichi,per nonfcriuere Diofcoridc nota alcuna delle fòglie,de fu sti,w defiori,per efjerefiato il p„/fgl0 luae 11111 • ^ tf)„p0 ¿ tutti noto; nondimeno non mancano peritifiimi femplicifticbe uogliono, che il Pulegio del ccm mime ufo fu quell'iflejfo,di cuifcnffe Diofcoridc . Et qucflo nonfenza ragione, imperoche non fedamentefi uede per efperienza effer egli dotato di tutte quelle u irtù ,cr qualità dateli da Diofcoridc; ma corrifpondere anchan molto ati'bifioria,chc ne deferiue Minio. il quale a U m i .capo del xx.libro,co(i diceua. Il Pulegio è di duefot ti : la fimina,chefa il fior porporco : cr il mafcbio,cbe lo fa bianco. L'unocr l'altro fi ritroua hoggi in Italia, ey Errore di amendue parimente nafeono odoratifiimi inTofcana. Onde nonpoffo fe non credere,che di gran lunga inganni* alcuni. no coloro, che uogliono^chcl Pulegio ufitólcjiu chi Upriftid* & chi Idfecondufycl ic di Cdlantcnto. c>“ tutti0 piu quanto iofon certifiimofome frem o al fio proprio luogofd'batter già piu tempo ritrouate tutte le frette de i C o lo. lamenti defcritte da Diofcoridc. Dimofha altra di ciò, che il Pulegio noflranofta il nero, per ritrattarfi <¡jf erfc mite di figlie al dittamo di Candía, raffembrato al pulegio daTheopbrafto, er da Diofcoridc : come chefcriua egli bauere il Dittamo le figlie piu grandi,come manifiscamente fi uede in quedo,che fi ci porta di Candía. Coltiuano il Pulegio le donne Tedefchc ne gli borii,& ne i uafi di terra con non poca diligenza,per ufarlo pofeia ne bifogni lo* r o . Et però per la molta coltura,fi uede quid molto piu nutrito in tutta la pianta, di quello che nafce per fifieffi al faluìttico,cr fimite allafecondafrette dì Calamento,come dice Diofcoridc,acutifiimo al gufo, con alquanto diaPulegio ferie „S tu d in e . La onde diceua Galeno al v 1,dellefacultà de femplici. Il Pulegio è acuto con alquanto d’amaritu* to da Gal. dine,falda,w diffecca ualorofamcnte. E uero indicio della molta calidità fu i l'arrofiire della carne , chefa egli quando ui s'impiafra fufo,cr 1‘ ulcere che ui caufa lungo tempo lafciandouelo. Oltre à quefio dimagra, che è f f e * chi,G~ adottigli il fare facili allo fruto gli humidi,uifcofi,cr grofit humori,chefi ragunano nel petto, er nel polmo Iq ne,cr parimente prottocare de i meftrui ritenuti. Chiamano i Greci il Pulegio, Ixúyav : i Latini, Pulegittm : gli Nom‘’ Arabi, AlnamMnegcn,onero Aluegenii Tedefchi,Polche? HertzpoUydi, Spagnuoh,Pokio; iPrancefi, Pulege, Cr Pouliot,

D IT T A M O .

D IT T A M O F A L S O .

C h i a m a n o alcuni il Dittamo, Pulegio faluatico. E herba, che nafce in Candía, acuta , lifcia* S i firn le al pulegio:ma fonolcfuc frondi maggiori,ricoperte di borra, & d’una certa pelofalanugi* re. N on produce fiori,nefeme. Ha il medefimo ualore, che’lpulegio domeitico : ma è molto piu ¿ 0 efficace,imperoche non fidamente beuuto, ma applicato, & profumato tira fuori del corpo le crea­ ture m orte.D icefi,che in Càdia fa il dittamo ufeire lefaettedà doifioallc capre ferite,che lo paficono Ilfucco


Nel terzo lib. di Dioicoride.

385)

Jl focco impiaftrato.ouero trito con polenta,ha uirtù di purgare. Impiafirata l'herba alle fuole de i piedi» ò in qual fi uoglia altra parte del corpo,caua fuori i bronconi, & le Ipinc. E buono j 1dittamo al dolore di milzaiimperoche dilfecca,& rifolue. Cogliefi la fiate,& l'autunno. £ la radice lua al gufiocalidaraccelera il parto.Il fiacco beuuto con uino loccorreà i morii delle ferpi.Nel che l’herba ha tanta uirtù,che folo il fuo odore le fa f u g g i r e i fa morire tutti gl i animali,che auelenano gli liuomi ni co’l mordere,& co’l trafiggere,quando fi toccano conella. Metto il fueco nelle ferite fatte da fer­ ro,ouero da i morii de uelenofi animali,le Tana,fe però fubito anchora fene bee.

D el Dittamo fallo.

Cap.

X X X 1 1 1.

i» Q u e l l o , che chiamano Dittamo falfo,nafce in diuerfi luoghi}fimilc al già dettoima è meno acuto.Ha le uirtù medefimc,ma non però cofi ualorofe.

D i vn’altro Dittamo di Candia.

Cap.

X X X I I II.

P o r t a s i di Candia una altra forte di Dittam o,che produce le frondi fìmili al fifembro,ma i rami maggiorijne i quali fono i fiori fìmili à quelli dell’origano fa'uatico, neri,& molli.E' l’odore delle fo glie giocondifsimo, mezano infra il fifcmbro,& la fald a . Vale à tutte le cofe,che uagliono i predet ti,ma non ferifee cofi l’odorato.Mettefi quefto ne gli cmpiaftri,& nelle medicine thcriacali,che fi fan c*o no contra à i ueleni de i ferpenti. Na s c e iluero,crpiu ualorofi D iurno folomeniineU'ìfoladi Candii: nequiuiperò nafte per tutto il paefe ; m follmente in un prillato,spicciolo luogo ,fe ucro cilteüimonio di Tbeopbnfto. il quale a l x v i . cap. del ve.libro dell'bifìorid delle piante, cofì ampiamente nefcrìjfe. Il Dittamo è proprio dell’ifola di Candia, di uirtù mi rabile,cr in molte cofi utilißimo,cr particolarmente ualoroftßimo à i parti delle donne. Sono le fue frondi fìmili d quelle del pulegio,cr di fapore anchora molto neramente fìmili:mafono i ramifuoi ben piu fittili. Vufo t filarne te dellefrondi,non de rami,ne delfruttole quali fono a molte ¿ofe gioueuoli,cr priuatamente(come s’è detto ) à i parti delle donne : imperoebe ò chefanno ellepartorire con preftezza,ò ccrtamcte leuano del tutto i dolori dannoß ri bere con acqua. E quella berba rara:tzr il luogo,che la produce,è picciolifrimo.Vafconla uolentieri le capre per 5° tffere algutlo loro molto aggradeuole.E cofa nera quello,che fi dice dellefaette : imperoebe le capre paffute dagli frali,ngittdno il fino,fubito che mangiano il Dittamo. Il falfo Dittamo ha le fiondifìmili al uero,ma i rami,et le uirtù affai minori : e r come che in tutte le predette cofi ancho egli giouì;nondimeno non è cofì ualorofo. P uofri la uirtù del Dittamo ageuolmente tnueüigare,perfentirfì egli affai cahdo al gufto. Rìfenano lefrondi coloro, che 10 colgono in certi cannoni di cana,onero di fèrola, accioche la uirtù no euapori in aria'.percioche fi crede,che quel lo,che euapora,fta affai manco buono. Non manca oltre à ciò chi fi penfì,cbe là natura del Dittamo, er delfalfo Dit tamofieno una medefìma.ln^percche dicono,che degenera il Dittamo in falfo Dittamo, quando nafee egli in luoghi piu domeftichi,er piu grafi : percioche il uero ama il terreno de i luoghi ajpri, c r faluatichi. Enne oltra a .quefii una altrafietie,quantunque quafi equiuocheuolmentc fi chiami Dittamo,per non raßembrarfegli egli punto nc nelle fattezze ,ne nelle uirtùfue,che produce le frondi fìmili al fìfembro,cr i rami maggiori.Ma Tufo di quefto,et le fir 4° ze nientefi conuengono con gli altri. Quefto tuttofcriffe de i Dittami Tbeophraüo. Ma per tornare nella nostra folita firada,dico,che non è gran tempo, che s’è cominciato à portare il Dittamo di Candia à Vinegia.Pcrciochc'l Mdndrdo da Ferrara diligentißimo rintracciatone defemplieigià di pochi annifepolto,diceua in una fua epistola » che fedì nucuo Venere non ce'l portaua di Candia dalla felua Idajie faremmo per Ìauuenire fempre fenza effe.Ma fe quefto,che fi porta a noifìa [il uero,ò ilfalfo Dittamo,hanno non fenza caufa dubitato alcuni,per uederfì,che ma mfiftamente produce egli il fiore contra ri quello,che ne dice Diofcoride, come che in ogni altra notafìgli rafiimi* g li. Ma ccrtamcnte(uolendo pur dire il ueró)nonfo per qual authorità.ò ragionefcriueffe Diofcoride,che il Ditta mo di Candia non produeeße neferne, nefiori'.uedendoft manifittamente,che non filamenti fi portano à noi le fòglie di Candia;ma anchora i ramufcelli carichi di fiori nellefommita loro alquanto porporeggiami,con tutte quelle no te,chefi ricercano nel uero. Chefra cofa certa,che il Dittamo di Candia produca er fiori,er ferne,nefa fide Theo* io phraüo dicendo,che 1ufo del Dìttamo è dellefiglie,er non de rami,ne delfrutto. Dal che fi può conietturare, che facendo il Dittamo frutto,faccia anchor fiori, come fcriue Damocratc nell’impiatir0 del Dittamo pojlo di Galeno nel v.libro delle compofttioni de medicamenti in genere con quefti ucrfl. £f dramme uenti cCberbaficca,cr lifeia Di Dittamno,che fico habbia i fuoi fiori.

11d e confirma manifitlamente Vergilio nel x11 .libro della fua Eneide,cofìfcriuenio . Qui Venere sbattuta dal dolore Indegno delfigliuol, dal monte d’ id i D i Candia coglie il Dittamo,che cinge Delle lanofefi-ondi il gambo,crorna D i porporco fior la chioma bella. Kcrba allefiere capre nota,quando

Percoffefin dandocifaettc.

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Plinto

Dittamo, le fua liiftor. ¡¡e dTatn.

Che’l Ditta­ mo produca i fiori.


99 °

Difcoril del Matthioli

Plinio imitando forfè D iofcoride dijje parimente che il Dittamo non produceua fiori,nefitfii,ne fim o .il che n Pfeudodit- fornente ripugna aU’autborità prefcritte,ma à quello che fenfatamentefé ne uede. Il Pfeudodittmo, cofichiam timo. todai Greci,ciò è Dittamo faifo, credo che fin bora da pocbifia flato conofciuto. Ilnero hebbi già io daPifj

fl

eccellentifiimo medico M.Luca Ghinitda cuifu cattato il ritratto,che qui fi uede .Creficc quefio all'altezza i ' • " Jpanna, e r qualche uolta maggiore. ifufiiproduce egli lanuginofi, er bianchi, le fòglie efeono dal gambo uljld mente i due a due lanuginofe ¿¡come quelle del Dittamo, diftinte di pari¡patio : dalla cui origine nafeonoi fi* ' Dittamo uol porporci per intorno alfttflc,comcfa il marrùbio,cr fo melijja. Ha fapore di pulegiojna meno acuto, ]/ gare. re Dittamo chiamato propriamente bianco, nafee per affai luoghi d’Italia : confiondi molto flmili al frafin o : fiori odorifèrifiimi, filmili à quelli delnofìrano cedro : er bianca, er amara radice fa’odore di becco, crfpiacàtole Hon corrifponde neramente nellefembianzefuc à niuna diquefte tre fpetie , che qui ficriue Diofcoride. Ma ¿gran cofia,cbe non uifii ritroui alcuno,de gli antichi autori,che labbia ne fiuoi uolumi deferitta una tanto bella, ngubi* io le , er odorifera pianta. Della quale per hauere io di[opra detto à bastanza al capitolo del Trafitto nel primo lì. ' Dittamo bro,per efiere breue non rcplicarò qui quello, di cui fi può quitti ciaficttnofodisfarc. Commemorò Galeno il Dit fcritto da Ga tanto al v i .delle facilità de ¡empiici,cofi dicendo. 11 Dittamo c piufiottile nella fitta efjettza del pulegio : ma nel re ieaofio è egli del tutto fìmilc . Quello, che chiamanofialfio|Dittamo, è in ognifina operatione affai mai ttalorofo del uero. Chiamano i Greci il Dittamo,£,hr*iarc{; i Latini,D¿¿tamiiuntigli Arabi,Mefcatremefir, Alnegein araba

Nomi.

ouero Bjri:i redefichi>Vuilde,‘ poley.li Spagnuoli,Ditamo,cr Ditamo reai. Il fialfio Dittamo chiamano t Gree V ìv i oJ'ÌKTappi ; i Latini, Pfcudodtfamr. uni,er falfium Di¿tamnum.

Della Saluia. u

Cap.

XXXV.

L a s a l v i a è una pianta ramofa, lunga, con uergelle quadrangolari, & biancheggianti. Le frondt fi rafiembrano à quelle de i meli cotogni,ma fono piu lunghe,piu aipre, & piu gro fle, ruuide à modo d una ueftefpelata,birfute,biancheggianti,che refpirano di giocondifsimo odore, quantunque alquanto graue.Produce iliem e nelle fommità de i fufti,limile all'horminio faluatico. Na(ce in luoghi aipn.La decottione delle lue fion di,# parimente de i rami beuuta prouoca i meftrui, fa ori­ nare, & fimilmcntc partorire. G iòua alle punture della paftinaca marina:fa nerii capelli: riftaena il fangue delle feriteipurgalulccre maligne, &% <Jide.La decotuone dei rami, & delle frondi fatu nel uino : & lauandofi con dia fpegne il prurito de i tefticoli.

E TANTP


Nel terzo lib di Diofcoride.

jy i

£ TANTO litigare,cr nota la Saluta domcfiica,che pocbifimi horti fi ritrouano per le cittadi, cafleUa, c r uil {cd'ltalia} che non ui fiala Saluia abondantifiima. Mae dafapere,che oltre à quella,chefi echimi ne gli borrife „e ritroua nelle campagne,cr parimente ne i monti di faluatica,moltofìttile alla domefiica, come ch’ella ¡la piu bun cbeggiante,cr piu per tutto pelofa. Ma errano manifellamente coloro,che per la Saluiafaluatica togllono la Scar legga faluatica chiamata communementc daglifietiali GaUitrico,onero Centrimi galli. Mac però d’aueptire, che per la Saluiafaluatica intendo qui io di quella, che cofi uolgarmente ,f ì chiama da tu tti, cr non di quella, che na* fee per li parami, oueramentc campagne di Spagna infieme con lo ¡fig o , cr con la lauanda, cr parimente nella co {¡a di Pmienza.percioche quefla non è alerò, che quella, di cui intende Diofcoride, cr quella tftejfa che habbia* mo di quindi trapiantata negli hortì. E t però non diceua Diofcoride, nafte la Saluia negli horti ¡¿m ille tigne ; io ma beneldijjì egli, che ella nafceua in luoghi offri. Tbeophrafio a h i . capo del. v i .libro delllittoria delle pian* te,fece della Saluia duefietie, cofì dicendo. Lo Sphacelo, c r la Saluiafono tra loro differenti, quafi comefe l’uno fuffe la Saluia dotiefìica, cr l’altro la faluatica. lo Sphacelo ha lefoglie piu lifeie, piu contratte, minori, cr piu brutte : cr la Saluia piufeabrofe. Le quali ffetiefi ueggono hoggi in Italia negli horti, cr ne i giardini, come dimoftrano qui i ritratti podi da noi : di modo, che fi può ragioneuolmente ¡limare, che la Saluia fio lafettina, cr ¡0 Spbacclo'il mafebio . Chiamafì la Saluia da i Greci elelifiacos.onde fi pensò Plinio al x x v capo d clx xi. libro, ingannato dalla fimilit udine de i uocaboli Greci, chefuffe la Saluia una fietie di lenticchie : percioche quefle clia mano i Greci phacos, Nell’ifola di Candia, cr parimente in alcuni luoghi del regno di Napoli, come in Puglia, cr in Calabria, produce la Salma un frutto berlina ,ftmile alle galle delle quercie : di cui mifece già copia il Magnifi* co M. Giouanbattifta Ramufìo SecretanodelhUuftrifimo Confìglio de Dieci della Serenifima Republica di Ve* £0 netia tàcui era di nuouo ¡tato mandato di Candia dal Clarfiimo M. Gionan marco Molino fuo Cognato, che al» ¡borderà Confìgliero in quell’ifola . E la Saluia,per quel che ne letifica Galeno al v i .dellefacuità defempliei, eilidentcmentc calda, cr leggiermente coftrettiua. Scriffe della Saluia alcune uirtù ecceUemifime A etio, cofidi* ccndo. La Saluiafcalda nianifefmente c r cotiringe leggiermente. Dicono alcuni, che la Saluia fumentata ri* ftagna il fìuffo del metiruo,cr tutti gli altri flufii muliebri. Agrippa chiamò la Saluia herbafiera, la quale man* giano le donne gravide quando patifeono i flufii dell'humidità della madrice : imperoch’clla ritiene la creatura, cr lafortifica diffama vitale. Bruendo la donna, dapoi che quattro giórni fia dormitafola fenza kttomo, una botino, dificco di Saluia con un poco difole, c r dipoi congiungendofl con ¡huomo,fubito s’ingramda. Dicono , che in uno certo luogo d’Egitto,dopo una crudelifinta prflilenza, furono corrette le donne dagli htiommi, che u’auanzaro no ,àb:re il ficco della Saluia , accioche haueffero à generare affai figliuoli . Diffc Orpheo, che dato il ficco del j o la Saluia al pefo di due ciathi infieme con mele da digiuno, à coloro chefiutano il fangue, che fubito fi rifiagna. Fannofi per i ibiflci della Saluia pilule inquefio modo . Toglie di ffico nardo, digengeuo ,di ciafcuno due dram­ me: difeme di Saluia arrogilo , petto, cr crivellato dramme otto : dì pepe lungo dramme dodici: cr incorpora conficco di Saluia, CT danne la mattina da digiuno, cr parimente la fera una dramma alla uolta, crfegli beua dipoi un pochetto f ac* qua . Chiamano i Greci la Saluia, utot: t Latini, Sai uia igli Arabi, Aelisfacos, c r Elifacos: i Tcdefchi, Salbcy: li Spagnuoli, Saluia, cr Salva : li Francejl, Saulgs.

Della Menta.

Cap.

X X X V I.

L a m e n t a c herba conofciuta. Ha uirtù di fcaldar c , di riftagnare, & di difleccare.il Cucco beuuto con acctoj riftagna il Cangile: amazza i uermini tondi,& {li­ mola uenere.Beuuti tre rami di menta con Cucco di me lagrani Corti raffrenano il finghiozzo, il uom ito, & la cholera.lmpiaftrata la menta con polenta riColue le po fteme.JMeffa in Cu la Crontc alleggia i dolori del capo : rifolue le poppe, che s’enfiano per il parto >ouero per troppa abondàza di latte. Impiaftrafi con Cale à i morii d e i cani.IlCucco diflillato ncU’orcccbie có acqua me latagiouaà i dolori di quelle. Meffa nella natura delle donne auanti al coito,non lelaCcia ingrauidare- fregata in Cu la lingua ne leua l’aCprezza. Le frondi mefie nel lac te non lo laCciano apprendere. E uniuerfalmente grata allo ftomaco,& uCafi in molti modi ne i condimenti.

D e l M emartro.

Cap.

X X X V II.

L a m enta Caluatica chiamano i Latini Mentaftro. Produce le frondi piu pelofe della menta, ‘ & maggio ri per tutto di quelle del fifembro,& di piu graue odo­ re.^ imperò è ella à i /ani minormente in ufo. . — Lamenta

Salmi ,& fu« eiìànun.

Errore di Pii nio.

Saluia ferina da Galeno,Se da Aetio.

Nomi.


jc) 2

Difcorfi del Matthioli

L a m e n t a tanto domeftica,quanto faluaticafta quale noi chiamiamo volgarmente in Tofc<m<t Mentaftro, è tanto notd,cr uolgarc,che non richiede altra chiarezza,effendo che per fe ftefia-é chiara. Et quantunque fiueg* Cu edita. gano à i tempi nojlri piu ffictie di Menta ne gli horti di cui non fcriue Diofconde ( ciò é una con piu breui, arpia creffe frondi, una col fu fto , e r col fior rojjo, er l'altra con bianco:)nondimeno per miogiuditio non c dafar di ciò gran conto.E herba molto uiuace ; impcrcche'piantata,ouer fiminata una uolta negli horti malageuolmcntefinc ftirpa uia,ch'ella non ui rinafea. Fauorifce la Menta le forze ueneree , nonfidamentefecondo la fientenza di Die* ficoride, ina anchora di Galeno, quantunque Plinio a l x m i .cap.del xx. libro taiga il contrario. Refe di ciò Menra,ferìtGaleno la ragione a l v i , delle facuità de fiemplici,quando cofii diceua .La Menta odorata chiamano alcuni Hcdiofi 40 tsdaGal. mos per efferne un’altra ffiel ie,la qual non ha odore, chiamata calamintha. L ’una, er l’altra è al gufo acuta,u ne fiuoi temperamenti calida nel terzo ordine. Nondimeno l'odorata è piu debole, e r manco calidaiperciochequel* la,che è fenza odore,è lafialuatica, er l’odorifera la domenica. Et imperò quefta per l’humidità acquietata dalla coltura, muoue ageuolmcnte gli appetiti di Venere. Il che fanno parimente tutte quelle cofie, che hanno in f i una certa ¡¡umidità uentofa.cr meza cotta.Per la qual temperatura l'ufiano alcuni incorporata con polenta in fu le po­ lirn e. Il che nonfi deefare con lafialuatica, per rificaldare ella, er diffeccarc affai piu fòrte, che fi ricerchi in tal cofi.Ha infiela Menta un certo che d’amarezza, con la quale ammazza ella i uermini : cr fimilmente alquanto d’acerbità,con la quale quando fi bee con aceto melato, rifiagna i nomiti del fiangueche difrefico accaggiono. So no le parti dcUafultanza fiottilifiime » quantofì fileno quelle d'ogni altra herba.tutto quefto difife Galcno.Mac qui d'auertire >che Galeno non intende in quefto luogo quefta ¡fette di Méntafialuatica per la nera Calamintha, mi 59 per lo Mentastro noftro uolgare.peretiche della Calamintha odorifierifiima (come nelfieguentc capitolo diremo) parlò egli piu ampiamente nel principio del v i i .libro . I l che dimoftra il non dirlo egli qui ajfcrmatiuamente, mi Méta greca, che co/l chiamano alcuni la Menta faluatica. Nafie,cr ferititifi anchora negli horti una pianta nota, er uolga* & ùu ediun. re chiamata in piu luoghi, come nel contado di Goritia Menta greca, confrcndipiu lunghe, erpiu larghe della fialuia,fiimilìquaft a quelle della betonica, che nel uerde biancheggiano : i fufti alti un gembito, er qualche uolta maggiori : nelle cui fiommitàfono i fo ri gialli, come nel tanaceto, quantunque minori. E pianta in ogni parte a• mara coftrettiua,cr d’odore grane ,e r acuto. Noi in Tofana la ihiamamo Nerba di f,anta Maria, er parimente Saluta romana : il qual ncme,perhauer ella fòglie piu di fuluia,che di mcntapiu ueramente fe gli colimene. Sono alcuni,che la chiamano Laffulata : ma donde cauino cofìoro ¡1 lignificato di tal nome, non fo io ueramente coniet• turare. peròdicanloeglino. Scrìue Valerio Cordo neldiffenfarìo fatto per leffetiarie, neDa ccmpofitionedel* ¿0 l’unguento Man iato magno, efjere due ¡fede di menta,una crefpa, er l’altra chiamata Saracenica : crperla Sa­ ncenti* intende egli della prefinte pianta, chiamata Mentagreca da molti , [opra tihe termina, che quefta fi deb* bametiert M e n u , St


Nei terzo lib .di Diofconde. «ENTA

35)3

bx mettere netti compoftione dell'unguento predetto. Ma per non prouar egli ciò ne con authorita, ne con ragioni ,non mi par che dobbiamo af¡curarci di credergli : c r majomamente ue dendofì,che nel Hicolao nuotiamonefatto Latino dal Yuchfio, nella compojìtione del Marciato non è alcuna mentiate di men ta Saracenia,ma ben di roffafaluaticafolamcnte.il,che ageuol* mente ne dimofra,chc fipojfa liberamente dire, che non man* chino errori in quel disenfino. chiamano quef a pianta(come dice egli ) i TedefchiVnfer frauuen muntz,cio c Menti di no* ftra Donna. Ma il Fuch/ìofotto quefio nome ne dimofra urial­ tri affai diuerfa.Coloro adunque che meglio di me intendono la lingua Tedefca potranno ragioneuclmente giudicare chi di loro babbia errato. I /fucco di quef a pianta beuuto ammazza i ucr­ aini del cop o : e rgìoua allefrigidità detta madrice. Corro* bora lo fornico tanto beuuto, quanto impìafirato di fuori,et ri faglia parimente i uomiti. Scaccia tutta la pianta fparfa per terrai ferpenti. il chefa fmilmente il fumo dett'abbrufeiata . Gioua oltre a ciò atte opilationi, c r conforta la teña. Chia» Nomi. mano i Greci la Menta,H’JW/aoi :i Latini, Menta egli Ara bi,Nahanahd:i Tedefelli, Muntz : li Spagnuoli,Uierua buena, ZT ortcUna.cr i Yrancejì, Mente.

GRECA.

I#

io

Della Calamintha.

Cap.

X X X V III

F r a le fpetie della Calamintha n’è una,chenafce ne i monti,che produce le frondi bianchiccic, limili al bafilico.'i rami fecchi,ifuftiangolofi,e’lfiorporporeo. L ’altra è fimile al pulegio ,ma maggiore : & imperò al­ cuni la chiamarono pulegio (abiatico, per raffèmbrarfe gli nell’odore. quella chiamano! Latini nepeta. La terza è Ornile ai m étallro, ma produce le frondi pia

J*

c a l a m in t h a

m o n t a n a

.

C A L A M IN T H A

SECO N D A,


Difcorfì del Matthioli

55>4

C A LA AIINTH A T E R Z A .

CalammtKa, & fia eflim.

Errore <34

firafaula.

HERBA

Errore del Quelli o.

Errore dei Frati.

GATTA.

lunghe,& i furti,& i ramufcelli maggiori dell’altrc è maco uirtuofa.Le fromli di tutte lon feruenti, ¿ f a temete acutc.Ia radice è inutilc.Nafce nelle capL nc^ luoghi afpri,& acquofi . Barrita , ouero impiaft^11 foccorre à i morir delle uelenofe ferpi.La decotti* ne bcuuta prouoca l’orina,& i mertrui: cóferifccài roc ti, à gli fpafimati'»’ à gli afmatici, à i dolori di corpo, a| uomito cholerico,& al freddo,& tremori, che uengo. no ne i principi) della febre ; gioua à trabocco di fiele T o lta per auanti con uino uale centra à i ueleni. Beuii ta con mele,& con fiale ammazza ogni forte di uermini * del corpo.ll che fa parimente trita cruda,& cotca.Man giata, & beutole pofeia fopra del fiero del latte, gioUJ alla lepra. Le frondi pefle , & applicate alla natura delle donne con lana, prouocano i meftrui,& ammazzano le creature. Fumcntate, & fparfe fanno fuggire le ferpi. C o tte nel uino, & impiaftrate fanno diuctare bianche le cicatrici nere, & fpengono i liuidi.Impiaftranfi in fa le feiatiebe, accioche tirino dal profondo gli humcri, brnfciando la pelle di fopra.llfucco diftillato nell’orec chic u’ammazza dentro i uermini. c h i a m a s i la CaUmintbd volgarmente Colamento, èl quale quello è piu hoggi adoperato nellefrettane , che come moro Diofcoride nella feconda frette, er dif)e,che particolari mente era chiamato Nepeta da ¿Latini, il qual nome ritieni eglifino à i tempi nofìri in Tofcafù.’pcrcioche per tuttofi chia ma NipouUa.Et imperò pormi che s'inganni àfiai il Brafauo* la , nel crederf i , che’l Calamento porto da Dioficorid^peUaft* condafretie fila quelli herba, che per ruzzare con effa uolcntie* ^ ri le gatte, fi chiama per la piu parie d’Italia Herba gatta. Il quale errore apertamente ne mamfefta il uedere noi, che l’her* ha gatta produce le frondi del tutto fimili a quelle dell’ortica, Cr della mcltffa, le quali quanto fi rafiimiglino nelle fattezze, V nell’odore, nel qual fonda il Brajauolatl fuo ftnt mento, i quelle del pulegio, giudichilo ciafcuno, che brama dtfauom il itero. Et peròfi uede, che equiuocano coloro parimente, cif chiamano in Lombardia N cucia l’Herbagattta.Al che hautn* do forfè piu rifretto il Brafauola ,che al confìderare allefattez Z e , note, c r lineamenti, che dà Diofcoride à quella fecondi ^ fretie , erra manifcjlamente. I mperoche, conte può uedere cip cunojl uolgar Calamento,che s’ufaneUefretiaric, halcfron* di non folo nelle fattezze; ma anebora neU’odore, c r nelfapo« re, tanto fimili al pulegio, che non è maraviglia ( comefeline Diofcortde)che riabbiano chiamato alcuni Pulegio fluitice­ ne fidamente nell’odore la Nepetafiraffmbra al pulegio ( co* me par che ucgtia il Brafauola)ma nellefoglie,cr neifuffi• Ptf quefio adunque diurno,che in modo alcuno nonfi dee credere, che inerba gattafia la feconda fretie del Calamentome manco laterz<t,comeuuole il R ueUio : mperoche queftafìraffembrò Diofcoride al mentaftro, e moti all’ortica, cr afta mchffa, 4 cui(ccme qui difcpradicemmo)firafimiglia non pocol’Herbd gatta. Et tanto piu ardifeo d’affermare io quefio, quanto o* gn’hor piu me nefa fede tbaucrc ritrouato quefìa terzafretie di Calamentofimile molto al mentaftro, ma affai piu acuto, & piu bianchiccio di colore, nella uaUe Anania, crin piu crp114 luoghi dci contado di Goritia. dotte parimente ne ifuoi piu ab ti monti hofrefjo ricoìto anchora il montano,con frondi bum* rbcg giunti fin. ili al bafilico.con rami quadrangolari, cr fior »oj]o porporeggiatile, come nella primafretie ferine Diofcori* ¿t de. Cudonfi errando! prati commentatori deU’antidot i* rio d< Mefue, che la Nepeta pofia da Diofcoride per lafeconda frette


Nel terzo lib.di Diofconde.

39*)

M i e , con fiondifintili al pulegio,fU quellafifiitie, che nafce ne ì monti, confiondifimii albafilico. Nel che di* f^fa-ano d'batter con poca attenérne fiudiato Diofcoride, er di non batter mai uedutoìl Caiamento moia ano : ne m(no s'accotono alla iteriti,per le ragioni[addette conjòmundofi co iBrafauola, tenendo per certo , che tberba vìtta f i il Calammo della fecondacene . La Calamintha (dicati Galeno al v i i .dellefacuità de fempiici ) è di oiawim lu fottìle e(fenza,calida,crfecca quaft nel terzo ordìne.deUe cui qualità s hanno gli indici] manififii parte per tlgu* fermila G* ¡io,CT parte per f efierienza. A l gitilo è ella chiaramente acuta,zr calda, er alquanto amara. er att'efperimento lena.' è Htanifrfio, che applicata difuori [calda da prima ualorofamcnte, morde tirando, er ¡citando la pelle, cr fi* Miniente ulcera la carne. Oltre a ciò tolta fecca per bocca per fe fola, onero con nino melatoficalda mattififtamtn* tC}fafidare, c r matura, cr dijfccca ogni corpo. Nella qual ragione confidandoli alcuni tifarono la Calamùllba ¡0 colta nell’olio per ungere coloro »che ned'entrar dettefèbbrifon conquajfati dal cremore, er dal ficàio, fregando* f ¡ì affai fòrte, e r parimente dandola per bocca nel modo predetto. Impiagatila altri anchora per ualorofo rime* dio atte¡feiatiche : pcrciocbe per tirare ella gli bumori allafupcrficic, che fono nel profóndo dette membra, [calda molto lagiuntura, e r brufeia apparentemente la pelle . Proitoca ualorofxnuntc i mcflruì tanto beuuta, quanto ap* plicata .E ottimo rimedio a ileprofi, non tanto perche ella digerirai fot tilt bumori; ma per diffeccare ella, er incidereudentemente ì g ra fi, da i quali fi genera il male. Cofi anchorafa diuentnr bianche le cicatrici dell’ulte* re, che reflano nere, er fpeguc i liuidi. nel che molto piu gioua frefea,che fecca, cotta però nel nino, er meffaui. [opra : imperocbc fecca intenta piu gagliarda, er piu pronta a brufeiare , Et però effondo ella tale, s’uft ne i mor • fide i uelenofl animali, come i cauterij, er ogni altro medicamento calido, er acuto comporlo di fiottili parti, er conte quelli tutti, che dal profóndo, er da tutte le parti circonuùine poffono tirare afe ogni humore. Oltre a que lo f i l'amarezza >che fi ritroua inlei, è ueramente poca : nondimeno in alcune cofe opera ella cofi ualorofamente » tomefefuffe affai. Del che c cagione l’cffer ella congiunta con gran calore, er con fiottile effenza. Et imperò ilf io ficco beuuto, onero crfilerizato ammazza tutti i uermini del corpo, er parimente dell'orecchie, er d’ogni altro membro, dottefujfcro nati, o per putredine di pofìcme o <faltro. Et cofi beuuta , oueramente applicata di f i t t o , ammazza la creatura,er la fa ucnirfuori aitanti di tempo. E la Calamintba incifiua, per efjer calida, fittile , er amara ;ma :fierfina filarne nte per l’amaritudine. Et imperò per tutte le qualità predette gioita ella a gli afmatici : m a ¡rabbocco difiele confèrifie fidamente per t amaritudine, come fanno l'altre cofe amare, atorfiue, er difoppi* latiueà'ogm oppilatione del fégato. Ma a tutte quefie cofe è piu dett’altre uatorofi quella, che nafce ne i monti. Chiamano la Calamintba i Greci, Kanauiria ; i Latini, Calaminta egli Arabi Calamentum : i Tcdefchi, fu iU Noini. dcnpolty : li Spagnoli,la Sienada ; er i Erancefi,PouUiot fauiuige. P

D el T h im o.

Cap.

X X X IX ,

E i l THIMO conofciutodaciafcuno,una pian­ ta farmento(à,circondata da molte) minute, (frette , & fottili frondi. Ha nelle cime piccioli b o tto n i, pieni di porporei fiori. Nafce in terreno m agro, & faiToio. Ha quefta uirtù»che beuuto con fale,& aceto purgala flé* ma per di fo tto .G ioua la fua dccottione con mele,a gli (fretti di petto,& a gli afmatici: caccia fu o fli uermini del corpo,! mcifrui,le fecódine,e’l parto: prouoca l’ori [na.Facilita inghiottito in modo di lettouario có mele lo fputo ne i defetti del petto. Impiaftrato con aceto fi foluc le pofteme frefche del corpo:diifolueil fangue ap prefoileua quelle uerruche, che pendono, che fi chia­ mano thimi. Impiaftrafi utilmente alle feiatiche con po lenta, & uino. G ioua mangiato ne i cibi alle debolezze de gli occhi.E utile a i fani nell'ufo de i cotidiani condi m enti. I l t h i m o (dìceua Tbccphraflo al i i .capitolo del v i . Thimo libro dell’Infiorici dette piante fèd i due fietie, bianco ciò è , e r hiltor. nero . Fiorifce tardi : imperoche nonfiorifee piu prefío, che nel folfiitio dettafiate. Da i cutfiori ricolgono le dpi il mele abon« iantifm o,zr di qui predicono coloro, che hanno la cura delle api,la douitia,cr la careflia del mele. Peraoche fe’l thimo prr* fio sfiorifce(il che pie mólte pioggie gli fuole f i efio accadere) il mele nonficcede in gran copia. Il fieme detta[aturda, er pa­ rimente dell’origano mamfifiamentefi ucggoiio: ma quel del thè m o, per efiere in un certo modo incorporato co i fiori, non ci fi dimoflra apertamente. Et però fi [emiliano ifiori ,c r cefi nafce il thimo . E ú thimo 4 i tempi nofiri not ¡finto in Italia .-Il m ■

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Difcoril del Matchioli

196

Il Thimoè fItorc fi porti di Puglia,quantunque di Candia, era altri luoghi fi /*. _ : j .

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i ue ipeuc, Jfortde »chefujjc tl Thimo di dueffr tic . ma quando nel quarto libro dictua che lo Epithimo era il fiere ,1!°* piu duro,ex piu limile allafatureia, dimoftra per ciò, che anchor egli ne conojcef]~e amendue le Jpetie ; c!o e W'’° norr .*di cui fa egli qui mentione : cr il maggiore piu legnofo.piu farmentofo, er piu duro, di cui fono pieni t ì ' * i monti,w i coUt del contado di Gonfia :[oprai quale najce ÌEpithtmo uero da me piu notte ricalco nella fine à 'T

Thimofcrit- la sfate, cr per tutto l'autunno, Scrljje Galeno delThimo al v i . delle[acuità de i [empiici, cofidicendo ¡ ¡ t i * J . ^ a l e n o ino è manifejìamente caldo,cr incijìuo : cr però prouoca i mestrui, c r Corina :fa [conciare le donne. Pur?, ¿f# U

■ a tuo.

Nomi,

t0 i'fiìteriora >(yfaaiit u aU0jput0 /f materie del petto , cr del polmone. Et imperò è da cfjere egli pcjto 'tra qu o" le cofe, che[caldano, cr diffcccano nel terzo grado. Oltre a ciòfcrijfe del Thimo anchora A etio in qucflo mode ‘ Elafi per efpenmento, oltre a quello, che nefcrijfe Galeno, che dato il Thimo [ecco, cr fottilmente macinato ài pefo di quattro dramme da digiuno con un ciatho d’oximelc a coloro, che patifeono dolori delle giunture, [0lU( J io cholcra , cr tutti gli altri humori, cr parimente la[ante acuta : gioua a i difitti della uefcica. Confirifie tolto al pefo d'una dramma con oximele a principij dell'bidropijla. Gioua parimente alle[ciatiche, a i dolori de lombi del coflato,cr del petto, alla uentofità hipochondriaca, dandofì ai patienti al prfo di tre dramme da digiuno con rn cuccchiaro di oximele, Dalli dadigiuno, cr manzi alla cena agli impedimenti, c r dolori degli occhi. confirilcc a igottofi,che nonpoffono muouerfi infìeme con nino : c r al pefo di tre dramme all’enfiagione de i teflicoh. i],t bifognaguardarflda quel Thimo,che è nero : perciocbe corrompe la complefiione, c r genera cholera. Quello è l'eletto, che[a il fiore porporeo : quantunque fìa molto piu ualorofi quello, che lo fa bianco. Chiamano i Greci il Thimo, ; i Latini, Thymus :gli Arabi, Hafce : i Tcdcfchi, Romifcber qucndcl,cr Vuelfcber quendehli Spagnoli,Tomilho[tiferò : i Francejì, Thym, c r Mariolaine d’Angletterre. :o

D ellaThim bra, onero Satureia.

Cap.

XL.

L a s a t v r e i a èherbatriuiale.N afce in luoghi afpri,& m agri, Amile al thimo, ma minore, & piu tene ra. Produce nelle fommiti una fpica piena di fiori,d’hcr baceo colore, Ha le medefimc uirtù,cbe’l thimo, tol­ ta nel medefimo modo,e' anchor effa nell’ufo de iani, Enncanchoradi domenica,quantunq; affai minoredtl la faluatica,ne i cibi ailai piu utile,per non tffere diati- m to acuta. L a s a t v r e i a , ouerThimbra fi chiama uolgarmen te in Tofcana Comelia,uocabolo ueramente corrotto dal Lati, no : impcrochc Cunila la chiama Piinio.In altri luoghi d'Italia fi chiama doue Sauoreggia ,crdoue PeucrcR.t per efìcr acuti/* fima come il pepe. Enne di domefiica, cr di Jaluatica piu odo­ rifera, cr piu algufio acuta. Et però non è marauiglìa[e Co* lumellafaceua differenza dalla T himbra alla Satureia,intendili do di queftedue jfe tie , come intefe parimente Plinio. Dal chefi ,)0 può ageuolmcnle confiderai,che chiamaffc Coluntella la [aiuti* tica, Thimbra-,cr la domefiica, Saturea. Ma qual fia la Satu* reia,di cui intende qui Diofcoridc, che produca nelle fomtniù defujìi ¡fiori fincati,di color norie, nenfo io ueramente per bora determinare : imperoche non ho uedutofin bora pianta ut* runa ne[aluatica,ne domenica,che ui córriffonda. Et però no ho potuto darne altro ritratto,che di quella, che nafee ne i no* fin horti d’Italia : di cui, per mio giuditio, [crine Coluntella.

Thimbra, Se (ita edam,

Nonritrouo chefaieffe Galeno mentione alcuna della Tèrni» bra ne ifuoi libri def empiici. Mafcriuendone Paolo Egineti : jo La Thimbra (diceua)[aluatica è quanto il thimo in ognifua o*

Thimbra fcricta da Pao lo. .

, Ncmi.

,

piu conutneuole ne i cibi

, . peradone ualorofa. ma la domefiica è piu debole, quantunque Chiamano t GrecilaThimbra, 0 ^ « : iL a tini, Thymbra, Cunila, c r Satureia,

Sauorer, S rriette^r Satrea ‘

D el Serpillo.

*KU"el’ Zut,lbel hyf0P>& Saturey : li Spagnoli, Segurelha :i Francefì, Cap.

X LI.

i j' s.R P it.T .o edi due fpetic , L hortolano fi confa d’odore alla maiorana,&.- mettefì nelle ghir* lande.Ha ritrouato il nome di Serpillo per andar ferpendoumpereche ogni fuo minimo ramufcello, eoe tocchi terra,fub,to ui fa le radici. Produce le frondi, & i rami fin,ili all’origano,ma alquanto piu piane..i.Quellojthe crelceappreiTo alle fiepj,diuenta piu grande,&piu bèllo". Ufaluatico,$he fi

chiama


Nel terzo lib.diDiofcoride. SERPILLO.

35)7

chiama zigis,non ua ferpendo,ma crefceall’alto,facen do i rami lottili, & legnofi, carichi di piu lunghe fron di ,che non fono quelle della ruta,piu (frette, & piu du re.Hanno i Tuoi fiori foaue odore, ma fono al gufto acuti.le radici fono inutili.Naice fra fafsi, molto piu calido,& ualorofo del domcftico,& piu atto alle mcdicine.Beuuto prouoca i meftrui ,& fa orinare: conferifce à i dolori di corpo,à i rotti,à gli fpafimati.& allc infiam magioni delfegato.Beuefiparimente,& impiaftrafiài morii delle ferpi. Cotto,A: bagnato con aceto,& pofeia incorporato con olio roiado,mitiga i dolori di tefta:& priuatamente conferifce alla lethargia,& alla phrenefia. Beuuto il fucco al pefo di quattro dramme con aceto ri llagna il uomito del fangue.

Co l t 1 v as 1 il Serpillo in T ofa n i con grande diligenza Serpillo, & negli horti, cr mettefl ( come dice Diofcoride ) nelle ghirlan­ fin filini. de. Il faluatico è di due frette : uno ciò è , che produce il fior t bianco, che frira d'odore fintile al cedro, come fa la meliffa : CT l’altro, che lofa porporco, alguflo molto piu acuto , flati le allafatureia. Nafcono amendue nel contado di Goritia in fui monte Saluatino,doue c il piu bello,cr il piu odorifero,che fin hord io habbid ueduto. Scrifjc del Serpillo Theophraflo . (apprefjo al quale non penfo chcfìritroui altra frette di dome• ' fico,che il faluatico trapiantato negli horti)al v 1 1 .capo del v 1. libro deU'hiftoria delle piante, con quelle parole. E an» chora unafrette di Serpillofaluatico, il quale trapiantano co • loro,che'l portano da monti, come fi fuol fare appreffo Sicio» ne,cr in Athenc, oucflporta dal monte U m etto . ma apprefr fo altre genti, come inThracia,tutti i monti, er i pianifon pie ni di SerpiUo.Crefcono in queflofretialmente igermini,i qua* Ufi poffono tirare tanto lunghi quanto fi uuole, pur che ritrouìno fojlentacolo,ouero purché f i femìni appreffo aiefìepi. Delle frette del domestico non accade dirne altrimenti, come habbiamo detto : percioche tutto dicono efferfaluatico, c r che queflo fi ritroua ne i monti di dueforti ; uno chiamatofatureiato,acutifimo: e r l'altro d’ag■ gradeuolc odore, crpiutcncro.il tempo piu conucnicntc per trapiantarlo è l’autunno. Tutto queflo dijfe Theo» phrafto. Dalle cui parole fi può affai chiaramente raccòrrò,che duefieno le frette del Serpillo faluatico. Et però quantunque manifeflamente non faceffe Diofcoride mentione d’altro, che d’una fretie fola di faluatico : par però , che tacitamentefaceffe egli memoria di due quando diceua. Il faluatico chiamato z ig is , non uaferpendo,ma ere* fee all'alto. Imperochc fe non haueffe egli bauuto notitia di piu, che d'una fretie , notigli farebbe flato neceffario 40 cognominare quello zigis , per dimoflrar la differenza tra quello che crefce all’alto, c r quello chefeneua ferpen• do. Il domcflico ua ferpendo con le radici,ma gemina però in alto, come la maiorana, comefa parimente quella fretie difaluatico ,che frira d’odore delfrutto del cedro.Onde diceua molto ben Plinio al x x i 1. capo d e lx x . li * bro. Penfano alcuni che il Serpillo fla flato cofl chiamato per andarfene ferpendo. il che è propio delfaluatico, CT mafiimamente di quello, che nafee tra le pietre. Imperochc il domeUico non uaferpendo, ma crefce lungo una fratina. Fecene mentione breuemente Galeno a l v i , dellefacuità defemplici, dicendo. Il Serpillo è cofl calido » Serpillo (cric che prouoca i meftrui, cri'orina : cr é molto acuto alguflo. chiamano i Greci il Serpillo,El'pnvK\ov: i Latini, to da G i i . Nomi. ScrpyUum egli Arabi, Ncmen : i Tedefchi, Qucndel, cr Hucner kocl : li Spagnoli,ScrpoUio, c r Serpam : ì Frati» teflSerpoulet.

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Della Maiorana:

Cap.

X L II:

L a ot *t i m a Maiorana c quella,che nafee in C iz ic o , & in C ip ro , la feconda poi in bontà è quell* d’Egitto C hiam anti Ciziceni,& parimente ¡Siciliani A m araco.E herba ramofa, che ua ferpendo perterra:producele frondi ritonde,& pelofc,limili à quelle della calamintha,che fa le frondi fonili, è odorati(sima,& però fi mette ella nelle ghirlande. Hauirtù di fcaldare. Beuefi utilmente lafuade-' cottioneneiprincipij dell’hidropifie,nei difettideirorina,& ài dolori del corpo. Lefrondifecche impiaftrate con mele fuanifeono i liuidi : applicate di fotto ne i peifoli prouocano i meftrui. Impia* Granfi con aceto,& fale alle punture degli fcorpioni:& incorporate con cera,alle giunture fmofle,& alle pofteme.Mettefi in fu gli occhi con fior di polenta per le loro infiammagioni. Meicolafi coni* do medicine,che fi fanno per le latitudini,& ne gli empiaftri calidi.

L

Fvoi


39 8 Maiorana, fuá elíana.

3c

Diícoríi del Matthioli M A IO R A N A .

Maiorana fcrittada Ga leño. Nomi.

Fv d r foprd nel primo libro al capitolo del?unguento San fuebino chiaramente dimoflrato effire il Sajucho,cr l'Ama una cofu mcdefima;non oftantc che Galeno,?? Paolo ne tran ™ per due diuerjì capitoli.Et però non accade qui replicare U gioni, potendoli cia f uno là [odi;fare. In Tofana fi chiami Sanfucho, Perfa; per efferforfè da prima à noi flato portato di Perf u : ma in ogni altro luogo d'Italia, Maiorana. E la Maio* rana tanto grata alle donne per la giocondità dclfuo odore, chi pochiflimefe ne ritrattano di loro,che non ihabbianopiamuta CT echinata con ognipoflibil diligenza ,hor neglihorti ,hòr 'o nelle loggie, e? bor nelle fineflre in uafì di terra, oueramente in cajfette di legito.Onde facilmente può ella hauer acquiftato ab, prefio di noi nome di Maiorana, per ufarft maggior cura nel col tiuarla,che in qualfl uoglia altra pianta. Et quefio nonfiumen teper quella ragione, che di [oprafu detta, ciò èperche eh [la odorifera,ma perche anchora d’ogni tempo uerdeggia. Scrif fene Galeno breitemcte aU’ v 111 .dellefacuità de t [empiici,cojl dicendo. llrSanfucha è compoflo di partifottili : ha uirtù di fa gerire,,diffidando, cr ifcaldando nel terzo ordine.. Chiamano ¿Greci la M a i o r a n a , S i AfizpctMv : j Latini,Sa* 20 pfuchum,Amaracus, cr Maiorana egli Arabi, Mcrzenius,ct Morfangius : i Tedcfchi, Meyeron, Maioram, c r Meyran : li Spagnoli, Maiorana, i Erancefl, M arone, c r Mariolaìnc.

D el Meliloto,ouero Sercola campana. Cap. X L I I I . L o e c c e l l e n t i s s i m o Meliloto è quello, che na­ fte in Attica,in C iz ic o , & in Chalcedonia, di colorefimile al zaffarano,& odorifero . Nafcenein Campagna intorno à N o la , di colore rollo languido, & poco odo rato . Ha uirtù coltrcttiua. Mollifica tutte l’infiamagioni, & mafsitne quelle de gli ochi,deiluo ghi naturali delle donne,del federe & de i teftico li, quando fi cuoce ne la fapa, & applicali in modo d impiaflxo.aggiuntoui qualche uolta un tuorlo di uouo arroftito,ouero farina di fiengreco, ò feme di lin o , o fior di farina di grano,òfeorze di tette de papaucri, oueramente endiuia.Sana perfefolo con acqua quelle pofteme quando fon nuouc,chc chiamano meliceride, & l’ulcere del capo che me* natio.impiailrato con creta di C h io,& uino,oueramente galla.Mitiga crudo , ouero cotto neluino con alcune delle cofe predette i dolori dello ftom aco. Il fucco del crudo dittillato con uino palio ndi orecchie >gioua a i dolori di quelle. Bagnato in aceto, ouer olio rofado,leuai do lori del capo. Meliloto , & fuá eílim.

N a s c e il Meliloto eccellente nel Reame di Napoli in Campagna in molti luoghi, del quale ban cominciato i portare a Vinegia ilfcmc, c r i fiori pure a i tempi noìtriiper efjcre flato conofiu t o , che qtteflo che communementc s adopra nelle fetiaric, il qual (fecondo il mio giudicio) è il ucroLoto chiamato urbano daDiofcoride qui difot* to nel quarto libro, non era,ne fi raflèmbraua al uero. Scriffe Plinio di ix. capo del xx i . libro , cofi diccti* do. Il M eliloto,il qual chiamano Ghirlandetta di campagna, nafe ccccllentiflimo in Campagna d'Italia : quan» tunque lodino i Greci quello di Sunto, di Cbalcidia, c r di Candia, cr quello piu degli altri, che nafce in ciafuna

Meliloto ícrittoda Ga facilita fue,con alquanto di coftrettiuo : ma è digeftiuo,cr maturatiuo : imperochc piu ualorofa fi ritroua in lui la 5* leño. Qual parte fuflanza calila,che la frigida. Ma con tutto qucfto non ritrouo io nc i Greci , f fieno in ufo del Meliloto nelle del Meliloto mediane le fronde, ò le radierà ilfufto,ò i fiori,¿il f i r n . ma ben nefanno testimonio gli Arabici, crmafiime Se» fia da ufare. rapione,cofl dicendo d’autorità d’Ifach. E il Meliloto unaherba, che producete fiondi ritonde, c r uerdi : cr

bíomi.

fono tfuot ramifottili , cr lefraudi rare. Produce ilfuo feme in certe guaine ritonde, c r fottili tncUc quali fona i art grani tondi, minori di quei dellafinapc, di colore giallo, Et quello,che è in ufo del Meliloto,fon quelle guai» he eoifeme ,cbe ut fi ferra dentro. Chiamano il Meliloto i G reci, : i Latini, M elilotus, cr Scrtuld campana :g li Arabi, Alcbilclmelich : li Spagnuoli, Corona de rei .

D e 1 Maro.

Cap.

XLIIII.

I l m aro e hcrbauolgarmentecqnofciuta.&ram ofa. Producei fiori limili all’origano, ma fono ^

le lue rrondijMU bianche; & i fiori odoriferi. S o n d e uirtù fue parimente limili al iifem bro:è leggiermente


Nel terzo lib. di Dioicoride.

55)5»

l^oiermenic eortrettiuo, & leggiermente caldo •• La onde ferma l’ulcere corrofiue,& metccli ne gli vugucnct che fendano. Nalce abondannfsimamente in Magneiìa & in Traile di Lidia.

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Q V A K T V N Q V E nonficeffc Galeno memoria alcuna ch'io fappia.ne i libri delle acuità de ìfemplicidclMar0 : nefece però egli meneione nel primo libro degli antidoti nella compofìtione dclCHedichroo, con queste parole, BUrouanfi alcune deferì trioni a'hedtchroo, che non hanno ne l Amaraco, ne il Maro : er altre che hanno foia* mente uno di quejli. Ne tutti profumieri gli conofcono amendue : impcrochc comprano folantente quell'herbe,che fi portano di Candia injìeme con i femi, er con ifu ccb i. Ma iofo bene,che nafeono queft herbe in Afta, er che fi* lefon in Cinico abondanti, er rare in altre regioni. L ’Amaraco ho uedut’io anchora in Italia, come alcune altre 10 herbe, ma molto meno adorato del Maro. hnperocbe il Maro è molto odorato, er penfarebbeft alcuno perfuafo foUmente dal nome, che l'unguento Amavamo, che fifa in C izico, conteneffe infe pur affai Amaraco.zr forfè att ehora potrebbe efftre che gli antichi lo faceuatio cofi : mahora ui mettonofolamente il Maro. La onde battendo io gufato qneft’herba alcune uolte, er ritrouatala neramente affai amara, er poco acuta c f boriai un di coloro, che jcglionofarci'Amaracino ,che uimettejfe dentro tanto Amaraco, quanto Maro. CT parfemi, che cofifuffc que fio unguento meno odorato, ma non però di uirtù men ualorofo . quefto tutto fcrijft Galeno ■ Il perche fi può con« fiderare, che’l Maro fa affaifintile all'amaraco,mapiu amaro,cr piu odorifero. Et imperò quantunque non fa del tutto da reprobare l’opinione di coloro,che tengono,che quellafftetie di maiorana,che è piu odorifera,piu blandite* da,cr piu minuta difrondi, er piu amarafa quale alcuni chiamano maioranagentile, er noi in Tofeana Verfa minu tajìa il Maro : er l’altra,che ha piu morbidezza,piu larghe fiondi,piu «m/i,er piu a cute algufto,cr manco ama­ lo re,fa il uero amaraco, otier fanfubo ; nondimeno mifa penfare,che non nafea il Maro in Italia il dir Galeno, che uhaueua ueduto iamaraco,non facendo dhauerui ueduto il Maro mentiòne alcuna,come fece di quello,che haueua veduto in Afia ,c r in cizico copiofifimo . Et di qui ageuolmente mi perfuado, che il Maro non nafea altrimenti m Italia.N ella cui credenza parimente mi conferma Plinio : impcrochc dimofra e¡fere il Maro peregrino in Italia, per batterlo collocato con quegli odoramenti,cbc di longinquipaefifi ci portano, cofal x x i 111 .cap.del x x i 1. librofrinendone. tìafcc il Maro in Egitto, ma è peggiore di quello di Lidia,imperoclie quefto produce lefiondi grandi,zr uaric:CT quello breui, minute, er odorate. Ma atramente credo bene io,che nonfallaffero coloro, che per il Maro ufafero la maiorana nofra piu odorifera, perfar tcftimonio Galeno. che quello unguento,che fece fa* re eglifolamente con puro amaraco,quantunque fufft meno odorifero : non era però molto piu debole n ef operare.

Chiamano i Greci il Maro, Malpm i Latini,Marum.

Maro & fu4 mentiòne l'ac cadi Gai.

jj Maro non n3fce ¿u Xta-

lia.

Nomi.

DeirAcino.

Cap.

XLV.

L o acino produce i ramufcelli fo ttili , & fecchi : è limile al bafilico , odorato , ma fon le fue frondi.pìu pelofe : fannoli d’eflbghirlaudc.Seminafi da alcuni negli horti.Beuutorirtagna meitrui * e 1 corpo. Sana impiaftrato il fuoco fa cro ,& quelle pofteme,che chiamano pani.

QvAntvnqve credano alcuni,che t Alcinofa quellaffetie di Bafilico odorifero, che produce lefiondimi» tuttifune,il quale ufamo di tenere per bellezza, per lafoauità delfio odore lafate ne i tefli infu le loggie. er in Acino, &fua fu le finefìre ; nondimeno il dir Plinio al xv. cap. d elxx 1 .libro,che l’Acino nonfiorifee mai, affi gli ripugna. 4° imperoche è 4 noi uolgare cofa, che'l noftroforifee difioretti bianchi lafa te , er nel principio dell’autunno. 01» ire4 ciònon corriffonde punto all'opinione di coforo quello chefcriue parimente Plinio al x xv1 1 . capo del xxi. libro,doue cofi dice. Seminanogli Egittij l'Alcino er per li cibi, er per le ghirlande. Sarebbe quella puma iftef* fa, che’l baflico ,fe non haueffe egli i rami, er lefiondi piu pelofe , er nonfuffc molto piu odorato, Dalle qua* li parole è 4 haflanza chiaro,che l’Acino nonfa il Baflico gentile,attenga che quefto nonfifa mai ueduto confron di crfufti pclojì. Vuole oltre a ciò il Manardo da Ferrara, huomo ueramente dottiftimo, che l’Acino nonfa al tro che una certa herbetta, che nafte ne i [odi, er ftpetiamente negli argini de campi er delle uie, odorata ,erpiit jej^làn^rdo pelofa del bafilico chiamata daalcuni Baflicofaluatico. Il che quantunque altre uolte mi tiraffe nella opinione del nóaccettata. Manardo ;nondimeno hauendo io pofeia ueduto, che quefta punta produce ifori contra quello, che ne fcriue Pii* nio ,fono bora flato sforzato 4 mutare opinione :¡¡aerando co'l tempo, che ó per mia ò per altrui dii igenza, CT 50 queftaer altre piante ne uerranno in cognitione. chiamano i Greci lo Acino,Pfxtvoe : i Latini,Acinus. Nomi. Della Bacchara.

Cap.

X LV I.

L a baccarà cuna herba ramofa, ufata nelle ghirlande. Sonolefu efron diafp re.di gran­ dezza mezane tra quelle delle uiole.e del uerbafco.E il fuo furto angolofo,alto un gom b ito, alquan­ to ruuido,dal qual procedono iramufcelli.Producei fiori odorati,di colote popoteo biancheggiati te. Sono le lue radici limili à quelle ddl’helleboro nero d’odore come di cinnamomo. Ama i luoghi a fpri,& ficch i. Cotta la radice pell’acqua.cpnferifcc à gli fpafimati,à i rotti,à coloro che cafcano d’ai to,à gli ftretti di petto che malageuolmente rcfpjrano, alla torte ueccchia,& ài difetti dell’orinare. fo prouoca i meftrui: & becfi utilmente con uino contra al m otfo de iferpenti. Laradice frefea applica ta di fotto tira fuori il parto.Conuienii la fua decottione alle donne di parto per federui dentro. Scc « j& poluerizatafi Iparge addoflbjper far buon odore. Le frondi per bauer uirtù coftrettiua, s im' L a piaftrano


Dfcorfi del Matthioli

4 0 0

BACCH ARA.

piaftrano utilmente a! dolore di ted a, Si parimente il l’infiammagioni de gli o cch i, & delle poppe per con] ne del parto, alle pofteme trefche de gli angoli °" chi che chiamano egiloppe,& al fuoco facro. H fUo odo re prouoca il Tonno. S c r i s s i già negli altri miei difeorfi hormaipiu, & p!u

Bacchi« &

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uolte {lappati in lingua italiana, nonbaucr fino aU'borauedlto la u era ,z rlc g itim a B aechara: riprendendo coloro, che ber ¡t Bacchara dimottrauano la Scarteggia. Ma emmi pofeia venuta 1« incognitione permezo deU’ecceUentifiimo er famofo medico M. Andrea Lacuna. il ¡¡naie baucndola ritrouata nuovamente nel territorio di Roma, dejlderofod'accrefiere quefia cojì p/0 riofafacultà def empiici, er d’aumentare er ornare di cefi raro femplice quefli nofiri difeorfi,me la mandò l’anno pofjato daR0= ma,perfua innata virtù, er Immanità ; acci oche ne potefii dare qui publicamente il ritratto à commodo, erbeneficio degli Imo mini. Eraquettaf come qui fi uede)ornata di ruvidefoghe, mi. Zane di grandezza trai uerbafeo, erle uiole : il fufio era alto un gombito , ruuidetto, er riquadrato : le radici fintili all’hcHc io fioro nero, d’odore, er di fapore uicino al cinnamomo. Ma uè, rumente non fu poco miracolo che quel mcdcftmo giorno, cr quafì netla medefima bora, che m’arriuò quefia pianta da Remi, migiunfeanchorala medefima mandatami da Kimtni da M. Giu lio Moderato fatiate de nofiri tempi raro,er diligentifiimo, er nella facuità defempiici effercitatifiimo, come à tutta Italiafu fede l’amenifiimo giardino tutto pieno di nobili, er rare piante fatto da lui per commodo, er utilità commune. Di modoche dalla pianta, del Moderato, per effere piu intiera deUaRomana poco auanti uenutami, conobbi fenfatamentc ch’ella rapprefen-- ja ^ ------------- K ^ tana del tutto la Baccharafcritta da Diofcoride. Impcroche oU tre althauerc ella ruuide fo g lie mezanefra'l uerbafeo,cr le uiole,cr il fallo d'un gombito,quadrato, er ruuidetto; baueua anchora per il futi o fòglie minori, c r non germini, ne ramufceÙi.Onde è dafumicare, che il teflo di Diofco rìdefila in quefio luogo cor rotto,cr che doue fi legge ne i tefii di ftampa, che uantio attorno #r*pèt#hu:j'*r ,fi delia piu correttamente leggere irapa.fvKKaS'a.i,, do è chefu per il fufio ui nafeano fòglie;come legge parimente Qriba* f io . Vedcuanfi olira di ci o in quefia pianta anchora i fiori, di cui mancava la uenutami di Ronw, che nel porporto alquanto biancheggiauan o,cr farauano di giocondo odore. Le radici erano come nell'altrafimili aU'heUeboro, io dorè di cinnamomo. Onde vedendo io corrifandcr quefia pianta in ogni fua parte aU’hifioria,che neferine Diofco Errore del r*de,non P °jf°fe non afformare,cb'ellafia la ttera,cr legittima Bacchara. Et di qui fi può molto ben conofcere hi Leoniceno, vere di gran lunga errato il Leoniceno,cr il Brafauolafuo f ■guace,hauetìdo eglino fempre creduto, che la nera Bic 40 & d’altri. chara di D io f :orìdc fuffe quella,che chiamano chi Sclarea,chi Scarleggia,cr chi MatnfaluiaincUc cui radici none odor ueruno di cinnamomo,ne f miglianza alcuna con quelle deU’heUeboro. Non manca anchora,chi habbia creiti to,che il capitolo della Bacchara non fia di Diofcoride, ma che da altri ui fia fiato aggiunto: er quefioforfè ¡bai* no eglino imaginato,per non tfjerfi à i tempi loro anchoraritrouata la uera Bacchara, et per uederfi che Galeno ne i libri dellef acuità de i femplici,non ne fice(cb’ìo habbia letto)mentione alcuna.Tal che molti hanno neramente ere duto,che la Bacchara nonfia pianta da per f:,ma una cofa medefima con I’Afaro. Il cui errore è hormai à tutti cojì munifico,che non accade à prouarlo con piu lunghe ragioni.Imperoche non jolamente fi dimo&ra l'error di cotto* ro con quefie ragioni,per cjjcrfi nuouamente ritrouata la uera Bacchara; mafi dimofira anchora,che il fuo capitolo • fia legittimo di Diofcoride,per ritrouarfì appreffo d’Oribafiojlquale traferiffe ifuoilibri dei femplici da Diofeori Bàcchara de-lt cI,e Parimente fi conferma per Paolo Egineta,il quale nel v i i . libro imitando Diofcoride, ne fcriffe con que* J9 fcritta da Pao tic parole. La Bacchara è un'herba odorata,d'odore che sauicina al cinnamomo,acuta,er ufata nelle ghirlande. La N* b decozione delle fue radici apre bcuUta le oppilatiom.de i meati,er prouoca i mcftrui,er l’orina.Le fòglie per ejfet cofirettiue,giovano àifiufii . chiamano i Greci la Bacchara.BÀK^ptf :er i Latini,Baccharìs,

Della Ruta.

Cap.

X L V II.

L A R v T A montana,& faluatica è piu acuta di quella, che fi femina, & di quella de gli horti : & imperò il Tuo ufo e dannato ne i c ib i, D ell’hortolana quella è piu all’ufo de cibi conueneuole,che na ice fo lto a gli alberi d ei fichi. Am cnduebrufciano,fcaldano,vlcerano& prouoca no irrieftrui, et ¿0 1orina.mangiate,ouer beuuteriftagnano il corpo.Beuuto il Temè con uino al pefo d’uno acetabolo, e antidoto contra a i mortiferi uelcni.Tohe per auanti le frondi per fe fole»oucramente inficine con noci»


401

Nel terzo lib.di Diofcoride. RVTA.

noci,& fichi fecchi luanifcono le forze de i «eleni. giouano nel medefimo m odoanchoracontraàiferpenti. La ruta beuuta , ouer mangiata confuma la virtù del ge­ nerare ■ Cotta con anetho fecco>& beuuta lena i dolori del corpo. Data nel medefimo modo fa ella per li dolori del petto,& del codato,à gli impedimenti del refpirare, alla to(fe,aH’infiammagioni del polmone, alle fciatiche, & ad altri dolori di giunture, & al tremore,& freddo de iprincipij delle febri. La decottione della ruta fatta nel l’olio, & fattone crifieri fa parimente alle enfiagioni del budello che fi chiama colon , di quello anchora del fede re,flc de luoghi naturali delle donne. Applicata con me le in quello fpatio,che è dalla natura al federe, rifueglia quelle donne ,cheperfumofitàdim adrice comedrangolate tramortifcono.Cotta neH’olio,& beuuta ammaz za i vermini del corpo. Impiaftrafi à i dolori delle giun­ ture con mele, & à gli hidropici con fichi : al che uale ii- Nomi, milmentc la decottione fatta nel uino.fino che ne fuanifca la metà, beuuta, & ufata per lauanda . Mangiata ne i IO cibi ferbata in falamuoia, & parimente cruda conferire à chiarificare la uifta. Impiafirata con polcta mitiga i do lori de gli occhi: & quelli della tefia accompagnata con olio t ofado, & aceto. trita, & meffa nel nafo ui rifiagna il flufio del fangue. Medica applicata infieme con tifon di di lauro le infiammagioni de tefticoli: & incorporata con cera, & mirto le rotture delle brozze. Sana le aitili gini bianche fregataui Tufo con uino,pepe,& nitro.Impiaftrata con le cofe medefimc toglie uia le formiche, & quella forte di porri, che fi chiamano thimi.Mettefi utilifsimamente con alume,& mele in fu le uolatiche. Seal dato il fucco in un gufeio di melagrano,& diftillato nel forecchie,neleua il dolore.Vngonfigli occhi deboli có quello lucco di finocchio,& mele infieme. Vnt o con aceto,cerufa, & olio rofado gioua al fuoco facro, a llu d ere, che ferpendo caminano, & à quelle del capo,che mcnano.Doma la ruta mangiata l’acutezza,& l’odore dell’aglio, & delle cip olle. La montana mangiata copiofamente ammazza.Cogliendofi quella per mettere in falamuoia,quando comincia à fiorire, fa enfiare, & arrofsire la pelle,infiamma fortemente & fa prurito:& però bifogna auanti che fi coglia, vngerfi le mani,& la faccia con olio. D ico n o , che fpargcRdofi il fucco della ruta fopra à i polli non gli s'accodano le gatte,le martolc,& lefaine.Dicefi,che quella,che nafee in M a­ cedonia intorno al fiume Haliacmo,ammazza coloro,che fe la mangiano.c quel luogo montagnofo, 4 ° & pieno di uipere. Bcuefi il fuo feme à i difetti dell’interiora.mefcolafi utilméte ne gli antidoti.Dafsi il feme arroftito fette di continui à bere à coloro, che non poffono riftagnare l’orina. La radice della Ruta faluatica fi chiama Moli montano.E la ruta faluatica fimile alla domeilica. Beuefi có utilità per il mal caduco,& per le fciatiche.prouoca i medrui,et ammazza la creatura nel urne,La faluatica c piu afpra della doajedica,et piu ualorofa:et imperò c da fuggirla ne i cibi come cola nociua.

i*

L a r v t a in Italia è notifiima pianta, tanto dico la domeftica, quanto la faluatica : non parlando però di quellafeconda frette di faluatica,che nel feguente capitolo fcriffe Diofcoridr.ma folamente di queUa, di cui fece qui egli memoria nel prefente capitolo, crdifjccffcr fintile aUa domenica : imperoebe quella attrae molto differente da quefta. Nafee adunque questafaluatica,che è fimile alla domejlica,qt(afi per tutti i monti, cr colli del contado di Goritia ; cr fpetialmentefe ne uede tutto ueftito il monte Sabatino. Raficnòrafiin ogni parte alla domenica ,fe non che produce lefiondi minori, c r è d i guflo piu acutaw piu amara di quella . Il che ripugna del tutto a quel, che fi fognarono ì uenerandi Padri de i zoccoli commentatori di Mefue : per hauer ef i ferii to contra la uerità, che ronfia differenza alcuna tra quefta Ruta faluatica di D iofeoride in quefto luogo descritta, cr l’androfemo, ouero hiptrico . Nel chefi conofce quanto fla grande l’ignoranza loro, per uederfi,cbe in un medefimo tempo commetto« »0 tre grandmimi errori. Di cui il primo è in uolcrfarfi credere, che la Ruta faluatica nonfia differente• dall'an drofemo, ouero hiperico,dicui fcriffe appartatamente Diofcoride nel fine del terzo libro, come di piante molto differenti dada Ruta . Il fecondo errore è il crederfl efii,che [androfemo,cr Ìhiperico fieno una cofa medefima, non accorgendoli gli ignoranti, che per due diuerfi capitoli ne fcriffe Diofcoride,come di piante diuerfe tuna dall’al» tra . Oltre a ciò fanno un’altro terzo errore, dicendo che quefto prefente capitolo della Rutafaluatica della prima io frette fi ritroua fcritto due uolte in Diofcoride del tutto confome con l’Hiperico. Nel qual modo di parlare fi co* nofee, che anfanando, c r farneticando nefcriffero : imperoche non è moltiplicato due uolte in alcuno Diofcoride quefto delia prefente Ruta, ma quello, che feguita qui di folto ( come ampiamente diremo nel fuo commento)

L

j

della

Ruta, & fiu eflimia.

Mtlcnfagine de i Frati.


402

Difcoriì del Matthioli

itila Ruta fila.itici chiamiti Hioli, Harmala,cr Befafa .Il perche auertifeano i diligenti fretiali,che nongli COnt ducano quefti buoni Padri d'un laberintho in l'altro. Semina/i la Ruta, fecondo che ¡tuoi Plinio ali’v m , c T del x i x . libro , dopo l’equinottio autunnale, nello girare, che comincia Fauonto. Teme il uerno, cr thòltok nuocono il letame, er l'humido. Ama la terra, che fia buoni dafar e i mattoni, e r ipiu fecchi, or piu aprichi luoghi . N utrifcefl di cenere, con il cui feme fi mefcola, per j k ararla da i bruchi, che nanfe la mangino. h<<tanta amicitia col'fico , che molto piu fotto aìlafua ombra crefce , che in ogni altro luogo. c r di ciò rende la ragione a » ri&otilc nei fuoi problemi. Sanno benifiimo le donnole lauirt'u , che ha ella cantra dueleni: imperoche fempre fi preparano con la ruta, quando debbono combattere con k fe r p i. A i tempi noflri s’ufa la Ruta contra àgli [piriti per hauerla commendata Ariftotilcne i fuoi problemi contra lefafeinationi. Vna pianta di Ruta di marauigUcft grandezza fu già ( comefcriue lofepho bitterico al xxv .ca p o delfettimo libro dcUe guerre dei Giudei ) in M4. io eheronta fòrtifiimocafteUo di Giudea. Q uefta pianta di Ruta era nel palazzo Regio di quei luogo piu grande afe Rut* fcritta c‘ un a^ cro ^ Flc0 »c r diceuano effere fiata piantata perfino al tempo di Herode, c r farebbe rimasta cofì 4«» «1» Gal. efrom lungo tempo ,fela nonfujfc fiata tagliata, eyguafla , quando li Hebrei prefero quel luogo. Commemorò la Ruta Galeno aU'vx 1 1. delle fatuità defemplici, cefi dicendo.La Ruta faluatica è di quelle cofc, che fcaldano nel quarto ordine : er la domeftica nel terzo. E ella nonfollmente al gufio acuta, ma amara . Il perche può elladi gerire , cr tagliare i gròf i , er uifeofi humori. per le cui qualità fa ella anchora orinare.Oltre à ciò è compofladi partifottili, cr caccia il ¡lento. c r imperò rifolue ella le uentofità, c r fregne le fiamme di Venere : dìgerifee, er dijjecca ualorofamente. Quello poi che habbiamo detto chiamarfi Moli t e r Befafa,è ueramente anchor egli nelle Notai. frttie della Ruta,faluatica. Chiamano la Ruta i Greci, Thiyecvov: i Latini, Ruta :g li Arabi, Sadeb, er Sedai: i Tedefchi, Raut, cr Vuein raut ili Spagnuoli, Arruda : i Francefi, Rue a 10

Della Ruta faluatica.

Cap.

XL Vili.

C h i a m a n o parimente Ruta faluatica quella,che in Cappadocia, & in Galatia d’Afia fi chia* ma moli. E pianta,che da una fola radice produce molti fottili fufti : con frondi molto piu lunghe,& piu tenere dell’altra ruta,di grane odore.Fa il fiore bianco,con certi bottoni in cima commefsi ditte parti,poco maggiori di quelle della ruta domeftica : ne i quali è dentro il ferne triangolare, rofsigno di colore,& al gufto am aro. & quefto s’adopera : maturali l’autunno. Tritafi con mele,uino,zaffarano,fucco.di finocchio, & fiele di gallina, contra gli impedimenti de gli occhi.Sono alcuni, chela chiamano harmala : i Siri la chiamano befafa;&i Cappadoci m o li, per hauere ella co’l moli alcuna fi 31 militudine,di radice nera,& di fiore bianco.Nafcc nelle colline,& ne i terreni grafsi. R um filuitiR i t r o v a n s i alcuni uolumi di Diofcoride Greci, cr Latinifedelmente tradotti da queUiti quali ¿per Ci*t& f Teff! error grandißimo de gli fcrittori>ò per troppa arroganza dìalcuni, che uogliono parere piufaui de gli altri, ban* mmatione. * no ne^d Pr*ma frotte di quello capitolo piu di me^o quello deU'Riperico, del quale fcrifjc Diofcoride nella fine di quefto libro. Dal che offendo ingannati alcuni f i credettero, per non hauer bene eßar,linato Terrore, che nonfußt differenza uerunatral'biperico, cr quefta Ruta faluatica. Mac ttato pofeia conofciuto l’errore di cottoro, cr parimente lafalfità dellafcrittura in quefto capìtolo da alcuni dottifiimi huomini,cr nellafacuità defempliei effer* citatifAmi : i quali ritrouati alcuni Diofcoridi antichi, in cui non erano quelle aggiunte,ne manco ritrouandole ne i libri d’Oribafìo, ne di Serapione, i quali fedelmente traferiffero da Diofcoride, hanno poi ageuolmente conofciu 40 io lafalfità dell’aggiunta .Onde non è piu da dubitare fopra ciò. Ma lafciando andare tutte queftecofc, dico, che due fono le frette della Rutafaluatica : una fintile alla domenica, di cui è flato detto nel precedente capitolo: a 1 l’altra, di cui adeffo ragioniamo, chiamata da alcuni Harmala. Qucftd ( per dirne il nero ) non ho io fin bora «<* duta in Italia, doue firfe potrebbe ella ageuolmente ritrouarfì. imperoche fono alcuni, che dicono di conofccrk» Cr che già fi può uedere ncÜ'horto publico defempliei di Vadoua : come che chiamar piu prcfto fi poffa pianta par* ticolare di Cappadocia, crd i Gdlatia. Chiamatagli Arabi, comefi uede per Serapione, erper Auicenna, ihr* Errore dete- mehper hauer detto Diofcoride parimente Galeno, che alcuni la chiamano Harmala. Macrrano inditcen* ftabile de gli do non poco pericolo ne i corpi humani tutti quellifretiali, che feguitando la dottrina di quel loro Lumen apothe* fpetiali. rariorum, mettono in cambio di quella Ruta per l'tìarmel nelle pilolc fètide, aggregatine, er altre loro compoß* tioni ilfeme della cicuta, il quale nonfolo nelle qualità e r facultàfuec del tutto contrario aWHarmel ; ma è title- jo no mortifero, er deteftabile. Del quale errore cflato lungo tempo caufa Onirico de gli Augufli da Tortona : in* peroche quando nel fuo Luminare efrone alla dcfcrittionc delle pilolc fètide,che cofafia Hamici, dice allegando Hat theo Siluatico autore delle Pandette che in quel luogo Harmelper effereferino con h,ftgnifica in Arabico feine di 'cicuta : quantunque ferino con àfemplicefenza h,fignifichi ilferne della Ruta faluatica. cofa ueramente erronea» fa lfi,cr bugiarda. Imperoche Hameldfrirato, e r non afrirato,femprefìgnifica in Arabico questa Ruta faluati­ ca, come manifèftamente fi legge in Serapione, e r in Auicenna ne i libri, oue trattarono particolarmente de i firn* p lici. percioche quiui quanto diffiro delTHarmel corrifronde del tutto con quanto dijfero Diofcoride, er Galeno di quefta Rutafaluatica. Senza h lafcriffe pofeia Auicenna nel quarto libro defuoi canoni al capitolo della cura del morfo delle uipere,cofì dicendo. Rutafylueflris ( e r non eft Albamelfecundum quòd exifiimauerunt quidam, Fuchfio & a; *m° 'ftfr'cics Rut£ ipfius)confèrt morfibus uiperarum. ciò è . La Ruta faluaticafty non è TAlharmel,come s’han* fenfione d’A uoimaginato alcuni, mafretic d’iftefta Ruta ) confèrifcc à i morfldelle uipere. Ma accioche qui qualch’two non uicenna. singannaffe, come ben s’inganna il Jcucbfio nelle fue paradoffe, udendo qui correggere Auicenna non intendendolo, per

,


Nel terzo lib.di Diofcoride.

4o¿

- „hauerc egli detto, che la Ruta [alitati™ non é t’A Ibarmel; è da[apere, che altra cofa è la Ruta iterafaluatica, ¿ella qualefece Diofcoride mentione nel precedente capitolo infime con la domefica ; & altra cofa è quefta altra terza ß 'ttie* chiamata Alharmel. Et imperò non erra Aiaunna, quando dice ¡Ruta fylttcñris ( c r non efl AÌhar ineIfedejìjpecies Rut£ipfius:)<mperoche, cofi dicendo, dimostra benißimo, cheinquefto luogo intendala egh ¿i quella prima ficties di Ruta faluatica fìrnilc alla domeftica,cr non di quella chiamata Alharmel. della quale dìfi>p i poche righe haueua particolarmctcfatto mentione,diccdo:Et Alharmel cft de medichis liberantibus. Quiuiin tefe della terza fietie,a differenza della quale difjc poi egli nel fuccefiòquanto s e detto. Ma perche mai non manca chi habbia uolontà di cauiBare ; fino alcuni,che udendo pur foñentare, che ¡‘Alharmel fia la Cicuta, alle• gano Auerroe. il quale cefi nel quinto defuoi cottigct ne fc r ife , dicendo. L 'Alhdrmel,cio è la Cicuta,è calida,cr I« ficca nel terzo grado : cinciflua de igroßi humori, c r prouocd f orina, & i meñrui. A l che Uberamente fi ri* [fonie, che tutte quefte parole recitate da Auerroe della Cicuta fino quelle medefime, cheferine Galeno al capi* tolo di quefia Alharmel, il quale egli nomina Moli.Il che dimoftra,che per incuria,cr negligenza de gli fiampatò ri>&[editori fia flato corrotto il tefto d’ Auerroe di Ruta in Cicuta,per effire nomi unifeni, c r affai fimili : er perfaperfi di chiaro,che la Cicuta non c calida nel terzo grado, come dice quel teño d1Auerroe, ma come dtjfc Diofcoride, cr parimente Galeno, frigida nel quarto, cr imperò è ella ueleno mortifero. Il che quantofi comen ga in quelle due compofitionì di pilóle fitidc , cr aggregatine compofte per cacciarfu ori, cr incidere, cr affitti* giure ì gròf i humori, coloro il giudichino, che piu à[¿morire al uero, che al cauiBare fi diffongono. Chiamò Galeno quefta fietie di Ruta aU‘ultimo capitolo del v i 1 .libro deUe[acuità de ifempiici afonamente M oli , cofi dicendo. Quello chiamano alcuni Rutafaluatica,alcuni Marmala,i Siri Re[afa,cri •Cappadoci Moli, per hauere el »0 la laradice neta, CT il fiore latteo. E lafaculta fita compofta dìfittili parti, c r calda nel terzo grado . c r però incide, CT digerifie i grofii humori,cr fa orinare. A l che,per quanto f i ne uede.confirifce parimente l’altra Re* tu . la quale crederei che finza riprenflotte alcuna potefiero ufare gli fie tiati,ogni uolta che la trovaranno ne co pofiti medicinali. Hanno ritrouato i moderni una altrafietic di Rutada qual chiamano Capraria, chiamata da alcuni Galega,cr uolgarmente da noi in Tofiana Lattanefi.la quale nafee uolentieri in fu gli argini de f i f i , affai fimile al fiengreco. A cui attribuifeono alcuni uirtù miracolofa contra la pefie,c r contra 4 i uclcnì, cr mafiime de gliferpcntì,marigiandcft,cr impiaftrandofi infu'l male. Lodanla alcuni altri perla epilefia de ifanciuUi, dando* gli 4 bere meza oncia del fio fic c o . Ma è però da[apere, che nonèquefta Galega ld Poiemonia di Diofcoride, comefipenfano alam i, dnzi affai diuerfa fi conofce da quella, come nel quarto libro al proprio luogo à baftanza diremo. Chiamano laRutafaluaticai Greci,Hiíyttmdypiev :i Latini,Rutafylucsìrisicr gli Arabi, Uarmcl.

D el Moli.

Cap.

Error d*alcMni , Se luogo d'Auerroe corretto.

Ruta faluati ca d’altra fpctie ferirti da Galeno.

Ruta capra­ ria,& fucuirttì.

Nomi

XLIX.

I l m oli hafrondi di gramigna,ma piu larghe,& fparfeper terra.Producei fiori bianchi, (¡mili »quelli delle uiole bianche,ma minori,uguali à quelli delle porporce. Il fuilo è bianco,alto quattro gombitimellecuifommitàcalcunafimilitudined’aglio. Halaradicepicciola,&bulbofa:utile ma« rauigliolàmcnte per la madrice aperta,mettendoli trita con unguento irino nc i pcfloli. Fe c e del Moli mentione Thcophraño al x v.cap.del 1 x.libro deU’biftoria delle piante, cofì dicendo. Il Moli ñafie appreffo 4 Pheneo,cr pdrimentc(come feriffe Homerc)appreffo a Ciüenr.con radice tonda, fimile aÜa cipo!» 40 Id, cr frondiflmìli aUd[citta. Vale ilfio ufo contrai potentifimi incanti : ma non è cofl malageuolc da cauarfi, come dice Homero. Scriffene parimente Plinto al 1 1 11. capo del x x v . libro, in quedo modo. Lodatifima tra tutte le herbe è quella,che penfu Homero effer chiamata Moli da gli Dei,di cui fi dice efferfiato f mentore Mercu* tio,ualorofifima contra le grandi incantationi. Dicono, che nafee attorno Pbcnro, cr in Cillene d‘ Arcadia. Ha quellafietie,che ferine Homero,la rddice t5da,cr nera,come una cipolld,et le fiondi difciUamta è malageuolc da c<t tiare. I Greci firittori la dipingono con roffofiore, quantunque con bianco lafaceffe Homero.Ho ritrouato alcuni medici ualenti nella feienza de i[empiici, che dicono nafeere anchora il Moli in Campagna d'Italia, donde me ne fu portata di quella con granfatica in piu giorni canata trafifi: le cui radici erano lunghe trenta piedi,come che in piu pezzi fuffero rotte . Queflo tutto del Moli diffe Plinio. Per le cui parole fi uede effire quefio ultimo Moli affai differente dal primo,il quale è queflo ifieffo di Diofcoride. Queflofin bora non f i io , che nafea in Italia, nc man|0 co l’ho ueduto portatoui d’altronde. Oltre à ciò aedo neramente,che quefla pianta chiamata da Diofcoride Mo• li fia quella ifteffà, che chiama Galeno nel v i i .libro delle faculta de (empiici Mile,cofi dicendo. Il Mite fa una ra dice pieciola,cr bulbofatin cui è neramente fatuità coflrettìud. Etperòfcriue Diofcoride, che applicata con fa» tinàRrinaicio è di logliò)fcrra la madrice aperta.Dal che fi può agevolmente conietturare, che il teño di Diofcori de fia in queflo luogo [corretto:percioche doue fi legge nel tefto Greco di Diofcoride in qwflo capìtolo ipivov nvpov,cio è , con unguento irino,fi deue leggercleomeferine Galenof i n d alplm dhvJpov, do è,confa fina Erma,che noi chiamiamo di loglio . I mperoche l’unguento irino apre ualorofamente la madriceferrata,cr no fitta l'aperta. Il che m’induce à concludere,che l’analogia de i uocaboli molto fintili ¡ubbia attualmentefatto er» fategli inconfidcratifirittori. chiamano i Greci il M oli,M ^ v ; j Latini,Moly.

<9 D el

M oli, & fttt hiitoria.

Mile fcritto da Gal.

Notai.


P

4 0 4

Di icori! de! Matthioli D el Panace Heracleo.

li;

Cap.

L.

I l p An a c e , the chiamano alcuni Heracleo,da cui fi ricoglie quel liquore, che chiamano panace, nafeeabondantirtimo in Beotia,& in Phocided’Arcadia.-douepercauladi mercantia °& j" guadagno, che fi caua del Tuo liquore, con grande fiudio fi coltiua. Produce le frondi ruuidc* che giacciono per terra,di color d’herba,fienili à quelle del fico.diuife in cinque parti perintorno .* Fuo furto altifsimo, come quello della ferula .circondato da bianca lanugine,& da piu picciolefro" di » nella cui fommità produce una ombrella grande,come quella dell’anethoic’l fìore.che nel piai lo ro lfe g g ia .Ilfe m e è o d o ra to ,& acuto. Ha molte radici tutte dipendenti da una fola origine b-à che,di graue odore,grolle di fcorza,& alquanto al gufto amarette. Nafce parimente in Cirene diVi, bia,&inM acedonia.Cog!iefeneil liquore tagliando la radice nello fpuntare fuori dei furti . £fce io da quella un liquore bianco il quale com e è fecco, diuenta di fuori di colore di zaffarano. Ricol^ólo mettendo le frondi nelle forte,che gli cauano attorno,& leuandole uia come fono fecche.Ricoh-,0 lo Umilmente tagliando il furto ne i tempi,che fi mietono le biade, togliendo pofeia quello, che ne diftilla. Le migliori radici fono quelle,che non fon crefpe.ma lifcic,dillefc, bianche, & fecche, non tarlate,& al gufto acute,& aromatiche . Quel feme è utile, che fi ricoglie del furto di mezo: impero che nano è quello, che producono i rami,Quel liquore fi loda per lo migliore,che al gufto è amarif. fim o, bianco di dentro, oueramente rofsigno, di fuori giallo come zaffarano, lifcio, graffo, franai bile,tenero,graue d’odore,& che facilmente fi disfa nell’acqua,dannarti il nero,e'l molle.Sophifticaft con ammoniaco, ouero con cera. Ma fi conortce l’inganno fregandolo nell’acqua cóled ita; impeUt roche il (incero fi rirtolue, & farti di colore di latte. Scalda il Panace,mollifica,& diffecca:& imperò s adopera egli al freddo,& al tremore,che uiene nel principio delle periodiche febbri,à gli fpafimati, a i rotti,ài dolori del coftato,alla torte,à i dolori di corpo,& alladiftillacioned’orina. Giouaallaro» gna della uefcica beuuto con uino,ouero con acqua me]ata,prouocaimeftrui,fa(conciare ledonne. liquefatto con mele rirtolue le uentofità,& le durezze della madrice.lmpiaftrafi alle rtciatiche.Mettefì ne i medicamenti delle lartsitudini,& pariméte ne i capitali, rompe i carboncelli.Impiaftrato con uua paffa gioua alle podagre. Merto nei denti pertugiati ne caua uia il dolore.meflo ne gli occhi aumen­ ta il uedere • Incorporato con pece fa utilifsimo impiaftro centra à i morii derabbiofi animali.Lara dice appuntata,& meffa nella natura delle donne ,fa partorire. è buona all’ulcere uecchie.Pefta,& im piaftrata,ouero unta c o mele ricuopre di carne roffa.Il feme beuuto con aflenzo prouoca i melimi, & con ariftoiochia uale contra à tutti gli animali,che nel mordere lafciano il ucleno. Beuefi con ui­ no nelle ftrangolagioni della madrice.


Nel terzo Iib.diDiofcoride. IlPanaceAfclepio.

Cap.

405-

LL

I l p a n a c e Afclepio produce il furto Cottile,alto da terra un gombito,nodofo.-confrondifi=» olili al finocchio,ma maggiori,piu pelofe,& odorate.Fa nella fommità una ombrella, nella quale fo­ no! Tuoi fiori aurei, acuti, & odorati, ha picciola radice. I fiori,e’I feme p elli, & incorporati con mele uaglieno contra alTulcere maligne,che mangiano,& contra i piccioli tumori. Beuonfi con uino al morfo delle ferpi, & ungonfi parimente con o lio . Chiamano panace alcuni anchora l’origano faluatico,& altri cunila,della quale dicemmo tra gli origani, io

D el Panace Chironio.

Cap.

L1 1 .

I l p a n a c e Chironio nafeeabondantemente nel monte Pelio. Sono le fue frondi filmili à quel le del)’amaraco,& i fiori aurei : la radice è fiottile,& luperficialc,acuta al gufilo. Beuefi la radice contra al ueleno delle ferpi.Al che fa parimente tutta la chioma della pianta impiafilratafopra al morfo.

N a sc e il Paruce Heracleo in Italia per ft dejfo in Puglia.come che anchora infu l'Apennino, cr inf i ’l nton Panare,& fu» te Argentalo nelle noftre maremme di Siena. Enne in piu luoghi anchora nei giardini tenutoui da chi ¡idiletta de edam. f empiici per publico spettacolo. Ma non fo però io,che in alcun luogo d’Italia ¡la in ufo cauarne il liquore, il qua» »0 le coMmuncmentcjì chiama nelle ftettari e Opopanaco. Imperoche quejioft porta a V megià per la uia d’Alcjjan* dria, del quale come che fe ne ritroui affai delfalfifcato ; nondimeno dell'ottimo anchora, Cr del puro , cr finca 0 ft ne uede. Errò maniftfiamentc Mefue commemorando l’Opopanaco, nel deferiuere lafua origine, nella prima Errore di fronte del capitolo : imperoche indifferentemente fice egli una miflura di tutti 1 Panaci. L ’Afclepio ho ritroua Mefue. to io di nuouo,di cui equi il ritratto. Et quantunque non babbi mai poffuto uedere il Chironio ; intendo però , che nafte copio/ìfiimo in alcuni monti del Vicentino. Icognomi di tutte qtteftefrette (fecondo che dicono) hanno battuto l origine dai loro inuentori. imperoche l’Afclepio ritrouò Ejculapiofl Chironio Chirone, CT ¡'Heracleo Hercole : cr imperò c chiamato anchora Herculeo, del quale è folamente in ufo il liquore chiamato Opopanace. Il finte,cr la radice(quantunque cifuffiro afai neceffarie)non ci fi portano .E t però idiltgenti chirurgici per rico» prire l’o]fa,con gran diligenza cauano perfar poluere di quei frammenti delle radici, quali eglino fi fieno, che fi J0 ritrouano nellagomma condcnfata. Scriffe de i Panaci Galeno a ll'v ili .dellefacuità de ifemplici, in quello mo* Panace fciitte da G al. do dicendo. ¡’Opopanacefifa di quel Panace, chefi chiama Hcracleo, tagliandofì le fue radici ,e r parimente il fufio. E l'opopanace neramente attillino à molte cofc,pcr effere egli calefattiuo,moWÌflcatiuo, e r digefiiuo : è cal do nel terzo ordine,er ficco nelfecondo . E Umilmente la corteccia deUaradice calida, cr ficca : ma però meno del ficco,con il che ha ella anchora deU’ajlerflup alquanto. Et però l'tifiamo aU' offa difcopcrU, cr aWulcere maligne, er contumaci. imperoche qucjlc tali cofe generano fufficientemente la carne, diseccando, cr aftergendo inficme , Cr nonfcaldando troppo fòrte A lch e è tutto neceflario per generare la carne, come habbiamo dimolivato ne i li% bri di curare i morbi. Il frutto è caldo ancb’effo,cr molto commodo per prouocare i mefirui. VAfclepio è men caldo delfopradetto : er però s’ufa egli,cr parimente il fio feme, cr ifiori mefcolati con mele aU'ulcere, alle po= fremette che nafiono intorno alla tefta del membro genitale, cr aWulcere che mangiano. Del medefimo ualore è 4° quello, che fi chiama Chironio. Solue l’Opopanaco ( fecondo che rifirifie M tfie ) laflemma groffa, c r uifiofi dalle parti piu remote del corpo , cr propriamente dalle giunture . Mondtftca il ceruello, er i nerui giouando mol to alle loro frigide malattie. Chiamano il Panace H eraeleo i Greci, Tbinuut itdtaam : i Latini, Pattaccs He* Ntomr. racleum:gli Arabi,Steufir,leufir,cr Giaufir. La fra gommala qual noi chiamiamo Opopanaco,chiamano i Gre c i , O ’t t i ; i Latini, Opopanax : li Spagnoli, Opoponaque. L ’ Afclepio chiamano i Greci, to m m ì à t *h4 vhw - i LatiniyPanaces Afclepiumtgli Arabi,Panax Afchilibet. Il Chironio chiamano i Greci, »«.Wm yacà *n°v:i Latini, Panaces Chironiumtgli Arabi,Eanax caromon.

D elLiguftico. 5°

Cap.

LUI.

I l M g v st x c o , il quale chiamano alcuni Panacea,& altri Panace , nafee abondantifsimo in Liguria,onde s’ ha prefo il nome,nel monte Apennino,che termina con le Alpi. Chiamanlo non fuor di propolito i padani Panace,per effere egli ueramente nel fu rto, nelle radici, & parimente nelle uirtù fue limile al panace H eracleotico. N alce in monti altifsimi, afpri,& om brofi, & mafsime appreflo oue riforgono Tacque : Produce il furto fiottile fimile alTanctho,nodofo:attorno al quale fonofrondi fiimili al me!iloto,m apiu tenere,& piu molli, odorate,uerfo la cima piu fiottili, & molto piu diur­ ne . Ha nella fommità del baftone unaombrella, nella quale è il feme nero, duro, lunghetto, come quello del finocchio, di fapore acuto,& arom atico. E la fua radice bianca, limile à quella del panace Heracleotico,& odorata. Hanno il feme, & le radici uirtù di fcaldare,& di maturare. Giouano à 1 dolori dclTinteriora,& alla digeftione:& parimente alle uen tofità dello ftomaco,& à i morii de i ue io lenofi animali. Beuute prouocano l’orina,& Umilmente i mefirui ; i l che fa la radice applicata di Ton­ to . Mettonfi il feme,& le radici ne gli oxipori,& nelle medicine digeftiue.è aggradeuolc alla bocca, & imperò Tufano quei di Liguria nelle uiuande in cambio di pepe. Sophiiticali con un lcme,il quale gli è


4 o

4

Diícoríl del Mattinoli LIGVSTICO.

Liguftico 3 Se. fu¿ efliun.

Liguñieo feritra d i Ga­ leno. Nomi

gli e molto limile: m aficonofccalgtiíío.percfl'cr maro . Alcuni lo fophifticano,mettendogli dentro/*' me di finocchio >ouero di fefeli. S ognans i turamente coloro, che fl'p e n fm , che'iUCn ro Ligujlico chiamato da Galeno Libifticofia quella pianta * ñuta in piu luoghi negli horti, d’acuto, >er graue odore, c¿ uolgannente fi chiama Leuifiico. imperoche quefto produce il fujlo altifiimo,concauo,cr grojjo,: & nonfot tile, come dice Diofconde del fuo. Le fiondi nonfono in modo alcuno di meli r* loto,ma intagliate come quelle dell'apio, quantunque piu prof fe,cr affai maggiori. 1 1feme, come chefi raffembri alquanto al finocchio; nondimeno none eglifaldo, ne aromatico, anzi frangibile, er fquamofo.il uero Ligujlico adunque, tutto che à Genoua, er per tuttala Liguria,onde s ha prefo il nome, ¡la abondanttjSimo, er ufato il feme uolgarmente ne i condim'eti de cibi ; nondimeno nonfi porta publicamente per refio d’Italia, lo l’ho piu uolte ricolto ne i piu alti monti della ualle Anania, e r del coiaio di Goritia,doue nafee il Ligujlico abondantifii■ m o.criti Vinegià fi può egli uedere neluaghifiimo giardino ¡o dello eccellentissimo M. Nlapheo di Maphei medico Vmiaño. Fe cene breuemente memoria Galeno al v i i . delle faculta de fempliei, cefi dicendo. La radice, e’l jeme del Libidico fono di quelle cofe,che[caldano : di modo che prouocano i meftriù, er l’orina,er rifoluono le uentofità. Chiamano i Greci il li gufiico, A'ws -uóy: i Latini,Ligufticum,0" Libyfiicum.

DellaPaftinaca.

Cap.

LIIII,

H a l a Paftinaca faluatica frondi di gingidio, ma jo p:u larghe,& amarette:il fufto diritto,& ruuido : nella


Nel terzo lib. di Diofcoride.

407

k-ui fommita è una ombrella limile a quella dell anetho,i cu? fiori fono bianchi, nel mezo de i quali é un certo che di porporeggiante,& quafi di colore di zafferano. Produce la radice grolla un ditodun ga un palmo,& odorata,la quale cotta è buona da mangiare.il Teme beuuto, ouero applicato di fotto prouoca i racftrui. gioua parimente beuuto à chi non può orinare,à gli hidropici,& à i dolori del coftato:uale à i morii,& alle punture de i uelencfi animali, D ico n o , che coloro,che lo mangiano da prima,non poflono effere o fieli dalle ferpi. aita à fare ingrauidare. Prouoca parimente la radice l’o ­ rina,& fauqrifce à i uenereiappetiti-applicata di fotto fa partorire.Le frondi'trite con mele,& appli cacemondificano l’ulcerecorrofiuc. La domeftica è migliore da mangiare, clic la faluatica;& è utile alle medefime cofe,quantunque non ila ella coll ualorofa.

io Sono lk Paftinache Unto domeftiche,quantoJaluaticht uolgarifiime in Italia, delle quali fi mangiano nei cibi le radici fapoùtamente la quarefìnta. Ma perche forfè in Trancia le domeftiche non ft [minano,penfofii il Rucl Paftinache^c loro e(Tarn. lio, chcfufjcro le Paftinache domeftiche quelle, che noi chiamiamo Carote,cr che u/ìamo il uerno cotte per Finja Enore del ¡ate. Del che nonpojjofc non mar(Migliarmi,ptnftndomi che’l Ruellìo huomo neramente dotto no con(ìdcraffc,cbe Ruellio. ninno autore di qual fiuogliafattione ftùtroua, che Jenna, CAROTE. che le Paftinache domeniche hauejfcro la radice porporea, cr fanguinofa : eftendo una delle piu notabili parti,che era di bifo= gno di manije[lare. Del qual errore danno manifèfio indicio le utre domeftiche,che abondantifiime fi coltiuano per tutta Ita» lia per laquarefima negli horti, bianchifiime,0"faporite : cr mangiaufipofeia fritte in cambio dipefee, er majomamente in quei luoghi oue ríe careftia. comefefujfero elle piu prefto da lafciar ftare da coloro,che in quel tempo digiunano per macera re la carne : percioche muouono elle non poco le fiamme di V enere. Oltre à ciò s'ingannano manififi amente tutti colo Errore di ro, che prendono per il Dauco il [eme della Pastinacafaluatica: alcuni. di quella dico,che produce nel mezo della [ita ombrella quel pie ciolfiore di color di porpora. Percioche altra cofa è il Dauco, come poco qui difotto al proprio luogo diremo, dotte treflette 1 ne notò Diofcoride. Et quantunque, per quello chefe neueg* \ga fcritto, er da lui,cr parimente da Galeno ne i libri defan* 1plici,cr delle faculta degli alimenti,fieno quafi quefie due pian , te cTuna medefima qualità,cr uirtù, per la qual ragionefenza ' riprenfione fi potrebbero l’uno per l'altro adoperare; nondtmc no qucfla ragione non conclude però,che’l Dauco, cr la Paftt >nacafaluaticafieno una cofa medefima. Scùffie delle Paftinache PaftÌBache <Galeno aÜ’ v 1 1 1 .deüefaculta de i[empiici, cofii dicendo. La ferine da Q» 5 Paftinaca domeftica c metto ualorofa, come che piu potente in leso. tutte le fue operationi fta lafaluatica.Prouoca l’orina,cr ime * ftrui nonfolamente l'herba; magrandemente il feme, cr la radi ce.Ha ueramente iti fi alquanto deU'alierfiuóecr però ne impia frano alcuni Lefiondi con mele infu /’ulcere corroftue,ber mo didearle. Chiamano i Greci la PuSlinaca, JEwtpuafw* ; ¡ Lati ni,Paftinaca:gli Arabi,lezar,Gezar,o Giezar : i Tcdcfcbi, - ................Paftcn(y,Paftinachcnili Spagnoli,Canaoria blanquati Trance» fitPaftenades.

D el Seièli Maisilienfè.

Cap.

LV.

I I s e s e u Mafsilienfehale frondilìm ili,& piu grafie del finocchio: il fufto piu grolTot&rornbrella limile all’anetho, nella quale è il feme quadrato,lungo, & al gufto fubito acuto. la fua radica i lunga,& giocondamente odorata. Scaldano le radici, e’1fem e. beuonlì utilmente alle diftiliatiqni dellorina,& à i difetti del refpirarergiouano alle prefocationi della madrice,& al mal caduco: prouo cano imeftruijc’l parto : uagliono à tutti i difetti deH’interiora.ianano la toffe uecchia. Il feme bcuu to con uino corrobora la digcftione,& caccia uia i dolori di corpose utile à quelle febbri,che chiama noepiale. Beuonlo i uiandanti contraal freddo con uino,& con pepg.Dafsi alle capre, Se à tutti gli •Itri beftiami,accioche ageuolmentc partorivano.

D el Seièli Ethiopieo. «0

Cap.

L V I.

I I srselt Ethiopieo crefcc con frondi d’hcdera,ma minori,& lunghette,come quelle del pe­ ndim ene. E pianta, che nereggia:produceifarmenti lunghi due gombiti, dai quali efeonoi rami lunghj due fpanne ; la fommità fi raflembra all’anetho. 11 feme c denfo,come quello del grano,nero, amaro.


4 o8

Difcoriì de 1Matthio li

SESELI MASILIENSE.

"

RESELI ETHIOPIcq

S B S E L I PELO PO N N »N SE. amaro,piu odorato,& piu acuto del Mafsilienfe,& raol to foaue. Fa i medcfimi effetti.

D el Sefeli del Peloponnefo. Cap. LVII. li

I l s e s e l i , chenafcenel Peloponnefo,produce le frondi di cicuta,ma piu larghe,& piu graffe : il fufto piu grande del Mafsilienfe,ferulaceo,& largornellacui 40 cima è una larga ombrella, dalla quale péde il femepiu largo,odorato,& piu pieno.Ha le uirtù medefime.Nafcc in luoghi afpri,humidi,& in fu le colline. nafce anchora nelle ifole.

D el T ord ilio, ciò è , SefeliCretico. Cap. L V i l i . I l t o r d i l i o , il quale chiamano alcuni fefeli Cretico,naicenelm onteAm anoappreffoàCilicia. E herba breue,ma có affai fufti.produce il feme doppio» tondo,limile a gli feudi, aromatico,& alquanto acuto. Prouoca beuuto l’orina ritenuta,& i m eiìrui. Il fucco fpremuto dal fufto,& dal feme quado fono uerdi & he uuto con uino paffo dieci di al pefo di tre obolifanai dolori delle reni.La radice incorporata có mele in mo do di lcttouario,facilita lo fputo ne i difetti del petto •

Sefeli, & fu* siluri.

C h i a m a n o gli Arubici il Srfeli:Sifileas,cr itolgar* mentigli ffetiuli Siler montano.Nafce il buono,®4nero Sefeli * Mafiilierrfe copioflfiimo per tutti i moti del Trentino. MuqMit tunque in affai^etiuxieJe ne ritroui di buono;nodimeno in m te altre


Nel terzo lib. di Diofconde.

405)

U ¿tre utdut0 io di Ì “ e2®>c-,e non corrijfondc in conto alcuno ai alcuna di quelle frettef r it t e da Diofcori ¿e : imperoche non utfi [ente altro,che amaritudine,er un certo odoraccio,come di cimici .L’Ethiopico, er quello dclieloy inefo per auanti da me non ccnofciuti,credo i'hauer ritrouato io in quejìo anno,come dimagrano quii rurattiloro. QucUopoiche chiamano Tordilio credetti già io chefuffe nafeiuto nelmiohorto d’unfeme fìat orni pundato dal giardino de [empiici di Padoua. M.a contemplandone poi ogni fra parte, er gufandone il fa* pore, conobbi neramente non ejfere il nero. Il Sefeli ( come dicono)fu primamente dimostrato dalle cerne. Onde (crifie Arinotele al v.cap. del i x .libro dell’bidona de gli attimali, che le ceruefubito dopo al quarto mangiano il Sefeli.per poterfi dinuouo impregnare. Tanto ia radice,quanto il feme del $efeli(diceua Galeno alt v m .dellefa Sefeli feria# culti de[empiici,itoti facendo didintione alcuna delle fre fretie)¡caldano cefi fòrte,che poffotto ualorofamente prò* da Gal. jo uocar l'orina, e r fono cofì di fottili parti, che giouano al mal caduco, e r àgli impedimenti del refrirare. Chiamano i Greci il Sefeli,Zitruj : i Latini,Sefeli:iBarbari,Sifllcos:gli Arabi,Sifalios: i Tedefchi, Steinbrech : * Nomi* fruKcfhScr rnontm.

D el Sifone.

Cap.

LIX.

It. sisoNF. è un picciolo fem e, che nafee in Soria,limile all’apio, lungo nero , & al guilo feruente. Beueli per li difetti della milza,per l'orina ritenuta,& per prouocareimeftrui.Vfanlo le géti di quei luoghi per condimento delle zucche leiTeinlieme con aceto.Produce nelle fommità moU ®o te picciole granella. Il Sifóne non

I l siso n e , fecondo che qui recita Diofcoride,c unfeme, che nafee in Soria à noi del tutto incognito-.percio èconofciuto. chcniunanota deUapianta,che'lproduce, fene legge. Et però lo lafciaremo insorta, tenendola tra quelle cofc,cbe nonfi conofcono in Italia. Vercioche malageuolmente fìpuo determinare di quelle cofe, le cui note prin« N om’ cipali nonfi ci defetiuono.

Chiamano i Greci ti Sifone Sifw: i Latini,Sifon.

Cap.

D ell’Aniiò.

LX.

L o a n i so infom m afcaldaj&diifccca.fabuonfia

t o , alleggerire i dolori,prouoca l’orina, ha uirtù di rifoluere. B cuutodaglihidrop ici.toglielorolafete. è buono à i morii, & alle punture de i uelcnofi animali. G iou a alle uentofità:riftagna i flufsi del corpo, et de i meflrui biachi delle donne:genera il latte nelle poppe : fortifica al coito.Fattone profumo al nafo,allegerilce i dolori di tefta. Medicale percolfe dcll’orccchic prima trito con olio rofado»et pofeia diftillatoui. Il migliore è fempre quello,che è frefeo,pieno,non fembolofo >et che è odorifero, Lodafi perii primo in bontà quel di Candia,et dopo quello quel d’Egitto.

L’ a n 1 so c uolgarifima pianta, & parimente molto uoU gare è ilfro feme . Et imperò non accade à recitarne qui altra bidona. quantunque per non preterire il noflro ordine,nonfia da tacere quello,che ne ferifi e Gaietto al v i . delle [acuità de [empiici,doue cofì dice. Il jente dell'Anifo c molto u tile , acu* to,cr amaretto,di modo che s'accojla alla natura di quelle co* fe,che brufeiano. E caliio ,er [ecco nel terzo ordine. c r per­ ciò prouoca l'orina,iigerifcc,er rifritte le uentofìtà del corpo. Chiamano i Greci i Aro/o,A’W °r : i Latini, Anifum:gli Ara* bi,Aneifrm w Anexijfum:iTedefchi,Anifz,cr EnifzdiSpa~ gnoli,MatahaJud,cr Tema dulceù Prancefi,Anis.

50

D el Caro. •w

'M

Cap.

LXI *

E i l c a r o uolgarifsimofeme. Scalda,prouoca l’orina : ‘è ftomacaIe,fabuonabocca,aitaalladigciitq-

M .M ettelì utilmente ne gli antidoti, itn e g lio x ip o ri. corrifponde proportionalmcntc etm la m ­ io fo.Mangiafija fua radice cotta,com e le paftinache. M

C hiamasi

Anifo, & fua effam.

Anifo ferino da Gal.

Nomi.


Difcoril del Mattinoli

4io C iro , & fila elfam.

CARO.

Errore dei Frati.

Caro, Ieritto Gal.

da

Nomi.

Chiamasi il Caro uolgarmente tirile Jbetiarie carni è feme notifiimo per tutto. Ndfce nei prati, nelle colline.]; lifuo feme affai in ufo apprcfjo à i Tedefehi per metter nel pm Cr in affai lor coniimenti di cibi, come fono gli anijià noi To fcani. Ondepormi,che non poco debbano effere ripre/ì quei re ucrendi Padri de i zoccoli commentatori di Mefite, perbauerfi eglino congrande errore apertamente creduto, che il ' di Diofcuride altro tronfia, che il feme delle carote, cbe noi tifiamo il uerno nell'infalate. lmperocbe nelfané delle carote nonfi ritruoua qualità ueruna,che comfponda a quelle del Ca ro ro; er mafimamente non ritrouandofi.egh cofi acuto, che fi pojft metter c con quelle cofc, cbefcaldano, er dijjeccaito mi terzo ordine; come del Caroferine Galeno al v i i . libro deh le/'acuità defemplici, con quefle parole. E il Caro calido, er fecco quafì nel terzo ordine, er mediocremente acuto. Ei però rifolue le uentofità, er prouoca l'orina nonfolamente il feme; ma anchora l'herba. Chiamano i Greci il C^ro,Ka>;; i Latini, Carunvgli Arabi,Caruia,Kirauia, er Karui : li Te, defchi,MattbumichiZ? Kim : li Spagnoli, Alcarauea: i Tranci fi,Carni. io D ell’Anetho.

Cap.

L X II.

La d e c o t t i o n e dellefrondi fecche, et del fém edell’Anetho,beuuta fa ritornare il larte: riioluelc uentofità,et leua i dolori del corpo : riftagna il corpo, et parimente i uomiti : prouoca l’orina, alleggerii« il fin ghiozzo. Bcuuta cotidianamcte nuoce al uedere, et diffecca la fperma . E utile per federili dentro le donne perii difetti della madrice. La cenere del fcmeddl’ane ¡8 tho impiaftrata.rifolue le pofteme del federe., A N E T HO. Anetho, & lui efiimmatione,&uirtù Icritre da Ga­ leno.

L ’ a n e t h o è ne gli horti uolgarifiima pianta, tantofimi le ai finocchio,chefpeffe uolte,fe’lgufio non nefuffe il giudice, ui i ’ingannarebbe l'occhio. Scalda tanto l’Anetho(diceuaGì* Uno a lv i .delle facuità de i femplici)che ueramete è da/limar caldo neWultimo del fecondo grado, oueramente nel principio del terzo-'Crfecco nellafine del primo,oueramente nel princi­ pio del fecondo.Et imperò meritamente cotto nell’olio digerì* fce,leua i dolorila dormire, er matura i crudi humori. Fafii 4» dell’ Anetho olio : la cui temperatura faria propinqua à quei medicamenti,che maturano,er generano la marcia ,fe ella non fuffe alquanto piu di quelli cahda.CTfotdie,ZT perciò digesìtua-V abbruciato è calido,er fecco nel terzo ordine, zrimpc* rò gioua egli all’ulcere,cbefon troppo humide,zr molli,cr maf ftmaméte dquelle,che fono ne i inebri genitali, er chefonoin* uecchiate nel preputio,facendole bemfimofaldare. li uerit è piu humido,zr manco calidoccr però piu matura,ermancodi gerifee. Prouoca ilforno : la onde fufaronogli antichi nelle ghirlande. Chiamano iGrecil’Anetho,A'Vwiw : i Latini ,Ane J* thum'.gli ArabiCKebctb,or lebet,& Sebef.li Tedefchì,DyHe, er Hoch hrautdi Spagnoli,Eneldon Francefi,Anet.

D el Cimino domeftico. Cap.

LXIII.

il c i m i n o domeftico è grato alla bocca,ina mol to piu l’E th io p ico , il qual chiame» Hippocrate regio. T ien e il fecódo luogo di bontà l’E gittio, à cui fon pq feia dopo tutti gli altri.Nafce in Galaria d’Aita,in Cili eia,in Terem ia,et in molte altre regioni. Scalda, ftn- 6» gne,et diffecca.Cotto con olio,et f a t t o n e crifteri,oue to impiaftrato di fuori con farina d’orzo,conferire à » dolori.


Ne! terzo lib.di Diofconde.

41 r

doIori,& alle vicotoficà del corpo. Dafsi con aceto inacquato ài difetti del rcfpit'.ire.' & c o n uino,. centra à i morii de uelenoiì animali. G iona impia (irato con uua pafla.ò farina di lo g lio , ò faua fran ta, onero cerato,alle pofteme de i te ih co li. rrito ,& impiaftrato con aceto , & meifo nel nafo ui ri (lagna il fangue: & parimente applicato di fo tto i mcftrui fuperflui. Beuuto,ouero impiaftrato di fuori,impallidifce tutto il corpo.

D el Cimino laluatico.

Cap.

L X I 1 II.

I l c i m i n o faluaticonafceualorofo.&abondantementein Licia,Galatiad’A f i a C a r t h a g e »» na di Spagna. E picciola pianta.-produce il furto lungo una fpanna,& fottileifu per il quale fon quat» tro,ouer cinque picciole,& fottili frondt,dentarci modo di fega,&sfdfe come quelle del gingidio . Ha oltra di quello in cima del furto cinque, ouer fei bottoni teneri, & tondi : ne i quali è dentro il Teme fquamofo,piu acuto al gurto del dom eftico. Nafce nelle colline. Beuefi ilfuo feme con ac­ qua cétra à i dolori,& uentofità di corpo; & con uino,contra gli animali uelenoiì.Bcueli anchora có acetoperilfinghiozzo:& darti utilmente nelle humidità dello ftomaco.Mafticato,& pofeia applica tocon mele,et uua pa(Ta,fpcgneiliuidi:et impiaftrato con le medelime cole gioua alle poftetnede i tefticoli- Enne pur di (àluatico un altra fpetiefimileal domeftico,il quale produce da ogni fiorenti cornetto : nel quale è dentro un feme limile al melanthio. Il qual beuuto è rimedio contra à i morii delle uelcnofe ferpi. G ioua oltra à ciò à diftillatione d o rinatile pietre, et à coloro che infieme con 10 l’orina orinano il fangue apprefoinpezziibeuendogliperò fopra il feme dell’apio cotto.

CIMINO DOMESTICO.

CIMINO SALVATICO.

li. c i m i n o domeflico è ueramente notiamo à ciafcuno. Mafe ilfaluatico, e r fretialmemtt quello deh Cimino1, & primafretie nafea in Italia ,nonfo,ne poffo neramente affermare : per non batterlo mai ueduto, tic ritrattato, ut fui edam. Starti ofaputo, chefe ne porti ilfané di Licia,di Galatia,& di Spagna. Quello poi dellafecondafretti (fe però na» fct egli in Italia ) nonpoffofe non credere infieme co’l Ruellio, er co’/ GefnerofhUomini de i tempi nofiri dottìfiimi, che altro(la egli,che quella piantaJa qual chiamano i Tedefchi Ritterfrorn, ciò c frerone di canaitire, erpi* rimente Consolida regale . Imperoche queflapianta,laqual nafce perlopiù traìcbiade,produce ilfutio tu fo tfo pieno di molti ramufcctli,fotfili, lunghi ,er fólti, come fon quelli del melanthio faluatico. Tra i quali fon le fòglie lunghette , (sfottili, raccolte come in cefrttglio. I fiori fa ella porporei, come ti mole: con un cornetto dalla banda, che rimira all’alto, (imiti à gli freroni, con cui caualca unogli antichi. onde s’ha eli,> ** -1 M

acquisite


412

Difcorfi del Matthioli

acrilifi ato il nome appreffo 4 i Tedefcbi. Il fané fuo nafre ferrato in certifiometti,fintile 4 quello del melanthio. D i modo che da tutte quefte fomiglianze fi può ageuolmente filmare,che non fi ritroui tra noi altra pianta1, die pm di quella fi raffembri al Cimino fanatico deliafecondafpetie. Vogliono oltre 4 ciò i uenerabili Padri commenta Errore de Fra ti de zoccoli. tori di Mefue,cheil Ciminofaluatico della prima fpetie fia la Nigella citrina delle fpetiarie .11 che è falfifiimc;lni pcróche come fenza altra autorità può confiderare ragioncuolmente ciafcuno, che cieco,ne pazzofia,h Nigella ci trinanonèaltroché unafrcondafpctiedi Melanthio : uedendoft fatatamente, chetra’l melanthio nero, f/n nonfiritroua differenza alcuna in qual fi uogli parte di tutta la piantale non nel colore del f eme : il cui odore, parimente la fórma,dall'tffer di colore citrino in fuori,è quello ifiejfo del Melanthio nero . Il che ueggiamo parimi te accadere ne Ipapaueri, ne però efii per uariar nel color delfemé fono altra cofa, che papaucri. Il chefiuech pu rimente nelfinte della lattuga,er in altri di uarie piante,ritrouaniofene di nero, er di bianco. Si che dimoñrano t» qui iterati d’hauermal confìierato quefio teño di Diofcoride. il qual dice, che il feme di quefia fpetie di Cimino ¿ fquamofo, forfè nel modo di quello, che fifeuote da i bottoni della uolgar pimpinella : er non folido, er duro, co. me quello del melanthio citrino . Il domcfiico produce le/rondi quafi fimili al finocchio : er ¿ unfol fu ñ o , dal qua le mfeono iiuerfi ramufccUi.fiorifce in ombrella,come il finocchio : nella quale fi matura pofeia copiofifiimo il f u me. Ha la radice bianca, quafi ritonda nettafuperficie detta terra. Ama i luoghi putrefcibili, e r caldi. g? ¡mpn¿ Cimino ferie affai abondantementefruttifica nelle noflre maremme di Siena,cr parimente nel patrimonio di Roma. vfafi Ufi to da Gal. me fuo, fecondo che teflifica Galeno al v i i .delle faculta de i[empiici,come quello de gli anif i , de i carni,del ligu» flico, e r del petrofelino .Imperoche è egli calido, come ciafcuno di quelli nel fare orinare, er nfoluert le uau K om i. tofità. E di quelle cofe, che¡caldano nel terzo grado. Chiamami Greci il Cimino domeñico, I/zip,»: il faluatico,Kdumvaypw . i Latini il domejhco, Cyminum fatiuum : er il faluatico, CyminumJyluefire.gh Ara :o bi,Camma,v K.einum;iTedtfchi,K.immd :gli Spugnoli,Cornino: iFmccfi,Corniti.

D ell’ Amici

Gap.

LXV.

C h i a m a n o alcuniTAmmicimino Ethiopico,& alcuni (ì credono , che fiatra loro differenza. Efeme uolgare,& noto,minuto-,& molto minore del cimino: ha fapore d’origano. L ’eletto è quello,che è puro,non fembolofo. E calido/eruenteA diffeccatiuo. Beue* fi con uino contra à i dolori di corpo,& pafsiorii d’ori- jQ na,& morii de uelenofi animali.-prouoca i meftrui.Mct téfi ne i medicamenti corrofiuòche fi fanno di cantarci lc.accioch efi conrraponga à i difetti deH’orina caufa ti da quellc.Impiaffrato con mele rifolue i liuidi. Beuu rojoueramcntc unto có mele impallidire il corpo.Fat tonc profumo di lòtto con u.uapaiTa,oucro ragia,pur* ga larnadrice.

Ammi, Se fua edàm.

Errore del Ruellio.

Errore de Frati. Animi fcritto da Gal.

Px v , e r diuerfeforti di minuto feme mifono fiate mofri te per i Animi chiamato communemente Ameos dagli frettali. 4» dette quali niuiia ne ueggo io , che fecondo il mio difeorfo, mi fodisfaccia per fa m i credere , che'l iterofi ci porti d'Aleffandria. Quello, che è piu com m utici piu s’adopera nelleftc* tiarie douendo per imitare il nero effer biatico(comeferine Pii* nio)piu prefio nereggia,et tanto fi raffembra alfeme del noflro uolgare petrofello,che differenza alcuna non ui conofctrcbbt il fenfo delucderc: fe quel delgufto per ntrouarlo acuto, nonne palefaffe per il fapore non effer l’effenza dell!uno, er dell'altro conforme. Oltre à quefio per non ui fi ritrouare fapore alcuno d’origano, comefcriffe Diofcoride, ne conférma à non credere, $0 che l'Ammi nero jla à i tempi nofiri nepcfpetiarie d’Italia. Quantunquefi penfi il Ruettio tutto il contrario, non aucir* t tendo bene a quello, che Plinio fuo famigliarifiimo iàutkoritì d Hippocrate ne fcrijfc al xv.cap. del xx.Jibro, cofi dicendo. E neramentefìntile al cimino quello,che chiamano » Greci Ammi. Stimano alcuni, che fia quefio il cimino Ethiopico. Hippocrate il chiama regioqter ejfere in Egitto piu efficace. Ma fono altri, che fi credono effer quefio d’altra natura ,per effere (gli piu picciolo, cr piu bianco. L ufod amenaue c il medefimotimperoche in Aleffimdria mettono quefio nel pane, er ufanlo parimente ne i cibi. Ma non però per quefio dirò io,che non nafea l’Ammi in Italia ,fc ben nonfi ritroua il nero nelleJpetiarie. pet* cioche imouatnente me nè fiato mandato di quello, in cu i, per mio, e r altrui giudicio, fi difeernono tutte U nere note, che gli afiegna Diofcoride. Manonpcròfìmileà quello c quello, che ingannandoli dicono batter io ufato per Ammi i uenerabili Frati de zoccoli commentatori di Mefite. percioche nel loro nonfi ritrouafapor alca noàorigano. Il feme dell Antoni, come teflifica Galeno a lv i .dellefacuità de[empiici, è utili/imo. Ha calida,

er ficai


Nel terzo lib di Diofeoride.

414

c - fece* natura : e compo/lo di parti fattili,cr è al g u fo amaretto,cr acuto. Et però è cofa chiara,che digerìfcc+ D- fa orinare. per la qual ragione debbe egli effere calido,cr fecco nell’ultime del terzo ordine. Il che oltre aU'al tre ragioni di Jopra ajfegnate conclude, che l'Amrni non(la nelle /pelùrie d’italiaipercioche à uolere effere calido, orfeicocofi fòrte, donerebbe ualorojamente mordere nel maflicarlo: ne donerebbe effere egli cefi minuto, ne di N’om i. fo/i fòfco colore,ma bianco come fenffe Plinio. Chiamano i Greci , l'Ammi, AV-u< : i Latini, Ammiigli Arabi, V j,lonacbach,Anazue,Xanacbna,0- Nanachueu Tedefchi, Aineydi Spagnoli,Animi.

D el Coriandro.

Cap.

L X V I.

I l c o r i a n d r o cconofciutouolgarmentedatut ti. Ha uirtù d’infrigidire : & però impiaftrato con polenta,& pane medica il fuoco fiero,Se l’ulcere corro iìue& ferpiginofe. Vino con mele, oucro con una paf fa.iànarepinittide.lepoftemedei tefticoli,& i carbon» celli. Impiaftrato con faua infranta rifolue le fero fole, & i pani.ìlfemebeuuto có uino palio caccia fuori i ucr mini del corpo:aumenta la fpcrma. Mangiato in quan* tità fa ufeire del fcnno.non lenza pericolo:& però è da guardarfi di non ufarlo di continuo, & copiofamcnte. Il fuofucco incorporato con cerufa, fpuma d’argento , aceto,& olio rofadojs'ungc utilmente all’ardenti infià= magioni della pelle. E i l c o r i a n d r o in Italianotifìima pianta, cr pari* mente è notifiìmo il fuofeme chiamato uolgarmcnte Coriando­ lo . Hclla cuideferittione per lunga diceria ripugna aperta* mente Galeno a Diofeoride al v i i.deUefacuità de/empiici, co (t dicendo. Chiamano ipiu antichi ueccbìoni il Coriandro Co* riano : ma tutti i moderni medici lo chiamano Corion, come lo chiama Diofeoride. il quale peruerfamente diffc,che'l Coriatt* dro era una herba refrigeratomi imperoche c egli compollo di contrarie facultadt,battendo infe molto dellamaro. Il che hab biamo dimojlrato efferefenza compo/la^ii fattili parti , er ter= rena. Oltre a queào ha egli in fe non poca humidità acquea, la quale è neramente di tepida natura : alle cui qualità c aggiunto alquanto di coftrettiuo. Ver le quali tutte cofe per diuerfe uie fa egli tutto quello, che fcrtue Diofeoride ; ma non /blamente perche fia egli frigido . Hor<t quantunque baitef i iofatto prò* pofìto di uolere in que/lo libro dire cTuna cofa fola ; nondimeno narrarò particolarmente l e caufe d'ogni attione . I l 40 (he forfè niente o/ìarà, anzKfc’l uero pur dir fi debbe) il ripetere le ragioni dette di fopra in alcuni]empiici giouarà qualche cofa.Primamente adunque è dafapere, che nonfolamente Diofeoride -, ma altri medici affai mdctermina* tament e pronunciano le cure de i morbi,come a quefli nojlri tempi fe ne ritrouaito anebora di quelli, che Jì tengo­ no eccellenti, che trai'altre cofe ¡'ingannano in queflo bruttifìmamcnte. Ne fono di qucUi,che fe ben già quel membro,che ha patito l’erifipela, éinfrigidito, s f a t t o liuido, cr nero, er non richiede piu rimedij frigidi, come per aitanti, ma quelli che poffano cauarnc quello humorefuor di natura, che uè ferrato dentro ; nondimeno pur perfeuerano con l’infrigidire. Altri uengono à i digefhui,dicendo che con queftì fi fanano l’erifipele. quantun­ quefrriuam , che altri medicamenti fi conuengano nel principio , altri nel erefiere , altri netl'aumemarfi, c r al* tri nel dcclinarft,crfinirfi l'erifipele. Ma la cofa non fia cofi : imperoche non fi debbe piu chiamare eriftpela dapoì il partire del fèmore ydell’infiammagionc , c r di quello bumorc cholerico. Et però none da pc tifare, che quelle Jfo cof ( ->che fono di naturafrigide, poffano dami rimedio ima che ben quelle che poffono digerire, cr fcaldare, come fi fari bbc nel principio di quei tumori caufati da percoffe,ò da qual fi uoglia altra catifa in alcuna parte del corpo, che per efier litiidi, cr neri fi poffono {limarfrigidi. Nel medefimo modo adunque penfo io ,che fìdebba procedere, quando un morbo calido termina pofeia in frigido: percioche non è da tenerfi <onto del primo, ma chiamare il fecondo peraltro mmctoueramente fe pur di/fiacc il mutare del nome, è almeno da penfare, ehe(fe* condo che fcriuono alcuni) altri fono i rimedi/ del principio, Cr altri quelli del fine,non penfandoii però,che fieno i rimedi/fio idi delfine : c r à queflo modo fi può concederete pur piace à quali b’itnofbc queflo tal male fi chia* tni pure enfipeld. M ail dire, che ella fia anchora caliia, effendogià fatta frigida , non èmai da concedere. Et pe r° non c in modo alcuno da credere,che uoglia all'hora effere ilfuo medicamentofrigido , come uuole Diofeoride che’LCorùndro impiaftrato con pane, c r polenta curi l'erifipele. Imperoche la uera eriftpela,la quale è pofiana infiammata,cr gialla,non mai potrà fanare il Coiriandro.infreme con pane;ma ben quella,che già r diufiMa frigic d¿.intendendo per nera eriftpela,quando il membro è ripieno d'unflufro di uera cbòlera.M* puofii uerametefapere, cbtnonfia il Coriandro fr igido per quelle iftefjc cofe,che nefcrijfcpur Diofeoride,per hauer detto egli,che inficme M j con

Coriandro,& fue facilità fcrinrda G a­ leno contra Diolc.

Difcorfo di Galeno incor no alla cura delleerifipele.


414 C oriandro, & fue faculta fcrkte¡da Aui cenna contra Galeno.

Difcnílone diGaleno có tra Auicenna.

Errore del Bwdauola.

Difcorfi del Mattinoli

confaua infranta rifohte il Co rimiro lefcrofole.lmpcrochc mi penfo, che Diofcoridc, non dubitale, che niunfrU gido medicamento fi ritrouaffe idoneo per rifoluere le fcrofòle,come colui,che nefcrtffepiu difeicento, chelep0f. fono future , i quali tutti fice egli caliii, O" dlgeftiui. Quejlo tutto impugnando a Dtofcoride difre Galeno. 4/ che non confentenio Auicenna gli contradice al c u . capo d e lti, libro defuoi canoni, enfi dicendo. Di ¡Je Gal t. no , che U uirtù del Comndro era compofta, ma che nondimeno il maggior dominio era della term initi infume comma acquofità tepida, ey alquanto dijlitticità. Ma appreffo dime l’acquofita, che fi ritroua in lui, è finta fallo frigida , e r non tepida : eccetto fe non uifuffe mefcolato qualche poco di fuñanza calida, la qual ueloccmentt fencuapori uia. Il perche dijfe parimente Bumain : Galeno rimoue lafrigidità dal Coriandro contradicendo 4 Diofcoride. Ma io dico cofl , che fanno teflimonio della fuafrigidezza Rufo, A rchigene, er altri anchora dopo foro. E frigido di natura nella fine del primo grado, e r fino al fecondo, er ficco nel fecondo, ma appreffo di me è ¡[y fecco, declinando in qualche parte al calido. Ma Galenofa che del tutto fra il Coriandro calido. Il che puòforfè accadere per quella fuñanza fattile, che è in lu i , la qualefr rifoluc, er non ui rimane quando fi beue. altrimenti nonfarebbe di bifogno ammazzando egli gli huomini con la fua frigidezz^chc fe ne deffepcr tal effetto molta quin tita. Diffe Galeno,rifluendo il Coriandro le fcrofòle, come adunque può efferc eglifreddo < Al che flglipnoa* geuolmente rifondere, che fa egli quefto per fua occulta proprietà : ouero che fra in luì unafuñanza fattile, che penetra , crfr profonda, tafeiando indietro lafufranza fua frigida, ma quando fi beue, ¡i rifolue la calida ueloce* mente, er rimanefríamente l’operatione allafrigidità, che ui refra. Le quali ragioni quantunque habbiano in fe qualche apparenza-, nondimeno per coiwfcerft che Galeno ( come neramentefanno nero, er indubitato teflimonio ifuoi primi cinque libri delle faculta de fempliei ) non ha hauuto pari in inueñigare le nature, er uere qualitàdeìle piante, parte co’l gufo de ifapori, parte con gli odori, parte con le fufranze, parte con i colori ,e r parte conia lunga ifrerienza accompagnata da profrndifrima philofophia ; è di necefrità piu accoñarfi al fuo parere, che à qtial fruoglia di’altroferiti ore della medicina. ■ Quantunque piu con Auicenna fi tenga il Brafauola, il quale non ftptnt ¿0, che per tutta Tofrana ne i prati, er ne i campi perfr ñeffo nafre il Coriandro, diffe, che nonfr ne ritrouafe non àidomefhco. Oltre à ciò fcriuendo qui Diofcoride , che mangiandofi; il Coriandro coptamente perturba lini felicito nonfenza pericolo, er ritrouandofrparimente fcritto tanto da i Greci, quanto dagli Arabi, che il fucchio dei Coriandro bcuuto ammazza, e pofeia interuenuto, che alcuni Medici moderni, la cui opinione già per. Manti hofeguito anchor io, habbino grandemente biafrmato l'ufo del Coriandro. A l che hauendo io pofeia piu diligente• niente confrderato, mi pare che cotale opinionefra poco, ò niente ragioneuole. Impcroche il Coriandro non pera turba l’intelletto, ne fa nocumento ueruno, fe non quandofe ne mangia troppo. Et perche ci douiamo noi marinigliare, che il Coriandro faccia ciò, er che però i medici nonfe aftenghino di darlo à gli amalati, er parimente 'ai ^ fin i per confortare lo ftomacho >fr il uino, il quale noi ufiamo continuamente, beendofrnfpiu di quello, chefi con* itiene, guafìa ¡'intelletto, fa impazzire, er alle uoliefuffoca»er ammazza d II qual però becndoft moderatamente oltre al nutrimento, che da egli al corpo, conforta lo flomaco, aiuta la concottionc del cibo , cacciafuori lefuptr* fluita del corpo , allegra il cuore: acuifce lo intelletto, e r uiuifica, er chiarifica gli {piriti. Onde non ueggio, che cofinc ofli, che non pofriamo credere per queñamedeftma ragione, che ciò faccia anchora il Coriandro, et che egli tolto alla debita quantità, nonfríamente non nuoca, ma chegioui grandemente, oue egli fi conuenga. liuperoche ritrouo, che anchora Galeno non (ì fckiuò di darlo, come fr legge apertamente al 1111 .capo dell’ v i l i - li* bro delle compofltioni de i medicamenti fecondo i luoghi ,doue d'autorità d’Arch¡gene ne da à coloro, che hanno i rutti acetofi la mifurad’un cucchiaro permita. Cor rifronde alla opinione di Galeno fra i piu moderni Greci Simone cognominato Sethi, il quale fcriuendo del Coriandro afferma effere molto buono per lo ftomaco per firtijì-- ^ cario, e r per tenere il cibo falda, fin ebe fra ben cotto , er digerito. Il che però dobbiamo credere, che egli inten­ da , che ciòfaccia il Coriandro dato, <y tolto conia debitamifura. Di qui adunque pofriamo noi racoglicre, che uonfra <faccettare, ma piu prefio da dannare l’opinione di coloro, i quali dicono, che per modo ueruno fi debbiti* fare il Coriandro. Io hora non poffr per le fudette ragioni, fe non lodare l'ufo del Coriandro per lo ftomaco >CT vituperar fríamente [ufarlo in maggiore quantità di quello, che facci di bifogno. Chiamami Greci il Corian* dro, Ko'pfovjcr KofUww : i Latini, Coriandrum :gli Arabi, R usbor, Rasbera , Kuzbara , e r Kuzibara : i Tí* defehi, Coriandcr » e r Coleattder ; li Spagnoli, Culantro, er Ciliandro.

D e l Hieracio m aggiore.

Cap.

LXVII*

I l h i e r a c i o maggiore produce il Tuo fnfi:ormiido,roireggiante, fpinofo,&concauo: fu jjer il quale fono cópartite le fue frondi,& raramente intagliate,fimili al foncho:produce i fiori gial' li,in cert i lunghi bottoni.E frigido,& leggiermente coftrettiuo ; & però impiaftrato gioua à gli ft°* machi rifcaldati, & all’infiammagioni. Il fuo fucco beuuto conferiicea i rodimenti dello fìonuco* Lherba impiaftrata infieme con la radice, rimedia alle punture degli feorpioni.

D el Hieracio minore.

Cap.

L X V III.

h i e r a c i o minore ha parimente per intorno intagliate le frondi,cópartite per internai Fai furti teneri, & uerdeggianti : nei quali fono ¡fiori tondi, & gialli. Ha le medefime uirtù del ¿0 predetto. jl

11.

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I U set


Nel terzo lib.di Diofcoride. h ie r a c io

41 7

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N a s c e il Hieracio tanto maggiore, quanto mtnore »¿bondantifiìmopertuttal’Italia, non puntodifilmile dalfincho, il quii noi chiamiamo Cicerbita. D i qiteñi non ritrouo io ,thcfiriucffe Galeno, ne manco Paolo Egì* Hieracio, & fuaeflàm. neta ne i loro trattiti de[empiici. Feccne nondimeno mentione Plinio al v i i , capo del xx libro,cofl¡dicendo . Hiftoria, & Dicrono il nome alla tììeracia glifiaruieri : imperoebe come fi [entono batiere la luce impedita, fi medicano con iiiruì del Hie quella berba ,ftirpandola con i piedi, Crmettendofene pofeia il fucco , che ne uicnfuori, ut fu gli occhi . E ilfue rado Icritte co di amendue lefietie bianco come latte ,c r d i uirtùjlmile al papauero . C oglicfl nel tempo , che /i metano le bta daPiimo, ¿cagliandoli in piu luoghi il fuño : il qual pofeia fi riponein un uafo di terra nuouo utilipimo per moire coir . Perciochefana egli mefcolato con latte humano tutte le infermità de gli occhi, e? mafsime le nuuolette, le cicatri 40 c i ,c r le caligini.tieuiito al ptfó'di due oboli nell'aceto inacquato, purga il corpo : er nel uino uale a i morfl delle ferpi . A l chefi beuono anchara lefiondi trite,e'lfu ñ o . Impiaftranfi con utilità grande infu le punture de glifiar­ pioni . Ma contra al trafiggere di quei ragni, che fi chiamano pbalangi, giouanoi con uino, er aceto. Contrapon• gonfi parimente anchora a gli altri ueleni, eccetto quelli »che Ürangolano, ouero quelli, eoe nuocono alla uejctca» eccettuando la cerufa. Mettefi con mele infui corpo, er parimente con aceto per leuarne 1 malori. Il fucco uale orina ritenuta. Crateua lo da agli hidropici d pefo di due oboli con aceto, er un ciatho di urno. Hanno oltre a ciò i Hicrxcij altre uirt'u. imperochc rifoluono le ucntofita,fanno ruttare leggiermente,fanno digerireste mai ge* iterano crudità. Mangiati copiofamcntc foluono il corpo, e r in poca quantità lo rifiringono. Digerifiono la u1* fiofìtà della flemma,zz purgano(comefiriffiro alcuni ) i[entimemi. Danno¡I oue la flemma flagrojja, con urna d’affenzo, oueramcntc fiiHino : crdouefìa la tofic, con uino ihiffòpo. Dxnfine i uomiti üomachali, er nelle àu­ to rezze de i precordij con cichorea. Vagliono alle cotture delfuoco, auanti che fi leuino le uefitch e , apphcatiuifo« pra confale. Fermano f ulcere ferpiginofi, mettendouift prima[opra confiniti a di nitro: c r 1 mf u *l uoc0 facrotriti con uino, I fu ñ í triti, c r incorporati con polenta,cr acquafref ia , giouano a gli f i a j m , cr alle mem bra[molle: c r con uino, e r polenta alle brozze che nafeono. Deronli alcuni nelle cholertcbepapiomcottinella padella : nel chefono utiìifiimi i fu fti, quantunque amari, Alcuni gli infondono nel latte. Ifuftt cottifreddi fono utilizimi aüo ñomaco . Tutte quelle uirtà diede Plinio 4 i Hieracìf, c r infiérnente f e lattughefaluaticbe. Cbu Marni. nano il Hieracio i G reci,l'tp& m : i Latini,Hìetacium.

D ell’Apio*

Cap.

LXIX.

L a h e r b a dell’Apio de gli hortì è conueneuole à tutte quelle cole che fi conuicneil conandro. Impiaftrafì con pane, & polenta all'infiammagioni de gli occhi: mitiga gli ardori dello ltoma CO : rifoluele durezze delle poppe caufate dal lane apprefo,Mangiata cruda, & parimente cotta ne i


Difcorfidel Mattinoli APIOHORTENSE.

APIO PALVSUE.

l.Q

¡0

I?

HIPPOSELINO*

cibi,fa orinare .La decottione delle frondi,& de Ikra dici bcuuta,è contraria ài uelem.prouocando il uoinb to riftagna il corpo. 11 Teme prouoca l'orina piu ualo rofamente: gioua à i ueleni delle ferpi , & à coloro che haueifero beuuta la fpuma dell’argento : riiolue le uen to fità . Mettefi nei medicamenti, che mitigano idolo r i , nelle theriache,& ne i rimedi;, che fi fanno contri la toife.

40

D ell’EIeoièlino, d o è , Apio paluftre, Cap. L X X . N a s c e l'Apio paluftre in luoghi humidi,pìu grana de del domeftico ; ma è pariméte come egli in ogni co fa ualorofo.

D eirO reofèlino ,cio è , Apio montano, Cap. L X X I. 5°

L o a p i o montano fa il fufto alto lina fpanna,che nafte da picciola radice : attorno alquale fono i ramu» ftelliinelle cui fommità produce certi piccioli capi fi« mili à quelli de i papaueri, ma molto piu piccioli : nei quali li 1¡ferra il feme lu n g o , acuto, fottile,& odorato, limile al cimino * nafte ne ¡ monti,in luoghi faflbli.Ha uirtu di prouocare l’orina,beendofi il fe rn e t la radice nel uino. prouoca i meftrui.Mettefi ne gli antidoti, ne i medicamenti che fanno orinare, & in quelli, che ua* lorofamente fcaldano . M aèdaaucrtirc , ch.c non ci in <J< gannafsimo,firmando che quello apio fulfe quello,che naft e tra falsi chiamato petroftlino. Del


N el terzo lib. di Diofcoride. D el Petrofelino.

Cap.

4 1 7

LX X 11.

¡ ¡ . p e t r o s e l i n o nafee in Macedonia,in luoghi precipitofi. Produce il, Teme fimile a!f am­ ori , ma piu odorato, di fapore acu to, & aromatico . Prouoca l’orina, & i meftrui : gioua alle uentofitàj & dolori colici,& parimente ftoroachali. C o n fe rii« benuto à i dolori del coftato,delle reni» $1 della ueícica.Mettefi ne i medicamenti,che fi compongono per prouocarc l’orina.

D ell’Hippofelino.

Cap.

L X X III.

10 C h i a m a n o i Latini l’Hippofelino olufatro : altri lo domandano fmirnio, quantunquefia altra pianta quella che propriamente fi chiama fm irnio, come poco di lotto direm o. E m aggiore, Se piu bianco dell’apio de gli horti : produce il fufto alto, di dentro uacuo, tenero,fegnato da alcune linee: le fiondi piu larghe, & rofsigne.I-a chioma fa egli fimile al rofmarino,piena £pfiorr>'& raccolta infic me,auantichesfiorifca.à modo di corimbi.-ilfemenero,lungo, faldo racimó , & aromatico .Fa la radicefottile, bianca,odorata,& aggradeuolc alla b o cca. Nafceinluoghi om brofi, & appreffo al­ le paludi. Mangiafi ne gliherbaggi, come l’apio : & parimente fi mangia la fua radice cruda, & cotta: mangiaufi anchora cotte per fe iole le fiondi, e’1 fufto, & preparate c o l pefee, ouero condite crude conlalaouioia.il fuo feme beuuto con uino melato prouoca i mcftrui:beuuto anchora, & impiafira IO to fi alda co lo ro , che tremano per lo freddo : ualealle difiillationi dell’orina.Quefti medciìmi eifet ti faanchora la radice.

T engono maniftftamentc tutti i moderni medici,quelli dico, che non poco ft fono affaticati di rintracciare Apio de gli

i neri[empiici, zr di rammendare i molti trafeor/i errori, che l'Apio domc(lico,chcfeminauanogli antichi, fu a

horti, & iiia effamin.

noi il noftret domestico, zr ucìgare Vetrofello . Dalla etti opinione non mi poffoinmodo alcuno partire io , per coitofcerui tutte quelle note, che danno al loro Apio gli antichifcrittori.il che non poco corrobora quello,che ne [riffe Plim aU 'x 1. capo del x x. libro, coli dicendo. Ha l'Apio ¡tolgamene.- gratia:imperoche largamente nuo tatto ifuoi rami nei brodi, z r fono n; i condimenti non poco aggradatoli. Il che parimente conférma Galenoal 11 M e faculta de gli alimenti, cofì dicendo. Tra tutti gli altri herbaggi de gli horti l’Apio ne èfamiliarifim o, t ° & grata alla bocca,zr alloflomaco . I l che uediamo noi chiaramente nel noitro PetrofcUo uolgare : impcrocbe an* chora a noi c egli hoggi il piufamigliare di tutti gli altri herbaggi. Ma come che molto fta emmunemente in ufo; nondimtnofcriffero Cbriftppo, z r Dioniflo ( come teflifica i?lmio)chc molto è l'Apio bìafìmato ne i cibi : per effere egli dedicato alle tiiuandte de i morti -.[per offender tuffetto fuo la uifta : zr per caufare il mal caduco a quei fanciullm, che poppano chi lo mangia : z r parimente per nafeere nelgabo dell'apio [mina alcuni uemictUi,i qua* ti mucrtcntemente mangiatifanno dittentarejlerili coloro che fe li mangiano. Et però non è marauigliafe in que* fti tali cafì molto anchora da «moderni fi uitupera l’Apio. Cohofiendo/i adunquefetiza alcuna ripugnanza effere Apio paluftre,& fua efiltwftro PetrofcUo l’ Apio domeftico, nonfi può fe non credere, che quello,che s’adopera nelle f i diarie per il nero faminac ione. Apio,fia altro,che ilpalujlre, onero acquatico »chiamato daDiofcoride Eleofelino. per nafeere egli in luoghi hu* midi, zrpaludofi,zrejfer di fiondi, ZT difufto affai maggiore del domeflico.Et imperò dienta T heophrado 4® al vi.capo del v ii.lib r o . L ’ Apio paluftre, il qual ttafee uolentieri appreffo àgli accniidotti, z r nelle paludi, harade,zr Ufcie fiondi,ma quafipcrò fimili aWaltro A p io, come gli è egli parimente fimile nelfapore, nell’odor re, z? nellafigura. Et però non è inmodo alcuno d'accettare l’opinione del Ruettio :il qual uuole, che fia t Apio Errore del delle paludi quello,che noi chiamiamo in Italia Macerotie. pcrciochc(comc poco qui difitto diremo, zrftmilmen* Ruejlio. te anchora nel capitolofujfcquentc dello Smirnio ) non poca differenza ft ritroua tra’l Macerone", z r l'Apio palu* ftre, zr l’tiippofclino. D i quello, che chiamiamo Orcofelino,ciò é Apio montano, nonfiriuc Diofcoride fan* Apio monta­ bianza alcuna dellefiondi,fe g ii nonfujfe quiui corrotto il tef io , come fi può ageuolmentefumicare. Ma Theo= no, & fua effa phrafto al luogofopradetto, z r Plinio aÜ’v i i i .cap. d e lx i x . libro, dijfero che egli battitifiondi di cicuta , ra­ minatioae. dicefittile , zrfeme,l’u n o ,zr l'altro fufto,minore dellanetho A l che ha fatto credere à molti,che fta il teño di Theophrafto da cui haprefi Plinio,falfi,zr [corretto, imaginandof t , che doue dice in Greco . vtì nà ?i/aao. è‘ynfe xamía ¿faptyñ, do é , z r h i le fiondi fimili alla cicuta ; uoglia dire ,xtpaMa. 'íytt ¡¿tnut&ía fpéttn,cio è,ha piccioli capiJimili à quelli de i papaueri. Helia quale opinione gli ha ageuolmente tirati lafcrittura del teño di Diofcoride, àouefifamentìonedi capi fimili à i papaueri, z r non di figlie di cicuta, nientedimeno credo piu preflo (come pur hora difii)che fta corrotta lafcrittura di Diofcoride,che di Theophrafto ; quantunque ft creda il contrario Hrr moho. Impcrocbe oltre al uederftche nefcriue il medefimo Plinio,togliendolo di parola in parola da Theophrafto ; fi uede anchora, che appreffo Oribaflo, il quale traferiue da Diofcoride, non c mentione alcuna di capi di papiue« ri,ma bendi cicuta .O lirà di ciò c fiata à me piu uolte dimoftrata quefta fietie di montano molto corrifiondane al Vhiftoria di Theophrafto,ZT di Plinio,ciò è confiondi di cicuta, radice fittile, er fu fto, z r ombrella d’anetho, coft tutte che Benifiimo corrifiondato aü’Apio. percioche è piu proprio dell’Apio batter lefiondi intagliate come Petrofelino fino quelle della cicuta, zr l’ombrella, e'I fané fìntile all’anetho, per hatier piccioli capi, fimili a quelli de i papa* Macedonico. Hippofcliio U(rt■ Ma ben neramente nonf i io che il nero z r legittimo Petrofelino Macedonico ñafia in Italia: quantunque af­ no,& tua eili fermino i prati, che hanno ferii to fipra Mefite, batterlo rii rouato eglino in certi monti in terra di Roma. il che f i miuatioue. pure cuero, piu preflo fi deue egli chiamare Romano >che Macedonico. Quello poiché fi chiama Hippofdino, cioè


418

Difcorfi del Matthioli

ciò è Apio grinde, non penfo, chefi pojft dire efferc altro che quello, che uolgarmenteJì chiama Lenifico. pfl-m cioche chi bene lo confiderà,lo ritroua con tutte quelle note,che dà Diofcoride a&'tìippoftlino. quantunquefipci,ii Bralaaola, & il Brafauok, che quefto fia il Macerane, ingannato forfè dall’incerpredone di Marcello Vergilio, il quale pfr del Marcello uerfamente interpretando iti quefto luogo Diofcoride, dtfjc che ÌHippoJelino ha la radice odorata, dt dentro bUn* ca,ey difuori nera : attenga che nel Greco nonjìa alcuna mentione, che ellajìa nera difuori. Il che conclude, che nonfa I'Hippofelino, prodttcendo egli Jblamente la radice bianca, cr il nojlro Macerone, chela produce nera una pianta mtdeflma. H'ommi per quefto imaginato, che errajfe Marcello nell’aggiugnere in Diofcoride, chetara

B e je]

dice deli'Hippofclino è di fuori nera, fondando^ in quello ,che neferine Thcopkrafto alluogo già detto, cofl di* cendo. L ’ Hippofeliii'ifa le fondi uicinc all’A pio palliare : ma produce il fuo fuflo grande, cr pclofo : la radice groffa, come il raphano, ma nera : il frutto parimente nero maggior delCorobo. Ma é da aucrtire, che T heophra* lo fio non intende qui detftìippoftlino, che intende Diofcoride , per non s’accordare egli con lui nel disegnarlo ; ma piu prefto iutede egli dello Sntirnio, alle cui note molto meglio s’accofta. Et imperò diceua Diofcoride, cr parja mente Galeno , che alcuni non fanno differenza dall’Hippofelino allo Smirnio tra i quali comprefero ageiiolmcnte Fkr°re ^ Theophrailo. Erràinfi-ri cr’lBr¿fattola anchora il Euchfto : imperoche anchora egli fi crede, che il Lenifico Tuchfio. uolgare [la lo SmirnivÀ: 'doride. Ncparmi che minore fia l’altro errore che ei fanelfuo UbrodcUe com» pòfitiotlide i medicamenti mutuamente uenutoin luce. Imperoche quantunque ferina prima ragioneuolmentc che l’Apio del commune ufo, non fra altro, che il palustre, nientedimeno erra poì(per mio giuditio ) quando dice, cb( nelleffetiarie ilfeme del petrofelino ,fi chiamafané di apio, c r che s'ufa infuo luogo. Imperoche i noftriffctiali, come anchora ho ueduto in Germania cr in Bohemia, tutti ufano ilfeme dell’apio paluflre, per quello dell’Apio uè* Apio (criuo rol, cr non quello del petrofelino, il quale non habbiamo. Scriffc dell’ Apio Galeno all’v n i . dette/acuità dei io da Cai. frmplici,cofi dicendo. l’ Apio è cofl caldo, che può fare orinare ,c r parimente prouocare i meftrui. Rifolue ¡e ■ ucntofìtà,cr piu il fan é, che la herba. Ma lo Apio montano è fìmile nelle facuità fue aU’ Hippofelino ; ma quello è manco uigorofofrl montano piu potente. Scriffc parimente eglidel Vetrofelino nel medefimo libro poco auanti, cefi dicendo. Il feme del Petrofelino è in grande ufo, come che la uirtù medeftmaf i ritroui anchora neU’herba, cr nella radice, fe ben meno ttalorofa ; c r comefi ritroua egli al guflo acuto con amarezza •' cofi fi ritroua neU’ope* rare calido er incifiuo. Onde prouoca egli largamente i meftrui, or l’orina : cr rifolue le uentofttà. E caldo, cr /¡reco nel terzo ordine. Ma del Macedonico fece egli ampia mentione nel libro degli antidoti nella compo/ìtione della therioca,cofi dicendo. Il lodatifrimo Vetrofelino piu di tutti gli altri è quello di Macedoniaùl quale chiami* no alcuni Eflrcdtico, cofi nominandolo dalproprio luogo,oue nafcc. Ritrouafene poco, pcrciochc quelluogo precipitofo , cr ruinofo, doue nafee, è picciolo . Et però quefto Eftreatico è poco anchora in Macedonia : nondi* jo meno par che fi porti a tutte le nationi. Ma accade a quefto quello, che parimente interuiene al mele Attico,cr al nino Vbalerno. imperoche come il mele A ttico, eluino Vhalerno fi portano quafi per tutto ; cofi anchora il ?e* trofrlino Macedonico,quantunque nonfìa tanta la fuafertilità,che bafti a tutte le nationi. N afccne in Epiro gran* d if ima copia, come di mele neUt Cic'ladi ifole : e r come di quindi fi porta quefto mele per diritta uia in Aihene ,o* ue fi unric pofeia per Attico : cofi fi porta il Petrofelino d’Epiro in Macedonia in gra copia , donde pofeia per ite* ro Macedonico ft ci porta . Interuiene il medeftmo nel nino Vhalerno : percioche fe ben nafte egli in Italia in affai picciolo l uogo nondimeno molto fotto quel nomef t nefa ccia uia contrafatto per tutte le regioni foggettc à i Ro3 mani. Ma mancando il Petrofelino Macedonico, er uero Eftreatico, non però per quefto fifarà la theriaca min buona, mettendouift l’Epirotico in uece di quello. Il Macedonico fa la theriaca piu amara, er mafune quandogli Nomfc (ì mette frcfto . pcrciochc cofi come è egli piu ualorofo di tutti gli altri, è anchora molto piu amaro . Chiamano 40 i Greci l’Apio domeftico,‘S txm y ani-al ov ; Hpjluftre, E'xioaihmv : il montano, O'pioai\tm : il Petrofelino,niTpoaiMvcy ; F ilip p o felino, ìvraathim . I Latini chiamano il domeftico, Apium hortenfc: il paluflre, Apium paluflre, e r paludapium : il montano, Apium montmrn ; il Petrofelino, Petrofelinum, er l’Hippoftlino, Hip* pofelinum. Gli Arabi chiamano il domeftico, Charfs, e r Carfi, e r Chares: il paluflre, Afalis-.il montano: Aera ftlinum : I’ Hippofelino, Salis. IT edefehi chiamano il domeftico,Peterfìlien, er Peterlin : il paluflre, Epjfìch, er Eppich : l’ Hippoftlino, Liebftockel. Li Spagnoli chiamano il domeftico, Percxil : il paluflre, perexil da* goa, er Api : il montano , Perexil montefin o . IF rancefl chiamano il domeftico, Perfil de i iardin : il paluflre. Perf i de leau: ilmontano,Perfil des montaignes: l’Rippoftlino,Ache,zr Ache large.

D ello Smirnio.

Cap.

LX X IIII.

L o s m ì r n i o , il qual chiamano in Cilicia petrofelino,nafee abondantifsimo nel monte Ama n o . Fa il furto come l’a p io , con molti rami : lefrondi piu larghe, inchinate à terra,alquanto graffe, ferm e, d’ odore medicinale, & con una certa acutezza gioconda,di colore giallo languido. Ha la fua ombrella nel capo de i fufti,ritonda,& fimile all’anetho. E il feme come quello del cauolo, ritondo, & n ero, a cu to , & di fapore di mirrha, di modo che fi poffono parimente l’uno per l’altro bcnifsimo u fire . Produce la radice odorifera,cofi al gufto acuta,che morde le fauci, tenera , & fuccofa : la cor teccia della quale di fuori è nera,& la fuftanzadi dentro uerde:ouerabianchiccia.Nafce in luoghi faffo fi, colline, luoghi inculti, & nei cantoni dei terreni. La radice,le fro n d i,e’lfem e hanno uirtù di fcaldare. Serbaofi lefrondi in iàlamuoia per l’ufo de cibi.'riftagnano il corpo.La radice beuuta ua* 6 e le ài morii delle ferp i, addolcifce la torte, & g io u a à gli afmatici : prouoca l’orina ritenuta. Rifolue impjailrata le poli cine frcfche >le infiammagioni >& le durezze : falda le ferite.B ollita, & pofeia ap1 plicata


Nel terzo Jib. di Diofcoride. SMIRNIO.

4 i i>

plicata alla natura delle donne »le fa (conciare. G iouail teme alle reni, alla milza >& alla uefcica.'prouoca i mc­ ftrui,& le fecondine.Beuefi con uino utilmente alle lcia ticlie:alleggerifce le uentofuà dello ftomaco:prouoca il fudore.& fa ruttare.Beuefi priuataméte allahidropilìa, & à quelle febbri, che non fon continue. Co n o s c e s i , cicloSm irnio,chi ben confiderà Unate, Smirnio, Se CT i lineamenti tignatigli da Diofcoride, cornfponde benifii* tua edam.

moal Macerone noflro di Tofana, imperochcqueftohafufio d'apio, molto ramofo : le frondi piu larghe, graffe, piegate uer ,, fo terra, grofje, alquanto acute, di pallido colore, et medici* naie odore. Fa nellafua fommità una nappafìntile aU'anetha: in cui fi genera il feme alquanto maggiore di quello del cauolo, ma però lunghetto, nero, acuto , d’odore propio di mirrha. E lafua radice aromatica , acuta,piena Ahumare,?? tenera : la cui ¡ corteccia è nera, c r ia fua Juñanza di dentro d’un colore, che nel bianco uerdeggia. Perle quali fembianze fi conofce effere il Macerone il uero Smirnio di Diofcoride. Ma fc contendeffe al I cuno , à cui nonfodisfaceffe la noftra opinione, dicendo che Ufe ^me dello Smirnio deue efere ritondo, come quello del cauolo,er non lunghetto, comr fi uede nel Macerone,fe gli può ageuolmen te rifondere, che corrijfondendogli la radice, le fòglie, i fu f i , CT le nappe :fì puòfacilmente credere che nella deferittione del feme fìa forfèfalfìficata lafrittura,come in molti altri luoghi di tutto il uolume f i ritruoua.Et quantunque non dica Diofcoride, c h e f f a m i lo Smirnio negli horti, comefi fa ài tempi nof r i , mapolo che per fe ñejfo nafa in Cilicia nel monte Amano,cr fi* milmentc nelle colline, crin luoghifaffofi,cr inculti ; nondtmc* tto era però egli fatto domeilico fino al tempo di Plinio. Il che fi uede per quello, che ei ne deferiffe all’ultimo capitolo del x i x . libro, cofi dicendo . Lo Smirnio herba hortolana fi femina ne i medefimi luoghi, la cui radice ha odore di mirrha. Dimoñra parimente Galeno a l t i .dellefaculta degli alimenti, ebefuffe àifuo tempo lo Smirnio molto in ufo ne i tibi, cofi dicendo. E lo Smirnio al gufo foaue : c r però molto fe ne uende in Roma. E piu acuto, c r molto piu caldo dell’apio : erperò alquanto piu odorifero, c r piu prouoca l’orina, che non fa l'apio, l’bippofclino, e'I fio . frouoca oltra di quefto i meñrui. Produce nella primauera il fufio,¡¡quale non altrimenti fi mangia crudo, che le fòglie, le quali foiamentc ritiene il uernoJenza altrofu ñ o , come parimente l'apio. benché nel fare del fufio diueti tu tutta la pianta molto piu aggradatole algufto, mangiandoli ó cruda, ¿ cotta con olio, ò confalamuoia, ò con uino, ò con aceto. Queño tutto dijfe Galeno. ■ lìcbe apertamente ne dimofira efer fiato anchor da i uecchi coni* 4° memoratolo Smirnio tral’herbe domeñiche de glih orti. Conia frittura di Galeno pare chemolto bens'accordi quello, che dello Smirnio mi hanno piu uoltc detto i Siciliani, i quali dicono, che hanno i Maceroni in grande ufo : Cr molto copiofi negli horti lo r o ,c chetici tempo della primauera fa alcuni gemini molto teneri fìmilià griffa* ragi,i qualiflimxno affai,non folamente per l’ufo de cibi,ma per effere molto grati algufto, cr {ferialmente, quali* dofi mangiano con pepe, cr confale , come i Carciofi, cr i Cardi'. Il chcfapendofòrfe il Manardo da Ferrara bua im o dottifim o della età noñra, c r tyoffoforfè anchora da altre ragioni, tencuaferma opinion c che il Macerone fu f fi il uero Smirnio de gli Antichi. tencua anchova egli perfermo, che'l uero Smirnio fuffe il Macerone, per ue* derfl chiaramente, che oltre alle molto corriffondenti fembianze, fa ti fuo ufo tutti quegli effetti, che attribuifet Errore del <¡üoSmirnio Diofcoride. Il che manifeñamente dimofiraefjcrfi di gran lunga in due cofe ingannato il Rucllio : Rucllio. inuna rio ¿(come nel precedente capitolo c fiato detto) tenendo che ( Apio paluftrc fìa il Macerone: etnellafc* Smirnio ferir Í 0 m da, dicendo, che lo Smirnio in Francia fi chiamaLcucchia. Scriffc dello Smirnio Galeno aU’v i n .delle fa* toda Gal. culti de{empiici, in queño modo dicendo : Sono alcuni, che chiamano Smirnio f Hippofelino {abiatico. il quale c d’una medefimi (ferie con l'apio c r c o ’l petrofclino : quantunque fìa egli piu ualorofo dell’apio , c r maco potente dripetrofehno. E imperò prouoca egli i mcftrui, er l'orina, er è calido, er ficco nel terzo ordine. Quelli di Cilicia chiamano petrofclino quello che nafa nel monte A mano-.ma è anch’egli uno Smirnio, come che non cofi acu t°> cornee il petroftlino, c r io Smirnio. Et prrciòpuofii utilmente mettere infu i ulcere, per dijfcccare eglifin* Za alcuna moleñia : puòfimilmente digerire le pofteme indurite:cr in ogni altraf w faculta è fìmile all’apio, cr al petrofclino. Et però uftamo noi il fuo feme à prouocarei mcftrui, c r f orina, c r 4 gli impedimenti de reffirare. Errore di Qtt'fto tutto dijfe Galeno. Oltre a rio fi fono, ingannandoli, imaginati alcuni, che fia lo Smirnio quella molto alcuni. nominata radice, che chiamano Imperatoria, per efiere ella nera di fu o r i, c r dentro uerdeggiante, non confide* Imperatoria, rando, che ne le fiondi, ne il fu fio , ne il feme ui corriffondono. Ma poi che a dire della i m p e r a t o r i a & iiia hiftoAbatino indotto cofloro, nafte ella aboniantifima nonfilamente in tutti i piu alti monti della ualle Anania ¡ma ria,& uirtù ■ po’ tuttig li altri circonuicini. Produce le frondi, quantunque alquanto minori, moltofintili à qtieUe dello }fondi lio »


4 2 0

Difcoriì del Matthioli IM PERATORIA.

Nomi-

lio , che giacciono per terra, ducette, ruuìde, er pelofe m il fuño alto duegombiti, che nel uerde rofieggù, tondo, q . pelofo : nella cui fommità fìorifce lafua ombrella di bianco co lore tonde¡I genera pofeia il feme affaifìntile alfefcli,acuto,© ■ aromatico. La radice è lunga quattro dita,à poco piu er prof fa uno, crejpa, dura,cr legnofa,di fuori nera, ty di dentri uerdiccia : la quale é acutifiima al guño, mordace, alquanto amaretta, er molto aromatica. Et imperò non penfo, chefai larebbe chi la metteffe calida nel principio del quarto ordine, e r ficca nel terzo. Caccia ualorofamente la uentofìta dellolk maco, del corpo, er della madrice. caperò gioita ella ài do* lori colici,er Jìomacaii : er prcuoca i meñrui,er l’orina.Al leggerifee lafua decottione il dolor de i denti. Gioua tolta con nino alle prefòcationi della madrice:fa ingrauidare, ouefk l'impedimentoperfrigida caufa. aita alla dige/lione. tirama­ nicata laflemma dal cerueUo. Lapolucre della radice beuuta giouaà tutte le infirmiti fiùgide tarperò molto confìrifcctl mal caduco,allofpafimo, c r a i paralitici. Dicef i , che libera dadafèbbre quartana togliendofine mezo cucchiaro con buon uino una hora aitanti al paroftfmo.Ta buonfiato, conforta tut i 8 ti fenfì de’ membri, cruale alla pejlc, à i ueleni,cr al morfo di tutti gli animali uelenofi.Gioua a gli afmatìci,cr a gli im• pedimenti del rcfpiraretaprc f oppilationi : confèrifce a gli hi dropici,cr 4 coloro,che patifeono nella milza.ln fomma[al da l’Imperatoria ogni parte, che fìa infrigidita. Onde meri­ tamente ha prefo ella il nome cfImperatoria, effenio ella dota ta di talì,cr tante uirtk. Chiamano i Greci il Macerane,do è 10 SmirniOjSpopviov: i Latini, Smymium,cr Olufatrumtgli Arabi,Scniruiontli Spagnoli Apio Macedonico.

D ell’Elaphoboíco.

Cap. LXXV.

H a l ’ e l a p h o e o s c o il fuño nodofo,linii. le al finocchio,ouero al rofmarino. Produce le fiondi larghe due dita,ma m olto piu lunghe,come quelle del terebintho,intagliate per intorno,& alquanto ruuìde. H a il fuo fuño molti rami: li quali producono lenap* pe fìmili all’anetho,& pariméte il feme:& i fiori giallic ci. La radice è lunga tre dita, & grolla folamente uno, biancà,dolce,& buona da mangiare. Il fuño quandoè 40 tenero >fi mangia come l’altrc herbe. Beuefi il feme dell’elaphobofco con uino contra i morii de ferpentù percioche fi dice>che pafcendolo i cerui fi liberano da i morii lo r o . Elaphoboico,& fua ella m in in o n e .

Errore del R u e llio .

q v a n t v n q v e flsforzino alcunidi dimoftrarnctB• laphobofco in ltalia;nongli corrijpondono però lefrodi, che produce quello, che ne moñrano, molto intagliate,& lift“ fe piu fide dar fi debbe alla hifloria di Diofcoride, che di Pii* tiio.ilq u a lea lxxii.ca p .d elxxn .libro ,lod ifeg n ò con fo jo di di Smirnio, e r con corimbi, cofl dicendo. VElaphobofco fra il fu fo difinocchio,grojfo un dito: il cui feme pende da i co rimbide fu e fiondi fono di figura flmile aU'olufatro, ntanott però amare.Sopra al che còfìderando il Maliardo da Verrai* diffe,cheera Plinio in quello luogo euidentemente[corretto. 11 Ruellio dice, che p 0chifono hoggi, che conofeano ¡** phobofio, quantunque nafea egli per tutto, e r che il ucrò è quello,che fi chiama uolgarmcntc perle fpetiarie Gratta der­ la quale ha dato il nome à quello unguento, dotte ellafi metteIl che poco mi corrifponde, f i egli la dei <Ja quella, cui al deÜ'hiffopofu mctione, Crche in tutte lejpetiaric d'Italia è in ufo per comporre ilfuo unguento-

intende di difopra capitolo

per Gratta fatto


Nel terzo Kb.di Diofeoride.

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mmnfo■ impcroebe queftx è berbafmìle all‘hi[fopo,cr non al finocchio : difufio, e r di fòglie al tm bintho .1 / perche non mi po{]ofcnonperf:udere,cbe in Francia fi* la Grada de altra pianta differente dalla nofra, la quale forfè ageuolmentefi conuiene con l’ Elxphobofco. Io ho ben ueduto in piu luoghi della uallc A nania, e r del cotado di Goritia una pianta tanto fintile aU’Elxphobofco,ckc fin che non ne trouarò altra piufintile, non potrò fe non ere dcreejjere qucflo quel,che fi cerca. Scuffine breuemente Galeno al v 1 .dellefacuità de [empiici, cofi dicendo. Ebphobofc* fcritto da G a­ ¡,’Ehpbobofco ha uirtù di [caldure,per effer compoflo di partifon ili, e r di diffeccare anchcra nel fecondo ordine, leno. chinano i Greci l'Elapbobofco,E'Aapo'ih™ov ; j Latini,Elaphobofcum,cr Ceriti ocellum. N om i.

D e l Finocchio.

Cap.

L X X V 1.

R f i n o c c h i o mangiato in herba, oueramenteil fem ebeuutocon ptifana >genera copiofo latte . Ladccottione delle frondi beuuta,perche prouoca ella l’ori­ na, conterifce à i dolori delle reni, & mali della uefcica. B euu toconu in ogiou aài morii delle ferpi : prouoca i melimi,beuuto con acqua frefea nelle febbri aliegei ifee la naufea,&gli ardori dello rtomaco. Le radici pelle in­ corporate con mele,& pofeia im piagate fanano i morii de i cani.11 fucco fpremuto dal furto, & dalle frondi, & pofeia fecco al fole,fi mette utilmente in quelle medici ne,che <1 preparano per li difetti de gli occhi,che impedi feono il uedere.Spremeii parimente il fucco utile à tutte quefte cofe,dal feme uerdc,da i rami, & dalle radici ta­ gliate nel primo fputare delle fròdi. Dift illa dal Finoc­ chio iieH’Iberia occidétale un liquore fimile alla gém a. & però quando fiorifee,tagliano i uillani i furti per me* zo ,& g li accodano al fuoco,acciochc piu ageuolmente per la forza del caldo ne riiudi il liquore : il quale per le medicine de gli occhi è molto piu ualorofo del fucco.

D el Finocchio faiuatico. Ca. L X X V II. I l f i n o c c h i o faiuatico c grande iproduce il fe­ me limile al cachri Ha la radice odorata, la qual beuuta gioua alle diftillationi dell’orina.- applicata di fotto prò uoca i meftrui.La radice.e’l feme tolti in beuanda riftagnano il corpo,giouano à i moi li delle uclenofe ferpi,ró ponode pietre,& purgano il trabocco di fiele. La decoc tione delle frondi beuuta genera abondantiisimo latte, 40 & purga le femine di parto.Daffene una altra fpetieda quale ha lunghe,lottili,& ftrette fro ndi:& le ■ me tondo,fimile à i coriandoli,acuto,& odorato.H a quello uirtù di fcaldare,& corrilpondere nelle uirtù fuc all’altro già detto,quantunque in ogni cofa fia men ualorofo.

R fin o cch io tanto domeflico, quanto faiuatico è notifiima pianta in Italia, er [ferialmente in Tofcand. Seminafi il domeflico nel principio della primavera il mefe di debraio,in luoghi aprichi, et alquantofaffofi : per (¡fere egli non meno al gufo aggradeuole ne i condimenti de i cibi,che fi fia ualorofo nelle medicine. Nobilitarono (fecondo chefcriue Plinto) il Finocchio le ferpi, (fogliandoli la vecchiezza col gufarlo, er rifacendofi la viJla gii offufeata acutifima. dal chefu conofciuto dagli huomini effere egli per gli occhi ualorofo rimedio. La fecon difterie di faiuatico commemorata da Diofcoride,che produce il feme fimile à i coriandoli, non ritrouo b 41 tem* Jo pinofrichicelamofriinltalia. Il Finocchio(diceux Galeno al v 1 1 .dellefacuità de [empiici) fcalda cefi uà* lorofametitc,chc merita d'effere connumerato tra quelle cofe,che fcaldano nel terzo ordine, er diffeccano nel ptU >no: er imperò genera il Finocchio il latte. Il che noti farebbe egli.fe fujfe piu difeccatiuo. Per la qual ragione ai: taàtrabocco di fiele : prouoca l’orina,cr futilmente i mefirui • O Itre à ciò è uno altro Finocchio, che per effere Moltogrande lo chiamano Hippomarathro, la cui radice ,erfem e piu ualorofamcnte diffeccano, che’l domesìico. er imperò pare,che per quefa ragione r if agnino il corpo, quantunque lafacuità loro cafre ttiua non fi ueggia ma r‘ififa. Di questo nonf f i amenee la radice , ma anchora il feme è fimile al cacbriiCT imperò può rompe re le pietre, finire il trabocco di fide ,er prouocare i meftrufer /’orina;ma non però generare il latte, come quello già detto di fipra. Enne una altra ftetie pur di grande,il cuifeme è acuto, er tondo, come i coriandoli, fimile 'nellefu i opera* rioni detifàjfiro, quantunque non cofifiaegliualorofo. Cbiamanoi Greci il F i n o e c h i o , i Latini,Fani» do culumtgli Arabici,Raitnigi : 1 Tedefchi,Fcncbel:li S p a g n o lis m o ,c r im b o li Francefl,Fcnoil.

H

D el

Finocchio, Se Tua hiftor.

\ Finocchio ferino da Ga leno.

Nomi


422

Difcorfidel Matthioli D el Dauco

Dauco fcritto da Gal.

Nom i.

LXXVIII.

I t d a v c o chiamano alcuni daucio. (Quello, eh* nafee in Creti,fa le frondi limili al finocchio,ma mino rij& piu fottili .produce il furto alto una fpanna : Tom brella fimile al coriandroril fior bianco: & bianco parjt mente il feme, acuto , & p e lo fo , il quale manicandoli fpira di foauifsimo odore . E lunga la fua radice un pai. m o ,& grolfa un dito . nafee in luoghi faflofi,& aprichi to Enne una altra fpetic limile all’apio faluatico.ruuido aromatico , & al gufto feruente. Il migliore di tutti è quello di C rc ti. Aflegnalene anchora unateizafpetie, che fa le frondi limili al corilndro, i fiori bianchi, & la tefta e’1 feme d’auetho. è la fua ombrella firnile à quella delle partinache:e’I feme lungo come di cimino, &acu to. Il femé di tutti ha uirtù di fcaldare:prouoca l’orina, i meftrui,e’l parto : togliei dolori di corpo : mitigai torteuécchia.Giouabeuuto neluino ài morfidepilala gi-.rifoluc le pofteme,impiaftratoui fufo.Dellealtrefpe iq tie è fidamente in ufo il feme : ma del Cretico anchora la radice,la quale per ualorofo rimedio fi beue contrai i morfi de ue/enofi animali.

Dauco St fi« cifrai.

Errore di Marcello, & del llucllio,

Cap.

Q v a n t v n q v e contenemmo alcuni, che l Dauco, © ■ U Pastinacafaluatica fieno una pianta medefima,udendo checo= f i habbiano intefo Galeno, c r Paolo Egineta;nondimeno àme pare, che manìflftamente ¡’ingannino. Imperoche quantunque bemfiimo dirfi poffa, chefia neramente il Dauco fpetie di paftinaca faluatica;nondimeno non c però egli quella iftèffa paflinaca, della quale poco difoprafaceua men­ titine Diofc aride. Perciochefe perii Dauco,cr per la Paflinacafaluatica hauefle intefo una pianta medefima, non 5» gli farebb e certamente flato neceffario fcriuerne.per due dtuerfi capitoli. Et come che paia ad alcuni, che Galeno nonfaccia differenza dal Dauco alla Paftinaca faluatica •nondimeno chi ben confiderà, che ne trattò egli pa dui diuerfì capitoli nel v 1 prima,erpofeia nell7v i 1 t-, libro,potrà agevolmente accorgerfi,che errano Marcello fio* tentino, c i RueUio . Il cui errore maniflfla Gaietto ifttffo : periioebe oltre aU batter egli trattato del Dauco, ej della Paflinaca faluatica come di diuerfe piante per diuerfì capitoli ; chiarifee egli però nel v 1 .libro, che quiui in* tende fidamente del Dauco, cr non della Paftinaca, quando cefi dice. Il DaucoJaluatico, il qual chiamano alcuni Paflinaca, è meno idoneo ne i cibi del domestico .!Lr cui parole manififtamente dimcfirano,cbe non Galeno, maal* tri fi crederono,chefiffero quefte due piante una cófa medefima. Del che fa ampiafide ejfo Galeno,per hauer pò* fida ncS’v i 11 .libro ferii to particolarmente della Paftinaca, come di cofa differente dal Dauco . Et però dirò io infieme con Diofcoride,che i Dauchifono di tre ffietie. delle quali quello è piufrequente in Italia, che fi raffembta 49 alle paftinachefaluatiche: del quale nelle maremme di Siena, c r in piu altri luoghi di tutta Tofana ne nafeono per lifodi infìnitiflime piante . Il Cretico fi porta di Candia,cr quello della terza ffetie flmile nellefrondi al coma dro, cr u c i feme al cimino,nafee in piu luoghi per I talia. Scrijfene Galeno a lv i .dellefacilità defemplici, cefi dicendo , Il Dauco ftluaticojl qual chiamano alcuni Paflinaca, e manco conueneuole da mangiare del domeftico, come che in ogni altra fua operatione fla egli piu ualorofo. Ma il domeftico è da mangiare, quantunque di uirtù piu debile ,E acuto ,ha uirtù di fcaldare,cr di difleccare. La fua radice oltre alle cofe già dette, hauti certo che diuentofo,cr diuenereo Alfeme del domefticoha anchora egli poffanza di fauorire à Uenere. ma quello del [al* uatico non è ueramente uentofotcr imperò prouoca egli i meftrui ritenuti, cr l’orina. tutto quello del Dauco dijfc Galeno, come che faceffe eglifubito dipoi particolar capitolo, cr mentione delfeme, cofl dicendo. Il fané del Dauco ha uirtù ualorofamentc calidafdi modo che fi tiene tra le prime medicine per prouocare i meftrui cr l’orina. 50 Impiastrato di fuori fa euaporaregli humori.L’herba ha quafl uirtù equiualcnte : nondimeno è ella affai menualo* refa delfeme,per la miftura della humidità acquea,che ha in f e , quantunque ne i fttoi temperamenti anchora effafli calida. Chiamano i Greci il D a u c o , : i Latini,Daucustgli Arabi,Ducu,Gezar,cr Giezartet iTcdefchi, Beruurtzcli Spagnoli,Dauco Creticoicr i Francefl,Carote fauutges.

D elD elphinio.

Cap.

LXXIX.

I l d e l p h i n i o produce i furti da una fola radice,lunghi due palmi,& qualche uolta maggio3 ri : da i quali efiono le Irondi picciole,fottili,intagliate, & lunghe : le quali nelle fattezze loro fi raf fembrano alla forma de i de!phini,da i quali ha prefo ella il nom e. Il fuo fiore è firnile alle uiolc bian 6J che,ma è di porporco colore. Produce il feme nei baccelli firnile al miglio,utile da bere piu che ogni altra medicina alle punture de gli fiorpioni. Dicelìjchc niella quella herbafopra gli feorpioni, gli fa i, quali


]S3el terzo lib.di Diofcoride.

423

niafi immobili,& pigrbma che fubico,che fi toglie uia,ritornano nel fuo primo eflerc.Nafce in luo* ühi afor¡>& aprichi. E anchora un altro Delphinio,il qual chiamano alcuni hiacintho,& i Latini bue »' 10jimileal fopiadettoim afonole fuefrondi,& fimilmentci rami molto piu lottili. Le uirtù Tue, tome che non fieno coli efficaci,fono nondimeno quelle medefime del primo.

IO

qvan-tvn q ve ferita il RucRio nafeere in Francia una certaherbafenza nome alcuno del tutto corrifron* ¿¡„Min ogni fuo lineamento Delphinio di Dioft:aride ; nondimeno in Italia non è chi à i tempi noftri la dimoftri. ' nc mancofi ritrota effere¡iati deferitta da Galeno, ne da Paolo : i quali tutti hanno trafentto da Diofcoride. I!che hafatto penfare ad alcuni, che (ìa flato il Delphinio aggiunto in Diofcoride. Sono ohreàcio alcuni, Opinione che uogliono,chejia il Delphinio quella plantada qual chiamano i Tedefchi Ritterfrorn,cio c perone da coualiere, di alcuni rigr altri confolida regale collocata difopra da noi tra le frette del ciminofaluatico. Ma uedendofi, che quella non Pt0luccfu pia che ungambo folo fu dalla radiee , crii Delphinio nefa piu , er che eUa non produce fòglie di figura fimi*

¡i 4 idelphini, ne fiori, come fon quelli delle uiole bianche, er che nafee piu preño al domeñico tra le biade, che inluoghi afrri;non pojfo cofi dgeuolmente credere,che queña pianta fia il nero Delphinio di Diofcoride. Et, ptafimamente non batiendo io ritrouato il Delphinio in un Diofcoride amichiamo ,fcritto con lettere lombarde dcà’autborità del qualefreffo fi ferite Marcello Vergilio, del qual mi fufatto copia in Vienna dall’eccellentifimo Dottor di leggi,CT peritiamo in ogniforte di lingue M.Giouanni Alberto Vuidmanñadio,altrimenti detto il Dot tare Lucretio Cancelliere dell'Auflria inferiore. Il chefa non picciola credenza, ó che lahiñoria dei Delphinio (la una chimera, oueramente che lafiañata aggiunta in Diofcoride. Altri fono che penfandofi d’batterle ricroua= to ¡o, fi mifero a dire, chc'l Delphinio era la Sena de gli Arabi, fòndando/i nellagobba de ifuoi follicoli, o~ non ac* corgendofUche Diofcoride dice,che fono le fiondi del Delphinio gobbe, er non i baccelli. Et però fi può ageuolmen te dire, producendo la Sena le fue fiondi quafi oliUari,cr i fiori gialli,che manififtamente fi fieno cojtoro ingannati. Mapofciacheà r a tonare della Sena m'hanno indotto [opinioni di coiai medici;nonritrouandofenc mcntioneap preifo à Diofcoride, ne à Galeno,ne a Paolo Egincta, ne dirò qui quanto et per autorità Arabiche,er perfenfatd efrerienzanho potuto ricauare. E adunque dafapcrc, che la Sena non è albero,comefifono imaginan alcuni;

Sena, Se fu«

ma una berba,che fifemina ne i campi( come pojfò io infierne co hiftoria. tutti gli frettali SaneflfCr Fiorentini, far uero tefìimonto ) e t , fi ricoglie ogni anno in Tofcana : la quale produce ( come poco qui difopra dicemmo) le fiondi quafi oliuari, maritondette in cima grafette, d’odore quafifimili a quelle dellefaue,cr mol=> rto nell’ordine rajjembreuoli 4 quelle della galega. Il fuflo è al to un gambito,ò poco piu,dal quale hanno origine afai,z7 fólti ramufcelh mucidi,Z7 arrenieuoli. E il fuo fiore giallo, quafi fimile a quel del cauolo, ma tutto pieno difottilifiime uenette, che roffeggiano. I fuoi follicoli,i quali non chiamano baccelli, fono ritorti per la piu parte in arco,üiacciati,cy comprefi i, di >modo che [una banda tocca l'altra : ne i quali c unJane ordina lamente feparato,che nel nero ticrdeggia, fimile quando è ben maturo,er pieno,4 ifiocini dell’uua. Pendono que/ti da tutta la 1pianta attaccati con loro fiottili picciuoli: di modo che dgeuol­ mente quandofono maturi, gli fiuote tinento»er lignea per ) terra. K pianta nimica delfreddo. er però bifognafeminarla il mefe di Maggio, nefipuo confcruarc,fe non perfino à mez­ z o l’autunno. Scrijfc della Sena Serapione, cofi dicendo. La Senafi ripone quando èficca. Ha le guaine ritorte,cr lunghet te,nelle quali è il feme ordinatamente diflinto. Sono attaccate per fottìi picciuolo : er imperò quandofon percoffe da i ¡tenti, dgeuolmente cafcano, er ricolgonle i pañori. Onde agettolErrore dal mente ingannandoli fi pensò il Rut Ilio, per non cjfer egli fórje R-uelli*. mai flato in Tofcana,dotte la Senafi ¡emina copiofìfiima, etfre tialmente nel territorio Fiorentino,che la Sena nonfuffe herba, ma quell'albero,che Tbcophrafioal x v 11 .capo del 111. libro dell’hifloria delle piante chiama Colutea. Concfcefi ohreàcio il fuo errore manifiñamente,attenga che la Colutea produce le fue fìlique , che nel principio porporeggiano, er nel procefo biancheggiano ,di talforte gonfiate di muto, che flrengendofi con mano,nonfanno picciolo feoppio: nelle quali è dentro un picciol feme tondo quanfì come una lenticchia. Ma al trimenti fono i fòllit oli della Sena,per effer eglino inarcati,finza alcun ut co detro, non gonfiati,ma del tutto riñret ti ìnfe flefii : con il lorfeme dentrofimile à i fiocini deU’uua.Fiu oltre la Colutea è albero,che dura, & uiue molti 0 crtnclt'anniccrlaSena uiue poco piu di quattro,ouer cinque mef i . Onde può effer 4 tutti chiaro quanto in ciò fi ® fia mnififiamente ingannato il Ruellio.zr quarita gran differenza fìa tra la Sau,cr la Colutea Et quantunque di ca il Fuchfia nc i fuoi comentarij dell’hiftoria dette p ia n te le la Sena,et la Colutea nonfono difaculta, et di uirtù N 2> punte


424

Difcorfi del Matthioli

punto differenti,pimi neramente,che fin egli in grande errore,per faper io di certo,che il freme della Colutea n p'ouoca manco il uomuo,che jì faccia qui Ilo della gincfra. Ma per dire qualche cofa anchor della c o ìv t e a Colutea , Si ferine Theophraflo nel luogo fuddetto,cffer la Colutea propri Tua hiftoria. C O IV T E A . pianta di Upara, cr albero piti prefio grande,che picciolo ; ¡1 quale produce ilfrutto infìliquc,grande come le lenticchie, che mangiato dalle pecore l’mgrajfa marauigliofamcnte. Mafiefe= minandoli il freme, oue il terrenofra bene ingraffato con letame | er {ferialmente di pecora. Il tòpo difeminarlo è neU’afionfirfi ' di Arturo, facendo prima fa r in macera il feme nell’acqua fin che comincia à germinare, Le fòglie fon fìmili 4 quelle delfica 10 greco, 1 primi tre annifa unfol gambo, er il quarto mette fuo ri i rami, er diuenta albero. Quefto tutto della Coluteafenile Theophraflo. Balle cui parole ageuolmente¡I comprende quan to fra grande la differenza tra la Colutea, er la Sena. Ma è da Coiicea, & Tua Jiiftoria. fapere che altra pianta è appreffoTbecpkrafro la c o l it e a , et altra la Colutea,come molto bene nota il Fuchfìo nell'una,et nell’altra lingua dottifrimo.Bel che fa teftimonio Tbtophraño nel luogo predetto,con quefie parole. L'albero, che nafee in* torno il monte Ida, il qual chiamano Colitea,è dìun’altra ffietie differente dalla Colutea . hnperoche è eglifruticofo ,ramofo, :o s con affai ale, raro,a1non per tutto eommuneiconfiondi flmih ' di lauro,che produce le fòglie piu larghe, mafono piu tonde,et piu ampie,di modo che paionoflmili a quell: degli olmi, qtun* ) tunque piu lunghe,daVuna parte uerdi, er daü’altra bidneheg gianti, er ntruof?. La corteccia di tutta la pianta non è altri | menti lifcia,ma quaft come c quella delle uiti.Le radicifonofots t ilt , fciolte,ritorte, er molto gialle, er non profónde in terra: I c r per quantof i crede,non produce nefrutto, nefiore. Dalle quali parole f i conofce chiarainfie non efrferpoca differita tra la Colitea,er la Colutealla quale quantunque al tempo di Theo ^ phraflqfuffe cUa particolar pianta di hipara; nondimeno aiti pi nostri l'ho ueduta io nata per f e ñeffa in piu luoghi d’Italia, Cr infimamente nella ualle Anania nel diñrctto di Tretto,io Errore di Me fte a molti già I4 dimoflrai à dito, Ma per ritornare hormai nel ragionamento di prima,ritruouo cheferine Mefue, fue,& del B ri che perfoluerc il corpo i follicoli della Senafono molto piu ualorofi delle fòglie, Il che reproba nonfolamenteil faiiola. dottifim o Manardo da Ferrara , ma anchora l ’eflerienza ch’ogni giorno fe ne ucdf ; quantunque tutto il contrario uoglia il Brafauola,difèndendo Mefite. Ma acciache cotali contentioni noti generino confuflone nelle menti degli huomini, ne dirò qui tutto quello,che ueramente n’ho ritrouatopiu er piu mite ¡fermentando er le fòglie,et ifèti ¡‘ coli t II perche è dafapere, che di due(fette fono i follicoli,che fiferbdnofecchi:per efferne di quelli che fifrecci* no, erfuanifeonfì fopra la pianta,er che per fe flefii cafeanoto1di quelli chefi ricolgono auanti che fieno maturi, qo grofii,pepanti >uerdi, O pieni difucc 0 , i qualifi feccano fopra ¡loie, òfopra tauole aÜ’ombra,ne fi ritrouano ia ucndcrc ,fc non rare uolte. Q uefti ueramente (com e mille uoltt ho eflerimentato io) nonfoluono punto meno,flit facciano le fòglie, per efier ricolti uerdi, o pieni di fucco . I l che non fanno quelli,che fece hi da per lorofopra le piante, o fuanitifì ucndono per il piu à Vinegia : pernoche i cofì fatti nonfolamme fono manco ualorofi de pre* detti, maperfolucre il corpo quafì del tutto inutili, Ondefi può ueramente dire, che nonfia in qucfto da dannar Mefucfenza limitarlo. I mperoche fecondo il miogiudicio intefe egli di quei follicoli che fi ricolgono uerdi,cr non ficchi, i quali hanno flerimentato coloro, che lo tuffanofenza ragione. B el numero de quali già fu i anchor’io. Mahauerido pofeiafattofeminar quafì un campo intero di Sena perfar eflcrienza de follicoli ricolti uerdi, cr fa cuti pofeia alTombra, rìtrouai che la cofa ñaua altrimenti, vedendo quanto ualorofamente folueffe il corpo la loro infusone f Et pero coloro,chc uoghotio ufur ifòUicoli>Jcminino della Sena, oueratnentc comprino de buoniJt peri cq ne poffono ritmare ,-fe non uflno le fòglie, dalle quali non reftaranno ingannati. Nuoce la Sena(comefcriue Me fue) alquanto allo ñonjaco : cr' pero nuol egli ch’ellafi corregga, c r fi fortifichi con gengcuo, c r con qualche ab tro medicamento, la cui faculta fia di confortar lofilomaco, cr il cuore, A l che par che ripugnileome prima di noi fcrijfero alcuiii)ilritrouarfì nella feccacr ñittieitá,cr nonfoche poco d’amaritudine, le quali qualità piu preñó diinoflrano,cbe debbia ella confortare lofìomaco,che indebilirlo,ò nuocergli in alcun modo. Nella quale opinione mi ritruouo anchor io : imperoche quantunque interuenga alle uolte, che beendofì l'infufìone,ò decozione della Se nafaccia in alcuni,crfletialmente nelle donne dolori non nello flomaco,ma nelle budella,ho fempre penfato interne tur ciò non per prcpriafaculta della Sena,ma per laflemmagr offa,cr uifeofa cacciata da lei à quei luoghitdoue con lafua grofjezzfr di talforte riempie i meati di quelle parti, che non è marauiglia fe diñendendo piu del douere quei luoghi, ui caufi qualche dolore, mentre che ricercano ¡Irada d’ufcire, Io ueramente non mi ricordo mai hauer dato Sena ad alcuno, cheflfìa lamentato meco ch’ella gli habbia nociuto allo ñomaco. Ei però hauendo ben ciò confi, dcrato Attuario medico trai Greci dinoti poca autorità, fcriffe che la Sena folueuah cholera c r la flemma fenza


Nel terzo lib.di Diofcoride.

42

)

fenzi nocumento alcuno A l che fece alcuna uolta tacere Iacopo Philipp o da Set mediconi quale piu (fecondo il mio giudicio)per farfi bello,che per altrojàtupcrauauna medicina ¿infufionc di Sena,di rhcubarbaro.e? d'agarico da* ta da M. Anirea Gallo Tridentino medico eccelletifiimo,boggi per le fuc buone parti medico de ifigliuoli della Mae f li del Re de Romani,in una terzana nota a ungiouane difedici anni,nipote del Retterédifiìmo,cr Ittuttrifiimo mio Signore il Signor Chriflophano Madruccio Cardinale, V<r/coKo,er Prencipe di Trento; dicendo, che ne l'agarico, ne lafena uifl couuemua,per ejfer medicine molto nociue atto stomaco,non ricordandofUnó uo dire nonfapcdo,quà te lodi dieno Diofcoride, Galeno,er Mefite all’agarico nelioppilationi, ergrofii humoriicr non battendo ueduto quello,che contra Mefue dellafenaferine il Maliardo, er quanto la lodi Attuario. Cauafi dellefo n d i detta Sena, della quale è ueramente migliore quella,chefi porta d’Alejfandria,la uirtùfua folutiuapiu efficacemente con la in 10 fufionc,chc co la dccottionc,ò altro qual fi Uoglia modo. Della quale cinque,à al piufei onciefoluono il corpo fenza alcuna moìcftia : er puofii fieramente dare alle dome graffe,er à ifanciulli. Et imperò meritamente diceua Attua rio,che fenza nocumento alcuno foluc ella il corpo.Diucnta nell’operarepiu uigorofa affai, accompagnata con rha barbaro,à coti cafiia,ò con infusone di rofe,ò co firopo rofato folutiuo,oucr molatoyòféfifa l'infufìone co fiero di capra. La buona, c r ben ualorofa fi fa cofi. Tolgonfifri dramme dettefite/rondi ben nette, erpongonfìcon una dramma di gcngtuo,oucro di cinnamomo petto,cr alquanti fiori cordiali in un uafo di terra ben uetriato, ouero di fiagno,che habbia picchia bocca : er pofciafele gittanofubito fopra dieci oncie,ò una libra al piu di fiero,ó di bro do di carne,ò d'acquafmplicc,che bottate? fubito con una pezza,onero floppa ben riflretta infleme s’empie perfòr za,C?fi ferr a la bocca del uafi,che non pcjfaiiì modo alcuno reffirare : er fubito s'inuolgc il detto uafo in un guan ciale,ouero rappezzale di piuma,che f u ben prima faldato alfuoco. er cofi bene ttrettofi ripone in una coffa per io tutta la notteàìnperocbe per quella uia conferuandojì dentro nel liquore lungo tempo il caldo, nc cauafuori tutta lafu i liirtù fo llim i ¿'Io ho piu uolte fatto fare l i infufìone détta uerde,come fifa delle rofe.cr fattone con zucche rofiropi folunui accompdgnatibor con rhabarbarofor con infufìone di rofc,cr hor con altri medicamenti,di cui fé {¡cernente fempremifonferuito . Sono alcuni, che ncfanno un timofolutiuo, mettendone le /rondi à bollire nelmoftoal tempo detta uindemia. Solue la Senafecondo che rifirifee Mefue »ageuolmente la melancholia, er li cholc* ra adatti. M ondila il cernello,il cuore,il fégato,la milza,i fentimenti,il polmone, er confèrifcc att'infirmiti lo* ro : apre 1‘oppilationi delle uifeere, e r conferita chi l'ufa ingiouentù, e? fa thuomo allegro. Mettonft le fue fron* di nelle lauande, che fi fanno per la tefia, er mafiimamente con camomilla: impcroche cofi conforta ella il ccruello, incrui fluederc ,e r l’udire -E infomma ottima medicina, per le fèbbri malincoliche, er lunghe. Et però ben diceua Serapionc : La Sena gioua ualorofamente a ì melancholichcr à coloro, che parlanofuor di propofito, atte 5o ulcere di tutto’l corpo, à i paralitici, a i dolori di tefia, atte puflule,alprurito,er al mal caduco. Conforta il cuo re, er mafiimamente accompagnata con cofe cordiali, come fono le uiolc. Chiamano i Greci il Dclphinio, Ae* : i Latini » Dclphinium. La Sena chiamano i moderni P IR E T H R O . Greci , 2er* : i Latini,Scna:gli Arabi,Sene: i Tedefchi,Scnet: li SpagnolhSen de Alexandria.

D el Pirethro.

io

Cap.

Virtù delhn Sfarne della Sena*

InfùGone ',di Scni-

Sena feriti» ** £lcfue • & 1 “inap'

Nomi_

LXXX.

I l p i r e t h r o da Latini fi chiama faliuarc. Produ ce le frondi >e’l furto come il dauco, e’1 finocchio faluatico ; l’ombrella ritonda,limile all’anetho. La radice è grofla un pollice,lunga,di feruentifsimo fapore.Tira la flemma :& imperò ìauando la bocca con ìafuadecottione fatta nell’aceto,gioua à i dolori de denti. Ma fticata tira la flemma. Vnta con olio fa fudare.E effica ce à i lunghi tremori,& ualorofifsima à i membri infri­ giditi,& paralitici. I l p i r e t h r o c notifimo à tutte le ffetiarie cfìta Pirethro, & lia, parlando però folamente della radice fua, la quale è in con fuaeflarn. tim o ufo nelle medicine . N afccne in alcune montagne d'ita* lia,ma non però cofi acuto,come quello, che fi porta a Vinegia di Lcuatc.HÒnc ueduto io certe piate in AJamagna in Bolgia ■ no in un giardino d’un dottore Biagio Sbaicher medico, er fan plicifia eccellatifiimo molto miofamigliare amico, che nella ra dicc,zr nelle frondi del tutto fi raffembraua co queflo,che feri ue Diofcoride.ma non però producala egli ninna ombrella nel la cima delfutto,come cheproduceffe egli ifiori di camomilla. Il che diffe il Rucllio accadere parimente à quello,chefi ritro* ua in Broncia.Et però ageuolméte potrebbe il tefto di Diofiori de ejfcr qui corrotto. Mofirano alcuni herbolatti per Pirethro un’herba di fórma poco lontana dalla pafUnaca domcftica, che nafee per tutto per i prati.la cui radice, quatìique mafiicadola N $ nel


4 2i>

Difcoriì del Mattinoli

n e l p r im o g u flo non f i f i n t a a cu ta ; n o n d im en o a jjk p o r a n io ft a lq u a n to ¡ ¿ f r i *

er n ella

lin g u a , &

n e l g o r ? 0~

g r a n d ifim o in c e n d io : m a n o n è p e r ò flm ile a q u e llo d e l P ir e tb r o n e r o ; p e r c io c h e q u e fla o ltr e a ll’incèdere n l *

Pirethro (crit p iu del p n e t b r o i l g o r g o z z u l i ,h a a n eb o ra d e ll'a m a r o . io

da Gal.

Nomi.

F ecen e m em o ria G a le n o a li'v i l i . d elle / a cu ità de Ce °

p i ¡ c i , c o ll d icen d o . L a r a d ic e del P ir e th r o ,la q u a l m o lto t i f i a m o l a u ir tù c a u s t i c a , c o m b u i l i u a : c o n la qual

ga ella i denti infrigidui.Vr.gcfi con olio aliatiti all entrar delle fèbbri,per lo fieddo, er per li tremori. Oltre à ciò gioita a gli (lupidi,er paralitici. Chiamano il Pirethro i Greci, TUiptìpov :i Latini,Pyrethrum.CT Saliuaris bcri><c gli Arabi,MacbarcarahuyC? Ua(harcharcha:i Tedefchi,Bcrtram:li Spagnoli,Pelttreii Franceft,Pyrechre.

D el Rofmarino.

C ap,

L X X X I.

I l r o s m a r i n o è di due fpetie:una iterile : & l’altra fruttifera, il cui frutto fi chiama cachrys. ^ Le frondi di quella fon limili al finocchio, ma piu grolle,& piu larghe,Arate per terra al tondo in for ma drruota.di giocondo odore. Produce il fuAo lungo un gom btto,& qu alche uolta maggiore, có molte concauità d’ali : nella cui fommità è l’ombrella copiofa di Teme bianco,limile allo fphondilio tondo,angolofo,acuto,& ragiofo,il quale maAicandofi cuoce la lingua.Ha la radice bianca.grande, d’odore d’incenfo .E nn e una altra fpetie in ogni cofa limile àqueita.-la quale produce il feme largo] & nero,come lo fphódilio,odorato,ma none incenfiuo ne! guAarlo.Lafua radice di fuori è nera,ma rompendoli è bianca. Ma quella fpetie Aerile,com e ch’elk lìa Amile alle predette ; nondimeno non produce ne fuAo,nc fiorirne feme.Nafcc in luoghi fa fioiì,& alpri. L ’herba communemente di tutte le fpetie trita,& impiaAratariftagnale hemorrhoidi.-mitigal’infiàmagioni del federe,& le fuepofte marnatura le fcrofole,& le poAcme,che malageuolmente fi maturano.Le radici fecche incorporate con mele mondificano l'ulcere : medicano i dolori delle budella,& beuonfi con uino contrai morlo delle ferpi : prouocano i rr,cArui,& parimente l’orina : riloluono impiaArate lepoAeme uecchie.il fucco della radice ,& Umilmente dell’herba untoinfiem econm eleacuifceil uedere.Ilfemebeuuto u aleì tutte lepredette cofe.’gioua al mal caduco,& à i uecchi difetti del petto. Dafsicon pepc,& con nino à trabocco di fiele. Vnto có olio prouoca il fudore.uale à i rotti,& à gli fpafimati.Impiafirato có farina di lo glio ,& aceto conterifce alle podagre. fpegneleuitiligini incorporato con fortifsimoacc to.Debbefi nelle beuande uiarc il Itmc di quel Roim arino,chcnó produce il cachrifimperochequel lo per eiTereacucifsitno, nuoce alle fauci,& alla canna del polm one. Scrifle TheophraAo nafeereins fiem econ la erica il rofmarino, con frondi limili all’amara & faluatica lattuca, ma piu afpre,6ipiubià ¡» che,con breue ra dice:& puigarc queAo beuutoperam endue le parti* MARINO.

ROSMARINO

CORONARIO.

t!l i

li

Del


Nel terzo Iib, di Dioicoride. D el Cachri.

Cap.

427

L X X X II.

I l c a c h r i ha virtù di fcaldare, & di fortemente difleccare. & impero jdniefcola con le m edi, cine aftcrfiuc. Impiaftraii fu U a p o , conquello pero» che fe neleuiuiail terzo giorn o, p crliflu isi, che difendono à gli o cch i,

D el Roímaríno coronario, io

Cap. L X X X I I I .

II r o s m a r i n o , che vfano c o lo ro , che fanno le ghirlande, producei Tuoi rami rottili, & at­ torno à quelli le frollili minute, denfe,Iungbe,& fottili,di fotto bianche,& di fopra uerdhgraucmenteodorate. Ha uirtu di fcaldare. Tana il trabocco di fiele, beuendofene la decottionefatta nell’ac« qua,auanti che fi faccia elTcrcitio.-& pofciaIauandofi,& ¡acuendo del u in o. Mettelì nei medicamenti delle lafsitudini, & nell’unguento gleucinoanchora, >.

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I r o s m a r i n i mafchi iella primi ipetie ho piu uoltt ueduto io in Vinegia,neWamenifiimo giardino del« Rofnurmo, l’ecccüentifiimo medico M.Mapbeo de iMaphei,con tutte quellefembianze,che gliattribuifce Diofcoride. Ma la & fuacliiiu. fimina d(Uajecond¿H'etie,non ho anchara io ueduta ih Italia, fe benjòrfe ui nafre,quantunque dal non portare ella il fi turo iti poi, jialimile ai mafehio. QjteUopoi, che chiama Diofcoride R ofmarino coronario,è ueramente quel* io lo, ebehabbiamo noi neÜ'ufo de i cibi,fattogià lungo tempofamigliare ¿tutti gii borii, cr giardini nojln d’Ita* lia. Ma uaria affai ne i Kofmarini ( per miogiudicio) Tbeopbrafto a l x n . cap. del i x M .dcll’hiftoria delle pian* te,con quefir parole. IR ojinarinifono di iu effctic, unoflcrile, c r l’altrofruttifero. di qucflo fono utili le fòglie, er il frutto : cr di quellofríamente la radice . Il frutto fi chiama Cachrys. lì ¡fruttifero ha le fòglie fìmili aü'apio paluftre,ma molto maggioriti fuño lungo uifgombito,cr maggiore : la radice grande,grojfu,bianca,¿odore come a incesfotifrutto bianco,ruuido,crlunghetto. Nafre per il piu in luoghi inculti, c r /affofi. La radice c utile per i medicamenti dell’ulcere, er per i meftrui beuuta con uino ntro auftero. il frutto uale alle diftiilationi dell'orma, alle orecchie,alle urgerne,a gli occhi caccolojì, er a generar latte copiofo nelle donne. Lo iterile hafòglie di lattu» ga amara,ma piu ruuide.cr piu bianche : er la radice corta. Nafre ne i medefimi luoghi bclltfiimo. La radice pur» ga parte per difetto , er parte per difopra. impcrocbequeUa partefuperiore uerfo il gemine fa uomitare : c r i a }° inferiore uerfo terramuoue per difetto. Mcjja tra le ueftimcnta non ui lafcia entrare le tignuole. Cogluflnel tem* po che fi miete il grano. Quefto tutto de i Kofmarini fcriffe T heophrafto. Commemorò Galeno i Kofmarini Rofmarmo a l v i 1. delle faculta de ifcmplici,cofì dicendo.Tre fono i Ro= grieto daG* S P H O N D IL IO . fmarini,unòfterilc,cr due che hanno il fruttoima fon tutti d’u- eno’ na uirtù medefìmajnoUifrcatiua ciò è,cr digefliua.il fucco tan to della radice,quanto ieU'htrba mefcolato con mele affottiglia il uedere impedito da gròf i humori. Oltre a ciò la decottione di quello,che chiamano i Komani Kofmarino coronario,aita be uuta coloro,à cui è traboccato il fiele. Et imperò i Kofmarini partecipano di uirtù afterflua, er incifiua. Quefto tutto diffe c ac|lri c^c Galeno . Ma c oltre à ciò da¡apere, che per il Cachri non fola- cofa ila. mente s'intende il fiore del Kofmarino ; ma quella certa trama anchora, che producono alcuni alberi caduca aitanti al produr del frutto , come è quella de nocciuoli fìntile al pepe lungo : e r quella de i noci, c r delle quercie. Chiamano i Greci il R of- biomi. marino,^Scuonìe :iLatini, Libanotis,cr Kofmarinum ’. gli Arabi,'K.aier almeriem,Alpinalfach, cr Cachola. Il R ofma* tino coronario chiamano ¿Greci, ^ ojmiÌ ì ;i Latini, Kofmarinumcoronarium :gli Arabi ,Elkialgeber : i Tedefcbi, Kofmarin : li Spagnoli, Romero : i Eranceji, Rofr mariti.

D ello Sphondilio. Cap. L X X X IIII. L o s p h o n d i l i o ha frondi quali limili al pia tano, ouero al panaceli furto, di finocchio, alto un góbico,& qualche uolta maggiore : nella cui fommita è il Teme doppio limile al fefeli, ma piu largo, piu bianco. & piu fquamolo >di graue o d o re. I Tuoi fiori fon bian­ chi, oueramente pallidi : & la radice parimente bianca , fimile al raphano. Nafce nelle paludi,& luoghi acqua ftri n i. 11 fuo feme beuuto follie perdifottola flemma : medica i difetti del fegato,il trabocco di fiele, il mal ca duco,


428

DifcorfidelMatthioli

d u co , gti afmatici, & le prcfacationi dellamadrice. fuegliafumentatoilethargici . Mettefi cotti« modamente con olio in fu’l capo,& gioua à coloro.che Hanno fopiti come fe dormiflerojà phreneti ci,& à i dolori di tetta. Ferma impiaftrato con ruta l’ulcere corrofiue. Datti la radice al trabocco di fiele,& difetti di fegato : rafchiata, & metta nelle fittole ne leua uia le callofità delle labbra. Viafi di mettere il fucco deì fuo fiore nell'ulcere dcll’orecchie, che menano . Sprcmcfi, & riponi! nel modo, che fi tiene con gli altri fucchi. 5 phondil io, 6 lui e am.

R a r i s s i m i iteramente fon quei prati della uaUe Anania, che fieno alquanto paludofi ,fh e non habbiano tu ^

fnfinitt pu n u ¿j sphondilio : c r mafiime quelli, che piu partecipano del monte che del pia*

n o. Vede)ì quiui adunque lo Sphondilio con fiondi quafi di platano, onero di panace tfuflo molto fimile al finoc. I0 chio , maggiore il piudeUe uoite d'un gombitoi nella cui fommità è l’ombrella, che dopo allo sfiorire dei bianchì fìori fi carica d’unfemc doppio, uguale al Siler montano, come che piu largo,piu bianco, c r pìufquamofr, al g«. (ioidi Stranofapore quafi come di cimici. La radice èfimile aUe noftrc radici, che fi mangiano, le quali chiamano al* cuni Rauanelli, bianca, cr di non ingrato odore. Vfano alcuni il fuo feme in cambio di Siler montano, penfandofì Errore del C]K p0jfa f i(re ,■ medefimi effetti. Quejlo non conofcendo il Yuchfìo lo chiamò Acantho uolgare, ingannato da quegli ¡feriali, che fempre l'hanno inufo per la Brancaorfina. Scrijfe del Sphondilio Galeno ali’vi 11. delie ferino da G ì facilità defemplici ,cofi dicendo. 1/ frutto dello Sphondilio è acuto, trin ci f u o . w imperò è egli medicamento leno. dell'afma,CT del mal caduco, t r del trabocco del fiele. A lche s’ufalaradice anchora, per battere citala uirtù medefima. Corrode quella rafchiatdle caUofità dellebocche delle fittole. Riponfìil fucco, chefifat del fuo fiore, per Nomi. effer coirneniente rimedio all’ulcere antiche dcU’oreccbic. Chiamanoi Greci lo Sphondilio, Spor/vA/oy : i Lati» jq ni, Sphondilium.

Della Ferola.

Cap.

LXXXV.

L a m i d o l l a della Ferola ucrdebeuutaè utile à gli fputi del fangùe, ft à i flufsi ttomacali. datti nel ui no contra dim orfi delle uipere. riftagna il fangue del nafo meflaui dentro . Il feme beuuto gioua a i dolori delle budella :& prouocail fudore, quando fe n’un­ ge con olio il corp o. I fufti quando fi mangiano, jo caufano dolor di tetta: condifconfi nella falamuoia. Produce la Ferola fpetto il futto alto tre gombititte fròdi limili al finocchio,ma molto piu afprc,& piu larghe.Tagliata nel piede del tutto diltilla il fagapeno. L e f e r o l e in Bugila fono abondantifrime perlecani* pugneideile quali non poche medcflmamcntcfe ne ueggeno nel patrimonio di Roma tra Co m ero, cr JofraneUa, cr nelle no* flre maremme di Siena.Cauano i pafìori da quefte quafi nel fri ino nafcimétOjUn certo cuore fimile a un tuorlo di uouo duro : 40 il qual cotto fottola cenere calda ben inuoltoò in cartd,òin pezze bagnate,cr mangiato pofeia con pepe,cr confale c ue* rumente gratifim o cibo, c r conueneuole affai per fortificare ¡ «merci appetiti. Scriffe delle Ferole T heophraño per lungi Ferola fcrithiftoriaal v 1 .libro deli hifior ia delle piante, cof i dicendo. Le ta da Theofrette delle Ferole fono tteramete piu,cr diuerfe. Ma ¿però da phraito. dire principalmente di quella,che è commune à tutti, ciò c Fe» rola, cr Ferolagine. La natura delle quali, per quantofe ne ’■ teggia,fi conofce effer neramente confinile, eccetto che della grandezza- imperoebe la Ferola crefre in grande, cr notabile 5® altezza : ma la Ferokgine fe ne reña molto piu buffa, e rfiu burnite. Producono amenduefríamente un fuño nodofo. Le . . . . . fiondi, cr alcuni ramufccUi efeono da ì nodi, ma non però di quei medefimi efeono irami,che le fòglie. Vejlono lefiondi la maggior parte del fuño, comefan quelle delle canne : eccetto che nafeano piu uerfo terra, per effer tenere, grandi, cr molto diuife, quafi à modo di capelli. Grandini* mefiti quelle, chef i ti uicine 'a terra : perciochc le piu alte di luogho , con certa conueniente proporcione fmitiui* feono . Produce la Ferola il fior giallo 1 e'I feme feuro, fimile atl’anetho, ma maggiore. Producono neHotn* breUc il fiore, c Ifeme anchora i rami, ma propriamente come l’anetho. Il fuño gli dura uno anno cr cominciai rigerminare come l altre piante, nel principio della primauera. Hit una fola , c r profonda radice. QueSo tutto fenffe Theophrafio . Sono ( come fcriffe Plinto al primo cap. del x x i 1 1 1 . libro) le Ferole àg li afilli gratifiitno 6° cibo, ma 4 tuttig li altri giumenti mortifero ueleno. Et fecondo che pur diceua egli al x x m . cap. del xx. libro, toceandofi conia Ferola quei pefci,che f i chiamano Morene, fubito muoiono. Crcfconole Ferole in ima delle for­ tunate Ferola,& Tua ella min.


Ne I terzo libi di Dioicoride.

42 c,

tltMtcìfrlt chiamata Marion, tanto grandi,che ui ¿mentano alberi. In Pugliafi brufcìano in uree di legna. De* fcriife la Ferola Galeno <tU\ iti. dellefacuiti de [empiici, cefi dicendo. Ufcme detta Ferola[calda, er àjfottiglia FT'A ff Olire. < teio quello, che u è dentro, il qual fi chiama il midollo, partecipa del coflrcttiuo. CT imperò gioua egli à, . gl, fruii del [angue, er à i fiufii flomacbalì. Chiamano i Greci la Ferola, ; i Latini, Ferula : li Spugno* NomiItjCarunbeia.

I I p e v c e d a n o produce il fufto fottilc, & debo­ le, limile al finocchio. Ha la chioma fobico appretto à terra,frondofa, & denfa;& il fiore giallo. La fua radice è nera,grotta,piena,fuccofa,di graue odore, natte nei monti om brofi. Ricogliefi il liquore del Peucedano, tagliandogli le radici quando fon tenere, & riponfi po feia ttjcco nell'ombra : percioche metto al fole iene ua jn fu m o , Cogliefi ungédofi prima il capo,& le nari del nafo con olio rofado, acciocbe r.ó cauli dolor di tetta, & uertigini. La radice fuanica al fuoco per cauarne il li ry quore,èpottjainutiie.Suolfi cauare tanto il fucco,qua 0 to il liquore,del fuilo>& della radice, come della manfr. dragora.ma è ueramente il liquore, che ne dittilla,man co buono del fuo fucco,& piu pretto fuanifce.Trouaii qualche uolta il liquore congelato,come granella d’inS i cenfoàn fui fufto,& parimente in fu la radice. Quel fuc co auanza gli altri di bontà,che fi porta di Sardigna, & _ di Samothracia, rollo di colore, graue d'odore, & fer» C: uente di fapore. Vnto il Peucedano con aceto, & olio ì rofado gioua à lethargici, à phrenetici, à uertiginofi, al ; mal caduco,à gli antichi dolori di tetta, a paralitici,al» le Teistiche,& à gli fpafimati. vnto con olio,& con ace» \ to conferifce uniuerfalmente à tutti i difetti de nerui. Sueglia odorato le donne fuffocate dalla m adrice,& fimilmente i fopiti.caccia uia fumcntato le ferpi. D iftil lafi utilmente con olio rofado per li dolori nelle orecchie.'meflo nelle concauità de i denti ne leua il dolore. T o tto in un uouo.è efficacifsimo rimedio per la tofle: gioua alle anguftie de gli fpiriti, à i dolori,& alle uento fità delle budella, mollifica'leggicrmente il corporfminuifcc la milza. Facilita bcuuto i parti difficili: conferifcc à dolori della uettica,& fimilméte à quelli delle reni:& apre l’oppilationi della madrice.E 40 à tutte le predette cofc gioueuole anchora la radice, ma è ueramente meno ualorofa:nclqualufofi beue la decottione. Mondifica trita in poluere f ulcere fordidc>& confolida le uecchie:caua le fqua me dell'otta. Mettefi ne i ceroti, & negli empiattri, che fon calidi. Llcggeiì la radice fretta,non tar­ lata,ferma,& piena di odore. Liquefafsi il liquorcondenfato permettere nelle beuande,ò con man» dolcamare, ò con ruta, ò con pan calcio, ò con anetho. Per n o n hauer dato Diofcoride alcuna notitid, come fi fieno fatte lefiondi, crflmilmentcà cui firaffem* trino i fiori , e'lfrutto del Peuccdano, per effere flato a lui fiamìgliarifiimo ; è ucramciite malageuol cofa il potere affermare quale egli fi fia ,c r fe nafea, ò non nafea in Italia : er tanto piu per non ritrouarfene in Tbeophrafio, Plinio, Apuleio , c r nitri aut ori piu lunga , erpia apertahi,floria. Ma fiaccndofi fondamento, er penfiero fo» 50 prua quel dir di Diofcoride ,che'l Peucedano ha la chioma fubito appreffo a terra, jfrondofa, er denfa ; pare che per qiieflo ne dimoltri hauere egli le fi ondifattili , capillari, er lunghe, come fon quelle del finocchio , er dell'ano tho. Il che aiuta altrui ad imaginarfi,che’l Peuccdano produca il fuo fiore giallo in ombrella : percioche uediamo, che tutte quefte piante ferulacet, er che fonjimili al finocchio, & attianetho, producono la fua ombrella : da cuifi genera pofeia unfeme non guari dipintile da quello del finocchio. Il che fecoftc( come creder ueramente fi debbe ) ¿{fermare io chiaramente hauere ritrouato il Peucedano ne i monti, uero frettacolo di bettifiimi[empiici,della uatte Anania, doue in piu luoghi fi ueggono cotali piante, le quali non folamente fi raffembrano al Peucedano per tutte h predette note ; ma per la radice anchora : la quale hanno groffa, nera, fuccofa , er d'odore affai graue. Et in e&efia opinione refarò io perfino à tanto, che non ritrouarò altra pianta che piu ad effo fi raffomigli, che fi facci ^tefta, di cui è qui il ritratto. Quelle radici, che per il Peucedano communemente s'ufano nette f f diarie, poco <0 meramente corrifrondono à quelle del uero Peucedano : percioche oltre al non rfier nere netta lor prima corteccia ; vonlafciano all'odorarle quelgraue odore, ne al gufiarle quella acutezza,cheui fidouerebbefentire. Et però non vedimi one noi altro, che la radice ficca, riputata di poco valore da Diofcoride,maUgeuolmente pofiiamo afferma*■ re di qual

Pcuccdino, & Tua eflàm.

j, peucedl_ no delle fpetiarie non i

11 ucro •


4^0

• Difcòrfi del Matthioli

rt di qual piànta ellafif a . Lodò Dioficoride per molto eccellente quello, che nafce negli ombrofi monti di Sardi• gna,il qualepotrebbe ctaficuno diligentegettalefiarjt portare in Italia, andandouifi cofifrequentemente con m er» cantie. Fece del pcucedano memoria Galeno ail’v i i l . delie/acuità, de[empiici, co/tdicendo. Elaradice del Peticcdano Veucedano maggiormente in ufo,quantunque s’ujino anchora ilfucco, e l liquore, Sono tutte quefle cofe auna uir fcritco da G a tù medefima ma piu ualorofo è però il fucco. il qual fòrtemente[calda, CT digerifee. Et però fi crede, chefa egli leno. molto conueneuolc à tutte quelle infirmiti, che uengono ne i nerui, er mcdcjìmxmcntc à i difètti del polmone, cr del petto cau/ati dagrafi, <& ui[cof humorì nonJolamente tolto dentro nel corpo, ma anchora odorato. oltre ì ciò per effer egli incifìuo, er diffcccatiuo, meffo nelle concauità de i denti>n'bajfefje uolte cattato il dolore, per effer egli caldo,crfiottile. Gioua alle durezz< della milza incidendo, digerendo, c 7 diffeccando igrofihmnori. alche ¿lecito iufitre anchora la radice : la quale in breue tempo[a fquamare loffia,,perdifjèccare ella ualorofami u te,w per effer men calda delfiucco. E ueramente ottimo rimedio meffa[ceca nell’ulcere maligne,cr contumaciiiw* peroche ella le mondifca,le incarna,cr lefalda.E calida nel fine delfecondo ordine,cr[ceca nelprincipio del terzo. Chiamano i Greci il Peucedano,ntuxf'J'am : i Latini,Peucedanumigli Arabi,Flarbatum. Nom i.

DelMélanthiOjOuerGithjOuerNigella.

Cap. L X X X V I I .

I l m e l a n t h i o è una pianta che produce i furti fo ttili, che fpefTo partano la lunghezza di due

fpanne. Produce le frondi minute, come il fenecione,ma molto piu fottili : nelle cui cime è unca come di papauero,ma lunghetto compartito di dentro con cartilagini: tra le quali fi rin­ chiude il Teme nero,acuto et aromatico , il qual fi mette ufualmente nel pane. Ciucilo impiartrato io in fu la fronte gioua à i dolori di tefta. llifolue le nuoue fuffufioni de gli o cch i, trito con unguento irino,et meifo nel nafo . Guarifce la fcabbia, le lentigini.le durezze,et lepofteme uecchie,impiaftra. to con aceto . Canai porvi primamente fcalzati.meiTouiiufocon orinauecchia. C o tto con aceto, et teda , gioua à i dolori de denti, lauandofegli. V n tc con acqua in fu l’ombilico caccia fuori i uer mini tondi del c o rp o . Trito in poluere, et legato,in tela,et poicia odorato,gioua à i catarro!!. B:uuto molti giorni prouoca form a, i mcrtrui,et fimilmcntc il latte.Lcua beuuto con nino gli impedi menti del refpiraré:et con acqua al pelo duna dramma gioua à i morii di quei ragni,che fi chiamano phalangi. Fattone fumcnto fa fuggir uia le ferp i. Dicefijche beuuto in gran copia ammazza. pitelio,

M ELAN TH IO

DOMESTICO,

MELANTHIO

itS S

Melathio j &

fi'.aellam.

SALVATICO


Nel terzo lib. di Diofeoride.

431

«si nero , tramezato da piu cartilagini , acuto, craromatico. Scminafi questo ne gli horti, crne igiardini, cr in altri luoghi al domefticho. Il che hauendo aitanti a noi bene auertito HermoUo, er medefiniamente il Rucilto, difi rer0 che non era in conto alcuno da credere, che quello fuße il Gith uero, che con fondi di porro, fu jli ben o lii , tfbirfuti, er fior porporco, ftmilead una púdola rofetta, nafee tra le biade per le campagne. lmperoche queßo ¿ffffai lontano dallafrittura di Diofeoride : prima per non confondergli nettefrondi, nelfu ñ o , ne nelfiore : cr parimente per nonfi ritrouare nelfio ferne ( quantunque nero, er affai jlmilc al Gith ) altro, che amaritudine, cr Errore del rituidezza nel mafticarlo. Et però s'inganna nel primofuo uolume fiampato in Roma manifèstamente il Brafauo Braiauola. la, dicendo, che quello è il Gir nero di Diofeoride, che nafee tra le biade, chiamato da Ferrateli uolgarmentc Git­ tone. Ñ d che dimoflraito coloro , che Gittone lo chiamano, benifiimo accorgcrft, che non jla il uero Gii : per* jo cìocht quìi-nome Gittone fignifica, chefia qtteflo un Giifaluatico, crbafiardo, affai inferiore, er dißimäeal uero, C? legitimo Meìaiithio. come 1tediamo, che'l Formentone, che fi femina in fu i Trentino, c r in altri luoghi affai, fignifica eßere un Fórmenle bafiardo, cr molto meno ualorofo del uero. Del che accorgendoli egli dopo lungo tempoi fi correffeperfefteffo, comefi legge hora nell'ultimo fuo uolume fiampato in Vinegia nel 1545. La onde ¿da concludere, che'l uero Git fi fintini ne gli horti, doue frequentifiimo fi ntrouain A tanaglia er il Gitto* iti , il quale chiamano alcuni Ruofola, ñafie per fcñeffo tra lebiade nette campagne. Ma neramente affai maggio* re é fiato l’errore del Fuchfio, medico altrimenti dottiamo, credendofi ( come fi urde nel fuo grande herbario) che quefio Gittone fid il uero loglio, di cui dicemmo a baflanza nelfecóndo libro. Ritrouafiin Tofana fiparato dal Melanthio Gittone anebora il ueróGit Jdlùatico peon ie medefimefattezze faluatico. PSEVD O M E L A N T H IO . del domfiicó: ma produce i capi pitigto ß i, cr il finte afiàintan co odorato* Speti e di Git, quantunquefia di roßigno colore, pa* re neramente quel ferne aromatko,che uolgarmentc fi chiama Ni getta citrina nettefictiarie, tifato-da molti per una ffetie di Car» damomo, coihefu detto di fopra nel primo libro. Perciocbc la firma del fuo granello, l'odore, e'Ifiporc è una cofa medefima col Melanthio : di modo che non ui fi ttede altra difionuenenza, che nel colore. Et però , coinè dì [opraf i detto trattando noi del Errore dei Ciminofahaticò, errano groffamente Lreittrendi Padri dì zoc* Frati. coli a crèderfi, che la Nigella rcßignd delle fictiarie fia ¡aprima f e t t e d’effo Cimino, che dcfi'riue Diofeoride. Scriffe del Me* Melanthio lantbio Galeno al v i i . dellefaculta de fimplici, cofi dicendo. Il fcritto daGa Melanthio fa ld a , e r diffecca nel terzo ordine : er pare,che fia lcuo. egli compofio di partifit t ili . con il qual nomefana egli i catarri legato caldo in una tela, cr continuamente odorato. Tolto per bocca rifoìue ualorofamente le uentofltà . dal che fi conofie effe* re egli di fittile eßenza diligentemente affottigliata da calidità. Oltre a ciò è egli anchara alquanto amaro. E ñato chiaramente dimoñrato difopra nel quarto libro, chefempre nafee qualità a• mira in ogni fuñanza terrena, che fia benißimo affofigliata dal caldo.Et perciò non è marauiglia, f i ammazza il MclStbio i ucr mìni, non filamente mangiato, ma anchora ìmpiafirato difuori, imperoche far quefio ilfaporc amaro è fiato piu uolte àimoftra* fo.N0/1 hanno anchora flmilmcte da marauìgliarficoloro, che ha no à mente quello, che è fiato compref i ne i libriferità di fip ra , fi curi il Melanthio lafiabbia,cr cani le fòrmiche,cr i porri : cr flmilmentc curi egli gli affiatici, cr prouochi i meñrui ritenuti per humorigroßi,cr uifeofl. I« ffmma e il Melanthio ualorofo rimedio,ouefía dì bifogno di tagliare,aftcrgere,dißeccare,et ifcal dare. Chiamano i Greci il Melanthio, MeWSiav; i Latini, Nomi. Mdanthium,cr Gith : gli Arabi,Kamin,Sunis, c r Sunizi : i Tedefihi,Schuuartz roemifih, Schuuartz coriander: lo li Spagnoli, Neguìllij,cr Alipiure : i Erancefi,Pourette,cr N ielle.

D el Laferpitio.

Cap.

LXXXVI1I.

I l l a s e r p i t i ò nafee in Soria, in Armenia, in Media, & in Libia: con fufto di ferula.il quale chiamano mafpeto : le frondi fono limili all’a p io, e’I feme largo. Halaiuaradiceuirtùdifcaldare. tfigerifcefi mangiata ne ¡cibi malageuolmente : nuoce alla uefcica. Impiaftratacon olio, medica ài lìuidi.’ & con cerato alle fcro fo le, & a i tumori: conuienfi con cerato irin o,ou ero ligufirino alle Sciatiche. C o ttain un gu fcio di melagrano con aceto, & applicata al federe,neleua uia ogni carne, cheuicrefcefuor di natura, refiftebeuuta a i ueleni. Vfafinelle falfe,& ttìefcolafi co’l faleper dar la* P°re piuaggradeuoleai c ib i. Il liquore chiamato Lafero, fi ricoglie dalla radice, oucro dal fu ito, amendue prima intaccati con ferro. Lodafi per lo migliore il rofsigno, trafparétc, limile alla mirrha, oon di colore di porro,di ualente odore,foaue al gufto, & che ageuolmcnte lauandofi diuenta bian* co.


4 - J 2

Difcorfì del Matthioli

co. Il Cirenaico guitandofi coli leggierm ente, che àfatica fe ne fentc in bocca I’amenifsimo odore • fa Cubito fudare tutto il corpo. Q uello di Mcdia,& medefimamente di Soria è meno ualorofo, odore piu faftidiofo. Fallificafi tutto auanti che fi fecchi, con fagapeno, ouero con faua infranta. H che ageuolmente (i conofce all’ odore,al gufto.,a!i occhio,& al liquefarlo con qualche liquore. Chia» mano alcuniilfufto del Laferpitio. fiiphio, la radice magudaris,& lefrondi maipeton. V.alqrQ(ifómo è prima il liquore, pofeia fono lq frondi, & dopo quelle il furto. E acu to , genera uentofuì:unto con aceto, pepe, & nino guarifeel’alopecia: acuifceil uedere, Scmelfo ne gli occhi con meleuifaQl le fuffufioni ucnute di poco. Mettefi per il dolor de denti nelle cauerne loro, ouero che ui fi lega có tela infieme con tncenfo,ouero che fe ne fa decottione in acqua, & aceto , con hiflopo, & fichi, con la quale li laua pofeia la bocca. Gioua a i morii de rabbiofi animali mefio dentro nelle ferite ; & beutj j0 t o , ouero impiailrato naie contra al ueleno delle faettc,& di tutu quegli animali, che lo lafciano nel mordere. Vngefi liquefatto con olio alle punture de gli feorpioni. Mettefi nelle cancrene prima fca rificate,acciochenon uadano piu auanti : & con ruta, nitro, & mele, ouero per fcfolo in fu i caton­ celli. Caua i porri, & i calli, che fieno primafcalzatt, mollificato con cerato, ouero con polpa di fi» chi fecchi.Incorporato cpn aceto,fana le uol.atiche : & unto per alquanti giorni con uetriuolo, oueramente ruggine di rame, le carnofità,& i polipi del nafo,tagliandoli però prima con le forfici.Gioua alle antiche fcabrofità delle fauci.liquefa^to nell’acqua,& beuuto nfchiara fubito la grauezza,& la raucedine della uoceireftituifce in le l’ugola untoui fopra con meleigargarizafi utilmente con acqua melata nella fchirancia. Fa mangiandoli_leggiadro,& uago colore.Beuefi utilmente nelle:uoua perla toiTc:& ne i dolori del coltato, con i fugoii:& a trabocco di fiele, & alle hidropifie, con fichi fecchi. ¡0 Beuuto con nino, pepe,^inccnfo,,-gioua al freddo, & à i trem ori, che uengono nei principij delle fe b b ri. Dafsi à mangiare al pcfp. d'uno obolo,a chi patifee contrattioni di nerui, & a quello ipafimo, che fi chiama opirthótono, gargarizato có aceto fpicca le magnane dal gorgozzule. bcuefi per il lat te,che s’apprende nello rtomaco.Gioua beuuto con aceto melato a coloro, che patifeono il mal caduco.Òc con pepe,& 'con mirrha prouoca i m eftrui. tolto in uno acino d’uua naie a i flufsi ftomacha li:& beuuto con lifeia. a i rotti,& a coloro, che di fubito fi fpafimano.Riioluelì per l’ufo dellebeuade con mandorle amare>òcon ruta,ouero con pane,che fia caldo. 11 fucco delle frondi conferire a tuttequefte cofe, come che fia egli affai m enoualorofo. Mangiali con aceto melato per purgare la can naldel polmone, & mafsime quando la uoces’arroca. Vfanfi lefrondi conlalattuca in uccidi ruchct ta.Dicefi,che nafee una altra Magudari in Libia, radice limile al laferpitio, ma non coli grolfa, acuta, -0 & fongolà,dalla quale non diftilla liquoreima è di uiuù limile al laferpitio.

P

rpitio, ensava io giàfa piu tempo, anzi qttafi tentilaper certo, che illaferpiti'o altro nonfujfe, che il Belgioino, eli .uni. odoratifiima gomma, di cui è per tutto l’ufo appreffoi profumieri ergli \petiali perfare buono odore, rj di cui

,

fi fa quello olio odorifirifiimo, che uolgarmente fi chiama olio di Belgioino. tee però fenza qualche uiua,& buona ragione teneua io infìcme con alcuni altri moderni quefta opinione. Imperoche, uedendo che il Belgioino c odorato, roffo di fuori, er dentro bianco, trasparente, er che lattandolo biancheggiamoli patena ridurmi aere* deré altrimenti,fe non che il Belgioinofujje il nero, er il legittimo Lafero. Nella cui opinione tanto piu perfetterauo, quanto uedeuo, che non mancauano buomini dotti, er efercitati nella facilità defempliei, i quali tcncuano infieme meco la medefma opinione. Ma battendo dipoi cominciato ad effamìnare molto piu diligentemente lahiito ^ ria del lafcro, er laferpitio, er hauendo raccolto da Theophrafto, da Diofcoride, da Strabone, da Galeno, erdi Plinio alcune cofe, che ripugnauano alla noftra credenza, mi ridufii ageuolmente a rimuouermi dalla primami opinione, deliberando di uolerc piu prefio credere alla uerità, cheftar pertinace (comefanno alcuni) in uolerdiftn derc il falfo. Leggendo ddunque io in Strabone all’ultimo libro dellafua Gcographia,cbe il Silphiofino al fuo tem­ po era del tutto perduto in Cirene, ciò fu cagione difami penfare piu auanti. Le parole,che egliferine fono que* fte. La Regione, che produce il Silphio (cioc il laferpitio ) confina con Cirene, & di quindi jl portatta il liquo­ re chiamato Cirenaico, il quale è ucnuto al manco per l’odio de i Barbari, i quali danneggiando quel paefe ne cauor nofuori tutte le radici. Queftifurno i Nomadi.Quefio tuttofcriue Strabone. Ma Plinio uuole,che il mancameli to del liquore Cirenaico non fia proceduto da i Nomadi barbari, ma da alcuni amminiftratori delle intrate diquel paefe, comefìlegge nelfuo uolume delihifloria naturale al terzo capo d e l x i x . libro con qttefte parole. Dir.fi appo ciò del clarifiimo laferpitio, il quale chiamano i Greci Siiphio, ritrovato nella Regione Cirenaica, il cui liqao re chiamano lafero, magnifico per ilfuo ufo, er per i medicamenti, erper uenderfl egli al pefo d’altrettanto argon to. Sono già molti anni, che nonfiritrouapiu in quel paefe. Impcrochegli amminiftratori,che ucndor.o i palchi di quei luoghi, er rifeuotono le entrate publiche, ritrouando maggiore utilità di condurui i befiiami a pafeere, han• no laf:iato guaftare il tutto dalle pecore, er altri animali. Vna fola pianta nefu già ritrouata, la qualefu manda* ta a NeroneImperadore. Le quali parole di Pliniofi confi-ontano affai con Thcophraflo,il qualefcriue, che i he* Sfrutti fi purgano con il Silphio, er chefe ne ingraffano poi grandemente : Onde le carni loro diuentano »utrattiglio finente foaui. Hor uedendofiadunque con il teflimonio di Plinio, er di Thcophraflo, che il Silphio era perduto, er uetiuto almancofino all'età loro, er che piu non fi ritrouaua in quel paefe, oue egli nafceua, non ci debbiamo nurauigtiarc ,fe ai tempi nofiri nonfirìtroui ,e r che non fi ci porti il nero. Et però fon coflretto adire, che il Belgioino nonfia altrimenti il lafero, il quale anchora auanti al tempo di Strabone malageuolmentcfi doueua por* tare in Grecia, er in Italia, perferirne egli, che i Cirenefifaceuano cuftodire il Silphio cotigruniifinna guardia, aceioche


Nel terzo lib.di Diofcoride.

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i(fioche nonfuffe portato fuori del fio paefc,cr chefe pure ne ufciua fuor qualche poco, era portato afeofamente ¿4i mercanti infieme con il nino,che di làft conduceua altroue. Et però non è marauiglia, chcfcriua Plinio, che fi pagani per ugual pefo fargento, cr che fuffe tanto¡limato da Cefare,che lo giudicai degno dìeffert[erbato nel l’erariof a l'argento,a-fa loro. Dal ch ef può fare uera coniettura,cheli Belgioino non fi a il nero Lafero , ue* ¿cado che continuamente fi porta copiofo,non fedamente in Italia, ma per tutta Europa . Oltre à ciò fornendo Diofcoride,che il Lafcroé acuto, cr dicendo Galeno efiere caliiifimo, crhauere molto del fiottile, non ueggio parimente,come il Belgioino poffa ejfere il Lafero, auuenga che quejlo non babbi acutezza ueruna. Pi« oltre al­ cuni pezzi di cortecciamolto duri, i quali Ipejje uolte/i ritrouano nel Belgioino,dimofirano,che egli(iapiupre* Ho licore di qualche groffo albero,che di ferula,ò d’altra Umile pianta, come mi ha affermato un medico Cipri* to otto (fe però tantafide f i li può prcRare)il quale dice, che il Belgioino difilla in Cipri da un albero affai grande. Done nonfi ritroua chi babbi mai f r i t t o , che nafea il Laferpitio, ne manco in Grecia, ma apprcjfo Cirene, come fateftimonio ancboraHippocrate.Ma però con tutto quello potrebbe dire alcuno, chefe bene il laferpitio è mane ato nella Regione Cirenaica,cr in ogni altro luogo di quei confini,quejlo non prohibifie,che ei non fi pojfa ritro* ture aneboraaltroue,fcriuendo T heophraflo, Diofcoride, c r Plinio,che nafee il laferpitio non folamente in quel pacfiuicinoà Cirene,ma anchora,inPerfìa,in Media,inSoria,cr nel monte Parnafo. Alche rifoniemo , che è uero,cbe il Silpkio di quei luoghi per auuentura ci fi porti,ma puzzolente, cr abominevole, come è loffia fètida , la quale agevolmente pofiiamo crederebbe fio il Silphio di quelle altre Regioni, Imperoche ferine Diofcoride,che il Lafero di Media,cr di Soria oltre aU’efiere meno ualorofo del Cirenaico,ha cattino odore. Et oltre à ciò, che a* uanci,che fi fecchiuien tutto contrafatto,erfofifticato conSagapeno, crfarinadifaue.il che doppoluiferifie io anchora Plinio nel librofudetto. Onde per tutte qtiefle ragioni mi par,che fi pofia ragionevolmente affermare, che ilfincerifiimo,cr cccellcntifiimo lafiro non ci fi porti altrimenti. Ma che cofa pojfa ejfere ilnoflro Belgioino appref fogli antichi Greci,io neramentefin bora non hofaputo ritrovare.Ne però pojjò punto accoflami alla opinione di coloro,che uogliono,che il Belgionio fiala eiettifiima Mirrha.laquale con il teliimonio di Diofcoride dette effere oltre alle altre note tutta di un colore,cr che nel romperfidimoflri alcune vene bianche, cr lifeie, comefono fe unghie,minuta di granello,amara,cr acuta al guflo, le quali n o te,cr qualità non fi ritrouano nel Belgioino. Il quale fe bene è per tutto macchiato di bianco, nondimeno quefle macchie paiono piu prefio pezzi di mandorle che unghie di qual fi uogliforte, ne fono cotali macchie dentrofolamente, ma in ogni parte della maffa. Di modo che un pezzo di Belgioino non par altro, che una quantità di mandorle monde rotte, che fieno impaftatccon il mele:Appo cio(per quanto io habbia lctto)non ritrouo,chi habbia mai fcritto, che la Mirrila nafea in Cipri, cr in ¡o Seria, ma in Arabia infime conio incenfo, come fcriuonoThcophrafto, Diofcoride , c r Plinio, il quale diffe anchora che la Mirrha nafecua in India,ma ficca, cr di poco ttalorc. Scriffc del Laferpitio per lunga fattoria Laferpitio Thcophraflo al n i . capo del v i . libro dell hijloria delle piante,con quefle parole. Il Laferpitio ha molte,cr fcritto da graffi radici:®- gàbo tant'alto quanto la ferula,cr quafì della medefima grofpzza.Lc fiondi,le quali chiamano al Theophr. m i maficton,fino filmili à quelle deWapìo. ilfime è largo, figfiofi,filmile à quello, che f i chiamafò lio . Il fufio gli dura un'anno, come allaferula. Germina adunque il mafieto nel principio di primauera, il quale mangiato dal befiiame, nonfolamente lo purga,cr lingraffa,mafa la carne fua marauigliofamente al guftofoaue.Appo ciò prò duce il Laferpitio il gambo atto ne i cibi de gli huomini in tutti i modi tanto leffo,quanto arrottito. c r dicono pur garfi i corpi, toglicndofì per quarantagiorni continui.Cauanfi del Laferpitio due liquori,uno del gambo, cr tal * tro della radice.® però ne chiamano uno [capano,cr l’altro radicario. La radice é ricoperta di nera corteccia, 40 la ^ualefogliano fcortecciare .Nel tagliar della radice s'ojjerua una certa mifuratimperoche ne Infoiano tanta qua tità,quanto penfano che bafli per tagliare l'annofiguentc,cr troncane uia tutto ilrcfto.Ne bifogna tagliarle finza regolale piu di quel che bifogni : ptrciocbe'jì corrompe, cr fi putrefa fiando troppo. Quello che fi conduce nel porto chiamato Pireeo, lofanno in quello modo. Come l'hanno mejfo ne iu a fi,cr me[colatolo confarina, lo fauaggiano per lungo¡patio di tempo : dal che prende egli colore,cr conferuafi lungamente condito. c r cofi fi ta* glia,crfi prepara.Dicono che il luogo, oue egli nafee , occupa negli horti delle Hefperidi maggior larghezza di paefe di quattro mila ttadij : md chefe ne ricoglie però la maggior parte apprcjfo alle Sirti . E , per quanto fi dice, difuapropria natura hauer in odio i luoghi coltiuati. Onde coltiuandofi al domettico degenera, come nimico della coltura,cr amico de luoghi inculti.Sono alcuni altroché dicono,che il Laferpitio produce la radice lunga un gom hito,6 poco maggiore: crche eUafa nclmczo unarotonditààmododiuncapo,ilquolc crefie inulto, dèmo* 50 do che quafì fin e uienefòpra terra. Onde efee prima quello che chiamano latteidapoi efie il gambo, c r da quello ilntagidari, cr quello che chiamano fòliotil quale è ilfime fcofiodaU’auflro dopo la canicola. crcofìnafieilLa ferpitio,cr in un anno medefimofi perde il fufio,cr la radice. Quejlo tutto diffe Thcophraflo con altra piu lunga diceria,la quale volentieri tralafcio,per non ejfere il metterlafe non di poca importanza. Scriffc del Laferpitio Laferpitio Gdeno aU’ v 11 r .delle f acuità de[empiici, cofi dicendo. Il liquore del Laferpitio è calidifimo,cr fono fòrtemen= fcritto da <3 ° te anchora le fue fiondi calde, il fufio, c r la radice. Ma tutte quelle cofifono di piu uentofa natura, cr imperò leno. piu malagevoli da digerire. Nondimeno applicate difuori fono piu efficaci, c r piu di tutte il liquore: il quale hi tufi uirtù potente di tirare, c r di mollificare anchora le pofteme dure per li temperamenti già detti ■ Fece dì queflo ifieffo liquore mcntione Galeno nel medefimo libro prima feparatamente fiotto generaititolo dific c o , oue cofi fcriffi.il ficco Cirenaico è ueramente molto piu caldo di tutti, c r di parti molto piu fittili : la onde ancho fio ujfaipiu che tutti gli altri egli rifolue. quantunquefono certamente gli altri anchora molto calidi >cr ripieni di jpirito :pcrcioche la maggior parte loro è di effenza <faere, c r difu o co . Et benché uifilano moltificchi (impero* che tagliandofi qualunque radice, ò fufio, quello che n’tfcefuori,è fic c o ; ) nondimeno piu filialmente,® come O per


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Diicorfi del Matthioli

per una certa eccellenza fi chiama cofi il Cirenaico » Cr quello di Media, cr di Soria. Chiamano il Lafirbitio ' Greci : ciò è la pianta,~‘ W‘<>v: ilfrufio,Màani7ov:cr Ma<mna qualche uolta anchor le fig lici! liquore,Aìnpn ■ cr la radice,Mayuìdpt:. I Latini chiamano la pianta,Lafirpitiumccr la gomma,oucrficco, Lafer. Gli Arabili pianta,Silfion.defiglie, Anuiden,zr Mafiaftcwcr ilfujlo,Mafcaftes.

D el Sagapeno.

Cap.

L X X X IX .

I l sagapeno è liquore d’ unaherbaferulacea, che nafee in M edia. L ’ottimo è il trafparentt rollo di fuori,bianco di dentro,con non fo che d’odore mezano trai lafero, c’1 galbano, & aj .acuto.Giouaài dolori di petto,& del coflato,alla tofleuccchia,ài rotti,& àglilpaiìm ati: mondilica ilpolm one da i grofsi humori. Dafsi al mal caduco, allo fpafimo, che chiamano opifthotono, ^ à i difetti di milza:& Umilmente ualc beuuto ài paralitici,al freddo,& alle febbri, che non fono con« tin u e. mettefi utilmente ne gli unguenti.Beuuto con acqua melata prouoca i melimi,ma ammazza le creature nella madri cc:& beuuto con uino,gioua à i morfi delle lerpi.Odorato con aceto, rifuc* glia le ftrangolate dalla madrice:leua uia le cicatrici,le caligini,le debolezze,& lefuffulìonide glioc chi, Rifoluefi come il laiero,con ruta,con acqua,con mandorle amare,ò conm ele, ouero conpane,che fia caldo.

(0

C h i a m a s i ifolgarmente il Sagapeno nellef i et¡arie Serapino. doue quantunque di quello, che fi fophifiica

Sagapeno, & con altri mefcugli di gomme,fi ritroui affafnondimenofe ne uende a Vinegia a chi ben lo paga,non poco deH'elettif 10 fua diana.

Sagapeno fcritto da Me fue.

Sagapeno fcritto da Ga­ leno.

fim o. Nafrono(come teflifica il Brajàuola)à i tempi noftri le ferule,che lo producono,anchora in Italia,er mßi me in Puglia. Ma io fin bora non ho di ciò tal ucro indicio,che lo pofft, affermare. Quello, che fi porta di Lem te per uia aAlejfandria(come è noto à ciafcuno)e il migliore di tu tti . Pongono gli Arabici il Sagapeno tra i fan« plicifolutiuiilaqual proprietà,per quanto fe ne uede, non conobbero i Greci. Et imperò diceua Mefite: Il Saga, peno folue ig r o fita uifeofi humori,cr la flemma gr offa,cr l'acqua gialla.E cofa fifa propria di mondificare licer nello, i nerui, cr di tirare le materie di queUticr di conferire ài loro difèttifrigidi, come dolori antichi di tef i, emigranee, mal caduco, ucrtigini,paralifia, tortura di boccaicr c di quelle cofe,che molto fono ualide per mondi ficare le materie, chefono nel petto,cr maßime,quandofi bene in acqua d'enola,onero di ruta.CT conferisce ài[mi d olori,cr parimente a quelli del coflato.lmpiaflrato, cr tolto didentro, gioua alla tojfcuecchia,à firettun si fiato,cr é medicina grande per hhidropifia, er propriamente itifìeme con doppio pefo di mirabolani citrini. E in jj quefii caft mirabile imbeuuto,cr nutrito come s’è detto dif òpra. Impiafirato con fuoco di cappari, cr con aceto, rifolue le durezze>CT le gomme delle giunture. Imbcuuto, c r nutrito conficco di ruta, cr con fiele d’augelli ri* pacì,confrrifce à coloro,che hanno la uifiafiura’. cr è medicina grande all’acqua,che difeende negli occhi,ermaßi mefacendofine collirio, lmpiaflrafi con aceto infu gli orzoli delle palpebre. Gioua,applicato comefìuoglia,ii dolori delle giunturc.pcrcioche è egli molto potente in eradicare le materie loro,quantunque freno nelle anche, cr altri profindißim luoghi. Beuuto,ouero meffo ne i crifleri gioua à i dolori colicifrigidi,cr uentofì. Prouoca i me* flru t,cr ammazza le creature tanto applicate difitto alla natura,quanto tolto per bocca. Vale à i dolori, cr aSc prefècadoni della madricctnuoce nondimeno allo üomaco, ma fi corregge qucRo nocumento incorporandolo con maitice,6 con ¡pica. Fece del Sagapeno mentione Galeno aü'v 11 1 .dellefacuità de¡'empiici,cofi dicendo. Il Saga peno è un liquore calido,CT compoflo difittili parti come gli altri liquori. Ma ha alquanto deliafi erfruo,con il qua 4« le mondifica,cr affottiglia le cicatrici de gli occhi. Et oltre à ciò non è trifio medicamento alle fuffufioni deglioc* chi,CT debolezze del uedere,che procedono da großi humori.Ma la pianta,donde distilla,fimile alla firulafidcltiA to inutile. Chiamano i Greci il Sagapeno,Zaydmvov ,•i Latini,Sagapenunugli Arabi,Sachabenigi,CT Seehbinc gi:glijpetiali,zr li Spagnoli parimente,Serapino.

Nomi.

D ell’ Euphorbio.

Cap.

XC.

Lo EVPHORBio c uno albero di Libia,di fpetie di ferula >il qual fi ritrouanel monteTumoIo di Mauritania.E pianta piena d’acutifsimo fu cco . dal cui grandifsimo feruore fpauriti gli habitatoti di quel paefe,legano nel ricorlo intorno all’albero uentri di pecora ben lattati,& pofeia có lande per tugiano di (opra il tronco dell’albero:dalla qual piaga,come da un uafo rotto,efee fubito un copiofo 0 liquore,chefencfcendein quei uentri,come che per l’impeto del primo ufeir Cene fparga dell’altro per terra . E cotale liquore diduefpetie:uno ciò è.cherifplende come la farcocolla, della groiTezza d un orobo:& l’altro,che fi condenfa in quei uentri,di colore di uetro. Debbcfi eleggere il trafparcn te>& 1acuto.Contrafalsi con farcocolla,& con co lla . ma l’efperimento di conofcere il frodo, c lie­ tamente malageuolerpercioche per ritenere e g li, quantunque leggiermente fi gufti,la bocca lunga­ mente accefa,pare che ciò cheli guila,fia euphorbio. Fu ritrouato l’eupho.rbio altem podilubare di Libia. Ha il liquore uirtu di fcaldarerrifolue unto lefuifufioni degli occhi. Beuuto brufeia tutto il giorno:& però pcf- la fua acutezza fi debbe Tempre incorporare con mele,ouero con i collirijrgio ua beuuto in alcuna beuanda odorifera alle fciatiche. Fa in un fol giorno fquamarerolfa.'ma bilogna nell applicarlo difendere la carne,che ricuopre folla,có pezzc,ouero con cerotti. Dilfero alcuni,chi ^ niente patifeono coloro, che fono tnordtiti dalle lerpi, le fi gli taglia la cotenna della celta fino alloffa, de empiali pofeia la piaga d’euphorbio peito, & cufciafi la ferita. ' N on


Nel terzo lib.di Diofcoride.

455-

N on e d a dubitare¿he noti fra il vero Euphorbio quello,che communemente è in ufo nellefrettarle,per il punfifio inditio,che ne da tlftto acutifrimo fapcrc, per lo quale mal volentieri gli frettali lo pedano. \mperoche quantunque nel pelarlofiI errino benifim o il nafo,zr la bocca; ¿nondimeno tanto fonile, c r acuto, che pene* trtnio inficine con l’arianeUe naridel nafo, ui induce uno infopportabile ardere : il quale malagevolmentefifre gne,quantunque uifì rimedij con efficacifrimi medicamenti frigidi. Dal che ammaccati i prudentifrenatici fan= no pefiare da i facchini,ó da altre perfone itili,a- meccaniche : efrendo però prima certifimi à’effonda coloro, che lo peflano,molte uoite maladetti. Etperò non è marauigliafe coloro, che lo ricolgono frefeo all'albero, iranno lontani dalfuoftruentifrimo fum o. RicrouoUo(come dice anchora Plinio) tuba re di Libia r.cl monte Atlante di ti dalle colonne d'Hercole : er chiamoUo Euphorbio dal nome delfuo medico, fratello d’Antonio Mufa medico di io Ccfarc Auguflo . Galeno, er Diofcoride nonfcrij]ero,che hauefje ÌEuphorbio uirt'u folutiua. il che molto ben co* nobbero dapoi A etio,cr Attuario: li quali cofi neferiffero concordeuolmente dicendo. L’ Euphorbiofolue lafirn maper difrito,ma piu anchora l’acqua. E acutifim o piu dòogni altra cofa,chefi conofca, er ardentifrtmo ; er pc* réfi dà egli à coloro,che hanno i dolori colici,e'l corpo infrigidito, ma conturbagli altri grandemente,er fa gran fete. Debbeft accompagnare con qualchefeme aromatico. danfrne tre oboli con acqua melata, quantunquefra bo* nifrimo torlo in piloti con mele cotto.Conobbe fimilmente Paolo Egineta la uirtùfuafolutiuatpercioche nel libro v 11 .( quantunque tra i [empiici non nefaceffr mentione) al n i x . pap, comumcrò l'Euphorbio tra ti medicine, chefoluono l'acqua,e? laflemma. Scrifjènc flmilmente Mefite tra i fuoi[empiicifolutiui, cofi dicendo. L ’Euphor bio è unagomma,che eccede tutte l’altre in ifcaldarc,cr affottigliare. E caliio, cr ficco nel quarto grado,adii tiiuo,rubfricativo, penetrativo, aHerftuo,efroriatiuo,cr di quelle cofr,chc operano confatica,er anguilla grande, io crche conducono altrui infìnccpi,&~ [udore frigido.Xuoce perla fuaeilremacalidiià al fegato, er allo stomaco. er perciò fi cofluma di darlo con cofe,chefrcngano la fua acuità. Solue laflemma gr offa, er uifrofa da i luoghi profóndi del corpo : er mollifica ti vacuità delle giunture da igrofri humori, er malagevoli da eradicare. nel che non ha egli neramente pari . Monifica i iterili,cr confuma l'humidità,cbefono incarcerate, er imbibite in quelli. Vnto con olio di cheiri confèrifce mirabilmente alle infermitàfrigide de i nervi,come paralifia, tortura, frafimo, tremore, er stupore. Vati applicato di fuori ài dolorifrigidi, er uentofr del fegato, er della milza .fa ftarnutare gagliardamente. vnto alle parti pofleriori del capo confèrifce à i letargici, er à gli [memorati. E ÌEuphorbio di quelle cofc,cbc foluono l’acqua degli hidropici. dafjcnc danno fino à tre carati. Imperochefcriuono Strapioveva fìs,cr Avicenna,che tre dramma ¿'Euphorbio ammazzano chi lo beue,in termine di tre giorni,corrodendo lofio maco,cr le budella. Confrruafr (fecondo Mefuefiuono per quattro anni. Quello,che non pajfa uno anno, per la fra 5o molta acuità non è da ufare. Serbafì nel miglio,nellefa u e ,c nelle lenticchie. Scriffene Galeno al v i i .delle[acuti tà de[empiici unafola riga,cofi dicendo. E ÌEuphorbio compoflo di parti fottili. Ha uirtù caufiica,cr combufiti ua,friniti à gli altri liquori. Et al 11.libro delle compofrtioni de medicamentifecondo i luoghi,trattando la cura del la HemicraniatLa[acuità dell Euphorbio(diceua)prefio fìrifolucter però in cotali medicamenti non fi deuc mette re il uecchio. Et già ¿fiato detto,che il frefeo e piu bianco, er il uecchio è piu rofio, e r piu giallo . chiamano i Greci ÌEuphorbio,E’vpo'P0iov : i Latini,Euphorbiumtgli Arabi,Eufèrbion,w Earbiumili Spagnoli, A lfim am , ati fòrfion,er Eufvruioti Erancefi,Euphorbe.

D el Galbano.

Cap.

Euphorbio, & fua edàm.

Euphorbio /cricco da Ac­ cio, feda Ac­ tuario

Euphorbio fcricco da Me fuc.

Euphorbio fcritto da Ga­ leno.

N om i.

XCI.

40

g a ib a n o è un liquore d’ima ferula, che nafee in Soria, il quale chiamano alcuni m etopio. Lodati il granelloso,e’I Sincero.Simile all’incenfo,graffo non legnofo, che habbia feco alquanto del fuo feme,& de i frammenti della ferula.di graue odore,non troppo humido,ne troppo fecco . Falsi­ ficati con faua infranta,con ragia,& con ammoniaco . Ha il Galbano uirtù calida, combuftiua, attrattiua,& refolutiua.Applicato,ouero fomentato per le parti di fotto prouocai meftrui,.& parimen te il parto:unto con aceto,& nitro fpegne le lentigini.Inghiottifcefi per la toSTe uccchia,per li difetti del refpirare:& dafsi nel modo medefimo à gli afmatici,à i rotti,& à gli fpafimati. Beuuto con u in o, & mirrba uale cétra al tofsico:prefo nel medefimo modo,fa partorire le creature,che fon morte.Im piaftrafi in fu i dolori del coftato,& in fu i foroncoli.rifueglia odorato colon ich e cafcano dal mal ca duco,le Strangolate dalla madrice,& coloro che patiscono le uertigini. Caccia uia brufeiato in fu i jo carboni con ilfuocattiuo odore tutti gli animali uelenofi, ne laida mordere da loro quelli, chcfe n’ungono.Ammazza le ferpi incorporato con o lio ,& fpbondilio,& mcSTogli d'intorno, mitiga i do lori de i denti mefioui d’intorno,ouero nelle cauerne loro. Credeii che gioui à prouocare l’orina ri­ tenuta. Rifoluefi per l’ufo delle beuande con mandorleamare,con acqua,ò con ruta, ò con pan cal­ do,ò ccn acqua melata:altrimcnti con opio.rame brufeiato,ò con liquido fiele. Se uorrai purgarci! Galbano mettilo nell’acqua,che bolla.imperoche come farà egli liquefatto, le fue monditie nuotara no di fopra.-lc quali facilmente fepararai in quefto modo.Sofpendali il galbano legato in una tela net ta>& rada in un uafo di terra, ouero di rame,di m odo che non tocchi il fondo : & dipoi ben coperto fi metta il uafo in acqua,che bolla:& cofi il fincerofatto liquido fe ne colarà fuori,c ’1legnofo reitarà fenato nella tela.

Co

Q v a n t v n q v e il uero,CT perfètto Galbano fi ritrovi in piu fondachi, e r frettarti divinegia, tenutopiu Galbano, Sf. per un paragone, che per uendere; nondimeno quello,che per la piu parte s’ufa nellefrenarti, poco corrifronde lita edàm.

O

z

alle


4

Dfcorfi de! Mattinoli

alle buone pirli,che dttribuifee Dtofcoride al/incero :per effere notifolmente fopbifticato; ma tutto rìp:(no a. (lecchi,fafii&r mille dltrimtfcugli.Etperò debbono i diligenti frettili cercare d’hauere fempre del [incero- i quale[e pur non ritrouano,purgbinlo almeno nel modo,che loro infogna Diofcoride.imperocbc coflgran*>ir¡ !■ Galbano fcrit ne può cattare di quelle cofe,cbc lofalfificano,er corrompono. Scriffe del Galbano Galeno all’v i n .dellefacuf toda Gal. tà de[empiici, cofì dicendo. Il Galbano è liquore d’una pianta di fpetie di ferula. Ha uirtìt di digerire, er mollificare. E calido nel principio del terzo ordine,ouero nellafine delfecondo, erfecco nel principio di quello Komi, Chiamano i Greci il Galbano,'X.a.h/íávn :i Latini,Chalbanum,er Galbanum-.gli Arabi, elicne, er Bezard 'li Spagnoli,Galbano.

D ell’ Ammoniaco,

Cap.

X C1I.

io

L o a m m o n i a c o è il liquore d’ vna ferula, die nalce in Libia apprclToà C in ere:la cui pianta infiemecon la radice chiamano agafilli. Commendai» il bene colorito, minuto di granella come in cen fo , denfo, lineerò, d’ odore vguale al calcareo, al gufto amaro, non fporco,& che non habbia mefcugli ne di legn o , ne di fafsi. Chiamano il cofi fatto thraufma, ciò è sbriciolatura : & phirania quello, che ha della terra, & de fafsi. Nafce in Libia appretto all’ oracolo di G ioue A mmonio, diftil landò fuori il liquore da vno albero di ferula. Mollifica 1’ Am m oniaco, tira, & fcaldairifolue i turno ri & le durezze. Solue bellino il corpo: fa partorire.Rifolue la milza beuuto con aceto al pefo d’vna drama:guarifce i dolori delle giunture, & le fciatiche : aita gli Pretti di p etto, gli afmatici , coloro che hanno il mal caduco,& gli empi macchi,lambendoli con mele,ò beuendoficon Cucco di ptifana. Fa orinare il fanguc,leua via ì' albugini de gli occhi,& lenifce la ruuidezza delle palpebre.Trito co acs to & ap p licato , mollifica le durezze del fegato,& della milza. Impiaftrato con mele,ouero cópecc ¡i follie i tufi,che fi congelano nelle giunture.E vtile vngendofene inficine con nitro,aceto & olio ligu flrino,in vece di quei medicamenti,che fi chiamano acopi,per le lafsitudini,& per le fciatiche. C h i a m a s i queito liquore uolgarmente nelle frettarle Armoniaco. del quale pormi, che poco di quello, Ammoniaco, & Tua edam. che è graneUofo,fìmile aU'incenfo ,fi ritroui. Imperoche tutto quello,cbe per l’ufo della medicina ho ueduto io itti le frettane, è ammuffito infleme come la ragia, ne iti mancano de mefcugli de i fafiùer degliftecchi.Et peròftpuò dgcuolmentc dire,che cofi fatto fìa il manco buono,chiamato da Diofcoridcpbirama,del quale fcriffe medejìnwm te Plinio al x x i i i.cap.del x 11 .hb.cofi dicédo.Hiflilla l’Africa,che c[otto all’Etkiopia,nelle fue arene Ì Animo jo iliaco, liquore cofi chiamato dall’oracolo di Gioue Ammonio, appreffo al quale nafeotto gli alberi chiamati Ne* topijÀ modo di ragia,quero di gomma. Enne di duejpetie : uno ciò è piu eccellente chiamato thraufton ,fimile ut l'incenfo : er l'altro graffo,crragiofo,il qual chiamanophirama. Vfaronlo gli antichi, comefi uedepcr Paolo E« gineta,ne i profumi et ne gli odorameli,che fifaceuatto ne tfacrificij loro . Et però è da perifare, che per tale e fi fin o adoperafferofempre il migliore,ciò è di quella prima frette,graneUofo ,fm iie‘atlo incenfo. Del che dà mani­ fèsto M icio quello, chefi legge ne i medicamenti,doue entra l'Ammoniaco,appreffoà Paolo Egineta, e t Aff/o, Ammoniaco per chiamarlofempre eglino Ammoniaco thimiama,come à dire Ammoniaco eletto. Scriffe dell'Ammoniaco Gafcritto da Ga­ lenoal v i .delle[acuità de [empiici,cofi dicendo. L ’ Ammoniaco ¿liquore d'una certaferula, il qualehaintéfafl* leno. cultà di mollificare, di modo che rifolue i tufi,che fi generano nelle giunture, fatta le durezze deUa milza , et ri* folue le, ferofile.Et nelfello libro deUe compofitioni de medicamenti ingenere-.Cofi come l’Ammoniaco (diceuafit-- 40 ne il principato tra tutte l’altre cofein moUificarc;cofìparimente tiene il mezo nel digerire. Et imperò quando fi Nomi, compone con olio ricino,può abondantemente digerire, e t moUificare, e t fenza dubbio diseccare. chiamano l’ Ammoniaco i G r e c i , A '^ m m : j Latini,Ammomacumih Spagnoli,Aguaxaque, e t Armoniaque :gh Àrabi, Kaxach,er Afiach. • ..... .

Della Sarcocolla.

Cap.

X C III.

La s a r c o c o l l a è un liquore d’albero di Perfia,limile alla mar nadell’inccnfo, di colore rofsi gno & al gulto amaro. Scalda le ferite;prohibifcciflufsi,chc Prendono àgl i occhi, mettefi nc gliimpiaftri. Falfificafi con gomma. fi Sarcoco!la,&

Tua edam.

E s t a t o chiamato quefio liquore Sarcocolla da i Greci,che altro non uuol dire, che colla da carne, per confohdare egli marauigliojamente le ferite, er parimente ¡’ulcere. Portafene à noi di buona,er di contrafatta iti• chora affai ( come habbiamo detto di fopra di piu altri liquori, e r gomme d’alberi ) con gomma Arabica, er altre gomme. A l che poffono molto bene ouuiare i diligenti frettali, gufiandola : percioche quella, che non è amara, é fai [fiotta ,e r corrotta . Plinio àgli x 1 .capitoli del x r i 1. libro,lodò per la migliore la bianca, cofì dicendo. Faj fideUa Sarcocolla ( cofi fi chiama l’albero ) una gomma à i dipintori , e r à i medici molto conueneuole, fintile alla manna dell incenfo: er però è migliore la bianca, che laroffa. Et al x i 1 i ì . capo d f / x x i i n . libro: Sono alcuni(_diceua) che penfano,che la SarcocoUa filmile alla manna deU’inccnfo, er dolce con un certo che d’acuto ,fìa liquore duna pianta frinofa.Pefla con uino ferma iflufii: ungonfi con effa ifanciuUi. Inuecchiandoft iiuentaan* 60 thora (¡mila molto nera : tanto è eUa migliore,quanto è piu bianca. Tutto qttcflo diffe Plinio ■ Il quale nóndùne* nofu in ciò affai differente da Diofcoride ,e r da Gaietto ,haucndo eglino fempre affermato effer la SarcocoUa

amara.


Nel terzo lib.diDioicoridé.

4^7

ggUTdiCrnon dolce, Qltnt di quefls non ritrouo io alcuno degli antichi, ne de i moderni Greci, che conofceffe fjjcre la SarcocoUafolutiua, comefcr tuono,er hanno compiutogli Arabi ; er imperòfornendone Mefue tra i fusi. fciìiplici folutiuUofi diecita. Solite la SarcocoUa laflemma cruda >er parimetite i grofli hurnori, e r propriamente ditelli,chefono nelle giunture,er neh'anche, modifica il ceruetlo, i ncrui,e’l polmone ; onde conferire alla toffe, cr d ’afma. E di quelle cofe, che giouano à i uecchì,er proprio flemmatici. Diuentano calui coloro,che ffefiol’u fimo. E medicina eccellente porgli impedimenti degli occhi,er (ferialmente per i fiocchi,nuuolette,er cicatrici, er altrifilmili impedimenti, nutrita per cinque giorni in una ficudeUa uetriata con latte d'afina : infóndendogli però 0» gnigiornofiopra motto latte. Le tafle bagnate nell’acqua melata, er m olte poficia nella poluere della SarcocoUa, er mejfe nell’orecchie, che menano, ni guarifice l’ulcere. E medicina eccettentifiima per le feritefrefebe, er ulcere io vecchie : perciochc ella le mollifica, le incarna,er le falda,per effer queftafua propria operatone. Solite tardi, er conturba coloro >che hanno dominio di cholera nelloflomaco : er imperò à coftoro non è in modo alcuno da dare. Aumentafi la uirtù fuafolutiua, aggiungendo conefiagengeuo, e r cardamomo. Scriffcne breuemente Galeno ah’v iti.d elle facultà de i fempliet, cofi dicendo. La Sarcocottac un liquored'un alberoin Verfia : er ha uirtù miUadi foilonza uifcofa,er un poco d'amaricudinc. Et imperò diffeccafenza mordere, e r può beniflimofaldare le ferite, chiamano i Grecila SarcocoUa,Sopkokoaaic:1 Latini,Sarcocohagli Arabi,Anfarot,Atiaz<iron, er A h» zuruf.li Spdgnoh,Lancarotes :i Yranccfì,Sarcocolle.

D el Glaucio: 10

Cap:

Sboccila fcnt^ da Me 'ue‘

.. ferina leno. Nomi.

X C III.

I I c l a v o io èu n fu ccod ’unahcrba,chenafceinHierapolidiSoria:lecuiFrondifonquafifim i li al papauero cornuto,ma però piu graiTe,fparfe per terra,di malo odore,& al gufto amare. E quefta pianta tutta piena di fucco giallo. Scaldano gli habitatori le fue frondi,mettendole in uafì di terra ne forni mezi caldi, fino che traniìfeano : & poicia le peftano,& ne fpremono il fucco • Il cui u fo , per cifere egli frigido,uale da principio ne i difetti de gli occhi.

C h i a m a s i il Glaucio Arabicamente dagliffetìali,er dalla piu parte de i medici Memithe, per hauerlo cofi , chiamato Serapione, e r Auicenna. Et per quantofi poffa confederare per le note dategli da Diofcoridc, er /imi/» mente da Serapione, quello, che comnunemente è in ufo, corriff onde neramente affai bene al uero . percioche ol* _ tre allefiere flato piu uolte ¿/fermentato per rimediofalutifèro degli occhile difuori rofiigno, e r di dentro giaU 30 io.er al gufto amaro,er di faStidiofo odore : come chefi ritrouino alcuniJfetiali, che lo fanno difucco di chelido*> nia maggiore .M a edauertire, che in Serapione oltre al capitolo proprio del Memithe uero Glaucio de i Greci ,fl legge al capitolo della Curcuma, che la chelidonia minore fi chiama Memithe. Il che ageuolmente f i può compren dere effere errore dell’interprete : imperoche Diofcoridc,di autorità del quale porla in quel luogo Serapione, non fa alcuna mentìonc del Glaucio. Dal ciré c proceduto poi,che in due modi errino quelliffetiali: prima per far eglino il Glaucio della chelidonia : er poi per torre la chelidonia maggiorein cambio della minore,per hauereeUail fuccogiallo. Scrifie del Glaucio Galcnodlvi. delle facultà de ifcmptici, cofi dicendo. Il Glaucio rijbrigne con d aMC;0 ferie faflidio : ma rinfrefea cofi udorofornente, che ffefio effofole cura l’erifìpelc, che nonfono troppo grandi. E com* to da (Sai. pofto di terrea,er acqueafuftanza :l’una er l'altrafrigida, ma non però troppo, e r però fi può eglirafiembrare all'acqua di fontana. Chiamano i Greci il Glaucio, rA«u wo» : i Latini,Glauciumigh Arabi,Memithe. Nomi.

40

Della X ilocolla, ciò è , Colla di carniccio.

Cap.

XCV.

La e c c e l l e n t i s s i m a co lla, la quale chiamano alcuni colla di legno, Scaltri colla di t o r o , e quella, che delle cuoia di toro fi fa in Rhodi, bianca,& trafparente.percioche la nera è manco buo na. Disfatta la colla nell’aceto guarifeela fcabbia, & l’impetigini: rifoluta nell’acqua calda, & meffa fopra alle cotture del fuoco,non ui lafcia leuare le uefciche. Intenerita con m ele, & aceto gioua alle ferite. jo

Della Colla di pefee.

Cap.

XCVI-

L a c o l l a di pefee è il uentred’un pefee di fchiatta di balena. Lodafi la piu bianca, chcfiporta di Ponto , afpretta,ma non però m olto ruuida, & quella che prefto fi disfa. E utile nc gli empiaftri, ne i medicamenti del capo, & della fcabbia, & in quelli, che fi fanno per diftendcrcle grinze della pel le della faccia. L a c o l l a tanto di carniccio, quanto di pefee, è notifiima à ciafcutto : er imperò non ricercano altra dia Co|Il- &[-uj " r ia . Nondimeno è dafapere che la Colla di carniccio hoggi nonfi fa folamente delle cuoia di toro; ma di quelle eQ'ara, ’ unchora de gli altri animali quadrupedi. D i quefle colle non nelafcio alcuna memoria Galeno ne ifuoi libri delle ftcultà defemplici : ma ben di quella, che per incollare ilibri,fifa di fior i i farina e r fatammo, lodandola pernia Co turare in ogni luogo del corpo. Di quella de ipefei fece mentione Paolo Egineta; ma non peròaltro dipiunedijje d e fé dicefie Diofcoridc. chiamano la Cotta di carniccio i Greci ,K.o\Kd.,2v\ox.o\\a.,SiTa.vp'>iulM.<t:o‘ quel Nomi.

la di pefee,

. I Latini chiamano quella di carniccio, G lu tin m , ouero gluten : e r quella dipejce, o 5 Pifcium


438

DifcoriìdelMatthioli

Vifciumglutinum. Gli Arabi chiamano ameniuefZire, c r G a-a . i Tcdefcbi, L cim . Li Spagnoli chiamano ¡4 pria ma,Cotta,cr Grudehcr lafeconda Colla de pefee. i Erancefì, Colla.

D el Vifchio.

Cap.

XCVII.

L o o t t im o Vifchio è quello, che c frefeo, nuotto, di dentro di colore di porro,& di fuori rof. figno, & che non ha ne dell’afpro, ne del fem bolofo. Fafsi di certi acini, che nafeono in fu le quercic da certa pianta, che ha le frondi limili al bollo . Peftanfi gli acini , & lauanfi, & pofciaficuocono nell’acqua. Sono di quelli, che lo fanno mafticandoli. Generali anchora in fu i meli,in fu i peri,& jn m olti altri alberi .T rouafi oltre à ciò in alcune radici d’arbufcelli. M ollifica il uifchio, rifolue,& ca i# ua : matura le poftemc,che uengono dopo le orecchie,i tubercoli,& tutte l’altre pofteme con ragia, & cera. Sana le epinittidi, applicato in una faldelctta. Mollifica applicato infieme con incenfo ]’ulcc re uecchie,& le maligne pofteme. C o tto con calcina,ouero con quella pietra,che fi dimanda gagate, ouero Con l'afia,& impiaftrato fminuifee la milza : melfo in fu l’unghie corrotte con orpimento, oin ro fandaracha le ftirpa uia. Incorporato con calcina ,& feccia di uino diuenta piu ualorofo.

t a s s i il Vifchio, il quale uolgarmente chiamiamo in Tofcana Pania, per diuerfe uie. quantunque ¡lucro, Vifchio ,& foa hiftoru. Cr piu naturale fìa quello, cbeflchiama Qurcino, di cui principalmente intende Diofcoride. D i qucfto adunque primamente parlando, dico, che copia grandifiima oltre a quello, che in fu ì p e r i,c r infui meli nafee di ninno ua* bre ,fe ne ritroua in fu le querele, infu i cerri, in fu i caRagni, cr infu gli elici, nelle maremme noRrc di Siena : ioue le commutati affittanograndifimefelue à coloro,che lo ricolgono , c r che lo riducono con cuocerlo, batter* lo,cr lauarlo in pcrfittionc. N afeene anchora à noi ( quantunque folamente diceffe nafeere il Vifchio Plinio in fu i cerri, quercic, elici, fuflnifaluaticbi, terebinthi,pini, crabeti ) affai infu i caRagni del buono, crparimenti in Vifchio « & fu ¿peri, crmeli domcjlichi, crfaluaticbi ,fe ben del tutto è riputato inutile. In Tofcana è ucramentc il Vi* 4» fchio , olcre al piacere, chefe ne caua di pigliare con effe moltitudine ineftimabile di tordi, cr altri uccelli ne i bo* fai ucilicì. fchetti, molto necefftrio per le uigne. Impcrocbc i bruchi nellopuntare de gli occhi loro tutti fe li magiarebbero, fe non circondaffero i noflrì lauoratori tutti i piedi delle uigne co'l uifchio :à cui nelfalireper la piantafu di terra quèfh peftifiri animali nimichi d’un tanto eccellente liquore, meritamente rimangono auiluppati. Et imperò nonè da marauigliarfl, che la natura habbiafatto il paefe noftro abondantifimo di vifchio , fapendo bene ella quanto per tal pelle ncfujjèntccffdrio. Pafconfì di Vifchio, ciò è de ifuoi acini, le tordele : dal cui fterco pieno anchora dife* me, che reftafopragli alberi, doue alloggiano, cr fi riparano, nafee pofeia la pianta, che lo produce. Ef imperò diceua Flauto,che i tordifi cacano la morte. Non è il uifchio per fe ftefto albero,ma uiue, crnafeefopragli S tr i, flandouifemprc per il piu Merde : comeferine V crgilio nel v 1 .libro dek'Eneide,cofi dicendo, Cfualfuoldinuoua fronde nellefelue 50 A freddo 1terno uerdeggiare il uifeo, C hef alberfio nonftmina,in cui uiue. E t pero diceua Plinio all’ultimo capitolo del x v i . libro : 11 Vìfehio non nafeefe non infu gli alberi, ne tù nafee per feminaruelo,mafolamente dettofterco de i tordi, c r de i colombifaluaticbi, che fe lo mangiano : per efferfud na* turadì no nafeere fe prima non limatura nel uentre degli augetti.Ilcheprima diluì fcriffe TheophraRo al x x u i . capo del 1 1 . libro delle caufe dette piante. Dì quello, che nafee ne i pini , c r negli abeti, ilquale ( fecondo Plinio ) fi chiama ìnEubca Stelin : c r in Arcadia Hiphear ,fene uede copia ne i bofchì detta natte Anania abondantifrimi di tali alberi,douefempre quando è maturo,fi ueggono infinite tordele. Ma è anchora queflo, per quanto l’efyericnza m ha dimoRraio, di poco ualore, come quello de iperi ,c r d e i meli : imperocht nel cuocerlo, batterlo, cr U" Sentenza di uarlo perde ogni neruo,cr ogni tenacità. La pianta, che produce il Vifchio ne i pini, negli abeti, ne i peri, ne i 60 Theopht.re- meli, c r ne i mandorli, conferua le fiondi uerdi cofì nel uerno, come netta fiate . Il che nonfa quello, che nafee prouita. nelle quercie, ne i caRagni » Crnc i cerri. D el che uolendo affegnar la ragione Tbeophrafto al luogo poco di (opto


Nel terzo lib.di Dioicoride.

255

feprd cìtatoNon c inconucnicnte cofa(diccua)cbc fi ritruoui uifchio,cbe babbi*femprc le fiondi utrii, cr diqt ■ ¡Odcui ca fiièo . Imperoche t mafia attaccato a alberi che femprc uerdeggiano,cr l'altro à alberi che perdono • fiondi- Onde interuiene,chein quotigli manchi il nutrimento,& in quelli rìhabbi quanto gliene bifogni. Da quali parole fi uede,che uuolt TbeophraRo,chefidamenteftia femprc uerde quel Vifchio che nafee in alberi,chef pre uerdeggiano di fiondi. Il che è ueramente falfi epercioche tutte le piante del Vifchio che nafeono [opra i ( . ri, cr i meli in Tofcahi,cr in ogni altro luogo d'Italia,in ognitempo femprc uerdeggiano :e r pure à qucRi e l­ icanole fiondi ogni anno. cr però bifogna che d’altronde uenga la caufa. Oltre à ciò fafti il vifchio de i febe=* ilenji quali chiamano i Greci mixi,come dicemmo di fopra nel primo libro,parlandò di tal fiutto.Et queftoc quel Jo chefi porta per la maggior parte per tutta Lombardia da Vinegia,cr quiui da Damafco,cr però chiamato Dajo tnafchino: affai però meno ualorofo per uccellare,cr per ogni altro effetto, del noRro di Tofcana.Fafjene delle cor• teccie delle radici dell’ Agrifògiio:cr parimente di quel picciolo arbufceUo chiamato da molti Lantana, ilquale ten• go io per il uero Viburno,la cui hifioria fu fr itta di fopra nel primo libro al capitolo del rhu- Tolgono coloro,che ¿i qucfti alberi fanno il Vifchio,le f o r z e di quefte radici,cr fepeUifconlc in terra in luoghi humidi tra le fiondi de iloro alberi,crquiui le lafciano putrefare alquanto tempo:cr pofeia le cauano&r le pefiano in una pila tanto, che diuentano beniftùuo uifcofe,cr pofeia le lauano all’acqua corrente dalle fue immonditie. InqucRo medefimo mo* do fe ne fa anchoradate radici dett’ lbifco,ilquale noi chiamiamo althea.cr mahmifeo. llche fapendo benifimo Tnofconde,diceua,che anchora fi ritrouauail Vifchio in alcune radici d’arbofeedi. Hanno alcuni per fecreto dare irm i del Vifchio quercino in poluere(cr non il liquore iReffo,come ho piu uolte uedutofare io ad alcuni poco prat ticimedici)per il mal caduco.-con il quale (ferimento dicono efferfene affai liberati. Fece del Vifchio mentione to Galeno alv j -delle facoltà defempUci,cojidtcendo.il Vifchio è compoRo di pur affaifufianzaaerea,cr acquea,& dipochiftima terreaùmperoche la fua acutezza trapaffa l'amaritudine.V edefì per queho,chc feffetto corrifon d e alla fufianza,per tirareegli g li hurnori dal profóndo , c r nonfolamente i fittili,ma i grafi anchora,rarefacendoli, c r digerendoli. Me c di quei medicamenti che non fcaldano fubito che fonopofti fopra la carne,ma che ciò fanno contempo comefala thaftU. chiamano i Greci il Vifchio , l ’& s : i Latini, V ifcum'-glcArabì, Dabetch, cr Di» biche iTtdcfcbi,Vogel M andi Spagnoli, Vifco,

DeÌl’Aparini*,

Cap.

V ifchio D i niafchip».

Vifchio feri* to da Gal.

Nomi.

xCVIII.

L a a p a r i n è crefce con molti piccioli rami, afpri,& quadrati :ha le fue frondi compartite per intcrualliintorno intorno alfufto à modo di ruota, come la rubbia. produce il fior bianeoril feme tondo,duro, bianco,cócauo in mezo à modo d’uno ombilico. l’her ba è fi ruuida,che s’attacca alle uelti. Vfanla i pallori in ucce di colatoio,per cauar.fuori i peli del latte.JJ fuo­ co del feme,del fufto, & delle fròdi,è valorofo beuuto contrasim orfidelle uipere>& di quei ragni, che li chiamano phalangimnedica i dolori delle orecchie diftillatoui dentro.L'herba trita con fogna, Si impiaftra* tarifoluele fcrofolc. L' a p a r i n e nafee per tutto,cr mafiimc tra le lentìe* chie,comedU’v 1 1 i .capo deliv m . librorifirifeeTheo* phraRo.Chiamanla molti, per produrre ella Ir fiondi lunghet * te attorno attorno al fufto a modo d’una rotella di (perone,Spe ronclla - £ molto ruuida, cr però quando è matura, s'apicca tcnacifiimanicnte alle uefti.Vfino alcuni ilfuo fiucco con non pocoficeeffo ì faldarele finte fiefche delta carne,cr panmc te àriRrignere le fitole de i capitelli delle poppe. ¥ecettebre uemente mentione Galeno alv i M e facultà de ì femplici,co fi dicendo. L ’Aparine è poco afterftua,cr poco diffcccatiua. Ha in fe alquanto del fittile. Chiamano i Greci i Aparine, A •wttflvn : i Latini,Aparine: i Tedefchi,Kkbhraut: li Spdgno li,Prefera ; i Francefi,Grat(ron.

Dell'Alido.

Cap.

XCIX.

, i o A i t s s o cpicciola pianta d’un io! fufto, ruuidetta, con frondi ritonde: apprelTo alle qua«eil frutto,che fi ralfembra à doppi fendetti: nel quale c dentro il feme alquanto largo, nafee n e i *nonti,Sc jn lu o g h i afpri. Lafuadecom one b e u u t a fe r m a il fin gh iozzo, che non è confebbre.il " " * medefimo

Aparine, 8c fua eilami».

A parine ferie tada Gal.

Nomi.


440

Difcoriì del Matthio li

medefimofa tenendoli l’herbain mano,oueroodorandoli. Trita con mele, ipegnele macole dell pelle della faccia,& parimente le lentigini. Credeli,cHe pelhndofi,& mettendoli ne i cib i, gioua a|j* rabbia de cani. & credei! che attaccata per le cafe fia falutifera,& che lia buon rimedio tanto ne er huomini,quanto ne gli animali contra alle fafeinationi. Legata in tela rolla al collo al be(tiame,difcac eia uia le malattie di quelli. V a r i a neramente è appreffo gli feriti ori ìhifioria deli Aliffo . imperoche per quinto fi legge in p;tm-0 ^

A liffo, Se Tua f x 1. cip.del x x i i 1 1 . libro non è altro,che quella pianta chiamata da noi volgarmente Rubbia minore,per efa eflamin.

Varie opimo ni intorno al l’Alido.

Errore del Ruellio.

Alilio fcritto

da Gal.

fere eUa(daU’hauerc i rami alquanto piu fattili,or[ le fiondi piu picciole infuori)del tutto fìmile alla rubbia. del che dà manifèftoindicio,cofì dicendo. L ’erithrodano,ilquale noi chiamiamo rubbia,con la quale fi tingono le lanc,& l0 fi conciano le pelli,prouoca l'orina. Beuuta con aqua melata fana il trabocco di fiele : er impiantata con aceto, lc uolaticbe.Prouocano la radiceli fané i me[trui,riJìagnano il corpo,er rifoluono le poterne. E da quefta pianta non in altro difiimile quella,che chiamiamo Alif]o,che neU’hauerc ella le fiondi,o- i rami piu piccioli, h afii prefo m nome per non lafciar uenire,ne diuentare rabbiofì coloro,che fonflati mordati da i cani rabbiofì. n el che darebbe qualcheindiciol'hauerla niofeoride di fatto meffa dopol'Aparine,la quale rajfcmbró egli alla rubbia ; fe le fona bidnze,cr i lineamenti ui corrifrondeffero. imperoche ÌAliffo fcritto da niofeoride ha le fiondi tonde,e’I frutto(i mile <ì doppi fcudetti,nel quale è dentro un freme larghetto. Il che in alcun modo non fi uede nella noftra rubbia minore.Che altra cofafra appreffo D iofeoride la Rubbia minore,fr dimoftra per battere egli trattato e r della maggio re,zr della minore piu aitanti in un medeftmo capitolo. Il che non baierebbefatto egliffe per ÌAliffo hauefje intea fo di quella. Et peròfi può dire ò che di gran lunga erraffe Plinio,ò che per ÌAliffo intenda egli altra pianta diuerfa :o dalìAliffo di niofeoride. Oltre à ciò reftone molto piu confufo,udendo dire AetioeDicono alcuni,che ÌAliffo è quella berbada qual chiamano Siderite heraclea,che nafee per tutto appreffo à gli argini detle uic,con fiore porpo* reo,or fògliegroffe. à cui fu dato il nome d’Aliffo,pergiouare ella à i morjl de cani rabbiofì marauigliofamente. Dalle quali parole nonfolamente fi uede,che Arilo non deferiue ÌAliffo di,niofcoride;ma che anchora non efrrime, ne dichiara qual fpetie di Siderite intenda egli per ÌAliffo. Imperoche effendo tre le fidenti fcritteda niofeoride, delle quali la prima,e r l’ultima hanno il cognome d'heraclec ; non ueggìo neramente come fi poffa determinare di cui eglihabbiaintefo. Vero è che appreffo niofeoride il fror rojfo porporeggiarne fa quella della feconda fretie, che nafee nelle uigne, er nelle macie : ma quefta non fa le fiondi groffe,ma fonili,come quelle del coriandro, per intorno intagliate,come f i quafi deferiueffe egli quella pianta,che chiamano alcuni Ruberia.A l che non corrifponde quel,che ne ferine Galeno al 1 1 . libro degli antidoti,narrando alcuni rimedìj etAfclepiade,ne i morfr delcan rèa p biofo,cofìdicendo. L’Aliffo è ueramente una herba fìntile al marrobioema nellefommità de i fufìi ha le rotondità piu frinofe,cr piu afrrejoue nafeono ifiori di colore che tende affai al celefte. E t però uedendo dell’Aliffo tante Urne opinioni,er bidone ■ .parmi,che diffidi cofafra Ìaffermare qual pianta fìp offtp r ÌAliffo ucro mottrare in Italia. Vuole il Ruellio,chelo fcritto da Diofcoridefla quell'herba,che fi chiama Canape faluatico. la quale quanto fi gli raffembriylafcio, per nonfempre correggere altrui,nel giudicio dicoloro,che fim o la prò fi filone de i femplicì. Quello,che fcriue Galeno,è per tutta Italia uolgarctgr cofì parimnte quellial.ro,cheferine A ed o. ma qual di que fri poi fi debba ufare,lo lafcio in arbitrio di ciafcuno,come che piu mi piaccia fìar con Galenoeil quale fece dell’ Alfa fo memoria al v 1. delle facuità defemplici,cofì dicendo. E fiata queka pianta chiamata Aliffo per giouare ella ma rauigliofamente à coloro, che fono fiati mordati dai cani rabbiofitpercioche ha ella ffeffe uolte franati di coloro, che già erano diuentati rabbiofìnl che fa ellaperfienale proprietà di tutta la fua fuftanza. Laquale operatione, 40 come piu uolte è fiato detto, non fi conofce per ragione alcuna, mafilo per efrerienza. Ma uolendoft frerimenun t Aliffo in piu cofe ,fi conofce hauere egli uirtù mediocremente fecca, er digediua,e r con quede alquanto delia» (terftuo. Con il che fregne egli, er caccia uia le uoladche del uifo,e r parimente le macchie caufateui dal Sole. Chiamano i Greci lo Aliffo, A'aukov ; 1Latini, Aliffum.

D ell’Aiclepiade.

Cap.

C:

L a a s c l e p i a d e produce i Tuoi rami lunghi.-ne i quali fono le frondi lunghe,che li ralTem brano all’hedera:le radici fottili,copiofe,& o d o ra tela il fuo fiore odore gratie.’il feme li ralfembra à 50 quello della fecuridaca. nafee nei monti. L e radici beuute con uino leuanoi dolori del corpo, Se uagliono parimente à i morii delle ferpi. Impiaftraniì le frondi,contra le maligne ulcere della natu ra delle donne, & parimente delle poppe lo ro . Afclepiade, & Tua edam. Errore di

molti.

P a r m 1 fieramente,che errino coloro,che tolgono per f Afclepiade, la qual diffe Biofcoride, er parimeli* te Vlinio nafeerene i monti, qucKhcrbd, che con fiondi ritonde, e r rade, ruuide,cr per intorno non troppo mi­ nutamente intagliate,attaccate per lungo picciuolo à lungafe ben fottile fune, arche apprefjo a tutte le publiche (brade con fiore picciolo, er rofiigno,cr confottilifiìme radici ita ferpendo per terra, la qual chiamano alcuni Hr dera te r r e fln Im p e r o ch e oltre aU’hauerfì taciuto D iofeoride, che uada per ogni uia ferpendo lungamente po’ terra,diffe,ch’eKhaueuale fioiidi piu lunghe, cheÌhedera:cr nònpiu tonde,come ha quefta,la quale chiama* 60 noHederaterrefrrc. E t però fi può ficuramente dire,che differenti fieno di gran lunga quefte due piante. Mala uerà Afclepiade,laquale,fecondo alcuni altri Greci,cr buoni autori (fe tanta fède fi debbe prefiare al dotto Maiofr ((Ho


Nel terzo lib. di Dioícoride.

441

u h Fiorentino ) produce il fiore a modo di rofa . Et quantunque pìuuolte ihabbia per li monti d e h tulle Ana­ Errore del niafirttltfiw ricercata. : non la ho io però anchora potuta uedere. Ne manco parmt, che errino coloro,de quali Fuclifio. n chito il eitchfio medicofcgnalata de tempi noítri, che credono, che fia ÍAfclepiade quella pianta, chuma.-a da moki vincetofteo. la quale nafre per il piu in luoghi afrri, cr fafjofi : con fid i U fa , c r arrendeuoli: cr fòglie pa ruttine hfcie, crpiu appuntate di quelle del lauro : fiori bianchi, cr mofeofi : da cui efeono aleuni-cornetti luti* ghetti, Cr fonili : cr radici infinite, fiottili, cr biancheggianti. I mperoche non ritrouandòfl nellefiondi,ne nelle radici odor ueruno aggradeuole, ne ne i fiori odor ueruno fpiaccuole, ne che il Jeme fía filmile alla fecuridatn ( per­ dedle delJane, cr non de cornetti ferine Diojcoride ) nonfi può fe non dire, che cofloro fi fieno ingannati. Ap* po cw nonfi legge ne 1 libri defiemplici d'Oribafio, tl quale traficriue di parola in parola da Dicficoride, che l'A­ io jclepiadefaccia le fòglie lunghe : ne ancho nella interpretatione di MarceUoEiorentino, il quale bebbe forfè teñí piu corretti. Piu oltre ho ueduto io un tefio molto antico di Diojcoride, in cui doue fi defcritiono le radici non ui fi kg&c ~iAAa' Ì5ci0 e moñ e , mafidamente Aen?*r,<¿V<r<f,s >eio èfiottili, cr odorate. Sono nondimeno alcuni che ficriuono, che quefio Vincetofiico uaglia molto contra i uclcni : cr che confirificano marauigliofamentc le fuera* dici dace in poluere connina, airotti , c r a coloro che cifrano di luoghi eminenti. Lodatile alcuni altri alie en­ fiagioni delle mammelle, che uengono dopo al parto, cr mafiimamente quando il latte ui s'apprende dentro. perii chefarele cuocono ,<& poficialepeñano , c r impiastramelefiopra infierne con farina d'orzo. Ne quefio fanno per altro ingannoniofl >fe non perche tengono per certo che quefta pianta fia ÍAfclepiade dotata di quefta uirtk. Non manca oltre a ciò , chi diapur affai uirtk 4 quella altra pianta, di cui dicemmo nel principio di questo difeorfo, chia mata da molti Hederá terreñre, crfretiahnente per metter nelle beuande, che fi fanno per le ferite del petto pene* io trami, cr delle budella. A ¡tri mettono il fuo fucco ne gli unguenti, per hauer uirtk di faldare le ferite . Scùffie dell'Afe¡¿piade Galeno a lv i, dellefacuità defiemplici unafola riga, cofl dicendo. Scrtffe di quefta berba D ioficoride nel terzo libro. ma noi non nc habbiamofatto anchora cfterienza. Chiamano i Greci ÍAfclepiade, a V kAd* Nomi. n d i : i Latini, Afclepias.

D ell’Atrattile.

Cap.

CI.

L’a t r a t t i l e è una pianta fpinoià, fimilc al carthamo »quantunque habbia ella le frondi molto piu lunghe nella fommitàde fufthi quali nel piu del retto fono fenza frondi, & ruuidi. quefti vfano le donne in ucce di fufa per filare. Produce in cima certi bottoni pieni d’acute fpine . Fa il fior giallo, jo quantunque anchora in alcuni luoghi lo produca porporeo : la radice fiottile, & inutile. Lachioma fua,il feme, & parimente le frondi fi beono con uino,& pepe utilmente contra le punture de gli feor pioni. Dicefijche tenendoli fatrattile in mano da coloro,che fon trafitti da quelli,non fentonodolo re alcunomu come la lafciano,ritornano ne i medefimi termini. V v o l e il KueUio, c r parimente Hemolao, che fia lAtrattile fcritta da Diojcoride quella prima Jbctìc di Carthamofaluatico chiamato Cnico da G reci, che fcriue Thcophrafio al u n .cap. del v i. libro delihistoria delle piante. Ma ritrouo io appreffo a Theophrafio differenza tra i Atrattile ,e’l Carthamo faluatico . l i che accioche piu manifrfiamente conofcere fi pojfa, cofl di parola in parola è íhifioria, che di tutti i Carthami, dell Acama, cr dellAtrattile particolarmentefcriffe Theophrafio, cofìdicendo. Diuidefì il Carthamo in domeftico, cr faluatico: 40 Cr quefio fi diuidc medefimamente ut due frette, delle quali L'uno èfimilc al domeftico, con il fuo fuño ben diritto : Cr imperò Í tifarono anticamente le donne per le rocche loro dafilare. Produce quefio un frutto nero ¡grandetto » CT amaro. L'altro è piu fólto difiondi, c r produce i fuoi fuñifimilial fonebo, inchinaniojì a terra per la cenerei* Za dellefi-ondi, ergiacendofì infu i campo . Genera il frutto amari, copiofo, cr pelofo, come una barba. Pan* no ambidue copiofo fieme, come che molto piu nefaccia il faluatico. Ha infe quefta particolarità tra le piante fai* uatiche, c io è , che quantunque fia propria natura loro d’efjcr fempre piu dure, cr piu frinofe delle domestiche, quefio nondimeno c piu moUe, cr piu lifeio. Oltre a ciò í Acama è anchora ella fimilc al carthamo domeftico,refi gna di colore, cr fuccofa. Ma Í Atrattile è piu bianco di tutti queñi, cr ha nelle fue fi ondi una particolarità : la quale è , che ftirpandofi quelle, cr accoñandofi alla carne, gocciolano fubito unfanguigno liquore : c r però chia= marono alcuni quefta pianta do è fanguc. R tfrira di grane odore. Produce il frutto tardi, ciò è neil'autun«? Jo no, come ¿la natura di tutte le pianteftinofe. Perle quali parole può ciafeuno manifrfiamente uedere, che erra il Mudilo uolcnio, che Í A trattilefia la primafpetie de i Carthami faluatichi fcritti da Theophrafio : non accorgerti dofiycbe particolare pianta è a Theophrafio ÍÁ trattile, quantunque la raffembri egli al carthamo,cr che è parti* colare qualità dell’Atrattile il rifudarefanguc dallefi-ondi, c r non del Carthamo faluatico. N el quale errore, f a condo il mio difeorfo, lo conduffe Plinio : il quale dice al x v . c4p.del x x 1. libro, che alcuni chiamano queña fr a de di Carthamofaluatico Atrattile. Doue bauendo detto di molce frinofe piante, che ufano ne lor cibi gli Egittij, peruenuto al Carthamo, cofl ne fcriue dicendo. Celebrano gli Egittij marauigliofamente il Cnico non conofeiuto in Italia : c loro in pregio non per i cibi, ma per Colio, che cauano del feme. Ma è però differenza dal domeftico al faluatico. Del quale nefono due fretie : uno delle quali è piu placatole, co'l fufto fìmile al domeftico, ma noniime no ruuido, cr fiottile. il quale per le rocche loro ujàrono anticamente le fintine : cr imperò lo chiamano alcuni A* io Irañilis : il cui fané è bianco, grande, c r amaro. L’altro ha il fuño piu pelofo, c r piu fòrte, cr uafenc quafì fer » pendo per terra, con minuto feme. Tutte quefte fon parole di Plinio . le quali quantunque facciano certa fide, che h prima fretie del Cnico faluatico fuffe chiamato da alcuni Atrattilidc;nÒ però affermale dice egli, chef Atrdttile fì<*

Atrattile, & iua edàm. Errore del Ri'ellio , d’Hermob


442

Difcorii del Matthioli

fu il Cnico faluatico. Della quale Atrattile fece egli pofcia particolarmente mentione a l x v i . cap. del mede11 libro,cojì dicendo. L ’Acarnafi distingue dallo[colino, per effere roffa di colore, er piu grafia di fic co . Sarèbi be fiatafilmile a quefta neramente l'Atrdttile, fé ttonfuffe ella piu bianca, er non dilUllajjè da lei il fic c o , come)'3 gue : la onde è chiamata da alcuni phonos. E di grane odore : il f io [ente nonfi matura fe non tardi, ne prima che nell'autunno : quantunque ciò dirfi pofia di tutte le piantefiinofe. Tutto quello diffe Plinio. D iqui adunque p4 mi, che lecitamente fi pofia concludere, che nonfia VAtrattile alcuno de i Carthamifaluatichi : ma altra particolare, er per fe fteffa pianta, e r quella iùeffìt, che ufauano anticamente le donne per fiufi da filare. Et imperò Tkeo doro Gaza ualentifitmo Greco interpreta l’Atrattile in Theophrafio fiufo fialuatico, er non rocca, come interpre» tò il Cardiamo fialuatico. Il che par, che dimoftri, che anticamente ufiaffiro le donne per rocca quella frette di c a ­ ttiamo , e r perfiufia Ì Atrattile. la quale neramente a i tempi noUrt non ho anchora io potuto rintracciare in lt^u io fe ben forfè ui naficefie ella ; percioche quantunque molte piante fiinofe babbia io ttedute afidi rafifembrarfigU ; dimeno niuna nlio però ritrouata, che rifiudi alcuno fianguineo fiucco delle fiond i, quando s’accollano alla carni. Oltre à ciò tiene il Kuellio, che quellaf i inofa pianta, la qual noi chiamiamo Cardo benedetto, er altri Cardofan, to, e r altri herba Turca ,(ia quellafeconda fietic di Carthamofialuatico, chefcriue Theophrafio. Alla cui opimo ne non pojfo non accoflarmi. lmperoche il Cardo benedetto fe ne giace con denfia chioma difiondi, er uedeflan, dare con i gambi per terra. Fa appo ciò il frutto amaro,cr pelofio a modo di barba, e r i fiufti rofiiggiàti come ilfon ck o . Di modo che per cotali fiomiglianze ueramente conueneuoli tra la feconda fietie del Cnico fialuatico, ©• il Cardo benedetto, non fi marauigli alcuno fe bora fon coftrctto a mutare opinione, e r ad affermare bora quello che già negai, battendo io perfiempre deliberato di mantenere, e r difèndere molto piu la uerità, che le mie opinioni. Ma ben mi marauigho, che diceffi il RueUio huomo de tempi nofiri ueramente dottifiimo, che da quello Cardo , Errore del Ruellio. ripudipinguinofiofiucco. imperoche, quantunque quefio fila ueramente contrario all'efierimento, fe fufiè, come pur ° tiuole egli, il uero, farebbe tutto contra al fino fentimcnto : non ritrouandofi, che mai diceffero Theophrafio, ne Plinio, che da i Carthami faluatichi rifudafie alcun ¡lingue, er mafiime da quefta feconda fietie , la quale nonaceti ta in modo alcuno il RueUio per ¡Atrattile : er imperò confiufamente neferine. Percioche fe pure haurfic uoluto affermare, perfoflenere quella fua opinione, che fuffe ¡Atrattile quella primafietie di Carthamo fialuatico, dona Opinione uà attribuire il diftillare del fiangue a quello ,e r non à quefio fecondo, il qual toglie egli per il Cardofinto. Nt del Fu chilo manco in ciò mi piace ¡opinione del Euchfio, il quale ne fiuoi commentarij , e r parimente ne i libri di lle compofìtio dannata. ni de medicamenti fi crede, che il Cario benedettofia ¡Atrattile piu hirfutatzr dicopiiihirfiuta, per farne egli due fie tie , una meno, e r ¡altra piu hirfuta : quantunque nonfi ritroui appreffo Theophrafio, er Diofeoride piu duna fietie d’Atrattile. la quale, per quanto io me ne ueggia, non CARDO SANTO. p«o in alcun modo cfjère il Cardo benedetto. Imperoche non 5 ha egli alcun picco fianguineo, ne i finiti in alcuna parte nudi : anzi che non produce egli alcuno diritto gambo, ma rami ara « fìl J ¿ 4 rcnieuoltycon i qualife ne ua per terra, oueramente ui fi corca. W rM M m Cardo (auto, & fua liiftor. & facilità.

Nom i.

P°fc u >c^e a <tire Cardo fatuo, mha indotto il Rutt­ ilo , non farà fe non buono qui dirne quanto da piu moderni ne ritrouo [crètto. Et però dico, che' l c a r d o s a n t o chiamato da alcuni herba Turea, è notifiima pianta a tutta Ita­ lia , doue non nafee per fe fleffo nelle campagne, come fanno i carthami faluatichi : mafi [emina, er fi coltiua in ogni luogo ne gli borii. E al fapore amarifiima : er però direi io , chefiuf fe compolla di parti terree affottigliate da[acuità calida. Ha quella uolgarmcntc in Italiagrandifiimo nome, er ifietiahnen te contra la pefie, er contra tutti i ueleni mortiferi, tanto di co contra quelli, che fi mangiano, ò fi beuono, quanto a quel3 l i , che lafciano co l morfio, er con le punture tutti i ueltnoft animali. Beuefi lafua decottione per la quartana, er per ogni altra febbre, che cominci con freddo . al che fida parimente della poluerc deU’herba con uino, ouero della futi acqua lain* biccata. Vale nel medefìmo modo alla cpilefiia de ifaiiciuUini. ^ Beuuta lafua decottione fatta nel uino con meza dramma del­ la fuapoluere alleggia mirabilmente il dolore di fianco. Sana tutti i dolori del corpo,e r prouoca ualorofinncnte il fudoreiam mazza. ì ucrminì,z? gioita alla madrice. Vfafì a ì tempi nofiri perfare quell'acqua, oucr uino del legno d'india, che fi da per il male Eranccfe , per hauere proprietà mirabile di faldare tut* te ¡ulcere uecchie, & maligne, er di rifanare ¡interiora. Chiamano i Greci ¡ Atrattile, A'apdx.7vias : i Latini Atri » ftytisjGr Eufus ugrefiis.

60 Del


Nel terzo lib.di Dioiconde. (

.v'ili

i ' . vi:

Del Policnemone.

'

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t ')<\

44j f

Cap.

CIÍ.

I l p o l i c n e m o n e cuna pianta farmentofa. Prodúcele frondiAmiliall’origano : c’I furto, eomequcllo del pulegio, compartito da molti nodi ;fenza alcuna ombrella, in uece deila quale ha fgh in cima piccioli corim bi, di buono odore,& d’acuto fapore. Impiaftrafi frcfco,& parimente fec ¿o con acqua utilmentepcr faldare le ferite, ne fe ne leua uia perfino al quinto giorno. Bcueficon ui no alle diftillationi dell’orma,& alle rotture.

,o

Non hofinohora,perquantoiohabbiaconofciuto,ritrouato,neuedutoHuero Policnemoneinltdlia.Do* Polìcnemo ticquantunque/introitino alcunepiante, che da alcuni fimoñrano perii uero Policnemone ; nondimeno per man lie, & ^ UJelf. car loro pur afidi note, cheJìricercano nel Policnemone, non pojjò neramente [opra ciò determinare cofa ueruna. y,rtù del Po Et però lo lafciarà tra Coltre piante incognite fintantoché ne confeguifca maggior certezza. Il Policnemone (ernie d¿ G» ( per quantofe n’ha daGaleno al v 1 1 1 .libro dellefaculta defemplici ) fcalda, cr diffecca nelfecondo ordine. Et leno. peròfalda egli leferite. Chiamano il Policnemone i Greci, UaKuuviiaev : i Latini, Polycnemum. N®mi•

Del Clinopodio.

Cap.

CHI,

I l c l i n o p o d i o è una pianta,che produce lefrondi fienili al ferpol!o,farmcntofa, alta due fpan jo ne. nafte in luoghi faiTofi. Raficmbranfi i fuoi fiori a quei del marrobio com partiti per diilinti in­ telaili,lim ili nella forma loro a i piedi delle lettiere. Beuefi la herba,& la fua dccottione a gli fpsfimi,nllerotture,a diftillatione d’orina,& a i morii delle ferphprouoca i meftrui,& parimente il parto, ma beuuta di lungo alquanti giorni ftirpa fuori quelle fpetie di porri, che fi chiamano acrothordo* n e. La decottione fatta bollire fin che cali la terza parte, riftagna beuuta il corpo, fatta con acqua, doue fia la febbrc:ma altrimenti, con uino.

CLINOPODIO.

V N ’ A L T R .0 C L I N O P O D I O ,

Il c l i n o p o d i o non rilieua altro nel uolgar noflro, che piede di lettiera : acuì diede tal nome la firma clinopodio, r°tatilede i fuoi fiori,che per ijpatiofi intcrualli circonda tutto il fujlodella pianta. Nafce abondantemente & edam. inopodio <o per tutto, quaft filmile nelle frondi non fofamente al ferpotlo ¡ ma molta al calamento montano. Diqucjìofcrifc Galeno 1a* 1 l rv *nx .delle faculta de i [empiici», vcofi clinopodio ha uirtit di fialdare v ^ # dicendo. . *U * V I U H ' f / U U I U ij* tClÌU /C U HUUc >, W>M pwodt I tilo . hiarc. Ecompoflo di fiottili parti ; G~ però è dagiudicare »che fila calido, parimente¡ecco nel terzo ordì* '

nc. Chiamano


Nomi»

444

Difcorfìdel Mattinoli

LEONTOPETALO.

ne. Chimono i Greci il Clinopodig, K a w 9t' f taY . : . . Clinopodium. ' *

D el Leontopetalo.

Cap. CIIII.

I l l e o n t o p e t a l o fa il furto alto una fpan n a , & qualche uolta maggiore : fu per il quale fono piu concauità d’ali : nella cui fommità in alcuni baccelli fi mili a quei de ceci/ono diftinti due, ò tre piccioli or. * di fem e. ralfémbranfi i fiori di roifo colore a qut'hdd l’anemonc.ba fròdi di cauolo.ma fono intagliate, come quelle de papaucri. le radici loro fono nere, mafimili nelle fattezze loro alle rape, in piu luoghi fcrofolofe. Nafce nei campi, & nelle biade. La radice beuutacon uino uale a i morfi delle uelenofe ferpi : ne fi ritroua al tra cofa,che piu prcfto ne finifea il d olore. Mettefiam chora ne i crilteri delle fciatiche . •

Il leontop ’ e t a l o , er lafra nera-, er nodofa ridici, fìmilc aUe rape, ho non fiblamente ueduto trapiantatoio inpiu, 10 Crdiuerfi giardini al domestico in Italia; ma anchora al tifa tico in molti luoghi di Tofcana. Nafce copiofo in Puglia. Ft, cene mentione Plinioall’x.i.cap. d e l x x v n . libro,cofldicen» do. Il Leontopetalo, il quale chiamano alcuni rhapeionc, hi |fiondi di cauolo, ilfulìo alto mezo piede, con molte concauiù d’ali. Ha il feme in cima in certi baccelli, come quello de i crei. Lafua radice è fìmile alle rape, grande, cr nera. nafce ne i«m

Leontopeta loj&.fua efl'a ali nacione.

pi. vflamo (diceua Galeno)la radice del Leontopetalo gran­ demente . Ha facuità dì digerire,erfcalda, er dijfecca nel ter* Leótopetalo tenero da Ga leno. N om i.

Zo ordine. Chiamatto i Greci il Leontopetalo,AtamjrfiTttor- J0 i Latini, Leontopetalum.

TEVCRIO.

D e lT e u crio .

Cap. C V .

E i l t ev cr io una herba, che fi raflembra auna vergella,firn ile alla triflagine. Produce le frondi fiottili, nc guari difsimili da quelle de i ceci. Nafceabondantemente in Cilicia appreso a Gcntiade, ouero a CifTadc. Beuuta trefea con acqua,& aceto, oueramentela decot rione della fecca,rifolue potentemete la tnilza.per li di- 4® fetti della quale s’impialtra con fichi fecchi,& aceto ;& aim orfid eiferp en ticon aceto fo lo , fenza altri fichi. T e a c rio , Se ida edam.

N a s c e per tutta la uaUe Anania, er in altriluoghi an* chora, una pianta tantofìmilc alla trijfagine,cbe frejfo inganni l’occhio di chi troppo ben non la conofce. Et imperò ho infime meco piu uolte penfato, ch’ella fiìailueroTeucrio feritiondi T>iofronde. er quantunque dica egli, che nafca il Teucrioap* prejfo a Gcntiade, er a Ciffade ; quefto non olla però, chcnon pojja nafeere anchora in Italia. Fece del Tcucrio memoria P/i 59 nio per due diuerfe frette, cofì dicendo. R itrouà Teucro netk meiefima etàilTeucriohcrba chiamata da alcuni Hcrmio :li quale frirge i ramufceUi a modo difottìi giunchi, con picciole fòglie. Nafce in luoghi afrri.t! faporc fuo è auRero,cr non prò duce nefiori ,ne fème. Confèrifce a i difètti della milza . Il che dicono effer flato ritrouato da alcuni , i quali hauendomejfolc interiora di certi animali foptaeffo in campagna ritrouarono efferfl attaccato alla milza, er haucrla già del tutto disfatta. Chiamano alcuni Teucrio un’altra pianta, la quale produce i ri mi fìmili all’biffopo con affai gambi, erfòglie fintili a quelle del le faue. Comandano ch’ellafi ricolga,quandofiortfee, il che di moftra,che pur f l credeffero cojloro, che quello produceffe ifio

ri:<7


N el terzo lib. di Dioicoride.

445*

ri : V tftteOp maggiormente lodano,che fi ritroua ne” monti di Piftdia, ey dì Cilici*. Queftp tutto diffeVlinio. Il che hi fo to penfare k motti,che intendefo egli di quella pianta chiamata da chi Pauagrafo , er da chi Faua irnerrt -,¡a quale prendono alcuni ingannandoli per ii Telephio'Jcritto nellafine del fecondo libro da Diofconde. Del . Tenerlofcriffe Galeno a liv i 1 1 . dellefaculta de[empiici,cofì dicendo. il Teucrio ha uirtìt incijiua ; è compofto t0^foGil Cnt difettili parti,ey imperò fona la m ilza. E [ecco nel terzo »c r caldo nelfecondogrado. Chiamano il Teucrio i Nomi. ' QrecitTdL'ttfiov : i Latini , Teucrium.

Della T riflagine^oiiero Chamedrio,

Cap.

C V I.

C h a m e d r i s d ico n o iG reci,& iLatinitriflagi ne.Sono alcuni,che la chiamano teucrio,per la fembiàza.che ha ella con elfo. Nafce in luoghi aipri, & faflofi. pianta lunga vna fpanna; le cui frondi fono picciole, & amare, di figura, & intaglio limili à quelle delle quercie:ha il fior picciolo,quali porporeo. Cogliefi quan­ do è piena di Teme, Cotta verde nel] acqua gioua à gli fpafimati,alla tóiTe,aIIa milza indurita, all’orina ritenu­ ta ,& àprincipij dell’hidropifie/prouocaim edrui, 8c fa partorire. Beuuta con aceto riiblue la milza; & bcuu ta con vipo è valorofifsima à i morii delle ferpi velcnolc,& parimente impiadrata. T ritafi,& fanfene padelli, vtili à tutte le cofe predette. Mondifica infierne con m clerulcere vecchie : & vnta con olio togliere caligi­ ni de gli occhi. La fua natura è di fcaldare. I l c H A M E D i t i o herbanotifttmaaciaftuno,chiù« Chamedrio, mano i Tofcani meritamele Querciuola, imperoebe Chamedris & Àia edam. non uuole rileuare altro, che picchia quercia. In Lombardia fi Chiama per la maggior parte Calamandrina : er da molti herba ielle febbri,imperochelafua decottine beuuta alquante matti• ne liberajfejfo dallafebbre terzana. E neramente quella herba in T ofeana ingrande riputatione.per (¡fere(come predicanogli fperimentatori)mangiatacrudak modo d'infalatal* mattinai digiuno,rimedio ftcuriftmo k preferuarfi dalla pcftc, non manco che fi faccia lo feordio fuo congenero. Il Fuchfìo nelfuo mag* giare herbario dimoUra effere il Chamedrio di quattrofyetie ; quantunque da gli antichi piu che d’una non fi faccia mentione. Scriffene Theopbrafto al x . cap, d e li x. libro, eofidicendo, Le frondi della Trifogine uagliono alle rotture, Cr parimente alle ferite, ey aU’ulcere corrofiue cotte nell’olio, I / fe» 40 me purga la cholera, ey gioua k gli occhi. ey le frondi pur trite netl’olio leuano l’albugini de gli occhi. Ha queda herbafondi di quercia : è lunga quafi una ¡panna,odorata,er foaue.Ma non però fono tutte le parti dellafua pian» ta utili ad una cofa medefhna,auenga che per cofa marauigliofa fi uede, che una parte della fua radice purga per di fottojaltra per uomito,come quelle della thafiia, ey dcU'apios . Tutto queflo dijfeTheopbrafto . Onde non è gran mrauiglia,fela dicottione fua [cacci la febbre terzana,ey mafimamente purgando il fuo femela cholera,comeferi ue Theopbrafto. Scrijfene Galeno aU'v u t , dellefaculta de i[empiici, in quedo modo parlandone. Vince nel Chamedrio Chamedrio la qualità amara, quantunque habbia quafi ella alquanto dell’acuto. Et però meritamente rifdue.cr li* fcritto da Ga quefa le durezze della milza •prouoca i meftrui,ty t orina,incide i grafi humori, c r mondifica ( oppilationi delle leno uifeere. E t imperò fi può porre tra quelle cofe, che [caldano, ey difoccano nel terzo ordine, quantunque fìa eUa piu calda,chefecca. Chiamano i Greci il Chamedrio,Xa.iaaJS'pvc : i Latini, Cham*drys,<y Trixago ¡gli Arabi, Damederios, Chamadme, ey Kemadriuì : i Tedefchi, Gamanderle, er Bathengèl ; li Spagnoli, Chamedreos : i " on" ' tranccfl, Germandree,

Pella L euca.

Cap.

C V11,

L a l b t c a montana produce le frondi piu larghe,il feme piu acuto,piu amaro, 8c meno aggra deuole al gufto della domedjca ; nondimeno c ella di queda affai piu valorofa . Giouano amenauc beuute con vino,& impiadrate al morfo de uelcnofi animali, & mafsime de marini. Q v A n T V N Q J V E s’affatichino affai Herm lao , e’I KueUió k dimoftrarne per la leuca una certa herba L e u c a > & im molto limile alla mercoreüa,che nafce nelle uigne;nondimeno per non fe ne ritrouare hiftoria alcuna, che piu chiara eflamin. mente ce la dipinga di quello,ehe fi faccia Diofcoride,da cui non fe n’ha ueruna deferittionc, k me non pare <faffo* *tite in modo alcuno, che la Leucaft raffembtì alla merconila. Oltre k ciò tiene Marcello Vergìlio Fiorentino é P che


4

Nomi.

4 6

. Difcorfi del Matthioli

che manchi in Diofcoridc a quefio capitolo il principio.lUhe parche dimofiri,che partendo della montana haueflé prima parlato della domefiica,come dicebauere egli ritrouato in un Diofcoride Latino ¿ínticamente tradotto, nel qualefi legge quello capitolo in quefiafòma.La Leuca è di dueffetie : luna domeftica,cr l’altra montanare. li che fa non picciolo argumento, che in quello luogo fia corrotto il teño, er che anchoraui manchino ajfai parole delle note di queda pianta. Chiamano i Greci la Leuca, Atv**Y; i Latini, Leucas.

Della Lichnide.

Cap.

CVIII.

L a l i c h n i d e coronaria produce il fiore fimi!e alIeviolebianche,m aporporeo:del quale fi fanno le lo ghirlande. G ioua ilfuo Teme beuuto nel vino arile pun­ ture de gli feorpioni .

D ella Lichnide faluatica.

Cap. C I X .

L a l i c h n i d e faluatica è in tutto finiile alla do meftica. Il feme beuendofi al pefo di due dramme, pur­ ga la.cholera per il corpo tconuienfi à i trafitti da o)j Icorpioni.Dicono, che tocchi da quella hgrba gli fco#. pioni diuentano flupidi, & pigri. • .10 -ì B e n c h é ajfai maìageuol cofafla il giudicare,qua! pian tdfiahoggiin Italia laLichnide domtilica, er faluatica, per

Lichnide,& fua edam.

Inon hauerneferiito t>iofcoride,ne altro qual fi uoglia fcritto* re de fcmplici,come fi fieno fatte le fuc /rondi, o~firntiniente i ^fufiiyper efferefiata à loro notifiima pianta per l’ufo, che riha* ueuano per le lucerne, & per le ghirlande ; nondimeno fi uede hoggifeminareneglihorti, e t mafiimeinfilT remino,etpi* rimente nel contado di Goritia,una pianta per leghirlande, che produce ilfuo fiore porporco, molto nelle fattezze fue fi* i® utile alle uiole, le quali chiamano gli Arabici Cheiri: le fiondi ( lunghe, pdofe, er biancheggianti : i fiufti lanuginef i , alti piu \ d’ungombito : nellacùfpmmilà fiuede il lor borporeo fiore, ma di ninno odore . Il perche ageuolmetite fi potrebbe apporre al uero chiunque fi credeffe, che fiiffe quefia la Lichnide coro* naria. A lche accrefce alquanto di credito il ritrouarfene pur ajfai dellafaluatica molto neramentefimile alla domeflfia inpiu luoghi della uaUe Anania, er del Sole.Et il uederfi,che le fue latmginofe fòglie, er parimente i filili fono, quando fonofecchi atti non poco àmetterfl nelle lucerne per fare lume in cambio di bambagia filata, onde ha prefo duelli herba il nome di Lichnide : imperoebe Aóyjn in Greco non lignifica altro,che lucerna,or «aailyvicr lo ¡lupino, che 4® noi tifiamofatto di bambagia : di cui hauendo carejlia gli antichi ufurono per quefio effetto le fòglie dìalcune herbe lanuginofe,come fono propriamente quelle della Lichnide, er quelle del uerbafeo della terza flette . Et ancho per effereUa in ufo a i noilri tempi molto nelle ghirlande,delle uiUaneUe, come efferefi ritrouaua fino al tempo di Dio­ fcoride . Plinio d i l u ì , cap. del x x i . libro commemorò laLichnide tra le rofe,con quelle parole. E’ anchora una rofa chiamata tanto da i nof r i , quanto da i Greci Lychnis : laquale non nafeefe non in luoghi humidi, ne proda • Lichnide ce mai piu di cinquefoglie,di grandezza delle uiole, er di niffuno odore. Il feme della Lichnide(diceua Galeno al fcritca da Ga­ v i i . dellefacuità de i femplici ) è caldo,cr fecco nellafine del fecondo ordine,ouero nel principio del terzo. len o . Chiamano i Greci la Lichnide, Av*w t : i Latini, Lychnis . Nomi.

D e l Giglio.

Cap.

CX.

5'

I l g i g l i o regale èfiore da ghirlande. è chiamato da alcuni Lirio : & imperò chiamano alcu ni 1 vnguento, che fi fa d e lfo , brino , & altri fufino,conueneuoleper mollificare i n eru i,& pri'uatamcntc le durezze della madrice. Lefrondiitnpiaftrategiouanoàirnorfi delle ferpi ; & bollite conferifcono alle cotture del fuoco : condite con aceto vagliono alle ferite. Cuocefi il fucco inficine con mele , ouero con aceto in vafo di ramc,& falsi conueniente medicamento perl’vlcere vecchie,&> per le ferite frefche. La radice arroftita,& trita polcia con olio rofado,fana lecotture del fuoco:, m ollificale durezze de luoghi naturali delle donne : prouoca i meftrui, & cicatriza fvlccre. Trita con mele medica a i nerui tagliati >& alle membri che fono fmolTe : mondifiea le vitiligini,la fcabbia, & la farfarella .-purga l’vlcercdel capo, che menano: fa bella faccia, &diftende la pelle. Ttitafi 60 Con aceto, fiondi di iuiquiamo ,& farina di grano per mitigare le infiammagioni dei te d ice li. Il fe® me beuuto è contrario a i morii delle ferpi. Impiaftranfi le fiondi,e’1feme con vino infu’l fuoco f i - • ¡i -i e r o . Di


Nel terzokb.diDiofconde. GIGLIO.

447

ero. Dicono,che fi ritrouano anchoragigli porporci. I Yalorofifsimi per comporre gli vnguenti, nafeono in $oria,&in Pifjdia di Pamphilia.

S o n o 1 Gigli in Italia notifiimi fiori. c r però fuperfluo Gigli, & lor* farebbe il narrarne per lunga diceria altra hifioriajenonfujfe eilàmina. per fodisfare in parte a coloro,chefempre di cofe mone uorreb « bero,che ucrdeggiaffero, cr fiorifero i loro giardini. 1/ che mi fa palefare ( fe tanta fide darfi può àgli antichi f i coniatori del­ ie U natura ) che fi pojfano i Gigli bianchifar nafetre di porporco colore . Il che infegnando Plinio al v, capo d e lx x i. libro, Hiftoria ferie doue lungamente fcrijfc egli de i Gigli : Il Giglio per nobiltà cada Plin. ( diceua ) è profiimo alla rofa, cr per certa conuenenza dell'un* guento, er deli olio,chiamato Urino. Confafii oltre à ciò molto con lerofeper cominciar egli à mezo il tempo di quelle. Ne al­ cun fiore è di maggiore altezza,ritrouandoji tal uolta lungo tre gombiti, fempre con torto picciuolo\, ne baftantc perfostenere il pefo delfiore . La candidezza del colore c neramente grande. Le figlie fono di fuori ftrifeiate, lequah dalla parte piu ftretta f i slargano pian piano informa come di calice, con le efiremitì »• all’intorno molte: nel cui ombilico fono alcune dipendenzegioì le come di zaffarano, er parimente il feme ,fojlentate da fittili fila. Et cofì hanno i Gìgli doppio colore, er doppio parimente odore,uno ciò c del calice,er l’altro deüe filafriìlretti in breue differenza. Le figlie finofi] pregio per l’ufo degli olij, er de gli unguenti. None difiimile dal Gigliati fiore di queÙ’herba, che fi chiama Conuoluolo, che nafte per le macchie ,fenza odo* re,*? fenza hauer dentro quellefila di colore giallo ; ma è tutto candido, comefe fuffe una prima pruoua di natura deü' imparar |9 fUa àfar ì g ig li. I Gigli bianchi ¡i feminano in tutti i modi chefi — f emi nano le rofe -.cr olire a ciò nafeono fcmmndo le lacrime > tienedìfliUano, comel'hippofclino. Niffunacofacpiu feconda, ritrouandofìradici di cinquanta ¡fich i. Enne una fietie di roffo, chiamato da i Greci Crinon. altri chiamano ilfiore Cynorrbodon. Loiajì per il migliore quel che nafte in Antiochia, & in Laodicea di Soria : c r dopo quefio quello di Pbafelide:*? quello dopo quello che na­ fte in Italia. Kitrouanfì anchora Gigli porporei qualche uolta con due gambi,radice filamente piu ca rn o ft,& di maggior capo,majóla : c r chiamanti N a rcifi, Enne di quefii unaltra fietie,che produce ilfior bianco, e r il ca• lice porporco. E differenza tra i gigli, e r i narcifii.per hauer i narcifi le figlie nella radice. i piu appregiati fono ne i monti di Licia. RiItrouafene una terza fietie dotata di tutte quelle cofe , ma ha il calice di color d'herba. Tutti uengono tardi : imperoebefiorifeono dopo'l nafiimènto d’Arturo, er nell’equinottio dell’autunno. E' fiato ritro• 40 nato anchora il modo d infettarli per marauigliofi ingegno de gli huomini. Colgonfl per farli porporei i fuflide Gigli sfioriti il mefe di Luglio, cr pofeia s appiccano alfumo : dipo i fi togliono i nodi Jfogliati ,1er s’iitfindono in fèccia di nino nero,onero Greco il mefe di Marzo per dar loro il colore , & cofì fi feminano in fijfetre, mettendoli attornodclla medefìma fèccia. Cofì fi fanno i Gigli porporei,ere maraviglia, che cofìfl pojfano tingerete piante, er chefacciano ifiori deU’ifteffo colore della tintura. Tutto quello de i Gigli diffe Plinio. Poffinfi ferbare i Gì« Come fi co*feruino i G i­ gli uerdi, er frefehi tutto l’anno ( comefa teftimonio Anatolio ) togliendofì i loro lunghi bottoni, auanti che fiori* gli frefehi ¡f fcano, er riferrandofi in un uafo di terra ben coperchiato,che non rejfiri : onde tratti dipoi in qual fi uoglia tempo, tuteo l'anno. cr mefii in acqua calda al Sole,fubito saprono,er fiorifeono. Oltre à ciò uolendofl.che i Gigli producano i fuoifio ri in uarij, er diuerfì tempi,bifogna piantare le radici loro,di forte che alcune fienofitto terra dodici dita, altre ot* fo.er altrefilamente quattro. Et in quefio modofaranno i gigli in diuerfì giorni. Il che fi puòfare anchora con al 5* trifori. Spctic neramente di Giglio c quella pianta,che chiamano gli alchimiñi Martagón. Q ue fi aproduce la Martagón. radice giaüaflmile 4 quella del giglio bianco,e’Ifufio parimentefìmile. in cui nafeono le fiondi affai fimili à quelle della uolgare Saponaria,attorno attorno à modo di ruota,cr difiintc per ordinati intemalli. I fio ri, li cjuali ñafio• no attaccati àfittile picciuolo nellafommità del fu fiofin o flmili al giglio,ma molto piu piccioli, c r ritorti indie» tro, di colore pauonazzo,punteggiati di roffo, odoriferi, cr ai occhio utñofi . Q nella fietie adunque di Giglio chiamato Martagón,vuole il Euckflo in quel fio grande herbario,che fia fAmphoditto f emina- Ma baucndolo vedu­ to mutare opinione nel fio herbario picciolo,non ¿ hora piu bi fogno d ammonirnelo. Scriffi de i Gigli Gale» Gigli strini da ¿ a l . no al vr 1. dellefaculta de ifemplici, cofi dicendo. Il fiore del Giglio è compofio di miña temperatura : cr impe­ to ha egli parte ¡fuña ejfenza fittile, c r parte duna terrena,dalla quale ñafie l'amaritudine,che uifì troua co’l gu* fio , c r parte duna acquofa temperata. La onde l'olio,che fi fa di quefio fiore, digerífie »cr mollifica fenza mordi* 4o care : c r però è egli conuenientifiimo alle durezze della madrice. Oltre à ciò le r adici,cr lefiondi trite per fe f ie ­ le . diffeccano,adergono, c r digerifeono moderatamente ; er imperò conferifiono atte cotture del fuoco. al che f i contitene la radice prima irrottiti,*? pofeia trita,et incorporata con olio rofaio,ufándola fino ckcfifaldi la piaga. P t E’ ucr¿mente


44#

Difcoriì del MatdaioJi M ARTAGO

Nomi*

E neramente queflo conueniente medicamento a tutte {altre ulcere del corpo, per farle faldarc, er indurici la pelle. Molli fica appreffoà queflo lamadfice, e? prouocai meftrui. d u ­ cono alcuni le fiondi, zrimpìaftranle per farfaldarc,zr rico priredi pelle nonfidamente le cotture delfuoco-,ma tutte lai* tre piaghe. Altri leferbano condite nell'acito per poterle poi ficiaufiare alfuo tempo in fu le ferite . E nella radice piu focali tà afterfìtta,che non è nelle fronàè.quantunque anchora in quel la non ne fia molta, comehabbiamo detto , per effiere(blamente afìerflua nel primo ordine. Et imperò quando uogliamo after= so gere le uolatiche, la rogna, tulcere, del capo che menano, &altri filmili impedimenti, ¡’incorporiamo con alcuni altri medi* contenti piu fòrte afierfiui,cornee il mele: il quale quando uifi meficola moderatamente, confirifice alle duiijìoni de i nerui, & uniuerfalmenteà tutte quelle cofie, che hanno bifogno iefjhre diseccate fienza mordacità alcuna.Mettemmo noi alcune ¡tolte infim e il ficco dellefirondi con aceto, er mel cotto, mettendo però cinque parti piu difiucco di ciaficuno dìamenduegli altri li quori : sfacem m o eccellentifim o medicamento, ouefu bifo= gno di difjcccarefenza mordacità, come interuiene in tuttcle ia ferite grandi,& mafiime in quelle,che fono ne i capi dei mufeo li>Cf quelle anchora,chefi sho molto molli,antiche,ey malage* Voli daSfidare. Chiamano il Giglio i Greci,Kpjw, a-^pior: i Latini, Lilium :gli Krabi, Sufien : i Tcdefiihi,Lilgen,zr GiU gentU'Spagnoli,Azucena,zrLirio bianco:iFrancefì,lis,

D el Ballote.

BALLOTE.

Cap. C X I .

I l b a l l o t e , il qualchiamano alcuni marrobio nero, produce piu fulli da una fola radice,quadrati, ne- jo r i, & peloletti. Ha Jcfrondi maggiori del marrobio, J ruuide,& alquanto l’una dall’altra diflanti, quali riton* de,nere,di noipfo odore,& limili all’apiaftro; & impe­ rò lo chiamarono alcuni apialtro. Tutti i Tuoi bianchi fiori circondano come ruota per diftinti interualli il fu ilo per in torn o. E la virtù lua vaio fola contra ài mor fi de i cani.quado ui s’impiailrano le frondi inficinecó fiale. Fannofi sbalire le rrondi in fu la cenere calda, per ripercuotere Iepofteroe del ledere : & purgano infiemc con melelulcerefiordide. ^

Ballote

Ballote feri toVfa Paulo

Nomi.

N a s c e il Ballote, onero Marrobio nero,il quale per lo fiuofiiaccuole odore chiamano ancora alcuni Marrobio fetido, in fu gli argini de i campi,& per le publiclie firade, tàtofinule alla nwli)fa,oueranmn apiaftro,cl>efi ilfuo fètido odore nolo manififiaffi all’odorato,jfieffio ingannarebbe l'occhio infiarfi ri cogliere in ifeambio diqueÓo.ln Italia ¿pertutto notifiimo,et chiamafi da chi Marrobiaftro, c r da chi Marrobio bastardo . Scriffiene Paolo Egineta( quantunquefielo tacejfie Galeno )al v 1 1 .libro,cofiditédo.U Ballote,il qual chiamano alcuni Mar 50 robio nero,è acuto,zr atierfiuo.lmpiaftrato cofiale medica ài morii de i cani rabbio/ì. Chiamano i Greci il Ballote, B*aaì7», c r Mi h<msrpcttrtoii •j Latini,Marrubium nigrum,zr Marrttbia ilrum: i Tedefcbi,Schuuartz aniorn :li Spagnoli,Marroio ne grò : i FrancefifMarrubinnoir.

D e l Meliflophillo,ouero Apialtro. Cap. C X I I . 60 I l m e l i s s o p h i l l o , oucro melittena.cio è apia Uro,s’ha ufiurpato quello nome, p dilettarli le api della

fu»


449

Nel terzo lib.diDiofcoride.

fuaherba.lfufti,& le frondi larebbono limili al ballo» te.del quale habbiatno detto poco di fopra,fe nò iurtero maggiori,piu fottili,& manco pelofe: hanno odore di pomo cedro.Le frondi beuuce con uino, oueramen te impiaftrate, giouano à i morii di quei ragni, che fi chiamano phalangi,& parimente alle piìturede gli feor pioni, & à i morfi dei cani. Alchcgiouaanchora il fumentarfi con la loro decottione:è buona medefimame te per fami lèder dentro le donne, che non fi purgano, gioua iauandofene la boccaà i dolori de i denti: & faniene crifteri per la difenteria. Le frondi bcuute infierne con nitro giouano alle prefocationi de i fonghi malefi chi,& à i dolori delle budella:dannofi in lettouario àgli afmatici.Impiaftrate in fu le fcrofole con fiale le riloluo no.Mondificano l’ulcere, & meffe in fu le giunture nc leuanoi dolori.

C h i a m a s i uolgarméteinTofcattaFApiaflrodall’odor del cedro,di cuirifora, Cedronella, et parimente Melif)a,come fi chiama anchora in Lombardia. E pianta uolgarifima, et di buono odore. Ediduefpctie domeftica ciò è , ey'faluatica. Quantunque il Tuchjìo famofo medico de i tempi noñri dica ef fere la Mdiffa di treJfictic nelfuo ultimo libro delle compofìtio ni de i medicamenti. Ma volentieri intenderei da luì, perche caufa connumerare egli le prime due fotie tra la mdiffa,fe(co me dice eglì)hanno odore puzzolente,come di cimici,douendb effere lameliffa odorata <fodore di cedro,come fcriue D iofeori detenuta da i medici dell’Arabica fetta molto ualorofa(quan* tunejuefelo taceffero i Greci)neUe pafioni del cuore. Et impe rò Strapiene cojì nefcriffc.La proprietà della Meliffa è di rallegrare l’animo.Ccnfertf;e àgli ftomachifrigidi, e r burnì* di : fa digerire,apre Ìoppilationi del cerueü 0,07gioua à quelle debolezze di cuore,che impedirono ilfonno. Ri* moue il batticuore,le falfe foUecitudini,imaginationi,cr fantafle,che caufano gli humori malincolici,cr la flemma adufla. Il che conftmauaAuiccnna nel fuo libro delle fòrze del cuore, quando coft diceua. La Melifla è calda , ey fecca nel fecondo ordine. Ha proprietà mirabile di rallegrare,ey di confortare il cuorr.al che l'aitano la arornati* cità,ftittickà,v fottigliezZA aperitiua,chefi ritrovano in effa. con le quali qualità confèrifce ella anchora à tutte le uifeere. Ha uirt'u leggiermente folutiua;ma tanta però che baña per foluere da gli fo r it i, er dal fatigue, che è nel cuore, i vapori malincolici. Il che non puòfare ella ne gli altri membri,ne manco in tutto'l corpo. Scrijjene Galeno al v 1 1 . dellefaculta de ifemplici, cofldicendo.il MelifjophiUo è nellefaculta fue fìmile almarrobio,quan tunquefla men ualorofotey però ninno l’adopera.perciochefupercbio farebbe l'ufo del Meliflophillo, battendo al* le mani il marrobio,del quale per tutto il mondo gran copia fi ritrova. Ma ueramentefe perforte nonfi potefle ha* vere marrobio,fi può certamente ufare,pur che la qualità aggiunga à quel piu,che di valore è nel marrobio.Per la quale dottrina fi ttede eflere fiate occulte à Galeno,er à gli altri Greci le buone parti, che gli aflegnano gli Arabi : per le quali è eUà in tai cafì molto frequentata da i medici,che per ualenti prattici fi tengono. Chiamano i Greci la Meliffa,MtAtaaóipohKor. j Latini,MclifiophyUum,cr Apiaftrum : gli Arabi, Bedcrangie, Bedarungi, Bederen* Zegum,Turungcn,Trungian,cr Marmatomi Tedcfcbi,Melifien,Cr Binenkrauf.li Spagnoli,Torongil,Hierua cidre rati Francefl, Mdtffc,(y Pom cìrade,

D d M a rro b io .

Cap.

CXIII.

I l m a r r o b i o è una pianta fu dalla radice ramofa,biancheggiante,& pelofietta.Producei fufii quadratale frondi d’un pollice,ritonde,pelofe,ruuide,crefpe,& amare.Produce il fieme fu per i! furto compartito da piu interualli :e’l fior parimente à modo di ruota,ruuido.Nafceappreflo àgli edifici) nelle ruine,& ne i calcinacci.Danfi le fue fròdi fecche infierne co’l fieme,cotte nell’acqua, oueraméte il fucco delle uerdi infierne con mele,àgli ftretti di petto , alla to(Te,à i thifici. Caua tolto infierne có iride fecca la flemmagrorta dal petto.dalsi alle donne di parto,che non fi purgano,per prouocare 1<? ro imeftrui,& le fecondine:& parimente à quelle,che non pofiono p artorirei coloro,che hauelfero beuuti i ueleni,ouero che fullero morduti dalle ferpi,nuocono alla uefcica,& alle reni. Le fue frondi s’impjaftrano in fu le ulcere fordide per mondificarle:fermano i pterigi delle dita,& l’ulcere,che cor­ rodono la carne:mitigano i dolori del coftato.V aleà tutte quelite cofeil fucco fpremuto dalle fròdi io pelle,& pofeia lecco al foIe.RifchiaraJqucfto unto con mele,& uino la uifta: & melfo nel nafo uale à trabocco di fiele.piftillafi per fe folo,ouero con olio rolado,per li dolori nell’orecchie. P

j

E

IL

Apiaftro , & fua eflàtn.

Melifla fa it­ eada gli Ara­ bi.

Melifla fa it­ ea da Gal.

Nomi -


4

)o

M arrobio, & Tua tifali).

Diicorfi del Mattinoli MARROBIO.

_.VM

m

Marrobio fcritco da Gar leno.

Si

¡Komi.

t'

E I L M A R R O E I O notifiimipiatiti,® Holgare ìli Itd* lia . del (¡tuie al 1 1 .capo delv i • libro dcll'hiftoria delle piunte afegnò Theopbrafto due fie tie , cofi dicendo. Il Marrobio è di due fietie. l'uno de i quali ha uerdifi ondi, ® pi« attorno intagliateci quale hanno in tifo coloro , chefanno gli unguenti odoriferi:®- l’altro,che fa lefiondi piu tonde, ® non cofi in­ tagliate,aflore, c r ruuide. Il che dimostra, d e intendere egli per quefia ultima¡fede quello,che nel capitolo precedente chta mò Diofcoride Ballote. Scrifje del Marrobio Galeno av­ v i l i .dellefaculta de i [empiici,cofi dicendo. Il Marrobio co me è egli amaro,cofi ufándolo alcuno lo ritratta pojfedere con= ueniente operatione à tal fapore : imperoche libera il fégato , e r la milza dalle oppilationi,er mondtfica il petto, e’I polmo* ne, er prouoca i mcslrui. impialhato difuori mondifìca, ® digerifee . Pongalo adunque ciafcuno calido nel fine delfreon, do ordine,®-fecco nel mezo,onero nell’ultimo del terzo. Vfaf i il fuo fic co incorporato con mele per quelle cofe, che a f u­ fe ano la uifla. Tirato fu per il nafo purga il trabocco di fiele : er mettefi nell'orecchie per li uecchi dolori di quelle,® per a-* prire i meati, che offendo oppilati impedifeono ludire. Chiamano i Greci il Marrobio,Tip¡¿?fov ; jf Latini, Mairubiìt: gli Arabi,Parafo,® FrafiumU TedefchÌ,Andorn,® Lungcn* krauf.li Spagnoli, Marruio:i Francefi,Marrubio.

D ello Stachi, -

-V.-

« STACHI.

5rachi, & fu* cifam.

F.rrore{di

Plinto.

Stachi ferita to da G al.

L o s t a c h i è una pianta limile al marrobio >ma piu lunga.Produce aiTai frondi,pelofe,rade,dure, biam cheggianti,di buono odore:& molte uerghc,che cleo­ no da una fola radice, piu bianche di quelle del marros b io .N afcen eim on tb & in lu og h iafp ri. Ha uirtù ca­ lida,& acuta.& imperò la d ecozion e delle fròdi beuuta prouoca im eftrui,& le fecondine. L o s t a c h i nafce abondantifiimo per tutta [Italia,® del tutto corriffondente alle note, che gli ajfegna Diofcoride. imperoche crcfce con affai targhe.quadrangolari, tutte pro­ cedenti da unafola radice,piu pelofe,piu bianche, ® piu lughc di quelle del marrobio:fi per le qualifono lefrodi pelofe, rade, dure,biancheggianti,alquanto lunghette,® di buono odore. Produce i fiori,che nel bianco roffeggiano,® il feme perdiflin ^ ti interuaìli appreffo allefiondi f i per li fufti, comefa proprio il marrobio.Per le cui note nonfaprei affermare io altro, fe non che fia qucflo il uero Stachi ; ® infimamente ritrouandouijl co'lgufto acutezza,® amaritudine,come dice Galeno, Scriffr Plinio al x v .capo del x x i 111 .libro, che lo Stachi produceuafiondi fimili al porro,ingannato dalla fìmilitudine de i noci boli G reci. imperoche prafoit lignifica il pooro, ® prafion il marrobio. Lafcionne memoria Galeno a liv i n . dellefacul tà de ifcmplici,coft dicendo. Lo Stachi piantaflmile al marron bio è al guflo acuto,® amaro:® è di quelle cofe, che frullano nel terzo ordine,Et però ragioneuolment e prouoca egli ime« {b u i, fa fconciare, ® tira lefcco ¡dine. Chiamano i Greci b stachi, STctgyi ; i Latini, Stachys.

Della Phillitide, Nomi.

Cap. C X illI ,

Cap.

CXX.

L a p h i l l i t i d e produce le frondi di rombice,m ap iu lunghe , & piu uerdi: le quali fonofeiouer fette,diritte,di (opra lifeie, ma di fotto hanno certi fegni,com e pendenti uermicelli.Nafce in luoghi ombro fi,& ne i luoghi opachi de gli horti, è d’acerbo fapore. N on


Nel terzo lib.di Dioicoride. P H IL L IT ID E .

4) i

N o n fa fu ito , ne fiore, ne Teme . Le frondi beuute nel nino fono contrarie ai morii delle fcrpimel che aitano gli animali quadrupedi,dandofegli a bere.Giouano be uute a i flufsi del corpo,& alla diìénteria. Phillitide, &

C h i rf. n diligentementecfiamina le note datedaDio* fua eilini.

io

io

50

40

feoride alla PhiUitide, non può jc non confiffàx, che fi a ella quella pianti chiamata uolgarmente Lingua certiina, (X po'3 lietamente Scolopendra, peruerfanunte dico iperctoche la ih * «=* §$■ Wra Scolopendra, come fi.dirà alJ'uo proprio luogo nel medefi* ~~ mo libro,è quella, che fi dimanda da ¿Greci affieno, ex cetrach dagli Arabici.Sfòrzanc adunque a crederebbe Jia la Phdhrtde la LingUiccrutnaM ucdcre noi manififtamentc nafeere ella per il piu in luoghi ombro/i, opachi, er burnìdi : l'hauere le frondi maggiori,piu lunghe, er piu uerdi della rombice, diritte, del tutto lifeie dalli parte di f opra : er il uederfi nel loro riuerfeio, c he uerfo terra rimira, certi rileuati lineamenti tranfuerfali di rofiigno colore, fìntili apiccioli ucrmicclli, come ferine Dio* feoride. Oltre a ciò aumenta la credenza, che cojl(ìa,ilritro uaruifi manififia acerbità nel gujlarla : ex il non produrre ella fuflo, ne fiore,ite fi-utto in tempo alcuno. Et fe benfi rit renano d’effa affai piante,che in un cefpuglio hanno piu che cinquanta, ò fefiantafrondi contra allafcrittura di Diofcoride, la quale di ce hauerne fei, ouer fette per pianta ; quefio non però conclude contra di noi . Percioche (come piu uolte l’ejferienzanha mo* ftrato ) cauandofl di terra tutto il cefpuglio manififtamentc fi uede procedere le moltefiondi f :puramente da piu, er diuerfe radici : le quali [epurate l’ulta dall'altra non hanno neramente piu che fe i,ò fette fòglie per una. Il che fi concorda benifimo con Diofcoride. Et imperò parmi,che non poco s’ingannino J' il Manardo da Ferrara, il Leoniceno, cr il Ruettiohuomini ue rumente confiimati nelle buone lettere di medicina, c r dopo loro nuouamentc il Fuchfìo, in crcderfì cofìfacilmente, che non ¡la la uolgare Lingua ceruina la Phillitide ; ma quella, che non molto qui di [ottonominò Diofcoride He* mionite. P ercioche quantunque quefto non produca fiufto, fiore, ne feme : produce però le frondi ftmili a quel* le della dragontea, le quali fece Diofcoride ftmili aqucUe dcll’bedera ( quantunque grandi) lunate, cr ritorte, come fi ueggono nella nera Hemionite nuouamente ritrouata. Ma di ciò potrebbe agcuolmente cfiere fiato cagione l’hauere eglino piu riguardato aU’operationi, che fono in bocca del uulgo,cio c che ¡a Lingua ceruina fia medicina della milza, che a i lineamenti,cr allefembianzefu e.ll che quantunque poffa agcuolmente fare l'Hemiomte; fi dimo fira però, che la PhiUitide non medica in modo alcuno la milza. Ma ( come diffe Galeno infegnato da Diofeoride,all’ v i 1 1 . delle[acuità defempiici) per efi'ere acerba rifiagna ella nonfetiza ragione iflufii Immorali del corpo, ex parimente la difenteria. Chiamano i Greci la PhiUite, ?wAA/V/V;t Latini,Phyllitis : i Tedefcbi,Hirtz zunge/i: li Spagmoli, Ltngoa ceruina : i Francefì, Lang de cerf.

Del Phalangio.

Cap.

Errore del Manardo,4el Leoniceno, del lUielho , & del Fucl).

Phillitide icritta daG a leno.

Nomi.

C X VI.

C h i a m a n o alcuni il Phalangio,phalangite,& altri lo chiamano leucacantha.Produce due,ouer tre,ouer piu rami,fparti in diuerfe uie.il fiore è bianco, fimile al giglio,m olto intagliato. Ha il feme nero,largo, fimilea una mezalenticchia, ma m olto piufottile. Produce la radice picciola, fiottile, & uerde di colore-mentrc che fi caua di terra:& come è cauata fi ritira, & rientra in fe ftefla. nafice nelle 50 colline.Le fue frondi,il feme,& parimente i fiori beuuti con uino, aitano i trafitti da gli feorpioni, & fimilmente da quei ragni, che fi chiamano phalangi:& leuano i dolori delle budella. S c r i s s e Plinio a x i i . capitoli d e l x x v n . libro del Phalangio tutto quello, chequi fe ne legge da Dio- pju i1n ¡Q & feoride, con quefte parole. Il Phalangite chiamano alcuni phalanghio, onero leuacacantka. Non produce meno fin sitane 3 di due rami,che fi allargano in uarij modi. Produce il fior bianco, fimile al giglio , rofio, ex il feme nero, come una lenticchia sfiffa per mezo, ma molto piu fottile. Ha la radice uerde. Le fòglie, i fiori, e’Ifeme giouano a t trafit* ti dagli feorpioni, da i phalangi, ex dai ferpenti:ex uagliono parimente contra i dolori delle budella. Tutto queà fio del Phalangio fcriffe Plinio, togliendolo quafidi parola in parola da Diofcoride. Oltre a ciò quantunque/le* no alcuni,che dimofirano per il phalangio alcune piante ritrouate da loro ; io neramente non pofio fe non affermare 60 di nonhaucr mai ueduto pianta alcuna,che leggitimamente fi glirafiòmigli.quantunque no uoglia però negare, che i nonpoffa egli nafeere in Italia . Senfiò del phalangio Galeno all’v 1 1 1 . delle facuità de i[empiici, coft dicendo. E il phalangite coft chiamato,per aitare egli a coloro, che fono morduti da i phalangi. E compofto difettili par* icno.


4)2 T R IF O G L IO

DifcorfidelMatthioli A $P H A E T I L E ,

Nomi.

t i .c r dìffecatiue, & però gioita 4 (¡urlìi, che patifcono dolo* ri nelle budelli. Chiamano i Greci il ?hdangi0,

i Latini, VkxUngium.

Del Trifoglio.

I ■ ■ -'■ a:

T R IF O G L IO D E P R A T I.

Cap. CXVII.

t r i f o g l i o , il qual chiamano i Greci triphillon, oxitriphillon,altri meniatbcs, & altri lo chiamano' alpbaltio,& alcuni cnicio, è una piata, che crefce fopra l’altezza d’un gom bito.con furti Tortili,neri,& limilia i giunchi : donde nafcono alcuni pendenti picciuoli, da ciafcun de i quali nafcono tre fròdi limili al loto herba. Hanno quelle,quando fono nate di poco,odore di rul tarma come fon ben crefciute,odore di bitume.Produ ce il fiore porporeo.e’JTeme alquanto largo, & pelofo, da una banda lungo, con un cornetto in fuorùla radice fua è fiottile, lunga ,& dura. Giouano il feme, &Ie frondi beuute nell’acqua a i pleuritici, all’orina ritenua ta ,’al mal caduco, & a i principii dell’hidropifia, & alle dóne chefon difettofe del mal di madrice.'prouocano :o i mcftrui, danfi del feme tre dràme, & delle frondi quat tro. Le frondi trite, & beuute con aceto m elato, fon cótrarie a i morii de i ferpenti. D icono alcuni,che lade cottione di tutta la pianta, delle radici, & delle frondi applicata per fomento,t oglie uia i dolori a coloro,che fono ftati morduti dalle ferpi. ma fe con quella acqua medefima, che lia alcuno flato liberato, fi fomen­ ta pofeia alcun altro, chehabbiaqualche ulcera, di=* uenta coli come fe fulfe anchor egli morduto dalle ferpi. Dieronne alcuni tre frondi, ouer tre grani di 5°

T R IF O G L . D E P R A T I S E C O N D O .


Nel terzo lib. diDiofcoride

4.)}

fertic àibere con uino nelle febbri terzane, & quattro nelle quartane, come cofe darifoluerc i circui­ ti . La radice fi mette ne gli antidotti. Q V A NT v N Qjv E ne i prati,ne ì giardini ,c r quafì in ogni altro luogo d”Italia fi ritrouino uarie forti di trifògli notifiimi 4 ciafcuno ; nondimeno non trattò di quefti altrimenti in quefto capitolo Dioftoride,mafclamen* te di quello,ehe per hauere odore iafpha!to,cio è bitume,fi chiama A g a llile. delquale fcriffe parimente Galeno. m nonperò per quefto è da penfare, che gli altri Trifògli, che nafcono per i prati, fusero incogniti a Diofcori* de. I mperoche ritrouo batternefatto egli mentione nel quarto libro, difcriuendo il lotofaluatico, con qucflc pa* rote • Il Loto faluatico nafce copioftftimo in Libiamotifufto alto due gombiti, cr ftejfo maggiore,con molte con* 10 cauità d a li. cr confondi fìmili al Trifòglio de i prati. Dalle quali parole fi conofcè quanto erri il Gefnerò'nelfuo libro degli animali, udendo egli che il Trifòglio de pratifìa il L oto. D i trefpetie di Trifògli fcriffe Plinio al 1 x . cap.del x x i . libro,cofi dicendo. li Trifòglio è di tre fo r ti. i Greci lo chiamano minianthes, cr altri affihaltion, di maggiori fiondi :il quale ufano coloro, chefanno le ghirlande. 1/fecondo produce le fiondi acute, cr imperò è chiamato oxitriphiUon ,cio è Trifoglio acuto. Il terzo è molto piu minuto di tutti quefti. Scriffene una fpetie d’acuto Scribonio Largo, in quello modo dicendo. N afte il Trifòglio acuto copioftfiimo in Sicilia t e r non l’ho mai ueduto in Italia ,fe non nel porto di Luni,quando con Cefare andauamo in Bretagna,doue affaifiimo riera per il circuito di quei monti. Ha quello le fiondi di numero, cr di fpetie filmili ad altro trifòglio, eccetto che fono piu graffe pelofe comefe hauefferofopra di loro una lanugine, cr nedefrema lor partefono cofi appuntate co» me unafpina. Il fufto è alto due piedi, c r qualche uolta maggiore. Rejpira tutta la pianta di grane odore, delle 5 # # c0Ie ntunafe ne ritroua in quella de i prati. Oltre à ciò ne habbiamo una altra fpetie in Italia d’acetofo, con fiondi diforma di cuore, a ciafcuno parimente notiftimo, il qual chiamano'gli fpetiali uolgarmente Alleluia, cr altri chi Trifòglio acetofo, c r chi Pan cucolo. Stimaft,chefila quefto medefimo quello,che ì x n . cap.del x x v u . lib.chiama Plinio Qxis,cofì dicendo. L O xisbatre fiondi. dafiiai nomiti negli ftomachi diffidati: c r mangiatilo t r if o g l io

a c e t o so

.

Trifoglio, & fua elfam.

Trifoglio a» cuto ferite da Scribón.

Trifoglio acetofo.

T R IF O G L IO O

parimente coloro, che hanno le rotture interinali. llTrifòglio^he nafce ne i prati, in Italia è di trefpetie. il pria tno fa le fiondi tonde,cr grandi : il fecondo le fa lunghette : c r il terzo pur ritonde, ma picciole. Sono differenti anchora nel fiore : percioehe Cuno lo fa bianco ,Ìaltro rofjo porporeggiarne, c r l'altro giallo. Predice il Trifi* ^ g lio de i prati ( comefcriue Plinio ) la tempefta, percioehe tutto t'arruffa. Ma pofcia,che fìarno a dire del Trijò* • glio, non mi par, chefìa in modo alcuno da tacere quella pianta, che per produrre le fue fiondi diuìfe in tre pun* »fi chiama uolgarmente t r i n i t à s . Nafte quefta per il piu in luoghi humidi tragli fterpi, cr in luoghi Trinius, * opachi : confiondi grandi, come quelle del Pan porcino, ma fono ( come s’c detto ) compartite in tre parti, cra t* fua hiftona.

■ "•v*

.

taccate


4)'4

Difcorfi del Matthioli

(accette à lunghi picciuoli,che procedono dalle radici loro.So» no il piu delle uolte uerjo terrari colore porporeo fcuro, come ¿propriamente il Panporcino,cr di Copra in piu luoghi maco• late di bianco, Produce nel principio di primauera f òpra a fot t il fitto ilfiore di colore celefle, Ha molte, e 7 minutifiinte ra­ dici , che nelroffo nereggiano. Quctta(nonfo da che ragione moffo) connumerò trai’Epatiche Othone Brunfelfto Tedefco pel i .libro delfuo herbario. Non ne ritrouo dagli antichi tan (o Greci, quanto Arabici menttone alcuna, quantunquefu ella da i moderni molto {limata perfaldate le ferite,et molto piu per io fanare le rotture interinali,chefeendono nelle borfe de i tetti* coli, dandone ogni mattina in poluere mezo cucchia.ro con ni­ noflittico. Ma per ritornare al Trifòglio ufuale,cr comma* ne, errano manifeflamente coloro, che fi credono, che l'AnJacoca degli Arabici fia il Trifòglio : impcroche, come dimofira Serapione, none altro, che il loto Egtttiofin ito da Diofcoride nel m ì.libro.del cuiJemefìfa quello olio lodato dagli Arabici nelle infirmiti de i nerui, er nufime nel tremore, chia­ mato olio dìAndacoca. il qualefi penfano alcuni ingannandofi, \ che f i faccia delfeme del nofiro Trifòglio uolgare, Scriffe del io JTrifòglio Galeno attivi 11 .dellefacuità defemplici.ccfì dicen­ do. Chiamano il Trifòglio alcuni afphaltio, alcuni oxiphiUo, alcuni minidtbe, er alcuni cuicio. I primi tre nomifono da gli accidenti di quefta herba;magli altri due nonfo io donde deri­ vino. La uirtù della pianta è calda, er fécca nel terzo ordine , come quella del bitume, al quale e egli fimile all’odore. Et im­ però beuuta gioua a i dolori del co]tato,chefono per oppilaiio* ne: & prouoca i mefiruuzr l’orma. Oltre à ciò è da ucderc fe Galeno nellefacultà delTrifoglio habbia bene intefo Diofco ride. Imperochefrinendone egli fhrauagantemente nel libro }o della theriacaà Fifone,doue fa meraione di piu medicamenti, in cui firitrouanofacultà del tutto contrarie: Il Trifòglio hiacinthino (diceua) nel tempo, che partorire nella pri* matterà,^ che già ha prodotto il femefimile al cnicofaluatico,cuocendoli affai, er applicandoli pofeia per dadi fomento a i morfi delpbalangio, oueramente della uipera, gli fana, er leuane[libito i dolori. Al a mettendofi la me* deftma fonientatione in qualfiuoglia membro Ìhuominifuni, er non flati mordutigli induce i medefìmi accidenti, Cr i medefìmi dolori, che patifeono coloro, che fono flati morduti. di modo che pareefjere queflacofa ueramente ntiracolofa,fanando un'herba medefima i morfi uelenofi,cr caufando ella per il contrario i medefìmi accidenti nelle perfettefané, che fanno i morfi di quellefiere, Quello tutto diffe Galeno. Il che neramente à chi bene intende Diojcpride non pare quefta cofa altrimenti miraco\afa, ma del tutto naturale. Perciocke dice Diofcoride, che non ogni decotrione di Trifòglio fa quello ; mafittamente quella, con cui già fia flato da uelenofi morfi liberato alcuno, 40 quando ella s applica à qualf i uogli altro, che nonflamorduto, il quale habbia ulcerate quelle membra, à cui dia s applica. Il cheappreffo di me nonfa ffetie di miracolo alcuno :percioche tirando la decotttone del Trifòglio afe tl ueleno de morfi, er mcfcolandofl con effo, diuenta infallantemente uelenofa. onde non è marauiglia, fe applica­ ta pofeia quefta iflefft ad alcuno nonmorduto in parte doue la carnefia ulcerata, intrando il ueleno nettulcere, er mefcolandofi co'l [angue, caufl poi gli accidenti. er i dolori iftefìi di quei morfi, E t cofi è matìifetta cofa,che il ue­ leno tirato datt'herba , c r non l'herba medefimafaccia tal effetto. Che fia oltre à ciò cofa certa ,che il ueleno, che fi tira da morfi uelenofi, poffa toccando qualche luogo ulcerato negli buomini allenarli , lo dimoiano non pochi unto Greci,quanto Arabici autori. Imperochefornendo effere ottimo rimedio per cauare il ueleno de morfi ilfuc colarli con bocca, auertifeono molto bene,che chifuc chignon habbia la bocca ulcerata : accioche il ueleno, che fuggono, non ghamazzi ■ E t quellefono le ragioni, che mi muouono à dire,che Galeno in queflo luogo non h*b- 59 inteJ ° Eio/cori'tfe. Benchéfono alcuni, i quali per difender Galeno, dicono,cr affermano.che il libro del*

/T R IN IT À ?,

Srrore di

«iuau

Trifoglio ferino da Ga

lene»

Opinione dì Galeno non a c c e tta ta ,

* P • !t on^d^! Galeno: crloprpuano con affai buone,cr efficaci ragioni,comegià mi dimojlrò tee* ceUcntiJSmo M,Giulio Aleffandrino medicoper lefue rare partner uirtù del Sereniamo Ferdinando Re de Romani. Nomi,

D al cui maturo,^ ragionatole giuditio non mi poffo neramente partire. Chiamano i Greci il Trfoglio ,T fi t Latini, Tnfòhum : 1 Tedefchi, Euyfenklce : li Spagnoli, Treuol.

D el Polio,

Cap,

CXVIII,

I t f o n o è dj due fpetie. Il montano,il qual fi chiama teuchrio,& che s’ufa, cuna pianta fotti e,bianca,alta una fpanna,tutta piena di fernet nella cui fommità è un b o tto n e, che fi railembraà una ¿4 certa fpetie di corim bi,picciolo, & fimile à capegli canuti dell’huomo,di grane odore, ma non però enza qualche loauita. L altro, il quale è piu folto di rami,non è cofi ualorofo d’odore, ne di uirtù. .

La decot*


Nel terzo liti, di Diofcoride. Ladecottione del bollito gioua à i morfi dellefcrpi,àgli hidropici.àtrabocco difielc,& conace­ toàidilettofi di milza:nuoce alloftomaco,fa doler latettalaandar del corpo, &pro'uocai nielirui. Sparib,&fumenrato caccia uialeferpi. impiaftratofaldaleferite.

Sono alcunifrettali, che tifino per il Polio una certa herba,che produce affai,s f o t t i l i fufli.quafifinali al p ,■ lino,tutta carica di un ritondofememoti s'accorgendo,che'l uero Polio produce lutile cime de ifutti un bottone tut- i l ' y to canuto. Il uero dell'una e r delialtra fretie itafce in piu luoghi cCItalia. Il primo chiamano gli herbarij dcluolgo 31 lua mofeada. Da cui non è molto differente il fecondo,quantunque labbia egli le foglie piu larghette, er all’intor­ 4° no dentate,erfìa molto meno odorato. Q uefio nidi io la prima uolta nell’amenifim o horto delieccellentifimo me• dico M . Mapbeo de Mapbei. Scriffene Plinio al v i i . capo d e l x x i . libro, togliendo la prima parte ddl'b&oria dal xxi . capitola del 1 x . libro di Tbeophrafto, cofì dicendo. Eil Polio herba gloriofa apprejjo i Greci, per bar uer predicato Hejiodo, er Mufeo, ch’ella (ìa utile a tutte le cofe, er mafime afare acquifare fama, degniti, er bonore. Oltre i ciò c marauigliofada rimirare, imperoebe le fraudi la mattinafono bianche,da mezo di porporee, er cerulee nel tramontar del Sole. Nefono di due fretie : campeftre ciò c,il quale è maggiore : erfaluatico,il qua le ¿minore. Chiantanlo alcuni teuthrio. Nel ch e f conofce confóndere egli ilTripolio ferino da Diofcoride nel quarto libro, con il Polio . percioche il Tripolio è quello , che tre uolte il di muta colore, er non il Polio , er /e* fefoTd/'pil^ condo Diofcoride lo muta nel fiore : er non nellef rondi, come fcriue Plinio , corrompendone doppiamente l’kifto* -1 ria. Oltre a ciò nonfono le fòglie del Polio fumili a i capelli canuti dell’buomo, ma i capitelli defio ri. nel che er* <■ ' io 1 rafìmilmente egli una altra uolta. Scriffe del Polio Galeno alTvii 1 . delle faciliti de i [empiici, cofi dicendo. r> ]■ r ■ Eil Polio amaro al gufto, er alquanto acuto. er però libera dalle oppilationi tutte le uifeere : er prouoca i me* di Gal. Cm° fir n , er l’orina. Salda uerde le firite grandi, er mafime quella[fette piu fólta, er maggiore. llfecco fana ira*, piafirato l'ulcere maligne. llcbcfamaggiormenteilminore .il quale ufiamodimettere ancliora negli antidotif percioche queflo è piu aratro, er piu acuto del maggiore, di modo chefi può metter diffeccatiuo nel terzo ordine i er caldo nellafine delfecondo. Chiamano i Greci il Polio n ù a » •i ju tin i , Polium : gli Arabi, Cabale, U h i* de, er Giade. ‘Nomi.

Dello Scordio.

Cap:

CXIX.


4 JÉ>

DifcorfidelM atthioli S C O R D IO .

Scordio, & fu a edam. p r r o r * d e g li

Arabi.

Scordi# otti ino.'

Scordio fèrie coda Gal.

Alliaria.&

foahiftor.

frefea cotta,& parimente fccca con vino contra g|| 1Ue lenati morii delle ferpi;& lìmilmentecon acqua melata fe ne beuono due dramme contra à i rodiméti dello ilo m aco, contra la difenteria,& l’orina ritenuta ; caua dal petto le materie groflc,& marcidc. La poluere della fec ca incorporata à modo {li lettouario con nalturtio,me l e , & ragia, gioua alla tofle vecchia, alle rotture,& à gli fpafimi : & incorporata con cera mitiga i precordi], che fono di lungo tempo infiammati. Impiaftrafi cóue nientemente in fu le podagre có aceto torte, oucro có *9 acqua. Applicata proupea i mcltrui;falda le ferite,mon difica l’ulcere vecchie,& mefehiata con mele le cotifo. lida. La fecca leua via tutte le crefcenze della carne. Bc uefi il fuo fucco per tutti quelli difetti. Il primo in bon tà, & de gli altri piu valorofo fcordio,è quello di Pon­ t o ^ parimente di Candia,

N o n r gran tempo, che'l uero Scordio s’ c cominciato ì ritrouare, er conofeere in Italia. Imperoche aitanti toglieva ciafcuno per lo Scordio ¡feguitandogli errori degli Arabi, c r l o mafi ime d’Avicenna, Fagliofaluatico chiamato da Diofcoride ophioficorodon, ciò ¿ aglioferpentitto. Nel che ¡ ’ingannavano per la conformità de i uocaboli,non accorgendofi, che Scordon che uuol dire aglio , er Scordion non erano una medejìma cofa. Diede cagione d’errare pofeia à i medici de i tempi paffati Avi cenna, oueramente f interprete,per hauer meffo in una deferii« tionc di theriaca lo Scordion, er nell’altra l’aglio faluatico . Pcrcioche ritrouandoui i medici l’aglio faluatico euidentemete ferino, f i penfirono, che non altro fuffe lo Scordio, che era meffo nell’altra theriaca, che l’agliofaluatico,uedendo maniji» 30 fornente, che A uicenna dichiarano fe ffcffo. Il uero Scordio a* dunque moltofimile al chamedrio, che nafee ne i monti, cren* cho ne i piani in luoghi acquatimi, & paludoff con uno odore moltofonile ali'aglio, c hormai fatto notoà tutti : er imperò non accade adirne piu lungahitioria. Loda Galeno nel libro de gli antidoti per lo migliore Scordio quello,che fi portali Candia,coft dicendo. L’ottimo Scordio fi porta di Candia,quoti tunque fe ne troui d’affai buono anchora in altre regioni. Qme* ftoffecondo che hannofatto mentione alcuni fcrittori molto de gnidi fède)conferuai corpi morti dalla putrefattane. Del che 49 diedero indicio alcuni corpi morti nelle battaglie : li quali ejfen do/opra terra giaciuti infu lo Scordio affai giorni, furono ri* trouati molto manco corrotti degli altri, e r quelle parti mafii me, che baueuano toccato lo Scordio. Et però s'è pofeia per* fuafo ciafcuno, che ripugni ualorofomente lo Scordio tanto à ueleni di quelli animali, che poffono putrefare i corpi, V am* mazzere-,quanto à quelli, che jì\prendono per bocca. Scrifo fette anchora oltre à quello all’ v i 11 .delle facultà de femphei, cefi dicendo. Lo Scordio è compoflo di diuerfe facultà, er di uarijfapori. imperoche ha egli deU’amaro, dell’acerbo, er del* f acuto, affaifimile all'aglio : donde ( fecondo il mio giudicio ) ha egli prefo il nome. M ondifica lo Scordio ,fcalda tutte le ui* fie r e , c r prcuoca parimente i meflrui ,er l'orina. Sana beuu* to i rotti, gli foajìmati, er ì dolori del coflato,che fono carfati dafreddo, puero da oppilationi.Impiajlrato iterde, fanale ferite, quantunque grandi elle fi fieno : er ficco monfifoca, er corfolida l'ulcere putride, er contlimaci. Odore, erfrpo* re fimile allo fioràio,er all'aglio ha parimente una certa piata, che nafie infogli argini de ì campi,cr appreffo alle ficpt,chia* mata dai moderni a l i i a r i a . Qnefta produce nel ita* 60 fiere lefiondi quafì tonde,,fonili alle madri di uiole: come che nel crejcere diuentino all’intorno intagliate , raffombrandofi al* quanto


Nei terzo lib. di Diofcoride.

45-7

quinte meli fa, ma pìuiìftie,manco crefie, Cr piu larghe uerfo il fufio.le qualifregate con mano, cr parimene fé gufiate rigirano uno odore, & Umilmente unfaporefimik all'aglio . Produce ilfu fio tondo, lungo due gambi* t i i l f o r hm co ; e l f a * minuto,tir h p o in ceri¡¡piccioli confetti, comefono quelli dell’ir ione, Laradice;la qua* le è lunghetta,U anchor eUa il medefìmo odore. E in tutta la piantaf acuità calida, crficca : ma non però cefi ua¡orofa come nell'aglio .E t però diremo, ch’ella poj]a affottigliare i gref i humori, er incidere i uifcofì. I/feme ap* pìicato alla natura delle donne informa aimpiaflroje libera dalla prefòcatione della madrice. Chiamano lo Scor* Nomidio i G reci, ZHOffiov: i Latini, Scordium, cr T ripago paluflris:gli Arabi, Scordeon, <7 Stordeum ; 1 Tedefchi, V tuffar baterifycr Knoblochs kraut :li Spagnoli, Scordio: i francef i , Chamara%,

Delia Toisilagine.

io

Cap.

CXX.

L a t o s s ì l a g i n e ha le fiondi maggiori dell* hedera. Producane fei, ouer fette da una fola radice, ver fo terra bianche, & di fapra uerdeggianti, con piu can­ toni per l’intorno. Ha il furto alto una fpanna. Produce nella primauera il fiore pallido, del quale in breue tem­ po , & parimente del furto fi fpoglia : & però ftimarono alcuni, ch’ella fiiffe femprc fenza cfsi. E la fua radice fiot­ tile , & di niun ualore. Nafcein luoghi ameni, & h erbofi,6c neiriui dcll’acque. Medicano lefrondi trite con m ele, &impiaftrate,al fuoco fa c ro ,& à tutte le infiammagioni. T o lto il fumo della feccaà bocca aperta per uno ombuto,guarifce co lo ro , che fono infeftati da lecca toffe,& dall’afma: rópe le pofteme del petto, il me defimo effetto fa la radice fumentata. Cotta nell’acqua melata,& pofeia beuuta, fa partorire le creature morteC h i a m a s i laTofiilagine in Tofana uolgarmentc Par Toisilagine t farà, cr farfarella, c r in altri luoghi d’Italia Vnghia di editai & Aia citami. lo , E natifiima, cr uolgar pianta. Plinio fi pensò, ch’ella non producete nef itili, ne fiori : non battendo bene auertita alle fue parti nella primauera,cr non haueda ueduto, che Diofcoride a• uertifa molto benefòpra tal cofa,dicendo, che molti f i penfano, che la farfara ftafemprefa z a fiore,cr fenzafufio,per no fape re,che nella primauera li produce, c r li perde quafi in un medef i mo tempo. Scriffene adunque Plinio al v 1. cap.del xxvi. libro, cofi dicendo. Mitiga il Bechio, la qual chiamano Tofiilagineja toffe. Rìtrouafencdi due frette: una, che doue ella nafce>f i ere* dono efjer fiotto dell'acqua coloro, che di frodare Ìacque fanno profefiione. Producefei,ouer fette fiondi maggiori deU'hedera, uerfo terra bianchiccie,cr di fopra pallide,fenzafufio,fenza fiore,cr fenza feme : cr la radice fattile . L'altra èfi* mite al uerbaftofia quale chiamano alcuni Saluta faluatica.Di quella ultima nonfece métione Diofcoride, ne màca ftprei dire io qual fuffe ella hoggi in Itedia:fe già non uoleffemo dire,che fufft quella,che chiamano gli frettali Cen trumgalli. Trouafi nelle radici della Farfara,quàdofon ben maturerei principio del uerno una certa lana berlina: la quale nettandoft benifiimo dallefquame,cr dalle refte : c r pofeia cuocendofl,comefi cuoce il filato nella lifida,con un poco difalnitro,ouer fenza : cr afeiugandofì pofeia bene alfole,diuenta la piu mirabile efta per accedere il fuo co con l’acciaiuolo,che fia à i tòpi noflri in ufo in I talia. vfatila i Tedefchi,et portafenein fu le fiere loro affai à ue dcre. Quella ueramentefempre alla prima battutafenza fallo s’accende . Serifi e della TofiUagine Galeno a l v i « ielle facuità de i fempiici,cofi dicendo. La TofiUagine ¿fiata cofi chiamala,per efftrfl creduto che'lfumo dcU'her 5° ha bruftiata ficca infu i carboni,onero della radice,riceuuto per bocca,gioui alla toffie, att'afma, e r a gli difètti del refrirare. E ella poco acuta: erperò è fiato pcnfato,che fenza nocumento alcuno,cr fenza molefiia poffa ella rompere tutte le pofteme intcriori del petto.Giouano le fue frondi impiafirate frefche à tutti i crudi flemmoni del corpo per lafufianza acquea, che fi ritroua in chip iu , cr in chi meno nelle uerdì, cr tenere piante. Imperoche le fiondi fecche della TofiUagine fono affai piu acute di quello, che fi richiede ne i flemmoni. Chiamano i Greci la TofiUagine,Bii'/jcv:iLatini, T ufiilago '.gli Spaiali , farfara,cr VnguLtequina:i Tedefchi,Rofihuob,cr tran* lattiti : li Spagnoli, v uba de afro : i franctfl, Pas de afte.

<0

D ell’Artem ifia.

Cap.

CXXI.

A ARTE MISI A nafee per la maggior parte nelle maremme, ramofa»& folta come l’affcnzo* tua fono le fue frondi m aggiori, & piu graffe, E di due fpetie. una piu bella, & piu graffa » con piu

am p ie

Errore di Plinio.

Elea mirabile per accendere il fuoco.

Tofsilagine ferina da Ga­ leno .

Nomi,


4)8

Difcorildel Matthioli ARTEMISIA.

ampie frondi, & furti piu grofsi. L'altra è piu lottile, il cui fiore è bianco,picciolo, m inuto, & di noiofo odore.fiorjfccla fiate.Sono fra terra di quelli, che chiama­ no Artemifia vnicaulc vna fiottile herba,che produce un fol furto,& minuto,pieno di fiori rofsigui: & quella rcfpira dip iugiocód o odore.Scaldanoamendue,&diflec cano.Mettonfi bollite utilmente ne i bagni,che fi fanno per fedcrui dentro le donne, per prouocare i meftrui,jl p a tto , & le fecondine, & per l'oppilationi, & infiammagioni della madricenópono le pietre,& prouocanol’o- io rina ritenuta.Impiartrate in fu’lpettinecchio,prouoca n o i mertrui.il fucco meifo co mirrhanella natura delle dóne,tira tutto quello, che tirano i bagni fatti per feder ui dentro. Beuefi la chioma dell’artemifia al pefodi tre dramme per tutte le cofe predette.

D e ll’Artemifia della frondi lottili. .«■ Cap. C X X I I . L a a r t e m i s i a dalle frondi fottili nafce appref- io fo à i canali de41’acque,lungo le ficpi,& in luoghi coltiua ti. Le frondi,& parimele i fiori fregati refpirano d’odo­ re di maiorana. T rita & incorporata con olio di mador le,& meda in fu lo ftomaco, ne leua il dolore. Il fuo fuc­ co unto con olio rofado vale à i dolori de ncrui. Artemifia ,&

T r e fino lefretie dell'Artemifia fcritte da DiofcorideDuc prima, ne i cui lineamenti non è altra differenza,fe non dctt’ejfere una piu grande,zr l'altra minore,che producono il fior bian­ co,picciolo,zr di graue odore. Et la terzana quale è unafotti* 30 le herba d’unfol fuflo pieno di minuti,& rofignifiori, chiamata da alcuni pure Artemifia. Il che conferma Plinio al v i i . capo del x x v . libro, cofi dicendo. Crefce l’Artemifia fólta come ì’afjenzo^, ma confro ndi maggiori, er piu graffe. Ne fono di due fretie. una »che produce le fi-onii piu larghe : er l'altra è piu tenera, er produce le fòglie piu Strette, er piu fottili. Sono alcuni infra terra, che chia* titano parimente Artemifia una pianta, che produce un f tlfujlo : minute, er picciole frondi : er copiofifiimi fiori, di buono odore , nel tempo chefi matura l'una, la qual chiamano alcuni Botri, er altri Ambrofia. Tutto quefio Errore di fcriffe Plinio. Il quale quantunque nelle due prime non difeordipunto da Diofcoride; nondimeno errò egli in de* Plinio. fcriuerne la terza fretie, ponendo pereffa l'ambrofia deferii ia da DiofcoridenelJeguente capitolo : er credendo, chequefla er la terza Artemifia fafferò una medefìma piatita. M aperò panni,che le due primefretie fieno affai no te d i tempi noStri in Italia, e r muffirne in Tofcana, dotte apertamentefi ueggono la maggiore,zr la minore Arte* 4° mifia '.tra le quali ne nell’odore, ne nel fapore noti fi cotiofce differenza alcuna; mafolo nella grandezza de i rami, dellefrondi, de ifiori,zr delfeme. Il perche nonfo come pofja applicare il Brafauola nel fuo primo uolume defem* pliciftmpato iti Roma quella herba, che noi chiamiamo in Tofcana Amarrila,zr parimente Mai ricaria,nelle frgp tie dell’Artemifie. la cui hiHoria confonde egli manifeSlamentc, cofi dicendo. Non dubito( come han fatto molti ) che nonfia la itera Artemifia quella,che appreffo à noif i chiama Arcemife : imperoche ha ellafiondi fimiii all’ajfen z o , come dice Diofcoride. e r di quella ne fono due fretie : una chiamata Monoclonon,cio è d'uti fol fuflo : e7 l’al tra Policlonon, ciò c di moltifufii. Le qualifretie tutte benifiimo cotiofce il uulgo Berraref if e purfapeffi egli a* datturfì a distinguerle: perciochc l'ufafenza differenza alcuna. Et però è da fapcre, che quella, che chiamiamo noi Marella, onero Matricaria, è quellafrette d’Artemifia, che ha cattiuo odore. Ne ofta, che fieno a Terrari duefretie et Artemifia diuerfe, per produrre l’una un fol fu flo , er f altra molti : imperoche qucSla Marella è nel* 59 Piu errori del lafretie di quella, che produce piu rami. QueSlotutto dell'Artemifia diffeil Brafauola- Nel che iteramente, Brafauola. per mio giudicio, fi conofeono piu errori. De i quali il primo è , che Diofcoride non diffe mai, che di quelle due primefretie ne fafre una, che producete unfolfuSho, & l'altra piu, come interpreta il Brafauola: ma diffe be* n e , come dice anebora Plinio, che chiamano alcuni infra terra Artemifia unapicciola,zr fittile herba, che prò* duce unfqlfuflo : er fittile, pieno di ro f ignifio ri . 1/fecondo pur mamfeSlo errore è il uoler porre l’Amaretta, la qualec il nero Parthenio, per quellafretie d‘Artemifia ( fecondo che dice egli ) di cattiuo odore. Imperoche quella fecondafretie, la qual diffe effer Diofcoride digrauc odore, nonproduce il fiore corneiAmaretta, bian* co per intorno, er giallo nel mezo, come bene haurebbefiputo dire Diofcoride: ma bianco, picciolo, er fittile, come vediamo produrlo alle dette duefretie nofire, ciò è maggiore, er minore, che nafeono non fintamente ( co* me ho detto io ) in Tofcana : ma in molti altri luoghi d’ Italia. Il terzo errore è il non uoler egli credere, che quel* 06 l„ ditefrette d Artemifia nioho fìmili, clic afferma-nafrere egli in Ferrara , fieno le due fretie firitte primi da Diofionde folo differenti nella grandezza • Del che accorgendoli pur egli nell’ultimo fuo uolume Stampato inVinegia fuaeilám.


Nel terzo lib.di Diofcoride. in yjnegkiteli ^ 5M aarc che uuole con lunga diceria fofiencrc, che la Marella,& volgare Matricari/fia una (ellefrette deUArtemifla, cr che il uero Partbcntefix la Co tote fènda chiamata da Ferrarefi Brufcfacu/o, confòn de di talfortefejlejjo, er lafcnttura (come può ben notare ogni candido lettore) che non ¡I puòfinalmente giudi* care quel, che fi voglia dire, Imperocbc quando dice hauere egli efrermsntato,chc la Marella, er uolgar Mairi* cariafotuè, toltone ilfucco al pefo di quatteo onde, la chotera, laflemma , er parimente ( humor malinconico; confeffa matúfsñmetite, ch'ellafia il usto Partbenio di Diofcoride, il quale hafretialmente quella faculta . Dsì che [cordatoli poche righe di[otto ,fòndandofi in alcunifiiuoli argomenti, uuolefinalmente che il uero Partbenio fta ilfuo Brufciaculo. Oltre à ciò, quantunque introni il Rueìlio benifiimo nelle prime due frette confarfi con l’opinione di Diofcoride ; nondimeno pam i egli errare in quella terza frette, che produce unfol fufio, dicendo, i o chequefia è quella, chefi chiama uolgarmente Athanafia, er da altri Tanaceto, percicche il Tanaceto, clicfi co* nafte in Italia, produce da una radice molti, grojli, alti, c r fòrtifufii : con fiondi lunghe, grandi, minutamente intagliate : e? fiori grandini giallo colore nelle cime de i fu fii . er (Artemifla della terza frette è una picciola ber betta, con unfri gaimoncello. Qucfta veramente! per dire U uero) nonhoritrouataio in Italia, ne manco uedu* tola ritrouata da altri. A nzi panni da credere, cheli rttrouarlafia cofa difficilifiima. imperoche battendone_ ferii* to breuifiimamcnte, er con affai ofeure parole tanto Diofcoride, quanto Plinio, er hauendofi taciuto [bidona dèi fuño, dellefòglie, de ifioriÀclfeme, cr della radice, nonfolamcnte mi par cofa difficile ; ma imponibile ch’ellafi poffa ritrattare. N i in do fi debbe dar fide à Plinto, il quale(come habbiamo detto di [opra)frnffefaframente, che quella era l'Ambrofla. Imperoche oltre al non effer cofa ragioneuole, che haueffeferina Diofcoride l'hifioria d'u* namedefima pianta per due cofl propinqui capitoli, fi vede manifeftamentc, che l'Ambrofiaferina ndfeguente ca* io pitolo, non corrifr onde in parte alcuna alf Artemifla predetta. Inquefio medefimo errore ritrouo parimente i veneranda Padri, che hanno commentato (antidotarte di Mefite. imperochefeguendo ancho eglino te opinioni del Brafauola, er del R udito, dicono, che-lafeconda frette deU'A rtemifia c la Matricdfia chiamata A maretta, er la terza ilTanaceto : non accorgendoli, che non uifia conformità alcuna, er non conofcendo, come di[opra s’è det* to, chela Matricaria è il uero Parthenio di Diofcoride, cr imperò chiamata dotta fua amaritudine Amaraco da molti. T tene la meftfima opinione anchora il Fuchfio huomo altrimenti dottifimo,non dubitando ne ifuoi coni* mentati] delibiflor ia delle piante, che la Matricaria nonfia la fecondafrette dcWArianifia, cr il Tanaceto la ter* Za, er contentandoli d’errar piu prefio con gli altri, che di riconofcerefolo il uero . No« mancano oltre à ciò dilige¡itifiimi femplicifìi, a cui ua del continuo Diofcoride per le mani, ne lafciano fatica alcun4 d'iìlufirare, cr verificare queña bella parte di medicina, che credonofacilmente, chefta fiata aggiunta in Diofcoride la terza Ar jo temifia ,per uederfi nel principio del capitolo, che di due fole frette fa egli menitene. Il che par che confimi il ri* trouarfi alcuni Diofcoridi antichifiimi, ne i quali nonfi legge cofa ueruna della terza Artcmifia, come parimente nonfi legge nel noñro flampato, nel quale habbiamo raccolte molte correttioni canate da uecciifiimi tefii di Dio fcarideferii ti à penna, cr dalla coUationcfatta d’oribafio con il medefimo. Del che rifirifeo, cr riferiròfempre gratie all'eccellentifiimo, c r gentilifiimo medico M.Gabriele Falloppia Modenefe : il quale con infinite lodi, c r marauiglia di tutti legge hoggi nellafumofa academia di Padova la materia de[empiici,cr del corpo humano, k cui veramente per ilfingulare amore, cr affettione che egli mi porta,per la liberalità grande del cuorfuo,cr per tu* inanità, quale ufa uerfotutti i uirtuefi, cr [inceri, mi ritrouo molto piu obligato di quello, che corrifronder gli poffa confatti, cr con parole. EJfendo adunque ( per ritornar nel ragionamento di prima ) fofretto in Diofcoride tutto quello che ui fi legge della terza Artcmifia, non èda marauigliarfì,fr in ciò cefritaffr, à s’ingannaffe Plinto. 40 ne mancofe non nefecero menitene Galeno, ne Paulo, i quali fogliono nondimeno riferire douefcriuono de[empii* ci, fedelmente gli ferii ti di Diofcoride. Oltre 4 queño è da[apere, che tengono communementc i piu dotti mo* derni medici,cr interpreti,àcui non è rincrefciutd la,fatica di dare una ucrafirma alla dottrina de i [empiici,cr di cavarfuori la zezania del perfètto grano, che (la queflo fecondo capitolo dellArtemifia minore dellefiondi fot tilifiato da qualche piu curiofa perfotia di quello,che fi ricercava,meffo in quefio luogo contra ogni ragione. Per* fioche nonfaceua di bifognoà Diofcoride,hauendo egli nel capitolo precedente à pieno trattato di tutte (Artemi* fie,ritornare di rtuouoà ritrattare delle medefìme. Del che da manifefio indicio il ritrovarli, che ne i piu antichi tefii Greci non fllegge,ne fi ritroua altro capitolo,cbe’l primo : nefi uede,che d’altrafrette faccffe mentione Pii* nio,che di quellefopradette. quantunque il Rueìlio uoglia,come in tutte [ altre è fuo coftume, che nafra anchori quefia tale Artemifla in Francia lungo i riui dell’acque,chiamata da loro herba di fan Giouanni. Nella cui opinio* 50 K non mi poffo io convenire tpercioche non ritrouandofene memoria alcuna in Paulo;Oribaflo,cr Serapionefi qua. li tutti trafrriuono da Diofcoride : er non hauendofcritto Diofcoride di che forma fieno le fue fio n d i, il fu fio, il frme, e'Ifiore, malageuolmente la può hauer conofriuta,zr uerifìcata il Rueìlio. Scriffe dell'Artemifla Galeno «Ivi. delle [acuità de fempiici, cofi dicendo. L'herba A rtemifla c di duefpette. Scaldano amcndue,cr alquan* te diffrccano ; e r peròfi tengono calde nel fecondo ordine, & fecclie nellafine del primo, ò nel principio delfreon* do. Sono alquanto diparti affaifittili. er impero mediocremente provocano le pietre dette reni, c r fi mettono con mediocre commodità nelle fòmentationì, chefi fanno per la madrice. Chiamano 1 Greci (Artemifla, A'futuri*: i latini,Artemifla : iTeiefrhi,Beyfuofz,cr fatte lobansgurtel : li Spagnoli, Artemifla : i Franccfl,Armofe.

D ell’A mbrofia;

Cap.

CXXIII.

L a a m b r o s i a è una picciola pianta, ramofa, alta quafi tre fpanne. Ha al piede de i fufti le Grondi lue piccioline fimili à quelle della ruta.Sono i fuoi fufticelli grauidi di fera?, quafi limili à ben Q.

a

p ie n i

Errore del Rueìlio.

Ertore dci Fratl‘

Errore del Fllchlio'

Artemifia ferirti da Ga len0t... Nomi‘


460

Difcorfi del Matthioli AMBROSIA.

Ambrofia, & liudíám.

Ambro fi* fcritta da Ga­ leno.

Nomi.

pieni racemi, che mai non fiorifcono d’odore di uino & foau c. Lafua radice è fottile,lunga un piede & mezo! In Cappadocia s’ufa per far ghirlande. Ha uirtù di ri­ percuotere , di mitigare, & riftrigncre, impiaftrata, glibum ori, che fcendono nelle membra , & ui fi ri­ tengono . Q v a n t v n q _v f. ne gli altri difcorfi prima üampati habbia io fcritto no hauer ueiuto mai VAmbrofia in Italia ; non dimeno la ho ritrouata di poi in uarij, er diuerfi luoghi, erß>c* 1? tialmente intorno atte mura del cadetto di Vipao uinti miglia da Goritiaandando uerfo Cam ola, tradurißime pietre : doue incontrandomi con ejfa att’improuifa,er udendola racemoft fi» mite al botri ,fubito mi cafcò nell’animo, ch’ella fuße Ì Ambro* fia . La quale quantunque nonfla da Diofcoride celebrata,co* me ancbora da Galeno, [e non per ripercuotere, er per rißa* gnare ; nondimeno è opinione d’alcuni poeti, er anebo d’altri fcrittori,cbe non per altro ßa fiata quefta gloriofa pianta chiù* mata Ambrofia, fe non perche prolungando ella molto la uita a chi l’ufa, par che fiafimile all’ Ambrofia, cibo de gli Dei. con i0 cui fi conferuano in perpetuo immortali, erfenza macola alcu• na.ScriffenePlinioal iu i.e a p .d e l x x v i i . libro,cofidicen do. L ’Ambrofia è herba d’incondantc nome. fluttua quelli attorno laltre herbe. Produce unfol fufio , denfo, ramofo, er fottile, dito tre palmi : di cui è piu breuc la radice la terza par t e . L efue fiondi, le qualifono apprtffo al piede, fi raffembra* «0 atta ruta. Produce il fuo ferne ne ramufeetti a modo digrap* poli, di uinofo odore : er però è fiata ella chiamata da alcuni Botrìs.zr da altri Artemijìa. Di queftafe ne fanno /? ghirlan­ de in Cappadocid. L ’Ambrofia ( diceua Galeno a lv i, delle facilità de i femplici ) ha uirtù di ripercuotere, er di riftagna* re . Chiamano L ’Ambrofia i Greci, fyGpoa-U .• i Latini, Ambrofia.

D el Botri.

Cap. C X X X I I I .

I l b o t r i è vna herba folta, ramofa, roifa tutta, & fparta in molte a li. Il fuo ferne nafee attorno à tutti i furti : le fuc frondifono ilmili alla cichorea. Refpira tut ta di foaue odore : & imperò fi mette ella trai uertimcn 4« t i . Ritrouafi nelle riue de i torrenti,& nelle valli. Beuuta cura gli afmatici. Chiamano quefta quei di Cappado eia ambrofia,& altri artemifia. B o tri, & fuá eíTam.

Botri fcritto daPaolo.

Nomi.

I l v e r o Botri nafee copiofo per tutto in fu’l Trentino in fu la ghiaia detta Perfena,et del Lauigio rapiiifiimi torrenti, Crfimilmenteinpiuuatticelle detta natte Anania, come in fui contado di Goritia : doue le donne lofeminano ne gli borii, Hi* mandofi ch’egli gioui atte preficationi della madrice. Crefce con fond i di cichorea, roffe, folto di rami, carichi per tutto delfuo 50 ferne, molto al toccarlo tenace, c r gommofo, il quale reffira di foaue, er dcutißimo odore. Il che diffe parimente Plinio all’* v i t i . cap. del x x v i i .libro- Di quefta non ritrcuoio, che faceffementione alcuna Galeno : quantunque la deferiueffe tra gli altri femplici nel v 11. libro Paolo Egineta, cofi dicendo. Il Botri, il qual chiamano alcuni ambrofia, & altri artemifia, è una pianta ualorofamente odorata. Beuuta quefta nel uino ai tagli afmatici. Chiamano i Greci il Botri, BoVpvr : i Lati• n i, Botrys :iT ed efchi,Traben, Krótten kraut; i frane?fi, Pijmcn. te

Del


Nel terzo lib. di Diofcoride. * 4 6 1

GERANIO TERZO.

<4

D el Geranio.

Cap.

CXXV*

I l g e r a n i o halefrondifimiIiaIl’anemone,ma piu luugarnimi mi.dgiAaii.iitf tatuile ijUJII ntonaa, a1 dot ce.Beuuta quefta al pefo d’una dramma nel uino.rifolue le uentofità della madrice. Enne una altra fpetie con fu­ rti minuti,& pelofi,d’altezza d’un piede, & mezo : le cui frondi fi raiTembrano à quelle della malua. Sono'nelle fommità de fuoi furti picciole tefte di[gru,con i fuoi ro<ftri, che riguardano in fufo,oucramence denti canini. N on ha alcuno ufo nella medicina. *' ’ 'l1.*»',* , I E’ D I F F E R E N Z A trai Latini, cr ì Greci nel Gerà* Geranio « tiio . Et imperò diceua Plinio 4 x 1 .cap.delxv 1. libro: Cbia- fua eflkm’. mano il Geranio alcuni mirrhite, er altri mirrhida.E' ftmile al* la cicuta : ma ha però le frondi minori, er piu breue fatto,di gio condo odore, zrfimìlmentefipore. er coft la deferiuono i nò* ftri. Mit i Greci la fanno con fondi piu bianche,&■ piu picciole della malua : confusi fot tili, pelofi, er ramof i , pieni di fiondi': tra le quali nette fommitadeifuftifono teftecon il becco fìmili à quelle del gru. Fatinone ancora una altra ¡fed e confiondi fi* mili altanemone, ma piu lungamente intagliate : con una radice ritonda, v dolce. Il che dmoftra, che tre fieno le ¡fede del Geranio ( che altro non uuol dire,che Gruaria, per haueré ella per feme quelle tefte di gru) do èrnia de i Latini, eyl'altre due de i Greci. lequali tutte a i tempi noftri fi canofcor.o, cr fi ueg gotto nelle capagne,cr apprefio atte fìepi nette publiche ftrade. Quella,cheJcriue Plinioeffere la Gruaria dei Latini{quantun que nò manchi chi uoglia che etta nonfia differite dalla mirrhide di Diofcoride)ueramente nonf i può negare,ch'ella nòfta quella» 3 chettoU


4<j 2

i n o r e del Ruellio-

In o r e d*Her molao. t

Errore del Brafauola.

Momordica , fpetie di G e tanio ,¡

' Kami-

/ Diícorfi del Matchioli

che uolgämente chiamiamo noi Kofirum gruís,e? altri Roßrum ricotti*,& altri Acusinufcata : per hauere ciU (come diccphnio) foauißimo odore. Imperoche quefiaha le fr ondi intagliate come la cicuta,ma minori:?? il f uj i a breue, er ritondo : cr produce pofcia.ilfernefrinite a. teñe di gru, dal che hanno prefo tutte queße frette il nome di Geranio, do è di Gruaria, onero Gruina. Oltre à ciò quella, cheferine qui Diofcoride hauere minim, er pelofl fuñí »Í altezza di un piede er mezo,le cui fiondi fi raffembrano a quelle della maina,cr che produce nellafiommità picciole teile di gru ; parmi,che nonfi pofifia negare,eh'ella nonßa quella,che uolga-mente chiamiamo Pie coloni bino, per non uì fìuedere nota alcuna, che ripugni allafcrittura di Diofcoride :fie non che lefiondi fono metto mi* nori di quelle della malua, come ben diffe Plinio ,feben lo tacque Diofcoride. L altra pure de i Greci ferina nel primo luogo da Diofcoride, ho ueduta io molte uolte nella tulle Anania, cr in altri afidi luoghi, con fiondi iene* re j c r lungamente intagliateJlmili all’anemone, con fiori quafi incarnati, cr teñe poficia di gru: la cui radice è ,ig bianca, er quafl ritonda, di dolce ftpore. Et imperò panni, chequi erri il Ruellio : percioche unole egli, che ¡’Acus mufiata,la qual chiamano Acus pafiorìsfla queda fcritta nel primoluogo da Diofcoride. imperoche /'A. cus mufiata non fa radice alcuna ritonda, ne manco ha lefiondi fimili, cr piu intagliate di quelle dell’anemone’, ma bene è ellafilmile nellefiondi, ne ifufii,cr nell'odore a quella,cheferine Plinio efiere la Gruaria de i Latini. Oltre ,i ciò riprende il Rtiekio contra à Hermolao coloro,cheflprefumono,che fìa l'Aciis paßorts quella, che chiamia• «o noi Ruberia. Ma egli in ciò maggiormente iene efier riprefo, credendoft, che la Ruberia fia la uera Mirrhi* de . Ma per dire il mio parere intorno alla Ruberia, pormi ueramente,che altro non pofia efier eliache fretie di quel Geranio, il qual ferine Plinio efieredei Latini: per hauere ella le fiondi intagliate, quafi fimili, odore molto acu­ to , fiore roßigno, cr capi parimente di gru,come f altre fretie di Gruarie. Ma che quefiafìa la Mìrrhide, comefi penfit il Ruellio,non mi pare in modo alcuno di confentirc. imperoche oltre al ricercare l’ordine di Diofcoride, che io quando cofifufie,dourebbe il capitolo della Mirrhis efiere difatto qui fiotto il Geranio, per efiere la Ruberia una fretie di Gruaria ; non ueggio »che Diofcoride dica,che la Mirrhis fìa tutta rofieggiante, ne eh ella habbia le te/le di gru, ne acutißimo odore,come apparentementef i uede neßa Ruberia : ma bene,ch'ella è nelle fio n d i, crnelfu* ño filmile alla cicuta, cr che la fua radice è molle, cr ritonda, non ingrata ne i cib i. Il che in modo alcuno nonfi rìtroua nella Ruberia, come piu ampiamente diremo nel quarto libro al proprio capitolo. Tiene oltre à queño Hermolao,che’l Geranio dei Latini fiala Mirrhis di Diofcoride : ingannando/} anch'egli per hauer detto Plinio, che alcuni la chiamano Mirrhis, cr Mtrrhida. & non auertendo, che Plinio fice della Mirrhis uera particolar inentionc al x v i . del x x 1 1 1i . lib. Ne paia però marauiglia, che Plinio chìamafife Mirrhida, cr Mirrhis il Ge­ ranio de i Latini : percioche fu egli cofi chiamato anchora da alcuni Greci quello della feconda fretie, comefi può uedere in quei efiemplari di Diofcoride,ne i quali nel principio de capitoli fono uarie, er diuerfe forti di nomi. p Erra parimente nett'hiñoria del Geranio il Brafauola, dicendo,che in modo alcuno non è da credere à coloro, che dicono che’l uolgar Pie colombino fia il Geranio : peroche produce egli lefiondi con maggiori intagli di quelle del« Yanemone : non accorgendoli che’l Pie colombino non c creduto effere quefia prima fretie ; ma la feconda, la quale per non hauer finito di leggere ßrfie tutto il capitolo, non ritrouò il Brafauola nel fuo Diofcoride. Vna altrafor* te di Geranio, che produce le fiondi ritonde, er intagliate,come quelle del Pie colombino, ma grandi, comefono quelle della malua,la qual uogliono alcuni,che fia la uera Momordica. ho piu uolte ueduta io piantata in diuerfigiar dini. E’ oltre à tutte le altre fretie lodata per le beuande, che fi fanno per lefrrite caffali, cr intefhnali,per con* folidarle ella ( come dicono ) marauigliofimente.Queña, fecondo il mio giudicio, piu corrifronde allafecondafrt* tic dì Diofcoride,che nonfa il Pie colombino : perciochefono le fuefiondi piu fimili alla malua. Et 'imperò non penfo, chefallarebbe, chi diceffe che Diofcoride inteniefre di quefia. quantunque non fi pofia negare, che’l Pie 40 colombinonon fialaminore fretie di quefio Geranio grande chiamato Momordica. La radice di quella,che ha fiondi d’anemone (fecondo chòfcriue Plinio al luogo predetto ) 1tale per riflaurare i debili : er per i thifici, beuen« dofene una dramma alla, uolta con tre ciathi di uino due uolte il giorno : c r parimente per le uentofttà. il chefa el­ la anchora togliendoli cruda. Il fucco fuo gioua a i dolori deli orecchie. Il femeuale à gli frafimati beuuto al pefo di quattro dramme con pepe,zr mirrha. Quella, che chiamano Pie colombino,quantunque attempo di Dio ■ femide non fuffe ella in alcuno ufo nella medicina ; nientedimeno non manca hoggi chi la lodi grandemente nelle be uande delleferite, cr dellefifiole per cofa molto buona. M.a mi dubito, che s'ingannino, penfandoft che’l Pie co* lobina uolgarefia quello,che in Serapione c il nero A momo di Diofcoride,il quale interpreta il traduttore per Pie colombino : imperoche il conuenirfì aü’intriofieche ulccragioni c proprio dell’Amonio, er non del Pie colombino uolgare. Del Geranio non ritrouo appreffo a Galeno memoria alcuna. quantunque Paolo nel v 11 .libro,togliendo 50 da Diofcoride, nefcriua quel medefimo. chiamano il Geranio ¿Greci, Ttpdmr : i Latini, Geranium : i Tede* fichi, Storchen fcnabel : li Spagnoli, Pico de ciguenha ; i Erancefi, R ofiro de cicongie.

Del Gnaphalio.

Cap.

C X X VI

V s a n o Le foglie del Gnaphalio,le quali fono tenere,& minute,in cambio di tomcnto.Beuon fi utilmente le frondi in uino auitero per la difenteria. T a n t o è breue del Gnapholio l'hifioria in Diofcoride, che impoßibile mi pare ,chefene poffa ttenire in co* Gnaphalio , & fuá edam. gnitione. Percioche non ritrouo altri, che piu ampiamente lo deferiua. Plinio fe ne paffa con la medefima breuità ( • al x.cap. del x x v 1 x .libro. Nondimeno il Puchfio dipinge nefuoi commentari] unacerta piantaper il Gnapha* lio ,forfè per effer ella canuta, crpelofa. Ma quefia àmio giudicio molto piu rapprefenta queU'berba ,la qual 4 . ‘ chiama


Nel terzo lib. di Diofcoride BAMBAGIA.

u

TIPHA.

4.63

chiama Piimo Impiaal xix.capo d e l x x i m .libro, deferiría Impij hctbi da lui con quelleparole. Libertà, che chiamano 1 m p i a , di Plinio, c canuta ffimile nell’affretto al rofmarino, con capi, er tieñita à modo di thirfo.cr di quindi fi leuano in alto altri ramufceüi, che fanno parim eli capi. Chiamaronla Impia,perche i figlino lt(cio è quei ramuf:elli piu alti ) fuperano 1 capi della madre, ò del padre.qualunque uoglidno alcuni,ch'ella fia cefi chiamata, per non ritrouarjì animale deuno, che la tocchi per cibarfene. Quefla pefiafra duefafii fifalda,et fa unfucco diffretial uirtù contra la¡chirantia ; mèfchiandofl però con latte, er con nino. E cofa marauigliofa quello, che fe ne dice, ciò c che chi gufa quefla herba, mai non patifeela fchirantia. Daf.iper quello à i porci:er quelli fe ne muoiono, che no la uogliono inghiottire. Sono alcuni che pífano,che gli augelli la portino nei nidi loro, accioche i loro figliuoli, che troppo unidamente inghiottìfeono il cibo, non fifirangolino. Tutto quefio dell’Impiafcnfje Pii* ilio. Ma bauendomi il Gnaphaho ridotto à memoria la pian* Bombigli, &. ta, che produce la b a m b a g i a , chiamata X.ilo , er non fu» Infiori» j ritrouandola io in alcuno de gli antichi Greci; ne dirò qui quel & faciliti. tanto, che n’ho potuto ricattare da Plinio,cr da alcuni modcr« ni. Diceua adunque Plinio al primo capo del x i x . libro : La parte fupenore dell’Egitto,che contermina con l'Arabia, pro* duce una pianta, la qual chiamano alcuni Gofiipio,o~ altri X t lo. E piccioletta piantala etti naf:c un frutto barbato, fìmile alle nocciuolr.dctro al quale fi genera una lanugine,che fi fila: la quale non ha pari in bianchezza,et morbidezza• Cr però fe ne fanno grandifime ueñi per lifacerdot i . Qjtefio tutto della ’Bambagia fcriffe Plinio.Ma à i tempi nofiri fifeminala Bamba già in Cipro, in Candia, in Sicilia, in Puglia,cr in altri luoghi: ¡a cui lanugine è neramente calida,cr feccd-Brufciata ristagna il fungue delleferite,oue fuffero tagliate le uene.La midolla del feme conferìfee al petto, er aumenta il coito. Cauafenefuori olio,come fi fa delle mandorle: il quale c ualorofo per tor uia le lentigini.cr altre macole dèliafaccia. Ma ritornando al Gnu » Gnaphifio phalio, dico che delle uirtù file fcriffe Galeno a l v i , libro delle fcricto da G * leno. faculta defemplici, cofl dicendo. Il Gnaphaliofu cofi chiama• to, per ufarfl lefue fòglie morbide in cambio di borra. Sono bianche,cr mediocremente coflrettiuetcr però le danno alcuni con qualche uino auflero nella difenteria. Chiamano i Greci il Nomi. Gnaphalio, Trap<t\W ; i Latini, Gnaphalium.

Della Tipha.

Cap. C X X V I I .

L a t i p h a fa le froddi fimili alla ciperide;il fil­ ilo bianco, lifeio: & arrendeuolerabbracciato nella fua fornirmi dal fiore ben ferrato: il quale fi rifoluc in lanu gine,& da alcuni è chiamato panicola. Medica il fio­ re di quella herba incorporato con graffo di porco lauato alle cotture del fuoco. Nafce nelle paludi, & nell’acque, che non corrono.

io

E' LA t i p h a notifiima pianta in Italia. imperoche poche fono le acque delle paludi, de i laghi,cr degli ¡lagni, che non producano infinite piante di Tipha. chiamafi la Tipha in Tofcand, ciò è il fufto con la mazza infieme, Mazza forda : percioche è flato iffrerimentato,che lafua lanuginefa diuentarc fordi coloro, à cui entra nellorecchie. D i queka lanugine del fuo fiore,da cui è ( come dice Diofcoride) abbracciata flret tamente la uerga lifeia delfuo fufto,fanno alcuni di baffa mano mutara zzi da letti : cr dellefond i fue fette ueftono per tutta Italia i fiafchi,cr teffonfene le fedie, ò uogliamo direcadreghe per le donne,cr quefie chiamiamo noi in Tofana uolgarmcnte filante.

Tiphi, &fiu eflam. ’

Vfo, & uirtù a. dcl1*


464

Nomi

Difcorfi del Matthioli

(Mance. La lanugine dellaftta mazza pefta injìeme confondi di betonica,radici di gladiolo,cr i ’bippogbffo, to* gliendo ugual parte di tutte,tanto che pefi una dramma,cr pofcia incorporate con due tuorla di uoua frefche cotte dure , c r mangiata ogni mattina da digiuno per un mefe continuo guarifce le rotture internali non folamsnte ne ¡fanciulli,ma ancora negli huominigiouani,tenendo però fopra la rottura qualche cerotto conueniente con la de* bita legatura. Di quefta apprefjo Galeno , c r Paolo Egineta non ritratto io memoria alcuna, quantunquefìa da Theoprafto nominata a l x i 1 1 . cap. del primo libro tra quelle piante delle paludi, che noti hanno nòdo alcungjiel fuo fu fio, comefono ¿giunchi, c r ii gladiolo. La Tipka chiamano ¡Greci,Tifa»:i Latini,Typhà: iTcdefcìii, Mofikolben, Narenkolben : li Spagnoli, Bohordo,cr lunco amacorocado : i Francejì,Nache,cr Ai afe .

Della Circea.

Cap.

CXXVIII.

io

’ ' L a c 1 R c e a , la quale chiamano anchor alcuni Dircea, produce le frondi (imiti al foiatro domeftico de gli horti. Ha molti rami : il fior nero, picciolo ,& copiofo : il feme come m iglio, che nafee in certi come cornetti : fa tre, ouer quattro radici, lunghe una fpanna, bianche, odorate, & calid e .N a fc e in luoghi aprichi, fa(Tofi,& uentofi. Infondoniì quattro libre delle fue radici in tre fcftarij di uino dolce per un giorno,& una notte, & beuonfi tre giorni, & purgano la madrice. 11 feme dato ne i fugoli empie le poppe alle donne di latte. Circea,& fua L a c i r c e a herba a i tempi itoflri non fofcritrouarfl potefe in Italia ; quantunquefu fe ella à gli ami eflamin. chi notifiima. Penfanfì alcuni,ch'ella fi chiami Circea,per efferefiata ¡fata forfè da Circeincantatrice, oucro da lei ri 4$ trottata, per le fue malie,e? incantamenti. Il che quantunque non ardfca di riprouare io; nondimeno per non ri » Errore di trottare alcuno , che fcriua, che uaglia la Circea in coti fatte cofe,penfo che d altronde gli fia dato tal nome. Di Plinio. quella fcriffe Plinio all’v n i . cap. d é lx x v 11. lib. togliendone, comefi uede di parola,in parola l hitiorid da Dio feoride. Ma nel narrare pofcia le uirtìt fue corrompe al contrario lafentenzad effo Diofcoride, dicendo ,qoe’l fuo feme bcuuto fa afeiugare il latte. A l che non folamente è contrario lafcritturadi Diofcoride,ma anchora quel* Circea ferie- fo di Galeno: il quale al v i i . libro delle facilità de ì femplicUcofi ne fcriffe dicendo. La radice della Circea beuuta ta da Gal. jn dcqua melata purga le donne dallefecondine : imperoche écalida, g f di buono odore. li fuofeme dato ne i fu* 01121’ golì è ottimo al generare del latte. Chiamano i Greci la Circea, Kipx.<ua. ; i Latini,Circi a.

DeirEnanthe.

Cap.

CXXIX.

39

: L o e n a n t h e ha frondi limili alla paih'nacaril fiore bianco : e’I furto grolTo, alto vna fpanna* il fuo feme fi ralTembra à quello dell’atriplice : produce la radice grande, 1? quale li fpande in mola nFILIPENDVLA. tondi capitelli, nafce tra fafsi. il f urto, il feme,& le fron­ di beuuté con uino melato,prouocano le fecondine. La radice beuuta con uino,uale alla diftillatioqfe dcll’orina. Enanthe', & fua ellimi.

Errore del Fuchlìo,& di molti altri

Virtù della Filipendula.

Nomi,

L o e n a n t h e , del quale fece memoria Theophrafio al v i i . cap.del v 1. libro dcll’biftorid delle piante,or Plinto al x x n n , cap.delx x i.lib.mnhopottttouedere anthora io in Italia,come che co non poca diligenza ue l'habbia ricercato. 41* Credcft il Fuchflo nel fuo grande herbario, cr parimente c cpi* nione di molti moderni femplicitii, che fia lo Enanthe quella pianta, che chiamano Filipendula. Ma per ueder io , ¿he la Fi* lipendula nafce per li prati,& non tra fafii, come infime con Diofcoridefcriue Plinio: er per non produrre èUa radice gran* de, che habbiaper intorno piccioli capi, cr ritondi : fcr non cf* fere il fuo fm e fimile a quello dell’atriplice ; nonl poffo in modo alcuno affermare, che fieno lo Enanthe, cr la Filipendula uni cofamedeflma.DeW Enanthe nei libri de [empiici non ritrouo ' io memoria alcunaappreffo\Gakno. Mafecondo che della Fi* Ì° lipendulafcriuono alcuni moderni, haeUaper piu cofefegnalate uirtìt. Imperoche prouoca l'orina ritenuta, cr guarifce le disiti lattoni di quella. Gioua a i dolori, c r alle pietre delle reni : ri* folue le uentofità dello ftomaco: confèrifce àgli tiretti di petto, e r quafi à tutte l’infermità edufate dafreddi humori:et gioua al mal caduco, ufandofi la poluere della radice feeed lugamete ne i cibi. Chiamano l’Enanthe i Greci,OìvaiSn ; i Latini,Oenanthe.

D ella Coniza.

Cap.

C X X X.

L a c o n i 2 a èdi due fpetie.La minore c piu odo­ rifera : & lam aggiore c pianta piu alta;, & ha piu larghe frondi

6 <y


Nel terzo lib. di Dioicoride, CONIZA M AGGIORE,

4

CONIZA MINORE.

frondi & piu graue odore.Sono le frondi d’amendue fimili à quelle de gli oliui, pelofe, & grafie. Il furto della maggiore crefce all’altezza di due góbitfi& quello della minore aggiugne à un piede. Il fiore è fragile, di colore g ia llo ^ amaretto.il quale fi fpiuma in uolatili fiocchi.le tue radici fono inutili. Caccia tutta la pianta le ferpi,fpar ta ciò è per terra,& parimente fumentata:caccia i cufici, & ammazza le pulci. Impiaftranficonuenientemcntele frondi in fu i morfi delleierpi.fopra i brufcfii, & in fu le ferite. Beuonfi i fiori,& le frondi con uino per prouoca re i mcftrui, e’I parto : & parimente alle dirtiHationi del l’orina,trabocco di fiele-,& dolori delle budella : beuuti conaceto aitano al maLcaduco. La.decottione meda nei bagni,che fi fanno per federai dentro, medica i difet ti della madricc. Il fucco applicatolafconciare le dónc. Vngefi l’herba efficacemente con olio al freddo,& al tre m ore. Vntaleggiermentcja minore Canai dolori di tefta. Enne una terza fpetie,che produce il furto piu groffo ,& piu tenero : & le frondimaggiqrette della minore, non grafia,& minore della maggiore: ma di molto piu graue, & meno giocondo odore,come che non coli ualo ro fa . Nafce in luoghi humidi. L a c o n i z a tanto maggiore,quanto miffemnafee non Coniza, & folamente in Tofana ; ma quajl per tutto,con fiondiyfufti , & *"UJ fiori del tutto concordanti con lafcrittura di Diofcoride. Cbia<• tnafluolgarmente Pulicaria,per ammazzate eìlale'pàUi,come ‘ ...... a» 9, ¿ice Diofcoride:cr Pulicaria pariméte la chiama Theodoro&tt za interprete diTheophraflo .il quale a l 1 i.cap.dd V ittim o ddthiiìom deUepiante, cefi, neferine dicendo:. Bella-Pulkj*

ria, jS


4

66

DifcorfidelMatthioli

rii fi rìtroua il mafchio,ey la fimina : fra le qualiffietie è differenza come nelle altre,er fi difeernono l'una iJad-. tra. lmperocheia fraina è piu compresa, & ha jr ondi pitifiottili ,e r in tuttala pianta è picciola. llmafchigè piu ampio,ha piu groffo fufto,z/ piuramofo,0‘ ha lefon d i piu larghe, er piu graffe, il cui fiore ¿affai piu ¡\lendido. Sono amenduefruttifrre, quantunque tardi geminino, crfiorifcano;percioche eUe non producono il fio* r e , fe non dopo il nafcimcnto di Arturo. Il mafcbio ha piu graue odore, er lafmina piu acuto : er imperò ò pìu commoda al morfj delle beftie. La terza ffetie, fecondo che fi legge nella fine del capitolo di Diofcoride, è me» Zana tra'l 1¡tafcifro,zy la.fimina, Nafce qitefla abondantifiimamente nella uaUe Anania per le publiche Strade, nel contado di Garitta per tutto,zy in altri luoghi,oue rìforgono,zy trapelano dalle ritte de campi, zy de prati alcu » Coni*a ferir­ la da Galeno. ni rampolletta d'acqua• Scriffe della Cottiza Galeno al v i i . dellef acuità de i femplici, in quefio modo dicendo. Sono la Cotfiza maggiore, e r minore fintili di facuità, er di temperamento : appaiono al gitilo amare, er acute. 10 Scaldano apparentemente, impiaflrandofì le frondi con i fuoi ramufceìli ( imperoche è ella folta pianta) in alcuno membro del corpo, ouero ungendofi con [olio, dotte ellafìa fiata cotta. percicchefi uede, che tale olio fatta i tre* mori periodicbt,zr circolari,er parimente il freddo. Hanno anchora i lor fiori fimilc uirtù : er imperò fono alcu» ni, che li danno triti infieme con le frondi à bere nel uino per prouocarefortemente t mcfìrui,e'l parto. Enne una terzu f f etic,che nafee in luoghi bumidi, er acquaftrini,d’odore piu graue, er di uirtù minore delle altre. l\a le* prime già commemorate fcaldano, e r diffecano nel tèrzo ordine. Chiamano i Greci la Coniza, ; j La* giorni, tini,Conyza : i Tedcfdi, Geele muntz, Cr Durruurtz : li Spagnoli, Attadegua.

D ell’Hemerocalle,ciò è,G iglio faluatico,

Cap.

CXXXI.

I l g i g l i o faluatico ha le fron di , e ’1furto limili al giglio, uerdi come quelle del porro. Pro­ duce tre,ouer quattro fiori ciafcuno nel fuo fcapo,diuiii come il giglio di colore m olto pallido, nel tempo che fi cominciano aprire. la fua radice è grande,& bulbofa. Quella trita, & beuuta, & meflà con lana ne i peifoli prouoca alle donne l’acqua ragunata nella madrice.c’l fangue mertruo.Mitigano le frondi trite le infiammagioni delle mammelle dopo al parto, & fimilmentequelle degli occhi. M ettonfi utilmente le fron di , Si le radici anchora in fu le cotture del fu o c o . HEMEROCALLE

VN’A LT R O H EM EROCALLE

Heraeroealle, L' h e m e r o c a l l e ,cio è, Giglio faluatico, nafee quafì per ogni luogo d'Italia, tra le biade, perii ¿a & Tua elfatni-. monti, per li bofchùperlì prati ,z y per le ualli, er altri luoghi : er chiamafi propriamente Giglio faluatico. Le catione, fue radicifonofhmiià quelle del Giglio domeflico ; magialleggiano alquanto,come quelle del Martagon. I fiori (come dice XtiofcoriiefiieUaprirfi fiotto d"un colore cofi fieramente pallido,chefa che paiano diffknìidifiimo oro.

Enne


Nel terzo lib. di Diofcoride. U H V M

CONVALMVM.

IO

«0

LEVCOro.

467

Enne una altraffe tie , la qual tufi e copiofa in f u i Carfi, con fiori molto piu intagliati,come manifefiamente dimoftra il pre finte ritratto. Et però pumi, che cuiicntemente errino colo* Errore di al­ ro, che prendono per Ttìmerocalle queIlo,che chiamiamo Li* cuni. lium conuaüium. imperochc quefio produce le fi-ondi quafìfìnti li alla piantagine, f i ben piu fittili, er non coft apparentemen te ¡Infilate . Sono i fuoifu&i fittili, e r arrenderli, non piu grafi pur di quelli della piantagineifi per li quali fono uerfo la cima l'uno alquanto difiante d<Q'altropiu bianchifimi,cr 0do ratifiimifiori, minori delle uiole, di firma quafì di balaufti, er molto limili à i fiori dell’arbuio. Leradici fino luffe,lunghe,et capillari, finza alcuno bulbo. Cofi che tutte ripugnano att'hi* fioria, che nefcriue Diofcoride , il qual fice l'tìemerocaUe con fiondi,eyfufti fìntile al giglio,con fiori pallidi,er radtee gran* de,or bulbofa. vfano U l i l l i v m conuaUiumi Tede* Virtù dell,?lium conciai, fichi per corroborare il cuore,il ceruello,z7 tutti i membrifii* lium. rituali : cr però lo danno al batticuore, à i uertiginofi, al mal caduco, er nettaapoplefia, Oltre àcioà i morfì, cratte putì* ture de uelenofì animali, afar prefio partorire, traile infiam* magioni de gli occhi. Perle quali infirmiti coftumano difare con ifuoi fiori al tempo della uindemia il nino, er altri rinfili* dono in uino uecchio per quaranta giorni alfo le, er pofeia lo lambiccano, er rilambiccano piu uolte, inficine confiori di la* uanda, er di rofmarino, er alcune cofe aromatiche. Et coft f i la firbano per quelli tali medicamiti per una delle piu pretiofe cofe, chef poffa ritrouare : er però la chiamano acqua aurea, Cr la ripongono in uafì d’oro, er d’argento per i fuddettimali. ìmmo chefì credono,che dandofì a coloro,chefono in articolo di morte, poffa ella prolungar loro la ulta per qualche hora dì tempo.quantunqueil piu delle uolte ¡ ’ingannino,come ho mol• te uolteueduto.il che f i bene anchora à loro, none occulto; nondimeno tanta c l’autorità di cotale acqua appreffo di loro, che anchara ch'ella non faccia quelle operaiioni,che f i n’afpet tano,nonfì fanno aftenere altrimenti di non ufarla : er molte uolte la danno nelle malattie calidifiime, à cui del tutte è con» traria,fenza alcuna ragione. Credefì il Euchfio, cheflati Li* lium conuaUium l'Ephemerio firitto da Diofcoride nel quarto libro . M j ¡’inganna manifefiamente, come in quel luogo po- Hemeroealle fida diremo. Scùffie deUa radice deUHemerocatte Galeno al (cricco da Ga v x. dellefacultà definitici,cofi dicendo, nonfilamente è fimi leno. :; - 1 le à quettd del giglio nettefattezze fue la radice delì’Hemero* calle ; ma anchora nelle uirtii non ual manco diquetlame màco confirifcc atte cotture delfuoco, per hauere ella uirtù leggio* ra, digeftiua, er alquanto rcpercufiiua. chiamano f Heme* Nomi. rocalle, onero Gìglio faluatico i Greci, H : i La* tini, Lilium fylueftre : i tcdefihi,ìleydnifch liliétvfti Spagnali,Lirio amarilho : ì Erancefl, L i¡gaulne.

D el Leucoio,cio è , V iola bianca. Cap;

CXXXII.

L a v i o l a bianca è nocifsimà à ciafcuno. ma è nondimeno differenza nei Tuoi fiori: imperochefono in alcune bianchi : in alcune gialli : in alcune cerulei,& in alcune porporci. Quella è migliore nell’ufo della mè dicina,che ha i fiori gialli. La decottione di quelli fecchi fedendomi! dentro cura le infiammagioni della madricc,& p rou ocai meftrui. Incorporati con cera lanano lefetole del fedcrc:& con mclel’ulcere della bocca. 11 feme beuuto con uino al pefo di due dramme, ouero applicato di fotte alla natura con mele, prouoea i meftrui, le fecondine,e’1parto. Le radiciimpiaftrate con aceto fminuifeono la milza,& giouano alle podagre.

Q j ANTVNQJE


468

DifcorfidelMatthioli

Leiteoio, & Q^v a N t t n QJ-' E teucoio uoglia folamente fignifìcare Viola bianca ; nondimenofi piglia andón perl¿ Aia eflamin. gialla >per la cerulea,cr per la porporea. Qitt'fta chiamano volgarmente gli ffietiali, ¿r medici dcli’ Arabua [tu

ta Cheiri. Sonofiori in Italia uolgari 4 gli hórti,alle loggie , er alle fineftre ; alle mura , c r à i tetti : imperoche in tutti quefii luoghi,hora in tefti,zr hora in cajjètte le molto curiofe donneper la bontà del loro ’odore, c r uaght'z* Tetto foipetLe cerulee neramente à i tempi noftri non fi dimofim. todi Dioico. za dei colore diuerfo loro, le coltivano per le ghirlande. no in I talia. e r imperò crederò io infierne con il dotto Marcello Fiorentino, che fieno quefìe cerulee moltiplicate er Hate aggiunte nel tcfto Greco : perciochefi ritrouano alcuni Diofcoridi fcritti con lettere Lombarde amichili /¡me,ne i quali delle cerulee non fi ritroua alcuna memoria : come parimente non fe ne legge parola in Qribafio, ne in Serapìone,i quali di parola in parola trafiriuono dà Diofcoride. De i fiori delle bianche ne fanno in Perfia per Leucoio ferie cagione dell’odore f unguento, il qual chiamano lafmino, come à bafianza fu detto nel primo libro¡contra à colo, 10 io da Gal. ro,che fi credono farfi tal unguento,de i fiori de i noftri uolgari i Gelfomini. D i quefìe facendo mentionc (galeno al v i i . delle faculta de ifiempiici : La pianta ( diceua ) di tutte le Viole ha uirtù aüerfiua, cr è compofta di pm ¡ fiottili : nel ckefiuperano ogni altra parte if i o r i i di quedi quelli chefono fiecebi, fono piu efficaci, che i verdi, dì modo che affofigliano legroffe cicatrici degli occhi . Prouoca la loro decottione i mefiirui, lafecondina, e’I parta morto : c r beendofi ammazza fi uino, c r lo cacciafuori, per efijer medicamento tale, qualf i fia ogni altro, chefia amaro4 Mefcolandofi questi fioricon molta acqua, ò con altro, cheffienga la grandezza dellafòrza loro, diuenta buon medicamento de i fiemmoni.Lt cofi medefimamentè la fiua decottione non efifendo pura, fatta applicata difiotto i flemmoni della madrice,c r muffirne quelli,che per lungo tempof i fono induriti, Mcficolati ì fiori con cerato fatta* no {ulcere,che malageuolmente fi guarifcono.Sono alcuni,che f ufano con mele attulcere della bocca. Il fieme effent do égli della medefima natura, fi crede,che nonfolamente fia egli molto conueneuole applicato difiotto, onero dato 20 ¿[bere, per prouocare i mefiirui,ma che pojfia ammazzare le creature nel corpo, er far partorire le morte. Sono parimente le radici di ugualefaculta : ma fono alquanto di ejfenza piu grojja, c r piu terrena. Quefìe trite con aceto Janano la milza indurita. Sono alcuni che curano con effe i flemmoni induriti nelle giunture. Chiamano i Nomi. Greci le Viole bianche, gialle, c r porporee indifferentemente \ ¿ Mi<,v:i Latini, Viola alba: gli Arabi, cheiri, ouer K eiri, c r Alchciri : i Tedefchi, Gelb uiolen,zT Vuyffueil ; li Spagnoli,Violetas amarilhas, c r Violeta: blan» quas : i Pranccfi, Violettes, er Girofiees.

D el Crateogono.

Cap.

C X X X III.

I l c r a t e o g o n o produce le frondr Umili al meIampiro,& piu nodofi furti da una fola radice: j 0 ha il Teme limile al miglio , N?fcc per il piu in luoghi ombrofi,& tra gli fterpi , molto acuto in tutta la fua pianta. Sono alcuni, che d ic o n o , che beuendo le dorine dopò alle purgationi lo ro , auanti che fi congiungano con l’huomo, il ilio Teme tre uolte il dì, al pelò di tre oboli due ciathi d’acqua da digiuno, continuando quaranta giorni,& parimente ancora l’huomo altrettanto tempo inanzi al coi t o , generano pofeia un mafehio, Crateogono, I l c r a t e o g o n o , quantunquefieno alcuni, che uoglìano, che fia una feconda fpetie di Perficaria, il & Tua eflkm, che poco mi corrijfonde, ne mi pare da credere per non effergli la Perficaria in uerun modofìmile ,fe non fòrfenei Nomi. .

fufti ; non ho potuto anchora rintracciare in Italia ; doue però non negherò io,che non ui pofifa egli nafeere, Chia mano il Crateogono i Greci, ìSj&rJfymv: i Latini , Crateogonum. 40

D el Folio herba.

Cap.

CXXXIIII.

I l p o l i o , il quale fi chiama|elcophillon, nafee in luoghi faflòfi. E di due fpetic. delle quali Jafemina, la qual chiamano T h elig o n o , ha frondi di mofeo,& di colore piu ucrdi dell’oliuo : & il fu fio corto, & lottile : il fiore bianco: & il feme limile al papauero.ma però m aggiore. Il mafehio, che chiamano A frb en o go n o ,è del lutto in ogni fua parte limile all’altro, eccetto che nel feme: il qualejproduce egli raccm ofojfim ilealfioredeH’oliuO;, quando di già sfiorito comincia à m ollar­ ne il frutto . D ico n o , che bcuuto il feme dalle donne genera quel del mafehio il mafehio, & quello della femina genera la femina, T u ttb quello fcriffe Crateua herbario, & però mi è piaciuto non dir- 50 He piu o ltre, che l’hiiloria. F o lio , & fua F 1 n o 4 quefto tempo non ho anchora potuto vedere in Italia il legittimo Polio ; quantunque da alcuni mi efìàmin. fieno fiate moftrate per effo alcune piante, le quali ( per miogìuditio ) poco gli corrijfiondono. Il Kueüio uuo* Errore del le,che il vero Poliofia la Perfi caria maggiore. Ma,per quanto porta il mio parere, anchora egli s’inganna : per• Ruellio.

cioche quella perfìcaria nafee in luoghi humidi, er acquafirini ; e’I Polio ( comeficriue Diofcoride ) nafee tru ffiLe cuiparole,confiderandofì bene, dimagrano cheeglinon nhebbealtra cognitione, che quella, che gliene diede con gli fcritti Crateua : da cui ne ricauò quanto qui ne fcriffe. Et però non è da marauigliarfi ,fe ancho à noi non fila cofi facile il ritrovarlo : er maffimamente uedendofi, che nonfe nefa mentionc alcuna da Galeno, ne manco di Opinione di Paolo : c r forfè non per altra cagione, che per effier flato il Polio cofi incognito à loro , come à noi. Sono al* 6» alcuni. tuniche uogliono,cheìlPoliononfia punto differente dalla MercoreUa per effier molto filmili crncUe fembian* %e, cr nelle uirtù . Ma non mi poffo conuenir con coftoro, pernocte la MercoreUa fa frondi fimili al bafllico, crnon


N el terzo lib.diDioicoridc.

469

cr m ) il fioreverde, e r non bianco : ne nafte in luoghi faffofìfolcente,ma ne gli botti, nelle vigne lun* go le vie , Crper tutto.Et oltre a ciò per uederfl, che nefcrijfe Dioftoride per due diuerflcapitoli, come di pian* tedwerft; il cheparimentefece Plinio.lo ho ben ritrovato quefto anno unapianta infu i monte Salutino trafitti, confondi fimih allamercoreUa,ma piu dure,& piu corte,dentate alquanto aliintorno; confine fimile à ungrap* goletto cfolino dì nuouo sfiorito. Per le qualiftmbianze mi pare, che non pocofi rafjembn all'Arrhenogono. mi nonperò ardijcod affermarlo. Fece del Folio memoria Theophrafto al x i x . capo del ix . libro del'hiftoria deh Folio ferino tepiante,con quefteparole.Dicono effer alcune piante, che fanno generare mafthi, cr alcune fimine. Et però da Theophr. chiamano un Folio arrhenogono, er l’altro theligono. Sono amendue fìmili, er hannofórmafintile di bafilico. Il frutto del thcligono efimile alfiore moftofo deglioliui, ma piu pallido: e r quello dell'arrhenogono è come l’oliua,

1° che rimane dopo al disfiorire delfuo moftofo, fiore : ma doppio,come fono i tefìicoli delibucano. Tutto quefìo fcrift fi Theophrafto. Dal c h e f può conofcert.efier corrotto qui il tefto di Dioftoride : pcrcioche fecondo T heophra* fio la(emina non hafiondi di mofto, ma bene il frutto, che fi rajftmbra d i mofeofi fiori degli oliui,quantunque piu pallido di colore. cofa che nuniftiiamente arguifte corrottela difrittura in Dioftoride. Il che mi dà non poco dni mo di credere,che lapianta ritrouata da me infu'l monte Saluatino,fia il vero Arrhenogono. Chiamano il Folio Nomi. i Greci, eiuhxoi •' »Latini, Folium.

D elT eftico lo d i cane.

Cap.

CXXXV.

I l t e s t i c o l o . ìI qual chiamano i Greci cynoforchjs produce le frondi attorno alla piu 10 balia parte del Tuo furto,(Irate per terra, fìmili à quelle dell’oliuo, ma piu lunghe, & piu ¿rette,& Jifeie. Crcfce il fuo furto all’altezza d’una fpanna : (opra a! quale è il fiore porporeo. Sono le fue radici bulbofe »lunghette,doppie,& riftrettc à modo di una oliua ; delle quali la piu baffa è piena, & carno fa :& la piu alta fiappa,languida,& vana. Mangiaufi quefte radici, cornei bulbi, lefle , & arroftite. Dicono j che la maggiore mangiata da gli huomini, fa generare i mafehi : & la minore mangiata dal­ le donne , le femine. O ltre à quefto d icon o, che le donne di Theflàgiia danno per prouocare i vene­ rei defiderij la piu carnofa à bere nel latte di capra : & la fiappa per lo contrario effetto : di modo che l’unaguafta la uirtu dell’altra. Nafce in luoghi faffofi, Si arenofi . SPETIE DE TESTICOLI.

D iv n ’altroTeiticolo.

SPETIE DE TESTICOLI.

Cap.>

CXXXVI.

L' a l t r o tefticolo.chc per effer !a fua radice in ufo à molte cofe,è chiamato da Andrea medico terapia*,ha le frondi limili al porro, lunghette, ma piu larghe, & graffe, le quali efeono inchinandoli R dalle


Difcorfi del Matthioli

° dalle concauìtà dell’ali. Produce i furti alti vnafpanna: i fiori quafi porporei: & la radice fintile à i te­ fticoli . Qucftaimpiaftrata rifolue le pofteme, mondifical’ulcere, & non le Jaicia corrodere: fana ]c firtole, & mitiga finfiammagionirLe radici fecche raffrenano l’ulcere corrofiue, & fanano le putredi n i, Si l’ulcerc della bocca,che fono difficili da confolidare. Bcuute con uino riftagnano ¡il corpo, Dicefi di quefta quel medefimo,che fi dice del tefticolo di cane. 4

7

TESTICOLO.

TESTICOLO.

D el Satirio. I l s a t i r i o chiamano alcuni trifogliorimperoche; produce egli tre frondi diftefe in terra,li inili à quelle della rombieejouero del giglio,mam inori, & rbffe. Producei! furto alto un gombito, & nudo ! il fiore b ian con i figura di giglio :la radice bulbofa, grofla come una mela.fulua di fuori, & bianca di dentro com e un uouo,algullo dolce,& non jngrata alla bocca. Quefta beuuta nel uino nero uale à quello fpafimo,che chiamano opifthotono. Debbefi ufare da coloro , che affettano il coito : imperoche affermano, ch’ella gli fa piu pronti ne gli eifercitij uenerei.

D el Satirio erithronio.

Cap.

CXXXVIII.

E i n o a l t r o Satirio,il quale chiamano erithronio,ouero erithraico, ciò è rotto, cheproduce il ferne di lino,ma m aggiore,duro, lifcio,& fplcndido. il quale fi dice,che non p r o n o c a manco dello fcinco gli appetiti uenerei.La corteccia della fuafadice è rofTa,& fottiletma è didentro branca, & di dolce fapore,& non difpiaceuole alla bocca. Nafcc ne i monti,& ne i luoghi aprichi. Tenuta la fua radicein mano prouoca ( fecondo che dicono ) al coito : ma molto piu beuendofi nel uino. Satirión!, & Tefticoli di cane , & loro C Errore di » o h i.

E r r a n o neramente à i tempi noftri la maggior parte de Í medici,& de glifretiali, togliendo communemen te per il Satiri'onc amendtk i Tefticoli di cane, imperoche lefrette dei Sàtirioni fa-itti da Diofcorids fino affai di* m ß nc]\e fattezze loro da i Tefticoli di cane; quantunque in uirtù nonfieno troppo differenti. Il che dimoñra nel dire Diofcondc, che i Tefticoli di cane producono due radicifìmilià dué tefticoli : delle qualicfemprè lapin b*r fa, piena, carüofit ,Cr pbnderofa : & lapiualtafiappa, er ,1neza nana. er che i Sàtirionifanno una fola «pjjj*» ^ tpndu ccme.una mela,rqff4 di fuori , er di dentro bianca come un uouo . Lcfretic de Sàtirioni, quantunque habbia io ricercato in moki luoghi; non ho però finhora potute uedere. ìA a ic i Tefticoli ho ueduto i o ,er nei m°nc‘ della ualle Anania, er inaltri affai luoghi uàrie, er diuerfe frette, fenzà quellafretie, chefa due radicatimi'' " allemal


Nel terzo lib. di Diofcoride.

471

iUe mani dett’huomo, le quali uolgarmente chiamano Palma c h r i $ T i , c r Auicenna chiama Digiti citrini. quantun­ Pilma d iri­ quefenza allegarne ragione alcuna lo nicghino i uenerabài Frd tti j& fui hiti de zoccoli commentatori dell'antidotarlo di Mefue.Di que» itorii. fia fono parimente due fietie. delle quali la maggiore hafiondi come di lattuca, aperte,lifcie, cr macchiate in piu luoghi di ne ro : fufto ritondo, cr lif:io : confiore molto uario di porpora, di bianco,cr di roffo,d'affai buono odore. le cui radicifareb* bono quelle medefime de i Teñicoli dé i cani ,fe (come s'é det» to) non haucffero le ditafìmili alle mani deÜ’huomo. L a minore fa fiondi fimili al zaffarano : c r produce il fuo fiore nellafont mita del fufio, il quale è alto una¡fauna,di colore pauonazzo fcurojifcio come un ueüutojn firma piramidale, quafìflmile ì quello deliamaranto, il quale noi chiamiamofiore ueüuto. Re« ¡pira da quefiofiore foauifiimo, ergrato odore, mentre che è fie fio , quafì come di mufehio, cr d'ambra . Et fecondo alcuni ifferimentatori,èla poltterede i fecchi rimedio prefentaneo per la difenteria : c r fimilmente l’acqua,chefe nefa à lambico. Le radici fono come quelle della maggiore, ma piccioline , c r molto di quelle minori.Sono quefle, fecondo Auicenna,calide, Cr fecche nel fecondo grado.Kifoluono lefupeifiuitàgroffe del corpo,cr mondificano lafaccia applicate di fuori: conferìfco» no a i maniaci, c r à tutti i membri ncruofi. Et fecondo alcuni ilferimentatori >tolto il feme della maggiore none mattine un grano per mattina,trito con uino guarifee il mal caduco:?? pa rimentefa la decottione della radice,ufándola per adacquare il uino.Vale oltre à ciò alla quartana. del chefa fide Nicolò Fio remino, come appare per l'hifioria,che egli recita i ’hauer cu* rato Biloto quartanario, dandogli tre uolte di quefle radici. Quella pianta nonfenza errore connumera il Euchfìo ne i fuoi Errore de! dottifiimi commentarij delle piante, tra i Satirioui. Imperoche Fuchfio. (per mia opinione)crapiu preflo da mettere tra i Tefiicoli di cane.Ne màco panni che egli erri neüafigura del Sati» rione trifòglio, nella quale fi conofce non hauere egli ben comprefo Diofcoride : percioche lo dipinge con due radi* ci, come hanno i ucri Teflicoli di cane. il che non hanno i neri Satirioni, ma una fola, cr groffa, come una mela, cr producono i fiori fimili al giglio, fe già nonfujfe errore del dipintore. Errano parimente infierne con Mefite Errore de I ifuddetti uenerandi Padri, che hanno commentato il fuo antidotarlo, percioche uogliono,cbe i Satirioni habbiano, Frati • cr producano due radici,come fanno i tefìicoli di canemon accorgendoli,come ben s’ingannino anch’efii,per bauer poco confiderai l’kifioria,che nefcriue Diofcoride. il quale fehaueffero letto con piu attentine, haurebbono . ageuolmente conofciuto il fuo errore. Ma per ritornare neüa prima hifioria de i Satirioni ,c r dei Tefìicoli ca* * nini ; ritorno à dire, che i neri Satirioni nonfi ci mofirano hoggi in Italiana folo in luogo loro ufìamo quelli Te * fiicoli di cane, li quali quantunque habbiano uirtil di far generare ( come dice Diofcoride ) i maggiori mangiati da gli huomini »i mafebi : cr i minori mangiati dalle donne, le fimine;nondimeno non ritrouo io, che prouochino cofì gli huomini al coito, comefi fcriue, chefanno i Satirioni ueri .E t imperò non è marauiglia,fe non ne confcguifco* nogli effetti, che fi defiderano, cr che fi predicano da i medici antichi, cr moderni, in coloro che gli ufano con po» cofucceffo. Se già ciò non gli auenìfie per mangiarfine amendue le radici, configliati à ciodai medici, che poco auertifeono aü'Hifioria, che fe nefcriue : offendo cofa chiaraf come dice Diofcoride ) che l'una radice distrugge la uirtà dell’altra, quandofi mangiano amendue : hauendo luna faculta di fortificare al coito,cr l’altra difare il con* trario A lch e non interuerrebbe loro,fe haucffero i ueri Satirioni : ouero quella altrafictie etherba da noi non co* nofeiuta. della qualefcriffe Theophrafio al xx.capo del 1 x.libro deü’hifioria delle piante, cofi dicendo. Era uè* Hiftoria ferie ramente mirabile per eccitare gli appetiti uenerei unaherba, la qualebaueua portato uno Indiano. Impcrocheno ta daTheop. filamente mangiata-, ma toccata tanto incitauagli huomini al coito,ch'eUaglì facetia potenti a effercitarlo quante uolte lor fujfè piaciuto. Di modo che diccuano, che coloro, che l'haueuano ufata, rimettano fatto piu di dodeci uolte. come che piu uolte fuffe fiato udito dire quello Indiano, il quale era di corpo graue, cr robufio, hauerlo fatto tal giorno fettanta uolte : maperò confiargimento di pochegocciole difeme per uolta, il quale finalmentefi conuertiua ingocciole di puro fangue. Et diceuafi, che molto piu fifcaldauano togliendo quefio medicamento le Tcfticoji . donne,chegii huomini. Tutto quefiofcriffe Theoprafio. Lece d’amendue i Tefiicoli mentione Galeno all’v i n . dellefaculta dei femplici, cofi dicetido. Hanno le radici d’amendue i Tefiicoli di cane uirtu calida, c r húmida, en­ fcritti diGal. fino algufio alquanto dolcette. Oltre a ciò la maggiore pare hauer una humidit'a, c r fuperfiua, c r uentofa : cr però benìtta eccita ella ì defidcrif uenerei. Ma neüa minore è il contrario : imperoche in qitefiafono le parti piu af i ® fittigliate,di modo che il fuo temperamento s'inchina al calido,cr al ficco, cr imperò non può quella in alcun mo• doprouocar gli huomini al coito, mapiu prefio operare il contrario.Mangiaufi quefle radici arrofiite,comcfì Mangiano i bulbi.Quello, che fi chiama tefiicolo Serapias, ha faculta piu fecca} cbe’l primo qui detto di fopra $ : • R z cr imperò

PALM ACHRISTI.


47 2

Difcoril del Matdhioli

e T impero non ¿egli cofì commodo per eccitar ucnere.Kifoluc impiastrato f undimia: purga ? ulcere fordide, ©• ¡e fòrmicofe, fecco,zr tifato in poluere diffecca piu ualorofamente-t crperò ageuolmente fatta l’ulcere putrì* ds,cr quelle che malageuolmente fi fanano. Oltre à ciò per effere alquanto coftrettiuo, r ¡¡lagna beuuto con nino i Salinone f orf ° ■ f ece PfXÌi*Qit$ meniione Galena al libro medcjvno, de i Satirioni, cofrdicettdo. 1/ Satirione è fc r itto da G a nef a i temperamenti càlido,erhumidoter però è apparentemente dolce al gitilo . Nondimeno pofiiede unahumU leno. diti frtperfl.ua,e t uentofa,ccn la quale incita egli al coito : intendendoli però quello fedamente della radice .la qua* le(feconda che differo alcuni)fatia beuuta con uino quella¡fette di jfaflmó,chefì chiama opiilhotono . Chiamano Homi, j Greci ilte[licolo,o'y‘ UCrKvvòftp}«; iLatini , Tefticulits,cr tejliculuscanis j gli Arabi,Chaftafkpb,crChi}} dlchelb : i Tedefchi, Knabenkraut : li Spagnoli,Coyonde perro : i Franccfì, Coutlon de chien. Il Satino poi ( hianuno i Greci , 2 * 7 $ tot. : i Latini, Satyrium : gli Arabi,Gafl alchaleb,Chafl altralcb,cr Tatarich : i Tedefchi, ì a iteniel uurtz 1 li Spag noli, Satyrion, c r Supinos de Kapofa ;i Francefi, Satirion,

DeirH orm ino,

Cap,

C XXXIX,

L o h o r m i n o dome/Hco è una herba,che produce le frondi fimili a! marrobio : & il furto al to mezo gombito, quadrato ; attorno alquale fono alcune eminentie fienili à filique, lcquali riguar­ dano uerfo le radici, & hanno dentro di fe diuerfo feme. imperoche nel faluatico è tondo, Si fofeo ; & nell’altro nero, Si lunghetto,delquale è l’ufo. Vogliono,che fi beua con uino per rifuegliare i uenerei ardori. Applicato con mele, mondificarargeme,&l’albugini de gli occhi: & rifolue con ac­ qua lepofteme. Caua quello applicato le fpine fitte nelle membra del c o rp o . il che fa ancora l’herba tp jmpialtrataui Tufo. Il faluatico è piu virtuofo ;& imperò fi mette egli negli unguenti,& mafsjme nel gleucino, SCLAREA-

H O R M IN O .

Hormino, te fua e(6m. Opinione re

prouata.

Q_v a n t v n <4_v e

i l K u eU to , c

r

p a r im e n te i l F u c h flo ten g a n o p e r f ir m o n e t lo r o d o ttiflim i u o lu m i, che

¡ ‘H o r m in o d o m efìic o [la qu ella m o lto o d o r a ta p ia n ta ,ch ia m a ta da c h i S cla rea ,d a c h i S c a r le g g ia M c h i lA a tr ifa lu ii, C T da c h i h e r b t d i fa n G io u a m ù : c r c h e 'l f a lu a tic o fta q u e lla , c h e chiam an o c h i G a U it r ìc o , c r c h i cen tru m g a lli

;

n o n d im en o p e r u ed er n o i , c h e c refc o n o q u e fte p ia n te ¡ ¡ e f f e u o lt e a lt a l t e z z a d i d u e g o m b it i, hanno l e f r o n d i d i gran lu n g a affai m a g g io r i di q u e lle del m a r r o b io ,c r c h e i r e c e tta c o li d el fe m e lo r o r im ira n o u e r fo la c im a ,c r n on u erfo la r a d ice ; n o n m i p o jfo in u eru n m od o a cco sta re a lle lo r o o p in io n i : &

ta n to p iu ,q u a n to f i u ed e tanto n ella dom efftea

q u itto nella fa lu a tic a S cla r ea i l fe m e to n d o , c r n o n neU’ u na t o d o , c r n e ll'a ltr a lu n g o , c o m e afferm a

D io feo r id e

*

ri•

t r o u a r fì n e ll’H o m i n o . C o r r o b o r a p o fc ia la n o flr a in ten tio n e il u e d e r fl,c h e D io f c o r id e n o n diffe, c h e t H o r m in o do m ejlico


Nel terzo lib. diDiofcoride.

473

rtcjlico fuffe odorifero.Et però èdapenfere,chefeperl'Homino haueffe egli intefa la Sclarea, ouero herba di S. Giovanni,nonjl farebbe m i taciuto egli la rifragranza grande delfuo odore,di cui ferirà ella marauigliofumente. m la pianta del aero Uomini»è neramente quella,di cui è qui il ritratto,fiatami mandata da Pifa dall'eccellentif i * tuomedico M. Luca Ghini.la quale (comefi uede) con tutte le feuefembianze altro non rapprefcnta,che il uero Hor mino domeftico. Fece degli Uomini mentìonè Plinio all’ultimo cap.del x x 11 .libro : ma douendo egli legittima:* mente dire, che le/rondi loro fi raffembraimo a quelle del marrùbio ,diffe, che elleno eranofìmili 4 quelle de i por­ ri,ingannato (come dicemmo anchor difopra al capitolo dello Stadti)daUa confermiti de.i uocaboli Greciprafon Cr prafeon : non accorgendoli, cheprafìonfegnifica il marrobio,cr non il porro, comelignifica prafon. E oltre a quefeo una altrafpetie d’Hormino connumcrato da Theophrafto, da Plinio, cr da Galeno alla fine del primo libro IO delle facultà degli dementi Ira le biadetti quale, fecondo che ri HEDISARO. fèrifee ejjo Galeno,ha infe poco del nutritiuo , cr èd i mezana natura tra Perifimo,e'l cimino M a dell'altro quiferitto da Dio feoride non ritrouo io,che facejfe mentione alcuna Galeno ne i libri dellefacultà defemplici: quantunque Paolo Egineta ne di ca quel tanto, che ne feriffe Diofeoride. Chiamano i Greci l'Uormino, O ' f>/«w : 1 Latini , tìorminum.

,

D ell’Hedifaro.

Cap.

Errore di Pii nio. Altra fpetie d’Hormino.

Nomi.

C X L .'

L o H E D I S A R O , il quale chiamano i Latini fecu ridaca,&i profumieri pelecino, è una pianta folca, le cui frondi fono limili à quelle de i ceci. produce alcu­ ne lilique piegate à modo di cornetti: nelle quali è dei* tro il ieme rollò Limile à una feure di quelle, che hanno due tefte, donde ha prefo ella il nome di fecuridaca. è di faporeamaro.Beuutoèutile allo ftomaco. Metteli ne gli antidotti. Melfo à modo di foppofta con mele nella natura delle donneauanti al coito, lefadiuentare Aerili. Nafcc ne i campi tra’l grano,& tra l’orzo. Q v a n t v n q ^v e nafea in affai luoghi per li capi trdl Hedifaro * grano,cr tra f orzo la Securidaca;nondimeno copia graniif i » fua eflap. ma ne nafee tra l’ aphaca.Etperò diceua Tbcophrafto aU’v u t * cap.dcU’ v i l i .Hb.deU’hiftoria delle piante,che questa tal pian ta è propria pcjle dettapbaca : imperochefi genera da quella, come il loglio del grano,cr dell’o r zo . Erro in quella Plinio * Errore di Pii* ingannato dallafimilitudine de i uocaboli Greci, a lx v n .capo nio. del xyi 11 .libro,dicendo che la Securidaca auiluppandoftam» mazza le lenticchie : penfaniofì che aphace,che uuol dirc(co• me dicemmo di fopra alfuo proprio capitolo nel fecondo libro) unaJpctie di ueccia,fìgnificaffela lenticchia: la quale non apbé ce,ma phacos chiamano i Greci. Olirà che in ciò anchogli ri» pugna Theophrafto: percioche egliferitieal medefimo luogo , che una pianta chiamata Araco,cr non la Securidaca,nafee tra le lenticchie, c r è loro nimica. Fece deU' Hedifaro mentione Galeno al vi.delle facultà defemplici,cofi dicendo. Il feme del fcrjtce0 f Hedifaro è roffo di colore, con capo da ogni lato limile àuna leno . feu re . E al gufto acerbetto.cr¡amaro cr imperò i ègli,quan» do fi beue, utile aUo ftomaco, c r apre le opilationi delle uifee» re.ll che fanno anchora i germini di tutta la pianta. Chiamano 1Hedifaro,ouero Securidaca i Greci, H’ìvmfov : i Latini,He N « n dyforum,cr Securidaca,

D ell’Onofma.

Cap. C X L I .

H a l’ o n o s m a le frondi lunghette limili all'’ara chufa,le quali fono lunghe quattro dita, & larghe uno, tenere,& Arate per terra. N o n produce ne fulìo,nc fio r e , ne feme. Ha lunga radice, fotrle.debile.&roiTeggiante.nafcchiluoghiafpri. Leluefrondi beuuteco’I uino fanno partorire. Diedi» che fe una donna grofla gli cantina fopra, li fro n d a . > R

3

N

asce


474

Difcorfi del Mattinoli

Onofm»,& Nas ce unapianta nucumente da me ueduta inalcuni affri colli del contado di Goritiaila qualeper raffi:)1 fu» effam. braxfii nellefiondi aU'ancbufia minore,?? per produrre le radici cofi roffie, comefiop quelle della rubbiatnpn ho potu

to fe non credere,eh'ellajìa la uera Onofma.Et però ho uoluto darne il ritratto,acciocbe ancoragli altri ne peffiano far giudicio. Ma (per dire il nero ) iofinbora nonfio affermare,fie eUafaccia fufto,fiori,?? feme :perciochefieni* pre l'ho uedutdfienzaefii. Delle uirtu deliOnofima)cuffie Galeno all’ vn i, lib. dellefaculei defiemplici,con que* i Onofro» feruta da Ga fte parole. L'Onofima è amara,?? acuta : e? però fi crede ch'ella poffia omazzare le creature nelle donne grauidc, leno. t? farle partorire,beendofiene le foglie coll nino. Chiamano i Greci la Onofima jO'W/aa.,-i LatinUOnofima, Menai.

N I M P H E A,

Della Nim phea.

Cap.

CXLII.

L a n i m p h e a nafee nelle paludi,& ne gli ftagnbeon frondi.che fi raflembranoà quelle del- 14 Jà faùa d’Egitto»cpmc che fieno però minori,& piulunghe:delle quali alcune nuotano fopra 1 acqua, $c alcune ui fono fommerfe dentro ; procedonne affai da una radice.il fiore c bianco limile al giglio» & nel mero è di colore di zaffarano : dal quale dopo il disfiorire fi genera una tefta tonda, come una mela.ouero come un capo di papauero : il cui Teme è nerp, largo,fodo,& al gufto uifeofo . Fa i} fufto lifeio) nc|:o,fottile»finiile à quello della faua d’E g itto , La fua radice è nera, afpra, nodofa,limile a una mar23,la quale fi caua nell’autunno. Q uella fecca, & beuuta con uino, gioua à i flufsi flomachali, & alia difenteria,fminuifcc la milza. Impiaftrafi ài dolori dello ftomaco, & della uefcica. Spegnccon acqua le uitifigini. Applicata con pecp gioua alla pelagione .Bcuefi cpntra al corrompe rii, che acca­ de la notte in fo g n o , Beuuta asfiduamente alcuni giorni,iqfrigidifcc la uirtu generatiua: il che fa pa­ rimente il Teme. Credeli,ch’ella s’acquiftaffe il nome di Nimphea,per amare i luoghi acquofi. Riero- 4? uafi copiofa in E lide, nel fiume Anigro,& in Beotia nell’A liarto,

D i un’altra Nim phea.

Cap.

C X LIÌI.

N a s c e una altra Nimphea.il cui fiore fi chiama blephara.coafoglie fimili alla predetta : ma ha la fua radice bianca,&rafpofa :e’l fiore giallo,& rifplendepte,fimileà una rofa. Beucfi utilmente il (uo feme,& la fua radice con uino pero a i flufsi delle doqne. Nafee in Theflàglia nel fiume Penco.

Nipiphea,& fu» eflamin,

C h i a m a s i la nimphea da gli ffietiali communcmenteNenuphar, della quale fi deliuna^omc dell’altra fe ne ritroua copia infinita ouunque fieno laghi, Ragni,?? paludi ; e?però è pianta notifiima, ©r uolgare. Quatta 5® tunque credi il Fuchflo neSultimo fuo libro dette compojìtioni de medicamenti 3che le Nimphce de gli Arabi fieno del tutto differenti da quelle de i Greci, come fi può manifeflamente uedere,?? intendere per quello,che ei neficriue con quefie parole, Dioficorìde, ©r Galeno non fecero alcuna memoria delle uirtu defiori della Nimphea » Onde la loro opinìoneèfiphe itort f f debbi ufare per i medicamenti altro, che il feme, ©r la radice : i quali dicono efferefii* gidi,?y fic ch i . Gli Arabi all’incontro uogliono, che tufo jìa de ifio ri, la uirtu de i quali ficriuono efjere frigida nel terzo ordine,& humida nelfccpndo. Ma quelli fonofióri della quarta ffetie del N enupbaro. I mperoche li Ara fihannodue altre ffietiedi Nenupharo oltre alle due, di cui ficriuono i Greci :edi qui è cofia chiara, che ne man* chi quella ffictie, i cui fiori fonofrigidi ©r humidi. Et però errano manifiRainentc hoggi tutti quei medici, che uo* gliono, che le loro Nimpbee (oueramente Nenuphari) le qualifono quelle ifleffe de i Greci, bahbino ancora uir* iit di humettare. Cofi gli ferini degli Arabi ffitfiifiime uoltè danno caufia d i Medici,di errare,?? non è poca mara* tàglia, che Serapione ficriua ritrouarfi una ffietie di Nimphea, la quale è calida,?? fiottile. Di modo che niente di ilabile,©r di firmo fi ritroua nelle dottrine Arabiche. Tutto queflo delle Nimpheeficrififie il fucbfio . Dalla cui o*

s «

,

pim ene


Nei terzo lib.di Diofeonde.

4 ~j

fintone nonfenz-t manifefla ragionefon io uermente del tutto lontano, di modo che non follmente non k poffo lo* dire, ntifon conferemo à contradirli,per mantenere k uerità di queßo f a t t o i k ragione de gli Arabi,come quel* Ht che in quefio luogo fedelmente rifirifeono li ferini dei Greci, cr ut aggiungono anchoraiel fuo tutto quel di picche per induüm ,cr diligenza toro hanno ritrouato ; che adunque le Nimphee degli Arabi, quantunque dichi no,che le habbiano uirt'u di humettare, puefanno melinone de i fiori, fieno quelle iftcfje, di cuifcriuono i Greci, i quali nonfiepro della fin ii defiori alcuna memoria,fi può ageuolmentc prouare con il teftimomo di Serapione, cr d'Auicenna, i quali ( kfeiando ¡lare di dire, cheferiuendo delle Nimphee trafirtuono quafi il tutto da D iofeoridc ) tifano nonfokmente i fiori, doue fia bifogno di humettare, ma anchora il ferne, cr la radice oue bifogni nftringcre. Ne ci debba ( per miogiudteio ) parere marauiglia, elicgli Arabi attribuifchiiio alle loro Nimphee unafiigida, c r | t> humida uirtk,hauenio eglino efperimentato cojì come noi ,che i lorfiori Immettano, c r infiememente refrigerano, Il che non mi pare, che contradica punto alla opinione dei Greci. Impcrocbe doue i Greci fcr tuono, che le Nim* pbee bornio uirtù di difeccare, cr d’fifiigidirc, intendono fokmente delferne, er detta radice, di cui fokmente è Notsi. f ufo appreffi di loro , cr doue dicono gli Arabi, che le refrigerano, cr parimente Immettano, intendono filamenti dei fiori, come chiaramentefiriue Auicenna. Neper queüo ci allontanaremo dotta ragione ,fe diremo, che in una medefima pianta fi ritrouino diuerji temperamenti fecondo la diuerfità detteparti fu e . Del chccenepuoefferè te* (limonio Galeno, oue egli firiue lefacultà detta Mandragora, dicendo che la radice ha fin ii di diffeccare, CT di infrigidire, c r il frutto d'infrigidire, c r di humettare. Il perche ( per quanto porta il mio giuditio ) gli Arabi in quefio contofon piu prefio da effere lodati, che odiofamente uitupcrati, come mi par, chefacci il ¥uchfio,come quelli,che nofenza grande utilità degli Imomini hanno pofto in ufi ifiori de i N enuphari. Il chefu forfè per auwrn tura ncgligcntemite trakfeiatoda i Greci.Oltre à cio noncuerifimile,chegli Arabi non habbinofaputo qual tem• paramento fa quei del ferne, dette radici di quelle piante,cr qual quello de i fio ri. Iinperocliefe Auicenna hauefe tenuto, che il temperamento non uariaffe in quelle parti,egli non harebbe commendato il ferne, c r la radice alla difenterfi, al corrompevi fi fogno, à iflußi delle donne, che procedono, dalla madrìce, cr ad altri morbi, la cura de i quali ricercano medicamenti frigidi, èfic ch i. Ma forfè che alcuno tie contradirà con dire, che le Nonpbee de Greci, arde gli Arabi fono differenti,per ritrouarfi, che Serapionefiriue i'authorità d’ A Ibafari, ritrouarfi una forte di N implica, la quale è calida, c r fittile . A l che diremo noi, che quello non contradice atta noUra opinione, ne manco ce ne marauìgUamo,come par chefacci il Fuchfìo. Imperoche come tra le ffetie dei Sempreuiui firiue Diofioridc efferuene una, ia cuifacuità c difealiare cofi ualorófamente, che può ulcerare la carne, quantunque Taltre due fpetie freno frigide fecondo Galeno nel terzo ordine; Cefi può molto bene intervenire, che, comefirme {• Serapione,oltre atte Nimphecfcritte da i Grecite ne ritroui una terzafifetie def:ritta da gli A rabi, chefia acuta , calida,& fittile . Ne quello probibifce,che le altre duefipetie di Nenupharifcritti dagli Arabi nonfieno le Nim« phee de i Greci. Nafce f i alcuni laghi di Bohcmiu unafipctie di Nimphea pìcciok poco maggiore detta foldanetta, con il fiore bianco parimente picciolo, come quello dettiOrnithogàlo, cr capi fimili à i cappari, in cui è dentro il jme,come di papavero, la quale mi pare,che (ipoffa legittimamente chiamare Nimphea minore,hauendo etta,quan tunque molto picciolafla, tutte te note detta Nimphea. Qucfta pianta non ho ueduto io altroue, che in Bobemia. Di queflafacendo mentione Galeno att’v i i i Jettefacuità de femplìci,coficliceua. Hanno la radice, f l ferne detta Nimphe* Ntoipfce« Miri« di diffeccare, fenza mordere. Et imperò riHagnano ìflußi del corpo, cr parimente il fiuffo detta ferie» di Ga ¡ferina, che fia per fig ni, ó per altra cagione : gioua atta dìfenteria. Quetta, che produce la radice bianca, è piu jenoiprtp te t e r imperò può etta riflagnare i flußi de i meftrui ; maß beuono però amendue con fino nero, crauftero. 4« Hanno anchora alquanto dettiaflerfluo,con il chefanano gli alphi, cr l'alopecia : applicandole àgli alphì macerato prima con acqua, cr all'alopecia con pece liquida .A lch e è piu efficace quella, chefa k radice nera, come è ad a h tre cofepiu ualorofa quella,che lafa bianca. Chiamano i Greci la Nimphea, N vppa/a, : i Latini, Hymplnea : gli Arabi yNilofar, Ninofa n , & Nilufar:iTedefchi,Gelb,cr E ucifz fccbluomen, cr Haaruutrz .g li Spagnoli, Nomi. Ffcudetes del rio, cr Higos del rio : i Francefi, Blane de eau, Launet deeau,cr Lis defiang.

ANDROSACE.

pf

'*

<9 Dell’A a(


4 76

Difcoril del Matthioli D ell’Androface.

Cap.

C X L1111.

L a a n d r o s a c e nafce nelle maremme di Soria : & èunaherba fottile,amara, clic fparge-alcuni fottili giunchi, fenza alcuna frondi: nelle cui fommità fono i follicoli,ne i quali fi contiene den­ tro il fuo Teme. Beuuta quella nel uino al pefo di due dramme, prouoca mirabilmente l’orina nc »li hidropici.Fa il medefimo effetto ancorail feme beuuto,& la decottione dell’herba. Impiaftrafi uni. mente l’hcrba in fu le p odagre.

L

» td

a ndr o s a c e nonfi porta,ch'io fappiajì Soria in Ital ia. Ma perche è pofiibile,che ella nafeaancho Androface.St Aia cfl'am. ra in Italia, dico efferflata ritrouata una pianta nuouamente nelle maremme di Tofcana di cui m’è parfo por qui il

:

ritratto, per effer opinione d'alcuni, ch’ellafia la utra Androface. Quefta infierne con molte altre rare piante mi mandò già da Pifa l’Eccellentifiimo medico,vfempliciltafamofi fimo M. Luca Ghini. dalla cui opinione (fe però egli cofi teneffe per certo,Cr che Í Androface nafea in Italia ) non mi potrei partire : er mafimamente uedendofi, Androface che oltre all’altrefembianze ( com etraferiuendo da Diofcorideferine Oribafio )è ellapianta tutta bianca. Serifi ferina daGa fene Galeno al vi. libro dellefaculta defemplici brevemente, con queñsparole. Vandroface c unaherba húmida leno. cr deuta. Hrfuirtù datafecca, crparimente ilfeme, di prouocare ualorofamentc l’orina, cr di rifoluert, cr di diseccare. Chiamano i Greci ÍAndrofacet A’iJ>«V*xíc; i Latini, Androfaces. Nomi.

D ell’Afpleno.

■ ^"v ■

Scolopédria, & fui effam.

Errore di tlcuni.

Cap.

CX L V.

io

L o a s p l e n o chiamano alcuni fcolopendrio, altri fplenio,altri hemionio.Produce piu (rondi da una radice, limili alla fcolopendra uelenofo animale. Nafee nelle mura fopra i lafsi,& in luoghi opachi,fenza fu ilo,fenza fiore,& fenza feme. Le cui Irondi fono inta­ gliate attorno,come quelle del pohpodio, di fotto gial Ie,& ruuide,& di fopra uerdi. Le frondi cotte nell’ace­ to ,& beuute quaranta giorni continuijfminuifconb la milza ma bifogtia impiaftrarleanchoracon uino in fu J<J la m ilza. uagliono alla diftillatione dtll’orina,al rraboc co del fiele , & al finghiozzo : rompono le pietre nella uefcica.Credefijche legate adolTo alle donne effe fole, & con milza di mulo, le faccino diuentarefterili:& per far quello comandano,che fi colgano di notte,quan­ do non lucela luna. C h i a m a s i /^Scolopendra uera dagli Jfetiali,crda i medici,chefeguitano gliferini degli Arabi,Cetracb.l?Jf& rò ègra tcpo,che è ttenuto in cognitione de i medici,chefueflò 4® fia il uero Affieno, c r la uera Scolopendria.imperoche in tic= ce di quefio tutti ufauano la uolgare Lingua ceruina, chiamata phyllttis da Diofcoride,come affai à lungo poco qui difopra di cemmo. Il che quantunque fia cofit notifiima hoggi à tutti i me dici d’Italia ; nondimeno fi ritrouano affai de i uecchifistiali, r.che dando in una certa loro oftinatione, cr non volendo cono* fiere il uero,in modo alcuno nonf i lafiiano perfuadere, che la plnllite nonfia la Scolopendra uera, c r ch'ella non giovi alla milza. Ne altra ragionefanno allegare,perfoftenere la parti* 'nacia loro, f i non che non vogliono deuiare dall’ufo degli fioi f*. uecchi anteceffori : i quali ufaronofimpre la Lingua ceruina per la uera Scolopendra, hauendo lor conofiiuto, chegiouaua eòa ualorofimente alla milza. Nei che manifefiamente s’ingannano,come le note,cr i lineamenti, che da Diofcoride fi danno all’ Affieno, apertamente dimostrano : per le quali benißimofi conofie non effire altro f A* f f leno,che d Cetrach,ìl quale alcuni chiamano,per effire egli ben giallo difotto , Herba indorata. Vannofì ima* ginando alcuni, che non fia il Cetrach t Affieno, per batter detto Diofcoride,che produce f Affieno le f i ondifimi* li di polipo dio : à cui non pare,che corriff ondano quelle del uolgar Cetrach. Ma f i cofloro haueffero ueduto quella ffetie di polipodio di moltofirette,cr verdeggiuntifiond i, che nafie perle montagne» che fi paffitnoper andare da Goriiia à Lubiana città di Corniola,non loro farebbe piu di bifogno di dubitare in quefio. perciocbc produce le frondi parimente intagliate,quantunque alquanto piu grandette,come quelle del C etrach ufuale : di modo che la pri ma volta, che io lo nidi, mi pettfti chefuffi il Cetrach ifieffo. L’ecceUentißimo nafte in Creti, doueferine Vitru* fa uio effere fiato ritrouato appreffo ilfiume Potereo : il quale trafiorrenio paffa tra due città,ciò è Gnofone, crCor* tina. dalla cui banda per nafeeruiaffai Scolopendra,lepccorc da quella parte pafiendofine cotidianamentc non •• hämo


Ne I terzo lib, di Diofcoride

477

¡¡¿nno milza nel corpo : il che diffe egli non intcruenire 4 quelle, che fono dalla parte di Gnofone. Scriffe dell'A» ¡pieno Galeno al v .. dellefacUUÌ de[empiici,cofibreuemeute dicendo. Quantunquefia l’Affieno campofio difot* fili parti; nondimeno non è però eglicahdo. Per la quale ragione rompe le pietre, er fminuifce la milza . queflo dell'Alleno Offe Galeno. Al avogliono però alcuni,che nonfia poca differenza tra ¡’Affieno, er la Scolopendra, credendoli chefieno piante diuerfe (una dall’altra,per ntrouarjì che Galeno a l x i i .capo del quinto libro delle fa* culti de[empiici,fa mentione per difoppilar la milza cr deU’ Affieno , c r della Scolopendra, come di diuerfe pian* te >cofi dicendo. Le maggiori oppilationi della milza ricercano medicamenti, come fono Irfcorze de i cappari, c r le radici del taiiurigioja fcolopendriaja fa lla , V quella herba, che fi chiama affieno dagli effetti, che fa ella fe* condo il nome. Dalle quali parolefi uede, chefepara Galeno l'Affieno dalla Scolopendra. Ma credo ueramen» jo te-, òche in queflo luogo fia corrotto il tefto in Galeno, per non ritrouar/ìnei libri deliefacuità de [empiici, che eglifaceffe per dijferesiati capitoli memoria dell’Affieno j Cr della Scolopcndria; oueramcnte, che intenda egli in q u e l luogo una di quelle piante per la Hemionite, d( cui diremo nel' feguentedifcorfo. percioche quefta ( comefa tejlimonio il medejìmo Galeno nel 1 x •libro delle compagnoni de medicamenti fecondo i luoghi,[emendo della cu» ra degli fffonetici d’authoricà di'Andromaca ) fu chiamata dagli antichi parimente Affieno > e r Scolopendra. Onde non farebbe marauiglia, fe in quel luogo per Ì Affieno intcndcjfc Galeno deU’Hemionite,hauendo ella propria virtù difimunire la milza. Chiamano i Greci ¡'Affieno, AV ta hhv ; i Latini, A fflen m :gli Arabi, Scolofcn» drion >er Sculufendrium :li Spagnoli, Doradilha: i Sranceji, Ceteracb.

Dejla Hemionite. 10

Cap.

Afpléo ferir* to da Galen.

Luogo di Ga len. fofpetto.

Nomi.

C X L V I.

La h e m i o n i t e,laqualechiamanoalcuni fplc nio,produce lefròdi fimili alladragótea,lunate, & cur ue. Ha molte radici,& fottili.non produce furto,nc fio re, nc ferne. Nafcc inluoghi fartofi, &èal gufto auftera.Bcuuta nell'acetofminuifce lamilza. E r r a n o uermente ( come dicemmo di f opra nel capi Hemionite, Si tua tttaiTi. tolo della Phillitidc) il Ruellio, il M anardo,yil Leoniceno,

creieniofì chefla la Hemionite quell’herba, che da i uolgari è chiamata Lingua ceruina,ey falfamente Scolopendria.Et per* che nel luogo predetto ß può manifeftamcnte di tali errori chia rire ciafcuno, legga chi defilerà uederne U uero, il capitolo della PhiUitc : percioche quiui fifodisfarà del tutto. Quefta, feconda che mi hanno riferito alcuni moderni,zrftmphcifti de giti di fède, nafee aboniante in Roma in alcuni luoghi uicinial Colifeo : donde riportandola, l'hanno pofeia piantata ne i lor giardini; donde anchora im e fu mandata, I maginaronß oltre d ciò Hemolao , er parimente il Ruellio, che Plinio feriueffe di quefia herba,fcriuendo del Teucrio alquinto capo del xxv. libro (come anchor io ho lungamente creduto) ingannati dalla 40 corrottela di quel tefto,doue eff resamente fileggeua: I rutenit e r Teucer eadèm aiate teucrion herbarn,quam quidam hemio* nion ùocant. Il chedimo&ra,cbe per il Teucrio intendefte Pii• nio dell' Hemionio. Ma effendomi pur poi uenuto un Plinio alle mani molto ben r ¡corretto, er emendato, ritrouai che nonf i doucualeggerebcmionion,mahermion. ondefu i pofeia sfèrza to anchor io a mutare il mio primo concetto, er credere che il Teucrio quiui fcritto da Plinio fia quell ifteffo >di cui fcriffe Diofcoride, er non f Hemionite. Hannomi oltre i ciò le lunatefi’ondi della Hemionite ridotto 4 memoria quella pianti, che chiamano gli alchhniüi t v n a h . 1 A 50 minore, er altri Lunaria del grappolo, er altri sferra cauaÙo.Crefce quefta in breuecr picchia pianta, di modo cherade uolte paffa l’altezza etunfommeffo. Produce unfolfufto tondo, neruofo, er fottile : dal cui ntezo efteal* U banda unafola coftola pidtta, fu per la qualefono da ogni banda le fi-ondiceÙeftambieuolmente attaccate,große, neruofe,dure, fimili (quantunque molto piu picciole) à quelle dellafoldancUa, Produce nella femmità delfifto unfiore roßigno, fìmile à quello della acetofella minore : da cui nafte il ferne tondo, cr minuto quafi del medejìmo colore : il quale quando è maturo,ftrafftmbra propriamente 4 un grappoletto di uua. La uirt 'udi tutta la pianta è neramente mirabile in fanare le ferite, er parimente tutte le rotture intrinfeche, er eftrinfec he : er però molto fi loda nelle crepature interinili. Conftrifce alla difinteria, er riftagna i meftrui, er maßimamente i bianchi. Chia» mania Sferra cauaüo ; percioche (fecondo che fi dice ) tutti i caualli, che la Hatefi mettono all’herba, doue ella na* fte.ageuolmenteft sferrano. Chiamano alcuni parimente Lunariaminore una altra pianta, che nafte fu per gli i o argini de i fiß i . Le cui chiome fin e uanno ferpendo per terra,con fufti fattilifimili 4 quelli della demolite, chia* mata uoigarmcnte P roitenca :fu per liquali da amendue i lati dal principiofino allafine fono le figlie ffieffe, grafi» fette , tonde come quattrini, ordinatamente attaccate : c r però chiamata da alcuni .HumolariaSono le [acuità di quefta

Lunaria mi­ nore , & Tua hiftoria.

Lunaria mi­ nore d’altra fpecie.


478 LVNARIA

Hemionite feruti di G ì leno. Nomi.

Difcorfi del Matthioli MINORE.

quefia parimente di confolìdare•>er di rifiagnari. Sono alcuni che fi credono, ckefta quefia l’Elatine. Ma per non batter eiù le (rondi pelofe, ma lifeie ; er per nafeere in luoghi humidt, nelle ripe de jvfii, er non tra le biade, er in altri luoghi còlti* uati, nonfo come f i pofft approuare la loro opinione. o eU l’Hemionite, à cui è hormai tempo di ritornare, firiffe le uirtù breuemente Galeno al v i.lib . dellefacuità de[empiici,cofi di* cendo . L’ Hemionite è co(lrettiua,cr amara. onde bcuuta con aceto gioua à i difettofi di milza. chiamano ¡’Hemionite i Greci, H’/atavÌTic : i Latini,Hemonitis.

D ell’Anthillide.

io

Cap. C X L V I I .

L a a n t h i l l i d e c di due fpetie. l’tma delle quali ha le frondi limili alle lenticchie, tenere : & par{. mente i fuoi ramufcelli diritti,& alti un palmo ; è la fUa radice lottile,& corta.nafce nc i luoghi laifi, & aprichi, è al gufto falata.L’altra ne i rami,& nelle frondi è limile all'aiuga.ma piu hirfuta,piu breue,& piu afpra.produce il fiore porporeo,di grauifsimo odore: & la radicelo- io me quella della cichorca . Quella beuuta al pefo di qua tro dramme,gioua molto à coloro,che malageuolmen te orinano,& parimcti a i difetti delle reni.Trite amen due,& applicate con olio rofado,& latte mollificano le infiammagioni della madrice: & oltre à quello medica no anchora le fcrite.Quclia,che è limile aH’aiuga,gioua particolannéte beuuta có aceto melato al mal caduco. Anthillide,& fui efilm.

N e 1. a prima, nefecondafletie d'Anthillide, che cor* riflodd alihiilorìa di Diofcoridefho io potuto anchora rintrac j» dare in Italia: quantumque il RueUio dica,che uolgarmentcji chiama ella Salfola. Per effere fiatofcritto da alcuni, che di cotal herkafifa [ale. Ma il Fuchfìo nelfuo ultimo libro delle compofitioni de i medicamenti aumentato,er riueduto diligentemente da lui,crede che altro nonfia l’An thtlhdc,cke quella herba marina, la qual chiamano li Arabi Kah, di cui babbuino detto di [oprafra gli atriphcì nelfecondo libro. Egli adunque [emendo de gl i A lumi dice dell’ Anthillide queflc parole. L’alume chiamato Cuti* nofifa della cenere di quella herba, che gli Arabi chiamano Fiali, er i Greci Anthillide er Trago : Ma ( per mio giuditio)erra quigrauemente il Eucbfio infieme con Amatho Lufltano,dd cui credo per certo che fia fiato egli ne* fìito di cotal [alfa opinione.lmperoche non ho ueruna ragione(anzi mi pare cofada riierfene)che mi pojfi perfua dere, che il Kali de gli Arabi poffa trasformar/! in due piante de ¿Greci, ciò e nell’Anthillide, er nel Trago, le qualifono differenti di fletie,di forma, di qualità, er di uirt'u,come habbimo piu diffufamente detto nella nolira 49 Apologia cantra ilfudetto Lufltano. Oltre a ciò non pofjòfe non marauigliarmi, che il Fuchfìo huomo altrimenti dottifiimo, er cofi eccellente, che tenga in quefii tempi il principato fra tutti i Medici di Germania,babbi cofur dentementc feguito le opinioni,er le mellonagini del Lufltano,che contentandofene tanto non babbi hauto rifletto *dia authoritàjua difcriuere , che l’Anthillide fia il K a li , er che almeno non babbi efllicato qualefletie d’Anthìlli de egli intende, effendo l’Anthillide di due fle tie , il che ,perfchiuare ogni confufione pure fe li appartener difa­ re . Ma inusrità il Viali ( per quanto porta la mia opinione ) non è ne l’una Anthillide, ne Ìaltra,nc manco il Tra* go. Imperoche quello nafeefenza fòglie,in cambio delle quali hafolamente fline,di modo che tutta lafua pianta no è altro, che f lin e .L ’ Anthillide poi, che Diofcoride ferine per laprima fletie è del tutto frnile alle lenticchie, cr l altra è fintile all'Aiuga, ma piu peloft,piu aflra, er piu breue, il cui fiore è porporeo, er di cattino odore, co* Anthillide fe , delle quali niffunafi ritroua nel Viali. Scriffe d'amendue Galeno di vi.delle [acuità de [empiici, cofi dicendo. {9 feri tea di Ga L ’Anthillide è di duefletie : er ? una, e r taltra poco diffecca ; ma tanto però,che può ella molto ben conglutinare leno. l ulcere. Oltre a ciò quella, che èfìmile all diugd, è alquanto di piu fottili parti, che l’altrd : di modo che conferì* fee al mal caduco, er e piu dell'altra afterfiua. Chiamano i Greci VAnthillide, AW/M/V : i Latini, AntbfUis. Nomi.

DeirAnthemide,cioè,Camamilla.

Cap.

CXLVIII.

L a a n t h e m i d e c di tre fpetie,diflFerentirunadaIl’altrafolamentenelfiore.Iraraiditutte fono alti una fpanna, folti,con moke concauità d’ali :con picciole fiondi,fonili,& copiofe. I capi* telli fuoi fono t ondi : con fiori nel mezo di color d’o ro,& di fuori nella ritódità del fuo ambito in al cuoi bianchi,in alcuni gialli,& in altri porporei,di grandezza come foglie di ruta.Nafccì’anthetnide 60 in luoghi afpri, & magri,& appretto alle uie. coglici! la primauera. L ’herba,i fiori,& le radici han­ no uirtu di lcaldare,& di diseccare. Beuuta la loro decottione,ouero fedendomi! dentro, prouocai meftrui,


Nel terzo Jib.diDioicoridc. a n d h e m i d e

.

I*

se

475)

m eftrui, il parto, l’orina ,& le pietre delle reni. beuefi ne i dolori de i fianchi,& nelle uétolhà: gioua à traboc­ co di fiele,& à i diffetti di fegato. Fomcotafi perii difct ti della ucfcica con la dccottionc di tutte le fpetie.nondimeno àcoloro»chepatifcono la pietra, e piu utile, & piu ualorofa quella,che produce i fiori porporci, mag­ giore di tutte l’altre:&: quella propriamente, che chia­ mano alcuni heratemo.Quella,che chiamano leucathemo, è piu atta à prouocar l’orina, & Umilmente quella, che chiamano chrifantemo. Tutte applicate fanano le fittole de gli occhi.Matticate fanano l’ulccre della bocca.Vfanle alcuni con olio ne i critteri. Tritanfi in polue re per cacciar uia le febbri pcriodichc.Debbólì riporre le fròdi,& i fiori feparataméte poluerizati, & farfene pa ftelli.Debbefi feccar^anchora la radice, & quado fa di bifogno,dare due parti della herba, & una de i fiori,ouc ro della radice,& per lo contrario due parti de i fiori,& una della herba, permutando il duplicato pefo un dì fi , & un dì nò, con uino melato inacquato, C h i a m a s i volgarmente P Anthemide in ItaliaCanta Anthemide,

tttiUa.Et quantunque tre fj>el ie differenti fòllmente però nel co lore de i fiori, ne commemori Diofcorìdc : cr dica efjere affai piu deU’altre ualorofa per il male della pietra, quella,che proda cc i fiori di dentro nel mezogialli,cr per intorno porporei;non dimeno noftritroua appreffò à gli frettali in Italia altra Cama milla,che quella chefa il fuofiore di dentrogiallo , cr candido per intorno. Il che accade,percioche di queffa quantità infini* ta ne nafee per le campagnej y tra le biade,cr dell'altre dueffe tie conofciute,cr uifte da pochi,in rari luoghi d'Italiafe ne ri* ____ _ troua. Amendue' queficffetie ho uedute io affaiuolte in diuerfì luoghi. Scriffe della Camamilld Galeno al nt.cap.del m .libro delle[acuità de [empiici, cofì dicendo. E la CamamiUa nella fottilità fuaffmile alle rofe : ma nella calidità s’accojla piu predo alle uirtìi dell'olio, che fono ala ìhuomofamiliari, cr temperate. Et però ha ella il principato di giouare nelle lafiitudini,'piu che ogni altra cofa. mitiga, c r lena i dolori, rifolue i tumori, mollifica le mediocri durezze, Cr ratifica le coftipationi. In oltre ri* folue ella le fèbbri, che fono fenza infiammagione alcuna delle uifeere : cr priuatamente quelle, che fi generano per groffezza ¿bumori cholerici,cr acuti. Et però da i fapientifiimi d’Egitto citata confecrata la CamamiUa al Soler cr riputata unico rimedio di tutte le fèbbri. Ma ueramente errano coftoro in quello: percioche non può fanare ella fenon queUefèbbri,che ho detto,C? quelle nonfina,fe non quandofono gli bumori loro cotti, cr ben digefii. qtian* tunque eUagioui anchora affai bene à tutte à l’altre caufate da bumori flemmatici,& malinconici,cr parimcte dalie infiàmgioni delle interiora .E t al v i . pure dellefacuità defemplici diceua : Eu della CamamiUa detto difopra nel terzo libro copiofamente. Et imperò diremo adeffo fommariamente, che fcalda,cr diffècca nel primo ordine.é coni polla difottili partner però ha ella uirtù digefliua,moUifieatiua,cr rarificatìua. Chiamano i Greci la Camamil* la, K'vQzuli, cr Xa,u£u>iAor : i Latini,Anthemis,cr Chamaemelum : gli Arabi , Debonigi, c r Babunegi : i Tede• [chi, Catmlleu : li spagnoli >M anzaniUa : i firanceft, Cammina,cr Camomille.

D el Parthenio. '

C ap.

CXLIXi

I l p a r t h e n i o chiamano alcuni amaraco. Ha frondifimili al coriand ro,& fottili.Son oi fuoi fiori bianchi per intorno,& gialli nel mezorè pianta di fpiaceuole odore, & di amaro gutto. Beuuta fecca in aceto melato, ouero in uino con fale,purga come fa l'epithimo per di fotto la cholera, & la flemmaigioua à gli impedimenti del refpirare,& fimilmentc à i malinconici.Datti à bere l’herba fenza i fiori à coloro, che patifeono mal di pietra, & à gli ftretti di petto. Vale fedendo le donne nella loro decottionealle durezze, & infiammagioni della madrice. Impiaftrafi infieme con lifiotj all’erifipile, Se alle infiammagioni.

Na sc e

#

& lu ì edam.

CamamilU ferina da Ga

leno.

Nomi.


480

Difcorii del Mattinoli P A r THENIO

^irthenìo.it fui eflaan.

t a n a c e t o

.

N a s c e il Partbenio per tutu Italia negli horti, con)rondi uguali al corianiro, con pori di dentro gialli, Cbiamafi uolgarmente in T ofcana,da chi Matricaria, erela chi AmarctU : nel che riferba in parte ( anticofuo nome d’Amxraco.I l Brafauola, e’I Fuchfto huomini neramente di

& difuori bianchi,#amaro,ey diffiaceuok odore.

tempi nostri dottifiimi,& parimente i ucnerandi Padri,che hanno commentato (antidatano di Mefite, s’ingannano quiui manìfefiamenteiimginandofl ( come difopra dicemmo al capitolo deh’A rtemifia) chefuffe (Amarettaquella Errate di «1* fecondafpetie d'Artemifia di noiofo odore, non attendendo, ch’ellafuffe il Partbenio. Oltre à ciò s'ingannano affai euni. coloro,che ft penfano, che fix il Partbenio la Cotulaptida,comeft crede il Brafauola. pércioche quejta produce le fraudi difinocchio, Cr non di coriandro : ne ha infe quella tanta amaritudine, che ha la Matricaria,ouero Parthetiio di Diofeoride. Chiamarono alcuni Parthenio ancora (tìelfine, ciò è quella,che uolgarmente chiamiamo noi Parietaria,per nafcère nelle pareti delle muraglie : er vctriola,perfare ella lucidi i uajl di uetro, comefi>ucde af* Tanaceto, & fermare Galeno al v 1 .dellefacuità de i femplici al capitolo dett'helfine : er Plinio al x v i i .capo del x x 11 .libro. (tic fatuità. Mettono oltre à quefto alcuni tra lejfetie del Partbenio ( Athanafla,ouero Tanaceto,chiamata uolgarmente Da* neta. quantunque(come fu detto di[opra ) s’imaginaffera ingannandoli il KucUiofil Fuchfìo, er ì uenerandi Padri, che'fanno commentato ( antidatarlo di Mefite, ch’ellafuffe la terzaJpetie tfArtemifia.vfafi quefla à i tempi nofiri per le uentofità dettoftomaeo,cr dette budella,per ammazarei ¡termini, e? per prouocare l'orina, er le renelle. Ma la lodano molto piu ne gli huomini, che nette donne : atte quali uogliono,che affaif i conuenga la Matricaria. Del Parthenio non ritrouo, che faccia alcuna meniione Galeno ne i libri dettefacuità defemplici. Il Partbenio, N oni. che noi chiamiamo Matricaria,er Amaretta,chiamano i Greci, U&pSùto, : i Latini Parthenium : gli Arabi, A* chuen,Vcbuen,Achuan,cr Alachuam : i Tedefchi, Muotter kraut,cr Mettram : i Francefi, Matricaire.

D el Buphthalmojdo è, Occhio di bue.

Cap.

C L.

I t b v p h t h a l m o , il qual chiamano alcuni cachla,produce teneri, & fottili furti. Le frondi ióno limili al finocchio. I fiori fono gialli,maggiori di quelli della camamilla,fimili à gli occhi, dóde ha prefo il nome.Nafce nelle campagne,& attorno alle cartella. I fiori impattati con cera rifoluono i tumori , & le durezze. D icefi, che beuuta fubito dopo il bagno per alcun tempo rettituifee il colore naturale à coloro, che hanno il trabocco dì fiele. D i v e r s e ritrouo io effere ( opinioni de moderni,circa al uoler chiarirne qualpiantahoggìjìpoffamoflrd ^ re per il Buphthalmo. Percioche alcuni fi credono,che fia una certa pianta alta piu# un gombito,che nafee ne i pra ti,c r fu per g li argini de i campi : la quale ( per quanto io me ne creda ) non è altro che ti Eettis maggiore,cofiondi poco


Nel terzo lib. di Dioicoride BVPHT ALMO.

481

poco intagliate,crfiore di dentro giallo,cr difuori nel circuì to bianco,molto maggiore della camamiUa. E t altri dicono ef » fere il Bupbthalmo qtiella pianta fimilealla uolgar camamil* la, chiamata uolgamcnte Cottila nonfètida,come infìeme con coftoro tiene il Eucbfio. Ma panni,che alle opinioni foprafcrit te nonfia da credere, pcrcioche quantunque le fiondi della Co tuia fi rajjembrino a quelle, che dà Diofc onde al B uphthalmo; nondimeno i fuoi fiori di detro nel mezo gialli, cr per tutto fa bito del circuito di fuori bianchi,molto ripugnano aUafcrittu radi Diofcoride. Il che parimente interniate in quella pianta, che dicemmo da prima. Pcrcioche fe usò egli, c 7 nella Cama» tnilla,cr nel Parthenio lafiolita diligenza di defcriucre,che an chora effefanno di dentro il fior giallo, cr per intorno bianco; ¿fieramente da credere, chefe tale fuffe fiato quello del B uph thalmo,l’haurebbe raffembrato à imo di quefti due, oneramele defcritto,cr non fatto particolarmétc del tutto giallo. Il ucro Buphthalm portò già à me da Padoua M. Giouanni Odorico Mclchiori Trentino medico, cr philofopho dottifiimo, era me non meno di figliuolo dilettifiimo : il quale con ognifuafembia za rapprescta il uero,cr leggitimo Bupbthalmo,come chiara mente dimo&ra qui ilfuo ritratto. Scùffie del Bupbthalmo Buphthalmo fermo da Ga Galeno al V1 .dellefacuità defemplici,cofl dicendo. Il Buph* leno. tbalmo èflatocofi chiamato dallafigura defuoi fiori : percioc­ ché paiano efferefimili à gli occhi de buoi : ma di colore fon fi* mili a quelli della camamilla, come che ueramento affai maggio ri,cr piu acuti. E t però fono piu digejìiui,di modo chefanano anchora le durezze mefealati con cerato. Per la 'qual dottrina è da intenderete doue qui Galeno raffembra il colore de ifio ri delBuphthalmo 4 quelli della camamiUa, intende di quella, che produceifiori tutti gialli. Ma bauendomiil trattare dèi Belli* & fi« Bupbthalmo ridotto à memoria il b e l l i s fr it t o da Plinio, hilìoria. che noi inTofcana chiamiamo Primo fiore, ne dirò qui tutto quello,che me ne è uenuto in cognitione.Kitrouo adunque effe re il Primofiore di trefette. La primaf i femina ne gli horti, Cr f altre due nafeono ne iprati alla campagna. La minore di quefte è una herbetta,che produce le fiondi firate per terrai modo di ruota,lunghette alquanto,:ma nella cima tonde,graffe, Cr fottilmente dentate-la cui efeono alcuni fuflìceUi lanugi* nojì,uencidi , e 7 arrenderli : nelle cui fommità efeono i fiori nel principio di primaueramde trufferò il nome,nel mezo gioì li, & coronati allo intorno di biancbifiimefiondicèUe,fintili à quelli detta uolgar camamilla. Il maggiore poi produce i mede fimifiori,quantunque di gran lunga maggiorile fiondi piu in» tagliate,ifufli legnofi,cr alti un¿òbito, cr fiorìfee piu tardi. Quello,che fi coltìua ne gli horti,è pianta fimile al minore del le campagne,come che produca egli le fiondi piu picciole, cr piu cefughofe : i fiori nel mezo fono gialli, c rollo intorno Virtù de! coronati doppiamente di rojfefrondiceUe. Lodano tutte quefte f e t t e i moderni per le fcropkok,per lefin te della teffa, cr pa Belli». rimente per le bcuande delle ferite caffali penetranti nella con» coniti del petto. Vfatile alcuni a i paralitici,cr parimente nel fe fciatiche. Chiamano i Greci il Bupbthalmo, che noi chia» Ncmi. tniarno Occhio di bue,V™'o5*\uov: i Latini,Bupbtbalmum,cr Ocultts bouis :gli Arabi,dibar.

Della Peonia.

Cap.

C L I.

L a peoni a,laqualechiamanoalcuni glicifida* crefceco 1 fuftoalto duefpanne, dal qualeprocedono molti rami. Ritrouafi in ertail maichio>&la femina.il mafehio hafrondi di nocc3& lafeminaleha intagliate come lofmirnio. Produconol’una, &l’altranellefon* S

m iti


482

Difcorfi delMatthioli PEONIA.

mità de i furti aleuti! baccelli fienili alle mandorle : nc i quali, quando s’aprono,fi ritrouano molte rode granel la,fimili à gli acini de i melagrani, & in mezo di quelle cinque,ouer fei,di colore chenel porporeo nereggia. La radice del mafehio c groifa un dito, lunga una i‘pan. na,di colore bianco,& coftrettiuaal g ü ilo . La femina nc produce attorno à una radice circa fette,ouero otto, come ghiande, come fi uede nelfamphodillo. Dafsi la radice feccaalle donne,che non fi purgano nel parto: bcuuta alia quantità d’vna mandorla,prouoca i meftrui, 10 Dafsi con uino per li dolori di corpo : gioua a! trabocco del fiele, & à i dolori delle reni, & della ucfcica. L» fua decottione fatta nel uino,& bcuuta rirtagna il cor­ po.Beuuti dieci,ouer dodici grani del fuo roifo femein uino auftero (lagnano i meftrui rofsi : mangiaufi medeiìmamente per li nomiti del cibo,& per li rodimeli del­ lo ftomaco. Beuuti da i fanciulli rompono lorole pie­ tre,che cominciano à nafeere . Lcgranella,chefonone _ rc,uagliono bcuuteal numero di quindici con acqua melata,onero con uino, al grauacuore, che compreme *6 >wv.v^. j a notte ne| fonno>& oltre à quello alle prefocationi,& dolori della madrice.Nafce in monti altifsimi, & in luo ghi ruinofi.

Peonia,& fu* effamin.

L a p e o n i a ftmitia c uo’gdrif.inia pianta in tutta Ita Ha : m la mafcolinainpochi ¡neghi jìntroua. Quefta ho «e« duta io ñata portata d’Alamagna,del tutto flmilealle note,che figli dóno da Diofcoride. Et bolla ancho dipoi hauuta da Pifa dal clarísimo medico, cr fcni'phcifta Al. LucaGhini • Scrijfe* ne Galeno al v 1 .dellefaculta de/empiici, cofi dicendo .Hala S®

Teóni* fcrit-

1Pconia la radice leggiermente cojlrettiua co una certa dòlcez Zà : majticandofì bene, ui fi ntroua una certa amaretta acutezza. Et però prouoca ella i meftrui, quando Ji bes uealla quantità d’una mandorla con acqua melata ■ ma bìfogna peftarla bene, c r fottilmente crmttarla , c rpofeia metterla nella beuanda. Mondifica il fégato oppilato,cr le rcni,cr queflofa ella per ejfere acuta, c r amaretta : cr per effere coftrettiud,riftagnd i fìuftt del corpo : c r però é bifogna berla cotta in qualche uino auftero. E ancho* ra certamente diffeccatiua : cr però non dubito, che attaccata al collo de i fanciulli, ella non poffa meritamentefa* H id orìa teci tiare il mal caduco. Perciocbe certamente da quefto experimento ho uedutoio liberato unfanciullo , che per otto cau d a G al. continui meji eraflato puftonato da tal male. Ma accafcando per difgratia, che tal radice gli cafcò dal collo ,fubi* to ritornò egli nel male come prima : dal che fu poi di nuouo liberato, ritornandogli una altra radice al collo. Il che uedendo io, per meglio chiarirmi di tale experimento, gliela feci di nuouo leuar uia,cr fubìtoricafcò eglincl 4° male.CT però commandai,chefubito gliene fuffe ripcflo al collo un gran pezzo di ftefea, dalla qualefu pofeia egli totalmente fanato. Alcbeconfìderandonepxreua,cberagionsuolmente fuffe da credere, ó che euaporando alcune parti da quella radice fuffero dal continuo refipirare ritirate nel corpo, cr che cefi curafferò i luoghi diftttofì : oue* vomente che lacre circoflante fuffe mutato, c r alterato da quella radice. Percioche in quefto modo gioua il ficco Cirenaico all’ugola infiammata : c r ii melanthio abbruftolato diffecca chiaramente i catarri, cr ftufti, che difre»* dono al nafo, legandoci in una tela calia,cr rara, cr tirandoli l'odore fuo fu per il nafo. Oltre à ciò togliendofì del filo,cr maftime di quello , che fìa tinto nel liquore di porpora, cr ftrangokndofì con quello unauipera, legato pos feia tal filo attorno al collo,giouarà mirabilmente à tutte lepofteme della gola. Ma forfè di tali cofifcriuerò io pò» feia piu priuatamentc. Refta hora adunque di dire del temperamento della Peonia : il quale è diffeccatiuo,cr difot* tili parti compofto, ma'non peròfòrtemente calido, ma temperato, ouero poco piu caldo del temperamento. chia* fo mano i Greci la Peonia,n*vKvtr¿J'n,& ricusy/a: i Latini,Polonia :gli Arabi,Peonia : i Tedefchi, Peonien : li SpA* Komi» gnoli,Kofa del monte,Kofa albardeira : i Francefl, Penoefne, cr Pinoine.

ta d a G a l.

D el Lithofpermo.

Cap.

CLII.

I l u t h o s p e r m o è fiato cofi chiamato per la durezza del fuo faftofo feme.Hafrondi d’oliuo,ma piu lunghe,piu larghe,& piu molli : quelle, che fono apprefl'o alla radice, fono ftrateper terra.Ha i rami diritti, lottili, fermi,& legnofi,uguali ài giunchi,appuntati : le cuifommità fidiuidono in due , dalle qualli fono foftentate piu lunghe frondi : tra le quali è il ferire ritondo, grande, come quello dell’orobojduro come un faifo.Nafce in luoghi alo »&aipri. Ilfem ebeuutocon uino biaaco rompe le pietre,Si prouoca l’orina.

Dril* 1

.V


Nel terzo lib. diDiofcoride. I.ITHOSPERMO

MAGGIORE.

LITHOSPERMO

483

MINORE.

Della Phalaride. L a p h a l a r i d e produce aliai furti da minute,& inutili radici, limili alle gambe della 2ea , lunghi due palmi,& nodofi, ma fono piu fonili,& dolci al g u fto . Il feme è grande come quello del m iglio, candido,& lunghetto. I! fucco (premuto dall’herba prima pcfta, & beuuto pofeia {in uirio * ouero in acqua,lenifce i dolori della ueicica. Il che fa parimente il feme beuuto alb.mifura d’un eoe4 ° chiaro con acqua. • *' . C h i a m a s i volgarmente il Lithofrermo 1/1Tofcana,CT cofì communèmente daglifrodali, Vtìliumfo lle . quantunque meglio forfè lo doneffero chiamare Militati Soler,feguitando gli Arabi : perciocheferine Strapiene di authorità d'Aben luliel, che egli nafee abondantemente ne i monti di Soler, onde forfè piu conuenientementefegli metterebbe questo cognome, che quell'altro. Di quello Mihumfolis fe ne moflrano duefrette, ciò è il maggiore a & il minore. 1/maggiore neramente è il nero Lithofrermofcritto qui da Diofcoridc, del qualefi ritroua affai per tuttaTofcanajn tutto corrìfroniente allaprefente hifloria. ma il minore fi ritroua molto piu abondantemente per. tutta Italia, Hannofi stimato alcuni, che queflo fia la Phalaride,per vederlo produrre il feme candido,cr lunghet* to, fimile al miglio. Il che fi potrebbe loro agevolmente concedere, fe pure produceffc egli piu gambi dalle radici, 5° fimìli a quelli della z e a , comefcriue Diofcoridc : e r figlie parimente di zea, comejcriueOribafìo. E t però nonfi può cofìagevolmente approvare l’opinione di coftoro. 1/ maggiore neramente non conobbe il Fucbfio,fe ben lo di* pinfe nell’uno,zr nell'altroberbarb, come ben può notar ciafeuno, che lo conofca. Ne manco f i ingannò dipoi egli nelfuo libro delle compofìtioai dei medicamenti venuto ultimamente inluce,oue m o le , che quella pianta, che produce le lachrime, di cui in Italia fifanno le corone de Paternoflri ,fìa una frette di Lithofrermo ,fopra al chefuperfluo farebbe dire altro, effendo fiatone detto à baflanza nella nofira Apologia contea al Lufìtano, la cui falfa opinione mi par, che babbi fuguito il Fuchfto fenza ricercarne altra ragione. D el Lithofrermofcriffe Pii* niocongratiic ammirationeaU’ x i .cap.del x v i 1. libro,inquefio modo dicendo. Tra tutte l’berbe niente è piu marnigliofo del Lithofrermo, il qual chiamano alcuni egonico, altri diofriro, c r altri bèracleo.E herba,che • produce lejrondi lunghe cinque onde, e r il doppio maggiori di quelle della ruta 1icui ramifono durettiwgrof* f i , come un giunco, lìaapprejfo alle fiondi certe barbolette: nelle cuifommitk fono certi lapilli bianchi, e r r i ■ . tondi come perle, di graffe zz a d’un cece, crduri come pietra . Nafre in Italia, ma lodatifima in Candia. ne ue« rumente ho veduto io alcuna cofa tra tutte f herbe cofì miracolofa : tanto è il decoro à vedere ( comcfefuffe fatto _ i i per • m,

V

*7

:• sm

vi

*1 V*

Lichorpermo,& fu» cffannaacionc.

Errore del Fuchfìo.

Lithofpermo fcritto d* P lin io .


484 .

DifcorfidelMatthioli

per mano d'orefice ) difiofte à due a due tri k fig lie > biancheggianti perle . E uermente difficulta grande, che tra therbe nafcano le pietre. Dicono gli autori, che quelta herba giaaf&r uaferpendcrjpcr terra : ma io l'ho uedu, Phalítide ta cauatd,crnon piantata. No»fece del Litbofiermo nei libri de /empiici alcuna memoria Galeno, quantunque ferie« da Ga della Pbalaridejcmeffe egli aU’ v m .libro, cofi dicendo. Il fic c o della Pkalaride, c r parimente le fi-onli, e'ifia leño. mefi beùono utilmenteiper quanto fi crfde)pcr li dolori della ue[cica, come cofeche habbiano inf i alquanto del ca* lido,& del fittile . Chiamano i Greci il Litbofiermo, Ai9ótvtpn°v : i Latini, lithofiermum : gli Arabi, Kulb Komi; Culi, Cali, c r Calab : i Tedefchi,M.eerhirfz >er Steinfomen : i l'rancefi, Gremii, er herbe aux ptrles.

RVBBIA DOMESTICA.

DeirErithrodano,ouero Rubbia.

Lai

Riabbia',& fuaeflim.

RVBBIA SA LV A TICA .

Cap.

C L1111.

L o e r i t h r o d a n o è una radice roda, con la quale fi tingono le lane.Enne dilaluatica,chenalceperfeftefTa:& di domeftica.chefi (emina,come m Thebana di Francia»& Raucnna d’Italia. Se­ minali in Caria tra gli oliui, come fi fa ne i campi.Quefta non feminano fenza guadagno: imperochc ricauano d’efla grandilsimo prouento. Sono i fiaoi furti quadrangolari, lunghi,ruuidi, & afpri, non difuguali da quelli deH’aparine.ma piu forti,& piu grandi : ne i quali fono le frondi difiinte per inter ualli in tutti i loro nodi ritondamente coramelle à modo di ftella.il frutto produce tondo, nel princi pio uerdc,pofcia roiTo,& cornee maturo nero. La radice è fottile,lunga,& rofia.Prouoca Jorina.’ Se però fi beue ella al trabocco di fiele con acqua melata,& parimente alle fciatiche,& alla paralifia.fa co piofamente orinare Ìorina grofla,& qualche uolta il (àngue: ma è neccfiario à coloro,che la beuono, di lauarfi ogni giorno nel bagno,& uedere ogni giorno la differenza dello fterco loro,che uanno del corpo. Il fucco della radice.St delle frondi gioua à i morii delle ferpi »quando fi beue con vino. Il Te­ me beuuto in aceto melato,fminuifee la milza. O ltre à ciò la radice applicata difotto prouoca i meflruijil parto,& le fecondine : & Tana impiaftratacon aceto le uitiligini bianche.

5a

N o t i s s i m a è ia Rubbia in Dalia, la quale chiamano i Greci Erithrodano, nonfolmcntea i medici;V ¿ g lif i et iati ; ma aUs dotmiciuoìe ,c r à uillani, c r à quelli mafiimamente, che habitano in luoghi,ottefia arte di la tu ,cr di tinger pannifini: per ejfcr le radici della Rubbia molto in ufo per le tinture. Et imperò fapendole ttilla* ■ nelle,cr i contadini, che i tintori comprano ogni anno quantità quaft infinita di radicidi Rubbia,ne cauano quafi J° tutto iluernoinfiniti fifeì, c r leuendonopcrfoRcntamentoloro,cr deDelor famiglinole. Nafccne per tuttaTo* fiana infinitifir n copia, crmafiime infui Sanefe, er nel Patrimonio di Roma, L e fiondi , & ifu fii per ejjef. '■ % molto


48 $

Nel terzo lib. di Diofeoride.

molto ruuidi,adoperanole nolbre donne per polire,?? pei-far netti i loruafi di[lagno. Scrijjène Galeno al vr . Rabbia ferir« delle[acuità de[empiici, cofl dicendo. E Ix radice della Kubbia de tintori al gufìo acerba, c r amara. Et imperò ta da Gal. tutto quello,che pofionfare quelle co[e,doue ji ritrouinofimili qualità : il medefìmo anchorafi ritroua operare que fiaradice. pcrcioche ella mondifìca il fégato, cr la milza, cr fa abondantemente orinare l’orina groffa, c r qualche uolta anchora[anguinolenta. Prouoca t meiìrui,cr afterge mediocremente,ouejla di bifogno : erperò fregne im» piaftrata con aceto leuitiligini bianche. Sono alcuni,che la danno à bere con acqua melata à i paralitici,cr a colo• ro che patif: ono lefciatiche. Chiamano la Kubbia i Greci], E’pvfydJ'ttvoy : i Latini, E rythrodanum, c r Rubia : Nomi. gli Arabi, Paue, Fue alfabagin : i Tedefchi,?erber roef.li Spagnoli, R uuia : i Erancefi,Garance.

19

LO N CH ITE SECONDA.

Della Lonchite.

L a l o n c h i t s hafrondidiporro,m apiular ghc, & roflèggianti, delle quali ne fono affai ftrate per terra,appreflo alla radice,& poche attorno al fufto.’ncl quale fono i fiori in forma di cappelletti, fimile à quelli de gli hiftrioni delle com edie, che sbadagliano, neri , ma però gittano dall’aperta bocca uerfo il labbro di fotto una certa linguetta bianca. Il fuo feme è dentro à certe inuoglic di forma triagolare, fimile al ferro d’una lancia , donde, s’ha prefo il nome. Ha la radice fimile al dauco. nafee in luoghi fecchi,& afpri. Bcucfi la fua ra* dice utilmente per prouocare l’orina.

IO

D i vna altra Lonchite.

Cap. C L V I .

E vna a l t r a Lonchite,chiamata da alcuni Lon­ chite afpra. Quella ha frondifimili alla fcolopendria, ma però piu afpre, m aggiori, & piu intagliate. E m i­ rabile per le ferite rimperoche non uilafcia uenire infiammagionc.Beuuta con aceto fminuifee la milza.

JO

40

Cap. £ L V .

Q v A N t V N Q_V e affai cr per monti, cr per altri luo* gin aridi, cr afrrihabbia io cercato per ritro uare la Lonchite della prima fretie-, nondimeno ne tho potuta in alcun modofin bora rintracciare,ne muco ho ritrouato chi me l’habbia fxputa dimoflrare. L'altra poi ho ueduta io, cr hauuta per mezo deW ecceUentifiimo medico,cr femplicifta famofifiimo M.Luca Gbi ni,il quale per fua liberalità,cr cortefiagià piu tempofa me la mandò da Pifa : con figlie (come dìmoRra il qui prefente ritrai to ) di fcolopendria, ma piu afrre, maggiori, cr piu intagliate per intorno . Bella prima fcriffe Plinio a lt x i. cap. del xx v. libro quafì quel medefìmo, che neferine Diofeoride, cofl dicendo. La Lonchite nonè( come fi/limano alcuni ) il xiphio,ouero phafganio, quantunque ella fìa fimile à un fèrro appuntato : percioche fono le fiondi fueftmili al porro,cr piufono appreffo alla radice, chefu per lo fiifto. Ha certi capitelli flmtli à i recitatori delle comedie, che tengono la bocca aperta, cr buttanofuori una picciola liti guetta : lefue radici fono lunghe■ nafte in luoghi afrri , c r aridi. Pecette parimente mentione Galeno a l v n . dellefacultà de i [empiici, cofl dicendo. Quella Lonchite, chefa il feme triangolare, di figura di fèrro di lancia» ha la radice fimile à quella del dauco : c r però prouoca ella l'orina. Ma quella,che ha le fiondi fimili allafcolopcn* ària,èualorofaperfanarelefèrite, mejfauifufo uerde: mafecca beuutacon aceto, guarifee le milze indurite. Chiamano i Greci la Lonchite, Aoyxirti : Latini, Lonchitis.

D ell’Althea.

Cap.

C L VII.

L a a l t hf . a , la qual chiamano alcuni ibifco.è una fpetie di malua faluaticadc cui frondi fono ritonde,come quelle del pan porcino,& ricoperte di canuta lanugine : raifembrafi il fuo fiore à quel lo delle rofe: e’1 furto é lungo due gom biti. produce la radice uifcofa,& arrendeuole,di dentro bian­ ca. Chiamali althea,per efler ella primamente utile, & molto ualorofa per molti rimedii. Mettefi utilmente cotta nel u in o , ouero nell’acqua melata,oueramente per fe fola in fu le ferite frefche,& parimente in fu le fcro fo le,& in fu le pofteme, che uengono dopo l’orecchie. E buona anchora al­ le altre poftem e, alleinfiammagioni delle mammelle, rotture del federe, percoffe, & frigidità de «erui: imperoche ella rifolue, matura, digerifee, rompe, & falda. Cotta (com e è ftato detto )& ac compagnata con graffo di porco, ouero d’o ca , & ragia di tercbintho,& ridotta à forma d'impiartro tenace, & applicata di fotto,gioua all’oppilationi, & infiammagioni della madrice. Il che fa pa-

$

3

rimente

Lonchite,* fiueffam.

Lochile feri» cada Gal.

Noni.


48 éT

DiicorildelMatchioli ALTHEA,

AUhM,&ftu eflam.

S i-, V -

j

Alche« ferie»: « d i Gii.

V Homi,

ALCEA.

rimente la fua decottione,prouocando nelle donne dì parto le fuperfluità,che aggrauano la madrice,& le re­ liquie del parto.La decottiose della radice fatta nel ui n o ,& benuta>gioua alle ditficultà dell’orina, alle crudi tà della pietra,alla diséteria,alle fciatiche,à i tremori,& à i rotti,C otta có aceto,lauadolì có elTo laboccaitnitj ga i dolori de déti.ll feme verde,er fccco vnto có ace-. . to nel fole,fpegnc le uitiligini.Vngefi có olio per prò-, bibire il m orfo,& le pitture de gli animali uelenofì. La deepttione del feme uale alla diferiteria,al tigittare del <# fangue,& al fluffo del corpo. Beueft in aceto inacqua­ to, oùeramente nel uino per punture delle api, delle ue fpe,& di ciafcuno altro animale,che trafigge. Le frondi fi mettono utilméte có alquato di olio in fu i morii, & in fu leccature del fu o co . La radice trita ,& nteifa nell’acqua,che ftia pofeia la notte al feréo.la fa gelare. A l t h h a non uuol dire diro,¿he Medica, il cui nome (come benifim o cfflicò Diofcoride)s’hietla acquistato per e]' fer molto in ufo nelle medicine. E pianta notifiima, chiamata lo uolgarmente in Italia Maluauifco. Fece di quefta pianta me* moria Theopbratto al x 1x.cap.del 1 x .libro deU’hiJloria del* le piante, cof i dicendo. Sono alcuni, chefcriuono , che mcjja una certa/pina nell'acquafubito lafa gelare. Il che uogliono, che parimentefaccia la radice deH‘l blfco,mettendo/! trita nel« l'acqua difuori all’aria. Ha l'ibijco fondi di mafua,ma mag* giori, er piu pelofe : ilfufto è tenero, er arrcndeuole : il fio » »e incarnato ; la radice nerucfa,er bianca : ilfrutto limile atta, maina: er il fufto anchora è di fapore di maina, llfuoufoè al» le rotture , er alla toffe cotta in uino dolce, er all’ulcere cot» 50 ta nell’olio. Enne una certa altra, la quale cocendofr injieme con Idearne tagliatalafa (fecondo che dicono)rappiccare in* freme. Dicono anchora efjer quefta attrattiua, come la pietra calamita^ er come il fuccino. Scriffene Galeno a lv i .delle facilità de i[empiici,cojlì dicendo . V lbifco, oùeramente Al* thea ( è ella mainafàluatica ) ha uirtù digeftiua, mollificatiua, rifolutiua delle pofteme, mitigatala, er maturatiua di quelle posteme, che malageuolméittefi maturano. Le radici, e'ifans fanno quel mede/Ìmo,cbj£.lefiondi: ma dimoflrano però d'effe* re composte di piu fottili parti,& d’haifere Uirtù piu diffecca* ^ tiua , er piu afterjiua, di modo che fpengono le uitiligini, er il feme rompe le pietre. La decottione delle radici uale alla di» fenteria, al fluffo del corpo,er al rigittare del[angue per hoc* ca, per pofedere ella uirtù coRrettiua. Chiamano i Greci l'Altea , A'hbai<t,VIÌÌ7wc,&F.'CiaM<: gli Arabi, Chitini» Chathmi, chathmie, er Rofrzaueni : i Tedefchi, lbifch,cr Heyluurtz : gli Spagnuoli, Hierua cannamera, er Marmale: i F rancefl, Guimauues.

D ell’Alcea.

Cap. C L V I I I .

L a a l c e a è anch’eflà fpetie di malua faluatica. ha le frondi Stagliate,limili alla verbena. Produce tre, ouer quattro fufti ueftiti di corteccia, come di cana-> perii fiore c picciolo,limile alle rofetle radici bianche* larghe,& fono cinque,ouer fei, lughe un gombito. Le quali beuute nel uino,oueramente nell’acqua giouano alla difenteria , & alle rotture, Alce«, & fua

efTam.

C h i a m a n o * t tempi noftri nella maggior parte <fIta ¿ 0 Ha l'Alcea chi 'Bifmalua,chi Maluafaluatica, chi Buouifchio, er chi Maluauifchio faluatica, B.piantafrmile affai ne ifiori, nelfemet


Nel terzo lib. di Diofcoridc

48 7

nel feme,& ne ifutoiaUa malua domeftic4: mafono lefuefrondi maggiormente, intagliate. trofie per le campagne infu gli àrgini de ijìfUde i campi,Crappreffo aUejìtpi. Le cui radici ufano alcuni in cambio dii quelle dcU’althea, quando non ne poffono battere, per n f /luerefyuero per ammorbidire qualche parte del corpo. Di quella non ritro* uo io,che fdceffe mentioneGaleno,perpartbcolar capitolo :fe già non intcndefie di quella dnthbr'a, quaHdo~alv 1 r . libro delle facilità de i/empiici, parlando uniuerfalmente della maina,cofl diceua. La Malua ftluattcaba Uh pòdi} di tanti digeftiua,w leggiermente moUitiua : c r ia domenica quanto piu ha difuftanza acquofa, tanto c tr.cno tta* lorofa. Il fuofrutto è tanto piu potente, quanto è piufecco : della cui (feti e è quella, che fi chiama A nadendroma* Alcea ferina lache. ma la piu efficace in maturare è quella, ch ef chiama Althea. Paolo Egincta fenffe dell'Alcea per proprio da Paolo. capitolo, cofl dicendo. L ’alcea è fretie neramente di maluafaluatica : laquale beuuta nel uinogioua alla difenté* j 0 ria»V alle rotture : er molto piu fanno quello leftie radici, che alcuna altra parte delta pianta. Valcea chia* N#mi. mano i G reci, A'Atua. i Latini, Alcea : i Tedefehi, Sigmars kraut : li Spagnoli, Malua di Vngria,zr- Malua moti tcflna : i Francefì,cimarne.

Del Canape domeftico.

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Cap. , C LÇI X.

I l c à na p e domeftico è di molta utilitàall'ufe della uitadell’huomojperfarfenefortifsimefuni. L e frondi fi migliano à quelle del frafsino, & fono d’abomineuole odore, I folli produce uacui, & lunghhe’Jfeme tondo.il quale mangiato copioiàtnente eftingue la uirtìì del gene rare.il fucco fpremuto daluerde, & diftillato nell’orecchic conuenientemente, gioua ài dolori di quelle.

Del Canape faluatico.

Cap. CDX.

I l c a n a p e faluaticohai fufìi fimili aH’althea,ma però minori, piuneri, & piuruuidi,alti ungorobito : le cui frondi fon fimili al domeftico,mapiunere, &. piuafpre: ilfioreèrofsigno, come èquello della lichnide. Il femeèlimileàquello dell’althea,&parimentela radice. Quella cotta,& impiaftratamitiga l’infiammagioni, rifolùe Tenfiature,&disfaledurezze, checome tufi fi ge­ nerano nellegiunture „E la fua corteccia utile per far delle funi, I l c a n a p e domefiico è tanto noto a i tempi notori in Italia, che fuperfluo e ueramente narrarne altra bitooria. Ma il faluatico, quantunque e r nellefelue, c? fuori per le campagne fi ritroui in molti luoghi dìltalia;nondimenopochifono hoggi,che ne dimoflrino il nero , 11feme del domeftico opera hfUegailine il contrario di quello, che nefcriuc Diofcoride. mpétbchc ne gli \ h{(omìnifregne, c r minala uirtu del generare: crin quelle au* menta il generare delle ucua. Percicche quelle galline,che man* giano il tierno il feme del Canape,fanno uouaabondantiftimamcn te, anchora che Í altre pochi nefacciano ne igran freddi il uerno. E oltre a ciò dafapcreyche la dee ottipne del Ca? nape, che frafatta con la debita efrrefiionc gittata in terra, oue fieno lombrichi terreftri nelle cutterne loro’,fubitb gli fa ufeirfuori. Et però quefto è artificio de i pesatori, quando uogliono hauere i vermini per Pefca del pefee in fu gli hami. Ma nonfríamente tira fuori ella i uomini terreftri ; ma anchora ( comeferine Plinio a l x x u i , capo del x x.lib ro ) i ¡termini, er ogni altro animale, che cafchi, er entri nelle orecchie. Ondefi puofarconiettua Io ta, cbebabbiail Canape non poco ualore anchora per i vermini del corpo. Scriffe del Canape Galeno a lv i} , dellefaculta de i frmplici,in quefto modo dicendo. Il feme del Canape rifolue le uentofìtà, er di tal forte diffrcca * chemangiandofene troppo,ajciuga, e r fregne la uirtù generativa. Sono alcuni, che ¡fremono il fucco dal verde ; V lo diftiüano neWorecchie, perii dolori caufati (fecondo il miogiudicio ) per oppilationi. Et quafì nellafine del primo libro dellefaculta degli alimenti, coft diceua. Il feme del Canape mangiato, fi digerìfre male ; è contrariò afioftomaco,*r alla tefta : genera mali humori. Sono alami, che Pufano abbrutoolato,cr pcfto nellafine della mena fa, per potere meglio beuere. Scaldafòrtemente : or però il fuo calido, er medicamentofo fiato euapora infu , er bffende la tetoa. Quefto tutto del Canape diffè Galeno. Per la cui dottrina confiderino homai quelle donniciuo* l e , che danno la decottione del feme del Canape ài fanciulli, che fono epiletici, quanto di nocumento gli aggiun» gano. Chiamano i Greci il Canape, Ktuvafae : i Latini, Cannabis ;gli Arabi, Scehedenegi, c r Canab : iTedea fthi , Zamer banff : li Spagnoli, Canhamo :iiranceft,Chanure.

DcH'Anagi-

Canape, &

fua edam.

-0 • m’ ’ ■ ■ ■ M

Canape fetit toda Gal.

Errore delle

donne.

Nomi.


488

Difcoriì del Ma tthioli DelfAnagiri.

Cap.

CLXI.

Lo a k agi r j c vnapianta,che crefceinalbero, di fpiaceuolc odore: le cui frondi, &fimil. mente i rami fono limili al uitice : il fiore c come quello del cauolo. produce il Teme in certi lunghi cornetti,uario di forma,limile ài rognoni,ritondetto, fermo , il quale s’indurifce, quando fi matura l’uua. Le frondi teneretrite, &impiaftrace ripercuotono lepoReme.Bcuute al pefo d’una drammaconfapa, giotiano àgli afmatici, provocano i mefirui, il parto, & le fecondine. danfi nel uino £i dolori del capo. Appendonfi al collo alle donne,chedifficilmente partorifeono : ma fi gli licuano fubitodopo al parto. La corteccia della radicerifolue,& matura. Il fememangiato, prouoca iialoro famenteil uomito. * ANAGIRI.

A ttig n i, Se fu» «tiara.

ANAGIRI

MINORE.

03 * y N <^-v E non fbefferò gli antichi meinoria di pìu,che etunaftetic <tAnagiri ;fe ne ueggono però in ■ lim a duefpetie.DeUe quali quello,ch’io reputo effere il maggiore,per produrre egli ilfrutto molto piu groffo deb coltro, nafee abondantemente in Puglia, e r parimente in Campagna,doue n’ho ueduto io infinite piantefra Terra• etna, v Pondi poco lungi dal mare: confiondi fimilì ai uitice: fiori gialli, come quelli del cauolo, ma inracemi pendenti, come pennacchi : frutto,limile allofinilace degli horti , ma con piu larghi,er alquanto piu corti baccelli, quaji comefon quelli de lupini, in cui fi riferra .Equefio d’un colore porporeggiante,cr di tanta durezza, che quantunque! infónda nell’acqua lungo tempo,nonfi doma, ne s’intencrifee punto. Il minore poicofìda me chiama* 5® to, per produrreegli ¿baccelli piu fittili, er piu minuto feme,nafee copiofifiimo per tutte lefelue del diftrettodi Trento ; e r Jpetialmcnte ne i monti della ualle Anania, doue communemente lo chiamano Eghelo . Fiorifee il mefe di Maggio , er di Giugno confiori gialli come pennacchi, comefon quelli del maggiorerà d’odore affai kiaceuo* te ; quantunqueJtfacciano rimirare con non pocofiettacolo delle felue,per l'aureo color loro, di lontano da i uiatf danti. Produce ancboregli net disfiorire i baccelli come cornetti, (imiti à quelli dellagineflra : ne quali è dentro un feme lunghetto,limile a piccioli fagiuoli, di neregno colore.ll quale mangiando alle uolte fiefeo , comefi mangia• noi legumi, tfimpila pattoreHi , f j loro uomitare ( come ho ueduto io ) fino alfangue. La materia del legno è du• rifiima, di fuori gialla, er nelmezo nera : di modo che pare del tuttofìmile al legno Guaiaco, che fi porta daVln* die per la cura del mal Prancefe. Ef però i uiUani del paefe nefanno pali per le uìgne loro : de i quali ( come ef i di* cono) non fi ntrouano migliori, tantafaldezza di neruo uifì ritroua . Panfene parimente archi non foUmente fòr• * • Opinione ri ti pimi, c r duri ; ma belli da vedere, per la conuenénza della diuifa del colore giallo, er nero, che ui fi uede. So• probata. no alcuni moderni femplicifti de ipiu famofi ( del cui numero c il Gefnero nelfuo uolumegrande degli animali ) <


I Nel terzo lib.diDiofconde.

489

quali uogUono><tnv per certo affermano, che quefta ultimaffetie d"Anagiri chiamato Eghclo,[lafenza alcuna ria pugnanza il Laburno feri tto da Plinio al x v m .capo del xv i .libro, con quefte parole . Hanno in odio l'acqua i tiprefiifi noci, i cajìagni ¡ c r i i laburno. Nafee quella pianta nelle Alpi, ma non è nota al uulgo. La materia del fuo legno è candida, c r dura : ne toccano le api il fuofiore,il quale è lungo un¿ambito. Dalle quali parolefi cono* fee manififtamente quanto ftafalfa l’opinione di cofioro. Percioche la materia del legno del Laburno dette efferefe* condo Plinio candida : cr non per il contrario nera, circondata di giallo, come maniftftamente fi ¡tede nell’¿¿belo. Appo ciò l’Egbelo è pianta nottfiima à tutti, perefferne piene tutte le felue : cr non incognita al uulgo, come dice Plinio effere il l aburno. Pi« oltre io fo per cofa certa, quantunque affermi altrimenti il Gefnero, che le apifipa* feono defuoifiori :i quali però non eccedono la lunghezza d’una{fauna. Le quali tutte cofe ripugnano allafua o* 10 finitine, c r dimostrano quanta grande differenza fila tra il Laburno, c r l’Egbelo. 11quale uttole pur ejfio Gefnero, che¡la unafpetie di Cit ifo montano, cr perfar egli le fòglie àtre per tre,comefa il citifo : cr per effer odiato (co* me dice egli) dalle api,come il citifo. Ma in uero ( faluandofsmpre la pace fua) panni che fìa egli in grandmino errore. percioche cr Columella ,cr Plinio, cr Marco Varrone comandano che inficme con molte altre piantef i debbiapiantare intorno ai luoghi ielle api anchora il Citifo,per dilettarli quelle molto defuoifiorì. Et quello me* defimo dice parimente Galeno nel primo libro de gli antidoti, otte defcriuc la lriJìoria,cr le facuità del citifo. il che doucua pur eglifapere, kauendo letto tutti i libri del mondo, come dimostra la fua Bibliotheca. Onde non poffo fe non reftare nella mia opinione ,c io è , che làEghelo fìa PAnagiri minore, ò per dir meglio il montano. Le cui fon* bianzefono del tutto [imili atTAnagiri : imperoebe nellefiondi,ne i fiori,cr nelfrutto del tutto quafifigli raffembra, come dimoflra qui ilfuo ritratto. come parimentefi gli ralfomiglia nellafacuità, cr nell’odore, offendo egli io in tutte le parti della piantafpiaceuole al nafo. D i queftofcrijfe Galeno al v i .delle[acuità de ifemplici^oftdi• Anagiri ferie cendo. V Anagiri è uno arbufceUo di fpiaceuole odore. ha uirtk maturatili, cr calida. Ma le fiondi uerdi per la coda Gal. molta humiditàyche hanno in loro,fono meno acute : c r imperò ripercuotono le polirne . Il che nonfanno le fec* che : percioche queftefono inci[ìuc,\cr diffeccatiue. Di pari,cr fintili uirtàfono le corteccie della radice. llftme è compofto di piufiottili parti : maprouoci anchora il uomito. Chiamano i Greci l’A nagiri, AV*>«jpi« j juti* Nomi. ni,Anagyris.

Della Cepea.

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40

Cap.

CLXII

;.s

L a c b p e a è limile alla portulaca, ma ha le fron di piu nere,& la radice fottile.Le frondi beuutene! uino giouano alle diftillationi dell’orina, & alla fcabbia della uefcica. Al che giouano piu ualorofam enteAc­ uendoli con la decottionc di quegli alparagi, che fi chiamano miacanthi. Q_v a n t v n q v h fcriùefii io ne gli altri noftridifcor fi ttolgari per auanti ftampati,non hauer ritrouato anchora U ucra Cepea,ne manco vedutala in mano d‘altrui;nodimenol’ho poi ueduta, cr conofciutaper mezo del mio come figliuolo di lettifiimo M.Giouanni Odorico Melchiori Trentino medico fecondo l’età fua dottifiimo,crfempìicifta non uolgaff.il qua* le me la mandò da Vinegia. DaU’ificjfa fu cauato il prefentc ri tratto: ilqude(come fi uede) rapprefenta la uera Cepea di Dio fcoridc. Di quefta non mi ricordo hauer letto cofa ueruna ap* prefjo Galeno ne i libri de[empiici. come che Paolo neferina con quefte parole. La Cepea èfimilc alla portulaca. Beon* fene le fiondi per la fcabbia della uefcica. La radice beuuta con affaragifaluatichigioita alle diftillationi deWorina caufit te da oppilationi. Chiamano i Greci la Cepea , i invela. ; j Latini,Cepea.

DeH’Alifma.

Cap. C L X I I I .

L a a l i s m a » laquai chiamano alcuni Damafb nio, ha le frondi limili alla piantaginc,com c che piu ftretee, & riuolte uerfo terreni fufto femplice,!& fotti — le,piu alto d’un gom bito.con alcuni capitelli, limile al thirfo.T fiori produce fiottili,che nel pallido biancheggiano:le radici limili aH’helleboro nero,fiottili, odorate,acute,& alquanto grafie.Nafcc in luoghi acquaftrini. La radice beuuta al pelo d’una dram­ ma,ouer di due, gioua ìc h i haucife beuuco il lepre marino,à i morfi delle uclenofe botte,à chi hauef* Pè fe beuuto l’opio,à i dolori di corpo, & alla difcnteria,per fe fola,oucro con il pari pelo di feme di dau co.G touaàglifpafim atij& àidifetÙ della m adrice. L erba riftagna il corpo,prouoca i meftruuSc «apiaftrata mitiga le pofteme. V',CÌ Q ta ntvm-

Cepea,& fu> effamin.

• O ai

Çepea M e­ ta da Paola. v


4-90

Difcoriì del Matthioli

Alifma,& fu* eliamin,

Oopnione ri proba» «

A L I S J t t A,

Alifwa ferietadaGaJ. ,

Nomi

DeH'Onobrichi.

Q v a n t v K Q^v e affermi il Rueìlio, zr parimente il Euchfio ne[noi dottrini commentari/delle piante, conofcere f A lifina,la quale io fin bora non conofco: z r dicano chiamarti da alami Eifiola di paiìorc ,zr da altri Piantatine acquatici; nondimeno fi uede manift&awte non corriffondere le note del U Piantagine acquatica,chiamata d’alcuni anchora Barbafilm a, quelle che diede Diofcoriie aU’ Alifma. Percioche quella produce lefrondi piu flrette della piantagine,zr {Irate per ter» ra ; e r il fuflo [empiite,zr fattile, zrla piantagine acquatica fa le fue[rondi affai maggiori della piantagine commune, che in tutte à modo di f in i di lance riguardano conia punta uerfo il cielo ; ZT produce non unfemplice fufio,ma diuer/ì,cheproce* dono da unafola radice. Et però fi può malageuohnente affer• mare, che fieno la Barba filuana,zr T Alifma una pianta medefl ma. Plinio al x .cap. del x x v. libro fece memoria di dueffe» tie, cofì dicendo. L ’ Alifma, la quale chiamano alcuni Damafo a io ,z r altri Liro\,haurebbefiondi di piantagine, fe elle non fuffero piu Ifrette, piu intagliate, zr inchinate à terra, altri* menti f mo anchora elle uenofe.Produce un fol fuflo,zr fottiki d'altezza i'un gambito : la cui fommità è come dithirfo.Le io radicifono fólte,fonili, come quelle deU'helleboro nero, acute, aromatiche,zr graffe. Uafce in luoghi acquaftrini. Enne una altraffetie,che nafte nelle [due,piu nera,zr di maggiori ffon» di.Eu quella pianta cognita a Galeno, zr imperò iiceua al v i. delle[acuità de [empiici: Dell’Alifma trattò Diofcoriie nel terzo libro, z r diffe, cbelaradiccbeuuta fona la difenteria,rì* /lagna il corpo, z r mitiga litndimia.ma noi in tali cofenon thabbiamoprouata. Ma che la fue. decottione rompe le pietre delle reni à chi fe la beue,babbiamo bene ¡¡fermentato. Etpe* ròfi conofce, ch'eU'ba infe alquanto dellaflerfluo.Chiamano i jo Greci f Alifma, A ; i la tin i, Alifma.

Cap.

CLXIIII.

I/o s o b r i c h i ha le frondi limili alle lenticchie,ma alquanto piu lunghe : il furto d’una fpan* oa: il fioreporporeo: & la radice picciola. Nafce in luoghi humidi>& inculti. L ’herba pefta,& impiaftrata rifolue le portem ene, Bcueli con uino alle diftillationi dell’orina. Vnta con olio prouocailfudore. Onobnfhi, N a s c ì , fecondo che recita Plinio a l x v i .cap.del x x 1 1 1 1 . libro, l Onobrichi appreffo alle uenedeUac* 40 Errore di »& alle fontane : con frondi piu lunghe di quelle della lente, fiore roffo, z r radici picciole, z r fottili • AU non alcuni. però per quello l’ho potutafirihora rintracciare in Italia, quantunque non manchi, ingannandoli, chi ¡teglia che fìa tOnobrichi la Ruta capraria chiamata parimente Galega: come che quefla non habbia fmbianze, che corriffon dino aKOnobrichi. percioche la Galega produce le frondi quattro uolte maggiori dette lenticchie, ilgambo piu

Onobrichi delle uolte lungo duegombiti >z r non picchia radice. Scriffe deH’Onobrichi Galeno all’ v m . delle [acuità de Ìcno'* d j G* [empiici, cofi dicendo. V Onobrichi ha uirt'u di rarefare, z r di digerire : z r imperò lefue fòglie frefche applica• te in fórma d!impialtro , maturano le poflemette picciole. Ma bcuutefecche uagliono alla diftiUatione deU’orina: Nomi. unte con olio prouocano il [udore,. Chiamano i Greci l’Onobrichi, O ’voCpvyJt ; i Latini, Onobrychis.

D ell’Hiperico.

Cap.

CLXV.

¡»

C h i a m a n o alcuni l’Hipcrico, androfemo,altri corio, & altri chamcpitto, per hauere il fuo fe me odore di ragia di pino. E pianta ramufculofa,d’una fpanna,& rorteggiante. Ha le frondi fimili al­ la ruta : il fiore giallo, limile alle bianche uiole ; il quale fregato con le dita, rifuda un liquore limile al fangue : & però è fiato cognominato androfemo. Ha le filique pelofette,di forma lunghetta riton da, di grandezza delle granella dell’orzo : nelle quali è dentro il Teme n ero , di ragiofo o d o re. Nafce in luoghi coltiuati,& afpri.Prouoca l’orinaiappiicato di fiotto,caccia fuori i meftrui.Beuuto nel uino cura la terzana,& parimente la quartana* Il fieme beuuto quaranta giorni continui ,guarifcc le fciaS che. L e frondi impiaftrate inficme col fcme,giouano alle cotture del fu o c o .

DdFAfcir®


Nel terzo lib. di Diofcoride. DeH’Afciro,

Cap.

451

CLXVI.

L o A S C I R O , oucro afciroicicjouero androfcmo.è anchor egli una fpetie d’hipericO) ma diffe­ rente perla fuagrandezza.'pcrcioche e piu fo lto ,& i rami fono anchora maggiori,piu legnofi,& rolfeggianti. le fiondi fono fottili,& i fiori gialli.il feme produce ragiofo, limileà quello dell’hiperico il quale fregato con le dita, fubito infanguina le mani : & però lo chiamarono alcuni androfemo . Giòua beuuto il feme in un feftario d’acqua melata, alle fciatichc : perciochcfolue molto gli humori - cholerici,«na bifogna continuare il beuerlo per fino alla perfetta falutc. Impiaftrafi anchora pur il fcM me utilmente in fu le cotture del fuoco. H I P E R I C O

A S C I R O

iO

Ì°

40

D ell’Androièmo.

C ap.

CLXVII.

L o a n d r o s e m o è differente daIl’hiperico,& dall’afciro. percioche crefce con rami duri, S i legnofi,& fottili,& rofleggiantifurti: & confron ditreuolte,ouer quattro maggiori della ru ta .le quali quando fi tritano, rendono un liquore limile al uino.Sono nella fommità de i fufti aliai conca* uità d’ali, dalle quali efeono alcuni pennati ramufcelli : attorno à i quali fono i fiori gialli, & piccioli. Serraci il fuo feme puntato di piu linee in alcuni uafetti,fimile à quello del papauero n ero . Le chiome jo tritandofi/pirano odore di ragia. Il feme beuuto al pefo di due dramme,folue gli humori cholcri ci dal corpo :fana le fciatiche,ma bifogna dapoi alla purgatone bere un poco d’acqua. L ’hcrba irapiaftrata medica alle cotture del fu o c o , S i riftagna il fangue.

D el Cori.

Cap.

CLXVIII.

I l c o r i , il quale chiamano alcuni hiperico , è una pianta,che produce le frondi limili all’erica>roffe,piu graffe,& piu picciolc : non piu alta duna fpanna,d’odore aggradeuole, & acuto. Il Cerne beuuto prouoca i m eltrui, & l’orina. Prcfo con uino gioua à i morii di quei ragni, che fi chiamano phalangi, alle fciatich e,& allo fpafimo,che fi chiama opifthotono.Vngelì con pepe ne i rigori, che precedono alle febbri,& all’opifthotono utilmente con o lio .

(L’ h IPERICO,


4 S>2

Difcoril del Mattinoli ANDROSEAIO.

CORI.

Nomi.

iu

*0

}* Hiperico, AL ’ h i p h r j c o , l’ Afciro, e r l’Androfemofono neramente (comefcriue Diofcoride) tutte piante funame fci r o , A nd ro tie medeflma. quantunque (la tra loro alquauto di differenza ne i fufli,cr nellefiondi : per battere chi piu roffe, chi ferno, Cori, piu uerdi, chi piu grandi chi piu picciole fòglie Ver parimentefiufìi . Sonoai tempinoftri tutte quefte ftetit croci am. notifiime,ey ueggonjtfiorite nel Giugno feparatàmente l’una dall'altra, non punto difiuguali dall'hiftoru, che cene fcriue Diofcoride. Ma quellaffetie, che chiama egli Cori,non cofl fi raffembra all'Hiperico , come fanno l'Afci* ro,zr l'Androfcmo. imperoche orefice ella altaal più una/panna, con minutefiondi , e r graffette fimili all'erica, di buono, tig r a ti fim o odore : er confufti rofiigni. Emmi piu uolte fiata mollrata : er per quanto in ciò ho potile to difeorrere,credo certifiimo,che fila il nero Cori, e r che non ne manchi in ogni luogo d’Italia. Chiamafiuolgar* Errore di mente iHiperico Perforata,perhauere egli (come dimoftrala trajparenza) lefiondi fue tutte perforate da minutif 40 Plinio. fi™ Punt*’ H c^c forfè non auerit Diofcoride, ne manco Plinio, il qualefu cofìfolertifiimofcrittorc. Ma piu pre* fio panni,che egli erri quando dice all’ v i 11.cap.del x x v i . libro, che’l feme dell’Hipcrico ¿nero, ferratovi cer* te filique,cr chefi matura co n io r zo . Del quale errore dà manifèfloindicio il dire Diofcoride, che lefllique fo* no fintili allegranella dell'orzo, er non che f i maturi il feme dell’Hiperico, quandofi matura l’orzo'.percioche l or* Zo fi matura (come l’efferienza ne dimoflra) neUa fine del Maggiorifetne dell’Hipcrico nella fine di Luglio, CT <TAgoflo. Et però concludo, che Plinio male intendcjfe tal'bUtoria, la quale malamente truffe egli da Diofcoride Errore del ° da altro Greco autore. Erra oltra di quefto nell’ Hiperico doppiamente il Brafauola, quantunque medico de Brafauola. nostri tempi dottifiimo, dicendo,che’luero Hipericò (fecondo la dottrina di Diofcoride ) fa il fior bianco, e r non giallo :e r che però non può effere ilnojbro Hiperico quello, che nefcriue Diofcoride; ma che bene è egli 1% B.uta faluatica. Del quale errore parimente, ciò è che Diofcoride habbiafatto l’ Hiperico co’l fiore bianco, non foper j 0 qual uia fi poffa eglifeufare. imperochc nel Greco ritrouo io,a»5 o{ Hyot faitJm , ciò è , il fiore ha giallo¡»e r non bianco, come interpreta peruerfamente Marcello Fiorentino : nella cui interpretatione fòndandofì forfè il Brafauo* la , ha pof:ia ancora egli errato.infìeme con lui. Che oltre à ciòfìa /’ Hiperico la Ruta faluaticafcritta in quefto me* defimo libro affai qui di fopra da Diofcoride, è neramente opinione del tutto erronea, come al filo proprio capi* Errore de i tolofì può chiarire ogni candido lettore .E t di qui c proceduto,che i reuerendi Padri,che hanno nuouamente com* ratl *j montato fantidatarlo di Mefue, credendo piu al Brafauola di quello,che in tal cofa fi gli cotiueniua, fifono anchora efii ingannati,credendoft,che la Ruta faluatica,cr ( Hipericofieno una cofa medefìma, come nel commento dellepi* Iute fètide, cr parimente in quello dell’unguento del bdeUio hanno lafciatofcritto . Il che nonfarebbe loro auenu* t o , fe haueffero ueduta la Ruta faluatica uera, di cui à baftanga alfuo proprio capitolo è 4lato detto di fopra,oue Hiperico è flato d ifc o p c r to l'e r r o r loro. Dell’uiperico fcriffe Galeno aU’v m . delle facultà de i femplici, cofl dicen* ¿0 fcrirco da Ga do. L’ H ip e r ic o f c a l d a , cr d iffecca : è c o m p o fto di c o fì fiottili partì, chcprouoca egli i meftruùcr Forma. A l che leno. bifogna non Jdiamente prendere il femefolo, ma tutto ilfrutto : il quale impiaftrato uerde nonJob falda le ferite, Cr l’ulceres


N el terzo Jib.diDiofcorídc.

493

& {ulcere ; ma anchorale e ott ure del fuoco . Vfandofi[ecco in poluerefan* /’ulcere, chefono molto humidc, er putride . Sono alcuni , che lo canno a beuere attefcidtiche. Oltre a ciò parlando dell’Androfemo,ey deÜ’Afciro ¿/vi. dellefaculta de ifemplici, cojìdiceua. L'Androfcmo ramofa pianta èdi duef e tte : una,la quale chiamano ¿feiro, cr Àfciroide,cbe cfyetie d'hiperico : er l’altra che chiamano alcuni Dionifio. Ha Ufeme d'amendue uirtìt purgatiua : cr la uirt'u dellefon d i è alquanto diffeccatiua.cr afierfiua,di modo che fi può credere, ch'ella poffa cu* rare le cotture del fuoco. Mala decozione loro fatta nel uino è ualorofa medicina delle ferite grandi. Del Cori ne i Itbri de i [empiici di Galeno non ritrouo io meniione alcuna. quantunque Paolo Egineta ne reciti tutto quello,che neferine Ò:ojcoride,da cui ne prefe egli l’hiñoria. Ritrouanfi però alcuni tedi Greci di Diofcoride,che hanno nellafine del capìtolo alquanto di piu. Ma per effere opinione di molti, che ui fiañato aggiunto,non ho prefo i° cura di tradurlo nel teñ o. Pur accioche non fia occulto à i lettori,queño è quanto di piu in alcuni teñifi rìtroua. la radice cotta nel uino ( per quanto f i crede ) fueglia i tramortìtbna hifogna, mentre che f ’egli dà a bere,coprire i patienti molto bene : perciochefa fidare per tutto il corpo.il che è caufa difar loro raequiñare la priñina falute. Chiamano i Greci {Hipérico,T7ripix.ìv ; i latini,Hypcricum :gli Arabi, Reiofiicon, er Keiofaricon, i Tede* fchi, Santlohans kj’aut : li Spagnoli, CoraionciUo : 1 Eranccfl, Mille pertuis, er T rueheram. VAfeiro chiama• Nomi. no i Greci, AWv/>»r ; 1 Latini,Afcyrum : gli Arabi, Asbirach. VAndrofemo chiamano i Greci, A Vfy«V»/tur .• iLatim , Androfemum :gli Arabi, Androfeman, Androfion, er Andrefagian. Il Cori chiamano i Greci,Ko>/f; i latini, Coris :gli Arabi,Coras.

D e l l ’A i u g a , o u e r o C h a m e p i t i o .

Cap.

C L X I X .

L A a 1 V c A è una herba.chc ua ferpendo per terra,ritortetta. Le fue frondi fono limili al fempreuiuo minore,ma pe!ofe,piu fonili, & intorno à i rami piu folte,d’odore di p in o . Il fiore è fintile,au­ reo, ouer bianco : & le radici fono limili à quelle della cichorea. Le frondi beuute fette giorni nel uino medicano il trabocco del fid e: & beuute in acqua melata per quaranta d ì, vaglionoalle feiatiche.Dannofi aifegatofi,alla ritentionedeH’orina,difetti de ren i,& dolori delle budella. In Hera* elea di Ponto ufano per antidoto di dare la fuá decottione contra l’aconito.La polenta macerata con la fua decottione, & applicata per impiaftro,uale à tutte le cofe predette. T rita in poluere,& incor­ porata con fichi,& tolta in pilule mollifica il corpo : & con mele, fquama di rame, & ragia lo folue. Applicata di fotto con mele purga la madrice. Rifolue le durezze delie mammelle : làida le ferite:& Io applicata con mele raffrena Pulcere,che uanno ferpendo. CH AM EPITIO PRIMO.

CHAMEPITIO TERZO.

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D i uno


ir:

4 <?4

Difcoriì del Matthioli D i vn’altro Chamepitio.

Cap.

CLXX.

E v n a A L T R A fpetiedi Chamepitio, che produce i rami alti un gombito,ritorti à modo d’ na anchora,& fottili. La chioma è limile all’altra : il fiore bianconi Teme n ero . ha anchor ella odor di p in o . Enne vna terza fpetie, la quale è il mafchio, le cui frondi fono piccioie, bianche, & hiriilt C produce il furto bianco>& ruuido : il fiore roifo,& il Teme appreso alle concauità delle fue aii.Relv' ra anchora quefta d’odore di pino. Amendue quefte hanno le medefime forze della prima, quantuii" que non cofi efficaci. ^ ro

chamepiC h i a m a s i VAiuga,ouero chamepitio uolgamente lu a . er delle tre [fede fcritte da Diofcoride,non h no, & fui efl. potuto fin’bora uedere iofe non la prima, ©- f ultima. Errò il Tedefco, che infegnó al Krafauola, che neUAU°, Chamepitio ¿ Mloro f i chiamiVergifi meinnit.perciochequefio, per quanto l'ufo dei Tedefchi m’ha dimofirato, è tanto tifi

icritco da Ga f i rentc daU'lua, quanto i corui dalle colombe. lece delL’lua mentiom Galeno all’v 111 .dalle[acuità de[empii, len». c i , cofi dicendo. Il Chamepitio ha piu ualorofofapore amaro nel gufarlo, che acuto : er ucdtfi per effetto, che mondifica, er attergo^piu i interiora,che non le [calda. E t però è egli buon rimedio al trabocco difiele,& à colo»

Non»

r o , à cuifacilmente s’oppila il fegato. Prouoca altra quèfto beuuto, oueramente applicato di [otto con mele', ime* ftrui, cr fa orinare. Sono anchora alcuni, che lo danno\cotto con l'acqua melata alle[cianche. Sana quella berta uerde le ferite grandi, e r ! ulcere putride. rifolue le durezze delle mammelle. E [ceca nel terzo ordine,er calda nelfecondo. Chiamano il Chamepitio i Greci, Xa^cuanvi : i Latini, Chamapitys, Aiuga, e r Abiga : gli Arrfa :# h i , Hamefithcos, e r Chamafithius ; i T edefihi, Y elcngeryelieber :gli Spagnuoli, Pimlho, crY u a artetica.

Il

fine

del

terzo

libro

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l DISCORSI


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4 -9 )

I DISCORSI DI M> PIE* ANDREA MATTHIOLI Medico Sanefe,

10

NEL Q V A X T O L I B E O D E L L A M A T E R I A M EDICINALE

DI

PEDACIO

DioÌcoride Anazarbeo.

Proemio. i s i i a m o fin qui,Ario carifsimq,in tre libri trattato de gli odoramenti, de gli olij, de gli albcri.de. gli biade,delle herbe de>uc gli1htu orti, X JT vnngueutijde gu eB ti.u vsgli ---------r & v animali.dellc - .........................................radici o delle radici, de i fucJLchi, delle herbe,&r de i (tm femi. Ma in quefto, che farà il quarto, trattaremo delle radici, & dell* altre herbe,che rertano.

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Della Betonica.

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Cap.

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I.

I l cestro, il quale ¿Latini chiamano Betonica, fi chiama pfichotropho.per nafeere ella in luoghi frigi di. E herba,chc produce il furto fottile, quadrato, alto un góbito,& qualche uolta maggioreile frondi di quer J® eia,lughe,molli,per intorno intagliate,& odorifere,del le quali quelle fono le m aggiori, che fono piu propin­ que alla radice. Genera il ieme nella sóm itàdei furti* modo di fpica.come fa la thimbra.Ricolgófi le fròdi,& feccafi per l’ufo di molte cofc.Sono le fue radici fottili,come quelle deU'hellakkAro.Le quali,quando fi beuo no nell’acqua melata, fanno uomitare la flém a. Dai! le fròdi à bere al pefo d’una drSma in acqua sepliee, oucr fatta có mele,à gli fpafimati,à i rotti, & à i difetti, & pre focationijdella madrice : & al pefo di tre dram.e in un fe 4° rtario di uino à i morii de uelenofi animali.il che fa pa­ rimente l'herba impiaftrata in fu’l morfo.gioua contr* i ucleni beuendofene una dramma nel u in o . Mangiata per auanti,non lafcia nuocere i uelcni m ortiferi, che fi >beuonoj. prouoca l'orina,& folue il corpo.Beuuta con acqua fana il mal caduco,& Gmilméte i phrenetici.,Daf fi al pefo d’una dramma in aceto melato à i fegatofi, à difettofi della milza . Mangiata dopo cena con mele fpiumato alla quanti$|jjd’ una faua,fa digerire. Dafsi nel medefimo m ódoà flu tti acétofi,& inghiottitone il *• fucco,&: pofciabcuutoujlpprauinoinacquato?gioua àgli ftomachi indebiliti.Dafii in un ciathp di uino inac quato al pefo di tre oboli.à gli fputi del {nhgu&Bjeuuta nell’acqua giouaallc fc ia tic h e ,& à id o Ì o ^ ^ a u e lc ica , & delle reni .& con acqua^jnelata^al pefo di due bramireà gli hidropici.che patifeono febbreima douc ella non fia,con uino melstq'ifanà’il trabocco del fiele.Prefa con uino al pefo d’una dramma,prouoca i meftrui,& con diecf ciithì d’acqsà melata al pefo di quattro dramme,purga il c o rp o . conferifce à i thifici tolta con ’mele', & à gli fputi della marcia.Serbanfi le fue frondi fecche,& trite in uafo di terra. €o L a b e t o n i c a è ucrmente berbauniuerfalmente conoftìutd da ciaftuno ,c r piena Sinfinite uirtA. La Betonica onde c tato che fi dice: hai piu uirtù, che la Betonica. Di queftaftriffe un trattato Antonio fuaciraa.' --- fquel prouerbio, ^ - ---/*--- - Tu “ -----r — -------Mkfanedico di Cefare Auguftojn quefto modo dicendo, Nafte l’herba Betonica ne i prati, er nelle colline nette» T a c r opache


49^

Diicoriìdel Matchiftli

Betonici, Si c r opache dppreffì àgli fterpi. Cufloiifce ella l’anime,cr * corpi de gli huomini : cr i uiaggi notturni da ip'rico p nio Muf"t0" uermsnte ™tre à'qiiefìofétta in tutte le cofe. Ritrouafl in luoghi frigidi confattili radici, confufìo fìttile,zr ri* fuc flirtò ferie //, & malefici], afiicura, c r difènde ì luoghi [acri , cr i cimiteri dalle uì/iònr, che inducono timori, cr

quadrato, alto piu (Firn gombito. Produce lefrondifìmili alla quercia, di buono odore . E il fuo[ente nella cima delfufìo à modo dio ica , come falathimbra. La pianta tutta è dotata ¿infinite uirtudi. imperochs trita prima* inente, c r impiagata infu Inferite della tefìaje falda con mxrauigliofa prefìczza i l i cl)efa ella piu efficacemente fe uifi rimette fìefca ogni terzo giorno. Dicefl, che è di tanta pojfanza, che cavafuori anchora le offa rotte.là decozione delle radicifatta alla confumatione della terza parte , naie a i dolori de gli occhi, fumentandofene : y parimite mettendofune le fond i trite in fu la fronte. 11fuccofremuto dalle/rondi trite perfe fo le, oueramente pri ma infufe neWdcqua,'infteme con olio rofado, uale a i dolori delle orecchie, quando ui JidijUtU dentro. Beiiuto al pefo d'una dramma iti quattro'.ciatbi d’acqua calda,tira alle parti inferiori quel/angue, che fa gli occhi torbidi, & ealigino/i. zrpeto mangiatiiofene le fòglie affìttigliano la uifta. Trite frefche con un poco di [ale, er meffe nel ni* fo, ui rifiagnano ualorofamente il ftngue, che ne difìtUafuori, La decottione fitta con l'herba nel nino uecchio, onero nell’aceto, leua lauandofene la bocca,il dolore de i denti. Beuuta al pefo d’ima dramma neÌTacqua tepiia, uà* le alle flretture del petto, er ad altri difetti del refìirare. Giouano tre dramme dellefucfronii incorporate con me» le, 'ai thifici, che [fiutano la marcia. Mangiata l'herba tre giorni continui al pefo di quattro dramme, onero beva* ta in quattro ciathi d’acquafìefca,gioua à i dolori dello fìomaco : e r con acqua calda à quelli delfégato. La decot* tione fatta nel nino medica i difìtti della m ilza. Beuuta l’ksrba con uino melato al pefo di due dramme, rifolue ì di* fìtti delle reni.Tottone tre dramme in uino uecchio con uentifettegrani, di pepe,naie al dolore de i fianchi, er pari* mente dei lombi. Prefa in beuanda indite ciathi d’acqua calda,uale ne i dolori di corpo, pur che non fieno caufati 10 da crudi humori. Quattro dramitic dellefiondi beuute in otto ciathi etacqua melata foluono il corpo. date le me* defìmefiondi con nino auftero rifìluono i dolori colici . Faffine lettouario con mele ,zr togliefipofìiaper notte giorni contimi per la toffì.Prefa in beuanda al pefo di due dramme con una dramma di piantagine in quattro ciathi d’acqua calda, guarifee le febbri cotidiane : ma bifogiu far quello nell'entrare del parofìfmo. Il chefa fìmilmente con altrettanto pulegio nelle terzane, togliendoli fempre nell’entrare del parofìfmo. Medicano tre dramme dell herba con una oncia di mele,zr tre ciathi d’acqua calda la quartana, togliendof i auanti al parofìfmo. Toltone quat* tro dramme in decottione di radici d’apio,fanano i dolori della uefcica : cr in aceto fquillitico con u fy oncia di me» le, er noue ciathi ¿acqua calda,rompono le pietre. Vale la Betonica beuuta tre giorni in acqua tepida à gli hidro* p ic i. Due dramme prefe con acqua calda, onero con uino melato, accelerano il parto, er mitigano i dolori della m irice caufati da frigidi humori. Lefiondi trite,zrimpiaflrateftldano i nerui tagliati,cr conferifcono ò ì para» J6 litici .Beuute alpef i di tre dramme in tre ciathi di latte di capra tre giorni continui, uagliono al rigittare delfan* gue per bocca : cr con il pari pefo di uino vecchio ì chi fuffì cafeato di luogo alto , & à i fiacaffìti. Vrohibifce U Betonica l’itnbriacarfi, quando fi mangia per auanti. V fataffieffo in beuanda con uino guarifee il trabocco difiele. Trita con grafia di porco,er impiafìratafimi i carboni. Rifìaura la betonica beuuta al pefo <Tuna dramma con a* cetomelato i uuniantì fi tnchì,crparimente coloro che hanno l’appetito corrotto,zrche uomitano il cibo. F, con* traria a i ueleni, à i morfi de i ferpenti, crde i cani rabbiofi nonfìlamente mangiata, ò beuuta : ma anchora impia* tirata in fu i morfi. Cura le filiale applicatavi fopracon fiale. Beuutacon uinoprouocai mefìrui. Ladecottione Betomeafcrit A fe radici, er dettefì-ondi infleme tolta in bevanda, crparimente l’herba trita, cr impiaftrata mitiga i dolori del ta daGalcn. le podagre. Scrijfìns Galeno al v 11. dellefacultàde ¡/empiici ,cofì dicendo. Ha la Be tonica ( come dimoflra il gUfto fuirtà incifha ; imperatitela fina herba é amaretta, c r alquanto acuta A lch e dimoflra privatamente l’effet* 4* to , ch’éllafa nel rompere delle pietre.che fono nelle. reni,cr nel mondificare il polmone,il petto,e’i fégato. Prottoci la Betonica i mefìrui, c r gioua ài *tal caduco :fatta i rotti,cr gli ffiafimati, cr aita impiafìrata a i morfi di tutte le Nomi. beffe. Finalmente confirìfce beuuta a i rutti acetofl, c r alle fciatiche. La Betonica chiamano i Greci, Ktcpn , e r 'BvyÓTrpofw : i Latini, Betonica, c r V ctonia :gli Arabi, Cbofhtra : i Tedefchi, Betonien : li Spagnoli,Breto* nica : i Fm c efl, Betoefne, c r Betoine .

C ap.

D ella Británica.

I I,

L a b r i t á n i c a è una herba, che ha lefrondi fimiItallarornbicefaIuatica,mapiun?re ,& piupelofe,di eoftrettiuo fapore. c !a radice fua fiottile, & corta : c’1furto non troppo grande. Spre- f*. meli il fucco dalle frondi,& condensi! pofeia al fuoco,ouero al fole. Ha uirtu di raffrenare,&mafsime I’ulccre corrofiue della bocca>& dèi gorgozzule. Gioua in ogni altro difetto, ouc fia di bisogno di riftagnare. Británica,& (Vy a n t v n q v e dica il Ruettio, che la Británicafia herbaconofciuta in Italia, cr chiamata da noiPtata* jj jjci mano; nondimeno non hofiríbora ritrovato io chi me lafàppìà dimofirare. Vecene mentione Plinio al in >cipo del tata da Piin.» x x v . libro, cofi dicendo. HanendoGermanico Cefare condotto il fuo cjfìrcito nella Alentagna di là dal \heno

,

uerfo il mare, titrouafìi unfìl fónte d’acqua dolce : la qualefice à tutti coloro,che ne beuuero, fia lofìatio li due anni cufiare i denti,crfmuouere legino echio.. il qual male chiamavano i medici flomacace, cr fceletyrbe. Al che fu ritrouato effìre ualorofo rimedio quella herba, chefi chiama Britanicajia quale non è fìlamente utile à i lerui, cra i difètti della bocci; maanchora contra la fìhirantia, cr H ferpenti. Ha quefta le fue fiondi lungle, cr nere :cr parimente nere anchora le radici, llfiore (fecondo cheper vero s'afferma) ricolto avanti chefi fintano ^

£

T

¡tuoni*


Nel quarto lib.diDiofconde.

497

í tuoni,& mangiatofa Thuomo in tutto ftcuro da quelli. Dìmo/lrarono k i nofìri qitefia barba i Prigioni, che gli erano con il lor campo apprejjo. Qtteflo tutto della Británica fcrijje Plinio. Sono alcuni , che ¡1 credono effere ¡a Británica quella,che noi chiamiamo B 1 s t o r t a , Maficonofie neramente Terror loro: percioche quan• tanquefaccia la Bistortafiondi fintili alla rombico ; nonfono però ne nere, ne pelofe, anzi lifcie,& roftgnc difo » prx »cr di fotto quajì celeñi. La radice della Británica éfittile , cr minuta ; cr quella della Bifiortafiorta , gròf i fa , cr contratta a modo £unftrpe che giace, ràfia, Cr non nera, come fcriue Plinio . C!Marnano Bistorta alcuni anchora quella chefi chiama TormentiUa, non tanto forfè perchefi raffimiglino efiendo nellefembianze difiimiti, BISTORTA.

Errore di al­ cuni. B iltorci.

Torm entili* & fua hiftoria,& uirtù.

T O R M E N T I L I . A.

10

IO

Io

quanto perche fieno uguali nelle uirtù,cr faculta loro. Onde occorrendo hora di ragionarne non ni è parf i dita* cerne ne Tbìfloria, ne le uirtù. E adunque la T o r m e n t i l l a una picciola pianta, che prodúcele fiondi piu púdole del cinqu.figlio, ma con fette intagli per intorno : la radice corta, cr ferrata infeñeffa, con un nodo, rofia, er coftrettiua. Sono i fuoi gamboncelli fittili, cr rofiignì : er i fiori gialli. di modo che non fi può negare, ch’ella nonfia unafrette di cinquefiglio. Dicono glifrerimentatori, che queftapianta ha le uirtù medefime della B h ftorta. onde dicono, che amenduefanno ritenere il parto k quelle donne, che fono úfate a fconciarfi : al che fare fi beuono, c r s’impiaflrano in fu i corpo, c r in fu le reni con aceto. Giouano fimilmente date con ficco di piantagi* né ,à chi non può ritenere Torina. Riflagitano fidendofi nella loro decottioneimefirui :cr parimente trite ,C r unte Ínfleme con mele, c r con frigo inf u i corpo. Riftringono il fingile delleferite, mettendoui fopra la loro poh uere.Qitcflamedeflmamente raffrena il uomito della cholera,fattone paña con chiara d’uouo, c r pofeia cottafon pra unateglia di terra, cr mangiata-L'acqua fatta per lambicco à bagno di Maria, oueramente la decottione delle radici, è rimedio per tutti i ueleni ■ Et però ufano alcuni dimangiare inlettouario leradici della TormcntiUapér prefeiuafi dalla pefle. Riñagnano amendue la dìfinteria, faldano le ferite, cr mafiime delle interioraron filamene te applicate difuori ; ma tolte anchora in beuanda. Confirifiono all'ulcere maligne, ritrofi, c r corrofiue. Ma Smanica per ritornare nellafirada, doue hauetta lafiiata la Británica, dico, che d’efia firifie Galeno a l v i , delle faculta de fcrittada Qa leno. i fimflici, cofi dicendo. L efiondi della Británica fono coflrettiue, cr faldano le ferite . Rajfcmbranfl al lapatio faluxiico, come che elle fieno piu nere, cr piu pelofe. Il fic c o , chefi frreme dalle fiondi, è coftrettiuo. cr però alani lo cuocono ,c r lo firbano per ualorofifiimo medicamento(lomacale : er pare anchora chefin i le ulcere pu» tride. oltre k ciò è dafipere, che f i ritrouano alcuni Diofcoridi Greci, che dopo quefìo capitolo della Britanh Capitolo «<e ca, homo uno altro capitolo della Betonica : il qualefi uede manififìamente efferefiato tolto dal trattato, che della ¿ulcerino. Betotica fice Antonio Mufa medico di Cefare Augufio .E t però concludo daipiu dotti dei tempi twflri,che fia in Difioride da qualche piu curiofo del bifogno flato quèfio fecondo capitolo aggiunto, c r trameno, Del che da T ? neramente


45)8 Nomi.

DifcoriìdelMatthioli

ueramente iniicio il uedere, cbe'l modo del dire non fi confa punto con lo file , cr con il trattare confueto di cioè fcoride : cr pofcìa il confiderai, che d'una cofa medeflma non era nccefjdrio fcriuernc per due uarij, cr cofì proa pinqui capitoli. Il che hafa tto , che tal capitolo nella nofra intcrpretatione nonfi ritroui fcritto, quantunque d» tri interpreti l’babbiano nelle loro. Chiamano i Greci la Britanica, Eftimiuì : i Latini, Britanica. LISIMACHIA.

VN'ALTRA

LISIMACHIA.

Della Lifimachia. L a l i si m a c h i a , la quale chiamano alcuni litron, produce ifu ftid ’un g o m b ito ,& qualche uolta m aggiori, ma fonili ,& ramofi : dai cui nodi efeono le frondi fonili limili à quelle de i falciai 40 gufto coftrettiue : è il fuo fiore rotto,ouero di color d’oro. Nafce nelle paludi,& altri luoghi acquo i i . 11 fucco fpremuto dalle frondi,riftagna con la uirtù fua coftrettiua, gli fputi del fangue,& la difenteria,beuuto,& meifo ne i criftcri : applicato di fon o ferma i flufsi de meilrui. Serrali con l’herba utilmente il nafo, per raffrenare il fanguc, che n’cfcie. riltagna il fangue delle ferite. Brufciata in fu i carboni fa acutifsimo fumo : & però fcaccia le ferpi,& am m azza le mofehe.

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d i e d e alla L if machia il nome Li/ìmacho R e , il quale fu il primo, che la ritrouajfe, fecondo che rifèrìfee Lifimachia, Plinio a l v u . capo d e l x w . libro, cofi dicendo. Ritrouò il re Liflmacho la Lifimachia, da cui s'acquifiò ella il & fuahiit. nome ,c r fu pofeia grandemente celebrata da E r a ff rato. Ha/rondi difalce,ma piu uerdi:e'lfiore roffo,oucra* mente di color d'oro. Sono ifuoirami folti, dritti, di noiofo odore .nafce in luoghi acquatimi. Ha quefia fanti 50 tanta uirtu, che meffa in fu ’l giogo de buoi,ò d'altri quadrupedi, che nonfi accordino infìeme ,fubito gli flaca. Credefi il Ruellio,che laLifìmdchiafìa quella herha,con la quale dopo al bagno del guado fi tingono ipamùdild* Errore del na in color uerde, chiamata da noi Tofani Cernita, ouero Briglia, c r inErioli Cofaria. Nel che manifitianente Ruellio. singanna. percioche la Cerrata produce ifu tii , e rie frondi limili al lino , cr non comefon quelle de ifalci : Il fior giallo : è lfeme nei baccelli, comefa la ginetira: nafce ne i prati, c r uon fi[ente inlei alcuna fiitticità nel nafii* caria. Sono alcuni altri, che dimotirano per la Lifimachia una altra pianta, che crefce con fu fio quadrangoare, figlie difalce,cr fiore raffiofalcato : ma nonfi fentein lei mafiicandolafapore alcuno coftrettiuo. E t però diri che quellafiafiata la uera Lifimachia, thè quefto anno mi ha mandato da Roma a Goritia M. Vincenzo Cantoti mio compatriota. imperoebe ella è quella ifieffa, che ne deferiue Diofcoride. Nafce in terra di Roma, c r anchó h quel disiena. Oltre à ciò quantunque ( come sé detto difopra)ficredeffeil Ruellio, chefuffe la uera Li/ìmaihiaU 60 Cerretta ; nondimeno nelfine del capitolo dice egli, che già gli fu mofirata una altra herba da certi uìUani seon la quale molti¡1 curarono in una crudelifiima pefiilenza, legandolafolamente due dita difopra al tumore deUapofie* U'.ZT


Nel quarto lib.diDiofcoride.

45)5)

uut: & <&e quefìd tale berbd in ognifu* notafi raffembraua <t1k iter* Li(¡muchi*. Il che dimoflra,che due pidiite per

U Liflmachia defcrina il Ruellio,forfè per batterferino Diofcoride,cbe la Lifìmacbia produce il fior giallo, ouera*

mente roffo. il che arguifee ch'ella fìa di duefrette. Fecene mentione Galeno di v i i . delle[acuità de [empiici, cofi Lifimachù dicendo. Supera nella Lifimdcbia lafiacuita coflrettiua : con la qualefalda ella lulcere , er rijlagna il [angue del icritt* da G ì tufo,quando ui fimette dentro. Ilche può eUdparimentefare in tutti gli altri fiufii del [angue, che uengonodi qual eno' fi uoglia parte del corpo , er maggiormente ilfuo fucco. Guarifce beuuta la difenteria, il fiujfo de meilrui, & gli fruii del[angue. Chiamano i Greci la Lifimachta, Àiirtfaa'xin : i Latini, Lyfimachk.

POLIGONO xMA SCHIO.

POLIGONO FEMINA.

IO

io

$0

D el Poligono mafehio, ouero Sanguinaria]

Cap.

1 111 .

I l p o l i g o n o mafehio è una hcrba,che produce ifuoi rami fiottili,teneri,arrendcuoli, tutti pieni difpefsi nodi,& uannofeneferpendo per terra à modo di gramigna.Producele frondi di ruta, ma piu lunghe,& piu tenere,& fotto à ciafcuna fi ritroua il feme : & però fi chiama mafehio. Sono i fuoi fiori hora di bianco,& hora di rollo colore. Il fuo fucco beuuto ha uirtu frigida, & coftrettiua:riftagna glifputidel fangue,& i flu fsidelcorpo.giouaàicholerici,& alledillillationi deU’òrina : perciochc fa orinare cuidentcmente.Beuuto con uino,medica ài morii de i ferpenti. Beuefi nelle febbri,che non fon continue,una hora auanti al principio. Riftagna applicato di fotto i flufsi delle v 5° donne.Diftillafi nelle orecchie,che menano,& inqueIle,chedogliono.C ottoneluino,& aggiuntoui mele,medica egregiamente l’ulcere delle membra uirili. Impiaftranfi utilmente le frondi à gli ar­ dori dello ftomaco,à gli fputi del fangue,aH’ukcre corrofiue,al fuoco facro, alle infiammagioui, alle pofteme,& alle ferite frefche. D el Poligono,ouero Sanguinaria femina.

Cap.

V.

L o p o l i g o n o , ouero Sanguinaria femina,è una picciola pianta,che produce un fol fufto, Amile à tenere cannelle,con affai nodi raccolti in fe ftefsi,come quelli delle trom be : intorno à i qua li ia ritonda figura efeono le frondi limili à quelle del pino.L? fua radice è inutile, nafee in luoghi ac® quattrini. H auirtù di coftrigncrc,& d infrigidire,& ualc à tutte le cofe,che ’ 1precedente,quantun* <}ue però fia egli meno ualorofo. C

h i a m a s i


joo

Difcoriî ciel Mattinoli

Poligono , & fuá effam.

C h i a m a s i uolgannente il Poligono mafchio Correggiola,onero Centinoiia. dell,t quale per li cm p i , er per le publiche fbade fe ne uede uniuerjalmente in ogni luogo. Ma uermente ìàfimina non è cofìfitqucnti' CT abondanteper tutto. Il imfchio per ¡indir con i [noi ramiferpendo per terra,è chiamato da Apuleio Profert>iPo ligon o naca. Pecene mentione Galeno att' v i l i , dellefacuità dei [empiici>cofi dicendo. Ha il Poligono alquanto d i fcritto da G* coilrettiuo : er tanto neramente è in lui d'accjuofttà frigida,che ageuoimcntefi pone tra quei medicamenti,chefono leno. frigidi nel fecondo ordine,onero nel principio del terzo . Et però cofi gioita impiaftrato difuori à coloro, che ban* nolo ftomaco troppo caldo; come anchora attieriflpele, c r a i caldiflemmoni. Effendo adunque egli tale, merita« mente ripercuote i flufli,cr per tal ragione diffecca. Ef di qui ttiene anchora.che confirifce non foìo alì'ulcere cor» rofìue, er maligne ; ma parimente à tuttef altre : cr è efftcaciflimo rimedio di quelle membra, che patirono à per flujfo d'hitmori,ò per infiammagione.Confolida oltre a queflo le ferite : cr conferire a tutte l’ulcere delle orecchie, Io nelle quali diffecca egli la marcia, c r l’afciuga. Riftagnaper le mcdefimefactiltà ilfìuffo de i melimi, la difenteria 10fiuto delfangue,cr ilfìuffo del medefimo di qual fi uoglia parte del corpo. P.ifcrifcc Diofcoride, che prouoca 11 Poligono l’orina à coloro, da cui a gocciola difilla dalla uefcica. nondimeno nonfa egli quello cofi ualorofamen t e , chefìa buono per ufare ous fiagran bifogno.il mafchio in tutte quefle cofeèmolto piu ualorofo dellafemina. Nami. Chiamano ¡Greci il Poligono mafchio, TL»Avyom f?kr ; c r la femina, Uot.dyom ; i Latini, Polygonum mas, c r Polygonumfcemina. gli Arabi amenduc indifferentemente, Eaflalragi ; i Tedefchi il mafchio,Vueggrafa ; li Spagnoli, Corrida ; i Erancefl, Corregiole.

D el Poligonato;

Cap.

V I.

10 I l p o l i g o n a t o è una pianta piu alta d’ungombito.che nafee ne i m ontile cui frondi fi raffembranoà quelle del lauro, ma fono piu larghe,& piu lifcie,di fapore alquantofimile alle m elccotogne, oueroài mela grani,con uncerto che di coflrettiuo. I fiori, li quali produce bianchi,efeono fuori da ciafeuna origine delle frondi,& fono affai piu di numero che le frondi, cóputandole dalla radice fino alla cima.Ha la radice bian ca,tenera,Iunga,piena di nodi,denla, grofla un dito, & di graue odore. La quale conferilce im piagata allcfe jo rite : & fpegne quelle macole della faccia, che chiama­ no i G reci fpili, P o lig o n a to , & fuá e ila» .

C h i a m a s i uolgarmente il Poligonato in Tofana Praflinctta,cr in altri luoghi d’Italia,imitando il Greco, la chin matto Ginocchietto : delle cui radicifanno l'acqua uolentieri le donne per li lifli loro.Oltre a ciò fono alcuni altri, che la chia« mano chi Sigillo di finta Maria,cr chi Sigillo di Salomone : del che nonfaprei rendere io in modo alcuno la caufa. Altrifi pen Errore del fatto, comefece il Manardo da Ferrara, che la Praflmcttafia il 40 M anardo. Secacttl degli Arabi, nel che manifestamente s'inganndwpcr* cioche non fi uede,che Serdpionefido interprete dibiofeoride, rifirifed pdrola alcuna nettofcrìuere il Secacul di quanto del Poligonato fcriffe Diofcoridetne manco in tale capitolo lo alle gamai «come fu fempre fuo collume di fare in ciafcuno altro femplice,che ricauò egli da lu i. Oltra di queflo dimofira efferft ingannato il Manardo il dimofirare Serdpione, che fa il Secacul fiondi fimili à i pifetti,cr non al làuro: c r il non concordarfi le virtù del Secacul con quelle del Poligonato, percioche queflofi loda da i Greci per le fin te , e r per leuare alcune macole detta faccia: c r quello lodano gli A rubi per aumentare la $0 fierma, er le fòrze ueneree. Onde fon reflati le ff ggiati alcuni, i quali per farfì piu ualorofl con le donne, ufaro* Poligonato no di mangiare le radici detta Eraflinetta. L>el Poligonato fcriffe Galeno att’ v 1 1 1 . dettefaculta de ifemplici,cofi fcrittodi Gì dicendo. H.r ih Poligon to le virtù fue mifie, con un certo che del coflrettiuo, c r parimente detto acuto, cr una leno. certa faftidiofa amarezza,da cui rifluita una infoauità indicibile, Ef però none molto in ufo,fe non chefono alcu• ni, che impiaflrmo la radice in fu leferite:cr altri,che fiengono con effa ì nei dettafaccia. Chiamano il Poligona Nomi, to i Greci, tIokùy»mri>r : j Latini , Polygonatum : i Tedefchi, Vueifz uurtz •' tt Spagnoli, Eraflinetta : i Pranccfl, Genifculiere,

Della Clematide,

Cap.

VII.

L a c l e m a t i d e fe ne uaferpendo perterra, nafeeinterreno graifo.Producebreuiuiticel le»dellagroífezza deigiunchi.Halefrondi di forma, & di colorefimili àquelledellauro, mamolto ■r i „ minori.

io


Nel quarto lib. di Diofcoridc

j oi

minori. Le fi ondi fue, & parimente i tuffi beuuti ncl u in o, riftagnano la difentcrla, & gli altri fluidi di corpo. A pplicate di Lotto ne i peifoli con latte,& olio rofado, oucro vnguento liguflrino mitiga­ no i dolori della madricc. A lleggerire mafticata il dolore de i denti. Impiaftrafi utilmente al morfo delle ferpi uelenofe.Diceiì, che beuuta nell’aceto gioua parimente à i morii degli afpidi. Nafce in luoghi grafsi, & inculti.

D i vna altra Clematide.

Cap.

V ili.

E v n a a i . t r a Clematide, che produce le fue uiticellero fsigne, u en cid e,& farmentofe: le cui frondi fono al gufto acutifsime, & ulceratiue.auiluppafi quefta intorno à gli alberi, & liglieui fopra,C0me fa lo fmilacc. Il fuo feme trito,& beuuto in acqua femplice,ouero melata, folue per di Lot­ to la cholera ,& la flemma. Le frondi impiaftrate, guarifeono la fcabbia. Serbanfi nella falamuoia mfieme co’l lepido per l’ufo de i cibi. Clem atidi, &loro edàm. tufare le ghirlande à ifanciuUini,& parimente alle uergtnelle,cke muoiono. peròfo rìtrouarc io in quefta no• Errore di taalcuna che ripugni ch'ella nonjìa la Clematide mejfa nella primafrette. Et però parmi, che mdnijìfto affai molti.

C h i a m a s i la Clematide detti prima deferittione uolgarmente in Tofcand Prouenca : di cui tifano le don*

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fa l'errore di coloro, chefi credono, che fia la Prouenca noftraU Chamedaphne fcritta trai fempliei folutiuiin queftoquarto libro da Diofcoride, la quale noi chiamiamo volgarmente Laureola. Imperockeproduce qnefla ifuot fitftialti ungombito, che procedono da un piede folo, dritti sfottili, ey lifciteyun feme ritondo, cr rpffo ap* preffoallefrondifue laurine. Ma quella, che nella feconda fretieper particolare capitolo feriuepofeia Diofeo* ride, è neramente dallaprima molto differente .Et per quanto ho potuto comprendere io perle molte corrifron• denti note,parmi chemolto quefta fìrajfembri alle noftrc'Vitalbe, le quali chiamano alcuni vitezzc .perciocbe quejle hanno le ititi roffeggianti,arrendeuoli, cr uencide : le frondi di fmilace, al gufto acutifiime, cr ulcerativi: t? auiluppanjl marauigliofamente alle [ìepi, er arrampanfìin fu gli alberi, comefa propriamente lo fmilace:fol* utpofcià il fuo feme ualorofamente il corpo. Le quali note m’inducono àpenfare, anzi à credere, che fieno quefla Clematide, & le noflre Vitalbe una cofa medefima,contri l’opinione di coloro, che tengono, che fia la Clematide ¿cuta quellafretie di uolubile, che produci per lefiepi la ftate,quelle bianche campanelle, le quali chiamarono al• wnipocouerfati nella dottrina defemplieifaframente Liguftri :faframente dico, percioché come fu di[opra nel primo libro dichiarato, fono i Ligiuflri altrapianta affai differente da quefta. Il Tucbflo errando indora egU Errore del tiene,chc quefta Clematidefta la Vite nerafcritta da Diofcoride quaft nelfine di quefto quarto libro Alche, come Fachfio. v ‘V inqutl


) 02

Difcorfi del Matthioli

in quel luogofi d ir i, non punto corrifronde al nero. Delfiore di questafecondaftetie di Clematide non fica Di feoride memoria alcuna : tutto chèla Vitalba noitra lo produca bianco, er odorifero, er in alcuni luoghi F!*mmo!a.< reo, ma di firma diuerfo. None nella firma dellefiondi, de!fiorereifetne, er anchora nelfapore acutifiimo fcuirtù. '* clematide difugual e quella, che uolgarmente chiamiamo F l a mm o l a , quantunque ella non s'malup piag li alberi, er allefiepi : ma produca i fuoi fusti alti f a f l a h m o l a . gombiti, er lefi-ondi difmilace d'infopportabile acutezza dal che s'ha ella acquietato il nome di Fiammola. Quet'ftahopju uolte al bagno di Maria ridotta io in limpidifiima acqua non nolto meno acuta,che fifia Hierba, er pofeia tifata co belfa* ceffo nellefi-igide malattie. E la Fidinola,fecondo che rtfirifa r e Plateario,calida,er fccca nel terzo grado. Ma uedendofi ch'cl la uefcica, er cauteriza potentifiimamente, mettendofi pefa in qual fi uoglia membro del corpo, ci pofiiamo ageuolmentc prefumere,ch'élla fia calidifiìma fino al quarto grado.Dannon la alcuni per bocca mila quartana : er altri hanno in ufo U fa olio perfìcurifiimo rimedio per le fciatiche, er altri dolori di giunture,ne i dolori di fianco,neìTortna ritenuta, er per le pie t re delle reni,ungendo con effo i luoghi del difitto,ey mctten* dolo anchora ne i criñeri. Al che fare prendono in una boccia dell'olio rofado,er mettenui pofeia affaifiondi di Fiammola ta 20 glidte co'l coltello: er cofi ferrando bene il uafojo mettono k ftdte alfole. del quale danno anchcra tic i cibi depatientifino Climatide à tre dramme per uolta. Ma per ritornare alle Clematidi,di» fcricca da Ga leno. co che fice d’amendue mentione Galeno di v i i . delle faculta defemplici,cofi dicendo.Hanno le fiondi della Clematidefacul tà caufiìca, er aduftiua, di modo chefanno feorzare lafiat* bia-il perche fi può dire effere ella calida nel principio del quar to ordine. Chiamafi anchora Clematide quella, che chiamati» daphnoide, mirfinoidc,cr poligonoiJc. ma quefìa non è in mo do alcuno ulceratiua,ne acuta,come la predetta : anzi che be* ) 9 uuta con uino rifiagna le difenterie, er gli feorrimenti del cor po: mitiga mafticatai dolori de denti: cr meffa nepcffoli,que\ li della madrice.cr però è uano il credere, ch’ellapoffa ulcera re,cr brufciare,comc la fopradetta. Ft per queftoè da effere , riprcfoPamphilo,perhauere egli confufamente fcritto d'ami due,come c fuo ufo di fare nel refto di tutte le cofe fue. Il che no fece Diofcoride : percioche di qucUa adufiiua, che chiamo Clematoide,fece egli mentione nellafine del quarto libro,& dell'altra nel principio. Et però non è neccjfa• rio,che io ne dipinga le note,come fin qui non hofatto nel refto delle altre piante. Queflo tutto delle Clematidi difi fe Galeno. Dal che fi conofie , che queflo capitolo della Clematide ulceratiuafia da qualche curiofo fcrittoreflato teuato dal fine di queflo libro, doue tra le piantefolutiue fi fluita egli ben collocato, er riportato pofeia in queflo 40 luogo per lafìmilitudine del nome appreffo all’ altra Clematide. Chiamano la Clematide dellaprimafpetie i Greci, Nomi. ÀituKTi<S a lo li» ¡:iL a tin i , c lematis, cr Vincaperuinca :i Tedefchi, Singrien,li Spagnoli, Peritinqua: i Francefi, Lyferon. Quetla della feconda ffetie chiamano i Greci, c i r f a i ì Latini, Clematis altera ; tTedefcm ,L y n en .

Della Poiemonia.

C ap.

IX .

L a f o i E M O N i A producei fuoi rami fottili, & pennuti, con frondi poco maggiori della ru­ ta . ma piu lunghe, come fono quelle del poligono,ouero della nepeta. Sono nelle cime de fuoi rami a cuneeminentie limili a i corim bi, ne i quali c dentro il Teme n ero. Fa la radicelunga un gombito» JO lane ìccia, limile a quella dellaherbalanaria.Nafccin luoghi m on tagn oli,& afp ri. Beucfilara.,C,e nC, Uln° contra 31 m orfi de i ferpenti,nella difenteria : Se con acqua all’orina ritenuta, & alle feia tic e . con aceto al pefo d una dramma à i difetti di m ilza. legafi in fu le punture de gli feorpioni. jconoa cum, che coloro , che 1 hanno addolfo, non poflono eflere trafitti da gli feorpioni ;& fe pur u ero , non gli nuoce il lor ueleno. Mitiga mafticatai! dolore dei denti. Poiemonia,

Brafauola.

C r u d o certamente hauere ueduto piu, er piu uolte la la Poiemonia ne i piu alti,cr afri monti della UdUeA» nd-™ 'conf ottlUf f i r idrati fufliifroudi quafi di nepeta: chioma corimbacea, piena di nerofeme: fradice t u 1 n*P ■ »Crf*. EtPcrò non mi pare in modo alcuno da credere, come uafumicando il Braftuola^ c .e fa Li c emonia q u ella pianta,che noi chiamiamo in Tofcana Lauanefe,cr altri chiamano Galega,cr altri Ru* 60 ta capi aria, pei etoc..e quefia e in ognifua tiotaflmileal fiengreco, nefa corimbi alcuni in cima, ma alcuni cornei* ti , douc c acuirò ¡¡Jane rofiigno : lafu a radice è breue: cr nafeeper il piu appreffo alle acque infu gli arginidei

fòfii, '


Nel quartolib.diDioicoride. m , v in g ra fi te m n i , c r non nelle montagne afpre, come dice Diofcoride nafcere tu Polmonia . 1/Puchfio nel[no M e0 dette compojilioni de medicamenti, penfa che la uera Polemoniafìa quella pianta, che communemente ¿adopera per il Ben bianco. Ma erra eg li, quantunquefia altrimenti huomo dottiamo, in ciò manifijiamente. percioche il Ben bianco ¡/d commune ufo non producefuftì pennuti,nonfa corimbi alcuni, ma unaflliqua, onero capitello, come quello dcU’ocimoide : cr non [clámente nafee ne monti, ma per tutto, cr [penalmente ne ¿prati, fece della Poiemonia mctione Galeno a liv i n . delle faculta de i femplici,cojì dicendo. E la Poiemonia compaña di[ottili parti, cr ha itirtu dijjeccatiua. Et però danno alcuni lafua radice a bere nel nino allefciatiche,«Ha difeti* (cria, craña milza indurita. Chiamano i Greci la Poiemonia, liajufuínoy ; ì Latini, Polemonium.

jo

D el Simphito petreo.

Cap.

X.

I l s i m p h i t o petreo, nafee tra ifafsi:iicui rami fono fottili Amili all’origano: hai capiteli» file foglie come il thimo. E pianta tutta legnoia, & odorata, di dolce fapore,& cheprouoca mafticata ageuolmeHtc la faliua. produce la radice lunga,porporegna, di groffezza d’un dito. Le decoc tione fatta in acqua melata,&beuuta,mondificai difetti del polm one. Daisi con acqua ne gli fputi del fangue,& ne i dolori delle reni.Beuefi cotta nel uino per la diiènteria,& pec4i flutti rotti meftrua li : & nell'aceto melato à ifracaflati, & à gli fpafimati. mafticata fpegncla fetc,& conferire all’afprez za del gorgozzule : confolidale ferite frefchc,& le rotturc intcftinali,impiaftrataui fufo.Cotta la ca» ;0 ne tagliata co’l fiinphito,fi rifalda,& ricongiugne infieme.

SIMPHITO PETREO.

CONSOLIDA MAGGIORE.

V>

40

)*

D i vno altro Simphito.

X I.

I l s i m p h i t o , il quale chiamano alcuni peékm,produce il furto alto due go m b iti,& qual­ che uolta maggiore,angolofojgroiTo,leggiero, & concauo di dentro, come quello del foncho : at­ torno al quale fono le frondi non troppo dittanti, pelofc,(frette,lunghe, fimili à quelle della bugloffa. è il fufto per lungo à fuoi cantoni tutto penn uto:& efeono dalle ali alcune picciole frondi : tra le quali fono i fiori gialli, nel fufto è il Teme limile à quello del uerbafeo. Sopra alle frondi, 8t parimenteà tutto il fufto è una afpra lanugine,la quale nel maneggiarla caufa prurito.Sono lefue radici difuo io ti nerc,& didentro bianche,& di iuftanza uifcofc-.dclle quali è l’ufo. Beuonfi quefte trite utilmen­ te allo fputo del fangue,& giouano à i rotti : confolidano impiaftrate le ferite frefehe. Meifeà cuoce­ re con la carne tagliatala rattaccano infieme,Impiaftranfi utilmente con frondi di fenccione nelle in fiaounagioni,& mafsime del federe. . ' *V ? Q

)

vanttn

-

Opinione del Fuchfio.

Polem otiii feri tea da Ga leno.., _ ,,i Nom i.


5-04 Simphiti, loro cifro),

C onfoiida

maggiore.

Difcorfì del Matchioli

Q v a ntvn Qv f. giàfcriucfiiione gli altri miei difeorfiper auantiflampati non bitter fino allhora tìt - 0 nato il aero Simphito dettaprimafletie cognominato petreo : bollo nondimeno finalmente ritrattato il mefe di Set* tenére uenti miglia difcojìo da Goritia nella colla del gran monte di vipao pocofopra'l caftetto,cr dipoi infui cir fo uerfo Senafeccbia, infu’l monte uaghiflimo difant’Vrbano , er infu’l Gabernico,con tutte quelle itine, cr nere fembianze. chegliaffegna Diofcoride, E egli in tutta lapianta, crmafimamente quando è fiorito, molto ua^o darimirare,di modo che con nonpocagiocondità inuita i Mandanti àfarfi contemplareper pianta di non uolgare, er non poco ualore . Jfaltro poi, che nelfecondo luogo collocò D iof:oride, non è dubbio alcuno, che nonfia per le molto corriffrondenti note la Confoiida noftra maggiore, la quale anchora chiamano alcuni Alo,che nafeea. bondantifiima ne i prati ;della quale nonfolamenteho ueduto io di quella,che produce i fiori gialli, ma porporei, CTbianchi, tuttiperó <Tuna medefirnafirma, Errano neramente coloro, ebetengono effere il Simpbito petreo io quella uolgarifiima pianta, che chiamanogli ftetiali Confolida minore : imperochepunto nongli corrifpondc difi* tniglianzd •Ne menofi può dichiarire effer quella »le cuifondi han molto del ceruleo, chamata Confoiida media, CONSOLIDA

C ófolid a mi n e r e , & me­ dia , 8cloro

MINORE.

CTdaalcuni Laurentina, cr danoi Sanefl fiorandola.

CONSOLIDA

M E D I a.

Delle quali piante, come che niuna, mentione faccianoi Greci, cr parimentegli Arabici ;fi crede però, che motto poffanogiouare per le rotture interiori, cr citeriori, Virtù. Crfimilmente per confolidare le ulcere, cr lefin te . Dicono alcunifferimentatorì.che la mezana beuuta cauafuor dello Stomaco, ouero d’altra parte del corpo ilfangueftraucnato,crapprefo; cria ¡odano per ualorofifiimo ri» medio di tutte l’ulcere corroflue detta bocca ,dei tefticoli, del membro uirile, cr parti naturali dette donne. T«f* 9 to quefiofa parimente (fecondo alcuni moderni) anchora la minore : erpèr quanto l’efferienza ne dimoflrafi mol* ) Janicula pri» to piu ualorofa in confolidare, Stringere, & ristagnare Connumerano i Tedefchi tra le Confolide loro quella, ma. che chiamano Saniculafinile nettefiondi al cinquefiglio :le cui bianche radici fono cofi dalla natura artificiofamen Sanicola fe­ tefatte d’uno incatenamento di nodi,che non caufanopoca marauiglia à chi diligentementeconfiderà tanto magifte• rio . Vfante nette beuande delleferite intcriori, cr mafiime caffali, cr dette crepature inleftitudi. Mofrano ofr conda . tre à ciò di effe Sanicule piuffetie : di cui n’c una chiamata da alcuni Orecchia di orfo, che produce lefiondi della grdndezza.di quelle della piantagine, magroffe, quaficome quelle dettafabaria, con uno orletto per intornofatto con grande artificio dattanatura, di colorechenel biancogialleggia. NafiequeSta copiofifiimaà Goritiainful Confoiida re monte Soldatino. cr fecondo che piu uolte èflato ¿¡fermentato, è mirabile per lerotture inteflinali ,c r per le be» gale. Uande detteferite caffali, cr di ogni altra parte, Hanno anchora la Confoiida regale,laquale in lingua lorocbid* , mano Sperone di canottiere. I cuifufti fono alti ungombito, pieni di lunghette, cr affai fcitili fiondi. 1fiorifono neramente porporei >digranaezza dette uiole : dal cui fèndo efeè infuori uncornetto à modo di¡¡perone atta gu* netta •Lodano qneftifiori per le rojfezze degli occhi : al qual ufo gli peflano, cr uegliempiaSirano pofeiafufo


Nel quarto lib. di Diofcoride SAMICVLA.

jo )

conacquarofa. Commendatala decottione di tutta la pianta per gli ardori, toffe,pofiemc,ueleni,nomiti,pacioni coleriche, ritenimento dorina,pietre,fciatiche, crper rifolucre il corpo . Ala quello pormi,che molto fi nom igli al ciminofanatico del lafecondacene, come è ¡lato detto di[opra. fece damendue i SimPh'*l> Simphiti manoria Galeno a U 'v iti. Mefiacuità de[empiici, S en o.* cofi dicendo.1/ simphito petreo e compofo di contrarie uirtu» di : imperoche ha egli una certa uirtu inciJìua,con la quale può purgare la materia raccolta nel petto,cr nel polmone:er ha ol tre à do una certa uirtù contrattiua,con la quale gioua a iflu f fi delfangue. A l che fe ne aggiugne una terza, ciò è una certa bumidità non troppo calda, per la quale pare egli dolce nel gu » [vario,craggradeuoleneKodorarlo. Spegno mafticato la fete, Cr lenifce l'affrezz* della canna del polmone. Et però può c* gli,per la commiftione delle uirtù predette,infìmemente digerì re affai,er parimente coflringere .E t per queflof i pone egli in fu le rotture mteftinali,er heuefl co aceto melato àgli ftajimi, 1er alle rotture. Coloro,che danno laf uà decottionefatta nel ui no per liflufii muliebri,Cufano come medicina diffeccatiua , c r coftrettiua :er per prouocare l’orina, come cofa incijìua ,e r mondificatiua. Ma l’altro Simphito,il qualefi chiama grande, ha le uirtù[ue uguali al predetto : ma non è però egli al guRo dolce, ne odorato, ma diuerfo. Fallo la uifcofltàfua, o mor■* dacità filmile alla cipollafciUa :e r puofiiufiareà tutte le cofe, che s’ufa il Petreo anchora. 11Simphito petreo chiamano i Nomi. Greci, Zv'wvrovviTpcùw ; i Latini,Symphytum petraum. L ’altro chiamano i Greci, htpor ; iLatini,Symphy* tum alterum : i Tedefchi.Vualuurtz '■ li Spagnoli,Suelia maio r e ,o Confuelda maior : i Francejj, Oreylle d’afte .

D ell’Holeftio.

Cap.

XII.

L o h o l e s t x o èbreueherbetta,cbenon crefce piu alta da terra di tre , ouero quattro dita: le cui frondi,& parimente le uiticelle fono limili à quelle del coronopovoueramente della gramigna, al gufto coftrettiuc ; fono le fue radici lo ttili, come capelli)bianche, & lunghe quattro dita . Nafce nelle colline. Ha uirtù di far rattaccare la carne, quando fi cuoce con efià. Beuefi utilmente con uino nelle ro ttu re . q v A N T V N Q j F . non conofia io ueruito in Italia,che mifappia dimoRrare il uero Holeftio ; panni però, ^ che non poco fig li raffembri queUapianta, la quale ( come dicemmo di [opra [emendo del Coronopo ) chiamano i iua ciiaBS’ Goritia Serpentina,per effer ella ualorofo rimedio contrai morfi de uelenofì[erpenti. Imperoche quefta è picchia herbetta,di fòglie, di fufiti, difiore, er di feme fimile al coronopo , al gufto coftrettiua, er di fiottile ,c r legnofa radice. 'Mafie oltre ì ciò nelle colline, er terreni magri. Di modo che non poco la può ciafcuno raffembrare Errore di all'Holefiio : quantunque non uoglia però io ciò del tutto determinare. Connumerafi l’Holeftio tra le fietie de i alcuni. limphiti, Ma errano però rnnififornente coloro,che fi credono chefìa iRoleftìo quella, che uolgarmente cbia*

PELOSELJLA.

V

m im o


jo 6

DifcorfìidelMatthioli

inumo noi PelofeUa. iniperoche quantunque nafa la PelofcUa abondantemente pei'le colline ; nondimeno produce lefue frondi oliuari, tutte cariche di bianchi, er apparenti peli,onde s’haprefo il nome di Pclofella. Sonoparimene PeloCella, & te pelofl anchora ifuñí, li qualifene uannofervendo, er radicando per terra :ne i quali nafeono pofeia i fiori di fuá hiftoria, giallo colore.Producele radici corte, erfiottili. Le cui fattezze niente fi concordano con l’Holedio. Pe .lo sella di piuJfetie, delle quali una ne nafi:e tra fiafii in fui monte Saluatino appreffio à Goritid, con &uirtù. frondi appreffio à terra lunghe,er quafit flmili à quelle della uolgar bugloffia,confiufìo atto due{fanne, er il fiorefie mileà quel del Ciano,chiamato uolgamente Battifuocere ; la quale è ualorofifiima per confioliddre. Non altri* menti la hofaputo chiamar io,che Pelofella maggiore : come chefi poteffieanchora chiamare Ciano maggiore. eU Peloficlla in tutta la pianta coftrettiua : er peròfi guardano i periti paftori di non pafeere i greggi, oue nefia abon* danza. Imperocbe mangiandone affai le pecore,loro ridagna talmente il corpo,che lefa morire.Et da quello è Ha* 1 0 to conofciuto ualere ella alla difenteria,à iflufri delle donne: er afaldare leferite, tanto interiori], quanto etleriorì del corpo : er ualere à i flufii flomachali, er cholerici,a gli jfuti del fungue,& alle rotture interinali, er d'ogni altra qual fi uoglia parte del corpo, erpriuatamente a quelle della tejía. Ma ritornando aU’Holedio, dico ue* rumente non hauerefin’hora conoficiuto pianta che piu figli rajfiomigli, che quella che chiamano ì Goritiani Serpen» Holeftio tina. Ha l'Holeflio (fecondo che uffv ni. dellefaculta defemplici riferisce Galeno) uirtù di diffeccare,cr di co* fcritcoda Ga firingere ; però lo danno alcuni à bere nelle rotture. Chiamano iHoledio i Greci, O’àsW : i Latini, Hole* leno. fttum, v Holoftium . Noúak

Della Stebe.

Cap.

XIII.

lo

L a s t e b e è notifsimaàtutti. Il cui feme, & frondi hannouirtù coftrettiua : Se imperòGfan­ nocrifteri dellafoadecottione,per ladifenteria : & diftillafi lamedefimanell’orecchie che menano. Giouanole frondi impiaftrate, perrifolucreil fangueftrauenatonegli occhi per qualche percofla: & riftagnanoi flufsi del fangue. Stebe, &fui

Q v a n t v n q _v e fuffe la Stebe notifiima al tempo di Dlofcoride a ciafcuno ; nondimeno per non ne dare egli notitia alcuna dellefa ttezze fue,malageuolmentef i può affermare,qualefi poffia effereella fra tanta gran ca* teruadi piante, chenonfrconofcono. Plinio al x v. cap.del x x i . libro, connumcrò la Stebe trale piante ffinofe, togliendolo però da Theophrado n elv x . lib. deU’hìfìoriadelle piante, cefi dicendo.Sono alcune piante,che hanno le j fine n elle fiondi,cr parimente nelfuflo,come ha il Phleo, il quale chiamano Stebe. Et uff x i . cap. del x x n . diceua : La Stebe, la qual chiamano alcuni Phleo,cotta nel uino, medica l’ulcere putride deU’orecchie : rifolue ilfan SCABBIOSA. fog li occhi caufatoui da percoffe:& meffit ne i crifteri gio ua aU'hemorrboidi,<y alla difenteria. Per la quale dottrina H può ueramente affermare,che fieno il Phleo, e r la Stebe una pianta medefima. La quale (fecondo che riferifee T heophnflo att’x i .cap.del u n . lib.deU'hiftoria delle piante) nafccnel la Errore del go Orchomeno,confrutto fchiacciato,z? molle, di roffo colo* Siluacico,. re.Et di qui f i uede il manifedo errore,che fa Mattheo Situati co nellefuepandette,interpretando lo Stebe ; er quella pianta, - che uolgamente è chiamata Scabbiofa. della quale ne appreffio 4° à i Greci,ne manco àgli Arabiciritreuo io memoria alcuna. Se ben fuffe,chi f i credeffe effere la Scabbiofa quella, che chla* ma A etio Pfora,della quale no dà egli,nedefcriuenota alcuna. Dimodrafi,che la commune Scabbiofa nonfila la Stebe,per ut* derfl produrre ella lefrondi intagliate,pelofette : i fujli fiottili, e r piu alti d'un gombito : nelle cui fommità è unfiore di firma di nappa, che nel celefie biancheggia : er per nafiere ella ne i prati, er nei terreni,che nonfi coltiuano.Percioche la Stebe chiamata Phleo,produce lefrodi ffinofe,et nafee ne i laghi, nel le paludi,e r altri luoghi acquaftrini.Et imperò facendo parla 5° re Aridophane comico Greco le ranocchie in unafua ccmedia, diceuano rallegrandoli tra loro , d'bauere nelle paludi tutto’l giorno faltato tra’l cipero,e’I phleo.Ma pofeia che della scab Scabbiofa,& bi osa tra gli antichi non ritrouo memoria,dico,che da i ino* fue faculta. derni s’ufa ella per cacciare uia la rogna,nonfolamente beuen* dotie la decottione; ma anchora mettendone il fucco ne gli un* guenti. Vfafi in tutti i difètti del petto,del diaphramma,cr del le membra¡firituali, er perfare rompere lepefteme, che uifi generano. Impiaftrafi infu ¡'allibraci,carbonipedifirifer cioche f i crede per certo, ch’ella gli ammazzi in iffatio di tre bore. Ma ritornado alla Stebe,ritrouo,che nefece métione Gi Stebe fcritta da Galen. leno,aU’vx i x.dellefacoltà defemplici, cofi dicendo. Le frodi, Crifiuta

eflim.


Nel quarto lib.diDiofcoride.

f 07

gri fiuttti della Stebefono in grande ufo, per battere uirtù coftrettiuafinza mordacità alcuna. Dìffecca ella cui* dentmente nel principio del terzo ordine : erperò fi mette laftta decozione nei crifieri, chefi fanno per la difen* teriaA•: er1parimente iteti’orecchie,che menano. Salda la ,Stebe granii. Il---chefa" affai piu euidentemente col _ . .le'feriteO '¡J C -- -m 0 nero, er ««&*<>. Difficca ualorofamente le humidità innaturali. Le fiondi impiafiratc uerdi rifiagnanoi Nomi. fi,¡fi delpingue :er rifoluono quello,che per percoffefuffe Jlrduenato ne gli occhi. chiamano i Greci la Stebe, .....

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Zvh/Siì: ¿Latini ,Stcebe.

D el Clim eno. JO

Cap.

X II II.

I l c l i m e n o produce il fufto quadrato,limile aquello delle faue. ha frondi di piantagine:& nelle fommità dei furti i follicoli rauuolti infeftefsi,com e fi vede ne i cirri dell’iride j Sedei polipi. L'ottimo è quello de i m onti. Spremei! il fucco da tutta la pianta infierne con la radice : il quale per eiíerc frigido, & coilrettiuo,fi dà utilmente àgli fputi dclfanguc,àiflufsi ltomachali,& parimente à riftagnare i melimi rofsi delle donne : riftàgna anchora il fangue, che efee dal nafo. Le frondi,ouero i follicoli triti,& impiailrati in fu le ferite frefche ,lefaldano, & cicatrizano.

Se i Fv STi, erparimente ifiori di quella berla, che uolgarmcntefi chiama Saponaria cornfiondeffero allefattezze del Climeno,comegli corrifiondono lefi ondi,le quali produce ella uguali\aUapiantagine, confejfarei infime co’l Ruellio, ehefuffe la Saponaria il nero Climeno. Ma in uero ne ilfuño,il quale produce tondo er nodo Jo, ne manco i fiori puntogli corrifiondono. Etperò qual piantafia il dimeno hoggi in Italia, non hofin’hora po* I& tutoinueñigare. Vu quefta pianta (fecondo che rifirifie Plinio al vii . cap. del x x v . libro) ritrouata dal red i* meno,da cui r’ba ella pofeia ufurpato il nome. Nel cui luogo, errando di gran lunga, diede egli al Climeno tutto quello,che al Periclimeno attribuì Diofeoride. Di quejìo non ritrouoio apprejfo à Gaietto, ne meno à Paolo Egi* neta alcuna memoria. Chiamano i Greci il dimetto, Rmj\uwv !i Latini, Clymetnm. D el Periclimeno.

Cap.

fua cflim!& Errore del

Rue^‘0,

XV.

li. p e r i c l i m e n o crefce femplicementeconfron di bianchiccie,& diftinteperinterualli>chelo veftono , di figura hederacea. Efcongli tra le frondi alcuni germi ni, ne i quali è il Teme limile à quello dell’hedera. Produ ce il fior bianco,uguale à quello delle faue, alquanto tó do.che quali fi diflendefopra lefrondi.E il fuo feme du ro,& malageuole da fpiccare : la radice è ritóda,& groffa. Nafce nei campi, & nelle ficpi,& aniluppafià tutte quelle piante,clic gli fono propinque. Il feme ricolto, quando è ben maturo,& fecco pofeia all’ombra, fi beue al pefo d’una dramma con uino quaranta giorni cótinui per ifminuire la milza, & torne uia il dolore : rifolue le iafsitud ini, & prouoca l’orina,ma dopo al fello giorno fauguinolà : gioua all’afma,& al fioghiozzo : accelera il parto. Hanno le uirtù medefime anchora le frondi : le . : .alidicono,chebeuute trentafettegiorni, fanno diuentar iterile : & che unte con olio,giouano al freddo, & à i cremori delle febbri periodiche.

Chiamano uolgamente il Periclimeno chi Mairi* felua, chi Vincibofco,& chi Caprifòlio. Et ci coftmge a ere* dere, che la tiolgar noftra Matrifelua fia il Periclimeno, non folo il ritrouar noi in queña opinione tutti i ualentifimi fem* plicifti de i tépi nofiri ; ma il conofiere per noi flefii anchora, Nper lefembianze, che ne recita Diofioride, che coflfia. Per* ¥cicche produce la Matrifelua il fuofufio fcmplicctfuptril qua le,à due à due,per alcuni interuàlli difiintefi ueggotio lefrodi hederacee,cr bianchiccio. il fiorefimik à quello dellefaue: el ■finte d’hédera,duro,cr malageuole dafiiccare,comeffo ne iger mìni,chegli efeono di tra le fiodi.Oltre à queño ritrouiamo,cbe’lfuofufto,il qualeprocede dalle radice,marauiglio famentesatiiluppa attorno àglìalbcri,et àglifterpi,per lefiepi,di modo chefpeffe uolce tanto gli firingc, cheuifa dentro apparéttfiima imprefiotte : dal quale effetto ¿flato egli daalcuni chiamato Vincibofio. Ma errano uermen te coloro,tra i quali ritrouo io il R ucllio,ct Iacopo Manlio,chefece il Luminare maggiore àgli fienali,che¡I credo Co no,che ¡Caprifòglio,et la Matrifelua,ouero Periclimeno fieno una cofa medefima. Del quale errore è fiato cagione Mattbeo Siluatico autore delle pandette.percioche chiamò egli Matrifelua ilfuo caprifòlio, il quale per quanto nel ptoceffoft lcg?e,é la Pixacatha di Diofioride,et no il Periclimeno,di cui particolarmete folto il titolo di Matrifel Hafice egUment ione. Del che nonuccorgcndojì cofioro,fìfonpofiia creduti, che'l Caprifòliofla la noftra Holgare V

z

Matrifelua,

Periclimeno & fu» edàm.

Errore di alcum.


yo8 DifcoriìdelMatxhioli Matrifclua,onero Pcrìclimcno.Vfafi comunemétela Klatrifelua negli unguenti capitali per cofa molto fìnguhrc del che appreso agli antichi non ho ritrouato iofin bora memoria alcuna. Lodclla Giouanni di Vigo chirurgicofa mofifiimopcrl’nlcerede[legambeperkauerla(fecondoch’eifcme)àque{loeffettocommenddtaGaleno ali'vi t, dellefacuità de[empiici. Ma neramente nel mio Galeno non ho ritrouato io tal cofa :percioche quiui ne tratta, in Periclimeno < due^° mo^° Scendo •Sono del Periclimeno utili lefiondi, cr parimente il frutto ; li qualifono di cofiincifìua,© • fcritta daGa ca^ x n<ttura,che beuendofene troppigiornifanno orinare il[angue,quantunque inprincipio prouochinofolamenm leno. te l’orina. Vnti con olio difuori rifcaldano igiouano à difittofi di milza, er à coloro che malagcuolmente rijpira* no. La competente quantità è una drammaper uolta beuuta nel uino. Il feme è dìffeccatiuo: er però dicono alcuni, ‘| chefa diuentare¡lenii coloro, che Cufano. Al chefare,fecondo il parere d'attrifi ricerca il numero di trentafette giorni continui, come fcriffe Diofi:oride. il quale dice anchora, che dopo alfefio giorno fa orinare l'orina[angui* 1• nofa. Chiamano i Greci il Periclimeno, Ut?ua.d^im ; i Latini, Periclymenum : i Tedefcbi, Geifzblatt : li spa» Noni. gnoli , Madrefylua : i Pranceft, Vinibofcum.

D el T rib olo.

Cap.

X VII'.

I l t r i b o l o è di due ip etie.vn o cioè terrcfire,& l’altro acquatico. Il terreflre produce le fue frondi limili à quelle della portuiaca,ma piu lottili. Vannofenele fue uiticelle per terra : nelle qua li fecondo l’origine delle frondi fono le fpine rigide, & dure,d’acerbo fapore. Nafce appreifo à i fiumi,& nelle mine delle cafe. L ’acquatico nafce ne i fiumi,fopra le cui acque tiene egli la chiom a,& di fotto le fpine. fono le fue frondi larghe, attaccate,per lungo picciuolo : il fufto è molto piu groffo in cima,che in fo n d o : ha alcuni capillamenti fatti à modo di fpica: il frutto è duro, come quello dell’altro. Sono amendue coftrettiui, & refrigeratiui : & imperò s’impiaftrano utilmente fopra à tut te l’infiammagioni.Sanano infieme con mele ¡’ulcere della bocca, le putredini,le gengiue,e’lgorgoz zule.Sprem efi il fucco dell’uno & dell’altro per le medicine de gli occhi. Beuefi utilmente il ieme uerde d’amendue per il male della pietra. Il tcrreftre tolto per bocca al pefo d’una dramma, & pari­ mente impiailrato, conferifce particolarmente à i morii deile uipere : tolto con uino, conferifccài ucleni mortiferi.La decottione d’amendue fparfa per terra ammazza le pulci. In Thracia coloro,che habitano appreifo al fiume Strimone,ingranano con l’herba uerde de i triboli i caualli : & macinano infarinai! frutto dolce, facendone pofeia il paneper loro ufo.

TRIBOLO TERRESTRE.

Tribolo, et fui e(Tarli.

TRIBOLO

ACQVATICO.

QvANTVb-^vE filamento d'imafictìe di Tribolo terreftrehabbiafcritto Diofcoride Theophrafio,chcfia egli di duefictie, cojì al v.cap.del v i .libro deU’hiftma delle piante dicendo


Nel quarto lib. diDiofcoride

joy

fi/aparticolarità di produrre Ufuofrut coflinofo. del qualefi ritrouano due flette; delle quali l’un.t ha le fiondi fittili ài esci , c r l’altra le produce flinofe. Sono amenduc terreni, cr abondanti difom enti. N afee quello delle fiondi flinofe piu tarli, crfoolft ritrouare appreffo atkfìepi delle utile. Il frutto del primo èfimile alfe forno ; ma quello del piu tardino è tondo, nero, e 7 ferrato nelle fìltque. Tutto quefto dijfe Theophratto. Quello , che con fiondi di portulacafcriffe nafeers Diofcoride,mi ricordo hausrueduto a Vinegia in fu i Lio apprelfò aHachiefodi fon N ’colo. M a quedo di cui è qui il ritratto, hebbi già da Pifa dall'eccellentifimo medico AI. Luca Gbini [empii* ciftaperitifimo. Credefi ilKuellio, chefia il Tribolo\flinofo diTbeophratto quella pianta, che uolgarmente chiamiamo noi CacatreppoLt, per nafeere ella lungo le tùie dei fiumi. Ma pernonfoperjldiche forma fufferolc fiondi di tal piatitafcritta da Theophrafto, c r per ueder noi, che la Cacatreppola nonfa fom enti, ne produce al* io cunafiliqua , ottefot dentro f eme alcuno, non mi pare, che punto ui corriflonda. I nodri flettali Sanefì condifcono le fue radici, togliendole per quelle dell’lringo, ingannandofi, come dicemmo di[opra. Ma ritornando al Tri* bolo, dico che dell’acquatico fe ne ritroua in affai fiumi, & Ughi d’Italia, c r maflime infili Mantouano, cr Per* rarefe. er nonfalò nafee ned’acque dolci ; ma nelle falfe anchora, come fono quelli, che fi ttendono infu le piazze di Vinegia chiamati marini, nati in quelle lagune circonuicine. Di quefti adunquefanno fleffo coloro , che nanna in pellegrinaggio, le corone de pater noflri per portare al collo, per dar piu credito alla religione, per non dire apocrifa. Mangiano alcuni il flutto , il quale è fonile alle caflagne, cotto f otto alla cenere calda. Fece di tutti i Triboli memoria Galeno aìl'v 11 r .delle faculta de i [empiici, cofì dicendo. Il Tribolo è compollo d’una effenza húmida poco frigida, cr d’unafecca non mediocremente frigida. N el terrefìre fuperauna terreflreità frigida,la quale è coftrettiua : c r nell'acquatico una acquea. Et però per Cuna Cr per l’altra qualità probibifoono il generar 1° ¡I delle infiammagioni, c r il odiare de i flufii. Il flutto del terrestre,per effere compoflo di partiflottili, rompe be• unto le pietre, che fi generano nelle reni. Chiamano i G recfil Tribolo terrefìre, Tpl(b>k»extp9<£<>( : c r lo xc* gnatico, Tpig°Ko< JWp»« ; »Latini l'uno, Tribulus terreflris : cr l’altro, Tribulus aquatìcus : gli Arabi, Hafoch, Cr Haferk : li Spagnoli, A broyos, cr abrolhos.

Della Safsifragia.

Cap.

Errore del Ruellio. ~

Triboli fcritcidaGal.

Nomi.

XVII.

L a s a s s t f r a g i a è una pianta forcolofa, die na­ fee tra fafsi,& in luoghi afpri, limile ail’t'pithimo. L i cui decottione fi bene utilmente fatta co uino alle feb:<bri,perlcdiftil]ationideU’orina,& perii finghiozzo: v rompe le pietre della uefcica.,& fa crinare.

?9

Q v a n t v n q j e fi a commumc opl mone di tutti i dot Safsifraeia, ti femplicifii de i tempi noflri,che nonfia quefto capitolo della & tua efiam. Saßifragia di Diofloride, per non corri[fondere iltiocabolo Latino alla Greca lingua ; nondimeno per ritrouarft egli quafl nella maggior parte de i Greci eßeplari di Diofcoride, nò l'ho io perciò uoluto lafliare a dietro: er tanto piu,che tal pianta chiaramente habbiamo noi in Italia,er adoperaft con nò poco fucceffo in ropcre le pietre, c r in prouccare l’orina. Nafee in piu luoghi di Tofcana tra durißimifaßt , con fiondi capillari : c r copia grandefene uede nelle noflre materne in piu aridi[co gli del mote Argentalo: come è quella anchora che nafee in fu i contado di Goritia in certifo fi lungo la riua del Lizonzo, an dando da Sa\cano,inCanxledi rozina.Ma perche forfè potreb be dire alcuno, che quella non fuffe la Safifragia deferittain quefto luogo, per non effere ella fimile all’epitbimo, dico che non efedo lo epitbimo piata forcolofa,ma quafi come una chio ma di capelli intricata, non fo comefi gli poffa raffembrarc l i Saßifragia, effondo ella piantaforcolofa. Ei però mi perfilado

' fi raffembra tepitim o : oueramente che fia in quefl'o tetto er I rore diferii tura. Sono oltre à ciò altre herbe affai, che ap ' i preffo a uulgo hano nome di Safifragia,come il Trkhomane Piare chiama TM unto, l’ Affieno, il Creiamo,la Filipendula,e la Pimpinella che puzza di becco, c r altre affai, le quali s’han- te Safsifrano acquiftato il nome di Safifragie, pergli effetti , che fanno eUe di rompere le pietre delle reni, c r di prouoca\ g'C. t o m a . Chiamano appo d o i Tedefchi Safifragia bianca una pianta,la qualefi ritroua il mefe di Maggio in ho-Safsifragia gin flffofì, arenofi,fecchi,cr aflri,con foglie tirate per terra,tonde,dentate per intorno, quafi fimili alì'belerà ter bianca. 60 n * re ^ 1 uulgo,ma piu picciole,piu graffe,cr piu tenere. Dal cui ombilico efee il gambo flottile ¿modo d’un giu, co,ma pelofotcr della lunghezza d un gombitotneUa cui cima nafeono ifiori bianchiti qualifenza far [ente uerun fo ne cafoanoà terra il mefe ¿¿Giugno. Producela radiceflottile,con alcunegranellap a té bianche,cr parte rof

V

}

fig*


5-1o Nomi.

Difcorfi delMatthioli

fìgne,große,conte coriandoli, (tignilo amare: le qualifeminandofi nafcono,come fe fußero ferne. Le fr ondi c<me inficine con la radice,prouocanofelicemente l’orina ; Cr caccianofuori le pietre delie reni,er della uefeica.il mede= fimo fanno quelle granella, che fanno attaccate alla radice, beendoft pefle . Chiamano i Greci la SifrifragU t Sup£ipttynt ; 1 Latini, Saxifraga.

D el Limonio.

Cap.

XVIIL

H a i l l i m o n i o frondi di bietola, ma piu lunghe, & piu fottili, al numero di dieci, & fp efl*c uolte di piu.E il fuo fulto diritto,& fotttile.uguale à quello del giglio,& pieno di rollo ferne,al g uft0 coftrcttiuo. Q u ello trito,& beuuto con nino al pefo d’uno acetabolo, riftagna i flufsi dello ftonia- l ® co,, i difenterici,& p e n te n te i rofsi delle donne.Nafcc ne i prati,& in luoghi paludofi. LIMONIO.

V N ’A L T R O L IM O N IO .

L im o n i« , & f u i edam.

P a R M i che chi ben confiderà il lichen roffo delle frettane, non pofjafe non giudicare che fra egli ó il uero Limonio,ò almeno una fretie di quello. Imperoche,cerne ben fi uede per il prefente ritratto, fono le fuc fòglie piu lunghe,er piu fottili di quelle della bietola, er piu di dieci : ifruttifono fottili : ilfeme roffo, er ccflrettiuo . nafee ne i paludi, e r ne i prati bumidi : e r ha le uirtù medefime ( come piu uolte ho ¡fermentato io) che attribuifrono I>iofcoridc,zr Galeno al Limonio. Et però non n i è parfo inconueniente di porne qui il ritratto: e r tanto piu,quan to io fo per cofa certa ( comefi dirà nel commento della ghianda unguentaria) che quefto non è il ueroBeken roffo Q deferitto da gli Arabi. chiama Vlinio aliv m .c a p . del x x . libro, il Limonio Bietola faluatica : quantunquefo* nte al proprio capitolo della Biefolafu detto difopra) affermi Galeno al fecondo delle facultà de gli alimenti, contri L im on io di lui di non bauermai conofcìuto alcuna BietolaJaluatica: eccettofe già non uoleffc alcuno per quella intendere la fcrittoda G a rombicc.Etperofì può concludere effere il Limonio herba perfe slejfa. Scriffene Galeno al v i i . dellefacultà de le n o . femplici,coli dicendo. Danno ilfcme del Limonio,come cofa acerba,à ifriufriftomachali, er difenterici, er pari» mente agli fruii del ¡angue, flufri muliebri. Al chefare bafla darneper uolta la mifurd d’uno acetabolo. CbU* Nom i. mano i Greci il Limonio, Aeiftórm : i Latini, Limonium.

D el Lagopo.

Cap.

XIX.

(0

I l l a o o p o beiiuto nel nino riflagna il corpo: madoue ila la febbre,fi dàcon acqua.Legalì in fu] angui naie: perciocheuiproibifcclintiam m agioni. Nafee nei folciti d e g lih o rti,& nelle biade. T

anto


N elquartoIib.diDiofcoride.

jn

T a n t o brevemente del Lagopofcriffe Diofcoridéifenza dare di fuefattezze nota alcuna, che neramente imponibile mi pare il potere determinare, quale egli fifia tra tanta gran caterua difemplici, che non fi conofcono. Et però neramente fi fognaua Mattheo Siluatico collettore delle pandette, credendo}} che l Lagopo fuffe quella pianta, che chiamiamo noi GariophiHata:pernoche quella non nafte ne i falchi degli hortì,ma ne i monti , zrlun* go le Stradefatto attefiepi. Hi quefta non ritrouo io appreso à gli antichi memoria alcuna. Se già non fuffe ella forfè il Geo deferii to da Plinio al v i i . capo d e l x x v i .libro : doue dice che il Geo è una hèrba,che prodúcele ra= dicifottili,nereggianti, c r odorate. M a è però da credere per lo teflimonio dell'aromatico odore de i garophani, che teff ira dalle fue radici,cheJia dia pianta di noti poco ualo* GARIOPHILLATA. r e . Vfatila i moderni nelle heuande delle ferite caffali, er pene* traliti : cr infondono'anchora con uerde rama ilfio fucco nelle fistole maligne. Conforta odorataglif i r i t i , e'I cerueUo : c r uale beuuta per li flufti Stomacali, difenterici, cr muliebri,&■ per gli f u t i del fangue.Conftrifceà i rotti prefa per bocca,c r parimente impiaftrata . E n e i temperamentifuoi calida, crftc ca. Del che dà manifefio indicio il guSlo dellefue radici, delle quali c l’ufo : per ritrouarfì elle al gufo aromatiche ,fittiche, c r coñrettiue. Per ¡e cui qualità può ella attenuare ,rifoluere, coftrigncre,cr confortare. ila ritornando al primo noftro ragionare, dieo che uolgarmente chiamano i Tedefchi Pie di le pre una certapianta ,cheproduce [efiondi fimili al trifòglio, lunghette : ipt&ifottili,tondi , c r pclofi : c r il femein certe pannocchie picciole,mofcofe, cr lanuginofc. in cui èuermcn* te faculta coftrettiua-.cr però è in ufo in Germania per fòrbirfl il federe ne iflufii difenterici. Quefta nafte tra le biade, ma non peròfo io affermarefe fta ella il Lagopo legittimo di Diofcori• de, non ritrouando alcuno,eh nefcriua l’hiftoria. Del Lago* pofcrijfe unafola riga Galeno al v i i .dellefaculta defemplìci, cofì dicendo. Ha il Lagopo faculta di diseccare, di modo che può egli benifimo riftagnarc ì fìufiì del corpo. Chiamano i Greci il Lagopo, Aayáirtys : i Latini, Lagopus.

D el Medio.

Cap.

Lagopo, & luaellam. Errore del Siluatico. Gariophillp ta , & fue fa­ culta.

Piede di le­ pre uolgare.

Lagopo ferii co da Gal. Nomi.

XX.

N a s c e il Medio in luoghi opachi, & faiTofi. Ha frondi fimili all’iride rii furto alto tre gom biti: i fiori porporei, grandi, & ritondi : il fuo Teme minuto,limi­ le al cardiamo : & la radice è lunga un palmo, & grofli -w come un battone,d’acerbo fapore. Quella trita in poluere,& fatttone Iettouario con mele,& coli prefa per bocca alcuni giorni,riftagna il fluflo roifo delledonne.Ilfem ebeuutoconuino,prouocai meltrui.

N a s c r i i Medio, fecondo l'opinione dìalcuni, folamente in Media. 1/ chefe cofìfuffe , non ne parrebbe ma* Medio, & fu* miglia ,Jeai tempi noftri non (ì ritroua in Italia. Raffembranlo alcuni non all'iride, ma alla feride, ciò e alla ci* cl5amichorea : tra li quali è il RueUio,cr Marcello fiorentino, i quali forfè trouarono in alcuni tefti Greci fcritto <ripiJV, er non tpiS't,come ancho io ritrouo in Qribaflo. Et quantunque ueramente nel mio D iofeoride, il quale è di Siam« pa commune ,fi legga, pvxxa ìuoia.IptJ'i cio è,ha lefiondi fimili aU’ iride; nondimeno in ciopoffonofacilmen• te hauer errato gli (lampatori,per lamolta fomiglianza di quelle due parole. Scrifene Galeno al v i i . delle fa* Medio fcrittoda Gal. cultà defempiici, cofì dicendo. La radice del Medio ha una temperatura contraria al feme. imperoche quella è au* Slera, e r riftagna non folamente gli altriflufiì • ma particolarmente quelli delle donne. Del che in tuttofa il con» f 0 trario il feme : psrcioche prouoca egli i meftrui.per efferc compoSlo di parti fottili,cr hauere uirtù incifiua. Chia No mi. mano i Greci il Medio , MnJ'm : i Latini, Medium.

D eirEpim edio.

Cap.

XXI.

L o f. p i m e d i o produce il fuo furto non troppo grande,con frondi limili all’hedera.Iequali fono hora dieci,& hora dodici : non produce ne feme,ne fiore. Le fuc radici fono fottili, nere,di no­ ioso od o re, & al gufto feiapite. Nafee in luoghi acquaftrini. Le fue frondi trite con olio, & impia Arate, non lafciano crefcere Ie mammellc.La radice prohibifee che le donne non s’ingrauidino. Le frondi beuute pelle al pefo di cinque dramme per cinque giorni continui nel uino, fubito dopo la 60 porganone de i meftrui, fanno diuentare le donne iterili.

N on


y i2

DifcomdelMatchioii

Épimedio, & N o n e ( per quinto io ho potuto inueñigare ) chifappia dimoftrarne in Italia TEpimedio .E t pír¿ ¿ j 4 lúa diami. penfarc, che fia egli pianti , che rafea in altri lontani paeji,onero che ¡e pur mfee in Italia, non fiaetta anchan Opinione re PtruenuUincoS n,tione • Quantunque fappia io effere un medico in Italia, il qualefa non poca profusione neHt probau. materia de[empiici ( il nome per hora me lo taccio ) che er nel leggere,er nel ragionare non/i cura di pervadere 4 chi l ode,che fia il ucro Epimedto quella piantala quale perfar le fòglie triangolari,chiamano alcuni modernife,n, plieijh Ermitas : come che ciò perfuada forfè egli à coloro , che piu danno fède alle fue [ciocche parole, che all'hi, fiorla ffrittane da Diofcoridc. Ma che fia cofa certa, che egli inganna non fo lamentefe,ma anchora chi glielo ere» de, facilmente potranno conofccre i fuoi auditori, fc diligentemente ejfaminaranno l’bifioria dell'ima, er dell’altra di quefle piante. Imperoche l Epimedio apprejfo Diofcoride, è un gambo non grande,che produce dicci, oucr do« dici fòglie fimili à quelle deífhederá : e r la Trinitàs non producefuño ueruno, mafolamente fòglie , le quali arrìn 10 vano il piu delle uolts al numero di uenti, er di trenta, tutte raccolte in un cespuglio : er efeono non dafuflo, ma dalliñejfa radice,come quelle del pan porcino . Appo ciò la T rinitas nel principio di primauerafa il fuo fiore cele® fle attaccato afottile picciuolo,er pofeia il feme : er l’ Epimedio ( comef i riue Diofcoride) non produce ne [ente,ne fiori . P i« oltre la T rinitas produce molte radici dì non ingrato odore. e r a! guño coftrettìtie, di colore bianchii ciò : er Í Epimedio[ala radice fottile, nera, di noiofo odore, er alguflo feiapitd. Dal ch ef può mancamente conofeere quantagrande fìa la difproportione d'amendue quefle piante,er quantofìa uana l’opinione di queño buÒ Epimedio fempliciña. Plinio ciò chefcriffe dell Epimedio al 1 x.capo del x xv ii.lib ro tolfe ( comefi uede ) tutto daDio lenot0 f cor¡de • U che parimente panni che faceffe Galeno a l v i .libro delle[acuità de [empiici, con queñe parole. l ’ E» pimedio ha uirtà di refrigerare moderatamente, er parimente di bumcttare lafua acquea humiiità 1 er però non Homi. ha egli ucruna apparente qualità. Impiañrato in fu le mammelle delle donne le conferua, ne le lafcia dilatare. Di'» io cono che beendoflfa diuentare le donneflerili. Chiamano i Greci l’Epimedio, Empiì.tov : 1 Latini,Epimedium.

Del Xiphioj ouero Gladiolo.

Cap.

XXI I .

T l x t p h i o chiamano i Latini Gladiolo & è co fi (lata quella pianta chiamata dalia forma di fpada, che hanno le fue frondi. Sarebbe (lata limile all’iride, Tele frondi non fuiferopiu breui,& piu ftrette,appuntateà m odo di coltello,& neruofe. Produce il fuflo d’un gó* bito : fu per il quale fono i fiori porporei,diflanti l’uno 3® dall’altro,& ordinatamente compartiti.ha il feme tpndci.Genera due radicij’una fopra l’altra, fimili à pi ccio li bulbi. delle quali quella c m inore, che è di furto ,& maggiore quella,che è di fopra. Nafce per la piu parte nei campi. La radi c e , che Uà di fopra »impiallrata con inccnfo,& uino tira fuor del corpo i bronconi, le fpine,&lefaette. Incorporata quella medefima con fa­ rina di loglio , & con acqua melata rifoìue i pani : & pe rò fi mette ella in fimili impiailri. applicata prouocai meftrui. D ico n o , che la radice, che nafce di fopra, qi beuutacon uino rifueglia gli appetiti uenerei : & che l’altra fa diuentarederilc. D icon o ancho che quella di fopra data àbeuere con acqua,guarifee le rotture inte itinali dei fanciulli. N a s c e il Gladiolo, il qak chiamano i Greci Xiphio, abondantemente per tutta Tofcana ne i campi tra le biade : & chiamanfì uolgamente ifuoi fiori Monacuccie. Lefrondifono affai piu corte, er piu (frette di quelle dell'iride, uenofe, cr appuntate. 11fu fio è alto ungombito : nel quale ordinatamene <;0 tefiueggonoifiori porporei, lontani l'uno dall’altro di pari (patio, li quali nellefa ttezze , er figura loro molto fi raffem* brano à quelli dell'iride; come che affai pispiccioli fieno, er i unfol colore. Generano queñi nel maturarfi il feme tondo,come dice Diofcoridc. Sono le radici doppie, riton* de, conipreffe coméfufaiuóli, bianche, er bulbofe, luna fopra l’altra, ricoperte da un inuoglio fimile à quello, che fi uede nelle radici del zaffarano. Oltre à ciò,quantunque fcriua Diofcoride, che la radice di fopra fiamagg io* re di quella di fòtto ; nientedimeno in quello , che nafce in Italia ,fc ne uede il pin dette uolte il contrario. Difcor* da l'hifloria, che neferine Plinio da quella, che ne recita Diofcoride : percioche nafccre ilGladiolo nette campa* gne dice Diofcoride, er Plinio affermò rttrouarfi ne i luoghi acquañrini, er paludofì. Il che mi dàfacilmente da Gladiolo credere, che per il fro Gladiolo intendere Plinio quello, che volgarmente fi prende per l Acoro. Scùffie del ¿¡a ferino daGa Xiphio Galeno ali'v i n . delle faculta de[empiici, cofì dicendo. La radice del X tphio, er quella mafiime, chef Jcno. ncpdpdytg ¿i f0pYi( 5ha uirtu attrattiva, digeftiua, er diffeccatiua. Chiamano i Greci il Gladiolo Sipov ; i L i* tini >Gliiiolus : gli Arabici, Kafiflon: i Tedefihi, Schuuertel.-i Eraticcfi, Glais, er Glaitel• Gladiolo ,& fua efiami.

Dello


Nel quarto lib. diDiofcoride. D ello Sparganio.

Cap. H a lo s p a r g a

XXIII. n

i o frondi fimili al gladiolo,

mapiu ftrette,& piu inchinate à terra.produce nella ci* ma del fufto certe pilule, nelle quali c dentro il Tuo feme.Beuonfi la radice,e’1Teme per li moriTde j ferpenti.

C r e d e s i il RueUio che quella pianta ¡¡a il uero Spar• Sparganio , ganio,che chiamano i piu uolgarifemplicifi i Spatula fetida :no & fuaefl'am. accorgendoli,che quejìa comefi dirà nelfeguente difiorfi, non è altro che il xiriie deferiito da Diofcoride. Et però non è in Errore del Rucllio. quello d'accettare l'opinione del RuéUio, quantunque àltrimen ti dottifitmo.lmperoche la Spatula fètida cojì chiamata dal fuo noiofo odore, produce le /rondi piu lunghe, c r piu larghe del gladiolo,dritte c r non inchinate à terra. Appo ciò lo Sparga• nio produce nellefomenta defufti alcune pilule,in cui è dentro il fernet cr la Spatula fètida produce alcuni follicoli riquadrati, Errore del cr lunghi quattro dita . Defcriue Matckeo Siluatico la Spatu Siluatico. la fètida d’autorità di Paolo Egìneta ; il che penfo , che piu prò fio fi fognajfe egli, quando con tanta diligenza compilaua le fue pàdette. Fano dalla Spatulafètida alcuni il fucco, c r ufanlo per la rogna,er per le uolatiche. t/la per ritornare allo Sparganio, dico,che'l uero ho piu uolte ueduto interra di Roma aUaTol» fa,\oue fi fabrica Volume di rocca a piede di mote Roncone, oue nafee con fiondi piu frette del gladiolo : er produce nella ci» ma delfuño alcune pilule uerdi, quafi fimili a quelle del piata* no,doue è di dentro riferrato il f m e . Scriffe breuifimamente Sparganio deRo Sparganio Galeno afl’v in . delle faculta de ifemplici, ferino da G ì cofi dicendo,Lo Sparganio è anchora egli diffeccatiuo. cbuc­ leno. Nomi. inano i Greci lo Sparganio, ¿ünápyaviw : t Latini, Sparga• mum t gli Arabi , Safarhe ramón.

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I*

X IR ID E .

D e l Xiride.

Cap. X X H I I .

I l x i r i d e ha frondi limili all’iride,ma piu larghe» & piu appuntate in cima ; dal mezo dcHe quali efee il fu fto affai groffo,alto un gombito.dal quale pendono al' cune filique triangolari : nelle quali è il fuo fiore porpo reo,& nel mezo rofsigno .ha il feme nei follicoli fimili alle faue, tondo, roffo, & acu to. la radice è lunga, no* d o fa, di roffo colore.La quale è vtile alle ferite della te fta,& alle rotture dell’offa.Impiaftrata quella medefima con la terza parte di fior di rame,& con la quinta di cen taurea maggiore,Se mele,cana tutti i bronconi,& le faet te che fono fitte nella carne fenzà dolore alcuno . Impiaftrata con aceto, fana i tum ori, & tutte l’infiammag io n i. Beuefi trita con fapa allo fpafimo,alIe rotture, al lefciaciche,allediflillacionì deN’o rin a ,& a l fluffo del c o rp o . 11 feme beuuto al pefo di tre oboli nel u in o, è ualorofifsimo àprouocarel’orina; & nell’aceto , ì fmi* nuire la milza.

Nasce il x iride in piu , er diuerfl luoghi <fItalia, c r Xiride, Se mafiimamente in Tofcana,con tutte quelle par ticularità,chegli fu* edam. defcriue Diofcoride, Chiamanlo uolgarmente Spatula fètida: imperoche fregate le fuefiondi con mano lafciano un odore ufi faifaftidiofo . Sono alcuni,che nefrem ono ilfu cco, cr ufanlo per la rogna, c r per le uolatiche. D i queño fcriue Galeno Xiride feriraU’v t i i .delle faculta de i femplici, cofi dicendo. E il Xiride to da Calen. compoño difittili parti ; ha uirt'u attrattiua,digeftiua, c r difi fece attua : cr queño non filamente fi ritroua nella radice ; ma molto piu anebora nelfemé,il qualepuò ualorofmeutefare ori tu re,cr


T r4

Nomi*

Diicorii del Matchioli ANCHVSA PRIMA.

tiare, & [unire le durezze della milzà . Chiamano i Greci il K irid e , Sopìt :i Latini,"Kyrii : gli Arabi,Caforas : il univo Spatula fètida : i Tedefchi, Vuandileufz: li Spagnoli, Uno fondami : i Francefl, Glaicul fauuage.

D ell’Anchuià.

Cap.

XXV.

L a a n c h v s a , laquale chiamanoalcuni calica & onoclea,halefrondi limili allalattuca, appuntatein cima, hirfute, afpre, nere, copiofe, fparfepertuttoap. ro preflo alla radiceper terra, & fpinofe.la fua radice è groflaun dito,la quale toccandoli al tempodella ftatc imbratta le mani di fanguignocolore. nafee inluoolù grafsi. Ha lafuaradice uirtùcolliettiua. quella coua co olio,& ceragioua allecotture del fuoco,&all'nlcere uecchie.Sanaimpiaftrata conpolcta il fuoco facro, & conacetouitilagini,&lalcabbia: applicatadi fotto, fa partorire.Dafsi utilmcte lafuadecottionea! traboc co di ficle.ài difetti dellereni,&della milza, al chedouefialafebbre,li dàcon acqua melata.Le frondi beuu zo te conuino riftagnano il corpo. Viano i profumicela fuaradice per ifpefsirei loro unguenti. Della feconda Anchulà.

C a p . XXVI.

E v n A altra Anchufa chiamatadaalcuni alcibiadio,& daaltri onochile,diiferente dallaprima, per.hauere ellafolaméte lefrondi minori,madella medefìmà afprczza.fanoi luoi rami fottili :nei quali c il fiore di colore porporco, che.s’inchina al rofsigno. Le radi­ 5« ci fileferri lunghe, & roifeggianti, dadequali al tempo •ANCHV&A SECONDA.

-l i '

A

NCHVSATERZA.


Nel quarto lib. di Diofcoride.

j iy

Jdla mctitura diftiiU un liquore fanguineo.Nafce in luoghi magri, & arcnofi. Le frondi, & le L <J>CI fue mangiate.beuute^ allegate,giouano a morii de uelenofi animali, & fpetialmente delle uiperc : & impero fi d.ce, che m ainando alcuno le fue frondi, & fputandole pofeia in faccia d'i uno ammale uelcnoto, fubito 1 ammazza. r

Della terza Anchulà.

Cap.

XXVII.

L A A n c H V S A della terza fpctie è fimile alla precedente : ha il feme rofsigno, & minore.O uefto manicato, & (putato in bocca delie ferpi,Ie ammazza. Beuendofi della fua radice il peto d’uno a19 cetabolo con hiilopo,& nalturtio,caccia fuori del corpo i uermini larghi,

T r f. s o n o ledette dell Anchufa,che nel prefentetuogoneferiue Diofcorìde. quantunque appreffo àPlfr Anchufe ar „wdxx.crxxi-cap.del x x i i . libro,fe ne ritrouianchora una quarta fpetie, la quale chiama egli Anchufa l o r o e f T a r ò . f i f a , moltofintile a quella della prima fpetie : come chefìa però ella piu birfuta,piu lanuginofa, er manco graffi: ©•babbea lepondi piufittili,& piu languide dell’altra. Qiiefìa quarta fpetie neramente non ho ueduta io,ma ben k altre tre in piu, er diuerfi luoghi d'Italia, er canalone ilfucco rubicondo dalle radici loro al tempo della fiate. Producono tutte ifiori quali per tutto ilfu(lo,che nel chiaro porporeggiano,nonguari difìimili nellaforma loro da quelli della volgare buglojfa, come che alquanto piu rofrigni, er piuaperti. Commemorò Galeno al vi. delle r Anchufe fìcultd de[empiici, tralcjpetie delle Anchufe anebora la Licopfide, della qualefi dirà nelfeguente capitolo ,cofì £ri"e diG* to dicendo. Le Anchufefono di quattro¡fette; ma non però hanno eUe una uirtti medefina, lmperoche quella, che chiamano Onoclea, ha la radice molto refìigeratiua, er diffeccatiua, coftrettiua, er amaretta, atta neramente ì condenjare t corpi, crai estenuarli alquanto, er parimente adadergere la cholera. Ma nellefrondi non è tanta virtù, quanta nella radice, quantunque anchora effe diffecchino, er contlringano. Quella, che chiamano Licopfì» de, refrigera anch ella, er diffecca, er molto piu costringe lafua radice di quella della Onoclea. Ma la Onoclea c piu calda, er piu medicamentofa. lmperoche ha un poclietto piu dell’acuto algufio. Pi*calila di quefìa è la mino» re, piu amara, er piu medicamentofa. Efiato detto di[opra, che la qualità acerba mefcolata con l’amaritudine può facilmente operare tutte le cofe predette : erperò è ella utile al trabocco difiele,alle malattie delle reni, crii difrttoj di milza. Erefrigeratiua : cr imperò applicata conpolenta gioua aKerifìpele. Eoltre à do aflerfiua nonfolamente bevuta, ma auchora applicata difuori : er peròfana ella le uitìligini,cr la rognaccia con l'aceto, le ?o quali operationi tuttejono della radice, lmperoche lefiondifono affai meno ualorofe, quantunque eUe non fieno pero prive di uirtufecca, c? coftrettiua. Il che ne dimofira il fanare, chefanno eUe de iflufri, quandofi bevono ccu uwo. Quella, chefi addinmda Licopfide, fi comiene nel modo medefimo aU’erifipele, er hanno lefue radici unni pi acojirettiua della Onoclea. Quella ,che chiamano Onochile Alcibiade, ha uirtupiu medicata :percioche mgu/taria e ella molto piu acuta, ergioita affai beuuta, er impiafìrata à coloro, chefono Siati morduti dalle ui» pere. La quartafinalmente ,la quale spicciola, er priva dì cognome, è fimile aliAlcibiade, ma veramente piu marame? pm medicamentofa .cr però è ella conueneuoleper li vermini larghi del corpo, quandofi beue con hif i fopo, cr naturilo al pefo d’uno acetabolo. Chiamano i Greci TAnchufa iA?rx»vr* ;i Latini, Anchtifa : iXcdcs •, fchi, Rodi ochjm zung : li Spagnoli Soagcm : i Erancefì, Orchanette. 4 J 40

Della Licopfide.

Cap.

XXVIII.

L a u c o p s i d e , la quale è anchora da alcuni chiamata anchufa, produce le frondi piu lun­ ghe della lattuca,piu afpre,piu larghe,& piu grolle,le quali appreso alla radice rieaggiono ucrfo ter­ ra. Il cui furto è lungo, diritto, ruuido,& hirfuto: dal quale nafeono affai ramufcclli pelofi,di lun­ ghezza d’un gom bito. Produce il fiore picciolo,& porporeggiarne: la radice nel colore rofleggia , & nel fapore è coftrettiua.nafce nelle campagne.La radice impiaftrata con olio, medica alle ferite: & con farina d’orzo,al fuoco facro. Vnta con olio fa fudare. te

r f R ET> E R E

10 ( c m e ueramentef i crede anchora il RueHio, er parimente il Tuchfio ) che fòffe la Lieo• Licopfide, H

3 pfide quella uolgarifrima punta, che prendono glifrettali uniuerfílmente per tutta Italiaperla Cinogloffa ¡felá iuaelTaai. radicefuafuffe roffra, cr non bianca :le frondi affrre, c r non lifeie, piegate a terra, er non diritte : er il fuSto ru» uido, cr non morbido : c r fe Plinio non me ne dimoñrajfe anchora apertamente il contrario. Ma il uedere io, che Plinio all’ x i .capo del x x v j i .libro trattò particolarmente della Licopfide, c r di quefìa jpetie di Cinouloiìa al° P inione i v 1 1 1 .dd xxv.parimente per particolare hiSìoria ; fon c o ie tto à tener diuerfa opinione .Piu lofio mi mono à t"°“ credereche fìa la Licopfide unapianta moltofimile alla anchufa, c r imperò commemorata da Galeno, cr da Aedo tra le Anchufe, come nel capicolo precedente dicemmo .lo b o piu uolte ueduta una pianta nelle camparne ne i ter» rem magri, tantofimile ad’anchufa, che appenafi difeerneua da ef a . Ma perche piu altroue, che in quefìa luogo Jara conueneuole di dichiarare qual fia la nera Cinogloffa, crfcper Cinogloffa fi poffa prendere quella, che nalgar» mente s ufa,al proprio capitolo fuo nel proceffo di quefìa libro lafcieremo à dirne àfoiisfattiene di ciaf uno. Cre» Licopfide Jce adunque ( diceva Plinio ) la Licopfide confrondipiu lunghe ,c r piu graffe della lattuca. Produce ilfuñolun* ferite* da Pu. go con molti hirfuti ramufielli, difunghezza d’un gombito : cr il fiore picciolo, c r porporco. N afee nelle cani• . La Licopfide chiamano i Greci, A úm ^ c ; ¿ Latini, Lycopfis. K omj

Dell’Ecbio


y 16

Di feorii del Matthioli DeirEchio.

Cap.

XXIX.

L o e c h i o , ilquale chiamano alcuni Alcibiadio ha lefrondi lunghe, hirfute, alquanto lo ttili,& fimilià quelle della anchufa,ma minori,roiTette,graiTc,& fpino. lette. Ha molti, & fottili ramufcelli : & da ogni parte di quelli fono alcune frondicclle aperte,pennate,& rofleg. gianti, le quali tanto fono piu minute, quanto fono nel piu alto del fu rto. Produce i fiori porporei apprelfo alle 10 frondi : da i quali fi genera pófcia il feme limile di forma à i capi delle uipere. E la fua radice neregna,& men grof fad’undito. La quale beuuta con uino, non fidamente guarifee co lo ro , che fono flati morduti da i ferpenti; ma nó lafcia mordere,chi prima fe la beue. Il che parimé te fanno le frondi, e’1feme. Mitiga l’echio il dolore dei lombi : & beuuto nel uino, ouero in altre bcuande, gc. nera latte affai nelle mammelle. Echio, & fuá

L’ f C H i o (fecondo che rifirifee Nicandro nelle theria* l° che) ¿(iato cofi chiamato per batteraegli il feme fìmile ài capi delle uipere, e r effere ualorofo medicamento a i morjì di quelle : imperocheZyjsin Greco non uuol dire altro , cheuipera. E ol« tre a quello, fecondo che pure rifirifee egli, ñato chiamato an* chora Alcibiaco. lmperoche dormendo un giornofopra una a* ia un certo huomo chiamato Alcibo, er quiui ejfendo egli mor* dutodaunauiperafottoun ginocchio fuegliato dal dolore, cr conofcendofi effereflato ferito dal uelcncftfimo animale, tolfe per bocca ilfucco dell’Echio, er meffe Fherba, da cui Umetta egli¡premuto, infu la morfura, er cofifu liberato dal ueleno. 3° dal chefupofcial'Echio cognominato klcibiaco, per effere effo A Icibio ñato il primo,che dimojiraffe quantofuffe ualorofo ÍE* thio ài morfl de i ferpenti. N umenio antichifimo fcrittore rifirifee, ritrouarfi dell'Echio duejpetie. delle qua* li dice chiamarfl il minore O cimoide, per hauer frondi fimili al bafilico : er l’altro , il qual produce lefrondijpi* nofe, nominarli priuatamente Echio. Del che parefar fide Diofcoride, per hauer fubito fatto al\capitolo dcü’E* chiomeffo tocimoìdc . Allude à talfentenza parimente Plinio al i x . capo del x x v .libro, cofi dicendo. ifS* chio è di duejpetie : uno cio è , che crefcecon frondi fimili al pulegio : er l’altro , che le produce con una certa la* Errore di Pii nuginefpinofa, nel qualefono certi piccioli capi fimili à quelli delle uipere. Ma non però per quello feppe egli, nio. che l'Alcibofuffe il medefìmo, che l'Echio: percioche al v . capo del x x v n . libro affermònon fapere, che cofa fi fuffe l'Alcibio, per non hauerne trouata hiñoria da fcrittore alcuno. Il che dimoftra, che non haueffe egli ite,in* 4® to Nicandro, er Diofcoride diligentemente. Oltre à ciò non è picciolamarauiglia il penfare, che la fagacifim natura habbia prodotto l’Echio con tefle di uipcra, notificando cofi à gli lmomini, de i quali è ella amoreuolifiiina protettrice ,effer cotal pianta ualorofo rimedio dimorfi di cofi uelenojì, er mortiferi animali. Ho quefia pianta piu uolte ueduta io , e r ricoltone il femefuo uiperino in Tofcana, e r in f u i territorio di Trento,er del contado di Geritia. E pianta molto fìmile aU’anchufa minore, e r molti la chiamano Bugloffafaluatica. Produce i fiori, che nel rojfo porporeggiano da mezo ilfu ñ o fino alla cima tra picciole frondi : e'Ifeme nero , er minuto, fìmile alle te* ñe delle uipere. Dell'Echio non ritrouo io , che facefj'e mentione alcuna Galeno ne i libri,che fcriffe dellefaculta de Nomi. i femplici. quantunque Paolo Egineta lo fcriueffe egli, imitando Diofcoride. L ’Echio chiamano i Greci, E*~/j >k iLatini, Ecbiurn: i Tedefchi , Vuild ochfenz zung: li Spagnoli, Terna della biuora : i Erancef i , Bugloffa fauuage. Io

hiftotia.

Dell’Ocimoide, ciò è,Baiìlico iàluatico.

Cap.

XXX.

L o o c i m o i d e , il qual chiamano alcuni phileterio, produce le frondi fimili al bafilico,& i rami hirfuti,alti una fpanname i quali fi generano le filique, fimili à quelle del iufquiamo, piene d’ut» feme nero,limile à quello del melanthio. Quefta beuuta nel uino ha uirtù contra à i morii delle ui­ pere,& d’ogni altro uelenofo ferpente. Dafsi nelle fciatiche con mirrha,mele,uino, & pepe. La fua radice è fottile,& di ninno ualore. i Ocimoide,& N a s c i // Bafilicofaludtico copiofamente in ogni luogo cfItalia, e r mafiime tra le biade confrondi fimili d fua ellami. domeftico : rami hirfuti, riquadrati, er piu alti d’un palmo : nelle cui fommità nafeono ifiori bianchi, er qualche uolta rofii porporeggiatiti»i qualifi tacque Diofcoride : e r dopo quelli uifi ritrottano alcuni uafetti fimili à quelli del


Nel quarto lib. diDiofcoride. O C r Ai O I

D E.

IO

^17

del¡u fruiamo,dentati per intorno nella bocca ; dentro à i qua* li fi ritroua unfeme nero, quaft¡inule 4 quello del melanthio. Kicolgonfi que)ti uajetti cofi fatti dalla natura, quandoJonfec ih i,d a i nojtri fatte tulli di T ofeana . imperoche, quandofono tiacut difeme, foffiandouiji dentro con ¡e labbra,frffolano acte tifintamente. Fece dell’ Ocimoide memoria N leandro nellefuc theriache tra le frette deli' Echio, cofi dicendo. L’echio è di due forti : uno, che produce le figlie franofefhnih aWancbufa : c T l’altro minori, fiore porporeo, cr fujlo lanuginofo, con capi Ocimoide ■ fintili àquelli delleuipere. Scriffe dell’Ocimoide Galeno alla fine deli vi n.librodellefacultà dei femplici, cofi dicendo. foriero da G * leno. La radice deli Ocimoide, il quale alcuni chiamano philiterio, c del tutto inutile : quantunque il feme fia compoflo di parti lo ttili, er diffecebi fenza mordacità alcuna. Chiamano i Nomi. Greci f Ocimoide, i1’nvtunJ'if ; j Latini, Ocymoides, er O* cynuftrum: li Spagnoli,Albahaqua montefina ; t Francefi,Eoa ¡ìlicftuuage.

DeirErino, do è, Bafilico acquatico. Cap. XXXI.

N a s c e rErinoapprefloallcfonti,&àriuideirac

quc.có tródi minori del bafilico,& intagliate in cima. Produce cinque, ouero fei furti, alti una fpanna: il fior bianco,& il feme nero, picciolo,& acerbo, Lefrondi, e’I furto fon pieni di liquore, limile al latte. Il feme tol to al pefo di due dramme, & incorporato con quattro ciathi di mele.riftagna ungendofenc i flufsi,chefcendo no à gli occhi. Il fucco diftillato nelle orecchie con fol pho,& nitro,mitiga i dolori di quelle,

I*

E R I N O.

40

IO

Q jr a n t v n q _v e firitYOUÌnoaffaitcflidi Diofroride Greci, ne i quali nonfi legge, che produca l’Erino alcunfucco latticinofo;mentedimeno fe ne ritrouano alcuni,ouefi legge a« pertamente il contrario : 4 i quali per buone ragioni pormi,che piu ueramente fi debbia credere. Perciò che quella tal piata ap preffo à i riui delle acque ho piu uoltc ricolta io, e r ricogliédo la imbrattatomi le mani del fro latte. Et perché anchorafine» de,che Plinio al v i i .cap.del x x m .librofcritte effer l’Erino pianta ¡anicinofa, cofi dicendo. L ’herba, la quale chiamano i Greci Erino,è da effere c Smemorata in quefto luogo per lagen tilità fua . Crefee adunque ella all’altezza d'uti palmo, er prò duce cinquefufti fìmili al bafilico,il fior biàco/l feme nero, et picciolotil qual trito con mele,uale alle caligini degli occhi E dbondantc di molto latte, er dolce. L ’herba è ueramente utilif fimo 4 i dolori delle orecchie,con alquanto di nitro: et le/fon* di uagliono contro à i ueleni. Del che nonfece mentione D iofronde, come che leandro lo commemorala tale effetto nel le theriache. Chiama Galeno quella pianta Echino,er non Eri no. Il che non è marauiglia : percioche in alcuni antichi Dio » fcoridifi legge parimente Echino.di cui a l v i , dellefacultà de femplici, cofi effo Galeno diceua. Il feme detl’herbd Echino è acerbo : cr imperò è egli ripercufiuo, c r diffeccatiuo. Vfafii fin f i de gli occhi,cr parimente delle orecchie. L ’Erino chiù* mano i Greci, É’r m c i Latini, Erinum >e r Ocymum aquati» cum: li Spagnoli, Bafilgo delhagoa.

Della Gramigna. <0

Cap. XXXI I .

L a g r a m i g n a va ferpédo per terra, co nodo fi farmenthda i quali li fpargono affai dolci radici,& pa rimence n od ofe. Produce le frondi dure, come fe fufX fero

B rino, & fu» edam.

Echino (critto da Gai.

Nomi,


f ,8

Diicorfi del Matthioli G R A M IG N A .

fero d’una picciola canoa,larghe, & in cima appuntate • delle quali fi pafcono i buoi, & l’altro befliame. La radi ce trita, & impia{frata,confolida le ferite. La decotcione fua beuuta,gióuaài dolori delle budella,& aH’otina ^ ritenuta, & rompe le pietre della uefcica.

Della Gramigna canaria. Cap. X X X III.4 L a g r a m i g n a cannaria è molto maggiore del la precedente,la quale (fecondo che fi dice) ammazzali beftiame,chela mangia:& fpetialmentc quella, che nafce in Babilonia appreifo alle Brade.

Della Gramigna di Parnaio. C ap. X X X I 1 I I . L a gram ig n a , la quale nafce nel monte Parnafo, è molto piu ramufculofa dell’altre. Produce le frondi li miK aH’hederatil fiore bianco,& odorato: il feme piccio lo , & utile.Produce cinque,ouero fei radici, groife un :o d ito, bianche tenere,& molto dolci, il cui fucco quan> do fi cuoce con la equal patte di mele, & di uino, & la metà di mirrha,&: ui s’aggiugne la terza parte di pcpe,& d’incenfojdiucnta ottima medicina de gli occhiima deb beli pofeia ferbare in un uafo di rame. La decottione delle radici gioua à quel medef rao, che l’herba.Jl feme prouoca ualorofamcme l’orma : tiüagna i ucm iti,& i flufsi del corp o. La Gramigna, che nafce in Cilicia,la qual chiamano gli habitatori Cinna, infiammai buoi, che la frequentano di mangiare quando c uerde. i?

Gramigne,& S o n o le Gramigne dipiu , er diuerfe(pitie: percioche oltre à quelle tre commemorate da Diofcoride,ne laro citala, commemorò Plinio tre altre jpetie difpinofe al xi x.capitolo del x x i m . libro, cofi dicendo.La Gramigne tra l herbe uolgarifiima punta : la qualefe ne uaferpendo per terra,con i [armenti tutti pieni di nodi, da i quali,& parimente dalle cimefparge ella nuoue radici. Le cuifrondi in tutto il reño deimondo fono fiottili, cr acute, er folamente nel monte Parnafofi ritrouano eüefilmili aü’kederc, cr folte : tra le quali è il fiore bianco, er odorato. Nonè al bestiame alcuna altra herbapiugrata di quefia tanto dico uerde,quantofiecca nelfieno. Pclhfit bagnatapri ma con acqua. Dicono,che ilfuccofi caua da quella di Parnafo, per effiermolto copiofa á’humore. Eegli ueramen* te a!gufo dolce,in cambio del quale in ogni altro luogo del mondo s'ufiaper confolidare leferitelafinadecottione. Il chefa anchor Iberba pefla, er impiastrata : imperoche ellale preferua dalle infiaminagioni. Aggiungono alcuni aUafua decottione uino, er mele, er ui pongono tre partì dipepe,d'incenfo, er di mirrha,cr cuocono pofeia tutte quefie cofe in un uafo di rameper il dolore de i denti, er macolede gli occhi. Cotta la radice nel uino, medica i io* lorideUé budella, cr conjirifce all'orina ritenuta,cr ali'ulcere delia uefcica, er rompe lepietre. Il feme prouoci tialorofamente l'orma, er rijìagna i uomiti, cr iflufii di corpo ■ Quella, che ha ne i fuoi jarmentifette internodij, è efficacifinta per li dolori del capo, legatauifufo. Alcuni neferimmo tre(petie difpinofa,per battere ella nellafoni mità defufh cinque appuntate dita, le qualifi mettenofuper il nafo per farne ufeire il fungue, er quella (petie chiamano costoro Dattilo. L’altrafa lefrondifilmili al fempreuiuo, cr ufanía di mettere con grafeia nelle ere* feenze della curne delle dita, cruci pterigi. La terza, la quale è picciolina, nafce ne i tetti, er nelle mura degli edificij. er quella e ulceratiua, cr imperòfirma applicata la malignità dell'ulcere corrofiue : ma meffa intorno al* la tefla rifiagna il(angue del nafo. Quefio tutto fcriffe Plinio delle Gramigne. Et peròfi può ageuolmente difeer* 5° nere, che quella di Babilonia, er del monte Parnafo non nafeono à noi. quantunque abondantifiima nefia la cottt* tnune, et piu uolgare della prima ¡fette : cr parimente quella, che produce nellafommità de i fulti quelle cinque dita, chefi mettono nel nafo a prouocare ilfangue, la quale chiamiamo noi in Tofcana Sanguinella, cr altri la chiù* mano Capriola, come dicemmo difopra trattando del Coronopo. Notte da preflarfide all'opinione defiKucUio, ne del Leonìceno ,cbe (io. quella il Coronopo fcrittotda Diofcoride: del quale particolarmente fcriffe Plinioi Gramigne xi x. cap. del x x tt. libro. Scriffe delle Gramigne Galeno a lv i, delle faculta de i femplici >cofi dicendo. leno6^ * Mangiaufile radici della Gramigna, doue fìritrouino tenere :percioche poffeggono una certa dolcezza, conte d’acqua, la quale hafinfe alquanto dell acuto, cr dell'acerbo. E quefia herba al gufio ueramènte acquea, dal chefi può ageuolmentegiudicare effere lafua radice alquantofrigida, crfecca : er imperòpuò ella confolidarc U feritefanguinofe , & frefiche. Mal’ herba impiafirata non infiigidifee troppo, per effere ella mediocremente hu* mida, cr fecca. Oltre à quefio la fottilità, cr mordacità, chefi ritroua effere nella radice, è ueraniente poca : benchéfoglia qualche uolta lafua decottione bcuuta rompere le pietre. Il feme dcU’utu è di poco ualorc, ma i • ' quello


Nel quarto lib. di Diofcoride.

5-19

dueUodi quA* àuVdrnifopYouocA 1 orina, cr riftdgna i fluiti flomochali, cr del corpo. Edijfcccatiuo, alfapore Icerbetto>CT difottili parti compoQo, La Gramigna chiamino i Greci, ;i Latini, Gramcn :gli Ara» Nomi. hi t vagent, Negea ,Thd, Kel , Negli, cr Negi# :i Tedefchi, Grafz : li Spagnoli, Grama, cr Gramenba :i f rineejì, Dent de chien.

Della Siderite.

Cap.

XXXV.

L a s i d e r i t e , la quale chiamano alcuni Heraclea, produce le fiondi piu lunghe del marro bio, aliai limili nella forma loro à quelle della quercia, oucro della falda >quantunque di quelle m i. 10 nori,&: afprc. Produce i furti quadri,alti un palmo, & anchora maggiore,non ingrati al gufto, con al­ quanto di coftrettiuo fapore : fu per li quali per diftinti interualli ( come fi uede nel marrubio) fono jlcune rotelle : nelle quali è il feme nero. nafee in luoghi falfoiì. Le frondi hanno uirtù di confónda­ ne le ferite,fenza lafciarui nafeere infiammagioni.

D i vna altra Siderite.

Cap.

X X XVI.

E v h a a l t r a Siderite, che crefce con rami alti due gombÌci,& fottiliile cui m olte frondi lo no limili à quelle della felce,per tutto intagliate ncll’eftremità loro,& attaccate per lungo picciuolo. Efcono dalla fuperiore concauità delle fucati alcuni ramufcellt lunghi,& fottili : nelle cui fonunità è 10 un bottone inondo,& afpromel quale è dentro il feme,limileà quello delle bietole, quantunque pi» tondo,& piu duro. La cui uirtù,$: parimente delle frondi,c di faldare le ferite frefehe.

Della terza Siderite.

Cap.

XXXVII.

D i c o n o effere una altra Siderite,la quale parimente chiama C rateua Heraclea,che nafee nelle mura,nelle macie ,& nelle uigne.'le cuinumcrofe frondi procedono dalla radice,& fi ralfembranoà quelle del coriandro. I furti fono alti una fpanna, lifei,teneri,& d’un colore,che nel roffo biancheg>ia. Il fiore c roffo,picciolo,uifcofo,& amaro. Ha quella uirtù di confolidare ogni ferita frelea ànguinofa.

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SIDERITE PRIM A.

SIDERITE SECONDA.

X

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fio Sideriti, & {»

to cflim.

Di icori! del Mattinoli SID ERITE

TERZA.

TRE S PETI

. . . . . . . .

E

leJtdird nel[eguentecapitolo, ntrouoio commemorarfi d Dtofcoride. delle quali febea difi già non batter potuto aneli* ra uedere quella dellafecondafrette ; bolla nòdimeno dipoi L uuta dall'ecceUcntifimo medico, cr fempliciUa rarifiimo m L uca Ghini. Ma le altre due ho piu itolte uedute,cr ricolte nel la ualle Anania dellaguridittione di Trento,cr m altri luoghi Ne fi marauigli alcuno,che cofì uariaffc TtiofcorjdemeUo fri', nere lefrodi di quella primafretie,facciole borafintili L u'd le delimarrobio ,horaà quelle della quercia, cr bora à quell■ 10 dellafaluia. Imperocbe la fórma della lunghezza loro ¿come difiondi difaluia : lafuperficie birfuta, er bianchiccia, come di marrùbio: er l'intaglio d'intorno,come di quercia,ù cui pò Errore del Fuchiìo. Ieia s’aggiungono tutte l'altre note,chefe le danno, e t però non mi pare,cheputo f i ranimigli alla Siderite della primate tie quella, che in pittura ne dimeibra il Euchfio,nelfuo dotti/■ fimo commentario dellhifioria delle piante. per uederfi quiuì chiaramente oltre al nonhauere ellafiondi, nefufifihelecor ridondano; produrre i fiorifrìcatì nelle cime de ifuftficr non fu per lofufio,comefa il marrabio. Il R ueUiopoi dice, chela 10 chiamano alcuni barba Giudaica. Mafe intende egli di quelli, che fcriue Auicenna nel 11 .libro, non può in modo alcuno efr ferefcufatod’errore.percioche Auicemiano intende altro per Virg» «urea, tberba Giudaica,che l'eruo. nerba Giudaica, er parimente P ag a m i chiamano alcuni quella, che uolgarmente & Tua hiftor. chiamano v i r g a aurea, il cui f i l o èroffo ,altodue gombiti, er qualche uolta maggiore, lucido,cy lifiio :fu Si uirtù. per lo quale produce ella le fiondi attuari,per intorno minutifiimamenie dentate, er lifoie nella loro fuperficiè.T fiori produce nellafommità delfufiofiicaii{non fintili à quelli della camamitla, come ne ifuci herbarij la dipinge il Euch/ìo.) iaureo colore : i quali nelmaruntrfifi conuertifeono in leggerifiima piuma,crfe. ne uolano ali'aria.Vfin la i chirurgici Tedefchi nelle born ie dellefin te interiori, er dellefifioie, er parimente ne gli unguenti : impero. che(fecondo che rifirifcono)è mirabilifiimaper confolidare.Lodolla Arnaldo da ViUanoua per cofa mirabile afare J» orinare, e r i rompere le pietre delle reni, ma nonperò da altri,che da lui t'ho ntrcuataferina. Quefta bautta

a r jjr r l f A

Sideriti fcrit ce da Gal.

Nomi

A *«

P°\uere del corpo. il che non fa ràffi ne i crifteri. Lauondoft la bocca con la decottione, uiguarifee l'ulceragionfcr ùiftabilìfce i diti fmofii. er gioita gargarizd ta allafchirantia,all’infiammagione dellefauci , e r dell’ugola. Ma ritornando pure alle Sideriti, dico, che quella della prima fpetie non può in modo alcuno ejfer la Virga aurea. Scrijfe delle Sideriti Galeno all'vi 11 .delle facultà de ifemplici, cofi dicendo. Ha neramente la Siderite una certa/acuità afierfm: quantunque fia ella per la piu parte humida,cr mediocremete 4° frigida. Ha unpoco del cofirettiuo : cr imperòfalda le ferite, c r ui prohibìfee le infiammagióni. Quello tutto diffe Galeno, fcriuendo jblamente di unafola Siderite. ma di quale delle tre intendeffe. egli, malageuolmentef i può determinare, cbia* mano i Greci la Siderite,’S .tìnfnii : t Latini, Sideritis :gli A* rabi, Sidrichis.

D ell’Achillea.

Cap. X X X V I I I . •

la quale chiamano alcuni Achil lea fidente,produce i folli lunghi una fpanna, & qual- jo che uolta maggiori,quafi di figura limili à i fufi.'circon dati da minute frondi,intagliate minutiisimaméteper trauerfo,come il coriandro,di color roisigno,arrende noli,di molto medicinale, & non ingrato odore. Pro­ duce nella fommità una ombrella ritonda, di bianchi# di porporei,& di aurei fiori. Nafcein terreni grafsi,& fruttiferi. T ritala fuachiom a,& impiaftraja,falda le ferite fre(chc,& le afsicura dalleinfiammagiohi.Ri* itagnaiffulsi del fangue,& parimente dei meihui ap­ plicata di lotto con lana: & imperò feggono nella fua io decottione le donne,che patifeono il fìulfo della masirice. Beucfi anchoraperi* difentcria. La

achillea,

I ngannaci


Nel quarto lib. di Diofcoride.

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2 1

IM 0 A N N A n s i manifrflmente tutti coloro, che fi penfino, che fu Ì A chillea il Millcfhgho ufu.de. Pere cioebe (¡uefio (comepiu dìffufamente diremo nel proceffo di quefio libro al capitolo dello Stratiote) non produce fiondi intagliale, filmili al coriandro, mafilmili à penne d'uccellini, sfififie minuti¡¡imamente -E tfe ben fi ritroua, che'l Millefoglio produca bora l'ombrella bianca >bora] incarnata, e r bora gialla ; non però per quefio fi può,con• eludere >che’l Millefòg lio ,v l’Achilleafieno una cofia medefima. Percioche non intende,ne dice Diofcoride ( come fa il Ruettio fiche produca l'Achillea il fiore hor bianco,bor porporco,0- bora giallo : ma che la fiua ombrellafia uà, fiata di tutti quegli colori. Nafte in Tofcana una pianta, c r parimente nel contado di Qoritia nel monte Sabatino, confufii lunghi ungombito :fòglie fimili al coriandro,di odore alquantograuetto,ma non però noiofotcon ombrel ìaiiicìma ritonda, er ampia,di colore che nel banco porporeggia,ma però tutta puntata di minutifiiint punti gioì» fi. Quella ho fempre tenuta per la nera A chiUea : ne nu rimouerò da cotale opinione,fu che non mi fia iimofirato altra piania,che piu uiuamente mi rapprefenti l'Achillea ferina da Diofcoride. Ma che fia l'Achillea ¡Inoltro M’I ìclòglio, ha fatto credere à cofioro Plinio, il quale al v.cap.del x x v.libro diffe, che bAchillea fi cbiamaua da i La tini Millefoglio. Mit per quanto fi uede,non deferiue egli l’Achillea,ma quella, che chiama Diofcoride Miriopbil* io. Et però j òggiunfic poco difiotto, dicendo : Ma die ono alcuni,che la m a Achillea produce il fu fio ceruleo ,alto un piede,fenza rami,er fiondi tonde,che la uefiono elegantemente A lch e dimoftra, che dubitaffie Plinio qualfiuffie la uera Achillea : & imperò poco fondamento ui fi puòfare .Serapione chiama l’Achillea d'authorità di Confanti no,perfar ella(come ei afferma quantunque falfamente) il fucco raffio fìmile al(angue, Sangue di drago. benché di quefio errore fi pofja dare la colpa all’interprete. Imperoche Diofcoride non fcriue, che b Achilleafaccia ilJucco roffo,ne niatico cfiucco d'herba il Sangue di drago in lacrime del communc ufo,magomma er liquore d’un certo gra 10 de albero tf Africa .I n luogo del quale è fucciffio quello,che per[angue di drago fi uende contrafatto, erfialfifrca• toper tutte le (penane, con ragia,[angue di becco ,forbefecche, er mille altri mefcugli. Scrifje Galeno dell’A* chillea infieme con la Siderite att'v 1 1 1 .dette(acuità de i(empiici,cofi dicendo. Sono anchora alcuni, che chiama* no ¡'Achillea Siderite, per effere nette uirtù fue poco lontana da quella, quantunque fia ella piu coslrèttiua. Et im­ però per rifiagnare. il (angue, la iifenteria,e'l fiuffo dette donne è molto al propofito. L’A chillea chiamano i Gre* ci, A'xihkHOi ; i Latini, Achillea :gli Arabi, Demalochotten il fucco ; er la pianta, Sickritis , er Egilos.

D el Rouo. 5°

Cap.

ramane.'Se"

Achillea tenera da G a leno.

Nom i.

XXXIX.

I l roto daciafcuno conofc>uto,bauirtùdi diCfcccare Se di coftrignerc : faneri i capelli. Ladecottione de i rami beuuta riftagnail corpo,&parimétei flufii delledonneigiouaai morfi del preftcrotfortificalegen giuc. Lefrondi manicategiouano alle ulceredellaboc ca,& raffrenanolecorrofiue:cóferifcono all’ulceredel capo,che menano,&àgli occhi, chependonoinfuori. Impiaftrafi lefrondi infule poftemedel ledere, & fimil menteinful’hemorrhoidi.ufanfi triteutilmenteper do lori di cuore,& debolezze di ffomaco. Peftanfi i rami, &lefrondi,& fpremefeneil fucco, il quale ifpefsito al fole èaffai piuualorofa medicinaàtutte lecole predet­ te. 11fucco delle fuemoreben mature, dmoltoconucneuole perlemedicinedellabocca. Mangiate quando fono meze mature, riffagnano il corpo. 11 chefanno parimentei fiori beuuti nel uino. Del Rouo Ideo.

IP

Achillea, & tuaVOam. Errore dl al~ CIJm‘

r>

Cap. X L .

Qvesto Rouoèfpetialmétechiamato Ideo,per na fcercegli fidamente inIda.Epiutenero del primo già detto,&armatodi minori fpinc,come che fi ritroui an­ chorafenza elle:èvalorofo inogni cofa, àcui uaglia il fopradetto.Oltreàciògiouail fuo fioreimpiagato có melealleinfiammagioni degli occhiffpegne il fuoco fa cro.Dafsi àbereconacquanei difetti delloftomaco. I

R o v i fono uolgarifiime piante, er dì diuerfefietie, Roui, & loro hìitoria. come benefcriue Theopbrafto à xvx 1 1. capitoli del n i . li* bro. Imperoche alcuni crcfcono in alto, e r s ingraffano : al* tri s'auiluppano alle fiepi, v à g l i alberi : altrife ne uanno ferpendo per terra, er radicando, comefa la grami* u in a , er però chiamati Romi terregni : er altri in diuerfi, er uarij modi crefcono. Kit rouanfiime nei monti di tuttoil difirettodiTrento alcuni, che portano le morcrojfe, fenza noccioli, chiamate da i paeftni Ampomole, M i attefraghe,ucramcnte al guBo nettafiate molto aggradatoli. Piacciono à gli orfiì : er però nel tempo,ch’ellf x

f

/¡¿naturano,


j 22

• Diieoriidólì^fatthicli

-

Opinione di fimaturano, ut fon giunti da ¡cacciatori. Qucfto per nafrere ne i monti, credono alcuni, che fìait nero Amo alcuni. Ideo. Ma non fo come fi pofj'a uerificare la loro opinione. imperocbefeil cognome ha egli dal montc-lda, oue nae. fce, comeferine Diofcoride, penfo ueramente, che di qui fi poffafar confettura, come ueggio haucr fatto p/„,(0 alit n x i.capodelxx 1 1 1 .libro, che egli nafeafidamente nel monte lda,cr non alrroue: comefa ancboralara. dice Idea, er il Dittamo in Candia. Se già non prendejfe alcuno Ideo per montano. Credefì il Puchfio ( come fi detto anebora difopra nehprimo libro nel difeorfo del liguftro ) che le more de Roui fieno i Vacìnij.Ma perche non mi piaccia lafua opinione, fu ampiamente detto in quél luogo, douc fu prouato, che i Vacinij fono fiori , <y rcn <U°Gal ** * Véce l,ientione de i Rótti Galeno al v i .dellefacuità de i fempiici, cefi dicendo. Le fiondi , t germin•, H fiore , il frutto ,c r la radice de i Roui participano tutti non poco del coilrcttiuo. mafono differenti in queiìo rio i , che lefrondi tenere, e r nate di poco,hanno infe pur affai dettiacquofo, erpoco del éoflrettiuo : er il medefmo ' ^ fimilmente dico de i germini. Et imperò quandofi mafticano, fanano ¡'ulcere della bocca,cr prjfono anchora cona folidare le /fniej. E il temperamento loro compoflo parte difrigida, cr terrea effenza, cr parte d'una acquea tea pida. Ma il frutto, quando è maturo, ha non poco fic co caldo temperato : il quale è dolce, come babbiamo dimo firato .L a onde er per qucflo,cr per un poco di fapore cofirettiuo., ckefiritroiia in ejfo, c affai aggradatole al gufo nel mangiarlo. ducilo, che non c maturo, ha infe pur affai del terrefìre : cr per quello egli è acerbo, ©»

Nomi. '

dijfeccatiuq. L’uno c r l'altro fi conferita fecco, cr fono cofi piu ualorofl, che fi-efebi-1!fiore ha la medefitmafòr• z a , chelfrutto non maturo ; cr però uagliono amatine nella difenteria, nelflujfo di corpo, cr ite gli ¡fiuti delfan* gue, cr ouefia bifogno di fortificare. La ridice oltre ali'efjere coftrettiua, ha infe non poca fuftanza fiottile, per uirtù detta quale può ella rompere le pietre delle reni, Chiamano ilRouo i Greci,Beerà • & ¡ef,,e more /g* »& ^ rln a. : i Latini, Rubus : c r le more, Mora rubi: gli Arabi, Bulcicb, cr Haleich .*1 Tedefchi chiama• no la pianta, Bramai, c r Kratzcn : cr il frutto, Bramber, c r Kratzber ;li Spagnoli la piatita , Curza : ì Fwi» cefi,Rance.

Della Helfine.

Cap.

XLI.

L a h e l s i n e c o g n o m i n a i ciffampelos,fa lefroti di limili aH’hedera,ma mincMÌJSor'oi.fiioi rami fottili, con i cjuali abbraccia ciò ch’ella tocca. Nafce nelle iìepi,nelle uigne,& nelle biade.ll lucco,chc fi fpreme dalle io firondi,purga il corpo. Helfine, & Tua diana.

N o n e neramente in modo alcuno da dubitare,che la Hel fine nominata ciffampelos, cw c uite hederacea,nonjìa imafre* tie di Conuoluoto, onero Volubile. Ma quale ettafifla, nonfi può ageuolmeiite determinare .Pure il dire Diofcoride, eh'ella fa le fóndifimili att’hedera.ma molto minori: i ramifiottili, co Squali abbraccia do ch’ella tocca : cr che nafce nellefìcpi,nelle ttigne, cr nelle biade ; pare che dichiari, ch’ellafta quella, che ne t campi s'auotge attorno alle biade, al lino, cr à i legumi,cr nétte uigtie à p a li,& atte uitija quale noi chiamiamo Vilucchio, 4» c r infu i Trentino Minutola. Quantunque non manchi chi uoglia, che ¡’Helfinefia .quellapianta, che sauolge attorno alle fitp i , ch ef a i fiori bianchi à modo di campanelle, poco minori de gigli. Quefla.chiama Plinio Cotiuoluola al v.capo del xx i. libro,dicendo,che la natura imparaua afare ¡gigli,quando 1Ha fice ifiori del Comoluolo.Chiamano alcuni quefìofiore ( come Sgannandofi fece Seruìo Grammatico)ligufìro. mafenedimo Iirò l’errore difepraal proprio capitolo nel primo libro. Scrif fc dett'Kelfine breuemente Galeno a lv i .dette fatuità de fem* plici, cofi dicendo. VHelfine chiamata ciffampelos , ha uirtù 5 » di digerire. Chiamano i Greci la Helfine ciffampelos, B't&m /.itxrà^iXcf :i Latini, Helxineciffampelos egli Arabi, Acfln: i Tedefchi, Mitteluuìnd ; li Spagnoli, Campanelayerua.

Opinione di alcuni.

Belline ferii u da Cai.

Nomi.

D eliziatine.

Cap.

XLII.

L a b e a t i n e ha frondi limili all helfine,ma minori, pelofe,& piu tonde. Sono i Tuoi ramufcel* li fiottili, lunghi una (panna, di numero cinque, ouer fei, pieni di frondi dalla radice in fu,al guito co* . ftrcttiui. Nafce tra le b iad e,& n c i c o lli. G iou aà i flufisi, & alle infiammagioni de gli occhi» ^ quando fi tritano le fro n d i,& u i s’impiaftrano con polenta. Beuutanele dccottionc,gioua all* difenteria. . . S

o n o


Nel quarto Jib. di Diofeoride N V M O L A R .IA ,

«o

S o n o aleunuche uogliono che la Piatirne{¡a quelìapian ta,cbc chiamano alcuni moderni Ninnolarla. Et altri uoglio• no,eh ella fla queüa,che noi chiamiamo SolhaftreUa, cr Pimpi nella,di cui e l’ufo per le infialate.Ma in uero ( per dirne quan* ;J ..... . toio nefento) non mi piace ne luna, ne l’altra opinione. M e * .... . ■? roche parimente la Numolaria nonfa lefiondi pelofe, ornen «afee nelle biade,ne in luoghi coltiuati,ma per il piu nelle riue defèfii, crmafiimamente,oue il terrenofia húmido. Appo cío la Pimpinellafa molti piu ramufielli, chefei,tutti firati per terra : crha lefue fiondiceUe per tutto all'intorno intagliate, come una liella. Il RucUio dice,che in Francia la chiamano Ri» piñro : cr che i uillani lufano ñ uerno neh'infalate in cambio di raponzoli.Ma fcapprcffoài Francefi il Rapiftroc quel medefimo che noi chiamiamo R apafircUofiofo per cofa certa, che non può in modo ueruno effere l'Fiatine, la qualefc nafta, ò non nafea in Italia,nonfo però affermare. Scrijfene Gale* Elicine tto a lv i ideilefaculta defempliei, cofi dicendo. La Fiatine G» poco infiigidijce,cr ipoco coürettiua. Chiamanoi Greci ¿omi tElatine, E’a«7*« : i Latini,Fiatine: gli Arabi, Athin.

D ell’Eupatorio.

E V P A T O R IO .

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I

Cap. X L I I I .

L o e v p a t o r i o èherbafolra:& produce un Col fufto,Icgnofo,ne reggiante,diritto,lottile,hirfuto.lun go un gom bito,& qualche uolta maggiore : fu perii quale fono le frondi diftinte per internarti,Gmili à quel ledei cinquefoglie, ò piu preño del canapa, diuife in cinque,ouero piu parti,nereggianti, & dentate per intorno.il feme nafe? dal mezo del furto in fu,pelofo, pé dente uerfoterra,& appiccali quandoèfecco, alle uèftitnènta. Le frondi pelle, & applicate con grafl'o di porco,medicano rulcerc»chemalageuoIm^nteli con folidano.il fcmc,oucramentc l’herba beuuta con nino, cóférifce à i difetti del fegato,alla difenteria, & à i mor fi delle ferpi.Chiamano alcuni,errando manifeftamen* te,l’eupatorio argemonerimperoche quella,come hab biamo dimoftrafOjè di grá higa diuerfa dall’eupatorio»

**■

,

.

,,

P r e n d o n o alcuni, anzi quafi la maggior parte de Eupatori», gli Jpetiali,per l’Eupatorio una certa pianta, cjhe nafee nelle fu» effami. riue delle acque,cr negli argini de ifòfii altafino à tre gambi ti: le cui fiondi fono, quantunque maggiori, raffembreuoìt à quelle del canapefiiancbiccie,pelofe, cr al gufo amare. I( fufio è rofiigno,tondo,folido,csr pelofo : intorno al quale, due ttafeonoirami,fono molteconcauità d’ali. Nafconoi fio rii modo d’ombrella aperta nellafotnmità de i fu iti, di colore in» carnato,cr quafi come quelli dello origano noftro(quantunque falfó) d'Italia,i quali nel maturarfifi ¡fiumano, c r fe ne «0/4» no all’aria. La radice, da cui affai altre molto piu picciolegerru­ minano,è inutile,cr di niuno ualore. Et quantunquefappiano, che’l uero Eupatorio de i Greci fia quella pianta, che noi chia ••' • '* miamo Agrimonia,come cbiamauano anchora alcuni al tempo di Diofeoride; nondimeno per non ufeire del loro antico trot• to,malageuolmente fe lo lafciano pervadere per l’ufo delle co pofìtioni tratte da i Greci. Neperó quefio dico io per uitupei Eupatorio di rare l'Eupatorio loro,il quale è quello ifteffo, che deferiue A» Auuenna. uicenna; mafolo perche(ì renda à ciafcuno il luogo fuo. Io fo ben certo,che per quanto nc mofira f amaritudine dettefi ondi, c r l’aromatico odore di tutta la pianta del no uero,ncU’apnre Toppilationi, & nell’incidere i grofii, cr uifeofi humori, noti può egli efferefe non ualorofifiimo.Ma non però pojfo io affei\ mare, chefia il ueroEupatorio de ¡Grechile manco *chefiri* trotti

1

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Difcoriì del Mattinoli

T24 e v p a t o r i o

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v i c e n n a

Eupatorio,di Mefue.

Eupatorio fcritto da G a le n o . PO TEN TILLA

P oten tina,& fua hifto ria,

&Uittù<

N om i.

,

trottifiotto alcuno nomefcritto ne i libri degli jlitichi ,fe non in Auicenna.quantunque (come à battanz* dicemmo nelfecon do libro )ftperfuadaf.tlfamentc il KueUio,chefìa l'aidropepe di Diofcoride. Oltre à ciò l'Eupatoriofcritto daMefue c af fai diuerfo dall'uno,cr dall'altro de i predetti. Perciochepro* duce di una radice piu [itili, con fiondi fìmili alla centaurea minore,ma dentate per intornotifiori nella cima de ifufii,gijl l i , & lunghetti, compofli in belhfiima ombrella, fimdc aquel la delihelichrifo. Clùefio chiamiamo noi Sanefl herba Giulia, la qualeper uccidere i itermini infóndono la notte le iiojlrc don 10 ne nel uino bianco,cr datinone pofeia la mattina a bere a ifan ciotti mezo bicchiere con mirabilefuccefi'o. itiafee questo nelle campagne: cr per mio giuditio, è tagli il nero Agerato fcritto in quello ifteffo libro da Diofcoride; pcrcioche in ognifuafan bianzqfigli rjjfomiglia. Di qui adunque imparino coloro,che feguitono gli Arabi,come habbiano àpreparare i medicamene ti, ritrouandofl tre diuerfi Eupatorij. Fa loro di bifogno , che Ite compofiti di Mefue mettano il fuo : in quelli di Auicenmàl fuotzr in quelli di tutti i Greci, l’Agrimonia.Ma uoglio però auertircgli ffetiali,che non uoglino inquefto fèguitareil di« Ì 9 f i enfiario del Cordo: perferiuere egli contra la uerità(per quanto porta il mio giuditio,faluandofempre lapacefua)neU la compofitìone delle pilule aggregatine, cr parimente delfìro po d’Eupatorio, che per l’F.upatorio di Mefite itifi debbamet tere la Gradola,chiamata da altri Grada dei. Imperocbe que» ila , oltre al folueredel corpo,chefa ella con non poco tram glio, non ha conformità ttenina con quello,ne nellefembianze, ne manco nellefacultàAmperocbe per foluer élla congrandifi fimo impeto,cr diflurbo il corpo, indebolifce non poco il figa to, cr l altre membra interiori. Vece dell'Eupatorio inciti- J9 tione Galeno a lv i. delle [acuità de fiempiici, cofì dicendo. L ’herba deà’Eupatorio è compofta di parti fotdli.cr hauirtit fuori di manififìa calidità d’incidere, cr di mòndificare. laon* de apre,cr netta le oppilationi del fegato : al quale gioua an• chorafortificandolo con una certa parte, che ha del coftrctti• uo.Quefio tutto dcirEupatoriofcrtffe Galeno. Kaffembra• fi non poco nelle fattezze [ite all’Agrimonia quellapianta,che molti chiamano potè nt i u a . quantunque produca ella le fiondi pelofe,uerdi diJopra,cr uerfo terra bianche :cr ifufti, che fe ne uanno per terra, come quelli della pelofdla: W confiori la (tate di color d’oro, firnili à quelli del ranuncolo, che nafee negli hord, ciafcuno attaccato daperfe al fuo pie• duolo : la radice difuori crofiigna,CT di dentro bianca ■ N a» fice lungo le Strade, cr in luoghi humidi E tutta la pianta al g ufìo ualorofamente cofirettiua, cr difficcaduatet peròfi può àlire,eh’ella poffa rifiagirne i mefirui cr parimente la difen* fcria, Lodanla alcuni nonpoco,perconfolidarele ferite, per gii )pud del[angue,per ¡’ulcere corrofiuc della bocca, cr del* le parfi uergognofe. Conferifie alle rotture dell’offa. Mitigò lauandofi la bocca coniafua decotdone il dolore de i denti,cr ' Siringe legengiue. Chiamano i Greci l’Agrimonia, BW*t» piov,cr WriArapiov : i Latini, Eupatorium, cr Hepatonum: gli Arabi,Cafat, Cifìt,cr Gafet:iTedefchi,Odermenig:liSp* gitoli,Agramonia: i Vrancefi, Mgrcmoine.

D el Cinquefòglio.

Cap. X L 1 1 1 1 .

I l c i n q v e f o g l i o hai rami fonili, come fiftu t hijungbi una fpanna,nc i quali c il feme. le frondi fo- ^ no limili à quelle della menta, & in ciafcun picciuolo r e fon cinque,& rade uolte piu,dentate per intorno, il fiore nel pallido gialleggia,come di color d’oro.Na(ce


Nel quarto lib.di Diofcoride. CINQVEFOGLIO.

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fee in luoghi acquaftrini, & appreffo àgli acquidotti. £ la fua radice rofsigna,lunghetta, & alquato piu g ro f fadell’helleboro nero: laquale c utile à molte cofe.La dccottióe della radice bollita, fino che fe ne coitimi la terza parte,tenédofi in bocca,mitiga il dolor de idéti ; & lauadofene la bocca ui ferma l’ulccre corrofiuc: leni fee gargarizata l’afprezza della canna del polmone: gio ua alla difenteria,& altri flnfsi di corpo: beuuta conferì fee allcfciatiche,& altri dolori di giuture.Cotta nella ceto,& ipiaffrata,ferma l’ulcerefcrpiginofe : rifoluc le fcrofole.i tumorii le durezze,le portemele enfiagioni: & fana il fuoco facro,le reduuie delle dita, le pofteme del federe,& la rogna.Il fucco cauato dalle radici,quan do fono tenere,uale à i difetti del fegato,Sedei polmóc, & cótra i mortiferi ucleni.Bcuonfi le frondi con acqua melata,ouero con uino inacquato, & un poco di pepe nelle febbri periodiche: ciò è nella quartana, quelle di quattro ramufcellimella terzana,di tre: & nella cotidia na,d’un folo.Beuutc le medefimefrondi trenta giorni continui,giouano al mal caduco. Il fucco delle frondi beuuto alquanti giorni al pefo di tre ciathi, gioita preftiisimamentc al trabocco di fiele.Lefrondi impialfra te con mele, & con fale uagliono alle ferite,& alle fido lc:& giouano alle rotture intcftinali. Riftngna il cinquefoglio i flufsi de! fangue,tanto beuuto, quato applì cato di tuori.Cogliefi finalmente per le purgazioni de s peccati,per gli incantcfimi,&: per la caftimonia. Q _ y, a n t v n c ^ v e ferina Dofcoriie S unaf blafretì e C i a q u e f o di CinquefigUo; nondimeno di quattro¡[-ette n’ho ueduto io ài 8lio> &^ ue

tempi r,oflri in Italia. Delle quali il maggiore è quello ifleffo, ipeuc’ •che qui commemora Diofcoride. Ilfecondo non c dalprimo in nitro dij?ùt:ì!e,fc non che lefue frondi biancheggiano,erpari* mctc.ilfiore. Il terzo è picciclinofianchicelo, gj per il piufe muafirpendo per terra. Et il quartofa lefrondi difigura¡ 1» mili alla uite,intagliate in cinqueparli,chiamato da chi Diapé fia,z? da chi Sanicola. Produce quefto nelle sorniti de ifufli, er parimente degli altri rmufceUi alcuni bottoni,che nel ucr debiancheggiano,limili naturalmente allefraghe. Quello dei la primafrette nafee per lo piu appreffo k i riui, er à i fòfii del le acque.producef f l i fattili: né i quali dopo allo sfiorire de ì fuoi aurafiori,fi ritroua fenfatamenteilfemc. Haperò ogni picciuolo cinquefrondi lunghette, quafifintili alla menta, ma piu lungamcte per intorno dentate. E lafua radice frefea rof~ ftgna ( quantunque lo nieghi il Brafauola (come dimoftra quel lo, che piu uolte ho cauato à Goritia lungo la fòffa, che la cir* conia : diuifa inpiu rami, er maggiori di quelle dell’helleboro Errore del nero. Et imperò non mi poffofe non molto marauigUare,cWl dotto Manardo da Ferrara cofi facilmentefi perfuadejjè, che Manardo. fufje il Cinquefòglio nero la TormetiUa :la quale rarifiimc noi teff ritroua con meno difettefiglie : er il Cinquefòglio per lo contrario pochifrime uoltefi ritroua con piu dì cinque.Quefto deue battere le radici fìmili à quelle deU'helleboro,fe benpiu groffe: er quella le produce breuifiime,ey grofJettc,cr nodefe. La Tormèntilla nafcèper lo piu in luoghi forili, er negli altif fimi monti: e'I Cinquefòglio ne i piani, appreffo àgli acquidot t i . Il che maniftftamente dimoftra cfferfl di gran lunga qui in gannato il Manardo. Oltre à quefto àme non paregranma rauiglia,che diccffe Plinio (inciò riprefo dal Lemiceno) al i x.cap.delxxv.libro, ritrouarfi Cinquefòglio, cheproiu* ce Icfrtgbe.imperoche non intefe quiui egli d'altro,che di quel la quartafrette chiamata Sanicola,cr Diapcnfia. Se ben uuole il Bri* I


y 2(3

DifcorfidelMatchioli FRAGARÍA.

Cinquefolío feritto da Ga Uno.

Fragaria, & fuá hiftoria, Si uirtú.

lofragia . 9c fuá hiftoria, t i uirtú.

N o n i.

il BrafduoU, che infu quel di Verotufi rìtroui Erogarla con cinqui:fronti, cr che di queftd habbia intefo Plinio], per cjfire (comedice egli) fato Veronefe: nonfirfe ftpendofche Sueto* nio Tranquillo nel fuo uolume degli buomini ittuftri, lo fa fa Com o,cr non da Verond■ Vfaito queftdqudrtdfretteafflicfa rurgici Tedefebi nelle beuade delle ferite intrinfeebe, delle rot ture,a1dellefift ole,cr in ogni altra cofit,oue ftconuenganole confolide. Ma è dafapere,che queftd Sanicola non è quella piin td,che produce pur cinque faglie,cr ld radice biaca con gride arte intdrfiatd ddüd natura, della quale dicemmo di[opra alca 10 pitolo del Simphito : ma di gran lunga lontana. Scrifjc del Cinquefaglio Galeno dll’v 1 1 1 .delle facultàdefemplici,cDft dicendo. La radice del Cinquefaglio diffecca grandemente, cr non èpunto acuta ; cr però èella molto in ufo,comefono tutte quelle altre cofe,che effendo compofte di partifiottili,dijfeccan» fenza mordicare. E adunque queftd radice diffieccatiua nel ter» zo ordine,neba alcuna ealidita,che euidétemente fi poftacono fie re . Ma battendomi il Brafiauola ridotto qui i memoria le Fraghe, non ho uoluto che'l noftro giardino oe reftifenza.Et però dico, chèla F r a c a r i a fi può conftituirc ,per gli *0 efrerimenti, chefé ne ueggono,frigida nel primo , er fiecca nel fecondo ordine. Queftd confondale ferite,cr parimente le uU cere : riftagna ilfiangueft meftruì,cr iflufii di corpo :proUoca Corina,er confrrifce alla milza. La decozione tanto della ra* dice,quanto detti:erbagioua beuuta alle infiammagioni del fi* gato, cr mondifica le reni cr la uefcica. Lauadofine la bocca confartd legengiue,firma il catarro, cr i denti frnoßi. Le Fra ghe poi oltre all'effere molto aggradeuoli la fate m i cibi,coft rìfeono à gliflomachi colerichi,CT frengono la fiete. Il lor uino medica Tulcere calide della faccia,cr chiarifica gli occhi, io quando ui f i mette dentro:?? fregneui finfiammgioni,crdifi feccaiquoftdel tifo . Non manco mi pare di lafciare didiri detta Eufragia ridottami bora a memoria dalle Fraghe,quàtm quefe la tacefife Diofcoride con gli altri Greci fuoi fucceffori E t però dico, che la E v f r a g i a cuna herbet ta, laqtule crefie communemente attaltezza fiun palmo, con crefre, cr minute fiondi tutte per intorno fottilmente dentate, algutto Hittiche, c r alquanto amarette.produce ifufti f Attili, cr rofi* fìgni : cr i fiori di color bianco,che ritira alquanto trai giallo e'I porporeo : cr rare uolte fi ritroua l'Eufragiafiorita piu fi t i9 fio,che nel fine della f a t e . nafii ne i prati. Lodajì molto tato mangiatafrefea, quantofecca per tutti gli impedimenti,eh cf fu frano il uedere: per il che fare è neceffiario ufiarla lungaméte ne i cibi. Sono alcuni, che al tempo detta uindemia nefanno il uino,comefi c ofturnadi fare con le altrèherbe di cui frriu "do A rtialdo : 1/ uino dettEufiagia ( diceua)ftfa ponendola nel mo Ho. L’ufo del qualefa ringiouenire gli occhi de uecchì,crfiui uia ogni lor difètto, cr impedimento in qualunque perfetta fi ■ qudl fi uogtta età, quando però f i caufìno tali difètti da materia frigida »ergroffa. Etfappi, che fono flati alcuni quafì lungo S0 tempo ciechi,cr con tufo d’uno anno di quefto uino fi fono pò• fria rattuminati. E queftd herba caliia, c r ficca: cr per ifre* tial dote detta natura confèrifie a gli occhi. Quando ¡afra poi uertfjì mangia in tortelli di tuorli d’uouaamero chefi bette coti uino,faimedefimieffetti. Etnoihabbiamoteftimoni degniti fède, i quali non poteuano leggerefenza occhiali, cr con Infa JeWEufragia lefieropofria fenza ef i ognifottilißima lettera. Tutto quefto diffe Arnaldo. Chiamano il Cinquefiglio i Gre c i , n undpvAhfvti L atini, Quinquefalium: i Tedefihifdueis fünf, c r Finger kraut : li SpagnolijZincoen rama ; t Franctfl» m, Qtintefueitte:

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Dell*


Nel quartoiib. diDiofcoride Della Phenicc.

IO

»0

Cap.

) 27

XLV.

L a P h e n t c e ha frondi d’ orzo,ma piu c o r t e i piu ftretterta fpiga limile al loglio:! furti lunghi fei dita, che efeono d’intorno alla radice,con fe i, ouer otto fpi ghe.Nafccne i campi,& ne i tetti fatti di nuouo.Beuuta in uino rtittico,riftagna i flufsi del corpo,de mcflrui, & dell’orina.Dicono alcuni edere buona p riftagnare i Aulii del fangue,portadofi addoflo iuolta in lana rolla. C h i a m a s i la Phenìce in Tofana Gioglio faluatico:et na P henice,d t fiu citm. f a comunemente nelle uiUe lungo allefirade,in fu gli argini de i campi ,non punto differente dallafrittura di Diofcoride. Pli» nio al x x v.cap. d e lx x 11. lib.diffe,che da i Latini fi chiama* ua la Phenice orzo de i topi, forfè per mangiarfi eglino quella, che nafee infu i tetti delle cafe. Copia ne nafee in Goritia infu’l cimiterio di fan Trancefco,dinazi allaportagride della chiefa ; et bornie fimilmente ueduta affai preffo 4 Vinegia in f u i Lio, in torno alla chiefa di fan Nicolo, cr in molti altri luoghi. La Nom i. Vhenice chiamano i Greci, iolv/i; ; i Latini, Phoenix, Loliurn murinum, cr tìordeum murinum.

Della Radice Idea.

Cap. X L V I .

L a r a d i c e Idea produce le frondi limili al rufeo:appreflo alle quali fono certi come piccioli capriuo li,da i quali efee il fiore. La radice è ualorofamente co ftrettiua,& conueneuole in ogni cofa.oue bifogni rifta g n a re:& imperò fi beue utilmente per li flufsi di cor­ p o ^ deimeftrui. Riftagna oltre àquefto tutti i flufsi delfangue.

40

Q v e s t à Radice a i tempi noflri nonfi porta in Italia, ne rttrouo io chi ferina,oue eìlanafca ; quantunque il cognome fuo dimotiri effere pianta particolare del monte Ida ò di Candia, ò di Troia, comefu poco qui di fopra detto del rouo Ideo. Di'* motivane lenirai fue Galeno al vi. delle facultà defempliei cofi dicendo, la radice idea è algutio ualorofamente acerba :c r facendofette efferienza ,fi ritroua maniffornente operare ,/e* condo ch’ella dimofìra algufa : impcroche tanto beuuta,quali» to impiastrata, c r applicata di fuori, ritiagna la difenteria, i flu fi delfangue, del corpo, de i mèstrui, cr etogni altro luogo della per/dna. La radice Idea chiamano 1 Greci, l 'f ¿ f a 'iif - : ì Latini, Radix Idea .

Della Radice Rhodia. Cap. X L V I L 5o

L a r a d i c e Rhodia nafee in Macedonia, limile al corto,ma piu leggiera, & piu difuguale. Peftandolì quella, refpira odore di rofe. Applicata trita in fui fron te con olio rofado,gioua al dolore della tefta. L a r a d i c e Rhodia è conofcìuta da pochi in Italia, quantunque ageuolmente ui poffa ella nafarecr nel monte A* pennino, cr in quel di fanto Agnolo. Quella, che ho io pianta* ta neìihorto in Goritia,mi fu mandata già di Stiria da Grazzo daWecceUentifimo medico M.Piero Saliceto,quantunqueI’hab biapofiaritrouata copiofa nel monte di Vipao. Etacciocbeèl la poffa uenire piu in cognitìone,ne dirò qui,per hauerfle taciu te Diofcoride, tutte le note. Dico adunque, che la Radice Rbodta produce da f piu fu tii, tondi, alquanto concaui, alti

Radice Idea & fu*

Radice Idea ferina da G a leoo.

Nomi,


fzS

RadiceRho dia ferite* da Galèa. Nomi.

Difcorfidel Mattinoli

daun palmofino a ungambito,da i quali sfeono le frondi lunghette, appuntate,graffe, come quelle dctlt portuUx ca, cr per intorno minutamente dentate. Produce nellafommità deifufti una ombrella uerdc,quafiJhnile al tithU malo : ma dapoi al disfiorire diuenta rofigna. La radice è inequale, groffa come quella del cofto, lifeia, ey lucida difuori, cr di dentro bianca quando c frefea : ma quando èfecca,è leggiera,roffa di dentro, crfquamofa di fuori Queñamañicata, ouero peña,rejfira naturalifimo odore dirofe : dacui s'ha ella acquiftato il nontedi Kbodit' E oltre à queño tra tutte le radici uiuacifima :imperoche canata,cr ripofla ,fe nonfi tiene in luoghi moltofecchi CT pofeia dopo molti mefl ripiantata,[libito germoglia. Nafee in monti altifimi, faffofi,zr precipitojì, doueàpel na ha tanta terra intorno, ch’ella ui fi poffa attaccare. Impiafìrafi utilmente irrorata con acqua rofa, ouero di lauanda, fecondo la qualità del dolore infu lafronte ,er infule tempie per iliolore del capo. Corrobora il cerueüo con ilfuo giocondo odore,di modo chefi può ella ufare in ogni mal di tefta caufato da qualfi uoglia caula, 1 u per effere ella compofla di qualità temperata, comefa teflimonio ilfuofapore,con il quale imita le rofe. Scrif= fe di quella Radice Galeno ali'vi i x. dellefacilità de femplici,coft,dicendo. La Radice R hodia, quella ciò è , che nafee in Macedonia,è compoña di partifottili, er è difacultà dige/ìiiia. E calida nelfine del fecondo grado, ¿ al piu nel principio del terzo . Chiamano i Greci la Radice Rhodia, PW«ep :i Latini, Radix Rhodia : i Tede* fchi,Rofen uurtz-

Della Coda di cauallo.

Cap.

XLVIII.

N a s c e la Coda di cauallo in luoghi acquofi,& per li fofsi.Sonoi fuo¡ furti uacui,nodofi, pieni in fe ftefsi,roiTeggianti, & ruuidi : intorno à i quali fono le frondi limili à i giunchi, folte, & fottili. 10 Crefcein altofoprauanzando i uicini arbufcelli,onde pendono pofeia le fue nere chiome, come una coda di cauallo. è la fua radice legnofa,& dura. L’herba è coftrettiua:& però riftagna il fuo fucco il fangue del nafo. Beuefi con uino per la difenteria, & per prouocare l’orina. Le frondi trite, & impiaftrate, confolidano le ferite frefche.Gioua la radice infieme con l’herba alla tolfe, à gli afmatici, & à i r o tti. D icono alcuni,che le frondi beuute con acqua,confolidano le ferite delle budella,& del­ la uefcica, & parimente le rotture interinali.

D i vna altra Coda di Cauallo.

Cap.

X L I X.

L ’ a l t r a Coda di Cauallo è un furto diritto, uguale,alto un gombito>& qualche uolta maggiore,uacuo:lecui chiome,le quali hadiftinte per interualli »fono piu breui,piu bianche, & jjìu te­ nere della fopraferitta. Quella trita con aceto faldaleferite,&hale uirtù medefime della prima.

CODA DI CAVALLO PRIMA.

CODA DI CAVALLO SECONDA.


Nel quarto lib.diDioicoride.

f 35?

C h i a m a s i laCoaa di cauailo per il piu Cauda equina. Amendue (¡urne ¡petiefono hotifiinpa tu I ta tu i C o J e d i £jU imveroche l'una chiamano per la piu parte AfrreUi, la quale adoperano le donne perfar lucidi gl <¡lagni, er quelli u, Ilo, & rotoche Uuorano al torno legnami per lucrarli : e r l'altra {¡.chiama pur Coda di cauaUo, per efrerle. del tuttofintile .■ e ffa n i. produce quefia quajl nel nafeimentofuo un certo germoglio graffo, er tenero,/¡nule à una ghianda, il quale chiù* Diano inojtri maremmani Saneft Paltrufali, ufati da loro ne i a h i la quarefima, prima cotti ìefii nell'acqua, er poi infarinati, er fritti nella padella in cambio di pefee . M a di tal forte qualche 1toltagli ristringono il corpo, che co* Ribaitiofi incorrono ageuolmente nel male (come dicono ) del madrone. Sono alcuni, che li {arano, <&• ufatilifo* feiala Hate nella difentcria. per il che fare gli mettono à mollo nell’acqua tepida , ouefia stato/pento dentro fat* ciaio affocato, per tutta una notte: e r pofeia gli friggono, er dannali à mangiare à 1 patienti. A mendue qucfle di . Err_ ore del io ninfe il Fuchfio nelfuo maggiore ¡¡erbario affai diligentemente .ma non fo dipoi, che grillo gli uenijfe nella tefta* FuC ll0‘ dinioftrando nel fuo picciolo ,e r ultimo htrbario la maggior Coda di cauailo, per il poligono fintini. Scrijfè Cocie dl C4~ della Coda di cauailo Galeno al v 1. dellefacuità de t[empiici, cofì dicendo. Hata Coda di causilo injipme con ami £¡*<3*/” *” * rezzj,uirtù coftrettiua : er imperò diffecca ella ualentementefenza mordacità alcuna. Salda le ferite grandi, quan * * ' ttttique uifußero tagliati anchorai nerui : er fatta le rotture inteflinafi. Lherba beuufa nel uino, oueramentc nel ¡‘acqua, è ualorofißimo rimedio a i uomiti, er ¡futi del [angue, à i flußi delle donne, er maßime roßi, alla di[ente* ria, er altri flußi di corpo. Scriffero alcuni, che qualche uolta il fucco beuuto hafaldatodeferite delle budellafot tili, er parimente della uefcica. Gioita al fluffa del[angue del nafo,e? alle paßioni di corpo, caufateda flufß, be ucndofi con uino austero, e r con acqua, douefuße (<tfebbre. Chiamano la Coda di cauailo i Greci, Furmtvfitii Nomi. Latini, Equifetum : gli Arabi, Dhenben dlchail, Dhenib alchi, er Daneb alchail : i Teéefchi, K oßzfcbuuantz : 40 li Spagnoli, Coda de mula, er P.abo de muli : i Francefì, Queue de dettai, cr Prela .

Della Grana.

Cap;

L.

L a g r a n A,la quale adoperano i tintori,«* una pian ta ramufeulofa, & picciola : alla quale fono attaccate céx tegranclla (inaili alle lenticchie^ & quefte fi ricolgono,& firipongono.L’cccellentenafceinGalitia, & in Arme­ nia: & dopo quefta in bontà è quclla>che fi porta d’Afià» & di Cilicia. La manco buona di tutte è la Spagnuola. Ha uirrù la Grana di nftagnare: mettefi ut ¡¡mente trita con aceto in fu le ferite,& in fu i nerui tagliati. Nafcc in Cilicia in fu le quercie, limile à picciolo chiocciole, & la colgono le donne di quel paefe con la bocca,& chiama« la Grana. Q j a n t v n q ^v e fra la Grana, conia qualefi tìngono G ra n a , &fua ì i tempi noftri in Italia infinitifim i panni di lana, er parimente eflAQl‘ di f età, notifiima molto à ciafcuno ; nondimeno non fo io , che in alcun luogo d'Italia fi ritroui il fuo arbufceUo. d u ello, di cui è qui il ritratto.fu portato da Conftantinopoli f ecco co ifuoi fìut ti. Quella,che fi tiene nelle frettarle, ¿tonda di granello, c r uacua di dentro : er imperò no fi rafjèmbra punto alle lenticchie, come afferma D iofeoride. Il perche è da credere, chefra la Gru* na di piu frette, er chefia quefta ageuolmente quella, che diceua Plinio nafeere in Attica, crin Africa : la cui midolla fi comierte prefto in un picciolo ucrmicello. E la Grana tra le donne in ufo per prohibiré, che nonfi [concino le grauide: nel cui timorela danno con buonfucceffo in poluere con la pari quantità d'incenfo mafehio in uno uouo frefio à bere. Contendo* Errore de i no i Frati commentatori di Mefite, che altra cofa fia la Grana, cr altra il Cremefino »con cuifi tingono lefete.iffer Frati cómen di Ale5 mando, che il uero Cremefìno fifa di certe granella, che nafeono per il piu attaccate alle radici deüa uolgarPim* tacori fu e. pineda, c r che propriamente quefie fon chiamate da gli Arabi chermes : & che però nonfi debba credere, chela Grana commune chiamata da i Greci cocco, fla il chermes degli Arabi: imperoche gran differenza è dal color eoe* cineo al cremefino. Ma in iteriti s’ingannano i Frati di gran lunga : percioche non ritrouo alcuno tra tutti gli A* rabiche dica quel,che efii affermano. Ma bene ho ueduto io tutto il contrario in Scrapione. percioche non intende rgli altro per il Chermes, che la Grana chiamata da i Greci cocco : uedendofi, che recita quiui tutto il capitolo,che firiue in qiteflo luogo della Grana Diofcoride. Et però nonfo con qual fingimento fi muouano à dire cotali melen fig h i quelli reuercndi Padri. Ma non però negará io, che il Cremefìno de i tempi noftri nonfi faccia con quel,che fi trotta nella Pimpinella t c r fe ben firfe i tintori,perfar la differenzi,chiamano feti tinta in Grana quella del eoe» fa Cremefìna l’altra ; non però conclude quefto contra le ragioni afregnate. Portafi adeffo unaforte di Cremejh v no nuouo dall’ Indie occidentali per uia di Spagna : la qual per effergià fatta copiofa in Italia, hafatto digran lun* gi calar di prezzo i panni difeta di tal colore. Scrijfè della Grana Galeno al v i i . delle [acuità de i[empiici, Grana ferina {°fi dicendo. La Grana de i tintori è neSc facuttì fue cofirettìua, c r amara : I’una, er l'altra di quefte qualità <1* üal. Y dtffcca


DifcorildelMattliioli

fj o Nomi.

dijfeccafenza Mordacità alcuna. er imperò è conueneuole molto alle ferite grandi, er mafitnede i-neruì. jgj.«. alcuni la tritano con aceto puro, er altri con aceto melato. La Grana de tintori chiamano i Greci, K***»/aC pivi! : i Latini, Coccus baphica, e r Granum inferior ium : gli Arabi, Chxrmen, Kermes, er C kermes ; i Tedelei' 1 Scharlach ber i j i Spagnoli, Grana para tennir, e r Grana en grano :i Trance/}, Vermidon.

D el T ragio.

Cap.

L I.

I l t r a c i o nafee folamente in Candia, confrondi,frutto,& rami limili al lentifco, quantun­ que tutti fieno minor^S: piu breui.Diftilla da quefto un liquore,come latte, limile alla gomma. J| iem e, le irondi, & il liquore applicati di fuori cauano fuor della carne le fpinc, le faette,& ogni altra cola appuntata. Beuuti prouocano l’orina ritenuta,& i meltrui,& rompono la pietra della uefeicatto gliciene per uolta la quantità d’una dramma.Dicefi,che le.caprc faluatiche ferite dalle faettefi medi cano con quella pianta rimperochc pafeendofene loro efeono lefaetteda doifo.

D i vno altro T ragio. E VNO

altro

Cap.

L 11.

T ra g io : il qual chiamano alcuni tragoceros: le cui fiondi fono fimili alla feo

lopendria. La radice e bianca,& foteile,limile alla ramoraccia. La quale mangiata coli cruda, come cocca, gioita alla difentcria. Le irondi nell’autunno fpirano odore di becco,dal che s’ha egli acquilta to il nome di T ragio. 1 Tragio,& fuá ellam.

Opinione re

prebaca.

I l t r a c i o , cheferine Diofcoride nafeere in Candia, ftmile in ognifita parte al lentifco, ciffe Plinio al x 1 1 1 . cap. del xx i . libro cjfer fìmile al terebinto, cr all’ultimo capitolo del xxvi u lo fece in ognifua parte[ì* inde al ginepro. Il che dono ¡Ira non hauerlo egli conofciuto : ma hauernefcritto fecondo l’opinioni di diuerfi ferii ton , da cui catto egli quello, che nefcriffe . Quefto a i tempi noferi, ch’io feppia , non jlporta a noi ; er però non nefo dare altra cognitione. Quello della feconda feerie è da giudicare piu prefeo efferc herba, che arbufcello niangiàdojila radice cefi cruda,cr cotta,er effendo/ìmile alla ramoraccia. Ma non ritrouo chi mifappia mofewè alcuna pianta, che produca le/rondiftmili allafcolopendria, che i Greci chiamano afelenc, cr cetrachgli A rèi, c! ? . labbia odore dt becco. Ne peròfo io affermare, chefìa quefto Tragio quella uoìgar pianta chiamata fa c i Pimpinella, er da chi Safeifeagia hircina, quantunque uift fenta l'odore del becco acutifim o , cr «ero : impc* roche le/rondi non corrifeondono à quelle dellafcolopendria, ne è appre/fo ad alcuno ilfuo ufoperla difentcria• ma benperprouocare l’orina, er per aprire Voppilationi. Equefea p i m p i n e l l a * due feerie , magi

PIMPINELLA MAGGIORE.

P I M P I N E L L A M IN O R E .

i


Ne 1 quarto lib .di Diofconde.

5-31

giorccio è j CT minore. ¡.¿Maggiore produce la radice lunga, confondi aliintorno intagliate. ifnfli fono qua* ¿réti, er »fiori nafcon) in ombrelle piccioli], cr bianchi. La minore poifa ifttjii ro\feggumt,cr le fon d i mino* tijion coft intagliate, ma ben per tutto minutamente dentate. Amendue hanno odore di becco. La radice, in cui ftà U uirtùjimoftra ejjer calda, er fecca nelfine del fecondo ordine, onero nel principio del terzo. Vale per mon* dificare le reni ,c r la uefcica : cr però prouoca marauigliofamente /’ orina, cr caccia fiori le pietre, cr le renelle. Uficco frem uto dalla radice gioua beuuto con nino à i ueleni, cr parimente al morfo de i uelenoji ¿nudali. Il per che damoltifiloda nonpoco contralapefie. L ’altra Pimpinella poi, che noi Sanefi chiamiamo Solba s rar.L* l Aj conofciuta da tutti per effere in commune ufo nelle infialate,c neramente da cjitefia nelle turtufue molto dtuer * fa,quantunque nelle fiondi fieno affai fim ili. lmpcroche al güilo dimofira bauere non poco del coiìrcttiuo,cr uifeo 11• fio. lì che nefa chiari, che le facultafuefieno dirijlagnare ,c r di coftipare. c r perdedla cfficacißima nei fluf i del weStruo, nella difinteria, ne flufii d’ogni forte, cr ne i nomiti colmcbi : consolida le firite, cr Í ulcere. b\ct* ufi negli unguenti capitali, cr parimente in quelli, che fi preparano per i cancan. Q netta lo.lana ntarauigliofa* mente il Corte medico de tempi noflri dottißmo, per le fèbbri peñiltntiah, cr contagiof i . Alcuni uogliono, che fia la Pimpinella la Elatine. Ma per quanto io mene perfilado,fono in manifèsto errore,per le ragioni dette di[opra nelfio proprio difeorfo. Scrijfi del T ragio Galeno aWv 1 1 1 .delle faculta de[empiici, cofl dicendo .Lefiondi, ilfuño ,c r la gomma d d T r agio, hanno uirtìidi digerire , c r di tirare. Sono compofie diparti f it t ili,c r imperò calde nel principio del terzo ordine. La gomma tirafuori lef i n e , i bronconi, c r ogni altra cofa appuntata, che fuffefitta nel corpo ■ rompe le pietre, c r prouoca i meftrui,quando f i ne bcue il pefo d'una dramma. ina najce fo* lamente in Cretifimi le al lentif i o . L'altro affai minor di questo fi uede in molti luoghi, confond i filmili allafiólo* penùria. il quale è non poco coftrettiuo : il perche fi conuienc affai ne i flu fii . Nafte ne i monti, & luoghi precipi lofi. Chiamano l’uno e r l’altro Tragio i Greci, T ’fd y im i Latini, Tragitm. 1

D el Trago.

l u i

Pimpinelle & loro tu,& umu‘

sdbaftrelU «uuewno!*

N um i.

.

Cr del monte Argentaio in Tofcana,con tutte quelle[mbianze,che gli diedero i fuddetti authori. Galeno per quan lo io me ne reggia,ne i libri de i[empiici non fice del Trago memoria uerutia. Chiamano i Greci il Trago, Tèpayot, N o m i. Cr Zitopvisc: iLatini,Tragus cr, Scorpio.

Del G iunco. i#

s

I I g i v n c o è di due fpetie. uno>chc fi chiama Iifc io :& l’altro acuto,per eiferc egli bene appun­ tato in cim a. Di quello fono parimente due fpetie . uno iterile :& l’altro che produce il Teme ne­ ro , & ritondo quello c piugroifodi canna,& piucarnofo . Enne una terza ipetie chiamato Y a oiofcheno, oiofcheno


DiicorfìdclMatchioli GIVNCO.

olofeheno, piucarnofo, & piuafpro de i predetti-jj quale produce in cima il fuo Teme limile all’altro I| fc me d’amendue arroftito, & beuuto con uino inacqua .to .riftagna il c o rp o ,& i fluivi rolsi delle doune:pro] uoca l’orina,& fa dolore di teda. Le frondi tenere pju propinque alla radice s’impiaftrano utilmente à i mor. fidi quei ragni .ch e li chiamano phalangi. l! femedell’ethiopico c tannifero ; & imperò è da olferuare nel darlo un certo modo.accioche non facclfe dormire ol trcaldouere. tq

Giiieo, & fui

edam. Giunc-o ferii co d i Gal.

Not»?.

I o, i v n c h i fono notißimi a ciafcuno, cr ueggofene in Italia appreffo aü’acque tutte lef\>etie, che in queßo luogo ne ferine Dicfcoridc. Scrijfcne Galeno ¡di’v i 11. dellefaul* t i defemplici,cofidicendo . D e i Giunchilifciné unafrette, che)i chiama oxifcheno$;&. una altra chiamata oligofehenos. Il piu fcttilc, e'I piu duro c l'oxifcheno ; cr il piu groffo, cr arridenoie t oligofchc no. Il frutto ddi'oligolcheno fa dormi r e . Sono di quello, che fi chiama oxifchcno, duefrette ; una¡le rilejaquale c di niun uaiore in medicina : cr l'altra chefa il fe lP me,utile parimente perfar dormire,ma non cofr efficacemente, comefa quello ddf oligofeheno : quantunquefaccia però noia alla tejld. dritto l’uno er l’altro,cr pofeta bevuti ceti uino,ri (lagnano ilftuffo del corpo,cr pariméte de i mcflrui roßt. Dal che fi conofce chiaramente,che'l temperamento loro è d’unaef jenza terrena leggiermentefrigida, cr d’un a acquea leggier• ' mente calda: di modo che poffono diffectare le materie infirio ri,cr trafrenare al capo fenjltiuametefi igidi vapori,da i qua li fi caufa il fm n o . Il Giunco chiamano i Greci, S^otwr : i Utini,lunctts;gli Arabi, Dis: iTcdefchi,Bintzenfchmelen: 1° !li Spagnoli, lunco : i ¥rancefi,Iunc.

Della Lichene.

Cap.

L V.

L a l i c h e n f . , la quale è familiare de i fafsi, chia­ mano alcuni b rio n . Attaccali quella alle pietre irrora­ te dall’acque.come fa il mofeo. Riilagnaimpiaftratai flufsi del lingue : fpegne le infiammagioni, Se fana l’im petigini.Applicata con mele.ualeal trabocco del fiele, & prohibifcciflufsi,chefeendonoalla lingua, & alla 4® bocca. L a l i c h e n * ( fecondo che tengono ipiu dottifem plictfti ) è quella, che chiamano gli frettali Hepatica, cr chii (tu edi. maronla i Greci Lichen, per curare ella le uolatichc, le quali chiamino cßi lichene. Le frondifue fono cartilaginofe, grafi fette, appreffo le radici f r e t t e , c r larghette uerfo la cima,in tagliate in tre,onero in quattro parti,attaccate alle pietre,otte rifuda qualche rapollo <tacqua : difotto alle quali efeono alai ni fv ili celli, da i quali nafeono alcuni piccioli capiteUi,flella« 5® ti,e tmaßime nelmefediGiugno.Plinioal m i. cap. delxX v i .libro fece memoria di due frette, cofì dicendo. La Lichene herba nafee in luoghi faßoffco unafrondefola, larga appreffo aUd radice: c r produce unfol fufio picciolo,cr fiottile,dal qui le pedono alcune lunghefrodi. Enne anchora una altrafrette, la quale s'attacca infu le pietre,comefa il mofeo. Quefta mef fa in fu le ferite,cy pariméte in fu le pofieme,ui rifiagna il fluì fio delfangue : c r fattone lettouario con mele,fana il trabocco difiele . Mi coloro, c h e f curano per quejìa uia, lìfogna, chefilauino con acqua falata,fi ungano con olio di man* Polmonarie d o r ìc .u s'nficngano dagli ¡¡erbaggi. Similealla Lichene nafeefopra lequercie,cr altri alberifaiuatichi nei & loro ¡litto­ fólti bofehi una altra pianta mofcofalcr piu larga, arida, cr fecca,di fopra di colore ucrdc,cr gialla difotto,mac» ria . d ia ti a alcuni putidi modo chefi raffi mira ì un polmone hurnano: et però dimoiti è chiamati P u l m o n a r i a . ' 1 VfanU Lichene, &


Nel quarto lib. di Diofcoride. P O L M O N A R IA .

iO

io

Della Paronichia.

■ m Vßinla alcuni, confidandoli ßrfe molto piu nel nome,che nelle [acuità proprie, nelle ulcere del polmone, c r ne gli Jpun del f angue. Alcuni altri la lodano per confolidare le ferite,per Cui cere delld'membra genitali, cr per ristagnare amendue t fiußi delle donne,nel che predicano fjftrc effxacijiima ; & parimele nella ¿finteria,cr neinomiticolcricht. R itrouajianebora feconda?*"* di Polmonaria una altra ¡fette da quella digrà lunga dipintile: ■ '.! la quale nafee in luoghi opachi con pondi affai fintili alla bor* ragine,ruuidc, peloje, cr tutte macolate di bianco, difapore proprio di borragine. Produce ilfuflo nel principio di prima* uera, cr in cima di quello i fiori pauonazzi fìmilu quelli della uolgar cinoglcf[a.A quella parimite attribuìfeono i peritifem pliciÙi uirtù non mediocre per confolidare ¡’ulcere del poiino ne. A l che , er parimente per riftugnare li fiu ti del[angue,mi hadettohauerlaprouatapiu uoltecon filicifiimo fucct'jfo M. Giuliano da Maroliega medicoprouifionato in Ciuidalc di A« ftria facendo firopo del Cucco di quefla kerba con zuccaro, ri­ dandolo pofeia a bere con l ’acqua lambiccata della medefìma » Fece della Lichene memoria Galeno al v i i . delle facuita de i Lichene ferii [empiici, cefi dicendo. La Lichene,che nafee ne i[aßt, è uera* cada Gal. mente come un mofeo; mafi può connumerare giufiamente tra le piatite. E fiata cofi chiamata per curare ella le lichene. Ha uirtù afierfiua^t poco refiigeratiua,ma ¡’una cr l’altra di que üe dijfeccatiua. L’afterfiua,cr diffeccatiuaha ella dalle pietre, Cr l'infrigidaùua dalla acqua: imperaci}'ella nafee nelle pietre humide, che hannofaftidiofo odore. Et però offendo compolla di tali qualità,confirifce ella à i flemmoni. Ma fe ella cofirifca a i fiußi del[angue, comefcriue Diofcoride,io non lofo affer* mare. Chiamano i Greci la Lichene ¿Latini, Lichen: Nomi, gli Spettali,Vlcpaticaigli Arabi, A z e z aifachcrti Tedefcbi, Stein leber kraut,er Brunnen leber kraut : li Spagnoli,Hepa* fica, er Figadella :iFranccft, Uepatiqut, er Pourcorau.

Cap.

L V I.

L a p a r o n i c h i a spicciola pianta, ehe nafee in fu le pietre,limile al peplo,ma manco lunga, Se ha le frondi m aggiori. Quella pcfta , & applicata c il rime­ dio delle paronichie, & faui delle dita.

■“

Ì°

N a s c e r Paronichiaper tutto,con frondi apprejfo alle Paronichia, radici monde,cr maggiori di quelle del peplo;ma in cimafono & fua edam. minori, & fìmili molto à quelle del peplo . Il fufto non è cofi lungo , ne cofi groffo, ne meno ui fi ritroua il latte, come fifa nel peplo. Copia infinitafe ne uede nella gran fclua,che fi puffi nel uidggio per andare da Lubiana à Goritia ,fu per li fa [i,cr Paronichia tronchi degli alberi fecchi. Scriffene Galeno all’ v n i . delle feruta da (sa facilità de[empiici,cofi dicendo. La Paronichia è cofi chiama ta datleffetto, eh’ellafa nella medicina : impcroche fitna (come dice Diofcoridefie paronichie delle dita,cr parimele i faui.La uirtù fua è campofia difonili parti. DiJJccca fenza mordacità alcuna . imperoche cofi bifogna che fieno quelle coféjchefina* no le paronichie. T ale adunque effer dette il medicamento atto à tutti i morbi,cue fia kifogno di digerire. Imperoche tali fono quelli, i quali e¡fendo calidi, c r fecchi nel terzo ordine, come è quello,fono d'una effenza di fot tilt partì. Chiamano la Pa* roniebia i Greci, Tlupmuyja; i Latini, Paronychia.

DelChriiòcom e. io

Cap. L VI I .

I l c h r is o c o m e crefce all’altezza d’una (panna: la cui chioma è corimbacea, fimile all’hiffopo. ha la radice pclofa,lottile,limile à quella dell’hellebolo nero;di fapore al gufto non difpiaceuole,&affai limile al cipero ,c io ù con ima certa dolcezza Y 3 aulìero. r

i


5^4

Difcorfi del Mattinoli

auftero. nafce in luoghi opachi,& fa/Tofi. Elafuaradicecalida,&coi/rettiua, conuenetiolc alle ' fìammagioni del legato,& del polmone.Togliel» cptta con acqua melata per prouocarclc puroar ni delle donne, b 10 Cbrifoco-

me, Se fu» eli'. Nomi.

1 L c h r i s o c o m b non ritrono io chi fino à queflo tempo mifappia dimoflrare. Et imperò lo ìafeùre* moda parte in quel giardino della natura>che fi [erba eUa d’incogniti[empiici, per nonfi prillare d’ogr.i cojà, & farne noiflgnori, fin tanto chefi faccia egli noto ò à me, ò a i altri. Chiamano i Greci il Chrtfocome ,K p in K/a un : i Latini, Cbryfocome.

D el Chriiogono. li

chri

so

cono

Cap. L V 1 I I .

«

è folta pianta, le cui frondi fon fimilià quelle delia quercia, & il fiore fimi

le à quello del uerbafeo coronario.produce la radice fimile al rapo,& di dentro è rofsifsima,& di fu0 ri nera. Quella trita,& im piaftrataconaceto,conferilcealm orfo del topo ragno. Nomi.

I l c h r i s o g o n o [e d'altronde non fi porta ne i giardini d’Italia, reflarà anchora egli incognito à noi, come tutti gli altri,che ci afeonde la natura nel [no [ecreto giardino. Chiamano il Cirrogeno i G rect.K fiffi w ; i Latini, Chrijogonum.

D ello Helichriiò.

Cap;

LIX.

L o H E L i C H R i s o , ilqual chiamano alcuni chri fanthemo, & altri amarato,dì cui coronano le ftatuede gli dei,ha il fuño diritto,bianco,uerdcggiáte, & fermo: fu per il quale fono le frondi ftrette,limili all’abrotano, diftinte tutte per interualli.Producc la chioma ritouda, di colore d’oro,ridotta in ombrella,come di Lecchi co­ rimbi pendenti,la radice è fotttle.Nafce in luoghi afpri, & nelleriue,& letti dei fiumi. Giouala;fua chioma beuutaconuino al morfo delle ferpi, alle/cianche,alle di- J? ftillationi deH’orina,& ài rotti : prouoca i meftrui. Bc* uuta con uino melato rifolue il fangue apprefo nella ue fcica, & parimente nel uentre : beuuta medrfimamente da digiuno in uino bianco inacquato a} pefo di tre obo li,prohibifce ¡1 catarro,che feende dal capo. Metteli nel Jcueftimenta, accioche le confcrui dalle tignuolc. Helich ri Co, & fua eflam.

Errore del Puchfio, j

Helichrifo ferino da Ga

Seno.

Amiràco por poreo, S i fua

hiflona. ¡

N a s c e l'HelichrifoabodanteméteinTofcananeiprati magri, per li terreni non coltinati, per le colline, cr fìmilmnte al magro in [u la rena[af[o[a de i fiumi. Crefice all’altezza i ’tm gombito,con frondi d’abrotano,compartite per interuaUifu per il fuflo ben diritto,cr [aldo: nella cuifommità c una ombrella di color d'oro,fimile nellefattezze fue a quella del uolgare mille* fòglio, cr di quello eupatorio, che [crine Mefite. Il colonici quali fi conferua, dapoi che fon fecchi i fiori, affai in lungo : cr imperò il uertio nel mancare de i fiori, s’ufano i fecchi deh'Heli­ chrifo, come quelli deli Amaranto, il quale chiamiamo Eioruel* lu to . Il Fuchfìo ne i fuoi dottificmi commentarij deU'hifloria delle piante lo dipinfe confiondi'/imiti all'echio ,fim cfi, cr con fiori neramente poco confórmi al uero Helichrifo, il quale non 5° produce piu d’una ombrella perfuflo : c r però credo chcdigran lunga s’inganni. Sniffate Plinio à xxv.cap. del x x i . libro, cofi dicendo. L ’Helichrifo, il qual chiamano alcuni chrifantemo ,ha i fufti bianchi, cr le fiondi bianckiccie filmili d quelle dell’abrotano : la cui ombrella è piena di pendenti corimbi, che mai non fi putrefanno. Quando uienperccfja dai raggi delfo le , rifilenie comefuffej’oro :la onde fi cefi urna di’incoronarne gli B ei • Il che congrandifiima diligenza offeruò Tolomeo re d’ Egitto. N afee tragliflerpi . BeU'Helichrifo fice memo• ria Galeno [otto il nome d Amaranto nel v 1. libro delle[acuità de [empiici,con qitefte parole. L ’Amaranto ha uir tu incifìna,cr dijfeccatiua. Prouoca lafua chioma beuutacon nino i mestrui : cr crcdefi-.ch’etia poffa anchora dis* fare il [angue congelato non filamente nelloflcmaco, ma anchora nella uefcica : maati’hora bifogna berla piu pre» fio con uino melato. Bifficca beuuta femplictmcnte tutti i[ u f i , ma nuoce allo fiomaco .Tutto queflo dijfe Gale* no. Ma bauendondi Helichrifo chiamato Amaranto tanto da Galeno,quanto da Diofioride, ridotto à memoria I'a m a r a n t o porporeo¡chiamato da noi in T ofiana Ticruetiuto, non mi pare di !afilare di non recitarne l'bifloria, V parimente le uirtù : cr mafiimamentefapendofi quanto flagrato allefanciuUette uedcrfelo in fu le fi* .0 ' ì 'f ttèfire


Nel quarto lib. di Diofcofide. AM ARANTÉO.

io

10

ncttrefiorito, per poterfeloferbar[ecco il tierno( perciochc mai non perde ilfuo uiuido colore)per le ghirlande,quàdo tut ti i giardinifono priui difiori. Quello panni, che defcriueffi Flinioall’v 11 i.c apodel x x i . libro,conquefteparole. Mani fidamente fiamo uinti dall’Amaranto. E egli piuprejiofiìca porporea,cbe fiore alcuno : cr ancho effo è fenza odore. E co . fa marauigliofa, che ei fi goda etejfer colto ,’per riuafeer poi piu bello. Yiorifceilmefe d’Agosto,& dumper tutto l’autun no. Il piu (limato è l’Alejfandrino, il qualefi (erba colto. No» è seza marauiglia,che dopo al disfiorine di tutti gli altrifiori, mejfo in mollo nell'acqua ritorna uiuo, crfajfene gh irlande il uerno. La maggior fua natura enei nome,cofi chiamato per• che non s’infracidifce. Tutto queflo dell'Amaranto porporco fctijfe Plinio.E quefio(per quàto dicono alcuni modcm)di na tura frigido,cr ficco. Onde può ilfuo fiore beuuto giouarc ì i flufiiftomachali. Riftagna i mcltrui tanto rofii,quanto bian chi.Vale àgli fiuti delfangue,cr mafiimamente ouefuffe rot ta qualche uena nel petto, ò nel polmone. Chiamano i Greci l’Hclichrifo, R'hlpgyroy, © ■ £W*;gww; i Latini, tìclichry* fum, cr Heliochrifum.

D e l Chrifanthemo.

3?

CHRISANTHEMO.

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Cap. LX.

I L c h r x s a n t h e m o , il quale chiamano alcuni caltha,& altri buphthalmo,è vnaherba tenera,iVfolta, che produce i fuoi furti lifci,& lefrondi minutamente intagliate.fono i fuoi fiori fopramodo fplcndenti.d'un colore,che nel giallo folleggia,di forma limili alla ro­ tondità dell’occhio,onde s’ha egli prefo il nome di bu phthalmo .’nafee attorno alle muraglie delle cartella. Mangiaufi i fuoi furti,come l’altrc herbe de gfi h o rti. I fiori triti, & incorporati con cera ( fecondo che fi di ce ) rifoluono quelle pofteme, che fi chiamano adipine. Giouano al trabocco di fiele facendone pretto an­ dar uia il mal colore,fe dopo al lungo ufo del bagno fi Chrifanthebeuono,quando fe n’efce fuori.

nio,& fua eff.

40

Jo

io

Q v a n t v n q j / e fieno alcuni, chef i credano, chc'l Bupthalmo,e’l Chrifanthemofieno una piata medefima, per la pari corrifiondenza,chefi uede tra loro ; nondimeno confide randofi alcune particolarità dell'uno, cr dell’altro, pare che ageuolmentefipoffa credere, chefieno piante (una differente dall’altra. Il che iimoflra primamete Liofcoride,per bauerne fatto due particolari capitoli, l'uno prima nel terzo, cr (al* tro pofeia qui nel quarto libro, percicche quello no haurebbe fatto egli,fi no hauejfe ueduta tra loro qualche differenza: la quale fi conofce,per dire egli, che’l Bupthalmofa le frodifimi lì alfinocchio,le qualifono capilUrhcr il Chrifanthemo mina tamente intagliate. Oltre a ciò diffe, che ifufiì del Chrifanthe mofi mangiano ne i cibi, come gli altri herbaggi degli horti. II chefi tacque prima del Bupthalmo, i cui fiori rafiebrò egli àquelli detta camomilla :ma nonperò gli raffembrò quelli del Chrifanthemo,il' qualeferiffieffereuna herba tenera,cr fólta: il1,che non recitò in quella del Bupthalmo. Oltre a ciò parlane do delle uirtù,cr cperationi lorojijfe che i fiori del Buphtbal mo triti con cera,rifoluono i tumori, cr le pofteme dure,pam landone uniucrfalmente, cr affermatiuamente: cr pofeia dici ua, che ifiori del Chrifanthemo incorporati con ceralficondo che fi dice) rifoluono quelle pofteme, chefi chiamano adipine, Cr da i Greci fieatomata, parlado particolarmente,cr dubbio famtnle. li che mifa credere, che imaginandofì alcuni degli antichi


j j(j ¡t0|0 del Chrißnche*mo ridotto «1utro íenfo,

Erro« del ue 10 *

Nomi.

Difcoril del Matthioli

antichi Greci , che fufftro il Buphthalmo, e'I Chrifanthemo una cofa medeftma,habbiano qui tramortito tutto quel lo,che del Buphchalmo fcriffc net terzo libro Diofcoride; comefi uede effere tiato fatto della ruta faluatica er dell' klherlco' ^ parimente dell'afaro,et della baccbari. Il perche direi io, che in quefto modo Ji doueffe leggere il capì t0‘ ° ^ Chrifanthemo in Diofcoride . II Cbrifmthemo è una herba tenera, e r ß lt a , che produce ifuflihfci , er /<• fond i minutamente intagliate : i cui fori fono d’un colore, che nel giallo roffeggia ,fopra modo fatendenti. Man* gianfi ifuoifufti come gli altri herbaggi degli horti. I fiori triti con creta ( feconda chefi dice ) rifoluono quelle poterne,che chiamano teafomata, ciò e aaipine. Cofi adunquefi dimcftra effere rimejfo il Qbrifaiithenw nellafua nera htftoria: la quale chi ben confiderà, moho fi ritroua diuerfa da quella del Bupht ballilo. Ho veduto ioil Chri* fanthemo abondantifiimo nel territorio di Monte nero caftello della nojlra magwficentißimd città di Siena,del tut» to fimile alla riformata hiftoria qui notata da noi. il quale fi mangiano cotto i noftri contadini, come Jì mangi-no io le bietole,gli jfina cifil cauolo. Ala il Buphihalmo, il qual prima non haueua ueduto(coms trattando di lui difiidi foprafnifu poi mandato da Padoua dall’eccellente medico,et mio comefigliuolo dilettifimo M.Giouanni Odorico Melchiori Trentino; er dipoi anchor da Pifa dall'eccellentifiimo medico AI.Luca Ghini,cò tutte quellefemiiinzc che fig li epuengono. 1/ che mi dà ardire d'affermare piu certaméte,che l’hiftoria del Chrifanthemo fia ñata nò poco alterata Diofcoride. Farmi oltre à ciò che nel Chrifanthemo manifijlamente s inganni il Yuchf.o nel fuo dottifi mo volume dell'htftoria delle piante,credendoli chef a il cbrifantbemo quella¡fette di ranuncolo, che nafee nepra* t i , con fiondi d’apio, er fiori gialli. Imptroche affa 1 da quefto è differente il uero chrifanthemo. del quale non ri trouo io memoria alcuna apprejjo à Galeno ne i libri, che trattò egli delie facultà de femplici. Chiamano 1 Gre• citi Chrifanthemo,XùurarSepccy :i Latini, Chryfantemum.

10 A G ER A T O .

VN’A L T R O A G E R A T O.

}t

Deli’Agerato.

Cap.

LXI.

L o a g e r a t o è folti pianta.alta una fpanna> Templi«,bafla, m olto fimile all’origano. Produ ce una ombrella,nella quale fono i fiori fienili à bottoni d’oro,minori di quelli deH’hclichrifo. N c per altro ha egli tal nome d’Agerato,fc non perche conferua lungo tempo il fiore nel fuo colore.il la decoicionc fuacalida m olto. L’herba applicata in profumo prouoca l’orina, Se mollifica le durezze della madricc. A»erato & N A s c f. f Ageratocommunemente per tuttaTofcana, con fioriti, eyfvfti d'origano : quantunque fiaFom* 6« fua effami! brella fua piena di minuti, er aurei fiori, filmili à quelli dcll’helichrifo. Qnefta pianta prefe Mefite per l’Eupa• torio, come piu diffufamente nel difeorfo dell’eupatorio è flato detto di fopra. L ’Agerato chiamano le noftre don•

,

>

neSetieli


Nel quarto lib. di Diofeoride. „e Senefiherba Giulia.

Serijjène brevemente Galeno a l v u M e fatuitàde i[empiici, cofi dicendo, uà l'A»> Aerato (cric

evito uirtit di digerire, e r di rifolucre leggiermente le injìummagioni Tir : i Latini , Ageratum

Della Verbenaea.

Chiamano i Greci ÌAgerato , A ’yifa.

Cap.

Nomi.

LXII.

L a v Ie r s e n a c a , la qual chiamano i Greci peri ftereon , nafee in luoghi acquaflrioi. Pare che s’habbia ella prefo quello nome per cóuerfarc uolentieri le colò be,oue nafee. E pianta alta una fpanna, & qualche uolta maggiore: le cui frondi,le quali procedono dal fullo,fo no intagliate,Se biächiccie. Trouafi quella herbafpeife uolte hauere un fol fililo,& una fola radice.Credefi,che le frondi incorporate con graffo di porco frcfco,oucro có olio rofado, & pofeia impiaflrate,leuino i dolori del la madricc. Impiaflrate'con aceto,fpengono il fuoco fa e ro , & fermano l’ulcere putride, & corrofiue. Saldano leferite,& conm ele cicatrizzano l’ulcere uecchic.

D ell’Herbafacra.

Cap. L X I I I .

L a h e r b a s a c r a chiamata da alcuni periflcreon,prodiicc i ramufcelli alti un góbito,& qualche uol ta maggioretti,& riquadrati, ne i quali fono le frondi di ftinte per internali! limili à quelli delle quercie,ma però m inori,& piu flrctte, fe ben come quelle intagliate, di colore alqndto ccruIeo.La radice c lunga,& fottile.I fio ri fono porporci,& fiottili. Le frondi beuucc con uino infieme con la radice,& parimente impiaflrate, uagliono a i morii delle ferpi.beuute al pefo d’una dramma in una hemina di uino uecchio,con tre obolid’incenfo quaranta giorni cótinui da digiuno,uagliono al t raboc co di fiele.mitigano impiaflrate le pofleme uecchie, & le infiammagioni:& mondificano l’ulcere fordide.Rom pe la decottione di tutta la pianta gargarizata, le crofle del gorgozzule: & ferma l’ulcere corrofiue della bocca. Dicefi, che fpargendofi della fua infufione ne i luoghi de i conuiti, rallegra i conuiuanti. Dafsi>1ter zonodo dclfuo fufto numerando da terra in fu, con le frondi,che ui fono appreffo,per la febbre ter zana: e’1 quarto,per la quartana.Chiamanla herba facra, perciochc s’adopera molto nelle purgationi 40 deiluoghij&pcrfofpenderfiAperportarfiaddoflb. C h i a m a s i in tofianala Verbenaea, Veminacola, er dltriluoghi ¿Italia , Bcrbcna. Della quale, come manififtamentefi uede per li fopraferitti capitoli,nefono due frette : tra le quali non è altra differenza ,fe non che una produce i fuoifufii diritti, con radefiondi : er l'altrafrarfi uerfo terra,er piufiondofi. He nifi ritro* uà altra differenza di fiondi, ne di fori,come s’imagina il Buchf io , huomo altrimenti de notiti tempi dottifiimo : il quale nelfuo maggior ttolumè dell'hifioria dette piante diffe, cfielaVerbenacaretta faceua il fiore giallo, liehe non ritrovo io, che diceffe Diofeoride, ne Plinio : il quale al 1 x . capo del xxv. libro ne fcriffe, cofi dicendo. So ■ no di Verbena duefrette, unafiondofa , la quale chiamano fimina : e r [altra con piu radefi-ondi la qual chiamano mafehio. I rami d’amenduefono affai, foltezza f un gombito,fiottili, er riquadrati. Le fiondi minori di quelle Jo della quercia, piu fr e tte , er maggiormente intagliate. Il fior glauco , ciò è, che nel celeste biancheggia. La ra• dice lunga, er fiottile. Nafeonoper tutto, nelle pianure, er ne i luoghi acquaflrini. Sono alcuni, ehe non le diftin* guano : ma nsfanno d'amenduc unafola fretie,per hauere lemedefime uirtit l’uno,che l'altra. La qual dottrina di• moftra, che manififlamentefi fio ingannato il Puchfiojeguitando firfeil BrunftIfio : il quale nel fuo herbario di» pitifeper Verbena ¡emina, quella pianta, che volgarmente chiamano alcuni Catoncello, er altri Spellicciofa : non *ccargcniofl,chc quefta è I'Erigeron, ouero il Senecio fcrittone nel proceffo di queflo libro da Diofeoride. Gale» nofapendo.che non era tra Tuna,gy f altra gran differenza, nefcriffe breuementefitto una fila fretie, cofi dicen• do. Il Perifiereon ¿fiato cofi, chiamato per conuerfare, oue ella nafie, le perifiere, ciò è le colombe. la cui uirtit diffeccatiua è cofi ualorofa, che può consolidare ageuolmente le fin te .E t al 11. libro delle compofìtioni de medica mentifecondo i luoghi, trattando della cura del dolore del capo antico : La Verbenaea retta ( diceva ) leua piu che io ogni altra cofa il dolore del capo, er firtifica il membro, er maßimamentc la uerde : quantunque anco lofaccia la ficca con le radici cotta nell’olio infieme confirpoüo. 1mmo che la ifteffa Verbenaea cotta perfe fola nell'olio, er ungendonepofeia il capo curaogniantico dolor di tefia caufato dafrigidità, e r dagroßi tumori. Chiaitta'iio i v

.

Greci

«a, ¿’A

Verbenaea, &

Fuchfio* *

Verbenaea

fcritco da Ga ltno-

Nomi,


Difcoril del Matthioli Greci¡4 Verbenacd prima, n tpiwiv v, er TUpietptòv tpàvc : cr la feconda, I'«e* £<>rcm, er ns?«epia>Y v * « . latini U prima, Verbenaca retta : gr l'altra , Werbsnaca fupina ; iTedefchi, Eijen hraut.

D ell’Aftragalo,

Gap.

L X11IL

Lo as tragai oc unapiantaporo altadsterrale cui fiondi,& ramufcelli fono limili àcjuelii dei ceci produce il fior porporeo,& piccio!o;&laradice riron­ da .grande,come quella del rafano, con altre radicate attorno, ferme,dure, nere& intiigate inlefteliecome corna,al gufto coftrettiue. Nafce inluoghi ucntofi op„ chi, & douc lungo tempogiacela neue. Trogateneco piainMemphi d’Arcadia. La radice beuuta nel uinofi. itagna il corpo: prouocal’orina, polucrizaii lecca fepxa l’ulcereuecchie: riftagnail fanguc. maètanto dura, che malageuolmentefi peifa, Adagilo, (i fna,eiiaw.

Adragai* fcritto da Ga leno.

Nomi.

N a s c e £A frugalo coptamente nei monti della tulle Anania, con fiondifìmili à quelle de i ceci, confiore Porporco, er radicefimtle al rafano : dalla quale procedono piu radicate *® intrigate in fe itefie . Il perche partiti, che concordandofi con lafrittura di Dtojcoridejlpojfa ageuolmente dire,chefin que* da il nero A f rugalo. Scrificne Plinio diuerfinente da Dio;fo ride a v v i t i . capo d e lx x v i. lib. cofì dicendo. Ila [Afraga, lo lunghefrondi, er molto intagliate, ritorte appreffo alla rj« dice. Produce tre ,ouer quattro fu fli , tutti pieni di fronii :il fiore di hiacintho : le radici capigliofe, er intrigate infe Beffe, roffe, cr molto dure. Nafce in luoghi aprichi, fiffofi, er ncao* f i , come è tl monte Pheneo d’Arcadia. Scriffene Galeno al vi.

dellefacuità de i¡'empiici, cof dicendo. L’ a B rugalo è picchia i? pianta, le cui radicifono coBrettive :er peròfi comumeratra c/uelle cofe, che ualorofamente diseccano. Imperoche confoiiia l’ulcere uecchie>er rif agita if.ufii del corpo, quandofi beno* nolefue radici cotte nel nino. Nafecne affai nel monte Phenea tArcadia. Chiamanoi Greci l’ Adragalo,A'cpdya.t.a(iiLa, tini, ABragalus.

D el Hiacintho.

Cap.

L X V .

I l h i a c i n t h o ha#ondi di bulbo : & il fullo alto unafpanna,lifcio,& piu fintile del dito picciolino, di uerde colore :lacui chioma fi riuolge uerfoterra, pie nadi porporei fiori. produce laradice cipollina. Laqua lefi crede,cheapplicata infu’l pettinecchio ài fanciulli, non ui lafcianafccrei peli. Beuuta riftagna il corpo.pro uocal’orina : & giouaal morfo di quei ragni, chefi chia mano phalangi. Il feme per hauereuirtiì piucoftrettiua, riftagna i fluisi ftomachali,&mondifica beuuto conui* no il trabocco del fiele. Hiacintho,& fu» eliam.

N a s c e il Hiacintho uniuerflmente nei campi per tut» te le càpagne tra le biade,confiondi, er radici cipolline :fufo alto una¡panna, fittile, lifeio, er uerde di colore. Fiorifie al* lafine di Marzo, er nel principio d’Aprile, quandoporifeono le uiole, Produce la chioma da rnezo ilfufio infu tutta piena di porporeggiamifieri, che nel maturarfi s’inchinano à terra, © * duranuifufo affai tempo, auanti che disfiorifiano. InTofcana nonfpendoft altro nome, fi chiamano Cipolle canine,ouerofai* umiche : er ricolgcgh i fanciulli n ello fiutare fuor della terra, per il loro bel colore. Ma è qui dafapcre, che queBo no è il Pia ambo,chefiriuono i poeti ejfere nato del fangue d'Aiace, dotte fintrouano ancborale lettere delfio nomeferiite . pcrciocht

quefi»


Nel quartolib.diDiofeoride.

j 55»

¡¡utfto (fecondo lefattole loro jproduce unfiorerojjofiimle algiglio. FecedelHiacintko memione Galeno al» Hiacintho (vil i .dettefacullà de i[empiici, cefi dicendo. La radice del Hiacintho c cipollina, fecca nel primo ordine, er ieritro da Ga frigida nettafine delfecondo, onero nel principio del terzo. Il perchefi crede, che impiaftrata à i fanciulli, prò« lcuo. hibifcail nafeere dei peli attorno atte membra uirili. Ilfio frutto è leggiermente atìerfluo, er coftrcttiuo : er pc= rófi dà egli à bere nel nino al trabocco delfiele. Dijfccca nel terzo ordine, er ritrouafi i]uafitralacalidicà,vU Nomi. frigidità mediocre . Chiamano i Greci Hiacintho, Y ’tutnfa : i Latini, Hyacinthus : i Tedefchi, f/lertzen bluo* mtn: li Spagnoli, Maya Flores : i Francefi, Vaciett.

D el Papauero faluatico.

Cap.

L X V I.

Jx. P a p a v e r o faluatico, il qual fi chiama thea, nafee la primauera nei campi, con fiore del tutto caduco,dal quale ha egli preio il nome appreflo à i G re c i. Sono le fue frondi limili alla ruchet ta >ouero all’origano.ouero alla cichorea,oucro al chimo : ma piu lunghe,intagliate, & ruuidc.il f i l ­ ilo è come un giunco,diritto,alto un gom bito,& ruuido.il fiore è limile all'anemone faluatico, rofr fo,& qualche uolta bianco; & il capo lunghetto,ma però minore dcH’ancmone.U feme rolfeggia ; la radice è lunga,bianchiccia,men grolla del dito picciolo»& amara al gufto. Dalsi la decottione dì cinque,ouer fei de ifuo.i capi fatta in tre ciathi di uino alla confumatione della m ctà,à bere per far dormire.Beuuto il femecon acqua melata alla mifura d’uno acetabolo,mollifica leggiermente il cor p o. Mettefi nei confortini>& in altri cibi dolci,& mangiafi per lomedefimo effetto .L e frondi ims£> piaftrate infiéme con i capi fpengono le infiammagioni;& fomentandoli con effe,ouero fpargendofi }a decottione loro fopra al capo,induce ageuolmente il fonno. PAPAVERO

SALVATICO.

D el Papauero domeftico.

DOMESTICO.

Cap.

L V11.

N e l l e fpeticdeiPapaueri,chcfifeminano,ilfemediquelio,che nafee ne gli horti,fi mette f' pane per l^ufo de limi . à ulafianchora incorporato con mele in uece di lefamo. chiamano que-'cice-ìl cui capo e lungo, & pieno di candido feme . Il laluaticoha il capo piano>& corn­ eo f r ° >er ner° * chiamato pithite: come che fieno alcuni, che lo chiamino anchora rhea,per JP fn c fuora illiquore fumile al latte. Il terzo piu faluatico di tu tti, & piu ualorofo nelle medicine, è . ^ .^ 8 ® ^ predetti,& ha piu lunghi i ftioi capi. Hanno tutti communemente natura d’infrigidi imperò la decottione delle frondi,& de i capi, fatta nell’acqua, induce fomentandofenc ageuol ' —4

mente


Difcoríi del Matthioli

Opio ¡

mence il fonno.Beuefi la fua decottione per far dormire.I capi uacui triti con polenta, & impiaga tbgiouano al fuoco facro,& parimente alle infiammagioni. Peflanfi frefchi,& fanfene trocifci,^ fcrbanfifecchiperli bifogni. Cuoconfii inedefimi capi nell'acqua,fino che fe ne confumi la meta, & melToui pofcia del m ele, tanto fi cuocono infieme,chefi faccia in forma di lcttouario: il quale è poi ualorofo medicamento per leuare i dolori,perla tofle,per il catarro,che fccnde alle fauci,Hi alla can­ na de) polmone, & per li fluì« ftomachali. ma diuenta piu efficace meccendoui l’acacia,e'1 fucco delI’hipocifto. Dafsi il Teme del papauero nero à bere trito con nino,per li flufsi di corpo,& de mcihuj Impiaftrafì con acqua centra alle lunghe uigilic in fu le tempie, & jn fu la fronte. L'opio, che lì fa' d’effo, piu infrjgida, piu ingroffa, piu difìecca. T o lto alla quantitàd’uDgranello d’orobo,mitigai dolori,matura,fa dormire,gioua alla code, & à i flufsi ftomachali. ma tolto in maggior quantità,nuo- 16 ce : perche facendo diuen tare letbargici co lo ro , che fe lo beuono, gli ammazza. Incorporato con olio rofado, & fattone untione,mitigai dolori del capo. Diftillafi per gli dolori nell’orecchie,con olio di mandorle , mirrha,& zaffarano. Incorporato con tuorlo di uouo arroftito,conferifce alle ini fiatnmagioni de gli occhi: con aceto , al fuoco facro, & alle ferite:& alle podagre con latte di donna, & zaffarano.mefto per foppofta nel federe,prouoca il iònno.L’ottiroo è quello, che è denfo, graur, amaro al gitilo,fonnifero nell’odorarlo.agcuole da rifoluere con l’acqua,lifeio, bianco, non ruuido, non granellofo,che nel colarli non s’apprenda,come ta la cera,che meifo al fole non fi liquefacela,che acceìonon faccia la fiamma nera, & che fpento feruila uirtùdei fuo od ore. fialfificafi l’opio mefeolandoui il glaucio,la gomma,ouero il fucco della lamica faluatica. Ma Gconofceil frodo : percioche quellojche è contrafatto co’l glaucio,meifo nell’acqua la tinge di colore di zaffarano. Il contrafatto 14 con fucco di lattuca ha poco odore,& all'occhio pare afpro.il mefehiato con gomma è luftro,& age uolmcnte fi rom pe. Alcuni à tanta pazzia,& ignoranza fi riducono,che lo fophifticano,mefcolando Io anebora col feuo . Brufciàfi in uafo di terra nuouo per le medicine de gli o cch i, fino che ’diuenti piu tenero, & piu rodo di colorcJBiafimp Diagora(fecondo che riferifee Eralìftrato) l’ufo ¿ell’opio ne i difetti de gli occhi,& deH’oreechic,uctando che non ui fi douefle mettere dentro, dicendo che indebiliua la uifta,& faceua lungamente dorinire. Al che aggiunfe Andrea medico,che chi Cen’ungeua gli occhi fenza adulterarlo,diuentaua cieco.Lodoilo Mnefidemo folamente per odorarlo,dicen­ do elTere coli conueneuole per indurre il fonno,uituperandolo poi in ogni altro ufo. Il'che ha dimo ftratoeiTcrefalforefperienza,chcfeneuede, come chiaramente manileftano gli effetti delle uirtù fue.il perche non farà fe non bene lo fcriuere in che modo fi cani quello liquore. Sono alcuni, che 1° pcftanoi capi dei papaueri, & le frondi,& pofcia fpremono il fucco con il to rc h io ,& peftanlo nel mortaio, & fatinone padelli,& quello chiamano M econio,molto m ai ualorofo dell’opio. Ma il mo do di fare l’opio c qucfto.Com c la rugiada è afeiutta, bifogna có un coltellino intaccare la llella,che è di fopra nel capo,ma però talmente,che non profondi troppo il taglio,& dipoi tagliare folamente nella fuperficici capi in pju luoghi per diritto,& per trauerlo,& far pofcia giufo con il dito inunnic­ chio il liquore,che ne rifuda,ritornando non molto dapoi à lare il medefimo,perche continuamen­ te uifi ritroua l’humore congelato: & il medefimo fi debbefarc il giorno feguente, & debbefi poi in un mortaio tutto pedate,& farne paftcili.Ma bifogna quando fi tagliano i papaueri,andare all’indrie to,accioche il liquore,che nefce,non fi porti uia con le ueftimenta. 4o

V i c c o n s i il mefe di Maggio, i Ptpju.ri faluatichifioriti di roffo colore in alcuni luoghi nelle campagne Papaueri faU tanto abondanti, che riguardandofi dàlia lunga non altro paiono ingannando la uifta, che panni rofi diftejiperli uatichi, & lo ro effim. campi. Sono in ufo al uulgo i fiorifecchi , er triti in poluere per la doglia di petto,che noi chiamiamo ponta ■ Del che hauendo alcuni medici ueduto bellifime efferienze , hanno pofcia tifato difare un ftropo, hora co’l fucco>er hora con l'infuflone de predetti fiori : il quale u f no pofeiane i ¡tropi loro , che per tale effetto compongono, con feliceJuccejfo. Vfano nelle montagne del Trentino le toilette l’herba de i Papaueri faluatichi ne i cibi abondantemen te. 11che era in ufo anchora al tempo di Theophrafto, il quale a l x m . capo del i x . libro dijfe, che’l faluatico Fa* Papauero do pauero s'ufatta di mangiare ne i cibi. Ma parlando hormai del domeflico ,pare che anchara trattaffe Diofcoride m edico , & nel capitolo del doineñico di due altre jpetie dè Papaueri faluatichi, differenti dal predetto. Nel che è da auertire, fue fpecie. acciochc alcuno non s’ingannaffe, che le tre jpetie de Papaueri recitate da lui fotto il domeflico, tutte fi feiniitatio. fi Ma chiamò egli domeflico il bianco : imperochc per il piu fi femina egli nei giardini, o~ negli horti appreffo le cafe. Et chiamò faluatichi gli altri due, per effere piu m òdidi gamba, difcorza, er difeme , er per [entinar* fi alla firefta ne i campi, come le biade, er i legumi. Del che dà maniftfto indicio Plinio att'v 1 1 1, cap. del x i x. libro,cofì dicendo. Sotto dei papatari, che fi [emiliano, tre'fpetie. Il bianco, di cui fi mangiaua appreffo àgi1 antichi il feme arroftito con mele nellafine del palio. duello ufano i villani di ¡[urgere fopra alla corteccia del lor pane prima bagnata con uoua sbattute. Valero fa il feme nero ; dal dii capo quando s'intacca, efee un liquo* recomelatte. U terzo ¿quello, dei quale habbiamo detto. Et però penfo,che agcuohnentefi pofj'a concludere, che fieno tutte quelle tre Jpetie da connumerare tra li domeftichl. Il bianco è abondantifim o in tutta Tofcana : (T mendue le jpetie del nero in Lombardia, er nelle montagne del Trentino,ottefe nefeminano tra le faue amplif<l!l' campi. Del cuifemefanno alcune uiuande con [afta,le quali chiamano Pauarate,delle quali mangianofino chefono fatolli : ne per òbolo mai ueduto, che molto piu dormano coñoro del folito. Il che parimente interuienc à quetl che habitano nella Stirta, cr ttcll'Auftria fupenore : i quali quantunque uftno per condimento de i lor cibi poC° altr*


Nel quarto lib.diDiofcoride.

5-41

¿ t r o o lio , che q u e llo c h e / p r e m o n o d efifem e de P a p a v e r i; n o n d im en o n on d orm ono p iu d i q u e l l o , c h e i l fa c c ia n o

• « che ml h i Pll\uoUe df ° U U t» canato con acqua d'orzo nelle ardentifimo fèbbri, o«e ¡iena lunghe uigihc ; erborami fatto Ubero da un certo umore, che alcuni medici piu Molte nelÌamminiflrarlo mi

^ m a n o addojjo.

U fi del latte, che diftttta da 1capi de papaueri ¡'opio, come benifiimo, cr diligentemente

O p i» , & fu a

tnfegna Diojconde , il quale quantunquefia tenuto da tutti frigido nel quarto ordine ; nondimeno fe dal faporc fi elUm. conofee il temperamento delle cofe , er parimente da gli effettuarono io,che l'Opio al gutìo c amaro, c r che te* nuto in bocca uefcica la lingua. Il che mcftra maniftjtanentcschefia in lui calìdità non mediocre. Del che aumeft U la credenza il fuo acuto , er grauiftmo odore. Pure per non effere tenuto sfacciato, er contrario 4 putta la ca* terua de 1 medici, me ne rimetto al giudicto di coloro, che auanti a me hanno benifimo effuminato i temperamenti io fUo i. Perciocke tal qualità potrebbe agevolmente accadere,per effere egli per la piu partefophifiicato con ilglau* ciò, comeferme Dtojcoride. Del che ci dà manifèstofegno il color giallo, che lafcia nel disfarfi nell'acqua. Il che può ancho intervenire, perche quefto , che ¡sabbiamo noi in commune ufo, è neramente quello men ualorofo,chc chiamano Meconio,¡premuto da i capi,®- dallefrondi de i papaueri : er non quel piu ualorofo bianco, che fifa del liquore, che ne diftffta, e r fi ricoghc, come bentfimo infegna Diofcoride. Scuffie de 1 Papaueri Galeno al v i i . p dellefatuità de ¿¡empiici, cefi dicendo. Sono de 1 Papaveri pw jfetie . de i quali chiamano una R bea, impcroche ferite,PdTGaprefiogli caggiono 1fiori. l'altro e il iomefitco, che qualche uoltafi coltiua. Hefono anchora due altre jpetie di iena. ¡aleatico -.dei quali l’uno ha il capogrofjo, er ritondo : cr l’altro lungo, in tutto piu grande, c r piu afpro. Di* filila da quefto ilfucco, c r di qui e che alcuni lo chiamano R hea. Ma neramente la uirtù di tutti è i ’infiigidare. Il finte del domeftico bianco chiamato Tbilacitèffa dormire mediocremente : il perche lo ¡fiargonofopra al pane, er 10 h mangiano compofio con mele. Ma il feme di quello, di cui facemmo mentione nel primo luogo, c r à cui cafcario agcuolmente i fiori , infrigidifie molto piu ualorofamente : cr imperò non io può ufare alcuno cofì folofenza no* eumènio , come il domeflico mefchiaro con mele. Cofì adunque mangiatofia grandemente domire . onde ne metto* no alcuni un poco con quelle pafic, che fi compongono con mele, c r con pane. Il feme nero di quello, che dicent• m0 nel terzo luogo, è parimente medicamento^ , cr ualorofamente frigido. Ma quello, dì cui dicemmo nel quar* io, è di tintigli altri ualorofìfiimo, cofì nel feme, come ne i fu fti, nellefrondi, cr nel fic co . Infrigidifie quefto potentifiimamente, di modo che fiupefaccndo, conduce altruifino aliamone. Mai medici, che l’tifino condifire tione,gli indebilifcoiio la fòrza della moltafrigidità fua,mefcolandolo con altre medicine ; impcroche è egli frigi do nel quarto ordine. Come adunquefi debbia egli preparare ragionevolmente, non s'appartiene à dire in quefto trattato: ma in quello, che contiene le compo/itioni dettemedicine, di cui trattammo poi dopo quella opera. Et Opto feriei ° trattando dell’Opio alfecondo libro delle compofìtioni de medicamenti fecondo i luoghi netta cura del dolore del ca G ilpo eccitato da caufe non manififte : Rare uolte ( diceva egli)filanto cofirettià ufare medicamentifatti con opìopcr non effer quefto comeneuolefe non in quei morbi, ouefl teme detta uita degli huomini. quantunque anchora in tal tifo s'offendino con effo diforte le membrafolidc, che hanno poi bifogno d’effere corrette. Il perche à molti nell’in, firmità degli occhi hanno nociuto i colliri]fatti con opio, di modo che fimo reftati pofeia con debilità,cr detraneti to del uedere : come anchora caufano grauezza, cr fordiù quei medicamenti opidti, che fi mettono nette orecchie per i dolori dette loro infiammugioni-Et piu auanti nel terzo libro trattando la cura delle pofteme calde dette orec* chic : 1 medicamenti ( iiceuA ) chefi fanno con opio, tutti fono ftupefattiui, c r addormentano ifientimemi : cr pe* ràfiamo neramente corretti ufarli atte uolte per grande necefiità, ouegli altri medicamenti mitigaùui non gioita* no. Quefto tutto dell’Opio fi-riffe Galeno. Et però auertifiano qui bene i medici, er imparino di adoperarlo an* 4° chor loro, comefaceua Galeno. il quale allottano libro pure dette compofìtioni de i medicamentifecondo 1 luoghi ? Mefcolanfì(diceua)con i medicamenti refrigerami le cofe calde, che pojfonofar penetrare la ui rtù slupefiattuta lo ro, auènga che per fe foli penetrano tardamente .E t fe alcuno «ornifar quefto, confideri molto bene la quantità de ifim plici, chefi mettono nel compofito. Impcroche di qui uerrà egli à conofiere ,fe il medicamento compcftto pùffafare piu,ò manco di quello, che promette. Oue adunque le cofe refrigerarnefi dimoftraranno effere affai,tan* topiu Stupefarà il medicamento il fenfo de patienti : e r cofìRegnerà quel tanto di calore, chefi ritroucrà nel mem* '? irò pallente. Ma doue le cofe calde faranno in maggior portione, il medicamento operarà neramente manco,cr mancofari egli nocino. Imperocheé bifogno di fapere, chei corpi de iuiuenti per l’ufo de i medicamenti, che con tengono infe opio , biofeiamo , er mandragorapatifeanofinalmente un certo che fìmile alla mortìficatione ,facen* do infenfibili le caufe, chefanno i dolori. Et però molti di coloro, che ufano continuamente cotali rimedij, condu* 50 conofinalmente le membra in una immedicabile frigidità. Chiamano i Greci il Papauerofaluatico, W * m Nomi‘ j Latini 3 Papauer errai icum : i Tedefihi, Klapper rofen : li Spagnoli, Amapottia, er Papoutta : i Erancef i , Co* quelourdeis. Il domeftico chiamano i Greci, M»W nfitpcc : i Latiui, Papauerfatiuum : gli Arabi, rhaxthax, c r ebafias: iT ed efih i, Magfomen : l i Spagnoli, Domidera-.iEranceft, Pauot. L ’Opio chiamano i Greci G'niov, ey M»ncirncy ; i Latini , Opittm, e r Meconium : gli Arabi , Afiun,

D el Papauero cornuto.

Cap.

LXVIII.

, H a ir . p a p a v e r o cornutolcfue frondi bianche,&pelofe,fim iIi al verbafcojdcmafcpcr intorno come quelle ilei papauero faluatico : da cui non è il fuo fufto puto difuguale. Produce il fior io pàllido ; e’1frutto picciolo,ritorto come un cornò,limile à i cornetti del fieno greco,donde s’bapre fo il nome:dentro dal quale c il feme limile à quello de papaueri,picciolo,& nero. Ha la radice nell* Superficie della terra , nera, & groffa.Nafce in luoghi alf ri : & nelle maremme. Gioua bcuuta la de- *u.\i Z corrione


Diicoriì del Matdiioli

5"42 PA PA V ERO

CORNVTO.

cottione della radice fatta nell’acqua fino al calare della metà,alle fciatiche,& à i difetti del feg ato, & à coloro che orinano materie grò fife,afpre>& come tele di ragni* 11 Temebeuutoal pefo d’uno acetabolo inacqua mela­ ta,purga leggiermente il corpo. Le froudi, & parimen­ te i fiori empiaftrati con olio leuano uia l’efcara. MciTe con olio ne gli occhi del beftiame,chiarificano lenugo le,& l’albugini. Stimarono ingannandoli alcuni per la (ì militudine delle frondi,che’J glaucio fi facefie di quefto papauero. to

Del Papauero fpumeo.

Papauero cornuto , &

fu* diana.

Errore di al­ cuni. Papauero fpumeo. Errore di P ii dìo .

Papauero cornuto ferir t o da G al.

N o m i.

Cap. LXIX;

I l p a p a v e r o fpumeo,il quale chiamano alcu^ ni Heracleo,produce il furto alto unafpannat le fiondi picciolifsime, limili aH’herba lanaria:& appretto à quelle il fuo frutto bianco.E la fua herba bianca,& tutta come u na fpiuma : ha la radice in fommo.il feme fi ricoglicla fiate, quando è interamente maturo, & che ficcato ca­ lca. Q uello pref'o con acqua melata al pefa d’uno ace 19 tib o lo , la uomitarc:& gioua priuatamente quella pur­ gaton e à coIoro,che pacifcono il mal caduco. N a s c e il P e n e r o cornuto abondantemente nelle no» tire maremme di Siena infu i territorio di Groffeto,d' Orbetei* lo ,cr di porto Hercole,cr maf.ime in piu luoghi del monte A r* gcntaio.cr parimente ne lidi del mare Adriatico non lungi dal finte del Timauo, ve guari lontano dilla citta di Triesti, dotte piu c r piu uoltc l’ho ricolto io tra i faf i che copiofifimi uifo* tiotmu altroue in Italia non l'ho ueduto io, fenoli feminato nei 3$ giardini per pu'olicoJpettacolo, comefifuol fare d’altri rari, er non troppo uo'gari femplici. Scriffene Theophrafto a l x i m . cap.del \ x . Ub.dcU'hiiloria delle piante, cofi dia cendo.Sono di Papauerifaluatichi piu fpetieideUe quali quello, c h e f chiama Corniculare, produce fondi limili ì quelle del uerbafeo nero,ma però manco nere : ilfufio è alto un gombitoda radice corta,cr poco profónda in terra:. CTfono i fuoi femi dentro à certi cornetti ritorti.Kicogliefi al tempo della mctitura.purga il corpo: le fondi lena» no l'albugini degli occhi delle pecore.Nafce appreffo al mare in luoghi faffofi. Penfaronfi alcuni,che il Glaucio,il qual chiamano gli Arabi Memithefifaceffi del Papauero cornuto. ma ( come benifimo gli auertifee Diofcoride) s'ingannano manifftamente. Quello , che chiamano Papauero fpumeo,non ho ueramentefinhera potuto ritma re chi me lo dimoitri in Italia. e r però lo lafcierò da parte con faltre piante, che néfono incognite. Ma non però lafcierò io di ma\tiftfiare un errore di Plinio, il quale fcriuendo del Papauerofpumeo à x i x . capi d c l x x . libro 4* diffe, che lefon d i fi raffembrauano alle paffere augelli, non hauendo egli tanta notitia delle lettere Greche, chefa» peffe conflderare,che quefìo nome Struthion in Greco nonfclametelignifica cotalfpetie d’augello ; nidànchora quel ta pianta d’herba,chefu in grande ufo appreffo àgli antichi per purgare le lane, c r però meritamente chiamata her ba lanaria : di cui fotto queflo nome Strnhio fcrifjè Diofcoride nel fecondo libro,cr à effa, c r non alle paffere raf* fembrò egli il Papauero fpumeo chiamato parimente Heracleo. Del Papauero cornuto fcriffe Galeno al v i i . dd le f acuità de i femplici, cofi dicendo.Il Papauero cornuto è cofì chiamato per produrre egli il feme leggiermente ritorto, /Ìmile i quello delfiengreco, di modo che par fìmile à un corno di bue. Chiamanlo alcuni Paralio, per na* fiere egli abondantemente appreffo al mare. Ha uirtìt incifiua,cr afterfìua: cr però U decottione della fua radice bollitafino al calare della metà, gioua à difètti del fégato. Le fo n d i , c r i fiori confirifcono ‘aU’ulcere fordide, Cr contumaci : ma non s'ufano fe nonfatta prima la mondificatione delle piaghe .Sono le fon d i cofi afterfìue che rifob S® nono qualche uolta alquanto della carne pura. Et imperò con laf r z a dì tal uirt'u,nonfidamente caua la marcia del Vulcere, ma anchora l’efcara. Il Papauero,che chiamano Heracleo, ouero fpumeo per cfferefpumofo,cr bianco, è piccioli pianta, cr ha il feme che purga laflemma. Chiamano i Greci il Papauero cornuto, M>;W xip*T/«>.* i Latini, Papauer corniculatum : gli A rabi . Almacharam : i Tedefchi, Gdbolniagen,'Moen, c r Beel magfamen : li Spagnoli Dormidera marinali ErancefLPauot ocornu. Il Papaueroffiumeo chiamano i Greci, dfful'ìC * Latini, Papauer fpumeum : gli Arabi, Dabre, c r zebeolij.

Dell’Hipecoo.

Cap.

LXX.

L o h i p e c o o , il quale altri c h ia m a n o Hipopheo>nafce nelle biade,& ne ¡campi, con frondi im ili alla ruta, & fottiliram i. Ha la medefima tiirtù del liquore del papauero. il

y

L’ hipbcoo


Nel quartolib.diDiofcoride. HI P E

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O O.

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L’h x P e e o o facilmente fi rltrotu ne campi dopo al Hipfcoo,8c

mietere delle biade,cr de legumi.Qaefto primamente mi dimo fui Uro Mdeliro Piero SpezzaUncta gettale già in Clejio della ualle Anania mio carifimo compare,come per cofanon cono* feiuta,(¡¡cèdami che da alcunifrenali era alle itolte ufato per U rutafaluatud perfomigliarfegli nellefi òdi,come che apprejfa di iuifiacefrero errore . Nafte, come ho detto, ne campi, con fòglie poco maggiori della ruta : fittili fonili, arrendeuoli, er hirfuti : ne i quali fono tfiori d * nel biancogialleggiano,tinti 1 però di porppra nel nafeimcnto loro,nel cui ombilico c un cer tofiocchetto di color d'oro : da quelli dopo al disjiorire rifui • tano alcuni capi ricoperti da fottilifiimo inuoglio, tutti pieni di nerofeme,ruuido,quafifimilc à quello del gittone. Scriffe* Hipeco# inebreuementeGalenoall’v n 1 . dellefacultèi deifemplia,co ferino d*Ga fi dicendo. L ’Hipecoo ha virtù cTinfiigidare nel terzo ordine,, !eno-. di modo che poco èegli lontano dalpapavero. Chiamano iGrx ^onM* ci ÌHipecoo, T"TnÌKtsv: j Latini, H ypecoum.

Del Hiofciamo, ouero herba Apollinaria. Cap. L X X I .

HIOSCIAMO.

I l h i o s c i a m o cunapianta,cheproduceifu rii grofsi, & lefrondi larghe, lunghette, intagliate, ne re,& pelofe.l fiori efeonpordinatamele dellabadadel fulto,fienili àquelli dei melagrani, ferrati d’alcuni fen­ detti, & pieni di feme,comedi papauero, Enne ditre fpetie. vnaciò è,che fa il iemenero,i fiori quafi porpo rei,lefròdi fimiji allofinijace, &i uafi del femeduri & fpinofi. Il feme dell’altro èrofsignp» comequellodcl ririone, i fiori chenel giallo folleggiano, & lefrondi» & lefiliquefonopiutenere, fannoamcduedo.rmire,fic farneticare : & peròfi dannacomunementel’ufo Ipro. Il terzo per efier piu piaceuole, è fiato per le medicine accettato da i medici. Quello c tenero, lanuginofo,& graffo rii cui fiore è bianco, Se parimente il feme, N aficc nelle maréme,& nelle ruine de gli edificij, N el cui mancamento fi può ufar quello, che produce il feme rofsigno: imperoche’i nero,come pefsimo,fi reproba.

Cauali il fucco da] femetenero, dallefrpndi, Se dai fufti, pollandogli, &fpremendogli, & fioccando pofeia jl fuccoal fole. durail fuo ufoper tutto un'anno ; imperocheagcuolmente fi corrópe. Cauali aneboradal lernefecco feparatamentcpefto cóacqua calda,&poi fpremuto. Quello liquoreadùqueè migliore di quel fucco,che fenefpreme,&piu uajorofo perleuare i do lori. Pefiafil’herba frefca,& incorporali con farina trimeftre, & fanfenc padelli ,$ ferbanfi. Il primoli­ quore, &parimentequello,che li equadal feme fecco, fi fogliono commodamente mefcolare conquei colli­ ri^, cheaddormentando lcuanoi dolori,giouanoài catarri calidi,&acuti, ài dolori delle orecchie, &di­ fetti de i luoghi fecreti delledonne. Mefcojati confa rina, ouero con polenta, placanoleinfiammagioni de gli occhi, de piedi, & d’ogni altra partedel corpo,Il le mefatuttequellecofe: Si giouaallatofie.àicatarri,ài flufsi degli occhi, & ài dolori loro. Beuefi a!pefod’u no obolo,confemedi papauero,&acquamelatappril flulfodemeftrui,&altri fiufsi di fangue:conferiifcal­ lepodagre. Impiaftrafi trito'.cóuinoall’cnfiagioni dei tellico}i,& alle mammelleches’enfianodopoal par­ to. Mefcolafi anchoracon gli altri empiallri,che lì fan no per cauareidolori,McttonlI utilmente le fiondi Z i con


y4 4 3?

con tutti i medicamenti, che m itiganoi dolorinoli per fe fole, & ancho inficme con polenta. Tm • ftranfi frefche con uino per mitigare ogni forte di dolori. T r e frondi,ouer quattro beuute con nino fanano quelle febbri, le quali chiamano epiale. Cotte le frondi, come l’altrc herbe d’horto ,& ma ‘ giate alla mifura d’uno acetabolo,fanno diuentare altrui mezo pazzo, II che fanno parimente,quàc ° fi mettono ne i crifteri per l’ulccre di quel budello chiamato colon. La decottione delle radici i« t° in aceto, è buona lauandofenc la b occa, per li dolori de i denti.

Hiofciamo, *

DifcorfidelMatthioli

fi»

e lT a m .

Di t v t t e le frette del Hiofciamo, il quale chiamano uolgarmenteglifrettali lufquiamo,non hofin'hora Japutoritrouare in Italia altro, che quello, che produce ilfior giallo, meffo qui nelfecondo luogo da Bioforideimperoche il bianco, er parimente il nero, non trouo chi mifappia dimoflrare, quantunque non poco mifia affati 10 cato per rintracciarne luna > © ■ l’altrafrette. Scriffcn-j Scribonio Largo ,cofl dicendo. l'Alterco, il qual chia* mano i Greci Hiofciamo, aggraua beuuto la tefta, crfauui ingrojfare le uènè,fa farneticare, er altercare chi lo mangia : la onde da Latini è chiamato egli Alterco. Il che ho piu uolte ueduto io in alcunifanciulli, che haueuano màgiato il feme nelle montagne della uade Anania : imperochefacendo millepazzie, dauano à credere à i padri l0, ro chefujferofintati .E t di qui fòrfeprouism,cbe quiui lo chiamano uolgarmente Difturbio, per difturbare eoli grauementeilcerueUo. Le galline, ergli altri uccelli, chefe lo mangiano,in breue tempofi muoiono. Mutimi*

Hiofciamo Io i porci faluadchi (fecondo che ferine Heliano) er ftupefanno/ì tutti. Ma corrono per ifiinto naturale fubito al» ferì eco da Gl l'acqua, cr mangiano quiui de igranchi, er cofifi liberano. Fecenc mentione Galeno atfv 111 .dellefacuiti de i lino. f triplici, cofi dicendo A l Hiofciamo,che produce ilfeme nero ,fa impazzire, c r parimente dormire. Quello, che ha il feme rofiignojta quafì anchora egli una fìmilc natura. Et però fono amendue dafuggire,come inutili,uelenofl,

er mortiferi. Oltre a d o quello, il cui feme è bianco, er bianco parimente ilfiore , è utile grandemente nella medi dna ifrigido però quafì nel terzo ordine. Ma il fiore di quello, che fa il feme nero,è mediocremente porporeo: cr

Noni.

quello, il cui feme è rofiigno, è come-di colore delle mele, qttejìo tutto diffe Galeno. Ma ritornando aU’hìftork del Hiofciamo, non mi par di tralafciar di dire, che non ho poca ¡ufficiane, che il tefte fta qui corrotto nel primi pio del capitolo, oue fi parla defiorì. Imperoche quiui s’altribuifce à i fiori tutto quello, che fi uede nellefilicine, le quali fono quelle che hanno dentro il feme, ferrate, er chiufe in cima da rìtondi feudetti, er non ¡fiori. Et au* mentamene la credenza Serapionc. imperoche al proprio capitolo del lufquiamo,oue traferiue da Biofcoride tut* t o quello , che qui f i legge de fiori , in efio fi legge de fu etti . Onde per mtogiudicio fipuo ageuclmente prefumcre, che uifia corrottela, ¿mancamento di frittu ra . Chiamanoi Greci il lufquiamo .TW-wt/u« ; j Laf/m, Hyo» fyam us, ApoUinaris herba, Altercum : gli Arabi , Bengi : i T ed efh i, Bitfomen, er b ilfen : li Spagnoli, Vele» nho ; i Francefi, lufquiame, er nanchine .

D el Pfillio.

Cap.

LXXII.

I l P s i t L i o fa le fròdi Umilia quelle del corono­ po,ma pelofc. E herbain tutto farmentofa, limile a] fie­ n o :! cui rami fono alti una fpanaila chioma fua principia nel mezo del furto,& ha nella cima due, ouero tre riuol ti capitellnne i quali è détro il feme nero, duro,& limile alle pulci,onde ha tratto egli il nome. Nafcc ne i capi,& n ei luoghi non coltiuati. H auirtùd’infrigidarc,mollifi carc,& ingroflare.G iouaim piaftrato à i dolori delle giuturc,alle poli eme,che nafeono dopo all’orecchie, al le po(lcmette,aIl enfiagioni,& alle dislogagioni dell’of­ fa. Mettefi in fu’l capo per il dolore con olio rolàdo,ac­ qua,ouero aceto.Medica impiaftrato con aceto le rottu re interinali de i faciulli, & il dar fuore dell’ombilico. Tritafene la mifura d’uno acetabolo, & mettefi in infufionc in un fellatio d’acqua,& come s’ingroifa l'acqua,fe nefaliniméto:impcrochcrinfrcfcaualorofamcte,&mef # fo nell’acqua calda rinfrigidifce.cmedicina efficacifsi- 5 ma contra al fuoco facro- D icefi, che portandoli uerde nellecafe,non ui lafcia generare pulci.Pello con graffo, modifica l’tilcere fordide,& maligne.il fucco gioua infie me co mele à i ucrmi dell’orecchie, & al flulfo di quelle. P f i l I i O j 'S c f u »

efiao).

Pfillio fcrittoda Mefue.

E I L p s i i l i o notifiima pianta in Italia, cr nafie per il piu nelle maremme. Vfafi nellefrettarle tenere il feme per il hi fogno de ì fuoi muciUaginidi qualifono atti ad infrigidire,& pr0 hibire i fi ufi calidi, àfregnere la fete nelle ardentifiimefèbbri,& ^ per la fìccità della lingua,cr dellefauci, c r parimente pe r labri* ficare il corpo. Scrijfene Mefue tra i fuoi jempiici folutiui, (ofì dicendo. 1/ Pfillio è di quelle cofc,che alterano la compitone,& (hC


Nel quartolib.diDiofcoride.

5-4)

eh i fo lu o n o i l c o r p o lu b r ific a n d o . D e i q u a le [ e n e t r o i a d i q u e llo , c h e b ia n ch e g g ia : a l t r o c h é ro (fìg g ìa : c r a ltr o d e p o r p o r e g g ia . I /m ig lio r e è q u e llo ,c h e è p e r f itt a m e n te m a tu r o ,g r a n e ,& c h e m effo n ell’a c q u a ,fé ne ua a l fo n d o . E compofio di duefu(lanze,a-di due uirtk contrarie,le quali fi poffiono[sparare,feparando/ì la[corta dal midollo: imperoche una nè nella [usanza [ua midollare, & l’altrafrarfit[opra la[ua corteccia. La midollare è calda, & ficca nel quarto grado, ualorofamente acuta, incifiua, rubificatm,ulceratiua, cr dijpctic di ueleno. Quella, che flcotiene nella fio r z a , è ( come[criue Rufo) di quelle cofe,che molto infiigidi[cono,cr Immettano nel terzo ordine.

(Quandofi sbatte il Pfilliocon acquafiefia di fontana,fino chcfifiaccia mucillagino[a,cr pofiiafibeuc quejla acqua con olio,onero con firopo uiolato,purga il corpo per di [otto, M afhtto,cr sbattuto con olio rofodo, c medicina delpuffi) del corpo, cr della difonteria, cr f f edulmente ualc a i fiufii caufoti da acuti medicamenti [ o lim i, tome è l 5 lajeammonea, tolti in troppa quantità. Ma è d'auerfire.che non fi dee dare il Pfillio pefio in poluere ( il che però vituperano alcuni moderni medici ) per bocca à bere in modo alcuno ; imperoche il pelarlo [copre lafiiftanza [ua midollare tilceratitta, cr [corticatiua, con cui[aortica, c r ulcera l’interiora,cr infiamma il fégato,e'l [angue. Sol* ve sbattuto con acquafiefia ( come dicemmo) la cholera : cr imperò confirifie alle fèbbri, che ualorofamcnte in* fiammano, alla[ete grande,alle infiammagioni de gli [piriti,cr all’aff rezze del petto.Sbattuto con aceto,gioita alle pofleme calide,ciò è erifipele, formiche, cr altre infiammagioni,applicami[opra :ft>ettalmente confirifie egli à i dolori del corpo caufati per caufacalida. Quello tutto del Pfillio difje M e fite . Vece del pfillio breuemente Pfillio fcritmemoria Galeno allafine detl'v n i . libro delle[acuità de i [empiici, cofi dicendo. Il Pfillio ha il[m e,il quale è uti t° Galen. hf.imo .V. frigido nelfecondo grado; mt in ¡¡umettare, CT di¡ficcare è parimente mediocre. Chiamano i Greciil Pfillio, v d M w .i Latini, Pfylhum : gli Arabi, Bazar* chatbona,Bczer cothume : iTedefchi, Pfylicn kraut : Nomizp li Spagnoli, Z*rgatona : i Vranceft, Herbe 4 puces,

D el Solatro hortolano.

Cap.

LX X111.

I l s o l a t r o degli hortiè una pianta non troppo grande, che s’ufa n ei cibi, con molte con cauità d’ali : le cui frondi nereggiano, & fono maggiori,& piu larghe di quelle del bafilico, produce il frutto uerde, & ritondo, il quale dopo al maturarli diuenta nero, outro giallo. mangiato ne i cibi non nu oce. Ha virtù di rinfrefeare : Si però le fu e frondi émpiattrate con fior di polenta giouano al fuoco facro,& all’ulccreferpiginofe. Sanano trite,& applicate per fe fole, le fittole lagrimali,& i do­ lori della tetta: conferifcono 3 gli ardori dello ftomaco : & trite con falc,& fattone impiaftro rifoluo 5° no le poflem e, che uengono dopo alle orecchie : il fucco mefcolato con olio rofàdo , ccru(à,& fpiu ma d’argento, conferifee al fuoco facro,& aH ’ulcerecorrofiue:& incorporato con pane alle fittole lagrimali. Fattene utilmente linimento in fui capo à i fanciulli con olio rofado,per le infiammagioni de pannicoli del ceruello. Mettefi in cambio di uoua, & parimente d’acqua in quei collirij, che fi fan­ no contra gli acuti flufsi de gli occhi ; diffidato nell’orecchie.ne leua uia il dolore : applicato di fim o con lana, riftagna il flutto del meftruo. Il fucco con fterco giallo di gallina,che ftia ne i cortili, & im piaftrato con tela, c rimedio prefencanco delle fittole lagrimali.

D el Solatro Halicacabo.

Gap.

L X X1111.

E v n a a l t R a fpetie di Solatro,che chiamano alcuni particolarmente halicacabo,Si altri phi Alida,ciò è vefcicaria : il quale produce le frondi fiinili al predetto,ma piu larghe : i cui Tutti,poi che fono erettimi à baftanza,s’inchinano uerfo terra. Produce qucfto il fuo frutto tondo,rotto,& li A io , Amile à gli acini dell’vua, ferrato in certe uefciche rotte : il quale ufano alcuni di mettere nelle ghirlan de. Ha nella medicina quel medefimo ufo, & lauirtù inedefima dell’hortolano : eccetto che non fi mangiane i c ib i, 11 frutto beuuco,giouaal trabocco di fiele, & prouoca l’orina. SpremcGd'amcftdue quefti folatri il fucco, il quale fi riferba fecco all’ombra per le cofe medefime.

D el Solatro Sonnifero,

»

Gap.

L X X V.

I l s o l a t r o fonnifero, il qual chiamano alcuni anchora halicacabo, erette con molti rami, fpefsi, farmentofi, malagcuoli da rompere, & pieni di grotte frondi, limili à quelle delle mele coto­ gne: c il fior fuo grande,& rofleggiante: & il frutto ne i follicoli di colore di zafferano : la fua radice c grande,ricoperta da rofsigna corteccia. Natte tra fafsi,non lungi dal mare. La corteccia della radi­ ce bcuuta nel uino al pefo duna dramma, ha virtù piu piaceuolc da far dorm ire, che non ha l’opio. Il fuo feme prouoca ualorofamcnte l’orina. Dannofi dodici de ifu oi corimbi nell’hidropifie: & A piu fe ne danno,fanno farneticare. Al che fi rimedia con dare à bere copiofamente dell’acqua melata. Mettefi il fucco nc i pattelli, & nelle medicine, che facendo dormire, allegerifcono i dolori. cotto nel uino,& tenuto pofeia in bocca,mitiga il dolore de i denti. Ilfucco della radice incorporato con mele, gioua applicato alle debolezze della uifta.

%

3

Del


Difcoriì del Màtchioli

J4 ^ SOLATRO

SOLATRO

HORTOLANO,

SONNIFERO.

SOLATRO

V N ’A L T R O

HALICACABQ,

SOLA. SONNIFERO.

So


Nel quarto lib. diDiofconde. D el Solatro furiofo.

¿4.7

Cap. L X X V I .

I l * 0 la t r o furiofo, ouero manico, chiamano alcuni perfio,& altri thrion. le cui frondi fo uo come quelle della ruchetta, ma alquanto maggiori, & uicine à quelle dell’acantho, il qual chiama­ no pederota. Produce fu dalla radice dieci.ouero dodici furti, alti un parto : nella cui fommità è una teftaiìmileauna oliua, pelofa, cóm ele bacche del platano,ma maggiore,& piu larga. Fa il fuo fiore nero : dal quale nel cafcare nafee un racemo m ondo, & nero,che contiene in fe dieci, oucr dodici acini fienili à i corimbi dell hederá, & cofi teneri, come quelli dell’uua. E la fua radice bianca, grofla, io concaua, & lunga un go m b ito . Nafcc ne i m onti, in luoghi uentofi, & ne i plataneti. La radice be uutaal pefo d una dramma con uino,rapprefenta uanamente all’intelletto imagini di cofe ucramente gioconde : ma duplicatone i I pefo , fa ilare altrui in ertali per tre giorni : & datone quattro dramme, ammazza. del che è rimedio il bere aflai acqua melata, & pofeia uomitarla.

Q j a n t v n qj/e neglialtri difiorfi noñriuolgari per auantìfampatigiàfcriueffi io nonhauer notitia Solatti,&lo¿i piu,che di duefetie dì Solatro,ciò è deH'hortolano, cr deU’Halicacabo, ilqual chiamanogli fetid i commune» r° eflam. mente Alcachengi ; nientedimeno ho dipoi hattuto, cr conofeiuto il Sonnifero di cui è qui il ritratto,per mezo del* teccellentifimo medico,cr femplicifa de tempi noflrifamofifimo M.LucaGhini. Ma quello della quarta fetie, chiamato Manico, non hofinhorapotutouedere : nemancohointefo, chefìaegliftato ritrouato da altri. Ma 19 benparmi ( per miogiuditio ) che non poco errino coloro, che uogliono, che’l Solatro fonnifèro fìa quello, che en t a t rn chiamano alcuni Solatro maggiore, cr altri, come i Vinitia* niyHcrbd beüd donna. I mpcrochc questo non produce ilfufto infollicoli di color giallo inzaffaranato, ma neroiquantunque mangiato copiofamente faccia cofi lungamente dormire, che ammazzarnefoioeffereinteruenuto ad alcuni fanciulli: i quali non conofcendo il pericolo, fe lo mangiarono in cambio ¡d'uua. La onde anchor chefieno quefle due piante confinili ì nellefaculta ; fono però nonpoco difimili nelle fembianze. dal chefi conofce,che (nerba bella donna non è inmodoalcu no il Solatrofonnifèro di Diofcoride. Dell’opinione di co- Errore ^¡ fioro ritrouo effere flato il Fuchfìo nel fuo maggior uolume Fuchfio. f dcll'hiñoria dellepiantcxomc che accortoft pofeia delierro* .re,riponejfe egli questa pianta nell’altro fuo picciolo uolumet ¡to tra le mandragore,per la mandragora Morion,faltando(co , me mi pare)Sun'errore in un’altro. Impcroche la mandragora ■ chiamata Morion produce lefondi fìmili alla mandragora ma ' febio, lunghe un palmo,tutte frate per terra, aü’intorno della radice. Il che dì maniffo indillo, ch’ella non producafuño ue runo,come fanno ialtre duefe tte . imperoche i picciuoli, ì cui fanno appefi i frutti deU’una cr dell'altra mandragora,no f poffono chiamarfuñí .Onde parmi, che l'herba bella donna non fi pojfa per alcun modo porre legittimamente per ueruna fe tte di mandragora:auenga che produca ella le figlie del So* latro hortolano,crfè bene alquàto maggiori,non però lunghe unafauna,ne biancheggiati,ne frate per terra;m fu per i fu f i alti piu d’un gobito affai,duri,cr legnofUer per tutto ramu fcoloft.Ne firfe,per quanto io me ne creda, f a fuor di ragione il credere,che Therba bella donna fìa una quintafe tte di Sola tro incognito ì gli antichi. Imperoche per quanto m'ha infe* guato l’e f erienza cotidiana,ritrouo che i Solatri fono di mol te piu f e t ie di quelle,che f leggono nell’hiflorie. Scriffe del Solarti fcrittl Solatro fonnifèro,CT manico Tbeopbraño al x i r . capo del ix . libro deÜ’htñoria delle piante,cofi dicendo. I So* Theophr. latri Sono di due forti ■ uno fonnifèro,la cui radice è roffa come unfangue, cr bianca quando c fecca: ilfiutto piu rdffo del coccodè figlie fono fimili al titbimalo, onero à quelle de i mèli dolci,pelofe, cr grandi da baffo. Dannoft porfar dormire lef o r z e della radice prima benpefe, crpofeia infufenel uino.Nafce nelle ripe,nellefauci,crap* preffo a i fepolcri. L'altra f e t i e fa impazzire.Quefto chiamano alcuni Brioron,cr altri Perijfon : la cui radice è bianca, lunga un gombito,crconcaua. Daffene una dramma perfar alquanto impazzire altrui, cr per farfl tener bello : ma uolendo che maggiormente i impazzifa.bifogna darne due dramme : c r tre , non udendo che fì[guari* f a mai della pazzia: ma dandone quattro, ammazzi - Produce le figlie fìmili alla ruchetta, ma maggioritil ÍC fufo lungo quafi quattro gombiti : il capo come di gethio,ma maggiore, cr piu pelofo ,fmile al fa tto del piata* nò. vnetaltra fe t ie d’tìalicacabo intejfe à i tempi nojlri le capanne, i cancelli, crlefiepi degli horti, crpari* jjalieacabo Fíentele fineflre,crlè loggic ¿die cafe. Produce quefo le fiondi lunghe, or intagliate:!!fo r bianc o ,c r le ue* ddeuore. ’ . ' “ fic h e


748

y

Stramonia.

Difcori 1del Matthioli

[cichefintili à queUe dell'Kahcacabo : nelle quali c dentro unfeme bianco, ey r¡tondo,dotte fi ¿[cerve dall’ut14 b » da una uerafórma di cuore, di nero colore. H che forfè nonfetida caufa è fiato notato dalla natura, per dimo{lr"'l ne,eh eWhabbia forfè noti poca uirtù ne i difètti del cuore, come ne dimoftró nell’Echio la uirtù,che tiene egli c u i tra al morfo delle uipere,facendo il Juofeme del tutti0firnile alle tefie loro,come fu detto dif opra alfuo proprio ( * pitolo, Simile al Solatro parmi anebora quella pianta giàfatta uo/gare à tutti i giardini, la quale ch ia m i

s t r a m o n i a , che produce certifrutti iterdi, tondi, in mezo alquanto concaui,<y frinofi : confiondi che tirano àif0 latro,con un odore uguale a quello defiopio. I fiori,i qualiJd» no come campanelle refrirano difoaue odore di gigli. Et è qua fi communi credenza di ciafcuno, che nonfia la uirtù di quella pianta guari lontana da quella de ifolatri. De i qualifrinendo Solatri ferir­ Galeno all’ v i 1 1 , dellefiacuità de[empiici cofidiceua. Il So• ti da Gal. latro hortolano,chefi mangia ne i cibi, è noto a ciafcuno, cr ufafi a tutte quelle cofe,ouefia bifogno di rifirignere, cr a"in* rtgidirc : imperoche in amendue quejle qualità è egli gradua* 0 nel fecondo ordine.De gli altroché non fi màgiaro,nè uno, chefi chiama, Halicacabo, che produce il fruì to roffofmile di grandcza,Cr parimente difigura ad uno acino dìulta, il quale ufano nelle ghirlande. Coltro è ramofo, er fonnifiro. Il terzo poi perfar diuentaregli buomini furiofi, chiamano manico *9 LÌ Halicacabo adunque nelle[acuità dellefue fiondi e fimile al l’hort olino : ma il frutto è conutneuole 4fare crinart.il per• ^ che figli aggiungono affai uirtù compofte,gioueuoli al fégato, ‘ 1ille reni, cr alla uefeica. La corteccia detta radice di quello, che (l chiama fonnifiro, quandof i bene con tino alpefod’una dramma,fa dormire:eyin ogni altra cofa c fimile all’opio,eccet to che è alquanto piu debile, per efferfoiamente nel terzo ordì ne delle cofe,cheinfiigidifcono,& Copto nel quarto,Mandine no ha il fuo feme uirtù di prouocare l'orina: ma come fe ne to* glie piu di dodici corimbi,fafarneticare, er andare in furia. J» L ’ultimo chiamato Manico è neramente del tutto inutile per quelle medicine,che fitogliono per bocca‘.percioche quattro dramme uccidono chi fe le bette,crfe mancofe ne togliefanno impazzire.Vero è,che una dramma nonfa male alcuno: main uero nonfe ne uedegiouamento . Quando fenefa empiajho di > fio ritu ra Ìulcere malagevoli daconfo!idare,et quelle che cor rodono. Alche piu fi loda la corteccia della fu i radice; ; imperoche difficca nellafine del fecondo ordine, cr nel Nomi, principio del terzo : cr infiigidifee nel principio del fecondo. Il Solatro hortolano chiamano i Greci,2 tpv%»t x,rv<uo{ : i Latini,Sa’unum hortenfe egli Arabi, Hamebathanaleb, tìamcb alchaich, cr Hanab althaleb : i Tede* [chi, Mach fchadt;li Spagnoli, \erua mora : i Francefi, Morene. L ’Halicacabo chiamano i Greci , A’m m m * 4#. fioc t er Q u a g liti Latini, Veficaria, et Halicacabut : gli Arabi,Kekergi,Alhck. ngi, cr Kckencgi :i Tedcfchi,lu den kirfen : li Spagnoli,Bexiga deperro : »Francefi,Beguenaudes ;• Il Solatrofonnifiro chiamano i Grecifrrfr* yvti faienuit ; 1 la tin i, Solanumfomnifirum. Il Solatro furiofo chiamano iG reci, Zi ZTpv'xyoilaturiMC: i L i * tini, Solanumfur i<>fum.

STRAM ON IA .

D el Doricnio,

Cap.

LXXVII.

I l DORicNio.il quale chiama Crateua halicacabo, oueramcntccalea, èunapiantafimileà uno oliuo, che nafea di nuouo , Nafcc nellepietrenon guari lungi dal mare, con rami minoiid’un gombito : &frondi di colore di quelledegli oliai, ma piuminute, piufalde, &ruuidiisimc. I!fiore $0 produce bianco : &Jefiliquenellafommità limili àccci, denfe,& tonde: dentro allequali fono cin­ que , ouerfei granelladi feme, grandi come lepiu picciole granella deireruQ,lifcie,fode,&didiuerfi colori. Laradice crefcealla grolfezzad'un dito, &allalunghezzad’un gombito. Pare,chefia anchora effotannifero . beuqtq oltre al douere fa morire. Hfeme( fecondo che dicono alcunijs’ufa incofeamatorie. D o r ic n io ,& fuaefiam.

N a s c f . il Doricnio,fecondo Crateua, tra fafii nette maremme, Ma non peròfìn’hora l’ho potuto uedere» quantunque habbta io ufatanon poca diligenza di ritrovarlo. Onde errano per miogiudicio, coloro che fi credo» no,chefia il Doricnio quellafrette di Halicacabo, che produce il feme bianco, macchiato d’un cuore :di cuireci* D oricn io t ammo fhiftoria qui di [opra , difeorrendo ì folatri. Imperoche quefta pianta non ha femb.ianza ueruna,cheft nf* (0 ferm o da Ga. fembri al Doricnio. D i cuificc pero mentione Galeno a lv i, libro delle facuità de i Jempiici, cofi dicendo. E H leno, Doricnio neUefacultàfuefimile al papauero, cr alla mandragora, c r à gli altri medicamenti confimili. Con tie* i ne in


Nel quarto lib.di Diofcóride. j 45» ne infe unifrigidità Acquei potente, e r però togliendofene poco ,fa alquanto dormire : ma togliendofene affai, am p u z z i. Chiamano il Doricnio i Greci, Spumar ; i Latini. Dorycnium. Nomi. M A N D R A G O R A MASCHIO.

M A N D R A G O R A FEMINA.

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ή

Della Mandragora.

Cap.

LXXVriI.

C h i a m a n o alcuni la Mandragora antimelo,& altri circeatpcrcioche pare,che la radice confe rifea in cofe amatorie. Enne di due fpetie, una nera, la quale lì tiene per la femina, chiamata thrida. eia, che fa le frondi piu ftrette, & minori della lattuca, di fpiaceuole odore, & fparfe per terra. Pro­ 4° duce quella i Tuoi frutti limili alle forbc,pallidi, & odorati : ne i quali è il feme limile à quello delle pe re. Sono le fue radici grandicelle quali ha ella hor due.hor tre intrecciate in fe ftefle , le quali di fuo­ ri fono nere,& di dentro bianche»ricoperte di grolla corteccia, quella fpetie di mandragora non prò duce alcun fullo . Quella della feconda fpetie, la quale è bianca,è il mafehio, chiamata da alcuni moiion. Fa le fue frondi grandi,larghe,bianche,Sdifcic come di bietola ;& i fuoi pomi il doppio mag­ giori dell’altra,di colore che s’inchina à quello del zaffarano.con una certa ^ioco nda grauità d’odo­ re: de i quali mangiando alcune uolte i pallori,s'addormentano.La radice e limile all’altra,ma piu gra de,& piu bianca. anchor ella è priua di fullo. Il fucco lì caua dalla corteccia delle radici frefche, peli* ta prima,& pofeia lìretta per il torchiello : il qual fatto condenfare al fole, fi ripone in uafo di terra. Spremei! il fucco parimente anchora dai pomi,ma non coli uirtuofo. Scorteccianfi le radici,& infil­ 1 ° zane le corteccie, Si applicanfi per ufarlc ne i bifogni.Cuocono alcuni le radici nel uino,fino che ca­ li la terza parte,Si pofeia lo chiarificano, Se riferbano,dandone un bicchiere alla uolta nelle lunghe uigilie, per far dormire,& ne i dolori, Si parimente à co lo ro , oue fia di bifogno dare il fuoco, ò ta­ gliare qualche membro,àccioche non Tentano il dolore. Il fucco beuuto al pefo di due oboli con ui Ho melato,purga per il uomito,comc fa l’helleboro,la colera nera, Si la flemma : ma in uero toglien­ dofene troppo,è del tutto m ortifero. Mettcfi nelle medicine de gli o echi, c r fimilmente in quelle, «he fi tanno per mitigarci dolori, & ne i pefloli mollificarmi. Applicato di fotto per fefolo al pefo di mezo obolo,tira il meftruo,Si parimente il parto. meflo per foppolla nel federe, fa dormire. Dicefi, •che facendofi bollire la radice con l'auorio per fei hore continuerò mollifica di tal forte,che agcuol niente fe nc può improntare ciò che fi uoglia. Impiailranfi conueneuolmcntele frondi frefche.infieme con polenta alle infiammagioni de gli occhi, Si alle pofteme caufate dall’ulccre: rifoluono tutte le durezze,pofteme,fcrofole, & altri piccioli tumori : fpengono le margini delle cicatrici fenza ulce­ rarla,fe fi fregano leggiermente cinque,ouer fei giorni. Condifconfi le frondi in falamuoia per tutte • quefte


j )0

Difcorfi dclMacthioli

guelfe co le. La radice trita,& im piagata con aceto, medica al fuoco facro : & con mele,onero con p¡io,al morfo dei ferpenti. rifolue applicata con acqua le fcrqfoje, tk i piccioli tumori mitica có polenta i dolori delle gmpure. Falsi della corteccia delia raJicc i| njup jen?;, cuocerlo in qiielto mo do. Mattoni! tre mine delle luefeoize in un cado di uin dolce, DanÌenepofciarrc ciathi àcabro-ài quali(cqmc è (lato dctto)fenza fintir dolore bifogna fegare qualche membro,q dargli il fuoco: inìpc foche dormendo profondamente, pon Temono dolore alcuno. I pomi odorati fanno dormire, & L rimente mangiati. Il che fa anchora il fucco,che (e ne fpreme. c o b ro ,che troppo largamente ufi no & di mangiarli, & d’qdorarli, djueqtanq m utqh. Il Teme de i pomi beuuto, purga la maJrice : & applicato di (otto con folpho uiuo.riltagna t flufsi rofsi delle dóne, Intaccali la radice profondameq tein piu luoghi,& coli ne dilli llq,& fe ne ricoglie il liquore iq un uafo concauq.benché fia piu dique 10 ilo efficace il (ficea: ma non però in o->ni luogo, come n'ha dimolfrato l’jfperienza,(ì ritrqua.chela grimi dalje radici queilo liquore, D icono, che fi ritroua una afira mandragora chiamata Morion che nafee in luoghi omhrofi,attorno alle ipelonche : le cui fi ondi fon limili à quelle della bianca,qui ttmque minori, lunghe una (panna, bianche, & fituate all'Intorno dellaiadice : la quale è tenera, & bianca, pòco piu lunga d'qna fpanna,& grolfa come il dito groflo della mano, D icono, che bequta al pefo d una dramma,ouero mangiata con polenta nelle focaccie,ouero yiuài|e,fa impazzire. Dorme chi la mangia coli come fi ritroua nel mangiarla,perdendo per tre,ouer quattro hore tutti i fentiméti, VTanlai medici,quando gli fa di bifognodi fegare, òd i dare il fu oco. D icono edere antidoto la radice beuuta con il folatro,ehe chiamano furiofo, Mandràgore, fi loro eilim. Errore del «oigo.

L» forma hu mana delle Mandragore fatta eq arte,

idi le Mandragore per fefleffe in piu luoghi per lì monti in Italia, e r maxime in Puglia nel monte Gargano.il quale chiamano di fanto Angelo : onde ci recano le corteccia delle radici, er i pomi alcuni herbolatti, che ogni anno uengono à noi, Honne piu ¡tolte uedute io ne igiardini, er ne i teñí in Napoli,in Roma, in Vinegia, CT altri luoghi d'Italia piantate amendue le fpetie.E neramente cofafattolofa il credere, che haitiano h tinnirà* gore le radici di fórma humana,come fi crede il vulgo ignorante, er le [empiici donnicciuolc: er che nonfrpojfano cavar di terra, fe non con pericolo, attaccandovi un cane, e? impeciandoli l’orecchie per non udirne il gridare, per crederfi quefla gente [ciocca,che le radici gridino, er ammazzino chi le cauafrnteiidofer.e il grido. Imperoche quelle, che portano, attorno alcuni Ciurmadori,er Ceretani, dando fusamente ad intendere alle[empiici dormici* uoleflerili, che mangiandone,fannofar figliuoli, fonaraiici di canne di brionia, er d'ai: re piante intagliate di talfórma, er artificiofaniente fatte : er pofeia ripiantate con granella d'orzo attorno àquei luoghi, oue fi uno• Io le , che nafeano. quelle radicene, ch e f unno i capelli, la barba ,er gli altri peli . Del che poffo ben io fare buonatc flimonianza : percioche hauendo una volta in Roma uno di quefti Circonforanei, il quale curava io del mal Franca fe con il nino del legno, midimoflrò. appreffo à molte truff,arie loro , con le quali ingannano la ponera gente,il mot do che teneua infar quelle Mandragore delle quali haueua pur affai dellefatte : affermandomi, che qualche ¡toltale ucnicua piu di venticinque, er trentaductti tuna. Et però ho uoluto qui auifvc il mondo di cotal manifofla truf* [aria, er far palcfeà eiafrutto, come talf. ifità [ia regnata, er regni archoru à i tempi noflri nelle mani di colali tffufìni . I quali per darpiu fède alla cofa, allegano, che Pithagora. chiamò la Mandragora Antbropomorpbos, ciò è fórma d’huomo. Sopra alche è da[apere che Pithagora non gli pofe tal nome frnza iati]a : percioche perii piu fi ritrova la Mandragora bauere la radice biforcata,[ìnule alle gambe delihuomo. er cauandofr quando ha il fuo fru tto ,il qaale èfìmile àvn pomo attaccato per breue picciuolo tra le (rondi in fu la fommità della radice,fi 4° raffembra unamente alla forma d'un huomo fenza braccia, U che pochi hannofaputo dichiarare, anzi che per il piu finto i moderni fcrittori biafimare, er Pithagora, er Cciantella, non intendendo la cofa, che habbiar.o f a l ­ landofcritto,che habbia la radice della Mandragora forma humana. Ma perfinire di dire la fabula, mila quale recitano effere grandifimo pericolo à cauare la radice della Mandragora ,fe non fi fa cattare da un cane, dico che ciò, ne pare llato tauato da lofepha kiflorfro hebreo, il qmflfe ben fcriue, che ciò fi offèruaua in Giudea nel caia* tifi d'una altra pianta fi può però penfarc,cbe tutto quella fia ñato transferito nella hiftoria della Mandragora ap* preffo al utilgo da coloro,che ingannando ¡agente uanno uendendo le Mandragore. Ma accioche megliofra noto ì ciafeuno quefla trufferia reciterò qui quel, ìhefcriue lofepho al x x v . cap. delx i j , libro delle guerre de Giudei. Egli dice iui queflc parole. Nella ualle.che cinge la Città dalla partefettentr tonale c un luogo chiamato Bjaras, dove nafre una radice, parimente chiamata Ruras da quel luogo, la quale nel colore fuo è fìntile a una fiamma di !°¡ fuoco,di modo che lafera fpfende come una ideila • Quefla radice nonfi può cauare ,fe non mahgiuolmente. I>«‘ per oche come ui s’approfiima alcuno,fi ritira continuamentefotto terra,ne mai f i firma, fe prima nonfe ligittifo* pra ò[angue menftruo,ò orina di danna, Ma con tutto qutflo non bifogna toccarla con mano,ma portarla pendente, altrimentifubit o fa morire chi la tocca, Ceti fri però in quello modo, Scatta/ì la terra intorno intórno alla radice, tanto che lafra qvafi del tutto fuori, e r d poi ui friega un cane, il quale udendo feguireìl padrone tirando la cor* da con impeto cauafuori quella radtee, c? dubito muore,in luego di colui, che la uuole hauere. Onde non è dipoi piu pericolo a toccarla, A tanto pericolo fi mettano gli huomini per confeguire la uirtù di una cofafola-Impeto* che meffa aio\fo quella radice àgli Ibiritati,che non fieno paffutifonare per altra uia ,fubito gli libera, cacciando* ne fuori gli ¡piriti. Qucfio tutto fcriffe lofepho. Da cui può efferehormai chiaro a ciafeuno, che quefti truffato* N

a s c o n o

tri, che uanno portando le Mandragore attorno,hanno cjuato l'hiftoria,chefalfamentejttribuìfcono aUaM/tndti ^ PlfenRone gora da lofepho,accommodatola à loro intencione. Oltre à ciò quella terza ¡peti: chiamata Morion, che ni d'H eraiolao, fic h i luoghi ombrofi non ritrovo iti chi ne la dimoftri ài tempi noflri in Italia. Del che trattando ilErafauola,& il lucbfto

i


Nel quartolib. di Diofconde.

i

il fuchfio »prendono affai agramente ( quantunque cantra ogni ragione) Hcrmolao Barbaro dicendo hauerlì ere M, ditto, che quei poti» , che fi chiamano tn Lombardia « * l a n z a n h, eri« Tofeana Petonciani, fujfcro i Udìmin'-

MELANZANE.

1

^ uui dl ter*aff?tie di Mandragora. Il che, leggendo io in Hermolao , non bofaputo in modo alcuno ritrouare :bn» peroebefolamente neferitegli in quejlo modo dicendo. Del Momotetie diMandragora non ho io cofaalcuna,chefi poffa aggiugnereà quello, che nefcriue Diofconde. Ma perche i fi-utti della Mandragorafi dimandanoMele terreftri, er cani« ne, mi fanno uenire alla mente quelle,che fi chiamano Melan« zane,piu prefto da nominare (come io penfo ) Mele infane.del le quali notimi merauiglio,chenonhabbiano fcritto gli unti, ehi fcrittori,per ritrouare io molte cofe non efferefiate conofeiute da loro, come anchora molte nefuro à i tempi loro, che nonfifanno,nefc n’ha certezza alcuna à i tempi nofiri.LeMt le infane adunque,le quali noi chiamiamo Petrac¡atti, fontifiut ? d’una pianta uolgare,che nafce per tutto,comefanno i mefr Ioni,er le zucche :le quali fi coltiuano nel medefimo modo , cqnfòglie quafi di fico :fiori lungbetti,bianchi, er belli da ue* dere.Mangiaufi uolgarmentefritte nell'olio, confale, er pe* pc,come i fònghi.Quefio tutto diffe Hermolao. Dal che fi può ben comprendere,che conpoca ragione l’accufìno coloro. V» in;zjn?» fanfi in Italia di mangiare quefiifrutti per prouocare à luffu* °t0“'nu* ria. Il chefanno ageuolmente, per effere er uentofì,cr duri da digerire ;er impero l ufarli troppo ne i cibi,generano (co* me dice A uìcenna )bumori malinconici, oppilationi, canea• ri, lepra, dolor di tefia, triftezze, oppilationi difegato, er di milza, erfanno cattiuo colore in tutta laperfona ,&fib» brilunghe . Mafie lodò però al v.libro defuoiCoUiget Auer* roeper cibo aggradeuole, er buono,quando fi preparano come egli ne infegna. Portafcne a i tempi nofiri un'altra Pom<d'oro. ¡fette in Italia,le qualifi chiamano pom i d'oro. Sono que ftefchtacciate come le mele rofe, erfatte à ffichi, di colore w prima ucrdi, zr comefono mature in alcune piante roffe come fàngue, er in altre di color d'oro. Si mangiano pur atich’effe nel medefimo modo. Scriffe della Mandragora Ga Mandragora Uno i l v i i .dellefaculù defempliei, cofi dicendo. Supera neUaMandragora la tòrti fiigefattiua, dimodo ch'cU f"'"4d* G* lafi pone tra quelle cofe, chefonofiigide nel terzo ordine. Nondimenofiritroua ne ifuoi pomi alquanto di caldez* za, erparimente à’humìdità : er imperò hanno uirtu difar dormire. La corteccia della radice per clfere ualorofif,. fima, nonfolamente infi-igidifce; ma ancora dtffecca.Ma quello di dentro è di niuti ualore. chiamano la Man• Nomi. dragora i Greci, ;iLatini, Mandragorasigli Arabi,labori,& 'labrobach.-iTedefchi, Alraumli Sp<t gitoli,Mandracol^iFrancefì, Mandragore, er Mandegloyre.

ACONITO PRIAIO.

D ell’Aconito.

Cap. L X X I X .

L o a c o n i to , il quale chiamano alcuni pardalianche, altri cammoro, altri theliphono, altri m ioéto no,& altri theriophono,produce tre , ouer quattro fró di fienilià quelle del pa porcino,ouero del cocom ero * ma minori,& pelofctte: il fuilo è alto una fpanna : di la radice limile alla coda d’uno fcorpionc, ma fplendida, come alabaftro. Tocchi có quella radice gli fcorpioni ( fecondo che fi dice ) diuentano ftupidi : ma tocchi di poi con quella dell'helleboro,fubito fi rifentono.Met teli nelle medicine de gli occhi,che fi fanno per mitiga re i dolori. A mmazza le panthere,i porci, i Iupi,& tut­ te le fiere, quando fi gli dà mefcolato con la carne.

D i vno altro Aconito.

Cap. L X X X .

, E VNO a l t r o Aconito, il quale chiamanoal funi cinoétono,& alcuni Iicoólono •Sono di quello tre fpctie: de i quali ufanol’uno i cacciatori,& altr‘ due gli hanno tirati i medici all’ufo lo ro . de i quali il terzo, ilquale fi chiama Pontico, nafee auondamemente in Italia ac i monti Giuftini. E differentiato dal primo iimpcrochc produce egli le fiondi


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DifcorfìdelMatchioli ACONITO SECONDO.

ACONITO TERZO.

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ACONITO Q.VARTO,

frondi limili al platano,ma piuintagliate,piu lunghe,

& molto piunere.Ralfembrali il fuo furto àquellodel lafelce,lifcio come uno rtile, .alto ungombitoA’ qual che uoltamaggiore.Produce il Temeinalcuni lunghec ti baccelli. Le radici fono nere,limili à i cirri dellefquil le marine.Quelle ufano per pigliare i lupi,mettendole có lacarnecrudatimperochemagiate gli ammazzano.

A ro n iti,

ro e¡Tarn

& lo

T ffto d i D io fcoride im i-

miico»

ìggx

Fece degli Aconiti Diofcoride duefastie per due diuer ficapitoli. Di cui chiamò quello deilaprima faetie pp (fiere egli mortifero ueleno à leopardi,bardalianche: er quello del* lafeconda faetie, per ammazzare egli i cani,cri lupi,Cibo* ¿fono, & LÍco¿lono.Diuife quedo dall'ultimo capiiolo mtre faetie, de i quali folamente del terzofariffc egli l’hifioria. 1 perchefi penfarono Hermolao, esrparimente Marcello Virj! Ho Fiorentino,chefuffe in quedo ultimo capitolo (come a e o anchor io) mancamento difcrittura.lmperochepare, che t* cendo Diofcoride,che l’uno ufano i cacciatori,ey l altro ime* dici, uifia mancamento del modo,chefieno da i medici,pr ai cacciatori ufati ;cr ancho ui fìuede mancare l'hifìoria de e fiondi, del fudo, delle radici, delfiore>er del fame • I c * uedendofì dichiarare nella terza faetie,la quale chiama Pc” co, ne aumenta à credere,che co ffa . Nafre queda tie quaf per ogni monte in Italia,confondi piu intagliate platano, macchiate di bianco : con fudo di falce, lungo au g ombiti,da cui efeono da cocauità d’ali piu rami>fopraj < JKii f ono ‘fori,che nelgiallo biancheggiano,di fórma comelung ^ cappelletti: da cui nafeono le filique,che hanno dentro ilfem' ha piu cr diuerfe radici, di «erigi»colore. Eme uni a faetie quaf,con fìmilifòglie, cr fiori gialli, fintili difig‘1T^


Nel quarto lib.diDiofcoride. direHi M r o n c o lo , m quafi grandi come quelli delle rofi.

5-5-5

Se bene il Gefnero nclfuo grande uolume de gli ani= Errore del nuli quadrupedi, nel quale mi pare hauer notato affai altri errori, pervadendo/} forfè di fapere tutti i frem i dcUa Gefnero. natura, uiegaritrouorfi Aconito, che produce fintili fiori : quantunque peròfe ne rttrouino ¿monti tuttipicni, i quali mamft fiamme testificano contra di lui. Chiamano alcuni quefio Aconito dall'effetto Luparia, quantunque infuf Trentino ,n f cui montinafee copiofìfiimo,Caddimandino Hcrba della uolpe :perciocbe trucie J'ue radici ammazzano le uolpi, i lupi, icani, i gatti , 1topi, cr tutti gli animali che nafeonaeome ciechi, ebefe le mangiano confa carne. Quello della primaffetie, cheammazzai leopardi, cr le panthere, ho piu uolte licoltoio infili Trentino, otte nafee coptamente, D i quefia ffetie è quello, che ufano alcuni m terra di Roma, cr nel reame di Napoli, che nonfanno altra arte, che ammazzare 1lupi : cr uendonneffeffe ¡tolte le radici infu’l ponte difatuo A= ,9 gnolo à chi ne uuole : impcroche quefte radici ammazzano Jubito i lupi, i cani, cr i topi. Nefono però quefle ( per quantebo io potuto giudicare) quelle della Luparia : perciocbe quefle fono nere, e r quelle che vendono cefloro, alquanto nel bianco gialleggiano. DeT Aconito della primaffptie chiamai 0 tkehphono Scuffi Theophraflo al Aconiti ferie x ix . capo del i x . libro d'eli'kiflorìa delle piante,con quefte parole. Il T hcfipbono, il quale chiamano altri Scor= f id i Thcop. pione,per hauere egli la radicefimile allo fcorpionc,dicono che ammazzagli fcprpìpni, che toccano con effe : ma che però ritornano uiui,toccaifdofi con la radice deli’heUeboro bianco. Ammazza quefio il medefimo giorno le pe* core,: buoi,crfinalmente tutti iquadrupedi, ligandofenc loro una fòglia, ò la radicefopra itericeli. Gioua benna­ ta contra le punture deglifcorpiotii. Ha le fòglie finiti al ciclamino : cr la radice, come c fiato detto, conte uno feorpione. Nafee cometa gramigna, cr con ginocchietti fimili, in luoghi ombrofi .M a fie ucro quel chef! dice de gli [corpiotti, non doniamo credere che fieno fattole le altre cofcJìmili. Quctto dijfé Theophraflo del Thelipliono in quefio luogo. Imperoche d'unaltro fece egli memoria a lx v i. capo del medefimo libro, cefi dicendo. L’Aconito tufee in Creti, cr in Zacintho, ma infinito, cr ottimo in Hercalia di Ponto, confiondi pome d'cndiuia, cr radice dìffetie , cr di colorefimile àuna noce : in cui dicono efferc la uirtù mortifica, cr non nelfrutto, ne nellefiondi, cr però non nuocere quefte in uerun modo. ìlfrutto dek’herbaé dimateria non baffi, come che l'herba perfe fia corta, cr non habbia cofa, che gli auanzi • E fimile al granò, ma non peròfa il feme nelle[fiche. Nafee non fola* mente in AconeuiUa dei Periandini, ma per tutto. Amaffetialmente luoghifajfòfi. None heftiame,ne animale alcuno, chefenepafea. Dicono, che per nuocerefi preparain un certo modo che tutti non lo fanno. Onde per non faperlo comporre i medici l'ufano per putrefattone. Quello dtffe pur anch'egli della feconda ffetie dell'Aconito. il quale ageuolmente può efferc uno de i dueferini da Diofcoride,cr forfè quello, che (come dice egli) era in ufo de medici. Ma credo che fcriueffe anchor del terzo il medefimo Theophraflo nel medefimo luogo, doue poco difitto jo figgiunfe quefte parole. Dicono efferflritrouato un ueleno che ammazza in un giorno, cr effere una radice,che produce le fiondi etheUeboro pianta 4 tutti nota. Dalle quali parole fi puòfare coniettura, che qui deferiua Theo• phrafto il terzo Aconito di Dio fronde. I mperoche anchora l'heUeboro hafòglie di platano, come diffv Diofronde hauer il fio terzo Aconito. Credefi il Vuehfio,fecondo che fi uede Due errori ne i fuoi dottiffmi commentari) delle piante, chefia l'Aconito del Fuchjo. iella prima ffetie quella pianta, che uolgarmente fi chiama he uba Paris. Nel che panni,che mamftftamete s'ingani.im Herba Paria. perochel'herba Paris produce un fol fufto,rifondo, dito due ffanne : al mezo del quale alto una fratina dalla radice efeono quattro fiondi ugualmente in croce dittiate,fimili a quelle del fanguino : c r nella fimmità del refto delfufto quattro altre, ma piccioline,o" lunghette : in mezo alle quali è il frutto por poreo, ritondo, (imilc 4un picciolo acino d’uua, uinofi, cr pieno di minuto feme, bianco, fimile ¿quello degli alchachen g i . La radice, la quale c affai capigliofa,nel bianco giaUcg■ g i i , ne uifi uedefigura di coda di feorpione, neJflendidezz<t ÌalabattrOfComefcriue Diofeoride ritrouarfi nel primo A co nito : le frodi del qualefiomefcriffe parimcte Plinio a l m i , cap.del x x v 1 1 librofiltrcalieffere fimìliàquette d eico* comeri, cr del pan porcino, non nafeono in mezo delfufto, comefal'herba Paris ; ma efeonofibito hirfute dalla radice. Cogliefi oltre a ciò dalfrutto dell’berba Paris unfeme, in cui non filamenti non fi ritroua uelenofità ueruna,ma è egli uera mente ualorcfifiìmo antidoto contra i uenefidj. Del che poffo far io teftimonio per hauer ueduto alcuni ufiitifuor del finito per lunghe malattie, cr altri per fatture, i quali fi rifilarono co'l bere per usti giorni cotiimi una dramma di cotalfeme in poluere. Credefi oltre 4 ciò Fiftejfo Fuchfio comefi legge nel» lef ie par4doffe,che l'Aconito non fia alt ro apprejfo àgli Ara bi, che il Napello, che ne deferine Auicoma . Nel che farmir che apertamete ¡'inganni perciocbe rihrouo, che Alliccila nel 1 i.h b . fcriffed’atnenduegli Aconiti,chumadaneuno Stran» Aa gulator


j-)4 Napello, íc fiu h ifto r.

DifcoriìdelMatthioli

gulator adip, CT Valtro Strangulator leopardi, che rileua cjuel medefimo, che i Greci dicono L icoflonot »er dalianches : cr che pofciafece egli'ftel Napello particolare memoria per proprio capitolo, del tutto differente. Jl che corrobora anchora il ueder noi , che'l n a p e l l o produce lafua radice non poco differente dall'Acoiùn to de fiondi non troppo difimili da quelle deU'artemifia maggiore : ifiori porporei, quando nonfono aperti, fintili

NAPELLO.

N A P E L L O .M IN O R E .

èlle ielle de i morti, c r aperti, fimili à quelli decortica morta, quantunque maggiori : ifiniti alti piu di duegoni« hiti : e r ilfeme picciolo, er nero, rinchiufo in breui cornetti. Il perche panni l’errore del Fuchfio effere affai mani fiflo: er imperò èffere da credere,che altra cofa fia i Aconito,er altra il Napello. La cui ueltnofità in ammazzare gli huomini tanto cgrande,er crudele, che nonfi può fuperare con uerunaforte d’antidoti,fefubito inghiottito non ^ f ig li prouede. Il che non interuienenell’Aconito . Del ueleno crudelifiimo del Napello ho ueduto io l’effetto, che fa egli in ammazzaregli huomini, à Roma in Campidoglio ai-tempo di Clemente v i i . Pontifice Romano, perciò* che uolendofta Santità uedsre l’ijferienza d’un certo olio, compollo contra à i ueleni, il quale per cofa ficitra ha* m ia Frate Gregorio Carauita Bolognef e già mio precettore in chirurgia, comandò, che (òffe dato il ueleno ì ine Corfi affafini, i quali doueuano effere impiccati,er che con cofìoro fe nefaceffehffcrienza. De i quali quello, che piu Napello fi mangiò in un marzapane,uolfero i medici, chefuffe unto dell’olio : er quello, che menò', uolfero per uedere l'effetto del ueleno, lafciar morirefin za rimedio alcuno. Et cofì in termine di poche bore quefto je ne mori inferamente, con tutti qucHi crudclifiimi accidenti, che Auicenna ferine fare il Napello, de i quali quantunque D ifeníione ite ueniffero affai à quello, chefu unto; nondimeno fu egli per tal untionc liberato in tre giorni. Riprende oltre d’Auicenna. à quefto effo Fuchfiofiguitando il Leoniceno,fenza rifletto alcuno A uicenna,chiamandolo non principc^omcfan* no la maggior parte de medici,ma tiranno,er homicèda, er par¡méte biafima tutti quei medici,che gli preflanoftde: per hauere detto ( come dice egli)ncl capitolo del Napello primamente effere ueleno pernitiofo : cr pofcia dire, che mangiandòfi,cr bcuendoflfana quella infermità,che chiamano gli A rabici alberas, er i Greci uitiligini. Nel che no mi pojfofenon marauigliare del Fuchfio,che effendo egli altrimenti huomo dottìfiimo,cr chiaro,cofì »moderameli t e , er acerbamente tratti Auicenna. Imperoche ho io fempre penfato effere il debito degli huomini morigerati,& dotti (quantunque tal uolta anchor io fia in ciò trafcorfo)di non biafmare,ne uituperaregli altrui firitti co uiHanf, et uane contentioni : ma oue afte uolte fi trotino hauer errato,ripréderli modalmente con efficaciftime authonti, c r ragioni, cr mafiimamentc quandofi uogliono riprender quelli, i quali fon morti già piu cr piu centinaia d’anni: ne fi pcjfono piu difèndere dalle calunnie. Debbefi oltre à ciò auanti che fi riprendano, molto bene confiderai ,ft ^ gli errori,che nifi ritrovano,fieno deU’autbore, ò deU'interprete,ò deghftampatori. Imperoche lafciando dapar* te le fette tanto degli Arabi, quanto de Greci, non mi pare in modo alcuno da douerfi credere, che A uicenna tenti to da tutti i ualenti medici huomo di mirabile ingegno,cr rara dottrinajfifnffe in un medefìmo luogo còtradetto, (f m afiim m ^


Nel quartolib.diDiofcoride.

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„ufiimmente fornendo egli d un cofi atroce veleno, come è il Napello. Del che ne dà mamfofio inditio la nuoua in terpretadone d'Auicemiafatta da Andrea Bellunenfe in cui nonfi legge altrimenti.che il Napello bevuto curi quel tiorba,che chiamanogli Arabi alberar, ma che ciò fa una confettane di Napello chiamata Alberzachali. c r che quellofla il vero, le parole d'Auicenna emendate dal BeUuncnfefono formalmente quelle. Il Napello applicato iti firma di linimento cura l'albera!, er il medefimo fa lafua confezione chiamata Alberzachali, tolta in beuanda. Dalle quali parole confiderò, che oltre all’errore dell’interprete uecchio d'Auicennafi può egli fcufare, or mante• „ere con altre ragioni,do è , ò che quella confezione contenga infe tanta poca quantità di Napello, oueramente (be quella quantità (iddi talforte corretta da gli antidoti,che utfi mettono, che non folamente non poffa ella am* mazzare>M4 ne anco nuocere punto à chi la toglie. Queramente che il Napello che entra in quella confettione, è IO MeUo, phechiama Avicenna Napello Moi/i,cr altri A n to n . impcroche queflo èefficacifiimo antidoto contra f i Napello,C? naie contra la lebu.zy contra l’albera.Oueramente che ui entra quel topo, che f i pafee delle radi* d del Napello,ilquale ho ueduto piu uolte,cr prefo nelle montagne della ualle Anania. imperpche anchar queflo è chiamato da Avicenna Napello Moijì,forfè non per altra cagione,fe non perche habbia tifieffa uirt'u cantra al Na* pelle uelenofo, che ha l’altro Napello Moifi herba poco qui di f opra nominata. Ma parrà forfè alcuno, che piu mi fiadilatato in queflo ragionamento di quello,che uifì richieggia. Il che nonperaltro ho fatto io volentieri, che per difendere A uicenna dall'ingiuda calunnia : cr pofeia per dire ingenuamente quello ch’io prefumadi coloro, che lacerano i buoni authori, er mafimamente Arabici ; i quali douerieno effere infinitamente lodati, er ringratiati, per ejfcrftatiritrouatori d’infiniti gloriofi medicamenti, coni quali molto maggior honore fi fanno hoggi i me­ dici , er fpctialmcnte nelle medicine folutiue, che con qual altri fi uoglianoritrouati dai Greci. Mac bella cofa i° cr ficura il uituperare i morti,che piu nonfi pojfono difendere. Tiene oltre à ciò il Manardo, cr parimente ii Leoniceno.chenon fieno differenti il Napello de gli Arabi, er ilTofiico de i Greci. Maquanto fi fieno ingannati quefti huomini dottifiinti, diremo piu ampiamente net fefto libro,dpucfi trattari del Tofitto, er defuoi rimedij. Scrifìe dell’Aconito Galeno a lv i, delle facuità de i ¡empiici, coji dicendo. L ’Aconito chiamato Pardalianche, è Aconito ferir veramente mortiforotcr imperò è da effere fuggito tanto mangiato, quanto beuuto. Nondimeno c però egli buo* coda Gal. no,oue fujfe di bifogno di putrefarefuor della bocca,er del federetal che fare s’adopera folamente la radice. Quel* . lo chefi chiama L icoftonò, ha le meàefìme forze del fopradetto : ma queflo ammazza particolarmente i lupi, er quello i leopardi. Chiamano l’Aconito della primafrette i Greci,A'*<>r/roy ■ xa.S'pahi'tyyìc :j Latini, Aconitum Nomi. interficiens pardos, ac panfherasti Tcdefchi, Vuolffs beer, er Doli uurtz : li Spagnoli, Centelha : i Iranccfi de la torà. Quello dellafeconda lf?etie chiamano i Greci, Animar xt/rojc-roW: i Latini, Aconitum cynoftonum ?° cr lycoélonnm : i Tedefchi, Vuolffs uurtz ;li Spagnoli, Terna mata louo , c r Terna de balheileros : i Francefi t

Pateloulne. A pendi«, Orrado Gefnero famofo medico de i tòpi noftri in un Tuo uolumetto.óue egli tratta fpetialmente d'ai cune herbe rare,& miracolofc,&: d’alcune altre,che rilucono la notte,non lolaméte biafma la prima fi gura noftra dell’Aconito,ma (limolato,& perfuafoforfe(perquàtome neferiuono gli amici) da alcu ni maIeuoli,& inuidiofifi lafcia ridurre,& trafportarc à dire di quelle cofe.che ueramente non mi pai che fi conuengono à un fuo pari,ne à perfona modella,& prudente.Onde nò mi fon fe no potuto molto marauiglia re,che il Gefnero,il qual nel proceder del fuo fcriuere fempre fin hora s’è dimoftrato modelliftimo, & huma nifs.có tutti,habbi nuouaméte mutato flile,& natura:& mafsimamente fapendo egli,che ageuolmétc gliene 40 può edere refo il contracàbio,hauédo meifo in luce grandifsimi uolurai,i quali nò fono fe nò per riceuere ut finite cenfure,& cótraditioni.Ec che cofa piu brutta,& meno honorata poffeua mai accadere al Gefnero,che tenere per huomo di poca fede colui,la cui auchorità,& integrità tata è già fiata appreffo di lui,che nou fola méte l'ha egli lodato,approuato,efTaltato,& honorato ne i fuoi uolumi; ma s’è ancora feruito à tutta fua uogliade gli-fuoi ferirti, fatiche, &dell’authoritàfua?Etquàce cofefcriue egli prefe dai noftri uolumi?Veramé. te infìnite.Et però non mi poffo perfuadere altriméti,fe non che qualche maleuola,& inuidiofa perfona i’hab bi có qualche noua aflutia corrottoscome bé fo io edere interuenuto ancora ad altri.Ma il bello della cofa è, che métre,che fenza caufa,ò ueruna ragione biafma egli la noftra figura dell’Aconito primo,ne dimoftra u na altra,la quale(faluàdo l’honor fuo)fi può meritaméte biafimare,come cofa fuor d’ogni propofito,& del tutto lontana dalla ragionerò hauendo ella notarne fembianza veruna,che fi confaccia con l'aconito della prima fpetie,di cui fcriffcro Diofc.& molti altri de gli antichi,di modo che no fono manco difsimili l’una dall’altra») che i corbi da i cigni.Imperoche,doue fono nell’Aconito del Gefnero le foglie hirfute,afpre,& pelofe?Oue ^ èfomigliàza ueruna di ciclamino,ò di cocomero?oue fono piu foglie,che.una fola?Oue è la radice fienile alla coda di fcorpione?oue(dico)è fplendore alcuno,che imiti ralaballroiVeramente nifluna ui fi ritroua di que fte fcrabiàze.Di qui adunque ho prefo nò poca marauiglia,che il Gefnero quafi come incantato fi Ita perfu?fo di uoler piu prefto foftenere contra di noi l’opinione d’uno ignorantifsimo hortolano, & fcmplicifsimo her bolatto,di cui mi pare che fi fia fatto bolzone,che lafciarfi perfuadere à gli ferirti authentichifsimi di Theophrafto,di Diofc.di Plin.d’Oribafio,& d’altri preclarifs.authori. Appo ciò non ueggio,perche caufa fi fia ri­ dotto à credere il Gefnero,che la figura noftra dell’Aconito fia finta,& nó uera da quefta fola ragione, ciò c, per uederuifi la radice troppo artificiofa,& fenza alcuna fibra,auéga che fi ti trouino ancora radici d’altre pii te tutte mode fenza fibra ueruna,& fatte dalla natura có affai maggior’artificio.comc manifeftamente fi uede nella Dentaria,la qual forfè mai non uidde il Gefnero,& in quella fpetie di Sanichola.che i Tcdefchi chiama no vueiffSanickel,cio è Sanichel biaco,di cui dicémo di fopra fra i fimphiti.Ma dica il Gefnero qui un poco to '* nero,quante figure ha egli finte ne i fuoi uolumi de gli animali?Troppo farebbe lungo il nararlo.Foi fe cho fina altra uolta,& in uno altro luogo ne ragionaremo con piu agio.Imperoche non c cofa manco fopponabile.che uederfi riprendere da chi merita di effere molto maggiormente riprefo, & mafsimamente quando «inetti tali riprendono altrui di quelli errori, in cui eglino fono fommerfi fino à gli occhK Viuono al mondo

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Difcorfidel Matchioli

(mercè de It>Dio)dottifsimi huomini,& molto prartichi,& effercirati incorno alla cognitione de i (empiici & quàtùque i nomi loro nó faccino molto grà numero,per conofcere eglino molto bene la nerica delle cofe' reputo ueraméte effere molto meglio,che te fatiche,& opere noftre fieno lodate da colloro,per pochi cheti fieno,che biafmate da tutto il reflo,di cui la maggiore parte fono i maleuoIi,& gli inuidiofi . Potrei bene io madare al Gefnero la piata del hoftro aconito,ne mirincrefcerebbcdi andare fino al mote, oueegli nafce in alcuni precipiti),quàtùque il uiaggio fn affai légo dalla Bohemia alla ualle Anania.Ma nó ricercado etti da me la piata,ma il teilimonio folaméce di due,ò tre huomini da bene,quello farà sépre pioto, & apparecchiatò. Imperoche c anchora uiuo Maellro Giorgio Liberale dipintore,che ne fece il difegno.Viue M.Fràcefio Melchiori Medico che era có ooi.Viue M.Pietro Spezzalancia,che la cauò di tetra, & uiuo anchora io,che pur pollo anchora fare di ciò qualche fede,Si’ i moti uiuono anchora,& fono in quel medemo luogo,oue furo no fatti prima dalla natura,i quali ne producono,& ne nutrifeono coli fatte piàte.Ma è pure troppo grà mata uiglia,che gli huomini fieno hoggi cofi curiofi,& sfiducciati,che non credono, che la terra, e’1 mare pofsino I0r produrre ueruna altra cofa,che quel tato,di cui;eglino hàno nocicia.Ma(douédo dire il uero)io nófo anchor bene qual fia la méce,& l’animo del Gefnero alle cofe mie,efjédomifi mollrato cótrario nó folaméte in quefta cofa,ma anchora in alcune altre,& che hor nuouaméte mi difenda contra à un certo Guilàndino BorulTo, ilquale in una lettera,che egli glifcriucde Bulbo cattaneo,Mamyra,Trafis,HoIoconitide,MoIv,& d’alcuné altre piace,cacciato parte dalla barbara fua natura,parte da una inuidia troppo terribile,& parte dalla cupidi t i di farli uedere fenza ragione,& fenza caufa ueruna,à guifa d’uno ebbriaco,tutto nequicofo,& seza veruna uergogna,(ì pone à biafmarmi con ogni fuo potere.Et però non fi marauigli alcuno,fe hora mi faccio lecito cfi dimoftrare à quello sfacciato temerario infieme con il Gefnero,il qual fi penfauad’hauere in fauore,quan tofiaabomineuolc lafua arroganza.Imperoche chi mai potrebbe paiirqudto?Chi potrebbe mai(dico)(la re dentro à i confini della modettia,fentendofi ingiuriare à torto non con ragioni,ne con authorità, ma folamente con uillanie,maldicenze,calunnie,& bugie? In uero non è piu graue colarne piu moietta ciafopporta ro: re,che fentirfi lacerare da uno ignoràce,& tato piu quàcol’huomofi ricroua innocéte. Il che fe io- couofceffe,che interueniffe fittamente in quetta noftraetà,haurei prima da dolci mi della malignità di quelli tempi, & dipoi da lamentarmi della mia forte. Ma uedendo,& (spendo,che ciò è interuenuto parimente in tutte leera paffate,& che la códitione di tutti gli huom ini dotci,& da bene è tale,che mai in tépo ueruno,ha pò(futo fchiuare i dardi,& le faectede i maleuoli, & de gli inuidiofi,però (opporlo anchor io,& tolerocópatiézavo létieri l’audacia,la pazzia,& la temerità d’alcuni. Tra i quali nó ho io il maggiore,& il piu fegnalato del Gui landino Boruffo,anzi piu prefto(comc direi ioJMaraffo.Che cofa? Péfaforfe il baione concitarmi à inuidia con chiamarmi l’Iddio de i (empiici? Hor nó (a il rabbiofo,che i noitri commentarl i, & i noflri ferirti nó per altra cagione fiorirono nelle mani di ciafcuno, ne peraltro fono letti» fauoi iti, & lodati da infiniti lludiofi/e non perche il giuditio loro è,ch’io habbi meritato molto per cofi fatte fatiche?^: che piu oltre mi ringratia no tàco,quàco à pena nó mi par hauere meritato?Egli lo fa bene,pofcia che nò d’altronde, che di quiui nafce U fua inuidia,il fuo odio,& iaduapazziattaquale quàtunque in lui fi eonolca effere nó poca,dimottra nódiine no d’elfere fauio in quello,ciò è che egli itimi tato quel fuo cuoio,che lo giudichi di molto piu ualore della mia pelle.Nel che ueraméte parmi,che habbi egli nó poca ragione,come colui,che s’imagina d hauerne pre ilo bifogno.Serbifeloadùque molto bene unto di graffo, & (limilo affai ,percioche fe quefto fuocuoionou l’aita,màcarà poco,che un giorno gófiandofi cofi d’inuidia,& d’odio oltre al dóueréegli nó crepi nel mezo. Ma rimirino un poco il>enigni,& cadidi lettori có qual taccagnaria habbi cominciato à lacerarne il Gwlàdi ' no,dicédo per afcódere la fua sfacciataggine,&la malitia infieme >nó tffere ei quello,che cerchi có fallacipa role.có fcherno,& có bugie d’acquiltare gloria,& che mai nó Teppe egli métire,ne uuole,quàtùque far lo fa peffe,&nulla di màco,chi pefa molto bene le (ue parole có le bilàcie della ragione,altro nó ricroua in lui,che bugie,fallita,& calùnie.Hor nó dice egli falfaméte la bugia,quàdo ardifce d’affermare che io habbia ferino, che il Moli nó fi conofce in Italia?Coloro lo giudicheràno, che có miglior occhi leggeràno i miei comtr.étarii.Perciochefcben ho fcritto io di non hauere maiuednto,neritrouato il Moli in Italia,nó però dilsimai, ,0. che egli nó ui nafca,& nóuifiricroui.Io nó fo ueraméte,quanto i uitij,& le feeleraggini pofsino effere niag giori, che quelli,che s’afcondono có cerca fraudefottofpecie di uirtùdi cotali cattiue perlone.Male per (or, le co’l tépo mi ueniffe mai uoglia di cófumare malamente qualche buon giorno in rifpondere à quello r.iaidi cente pofcia che nó mi merita la fpefa d’imbrattare quelli noflri cómétarii delle uituperofe fordidszze di co llui,prego infinitamente tutti gli ftudiofi,&docci huomini,che nó penfino,che ciò habbia facto, per acquiftar ne lodi,ne honore,non pottendomi luccedere ueruna di quelle cofe,fin ch’io barò da far con tal maligna pedona,la quale à guifa d’un porco infangato fi uorrebbe uolcolare có ciafcuno,ma fittamente accioche sei a’ha prefo piacere alcuno di dire male,pigli piu d’altrettanto di difpiacere in udir recitare da altri le lue bu gie,taccagnarie,& ignoranze,&accioche tutti gli altri limili à lui incendino apertamente,che mone piu èil loccorfojche hanno 1 buoni per difenderli,che non fono le frode,che hanno i catciui per offendere altrui ■

Della C icuta.

Cap. L X X X I .

L a c i c v t a produce il furto nodofo,come il finocchio, grande .Tefrondifimilià quelle ddl» ferola,ma piu ftrcttc,di ipiaccuolc odore, producono i rami nella fommità loro 1 ombrelle,i cui fiori biancheggiano : il fem eèugualedgliancfi,m apiu bianco: la radice è concaua, & p o c o profonda E la cicuta ueleno mortifero,& ammazza con la fua molta frigidezza, di cui c il rimedio il uino puro beuuto. Spremefene il fuoco peftando le cime,armi che fi fecchi il fcm c,& la chioma, & condcfafi »1 fole: imperoche s’ufa fccco in molte cofe nella medicina. Mettefi commodamentc ne i collirij.che fi fanno per alleggerire i dolori : ferma impiaftrato il fuoco faero,& l1ulcere,che fe ne uanno ferpédo. L ’hcrba pefta infieme con la chioma,& impiaftrata attorno d i terticoli,toglie l’imaginationi,chc dor (* mendo prouocano altrui d lufluria : ma nuoce al membro uirile, rifoluendoui il calore. Mefla in fu le mammelle delle donne di parto, diflecca il latte : & mefla in fu quelle delle uergini,non le lafcia erefeere . Impiaftrata attorno d i terticoli de fanciulli, gli fecca, per prohibirui il nutrimento. La uaior r'ofifsima c quella èli C re ti, la Megarefie, l'A ttica, & quella che nafce in C h io , & in Cilicia.


N el quarto lib.diDiofcoridc. C IC V T A

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L a c ic v t a c notifìima in Italia. impcrocb’etta nafee femprc per il piu appreffo alle cafìeUa,cofufto, er) rondifintili aUa fèrola.ma difriaccuole odore. Valoroflfrima,cr uelenofìfii maifecondo che rifirifcePlinio )cquella,che nafte in Parthia, in Laconiaàn Candiajin Afla,in Megaria.crAttiene di Grecia: Ct imperò in Italia nonpare effere cofl uelenofa.Gli afinì,chc la mangiano in Tofcana,di talforte s’addormentano,che diuentan do ftupidi, paiono morti. La onde è piu uolte interuenuto, che fcorticaioli i uiÜani per hauerne la pelle,fifono fuegliati mezi porticati nonfenza gran terrore di chi gli leuauail cuoio, er rifo de circondanti. Scriffene breuemente Galeno alvei .delle facuità defempliciycojì dicendo. La Cicuta per efferefrigidaì ma è nota à ciafcuno. Et nel libro,che ei purfece, che i cofìumi desanimofeguitino i temperamenti del corpo,diffe che la Cicu tabeuutagenera negli huomini quella fretiedi pazzia,che chiamano i Greci conio.il qual effetto ho io piu uolte ueduto in alcuni,chefe ne mangiarono ignorantemente le radici in ca* bio di pañinache,come piu ampiamente diremo nelfefto libro. Chiamano i Greci la Cicuta,Kñwcy: i Latini,Cicuta-.gli Ara* bi,SucOram:i TeìefchiJZiger kjaut, Schirling,CT Vuetterich: li Spagnoli,Ceguda: iFrancef},Cigue,Cooue,cr Segue.

Cicuti.&fu* el'a®■

Cicuta fcritudi GlL

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D ello Smilace, ouero T affo. Cap. L X X X I I . L o s m i l a c e , il qual chiamano i Latini TaiTo, è un albero, che crefce alla grandezza dell’abete.à cui fi raflembrano pariméte le fròdi fu e. Nafce in Italia,& in Francia di Narbona.che termina con la Spagna. G li uc celli, che fi cibano delle bacche di quello, che nafce in Italia,diuentano neri : & gli huomini, che le mangiano, incorrono nel fluffo di corpo. In Narbona è di tato ue lenojche fe alcuni ui dormono fotto,ouero ui Leggono all’ombra, s’amalano, & fpeflc uolte fe nc muoiono . la onde habbiamo uoluto dire quello del talfo, acciochc cene guardiamo.

Nasce il Tuffo coptamente nella ualle Anania in fu i Tj(Iq^& f#a monti in luoghi ftffofhcr diffèt ili,tra gli abeti, difron di,crdf firma affaifimile à loro, ma non crefce però a quella procerità, er chiamafl uolgarmente Muffo. Produce il frutto roffo, fimile a quello del!agrifoglio,al guflo dolce,er uinofo : il quale man« giado qualche ttolta i paflón,v altri che tagliano i legnami ne i bofehi,incorronofubito nellafèbbre,et pofeia nelfluffo di cor po: percioche infima moltogli fririti. Sono inprezzo affai le tauole,chefifanno del fuo troco,per efferfalde, uenofe molto, Cr colorite : crfono appreffo à i Tedefehi ingrande ufo per le ftufè loro, per le tauole quadre, chefanno da mangarui fufo,cr perfar bañe da picche,et altre armi. Scriffene Theophrafto al Taffo ferino x. cap.del i r i .libro dell'hifloria delle piante, cofl dicendo.il daTheophr. Taffo è d’unafolafrette, alto, er grande, fimile all’abete, non però coft grande ;maben piu ondeggiato di uene nel fuo legno. Quello, che nafce in Arcadia c di nero, ouero di roffo colore : maiquello di Ida è giallo, erfimile al cedro. er imperòfi dice, chefreffo ingannano i uenditori chi lo compra,ucndendoglifrcf fe uolte il tuffo in cabio di cedro. NonIta midollo alcuno, cria fua corteccia èfimile al cedro, tanto nella ruuidezza, quanto nel colore. Produce le radici corte,erfattili,¡poco profónde in terra. In Ida è egli raro: ma ahondantein Arcadia , er in Macedonia, doue produce il frutto coptam ente tondo, po comaggiored'imafaua, roffo di colore, er tenero al toccare. 65 Aà 5 Le fiondi


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Difcorfi del Mattinoli

Le /rondifuc mingiate dal bestiame,che non rumina,lofanno morireima non offende in modo alcuno le beflie d ruminano. Sono alcuni huomini, che fe lo mangiano fenza nocumento alcuno. E dolce,cr aggradeuole al guft * Tallo fcritto par che ofli ilfaperft per cofa certa,che ammazza mangiato ancbora i buoi,che purefono animali, che rii da Plinio. minano : cr che ilfuo frutto ( come se detto[induce mangiato le febbri, c r la difenteria. Scriffene anchora p mo al x.cap.del x v i . lib.cofì dicendo. 1l Tajfo c nell'affetto frmiìe atl’abete, c r al pezzo,però manco tterde,fottìi le, malinconico,zr affro, fenza fic c o , c r egli folofra tutte le piante, à cui f i raffomiglia, produce le bacche il frutto del maf:hio è mortale, er ¡ferialmente in l/pagna. E fi parimente ritrouato i[uaft da portar nino per i uìan danti fratti del Tuffo , che nafee in Francia, effere flati mortali, Seftio diffe che i Greci chiamano il Tuffo Smila» ce : c r effere in Arcadia di cofl pojfente ueleno, che dormendouifi, ò mangiandouifl all'ombra ui muoiono glihuo mini. Sono alcuni che dicono effere di qui chiamato il ueleno tafrico, che bora diciamo tofrico, co'l quale s'auele* 1© nano le faette. S’ha ritrouato,cheflccaniofi un chiouo di rame nel tronco del Tuffo, gli fa perdere ogni ueleno. U fumo dellefiondi ammazzai topi. Scriffene parimente Diofcoride tra le piante uelenofe nel v i . libro, cofl di* cendo. Il Tuffo chiamato Smilace, mangiato caufafreddo grande in tutto il corpo, Strettura difiato , er ammaz» Tatto fcritto za prestamente. A l che uagliono tutti i rimedij, che confirifcono alla cicuta. Galeno nefcriffe molto bre emetta da Gal. tcall'v n i . dellefacuità de f'empiici, con quefte parole. Lo Smilace, ouero Tuffo, è albero difacuità uelcnoft. Nomi. Chiamano i Greci il Tuffo : i Latini, T axus;i Tcdefchi,Eyben bautn : li Spagnoli, Texo : i Francefi, yfr

DeirApocino,

Cap.

LXXXIII.

L o a p o c i n o , ouero brafsicacanina,è una pii ta,che produce picciole uiticellc,di noiofo odore,uen c id e , & arrendeuoli come farmenti, & malageuoli da rópere: le cui frondi raffembrano quelle dell’hedera, ma piu tenere,& piu apputate nella cima, di fpiaccuole odore,& alquanto uiicofe, & piene di giallo liquore. Produce certi baccelli fimili à quelli delle faue, di fpctie di follicoli,liighi un dito: ne i quali è détro un Teme nero,picciolo, & d u ro. Le frondi incorporate con gra ffo ,& có parta,& fattone pani,ammazzano i cani,i lu p i, leu olp i,& lep an th erc,q u an d ofi danno loro ì 1© mangiare : imperoche fubito rifpluono le cofcie loro. Apocino, & fua e fim i.

L ’ a p o c i n o il qual chiamano alcuni Erafrica carina, quantunque già per il paffuto non mifuffe in cognitione, di mo do che l’bauefri lafcìato à tnuefligareà i pofteri aU’amplifico giardino della natura tra l'altre piante, che ne fono incognite; hoUo nondimeno pofcia conofciuto per mezo del clariflimo me dico M. Luca Ghini : il quale non ¿gran tempo,che mi mandò due piante, ¡’una delle quali rapprefentaua in ogni fua parte l’Apocino di Diofcoride. Scriffemi egli infleme con effe hauer 4® già riceuuto in dotto da un getti huomojuo amico due piate¡¡a te portate di Soria.fopra l’una delle quali erafcritto Periploca ,repens, crfopra l’altra Periploca non repens,forfè perche cofl le chiamino i Soriani. Soggiungendo che cotali fllique erano molto fìmili à quelle del rhododendro: ma chequantunque quel la della Periploca ferpeggìantefujfecofì lunga,come di rhoio em iro,zr piuflottile ; quelli delialtra era nondimeno piti bri» .. . , , „ ue • Della lunga [sminata (com e egli mi fcriffe) nacque una punta,la quale nonfolam entefene ua flerpenio per terragna fa g lie auolgendofìfopra ogni grande albero : c r fremi nata la piu corta ne nacque quefla,cbe con ognifembianza rapprefenta l'Apocino. L ’una cr taltra non hanno man 5° co latte de itithim afril quale nelhferpeggiantt è bian co, er nell’altra gialliccio . Onde nonhopotuto f e non de* terminare infleme con quefthuomo dottiflimo , che quefta pianta nonfia altro che l'A pocino . N e fon per mutarmi

Apocino ; Tììnììììnr'Jpn 7 Ue^ fn “r ™ >cIiepiu f ig li raffembridiquefla, dicuièquiilritratto. Scriffedel fcritto da G» ^ . _• a VI* e^ef lu i t a dei femphei, cofl dicendo . L ’apocino ammazza ¿cani in breuifrimo tempo, lino. f°mc il Ucoótono t lupi, e r anelata anchora gli huomini .E herba, che refiira di grauiflimo odore : il perche è ne . cejfario, che fu grandemente calda, quantunque nonfia tanto per corrtjpondenzafecca. Cr imperò impiagata è Nomi. molto digefhua. Chiamano l Apocino i Greci , A W « i/ w r ; i Latini, Apocynum, c r Erafrica canina.

DelNerio.

Cap.

LXXXIIII.

io

H 1 A-M A N ° Nerioalcuni rhododaphne„&altri rhododendro. E pianta uolgarifsima,!« Cui rrondi fon piu lunghe di quelle de i mandorli, & piu afpre. Ilfu o fiore fi raffembra alle r o fc & il

■1

frutto


Nel quarto Iib.di Dioico ride. N E r i o

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frutto alle mandorle, fimileà un cornetto , il quale aprédofi dimoftra una certa lana limile alla lanugine del e piante fpinofe. Producelaradicclunga, appuntata, legnofa,& al gufto falata.Nafcein luoghi ameni, nelle maremme,& lùgo alle riue de i fiumi. Sono i fiori,& le fiondi ueleno mortifero à i muli,à i cani, à gli afini, & à molti de gli altri animali quadrupedi.maà gli huomini fono falutifere contra à i tnorfi delle ferpi, quando fi be uono con uino :& tato piu, quando uis’aggiugnela rii ta.Oltre à ciò gli animali quadrupedi piu deboli, come le pecore,& le capre, muoiono quando beuono dell’ac qua,oue le fiondi del Nerio fieno fiate infufe.

C h i a m a s i il N erio,onero Rhododendro in I talia noi fN erio , oucr gannente Oleandro.del quale ne nafce,per quanto piu uolte ho O leandro, Se ueduto io,affai quantità tra i mirti, er i lauri infu le riue del iua Benaco,che uolgarmente chiamano hoggi Lago di Garda : er quantità grande anchora ne nafce nel monte Argentato nella . noftra maremma di siena.E pianta ueramente piaceuole, er di letteuole alla uifta,cr mafiimc quando è ben carica dellefue ro ?fe.Dalle quali fu quafì per effere ingannato il mifero A puleio, quando effendo conuertito in afìno,ccrcaua di mangiare delle ■ rofe,per ritornare nellafua prijlina fórma humana. Imperoche hauendole uedute dalla lunga,imaginandofì che fuffero lettere rofe,con tanta auidità ui corfeper dìuorarie,che à pena fi riteti ne, che nonfe le diuorò ,fenza guardarle altrimenti. Ma pur effendogli anchora à memoria,che erano queste à gli afinì uele* no prefentaneo, er mortìfero,ritrouandofl effere afìno, beffato dalla fortunale laf :ìòfinalmente fiore, er ritornoffenc indietro con Forecchie buffe. Scriffene Galeno a U 'v m .ideilefacuità Nerio defemplici, cofidicendo.il Nerio , onero Rhododaphnealbero t0 a a ‘ noto a ciafcuno,ha impiaftrato di fuori,uirtù digeRiua. Ma togliendofì per bocca, è cattino, e r uelenofj nonfola• mente àgli huomini ; ma anchora al bestiame. Il che affai ripugna allafentenza di Diofcoride, er di Plinio ; per» C o n co rd ala cioche amendue lo lodarono per ualorofo rimedio àgli huomini contra al morfo delle ferpi. Come che ageuolmente tra D iofcori dir fi potrebbe,che tolto il N erio per medicina de i morfì deferpenti,ui poteffe conuetiire nel modo, che fi conuen* de,& G al. gotto le cantarelle ( come diffe Auicenna) nemorfi.de canirabbìofl, Feupborbio nelle punture degli feorpioni, e r alcuni altri ueleni contra diuerfiueleni, come nel feilo libro piu ampiamente diremo. Percioche non è da penftre, che Diofcoride maggiorf mplicifla di tutti gli altri diceffe tal cojafenza ragione. Il Nerio chiamano i Greci, Nt!pioV,P’o M iw m h er P'oJ'oJ'trJ'por: iLatini,Nerium,Rhododaphne,zrRbododendrumiiTedefchi,0 knderi Nomi. 40 li Spagnoli Adclfa,& Elocndro : i Puncefi,Rofagine.

P O N G H I .

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y6 o

Difcorftdel Matthioli D eiF o n gh i.

Cap.

LXXXV.

Sono i Fonghidi duefpetie,cioèbuoni damangiare, & morti feri.Le caufeperchenafconoue Jenoiì.fono molte,ciò è, quando nafcono oue fieno fotto chioui di ferro rugginofi, ò panni fracidi ò chefienoapprettòàqualchecaucrna di ferpenti, òinfugli albcri,che producono i frutti loro uele* nofi, Si mortiferi.Quelli, che fono tali, hannofopradi loro una certa uifeofitàmoIlicchiofa,&fuhi. to che fono ricolti di terra, fi putrefanno, & s’infracidifcono. Quelli, che non fono uelenofi, fono necibi aggradcuoli, & foaui : come che mangiati copiofamenteDocciano, & ftrangolino , quando non fi poiTono digerire, &generino quel morbo,.chefi chiamacholera. Al chefi rimedia, beuendo 10 del nitro, ouero dellalifeia, con filamuoiaacetofa, ouero delladecottione della fatureia,ouero d’o­ rigano . fpegne parimenteil lor ueleno lofterco del gallo, beuuto conaceto,ouero lambendolo in­ corporato con molto melc.Nutrifcono,ma malageuolmentefi digerifcono:& imperò per lapiupar tefen’efcono interi per di fotto , inficmecon Falerefuperfluitàdei cibi. Ponghi, & lo S o n o i Bonghi notißimi à ciaf .uno. Ma quantunque effer foìamente di duefa tte affermale Biofioridefka «flam*1**3 & Uen^° ^ d,ncnte rtf a tt0 * 1 buoni,e r à t catttui ; nondimeno ( come è ben noto à ciafcuno ) nefono di piu , er di di*

uerfe jfetie. Enne la T o fa n i firtilißima piu che tutto il retto d’I tali* : oue tra tutti gli altri tengono i! principato quelli, che chiamino Prignoli,che nafcono ogni anno l’Aprile alle prime pioggie : imperoche quelli fono odorìfirißimi, aggrddeuolißimi dl g u fo , er fenza pericolo. Stimanfi oltre ì quefti, quelli che f i chiamano Porcini : im= 10 pcroche prima leßi nell’acqua, er pofcia fi-itti, prima bene infarinati,fono molto ghiotti algutto, quantunquefimo di tutti gli altri piu pericolofì: perciocbc di quefia jfetie piu che di tutte taltre fe ne ritrouano di malefichi,er mor tali. M a da chi ha qualche difeorfofi conofcono bemßnno i maligni nel mondargli, er nel tagliarli quandofi uoglio no cuocere: perciochefi mutano di piu er dtuerfi coleri: er fecondo che piu uolte ho ueduto io , rompendofi diuen* tano prima uerdi, er pofeia di colore rojfo nereggiante,er ultimamente di celeßef a r o , il quale alla finefi corner* te in nero, er putrefannoji fubito. ii che tutto fanno inpcchißimo momento di tempo. Et però ben diceva Ani* cerna alla v i .fin del m i . libro, che i piu mo tali fono i neri, uerdi, er i pauonazz* • 11perche bifogna,chefu ben perf ma groffa,er irfenfata, che vedendo qutfii movimenti non s’accorga della m inia loro : er maßime che ta* li repentine mutationi,che eßi fanno, inducono in altrui un certo (pavento , er timore. Et imperò ritrouo io, che la maggior parte di coloro, chefono ttati foffocati da i Ponghi,ouero chefono itali in pericolo, gli hanno mangiati lo cofi interi cotti infula graticola,onero infu i carboni, percioche cofl cuocendoli, non ftpofjono manififtamente cofi ben conofcere, comefifa nel romperli.Ma non però ftmpre nuocono ì Fonghi(come dice Diofcoridefper efier uelenofi, mafpejfe uolte per mangiarfene troppi. percioche per effer molto uif:ofi, er größt, oppilaw il tranfita àgli (pirici arteriali, e r cofi qualche uolta foffocano. Il chefapendo ajfai bene i nofiri contadini di Tofcana ,ra•

rißime uoltegli mangiano fenza l'aglio,ò il pepe. Salanfi i veri Porcini in Tofana prima leßi, er poi acconci nel f a afuolo àfuolo,er mangiaufipofeia la quàrefimkxr altri giorni magri dftutto l’anno. Gabbiamone oltreà quefti altre uarie, er diuerfefatte,come fono i Prataiuoli,i Turini. i Boleti,forcelle,le Cardareile, le Manine, gli Ordinali,le Parigioleje Vefcie di lupo,er altri affai, i quali tralafcio .per ejfere di poco momento . Nafcono i Fon* ghinonfoìamente in terra,ma anchora infu gli alberi, er quefti nonfono cofipericolofi (purche non nafeano inai* beri uelenofi )come quelli di terra :percioche quiui non è pericolone nafconofopra ferro, nefopra panno fraci* 40 do,nefopra aferpente morto,ò altro animale uelenof a B ei quali ne nafcono in fu i larici,che appartatamente pro* ducono l’Agarico, nelle montagne della natte Anania, di quelli che fon grandi tal uoftaal pefo di venticinque V trenta libre,rofii d'accefo colore,& per intorno intagliati,alguttofoaui, er aggradeuoli. Ma è però gran cofi , che tanta(ìa ìauidità,er lafòrza della gola,chefi lajcianogli huomini cofi condurre à mangiare i Fonghifenza ri* fatto, ouefptffofanno ejfere afeofa la morte. Tantofono in ufo nelle menfe a i tempi nofiri in Koma, er in Napoli i Ponghi, che per hauerne di’ogni tempo, fi fono ritrouate nel Reame certe lafire di pietra , lequali quando fifotterrano, er ricoprono alquanto di terreno, gittandouifi pofeia fopra dell'acqua tepida producono i Fanghi in termine di quattrogiorni. Q uejìe fi tengono à Roma,tir à Ndpoli nelle cantine, erferbanfi con gran cuttodia Fonghi delle per quefio effetto. Chiamanfi anchora Fongliiquei bottoni neri, chefi concreano ne ilucignuoli delle lucerne, lucerne. er{penalmente ne tempi humidi auanti le pioggie : i qualifono proprio difigura d’unfingo, onde hanno prefoil 50 Opinione nome. Et però nonpofio in modo alcuno accattarmi all’opinione di Cornario, quantunque celeberrimo, er dotti)* dei Cornano fimo huomo dei tempi nofiri: il quale commentando il terzo libro delle compofitioni de i medicamenti fecondai »probità. luogh di Galeno, fi credeférmamente, che i Fonghi delle lucerne non fieno altro, che f iftejfo lucìgnuolo fatto dì certojpetie difingbi : la quale (come dice egli ) cfimilc alle(fogne marine. 1 mperoche io non mi ricordo d’hauer mai letto apprejfo à ueruno authore,che maifienofiati i Fonghi di qualfi uogliaforte in ufo perfar lucignuoli per le lucerne : mabene ho letto in Vergilio, er in Plinio, che quando i funghifigenerano nelle lucerne, è fogno dif a tura pioggia. Il che defcrijfe Vergilio nel primo libro della Georgien, con quelli uerfi. Tum cornix piena pluuiam uoeat improba uoce,

Po

..

tre diuerfe ìpetie.

Et fola inficcafecum fatiatur arena. Nec notturna quidem carpentes penfa puettt Nefciuere byemem, tefia cum ardente uiderent Scintillare oleum, e r putres concrcfcerefungos >

l quali


Nel quarto libidi Diofeoride.

i

Iquali m ft cofifonofatti da noi in uolgare. Attliorconpiena ucce la cornacchia

Trifta chiamala pioggia in terra, er nanne Su per la rena poggiando fola. d o la notte antiueggon le pulzelle filando il pefo dette lane infìeme ; Quando ueggon ardendo le lucerne Scintillar Foglio, cr crcfcerui entraif o t t ì i .

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La cagione poi per la qualefi generino cotai fanghi nette lucerne, dichiarò in queflo luogo benifimo Scruto Grama ** malico,con quelle parole. Interitiene quello, percioche(come dice Phnìo)quando comincia a inhumidirfl Faria, la fMilla,chefittole eshalare infìeme co'lfumo,ritenuta dottagroffezza dettiariafi condenfa nette lucerne, facendo una certa forma come di fingo. Quefiefono parole di Seruio. Afa ritrouo oltre à ciò, che il mèdefimo Plinio s'accorda molto bene er con Vergilio, & con la mia opinione, all’ultimo capo del x v 111. libro, cofi dicendo. Quando i fuochi fono pallidi, er che mormorano, annuntiano la tempefia : c r anchora la pioggia, quando i fingili fi ueggo no nette lucerne. Vogliono à tingere le ciglia, otte i peli uifuffero troppo rari,cr hanno quafi le uirt'u medefime del lefuligini, che fifanno dclFincenfo, dettojlirace,cr detta pece. Chiamanfl Ponghi anchora per fimilitudine al» cune efcrescenze camofe, che ndfeono atte uolte ty nette palpebre de gli occhi, er parimente nette membra geni» tali, comeferine Hipocrate nel terzo commento del quarto libro dei morbi uolgari. Et Ponghi fi chiamano an* chora atte uolte netteferite del capo i tumori de pannicoli,che efeonofuori dett’cffo rotto, ó trapanato difigura d’un iC' fing° • ^>el chefa testimonio Galeno nel primo libro de i luoghi infitti. Ma dei Ponghi, chef i mangiano, fcrif» fe egli all’ v i i il libro dettefacuità de i feniplici, cofi dicendo. Il Pongo è una pianta molto humida, er fiigida.on de nonfono le fuefacultà troppo lontaneda i medicamenti uelenofi, c r mortiferi. Enne tra efii di quelli, che am» mozzano, er quelli mafiime, che ficco hanno naturalmente qualità putredinofa. Et alfecondo libro delle fatuità degli alimenti : Pra i finghi, che fi mangiano(diccua) i Boleti ben lefii nell’acqua, fono quafifìntili à gli altri cibi infipidì. Ne communementc fi mangiano cofifoli, ma acconci, er preparati in uarij, er dimfimodi, come tutte raltre uiuande, che non hanno qualità ueruna apparente. Il nutrimento loro èfrigido, er flemmatico : er man» giandofi coptamente, generano cattiui bumori. Ma fra tutte Ìaltrefpetie definghi quellifono i meno nocini : er dopo quefli, quelli che chiamano Amaniti.Gli altri tutti è molto piu utile lafciarli Ilare, che mangiarli : im» peroche molti mangiandone,fe nefono morti. lo ueramente conobbigià uno, il qualebauendo mangiato i Boleti 3° mal cotti nell’acqua (che purfi tengono quellifenza nocumento ueruno ) copiofamente ,g li fopragiunfe netta bocca dettoHomaco una tantagrauezza ,& u n ta l ferraménto, chefinalmenteftrcngendofegliilfiato,cafcó tramortito, confudorefreddo : di modo che nonfenza grandifimo trauaglio fu liberato, dandogli à bére quei medicamenti, che incidono igroflibumori, come è Foflimele perfe fo lo , er con decozione d'kiflopa, er origano. Quellime dicamentifurono dati à co&ui infìeme con }puma di nitro . Dopo al che uomitó egli i finghi mangiatigià ntezi con uertiti in flemma groffa, e? uifeofa. Chiamano i Greci i Ponghi, Mv x n n c i Latini,Pungi : gli Arabi,Hatar, erPathcr :i Tedefchi, Pflfferling, cr reyshen :li Spagnoli, Hongos, C ogomelos, er Cylherquas :i Trancefl,

Champignon, er Pottron.

D el Colchico.

ponghi

nel

corpo,

F;°ngj» ^critC1 a 1 '

f Nomi.

„ .

,

Cap.

LXXXVI.

I i c o l c h i c o , ilqual chiamanoalcuni ephemero,&altri bulbo faluatico,producenellafine dell'autunnoil fuofiorebiancheggiante,fimilcal zafferano: & dopoal fiorelefiondi fimili al bulbo, mapiugrafie. Il fuofuftoèalto unpalmo,nel qualefigenerail femerodo. Laradicenellafeorzaefte fiore nel nero rofieggia, mamondandofi èbianca, tenera, dolce, & pienad'humore. Haquellafua bulbofaradicenel mezo unafi(Tura,dallaqualenafeeil fuofiore.Nafce abòdatifsimo inMeflenia, & inColcbi. Mangiata laradiceammazzallrangolado, comefannoi fongbi. Neper altro l’habbiamo noi uolutadefcriucre, cheperauertire,cbc qualcb’unononlamangiafl'e.nonpenfandopiuauantifin cambio di bulbo : imperocheperil fuo aggradcuole faporeincitamirabilmentegli ignoranti àfarli mangiare. Vagliono à quellai medefimi rimedij, chefi danno perli fonghi :al che giouaanchorail ; So lattedi uaccabeuuto »& imperòhauendo di quello, non fabifogno ufarealtri rimedij. »

io

D eli’Ephemero,

Cap.

L X X X V 1 1.

1 Lo ephem kro . ìIqual chiamanoalcuni Iride faluatica, producelefiondi di giglio, mapiu fottili. Il fuftoè fimile: il fiore bianco, & amaro : il femetenero : haunafolaradice, grottaundito, lunga, coftrettiua,&odorata. Nafce nellefelue>&in luoghi opachi. Laradice uale peril dolore dei denti, lauandofi labocca conlafuadecottione. Le fiondi cotte nel uino rifoluono i tumori,& lepoftemette, chenonfonoanchora mature.

-,

Ephem eri,&

le Jpetìe degli Ephemeri, meffe in queflo luogo da Diofeorìde, ciò è Ephemero Colchico, cr loco ella in. Ephemero chiamato Giglio faluatico. Il primo dicono effer di tal forte uetenofa,chc mangiato uccide in unfol gior 60. Et imperò difie Diofcoride, nonper altro batterne Jcritto,fe non per auertire le genti dettafua mortifera na»

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s o n o


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Difcoriìdel Matthioli COLCHICO,

EPHEHERO.

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Irre re de no t m : percicche ageuclmentefl potrebbero ingannare alcuni, incitati dalla dolcezza delfuo fapore. La cui dot* ftri prfidecff trina,c r auertenza poco confideràtu c r dagli Arabici, or dai noflri altri predeceffori,quantunquefuffe piu chia* fo ri. rd,che'l Sole ; nondimeno non ha però tanto potuto operare,che non fi fta cafrdto,cr non fi cafcht del continuo in'

fuetto errore.Vercioche l'Bphemero Colchico uelenofa,cr mortifera pianta,non è altro riguardandoli bene ognifua ' fembidnza , che THermodattilo, che s ufa nellefrettane , IZ quale quanto nocumento poffa egli indurre net corpi' ttoftri, ciafcuno lo può giudicare,che intenda quello, che nonfríamente Dìofcoride, c r Galeno ;ma auchora Paolo Egineta, Nicandro, er Plinto ncfcrijf.ro per flette di mortifero ueleno. Ú qualefr bene a tempi noilri non uccide manifefiamente chi f ufa nelle medicine, può accaderefacilmente, ò per non effere egli cofi in Italia uelenofa, come in Colchide : ouero per nonfe ne torre tanta quantità, chefìa [officiente per ammazzare uríhuomo. Ma non è però Errore di S e i da dubitare,che non poffa caufareegli ne i corpi noflrigrandifim i nocumenti. Del quale errore è flato ueramen* tip io n c .; te cagione Serapione,per haucre egli per unfoto capitolo trattato confufamente tfamendue gli Epkemeri, er pa* tímente deÜ’Hemodattilo fiotto il titolo dett'Hemoialtilo, non avertendo, che altra cofa appreffo à i Greci autori, onde traffe egli il tutto,fono gli Epbemeri, er altra l’ Hcrmodattilo, Del chefa maniftfla fide Paolo Egineta, im* peroche nel v 1 1 .libro trattò cr de gliEphemeri, er dell'Hermodattilo per particolari capitoli ; er di quello pri* ma,cofì dicédo. La radice deli Hermodattilo perfe fola,cr parimente la fua dccottionc,ha uirtù di purgare,cr dafii priuatamente nei dolori delle giunture, quando gli humori fono influffb: ma nuocegrandemente allo ftomaco.Et poco piu avanti fcriuendo degli Epbemeri,cofi diceua. L ’Ephcmero, non dico quello che è ueleno, ma quello che fi chiama Gigliofaluatica,è compoflo difaculta mifte,ripercufiue, c r rifolutiue per uento. Il che manidamente iimoflra effere t Hermodattilo affai dagli Epbemeri differènte, c r uario : cr imperò hauer qui di groffo errato Se* rapione, per bauereegli riflretto tutto in unfafció amenduè gliEphemeri , c r ÍH ermodattilo : il quale imitando pofriagli altri Arabici,cr i noflri anteceffori, fi fono dati la mano del continuo errare. 11perche è da confiderare, die in modo alcuno nonfi può concedere, che fi debbiano piu gli Hermodattili ufrali dellefrettarle ufare : impeto* che non folo fi vede per le ragioni predette, che nonfono i neri ; ma manifrflamentefi conofce effere eglino uelenà Coniettur* mortifero, e r deteflabilé. Ma qual pianta, à qual radicef i poffa hoggi dimoftrare per il uero Hermodattilo, e dell'H erm o- CPfà neramente malageuolc da determinare,per non ritrouarfl alcuno auchentico fcrittore,chene deferiuatefem* dittilo. biande, ne fhifloria. Mafe lecito fa fare coniettura dalla etimologia,cr lignificato del uocabolo, Hermodattilo altro non lignifica, che dito diHcrmete. llpercheho piuuoltemeco fleffopenfato,fel’Hermodattilofuffemai ^ ■ rf* , . * que.la b’tt'jofa radice, che rappréfenta netta fórma lina mano, chiamata communemente Palma Cbriñi : er mafiimd mente ejfendo cofa certa, che prefa per boccafolue ella nonfolamente il corpo, mafa anchara uomitare. Del che fa teflimonio il Nicolo Fiorentino, il quale frriue ihauer curato un Bilioto quartanario fríamente confarlo pi*


Nel quarto lib.di Dioicoride. volte vomitare con queda radtce.Quedo ho uoluto dir io non già per determinare dt ciò, mi per duifare i periti femplicifti,accioche ancor cfii ne dteno il giudicio loro. Oltre à ciò riiruouo, che gli hermodattilifiianchi, er rofi fi altro nonfono appprejfo Attuario, e r Nicolao Mircpfico, che il Ben bianco, er il Ben rofio degli Arabi, come fiuedein Nicolao nella deferitone dell’aurea Alcjjandma, er in Attuario nella compofltione dell’antidoto del diamofco. Ma non però è da dire, che l'Hermodattilo di Vduolo, er di Serapione fkrio 11 medefimo, che quefti. imperoche ha egli uirtùfolutiua degli humori.O' de flufii delle giunture. Oltre à d o quello Ephemero ultimò chiamato I ridefluatica, nafee aboniantemente ne i prati, er nellefelue de gli alti monti della ualle Anania, e r chiamatilo gli habitatori Giglio matto : in cuiji ueggono tutte le uere note,che gli attribuire D iofeoride. E t pea rò erra manififtamente nel[no maggior ttolume dellepiante il íitchflo butomo altrimenti de tempi nojlri daripimo, 10 fcriuendo che TEphemero della fecondafietiejìa quella piantabile chiamano uolgarmente Lilium conuallitm: la. quale produce quel picchi fior bianco, quafì di forma di balauftio, mirabilmente odorifero. Percioche le fiondi prima nonfi rimembrano a quelle del giglio : ne manco gli fomigliano ifufti, i quali fonofonili come fila . La ra* dice poi è capillare,diuifa in piu parti, er non groffa un dito,come è quella del uero Ephemero. Oltre a ciò non ri* trono, che’lfiore dell'Ephemero fta odorifero, come è quello del Lilium conuaUium: il quale è ueramente cojì odo* rifiro, ergrato al nafo, che pochifono gli huomini,che’lmefe di Maggio non lo portino in mano, ouero non lo tengano nelle camere loro. la quale odorata, er rara qualità non c da penfare, che fi fuffe taciuta Diofcoride, per fare t Ephemero maggiormente notabile, crfegnalato A lch e fa uero argomento,che affai differente fia il Lilium conuaUium, di cui dicemmo di fopra l’bidona al capitolo delÍHemerocaüe neUerzo libro, da quedafeconda fie* tied"Ephemero. Ma ritorniamo bormaial Colchico .Eiorifce egli l'autunno'd'un fiore fìmileà quello del zaffa* :0 rano,ma non mettefuor le fiondi fino alla primauera : tralequalifenzapiufiorire generali feme rofiigno in certe borfe gonfiate, come noci .E t in quedo tempo la radice non è dolce, come neU'autunno ; ma latticinofa, er amara. er però bfogna dire, che D iofeoride non laguftó nel tempo della primauera. Quejlo ueramente nonfeppero i u ‘e nerandi Padri, che di nuouo hanno commentato t antidotarlo di Mefue. percioche per quanto fi legge nel com* mentofatto fopra alle pilule d’Hcrmodattili,nonfanno alcuna differenza tra gli Hcrmodattili ueri,e'l Colchico fr itto qui da Diofcoride. 11che, per quantofi può colliderare per le ragioni predette,affai importa per la uita de gli huomini.crperò auertìfeano in quejlo molto bene gli fietiali.Oltre à ciò è dafapere,che ifiori del Colchico mef f i nel uino, fanno [ubilo imbrucare. e r quefti ufano i Turchi nelle fue flrauizze per andar meglio in eftafì.Scrif* fe degli E phemerì Galeno al v 1 .dellefaculta de if empiici, cq(Ì dicendo. V Ephemero, non dico quel mortifero, er uelenofo ; ma quellaltro, che chiamano ancora Iride faiuatica , produce lefiond i, e’Ifuño fimili al giglio : la >° radice lunghetta, er non ritondd, come il Colchico, groffa un dito, coftrettiua, e r di buono, crfoaue odore . Et peròfi conofce manififtamente effere il fuo temperamento millo,zr hauerfacultà repcrcufiiua, e r rifolutiua per uà pori. Del che fanno indubitata fide l’opcre,chefa cgliiimpe* roche la decottionefua s’adopera efficacemente à lauarfì la boc c i nel dolor de i dentùcr uagliono applicate le fue fiondi tanto nell’aumento, quanto nelloflato de i tumori. Ma bifogna ap­ plicarle cotte nel uino bianco,,manti chefi maturino.Chiamano i Greci il Colchico, K o^ ixit: i Latini. Colchicum, c r Buibus agreflìs :gli Arabi,Surugenù Tedefchi,Zeitlofz,cr Vuild [offrati bluom : i Eranccfi, Mori au chin,chieder chiennee. L ’Ephemero chiamano i Greci : E’vn/atpoy, j Latini, Ephemc» rum. L ’Hermodattilo chiamano i moderni Greci, E’f/aoS'it* KTvt.of ; i Latini Hermoda(lylus:gli Arabi confóndendolo co’l Colchico ,lo chiamano Surugen,w Surengiam.

Dell'Helfine. L

a

He l s

ine

Cap. L X X X V I I I . nafee nelle niura,nellefiepi,& nel

le macie. Ha le fròdi uguali alla mercorella, ma pclofe. I furti fono rofsigni, attorno à i quali fono certi, com e femi ruuidi,che uolentieri s’attaccano alleucfti. Le fró di hanno uirtù d’ingroifare,& d’infrigidire : il perche fa nano impiaftratoil fuoco facròde cotture del fuoco, le pórteme del federe,i pani che cominciano, i tumori leinfiammagioni.il fucco incorporato cócerufafim et te utilmente in fu l’erifipelc, &•ulcere ferpiginofe. Ap­ plicali parimente alle podagre infierne con feuo di bec­ co,ouero có cerato liguftrino.Tolto alla quantità d’un ciatho,cura la toíTe uecchia. Gargariza!!, & impiaftrafi, perlemfiammagioni delgorgozzule-Diftiilato ncll’o-. recchie con olio rolado,ne caua il dolore.

Ch

i amasi

Errore del Fuchiìo.

Errore de i F ra ti.

Ephem eri feruti d iG al.

N om i.


y <34 He! fine,&

Difcoril del Matthioli

C H I 4 M A s t uolgarwentc l’Hel/ìnefcritta qui da T>iofcorìde,Parietiria, pernifeere eUain fu te pareti

ua c am.

muraglie : Vetriola,per cjfere in ufo à furare i bicchieri,ty gli altri uaft di uctrc.Et imperò per efflr notiRu ma punta non accade a trattarne per altra lunga hiftoria. Ma d’altra (pitie di gran lunga aiuerfa da quejìa,è i'tleU fiuedi cui (ree memoria Plinio frale piantefpmofe al x v i . capo del x x x . libro,con quejle parole. La Hclfine rare uoltefi uede,ne nafte ella in ogni paefe : la cui radice è sfògliofa,dal mezo della quale nafee un certo che, come Helfine fcrit Un Pomo> r'coc erto 4aBe fué frondi : nella cui corteccia efteriore è un liquore aggradendo algufto, chiamato ma• ta da Gal. frlfhe acanthica. lece deU’tìelJìne incottone Galeno a l v i , delle/ acuità de i [empiici, cofì dicendo, Vtìelfrne ha uirtu asterflua,& coflrettiua con una certa humidità frigidetta. e r imperò fana tutti i flemmoni nel principio, © ■ parimente nel crcfcimento loro,fino allo flato, er maflime i calidi.ll perche fa ella anchora nel cominciare de ¡ f i . roncoli,er altri tumori impiafrrataui fufo.Giouailfucco difliUato nelle orecchie per li dolori apoflemofi di quelle. Fannone alcuni gargarifm 0 reU: pofleme del gorgozzule : er fono alcuni medici, che la danno a coloro, che fo» Komi. no del continuo moleflati dalla toffe uccchia. Vedefi manifrflamente la uirtù fua aflerfrua ne i uafl di uetro. Chia» mano i Greci l'Helfine, E>|/w), er m tffliur ; t utini, Hrlxine : i Tedefchi,Tag undnacbt : li Spagnoli, ua del muro : i Francefl, Paritoire.

D ell’Alfine.

Cap.

LXXXIX.

L a a l s i n f ., laqualc chiamano alcuni amhillioi & altri mioibta,pcr rafTembrarfi le Tue frondi alle orec chic de i topi.nafce nelle felue ombrofe, & luoghi opa ja chi,dal che è fiata chiamata alfine.Sai ebbe quella fiaca lamedci)ma,cherhelfine,fenonfuife piu piccioia,& non hauefie frondi minori,& non pclofc. pefta relp.ra odore di cocomero. Ha uirtù di riftaprare,& d'tnfri gidire. Impiaftrafi con polenta per le irfìammagioni de gli occhi.11 fuo fucco difiillato nellorccchie, ne cauail dolore,& uale à tutte quelle cofe,ciie l’helfine.

Alfine, & fu; tifarti.

Alfine fcritu ¿a Gal.

Nomi.

C h i a m a s i TAlfinemTofcara Cétone : dctla quale fe tic ueggono però piuffetie,quantunque unafola ne recitai jq Biofcoride. Altri la chiamano in Italia Panama, altri Pizza gallina,cr altri Centouicc.Kitrouar.fi alcuni tefti Greci, che hanno quello capitolo neUa-flne delfecondo libro,appreffo al• l’Orecchia di topo. Ma tomefu quiui detto à bastanza ,rpm fuo proprio luogo queflo, che quello. Scriffene Galeno al v 1 . dellefacultadei[empiici,cojidicendo. L ’Alfne,onero Orecchia di topo, ha neramente lefacultà mtdefìme deU’hel(l n e, ciò c infrigidatiue, er humide : imperode ella c im a efr fenza acquea,w frigida.il perche rinfr efea fenza coftrignere: e r imperò è ella cor.uenìente alle pofleme calde, er alle medio 4« cri criftpele. ChiamanoCAlfine iG reci, AWw» :i Latini, Alfine: i Tedefchi, Hucner dorm,t7 Vogcl kraut : i Francefl, Mouronem.

Della


Nel quarto lib.di Diofcoride. y6 y • Della Lente de i paludi.

Cap.

XC .

L a lente dei paludi fi ritrouanclPacque.che ftanno ferme. Eunmufcofimile alle lentic­ chie i làcui uirtùèd’infrigidire • Il perches’impiaftraconuenicntementeperfcfola, & conpolenta infuleportane, al fuoco facro, & allepodagre.Sana anchoralerotture interinali dei fanciulli. Ch i

a Ma s i

U Lente de i paludi commummentc Lenticularia . E cofa notifima a cìafcunoMafce perii Lenticularia

piuTiellefèJ]èdeü’dcqU4 ,ihecircondanolecitt 4 , c r l e c Æ ’tli.Scrif[cdique{tiiG 4lcnoall’viii.deÜefacultÀde

&fuefaculci

i[empiici, cojìdicendo. La Lenticula de »paludi è quafi nelfecondo ordinefHgìd4 , er humida. Chiamanoi Greci U Lente depdludi, **■!<■>'<ò 1*1 rà r rtApttior ; i Latini, Lcns paluùris :gli Arabi, Tdhdkb, c r Tbakb : i hom i. Tedefchi, vuafjèr linfen : li Spagnoli, Lentcya deUagoa : i iranccfì, Lentille de mer.

D el Sempreuiuo maggiore.

Cap.

XCI.

I l sem previvo maggiore ccofi flato chiamato, per eflerTempreJcTuefrondi uerdi. Pro­ ducequefto i Tuoi furti alti ungombito, & qualche uoltamaggiori, groLi come il dito grò(Todella mano, grafii, uerdi, & intaccati, come quelli del tithimalo characio. Le frondi fongrafie,camofc, lunghequantoil dito groflo dellamano, incimaàmodo di lingue .-dellequali lepiubaifefi dirtedono per tcrrra>&quelledi foprafi conformano inficine àmodo di un’occhio. Nafce nei monti,& fo praletegole : piatafi anchorane i tetti. Hauirtù d’infrigidare, &di riftrignere. Lefrondi medica­ noalfuoco facro, alleulcere maligne, & contumaci, &ferpiginofe : confyrifeono alleinfiammagio ni degli occhi,alle cotture del fuoco,& alle podagre,tantoapplicateper fefole, quanto inficinecon polenta. Viafi infufoutilmenteil fuccoinficmccon polenta, ouero con olio rofadonei dolori del capo, beuutouaieal morfo di quei ragni, chefi chiamano phalangi, alia difenteria,& altri flufsi di corpo.beuutoncl uino cacciai uermini lunghi delcorpo. Applicatodi fotto con lana, riftagnail fluito delle donne. Confcrifcc ungendofeneài difetti degli occhi, caufati dal fangue. SEM PREVIVO

M AGGIORE.

SEM PREVIVO

MINORE.

B>

Della


j66

DifcoriìdelMatthioli D el Sempreuiuo minore.

C ap .

X C I I .j

N a s c e il Sempreuiuo minore ne i fafsi,nelle muraglie,nelle macie,nelle corone delle muraj& ftei fepolchri.oue non batte il fole. Produce afTai ram i, che efconodauna foli radice, lottili, tutti pieni di frondi picciole,ritonde,graffe, & appuntate. Efce dal rnezo il Tuo furto alto una fpanna’: nella cui fommità fa una ombrella, con fiori piccioli,& pallidi di co lo re. Hanno le frondi fue le uirtù medefimcdcl p red etto ,

D i uno altro Sempreuiuo.

Cap.

XCIII.

**

I l t e r z o Sempreuiuo,il quale chiamano alcuni portulaca faluatica, altri telep h io .& i L « ;. ni illeccbra,produce le frondi piu graffe, & pclofe.fimili à quelle della portulaca. Nafce tra fafsi. Ha uirtù calida.& acuta,& ulccratiua.Impiaftratocongrafcia,rifoluelc fcrofoie. vn ' a l t r o s e m p r e v iv o .

T re s o no le flette de i Scmpreuiui,mefii qui da Diofcoride :de i quali il maggiore, er parimente il ¡nino refono notifiimi à ciafcuito . I/maggiore tiene per tutto il nome di Sempreuiuo : mail minorefi chiama, doue Ver« micularia, doue nerba graffa, er doue Grunellofa. della quale nefono di dueflette. L’ima detle quali produce il fior giallo, er lefrondi piu picciole, er piufólte, il quale penfo neramente ciferc il mafehio. Et l’altraproducete fiondi piu lunghe, piu rade, cr piu graffe, quafìfimili à ¿pinocchi mondati , er però alcuni lo chiamano nerba pignuola. produce piufuiti fottili ‘.nelle cui fommitafono i fori, che nel uerde biancheggiano,à modo di ombrella ffartita. er queftofi può agevolmente credere, chefiala fintini". Quello della terza fletie di contraria naturia ^ quefli due, fi ritroua in alcuni Diofcoridi con piu circoftanze deferitto. Ma noi habbiamo in queftofeguito lordi ne della correttìone Aldina, oue fono rifecate uia affaifuperfluità . Nemanca oltre à ciò chi creda, che quefto terzo Sempreuiuofa flato aggiunto in Diofcoride, per uederfi, che Galeno nonfa memoria di piu, che de i primi due. Nientedimeno la terzaflette di Sempreuiuo >di cui è qui il ritratto, cofìalguflo acuto, che ulcera la lingua, mi mandò da Pifa già piu tempo f ecceUentiflimo medico,er moltofamofofemplicifla M. Luca Ghini,accompagna* to daquefle parole, le quali riferirò qui, confidandomi dell’humanitàfua. Vedeft (fcriueua egli )nel giardino del• f lllujhifimo Ducadi Fiorenza una certafletie difottilifimo Sempreuiuo, algufio cefi acuto, come ognifortedi ranuncolo : il quale ho anchora ueduto nafeere nelle muraglie antiche, er nellefiffure defafii. Quello per miogiu dicto è il terzo Sempreuiuo. Ma effondo in quefto luogo lafrittura di Diofcoridefu ra , er difficile non ho fatto „per il paffito pocafatica, infierne con molti altri peritifemplicifli, per uedere fcritrouarfìpotcffe Sempreuiuo, i°" che haueffele fòglie pelofe , di fórmafimili alla portulaca. Ma conflderando pofeia con piu diligenza, er attendo ne le parole di Diofcoride, mi par che cofifi debbano intendere. Eanchora una terza ¡fede di Sempreuiuo, il qua le rifletto allaportulaca, produce le fòglie piugraffe, er piu denfe, are. Al che dando io quefta eflofìdoiw, er queftofenfo, il quale ( permiogiudicio)efllica benifimo la mente di Diofcoride, facilmcnteho poi conofciuto quefto terzo Sempreuiuo, come credo, che potràfar ciafcuno altro, che cflonga quefta ditdone S'alia denfe, CT non kirfute : orche interpreti spierà tikaftSpdym comparate allefòglie della portulaca ■ Imperoche le fòglie di quefto Sempreuiuo della terza fletie, comparandoli alle fòglie della portulaca, quantunque fieno difórma molto piu pìcei ole rfono però euidentemente piu denfe, er piugroffe di quelle. Tutto quefto riceuei io da quel miolìnee* rifilino aureo. Dalla cui dotta opinione nonfono per partirmi mai,perfin tanto che non ritroui chi mi dimoftrique fio terzo Sempreuiuo, chefi raffembri con le fòglie aftaportulaca : er chefia algufto cofì acuto,che ulceri,CT morda uaìorafamente la lingua. Del Sempreuiuo fcrijfe Theophrafto a l x i m .capo d elxv n . libro deU'hiftoria delie pìfite,cofìdicendo. Al Sempreuiuo diede in dote la natura di durarefempre húmidojty uerde. Produce lefion* di lunghette»


Nel quarto lib. di Dioico ride. 5-67 di lunghette,\ifcie,zr carnofc. Nafre nelle muraglie piane,er {opra le tegole,ouefi raccolga qualche poco di tetra areno]a . ^Deferire Galeno le{acuità folamente di due primi Sempreuiui al v 1 .libro de t{empiici, còjx dicendo. L ’kko»er l'altro Scmpreuiuo, maggiore ciò è , er minore, diffecca leggiermente »er mediocremente coflrtgne : ma è priuo (fogni atcragagliarda qualità. perciocbe abonda in lui piu d'ejfenza acquea,che d'altra. Ma ueramente non è la uirtu fua infrigidadua mediocre : imperochefi connumera tra quelle cofe, che infrigidirono nel terzo or» dine. Uperches'accommoda eglibenifìiinoalleerifipele, er alle pojìcmecalde, chenafeono perflufidi macerie. Chiamano i Greci il Sempreuiuo maggiore, A'dftcw ¡¿iy* : U minore, AW^jaov^/xpoY.-cr il terzo Adfoiou ««fot rphov : i Latini chiamano il maggiore, Sedum maius, er Semperuiuum maius : il minore, Sedum mima, er Sem» peruiuum minus :e r il terzo, Sedum er Semperuiuum tertium. Gli Arabi chiamano il maggiore, Beiahalalen,cr ,0 Haialhalez ■ er il terzo , Alfebram, Handrachabard,crTilafòn. I Tedefchiil maggiore chiamano, Grofz haufz. uurtz : er il minore, Klein haufz uurtz • Li Spagnoli il maggiore chiamano »Sempreuiua, er yevua punterà : i franccfiilmaggiore,loubarbe:cnlminore, loubarbepetite.

DeirOm bilico di Venere..

Cap.

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D i uno altro Ombilico di Venere.

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Nomi.

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Cap.

XCV.

E v n a a l t r a fpetie d’Om biltco di V enere, il quale chiamano alcuni cimbalìò : le cui fron di fono graffe, & piu larghe, fpeife à modo di linguette, & appreffo alle radici fono limili all’ambito d’uno occh io, come fi uede neffempreuiuo maggiore, & fono al gufto coftrettiue. Producono un ^ fuilicello fottilernel quale fono i fiori,& il feme Amile all’hipcrico ; là radice è maggiore. Vale à tutte 5 le cofe, che fi conuiene il fcmprcuiuo. O M B I U C O DI VEN ER E

Icno.

CXIIII.

L ò OH b i l i c o di Venere ha la foglia di figura ritonda,Amile à uno acetabolo,& coli conca uà, che malagcuolmente fi difeerne : dal mezo della quale nafee un gamboncello breue, nel quale è il Teme. la fua radice è tonda, come una oliua. Il fucco diftillato, ouero unto con uino,fcoprc le parti genitali,che fono ricoperte di carne; & gioua parimente al fuoco facro.alle infiammagioni,al!e ferorok,& alle bugance ; fpegne gli ardori dello ftom aco. Le foglie mangiate infieme con la radice,rotn pono le pietre, & prouocano 1’orina : dannofi con mele àgli hidropici. Viano alcuni l’herba per tófc amatorie. :

r» .■ fcnto d^G*'

Y N ’ A L T R O OM B. DI VEN.


y6 8 O m bilico di Venere,8dua edam. E rrore d’alcu ni Speciali.

Errore del Fuchíio.,

O m bilico di V enere fcricco da Gal.

Komi.

DiícoríidelMatthioli

Nasce ÍOmbüico di Venere della primafietie abodantifiimo per tutta Tofcana fu per lemuragtitueeciiei or chiamanfi uolgarmente le fue fiondi cupertoiuole, per ejfer fimili alie cupertoie di ten*,che¡i fanno per copri re le pignatte. cr nonfilamente ñafie infu le muraglie ; ma anchora in fule pietre,ouunquefi uoglia. Qjtdlo dcU lafecondaffietieho di nuouo ueduto io in un giardinetto difemplici di NI. Giuliano da Marottica,medico eccelleva tifiimo in t'rioli in Ciuidale d’Auttria. In Lombardia ufano per t Ombilico di Venere una certa herba, la qual chiamano Cimbalaria,pendente a modo di chioma dalle muraglie, confittifittili, cr fiondi hcderacee.per intor* no inpiu luoghi appuntate, penfandofi che per chiamarli Cimbalaria dal uolgo,fia il uero Ombilico di Venere,per hauer detto Diofioride, che chiamano alcuni Cimbalion quella dellafecondafipetie. Dipinge il Fuchfio in quelfio ultimo, cr piu picciolo herbario per l'Ombilico di Venere deliuna cr dell’altra fietie, dueforti di Fona graffa, le quali nel primo fio grande herbario dimoftraua egli per il Thelephio, errando manifittamente cofi dipoi, come da 4* prima. Dipoi erra parimente la terza uolta nelfio ultimo libro delle compofltioni de i medicamenti, doue uuole egli, che laf abaríafia lafeconda fictie deWombilico di Venere. Ma chefia egli in manififtifiimo errore, fi conofie per quello, che nefcriue Diofioride, il quale raffembrò il fecondo ombilico di Venere alfemprcuiuo maigiore, il cui fitto fice eglifottile, cr i fiori, & ilfemefimile all’hipérico, delle qualifembianze nonfe ne uede uèruna mHa fabaria. Percioche quefta produce lefiglie maggiori della Portulaca domefiica, le quali non hanno fomiglìanza veruna con il fempreuiuo, nefanno firma alcuna appreffo alla radice, fimile à quello .N e manco produce ella Ufi* fio Cottile, magroffo,cr firmo, come che ancho ifiori non ui commendino . Fecene memoria Cileno al \ n , dellefaculta deifemplici, cofi dicendo. L'Ombilico di Venere è compotto difaculta mifie, cioè dthumidafrigi» detta, crduna certa non apertamente cottrettiua, cr con effa di una altra leggiermente amara. Et pero infrigidì* fee, ripercuote, aflergc, cr rifolue. La onde cura i flemmoni erifipelati, cr l'erifipdeflcmmonatexonfertfcc ini* 19 piattrato difiori mirabilmente àgli ardori dellofi arnaco. Credef i , che lefiondi mangiatepoffano rompere le pie» tre, erprouocare Corina . Chiamano V Ombilico di Venerei Greci, Kotv*»/'»V; i Latini, Acetabulum ,cr. VmbilicusVeneris : li spagnoli, Scudetes : Francefi, Bfcudes. Valtro chiamano i Greci, Ko7«x*<r*)Virifa ; i Latini, Vmbilicus ueneris alter, cr Acetabulum alterimi. ORTICA PRIMA.

ORTICA

SECONDA.

XCVI. L a o r t i c a e di due fpctie. Vna delle quali produce le frondi piu faluatiche>piu afpre> piu lar d* gHe,& piu Dcre : e 1Teme come quello del lin o , ma minore. L ’altra non è cofi afpra,& fa il Teme mi­ n u to . ¿eiron d id eli’uqaa&dell'altra im piagate con fakjgiouano à i morii dei cani; fauanolecan-

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Nel quarto lib.diDiofcoride. ORTICA

TERZA.

10

50 CARDIACA.

¿65)

crcnc, i cancan, l’ulcere fiordidc,contumaci, & malagc uoli da confolidare, & parimente le membra fmoiTe,i panni,i piccioli tumori,le pofteme ro tte, & quelle,che chiamano parotidc.giouano applicate con cera a i difet toii di milza, meffie trite infierne colfucco nelnafo.ui riftagnano il fluiTo del fianguc.pefte infieme có mirrha, & applicate di fiotto, prouocano i mcftrui. toccandoli con effe frcichc la madricc rilavata, la ritornano al fuo luogo.li fieme beuuto con uino pa(To,muoueà lufifiuria: apre la.bocca della madrice : lambendoli con melc,gio ua à i difetti di petto,à i dolori laterali,& alle infiamma gioni del polmoneipurga il petto.mettefi con i medica menti corroliui.Le frondi cotte con gongole,mollifi­ cano il corpo,prouocano l’orina, rifoluono le ucntofi tà: cotte con ptifiana uagliono à i difetti del pettoibcuu te con un poco di mirrha,prouocano i meftrui. 11 fiucco gargarizato rifioluele infiammagioni dell’u gola. E C o s i notifima pianta l’Ortica, che fi conofce da eia O r tic a , & forno fino nella notte [cura.: er imperò non accade a dire quale *“* ella fi fia. Quittunq; no fia male il [apere quittefìano le fue ¡fe tie : le quali fc benfríamente effer due recitò D iofeoride; non« dimeno trefe neritrouanoin Italia. Due fono le fopr adette. La terza nafce con piccioline frondi, er breui fa tti ,affai piu pungenti d'amendue ialtre: er fi chiama da alcuni Ortica falúa O rtica ferir tica. Scrijfene Galeno a l v i , delle [acuità de[empiici, cofi cada G alen. dicendo. Le frondi, er ilfeme dell'Ortica, di cui è l’ufo ,frno molto iigettiue,di modo che fanano le pofteme, et mafiime quel leche nafeono dopo all’orecchie. Hanno infe alcuna parte ucn tofa,con il che muouono ageuolmcte à lufjuria,cr mafiime qui do fi beue il feme loro nel moflo. Oltre à ciò,che non if caldi ua lorofamcte ; ma che fia di moltofottili parti c5pofto,nefa teftì momo il cauar, chefa egli dal petto de grofii,ar de uifeofi hu• morì, er parimente il prurito, che caufa nelle membrane toc ca. La partefua uentofa ; della quale s'c detto effer partecipe > gli nafte,mentre che fi digerìfee : er imperò non è l’Ortica uen tofa attualmente, mapotentialmente. Solue alquanto il uentre, non però perch’ella fia folutiua ; m per efftre afterfiua,& titil latoria. Sana l’ulcere cancarofe, er tutte quelle,oue fia di bifo» gno diseccare fenza mordacità alcuna ; percioche per effer net le parti fue f titile , e r fecca di temperamento,non è però ella cofi calida,che poffa mordere. Et a h i . delle[acuità de cibi di ceua pur egli :-L’Ortica, la quale è pure herba [¡natica,è com polla di parti fottili. Et però nonfi può ragioneuolmente ufare per cibofegià à ciò no necefiitaffe lafame. Ma è ben utile,co* fine companatico, er come medicamento, perfoluere ella il cor f i p o . Tuttoquellodell’Orticafcriffe Galeno. Mdbattendomiel la ridotto à memoria la c u d u c a (cofi chiamano hog g ii moderni una pianta, che fi rafftmbrainnon foche modo al l’ortica) nc dirò qui quel tanto,che da altri n’ho ritrouato fcrit to. La Cardiaca adunque tiene quafi forma d’ortica, ma proda ce lefrondi piu tohde,crejpe, pclofe,cr intagliate allo intorno, come quelle del ranoncolo. Produce ilfufto quadrangolare,fu perloqualeefconolc fi-ondià duca due dittanti di pari ínter» uallo, ma piu all’intorno intagliate. I fiori , i quali nel bianco porporeggiano,fono molto fimilife ben minori, à quelli dell'or tica fètida, di cui nel fcgucte capitolo diremo. Hafcono qucfti allo intorno del futto, doué i picciuoli di tutte lefrondi hanno la loro origine,come fa il marrobio. Produce la radice,che nel roffo gialleggia, con altre púdole radici allo intorno. N afre nelle piazze,e r lungo le flrade à canto allefiepi , er lungo alle mura delle catteüa. Alguflo è cofi amara,chefacilmentefi può Bb 3 giudicare


T

Nomi.

7

°

Difcorfidcl Matchioli

giudicare effcre etla alida nel fecondo, cr fecca nel terzo ordine. Lodanla i moderni per il batticuore. onde s'ha ella prefo il'nome di cardiaca. Lodajì nello jpafino, er perii paralitici, Apre ioppilationi caufate damateriefhgU de, comefa il marrobio, mondifica i ncrui, er affittiglia igroffi humori. Prouoca l'orina , cr «meflrui. Mon* difica il petto dallaflemma, er ammazza i uermini. La feccafatta in poluere »er data ì bere con uino alle donne, che nonpoffono partorire ,fa (come ho ueduto ) mirabile effetto. Chiamano i Greci l’Ortica, A’jmaupn ;i tati* ni, Vrtica :gli Arabi, Huniure, Vraith latum, cr Angiara : i Tedefcbi, Neffel; li Spagnoli, Ortiga ;i trance* fl , 0 rtie.

Della Galiopfi.

Cap.

XCVII.

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L a g a l i o p s t è una pianta ne! fililo , & nelle fiondi del tutto fimile all’ortica, ma fono lefuefrondi piu lifcie,& trite fpirano di difpiaceuole odore ; il fiore produce porporeo, & fottile. NafceapprelTo alle fiepi, ne i cortili delle cafe,& per tutto lungo alle u ie. Le frò­ di , il furto, il Teme, & parimente il fu cco, rifoluono le durezze,& i cancari ; & guarifeono le fcrofole, i pani, & le pofteme, che vengono dopo all’orecchie. Al che fare s’impiaftrano tepide con aceto , due uolte il giorno, & fomentanfi conlafuadecottione. Mettonfianchoracó 10 Tale con giouamento in fu l’ulcere putride, cancrenate, corrofiue. ..

Galiopfi, Se fraeilam.

N a s c e l a Galiopfi in ogni luogo,ne i cortili,neUe uie, infu le p ia zze , e r apprejfo alle cafe. cr chiamafì in Italia Or« ticafètida,imperoche molto puzza'mav.eggiandola. Producete fio n d i, e'Ifufto fimile ali ortica, ma non pungono: c r ii fiore Opinione re porporeo, cr fottile. E in uero notifAma pianta. Et imperò par probara, m i, che non poco s’ingannino, c r errino coloro, i qualifi pen« / ano, che la nera Galiopfi fia quella pianta, che communemen* ^0 te fi chiama Scrofularia maggiore, MiUemorbia, Eerrarla, cr Caftrangola :findandofi forfè fopra lafirma de fuoifiori, i quali fi raffembrano à una celata, chiamata da i Latini galea. Ma fi confónde l'opinione di cofloro apertamente, per quanto io poffa conflderare, per uederfì, che la Serofilaria maggiore, non pro duce le figlie moltofimili all’ortica, ne hanno odore noiof>ue• runo. Oltre ì ciò la Senfilaría ha una radicegroffa,bianca,cr per tuttoferofilofa, onde ha eüafirfe pref>il nome di Scrofola* ria,di talforte notabile, c r marauigliofa, che non è da credere, che niofeoride principe defemplicifli cofì negligentementefe l'haueffe taciutafenz<t defcriuerla ,fe haueffe egli te 4® nutalaScrofilariaperla Galiopfi. Appo ciò la Scrofularia nafee per il piu ne gli argini de f i f i , nei riui defiumi• Fuchfw* ‘tcquafbrini : cr non ( come fcriue Diofeoride ) lungo le fiepi ,c r n e i cortili delle cafe, n i 1 quella ifleffa opinione rìtn m o io effere il Vuchfio, Intorno però de i tòpi noñri dottifimo,nelfio i ommentario delle piante: il quale fi perfuade, che la Scrofilaria fia fiata chiamata daiGreci Galiopfi da quello nome Latino galea ( ciò è celata, onero elmo ) alla cui firma fi raffomigliano i fuoi fiori. i l che non mi pare, che confenta alla ragione, per non effer mai ñato coflume de gli antichi Greci, copiofifim i de uocaboli propri],di comporre nomi di piante, Cr di ogni altra cofa, infiememènte di Latino, cr di Greco, fipendofi che galea non fu mai nome Greco. Onde per tut* te quefle ragioni non poffoin modo ueruno ridurmi nella opinione del Euchfio, cr di tutti gli altri, che credono il G aliopit qua Vedefi oltre à ciò una le eflfer pofla. medefinto ; im m chefono coflretto a dire, che non fia per uerun modo da dar lor fid e. pianta fimile all’ortica, che puzza : la quale per battere fopra ognifoglia una macchia lunghetta bianca come lat• 50 t e , chiamano i nofiri Sanefl Herba del latte. Quella neramente ( per mio giudicio ) fi potrebbe molto piu ragione* Uolmcnte da quella macchia lattea, chiamare Galiopfi da y**-*vocabolo Greco, il quale nella noñra linguafignifi* ca latte , che quell'altra da galea. Et che ciò habbia ragione i n fe , f i può comprendere, cr farne coniettura dall’or dine offerudto da Diofeoride. il quale fibito dopo la Galiopfi fcriffe del Gallio, à cut diffe efferfiato pofto quel no me, per effer egli ufito in uece di caglio, per apprendere il latte A lch e dimoftra, che dalla conformità del nome di amendue dtrinato dal latte ,fuffemeffo Diofcorideà feriuerqueñe piante luna dopo l’altra. Queña adunque affer Lam io di Pii marei io effer la uera, er legittima Galiopfi, fe Plinio non diceffi al x 1 1 t i . capo del x x 1 1 . libro, che queflafi nio. chiama particolarmente Lamio, lodando queUaparte bianca per ilfuoco facro, c r il refio di tutta la pianta infierne con fate per le contufioni, fcrofole, tumori, cotture di fuoco, podagre, cr firite. Et però ne coftringe Plinio i Scrofolaria, credere, che fia la nera Galiopfi quella prima fpetié fuddetta. Se già non uolefiimo impugnar Plinio, dicendo, che fi fue uirtù. anchor’egli haueffe errato, non conoficndo la uera Galiopfi, come fycffo fuoi fare : imperoche molto uiua ragione c queña ultima noñra. Oltre à ciò è dafapere, che la s c r o f o l a r i a ha uirtu mirabile in rifoluere le fcrofole


Nel quarto lib. di Diofcorid

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c .

SCROFOLARIA.

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fcrofòkiZr parimente le hemorroidi.nel quale ufo fi prende nel l autunno la radice lauata , cr netta dalla terra, cr peftafi con boturofiefeo molto bene infime, cr pofeiafirnetteferrata tra due catini di terra all'humido nella cantinaper quindici giorni continui : cr di quindi pofeia togliendoli, fifa liquefare à lento fuoco il hoturo, Cj cclafi,crferbafi per ungere il male, quando fe nba di bifogno^mafimamente l'bemorrboidi. chiamano la Ga'iopfi i Greci, ; ì Latini,Vrtica labeo, & Vrtica feetida ;li Spagnoli, Ortigamuerta.

Del Gallio.

GALLIO.

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Cap. X C V I II.

I l g a l l i o è (lato cofichiamato,pcr metterli in uece di caglio per far apprédere il lattc.Producequefto il furto dritto,& le frondi fimiii all’aparine.*& il fiore nel la fommità giallo, folto, Cottile,copiofo, & odorato .Il fiore s’impiaftra in fu le cotture del fuoco : & riftagna i ilufsi del fangue.Mettcfi il gallio ne i ceroti,che fi fanno con olio rofado,& fi lafciano poi al fole, fino che diuen tino bianchi, & ufanfi pofeia per le lafsitudini.La radice prouoca al coito.Nafce in luoghi paludofi.

IO

40

Nomi.

Nasce il Gallio copiofifimc per tutto lungo alle uie, af fai fimileaUa aparine. Etquantunquefcriua Diofcoride, che * am’ produca egli ilfior giallo ; nondimeno nel contado di Goritìa fe ne ritroua di quello,che lo produce anchor bianco. Manonperò è nota a tutti la uirtù,che ha difare apprendere il latte: imperoche s'ufarebbe anchor effo in cambio di quell’altra herba.che noi chiamiamo Prefura,di cui è f ufoperfare il cafcio dolceper tut* Gj]li<} ftf. ta la Tofcana. Diqueflofcriueua Galeno al v i. delle facuU todaGal?'*" ti de i femplici, cofi dicendo. Il Gallio s’ha ufurpato tal nome perfare apprendereegli il latte,ouefi mette dentro. Efìmilc all’aparine,er ha uirtù diffeccatiua,cr alquanto acuta.ll fioreua» le i i flufii delfangue,er alle cotture delfuoco. Ha buono odo« re,e.r ilfuo colore cgiallo .Chiamano il Gallio i Greci,TaAKicr: i Latini, GaUium.i Tedefchi, Vnfer fiauuen, Vuefiro :li Spa» gnoli,Codia lechcyerua; i Francejl, Petit muguet. D el Senecio, ouero E rigerò. Cap. X C I X .

I l s e n e c i o , ouero Erigerò,fa il fuo furto alto un góbito : roisigno,con frondi continuate,& intaglia­ te,come quelle della ruchetta,ma affai minori : produce i fiori gialli,i quali sfiorifeono prefto,& fe ne uolano in piuma.Ne per altro è egli fiato chiamato erigerò, fenó perche la primaucra i Tuoi fiori diuentano canuti, come fanno i capelli. non è la fua radice d'alcun ualore.Nafce per il piu nelle macie,& attorno alle cartella. Le frondi, & parimente i fiori hanno uirtù d’infrigidire. & imperò impiaftrate le frondi con un poco di nino, ouero per fc fole,fanano le infiammagioni de i tefticoli;& del federe: & oltre à ciò mefcolate con manna d’incenfo, medica­ no non tanto comunemente à tutte le ferite,ma à quelle de i nerui particolarmente.Fa il medefimo la piuma de i fiori impiaftrata per fe fola con acctoima beuuti quado fono frcfchijftrangolano.Cottotutto il furto, & beuuto con uino paiTo,fana i dolori cholerici dello ftomaco. Chiamasi


772 Sempreuiui, & loto eiT.

Difcorfidel Matchioli SENECIO.

Errore del Brunfellìo . Senecio ferie to di Galen.

Nomi.

Ch i a m a s i uolgarmetc il Seneciò chiamato da Gre* ci Erigeron,Catoncello,onero Spelliciofa: cr epitila affai no ta à eiafeuno.I fuoifufti ( comefcriue Diofcoride ) fono rofii* guidefròdi lughe,cr intagliate,come quelle della ruchetta, co me che minori, cr piu ajpre :produce i fiori gialli, i quali dia uentando pofcia<anuti,cr pelofì,fe nc nolano uia all’aria. N <<» fee per tutto, er finofopra alle muraglie uecchie. Quefìo non conofcédo Othone Brutìfilfio Tedefcojo meffe nelfuo l er bario per unaffetie di Verbena. Scriffene Galeno al vi.delle . facilità de i femplici, cofi breuemente dicendo. L’Erigerò ha Èfacuità mifla,cr parimente refrigeratimi, con alquanto di dia gcftiua. Chiamano i Greci il Scnecio, H’p'}ép°r :i Latini, Senecio, cr Erigcrum : iTedefchi, Creutzuurtz eli Spugno»

l i , Bo« uaron : i Trancef i , Senejjon.

De| Thalittro.

Cap. C .

H a i l Thalittrofrondidicoriar>dro,maaIquan to piu grafie : il fufto come di ruta, nel quale fono le frondi.l.cquali trite,& impiagatefaldano l’ulccrc an 10 tichc. Nafce per lo piu nelle campagne. Thalittro, & fui edam.

ì l t h a l i t t r o dice il Ruelìio effere una herba chia mata dagli herbolatti Argentina,imperoche molto rifflendo* no lefue fiondi coriandtine : cr ch'ella fi rttroua per tutto, ma piu fpeffo nelle campagne,cr nelle macie. Il che nonfu io ne* gare,nc meno affermare,per non bauerefin bora nrrouato chi mifappia dimojìrare il utro Thalittro. Quefto chiamò Galeno Thalietro,di cuifornendo effo al v 1 .callefacuità dei [empii* c i , cofi diceua. Il Thalietro hafiondi di coriattdro, cr il fu* ) ^ Thalittro fio produce graffo come di ruta. Hi uirtù di diffeccarefenza mordere : cr imperòfana egli ualorofamente iulcere fcritto di G ì uecchie. Chiamano i Greci il Thalittro, &x/jmpw : i Latini,Tbalifirum, cr Tlalietrum . leno.

Nomi.

D el M ofeo marino.

Cap.

C I.

I l m o s c o marino nafce ne gli fcogli, & neinic chi de i pefei appreso al mare, fottile,capigliofo, fenza alcun fufto . Ha uirtù ualorofa di coftrignere,& di rifoluerelc pofteme, & parimente le podagre,oue fia In­ fogno di riftagnare. 4® Mofco'marino,k fui eiT.

E c o m m v n e opinione di ciafcuno femplicifta delie* pi n°ftri »che fia il Mofeo marino qui recitato da Diofcoride, <fue^d c^e volgarmente fi chiama Corallina. la quale f gliono # # m ite per lì uermini de fanciulli ucnderti Ciurmadori di '* bianca : al che neramente, come ho piu uolte ueduto io l'effe* rienza, è ella ualorofifiima. Dalla quale opinione non mi pojfo ueramente partire, fapcndo,io che coloro, che 1tanno pefcando ■ i coralli, da cui s’ha ella ricattato il nome, la ritrouano attacca ta à gli fcogli, à i nicchi, cr ànchor attorno à i coralli>nel mo 5° do che s’attacca il mofeo alle feorze, c r a i rami degli alberi. Ma lodano per la miglior quella, che ritrouano attaccata ài coralli, fotto la cui ffetie ne uendono infiniti ficchi dell’altra. _ Quefta proprietà, che ha ella d’ammazzare i uermini, nonfu T& 'à conofciuta da gli antichi : pcrcicche non ritrouo alcuno, che la 01 • deferiua. Scriffe del Mofeo marino Plinio all’ v i 11. capodel Errore di x x v i i . libro, con quefte parole. I/ Brio ( ciò è mofeo ) èfeti Plinio.. Za dubbio alcuno una herba marinafìmile allefòglie della lat* tuca, crejfa comefefuffe contratta, fenza alcun fu fto, crie fòglie efo n o dal baffo della radice .Nafce ne gli fcogli , c r n c i nicchi attaccati alla terra. La uirtù fua è di dijfcc* ^ care,cr d’iugroffure,cr parimente di prohibiré le pofteme, cr I'infiammagioni, crffetialmente delle podagre. Va* e oue [U bifogno d'injHgidarein ogni cofa. Quefto tutto del Mofeo marino fcriffe Plinio,Dal che manifefta*

mente


Nel quarto lib.di Dioico ride.

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mente fi conofee bavere egli errato nelikiftorìafacendoli lefoglie ¡Imiti alla Iattura. Scrijfeite Galeno al v i . Moto m dellefacuita de i[empiici,coft dieendo.il Mofco marino è compoRo di terrea, er acquea fuflanza, l'un* er f altra n° dritto da fredda. 1/ perche è egli algufto coRrettiuo,cr impiagato infu le malattie caldere rinfrefca,cr leguarifee. Chia= ^ a,cno* ptano i Greci il Mofco marino tpu», Sxxxmar : i Latini, Mufcus marinusigli Arabi,Tabaleb, er Thabél, confòn» °mi’ dendo il mofco marino, c r lalènte paluftre : iTedefchhMeernnefz,cr Mermofi: li Spagnoli, Malhorquina yer* m : i franeejì, Corallina

DelPhucom arino. 10

Cap.

C11.

I I p h v c o marino è di piu fpctie: uno cio è largo: l’altro lunghetto, & roiTeggiantc : & il ter z o , che nafee in Candia >bianco, floridifsimo, Si incorrotto. Hanno tutti uirtù infrigidatiua,utile non {blamente alle podagre, ma anchora alle infiammagioni : il che fanno efficacemente ,quandq ui s’impiaftrano fufo : ma bifogna ufarli frefehi, auanti che fi fccchino. Nicandro diede il rodo per li morii delle ferpi. Crederonfi alcuni, che quello fufle quel phuco, che adoperano le donne per colo rirfi la faccia, non fapcndo che quello, che ufano, è una radice di quello nome medefimo.

. .

* !

S c r i s s e del Phuco marino Plinio al x x t i i . cap. d e lx m . lib ro, cofi dicendo. Nafeono nel marefler* Phuco maripi , er alberi, ma nel noR.rofono minori. percioche il mar Rojfo, cr l'Oceano orientalefono pieni difelue. Non hiba in altra lingua nome proprio quello,che i Greci chiamano pbycos : imperoche Alga è piu predo uocabolo i'her da Pimi»."* 10 ba : ma quello èfrerpe .E ta lx . capo del x x v i . libro : Il Phuco marino {diceua ) è di trejjietic, uno largo, l'al» ’ tro lungo, er il terzo creffo, con cui tingono in Candia le ueSH. quellofcriue Plinio. Il perche ejfendomi tal pian U incognita, altro non me ne accade a dire :fenon che ,fe ella non è Alga, ne fra almeno un a ffetie. Theodoronel la interpretatione di T heophrado non chiama il Phuco marino altr imenti, che Alga. Onde fe ben Plinio in quefto luogo dijfe nonfl conuenire tal nome, in altri luoghi ( come diffe anchora Marcello Fiorentino ) lo chiamò però A l Il ga. Ma non per quefto offermarei io , chefujfe egli qucjla Alga chefr mette * Vinegia tra i uetri, accioche nonfr rompano :maben direi, che fìailPhuco chiamato anchor eglt Alga, per non hauere altro nome Latino. Spetie A!ga,&ulua. di Alga è quella, chefr chiama ulua : ne altra differenza è tra loro , fe non che quella nafte ne if i m i , ne i laghi,er ne ipaludi : er quellafolamente in mare, come dimoltra quel uerfo de grammatici. Alga uenit pelago ,fed nafeitur ulua palude, ciò è. Nel mar uien l’alga, c r l'ulua ne paludi. Onde diceua Vergilio nel vr.deU’Eneide Tandem transfluuium incolumes, uatemq; uirumcfc, Informi limo, glaucaexponit in ulua. c io è * Finalmente olir’al fiume in faluo pone Sopra’l confufi limo, e r /opra l’ulua Celefte, Enea, er la Sibilla ìnfreme. Etnei i i . libro pur deO'Eneide diceua anchora : Limofocj; lacu per noilem obfcurus in ulua Delitui. ciò è. Afcofo ,e r f curo ¡lei tutta la notte Dentro al limofo lago, e r dentro all’ulua . Fece del Phuco marino mentione Galeno aìl'v 11 r .delle[acuiti de i[empiici,cofi dicendo. Il Phuco cofrhumido Phuco maricanato del mare, disecca, er infrigidire nelfecondo ordine, cr ha alquanto dell’acerbo. Chiamano il Phuco !l° fcutto marino i Greci, Vimlkuvbnw : i Latini, Pbucus murinus.

POTAHOGETO.


J74

Diícoríl del Matthioli D el Potamogeto.

Cap.

CUI.

I l p o t a m o g e t o prodúcele frondifimili alla bietola, ma pelofe,& alquanto fopral’acqu» eminenti. In frig id ire , & riftagna: è utile alprurito, & a ll’ulccre uecch ie,& co rrofiu e.G lic flato meffo il nome di potamogeto, per nafcer egli nelle paludi, & altri luoghi acquofi. PotimoeeV e d e s i il Potantogèto motore con le frondifimili alla bietola ne i laghi, & nellè paludi in molti luoghi. to, & fua efl". HoGo piu uolte ueduto, e r ricolto io,¡penalmente in alcuni laghi della ualle A naniaÀoue nuota nell'acqua Ínfleme con la nimpbea. 11 Potamogeto ( diceua Galeno att’v l i i. dellefaculta de[empiici )riñrigne, er infrigidifce,co=* 0 Nomi. me il Poligono : ma lafua effenza è piugroffa, che quella del poligono. Chiamano il Potamogeto i Greci i,n, fu yin v : i Latini, Potamogetumù Tcdefchi,Seehalden kxaut,^ San kraut.

D ello Stratiote acquatico.

Cap.

C I I II.

L o ST R A T I OT e , il qual nafcenell’acque, nuota fopraà quelle ,& u iu efen za radice .'donde haegliprefo il nome. E queftouna herba Amile al fempreuiuo, fé egli non hauefle però lefrondi maggiori. Rinfrefcano quelle : & beuute riftagnano il làngue, che uiene dalle reni : prohibifcono l’infiammagione nelle ferite, che minacciano poìtem a. Impiaftranfi con aceto al fuoco facro, & pa i» rimente à i tum ori. À

Nomi.

N o n e ’ marauìgliafe in Italia non nafea lo Stratiote acquatico. imperochelcome rifèrifee Plinio a l x v t n . cap. del xx 1111. libro) nafeefolameute in Egitto netCinondaiionichefa il Nilo fmilc al fempreuiuo,ma con fon ¿ì maggiori. Chiamano i Greci lo Stratiote,£ rpartarns inSfot :i Latini,Stratiotes aquaticus.

l-

D ello Stratiote millefoglio.

Cap.

C V.

L ò s t r a t i o t e millefoglio è picciola pianta, alta un palmo, & qualche uolta maggiore : le fui frondi fono ¿raflembrenoli alle penne de gli uccellini, breui m olto, & nel nafeimento intagliate. Raflembraniì le frondi al cimino faluatico,& malsimc nella ruuidezza,& breuità loro : fono però piu brcui; ma l’ombrella c piu denfa,& piu piena. Produce nella fommità del furto fottilififtuchi, dei • quali


Nel quarto lib.diDiofcoride.

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quali fi forma 1 ombrella come d anetho : di cui fono i fiori piccioli,& bianchi.Nafce ne i capi afpri,

Silungo le uic.E in grande ufo all’ulcere uecchie.Sc alle nuoue,al fluifo del faugue,& alle fifto le.

! Il

Stritiate ritiene anchora in Italia al tempo noflro il nome di Millefoglio. impero* chefi uede il commune Millefoglio nafeere ne i empi non coltimi, ne i prati, er lungo alle uieyconfici maggior cCunpalmo :fu per li quiifono le/rondi (ìmili quafi allepenne depiccioli uccelli,cr fimili molto a quelle del cimino fduatico : con ombrella di fiori bianchitimi} quantunque alcune uolte nel bianco roffeggino d'incarnagione :erprò duce da unafola radice bora quattro,bora cinque,er horpiufufti. Il che dimofira,cke'l Millefoglio, che è in com, mune ufo, fla quello Stratiote : cr non il Miriphilio poco qui difottafcritto da Diofconde, come fi crede il ara* to fauola. lmperoche l MiriphiUo è ungambo tenero ,crfolo,che nafee nelle paludi, con copiofe, cr lifeie fiondi, (ìmili a quelle delfinocchio. Il che conclude, che’l Millefoglio commune, cr ufualefialo Stratiote terreflre, qui deferitto da Diofcoride. Mafceneuna ftetie di molto piugrande nel contado diGoritia infu’l monte Saluatino,di cui e qui il ritratto : cr però panni,che ragioneuolmentefi poffa egli chiamare millefoglio maggiore. Feceda* menduegli Stratioti memoria Galeno aU’v ni. delle facuità de i Jempiici, cofi dicendo. Lo Stratiote acquatico è nei amente fi igido, cr humido : mail terreflre ha alquanto del cofbrettiuo . 1 1 perchepuò egliftldarc le ferite, cr effere utile allulcere. Sono alcuni,che l’ufano ne iflufi delfangue,cr nellefiftole. Chiamano i Greci il Stratiote millefoglio, SrpttTianK yjxia'ipMKei- i Latini, Stratiotes miÙeftlium : i Tedefchi, Garbai : li Spagnoli, Mthoyas yerua t.t francefì, MillefuciUe. millefoglio

D el Verbafco.

Gap.

CVI.

I l V E R S A i c o c irI fortuna di due fpetie,bianco ciò e,& nero: nel che s’intende il mafcbio,& la fcmina. Le frondt della femina fono fimili à quelle de! cauolo,bianche,molto piu pelofe,& piu lar­ ghe : il fililo bianco,pclofetto,alto un g o m b ito ,& qualche uolta piu : i fiori bianchi,ouero gialli pai fidu il Teme nero: & la radice lunga,acerba al gufto,& grofla un dito, nafee nelle campagne. (Quello, che fi chiama maichio. produce le frondi lunghette, ftrette, Si bianche, & il furto fintile. Il uero ueraméte farebbe limile al biaco,fe nó hauefle le fue fròdi piu nere,& piu larghe. Quello,che chiamano faluatico, creile con frondi fimili a quella della làluiarcon fufti alti,Si legnofi,& intorno à quelli fo­ no i rami fimili à quelli dei marrobiortl fuo fiore è giallo,della fplédidezza dell’ oro.Sóuene due altre io fpetie di pe!ofi,& baisi,che produco le frondi ri ton d e. Oltre à quelle n’è una altra terza fpetie, chia­ mato da alcuni lichnite,& da altri thriallis, che produce al piu tre, oucr quattro frondi,ouer poche

VERBASCO

VERBASCO SECONDO.

Stratiote mil lefoglio, & Aia edam.

Errore dei Brafauoia.

Stratioti ferirci da Ga ieno. Nom i.


j ~6

. DifcorfidelMatthioli

VERBASCO TERZO

VERBASCO

SALVATICO.

/

piu , ruuidc, grolle, & grafiche quali fono àprópofito per brufeiarenelle lucerne. Laradicedei due primic coftrettiua: il perchefi'dà ellacon uino alla quantità d’undadonei"flufsi del corpo. La fuadecottione giouaài rotti,à gli fpafitnati,ài fraca{fati,&allatoflcanti­ ca,& lauandofenclabocca,mitiga il dolore de i denti. Ilverbafco che produceil fioreaureo, tinge i capelli, & meflo inqual fi uoglia luogo,tira àfeletignole. La decottione delle fiondi fatta nell’acqua, confcrifceai tumori,&infiammagioni degli occhi.Acconuienfi có uino,& con meleall’uìecrecftiomenate, & conaceto alle ferite: medicanoài morii degli fcorpioni.Le fion di del faluatico s’impiaftrano aneborainfule cotture del fuoco.Dicono,cheferbandofii fichi fecclii nelle fiondi dellafemina, nonfi putrefanno. V erbale©, & fue fpetie *

O p inione ri prouata.

Ch i a m a s i uolgarmcte ilverbafco,Tuffo barbaffo, dicuileprime due fpetie del domcflicofono noteà ciafcuno. Ma ilfaluaticòjl qualeproduce lefiondifonili afta[alida,?? fiori aurei,no penf),che [lacofi noto adogni uno. come che ne ancho il lichnitefii cui è qui il ritrattole ben con piu fòglie di quello,cheferine Diofcoride: le qualiper effer tutte cariche di fittile, et biaca lanugine,ageuolmctefi poterono adoperare da gli antichi nelle lucerne per lucignuolo .Ma le tre altrefpetie non ho potute uedere io inll alia. Et quantunque uogliano il KueUio,il ¥uclifio,et alcuni altri dotti moderni effer duefpetie di V erbafio quelle due poco diuerfe piate, che efeono nellapri mauera cofiodi crefpe molto,?? quafifintili al diffaco, Z? fiori ^ nell'una gialli,er nell'altra bianchicci,ritondi, ey per intorno 0 intagliati,chiamati daalcuni fiori di primavera,et daaltri her ba Paraltfis ; nondimeno nonme lo pcjfo ioper alcun modo per fuadere


Nel quarto lib.diDiofeoride.

5-77

19

}0

40

Co

fu riere . Vercioche primamente nonfì rimembrano le fronti ti quelle due piante, le quali in ma fono ritondette, er neU’altra lunghe,in alcun modo al Verbafco : nefono in modo alcuno pe* lo fe , come le fece Diofeoride, anzi per il contrario lifeie, e r ben crejpe. Oltre à ciò non ritrouo, chefaceffe delfiore memo . ria alcuna Diofeoride, ne altro de gli antichi, che nefcriua le jpetie de i Verbafchi. 1/che non era da tacere neU'herba Para lifìs : percioche era da effer celebrato il fuo aureo fiore, per ef* fere ueramente il primo, che ne annunci) la primavera. Q uefte ufano indifferentemente alcuni moderni per li dolori delle giun ture. Le cui radici (fecondo che dicono) fi cuocono, er bette* fene pofeia la loro decottione utilmente per le oppilationi delle reni, er della ucfcica. Dafii il fucco dell’herba à bere, er pa* rimente s'impuftra difuori nelle rotture, er dislogagioni delToffa. vfano le donne di bagnarfi ffejjo lafaccia con il fucco de i fiori: imperoche uifa difendere la pelle, er neleua uia ogni macchia. Ma ritornando a iueri Verbafchi,dico, che per Verzichi,& quanto m'ha dimofirato l'ifferienzafono uniuerfalmente tutti loro uirtii. molto cofirettiui, er diffeccatiui. Et imperò ualc ilfumo de t bottoni de ifitoifiori fecchi, infieme con terebentina,er fiore di camamiUa riceuuto per una banca forata, alfedere, alle ri* ìaffationi del budello,er per li premiti nella difentcria,che chiù mano i Greci tenafmùcr noi male della pondera . Vherbafie• fca della fimina pefla con due pietre uiue, er meffe ncUeinchio nature de i cattaili,fubito gli guarifee. 11fucco delle radici del• la fimina,quando non ha prodotto ancora ilfufo,dato alla qua tità di due dramme co altrettanta maluagia calda,ò altro uino aromatico nel principio del parofifmo,cura( fecondo che rifiri fe t Arnaldo)la fèbbre quartanamta bifogna farlo tre,ouer quat tro uolte. Il fiore fregato in fu quellaffetie di porri, che fono m u d ig li manda uia. E anchofimile al Verbafco quella her• Ce ha,che


578

DifcorfidelMatthioli

Binari», & ba, che Plinio chiama b l a t t a r i a , al i x .capo'delxxv:libro,doue egli la deferine coti quelle pdrolc fu* hiiì-. Simile ueramente al Verbafco è una herba, chefreffo inganna coloro, che la ricolgono perejjo. Ha le fòglie manco

Verbifco ferino d»Ga le no.

Nomi.

bianche:& produce piuf u ìi,t y il fiore fìntile al'uerbafco. Mejfa ne i luoghi,oue f u di bifogno,tira 4Je le figliuole Crle blatte : crperò à Romafi chiama Blattaria. Quejlo tutto diffe Plinio. Il che parimentefa il Verbafco delfió re aureo, fecondo Diofcoride . Et però non credo,che di gran lunga erraffe chi dicejfe, crche la Blattaria di Pii nio , cr il Verbafco delfior giallo di Diofcoride fuffi una cofx medejìnu. crtanto più , quanto fiuede, che il fiore della Blattaria c molto piu giallo di quello de gli altri Verbafchi. Nafce ella per tutto, confi-ondi lunghe fìmili al uerbafeo, ma dentate per intorno, er fiori aurei : dopo al cui disfiorire nafeono alcuni bottonifìmili à quelli del lì no, ma piu duri ,c r p ìu lìf: i , doue è dentro il feme .A ltre uirtù non ritrouo io di quefia pianta. ma per ejfere ella amara, non fi può dire, fenon che (la aperitiua, er afterjiua. Scriffe del Verbafco Galeno àfi'vu i .delle fa-, io culti de ifempiici,cofi dicendo. E' nellefrette del Verbafco, il bianco, e Inero . Il bianco adunque è il mafrhio, k cui frondi fono piu larghe, er maggiori. Ennc oltre a quello uno altrofaluatico : i cuifiori fono aurei, er rofii. er enne anchorafenza le predette, un altro,il qual chiamano propriamente phlomide,cr thriaUide. La radice de i primi due c algufto acerba igioua à i flufii. Vfafila fua decotticne per lauarfi la bocca nel dolore de i denti. Le frondi hanno uirtù digeftiua, er mafiime di quello, che produce ifiori aurei: con cuifanno rofii i capelli. Hanno le fiondi di tutte leffetie uirtù dijfeccatiua, c r aderfiua. Chiamano i Greci il Verbafco, iK ifis : i Latini, Ver■ bafeum :,i Tedefcbi, VuU kraut : li Spagnoli, Verbafco : i Erancefi, Bouillon.

Della Ethiopide.

Cap.

CVII.

io

L a e t h i o p i d e produce le fuc frondi limili à quelle del uerbaico,moltopelofe,&grofle,ridotte in

terraal tondo Copraallaradice, il fuo furto c quadran­ golare,ruuido,Cimileà quello dell’apiaftro, ouero dell’aréiio: riel qualefono molte concauità d’ali, il femeè allagró/fezza di quello deil’eruo, & doppio inunfolo inuoglio.Ha dal medefimo certo molte radici,lunghe, piene,&al gufto uifeofe :lequali feccandofi, diuentano nere, &indurifeoniì come corna. Nafcenealiai co­ piainIdamonte di Trota, & inMeflenia. Gioua àgli 30 iputi della marciatile fciatiche, ài dolori del coftato, & ail’afprezza dellacannadel polmone,quando fi bene la decottione deliaradice.il chefaellaanchoracompo fta inlettouarioconmele. Ethiopide,& fuaeifara.

Q v a n t v n Q_VE per aliati hauefii sepre creduto, che la Ethiopide nafieffe filamente iti Ethiopia, er parimentein fui monte Ida di Troia, per ritrouare iofiritto da Diofcoride, c r da Elimo, che ñafie ella quiui copiofifiima ; nientedimeno m'é ñata dipoi portata da Padotta dal mio comefigliuolo dilet 4° tifiimo M. Giouàni 0 dorico MclchioriT ritiro medico dina poca.afrcttatione. Quefia neramente per miogiudicia è la ue ra Ethiopide,per corrifrondere ella con ognifua fembianzad l’hiftoria, che nefcriue Diofcoride, come dimoñra ilprefente ritratto. Di quefia non ritrouo io , che ne i libri dei femplicì faceffe alcuna memoria Galeno. Se ben Paolo Egìneta neferif f i egli, togliendo, c r trafiriuendo da Diofcoride. Chiama* no i Greci la Ethiopide ,A / J » w : i Latini, Aethiopis.

Konti»

D ell’A rdió.

Cap.

CVIII.

Lo arctio ,ii quale chiamanopiupreftoalcuni Ar&uro,è limilenellefue frondi al uerbafeo, eccetto che fono piupclofe, & piuritonde. Il furtoèlungo,& tenero: el femepicciolo, limile al ci mino : laradice èbianca, tenera,& dolce.Quefta cotta conil fuofemecon uino, mitiga il dolore de rdenti, tenendoli ladecottione in bocca: conlaqualefi fomentano utilmentelecotture del fuoco, & le bugance. Beuefi laradicenel uinoperlefciatiche, &perprouocarel’orinaritenuta. Cr e d i s i il KueUìo, che fia /’Ardiloquella uolgar pianta,che nafee litigo alle uie, la quale chiamano uol garmcntc gli frettali Lappa minore. Ma fecondo il miogiudicio non mi pare l'opinionfua troppo efficace. impero eflam. Errore del che chi legge nel proceffo di queflo libro il capitolo dello xanthio deferiito da Diofcoride, ritrouarà manififtamen te efferequello ifteffo la Lappa minore ttfuale : la quale nafee abondantifiima ne i laghi afeiutti, c r diffeccati dell'ac* Iiuellio. que . Ma ucramentc qual piatitafi pojfa dimoftrareper l'A ràio hoggi in Italia,nov faprei io già per bora afferma* A rftio,& fu»

re*


Nel quarto lib. diDiofcoride.

5-75)

re . . ¡¿riffe deWArdito Galeno di v 1 .ielle facuiti de i [empiici, cojì dicendo. L'A rttio , il quale è fìmile al uer* Ar&io feriebdfco, che hd la radice tenera, bianca, er dolce, ilfujlo lunghetto, er tenero, cr ilfeme ¡ìnule al cimino,è com= io da Gal. pojlo difonili parti : er imperò è egli diffeccatiuo, er afilerfiuo, quantunque poco . 11perche la radice, e'ifuofe« me cotto nel uino, medicano qualche uolta al dolore de i denti. Oltre a ciò conjirifce alle cotture delfuoco, er alle bugance, nonfolamente il bagnare della loro decottione ; ma anchora tapinami [ufo i fuoifulìi, quandofono tene• Nomi. r i. Chiamano i Greci l’A r ilio , Afario, ; i la tin i, Ardlium.

Della Periònata,ouero Lappa. »0

Cap.

CIX.

L a p e r s o n a t a produce le frondi maggiori di quelle delle zucche,piu hirfute,piu nere, & piu graf­ fe : & il fuño biancheggiante, quantunque fi ritroui an chora qualche uolta fcn2a fuño : è la fua radice nera di fuor¿,& bianca di dentro.Queña beuuta al pefo d’una dramma con le pine,gioua à coloro,che fputano il fan gue,& la marcia. Peña, & impiaftrata »mitigai dolori d ei legamenti delle giunture.Impiaflranfi le frondi utiluicntc in fu l'ulcere antiche.

»0

S c r i s s e della Perfonata Plinio a l i x . capo del x x v . libro, cofi dicendo. Alcuni chiamano l’Arcio Perfonata, delle cui frondi niuna altra è maggiore : produce le lappole grandi. Il che manififtamente dimoftra effere la Perfonata quella pian• ta di grandißimefrodi ueftita,che noi chiamiamo Lappola mag giore . Della quale ¡i ritroua unafrette , che produce anchora le frondi maggiori, che nafce in f ig li argini de fißifenzafu• fio, come che non peròfempre. imperoche al tempo della pri* maueraß ritroua ella alle uolte conf ußo,er con fiori,i quali fi feccano in breue tempo.Le fuefiondiferuono frefifo in cambio 10 di cappelli àgli affannati lauoratori,quado lafiate ò mietono , 0 tribbiano ¡otto l'ardente canicola. Diquefla anchora intefe fìmìlmente Plinio nel medcfimo luogo, chiamandola non Perfo nata, ma ?erfclata,cofi dicendoha Pctfißata, la quale è no» ta à tutti,chiamano i Greci Arción, prodúcele frondi firmiti quelle delle zucche, ma però piu afrre, piupelofe, piu nere , er piu große ter la radice grande, er bianca. Le cui note del tuttofi raß'embrano à quella feconda frette, che non produce ne lappole, ne altrofrutto. Il che non hauendo faputo il Leo* niceno riprefein ciò coirà ogni ragione?linio, 40 non uolcdo conferire egli che fe ne ritrouaffe VNA ALTRA PERSONATA. piu d’unafr etie . llFuchfìo infierne con alcuni altri moderni fi crede manififtamente, cheque fla fecondafrette di Perfonata fia il uero Petàfi te. Ma(per mio giuiicioß'inganna infierne co i fuoi feguaci non poco, come piu à lungo dire• mo nel feguente difeorfo. Il Brafauola uuole, che la Lappafia Í Aparine di Diofcoride.il che Ufcìo al giudìcio dì coloro,che benfanno, che Í Aparine no è altro(come'dicémo di fiòpra nel lo terzo libro al fuo proprio capitolo) che quella pianta molto fimile aia rubbia minore,la quale volgarmentefi chiama SperoneHa,cr nafce per il piu frale lenticchie. Scrijfe della Perfo* nata fiotto nome d’unaltro Arétio Galeno al v 1 .iellefaculta de i femplici, cofi dicedo.Val tro Arétio, il quale chiamano Profopide, le cuifrondifono fimilißime à quelle delle zucche ,fe non che'fono er piu dure, e r parimente maggiori, digerìfee infiemementc, e r dififecca, coñrigne anchora alquanto. Il perche poffono lefitefrondi medicare 1‘ulcere uecchie. Chiamano i Greci la Perfonata, A V hov : i Latini, Perfonata : i<Tede• £ f à i > Groß klettern : li Spagnoli, Bardana, c r pagamacera mtior : i Yrancefi, Glotcron, er Bardana.

C

*

D el

Perfonata,Se. fua efiam.

Errore del F u ch jo .

Frroredel Brafauola.

Perfonata ferina da G* ieuo.

Nomi.


y8 o

Diícorfidel iMatchioli D el Pe tafite. ELLEBO RIN A .

Cap. C X .

I l p e t a s i t h è un gamboncello maggiore d’un gom bito, groflo un pollice : del quale nafee una fron. de molto grandcjdell’ampiczza d’un cappello, attacca­ ta à.modo d'uti fo n go. Impiaflrafi quella efficace, mentein fu l’ulcerecorrofiue,che mangiano la carne, & che fono malageuoli da confolidare. Q j a n T v n Q_v e fcriua il Kuettio, che il Petafitc n<t fie in Punch ; nonfo però io uedere,come fi pojft cofiageuol»

peralíte , & fuá eíam . Errore del Ruellio , Se del Fuchfio.

lo

viete feguire lafia opinione,vedendofi,che uuole egli,'che il pe tafite fin la Perfolata, di cui c ñato detto nel precedente capito 10 : come uuole parimente il Fuchflofiguitando forfè l’opinione del RateUio. Md ritroudndo io, che il Petafltefa il piede piutl to d’un gombito,dal quale péde uni fòglia di fórma di cappello, come unfingo, non f i comegli poffa confondere la Perfila* tu con le fuefig lie, ouero qual fi uoglia altra fe tte di A rd ió. Ondefon coftrettoà dire, che uanafìa l'opinione di cofloro, IO quatunque huomini neramente dottifiimi'. Quefta pianta iofin bora non ho potuto uedere: er non paffofe non credere,eh’ella non nafea in Italia, pervadendomi, chefi ui nafieffe, non po* irebbe cofigran fronde efferuì fiata tanto tempo nafeofa. Scrif fin e Galeno a t t v n i . dettefaculta defemplici,cofi dicendo. 11 Pe tafite diffecca nel terzo ordine. er però l'ufano per lui * cere maligne, cr corrofiue. Chiamano il Petafitei Greci, Unaa-hui : i Latini , Pctafìtes.

fetali« ferie toda C a l

N^aii.

Della Epipadide,ouero Elleborina. Cap. C XI . io FVMARIA.

Epipaftide, Je ' fuá elfam.

Nomi-,

L a e p i p a c t i d e chiamataanchoradaaltri E 1 leboripa, èunapicciolaherba,folta, che produce picciole frondi.Eutile bcuutaài difetti del fegato,&con traà ueleni bcuuti. T a n t a èbreuethifioria,che fcriuonogli antichifirn plicifii detta Epipaftide, che ueramete malageuol cofafarebbe, anchora ch'ella nafieffe in Italia,à ritrouarla. Benché Plinio al x x . capitolo del x i i l .libro di(fe,cb'éttanafieua in Grecia,et in Afta . MafelEpipaftide è chiamata Elleborina pcrraffem* 4° brarfì ella ali-elleboro nero,credo neramente, ch'ella ñafia co* piofa nel catado di Goritiaipercioche ui ñafie una picciola her betta,di cui è qui il ritratto,del tutto fìntile à quello in ognifui fattione, tanto dico nettefiondi, quanto nette radici, quantun que piccioline ettefi fieno .D ell Epipaftide non ritrouo,che ne i libri de¡empiici firiueffe Galeno , Ma Pauolo nefirifje tutto fuetto, che trafiriffeda Diofcoride. chiamano l’Epipaftide i Greci , eW « xt/V; i Latini , Bpipaftis, e r E tteboritta.

Della Fumaria,

Cap. CXII.

L a fvmaria èfoltaherba,&moltotenera,limile al coriandro : mafono lefuefrondi piubianche, di co lordi cenere,& pertutto folte.il fiorè porporeo.il fuc co è acuto, & chiarificalauiila,ma falagrimare : onde s’haritroujitoil nomedi Fumaria. Vnto con gomma peohibifeeil nafeerdei peli cauati dallepalpcbre.L’her babeuuta,purgacopiolamente lacholeraper orina. Filmaría, 9t

fua edam.

Ch ia m a s i communemente à itepinofiri dai medi c i , e r dagli feriali la Fumaria. Fumus teme. E à tutti notif* ¡Ima pianta : e r non per altro ¿fiata ella chiamata Fumaria, f i no perche mejfo ilficco,che f i nefrem e, negli occhi per chis rifa re


Nel quarto ìib.diDiofeoride. VN’ ALTRA FV M A R I A .

?«?

10

40

jS i

tificarcU rifila, fa cofi abondantemsntc rigrimarc,comef if a

eia ogni acutifim o fumo. Danno gli Arabici, er i feguaci lo* ro alla Fumaria molte piu uirtù.che non le diedero i Greci, co me mamftftamente (1 uede per Serapione,perArianna,cr per Me f a . durila appreffo Plinio a l x m . capo del x x v. Fumaria, & libro è di due fpetie, delle quali fcrtjfe egli in quello modo. La fuefpecie. Fumaria della prima fa tie ja quale chiamano Piedi di gallina, Cr che nafee nelle muraglie, er lungo le fiepi, con rami fotti* h fa ,li, er fparjucr confiore porpora,quando fi caua il f a • co della ucrde,leua U(ale caligini de gli occhi : cr peròfi mct* te tu: i medicamenti di quelli. L'altra è fimile a quella nel no• mc,cr negli effetti,cr nafee ra,mofcolcfa,zr molto tenera,con )rondi fimili al coriandro,di colore di cenere, e? con fiore pa* rimente porporeo. nafee negli horti, er ne i campi tra le bian­ de , cr tra gli orzi ■ Meffa negli occhigli chiarifica, mafia la» crimare come ilfumo, dal che s’ha ella prefo il nome di Fuma ria. Quella medefima prohibifee, che non rinafeano ipeli ftir pati dalle palpebre. Tutto quello diffe Plinio . Ma qual fri quefia fecondafa tie di Fumaria deferitta parimente da Actio, dicemmo difopra nel terzo libro .trattando deU'Arillolochri, Cr Pifiolochia. doue potrà ricorrere chi fia deftderofo d'inten derne piu lungamente.Oltre a ciò ritrouo ne i nomi delle pian» te,che attribuirono,alcuni k Diofeoride, che la Fumarla da alcuni è Hata chiamata Corydalion. Onde ho molte urite me» co fteffo difcorfo,fe Galeno neU’x i . libro delle[acuità defem» plicifaiuendo dellalodoia,chiamata da i Greci corydos, do* uefamentionc dìunaherba chiamata Corydalios ,haueffe qui intefo della Fumaria.lmperoche tali fono lefue parole.Qucfto ho aggiunto al nofiro ragionamento per voler chiaramente (— ntanifrilare quefto animale,rio è la Lodoia, & quanti peti di» ' )7 ritti habbid ella infui capo, per hauerla io cfyerimentata con utilità ne i dolori colici t e r ho uoiuto,che per quefto ellafia ben dimofirata à coloro, che non la conofcono. Per* eriche ui confirifa parimente queU'herba chiamata Corydalis. Quello tutto diffe Galeno. Et però nonmèparfo ( anchora che f a r d'ordine )di tralafciare queflo paffo. Ma ritornando alla Fumaria, dico che di leifcriffe Me* Fumaria , & f a , cefi dicendo. Il Fumus ternefi connumera tra le medicine folutiue benedette. ma pare, che la troppa f a a* lue uirtùferic boticianza gli Ieri non poco d’authorità,cr di ualorc. Ne folamente è egli folutiuo ; ma corrobora er conforta an * te da Mefite. dora le rifare,facendo unire ìnfime i utili loro. Nonha infe(per quanto fi uede ) parte alcuna nociua : cr però non molrila punto chi lo toglie.Bene ha egli di btfogno cfefferfortificato alla f a operatione : il che fi f a , mettendo con effo i mirobalani, lafetta,ilfiero caprino, la grana,cr l'uua pa[fa. Il migliore c quello, che ben uerdeggia, ¡e cuifiondi fono aperte,er non creffe,cr il fiore quafi di colore di riole. Il tempo piu congruo di ricorri è nel prin» cipio della primavera,er cofì difarne il f a c e , Bifferò alcuni effer di temperamentofrigido, er altri differo altri menti. Ma dicendoli il uero,declina neramente egli al calido, quantunquefri meno della frigidità f a , nondimeno domina piu la ca\idità nellafafuperficie. E f a t o nel fecondo ordine, cr il fuofeme è calido. Conofafi la quali tà calida,che fi ritroua in lui,dalla f a amarezza , c r da un certo poco d'acutezza >che ri fi fente, Onde è egli af* fottigliatiuo, penetratiuo, aperìtiuo delle oppilationi, c r folutiuo della natura: cr ha dalla qualitàfrigidari Hit» ticitàil’aggregatane, cr ri uirtu confòrtatiua : ma ri flitticità c piu,che noti ¿ r i f a amaritudine. Soluc ageuol* mente il corpo, c r purga ri cholera, cr g li humori adufii. Eftendefi nonfolamente la uirtùf a fino al fegato, ma, anchora alle uene,cr mondifica cr chiarifica il f angue. E ualorofa medicina à tutte le infirmiti cholerùhe, e r che procedono da gli humori adufii, come cancan, lepra, rogna, uolatiche, cr flmili : cr parimente à tutte le infir» mità, che procedono dalle oppilationi. Confòrta il Fumus terra lo ftomaco, il fegato, cr tutte ¡'interiora, c r corroborale mmbra mollificate: conferifa alle febbri cboleriche, era quete che procedono da oppilationi * Scriffene Galeno al v i i . delle facuità dei /empiici, cofì dicendo . La Fumariafi partecipe di qualità amara* Fumaria ferie Cr acuta, ne neramente è ella del tutto fagliata dell’acerba. Il perche provoca copiofamentè l’orina cbclcricdtCr ta da Gai. ftna le oppilationi,cr le debolezze del fegato, Il f a fa c o affottiglri ri uifta ; facendo non poco però rigrimare, come fa il fumo, dal che èfiata nominata Fumaria. Soleua ufar quéfta herba un certo pkbeio, per confortare lo Homaco,cr per lubricare infiememente il corpo,Seccaua coHui l’herba,cr ri riponeua, c r pofeia quando ri uokua ufae perfioriere il corpo,la daua con l’acqua melata-.cr quando per confortare ri ftomaco,con nino bene inacquato, Chiamano i Greci riFumaria, .K*n*V : i Latini, Capnos : er Fumaria :gli Arabi, Scehiterig, e r Saheteregì :gli N o m i. Spettali, Fumus terra : i Tedef a i , Eritrrn h ; li Spagnoli, Palomilba : i Frantef i , Fumé terre.

Ce }

Bel


Difcorfi del Matthioli

r8 2

)

D el Loto dom eftico.

Cap.

C X111.

I l l o t o dom eftico,il qual chiamano alcuni trifoglio,nafte ne gli boni. Il Tuo Tacco inficine con mele, rifolue l’argeme,le nuuolette,ralbugini,& ogni altra caligine de gli occhi.

D el Loto faluatico.

Cap.

CXIIII.

I l l o t o faluatico, il qual chiamano trifoglio minore,nafce abondatifsimo in Libia, con fufto alto due gom biti,& fpefle uolte maggiore, Si pienodi molte alide frondi fono limili àquelle del tri­ foglio dei prati : & il feme limile à quello del fiengreco, ma molto m inore, di gufto medicinale.Ha 10 uirtù di fcaldare,& di coftrignere leggiermente.unto con mele purga le macole,& altri difetti della faccia.Beuefi trito per fc ftelfo, ouero con feme di malua utilmente nel uino, onero nel palfo concra à i dolori della ucfcica.

LOTO DOMESTICO.

LOTO S AL VATICO.

io

40

L o t i , & loto

eflam. O pinione di alcu n i.

v

Qv a l e /i fiailLoto domefticofcritto da Diofcoride,nonfi può neramente affermare. Mafono alcuni,trai quali c il Gcfiiero nelfuo gran uolumc de quadrupedi,che twglwno, che il Loto domeftico fati Trifoglio comu* ne che nafte nei prati, er iti ogni altro luogo, ingannati forfeper batter fcritto DiofcoriJe, chefono alcuni che chiamano il Loto domeftico Trifoglio,come diffe parimentedel Loto faluatico. M itfl conofce l'error di coftoro per dire Diofcoride, che il Lotofaluatico éflmile al trifoglio de i prati. Imperoche fehaueffe egli intefo che il Lo- 5° to domeftico fujfe il Trifoglio de i prati, haurebbe fcritto, che nafceua ne i prati, er non negli horti : crftreb* beli baftato il dire, che il Loto faluaticofuffeftmile al domeftico .I l che conclude, che altrapianta fìa il Loto, er altra il Trifoglio. Altrifono che mettendofi à indouinare ,ftpeitfano, chefu il Loto il mlgar Meliloto dellefte* tiarie : imperoche nonfono lefue frondi dißhiili da quelledel trifoglio nafte non folamcntc ne ¡prati; maan* chora ne i giardini,er negli horti. Il che quantunque inchini l’animo à credere, che cofifia ; nondimeno non lofo io affermare, ne manco del tutto negare. Et dico del tutto negare :percicche pare, che affermi alquanto effer que• ilo uolgar ìAcliloio il nero Loto domeftico lefrondi prima di Trifoglio, er pojcia il tacerfr Diofcoride l’hiftoria di quello ; pere¡oche quefto tacerne lefembianze, dimoftra, chefoffe berha cofi conofciuta,che non haueffe bifogno d'effer defcritto. il cheinterviene,nel Melilotouolgarede¡prati. Al cheaggiugnealquanto dicredenzail uedere noi, che rìferbafino a quefto tempo qtufi il fuo nero nome,ma mutato di Loto in Meliloto. Et di qui agcuolmente 6 ° è proceduto,chefìa venuto in ufo per il uero Meliloto,ilqualejì chiama Sertola campana, molto differente da ques fio, come fu ài fopra detto à baftanzanel terzo libro. Il faluatico, il quale nafee in Libia coft copiofo,non ù <1

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Nel quarto lib. diDiofcoride.

*

5-85

hofinbora ueduto io in Italia, quantunqueforfè n i n f e i . Ho ben io ueduto, & ricolto1ffielTe uolte una pianta in luoghi non echinati, di cui e qui il ritratto, confògliefìntili al tr¡fòglio,con fufio alto duegomititi per tutto pieno de rami, & fiori gialli, da 1 quali mfeono 1 cornettipieni di [ente, come nelfiengreco, cfaggradeuole odore, Ma fe quella pianta fla il nero Lotofaluatico, non ho coniatura , fiòpra cui mi pojjd/¡atramente fondare. Scriffe Loti Tcritti d amendue 1 Loti Galeno al v 11 dcUe[acuita de/empiici, cefi dicendo. Il Loto domeMco, il qual chiamano alci» dl Cileno. «1 trifoglio, c mediocremente digefhuo, er diffeccatiuo : & parimente é mediocremente alido , er /rigido er ìm» però temperato. I lfilm ic o nafte abondantìfiimo in Libia, il cuifernet calido nel fecondo o r d in e r à alquanto dtU’afierfìuo. Chiamanoi Greciil Loto dam fiko , AtnitSimot : e r ti film ic o A**»'*«»»,* . f Latini il dt^ Nom" meflico, Lotus fitiua : er il faluatico, Lotus fylueflris. gli Arabi amendue er quello d’Egitto indiffèrrntemente '

Handachocha, Garch, er Thusf.

D el C itilo.

11

Cap.

CXV.

I l c i t i s o cuna pianta tutta bianca, come il rhamno: & producei fuoi rami alti un gombito. & qualche uolta maggiori;attorno à i quali fono le frondi fimili à quelle del fiengreco, ouero del lo to trifoglio,ma minori,& con il dorfo piu eminente.Queftc trite con le dita,fpirano odore di ruchet ta, & gufiate fono fimili a iceci.Hanno le frondi uirtu d’infrigidire:peftc,& impiaftrate con pane,rifoluono i tumori,che cominciano.la decottione beuuta, prouoca l’orina. Seminano alcuni il Citifo to appreso all’api,credendoli,che'l fuò grato fapore le allctti, & le intertenga.

• ? EBCBl 10 °P,nio,ne»che il °f ‘f° (fePcr° "afeeffe egK ñ »«fa)nonfuffealtra pianta, che quella fhe» Citifo,&Aia tiedi Trifoglio odorato, che chiamanoaRoma Tribolo, er in molti altri luoghiTrifoglio cattallino, perefferne t eiTatn. caualli auidifiimi alla pastura .Helia qual credenza atidauaperfeuerando, per non ritrouar pianta, chepiu mi pa» rejfe raffembrarfi al Citifo,che quefia. In cotale adunque opinione mi fice primamente cader Plinio, per hauereglì fcritto , che il Citifo tanto piace a i buoi, cra i caualli, che guftandolo nonfanno /lima dell'orzo. Impcrochefa» pendo io per certo, che i caualli tanto fonghiotti di queftapianta, che nonfi curano d’orzo, ne diuena, nedogni altraforte di biada ; mi pareua di douer credere, chefuffe ella il uero Citifo, er majomamente uedendo io in lei mol tefembianze di Citifo Alche tanto piu credeua,quanto uedeua, che Diofcoridefcriueua del Citifo trai herbecer u nonfa g li alberi, er tra i fiutici, cofa iteramente, che mifaceua del tutto pervadere, che il Citifo fuffe herba,??

5 ■ non albero : & mafiimamentc effendo cofa chiara, che i buoi, i caualli, er altri fimili animali atti alla coltura de

*

terreni, piu prefio fi pafeono d'herbe, che diffondi d’alberi. lmperoche ritruouo, che gli antichipdfceuanoil lor bcfilarne d'eruo, er di medica geminando cotal herbe ne campi per quefio effetto. Onde effendo indotto da quefie ragioni , ne ctirandomialThora di inuefiigar piu auanti, mi perfuadeua,chefe herbafuffe in Italia, che rapprefen » tajfe il Citifo, nonpoteffe effere altra pianta,che quel Trifòglio odorato.Ma confiderando pofeia piu accuratamen» tefopra ciò, er leggendo piu auanti ne i buoni authori,conobbi neramente effer’io in manififlo errore. Et pero ho» ranon mi rincrefccràà lafciar da parte la prima opinione,& affermare confiantemente,che il Citifo fia altra pian* ta, che quella, che già penfauaer chefia albero, non herba. lmperoche non uoglio in alcun modo effere del nu» mero di coloro, che per fofientare le loro opinioni pertinacemente, piu prefio uogliano mantenere il falfo, che ri» Il Citifo èal tirarfi dall’errore. A mutare adunq; opinione,che il Citifofuffe piu prefìo albero,che herba, m’indujfe prima Galeno j5“ ®» & noa leggendo io il fuo primo libro degli antidoti, doue ferine,che il Citifo è una pianta della grandezza del mirto, con■ hetb*’ quefie parole .In Mifla anchora in quella parte, che confina con la nofira prouincia, è un certo luogo chiamato drittone, nel quale ritrouai il mele non fenzagran merauighafìmile à quello di Athene. Q m i era un colle non grande,faffofo tutto,erpieno d’origano,or di thimotty in un’altra parte era per tutto il Citifo.da i cui fiori ferino» no gli authori tutti,comeperuna bocca,che le api ricolgono copiofifi'mo mele.E il Citifo piantaffuticofa, che ere» fee tanto alta,quanto il mirto. Quefio tutto diffe<Galeno. A cui par chefottoferiua Plinio a l n i .capo d e l x u . libro, cofi dicendo. Ritrouafi anchora un altraforte di ebenofiuticofo, come il Citifo, difoerfo per tutta l’ India. Et al x x x v 1 11. capo del x v 1.libro connumerando il Citifo tra gli altri alberi,diceua pur egli : Tutto duro co» me un’ojfo è l’elice,il corniolo,il rouerojl Citifo,il moro,l'ebeno,il loto,?? tutti gli altri, che diremo non hauer mi dolio. Quefio medefimo pare, che affermi Columella nellafine del v.libro , doue trattò egli de gli alberi. Impero»

50 che.hauendo quiui lungamentefcritto del Citifo, diffe ponendofine, effereflato détto affai degli alberi. Il che di» mofira, che tiragli alberi comprendèffe egli anchora il Citifo. Pertutte adunque quefie ragioni,er authoritk non

fi puòfe non direbbe il Citifo fia un albero non moltogrande,comefono i mirti. Come chefin horanon habbiaue àuto io in Italia arbufcello ueruno, che dimoflri hauerelefembianze,<y le note di uero Citifo. Hon mancano però moderni,chefcriuono, comefa il Gefnero nelfuo gran uolume de quadrupedi, fhauer ueduto, er ricolto il Citi» fo nellefelue d’Italia, er in altri luoghi foluaticbi, natoui perfefieffo. Ma temo che s’ingannino di gran lunga, int peroche,per quàto io poffa cauare dagliferiti i loro,prédono cofi per il Citifo la Colutea chiamata da Thcophrafio. Ne pero quefio dico io,perche creda,che il Citifo non nafea perfe medefimofapendo chefcriue Columella a i u t i , cupo del ix . libro dellafua agricoltura,ritrouarfi Citifo domefiico, erfaluatico ; ma per hauer fcritto Plinio, che il Citifo era rara pianta in Italia. Del domefiico fcriffe Columella all'ultimo capo del v. libro diligentísima»

60

mente, con quefie parole. Etra faltre cofe bifogtto,chefieno i luoghi delle uiOe abondanti di Citifo, per ejfer e» Citjfo f . ^Untilifimo allegalline,alle capre,à i buoi, er ad ogni altraforte di befiiame : percioche fa prefìo ingraffare, er to daCoíum. genera nelle pecore copioflfiimo latte : erperche anchorafi può ufar uerdeper pafiurare gli animali otto mefi con tinui


^84

Diicorfi del Matthioli

tintiti, er dipoi fecce tuttol reflo dell'anno. Oltre à ciò f i può egli piantare in ogni terreno,quantunque maurif ¡imo : *’¡fendofua natura di crefcere in ogni luogo, cr di non curarli di nocumento alcuno. Il j,ecco c molto conue natole alle donne, che lattano,er non hanno latte à fu Jicienta : imperoche macetandofi per tutta una notte neil’ac? qua, cr dandofi loro à bere Ìinfusone alla quantità di tré bpmine con un poco di inno, le preferua fané, <3-fa che i Citifo drit­ fanciulli ritrouano abondqntifrimo latte . Scrifjene anchora Plinia al x x 1 1 1 1 . capo del x 11 1 . libro, cofi di» to di PÍimo. ccndo. 11 Citifo è un arbufceUo predicato da Arijtomacho Athenicie con marautglioje lodi per la pajhtra delle pc* core , cr fecco per i porci. Eutile quanto Cerno, ma fatia piu predio, e r quantunque poco fe ne dia, ingraffa ut breue tempo; di modo che il befoame fa piu slima del Citifo, che dell’orzo. Non e pastura che generi piu latte, ne migliore tfenza che preferua come medicina il beffarne da ogni infirmiti . Ne conferìfce egli folamer.te à i qua» drupedi, ma alle donne anchora che lattano : imperoche mefcolandqfl la decottione di effo con vino,genera loro co 19 pioflf.imo latte , il che è caufa, che ifanciulli crefcano piu grandi, cr piu gagliardi. Nutrifconfi del Citifo uerde le galline, c r del fecco bagnato nell'acqua. Scriffero Democrito, c r Ariflomacho, che nonpojfano le api uenir al manco, pur che non manchi loro la pajlura del Citifo. Le pianta nel rimirarla è canuta, cr uqlendofl dirne bre= vanente ,fono leftts fòglie 'fintili al trifòglio piu foretto. Fu il Citifo ritrovato prima nell'ifoU di Cithno,cr di quìn difu tramenato nelTifole chiamate Cicladi, c r dipoi in Grecia,per hauer maggior abondanza di cafeio. 11per(he mi marmùglio, che fìa egli cofi raro in Italia : cr mafiimamente non temendo ne caldo, nefreddo, ne grandine,ne Errore de} tempera. Queflo tutto diffe Plinio. La onde jion poffofe non merauigliarmi del Gefnero, il quale nel hbro.de Gefnero. quadrupedi,udendo prouare che l’Eghelo fìa il Liburno di Plinio, ferine, faluando la pace fua, affai imutr tetitc» mente allegando Democrito, che le api hanno in odio il Citifo : non ricordandoli che non molto auanti hatteua egli Opinione di' ferino d’authorità del medeftmo, che dotte fra pafìura di Cilifo,le api non fi poffano perdereste uenire al manco. 19 Oltre à ciò nonritrouo,che del Trifòglio odorato, di cui ¿flato detto di fopra,facejfe memoria alcuna Diofcoride, alcuni. ne Galeno, ne ueruno altro d:gli antichi, quantunque uogliano alcuni,che fia egli quel che chiama T heophraftoal x i i i i.cap.del v 11 .lib.detl’hiforia delle piante, Melfiugum,cofi dicendo.Sano alcune piante diuerfedi firma, et nientedimeno hanno un nome Colo, di modo che fona equiuoche, come c il lo to , Le cui/petitfono piu, differenti di fòglie, d ifu fli, di fiori,CT di frutti, tra le quali fi connumtra quello, che chiamano Mei frugum, ma però diuerfo cofi nell’ufo de cib i, come nel non nafrer egli nei luoghi medefimi. Dalle quali parolefi concfcc, che il T rifiglio odorato non c il Mei frugìi di Tbeopbraflo: prima perche non è egli in ufo ne i cibi : cr pof ù perche nafte ne i luo ghi medefimi ,oue nafeono i lo ti. Oltre a ciò appreflò Plinio all’ultimo capo del xx 1 1 ,libre <cl tefhmcnio di Dio* Q tifo fcritr eie , if Mei frugum non è altro che il Panico. Scriffè delle u\rtù del Citifo Gaietto nel v i i . libro dellefacilità de roda Gal. femplici qucjlc poche parole. Le fòglie del Citifo fono digefliue, conte le fòglie della maina, Chiamano i Greci il tVoun. Citifo, K dritte : j Latini, Cytifus.

D ei Loto d’E gitto.

Cap.

C X V I,

I n E g i t t o è anchora un L oco, ¡Iqual nafee nei capi inondati dal fiume. Q uello produce un gambo limile alle fauc : il fiore picciolo,bianco,limile al giglio, il qua! di cono, che s’apre al leuar del ib le A fi ferra nel tramontare,& afeondefi il capo fiotto acqua,onde pofeia efice fuori,come il fole leua.Il capofilo è come de papauerùma piu groflo : nel quale c dentro il fieme comedi m iglio,il quale Leccano gli Egittij fannoncpane.Ha quello loto la fua radice limile alle mele cotogne, la quale lì mangia ne i cibi cruda,& cotta,mangiandoli cotta ha j| medefimo fiapore, che le tuotla delle uoua. 4» J.otod'Epit-

D e l l o t o d’ Egitto fcriffe per lunga hiñoria Theophrafto al x . capo d e h n t , libro deKkifloria delle piante, cofi dicendo, Q uello, che fi chiama Loto, nafee per la piu parte ne i piani, quando s'inondano le uiUe.Il ftoria ferina daTheoph, cui fufi 0 èlimile à quello della faua Egittia , e r i i frutto quafri come quello,ma minore,cr piu fottile . Nafee il frut* to nel capo in quel medefimo modo, che nafee in quellafrana ■ Produce i fiori bianchi, quafì come di giglio, de i qua» li molti fono infiemementeferrati. Quelli nel tramontar d ii fole fi ferrano, cr fi ritirano con la tefiafatto acqua : Cr nel leuarfi pofeia s’aprono, cr efeono difopra aWacqua. 1 1 che continuano difare ogni giorno ,frno che’l lor ca pofia ben perfètto, cr che cafcano efii fiori. La grandezza del capo loro è tanto grande, quanto fì fìa ogni £rof« fo papauero, alla cui fimilitudine è queflo parimente per intorno intagliato, E piu ahondante difreme, il quale pro» duce limile al miglio. Dicono, che quello, che nafee nel fiume Euphrats, fommergeifiori, e'I capo ne! coricar 5° delfole , cr che fempre fe nefende al baffo fino alla meza notte, cr chefe ne ua cofi à ßndo,che non fi può ritroua» re con la 1nano : cr chela mattina,ritorna poi di fopra aU’acque, aprendo i fuoi fiori nel nafceredel fole, cr chefi» fio 4 mezo giorno s'alza tanto alto fopra all’acqua, quanto utfi ritira la notte . Ricolgono gli Egittij quefti capi, C r ne fanno intontii percìochefcaldandoft infierne, fi putrefanno le f o r z e , c r come fono putrefattele lauano nel fu m é , crfeparano il fin e : il quale macinano come è fecco »infarina, crfannone pane per il cibo loro. Lara dicediqtiefio Loto chiamato Corfro, è ritonda, c r graffa come una mela cotogna, ricoperta da nerafo r z a ,fr* mite à quella delle caftagne. Il corpo fio dì dentro è bianco : il quale cuocendoli tanto lejfo , quanto anofoto ¿fi» mite ne i cibi alle chiare delle uoua, cr molto aggradeuole al gufto. Mangiafi anchora crudo, ma è molto piu gra» to cotto, tanto nellacqua, quanta in fu i carboni. Queflo tutto del Loto d"Egitto f riffe Tkeopbrafto. Que» 6q f a pianta chiama Serapione indifferentemente infierne con gli altri due Loti foprafr itti Bandachocha. Del cui freme peño fi frem e fuor l’olio, che ufano gli Arabi nei dolori delle giunture. He fì f a i olio d'Handachochadel trifòglio uolgare, come ingannandofi filmano alcuni, ma del freme di tutti i Loti» crdt quel trifòglio fríamente •

■ fo, & fua hi-


Nel quarto lib.diDiofcoride.

5-85-

chefi chiama afihaltite. Tratto Galeno di quello Loto infìemecon gli altri al v i i . delle[acuità de i [empiici. Loto d'Egictte ditro ne diij e,[e nonché delfino fiemefie n efip a n s. Chiamano i Greci tl Loto etEgitto , Aairof aiyv'jrrm ; i to dritto ,<1* Latini, Lotus Aegyptia :gli Arabi, Handachocba. Galano.

DelM iriophillo.

Cap.

CXVII.

I l m i r i o p h i l l o è un ganjbo tenero,Se Colo, procedente da una fola radice. Ha copiofc frondi, lifcie, fim ili à quelle del finocchio,onde s’ha prefo il nom e. Il fufto ro(feggia,è uario,& quafiartificiofamente p o lito . naice nelle paludi. Prohibifcele infiammagiqni,chc uengono nellefcs® rite, quando ui s’impiaftra con aceto tanto uerde, quanto iccco.Dafsi con acqua,& fale àbere à co-» loro, che fono caftan d'alto.

MIRIOPHILLO,

VN’ALTRO MIRIOPHI LLO.

-i*

40

Q^V a n t v n Q_v e fieno alcuni,che uogliono (conte quipoco difiopra dicemmo al capitolo dpi M itiefigliti Miriophillo, ñratiote) che fia il uolgarMiBefòglio, che s’ufdcmmunemente da ciaficuno in Italia, queñoMiriophitto deferti * u* * **•

«9

toin quefio luogo dd Dioficoride; nondimeno il ueder noi, che’l uolgdr noflro müefiglio produce hor quattro, hor cinque, horfiei, er hor piufufti procedenti dd una radice : V che lefiondi fue fono affai differenti da quelle del finocchio : zt che nafee ne ì prati, ne\ i fid i , CT lungo alle firade, CT non per le paludi ; dimoflra manifiñamente, come singannino cofloro. Ma bene ho ueduto io il uero Miriophillo nelle paludi deüa uaUe Anania del tutto fintile à quello,che ne dipinge Diofioride. il cui ritratto ho qui pofto io nel primo luogo,cr nelfecondo quello d’uno altro MiriophiUo.maniatom da Pifa dal clarifiimo mediconi fimo f i femplicifta M. Luca Ghini. Fecene breuemente mentione Galeno nelfine del v i i . libro , cofì dicendo. Il Miriophillo è cofì dijfeccatiuo, che falda le ferite, cbia* manoi Greci il Miripphiüo, Mvp109vM.tr ; f Latini, Myriophyllum>e r MiHefilitm aquaticm.

Della Mirrhide. La

m irrhide

Cap.

C X V111.

è fimilc nelle frondi,& parimente nel fufto alla cicuta; la cui radice c lunghct

ta , tenera, & tqnda, foaue ne i cib i. Quefta beuuta nel uino, gioua a i morfi di quei ragni , che chia mano phalangi : prpuoca i meftrui, il parto,Se le fecondine : & purga le donne di parto. dal« cotta nei fugoli utilmente à i thilici. D icono alcuni,che beuendofi ogni dì due, ouer tre uolte nel uino la fua radice,è ¿lutifera nella peftilenza,& preferua da quella,chi fc la bcue.

Miriophillo

ferino da Ga leno. Nomi.


6 M irrhid e, & fu i cfikm.

Difcorfi del Matthioli M IR RH ID E.

E rrore del M anardo.

Angelica, & iualiiftoria, & uirtù. j

ANGELICA.

Mirrhide icriccada G a leno.

N o m i.

N a s c e per tutta Italia una piantafintile atta Cicuta, qualunque alquanto minore, cr non puzzolente,chiamata da alcuni Cicutaria, la qualefecondo l’opinione d’atcuni fi tiene, chcfialauera Mirrhide : imperoche pare >che in tutto gli fi rajfembri. Altri uogliono, che la Mirrhide fia quella pianta, la qual produce quella molto algufto aromatica, cr odorifera radice, che chiamano uolgarmente Angelica. Ma à me quefla non pars,quantunque fia la radice fua lodata contra la peñdc za,effere la Mirrhide : imperoche le fiondi detl’Angelicafono fìntili a queüedeüa paflinaca domefiica, c r non della cicuta. IO Oltreàquejlofe per la Mirrhide haueffe DiofcorideUntcfa l’Angelica, mi rendo neramente certo, che nonfi farebbe mai taciuto Taromaticità grande,che fi ritratta nellafua radice, et quel fuofoauifiimo odore, il quale meritamente gli ha dato il nome dìAngelica : imperoche il dir filamente Diofcoride, che la radiee della Mirrhide fia cibo non ingrato, non c5clude,che fia ne aromatica,ne odorifera. Credefl il Manardo,che la Mir rhidefìa il Cerofòglio, ma sparandolo co Fhfioria,che della Mirrhide fcriue Diofcoride,neramente no ut corrijponde pun to. Ma fe la nera Mirrhide nafte in Italia, no ueggio fin hora io in ucro piata,che piu fe gliraffolligli, che quefi a, di adequi il fitratto. La quale però emolto differente dall'Angelica : di cui per effer pianta hoggifamofa, non ho ucluto in modo ueru no tralasciar di non fcriuerne fhifloria,c r ie uirtù,che fiele damo da i moderni. Dico adunque che l’ a n g e l i c a «? una pianta, che crefce all'altezza di piu d1un gcmhito, con il 5* fuflo concauo, cr nodofo, con molte concauità d'ali, onde t* " feonoifuoirami. Lefiondifono lunghette, er intaccate per intorno, er di colore, che nel iterde nereggia. Produce nella fommitì delfuño una ombrella co biàchi fiori : da cui nafte il 5° femefcliacciato, cr fiottile. E lafua radice affai graffa,fiar* tita in tre, ouer quattro rami,acutf,odorata, cr foaue. Que fia ( fecondo Popimone de i piu moderni medici ) è calida, cr feccanelprincipio del ta z o ordine ,aperitiua,diffeccatm, Cr rifolutiua. Vale unicamente contra a i ueleni. Gioua man gi andofi a preferuarfi dalla pefie : confirifce àgli hnmoriflem matici, cr uifcofì. er imperò guarifeela teffe, che fi prende per freddo, crfa fiutare gli hmnorigrofii del petto. tenuta la fua decottianefatta nell’acqua, aleramente nel uino,confo lida Fulcere delle intaiora, rifolue ilfatigue apprefo, fortifica 4° mangiato lofiomaco. Vale ne i difetti del cuore : fa ritornare l’appetito perduto : libera da i morfi de i cani rabbiofi, cr pa* rimente delleferp i, mettendofi le fiondi con ruta, c r mele in fu i morfoiCr beuendofi anchora. E t però molti la mettono à i tempi noflrì ne gli antidoti loro. Della Mirrhide, à cui è hormai tempo di ritornare, fcriffe Galeno a lv i r. libro delle faculta defemplicUcofi dicendo. L a Mirrhide ha la radice do tata di giocondo odore, dolce, c r attaàprouocare i mefirui, Cr cauar fuori le materie del petto, cr del polmone. Ondefi può mettere con quelle cofe, che fcaldano nel fecondo grado, SO — i c r che hanno qualche poco del fiottile. Chiamano iGreciU Mirrhide, M vfìtf : i Latini, Myrrhìs,

D el Miagro.

Cap. C X I X .

I L MiAGRO?i]qualchiamanoalcunime!ampiro>è una herba farmentofa,alta tre piedi.ron frondi limili à quelle della rubbia, pallide: c il fuo feme oliofo,limile al fiengreco . Q uello arrollifcono prima ben pedo al fuoco,& untone pefeia le uergelled’ufano per far lu 6* me nelle lucerne.Credefi,chela gradezza del fem epof (a polire,& far morbida l’afprezza della pelle. Q va n tv m -


Nel quarto lib. di Dioicoride. Q v a n t v n c ^v e àlea il RueUio nafiere perfe ffè ffó il Miagro tra le biade in Trancia, ® anchofeminar* fi nc i cm ^ per I unlita,checauano del fuofeme perfare olio nonfola da inficiare nette lucerne ; ma da ufare pari* mente nc i cibi : & chefi chiamain Trancia dafauoraton Camelma,® Cammina ¡nientedimeno non ardilo io ¿approvare la finaopinione,per non deferiuere egkle fonbianze dellafua Camelma:®ancho perche non mi nervo gno a dire,chefinhora non habbiaueduto io pianta in Italia, che mi paia rafromigliarfi al nero Miagro,Oltre à dio credo,che errino di gran lunga coloro, che uogliono,chefia il Miagro m ifirn uolgare, ® communc chiamato da chi roda, da chiDrodeHa,® dachi Dorella, percioche nonfa eglifiondi di rubbia,ma lunghe,& intagliate, co* mefono qttOeddk ruchetta [aluatica,ne manco produce ilfemefìttale alfiengreco. Galeno Cerile del Miagro I®rifil i , dellefacilita de tfcmphci, cefi dicendo. Ilfeme del Miagro è graffo : imperoche peflofa olio, il quale ha uirtu di mollificare. Chiamano i Greci il Mìagro , M i : j Latini Myagrum.

DelfOnagra.

Cap.

Miagro , & lua eli'am.

Miagro ferie toda Gal. Nomi'.

CXX.

. b A j.N, A c ? AV ouero onother^ouero onura è una pianta molto grande limile à un’albero ; le cui trondi lono limili a quelle de i mandorli,ma piu larghe, non difsimili da quelle delgiglio ; il fiore c grande come le rofe : la radice c bianca,& lunga, la quale come è fecca,refpira odore di uino.nafce ne i m onti. L acqua oue fia fiata irtfufa la radice, data à bere, mitiga la ferocità di tutti gli animali,& & gli ra humani, & domeitichi.Impiantata,mitiga l’ulcere maligne, & contumaci.

i Q?V A/ n v 7 N,^ V r XXI. cap. del I X . libro deUWoria delle piante, che becndofi O nagri , & h radice dell Onotherafra chijc la beeptu allegro, ® piu manfueto ; nonperò ho iofin’hora ritrouato ueruno,che fua edam. melafapejfe dimoftrare,nepermeSlej]<) l ho rittouata : quantunquefuffe ella da{limare non poco,per mitigare imfolamente laferocità ¿alcuni buomimbdìiali ; ma quella de firocifiimi leoni,®- d'altri rapatimi quadrupe« di. Ma ferifremi peragiati danfimo medico, ®rarifiimo fem^licifla M. Luca Ghinibauer trapiantato nelfuo giardino ut Pifa unapianta tolta dal monte Apennino, alta piu d'un’huomo : confòglie fintili al mandorlo,quantun que maggiori : ifiorifimili al nerto freme minutifimoferrato in alcune_ fìlique lunghe, ritonde,®-fattili,®- imol* to in certa bianca lanugine :®la radice bianchiccia,®-ferpeggiante per lafommità dellaterra.La quale con ogni fembianzapar che fhafromigh all Onagra, quantunque egliperòfcriuefre non haucr ardire dìaffermarlo, per non o « f " f i JPfr^ntatofrela radicefecca habbia odore di uino, ®fe beuuta l'acqua dellafua Mufloné miti* ghi,® auilifca laferocità dellefiere, comefcriue Diofcoride. Dell'Onagra fcrijfe Galeno neU'v m . libro del* Onagra ferie •efacilita de [empiici,cofi dicendo. La radice dellOnagra, onero Onotbcra fecca ha odore di uino: onde ha an* ta da Gal. c . cì,ora l'idefraf,acuità di quello. Chiamano i Greci la Olia* N om i. CIRSIO. gra, O'yttypa. ; Latini,Oenagra,®- Onagra.

D e lC irfio ;

Cap. C X X I .

I l c i r s i o è un gambo tenero, alto due gom bl ti, triangolare.Produce certe frondicelle da bailo à ma do di rofa,le quali fono ne i cantoni per alcuni interua! li fpinofe,ma di tenere fpine. Produce le frondi limili alla lingua di bue, leggiermentepelofe,ma piu lunghe, biancbiccie, & nell’eilremitàfpinofe. La fommità del fuito è rifonda,& fpinofamella quale fono alcuni bottoncelli porporei,che Tene uolano pofeiain lanugine. La radice (dille Andrea)!eua i dolori delle uarici,legata in fu’l membro che duole.

Credonsi la maggior parte de ìfemplicifli del tem­ Citilo, & fui po noflro,chclCirfioflala uolgare Tuglofra dellefpetiarie.Nel eflam. la cui opinione nonpòffo cofi io ageuolmente concorrere :per» cioche trefono le ripugnanze, che oliano, che non fieno il Cirfìo,®- la Buglofrauna cofa medefìma : ciò è il non ueder noi nella Tugloffailfuflo triangolare, matondo :il nonprodurre da baffofiondicene a modo di rofe per interualli {finofe, ma lunghe,® continue :® il fapcre, che ifuoi fiori nanfe ne uo* Uno in lanugine, anzi che cafcano cofi interi, lafciando ilfe* me ne ì follicoli fuoi.La piata,di cui è qui il ritratto,® cheper miogiudicio rapprefenta co ognifua fembianza il uero Cirfìo, mi mandògià da Pifaf eccellcntifiimo medilo, ® fcmpliciUa péritifiimo M. Luca Chini. Nafce quella ( come egli dice ) in luoghi bumidi. Onde nonpoffofe non credere, chefia ella il uero


y88 Nomi'.

Difcorfi del Matthioli

vero Cirfio, di cui non ritrouo, che ne i libri dellefacuità de[empiicif¿ceffi memoria alcuna Galeno. no i Greci il Cirfio, Kfitrioy ; i Latini, Cirfium,

D ell’After Attico, ouero Inguinale.

Cap.

CMarna*

CXXII.

L o a s t ìe r Attico c un gambo ocello legnofo, il quale ha nella fommità il fiore porporeo,& giallo, Se per intorno intagliato,con un capitello firmile alla car mamilla,con frondicelle fimili à una (fella: ma le frondi,che fono attorno al furto,fono lunghette,& pelofe. IO Giouano impiaftrateal feruore dello ftomaco, alle in« fiammagioni de gli occhi,& dcH’anguinaie,&airufcire del budello del federe.Dicono, che la parte porporea del fiore beuuta con acqua gioua alla fchirantia,& ài fanciulli, che patifeono il mal caduco ; ma alle infiammagioni delle anguinaie bifognaimpiaftrarlo frefeo, Stirpato il fiore fecco da chi patifee il dolore con la ma no finiftra,&legato í fu l’àguinaie,ne leua uia il dolore, A fter A ttico, & Aia edam.

Errore di Se-? rapio ne.

Amelio di Virgilio.

A fter A ttico icritto da G a leno.

Stellaria , & fua h ifto ria , & faculta.

á s t e r a t t i c o rilieua in uolgar «offro Stelli 10 d'Atbene : pcrciochc quiui piu copioftmente nafee, che altro ue. Altri lo chiamano Bubonio,cr Inguinale,per effer egli mol to efficace rimedio per le p ojíeme deU'anguinaie. Il nome di ¡Ièlla s’ha egli acquiftato,perciocke ifuoi fiori,i quali aü'intor no porporei,cr di detro gialli fi difiernonofoiu) limili per l'èia bito di certefrondicelle,che gli circondato, aUe flette. E piana ta notifiima, er nafee uolentieri per lifodi&r terreni, che non fi lauorano,zr parimente iie i prati magri. Et imperò erra manifvñamente Serapione (come fu detto difopra nel terzo li broal capitolo dell’Iringo) nonfacendo differenza dall’uno 5° ali altro, ingannato dallafomiglianza de i fiori flettati d’amen due quefle piante. Oltre a quefto è dafapere, che f i ritrouano alcunitefìidi Diofcoride Greci,che hanno à quefto capitolo dettiAfter Attico affai piu di frittura, che qui no ho pofto io, ftataui aggiunta (come tengono ipiu dotti dei tempi noftri) da alcuni piu deibifogno curioji fcrittori .E t di ciò fa fide il uederft, che ne Serapione, ne Galeno, ne Paolo Egincta,ne Oribafio,tutti imitatori di Diofcoride,fieri]* fero di tale aggiunta parola alcuna. quantunquefe ne ritroui una parte in Apuleio in quel trattato de i femplici, ondefacilmente può effer qui fiata traffortata, Et accioche npnfia tal aggiunta afeofa ad alcuno, cofi nella lingua noflra uolgare dice, er rifuona quello, che uifi legge nel Greco. I raggi delle flette rifflendono di notte : er ima però chi nonfiala cofa, fi crede effere una phatfiafma. Kitrouafi1per il piu la notte da i paftori del befliame. Que fio credo io effer ueramente quelfiore , il qual chiama Vergilio a l m i .detta Geórgica A metto,come nella defcrii• tione deprefenti uerfi fatti da noi di Latini Italiani chiaramente fi difeerne. Cofi adunque la deferìffe Vergilio. Ne prati è ancho un fior chiamato Ametto Di porpora un color, fimile à quello, D agli agricoltor faggi ; la cui herba Dette nere uiole. onde ghirlande Ageuolmente fi dimoñra a quelli, Fanft, che ffieffo à i Dei ornan gli altari. Che cercando la uan : perche d’unfoto Afipro alla bocca e l fuo fapore : er poi Ceffo fi leua, er orefice in ampiafelua. Che fegatefon Therbe dette valli, Dorato e’Ifior , ma nette moltefiondi, JLo colgono i paftori appreffo à i lidi Che d'ognintorno lo circondali, luce Delferpeggiantefiume della Metta. o DiffeCrateua herbario, che peña uerde infierne con grafia di porco,conferisce al morfo de i cani arrabiati,& parimente a i tumori dettagola. Caccia uia,quandofe nefa fum o, lèferp i. Fece dell’ After Attico mentione Ga* leno a lv i, dellefaculta defemplici, cofi dicendo. L’After Attico chiamano alcuni Btibonio, non tanto perche im piaftrato ; ma perche portato addoffofidamente, fi crede fanare le pofteme dell’anguinaie chiamate buboni. Ha un certo che del digeftiuo, del refrigerativo er del reprefiiuo, di modo che è compofto di miña uirtù, come la rofa'. ma non e coftrettiuo. Oltre à ciò hauendomi la Stella d’Atbene ridotto à memoria la uolgare Stettaria, non ho voluto mancare, per hauere ella affai degne uirtudì, di non deferiuerne l’hiftoria fua offendofiata lafciata dagli an* fichi. Dico adunque chela s i e l l a r i a , la qual chiamano alcuni Piede di leone, er altri Alchimitta, è una pianta, che nafee per lo piu nc i prati dette montag ne : le cui fiondi fi raffembrano affai a quelle della malua ; mafo no piu dure, piu neruofe, z r piucreffe, <zrfono ifuoi cantoni,che fono otto,affai piu apparenti, or per tutto ^ dentati,di modo che quando\ lefiondi fono bene aperte, fi raffembrano ueramentead unafletta . I l fuo fufto crefce alto una /panna, c r qualche uoltapiu,dal quale efcono affai ramufeetti : nette cui fommitàfono i fiori fimili atte fiel le , chefiorifeono, di colore, che nel uerde gialleggia. La radice ègroffa un dito, lunga qualche uolta piu d un pai• mo


Nel quarto lib.diDiofcoride. St e l l a r i a .

¿

mo c r mezo . N afre il Maggio, & frorifceil Giugno. E mira* bile per fidare le {trite tanto interiori, quanto ejleriori : er

^

D cirifopiro.

Cap. C X X I I I .

L o 1 s o p i r ò chiamano alcuni Fagiuolo dalla firriilicudinc : imperoche torce le fue frondi, le quali fo­ no limili all’anifo.di modo che paiono uittici. Produce nellefommità dei furti alcuni fottili capitelli,pieni di feme , limile al gufto à quello del melanthio. Bcuefi il feme con acqua melataper la toflè,& altri difetti di pet to : Se parimente fi conuiene à fegacofi,& àgli Ipuci del fangue.

50

VIO LE

PORPOREE.

N o n h o fn ’horafaputoritrouarePlfopiroin Italia:ma non però affermarci io , che nonni nafcefjè egli. Et però lafcia rd lafatica di rintracciarlo à gli altri, cheforfè dopo noiferi* ueranno in quefla materia piu diligentemente,per poter confe• guir in queñafaculta quelle cofe chefn hora 4 noifono inco* gnite,Chiamano i Greci lo Ifopirof’awpovù Latini, Ifopyrìi N o m i,

Delle Viole Porporee. Cap. C X X IIII.

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imperò molto Vufano i chirurgici Tedefcbi nelle beuande delle r> /* c nr" , cr delle budella, e r parimente^dellefiftole -* - . Sana 6/ l't À ò T t * - * ’ ' * ' {trite affali la poluere dellafecca le rotture inteflinali de i fanciulli beuuta nell'acqua lambiccata dellafrefca, onero nella decottione della fecca. Daf i per quindici onero uenti giorni un cucchiate per uolta di poluere dellafecca in nino, oueramente nel brodo, con non poco ftccejfo alle donnefrerili, ouc per lubricità cihumori non gli rimanga il feme nella madrice. L’acqua lambicca,ri* (lagna imejirui bianchi beuuta prima, cr pofcia applicata alle parti difotta : cr nerigne continuandola di tal forte la natura alle donne, che quelle, che fono corrottela parere effere ucr* gini, c r tnafime quando fcggono alcunigiorni nella fua decot* ti°ne . Bagnate le pezze di tela nellafua acqua, cr applicate in fu le mammelle, le fa ritirare di modo, che diuentano ritonde, Cr dure. il che fi fa con maggiore efficacia, aggiungendoui Uhi pociftiàeje rofe¡ceche , la coda di cauallo kerba, c r l’allume. Chiamano ÌAfter Attico i Greci , AVx'p «•’■ #/*or ; i Latini, A= &er Atticus:gli Arabi,Aftaraticon : i Tedefcbi,Stcrn kraut: i Nomi. Franccfi, Ajfcrguottc, nuneur.

IO

40

5-85»

L a v i o l a porporea ha le frondi minori dell’he dera, piu fotti!i,& piu nere,ma non però troppo difsimili. Produce dal mezo della radice i gamboncelli,nel le cui fommitànafeono i fiori porporei, i quali refpira no di foauifsimoodóre .N afce in luoghi opachi, & afpri.Ha la uiola uirtù d’infrigidire.Impiaftranfi le fron di per loro medcfin\e,& fimilmente con polepta in fu gli ftomachi calidi,& in fu l’infìammagioni de gli o c ­ chi,& in fui federe,quando efee fuori il budello. C h i a m a n s i le Viole porporee inTofcana Violemammo Viole porp© ree >& lo » le. delle quxli(quamtmqucfe lo taceffe Diofcoride) nefono an* iee chora delle biache.et quefle nafeono per lo piu in luoghi piufri edam. gidi,ct fonofenza alcuno odore. Et però copia ne nafce tra l’al tre nella uaUeAnania della giuridìttionc di Trento,che mirabil mente biacheggiatw.Veggófi oltre 4 ciò nel tépo dellafate,il Maggio ciò è, et parimite il Giugno alcuni fori porporei nella parte di fopra,biachi nel mezo,cr gialli di ¡otto,molto uerame te frmili alle uiole porporee,quantunque non ui fi fenta odore al tutto. La piatitaglieli produce nel nafeerfa lefrondi t ode, c r Dd per

/Ls


j e,o

Difeorfi del Matthioli

per intorno dentate, ma nel crefcere s'allungano, Ifufrifono . triangolari, alquantoftrifriati,cr di dentro concaui: fu per li l quali,qua{ì per pari internata,fono alcuni nodi,dalle cui con- ' cauità efeono i ramufcelli,che producono ì fiori. Chiamano > alcuni quella pianta i a c c e a .ma non peròfo io determi lice o . narefe quefta/la quella laccea , di cui fanno mentione alcuni moderni nelle medicine delle rotture inteftinali.come che fieno alcuni,che l’affermino,dicendo che ha uirtùfimile al Jìmpbito: <dfri dicono,eh’ella confrrifce àgli afmatici, alleinfiammagio io M i} ni del polmone, alla rogna, e r altre ulceragioni della pelle. Scriffe dèlie Viole porporee diffufamente Mefite nel fuo trai V io le (cricco tato,che fice de i femplicifolutiui , cofi dicendo. Sono le Vio* da M elile., le medicina temperata,cr comteniente, con le quali fi permu* tano le maligne qualità,& fi foluc la natura. Le migli orifono quelle,che efeonofuori da prima ,nonrifolutc dal caldo, ne lauate dalle pioggie. Sono le uiolefrigide, cr h umidenti pri* mo ordinetc'ome che le fecche manco hu:nettino,cr manco re« frigerino. Nellefrefche è una certa humidità, laquali raffre• na la calidità, da cui é laperfrttione. Et imperò quando fi fec ca, cr(ìrifolue fhumidità loro, laqualehamto neUafuperfì* io eie, f i f copre poi l’amaritudin,ela quale no è per altro, che per la calidità, che prima teneua oppreffa ¡’humidità loro: la on* de all borafono piu calde, c r men humide.NeUefrefche è nera mente una humidità fuperfrua,con la qualefoluono il corpo lu brifìcdndo : ma le fecche foluono diffoluendo.Oltre à ciò fono le Viole fonnifrre,infrigidifcono,mitigano i dolori calidi,fben gono le infammagioni, lenifcono , cr foluono. IlJucco loro, Cr parimente il frropo,chefifa d'ejfo,foluc il corpo lenificane do : quando fi cuoconoyiiogliono bollire poco,crleggiermen* te,cr finamente il lor f ic c o . Fafri l'aceto con la loro inf ufo* }o ne: imperoche cojì diuenta mirabile per lefebbri,oue fragrar, de inframmagione. Il migliore olio uiolato è queUo,chefrfa con olio omphacino, ouero di mandorle dolci. Solito* no le Viole la cholera, cr atterano l'acuità di quella. Confrrifcono à tutte le ii>fiammagioni,cr leuano il dolore del capo, che uiene per calidità grande. Fanno dormire,lenifcono il petto, c r la canna del polmone,cr confrrifcono all’ugola,cr alla fchirantia. Il giouamenéo loro c neramente grande nelle pofteme del petto, c r delle parti fu e, cr parimente nella pontia : fpengono la fece. Confrrifcono quelle,che fon fecche , alle opilationi del fegato, alle cal* Vfafl oltre à ciò à i tempi Siropo uiola de pofreme di quello , cr al trabocco di fiele. Q uefro tutto delle viole Uffe M efue. nokri , cr è inprattica quafì commune le i medici Italiani il frropo molatofolutiuo, ilquale non del fucco,ma del• to folutiuo. finfuftotie piu uolte replicata s'ufa di fare,come fifa quello delle rofe : percioche cofrfi ricoglie da loro tutta quel la parte folutiua feparata dalla terrcftreità, che hanno tcrufafr darne fino à quattro onde nelle pleurefì, cr altri 40 V io le fcricte difètti di petto. Focene mentione Galeno a l x i . deU&facuità de ifemplici,cofr dicendo. Supera nelle¡rondi delle da Gal. Viole unafacuità acquea,cr frigidetta : cr imperò impiagate per fe fole, ouero con polenta, mitigano i flemmo* ni calili. Met tonfi infu gli ftomachi calili, cr parimente inf ig li occhi. Questo tutto delle Viole fcriffe Galeno. Dal che fi uede,che egli non conobbe,come non conobbero parimente altri antichi Greci, che le Viole hauelfero uir ili folutiua ,fenza far nocumento ueruno . Chiamano i Greci le Viole porporee, rW /WW, cr l'V srtppvpou* : i N o m i. Latini Viola nigra,cr Viola purpurea : gli Arabi,Seneffìgi, Scnofrig,cr Benefrfrgi : i Tedefchi,Mertzen uiolen: li Spagnoli, Violeta : i Franceft,Violetes,uioles de martz, CT Carcfme. j ' IACCEA.

Della Cacalia.

Cap.

CXXV.

L a c a c a l i a , che fi chiama leontica,produce le fronde grandi & bianche: intra le quali crefee da! m ezoilfuo furto diritto,& bianco: il quale produce il fiore fimilcalla quercia,ouero all’oliuo. nafee nelle montagnc.La radice infufa nel nino, gioua lambendola, ouero mangiandola per fe fola, alla toflc,& all’afprezza della canna del polmone,come la tragacantha.Le granella,che genera dapoi il cafcare de i fiori, pefte,& incorporate con cera,& applicate alla faccia, la conferuano fenza grinze, Se diftendono la pelle. P e r q y a n t o fi ritroua fr itto da Plinio all’ x 1. capo, del x x v . libro, è la Cacalia un femefimile à mi Cacalia j Se tutte perle: il quale fra nella fla piantala qual nafee ne monti,attaccato fra grandi figlie .Mano però p quello ho fila edam. mai fin bora ueduto la io in Italia, fe ben piu uolte l’ho ricercata nei moti,come che per queftonon uoglia io affer 6* mare,che ella non ui nafca.lmperoche il clarifim o medico M.Luca Ghini nellafacuità delle piante effercitatifìmo, afferma hauer piu uolte ueduto infu l’alpe deli ¿pennino unapianta confoglie maggiori della tofildgine,piu bian*

che


j e,i

Nel quarto lib.di Dioico ride,

che tarjo te r r ie r nunco per intorno {cantonate : crfu fio alto un pelino,diritto, cr bianchiccio : nella cui fonimi* «■ efcono bV » comepantcole, mofcofUcomenegli oliai,Quefta pianta[africa egli ejfcr la Cuculia. Alla cui opi« nione anchor io agevolmentem'accofto,w per hauerfi lungamente esercitato nella cogmtione delle piante,er per e f fere tra gli Ita!uniche di ciò fi dilettano, tenuto meritamente uno de maggiori Jempltciftidc tempi noftri. Galeno 4 V 11- ';í' o ¿elle faculta de [empiici chiama la Cacalia Cancano,cofi dicendo. La radice del Cancano non ha in CiM,ia fcrit fe mordacità è poco dtfteccama,per ejfer di natura, er ejfinza graffa, zr utfcofa.Etpcró infufa nel uino, come " GaL la cragacanthajeua lambcndafi l’afrrezza della canna del polmone : & il medefmo fa mangiandoli. llfucco, che ne diñilla, nongiovamene aÜ’arteria del 'polmone, che fi faccia (a gheirrbizza • Chiamano i Greci la Cacalia , v „ m; faicctAia. : i Latini, Cacalia. ' ,1 *

D el Bunio,

Cap.

CXXVI.

_ I L B V N 1 ° produce il furto quadrango!arc>alto,grofio un dito ;n cj quale fono i rami tutti pie ni di minute fi ondi,& minuti fiori.Le frondi,le quali fono appreflo alle radici,fono limili all’apio,ma molto piu fottil i,& limili a quelle del coriandro. I fiori fi rafiembrano a quelli dell’anetho, Il feme c odorato, minore di quello del hiofeiamo. Prouoca l’orina,fcalda,tira le fecondine,è utile alla milza » aiie reni, & alla uefcica. Vfafi fecco,& uerde : & è in ufo il fucco ("premuto da i fuftj, dalle fio n d i, & dalle radici, dandoli con acqua melata,

D el Bunio falfo.

Cap.

CXXVI,

N a s c e il falfo Bunio in Cretj all’altezza d’una fpanna.con frondi,& fufti limili à quelli del ña­ po,d’acuto fapore.Be unti quattro de i fuoi ramufcelli nell’acqua.giouano à i dolori di corpo, allori • na ritenuta,& à i dolori del coftato, Irapiaftrati con fale.ft con uino, Se applicati tepidi, rifoluono leferofolc.

*

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I l b v n t o chiamiamo noi fanonefaluatico.cr imperò éiceua Plinio a l n i i . cap.d elxx.lib ro d G reci B"nio,&iua fanno nelle medicine duefretie di N api : di cui n’c uno,che fioriftc.cr produce i fuñí delle)rondi angoloft, che chía C ‘>m‘ mano Bunio,utile alle purgaticm delle donne, c r a proupeare l'orina,beuuto nel?acqua melata,oueramente toglien dofi una dramma del fucco. Ufane arroñito, ty beuuto in quattro ciathi d’acqua calda ,gioua alla difenteria : ma probibifie 1’orina.fi non fi bee infierne confeme di lino. L ’altro chiamano Puntada * & quefto è fimile al raphano, er alle rape : il cui feme è p m hn fim o contra i ueleni ; er però/inette negli antidoti.il che manififtamente dtmo ñraeffere quello, che noi chiamiamo in TofcanaNauoncfaluatico, Nafce neicampinon coltiuatì,cr mtfiime in luoghi frigidi,Ma il Bunio falfo,il quale chiamano i Greci Pfeudobunio,non ho ueduto io anchor in Italia. ne però è da marauigliarfette,per èffere ( fecondo the recita qui Diofcoride) pianta piu prefto particolare di Candía,che ti al tre regioni. Entra il feme del Bunio nella theriaca cfAndromacho : er imperò diffe Plinio effere mirabile contra i i ueleni. fece del Bunio memoria Galeno al v i . libro delle[acuità de /empiici, cofidicendo.il Bunio fcalda co* . - . fi ualorofamente,che prouoca ¡’orina, er parimente i meñrui. a cui èfimile ilfalfo Bunio. Chiamano i Greci il Bunio,Bouvft, qt il Bunio0 fo,'¥*$f»Gvmr ,•i Latini Buniunhcr il falfo, Pfeudobunium, Nomi.

D el ChameciiTo, ciò è Hederá minore.

Cap.

C X X V111,

I l c h a m e c í s s o ha le frondi fue limili aU’hedera,ma piu lottili, Senili lunghette: produce cinque, ouer fei fufti,lunghi una fpanna,fpar(i per terra,tutti pieni diffondi; il fuo fiore è limile alla uiola bianca, ma minore,al gufto amarifsimo : la radice è fottilc,bianca,& di nimio ualore. nafte ne luoghi coltiuati. Dannofi utilmente le frondia bere al pefo di tre oboli in tre ciathi d’acqua trenta, ouer quaranta giorni continui à coloro,che patifeono le fciatichc. Beuute nel modo medefimo fei, ouer lette giorni,liberano dal trabocco di fiele. c R e d e s i Leonardo Vucbfio, come apertifimamentefi uede, er fi legge nel fuo dottifimo maggior no/«* Chjmeciife me de/empiici,chefia l' Hederá terrefire di Diofcoride quella,che communementefi piglia dal uulgo, di cuifacémo & mentione disopra nel terzo libro al capitolo dell’Afclepiade. Ma dimoftrafiquejlo errore nel ueder noi, che la uol Errore del gare Hederá tcrreñre ha k fiondi tonde : ifufii,anz‘ piu prefto cordelle,lunghe hor tre,hor quattro braccia, diñe* Fuchfi<>• fe per terra. er quefia, che neferine Diofcoride,ha le frondi piu f it t ili , er piu lunghe dell’hederá ; er i fufti non piu lunghi d’unafranna. Oltre a ciò il fiore dell’Hederá terrefire di Diof:aride è fimile alla uiola bianca : er que* fia,che produce queña uolgare,è piu prefto, quantunquefia più picciolo,fimile alla porporta. E t imperò non è da credere, chefia quefla la nera. Plinio oltre a quefto dijfi a lx v . capo del x x m i . libro, ch’ella proiuceua le fri ghe,comefa il grano,er che quandofiorifee ,fi rajfembra del tutto alle uiole bianche. Il che afferma il Ruel/io ha• uer ueduto in Branda in quella,che nafte in quel paefe. Ma quefla non mi par però effere quella di Diofcorideiper* 6 fioche di frigie,ch’ella produca,non fa egli mentione alcuna. In Italia fin'hora non ho ueduto io pianta alcuna,che 0 per l’Hederduera terrefireftpofta tenere, tecenebrevemente memoria Galeno aÜ’x 1 1 1 . libro delle faculùde Chameciflb i [empiici,cofi dicendo, Il fiore deli: Hedere terrefire apre,per effere amaro,le oppilationidd fegato, er dafii nelle [m " ° di G* Sciatiche. Chiamano i Greciil Chamecifto ,K ^ a lju „ tíi; i Latini,Chamgciftut. Nomi '

Di

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Della


5

"5) 2

Diicoriì del Matthioli Della Chameleuca.

Cap.

CXXIX.

L a c h a m i l e v c a cpropitiaai dolori delombi.Eherba,che uerdcggia con frondi,&rami piegati, & fioreUmilealle rofe. Sc r is s e cofl breuemente Diofcoride Thifioria della Chameleuca,che malageuohnentefi può dar notitia quale Chsmtleu- ella fi fla .E t quantunque fornendola Plinio, c r nominandola Chamepeuca al x v . ca p .d e lx x n 11 . libro,diceffe, ca,& fua.eiT. ch'ella fa lefiondi fintili al larice {anzi piu prefio, come direi io, al pezzo ; ) non però baila quefio perfaperla di» mofirare. I mperoche molte herbe ho già uedute io, che producono le fòglie fintili al pezzo : ma non però ne uidi mai ueruna,che producete il fiorefimile alle rofè. Scrijfene breuemente Galeno all’ v m . dellefacultàdeifent» 10 foitea d*Ga ’ c0^ ^ cen^° • L* Chameleuca è quafi calila nel terzo ordine, c r ficca nel primo. Chiamano i .Greci la leno. Chameleuca, Xaiaeuxdjnn : i Latini, Chameheuce, c r Cham.epeuce. Nomi.

Della Bugloflfa.

Cap.

CXXX.

N asce labugioflanellepianare, & nei luoghi arenofi.Cogliefi il meledi Luglio. Dicono,che quella,cheproducetrefurti,tritandoli con il fuo ieme,&conlafuaradice,gioita bevuta contra al ri­ gore dellafebbre terzana: & quella, che ne produce quattro, contrai quelli dellequartane :cuocefi nel uino. Dicono efferc quella utile anchoraallepoiieme. E limileal uerbafco,& produce leluefrò di fparfeper terra, lequali fono ncrc,&*fpre,fimili allelingue dei buoi.Meffe lefrondi nel uinoral- 10 Jegrano, & confolano ¡’animo.

Buglofla, & Chi ben confiderà f hifiorìa, che della Bugloffafcrìue Diofcoridc, rìtroua manifèflamente, che piupre» fuaeflam. fiofipoffa dire effere la uera Borracine noftra degli horti, che quella che uolgarmente s’adopera nellefretiarie. Imperoche la Borragine produce primamente lefiondifue ( quantunque piu nere )fìmili ne i lineamenti, cr nella fìguraloro al uerbafio, cr parimente alflmpbito dellafecondafretti, il qualdice Diofeoride cheproduce lefue fiondi fimili alla bugloffa : le cui pungenti fògliefonofempre frarfe per terrà, afrre, cr fìmili alle lingue de buoi. Ma quella, che communemente s’adopera à i tempi nofirì nellefrenarti ,fa lefiondi lunghefimili all’echio firette, Cr tutte nelfuo ccfruglio rimirano all'alto, ne in modo alcuno fi raffembrano à quelle del uerbafio, cr dell’altro fimphito, ne nellagrandezza loro alti lingue de buoi. Ma nonperò per quefio nego totalmente, che quefia Bu»

6


Nel quarto lib.di Dioiconde.

yq 5

glofft commric, che nafte nehe campagne,non nefia ancbora eUa uni fretie : imperochef t bene lefrondi del tutto nonfi [migliano ¡nel toccarle però, cr nelgujlarle fono una cofa medefima. Et quantunque l'una producai fiori celefti >er l'altra porpore1; fi ueggono (¡[ere però diftmbnnza non molto lontani , er in un medejlmo modo prò* durre ireccttacoli delfeme : imo che nuouamenteJe ne[emina a i tempi nofìri negli botti una certa frette, la quale chiamano domejhca, fiataci portata di Spagna, con fòglie molto piu larghe : la qualef t ben del tutto nonfi raffini bra al uerbafto, comefa la borragine ; nondimeno nella firma delle fògliefi raffimbra non poco alle lingue delbuoi. Mafia comefi uoglia, io concederò ftmprefacilmente, che la Borragine,cr la Buglojfa uolgare fieno differenti tra loro di firma , cr di frette. Ma ben crederò, che le uinù dclTuna cr dell'altrafieno molto fimili ,ft bene in a* menine non del tutto uguali. Ma non mancano alcuni , i quali ¡prezzando ogni ragione afftgnata, uogliono che 10 Li Bugioffa del comimne ufo fia per ogni modo una frette d echio, parendo loro, che con ogni fembianza fig li taf* fornigli. Et altrifono, che penfano chefila ella il Cirfio . Ma lo fono affai lontano dalla opinione di cofioro, come con efficaci ragioni ho infognato, c r firicto ài proprij luoghi. Che poi la Borragine poffa agonalmente cfftre la Ccthtidi ueraBugloffa, fi può prouare per Auicenna ,il\ quale nel u . libro defuoi canoni neftrijjè con quelle parole . La geenna. "Bugloffa è una herba larga : le cuifiondi foro come d’Minarti, afrre al toccarle : Cr 1fuoi rami Jor.o anchor efii afrri ¡come ¿piedi delle locufle. Et quella c ottima, che nafte in Coraftemi, che produce lefue fiondi groffe -.[opra k quali fono certi punti, i quali fonola bafe,cr la radice dellefr ine, c r dei peli, che r.aftono[opra quelle. Il che cofi manififiamentefi uede nellefiondi della Borragine, che non fi può negare »che d'altra, che di-lei tntendeffe A» uicenna .N eper altro la fcriffi egli,fi non perche al tempofio in cambio della nera Buglcffa s'ujàua una altra ber* ba .E t imperò diceua poi : Quella , che fi ritroua in quello paefe,cr che ufanoi medici, é per lapin parte fretie 10 etA Imaru, cr non è la Bugloffa, tic di quel g iouamento. tutto qucfto diffe Auicenna. Onde habbia la Bugloffa ac* quiflato il nome di Bo; ragine, ageuolmcnte fi può fame cornatura da Apuleio , il quale nelfuo libro dei medica* menti dell'herbeferine che iLucani chiamano la Bugloffa, per hauere proprietà grande nellepafiioni del cuore, Co* ragine, onde può effir ageuolmente accaduto, che cor rompendofine col tempo il nome, fia fiato permutato il C» in B. Le quali tutte ragioni mamfefiamente dimoftrano, che la ucra c r legittimaBuglojfafìafinalmente la Borra* gine . Commemorò la Buglcffa Galeno al v 1 .delle[acuità de fempiici, cofi dicendo . La Bugloffa c nel tempera• Bugloffa mentofuocalida,cr humida :e r peròfi crede, che meffa nel uino,faccia rallegrare. Cotta nell'acqua melata, ieri tu da Ga gioua alla loffi caufata dall’afrrezza dellefauci. Chiamano i Greci la Bugloffa Bovytoxxov; i Latini,Buglofium, e r Lingua bubula :gli Arabi, Lifen althaur, er Lefan althaur : i Tedefihi, Burretfcb : li Spagnoli, Borraia, cr °mi* Bonaienes : i Eranceft, Borrache.

CI N0 Q l OS S A VERA.

Della Cinogloifa.

Cap. C X X X I.

L a c in o g l o s s a produce le Tue fròdi limili alla piàtagine»che produ­ ce le fròdi larghe, ma però piu ftrettc* :ubreui,& lanuginofc: non fii fu ñ o, giace per terra naicc in luoghi are* n o li. Le fròdi incorporate cò grafeia di porco uecehia, medicano ài morii dei cani.alla pelagione,& alle cotture del fuoco .L a decottione dell'herba beuuta con ujnb mollifica il co rp o , e R a , er legìttima Cinogloffa, Cinogloffa, ai cut e qui il ritratto, hopiu uolte ueduta, & fua eflam. eT ricolta in Roma fuoi' della porta di Cd* fiel fin i’ Agnolo,in certi luoghi arenofì,no troppo lungi dalle muraglie. Q uefia nonfo io,che producafufto u ertine,ne manco fio* r i, ne fimo .imperoche in ogni tempo dell'annoftmpre tho ritrouati aunmodomedefimo : eccetto iluernoyper ficcarfigli U maggior parte dellefòglie. E pianta molto differente dalla Cinogloffa del uulgo, di cui é anchor qui lapittura. imperoche le fue fòglie fin e uanno frarfiper terra, ra/jembrandofi allafigura del Sole, comi fi uede nel prefinte ritratto, graffette ,pelofi , c r biancheggianti,finza alcunfufto. Et la uolgare, la qual citi ufopertut* t o , produce unfufio lungo piu d’un gambito, con affai rami uerfio la cima : ne i quali fono ifiori porporci,quafifi* mili à quelli dell'echio, ò deUa uólgar bugloffa : da i quali hanno origine alcune lappolette fìtta nonfin z a grande artificio deUa natura,le quali l ocche con le uefiimenta,ui s’attaccano fòrtemente,er mafiimamete quando fonofec* che • Scrive della Cinogloifa Plinio aü’v 111. capo del x x v . libro, con quefte parole. La Cinogloffafimile atti lingue de cani, è pianta gratifiima, per effir atta a intreflire le fiepi de gli horti. Dicono, che quella chefa trera* inofielli difeme, gioua beendofine la radice con acquai, alla febbre terzana : e r quella,che nefa quatt-" 60 tana. Enne una altrafretie fimile, la quale produce minute lappole. Que fie fono tutte parole di P quali mi par effir chiaro, che ne l’una, ne l’altra fretie di quelle, chefiriue Plinio,fìa la Cinogloffa ferite fiondò . Imperoche quella della primafretie, che fcriue Plinio ,fa i fufii oueramente i rami cofi arrende 1 n d 2


Difcorfi del Matthioli A VOLGARE.

Errore di Pii nio.

Errore del

Ruellio , Se *itl Fuchfio.

Nomi.

fono dttifimi per inueftire negli horti, c r ne igiardia' cana celli,le tramezz*glie,cr leftepi : cr quellaA i cui ferine Dio» feoride »nonfa fu flo , ne ramo ueruno,ma fe nefia fempre con le frondi firate per terra. Dal che fi puòfar uera conicttura, ch'ella fia del tutto inutile per inteffere, cr ueftire cofa ueruna . Appo ciò la Cmoglojja apprejjb Diofcorid. confèrifceài morfi de cani,alla pelagione, cr alle cotture del fuoco,cr per mollificare il corpo : cr appreffo Plinio non naie ad altro, che alla fèbbre tcrzana,cr quartana. Le quali uirtù diede Diofco ride alla buglof]a,cr non alla Cinoglojfa. Onde penfo, che i o fia già chiaro à ciaf cuno, che Plinio confóndere inauertente■ mente le faculta della Bugloffa con la Cinoglojfa. llqualeerm rore non c flato ( per mio gtudicto ) auertit >da coloro,i quali con l’authorità di Plinio uogliono tuffare Dìofcori ’e, che non fapcffe,che la Cinoglojfa producete i l fu ñ o , ifiori, e’Ifemc. Quella poi,che ferine Plinio nelfecondo luogo,che produce te lappole, non credo, che ella fia altro , che la Cinogloffa, che communemente s’ufa da tutti. Onde panni, che non poco hab% bÌano\in ciò errato il Kuellio,cr il Puchjio, che l ’ha imitato, quantunque amendue fieno huomini de tempi noftri dottifiimi: IO per effèrji creduti, che la Cinogloffa del commune ufofia la ue ra Licopflit, comefu detto di fopra nelfuo proprio dtfeorfo. nonbauendo ueduto, che Plinio ne fcrijfe infierne con l'altra Cinogloffa, c r che appartatamenteJcrijfe poi egli della Lieo* pfide,all'x i . capo del x x v 1 1 . libro. Della Cinoglojfa non ri trono che ne i libri dellefaculta de fcmplicifcriueffe Galeno. Chiamano la Cinogloffa i Greci,Kv*e> Mutuo? : i Latini, Cy* noglof]um,cr Lingua canina.

Della Phiteuma.

Cap.

C X X X II.

L a p h i t e v m a ha le foglie dell’herba lanaria, ma minori, produce il Teme perforato, & copiofo : la radice è picciola,& fottile nella fuperficic della terra.La quale dilfero alcuni cflerc conuenc uole nelle cole amatorie.

Nomi.

P o s c i a chela Phiteuma ualefollmente nelle cofe amorofe, c r ch'élla nonfi conofce à i tempi nollri in Ita Ita, lafciaremola ne gli horti,cr ne i giardini di madonna Venere,oue t arcar fe la pojfano coloro, à cui farà ella in alcuna cofadi bifogno. Chiamano la Phiteuma i Greci;ivrd&a. ; i Latini,Phyteuma. 40

D el Leontopodio.

Cap.

C X XXIII.

I t J . È O N T O P O D X O è una herbetta lunga due dita,che produce le frondi ftrette, m a lunghe tre.ouer quattro dita,pelofc,& apprelfo alla radice lanofe,& bian chiccie.Produce nella fommità;del fulto alcuni capitelli quali pertugiaci.^ fiori neri : & il Teme inuolto per tutto in una folta lanugine: il che fa, che malagcuolmente fi conofca.hapicciolaradice.Dicono, che quella porcata fopra di Ce,è gioucuole nelle cofe amatorie : & che rifoiuc le poftemette. N o n èchiàitempinotìri ne dimoñri il Leontopodio in Italia. del che non debbono però prenderci medici 5» Errore del gran cura, da che purfolamente per rimedio de i cupidincifurori s’approua effere egli gioucuole. Ne però è da Brunfellio. crederebbe fia il Leontopodio quella pianta, che uolgarmentefi chiama Steüaria, come ingannandofi fi crede il Nomi. JSrunfelfio nel fuo Onomaftice. chiamano il Leontopodio i Greci, A eonW<fW ; »Latini, Lcontopoiium.

DeirHippogloiTo.

Cap.

CXXXIIII.

E l ’ H i P P O G L O S s o vna pianta,che produce le frondi limili al rufco,& la chioma fpinofa,& nelle fomm ita alcune linguette,che efeono dalle frondi. La chioma melfa in [ghirlande in fui capo » ne lcua il dolore. Il fucco,& la radice fi mette ne gli impiailri. 69 C l

hiamasi


Nel quarto lib. diDiofcoride. Chiamasi

HIPPqGLOSSO.

75»)

Ì F U p p o g lo f f o i n r o f c a n a B i s l i n g u a ,c r ì n a l

c u n i a ltr i lu o g h i d ’ Ita lia B o n ifa c ia .C o p ia in fin ita ne n a fce in f u l e m on ta gne d i G e n o u a ,

Hippogloflo & Aia eflam.

cr d eü o ñ a to d’ V r b i n o , C r in a lc u n e

f e l u e non m o lto lon tan e d a l c o n ta d o d i G o r i t i a , donde f i n a p e r

>o u c fic a u a l'a r g e n to u iu o : c o n fi'o n d i m a g « >in m e z o alle q u a li è una a ltr a m o lto p iu p i c e lo

l e f e l u e in H id r ia g i o r i d e l'r u fco la f

Cr a p p u n ta ta f r o n d ic e ü a .

èq u e lla , c h e f i chiam a

M a è da f a p c r e , c h e q u e lla n o n

L a u r o A lc ffa n d r in o , o n ero I d e o , c o m e

Err0rede! Fuchfto.

n el f u o m a g g io r u o lu m e d elle p ia n te f i cred e il F u ch fto . p e r c i ò * io

c h e i l L a u r o A le jfa n d r in o n o n p r o d u ce in m e z o d elle f u e f io n d i a lt r a fr o n d ic e ü a ¡ f i n o f a ', m a fo to i l f r u t t o r o j f o . D a n n o à q u e f i a p ia n ta a lcu n i d e i m o d e m affai p iu u i r t ù , c h e non f i c e D i o f e o r i d e . p e r c io c h e ( fe c o n d o c h e o fferm a n o ) ha m a g g io r u ir tù

Virtù delio H'Ppoglof1

n e i d ife tti m a n ic a li d’o g n i a ltra p ia n ta . 1l p e r c h e d à d o ji un cu c c h ia r o della p o lu e r e d e lle f u e f io n d i , o u evo d ella ra d ice nelle p r e fò c a tio n i d ella m a d r ic e , lib e r a f u b i t o da q u e lle . f i o rim ed io u a lo r o fifiim o , v

E o ltr e à q u e *

q u a fì d iu in o p e r l e r o t t u r e ,c h e

fe e n d o n o n elle b o r f e , b eu en d o fi c o n tin u a m en te una dramma c r m e z a o g n i m attin a c o d e co ttto n e d ifim p h ito m a g g io r e . M a pa

iO

re

, che

ne i p r im i g io r n i,c h ’ella f i t o g l i e , u o g lia fa r e u f c i r e f u o

r i le b udella p e r l e r o ttu r e : n ondim eno p o i c o n f o lid a ,c r g u a r i* fe e

. &■

im p erò b ifo g n a n el p r in cip io ten er e i l b r a c h ie r e ,c h e r e

f i f i a a l f u o b a tte r e i n f u o r i . V a le an chor a p a r tico la r m e n te à t r o g l i , c h e m alag euolm en te] p a r la n o . C hiam ano l'H tp p o g lo J fo i G r e c i,

IWe'j.A&iajp,, ; i

L a t i n i , H ip p o g lo jfu m

p f f l i n k j a u t : l i S p a g n o li , L e n g o a de cauallo

: i T ed e fe b i, Ze* : i F ra ncefi, Lin*

Nomi.

gua pagana.

D eirAntirrhino.

L o A N T I R R H I N O , il quale chiamano alcuni anarrhino , & altri lichnide faluatica, è unaherba, che produce il furto,& le frondi limili aH’anagallo:j& il fio­ re porporeo,limile alle tìiolè bianche,ma minore, & pc rò li chiama lichnide faluatica : il Teme fi ralfembra al na fo d’un uitello. D icono, che diuenta piu apparente, & piu gratiofo,chi s’unge con eiro,& olio di giglio,& di li guftro : & che portandofi addofio, è contrario à i uene ficij , & à i medicamenti n ociu i.

ANTIRRHINO.

40

ÍO

S f

<0

Cap. C X X X V .

R i t r o v o dell’Anthirrino diuerfe opinioniappreffo ì gli antichi fcrittori. percioche quantunquefcriua Diofcoride, che produca egli ¡e figlie fintili aU’anagalide ; nondimeno uuole T heophrafio,che elle fieno fimili ad'aparine. Ma quello, che piu uolte ho ueduto io, c r ricolto, il cui feme c del tuttofìmile al capo <fun uitello, cr però chiamato da Galeno Bucranion,cr i fiori fimili aUd lichnide coronaria,porporei, cr uaghi alla mi» fi a ,fa lefòglie\ lunghette, quaflfimili à quelle del lino, onera* mentedeWoftride,comc fcrius Plinio al x capo d e tx x v . libro. Onde è da credere, che i tefii tanto di Diofcoride, quanto di Theophraflo fieno fenza alcun dubbio corrotti. Scrijfene Ga leno al v 1 ..dellefacuità defemplici,coftJiceodor. i ’ A ntirrbi* fiòloueramcnte Anarrhino prod,u«etC]eme fimite al nafo d’un ui ¡fello. E nellefacuitàfueqtfaft'fìmile aUAfter Attico;mdtion cefiefficace. Chifitrxrifr ¿Greci f Antirrhino, A'vTÌfctw; i Latini, Antbirrinum : i T edefehi, Orant, Sterck kraut,cr Streick kraut^ li Spagnoli, Cabezz<t de temerà : i Francefi, Moron uiolet.

DellaCatanance.

Cap. C X X X V I .

L a c a t a n a n c e è di due fpctie.delle quali n e una,che produce le frondi limili al coronopo, lunghe; & la

Am & lu*

Antirrhino fcritcqda Ga leno.


& la radice fottile,com e quella del g iu n co . fa fei, ouer fette capitelli: ne i quali è dentro il feme le a.: eruo. Seccando l i , fi uolta uerlo terra,& fi ritira in fe,come fanno l'unghie d’un nibbio morto L altra e coli grande,come un melo picciolo ; & la fua radice è limile à una piccioja oliua. Le frondì nelle fattezze,& nel colore fi raflembrano à quelle delle oliue,molli, inchinate à terra*, & intagliate Ha ne i luoi tuffi il feme minuto,roffo di colore,& tutto pertugiatOvPicono,che lu n a, & l’altra ua le m cofe amatorie,& che l’ufano le donne di Thcflaglia, " 8 ' ' ’ ' U *’ Catanance ,

LA c a t a n a n ù b

tanto dellaprima, quanto dehfeconda frette,nQn ritrouo io chi à tempi notiti ci

& fuaeiram, fiappia dimorare in Italia, Et quetto nonpenjo, che troppo importi aUamedicina: pcrcioche per conferire eUcm Errore del * * Mr*p>fi poffionofenzagran danno laficiare in Theffiaglia, oue ( hanno in communi 1 0 Ruellio. «/ofi donne di quei paefì, Ma non rettaro però di dire, che quella detta fecondafrette, non è (come fipcnJdU Kuettio) quella, che da[empiicifh del tempo nofirofi chiama B,fiotta, imperochequefia fiale fiondi lunghe L ili al apatio :® le radia qualche uolta graffe, come il braccio d’uno huomo, ritorte inficine, ® non comepicciole oliue. Chiamano laCatanancet Greci, K*vt*tty>ui :t Latini, Catanance. r

N o m i.

D elT ripolio ,

Capf

CXXXVII.

n Ì- J a i ? n? fc,5 ntllf ™are.mme»non «"are,nc manco in fecco , ma doue proprio è fl flufio,& rifluiTo dell onde.Sono le fue frondì fimili à quelle del guado, ma piu groflè. 11 fufio è alto un palmo,& diuidefi nella fonimità fua.Mutano i fuoifiori ( fecondo che fi dice) il colm e tre uolte i0 il giorno : & dicono,che la mattina fono bianchina mezo di porporei,& Iaferarofsi. Produce la ra dice bianca,& odorataci gufto feruente. Bewita quella al pefo di due dramme nel uino,follie gli hu mori acquofi per di fo tto ,& prpuoca parimente l’orina. Mettefi ne i medicamenti, che fi compongono per li uelem , * T rip o lio , &

fua eiram.

c HI A m a Serapione 43 30. capitoli delfino trattato de[empiici,il Tripolio Turbit. Il che hafiatto crede* rea molti, chelT urbu, che sufiaai tempi noftrt nellefrettane , (la il uero Tripolio, per uiderfi egli bianco, ® fiolutiuo. Ma dimofira tutto il contrariali nonfi ritm are nel nottro ufiuale ne odore aromatico alcuno,ne acute** za nel gufi .irlo ; mafoto un poco di faifidine, & d’afrrezza. Il perchefi può ueramente dire, che’l Tripolio,ò uo* giamo dire Turbit diSeraptonc, non fila porti à i tempi noftri in It aliarne manco quello, di cui[(riffe Aukenna, i f quale per mio giudicio non intende altro per ilT u rb u , che ilTripolio di Diofcoride. Ma,pormida emetto dtf* V

V , r >d! CUlJ C .m e tunquefipolfiabenifiimo giudicare perle fimiglianzedetta d w w j t w p i nottri per ilmigliore. Pcrcioche dice prima,che la pianta, che lo produce, ha le fiondi fimili a le tte dettaferula, ma minori, er chefie ne ritroua di bianco, di nero, er di cinento .1 quali colon fi ueggono uerainente in quefio, che è in ufo : p en icele in quello, chefi porta di Leuante, il quale chiamano bianconi ueggonofreffo. pffere tutti quefii colori : nongià chefieno colori naturali detta pianta, er detta radice, ma acquifiati accidentalmente ¿per ucffin ezza , ó per batterle radici prefai’umidità dellaria, che lecorrope,® lefia dmtar neretti che fitta ancho agcuolmente interttenir loro per portar/nt per lungkifiimi mari, oue ¡pepo per fortuna ¡aitano l onde[opra letuui,® bagnano ficonciamente le mercittl che ut caufa la muffa,® la

C

_ BrafauJla O pinione

f i J

r Z e,ZZa aEt f end° uer0<ìuel>chedu~e A ttuario piu moderno Greco, ciò è , che'l Turbit bianco è la radice del* l Atipia,dmofira, che non di gran lunga truffe Mefiue, come fi penfiano alcuni de i piu dotti de i tempi noflri, nel d ir e b b e l Turbit era radiced una punta, che produce le fitte fiondi piu minute di quelle della fèrola . imperoche l Altpo, come nel proceffo di quefio fi ueie iefiìmoniare D toficoride, produce le fiondi minute : il che fanno bari* mente leferole. Et impero agevolmente fi conclude,che’l Turbit di Mefiue fia la radtee dett'Alipia,comefeme am* chora Attuario.Oltre a ao quello,che fi riporta affai piu graffo,®-piu nero di feorza dal monte di fant’Agnolo, c ifj trenti da tutti quefii. imperoche coloro,che lo pori ano, dicono ricotto er dalle radici della thap/ìa come al proprio capitolo attento, c r parimente da quelle della pitiufa.Onde non fenza ragione firiffe A ttuario,che il Tur* erd r<idlcf dtp'tmfa . Ma quefio (per quanto io nepoffagiudicare ) no»farà mai il Turbit, di cui intenda

^ti) che la radice d e lU lfr U . d u n q u e u o ^ Brafauola, fenza darne ( eh lofappta ) ragione,ó authontà ueruna, che il Turbit di Mefitefia ad ogni modo la ra* f ° mf lnif tc‘

W ^ f i e t i q different ile fòglie del mirto da quelle della firula, cerchilo chi nonio

Fuchlìo J/ fuchfio poi nei fuo trattata delle compofìtioni de medicamenti,fi crede,che il Tur* riprouata. hit di MefueJU radice di thapfia. Maparmi, per ditto liberamente, che lafua opinione nonfi debbia per modo ue*

del

T u r Ù i h * * ff0 ,l] u^ d l^ c r ^ ce d u na p im 4 m t 4 pieM dilM e . U migliore fia tutte le forti del Turbitcilbianco,cheftci porta di Leuante, gommofo,®- non tarlato. Quetto folue la flemma,®-gli humori ^ fè ìe ^ n ÌC f Ì Ì £[ Cendr tt0 alleglUntUTe ^ ad P e p a r t i rimote del corpo. Purga lofiomaco, Jlenon e uia f it te /efuperfluita,che utfirttroim o attaccate : er netta anchora il petto dalla flemma uifeofa. Dafii con gran* ifitmo giovamento nelle hi dropifie,er nella lebbra,che chiamano i Greci elcphantia : ®- parimente à coloro, che patifcono limai Franecjc : e r ancho tn cgm forte di morbi, che procedono da humori adutti. Gioita alle fèbbri di 60 Errore di Pii lungo tempo contratte-.® umuerfaimente oue fila,ófoprabondiUflemma. Maguarà,/} chilo toglie, di non man* nio. p a r pefie, ® dal uento auftrale. Ma ritornando bormai al Tripolio, ritrouo, che nellafua hittoria errò mani*

fellamente


Nel quarto lib. di Dioicoride. ADIANTO.

m .. J 9 7 tritamente Plinio di v 11 .capo dclxx i .libro, our malamente lo confonde con il polio: di modo che non allerti difcriuere, che il Polio mutuila il colore delle frodi tre uolte il giorno. Il che dif fero defiori del Tripolio Diofcoride, cr tutti gli altri antichi. YeceielTripolìo brevemente memoria Galeno all’ v 1 i 1 .libro dellef acuità de[empiici,con quefie parole. La radice del Tri»

Tripolio da.Ga

polio é al guflo acuta, c r calda nel terzo grado. Chiamano i £ no\ Greci il Tripolio, Tftmdfa» ; j Latini, Tripoliutn. Womi*

io

D e l’Adianto.

to

3*

TRICHOMANE.

L o a p i A N T O , oucro polittico , produce le frondi picciole,limili à quelle del coriandro, & intaglia­ te per intorno.Sono igamboncelli, onde elle nafeono , neri,lucidi,fotti!i,& alti un palmo: è la Tua radice inuti­ le : non produce fufto, ne frutto, nefiorc. Gioua la de cottione dell’hcrba beuuta à gli ftretei di petto,à coloro che malagcuolmente refpirano, à i difetti di milza,à tra­ bocco di fiele, & all’orina ritenuta : rompe le pietre, riftagna il corpo,* confcrifce à i morii delle ferpi. Beuefi nel uino per il catarro, che difeende allo ftomaco : prò uoca i m elim i, & le fecondine : & riftagna gli fputi del fangue. Impiaftrafi l’hcrba cruda in fu i morii delle ferpi: fa rinafeere i capelli cafcati : rifoluc le icrofole : & fatta bollire nella lifeia, mondifica la farfarella,& l’ulcerc del capo, che menano. Fattone untione con ladano, hiffopo , olio mirtino, di gigli, & uino, prohibifee il cafcate de i capelli. Fa il medefimo la decottione fatta nella li­ feia, & nel uino, & infufa. Fa piu arditi alla battagliai galli, & le coturnici, quando fi mefcolaloro nel cibo* Piantafi per cflere utile alle pecore, apprcifo à i loro flaz zoni. Nafce in luoghi om brofi, & paluftri, nelle mu­ r a , oue trapela l’acqua, & parimente nelle tombe d ei fo n ti.

D el Trichomane. 4o

So

io

Cap. C X X X V I I I .

Cap. C X X X 1 X .

N a s c h i l Trichomane nei luoghi medefimi, oue nafce l’adianto, fimile alla felce, ma molto piu pic­ ciolo : le cui frondi fono limili alle lenticchie, fottili, & ordinatamente da ogni banda compartite, luna contra l’altra,ne i ramufcclli fottili,acerbi,* fplendenti di fofeo colore. Credei!, che habbia il ualore medefimo del» l’adianto. C h i a m a s i uolgarmente l’ Adiamo Capei venere. di Adiamo, it cui fóce Tbeophraflo duefpetie al x 1 1 1 . cap.del v i i.lib.del* fua efiam. Vhifioria delle piante, cofi dicendo. Le frondi dell’ Adiamo,an dora chefìgittino nell’acqua, non fi bagnano,dal che s’ha egli prefo il nome. E di duefrette,bianco d o è,cr nero, ma amen* due però utili al cafcar de capelli triti con olio. Uafcono inluo ghihumidi. Scrìffene parimente Plinioal x x i.c a p . d e l x x n . libro, cofi dicendo .Vn’altro miracolo fi uede nelFAdianto, il quale la State fià uerde, e l uerno non s’infracidile. Sommerfo nell acqua non fi bagnatcr però trattolo fuori c fimile al[ecco, tanta cotrarictà hanno infime, dal che gli hàno i Greci dato il nome. Ckiamanlo alcuni callitricho,CT altri politricho dall’e f fi tto, che fa eg li. Enne di duefrctic , bianco do è, cr nero,il quale è piu breue. Il maggiore chiamano Politricho,crii mi* norc Trichomane. I rami d’amendue risiedono di nero colore, Cr hannofrondi di fi Ice attaccate con i picciuoli i’una all’incon* tro dell’altra, denfe, c r ferrate infieme : la cui infirior parte è «fòro*


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Difcorfi del MatchioJx

J f ra, c r parimente fifta \fenz4 ueruna radice. Hafte ne i faßi ombrofi, nelle muraglie humide, nellefritpnehe de

Errore di / er nette pietre irrorate daß acque. del che non ci poßiamo fenon marauigliare,non bagnandoli nettacqua, PJimp . Perla qual dottrina nonfi può ,fe non giudicare, che PHipo iiitendejje per la feconda fretie de, Capei uenere il Tri» chomane, onero Filicula,la qual uqlgarmente chiamano gli fretiali Politrico A lch e dimoñra , che maleinten= ¿effe Plinio Theophrafto : percioche come al luogo predetto fi legge in ejfo Theophrafto ,fi uede manifißamente, che fice egli,fubito che hebbe trattata l'biftoria à'amendue gli Adianti, partitolare mentione del Trichomane,otte r° Tilicula, (ofl dicendo, 1/Trichomane, onero Filicula è ualorofißima perprouocare l'orina, quando a gocciolai gocciola difilla dada uefeìca,fecondo che hanno (limato alcuni .Queftahailgamboncellofmile all’adianto nero, le frodi piccioline,fólte,polle l'un a corra l'altra. La fua radice è picciolißima,er tiafce ih luoghi opachi. Perla quft dottrina chiaramente fl conofce, che Theophrafto non pofe il Trichomane. ouero Filicula per alcuna di quellef e z * 0 tie di Capei uenere, delle quali diffe prima. er danne manififtißimo indicio, quando dice, chela Fili afta ha il gaia bonceüo ftmile all’adianto nero . I l che dimoftra,che differente dalla Filicula fta l’Adianto bianco, cr per conftguc te nonfia , come fi crede Plinio. Il perche non penfo che /’ Adianto nero fia altro, che il Capei uenere del commune ufo, chiamato nero da ifufticettifuoi, per rifrlenderc eglino di nero colore . Il bianco poi credeuagìà io ejfer quel la pianta, che nafte infime c o l trichomane, c r uolgar politrico delle frettarle in fu le muraglie ueccbie, er pam rímente nellegrotte, er humide tombe de i fiumi : confi’ondi uerdiJcure, minutamente intagliate, er punteggiate difotte di color giallo ; con fuñí fattili, che nel uerde biancheggiano, fermi , er arrcndeuoli, la qual chiamano al cuni Ruta muraria,cr altri Saßifiagia. quantunque tenga io hora ejfer quefla appreffo à Diofcoride la Paronichìa, corneal proprio fuo diftorfofu detto di fopra . CredefiilFuchfiohuomo detempi noftri clarißimo, che quefla pianta fta laftßifragia, chefìritroua ferina in Diofcoride, comefi uede ne ifuoi dottißimi commentarij delle pian* 10 t e . Ma hauendo quefla fiondi di ruta.zr quella fotfilißime come l'epithim , capillari, cr lunghe, non mi poffo in Adianto , 8e modo uerttno accoftare allafua opinione. Scrijfe dett Adianto Galeno a lv i, dellefaculta de ì femplìci, cofi dim Trichooiane #E [’ adianto tra i caldo, e'I freddo mediocre : ma dijfecca però, rifolue, c r digerifee, Riutfte neramente il cm» a a , caiU0i0nqe pcr fieno cafcati i capelli ; er matura le fcrofile, c r le pofteme. Bcuuto rompe le pietre:

_ X to h ìfto r. ieritta da Theophr,

Cr confirifte molto per mondificare il petto, e'I polmone da igrofii,CT uiftofi humori : riftagna ilflufio del corpo: ma non confa però alcuna manififta cattdità, manca frigidezza • Onde fi può dire, che tt rga egli il mezo trai Cape! uene» e’l fredda .E t ifrriucndo poftia del Trichomane nettv n i . libro,fottoftriuendo ÌDicftoride : Il Trido» re fcritto da mane ( diceua ) fa quel medefimo, che l’adianto. Oltre a ciò folue il Capei uenerelfecondo che rifirifee Mefite) Mefae. U cholera, er la flemma>er gli humori größt radicati nelle interiora : mondifica il petto , e'I polmone, & trabe fuori le fuperfluitò, che fi conteng ono in loro . Chiarifica, cr moniifica il fangue : rif :hìara il colore, slarga il l * fiato, c r mondifica lo ftomaco, e'I fégato, cr confirifte 4 i loro dolori , E neramenteftlenne medicina per l’oppi* latioifi del fégato,cr detta milza.cr però confirifte al trabocco X A N T I O, difiele,cr altri difetti caufati d d ’ oppilationi. Il chefapiu uà» lorofaméte la fua infuftone fatta nell’acqua dell'apio, ouero del l’endiuia, ouero de i ceci neri, ouero delfiero . I l fuo ftropo fl conuiene <i doglie, cr infiemmagioni di petto, cr prouoca Í 0» rina, Vufo di bere lafua decottìone rompe la pietra, cr purga la madrice dette donne di parto : cr quefio s’intende del ualore, che ha dattepdrti calde,che fi ritrouano in lu i. Ma con la ftitti cita, che ha, prohibifee i flußi, riftagna il fangue, cr confirta 4° \lo ftomaco,di modo che non gli laftiano riceuere alcunafuper* j finità : prohibifee il cafcare de i capetti,cr confirta il naftimen f to dette radici loro. cr però gli fa moltiplicare,cr crefctre,cr maßv,namente quando s’impiafira con olio di mirto, con lauda» no, er con uino ftittico, Il chefa parimente la cenere dett'ab* bruftiato, Lauandofì il capo con lafua decottìonefatta nel ui* no,lo mondifica dallafarfarella : e r il limile fi fa conia cenere fuaJa qualefana fìmilmente le fiftole Ugrimali. Volendofifolue reiluentreconcffofolo, non b[fogna manco d’una libra della loro infuftone, Chiamano 1’Adianto i Greci, AVWV«r ; 1 La» Í® Nomi. tini, Adiantum : gli Arabi,Berfcegnafteo, Berfa11fan,cr Chul bare albir : i T edefthi Frauuenhar : li Spagnoli, Culantrillo de pozo : i Francefì, Capii uenere. Il Trichomane chiamano i Greci,Tpiyoix<m'( : i Latini, Trichomanes, Polytrichum, Cattìtrichum: iTcdefchi,Steinbrech :li Spagnoli, Politrico: i Francefì, Poly tricen .

D el Xanthio,

Cap.

C XL.

N asce i l Xanthioinluoghi ameni, &grafsi,Sc parimentenei laghi,che fifeccano laftate: il cui fufto» >1quale è riquadrato,& graiTo,crefce all’altezza d’un gó bitó»


Nel quartolib. diDiofeoride. btto dal quale procedono affai concauità d’ali.Raflembranfi le frondi fue à quelle dell’atriplice, inta­ gliate, di odore di quelle del nafturtio.il Tuo frutto è Amile à grolle oliue, ritondo, & fpinofo,limile alle bacche del platano, il quale tocco con le ueftimenta, fubito ui s’attacca, llicoglieii quella, auantichefifecchi,& peftafi»& riponfiinuafoditerra.Faneri i capelli, quando fe ne mette il pefo d'uno acetabolo in mollo in acqua tepida,& pofeia fi mette in fui capelli,che fieno prima fregati con nitro.Altri lo feruanopefto nel uino. Il femes’impiaftra utilmente in fu le pofteme. C h i a m a s i uolgamente il X.anthio Lappola minore: è notifiima pianta ,1 tutta Italia. Nafte copiofa* Xanthio,& mente per tutte le publiebe ftrade, er piu fpetialmente ne i Ughi, quando rimangono af ùutti. Non dtfcordapunto fua eiTatn. I * in tutte le parti fue datt’hiftoria, che neferine Diofcoride. impcroche oltre al* produrre ella ilfufto riquadrato,cr graffo, fa lefrondifte bianchiccie, rajfembrcuoli affai à queÙe dettiattriplice, intagliate d'intorno, di odore affai uguale al nafturtio. Le fue lappolefono ffinofettc , er lunghette, corneioliue: le quali s’attaccano fòrtemente, quando fon quafi mature, atte ueftimenta. Scriffene breutfrimamente Galeno ali v i l i , delle facultàde femplici, Xithiofcritcofl dicendo. ll'X.anthio fi chiama phafganio. Il fuofeme ha uirtù di digerire. Chiamano i Greci il Xantbio, Xarài" : i Latini, 'X.anthium ; i T edefehi, dettlersleijfi er Spitz kletten ; li Spagnoli, Lappa menar ; i Franccft, GloteroHtCrGrapeUas.

D clfE gilopa.

Cap.

C X L I . ...

L a h g i l o p a èunaherbetta.chehalefrondifi' mili al grano, ma piu tenere. Produce in cimaal capo due.oucro tre femi rofsùda i quali efeono certe refte li­ mili à i capelli.Impiaftrata l’herba có farina,gioua alle fi itole lagrimaliirifolue le durezze. Impiaftrafi il fucco con farina, & feccafi,& riponfi per le cofe predette. V b d k s i i E g i lo p a tra g l i o r z L Z T tr a la fp e lta abondan E gilopi ,& ' tifrim a n e i ca m p i: le c u i fr o n d i f o n o fr m ili a q u elle del g r a n o , e t fua edam,. ‘ p r o d u c e in cim a d el f u o frfru co affai rade g r a n e lla , r o ffe g g ia n ti , l u n g h e , f o t t i l i , er d u r e , c o n r e f t e f o t t i l i , e r ca p illa r i. Q u e lla h o p iu u o lte u e d u ta , c r r ic o lta non fo la m en te n e i ca m p i d e lla Italie A n a n ia ,o u e la chiam an o i la u o r a to r i S q u a la

; m a p e r tu t to

tr a l e b ia d c .E t p e r ò non è i E g i lo p a f c r i t t a q u i da D io f c o r id e la V e n a ,c o m e fip e n ft tt o a lc u n i.im p e r o ch e , q u a n tu n q u e n el p r im o a f f e t t o p a ia m o lto frm ilea tta uena

; n ondim eno

Errore cum ’

c tra l’una e t f a l

tr a q u ejla d iffe r e n z a , c h e fe c o n d o c h e la V e n a ha nelle fo m m ità f u e a tta c c a te p e r lu n g o p ic c iu o lo le fu e g r a n ella in a lcu n i ¡ò ttic o l i li m ili à p i c c i o t e l o c u f t e , l ’ E g ilo p a u ib a a lcu n e p iccio lifr im e f f i g h e d i tr e , ó d i q u a ttro g ra n ella r o f f e , lu n g h e ,

cr f o t t i l i ,

con

r e fte ca p illa ri in cim a , c h e p e n d o n o , com e f a n p r o p rio le g r a n d la della uena : la q u a le f a l e f u e b ia n c h e , p i e n e ,

cr p iu g r o f f e . Dio«

D e l c h e dà m an ifrfto in d icio i l n on effere f la t o n ccejfa rio k

fe o r id e h a u e r n e f c r i t t o la fe c o n d a u o lta q u i n e l q u a rto l i b r o , h a u è adone prim a d e tto à b a fta n z a n el f e c o n d o . O lt r e à q u e j l o , f e b e n f i nota la d e fe r ittio n e della V e n a , la q u a l chiam ò e g li B r o • m os,

c r non

E g ilo p a ,m effa da lu i d i fo p r a n el fe c o n d o l i b r o , f i

'

r itr o u a m anifrfiam ente ejfer q u ella da q u efta t a t o n ette fìm ig lia n

___

ze , quanto nette uirtù del tutto differente. Percioche quella difr

f e e g l i p r o d u r r e il g a b o c o m p a r tito da i n o d i , netta c im a d el q u a le fo n o c e r te d e p é d e n z e ,ftm ili q u a fl a p ic c io lo lo c u f t e d i d u e g a m b e , n ette q u a li fir ife r r a . i l f e m e .

Et q u e fta d i c e ,

c h e f a n e l ca p o d el f u f t o d u e , o u e r tr e fem i r o fii.d a i

q u a li e fe o n o c e r te r e fte f o t t i l i , c o m e c a p e tti. O l t r e à q u e fto fc r iu e n d o d elle u ir tù l o r o , d ic e u a n e l fe c o n d o l i b r o , p a rla n d o detta V e n a , c h ’e lla è n e g l i e m p ia ftri n on m en o u a lo r o fa ,ch e fìfta l ' o r z o , c h e la f u a p o lt e è e ffica c e p e r r i « {le g n a r e i l c o r p o ,

e r ch e ifu g a li

detta fu a f a r in a fi danno com m od am en te p e r la t o f f e .

p a , la lo d ò p e r le fifto le L g r i m a l i , e r p e r r ifo lu e r e le d u r e z z e .

1/ c h e

Ma

p a r la n d o q u i d e ll'E g ilo •

m an ifèftam en te d im o ftr a e ffe r q u e fte due

ftim o n ia n z a G a len o n e l p rim o lib r o dette f a c u l t à d e g l i a lim e n t i , c o f i d ic e n d o . K itr o u a f l fp e ffe u o lte tra’l g ra n o

Egi|opa)ic fua gene ra -

p uraffai g i o g li o : r itr u o u a fe n e a n ch o r a n e l l 'o r z o , ma p o c o . I m p c r o c h e t r a i o r z o è fe m p r e m a g g io r c o p ia t f E g i *

tione.

p ia n te d if f e r e n t i.

C h e i E g i l o p a p o i n a fta d e l l ' o r z o , com e i l g i o g l i o d el g r a n o , p e r tro p p a h u m id ità , n e f r ite *

lo p a l c r in f i m a m e n t e quan d o n o n f u c c e d e io p e r a d ella n a tu ra n e l p r im o n a ftim e n to , I l c h e u o le n d o fa p e r p e r c e r t o m io p a d r e , effen do g ià f a t t o u e c c h i o , t e fm in a r e il g r a n o ,

e r l’o r z o

d e l tu tto ¡ c e l t i ,

p o te ffe r o tr a m u t a r e in g i o g l i o ,

>

.

p a rim e n te n el c r e fc e r e .

cr d ile tta n d o li d ell’ a g r ic o lt u r a , fe c e p iu u o U

c r n e t t i da o g n i f o r t e cTa ltr o f e m e , u d e n d o f a p e r e la

c ertezza f t f l

er in c g ilo p a , o n e r o f e q u e lli f u f f e r o fe m i p r o p r ij di lo r n a tu r a . M a battendo fin a l

m en te ritra tta to tr a ’l g r a n o g r a n q u a n tità d i g i o g l i o , <sr tra ¡ f o r z o p o c o g i o g l i o ,

k.

er

er p u r

affai e g ilo p a , f u n um i f i * p o n e n te


<?oo

Diico rii del Matthioli

frumenti: chiarito.Q^efro tutto diffe Galeno.Del che ho iofrcffo udito lamentare iuillani della natte Anania, che'i loro orzo , er la loro fretta erano diuentati Sqttala (percioche cofì chiamano cojloro iEgiiopa di Diofcoride) come Igilop» fcrit uS etl0^m cntef i può certificare ciafcimo,cbe con diligenza ricerchi tra l’orzo la frate,quando fi matura. Ddl'Egix u di Gal. topafcriffe Galeno al v j .dellefacuità de i[empiici, cofi dicendo . L ’Egilopa ha uirtti di digerire. Il che appare nel gufrarla : perciochefi ritroua leggiermente acuta, Et però f i uede.ch'eUa frana i flemmoni, e r le fistole lagnatali indurite. Il perche fi conofrce,che anchora Galeno ftce differenza dall’Eégilopa alla Vena chiamata da Greci Bro1 mos: percioche piu auanti fece di quefte part¡colar capitolo, per dimoftrare, che era differenza dal Bromos uffE* ' Nomi g’iop* • Chiamano t Greci l'Egilopa ,A ì >/a* 4 ; i Latini, Aegilops .‘gli Arabi, Daufrir, Dalifit, Dofrana Daufir, omi* e r Buffer,

IO

Cap.

D el Bromo.

CXLII.

I l » r o m o è una herba Umile all’egilopa.Ha uirrù dilfeccatiua.Cuocefi nell’acqua infierne coir1 lafua radice, fino che cali là terza parte, & colali, Se aggiügneuifi altrettanto méle,& tornali à riero cere,fino che habbia corpo di liquidò m'ele.Nel quale bagnandoli una pezza di tela, & mettendoli fu per lo nafo,è efficace rimedio per il puzzore dell’ulcere,chc ui nafcono.Aggiiìgonui alcuni aloe poi uerizato, & ufanlo pofeia nel medefimo m od o. C otto nel uino infierne con rofe fecche,leua il puz­ zore della bocca. \ ' F e c e Diofcoride del Bromo un'altro capitolò di[opra nelfecondo libro .H e altro però c il Bromo, che la Bromo,&fua Vena, che fi Jemina per li cauaUi. Ma è da [apere, che quando ne trattò egli nel fecondo libro tra le biade, legumi, cfTam. e r altri grani, che fi feminano, intefe egli ueramente della Venfdome frica '. e r in qucfto luogo narrando, er trat­ tando deliherbe, che per feft effe nafeono nelle campagne, intefe iella [alitatici, raffembrandola aU’egilopa, diali habbiamo trattato nel precedente capitolo. Q uefta è notifrima pianta, frmile alla Vena domefrìca : mafa il granel* lo fuo molto maggiore, nero tCrpelofo. Di cui facendo memoria ? linio al x x v . cap. del x x 1 1. libro, cofì dice ■ tta .ll Bromo èfreme d’una herba, che produce la friga , er nafee tra le biade, er fi connumera tra i uitij loro : ne è ella altro,che unafrette di uena Greca, fintile nellefiondi, ¿r nel fufroal grano. Produce mle fommitafue alcu* ne dependenze, filmili alle locufre .H a le medefirn? uirtit, che la domefrìca. Chiamano i Greci il Bromo, ; Nomi» t Latini, Bromus, er A uena fylucfrris.

D el Glauco. IL e u v e o

GALEGA.

Gtioroj&fu» « t í a i n.

Opinione ri piouata. ,

Nomi.

Glauco fcrit u da Gal.

*

Cap.

CXLIII.

ha le frondi limili a! chifo, ouero alle lenticchie,le quali di fopra fono uerdi,& di fotto bianchc.produce da terra cinque, ò fei ramufcelli fottìi inaiti dalla radice una fpanna. I fiori fono di figura limili alle uiole-bianche,minori,& porporei.Nafee ap­ preso a! marc.Cuocefi nei fugoli fatti di latina d’orzo Con olio¿'& fale per fare ritornare il latte perduto. Q^v a n t v n c l v e affermi,er fcriua Diofcoride nafren ... il Glauco appreffo al mare;nondimeno nonfio che alcuno à i tem 4° pi nofrri ce lo porti.Segià non uogliamo noi dire infiérne con il Ruellio.che fra il uero Glauco quella piata notifrima à tutta I» ; alia,che frarge i rami per terra,con fiondi da ogni parte ugni ! i , maggiori nonfidamente di quelle delle lenticchie,gr del ci* tifo;ma dite} ora di quelle delfiengreco, che nafee uoientieri in fu le ritte de i fòfri, er altri humidi luoghi, con fiori porporei, er freme itero,riferrato in piccioli baccelli: la quale chiamiamo noi in Tofana Lattanefe ,e r altri chiamano Galega, er Ruta capraria. Ma il ttcdere,che la fórma de t fiori di quefra pian* ta.zr ì rami lunghi qualche uolta piu di duegombiti,non corri* S® Afròndono punto à quelli del Glauco, non pofiidino però afferma re,chefia l a Galega il Glauco fcritto da Diofcoride : er tanto piu, che nafee il Glauco fidamente appreffo al mare,zr la Gale* gain ogni luogo húmido copiofamentc. A cui danno ¿moderni affai belle uirtudì,& mafrimecontra lapefre, eír i ucleni dei ferpenti, mangiandoli, er impiaftrandofi infu’l male. Lodanld alcuni peri’epilefría de i fanciulli, dandogli a bere meza oncia delficco . Ma che ella faccia moltiplicare, ò che gèneri latte, ^ come dice fare il Glauco Diofcoride,non ritrouo alcuno de me* derni, che nefcriua cofa alcuna.Et imperò credo,chefia la Ga* o W V nN. lega differente affai dal Glauco. Vece del Glauco mentìone Galeno a lv i .delle[acuiti de ifémjpiici>cofì dicendo.il Glauco herba

6


Nel quarto lib. di Diofcoride.

oi

b e r t i h a a n e b e r a e i a v ir tù di g e n e r a r e i l la t te . i l e b e f e c o f l è » fa rà e i a g u a n t o a l i d i , c r b u m id a . i l G lu t e o

i G r e c i J 'K u i l i : i utini ,

C h ia m a n o

Komi.

G la u x .

Della Polígala.

Cap.

CXLIIII.

L a p o l i « a l a crefce all’altezza d’anpalmo, confrondi ùmili alle lenticchie, alguflo coilrettiuc. Quella beuuta, faahondare il latte. non ho u e d u to i o i n d o r i in ¡ t i l i a .p e r c io c b e la u t n d o n e i r t a m e n t e f c r ì t t o D i o f e o er p a r im e n te P iim o , f l p u o m a la g ev o lm en te d e te r m in a r e q u a le ella fifia. La P o líg a la chiam ano i G r e c i ,

L a polígala

**

r id e ,

U t t o i y a H , : i L a t i n i P o ly g a lu m ,c r P o ly g a la .

Della Ofiride.

Cap.

XLV.

E l a o s i zìi) i vnapiantanera, cheproduce i fuoi rami fottili, rencidi,&malageuoli da rópere : ne i quali fono horquattro,hor cinque, hor fei frondi, co medi lino,nel principionere, & dipoi mutadocolore, rofleggianti. La decottione beuuta, fanail trabocco di Scie.

a*

L

a

o m iD E f i

t e m p in o fir in o tifiim a ,t y c h ia m a li

p e r ejfere i f u o i f u f t i , c r le fu e fio n d i m o lto lim ili al lin o , L in a * r ia :

er q u a n tu n qu e non f a c c i a

Ofiride, èfc Aiacían,

D io fc o r id e m en tio n c a lc u n a d e

f i o r i : n ond im eno n é eUa co p io fifiim a ,d ì a u reo c o lo r e , cr /ìm ili à q u e lli d ella c o n fo lid a r e g ia , d i c u i é f la t o d e tto di fo p r a , n ella f i r m a d ic o ,n o n nel c o lo r e .

f

M a fo n o

a lc u n i , c h e u o g lio n o , c h e

O fir id e f la q u ella p ia ta , c h e p e r f a r u erd u ra la fia te f i fem in a

n e g l i h o r t i ,< y n e g ia r d in i,ch ia m a ta da n o i B e l u e d e r e ,p e r e r e

3*

f i e r e in b cU ifiim a ,

er d enflfiim a p ia n ta .

E t p er fu a d o n fi à e r e •

i e r c iò ,p e r u ed er e g lin o ,c h e n o n fo la m e n te p r o d u ca q u efta f i » g l i e fim ili a l lin o ,m a p e r c h e a n c h o r a ji fe m in a da m o lti p e r f a r n e f e o p e . E t u o g lio n o , c h e c iò d iceffe G a le n o , ou e fe r iffç d e lle f a c u i t à f u e n e i lib r i de [ e m p iic i,d ic e n d o ,c h e q u ella p a r o la G r e ca

( c o fl f i deue

le g g e r e c o rr etta m en te,

er

n on

***•

f i u .a iA ,c o m e fe o r r e tt am ente f i le g g e in t u t t i i u o lu m i ) n o n f o • la m en te fîg p ific a i m e d ic a m e n ti,ch e f i fa n n o p e r p o li r e , c r f a r b ella la fa c c ia ,m a a n ebo ra l e fe o p e ,c o m e in te r p r e ta a n ch o r a i l C o r n a r io in A e t i o . L a q u a le o p in io n e non m i d ify ia ce d e l t u t •

t o ,p e r u ed er fi m a n ififia m c te ,c h e q uefia p ia ta b a f i g ’i c d i li n o ,

Cr

c h ô m a i p e r tu t to in u f o p e r f a r f e o p e . q u a n tu n qu e n ò c o r

r ijp o d a e lla m o lto a ü ’h if i o r ia , c h e ne f c r iu e D io fc o r id e : c o m e n e a n c h o la L i n a r i a ,p e r u e d e r fi,c h e l e fò g lie tanti) d e ll'u n a , q u a n to d ell’a ltr a n o n d iu en ta n o d i u e r d i r i f f e , c r c h e i lo r r a m i h anno num ero m o lto m a g g io r e d i f i g l i e , d i q u e l c h e h a b b ia t o f i r i d e d i D io fc o r id e ,c h e n e p r o d u c e fo la m e n te c in q u e o u er f e i p e r ram u fceU o . a lx

ii.

D efer iffe

l’ O fir id e P lin io

c a p . d el x x v i l . lib . c o fl d ic e n d o . L ’ O fir id e p r o d u ce i ram i n e r i , f o t t i l i , ç r a r r e n d e u o lim e i q u a l i f o n o le

Erroredi Pii nio.

fr o n d i n e r e , c o m e d i lin o ; c r i l f e m e n e i ram i n e ro n e l p r in c ip io ,c r d ip o i m u ta i l c o lo r e ,c r d iu e n ta r o f f o .U e l c h e f i ved e er ra r e e g li m ani fe lla m e n te tp e r c io c h e diffe d el fe m e q u e llo ,c h e doueua d ire d elle f i o n d i , fe c o n d o la f e n t e n z a d ì D io fc o r id e ,d a c u i to lfe e g li t u t to q u e llo , c h e n e fc r iffe ,q u a n tu n q u e affai m ale F intcn dejfe.

a lt r i) l e f e o p e ,è am ara : dal c h e h a u ir tù a p e r itiu a , & ta to ,

Ofiride ferie radi Cai.

d ifo p p ila tiu a ,c r im p erò le u a , c r a p r e l e o p p ila tlo n i d e l f i *

c h ia m a n o i G r e c i la o f i r i d e , O ' n f ì t : i L a tin i,O f y r is : i T e d e f c h i ,

Della Smilace aipra.

,

S cr iffe n e G a l.a ll’v n i .

d e lle [ a c u it à d e i [ e m p iic i,c o fi d ic e n d o .L ’o f t r i d e ,d i c u i f i f a n n o i m edicam enti p e r p o lir la f a c c i a , ò ( c o m e u o g lio n o

H arn

Cap.

k r a u t : l i S p a g n o li , L in a r ia .

CXLVI.

L a s mi l a c e afprahalefuefrondi,comequelledel peridimeno : & molti minuti farmenti, fpinofi, comequelli dei roui,ouero del paliuro. Salearrancandoli,& auolgcndofi infugli alberi da baffoperfino allacima. Producealcuni piccioli grappoli, li quali quando fono maturi, rofTeggiano, & fono leggiermenteal gufto mordaci. Nafce inluoghi palullri,&afpri, con dura, & graffaradice. Le frondi, & gli acini beuuti auanti, &dapoi, fono antidotocontra i uclcni. Dicono, chedandofe neinpoluerealquantoàfanciullini nati pureairhora,chcpofcianongli nuocono mai i ucleni.Tagiianfj,& mettoniì con quellemedicine,che (1fannoper cacciarei ueleni. i Se Della

Nomi.


6 o2

Difcorfi del Matchioli Della Smilace lifcia i

Cap.

C X LV11.

L a s m i i a c ì e lifcia ha le fue frondi fimili àquelleJdeH’hedera, ma piu tenere,piu lifcie>& piu fonili: non hanno i fuoi farmenti fpine. Auolgefi quella à gli alberi,come l’altra prima. Fa il fuo frut to .nero,limile ài lupini, picciolo:& Tempre in cima molti fiori bianchi,& ritondi. Fanno!! di quella loggie, capanne, & pauiglioni la Hate, per fare om bra. le frondi cafcano'l’autumno. Dicefi che’l Te­ me beuuto con doricnio, ciò è d’amendue tre oboli,fa fognare cofe horribili, & paurofe. SMILACE ASP RA.

SMILACE LISCIA.

lo

10

¿0

SmilJceafpM C h i a m a s i la Smilace aflra in Tofcana,doue per li boflhi fi ritrovafu per gli alberi, alonidntìfima, in &fua hiftor. alcuni luoghi Hederáflinofa,cr in altri Romocerumo. Scriffene zleophraflo diligentemente all'ultimo capitelo & eflaun. ¿e¡ j j j. libro,cofì dicendo. La Smilace è l'hedera di Cilicia,chc fi u<t anchoraauolgendo àgli alberi. Produce il fufloflinoftì , er ruuido : ey lefrondi fìmili a quelle delThedera-ma minori, erfenza cantoni, humide appreffo al picciuolo. Hitquefidparticolarità,che ha la cofiola,che per lungo divide lafronde,molto piu fottile, ne procedo• nodaeffafila,cheper interuatli tejjonolefrondi,comefanno neÙaltre ; magli uanno d’intorno »battendo l’origine dal ligamentodel piccìuolo.Produce parimente nel fuflo da quei medefimi nodifonde nafeono lefrondi, alcuni ui* ticcifottili,con i quali s'attacca. fía ilfiore bianco, che reflira dtfoaue odore, il quale fìorifcc al tempo della primauera. Ilfuo frutto c fìntile à quello delfolatro, ouero del melothro ; ma molto piu à quello della lambrufea. I grappoli fono pendenti,come quelli deU’hedera ; main uero piufi raffembrano a quelli della Umbrufca : percioche 10 i picciuoli degli acini efeono datino medefimo punto. Il colore del frutto éroffo,cr uniuerfalmente ha due noccio liper acino »quantunque qualche volta i piu grandi n’babbiano tre, y i piu piccioli uno. Il nocciolo è molto dii* ro, cr nero difuori. Iracemi hanno quefla particolarità,che circondano i fufìi da ogni banda, cr nella fommità delfuflo pende^poi il maggiore,comefi uede nel > hamno, er nel rouo. Il perchefi ttede effer la Smilace fruttiora nelle eftremità,cr da i lati largamente.Quefio tutto della Smilaceaflra diffe Thcophraflo. Nafee parimente la Smilace lifcia abondantiflima in T ofcaita, er chiamafi Vilucchio maggiore.Qttefta produce lefrondi fuefimili al» raltra» eyttajfene futilmentefu per gli alberi ; ma non fonoi fuoifarmenti flincjì, ma tifei>er arrendevoli. I fori fon bianchi, fìmili à campanelle : er ilfeme nero, maggiore delle lenticchie, mafintile difigura à i lupini. Chiamafi. volgarmente nellefletierte Volubile. Diquefla fcriuonogli Arabici piu flette, er tra effe connume* rano anchora il L v p v l o . il quale quantunque fia à i tempi nofìri per l'ufo della medicina molto filma* i o to ,c r neceffario ; nientedimeno non fe ne ritroua mentione alcuna appreffo à T>iofloride, Galeno, ergli altri antichi Greci. Benché corjìuamente chiamandolo lupo faliélario ( cofi fi credono alcuni) ne faceffe mentione Plinio


Nel quarto lib. diDiofcoridc. LVPVLO

Plinio tra quelle punte, che tufeono per loro ftefje, er chefo no in ufo per li cibi, al xv.cap.del x x i .[libro. Mafcriuendo ne piu particolarmente Mefuc nel trattatoj, che eifece de ifem plicifolutiui, cefi diceua. Eun'altrafyetiedi Volubile,la qua le produce lefue}rondi afpre,fimili à quelle de i cedrinoli,i cui fiorì fono attaccati come ampolle j® chiamafi Lupolo. Solue quefto un certo che di choleragialla,® mortifica ilfangueda quella,® la chiarifica,erfregne lafica infìammagione.Aumcn taft affai il fico udore, quando s’infonde nel fiero. Il fuo [tropo beuuto rimoue il trabocco difiele. Ma è neramente gran cofa, che cofì poco l’ufano i medici de i tempi noftri, effendo egli me dicina cofì buona. L'herba, er parimente ilfucco incorporato con polenta forzò, fatta il dolore del capo, caufato per bumo• re calido, ® conferifeé alla rifcaldagione del fegato,® dello fiomaco.Gioua ilfuofiropo grandemente allefebri coleriche, Crfanguigne. Maper ritornare alle Smilaci,onde i Lupoli $milaci ferie m’baueuano difuiato, dico, ched'amenduelchiamandole Mila« tedaGal. c i, er non Smilaci)fecc mentione Galeno al vii . dellefacuU tì de i femplici, cofi dicendo. La Milace affira c piena di ui* ùcci, cr auoltafì fu ,® giu àgli alberi uariamente. Lefion* difornai gufto leggiermente acute: cr imperò calide nell* ufo,®: nellefaculei loro. H <<quafile medeftme operaiioni, ® uirtudi quella, che fi chiama lifeia, Chiamanoi Greci N om i. la Smilace offra. 'rfa.yua ; j Latini, Smilax afferà,® Hedcra CiliJJà : i Tedefch i, Scarpfl nuiden. La Smilace lifeia chiamano i Greci «-/¡¿«¿ami :i Latini, Smilax lenis : li Spa* gnoli, Cerreguela maior : i franeejì fjLifet maior.

D elR ufco.

D E L RVSCO.

60 q

Cap. C X L V I I I .

I l 'r v j c o chiamato da j G reci M irto iàluatico, oximirfine>& mirtacantha,ha le frondi Amili al M irto, ma piu larghe,& appuntate in cima à modo di lanciaci frutto quando è maturo,è roiTo,& ritondo, il quale ila attaccato intra mezo alle frondi,con un nocciolo den­ tro duro come offo tirami crefcono dalla radi ce all’al tezza d’un góbito,uencidi come fono i farmenti,maU gcuoli da rópcrc,& fródoA. La radice c Amile à quella della gramigna,acerba,& amaretta. Le frondi, & pari­ mente i frutti bcuuti nel uino,fanno orinare, prouoca no i meftrui,rompono le pietre della uefcica,& giouano alle diftillationi della orina : fanano il dolore del ca po,&il trabocco di Aelc.Nafcc in luoghi afpri.& preci pitoA.Fa imcdcfimi effetti la dccottionc della radice beuuta nel uino.MangianA i Tuoi gam boncelli, quan­ do fon frefchi,in luogo d’afparagi : ma fono amari, Se fanno orinare. I l r v s c o , che per tutte lefrenarle fi chiama Brufco, Ru(.co è piantafrinoft,® notifiima i ciafcuno. In Tofcanafi chiama oliami n.

uolgarmente dall’effetto, chefa , Pongi topi .-perche s’ufa di mettere attaccatofopra àgraffi,oueflfofrende la carnefolata, accioche i topi pungendofì nellefue acutifiimefrodi, nonuipof fonofeendere. Produce alcunigermini affaifìmili àgli afrarigi: ma piugrofii,piu corti,® piu pclofi,algitilo molto amari: ma ualorofi per far orinare,® per aprire le oppilationi:®però piu conuenienti nelle medicine,che nei cibi. Dioficoride,®gli altri Greci lo chiamano Mirtofaluatico,per lafimHitudine,cbe hanno lefue frondi con quelle de i ueri mirti.Chiamanoi Greci il Rufco, Ogufjiutcìvn,Muffirà tt?pi*:i Latini,Rufctn,®fyU ucftris Myrtus:gli Arabi cofòndedo le Cubebe col Rufco, ehia mano queflo parimente Cubebe : i Tedefcbi.Bruofchi ;li Spa• gnoli»Iusbarba,® Gii barbera : iFranccfì, Brufco. Ee

%

Del lauro

’■ Navi,


604.

Diícoríi del Matchioli D el Lauro AleiTandrino.

Cap.

C X LI X *

I l l a v r o AldTandrinojOuero Ideo producete frondinmili al rufco,ma maggiori ,p|u tene­ re,& piu bianche ; fa il frutto intra mezo roiTb,ili grandezza d’un cece.Sparge i rami per terra,i qi^ali fono lunghi una fpanna,& qualche uplta m aggiori. Ha la radice fimjleal rufco»ma m aggiore, pm tenera>& odori fera, nafccnc i monti.La radice bcuuta al pefo di lei dramme nel uino dolce, fa par. torire predo,& gioua alle diflillacioni dell’orina ; ma fa ormare langue. LAVRO

ALESSANDRINO.

LO

VN’ A L T R O L A V R O ALESS.

I*

40 Lauro A leffanJrino &

S 1 v n a mcdejìm cofafuffero ¡iati l'Hippogloffo,er il Lauro Aleffandrino,nonfarebbe fiato neceffario,che r'baueffe Diofcoride [critto in quello quarto libro per due cofi propinqui capitoli : ne ji uederebbeeffere differente fu» e llini. fhifioria loro,come fi uede. Percioche quantunquefcriua Diofcoride che amendue quelle piante habbiano le )fondi maggiori del rufeo ; diffe nondimeno, che l’Hippogloffo haueua la chioma ffinofa, e r thè dallefuc fiondi ufeiuano alcune linguette : er lodolla poi folamcnte per li dolori del capo, er per gli empiaflri. Ei ifcriuendo pofeia qui del L auro Alefftndmo,ouero Ideo , non fece alcuna mcntione,che haueffe eglifopra lefo n d i linguette alcune, mafo « lo diffe, che haueua le fo n d i maggiori, piu molli, er piu bianche del rufeo,& cheffargeua i rami fuoi lunghi uni (panna per terra . Oltre 4 cicche la radicefua erafm ile al rufeo, ma maggiore, piu tenera, c r odorifera : la quale lodò egli per accelerare il parto ,e r per le diftiUationì dell'orina. À I che s’aggiugne queft'altra differenza (come 50 dice pur Diofcoride) ciò c , che il Lauro Aleffandrino fa il frutto della grandezza d’un cece tra le fòglie, comefi uede qui nel prefente ritratto, er non in mezo alle fòglie, comefa l’hippogloffo, er il rufeo. Onde parmi, che per la ripugnanza che fi uede tra quelle due piante nellefembianze, er nelle/acuità, che digran lunga s’inganmno co• loro, che /¡'credono ,che l’ Hippogloffò, e r il Lauro Aleffandrinofieno una medeftma pianta. Io credo neramente, che la pianta, di cui c qui il primo rit atto, fia il uero Lauro Aleffandrino. come che anchor l’altro ne peffa e)fere Liuto Alef- frette ,fe peròfi può concedere, che il Lauro Aleffandrinofacciati frutto in mezo alle fòglie. Scriffe del Lauro jfandrinofcrit toda Galen. Aleffandrino Galeno a l v i . deOe/acuita de/empiici, cofi dicendo. il Lauro Aleffandrino è euidentemente calido, cr a i guflo acuto,cr amaretto. Bcuuta prouoca l’orina, e r i melimi. chiamano i Greci il Lauro Aleffandrino, Nomi. : i Latini, Laurus Alexandrma :gli Arabi, Gar A kxan dru . C»

Della


Nel quarto lib. di Diofcoride. Della Daphnoide, ciò è, Laureola.

Cap.

oy C L,

L a d a p h n o i d e crefcc con affai ramiucncidi,& arrendeuoli,all’altezza d’un gombito,fron doli dai mezo fino alla cima : la corteccia,che ueftifee i rami,è fopra modo uifeofa. Produce le fron di laurine,ma piu fiottili,piu tenere,& malageuoli da rompere,le quali quando fi guftano, incendono la bocca,& parimente le fauci. Fai fiori bianchi : & le bacche, quando fonomature,ncre.lafua ra­ dice è ioutiie.Nafce in luoghi montagnoli. Le frondi tanto frefche,quanto Cecche beuute, foluono la flemm a,prouocano i meltrui,& fanno uomitare: manicate tirano la flemma dal capo,& fanno ftar 10 putare. Beuute quindici delle fue bacche,purgano il corpo.

Della Chamedaphne,

Cap;

C L I.

P r o d v c e la Chamedaphne le ucrgelle alte un gombito,d’un Colo ramufccllo,diritte,fottiIi,& lificie. Le frondi produce limili à quelle de i lauri, ma piu lifcie,& piu uerdi.Fa il feme ritondó,roffeggiante, attaccato con le frondi. L e frondi trite s’impiaftrano in fu’l capo per tom e il doloretmiti gano gli ardori dello ftom acho, & bcuonfi con uino per leuare i dolori delle budella. Il fucco beuuto parimente con uino,prouoca l’orina ritenuta,& i meftruhil che fa medefimamente quando fimcc 50 te ne j peflbli. L

a

i a u e o

u

è n o tifiim a p ia n ta ,&

t i d ue p a l m i , u e n c id i , a r ren d eu o li

:

n a fee a b ond an tifiim a p e r l i m o n ti d ella v a lle A n a n ia : c o n ra m i a l

c o n fr o n d i la u r in e , e r f i o r i , c h e n e l b ia n co p o r p o r e g g ia n o : n e l e m anca al=

tra n o ta d i q u e l l e , c h e l e ajfegna D io fc o r id e ;f e n o n c h e q u e k a f a i l f i o r e in c a r n a to ,

Laureola, & Tua diami.

er q u ella b i a n c o . co m e c h e f o -

p ra c i ò n on f ì a da f a r e g r a n fo n d a m e n to , u e d e n d o fi, c h e l a n a tu ra noria in m o lte p ia n te i l c o l o r n e i f io r i fe c o n d o i lu o g h i , otte n a f e o n o . I l c h e p u ò a g e v o lm e n te a c ca d e r e neUa L a u r e o la , chia m a ta da i G r e c i D a p h n o id e s .

Ma

errano m a n i fid a m e n te c o lo r o ,c h e f i p e n fa n o ,c h e fìa la L a u r e o la i l M e z e r e o n .p e r d o c h e q u e llo è la C h a m clea ferii» ta da D io f c o r id e n e l p r o c e ffo di q u e llo l i b r o , co m e d im o ftr a r e m o , q u a n d o là f o r m o g i u n t i .

O lt r e à q u efio non è

Errore di molti.

Cam tdaphne, Si fua ella f a f e n o n u n f u f l b , à c u i f o n o le f i o n d i p er i n t o r n o »d i m od o c h e n e lla cim a fa n n o una rifon da o m b r e lla , o u e f i u c » mina. nelle f i o n d i , c r n e l fe m e dalla L a u r e o la m o lto d i f ilm ile q u e lla , c h e chia m a n o' C h a m ed a p h n e; e c c e tto ch e ella n on

d e p o fe ia i l fe m e fìm U e à q u ello d ella L a u r e o l a , m a m o lto p iu c a c c ia to a ll'o r ig in e d e lle f i o n d i . E t p erò bene d ic e * M D io f c o r id e , ch e la C h a m ed a p hn e f a c e v a i l fen te a tta c c a to a lle f i o n d i , c iò è alia lo r o o r ig in e . Q u e jla chiam an o

v

Ec

j

gli


606

Difcoriì del Mattinoli

glifpc tiali Laureola parimente; ma dicono effere il mafcbio. Chiamò Plinio Chamedaphneh Clematide fritta da

Erróte di al­ cuni califato Diofcoridencl principio di quejlo libro,la quale noi chiamiamo Prouéca. Il che hafatto credere à molti,che piu a* da P lin io . uanti non hanno ricercato,che fia la Prouenca la nera Cbamedaphne di Dìofcoride. nel che s’ingannano: percioche

chi ben rimirale fembianze,che dà Plinio alla Vincaperuinca all'x 1. capo del x x 1.libro,le ritroua effere affai lon tane da quelle, che diede poi a lx v . cap.del x x n u .libro alla nera Cbamedaphne, la qual defcriffe parimente con Diofcoride. Ma gli piacque chiamare Cbamedaphne anchora la Prouenca,per battere ella lefon d i medefimamente di lauro. Chiamano alcuni le bacche della Cbamedaphne Pepe montano : quantunque non manchino anchora chi uo Laureola , & gliano, che il Pepe montano fia il frutto della chumelea,parimente della thimelca, come al fuo luogo diremo. Fece Chamedaph della Laureola, er cbamedaphne un fol capitolo Galeno al v i. dellefacultà de[empiici, cofì dicendo. Si fogliato ne fctitte da mangiare anchora igem ini teneri della Cbamedaphne .E ella molto fìntile nelle uirttì [tic- al lauro Aleffanirino: io Galeno. come è anchora quella, chefi chiama Dapbnotde. Chiamano la Daphnoide, ciò è Laureola, i Greci lYr: Momi. i Latini, Daphnoides, er Laureola : gli Arabi, Daphnides. La Cbamedaphne chiamano i Greci, XofwuAcpry; i Latini, Chamatdaphne :gli Arabi, Cbamedaphnes. 4&

\

E LLE BO RO BIANCO.

E L L E B O R O NERO.

H a l ’ e l l e b o r o bianco le frondi fienili alla piantagine, onero alla bietola faluatica.ma piu breui,piu nere, & rofleggianti: il furto concauo.alto quattro palmiti quale come fi comincia à feccare, tutto fi fcorteccia Ha molte radici, & fiottili, le quali nafeono da un capo lunghetto, & picciolo, da cui efeono come fanno quelle delle cipolle. Nafce ne i monti,& ne i luoghi alpri.Debbonfi ricor re le radici quando fi mietono le biade. L’ottimo è il bianco, frangibile, carnofo, poco Hirtefo, che non fia appuntato,come fono i giunchi,che nel romperfi faccia portiere,& che habbia il midollo fin­ tile , che non fia acuto troppo al gufto, & che di fubito non tiri la faliua alla bocca ; percioche quel­ lo,che non c coli fatto,ftrangola.Tiene il principato il Cirenaico. Q uello, che nafce in Galatia ,& in Cappadocia.il qualec piu bianco,& piu po!uerofo,epiu ftrangolatiuo. Purga l'elleboro bianco per uomito uarii,& diuerfi humori metefi ne i collirii,che chiarificano le caligini de gli occhi. ap­ plicato di fotto ammazza la creatura nella madrice, prouoca i mcrtrui, & fa flarnutare : incorporato con mele,& polenta ammazza i topi : fminuifee la carne,quando fi cuoce con efià. Darti per fe folo da digiuno,& con fefamo.ouero con fucco di ptifana.ò d’halica,ò di lenticchie,ò con acqua melata,ò 60 con porte,ò con qual fi uoglia altrofugoio. mettefi nel pane,& coli s’arroftifce. Il modo di darlo,& la quantità è rtato trattato da coloro,che hanno trattato particolarmente della fuamedicinal cura,S£ mafsimc


Nel quarto lib.di Diofcoride. 60/ piafsime da Philonidc Enncfe Siciliano, al quale ci riferiamo no i. pcrciochc farebbe eofa,troppo lun ga trattare in quella noftraopera della materia medicinale,& del modo del curare. Dannolo alcuni ne i fugoli fatti di polte , ò in affai fugoli d’halìca,ouero che cibano prima alquanto, & poi danno fu bito l’elleboro,& mafsimc à coloro,douc fi teme,che non illrangoli, ouero che fono molto debili. Dafsi cofi fieram ente,pcrciochc effendo il cibo nello ltomacho, non può cofi predo, ne cofi furiofamente operare. Fattone foppotte con aceto,fa uomicare.

D ell’Elleboro nero. IO

Cap.

C L111. '

L o e l l e b o r o nero fi chiama Melampodiorpercioche fi dice,cheMelampo pallore di capre fu il primo,che purgò,& fanò con effo le figliuole di Preto diuentate furiofe.Produce lefródi uerdi, limili à quelle del platano, ma minori,& quafi fintili à quelle dello fphondilio,ruuidctte, piu nere, & affai piu intagliate.Produce il fufto afpro: & i fiori, che nel bianco porporeggiano, racemofi, & il fc me fintile al cn ico, il quale chiamano in Anticira fefamoidc,& ufanlo per le purgationi. Le radici ha l’elleboro nero fiottili,& nere,le quali hanno origine da un capo quafi limile alla cipolla, delle quali è l’ufo. Nafcc nelle colline, & luoghi afpri,& feeelti. 11 piu ualorofo è quello,che fi porta da gli infraieritti luoghi,conte d’Anticira,doue nafcc il nero ueramente elcttilsimo. Dcbbefi eleggere quello , che è ben carnofo, & ben pieno,che ha poca midolla,al gufto acuto,& ferucnte.come è quello d’Hc t p licona, di Parnafo,& d’Etolia : nondimeno paffa di bontà tutti gli altri quello d’Helicona. Purga l’elleboro nero lo ftomaco ; folue la cholera,& la flemma,dato cofi folo,ouero có fcammonea,& tre oboli,ouero una dramma di fale. Cuoccfi con lenticchie,& con brodetti,che fi tolgono per purga* re.Gioua al mal caduco,ài malinconici,à coloro che impazzifeono, à i dolori delle giunture,& ài paralitici. Prouoca applicato di fiotto i meftrunammazzail parto.purga lefittole,quando uifi mette, &. uifi lafciapcr tre giorni continui,Se poi fe necaua fuori.mettefi parimente per la fordità nelle orcc chie,ne fe ne caua,fe non dopo due,oner tre giorni. Vnto con incenfo,ouero cera,& pece, & olio ce Arino, fana la rogna : & con aceto gioua alle uitiligini,alla fcabbia,& alle uolatiche. Mitiga il dolore dei denti,lauandofi la bocca con lafuadecottione. Mefcolaficon le medicine corrofiue.mettefi util mente in forma d’impiaflro,con farinad’orzo,& uino in fu’l uentre de gli hidropici. Piantato appreffo alle radici delle uiti, fa il uino purgariuo. Credefi,che purghi le cafe,fpargendouifi la fua infufione. ' la onde quando lo cauano,ftando in piedi, chiamano in aiuto,& pregano Apolline, & Efculapio, & fuggono la prefenza dell’aquila : percioche dicono,che uolandoui fopra l’aquila,'non è fenza perico­ lo . percioche è augurio di morire colui,che caaa l’elleboro,quando è ueduto cauarlo dall’aquila.JBijfogna cauarlo prclto:perciocheilfuo uapore aggraua la tetta. il perche coloro, che lo debbono cauare, fi preparano,mangiando prima deH'agiio,& beuendo del uino, & cofi lo cauano pofeia ficuramente.Cauafi fuor di quello il midollo,come fi fa del bianco. S o n o amenduegli Ellebori tal bianco, qual nero mtìfiìmi in Italia. doue quantunque non babbìa ueduto io Ellebori & del bianco piu d’unaJpctie ; u’bo nondimeno ueduto del nero tre diuerfefpetie, differenti però fe non nel fiore. Vno ioro cflam. ciò c , che produce il fiore , fecondo che rifirifee Diofcoride,porporeo : l’altro, che lo produce bianco : er l’altro, 4 ° che nel uerde gialleggia. Le quali tutte fpetie cofi come ne ifiori dimostrano differenza ; la dimo/'ìrano anchora nel le uirtù, er operationi loro . percioche poco giovamento ho ritrouato io, er poca operatione in quelle due ultime fpetie : le quali ho qualche uolta úfate con pocofucceffo, non hauenio potuto hauere di quello,che produce il fiore roffo. Con queffo ho piu uolte nel mezo del frígidísimo uerno ( quantunque nonio concedano i medici ) dopo un lungo jìropare, fanate le quartane perfèttamente. Ne mai mi ricordo batterlo dato con la mia preparatione ( fola» mente dico in infufione ) à qual fi uoglia quartanario, chefe non la prima uolta,almeno la feconda non fia egli,me» diante l’aiuto di D io , rifanato. Ho parimente operato piu, cr piu uolte con la infufione del bianco in alcuni me* laneonici,con grandifiimo fucceffo : ne però mi fon mai potuto accorgere,che habbia egli caufato alcuno faüidiofo accidente. I Iche ho attribuito io al non nafeere forfè eglt infu’l Trentino, per effere paefe affaifúgido, cofi po* tente, come era quello , di cui fcriffe Diofcoride : cr Slmilmente alla molto appropriata correttione, che fi gli pre* 5o para nel darlo. Veggonfi il mefe di M arzo , er <fAprilefiorite tutte lefpetie predette nel nero, l’una appreffo al* l'altra nella grandifiimafelua, che fi paffa per andare da Goritia a Lubiana città di Camola, oue l'ho fpeffo tolto per li bifogni. Sono le radici di quello, chefa ilfiore porporeo, molto piu nere, piu ckrnofe, er piufalde dell'al* tre : le qualifono per lo piu bertinc, er biancbiccie, er imperò molto meno ualorofetcome che la forma dellefòglie fla una medefhm in tutti . Htrophilo antichifiimo medico comparaua l’Elleboro ad un fòrtifiimo capitano: impe* Sentenzi dì rochefempre efee del corpo auanti gli humori concitati da lui. Il perche impugnaua egli gli antichi, che nc davano Hcrophilo troppo poca quantità per uolta, affermando, che piu preflo, er meglio operaua, quandofi daua piu ahondante* lnruca* mente. Ma qiiefta règola in modo alcuno non piace à i medici de tempi nofiri,ne manco è da effere accettatagli nero ammazza i buoi,i cauaüi,cr i porci :'.cr imperò non lo mangiano, quantunque mangiando il bianco, nonfen* tano alcuno nocumem 0 . Le radici del nero negli animali quadrupedi morfl dalleferpi, fanno mirabilegiouamento, 60 quando fatto prima un pertugio tra carne, er pelle appreffo al morfo,ui 5 afeondono dentro: percioche tirano i fe tutto il uelcno. Il medefìmofa egli contra la pestilenza delgregge dcglit/tnimali, pertugiando loro ¡’orecchie da banda à banda, e? parimente la pelle del petto , er meffeuene denfio le radici A lche hafatto credere à molti, che


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Difcorfi del Matthioli

tttefpt m radice ¿Elleboro nel medesimo modo tra carne; e r pelle nelle calcagna de gli l,uomini, gliprtferui dalla pefteficurifiimamente ne i tempi foff etti, biffe ArifiotUe,che te quaglie, le quali chiamano coturnici , mangiano Opinione d ' nitidamente il femt dell’Elleboro : er però furono eli* vietate da gli antichi nelle cene. Non mancano oltre à ciò alcuniriproalcuni tra i moderni /empiiceli, che uogliono >che ? Elleboro del commune ufo, er ¡ferialmente quello,chefa i fio> baca. ri uerdi, nonfla Elleboro, ne veruna fua ¡fette, ma quella pianta chiamata da Columella, er parimente da Plinto Conflligine : lodata da loro marauigliofamente per la peftilenza,cr per 1 difètti del polmone del bejìiame. Ne altro fondamento hanno di ciò ( per quanto io me ne veggio.)Je non quello,che ricattano da i predetti authori: i quali fcrif fero,che pcrfòrandqfl con fèrro dall’ un canto all'altro (orecchie de gli animali ammorbati, er mettendo/! pofeia nel pertugio una radice di C onfiliginc,che tutta la uelenofltà ut concorre,& per quindife tìefce , er fi purga. Imperoche uedendo cofloro,che a 1 tempi notiti ufano di far ciò con le radici dell'Elleboro nero ( come habbiamo det *a to anchor noi poco qui di fopra) er che nefeguita loro la falute;hanno per certo creduto,che quella jfette d’Ellebo rofla la nera Confiligine. Ma per miogiudicio s’ingannano di gran lunga, imperoche Abfìrto,ey parimente H/f» rode affermano,che l'Elleboro nerofa il medeftmo effetto. Alla cui opinionefottoferiue Plinio al v.capo del x x v . libro, con quefle parole. L ’Elleboro nerofana laflemma, er i morbi del bestiame,mettendofene un tronco della ra ‘* dice net?orecchie loro,prima pertugiate,cr cauatonc pofeiafuori il giornofeguente nella mcdefima bora. Per cue• fle adunque ragioni,er authorità panni,che poffa effere a ciafcun chiaro, che non folamente le radici della Confi, liginefacciano effetto tale;ma anchora quelle nonfolamente di qtwftaffetie dìElleboro, ma di tutte l’altre ancho, ra.lmo che quelle di quctlo Elleboro, che fa il fiore porporeggtante,come migliori, er piu ualorofe, fanno molto piupreflo feffetto, come piu, er piu volte ho veduto io fferìmentare. Sarebbe ueramente unafio c h e z z a ( nerbi gratta ) il dire che lafabina fuffe il calamento, 0 che il calamentofuffe lafabina, per hauere amendue proprietà di * 0 provocare i metirui ritenuti : quafi comefe le naturafuffe cofl avara,che non hauejfe uoluto generarefe non unfola medicamento per morbo ; non effondo però morbo veruno, à cui non babbia ella proueduto di molti, er uarij medi• tomenti da applicarfi in un modo medeftmo, er con un ordine ifteffo. Oltre à ciò non ritrovandoli authere alcuno ne antico, ne moderno, per quanto io habbia letto fin bora,chefatua Ihifloria della Conflligine,ne che dia pur una folafemhianza della fua pianta ; non fo come cofl felicementepoffano affermare cofloro, che PEUeboro nero del Opinione di Ma olirà di quefto non mi pare qui da tacere la uana, e r affai inetta opinione in V eo Sobrio commune ufofio la Conflligine, torno al?Elleboro nero, di Vgo Solerio, huomo altrimenti ( come dimoflrano le fcholie da luifatte fopra i primi li minutata. bri d'Aetio ) de notiti tempi dottiflimo t Vana dico,per efferfì egli 1tonfo in che modo imaginato (come fi legge nel* le predette feolie) che? Elleboro nero cofl quello delflore porporco, come l’altro del fior bianco fieno quelle due ffetie d’Aconito, che chiamanoi Greci httòno , er cinottono : er che quello, ch’io connumero per la terza ffe» J'° tie, che produce il fior uerde, fio la Conflligine, recitata da Plinio, er da Columella, Seguendo in quefto il giudi« ciò degli altri. Ma quali, er quanto ualorofefieno le ragioni, con 1 ni (ì sfòrza di provar ciò,fi può qui vedere dallefueifleffe parole, le quali formalmente fono quefle. Se alcuno effminarà diligentemente le radici delle già c ommemorate piante, ritrouerà molto piu evidentemente di quello , che fi poffa dìmotirare con piu lunga diceria, che non hanno elle con le radici dell’Elleboro nerofembianza ueruna : per effer quelle dell’ Elleboro, comeferine, Diofcoride, bulbofe come cipolle, dalle cui infime parti hanno origine moke radici. Senza che dica io altrimenti, che da quelle piante, mentre che fift irpana dalle radici di terra, non ne rifluita alcun dolore di tejla,per vapori che fc ne leuino, come io ho mille uolte ejferimcntato ; douendo pur però ciò accadere,come teftiflca Diofcoride, fe fuffero quefle piante il uero Elleboro nero. Per le qualiragionifi vede, che niffuna diqueftetre piante può effe• re il predetto Elleboro, ma ben le due prime ?ultime ffetie dell’ Aconito licottono , er l’ultima herba per fe fleffa. 4® Quello tutto diffe il Solerio. Per le quali parole, fi conofce bauer egli detto ciò centra di me, er cantra la mia opi» rione, quantunque non m'habbia uoluto nominare. Imperoche niffuno, ch’iofappia, haferitto auanti di me, che fi ritrovino quefle treffetie dell'Elleboro nero in Italia, er (ferialmente in Carinola, differenti peròfolamente nel fiore. Ma non però per queflo uoglio batterlo per male, per udir io volentieri le varie er nuoue opinioni, che in» torno alla facultà delle piante allagiornata vengono in luce.Benche farci defìderofo, che ciò fi factffe piu aper» t intente, er con migliori authorità, er piu férme ragioni, Ma ritornando al Solerio,dico,che non batterò troppo t?affaticarmi ( come ff èro) à confóndere i fuoi argomenti, effendo affai leggieri (faluando la pace fua) er del tutto dal uero lontani. Imperoche reputo effer fenza alcun dubbio falfo, er detto forfè troppo temerariamente, che quelle ffetie dell’Elleboro,di cui è flato detto di fopra,non facciano le radici ( come afferma il Solerio ) flottili, e r nere,pendenti da impicciai capo 4 modo di cipolla : effendo piu che chiaro, er manifèfto, nonfolamente à ipe» 5® ritifemplicifti, ma anchora à gli (feriali,per non dire àgli herbolatti, er alleJempiici donniciuole, che le radici dell Elleboro nero del commune ufo,non mfeono d'altronde,che da un certo capitello cipollino, nere, er flottili, CT tton bulbofe come cipolle,come diffe egli, Il perchefacilmente mi riduco 4 credere (feperò mi fia lecito dire quel ch'io negiudico ) ò c i t i Soletto babbia qui corrotta la fcrittura di Diofcoride, ò che non fhabbia egli intefa, ò che fi Ita fln'hora poco effercitata neU'hiftorìa, er facultà delle piante, A quello poi che dice egli, che il noftro Elleboro non fa nel cauarfì di terra dolore alcuno di tefla,cr però non effere il uero ; f i riff onde,che appreffo di me quéfta ragione è fi iuclifiima. imperoche non c da marauioliarfi,che non faccia egliquetio. perche Diofcoride non dite che l Elleboro nero faccia dolor di teflaà coloro che lo cattano\ma che gli aggraua ileapo conil fuo uà» pore. La qual gravezza ho veduto piu uolte caitfare da quello;che produce il fior porporeo, er mafiimamente fe nel cavarlo fi gli rompono con la zappale radici, er che il ucnto ffiri usrfo coloro,che lo cauano. Il che accade 69 forfè maggiormente in Anticira,ìn Helicona,in Varnafo, e r in Etolia .*per nafeere quivi l’Elleboro ( come fcriue diofcoride ) acuto algutio, fervente,zr di tuttighétri'.piu ualorofo,per effer tale la natura di quel clima : cofa che


Nel quarto lib.diDiofcoridc.

6 05»

¿he non interuieneforfè in Francia, ne in Germani* , per lafisgidezza, cr auñeritá del dima, dell'aria, t r i t i paefi. Cbepoi k prime duefiettcddl'Elleboro deipor.porporeo , cr biancofìeno ¡'Aconito Ucoftono, creino» ñoño ( comefofamente, per mio giuduio, fi perfutàt il Solerio) non fo comefi poffa credere*, offendo cofa tanto fuor dirAgwne. lmpcrocbe queflg due frette d'Aconiti già fa piu tempo fono fiate canofitute, cr hannofene per tutto le nere, c r legittime punte, con figlie di platano , fusti limili allafélce, lunghi ungambito, cr piu.cr ra» dici co fi fittili , che non è marMiglia, fe D iafonie le raffsmbraffe à i erri dellefquitte mame, l eguali tutte feto» bianze »io ¡oberi certo, che non trotterà ueruno noli'Elleboro nero. Piu oltre fi conofce l'Elleboro nero del comm ninne ufo ejfere il nero, peri'opcrationi cheje ne ueggoito corrifondenti aüeuirtu fue. Imperocheioho già mil* le uokeifpenmcntato, che purga, cr fana tutti i morbi malinconici, leua i calli induriti :gti¿rifcc i fo r ii, la ro• gnu,leuitiUgittLylafcabbia,le uolutiche,cr fiutigli altriincommodi del corpo,à cul lo lodarono gliantichi. Dette quali uiriit ( comefifia ) é dotato f Elleboro, cr non l'Aconito cinoilono, ne mandò il licodono uelenofì cr mortaliPer tutte quefte adunque ragioni pe f i effere[laceramente chiaro,che no fia per modo ueruno d'accettare in quedo l'opinione del Solerio : il quale fermio gíudicio,erra anchora in molle altre cofe, le quali per bora mi tac• ciò -, Mk pernon tacere anchor noi qual fìa la nostra opinione,intorno alla Confiligine >affermiamo non batterla fin qui conofiiuta, per non ritrattar ueruno authore tra quelli, chefanno mentione della, uirtufita >che ne deferiua no• ta, nefembianza ueruna .E t di qui interuiene che non pofii prouare, che la pianta, di cui c qui lafigura, fia la ite• ra >c r la legittima Confiligine. Ma nondimeno per fàper io , che le fue radici curano i bejliami da uari, cr diuerfi morbi, nonfolamentefitte nctte-orccchie,ma f a carne,cr pel* le in diuerfi luoghi di tutto il corpo loro, comefapropriamete C O N S I L I O IN E. l'elleboro nero, mi riduco àfumicare, per non dir a credere, che fia ella la nera confilig ine, di cuifcriuono CobtmeUa cr Pii nio. Q uefia pianta depinge Ü Trago, Ü qual tanto appruoua il Gcfnero, per il uero, cr legittimo elleboro nero. Ma erra egli molto piu euidentemente, che pofiino auuertire coloro, che fi fonoinediocremente effercitati nella cogmtione de ìf:mplici. 11 che in lui non è marauiglia, bauendo una infinità grande di er» rori nelfuo uolume dette piante>per effere huomo fenza feieza ueruna,cr folamente unfempheefcmplictfla » Nafce la pianta della nofira Confiligine copiofìfima in Bohemia,produce i fufti fottili,arrendcuoli, all’intorno dei quali fono lefòglie lunghet te,cr fottili, non molto difiimili dall’abrotano. I fiori fono fimi li,à quelli del Buphthalmo,ma alquanto maggiori, da i quali na fiotto alcuni capitelli quaflfimili olle-more de i rouimaggiori. Ha copiofe, cr nere radici, come ielleboro nero, ma alquanto piufottili, cr piu nere. E in ufo iti Bohemia appreffoà tutti i Medici del paefe, cr altifrettali in luogo delielleboro nero,cr la ufano anchora per i malori delle pecore, cr àtri befliami, nel modo che altroue è in ufo la radice dell’elleboro, Refia ho» ^ E llebori, & ra,cbe diciamo qualche cofa delleuirtù dell'uno ,c r deità tro uirtu. Elltbora.Onde diffe Mefite,che'l bianco c come veleno,impero che può egli ualctemente (iragolare : cr che però n ifi deue oc cenare per l’ufo detta medieina. Come cheti nero fi poffaflcur» mente ufare,ne i corpi però robufli, cr fòrti.11 chetanti pau* ra ha meffò ad alcuni de i moderni medici,che no folamente no lo uogliono ufare ; ma àfatica fentir nominare ne l’uno,ne lai tro. Il che m'ha piu uolte concitato il rifo$enf,andòà tanta fio midità loro tperciocbel'infufione, non dico la poluere del ne» ro (come infinite uolte ho proualo io) fi può {¡atramente dare in ogni corpo,per purgare eglifenza moleftia atcuna.Ho meffo io in ufo l infuftone a molti medici ,per la fede che jo apertamente gli hofatto delfuo mirabile operare nette quartane fenza alcuna moleñia : i quali ufándole perfuafi dalle mie parole,cr ritrattandola cor rifondere atte promtffe,mc n’hanno poi infinitamente ringratiato. Ma à uo• lerlo buono, bijognafabito chefon canate le radici, purgarle prima,cr editarnefuor a i fufii di mezo, cr cefi f ic • car poi lefiorze a!Tombra,cr riporle. Quefte date in poluere fono ueramente piu ualorofe,chedate in infufìone : fidebbon daref i non preparate,cr in corpi robusti,cr fòrti. Et però diceua Attuario : L'Elleboro nero folue per difitto la cholera tanto nera, quanto gialla ; ma non però fenza qualche dificulta. vjiamolo noi nelle febbri periodiche, cr lunghe. Dafii à coloro,che impazzifiono,cr nel dolore antico della meta del capo, il quale cbia* mano emicranea. E commodifiimo l’Elleboro atte uiftere, atta mairice, cr atta uefiica, quando hanno bifogno di medicina purgativa. La uirtìi fia è ualorofifiima in cacciarfuori particolarmente tutti i mali humori, che mef:o* landoftco’lfinguefio corrompono. Et imperò è utile all'antico trabocco difiele,atte ruuidezze della pelle, fcab* $0 bia, rogna, uolatiche>cr fimili. E ottima medicina per li leprofi. Daffene il pefo di tre firopoli ,òpoco piu, ò poco manco. Dafii con uino paffo, cr aceto melato,cr ui saggiugne per farlo piufoaue qualchefime aromatico. Boye fía di bifogno di aumentare la uirtufia fola t m , iti saggiugne un poco difiaxmonea. Scrificne Galeno al 4 0 ' v i.d e lle

I*


6 io - • DifcorfideiMatthioli Elleborifcrit v i . dellefacultà de ifemplici,cofl dicendo. L ’ Elleboro tanto bianco, quanto nero,ha virtù afierfiua, er calida ■ il

cid» G al.

perchefono accommodati molto àgli alphi,uolatiche,fcabbia,cr rogna. Il nero meffo nelle fiflole caUofe per due, ouer tre giorni continui ne leua uia tutta la caUofltà. La decozione fatta nell’aceto, gioua al dolore de denti. Sonò calidi, e r fecchi amendue nel terzo ordine. 11nero uerambnte è al gufo piu caldo,&■ il bianco piu amaro. Quello Ophr¡,& fua tutto de gli Ellebori diffe Galeno. Frondi del tutto fintili all’Elleboro bianco produce quella pianta,che alcuni hiiloria. moderni chiamano o p h r i s , laquale non produce però,fe non due frondi per pianta,ira le quali pajfa ilfuflo, N om i. fopra’l quale nafeono da effefrondi fino alla cima alcuni piccioò O F U . li bottoni,lunghetti: da cui efeono i fiori bianchi ,fimili d Un» guette. Ha laradice fiottile con molte altre molto minori, di buon odore. Vfiafi tutta la pianta per far neri i capelli;per con 1 ® fiolidare le rotture, er per fanare le firite. Chiamano i Gre» ci l’ Elleboro bianco, e‘ aa»'/3»/>oìhéLioi: j Latini,Elleborus albus, er Veratrum album :gli Arabi,Cherbachem,er c bar* bech abiad : i Tedefchi, Veis niefiz uurtz : li Spagnoli, Verde gambre blanquo.eryerua de ballefie: i Francefi, Virairc, Ve« r arum,Veratre,er Ellebore blanc. Il nero chiamano i Gre* ci, e ’axì'ìspsìtathAii¿Latini,Elleborus niger, er Veratrum nigrum :gli Arabi,Cherbachem, er Charbech afucd : i Tede» fichi,Chrift uurtz • li Spagnoli, Verde gambre negro, er Elle» boro : i Francefi, Viraire, e r Ellebore noir . »0

Sefamoide maggiore. Cap. C L I I I 1 . C h i a m a n o in Anticira il Sefamoide m a g g i o r e elleboro,per metterli egli nelle pui gationi infieme cól’elleboro bianco. E limile al fenecione,oueramenteal la ruta. produce le frondi lunghe; il fior bianco: la radi cc fottile,& di niuno ualore.-il Teme limile al fefamo ,al gufto amaro.Purga lo ftom aco. dafsi trito per foluere la choIera,& la flemma,quanto le ne può torre con tre dita infieme con un ob olo & mezo d’elleboro bianco, & con acqua melata.

D e l Sefamoide minore.

Cap. p L V .

n o lo ! ! '■ m inoreproduceigam boncelli lunghi una fpanna:&le frondi Amili akoro ” ° P ° *m* m ,non’& Pm Pe o/ e*Ha “ ««*' Sommità alcuni capitelli di fiori quali porporei, ma nel me- 4° *0 biancheggianu : il feme è limile a quello del fefamo,rofTo,& amaro ; fa la radice fottile. Solue ilfe me beuuto alia quantità di mezo acetabolo la chokra,& la flemma per di fotto ; impiaftrato con ac* qua,rifoiuci tum ori, fcipani.N afcc in luoghi afpri. p rm ZT n

Nomi.

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3 J

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n c ,Ì m oftru s 'fm o iii « Odiato- io, quantunque molto mifìa affaticato nel

‘^ ^ ^ n t e ^ h e n e f o n o incognite : lafciandò lacura d: ntrouarlià caloriche forfè contempo cl™ nafcono iStfamoidi copiofifiimi. Chiamano i Greci il Sefamoide maggiore, & * « u r ty a : & l i minore, Latini il maggiore}Sefamoiàes m a g n im i il minore, SefamoU

? ? ln^

D el Cocomero faluatico.

Cap.

C L V I.

I l c o c o m e r o faluatico è differente dal domeftico foIamentenelfrutto.il quale produce egh molto mmore.fimile à ghiande lunghette.Le frondi,& i farmenti fono Amili a! domcftico.Produ ce la radice candida,& grande.Nafcein luoghi làbbionicci,& nei cortili delle cafe. è amaro in tutta la pianta .11 fucco delle frondi distillato nelle orecchie, ne caua il dolore.La radice impiaftrata con polenta,ruóme ogni uecchia enfiagione ; applicata con ragia di tcrebintho.rópc le poftemettermettefi nei enfi eri,che fi tanno per le fciatichercotta nell’aceto,& impiaftrata,rifolue le podagre. Lauanfi con la fua dccottione 1 denti,che dogliono. La polucre della fecca mondifica le impetigini,la fcab- 60 bia,& le uitiligini.&ritorna nel iuo proprio colore le cicatrici nere, &fpegne le macole della fac­ cia . 11 fucco della radice-alla quantità d uno obolo & mezo , & parimente la quarta parte d’uno acc« tabolo


Ne Iquarto lib .di Diofcoride.

n

tabolo deJJa tua corteccia, follie la cholera »& la fléma & mafsime ne gli hidropici.purga fenza moleftare piito lo llom aco. Mettefi una libra & meza della fua radice in una hemina di uino di Libia,& dannofenc tre giorni continui tre eiathi, fino che fi uederifolucrcil tumore dell’hidropilìa. Falsi del Tuo frutto il medicamento, che chiamano Elaterio,in quello m odo.Tolgófì dalla piata quei cocomeri,che conre fi toccano,falcano, & fpruzza no il fucco,& ferbàfi cofi per tutta una notte, & il di fcguéte meifo un criuello affai rado fopra un catino,& ac conciacoui un coltello có il taglio in fu,lì predono i co comeri có amendue le mani aun per uno,& tagliàfi per mc7.o,fpremédoneilfuccoperlocriueilo nel catino di fotto: fpremefi parimente la carnofità fua, che s’attacca al criuello, accioche piuageuolmente coli.Lafcialì poi cofi alquàto fare refideza, & pofeia fi mette in un’altro propinquo catino. Il che fatto,s'infonde alquanto d’ac qua dolce fopra à quei frumenti ,chc rimagono nel criucllo,& di nuouofilprcm ono, & gittoni} poi uia.Mcfcolafi dipoi il liquore có Talero nel medefimo uafo fi porta al fole coperto con tclatcome ha fatto la refidé za,fi fcpara tutta l’acqua, che ila di fopra infieme con la. Ipiama.Ilchcfifa tàteuoltc.chefi purifichi dall'acqua, & che’l fondaccio redi afciutto.il quale pofeia fi mette in un mortaio,& pedali, & fanfene padelli • Sono alcu­ n i, che per difleccar predo l’Elaterio dall’humorcacquofo,fpargono della cenere criuellata in terra, & fannoui in mezo una folfa,nella quale pongono una tela à tre doppi, & pofeia u’infondono fopra tutto il liquore fprcmutoùl quale come è afeiutto,pedano medelìmaméte nel mortaio,come c detro. Alcuni in cambio d’ac qua dolce,ui mettono la marina,Se altri nell’ ultima fprefsione mettono l’acqua melata. L ’ottimo Eia terio è quello,che è lifeio,leggiero, có una certa bianchezza,alquáto húmido,amarifsimo al güito,& che auicinato al lume della lucerna,ageuolmente s’accende. Quello, che Hacolore di porro,& non è lifeio,torbido all’occhio,di colore tra l’o ro b o , & la cenere, & ponderofo non c buono. Sono alcu­ ni , die per farlo ben bianco, & lifeio , mcfcolano dell’amido col fucco de i cotum eri. E utile l’Ela­ terio per le purgationi da due anni fino à dieci.La maggiore quàtità del fuo ufo è uno obolo per uol ta,& la minore mezo obolo,come che à i fanciulli fe ne dia fidamente due chalchi : imperodie è pericolofo il darne maggior quantità. Purga per uom ito, & parimente di fotto la cholera, & la flem­ 40 ma. è ottima purgationeà gli Gretti di'petto. Volendoli,che purghi di fotto,ui s’aggiugne il doppio pefo di fale, & tanto ilibio , che balli à dargli c o lo re , & faflenc pilóle con acqua di grandezza d'un eruo,& dannofi: fopra alle quali fi conuien bere un ciatho d’acqua tepida. Ma à prouocare il uomito, fi diflcmpera con acqua,& con una penna fi mette dentro nella gola oltre alle radici della lingua, ma per coloro,thè malageuolmente uomitano,fi diflblue con olio uecchio,onero con unguento irino, &r prohibifeefi il fonilo. Ma douc purgate egli troppo, bifogna dar bere à i patienti uino mefcolato con olio.percioche faccudofi enfi uomitare.cefla la purgationc. Ma quado con ciò fi uomitate trop p o , il rimedio è di dare acqua frefea, polenta, aceto inacquato, pomi,& tutte quelle co fe, che ilringono, & corroborano lo ftom aco. Prouoca l’Elaterio i tneflrui : mello nc i peflóli, ammazza il fan­ ciullo nel uentre della madre ; tirato fu per lo nato con latte, conferire al trabocco del fiele, & guari fa fee i dolori ueechi del capo. Impiailrafi alla fchirantia utilifsimamcntc con olio uecchio, mclc,oucro fiel di to ro .

COCOMERO S A L V A T I C O .

N a s c o n o i Cocomerifaluatìchiabonàantifiimi in Tofani, cr mafiimenel contido di Siena appreffo i t e a fie ìli. Vafii del loro liquore [Elaterio,il quale difjè Thcopbraflo a l x i u i .c a p .d d i x . libro deU’hiftorù deUe piante, effere tanto migliore, quanto piu uecchio fi titroua :imperoche rijtrifce battergli affermato un medico non bugiardo, ne uantatore battere Lanuto egli Elaterio uecchio di dugento annidatogli donato per cofa rara, ualoro» flfiimo nell'operare. Il che non accettando Diofcoride,èffe,che la uirtufolutiua non duraua potente nell'Elaterio, fe non da due anni fino a dieci. Oltre à ciò ritrouo, che Diofcoride dice,che uno de i fegni del buono è , che quando s'ucco/la al lume della lucerna,facilmente ¡’accende : cr Theophrafto dijfe,cbe tanto humoreha ìnfc [Elaterio,che 60 indora chefia uecchio di cinquanta anni, fregne il lume dette lucerne, quando ui s'accofla. Il che confirmò pari• mente Minio al 1 .cap.del x x .libro , cofi dicendo, L ’Elaterio decorato atte lucerne, le fregne del lume loro ,fi* no all'et4 di cinquanta anni. Et quefro è l’ifrerm nto del, uero » ciò è che accofiato al lume, ottanti che lofr mga,lo

Cocomeri»


1 2

Difcorfi del Mattilioli

f a prim i sfauiU aráiifoprx , e r d ifo lt o . Il parche p i m i neramente , che co rrod o fia dui il fella di » J ' J c c o Z a t o t Elaterio uero cande, uoglta d ire, facilmente t o f a n e : p eraoch e ogni humidità, che non fra untuofa, fregne /fu o c o Ma non ritrouiniofì a la m i untuofita, m i ben : bu rn iitìg ran d e nell’ E titer io , è d a p e n f a j d f e piu prefio poT afreoneri

to l l a u Z r Z

0 ’ m?erOC! }e *ca>$ù<>

U alore eccita in quella humidttà unplcodfuen.

ofrendofuori fregne agcuolm:nte il lume : come per chiarirmi di ciò, ho iofenfotamente uoluto uedrr* Elaterio ferie r f! ? to da Mcfwe. ì f r a m S :n ¡ u f ó Ì i S & ittrio Mefu: nel f r o trattilo de i [em piici, doue battendo prima detto i'biliaria e r la tomplefiione di tutta la punta, uencnio i l correggere alcuni nocumenti fuoi, cofid iceu a. I l Cocomero alìninf ' t e u a / Z o ù / re 6 b ° CChe M S T ° : ^ p!rS gen ¡U d0l°rÌ di buMU n d f ‘° ° & * re >O -Ñ gran f L d i o y f f P. no n o c m e ^ o >mettendo con ilfuofucco alquanto di b iellio , onero di gomma di d r ia n to owrÒ andolo con latte dolce monto difrefro, onero con acqu i melata , ® f a l e . Aumentali,®- fa cilitili fop en tion e L

l o

d lfé g e m m : il ch: Pálm ente fanno le frette elepbaogine . S o l d i ’Elaterio f che f i f i del r ¡ i n l ì * * * f r coti i o U u e n ta , f r h e l i flemma tanto per u o m o , quanto per difotto folue qualche uolta anchor a la cholera, e r maxime quando ella lì ritroua preparata. Sola » oltre a ciò m i r a b i l i to re bf T ° u l 4* y u r t e p*rti fretialm ente , che fon difficili dafolu ere . Caua le m t c r i e ^ c b e f o n ^ ^ e g ^ l tu re , c r cura i dolori di quelle : ® qu efiofa propriamente ilfu o fu c c o , e r la f u radice im p iafirJa con acefo. L

:

_ , . ' ' ” -w. *** £kijvwz impimr&o* comese detto . h IO p H. medure, cri: fero,-ole, er majUms quando nifi mette dellofrerco di capra con mele. Il ficco del frutto er fo Z m / tfb d fZ ' °tHm.9 cr ^ iiroP^* : imperoche folue racquagiatta ualoroflfimmente. Il Z d / / a d l d f d J T ' /J u fU4 Yihce; ^ ot ' oltrt 4 cio d trabocco delfiele, ®xUe oppilationi delfrgato, Z - dl T / l ud Z f n t lChe C° n mm^ ° Z '0 '“ me:ito, non piamente impiagato ; ma anchora meffo nei cri. u 'd t r M x rdÌlCe tncf P ° r^ eon mele • ¿¡fittigli* le cicatrici, & fregne i liutài delle percolfe. llfuc co d eli radice incorporato con farina difaua, er applicato in fim a di linimento, mondila lafaccia, & tutto il Cocomero 7 i Z l / a d d t 1 / S\ Pf n * k l f * ini • é * ***rtire, che non fe ne taglia piu della debita quantità : per. Titímico cioche aprendo le bocche dele nette, folue per difotto il [angue. Scriffe del Cocomero àfinino Galeno aWv 11 r. (cricco da Ga i t ì o ^ / a n t / d / T / 1 ’ C0!ìf U nend° ’} l f ucco tin t0 ie lH tt0 ic [Cocomerofaluatico, il quale chiamano Eia* leuo. terio, quantodella radice,® delle fiondi, e neramente utili#imo per le medicine. L ’Elaterio applicato difotto JO prouoca t mejìrui, ® amnuzz* la creatura, come fanno tuttel’altre cofe amare

S T A P H IS A G R I A.

Gabbiano della calidità, come i f Elatèrio . il quale égrande. mente amaro,ma caldo fi leggiermente,che non eccede il freon dogrado:® impero è egli dtgefiiuo. Adopcranio adunque alcuni,ungendolo inficine con mele nellafchirantia, ouero con elio ueccbio .Tirato con lattefu per lonafo , ualc a trabocco di fi:!e. et mitiga, etfanai dolori del capo .Ilficco delle radici, et dellefiondi,quantunque habbia uirtù fimile aUElaterio ; no è pero coli ualorofo. Mi la radice ha uirtù molto fìmile’.percio che è ajlcrfruydigeUiua, c r molUfìcatiua : e r lafua corteccia 4° c piudiffrccatiua.Chiamauo i Greci il Cocomero fxluatico, 2/KtKaypiat : i Latini , Cucumis anguinus,fylueflris, er errati. \CU5:<?-i krabi,chefi allimar,K.ate alhenei,er Chetha alhamar: Si Ted:fchi,Vuilder cucumer, er Efrls cucumer : li Spagnoli, CogombriUos amargos: i FrancefrCocombrefruuage. L ’E. latcrto chiamano i Greci, E t,*n(pioy ; ì Latini, Elaterium •

Della Staphis agria.

Cap. G L V11.

L a s t a p h i s agria, ouero herba da pidocchi, jo ha le frondi limili alla lambrufca,intagliate:& i Tuoi fil­ ili diritti, teneri,& neri. Produce i fiori limili à quelli del g ia llo :& i follicoli ucrdi,comc fon quelli de ceci: ne i quali c dentro un nocciolo triangolare,ruuido, di colore che nel nero roflcggia,di dentro bianco,&acu to al guflo.Purgano per uomito gli humori grofsi die c i, ouer quindici grani del fuo Teme bcuuti in acqua melatatela coloro,che li tolgono,debbono continuaméte palfeggiare.Ma bifogna co prudézaelTereattéto in dargli cótinuaméteà bere acqua melata: imperoche 69 c pericolo,che non ilrangolirto,& che non brufeino le fauci. T rita la llaphis agria, & unta pofeia con olio animi za»


Nel quarto lib. di Diofcoride.

6\j

*ninjazz*i pidocchii, & «aleal prurito>& alla rogna, manicata,fa fputare aflàifsima flemma. Lauan» dofi fa bocca con la fua dcp ott jonc> gioua a i dolori de cjcnti>& rjitagna il fluifo delle gengiuc? guarifcC) incorporata con melc,l ulcere della bocca, che menano. Metcelì negli empiaftri che bruì ciano» JfJa s c f. la Staphis ¿ ¡r ii, d o è Vuafaluatica, la qualechiamino communemcntegli fpctiali, Staphufiria, inpiu luoghi d’Italia. Enne affai in Puglia, c r in Calabria,<cr parimente in Ifìria, & Schituonia. Il feme s'ha pu bltcamentc copiofoper tutte iefpetUrie inufo perfiremafHcatorij,cr perfare untionicontraài pidocchi. Scrìf* fe/ieGdleno al v i .dettefatuità de ifempliei, cofl dicendo .La Staphis agria è acutifima, di modo che purga ua» (entemente fa flemma dal capo , Cr t aflerflua : la onde gioita alla rogna. ma c anchora alquanto cauflica. chias mano la Staphis agria i Greci,n«Jtì<dyfi+, & ÀV**ìr <<>*/*: i Latini, Staphis agria »Vita syluejlris, Herba pe* dicularis, t? Pituitaria :gli Arabi, Alberai, Habclras, Muibazagt, cr Miubezegi : • T edefebi, Bifzmijntz • li Spagnoli, Fabaraz, Paparraz i i Francefl, Le cflaphifagrie , cr Herbe au poulx.

Della Thapfia.

Cap.

CLVilI.

L a t h a p s i a c coiì chiamata, per elfere ella primieraméte fiata ritrouata nell’ifola di Thapfo. E di natura,& di fpetic limile alla ferula, ma hai] fuftopin fottile,&le fròdi Amili al fiuocchio.produce nellajfom m itàdaogni ramufcello vna ombrella limile allo anctho: i cui fiori fono gialli. Il feme è quello ifteflb della ferula,largo,ma alquanto minore. 1 a radice è di fuori nera,& di dentro bianca,lunga,acuta,& veflita di g r o f fa corteccia. Cauafene il liquore in queflo modo. FafAgli una fofla attorno, & intaccafi la corteccia, oucro che s'incatia la radice al tondo, & cuoprefi, aceioche il liquore fia piu puro ; ma bifogna il feguéte giorno tor fuori quello, che ui fi condenti. Pcftafi anchora la radi ce in un mortaio, & fpremefene il fucco per il corchici Io,& mettefi al fole in un uafo groflo di terra cotta. Al cuoi ui pcftano inficine anchora le fródi.-ma c pofeia i! liquore poco ualorofo. E tra l’uno,&: l’altro quella d if ferenza che quello,che diflilla, ò fi caua dalla radicela piu graue odore, & mantienfi piu humido : & quello, che fi fpreme dalle frondi, fi lecca,& fi tarla. Dcbbe auèrtire,chi lo ricoglie,di non iftare con la faccia ucrfb . il uento.ouero d’eleggere un giorno aprico fenza ucn lto : imperóche per l’acutezza dello fpirito s’enfia gran j demente la faccia,& doue fono le membra nudc,uen' gono per tutto le brezze. Il perche ufano coloro, che ne ricolgono il liquore, d’ungerfi tutte le mebra nude con un ceroto liquido,& coilrettiuo,& coli preparati ui uanno. Ha uirtù di purgare tanto la corteccia della radice,quanto il fucco; & il liquore bcuuto nell’acqua melata, purga la cholera per uomito,& parimente per difotto. Danfi della radice quattro oboli con tre dràmedi feme d’anetho; ma del fucco fi danno folamcnte tre oboli : & del liquore folamentc uno o b o lo . imperóche è cofa pericolofa il tom e maggior quatitade. Coniciifee quella purgatione à gli flretti di petto,che difficilmente refpirano, à i dolori antichi del coftato, & ouc gli humori con dimcultì fi fcreano : dafsi ne i cibi, & nelle uiuande à coloro,che malagcuolmentc poffono uomitarc.Ha *0, no tanto la radice, quanto il liquore, uirtù di ritirare dal profondo alla cima, ma maggiore di tutte l’altre cofe,chc operano il medefimo : & parimente di permutare^ rilaffarci pori,& meati della pel­ le . Il perche il fucco unto, Se la radice frefea fregata, fanno rinascere ualorofamente i capelli cafcati perpelagione. La radice,& il fucco con ugual parte di cera, & d’incenfo,leuanoi liuidi, e’1fangue morto fotto !a pelle : ma non ui fi lafciano Tufo piu di due hore ; dapoi fi fumentu il luogo con acqua marina calda.TI fucco ipegne le macole della faccia,meffoui Tufo con mele à modo di linimento : fana la fcabbia : rifolue i piccioli tumori ungendoli con folpho : faflene linimento utile ne difetti uecchi del polmone, del co fta to , de piedi, & delle giunture. Vale à ricoprire di preputio il capo del mem­ bro genitale in coloro , che naturalmente, & non per circoncifione Thanno Icoperto ; pcrcioche ui genera intorno un tumore,il quale mollificato pofeia con grafsi, rifa ualcntemente la perdita del cap pclletto. v

Ff

Sc iu j s b

Staphis aSna<& fua ef g "*,. gru^icn'tu da Gal. Nomi*


614 Thipiìj , & fua (littoria.

Difcoriì del Matthioli

* S f V t s E de^ rheopbraüo al x x r x .cap. d c t i x . libro d elíh iftom M c p ia n d o li dicevo LtThapfi* c una radice, chi fa uomuare: cr quando,fi ritiene,.fapurgare di,fotta, er di[opra. Spegno applicò tt t hindi : ma caufa nondimeno alcune bolle bianchiccio. Ufuofucco ¿ piu ualorofo : imperoche puría abondl . ^ e p e r «omito, cr per difetto. Ufeme none in alcuno ufo. Nafte inpiu luoghi, coft come nel territorio d Athene,douele pecore paeftne nonla paftono: ma ¡efèrefUere molto benefek mangiano. Il perche bofia oli íntermene, o che ftpurghno, ò che fe ne muoiono. Riferifte Plin io a lx x i i.ca p. del x u t . libro, c h e N y t c Imperadore pofe in gran magnificenza la Thapfìa nelprincìpio delfuo imperio: percioche andando eolidinotte fconofciuto, facendo mille infiliti allagente,ftefft güera peño itu ift,c r dentandogli Huido, s'wigeua Cubito con la Thapfìa mefthiata con incenfo, c r cera, con il qual rimedio in una nottefiliberaua : e r cofi moñrando il di la faccia fana nel coietto di ciaftuno, occultaua la fama, er il mormorare, che era di lui tra la vente che ** fulje ñato battuto. E la Thapfìa hoggi affai nota in Italia, er copia grande ne nafte non blamente in Puglia done nafcono le altreferule ; ma anchora nelle nofìre maremme disiena, In Padona, er in Vinegiafl può ella ageùolm m te uedere in diuerfl giardini ,fmile molto aUaferula. Scorticano alcuni di quefìi herbolatti,che uanno,cr ¡tenzono * ogni anno di Puglia, le radici della Thapfìa, er uendonne poftia lefcorze in cambio di Turbith, le qualifi poíno pero adoperarefieramente,oue fi conuenga la Thapfìa: ma non però per mió giuiicio fi debbono ufare in luogo del Thaplia ferie ^urbith .Etperòfonio non poco lontano dall'opinione delFucb/ìo, il quale ( come dicemmo di fora nel dimorfo taua Gal. delTnpolio)/! crede che il Turbuh fritto da Mefue non (laaltro .chela Thapfìa. Scriifene Galeno al vi.delle faculta de «[empiici, coft dicendo. La Thapfìa è acuta, e r ualorofamente calida, con il che ha anchora detthumi* dita, er pero tira ella ualorofamente dal profóndo allafommità, digerendo quello, che tira A lch e fa però ella con un certo tempo, per efftr piena di molta humidità, la quale ¿neramente caufa, ch'éllafi corrompa prello. Et però diceua al primo libro delle compofìtioni de medicamenti fecondo i luoghi ; Sappi chi ufa la Thapfìa, che i grandini m differenza nelfuo operare. Imperoche in uno annofola perde ella grinparte della uirmfua,et molto piu la col Nomi. ta di due anni, er ho quafì ardimento di dire, che quella che ¿.di tre anni, fìa debutto inutile. Chiamami Greci la ThapfÌ4,Bct4.U ; t Latini, Thapfìa : gli Arabi, Hiantum, e r Driz.

Dello Spartio’.

Cap.

CUX.

L o S P A R T I O Òli "a pianta,die produce le verghe lu n g h e * ferme,tenia alcune fiondi',mali <• geuoli da rompere,con le quali li legano le viti . Produce il fcme,ii quale è fidile alle léticchie, in bac celli Umili ài fagioli : pro uce il hor giallo,limile alle yìo Ic bianche. 11 Cerne, & parimente i fiori tol 2■ ■ _ ì j

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ti alpdb


Nel guaito lib.di Diofcoride,

6ifi

f! f r'clf CID^Ue ob acclu;! gelata,fanno uomitare fenza pericolo alcuno, come fa l'elleboro, J1f<;mC f° ° pUrSa Pe' d‘ ÌUXC° *1 fuf co fP««n«Q da i rami macerati poma nella acqua, & poi pelli ^ beuuto alla quantità d un ciatho da digiuno, gioua alle fciatiche, & alla Ichirantia. Maceratili alcuni p, u uoleinieri nell acqua marma,& fanoone pofcia crifteri nelle fciatiche: imperoche «uà fuori le ra ftiamre delle budella fanguinofe,

, 5

0

T a n t a e U fimi laudine tra. Io Sparrio,cr la Gcnefira,cofì nettefimbianzebomc nette virtù, che inumato g u fa tempo da ciò credeux ueramente,ckefuffe in errore,chi penfaffibhefuffe trai Sparilo, cria Gcnelìra ditte* renza uerunaicr mafimamente vedendo[opra ciò noti poco dubitare Plin.al i x. ca. del x m i . lib. done ne ierif fe in quefto modo,La Genefira e anchor ella utile per legare.Sono i [noifiori gratifim i atte api. Ma dubitofe <iuei‘ ñafia quella piantabile i Greci chiamarono Sparto ; batiendo io dimofirato, che di quellafi fanno lini per luto de pefcaton : c x fi di questointendefjè Homero,quando diffe ;Gli¡farti dette nani fcialti. Imperoche c cofl certa, che aljuo tempo noti era in ufo ne loj f arto Africano, ne lo Spagnolo ; cr fe ben le naui f i cufiutano ,fi ritrova doti quel tempo ejfere ñato fatto con lino,cr non c o n fla to . Quefto tutto diffe Plinio. Ma leggedo poi, & effa,ninni do piu accuratamente Diofcoride ,h avendomi però di ciò prima anifato il clarifiimo medico M. Pietro Camiizze* ro Spagnuoloprotophifico del Serenifiimo Ferdinando d’Aufiria Re de Romani, il quale piu ¡tolte ha ueduto in Spa gnu le piante dello Sparto,cr detta Gencftra copiofìfiime, cr differenti ; uennipinatamente à conof ere la difieren U tra lo Sparto, cr la Genefira. Imperoche ferine Diofcoride,che lo Sparto è pianta lenza fòglie : cr che ifuoi fiori fonofinitila quelli dette mole bianche. 11che non fit uede nella Genefira : perdochefa ella afidifiondi lunghet te,qtiaji come di lino : i fiori gialli infirma di luna, comefon quelli dé i pifelli : e r Ufeme ne i filli coli, come quel* lo dettaneccia. Di modo chefonfiato cofìretto perfauonre piu atta ueritx, che alla pertinacia,di venire nell'api* mone di coloro, che vogliono, che fieno lo Sparto, cr la Genefira differenti. Ma quefto non però ch'io creda,che fieno differenti fe non difterie, imperoche tanta ¿grande la conformità tra loro, chefebenc nonfino una pianta medeflma; fono nondimeno i ’un medefimo genere. L ’ufo detto Sparto cominciò , fecondo cheferine Plimo a h i . capitolo del x i x . libro,dopo moltifecali,ne fu atlanti che i Carthaginefl artneggiaffero la prima volta in Spagna. E anchara quefta herba, che nafte per fefteffa, c r che nonfi ¡emina, cr propriamente àgiunco di terreno arido, cr uitio della terra . Imperoche doue egli nafte non(ì può¡entinare altro, cr femiimdofi non iti nafte. In Apbrica nafte egli cofl picciolo, che non udle per cofa uerutu. Buono èfoUmente quello, che nafte nel p.aeft di Cartilagine neU* Parte sp“gna di qua, ne ancho In tutta quefta parte ¿egli buono, Di queftofanno i villani i lor letti.: di quello ilfuoco, lefaci , i calzam eli , le uefiimenta de i paftori. Nuoce al befiiame, eccetto quel poco di tenero detta cinta. Stirpafì,per l’ufo chefe n'ha,di terra auolge.ndolo attorno à bulloni di legno ò d’offo, cr cefi stirpando* lo dotte radici: ma per efferegli pungente nettefommità bifogna hauer guanti in mano, cr fiutali in gamba. Legafl poftia infafei , c r ¡affine un monte, c r lafciafi cofi tiare per due giorni : pofeia fi ¡doglie,cr ftargefì nelfole, fino che fi ficchi : rilegafi dipoi, cr portafi al coperto. Macerafl poi col tempo molto bene con l’acqua marina,cr an« cho conia dolce, oue nonfi* detta marina : c r pofeiafi ficca alfole, cr bagnafi di nuovo. Ma uolendofi far pretto, otte/limoli il btfogno ,f i bagna in una tina con acqua calda,cr ¡affi poificcare,doue liando diritto, dmofira mol* 10 bene,che l operafia fiata abbreuiata.Battefi quello per l’ufo che f i n’ha nctt acqua,crncl mare,otte nos’infidel di ¡cono mai le fue funi. Ma perfarfuni da ufarefuor dell’acqua inficco,il canape di grò lungafigli prefirific. Ma lo Sparto fi mtrifee ancharafimmerfo nell'acqua,ricopifondo cofi la fete de luoghi andfimi, ove egli nafte. Vare oltre à ciò che fi rinuoui per propria natura : imperoche quantunquefia egli uecchio quanto fi uogliafi mefióla co l mio• uo.peródifcorrerà molto ben con l'animo, chi vorrà {timare il miracolo di quanto fia egli in ufa in ognipaefe, per gli armamenti dette naui, per le machine degli edifìci) »cr per altre commodità detta aita. Tutto quello diffe detto Sparto Plinio. Ma ritornando atte Genefire, di cui pur bifogna dir anchora qualche cofa, per mantenere 11 noftro ordine,dico, che fono inTofiana per tutto abondantifinte : doue oltre all'efjere in grandifiimo ufo per le gare le vigne ;fanno dif i marauigliofoftcttacolo il Maggio, cr il Giugno /òpra alle colline, oue naftono >per di* feernerfi molto di lontano il fulgentísimo color d'oro, che riftlende da i loro amemfiimi fiori ; di cui fi caricano co fiabondantemente, che qualche uolta, ouefono le piantefteffe ,fl uede dalla lunga tutto un monte doro. Sono i lor fiori ( come ferine Plinio ) gratifim i atte api. Et però fi piantano attorno à i luoghi detta lor paflura. Adoperano il tronco detta Genefira, cr parimente lefajcine defuoi rami coloro,chc fanno la maiolica di colore d’oro, ne la pofi fono colorire fenza e f i . Altri macerano le Genefire, comefi fa il canape, cr fattogli la medefinta cura, nefanno canapi grofiper le naui, c r ne teffino quella tela groffa, che s’adopera perfar fic ch i, che noi chiamiamo Carmignolo. Fece della Genefira memoria Mefue tra gli altri fuoi[empiicifilm iv i, cofi dicendo. La Genefira è una pianta, che con ognifuà parte conturba, prouoca, incide, Cr affottiglia, nuoce attofiomaco, cr al cuore .Ma fi gli tOglie il nocumento ( come diffe Philagrio) mcjcolandola con mel rofado,cr parimente con rofi.cr con rnfiice. Debbcfi dare il fio finte con acqua, cr mel rofido. Correggcjì anebora il nocuménto fio con anejì, confane difi* nocchio, cr di dauco. Ilfiore [ofliene poca decotrione, ma il firne affai piu-Solue quefto per uomito,crpcrdi fitto ualorofunente laflemma, cr le materie, che fono nettegiunture, cr mondifica le reni da tutte lefupcrfltiità: prouoca gagliardamente l'orma, cr rompe le pietre delle rem, c r della urfcica, cr non ui lafiia condcnfare dentro materia alcuna in pietra. 1 fiori bcuuti con mel rofado, onero nette nona, rifoluono Icftrofole. Il fio oximele, °“ -ro ¿tifino fan é, rifolue lepofleme della milza. Vfiandofifpeffo di uomitare con effo, conferifce attefciatiche, alle podagre , c ral dolore delle reni. Daf i de i fiori da due drammefino à cinque : c r delfané da tre drammefino à quattro. Scùffie detto Sparto Galeno all'vi i i . libro delle ¡acuità de¡empiici, cofi dicendo. Il[ente, crpari* Ff z mente

Sp.irtiOjSc fui diati].

4

Spartio,& Tuo ulo.

Gencftra,& Tua cftatn.

Geneftr* fcritta da M e

Aie.

Spartio ferir to da Gal.


6i6 Noni.

DifcorfidelMatthioli

mente ilfucco dello Sparto, con cui fi legano à noi le uigne, èudore[m eni e folutiuo. Chiamano i Greci lo Spari t o , rwdfw» : i Latini , Spartium >&Spartum . La Geneftra chiamano i Latini, Genifla : li Spagnoli, Geneftra, Giejla, c r Giejìeira.

* ’

D elSilibo.

Cap.

CLX.

I l s i m o è vna pianta fpinofa,larga, che produce le frondi limili al chameleonebianco.Ma gìafi quella nc i cibi >quando è frefea, cotta con fale , & con o lio . Il fucco della radice beiiuto al pefo d’ una dramma, fa uo mi tare. 10

Noni.

I l s i l i b o non nafee (che io[appio) in Italia : ouepettfo,cheà i tempi noli rifa egli del tutto incognito, perfioche quantunque uipoteffe egli nafrere, tante poche fon le note,che di lui [crine Diofcoride, che in uero non wipaiono bacantiper dimoftrarto. Chiamanoi Greciil SiUboJìtófat : i LatiniSilybum.

Della Ghianda unguentaria.

Cap.

CLXI.

L a g h i a n d a vnguentaria è vn frutto d’vn’albero limile al tamarifeo, grande come vna noe ciuola.lafuftanza del quale pelta, rende vn’humore, come fanno le mandorle amareni quale vfano in cambio d’olio per li pretiofi unguenti. Nafee in Ethiopia,in Arabia,& in Pietra caftello appreso alla G iudea. Lodafi quella,che è piena,frefea,bianca, & che ageuolmcntc fi monda . Quella bcrnita al pc fo dVna dramma, fminuifee la milza : impiaftrafi con farina di gioglio , & acqua melata in fu le poda­ gre. Cotta nell’aceto,& aggiuntoui nitro/pegne le cicatrici nere,la rogna,le vitiligini,& la fcabbia : & con orina le lentigini,i quofi,le bolle della faccia,& altri-difetti della pelle,fa uomitare:& tolta con acqua melata, folue il c o rp o . E contraria, & nuoce allo llomaco. L’o lio , che fe nc /'preme fuori, fol uc beuuto il corpo. Il fuo gufeio ftrigne piu fo rte . Il liquore, che fi caua dalla pefta, s’aggiugne nc i medicamenti alterimi, che fono vtili al prurito, & alla ruuidezza della pelle.

L a g h i a n d a unguentaria,la quale chiamarono gli antichi Greci Mirabolano,cr Balano mìrepfico,na Ghianda un­ guentaria, & [ceà itempinoflricopiofìfrima in Hifpagna, c r fi ritroua hoggiabondantifima apprefjoa tuttii profumieri,cr i ' lui hiftor. chiamatila Ben. Efrutto quafi del tutto ftmile à i polacchi, triangolare, di biancaforza , ma affai piu fi-agile : il cui nucleo è molto pieno, graffo,et oliofo. di cui cauano quell'olio di Ben,che mai non fi rancidifce, ne diuenta uic* to, c r che però è in prezzo appreffo a i profumieri per diftémpcrare i loro odori,comefu ampimcte detto di [opra nel trattato de gli olij nel primo libro. chiamali queflo frutto Ben da gli Arabici : percioche cofl chiama Serapio* ne la Ghianda unguentaria (fcrittd da Galeno, c r da Diofcoride) k/ c c l x x v i i 1. cap.delfuo trattato de ifem plici . Cofi parimente lo chiama Mefue nel compendio, che eifece de i[empiici folutiuì, cofi dicendo. Il Ben è di Ben fcritto duefpetie, l’unofa il fuo frutto grande, cr l'altro picciolo . Il grande c triangolare, di grandezza d'una nocciuo da Mefite, la : er del picciolo è come un cece . Hanno amsndue la midolla untuofa, tenera, cr bianca. Il grande c quello, che è buono : percioche il picciolo è maligno. Del grande quello èmigliore, che ha lafeorza biancha, lifeia fiottile, Cr che ha la midolla tenera, bianca, cr untuofa. Il uecchio èfemprc migliore del frefeo . Del picciolo il miglio* * re è quello, che nel bianco nereggia, cr che ha parimente la midolla tenerabianca , cr untuofa. Ma Diofcoride lodò per lo migliore il frefeo : ne diffe che fe ne ritrouaffe, fe non di grandezza d'una nocciola, come differo pari mente Plinio,cr T heophraflo : quantunque Mefue tenga il contrario. L ’olio a i tempi noflri fi caua dal nucleo, co mefi cauaua al tempo di Diofcoride. quantunque Tbeophrailo dica, che per fare olio , tolganofolamentei profu mieri il gufeio , cr che niente per ciò naie il nucleo .11 che hauendo utflo Plinio, temendo di contraporfi à T beo* pbraflo, diffe, che i profumierifaceuano l’olio dellafeorza , CT i medici della midolla del fruttopercioche quello nelle medicine, cr quello ne gli odori haueua il fuo ufo ; fodisfacendo cofi ad amendue le parti. Ma in uero a 1 tem pi noflri tanto da i profumieri, quanto da i medici fi /preme folamcnte dalfrutto . Ne credo, per quanto ho potuto 10 comprendere, che dallefeorze fi caui olio alcuno, per efferc elleno aridifrimc,cr fecche, come fon quelle dei pi fiacchi, cr delle nocciuole. Del chefa mamfrsla fède il tacerfclo Diofroride,tanto nel primo libro,quando infegnò ' dfarne l’olio nel modo, che fifa quello delle mandorle ; quanto nel prefentc capitolo. Del che non ricordandoli Dubio del 11 Manardo da Verrarafuomo peròfamofo, c r fegnalato,dubita nelle annotationi, che et frcefopra[empiici jolu* Manardo tiui di Mefue ,fe folio fi debba cauar dalla midolla del nucleo, onero dallef o r z e : dicendo, che in alcuni Diofco* Jciolco. ridifi ritroua, che fi debbia cauare dalla fuflanza delfru tto-cr che in alcuni altri non ui fi ritroua mcntione nc d{ frutti, nc dif o r z e . Il perche panni, chefe non gli fodisfaceua l’ambiguità de i tefli di Diofcoride, perfapere,che già Theophrailo haueua detto,che i profumieri lo cauano dalle f o r z e , cr che'lfi-utto era Unititi udore-,lo douena al meno cauar di dubbio Galeno ; il quale efpreffamente dice, che i profumieri,ò uogliamo dire unguentari fio ca• vano per l'ufo loro dalla midolla, cr uerafuflanza del frutto . li che quando bene s’haucffe taciuto Diofcoride, di* tnoilra apertamente hauerela medefìma intentionenel primo libro, dotte infgnar.io afare l’olio delia Ghianda un* ^ guentaria,diffe, che fi cauaua nel medefimo modo, che fi caua quello delle mandorle : il qualefi caua dalla fujlanza del nucleo, crnondaUefcorzedclfrutto.il che fa argomento,ò che'lteftodi Theophrafio, dacuiprefe Plinio ciò, che neferìffe fila flato corrotto, ouero fìaftato daini cauato da non ueridico autore. Et queflo nonfolamen* L " ‘ te d im i


NeÌquartolib.diDiofcoride.

7

te dìmofirano te ragioni, o~ animiti allegate di[opra; ma il commune ufo di quefto olio, che fifa ¿ella fuftan za del frutto, o~ noti dellefeorze dagli ìjhfii profumieri : non perche ui fra alcuno grato ,ó ingrato odore; ma folo perche tra tutti gli olij nonfi ritroua altro liquore untuofo, che non f’ùrancidifca ,Je non quello olio di B e i . con il quale, per quella fua particolare uirtù Solamente diflemperano i mufehi, i zibetti, le ambre, cr le altre loro nujlure odorifere, che s’ufano per profumar guanti, craltre cofe, che la Ufciuia, cr le delttie del mondo hanno infegnato à gli huomim. effondo certif.imi, che lungo tempo fr pojfono conferuarc fenza temere, che s inrancidi* frano. Ituperochefe fi diftcmperajjèno quefre cofe odorate con altri ogli, noti è dubbio , che col tempo diuenta* rebbono rancidi : ejfendo quello il proprio d’ogtu oglio, che ¡inuecchia>eccetto che del Balanino. Onde intenterà rebbe poi, che i guanti, cr Ìaltre cofe profumate, non dopo molto tempo puzzarebbeno piu di rancido,che di mu* 10 fchio, d’ambra , c r di zibetto. D al quale cfrerimcnto fr può molto ben conofccrefe quello c nero olio Balanino, „ chefrfa dal nucleo dellaghianda unguentaria. Oltre à ciò trattando pofria Mefite le uirtù dd Ben, foggiunfe uWcmte ¿'j quefre parole. Il Ben grande è inciftuo, afrerfrno, mondificatiuo, c r aperitiuo : ma conturba, cr uolta lo ftoma* Melue. co per lafua acuta, c r fuperflua humidità, chefa uomitare. 11 minore è affai piu fòrte in ogni fra operatìone : cr però opera con graadìfiìmo trmaglio, di modo che freffofa tramortire, er fa fudare¡'udorefrigido. Il perche non fi dee dare in modo alcuno per bocca ; mafolo adoperare per le untionì, craltre medicina efreriori. La malitia del grande fi corregge, arrcftendolo alfuoco : percioche cofì fi priuadi quellafra humidità, fbe fa uomiiarc, crg li re&a folamente una uirtùfolutiua, che opera per il corpo. Correggonlo parimente il fané delfinocchio, cr degli anefi. Mangiato, ouéro beuuto ,folueper uomito ,c r per difotto gli humoriflemmatici, crudi. E medicina mira• bile à i dolori colici,flemmatici,cr Uèntofi,nonfolamente tolto per bocca ; ma anchora meffo ne i crifteri. Vimpia* J* ftro, cbefìfa delfuo frutto, difarina d’orzo, crdi mele, rifolue le poterne, crlefcrofólc : crincorporato fola* mente con mele, uale alle infìrmitifrigìde de i nerui, come rattrattiom»cr frxflmo : percioche eglifcalda,cr leni fce le durezze loro. Impiaftrato confarina di lupini, c r frigo nardo in fui fégato, ouero infu la milza , ui rifolue le oppilationi, crle durezze loro. L'olio, che fi caua d'ejfo, ajfottiglia le margini delle piaghe faldate, crfregne le lentigini , c r ogni altra ulceragione della pelle. D ifila to nell'orecchie, ne caua fuori nonfolamente il dolore; G ^¡aoj a un magioua alla[orditi,cr à i frffoli, che uift fentono dentro, fece oltre àquefto della Ghianda unguentaria mcn* „uc-u n i fcric tione Galeno al v i . delle[acuità dei[empiici, cofì dicendo. Il Balano mircpfìco cio è, Ghianda unguentaria, fi tada GaL porta di Barbaria.Vfano t profumieri il liquore dellafra carne, il quale è neramente calido. come che quelle parti, che refrano dapoi chefono fratefrremute, freno terre/lri, dure, cramare in quella qualità,che piu ui domina : con la qualefifiènte alquanto del coftrettiuo. Il perche pojfeggono infamemente uirtù aftcrfìua, incifiua, contratti* jo ua, crcofiipatiux. Et però fi conucngono à i quoft, alle impetigini, lentigini, bianchezze, prurito, rogna, cr frabbia : crrifoluono le durezze del fégato, crdella milza • Se alcuno bcuérà il pefo d'una dramma dellafra carne con acqua melata ,frerimentarà ueramente effere egli medicina, che fa uomitare : quantunquefolua anchorafreffo largamente per il corpo. Ma quando uogliamoufare quella medicinaper purgare le uifetre , c r mafiimamente del fégato , c r della milza, la diamo con aceto inacquato .Godefrfopra modo della compagini dell’aceto nellefuec* flrinfeche operationì : di modo che diuenta cofi ualarofo, che mondifica la rogna, cr la ¡abbia, cr molto piu (al* tre ulceragioni della pelle di manco cura, come lentigini, uitiligini, quofì, alberd, petecchie, achori, cr(Imiti, che procedono da grofii humori : crfregne parimente i fegni delle cicatrici .Ma è dafapcre, che douendofi appli* care alla milza, bifognacongiugncrui qualchefarina diffeccatiua, come c quella dell'orobo, cr dclgioglio. La fcorzdfuxrijlignaudlorofrmente : crperò fi può ella benifimo ufare, ottefra di bifogno dirifragnarc grandemen« Mi • 40 t e . Tutto quefto dd Balano mirepflco, ciò è della Ghianda unguentaria, etiffe Galeno. Il che battendomi riuo* & |oro ’ catoàmemoriaì m i r o b a l a n i , che iit cinque uarie, cr diuerfe fretie fonoin ufo ài tempi nodri nelle r i a . fretiarie, non ritrouandone io hiftoria alcuna da gli antichi Greci, quantunque in alcuni luoghi colmamente qualche uoltagli nominaffero ; ne dirò qui tutto quello, che da Serapione, da Auiccnna, cr da Mefrc fe ne ferine. Dico adunque, che cinque fono le fretie dei Mirobalani nell'ufo dei moderni medici, ciò è , Citrini, Chebuli, 1n i i , Emblici, crBeatrici : i quali tuttifono diuerfi di fórma, come ancko di[acuità. Et però c da penfar:, che più prefto freno frutti di diuerfi alberi, che d’unfo lo . quantunquefi habbixno creduto alcunfrcomefanno efrrcfja* mente i reuerendi Padri,che hanno commentato l'antidotario di Mefite ) che i Citrini,cr i Chebulifreno frutti di'un medefimo albero :c r che i Citrini fi colgano immaturi auanti attempo : cr i Chebuli, quando fono perfèttamente maturi. Altri fi credono, che (albero porti i fuoi frutti due uolte (anno, cr bora produca quefli, crbora quelli. Ma in uero piu prefio (fecondo che habbiamo detto ) è dapenfare, chefreno prodotti da diuerfi alberi, che altrimen* ti-.percioche hanno tutti qualche particolarità nelle loro operationì. Ma quefto però non dico io per affermarlo, percioche effendonefin'horaincogmte le piante che li producono, nonfe nepuo determinar per uero cofr ueruna. Ccnnumeranfr i Mirobalani tra le medicine benedette : percioche quantunque freno folutiui, non debilitano, anzi che confortano lo liomaco, cr le tiifcere, preparando, cr ritirando inficine tutte le parti loro,chefuffero Ixjfe, cr confortano il cuore,il fégato,cr tutto il corpo. Solo quefro nocumento hanno in loro,ciò è,che aumentano le oppi* lationùcr però nonfi danno à gli opptlati,tie à coloro,chefon difrolli à cadere in tal difètto. Sono i Mirobalani ue Tornente la preparatione di tutte le medicine acutefolutiue : cr però utihnéte fi mettono co lafcamonea. I piu loda ti de i citrini fon quelli,che fono ben gialli, cr tendono alquanto al uerde,graui,pieni,gommofr,grojfi di corteccia, er che hanno il loro ojfo picciolo. De i Chebuli quelli fono i migliori, che fono piu grofii, di coloro che nel nero e. C q roffcggia, di tal forte graui, che mef i nell'acqua,prefio uadano al fóndo, <y che hanno la corteccia groffa. Ottimi fono gli Indi, che fono neri, che rompendoli fono di dentro [aldi, c r ben denfi, grofii, graui ,c r fenza offa .Im i* glìori Emblicifon quelli, chefi ci portano in pezzi piu gròfi,denfi, graui,cr che hanno piu polpa,cr manco noe* ' F/ 3 d o lo ,


5>i 8

Mirobalani , & loto facili­ tà.

.

Criiobalano.

Been roffo, & bianco.

Npmi.

. Diicorfìdel jMatthioli

d u olo. Eleggeniofi i ’Editrici grafi, denfi,graul, er che babbiano gr offa corteccia. I Citrini, olì Indi, i Chcbulì, & i Venirle: fono frigidi nel primo grado, 0 /cechi nel fecondo : magli Emblui fono in tmenduefoltamente nelpri ino. idmoucfi quel nocumento loro oppilatiuo, mejcolandcli con cofe diuretiche, infondendoli netfiero, 0 accani* fugnandoli confucco di funtotene, con ajjeuzo, con agarico, con rbabarbaro, 0 con ¡fig o . Pregalifi con olio di mandorle, onero difejamo,accioche diventando untuojì, non s urtacchino allo stomaco. Al che fi ripara parimeli* te dandogli con la cafita, con la manna, 0 con i tamarindi. Dafiila loro tnfufione, quandofi cerca folamente di fclucre : 0 la polvere, quando fi mole riftagnare. Il che fanno tanto piu Uéon famente, quanto piu fono iitaci* nati fornii. I Chebuh conditi Joluono manco, er piu confortano le membra nutritine :ma t crudifanno tutto il con. trarlo. L'ufo de i Mirohalani ( direna Mefite }fa ringiouenire, crfa buon colore, er buono odore di tutto il corpo -.generano allegrezza confortano lo stomaco, il fégato, er parimente il cuore : conferirono aWbemorroi* 1 9 di,¿r aù'acuità della tholera. Nel che fono ucramente affai piu de gli altri ualorofi i Citrini iperaochc lafoluono, er confirifcono d tutti coloro, che hanno le complefiioni calide. fregati [opra una pietra con acqua (Cagretto ,o con acqua rofada, ouero confucco di finocchio, mondifìcano gli occhi, ui jferigono le infiammagioni , 0 ui diffec* cano le lagrime. Triti in poluere con mastice, diffeccano, 0 confolidano l'ulcere. IC hebuli Joluono la flemma; chiarificano lo intelletto, 0 la uifta, 0 propriamente quelli, che fon conditi : mondifìcano, er confortano lo ito* maco, 0 uagltono nell'liidroplfie, 0 nelle fèbbri antiche. G hindi, t quali chiamano anebora N erifioluono lame• lancholia, 0 la eliderà adujla : confirifcono a i tremori&fanno buon color: ,fon buoni alla lepra, rimuòuono la tristezza, 0 fanano le fèbbri quartane. Gli Embhci foluono laflemma, 0 lono di quelle cofe, che confortano molto il ceruello : aumentano lo intelletto, confortano il cuore, mondifìcano lofiomaco dadaflemma,0 1 altrepu trefattieni, lo confortano, & lo preparano : Jpengono lafete >prolificano il uomito, 0 generano appetito. Il *9 chefanno parimente i Belhrici. Scnffe tra i moderni Greci de i Mirobalani Attuario, togliendone ( come ejfo con. fiffa ) tuttal'bifloria da gli Arabi : pcrcioche prima di lui ninno degli antichi Greci ne jeriffel'hifioria. Ma nanfa però ip imaginarmi per qual ragione fcriueffe egli de Mirobalani trai medicamenti, chefanno uomitare : effendo eglino di quelle medicine, che ualorojamente riftagnano i nomiti. Oltre a ciò nonfi può per certofapere a quelli noftri tempi, che medicamento fia quello, chiamato dagli antichi Greci Crfiobalano : a cui affegnano uirtu di digen rire , 0 di fortificare ,fimi!eatla ¡fica Indiana : 0 lodatilo per i dolori colici, per gli ardori dello Sìomaco, 0 per. tl filigli to z z o , come tefhfica Galeno d'authorità d'Afclepiade ncll’ v 1 1 1 . 0 i x . libro delle compofitioni de i medi camenti fecondo i luoghi.Et fe benefiritruouano alcuni moderni,che uogliono, che i chrifobalanifiano le Noci ma /cade ; io però non poffo accostarmi alla loro opinione, per uedere nelle noci mofeade colore bianchiccio, 0 non aureo, 0 fapore al gitilo acuto, 0 che niffuno de gli antichi Greci fèce di loro memoria. Piu oltre non ritruouo, 5°, che del Chnfobalanofcriueffe Galeno nel libro dellef'acuità defemphei. U chefa maniftfio argomento,che egli non lo conofcefjè. Ma hauendomi la Ghianda unguentaria %chiamata dagli Arabi Ben, ridotto horaà memoria il p F. e n roffo, 0 parimente il bianco,che nelle medicine cordiali fono hoggi fiequentati nelleffetiarie,non ritro* uanìone io mcntione alcuna appreffo Diofcoride ,neà qual fiuogha altro de gli antichi Greci, non ho uoluto man* car di non dirne qualche cofa in beneficio del mondo. Et però dico, che niuna di quelle radici, che fono in ufo tanto per lo Beai bianco, quanto per lo roffo ,fono le uere. Imperoche Serapione dice, che produce il Been le radici fi* 1itili a quelle della pastinaca minore, torte, odorate, 0 uifeofe nel mafhcarle, 0 che fi portano ti Armenia. Ani* cerna poi, ferine, che i Been fono pezzi di radici legnofe, v iz z e , crejfe, 0 contrattate nel feccarfl. Ma nelle no* ftre, le quali fi ricolgono in Italia, 0 non in Armenia, non fi fente alcun grato odore, non nifi ritroua uficofiù, 0 non ui fi conofee conferenza alcuna con le radici della pajlìnacafaluatica : à cui fono tantoflinili, che diffe Ha* 49 liabbate ejfer quelle medefinte. Et però non mi pare, che con ragione alcuna fi poffa dimofirare, che quefte radici >\ ihcsufano ,fienoi Been neri, di cui intendono gli Arabici. quantunque anebora tra loro fia nonpoca differenza nel dcfcriuergli. Il noSlro bianco nafee per tutto alla campagna,0 mafiimamente ne i prati : 0 del roffo fe nc tra* va copia infinita non lungi da Vhcgia inf u i Lido maggiore. Il quale credo piu preflo io , che fia il Limonio, oue* rumentefua ffetie, come di fopra nel fuo proprio difcorfofu detto. Nicolao Mirepfico, 0 parimente Attuario chiamano il Been, Hermodatttlo : ma nonfo però per qual ragione,auciiga che fia mamfèfiamente altra Jfette di ra* diced'Hmnodattilo di Paulo, 0 degli Arabi. Chiamano i Greci la Ghianda unguentaria, 15¿ m w ^'P‘ 4 '*« : * Latini, Giani unguentaria. gli Arabi, tìabben, 0 Ben ; li Spagnoli, Audlana de la India, Tartago, 0 Muta.

DelNarciflb.

C a p .

C

L X

11.

C h i a m a n o alcuni il Narciflb>Iirio,coine fanno anchora il giglio.produce le frondi fimili al porrojfottili.molco minori,& piu ftrecte : il fu Ito è concauo, Hi fenza frondi, il quale crelce piu d li­ na fpanna : fa il fiore bianco, & di dentro giallo, come che in alcuni lì ritroui porporeo : la fua radi­ ce e cipollina,ritonda, & bianca di dentro: il lem.cèquafi come ferrato in una cartilagine, nero , & lqngo.Il ualorofifsimo nafeene monti,& fpira di foaue odore:tutti gli altri hanno odore d’hcrba ,& di porro. La radice cotta tanto mangiata, quanto bcuuta,fa uomitare : gioua alle cotture del fuoco: applicai sui peita con un poco di mele.mcifa in fu i nerui tagliati, gli confolida. Gioua impialtrata parimente con mele,alle dislogagioni delle cauicchic de piedi,& ài dolori uccelli delle giunrure.Spc gne con aceto,& feme d’ortica le macole della faccia, & le uitiligini : & purga con o ro b o , & mele la oH marcia d d l’ulcere : rompe le pofteme,che malageuolmente fi maturano.Impiaftrata con farina di lo elio , & mele, tira fuori ciafcuna cofa,che fia fitta nel c o rp o .

Il

narcisso


Nel quarto lib. diDioicoride. N ARCISSO.

6 r9

I r N A r C t s s o (Uccia Thcophr'ttio al v 1. cap. del NarcùTo , & v 1. libro ddihift orii delle punte) fa apprejjo a ter ra lepondi |lJJh'Iloru. fintili à quelle deliampbo.it Ilo, ma molto piu larghe, /¡miti à quelle dei gigli.Produce ilfufio ueriefenza alcunefrondiiche produce ilfio fiore nellefommità,ct ilfeme rmchiufo in una pel licola, come un uafetto affai largo,nero di colore,y lunghct* to difirma ■ ilqualc captando,rinafee perfe tiejfo , come che lo feminiiio anchoracoloro,cbeloricolgono: y plautini0 pari* mente di radice,la quale ha egli, ritonda,ampia,y carnoja.Cre fee tardamente : y però nonfiorifee, fe non dapoi A xturo nel ieqmnottìfideliautunno. P linioalxix.cap. del x x r. libro fice il Naxcijfo di duejpetie, cojì dicendo. I medici hanno nel * l’ufo loro duejpetie di Narcijfo : de quali l’unofa il fiore por* porco , y l ’altro lofa iterde. Q uejlo f neramente nimico dello Jlomaco : y però-fa ¡torniture,gratta la tefla, nuoce a i ncrui, y folue il.corpo. Per la quale dottrinaji uede deuiare in amen due da quello,cheferine Diofcoride : pere¡oche dice egli, chel ftio fa il fiore bianco,con alquanto digiallo nel mczo.et Plinto all'uno diede il fiore porporco, y all’altro uerde. quantunque nel medefimo libro trattando del Narcijfo trai gigli diceffe,coh cordandoli meglio con Diofcoride, che l’uno producejje il fior porporco, y l ’altro bianco,y giallo. Ma neramente non mi fi io di quello marauiglia : percioche anchorio ho ueduti i N<tr» cif i di diuerfe jpetie, y con fiori di diuerfi colori. Scrijfene Narciffofcrit toda Gal. Galeno all’v 111. dellefacultà defemplici,cofi dicendo. La radi ce del Narcijfo è neramente cofi diffìccatiua,ch'ella falda l'ulce re grandi,y parimente leperite profondefino a i itemi maeftrì. Ha oltre à ciò deliafierfluo7y dell'attrattiuo.Chiamano 1 Gre ci il Narcijfo,Napuiam :t Latini,Narcijfus :gli Arabi, Nart­ eci, y Nargies : i Tedefcbit Vthtblumcn, tìornungsblumcn, V Zeitlofen. ,

D ell’Hippophae.

Cap.

CLXIII.

L o h i p p o p h a e , con ilqualc i maeflri, che purgano i panni, polifcono le vcftimenta,nafee jnluoghi fabbionicci,& nelle maremme. E piantafarmentofa,folta,& larga : le cui fronrii fono lun­ ghe piu di quelle de gli oliui,& parimente piu tenereura le quali efeono biancheggianti fpinc,fece hi} angolofe,& dittanti Tuna dall’altra una certa quantità di fpatio : produce i fuoi fiori in racemi fintili à 4 ° i corimbi dell'hedera,quantunque minori,teneri,bianchi, & in parte rofleggianti. La radice è tutta pregna di Iatte,grofla, tenera,& amara al gufto: della quale fi cauail fucco.come della thaplianl quale coli per fe tteifo.ouero impattato con farina d'orobi,fi fecca,& fi ripone per l'ufo della medicina. U puro tolto al pefo dW o b o lo .fo lu c la flemma,la cholera >& gli humori acquofi : ma di quello, che «’impatta con farina d’orobi.fe ne danno quattro oboli con acqua melata. Seccatili l hcrba, Se la radi c(£]& tritanfi in poIuere,& dannofi con meza hemina d’acqua melata. Caualì il fucco dalla radice, & dall’herba,conte dalla thapfia,di cui la quantità,che fi dà per purgare,c una dramma.

DeH’Hippophefto. io

Cap.

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,

) . •- : j

CLXIIIL

Q v F. u o Hippophcfto,che chiamano alcun i hippophae,nafee ne i luoghi medefimi, oue nafee l’bippophae,& è parimcntelanchora egli fpcticdifpina da polire le ueftifncnta. E herba,che uaferpen do per terra,fenza furto,& fenza fiore.halcfrondi picciolc,R: fpinofe,& i capitelli uani : le fuc radici fon tenere,& grotte. Ri coglici! il fucco,peftando infieiiiemente le frondai capitelli,& le radicirii fjua le pofeia fi fpreme, & fi fecca. Dafsi quello,oue fia di bifogno.con acqua melata al pefo di trc oboli» per ioluere la flemma,& gli humori acquolì : laqualc purgatone fi conuienc particolarmente al mal caduto,à i difetti de i ncrui,& à gli aiutatici. Q j

a n t v n q v e

p iu u o lte io h d b b ia r ic e r c a to l'h U p p c p h a e ,y T H ip p o p h e tio n elle maremme con non p o

ca d ilig e n z a ; non p e r ò f i n h o ra u e g l i h o p o tu to r i fr o lla r e .

M .G ir o la m e

Ve r o

¿ c h e p iu u o lte m’ ha d e tto l'eccellen ti f i m o m ed ico

A m a lth c o da O d e r z o ,b a u p r e g ià r ic c u u to in d ono in V e n c tia una p ia n ta

da M .

G iouan B a tti)! a

da

P a u ia m e d ic o c e le b e r r im o de te m p i r .c jlri: la q u a le n on fo la m en te c o n o g n i fu a fe m b ia n z a dim ofiraua d’ effere Ì H i p pophae

; ma a n ch o ra c o n lef a t u i t à , haucnd.ola e g li

Jperim en ta ta c o n m ir a b ile fu c cc ffo in un C o n te d cll’tllu tirù c afa

di

Hippophae, & fua edam.


6 20

Difcorii del Matthioli

di Colalto. Ondefi può aneborafoerare,cbe fi poffa egli ò di me,ò di altri rintracciare. Di' queste pianti non ri* trono chefaccia memoria Galeno nc i libri delle[acuità de i[empiici. Ma ben dcU’ Hippophaefcrijfe Fattolo nel[no v i i . libro : cr detl'Hippopkeflofcriffe Plinio al x . capo del x x v i i . libro. Chiamano i Greci l’Hippophae, V ™ ? * ì( -.&■ l'tiippopbeJìo,VwTi>tcuror ; i Latini, l’ Hippophae, Hfopophucf, cr l'HippopheJlo, Hippopht* ftm .

D el Ricino.

Cap.

CLXV.

I l r i c i n o , oueram enteC roto.iìprefe il n o ­ m e per cflere limile al ricino animale.E una pianta, che 10 crefce all’altezza d’un picciolo albero di fico : le cui frò di fono Amili à quelle del platano,ma maggiori, piu lifcie,& piu nere. Producei furti,& parimente i rami di dentro concaui,corne fono le canne: il feme in grappo li à modo d’uuc,ma afpri: il quale,quando fi fpoglia dal la fcorza,c limile aquello animale, che chiamano rici no.Cauafene fuor l’olio,che chiamano cicino. Quefto ne i cibi è fordido.come che fia per le lucerne,& per gli impiaftri utile.Beuute trenta granella del fuo feme mó d o ,& ben p cfto , purgano per di fotto la cholera, & gli 1« humori acquofi,fanno uomitare. ma è ueramente pur­ gaton e faltidiofa,& molefta.-perciochefouertifce gradementc Io ftomaco . Il feme pefto, & applicato, fpegne le macole della faccia,& i q u o li. Le frondi trite in fieme con polenta mitigano le infiammagioni de gli oc chi,& parimente i tumon.-rifoluono i tumori delle ma melle,che fi caufimo dopo il parto.Impiartrate con ace to,!pcngono il fuoco facro. R icin o , & lúa cium.

C h i a m a r o n o i Latini Ricino quella pianta, che i J ° Greci chiamano Cici: percioche del tutto fi rajfembra al rici* no nomaebofo, c r fordido animale, Huido, cr pieno di nero [angue,che noi chiamiamo zecca ,ilquale ueggiamo foeffo ai• doffo à cani,a cauaHi,à buoi,à capre, cr altre diuerfe beitie. 1« « Tofrana ft chiamala fuapianta da chi Gira[ole,da chi Eagiuo* lo Romano , c r da chi Eagiuolo Tur chefco, cr in Lombardia Mirafole : quantunque il nero Mirafole fìa l'He/iotropio, del quale diremo nella fine di queño uolume. N ellefoetiarie jì chiama il Juo feme cherua maggiore,cr da Mcfue Gra « nello di R e. Seminafi copiofìfiimo in Egitto : imperoche[anno del[uo feme ( comeferine Plinio ) olio, per brufeii Solue 4® C h em a fcrit renelle lucerne. Correggefi lafua malitia con le mciejlmc cofc, che, fi correggela ghianda unguentaria. ta da Mel'ue. ( diceua Mefue ) per uomito,cr per difotto gagliardamente, cr con[añidió la flemma,cr qualche uolta la cholera, c r parimente le materie, che corrono aftegiunture, cr'C acqua citrina. Ilfemefuo ft cucce trito ncftt decozione del gallo uecchio, pernoche confrrifcc d i dolori colici, delle giunture, delle gotte, c r dellefciatiche. Cuocefian* chora nel fiero,onero che fig li monge fopra latte di capra, cr cofìfi dà utilmente à gli hidropici. Scrijfenc Galeno R icin o fcrital v i i . delle[acuità de[empiici, cofl dicendo. 11feme del Ricino,cofi come egli purga, c r parimente mondila,cr to da Gal* digerifee. Il chefanno ftmilmente le frondi ; ma nonfono cofì ualorofe. L'olio, che f i forcine del fem e , c piu caldo, er piufoitile del communi : cr però rifolue piu ualorofamcnte. Chiamano i Greci il Ricino, K«/, cr kp»tw : i NomiLatini,Ricinus : gli Arabi,Cherua : i Tedefchi,Vunderbaum, c r Creutzbaum : li Spagnoli,Eigueira de Ihinfirno: i trancef i , Panime dieu.

D eiTithim ali.

Cap.

CLXVI.

I t i t h i m a l i fono di fette fpetie,dei quali il mafehio ha nome characia,chiamato però an chora da alcuni amigdaloidc: la femina chiamano mirtite, & altrimenti cariite,& mirfinitcì il terzo ha nome parai io , ¡¡quale chiamano anchora tichimalidc: l’altro hcliofcopio : il quinto ciparifsio:il fcfto dendroidc:& il fettimo platiphillo.I furti di quello,che fi chiama Characia,crefcono ali’alce/.za di piu d’un gombito,rotei, pieni di latteo liquore,& acutodc cui frondi fono attorno à i rami,limili à quelle de gli oliui,ma piu (frette, &r piu lunghe. E la fila radice grolla,& Jegnofa:& nella fommità de i furti e una chioma limile i quella degiuncni,fotto alla quale fono alcuni incanì fimili duali de bagni, ne i quali fi contiene il feme. Nafce ne i monti, & nei luoghi afpri. Il fucco di quefto purga il corpo: 6o to lto al pefo di due oboli con aceto inacquato,folue la cholera, M a flemma.-beuuto con acqua me­ lata,fa uomitarc.Cogliefcne il liquore al tempo delle uindemie in quefto modo. T olgon li infieme i rami»


Nel quarto lilx di Diofcoride.

621

T IT H I M A L O C H A R A C I A . '

T IT H IM A L O M IR S IN IT E ì

P A R A L IO .

E L IO S C O P IO .

!


6 22 t i t h i m a l o

Difcoriì del Matthioli c i p a r i s s i q

.

t i t h i m a l o

DENDROIDE.

rami,& tagliali,& lafciafi piegandoli fcolarc il latte da efsi in un uafo, Alcuni impalano con etto la fa rina de gfi orobi,& ne fanno pattclli alla grandezza d’u n o b ro b o . Altri fanno diffidare ne i fichi lec­ chi il fuo latte, mettendone per ogni fico tre,ouer quattro gocciole,&r rifcrbanli poicia per ufare ne i bifogni. Riponfi anchora elfo folo »prima petto nel m ortaio, & pofcia formato in paftélii. Ma è da faperc, che quando fi ricoglie il fuo latte,non bifogna ilare contra al ucnto,ne toccarli gli occhi con le mani. O ltre à ciò auanti che fi ricolga, è ncceflario ungerfi con graffo, ouero con olio mcfchiato con uino, la facciaci collo, & le borie de i tefticoli. Inalprifce le fauci, & il gorgozzule : il perche è ncccttario ricoprirlo con cera,ouero con mele cotto^quando fi vuole dare in pilole per bocca.è affai il torre per una purgationc duc.ouer tre fichi. 11 latte frefco unto inficme con olio al fole in fu i capei 4° li gli caua fuori, facendoli rinafcere rofsi,'& fattili ; ma finalmente gli fa cader tu tti. Metto nella concauiri de i denti,ne caua il dolore : ma bifogna benittimo premunire i denti con cera,acciochcufcen done fuori, non ulceratte la lingua, & le fauci «Sana unto le uolatiche,& le formiche, & leuauiale uerruche, i porri, Se i tb im i. Vale à i pterigij delle dita, & à i ca to n celli, all’ulcere corrottile,alle can crene, Stalle fittole. Il feme fi ricoglie l’autunno, & feccafi al fole, &r poi fi pctta,& riponfi in luogo netto.Serbanfi lefrondi medefimamentefecche. Le frondi, & fimilmenteilfeme,beuuti al pefodt mezo acetabolo,fanno il medefimo effetto, che fa illatte. Condifconlealcuni perferbarle in lungo, conlatte.cafcio grattato , & lepido. La radice beuutaal pefo d’ima dramma in acqua melata, purga per difotto. lauafi la bocca utilmente con la decottione fila fatta in aceto, quando dogliono i denti. La fcmina,la quale chiamano M irfinitc, ouero Carijte , ¿lim ile di natura alla laureola : ha frondi di 1° mirto, ma maggiori, ferm e, Se nella cima appuntate »& pungenti ; ha i rami dalla radice in fu alti una fpanna .‘ produce il fuo frutto limile alle noci ogni due annidi quale è al gutto mordace, natte in luo­ ghi afpri. 11 fuccQ, la radice, il feme, & le frondi,fono nelle uirtù loro fonili a] predetto : eccetto che quello è men ualorofo per far uomitare. L'altra fpetic, che fi chiama Paraho, il quale è chiamato da alcuni altri tithimalide, ouero papauero, nafee nelle maremme, con rami rofsigni, alti una fpanna,& fono cinque,ouer fei.che infiememente efeono da una radice : ne i quali fono le frondi limili à quelle del lino, tt rette, picciole, S: lunghe, produce nella cima un capitello ritondo,nel quale è dentro il feme limile all’oroboifa il fior bianco. La piata tutta infieme con la radice è piena di latte. Serbafi per lo medefimo ufo, che ¡predetti. Q u ello, che fi chiama Heliofcopio, ha le frondi fienili alla portula­ ca , ma piu fiottili, S: piu tonde. efeono dalla fua radice, hor quattro, hor cinque rami, ròfleggianti, 60 all’altezza duna fpanna, fiottili, & pieni di copiofo latte: ha la tetta limile airanetho,nellaqualc-èil fe­ me rinchiufo,comcin alcuni capitelli.Chiamafi heliofcopio,per girare egli la fua chioma infieme co’l Sole


Nel quartolib.diDioicoride.

62 j

Sole» nafce intorno alle caftella, & mafsime nelle ruine tra calcinacci.Coglicfenc il Cucco,e’I feme co me de gli altri,& ha le uirtù medelime.come che non coli ualorofe. Q uello, clic chiamano C ip a rit' fio,produce il fufto alto vnafpanna , & qualche uolta maggiore, rinsigne : dal quale cleono lefron* di limili à quelle del pino, ma piu tenere, & piu Cottili : «{famigliali proprio al pino,che naCca di nuo uoyda cui s’ha preCo il nome, c abondante di molto latte. Ha le uirtù medeiìme de gli antedetti. E ol tre à quelli quello, che fi chiama Dendroide,che nafce tra fafsi. Ha quello la cima larga, Se frondofa, con la quale ampiamente fa ombra : è pieno di latte, fono i Cuoi tulli rofleggianti,& le frondi limili à quelledelmirto Cottile : il frutto fuo è Cimile à quello della characia - Serbali nel modo mede!ìmo,& ha le medefime forte de gli altri. Il Platiphillo è limile al verbafeo. di cui la radiceli latte, & le fron Spurgano per difetto gli humori acquofi. Q u ello pellandofi,& mettendofi nell’acqua, ammazza il pefee. Il che fanno parimente tutte l’altre fpetie predette. C h i a m a n o gh fyetUli communemente ogni Tithhnilo Efuta, di cui fono uermente l’hiUcrìc apprefo a Tithinuli^ l o r o e lfa n a .

gli Arabi affai confufe A lch e hafatte dubitare 4 molti,quali fieno appreffo di loro quelli,che con bellifomo ordine ' deferìffe qitt Diofcoride. Al che conflderando io, pormi di dire,che malageuol cofafia Ufapere determinare quali fie no i due Tithimali di Mefite,i quali egli chiama Alfebram,cr quali quellidtA latam i perciocbe non recitarono del Opinione la forma della pianta cofa alcuna. Credefi ilBrafauola,che l’ Alfebram minore di Mefue,cr lo Scebram ff Auicen d e l B r a C a t i o . nafieno una cofa medefìma con il Tithimalo chiamato Paralio da Diofcoride.il che neramente à me non pìacciper- l a d a n n a t a . ciocheprimamentc non ritrouoio,che Mefite,ne manco Auicenna dtceffe,che iAlfebram minore nafeeffe nelle ma» 10 remine, ne che produceffe ifuitiroftigni, con (rondi limili à queQedel lino,nc che produceffe capitello alcuno,oue M e dentro alcunfeme fimileall'orobo ; mafolo diffe Mefuc, che i Alfebram minore era una pianta latticiniofa.cr che produceualc radici fot tilt,delle quali quelle erano le migliori, che alquanto roffèggiauano. cr Auicenna dice* ua : Lo Scebram nafce negli borii confuso fiottile,cr pclofo, le cui frondi (fecondo il creder mio)[ono fimili al tarcon. Per te quali deferittioni nonfi può in alcun modo direbbe fta quella pianta latticiniofa il Paralto di Dlofio* ride. Olirà diquefto,non m accollo punto aUafeconda opinione del Brafauola,nel dire egli, che Ì Alfebram maggioredi Mefite,crii Mczehercgi d‘ Auicennafieno una cofamedefìma con ilTithimalo,chiamato Platiphillo da Dio fiorite : perciocbe non ritrouo, che alcuno di loro diceffe, che haueffero le loro frondi fimili al uerbafeo, ne che ammazzafferoil pefee: mabene lo fece Auicenna fimìle a b Scebram. Ma quando pur fopra ciò douefo deter• minar io , crederei piu prefto, ebehaueffero colloro intefo per lo minore Tithimalo, chiamato dall’uno Alfebram, jo. cr dall’altro Scebram, quella frette piu per tutto communi, la quale chiamiamo noi Efida minore, come cofa che nafce ( come dice Auicenna ) «e gli b o n i,c r per tutto. Et quella i uermente quella, che chiama Diofcoriie Tithimalo cìparifito : perciocbe del tutto fi raffembra all'albero del pino,che nafce di rnouo. Et parimente crederei, che per lo maggiore Alfebrm Mczehercgi s’intendeffe della pitiufa: perciocbe quella dal ertfeere in maggior grandezza infuori, i fìmile al tithimalo ciparifoo.cr però da alcuni connumerata tra lefuefrette. La onde diceL bene Auicenna, che’t Mezeheregi erafìmile aUapianta debfcebram , ma maggiore, cr cinericio di coloretcr Mefite dicaia, che le fue radici erano t onde, groffe, ueftite di groffa corteccia, denfa, cr ponierofa, come diffe Diofcoride delia Pitiufa. la quale chiama propriamente Serapione Sebram,à 37 1 . capitolo, dotte di parolain parola rifirìfee tutto quetto,cbe della Pitiufa fcriffe Diofcoride : quantunque prima n’haueffeegliferino tra le fre tie de i Tithimali. U che dimoftra, che per lofeebram maggiore fifecondo l’opinione noftra, intendano Mefite, c r 4° Auicenna della Pitiufatcr per lo minore del Tithimalo ciparifoo, à cuifiuede effere tanto fìmile, che alcuni fi pen• Tithimali co farono, che M ero una fretie medefìma. Ma ricapitolando tutte le fretie di quelli Tithimali, dico, che dopo nofeiuti.:,.. Chauer’io cercato lungamente quello,che chiamano Characia, Ubopur poi ritrouato, cr ueduto per mezo del da• rifomo medico,cr effercitatifomo femplicifla M. Luca Ghini: il quale,per quanto dim oia qui il fuo ritratto , legittimamente gli corrifronde, li Mirfìmte,il qual prima non haueua ueduto,ho anchora di rutouo ritrottato,con fòglie che ueHono il Fufto per tutto affini orno, graffe, acute, cr fimili à quette del mirto. Il Paralto poi, il qual nafce follmente nelle maremme, il qualpenfa il Brafauola,che fìa quello del communi ufo, nafce neUenoftre ma* remine di Siena intorno al monte Argentato, cr in altri luoghi circonuicint-CT dap.ot che anchor quello mifu man dato dall’ eccedentiforno Ghini,bob pofeia anch’io ritrouato in piu luoghi appreffo Aqutleta. A b frondi di que* Ha non i molto diftimile un'altra pianta, che nafte pur nelle maremme con groffa radice, chiamata da notHcrba 5® mor j . QueUa 4 noi è in ufo per ammazzare il pefee : imperoche peftaniofl lefue radici , & mettendoli n e b fiu­ mareferrate in unfacco, u’ammazZ4no in breue tempo il pefee. Ma quellafecondo il mio parere non ha latte ue* rimo, cr però non bifogna connumerarla tra le fretie de i Tithimali : quantunque già me ne credefii il contrario . perhaucr ella le fòglie di lino, cr ifuBi rojfigni. L'tieliofcopio poi,cofl chiamato per aggirarf i attorno mfiem col Sole,è notiftimo 4 tutti,per nafeer egli quaft communemente in ogni luogo appreffo a b mura deb citta, cr dei le cafteUa,ne i ampi, negli horti, cr n eico tU .il Ciparifoo (comefu detto difopra) per miogtuduto non coltro, che ÌEfula minore del commme ufo A l Dendroide, ciò c arboreo, uidi la prima uolta nel regno di Napoli poco fuori di Terracini, nato tra fafo d'una antiquiforni frilonca in fu la publicafirada, che conduce a Napoli , doue cauilando li dmo&m à M,Girolamo Rorario canonico di Pordanone, cr offeccellente medico M. Girala* mo Drogo da Parma , i quali tutti infieme meco feguitauano la corte della felice memoria di Bernardo Cle* 69 fio amplifico cardinale, cr-Vefeouo di Trento, il quale andana per abboccarflin Napoli conia Matta Ce­ Tithimali sarea di Carlo Quinto. Ala b o b ancora dipoi ritrouato non molto lontanodalTmauo c0Jtd ferirti daThe ebe tiralungo il mare, tra Vui.no jCrProfecco. Tbeopkrafto a lx 1 1 .capo del ì x . libro dell betona delle opluafto.


624

Tithim ali,& loro faculta.

Tithimali fcritci da G ? leso.

Komlt

Difcoril del Matchioli

piante firiffe fidamente di trefe d e , con quefte parole. 11 Tìthimalo, il quale chiamano grano mariti mo, produce le fòghe tonde,il fuflo in tutto alto una{panna,cr il ferne bianco, Ricogliefi nel tempo, che Cuua comincia à dìuentar nera: er daßt del[nofrutto[ecco, cr trito à bere la terza parte d’uno acetabolo. Quello che chiamano ma* fchio .produce (rondi d’oliuo, cr crefce all'altezza d'ungombito. Spremefene il latte nel principio della uindemia CT daßi preparato per purgare difotto. L'altro,che chiamano Mirtariofi bianco,con figlie di mirto, ma appuntate in cima: er uaffene con i fiarmenti per terra,della lunghezza, d’un palmo,i quali no efeono tutti infierne in un tempo, ma cTanno in anno, ciò è alcuni quefl’anno.cr alcuni l’altro,quantunque tutti habbiano origine da una medeflma ra• dice. Nafee ne i monti, il fuo frutto fi chiama noce, cogliefi quando l'orzo è maturo. Daßi /ecco, er purgato infu• fo con due parti di papauero nero, alla terza parte d’un’acetabolo, e r cofi purga per di [otto laflemma. Ma uolen» dofì dare la noce, bifogna darla con uino dolce, ò arroflita con f i fimo abbruflolato, Tutto quefto dijfe Theopbra* 19 ¿lo. N uocano i Titbimali(diieua Mefue) al cuore, difegato,er aÜo ¿lomaco, cr rompono leuene, er {cordano le budella, er lafeiano dopo[e una certa calidita ecceßiua, er non naturale, la qualeffejfo genera poi le fibbri. lt primo nocumentofi corregge, mefcolandolo con le medicine cordiali,Homacali, er chegwuano al fegato. Ufecon* do, e l terzo nocumentofi leua mettendogli appreffo medicine conglutinatine, come e la gomma della tpagacantha la gomma Arabica, il bicJUo, la muciliaginedel pflfiio, e'l ficco della portulaca. Togliefigli il quarto nocumcn* to, dandolo con cofefrigide,er humide, cip è infittendolo inficco di cicerbita, ouero di endiuia, ò dì portulaca ò difolatro, ò deliacetofatto per arte mucillaginofo con il ferne delle mele cotogne. Solué quello,che è in commune ufo,ualorofamente lafle m m a acqua citrina,gli bumori malinconici, cr le materie, chefendono alle giunture. E medicinagrande per l'hidropifla: nientedimeno diffecca il corpo, nuoce al fégato, c r diffecca la ferm a . c r pe* ròfi chiama Medicina ruflicorum. Scriffe deiTithimali Galeno aU’ v i 11 .dellefaculta de i(empiici, ci fi dicendo. J° Tutti i Tithimalifono abondantemente acuti, calidi, c r amari. La parte loro piu potente è il liquore,il frutto, cr le fiondi hanno il fecondo luogo. Partecipa di taifaculta anchova la radice, ma non ugualmente, Qucfla cotta nel• ¿aceto ,finaildolore de i denti, cr mfirne quandofono guafti. Et perciò flmette il loro Ut te,come piu ualorofo, nelle concauità loro : ma come cafa fopra i qualche altra parte del corpo, ulcera ageuolmente det/e tocca. Il per* chefi mette attorno a i denti della cera, accioche nonfe nc poffa ufeirfuori, liehe arguife effere egli di quede co* f e , chefono cdlide nel quarto grado. Vnto ,fa cadere i peli ; ma effendo egli troppo acuto, fi mefihia con olio. 1/ chefacendoflfpeffo, di talforte diffecca , c r bruf i a le radici loro, che poi piu non rinafono. Hanno ¿Tithimali fòrza difar cadere quelle uerruche,che chiamano acrochordone, le fòrmiche, i pterigi dede dita, l'unghiede degli occhi , er i tbimi, er ßmilmcnte diflegnere le uolatiche, cr la rogna tpercioche per l'amaritudine, che contengo• no in loro, hanno uirtit neramente anchova aflerflua,cr mpndificatiua. Oltre a ciò f no conueneuoliaU’ulcere 5° eorroflue, adaanthwi, c r alle cancrene ; pernoche diffeceano, c r if caldano ualorofimente ; ufindoflperà al tem PITI A P° fio , cr moderatamente. Leuar.o anchora i cadi dedeflfiolc. Tanno quefle cofe predette generalmente tutti, come che le fi* g lie , c r il frutto operino con manco efficacia. Vfiwfii Titki* mali per pigliare il p efe : impcroche meffo nell’acquagli im* balordifce: laonde effendo mezi morti, fi Inficiano portarci, galla fopra l’dcqua. Sonoi Tithimali di fitte f e t t e , il primo chiamato Charada piu ualorofo di tutti gli altri, è da alcuni chiamai0 mafchio :la frmina Mirfinite : quello, che crefce in al bevo in fu le pietre : quedo, che è fintile al uerbafeo ; il Ciperif» 4° flc : il Paralio, ouero marino : cr l'Heliofccpio. Chiamano , » G veci il Titím alo ,T i 9vi*ttAof : ¡Latini, Tithymahis : gli Arabi, "Käufer, crEthuha : i Tedefchi.Vuoiffs milch : li Spi* gnoli.Lcchr trefna,cr Leche tregua; i France/hHerbe à laich.

DellaPitiufa.

Cap. C L X V I I .

L a p i t i v s a , quantunque la cqmemorinoal! cuni n aie fpctie de i tithimali,è nondimeno differente daltithimalo ciparifsio.Producequcihilfufìopiual- 1° to d’un góbito,nodofo,confródidipezzo,appuntate, & fottili : fa il fior picciolo,quafi come porporeo. il fe* me è largo,fimile alle lenticchie.la radice è groffa,bian ca,& piena di fucco. Ritrouafi in alcuni luoghi queda pianta molto grande.La radice data in acqua melata a! pefo di due dramme,folue il corpo perdifotto : del fe­ rne bada una dramma : del fucco fe ne dà un cucchiaro incorporato con farina, Se fattone pilole : delle frond» fe n e danno tre dramme. 6a

Pitiufjj&fua efiamin.

L

a

p i t

d e n te c a p ito lo

j v s a

)

( c o m e d iffu fam en te dicem m o

nel p r e c e

n o n e a lt r o , c h e qu ella p ia n ta chiam ata d a g li

flettili


Nel quarto lib .di Diofcoride. feriali EJula maggiore. le cui i adici,ne portano per il Turbiti>qitefli hcrboiatri,che vengono dui atonie Gargancr, onero difant’Agnolo, coinè parimentefumo con quelle della tbapjia. Et però diceua Ateuario,che'l Turbit b biait co era luxidi ce dell Alipia , c ¡nei o quella della pitiafu . Ne oilaà qucflotl dire Diofcoride, chela Pitiufu faccia U radice bianca : perciocbe intende egli di tutta la fuHanza ktqriore,cr non di quellafonile pellicola tfteriore, lu quale effondo rofigna , diuenta nera nel feccarf della radice .E t chefa il nero, che la ? itiufu fu l'Efula chiù« muta Alfebram,cr Scebram da M cfue,v da Auicema, lo dimofira mnifv&mente Serapione. I mpcroche tutto quello, che delia Pitiufa fcriffeDiofcoride, fcriffe egli di parola in parola dello Scebram. Uche famantfefto argo* pento,che erri il Brafuuola in pe>fuadcrjì,cbefia l'Àlftbram maggiore il tithimalo, che chiamano latifòglio, meft fo nell ultimo luogo da Diofcoride. Ritruouo oltre à ciò , che Nicoìao Mirepfico mette inalami antidoti,cr 10 pilolefolutiue l’ Efula cognominata chamepiti. Onde il 1:nehfio nelle «motationi fatteui fopra da lui molto dotta* JelOpinione v hfio mente,dice che non albo fi iene intendere per l’Efuk cognominata chamepiti,che ilueró Cbamcpitio, chiamato da reprobata. ° i Latini Aiuga,cr non uerundfpet'ie di tltbhiulo. AU’opinione del quale nonpojfo in modo alcuno accoltami. Iro» peroche ritrouandofi piu frette di tithinuii, che unmrftlmcntc Hanno nel corfo della medicina folto urne d’E* futa,nonpenfo che quitti intenda d'altra pianta Nicolao,che.deU’EJùla maggiore : la quale chiama Diofcoride dal* le figlie,che ha ella futili al pino oueramente al pezzo, Pitiufa. Et però reputo ,che .la chiamaffe Nicolao Efula chamepiti,per noture.la differenza tra quefacrla minore. ìmpcrcchela Pitiufaefimileàunpicciolpinot&.pc* rò nonfenza ragionefi può chiamare anchor ella fbam pitis. Ndfce lu Pitiufa m Italia per tutto fante affittami «ore, chiamata tithimalo Ciparifìo ; ma è molto, maggiore d ifillo , di rami, di fondi, d'ombrella, difané,cr di ra» dice. lndfttmluoghi,comeff inPugIid,creftecomeunoarbuftello.còpiaiitjinita fette u'ede nella campagna di 5 ° Verona. ma per effere luogo molto magro, cr molto arido, non crefce molto. Quella ( fecondo cheriferifce Me» fue ) c malignifima, criton edq ufarei imperochefuolfare grandifimo diftiacereneU’operare. Et però non cella in ufo altrimenti appreffo a i dotti, cr pariti medici, come ne anche il Turbah,che fifa della fua radice : quantùn* que non manchinoferia li, che attendendo piu al guadagno, che alla cottftienzdjo mettono in diuerft compofrioni ferii ueroTurbith : cr alcuni medicafri, che lo danno in poluère a i uHlani, amazzandone molto piu che non nc guarifcono ’. La Pitiufa tengono alcuni tra lefe tta de i dibàttali, per hauere ella il ficco come quelli, cr pari» mente perche purga,comefanno eglino, cr per hauere ella in ogni coft le uirtù medefime. Il che teftifica mani= Pitiufa fcritftflamcntc Galeno aU’v i u . libro dellefacuità deftmplici ,cojì dicendo ; Sono alcuni,che penfano che la'Priuifa 11 da Gal. per haueril fùccolatteo,ftxaiichor ellafe r ie di tithimalo, cr perche purga anchora nel modo medefmo, Et nera» menfela Pitiufa è loroflmile in ogni altrafatuità. Chiamano la Pitiufa i Greci,vnvowr*.', «Latini, Pityufa tgli Nomi. 3° Arabi, Scebram,crPthias. l a t h i r i

,

DelLathiri.

Cap. C L X V I I I .

A l c v n i pongono il Lathiri.il quale chiamano an cjiora tithimalo,tra le fpetie de i tithimali. Produce il furto alto un gom bito,&groflb un dito,& uacuo.nella cui fommità fono concauità d’ali » & fu per lo furto le frondi lunghe,& Ornili à quelle de i mandorli,ma piu lar ghe,& piu lifcieima quelle, che nafeono pelle cime d e i rami,fono minori, Ornili nella forma loro all’ariftolóchia,onero à qucirhedera,che fa le fròdi lunghette, prò duce il fuo frutto nella cima de i ramuicelli,diuifo in tre ricettacoli,tondo,come quello de i capparimcl quale fo no le granella diqifc tra loro da alcune trameraglic, ton de,maggiori de gli orobi.quefte quando fono monde, biancheggiano,& al guflo fono doki.La radice è fotti le,& di ninno uaÌore.E pianta tutta piena di latte,come il tithimalo.Sei,quer fette delle fue granella tolte in piloie, ouero mangiate con fichi,ouero con dattoli,pur­ gano il corpo:ma t>ifogna beergli dapoi dell’acqua frefca ; purgano la cholcra,& la flemma, & gli humori acquofi.ll latte fuo comporto,come quello del tithimìilo, fa il medefimo effetto.Cuoconfi le frondi con le galli­ ne, & con altre herbe per lo medefimo,

3 al

C h i a m a s i àitepinofriilLathirìCataputiaminorc.per Lltl)jri)& cioebe molti per la maggiore prédono'jl Ricino.E notifima pia fu, effamii ta,cr molto volgare <ttiltti gli horti d'Italia. Nafcenc affai in Tofana per le campagne. In Lombardia la chiamano dalTeffet» l o , ch’cUafa di foluere per uomito, cr per difotto, Cacapuz* K<t • Quefla dicono hauere le uirtù medefime, che'l ricino, e r però fi corregge con i medefmi antidoti, Fecene mentioncAt« Gg tuario


<326

Difcorfi del Matthioli

tiurio nelfuo compendio delle compofìtiom de i medicamenti, cofì dicendo, Il Lathiri purga hflemma ualorofa» mente, Danfi delle fue maggiori granellafino à quindici, cr delle minorifn o à «enti, quando fi uuol purgare afe fai :■ er però fifanno mafticare, er inghiottire. ma udendo purgare mediocremente>f i fanno inghiottire cofì inte* Lathiri icric- \ e , come che in qualfi voglia modo fieno contrarie aUo ftomacp. Scriffe del Lathiri Galeno al v i i . dellefacuità de i[empiici, c ofl dicendo. Sono alcuni, che mettono anchora il Lathiri tra le /petie de i tithimali, cr per hauere to da G al. ella il fuo liquore fimile a loro, er per purgare nel modo medefimo, er per efferglifunile in ogni[acuità [uà, ecx cetto che nel feme j il quale veramente è al gufto dolce, er hagrandifima fòrza di purgare. Chiamano ¡1 Lathi* N om i. ri i Greci , A«3V«j : i Latini, Lathiris :gli Arabi, Mondana, e r Mahendane : i TedeJchi , Spring kraut, Spring koerner ¡>e r Tereib koerner ili Spagnoli, T artago : i Franeef i , Efpurge ,

'? io

D el Peplo.

Cap.

CLXIX.

E i l p e p l o vna pianta tutta piena di latte.pro duce le fue frondi picciole,come quelle della ruta, ma alquanto piu larghe.Ha la chioma ritonda, quafi di lar ■ ghezzad’una fpanna, tutta fparfa per terra:il feme fotto le frondi, tondo,minore ditquel!odel papauero bianco.ha molte uirtìi.Produce una fola radice di niun ualo re,dalla quale crefcc.Nafce tra le uiti,& ne gli horti.Co gliefi al tempo della metitura,& ieccaft all’ombra,uol- ì» tandolo continuamente. Il fuo feme fi conferua pefto & irrorato d’acqua, ebe bolla.Solue la cbolèra, & la flé ma,beuuto al pelo d’uno acetabolo in un ciatho d’acqua melata.Sparfo in fu le uiuande, conturba lo ftomaco.Condifcefi in falamuoia.

D el Peplio.

Cap.

CLXX.

I l p f. p l i o , il quale chiamano alcuni portulaca faluatica,nafce nelle maremme, frondofo, Se pieno di 5° candido fu cco. Ha le frondi fienili alla portulaca dome fticia, tonde,& rolfe di fotto. Ha il feme fotto alle fron di tondo,c onte il peplo,feruente al gufto.Produce una fola radice fottile, di niun ualore. Cogliefi,riponfi,daf fi,Se ferbafi nel fale.comc il peplo : & ha le medefime u irtu d i. C h i a m a n o gli fpetiali hoggidì it Peplo, Efuta ritoti da:del quale nefono in Italia piene le uigne,cr i campi.E pianta ella m. anchora ella laticiniofa. Mail Peplio,che nafee nelle maremme, 4® non ho ueduto prima che queflo annof ecco , e r non uerde. ma per breuità di tpnpo non ne ho potuto dare il ritratto nondimeno concedendocelo Iddio, ageuolmente f i darà con Pepli ferini ■ tempo. Scriffe d’amendue quefle piante Galeno aU’v i n . delle[acuità de[empiici,cofì dicendo. 11 Peplo ha il da Galeno. frutto fimile à i tithimali,cr é loro parimentefimile tanto nel purgare,come fanno eglino,quanto in ogni altra co» fa.Et del Peplio diceva : Qnefid picciola pianta ha anchora ella ilfucco,come i tithimali. Nafee per lo piu dppref* fo al mare, erba la radice inutile,come il peplotma ilfucco ha potente,quantunque non molto utile. li fuo fernet N o m i. utile,cr uentofo,cr purga come fa queUo delpeplo. Chiamano i Greci il Peplo, r i ara ; il Peplio, irivìùai Latini il Peplo, Peplustcr il Peplio,Peplis.

Peplo, Pe­ pilo, & loro-

D el Chamefice.

Cap.

CLXXI.

I l c h a m b j i c e , il quale chiamano alcuni Sice, produce i rami lunghi quattro dita,rifon­ di,pieni di fucco, & fparfi per terra. Le fue frondi fon fimili à quelle delle lenticchie, picciole,& fotti li,raflcmbreuoli à quelle del p ep lo, le quali non fi leuano da terra. Fa il feme fotto alle frondi,tondo» com e fi uede nel peplo.’ non fa furto, ne fiore. Ha la radice fottile, & di niun ualore. Ifuoiram i triti nel u in o, & applicati di fotto ne i peflofi, mitigano i dolori della madrice : tolgono empiaftrati i tumori,& tutte le fpetic dei porri: mangiati cotti nei cibi,foluonoil corpo .11 che fa parimente il fuo fucco,ilqualegioua empiaftrato alle punture de gli fcorpionirconferifce unto con mele alle ca­ ligin i, debolezze, fuffufionifrcfche,nuuolcttc»& cicatrici de gli occhi. Nafee in luoghi fordidi » io & failo fi.

I l ch a-


Nel quarto lib. di Dioicorìde.

'627

I l c h a m h s ic e nafee copiofifiimo per tutta Italia ,e r nutrirne p& li campi non coltivati ,pcr leatigne, luoghi faffofi,cr cotti ftcrili. Il quale, per quanto dimojlra lafiguri dette[ite fraudi, è iter¿oriente ffetie di peplo, E t però non credo, che fallirebbe chi lo cbiamaffe Peplo minore: come che ciò non ardif i a io affermare. Di queflo fcrmendo Galeno alivi 1 1 . delle facuità de i /empiici, cofì diceua. Il Chamefìce ha inflemementc uir tu acuta, c r afterfina : & però ifuoi piu teneri rami »c r fimilmcntc il liquore,che efeefuor di quelli, applicatifan no cadere quelle uerruche,che chiamano acrockordone, cr fòrmiche. Affottigliano incorporate con mele,le grafi fe cicatrici de gli occhi : cr fortificano la debolezza deluedere,caufata per grofii humori, comefanno anchora il principio dellefuffufìoni. Chiamano i Greci il Cbamcftce, : i Latini>Chanhefyce.

Della Scammonea.

Cap.

Chameltn & fuaeflam. Charaeficc j^ '0c0 1 J3 Nomi.

CLX X II.

L a sc a m m o n e a produce da una radice affai rami, lunghi tre gombiti, grasfi,& alquanto groC fi. Ha le frondi pelofe , fimili all’belfine >oucro aH’hcdcra, ma piu tenere, Si triangolari. Il fior fuo. è bianco 1 tondo, & incauato à modo di calatho.di grane odore. Ha la radice lunga, grolfa un gom b ito , bianca, di fpiaceuoleodore,& pienad’humore. Il fucco fe necaua in quello modo. Tagliali il capo della radice,& incauaiì con un coltello à modo d’unauolta,doue rifudandopoi diftilla l’humo re, il quale fc ne tra fuori con un nicchio. Altri ui fanno intorno una folfa, cauangli dattorno la ter­ ra,& mettonui allo intorno fiondi di nocc-Topra alle quali cafca poi il liquore,il quale ri colgono po feia quando è fecco. Lodali per il migliore il leggiero,lucido,raro,di colore di colla di to ro , fongo fo,fpugnofo,& fottilmente ucnofo,come è quello, che fi porta di Mifia della regione d’A fia. N on baila ueramente l’attendere per coriofcere il buono,che bagnandofi con la lingua diuenti biaco (per cioche quello fa il falfificato con latte di tithimalo;)ma molto piu fi debbono confiderai falere par ti'predettc:& uedere,che non fia troppo al guilo acuto,perche quello è fegno.che fiaadultcrato con tithimalo. Reprobali quello, che fi porta di Soria, & di Giudea,per clfcr grane, denfo, & mcfcolato con farina d’eruo,& con tithiinalo. Il fucco beuuto al pefo d una dramma , oucro di quattro oboli con acqua pura, oucro melata,purga per di fotto la cholera, & la flemma. E affai per folucre ileorr po,iI tom e dueoboli con fefamo,oucro altro feme. Danno!! per purgar copiofamcntc tre oboli del fuo liquore,con due d'elleboro bianco, & una dramma d’aloe. Fasi! un l'ale lolutiuo mettendo uenti dramme di liquore di Scammonèa in lei cintili di fale,i! quale fi dà fecondo le forze de gli huomini: Se imperò fe ne dà per maggior quantità tre cucchiari,per mediocre due,& per la minore uno. La radi­ ce beuuta al pefo d’una dramma,oucr di due,con le predette cofe,purga il corpo. Sono alcuni,che bc nono la decottione della radice. Cotta nell’aceto,& fattone impiaftro con farina d’orzo ,giOua alle fciatiche. Il fucco applicato alla natura conIana;ammazza la creatura nella madrice : rilolue impiallra to con melelepoflémette. La decottione fua fatta nell’aceto,caccia uia la fcabbiaungcndofene. D if foluefi in olio rofado,& aceto, Si mettefi in fui capo per gli antichi dolori di quello. Q v a n t v n q v f . copioftfima firitrouila Scammonea in Italia, CT mafiimamente a Vinegia, doue fi porta ScammPnei i Alefidndria: nondimeno pochtfiima fe ne ritroui detta buona,& che habbia quelle partì, che affegna Diofiori £ iux eljuu,’ de atta eletta,chefi ricoglie in Mifia regione d'Afia. Ne pcròcc ne dobbiamo marauigìtare : perctoche queftt,cbe 4 ° ci recano imercanti à Vinegia, è di quella ifleffa di Soria, c r di Giudea, grane, denfa, mifiurata, cr[opinili cata con tithimalo, la quale reprobò per cattiua Diofcoride. Atta cui dottrina poco attendendogli fpetiali,ap* Frrore de gl, prouano per buona quella, che effendo bagnata con la lingua di[attua,riftdafubito il latte: non accorgendoli, che 'P01“ '■ (fecondo il diredi Diofcoride) quefta esperienza è fallace, quando laltre fembianze non ui corrifiondono : perciò * che il latte, che ne rifuda, quando ella fi bagna conia [attua, dà piuprefto inditio,cb'ettafìa mifturatacon lattedi tithimalo. Il che parimente conférma la troppa acutezza che ui fi [ente al guilo. Et però debbo per fcaricarela confcienzafua ogni medico Chrifliano ufare ognipofiibile diligenza di fare,che i fuoi fpetiali trottino detta miglio re, er che piu i'accofti a quella, che per eletta qualifica Diofcoride : percioche effendone ella ueramente la bafe, e'I fondamento di tutti ilettouari foluttui, cr delia maggior parte dette pittile, che fono in ccmmune ufo tra ime* dici per le infirmiti de i corpi noflri , mettendo}ì una mala Scammonea in una compofitione di qual fi twglia letto• 50 uario folutiuo, può ageuolmente effer cagione d'infinitifiimi, ergrandìfiimi errori : de i quali fono ueramente poi obligati prenderne conto dopo lamorte, ogni uoltacheper negligenza loro interrogano tali inconuenicnti. Ve r amente che quefta, che fi porta à noi ,fU falfificata, cr misurata con latte dt tithimalo, lo dimoftra,che filo dieci ouero al piu quindici grani foluonopiu}cr piu uolte il corpo. A l chefare (fecondo che recita Diofcoride) non baftarebbe a pena una dramma dellaflncera:percioche egli per unafola purgatone dà una dràma d'effa con due i'el leboro bianco, c r una di aloe. La pianta, che la produce, mifu già moftrata in Napoli da uno fienale, fiatagli portata di Puglia dal monte di fan? Agnolo, ftmilc neramente a quella, di cui ferine l'hiftoria Diofcoride. E da marauigliarfl,che non faceffe dette uirtù,cr operaitoni della Scammonea ne i libri dette facilità de[empiici nien= tione alcuna Galeno, hauendo però fr itto di molti altri di minore importanza, c r fatto della Scammonea inciden temente in uarij, c r diuerflluoghi defuoi volumi memoria. La Scammonea (diceua Mefite) ha in fe cinque no» Scammonea <0 cumenti,de i quali il primo duna ùento/ità,che morde lo ftomaco, facendo naufea.cr conturbandolo molto. Il qual ferma da nocumento fi gli toglie,cocendola nelle mele cotogne con quelle cofe, che rifoluono il uento, come il dauco,la ga uc> lunga, il feme delfinocchio à dell'apio. Nuoce fccondariamente, infiammandoglifittiti con l’acuità,cr calidczX G g 1 z a fi* :


628

Difcorfì del Matthioli

Z i fu i ••il che Agevolmente caufa le fèbbri, quando ritrova i corpi atti à cafcarvi. Et quello nocumento fi corre? ge, mettendo con effa quelle cofe , che hanno uirtù difpegnere le acuità, er calidità, ciò è,la muciUagine dello phii Ho, la decottionc delle prune, er parimente la carne loro, il fucco delle rofe , lacqua delle viole, e r le viole fre* fche : leuagli anchora qtiejlo nocumento il bagnarla auanti, chefi cuoca, nell'olio roj'ado, onero uiolato : il chef* il fucco anchora delle mele cotogne di mezo fapore, il fumacho, er lo ffodio. Il terzo fuo nocumento è , che per effer molto attrattila, e? aperitivi delle bocche delle vene, caufa¡¡u fi fuperflui, cr immoderati. A l che fi dee ri parare con le cofe lMitiche, er che pofjano diminuire l'acuità, er fottilità fua. Il che fifa merlandola co’l mafli ce , co'l fucco delle mele cotogne, con i mirobalani citrini. Il quarto nocumento è lo fcorticare delle budella, con una certaferofità, chefi ritrova in lei : dal che fi generano poi dolori acuti, difenterie,cr tenafmoni. Al che fi con* tradice, facendola prefto ufeirefuori del corpo , er ffegnendo lacuità fua ferofa. A queflo adunquefi dee ouuiare M con cof r. humide, e r untuofe, come è il dragamo ,.il bdellio, l’olio di mandorle, er il rofaio : cr a quello con il diaprunis femplice, con la muciUagine dello pfìUio,co’l maltice, e r con le mele cotogne tolte dapoi eli ella comin* eia ad operare: il che fifa beuendo dapoi deU’acqua calda. Et però è in commune ufo de i medici dare dopo le medi einefeammoneate il lauatiuo deUdequa d’orzo con il zucchero roffo. Il quinto nocumento è , che perfua propriè tà nuoce al cuore, alfégato, c r aUoflomaca. A l che fi rcfifle con le medicine cordiali, tanto calidt, quanto frigi de, con le ftomachali, er con queUe,cheft lodano per il fégato. Solue la Scammonea la colera ualorofamente, tìi rundola dalfangue, er dalle vene : cr lafua operatone efimile à quella de gli altri folutiui furiofi. Chiamano la Scammonea i Greci, * ¿puari*,: i Latini, Scammonia : gli Arabi, Scammonea, er Sachmtmia.

D JaC h am elea.

Cap.

C L X X III.

*

L a c h a m e l e a è pianta farm entofa,& fa i Tuoi rami alti una fpanna : le frondi fimili all’oliuoj ma piu fottili, denfe, & amare, le quali gufiate mordono la lingua, & fcorticano il gorgozzule. Lé frondi conformate in pilole con due parti d’aifenzo,& acqua melata,foluono la cholera,& la flemma: imperoche cofm onfi disfanno nello ftomaco,macfcono di fotto tutte intere, come fi tolgono. Le frondi trite con m ele, purgano l’ulcerc fordide >& efeharofe. • , ' 1 CHAMELEA. THIMELEA. ■

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Della


N el quarto lib. di Diofcoride. Della Thimelea.

Cap.

62 y

C L X X IIII.

L a t h i m e l e a e quella, della quale fi ricoglie il fcmc,chd fi chiama grano G n id io . Quefto chiamano gli Euboici »etolio, & alcuni lino : pcrcioche la pianta fi raffembra al lino fparto. Produce affai fufti >belli, fiottili, alti tre piedi, con frondi piu (frette della chamelca, & piu graffe, uifeofie, & gom m ofe, quando fi mafticano. Fa il fior bianco,e’1frutto tondo limile al mirto, il quale nel prin­ cipio ucrdeggia, Se nel maturarli diuenta ro ffo , l’inuoglio del frutto è duro,nero di fuori, & bianco di dentro. Venti de i fuoi grani interiori bcuuti, prouocano per di fiotto la cholcra, la flemma,& gli 19 humori acquofi : ma in uero incendono le fau ci. & però fi debbon dare con farina ,ò con polenta, ò con gli acini dell’uua, ouero uoltati bene nel mele cotto.ungonfi con il ficme trito inficine con nitro, & aceto,coloro che malageuolmente fiudano. Le frondi, che particolarmente chiamano cneoro , fi debbon ricorrenel tempo della metitura, & feccarlcnell’ombra, & poi riporle. Bifogna,ncl darle, peftarle,& fepararle da i neruetti loro. Beùutc a! pefo d’uno acetabolo con uino inacquato, purgano gli humori acquofi : purgano mediocremente mangiate con lenticchie co tte, & mefeoiate con herbaggi triti. Fanfiene padelli, facendone prima farina,& poficia incorporandola con agrello. E herba nociua allo ftomaco : applicata di fiotto,ammazza il parto. Nafce ne i monti, & in luoghi afipri. C o ­ loro,che fi credono,che’l frutto della chamelca fia il C o cco Gnidio, s ingannano per una certa filmili tudine delle frondi. »o ] C h 1 a m ano gli Arabi la Chamelea,et parimente la Thimelea affai contamente Mezereon,facendone però Thimelea & duefretie,cr chiamandone fun bianco, et Calerò nero, con le quali mefcolano aneli ora la Laureola : di modo che loroeflàm! fornendo confufamente di tutte inficine, non fi può cauar da loro (ìcurezz* alcuna delle loro operationi. Sono neramente piante, che operano ualorofancnte, e r con graniifiima furia : et però tolte da perfonc deboli ,freffi> le ammazzanoScorticando loro leuifeere, et aprendo loro le bocche dette acne. Il perche le chiamarono gli Arabi, herbe chefanno rimanere le donne uedoue,ct Leoni della terra. N afeono amenduc quefte piante copiofìfitme nc i mo ti detta natte Anania dettagiuriditione di Trento^t producono Cuna,et (altra ilfrutto ( quantunque della Chamelca fe lo taceffe Diofcoride)quafì ¡inule al mirtomu quello della Chamelea c alquanto lunghetto,et piu di fórma oliuare. Pepe montaQuefti net principio nafcendo,forto uerdi,nel maturarfì rofii, et nell’ultimo neri, chiamano quefto frutto i uilla* no' 50 ni del paefe, per ejfer molto acuto, Pepe montano: pcrcioche quando èfeccofi raffomiglia al pepe, er c anchora egli non poco acuto : come che chiamauo anchora indifferentemente Pepe montano il fruirò della Laureola. Ne mi mar/ uiglio di ciò, pcrcioche T keophrailo al x x n .capodel i x .libro dcU’bi/ìoria delle piante, hauendo deferitici Pepe, fcriffcfubito del grano Gnidio : er quefto non per altro, fe non perche er nellacutezza,er nettaforma mole to fegli raffomiglia. Vfano quello i Milani perpurgarft, quando fi fentono amalati, penfmdofìcofl facendo, in* gannare i medici, er fìmilmentegli frettali : non accorgendoli, chefreffofanno poi cantare i preti, e r fonare le campane, come affiifiime uolte ho ueduto io ,e r mi fono ritrouato à liberare di quelli, che (haueuano tolto, t quali farebbono neramente morti. Et però diceua Hefut,che l Mezereon èfintile al ucicno : pcrcioche nuoccitutte le membra principali ,oue fono le minere di tutte le uirtù del corpo. La onde nonfi dee dare,fc prima non flcorreg lllc. gelamalitia della fupcrfi.uafra acuità,e r caldezza con cofefrigidefh e le poffano fregnere,come effo Mefite per 40 lungo proceffi) benifiimo infegna. Lepilulc fue fimo in cotmuneufo apprefjo a t moderni medici per gli hidropici. ma non fi dannofe non ne i corpi robufti. Lodotta Galeno per mondificare l'ulcere fordide infieme co mele,aWv 111. libro dette facuiti defemplici. Chiamano i Greci la Chamelea, X ^ t 'Acu*. : j Latini,ChamelxaMcoftettum : gli Nomi. Arabi, Mezerion,cr Almezerion : iTedefchi/Zylandt : iìrancefl, Boys gentil. La Thimelea poi chiamano i G reci, Qvpsxcua. : i Latini, T hymcUa.

D el Sambuco,& Ebulo.

Cap.

C L X X V.

I l s a m b v c o è di due fipctic. delle quali n’è uno,checrefce inalbero, il quale fpargei fuoi ra mi limili alle canne, ritondi, concaui, biancheggianti, & alti. Le frondi fue fi raffembranoà quelle Jo de in o ci,& eficono hor tre.hor quattro attorno à i rami per diffami intcrualli, di graue odore, & mi­ nutamente intagliate per tutta la circonferenza. Sono nelle fommità de rami, & altri fuoi piccioli germ ini,l’ombrelle ritonde, cariche di bianchi fiori: de iquali nafeono gli acini filmili à quelli del tcrebintho, che nel nero porporeggiano, racemofi, pieni di copiofo, & uinofo fucco. Quello, dell’altra fpctie chiamato Chamea&e, & da i Latini E b u lo , è molto piu picciolo, & piu predo da cf fer meffo tra le fipetic dell’hcrbe. Produce quefto il fufto quadrangolare, & nodofo : le frondi di mandorlo, ma piu lunghe, le quali cficono compartite per interuallida ogni n o d o , pennute, di fipiaceuole odore, & intaccate per intorno. Ha l’ombrella fimile à quella del fam buco, & parimente il fiore, & il fru tto , ha lunga radice, grotta un dito. Hannoamendue una medefima uirtù : diffcccano ,& fioluono perii corpo gli humori acquofi : fono nociui allo ftomaco. Cuoconfi le frondi co i o me l’altre herbe, & mangiaufi pcrfiolucrelacholera,& la flemma. 11 che fanno i Iorgamboncelli cotti,quando fon tenari. La radice cotta nel uino,& data ne i cibi,gioua à gli hidropici: conferifce à i morii delle uiperc,quando fi bee nel medefimo modo. Sedendoli nella fiuadecottione, fi mollificano i; Cg 3 le durezze


Diicoriìdel Matthioli le durezze delia madrice, s’aprono le oppilationi ,& correggonfi parimente i Tuoi altri difetti. II che fanno gliacini del frutto,quando fi beuono con uino : impia (irati in fu i capelli, gli fanno neri. L e frondi tenere impiaftrate con polenta, mitigano le infiamagioni, & giouano alle cotture del fuò­ co,& à tnorfi de i cani : confondano l’ ulcere caucrnofe:& impiaflrate con feuo di to r o , ouero di beò co ; giouano alle podagre. s a m b v c q

.

e b v l o

.

Sambuco, & S o n o ilSambuco,CT lobulo piante neramentenotißime à cìdfcuno, er uolgarißimeper tutta Italia. Ebulo,& loro Ma quantùnque facete del primo D iofeoride unafola ftetie ; io nondimeno n’ho ueduto di due forti: uno ciò è, che diana.

nafee per tutto al piano per le fiepi , crin altri luoghi : crl’altro,che nafte ne i monti. Sono trafe differenti,per* cioche il montano è in tutte le fue pdrti minore, produce ilfrutto rojfo, er ha la materia del legno molto piu debile. Sono anchora a\cunimodernifrmplictftì,che uogUono che nefta un’altra terza ftetie di palustre, er per quefto di* moürano una pianta, che nafte per il piu in luoghi humidi, er acquastrini, con uerghc, & rami nodofifimili alfirn luco, dentro à i quali è parimente il midollo bianco ; ma la pianta è in tutto fragilißima.Produce le figlie uitiginee: ìfiori biacchi,in ombrèlla, di buon odore, da i quali naftono le bacche lucide, er roffeggianti •, maggiori di quelle deU'oxiacantha, piene di uinofo fucco : il quale beuutofa gagliardamente itorniture. L ’acqua delfior del Sambuco applicata in fu lafronte, mitiga il dolore della tefta, caufato per uapori calidi. Ilfucco della corteccia della radice faualorofrmente uomitare, er purga l’acqua degli hidropici. Il che fa parimente il fucco delle radici deü’Ebulo,il quale purga anchora i grofri humori,fcorji nellegiunture. Il ferne de gli Ebuli, lauato dal fuo nero fucco, er dato $o pedo in poluere al pefo d’una dramma in decottion: d’aiuga, mitiga i dolori delle podagre, er di tutte le giunture, e r i Gallici anchora. FeStano alcuni le radici de gli Ebuli, cr jfiremonne il fucco, il quale ficcano poi al fole, er fannone pafleUi per adoperarli, ottefaccia poi di bifogno. Mcffo quello ne i crifieri, gioua ài dolori dicorpofi'i g idi, crparimente allefciatiche : & applicato di f otto con lana, prouoca i mefirui. La fumcntatione deÙa decot tioncdeUcradici, rifolue [enfiature delle gambe, cherefianodapoi alle lunghe fèbbri, confirtandofit però il fegato Sambocolcrit con cofe\ appropriate. Scrijfe dell'uno, cr dell’altro Galeno al v i . delle faculià de i femplici,coft dicendo. Il roda Gal. Sambuco tanto arboreo, quanto herbaceo, il quale chiamano Ebulo ha uirtù diffeccatiua, cr conglutinatiua * con alquanto di digeüiua, Chiamano i Greci il Sambuco, A>7» ; i Latini, Sambucus : gli Arabi, lafaftiùTcdefcbi, Holder ; er Holler : li Spagnoli, Sabuca, er Caninero : i Francefl, Sufeau, cr Suyer. Lo Ebulo chiamano i Greci ,Xtt(Mua.a7>i :i Latini, Ebulus : gli Arabi, Kameailis : i l ’edifichi, A ttic i, er Niderer hordertli Spagnolit So Nomi. Jilczguos, er Sabugo pequenno ; i Francefl, lìyebk,


Nel quarto lib.diDiofcoride. 631 D el Picnocom o.

Cap.

C L X X V I,

I l p ic n o c o m o halefrondifim iliallaruchetta,m apiuacute,ruuide,& gfofiè. Ha il fuila quadratoli 1 fiore del bafilico,il Teme del marrobio,& la radice ncra.oucr pallida,tonda »limile à un* picciola mela d’odore di terra.Trouafi in luoghi falfofi. Il Teme beuuto al pefo d’una dramma, fa fo­ gnare cofe fpauenteuoli,& graui: applicato con polenta, rifolue le polleme : tira fuori le faette, & i bronconi fitti nel corpo.Le frondi empiaftrate,rifoluono i pani, & le poftemette. Laradicc bcuut* al pelo di due dramme in acqua melata,folue il corpo,cacciandone fuori la cholcra. I l p i c no com o neramente non ritrouo io fin bora in Italia. Et però lolafciaremo trai numero ielle altre piante,che nefono incognite : accioche anchora quelli, che [orineranno i uolumi de i fmplici dopo noi, habbiano qualchefatica di ritrouar le cofe, chehora malagevolmente¡1 riconofcono, Chiamano i Greci il Picnocomo, Nomi, n vmicoutt : t hatini,'Pycnocomum.

Dell’Apios.

Cap.

C L X X V II.

L o a p i o s produce due,oucr tre fufti limili ài giunchi,rofsi,fonili,& poco alti da terra. Le lue fròdi lono fimili à quelle della ruta,ma piu lüghc,& piu ftret te,di colore molto uerdi.Fa il ferne picciolo,& la radi­ ce limile all’amphodillo, alla forma d’un pero, ma piu tonda, & piena d’humore,di dentro bianca, & di fuor nera .La parte fua fuperiore caccia per uomito la cholera,& la flemma:& la inferiore purga per il corpo; tol ta tutta infieme,fa l’uno,& l’altro effetto. Volendoli cauarne il fiacco,li pefta la radice,& mettefi in un cati­ no di terra pieno d’acqua, & mefehiafi bene infieme,& ricoglieli pofeia il liquore,che ui nuota, con una pen­ na, & feccali. Quello beuuto al pefo d’un obolo Se mezo,purga per uomito,& parimente per il co rp o .... N As c e PApios in Candia, come che uogliano alcuni che Apio*, & fua firitruoui anchora in I>uglia,con frodi piccioline,fìntili molto hiiloru. 4 quelle deWbiperico,quando nafte laprinmcra;ma alquanto piu ucrdi»con una linea bianca,che le finde per mezo . I fußt fono roßigni,et tendono al giunco,tutti pregni di latte bianco. La fua radice è di dentro bianca,et difuor nera,di firmafintile à un pero,da cui prefe il nome di Apios appreffo a i Grcci^he tanto rilieua,che pero.Ondefacendone memoriaTbeopbrailo al x .capo del nono libro delihiftoria delle piante: Il Pèro ber ha(diceua)produce lefrodifìmili alla ruta,maptcciole. fa tre > cu ero quattro ramufcellià quali fette uanno per terra.La ra­ dice èfimile alYampbodillo, ma alquantofquamofa. Qogliefi la pmtauera, er dafii fpetialmcnte per purgare i l corpo : perciochc, come fa il chamedrio, una parte della radice purga per uomito, e r l’altra per di [otto. La pianta, di cui è qui il ritratto, mi mandògiàfa piu tépo di V inegia fecceUentifiimo medico, er [empiici^* pcritifrimo M. Nicolo dafan Michele Comafco, à cui era (tata mandata diCojtdia.' IlRucllio dice ejferc in Francianotifimaherba, er che iuillanipouert nellecarcflìefi mangiano lefuc radici. Il che mifa credere, chei KueUio non conofcefreil uero apios: percioche offendo nelle radicifue faculù di Kucll,a Jo f ìre ùomitare,er difoluerc il corpo,tratterebbe ueramente male chife lo mangiaffe ne i cibi. Non ritrouo che deU’ Apios facejfe memoria Galeno ne i libri dellefactdtà de [empiici. Chiamano t Apios i Greci, A’V/os ; i Latini, Nomi. Apios.

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Della Colocinthida.

Cap.

C L X X V IIL

- L a c o l o c i n t h i d a produce ifarm enti,&lefrondi intagliale, fi milj al cocomero faluatico,

le quali fe ne uanno ferpendo per terra.-il frutto tondo fimile à unapalla m czana,& amarisfimo.il quale fi debbe ricorre, come comincia à gialleggiare. La fua midolla tòlta alla quantità di quatto oboli,& fattone pilole con mirrha,mcl c o tto , acqua melata, & nitro', folue il corpo. Pellanli le lue palle fecehc,& mettonfi con giouamento ne i erirteri, che fi fanno per li paralitici,per li dolori delle fciatiche,& perii dolori colici.per foluere elleno la cholera,la flemma le rafehiature delie budella,« q u a lc h e uolta fino alfanguc:.?ppUcatc di fiotto,ammazzano k e r c a tu r a nel u e n tr e . Lena il dolore de i


6 )

Difcorfidel Matthioli COL O Q V IN T ID A.

denti,fe fcauado uno de i fuoi frutti,fi gli caua la midol la,& pofcia s’inluta có creta, & metteuili détro deJI'acc t o & del nitro àfar bollire al fu oco, & lauafi dipoi la bocca con quello. Cuocendouifi dentro acqua melata, oucro pa.{To,& laiciadofi poi raffreddare all’aria al dilco perto.beuendofi, purga per di fono gli humori grofsi t &lerafchiature del corpo.E grandemente nimica del­ lo Itomaco. Meffa nelle foppolle,muouc il corpo. Frcganfì c on il fu eco della ucrde utilmente le fciatiche. I» èuolgarifiima p u n ti. Et come dice Mefite nel tratuto de i fuoi femplici folutiui, quantunque ella fin ualorofa per diuer/ì morbi ; nondimeno è nimica dello Jlo inaco, delfégato, er del cuore. Conturba tutto il corpo, folue con dolori, erfafliiio grande, apre le bocche delle uene ,fa il M ° delfa g lie , e r fcortica tutti i luoghi, oue pajfa. Et però nonfi dee dare,fé non s’incorporano con effa le medicine cordia• li,flomacali,er del fegato, c r le medicine uifeofe, conglutina* tiue . Solue la Coloquintida laflemma, er gli humori uifcofl,ti* randoli dalla profondità delle inombrate? eflendeft lafua opera 10 tionefìno à i nerui, e r fino alle giunture. Mondifica il ccrueU lo , i nerui, i mufcoli, il p e tto ,e l polmone : e r imperò fidati* la nelle ucrtigini,nella epilefiia,nell’apoplefiia,nella emicranea, e r ne gli antichi dolori di tefia : dafii parimente à i paralitici, Cr à gliffafimati: prohibifee il difendere dell'acqua ne gli occhi,z? è cofa mirabile all'afina, er alla toffe antica. E lafua operatone ueramente ualorofa à tutti i dolori frigidi delle ginn ture,e? ifietìalmentc odefciatiche,er alle podagre,non folamen te data nelle purgationi ; ma anchora ne i crifleri, ne i quali è el la ultima medicina ne i dolori colici caufati da uentofità, e r fri* jo gidi humori. Vale efficacemente neUehidropifie tanto beuuta, quanto meffa ne i crifleri. L ’olio bollito infu la cenere nelfruì* to della Coloquintida, fcauato prima dal midollo , fa diuentare neri i capelli,non gli lafcia diuentare canuti, e r prohibifee che non cafcbino. Diftillato nelle orecchie, ne caua il dolore, er il fuffolare,cheffeffo ui fifente. Scriffe della Coloquintida Gale* noal v i . dellefacultàdeifemplici,cofi dicendo. LaColoquin tida è ucramcte al gufto amara ; ma le operatitioni dell’amaritu dine, che ha,non può ella quandofi beue,euidentemente dimottra re per la ualorofa uirtù fua purgatiua : percioche efeefempre 40 fuor del corpo auanti à quegli humori, che ella purga. Il ficco della uerdegioua allefciatiche. Chiamano i Greci la Coloquin* tida,K°tow3 is : i Latini,Colocynthis,e? Cucurbita fylueftris: gli Arabi,Chandel,tiandel,c? Bandai : i Tedefchi, Coloquint, Cr Vuilder kurbfztli Spagnoli,Coloquintidaufrancefì, Colo» quinte,er Courlefauuage. L

Coloquinti-

da, &Aiadia mininone.

E P IT H IM O .

-Coloquintida fcritta da Galeno.

Nomi.

a

c o l o q v i n t i d a

DeH’Epithimo.-

Cap. C L X X IX .

L o e p i t h i m o è il fiore del thimo piu duro,& che c limile alla fatureia.Produccalcuni capitelli fonili, & leggieridn cui fono alcune picciole code,come capeL li. Purga, beuto con m ele, per di fotto la flemma, & la melancholia.Gioua particolarmente à i melancolici, & à i uentofi/dandofene loro un acetabolo, ò per fino 2 quattro dramme con mele,fale,& un poco d’aceto.Nafccne affai in Cappadocia,& in Pamphilia.

EpithimOj 8c fuaefl'ani.

E v e r a m e n t e opinione de ipiu dottifemplicifti dei tempi nodri, e? iffttialmente del Brafaola , che differente fia 60 affai l'Epithimo fcritto da Diofcoride, c? da gli altri Greci, da quello che intende Mefite) er tutto'l redo degli Arabi. pera

fioche


Nel quarto lib.di Diofcoride cioche uogliono che quefio, di cui intende Mefite, er che habbiamo noi commune neUeffetiaric, fia uni fictie Cufiuta,che s’auolge i l thimo : er quello, che ne deferiuc Diofcoride, fia l'ìftefio fiore di quel thimo piu duro, < i

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daefpetie,cio èfiore <Teffo thimo proprio,er d altra pianti,che ui nafa fufo:percio;he fcriuendonc egli all'v. r i i. .I,. ca p .d elxxv i . libro,cojìdiceua. Epithymumefiflos é thimo, fatureufimili. Differcntia , quòd hic herba* ceus eft, alteriusthymialbus. Quidam aliter epithymum tradirne fine radice nafei, tennis ,flmtUtuiinep¡li,& rubeus. ciò è. L'Epithimo è unfiore, che nafee dal thimo, che è fintile allaf aturda .M auié quella differenza » 19 ciò è,che quefio è uerdefintile aU'herba, er quello dell'altro thimo è bianco. Altri intendono altrimenti,er dicono, che l’ Epithimo nafeefenza radici fot tile, cr rojfo, filmile à i peli. Il che dìmofira effiere nero fondamento, che duefieno gli Epithimi, come difiopra sé detto. ¡Iella quale opinione agcuolmente condeficenderei anckora io,fie no Opin one di uedefii alcune buone,er ucre ragioni militare in contrario>cr manififlamente dimofirante, chepoteffie ageuolmen* molti rcpiote efiere il tejlo di Diofcoride, da cui traffe Plinio la prima parte deljuo dire,corrotto, er deprauato,come in infi* bau. tiiti altri luoghi s'è ritrouato : ouero che habbia ciò traforiito daìaltro poco autentico fcrittore : onero che fi fia e * gli ingannato, come in molti altri luoghi fi ritroua. Et prima dico,che dìmofira effere [Epithimo di Diofcoride, e'I nofiro ufualc una cofa medefìma quello,che primamente nefendono Aedo, er Attuario, ecceUentifiin» Greci, Cr ueri imitatori di Diofcoride, e r di Galeno, cofl di parifentenza dicendo. L'Epithimo purga la melancholia. Dafii]à i crefciutifino alla confijlentia,peSto,er criuellato al pefo di quattro feropoli,infierne con ftpa, ò con aces.0 to melato, er un poebettino difiale. Aita anchora à i difitti,che fi caufano per uentofità,cr à i nocumenti de i pre* cordij,®- del fegato, er parimente gioua à coloro,che mahgeuolmente refiirano. Quello,che nafee neUafiebe, e r che faglie nella timbra,dal che l’uno ¡¡chiama Epiflebe, er l'altro Epitbimbro , folue il corpo, come fa il thimo : pia l’uno, e r l’altro è neUefòrze fuc men ualorofo. Il qual modo di parlare dìmofira,che comefaglie l’Epitbimbro, nella thimbra,z? VEpiflebe nella debe; cofl faglia anchora l'Epìthimo nel thimo. ma non lo efilicarono qui nc A t» tuario, ne Aedo, per effere [Epithimo à loro nodfiimo . Il che non uolfero tacere neü’epitbimbro, per dimoñra* re, che anchora infu la tim bra, er in fu lafiche faliua quella pianta, che figlie nel thimo : er che quella non era coft ualorofa, come quella del thimo. Il che auanti di loro confifiò tacitamente Paolo Egineta ucro imitatore di Diofcoride, er di Galeno : pcrciocbe commemorando nel v i i . libro queifempliei, che foluono la melancholia, peruenuto aK Epitimo ; cefi ne firiffe,dicendo. L ’Epithimo è lauiadfiìmo rimedio tra quelle cofc, che foluono la l o cholera nera. danfi d'ejfofoltamente poluerizato cinque dramme in una mina di latte. VEpitbimbro, che nafee fopra alla thimbra, foluefimilmente,comefa l'epithimo, ma c manco ualorofo. Tutto quello diffe Pauolo. Et pea ròuengo a concludere, che filo uno Epithtmo fi ritroui : perdoche fe Attuario, Aedo ,e r Paolo Egineta non hdueffero tenuto,che [Epithimo uerofuffe quelfiore del lhimo,di cui intende, er fcriuc Diofcoride, er che haucf* fero penfato, chefe ne ritrouaffi di dueforti, non c dubbio, che baurebbono neramente decif i , che nel thimo fio. no due Epithimi. Ma perchefapeuano effere una cofa,za un medicamento medefimo quello del thimo, er della fie* b c, e r della thimbra,er che ui nafte,er ui s’auolgefufo, panie loro, per ejferclEpiikimo cofa uolgare,chc baflaf* fe il dichiarare, che nafecua anchora fopra alla thimbra, er allafiebe, er ( come piu uolte ho ueduto io ) fopra l’aiuga>fopra l polio, er fopra al chamedrio. non tanto per auìfare, che mancando quello del thimo ,fìpotcua u» fare infio luogo quello della thimbra, chiamato Epitbimbro,er parimente quello dellafiche, chiamato Epiflebe; 40 ma accioche fi fapeffe, che cotal medicamento non era parte propria alcuna di quefte piante, ma cefi per fefieffa: la cui natura è difalire, er uiuerefopra altre piante, nutricandoti del loro humore. Et però dirci io, ó chc’l teño di Diofcoride (da cui cauò Plinio la prima parte di ciò che nefiriffe ) fujfe fiorretto, er cofiefferne reilato egli ingannato toueramente che d’altronde prendeffe egli occafione di deferiucredueforti ¿’Epitimo nonfenza mani* fifto errore. Ne panni, ch ef aceffe errore Diofcoride a chiamare Ì Epitimo fiore di thimo. impcroche fipendo eg li, che lÌEpithimo nafceua, ò faliua fopra al thimo fenza hauere in terra ueruna radice, ma nutricandoli,erf i * fienendofifilamente con la pianta del thimo, er cheproduccua egli daper fi i fiori bianchi, i quali fiando [opra la pianta del thimo, paiono efferefuoiproprij;peró notigli panief i non ragioneuolelofcriuere, che l'Epìthimo fu fi fi\il fiore del thimo piu duro. Ma che f Epiihimo produca ifiori bianchi, pare che molto bene dichiaraffe Diofco­ ride,quando diceua : Produce alcuni capitellifittili, er leggieri : in cui fino alcune picciole code, come capelli. 5 0 Impcroche non defiriffe egli ilfiore del thimo di fopra nel terzo libro con quefiefimbianze) comefcriue il Braft noia contra quello, chefe ne uede ; ) ma difie che il thimo produceua nella cima alcuni capitelli tutti pieni di porpo reifiori,fenza fare ne di code, ne di capelli memoria alcuna. Oltre a ciò e dafapere, che chiamo Diofcoride fEpi thimo fior di thimo : perciochefi ricoglie nel tempo, che fiorifee infierne con i fuoi rofii capelli. Ma che per FEpiihimo non intendere Diofcoride delfior perporeo del thimo ,fì dìmofira efler cofa affai manififia.Imperoche nel terzo libro, oue trattò del thimo er defuoifiori, non diffe cofa ueruna dellefaculta deü'Epithimo:certamentc non per altra cagione ,fe non perche fapeua ben egli,chef Epitimo non era parte propria di thimo ueruna,ma medica mento per f i proprio, nutrito infu M im o, come fi nutrìf i e in fu gli alberi ü mofeo,& il uifebio : i quali nonf i* fioperò parti proprie de gli alberi, che lìfoftentano,ma diuerfe molto di firma, er difaculta. Da quefte adunque ragioni ( per mio giudicio ) perfuafi Diofcoride defiriffe del Thimo, e r defuoi fiori tra le piante odorate nel ter* fco Z°Mro :e r dellEpithimo, come di cofa ditterfa dal thimo, qui nel quarto libro tra i medicamentiJolutiui. Il fi» mìlefice delle piante, che fomentano il nifio : percioche di quefie trattò egli nel primo libro : e r di quello fenfe pqfcia nel terzo infierne con gli altri medicamenti conglutinatiui , zru ificft. Dimoflu quefio medefimo la forza*


6 q4

DifcoríidelMatchioli

CT il fignificato delfuo uocabolo : perdoche in i in Greco lignifica horafub, e r hora in apprefifo à i Latini, er pe

Epithim odo ne nafca co piofo.

Errore di Pim ío.

Vana cfpofitione de i Frati.

Epithimo fcrittoda M e

íue,&daGa>

r¿ Epithimo non lignifica altro, che in thimo,ouero f otto thimo. Il che udendo fignificare tiñeffo fiore del thU ' mo,tionfarebbe quefio nome a propofito : percioche crefcenìo il fiore fiopra al thimo ,fi farebbe piu prejto chía* ñuto Hiperthimo. Dimostra oltre a quefilo tacitamente Diofcoride, che l'Epithimo non fila il uerofiore del thimo, dicendo egli,che nafee abondantifimo in Pampbilùt,pr in Cappadocia.il che dimoSlra, che intenda del noftro ufua le : perciochefe intefo haueffi delfiore proprio,non era neccfifario dire,che piu nafeefife in quei luoghi,che altroue ; mafilo bañaua dire, che nafeefife egli infu i thimo in qualfi uoglia luogo,oue egli fi ritroui. Ma perche piu in quei pacfe,che altroue,onde fi porta à i tempi nofilri, nafee infu'l thimo ¡’Epithimo, per dar cofi quel clima ; però dijje egli ejferne la Cappadocia,cr la Pamplnlu aboniantifiime. lo l’ho piu uoltc ritrouato,cr ricolto nel monte Sai ùatino preffo à Goritia, il quale per tutto uerdeggia di thimo maggiore,et parimente in fu quello di Gargarafopra 10 alla uilla di Salano,ffietìjdmente n quella parte,che rimira il mezo giorno, doue quantunque per tutto’l montefia il thimo copiofìfiimo ; nondimeno non l’ho ritrattato io con i Epithimo fufo, fe non in quel luogo piu caldo uerfo l'Aufiro. Il che non fo attribuire ad altro,che al fito piu caldo, e r piu aprico.Onde non è marauiglia,che nafca e* gli cofi ahondante in Pamphilid, er Cappadocia. Ma perche fon certo,che quefilo mi farebbe poco argometo, fe no foluefii quella autorità di Plinio,ouefa ti fuo maggiorfondamento il Brafauola,dico ingenuamente,che non hauído bene intefo Plinio la mente di Diofcoride,da cui pare,che prendefife la prima parte dellefue parole ,■ però fice egli diibbiofamente due jpctic d’Epithimo, riferendo piu prefio l'opinioni d’altri,che lafu a . biella quale dottrina fi eoa nofee mamfi ñámente haucre egli errato : affermando, che il Thimo maggiore, er piu duro produce il fiore herba* ceofimile allafatureia,Z7 il minore lo produce bianco : ejfendo però chiaro à ciafcuno,che il minorefa il fiore por poreo, e’I maggiore ò del tutto bianco,ò bianco porporegno. Dal che fi uede mancamente,che del thimo, er del 10 l'epithimo fcrijfe egli cofi confufamente,che malageuolmente fi può cauar da lui certezza ueruna. Errano nel di* chiarore l’ Epìtimo interpretando peruerfamente il tefto di Diofcoride, i uenerabili Prati de zoccoli commentai ri di Mefite, cofi dicendo. Ccrtifime à paucis uerus fenfusuerborumDiofcoridisdcEpithymo percipitur. rum c m ipfe D tofeorides dicat capitulo de epitbymo, Epithymumflos cfil è thymo fattirciaflmilis; non per hoc intelli git ere. Dal chefi conofee, che mentre che uogliono efii ripredere gli altri di no hauer intefo il uerofenfo del teño di Diofcoride,efferne eglino del tutto ignorati,et d'haucrlo intefo del tutto alla rouerfcia.lmpcrocbemolto diuerfo dall’iniedimento loro,in queño modo lo ritrouo io nel Greco. QLtot ú h £vòocn2 <mKnpo7tpou ngÌhup gpa. inno'yor. ciò è . Lo Epithimo è ilfiore del thimo piu duro, er filmile allafatureia. Ne uif i legge ( come dico­ no i prati ) che (Epithimofia un fiore filmile aüafuture ia:imperoche Diofcoride non raffembrat Epithimo allafi tureia »ma il thimo iñeffo, per hauer egli molto benftputà, che nellefietie del thimo fi ritroiu il maggiore,e’Imi j o flore, come difoprafu detto nel terzo libro. L ’ Epithimo(diccua Mefue ) ha queña prcrogatiua, che folue gli b u m o r i m a lin c o n ic i p i u et o g n i a ltra m e d ic in a .il c h e f a eg li con

CVS C V T A .

a g e u c le z z a > c r f c n z d m o le ñ ia . V a le n elle in fir m ità del capo, c o m e m e la n c h o lia , m a l c a d u c o ,u e r tig ìn i,d o lo r i a n tic h i, <yfiì* >nili,caufati da h u m o ri m a lin c o n ic i.V a lc a l tr e m o r e d el cu o re, ■ :l!afiucopi,0“ a lle in firm ità m e la n ch o lich e ,ch e nafeono in quel le .

E o ltr e à q u e ñ o

m ed icin a m ira b ile a lle o p p ila tio n i,c r altri

d ifè tti di m i l z a , m ir a c h ia li, u ja to da i m e d i c i ,

er è

e r d elle r e n i , E

V E p ith im o Jptifo

m e d ic in a f o h m e p e r i lc a n c a r o , p erla

le p r a ,p er l ’ u lc e r e m e la n c h o lic h e ,

er p a r im e n te

p e r la quarta*

49

n a . l e c e o lt r e à M e fu e m em oria d ell’ E p ith im o G a len o ,co fi bre u em en te d ic e n d o . L ’ E p ith im o h a la u ir th m edefìm a d el thimo : m a è in o g n i co fa p iu u a lo r o fo ,d ijfe c c a ,

er fc a ld a

n e l t e r z o gru

d o . M a hauen d om i l E p i t h i m o r iu o ca to alla m en te la C u f u t a , d i c u i non r it r o u o m e n tio n e a lcu n a d p p reffo à i G r e c i , n e dirò q u a n to da g l i A r a b ici f e n c d e fe r iu e , E ' a d u n q u e la

c v s c v t a

u na p ia n ta , c h e f i n z a h a u e r e in terra a lcu n a fir m a r a d ic e , na ­

C u fcu ta , & íua hilloria.

f e e , & fa g lie fo p r a C a ltr e p ia n t e ,

er f o n o

i f u o i r o fii c ir r i fin tili

a i u it ic c i d e lle u iti,d i m a r a u ig lio fa lu n g h e z z a t c o n i q u a li s’a* u o lg c ,er s ’a u lìu p p a co fifilr c tta m e n tc all’ h c r b e , fo p r a le qu a li

io

ella n a fe e ,ch e f i effe u o ltc le fir a n g o la , er l e g i t t a p e r terra ,p er i l tr o p p o p e fo d e i g o m ic c io li, c h e r a u o lg e n d o u ifi u i g en era f o * pra.

N on p r o d u c e f i o n d i

a lcu n e : ma b en e i l fio r e b ia n c o , e t a

c in o fo f e m e . D ic o n o a lc u n i,c h e e lla r ip o r ta fe c o le u ir th mede ( im e d i q u e lle p ia n t e , in c u i n a fee. i l ch e a g eu o lm en te dimofilra effere u ero q u e llo ,c h e d ic o n o i G r e c i dcU’ E p it h im o , i l quale no è u eram en te a l t r o , c h e C u f c u t a .

E

opinion e de i m o d e r n i, che

f i a la C u fc u ta c o m u n e d e lle f e t i a r i e q u e lla , c h e c h ia m ò P lin io C u fiita all’ u ltim o ca p . d el x

v i . l i b r o , c o f i d ic e n d o . N a fe e

in

S o r ia u n a h e r b a , c h e f i chia m a C u f iit a , la q u a le n o n fila m e n te s ’ au iluppa in to r n o à g l i a lb e r i . m a a n ch o r a a tto rn o a lle f i n e M a r itr o u a n d o fi a lc u n i t e f ii P lin ia n i, n e i q u a li f i le g g e C a d y *

* “

tas,&

6o


Nel quarto lib. di Diofcoride. ta s,

cr

non C a fryta s

: c r [em e n d o

P lin io , c h e q u efia s ’ a tw lg e a tto rn o à g l i a lb e ri,

c ? la n o jlr a C u fc u ta s 'a u o ig e a ll'b c r b c , ro C a d ita d i P lin io fia la C u f c u t a ,

er

cr a tto rn o

a lle [ [ i n e [ o U m c n tc ,

à i f r u t ic i n o n à g l i a lb e r i; n on ardtjco io afferm are, c h e la C a fr ita , oue»

er m a fiim a n m te [ e m e n d o

e g l i , ch e nafeafiblam ente in S o r ia .

Ha la

C u fcu ta

v ir tù a d e r f iu a ,c r c o n f r r u t iu a , con una c e rta f i l i f l i t t i c i t à , ch ’ ella con tien e . A p r e le o p p ila iio n i d el fe g a to , c r p a * r im en te d ella m ilz a

•M o n d ific a le

Cufcuta ,Sc flit fjculcà.

u en e, e t [a n g u e da g l i hum o ri ta n to c h o le r ic i, quan to fle m m a tic i : p r o u o c a l ’ o *

rina : cu ra i l tr a b o c c o d e l f i e l e , ca u fa to da o p p ild tio n i d i f e g a t o . G io ita alle fè b b r i d e i fa n c iu lli

:

ma il f i o tr o p p o

tifo p e r ejfere c o f lr e t tiu a , agg rau a lo fto m a c o : i l q u a le n o cu m en to f i g li to g lie , m efehiando con effa d e g li anefì. P u r g a n a tu ra lm en te p e r d i [ o t t o la c h o le r a r o f f a . I l c h e f a ella affai p iti a g e v o lm e n te , quando fi m efehia co n a j j e n z o .

er m e z a di z u c c h e r o . Chiam ano i G r e c i l 'E p i t h U , er Efich e m o ;l i S p a g n o li , C a b eU o s , er E b r e i d el

i l p e r c h e f i dà m e z a lib r a d e U a fia d e c o t t io n c , c o n una o n c i a ,

IO

,

r n o E 'm ì v f u ? d el th o m ilb o

•i l a t i n i , E p ith y m u m :

: i E r a n c e fì,

,

g l i A r a b i E f i t im o

Nomi.

T e ig n e d e th y n .

D ell’Alipo.

Cap.

CLXXX.

L o a i i P o è una herba farmentofaA' rofsigna, chcproducefottili rami,& minutefrondnil cui tioreé tenero,leggiero & copiofo : la radice Tortile, & limile à qiiclla delle bietole,piena d’acuto humorc:ha il Teme limile aH’cpith'imo. Nafce nelle maremme,& mafsima mente abondantifsima in Libia,quantunque aliai ne na Tea anchora in altri luoghi. Ilfeme,quandofene bcue la pari mifura,che li fa dell’epithinwvcori l’aceto, & co’l Tale, purga la melancholia ; ma ulcera leggicrmcu t c l ’intcriora. L a r a d i c e dell'Alipo ( fi creder tanto fi può ad Alipo, & fuj Attuario)«Meramente il Turbitb bianco,chefi ci porta di Le * clhm. uante, er che è in commune ufo nelle fie li arie. Perciochefa* cenionc egli memoria nel fio trattato delle compofìtionidcì medicamenti, nella comportiate della tripkera minore, cefi nt fcriffe, dicendo. Se tu uorrai con quefto medicamento foluert la flemma ,aggiugnegli l’Alipo, ciò è il T urpeto bianco. Et ifcriuendo piu auanticon alcune altre medicine folutiue del Turbitb particolare capitolo, diccua : Il Turpeto,che c la ra* dice della Pitiufa, er quello, che c bianco, il quale è la radice dell'Alipia,foluono la flemma uifeofa. Ma perche fece del* Opinione confucata.. f Alipo particolare capitolo, oltre al Turpeto Attuario, dicen do,cbe'l femefio folucua per di[otto la cholera nera, hafatto credere ad alcuni, cbcfla appreffo ad Attuario differente /’A* lipia,che intende egli per il Turbitb bianco, udorofo per pur• gare laflemma uifeofa,dall'Alipo,di cui filo commendò egli il feme. A l che fi può rifiondere,che la radice dell’A lipo, ouero Alipia faccia uno effetto,cr il feme un’altro. Imperochefl ri* trottino herbefie quali fanno uno effetto con lefiondi, un'altro co l feme, cr un’altro con le radici. Come, uerbi grada, il Medio, la cui radice ( come tefìifica Diofcoride ) riflagna i medrui, cr il feme fa il contrario. Et però crederei io , che non fuffe tra ! Alipo, c r 1 Alipia differenzi ueruna : orcio nonfoiamente per le ragioni affiglia* te , ma per quello, chefe n’ha da Pauolo Egineta. il quale nelfettimo uolume, doue trattando di quei [empiici, che Alipo fcritto foluono la cholera nera, peruenuto aQ'Alipo,ne fcriffe in quedo modo, dicendo. Il feme dell'Alipo ( come èflato da P ao lo . detto ) purga la cholera nera, tolto à quella ideffa mifira, che dicemmo deU’epichimo, confale, cruccio. Ma fi (0 noi prediamo fide à Diofcoride, ulcera egli >quantunque leggiermente, le budella. E certamente Ì Alipo, freon« do il miogiudicio, queUa pianta, che bora fi chiama Alipia. Quedo tuttodiffe Paolo. La cui dottrina mamfrda• mente conclude efferc l’ Alipo,cr l’Atipia una cofa medeflma. Ma quantunque per auanti negli altri twflri éifcorfl inlmgualtalianahauefliio fcritto,chea noi nonflportaua dcU'Alipo altroché laradice,& chefino aìl’hora non haueua ritrouato chi me ne dimodraffe la pianta, oueramente il finte ; honne nondimeno ueduto poi per mezo deU'ecceUcntiJìimo meitco,cr [empiicifia fimo fi fim o Ni. Luca Chini quefia pianta, di cui è qui il ritratto : la qua le pumi ueramente, che molto bene corrifionda all'hifiorii, che neferiue Diofcoride. Del Turbith, quantunque fi ricerche trattarne in quedo luogo; altro non replicarà io , perhauerne di[opra à bafianza detto nel capitolo del Tripolio ¡ouefe ne potrà ciafcun fidi sfare. Dell’A lìpo nonritrouo alcunamemoria neilibri delle [acuita de Nomi. f empiici appreffo Galeno. Chiamano TAlipo i Greci, A'W ev ; t Latini, Alypum, cr A lypia.

BeH’Cmpe-


6)6

Diicoriì del Matdiioli

DeirjEmpetro,onero Calgifraga»

Cap,

GLXXXI,

L o i m p e t r o , ilquale chiamano alcuni phacoide, nafee nei m o n ti, & nelle maremme , con fallo fàporetma tanto è egli piu amaro, quanto piu fi ritroua fra terra lontano dal mare . Q uello bcuuto con brodo , ouero con acqua melata , purga la cholera,la flemma, & g lj homo-

ri acquofi, N o n ifcriuendo Diofcoride, comefifìafatto l’ Empetro nellepartifue, bìfognerebbe neramente haucrcun Empetro , & fin d ]jm . mono Edipo, che ce io indouinaffe • Quantunquefieno alcuni, che fenza altri indoumi fi mettano adire, chefu Errore di

io

l'Empetro ilEinocchio marino, il quale chiamano alcuni herba di fan Pietro; di cui à pieno dicemmo nel fecondo alcuni. libro al capitolo del CritbamoÀoue di tal contentione ageuolmente fi può ciafeuno chiarire, che fi penfi,che 1 Em* petro, cr 1herba di fan Pietrofieno una cofa medefìma. Doue nafta l’Empetro, c r parimente ch e f acuitàfi ritro» ui in lu i, in purgare tanio la cbalera, quanto laflemma fcriffe Plinio al ix . capo del x x v i i, libro nel modo me* defitto, che lo deferiue Diofcoride, Ma credendofi poi,cbe tutta una piantafujfe f ¡impetrati, cr la Safifragia diede inconflderatamente aU’Empetro folutiuo anchora lefacultà della Safiifragia, ciò è di prouocare l’orina, cr Fece dcll’Empptro memoria Galeno a l v i , delle facuità de ifemplici,cofì dicendo. JL'Em» Empetro di rompere le pietre. petro pare, che fokmente fìa commodo per le purgationi ; imperoche follie egli la cholera,o~ la flemma. E al gu• fcritto da G a leño. ilo falato-.la onde[ì può egli anchora uflare intutte quelle cofle,alle qualihabbiamogià dimostrato ualere le cofefa­ 20 tate. Chiamano lEmpetro i Greci, < v : i U tini,EKpetm n,cr Calcifraga, ÍNomi»

Della V ite faluatica.

Cap.

CLXXXII.

L a v i t e faluatica produce i farmenti lunghino-, me le uiti, afpri, legnofi, con la corteccia tutta piena di fifTure : lè cui frondi fono limili à quelle del folatro de gli horti, ma piu lunghe, & piu larghe, produce il fior m ofeofo, & capillare : e’1 frutto firnile all’uua picciola, il quale quando è maturo, diuentaroflb ; la forma de i Cuoi acini è ritonda.La radice bollita nell’acqua,& beuu ^ ta in due ciathi di uino inacquato con acqua marina,pur ga l’humidità del corpo:& imperò fi dà ella à gli id r o ­ pici , Spegne la fua uua i difetti, & le macole della pelle della faccia,& d’ogni altro luogo. Condifconfi i fuoi farmenticonfale,quando fono ten eri,& ferbanlì per mangiare nei cibi-

L a v i t e faluatica è notiflima alle noflrc donne in To fcana,per hauer elle in ufo le fue ttue,per nettdrfì con effe Ufac* rom«, eia dalle (entìgini,cr altre macole,che ui fogliano nafeere. Que f fìa Neramente ha fòglie di folatro hortolano, ma piu lunghe, cr piu larghe : i fiori raccolti in racemi(coft penfo io che f i debbia -, leggere in Diofcoride,cr non mofeofi,come hanno la piu parte de gli ‘¿¡Templari,che uanno attornotpercioche Oribaflo in que ilo luogo legge H<npviià'(K,cr non@pvaJ'Ht ) capillari,et di por porco coloreicr ilfruttofìmile àpicciole uue,roffo, cr uinofo. Et quantunque paia,che ofìi alla mia opinione, il uederfì, che ì farmenti di quelli pianta,con cui sor rampa in fu gli alberi,non fino sfifii nellafo rza ,fe ben paiono alquanto affretti,& bian* chi ; nondimeno fopra coiai fembianza non mi par difar fónda* , mento. Vercioche ritrouàdo io che Oribaflo nò ha quefta parti _ __ __ _ cola c^ to p f yovna.,mifafumicare,che fia in qucjìo luogo il te fio di Diofcoride fconctto,cr alterato. Et perciò io mi muouo à crederebbe la pian ta i cui è qui il ritratto,fìa a* gcuolmcntc la V ite faluatica, nella quale opinione panni di perfcucrarefin tanto che mifìa moflrato, ò che per me fleffb ritroui altra pianta,che piu di quellafe le rajfembri. Tbeophralìo aU’ultiit{Q capo del v .libro deU’hifloria del• le piate,chiama la Vite faluatica Atragena,doue trattadelle efch?,che adoperauano gli antichi per accendere il fue c o . Imperoche non hauejido eglino anchora Ifermentato Tacciaio, haueuano ritrouato di generare il fuoco con un legno duriflimo,cr un tenero,cr fòngofo : per il che fare era,per mio giudicio,molto alpropofìto la Vite faluaticaV ite faluitt« Dellef.acuità di quella fcriffe Galeno nel vi.libro dellefacultàde femplici, con qucfle parole. I grappoli della Vi* ^ ca feruta da te faluaticafono aflerfìui, di modo che pojjono curare \le lentigini, i quofi,cr ogni altra macchia, che fìa nella pel G aleno, le efleriors della faccia. Ma i gemini fuoi fono collrettiui, i quali fìpojfono condire anchora conf i l e , Chiama* noi Greci la Vite faluatica A > w6a« *>/>/* : i Latini»Vitis fyluefhis, Nomi.

Vite faluati* fuá efl'a

. .

P e li*


Nel quarto lib. di Diofeonde. D ella V ite bianca,ouero Brionia.

Cap.

6 jy

CLXXXIII.

L a v i t e bianca,la quale chiamano alcuni Brio nia,è fimile ne i farmemi,nelle frond i>& ne i uiticcialla uitedomeftica,ma fono tutte quelle file parti piu pelo fe.abbraccia con i fuQÌ uiticci tutte le piante, che gli na feono appreflb. produce il frutto raccmofo, & roflo, con il quale fi pelano le cuoia,I Tuoi afparagi, che efeono teneri nel fuo primo germinare, cotti ne i cibi, foluono H corpo,& prouocano l’orina. Le frondi,iÌ frut to,& la radice hanno uirtù acuta : il perche fi mettono utilmente con aceto,&falc in fu l’ulcere,che chiamano chironie,& in quelle che fi cóucrtono in cancrene,che fon corrofiue,& in quelle dellegatnbe cótumaci & for dide. La radice con eruo.con creta di O lio , & fìengre co mondifica il corpo,& fa tirar la pelle; fpegne le ma­ cole della faccia,&iquofi,le lentigini,& le cicatrici ne rc.Il che fa parimente cotta nell'olio,tanto che diuenti liquida; toglieuiailiuidi,& lereduuie delle dita. Im­ piantata con uino, rifoluc le infiammagìoni ,& rompe le pollemc,mettcfi còmodamente nelle medicine corrofiue:trita,& applicata caual’ofla rotte. Dafsi per tut­ to uno anno ogni giorno à bcrcal pefo d’ una dramma, fi, à coloro che palificano il mal caduco: dafsi nel medefimo modo à gli attoniti,& à i uertiginofi.Gioua,bcuuta al pefo di due dramme,à i morfi delle uip'ere: ammaz za la creatura nel corpo: conturba qualche uoita l’intel le tto . Applicata di fotto alla natura delle donne,prouo cale fecondine,& fimilmentcilparto ¡beuuta prouo ca l’orina.FaiTene lettouario con mele per coloro, che ma lageuolmente refpirano,& che fono in pericolo di ftri golarfi, per la toflfe, per gli fpafimati,rotti,& per li dolori del coftato. Beuuta con aceto al pefo di tre oboli trenta giorni,confuma la milza : & perii medefimos'impiaftra di fuori con fichi. FaiTene decottione per farui federe dentro le donne perii difetti loro : impcrochc purga la madrice, ma fa fcönciare. Il fucco fi fpreme dalla radice la prinrtauera,il quale beuuto con acqua melata,folue la flem ma. Il ferne s’unge efficacemente per la rogna, & per la fcabbia. Il fucco beuuto con grano cotto, fa abondanza dt latte. 40

Ch

i a m a s i

Vite bianca., » ^

v o lg a rm en te l a V i t e b ia n ca n e lle fp c t ¡arie B rio n ia ,& tra l u u lg o q u a f ìp e r tu tto Z u c c a f a t u i

t i c a . E p ia n ta u o lg a r iß im a ,c r c o n o fc iu ta da t u t t i .

Di q u e f ia [ e m e n d o

M e fu e ,d ic e u a ,c h e p e r n o c e te ella a llo ¡ l o

m i c a , a - a l f t g a t o ,f id e b b e dare c o n l e f p e t ie e le p h a n g in e , c o n il m a f li c e .c r co n le m ele c o to g n e . I l fu o f u c c o f o lu e

er m o n d ifica i l c e r u e U o , i n eru i, e l p e tto da g l i b u m o r ìfle m m a tic i, er p u tr id i: a p r e le er delle r en i : c o n fè r ifc e al m al c a d u c o , a lle u c r tig in i,c r a lle fr ig id e in fir m iti d e i n e r u i : g io ita m a n c a m e n t e a lla toffe : r ifo lu c le p o fie m e d u r e , er p a rtico la rm en te della m ilz a , fa cC n d o fi im p ia flr o d ella ftta r a d ic e ,d i f i c h i , e r d i u in o . S eden dofi nella fu a d eco ttio n e,m o n d ifica la m adrice, cr p r o u o c a i m e f t r u i,c r i l p a r * to .' I l f i c c o , c r p a r im e n te la r a d ic e m on difica la f a c c i a ,& le m a cole della p elle : c r fp e g n e le m a r g in i, c h e r e fla n o d a p o i alle f e r i t e , er m a ß im e q u a n d o f i m efehian o c o n fa r in a d i c e c i , er di f a u e . L ’ o lio b o llito nella r a d ice fc a u a ta

U fle m m a ,p r o u o e ä l’ o rin a , o p p ila tio n i d elle u i f c c r e ,

in fu la c e n er e c a ld a ,fp eg n e u n g en d o ftn e i liu id i d elle p er co ffc. O lt r e a c iò h o c o n o fc iu to io u na d onn a,la q u a le p i u ,

t

CX p iu u o lte o g n i m efe patin a la p r e fò c a tio n e della m ad rice m o lto a ce r b a m e n te ,c r effen d o g li i n f e s t a t o ,c h e t o g li e f i f c una o n c ia d i radice d i B r io n ia ,c r fa c e ffe la b o llir e in u in o b ia n co , fin o al calare della m e t à ,c r c h e n e b eu ejfc dapoi

^

alla cen a un b ic c h ie r e ,fe ne lib e r ò to ta lm en tefh a u en d o la p e r ò p e r uno anno di lu n g o to lta una u o ita il m efe. S e r if* f e n e G a le n o a l

v i. d e lle fa c u ità

d e i ¡e m p iic i,c o ft d ic e n d o .

I

p r im i g er m in i d e lla B r io n ia f ìf o g lio n o m angiare com *

m ¡m a n e n te la prim d u era ,p er effer c ib o c c R r e t t iu o ,o ~ a c c e tto a llo ft o m a c o .

j eno.

H anno in fiem e c o n la u ir tù co flrettiu a L<<r a d ic e ha u ir tù a fterfiu d , c r

a lq u a n to d ell’ a m a r o ,c r deH’a c u to -.c r im p erò p o jfo n o p m t o c a r e alqu a n to ¡’ o r in a :

d iffe c c a fitta ,c r m oderatam ente c a ld a . I l p er ch e r ifo lu e le d u r e z z e della m ilz a ,ta n to b eu u ta ,q u a n to impiaftrata di f u o r i infiem e c o n f i c h i : e r f a n d la r o g n a ,c r la f c a b b ia M f u o f r u t t o , i l q u a le f i r a ffm b r a à i r a cem i, è u tilißim o per ijp e ß ir e l e c u o ia .

C h ia m a n o la V i t e bia n ca i G r e c i,

Avf«r»Aor

Bewurf« ; i

L a t i n i ,V i t i s alba : g li

A r a b i , Nomi.

* e flr e ,A lfifir e ,F e ffè r a ,A ljr fc e r a ,N e z a r g ie fa n ,C T N e z a r c b a fe n : i T e d e f< h t ,S tic k u u r t z ,W T e u f i l k i r b f z : li S p d »

60

g n o li, N w e ^ cr A tto r e a l i ir a n c e f i,C o lu b r in e ,

er C o u lu r e e .

Uh

t

H I-


DifcorfidelMatthioli

6j8

Della Vite nera.

'í

Cap.

C L X X XIIII.

j

L a v i t e nera,la qüale chiamano alcuni Brionia nera,ha le fròdi fimili aU'hedera,ma maggiori,fimili quafi à quelle dello fmilace,& parimente ancbora fimili if u. iti. Abbraccia có ifuoi uiticci gli alberi :fai frutti in grap poli,i quali nel principio fono uerdi, & dopo al maturar? fi diuemano neri : la radice è di fuori meta, & di dentro gialla.I farmenti teneri,che uengono fuo.-i nel primo ger mmare>& fi mangiano come gli altri herbaggi. prouoca no i meftrui,fanno orinare,fminuifeono la milza, giouano.à i uertigino(ì,al mal caduco,& à i paralitici.La radice ha la medefima uirtù di quella della uite bianca, ma non è cofi efficace,Impiaftranfi le frondi con nino all’ulcere del collo de gli animali,che uanno fiotto al giogo, & met tonfi parimente in fu ledislogagioni. Ch

V ite neta, & fua cifra i.

i a m a s i

la V i t e n era in T o f a n a T a m a ro ,u o ca b o lo

c o r r o t t o da T a m n o dal q u a le chiam arono i L a tin i la fu á uua T a * m in a . Sono i f u o ig e r m in i nella p rim a v era , qu a n d o noueUamcnte

iV

¡p u n ta n o daRa te r r a ,fim ili n elle f a t t e z z e lo r o a g l i ajparagi r e ? m an giaufi n e l m edefim o m o d o c o tt i n e i c ib i,c o m e c h e n on fieno p e r ò a l g u f l o c o j l a g g r a d e u o li, co m e g li a jp a r a g i.E n n e p e r tutta T o fc a n a ,( ? p a r im e n te n e l c o n ta d o di G o r itia a b o n d a n za gran» d e:la o n d e f e n e p o r ta n o affai m a z z i à v e n d e re i l i f u le. p i a z z e d te m p o p r o p r io d e g li asparagi i l M a r z o ro

, che

>e ?

l ' A p r i l e . Ben è uè*

p a r c h e q u e lla ,c h e n a fee in I ta lia ,d ifco r d i da q u e lla , che

f e r in e D io f c o r id e , n e l c o lo r e d cR 'u u e A m p e r o c h e la n o lir à p ro ­ d u c e i tiue r o f f e ,e ? q u e lla , d i c u i fc r iffe D io f c o r id e , d op o a l m i*

___

tu r a r ji d iu sn ta n o n ere

: ne, in a lt r o ,c h e

o o . M a c io m ai m ’ha p o tu to in d u r re

in q u e fto f i difeònuengo *

?o

à m u tare o p in io n e > ne a fa r

m i c r e d e r e ,c h e q u e ñ a p ia n ta ¡la a lt r o ,c h e la V i t e n e r a ,p e r h a u e r io v e d u to ,c h e i l f o f a t r o d e g li h o r t i p r o d u ce inai cim i lu o g h i le u u e n ere, in a lc u n i r o j f e , in a lc u n i g i a lle ,e ? i n a la m i u e r d i. p e r c io c h e ,la v a tu r a f u o l c o f l i l piud eüe

e r n e i f r u t t i : c o m e u eg g id m o m a m ffa m e n t o n e lle u u e , n elle c i r e g i e , ne i fichi, c r in m o lte a ltr e f o r t i d i f r u t t i . O n d e non c i d o v ia m o m arauigU are, f e la V i t e nera pro* d u c a in I ta lia l e u u e r o jfe ,e ? , in a lt r i p a efì p iu c a ld i » c o m e è la G r e c i a , V l A f ì a , l e p ro d u ca n e r e ; p e r cjfer co» f a h o rm a i a t u t t i c h ia r a ,c h e c o ta li d iu e r fìtà a c c a g i o n o ffieffe u o lte p e r la d iu e r fìtà d e i c li m i , e r d el te r r e n o . Per q u e fla ad u n qu e r a g io n e r à q u a l p e r m io g i u d ic io d iitr u g g e l ’ o b ie ttio n e d el c o lo r e d e l i u u e , c red o u era m en te, che la p i a n t a c i c u i è q u i i l r it r a tt o , f ì a la u e r a , c r le g ittim a V i t e n era : im p é r o ch e t u t t e j a l t r e f e m b ia n z e l e c o n f i m i * 40 Opinione d o n o . C r e d e fì o lt r e a c iò i lT u c b f ìo m e d ico d e n o str i te m p im o lto f a m o f o , c h e q u e lla fìa la le g ittim a V i t e n era , del Puchfio la q u a le ch ia m ia m o n o i in T o fc a n a c o m m m ie m e n tc V i i a lb a : quella d i c o , c h e h p d im o ñ r a ta n el p r in c ip io d i que* te p r o b a t a . jp 0 /¿¿ro pCr /d fec o n d a C le m a t id e . M a n o n m i p o ffo p e r tterun m o d o a c c o lla r e alla fu a o p in io n e , p e r effere io non u o lte u a ria re i c o l o r i n e i f i o r i ,

n elle p r u n e , n e lle m e le ,

p o c o da qu ella lo n t a n o . P e r c ia c h e la n o flra V i t ’a lb a n o n ha la r a d ic e di f u o r n e r a ,e ? d i d entro d i c o lo r d i beffo : non p r o d u c e le f r o n d i m in o r i d e ll’h c d c r a , m a p i u p r e ñ o m a g g io r i,

c r p iu

in to r n o dentate: n e p r o d u c e i l f a n é ri»

c e m o fo , ma fe r r a to in fiern e, m o lto d if i m i le in o g n i fu a fe m b ia n z a d a ll'u u e . A p p o c iò è quefta u lc e r a tiu a ,

„era lcrku 'd aG * eno.

u 'fc ‘ & ìe o u e f i p o n e :

Cr ¡ a v i t e

u^rtuc o flr c ttiu a , c h e p o f i l e d e .

cr f a t e

n e r a p e r i l c o n tr a r io g u a r ife e ¡’u lc e r e d el c o llo de i b u o i , cr l e d islo g a g io n i per l i S c r iffe d ella V i t e n era G a le n o a l v i , d elle f a c u lt a d e [ e m p iic i, c o fi d ic e n d o . L i

v i t e n e r a , la q u a le p r o p r ia m e n te f i ch ia m a B r i o n ia , ¿ i n o g n i c o f a f m i l e alla fo p r a d e tta b ia n c a , com e c h e ß a pe» r ò m eno u a lo r o fa . D ij f e M e fite ,c h e d e l f u c c o d i q u e lla p a r tic o la r m e n te ,c o n i u g u a l p a r te di m e le ,

er d i u in o , f i f i Cr ¡ f e r m e n t a t a : er f a ß i p a rim e n te im p ia ftr o della fu a r a d ic e , c r d i m ele, p e r i l m ed efim o ,il quale l e r if o lu e , e r d i f lr u g g e . O l t r e à c iò h a u en d o m i r id o tto a m em oria la V i t e b ia n c a , er la n e r a , q u ella c h e u o lg a m e n te chiam an o a lc u n i V i t ic e t i a , a ltr i M o m o r d ic a ,a ltr i B alfam ina, c r a ltr i Ca r a n za >no»

^

u na beuanda per le f e r o f i l e o t tim a ,

e ffo n d o n o d a D io fc o r id e f a t ta alcun a m e m o r ia , ne d irò q u i q u a n to n e r itr o u o f c r i t t o da i m o d e r n i. E t prima p r o d u c e a f f a i , & lu n g h i [ a r m e n t i , c o n i q u a li f i u a ella avolgen d o a Bai fini in a, d ic o , c h e la b a l s a m i n a & fua hift. c iò , c h e tron o-: l e c u i [ r o n d i fo n o q u a fì f i m ili à q u e lla d ella b rio n ia b ia n ca , ou era m en tc d elle u n i v in ifere* m a p i u p i c e i o l e , c r p iu m inu ta m ente in t a g lia t e : d a ll’ o r ig in e d è lie q u a li n a feo n o affai v i t ic c i , co n i q u a li fi u a ella arra m p a n d o in f u le p e r g o le , in f u l e f e r r ia t e g o n o d i p ie d e .

, in f u

i g r a t i c c i , e r in f u g l i a r b u fce U i, c h e f i g l i p o n ­

I l f i o f i o r e è q u a fi fin tile à q u e llo d e i c o c o m e r i , d i c o lo r e p a llid o : da c u i f i g e n e r a p ofeia il

f r u t t o , f in t ile d i fig u r a a lle u oua d elle g a lli n e , ma non p e r ò c o f i g r a f f o , c o n c e r t e p i c c i o l e , er r u u id e b o lle , n i e » ^ v a te f o p r a ¡ a f e o r z a à m o d o d i ¡ p i n e , carne f i u e d e n elle [ r o n d i d el d ip fa c o . E q ù e jlo f r u t t o , a u an ti c h e f i m a tu ri, v e r d e , m a d iu e n ta p o fe ia n e l m aturarfi r o j f o . P .p r e f i,c r c r e p a in p iu p e z z i >quando è m a tu r o ,p e r f e f t e f f o : c r e a * [c a n e p o f ■ ia f i f o n e , i l q u a le è d i f ir m a f i m ile à q u e U o d elle a n g u r ie, le q u a li n o i chiam iam o C o c o m e r i in T o f c a n a > m a p iu


Nel quarto lib.diDiofcoride.

6j 9

ma piu picciolo,cr fopva alla bianca, cr fua piu durafeorza>è

B A L S A i l i MA.

U t i li t à d 'u n 1

______ : r

r

,T . _

.ir

....

u,c"t; oempta tutto H¡no uacuo. Ha breue, cr fattile radiec.cr produce ilfrutto alia maturità il mefed’Agofto,cr di Set t embre. Non nafte in Italia iti alcuno luogo,ch'ioftppia,fc non Hanno le fuc fiondi uirtk di confolidare tutte le f li0 frutto, conferìfee à tutte le ferite , alle paftme, crulcere A n d a n e il dolore :cr parimente a H’ulcere > P°fteme>W dolori della madrice, quando nifi getta dentro con

J*f |

^

s

l*^ rln^ ' v *te * 1 ctolor^Mporto,criquellidell'bcmonfioi*

delle cottu re delfuoco,

cr di tutt? le calide pollone . Vale alle

che uoltinon equiuocaffe alcuno nel nome di quella pianta, c da fapere ( conte di[opra nel terzo libro al capitolo del Geranio fu detto ) chefouo alcuni, che chiamano.anchora Momordica quellafyc tic di Geranio, che produce le fiondi piu larghe. Chiamano tàV ite nera i Greci ,A v$&à(tafotuM ;iÌM ÌnìjVÌtisnigi‘4 : gli Arabi ,Peflrc Nwn«* fentanim, Fcflrcfim, Alftjirefìm, cr Fafcrjin :gli Spagnòli, Contorca.

Della Felce,

Cap.

CLXXXV.

L a f e i . c e produce le fuefrondi da un picciuolo fenzafufto,fcnza fióre, &fenza Teme, al!»

4° lunghezza d’un gombito,intagliate,come una ala fpicgata.d’odore alquanto fpiaceuolc.Ha la radice ira terra & terra, nera, & lunghetta, dalla quale efeono molti germini, al gufto alquanto cortrettiuat Naicc nei m onti, & in luoghi iaiTofi. La radice beuutaal pefo di quattro dramme con acqua melata, caccia fuori del corpo i uermini larghi.il che fa ella piu ualorofamente,quando fi dà con quattro obo li di fcammonea.oucro di elleboro nero : ma bifogna,che coloro, che cofi la tolgono,mangino pri­ ma dell aglio : fminuifee la grandezza della milza. La radice b f uuta,& impiartrata con grafcia»gioua alle ferite delle faette di canna. Il che fi proua : impcroche perifee tutta la felce, che fia circondata dà canne piantate ; & cofi per lo contrario, muoiono le canne cinte per intorno dalla felce.

Della Felce femìna. L a f e l c e le min a ha le frondi di felce ; ma non però come quella,procedono da un fol picei uolo, ma da molti, piu alti, & farmentofi. Ha m olte, & lunghe radici ..ritorte, le quali nel nero roffeggiano »come che ne fieno di quelle,che fon rofle. Quefte mangiate in lettouacio comporto con mele,cacciano i uermini larghi del corpo:& bcuutecon uino al pelo di tre dramme,cacciano i tódi. Mangiate dalle donne, le fanno diuentare ftcrili, & fanno {conciare le grauide, che ui padano {opra. Mettenfì utilmente trite in farinain fu l'ulcere humide, che malageuolmentc fi faldano.uagliono alle malattie del collo degli animali, che fi mettono al giogo . Mangianfi cotte le froadi fixfchc,quando germ ogliano, infieme con gli altri herbaggi, per mollificare il corpo.

Hb

1

L f. f e l c i


640 f e l c e

DifcorfidelMatthioli m a s c h i o

.

f e l c e

fe m i n a

.

l f . f e l c i tanto dico il mafehio, quanto la ftminafono a i tempi noliri notifime in Italia. delle quali cefi Felci,'Sc-loro éH 'txièa p JeliX . libro dcU'Littoria delle piantefcriffe Theophrafo, dicendo. la Fdee f mina incorporata con hiitoria. mele,è utile contra i uerminilargbi delle interiora : creontra i lunghi,data con farina d’orzo nel inno dolce .Scon cianjì le donne groffe, che fe la beuono :crFaltre ( fecondo che dicono ) diuentanofterili. E ueramente differenza dalla Felce femina al mafehio : percioche quefo ba le fo n d i , che procedono da unfolo picciuolo, er la radice ¡un-1 gaj,1’nera, & groffa.Credefi, chelanaturale generaffe piu perfare Sterilità,che per altro. Scriffenc pariatete Plinio al i x . cap. del x x v i 1 .libro, cofi dicendo. Sono di Felce duef e d e , non producono nefeme, ne fiore. QueUali (lima,chefìa il mafehio,che produce piu felci da unafola radice, lunghe piu di due gombitt.cr che non fono d'odore "f* faflidiofo. L’altra ha unfolfufto, e r non c ramufcolofa,ne fólta, ma piu brcue,cr piu tenera. Ha piu denfe fondi, fcr èihcauata appreffo alle radici. Ingraffanfii porci delle radici d’amcdue.Le fòglie fono pennute da ambedueilati; er in ambedue le f e d e fono le radici lunghe, non diritte, er di nero colore, er mafiimamente quando fono f c c h e ’. ma bifognafeccarle alfo le . N afono per tutto, er (penalmente in luoghifrigidi. Debbonfi cauare neU'afcondcrf delle Vergilie. Vfanft le radici il terzo anno,perche nonfono buone ne primate poi. Cacciano i stermini del corpo: slarghi beuute con mele, er gli altri beuute con uino dolce per tre giorni continui. L ’una, er Valtra è nociua aUó ftomaco. Sòluono il còrpo,cr prima cacciano la cholera,& poi Facqua,cr i uermini larghi meglio confcamonea, mettedouene ugual pefo. Vale la radice beunta con acqua al pefo di due oboli dopo l'astinenza d’un giorno alla rheu ma, ma bifognaprima mangiare un poco di mele. N e luna, ne Faltra fideue dare alle donne, perchefa fondare le grauide faflerili taltre. Trite inpolucre, giouanoall'ulcere maligne, er mettonfl parimente in fu l collo de ) buoi. Le fòglie ammazzano le cimici, e r cacciano uia i ferpenti. Et a l v i . cap.del x v n 1. libro. La Felce (di* cena \muore indite anni, quando nonflglildfcia mettercle fond i. Il che fi fapiu efficacemente, quando con un bufone fi rompono:: fuoi germini,percioche l fucco, che pofeia ne difilla, ammazza le radici. Dicono, che editati* d o f nel tempo del folfitio non rinafeono, ne manco quelle che f tagliano con le canne,oueramente arandof il tetre Felce fcritta no con un pezzo di canna ligato al uomero. Fece della Felce mcntione Galeno aU’ v i n .delle facultà de ifempheij da Galcofi dicendo. La Felce ha la fua radice neramente utilifima : imperoche ammazza i uermini larghi del corpo. I* perche non è marauiglia, fe nel medefmo modo ella ammazzali fanciullo nel corpo della madre, er cacciafuori it morto. E ella algutto amara, cr alquanto coflrettiua. Il ch ef a , che meffa infu Fulcere,lediffecchi uaìorefamemc fenza mordacità alcuna. Ha le uirtumedefìme quella,che fì chiamafm ina . Chiamano i Grecita Felce, Hnpis » dò fiorai. c r tftpior : i Latini, Filix :gh Arabi >Sarax, er Saracbs : ì Tedefbit Vualdtfarn : li Spagnoli, Helschoyerua •

t irancefi, Ofmunda regale .


N el quarto lib. diDiofcoride. Della Filicola,ouero Polipodio.

Cap.

641

CLXXXVII.

L a f i l i c o l a nafee nelle pietre mofcofe,& ne I tronchi necchi de gli alberi, & mafsime tu quelli delle qucrcie.alta una fpanna.fimile alla felce,pelofctta, ma non coft minutamente intagliata. Produce la radice pclofa,piena di certi crini arricciati,Umilia quellijchefi ueggono nel polpo pefee, grofla come il dito picciolo della mano,di colore di dentro uerdc.al güilo alquanto dolce, Si aultera • Ha uirtù di purgare.cuoceiì per foluere il corpo,con le galline,ouero con i pefei, ò con bieto­ le, ò con malua. La farina della lecca bcuuta con acqua melata,folue la cholera,& la flemma. Vale im l0 piaftrata efficacemente alle giunture fmofle>& alle fetole,che nafeono tra le dita. POLIPODIO.

VN’ALTRO

POLIPODIO.

l a f i l i c o l a coft chiamata da Ì Latini,chiamano i medici m o d ern a parimentegli ffetùli, imitando Polipoli o,8> Tua edàm. il Greco, Polipodio. E pianta hoggi notifiima à tutti , cr copiofifilma in Italta. Enne di due fretie : delle quali U prima è quefia, di cui tratta qui Diofcoride, c 7 che è in ufo cotidunamente nelle¡¡miarie. La feconda non nafee in ogni luogo >ma per il piu nellefelue de i monti. Produce quefia le fiondi molto/imiti all ajfileno,ma piu lunghe,piu verdi,cr piu intagliate : er la radiceJìmile aU'altra tanto di fórma,& difapore,quanto di colore,ma però alquanto piu picciola. Copia infinita ne nafee in alcune montagne, ebefipaffano per andare da Goritia in Camola, oue piu volte l'ho veduta io,ty ricolta. Mefite lodò quella,che nafee infu i tronchi degli alberi>er mafiime delle querele , Polipodio 5© affermando, che quella, che nafee infu le pietre, ha una certa humiditàfuperfìua indigella, da cui fi caufa agtitoU ferino da Me fue. mente uentofiù, fouuerfiorte di Homaco, er naufea • Il che diffe dipoi anchora generalmente di tutto il Vohpodio, non eccettuando piu quefto, che quello,coft dicendo . Il Polipodio è di quelle cofc,cbe uaiorofamentc estenuano,cr diffeccano i corpi, er fafouuerfione di ilomaco, er naufea A lch e non piacendo punto al Maliardo da Ferrara, non uolfe in modo alcuno accettare l’opinione di Mefue;dicendo, che per effere il Polipodio debilifiimo nelfoluere,, non può cofeguenteméte troppo efienuare i corpi : er che hafempre egli ritrouato per effcncZa,chefenza alcuna mole ftia purga il Polipodio: et imperò,che piu fi debbe credere ad A uerroe in quefla parte,il qual diffe effercil Polipolio Polipodio ficura medicina, cr migliore deWepuhimo, che a Mefite. Solue il Polipodio (fecondo cherifrnfcc A ttuario) la ferino da At­ cholera nera, c r laflemma, quando fi danno fei fcropoli della fua radice ben monda, con acqua melata. Solue egli il tuario , Si da corpo mediocremente fenza molefiia alcuna, quando fi cuoce lafua radice in brodo di gallina,ouero con laptijana. Galeno. 60 Scriffe del Polipolio Galeno aR‘v m . dellefiacuità de i femplici, coft dicendo. Il Polipodio e infiememente dolce, c r .iutiero, di modo che ualorofamcnte diffecca fenza mordacità alcuna. 1/ che pormi, che dimottn, che bemJSimo diceffc Mefite, che’l Polipodio eftenuqmw diffeccm uaiorofamentc >battendo egli talfentcnza preja da Galeno.


642

Diicorf i del Mattliioli D R IO P T E R I.

Nomi,

E t imperò f i uede coirà, ragione effefe egli ñato corretto dal Maliardo, degno neramente di maggior cenfura. Chiamano il Polipodio i Greci, noKuvóíity ; i Latini, Polipodium, er Viliculx :gli Arabi, Bisberg, Aibèìg, er Befjaigt : i Tedefchi, Enguelfuefz,Bdumjfdrr,o~ Dropffauuerz : li Spagnoli,mpo d io, CT Polipodio : i f rancefi, Plypode.

D el Driopteri.

Cap. C L X X X V III.

I l d r i o p t e r i nafcc trai mofeo delle quer­ ele uecchie,limile alla felce,ma con frondi molto man co intagliate: le cui radici fono intrigate in fc iVe{Ie,pe lofe , acerbe al g o fio , con alquanto di dolcezza. Q ue­ lla trita,& untala cadere i peli rungeli prima,fino che facciafudare,afciugali dipoi il fudore,& di nuouo ui fe ne impiaftra della frefca. D rio p teri, &

D r i o p t e r i noti uuol dire altro , che Felce di quer eia : imperoebe eUa nafce { come qui rijvrifce Diofcoridc)infu le quercie tiecchie trai mofeo, con fondi futili alla f l c e , ma 19 minori,CT manco intagliate. Et nonfolamente nafee nelle quer eie,ma tra le macchie, oue la terra Jìa humida, come nel cona tado di Goritia in piu luoghi (ì ritroua. E in Italia notifinta pianti : ©~imperò non accade à recitarne qui altra lunga hiflo rta,cr mafime per uedcrf ellafatta commune à tutte lefelue, out fan a delle quercie. Scrijfene Galeno al vi.delle facili* t i de i[empiici,cefi dicendo. Il Driopteri rapprefenta algu* fio una qualità mifla,cio è dolce,acuta, e r amara, eT nella ra» dice acerba. Hi uirtù incijìua : c r imperòfaella cadere ipeli. ■ Chiamanoil-DriopteriiGreci, Apoofìipis ; j Latini, Drio* 1° pteris, cr Eilix qucrcus.

iuaeflam.

Driopteri

fcricto daGa lcno.

N omi.

C N IC O .

D el Cnieo.

Capi

C L X X XIX.

I l c n i c o produce le frondi lunghette,dentate perintornojafprcj&fpinofe: ilfuitoalto un piede & mezo : nella cui fommità è un capitello grande, come una olilia grolfa. fa il: fiore di zaffaranoril feme bianco,

f

8c qualche uofta róffo,lungo,& riquadrato . Il fiore e in ufo nelle uiuande.il liquore,che fi fpreme dal ieme 4* pefto, beuuto con brodo di gallina, ouero con acqua melata,purga il corpo, ma nuoce allo flomaco.Fanoii cófortiniperfoluereilcorpo,m efchiando il fuo liquo re con mandorle,nitro,aneli,& mele cotto. Diuidonfi quelli pofeia in quattro partitila gradezza d’una noce luna, delle quali balla mangiare auanti cena due, oueramente tre. Il modo di fargli è coli .T o g lic fi del fuo feme bianco un fellatio,di mandorle monde abbruflo late tre ciathi,d’anifi un fell.ario,di fpiuma di nitro una dramma,& trenta fichi fecchi. 11 liquore del feme fa ap Ì ° prendere. C n ie o , & Tua diam i.

I l c n i c o e notifima piata, er chiamafi in Italia uol gannente zaffarano Saracinefco, quantunquegli frettali imi* tandogli Arabi lo chiamino Carthamo. Vfano alcuni il fuo fio re ne i cibi in ucce di zaffarano. Il femefoto c quello,che s’ado pera nell’ufo della medicina. Enne di due fretie, domcfiico ciò c,CT faluatico, come recita Theopbrajlo .cap.del v i . . libro deU’hìJlorid delle piante, CT noi ampiamente dicemmo di nel terzo libro al capitolo dell’ trattile. Solue il <>• ino ( diceua Mcfue ) laflemma per difotto,cr parimente per uó mito,cr fimilmente iacquofiù del corpo ; e r itale alle infimi*

a lm i

f opra

A

Cariba

tà>che


Nelcjtìartolib. diDiofcoridc.

64)

ù,che fi generano da quelle,come dolori colici,®-fimili. Alche gioita parimente meffio ne i crijleri. Umidifica, conformato in lettomelo, tipetto,e l polmone,® r ifilila la uocc : aumenta il fitto ufo ilfieme burnito . Il fittofiore ^ . , toko con acqna melata, gioita al trabocco difid o. Scuffiate breuememe Galeno al v i i . delle /acuità de 1 Jan* p lia , cofi dicendo. Vfiamo del Ciuco /blamente ilfieme per purgaremu M o l o difuori,é dafiapevc, che c egli ea lido nel terzo ordine. Chiamano il Ciuco i Greci Kvhus : i Latini, Oucus, ® Cnectts : gli Arabi, Kartam, c r Nomi. Charthomii TcdcfichfiVuilder /offrati ; li Spagnoli,Alacor, ®fornente depapagaios: i irance/ì,Soffrali bafitard, ® Soffratiftuttage. “

Della MercoreUa.

Cap.

CXC.

H a l a m e r c o r f .l l a frondi di bafilico, fimili à quelle della vctriola, ma minori : ifuoì furti hanno doppi nodi,& molte concauità d’a li. La femina è abondantc di grappolofo feme: ma dal inafehio pende il Tenie tra le frondi, piccio!oj&: tondo,come due tefticoli attaccati inficine. c pianta alta una fpanna, oucro maggiore. Mangiali l una»& l’altra tra gli altri herbaggi per foluere il corpo. La Ina decottione fatta nell acqua>& beuuta,foluc la cholera,& gli humori acquofi . Crtdclt, che le frondi della femina beuute, oucro mede nella natura dapoi alle purgationi del mertruo facciano ingrauidare di femina : & quelle del mafchio,di mafehio.

L a m e r c o r h l l a , la quale chiamano i Greci Linozoflis, tanto maficola,quanto fimina,è pianta no Mercorella, tifiima nonfido à i medici,® à gli frettali ; ma uolgarifiimaà ciaficuno.per il frequentìfiimo ufo, ched'uffa s'ha no & fin efian»! i cri-cri cotidiani. Scriffe Minia al v. cap.del x x v. libro,cofii dicendo. La U nozojli, la quale apprefifio a tutti nationc,& hi noi altri fi chiama Mercuriale, fu ritrouata da Mi nano. Ernie di dueffetic,mafehio rio ¿, ® filmina, la quale è la lloria* piu ualorofia. P r o d u c e / fatto alto ungombito, ® qualche uolta ramufculofo nella rima :fiono lefiue¡rondi minori del bafilico : hafrequentifiimi nodi,® molte concauità d’a li . Ilfieme gli pende da i nodi, ® nella fimina è piu co* piofo,cbe nel mafehio : nel quale appreffio à i nodi c raro, breue, ® ritorto : ® nella fimina ficiolto, ® bianco. L e /rondi del mafehio fono nere,® quelle dellafimina bianche.La radice, la quale èfiottile,non c di ualore alcuno. Na/ce nelle campagne,® in luoghi cokiuati. E cofa marauigliofa quello,chefi dice dell’una ® dell’altrafifietie, ciò èy'he’l mfichio generi mafehi,® la fimina/emine : quandofie ne bee il fucco confapa,fiubito dapoi alla concettione: 60 onero che fi mangino le fue frondi cotte nell’olio, ® fiale,oucro crude con aceto. Cucconla alcuni in una pignatta nuoua inficine con heliotropio,® due, oucrtre ¡f ighe,fino che fi cuocano. E t comandano,chefir ne beua la decot* rione il dì feguentc aUa purgatone, ® fi mangi lj;a ha nc i cibi tre giorni continui) cr che’l quarto giorno uficcndo


6 44

Difcòrfi del Matthioli

d e l b u g n o , f i c o n g ì u n g a n o l e d onn e c o n l ’ b u o m o ,

M a g n if i c i l e M e r c u r ia li U ip p o c r a te con m a r a u ig lio fe lo d i p er

t u f o d elle d onne ; q u a n tu n q u e n on f i e n o f in 'h o r a ( iu te c o n o ft iu t e da m ed ico a lc u n o ,

A d o p e r o lìe p e tò

e g li,a p p lic a li

d o te a i lu o g h i n a tu ra li d e lle d o n n e c o n m e l e , o n ero c o n o lio r o f a d o , o n ero d i g i g l i o , o n ero ir in o : c r u f o ì l e p er f r o u o c a r e i m e s t r u i ,c e le fe c o n d in e , d icen d o p o t e r e e lle f a r e i l m ed efim o b e u u t e ,

c r a p p lic a t e .

D '.ftillo n n e e g li i l

f u c c o n elle o r e c c h ie d e i f io r d i, c r u n f e u e lo co n u in o u c c c h io . A p p l i c ò I n fr o n d i p e r l i d o lo ri in f u ' l c o r p o , in f u f e p i p h o r è , c r i n fu la u e fc ic a p er V o rin a r it e n u t a . D e t t e n e la d e c o ttio n e c o n m irr h a , er in c e n fo . T o g lie fe n e un m a n ip o lo p e r fo lu e r e i l c o r p o n elle fe b b r i» c r c u o c e fi in d u c fe fta n j

cfa c q u a ,f in o

c h e f i co n fu m i la m e t à ,

cr b eu efi

p o fe ia c o n m e le , c r c o n f a l e : ma è n era m en te m ed icin a m o lto p iu f a lu tif ir a , q u a n d o ella f i c u o c e c o n u n g h ia d i p o r c o , o n ero c o n b r o d o d i g a l l o . V en fa ro n o a lc u n i,c h e ( u n a , c r l'a ltr a fip o ffa d are p e r le p u r g a tio n i,o u e r o la lo r o de

Mercorella

c o tt io n e in fìc m e c o n m a lu a . M o l l i f i c a n o i l p e t t o ,C T f o lu o n o la c b o le r a della M e rc o r e U a diffe V lin io ,

D e lla q u a le a l

xi

; ma n u o c o n o allo S to m a co . Qttcflo tu tto 10

i l d e lle f a c u lt à de i f e m p lic i f c r i u e n i o G a le n o ,c o fi d ice u a . V fa n o

ferite* da G* t u t t i la M e r c o r e lla fo la m e n te p e r le p u r g a t i o n i . N o n d im en o u o len d o a lcu n o ijp erim cn ta rla n e g l i e m p ia fir i , U r i « Jeao. Nomi. tr o u a r à ejfer d ig e fliu a n elle f a c u lt à f u e . c h ia m a n o i G r e c i la m e r co r e lla , A m % v t f : i u t i n i , L i n o z o d i s .c r M e r c u r ia lis

:i

T c i e f t h i ,t t in g e lk r a u t : li S p a g n o li,M e r c u r ia le ,c r V r tig n a m u e rta : i l'r a n c e fi, M e r c u r ia le .

D elCinocram be.

Cap.

CXCT.

I l c i n o c r a m b f . fa ungamboncello alto due fpanne,tenero, & bianchiccio : le frondi fono limili à quelle della mercorella, ouero dell’hedera,& per inter- i0 ualli bianchiccie : il Teme c appreffb alle frondi,piccio­ lo,& tondo.Le frondi beuute infieme co’l furto,foluo no il corpo. C otte come gli altri herbaggi, foluono la cholera,la flemma>& gli humori acquo». * I Cinoerabe,

& fuadfam. Errore del Ruellio.

Nomi.

C r f. n g s i il KitcUio,chcl Cinocrabe, c r f Atriplice faluatico fieno una medefi na cofa. Maper conofcerlo io parti cohmente differente ,c r p e r bauer Diofcoride particolare mente trattato dell' Atriplice faluatico di fopra nel fecóndo li* bro infieme co’l domefticojion poffofe non affermare, ingan* 30 narft qui férmamente il Ruellio. Nafte adunque il Cinocràbe, il quale chiamiamo noi Mercorella bafiarda, per ogni luogo d’Italia, ne i campi, per le uie,cr parimente nelle uignefccon do che lo deferiue Diofcoride. E egli affai differente dall’atri* plice faluatico,il quale crefcc qualche uolta all’altezza di due gombiti,cr non di dueJeanne.Di queflo non ritrouo io, chefa ceffe ne i libri defemplici Galeno mentione alcuna : imperoebe d’altro Cinocrambe nonfcriffe egli, che dell’ Apocino, come di fopra al fuo proprio capitolo chiaramentefi uede. Chiama3 no i Greci il Cinocrambe,^ovau.fdiiC» ; ì Latini , Cynocram* 4° he, c r Grafica canina : i Tedefchi, Vuild bingelkraut.

D ell’Heliotropio maggiore. Cap. C X C 1 I . ^ \ '?>— ■ - L o h F. l i o t it o p i o grande produce il fiore Imile alla coda d’uno fcorpione.Ia onde c chiamato fcorpiuro : & perche gira le fue frondi infieme o’ifole, c chiamato heliotropio. Ha frondi di bafilico, ma piu pelote, piu bianche, & piu grandi. iroducc fu dalla radice tre,quattro,&fpeflo cinque furti, con molte concauità d’ali:nelle cui fonanirà fono ifioribianchi,oueroroteigni,i quali fi piegano àm odo d’una coda di fcorpione.’ e la lua 5 adice fiottile,& inutile. nafee in luoghi afpri. La decottione d’un manipolo dell’herba fatta nell ac[ua ,b e u u ta , purga per il corpo lacholera ,& la flemma. Vale tanto bcuutacon uino, quanto emliartrara, alle punture de gli feorpioni. Legali addoflo per impedire la concettione. D icon o, che landofi una hora atlanti al principio quattro grani del fuo feme à bere con uino , liberano dalla feb ■ ire quartana : & tre dalla terzana. 11 feme impiartrato,diflecca le formiche uerrucali>& pendenti,! t i ni, & Umilmente l’cpinittidi. Impiaftranfi utilmente le frondi àgli ardori del capo de fanciulli,al e podagre, & alle dislogagioni delle giunture: prouocano i meftrui: & applicate trite di fiotto anno partorire.

DeirH cliotropio minore.

Cap.

CXCIII.

L o h e l i o t r o p i o minore nafee nelle paludi,&appreffo à i laghi, con frondi limili a quel : del predetto, ma piu tonde ; produce tondo anchora il fem e, come quelle uerruche

60


Nel quarto lib. di Diofcoride. H ELIO TR

O P IO M A G G IO R E .

64 j

« E L I O T R O P I O M IN O R E ,

aü»

i* C A L T H A.

chiamano ncrocordone. L’hcrba beuuta infierne con il fuo femé, n¡tro,biííbpo,nafturzo A ' acqua» caccia fuo­ ri i uermini del corpo tanto larghi, quanto tondi. T o glie uia impiaflrata con fale quelle verruche, che chia­ mano acrocordone. Q

v a n tv n

q j

e fc r ìu i

D io fe o r id e , ch e ì'H e lio tr o »

p i o m a g g iore nafea fo la m it c in lu o g h i afì>ri;nodimeno in T o f c a ,

Heliorropio & loro eflim.

n a ,c r n el co ta d o di G o r itia n a fte e g li c o p io fifiim o q uafi c o m a nem e te p e r t u t to , n e i cam pi, lu n g o le u ie,n elle p i a z z e d e lle c a * ñ e ü a ,in lu o g h i f e c c h i ,

cr a rcn o fì, e r p e r f i n o

appreffo le c a f e ,

c o n tu tte q u elle u e r c n o te ,c h e g l i a t t r i b u ir e D io fc o r id e .C b ia * m anió i n o ftr ifr e tia li V e r r u c a r ia ,c r i lu u lg o h erb a de ip o r r i: im p e r o ch e fr e g a n d o fe n e i p o n i , g li c a ccia u a lo r o fa m e n te .

Et

im p erò erra n o {co m e b en d ice anchora i l K u e U io ) c o lo r o , c h e fi p e n fa n o ,c h e la C a lc d o la M q u a l n o i chiam iam o in T o fc a n a Y io r ra n c io ,j ì a l'H e lio tr o p io m a g g io r e : p e r c io c h e in a lcu n a nota n o n g li c o r r iffo n d e . A lc u n i,p e r u e d e r e ,c h e 'lfu o fe m e è alquan

.jo

t o r ito r to ,fim ile a lle co d e de g l i fe o r p io n i, han no c r e d u t o , ch e jìa la C a len d ola

Z’He lio tr o p io ;

non a cco r g e n d o li,ch e

D io feo ri»

de d iffe ,ch e i f i o r i , c r non i l fe m e deH’ H e lio tr o p io ,fl raffem bra* tu n o a lle co d e d e g l i f e o r p i o n i . 11 R u e llio d ic e , c h e in Tracia fi chiam a h e r b a c a n c r i, p e r fo m ig lia r fi i l f i o r e alle cod e d e ig a b a r i . A l c h e non co n fen to io : p e r c io c h e a ltrim en ti f o n f a t t e le c o d e de ig a m b a r i, c h e q u e lle d e g l i f e o r p i o n i . M a p iu p r e ñ o m i p a r di c re d e re ,ch 'e lla f i chia m i herba c a n cri,p e r

f effètto

m ira•

b ile ,c h e f a ne c a n c h e r i,c r in t u tte i u l c e r e canchero fé : n el ch e

60

co n m ira b ile fu c c e ffo

f adoperano i c h ir u r g ic i in

T o fc a n a .

Il Heliorropio

m ino re h o u e d u to p iu u o lte appreffo à i la g h i,c r nelle p a lu d i in f u ’ l d iffr e tto d i T r e n to ,d e l t u t to fim ile a q uefio d i D i o f roride, &

m o jlr it o lo

4 d iu erff m e d ic i,? ? fr e tta li. Non r itr o u o i o , ch e deH’Helio»

(ni note.


6 46

Diicorfi del Matthioli

dell'Heliatropio tanto maggiore,quanto minore faceffe mentirne alcuna Galeno ne i libri d(.i[empiici: quantunque

Caltha,8ífujL d’amendue ne reciti Paolo Egineta quanto ne tolfe da Diojcoride. Vogliono alcuni de moderni,che Li Calendola fui hittona-

Nomi,

dettajìala, c a l t h e a di Vergiko,cr di Plinio,fòndando/ifolamente nell'aureo colore defuoi perpetuifiori, Il che non fo io negare,ne parimente affermare,non hauendone altra intelligenzaf N oi in Tofcana la mangiamo nel le infalate,zr fentefi nel gufarla mamfeoamente[ittica, er cojìrettiua,con una certa quafi infenftbile amaritudine. Et però nonfo come dicono alcuni de moderni,ch’ella prouochi i meJlrui.Se già ciò nonfaceffe ella per fpetial dote datale dalla natura.Lapoluere dellafecca meffafopra i denti, chedogliano, ui confirifce affai, Chiamano i Gre* ei rfieliotropiOfH’tatTfe^/or : i Latini, HsUotropium.

P ella Scorpioide

Cap.

C X C II IL

*♦

L a s c o r p i o i d e èunaherbettaicheprodu ce poche frondi,il cui Teme è fimile alle code de gli feor p io n i. Quefta, impia ftrata in fu le punture de gli icorpioni,è ucramente rimedio prefentaneo. Scorpioide, & lui eflam,

Scorpioide ferirci da G a leno.

Nomi.

S e i ’ a l t r e note corrijfondeffera atthiftoria, che D iofeorideferine della Scorpioide, come ui comffÒie il feme, farebbe neramente da dire,che fuffe la Calendola. Ma produccn do quefta affaifiondi,cr lunghe,cr quella poche, cr breui, non fi può fe no dire,che errino coloro, chefi credono, chela Calai* dola fia la Scorpioide. Quefta ho ueduto io in un borio di M. Giuliano da Maroftega medico di Ciuidale di Auftriaicr panni che del tuttofigli rafjomiglic, onte fi può giudicare dalprefente ritratto, quantunque non manchino huomini dottifiimi,che han no opinioni diuerfa dalla noiìra. Scriffene brevemente Galeno all’v 1 1 1.delle[acuità de i [empiici,cof i tlicédo. La Scorpioide [calda nel terzo ordine, e r diffecca nel fecondo. Chiamano i Greci la Scorpioide, ; i Latini » Scorpioides.

«

IL F I N E D E L Q J 7 A R T O L I B R O .

I D IS C O R *


I DISCORSI DI ÌV0 PIEA N D R E A MATTHIOLI Medico Sanefe, ro

NEL Q V1N TO LIB% 0 DELLA M A T E R IA M E D I C I N A L E

DI

P E D A C I O

Dioicoride Anazarbeo.

Proemio. ¿9

E I q u a t t r o libri fcritti di fopra.Ario amantifsimo,habbiamo trattato de gli odoramcnti.de gli unguentile gli oljj.de gli alberi, & parimente delle lagrime, Se de i frutti loro : & oltre à ciò de gli animali,del mele,del latte,de i grafsi, delle biade, delle herbe de gli horti,& d’ogni forte di radici, d’herbe.di fucchi,& di fcmi.Ma hora in quello quinto volume,fine di tutta l’opera,diremo de iu in i,& delle colè me­ talliche :& però cominciaremo prima il trattato npftro dalla uite. DISCORSO

DEL M ATTH IOLI.

E s c h e acrmente è malageuol cofa, anzi quafi imponibile,che nonftpendofi i fondamen* t i , er i principij umucrfali di qualfi uogliafeienza , ó fatuità ,fipojfano inpenalità benfa» pere tutte ialtre cofe, che nefeguiuno, er ui fi ricercano; però pumi effer fiato non meno necefftrio, che utile di douere in quefio luogo umuerfalmente trattare dell'origine, cr mate» ria metallica, er minerale. Di cui quantunque trattaffe in quello quinto libro (fetìalmcnte __________ Diofcoride, c r parimente Galeno neJuoi libri delle/acuità de f empiici; nondimeno non ha» ttendo (alcun di loro fatto memoria alcuna ne deTorigine, ne della materia, ne delle caufe , ne d>alcune altre prin* cipali confiderai ioni molto neramente ncceffarie, c r degne da ejfere ìntefe, non ho potuto mancare di non diluci» dare tutte quelle cofe , le quali cojt in quelli, come negli altri femptìci medicamenti mi paiono ncceffarie per ufo, c r beneficio commune. Dico adunque, che ejfaminando molti tanto degli antichi, quanto de i moderni autori, che hannofcrittofopra quefia materia, nonfidamente gli ritrouo effer molto differenti ; ma in.alcune cofe attcho» ra contrarif. Et quantunque alcuni di loro s'accofiino affai il itero ; nondimeno à me pare, che non compiutamente efplichino tutto quello, che di nccefiità utfi richiede. Fannoft { dice Ariftotile ) tutte le pietre, che meffe nelfino, co nonfi liquefiamo, d'una esbalatione della terrafiecca, cr fòcofa. Dalia quale propofiuionc fi può confeguente» mente dire, che di mente d’Ariftotile le pietre, chefi liquefianno al fuoco, comefono quelle, che contengono in fe uene di metalli, c r altre, fi generino per lo contrario d'una esbalatione humidx. A Ha quale opinione non adheri» feono punto coloro, che piu profóndamente, erpiu diligentemente hanno di ciò inueftigato, credendoli, che mal» to mancofi poffano generare le pietre di uapore, che le terre. Imperoche la poluere, che coflfi gcncrafj'e, non mai potrebbe di ptu cofefar unafola fenza il mefeokmento di qualche bumore-.cr cofl parimente tutte le pietre, che non fi liquefianno, fi diffoluerieno agcuolmcnte in poluere, cr in rena fenza molta fatica de gli artefici che ¡epe» fiafferò ,fe folamente fuffero generatefenza alcuno humore, ò di rcna,ó di poluere. Vergiamo noi continuamente <j>0 pietre infinite, durifiime, firme, cr pefanti. finche fenza alcun dubbio ne dimoftra, chefieno generate d'altra ma teria , che di uapore. Perciociafe d'tffo folo generate fòffero , non c dubbio alcuno, che maggiormente generarfi doueffero nellafuprma regione dell’aria appreffo all'elemento delfuoco, che nella nrilra inferiore della terra :fa» pendofi quanto quella partefupremapiu uenga accefa dal uelocifiimo mouimento, cr cornerfionc de corpi cclefli. Onde farebbe neceffaria cofa, che fe non in altri tempi. almeno ogni uolta che fi ueggono comete, fiaccole, tratti, Cr fiamme ardenti nell'aria, cafcaffcro dal cielo ò pietre , oueramente terra. il che però non ueggiamo. Et quan» tunqucfiricrouino alcunifcritton di grandifiimi prodigij, che dicono effere quakhc uolta piouute le pietre, come fcriue Plinio , cr degli altri ; nondimeno Anfiotilc non tenne opinione, che le pietre fi poteffero generare nell'ae» r e . 11nperoche fcriuendo egli effer cafcata dal ciclo una pietra , dice che dal uento ui fu ella portata. Ma fe pietre figenerano per alcun tempo nell’aere ( come non ¡leghiamofarfi ) chi ne ueta, che non pofiiamo dire, ch'ellefi fac» g 0 ciano della iìtefft materia, chefi fanno in terra ; La qual materia può ageuolacnte ejfer caufutada uiolentifime temprile, generando con alcun moto repentino nel nafeimento fino quei corpi terrrilri dalli permutaiione degli al* tri clementi, T hcophraslo poi tiene, che non/lamentele pietre, ma anchora le terrefi facciano d’una materia .pura, Seguale fatta ò per confiuJfò,ofier cerio percolammo, ò in altro modofcparata. La quale opinione qua/ tunqtic

Varie opi­ nioni intor­ no ali, pene rjtione delie Opinione di

Andatile.

O pinione di Theoplir.


¿4$

DifcorfidelMatthioli

tunque babbi* inf i qualche ragione : non però panni che diutnti ella tale per quegli due modifo li. Ne quantunque effi materiafi* profiliti i purifima te r r a è però tu tti pietra ; mafi fa pura, e r egualtanchora per altre uie, co* me quando ttafconogli humori. Et è qualche uolta anebora neceffario, che cotal materiafatta in quefii due modi fta primamente cotta dal caldo, acciockc di quindi fi generi pofeia lo humore, di cuifinalmente fi generano quelle pietre, che fi liqttefanno abfuoco. Ne f i , óltre à ciò, come feufarefipoffapiu auanti Theophrafto tenendo,che ogni p ie tr a er le pretiofe aneli ora abqndinodi terra,dicendo egli efrrejfunente che di ttrite quetic cefi, che fono in terra alcunefono acquee, er alcune terrene : er che acqueefono quelle, che contengono in fe metalli, come oro, er argento, er altri ; er terrene fono le pietre, er tutte lefrette delle pietre prctiofe ,e r parimente tutte lefre* tie delle terre, che fono in confideratione, ó perla qualità del colore, ò per effer polite, er lifeie, ò per ejferfai* de, er firme, ò per altra loro frettalefacuità . Dal che fi può conflderare efferfi in quefto non poco ingannato Theo 1® phrajìo : perciochefe la opinionefuafuffe uera, non fi ritrouarebbe gemma alcuna, che riluccffé,.auenga che mol* tefe ne ritrouino, che lucono. E t però non tutte le frette deHepietre pretiofefono terrene, ma acquee, ciò cfatteOpinione di di un humore, in cui è molto piu pefo (Tacqui , che di terra. Piu uera, & piu ragioneuole delle opinioni di Ari Auicenna ac fiatile , & di Thcopkradoparmi ueramente la opinione d'Auicenna feguitato in quefla parte da Alberto: perciò* c e iu u . c])e qMntunque non efrlicajfe effo Auicenna in quanti modi fi poffa congregar la materia delle pietre ; dijfe però èffere un luto uifeofo, er acqua, non intendendo però acquafempliee, ma mcfcolata con terra. In cui quando piu terra, che acqua firitroua,fi chiama luto : er quando piu acqua, che terra, fi chiama fic c o . I mperocbe il luto non ■ è altro, che terra bagnata dall'acqua : ne altro è il fucco, che acqua, la quale habbia infe della terra , ò qualche parte metallica A l luto adunque, che ha dafarfi pietra, bifogna chefia coft uifeofo, come quello, chef i fa di ere* ta, er d'acqua, onde fi fanno i mattoni, er le uafa di terra. percioche da ogni altro, oue nonfta tenacità alcuna, 19 ageuolmente (ifepara Thumore,er piu prefio cuocendoli diuenta potuere, che pietra A lche non internate nel lu* to tenace : imperoche il calor delfuoco nel fuo primo operate, Tindurifce diffeccandolo, c r fatto diuentare unafu* ftanza mezana tra luto,e r pietra : er pofeia con laperfeucranzddi cotale operare,er parimente con la uehemen* z a , lo fa diuentar pietra . E anchora neceffario, che il fucco, che ha da diuentar pietra, fia uifeofo. il che manifi* ftamentefì ucicne corpi nofiri, offendo già lungamente determinato da i medici, che non d’altrondeflgencra la pietra nelle reni, er nella uefcica, che da tenaci, e r uifeofi humori cotti con certo tempo dal calor nofiro interio* re . Et però diremo che non d’altra materia fi generino le pietre prctiofe truffiorenthfi non d’unfucco,il quale con* tenga infe molto piu acqua, che terr4 ■ Imperochefe cofì d'acquafolaflfaceffero ette, comefcriueTheophrafio, Errore di mejj'c ncl\<acqua non andarebbeno al fondo,ma nuotarebbeno di fopra,come fa il ghiaccio, er la grandine. Et però Pimi0. (come piu aitanti alfuo luogo diremo ) falfa er erronea è la opinione di Plinio, er parimente di tutti coloro, che 1° vogliono, che il criftattofta congelato di neue ,uedendofi, che mejfo nell'acquafubito fe ne feende al fondo. Gene* ranfì oltre à ciò le pietre dalle ifieffe pietre, fecondo che le acque de riui, defiumi, er delle uene fittem nec ,che corrotto fopra fa fi, del continuo ne rodono lafuperficie, come apparentemente fìuedegenerarfl ne canali oue al* cune acque calde trafeorrono, alcune fàffofe crefre induritevi dalf ole : le quali per effere compatte di minutifimi frammentifono affai manco dure, c r piu fragili dette altre pietre. Vedefi quefto apertamente in alcune acque di bagni,& fretialmcnte nel nofiro contado di Siena nel bagno difan Pbilippo. otte dati'acquafi generano alcune pie dote pietre, che netta bianchezza>c r netta materia del tuttofi raffembrano al zuccharo, di modo che talmentefi raffomigliano, er àgli anefl, er à i coriandoli, er altri confitti, che f i tengono nellefrettarie, che fono alcuni t che empiendone le fcatole, pigliandoli piacer di ridere, ingannano agevolmente^ altrui, dandone nei conuitì a qualche buon compagno, à cui molto piacciano i confitti A lch e parimentef i uede in coloro, che tolgono la doccia 4° dellacqua di quefto bagno in fu i capo. imperoche in breui giorni genera toro fopra i tofi capetti alcune granella di quefta itteffamateria,fimili à gli anefi confitti : i quali nonfe nefriccanofenon con lungo tempo. Vedefi parimeli* te quefto medeflmo in alcune frilonche, er concauità de monti, oue dall'acque, che iui trapelano tra le fiffure de fa f i , trifi fanno nelle parti fuperiori alcune lunghe pietre fimili a quel ghiaccio, che fìuede nel tempo del iterilo pender da i tetti, quando tri fi liquefa la neue : le quali fono douc diun colore, er doue d'uno altro, fecondo il colo* re defafi i , da cui porta uia l'acqua lafuperficie loro, Onde intcruiene,che dalle rafure defafii, di cui fifa la cab cina,fìfa ilgejfo , la pietra meìitite, er parimente la galattite, quando mefcolate conFacquafidiffeccano. Et nel medefimo modo fi fa la kematite, er la pietra chiamatafchittos, dette rafure dèlie pietre roffe. Et ritrouanfifreffo per le medefime ragioni nette commeffure de marmi macchiati, e r di quelli anchora, che tirano al bigio, i dattoh Succo natu- chiamati idei, le pietre Giudaiche, le trochite,zr altre fim ili. Ma il fucco, il quale catto naturalmente à farfi 5« ral mente pie pietra , èfenza dubbio differente dall’acqua predetta, ò per battere egli in fe piufedirne, ò perche Facqua, che ui fi »tifico. contiene, fiapiuftefiitadalfuoco che cuoce ,ò perche fia in èffo alcuna co ft, che tenga moltodel coftrettiuo. di cui credo io,che nafeano nel fóndo del mare i coralli. Vltimamente fi può dire effer materia dafarfi pietra ogni co* fa porofa, er penetrabile, in cui pofft queftofucco pietrifico ageuolmente cacciarfi dentro, tanto dico fitto terra, quanto fopra effa, portami dall'acque. Il perchefi ueggono atte ttolte cornerfi infafii, er alberi, er animali,oue* r amente parte di ciafcuni, come fanno tefiimonio per tutto ¿Boemi: per efferfiritrouato in piu luoghi di quclre* gtio ( come fcriue l'Aricola ) alberi con la feorza, rami, midolla, er radici tutti cornerfi in durifiima pietra. Et già ho ueduto io un ramo d’un albero cauato dalla riua (Futi lago, il quale parte era pietra, er parte legno. Et pa* rimente un tefiicolo d’un cauatto conuerfo inpietra dimottrauagià ciafiunonel fóndaco de Tedefchi NI. Antonio Golb agente de Euccari. Corna, er offa d’animali, er parimente nicchi dipefei contterfl del tutto in pietra per li campi, cr per le campagne di uari) luoghi d'Italia,4firitrouanofreffo à i giorni nofiri. er però non accadeà darne altra teftimonianza. Onde uengo bora à concludere, chela materia, da cui nafeono le pietre, non ¿foltamente d’una fo r te >


Nel quinto lib.di Diofcoride

6àrc>

forte, ma di molte : ciò è, luto ,m cui piu terra uifcofa che acqui fi ritroui :frucco.il qual contenga affai piu acqua, che terra, congelato dagrondiamofreddo :fuperfìcie leuata da i[afri, cr tramortita dall'acqua : fucco natura!* mentepietrifico : c r ogni materia porofa, che il predettofracco in frccapirepojfra. Parimente ragionando de me* fopu talli, er delle tiene loro, dico che gli fin ito ri, che <fefii trattarono, maUgeuolmentc %accordano. per ritrattare la generala­ to altra effrerela opinione depbilofopbi,altra quella degli alchimifii, er altra quella degli alìrologi, da etti del cut* ne 4« inecalto $'allontanai’opinione deluulgo ,per efrfrer contraria à quello¡che la cficrienza, ondefi caia la iteriti delle cofre lifrenfratamente » ne dimoftra. Tiene il uulgo per cofra certa, ehc nonfidamente tutti ifrafii, chefrono, er fremprefra <je] ranno in terra ; ma anchora tutte le uene de metalli, tutte le gemme,cr pietre pretiefe, cofi come di giorno in gior* fiutata/' no fi ritrouano nelle uifeere iella terra ,fuffero tutte infilane nella prima mattone del mondofratte da Dio : negati* 10 do, che dapoi in quafila nata, er rinata materia alcuna per crearne continuamente delle altre. Ne s’accorgono que• Sti quanto gratidifiima ingiuriafacciano alla natura, la qual continuamente nonfa altro, che produrre di nuotto le cofre, che frempreper lo paffrato produffe. Delquale affai grondano errore ci rende tcfhmonio il ueder noi, che infinite fino le caue di uarie, er diuerfre miniere refiate lungamente frenza piu cauarui abbandonate-.doue prima li* Meramente per ampia firada cauata in durifiimo fraffro caminauano gli huomini, er le carrette. che dopo il tempo di trenta, CT piu anni udendo i meiefrtmi cauatori tornare à riuederle, hanno ritrouato la pietra in tanto ricre(cinta, che frenza l’aiuto de i picconi, er de gli (carpelli non uifrono potuti poffare, ne uederne la fine. Oltre à ciò ncUìifo* la della Elba non molto lungi dalle noftre maremme di Siena, oue per tutto fono caue di miniere di fèrro, è cofa cer tifiima ,rigemraruificopiofifiimo, otte prima molti annifu canato. Ma ritornando alle opinioni de philofrophi, Opinione de er degli alchimifii, uuole Ariftotile ( comefu detto per aitanti ) che la materia, da cui procedono i metalli, fio.fio* 40 lamente un uaporc humido : come che parte de gli alchimia uogliono, che tutti i metallifieno generati nelle uifeere “““ 1 della terra, d’argento uiuo, er di frolfo, er parte d’ttna cenere bagnata, er abbambata d'acqua • Le quali opinioni effendofinalmentefalfe, ingannano tutti coloro, che [opra cotali fondamentifrabricano lor diuerfre, er faifrc chime* r e , come con uiue, er uere ragioni prona contra di loro Vacutifiimo Agricola, con la cui guida uo caminando io in tutto quefio procejfro. Ma ben non fiDiamente è da credere anzi férmamente da tenere che altro non fieno le ma* Materna meterie,da cuiprocedono i metalli ,fre non fruftanze elementari, le quali tanto piu generano perfètto il metallo ; quan* tallita. to piu fi ritrouano con uguale qualità, er quantità infìeme proporciotiate, er frottilmcnte purificate. Che adunque cojìfìa, er che nei metalli [introni [acuità elementare acquea,nefa teflimonio il ueder noi, che[ufi nelfuoco fini* [cono er corrono, comefra l'acqua : & che co’l freddo deliaria, cr parimente dell'acquafi condenfrano ,ey fannofi duri A lch e ne dimostra, che nella mifiura loro fia ueramente molto piu acqua, che terra : la quale è(blamente tati* j o ta, che quantunquefourifrea la trafiarenz* deliacqua ,non però gli toglie ella la lucidezza • ’Bene è uero,che yuan* to piu purafiritroua la mifiura, tanto piufi genera ( come s’è detto ) pretiofro metallo, er piu al fuoco confiante. Ma quanta terrafìa in questo, ò in quell’altro humore, di cui fi generano i metalli, non é pofiibile di determinare : effendo quefio folamentefrecreto di D io, da cuifu dato alla natura alcune leggi certe, er definite, comefi doueffre* ro le cofre mtfcolxre tra feftejfe. Che cofafiapoi cagione, che di cotalmifiurafìfacciano i metalli, altro nonfi Caufe può dire che fìa, fenon il caldo, cr il freddo, chefi ritrouano nelle uifeere della terra A l caldo, dico ,coccndo, f.,nno Se„ee r purificando la miftione deU’humore metallico : er il fi-eddo condensandolo, er facendolo duro. Et clic quello rare i metalfra il uero, la efierienza ne lo dimoftra : udendo noi, che il caldo delfuoco fonde ogni metallo, er che il medefimo 11 >& lc P,e* fuoco, quando lungamente perfeuera dopo lafufione, lo diftrugge, er lo calcina del tutto, eccetto l’ero. Et però “ * erronea, cr [alfa dir puofii la opinione di coloro, chefi credono, che (blamente con il calarfrotterrancofifacciano 4 ° i metalli. Sono appo quefio altri, che uogliono, che i metalli fieno generati dalle uirtù celcfii de pianeti : ciò è che l’oro fia generato dal Sole, l'argento dalla L una, il fèrro da Marte,lo argento uiuo da Mercurio,lo fiagno da Gio* ite, il rame da Venere, cr ii piombo da Saturno. Et che fecondo che i metallifono generati fililialmente daquefic {Ielle erranti, cefi le gioie, cr le pietre pretiofe fieno generate dalle¡Iellefiffe. Il che quantunqueà molti nonfo* disfaccia, per parer loro effrere quefie caufe molto rimote, crritrouarfette delialtre molto piu propinque ; non* dimeno fi può molto ben credere, chele cofre nofire infèrioriffinite, er terrefiri, non fieno rette, er gouernatefe uon daUefuperiori infinite, c r celcfii : le qualifono finalmente per lunghi giri caufra di tutte le caufe,er remote,er propinque. Cofi fimilmente dico, che la caufra della generatone delle pietre non fempre procede dafr eddofrolo, cr da caldofrolo ; ma hor dall'uno, cr hor dall'altro di quelli. Quelle adunque pietre diremo effer generate, er indù* vite dal caldo, che poffrono effrere, cr fono disfatte dall'acqua : cr quelle congelate, cr fatte dure dalfreddo, chefi f o liquefranno con fuoco, comefono i ciottoli, cr la ghiaia defiumi,di cui eleggendo i bianchi fanno fondendoli gli ar• tcfici il uetro. Imperoche il caldo rifoluendo ogni humore indura diffreccando la matteria atta à farfi pietra: cr il freddo ftmgendolane (preme fuori ogni calore, come fa parimente quando congelai'acqua in ghiaccio .l'acqua del quale quando uien dnfattd dal Sole, non per altro ( come fcriue Galeno ) è uituperata per f ufo del bere ,fenon perche quando eUafi congelò ,fu priuata d’ogni calore, cr d’ogni partefottile . A quefie due già dette caufe s'ag« giunge una altra apparentifiima caufra, ciò è quel humore già detto, ouero ficco pietrifico : il quale o cofipuro, ò mefcolito con acqua, ritrouanio alcun corpo porofo ò di pianta,ò d'animale¿oue poffa egli liberamente entrare, lo conuerte ( come èfiato detto ) ageuolmente in pietra. Et però non è marauiglìa, fe al mondofi ritmino alcuni fonti, mi,fium i, cr laghi, con le cui acque fia mefturato quefio ficco pietrifico, i quali poffrono con certo fiotto di tempo conuertire in pietra ciò che nifi gitta dentro,che fia penetrato da effo. Ma è però da[opere,che quefio coft ¿ o fatto humore nonfi conuerte ageuolmente in pietra, quando uiene agitato dal moto,fregia nonfoffe egli difijtanza molto gr offro : ma entrato, che fia nelle porofità ,ò di legno, òdi offro, òdi altra parte d’animale ,oue refu quieto, w fi ripofi, ui uiene ageuolmente poi congelato dal freddo, come interuicnc in quel fonte de Gothi. le cui gocciole

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Difcorfi del Matthioli

udendo in terra >oue non fono agitate da moto alcuno ,fi condcnfano in pietra,per U frigidezza deh'aria, che le circonda. Mafe c nero, che ne i monti Pirenei fieno alcuni luoghi, oue. l'acqua piouana diuenca pietra, fi può dire, che ciò polfaquiui accadere, perche cotal acqua mefchiata con la terra fía pian piano cotta dalfole : oueramcnte eh'eüafiafre fita da unafaculta fece* molto ualorofa, caufata dal calore della terra. impcroche nell'uno, cr nell'al tro può cw interuenire. Et però non c hifogno di fingere altre caufe. chefacciano quefio ,fe non quelle, che nafro* Perche hora no dahe quattro qualità elementari. Olire 4 ciò è Jafapere, ch ef genera una pietra fola, quando il luogo, che poche, hora ha concetta la materia,i firmo, crfenza pori. Imperocbe il calore che utfintrouaferrato dentro, non bauen* molte pietre ^ Qni trajhlrar poffà,dando ognifio ualore alla materia, non può partorire piu faßt, che uno grande, o picciolo f, geneuno. ^ , e r picciolczza deßa materia. Il perche le pietre prettof i f i ritrattano ü piu deÜe uoltcfo« le ■ percioche i purifimi liquori, ondefi generano, condenfati dalfreddo, rare uoltefi ritrattino in un luogo ejfere hor molti, hor grandi. Et però diremo che le molte pietre fi generano ne i luoghi porofi, cr traffichili,onde può ageuolmente il calore ufeir fuori per diuerfi meati, crfrparare la materia in piu, cr meno quantità di pietre ,fi* condo che affai, ò poche fono le porofità della cofa. Come che pojfa ejjer cagione di generarne motte anchara la uà* rietà della materia, onde nafeono. impcroche fsparando il calore naturalmente una materia dall'altra, genera di necefità piu, zy diuerfi pietre. Il che intt ruiene anchora, quando il luogo è moltoptenodi diuerfi recettaculi, ¿oue la materia atta à farfi pietra è per fefieffa diuifa in molte parti : & in quefia puòcofi ¡¡freddo, come il caldo operare, creandone di groffe, er di picciole, fecondo la quantità del recettaculo, oue fi contien dentro la materia. In quefio modo fi generano i ciottoli chiamati filici, cr parimente la ghiaia del corfo de torrenti. quantunque que* fiafi faccia alle uoltc per (impeto del corfo deh’acque, da cui rompendofi ifafi in minuti pezzi fi fanno poi ageuol Onde le pie- m n t( quafiritondi,crlifcidal lungo fir appicciarf i , c r rotolarfi infierne. R itrouanfi appo quefio le pietredi tre fieno dr diuerfi colori, per la diuerfità della materia, da cui fi generano : la quale effóndo pofeia cotta dal caldo,in cui fi ri* d'uerfij,color ¿tf i m rc j [ucjdi colo ri, cr i'ihuflriregli feuri, fanno cotali colori quelli effetti medefimi di quehi, ?l* che fi danno atte uafa di terra cotta, che fi dipingono. impcroche differentifimi fono i colori, con cui fi dipingono le uafa auantì che flmettano nella lor fornace, da quehi che uifi ritrouano permutati dalfuoco, quando fon cotte. Vegliamo mamfifiamente, che lafquama del rame macinata, dipingendofi le uafa con ejfit,reña d’un colore pauo* ruzzo feuro-.cr nondimeno nelle cotte nefee poi di uerde colore .Come fa quella del fèrro di giallo: cr lapietra berlina chiamata zaffara di beUifimo azurro, come dimofirano hoggi alcuni fmalti da dipingerefatti nellefirnaci de uetri di quefia pietra,i quali fuperano di colore ogni azurro prctiofo oliramarino. Ma quefiafaculta di permu* tare i colori non fi ritroua nelfreddo. crperò le pietre congelate da effo reßano ne i medefimi colori della materia, da cui fi generano. Onde fi può credere che i ciottoli defiumi fieno coloriti di fu ori, per effer hor bagnati dal corfo deh’acque, cr horfecchi dal Sole : il calor del quale, onde s infuocano cofi la üate, che à pena toccar fi pojfono, dffe può alterare ageuolmente in parte Hor colori nehafuperficie affai piu,che nel centro. Di uarijcr diuerfi colo* ren« nelle ri fono parimente i metahi. Et però diremo effere l'oro di color giallo accefo, ò perche il calor linfe cefi la terra a* Pietre. uanti che fi mefcolaffe con l'acqua :oueramcnte l’acqua, crla terra infierne auanti chefuffero congelate in metallo dal freddo. cr cofi fi può dire di tutti gli altri metahi. La lucidezza de quali ( come è fiato detto di fopra ) da al* tro non procede, che dah'acqua. Et però quanto ibumore metallico è piu fiottile,cr piu puro, genera metallo tan* to piu lucido, crpiu netto. Et di qui procede, che l’oro preuale di gran lunga à tutti gli altri, cr che quandofi cola, per la terra purifin ia , che contiene, fa tanto poco fumo, chea pena éfenfibile : onde piu prefio rifrira uno odore pieno di dolcezza »che d’altro. Menga che l'argento, per hauer la terra piu impura, faccia piufumo del* l ’oro, crrenda qualche malo odore : ma non però tanto, ne cofi abomineuole, come queho del rame, cr del fèrro. i quali per efferfatti di terra piu adusta ,fono confegucntemMe piu impuri. Il piombo poi,cr lo ñaguoper abon* dare afidi piu d’acqua, hanno ragioneuolmentc piu rimefigli odori. Ne altro è cagione, chefifugga l’ufo delle ua* fa di rame, crdi fin o da chi fa ben la cofa per l'ufo de cibi, cr del cucinami dentro,fe non perche effendo molto a* mura la terra aduña, che pofieggono, infetta ageuolmente ( cibi, che ui fi cuocono,à uifi mangiano dcntro.ll che nonfilamentefa difriacereal gufio, mafoucrtifie con non poca naufea loñomaco. Et però auenifeano qui molto bene i diligentifrettali : percioche per cuocere alle tiolte alcune cofi acetofe neUe loro ramine, fono caufa dijiia* ni cr maligni accidenti. Sono oltre à ciò tutti i metahi ponderofifimi : del che è cagione la denfita grande della fufianza loro. Et di qui uicne, che gittandofi ne i metalli liquefatti qualche cofa ponderofa ui ña di fopra à galla, Cr nonfe ne feende àfóndo, pur che fia maggiore la quantità del metaho, che del pefo, che uifi gitta ■ Del che fi può fare ogni giornofrerienza con l’argento uiuo : percioche ogni metaho, che ui fi mette, ui nuota : eccetto l oro, il quale nonfilamente per effere il piu ponderof i di tutti,fubito ui fifommerge ; ma ancho perche pare che u habbia egli non poca naturale confòrmità,CT amicitia. Liquefatti appo quefio, che fieno i metahi, non s attaccano a cofa alcuna, che gli tocchi, ne infettano, ne macchiano,comef inno tutti gli altri liquori tanto minerali, quanto d ogni altra qual fi uogliaforte. Ne da altro quefio procede ,fe non dalla tanto buona, cr ferma mifilone fatta dal ficco, CT dall’húmido,che fi ritroua in loro, ofiando la parte ficca ah’humida,chc non s'attacchi, crnon inhumidifca : cr prohibido l'humida aha ficca, che non fi fermi del tutto. La qual miftione effóndo perfettifima neh oro, caufa che egli filo tra tutti i metahi non s'abbrufcia nel fuoco . percioche effendo lafua terra purifima, crottimamente con* tieffa con l'acqua, ofla fortificando, cr ritenendo (humore, che ilfuoco non lo fted a eshalare : cr per lo contrario prohibífec parimente (humare, che la terra non s’accende. Et cofi non fi può ( oro abbruciare, come fanno tutti gli altri metahi .quali per nonhauerperfettamfiione,cr hauer lalor terra nonpura, fono ageuolmentefuperati dalfuoco : quantunque accaggia quefio piu prefio in un metaho, che in un’altro , fecondo che l’uno è piu, che l'altro terrefire, cr mal compofio, come c il ferro, il piombo >c r toflagno. Percioche il rame per hauer manco terra»

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Nel quinto lib. diDiofeoride.

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ten * , e r piu pura d e lfin o , non cofì prefio cede alfuoco , come fanno tfii come parimente non gli cede cefi age» uohnente l’argento. Ma il piombo, cr lo frigna non peròfi confumano prefio, perche fia in loro molto del terre» ftre ; mafilamente perche il temperamento deiU mistura c in loro piu imperfetto, che ne gli altri. Hor ritornati» Mo| djfft do,pure file pietre , dico ritrouarfi tra effe di quelle, chefino lucide, cr truffarenti, cr fimiìmente di opache , c r reme nelle di [atre • percéoche ritrouandofiin effe piu terra, cr piu «equa,che ogni alera cofa, non è marauigliafe ahondando pietre. l'acquafieno traffurenti, cr ofeure, quando ui fipr ahonda la terra. Veggiamo noi apparentemente effer l'acqua chiara, lucida, cr diaphana. onde non poßiamo giudicare altro,f i non che l'acqua fia cagione della dtaphanezza> cr chiarezza loro : e r che però quelle , che [intronano ejftr tali, d’altro non fieno generate, che di lucidi, troffa» retiti, cr chiari ficchi : cr [ opache, c r le fcure di materie del tutto contrarie aUe predette, d o è di luto, c r di 1 ® ficchi torbidi, cr feuri . La cagione poi, che alcune pietre fieno piu lucide, c r piu traffarenti l'uno, che l'altra, altronde non procede>che dalla uarietà de gli humori, di cui eUefi concreano, i qualifino naturalmente piu lucidi, er piu chiari. Et però bifogna che le gemme bianche (igenerìno d’unficco fitnile all’acqua1, cr che però d fidino» {trino piu lucide, cr piu chiare di tutte le altre, come è il crifiaUo, cr parimente l’iride : la quale quando è percof» f i da i raggi delfole per l’ombra de cantoni, che fi ritrouano in effi, pare ingannando l'occhio alquanto piu fcura, ergitta nelle proßime pareti uno fflcndore ( come dice Plinio )fimile a quello dell’arco celefte, onde s'ha ritrouato il nome. 11diamanté poifi genera di fucco men chiaro : cr però è egli piu fcuro dell’iride, c r del criBaUo, il quale (come piu ottanti diremo ) ñafie da perf i come le altre pietre, e ruoti fi genera in alcun modo nelle montagne frigi dißime di ghiaccio , c r di neue, comefiriuono alcuni. Quefta medeflma uarietàfì uede parimente in tutte leal» Virietì di tre gemme lucide di qualfluoglia colore,òfienofatte di ficchi Nerdi, comefono gli fmeraldi,cr leprafmetòdi ce» rulei, comefino i fippbiri, ciani,cr alcune ffetie di diajfri : ò di roßi,comefono i carbonchi : ò di porporci, come ne|je g101Ci fin o igiacinthi,cr gli ametiBi : onero di color d’oro, come ,fono iebrìfiliti, cr i chrifipatij : ò di mifli, come gli opali, Etperònonfenzaragioncfipuocredere,cheflenogeneratedifucchineri,cr impurituttoil reBodcU'al* tre gioie >che non fono traffarenti ;fapendoft, che ogni cbiarißima,cr limpidißimaacqua perde lafia traffarenza, ogni uolta chef i le mefcoli dentro,ò inckioflro, ó altro fimile liquore. quantunque la lucidezza efteriorc dellafu» perfide nonfiperda. Le lucide appo quefio nonfempre fi ritrouano del tutto nette da qualche macchia, ò da peli, ò da nuuole, ò da ombra,ò da fole, ò da piombaggine. tutte cofe che nifi generano per non effere tutto il lor ficco d’un color medefimo. Generafi l'ombra nelle gemme ,ogniuolta chelamateria fuccofa lorocin qualche partepiu feúra : c r le nuuole uifi fanno, per efferui alcuna parte piu bianca : cr i peli, da cui fono offefi filialmente i fap* phiri ; il file,che offufea particolarmentegli opali ; e ria piombaggine,che occupa gli fmeraldi,fino neramente tut j o ti impedimenti di altri colori differenti dal proprio di quellegioie, incuifiritrouano .Et fannofi le gioie mitide, c r iacquali, quando per la diuerfìtà della materia del lor fucco crefiono inequalmente in diuerfe parti. Dalle qua» li ragioni iniutti poßiamo molto ben dire, che tutte le altriffetie di pietre, che nonfino lucide, nctrafiarenti,fie nofxtte,crcompoBcdì materiamoltoterreflre,crdi.,großißimofucco. KÌtrouafitra quefteanchora non poca differenza : perciochc alcune fino leggiere,cr ffognofe : altre graui,firme , c r ferrate infierne. Il perche diremo, che leggiere ,c r ffognofefino queÙe, nella cui generadone nonfulhumore ben mescolato con la terra, il quale e f fendo pofiia rifoluto dal caldoJafcià uacuo il luogo, douefi conteneua dentro,come interuiene neì tufi, cr altre pie tre fintili. Accade queBo medefimo,quando per loro Beßi s’abbrufciano i monti, come del continuofa Etna in Sici» lia,cr al tempo di Plinio , cr hora nuouamente al noBro fice in Campagna Vefuuio : doue effendo da ualoroftfiimo fuoco abbrufeiata la terra,fi ne genera quella pietraJfognofa, cr leggiera,che fi chiama pomice. Ma tutto il con» 4 » trario interuiene nelle pietre graui, compatte>cr dure. La qual durezza piu in una,che m una altrafi gcnerd, quan do effendo la materia tenace, c r il calore cofì grande, che poffi rifilucre da quella l'bumorc : pcrciocbefi Bringe, c r fi condenfi ualorofamente la materia in f i Beffa. Ma quando ut fi ritrouapoco,à niente di tenacità,effendo mol» to il calore, confima ageuolmente [acqua,quantunque ben mefcolata con la terra,cr abbrufiia effi terra. onde na» fee poi,che la pietrafi faccia cofì tenera,cr fragile, che ageuolmentefi conuerta in terra. Indunfce anchora fine» mente le pietre ilfreddo condcnfindo ( come èfua natura ) cr ferrando la materia infefieffa. Et quefte fon quelle, che gittate nelle fornaci ( come è fiato detto )fi fondono, cr fi liquefanno per riffetto dell'bumorc, che uifi ritroua dentro congclato.Et però quelle pietre meffe nel fuocofi ffezz<wo,cr [aitano in diuerfeparti, che non hanno infe tanto hmore, che conferiti le parti terrefiri infierne: il qualhumorefe uifi ritroua efferefaif i , fa ¡orfare gran» dißuno firepito nel romperfi,chefanno nel fuoco. Doue méttendoli quelle, chefi generano di luto, preftofi rifai» 50 uonoin poluere, per la terreBrcficcità, che molto ahondante fi ritroua in loro. Et parimente confuma la fiamma del fuoco le pietre bituminofe, come c la pietragagate, con cui per difetto di legna, in piu parti d'A lamagna, cr fietialmentc in Fiandra, ordinariamentefifafuoco. Ma non però ¿ tañíala attiuiU delfuoco, che pojfa gita» Bare, ne abbrufeiare il diamante, per hauer egli l'humor piu fòrte del fio calore. Il che é parimente cagione, che non poffi lo ifieffo fuoco nonfilamente abbrufeiare l’amianto, ma ne anchora liquefarlo . Quelle pietre poi, in cui fi ritroua manifrfiafacultì corrofiua » cr ulccratiua , come i'Aßia , che fattone fcpolchri confima i corpi, che ui fi r¡pongono,cr però è chiamata sarcophago; none dubbio, che ¿altro f i generino, che dima» teria acuta, come ueggumo fare ad alcuna fictiedi cadmia , la quale ulcerd, cr mangiale gambe, cr ternani delauoratori,chelacauano. Quelle oltre à c io , che come fé fuffero grauide, hanno dentro difeò altra pie» tra, ò creta, ò liquore ,fono cofìfatte, cr per la uarietà della materia, che contengono in loro ,cr perla firma, é o che quafl tutte hanno ritonda, ófimile. Imperoche la materia rincbiufi nel centra diuerfa dallaefteriorc, ò cotta dal calorefibito fi diuiie ¡oueramente dopo alcun tempofi diede, cr fi ficca : come fannoaUe uoltcì nuclei nelle mandorle , c r nelle nocciuole, quandoftaniti , ò mal maturifi feccano. Et però dico, chefcla materia conclufi J{ z dentro


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D iftorfo in­ torno àdiuer fe te tre .

tra»

C o lo ri diuer de minerà-

Difcorfì del Matthioli

dentro è uifcofa, CT tenace, diucntafenza dlcun dubbio pietre, come f i uede nella aetite,che volgarmente fi d i n ma pietra dell'aquila : mafe non tenace ,fi conuerte in una terrafimile alla creta, come fi uede nella geode, in cui (come dice Plinio ) fi fente diguazzarsfientro l'huntore, come nelle uoua[cerne, cr stantie : er fe ui f i troua hu* midità fo n ile , ui retta dentro un liquore, comefi uede nell’enbidro. Le chiocciole poi , le gongole, c r parimaue alcuni piccioli topi ,che fi ritrovano alle uolte dentroài [affi, non poffono ejferui generati fe non di calore, crò i graffa materia. Ma la terra quanto piu è ella groffa del mare, tanto piu genera cofe imperfètte. Ne però fi mara» vigli alcuno, che cotali frette di conchilij nati nella interna fuftanza defafri,fiandoui lungamente,uicrefcano er ui uiuino : er che il [affo ceda, er dia luogo dilatandoli. Imperoche io poffo di ciofarfempre ucro,cr indubitato te ¡limonio, per baucr ueduto [otto al catteUo di Duino nella riua del mare Adriatico, non molto lontano dal Timauo, rompere da alcuni gentilhuominimiei compagni per loro /baffo co grofit martelli alcuni fatti,rettati all'borainfec* 19 *o per il rifiujfo del mare, dentro a i qualifu rur oleato grandifimo numero di quei conchilij, che chiamano dattoli, per efier di forma flmili 4 i dattoli delle palme, non manco grati ne cibi, che fi fieno le ottriche. Di quetti aitanti che mai prima gli uedef i cattare delle pietre, haueua io piu uolte gufati nel cattello di Goritia nelle lautifime menfe del m i t r e , c r generofo Signor Conte Francefco dalla Torre,mio grandifimo benefattore, er fautore: er parimente ndCifieffo caftello di Duino appreffo al molto magnifico Signor Mattbias tìoffer, fignor ucramentc magiunimo , generofo, er nobilmente morigerato. Kicordomì oltre à ciò ejfermi fiato motìrato dal Signor Don Diego Vrtadodi mendozza,oratore Cefireo à quel tempo in Vinegia,alcune lajlre di pietra {tate portate dal Veronefe,in cui(sftn dendofì per mezo) fi ritrottano [colpite diuerfefrette di pefei con ogni lor particola conuerfainfaffo : er di cotali affermava[uà Signoria ritrouarfene numero infinito la otte quelle èranofiate cauate. tanto grandi,cr marauigliofe fono le opere della natura.Et questo bafli per bora per unbreue difeorfo incorno alla materia,cr le caufc de m e ta lli 19 e r delle pietre. Et perche trattò Diofcoride anchora in quefio quinto libro delle terre, che all’ufo della medicinaf i convengono, ho giudicato non ejfer fuor di propofito dtferiuere anebor di effe uniuerfalmente qualche cofa . Et però dico che ogni terra à èfemplice per fe ftefa,oueramente compofta con altre cofe minerali: intendendo psrfem plice la commune terra, che non perójla[parata,del tutto da gli altri dementi ,psrciocheqtteftaà pena ritrouarfi potrebbe, che non conteneffe in feper la continua, c r gran mittione degli elementi,ò acqua, ò aria,ouermentefuo co. Si che per femplice intendo di quella, che nonfio accompagnata ò con alume,ò con [ale, ó con nitro >à con ue* triolo , à con altro corpo minerale. Et per lo contrario intendo per terra copojla ogni altra, che contenga in fe le fvddette miniere, òfole,ó accompagnati dapiufrette loro. La femplice adunque,di cui qui intendiamo, è horgraue hor leggiera,fecondo la mitlionè maggiore, cr minore de gli altri denteati coneffa. Imperoche non e dubbio,che piu leggiera,cr piu frognofa fia quella,che contiene infe molto S aria,cr difuoco, che quella che ha molto piu delle 3* fue istejfe parti, er di quelle dell'acqua. Oltre à ciò per fe ftejfa è la terra diffeccatitta : ma [afri cofirettiua, quando è mefehiata con l’acqua: acuta,quando è compofta co’lfuoco.'cr uifcofa,cr leggiera,quando s accompagna con l a* ria,CT quando contiene infièmemente deWariajCT delfuoco, è ella leggiera,cr acuta. Le altre poi,che partecipano difolfo,d’alume,di chalcantho, ò di qualfi voglia altra mijlura minerale,fi conofcono agevolmente per lifapori,cr per gli odori delle materie minerali,che contengono in loro : i quali per breuità trapaffo, perfuaiendomi, che di qtte fio poffa efferfacilmente giudice ilgufio di ciafcuno, che [appi diftinguere il dolce dall amaro,?acuto dall acetofo » ilfalfo daU’inftpido, cr lo acerbo daU’auftero, c r con l'odoratogli odori buoni, er cattiui,fulpburei,bituminoli, e r Sogni altro minerale. Nominatili le terre parte da i luoghi,onde ci fi portano :parte dal colore,che poffeggono: e r parte dagli effetti,chefanno. Da i luoghi hanno prtfo il nome la Lemnia,per portarft dall ifola di Lemno, l A r nenia SArmenia, la Samia da Samo, la Ghia da Chioda Cimolia da Cimo, cr la Eretria da Eretria città di Negro* 4° ponte, come la Pnigite da Pnigeo uiUa di Libia. Dal colorefono nominate la Rubrica, c r alcune deWaltre. Et da gli effetti l'Ampehte ,per ficurare ella le uiti dai bruchi,che non Smanginole gemme, da cuifiumano le fiondi infime con Cuua. Oltre à ciò è da [opere, parlando uniuerfalmente de colori de i minerali, che di color bianco fo* no alcuna fretiedi creta,concuifegnano i farti il panno ¡quando tagliano le uetlimcnta,Calarne, ramianto,lapie tra Arabica,la Giudaica, la melititc, la galattìte, l'alabafiro, il crifiaUo, l argento, l argento uiuo, lo Sogno, e’I marmo. Di color nero fono la terra Pnigite, il fori, c r la melanteria■ Di colore di cenerefono la terra Eretria feconda, cr parimente la Melid, cr di ceruleo, il ftpphtro, il ciano, la turchina ,c r la pietra cerulea chiamata volgarmente lapis Iaculi. Diuerdelo fmeraldo, la prafma,lacbrifocoUa, alcuna creta, c r il chalcantho. cr di ' . giallo, l’oro, l’ocbra, il chrifopatio, il chrifolito, cr l'orpimento. D i rofio è tinto il rubino, il granato, il ba* lafcio, la corniola, la fandaracha, il corallo, la pietra [cifrile, l’bematite, c r il minio, cr parimente la terra, cr 5® la rubrica Lemma,cr fabrile.crdi porporeo ilhiacintho, cr fametbifto. D i colore ceruleo biancheggiane te è il diafrro chiamato borea. c r di ceruleo uerdeggiante l'erugine, er la pietra Armenia, cr però chiamato da ì dipintori il colore, che fifa Scffa, verde azurro. Di bianco rojfeggiante è l ’apbrodifiaca : di roffo biancheggiante il xantbo : di nero rojfeggiante laterza botrachite i dì nero porporeggìantel’alabandico : c r di bianco gialleggiante il topatio. Enne di quelle di diuerfl colorifeparati, comefono di bianco,cr di nero,cr Saltri mitti colori le agate. D i roffe vene frarfe nel nero è lo apfìto : cr per contrario di nere ucne tinto nelfuo campo di [angue è il nafomoni* t e . ma ucne che ucramente rapprefentano[angue uiuo, ha nelfuo bel uerdetheliotropia : c r punti difrleiidentifri* mo oro fi ueggono ne i fapphiri,cr nel lapis loculi. Due tiene una bianca, cr una rojfa [corrono per la egittiOa r crdiquattro colori, ceruleo ciò è , fiammeggiante, di minio, ardi pomo è Ceupetalo : c r Sdirenanti ritrouo effere l'orca, per efferc ella doue rafia, doue uerde, dove bianca, cr doue nera. Variano alcune altre i colori nel modo, chefanno i codi de pavoni I ndiani, cr parimente de’ nottri, quandofi pauoneggiano al fole, come fi uede nella pederota, cr nello enfialo ; perciocbefuétto che t abboffano ucrfo terra, mutano colore. Appo quetto è da [opere,


Nel quinto lib. diDiofcoride

6)3

Facilità de

ldpere,ehe tra k cofe minerali, che s'tifane per la commodicà ,c r faciliti grande, che hanno nella medi* j citu, parte ne fono che operano per proprietà occulta di tutta la loro effettua, ò ¡togliamo dire per certa fórma fpfcific.4 , er parte per qualità elementari contrarie à i temperamenti de morbi. Di quelle , che uagliono per occulta proprietà injluffa dalle fe lle , alcune ripugnano à i tteleni , er altre à dtucrjì morbi. Et tra quelle, che fuperano i ueleni, altre uagliono nella pefiilenza, come fa lo fmeraldo, la terra Lemma, er l'Ar* menta. Altre conffrifcono contra un fol ueleno, come il fapphirobeuuto nella puntura dello feorpione , él folpho pofio di fuori , i l nitro à i' fughi malefichi mangiati, er parimente il chalcantho. Et altre uagliono tontra uarij, er diuerfi uekni,come fa ài fale impiaflrato ne morß delle uipcre, delle ceraftc , de croco* dili, er nelle punture de gli feorpioni : q^beunto nella maluagità dell’opto > er de fughi uelenofi. Di quelle poi > che con cotali occulte uirtù forano i morbi, alcune rifiugnano il fangue di qual fi uoglia parte del corpo, come fa la pietra hierdeite. Altre corroborano, c r frtificaito la bocca delloftomaco, quando attac cute al collo ui fi portanofopra, comefa ildiaffro uero. Altre legate al braccio fiiùftro,prohibifono che auanti al tempo le donne non partoriffono, come fa la pietra dell’aquila chiamata da i Greci aetite : la qual parimente legata alla cofiafa il contrario effetto, come fa indora il diafpro. Altre bcuute purgano 1größt humori,comcfa la ca* Umita chiamata Magnete -.altre la melancholia, comefa la pietra Armenia, cr la cerulea : er altre prouocano il uomito, comefa la medefima Armenia, la chrifocotta, il chalcantho, er l'argento uiuo precipitato. Ma tra quel le , che operano con qualità manifjlc elementari ( quantunque tutte fieno dißeccatiue ) alcune fcaldanoil corpo, comefa lo alume, il chalcantho, il d u lciti , il mif i , il fari, la melanteria, cr Perugine. Altre lo infiigidifeono, comefa la terra Eretria,la molibdoide, lo flimmi, la cerußa, er il litbargirio. Altre con le feconde facultà ,che IO p affiggono, mollificano le durezze >come fa la pietra gagate per il molto bitume, che poßiedc. Altre per lo con trario indurano le parti molli , come la molibdoide, er lo fiibio. Altre aprono le porofità della pelle, come fa il nitro, er lafua fum a : altre le ferrano, come fa la terra Samia, er ogni altra terra uiffofa,& tenace. Altre lique fanno i nodi, lefcrophole, er le gomme crefciute, c r conienfatc ne i corpi,comefa la pietra molare, c r la pirite. Altre cicatrizzano l’ulcere, come fa il d u lciti, il mifi.CT l’alume. Altre con/untano la carne, come fa il fiore della pietra Aß ia , il chalcantho, er Perugine. Altre putrefanno la carne,come fa la calcina im a, l'orpimento, la fandaracha, er la chrifocolla. Enne oltre à ciò di quelle, che hanno diuerfe facultà, come la Cimolia, che non Colaménti probibiffe >ma andara rifolue : er il fale, che mondifica, Cr coflrigne. Di quelle anchora fi ritrouano, che fono d’una facultà medefima, di modo che ne i bifogni Cuna per l’altra fuppliffe, come c la cbrifocoOa, cr la pietra Armenia ;l’orpimento, cr lafandaracha : U pietra hcmatitecrla sfißa : er il chalcantho, il dulciti, il mi* -.'O fi, il fori, er la melanteria, quantunque piu ualorofamcnte operila chrifocolla dell’Armenia, piu l’orpimento, che la Sandaracha,piu l’hematite, che la sffffa, cr piu il chalcantho di tutte le altre quattro predette, chegli fono Facultà v» cognate. Ne fono finalmente di quelk(.come piu ampiamente VITE VIN IFER A. diremo nel fffto libro de ueleni ) le quali mangiate,oueramen* 1 «iole. te bcuute in poluere,non foto affligono miferabilmcnte i cor« pi ; ma loro datino il piu delle uolte la morte, come corroden« do, er putrefacendo le uifcere,fa la ftndaracbia,l’orpimento, q-la calcina uiua: er comeferrando i meati à gli [piriti ,fa il ya SeIf°> i* truffa,cr la pietra [peculare calcinata. Et quello ba Iti per bora à ciuf uno intorno allefacultà de minerali. Tra t quali febea fi connumerano alcuni ficchi congelati, come Ufa le,il nitro,!alume, il chalcantho con i fuoi collaterali, il fol * piio, lafandaracha,l’orpimento,la chrifocolla, cr alcuni altri, di cui non facendo qui mentionc pareffe forfè ad alcuno, che Iti meato hauefsi, dico che per doiter trattare io di tutti qucfti nel proceffo à i fuoi proprij luoghi, non me parfo neceffario di farne qui altro lungo difi orfo.

Della Vite vinifera.

Cap.

I.

L e f r o n d t delle uiti , & parimente ìcaprioh triti,mitigano,impiaflrati,i dolori del capo: & con p° lenta,le infiammagioni,& ardori dello ftomaco:al che giouano parimente le fròdi fole,come cofe frigide, & coflrcitiue. Beuuto il lor Cucco,gioua alla dilcntcria, allo fputo del fangue,à gli (tomachi debili, & alFappe ttto corrotto delle dóne grauide.il che fanno medefimaméte i capri oli,ifufi nell’acqua,& beuiiti.il liquore delle uiti,che fi ritroua fpesfito à modo di gomma nel tróco,bcuuto có uino,caccia fuori Iepietre:cura apph cato , le uolatiche,la rogna, & la fcabbia, ma bifogna prima fregare il luogo con nitro : fa fpefTe uolte,unto có olio,cadere i peli:& molto piu fa quello 1 humore» Ii

3

che


<3)4

DifcorfidelMatchioli

cheefce da i farmenti, quando s’abbrufcianouerdi: con il quale an chora fi ftirpano,ungendofenc» quelle fpetie di porri,che chiamano form iche. La cenere de i farmenti, & de i uinacciuoli, medica» im piagata con aceto,alle nafeenze del federe,& à i chimi : gioua alle membra fmofl'e, & à i morii del le uiperc: faflenc impiaftro alle infiammagioni della milza con olio rofado, ruta,& aceto.

Della Lambrufca.

Cap.

11.

L a l a m ì r v s c a è di due fpetie. di cui n’è una,che non matura la fua uua,ma la produce fi­ no ai fiorire, & queda è chiamata enan thè. L’altra matura la fua, con picciol i acini, nera, & coftrctti- 1 9 ua. L cfro n d iji fu fti.& iu iticc i hanno la uirtù medefima delle uiti domeftiche.

Della Vua.

Cap.

Ili.

L a v v a frefea conturba i! corpo , & gonfia lo ftomaco. La manco nociuac quella, che dapot che è colta, c fiata appiccata : percioche in quella è già diflcccato il troppo hum ore:& però è utile allo ftomaco ,& àgli ammalati, & fa appetito di mangiare. Quella,che fi conferua nelle uinaccie, & nelle pignatte,è ueramente aggradeuole, & grata alla bocca, & parimente allo ftomaco : riftagna il c °rp o ,m a nuoce alla uefcica, & alla teda: uale allo fputodelfangue. 11 che fa Umilmente quella,che fj conferua nel morto. Quella,che fi condifcenclla fapa>& nel uin paffo, è piu nociua allo fiomaco . 19 Quella, che prima s’ impafsifcc al fo le, & pofeia fi riferba nell’acqua piouana, è manco uinofa, è lalutifera alle febbri lunghe, ardenti, & che caufàno grandisfima fetc. Serbanfi le uinaccie, & impiaflranfi utilmente infierne con fale alle infiammagioni delle màmelle,& alle durezze loro , caufate per troppo abondanzadi latte. Fanficrifteri della loro decottione congiouamentonelladifenteria, ne iflusfiftomachali,6¿ in quelli anchora delle donne rnelche è in ufo per fare bagni dafederui dentro. I fiocini de gli acini hanno uirtù coftrettiua : fono utili allo fiomaco. Spargefi la poluere de gli arrofiiti in fu’l corpo per la difenteria à modo di polenta, & parimente per li flusfi, & debole? zc di ftomaco, - V iti,& vua t i loro hift.

Q

va l i

,

c r p a r im e n te d ì q u a t t e f r e t t e fie n o h o g g i t e V i t i , c h e n e p r o d u co n o i l u i n o , non d e c i d e ucram ett*

t e d c f c r iu e r c , p e r c io c h e la d o l c e z z a d el lo r li q u o r e , u e r o fo fte n ta c o lo d ella u it a n o f tr a , ha di ta l f o r t e f a t t o c e le d o m e n ic h e , c h e o g n i m inim o uittanetto n e f a com m od a m en te r a g io n a r e .

C o m e c h e n on f a m ale i l f a p e r e , p e r c o n *

f e r m e q u efte g l o r i o f s f m e p i a n t e , cr p a r im e n te p e r p r o h i b ir é , c h e n o n f e n e p erd a n o i f r u t t i , ch e i b r u ch i non f i m angino g l i o c c h i d elle V i t i

nettop u n t a r f u o r i d elle f e n d i

la p r im a u e r a , ne m a n co u i nuocano q u e g li a ltr i a n im a *

t e t t i , c h e fa n n o a r r ic c ia r e i pam pani ( f é d i t a n ta a u th o r ita f o n a g li a n tic h i f c r i t t o r i d ell’a g r ic u ltu r a ) f e quan d o n e l p o ta r e f i bagna i l f a l c in o c o n fa n g u e d i b e c c o : o u era m en te f e q u a n d o s e a f f l a t o in f u la p ie tr a , f i f e g a (o p ra ta p e lle d el c a fto r e o .

O lt r e à c i o c d a f a p c r c ,c h e n on p o c o d a n n o f i f a alle V i t i , q uando f i p iantan o ic a u o lin e Ü e

u i g n e , p e r h a u e r p o fto la n atu ra tra q u efte d ue p ia n te cru d elisfìm a n im ic itia .

Et

p e r ò d ic o n o i m e d ic i , c h e f a n t i *

d o to u ero de g l i e b b r ia c h i è i l c a u o lo : im p e r o c h c m a n g ia n d oli cru d o p e r auanti ( co m e f i co ñ u m a d i f a r e in m o lti tu o g h i co n i c a p p u c c i

) in infialata , p r o h ib ife e M

b r i a c c h e z z a : e r m a n g ia to d a p o i , la fu p e r a ,

c r la

u in ce u a lo r o *

fa m e n tc . l lc h e f a p e n d o m o lt o b e n e iT e d e f c h i,r a r is f lm e u o lte m a n g ia n o , ch e t r a l ’a ltr e ttiu a n d en o n h a b b ia n o o r • d ia r ia m e n t e i l c a u o lo ,i c a p p u c i h o r f e f c h i , c r h o r f e r b a t i in fa la m u o ia in t a u o la . l n \ E le p h a n t in e ,c r p a r i* m ente in to r n o a

M em phi ( fe c o n d o

c h e r e c ita T h e o p h r a fto ) l e V i t i f e m p r e u erd e g g ia n ó .d i f i o n d i : c o m e c h e non p e

r ò p rod u ca n o i f r u t t i p iu d u n a u o lta f a n n o .

1n I tedia ne f o n o

d i q u e lle chia m a te p a z z e da P lin io , c h e tr e u o lte f i o •

r ifc o n o : m a n on p e r ò m aturano a l t r o , c h e i l p r im o f r u t t o .

J fen d on o

P r o d u c o n o l e v i t i l ’ uua fe n z a f i o c i n i , quan d o f i

i m a g liu o li in t u tta qu ella p a r te , c h e f i d ee fep eU ire in t e r r a ,

V ua,& fue fa r a g g iu n ti in fiern e, c u lti.

cr

co n a rte f i caua lo r o i l m id o llo ,c r p o fe ia

crle g a ti b e n e f r e t t i c o n c o r te c c ia d 'o lm o , à c o n a ltr o le g a m e , f i

horm ai dell' V u a , è da f a p er e ( fe c o n d o c h e f c r i u e G a le n o a l

II.

lib r o d e g l i a lim e n ti

p ia n ta n o .

) ch 'ella

Ma

p a r la n d o

dà m ig lio r n u trim en

t o (fo g n i a ltr o f r u t t o ,c h e p r e ñ o trapafra-,come d im o B r a n o u era m en te i cam pai g u a rd ia n i d e lle u ig n e : p e r c io c h e in b r e u e tem po s ’in g r a ffm o .

M a non p e r ò

tu t te l e f o r t i d ell’u u a n u tr ife o n o à un m od o m ede fim o : p e r c io c h e la d o lc e ,

$o

p e r efjer p iu calida di cia feu n a altra , f a fe te ,g o n fia lo f t o m a c o , in g r a ffa , c r f o lu e i l c o r p o : l'a u B er a p e r lo c o n « t r a r i o , lo r ifta g n a , m itr ife e p o c o , c r m a la g e u o lm e n te f i d ig er ifee : d ello fto m a c o . T a n to è p iu la u d a b ile l ’ u u a , q u a n to è p iu ella p o lp o f a , tu r a dalla u it e . E t q u e lla , c h e s’a p p icc a b e n m a tu r a ,

'forni.

c o n u e n ie n te m e n te il c o rp o , A r a b i,

crl ’a cerb a n on è da u fa r e , p e r effer n im ica crmaftim am ente quando f i r ic o g lie b en m a »

crb e n d o lc e , n on

è c o f i u e n t o fa ,e o m c le a l t r e , c r m u o u e

c h ia m a n o i G r e c i la V it e u in if t r a , tC y 7 r í\ o fo iv o ? ó w . i L a t i n i , V i t is u in ifr r a : g l i

H i« « , K a r i m , cr Kari» : i T e d e f c h i ,

V u e in r e b : i F r a n c c fì, V ig n e . L a L a m b r u fc a chia m a n o

K 't¿-xikas dyplaA i L a tin i : L a b r u fc a : i T e d e fc h i , V u i l d u u ein reb : i F r a n c e f l, V i g n e fa u u a g e . n o i G r e c i , Z r a p v te i

; j L a tin i,

» G r e ti,

L a V u a chiam a•

V u a : g l i A r a b i , tia in e b ; i T e d e f c h i , V e in b e c r : i F r a n c e fl, K o if in ,

DeirVuapafla.

Cap.

I I IL

L a v v a pafla bianca è piu coftrettiua. La carne loro gioua mangiata alla toife, alle fauci, alle reni, Si alla ucfcica. Mangiali nella difenteria per fe fola con i fiocini: Si cotta nella padella con mele# con

60


N el quinto lib.di Diofcoride.

6^

con farina di miglio,di o rzo , & uoua.Vale effa per fe fola ,& manicata con pepeà purgare latefta della flemma.Impiaftrata inficine con farina di iaua.ouerodi cimino,mitiga leinfiammagioni dece fticoli. T rita lenza i fiocini, & impiaftrata con ruta, Tana i faui,l‘epinittidi, i carboncelIi,& l’ulcerc corrofiuc delle giunture,& parimente le cancrene. Impiaftrafi in fu le podagre conucncuolmentc in fieme con fucco di opopanace, mefla infu l’anghic commolfcdefa cadere in brcuc tempo. L ’ v v a paffa ufurfe è cofa neramente notißim à tutti. Ma non però fi dee credere, che firiuendo Galeno, _ ex gli altri antichi deÜ'Vue paffe, imendeffero folamentedi quefte pica oline, chefi ci portano à Vincgia di Lcuan* t e , ex di Grecia, ex parimente di quelle, che fi fanno in alcuni luoghi d’Italia, fcrcioche chiama una pafft Gale* 10 no ogni forte d'uua, tanto grande, quanto picchia, chefiaimpaßita alfole, come s’impafiìfconoi ficht. Er però dictua egli a h i .delle facuità de gii alimenti. Cofi come la diuerficà del colore non altera in modo alcuno la uirtù deH’uue paffe, cofiparimente non altera la grandezza loro. Perciochc la qualità, che fi [ente nd gattarie, r /b* l amente quella, che nefa difcernere lafacuità loro. Dal che fi può ageuolmente concludere, che per uua pajfa in tendeffè Galeno fogni uua>chefi fecchi al fo le , come è il ztbibo Dxmafchim, er parimente quello che fi porta di Camita, CX di Cipro . Oltre à ciò ferine Galene nel luogo predetto quelle parole. Ma fono alcuni chemangìando Ì vua paffagrofft, & dolce,come è la Scibelitide, nc cattano prima, non fenza ragione, il ferne. er perche inuec« chiandofi queftafa lafua fo r z a dura, er grofft ; tinfindono prima nell’acqua, accioche piufacilmente fe ne cani il ferne. Contraria a quefta è quella che nafte in Cilicia, di colore gialliccio, dura,ex grofft : la quale non hafimo ueruno. La Scibelitide nafee in Pamphilia, nera di colore : la quale, come ho detto ,è grandifiima. Quello tutto xo dißcGaleno. Appo ciò è dafapere, che tutte iVue paffe non fono d’una medefimafacuità, imperochealtraf 'acuità hanno le dolci,altra le äußere,altra quelle che hanno il firne, er altra qucBe che non ¡’hanno. Quelle adunque che non hanno i fioritu, ó fia queflo per propria natura, òche figli cauino fuori,fefono dolci, non hanno punto del cottrettiuo ¿anzi che leniscono commodamente. ex peròfi conuengono grandemente igliftretti di petto, alla tojje, all'agrezza del gorgozzule, ex à i difitti delle reni, er della uefeica .11 che confirma Galeno net x ii.C X ridi’ vi 11 libro delle compofitioni de i medicamenti fecondo i luoghi, oue lodafommamentc l’ Vua paffafenza i fio* ani per lenire il petto., ex per i difitti del fegato. Ma il contrario fa quella, che fi mangia con ifiocini, per efferc mamfiftamente cofirettiua. Il che fapendo molto bene Diofcoridcfcrijfe,cheÌVuapaffa mangiata coni fiocini,era conueniente nella difenterid. Et però panni, che errino nonpoco alcuni medicigrandi de i tempi nottri, i quali Errore >u -. per lenire il corpo àgli fiutici, danno l'Vua paffxpicsiola delcommune ufo, chefi ci porta da i luochi predetti, à coni medici. 5 ® mangiare ìnfieme con i fiocini. Imperoche credendoti di mollificare il corpo,piu prefio lo rifiagnano. Il che tanto piu intcruiene,quando t Vua paffa è vecchia,ex quaft del tutto afciutta.Al che hauendopiu et piu uolte còfidcrato, parmi ueramente, chefta molto piu a propofito perf i l m e il corpo la Damafihina, che noi chiamiamo zibibo , er quella, chefi ci porta di Cipri,ex di Candia ( ccn queflo però òche fi gli cauino i fiocini, ò fi foglia quella, ebene finzDche quella minuta dei commune ufo. Imperoche quefia contiene infe molto piufiorza, ex fiocini,che polpa : fe già non èfrcfihifiima,ex conferuata con gran diligentk.Onde è S auuertire, che effendo noi aHe uolte coftretti di dare della minuta per mollificare il corpo, bifogna torre di quella,chenon hafiocini,ex nonvitrouandofeue, tor dell’altra, ex sfiocinarla■ quatuque per ogni uia ella ftafempre mcn ualorofa della Damafihina, ex della Cxndiota : di cui parmi che intendere Gxlenojodandola per i difètti del petto .Tra k quali frette fi ritroua anchora à i tempi nottri di quella,,che non ha dentroferne, come era quella, che al tempo di Galeno fi portaua di Cilicia . Piu olire e 40 anchorad’auuertireoucfì uoglia mollificare il corpo,di non dare Vua paffa, che¡la al gatto auftera,ò acerba. Im* peroebe quefia non può efferefe nonfrigida, ex terreftre : le quali,facuità hanno naturai proprietà di ristagnare » di cottringere, ex di corroborare!,'ex ntafonamente mangiandofi con il ferne. Onde ben dottamente diceuaGa* i/uapafl; leno a h i . libro dellefacuità degli alimenti)opra ciò quefte parole .L ’ Vua paffa ha la medeflma proporzione con tue f a c i l i t i le altre uue, che hanno i fichi fecchi con i frefihi. Imperoche per Lamaggior parte è cBa dolce, ex poca è quella uo l'crute da Ga rumente che fia al gufto acerba. Enne però affai di quella, che ha infiemeirtente del doke,ex del außer0 , quantun* lcuodue tutte le dolci habbiano anchora alquanto dell’auftero : & l'äußere, del dolce. Et coficomele dolci fono piu cahdc, i äußere per il contrariofono piufrigide. L ’auftere appo ciò corroborano loftomaco.ex conttipano il corpo, ex molto piu di quette ¡’acerbe. ma le dolci hanno quafl tra quelle una mediocre conftitutionc : percioche ne rtuffano lo ftomaco, nefoluono il uentre. Et come hanno le dolci fempre potefià di contempcrare, cofipari5o mentel’hanno di mondificare : con le quali fatuità acquetano le picciole mordacità dello Stomaco .E t a l v u .c a . deU’v 111. libro delle compofitioni de i medicamenti fecondo i luoghi, diccuapur egli. Par che fi faccia deU'Vua patta poca Stima,per effer ella in commune ufo di tutti, ex cofa moltofamiliare. ma quefiolafa anchora piu utile: imperoche effendone ella familiare, è tanto cofirettiua, quanto ricerca il <bifogno delle uifiere debilitate .Ha an* chora uirttt di cuocere le crudità degli humori, & disperare le malignità di quelli,ex ottafacilmente alleputre* dini. E oltre à queflofecondo tutta la fua fuftanzafamiliare, ex propria del fégato. Et nel libro de cibi, ebege» rieranofittili humori: L’ Vua paffa(diceua)fc cBa non è costretti ua, non conferìficài tumori del fégato,,ne della milza : come che fia ella ualorofa per idifitti del petto, ex del Polmone. Delle /acuità poi dell Vua paffa, come cibofiriffe l'ifieifo Galeno nel 1 1 libro deUe facuità degli alimenti,con quefte parole . il nutrimento deli Vuapaf faglie fi diftribuifie per il corpo, c della qualità medefima, che è U natura di quella, cioè dolce deUa dolce, au• 60 fiero dell’austera, er mitto di qucBa che partecipa dell’una ex dell’altra qualità ■ Ma piu copiofo c il nutrimento dcBagraffa,exdella dolce :ex piu fiarfo queBo della magra, ex dell’austera :ex piu nutrifie l’ Vua paffa sP°cinffm ta tolta alla pari quantità, che nonfa huafrefea. Et come che mollifichi manco il corpo, e x mancofia a/terfiua


6)6 N omi.

- Difcoriì del Mattinoli

che ¡fichi fecchi ; confirìfce nondimeno piu aOo ftomaco, che nonfanno quelli. Chiamano l’Vua paffd i Greci, 5.rupia Laani, Vita paffr.gli Arabi,7,ibib:i Tedeftbi,Vueinbcerlen,Mertreubel,crKofein.-li Spagnoli,Paffuti Francefr,v,oifìns cu captz •

D ell’Enanthe.

Cap.

V,

C h i a m a n o Enanthe il frutto della lambrufca, quando fiorifee. Serbali in uafo di terra non impeciato. cogliefi,& feccafi all’ombra, meifogli prima fotto un lenzuolo. L’ elettifsmo è quello di Soria, di Cilicia,& di Phenicia. Ha uirtù codrettiua : & però beuuto c utile allo dom aco,& à prono care l’orinatridagna i flufsi del corpo,& gli fputi del fangue.Impiadrato fecco ualc contra facci dita, 10 & ifadidij dello ltomaco. Adoperali tanto lecco , quanto frefeo, con aceto, & oliorofado in fu la fronte per li dolori di te d a . impialtrafi per prohibirele infiammagioni delle ferite frefche,& i princi pij delle fiftulc Iagrimali, & parimente lana trito con mele, mirrha , cro co , & olio rofado, le ulcere della bocca,& le corroGue delle membra genitali. Mettefi ne i pelfoli per riftagnare il fangue de! me ftru o. giouaapplicato con uino,& polenta di fiore di farina, alle lagrime de gli occhi. & à gli ardo­ ri dello domaco. La cenere ddl’abrufciato tra due tedi di terra fopra i carboni accefi,s’ufa nelle medi cine de gli occhi, fana con melci panaricci,i pterigi delle dita»& parimente le gengiue corrofiue, & fanguinofe. N o n fohmcntc credo io , che fi poffa chiamare Enanthe il fiore di quella lambrufca, che non matura il fuo 10 E nanthe, & frutto ; ma anchora quello dell’altra, che lo matura. Imperoche quantunquefaina di fopra Diofcoridc,che la lam* Tua eiTam.

brufea è di dueforti, delle quali ue ti è una, che non matura il frutto , ma ben produce nelfiorire lo Enanthe ; quel­ ito però non prohibifee, che anchora il fiore dell’altra lambrufca non fi poffa chiamare Enanthe : effendo cofa chiù* ra , che o ’ivctvS» apprejfo àgli antichi Greci altro non rilieua nella noflra lingua,che fiore di uite.ll che manifijla» mente dichiara Diofcoride nel prefente capitolo, dicendo,clte l’Enanthe non è altro, che il frutto della lambrufca, quandofiorifee , non diflinguendo piu di qurfta, che di quellafrette , mafcriuendo generalmente di amendue. Et quello medefìmo conferma pur egli nel proceffo di queflo libro , oueferine del uino Enanthino, dicendo chefifa del fiore di quella lambrufca, che produce il frutto .Ver le quali ragioni pormi effer chiaro, che tanto fra Enanthe il fiore della lambrufca {levile, quanto dcllafruttifrra. Del chefa parimente fide Galeno al primo capo dell’ottano libro delle compofttioni de medicamenti fecondo i luoghi,con quefle parole. Aggiungo io in cotal medicamento cefi 1° iomphacio, come anchora il fucco deU’affenzo,ty qualche ttolta anchora amendue,cr per tèrzo ThippocUlo,et per quarto l’enanthe: cofì chiamo io il gemine della lambrufca inficine con i fuoi fio rile i quali confucceffo di tempofi general’uua. Ma Plinio al xxv n i . capo delx i i . libro intende per f Enanthe delfrutto, cr non del fiore , cofì dicendo. Conuienfi anchora per quello effetto l’Enanthe : il quale ¿Cuna della lambrufca. Coglicfl con il fiore, quando maggiormente rifrira dìodore. Queflo deU’Enanthe fcriffe Plinio. Ma dubito che nell’ultime parole fra corrotta lafcrittura, e r che doue dice, cogliefi con ilfiore, uoglia dire, cogliefr quandofiorifee. Imperoche non Errore di fo io , come fi poffa cogliere l’uua infreme co’l fiore. Non mi c parfo oltre à ciò di tacermi un errore di MarceUo MarceUo uer Vergilio ,come che fra egli flato altrimenti dottifim o interprete, er commentatore di Diofcoride, accioche quitti gilio. forfè la fua dottrina non ingannaffe alcuno, che non cercaffe piu auanti. Egli adunque commentando queflo luogo, fcriffe quelle parole. Auuertifcano i lettori , che P auolo Egineta nel v i . libro fcriue,che lEnanthe della lambrue 4* fcac molto in ufo de medici. pcrcioche riflringc egli ualorofamente, er corrobora, er firma lo ftomaco e’I itene tre. Ma Diofcoride fcriue effer anchora un’altro Enanthe, il quale ha uirtù del tutto à quefle contrarietper effer ( comefcriue eglifrodato per prouocare le fecondine,per le difriÙationi dell’orina ,crp er il traboccofrifiele. Dela le quali cofe nientefi legge nel prefente capitolo, ne manco mi ricordo batter letto di ciò cofa ueruna in tutto il uo lume di Diofcoride : er nientedimeno non è dafarfr beffe del teftimonio di Pauolo : anzi è da credere,che egli feria ua la uerità, cr che ciohabbia egli letto in Diofcoride. Tutto queflo fcriue Marcello. Nel che fi conofce ejferfì manifi/lamento ingannato, oueramente dimenticato di quello, che fcriue Diofcoride nel terzo libro deU’Enanthe herba contraria nelle facuità fué à queflo altro. Ma pormi ueramente gran cofa,che hauendo egli interpretato quel capitolo di Greco in Latino , non folamentefi dimenticaffe egli di queflo, ma di quello anchora, che commentando 10 uifcriffe del fuo. Ma ( come fi dice ) aliquando etiam bonus dormitat Homerus. E ultimamente dafapere, che S9 11 fiore delle uiti domefliche anchora fi chiama Enanthe ■ Ma perche quello delle ititi faluatiche, è piu coflrettiuo, Cr piu uàlorofo, ne ritiene egli per la fua eccellenza il primo nome. Chiamano i Greci l’Enantbe, o W r 9# ; i Nomi, Latini,Oenanthe,e? Lambrufca: uitisflos : i Tedefchi, Vuild reben : i Francefl, Grappe de uignefauuage.

DeirOmphacio,cio è Agretto.

.

Cap. ' V I .

L o om ph a c io è il fucco dell’uuaThafia acerba, ouero deH’Amminea. Spremefi la ftate auanti al nafeere della canicola, & mettefi il fucco in un uafo di rame roifo,coperto con un panno di lino ai fole,fino che ui ficondenfi,me(chiando quello, che fi fecca piu predo intorno al uafo,.con quello di mezo : la notte fi ritira al coperto ,& non fi lafcia punto all’aria di fuorirpercioche la rugiada, che ca’- So ica la n o tte , non lo lafcia condenfare. L ’elettifsimo è il ro ifo , il fragile, quello che fortemente è co # re ttiu o ,& che morde la lingua. Sono alcuni, che lo condenfano cuocendolo al fuoco. G ioua mefehiato


Nel quinto lib. diDiofcoride.

6 )7

mefchiato con m ele, onero vino patto, all afprezza della gola, del gargattile, dell'ugola, alle vlcerc della bocca, & alle humidità delle gengiue»& alle orecchie, che menano marciatale con aceto pari mente alle fittole, all’ulcere vecchie, & alle corrofiue. Mettefi ne i crìttcri, che fi fanno per la difeuteria, & per li flufsi de luoghi naturali delle donne. E medicina conueneuole alla chiarezza,& fcabro fità de gli occhi,& alle corrolioni loro.Beuefi per gli fputi frefchi del fangue,quantunque procedette da qualche vena rotta »ufándolo però in poca quantità,& bcnilsimo inacquato : pcrcioche altrimen­ ti molto abbrufeia. L ’o m p h a c i o 10

chia m a to u o lg a r m c n te da n o i A g r c f l o , f a c c i a m o m i p e r con d im en to d e i c ib i d elle n o flr e

Omphacio,

Dio* onero Agri­ er co» *!o’ &/ua

m e im m a tu re, p e r n o n battere le T b a f ie , n e m anco le A m i n e e , d i c u if if a c e u a q u e llo , c h e s ' u f a u a d tem po d ì

monie . M ì<è però da f a p e r e , c h e q u e llo f i

cond enfa ua fb la m en te p e r L'ufo della m e d ic in a , per r ifla g n a r c ,

ñ r ig n e r e in o g n i m o r b o , o u e f u f f e b ifo g n o di c e fi f a r e :

er p er ò

a c c io c b e fu jfe in q u e llo p iu u a lo r o fo , lo fa c e u a n o

" u ° ne'

con d en fa re al f o l e in u n u afo d i r a m e , ou era m ento a l f u o c o . c o m e c h e q u e llo à i te m p i n oftri n on fla p iu in u f o . I l p iu c o flr e ttiu o d i t u t ti è q u e l l o , c h e f i f a della la m b r u f: a . I l n o flr o non condenfìam o n o i a ltrim e n ti al f o l e , quan• tu n q u e u e lo k fe ia m o n e i b i g o n c i infierne c o n la v in a c c ia p er p iu g i o r n i , c o p e r to con te la g r a ffa , fin ch e la u in a c • eia f i f o ü e u i ,

er

er la

fè c c ia f e ne uada a l fó n d o , p - (i ch ia r ìfc a l ’ a g r e ft o . I l f a t t o in q u e llo m odo f i co n fer u a c h ia r o ,

in c o r r o t t o p e r tu tto l’a n n o ,fe n z a m e tte r v i d en tro pu n to di fia le : c r u fa fln o n fo la m en te n e i c i b i , ma an chora

n elle m ed icin e. L 'O m p h a c io

( p e r q u a n to f c r iu e

G a le n o al qu a rto lib r o delle f a c u lt a d e fe m p lic i ) f i p u ò u fa re in

t u t t i i m o rb i c a lid i co n n o n p o c o g io v a m e n to . lm p e r o c h e effondo e g li a c id o , in fiig id ife e p erfètta m en te : e r g i o u a

so

unicam ente ne g l i a rd o ri,q u a n d o f i m e tte in f u la b o c c a d ello fto m a co , in f u ì f i a n c h i , ò in q u a l f i v o g lia a ltr o lu o g o , otte fia d i b ifo g n o d 'in fr ig id ir e .

C h ia m a n o i G r e c i l ’ O m p h a c io ,

Omphacio

ferino Uà Ga leno.

; j Latini, O m p b a ciu m : i T e d c f c b i ,

A g r e f l : l i S p a g n u o lh A g r a z - i F r a n c e fi,V e r iu fi.

Della natura del Vino.

Cap.

VI I .

I l v i n o vecchio nuoce àin eruij& à tutti gli altri fentimenti: nientedimeno è piu foaucalgu fto . La onde fe ne guardino coloro,che hanno qualche mancamento nelle parti interiori ; puoffenc però fenza nocumento bere in fanità un pocojper uolta,ma inacquato. Il nuouo gonfia, digcrifccft con fatica, fa fognare fogni terribili, & prouoca l’orina. Quello di mezo tempo, non fa ne l’uno,ne 3° l’altro nocumento : & però e communemence in ufo per il uiuere de i fani,& de gli infermi. Il bianco fottilec utile allo ftomaco>& ageuolmcntefi diftribuifceperlcmembra.il neroègrotto,& pium ala gcuole da digerire,nutrifee la carne,& fa imbriacare.il uermiglio.mczano di colore tra’l bianconi ne ro , ha parimente le fueforze mezane tra amendue. Lodali tanto in fanità,quanto in malattia prima­ mente il bianco. Sono oltre al colore differenti i uini anchora nel fapore. Il dolce è nelle fue parti grotto,& però malageuolméte fi rifoluc dal corpo:gonna lo ftomaco : conturba il corpo, & le inte­ riora , cofi come fa ancora il m otto, ma manco imbriaca : è ottimo per le reni, & per la uefcica. L ’auftero patta piu uelocementc per orina, ma fa dolere il capo,& imbriaca.L’acerbo è conucncuolifsimo per far digerire : rìftagna il corpo, & tutti gli altri flufsi, & prouoca manco l’orina.Il nuouo nuoce meno ài nerui.Quello,chefifacon acqua marina,è contrario allo ftomaco, fa fere, nuoce ì ' 4 ° i nerui, muoue il corpo,& è nociuo à conualefccnti dclleinfirmitadi. Il patto, che fi fa dell’uue impaf fitc prima al fole in fu le grati, ouero fecche in fula uite propria, chiamato per cognome C rético,o uero pramnio,ouero protropo, & parimenre la fapa,che fi fa del morto cotto al fu o co , chiamata da G reci firion, ouero hepfema,fefono di uino, & uua nera, fono grofsi, & nutrifeono molto i corpi; il bianco è piu Lottile: & il mezano di colore è fimilmente mezano tra l’uno, & l’altro di ualore.Sono tutti coftrettiui, uiuificano i polfnconucngonfi beuuti con olio,& pofeia uomitati à i ueleni cor rofiui. Sono ualorofi contra la cicuta, contra l’op io, contrai tofsico,contra’l pharico.contra'l latte apprefo nello ftom aco, & contrai prurito, rodimento, & ulcere delle rcni,& della uefcica: nondi­ meno gonfiano, & nuocono allo ftomaco. Vale particolarmente contra i flutti del corpo il nero : percioche il bianco mollifica piu il corpo di tutti gli altri.Qucllo che fi fa có il getto,nuoce à nerui, So aggraua la tetta,infiamma, & nuoce alla uefcica : ma è piu ualorofo contra i ueleni di tutti glialtri.I uini,che fi fanno con pece,ouero con ragia, fca!dano,& digerifeono : ma nuocono àgli fputi del fangue. Q u elli, che per cttere mefcolati con fapa, chiamano aparachiti,riempiono il Capodanno im briacare, & malageuolmcntc rrafpirano, & offendono loftom aco. Ha il principato tra tutti i uini d’Italia il Falerno : percioche quando cueechio,ageuolmcntefi digerifce.uiuificail polfo, riftagnail c o rp o , gioua allo ftomaco. ma nuoce alla uefcica,& parimente à coloro,che fono deboli di uifla,& non è daffare troppo frequentcmentc.GIi Albani fono piu grotti del Falerno: fono dolci,gonfiano lo ftomaco, mollificano il corpo,non aiutano molto alla digeftione, & non nuocono cofi à i nerui: inuccchiandofi diuentano nel fapore aufteri.il Cecubo è dolce,& piu grotto dell’Albano: nutrifee il corpo, & fa buon colore : ma fi digerirte malageuolmente.il Sorrentino è molto anfterp,& però ri <o ftagna egli i flufsi dello ftomaco,& del corpo, & effendo picciolo nuoce meno alla teftaùnuecchian doli diuenta molto piu foauc, & piu amico dello ftom aco. L’Adriano» & il Mamertino nati in Sici­ lia,fono pariméte grofsi nella fuftàza loro,& poco coftrettiuhprefto s’inuecchiano,& nuocono,per


6 y8

Difcorfi del Matthioli

cffcrq piccioli,meno à i ncrui. Il Paretipiano,che fi porta dal mare Adriatico, è aromatico,& piu fot. tilc : & però inganna fpcflò'chi copiofamente lo bcue. imbriaca lungamente, & fa dormire.Quello, che nafee in Id iia , ? fimile al Paretipiano.ma prouoca piu ualorofamcntel’orina.U Chio è meno ua lorofo di tutti i già detti,Si atto all’ufo del bere: nutrifee condeccnccmcntc,& imbriaca meno: ridagnaiflufsi,& molto fi conuicnene i medicamenti de gli occhi.Il Lesbio ageuolméte fi diffonde per Je membra,è piu leggiero del C hio,& conucneuolc al corpó. Simile à quelìo è l’Ephefio, chiamato Phigelite. ma l’Afiano del monte T im o lo , chiamato Mefogite,fa dolere la teda,& nuoceài nerui. Il C o o ,& il Clazomenio.per eflerq mefcolati con molta acqua marina,ageuolmcntc fi corrompono; generano uentofità,conturbano il corpo,& nuoeono à i nerui. Ogni uino ( parlandone vniucrfaljncntc)puro,&fincero,&naturalmenteauftcro.rifcalda,digerirceli facilmente, gioua allo domaco, prouoca l’orina,nutrifee le forze, fa dormire, & fa buon colore. Giouabeuuto copiofamente à c o lo ro , che haueflcro bcuuto la cicuta, il coriandro, il pharico, l’ixia, l’o p io , il lithargirio, il rado , gli aconiti,& i fonghi malefichi ; & parimente à i morii de ferpenti,& alle punture di tutti quegli ani mali, che ammazzano infrigidandoilfangue,& che fouertono lo domacoal uomito . Vale alle uecchie ucntofità, à rodimenti, & didendimenti de i precordij, alla rifolutione dello domaco, & à i duf fi del corpo, & delfinieriora • Gioua à coloro , che per troppo fudare s’indcbilifcono,& fi confuma n o , & mafsimamer.ee il bianco, uecchio,& aromatico. Quello, che inuecchiandofi diuenta dolce, è veramente vtile alle rcni,& alla Yefcica:& mettefi vtilmente con lana fuccida in fu le ferite,& fopra le ìnfiamtnagioni :& fanfenecommodamente lauande in fu l ’ulcere maligne,fordide, corrotiue,& che fono caufate da flufsi d’hum ori. Conuengonfi molto per l’ufo de fani i vini bianchi auderi, che non 10 fono mefehiati con acqua marina. D i quedi fono neramente piu lodati tra gli Italiani, il Falerno, il Sorrentino, il C ecu b o , il Signino, & molti altri di Campagna, & il Paretipiano dcll’Adriatico,& il Siciliano chiamato Mamertino. D i quelli di Grecia è eccellencifsimo il Chio,il Lesbio,& il Phigeli tc d’Ephefo . Iuini, che fono nella fudanza loro grofsi, & neri di colore, fono malageuoli molto da digerire, generano uen tofità, aumentano il corpo. Quelli, che fono Cottili, & auderi, giouano allo ilomaco,ma non ingroifano cefi il co rp o , I uecchi bianchi,& fottili prouocano piu ualorofamcnte l’orina, ma fanno dolore di teda, Si beuuti copiofamente, nuoeono à i nerui • Quelli di meza età,ciò è di fette anni, fono ueramente fanifsimi da bere. Debbcfi confidcrarc la quantità, che fe ne richiede per bere, per la età,per il tempo dell’anno,per la confuctudine,& per la qualità del vin o. Comandali bcniisim o, che non fi debbia combattere con la fetc.Ecofaueramètefaiutiferifsimabagnarcil cibo con poco uino, Tutte le imbriachezze nuoeono,ma molto piu la continua:percioche è necclfario, che i nerui continuamente aflediati,s’arrendano.il bere troppo dà Tempre principio alle infirmila acu te. E nondimeno utile il bere alquanto piu del douere per alcuni giorn i, quando prima per alcun tempo s’è beuuta dell’acqua : percioche tira alle fommità.apre i meati, per li quali purga pofeia ìnuifibilmente le fuperfluità de i (enfi. Ma bifogna dapoi bere dell’acqua : percioche ella è il rimedio di ■ queda imbriachezza, fatta per fallita- Quello,che chiamano Om phacite, fi fa particolarmente in Vino m p lá Lesbo d'uua immatura,colta poco auanti alla maturità,& difleccata al fole per trc,ouer quattro gior (ino. ni fino ch’ella diuenti uizza : da cui cauato pofeia il vino,fi mette nelle botti,& lafciafi al fole. Ha que ila uirtù codrcttiua.gioua al uomito de gli domachi riiaiTati,à dolori de i fuchi,all’appetito corrot­ to delle donne grotte,& alle crudità : & credei! che fia,bcuuto, molto utile nella pedilenza. Quedi ui 4 ® ni non fi pedono bere.fe non dopo molti anni. Quello,che i Greci chiamano dcuteria,cio è fecondario, & i Eatini lora,fi fa in quello modo. Tolgonfi tre mifurc d’acqua,& mettefi fopra alle uinaccie, da cui fi fono cauatc trenta mifure di uino:& mefcolandofi bene ogni cofa infieme, fi calcano,& il uino, che fe ne cairn,fi cuoce al calare,della terza parte,& mcttonfi pofeia per ogni congio dei pre­ detto uino due fedarii di fale,& cofi dopo il uerno fi tramuta in altri uafi.Beefi l’anno medefimo: per ciochc predo perde la bontà fua.Dafsi à gli ammalati,à cui non fi può dare Acutamente dell'altro uin o , quando fumo codretti di fodisfare à i loro defiderij,& parimente à i conualefccnti. Fafsi anco­ ra quello,che chiamano im potente, fimile di forza al predetto. Al che fare fi prende uguale parte di m ofto,& d’acqua,& fannofi cofi bollire lentamente al fuoco, fino che fi confumi tutta la mifura del­ l’acqua,& come è freddo,fi mette in unaliottc impeciata.Tolgono alcuni uguale parte d’acqua ma- $o rina,di piouana,di mele,& di m odo,& mettono tutto infieme in uafi al fole per quaranta giorni : 8c ufanlo à tutte quede cofe il medefimo anno. Quello,che di colore ben nero fi fa dell’uua delia lambrufca,è utile ueramente per la uirtù codrettiua,che egli pofsiedc,à i flufsi di corpo, & parimente di ftom aco,& in tutti gli altri cafi,ouc fia di bifogno di ftitticarc, & ridagnare. E i l v i n o neramentefoauifimo liquore, onero fo&entmento della ulta noflrd, rigeneratore de gli fri* V in o , & fue nane faculta riti, rallegratore del cuore, er refiauraiore potentifiimo di tutte lefacuita cr operationi corporali : e? però me fecódo la mi ritamentefi chiama ulte la pianta pretiofifiima, che lo produce. Ma non però per quello piglino ardire gli ebbria fura del fuo chi Mentendomi qui tanto lodare il uino ; percioche effendo ogni eftrcmo ( come fi dice ) uttiofo, quandofi bee al» pio.

tre quello, che bifogna, caufa ( come poco qui difolto diremo ) horrcndi morbi, Et però dico, che bcuuto modera 6o tamente, conftrifce molto al nutrimento del corpo, genera ottimo f angue, conucrtifcefipreflo in nutrimento,au menta la digefiione in ogni parte del corpo ,fa buono animo, rafferena l’intelletto,rallegra il cuore,uiuifca glifri r iti »


Nel quinto lib.di Diofcoride.

6^9

r i t i , p r n u o U ¡ 'o r in a , c a c c ia la u c n t ò f ì là , au m enta il c a lo r n a tu ra le, ingraffa i c o m u lc fc e n t i , p r o n o c a t a p p e tilo , c h ia r ifica i l [ a n g u e , a p re le o p p t la tt c n i, p o r ta il n u trim en to p e r t u t to i l c o r p o , f a buon c o l o r e , c r c a c c ia f u o r i tu tte le c o fe f u p e r f lu e . M a b e u u to f e n z a m o d e flia , c r f e n z a r eg a la ( com e fa n n o g l i c b b m c h i

) iiifr ig id ifc e a c c i •

d en ta lm en te tu tto i l c o r p o ,[ a ffo c a n d o i l c a lo r n a tu ra le, c o m e f if o f f o c a un p ic c io lo f u o c o con im a g r a n q u a n tità d ì le g n a . N u o c e al c e r u e llo , alla n u c a ,c r k t iterili : c r p e r ò c a u f a ffe jjo a p o p le f ia , d o ¿ g o c c i a , p u r a h fia , m al c a * d u c o , f f a f t m o , ( lu p a r e , tr e m o r e , a b b a g lia m en to d’ o c c h i , u e r tig in i, c o n ti-a n io n i di g iu n tin e , le th a r g ia , fr e n a * f u , f o r d i t i , c a t h r n o , e r to rtu ra .'-C o rro m p ed o p o q u e s t o i b u o n i ,

er

lo d e u o li co jìu m i

; pc r c io c b c f a d iu cn ta re cr hom icidia•

g l i h u o m in i c ia n c ia to r i, b a io n i, c o n te n tio fì, f c r e d e n d a t i , lu ffu r io fì, g i o c a t o r i , f u r i o f i , d isb o n clli, l i , G u a d a la m em o ria ,

cr f a

m o lti a ltr i a b o m in eu o li,

er p ep im i e ffe tti

,

; i q u a li la fc ia r ó p e r bora da banda,per n o n

f

ini f a r d el tu t to m a liu o lt g l i e b b r ia c b i, C on uit'nfl o ltr e à c iò il u in o à iu e c c h i p i u , c h e à t i n t i g l i a ltri : p e r c io c b c tem p ra la fr ig id ità c o n tr a tta con la l u n g h e z z a d ell'età lo r o . M a à i fa n c iu lli,

er à i gioitan i fin o a ll'età di uentt ai 1*

10

n i non f i c o n u ien e i l u in o in m odo a lc u n o . E t p e r ò d iceu a G a len o a l 1 1 .lib r o del m odo d i co n feru a rc la f a n it à , ch e il dare a b e r e i l u in o à i fa n c iu lli,

er à ig io u a n i a ltro n on

è ,c h e a g g iu g n e re f u o c o à f u o c o .

E

à do da

o lt r e

g u a r*

darfi n el tem p o della d a t e d i non b e r e il u in o r in jr e fc a to c o 'l g h ia c c io ,ò co n la n eu c,o u cra m en te c o n acque f i ig i d if * fin t e , p e r effere e g li m o lto n ocin o a llo d o m a c o , a l c e r u e llo , à i n ùrui, al p o lm o n e , a l p e t to , a lle b u d e lla , alla m a* t r i c e , alla u e f c i c a , alle r e n i , al f e g a t o , alla m i l z a , a 1 à i d e n t i . E t però non c m arauiglìa , f e c o l tem po f i g e n e * u n o in c h i c o f i lo b e e , d o lo r i c o l i c i ,

er d o m a c h a li , f f a f i m o , p o r a lifia , a p o p le f ia , fe r r a m e n to d i p e t to , r ite n i*

m e n t o d 'o r i n a ,r e n e l l e ,p i e t r a ,c p p ì l a t m i ,h i d r o p i f w ,c r a l t r i p c r i c o l o f ù c r f r a n i m o r b i. I l p e r c h e G a le n o n el lib r o de i c i b i , c h e danno b u o n o , & %0

c a ttiu o n u tr im e n to : C o lo r o (diceu a) ch e non fa n n o e ffe r citio la d a te ,d e b b o *

n o qu a n d o f o n o affediati da g r a n d if im o c a ld o , b ere a c q u a di fo n ta n a , e r g u a r d a r f da q u ella ,ch e f i liq u efa d e tie n e * u i , c r p a r im e n te dal u in o r in f e f c d t o p e r a r t e . im p e r o c h e qu a n tu n qu e p a ia , ch e i l bere i n q u e d o m odo n o n ca u fl n e i c o r p i d e ig io u a n i n o cu m en to a lc u n o

; n o n d im en o crefcendo p o feia p ia n piano la m alignità della

cofa , f e n 'a c*

er D cefi o ltr e à c iò : p e r cio cb e il uino

c o r g o n o p o i quan d o com in cian o ad in u eeeb ia re : p e r c io c b e in c o r ro n o in a lcu n e m alattie di n e r u i, di g iu n t u r e , d ell’in te r io r a ,le qu a li fin a lm en te ò c h e d el tu tto f o n o in c u r a b ili, ò c h e m alageuolm cnte f i fa n a n o . fem p r e p r o c u r a r e , c h e i l u in o ,c h e f i b ee , fia n e t t o , p u r o , c h ia r o , o d o r ife r o , c r g r a to a l g u f o g u a d o , i l to r b id o , c r l'in fitto d i m a lo o d o r e , n u o c e n on p o c o , c r co rr o m p e i l [ a n g u e .

E t però d ir ò i o , c h e

d o ta to d e e c e d e n ti f i m i n in i c il c o n ta d o d i G o r it ia ,d o u e fi ha d i q u e l F u cin o a n tic o ,c h e nafee in F ro fccco non m o lto lo n ta n o dal

T im a u o , c r

m o lto p iu lo d e u o le in V i p a o ,c r d’a ltr i film iligrand ifiim a c o p ia .

I q u a li b eu u ti

Vino Pucino, &•fuc lodi.

m oderata *

m e n te , fo n o p e r c o n fe r tiare la fa n ità n e g l i h u o m in i,a etti fi c o n u e n g o n o , m ir a c o lc fi. C o m e n e p c f f o f a r e i o fir m o

30

te ft in to r n o , per h a u er g ti p r o u a ti in m e m edefimà c o n non p o ca u tilità m ia, in un m io a n tic o d o lo re d i d o m a c o , c r d e b o le z z a d i t u t to i l c o r p o . E t p e r ò non è m a r a u ig lìa , c h e fe r iu a P lin io a l v i , c a p o d è t x

in i.

lib r o , c h e Liu to,

A u g u d a f o le u a d ir e , c h e non p e r a ltr o c red eu a d 'ejfer m unta o tta n ta due anni , f e non p e r il b e r e d e l uino F u c i n o , i l q u a le fem p r e f e n z a b ern e d’a ltr o baitcua u f a t o , N a fe e q u e d o

( d iceu a p e r e g lt)n c lU codia d el m are

A d r ia tic o n on

m o lto lu n g i dal fó n te d e l f im auo in un c o lle f a f f o f o , d ou e f e n e r ic o g h e p o c h e o r n e . A lt r o n on è c h e p iu f i filin i c o m c n e u o le nelle m e d ic in e . E t q u e d o c r e d o i o , c h e fìa q u e llo ,c h e celeb ra ro n o i G r e c i c o n non p o c h e lo d i , d i a * tirandolo F id a n o d el m are A d r ia tic o . D e l c h e fa n n o teftim on io i uitiatii del C arfo chiam ato da g l i a n tic h i la p ìd ia : im p e r o c h e b euen do fe m p r e n in i fin t ili a l F u c in o ra ri f i n t e u o ltc s a in a la n o , c r ìn u e cc h ia n fi lu n g a m e n te , di m od o c h e in fin iti u i f e n e n t r o i m o , c h e paffano n ou a n ta , c r c en to a n n i . Q u e llo è f o t t i l e , c h i a r o , lu c id o , p r o p r io d i c o lo r d’o r o , o d o r ife r o , c r al g u f o g r a t i f i m o .

40

S ca ld a non inacquan doli a ffa i,

er p en etra a g eu o lm en te p e r tu t te

l e p a r ti d el c o r p o . E t p e r ò ben d ic eu a G a le n o al t e r z o lib ro detic [ a c u ità d e 1¡'em piici ,c h c c o ia i u in o non Jò la m en * t e è p o ten tiffim o rim ed io d i tu tte l e m em bra d e l c o r p o in fr ig id ite d a f r ig id if im i m ed icam en ti ; ma anebora in t u t t i ( o l o r o ,c h e p e r d o lo r di d lo m a co , ó d i c u o r e f f e f f c u o lte tra m o rtì [ c o n o . E t p e r ò c r e d o , c h e m olta fe lic ità fia à g l i h u o m in i, c h e n afeon o d o u c f i ritro u a n o i b u o n i n in i, quando p e r ò g li fa n n o u fare con quella m o d c llia , c h e u i f i r i* c h ie d e . Q u a l f o r t e p o i d i uini fie n o p iu c o n u en eu o li a ll’ u fo d el b e r e , n on d irò a ltrim en ti q u i i o , battendone d e tto à b a fta n z a D io f c o r i d e . r o llo ,

er in

M a p e r d ir e an ebo ra q u a lc h e co fa della L o r a , la q u a le n oi in T o fca n a chiam iam o A c q u a *

E r to li f i chiam a G io n ta , d ic o c h e a ltr im e n ti fifa c e u a al tem p o d i G a le n o , ch e al tem p o d i D i o f c o r i d e .

Lora , deftrit* w d» Gi1,

D e lla q u a le tr a ttò effo G a le n o , e r d el m o d o di f a r la n el feco n d o lib r o delle [ a c u it à de g l i a lim e n ti, c o n q u e fic p a r o le . C h ia m a n o i G r e c i l ’in fu fio n e d elle u ìn a cc ie t r y g a , d a g li A t t i c i fic h ia m a d euteria , c r d a 1 n o fir i d itm * p h y l i t i s , c iò è l o r a . M c tta n fi p e r f a r la le u in a cc ie in alcun e p icc io lo b o t t i ,c r p o f c ia f e le m e tte tanta a cqu a [ ò p r a ,

50

c h e fi p offan o tu tte b en m a c e r a r e . c r c o m e p a r e ,c h e l’ acqua fia (la ta affai, s ’apre un p e r tu g io n e l f è t id o , c r la fcia fi [ c o la r f u o r i , c r u fa fl p o fe ia in ca m b io di u i n o . H a n n o c o lo r o ,c h e la f a n n o , q u e jlo a n tiu e d e r e , c iò ò d i m etter g li ta n ta a c q u a , q u a n to p e r certa r a g io n e , c r e f f e r ie n z a p a r lo r o ,c h e b a fli fe c o n d o la q u a n tità d e lle u in a ccie, m i f u * randa la q u a n tità d ell'a cq u a ta lm e n te , c h e la lo r a n on fia tr o p p o a u ii u t a , n e p o c o .

E t ca n a ta f u o r i la p r im a , u i

r ito r n a n o una a ltr a u o lta fo p r a d e ll'a ltr a a c q u a , ma affai m anco della p r im a r i m od o c h e a n ch o ra qu efla habbia m e* d io c r e m e n te d el u in o f o .c r q u efla è q u e lla , c h e u o g lio n o a lcu n i c u r io fi,c h e fia p r o p r ia m e n te chiam ata da g li A t t i c i d e u t e r i a , e r non la p r im a .L ’ u n a , c r l'a ltr a f a d o lo r e d i tedia, f e ella non f i b ee b e n e inacquata-.ma la prim a offen de affai p i u . H a q u efto d i b u o n o , c iò è , c h e b eu u t a p r e f i o s’o rin a . R itr o u a u ifi p e r ò n on p o ca d iu e r fità , fe c o n d o ch e f o n o u a r ie , C 7 d iu erfe a n c h o r a l e m e , d i c u i f o n a l e u in a c c ie .I m p e r o c h e [ e l 'u u c f o n o d o ì c i , l a lora è m o lto p iu f o a u e , c r paffa m o lto p iu predio p e r orin a : c r f e a c e r b e , ó a c id e ¿ m o lt o p iu f f i a c e u o le , c r m alageuolm cnte s 'o r i* 60

na.

E n f i p iu p o t e n t e , quando u i f i c o n f e r t m o le u in a cc ie fin o alla p r im a u er a ,ò fin o alla f i a t e . V fa n d ofi i l v e r *

n o , f e b e n m o lcffa m anco il c a p e , n on s’ orina p o i f e non con lu n g o t e m p o . T u t t o q u e llo della lora fe r iffe G a le n o . t u f i an chora in a lc u n i lu o g h i d 'Ita lia u in o d ell'ulta f a n a t ic a di n e r i f i m o c o l o r e , c r ufano a lcu n i di n tefch ia r lo c o n

fi bianco

Vino dj lam. bruita.


660 Nomi.

DifcorfidelMatthioli

il bianco perfarlo ucmiglio. Bconfelo i uiUani, quando è careftia di nino. Quefloper il piu c dolce, Vfinfìeme* tnentc auftero : ma perde poi col tempo la dolcezza, Cr diuenta infoauc, crjpiaccuolc, di modo che all bora non ( bUOno per altro,che per medicina, ouefia bifogno di rifiagnare,cr di fortificare. Chiamano 1Greci il Vino,Om ; i latini , Vinum : i Tedefchi,Viiein ; li Spagnoli, Vino.

D el Vino Melitite.

Cap.

Vili.

I l v i n o chiamato Melitite fi dà nelle febbri lunghe, che debilitano Io ftoraaco : percioche muoue leggiermente il corpo, prouoca l’orina,mondifica lo ftom aco. gioua a i dolori delle giuntu r e , alle infirmiti delle reni, à debolezza di certa, & alle donne,che naturalmente bcuono dell’acqua : io è odorato, & nutrifee il corpo.E differente dal mulfo.il quale fi fa di nino uecchio auftero, mefehiato con poco mele : percioche il melitite li fa mettendo un congio di mele,& vn ciatho difale in cinque congi di morto auftero. Dcbbefi fare querto vino in vali di capacità grande,accioche ui ha fpatio per bollire largamente ; fpargeuili fopra a poco a poco il fide tanto che bolle, Se come ha finito di bollire,fi tramuta in altri uafi.

D el Vino Mulfo.

Cap.

IX .

T r a g l i altri è tenuto migliore quel Mulfo,che fi fa di uino vecchio,& di buon mele: percio­ che il coli facto genera manco uentofità, & piu prefto diuenta buono per vfare. Il uecchio nutrifee il corpo.Quello di meza età mollifica il corpo,& prouoca l’orina : bcuuto dopo parto nuoce, &auantiiatia : ma poco dopo prouoca l’appetito. Fafsi il mulfo di due metretedi uino,& vnadi mele. Sono alcuni altri, cheacciochc piu prefto fi poffa bere,fanno cuocere il vino infieme con mele, & polcia lo im bottano. Sono alcuni altri,che per ifpendcre poco,mettono con fei fcftarii di m orto, quando bolle nella vindemia, un fcftario di mele »& come ha poi finito di bollire,lo ripongono nelle botti, & cofi refta dolce.

D ell’Acqua melata.

Cap.

X.

L ’ A c Q_v a melata hale forze medefime del vino melato. Viàfi di dare a bere cruda,quando uo* gliamo fare muoucre il corpo,oucro far uomitarc,come facciamo dandola con olio a co lo ro , che hàno prefo il ueleno.Et parimente la diamo cotta a gli huomini naturalmente deboli, & di poco poi fo : dafsi à chi ha la tofl'c.ne i dififetti del polm one, & à co lo ro , che per troppo fudor fi confumano. Quella, che fi tiene preparata,& riporta,chiamata hidromclc,è cofi ualorofa di mezo tem po, come lì lía il uino chiamato adinamo,ouero acquarello: & impero gioua nelle infiammagioni d alcune me bra, piu che non fa elfo acquarello.Dannali quella, che c piu uecchia,per coloro che fono infiamma­ ti, & ftittici di corpo : come che ella fi conucnga nelle palsioni dello ftomaco,alla nauiea del cibo,& à chi troppo fuda. Falsi,mettendo con due mifure d acqua piouana uecchia, una mifura di mele , & pofeia falciandola al fole. Sono alcuni,che la fanno con acqua di fontana, & cuoconla fino che cali la 40 terza parte, & cofi pofeia la ripongono.Chiamano alcuni hidromele l’acqua rifcrbata.di cui fi lauano ifa u i. Beefi quella piu copiofamcnte.Sono alcuni chela cuocono : ma nuoce àgli ammalati, per ha uere pur aliai mirtura di ccragionc. L ’ a c qjv a melatadcgli Arabifipreparainaltromodo,chequctlade Greci deferitta in qucfto luogo da Vario modo Diofcoride . Imperoche Mefuc defcriuc la fina inquefto modo. l ’acqua melata (per quantofe ne ritroua da gfiati* di far l'acqua melata. tichi) è dotata di grandifiime uirtìi. percioche fregne ella lafete :gioua a i morbifi'igìdi, er fretialmente del cer* nello, de i nerui, er delle giunture. Batuta à paflo in cambio di uino,gioua per mondificare il petto dalle humidi* tà, er parimente alla toffe. Caua oltre 4 ciò dal petto la marcia, & la flemma groffa, er uifeofa. Netta, purga» eylaua le budella, le uifcerc,cr leuic dell’orma : er però gioua ai dolori colici, muoue il corpo, e r prohibifee il generare della pietra. Eafii togliendo una libra d'clcttifiimo mele, che non fia uecchio, di colore tra l bianco e l 50 giallo, odorifero, er con la fua dolcezza alquanto acuto,< c r otto libre ¿acqua chiara di fontana: er fanfi cofi cuo cere infieme in un uafo di pietra, oueramente di terra cotta uetriata a lento fuoco,fin che friumandola continuamen te nonfaccia piu frtuma : cr aJChora fi cola, er fi ripone. Aidfefì uuol bere poco dopo che è fatta, mettauifì piu acqua, crfubito ¡piumatafi coliAmperochc quella,che fi fa tanto bollire, che refti greffa come il giulepo,fi può confemare molto piu lungo tcmpo:ma penetra piu malageuolmente nelle parti longinque del corpo, er fácil* mentefi conuerte in cholera per lafua troppa dolcezza. Et però fa ella fete, fe nonfi dijfoluccon affai acqua, di modo ch’ella reñí quafi infipida come acqua. Ma uariano lefaculta dell’acqua melata,fecondo la diuerfità del cuo cerla. Imperoche, quella, chefi cuoce troppo poco,genera uentofità nello ftomaco, muoue moho piu il corpo, e r nutrifee manco : e r quella,che fi cuoce affai,rifolue la uentofità,nutrifee piu , e r muoue manco il corpo. Sono al* cuoi , che lafanno infieme con c(fornati, come gengcuo,macis, zaffarono, cinnamomo, e r altri fimili. Ei altri 60 ni mettono la galia mofeara ¡ c r l ’agaUocho .Eafii ancora d’una parte dimele , e r otto di acqua di fontana,e r tre dacie di lim ito , ciò ¿fermento ( queflo bafla per farne cento libre ) liquefatto nell’acqua predetta. Et mettefìpoi in una


Nel quintolib. diDioicoride.

661

in una botte tutto infierne ì bollire comefi fa co'l moño : ma bifogna chela botte rcfii pur affaifrema, iccìochc nel bollire nonfe u'efca fuori. Et come hafinito di bollire, fi ferra la bocca del uafo, cr faluafi per bere come fifa co’l uino. ma non bifogna bernefe non pafftto il tèrzo mefe. Pojfonfi mettere anchora in qucjla de gli arornati legati in und tela, crlafciarueli fofiefl à un laccio. T atto queño dell’acqua melatafcriffe Mefite. La cui ultima chiamano t Tedefchi Medone.. ma eglino gli mettono un fermento fatto non cfalcunaforte difarina, ma deBa)puma chefa il mo fio nel bollire, crdìfiori di bipoli,ì quali ufano anchora neUe lor ceruoge. Infinito Medonè bcono i Polacchi, cri Lituani, per hauere abondantif.imo mele, cr careftia di uino. Ma è oltre <t ciò etauertirc,chc i tefii Greci di Dìo* fon d e hanno tutti quafì nel principio di queflo capìtolo, xpà/utSct <f«i S , ty «*Vm iit r tSoohdfatS*, ilì(t*7orx.mt<u, ¿ i tiri twv5a.ydaiy.oyv iw K tjc n . S'iì-dints aura ¡ttr’ t^cùou.cioè. Vfajìcottaquan» 10 do uogliamo muouère il corpo, onero far uomitare, come a coloro, che hanno prefo il ucleno, dandogliela con 0* ¡io. Helle quali parole è da dubitare,che fia corrottela diferittura. Imperoche Attuario nelfuo libro delle coni» pofitioni de i medicamenti, deferiuendo l'acqua melata >di parola in parola da Diofcoride,ba in queño luogo,cru* da, er non cotta,come interpreta anchora il RueRio, auertito firfe da Attuario. Senza che è cofa chiara er ragio neuole, che la cruda può molto piu muouere il corpo, cr piu faruomitare della cotta. Chiamano i Greci l’acqua melata >Mexwpewa» ; »Latini, Melicratum>er aqua mulfa.

D ell’Acqua.

Cap.

.

g

j.

D” fcoridc corretto.

Nomi.

X I.

E ’ v e r a m e n t e malageuol cofa il determinare uniuerfalmente dell’acqua >per le proprietà IO dei luoghi,per le priuate nature lo ro , & per le difpofitioni dell’aria, & molte altre cofe.Nondimc no l’ottima è la dolce, lineerà, & che non partecipa d’alcuna qualità, & quella che non ftà lungo tem po ne i prccordii, che difccnde facilmente, & fenza dolore,che non genera uentofità, & non ii putre fa nel corpo. Q j a n t v n qjv e breucmentc trattaffe D iofeoridc deU’A equa da bere ; nondimeno toccò egli quafi tutte ^ ^ te circonfianze,che fi richieggono nella buona. Hefarebbe bifogno di farglifopra altro difeorfo, quandofi uolcffe f2CUità. * folamentefodisfare a quelli,che fanno. Ma per contentare ciafcuno, er per ampliarne rbiftoria, narraré qui nonf i lamente le qualità cr lefaculta di tutte ¡’acque,che fono in ufo per bere, erper cucinare; ma anchora di quelle,che hannofcco mifiura di metalli, cr etaltri uarij minerali. Et però dico, che queUafi può chiamare elettißima acqua, ì 0 ¡¿quale è chiarifiima, pura, fittile, fenza fapore, leggiera, che preño fi [caldi alfioco, cr faldata preftofi raf* fi-edii, aggradeuole alguño : che fenda ageuolmente à baffo, c r chefi digerìf a fenzafafiidio.Cofifattaf o l e efr fere neramente quella, il cui finte rimira ucrfo oriente, cr correfopra faßt, ò fopra retta, ò fopra pura terra, cr che la ñate è fredda, e'I uerno calda. EcceÜentißima, cr migliore di ciafcuna altra è la piouana,chc pioue la fiate quietamente. A cui è poco inferiore la piouuta neü’ifieffo tempo con il remore de tuoni. Ma quella, che pioue con furiagrandißima da qualche fubito nembo, con tuoni bom bili, fólgori, cr tmpefla (come nel fefto de i morbi uol gari fcriue Galeno ) non è in modo alcuno da ufare. Quella che f i [erba piouana nelle ciñerne, non par che fla ue• ramente cofilodeuole, quantunque molti medici la commendino .percioche non folamente è ella uitiofa, per effere ma mefcolanza di diuerfe acque piouute in diuerfl tempi deltdnno di grandine, cr di neuifola te da i tetti ; ma an* chora perche ogni acqua, cr fpctialmente piouana,che ñia infierne raccolta fenza moucrfffì putrefa prefio. 11 che 4 ° confìderandofi bene, nonfi può cofi lodare l'acqua delle cifieme, come la pura del cielo. Et però diremo,che que• ña delle cificrne tanto piu c cattiua quanto piu ui fi ritroua effere dentro acqua di tempefta, ó di neue ■ percioche, fccondoche fcriue Galeno nel libro della bontà dell'acqua, quella che f:o k dalla neue, c r dal ghiaccio, impedìfce la digeñione, ritiene la orina, nuoce al petto, al polmone, cr allo ñomaco, crcaufa f a fimo, pontia, cr uentofiti grande. Er quefio non gli accade per altro,fe non perche quando ella fi congelò nell’aria, fi rifolue da lei ogni par• te fittile. Quella de i pozzi è per il piu graue, cr digerifeefi malagcuolmente,ncfi può dire, eh'ella fia fenza qual• che putrefanione : quantunque tanto mancofia ella uituperabile, quanto piu fi frequenta di cauarla,oucro quando la profondità dei pozzi finìfeefopra qualche finte fotterraneo. Quella dei laghi, crdeBe paludi non è da ufare, fe non cotta,oueramente defiiRata. Quella de ifiumi è buona, cr cattiua, fecondo le qualità deU’acque, che ui con* corrono, cr delle cofc putride, che ui flgittano : come interuiene de i fiumi,che paßano per le città grojfe. Et però 5 0 nonfono in alcun modo da ufare le infittatele prima nonfi rifehiarano con lungo tempo ne i ziri,cr nelle uittine,co me ficañuma di fare à Koma con quella del Teuere : la quale rifhiarata chefia,fi conferua le centinaia degli anni fenza corromperfl. OItreàcio non c di poca importanza il fapcrc, che le acque, che contengono in loro gran quantità difucco pietrifico ( di cui ampiamente s’è detto nel prologo di quefio quinto libro ) pojfono ageuolmente ñrangolare non altrimenti, chefi faccia Ugeffo beuuto, per ferrare elle nonfolamente il tranfìto agliforiti uitali m¡ner4i¡} & per le arterie di tutto il corpo ; ma per prohibiré anchora il tranfito del nutrimento al fegato,cr quel delfungue per loro faculta. tutte le uene. Parimente poffono molto nuocere quelle acque ; che contengono in loro pur affai terra,per effere op= pilatiue di tutte le uifeere, cr per generare ageuolmente le pietre nelle reni, piu cr manco nocendo, fecondo che piu Cr meno quantità di terra ui fi ritroua. la qual terra effondo cofirettiua, riduce ageuolmente l'acqua nella medefina natura. Il che parimentefi deue intendere d'ogni altrafacultà, che flanella forte della terra, che ui fi ritroua. 1 60 fucchi poi congelati, come è il fole, il nitro , il chalcantho, Valume, cr altri fim ili, danno ucramcntc alle acque, con cui ¡’accompagnanofegnalate uirtudi, cr hanno tuttefaculta di fcaldare,cr di diffeccare piu, cr manco fecon* do che la mifiura di quelli è maggiore, cr minore. Ma quefle nonfon buone per l’ufo defimi. ma per diuerfe forti kK <finfirmiti!


66 2

Komi.

DifcorildelMatchioli

<finfirmiti : er per lo piu confirifcono à gli intemperamenti frigidi, er humìdi, er à tutti i morbiflemmatici, che fi generano di grofli, er fi'igidi bumori : er nuocono per lo contrario allecalide, er fioche compìeflioni, er pari* mente i tutti quei morbi, che fi generano da cholera, er da caldi humori, come che ne ifeccbi , c r frigidi morbi giouino co'l calore, er nuocbino co’l fecco. Le acquefalfe poi uagliono per foluere laflemma, per disfare il fan» gue congelato nello ftomaco, per rifoluere le hidropifie, er per ifminuire, er ifmagrire i corpi. Ma confinata che fla laflemma, fannofece, offendono lo ftomaco, ulcerano le budella, er caufano il prurito, c r la rogna, per acuireconla falfedine loro non poco il fangue. Tacendofenc criteri affottighano laflemma, er mitigano ¡dolori caufati da quella, sfatene bagni confirifcono k i principi) delibidoprifie ,giouano all’infirmitd frigide de nerui, 4 i petti catarrofl, à gliflomachi frigidi cr bumidi, cr alla rogna generata da flemma. Giouano parimente tolen done il uapore, alla grauczza del capo, er al dolore dell’orecchie : sfa tto n e fèmentationi rtjoluono i tumori fri 19 gidi, er i Iiuidi di tutto il corpo. L e nitrofe conturbano il corpo, er parimente purgano laflemma, fanno le donne prolifiche, cr rifoluono le fcrofòle. Hanno le medefime uirtk delle falfe,quantunque molto piu efficaci, non dimeno non fono coflréttiue, ma attcrflue. cr però guariftono la rogna, cr fanano diflìllateui dentro { orecchie, che menano marcia ,.er confirifcono alle enfiagioni, cr [uffoli di quelle. Le almninùfe poi fono fieramente mol* to coftrettiue. crperó non è marauiglia, fe fortificano gli flomachi, che fonofoliti di uomitarc, cr che rifìringa» no i corfi inordinati de mcitrui delle donne, c r prohibifcano che nonfi fconcìno, cr non partorìfrano aitatiti il tcm po quelle,che ciò far fogliano. Curano le ulcere della uefcica : cr lauandofépe la bocca curano parimente le ulce re di quella, cr le enfiagioni delle gengiue. Gargarizate prohibifcono iflu fii , che frcndono allefauci, cr al gor* gozzute , cr ui rifoluono la materia già f luffa. il che fa parimente il lor bagno, il quak non poco fi i ornitene in cu rare l'ulceragioni efteriori del corpo cauate da conftuffo di materie. Sono oltre à ciò utili à gli fiu ti del fangue, 10 alle rotture delle uene interiori, all'ufcrre del budello del federe, cr à prohtbireifuperflui fudori . quantunque ¡¡¡locano affai à chi (là in pericolo di cafcare nellafebbre per oppila! ione delle tufrere,tanto beuute, quanto bagnan dofenc. Q uelle , che tengono miftura di uetriolo, ò di mif i , ó di chalciti, ò difo ri , ò di mclanteria, per effere tutte cofe d’una facilità medefinta, hanno l'ifleffefacultà delle alluninofe : quantunque frano molto piu efficaci, per hauer elle molta mordacità congiunta con la facuità coflrettiua. cr però confirifcono all’ulcere ferpiginofi, cr corrofiue. Le fulphurec mollificano, cr fcaldano ualorofamente i nerui. crperò fono utiìifiimè nelle paralifie, ne tremori, nelle contrattioni, cr dolori di quelle. Rifoluono i tumori delle giunture, er però ragioneuohnente fi conuengono alle chiragre,allefciatiche,alle podagre,crad ogni altro dolore di giunture. Mitigano oltre à ciò nonfilamento i dolori del fégato , della milza >c r della madricc ; ma rifoluono parimente i loro tumori,fe ben ritto* cono però allo ftomdco, rilavandolo piu del dotiere . Spengono lauandofene le lentigini, curano le uitiligini, c r f i 5° nano la rogna. Le bituminofefe bengiouano beuute a i morbi interiori, crper modo di bagno mollificano, cr fcaldano con qualche tempo i nerui ; nondimeno riempiono il capo, hebetano i fenfi , cr fietialmente gli occhi. Quelle , che contengono pietra Armenia, ouero cerulea,ò erugine, ó chrificoUa,fanno beuute gagliardamente uo Viitare : crfattone Luanda, firmano t ulcere corrofiue. Le infitte di orpimento, è di fandaracha dilatano il pet* io,er confirifcono à gli afthmatici, cr à tutti quei morbifrigidi,che impedifeono il rifiirarc. Quelle,che tengono di rame, confirifcono all’ ulcere della bocca, à iflußi del gorgozzule, cr degli occhi. Le ferree ultimamente gio j ? vano allo ftomaco, alla milza, alle reni, alla gonorrhea , c r à i fiusfi bianchi delle donne, infomma ogni acqua,che fla mefchiatd con altri minerali, ha l’iflefTa uirtk di quelli, che contiene. Et però non c bifogno difarne piu lungo froceffi. chiamano l’Acqua i Greci, ; i Latini,Aqua. , ... 40.

D ell’Acqua marina.

Cap.

XII.

L’ A C Q^v a marina è calda, & acuta. N uoce allo ftomaco, conturba il corpo , purga la flemma. Applicata calda ne i bagni, tira, & rifolue : gioua à i difetti de nerui, & alle bugance, auanti però che fieno ulcerate. Mettefi ne gli empiaflri, che fi fanno di farina d’orzo : mettefi anchora utilmente ne g li empiali ri rifolutiui. Fannofi della tepida crifteri per le cuacuationi: & della calda, per i dolori di corpo. Vale il fuo fomento alla rogna, al prurito, alle impetigini, ài lendini, & alle mammelle, che troppo s’empiono di latte dopo al parto : fomentata,leua uiai fluidi. E’ ueramentefalutifera allepun ture uelcnoie, & fpetialmente de gli feorpioni, di quei ragni che fi chiamano phalangi, & de gli afpi $ 0 d i,¡q u a li indiiconotrem orej& ffigiditànellem em braiil che fa anchora entrandofi in efTa calda. G ioua, facendofi bagni, à coloro che per lunga malattia s’enfiano in tutto il corpo, & parimente à i nerui. Riccuuto il uapor di quella, che bolle, conferifce à gli hidoprici, à i dolori del capo, & alla tar­ dità dcll’orccchie.La pura,che non habbia in fe punto d’acqua dolce,ripofta,lafcia co'l tempo la mali gnità fua. Sono alcuni,che prima la cuocono,& pofeia la ripongono in conferua. Dasfi cfla cofi fola per purgare i corpi,ouero con aceto inacquato,ouero con uino,ouero con mele : ma dopo l’opera, {ione fi dee dare il brodo delle galline,ouero dei pefei, per fpegnere l’acutezza della mordacità fua.

D el Thalaflomele.

Cap. 1

XIII.

Q u e l l o , che fi chiama Thalaflomele,purga ualorofamente. Fasfi d’ugual parted’acqua ma­ rina, d’acquapiouana j S i di mele, & pofeia colate tutte quefte cofeper il colarono,& mefle al fole in un

60


Nel quinto lib.diDiofcoride.

6 f ?3

un uafo impeciato ne i giorni canicolari. Sono alcuni altri,che lo fanno con due parti d’acqua marina cotta, & una di mele,& lo ripongono nel fuo uafo. & qucfio per purgare è ueramcnte piu moderato, che non è l’acqua marina, & piu piaceuole.

D ell’Aceto.

Cap.

[XI I I I .

L o a c e t o infrigidaj&coflrigne.gtouaalloftom acoifaappctitojriftagnaiflusfidclfanguc ^ ” ninatioUda qual fi uoglia parte del corpo, beuuto, & fedcndoui dentro. C otto nei cibi,ualeàiflusfi del cor- nc intorno al po : & meifo in fu le ferite fanguinofe, ui riftagna il fangue : applicato con lana fuccida, ouero con le ine t'aculu. 1° fpugna » ^ana leinfiammagioni : ritorna il budello, che efeefuori per il federe, & parimente nelle don ne la madrice diflogata : riilagna i Ausi! delle gengiue, & il fangue, che n’efce fuori. Vale all’ulccre, che uanno pafeendo la carne, al fuoco facro,ali’ulcere corro(ìue,alla fcabbia, all’im petigini, alla ere feenza della carne appreiTo a llu n g h ic i masfime quando fi mette con alcuna cola appropriata al male : ferma, facendofene continuo bagno, l’ulcere, che mangiano, & corrodono, S i uanno ferpetido : fattone fomento caldo con folpho, gioua alle podagre : impiaftrato con m ele, rifolue i liu id i.

Mettcfi infieme con olio rofiido, con lana fuccida, ouero con le fpugne per gli ardori in fu’l capo.il uapore del bollito gioua à gli hidropici, alla fordi tà, & fuffoli delle orecchie : & diftillatoui dentro , ammazza i uermini, che ui fi generano. Il bagno del tepido, rifolue i pani,ouero applicatoui fopra con una fpugna ; mitiga il prurito. Scaldato,& fattone bagno, gioua à i morii di quegli animali ue10 lcnofi, che ammazzano con la frigidità loro : ma freddo uale nel medefimo modo à i morfi di quelli, che danno il ueleno calido. Beuuto ca!do,& uomitato, gioua contra à tutti i ucleni, & masfime contra l’o p io , la cicuta, fangue apprefo nello ftom aco, fonghi malefichi, latteapprefo, ixia, & taffo,m fieme con fide. Beuuto fa cadere dal gorgozzule le magnane beuute : mitiga la tofle uecchia, ma irri ta la nuoua. Beuefi utilmente caldo per laftretturadi petto afmatica : prohibifeegargarizato, le infiammagioni del gorgozzule : S i conuienfi alla fchirantia, & al cafcarc dell’ugola. «enfi caldo in boc ca per il dolore dei denti. Q jr

a nt

v

n q _v e fèm p licem en te d ic cffe

D ìo fe o r id e

effer l ’ A c e t o f r i g i d o , p e r efierfl fo r fè e g li p erfu a fo ,

c h e m o lto p iu p a r te c ip i l 'A c e t o d e l fr ig id o ,c h e d el ca lid o ; diffe n ond im eno G a le n o in u e flìg a to r e g r a n d i f i m o delle }°

q u a lità d e m e d ic a m e n ti, n e l p r im o lib r o d elle f a c il i t à d e f e m p i i c i , c h e l A c e t o era c o m p o f o d i q u a lità c o n t r a r ie , c a lid e c iò c ,

e r f r ig id e , e r c h e n o n era e g li f a t t o

d i p a r ti ft m ili, com e n c a n ch o r a i l la tte ,

i l c h e con ferm ò a n ch ora

v i i l . lib r o p u r d e U e fa c u ltà d e [ e m p iic i, c o n q u e fìe p a r o le . F u d i m o i a t o n e l p r im o lib r o di q u elli co m m en * t a r i j , c h e l 'A c e t o era c o m p o fìo d i fu fia n z a m ifta , c iò è d i c a lid a , cr di f r ig i d a , C r l ’ im a , & l a lt r a f a t t i le : m a la

aU

fr ig id a f ip era la ca lid a . D if ie c c a u a lo r o fa m e n te , d i m odo c h e f i connum era co n q u elle c o f e , c h e d ife c c a n o nella f i n e d el t e r z o o r d in e , d i q u ello in te n d e n d o , c h e è p o te n ti f i m o .

E t n el

p rim o lib r o d elle co m p o fìtio n i d e m ed ica •

m e n ti fe c o n d o i l u o g h i , diccu a p u r é g li : L ’ A c e t o , i l quale è d el num ero de i m edicam enti i n c if i u i , o ltr e a ll e ffe r

e*

g l i r ifo lu tiu o , ha a n ch o r a f r e tia l u ir tù d i r ep rim er e, d i c o n d u r r e ,c r d i r ip e r cu o te r e : com e m ed icam en to p o c o n e l* la fu a fu f ia n z a c a lid o , m o lto fr ig id o ,

er f o t t i l e .

E t n e i 11

II. lib r o

d elle fa c u ità d e i [ e m p iic i : L a f r ig id it à

u a ) c h e n a fee dall’ A c e t o ta n to c e ll a p iu u a lo r o f a , q u a n t o e p iu fo ttile .

( d ic e •

M a r it r o t i a f a n ch ora in effo una c e r ta a a t

t e z z a c a lid a , n o n p e r ò b a lla n te p e r fu p e r a r e la f r ig i d e z z a ,c h e nafee dalla fu a a cid ità ,m a ta le ch e p u ò preftam en • t e f a r l o p en etr a r e.

Im p ero ch c q u a n to p iu fa c ilm e n te pen etra i l c a ld o ,c h e .il fr e d d o ; ta n to p iu è a tto o g n i a cu to

f u c c o à p e n e tr a r e p e r i meati a p p a r en ti d e l c o r p o ,c h e lu c id o . t r a , c r f a la ftra d a :

er il

I l caldo ad un que c o n l a c u t e z z a fua p r e c e d e , p e n e *

fr ed d o c o n l ’a c id ità fu a g l i fe g u ita d ie t r o . n e l qual tem p o f i ren d e i l fe n fo d u b b i o s i m o •

d o che m a la g eu olm en tè n c p u ò e g l i g iu d ic a r e ,c o m e q u ello ch e non p u ò d el tu t to d im o f r a r e , c h e l'A c e t o f a f r i g i • d o ,p e r r itr o u a r u ifl una certa a c u t e z z a ard en te,n e a n ch o c h e f a d el tu tto c a lid o . F e r c io c h e c o n tin u a m e n te i l fr e d *

>Cr n o n fo la m e n te l ’a fc o n d e è m o lto m a g g io r e,ch e d e l ca ld o . Q u e llo t u t to

d o ,c h e fe g u ita d a ll'a c id ità , afeon d e i l c a lo r e , c h e f i caufa dal p reced ere d e lla c u t e z z a o c c u p a n d o lo , ma d e l tu t to lo f r e g n e : d i m od o c h e i l fen fo d el fr e d d o

d iffe G a le n o . D a l c h e é c h ia r o ,c h e q u a n tu n q u e F A c e t o co n ten g a in f e q u a lità d iu e r fe ,t y c o n tr a r ie ; p a r te c ip a non d im en o m o lto p iu d e lfr e d d o ,c h e d el c a ld o . A l c h e hauendo d ilig en tem en te a u e r tito

50 te rifretta n d o la

D io fc o r id c ,

diffe fe m p lìce m e n •

q u a lità ,c h e fu p e r a u a , c h e l 'A c e t o era f r ig id o . A U c p er ò d a fa p e r e ,c h e l A c e t o c ta n to p iu c a li•

d o , q u a n to è e g li p iu u e c c h io ,

e r p iu

I m p ero ch e c o n i l te fim o n io d i G a len o a K x i . lib r o d elle / a c u iti I I I . d elle c o m p o fltio n i de m ed icam en ti fe c o n d o i l u o g h i , f p r u o u a , c h e i l

m o r d en te.

d e [ e m p iic i n el c a p ito lo del g r a f f o ,o - a l

n in o , l’a c e to , il m ele, l’o l i o , c r i i g ra ffo ta n to p iu fo n c a lid i, q u a n to p iu f o n u e c c h i . O n d e p u ò a n ch o in te r u e n ir e , c h e f r itr u o u i a c e to d i m o lto tem p o in u e c c h ia to c o f fò r te m e n te a c u to ,c h e f a p iu c a ld o ,c h e fr e d d o ,ò alm eno equa* l e n e lle f u e c o n tr a r ie q u a lità . E fiig

: li

C hiam ano i G r e c i l ’ A c e t o ,

A c e tu m ig li A r a b i , C h a l : i T e d e fc h i,

S p a g n o li, V tn agre : i F r a n c e fi, V in a ig r e .

D ell’Aceto melato. (4 o

O '¡'o t : i L a t i n i ,

Cap.

X V.

L o a c e t o melato, il qual chiamano oximele,fi fa in quello modo.Prendonfi d’aceto cinque hcmine.una libra di fai commune, dieci heminedi mele,& cinque fcftarij d’acqua,& fasfi bollire ogni cofa iniiemc fino à dieci bollori : & come è freddo.mettilo nc i fuoi uafi. Credei! che beuuto,pur iK 1 ghì

^

.


£>6 4

Difcorfldel Matthioli

ghi gli humori grosfi, & che gioui alle fciatiche, al mal caduco, & à i dolori delle giunture. Conferì fee al morfo di quella forte di uipera, la qual chiamano fepa, all’opio , & parimenteall’ixia.gargarizafi utilmente nella fchirantia. Offiw-le & modo di far

T re m o d i

difare l'Qfiimele ritruouo fcritti da Galeno nel III I. libro del modo di conferuare lafin iti :

ma non Pn ° *n uertino mette egli [ale , comefa Diofcoride, come fi uede per li fue feguenti parole. Togliejì per far

lo feròdo G ì tonimele una parte di aceto, er due di mele (fumato, er fanfì cojì cuocere infierne a lento fuoco,fin che le qualità lcno,& Mef. dtamendue diuentinouna fola , er cofi facendo non fi fente piu crudità alcuna nell’aceto. Yjffi anchor preño con acqua in quefto modo.Togliefl una parte di mcle,cr quattro di acqua,& ciioconfi infierne à lentofuoco,fin che ¡fu mandolo continuamente .finifea di far U ff urna. llcheflfapiu prefto,ò piu tardi fecondo U bontàdel mele. impe io roche f ottimo perfar egli manco ¡fuma,piu predo fi cuoce : er il manco buono per la molta (pumafi cuoce piu tara d i, come che per il piu fempre ne uuda in¡fuma la quarta parte. Spumato adunque che fia, ui s’aggiunge la metà del fuo pefo etaceto, er cuocefì fin tantoché fi faccia uno linimento di tutte le qualità,cr che l’aceto al gusto non hab bia piu punto del crudo. Yafiianchora mcttendofl in un tratto infierne à bollire tutte le tre cofe predette in quefto modo. T ogliefi una parte d'aceto, due di mele, <y quattro di acqua, cr cuoconft infame fino al calare della terza parte , ò della quarta,(fumandolo in tanto continuamente. Ma uolendofi piu ualorofo bifogna metterli tanto aceto> che mele. quefto tutto diffe Galeno. Il qualefeguitando Mefue deferiffe il fuo in quedo modo. Lo O ftimele fifa età* ceto , d‘acqua, er di mele. Mctteuift l’acqua, accioche cuocendofì lungamente fi rifoluino quelle parti, che po* trebbeno eccit tariti la uenlofità, er anchora accioche meglio fi pojfa)fumare, er finalmente accioche facendofi la fudanza di quedo medicamento piu fattile ,ftdiftribuifca piu ageuolmente per le membra di tutto il corpo. Metter io nifi il mele per repugnare egli aUaflemma. dal quale, er dall’aceto mefcolati infierne nafee una certa terza faculta, la quale non è ne nell’uno ne nell’ al tro, quandofono feparati. Y.t queda è efficacifiima,cr certiftima per ajfottigliare, per incidere, er per rifoluere le fuperfluita groffe, er uifeofe di lungo tempo generate nello ftomaco, er nel figa* to : er parimente quelle,che fono faorfe nelle giunture, er che generano le fèbbri lunghe : imperochc le incide, er le matura. Yafi d’una parte d’aceto, due di mele, er quattro d’acqua : cuocendoli prima l’acqua e’ I mele ,fin che ¡i fìnifea U ff urna, er pofeia ui s'aggiunge l’aceto, e r Jfumafì continuamente. Dajjene da una fino à tre onde. Chiamano i Greci l’aceto melato, O'fafatM ; i Latini, Acctum mulfum.

Della Salamuoia acetola.

Cap.

XVI. J«

L

acetofaja qual chiamano i Greci oxalme , uale facendone lauanda , contra l’ulcere, che uanno pafccndo, & che corrodono, & parimente alle putride, à i morii de can i, & alle punture de uelcnofi animali. Riftagna il fluffo del fanguc,caufàto per l’incifione,che fi fa per cauar le pietre della ucfcica, fchizzandofi fubito calda nella piaga. Riduce il budello del federe, che efce fuo ri. Fanfene criftcri nella difenteria, quando le budella fono ulcerate d'ulcere corrofiue : ma bifogna poi fubito fare un criftero di latte. Amma2za,gargarizata, ouero beuuta,!e fanguifughe, che beuendofi s’attaccano alla g o la , mondifica la farfarella, & l’ulcere del capo,che menano. a

s a l a m v o i a

L a

s a l a m v o i a

acetofa chiamata da i Greci oxalme,non è a i tempi nodri in alcun modo in ufo. Tace* antichi di aceto, er di fale,oueramente d’aceto, cr difalamuoia. Chiamano i Greci la Salamuoia ace* 40 tofa, Ov£*V» ; i Latini, Acida muria.

tiafìdagli

Nomi.

DelThim oxalm e.

Cap.

XVII.

I L t h i m o x a l m e ufauano gli antichi, & dauanne à i deboli di ftomaco tre, ouer quattro bic­ chieri, inacquato con acqua calda: & parimente nelle pasfioni delle giunture >& alle uentoiità. Purga gli humori grosfi , & neri. Fasfi in quefto modo. Togliefi uno acetabolo di thimo trito >di Tale altrettanto, di ruta, di pulegio, di polenta, diciafcuno un pochetto ,& mettefi tutto infieme in un uafo : & buttatigli pofeiafopra tre feftarij d’acqua, & tre ciathi d’aceto, fi copre il uafo con una te la, & mettefi al fereno.

Dell’Aceco fallino.

Cap.

XVIII.

L o a c e t o fcillino fi fa cofi. T ogliefi la fcilla ben bianca, & ben netta, & tagliafi,& infilzanfi, in un filo i pezzetti difeofto l’uno dall’altro tan ta, che non fi tocchino,& cofi fi fanno feccare all’om bra quaranta giorni continui : de i quali pezzetti fecchi fi prende pofeia una libra, & infondefi in do­ dici lèftarii di buono aceto : ferrafi pofeia benisfimo il uafo, & mettefi fette giorni continui al fole : cauafi dapoi al detto tempo fuori la fcilla,&fprem cfi prima bene con le mani,& gittafi fuori : chiari ficafi polcia l’aceto, & riponfi. Sono alcuni, che lo fanno, mettendo una libra di fcilla folamente in cinque feftarij d’aceto. Altri togliono la fcilla ben netta fenza feccarla altrimenti, & mettonla con il 60 pari pefo d’aceto , lafciando cofi ftare in macera per fei mefi di tempo : & quefto è ueramente piu ua­ lorofo per tagliare, & aftottigliare i grosfi hum ori. Diffecca l’aceto fcillinol'humidità fuperflua delle


Nel quintolib.diDioicoride.'

j

delle putride gerigiuc,& flabilifce, & conferma i denti fmofii-.toglieJe putredini della bocca,& la gra uezza del fiato. Beuuto,confolida, & indurifee il gorgozzule : la buona uoce,limpida,& fonora. D af fi alle debolezze dello (lom aco,à coloro che digerifeono il cibo ma!agcuolmcnte,à mclancholici.al ■ inai caduco, alle uertigini, à mentecatti,& alle pietre che crefcono nella uefcica : confcrifce alle llran golagioni della madrtee, al crefcimento delia milza,& alle fciatiche, fngagliardifcc i debili, corrobo ra il corpo,& fa bnon colore : alfottiglia la uiiìa : dillillato nell’orecchie, gioua alla tardità. In forn­ irla è buono à ogni cofa. IVIa non fi dee però ufarc nell’ulcere deH’inceriora,ne ne i dolori di tclla.n c nelle pasfioni, & diffetti de i nerui. Beefi da digiuno ogni di, & nel principio fe ne tog lie poca (.yuan tità, ma fi crefce però ogni giorno à poco àpoco.tanto che alla fine fe nebeucun ciatho per uolta. t P benché fono alcuni,che ne danno due ciathi alla uolta,& qualche uolta piu. Aceto icillie affli fi afa to detto da Diofcoride in qticflo luogo dell’ Aceto fcillìno ; nondimeno non no, Se fue fa­ m’è parfio fuor di propofìto di narrar qui le rare, cr flupende uirtit,chefcrijfe di lui Galeno nel 111. libro dì quei cilità. a n

T v N Q jf

medicamenti, chèfacilmente fi poffono apparecchiare, con qucfle parole. Saluberrimo,e? ottimofcrijfe Pithago

ra ejferc l’Aceto fciUino, il quale tifarono tutti gli Imperadori. Imperoche il fuo ufo prolunga molto la uita confer Valido fané, cr intere tutte l'eftremità del corpo ; cr co f f mantennefempre effo Pithagorafino che uiffe. Corniti d ò egli a ufare quefìo medicamento battendo già cinquanta anni, cr uiffe ufandolofino à cento diecefetre fa to , cr fenza effer mai molcflato daiiifirmità iteratta. Q uefio attribuì egli tutto ali Aceto fcillino, c r per ejferc ¿tato phi« lofopho fi può molto ben credere, che non diceffe bugie. Et però iofiotto la fua fède l’ho ifperimentato : ondefò qui *0 fora «ero teftimoitio, che lefacultà fuefono férmamente tali. Bifogna per farlo torre una fidila montana di pefo d’una libra, cr mondarla dalle parti piu dure, cr tagliar le piu tenere minutamente, cr metterle inflcme con otto feftarij di buon aceto in un carrateUo al fole ne i di canicolari per un mefe continuo : cr pofeia cattarne',fuori la fidila i cr ber? di queftó un poco àgili mattina. Imperoche conferiti le fauci, cr tutte le parti della bocca : gioita aUa bocca dello fiomaco, facilita il refe¿rare, chiarifica la uoce , acuifee molto il uederc, affottiglia l’udire, pre* ferita dalle itentofità, non lafcia oppilarc, tte tumcfarc /’interiora nelle uifeerc, c r fa buon colore,1’c r buofi fiato. Coloro che ufano quello aceto, quantunque fieno nel uittere piu licentiojì del dottore,fa loro digerire tutti i cibi, tte Iilafcia offendere da alcunaforte di cibo, ne lafcia riempirei corpi difuperfluitk, ma li conferuadi ben in me» gito. Tiene oltre d d o mondificato il corpo da tutte le fitperfinità, come uento, cholera, fèccia, cr orina. Impe i r o d e ageuolmente caccia eglifuori tutte qudtefuperfinità, di modo che cofi è egli medicamento purgativo ditut* J j 0 to’l corpo, anchora che lafordtdezza fuffe ncU’cfJà. valcà i tlìifici di poca feeranza : imo che habbiamo ueduti di * quelli fenati da qucfto medicamento, detta cuifalute piu nonfi freraua. Gioua al mal caduco di lungo tempo con* tratto , di modo che non ritorna il parofifmofe non per lunghi internili di tempo : ma il ttenuto di nuouofena egli perfèttamente, ne lo Inficia piu ritornare. Confhtfce alle pod.grc,cr à tutti gli altri dolori dette giunture ,C r al* le durezze del fégato, cr della milza• Qjteftifono gli effetti particolari deli’Aceto fallino. I communifono infi* tiiti,per i quali ciftamo coimofife fcriuere di quello felubrc medicamento a beneficio di tutti. Quefio tutto fi ri» troua fcritto dall’aulhoredi quel terzo libro chi che egli fi fìa,come fi ritroui tra l'opere di Galeno, tra quelle ciò c Nomi. (he fi crede non efferfuc. V Aceto fallino chiamano i Greci SxMAtmx»'yf f r i Latini, Acetum fcillinum.

D el Vino Scillino. . 4*

Cap.

XIX.

I l v i n o Scillino fi fa jn quello modo. Togliefi la falla tagliata, come habbiamo dimoftrato

<3i fopra, & fecca al fole, fi pelia, & fi {taccia fottilmente. Prendcfi pofeia di quella una libra , & legai! in una tela rara, & fommergefi in uentifeflarij di buono, & nuouo mofto:& lafciatolo cofiltarcpcr tre meli continui, fi tramuta pofeia in un’altro uafo, & ferrali bene. Puosfi ularc la falla frefea,dupli­ candone il pefo, & tagliandola, come fi taglianolerape : ma bifogna tenere quello al fole per quaraa *a giorni, & inuecchiarlo. Fasli anchora cofi in altro modo. 1 olgonfi tre libre di it ila tagliata, ben netta, & infondonfi in una inetreta Italica di buon mollo, & lafcianli cofi macerare i nun uafo benisfimo (errato petfei mefi continui ; dopo al qual tempo fi chiarifica, & fi ripone. E utile alla cru dita, & alla corruttionedcl cibo, & parimente al uomito del cibo,& alla flemma raunata nello doma c ò ,& nelle budella ; gioua à i difettofi di milza,alla mala habitudine del corpo, à gli hidropici, al tra* bocco di fiele,alla difficultà dell’orinarc,ài dolori di budella,alle uencofuà.à i paralitici,al lungo du*5 lare del freddo,& tremore auanti alle febbri,alle uertigini, & allo fpafimo de i nerui. prouoca i mer: itruiinon nuoce puntoài nerui.Tanto è egli migliore,quanto piusinuccchia. £ ’ però daguardarft di non tifarlo nellefebbri,ne douel'itucriora iutiero ulcerate. : Se m s

se

d el V i n o S c illin o G a len o tiel U l .U b r o de m ed ica m en ti,'ch e a g eu o lm en te f i preparano ( f e p e r ò Vinofcillino,

q u e ll'o p e r a è di G a le n o , CT n o n d’ a ltr i, com e f i p en fen o a lcu n i

) con q u e fie p a r o le . U

V in o S cillin o bcu nto co n ferva

l'h u o m o i n f i n i t à . im p ero ch e a ffo ttig lia g l i h u m o r i, c r f e e t ia lm m e la fie m m a tn e la la fcia m o ltip lica re n ello J t orna, c o , tic n el u e n tr e , ne n el c o r p o , ne nel f e g a t o s e nella m ilz a ,n e n e i n e r u i , n e n ell’offa : crc o f i f a a ogn i a ltro h u ^Oj m o r e u i f e o f o , cr a tto ào p p ila r e ; d i m odo c h e r ifo lu e o g n i c o fa . S o lu e , crla tifc e il c o r p o , prouoca l'o r in a , cr c a cc ia c o n e ffe le fu p e r flu ità . P u r g a di ta l m an iera la te d a ,c h e i l t u f o refta d el tu tto a fe iu tto . E ’ com m odo m ed i * a m e n t o p t r le p o d a g r e , p e r i m o r b i dette g iu n tu r e , c r p t r i l m a l caduco : t rt

crfin a lm en te rifiuta

quafl o g n i m a le,

Kfc

3

Haf i

Se fue facultà.


666

DifcorfìdeJ Matchioli

Fafi in quello modo. Togliefi unaferia bulica montana vicino al tempo de i di canicolari,di pefo d’ima libra :fqm mafi quefla del tutto, e r pouf per dieci giorni à impafire all'ombra : & pofcia f mette in un uafo di uetro con J0= dicifefarij di uri bianco uecchio :ferrafl pofcia in uafo, er lafcufl cofi attaccato per quarantagiorni. Cauafene pofcia lafalla, crufafì per tutte le cofe predette. Togliefene rianzi al cibo due onde, ma dapoi al cibo non fc ne da piu di una oncia. £< uolendofìfare piu grato al gufo ffe gli può aggiungere due ouer tre feilqrij di mele.

D e i Vini, che fi misurano con acqua marina.

Cap.

XX.

F a n n o s i i Vini,che fi mirt urano con acqua marina,in diuerfi m odi. Imperoche fono alcuni, che gli mettono l’acqua marina, fubito che fono uindcmiate l’uue. Alcuni fanno primaimpafsire.in 19 fu i grattici l’uue al fole,& pofcia le calcano, mettendogli dentro l'acqua ialfa. Alcuni macerano l’uua prima impafsita nelle botti con l’acqua falfa, & pofcia la calcano, & fpremonne il uino, & quello di­ ti cnta dolce, Ciucili,che tra quelle ipetie fono aulleri, fi danno ne i principi) delle febbri,quando nó fe ne ritrouino di migliori : muouono il corpo, giouauo à coloro, che fputano la marcia,& à gli llic tici di corpo . Quelli, che fi fanno dell’uue Aminee, fanno dolere la teda, nuocono allo llomaco, & generano uentofità. Ma accioche coloro, che fono itudiofifsimi di quella arte, ne habbiano copiofa hilloria, non reputiamo eflere ueramente cofa inutile lo infegnare uarie compofitioni di uini: non perche l’ufo loro fia frequente, & necelfario ; ma per dimollrarc di non hauer tralafciato quello, che in tal dottrina fi ricercalTe. N e fono alcuni, che fi fanno con manco fatica, & fpefa, & che fono in ufo cotidiano ; come fon quelli,che fi fanno delle mele cotogne,delle pere, delle filique,& delle bac- »<* che del m irto,

D el vino delle Mele cotogne,

Cap.

XXI.

^ I l v i n o delle mele cotogne, altrimenti chiamato M elite, fi coiluma di fare in quello modo. Taglianfi le mele cotogne in pezzi, come fi tagliano le rape, & cantone fuori il feme,s'infondono al pefo di dodici libre in una metreta di morto,& per trenta dì continui ui fi lafciano in macera: chiarificafi pofcia il uino, & fi ripone, Fafsi in uno altro modo anchora co fi. Peftanfi le mele cotogne, & fpremefene il fu cco, di cui fi mctton dieci fcftarij con un feltario di m ele, & cofi fi ripone. E que # o uino coftrcttiuo, gioua allo ftomaco,alla difenteria,à i fegatofi, alle malattie delle reni,& alla dif- $Q Acuità delforina. 11Mclomele.il quale chiamano anchora cidonomele, fi fa in quello m od o. Nertanfi prima le mele cotogne dal lor feme,& mettonfi in tanta quantità di mele, che ui fi polfano inte­ ramente fommergere. Diuenta buono dapoi uno anno,& falsi Umile al uino melato : & tanto uale* quanto la fopraferitta compofitione,

D ell’H idromelo.

Cap.

XXII.

F a s s i l’Hidromelo di due mifure d’acqua cotta,& tenuta al fole ne i giorni canicolari,& d’una parte di melomele, fa tto di mele cotogn e. Ha la medeiima uirtù. 4°

D ell’ Omphacomele.

Cap.

XXIII.

L o o m p h a c o s i e l h fi fa co fi. Togliefi l’uua non matura, &lafciafi al fole tre giorni, & pofcia fc ne fpreme fuori il fucco, & mettefi con tre parti d’elfo una fola d’ottimo melefpiumato: Se tramutato pofcia in altri uafi , li mette al fo le. Ha uirtù di ripercuotere, Si d’infrigidire ; gioua à gli ilomachi rilaflati, Se a i flulsi ilomachali. N o n s’ufafc non dapoi che c palfato l’anno.

D el vino A p ijte .

Cap.

X X1111,

I e. v i n o chiamato Apijte, fi fa delle pere, come fi fa quello delle mele cotogne, ma non bifo* gna, che le pere fieno troppo mature. Componfi iìmilmente di fiiique, di nefpole, & di (orbe. T u t­ ti quelli fono acerbi,& coftrcttiui. fono utili allo ilom aco, & riftagnano tutti i fluisi dcH'intcriora»

D el vino Enanthino.

Cap.

XXV.

It, v i n o Enanthino fi fa della uitefaluatica fruttifera. T o g lio n fii fiori della lambrufca fecchi al pefo di due libre,& mettonfi per trenta giorni in infufione in un cado di morto, & pofcia fi cola,Sf ripoidi. Gioua à gli rtomachi debili, alla naufea del cibo, à i flufsi ftomacha)i,& difenterici.

D el


Nel quinto lib. di Diofcoride. D el uino de Melagrani.

Gap.

66 7

X X V I.

Ir, v i n o , che chiamano rhoite.fi fa de melagrani maturi, che fono fenza noccioli, fpremendo jl fucco da gli acini, & cuocendolo, fino che cali la terza parte, & riponendolo nei uafi, £ ualorofo contrai flufsi dell'interiora , & contrale febbri, che cominciano confluito di Corpo.conferifccailo ftomaco,riftagna il corpo,& prouoca l’orina.

IO

I l v i n o d e m ela g ra n i f i f a à i tem p i n o flri in U d ì * in d iu e r f ì m o i i . Im p ero ch e fo n o a lc u n i, ch e f u b it o c h e j m ela g r a n i f o n o /g ra n a ti, ne f r e m o n o il u in o c o n i l t o r c h i o , c r m etto n o i l utno in ita f i di u e tr o : cr h f c k n u e l o f i n c h e fa lle n d o f a c c ia la r e jid e n z a , cr fin ife a di b o llir e : tram utatilo p o i in a ltr i uaft di u etr o , lafciando la f i c c ia da b a n d a , c r m e tto n g li f o p r a d e ll 'o l io , a c c io c h e n on f i g u a i t i , ò d iu en ti a c e t o . A l t r i p o i , ch e hanno m aggior a b o n » d a n z a d i m e la g r a n i, m etto n o g l i a c in i in una lin e ila ,

cr calca n ti c o i p i e d i , c om e com m un em en tc f i calca F u n a i cr

p o fe ia m e tto n o tu t to n e l m edefim o u afo à b o llir e al io le ,co p r e n d o lo di m odo c h e n e p io g g ia , n e rugiada u i p o fft c n * tr a r e ,fin ta n to c h e la f i c c i a uada al fó n d o , c r c h e fia ben chia ro ;

cr p o fe ia lo

cattano f u o r i ,

c r fc r b a n lo

in ca rra i

tetti d i l e g n o . E t c o f ì f i conferita i l f a t t o in q u efto m odo f e n z a m e tte r g li a ltr im e n ti o lio d i f o p r a , p u r c h e la b o cca d e l uafo fia b e n fe r r a to c o n p ( c e ,ó c o n cera . A

Ieri to lg o n o g l i a cin i de i m elagran i, er

a ltr e tta n ta d'uua n era g a r •

b e t t a , c r ca lca n o tu t to infiem e in una lin e ila ,c r f e n z a jp rem er e a ltrim en ti le u in a c c ic lo U fc ia n o b o llir e f i n c h e f i c h ia n f c a t C r p o fe ia lo r ip o n g o n o n e i b a r ig lto n i.E t q u efto c p iu g r a to a l g a llo di t u t t i g l i a ltr i,

JO

D el uino Rofado.

Gap.

X X V II.

S i f a il uino rofado còti .T o g liefi una libra di rofe fc.cchc,ben pcftc,legateinun3tcIa,&fommergonfi in otto feftarij di morto : & dapoi tre raefi fi chiarifica,& fi tramuta,& lì ripone. Q uello beuuto dopo al cibo, corroborala digeftione. Beucfi utilmente contra à i dolori dello rtomaco,do ue non fia la febbre male alia feorrenza del corpo, & alla difenttria. Quello, che chiamano Rhodò> mclc.fi fa del fuccodellerofe,& di m e l e : m e d i c a m e n t o ucramente conucneuolepcr lenire l’afprezza delle fauci.

D el uinojche fi fa delle Bacche del mirto.

Cap.

X X V Iir.

I l v i n o , che fi tragge delle bacche del mirto,fi fa in quefto modo. Prende le bacche del mirti» nere, & benifsimo mature,& pedale,& cauane il uino per il cerchiello,& rtponlo . Sono alcuni, che lo cuocono . f i nche cali la terza parte. Altri fono che leccano le bacche al Iole, & pofeia le pedano in poluerc, di cui prendono un m o gg io , & l’infondono in tre hemine d’acqua, Se altrettanto uino necchio,& auftero : & coli pofeia lo ipremono.fle ripoogonlo. Coftrignc ualorofamcncc, c utile al. lo ftom aco, gioita à i flufsi ftomachali, & parimente del corpo, confcrifcc all’ulccrc dcll’mteriora, & flufsi muliebri,f» neri i capelli,

Del uino Mirteo.

Cap.

X X IX .

C o s 1 s 1 fa il uino m irteo. Tolgonfi i rami del mirto nero con le frondi.Ìr con le fuc bacche, & peftanfi : di cui fi mette il pefo di dieci hemine à bollire in tre congi di mofto.fino che cali la terza parte, oueramente fa metade:colafi pofeia, & fi ripone. Vale alla farfarella, all’ulcere del capo che menano, al nafeimento delle brozze, alle gcngiue,al gorgozzule, & all’orecchie che diftillano marciatprohibifce anche» il fudore.

D el uino del Lentifco,& del Tercbintho. 5d

Cap.

XXX.

N e l m e d e s i m o m ododel mirteo preparafi il lentifcino>& cofi parimente il terebintbino: imperoche quelli rami di loro fi debbono eleggere,che fono carichi di bacche. H In o amenduc le uir tù medefimc:fono coftrettiui,& ftomachali : confcrifcono à iflufsi dell'interiòra,della ucfcica,& del lo ftomaco,& Umilmente del fangue. Saldano, facendófene lauanda^uttc Pulcete caufate da flufsi, Sedendouifi den tro, uagliono à 1 flufsi manicali,& del fèdere,

D el uino dei Dattoli.

Cap.

X X X I.

I l v in o dei dattoli fi fa cofi. Prendi dei dattoli piu uolgari ben maturi,& mettili inunatina, che habbia il fondo pertugiato : & che quefto pertugio fia ferrato con una canna impeciata, & il per <Jo tugio della canna ferrato con lino:& aggiugni fopra quaranta fcftari; di dattoli, tre congi d’acqua:& non uolendolo troppo dolce,mettenc cinque congi: & lafcia cofi ilare dieci giorni, & l'undecimo cauaillin o fuori della cannella, & lafcia uenire fuori il uino groiTo,& dolce, & ripcnio. E quefto algufto


66K

DifcoriIdelMatthioli ;

al gufro foauc, ma nuoce alla ted a, gioua, per edere codrcttiuo,à i flufsi, alle diflolutioni, & flufsj dello domaco,8i allo fputo delfanguc. Alcuni rimettono pokia fopraài dattoli dell’altra acqua,S e poi ne fpremono il uino,reitcrando coli tre,quattro, cinque uoltcfma non padano quello numero, pcrcioche quello,che fi fa oltre al quincojdiuenta aceto, . •<

D el uino fatto de Fichi lecchi,

Cap.

X X X If,

T a s s i i l uino de fichi fecchiin Cipro, come quello de dattoli : eccetto che fopra i fichi metfono acqua, oue fienoftate in mollo le uinaccie frefchefpremute di frefco.Tolgoofi adunque i fichi fecchi neri, chiamati chelidonij,ouero phenicei,& fpetialmente i neri,& coli fi macerano, comedi- I? cemmo ;■ &dapoi à dieci giorni fe ne caua fuori il liquore,& fi fa la feconda,& la terza uolta con l'ac­ qua , pure oue fieno (late dentro le uinaccie:& dapoi intramettendo un certo fpatio di tempo, fifa il quarto,& il quinto . ma fi caua fuori acctofo,& ufafi pofcja in cambio d’aceto. £ fottile,genera uentofità, nuoce allo ftomaco.fa uenire in fallidio il mangiare : ma nondimeno muoue il co rp o , & pro­ n o « 1’orina : prouocai meftrui, fa copia di latte, genera fanguecattiuo,& fa uenire la lepra.come fa «ochora quella beuanda,che fi chiama zitho . Sono alcuni, che in fei amphore ui mettono dieci feda xij di fide. Altri ui mettono una amphoradi falamuoia, accioche non coli ageuolmcnte fi corrompa : Si penfano,chc cofi muoia piu il corpo . Altri mettono prima un fuoio di finocchio, & di thim o, Se poicia un fuoio dj fichi:& cofi fanno llrato fopra drato,fino che’l uafo fia pieno. Fafsi nel medefimo modo anchora de fichi del ficomoro,ma fi conuerte in forte aceto:percioche che in loro non è tanta *a poflsnza,che poifa illor liquore feruare troppo la dolcezza.

D el uino Rcfinato.

Cap.

X X X III.

. VIN0. refinato fi fa communemente tra i popolari da ciafcuno.Faffenc copiato Galatia: perCiochc quiui per non lafciare i freddi maturare l’uua, il uino ageuolmente diuenta aceto , fe non ui fi mette dentro della ragia di pino.Per fax quedo fi pefta la ragia con la corteccia del fuo albero,A: mee teli per ogni amphoradi uinoraezofedario di ragia. Alcuni,dapoi che ha bollico, Io colano, & cofi feparano la ragia dal uino: altri ue la lafciano dare. Q ucdi uini, diuentando uecchi, s’indolcifcono . Fanno tutti dolor di tefta,& uertigini: ma aiutano però lo domaco alla digedione: prouocano l’ori- >° « a . giouano al catarro,& alla toifc,& parimente à i dufsidomacha!i,& à gli hidropici,alla diiènteria, & ai dufsi delle donne;mectonfi nelfukere profonde. D i quelli quelli,che neregaiano/ono piu cor itrettiui,chei bianchi. 1

D el uino delle Pine.

Cap.

X X X IIII.

V,I-N° P‘nc ^ ^a5to^ 'en^°ie c o d intere conia fcorza,& pedandole, & macerandole nel m olto -Fa quedo i medefimi effetti, che'l refinato. Oltre à c iò , fe alcuno cuocerà le pine predette nel molto,rara bcuanda conueneuolc à coloro, che fono thifici.

D el uino fatto di Cedro,& d’alcuni altri alberi,& frutti. Cap. X X X V . F a n n o s i Umilmente i uini del cedro, dei ginepro, del cipreifo, del lauro, del pino,&deH ’abe-r tc. 1 olgopfi i rami di quelli alberi ragliati di frefeo al tempo,che producono i frutti.*»: cofi freichi fi pongono a fudare al fole,onero in bagno, ò al fuoco : & mettefi per ogni congio di uino una libra di quelto loro humorc, & dapoi à due mefi fi tramuta in altri uafi,& lafciafi auanti cheli tramuti,per al­ cun tempo al fole. Ma è da auuertire, che i uafi de i uini compofti con altre cofe, fi debbono Tempre empirehno allaTommìtà : percioche redando fcemi,i uini diuentano acetofi.Oltra di quedo è da fap c re , che tutti.1 umi medicinali non fi conuengono punto all’ufo de fani.Quefti fcaldano tutti, prò uocano 1i orina,& ridagnano.il laurino nódimeno fcalda piu ualorofameute. Fafsi anebora uino con A kk^r dt f . ° maS8'ore>mettendo delle bacche die pede meza libra per ogni congio di m odo: dchbeli pokia tenere al fole quaranta giorni,& poi colare, & tramutare in altri uafi.Fafsi parimente delle bacche del ginepro uino, come fi fail cedrino, Se ha quella uìrtù medefima. Fafsi della cedria, liquore proprio che dithlla dal cedro, quel u ino, che fi chiama cedritc,in quedo modo.Lauafi la cc

dna prima con acqua dokc,& poftta ciafcuna amphora s’abbombacon un bicchiere, & empiefi po. ' “ a quedo inrtu di fcaldarc,& d’aifottigliare:è utile alla tode uecchia ,oue però non fi rjtrou. febbre,a. do ond i petto,& del codato,ài dolori delle budella, al l’ulcere dell’interiora, allo ip uto della marcia,alle prelocationi della madcice,& à gli bidropicù uale à i ucrmini del corpo, & al ireddo,che mene auanti alle febbri : conferifcc à i morii de gli animali uelenoiì; ammazza le ferpi;& jiìcuiCii 1 dolou dell oreccme><}uando ui li dilìgila dentro» Delle


Nel quinto lib. diDiofcoride D el uino Impeciato.

Cap.

66 c)

X X X V I.

F a s s i il uino impeciato di morto,& di pece liquida.Ma bifogna prima lauare tanto la pece con falamuoia,oueroacqua marina, ch’ella diuenti bianca,& che l'acquafalfan’efcafuor chiara:& dopo quello lauarla anchora cóacqua dolce.-mcttefi pofeia di quella una oncia, ouer due in otto congi di mofto:& come ha bollito aliai,& fatto la refidenza.fi tramuta in altri ualì. Quello fcalda, digerii« » mondifica,allergc:gioua a i dolori di petto,di corpo.di fegatosi milza,& di madrice.pur che febbre non ui fi ritruoui.Valea i catarri uecchi,alle ulcere profonde,alla tolfcjalla llrettura di petto,alla dige

io llionedebole*alleueutolì[à,3calledislogagionidellegiunture,mafsimamentc applicato conlana fuccida.

D el uino d’Aflenzo.

Cap.

X X X V II.

F ass i il uino d’alfenzo in uarij modi. Alcuni adunque mettono in quaranta otto fellarij d’ampho re Italiane,una libra d’allenzo di P o n to , & cuoconlo fino che cali la terza parte :8c pofeia di nuouo u’infondono fei fellarij d’aceto,& meza libra d alfenzo, & mefcolano infieme diligentemente, & rip ongon lo in u n u afo :& co m cèb en rip o fato ,lo tramutano, colandolo, in altri uafi. Alcuni altri tolgono una libra d’aiTenzo pello : rauolto in una tela,& lo infondono in un cado di m ollo per due 10 meli continui. Altri prendono d’aflenzo tre, ouer quattro onde,di nardo di Soria.di cinnamomo,di ca(sia,di fquinantho.di calamo odorato,di corteccia di palma,di ciafcuno due oncic:& pcllano ogni cofa, & metton tutto in una metreta di modo,ferrando benifsimo il uafo &,!afciano coli ilare fino à due, ouer tre meli: & pofeia lo colano, & lo tramutano in altri uafi, & lo ferbano per ufarc. Altri in­ fondono in un cado di modo quattordici dramme di fpica Celtica,& quarata d’afienzo tutto legato in una tela : & dopo i quaranta giorni lo colano, & lo tramutano. Altri mettono in fei fellarij di ino ilo una libra d’affenzo,& due oncic d i ragia di pino lecca: & dopo dieci giorni colano, & ripongo no il uino. E quello uino utile allo llom aco, prouoca l’orina, accelera la digeflionc : giouaà i le ­ gatoli, al trabocco di fiele, & alle reni: prohibifcelanaufea, conferire àgli llomachi debili, alle uentofità uecchie che gonfiano i precordij, à i ucrmini del corpo, & à prouocare i incllrui ritenuti. jo Beuutocopiofifsimamente>&uomitato,giouaachihauciTebcuuto quel ucleno, che chiamano ixia.

D ii uino d’Hiflopo.

Cap.

X X X V III.

L o d a s i tra tutti gli altri quel.che fi fa d’hilTopo di Cilicia. Fafsi parimente come quello dcll’affenzo : perciochc fi toglie una libra di foglie d’hiifopo pelle,& mettonfi in unaamphora di m ollo,le gate in una pezza di lino infieme con alcune picciolo pietre,accioche fatto grauc l’inuoglio dell’her» ba,fe ne uada al fondo : colali pofeia il uino dopo i quaranta giorn i, & tram utafi in altri uafi. Vale contra le infìrmità del petto, del coliate,& del polmone,alla tofie uecchia,& ftrettura*di petto: prò uoca l’orinargioua à i dolori di corpo,al freddo,& al tremore,che uiene nei principio delle febbri cir colarbprouoca i mellrui.

D e iuini fatti di diuerfe piante.*

Cap.

X X X IX .

F assi quello del chamedrio fimilmente come quello dell’hiffopo.Scalda, rifoluc, & gioua à gli fpafimati, al trabocco di fiele, alle uentofirà della madrice, àgli llomachi che tardamente digerifeono, & ài principi] dell’hidropifia. Inuecchiandofi, diuenta migliore. Componfi nel medefimo modo quello della flcchade, mettendo però una libra di il echide in fei congi di m o llo . DilTolue i grofsi Immonde uentofità del c o lla to , i dolori dei ncrui, & i difetti caufati dal gielo.dafsi utilmcn» . 0 te al mal caduco con pirethro,& fagapeno. Fafsi per tutti quelli malori della flcchade anchora uno a ceto,faccndoui macerar dentro la herba,come s’èdetto:& halemcdcfime uirtù del uino. A far quel lo della betonica, fi prende l’herba, quando c piena di feme maturo, con i fuoi rami alpefo d’una li­ bra, & infonde!! in due congi di uino ,& trauafafi dopo a! fettimo mefe. Vale c o li, come la pianta lid ia , contra à molti difetti dcll’interiora. Et uniuerlalmcnte parlando, è da fapere, che tutti i nini artificiati acquillano la uirtù di quelle cofe, che ui fi mettono dentro. & imperò non farà malageuol cola à coloro,che fapranno la natura di quelle cofe , che ui fi mettono, il conofcere pofeia la uirtù de i uini.i quali fono però da ufare lolamcnte.ouc non fia la febbre. Fafsi anchora della betonica l’aceto utile ueramente à tutte le predette co fe. Quello del tragorigano fi fa,mettendo in infufionc quattro dramme ditragorigano,legate in tela rara,in quattro fellarij di m ollo, & tramutandolo poi dopo à tre m eli. Gioua à i dolori di corpo,à gli fpafimati,à i rotti, à i dolori di collato, à llrettura di fiato,& àgliilom achi che malageuolméte digerifeono il cibo.Fafsi de i nauoni, mettendone d’cfsi pedi due dramme in quattro fellarij di m ollo,& il reilo fi fa, come di fopra è d etto. Gioua à gli llomachi de­ bili .


6yo

Difcorfi del Matchioli

b ili, & àgli affaticati per combattere,ouero per lungo caualcare. Componi! quello del dittamo,mec tendo d’cffo in infufione quattro dramme in quattro feftarij di m olto. Vale àifaftidij,& naufea dciìo itom aco: prouoca i meltrui, & le purgationi ritenutedapoi al parto. Falsi quel delmarrobio, to ­ gliendo otto feftarij delle fue foglie trite ben mature,& infondendole in una metreta di m olto, face do poi come s’è detto ne gli altri. G ioua quefto à i difetti del petto,& à tutti i malori, à cui conferì fee il marrobio. Per far quello del thimo, fi prendono cento oncie di thimo petto, & {tacciato : le. gafi il thimo in una tela,& infondefi in una amphora di molto. Vale alla debolezza della uirtù digefti ua,alla naufea del cib o , alla difenteria,ài dolori de i n eru i,& dei precord ij, al freddo del ucruo ,8 c al morfo di quegli animali uelenofi,dopo al quales’infrigidifconoi corpi,&putrefasli il luo°odeI morfo.Fasfi fimilmente quello della fatureia,& c limile nelle uirtù fue à quello del thitno.Fafsi dell’o 10 rigano Heracleotico quello, che chiamano origanite, nel medefimo m odo:& haléuirtù medefime: Fanno!! anchora uini di calamento, di pulegio, & d’abrotano in quel modo medefimo,che fi fa quel Io del thimo . Giouano à gli ftomachi debili, alla naufea, & al trabocco di fiele : perciochc prouocanol'orina. Fafsi fimilmente della conizauino piu efficace contrai ueleni, & uelenoii animali di tutti gli altri.

Del uino Aromatite.

Gap.

XL.

I l vi no Aromatite fi fa coli.Prendi di palma,d’afpalatho, di calamo odorato, di fpica Celtica, di ciafchuno quattro feftarij : & fatto che n’haurai poluere, impattala con uino patto ,& fanne boc 10 coni grofsi,& mettigli in dodici feftarij di m olto auftero,& ferra bene il uafo,& lafcialo coli ripofare fino à quaranta giorni : & com el’haurai purgato dalla feccia, riponlo. Fafsi anchora in altro modo c o li. Prendi di calamo odorato una oncia, di radici di ualeriana dramme lette, di colio duedràme, di nardo di Soria dramme fei,di cafsia una oncia, di croco quattro dramme, d’amomo dramme cin­ que, d'afaro dramme quattro.Pefta inficine ogni cofa, & lega in una tcla,& fommergi tutto in un ca­ do di m ofto;& dapoi chehaurà finito di bollire il molto,tramutalo. Vale ài doloridi petto, di colla to ,& di polmone,alla difficoltà deH’orina,al freddo che uiene nel principio delle febbrili ritenimen t o de i meltrui,& à coloro,che caualcano ò caminano perluoghi freddi. attortiglia la grottezza della fle mma,fa buon colore,prouoca il fonno,& leua i dolori : giouaài malori delle rcni,& della uefcica. 3®

Dei vini fatti di diuerfi odoramenti.

Cap.

XLI.

F as s i un uino per la tolte,per li catarrhi, crudità, uentofità, & humidità di ftom aco. Et per far ciò fi prcndon due dramme di mirrha, una di pepe bianco.fei d’iride,& tre d’aneli. Pcftanfi tutte que ite cofe inficine,& mcttonfi pofeia in una tela, & fommergonfi in fei feftarij di uino : colali pofeia il uino dopo à tre m eli, & riponi! in altro uafo.Dafsi dapoi che s’è patteggiato alquanto,coli puro alla mifura d’un ciat ho. Componfi quello, che fi chiama nettante,della radice deH’hclcnio,togliendone di fecca il pefo di cinque dramme,& legandola in tela,& fommcrgendola in fei congi di m ollo,& tra mutandola dafpoi à tre meli. Vale à i difetti dello ftomaco,& del petto,& prouoca l’orina.Fafsi ancho ra uino del nardo di Soria,& parimente del C eltico ,& del maIabathro,in quello m odo.Tolgonfi di 4 ° ciafeuno fei oncie,& mettonlì in infufione in due congi di m ofto.& colali dopo due me(i,& dattene à bere un ciatho mefcolato con tre d’acqua. E quefto ualorofo à i malori delle reni,à i difetti di fega to,a! trabocco di fiele,& alla difficultà dell’orma : gioua à gli ftomachi debili, & à coloro che hanno mal co lo re. Sono alcuni altri,che lo fanno mettendo in una amphora di molto una oncia, ouer due di radice d’acoro,& tre di Celtico nardo. Q u ello , che chiamano afarite, fi fa dell’afaro herba »met­ tendone tre oncie in dodici feftarij di m ollo nel modo predetto. Prouoca quefto l’orina, Se gioua à gli hidropici.à fegatofi,a! trabocco di fiele,& alle fciatiche.Fafsi del nardo faluatico cofi.Tolgonfi di radici frcfchc di nardo faluatico otto oncie,ma prima fi pefta la radice,& {tacciali, & infondefi in un congio di molto,& lafciafi cofi ripofare per due meli di tempo.E utile à i fegato!!, alla difficultà del la orina,alle uento(ìrà,3i à gli 11 omachi debili. 5°

De i uini fatti di diuerfe forti d’herbe.

Gap.

XLIL

F as s i il uino di dauco in quefto modo .T o lg o n fi fei dramme di radici di dauco bé pelle,& met tonfi in una amphora di m olto,& fimilmente fi tramutano. G ioua à i dolori di petto,de i precordij, Se della matinee; prouoca i meltrui, fa ruttare, Se prouoca l’orina ; gioua alla toffe, à i rotei, & à gli fpalìmati. Prcndefi per fare il faluiato una oncia di faluia,& infondefi in una amphora di m ollo,Va­ le contra à i diffetti delle reni, della uefcica, Se del eoftato.* confcrifce à gli fputi del fangue.alla totte, à i rotti,à gli fpafimati,& à i meltrui ritenuti. Fafsi cofi quello,che chiamano panaceo. Mettefi una onciadipanacein un congio di molto,& pofeia fi tramuta. Conferifce alle rottureà gli fpafimi,alle 60 contufioni,& alla fttettura di petto.fminuifce la milza,è ualorofo à i dolori di budella, & alle fcÌ3tiche ^corrobora la digeftione:prouoca i meltrui,& parimente il parto : & gioua àgli h idropici,&


Nel quinto lib. diDiofeoride.

m

ai morG dei lerpenti. FannoG nel medcGmo modo quelli dell acoro,& della radice dolce: ma bilogna metterne di ciafcuna otto oncie in fei congi di molto, & Iafciar cofi in macera tre mcfi,& pofeia tramutare in altri tiafi.Giouano à i dolori del petto , & del c o fh to , & prouocano l’orina. Falsi del­ l’apio uino»togliendo del Tuo Teme maturo, & frefeo, pelto,& (tacciato noue oncie,& legandolo in una tela, & mettendolo in una smphora di moilo.Prouoca l’appetito, gioua à gli itomac'hi debili,& alladifficultàdeirorinarc,&diflblucle ucntofità. Fannolìnelmedefimomodouini di finocchio, d’anetho , & d i petrofelino>& hanno lauirtù medefima. Fafsi un uino di fior di file molto piu uàlorofo per purgare, che none il uino temperato con aqua marina. Nuoce alle fauci, alla uefcica ,allp reni, & allo itomaco : & imperò non gioua ne in fanità, ne in malattia. Falfene uno, che ammazza x0 il parto,& fa fconciare le donne,in quclto m o d o . Piantali appreflb alle uiti rellcboro, onero la fcant monca,ouero il cocomero faluaticofimpcroche le uiti tirano à fc tutta la loro uirtù. Il uino di quelle ammazza il parto : del quale inacquatoli dà da digiuno dapoi al uomito,la mifura d'orto ciathi.Prcn donfi per far quello della thimelea de i fuoi rami infieme con le {'rondi, d i co'l frutto trenta dramme, &infondonfi in trecógi di molto,& cuocefi aleuto fuoco,fino che calila terza parte: & pofeiafi co­ la , & riponli.Purga l’acquofità,& fminuifee la milza. Fafsi della chamclea, togliendola quando fìorifee, infieme con le frondi>peftandola,& criucllandola,alpefo di dieci dramme, & mettendola in un congio di molto per due mefi,& pofeia tramutado il uino in altri uafi. E ualorofo alle hidropifie, à i legatoli, alle lafsitudini, & alle donne che non fi purgano nel parto. Quello del chamepitio fi fa nel medefimo m odo, & ha le uirtù medefime, & prouoca l’orina. Toglionfi per fare quello di man 10 dragora.fei onde della feorza della fua radice, tagliate prima, & infilzate in uno fpago,& inclTc in un cado di u in o, lafciandouele fino à tre mefi,& tralportando poi il uino in altri uafi. Daflcnc per meza beuandamezo fcftario:ma mefcolato con altrettanto uino palio.Dicono, che mettendone un felta rio in un congio di uino,& beuendone pofeia, fa dormire, beuutoneunciatho con unfeftario di ui n o , ammazza: beuuto medriocremcntc,uon lafcia fentire i dolori.ingrolTa i catarri fottili tanto odo rato, quanto beuuto:&fail medefimo mclTo ne i crilteri. Fafsi anchora uino acconcio con cllcbo ro in quello modo.Frédefi un congio di molto inacquato con acqua marina,& infondonuili dentro dodici dramme d’elleboro nero trito,& legato in una tela netta: & come cominciaci bollire, luuendolo prima molto ben ro tto , fi mcfcola con quattordici, oucr quindici congi d'acqua marina,& do po alquati giorni fi cola,& ufafi. DalTenc perioiuereil corpo un ciatho conacqua.lubito ebefiefee 3 ° del bagno,hauendofi uomitato dapoi alla cena.Falsi in altro modo anchora cofi.Toglionfi uenti dia ine d’elleboro,dodici oncìc di cipero,tredici di (pica Soriana, peltafi tutto, & {tacciali, & leggali in una tcla,& infondefi in quattordici feiiarij di uino di C o o quaranta giorni:colali pofeia il uino,& daf iene meza hemina per uoha à bere.Fafsi anchora alcnméti.Toglionii dodici feiiarij d'acqua marina, & fei libre-d’elleboro bianco, & mettefi tutto per quaràra giorni in una amphora di m ollo, & pofeia fi cola.11 quarto modo di farlo è cofi.Toglionfi dodici dramme d’elleboro,& quattro d’aplironitro* & infondonfi in dodici feiiarij di molto,per quindici giorni .'colali pofeia,& ulàfi dapoi finiti fei me l i . Quello ammazza il parto,& la fconciare .11 quinto modo di farlo è quello. T ogli dell’uuaimpafsita al fole in fu i graticci,& mettila in una mctreta di molto(Ia metreta tiene dodici congi) & ng giungiui uenti dramme di gelfo ,& lafcia cofi ripofarcperduegiorni:& polcia infondi trenta tirarne 4 ° d’elleboro nero,& altrettanto di giunco,& di calamo odorato, di bacche di ginepro feiiarij due & quarto , di mirrha,& di zaltarano, di cialcuno una dramma : metti tutto in una tela, & fofpendi nel m olto per quaranta giorni, & pofeia colalo. inacquafi, & danfenc per uolta due, ouer tre feiiarij. Q u ello purga le donne di parto,& che fi fono fconcie: fa partorire,& gioua alle prefocationi della madricc. Quello della fcammoncafi fa c o li. Togliefi delle radici della fcammonea cauatc al tempo della metttura il pefo di cinque dramme,& mettonfi legate in una tclain un congio di molto per tren ta giorni.Purga quello il corpo,& folue la cholera,& la flemma.

50

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T an to è chiaro quello ,che di diuerfeforti di Vini dal principio diquefto quinto librofino àqueflo luogo Vini artifici* neferine Diofcoridc, che non c (lato uccefarlo difare in ciò alcuno particolare difeorfo, fecondo il noftro [olito, li,& loro ella à capitolo per capitolo : cr tanto piu perfapcr noi,che la maggior parte d'efii nonfono à t tempi noftri in ufo.ben* (Binauionc. che potèfero molto giouare,quando fi tenefero fatti, ouefufe uccefario l’ufo loro, Come uediamo queUo deU’ÈU* j) bragia giouare marauigliofamente alla uifta : quello del T amarigio^Ua milza : quello dellefon d i di Scnafoluti* no confrire molto alla malinconia, cr àgli impedimenti di tutti i fenjl : c r altri ad altri diuerfi malori, cr infir• miti del corpo .\lche togliendolo per frm ifim o argomento, m’imaginaiprim di ciafcuna altro\( come di [opra nel primo libro al capitolo deU'Ebenofu à[uffetenza detto ) difar quello del legno d’india, ouer Santo,per il mal francete : con il quale hoggi à i tempi noflri fi fanno di bcllifrime opere.Et però ne i\morbi frigidi contali uini fftfo fi curano con facilità gli inférmi. Il chefapendo,cr hauendo conofciuto l'eccellentifimo philofopho, cr me dico Arnaldo da Villa nuoua ,fece di tali uini artificiali un bellifrimo, cr ampio trattato, di cuifi può ageuolmen* teferuire ciafcuno,cbe in tal materia fi diletti : percioche in Alamagna apprefo à i Tedefehi tal medicine hanno ot* timo recapito,cr parimente apprefo ad altre longinqut nationife ben cofi nonfono in Italia a p p r e z z i,

Dì tutte


6/2

DifcorfidelMatthioli Di tutte le Pietre metalliche. Della Cadmia.

Cap.

XLIII.

c a d m i a ueramente ottima tra tutte le fpetie è quella di Cipro,chiamata propriamente botrijtc,ferrata,mediocremente graue, & propinqua alla leggerezza,d’afpetto acinofa,di colo­ re di fpodio, & che rotta è cinerulenta, & rugginofa. Tiene il fecondo luogo di bontà quella, che di fuori è di colore ceruleo,& di dentro piu bianca,fimile alla pietra onichite:& cofi fono quelle, i o che fi cauano nelle caue uecchie de i metalli.E una altra cadmia, chiamata placodes, ciò è croflofa, che ha certe macole fopra di fe,come linee,& imperò chiamata zonite.Enne di una altra fo rte , chia­ mata oilracitc,fottile,& per la piu parte nera .ma quella, che ha forma di te fli, ha raccolta in fe affai terra. Vituperali la bianca. Sono utili per li medicamenti de gli occhila botrijte,& laonichide:& tutte fahre per metter ne gli empialtri, & nelle polueri cicatrizatiuc. Q uella, che fi porta di C ip ro , è utile à tutte quelle co fc. ma quelle che ci fi recano di Macedonia, di Thracia, & di Spagna, fono ueramente uituperabili. Ha la cadmia uirtù di coftrignere,d’incarnare l’ulcere profonde, di mondifìcare la marcia, di dilfcccare, di ferrare, di tor uia la carne fuperflua,di cicatrizare, & faldare quelle ulcere, che malagcuolmente fi confolidano. Generafi la cadmia di rame accefo nelle fornaci, acco­ llandoti,& attaccandoti le fue fauille alle pareti della fornace,& parimente alle camere. Sono gran- 10 di,& fatte di ferro quelle uerghe, che i fornaciari chiamano acetlide, commetfe nelle fommità,& in effe ben e incapate, acciochc ui s’appongano fufo le fauille,che fi leuano in alto dal rame,& ui fi ritcn g an o . Quefte adunque attaccandoti lungamente l’una fopra l’altra,fanno alla fine un corpo : & cofi d’etfo fe ne fa qualche uolta una fola fpetie,qualche uolta due,& qualche uolta tutte le fpctie. Fafsi la cadmia in Cipro nel monte, che foprallà alla città di Sola, abbrufeiando quella pietra, che fi chiama pirite. nel qual monte fi ritrouano anchora miniere, che tengono uena di chalciti, di mifi, di fo ri, di metameria, di ceruleo,di chrifocolla,di chalantho, & didiphrige . N o n manca chi dica ritrouarfi la cadmia nelle caue delle pietre, ingannati dalla molta fimilitudine d’alcune pietre, come fon quelle, che fi ritrouano apprettò à Cumc,nelle quali non fi ritroua però uirtù alcuna di cadmia. Ma fi conofcono.percioche quetle pietre fono affai meno pondcrofe,che non è la cadmia,& manicandole,non JQ lafciano al guilo alcuno tirano odore. O ltre à ciò mafiicandofi quella pietra, offende i denti : ma la cadmia cedendo non fa refitlenza.Potfonfi conofcere anchora per altra uia : imperoche la cadmia ma cinata in polucre,& impattata con aceto,& fecca pofeia al fole,s’attacca inficine; il che nó fa in alcun modo la pietra. Oltre à quello la pietra poluerizata, & meffa in fui fuoco,faltain quà,& in là,& fa un fumo limile al fuoco;& la cadmia ftà falda, & fputa fuori una fuligine in uarij difeorfi di litte,di colo re roifo,ouero di rarne.La pietra anchora meifa nel fuoco, & lafciata pofeia raffreddarti, muta ueramente colore, &diuenta molto piu leggiera: mala cadmia non uaria il fuo primo colore, fe però non fi cuoce piu, & piu giorni. Fafsi la cadmia nelle fornaci dell’argento piu bianca, & manco pefante: ma non è nelle uirtù fue da comparare con quella, che fi fa del rame. Abbrufciafi la cadmia predetta, coprendola di carboni, fino che fi uegga lucida, & far le uefciche, come la fpiuma del fer- 40 ro : & all'horafi fpegne nel uino Am ineo, quella ciò è , cheti prepara pergli empiatlri : ma quella, che fi prepara per li medicamenti della rogna, fi fpegne nell’aceto. Sono alcuni, che la tolgono cofi brufciata,&tritanla nel u in o ,& pofeia la riabbrufeiano in un uafo crudo di terra, fino chediucnti come pomice:& rientratala pur con uino, la brufcianola terza uolta, fino che del tutto fi faccia ce nere,che non habbia in fe afprczza alcuna,& ufanla pofeia in cambio dello fpod io. Lauafi fatto que­ llo trita nel m ortaio, gittandone fuori l’a equa, fino che ui fi confumi ogni immonditia : fanfene poi pailclli,& ripongonfi.

L

C ad m ia, &

A

N on fohmente fi ritroud la Cadmiafitti per irte-, mi inchon f i t t i dalli naturi nelle miniere. Ver arte fi fa quetla, che fi condenfa nel piu alto dei fin ii, oue fi finde il rame, c r quella che già fi faceua in Cipro,fino al So tempo di Diofcoride,cr di Galeno nel monte uicino alla cittì di Soli, abbrufeiando quella pietra, che chiamano pirite . La naturale (fecondo che pur rifirifee effo Galeno al 1 x . dellef acuiti de i femplici ) fi ritrouaua al fuo tempo nel monte predetto, nelle miniere del rame : di cuifcriffe egtil'hiftoria con quefic parole. La Cadmiajifa H iftoria ferie nelle fornaci, ottefi cola il rame, non d'altro neramente che di quelli terra, di cui fi genera effo rame,andandofcne ti di Gii. ella perla fòrza del fuoco in alto,come una certafuligine ,0 ¡togliamo pur dire, come fauiUa. Chiamifi terra, i chidmtfi pietra quella, di cui feparandofì nelle fòrnici, fe nefa Sana parte il rame, d'una parte la cadmia, er <Tunaparte ildiphriges, quello non importa. fafii anchora di miniera d'argento, feparandofì le parti nel medefìmo modo .Faßi oltre ¿quello, abbrufeiando quella pietra, la quale chiamano pirite . Kitrouaft ancora in Cipro la cadmiafatta fenza firnace : er imperòfi può benißimo chiamar quefia pietra. A l tempo, che io fici la mìa pere* grinatione neU'ifola di Cipro , f t ritrouaua in Sola pochißima di quella, che fifa nellefintaci.ma ben di quella, che 60 è pietra canata dalle miniere de i metalli, ritrouai io ne i monti, c r u c i riui delle acque, delle quali portai pofeia meco in Afta , er di quiui in Italia a piu mici amici, da i quali mifi rifiriuano infinite gratic : imperoche diceuano hauet tua eflamin.


Nei quinto lib.di Dioico ride. 6 - j Uuerricc'Mto per ciò damcgundifimo dono, per ejfer quefia la piu ualorofa di tutte le cadmio. Et qucftataleue tornente può ciajcuno eburnea Cadmia dipietra. Ma quella, che è abbrufeiata, 6di duefeerie, di cut chiamano i media i’una Botrijte, zr l’altra Plicite. La botrijte è quella,che afecnde all'alto della¡ornate: et la Piatite quella, che cala nel baffo. E'per quello manifèllo,che la Botrijte è compolla diparti piufattili, zr la Placito di ptugrojfe : ina hanno però amendue uirtù di dijfeccare, come tutto il reho de i metalli, crfonofaffofe, zr terrejìri. Erimperò olire alla uirtù diffeccatiua,che pojfcggono,fono mediocremente afterfiue : come che¡la necejfario.chc quella,chefì toglie dellefornaci, ¡ubbia uirtù alquanto piufòcofa. Et imperò meritamente coloro,che lalattano, fanno un me* diamento,che diffecca,ty afterge mediocrementefenza mordacità alcuna, utilifiimo neramente in quelle ulcere , che hanno di bifogno ieffere impite di carne, zr negli occhi, cr parimente in tutto il corpo. Oltre à ciò è la cad* 1 0 mia ualorofa nell'ulcere molto humide,zr putridede 1corpi abondantemente Immidi, come fono quelli degli eunu­ chi,delle donne,zr de ifanciuhi.ma in corpi piu dm,zr piufaldi ft richieggono cofe,che dijfeccbino piu tulorofa* mente. Difiocca la cadmia, zraftergc leggiermente :er nel caldo, er nelfreddo è quafi temperata. quello tutto dellaCadmiafcrife Galeno. Il che conférmaparimente Plinio al x.cap. del x x x r111. libro,coji dicendo.Le cernii & miniere del ramefono in molti moli unii nella medicina, perfanar/ìcon effe prettamente le ulcere :nondimeno tra fui hìftoria tutte uigioua grandemente la cadmia. Tafii quefta fenza dubbio nelle fornaci dell'argento piu bianca,crpiuleg* fcritcadaPii. giera ; ma non però da compararlaà quella,chefi fa di rame. Sono di cadmiapiuffetie : perciochc fi chiama Cad* mia lapietra, di cuififa il rame, neceffariaperfonder nelle fornaci, cr inutile in medicina. Ritrouafil parimente nellefornaci con altra origine di nome. Generafi quetta dallapiu fonile parte dellamateriaminerale, cacciatafuo­ ri dallefiamme delfuoco, zr dalfoffiare de mantici : zr ritrouafil pofeia attaccataalle uolte,zr altepareti di effefòr 10 tiaci,fecondo la quantità di coiai materialeggiera euaporata. Sotti lift¡mafi ritroua nella ìfteffa bocca delle fòrna« ci, doue lefiamme combattono nello ufeire, chiamata propriamente Captate, ciò c ajfuntata, riarfa, er /Inule per lafua troppa leggicrezz* aBcfauitle. La ottima c quella di dentro, che pende dalle uolte, chiamata dalla dipen* denza Botrijte. Quefta pefa piu della prima,zr manco delle reftanti. E’ di due colori, tra quali il peggiore è quello che par di cenere, zr il rojfo il migliore tfrangefìfacilmente, zr c utilifiima ne medicamenti degli occhi. La terza fi ritroua nelle pareti dellefornaci, la qualeper efferfatta di piu graue materia non puotc faine in alto alle uolte : zrchiamafiPlacitc, per efferpiuprcflo crofia,che,pomice, didentro uaria, zr utile per la rogna, zr per cicatrizare le ulcere. Di queftafono parimcnteduc/fette : runa Onichite, di fuori quafi cerulea, zrdentro quaflfintile alle macchie delle tigne ; er l’altra Ottracitp del tutto nera, zrtra tutte le cadniiefordidtfiima, ma uti» hfitmaper le ulcere ■ quefto tutto diffe Plinio. Sopra al che c <fattenne,che errò egli in dire che la Cadmia minea 3 0 noie è neceffaria per lefuftoni dellefornaci, zr inutile nelle medicine :auenga che quetta fìa in ciò piu commendata da Galeno, che tutte le altre¡fede. Io ho piu uolte uifia la Cadmia di tutte leforti inuarij zrdiucrfl. luoghi di Ger mania, ZT ricordomi hauer ricolta la Botrijte con le proprie.mani à Perzene infui Tremino nei fórni, ouefifa l'ot ione, zrparimente in Sbozo luogo d'Alamagna, ouefi colagrandifiìma quantitàdi rame. Vn bel pezzo di Cadmia botrijte mi mandò già da Zagabria città dò Dalmatìa lecceUentifiimo M. Giofeppe Satandi medico Bergamafco. Spetié di Cadmia botrijte è ueraincnte quella, che chiamanogli ffctialiTutia Alcffandrina, la quale quantunque fia in commune ufo per la itera Tutia, di cui diremo nelfeguente capitolo ; non ¿però altro, che la itera Cadmia mi* iteralefcrittane da Diofcoridc, zr da Galeno. Et non ¿gran marauiglia,chc cofi labbia àLtempi nottri lafciato il proprio nome, zrfucceffit in luogo della Tutia ;perciochcfino ài tempo di Diofcoridc era in cambio dello Spodio, Noi)). il quale non è altro, che Tutia imperfètta. Chiamano i Greci la Cadmia, ktìptia : 1 Latini, Cadmia :gli Arabi, 4 ° Chmia, zrChlimia : i Tedefchi, Grauuer Augufiem.

Della Pompholige,& Spodio.

Cap.

X L1 1 1 1 .

L a P o m p h o l i g e è folamente differente dallo fpodio di fpctie. perciochc lo fpodionereg g ià , & il piu delle uolte c piu ponderofo,& pieno di pagliuche, di peli» & di terra , & è quali una ccc ta fuperfluità, che fi {pazza dalla uolta delle fornaci, doue fi cola la uena del rame. E t la pompholige c graffa candida, & cofi leggiera,che può ageuolmentc uolarfene per l’aria. D i quefta ne fono due fpctic:di cui ne una.che s’inchina al colore dell’aria,graffetta: & l’altra candidi$fima,& lcggerisfima. Fasfi la pompholige bianca ogni uolta,che gli artefici di fare il rame, uolendola fare eccellente, fpargono 50 fopra alla miniera fufa copiofamcnte la cadmia tritq:impcroche tutte le minutislìme fauillc, che fe ne nolano all’alto, fi condcnfano in pompholige. Fasfi oltre à ciò la pompholige, non folamente della miniera del ramc,& induftria de gli artefici,ma della cadmiqanchora,fatta euaporareper forza di ma tici. Il modo di farla c cofi. Si fabrica in una cafa,chehabbia due palchi ,la fornace, nella cui uolta lia un mediocre pertugio nella cima, ciò c uerfo il palco : il muro della cafa, doue s’accofta la forna­ ce, fia tanto pettugiato,cheui pofia entrare la canna dei mantici: oltre à ciò, habbiauno ufeietto pie ciolo fatto per l’entrare, & ufeire dell’artefice : & à quefto muro fia congiunta una cafctta,ouc fticno dentro i mantici, & colui, che li mena. Acecndoniì pofeia nella fornace! carboni, & come fono ac* cefi, l’artefice ui fparge fopra la cadmia trita fotti Imcnte, ftandofi nella parte di fotto: & il medefimo ufficio fa un fuo miniftro, ghiandola à baffo nel fuoco da alcuni luoghi di fopra aperti nella uolta.& C o cofi u a l’artefice aggiugnendo il fuoco, fino clic fi confumi tutta la cadmia, che ui mettono. Il che fa, che alzandoli in fumo la parte fottile,& leggiera, fencuoli in alto al palco, attaccandoli ad cflb, alla uolta della fornace, alla fornace, & alle pareti. Raflcmbrafi quefta matèria,quando comincia nel L 1

principio


6 74

Difcorfi del Mattinoli

principio à fare corpo, alle ucfciche,che fi producono nell’acqua : ma pofcia credendo molto piu la ' materia, diucnta fimile ài fiocchi di lana. Le parti piu ponderofe,ricafcando al bado, ritornano chi fopra alla fornace, & chi nel pauimento della cafa : & quella è aliai peggiore di quella,che è lottile,& per elfer tejrrcdrc perche nel cicoria riporta feco affai fporcitie. Sono alcuni, che fi penfàno, che ìblo à quello modo fi polla fare lo fpodio antedetto. D i cui il piu lodato è quello, che fi ci porta di Cipro,che meffo nell’aceto rcfpira odore di rame,di colore quali fimile alla pece,& d’odore di fango: & podo, quando non cfophidicato,infu’l carbone acccfo,ui bollefufo, diuentando di colore d’aria.' E ’ adunque da auertire à tutte le note predette diligentemente, pcrcioche alcuni la contrafanno con colla taurina, có polmone pecorino,oueramente marino, ò con fichi primaticci faluatichi brufeiati, & altre cofc limili, ma facilmente fi conofce il frodo: pcrcioche facendone la proua.non ui fi ritroua 10 niuna delle cofe predette. Lauafi la pompholigecommunementecofi.Legali afciutta,ouero irrorata con acqua in únatela netta,alquanto rara.&mettefi in un catino, ouefia dentro dell’acqua piouana* & menali la detta tela guazzando in qua, & in là per l’acqua : il che fa,che la parte lua piu limola,& mi gliorc le n’efcc fuori,& il fondaccio piu groffo le ne relia nella tela. lafciafi pofcia fare la refidenza,Se colali poi & l’acqua, & la pompholigeinficmc per lo colatorio : rinfondefi fopra,fatto quello, della! tra acqua, & mef’colafi, & rimenafi di nuouo tutto infierne, & Umilmente fi ricola : & cofi fasfi tante uoltc, rifondendo, & colando, fino che non ui fi ritroui piu alcuna refidenza arenóla, colali pofcia finalmente l’acqua fola, & leccali la pompholige, & cofi fi riferba. Alcuni altri togliendola lecca, la disfanno con le mani nell’acqua,fino che Caben liquida,comeé il mele:& pofcia mettendo una tela in fu la bocca del uafo, doue la uogliono colare,legata alquanto lafla, la colano, & accioche pasfi piu l o agcuolmentc,aggiungono fopra la tela copiofamcntc dell’acqua,cóturbando la cenerc:& cofi pofcia ricolgono tutta la parte fpumofa colata,che nuota di fopra nel uafo, con un gu ido di gd n gola,& la ripongono in un ualo di terra nuouo. Ma quella,che fa refidenza, la ricolano leggiermente in unoal tro uafo, lafciando però quella parte arenóla del fondo : di nuouo poi lafciano far refidenza alfe parti arenofe, & colano in uno altro uafo : Si quedo tante uolte fanno,che fidamente ui fi ritroui la mera cenere fenza punto d’arena. Altri fono,che la infondono cofi intera à poco à poconellacqua: & pen fandofi,che Spicciole pietre, & l’arena perla grauezza loro fe ne uadano al fondo,& che la paglia, S¿ i peli per la leggerezza loro fe ne refiino di fopra,fcparano fidamente la parte di m ezo, & mettonla in un mortaio : & cofi pofcia la lauano,come la cadmia. Lauafi anchora la pompholige con uino di C’hio,inacquato con acqua marina,nel modo che habbiamo detto di fopra,& cofi diuenra ella piu co 5° ilrettiua,che non è quella,che fi laua'con l’acqua. Ha la pompholige uirtù di codrignere, d’infrigidi* re,d’empire, di mondificare,di cicatrizare, & di feccare alquanto.connumerad tra quelli medicameli ti,che fanno leggiermente uenire la eroda. Ma uolendofi brufeiare lo fpodio,fi trita’ prima diligente mente, & pofcia s’impada con acqua,& fanfene trocifci : ¡quali mesfi in un uafo di terra nuouo fo ­ pra à carboni accefi,ii uanno continuamente uoltando,fino che feccandofi,diuentino rosfi.E’ oltre à quedo da fapere, che lo fpodio fi fa anchora dell’o r o , & dello argento, & del piombo ima dopo al C ipriotto fi commenda piu di tutti gli altri quello,che fi fa del piombo.

D egliAntifpodij.

Cap.

XLV.

^

P e r c h e accade fpeffe uolte,che ne manca lo fpodio, c neccflario il dimodrare, che cofi fi ri* trouino,che habbiano fimile uirtù, & come fi pollano ufare gli antifpodij in luogo dello Ipodio, & come fi debbiano preparare. Prendi adunque le frondi de i mirti infierne con i fiori,& i frutti imaturi, & metti tutto in un uafo di terra crudo,& lutagli fopra il coperchio,che fia per tutto minútamete pertugiato, & metti cofi pofcia nella fornace,fino che fi cuoca il uafo cauane fuori pofcia la cenere, & mettila in uno altro uafo pur crudo, & come farà poi cotto,cauane la cenere, & lauaia, & úfala. Fasfi nel medefimo modo delle cime piu tenere de gli oliui faluatichi, fe fe ne può hauere:fe non,con quelle dei domedichi,con i lor fiori : ouero con le mele cotogne fquartate,& mondate dal feme, ò con le galle,ò con dracci di tela di lino, ò con le more immature bianche,Cecche prima al fo le, ò con il terebinthojò con ilIentifco,ò con il fiore di larnbrufca.òcon letenere frondi de i r o u t,ò con la S® chiòma del boflo,ouero con il pfcudocipero fiorito.Sono alcuni,che lo fanno nel modo medefimo con frondi di fico prima Cecche al fole : altri con colla taurina:& altri con lanafuccida, 8i ruuida, ba­ gnata di pece,ouero di mele. Le quali cofe tutte s’ufano, & s’approuano in ucce dello fpodio.

Errore del Wanardo.

Chiama Serapìonela Pompholige,Tutia. quantunque quella, che chientuno Tutu gli jpctiali,fecondo il miogiudicio, come dicemmo anchora nel precedente capitolo, nonfìa altro, che una¡fede di cadmia. Che adunque la Tutù ufuale nonfìa la Pompholige, fi prona,per effer ella durifinta come pietre: cr la Pompholige,fecondo Dio feoride, cr Galeno, una fidanza farinofa aggomicciolata come unalana, la quale toccandolifubito fi disfa. Il perche mi rifoluo à dire, che laTutia, che ai tempi nojlri, erper lo paffito anchora, è data tenuta fempre in ufo dagli jpetiali, non è altro, che Cadmia minerale. Qucflo errore neramente non ritrouo io effere anchora fiato no» 69 *at0 ^ ^cuno 1 m°derni >Per non forfè cofi dilettati di conofcere i minerali,come le piante,cr le herbe. Et però il dottifimo Manardo da Ferrara, credendofl che la Tutta, communcmente ufitata nelle /pedane, fujjè


Nel quinto lib. di Diofcoride.

¿ 7 )'

quelli ueri Pompholige,che deferiue Diofeorìde, mentre che riprende ÀwcMtti deño Spodio, che f i egli dette rà* dici dette aliñé,dice chefeguimdo li dottrina di Galeno,dobbiamo piùpreñó ufare infuo luògo la TiltÙb la quite fi ritroui copiofa apprejfo adogni frctialc,elicgli A nHfrodìfrSefrheficonojce efferflegli minififiamenie frgaim to, per ìmerfl creduto, che la Tutù communementéufltatì fu la Pompholige, di cui intendono Dtòfcoridé, cr Galeno : percioche dettanera Tutù nonfi ritraiti k i tempi noftri nettefretiarie. Copia infinita,& di Pompholige, cr di Spodio,che punto non icuia dottadottrinadi cofloro, ho uiflo, & ù parte ricolto inpiu, cr iiuerfefrane m fui Trentino k Perbene,zr k Lauigio, cr in Aùmagna k Sbozo quindici miglia lontano da Ifrruch, ouefi cola rame,argento,cr piombo:cf nonfríamente lapompholige, cr lo frodio n’ho io diportato meco;nu la cadmia,il iiphri ges, la pietra pirite, l'helcifma, la molibdena, lapietra cerulea, l’Armenia, cr quello che chiamano fiore di rame, *0 fepurato in minutiflimegranella. Dji quali tutti non ho però mai potuto io ritroitarc appreffo adalcuno frenale d'Italia ,fe nonparticolarmente k quelli, k cui ò io , ó alcuno altro de i mieifidchfilmi contemporanei, cr campae gni,l’hanno dimoflrati,cr meffiin ufo.Tra i quali è il dottifimo AI. Giulio Alejfandmo,cr Ai. Andrea Gatto,amen duegcntilbuomini Trentini, crhoggiper la raradottrina loro medici del Serenifimo Ferdinando R¡?de Rontani, iOngaria, di Bohemia er e. crdellafra Scrcmfiuna prole. Et però mi rifoluo, che ne lo Spodio,ne la Tiuta fi rin­ tronino hoggi veri nette fretiarie ; mafolamente( come ho detto ) uedo ufareper la Pompholige la Cadmia, cr per lo Spodio alcuni Antifpodijfatti di radici di canna,cr d’offa dijlitichi di buoi abbruciate. Il che c minor male affai: percioche per la dottrina di Diofcoride pofitamo, mancando il uero Spoiio, ufaregli Aritifrodi] fatti con fondi, fori, cr hache di mirto, con quelle degli oliui, con le mele cotogne, con legalle, congliflracci di tela, con le more immature, con il terebinto, co’l lentifco, col fiore della lambrufca,conlefondi de i rotti, cr del bolfo,co'l’ pfcuc­ io docipero, con le fondi del fico, con la colla taurina, cr con la lana [uccida abbombata di pece,ouer di mele. Et impero fuperfluo mi pare il biafimare Auiccnna.fe fece ilfrodi radici di canna, il quale laudò egli particolamen te per le medicine,chefifanno per le pafioni del cuore. Hcttc quali (di quelle dico,che fi dannoper bocca)molto piu laudabile cofa è mettere queflo, chefifa di radici di canne, che mettere infuo luogo la Pompholige, oucro la Tutta, comeinfegnail Brafauola. Percioche mai ttonho ritrattato effereflato ordinato di darper bocca la Pompholige ne lo Spoiio da Galeno, ne da Diofcoride, ne altrimenti daalcuno dell’Arabica fetta, tanto antico, quanto moderno. u iu0 *' Verche non può effere ,cheéffendo ella una detteparti piufattili della miniera del rame, non babbta nife gran malù gnick di nuocere atto ñotnaco, crd’oppiíare i meati intcriori, crch’ella non babbtain qualcheparte del uclcnofo. Ai che molto piu doueua confìderare effo Brafruoù, quando domandato dalfuofrettale quello che in cambio dello Spodio doueuamettere nette ricette ,fe da qualche medicogli fujfe ordinatogli rifrofr, che doueffe ufare la Poni» 3 ° phohge, ciò è la Tutù,comefaceua Galeno. Nel chef conofono duemanifrfhfiimi errori.perctocbe primamente non dtlhnguendo egli,fecofi, ò altrimentifi debbafare nettemedicme, chef dannoper bocca, nelle quali ufano l& Spodio affai medici, conclude di uolcre ufare la Pompholige minerale tanto per bocca,quanto di fuori. il che quati tofia comteneuole, confidaandòonde,cr comeella fi faccia,colorofinceramente lo giudichino, che piu intendono la materia delle miniere. Secondariamente,dicendo egli. Vfarai per lo Spodto la Pompholige, do r la Tutta ; di« moftra effere in quello errore medefmo, che dicemmo di[opraeffere {lato il Maliardo. percioche fc eghbauef]e )a* puto ,cbe ù Tutù ufitata, cr commune nonfujfefata la Pompholige, haurebbe dimoàrato l'errore al fuofrenale, come èfemprefuo coSlmne difare in ogni altrafua cofr.Et di qui nonfolo nafre l’errore del perfraderfl, che la Poni pholige ucra, che fi fa nettefornaci, oucfl cola tl rame ,fl poffa dareper bocca ; maanchoraf dimoflra, come ben s'inganni nel crederfì, che laTutù continuile delle fretiariefa la Pompholige di Diofcoride, CTdi Galeno - il quale 40 fe ben dtffe,che in luogo detto Spodiofl patena commodamente mettere la Pompholige ; intifr egli fríamente ne i me dieamenti efteriori : percioche alfro tempo non era in ufo di metteregli Anlifrodif nelle medicine, chef danno per bocca, come èpofetaflato ritrouato dagli Arabi. Scriffe della Pompholige, cr parimente detto Spodto Galeno al nono libro dellefaculta dei [empiici, cofl dicendo. Easfila Pompholige nellefornaci del rame,coirtela cadmia cr ]oro iuttonJ fafli anchora, mentre che s’abbrufcù la cadmia nettefornaci,comefifa in Cipro. doue ritrouandofi ni mia prefen ferma JaÜ* tu il macftro dellefornaci del rame k non haucrc la minierapreparata, comandò, chefi doueffe apparecchiare detta ùao. cadmiaperfare detta Pompholige;facendola mettere nettafornace in minuti pezzetti, di cui nera in terra appreffo à i mantici non poca. Lacamera delforno erafatta in uolta,cr nonera inalcunaparte pertugiata,ma tutta intera : Cr quella riceueua tutte lefautdle, chefl leuauano dalla cadmia,da cui haueuanopofrù la Pompholige. Ma quella parte, che ricafraua al baffo nel pauiménto, è quello, che chiamano Spodio,di cutfl ricoglie aboniantemente la,ouc 50 fl colala miniera del rame. Virtùfimili allo Spodio parc,che habbta quello, che chiamano Antifrodio.ma io non ho mai ufato lo Spodto :percioche hofempre hauuta larga copia di Pompholige : cr imperò non ¿ ncccffario adal« cuno d'ufare lo Spodio, battendo atte mani la Pompholige,ne manco (fufare l'Antifr odio. E adunque la Pompbo» lige, quando c ùuata, un medicamento affai piu ualorofo di tutti gli altri,che diffeccanofenza mordacità alcuna Cr imperò conuencnole per f ulcere cancherofe, cr per tutte le maligne. Il perchefl mette ne i cottirij, chefi pre» parano per li flusfi de gli occhi,cr in quelli che curano le bolle lepuüute,cheui nafrono. E oltre a no medi» camento perfrttisfìmo all'ulcere dette membragenitali,sr del federe :percioche diffcccafrnza alcuna mordacità. _ Et nel quarto libro dette compcfìriom de i medicamenti, fecondo i luoghi. La Pompholige lanata ( dtceua ) non e meno ualorofrd’ogni alerò qualfi uoglù medicamento, la cuifaculta fu didifieccare fenzA mordacità alcuna, cr però tuflamo ne ifìuifl acuti, cr fonili euacuando però prima il capo,cr uniuerfalmenteWto il corpo. La Porti Co pholige adunque lanata ual tanto, quanto lofrodio infierne con l’amido,crpuò moderatamente d,¡fi ccare , crpari­ mente prohibiré, che l'bumidickfrpeiftua, che(là rittretta nette uene delle tuniche nonfe nefra fuori. Et impero fe alcuno ufrrk ne 1flusfl degli occhi medicamenti coilrctttui, auanti che il capo fia purgato; non c dubbio, (he


DifcorfidelMatthioli

6y6 N om i.

farà nafierc grandifainto dolore nelle tuniche perla rfknfìone, cheui caufaranno gli humori.cheuifondentro ferrati : imo che per la moltitudine del com orfa di quelli, facilmente fi potranno rompere le tuniche, onerameli* te corrodere. Chiamano i Greci la Pompholige, . i latini, Vomphoiyx , cr Dulia :gli Arabi, Thu* eia : i Tedefcti, Vucis niebt. Lo Spodio chiamano i Greci, 2 iridi re, 2 n ihe :j Latini, Spodiutn : i Teie* [chi, Grauunicbt. . r

D el Rameabbrufciato.

Gap.

XLVI.

I l m i g l i o r e Rame abbrufciato è q u e llo ,c h e c ro ifo , & che tritandoli firattembra al cina- 10 bro : imperoche il nero è piu abbrufciato di quello,che fi gli bifogni. Fasi! de i chioui delle naui rot te, mesfi, & acconci in un uafo di terra crudo, fpargendoui fopra à ftrato lopra ttrato il pari pefo di folio , & di iòle : mcttetì pofeia il uafo ben cop erto , & ferrato con lu to , facto di creta,nella fornace, & tanto ui fi lafcia, che’l uafo fia cotto. Sono alcuni,che in uece di folto,& di fale ui mettono alume. Altri fenza folio, & fenza fale abbrufeiano per.molci giorni il uafo. Altri ulano il folio folo : ma que fto per la fuligine diuenta nero.Altri ungendo i chioui con alume feisfile, aceto, & fo lfo , gli brucia­ no poi in un uafo di terra crudo. Altri gli brufeiano in un uafo di rame,bagnando prima i chioui da» ceto.reitcrando cofi due,& tre uolte,& riponendogli. Tiene il primo luogo tra tutti quello,che s’ab brufeia in Mtmpbi d’E gitto: & il fecondo è poi il Cipriotto.Coftrigne,diirecca,riftagna,afl'ottiglia, tira,&mondifica,&cicatrizal'ulcere.'conferifce ài difetti de gli occhi, confuma la luperfluità della 10 carne, fermal’ulcerecorroliue; & bcucndoficon acqua m elata,fa uomitare, oucrolanibendoficon m ele,oucro impiaftrato di fuori. Laualì la cadmia, mutandogli l’acqua quattro uolte il giorno, fino che non ui fiuegga punto di fplendorc. La fpiuma dipoi del rame, lauata nel modo medeiìmo, ha le medefime uircù, come che aliai meno ualoroie. Rame abbru iciaro ,& iua eiiainiri.

Rame abbrufo sco (cricco da Galeno.

E’ chiarissima cofa, clic cofafia il Rame abbrufciato : quantunque quello , che fi ritroua nelle [petti* rie,fi pojja giudicare di poco ualore, per ejfere egli nero , per hauerc hauuto troppo fuoco, cr non cofi roifo, come diffe Diofcoride douere effere l’ekttifiirao. Mafi può àquefto però ageuolmcnte riparare, ogni uolta che fi uoglia prendere infarlo la fatica fecondo la dottrina di Diofcoride. cr chi non può battere chioui di rame, i quali per ejfere molto piu durabili di quelli di farro, sufanopcr le fabriche delle naui, tolga in lor luogo di qualche al s trorameuecchio. Scriffe del Rame abbrufciato Galeno nel fine del ix. libro deUefacilità dei [empiici, cofi dia ccndo. Il ¡Lane abbrufciato ha dell’acuto, cr è coilrcttiuo. ma quandoè Lutato, é neramente belli¡limo medica* mento per cicatrizarc l’ulcere, comeche pojjafare quefto medefimo anchora auantt che fi laui,cr nufaimc in carne dura : ma in carne molle c molto migliore il lattato. Chiamano i Greci il Rame abbrufciato, Xa-ocii kì/m u ì m ; i Latini, A a uftum. D el Fiore del rame.

Cap.

3

°

X L V11.

Q j v e l f i o r e del rame, il quale alcuni de gli antichi chiamarono limatura di chioui uecchi, è ucramente ottimo,che facilmente fi trita,nel pettarlo rotto , & di forma come granella di m iglio, 4 ° graue.fplendcnte alquanto,coftretciuo,& che non fia mclcolato con limatura di rame,con la quale fi falfitìca egli (petto. Ma quello fi conolce ageuolmente, quando mordendolo con i denti, fi dilata la limatura- Fasfi nelle fornaci,quando il rame fulo fi cola perii canali à ciò adattati nelfuo ricettacolo: • percioche i miniftri preparati à cotale arte,uolendo purgarlo dalla loppa, & altre fuperfluiu, gli git tano fubito fopra dell’acqua chiara, per fpegncrgli il calore : di modo che per la repentina condènfa tionc, uien fubito fuori il già predetto fiore. E coftrettiuo, & toglie uia le fuperfluità della carne: kua le caligini degli occhi, ma morde ualorofamente. Dato per bocca al pefo di quattro oboli,pur ga gli humori grojfi : rifolue, Sf corrode le carnofità del nalo ,& del federe .’ applicato con uino gua rifeek brozze. Il bianco trito, & foffiato con una canna nell’orecchic,uaIeallafordità antica. La poi uere impattata con mele,& applicata, ripercuote iflusfi dell'ugola, & delle fauci. Fiore di ra­ me iua In­ fio ra .

F io rd i rame (cricco da G a leno.

I l vero fiore di rame ho piu uolte ricolto io nellefucine, otte egli fi cola infui Trentino, in quello modo. Subito che'l rameera colato dalla jvrnacenel juo ricettacolo, che da prima gli era preparato in terra,fubi to auanti che s apprendere per fe ftrjjò ,ui git tana fopra unagran fecchia di chiara, crfi'efchifiima acquatta onde fubito fi leuatta dal rame congtandifatmo impeto un grandifiimo fumo, cria fubito prenicua unagran pala difar ro, cr la tensuafirmafopra al ramefufo nella furia di quel grandtfaimo uaporeicr cofi ceffato che era, ritrouaua tutta la pala ricoperta di minutifaimegranella roffe, di colore di rame, con alquanto di rifplenienza• Et qttcfto in terueniua :perciocbetl Uapore tirando feco in alto la piu fittile parte del metallo ,fì congelaua poi perlafrigidità dell’aria in minutifiimsRanella, le quali nel ricafeare al baffo,cadauno poi fopra allapala del farro. Et di quefto tale fempre ritengo io apprejjb di me : percioche nelleJpeturie di tutta Italia s’adopera infio ¡cambiofilamente il 6o Verde rame, il quale chiamò Diofcoride ruggine, cr non fior di rame. Scrtjfene breuementc Galeno allafine del i x.libro dellefaculù de i¡empiici, cofi dicendo. Il fior del rame è neramentepiu fittile nella fua effenza, che i •' non

V


Nel quinto lib.di Diofcoride

77

non è ¡lume abbruciato, er lafquama del rame. Et imperò meritamente i collirij,cbeJì fanno di lui, mondificatio ualorofamentel'affrezza dcRe ciglia degli occhi. Chiamano i Greci »1 Fioredel rame , XcoxsS'£n9t* ; 1Lati* N ni, Flos tris :gli Arabi, Zar alliba.<, c r zer alnhas. " ° m1

Della Squama del rame.

Cap.

XLVIII.

D e 1 1 a Squama del rame sbattuta da i cbioui nelle focinc di C ip ro , quella c la migliore , clic c frotta, & che fi chiama hclite, ciò è chio uaria. Ma quella, che fi batte dal rame uilc,& uolgarc, oue ro dal bianco, è ueramente dannabile, per effere & fottile, & di poco ualore. Lodafi la grotta & ro f j o fa,& niasfime quella,che bagnata conaccto,diuenta rugginofa.Ha uirtùdi coilrignerc, d'afl'ottigliadi riftagnarc,& di corrodere: ferma l’ulcerc, che mangiano la carne :confolida l’ulcerc. Beunta con acqua melata purga l’acqua del corpo : il perche la danno alcuni impattandola con farina, & fa­ cendone pilole. Mettefi ne i medicamenti,che fi compongono per li difetti de gli occhi : lcua la ruui dezza delle palpebre, & dittèccai flusli,cheui concorrono. Lauafiin quatto modo. Mettefi meza li­ bradi fquama ben fecca,& purgata in un mortaio di pietra, & meflbui pofciafopraddl’acquachiara, fi conturba ogni cofa infieme con mano, per fi n che tutta la fquama fe ne uada al fondo: cauafi pojcia uia quello, che fe ne ua al fondo, & gittafi uia la prima acqua, & ritornali àlauarc con una mina d’ac­ qua piouana : & coli fi frega la fquama nel mortaio à mano aperta, quali come la fi uoleflc purgare,& come fi fente, che comincia à rinuencidirli, fi gli gitta fopra à poco à poco fino à fci mine d’acqua: & »6 cofi fi trita ualorofamcnte, & fi riduce dall’un lato del mortaio,doue parimente fi prcme.& latto que fto , fi cola ogni humore fpremuto in un uafo di rame rotto : imperoche qucfto c come fiore d’etta fquama, nelle uirtù fue ualorofisfimo, & molto efficace per le medicine de gli occhi : & per lo con­ trario,è il rimanente inualido,& efficace. Lauaii fino che non ut fi lènte pio alcuna uifcolita, & cuoprefi poi quello, che è colato, con una tela, & lafciafi coli npofarc per due giorni : (colali potila 1 ac­ qua pianamente, Àc fcccalì quello, che retta nel fondo, & riponi! in un builolo. Sono alcuni,che la lauano come la cadmia,& colila ripongono. r e ,

Della Squama dello ftomoma. jo

Cap.

X LIX .

L A V i R t V della Squama dello ftomoma è lamcdefima di quella del rame. Lauaii nel modo medefimo ,& riponli : ma per folucre il corpo è molto meno ualorofa. Squama di ra

L a s o y ama del rame, che ne cafcanel batterlo, è trito, er notifiimo medicamento, quantunque la mìglio m e,& d i Ho. re or piu ualorofa fia ueramente quella , che cafca dal rame, di cui fifanno i cbioui,chiamata patriamente beh* ina te. Imperoche cflèndo quello ramerozo, er meno purgato dell'altro, fa la Squama piu größt, che quello d e piu edam in. volte ha to nel fuoco,di cuififannole caldaie,cr altri infiniti uafl. Oltre a ciò tanto c chiaro il moto del lattarla appreffo4 Diofcoride,che non accadeper maggior dichiaratione[emerite piu oltre. Scrijfe della Squama Galeno al ix .libro M e facuhà de[empiici,cofi dicendo. Kitrouafl Squama di rame,medicamento neramente molto utile ,Ai faro, v di ftomoma. Dilfeccano tutte ualorofamente : mafono però trafe di diuerfanatura,per effere l una piu di) 4 ° feccatiua dell’altra, er l‘una d'effenza piu großa, er ¡altra piufotttic, crpiucr meno cofiretnua me chiamata belile >c ueramenteper diseccare la piu ualorofa, per effere difufianza piu, che tutte l altre fonile, per hauere tolto infe qualche parte d'erugine. QtteÜapoi difino ha tanti maggiormente coftrettiua, cr pm Ai quella quella dello ftomoma. cr imperò fono quefte piu utili ,& p iu ualoroje per ¡ulcere contumaci, cr malaga Ioli damedicare, che queUc del rame. Qucfta del rame confuma, cr liquefa la carne, CT molto piu qucUa dique» ila frette, che chiamanohelite. Sono tutte nonpoco mordaci. Il chefa chiaro, che la confiftenza dal efienza Imo non c troppofottile, mapiu prefto graffa. Qucfio tutto deüe Squame di[fe Galeno. Perla qua\ talmente conofcere, che la Squama dello ftomoma non efquama di rame, come errandofi perfuadel linto,cr come fi credono alcuni moderni fempliciftì, che hannofeguito kfua dottrinapiu prefio,che andare della cofa. Imperoche nonmanca chi tra coftorofi perfuada, cr uoglta, ehe la Squama delloftomoma fiala Squ <o ¿ei ram piu rottile, come fi crede Marcello Vergila interprete di Diofcoride. Nonmanca ancha chi taglia, Errore di Pii nw ,Si d’alcuchela Squam d L ftomoma horafignifichifquama difaro, cr bora di rame, comefi persuade il n» moderni. che non brattino cofaro quefte loro opinioni con authonta, ne con ueruna ragione.Benché il Brafauolaper parere Ai obrare la fuá opinione allega infuofauorc Diofcoride. ma con qual ragione io ueramente non lojo confae rare, non ritroJdo che mifcnucjfe Diofcoride,che laSquama delloftomomafuße inftmmcntefquama dlfir*°fa di rame Maperche non fi credere alcuno,che ragiona}» io in tal materia arbitrariamente,?? lenza fa2fa,e'dl tirarì prima con chiari tfìme, cr firme ragioni, cr pojcia con authorità granii d'approuatisfirnt Squama dèlio ftomoma non c di rame, ne ài femphceftno, ma[clámente d acciaio. Et pero dlc0Pr ,“ > ' . . do Galeno,che la Squama dei rame c piuiifficcatiua di tutte le a l f a l f e quella la del rame, ma che molto piu coftrettiua di qucfta delfaro cquella delloftomoma, ^ f a ß a m f e f t 60 la Squama dello ftomoma nonfia ne di rame, ne di fcmplice ferro, mai unoaffai pm "fa f co,Inacciaio. Perciocbe effenào la Squama delio ftomoma più coftrett,mdi romoltopiu coftrettiua di quella del rame; none coja ragioninole il credere, che la Squama dello lo n j ^


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DifcoríldelMatthiolí

we, ncmancodifimpliccfèrro, mab.enpiupreflo(comehodetto)dipurifiimo¿ecidio. Olireàciò il dir Galeno nel principio del capitolo,che fi ritrouaua Squama dì rame,diferro,er di StomomaÁimoñra manifcñmente, che lo Stomoma fia altro metallofiparato dal rame, er parimente dalfemplice fèrro. Percioche fe haueffe intefi Gàie* no,che lo Stomomafujfe fiato piu[fette di rame,che difèrro, haurebbefcritto ritrouarjì Squama di rame, diflomo ma, er di fèrro, er nonfeparato le¡fe tic dalleffetie loro : maperche benfapeua egli, che lo Stomoma era ffetie di 1 c0l!¿i“ní e co'l ftrr0 > non co trame, come parimente fece Paolo Egineta. Prouafi oltre alle dette moma fia la ragioni, che li Squamadelloflomomafia quella dell'acciaio, er cheflomoma in Greco non lignifica 'altro che ac* fquamadel- ciato, per Aetio er Greco, cr autentichifiimo autore. il quale f rinendo a lx iv x n . cap. del i x.libro alcuni ri iacqao. fnedij da torre per bocca nella difenteria, dichiarò quitti, che cofi fiiffe lo ñomoma de Greci, con quefle parole. Deinde uinttm purumuetus quantum fatis uidebitur in ncuumuafculum infundíto,cr laminan ignitam ex ferro, quodftomoma uocant, non minorem libra, in uinoextinguito. ciò è. Tatto quedo¡infondi in un uafo nuotto tanto nino uecchio, cr puro, quanto ti baña: zrpofiia fpegnili dentro una lamina, che non fu manco ciunalibra, di quelferro, chefi dimanda ñomoma. Ut nel x. libro,frinendo all'x i.capo del modo di curare la milza indurita r diceua pur egli : Sit autemferrum, quod in ipfìs extinguitur, ñomoma. Ipftus autemflomomatis ferri fquama,qua infabriltbus officinisfermnjum ignitur,cr mañeo tunditur, abìjcit. Poflcaagreftioribushomitubus uttlitcr exhibetur, ciò è. Sia il ferro,che fi deeffegnere nelle predette cofe di queño,chefi chiamaftomoma. La cui fquama fatta nelle Ideine da ¡fabbri, mentre che ilferro infocatofi marteña, fi da pofeia utilmente agli huomini robufti ; comefono iuillani.Et nel xi 11 i.al xxi i n. cap. diceua: Squama autemferri, prafertim ñomomatis, ampliaris adflnñionis particeps eñ. cioè. Lafquama delferro, c r mafiimamente di quello, chef i chiama ftomoma , è par* tecipc di maggiorfaculta coftrettiùa. Le quali authorìtà mamfeftamente dmoflrano, che altro nonfu lo Stomoma de Greci, che il ncftro acciaio : il quale non è altro, che la parte piu dura, cauata con certa arte delferro. Il per* che,feguitando i moderni medici le intentioni cr d’Aetio, cr di molti altri antichi, ufano di fare fpegnerc anch'ef fi l’acciaio infocato, hor nclCacqua, hor nel nino, hora nel latte, cr bora in altri liquori, neña difenteria, er in ogni altro morbo, ouefi gliricchiegga : percioche molto maggiorefaculta coftrettiùa ui fi ritrotta, che nelferro. La onde realmentefi può dire, chegli antichi nonintefero altro per la Squama deüo ñomoma, che queña dell’accia io, er mafiimamente diqtteño, chefi batte infu l’incudine, quandofifa il taglio, àia punta non filamente añeara pii ; ma anchora a ciaf uno altro ¡finimento, che s’adoperi per lefabriche di legname,er parimente per coltittar la iena. Et però ben diceua Attuario nel fio libro dellc'compofitionì de i medicamenti, defiriuendo l'Egittia ¿'ah* droinacho : Multò reddetur utilior, fifquamam, acìe, aut nuicronibus decuffam, quam appeñant ñomomatis, pa* tri fondere fibi afeifeat. ciò è. Diuentarà affai piu utile yfefigli metterà dentro il pari pefi di quellafquama ,'che fi fcuote co’l martello dal taglio er dañepunte, la qualfi chiama diftomoma. 11che replicò pofiia poche righe di fitto. Tuof i quefto medefìmo chiaramente conoficre in Galeno nel primo, er nel III. libro delle compofitioni de medicamenti fecondo i luoghi, doue mette egli indiuerfi medicamenti per la alopecìaìa Squama delferro fi omo* ma. Mafi purefi ritrouaffe alcuno cofl oñinato, che nonfifiáisfaceffe con Tauthorità dì cofi degni finitori, chia rifehifate almeno per quello, che ne fcriffe Ariñotilc, ingegnando à far l'acciaio chiamato dai Greci fiomoma al quarto deñe Meteore, cofl dicendo . Ttiietreu f i usti è H p y * c p .i y o s - r i i u p a s , a s t v’ y p ì s y t y n S i - J u , v j à 7 * A/y v n y v i i crSat, xjtl co¡j.á/j.a.Ta. votoSo-ii turas • vficATcu ■ ytf, xaì tè'ntxttHalfnaa Xtt7anl cry.afla • orar Sì ®oAA«.V./f 'irà.* àn , mù /.¡i’àa.pa'i yítinaj.iovTo rs/záí/zi ylymeu. c’v ■aotwTtv S ì ttoakùkk aaJts' j Stct to' h' tout/sU'ylytitràtu toaf.tìy, affi 7oVfei9j/5ii lAdfta, «tasxetboapofaivou. tri Sì c¿/a.Hmy aif tipos ¿ iAttili» íyay ctaozàànpatv. cioè . LÌ

1*

10

quefafi ilferro già lauorato, fitto chefifaccia flufibilc, er di nttouofi widurifia, er in quefto modo fanno lofio* 4 ® moina. imperoche lafpttma, onerofeoriafa refidenza, cr fi purga andando afondo. 11chefaccndofi fpeffe uolte, cr diuenenic perciò puro er netto,quefto ifteffofifa ftomoma. Quefto nonfannofieffe uolte, imperoche nel cofi raffinatofi perdcmoltafuñanza ,cr pcfx manco. Maè però migliorferro quello per queño effetto,che contic* ne infe mancofiperfluità da purgare. Queño tutto diffe Ariftotilc. La cui dottrinafeguitando hoggi tutti i mae* flri defórni deWacciaio non altrimenti anchor efi lofanno. I/perche nonfi può ,fe non dire, che Plinio, il Secre­ tario ,er parimente il Brafauola fi fieno eglino digranlunga ingannati. Et però dico, che fi Diofcoride hauejfi tenuto, che la Squama deño ñomomafuffefiatafquama di rame, non n haurebbe fatto egli particolar capitolo, ma trattatone nel capitolo precedente, ouefece di Squama di rame diuerfe fietic. Il che dimoñra manifeñamenteSe* rapione ¿403. capitoli delfio uolume de ifimplici. percioche tutto queño, chefcriffe Diofcoride della Squama delloftomoma, fcriffe egli della Squama del ferro, comprendendo infiemeco’l ferro anchora l'acciaio. Etfc benfi S° ritrotu ferino in quefto capitolo in Diofcoride, che la Squama dello ñomoma nellefacuitàfic èjhnile à quella del rame, quantunque non cofi ualorofamentefolua ella il corpo ; dico che tale fcrittura (come in molti luoghi di tutto quefto uolume interuiene) può ageuolmente effere fiata corrotta dagli fcrittori : cr in quefta mede/Ima opinione ritrouo effere ñato il dottifimo le.no Cornarlo nel fio commentofattofipra 1libri delle compofitioni de i medica* menti fecondo i luoghi di Galeno. Et tanto piu, che fecondo la mente di Galeno, er degli altri Greci, nonfi ritro va, che la Squama dello ftomomafìa filmile à quella del rame : percioche queñafolue il corpo, er quella uahrofa* melitelo riftagna. Oltre à ciò non ritrouo, che maifìa ñato in ufo per fare il taglio, cr le punte alleferramenta altro metallo,che l'acciaio. Et perònonpoffo,fc non marauigliarmì della pertinacia di coloro che altrimenti fi per fuadono. Il perche uolcndofi pur dire la lievità, fìamo coftrettì à credere, che la Squama dello ftomoma nonfia ab tro, chefquama diacciato. Il quale per effere finalmente fempre flato in ufo per fare il taglio, e? le punte alle fer 6a ramenta, il qual taglio chiamano i Greci r»'¡¿aitaa., chiamarono Facciaio parimcnteftomoma.il che dimoftra Aetio, quando dice : Sia ilferro infocato,chefi debbeffegnere nelle predette cofe, di quello chefi chiamaftomoma. Que* ño uo*


N el quinto 1ib -di Dioicoride.

75)

fio uocabolo derma neramente da có/aa,, che uuol dire la bocci. pirciochc il taglio,crpàimentelapunta dille armi ,craltri ifinimenti nonfono altro, che la bocca loro. Onde fifuol dire à coloro,chefanno mala ulta; Tu pe* tirai nella bocca del coltello. Et cofi come noi lo chiamiamo acciato, per acuire egli i tagli, cr le punte ; cofi pa* rimente lo chiamarono i Greciftomoma dall’effetto,che eglifa infar la bocca alle ami. Plinio quantunque nonfaf effe,che cofafuffe appreffo à i Greciftomoma,chiamò però a b i lit i .capo dclxxx mi. libro, l'acciaio, Ade, cndepofeia Ìhabbiamo chiamato noi Acciaio,comefanno anchegli Spagnoli,i quali lo chiamano Acciel,cr i Frani cefi Acier. Per tutte adunque quelle ragioni, cr authorità fi può ageuolmente credere che réf&tutfiu prcfto demi da ce cch e di quefito nerbo esuoo :quantunque nonfu però del tuto da rifiutare laopinione di coloro, che fiogliono, che cfa».“ * demi da ewoa,lignificar,do quefio nerbo appreffoi Greci hor indurire ,crhor far il tai ò gUo,cr ¡apuntaalle armi.Finalmente non credo, che di gran lungafallirebbe,chi connumerajfe tra la Squama del« lo ftomoma, quellafottilifiima parte,che lena uid la ruota nelfare il taglio delle armi, cr d'altri ifirumcnti daU’* acciaio :quantunque per effere mefcolata con la pietra, m i fu ella coft pura, come quella, che f i „efeuote col martello. Chiamami Grecita Squama del rame, AE*if>*W: i utini, Squamatris :iTcdcfchi, Kupftr Nomi. fchlao : li Spagnoli, Efquama de cobre. ha Squama delloftomoma chiamano i Greci, Atrir «Utù fii, Squama {Contornatisigli ArabiTubel,Eatiture fabartam,cr Cortex aftastli Spagnoli,EJquama deazero.

D cll’Erugine rafile.

Cap.

L.

L a e r v g i n b raiìle fi fa in quefto m odo . Mettefi forti fsimo aceto in un barile ,ouero altro uafo fimilc, & cuoprefi,aoltandogli fopra un uafo di rame concauo , & fc non concauo piano,& (cr rati attorno, che non ifpiri da banda alcuna:* lafciaficofi dieci giorni continui,& poltia fi difeopre, & radefi l’érugine.che a tal coperchio fi ritroua appiccata. Fafif anchòrn in altro modo cofi.T dgon fi delle laminette di rame, & (ofpendonli in un uafo d'aceto, ma che però non lo tocchino, dopo à dieci affi rifehiano. Mettonfi anchota nelle uinaccie, che non ficn hcfche ,ma clic comincino già à diuentare acetofe, una lamina, ouer piu di rame, & cauSnfi pófcia fuori,& radonfi.Fafsi Mnmciité delle limature del rame,& fimilmente di quelle lamine, tra le quali li batte 1o ro , che li ta in togli,. ir-> rorandole faceto,& «oliandole tre,ouer quattro udite, lafciandolc imo che tacciano cruginc. ÌJito n o anchorache feritin e fi genera naturalméte in Cipro nelle cane dei metalli (opra acm e pietre che temono alquanto di miniera di rame, dalle quali fiorifee fuori : & che parimente ¿libila da certa * • fpelonca al tem po, che {calda la canicola:ma dicono la prima effer poca, & ottima , & quella della ¿cionca effere abondantc, & di buoriò colore, ma molto peggiore, pere<Tcr tutta piena di pietre; Falfificafi l’erugine in piu modi: pcrcioche alcuni u’incornorano dentro pomice, altri marmo,&cal=> tri chalcantho^Ma ai fi conoto la pomice, oueranjentc il marmo.bagnando il dito graffo della ma­ no finiftra, & ftropicciandb con effo l'crugine, & tenendo nell’altra mano il pezzo intiero: imperoche cèfi ftccndo,l’erugine fi disfa debutto : ma: il mando, & la pomice no folo rodano folto al dito intere fenza disfarli, ma bagnandoli bene,& fregandoli,diuentano fenfatamenre bianche. oltre a ciò Ferucine (incera meffa folto al dòte,cede al roorfo,lenza fcnciruifi ne rumdezza,negrezza alcuna. Quella che c fophifticata con chalcantho fi conofcc con il fuoco; imperoche dilledcndofi (opra una ladina!onero uafo di terra,& mcttendofi à brdfeiare fopra alla cenere calda onero carboni infocati, fi mutarà di colore,& diuentarà coffa tutta quella parte, ouc fata incorporato il chalcantho : impero, che di fua natura diuenta roffo abbrufeiandofi. f ./ A '.

IO

D ell’Erugine chiamata Scolecia.

Cap.

LI.

L a f.rvci ne , che chiamano Scolecia, c di due fpctie: runa do è minerale, & l’altra artificiale; la quale fi fa co fi. Mettefi in un mortaio fatto di rame di Cipro una meza hemina d aceto bianco for te,& tato fi mena attorno con il pcftone pur di rame, che 1 aceto fi fpcfsifcc,come un linim ento.* all’hora ui s’ag<fiupne una dramma d’alume ritòdo,con allcttato falc minerale, trafparemc,oucro buchilsimo marino,& faldo oucro có il pari pefo di nitro : * cofi fi tuta tutto mfieme al fole nei tempi >¡0 plu caldi, quando tolda ualorofamcnte la canicola , fino che ucrdegot di colore d crugme, & che .a fitto bene fpeffo,& graffo l& a lf borafc ne conformano ucrmicelli limili ai Rhodioti, & ripongofi. Diue'ta molto piu efficace,& acquifta affai miglior colore, mettendo« nel mortaio due par» d orina tcccbia con mia d’aceto,& faccndof. il refto,comc di fopta s’è dctto.Sono alcuni,che predono l eni gine rafilcla quale nel farfi nó riufeì bene,& impattandola con gomma,la ucdono coformata in terL i r e . ma duefta f, uitupcra.come cofa cótrafatta. Fafsi ancora una erug.ne da gl. orefici per labil e l’oro,có orina di fanciullo,uergine,menata parimente in un mortaio di rame d, Cipro£ jn d g f e ll o del medefimo. Sono tutte l’erugini foprafentte nelle uirtu loro cornipede» •» n » « W “ ' me che elle fieno piu ualorofe nelle loro operatiom. E’ pero da fapere.cbe la migliore e r u c h e h ritrouije’ la minerale, chiamata (colecia:& dopo quefta , laraf.le: & dopo h ^ [ ^ 1 Sd arte,quantunque lia quefta mordacifsima,& molto pnicoftretuuà Quella degli or^ c ^orf iP°'ldc alla rifa. Tutte fono coftrcttiue,affo,figliatine,& cabde. ton no le a c * ric . «k g l . oc h , f a^i l a - . grimarc,fermano l’ulcere che magiano la carne,prohibifcono le infiammagionineU ulccre.& m eor


680

Difcorfi del Matthio li

poratoconolio, & con ceracicatrizanol’ulcere: cotte con mele,& applicate, t.qlgongià i calli' & mondificano1 ul cerefordide .Incorporate conanimpniaco,&applicateinformadi collirio , confu mano lecallolìta delle tìkole.'fono utili alletumefattioni dellegengiuc. Vpt.econmele, aflottigliano ualorofamcntc1 ■£palpcbre:mabifogna Tubilodapoi fomentarlecon unafpugna;abbombatad’acqUa calda. Incorporate conragiadi terebimho infiemecon rame, & nitro, cacciano, S( difleccanola fcabbia.Abbrui cidfi tuttetrite,& mefle inunapadelladi terraTopragli ardétifsimi carboni, mefcola do Tempre, tino clicfi mutinoincolore di cenere, & poi comefonfredde, fi ripongono per il loro ufo . Sono alcuni,cheleabbrufeiano inuna pignattadi terracruda, comese detto: manon femore però diuentano dun medefimocolore. v EruginCjlç fu» eilam.

L’ervg inf., pèreffere di uerde colore, chiamano gli fienali, er i moderni medici verde rame. dclquale fenili tnognifiatarla abonianza quantunque pocofe nc rttrout del¡Incero, che nonfiafophitocato La Erum gwcll ntrouaCfecondo che rifirifie, Qiofcoridc) fatta in diuerfl mode, ciò è dalla natura nelle cane ielle miniere ' cr «1diuer/i modi per arte. La minerale à 1 tempi notori non Jìporta, che io fappia di Cipro in Italia. Et imperò mancandone la migliore >tifiamo la mediocre,chefifa con l’aceto, er con le umaccie :percioche la S colecia non è ancho ella ai tempi notoi in ufo. Penfanfl alcuni che’l Verderamefia ilfior del rame, in cambio del quale Ma giornalmente nelleffiedarie. Mafono cojloro ueramsnte ingrande errore,per le ragioni dette ampiamente di [0* Erugini ferir fra al proprio capitolo del Fiore del rame. Scriffe dell'Erugtni Galeno al 1 x .libro dellefacuità de i [empiici, coti tedaGal. dicendo. LErugme neramente al gufo acuta tdigerifee, tira,liquefa nonfolamentela carne tenera ;maanchora la dura. Oltre a quefto e llato detto di[opra,chefono alcuni,che,chiamano quefti flmili medicamenti cicatrizatiui per ntrouarc eglino, che applicandoli tutti Sottilmente¡do con la punta defilile in poca quantità in fri'dee* re,cheli dilatano, il giorno feguente fifono rifirette. quantunque [appiano quefti tali, che fe tiene mufferà maggior quantica,ntrouarebbero l'ulcera non fminuita, ma tutta corrofa, er mangiata. lmpcroehe neramente corrodono, er liquefiamo U carne : effondo che i medicamenti cicatrizatiui ritirano, conftipano, fùngono , er mdunfeono in modo di callo. Ma l’erugjnc mordefenfibìlmentc, tignilo, non che le piaghe dell'ulcere. O n d ici ben uero, che mettendojenepoca con affai quantità di ceroto.quefta tal miilura neramente aftergerà lenza morde re . £flato detto di[opra affai delia natura di coftfatti medicamenti,& come anchora molti singannino in cotaU compojuiom, affegnando,ad alcuni medicamenti uirtù incarnaifra, er cicatrizatiua, à cui tali[acuità punto non ficonuengono. Et pero dico, che quelle non lo poffonofare,ma beneì compofttfiche di lorofifanno. Chiamano l Erugine rafile 1 Greci,l oy&r9y: er h Scoccia, i Latini, Aerugo rafilis,er Aerugo [colecia,di Ara* Nomi. bi,Zmiar,cr zengur 1Tcdef:hi,Spangrtienili Spagnoli,CardeniUo :iFranccfi,Verderis,crVerdet. * Della Ruggine del ferro.

Cap.

LU.

La rvcginf. del ferroe coftrettiua. Riftagnaapplicatai fiuti delledonne:& beuuta, non le lafcia ingravidare, Fattonelinimento con aceto, medicail fuoco facro, &le bolle. è utilifsimaalla ruuidezza delle palpebre, a1panatica, &allacarnefuperfluache creiceappreso all’unghie.Gioua alle pofteme del ledere, ferma egengme,mitigale podagre,& farinafeere i capelli. 11umo, ouera* piente! acqua«Méfia fpento dietro infocato,gioua beuendofi,àiflufsiftomachali,aJla difcntcria,,! )¿dettoli dtmilza,allepafsiom coleriche,&àgli ftomachidiffoluti. 49. Della Spiuma del ferro.

Cap.

LUI.

n i Aj 1 1 Vr M * deJ fe" ° ’ Ia <!uaI chiamano Teoria, ha le medefime forze, che ha la ruggine,ma non pero e cofi ualorofa. G ioua beuuta con aceto melato à chi hauefle prefo l’aconito .

R u ggin e,& fpiuma di fer ro ,& loro effaminatione.

Scoriadi fer­ ro fcritta da Galeno.

Cri L !

H

Spiuma, la qual anchorafi chiama Loppa, chiamata Scoria di Per° ^ gkfu blf°gnr. ÌVUra d‘ cl^ ‘o„e.Ma accioche ninno s inganni, la Scoria Scaviti r*mc[ ' ,°nJol>°‘ comefi perfino alcuni, lafquama, fr quale uolgarmentc chiamiamo d Z r lt 'J Z Z h1^ C“fca dafirr° ’ mentre che inW*t*M*tte infu r incudine, er puofii ricolare, er ri* Zrro Z i t mfÌn0' Sc°m e queUct fu^ uit^»gnofa,che à modo diffama efee nellafucina dal Umm° f Um>Cr aÌ r‘ L°Pt>d- V“#* >mf o “° P,u ” *” * ** I» corpo: percioche è tut ‘ Scrf ne Galeno d 1 x de i[empiici,coft dicendo . Tutte te Sco* Z £ Z Z Z , v T T ! t f ? u CC,ltlU0' mZ ‘U 1 tMÌ d&* fioria delfin o . Macino io queftafottilifii* mametite neh ace10firnfimo, er pofila la cuoco, cr coft l'ufo per medicamento ualorojìfiimo per ¿¡¡ficcare l’o* recchie, e h per lungo tempo hanno menato la marcia : di modo chef i ne mrauigliano tutti coloro,che me la ueg

5

°

^* Oltre a ciò quella dell argento^ qual chiamano helcifma.fi mette anchora ella in alcuni empiaftrì diflèccatiui. Chiama* ‘ Greci Rubigo ftrri:gli Arabi, Sedaalhalid : iTedefch,, Eyfin refi. 1Francefi, RuiUturedefir. La Spiuma delfèrro chiamano i Greci,*, m>pU aiS'nfou ; ¡Latini,Scoria,Ster* 6 * cuswRecremcntumfim: gli Arabi,Chabt aladidù TedefibiMlaken : li Spagnoli,moZ o di l,erma, & mo*u He¡ragna. 2

Nomi,

Vr t


Nel quinto lib. di Diofcoride. D el Piombo lauato.

Cap.

<S8i

LIIll.

L a v a s i il Piomboinquello modo.Mcttefi dell’acquainunmortaiodi piombo, * con un pe­ done nel medefimo piombo fi menatantoattorno,chel'acquadiuenti nera,* ches’ingrofsi àmodo di limo, & diuenti lutofa;& colali polcia per unateladi lino, aggiugnendoui di fopratantaacqua, che poffafinire di paffaretuttalamateriarifoluta:* tafsi quellomedefimotanteuolce, chefc n’habbia àbaitanza:* come hafattola rdìdenzajfi fcolafuori laprimaacqua,* aggiungeuifencdi nuoua, & lattali,comefi fala cadmia,fintantochenonretti nell’acquaalcunanegrezza; * poi fenefatrociI© fei,& riponfi . Sonoalcuni, che prendonolalimaturadel piombo, *Jo macinano inunmortaiodi pietra con unpeftonc pur di pietra, ouero che lofregano con mano mefccdoui dentro dell’acqua i poco àpoco,fino chediuenti nera: Se come hapofcia fatto larefidenzaalfondo,fcolanol’acqua, Se formano i trochifci; imperoebemacinatofottilifsimamcnte, diuentafintileallaccrufa. Alcuni altri mettono conlalimaturadel piombo unpoco di piombaggine, affermandoil piombo cofi lauatoei' fer molto piu ualorofo.Enelleuirtùfucrefrigeratiuo,coltrettiuo,ticmpitiuo,molhficatiuo:&impe 10 riempie leconcauitàdell’ulcerc : riftagna i Hufsi degli occhi,& abbaffa lacarne fuperfluanell’ilice re : riftagnail iaogue : giouacon olio roladoaH’ulcere,pofteme,&hemorrhoidi del federe, &pari­ mente àquelle ulcere, chefono malageuolida conl'olidare. Ha uniucrfalmentetuttoil ualoredello fpodio, cecero chenoninducelecrolte. Fregato il piombo lineerò,giouaalle piaghedellofeorpio 1 0 pc,Si dragone marino.

D el Piombo abbrufeiato.

Cap;

LV*

Il p i o m b o s’abbrufciacofi. Prendi il Piombo fottilmentc laminato, & acconcialoinunuafo di terra nuouo,* poliictjzagli fopra del folio ; & cofi uaaggiugnendo unfuolo di lamine, & uno di folfo, fino che’l uafofia pieno : mettilo pofeia àfuoco,& comeil piomboc beneìnfocato.ntelchu con unauerghettadi ferro,tanto chetutto fi conucrta incenere»* chenon ucn’auanzi alcunaparte, che nonfiaabbrufeiato,all’horacaualo fuori,ferrandoti bemisimoil naio : perciochc molto nuoce 11 fuo uapor-. Fafsi anchora, mettendo nel uafo lalimatura del piombo inficine co’l folfo, & abbru -

jo fidandolo Sono alcuni altri, chemettonolelaminedel piombo inuafodi terra crudo , come s’è detto & iliutanpli foprail coperchio,che habbiaunpicciolo fpiracolo,&coli l’abbrufidanonel fuo co oueronellafornace. Mettonui alcuni incambio di folfo la ceruia, ouero l’orzo. Altri prendono fidamentelefemplici lame, & cofi lebrufeianol'opraardcncifsirao fuoco.mdchiando contmuamen te con una uergellcttadi ferro,fino chediuentaccnerc.Maqusfto modoc.1 piu diffi ale, & fcsabbrufeiainlungo,diuentadi colore come ipiumad’argento.nientcdimcnoamep.upiace1abbrunar lo osi primo modo. Lauafi il piombo abbrufeiato,comela cadmia,* nponh.Halemcdclimcuircu, che’l piombo lauato,mainueroaffai piupotenti. Della Spiuma del piombo; 40

Cap.

LVI.

Della Spiuma del piombosa qual chiamano feoria, quellaèueramentelamigliore,che edenfa,mala°euoleda rompere,chefi raffembraallaccrufa, chenonhainfeparte alcunadi piombo, che ' s’accoifa nel colore al roffo,* chenel fuofplendorc fi rafsimigliaal uetro. Haileuirtu medefirnedel piombo abbrufeiato, maè ueramentepiucoftrettiua. Lauafi nel mortaio, infondendogli fopradelj-acclua,& Colandola pofeiafuori,come diuentaroffa:&cofi (1fatanteuolte,chc fi confumi tutu la diurna:* comel’acquahafatto larefidenza, fi fcolaleggìermente,Se fanfenetrociicu

Della Molibdoide,cioè Pietra piombarla. 50

Cap.

LVII.

La p i e t r a chiamataPiombarla,pereffer fimilcal piombo,ha lauirtùmedefimadellafpiuma del piombo,* lauafi nel medefimo modo.

T a n t o fono chiari gli artifici] di fare il piombo lauato, cr deliabbruciarlo apprejfo à Diofcoride , cr cofi chiaramente detti , che non accade fa r fopra a o a ltn difeorfiper maggior dichiaratone. Ma bene c dajapcre, che quella pane di piombo , la quale chiama Diofcoride Scoria , c r noi chiamiamo Spiuma, C r altri Loppa , non cui lodo alcuno quella piombaggine, chefemprc retta nel fóndo del uafo , quandofi cola il piombo .perciochc qucfla altro, che piombo, che incominciaua già àcalcinarli : erpuofii agonalmente ridurre in piombo puro come lì fa anchora con il lithargirio. La Spiuma adunque del piombo fifa folamente nelle fornaci, doueflcola lafua uc* Va. Imperoebe come è fifa nella fornace, lafcianogli artefici fuori il piombo M a fòrnace per un canale mima prò 60 pinqua fòffa : c r come c bene apprefo, ausiti che fi freddigli gittano addojfo dell acqua fredda , O cofi fi fraglia d.tUa fe o r u . La quale ( c o m e ferine Diofcoride ) c molto denfa , c r dura da rompere, volte b ia v a , c r lucida come.un uetroIm itato . D i cu i cr utfu l Trentino, cr m altri luoghi

Scoria di p iò b 0j& fua ella n un at.oue.


f>82

Difeorfi del Matchioli

veggono difuori dalleforine, gittata uia dagli artefici, non piccioli monti,comefanno anchora con quella dettar genio, er del rame. Serimjì alle notte di quella gli artefici quando le miniere, er le itene de metallifon magre, odifficilmtntcfi colliquano ne i fórni: imperoche aggiuntoci una parte difcoria,fl liquefatine affai piu agcuolmente. Honnericroiiatoio alcuni pezzi lineati di diuerfl colori per effer di diuerfì metalli, ripepareuahét bellifimo finale to.Etimperòc neramente licceffario a chifi uuol chiarire di coflfatte cofe,non cercarleneikfietiarìe;ma nei luoghi delle miniere, er dellefvane loro, oue nafeono, erfannofi parimente con l'arte, ha qual fia hoggi à noi Molibdolde, & fu i eflam. quellapietra chiamata da Dtofeoride Molibdoide, ciò è Piombarla., non ritruouo però chimifappia liiofìrare, fe già nonfuffe alcunaforte di Marchefita, che moltofirafiomigliaffe nelfuo colore al piombo, come c quella, che chiamano Marchefita diflagno. Benché quefto non poffo io affermare, per non hauerc altro autore ritrovato, che piu diffufamente ne parli di quello, che s'¡¡abbiafatto Diofcoride. il quale cofìbreuementc neferiffe, che non è pof i o fibile per lafua dottrina cauar cottruHo.che cofa fia quefta pietra Piombarla, come che ageuolmente anchorafipo teffedire,chelauera pietra Piombarlafia la ifteffa uena del piombo, come tengono lapiu parte de ifemplicifti. Scriffe del Piombo ampiamente Galeno al ix. librodeHe[acuità dei [empiici, cofi dicendo. Il Piombo hauirtù Piombo ferii to d i G ii. refrigeratoria : imperoche nonfolamente contiene infemoltafuftanza humida congelata, er riflrctta dafrigidità; ma anchora aerea, erpoca terrea. Che adunque habbia egli affai di humida effenza condenfata dal freddo, te ne può dar manififlo fegno il fònderfiprejlo, chefa egli, quando lì mette alfuoco. che fia parimente partecipe aiu chora difufianza aerea ,fì dimoftra cofl. Di tutte le cofe, che conofciamo, folamente il piombo crefee er di cors po, er di pefo ,fefi ripone egli in luoghifotterranei,douefia l'aria cofl torbida, che ogni cofa, che utfi pone,fac eia la muffa. Et imperò piu uolte ¿fiato ueduto, d)c’l piombo, con il quale ¿impiombano, er legano i piedi delle flatue, è molte uolte erefiu to , er qualche uolta tanto, che pendeua dallepietre ingocciole, comefa il crittaUo, io Il che c probabile argomento della humidità, erfrigidità fua, auanti che tu nefacci efferienza alcuna. Male co„ fefrietuifiche, er certefi conofcono con la efferienza. Imperoche infóndendo che liquore, che ti piace, nel mors tato di piombo, er menandouelo bene dentro con il peftone pur di piombo, fino che'l mortaio,er il pestone ni la* fin o dellafuftanza loro ,farà neramente questo medicamento comprilo d'amendue quelle cofe, molto piufrigido che nonera il liquore, che uifu infufo. quantunque tu ui metti ò acqua, ò uino picciolo, debole,& acquofi, oue» ro olio, ouero altroflmile, che ti piaccia, il a udendo aneborfare un liquore molto piufrigido ,fa che ¡‘oliofio. omphacino, ouero rofado, à di mele cotogne, ouero di mirto. Et udendo tu ufare il liquore, che nefinirà fuori, haurai ucrmente ottimomedicamento alle pofteme delfedere con ulceragioni,ouerofijfure, cr parimente à quel* le, che nafeono nette membragenitali, ne i tefticoli, cr nelle mammelle ; er cojì anchora ottimo medicamento da tifare nel prindpioin tutti ifiufii d’bmori,che[corrono all'anguinaie¿i piedi, ò in qualfi uogliagiuntura delle 30 membra. Efimilmente utile in tutte iulcere ribette, er contumaci : er imperòfe tul'ufarai ne i cancheri,tu ti ma rauigliarai ueramente detta uirtàfua. Oltre à riofe tu uarrai ricorre pur affaificco di piombo, sforzati di mari* tiare il liquore alfile , ouero in luogo, douefia [caldaia l’aria per qualche altra uia. Et[appi, che haurai molta piu ualorofo quello medicamento ,f i ui marinarvi qualcheficco refrigerativo, come difimpreuiuo, di cotiledo* ne, ttendiuiaji lattilea,di condritta, di pfillio, d’agretto, er di portulaca .Et fe qualche una di queftepiantefi ri* trova, che non cofi ageuolmentefi conucrtainficco, come[ala portulaca, mefiola con effcalcuno degli altri ficchi,come ucrbigratta, l'agrefto, ilqualeméffo perf i folo,cr menato nel mortaio predetto ,fa un medicamene to refrigeratorio bellifimo.Oltre à quefto il piombo tirato in laminaperfefilo fi mette inf i i lombi degli athleti, quandofino mohftati dafogni ucnereiipercioche gli infrigidifee nonpoco. Parimentefattone una lametta fotti* le .cr legatofopra alla nodojìtà de i nervi,gli rifotue .11 che benifiimo s’impara da Hippocrate. Et impèro non è 40 marauiglit , fe l piombo abbruciato, erpiu uolte lauato, dìuenti refrigerativo, effendo auanti al lauare di mifta natura . Et quello medefimo medicamento, rio è il piombo brufeiato, è neramente anchora eftòbuono att'ulccre contumaci, er maligne. maquando è poi lauato, certamente c molto migliore, er per riempire l'ulcere,er cica* trizarle. Econtienevoteper quelle ulcere, che chiamano cbironie, er per tutte le caiicherofe ufato cofl perfe fi* lo, cr parimente mcfioUto con altri medicamenti cicatrizatiui, come quello, che fi compone detta cadmia. Mi c daf pere , chef i lafanie abonda,bifogna medicare ogni giorno : ma altrimenti ogni tre, ouer quattro giorni. Et bifigna di fuori mettergli fopra unafi ugna abbombataiacqua fredda, riabbombandolafempre ogni uolta,eh'ella N om i, fidijfccca. Chiamano i Greci il Piombo lattato,MóhigSos 'jtorAv/rim;j Latini, Plumbum clotum.Vabbrufiia* to chiamano i Greci,Miw/iJ'of mmvpivot •i Latini, Plumbumuttum. La Spiumadel piombo chiamano i Greci f poM,csoy:iLatini,Plumbirecrementum,et Plumbifioria.La Molibdoide chiamano i Greci,^oai/Sìohìiì<: i Latini,Molybiotdes,cr Lapis plumbarius.

Dello Stimmi, ouero Stibio.

Cap.

LV1II.

Lo ottimo Stibio èquelloi cheè fplendidifsimoj & chelampeggiaà modo di lucciola,& che apparenel romperli croitofo, & chenonhain feneterra, nefordidezzaalcuna, & cheèfrangibi® le. Quefto chiamanoalcuniftibi,&altri platiophthalmo. Ha uirrùdi coftrignere, di ferrare i meati, d’infrigidare, di coniumarelacrefcenza dellacarne,di cicatrizarel’ulccre,&di mondificare¡'ulcere, & l immouditie degli occhi, riftagnailfanguc.che procededai pannicoli del cerucllo:&uniuerfalmentenaleuirtùmedefime,chehail piombo abbrufeiato. maparticolarmente non lafcialcuare le 60 uefcicheallecotture del fuoco,quando fene falinimentocongraffo frefco:& confolida con cera,Se wnpoco di ccrufa quelle, che di già hannofattola crolla, Abbruciali, facendogli unacoperta di palla


- Nel quinto lib. diDioicoride

68 j

pattadi farinaintorno,& mettopofeiafotto ài carboni.fino chelacopertas’incarbonifcarcauafi cotti infocato,&fpegnefi inlatte di donna, chehabbia partorito unmafehio, oueramcntc nel uinouccchio. Abbrufciafi anchora,mettcndofi fopraài carboni,&foffiandofi, fino chedel tuttos’infuochi : maquandos’abbrufciatroppo inlungo, diuentapiombo . Lauall comelacadmia,& il rame.Sono alcuni,chelolauano comelafpiuma del piombo.

io

5,0

L o s t i m m i , onero Stibio chiamiamo noi Antimonio : percioche cofi chiamino lo Stibio Scrapionc, c r Auicenna : da i quali bd fortito pofeia tra gli frettali, t u i medici, c r alchimijli tal nome. Enne in (¡ucl di Siena la. efrlm uì& miniera in piu luoghi : ma eccellentifim o fi ritrova nella maremma,in cjuel di M affa, c r anebora a s ouana, e T in f u i contado di [anta Tiare a Schiena. A V inegia fiporta fufo ia grandifim i pani da Alamagna. Dicono imacftri,. che fanno le campane, che mettendofene una certa quantità trai metallo loro , le fa molto piu rifonanti. a dopo* ranlo anchora in piu cofegli (lagnavi : c r coloro parimente, che fanno gli freccili: e r cofianchora quelli, che gita tano le lettere delle framperie. llBrafauoladice, che l’Antimonio foto in quefio è differente dal piombo, c io è , Erroredel che Ì Antimonio fi trita , c r non fi fónde : c r che'l piombo fi fónde,cr non fi trita. Ma in uero l’Antimonio fi fin* B ia ù u o h , de anchora egli benifimo, come ho piu uolte ifrerimentato io nelfare il mio olio S Antimonio : ilquale ufo in tutte t ulcere maligne con molto bel fuccejfo. percioche per far tal cofapiu, e rpiu uolte fi fónde, per purificarlo bene. Ma quefìo non c quello olio £ Antimonio, che fanno gli alchimisti per tingere l’argento in color d’oro aita affai dtf'* ferente : quantunque fòrfe piu oro uaglia, che non naie il lo ro . E t però pormi, che fio unafia cc h ezz a il dire,che f Antimonio non fi fónda : anzi che accompagnato nel crucinolo con ogni metallo prefio lo fa fóndere, er dico dd fèrro, c r dell'acciaio anchora. c r però afai n'adoperano coloro , che fatino le palle per l’arteglicregroffe per far. fóndere il fè r r o . Scriuendone Plinio al v i .cap.del x x x i n.'libro , cofi diccua. Nelle medefime minierò d'argento flritroua, dicendolo propriamente, una pietra di candida, cr fcinttllante friuma,ma nonperò tralucente, la quale chiamano chi flimmi, chi fiibio, chi alabaftro,cr chi larbafo. Enne di due fretie,mafehio ciò c , cr fèmina.

"Lafèmina è lapiu lodata :percioche il mafehio c piu arido,piufcabrofo, manco potiderofo, cr mancofcintillan*■ te,cr piu arenofo. La fèmina per lo contrariofcintiUa,cfrangibile, cr rompefi in lunghefiffure : er non in pez» Z>ritondi, comefa il mafehio. Eoceneflmilmente meationc Gaietto a h x . delle facuità de ifemplici, cofi dia ;f rendo. Lo Stimmi ha congiunta aUauirtùdiffcccatiua anchorala coShcttiua : cr imperòfi mette nelle medicine» rodaGal. che fanno pergli occhi,cr in quelle chefi conformano in coUirij. Ha lo Stibio nonfoUntante virtùfolutiua po* tcntifima, mafa anchora uomitare affai, dd che (che iofappia )non é memoria alcuna apprcjfo àgli antichiferita 5o tori,ne manco apprcjfo à i moderni, eccettuando un certo TheophraSìo Paracelfo,il quale cflato il primo,che bah* bi fcritto dell’ufo dell’Antimonioperfoluerc il corpo, cr pèrfar uomitare incerto fuolibro di medicina in lingua Tedefcha : quantunque paia, che Diofcoride bauejfe parimente di ciò qualche notitia,comefiucde leggendo il capi tolo del cocomerofaluatico, doue quando eiuuole, che purghi fidamenteper'di fotto, comanda,che ui s’aggiunga tanto antimonio, che balli per dargli colore. Onde non voglio, ne pofifolaftiare in benefìcio degli fludiofi di medi cina di non recitare qui le uirtùfiue, crgli effetti, che ne ho ueduto, cr uditoda Medici ecceUentifiimi degni di fi de : Et prima narrarò, quanto io ifteffo pojfofar testimonio di ciò, hauendolo tolto il dorifimo Dottore M. ah» dna Gallo medico Trentio mio collegaalfcruitio del Serenifimo Principe Ferdinando Arcbiduca £ AuSlria. Egl adunque per infinite fatichefatte parte negli Studi, cr parte in longhifimi maggi con affai difagio haueuacontrai* to una infiammagionc nonfolamente delle membrafrirituali, maanchora delle nutritine, di modo che patina con• <j.o imamente unafete intolerabile, la quale non potcua fregnere conforte ueruna di beueraggio. Piu oltre haueua unaficcitàgrandifiima nellefauci, cr nel palato, di modo che à penapotcuaparlare . Oltre di qucflo gli ueniua la notte nelforno unbatticuore tanto'terrMe, chefregiiandofl li parcua, chefuffe unaperfona,che cammfkfu , er giu per la camera, cr con tutti quefli accidenti era infiememente moleflato da un catarrhofoffocatiuo, il qual gli minacciaudgrandmino pericolo di morte, effendo il corpo indebilito per tanti accidenti, cr effondo molti giorni, . che non mangiaua quafl cibo ueruno ,-per effere infèttato il gufto di un certo uapore (come egli diccua) d’unfrpo rcfimilcal carbone. U che daua manifèsto inditiodi grandifima infiammagione: fiandofi egli adunque molti giorni cofi mal difrofto nonfenza molta moleftia, cr pericolo, cr nonritrouando giovamento da i molti rime* di, che di continuofifacevano, una mattinafenza miafaputa prefe dell'antimonio preparato, per batterefola* mente udito lodare quefto medicamento da un Dottor Giorgio Uansdifebiofuofamigliare per cojfiamolto ualoro* e0 fainmoltimorbidifficili.Eghadunqueiniottodacofìfatteparok prefedi quefto antimoniofolamente tregrani con unpoco di zuccaro rofado, er Stando cofi un poco cominciò àfentire un mefcolamento diftomaco con unpò* cheti0 di caldo, er poco dipoi cominciò à uomitare, ne altro uifluide, che certo poco di cibo anchora indìgeflo dd giornopaffuto. Seguì doppo quefto uno altro uomitofintile di primo, mafiubitofeguitò unaquantità di eboterd giada, la quale poteva effere il pefo di quattro once . Et tutti queSli uomitifucceffero in tempo di meza bora, per il che cefòfrbito ogni trauaglio delloftomaco, cr operando un bora dipoi, tre uolte per difotto unflemma affai grofifio con altri efrementi (che tutto poteva effere il pefo di due libre’) cefo immediate iltremoredcl cuore,il catarrho, rinfìammagione dellefauci, lafete, la naufea, cr ogni altro impedimento, di modo che ei diceva, che per queftofoto medicamento, al quale Iddio rimetta frirato eglife ritrouauahauerc ricuperata lauita.Vno al• tro belfatto di queSto medicamento da nontacermelo mi narrò battetefrerimentato infe medemo il predetto Dotto > re Giorgio. Imperoche effendo egli affalito dallapefte, crfentcndcfì mancarefubito ogni vigore, cr ftandofene ’ 0 con un tremore di cuore ,con unferramento di petto, cr con i anguinaiafimib'a infiammata di peftilenza, non ha» Itendofreranz* »»alt.ro medicamento,che in quefto antimonio neprefe nelfeurir della notte tregrani parimcte col zucchero

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684

Nomi.

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Difcorfi del Matthioli

Zucchero rofato.cr con do cominciò meza bora dipoi à uomiUrs affiti quantità di'una materia mi&tdiflemma, er di cbolera uerdc, er gialla confilicifimofucceffo. Impcroche [ubiloglifi partì uia il tremore del cuore,<y /< flrettura delfiato. Doppa al uomito fegui una notabile opcratione,pcr difotto,finza alcuna molestia, doppo alla qualefu del tutto liberato da ogni petlifiro trauaglio : di modo che in breue tempo ricuperò le fòrze inficinecoti la fallite A l che[0 io che anchora in altri è accaduto per la uirttt mirabile di queflo medicamento. Gioua, oltre à do l'antimonio à tutti i morbi melanconici, cr mafiimamente atlepafiioni mischiali, ò uogliamo noi dire hipochon* driache, cr di ciò parimente pojfioeffere io teftimonio k me(lejfo :per hauere uijlo in Praga un Parrocchiano nella chicfa di S. Nicolo nella terra picchia, il quale[atto malinconico, cr quafi tremebundo diceua, er faceua mille pazzie ■ Et nientedimeno hauendo tolcofino a dodici grani dìantimoniojlatoli dato da un medico ,andò difotto del corpo unagrandifiinu quantità d'humor malinconico,con il quale erano alcuni ¡tracci,come di budella rotte, ( co= la me io ileffo nidi ejfindo iui chiamato da quel medico, come à uedere un gran miracoloni quali per mìogiudicio non erano altro, che ricettacoli à modo di graflifiime narici, ouefi conteneua quello humorefimile à un[angue nero,et molto groffo, che in nero crauti iiupore à uedere cofi (tram operationefinza hauerefintilo di ciol'amalato (il qual[u fubito libero della mente, er del corpo)ueruna moleftia. Ne è punto da maratiigliarfl di ciò, perche effin* do il patiente dì natura molto fòrte,cr robufio telerò facilmente la molta quantità dell'antimonio,infieme con iau» dacia di quel Medico. Dafii l’antimonio utilmente nellefibbri lunghe, nelle ¡ireiture del petto, er 4 gli afmattei. Eualorofo rimedio nel mal caduco,ne gliJpaftmi, er nellalethargia. Confirifee a i paralitici ,c r à i dolori choii « c i. Di modo chefono alcuni,che dicono »che come purga egli tutti i metalli da ogni fuperfluità, erfordidezza. cofi netta parimente i corpi humani da ogni fuperfluità, er daogni bruttura. Ma nonfi deue dare ,fe non quello, che è preparato, er purgato da i iwpori uelcnofì , che ei contiene. Il modo di prepararlo è cofi. Togliefl del piu e* 10 letto antimon io, chefi poffa ritmare, il qual (fecondo che fcriue Diofeoride ) deue effere(plendtdifiimo, er che nel muouerlo lampeggia à modo di lucciola: netto dalla terra, er da ogni altrafordidezza »frangibile, er uenofo er dipoifi pefia in uno mortaio di bronzo, fin che tutto diuenti poluere,cr di quindifi mette in crogiolo bengran de, ó in altro uafo di terra cotta, che pofjàmantenerfi alfuoco : er ponfi fòpra carboni accefi continuamente me* [colandolo con un cuccbiaro difin o . Imperocbe cofifacendo l'antimonio nonfidamentefi calcina,ma euaporafto ri unfumo di folft,(?d'arfemco,ìlqudleentrandonelcorpodcU’artcfice,faaUcuoltenonpocouomitare, crpe» rò deue prepararfi in luogo[coperto , facendo che colui, che miniftra uoltifempre lafchena al ucnto.Non bifogna mai ceffare di mefidare, er agitare l'antimoniofin chefta finita Popera. Impcroche per poco di tempo, chefi lafci ripofare,facilmente s’abbrufcia, è fi disfa, come il piombo, oueramente fi ammaffa ; anzi che quantunque nonfi cefi mai di mefcolxrlo apena fi puòfare, che qualche particella nonfi ammafli.lnteruenendo adunque cio,bifogna 3P tor uia il uafo dalfuoco, er tornare à pcftare di nuouo Ì antimonio, erfubito dipotritornarlo nel uafo predetto à calcinarlo nel medefimomodo, fempre mefcolandolo . Et ritornandoli ad ammaffare, bìfogna di nuouo ripesarlo, er ritornarlo al fuoco, er ciòfar tante uolte,quante[un di bifogno. finalmente bifognd agitarlo con il cucchiaro fin tanto, che non uifi uegga piu lucidezza inparte ueruna, nonfifinta piu odore dìfolfò, ne d'arfenico, nerenda piu punto di uapore , CTche diuenti di colore di cenere. Ma il uero [egro, [e fia calcinato à bafianza, c quando mettendofifòpra uiui carboni, non rende uapore, nefumo ueruno. Togliefidi queflo antimonio calcinato, uerbi gratid meza libra, er urtaoncia del crudo,er ui s’dggionge meza oncia di quel borrace, che ufanogli orefici, er pedaft infieme ogni cofi in poluere, er dipoifi mette in uncrogiolo, il qualfi pone[opra un mattone circondato da gagliardiflimofuoco di carboni. Ma bifogna qui ufxregrandiflima diligenza, che la cofa nonfi abbrufci.Verò bi* fogna hauere in mano una uergeUa di finofiottile, cr come il crogiolo èdiuentato roffafi tocca con effafel'anth 40 moniofì fónde. Impcroche fé nel tirarefuori la uergdla ui fi uede attaccato[opra qualchepoco di materia, cfegno manififto che Tantimoniofta[ufo. Come queflofi uedefi netta la uergeUa daquello, che ui è attaccato, il quale la prima uolta fuole effere di colcrrepallido, cr cofifi deue andareefferimentando fin che quel che s’attiene alla uer* geUafia trasparente, cr di colore, come di lacintho. Veduto queflo non bifogna intramettere tempo ueruno, ma fubito con una molletta tor uia il crogiolo dalfuoco, crgittarelantimonio liquefatto àgocciole fiòpra unapietra di porfido ò di marmo. Douefubito legocciole s’indurifcono comepietre, cr fono cofi beHe, cr cofi truffarenti, che paiono ueri chrifopazi,cr alle uoltegranati. Serbanfipoi, cr quandofi uogliono ufarefi pedano,cr macina* nofottilmente, cr daffine per uolta tre,ouer quattro grani.quantunque ne i corpi robufli fi nepoffa dare qualche cofa di piu. Dafii con commoditàgrande accompagnato con una dramma,ò due di zuccharo rofado,à borraginato, Cr unpocodimaitice. Chiamano i Greci lo Stimmi, ^rifluì ; i Latini, Schiumigli Arabi ,Aitmad,cr Ari* J° mad : i Tedefihi,Spyefzglafz,cr Robfrycfzglafz : li Spagnoli, Piedra de alcohol.

Della Molibdena,ouero Piombaggine.

Cap.

LIX .

L a o t t i m a Molibdenaè quella, che è fimile al lithargirio, gialla di colore, poco fplendente, che tritandola rofleggia, & che cotta con olio diuenta di colore di fegato. Quella per lo contrario ual poco,che ha colore d’aria, oueramente di piom bo. Generali d’oro,& d’argento. Enne anchora di minerale,la (piale fi ritroua à Sebaftia, & à C o ric o . di cui quella fi loda, che non c fallo fa,ne ha fcco altre fuperfluità, ma brillante, &gialla. Ha la uirtù mcdefima,chc ha il lithargirio,& la Teoria del piombo,& brufeiafi, & lauafi nel medefimo modo. Mettefi utilmente ne gli empiali ri mollitiui,chc 6° non hanno punto del mordente. è incarnatiua, & cicatrizatiuatma non fi conuiene ne i medicamen ti cong!utinatiui,& afierfiui. L

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m o l ib d b

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Nel quinto lib. di Diofcoride.

6 8j

LA„!'r°L1 r. r Aj r'troua[fcconl°che ferineDiojcoride)artificiale,ernaturale. L'artficidcfige Molibdeni ncT-t nedefornaci »oueji ¡onfo . oro-, cr l argento', perciochefe tali miniereloro nontengono ranco piombo naturai & ^ uac^ain mente, che lo) baili ùforte fondere, loro s aggitigne o ¡iena di piombo,onero piombo puro ; del quale calcinato,qua fi come un lithargirio, reftafimpre nonpoco nel fètida dellafornace, llcbe fapendo bmfiimo Plimo, il quale cr Molibdena, cr Galena la chiama al xvi .capo d e lx x x m t . libro, cofl neferine,dicendo. L’origine del pioni* io nero è in due modi :perciocbe ofìfa egli di fui propria uena, ouero che nafee con quelladell'argento,tygenera fidi tal nufiura. U primo,che ne cola fuorifi il piufaceto piombo : cr ilfecondo liquore c l'argento : cr quello, che rimane nellafornace, è quella che fi chiama Gaietta, la quale è la terza portione di tal uena. cr quella ritorna* dofi dmuouo aUafufione,fifollie in piombo piu nero. qiteilo tutto diffe Plinto. Quejlo medefimo fa anebora il li* *° tbargirio. Et però mi rifoluo à dire, che la Molibdeno non c altro, che'llithargirio rimaùo dopai al colare delle miniere, come unletto nellafornace. La onde diceua Galeno, che la Molibdena baueua le uirtìi mcdefme, cbcl li* tbargirio. Ma parlando della minerale, dico, che quella non è altro, che quella uena, che tiene in fe argento, cr piombo infleme, la qualè ho ueduta io di diuerfi colori, ciò è gialla, berfiiu, brillante, er parimente cerulea,fecoty do uarij, cr diuerfi uapori delle uifiere della terra, che gli dannocotali dtuerfe tinture. Et cheJia la Mohbdetu una uena canimine di piombo ,er d'argento, ce nefu teftimonio Plinio al xvi i1. capo del xxxi 1 11. libro, cofidi* tendo. E' la Molibdena, la quale in altri luoghi habbiamo chiamata Galena, la uena commune del piombo, cr del­ l’argento. Et al v i .cap. del x xx111.libro. La uena dell’argento (diceua) nonfi può cuocere, nefondere, fe non ui fi mette del piombo nero, ouero dellafua miniera chiamata Galena. Et però concludo, che la Molibdena fatta per arte, è una ucrafietie di lithargirio d’oro, ò d'argento,fecondo laforte della miniera,chefi cola fico nella¡òr* 10 nacc. Et imperòfcriuendone Galeno al ix.dcllc ¡acuità deifemplici,cofi diceua. LaMolibdctia hauirtùfintile al Molibdeni lithargirio. quefia c poco lontana dal temperamento,cr non ha uirtù ufierfiua. L'uno,crl'altro di quefii medica* ^ mentifi poffono rifoluere :perciocbe nonfono cofi irrefilabili, comefono le pietre,la cadmia,crla rena. Rifoluonfi dico uelocemente, quandofi cuocono con olio ,àcui soggiunga alquanto d'aceto. Il chefanno medcfìmamentc con l'acqua, ma con lungbifiinu cottura. Oltre a quefio come,quando io era in Cipro,toglieva meco quella¡fette di cadmia lapidea, che ritrottona io ne i monti,crne i tini delleacque ; cofiparimente ui uidila Mohbdena gittata co molte altre cofi nella¡bada, che conduce da Pergamoad Ergaàcria. Chiamafi dico Ergatoria una certa milapo= fta intra Cizico, cr Pergamo,nella.quale fono le miniere, cr è lontana da Pergamo quattrocento quaranta ¡ladij. Chiamano la Molibdeno i Greci >MoyJgftm.i Latini, Molybdanta. Nomi. Della Scoria dell’argento.

Cap.

LX.

L a scoria dell’argento chiamatahelcifma»ouero encauma,halauirtùmedefimadella mo­ libdena. &imperòfi mettenegli empialtri neri,&parimente ne i medicamenti cicatrizatiui,per cf Ter coilrettiua, Se attrattiua. Gr an di ss i mi monti di Scoria etargento,la quale chiamano Loppa gliartefici delle fucine, fi tieg* Scoriad'argé gotto à Perzenc, crà Lauigio infulTremino, douefe ne colafemprcla miniera in dtuerfe fucine,come di fopra y°0’t^lul111 dicemmo, parlando di quella del piombo. Quefia firaffembra propriamente adunofmaltoartificiale,fatto dine* tro : crfe ne ritroua di diuerfi colori. Il che wtcruicnefecondo che la miniera dell'argento, che fi cola, tiene ap* 40 prcjfo all'argento altri diuerfimetalli. ma per lo piu è nera con alcune belle ucne d azurro, cr di uerde : qiuntun* que uife ne ritrovi di tutta azura, Cr di fiuta uerde, lucida ucramcntc, come lo fmalto. Di quefia fcriuendo Helcifma Galeno al ix. delle facuità de ifemplici,cofi diceua. La Scoria deli, argento fi chiama propriamente helcifma. ferita daGa mettefi in alcuni empiaftri dìffcccauui. La Scoria dell'argento chiamano 1 Greci, h'pyvpov truapÌA: i Latini >Aro len°< genti recrcmentum. D el Lichargirio,ouero Spiuma d’argento.

C ap.

LXI.

I l l i t h a r g i r i o » ciò èfpiumad’argento,fi genera d’unaarena, laqual chiamano piombaria,fattaabbruciare nellefornaci, finoclic diuenti benrofla, & infocata:l’altrofi fad’argento:& Jo il terzo di piombo. Lo elettisfimo èc]ucllo,chefiportad’Atbcne: il fecondo in bontà èlo Spagnuo lo: & dopo quello quello,chefi fa inDicearchia,cio èàPozzoli,à Baia,in Campagna,&in Sicilia. & lamaggipr partedi quello di quelli luoghi fi ladi laminedi piombo meflenel fuoco. Quello, che c giallo di colore,& cherifp!cndc,fi chiamaaureo,&quello eil miglioredi tutto.quelio,che fi fainSi» cilia,fi chiamadallabianchezzaluaargenteo; Se quello, chefifad’argento,fi chiamacalabritc. La uir­ tùfuaèdi riflrigncre,mollificare,riempirelecauernofità,abbacarelacarne fuperflua, cicatrizare, in­ frigidire, &ferrare. Abbruciali il lithargirio,rompendolo inpezzetti come noci,& mettendolo fo­ praài carboni accefi, & infilando, fino ches’inluochi bene: & dapoi fi gli leuanol’immonditie d’in torno, Se cofi fi ferba. Altri lo fpengono, quando èinfocatotreuoltenell’aceto,oueramente nel uino,& loriabbrufeianopoi anchora,&fannocome èdetto di fopra,& cofi lo ripógono.Lauafi come 60 lacadmia.Fasfi il lithargirio bianco cofi.Prendcfi di quello,cheèchiamatoargenteo,&fequello mi caffè,fi toglie dell’altro, & diuidefi i pezzetti come faue,tìnocheItaallamifurad’unmoggio Attico , & mettefi in una pignatta di terra nuoua,có allettata mifura di grano biàco; Si legafi particolarméte M m un pugno

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Difcorfx del Matthioli

unpugno d’orzo in unatelabianca,& rara, & mettefi dentro,attaccatadi fuori conunlegameal ma­ nico dei uafo.il qualepieno d’acquafi lafciacuocere,fino chel'orzo fi disfaccia,&pofeiafi gitta tutto in uncatino,che habbia largabocca. Caualcnecofì fuori tutto llgruno,& pofeiaui s’infonde dentro dellacqu», &lauafi il lithargirio,fregandolo benisfìmocon mano: feccaii pofeia, &tritali intuì inor ' taio Thebaico , mettendogli fopradell’acqua calda, finoclicdel tuttoaprendoli,fi disfaccia. Colali poi l’acqua,& macinali coli tutto il giorno, & laferafi gli gitta fopradell'acqua calda, & lafciafi ripo fare: colali quellalamattina,&infondeuifenefopra delizierà,& coli fi colatreuolteil giorno:&que ftofi Tuoifarefettegiorni continui. Aggiungonuili pofciaper ogni mina di lithargirio cinquedrain medi fai minera!e,&niellagli di fopradell’acqua calda,fi tritatre uolte i! giorno,& colali Tempre,ag» giugnendoui nuouaacqua: &comeè benbianco,fi gli mettefopradell’acqua calda, & tanteuolte fi to laua,che fegli toglie uiatutta lafalfedine.Seccafi finalmenteal caldodell’ardcntislìmofole, finoche neliadilfeccacofuori ogni humore,& riponfi. Ma non udendoli farlo pertal uia,fi prende unamina di lithargirio d’argento , & tritali cèn il triplicato pefo di Taledi miniera, & mettefi inuna pignatta nuoua contantaacqua,chefoprauanzi: &mefcolafi ogni di la fera, & lamattina, & rinfondeuiii fo­ pradell’acqua,non fcolandone però mai quella di prima. & quello fi fatrentagiorni continui: imperoche fenonfi muoue,s’ingroiTa, & s'indurifcecomeuntello. Fatto quello,fcolatone fuori leggier­ mentelafalamuoia, fi trita il lithargirio inunmortaio Thebaico,& mettefi pofeia inunuafodi ter­ ra,ouefiadentrodelTacqua,& fi mcfcola diligentemente conle mani, fino che fi gli caui fuori tutta la falfedine. Prendefi fattoqueflo,tutta lapartebianca,che ui fi ritroua, & mettefi inuno altro ua­ fo,&fattonefinalmente padelli,fi riponeinunbolfolo di piombo.Sono alcuni altri, chediuifolo in 10 pezzetti comefaue:& mclToloin uno domaco di porco crudo,lo cuocono pur nell’acqua,fino cheli disfaccialo domaco,& cauatolo pofeia fuori,lo tritano conil pari pefo di falc,&lolauano, come è flato detto di fopra. Et alcuni altri tritano al fole unalibradi Tale,& unadi lithargirio, mutandogli co tinuamentel’acqua, fino che diuenti bianco. Faslì cofi inaltro modo. Prendi lithargiriod’argento quanto ti piace , &inuoltaloprimainlanabianca, & mettilo inunapignattanuouaconacqua, & un pugno di faue,chenonfieno uecchie,bennette,&facuocere al fuoco.\Vcome uedrai, chelefaueere pano,& che la lanadiuenta nera, cauafuori il lithargirio, & mettegli-dellaltra lana attorno, &cuoci lo unaaltrauo!ta,metrcndogli però Tempreunciatho d’acqua, &lapari quantità delle laue. quello ideflb, cheè detto di fopra,farai finoallaterzauolta :&finalmentetanto, che lalananon diuenti piu nera. Dopoal che,mettilo inunmortaio,& aggiugniui perogni ottantadramme Attiche di lithargi 5 ° rio unalibradi Taleminerale,&peda,macina,&trita bene inficine: lalciapoi ripofarcalquanto, & ag giugriigli quarantafettedrammedi candidisfimo nitrolauato conacqua,& macinalo di nuouo, finti to chetuuedrai,ch’egli fiabenbianco. Mettilo poi in unoaltro uafopiulargo di bocca, & gitcagli fo pradall’alto largamentedell'acqua, &comehauti fatto larefidenza,dolanefuor l’acqua,Si rimectiue nedi frcfca,melchiando bene conlemani ogni cofa, & lafciadi nuouo far la refidenza, & fcolala. & quédo tante uoltereiterarai,chel’acquaultimamenteneuengafuori pura, dolce,&lenza alcunafalfe dine. Colalo ultimamente condedrczza,&mettilo in un'altro uafone igiorni canicolari al foleper quarantagiorni continui,& come èfecco,riponIo,& ufalo. percioche pare, checofi lauato fiamol to commodo perle medicinedegli occhi, 8i parimentepertor uialemacolebrutte dellecicatrice, legrinzedellafaccia, iliuidi,& parimente le macole. 4° L ith argirio , & fua hilt.

Lithargirio ferino da G ì leno.

Il l i t h a r g i r i o , che hoggi è in ufo nelle ffiet'wìc ,fì fa per la piu parte nelle forine, dottefi raffina l’argento (come piu uolte ho ueduto io in diuerfi luoghi del Trentino,er d Alamagna) di puro piombo, cofi ridotto per la molta cottura,er per lo uapor d’altri metalli, chefi mefcolano con lui nel raffinargli. Percioche quando gli artefici uogliono [raffinare affai quantità d'argento,fanno prima in fu’l ceneraccio un ampio bagno di piombo : nel quale,quando c poi bene infocato, mettono la quantità dell’argento, che uogliono affinare, il quale per lo piu c me fchiato con piombo,& coltrarne. Et cofi nelfar l'operafi tiedc nellaf/perfide del bagnoper la fòrza delfuoco ac* cefoui continuamente daualoroftffimi mantici, ajfottigliarfì il piombo, come un olio,il quale riducefinalmente il uc to de i mantici aU'cfìremità del ceneraccio, er queflo c rame,cr piombo, che cofi ilfuoco gli conucrte in Lithargi* rio.il quale fanno fcolar fuori gli artefici, tagliando con un ferro alquanto in una banda dell'orlo il ceneraccio, 5 ° per il qual luogofe ne fcolafuori. Faffcne di colorito come oro,cr parimente di manco colorito, come quafì color d’argento : er però fi chiama l'uno Lithargirio ¡foro, Palerò Lithargirio d’argento. Et credonfigli ¡fistiali,chefle* no neramente l'uno laffiiuma dell’oro,cr l’altro la ffiitima dell’argento. nel che manififlamente ¡'ingannano: perciò che, per quanto con battendone dell'occhio ho potuto comprendere nelloftare io à ueder farlo, quàdofi raffina Par gento,cr per quantogli artefici di tale arteperiti, mi hannofidelmcnte riferito, fe Fargento, chefi raffina, hafeco affai mifìura di rame, il Lithargirio diuentapiu roffo. Percioche i uapori, chefi leuano del rame, ¡’annegano in quel piombo, erfatinolo ben colorito in color d’oro. Alafe uifi ritrouapoco, ó niente di rame, refia bianco, CT fenza colore alcuno, che rojfeggi. Et però concludo, che’l Lithargirio non è altro, che piombo mefehiato per il piu con rame, er qualche uolta con argento ancliora,pcr poca diligenza de i refinatori. li perche ben di ceua Diofcoride, che fi faeeua di piombo, d'arena piombina, er dargento. Al che in tutto allude Plinio nel 6 o v i . capo del x x x i i i . libro. ìecene memoria Galeno al i x. delle facilità dcifemplici, cofi dicendo. Il Li* thargirio diffecca certamente, cernefanno tutti gli altri medicamenti metanici, lapidei, cr tcrreftri ; ma queflo fargli


Nel quinto lib.diDiofcoride. fa egli piu moderatamente di tucci gli altri : crfecondo ¡’altre/ite qualità, y uirtu, è qiufi temperato :imperoche non ifcalda , CT non infrigidife manifèftamente, cr hapoca turiùafterfina, y cofiretiiiM. Etimperò c manco ua* lorofo de i medicamenti incarnatini, li quali habbiamodimoftroto cffer poco aflerfiui, cr parimente manco potenti di quelli,che ristringono,?? contraggono. Ma per le grattature, cr rifraliature delle cafrìecueramnte medicina utile,per effereegli leggiermentepartecipe dell'una, cr dell’altra uirtùgià detta. U perche giallamente fi può di* re, c[fer di mediocre ualore tra li metalli. Et però s'ufa dimetterlo con quelle cofe, che hanno facultà troppofvr te di mordere,di njlrignere,ò difar altri ualorofi effetti>come mettiamo parimente lacera in affai medicamenti,che ft liquefarlo,come materia, la quale tiene quaft la mediocrità tra quelle cofe,le cuifacultà fono ualorofe. Cbia* mano i Greci il Lithargirio,Afo«pyjfoc:i Latini, Lithargyrus,CT Spuma argenti : gli Arabi,martedì, cr Meta 10 dafengi :i Tedefchi, Glett : li Spagnoli, AImartaga, Litargirio, cr Yeges de oro.

Della Ceruià.

Cap.

Nomi.

LXII.

L a cervsa fi facoll. Mettefi dell’aceto fortisfimoinuno orcio,chehabbialargalabocca,oue* roinuncatino di terracorpolento di forma, & (opra allabocca del uafo fi mette un pezzo di can­ niccio tedino àmodo di (loia, & fopraàquello fi fermaunalaminadi piombo, & di fopraficuopre con coperte di te!a,acciochenó rcfpiri,&nó euapori l’accto:&comelalaminaèdilfoluta,& cafcata à balfo, fi cola fuori tutto il chiaro dell’aceto, & lapartegtolfa, & torbida lì mette inunoaltrouafo» & feccafi al fole: & pofeia fi tritaconlamacinclla, òconaltro ,&ilacciafi : &dipoi fi prendequello, che rimane di duro, & ritornai allamacinala, & {tacciali anchoraegli, &quellofi fafinoàtre,oucr quattro uolte. La migliore di tutteè quella, thèfi ltaccialaprimauolta,&quella fi deemetterene i medicamenti, cheli compongono pergli occhi. Lafeconda in bontà parimente lafeconda(tac­ ciata: & coli fonodi manoinmanotutteJ’altre. Sonoalcuni altri, cheadattanoin mezoal uafoalai nebacchettedi legno,di modo chenontocchino l’aceto,& tannogli fopraunoilrato di piombo: do po al checoperchiano il uafo,&: illutanloattorno,lafciandolo coli ilare, dilcoperthianlo poi, palìati chefono dieci giorni, &guardano:& felamateriaèrifoluta, fannodi ciò,come è (latodettodi fo­ pra. Volendoienefarpadelli,simpatiaconacero forre, & formanfi ì padelli,&feccanfi al fole. mafi deetale operafar nel tempo delladatcìpercioche coli fi fabianca, & efficace, basii pero anchorail^ uerno,mettendoi uafi fopraforni,òbagni,òfoprafornacirperciocheil calore,chefaglieall’alto,fal’cf 3® fetto medeiìmo del fole.L’eleuisfima c quella.chefi faàRhodi.in Cormrho.et inLacedcmoniadafc condapoi cquelladi Pozzoli. Abbruciali lacerufainquedo modo. Mctteli la cerufatrita inunua­ fo di terranuouo,et masfimeAttico,et collocafi fopraài carboni accefi,ct mcfcolafì continuamétc, fino chefi facciacenere•"dopo al che fi togliefuori,et lafciafi raffreddareet ulafi. Abbrufciafi ancho racofiin altromodo. Mettefi tritafopraài carboni accefi inuaiì di terra nuoui.et muouefi continua menteconunauergadi ferula,finocheprenda colore di landaracha, et cauafi pofeiafuori, et ferbafi daufareper li bifogni. Chiamanoalcuni quedacoti fatta,Sandice.Lauafi lacerufa nel modo.che li la ualacadmia. Lauirtùfuaèd’infrigidire,ferrare,mollificare,riempire,et afiottigliare:rifoluc leggier­ mente lefuperfluitàdellacarne:c cicatrizatiua. Quella,che li fainpadelli,li mettenei ccroti>ct impia Uri,chechiamanolenitiui. Xoltaper bocca c cola mettale, perciochec malefica, et uclenoia. è

E’ l a c e r v s a medicamento noto, cr uolgarc. crfaffine continuamente in Vinegia, cr in altri luoghi & mercante[chi d’Italia, non folo per tufo della medicina ; maanchora de i dipintori, cr altri magiBcrij : cr però fui non accade àfarglifopra altri difcorfi.Fafri della Cerufa(comeferine Diofcondc) la Sandtce,cr non la Sandaracha, comefipenfa il Fuchfio nelfuo libro delle compojìtioni de medicamenti. 1mperoche lafandaracha,come alfuo Ino* g o diremo, c medicamento perfe Beffò minerale,cr nonfatto per arte. Fece della Cerufa memoria Galeno allupile Cenifi fcritdel ix . libro dellefacultà de i[empiici,cofi dicendo. Se la Cerufafifolue inaceto fòrte,non però per quellofi ntro u daGal. uarà ellaacuta al gufo, ne manco mordacela leue,cr refrigeratoria: diffmihfrtma neramente in ognip u f acuita dall’crugine,quantunque anchora qucflafifaccia con aceto, dijjolucndo il rame■ Quello ¿ben uero, che della Giu fa abbruciatafe nefa la Sandice : la quale è ueramente un medicamento affai piu d'cjfafonile,ma non però rifalla» f o duo. quello tutto dijfe Galeno. Dal che è chiaro,che la Sandice,cr lafandarachafono tra loro lungamente differen ti nellefacultàfue. 1mperoche la Sandarachafecondo il teftimonio di Diofcoride, cr di Galeno,abbrufeia la carne, cr ui caufa l’e f bara,comefa l’arfenico: tanto è ella ualorofamente calda,cr acuta. Et la Sandice con ogni f a parte per il contrario refrigerale ha infre punto d’acutezza. Il chefi uedefacilmente nel Mintocornarne M e fedone. Par chefaceffc della Sandice memoria Vergilio nella bucolica, con quelli uerfi. Iple fed in pratts aries iamfuaue rubenti Murice, iam croceo mutabit ueUera luto. Sponte f a Sandyx pafeentes ueftict agnos. I quali uerfi cofi rifonano nel uolgar tiojlro Italiano. fo

Hor ne prati i montoni haranno il usilo D i roffeggiante porpora,cr di croco Tinto, cr ornato :er ucB irangli agnelli D i Sandice il color > pajeendo l'berbe.

un

»

chiamano


Nomi,

.688

Difcorfidel Matthioh

Chiamano i Greci la Cerufa, 'ìrtpyùòm :i Latini , Cerufa :gli Arabi, affiiegi,zr affidagn j Tedefcbi,Bley* ttueifz : li Spagnoli, Aluayalde, cr Blatiquet : ì Francefì Cerufe. La Saniice chiamano i Greci, S aWuf : i ni, Sandyx :gli Arabi, hfrengi, Sarchon, Sandicon, Sandax, Syrengi, er Serengi : il Vulgo, Minio.

Della Chriiòcolla.

Cap.

LXIII.

La e l e t t i s s i m a Chriiòcolla è quella d’Armenia,d: colore compiutamente di porro. Li feconda inbontà èlaMacedonica:& la terza,laCipriota, quelladi tutte quelle piu(ìloda,chee piu finterà : &rdannali quella, checniefchiata con terra, ò conpietre. Laualiin quello modo.Tritafi,& mettcliin unmortaio, & niellagli fopra dell’acqua,fi frega àmanoapertaper il mortaio, de colali,tan 10 to chefaccia larclidenza . mettelì fopra pofeia dell’altraacqua, &ritritali di nuouo,&colali. &coli fi fatante uolte.fino che li uede efler pura, & lineerà:dapoi lì fccca al fole, & riponi! per li bifogni. Mauolcndofi abbruciare,fenetrita quanto piace,& mettcliin padelle fopra ài carboni :&fasfi po= feiacome habbiamoinaltre cofe dUrloilrato di fopra. Monditìcalachrifocolla lecicatrici : lcua le fuperfluità della carne :coflrignc, mondifica,fcalda, & corrode leggiermente,mordicando però la carne. E lachrifocolladi quei medicamenti, chefanno uomitare,& che polfono ammazzare. La chrijocolla (diceuaVlitiioal v.capodel xxx\i\.libro)èunliquore ,che fi trotta nelle ca* & fuahift 3> u( m,n‘ere’ ùfadafuori per la uena dell’oro, condenfandofi il limo nelfreddo del uemo,fino chefifacs eia duro, come la pomice. La piu lodata è però quella,che fi troua nelle miniere del rame : er dopo quefla quella, che fi ritrova neUè catte dell'argento. Trouafene anchora in quelle del piombo, maperò manco buona di quella, che fi troua nelle caue dell’oro. ¥ufi anchora artificialmente in tutte quelle cane di metalli, bagnando leggiermente la vena con acqua tutto il tterno ,ftno al mefe di Giugno. la qualefeccandofì pofeia il Giugno, gir il Luglio, diventa Chrifocolla, la quale non è altro,che uena putrefatta. La naturale è ueramente differente dall’altra,per effer molto piu dura. er nientedimeno fi contrafa con la tintura di quell’herba, che chiamano Gialla : percioche la Chrifocol­ la s’imbeue di colore,comefa il lino, er parimente la lana. Quefto tutto della Chrifocolla fcriffe Plinio. Nellefpe tiarie d i tempi noftri fi chiama la Chrifocolla Borrace. mapoca itife ne troua però della (incera,che habbia quel co lare cofi bel uerdefeuro, che fi gli richiede : imperoche per lapiu parte nereggia,er pur affai ui fe ne ritroua di con trafatta. La piu uerde di tutte (per quello che io me ne creda ) deue effer quella,chefi ritroua nelle uene del rame ; la fiera quella, chefi cauain quelle del piombo : la bianca, in quelle dell’argento : er la gialla, in quelle dell'oro. Il che mi hafatto credere, che'l colorfuo proceda dalla miniera, onde ellafi ricoglie. Trouafene di contrafatta affai piu, che di naturale e> ~imperò gli orefici,i quali molto l'tifanoperfaldare l oro, lafcielgono con diligenza, come che molte uoheanchora eglino tu refiino ingannati :tanta<è hoggi lafottigliczza de i truffatori in ogni cofa. Lo* dano quella,chegialleggia piu di tutte falere per l'artificio dell’oro, quantunque piu fi lodi nell'ufo de i medicamene ti la uerde. Baffi la Chrifocolla artificiale (come difopra al capitolo dell'orina nelfecondo libro fu detto da Diofco ride ) dell'orina de ifanciulli, menatalungamente al fole in un mortaio di rame,con unpeflello del medefimo, tanto Chrifocolla c^e U C^ic conferma parimente Galeno atlafinc del 1 x . libro dellefacultì de ifemplici,cofi dicendo. La icritui daGa Chrifocolla è un medicamento di quelli, che liquefanno la carne : ma quantunque ellafìa nellefacultà fue digeftiua, dr diffeccatiua ; non morde però troppo ualorofamente la carne, chiamano alcuni Chrifocolla quella chefi ritroua Uno. nelle cane de i metalli : eraltri quella, chefi fa nèl mortaio di rame, er peflello del medefìmo,con orina di fanciuh li : la quale commemorano alcuni tra le fpetie dell'erugini. Quella tale Infognaprepararla nel tempo dellafiate,ove ro in aere benifiimo caldo, menando l’orina nel mortaio, il quale uuole effer infìeme col pefìeUo fatto di rubicondo rame :percioche quanto piu il rame è dolce,tanto piu menando il peflellofe ne confuma,crfe ne trita, e' queflo me dicamento utihfimo all’ulcere maligne,cr contumaci,tanto perfefolo,quanto mefehiato con altri medicamenti, co me benifiimo riferiremo nell’opera delle compofìtioni de i medicamenti.Ma quello bifognafapcre,che quanto piu dif fccca, er mancomorde della Chrifocolla metallica ; tanto piu la trapaffadi fottilità.Mafe tu abbrunerai cjfa Chrifo colla, tu lafarai affai piufottile. Chiamano la Chrifocolla i Greci, xpvaoMXK* ; i Latini,ChryfocoUa, er Auri glutinum :gli Arabi, Tincar : i Tedefchi, Borrafi :li Spagnoli, Atincar, cr Eorrax. Nomi. Della pietra Armenia.

Cap.

LXIIII.

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3

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4

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Quella pietrad’Armeniapiufi loda,che èlifcia,& chehainfe alquanto del ceruleo,molto eguale, non fallbfa, &frangibile. Ha quella leuirtùmedelimcdclla chriiòcolla, maèperònelleuirtù fucmancoualorofa. Hasli traquelle cpfe, chefolo hannol’ufo loro nella medicina per nutrire i peli delle palpebre. Fi-rta Arme L’armenia (diceva Piimo, trattando di diuerfì colori al vi .cap.dcl xxxv.libro) neproduce unapietra nia,Si fuaella nominata dal nome della regione, del color proprio della chrifocolla. L’elettifiima è quella, che è compiutamente min. uerde, er che qttafì tira all’azurro. Alla cui hiftoria allude parimente a uicenna, cofi dicendo. La pietra armc* nia ha infe alquanto del colore delfazulo, (ciò è azurro) ma nonperò, ch’ella fìa del tutto azurra, ne cofi dura 6o come la pietra chiamata azu Io :perciochel'Armenia contiene in fe un non fo che dell'arenofo,cr ufanl.ialle uolte i dipintori in uece cTazurro ; c lifeia nel toccarla. tutto queflo diffe auicenna. Onde per il tejlimonio di amendue


NelcjUintolib.diDioícoride

689

antendue quefli authorifi dimoflra, che la pietrai Armenia fia di eoo re uerde azurro, come fono quelle, che in piu luoghi d' Alamagna ho ritrovate io neüc miniere dell’argento ,di citi fi fa il colore, che propriamente chiamano verde azvrro.Quefta veramente moltofi raffembra nel colore alla chrifocolla, come % ch’clU fía molto piu dura. Et imperò nonpenfo, che digran lungafalkrebbe, chi diecfje ,fe bene c quella d'Armenia, cr quefla d'Alamagna, che fuffe però quejla unafrette di tal pietra, lmperoche il nome di’ Armenio non muta lafretie : ne prohibifce, che tionpojfa nafeere coiai pietra anchora inaltre regioni. Come(per effempio)fi uededellapietra Phrigia, coft chiù* rnatadalla Phrigia, oue nafeeforfè copiofa : la quale(l ritroua (come fcriue Diofcoride)ottima anchora in Cappa* docta. Il chefa argumento,che la pietra Armeniafi poffa ritrouare anchora altrove, che in Armenia. Ne imporr ta chi giàfcriuefie il Manardo Cerrarefe huomo dottifíimo de i tempi nofhi nella 111.cpiftola del 111. libro, che io lapietra Armeniafía à i tempi noflri rarifirn , er però difficile da ritrovare, lmperochefapendo io percerto,che mancano hoggi nellefretiarie infiniti medicamenti minerali, i quali però tutti fi ritrouano nelle lor miniere, cr nel le fòcine, ouefi liquefatolo le uene di diuerft metalli, er che quiui ageuolmentcfl poffono ritrovare,erbavere,non è damarauigliarftfe ancho lapietra Armeniamancaffe giàfa piu anni al tempo del Manardo,cr manchi anchora al prefente nelle fretiarie. Et però perfuafo da quefte ragioni, ardirei d’affermare,che quella, chefi cava nelle minie re di Germania, fi poffa molto ben connumerare fra lefretie dellapietra Armenia. Come teniamoper uera pietra Gagate, per uera Phrigia, cr per uera Alita,quelle che nafeono altroue che nel fiume Gaga, in Affo,ex in Phrigia: er mafimamente vedendo)! che ella corrifrondealla uera Armenia nonfilamente nellefembianze; inaanchora nel le faculta. Nellefembianze dico, per effer ella cofi pienamente ucrde, che ritira alquant0all’azuro. cr nellefacul tà, per curare ella (come pojfofare io tèflimonio) i melancbolici, foluendo loro il corpo,cr provocando il uomito. *o Nellefretiarie è cofa certifiima, che mancano infiniti medicamenti, cr che per efii ui s’adoperanoaltri, che ¡tonfo* no i neri, fapeniofipttre hormai,cbe per la pompholige s adopera la cadmia,per lo /podio diuerfl antifrodij, per il fior del rame il uerde rame.cr per altri ditterfì medicamenti : cr nondimeno pur fi ritrouano funi quefìi nelle frr* faci, ouefi fondono i metalli. 0 ndefe ben nonfi ritrouaffe mai la pietra Armenia nelleJpetiarie ; non bifogna per. ciò credere, ch'ella non fi ritroui,cercandola nelle miniere,otte nafee. Vale lapietra Armenia ualorofamente ((¡itati tunque ciò, per quantofé ne legge,nonfcriueffero Galeno,Pauolo,ne altri de gli antichi )perfolttcrc la melancho* Ha, come tefiifica AleffandroTralliano clarifiimo autbórc nói primo libro del fio ito!urne nell iñcffo capitolo della melancholia, con quefte parole. Se dandofi la hiera ài melancbolici, nongioua,bifognafubito dar loro lapietra Pietri Arme Armenia. Gli antichi uftuano in tal cafo,ouegli altri medicamenti nongiouauaito,di dare l elleborobianco. Ma io ni.i >&fuefobrefirifeo affai aMeboro bianco (come l'cfperienza dimoñra) la pietra Armenia, per purgar ella ualorofamente 1q fy fenza moleñia, ò pericolo alcuno : il che nonfa l elleboro bianco. Se adunque 1 infirmila c tale,che bifognapur 5 gire per uomito, cr ancho difolto per il corpo,bifogna darlafenza lauarla altrimcti al pefo di tre, ouer di quattro fcropoli, piu cr mancofecondo le fòrze dell’amalato, cr fecondo la quantità dell humore, chefati male. Ma bifo* gnando cacciare (humare per difatto, cr non per uomito, in tal cafo bifogna darla lanatafino a dodici uolte(altri diconofino à cinquanta.) lmperoche la lavata nonfolamcntenonpuo conturbarlo flomaco, ne eccitarlo duomi* to, maeuacua con affai minore moleñia i neri, cr melancbolici humori,di modo chefra pochigiornifc ne uede ilgio aumento. Puoffene darefino à cinque, ó feifcropoli con acqua tepida, piu er meno,fecondo che s’c detto di[opra ; er puofii dare una, cr due uoltefenza timore alcuno,quando lo ricerchi la cura. imperoche non c ella cccefmarni tc ctlidttjouerdmentefeccu >nchd cjudlitduclenofu>nc con cui poffit[nutrire nel torU i p¿tlenti, Et fi fuffe qualch'mo,che non lapotejfe torre in beuanda (imperoche molti nonpojfono bere i medicamenti liquidi )fl può ad* ■0 dattare inpilóle : cr piacendo,fi può incorporare con hiera,ò con qualche altra cofafolutiua. Conobbe cjjere fa ** culta folutiua, cr uomitiua nella pietra Armenia,cr haucr ella particolar facuità per purgare gli humori maidico bici, anchora Aedo al x lvi i . capo del 1 i.libro, dove d’authorità di Nicheffo medico neferiffe con queñe parola. jJArmenio, il quale ufano i dipintori,tolto alla quantità della duodecimaparte luna dramma,gioua ai melanehoh ci cr dove ilfungueflagrofio. Dafii anchora àifanciulli per i difitti del petto : imperoche lo riuomitano,per ef* fcr egli uomitiuo. Dafii parimente à coloro,che patifeono il mal caduco,cr à i furiofi in queñom odo. Togliefi tre manipoli della centaurea,cr fafii cuocere in tre libre d’acqua marina ,frn che refti unalibra,cr becfì l Armenio alla quantità d’unfcropolo con lapredetta decottione. Puofii dare coflfleteramente, imperoche non c in uerun modo pe ricolofo. Fu anchora molto ben conofciuta lapietra Armenia da Attuario,come nclfito libro delle compofiuont de i medicamenti chiaramentefi uede. Scriffe dellapietra ArmenieaGaleno al i x . libro de i fmpliciycofi dicendo * pietra A rmc, „ virine nica pietra hauirtìt aflerfìua con unacerta leggiera acutezza cr leggierifiima uirtà cofirettìua :cr impe mifcritu ò* 5 rò pereffere ella tale, meritamentefi mette nelle medicine degli occhi. Vfafi perfe fola, macinata fornimento»fi* fileno. «0che fia impalpabile, mettendone cefi fecca infu le ciglia degli occhi,cr masfìme doue 1peli per acutezza fhu mori,partene cafcano,cr parte non ai crefcono,cr non uifì nutrif:oito : imperoche coturnati che fono tali humori acuti fi riduce in un buono,cr naturale habito tutta quella partale cuifacultà oltre à molte altre,fono diprodur* re, dìfar crefcere, cr fortificare i peli, che fono nelle ciglia degli occhi. Chiamano la pietra Armenia t Greci, A’f/aiws fJSot, ; i Latini, lapis Armems : gli Arabi, Hager, cr Hagiar Armeni.

Della Pietra cerulea.

Cap.

LXV.

60 L a p i e t r a ceruleanafeeinCipro nelle canedelle minierejdel rame: ma Tene Taand.ora piu * copia dell’arena,chefi ritroua infui lidi,incerte cauernefattedal mareàmodruh (pelunchc,lacuale


69 o

Difcorfì del Mattinoli

fi tiene per la migliore. L ’elettisfima è la piu cari ca di colore. Brufcialì come il chalciti,& lauafi comc la cadmia. Ha uirtù di reprimere,« di rodere alquanto : genera le crofte,et è ulceratiua. Pietra ceru­ lea, Se fu* efla mininone.

Chiamasi (imitando i detti degli Arabi,c? fietialmente SAuicerna) la Pietra cerulea communemente per tutta Italia Lapis lazuli : er quella fi tieneper la migliore,che ha infe alcuneJcmtiUe d'oro. Quefta ( per quan* to ionie ne creda)ba non poca conferenza con /’Armenia,nonfolamente perche fi ritrouino amendue nellemedefinte caue de metalli, er che l’unafieffe uoltefi ritroni incorporata con l’altra : maperche anchorafono dotate ¡fuña me defima [acuità per purgare la melàcbolia.Et imperògli Arabi per l’affinità, che conobbero hauerquefte due pie tre infierne, confóndono affai inettamente Tuna con l'altra. Et perche caffèparticolarmente A uicenna, er dopo lui Mefite, che’l Lapis Iaculi hauctta infe uirtù putrefattala,fono alcuni de i moderni,che biaftmano ilfito ufo,cr pari* 10 mente quello delle fue pilóle, che comunmente s’ufano nellefietiarie per purgare gli humori malinconici, come apertamentefa il Fuchflo nellefue paradojfe. Ma quantunque affai confu[ámente deüapietra cerulea, er Armenia trattaffero gli Arabici;non è buona ragione il dire,che non poffa conferire il Lapis lazuli àgli humori malinconia ci,per non cjjere tal cofafiatafcritta dagli antichi Greci. percioche quantunque non efi licaffi Galeno, chefoluefi fe Ìhumor malincoiuco;diffeperò,che erafolutiuo. Il che confiderando pofciagli Arabici, hanno con l'efierimento ritrouato,chc'lfoluerfuoera neU’humormelancholico : percioche di molte, & molte cofe fono fiati inuentorigli Arabici, che mai nonfurono fcritte,ne conofciute da¿Greci, come perauanti indiuerfi luoghi di quello nofiro voltinehabbiamofcritto. Mafe(come ¿{lato diffufamente detto nel capitolo qui fopraferitto) auanti d’Aleffan* dro Trafilano ninno haueua degli antichi conofciuto, chela pietra Armenia fujffe nel purgarla melancholia di uir= tufimile alUelleboro bianco, cr fenza nocumento alcuno ,noné punto da marauigliarfi, fe lungo tempo dipoi, do 10 fcrifferogli Arabi, ó togliendolo da lui, ó bauendoloforfè ritrouato per loro fiefi. Percioche ritrovandoli quelle pietre amendue nelle caue de i metalli l’una appreffo taltra (come inpiu, er piu luoghi d’Aiamagna ho ritrouato io, anzi qualche uolta amendue in un medefìmo pezzo) hafatto imaginare à i loro ritrovatoti, che non effendo di gran lunga differenti di colore, non fieno fimilmente troppo differenti di uirtù,er di ualore. Et quello mi par Difenfione de gli Arabi. bañare per dijefa degli Arabi contra la calumnia data loro dal Fuchfio, cr daaltri. Imperochc vedendo cefioro, che la naturagenerava amendue quefte pietre luna mefiurata con l’altra, perche ci dobbiamo marauigliare,fe an» chor efii imitando la natura nefcriffero confufmente <auenga che fi poffa ageuolmentefilmare, che la pietra a r* menia nonfii altro, che materia di Pietra cerulea, non compiutamente cotta nelle uifiere della terra, comefi fiima per certo, che il chalciti, il mifi, e’Ifori nonfieno altro, che materia di chalcantho. Il che confiderando molto be rie il dottifimo Maliardo Ferrareft nellefue annotationifatte fopra i medicamentifemplicifolutiui ferini da Me» 30 fue,ferine contra l’opinione di coloro, che vituperano l’uf>del lapis lazulifenza veruna ragione, cefi dicendo. I

G r e c i n on f i r i u o n o , c h e la , p ie tr a c e r u le a f i a f o l u t i u a ,m a p a r c h e c o t a l i f a c u lt a g l i fie n o fia te a ttr ib u ite dalla

p ie tr a A rm en ia . Im p e ro c h c g l i A ra b i c o n fó n d o n o l ’ u na c o n l ’altra : co m e f e c e S e r a p io n e ,

cr parim ente

A u crroe.

a u icen n a f r i n e n d o d e ll' A z u l o g l i a ttr ib u ì qua f i t u t t e le u ir tù ,c h e danno i G r e c i a lla p ie tr a ceru lea , er alla A r m e * m a . E t f r i n e n d o d e li A rm en ia , ne d iffe t u t t o q u e llo , ch e n e f i r i u o n o ¡ G r e c i : z r u i a g g iu n fe d e l f u o , c h e fo lu e u a p iu u a lo r o fa m e n te g li hu m o ri m e ld n c h o lic i,c h e n o n f a la c e r u le a . M a q u a n tu n qu e t u t te q u e fie co fe fie n o uere-, non p e r ò v o g lio io a c c o lla r m i aü’ op in io n e d i c o lo r o , c h e biajm ano t ifir o .

Pietra ceru­ lea fcritta da Galeno. N orni.

I m p er o ch e

er f u g g o n o

q u e fio m e d ica m e n to , co m e u ele n o m or*

io f i p e r c e r ta e ffe r ie n z< t,c h e la u a n d o fi b c n e ,g io u a a ffa i,

er caufa ò p o c a , ò

neffuna m o le ñ ia .

Helia cui opinione penfo, che poffa canonicamente condifiendere ogni medico, che fia piu ragionevole,che ofti* nato, perciochef i bene baueffe auicenna detto,che egli era corrofiuo, quefio non ofia, che nonpoffa purgare egli f humore melancholico fenza nocumento. Perche l'acutezza fua, la quale è caufa del farlo corrofiuo,figli leva con lauarlo, er purgarlo,fecondo chefi gli richiede .Vero è, che di quello, che rifilende d’oro,fi dee pigliare : per cioche l'altro, di cuifonofempreforniti gli fictiali, er coloro,chefanno gli azurri in Alamagna,non c digran lun• ga cofi ualorofo. lofonogià fiato inalcune caue d’argento, douegran quantità er del ceruleo, er dell Armenio infiememente bo ueduto amotinato ; manon però vene ho ritrovato alcun pezzo,che rifrlendcffe di fcintiUe io» ro :percioche quefio non fi ritroua,f i non nelle miniere uere dell'oro : er quefio, chefi ritroua in quelle dell’ara genio,crdel rame,in quellefilo fi ritroua,che tengono in foro qualcheparte d’oro. Et però quello azurro chiama to cltramarino,chefi fa del ucro Lapis lazuli di miniera d’oro,é ingrandif.imo pregio per preualere in bontà,er in colore àtutti gli altri azurri del mondo. Di quello,chefifa di rena nel lido del mare, quantunque affai er Plinio, er altri ne diceffero, fin hora non Fho io in cognitione. Scuffine Galeno al i x. delle f'acuità deifemplici, cofi dicendo. Il dauco è acuto,er ha uirtù purgativa, er digefìiud piu ualorofa del cinabro : er ha anchara alquanto del cofircttiuo. aIchc non hauendo bene auertito il dottifiimo Manardo diffe,ingannandofi,che neffuno de i Gre* ci haueua fcritto, che la pietra ceruleafuffefolutiua ; hauendolo però fcritto manififlamente Galeno. Chiama noia Pietra cerulea i Greci,Kv<tmató«» Latini, Cccrulcus lapis :gli Arabi, Uagcr alezaoard, Laziuard, cr Azul : i Tedefihi , Lafavr(lein : li Spagnoli, a zul.

• ; ' -

Deli-Indico.

...

Cap.

• • •

.

^

LXVI.

L o i n d i c o è diduefpetie,unochenafcenaturalm enteinIndia,ufcendofuoridaeerte can« ne àmododifpiuma. L ’altro,che fi fa nelle tintorie : & quello è una (piuma porporea, che nuotai di fopra nelle caldaie ; Ja quale to Igono uia gli artefici, & la feccano. Quello fi tiene per lo migliore,che

1 <

fi ralfembr»

*

4°.

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Nel quinto lib. diDiofeoride.

5»i

firaffembra all’azurrO^i'ccheè lifeio,& fuccofo. Hafsi l'Indicotra!c medicine, checoflringono

leggiermente,&cherompono leinfiammagioni, &i tumori mondifical'ulcere, &abbaffaui lacar nefuperflua.

lo

Lo i n d i c o , cheper topiù s'adopera da i dipintori, quantunquefi fùngai i tempi noflri nelle jtyctUrie, ¿folmente di quello,chefifatino nelle tintorie,erfafii del guado, con cuifi tingono i panni di lana.Nonfi ritroua in alcun luogo il naturale,cheferine Diofcoride nafeere come una¡piuma in India infu le canne. Ne mancofi cono fceua in Italia al tempo di Plinio. percioche al v1.cap. delxxx v. libro afferma egli nonhauerne alcuna notitia : er dimostra, che'lfattitio defuoi tempifi faceua nelle tintorìe dellaJpiuma dellaporpora, cofa affai differente dal guado,ondefifati noftro. Il che dimoflra.che Plinto non intendere bene Diofcoride. imperochc nonferine egli, chefi faceffe l’Indico di porpora,mad'una¡piuma porporca (cofì c quella delguado ) che nuota¡opra alle caldaie de i tintori. Nefo io,che le porpore,con il cui[angue fi tingeuano anticamente le ucfli gloriofe de tRe, er degli Jir.peradori ,faceffero¡piuma alcunawe manco,che(l bolliffero nellecaldaie. Chiamanoi Greci l'Indico, 1 WTuór ;i Latini,Indiami,

DeirOchra.

Cap.

In d ico ,& fu a

cfl,lrain-

Nomi.

LX VII.

La a elettifsimaè quella,che c !eggerifsima,&del tuttogialla, bencolorita, nonfaffofa, frangibile>&chefiaAttica. Brufciafi quella,&lauafi, come lacadmia. Hauirtùcoflrcttiua , cor­ roiiua:rifoluele pofteme, & i foroncoli. abballalacarne, checrcfcetroppo: riempieinfieme con ceroto l’ulccreprofonde,&rompelepietre,chefi generano nellegiunture. o c h r

to

L’oc h r a de ¿tempi noftri è quella terragialla,che adoperano per colore i dipintori.-er qitcfla non J'Athene Orhra, & piufi ci porta elcttifiima; perciochef.no al tempo di Vitruuio eraperduto ilfuo ufo in Italia. Quefta è terra tinta ^ eH am. di giallo da vapori di miniera di piombo,nelle cui cane ft ritroua. Come chefifacci anchora artificialmente di pio* io perniadifuoco, piu della minerale apprezzata da i dipintori. Vn granpezzo di bellifiima Ochra canata non molto lontano dalla città di Trento mi mandògli anni paffuti maejlro Martino Guidottino ¡pedale all'infogna del Vecchio,giouine neramente che moltofi diletta della[acuità defemplici. Di quella non ritrouo ,chefcriue[fe le [acuità Galeno nei libri dei[empiici. comechenefriueffe egli nelfecondo commento depronoftici d’Hippocrate, $0 trattando del uomito,cofi dicendo.L'Ochra è unaforte di terra,di cui quella c lelettifilma , che fi porta da Athe* Nomi. ne. Chiamano VOchra i Greci,O yj& : i Latini,Ochra. D el Cinabro.

Cap.

L X V III:

Si i n c a n n a n o manifeflamentetutti coloro, chefi credono, che il cinabro, e1 mimo fieno unacofamcdefima.Percioche'l miniofi fainSpagnad’unacertapietramelchiataconunaarenaarge lina : altrimenti nonfi conofce. Fafsi di colore floridifsimo, & ardentifsimonellefornact.manelle minierecitta unuaporc ueramentefoffocatiuo : &imperòcoloro,che lomaneggiano, fi uclano la faccia conuefciche,aceiochepollano uedcrlo,& chenel refpirarcnontirinoafedi quel fuomaligno 40 uaporc. Vfanloi pittori pergli ornamenti fontuofifsimi dellefacciatedellemuraglie.Mail Cinabro fi portad’Africa,&èingrandifsimoprezzo : & portafene cofi poco, chea penane poffono hauerc pittori affai per ombreggiarelepittureloro con diuerfelince.c carico-di profondo colore: & impe­ ròfi penfaronoalcunché fuffeegli fangue di drago. Ha il cinabrolauirtumedefimadellapietra, laqual chiamanohematite: conuienfi nellemedicinedegli occhi,nel cheeperopiuefficace: perciò che èpiu coftrettiuo,&piuualorofoper riilagnarcil fanguc.Sanaincorporato con ceratole cottu re del fuoco,&lepuftole.

So

V e r a m e n t e (come ila commune opmoneii tutti grandifiima i trai Cinabrofcritto da Diofcoride, er quello, che al prefente e in ufo nelle¡petiaru., er parimenteappnjfoa ( dipintori : percioche queftofìfa artificialmente difolfv,cr cTargento uiuo cotti inficine lungamente al fuoco. E» neanchora una altraforte di minerale, che nafee cofi perfe fhffo, come diremo poi : ma non cofì commune, come

tità er ha le uirtù medeflme, che la pietra chiamata Hematite, la quale nonfornente commendo egli applicata difuori per diuerf infirmiti degli occhi ; ma anchora la laudò molto tolta per bocca nelle pafiiomddl orma,per Augnare 1 flufiideUe donnea parimentegli fu ti del[angue. Al chcnonfl conmene in modo alcuno ilnofro 1l0A r Cinabro, per efere corrofiuo. ulcerativo, uelenofo, inimico de gli occhi,CT dell interiora. Mach cofa pofa effere il Cinabro di Diofcoride, non fi può ueramenteaffermare, [c non per conmure :perche L l i j e cofafi fio ,ne comefifaccia,òfi ritrovi in Africa,™fifa medicamento minerale, ¿artificiale,» parteal* cuna di pianta ò d’animale. Ma avanti che veniamo aUeconiature, che ueramente nc dimoiano , chcc°f£ « * 1 Co tempi A r i il Cinabro di Diofroride, i dafapere, che Plinio al v i i . cap. del x x x n x. libro dice affermativa* che l Cinabro non altroché[angue di drago,ammazzato dal graffo dell ¿[colandoli infume ilfangueddl'uno, er deValtro animale : CTthè nonfi ritrouaalcuno altro colore, che tmtt

AL,

è


692

Difcorfi del Matthioli

piu, che quejlo nelle pitture,il itero colore del [angue : er che è egli utilifrimo medicamentoper mettetene gli an» tidoti. Il che mdejinumcnte recita Giulio Solino ne ifuoi collettanei. Oltre à quetto rancherà daftpere, che Sangue di drago ( quantunque nonfra)fi chiama anchora undgomma d’un'albero d’Africa, di colore naturahfiU m di [angue nero, traffurente,zr frangibile, chiamato hoggi uolgamente Sangue di drago in lagrime,a differcn Dioic. ZJ qUgi fojìfcco }Cr di m n U(liore, che fi ci porta iti, pani. Et meritamente fi può chiamare in lagrime. im* peroche{[econdo che riftrifee Aluigi Mottogentil’buomo'yinitiano a l m i . cap. detta[ua nauigatione in africa ) è queflo unalagrimagommo[a, cr liquida, che dittitta dìuno albero : il quale per hauerne maggiore copia,intaca cano gli habitatori con certifèrri nella[corza, cr ricoltone po[cia liquore, lo cuocono nette caldaie alfuoco, er chiamatilo nonfo per qual ragione Sangue di drago :[e già non interuiene queflo per chiamarliforfè la pianta, da cui dittitta, D rago'nella lingua loro. Il che nefa ragioneuolmente conietturare, che fraqucfla gomma il Cinabro 1 a di Diofcoride. imperoche prima ritrouo, che talliquorefi porta a noi d’Africa in poca quantità : é in tifoài dia pintori per ombreggiare,cr lineare nel roffo chiarotuendefl caro per la raritàfua,fe bene c hoggi i Africa piu fre* quentata dalle nauigationi nottre d’Europa : cr netteuirtùfueèfrmile allapietra hematite. anzi come ì’efpericn* za ne dimoflra,cr come parimente afferma Diofcoride, è quetto liquore affai piu cottrettiuo : cr imperò l'ufano i moderni medici per liflufri muliebri, cr difenterici,cr parimente per gii /pitti,crfiufri del[angue, con affai maga giorefucceffo. Oltre à ciò chiamandoli queflo tal liquorefino al tempo di Diofcoride[angue di drago, come ha perfeuerato di chiamarjì d'età in etàfino à 1tempi moderni ; fapendo molto bene egli, che non era[angue ueramen te di quetto cofi nominato animale, diceva : Eil Cinabro carico di colore : cr imperòfipenfarono alcuni che fuffe [angue di drago A l qual modo di parlare par che dichiari, che uoglia Diofcoride dimoflrare,che'l Cinabro non era[angue di drago, ma neramente altro materiale : quantunque cofifuffe à quel tempo chiamato damolti. Et im* 10 però parmi, che tutte quelle ragioni facciano nere conietture di farne manifittamente credere, che fra queflo ru* bicone!¡fimo, cr ueramentefanguigno liquore cofi condcnfato, il Cinabro ueroferittone in queflo luogo da Dio• feoride. Panni oltre à quetto, che in ciò fi fra manifèflamente ingannato Plinio. perciocie quantunque affermi Errore di j c ])e'i cinabro fra[angue di drago, animaleferocifimo , uccifo dal?elefante nel cafcargli addoffo ; nondimeno T imo. dicendo egli, che ninno altro colore piufì raffembra al nero colore del [angue, cbe’lCinabro,èneccffaria\cofa, che'l Cinabro, di cui intefe Plinio, fraflato queflo meiefrmo liquore :percioche queflo è quetto, che piu fi rafrem* bra al[angue uiuo, che ogni altro colore,chefi ritroui. Ma ingannato dal nome uolgare,che riteneua anchorafino alfuo tempo di Sangue di drago,frpensò con efficacia, che fuffe quel nero[angue di drago, ammazzato datt’ele* fante. il quale (comepuò ciafcuno, che babbia ingegno, confrdcraxe ) nonpuò, effóndof ecco, er putrefattofuor dette uene, cr pofeia contaminato dalla terra, riferbarc quel nero, cr uiuo colore del fàngue puro, cr fincero, 3 0 che chiaramentefi uede, erfi conofee in queflo rubicondifiimo, cr acceflfrimo liquore : come 1tediamo ,cbe non. lo rifeiba quello, chefr ci porta contraffatto in pani con[angue di becco,matton petto, rubrica Sinopica, crfabrile, cr [orbefecche, contrafatto attauerafìmilitudine di quetto nero[angue di drago (fe perògli hiflorici non mento* no)uccifo dall'elefante, chegià eraforfè in ufo. Onde effendonegià molti anni mancamento, fifono ingegnati al* cuni di contrafarlo, come ho qui detto, cr in diuerfi altri modi, ciò i con rubbia, rubriche, uerzino,ragiamoli* di draganti, cr altre nfifluragini. Mapotrebbe alcuno, nonfenzaqualchebuonaragione,oflando dire, che ob. . fcriuendo qui Diofcoride dette cofe metalliche, cr minerali, è da credere,che con effe non baurebbe inferte legom* leuat'^ttl0nC me degli alberi, di cui trattò egli copiofamentc nel primo libro: cr però effereda dire,che’lCinabro,dicui trat tò egli, fuffe cofa minerale. A quetta tacita obiettionefi può ragioneuolmente rifondendo dire, che quantunque tratti qui Diofcoride de i metalli, trattando di quelli, chefono in ufo de i dipintori per dipingere, come è laceru 4 ° fa,lacbrifocotta,il uerde azurro,f azurro,l'indico, cr fockraje quali ordinatamente tratta,inferì traquetti an* ehora il Cinabro,quantunquefuffe gomma d'albero ; parendogli, che per il uiuidifrimofuo colore di[angue,cr per effere connumtrato tra i colori che piu s'appregiano, meglio tra queflife netteffe, che tra le gomme, comeparimi te 1tediamo hauere egli collocato tra quelli colori minerali l'Indico,il quale efeefuori germinando come[piuma da certe canne d'india, crfafri anchora artificialmente nette tintorie. Et imperò per tutte quefle ragioni parmi, che fia cofa affai chiara, che il Cinabro del commune ufo, il quale credo io effere il minio di Diofcoride, er perfarfi egli nelle fornaci,cr per hauere il colore ardentifiimo,crfroridifrimo, non poffa effere in uerun modo il Cinabro di Diofcoride. Eadunque il Cinabro de tempi nofiri(come di[oprafu iettó)minerale,cr artificiale ; ma quetto è no* to à tutti, cr quetto àpochi . Il minerale ( comediremo anchora nelfeguente capitolo fhoueduto iocauare di terra nette caue d'argento uiuo, in un luogo che (ì chiama Diària, in certe montagne lontane unagiornata da Go* ritia,andando uerfo la Carniola. Equefto una pietra roffàfìmile attahematite ,non troppo dura, ma grauifiima, CT qualche uolta tanto piena d'argento uiuo^beper fefleffo , fenza altro aiuto,negocciola fuori. Lartificiale po fcia(come c noto quafi a ciafcuno)frfa d'argento uiuo,cr difolpho per uia difolimatione alfuoco. Il che opera per , fe fleffa la natura in quello,chefi caua dalla miniera. Nìk/ioadunque di quelli, per effere ueramente mortifero ue* . . lenoj'ufa di darper bocca. Et di qui è forfè accaduto, che il Fuchfio medico clarifrimo dei tempi nottri, fr fia del Fuchfiort perfuafo,che nell'antidoto di Damafoniofcritto da Micolao Mirepfico fiaflato aggiunto il Cinabro da qualche me probità. dico ignorante. M <<la mia opinione è affai diuerfa, cr lontana dottafua. imperoche credo per cofa certa, che in quetto luogo non intenda N icolao del Cinabro minerale,ne manco dcWartificiale, madel [angue di drago in lacri* me uero Cinabro di Diofcoride. Percioche hauendo quefto Cinabro chiamato[angue di drago, per quello chefe ne legge in Diofcoride, le parifacuità dettapietrahematite,le cuifacultàdiffe egli effere di provocare l'orina; non 69 fi può fe non credere, che Nicolao ut metteffe il Cinabro de gli antichi con bettifiima ragione, per valere quello antidotoferialmente per prouocarc ferina- Ma quantunque il Cinabro del commune ufo,fra toltoper bocca, ue* lenofo,

s*guienj ' me diete il Cinabro di


Nel quinto lib. diDiofeoride.

6”5»3

lcnofo,& mortlfirofi può nondimeno tifare ne i medicamenti, che s’applicano difuori, comefono i profumi, che fipreparano per il mal Francejhcr mafiimamente quando non uigiovanogli altri rimedif. mettefi anchora ne gli unguenti, chefi fanno per il medefimo,cr per ¡’ulcere maligne, cr altre ulceragioni del corpo. Oltre à ciò di* Quii? fi.' >1 cendo Diofcoride, che mancamente s ingannano coloro,chefi credono, chefia il Cinabro,ci Minio una medefi ^ Mmiodi Dio macofa, cr per uedercanchora, che nelfeguentecapitolo,dice farfìl'argento uiuo del Minio, cheabujìuamcntefi lcor'dc chiama Cinabro ; non ho potuto fe non pervadermi, che il Minio fcritto da Diofcoride ,fìa altro, che il Cinabrominerale , da cui (comeè flato detto, er dirafii anchora nel feguente capitolo)/} caua l'argento uiuo nelle miniere d'Htdna.Delche m’ha non poco accrefciuto la credenza il medefimo Diofcoride,per battere egli Ufciatofcritto, che il Minio nelle cauedeUc miniere gitta un uapore ueramentefoffocattuo : er imperò coloro che lo maneggiano, SO cr che lofatino, fi velano lafaccia con le uefcichc, accioche poljano uedercfenza tirare afe col fiato ilfuo mali* gno uapore. Imperoche ho ueduto io in BÌdria,che nel ricuocere il Cinabro minerale,fiferrano gli artefici la hoc ca, e'I tufo con alcunifazzoletti, perfuggire tal maligno uapore :perciocbc dicono, che nonfolamcnte è tal ua parefoffocat iuo ; ma che corrompe marauigliofamente i denti,w le gengiue, di modo chefi fono tra lorontrouati alcuni, che per effere dati maleauertiti, gli fono cafcati tutti i denti di bocca .Et in quefìa opinione mifa restare parimente Vitruuio : il quale al v i i . libro dellafua architettura ,firiffe.del Mimo con quefie parole. Il mimofu primamente ritrouato,fecondo le memorie de gli antichi, ne i campi Celbiani degli Ephesij. Cauafi d alcuni pez­ zi di terra,chiamata anthrace, aitanti che maneggiandofi diuenti minio. Efee daeffo nel cauarfìper le percojfe de picconi non poca quantità d'argento uiuo à modo di lacrime :le qualifubitoricolgonoipicconieri.Quefio tut­ to diffe Vitruuio. Il che parimente ho ueduto io accadere in Hidria, nelle cane dell argento uiuo, dotte battendo 10 alle uolte i picconieri la uena,efce aU'improuifo l’argento uiuofuori come¿unfónte. Appreffo a Plinto lo ritrouo Minio ferir. eflcrc di diuerfejpetie : imperoche al luogofopraferitto lo defcriue,coft dicendo Al Mimo e un minerale, il quale rodali..»», già fi ritrouaua nelle cane deliargento, er era in graniamo prezzo tra i colori da dipingere. Thcopbraffo r,fi* ride efferne dato mentore Cattia Athc,nefi, il qualefi pensanti principio di poterne cattare oro, abbruciando ¿Ila re,u rocche ftcaua delle miniere dell’argento,cr cefifi dice effereflato 1angine del mimo. »afone ntro* la già anchora in Hiffiavna, quantunque duro, er arenofo ; cr a p p rf a 1 Calchivi un certo fcogUoinaccefii* bile, dondefi fa cadere al baffo, tirandoui dentro dellefacete. Quefio atcono effere fophifhco, erquello ottimo, chefì fa di certa rena di colore di grana, kqual nafeefopra Ephefo ne i campi Celbiani. Quefio fi tr ita i filava la prima, er la feconda uoha. luba diffe che'l minio nafceuain Carnmk, cr termogene m Ethiopm: maa noi nonfi porta ¿alcuno di queft, luoghi, ne quaft d'altronde, che di Spagna. Falfificafìtn molti modi. imperoche f i IO ne ritratta ¿un altrafietie tanto nelle miniere dell'argento, quanto del piombo, il qualfifa abbrufilando certepie tre mefihiate infìeme con le tiene : er quede nonfono quelle,che dicemmo effere miniera¿argento uiuo, ma dah tre ritrovate inficine. Kìtrouanfi anchora piombile fonoftenh nel lor colore, ne ma,fifanno rofi,fc non tuie fornaci,cr comefono abbruciati ¡¡pedano in polucre. Et quefio c ,1fecondo minio conofctuto dapochi, ma molto inferiore à quello, che fi fa di naturale arena. Il ¡incero ball color medefimo deUagrana. Sagiafi comeCoro Il contrafatto tocco con l'oro infocato, diuenta nero, er il (incero ritiene ilfuo colore .Ritrouo, chefi fopinili* ca anchora con calcina. Vuofii conofiere il falfificato, mettendolo mancando l oro,¡opra una lamina di firro infocata. Tutto quefio del Miniofcrifie Plinio. La ondefi può ageuolmente uederc, chef Minio ammanente fin* Irouaua minerale,cr artificiale. Onde pojfo io agevolmente credere, che trale frette gli antichi anchora il Cinabrofatto per arte del commune ufo. Quantunque ài tempi nofir 40 pintori chiamino Minio, quello che chiamarono gli antichi Greci Sandice, fatto di piombo,oueramtntc di ccrufa _ 4 lungamente abbruciata nelfuoco. del quale pare che intcnde/feanchora Plinio. Chiamanoi Greci ,1 Cinabro , N om i. KnmjSa^i Latini,elaboriteli,fietialifangue di drago in Ucnme-.li Spagnoli,Sangre de dragon.

Dell’Argento uiuo.

Cap.

X LIX .

L o a r g e n t o uiuo fi fa del minio, ilquale arduamente fi chiama cinabro. Il modo di farlo è cofi MeÌefi in un piatto di terra una concita di ferro,in cu. fi colloca . mimo, & cuoprefi pofc.a tutto il uafo con un calice illutato con creta : accendeu.fi pofc.a folto il fuoco, & radefi la fulig.ne, che s’attacca al calice, la quale come è fredda, fi condenfa in argento uiuo. Kitrouaf. anchora nelle so m biertoue fi caua l’argento , condenfato in gocciole, che pendono dalle uolte d. quelle. Sono alS cuoi, chedicono ritrouarfi nelle cauedi fua propria numera. Serbali muafi di uetro, d. Pio^ ° ‘

cunijcncu ;mr.rrr.rlipiì manfùa,&faliquefareogni altramateria. Beuuto,cmortifcro°- perciòcherompè conil fuopefo Tinteriora.il rimedioèil beredopo efTomolto latte,&pe­ riterò . pere oc ” ninoconaflenzo,ouerodecottione d’apio, oucro feme d hormmo, ouero>orìgano’Iouero hiflopo bcuuto con Bino* E in quello limedio mirabile UlimaturadelToro beuuta.

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c un corpo fiuRibilc, cr liquido, come quello dell'acqua, con una

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. rj; r«A»»P#''-< * il uero,«cr originaifemtdcfii * de t cerò dicono efrererArgento uiuo metalli, cr eie tan fi può condenfare ;perciocbc gli manca lacalidùà,^ ficcitì, (hefi gli conuembbe i Cr parimente i umpa. «

■V

Argécouluo,


6 c)4-

Difcorfi del Matthioli

chefigli ricerca perfurio perfino : er imperòfene retti cofl nell’effire,che lo uciimo, come cofa imperfètta. Alalafciando daparte s'egli c prima materia di metallo, ouer nò, dirà qui per accollami a quel, che di lui dicono i philofopbi, che potrebbe ageuolmente ejfere materiaproßima à conuertirfi in metallo. Imperoche iaccompii3 guarii, che eglifa cofì ageuolmente con tutti i metallt, dimofira manififiamente , che fia materiaatta a conuertirfi Errore di in qualfi uoglia di loro, zr in quelli tanto piu,con i quali piu prefio, cr piu uoletuieri s’accompagna :percioche alcuni. il tranflto èfacilifiimo in tutte quelle cofe, che fimbolizano infierne. Et però parmi, che in quefto s’inganni* no alcuni,dicendo, che fc pure l'Argento uiuo, quandoglifuffero fiati minifirati quelli debí ti mezi, che fi gli ri* cercano dalla natura, fuffe atto à conuertirfi in alcun metallo, piu prefio è da credere, chefì/ffe per riufeir pioni* boyfirro, er llagno, che altro, percioche ritrouo,che piu ageuolmente s’unifce con loro, er con l’argento, che con ogni altro metallo. Et quefto è il findamento, chefanno gli alchimitti,perdendofi il tempo, l'opera >crlefa= i 0 cultà inpenfarfi dì rifar con Carte quello, in cui ha mancato la natura : laquale(fecondo che ritrouo ) non hamai potuto alcuno artefice del tutto imitare. Tutti i metalli, chefi mettono nell’argento uiuo, ftanno agallo, eccetto l’oro, il qualefubitofé ne cafca alfóndo : imperoche l’abbraccia piu di tutti gli altri. Dell’Argento uiuo ho ue= àuto io,come nel commento difopradel Cinabro ho recitato, amplifiime caue, er miniere in certe montagne lon* tane quaranta miglia da Goritia, in un luogo chiamato nidria, dottefe nefa grandísima quantità : imperoche la fua miniera,la quale è di colore che nel nero roffeggia, er ponderoftßima, uifi ntroua in diuerfe caue,che uifono K relio uiuo abondantißima. Quella canata che Channo, la portano di fuori,er lapeftano affai minuta, er pofeia n’empiono• come fi caui alcuni uafidifiretta boccafatti di terra, ergli ferrano leggiermente con mofeo arboreo, er uoltangli con la hoc* della minie­ cauerfo terra[opra un’altro uafo quafifimilc ,fepolto in terra del tutto, er lüutangli le commiffure detta bocca ra con creta,er lo ftabilifcono,che non può cafcare. Et cofl a uafo per uafo,con certo ordine ne ordinano affai quan* tità, mettendo l’urto poco lontano dall’altro, cr pofeiagli fanno[oprafuoco di carbone affai ualorofo, dal quale effendofcaldata la miniera, ne rifudafuori l’argento uiuo. il qualefuggendo (comeèfua natura )fempre il calore delfuoco,fc nefeende, er trapela nel uafo di[otto. Et cofl lo cattanofuori, er mettono in otri di cuoio : impero* che nule lo poffono in altri uafi perferuare, che nonfe n’efca ,fegià nonfuffero ò di uetro,ó di terra cotta tietriaa tu. Onde non poffofe non molto marauigliarmi, chefcriuejfe Diofcoride, che l’Argento uiuo nonfìpojfa [erbate fe non in uafi di argento, di piombo, diftagno, er di uetro, attenga chefi mangi egli ogni altraforte di uafi fatti d’altra materia. Nef i ueramente comefipoffafofiùntare quefto ,fe già lafcritturanon è corrotta qui, come in uarij,ey diuerfialtri luoghi.lmperoche quefto éfalfi, effendo cofa chiara à tutti, che l’Argento uiuo rode, gttafta er distrugge tutti i metalli che tocca ■ Il perche nonritrouandofi cotali parole in Serapione,il quale traduce dipas­ toia in parola da Diofcoride, è ueramente dafumicare, eh'ette uifienofiate aggiunte da qualche ignorante. er queßo par che confermi anchora la uaria lettionc d'Oribafio. Trauanfè tra tal miniera nelle caue medefime alcuni 5 filoni d’unapietra roffafiaquale chiamano Cinabro minerale, come ampiamente ne dicemmo l’hifioria nel preceden te capitolo. Quefia tal pietra è molto piupiena d’ argento uiuo, che l'altra predetta.'imperoche ue n’appaiono jfieffe uolte, er quafiJempre legocciole attaccate. Molte uoltc (fecondo che mi refirirono gli artefici, er' i pie* conieri, che lauorano nelle cauefiotto terra )nel cauare della miniera, chefanno co'l piccone, accade, che ritro* uano alcune fintanette, dalle quali nel difcoprirle correfuori l’Argento uiuo puro in affai buona quantitade. Pochifono gli artefici, er i lavoratori,chi ui durinofiani lungo tempo :percioche quafi tutti, quantunquegagliardi, Galeno taf er fini huominifieno, non uifi mantengonofiani piu che tre,ò quattro anni che non diventino tremolanti dette ma ni, cr dettatedia :percioche in tale infirmiti gli riduceil uapore di tal miniera. Galeno ueramente ( quantunque fato. primagliene baueffefatto firma fide Diofcoride)fi pensò contra quello,che cotidianamente in nidria, er in altri ,9 luoghi d'Europa, ne dimofiral’e}}erimento,cbe l'Argento uiuo non nafeeffe perfe tteffo nelle miniere ; ma[oh,che ^ fifaceffe artificialmente,come la cerufa,Perugine, lo pforico, eril lithargirio : er parimente diffe non hauer mai A rge n to foli fermentato,fe tolto pei■ la bocca,oucro applicato difuori,fuffe veleno mortifero. Eaßi dell’Argento uiuo quel* m ato. lo, che chiamano Argentofodo,cr altri Argentofolimato,mettendolo confiale amoniaco ne i uafi à ciòfabricati, erfilmandolo[opra à i fornelli. Et quello cofìfatto è corrofiuo, er ulcerativo, come ilfuoco ifteffo : er imperò lo chiamano alcunifuoco morto infernale. Et mangiandoli, è ueramente mortifero ueleno: imperoche attaccandoli Precipitato. allofilomaco, lo corrode,er lo sfinda.ll perchefe nonfi glifioccorre con pretto rimedio,poche uoltefe ne liberano coloro che lo tolgono. Eaßi dell’argento uiuo dtffoluto nell’acqua fòrte, er pofeia lambicato alfuoco,come ben fannofare gli alcbimifti, quel medicamento, che chiamano i chirurgici moderni Precipitato, le cui uirtu fono ue rumente marauigliofeperfuñare l’ulcere maligne¡-etr¡ferialmente quella del mal Erancefe, polucrizandofi[opra. -„ S on o alcuni, che danno mezoJcropolo dettafua polucre à berc,oueramente inpilóle infierne con perle,er altre co fi cordiali ne i dolori dettegiuture caufad pur dal mal Erancefe,cö bettißimofucccffo. Daßi anchora à i melancho* lici nel modo, chefi dàla pietra Armenia, come èferiito piu lungamente nel noftro libro della cura del mal Eran* cefe : imperochefa egli gli effetti medeftmi, prouocando il vomito. Danno alcuni altri à bere l'Argento uiuo puro er¡incero nonfilamente à gli huomini, ma anchora à ifanciulli. Tra i quali ritrouo io eßere il Brafauola,huomo de tempi nottri dottißimo ,firiucndo egli per cofa certa nelfio libro dell'effaminationi de [empiici dhauerefieffi uolte dato l’Argento uiuo < ipicciolifanciulli già mezi morti per i uermini, effendogià difierato d'ognaltro rime« dio . ma in che modo darfi gli debba, er a che pefo ò mifura,non deferiue egli altrimenti, maàGoritia le ricogli* trici, doue le donneficntino à partorire,ufano di darneloro a bere la quantità d’uno fcropolofenza nocumento al cuno. Il perche mi porfiado,che l argento uiuo non ammazzi chi fi lo beue,f i nonfi eccede lamiftra,ò il pefo : O r o , & fua «ecredo ( come uogliono alcuni)che filamente ammazzi con lafua ponderofìtà,come piu ampiamente diremo nel hilloria. fefio libro, ma kauendomi l'hittoria dell’Argento uiuo ridotto à memoria f oro pretiofißimo metallo, non fi nefacendo


Nel quinto lib. di Diofcoride

69 j

ncf-tcciò da Diofcoride in questi libri de i[empiici mcntione alcuna,mi parrebbe neramentefare non picchia ingin ria alla natura,crparimente à coji pretiofo metallo,dicui tutto il mondo hagraniifiima[¿te,[e me lo tacefii,ct lo la [elafi daparte.lmperocbe per la[ua molta bellezza,è opinione uniuer[ale,cbe in luifieno uirtù gioueuoli,et mirabi li per confcruarc lungamente i corpi itam i in ulta. Et però none da marauigliarfi,[c tanta(limanefaccia ilmoit do,crlo tenganoglihuominipiu carod'ognialtra cofa. Ma uenendo aìl'hiftoria,cr [uamarattigliofa origine, di* co, che lefue originali, cr proprie materie, altro nonfono,chefuftanze elementari, con uguali quantità, cr qua* liti l’uitaall'altra proportionate,'crfottilmcntcpurificate. Qucfte adunque congiunte infime,eflendo di pari uir* tu conformate, generano una amieabile, cr perfittifiima milione : cr dopo quefio unafèrmcntutionc, cr decot* tione. cr cofifinalmentefi congiungono di tale indijfolubile unione, che fifannofiffe, e~permanenti,cr quajì del 10 tutto infeparabili tal che, ó Jìa dalla uirtù del cielo, o dal tempo, ó dall’ordine dellafagacifiima, cr [apientifima natura , oueramente datutti ìnfime, fi comertono tali fujlanze in quello corpo metallico chiamato Oro. il quale (come c detto)per lo fiuo molto temperamento, cr per la [ua unità,cr perfètta mifèionc,fi[a cofl denfo,che nonfo 10 acqu ifèa una p er m a n en za com m un e ; ma q u a jì in c o r r u tt ib ilit à ,

cruna caufa di non p o te r e co n te n e re in f c fu p e r *

fin ità a l c u n a .E t d i q u i u ie n c , c h e qu a n tu n qu e (Ha l'O r o lu n g o tem p o in te r r a f è p o l t o , on ero n ell!a cq u a , mai tion s’ a r r u g g in ifc e , c r n e l f u o c o n on f i c o n fu m a , n e d iuenta cenere ; a n z i che o g n ih o r a p iu f i p u r i f i c a , c r f i f a

cr d ifilem m a , crd 'o g n i u cn to fità fu perflu a: crim p erò crb ello n e lfu o fp lc n d id ifiim o , crn atu ra li f i m o c o lo r e : crfr e g a n d o li, non la fcia da

p iu b e l l o . O ltr a d i q u e fio la fu a p e r fè tta u nion e lo f a p r iu o fem p r e f i rim ane e g li lu c id o ,

f e alcun a t in tu r a , n e g ia lla ,n e nera, c o m e fa n n o quafi tu tti g li a ltr i m etalli: nc fi r itro u a in lu i a lcu n o o d o r e , p o r e , c h e c o n f o d o r a r l o , o u cro c o ’ l g i t i l o f i com pren da ■

Mangiatoò u o lu n t a r ia m c n t e ,ó n o n lo f ip c n d o ,

òf a * n on

io nuoce in alcun modo alla uita,comefanno per la maggior parte tutti gli altri metalli :anzi che marauigliofamcnte conforta il cuore, cr conferita la uirtu uitale. cr tal grada uogtiono alcuni fapienti, cheglifa fiata conceffa dalla benignità delfole. Diremo adunque, che l’Oro è un metallo trattabile, cr lucido di colore, quafifimile à quello , che ci dimostra ilfoletcr ha infe certa intrinfeca attrattone naturale,che effendo ucduto,difoncgli animali àfarjì difiderarc serper qttcfto molte uirtù fi gli appropriano. Inltalia nonfo neramente io,che d'Oro ni fin propria Mini credi miniera : ma in Germania,in Vngheria,cr in Tranfiluania ,fe neueggono inpiu luoghi le caue, cr le tiene nere . O r o . finalmente in tutti quei luoghi penfo io, che fi pojfa ritratiare, don? il cielo hfluifea cotali caufe, cr dtfofuioni elementari. Getterafilafua miniera tra norie[fette di pietre,inaffitifimi monti,cr del tutto sìerih.ma lamiglio* re c quella, che fi caua tra quellapietra azurra,che chiamiamo comunemente Lapis lazuli: tra la quale fi rittoua in ordine difilone intrafalda, cr falda di detta pietra, ex molte uolce mefcolata con effa. Tanto è neramente 3o quefla miniera migliore, quanto c ellapiu ponderofa, cr carica di colore : cr quella piu delle altre è udorofa, in cui fi ueggono piufcintilie,cr punteggiature d'oro. Kitrouaft anchora l’Oro nella rena, cr ne i lidi di diucrfì fiu* mi, crfcparafi, cr cattafene con certa arte di lattare la rena. Et quefio non è bugia : percioche[oppiamo, che in Hifognafi caua del Tago, in Thracia deU’Ebro, in India del Gange, cr del fattolo , in Vnghiru del Danubio, in Alamagna del Rheno, cr in Italia deli' Adda, del Po', cr del T befino .ma nonperò fi ritroua in tutte le rene de ilidi loro: perciochefolo ( ì ritroua egli in certi luoghi particolari. Quello ueramenie (fecondo chefafide Pii* ilio d i m .capitolo del \ x x 111. libro ) è il migliore, e'I'piufiincero di tutti. Scrijfe dell'Oro Auiccnna nel O ro ferm o 11 .lib r o

E p e r c a tite r iz a r e

i l m ig lio r m eta llo di t u t ti g l i a ltr i: ìm p ero ch c T u lc e r a , c h e

n e f e g u it a ,p i’u p r e fio f i fa t t a . T e n u to in b o c c a ,to g lie uia i l p u z z o r c d el f i a t o . M e tt e f i la lim atura n elle m ed icin e ,

^.o

Auicegna.

de i f u o i c a n o n i, c o f ì d ic e n d o .L ’ o r o è ne i f u o i tem peram enti u g u a le . M e tt e fi la fu a lim atura nelle m ed ici*

n e ,c h e f i fa n n o p e r la m d a n c h o lia .

c h e fa n n o rin afeere i c a p e lli,c r in q u e lle d e lle u o la tic h e , ta ntom effo ne i m edicam enti efterio r i, q uan to i n t e r i o r i . T r i t o f in o c h e f i fa c c ia im p a lp a b ile ,c r meffo n e g li o c c h i,c o n fo r ta la u ifta : c x b eu u to in p o lu cr e c o n fèr ìfce alle in fir m ità d e l c u o r e ,c r p a rim en te alle t r i f t e z z e d ell'a n im o . D y d r a r g y r u s ,c x a r g en tim i uiuum

: g li

C hiam ano l'a rg en to u in o i G r e c i! T ’<Tpt£fyvpùt: i L a t i n i ,

A r a b i ,Z a i b a r ,c r za iba ch '.i T e d e f c h i, Q u e c k fìlb e r tli S p a g n o li,\ z o g t i e ,

isom‘-

L ’ O r o c hia m a n o i G r e c i ,t y j c ó s : i L a t i n i ,A u r i m t i T e d e fc h i,G u id ili S p a g n o li,O r o .

Della Rubrica Sinopica.

Cap.

LX X .

Qv ella Rubrìca Sinopicaè elettifsima, laqualeègrane, denfa, di coloredi fegato, fenzamiftura di pietre,coloritapertutto d’ugual colore,&quelli chequandofi mettenell'acqua, fi disfaco50 piofamente. Cauafi inCappadociaincertefpelonche, &portafi pofeiaquandoèben purgatainSinopc città, nellaqualefi uende: dondeè pofeia (fata nominata Sinopica. Ha uirtùdi difleccare, di ferrare.^ di colf rignerc:&peròfi metteellanegli empiaftri delleferite,& nc i paftélli difleccatiui>& coftrcttiui. Beuuta inunououo,ouero infufane i crifteri,riftagnail corpo, dafsiàcoloro anchora, chepatifeononel fegato. V

RubricaSino ) non m i p a r , pica, &. fu* ef c h e a ltr a cofa p iu f i g l i r a fiim ig li,c b e ’ l u o lg a r e , c r p iu u ilc E o lo A r m e n o , q u e llo d i c o , ch e fi c i p o r ta in c e r t i p a * famin. n i qu a d ra ti ¡ c r c h e c in com m un e u fo p e r g l i em p iaftri c o f ir e t t i u i , p e r rifia g n a re i l [ a n g u e , V p e r g li im p ìa & r i , e r a m e n t e

non ritro u o io c h i a perta m ente à i tem p i n o f ir in e d ic h i a r i, c h e cofa f i a l a uera R u b r ic a

S in o p ic a d e g l i a n t i c h i . M a p er q u a n to ho p o tu to io c o n iettu ra r c

60

( com e c h e a fferm a rlo non

ardifea

che f i fa n n o p e r le r o ttu r e d eU o ffa . Q u c f i a R u b r ic a ( c o m e fc r iu e G io r g io A g r ic o la d ilig en ti fiim o f c r it t o r e de m i n e r a li) q u a n tu n q u e a n tica m en te f i p o r ta jp e O a fo la m e n tc da S in o p e c ittà d i C appad ocia,do nd e f ìp r e f e i l n om e d i S in o p ic a ; f i r itr o u a bora, nondim eno c r n elle p r o p r ie m in iere f u i , c r in q u elle a n ch o ra dell’o r O id eti'a r g en to , d e l

rame»


Difcorfidel Mattinoli

6 c) 6

tdme,0 ‘ del fèrro . 1/che tanto piu mifa credere, che il Bolo Armeno uolgare fin la rubrìca Sinopica,per fapere iodicertojihenonpococi fe ne porta dall’ Helbaifola delmare T irrheno, canato nelle miniere delfèrro, grafie , denfoji colore difégato, cr che mejfo nellacqua ageuolmentefi diffolue : c r quello ¡{beffo ha uirtùdi diffeccare, diferrare,cr di coflrìgnere. Et imperò non effóndo queflo quel nero Bolo(come eccedendocelo iddio diremo poco qui difolto nel capitolo della terra Lemnia)non mi par, che poffa effere altroché la Rubrica Sinopica, per uedcrc io , che del tutto gli corrijpondc. Sono di Sinopica(diceua Plinio al vi . cap. del xxxv. libro)trefpetic, ciò c una roffa, {altra manco roffa, cr la terza m.ezana tra quefie due. Le quali diucr/ità di colorfi ueggono maniftftanicn tè nel bolo Armeno commune : percioche di rofiifiimo, di manco rofio, cr di roffofmorto n'ho ueduto io pur af­ fai. li Menardo da Ferrara alla quarta Epillola d e lia , libro uuole, che nefia unaffetie di bianca, fóiìdandofi Errore del fopra un certo teflo Greco di Theophrafto, non accorgendofi effer cofa imponibile, che la natura poffafare alcuna 1 o Maliardo. ffietie di Rubrìca di colore bianco. Chiamano la Rubrìca Sinopica i Greci, MÌw trmirm : i Latini, Rubrica Si• Nomi. nopicaigli Arabi,Mogar,cr Magratli Spagnoli,Almagra.

Della Rubrica fabrile.

Cap.

L X X I.

fabrile è in tutte le fue operationi manco buona della Sinopica.L’ottima è quella, Faffi anchora ncll’ìbcria occidentale,abbruciando l’ochraiperciochc coli diuenta ella rubrica. L

a

rvbrica

che fi porta d’E gitto,& da Carthagine.in cui non fi ricrouano dentro fafsi,& che c frangibile.

Ch

iam aron o

queftagti antichi Embricafabrile, per effere eUain ufo ài fabrì legnaiuoli pertirarcle linee

Rubricafa- con la cliordafopra i legnami,che lauorano per lefabriche. Quefta diffe Galeno al i x. dellefacilità defemplici, brile, &fui cr parimente nel libro degli antidoti,nafeere anchora in Lemno, oue nafee parimente la uera terra Lemma ; ma edamm. effer però tra la Rubrica,cr la terra Lemma molta differenza. Mafe ellaJia quella, che < ìi tempi noiiri tifano gli K o m i.

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artefici dei legnami per tirar le lince loro,chiamata uolgarmente terra roffa , nonfo io per uerità affermare, per non hauerne uere coniature. La Rubrìcafabrile chiamano i Greci,Ma t octsxtowkh' ;i Latini, Rubricafabrihs: gli Arabi, nonfacendo differenza tra quefta crla Sinopica,la chiamanoparimente JSlogar crMagrati Tedefehi, Roetd fichu

Della terra Lemnia.

Cap.

LXXIJ.

La t e r r a Lemnia,laqual nafeein una cauerr.ofa fpclonca.fi portadall’ifola di Lemno, da un luogo paludofo ;imperoebequiui fi faelettione dellabuona,& mefehiafi pofeia confanguccaprino. & cofi nefannogli habitatori trocifci,&gli figillano con unaimagi nedi capra,& chiamangli figlilo di capra.Vale baiata con uino quanto ogni antidoto contra i ueleni mortiferi : tolta perauanti, che fimangiil ueleno,Io fauomitar fuori.gioua contralepunture».&morfidi tutti gli animali uelenofi. meteeli negli antidoti. Sonoalcuni, chel’ufanoneifacrificij. L, oltreàquello utilealla difenteria.

5

°

Terra Lcnia Ri t r o v o neramente da Galeno amplifiima notitia della terra Lemnia. Percioche per conofcerlafenfatamen & fua hilto- tc,cr perfeoprire lefalfità de i truffatori, chefino à quel tempo la contrafaceuano, nauigò egli due uoiteà posta 4 ° ria recitata fino nel luogo,oue ellafi catta nell’fola di Lemno, il qual hoggi uolgarmentefi chiama Staimene, come benifiimo daGal. lo dimoflra egli per lunga hifloria al ix. libro deUcfacultà.de i femplici, cofi dicendo. Sono anchora altrejfetie di terra,le quali hanno in fe miflura di diuerjì corpi,cr imperò bora fi ritroua in effe rena, cr borafafii: le quali fusbanzefi feparano, diffondendo la terra in tanta quantità d’acqua, che bajli perfarla ben diffoluere, & andar tutta inmateria liquida. cr come queflo cfattto, tutte le parti arenofe, crfaffofefe ne calano al fóndo, cr reità latcrrapuradi fopra. Vedefì queflo nella terra Lemnia, laquale chiamano alcuni rubrìca Lemnia, cr altri fìgik lo Lemnio,per ejfergli improntato déntro il figlilo confagrato < iDiana. Impercche una facerdotefia, nonammaz3 Zando, nefacnficando altrimenti animali ; maJfiargvndoin terra per placarla del grano e.dell’orzo, caua di quella terra con un certo honore della patria, cr portala nella cittadetdoue maceratala nell’acqua, cr fattone luto,in= torbidatalaprimaualorofamente ,crlafciatala pofeia per un certo fpatio ditempo dare al fóndo, ne caua fuori 5 ° tutta l'acqua, che ui nuotafopra, cr toglie tutto il luto, che ui ritrouafotto, lafciando però/lare quelfondaccio faffofo, cr arcnofo, come cofa inutile, cr daniente. Oltre à ciò diffecca pofeia quello luto, fino che fifaccia fi? nule di confiftenza alla cera : cr cofifattone picciolcfòrmetle, le fegna pofsia con il fiero figlilo di Diana .Il che fatto, le ripone di nuouoà feccare all'ombra, fino chefìdiffècchi tuttal'humidità, chcuirefla, cr fdcciajinoto à tutti i medici effer quello quel ftgiUo^hefi chiama Lemnio.Cofl chiamano alcuni quefta terra,per efferleimpreffo dentro coiai figlilo, come che anchora molti altri la chiamano rubrìca Lemnia per il colore roffo.Mae però diffe­ rente la rubrica Lemnia dalla terra Lemnia : imperoebe toccandofi la terra, non imbratta le mani, comefa larutrìca. Ritrouaft quella teirafidamente in Lemno in un colle tutto roffo di colore :cr in queflo tal colle non ttaftco no ne alberi, nefafii ,ne piatite . Enne di treforti : la prima è quella chiamata terrafacraja qualenon può toccare altri,che quellafolafacerdoteffa :lafeconda ¿quella, che ueramentefi può chiamare rubrica, la quale ufanofpeffo 6o ifabri de i legnami : la terza, per efferemolto afterfitta,Ìufano coloro,che cauano le macchie delle ueflintenta, cr defié lenzuola >doueglipiace • s u hauendo iogià letto in Diofioride >crparimente in altri auttori, che la terra

Lemnia


-

Nel cjuinto lib. diDiofeoride.

697

Lcmnia s'impafiauaconfungue di becco, cr che del luto, chefifaceti<t di quella mifiura ,faceva lafacerdoteja,cr férma* pofcia ìfiglili chiamati Lemnij, defiderattagrandemente di uedere il modo d'impalarla, cr la quantità del I4(ommiftione. Et imperò come non mi erariñerefeiuto nauigarc in Cipro per uedere cr i metalli, c r 1 materiali metallici, che uifi ritmano : cr cefi anchora andare nella Soria chiamata Caua,cr parte di Palcflina, per uedere il bitume, cr molte altre cofe ; cofi parimente nonmi rincrebbe nauigare in Latino, per uedere quanta quantità di fatiguefi metteje in tal terra. Et imperò ritornando io 4 Romaper terraper Thracia,cr Macedonica, nauigai pri mierámente da Troia Alejandrina neU'ifola di Lemno : percioche ui ritrouai una naue, che andana di lungo à Thef faionica. Et cofifeci patto, cr conuenni con il nauattiere,chcdouejeperilpajnggio aniuare all'ifola di Lemno. Il chefece ueramente egli, ma nonperò arriuò à quella città, che bifognaua. Accafcò quello, per non faperc io, *9 che fuffero neU'ifola di Lemno due città : mami credeua, che conte Samo,Chio,Co,Andro, Tetto, cr quafi tutte le altre ifole del mare Egeo, hannofolament? unacittà per una, nominata dal nome di tutta Pifóla ; cofi anchora fuffe neU'ifola di Lemno ,cioc, che uifuffe una cittàfola,chiamata Lemno. Md c(fendo quiuifmontato di naue, intefl, che quella cittàfi chiamaua Mirina ;cr che non era nella regione di quella città ne il tempio di Philoficto, nc man co il montefacro di Nettuno, ma nel territorio d'una altra città,chiamata tìepheftia : cr che tal città non era pro pinqua à quella ninna. Et cofi uedendo,che’l nauatfiere nonmi potettiaffettare, dtjcrij à uedere queña Hephe* fila, quando ritornai da Roma in Afia. Il chefeci dipoi fecondo che io haueuapropollo. Percioche cfìndo io un* dato d'Italia in Macedonia, crhauendola già trapajuta tutta per terra, dr cofi ejfcndomcncfinalmente uenuto à P hilippa, la quale è uicina,CT propinqua à Thracia, ma ne[cefi di quindi uerfo il mare»il quale era difeofio di là cento uenti fiadij : cr primieramente trapalai Thafo difeofio da dugentoftadij :cr di quindici in Lemno,che è piu aiunti fettecento,cr altrettanto uiaggio: cr poi da Lemno à Troia Alejandrina. Il uiaggio del nauigare,cr pari» mente la quantità degli ñadí], ho io qui neramente feriito à polla, accioche fe quale!) uno altrofi ritrouaje, che haueje quel deflderio medefimo,che ho hauuto io d’andare in Hepheffia,pojt,conofcendo ilfuo¡ito, determinare fi enrámente lafua nauigatione. I/jtutta l’ifola di Lemno adunque riguarda l'oriente Hephefiia,cr l'occidente Min» tu. Et imperò crederei io che’lpoeta prendeje l’occafione dellafauola,quando fcrije, che Vulcano, il qual chia* mano i Greci Epheflo, cafcò neU'ifola di Lemno, per la naturadì quel colle: percioche nell’apparenza èfimile à un monte abbruciato, nonfolamente nel colore, ma ancharaperche non ui nafeefopra cofa alcuna. In quefio colle adunque nel tempo, che io mi ritrouai, uennepure ungiorno fuori lafacerdoteju cr cofi batiendo prima fiarfo in terra una certa quantità d'orzo, er di grano, cr fatte alcune altre cerimonie ¡fecondo il cofiurnet di quella pa* tria, empifinalmente tutto uncarro di quella terra. Et batiéndola cofi condotta nella città, nc preparaua fuori Jo nel modogià detto, quelli tanto perfama degli huomini celebrati fìgilli Lemnij. Paruemi allhora d'addimandaret fe fi ritrouaje,che alcuno haueje Inficiato memoria,che per auanti simpatiaje quejla terra con[angue di becco. 1/ che udendo cofiorojubìto cominciaronofòrtemente 4ridere, er nonfolamente i uolgari, maanchara molti altri huomitti nonpurcneU'bìftoric dellapatria loro ; nu etiandio nelle aliene dottifimi. Oltreàquefto hebbi quiui un libro fiato anticamentefcritto da uno di quellapatria, doueJlconteneuano tutte le uirtk.cr parimente [ufo della terra Lemma. Et però non mi rincrebbe difarne efierienza : la onde ne riportai meco ucntimìlia figlili. Ma co • ^u-iaculc»' lui, che m idonò illibro, il quale era uno de i principali, ufauaquefio medicamento in molte cofe : ciò c all’ulcere vecchie, cr à quelle che malageuolmentefi confondano :al morfio delle uipere, cr d'ogni altra fiera. Configliaua cofiui, che ne 1medicamenti ueletiofi nonfi doueffe dare auanti, madapoi. Etaffemaua battere ijer intentato, che quel medicamento, che per entrami le bacche del ginepro,fi chiama Diaginepro,nel qualefi metteua dentro la ter» 40 ra lemma ,prouocaua il uomito, quantunquefi togliej e egli dapoi che il uelenogiàfuje attaccato atlo flomaco. 1/che habbiamopofcia iffermentato anchora noi in alcuni, che haucuanofojfetto d'hauer mangiato il lepre mari» tto, crle cantarelle : imperochefubito che hebbero beuuto il medicamento compoflo con la terra Lemma»1tornita• ronofubito ogni cofa, di modo che non lor uenne dipoi alcuno accidente dì quelli, chefogliono feguitare à tali uc* leni, quantunquefujero congiunti quefti mortiferi medicamenti infierne. Ma fe quel medicamento, che fi fa con frutti di ginepro, cr di terra Lemma, habbid quefie uirtù medefime contra i ueleni mortifiri, io neramente noi fio. Ma quello tìepheftiatto l'ajermaua per cofa certa, di modo che diceuafanarfl coloro, chefujcro flati morfi dal can rabbiofo ,fc [battejero beuuto con uino inacquato, cr l'hauejero applicato di fuori in fui morfo con fòrtifiimo aceto. Et che ciò faceua egli parimente nel morfo, cr nellepunture di tutti gli altri animali uelenofl, mettendogli folamentefopra confiondi iherbe, la cuifacuità è di refiftere alleputrcfattiom.Et primamente lodava lofioràio, fo cr pofcia la centaurea minore, cr dipoi il marrobio. Gioua(comc noi habbiamo efierimentato) all'ulcere maligne, CT maUgeuoli dafiliare mirabilmcnte'.cr itfitflfecondo che ricerca lagrandezza della malignità, che ui firmo* va. Imperoche doue l'ulcerefienopuzzolenti, rilajate, fordide, cr molli, in tal cafo fi ricerca, che la terra Lem* niafi rifolua confòrtifiimo aceto, cr pofcia utfi mettafopra. Oltre à quefio la terra Lcmnia dijoluta nell’aceto,ò nel uino,ò nell’acqua,ò nell’oximelcfi neü'oxicrato, ouero nel melicrato, diuentafalutijìro medicamento per con» folidarc leferitefiefihe, crfimilmente le uecchic,contumaci, cr malageuoli daconfolidare. Il che fa parimente ogni altra terramedicamentofa. Qjiefto tutto della terra Lcmnia dije Galeno. La ondefi può ageuolmente coniet turare,che la terrafìgillata,chefi ci porta ài tempi nofiri per elettifiima, improntata con quel flgiUo Turchefio, el[¿ie |a tc£a non è la ucra,cr femplice terra Lemma.percioche ( come per ¡'hifioria recitata da Galeno fi uede) èia terra Lem- Lemma. nia rubiconda molto, cr la terrafigiUata de i tempi nofiri è di colore incarnato. I/che arguifie manifefiamme, 60 eliellafia contrafatta con altra terra. Et imperò panni di dire infierne con molti altri buoni autbori de i tempi no» ftri, che la terra Lemma pura, cr finterà nonfia altro, che’l bolo Armeno, il qual chiamanoglifistiali Orientalt: imperoibe ho io per certo, che quefio tal bolo nonfi ci porti d’Armenia, oue il nero, cr [Incero bolo fi ritratta,ma Nn duU'ifiU


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Inganno de i mercatanti Turchi.

Bolo armeno faiteo da G a leno.

Pietra Bczabar, & fila hi B oria, & fa­ cilità.

Pietra genera ta ne gii oc­ chi de cerui.

Difcorii del Matthioli

daU'ifoUdi Imito, chiamata à ì tempi noftri Staimene, da quello ifieffo monte, che commemora Galeno. Et im• però nonfipenfi alcuno, che quellofìa il nero bolo Armeno :percioche,oltre all'effere io chiaro, che nonfl ci por« ta d'Armenia, dico, chc'l nero bolo Ameno c nel fu >colore pallido, come Ìocfira, cr non roffo. Del che fa fide Galeno al 1x. delle facilità de i[empiici,al capitolo della terra Samia,coßdicendo.Oltre à quello, mentre che ha durato questa crudeiißima,cr grauißtma peftc,m'é ¡lata portata una terra i'Armenia,di quella parte ciò è,che con? fina con Capp-adocia, molto dijfeccatiux.cr di pallido colore, chiamata da colui, che me la donò,pietra, cr non ter > ta. Quellafi disfa ageuolißimamente,come fa proprio la calcina. Et cofi come in quefia non fi ritratta alcuna par te arenofa,cofi parimente nonfe ne ritrouansR' Armcntca.il chefa mxnififia fide,che altra cofa fìa il bolo Arme? no,che queflo,che fatto tale ombracifi porta. Ala acciochefi di[copra quejld magagnai dafapere,cbe coloro,che in Lemttofanno quefia mcrcatantia,fapendo che'l uero bolo nonfi ci porta etArmenia,perfare d'una cofa medefima 10 due diuerfi guadagnile ueniono la terra Lemula pura inpezzi fetiza altro figillo per il bolo d’Armenia,ma ia por? tano prima in Confianìinopoli, per darne meglio ad intendere, che la portano d’Armenia per lo mare che chiamano maggiore. Et quefia medefima maturata d'altra terra, per alterarle il colore,ne dannofigiU.ua,perfarci credere ch’ellafia di quella¡chefino al tempo di Galenofi figillaua con l’impronto di Diana. Ala eflèndofi già jcoperto ilfio do, perfaperfi chiaro, che tal bolofi ci porta di Lemno, er per ritrouarfl al gufto,che la terrafigtllata dal ritrottar= figli dentro unpoco difiottile arena,con cui la mifturanofin poi, c una medefima cofa con quello, che chiamano bo= lo, ufano coloro chefanno kenißimo la cofa, per la terra Lemma non la terra figülata ; ina quella, che chiamanogli fbetiali bolo Armeno orientale. percioche quefto c quella uera, pura, fincera, er netta terra Lemma, cFe antica? mentefi ucndeuaftgitlatx. Et però affino benegli occhi i diligentißimi medici per effer cofa difficile ( come ferine Galeno al primo degli antidoti )àconofcer la uera terra Lemnia dallacontrafatta. Scriffcdcl noto a r m i -:= io no Galeno al luogo predetto,cofi dicendo. Vale la terra Armenia primamente alla difenteria, er altri flufii del corpo,à gli¡futi delfitngue, à i catarri, er fi* ulcere putride della bocca. Gioita marauigliofamente à coloro, à i quali difendono dal capo flußi infu’l petto : cr imperò gioitagrandemente à coloro,che per tal caufa malageuol» mente reffiirano. Confirifce d i thifici :percicche diffecca l’ulcere loro, di modo che non gli lafcia toßire, fe non fanno qualche difordine nel uitto, ouero che l’aere,che ne circondatoli permuti la temperatura■ Et però mi pare, che come ho ueduto nelle fifioledel federe, non folamcnte delle altre parti del corpo ,fenzametterui dentro altro collirio, il quale habbia potcftà di leuarne uia il callo, er la putredine, ejfere {late con quello dijfeccatiuo medica mentofolamenteferrate, crfaldate ; cofi anebora pojfa interuenire nell’ulcere del polmone : er maßime uedendofi, che i medicamenti dijfeccatiuigli gioiiano ; intcndendofi dcR'ulcere però mediocri,cr nongrandi. Et imperò fi fio? no ueduti alcuni, che hannopatite tali ulcere, che del tutto fi fono rifiutati. di modo che alcuni, i quali per curarfi 50 di tale infirmità erano andati da Roma in Libia, er crèdendofi finalmente d‘effer Uberi, per ejfere Itati alcuni anni fenzafentirc tal nocumento, per non hauerc ufato il debito reggimento,di nuouo ricafcarono in tale infirmità di poi mone ;furonofinalmente curati con il bolo Armeno : er molt 0piu prefio anebora fi fono curati coloro,che {tanno in Roma, cr che patifeono lirettura di fiato. Oltre à quello tutti coloro, che in quefiagrandißimapefie, la quale non èfiata punto dißimile da quella,chefu commemorata da Thucidide, hebbero di quefto medicamento, prefiofu? vano liberati. cr tutti coloro, à cui non uolfegiouare, fubito morirono ; perfioche altro non lor puote giouare. Il perche fi può dire, che non giouò à coloro,che morirono,per effere flati neramente incurabili. Reuefi con uìno bianco,fiottile, cralquanto inacquato ,doue peròfìa ninna, .-òpochifiimafèbbre : ma altrimenti con nino 'molto in acquato. Ma nellefèbbri pcftilentiali nonfi fente moltogran caldo. Quefto tutto del bolo Armeno dijfi'e Galeno: quantunque ài noftri tempi nonfi porti in Italia. Ma hauendomi il bolo Armeno,crla terra Lemnia,per effer co? 4 ° femolto appropriate contra tuttiiueleni, ridotto à memoria lapietrd b e z a h a r tanto celebrata dagli Arabi, ne dirò qui(non offendo Hata conofciuta da Diofcoride,ne dagli altri Grecijper uniuerfal beneficio di tutti,quanto n’ho ritrouato fcritto dagli Arabi. Et però dico,che quefia c antidoto infallibile perfua ffietid uirt'u contra tutti i ueleni,chefi ritrattano al mondo : imperoche glifupera,cr gli uince tdnto tolta per bocca,quanto portata addoffo in luogo,che tocchi la carne neüafiniftra parte del corpo. Ritrouanfene digialle,di poluerofe, er di quelle, chepar tecìpano di tierde.cr di bianco. L’elettißima è lagialla, crdopo effala polucrofa. AIaè però ben da auertire di no ingannarfi :percioclie molte uolte uendono i truffatori alcunepietre, che moltofc gli raffomigliano,di niun ualo? re. LoioUa neramente molto Rafis,per batterne egli uedutogli effetti,cofi dicendo. La pietra chiamata Bezahar è tenera, di color giallo,fenzafitpore alcuno. la cui proprietà è difupcrare i ueleni : cr io ne ho ueduto l'iffierienza due uolte contra’l napello. Era quefia di color citrino biancheggiante,come di uino, lifcia, cr ¡filondente, come un 5° lume. Il perche poffofare io uero tefiimonio d'hauer ueduto due uolte di quefiapietra molto piu [ufficiente ijfierié Za,che dogai altrafempliee qual fi uoglia medicina : immo molto piu,che mai nonho ueduto di tutti gli antidoti,cr di tutte le tbcriacbe. Diccua oltre à fio un'altro grande Arabico. Ioho uedutola pietra Bezahar d’Almirama cu? flodc del tempio di Dio :il quale per kducrla, dette in contracambio un palazzo nellacittà di Corduba, nel princi? pio dellaguerra. Quefia adunquec di tanta uirt'u,che data à bere al pefo di dodici grani ne i morfi de i ferpenti piu uclenofi,oueramcnte poluerizatafiopra alla morfura,liberafìcuramente dalla morte, cacciando con impeto il uele= nofuor del corpo tutto per[udore ; cr il medefiimo opera anebora, quando tenendofi in bocca,fifucebia alquanto di tempo. Aia in uero malageuol cofafiando le cofe predette, crelo che fia àritrouxr la uera. Scriiiono alcuni al? tri generarli una altra Pietra,fìmilc in tutte lefueuirtù alla pietra Bezahar,negli occhi de i cerui, cr congelar ui/i di lagrime .dicendo, che nelle parti orientali, quando hanno icerui mangiato i ferpenti per ringioucnirfl >60 udendo fupcrare la fòrza del uetcno,ft mettono per alcun tempo fott'acquaneUe fiumare fino alla tefta: dotte fiondo in quefto modo, lor lagrima fuor per gli occhi un certouifcofo humorc, il quale finalmente fi congela in pietra,


Nel quinto lib. di Dioico ride.

699

pietra, fintile difintiti quafl aduna ghianda. Quefia neR'ufcire i ceritifuor deifiumi, fl (ficca (come dicono )per feftefla, cr cafca in terra : otte uìene pofcia ritrottata dacolorante 11attendono. Il chefefattolafio, oueramente bifioria, coloro lo determininole piu di mefon periti nelle cofe naturali. Chiamano i Greci la terra Lemma, A»[¿víct >»A A«fwtf (UKZ'oiA <r$d.yís : j Latini, Lemma terra, Lcmium figiOum, cr Lemma rubrìca :gli A ra* l i , Teri macbtim, cr Thm \mchtum ;lì Spagnoli, Tierrafetlada. Nomi-

D e l Calcantho, ouero Atramente»Tutorio.

Cap.

LXXIII.

Lo atra mento Tutorio è generalmente un folo, tenero ,& condcnfato: ma infpetie è di 10 tre forti. Vno ciò è, cheficongelaincertecauerned’humori,chegocciolando ui colano: &imperò dacoloro.che inCipro fannoi metalli, èchiamatoilillatitio. Pcteelìo lo chiamaPinario,&altri fiala ético. 11fecondonafeeiemplieementenellefpelonchc, il qual poi tramutato incerte follecauatc in tetra, ui fi condenfadentro :& quello èchiamatopropriamente condenfato. 11terzochiamanoeoa étile,&quellofifuol fareinHifpagna:maè inutile,&di poco ualore. 11 modo di farloè cofi. Infon­ dono coloro, chelo fanno,nell’acqua, &lo cuocono, & pofcialomettonoincertelor lagune.douc lafciandolo perifpatiod’alquanti giorni, ui fi congelafcparatamentcindiuerfeforme,limili i i dadi, lequali fi congelanoinfierneinformadi racemi. L’ottimo fi credeeiTercil ceruleo, graue, bencon* gelato , trafparente, come èquello, chechiamano ilillatitio ,& altri lonchoto. Il fecondoinbontàè j1 congelato. Il codile perfare tinture, & nigrimenti,è ueramentepiuatto di tutti gli a!tri:comc che 10 l’ifperimentonedimoitri elfereegli nellemedicine manco ualorofo. E coflrettiuo,caIefattiuo,& ulceratiuo. Beuutoal pefodunadramma,oueroinghiottitoconmele,cacciafuor de! corpoi ucrmi ni larghi : prouocail uomito. Beuuto conacqua, giouaàcoloro,chehaueflcromangiati i fanghi ma lefichi. Lalanabagnatainquello,che di giàcdiiTolutonell’acqua, meflafuperilnafo>purgalateda. Abbrufciafi come diremoqui di fotto, quando parlarcmodel chalciti. Chiamasi il chaleantiro uolgamente Vetriolo.Trottafene in Italia di dueforti : uno ciò c fatto dalla na• tura, chiamato Copparofa, affai piufòrte ter l'altro fatto per arte. Qjtcfto è piufòrte, cr mancofòrte, fecondo Vetriolo* le miniere, er i luoghi,doue nafee. Ma ueramentefi tiene , che’l Romano (quantunquefia piufmorto di colorerà fu, cuam.* tra tutte le¡ferie dell’artificiale il piu ualorofo. Tiene appreffoà questo il fecondo luogo il Cipriottof limato però 3 0 piu che tutti dagli antichi. imperoche’l Tedefco, quantunque per effer di beUifiimocolore ceruleo, habbia piu ap» parenza all'occhio ; nondimeno in ognifua operatione,ó fia per fare acqua fòrte,ó fiaper tintura di panni, fi ntro ua efferfatatamente affai manco ualorofo :onde moltififono ingannati, uedendoìo all’occhio cofi trasparente cr bello. Ma è però da¡apere, che’l Vetriolo è unaf ifianza minerale, che ha affai fimìlitudinc con quella dell'ahimè. E' mordente algufo, offro,pungltiuo, cr coftrettiuo : cr imperòpare a molti, che contenga infe proprietà di fol fò, diferro, cr di rame, operatione d'alume, acutezza difai nitro, cr ¡lecita difaìe. Le cane dellafua miniera, co me fon quelle di Muffa città nella noflra maremma di Siena, cr d'altri luoghi del noflro contado ,fonfempre quafl per la maggior parte in luoghi faluatichi in alcune natii. Lafua miniera cpiu prefio terra,che pietrami colore ber tinofmorto, con alcune macchiegialle, come ruggine di ferro, cr alcune uerdi,¡imiti al uerde ramc.Efihala da tal miniera quando cfotto terra, unfetidifimo, cr acntifimo uaporc, quafl fimile à quello delfolfo. cr imperòfi ca* 40 ua Uftta miniera à caua aperta : perciochefefi doueffe catture nelleSpeloncheSotterranee, comefi cauano i metalli, gli arteficififoffocarebbone dalfuo tanto acuto, crfañidiofouapore. Cauafl adunque quefìa terra ,crfajfene Mododi fare fopra unaaia unmontegrande,chefi diflende in lungo, cr cofifi lafciaper cinque, ouerfei mefl à macerarfi alla piog il V ctriolo già, alla rugiada, cr alfole: uoltaft però qualche uolta con le zappe, accìoche megliofi maceri la miniera. Mapaf moderno. fato il detto tempo, ui fi fabrica fopra una capanna, crcoprefi talmente, che piu non ui poffapiouere : cr cofi fi lafcia fiare altrettanto tempo, tìafii dipoi unluogo,doue(la commodìtà d’acqua, nel qual fi fabrica al coperto un bagno lungo ucnti ouero uenticinque braccia,largo dieci,ouer dodici, cr alto quattro. Et quefio tal bagno s’em pie alquanto piu di mezo dipurifiimaacqua, cr pofcia ui figitta dentro apoco à poco tanta quantità di quella mi mera preparata,che pare à gli artefici,che fia bafianteicr cofifi mefcola molto bene infime, cr pofcia fi la= > feia tanto ripofare, chele parti terrefiri uadanoal fóndo,cr che l’acqua Unenti ben chiara : cr cofi pofcia fi fiu• 50 rano certi pertugi ,i qualifono dalíuna bandadel bagno, alti peròquattro ditafopraalla feccia .crcofi fifa paf fare tutta quella lifcu, ouero acqua chiara, carica di ¡ofianzadiVctriolo, in una confcrua fatta à polla dall’una delle bande del bagno, cr di quellafifa il Vetriolo. Vrcnionla adunque coloro, che ne fanno l’arte, cr mcttonla in certe caldaie di piombo (impcroche ninno altro metallo uifi può mantenere) muratefopra certi fòrneUr. cr cofi la fanno bollirefino à un certo termine,cr pofcia per ogni caldaia metton dentro una certa quantità difèrro, ouero di rame, quando lo uoglionfare di colore, cr di bontà di tutta eccellenza, i quali met alli del tutto ui fi diffóluono : cr fanno cofi bollire , fino che toltone ilfagio, conofeono, che fia cotta à baftanza. Et cofi all'bora le tolgono il fuoco, cr Idfcianla alquanto ripofare nella caldaia, accioche cauandonela troppo preño,il piombo non fi Iiqucfa<¡ coffe per lo color del fornello. La tramutano poi à in ritte, ò in caffè,0in alt ri uafi di legno, dottefi cengela,come fa anchoral’alume dirocca,cr quella,che nonfi congela,la ritornano nel primo bagno,cria ricuocono. Maaltrimen 60 ti era l'artificio di quello,che anticamentefifocena in Cipro, di cuifcriue 1bifioria Galeno al 1x.dellefaculta de i ¿ f*ihíftori» ¡empiici, cofidiccndc. Houeramente ueduto io trafmutarfi il Chalcantho in quello, che fi chiamachalciti. Por* rccjt.w ^ tai già io di Cipro di chalcanthog randifiimaquantità, cr quello, che mi auanzò dapoìucnti anni,fi conuerti tutto Canno. Nn 1 inchah


TOO

Difcoríl del Matthioli

in chala'ti, quantunque dentro nel mezofuffe anchora chalcantho. Et impero lofemó anchora apprcffo di mefino ¿ queño prefentegiorno,per uedere, che con proceffo di molti atmiß trasformi tutto inchalciti, come fi permuta ànckora il chalciti in miß. Oltre à queño non è poco dantétrauigliarfì,comefix in quefio medicamento una mifittra ¿una caliditàgrande, con una ttalorofifiimafacultà coñrettiua. ¡I perche c mniftfiofbc può egli piu, che ogni altra cofa confcruare le carni humide :percioche con la calidità rifolite egli l'bumidità loro,®- con la uirtù coßret tiua ritira, ® ferra lafuñanza loro : con la quale operationefireme anchorfuori alquanto dell’burnirti predet ta. Coñrignc, diffecca, & ritira infe tutta la fufixnzx della carne. Il modo di ricorre: & di fare queño medica* mento,nidi iofatatamente in Cipro, al tempo che mi ui ritrouai- Era in quel luogo una gran cafa, ma baffi, di nn* contro dlïentrata della miniera, ® nel monte,cheß contencua conia cafa,appreffo allafacciata ßnißra ,®defira à chi entrxux dentro, era cauata unafpelonca tanto larga, quanto toccandoli ui potefferoßare tre kuomini,® tan 10 to alta, che ogni grande huomo ui poteffe caminar diritto. Non era il camino diquefta caua piano, ma andana del continuofendendo, ® in molti luoghi ß ritrouaua rouinato. Et quifi nel fuofine in dentro uno fiadio,era un la-, go d’acqua uerde, ® groß, di fußanza, al toccare tepida. Et nel primofendere della caua fi [entina un calore fi mie a quello, chefifente nelle primeflxnze de i bagni. Difilla gocciolando l'acqua da diuerft pertugi di quel col* le , di modo che ogni uentìquattro borefe ne ricolgono quaft otto amphore Romane. Quella acqua portammo po feia alcunißrzati in cathena nella cafa di fuori aiunti all’entrata della caua, mettendola in certe pifeine quadrate fatteàpoflt, nelle qualifra pochi giorniß congelatici, ® diuentaux chalcantho. Parcuanti chegiu alfine dellaca ucrna, douefi rìcoglietu quefia acqua tepidafife una ariafofficatiua, ® malageuolc da tolerare, d'odore ucra= mente di chalciti, er di uerderame : er queüe medeßme qualità dimoßraua parimente l'acqua nel gufarla. Il per che fiauano ignudi la dentro tutti quelli ¡orzati, cr portauano uia quelle amphore con gran prefezzatimperoche 10 non poteuano fopportare di fami troppo fermi : cr impero andauano, cr ritornauano con molta fretta. Erano accefe nella editaper mediocri interuaUi le lucerne, le quali non ui durauano troppo lungo tempo»: percioche prc* frifiimamcntefifiegneuano. Et fecondo che quiui inteß, era quefa fpelonca ñata cofi canata co’l tempo di molti anni daloro, i quali mi diceuano in quefiafirma. Qucfidacqua,che tu uedi cofi uerde, che difilla da quefio mon= te in quefio lago, ogni giorno ua mancando. Et impero quando quaftpiu non ne uiene ,fubito i forzati caminano cauando piu alianti nel monte : cr interuienc qualche uolta, che quello, che cauano, lor ruina addoffo, cr ammaz= Zagli tutti infierne, er cofiferra la mina tutta la uia. Il che quando accade, cofrigne, chefi faccia una altra uia, fino che s'arriui, oue difilla l’acqua. Et quefio è quanto del Chalcantho poffo per mila narrare. Ma ricordanti, che io ho detto, che dallaparte finiñra dell’entrata nidi la miniera del fori, del chalciti, cr del miß. accioche fi poffa confiderare, che l'acqua, che pioucfopra quel monte, bagna,® lana tutta quella terrari cui fiontaneamen 30 te, cr muralmentejifa ilfori, il miß, il chalciti : cr artificialmente nelle firmici il rame, la cadmia, la pompholi ge, lo¡podio, c’I diphrige. Quefio tutto del Vetriolo, ò uogliamo pur dire Chalcantho, fcrijfe Galeno. Perla cui dottrina fi può ageuolmente conietturare, che quell'acqua uerde,che continuamente dtftittauain quella cauernd.no era altroché acqua di pioggia. La quale penetrando,® trapelando per le porofità di quel monte,il qual doueua ra gioneuolmente per li molti uapori delle miniere,che conteneua infe,cffer molto raro,® porafo,lauaua paffando,® portana feco tutte le parti piu fiottili del chalciti, del miß, ® del fori, ® parimente della miniera del rame : ® in un medefimo tempofaceua quefio effetto, ® fi cuoceua nelle uifiere di quel monte con il caldo de i uapori folfirei, bituminoli, ® metallici, che ui circulauano dentro :di modo che quando diñillando cadena in quel lago,era cofi eoe ta, come quella, che à i tempi noñri fi cuoce nelle caldaie. Et però fi condenfaua pofiia in quelle pifiine fatte à po fa in quella cafafuori della caverna,finza altrimenti cuocerla. Neera bifogno perfarla congelare, metterui den* 4 ° tro à diffoluere ferro, oueramente rame, comefi fa nel far quello de i tempi nofiri : percioche paffando per la mh niera del rame,fi neportauafico buonaportione : comefaceua di ciòfirmo argumento il color uerde, che ritenevi inlei. Et imperò diremo, che'l Chalcantho di Cipro era una materia congelata,nella qualefi conteneiuno le parti piufittili del chalciti,del miß, delfori,® del rame. Et queño dimoftra apertamente Galeno, quando dice. Ma ri cordarati,che io ho detto,che dalla partefìnifira dell’entrata nidi la miniera delfori,del chalciti,® del mifi. accio» chefi poffa confiderare,che l’acqua,chepioucfopra quelmonte,bagna, cr laua tutta quella terra, di cui fon tanca* mu te, ® naturalmente fifa ilfori, il mifi, il chalciti :® artificialmente nettefornaci il rame,la cadmia,la pompho iigejof odio,e'Ldiphrige. Quefio medefimo ho anchor io notât jinalarne calie di Vetriolo nel territorio diTren to , douefi per cofa certa chefi ritrouano copiofì il chalciti, il mifi, ® il fori. Al che non hauendo auertcza il Era Errore del fruold,huomo però de noñri tempi dottifiimo, mentre che uuol taffar Galeno di poca aucrtenza,tuffa apertamente ) ° Braiauoa. ^ ß cjfi maniffia ignoranza. Percioche effiminando egli quel paffo di Galeno,doue recita,che quel fio chalcan» tho portato di Cipro invecchiandofi diuentò chalciti, dice, chefa il medefimo anchora il nofiro Vetriolo : ma che. diffoluéndofì nell’acqua, ® ricotigelandoft, ritornamedefimamentein Vetriolo : ® imperò non effirc egli uero chai citi :cr che quefio non auertì Galeno. Nel chefi conofic,cbe mal confideraffe, ® peggio intendeffe quello, che uo leua dire Galeno, quando dicetta,che l’acqua,di cui fi fa il chalcantho,lauaua la terra, di cui'fifa il chalciti, il nifi, e’Ifori. Impcroche non ttoletta dire altro Galeno ,fe non che’l Chalcantho era chalciti diffoluto datt’acqua.Et però fe’l chalciti naturale diuenta diffoluto in acqua Vetriolo,non ci dobbiamo marauigUircfc quello, che con lunghez* za di tempofi genera di Vetriolo,fa l’tffetto medefimo. Ne può à tale ragione oftare,fi diceffe qualcb uno, che l Ve triolo di Cipro nonfi faceuafilamente di chalciti,ma di mifi,® difori infìememente : imperoche(comc nelfiguente commento, parlando di quefiitre minerali fi potrà uedere)fono il chalciti,il mifi, e’Ifori difintenza di Galeno mate 6° fiali dunafette,® à'unafaculta medefima. Piu pezzi di Chalcantho bellifiimofatto dalla natura nette uifiere del U terrami mudògli annipaffuti daTrento maefiro Martino Gu¡dottino fietiale diligetifiimo attafietiaria dell’infi gnu


Nel quinto lib. di Dio fcoride

io

70 1

gnd del vecchio: tra i quali nera unpezzo il piugrande mcfcolato inßemecon miß,comr.effo con betUßüÜuirle della natura à laminaper lamina ¡'una[opra f altra, dividendo il chalcantbo il miß,er il mißil cbalcantbo per cjtt.it tro ò cinque ordini continui, che in nero dilettava non poco all’occhio il uedere fcintiUar d’oro il mißtra quei bel uerde trasparente del chalcantbo. I/chefa grandißimo inditio, che cotal Cbalcantbofuße prima chalciti, il quale (come ferine Galeno) fiafempre[opra al miß. Neß maravigli alcuno, che per ejfere il Vetriolo molto corrofìuo, ¿r ulceratiuo,lo lodi, datoper bocca, Diofcoride a i ucrmini larghi del corpo, cr al uelcno de i ßnghi malefiche hnperoche è parimente in ufo a i tempi nofiri per tali,cr maggiori effetti f olio acutißimo, chefé ne cauaper lant bieco : er parimente la Copparofa preparata, ciò è discinta nell’acquarofada,colata, cr ricondenfata tre, ó quat* tro volte, per lapefte, cr perfar uomitare tuttii ucleni mortißri. chiamano i Greci il Chalcantbo,XaMu-rSov• ì Latini, Chalcanthum, cr Atramentumfutorimn :gli Arabi, Calcanttim, Calcant, Caleani, cr Alcalcadis ’■ i Tedefchi, Kupftr uuaffer : li Spagnoli, Caparofa :i k'ranceß,Coperofc.

D el Chalciti.

Gap.

LXXII1I.

Q v e l Chalciti piu fi loda, che è limile a! rame, frangibile non iaflbfo,non uecchio,& quello,in cui difeorrono alcune lunghe,& fplendenti uene. Ha uirtù nfterfiua, calefattiua, & ulceratiua. Mon difica quelle cofe,che fono attaccate à gli occhi, & à gli angoli loro. E generalmente connumerato il chalciti tra quelle cofe, che mangiano leggiermente. è ualorofo al fuoco fiero j & a l l ’ulcerc, che Hannoferpendo. Riftagna inficme con fucco di porro il fluffo del fanguc del nafo, & della madrice. 4 0 Ferma poluerizato i difetti delle gengiue, l’ulcere che pafeono la carne, & i difetti delle fauci. Brufeiato, & trito con mele c neramente molto piu utile nelle medicine de gli occhi : fminuifee le callofi tà, & ruuidezze delle palpebre : & meifo nelle fiftole in modo di collirio, le fana. Fasfi del chalciti quel medicamento, che fi chiama Pforico , togliendo due parti di elfo, Si una di cadmia,& tritando gli polcia, & impaftandogli con aceto. ma bifogna poi metter tutto in un uafo di terra , & coprirlo , & fotterrarlo nel letame nc i giorni canicolari per quaranta giorni continui : pcrciochc coli diuenta piu acuto. Il cofi fatto ha le uirtù medefime del chalciti. Altri prendono tanto dell’uno, quanto del l ’altro,& tritangli,& impattatagli con uino, & pofeia fanno ilmcdcfimo. A bbrufeiafi il chalciti in un uafo di terra nuouo,mettendolo fopra àgli ardentisfimi carboni. Il modo d abbruciarlo per le co fe piu humide.è per fino che habbia finito di bollire,& che fia perfettamente fecco :& per tutte Val, D tre cofe,fino che fi muti in florido colore, & che diuenti di colore fiinguigno, ouero di minio. Deb 3 befi all’hora tor uia dal fuoco,& foffiare uia co’l fiato l’immonditie, & riporlo. Abbrufciafi anchora fopra à carboni accefi co’l mantice.fino che diuenti pallido ; ouero in uafo di terra meifo l'opra à car­ boni accefi, Se mcfcolandolo ipeflo, fino che fi brulci, & muti colore.

D elM ifi.

Cap.

LXXV.

D ebbesi eleggere quel M ifi, che nafee in Cipro, che fi ralfembra all’oro,che è puro, & chenet romperli fcintìlla di color d’oro ,& rifplende a modo di (Iella. Ha le uirtù medefime del chalciti, & abbrufciafi nel medefimo modo,eccetto che di lui non fi fa il pforico. E differente nella fua fpe40 tic fecondo che è piu, & manco buono. Quello, che nafee in Egitto, è il migliore di tutti, per clfer * molto piu ualorofo : quantunque per le medicine de gli occhi fia manco ualorofo del predetto.

Della Melanteria.

Cap*

LX X V 1.

L a m e l a n t e r i a è di duefpetic : unaciò è , che fi congela,come fail fale, nelle bocche dellé cauedel rame : & l’a/tranella foperficiedi fopradelledette cauc, laqualecueramente terrei! re. Ri trouafeneanchorain Cilicia,& incertealtre regioni di quella, chefi cauamineraledi propria terra. L a migliore è quella, che’tiraal coloredel folfo,lifcia,dura)Uguale>&che tocca con acqua,fubito diuentanera. Ha lauirtùmedefimaulceratiua, chehail mifi.

D el Sori,

Cap.

LXXVIT.

H a n n o , errando, (limatoalcuni,che’l Sori fialamelanteriatimperoche’l fon e di fuafteflànaara, manondisfimileperòdaquella.il fori hapiufailidiofo odore, con il quale muoue la naufea.. litrouafi anchorainEgitto, &inalcunealtre regioni, come inLibia,mHifpagna,&mCipro. I te ,cil principatol’Egittio,& masfimequello,che rompendoli edentro nero,fpugnofo, gnigno, co lreuiuo,& cheodorato,&beuuto refpira di failidiofoodore,&cheper ciò fa uoltarclo Aomaco. duello,cherompendoli,noncoli fplende»come fail mifi, edacredere, che fia & di pocoualore,& ¡altra fpetie. Ha leuirtùmedefime,chei fopradctti,&f.milmente s’abbrufcia.Me^onellcconca dei denti guattire Iena uiail dolore, &fermaquelli, chefonofmosfi :Affollilo conuino, & 60 aità aironecrifter^guarifce lefciatiche :ungefi conacquapertor uia1quofi. mettefi"C‘ ^ S b ia tè hefannoneri i capelli. Tutte quali quellecofe,&parimentelealtrochénonfono fla eabbruciate,^


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Difcoril del Matthioli

fono piu ualorofedelleabbrufciate, eccetto il falc.Iafecciadel uino,il nitro, la calcina,& fimili ¡le, quali crudefonopiudeboli, & abbrufciateaffai piuualorofe. Chalciti, Mi (ì,Melateci,, Se loroellàtn-

h c hai , c i t i , il Miß, e’I Sori nonfi portano <ii tempi noñri in Italia. Et quantunque in piu miniere, ouefl Caua il rame in Alamagna, habbiafatto io non poca diligenza di uolergli rintracciare, er non ue n habbia po tutQ uej cr m jfogno ueruno;nondimeno ho uedutogli annipaffati un pezzo beüißimo di Miß,mandatomi daTren to damaeßro Martino Guidottino frettale diligentísimo, cr moltoßudiofo dellafaculta de/empiici, il qualefeintiüaua,cr rifrlendeua come l'oro. Vedsuafl in quefio daunabanda il Chalciti, il Sori, er parimente il Cbalcantho fattoui dalla natura con bellißima arte. Fu ritrouato (per quanto egli miforiffe )in alcune cane di Vetriolo in fu i territorio di Trento tra certe montagne uicine à Lieingo di ual Sugana. Onde é dafrerare, che in breue tutti queñi 19 medicamenti s'habbiano da ritrouarc copiofi. Ma della Melanteria hogià ueduta affai er nelle bocche decentrate delle caue de metalli, erparimente nelle uolte difopra : quantunque eUa nonfa in confideradone di coloro,che ca* Errore del uano ¿meta¡]i, credefì il Braftuola,huomo neramente de tempi noftri dottißimo, che'l nero Miß fia il vetriolo Brillo a. j^omano. il c]ìe ì„ modo alcuno non corrifronde al uero : percioche oltre al non effere eglifimile nel colore all'oro, Cr nongittarfuori nel romperfifcintiüe d'oro, ma di uctro, è cofa manifesta (fecondo che ne fa teflimonio Gale« no )che’l Miß è un minerale,che nafeefrontaneamente perfeftefjo nelle uifeere della terra, er non cofa artificiale. Il che dimoflró egli al i x. libro dellefaculta de i femplici nellafine del capitolo del Chalcantho, cofi dicendo. M <t ricordanti, che io ho detto, che l'acqua,che piouefopra quel monte,bagna, er laua tutta quella terra, di cuifron* tantamente, er naturalmentefifa ilfori, il miß, el chalciti : er artificialmente nelle firnaciil rame,la cadmia, la pompholige, lo frodio, e’I diphrige. Et parlando del miß,del chalciti, er del fori, diceua, che entrando nelle ca* 19 ue loro uide trefiloni nel monte molto lunghi, come tre Uñe differentiale l’unafopra l'altra, er che lafuprema era di Miß, la mezana di Chalciti, er l’infima di Sori. Il che manifefiamente dimofira, che quefti tre minerali fono nelle uifeere della terrdfatti dalla natura, er che nonßfanno per arte,comefifa il uetriolo Romano. Dimoñraol tre a queño, che niuitafrette di uetriolo pojfa effere il Miß, il ritrouarß da Galeno, che’l chalcitifì trasforma in miß, er non il miß in chalciti. Et imperòfapendo noi er perfentenza di Galeno, erper efrerienza, che’l uetriolo Romano, erparimente di qual fì uoglia altra regione, inuecchiandofì,fì comerte in Chalciti, nonpoßiamo in mo* do alcuno affermare, che’l uetriolo Romano pojfa effere il m ifì. Ma piu prefiofì potrebbe dire con qualche miglior ragione che teneffe natura di Sori. percioche (fi di tanta autorità appreffo à i medici è Galeno ) cofì come il chai* MiG, Sori, citi fi trasforma inmiß; coß parimente ilfn i fl conuertc in chalciti. Et accioche que,lo piu manifiñamente ap* l o r o *h HlòrU P*1“ c^‘‘tro * sfinito >coft al ix . dellefaculta de i femplici, ns lafciòfcritta l’hifioria Galeno. Nelle miniere dei 39 fentta daGa metallidi Cipro, di cui hofatto pure boramentione, infuimonti diSola erauna gran cafa,appreffo alla cui de* leno. firnfacciata,cr finiñra à chi entra, era la uia, che feendeua in effa cauerna de metalli :nella quale nidi tre filoni, che andauano lungamente procedendo aitanti, comefafferò tre liñe l'una fopra all’altra : delle quali l'ultima erail Sori, quella di mezo il Chalciti, er quella difopra il Mi ß. Il che hauendomi moftrato il foprafiante delle miniere, mi difie, quantunque tu fia qua uenuto in un tèmpo, nel qualefiritroua qui cdrefiia di cadmia fatta nelle fintaci ; uedrai nondimeno di quefii tra altri mineraligrandifona abondanza. Etperò hauendóne pófcia tolto meco gran quantità, gli portai prima in Aßd,cr di quindipofeiagli tratisfirijà Roma, er honne hauuùfin bora, chefongià paffuti trenta anni. Horaaffaticandomi io d'aggiugnerc queño nono libro àgli altri otto paffati, fatti aitanti à que fio piu di uenti anni,parte per cagione di non hauere io uedutè alcunepietre,er parte per alcunefacéde, che in quel tempo mi accafcarono, mi interuenne in quefio mezo una cofa bellißima da uedere,comefefuffe fiatafatta da qual* 4° ch’uno con ifiudio, induftria, ergründe artificio. Percioche accadendomi bauer di bifogno del Miß per preparatione d'alcuni medicamenti, ne tolft un pezzo tanto grande, quanto poteffe effere piena una mano, ma affai era piu duro di quello Tchefuolc effere il Miß, il quale ageuolmente fì ñritola in fregole. 1 1perche marauigìiandomi di quefia infolitdfua condenfatione, ruppifinalmente il pezzo , er riguardandolo dentro, ritroliai, che quello, che era nellaparte piu efieriore, era come unfior¿mento : er fitto queño ui fi uedeua una altra lifta mezana di colore tra’l chalciti, c’I miß, cioè che parcua, chefuffe un chalciti mezo commutato in miß. Nel principio neramente tutto quefio pezzo eraflato chalciti :finalmente quellaparte di mezo era tutto uero chalciti, il quale nonera an* chor punto tramutato Alche come hebbi ueduto,z7 confiderato, penfando, che nafeeffe il mißfopra'l chalciti, co­ me nafoefopra al rame il uerdprame ; mi uenne alla mente di uoler uedere, comefuffe il refto del Sori, che mi auanzaua, per uederefe anchoraegli fì permutaffe in alcun modo in chalciti .Et coß ui uidi alcunifegni, che ueramen* Jo te mi aumentarono la credenza, che anchora eßo Sorißpoteße con lungo tempo trafnutarein chalciti. Et però non c marauiglia, che queñi tre medicamenti, ciò èfori, chalciti, er miß, fieno generalmente duna medefimafa * cultà, er natura :quantunquefieno di groffezza, erfottigliezza diuerfl nelle parti, er qualità loro. Il piu groffodilorocilfori,ilpiufottilecilmifi,o-ilmezanotra queñi due è il chalciti. Tutti tre abbruciano la carne, er inducono fefehara : mafono nientedimeno coñrettiui. Oltre à ciò il Miß applicato in fu i corpi duri, morde manco, che nonfa il chalciti, quantunquefia di lui piu calido : ma ha queño per lo beneficio dellafottigliez za dellefue parti. Veramente quantunque amendue quefii fi diffoluano nelle decozioni, er piu il chalciti, che’l miß ; il fori nondimeiro nonfi liquefa, per effere egli piufaffofo, er piuferrato :come anchorail miß, per effer piu dalfuo natiuo calore ajfottigliato, cr perconfoguente piu ficco del chalciti ;er imperò meritamente fl liquefa piu malagcuolmente. Et al quarto libro delle compofitiotti de medicamenti ingenere : Il Chalciti abbrufeiato ( di» 6o ceua )cr ridotto in poluere, er parimente il crudo e coß ualente medicamento, che applicato ulcera er f i ero# ila. Quello, che è lattato, diffecca manco, che il brufeiato, cr però èpiu piaceuole, cr manco mordace. IiMifi, 4

1

crii Sori


Nel quinto lib. diDioicoride.

703

CTil Sorifono d’atta iftcfffietie co l chaletti,cr fono prodotti daunamedefima materia :nondimeno il Miß è piu fonile , er manco mordace,& ulceramos il Sori ¿piugraffo, er manco dtjfeccatiuo de gl, altri due. chiù* inano i Greci il Chalciti Xa.hr.nit : i Latini,Chalcicis:gli Arabi,Colcotar,w Cholchotar. Il Miß chiamano ì Greci,Mi™ : i Latini,Mify.gli Arabi,Zeg,zr Zagi. La Melanteria chiamano i Greci, U te n ti* .: i Latini, Melauteria:gli Arabi, Bitirias,CT Mattina. Il Sori chiamano i Greci, J2 ® pv :i Latini,SoryigliArabi,Surie,Ala furie, cr Alfuri. D el Diphrige.

Cap.

Nomi.

LXXV1II.

I l d i p h r i g e èditrcfpetie. L’uno c minerale, il quale fi genera folamcnte in Cipro . cauafi quiui fangofo duna certa fpelonca : feccafi , com eècauato,alfoIe,& pofeia fi gii mettono intorno dei farmenti,& abbrufeiafi. & imperò fi chiama diphriges, ciò c due uolte abbrufciato.pcr eflcr pri­ ma arefatto dal fole, & poi cotto benifsimo da i farmenti. L'altro è una feccia, ouero fondaccio di perfettifsimo rame,& ritrouauifi fotto dapoi al gittarui fu dell’acqua fredda, come dicémo di fopra, parlando del fiore del rame,attaccato nel fondo della fornace, quando fe ne caua il rame: & queflo ècoftrettiuo come ilrame>& ha il medefimo gufto, Il terzo fi fa cofi. Prendono la pietra chiamata pirite,&abbrufcianlamoltigiorniin una fornace,come fi fa la calcina: & cornee diuentata ben ruf­ fa,la cauano fuori,& la ripongono. Sono alcuni, che dicono farli quello fidamente della nena del rame,quando fatta già arida fopra le aie.fi trafporta nelle foife,& ui s’abbrufcia : pcrcioche occupani® do egli all’hora tutto il circuito dellafoiTa,ui fi ritroua dapoi,che fenecauata fuori la pietra della ue n a . J1 migliore è quello, che ha fapore di ramc,& di uerderamc,& che coftringc,& dilfecca ualoro famente la lingua : & quello, che none mefehiato con ochra abbrufeiata,pcrcioche quella fi uende, quando c arfa, per diphrige. Ha il diphrige uirtù coftrcttiua, mondifica ualorofamcnte, aderge , dilfecca,& coni urna le fuperfiuità : confolidal’ulcere, che uanno ferpendo,& parimente le maligne, Incorporato con ragia di terebintho, ouero con cera,rifolue le polìemc. Il

diphrige,

che come unßndaccioß ritrouafotto al ramefufo nellefintaci,ho piu notteueduto io', Diphrige,&

er ricoltolo nelle¡beine di Perzcne infui Trentino, cr inpiu luoghi d’Alamagna, dapoi che haucuaricolto it fuaeflanun. fiore di effo rame. Ma quello, cheß cauafangofjdi quellafidanea di Cipro : quello, cheß fa dellapietra chiama $o tapirite : er parimente dellauena del rame, quandoper addomeüicarlajl ricuoce nellefiffe, non ho à i tempi no* firi faputo ritrouarè io : ne manco ritrouo, che fia commemorato da Galeno. il quale al 1x.dellefaculta de ifan* plici,coft nefcriffe,dicendo. Il Diphrige ¿ miño er nelle qualità,er nelle uirtùfue. Haneramente infeun ccr* to che, che ha mediocremente del coñrettiuo,cr mediocremente dcü’acuto.cr imperò c egli medicamento dellitlce ria '¡criccadà re ribelle, er maligne. Condußi di queño meco da Sola città di Cipro affai,dal luogo ciò è , oue fono le miniere, Galeno., difeoño dalla città quafl trentaftadij. Queño era gittato nel cortile della cafa, che eraedificata aitanti alle catte della miniera, er della uiUa,chegligiace difotto .pcrcioche diceuail fopraftantc de ì metalli, effere cofa inutile tutto quello, che oltre allacadmia ui fi ritrouaua : er imperòßgittaua uia, comefifarebbe della cenere delle le» gna, che s’abbruciano. Mafu qucfto però per me utilißimo medicamento cr all’ulcere putride della bocca, ap» piicato effofilo, ouero con melefiiumato tarulla[chi rantia, ciò è douefiagià ceffato ilfluffo per operatione del* 40 le medicine coftrettiue. Oltre à queño, quando mi c occorfi di tagliare l'ugola adalcuno,ho ufato qucftofilo dal principiofino allafine: or molte uolte ho cicatrizato con effo eccellentemente crin quella parte, cr parimente nell'ulcere di tutte l'altre membra ; cr cofi anchara in tutte Íulcere del federe,cr delle membra genitali. Mei che i'ufa egli nel medcftmo modo, che s’ufa iteti'ulcere detta bocca : impcroche qtteñe parti figodono de i medicamenti medefìmi, per eßere calide parimente,er humide.Et nel quarto libro delle compofitioni de medicamenti ingenere: il Diphrige(diceua)è attißimo medicamento nelle ulcere, cheperuitio de mali humori malagcuolmentcfi confili* ¿atto: imperochediffecca egli ualorofamcnte quantunquefta alquanto mordace. Oltre ì ciò hafaculta coñretti* ua,apprefio alla calidità chepoßiede. Chiamano i Greci il Diphrige,^ifpuyts : i Latini,Diphrygcs: gli Arabi, Diphrigis. So

D ell’Orpimento.

Cap,

L X X IX .

L o o r p i me n t o fi genera nelle miniere medefime,ouefi genera la fandaracha. L ’ottimo èil croftofojcherifplenda di color d’oro,che non fia mefehiato con altre materie,& che fi fenda uolcntieri in fquame, come èquello, che nafee ¡in Mifia d’Helefponto . D i quello ne fono di due fpetie. uno èquello,di cui habbiamo già detto d'altro è di forma di ghiande, pallido,& di colore limile alla fandaracha,& glebofo.Portafi quello di Ponto,& di Cappadocia,& tiene il fecondo luogo in bontà, Abbrufeiafi l’orpimento,mettendofi in un tcflo nuouo fopra à uiui carboni,mefchiandolo continua mente, fino che s’infuochi, & muti co!ore:& pofeia come è freddo,fi trita, & riponfi. Ha uirtù co­ ftrcttiua,& corrofiuaiabbrufcia applicato,& induce l’efchara có brufciorc,& uiolenza:rifolue le ere* 6 0 feenze della carne,& fa cafcare i peli.

Della

Nomi.


Difcorfi del Matthioli

7°4

Della Sandaracha.

Cap.

LXXX.

Qv_f.lla Sandaracha piufi loda, chec compiutamente roffa.pura, frangibile, di colore di cinabro>&che refpirad’odore uirulento di folto. Hale uirtùmedefime dell’orpimento, &coti parimen te s’abbrufcia.Incorporato con ragia,riempie di capelli i luoghi calui: & mefchiataconpece, faca­ dere l’unghie fcabrofc •'untacon olio,giouaàipidocchio(i:mefchiata congraffo, rilolucle portemette picciole.Gioua, incorporatacon olio rofado.all’ulcere del nafo,& della bocca,& al nalcimen to dellepuftu!e,& allepofteme del federe. Dafsiinfieme con uino mulfoàcoloro,che toflcndo fpUtanolamarcia. Faffenefumcnto infiemecon ragia,&toglierne il turno per unacanna,allatortean- 10 tica :lambendoli conmcle,rifchiara la uoce, & dafsi inpilulc acoloro chenonpofiono lenonmala geuolmente refpirare. Sono l'O r p im e n t o ,? ? la Sandaracha m in e r a li d 'u n i m e d e jìn u u ir tù ,& natura: n e n it r i d if f e r e n z i è in l o r o , O rp im en to, c h e F e jfe r e F u n o p iu c o t t o , er F n itr o m en o neUe u ife e r e d e tti t e r r a , o u e f i g e n e r i n o . I l c h e f a n n c h o r a , c h e fìa SàdarachijSc nette fa c u ità f u c F u n o p i u c h e l'a ltr o f o t t i l e . E t p e r ò d ir e m o , c h e la Sandaracha n on è a l t r o , c h e o r p im e n to p iu loco efiam. lu n g a m en te c o tto [ o t t o t e r r a ,

er p er ò a n ch o r a p iu f o t t i le

nette q u a li t à f u e . D e l c h e f i p u ò ch ia rire a g eu o lm en te

c ìa fc u n o . p e r c io c h e c u o c e n d o li l’ O r p im e n to f o p r a a u i u i c a r b o n i, in a lcu n u a fo d i terra ,o u e r o d i u e t r o ( co m e p iu u o lte ho iff e r m e n t a to io ) d iu e n ta r u b ic o n d ifiim o , d itta n atura

: e?

er fia m m e g g ia n te , co m e

èuer a m en te la

Sandaracha fa t t a

ta n to p i u , q u a n to p iu d i c a lo r e ha r ic e u u to e g li p e r a r tific io , c h e n on debbo la Sandaracha n a tu -

10

t a lm e n t e . D etta q u a le f i p u ò fo r n ir e c ia f c u n o , c h e ricerca rci in V in e g ia netta c a tt e , o u c f ì uendono i c o lo r i : p e r *

Sandaracha c io c h e quitti tr a p iu p e z z i d’ o r p im e n to h o io p iu , er p iu u o lte r itr o u a ta r u b i co n d ifim a Sandaracha . M a ¿ d a gomma. ctuertire ( c o m e d i f o p r a f u d e tto n el p r im o l i b r o , tr a tta n d o n o i d el G in e p r o ) c h e q u e lla n on è quella u o lg a r e San* d a r a c h a , chia m a ta u o lg a r m c n te V e r n ic e da f c r i t t o r i : p e r c io c h e q u e lla

èla p r o p ria gom m a del g i n e p r o , er noti

m a teria m in e r a le , L ’ e r r o r e c p r o c e d u to da a lc u n i m e d ic i ig n o r a n ti,im ita to r i d e g li A r a b i , i q u a li in f u i lin g u a ia chia m a n o S a d a ra x ,er n on S a n d a r a ch a .im p cr o ch e u o le n d o c o llo r o f a r e q u e llo nom e A r a b ic o L a tin o ,h a n n o m e f f o c o ta l c o n fu fio n c nella m e d ic in a . E t p e r ò p a n n i , c h e le g ittim a m e n te f i poffa d ir e , c h e d o u e fi r itr o u a fe r itto tr a

,

g l i A r a b ic i,ò lo r o fe g u a c i S a n d a r a ch a , s'h a b b ia fe m p r e da in ten d ere d ella u e r n ic e o n e r o gom m a d i g in e p r o : d o u e tr a i G r e c i ,

er a ltr i d ella lo r o f e t t a , f i d e b b ia f o llm e n t e

S a n d aracha a lcu n i m oderni la S a n i i c e , c h e

er

in ten d ere d i q u e lla m in e r a le . C hiam arono a n ch ora

fi f i d i c e r u fa a b b r u fc ia ta , p e r e jfe r

qtie/ìa p a r im e n te d i r o f ¡fin to c o lo

5

°

r e . M a q u e lla ( c o m e tra tta n d o d ifo p r a detta C eru fa f u d e t t o le non p o c o n ette f u c f a c i l i t i d iffer en te dalla S n id a * racha m in e r a le , d i c u i tra ttò in q u cfto lu o g o D io f c o r i l e . c a p o d ell’ x t .lib r o una c e r ta f o r t e di m ele c e r a g in o f o .

Sandaracha a n c h o r a fi chiam a apprcft'o

Di m od o

P li n i o a l v i i . er u a rie co fe

ch e q u efto f o l n o m e d a to à d iu e r fe ,

d iffe r e n ti d i n a tu ra , d i m a te r ia ,? r d i f a c u l t à , g e n e r a atte u o l t e i n c h i n e f a m a n co d e l b ifo g n o ,n o n p o c a c o n fu fto * n e.

O l t r e a c iò è d a fa p e r c ,c h e F A r fe n ic o c r iH a ttin o , c o fi chiam ato p e r e fje r e t r a ffa r e n te com e i l cr ifta U o , n o n

Errore del Vannoccio . ttafee p e r f e H ejfo nette caue d e ll'o r p im e n to ,c o m e f c r i u e V a n n o c c io m io c o m p a trio ta netta fu a p i r o t e c n ì a ,à c u i g i i p r e fia i i o tro p p a c r e d e n z a

; ma f i f a

p e r a r te

<fo r p im e n to

r o tt o ,er d i f i l e : c u o c e n d o li ,

er f C i m a n d o l i

in fern o a l

f u o c o in c e r t i uafì d i terra c o p e r c h ia ti ,f a b r i c a t i i p o fla p e r q u efto e ffe tto : al c o p e r c h io de i q u a li s ’ a tta cc a f u b li * m andoft la m a te r ia

, er d iu en ta c h ia ra ,er tra ff> a rcn te,cr m afiim am en te n e lla p a r te d i m e z o .

f e c e dett’ O rp im en

O rp im en to, t o m en tio n e G a le n o a l i x . d e lle f a c u ltà d e i fe m p lic i,c o f t d ic e n d o . L ’O r p im e n to ha u ir tù d i b r u f d a r e , er c a u te r i* 4 & Sàdarach* Z< tre, ta n to d ic o i l b r u f e ia to , quando i l c r u d o . m a è ben i t e r o , c h e F a b b r u c i a r l o , l o f i p iu f o t t i l e . V fa n o q u e * fccitcida C a .

°

f i o c o m e c o fa a d u fiiu a ,p e r fa r ca fca re i p e li in q u a l f i u o g lia p a rte : m a f e u i f i la fc ia tr o p p o ,n o n p e r d o n a ueram en t e atta p e l l e . E t parlando d ella Sandaracha d ice u a p u r G a le n o : L a Sandaracha ha u ir tù di b ru fe ia re , c o m e q u e llo , c h e chiam ano A r f e n i c o . E t im p e r ò m erita m en te f i m e tte ella c o n q u e lle c o f e , c h e h a n n o u ir tù di d ig e r ir e , c r d ‘a *

/tergere.

Nomi.

C hiam ano l'O r p im e n to i G r e c i, A ’ppeviKo'vA

A >m/xoV : i

L a t i n i , A r fe n ic u m , A r r h e n ic u tn >er a m i *

p ig m en tu m tg li A r a b i,G a m e t i: ,e ? Z a r n ic h ’. i T e ie f c h i,A u r i p ig m o n t ,? r Sandaracha chiam an o i G r e c i ,

; i L a tin i,

Op erm cn t

: l i S p a g n o li,O r o p im e n te . L a

Sandaracha : g l i A r a b i la chiam an o inftem e c o n l ’O r p im e n to ,

l U r m c c lh c r Z a r n lc h .

D cll’Alume.

Cap:

L X X X I.

T v t t e quafi lefpetic dell’AIumefi ritrouano inEgitto, & nelle fueminiere. quello, che chiamano fcifsile, èquafi unfiore del globofo.Gencrafi anchora incerti altri luoghi, comeinMelo, in Macedonia, inLipari.in Sardigna,in Hierapoli di Phrigia,in Africa, inArmenia, & in molte altre regioni,come parimentefi generala rubrica. Moltcueramcntcfonole fuefpetie,maper l’ufo della medicinafe nelodanofolamentetrefpctie, ciò èlofcifsile,il tondo, &il liquido. L’ottimo èlo feif file,&mafsimc il frefco.candidifsimo.algufto molto coftrettiuo,all’odoratograue,nonfafTofo, nonferrato inficmeàmodo di zolle, oucro di tauolettc.mache ordinatamentefi diuida, in certi fili come capelli canuti:come èquello, chefi chiamatrichite, ciò ècapillare, & che fianato inEgitto . Ritrouafi unapietra fimileà quefto, ma fi conofce gallandola: percioche nonfi ritrouapunto co- fo ftrettiua . Vituperali nellefpctiedel ritondo quello, cheè(lato fatto con mano.'mafi conofcc nella figura. Et però fi debbe eleggere quello, checritondodi fuanatura,pienodi uefciche,uicinodi co­ lore


Nel quinto lib.diDiofcoride.

70

iorc al bianco,&rche piu ualorofamente è colfrettiuo, & oltre à ciò habbia alquanto dal pallido con una certa gramezza, fenza arena,frangibile, & che fia nato in Egitto, oucro nell’ifola di M elo. Del liquido quel piu lì loda,che è limpido,di color di latte,uguale,fuccofo,lènza falsi, & che ri (pira uno odore come di fu o co . Hanno tutti uirtù di fcaldarc, di coltrignere, & di nettare quelle cofc, che fanno caliginofele pupille de gli occhi; rifoluono le carnosità delle palpcbrc,& tutte laltrecreicéze. L o fcifsileèpiu efficace del ritondo: Abbrufcianfì.&arrolfifconiì glialumi.comcil chalciti. Ferma no l’ulcere putride : prohibifeono i flufsi del fangue : difleccano l’humidità delle gengiue: mefehiati con aceto,& mele,fermano i denti fmofsi.Giouanoinfiemecon mele all'ulcere della bocca ;& con fucco di poligono,al nafeimento delle puftule,& à i flufsi dellorcechie. Cotti con mele, ouero con l® fiondi di cauolo,conferifcono alla fcabbia:& irrorati con acqua,giouano al prurito , alle fcabrolìti dell’unghie,à i pterigij, & alle bugance. Vagliono applicati con feccia d’aceto, & con il pari pefo di galla abbrufeiata, all’ulcere che mangiano : & con due parti di fate, à quelle,che corrodendo ferpeg giano.Fattonelinimento in fu’lcapo conorobo,& pcce,mondifìcanoia, farfarclla:&impiaftrati có acqua, giouano per ammazzarci lendini , & i pidocchi , & per fanare le coturc del fuoco. Fartene linimento per fpegnere il puzzore delle duella,& dell’anguinaie,& parimente per rifolucrui le pollcme.Quello,che lì porta di Melo,inerte nella bocca della madrice auanti al coito,nó lafcia ingrauidare:fa partorire.mcttcfi in fu le gengiue ingroflate, in fu l'ugola,& nel gorgozzuie:& lenifccii con me le in fui malori della bocca, dclt’orecchie,& parimente delle membra genitali. 10

Q v a n t v n q v e ferina Diofcoride ejfere piu frette fiAlumi ; nonfece però egli mentitine d’altro, che di trefretie ; per efferefclamenie quelle al[ito tempo in ufo per li medicamenti, ciò c lo frisile, il liquido , e n i ritondo . m à i tempi noflri molti piu fono gli A lm i,che communtmentc sufmo ( quantunque ne manchino nelle fretiarie il liquido, er il tondo ) cioè l’Alterne di rocca,quel di feccia , il catino, lo [caglinolo, il zuccherino, c r lo fen ile chiamato ufualmente nellefretiarie Alume di piuma. Il quale non ¿neramente il legittimo fctfrtlc-.fe bene tenni già io per il paffato infime con molti altri moderni mineralisti il contrario. Ma bevendo io dipoi con molta piu diligenza confìderato fopra ciò,ho per piu uiue ragioni conofciuto(come dirò anchorpoi ) che t Alume di piu tua dellefretiarie,non è altro, che la pietra chiamata Amianto : per non tffer eglipunto alguito cofrrettiuo, m acuto , er per non ¡’abbruciare egli nel foco,quantunque lunghifumo tempo iti f i tenga, il che c propria faciliti deP.a pietra Amianto. 1/ uero a lume¡cifrile mi mandò già da P ift l'anno paffuto f cci clientifim o medico, c r fem* 3® phcifia clarisfimo M.Luca Ghini,dotato di tutte le fembianze, che gli attribuire Diofcoride, c r al guflo moli 0

lo'

cofircttiuo. Et di qui fon pofeia ¡tenuto à confermarmi nella mia mioua opinione, che quello di piuma,che tuia communmentc nellefretiarie non fia il uero{cifrile. Il liquido uuole il Brafauola, che fra neramente quello, che Opinionc noi chiamiamo Alume di rocca. Ma non poffo io accofrarmi allafua optinone,quantunque fra egli altrimenti lino . del Br*lauomo de tempi noflri dottifrimo. Imperoche per quanto ho ueduto io nelle Armiere del Papa atta Tolpba,nel tempo li reprobata. che n'haueua l’appalto Agoflino Chigi mio compatriotafrlendidifrimo mercatante,mi fu dato amplifrima{acuità di notare, c r di uedere comefifaccia l'Alarne di rocca, per efrcrmi accaduto àfarefranza in quel luogo per due ai1ni continui La onde non poffo ben dire,che la materia dell'Alume di rocca,quandofi cava,non t liquida : ne fi fece* al fole bofeia la Siate,comefi crede il Erafauola,per hauere affermato Plinio,che cofl fi faceual' Alumeliquido. Liberò dico ,chc f Alume di rocca nonfi fa di terra liquidarla dt durifrima, er fortifrima pietra. D, cu,fi mroua 4 ® di Quella, che tende al roffo,molto piu dura di tutte,il cui Alume piu di tutti rofreggta ,& p tu c acuto, cr italo- d| rocc,_ rofo de oli altri .E t di quella, che è notabilmente bianca,la quale c piu frangibile, cr piu tenera, di cut fi fa uno Alume bianco, cr trafravente come un crifiallorjfai manco acuto del predetto .E t però efemere quello piu m ufo per le tinture dettefete ,c r dei panni fini,che non è t altro. Cauafi quella pietra à caua aperta dalla montagna tutta maSiccia• doue Hannofemore per lo continuo gran numero de picconieri,che con picconi, mazze, cr[carpelli la Juana , & la rompono n e lm io , che fi fa nette cane delle pietre, chefi cauano pergliedificij dei palazzi. Con. ducelì bofeia quella tal pietra rotta in pezzi con le carrette a certe firm a fintili a quelle, doue fi cuoce la calcina, m neramente non cefi grandi : c r quiuifi cuoce con fuoco digrofrifrime legna di elice,cr di quercia nel modo me deiimo, che fi cuoce la calcina : ma non però fig li dàfuoco piu di dodici,oucro quattordici bore: perctochem tati to tempo lì cuoce quanto bafia, e r fe piu fi cuoce)fc, fi gl, brufeiarebbe tutta lafuSlanza deli Alume .Cauafi porco i o me è fredda, dallefornaci, cr conduceficon le carette {opra à certe gran piazze, &qm u, s acconcia con bcllifit* mo ordii,ein certi monti lunghi un quarantapafri ,cr piu,cr larghi un cinque, ouerfei braccia, er altri due, fatti da osmi banda à [carpa, comefc fi uoleffe principiare il fondamento di qualche grande ed,fido, accoche non nca* (chino à baffo. Et come fon finiti quelli ordini,figli gittafopra defiaqua ( imperoche da ogni banda ut corre) con certe pale di legno incavate coptamente-, reiterando cofttre,oucr quattrouolte il giorno, finoche la pietra fi camene in terra : il che nonfi fa in manco di trentacinque, onero quaranta giorni. Conducefì pofaaqucfta erra à certe caldaie grandifrime di bronzo nel fèndo, er per l’intorno di mattoni,murate [opra a ceni firn, . Et cofr e m pite le caldaie fi acqua per certi canali, che agonalmente ue la portano,gli danno per il fimo difetto dfuoco . Et come comincia à bollire, giti ano due lauoranti la terra netta caldaia -.fopra la quale fiamio continuamente quattro buominigagliardifrimico quattrogradifrimepaledi legnosequalicogradifrtmafatica Co chefanno del continuo,la terra con f acqua. Et come conoscono,che l acqua ha tirato afe tutta lafuftanza diti A* lume,che fi contiene in detta terra, cauano, er leuano lafècciafuori dal fèndo detta caldaia con quelle pale , er U gittano da una cataratta al baffo folto un canai fi acqua, chefc la porta ma. Il chefatto , fubuo r,gittone nuoua


706”

Difcorfidel Matchioli

terni netta caldaia, facendo come primi Unte uolte, che conofcono baueretacquei tantafuflanza à'AÌtmc che ha I li. Et cofi poi lafciata dare alquanto al fèndo la fèccia,mandano per canali quefia acqua aluminofa in certi cafoni fatti di großißime tauole di quercia,di gran capacità.doue in (patio d’otto giornifi genera per ogni intorno unfont meffo £ a lume : di modo che raffembra laüre di großißimi diamanti attaccati con bellißima arte infteme. Et quandoji uuol cauare delle caffè, ft rimanda la li)eia ( cojifi chiama l'acqua,che u'auanza dentro ) chiara alle col* date per lo medefèmo canale : er la torbida flfcola difètto, cauando un zaffo di legno. La fèccia poi aluminofa,che ß ritroua nelfèndo congelata à modo di grano ,(i porta anch’ella 4 ricuocere alle caldaie. Spiccafèpofèia dalle caf* fe l’Alume con certi iftromenti di fèrro fatti à modo difcarpello largo, c r mejfo incerte celle con due manichefat te di uergeUe di fanguitto, er di nocciuolo, fi latta in una gran caffipiena d'acqua, er come è afeiuttofi ripone in magazzino. Il che arguifee manifèftamente, che altra cofa fia Ì Alitine liquido, er altra cofal' Alume dirocca. 10 Percioche dice Plinio, elici liquido è limpido, c r i i color di latte : che fi catta liquido, cr feccafi lafiate al fole : e r che l’ottimo mejfo nel ficco dei melagrani,fèbitodiuentancro A l che nonfi vede in alcun modo nell'Alume di rocca, iiqual piu fi raffembra al ghiaccio puro , er al crifiaüo, che al latte: fifa di durißima pietra,non di liquida terra : ne diuenca in alcun modo nero, quandofi mette nel fucco de i melagraniima piu lucido,piu chiaro, piu tra­ sparente,^ piu criftaUino. Onde non fidamente non poffo io accofiarmi alla opinione del Brafauola, ma ne ancho à quella del Euchfio, c r del Cornario, quantunque huomini de tempi ttoüri neramente dottißimi.per bauere amen duefcrittofèguitandofèrfe iopinione dèi Brafauola ( l’uno ciò è il Cornario, ne i commentarijfatti fepra i libri di Galeno delle compofitioni de medicamenti fecondo i luoghi :c r l'altro cioè il Euchfio, nel uolumetto da luifatto del modo di comporre i medicamenti)che l'Alume di rocca non è altro, che il liquido fcritto da gli antichi. Il A iuoli cono- ucro Alume liquido, lo feißile, il tondo, il placite, e'I plintkite m’ha non è lungo tempo mandato M . Bartolomeo 10 fciutt. Maranta medico,& femplicifta dottißimo,cr diligentißimo: il quale da per lui gli ha nuouamente ritrouati à Poz zuolo in Campagna, er per quanto porta il miogiudicio,fi ueggono in tutti tutte le uerefembianze,che legittima mente loro fi richieggono. Onde non poco ho io da ringratiare quello buomo dottißimo, pofeia che perfua innata cortefia s e degnato difarmi partecipe dellefitte cofi honoratefatiche. perche nel uero mi creio^he infinite gratie , CT lodi meritino tutti coloro,i quali àfua imitatione,nonfono auari delle cofè ritrouate da loro . V Alume liquido, canato nell’ Ifèla dell’ Helba nel mare di Tof rana,haueuagià prima tteduto per mezo del clarißimo medico M. Luca Ghini,molto corrifèondente alÌhifioria,chettefcriue Pliniojnafi colìrettiuo, che non mi ricordo hauer gufato mai altra cofa,che tanto quanto quello coHringa nel gallarla. Il todo Alume degli antichi poi,quantuque voglia* no alcuni,che fia quello,chefl chiama ’Zuccherinoci qualefi fa £ Alume di rocca crudo,di chiara di uoua, er d'ac* qua rofada;nondimeno per no efferefiato l'Altane di rocca in confideratione degli antichi,non penfè,che 4 tali opi ì ° nionifìpoffa dar fède,er maßimamentc fapendo io certo d’hauerlo bora appreffo di me legittimo, cr uero. Oltre ì qttefio Ì Alume, il quale chiamano Catino, tifato per chiarificare il uetro nelle fornaci, fi fa di cenere d'una hera bafia quale chiamano in Tofcana Soda, c r gli Arabi la chiamano Kali. Naf:ene affai nelle noftre maremme di Sie na,cr ftmilmente in fu i Lio poco fuori di Vinegia. Quello difèccia fi fa,abbruciando la fèccia del uino primafèc ca in pani alfile,fino che diuenti bianca. Quellofinalmente,che fi chiama Scaglinolo,fifa d'unti certaforte di pietra fcagliofa ,c r traffiarentefìmile al talco. laquale vogliono alcuni ingannati dallafu i trafèutenza, c r lucidezza fimile alla pietra Selenite,che fia la Selenite fieffa,chiamata anchora da moltifècculare, comefacciamo noi in T 0* fcana,che la chiamiamo Specchio £afìno;doue in alcuni luoghif i ritroua ella copiofa ne i campi arati. Abbrufciafl adunque perfare i Alumefcagliuolo, cotal pietra nel fuocomero fèpra 4 lamine difèrro infocate, doue fubito fi conuerte tngeffo fottihnente laminofè,cr perde lafua naturale lucidezza. Ne manco errano anchora coloro, 4° che fi perfuadono, che nonfia differenza trai Talco,cr la pietraSpeculare. percioche nonfinza lungafatica, cr fuoco £ardentißimefintaci fl calcina il Talco-Daßt la Pietra fèecubare cruda nella difenteria, beendofì ilpaltiere in uino aufiero, confilicißimo fucceffo. Nel che in modo alcuno nonfi conuien ella cotta, per effere il geffè, in Alumi fcritti cui fi trasforma,ttelenofè,cr foffocatiuo. Scrijfe degli Alumi breuemente Galeno al 1 x . libro delle fi'acuità de i da G aleno. fempliei, cofi dicendo. Chiamano ÌAlume, fiipteria : percioche è egli ualorofißimamente cofirettiuo. Ma qttan tunquefia di grojfe parti compofio ; nondimeno quello c piu fiottile, che chiamanofcißilr.cr dopo qttefio, il riton­ do :cr dopo il rifondo, il liquido, il placite,cr quello anchora,che chiamano plinthite. Et al quarto libro delle compofitioni dei medicamenti in genere. Ogni olume(diceua)diffecca affai netta cura dell'ulcere, cr è ualorofa* mente cofirettiuo : erperò nonfi deue in cotal cura ufarefolo. Oltre à ciòfono alcuni, che non partendofi dal* Opinione ti la dottrina di Diofloride,tengono fermamente, che tutti gli Alumi fieno notabilmente caldi : cr nitri che tengono 5° fiutata. il contrario,allegando effere opinione di Galeno, comefi legge alfello cupo del quarto libro delle facultàdefem* plici, che tutte le cofè coftrettiuefieno frigide, c r terreUri. Ma in uero fe benfinotano tutte le qualità, cr ope* rationi degli Alumi,chefanno eglino in corrodere le fuperfluità detta carne, veramente non ft potràfe non giudi z care, chegli Alumi fieno al trimenti, che calidi, comefono il chalcantho, il chalciti, cr il mifi : i quali fe benfon cofirettiui ; non peròfon eßifrigidi, mafcaldano ualorofamente, comefa teHimonio il medefimo Galeno nel primo libro dette facultà de fempliei con quelle parole . Afclcpiade Mctrodoro, come colui, che fèrfe uolettafèperare H erodoto in dir bugie di quelle cofè, chefono notißime alfenfè, niega efl>ref[amente,cbe la ragia,cr il bitume cofi come molte altre cofè non pojjanofcaldare : c r afferma,che tutte le cofè coftrettiuefono parimente refrigeratine, comefe non altro almeno il chalciti,il chalcantho, e’I mifi, nonft ritrouafjero effer di tanta calidita, che ne pofjano abbruciare. Et pero non è punto da marauigliarfl, fe fi ritrovano alcuni, che ingannanofe fteßi con lunghe,CT 60 nane dicerie, non bauendo ardire diferiuere il uero di quelle cofè,che fono chiare, c r manifèfte. lid ie affermò ef fo Galeno diichora al primo capo del 1 1 1 1 , libro dette compofitioni de medicamenti in genere, cofi dicendo. Il iìphrig*


%

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Nel quinto lib. di Dio fcoride

707

diphrigc è conuenicntifimo medicamento per quelle ulcere , che fono difficili da confolidare per troppa humidità>. che uiflritroua : imperoche molto dij]icca,anchcra che morda poco. Ma in uero aneber egli ha del coflreniuo, oltre alla qualità,ZTfacultà acuta, come che amendue quellefacultà fi ritrouinopiu fòrti nel dulciti crudo ,zr nel chalcantbo. Et cofìogni ahimè dtfjòcca affai ¡'ulcere,zr coflringe ualorofmitncc. Per le quali autborità ftuc ». de manifidamente, quantunque diceffe Galeno nel quarto libro dellefacilità de ¡empiici,ebe tutte le cofe corretti* vefono frigide, che non però intefe egli del chalcantho, del d u lciti , del mifijel diphrige¡della erugine,zr altri, fimili medicamenti,come è l’Alume di tutte le forti, zr mafilmamelitefapcndofi, che le acquefòrti, che fi fanno i lambicco,etogni forte etalume, zr mafiime di quello di rocca,nonfolamente con l'acutezza loro mangiano, zr dif• (¡pano la carne; ma anchoraimetaUi. Chiamano i Greci t Alume, S r u v jtifk ti Latini, a lumen-, gli Arabi, N 1 e Sceb,ZT Seb:i Tedefchi,Alun,zr Alaunili Spagnoli Aiumbre.

Del Solfo.

Cap.

.

LX X X I.

L o o t t i m o Solfo c quello, che per non haucre fperimentato il fuoco, fi chiama uiuo, & di quello quello, che rifplende come lucciola , lucido, & fenza miftura di fafsi. Di quello p o i, che ha iperimentato il fuoco , l’ottimo è i! ucrde, & il ben graffo.Nafccnc affai in M clo,& in Lipari.Scalda il predetto fo lfo , ri foluc>& ucloccmente matura.Gioua tolto in un uouo,ouero toltone il fumo, al 3a toffc>al ferramento del fiato, & alla marcia, che toffendo fi fputa dal petto.Il fetore dcll’abbrufcia to,caccia fuori il parto. Mcfchiato con ragia di terebmcho, toglie uia la fcabbia,lc uolatiche, & pa io rimente funginefcabrofe: maallafcabbia è efficacecól’aceto: curale uitiligini.Medicainiìcmecon ragi a alle punture degli feorpioni : Si con aceto fana le piaghe fatte dal drago, & fcorpionc marino. Mitiga,fregato con nitrosi prurito di tutto il, corpo : i pario infu laftótcallamifurad’un cucchiaro, ouero bcuuto in un uouo, conferifee al trabocco de! fiele. Gioua all’oppilatione del colatorio,& al catarro : fparfo perla periona,prohibifcc il fudare. Impiantato con acqua,& nitro,conferffcc à i goc tofi.T oltoneil l'uo fetido fumo con una canna dentro ncll’orecchieffana la forditl.ll fuo fumo rilue glia i lithargici : riftagna i flufsi del fairgue di qual fi uoglia parte del corpo. Impiailrato con mclc,& con uino,medica alle contufioni dell’orecchie. L o s o l f o tanto uiuo, ciò è creato naturalmente nellefue minierefenza artificio difuoco , quantofatto Solfo ,& fui 30 nei forni per arte, babbìamo in Italia abondantifiimo, er di diuerfì colori ■ imperoche di uerde, di giallo, di ber» tllim> tino, zr di miflofe ne ritroua.il uiuo fi catta nelle miniere medefime di quello, chefi fa per arte coito, zr c creato cofi in pezzi dalla natura : il quale rompendoli rifplende di dentro come uctro giallo, 0 come dice Diofcoride, 4 modo di lucciola,quantunque difuori fìa egli come benino [curo. Maacciockepojfa ciafcttnfipcre, che materia, z r che cofafui efjo Solfò, dico, efiere egli unmineralenotfiimo ; zr per quanto appare in molti luoghi ,fi genera d’unafuttanza terrcflre, untuofa potentemente calida,tal che dagli artefici pratticbi,zr dagli alchimisti e tenuto, che molto fi rajfembri all'elemento del fuoco, chiamatilo cofiorofcmc mafcolino,zr primo agente della natura nette compofitioni dei metalli. Ha per la fua calidità.zrflccità(comeper efrerienzafluede)grandifima confi* ronza con ilfuoco . perciochc fubito che ui s’accolla, ui s'accende : zr accefo nonfi fregne ,fino che del tutto non fìconfuma ¡afta untuofità. Ma quantunque fi dimoflri egli efferedi natura ualorofamente calida, zr ficca: none 40 però dapenftre, chefu unafuflanza tanto pura, che pojfaflare da per fe : zr che per pigliare la firma, non gli f u ^ bifognato batter la partefua dett’bumidità,come fi ricerca in ogni nudo. Il che ci dmoflra lafra uelociftma, zr facilifmu fuftone : imperoche prestamente fi liquefa egli alfuoco . nel ch e f raffembr.t ueramente a Lmetalli. Cu* uaflla miniera del Solfi à calta aperta, come dicemmo di fopra del ueiriolo. perciochc per lo gran caldo, che gii ta ,zrp er l’intolerabilefro fetore, ciafcuno ui fi foffocarebbc. Mcttefi pofeia ¡afra miniera in certi uaji di terra, come z ir i, ó uogliamo noi dirgiarrc,o all ufinza di Roma uittine. le quali appreffo all orlo detta bocca hanno una canna affaigrofft.zr ben proportionata, che guarda in baffo, comefon quelle de i lambicchi di uctro,zr un caper chic pur di terra cotta , che le copre , ilquale dapot che ui se meffa la miniera, ui s'acconcia fopra , zr ittutafl con diligenza . rettotifi pofeia quefii uafì in un fórno fatto à polla,con duegrati l'unafopra f altra, zr muranfibenif fimo con lutofatto di creta, ZT di derco caualliiio[intorno, acciocbc’l fuoco fe nefìia nel biffo del tufo, zr non so pofft armare all'alto-.zrmettonfì di quefii uafì per il piu due per fórno. Hafii dipoi un’altro uafofmile,il quale 5 ferueper recipiente ad amendue li predetti : percioche le canne di quelli, che contengono la miniera, u'entrano dentro per certi pertugi fatti à polla, zr cofì benifiimo mutati, ui s'addattano, che non poffa in modo alcuno re* frirarui il uapore delfolfi : il che fi fa parimente col coperchio.Et cofipoifl mette fragrate, zr grate il fuoco, nel fim o , con buone legna, acciocbe fileggiando gagliardamente caccino il folfi fuori : il quale afeende con ua * porofofumo,zr pdljapcr quelle canne nel recipiente. Et cofì poi, come {limano 1 maedn,che fìa finito di paffute, durano nel fèndo del recipiente un pertugio, donde efee fuori il folfi liquefatto : il quale lafciano congelare ui pani,ouero che logicano in cannoni. Cofìl'ho ueduto fardo nelle «offre montagne di Siena a 1 bagni di fan Vin* lippa,zr nella maremma i Vetriolo . Scrijfe del Solfi Galeno al 1 x . dette/acuità de tfemphci ,cofi dicendo. Ogni folfi ha uirtù attrattiua. E ne i temperamenti fuoi calido, z r nell’ effenza fiottile, di modo che refide egli 4 i marfi di molti animali uelenofhzr imperò l'bo ufato io frcfjo per li ueleni della padinaca manna,zr del drago ma rino. Il che hauendo io ir,fognato ad alcuni pefeatorfiritornati pofeia à me dopo alquanto tempo, ai commendai« tal rimedio magnificamente. Il modo gufarlo è di metterlo trito fopra atta puntura coflfecco, zr parimente

^ &^ numera , di fuo artificio-

Solfo fcrltto da C. aleno.


70 8

N orni,

Difcorfi del Matthioli

incorporato con faliud imperoche bauendomi io prima imaginato quefto,ritrouai poi bcnifiimofucccdcrmì nel* l'ifeerimcntar lo . che mi penfaiioucr fare impattato anchora con orina • Infegnaua io 4 i pesatorifolmente me dicamentifacilitimi dafare : c r però lor diceua, che lo doueffcro tifare con olio uecchio, con mele, *? con ragia di terebinto, il che tutto loro riufcimiti bene. Ho anchorafecffeuoltefanato, mefcolando ilfolfò con ragia di terebinto, la rogna, lafcabbia,*? le uolatiche : imperoche monda,*? netta tutte le feerie di cofifatti indigenza ripercuotergli indentro ■ auenga che molti de gli altri medicamenti,che curanofuetti morbi,habbiano del riper* ciifuuo, *? infamemente del digefliuo, Oltre à ciò ( comefa teflimonio il medefimo Galeno al 1 1 .capo del v i. IU bro delle compofirioni de medicamenti ingenere) il Solfò è cofi caldo, che lafciandojì lungamentefopra la carne ignuda,la ulcerafenza alcun dubbio, Chiamano il Solfò i Greci,®ri=y ; j LatuihSulphur : gli Arabi,Cribri,*? Rabric : i Tedefchi,Schuuebel,*? Lebendigertli Spagnoli,Piedra a z ufre-

Della Pomice.

Cap.

L X X X III.

Q v e l l a Pomice piu fi loda, che è leggcrifsim a,fpugnofa,fcagliofa,& nonarenofa, bianca, & facile da tritare. Abbrufciafi,coprendola lotto ardétifsimi carboni,& come è benifsimo infocata, fi caua fuori,& fpcgnefi nel uino odorifero ; infocafi anchora di nuouo,& fpegnefùma la terza uolta, che s’infoca, fi caua fuori,& lafciafi raffreddare per fe mcdefima,& ferbafi per ufare. La uirtù fua è di riftringerc,& di purgare le gengiue: purga,fcaldando quelle co fe, che offufcano le pupille de gli o c­ chi ; riempie l’ulcerè, & le cicatriza : rifolue le crefcenze della carne. La fua poluere è in ufo per far ne tti i denti:gcncrarefcara,& sbarbai capelli. DifTeTheophrafto, che roettendofi un pezzo di pò* 10 mice in una botte di molto,che bolla,fubito ceffa di bollire. Pomice,8c fua et ira.

E FFRMA Opinionc de gli iauefligatori delle cofe naturali', che la Pomice nonfla altro, che pietra abbru* ^ concauità de i monti da unfuoco fotterraneo,*? naturale. Et peròfeeffe uolte in Sicilia il monte Etna ,

e? Vefuuio in Campagna uomitanofuori ardendo nelle uifeere loro,quantità grandifeima di Pomice, come s’é ue* duto gli anni di poco tempo pajfatiardere quel monte ,come interuenne al tempo di Plinio,*? gittax fuori tsrribi» U , *? feauenteuolifiamme,generate per quanto fi crede, da unfuoco accefo nelle uifeere della terra da uaporifolpborei nel bitume il qual chiamano i Greci p iffa feh a M cuifon pieni infiniti monti, con non poco terrore di Poz Pomice ferie rZU0i0)Cr ¿’altri luoghi circonttanti. Scrijfe della Pomice Galeno al ix.dellc facilità de ifemplici ,cofìdicen* w<UO ’ do.Seia Pomice fi può connumerare trale pietre ,ò ueramente anchoraeUa della medefima natura loro, ciò é a* 5« fìerfiua, comefono anchora i tefti di terra cotta,*? molto piu quella dellefòrnaci.Ma quella pietra chiamata Smira, ha ueramente alquanto dell'àuto : *? però fi mette ne medicamenti cauflici, *? diffeccatiui : *? in quelli, che turano le gengiue rilavate, *? piene d'humori.JSU la Pomice quando sabbrufeia, non è punto inferiore alla Smira in tutte quette cofe .E tn e i medefimo libro in un’altro luogo diceua pur egli. Se uorremo direbbe la Pomicefi deb ba connumerare tra le cofe metalliche, non mancarà chi biafimi cotale opinione ,efj[endofempre di quelli, cheflati* no fu’l tuffare altrui : *?fe diremo, che etiafla pietra, negaranno anchor quello : ne concederanno, che ella fla terra, ne manco cofa alcuna marina. Ma pur bifogna dirne in qualche htogo, come di coJa,cbefi mette ne i medica menti incarnatini, *? in quelli parimente, che nettano i denti : ufandofi bora coflfemplice, *? bora abbruciata , quando ftjtuole che diurni difejlanz* piufen ile, come tutte l’altre cofe, che ¡abbruciano. Acquifla neU'abbru* fciarfi un certo che d’acutezza la quale lattandoli perde. Pafelcndido fregandoli,,non folamente con la facuità che 4° pofeiede ; ma anchora con la ruuidezza della fua fuflanza,come fa la pietra fmira,*? i tefti de uafi di terra cotta, C? altri fimtli, quando triti in poluere s’adoperano per nettare qualche cofa. Imperoche anchora quefle luflrano, *? brunifeono, forfè perche hanno facuità di nettare, *? fono ruuide • Nel medefimo modo le corna abbrufeiate fanno luttri,*?felcndidi 1 denti. Chiamano la Pomice i Greci,Ki^fis : i Latini,Pumex :gli Arabi, Fanech ; Nomi, , Tedefcbi,Ein bimstli Spagnoli, Piedra pomez•

D el Sale.

Cap.

LX X X IIII,

T r a t v t t e lefpetie dei Sali,il piu efficace è il minerale :& communementetra q u ello,q u el­ lo che è bianco, & fenza fafsi, lucido, den{o,& egualmente compaginato. Lodali particolarmente 5® l’Ammoniaco di natione,pur che fipoflaageuolmcnte sfendere in diritti pezzi. Tra le fpetie del mari no fi dee eleggereil bianco, uguale,& denfo.L’elettifsimo fi fa in Cipro,in Salamina di Cipro,in Me gara, in Sicilia, & in L ib ia. Ma tra tutte le fpetie di quelli già detti,fi loda maggiormente quello de laghi : come che ualorofifsimo fia quello,che fi porta di Phrigia,chiamato tapco,ouerotriteo,ouero ganteo, E il falccommunemente molto utile: riflagna .afterge, netta, rifolue, abbaifa , affottiglia,& induce l’efchara.. ma è tra i {ali quella differenza,ciò c,che l’uno è piu ualorofo dell altro. Preferua oltre à quello il fale dalla putredine, mettefi ne i medicamenti,che guarifeono la rogna:abbaffa le fuperfluitàjcbccrefcono ne ginocchi :& confuma l’unghielle,& tutte l’altre crefcenze della carne. Mettefi il falene i crillcri : fattone untionecon olio, rifolue le lafsitudini.giouaalleinfiagioni degli hidropici :me(fo nei facchctti,& lattone fumentationi, mitigai dolori. Vnto con olio, & aceto ap 0 preffo al fu o co , fino che fi prouochi ilfudorc/pegneil prurito,& parimente le uolatiche,lafcabbia, & la rogn a. A llcgerifce, unto con mcle,olio,& acetosa fchirantia,Arroftito infieme con mele,gua

rifee


Nel quinto lib. di Diofeoride.

705)

rifee l’uleere della bocca, l’ ugola , e’1gorgozzule : & arroftito con polenta, le gengiue (limolate dal catarro, & l’ulcere corrofiue. Conferifce infieme con Teme di lino alle punture de gli fcorpionùcon origano, mele, & hiflopo, à i morii de ferpenti .-con pece, ouero ragia di cedro, ouer mele, al morfo della ccrafta : con mele, & aceto, alla puntura della fcolopendra : con feuo di uitcllo, alle punture delle uefpe, & de gli (calabroni,alle puftule bianche del capo, thimi, & bruichi : & con uua paflà, o • «ero grafcia di p orco, ouer mele, à i foroncoli. matura piu torto con origano, & fermento i tumori d citeftico li. Trito/&:meflo in una tela di lino, & pofeia infufo nell’aceto, giouanlmorfo del em ­ endilo ,fe però prima il luogo è flato ftretto con legami. Valealmorfo delle fiere : fpegnecon mele i iiuidi della faccia. Beuefi con aceto melato contra l’opio, & fonghi malefichi : & impiartrafi in fu le 10 giunture dislogate, con farina, & con mele. Applicato con olio in fu le cotture del fuoco, non ui la­ ncia lcuare le uefcichc : mettefi medefimamente in fu le podagre, & dirtillali con aceto per li dolori delle orecchie. Ferma,applicato con aceto,ouero con hiflopo, il fuoco facro,& l’ulcere ferpiginofe. Brufciafi in un uafo di terra coperto diligcntisfimamentc,accioche non ne falti fuori,& fepelifccfj nc i carboni,fino che infocandoli diuentino ben rosfi. Alcuni inuoltano il minerale nella parta, & fepclifconlo ne i carboni, fino à tanto che la crolla s’abbrufci. 11 (ài commune fi fuolc abbrufeiare in quq fio modo. Lauafi una uolta con acqua , & come è afeiutto, fi mette in una pignatta ben copcrta:& fattogli fotto fu o co , fi mefehia, fino che non faccia piu ftrepito.

jo

Della Spiuma del Tale.

Cap.

LXXXV.

L a s p i v m a dclfaleèunalanuginedelmarcfpiumofojlaqualfiritroua tralcpietre. H alauirtù medefima del file.

Della Salamuoia.

Cap.

L X X X V I.

L a salamvoi a fa.gli effetti medefimi del falere arterfiua . Fanfenccrifterinella difenteria, quantunque l’ulcerc corrodeflcro le budella,& parimente nell? fciatichc antiche. Tanto ualc perle fumentationi, quanto l’acqua marina.

H

D el Fior del fale.

Cap.

LX X X VIJ.

I l f i o r del Cale fi ci porta d’Egitto dal fiume N ilo , & nuota parimente fopra àcerte paludi. Dcbbefi eleggere quelo.che gialleggia,come zaffarano, d’odore ingrato, come c quello del gare ,& qualche uolta piu graue,& che morda al gufto maggiormente con una certa lenta pinguedine. 11 falfificato con terra roflà,& umilmente il grumofo,fi uitupcra. Il (incero fi rifolue folamcntc con olio : & il contrafatto, bagnato con acqua,perde il colore. E ucramente efficace all’ulcera maligne, corrofiue, & ferpiginofe delle membra genitali, & all’orecchie, da cui efee la marcia : toglie le maco le delle cicatrici, l’albugini,& debolezze de gli occhi. Mettefi ne gli empiartri, & nc.gli unguenti per dargli colore,come fi fa nel rofado : prouoca il fudore. Beuuto nel uino.ouero nell’acqua, conturba • 4 ° il ucntre, & afflige lo ftomaco. Mettefi nelle medicine delle Iasfitudini,& nei lifci, che fi fanno per far biondi i capelli. E uniuerfalmente feruente, & acuto, come il fale. S a le , 6c fue I l sale , che per condimento di tutti i cìbihabbiamo cotidianamentc in ufo, cr parimente perpreferttarc le fpetie,Sdoro euritì, t pefei, cr altre cofe alla ulta dell'Intorno neceffarie, è cofanotifiimaàciafcuno: quantunque fio diuerfo di elUm. sutura, cr di colore. Percioche oltre al marinofe ne ritroua di quello, chenafce nc i fiumi, nc i laghi, %r pari• niente di minerale. Del marino fi ferite la maggior parte d'Italia, cane che tutta Calabria fi ferita del minerale,, per efferne ella abonlantifitma. cr di qucflo mcdeftmo afa tutta l'Vngberia. In Germania fifa in piu luoghi $ ac* qua difonti falati, cuocendoli lungamente al fuoco. I l minerale fi chiama nellefrenarle Sai gemma, per effer egli chiaro, cr trafrarente, come le gemme. Nelle cui cauc fu già io in Calabria ,d uc appreffo Altomantc fi catta

50 in fondimi pezzi» comefi cauano le pietre, chiaro, limpide, cr trafrarente, come il criflallo. Quello gittata nel fuoco non crcpa, n: fa Crepito alcuno, come fanno tutti gli altri jfli,m a s'accende e r s affuoca, comef i il fèrro. Quello de fiumi,cr de laghifinhora non ho ueduto. quantunque Plinio al v i i . cap. del x x x i . libro faccia bclUfiima bidona di piu laghi, cr di piu fiumi, chefanno il fale , cofi dicendo. Ogni Sale òfifa perferità ? cìalmente,ó fi genera. L’uno,cr l'altro fifa in diuerfi moderna le cagioni fonofolamente due : imper.oche ò fifa * ■

c a ,ò fi congela. Seccafi nel lago di Tornitone foli ardentifimi dellafiate, di modo che tutto il lago, in citinoti e però alta lìacqua, fc non fino al ginocchio ,(i fecca in fale. Il che fi uede parimente in Sicilia in quel lago, il qual chiamano Coranico; c r medefimamente in quello,che c uicino à Gela .ma in quefli nonfi diffeccano ,fc non nell'e« /fremiti loro. In Phrigia, cr in Cappadocia, cr in Afrendo ficondcnfapiu largamente,Uno a mezo il lago. AU quello è mirabile, che tanto ui fe ne condenfa la notte, quanto [e ne caua ipgiorno. Oltre a ciò nclpaefe de i Bat­ rio tri fono due grandmimi Ughi, l’uno dei quali è ucrfo Scithia,CT l'altro uerfo gli Arij, /quali gittano fale con ionie loro . *Ef fa Cittio di Cipro,cr appreffo à Mempiii lo cauano de i laghi, cr fcccanlo pofeia alfole. Sec* confi anchoxa infale le fommitì dei fiumi, folto al quale corre pofeia l’acqua : come fa fotto al ghiaccio, come fon


710

Sale Ammo disco.

Spiuma del fale.

Sale fcritto da Galeno.

DifcorfidelMatthioli

quelli, chefono appreffo alle porte Cafyie, i quali chiamano fiumi di fale. Il che fi ueie parimente appreffo ài Mar di ,<yà gli Armenij. Sono oltre à quelli appreffo d i 'Satiri due fiumi l'uno chiamato Oc/:o,er l dltro Ox o , i qua*= li portano Ja i uicini monti i p ezzi delfale. Sono anchara in Africa laghi torbidi, che producono fule. Dicono ritrouarfi anchora fónti d'acque calde, che parimente lo producono,comefono i Pegafei. Et fcriuendo del mine* rale, cofì diceua. Sono anchora alcuni monti difale naturalmentefatto dalla natura, come è l Oromeno in India, nel quale fi cana,come fi cauano le pietre per gli edifici), er del continuo ui rinafee : c r d i quefto cauano i Re mag gior tributo, che delle perle, er dell'oro. In Cappadocia fi caua di terra, cr quello è chiaro, che non e altro, che uno humorc condenfato : done fi taglia come le pietre chiamate freculari. In Carrho caíieüo d’Arabia fanno delle muffe delfale le mura, cr le cafe, murando folamente con acqua. Tronó il fale Ptolomco Re appreffo à Pelu* fio , facendo cattare le f i f e , dotte uoleua mettere l'effercito : per lo cui ejfempto fi cominciò a ritrouarpoi infra 10 l’Egitto , cr l'Arabia in luoghi inculti, cr offri folto all'arena, come fi ritroua ne tfccchifimi luoghi d'Arabia fino all’oraculo di Gioite Ammonio,dotte crefce la notte infierne con la luna. Et però la regione Cirenaica è nobili* tata dal fale Ammoniaco, cofì chiamato per ritrouarfi fotta all'arene, finite aWalume chiamato fri file . Cattafi in lunghi p ezzi’ non traffurenti, ingrato alguflo, ma utile nelle medicine. Qjteflo tutto frriffe Plinio. L Amino* niaco à i tèmpi noftri nonfi ci porta itero, mafopbifricato in certi pani molto neri difu o ri, per la piu parte da Ala magna. quantunque fi credano alcuni, che [¡[faccia d’orma di carnài condenfata per arte. Il che non puofe non effer bugia, non offendo cauteli in Alamagna, donde fi porta in Italia à Venetia. Chiamatilo glifrettali ,c r parimeu te gli alchimifii Sale Am eniaco, ereJendoffrforfè, che fi porti egli d'Armenia, dottefono grand)finii branchi di ameli. Ma neramente, per miogiudicio, s’ingannano. Serapione citando ifach dice, che tifale Ammoniaco fi fa di pietre durifrime, cr trafrarenti. Ma s’inganna anchor egli : imperoche cotal nome ha egli dalla rena, la quale 10 chiamano ¡Greci ¿¡Itati, frito la quale fi ritroua congelato in lamine nella regione Cirenaica. E anchora inufo de medici quello, che chiamano gli Arabi Sale alchali, c r Alume catino, di cui fu detto di fopra tra gli Alumi. 1/ Sale Indo ( comedicgmmo nel fecondo libro al capitolo del Mele) non è altro appreffo àgli antichi,che l 'Zucchero candió, il quale già fi ritrattami in India congelato per fr fteffo in fu le canne,che ne producono ilzuccheratili luo* go del quale ufiamo noi quello, che fifa per arte. Ma ¿però da auertire,che quantunque cr da Paolo Egineta,cr da Auicennafia chiamato Sale Indo quefto zucchero, cofì naturalmente condenfato ; nondimeno non c però da ere dere, che in India non fia il uero fale dcll'ifleffofapore del noñro commune. Pcrciochc ( come poco qui di [opra fi ¡tede) Plinio manifrframente ferine,che in I lidia nel monte chiamato Oromeno,fi caua il fale condenfato ingrandii* fimi [afri. c r di quefto intendala Mefue nel capitolo de i Sali, quando cofì diceua. 1/ fale liattico, cr parimente 10 Indo ,fono piu fòrti del fai gemma, cr d’ogni altro fale . 1 1 Sai nitro poi, di cuifi fanno l’acque fòrti, cr le polite* 50 ri delle bombarde, è notifim o,cr ne diremo piu ampiamente qui di fòtto nel capitolo del nitro. La Spiuma delfa* le ho ricolta piu uoltc io tra g li[cogli lungo la riua del mare: imperoche quando il mare per tempefla crefce, fi fa friumofo ,falta la fita acqua per lo furibondo battere dell’onde fòpra gli [cogli ; doue rimanendo poi in alcune comunità di quelli, nifi condenfa in[ale per la rugiada,che ui cafcafoprala notte. Et impero diceua Plinio al ca* pitolo di[opra allegato. E una frette di fale, che fi genera per fc medefimofrontudamente della fr ¡urna,che lafcia timare, ne glieftremi lidi :perciocbe quefta tutta uiuiene condenfata dalla rugiada. La Salamttoiapoi è cofa notifiima : percioche non c altro, che acqua copiofamentefilata. Ma che cofa dobbiamo noi intendere perloEio re delfale, neramente non fo 10 affermare, per non hauere alcuna coniettura, che ài tempi noftri fi ci porti in Ita ’ h a . Scrijfene però Plinio nel luogo detto di [opra, cofi dicendo. Lafincerità delle [aline fa grande la fra diffe* renza. Imperoche una certafattilla difale leggerifrima, er candidifrima fi chiama fior di [ale. come che il fiore del 4° fale fla neramente cofa in tutto diuerfa, e r di piu húmida natura, di colore di croco, oueramente rojfo, come rug* ■ gì ne di fale : d’odorefriaccuole, come digaro, cr nonfolamente differente dal [ale ; ma anchora dallafriuma. Ri* trouafi in Egitto, otte pare,che fia portato dal H ilo, fr ben fi ritroua anchora nuotare [opra alcuni fónti. L otti* moc quello,che rijitd* una graffrzzt’Come olio . Quelle tutte fono parole diPlinio. Portafi dalle faline dì Gcr* mania un colore fintile à una ruggine roffa, adoperato communemente da i dipintori, cr chiamato da loro morello di file . il quale ageuolmente potrebbe effere il fior delfale : imperoche cr nel colore, cr nel fapore euidentemente gli corrifronde.* Scriffe del Sale Galeno al i x . delle[acuità dei[empiici tra le cofc minerali, cr parimente all' x i. tra quelle cofe, che ne produce il mare, cefi dicendo. E il Sale generalmente d'una medefìma uirtù tanto il minerale, quanto il marino : ma fono però differenti in quefto, ciò c , che la fuflanza del minerale c piu denfa,er piu ferrata. Il perche uicne egli ad effere er piu coftrettiuo, cr piu groffo difuftatiza nellefreparti.^ Etperoil ma 5° rino fommerfo nell'acqua, prefio fi liqttfa , il che non fa il minerale. E d una natura medefìma co l marino quel* lo,che nafre in alcuni (lagni faifi, quando per lo caldo lafiate ui fi fece a dentro l acqua,come è il Tragafì non lonta «0 da $minchia. Concorre quitti auanti Í acque naturali, le quali fono calde,altra acqua,che ftà ferma in luogo ite rumente non ampio: er queda tutta la fiate fi rifolue,cr fi confuma dai fole. Ef perche ueramente quefto lago ha in fefalfrdinc, tutto quello, che refta ,diucnta fale, togliendo il cognome dal luogo ,e r parimente dall'acque.im* peroche l'acque, che nafeono di lor uena naturalmente in quel luogo, fi chiamano Tragafie, er fono nelle loro ope rationi molto diffeccatiuc : cr imperò f tifano per tali effetti i medici di quella regione. Dico adunque, che cjfen* dola qualità [alfa digefliua ,c r parimente contrattiua della frftanzd, che la tocca, cneramente differente dal» Faphronitro : imperoche in quefto non fi uede altro fapore notabile, che l’amaro, il quale ha uirtù di digerire fr ­ íamente ,e r non di contraharé, come ha ilfale : percioche quefto rifoluc quafì tutta l’humidità de ico rp i, cr fer 6 q racon la uirtù fra coftrettiua tutte le parti fialide, che ui rellano. E t imperò conferita le carni, ouefi frarge [opra,che non fi putrefacciano: perche quelle, che fi putrefanno, contengono humori corrotti, cr fuftanzi dijfoluta,


Nel quinto lib. diDiofcoride.

711

diffoluta 1 CT nonfitldd • N e i corpi adunque,ucue non calettila bumidità fuperflua,conte nell’ottimo ilicic , cr doue fìa folidità di corpo, conte nellepietre,IWfi c pcjUbÌle,cbe poffa entrare putrefai tione. Etpcrònon fi landa in que fte cofe l’ufo delfole : mafolaneme in quelle,chefi teme della putrefattione. Il Sale abbruciato è neramente tati* to piu potente in digerirebbe l crudo,quanto s'ha egli acquistato difotttgliczza neU’abbrufciarjì : come babbiamo detto accadere neU’altre cofe,che ¡’abbruciano. Ali non però può egli cofl ritirare,cr coflrigncrc quella folidafu* flanzrt, come fa il crudo. Ma la Spiuma delfole c neramente di natura molto piu fattile,che tifale. cr però può molto piu diffeccare,crdigerìre,chc non può iifaletm co’l reflo dellafua fuftanza non può co(i ualorofamentcfinn gere, come il fale. Il Fiore delfile c un medicamento liquido, piufattile, che il fale abbruciato, acuto, cr molto digeftiuo. Chiamano i Greci il Sale , A \s ; i Latini, Sai : gli Arabi, Mcleh, e r Mclha : i Tedefchi, Salz : li Nomi. i ° spagnoli, Sai.

D el Nitro.

Cap.

L X X X V III.

P r e p o n b s i à tutti gli altri quel N itro, che è leggiero, di colore di rofc,oucr bianco, & fpugnofo> come è quello, cheli porta da Buna. Tirain fuori glihum ori, che fono nel profondo .

Della Spiuma del nitroLa

o t t im a

Cap.

LX X X IX .

Spiuma del nitro è la leggerisfima, glebofa, frangibile, di color quali di porpo-

10 ra,ouerofpium ofa,& mordente,come è quella, cheli porta di Philadclphia di Lidia. Lafccondain

bontà è quella, che fi conduce d’Egitto : & quella, che nafee in Magnefia di Caria. Ha tanto il ni tro,quanto la fpiuma le uirtù meddìme del fale, &abbrufcianfi nel medefimo modo. Bonito il ni­ tro trito con cimino in acqua melata,ouer fapa,ouer con altre cofe, che pollano rilolucrc la uentofità , come è la ruta, & l’anetho, leua uiai dolori delle budella. Faflene linimento nelle febbri periodi­ che alianti al parofifmo. Mcttefi ne gli empiaftri attrattiti!,eflemiatiui,& in quelli che guarifcdno la fcabbia: & dillillato neH’orecchie con acqua calda,ouer uino,ualc alle uentolità, al menar della mar­ cia,& à i fuftoli di quelle: & diftillatoui con aceto,le mondifica dalla fordidezza loro. Applicato infie me con graffo d’afino,oucro di porco,medica i morii dei cani. Apre mefehiato con ragia di terebin tho i foroncoli:& impiaftrafi con fichi all’hidropifia; gioua iniìeme con mele à chiarificare la uifta : tic 1 ° bcuuto con aceto inacquato, al uelcno dei fonghitmlefichi; Se con acqua, al morfo delle btiprcftide:& con belgioino,à coloro che hauefl'ero beuuto il lingue del toro. Impiaftrafi utilmente à colo* r o , che non fentono il cibo : & infieme con cera àgli fmosfi, & nella fine di quella fpctie di fpafiino, che fa piegar la teda uerfo le fpalle : mcicolafi co’l pane,&daxlià mangiare per la paraliiia della lin­ gua. Alcuni abbrufeiano le iopradette cofe in uno tetto nuouo pollo fopra gli ardenti carboni,fino che s’infuochino.

*

I l n i t r o , cr parimente lafuafpiumaJd qualfu in grandifimo ufo appreffo a gli antichi ne i medicamenti, Nitro ,&fu.i veramente nonfi portano, ne ft conofcono a i tempi noflri in Italia. Et imperò errano apertamente coloro, che fi fpiuma, & lo penfano, che’l Salnitro, il quale tifiamo per le polueri delle bombarde, cr per fai- i acque fòrti da partire l’oro dal r° 1 4 ° l’argento ,fia il Nitro itero frittone da T heophraflo, da Diofeorids, da Galeno, da Plinio,cr da molti altri de gli antichi fcriitori. Perciochc manifèsìamentc lo dimoflra effo Piimo al x . cap.del x x x i .libro, cofl dicendo. Non Nitro è ueramente da differire la natura del Nitro , il quale non è molto distante dal fale : cr tanto piu diligentemente fe ^ ne debbe diri-, quanto uediamo,chc i medici,che nefcriffero, non conobbero lafua natura, ne alcuno ne feri)f piu di agentemente di Theophraslo. Appreffo 4 i Medife ne fa poco nelfeccarfi,cr diuentar canute le ualli : cr manco in Tbracia appreffo à Pbilippa, il qual chiamano agrio,fordido,cr imbrattato di terra. L ’acque nitrofe fi ritrouano ueramente in piu luoghi: mafenza forza però di condcnfarfi. Ottimo,cr copiofo fi ritroua il Nitro chiamato ca* laflrico,candido,puro,cr fhnilc al fale, in d ite di Macedonia. per effer quiuiunlagonitrofo,dal mezo del qua le featurifee un piccio! fónte d’acqua dolce ;c r quiui fi genera il Nitro appreffo al tempo della canìcola notte giorni continui : ccffa di generaruifì pofeia altri none giorni, c r dopo qucSli di nuouo nuotafopra laequa,cr di 5P poicefft. La onde fi conofce,che la natura del terreno itelo genera: perciochc è flato conofciuto, che’l fole, cr le pioggie niente uigiouano nel tempo,che ceffadigenerarli. Ma è ueramente marauiglia, che forgendouì fempre dentro il rampollo dì quel fònticello, il lago non crefca, cr non riefea diparte alcuna. Vero c , chefe ne igiorni, che fi genera, fono pioggie ,fatmo il nitro piu falfo ; mafe fpirano ¡tenti aquilonari,fifd peggiore ; percioche com mouono il limo del fondo. Nafee adunque il nitro in queflo luogo. In Egitto fi fa piu abondantemente, ma manco tuono : impcroche egli è fòfeo di colore, cr faffofo. Fafti quiui nel modo medefimo, che fi fa il fale, eccetto che nelle faline fi mette l’acqua marina, cr nelle murarie l’acqua del Nilo. Q uefle, quando crefce il Nilo,flfecc4no,cr quando cala,fìrcmpiono,cr ft bagnano di ficco di nitro quaranta giorni continui : ma nonfono queSli giorni Statuiti fermi, come in Macedonia. Et fe pioue in quel tempo,ui mettono manco acqua del N tlo,cr fubi* to che è congelato, fi cauafu ori, accioche non fi diffolua nelle nitrarie. percioche nel dijfoluerfi, diuenta come 6 0 olio, utile ueramente aHarogna de gli animali. Ma acconciandolo in monti,fi conferua,CT dura. E ueramente c»ft mirabile, che nel lago Afcanio , Cr in certe fónti appreffo a Calcide fono Vacque difopra dolci, c r fìbeuono cotidi.inamente, cr quelle del fóndo fono nitrofe. L'ottimo nitro c il fonili fim o, cr imperò U ff ¡urna e migliore. Oo 1 llfordido


712

Difcórfi del Mattinoli

l \foralo 5»tifa in tutte le tinture ,crnußim e delU, porpora L ’ufo del nitro ¿grande,come diremo al fuo luogo. L eccellenti nitrarie fono (¡ucUe d'Egitto : mperocbe fileuano efferefollmente tra Nalterate, cr Memphi : come che appreffo a Memphi fieno manco buone, perche ui iiuenta fafiofi ne i monti ; er imperò ni fono molti monticel li diuentati di [affi, del qualefanno uafi.Sonoui alcune nitrarie,dottefi fa il nitro rojfo per lo colore di quel terreno. Diceuano gli antichi, che la Spiuma del nitro nonpoteuagenerarfì, fenoli quando cafiaiu la rugiada[opra atte ni* trarie pregne, ma non però,che partorijjbro : er impero nonnafeere nelle incitate, anchora che ui cafchi. Alcuni altri ß crederono, che nafeeffe del fermento delle coperture. Ma i medici della proßima età, dijfero, che la/piuma del nitro fi ricoglicua in Afta, e r che difhüaua in certe humidefreloticbe,cr che dtpoifìfeccauaal fole. Quelli è Telettißima (piuma di nitro, che è leggierifiima, crfrangibilißima, di colore quafiporporeo. Queßa ß porta in io piattelli: ma quella d'Egitto incertiuafiimpeciati,dcciochenonß liquefacela. Lelettißimo nitro vuoleefferfot* tilißimo, fpugnofißimo, er cohcauo. Sophiflicaßin Egitto con calcina. m aßconofce algu&o:imperoche ilflncero fi rifilile facilmente, c7 l’adulterato punge la lingua. Spartenti fopra calcina, rende l’odore tialorojamente. Que, fio tutto del Nitro fcriffe Plinio. Il che può certificare ciafcuno,che’l noftro Salnitro c molto differente dal Nitro Errore de i degli antichi : quantunque nonfi poffa negare, che in lui non fieno alcune parti inoliofittili al nitro. Ma non pero Frati. ardirei io di metterlo in ufi per le medicine in cambio del uero Nitro, comefi perfidiano di fare con poca confile= ratione,per miogiudicio,i uenerandi Padri,ckehanno commentato l antidotario di Mefite : li quali f i per zelo di charità hanno conftgliato altrui 4 dotier cefi fare, cominciando ( comefi dice) la prima charità dafemedefmo,dq usuano primafperimentare il mangiar del Salnitro nelle medicine in loro medefinu, er pofeia configliarlo^ per altri. Nitro , S c r i f f e del Nitro Galeno al i n . deliefacuità de i [empiici, coß dicendo. Habbiamo detto di [opra,che l Nitro è io (piuma fcritti mtzano nelle uirtùfue trai [ale, er l'aphronitro : ma brufiiatoflfd piu fimile ad effo aphronitro, come cofa affot* di Gal. tigliata dal fuoco. Et imperò diffècca, c r digerifee, cr tolto dentro nel corpo, incide, cr affottiglia i größt,cru i feoft hmori molto piu nalorofamente, chel fale. Ma /’ Aphronitro, f i nonfuffkgrandißima neccßita,non è da tor per bocca, per effere inimico dello ßomaco, er piu ineißuo del nitro. Veramente fuole tifarlo un certo uillano per lo uclenn de ifènghi foffocatiui, er fempre hagiouato. Olirà di questo in tal cefi habbiamo lioifpcffo ufato il nitro abbrufeiato, e r molto piu anchora la(piuma. Fin qui fcriffe Galeno. Ma pare ad alcuni, chefaccianoti pocadiffe* renza Galeno tra CAphronitro,er l’A pbrolitro.non hauendo auertito che in quel luogo la finltura è corrotta. Ir» pei-oche fi deue leggere «VreÙr h m dutifi in due parole, er non « V « rf™in una fola . Il che è fato auertito, er ampiamente dichiarato dal dottißim M . Agoßino R icco medico Lue chef i , er parimente dal Fuchfio. Ma per non fi ritrouare à i tempi noftri alcuna di queüe cofe, me ne pafferòper bora fenza farne edera lunga diceria. ^ Chiù* mano i Greci il Nitro, N/rp6»,& Atrfdv : i Latini, Ni¡rum : gli Arabi, Baurach . 1 1 Nitro di Africa chiamano i 3° Nomi. G reci, A'opifjTptv, con una filaparola -'Crgli Arabi ,TSaurach Africo . L i Spiuma del nitro chiamano i Greci A'tfn'fToù violini :gh Arabi, Aphromtruin : i Latini, Spuma nitri.

Cap.

B ella Feccia.

X C.

D e b b e s i eleggere per la miglior Feccia quella, che fi fa di uino Italiano u ecch io;& fenon di quello, di altroché gli (ìa fimile. La feccia dell’aceto è ueramente molto piu nelle Tue forze acutarlec cali prima,& abbrufciafi poi,come s’abbrufcia l’alcionio. Sono alcuni, che l’abbrufciano in un tello nuouo fopraàgranfuoco,fino ches’accenda. Altri nefotterrano unamalfafotto 3 uiui carboni, & fanno la medefima opera.L’ifperimcnto di conofcere,quando è perfettamente abbrufciata,c quando 4 fi uede effer diuentata bianca,oucro di colore fimile all’aria,& che toccandola con la lingua, pai eh el la abbrufci.Seruafi il medefimo ordine in abbrufeiare quella dell’aceto. Ha uirtu fopra modo cau­ stica >& alterfiua, cicatrizatiua, coftrcttiua, grandemente corrofiua>& difleccatiua dell ulcere . ma e da tifare, quando è frefea, percioche prettamente fi fuanifee : & però bifogna Ternaria in luogoferra­ to,oueramente in qualche uafo ben cop erto. Lauafi come la pompholige.Quella,che non è brtifciata,rifoluc perfe fola,& parimente con mirto i tumori, riftagna in torma di linimento i iìusfi dello Ito muco, & parimente del corpo: metta in fu l'ultima parte del uentre,ouero in fu la natura,rittagna i fluì Ìi delledonne:rifoluc i pani,che non fono ulcerati,& Umilmente i brufchi.Impiaftrafi con aceto in fu le mammelle ingroflate per troppa abondanza di latte. Abbruciata,& comporta con ragia , rimoue 50 l’unghie fcabroie : mefehiata con olio di lenti(co,& unta in fu 1 capo per tuttauna notte, fa diuenta re i capelli rosfi. Mcttcfi lanata ne medicamenti de gli occh i, come lo fpodio, & leuanc le cicatri­ c i , & le caligini.

cr

cr

LA f e c c i a d el ¡tino è n o t i f i m a , n o to p a r im e n te co m e etla s’ a b b r u f i i , f i n c fa c c ia Talarne d i fè c c ia » Leccia di m- j j cUj j i c e w m o d i f i p r a n el c a p ito lo d ell’ a h im è. M a q u ella ra g ia , c h e s’ a tta cca a lle b o tti,ch ia m a ta da c h i G r e p p o * &°fue ''utnù ’ Ii(,c r

da c h i T a r ta r o , ha in f i u irtù fo lu tiu a . E t p e r ò la to lg o n o a lc u n i in p o lu e r e in b ro d o d i g a llin a ,c o n un p o c o d i

tn a fU c e ,c r z u c c h e r o , quan d o f i u o g lio n o p u r g a r le g g ie r m e n te . M e jfo n elle in fu fto n i d i f i n a , a u m en ta u eram en te m o lto la lo r o o p e r a i io n e ,c o m e f a p a rim en te i n t u t t e l e a ltr e in fu fìo m ,o u e fìa in te n tio n e d aiutare la d e b o le z z a d e

Nomi.

fo lu tiu i • •o n d e f i p u ò m e tte r e an chora c o ’ l p o lip o d io ,

cr c o n lo c p it h im o ,c r a ltr i f ìm ili.

T a r ta r o b ia n c o , c u o c e n d o lo lun g a m en te nell’a c q u a ,

cr fiiu m a n d o lo d el c o n tin u o .

r fic

:i

L a tin i,

F<ex ‘. g l i

A r a b i, D urdi

: i T e d e f c h i , H e f è n ,z r V u e i n j ìe i n

S o n o a lc u n i , c h e fa n n o il

L a fè c c ia chia m a n o i G r e c i

, 60

: l i S p a g n o li, R a fu r a de n in o .

D e lh i


Nel quinto lib. di Dioicoride. Della Calcina urna.

Cap.

713

X C I.

L a c a l c in a uiua fi fa in quello modo. M etti in fu’] fuocoigufei delle buccine marine,ouero m ettili per tutta una notte in uno ardentislimo forno , & il di fegucntc,fe faranno fatti bianchisiìmi, cauagli fuori: altrim enti riabbrufciagli una altra uolta, fino ì tanto che diuentino candidisfimi. & coli intuendogli prima fommerfi nell’acqua fredda,mettigli in un uafo di terra nuouo, & cuopri be nisfimo il uafo con un panno,& coli lalcia per tutta una notte:& fe pofeia li ritrouarai la mattina effe re andati i n calcina,riponla. Fasi! anchora delle pietre,che fi ritrouano nelle riue de i fiumi abbrufeia te nel fuoco :fasfi parimente del piu u ilc ,& piu uolgare marmo,fc quella precede à tutte Falere. 10 E communemente ogni calcina feruéntisfima,mordente,caullica,& produttiua dell’cfchara; ma mcfchiata con alcune altre cofe, come graffo.& olio,ha uirtù di maturare,di mollificare, di riloluere, & di cicatrizare. Quella è piu efficace,che è frefea, & che non è Itaca bagnata con acqua. L a c a l c i n a , ebehabbimo noi in commune ufo perle fabriche delle cafe, c notißima à ciafauno . quan» tuncjuefe nefacci* particolarmente di diuerfe cofa,come di gufai di porpore,di buccine,di chiocciole,,d’offriche, cr di gufai d’uoua,per diuerfc opera[ioni. Ma parlando della commune, chefifa di pietre nellefirmici,dico,che molto itale prima faenta, cr pofaia molte uoltclauata con acquafrefea, c r finalmente con l’acqua rofida,per mettere ne gli unguenti, che diffeccanol'ulcere maligne,fenza mordere. Et imperò s ufa [unguento di calce nellulcere delle parti generatine,er maßime del mal Francefa,cr cfaltraforte maligne. Gioua anchora mirabilmente nelle cotture t o delfuoco,cr altre ulceragioni,che malageuolmcntef i confondano. Scriffe delta Calcina Galeno al ix.deBefaculta de i fcmplici,cofì dicendo. La Calcina uiua abbrufeia ualorofamente,di modo che genera l'efahara. La ¡penta gene» ra anch’effa l’efaharaima dapoi un giorno,ouer due,non brufeia cofifòrte, cr non può generare efekara. ma lafpen ta di lungo tempo nonfolamcnte non può eüa generare l'efahara-,ma nonfaalda,cr non liquefa la carne. Oltre à que» {io,fa ellaf i lana nell'acqua,fijpogtia ueramente della mordacità fua, cr dtffaccafe n z a m ordacità alcuna. Et impe» rò lauandofl due ,tr e , ouer piu uolte, fi gli letta del tutto la mordacità >cr dijfecca ualorofam ente fe n z a m orda cità alcuna. Chiamano i Grecita Calcina uiua,K'athsof: t Latini,Calx uiua :gli Arabi,Horach,Hura,cr Hure:i Te defahi, Vngelefchter, c r K<rtè: li Spagnoli, Col,

D el Geflb.

Cap.

Calcina,& U1 eflitn-

Calcina ferir H da Gal.'

Nomi.

X C II.

I l g e s s o ha uirtù di coilrignerc, di ferrare,& diriftagnare ilfu d o rc,& parimente i flusfi del fanguetmabeuuto ammazza ftrangolando.

• I l gesso è cofa notißima in Italia. Enne affaißimoinTofaana,oue molto è in ufo per le fabriche delle cafa. Gc(io,&fua La fua miniera, la quale cuna pietrabianca, fcagliofa, s’abbrufciane i forni, cr pofaiafi pefia, V criucUafì : cr 1,1 °rutanto c egli migliore, quanto è piufrefeo : cr però lo fiandofa poca prefa nellefabriche. Faßt parimente il Ceffo della pietra fpeculare, la quale chiamano i Greci fe lenite : cr parimente di quello alabafiro non uero,di cui fi fan» G f(1 Qfct ¡110 no al torno diuerfe forti di uafì. Fece del Gcffo mentione Galeno al 1 x. delle faculta de i famplici,cofi dicendo, il G jj Geffo ha uirtù communemente di(feccatiua,come tutte le pietre, cr altre cofa terreffri : ma ha però quello di' piu , 40 che tiene infe uirtù emplaflica. 11geffo bagnato s'unifce in feftejfo, cr fi congela in pietra. E t peròfi mtfaina uni» mente con quelle medicine diffeccatiue, che riftagnano il fungue. percioche egli per f ?ffeffo diuenta lapidofa, co* ¡¡retto , c r congelato : cr imperò penfai di bagnarlo con chiara di uouo : il che è utile nettinfirmità dcjfcti occhi,ag* giuntoui la farina ¡telatile,chefi ritroua nelle pareti de i molini-.ma bifagna con quedo cofi macerato, incorpora» re peli di lepre dei piu fattili. Il brufciarlo non ha ueramente uirtù emplaflica alcuna, ma bene è egli molto piu fot tile, cr piu ualorofamente diffecca. E oltre à ciò ripercußiuo, er maßime bagnato con acqua, cr aceto. Chiamano i Greci il Geffo, Fv4 « : »Latini, Gypfum :gli Arabi, Gepfim, cr Giepfin ; i T edefabi, Gyps: li Spi* Nomi. gnoli ,Tefo ,CT Alges.

Della Cenere de i farmenti. 5°

Cap.

X C III.

H a l a Cenere de i farmenti uirtù di brufeiare : ma fattone linimento con grafcia, ouero con olio,gioua alle rotture,& nodofità dei nerui,& alie percollé delle giunture. Applicata con n itro , & aceto abbaffa le crefcenze della carne dalle borfe, ouc fi contengono i tefticoli. Impiaftrata con acc to, giouaài morfi deiferpcnti,&de i cani, mettefi nei medicamenti caultici, che induconol’efcha* ra. Faffene lifeia buona per coloro,che cafcano dall’alto : & beuefi contra i fonghi malefichi con ace to , & file, & mele. Qval

& fue fomiti liq u ie d elle le g n a ,c h e s a b b r u c ia n o . E c o m p o ñ a la cenere di co n tr a r ie q u a lità ,cr di' c o n tra rie f i d a n z e . C o n f ie « fcr¡tte da G ì n e ad u n qu e la c e n er e in f e alcun e p a r t i , le q u a li fo n t e r r e e , cr alcun e f u lig in o f e . Q u e d e ueramente fo n f a t t i l i , c r Uno.

lio n a . Co

sia

la C e n e r e d e i fa r m e n ti, è ueram en te n o to à c ia fa u n o . E t im p e r ò non accad e à recitarne a ltr a h i

S c n ffe d ella C e n e r e G a le n o a l i ' v i i 1 . lib r o d elle f a c u lt a de i f e m p i ic i , c o fi d icend o. Cbiam anfi cen ere l e r e

im p erò m a cera n d o li l i cen ere c o n a c q u a ,

cr p o fa ia c o la n d o / },fa ne uanno

t u t t e q u e d e p a r ti infierne c o n la e q u a


714

Difcorfi del Matthioli

e r reftanofiolamente le parti tenebri in cenere, la quale ha perduta ogni [acuità calda, & fot tile. Ma non però è ogni cenere di fintile natura, ma e differente, fecondo la materia, di cui fi genera. Et imperò nonfo io come dicefi*

N om i.

fe Diofcoride,c!:e haueffe la cenere uirtu coflrcttiua: auenga che quella,che fi fa delfico,non ha alcunafaculta fimi le , per non haucr quefto albero in alcuna delle fue parti alcuna [acuità acerba, come baia quercia,Felice, Falba* tro,ilfaggio, il lentifco,[hederá,& molti altrifintili : ma è ueramente piena tutta di ualorcfofucco, il quale è a» cuto,<3- calido. Et imperò la cenerefatta delle legna acerbe, ¿neramente non poco coftrettiua : er ricordomi,non hauendo io hauuto all'improuifo altri medicamenti,hauer con effa rijlagnato ilfatigue. Ma non ardifea però alcu* no infimil cafo ufar la cenere delfico, per ejfere egli acuto molto,cauftico,cr afierfìuoter in ciafcuna di qucüe co* fe è differente da quella, chefi fa di legna di quercia : perciocbe in quella le parti fuliginofe fonomolto piu acute, che in quefta : oltre à ciò in quefta le parti terrefiri fono quafi alquanto coflrettiue, er in quella after[tue, come nel 10 la cenerebbefifa de i tithimali. Chiamano i Greci la cenere, TV?p*: i Latini, Cimsigli Arabi, Chamad, crRa* med ; i Tedefchi, Aefchendi Spagnoli, Ceniza : i Erancefi,Cendre.

DeJl’Alcionio.

Cap.

X CIIII.

H a s s t , che l'Alcionio fia di cinque fpetie. Imperochc uno è denfo» acerbo al g ü ilo , ipugnofo, di malo odore, graue,& come di pefee ; & quello fi ritroua copiofo nelle riue. Il fecondo è fimiie al, l’unghiellcdegli occhi,oueroalla fpogna,concauo,leggiero,d’odore fimiie aquello dell’alga. Il ter 20 ha forma di uermicello, di colore piu porporco rii quale chiamano alcuni M ilefio. Il quarto fi raflembra alla lana fuccida,molto uacuo,& leggiero. II quinto ha forma di fongo,fenza odore,afpro, ZQdi dentro quafi come una pomice, di fuor lifcio,& acuto : il quale nafee abondantisfimo in Propontide apprcllo all’ifola di Besbico, chiamato per proprio uocabolo da gli habitatori fpiuma di mare. I primi dues’ufano perii lifei delle don ne,& per le lentigini, perle uolatiche,perlafcabbia, perle uitiligini, per le macole nere, & altre macchie della faccia, & di tutto il corpo. Il terzo è buono per co loro , che non poflono fe non maljgeuolmentc orinare,ouero che ragunano le renelle nella uefcica : ualc oltre à quello à i difetti delle reni,a!fhidropifia, Se alla m ilza. ma brufciato,& impiallrato con ui no, fa rinafccrei capelli. L'ultimo è buono per far bianchii denti. mettefi anchora in altri lifei, & d e pilatori) mefehiato con falc. Se alcuno uuole abbrufeiare l’alcionio,mettalo infierne con fale in un ua fo di terra crudo,& (erratogli la bocca con luto, lo metta nella fornace,cauandolo fuori come fia cot to il uafo,& coli Io riponga. Lauafi come la cadmia. 30 A lc io n io , & Lo a l c i o n i o (1liceità Plinio a l e v í n , cap.del x x x n .libro) fi genera in mare da i nidi, fecondo chefti» iua hiitoria , mano alcuni, degli alcioni,cr ceici augelli: er altri penfano,che fi faccia della /piuma del nutre ingroffata infieme & eifam.

con altre ftorcitie : & altri che fifaccia del limo del mare, ouero d’una certa fua lanugine. Enne di quattrofpetie. Il primo c di colore di cenere, denfo, er afpro all’odorato : [ altro è tenero, piaceuole, d’odore quafi d’alga: il ter* Z .o è biancofimiie à un uermicello : er il quarto c pomicojo, quafi porporeo,cr fimiie à una Ipogna putrefiatta.L’ot timo fi chiama Milefio. il bianco ¿manco buono. Quefto tutto dell’Alcionio diffe Plinio. A cui nonfu ueramente in confiderai ione il quinto,commemorato da Diofc aride, er da Galeno,di figura di fùngo. Sono alcuni altri,che di cono chiamarfi Alcionio,non perchefi faccia egli de i nidi de gli alcioni augelli,ma perche fopra effo raunato infies me dall’onde del marefanno gli alcioni il nido. Il che bamolto piu del uerifimile. Chiamafi CAlcionio à i tempi no 4° fi ri nellefpetiarie Spuma maris,il quale nome ¿ ñato prefo da Diofcorìde,per ifcriuere egli, che cofi lo chiamano nel l’ifola di Besbico, oue nafte abondantiftimo. Vnafpetie di roffo fimiie al corallo,di forma comefefujfero ungran nu* mero di uermicctti ammaffati infierne,er d’una materia[affofa,uidi io la prima uolta in Venetia, er ne riportai meco alquanti p ezzi• Q uello della quarta fpetie ho piu uolte ricolto nel lido del mare uicino àTriefti,filmile quafi à un nello di lana bianca ,er molto leggiero. I peftatori dicono, che quefto ¿ il nido di alcune chiocciole marine jpinofe, come le porpore,che loro chiamano Garufe. Il primo & l’ultimo fi può ageuolmenteritrouare nelle fpetiarie. Ma L u o go fo fpetto. perche non ri trono,che Diofcorìde faccia qui meni ione alcuna delle[acuità di quello della quartafpetie,dubito,che ut fu mancamento di frittura: er tanto piu, che Oribafio,il quale traferiuc da Diofcorìde, er parimente Serapio* neftriuono amendue delle uirtùfue di mente di Diofcorìde. Scriffe degli Alcionij Galeno aü’x 1. delle[acuità de A lcion ijfcrit i[empiici,cofi dicendo.Tutti gli Alcionij mondipeano ,c r digerìftono. Sono calidi, cr acuti, quantunque tuno ti da Gal. piu,et manco l'altro, fecondo lafottilità delle parti loro. Enne di quelli uno denfo, et grane, di jpiaceuole odore : imperochc rende odore come di pefee putrefatto ; di figura fpognofa. L'altro è lunghetto, Uftio,et leggiero, d'odo irefimiie all'alga. Il terzo ¿ fintile à unuermine di colore porporeo,tenero difuflanza,et quefto chiamano Milefio. ì l quarto è ueramente raro, aleggierò, come ilfecondo, mafintile però alla lanafuccida. Il quinto nellafuperficie di fuori c ltj< io , ma afro nellafuftanza di dentro, di niuno odore, quantunque appaia algufto acuto : et quefto c molto piu caldo di tutti gli altri,di modo che può egli abbrufeiare i peli. Et imperò quantunque vprimi due fianìno. le uolatiche, le uitiligini, la rogna, et lafcabbia, et facciano la pelle fplendida; non può peròfar quefto quello,che habbianto pcfto nell ultimo luogo. Ne cofi può eglifar netta la pelle : imperoche laf¿ortica uia,pcr penetrare trop po al prefèndo,di modo che ulccra la carne. Quello,chefu pofto nel terzo luogo,¿ piu di tuttifiottilifimo : et tilt* però cura, abbruciato ,ef Unito con uino,la pelagione. Il quarto ¿ di uirtu fimiie à quefto,come che non fia però (ÓQ Nomi. cofiualorofio. ChutMW i QtCfi [Alcionio, A'mi/irior : iLatini >Alcyonium :gli Arabi, ’Zcbotbalbahar, et ’Zebdalbhar. Dell'Adarce


Nel quinto lib .di Diofcoride. D ell’Adatte.

Cap.

71 y

XCV.

N a sc e l’Adarce in Cappadocia.è ueramente come una falfilagine congelata,che fi ritroua in luo ghi luimidi,& paluftri,quando fi feccano,cong!utinata alle canne, & à gli itecchi, & fiftuchi, fimilc nel colore a! fiore della pietra chiamata AfsÌ3,& in tutte le parti fue fimilc al molle,& uacuo alcionio, di modo che pare efifere il lacuftre alcionio. Vfafi per tor uia la fcabbia>le lentigini,le uolatichc, & lai tre macole della pelle della faccia, & l’altre cofe limili. In fomma ha uirtù acuta, tira l’humidità dal * profondo alla fupcrficie,& gioua alle fciatichc. io , c h e c o m f f o t td a aU’ h i/ lo r ia , c h e n e f e r in e D io f c o r id e , cr P l i n i o , fin b o ra non ho io p o tu to

A ¿ , rce & xx vi .c a p o d e l x v 1. l i b r o . E t q u ella i/lejfa ch ia * fu» elfam’m. ino p o i e g li C a la m o c h n o a l x 11. ca p o d e l x x x 11. lib r o , co n q u t fie p a r o le . C on n u ln cra fi tra le co fe a cq u a tich e a n eb o ra i l C a la m o c h n o , il quale chiam ano L a t i n i A d a r c a . N a ft e tra le canne f o t t i l i , d i /piuma d’acqua d o lc e ,c r m arina in a lc u n i lu o g h i , c u e f i m efeh ia n o in fic in e . H a u ir tù d i a b b r u cia re: c r p e r ò f i m ette n e g l i unguenti chiù * m a ti a c o p i , p e r l e fc o r t ic a t u r c d ella p e l l e . Q u eflo tu tto d ell’ A d a r c e diffe P li n i o . M a credo b e n e vera m en te, ch e

L’

a d a r c e

u e d e r e : q u a n tu n q u e fe r in a P l i n i o , c h e n a fe a e lla in Ita lia al x

d e l t u t to e r r in o c o lo r o , i q u a li flp e r f u a d o n o , che l'A d a r c e fia qu ella c o f a , chefir chiam a n elle f f e t ia r i e d ’ Ita lia Pai ìa n n a r in a . I m p e r o c h e q u e lla n o n n a fce'jd trou e , c h e in m a r e ,c r non n elle palu d i i acqu a d o lce .n e m anco f i r itr o u a in m are a tta cca ta 10

à c a n n e lle , ne a h e r b e , ò

a ltr e p ia n te ; ma f i r ic o g lie ne i lid ig itta ta u i d a ll onde inficine c o n l'a lg a ,

f im ile ad a lc u n e p a lle , c h e f i r itr ouano f a t t e d i p e lo n ello flo m a co d e i c a p r e t ti, c h e la tta n o , p e r tira r e g lin o n el fu g g e r e affai p e lo d ì q u e llo , ch e le ca p re hanno n elle p o p p e . O l t r e a c iò in lei non fi fe n te fa p o r e alcun o ca u ftic o

m a r i n a fcpa ratam cn te d a ll A d a r c e fc r ijfc G a le n o n el

Palla marina

p r im o lib r o d elle c o m p o fitio n i de m e d ic a m e n tife c o n d o i lu o g h i, r e fìr e n d o alcun i m edicam enti fc r itti da C r i t o n c ,

& f“ 1 edam.

( c o m e f e r m e P lin io ) n e a c u to .

D i q u c fla

p a l l a

p e r c o n fe r u a r e , c r aum entare i c a p e lli, c r a n ebo ra p e r f a r rin afeere q u e lli, ch e fu ffe r o cafcati. Q u a n tu n q u e in q u e l lu o g o n on in tcn d effe il C o r n a r io , b u em o p e r ò de te m p i n e fir i d o tt ia m o com m en tan do lo , ch e co fa intendeffe q u ia

Errore del

Cornano,

G a le n o p e r fp b c r a m a rin a , c r fu jfic a f/ e c o v tr a alla v e r ità , c h e u ifu ffc c o r r o tte la d ifc r itttu r a : im a g iiu n d o fi,

c h e f i d o u ejfe le g g e r e / fo g n a m a r in a , c r n o n f f h e r a m a r in a . non hauendo m a if a p u t o , c h e il m are p rod u ce non f o b m e n t e l e / f o g n e ; ma anchora le p a l l e , c h e ¿ G r e c i chiam an o fi b e r e ,p e r cfferc r i t o n d e . i l ch e hauendo affai m e g lio d i lu i in tefo i l P u c h fio m ed ico fe g n a la to d ell'età n c f lr a , n c f i c c bellifiim a annotai io n e n e f u o i vo lu m i delle

30

c o m p o fitio n i d e m e d ic a m e n ti.M e tte la P a lla m arina N ic o la o M ir e p fic o in un u n g u en to p e r i verm in i d el c o r p o s e fc r iu e n d o in q u e fio m o d o . T o g lie d iP a lla m a r in a , la q u a le f i r itro u a in m are t o n d a , c om e lana com pofla in ficin e, e r e . T a l e è uer am en te q u ella , c h e ( u f a .M a rito r n a n d o a ll’ A d a rce, d ico ch e d elle fa c ilità fu e f c r i f i c G a len o a ll’ x 1

.

lib r o d elle f a c u l ù de fe m p lic i,c o n q u e fìe p a r o l e . L ’ A d a rce c n ella fu a fv fta n z a co m e u n a / fu m a d’acqua [a lfa ,c o n * ^ ¿ r“ g e la ta a tto rn o a lle c a n n e , c r a ltr i f i f t u c h i , c r f t e c c h i . E a c u tifiim a , c r calidifiim a: c r p e r ò n on f i p u ò tifar f o la .

rf TÌtm

M 10j •

JM efcbiafì adunque c o n q u ei m ed ic a m en ti,ch e p o fio n o raffren are la fu a fir z a .-e t c e f i f i f a p o feia u tile in q u ei m o rbi , c h e hanno b ifo g n o d i c a lo r e ne i q u a li non s’ ad op era f c non di f u o r i : p e r cio ch e è im p o fiib ile di torta d e n tr o , p e r la f o r t e z z a della fa c u ità fu a a c u ta .Q u e fto t u t to diffe G a le n o . D a lle cu i parole c c o fa c b ia r ifiim a , ch e f i r m a , c r d i u ir tù è ueram ente m o lto d ifiim ile , c r d ifferen te dalla Palla m a rin a .

f A d a rce c r

di

Kom ;

Chiam ano f A d a r c e i G r t c i ,

A'Saputif,Si h'SdfMv ; j Latini, Adarces:gli Arabi,Adarchi,Atbauchi,cr Adaraca.

Delle Spugne.

Cap.

X C V I.

C h ia m a r o n o alcuni mafehi quelle Spugne, che fono fottilmente pertugiate, & falde: delle quali chiamarono tragi le piu dure. Fcmine pofeia chiamarono quelle, che di forma,& di figura gli tòno contrarie. Abbrufcianfi le fpugne nel modo medefimo, che l’alcionio. Sono utili le frefche, che non hanno gramezza,per le fcrite:riloluonol'enfiagioni. lnfufe nell’acqua,onero nell’aceto inac quato,faldano le ferite frefche : fanano parimente infieme con mele cotto l’ulccrc uccchie caucrnof e . Le uccchie fono inutili. Le fecchc meffe legate con filo per taila ^ dilatano le bocche dcll’ulcere ferrate,& callofe. L e nuoue fecche,& uacuc, mefleui dentro, fanano ¡’ulcere uccchie,quelle che mcSo nano,ouero le cauernofe corrofiucrriftagnano i flusfi del fangue.La cenere dcll’abbrufciatc co aceto conferifce alleoffufcationi de gli occhi caufatc per aridità d’humori,& doue fra di bifogno d’afiergr re,Sì riftapnare. E ueramente piu utile lauar la cenere per le medicine de gli occhi.La cenere di turte le'abbruciate infieme con pece, riftagna i fìufsi del fangue. Fannofi diuentar bianche quelle,che fo­ no mollifsime,fpargédouifopra la foiuma del fale,che fi ritroua attaccata alle pietre:& pofeia bagna dole, Si mettendole la fiate al fole,facendo che riguardino con la parte caua in fu,& in giu con quel» M a lia quale furo n ragliate.Ma fe fi mettono la fiate al tempo del fereno alla luna, fpargendoui fo­ pra la (piumadel fale,ouero acqua marina,diuentano candidifsime. L

e spogne

( d iceua

A r if t o t ile a l x v i . c a p . d el

v . lib r o

d eil’h ifto r ìa d e g l i anim ali ) fo n o di tr e f p c t i c .

Co Et imperò alcunefono rare, alcune denfc cr ferrate,cr alcune chiamate Achillee. Quelledellatcrza/feti-fono )oroph'fft^ fot tiltliime, denfifiime, crfaldifiime, cr mettonfinegli elmetti, cr ne gli ftiuali, perche cfiato preuato,che non fcrittJ An ¡affiati farefe nonfoco firefito ma neramente di quefte poche fe nc ntrovano.QuelUpoi, chefon denfe, cr fcr* ttotile.


7 \6

.

Difcorfì del Matthioli

rate , dure, cr ajfre, fi chiamano birci. Et tutte nafeono, ò attaccate a i fafii, onero appreffo al lido,pafienlofi, C7 nutricandoli di luto. Del che dà manifiño indicio il ritrouarfi elleno,quando fifiirpanoffmpre piene di limo. Il che dimofira neramente, che tirano il cibo àfe per quella parte, con cui fiatino attaccate. Et però le denfe, cr ferratefono piudeboli delle rare,perche fianno attaccate à piu breue picciuolo. Dicono che le(fogne hanno uirtiì fenficiua : cr che quello lo dimoftrano manififtamente, percioche fi ritirano, er riflringono in fe fiefie,ogni uolta che alcunofi gli appreffa per estirparle, di modo che è poi diffidi cofa à tirarle fu ori. Il chefanno medeflmamente, quando c gran tempesta di mare, per non effere sbarbate daU’ondc dallafua origine. Come chefieno alcuni, chedu» bit ano fe quefio fia , ¿non fia il uero, comefon coloro, che hahitano appreffo à T orona. Se le ¡fogne nel cauarfi f i rompono la radice, che refla attaccata, Ingenera di nuouo compiutamente. Crefiotto in grandifiima larghezza, ma rare, cr f i arfe. Quelle, che fi generano attorno à Licia , fono femprc piu molli, che quelle, che nafeono in 1 * luoghi piu alti , er piu tranquilli : imperoche i uenti, c r le tempefiefanno le)fogne piu dure , c r non le lafiiano erefie re. Et però le (fogne dcU'Helejfonto fono ferrate, cr dure, er majomamente quelle, che produce il mare di qua, c r di là da Malea promontorio.. Le uiue, cr ie non lauatefono nere. Quefio tutto delle Spogne firifie Ari» Spugne ferie {totile . da cui togliendo Plinio,ne firifie poi anchora egli Ihiñoria à x l v . cap. d e lix . libro. Scrifie dellefiu » te da Gal. gne Galeno aU'xi. libro delle faculta defemplici, con quefteparole. La Spogna abbruciata è acuta,cr digeñiua. Vfauala un mio precettore per rtfiagnare i flufii delfangue, oue era bifogno della operatione manuale. Et però ne teneua eglifemprc di preparata, cr di brufiiata:cr come era il bifogno,l’empiua prima di bitume, Hueramente di pece, quando il bitume gli mancaua. Vfauala anchora affocata cauterizando con ejfa, accioche uiJìgenerafie te» fihara, cr che la¡fogna ui rimanefiè per coperchio.La ffogna nuoua poi nonfilamente è una materia, che può in­ fónderli d’humorc, comefanno la lana,cr lefila carminate dalle pezze di lino ; ma difficca anchora gagliardomen 1 ® te . Il che conofierai, [ e t ufarai fola nelle ferite con acqua, ò con uino, ò con aceto inacquato,fecondo la diuerfità de i corpi, come c ñato detto, imperoche ella conglutinará,comefanno tutti gli altri medicamenti conglutinatiui. Ma fe la¡fogna farà ñata adoperata, cr non farà nuoua, conofierai quanto fiameno ualorofa della nuoua, ogni uolta che l’adoperarai nelleferite lauandola con acqua, ò con uino, ò con aceto inacquato. Ne di ciò ci dobbiamo marauigliare, auenga che nella nuouafi ritroui anchora lafaculta prefa dal mare di diffeccare alquanto i corpi. Può adunquefare eüa tutti queñi effetti, fin che ui fi finte dentro l’odore del mare. Imperoche inuccchìandofi,co’l tempo perde quellafacilità marina: c r però non può e&* cofi diffeccare, quantunque nonfia maifiata adoperata in cofa ueruna. Chiamano i Greci la Spogna,s W » °r : i Latini,Spongiaigli Arabi, Asfimgi albatri, cr Albar : i Tedefcki,Badfihuuam:li Spagnoli,Spongiati 1-rancefi, Efionge. Nomi. }0

D el Corallo,&Antipathe.

Cap.

X C V II.

I l c o r a l l o , il qual chiamarono alcuni albero di faffo, è ueramente una pianta marina, che s’ indura,quando fi caua dal profondo del mare,dall’aere,che ne circonda.Trouafene affai nel promó torio Pachino appreffo à Siracufa.L’o ttim o è ilro ffo .d ic o lo re d ’anthericojOuerodi ben colorita Sandice, fragile,uguale in ogni fua parte, & che habbia odore di mofeo marino, oueramente d’alga, ramofifsimo,& farmentofo,come il cinnamomo. Dannali quello , che congelandoli, diuenta duro come pietra,che è fcabrofo,cauerr.ofo,& uacuo. E il corallo leggiermente coftrettiuo,& refrigera tiuo : abbaffa le crefccnze della carne : netta le cicatrici de gli occhi/riépic l’ulcere profonde,& le cica triza : è efficacifsimo allo fputodel fangue. conferifce à chi non può orinare : & beuuto con acqua, 4° fminuifee la milza. Quello,che chiamano Antipathe.fi crede che fia anchora egli corallo, differen­ te folamente di fpctie. Q uello è nero,& crefcc in forma d’albero, piu ramofo.Ha le medefime uirtù del corallo. C oralli,& lo . S ono i CoraUicofi noti,cr abondanti in Italia, che pochifono ìfanciulli piccioli, cr rare le fanciuUette, ro edam. che non li portino al coUo,cr alle braccia, finza quelli che $'ufano nelle corone de i paternoñri. imperoche fi pe»

fiano in diuerfi luoghi del mar Tirrheno. Et quantunque diceffe Diofcoride filamente de i rofi,cr di quella altra (fette di nero, chiamato Antipathe ;f i ne ritrouano però ne i noflri mari di bianchitimi, ma non cofi ponderofi, ne cofi ferrati dentro, comefono i rofii, ma piu frugnoli, cr piu leggieri. Sono riputati affai piu frigidi de i rofii: er imperò gli ufano i medici, ouefila di bifogno di maggiormente infrigidire. Scriffe del Corallo Plinio a h i . cap. f 0 del x x x ix . libro, cofi dicendo. Quanto fono in prezzo appreffo à noi le perle, tantofono ¡limati apprefio àgli Indiani i coralli : percioche queño non accade, fe non per le perfuafìoni delle genti. N afee nel mar raffi, ma piu nero .generali nel mar Perfico anchora,douefi chiama la ce. Il lodatifiimo è quello del mare di Francia, chefipe» fca intorno all'ifole chiamate Stcchadi : cr quello, che ñafie in Sicilia, attorno à Helia, c r Trapani. N afee rofiif fimo il corallo in Campagna auanti à Napoli,appreffo à Grauifia,ma tenero, cr però meno appregiato in Erithro. L a f ir m a fu a c d ’a r b u fs e llo , c h e n el c o lo r e u e r d e g g ia . S o n o le f u e b a c c h e f i t t o la e q u a t e n e r e , c r b ia n ch e : ma c o » m e f i c auano f u o r i , s in d u r if io n o , cr d iu en ta n o r o f ie , d i m od o c h e nella f i r m a , nella g r a n d e z z a , c r n e l c o lo r e f i raffem bran o a l f r u t to d elle c o rn io le d o m e ñ i c h e . D i c o n o , c h e q u e ñ e c o m e f ì to cc a n o c o n m a n o fu b ito s’in d u r ifio n o in p i e t r a , f e f o t t o u iu i i c o r a l l i . L ’ o ttim o è i l r u b ic o n d ifiim o , c r r a m o ftfiim o , non r o g n o f i , non f i f f i f o , non u a c u o , c r n on c o n c a u o . N o n fo n o m anco in p r e z z o l i b a c c h e d e i c o r a lli appreffo à g l i ln d ia n i,c b e fi fr e n ó le perle 6® a lle n o ftr e d o n c .P e r c io c h e i lo r o a r u ¡ f ic i,c t i lo r o in d o u in i f ì c r e d o n o ,c h e fia c o fa r e lig io fa ¡¡p o r ta r g li a d d o jfi p e r r im o u ér e i p e r i c o l i l e ? p e r ò ( ig o d o n o d ella r e lig io n e ,

cr

d e l d e co r o d i e f f e .

I

tr o n c h i d e i c o r a lli mefri a l c o llo

dei


717

Nel quinto lib.diDiofcoride

d e i fd n ciu U i(feco n d o c h e f i c r e d e r l i fa n n o f i c u r i . q u e fto tu tto de i C ora lli fc r ijfe P l i n i o . I l c im i: n eram ente p e n *

p i,!,™

fo e ffe r fi in g a n n ilo n e l cred erft, c h e i C o r a lli p r o d u ca n o le b a c c h e fin tile alle c o r n io le , com e fa n n o g l i a lb eri u e r i i l o r f i u t t i : im p e r o c h e ,p e r q u a n to r e c ita n o c o lo r o , c h e g l i pefca no in I ta lia ,

er

in S ic ilia , non f i trottano nei C o *

raU i a lcu n e b a c c h e : C T le b a c c h e , c h e f i trottano n elle f i l z e de ¿ C o r a lli, fin tili alle c o r n io le , c r to n d e com e l o t i * r e g ie ,fo n o f a t t e a r tificia lm e n te in f u i t o r n o ,

ó p e r fò r z a d i lim a , &

p o fc ia lifcia te c o n lo f m e r i g lio ,

cr b r u n ite

c o n Ìa p o lv e r e d el t r i p o l o . Q u a n d o i C o r a lli f i cauano d ell'a cq u a ,fo n o t u t t i m o fcb o fi, ne dim oflr an o o le i c a r o j je z z a ■ ma ven en do p o i a lle m ani d e g l i a r te fic i,g li p o lifc o n o

( com e h o

d e tto ) c r fa tin o g li lu f t r i . I L n e ro ,il q u a l c h ia »

m a D io fc o r id c a n tip a t h e , nidi g ià io in N a p o li in m ano < 1 un g io ie llie r e b r u n ito ,& ¡ìm ile a R 'e b e n o .

H<hwo i Co» Conili, & lo r° ¿»culù.

raUi u ir tù n era m en te o c c u lta c o n t r é la e p ì le f ia ta n to p o r ta ti al c o llo > q u a n to b e u u ti in p o lu e r e . C o n f id a n o ,p e r

au a n to f i d i c e , le c a f e da i fo lg o r i : r ifla g n a n o i l f lu f f o de m estrui : u a g lio n o a lle co r r o fio n i i e lle g e n g iv e ,c r id e e *

io

r e d elia b o c c a . V e n u ti g io u a n o alla d ifc n teria ,a l f iu f io d e U a f i e m a ,c r à i f lu f i i b ia n ch i d elle donne-.firm ano i denti im o f i

C o n n u m e r a n fì (c o m e r ife r ìfe e A u i c c m i n e l tr a tta to d elle f ò r z e d el c u o r e

) tra

le m edicin e c o rd ia li : p e r »

f i o c h e g e n e r a n o a l l e g r e z z a . G io v a o ltr e a c iò i l C o r a R o fc o m e f e r in e P lin io ) c a n tr a i d o lo ri ca u ftH dalle p ie tr e , c h e fon o nella u e f c ic a , a b b r u c ia n d o li prim a n el f u o c o ,

cr

dandofene à b e r e la p o lu e r e c o n a c q u a . V a le to lto n el

m edefìm o m odo p e r f a r d o r m ir e , m a d ou e fu f f e fè b b r e f i d i c o n a c q u a a l t r i m e n t i co n u in o . a fib r u fe u fl r n la g e

er * c r r m f ie f c a , riem pie

Uo lm en te. D ic o n o a n c h o r a ,c h c u fand ofi di b ere in lu n g o fm in u ife e la m i l z a . C o n fir ifc e a i n o m i t i ,

g ffiu tt

d el [ a n g u e . L a c en er e f i m ette nc i m ed ica m en ti d e g l i o c c h i : im p ero ch e in g r a ffa ,

l u lc e r e

c o n c a v e ,c r a ffo tig lia le c ic a t r i c i .D e l C o r a llo non r itr o u o , ch e n e i lib r i le g ittim i delle tf a c u ita d e [ e m p iic ifa c e ffe m em oria ueruna G a le n o ,q u a n tu n q u e n el fe ttìm o lib r o d elle c Ò p o ficio n i de 1 m edicam enti ut f i r itr o v in o p iu m ed ica

S.O

m en ti p e r i th ific i.p e r g l i f i u t i d el [ a n g u e ,& K apdw ovA

AM

della m arcia fin c u i en tra n o 1 C o r a lli.

C hiam ano 1 G r e c i i l C o r a llo ,

M p o v : ì L a t i n i , C oraU ium : g l i A r a b i, B « j] a d ,M ( r g e n ,B e fd & M o r g ta n : i T e d e f c h i .C o r a ln :

Is omi-

l i S p a g n o li >C o r a l l a i E r a n c c fi,G o r a l

Della PietraPhrigia.

Cap.

X C V III.

L a p i e t r a Phrigia, la quale ufano i tintori in Phrigia, da cui ha preio il cognome , nafte in Cappadocia. L’elettifsima è la palida,mediocremente graue, non troppo ferrata iniiemc,con alcune linee bianche, come ha la cadmia. Abbruciali quella pietra infoia prima in ottimo umo , & polcu coperta con uiui carboni,foffiando con mantici continuamente, fino che muti colore,& duicntt rol fa : cauafi dipoi fuori,& fpegnefi nel medefimo nino : & fafsi cofi tre oolre. Ma c da aperti«,che n el3° l’abbrufciarfi non fi (tritoli, & non uada in fuligine. La cruda, & parimente la brufciata ha uirtu co ilrettiua,& mondificatiua.melTa in fu l’ulcerc.ui fa quali fopra come una elchara.medica infieme con cera le cotture del fuoco.Lauafi,come la cadmia. NON RIT ROVO fin hora chi i i tempi tuffiti mi fappia dintofirare in Italia, che cofafla la pietra Vfrigu. imperoche per non elfere in ufo de i medici, ne dei noflri tintori, nonfi ci porta più di Cappadocia, otte dice Dio* fcoride,che ella nafee. Plinio nonfitppe, ch'ellafuffe utile per tufodeUa medicina-. & pero diffe, che folamcn* tc i adoperava eUa per tingere le uefti. Era questa pietra però in ufo al tempo ¿1 GaanoAa onte egli co/ ne/cn/. fe al i x . dellefacuiti de i[empiici, dicendo. La pietra chiamata Phrigia,e della natura meieflmadi quella, che fi ^ chiama pirite. Vfolafempre io , prima abbruciata, aU’ulcere putride, o per fe fola,o con aceto, o con enontclite, 4 ò con onerato - & fonile pergli occhi un medicamento difieecatitml quale molti hanno poi imparato da me. Me fcolanfi con elfo alcune altre cofe . Et però di tal medicamento diremo nel trattato delle compagnoni de medica* nienti : balla bora dirne la uirtùgeneralmente. D iffecca ualorofamcnte,cr ha nife un certo che del ce, retano, c r del mordicatiuo . Ma i Rato detto difopra , che quelli fono ottimi medicamenti, c r molto in ufo , che hanno infic* mentente del digefhuo, cr del repercufiiuo. Chiamano i Greci la pietra Phrigia, A‘® 3f tfoyiof : 1Latini, lapis

yg

S<»

Della pietra Afsia.

Cap.

X C IX .

D f. b b e s i eleggere quella pietra Afsia, che è di color di pomice, leggiera, fon gofa, frangibile, che habbia alcune uene profonde,& gialle di coIore.E il fuo fiore una faliugme gialliccia,la quale ita attaccata nella fommità della pietra congelata^ Tortilmente,dr colore in alcune bianco, & in alcune di pomice che tende al giallo : il quale accertato alla lingua e alquanto mordace. Hanno tanto la piena quanto il fiore uirtù coftrettiuaA alquanto corrofiua : mefchiati con pece liquidalo con ra­ gia di terebintho, rifoluono le portemene. Il fiore è (limato p.u ualorofo.Oltra di quello il fiore fec co fana l’ulcere uecchie,& che fono difficili da cicatrizaretabbalfa le crefeenze della carneimondifica con me e 'ulcere maligne, che fono fonili à i fonghi: riempie le concaulta dell ulcere,& miieme con I n i f i c a * à ™ con « r a f a m . Ic corrof i « . F , f c „ . ^ ^ ^

60 carne.Fattone poluere,& fregata fu per il corpo nel bagno,come fi fa co 1 nitro, afTott.glu la grò *a,& carnofità del corpo. Lauanfi la pietra,c’1 fiore,come la cadmia.

Q vantvm -

^ ^ gi 1>& fui e,n minartele.. £ jlcno_■

Nomi.


718

DifcorfidelMatthioli

Pietri Afsia, & fui elUm.

Q j a n T v n Q v e negli altri noflri difcorfl per aitanti [im puti , habbia io fcritto non battere battutofino aU’bora notitu alcuna della pietra Afia ; nondimeno l'ho dipoi ueduta, cr conofciuta per mezo di maejlro Mar­ tino Guidottino frenale, cr gioitine sìudiofifimo della faculta de[empiici : per bauermene egli mandato un gran pezzo da Trento,in cui(per quanto porta il miogiuiuiojcr nellefacuità,cr nellefembianze del tutto corrifron* de aU’bifloria, che nefcriffe Diofcoride. Cauafì, er ritrouafì quefla pietra nel territorio di Trento in alcune uaU li tra mon+, ouefono le caue del uetriolo non guari lungi da hicttego uilla di ual Sugana. E leggiera, fòngofa,cr frangibile , come la pomice,con alcune linee di colore, che nel giallo rameggiano. Qjtefta per effer corrofiua,ufa• rono gli antichi per fare i fepolcbri per i corpi morti,accioche confumandouifi dentro la carne, i corpi non fi putre faceffero : cr però fu chiamata quejia pietra da i Greci frrcophago,cio è, mangia carne, 1/ che dimoflra maniféjla* mente Diofcoride,quando dice; m n e d ettp&pdyttyh*rr«u*io c.fanfì di quella le cafjeper i mortile quali man* io giano la carne. E t quefto paffo non mi pare, che fui flato auertito da alcuno de gli interpreti di Diofcorideti quali non confidarandò à quello, fi penarono che ropos uolcffelignificare poluere, cr non caffi,onerofepolchro . Nei che neramente non mi pare, che babbiano bene intefo la mente di Diofcoride. la quale fi conofce bauere molto bene intefa Plinio, cr corrifrondente alla ncftra opinione al xv 11. capo del x x x v i . libro, cofi dicendo, Cauafi la pietra chiamata Sarcopbago in Affo di Troia, in una uena che ageuolmentc fi 5fènde. E' cofa chiara, che ella man* Pietra A (fia già i corpi de i morti,che iti fifepelifcono dentro,infratio di quaranta giorni,ne altro ui auanza,cbe i denti. Del* foriera da Ga U pietra Afufrriffe Galeno a lix . delle facuità defemplici, cofi dicendo. E una pietra, la quale nafee in Affo, ieno. 0- imperò la chiamano A f i a , cr quefia non è dura come le pietre : percioche di colore,cr di confidenza éfìmile al tufo, frangibile, cr rara. Nafccgli difiopra un certo fiore filmile allafarina, che s’attacca alle pareti de i violini: Crchiamano quefto tal medicamento fior di pietra Afia . E ucramente quedo compofio difiottili parti, di modo che 10 fenza mordacità alcunafa liquefare la carne , che fia troppo húmida, cr troppo molle, La pietra poi,nella quale egli nafee, quantunquegli fia nelle uirtùfilmile -, nientedimeno nell'operare none cofi ualorofa. Ilfloreé migliore della pietra nonfríamente per liquefare egli, c r digerire piu ualorofamente, cr per conferuare le parti, comefi confernano uarie cofi nelfile ; ma perchefa tutto quedo fenza mordere troppo gagliardamente. Ha quedo fiore di pietra Afia algudo una certafaifedine : di modo chefi può conietturare, che nafra di quello,che nafre la rugia' Nom i. da dal marefopra lepietre,cr feccauifi pofiia dal fole. Chiamano la pietra A fia i Greci, Alias A.Vw.& AUaiof: i Latini,lapis Aflús,cr Afius:gli Arabi,Hager A fri.

Della pietra Pirite.

Cap.

C.

30 L a p i e t r a Pirite è una fpetie di ucna di ram e. Debbefi eleggere quella, ebe è fimile al rame, & che facilmente fcintilla, quando fi percuote. Abbrufcialì in quefto modo.Infondcfi prima nel me Je,& mettefi pofeia fopra lento fuoco di carboni, & tanto fi fotfiaco’l mantice, che diuenti roffa. Alcuni altri melfogli intorno del mele copiofhméce,la mettono fopra à molti carboni accefi,& come cominciaidiuentarroffa,la tirano fuori:& foffiatoneuia la cenere,larinfondononelm ele,&lariab brufeiano una altra u o lta, fino che eifendo ugualmente fccca, fi faccia frangibile: impcroche fpefie uolte fi brufciafolamentela prima parte di fuori.riponfi poi cofi fecca,& brufeiata,Eifendo bifogno d’hauerne di lauata,fidcbbelauare come la cadmia. La uirtù tanto della cruda,quanto della bbrufeia ta , è di fcaldare,d’aftergcre, di nettare le caligini de gli occh i, di maturar le durezze, & rifoluere le mature. Incorporata con pece, abbaffale fupcrfiuitàdella carne,ma genera un certo calore,&ftret 4° tura. Chiamano alcuni la cofi abbrufeiata diphriges. L a p i e t r a chiamata da ¿Greci Pirite, c r dagli Arabici, cr parimente’da noi Marchefita, è notifima à ciafruno. Et quantunquefi poteffero chiamare Piriti tutte Faltre pietre, chefanno fuoco ; nondimeno perche la te, & Marchefita piu abondantementc fcintilla tocca dall’acciaio, che tutte Faltre,è data per eccellenza ejfafola chiama minatione ta Pirite, come quella che tiene ingittarfuoco il principato.Ritrouafene in tutte le miniere de i metalli di diuerfe forti , cr fhnìlmcnte di piu, c r diuerfi colori : ma per il piu(comc al x i x . capo delxxxv 1. libro rifèrifee Plinio ) di colore, che tende all'oro, cr parimente all'argento. Generafì per la piu parte de uapori indigenti de i metalli : c r imperò quafi fempre fi ritroua nellef uperficie de i monti, che contengono miniere di rame, cr d’argento. Rare uolte fi ritroua, che habbia in fe parte alcuna buona di metallo,per effer ella compoflafrome dicono gli alchimidi) l 0 di unfolpbo impurifimo, cr d'alcune altre parti metalliche imperfètte. Il perche in Alamagna la géttano uiafuor delle caue per cofa inutile : quantunque fi ritroui di quella, che tiene in fe qual rame, quale oro , c r quale argen-» to ■ Et imperò diceua Diofcoride, che la pietra Pirite era ma fretie di miniera di rame. il che nonfapendo forfè Pietra Pirite Alberto diffe, che la Marchefita era del tuttoinutile. ScrifedeUa pietraPirite Galenoal i x . delle facultà dei fcriita da G a femplici, cofi dicendo. V ni delle pietre, che fono ualorofifime, è quella, che chiamano Pirite : la quale ufiamo lcno-__ noi di mettere ne gli empiaflri digediui. al che saggiugne anchora la pietra chiamata Scifile. Da quello medica mento adunquefreffe uolte la marcia, c r i grumi, che nafeono ne gli intermedij de i mufroli, fono flati rifoluti in fum o. Ma quandofi debbono tifare, è di bifogno di macinarle cofifittili,che fieno quafi impalpabili, cr lifcie,co* me fifa con quelle, che fi preparano per Finfirmiti degli occhi ■ Imperoche non macinandoli cofi fittili, che pof* fanopenetrar nel t rofòndo dei corpi, à i qualisapplicano yreftanoueramenteftmili allarena deifiumi, crd el do mare, la quale pofiede communimente aneli effa la uirtù di tutte'le pietre, percioche diffecca, quando in effa calda fi frtterrano i pallenti, l’enfiagioni della carne dagli bidropici. Ma non però l’ufiamo noi in altro, come le pre* dette.


NV1quinto lib .di Diofcoride.

715;

dette, ciò è neffinfirmiti degli occhi, ne per rifatture il fangue, cr 1flufii delle donne,ne per confoliiir Pulce* re , ne per cicatrizarc, ne per incarnire. imperoche quelle, che nonfono acute ,fono uerunente tutte utili in tulte quefte cofe, come fono le acute, di cuifarò pofeia mentione,utili per m u r e, mollificare, adergere, tirare, dìjfec* . . care,digerire,cr liquefare. La pietra Pirite chiamano i Greci, Af'éu ; i Latini, lapis Pyritestgli Arabi, 1 °m' Hager a l,& Alrufenaid Tedefcbi,Kis,cr Ertz ftuoff.

Della pietra Hematite.

Cap.

CI.

c» Q v e l l a eia ottima pietra Hematite, che è frangibile, di colore compiutamente di fanguc > 10 oucro nera, dura, naturalmente uguale, che non Ila melchiata con alcuna fporcitia, & che non hab biaalcun difeorfo di linee. E coltrcttiua,leggiermentecalcfattiua, &cfìenuatiua. mondilìca in­ terne con mele, le cicatrici, & le ruuidczzcdegli occhi : & con latte humano, cura lelippitudinidc rotture, e’ifangue, che fi diffonde ne gli occhi. Beueli nel uino per l’orina ritenuta, & per li flufsi delle donne:& con fucco di melagrano, à gli fputi del fangue. Fannofene picciole co ti per li colini) de gli occhi. Abbrufciafi come la Mangia, ma però fenzauino.il modo, & la fine di brufciarlac, che faccia le bolle, & diucnti leggiera . Sono alcuni, che falfificano la pietra hematite in quello mo­ do . Prendono un pezzo ton do, & ferrato di quella pietra, che fi chiama fcifsile, come fono q udii pezzi, che fi chiamano radici di tal pietra,& mcttonlo in un uafo di terra, & cofi lo fottcrrano nelle ceneri calde >& lafciatouelo per breue fpatio di tem po, lo tirano poi fuori. & cofi fpcrimcntano.fe fregandolo fopra la pietra d’arrotare, rende colore d’hematite,& fc rende tal colore,lo ripongono: & fe n o n , lo ricuoprono di nuouo nella cenere, & dipoi tornano à riprouarlo fpcifo : pcrcioche la­ rdandolo troppo nella cenere, muta colore, & liquefafsi. Conofcefi il falfificato primamente alle sfenditure : imperochc fi sfende giuftamente per diritte ucnc:ma l'hematite non ha co fi. Conofcefi oltre à quello al colore, il quale ha contrafatto,florido,& chiaro : & l'hematite profondo pieno, Amile al cinabro.Ritro'uafi nella rubrica S inopica. & fafsi anchora di calamita lungamente cotta, in E gitto nafee naturalmente ne i metalli.

ì°

40

So-

60

L a p i e t r a chìamataHematite, ciò èfanguigna, la qualefi chiama communi-mente Lapis, è notifiima Pietra Heà tutti,cr hajfcnein Italia affai copia nellefietiarie per ¡'ufo nonfolamcnte della medicina,ma dei pittori,dei le * matite,& lui gnaiuoli,er defarti,per efifer atta molto per difegnare, cr tirar dtuerfe liuee. Ma nonperde quella quella, di cui hanno intefo Diofcoride, cr Galeno. percloche quella del commune ufo c contrafatiadi bolo Armeno comntune, Cr d’altre mifturaggini. Auenga che la nerafi ncroui mhicrale,la quale rompendofifi uede di color tatto difanguc, da cui ha prefo il nome -.percioche i Greci chiamano il fangue henna. Simile <ì qiicfla c nonfolamcnte nel coloreria parimente nellefacilità anchora lafeifidc : cr però nefcrìffe Diofcoride fiibito dopo PHematite .NafccPutta c r l’altra nonfolamcnte in Egitto, ma in piu luoghi d'Alamagna, c rdi Boemia, ondefi ci portano in Italia. Doue n’ho hauute io di quelle, che rompcndoft col ìmartello ,fono fiate piu roffe del cinabro artificiale. Nafcono quefte particolarmente nellafelua Verdina. Kitrouafi anchora tHematite d'altri colori,come nera,firruginea, cr gial­ la , fecondo che in piu luoghi tejhfica PAgricola hauerlc vedute inficine conia jcifiilc . Scrifiene Galeno al i x . Hematite dellefacultà de ifemplici, cofi dicendo. La pietra chiamata Hematite c tantafrigida,quanto coflrettiua. Et im* jerittada Cu però meritamente Pulano di mettere i medici nelle medicine degli occhi. Puòf i ubare ejfafola alle ruvidezze delle lenociglia : ma quandofonofatte rutiide con infiammgionc, sincorpora con chiara d uouo, onero con decottione di fiengreco: c r cofi non ejfendoui infiammagione , j i può applicare con acqua. Tritafattamente fopra la pietra d ar rotare : gioua àgli}putì delfangue, cr à tutte Pulcere . Secca oltre à ciò, cr ridotta inpoluere impalpabile, ab* buffa le crefcenze dcUa carne : ma neffuno rufafolaperfeftcffa. Io pero l ho ufata alle cofc predette,hauendo co nofeiuto la qualità, & facultà fu i con il gufarla, uolendo all’bora fperimentare, fe io Phauefii bene intefa. Quc* ita applicata perfe fola cicatriza le ulcere de gli occhi, trita però cofifattamente, come c flato detto : imperoche quélto ho io per ijperienza • Lode parimentegrandi diede atta pietra Hematite Aleffandro TraUianoncl fettimo libro del filo udirne, cofi dicendo. La pietra chiamata Hematite, è neramente efficacifitma, per quanto ho cono * fcrit„ ™ A* feiuto, in rifiagnare il molto fangue, che per rottura di tienefi rigitta per bocca, dandoft con nino di melagrani, lei!andrò. oueramente conficco di poligono : come che doue il rigittar delfangueJia poco ,fcmprc l habbia data io con acqua tepida. Ma bifogna da prima poluerizarla, tanto che diuenti impalpabile, cr pofeia darne quattro fcropoli per volta, v più ó meno fecondo Ubifogno .Dotta con giouamento grande parimente ufata in coloro, che per efifer ulcerati nel petto frutauano la marcia, di modo che dijfeccandofi l’ulcera ricuperarono la pruina fattità , non¡fu* tondo pofeia per l'auenirepiu marcia alcuna, nefentendo di tofife piu ueruna molefiia. Vn altro oltre à ciò hcbbifi milmente in cura, il quale hauendo rotta una uena, nonfolamcntefputaua alcune parti delle fauci; ma anchora del­ la canna del polmone, crfu ueramente grandifiima marauiglia à uedere l'efficacia di quefta pietra in cofiui.rejhttt done egli curato. Dauagli qucfio medicamento molto fpcjfo, accioche piu commodamente fi pottffe dijlribuire. Onde per il troppo foUccitarc di berlo, gli uenne di fine infaftidio . Onde mi penfai un nuouo modo di darglielo . Tolfilo adunque fottihfiimamcnte poluerizato, cr ligailo in una tela rara.cr fojfcfilo in un uafo di inno odorato di poca capaciti,da itererò per tutta la feguente notte : cr cofi ne canai la parte piu aerea, cr piu fiottile, di modo cheFamdato non potcua fentirefie non la qualità, cr il Japore del uino. Dei qualegli comandai chebecfela mat­ tina quanto poteffe : cr cofifacendo ,cr bccndone continuwcnte,fufinalmentefanato, Ne per qucjto rejtoegh di


Difcorfi del Mattinoli 7 2° tenerne dipoi per perferuarfi di non ricafcarui,fin tanto che fu ritornato I habito del corpo neUafua prima, er na*

Nomi.

tina conftttutione. Tutte quefte cofe ho fcritto della pietra Hematite,pcr hauerle io prouate er uedute. dueño tuttofcrijjè hlcfiandro. Chiamano la pietra tìematite i Greci,A$ai a‘!J-ct7‘TV( i 1Latini, Lapis hematites:gli Arabi,SedenighZT Sadenegi,cr Alfadenegi:iTedefibi,Bluot fiein.

Cap.

Della pietra Sciisile.

CII.

N as ce la pietra Scifsile in Iberia di Spagna. Quella piu fiftima,chc ha colore di zaffaranojfran* cibile >& che di fua natura agcuoltnente li stendaifimile di congeli ione j & di uene,le quali ha a m o­ io do di pcttini,al falc Ammoniaco.Ha le uir.tù medefime della pietra hematitc,ma in tutte le cole man co ualorofe. Lauata con latte humano,riempie le cauernoiìtà,& uale grandemente alle rotture, & al le carnofità, che pendono negli occhi,alla groiTczza delle palpebre,& all uue di quelli. C r• Q v al f i f u la p ie tr a S c ifiile ,la q u a le d ic e D i o f o r i d c n a fie r e in n i f a g ita , n o n f o r ìtro u a r c io à i te m p i n o M Ic'&fua cfla- in l i d i a . q u a n tu n qu e c o p io f a f o m c s é d e tt o n e l c a p ito lo p r e c e d e n t e , er narra i l i l a r i fiim o A g r ic o la ) f i ritra iti mirutionc & ella in A la m a g n a , cr B o e m ia . M a effóndo in u ir t ù f im ile MI h em a tite , f t p u ò a g eu o lm en te ufar l h em a tite in fu o uiriù. Ì mo-jo . S c r iv e d ella p ie tr a S c ifiile G a le n o al ix . d elle f a c i l i t a l e i f e m p li c i ,c o f ì d icen d o . V i r t ù fin tile alla pie* tra lter n a ti t e , q u a n tu n qu e n on c o f i u a lo r o fa , ha la p ie tr a S c i f i i l e ,

er

d o p o q u e lla q u e lla , c h e f i chiam a g x k 't t i*

t e . M a la m e litite h a (c o m e h o d e ttó )a lq u a n to d el c a lid o . O n d e co m e cia fcu n a d i q ueste s ’allontana le g g ie r m e n te ,

er a p o c o

a p o c o dalla f a c u i t à d ell’h e m a tite ; c o f i f i d ebb o ella tifare n elle m ed icin e d e g l i o c c h i . P e r c io c h e i medi*

io

ca m en ti p iu p ia ceu o li fo n o fe m p r e p iu g r a ti alle m em bra infiam m atetm a d o u e g ia fia ceffata l in fìa m m a g io n efo n o me C h ia m a n o la p ie tr a S c ifiile i G r e c i ,

n o u a lo r o fe ,c h e q u elle c h e p o jfo n o f i n i r e di f a n a r e .

Nomi.

s : 1L a t i n i ,

la p is S c h ijìu s .

Cap.

Della pietra Gagate.

CHI.

Q v e l l a pietra Gagate piu s’approua,che piu pretto s’accede,& fpira odore dibitume.I! piu del le uolteè nera,& fquallida.croftofa ,& molto leggiera. Ha uirtù di mollificare , 8 c di rifolucre.Fattone fumento.difcuopre il mal caducorgioua alle prefocationi della madriceifa fuggire co’l fuo mal odore le ferpi.mettefi ne i medicamenti delle podagre,& delle lafsitudini. Suol nafeere in Cilicia po co lontano dalla foce d’un fiume,clic entra in mare,appretto a un cartello chiamato Plagiopoli.chiamafi il lu o g o , e’1 fiume Gagas,nelia bocca del quale fi ritrouano quelle pietre. L fe C& fulefliminatione.

a

chia m a ta G a g a t e , ¡ i n t r o i t a a b o n d a n te in Alam agna n e l co n ta d o di T i r a l o , n on m o lto lu n g i

piet r a

da I j f r u c h , m en ata d a ll a c q u a d’u n c e r to fiu m e , c h e f e n d e t a lc u n e m o n ta g n e .

Et

q u efla

mi d im o ftrò

M .G io u a n

P ie r o M eren d a E r e/ cia n o m ed ico e c c e lle n tifiim o : la q u a le non p u n to d euia da q u e lla , ch e n e f c r i u e D io f c o n d e :

er a ll'o d o r e , c h e rende d i b itu m e ,è ella n era m en te n e r a ,e r o * er l e g g i e r a . R itr o u a fe n e in F iand ra cop ia g r a n d ifiim a ,d o u e p e r ca reftia di legn a s ’a b b r u f ia <oh

im p e r o c h e o ltr e aU’a c c e n d e r fi u e lo ce m c n te a l f u o c o , H o f a S q u a llid a ,

tin u a m e n té n elle c a f e . C a u a fi n uou am en te a n ch o ra in I ta lia n el te r r ito r io di B r c fc ia : d ella q u a le m i m andò g ià un b e l p e z z o da T r e n to i l m o lto d ilig e n te m a e fir o S a n io Sa n tin i f e t i a l e ahi i n f g i u d e i c o r a llo . C re d efi i l F u c h f i o , t h u o m o d e te m p i n o i ì n d o ttifiim o

'

( co m e tra tta n d o

di [o p r a d el p i f f a f b a lco f u d e tto n e l prim o li b r o ) c h e la p ietr a

G a g a t e , laqua l f i r itr o u a in A la m a g n a n el c o n ta d o d i T ir o lo ,f i a i l p i f f à f b a l t o .M a er ra e g li m a n ififta m e n te ,c o * m e in q u e l lu o g o f u a m p ia m en te d i m o f r a t o . S o n o o ltr e à c iò a lc u n i , c h e c r e d o n o ,c h e la itera p ietr a G a g a te fie n o

(c o m e f c r i u e f A g r ic o la h u om o d o ttifiim o , er d ilig e n tifiim o in to r n o à i erd iu erfi lu o g h i di Alam agna : p e r u ed er e c o f i o r o , c h e q u efti c a rb o n i non m a r co

a lc u n i c a rb o n i m in e r a li, i q u a li fic a u a n o m ed ica m en ti m eta llici

)

in uarij

a b b r u n a n o n el f u o c o , c h e f i fa c c ia n o q u e lli , c h e f i fa n n o di l e g n o . M a u cd e n d o fl, c h e q u efti non fa n n o fiamma da p e r lo r o , f e non u i f i fo ffia dentro c o n i m a n tic i ,

er n o n r ig ir a n o ardendo o d o r e a lc u n o di b itu m e ; non m i pare ,

c h e in m odo u eru no f i p o fia a c ce tta re la lo r o o p in io n e . Im p ero ch e la p ie tr a G a g a te è c o f i piena d i b itu m e ,eh e

ac* : er la m b ica n d ofl f i r n e caua c o p io fifiìm o p j r ¿ l i t i c i >u g li f y d f im t i it d i d o lo r i d elie g ito ti ti 5

ten d en d oli al f u o c o a b bru feia quaft c o m e una p e c e , c r f a n crifiim o f u m o o lio

•I l

c ju jlt lo d o

Mc fu c p e r g l i

in d e m o n iti i

>d i m al

cd d u co y d i

er a lle d o n n e f t e r i li c h e non f i p o ffon o in g ra u id a re. M a da q u e i ca rb o n i è n era* m en te co fa im p o n ib ile d i cattare o lio u eru n o ,effó n d o efii p r iu i dào g n i h u m id ità , er d ’o g n i g r a f f e z z a b itu m in o fa . v e , a lle p r eftea g io n i d ella m a d rice , D i q u e lla fc riffe G a le n o al

Pie tri G ig a Galeno^ 1 *

i x. d e lle f a c u it a

d e i [ e m p i i c i , c o fi d ic e n d o .

ace0^ a U é fu o c o ,r e n d e u n 'o d o r e flrn ile a l b it u m e .

Q uefta

E

una a ltr a p ietra d i c o lo r n e r o , la qua *

d iffe D i o f c o n d e , er a lcu n i d e g li a l t r i , r itr o ita r ftin

L i c i a , ap p reffo à un fiu m e c hia m a to G a g a , d ond e u o g lio tt o , c h e g l i fia fu c c e ffo il n o m e .lo uer a m en te,qu an tun que c o n u na p ic c io la n auìcella babbitt tr a fe o r fo t u t t i i lid i d i L i c i a , p e r andar ueden do l e c o fe .c h e u i f ì r itr o u a n o , n o n h o p o t u t o u ed ere c o ta l f i u m e . M a c r o ft o fe p i e t r e , c h e m effè n el f u o c o s ’ a ccen d eu a n o di p ic c io ia fiam m a p o r ta i io mìT.Ì

Cakm Hwf-/*in u n rnllfl rivm nrì^ tn A/i nilPÌ

*li Qlldlc chititìdlìO

NlOrtOtddUd tilYtCì c h e t i


Nel quinto Jib. diDiofcoride

721

firt tc fiefche ; ma rìfìringeua anchora le ftftole : a cuifi crede, chefia molto gioueuole. Plinio poi al x ix .c a p . Errore di del x x x v i .lib. credendofi forfè che cofi come di uirtù medicinalefì ritrouano uguali la pietra G agate,cria Thra eia ; s'accendere parimente tanto l'una quanto falera nell’acqua,cr fifyegncflè nell'olio ; errò ( comefi uede nel fi» guente capo) non intendendo bene la mente er ilulìoria, che Diofcoride neferine. il quale pofeia clic hebbe detto, che la pietra Thracia ha le uirtù medefime della Gagate, liaggiunfe pofeia oltra ciò quella particolarità, ciò è che mejfa nell’acqua s’accendeua difuoco,zr fregncuaft tufandofi nell’olio. I /qual effetto nella Gagate non fi ritratta, ne manco gliel'attribuifce Diofcoride. Ha oltre a ciò la pietra Gagate (fecondo che fcriue Actio al x x x 1111 .caa po d e lt i , libro) facultà miracolofa in rileuare dal parojlfmo i tramortiti per fincopi,accendendola primj nel fuo* co, er pofeiaSpegnendola nel uino,zr dar poi cotal nino àbcreà i paticnti. Altri danno la pietra Sottilmente trita i o di pefo di una dramma perfette giorni continui ne i dolori colici ; profumando però fempre il uafo doue beuono ipa tienti,co'l uapore di quejlapietra accefa : er cofi rendono la intera finità. Ma hauendomi la pietra Gagate per „ hi la conformità del nome, ridotto à memoria la pietra che gli antichi chiamarono A c h a t e n noi corrompendo» fiori*. ne iluocabolo, chiamiamo uolgarmente Agata ,dico, che quellafu daprima ritrouata in Sicilia appnjfo al fiume Achate, ondefi prefe il nome. Q neftanon filamente fi ritroua uaria di colori,ma di diuerfe inugim fanoni dentro come di pittura: non dico formatele fatte da artefice alcuno,‘ma dalla ilieffa natura. Il che tellifica Plinio al pri tno capo del x x x v 11 .libro,cofi dicendo. Fu dopo quelta gemma di Policrate inregalfama la gemma di quel Pir rho,il quale giàfice guerra con Romani. I mperoche fi dice hauer egli battuto una Agata, in cui non per arte alcu» na,mafilamente per opera propria di natura,nifi uedeano dipinte le notte Mufe,cr Apollo con la cetra in mano: er cofi era fatta lapittura dalle linee,er dalle macchie,che difeorreuano per la pietra, che ciafcuna Mufafl conofccua t o all’infogna. Et però ucggiamo,che dagli antichifurono le Agate nominate per diuerfi nomi,ciò c phajfachate, cera chate,dendracbate>kucachate,bcmailate, coroUacbdte,cr altrimenti anchora,per ejfer elle dipinte dalla natura hor Faciliti dell' di colombe, hor di corna,hor d'alberi,hor di colore di [angue,& hora di corallo. Hanno le Agate uirtù grmdtfi Achate. fima contri al trafiggere degli feorpioni. Et però in Sicilia,oue nafeono le Agate copiofc (fecondo che fcriue Pii» nio al x.capo del libro preferitagli feorpioni nonfono uelenofì. Le Indiane uagliono parimente contra tutte le cofi predette,zr diconfidi loro altri miracoli grandi. Giouamoltoàgliocchi,acuendoilucdcrc il rimirare frefo nell’ Agata, come tenuta in bocca fregne la fete. Quelle piu uagliono contra gli feorpioni,che fono lionate. 11fumo dcWAgata, fecondo l’ufo de Perfiditi, caccia uia la tempera : er mejfa nell'acqua che bolle,fubito inferma il bollo• , r e . Quella,che nel colore è filmile allapeUe della hiena animale ,épefiima, pcrciochc mette difeordia allafamiglia Nomu di cafa : er quella che filamente è d’un coloref il o , fa uittoriofì i combattenti. Quello tutto dtffi Plinio. Chia» 3 o mano la pietra Gagate i Greci, aISos ytyèrns : 1 Latini lapis Gagates.

Della pietra Thracia.

Cap.

CIIII.

L a p i e t r a chiamata Thracia nafee in un certo fiume di Scithia.che fi dimanda Ponto. Ha le uirtù medeiime della gagate. diccfi, che meda nell’acqua, saccendc, & fi fpegne con l’olio .com e fa il bitume. q v e s t a non ritrotto chi midimoflraì i tempi noftri in Italia: ne manco chiferina dei moderni,ch’ella fi ri» eia, & Tua ella troui in altri luoghi, er ch’ella fia in cognitione d'dlcutio. Scrijfine Galeno Ínfleme conia pietra gagate d!autorita minacìonc.

, Q di Nicandro, cofi dicendo in uerfi. '

Se la pietra, che Thracia s’addimandi Si getta dentro à ualorofi fuoco, Et pofeia fì gli frarge acqua di fopra, S’abbrufda tutta : ma frarfogli poi Sopra dell'olio,fi fregne del tutto. Quella tal porta i noi Thracio paftore Dal uago fiume nominato Ponto. N a quefla non ha ufo ueruno nella medicina : ne manco diffi Nicandro, che ualcffc per altro, che per [cacciare ifir penti con il fumo delfio molto grane, er friaceuole odore. Quello tutto dellapietra Thracia feriffe Galeno. La Nomi> - 0 cui bijloria aedo io , che fla molto piufauolofa,che uera. Chiamano i Greci la pietra Thracia, r ii» Scuciti ;

« Latini,lapis Thracius. *

Della pietra Magnete.

Cap.

CV.

O t t i m a c quella pietra Magnete, che tira facilmente il ferro, di colore, che s’inchina al cera* leo, denfa, & non troppo grane. Dasii, per purgare gli humori grosfi.al pefo di tre oboli con acqua melata. Sono alcuni, che la uendono abbrufeiata in cambio di hcmatitc.

L a p i e t r a chiamata Magnete, fi chiama parimente Heraclea, er Siderite. Cbiamafi Magnete fecondo M o n e te ,* alcuni dal primo fuo inucntorencl monte Ida (come dice Nicandro) chiamato Magno : ouaanunte.fecondo Lucre lua hiiloru fio, dalla regione Magnefia,oue ella nafee. Heraclea poi la chiamano alcuni dalla atta Hcrdelta : er Siderite, per ^ tirare ella il fin o chiamato da Greci ftderos, quantunque uolgarmente f i diami Calmita. cauajt tn c a m ^ ,4


Difcorfi del Matthioli

7 22, er in

di Spuria ttarlj cr diuerfi luoghi di Germania, e r in Boemia : come che freffo in ogni altro luogo fi ritrott à cafonelle cauc del fin o . Di Macedonia, crd i Magnefiaf u conterminafi porta molto buona: ma ottima è nera, piente la Indiana, erfEthiopica. Ritrouajì di ditter/ì colori, cioè di nero,di nero ceruleo,di nerorojjèggiante, alteramente di roffo nereggiante. L’ottimo è il mafchio,il quale non fdiamente tira con uelacità afe il fèrro, ma te* pendolo lo infónde tanto detta uirtùfu a , che quel fèrro tira à fe ogni altrofèrro . di modo che molte uoltc ho uedtt to io otto ò dieci acora l’uno tirar l'altro, er pendere àmodo di lungofilo attapietra Magnete. Il che ho uedutofar con l anetta di fèrro, cr pender poi in baffo àmodo d’una cathena, quantunque non cofi fòrte fi foftenti Pultimo anel 10, comefa il primo e’Ifecondo. La caufa perchefaccia quefio la Magnete, nonfìritroua, ne fifa efr/icare ,fe non con dire, che fi ritroua in lei lafacilità del tirare il fèrro perft>etial dote del cielo, come nel reubarbaro di purga* re la cholera, er nella torpèdine marina di {lupidire ogniforte braccio,eh'ella tocchi. Ne ritrouo io cofa, che piu i é atta magnete in uirtùfi pofft affomigliarc, che la torpedine marina : percioche cofi come la Magnete paffa con la uirt ù dettafua poffanza di fèrro in fin o ,cr ifanello in anetto ; cofi parimente paffa lafacuità detta torpedine di fitta pidire per qual finoglia lunga hafta, con cuif i tocchi, t r per la chorda dett'hamo,cr detta rete. Rtfèrifce 'Plinio al x 1 1 1 1 . capo del x x x 11 x i . libro, che D inocratè architetto di Alefftndria haucua cominciato a fare le uoltc del tempio di Arfinoe di pietra magnete, accioche fi uedejfe di terra pender da quello il fuo fimulacro fatto di fèrro. Il che gli fu pofeia uictato, er per la morte fua, cr d i Ptolomeo, il quale faceua fabricarequel tempio attafarei* 1 1 . D a l c h e ejfend o a m m a e k r a tig lì A r a b i han no (f e p e r ò n on è b ugia q u e fto c h e f i d ic e ) f a t t o un lu o g o d i M a g n e te , o u e P a r c a d i f è r r o d i M ahum eto pen de n e ll'a r ia , p e r dare affai m a g g io r c r e d ito alla fu a f a i f a r e lig io n e , Ma è però da f a p e r e , c k e l a M a g n e t e n o n t i r a à f e i l fè r r o r u g in o fo ,n c m anco l’ a ltr o , quan d o f i fr e g a c o n a g lio ,o n e r o c h e g li

Theameda pietra. .. „

fj pref enta j/ diamante. Contrario effetto detta magnete fa la pietra T heameda : percioche mettendofegli fopra io ^fìn0>f ui>it0 j0 ctlccia uìa. CT quefia nafeefecondo Plinio in Ethiopia in un monte non lontano da quello,.otte nafcc la magnete : di modo che come caminando in quefio con le fcarpe ferrate non fi poffono muoucre i pafii; cofi nel* ferita da Ga l’altro non fi può {tare in piedi. Lece della Magnete breue memoria Galeno nel x x . libro delle facultà defemplici lino. cofi dicendo. La pietra,che fi chiama Magnete, er tìcracleajia uirtù (inule alla pietra hematite. La pietra Ma* Nomi. gnete chiamano i Greci, hi9o((aa.yvàrif, SaifduKutt ;i Latini, lapis Magncs, Magnetes, er Heradeus :gli Arabi, Hdger dimagrito s , er Magnathis.

Della pietra Arabica.

Cap.

C V I.

L a p i etra Arabica è limile ali’auorio macchiato. Trita,& impiaftrata,diiTecca le hermorrhoi* 3° d i. La fua cenere è ottima per fregarli i denti. Nomi

N on ho iofin bora ueduto pietra alcunafimile att’auorio. Et però paniti di dire,che la piètra Arabica non fu « i tempi noflri conofciutain Italia. Chiamano la pietra Arabica i Grecisti»! ¡¿p*fiiKÌ<;i Latini,lapis Arabicus.

Della Pietra G alalite.

Cap.

C V II.

C h i am a s x quella pietra G a la lite : percioche rifuda un liquore limile al latte : quantunque el­ la fia di colore di cenere, & dolce al gufto. Impiaflraii utilmente à i flusfì, & all’ulcere de gli occhi. ma bifogna prima tritarla ncll’acqaa» & riporla poi in un bolfolo di piombo,per rifpetto d’una certa 4° uifcofuà, che fc le attacca.

Della pietra Melitite.

Cap.

L a p i e t r a Melitite è in ogni fua parte limile alla gala&itc» eccetto piu dolce. Ha le uirtù medclime della galaflite. Pietra galaftite ,& tn e li-

titc.

Nomi.9

CV III. cheproduce ilfuofucco

Q v e s t e non ritrouo chi à tempi nofiri nemoftri in Italia. Mafecondo che recita Galeno di i x . dellefacili* tu de i femplici, l'una fi chiama Galadite, perche quandofi diffolue, fa un colore fimile al latte : er Faltra Meli* fife, percioche’l fuo liquore è fimile al mele nel gufarlo. Detta Galalite fcriffe Plinio al x. capo del x xxv 1 1 . 5° libro,cofi dicendo. La pietra Galalite è <iun colore di latte. Trita è notabile per il latte, che produce di ucro fa porc. Et però, fecondo che fi dice, portata al cotto, genera nelle balie copiofifiimo latte, er ne i fanciuttini copio fa faliua : er tenuta in bocca, fi liquefa fubito, er fa perdere la memoria. Ritrouàfinel fiume chiamato Arche* loo. Quefta(fecondo che fcriuet Agricola)nafce nonfolamente in alcune miniere diSafroniain Alamagna ; ma ui fi ritroua anchora nette riue d’alcuni fiumi, come parimente in piu altri luoghi la Melitite. La pietra Gala* dite chiamano i Greci,\iSas yaXfUThnt, er la Melitite, ^ x n h n t : i Latini la G alalite, Galadites, er Fai* tra,Melùites.

Della pietra Morochtho.

Cap.

C IX .

chiamata M orochtho, la quale chiamano alcuni altri ga!axia,& leucographida, nafee in Egit to; Si ufaii nelle botteghe delle tele per fare bianche le ueftimenta,per cflere ella tenera & disfarli L a pietra

¿0


Nel quinto lib.di Diofcoride.

72 j

& disfarli ageuolmente. E coftrettiua : & imperò è ella utile à gli fpuci del fangue. Bcucfi utilmente con acquane i ílusfi ftomachali, & per lì dolori della ucfcica. Gioua canto applicaca>quanco beuuraà i fluslì delle donne, mettefi ne i collirij liquidi, che lì fanno per gli occhi : pcrciochc ui riempie le con tfauità , & ferma il fluifo delle lagrime. Incorporata con cera,cicatriza l’ulcere, che fono nelle parti piu tenere del corpo. ; N o n fo io uermente f t fi porti 4 i tempi tioftri d'Egitto 4 noi U pietra Morochtbo, chiamata da alcuni Galaxia. quantunque l'Agricola nel v . libro della natura de minerali,affermi ritrouarfl parimente in Saffonia. Ma non portandoci ella ne di quindi, ne d’Egitto, nonho di che pojfa piu lungamente ragionare di lei. Scrtffcne Ga* Pietri Mo<0 fono infierne con la pietra ftiftile, cofi dicendo. Sono alcune altre pietre anchara,cheflrifoluono in fucco, come è rochtho fcrit quella, che nafee in Egitto, la quale s'ufa per imbellire le tele di Imo. Quella non partecipa diuirtù coftrcttiua,ne àftcrfttu, ne mordicatiua : er imperò ha ellafríamente uirtu diffeccatiua. Il perche f i mette ne i cerati,che fi fanno per cicatrizare l’ulcere ne i corpi moüi, er mettefi anchora nelle medicine degli occhi,nel modo che ¿ ñato detto dett'altre. Ma quanto ha maggior uirtìi di mollificare, tanto c ella piu moderata, er piu atta per leuar i dolori.quc» ^ ^ ño feriffe Galeno. Perfuafefi Plinio all’x 1. capo del x x v ii .libro,che fuffe quefta pietra unherba, non batiendo» mQ>rc ‘ 1 ' ne altra notitia. er però ne trattò egli per chiamarfì leucographida infierne conia letica :forfè ingannato dalla mol* Nomi. ta fomiglianza dciuocaboli. La Pietra Morochtho chiamano i Greci, w t'x fr t: i Latini, lapis m 0» rocbthus.

D ell’Alabaftro.

%0

Cap.

CX.

L o a l a b a s t r o chiamato onix, brufeiato in cenere , & incorporato con pece, onero conra­ g ia , rifolue le durezze. Mitiga infierne con cerai dolori dello ftomaco , & abbafla le gengiue.

30

L’ a l a b a s t r o e pietra affai conofciuta, er mafiimc da chi ha praticato t antiquita Rornane. I ngannanfl ue Alabaftro, et rumente coloro, che fi credono che (la Alabaftro quella pietra, di cui à i noftri tempi fi fanno al torno norie forti lua clbllundi uaft, piena di nereggianti uene, non trafrárente, ma lucida, er lifeia nellafuperficie, di cofi tenera Juñanza, che per poco, eh’ella fi urti, ageuolmente fi/pezza. Imperoche quefta non c Alabaftro, ma piu preftouna m i d i geffo. Huero Alabastro nafee (.fecondo che rifèrifee Plinio aU’v 1 11 .cap.dcl x xxvi. libro) in Egitto appreffo a Tbebc, er 4 Camafeo di Soria. er queño cil piu candido di tutti gli altri, Quello , che nafee inCarmania, è Ucra» mente bellifimo : er parimente quello, che fi ritroua in India. Il piu uile, e’I mancofr tendido è quello di Cappaio ^ eia. Lodafiqueüo,che Jì raffembra nel colore al mele. Scrijfene Galeno al ix.dellefaculta dei[empiici, co/l di? fcnt^0 ¿¿G icendo. Entra anchor f Alabaftro abbruciato nelle medicine. Datinolo alcuni 4 bere nelle paftioni delloftomaco. jeno< Chiamano i Greci ( Alabaftro, a¿det tÒMftaepfanf ; i Latini, lapis Alabaftritcs. Nomi.

Cap.

Della pietra Thijte,

C X I.

G enerasi la pietra chiamata Thijte in Ethiopia, di colore uerdeggiante limile al dialpro: ma 4P nondimeno quando fi bagna, rende un liquor come latte. Morde ualorofamcnteimonditìca le cole, che intcnebriicono la uilta. N on r i t r o v o

c h i à i te m p i n o ftr i ne d im oftri neram ente in I ta lìa la p ie tr a chiam ata T h ijte : n c m anco

fin bora l'h o p o tu ta r itr o u a r i o , p e r n o n r itro u a r fl forfè a lt r o u e , c h e in E t h io p ia , dotte fc r iu c tia fce.

D i o fe o r id e , e h

Quantunque UQgliailEucbflo medico d e i te m p i n o ftr i fa m o fo n e l fu o lib r o delle com pofttioni de

ella

i m ed ica ?

m e n ti u ltim a m en te fta m p a to , e r a u m en ta to ,ch e a ltr o n o n fla la p ietra T h ijte c h e la T u r c h in a , la qual p o r tia m o le p g a ta n elle aneUa, o u e p e r p r o u a r c la fu a o p in io n e f c r iu c e g li q u e fte p a r o le . L a p ie tr a chiam ata Iajpis a p p reffo G a» le n o è dt d u e f r e t i e , una u e r d ic c ia la q u a le chiam a

D io feo r id e T h ijte,ca rn e habbiam o d e tto

in m io a lt r o lu o g o . lm »

p c r o c h e la p ie tr a T h ijte ,n o n c a l t r o c h é q u ella f r e t i e di la f r id e j a q uale,per effere fìm ilc al c i e l o , e ? all aria m a tu ti*

So

n a d e ll'a u tu n n o ,c iò c c e r u le a ,&

c o m e b agna ta d ila tte ^ h ia m a n o i G r e c i d t p i & u r * , im o d e r n i t u n i c a ,

er i T ed e»

[ c h i T u r c k e s , la q u a le d enom in ation e è c o fa u e r ifim ile , c h e b a bb i h auu to o rig in e da T h ijte ¿ [fe n d o p o fe ia fta to c o r * r o t t o T h ijte in T u r c k e s ,o u e r a m e n te in T u n i c a . L ’altra f r e t i e è u e td e c o fi chiam ata dal f u o c o lo r e .

Di'

ne

f o n o d o d ici f o r t i , c o m e in a ltr o lu o g o habbiam o d ic h ia r a ta . L a quinta f r e t i e d i q u e fte è q u ella p ie tr a , che f i c h u » m a la fr id e T u n i c a , d i c u i h abb iam o d e tto , T u t t o q u efto è l ’ op in io n e d el

Fu c h f lo .

D a c u i m o lto neramente ( l o n ­

ta n a la n o ftr a . Im p ero ch e prim am ente n on r i t r o u o , c b e G a le n o diuida a ltrim e n ti i l I a jp is , ch e n o i chiamiamo

D i a f r r o in

d ue f r e t i e , c iò i u erd c

,e r

u e r d ic c ia , com e g l i a fc r iu c ilE u c h fìo , ma r itr o u o , ch e n e l nono lib r o delle

f a c u i t à d e fe m p lic i e g li non f a m cn tio n e , f c non d e l D ia fr r o u e r d e ,o ~ (duna f o la f r e t t e .

Ne

a f t a , che G a len o n el

■ medeftmo lib r o o u e e g li fe r in e della p ie tr a T h ijte di D io f r o n d e ,d ic a c h e la è d’u n c o lo r verdiccioJtm ile a l D ia * f r r o . I m p e r o c h e in q u el lu o g o G a le n o n on d ic e c iò d a fe f l e j f o , ma r if ir if r e l e p a r o le ifteffe di D to fc o n d e , c o m e

Co

p u ò e ffere c h ia r o à c ia fc u n o , p e r il tit o lo d i q u e l c a p it o lo , i l q u a le ò q u e fto n f t t Ì a T h ijte di

D io fe o r id e .

Ouuov . c i o è d el

O lt r e à c iò n o n fo i o , c o m e la T u r c h in a p ojfa effere la p ie tr a T h i j t e , e ffe n io q u e fta tanto

uppreffo D i o f r o n d e , q uan to appreffo G a len o di c o lo r e u c r d ic c io , er non c e r u le o a c e e fo , co m e f t «ede neue

T«t*


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Difcorfi del Matthioli

chine. Viu oltre fe la pietra chiamati àtpi&v da i Greci, la quale ( per mio giudici0 ) è la tterà Turchina, e con«, numerata fra le fretic de i Diafrri ( come afferma il fuchfio ) nonfo ucdcre , come popi effere,che questa medejt* tu ì pietra Jìa il Thijte di Diofcoridc >il quale non è connumerato ( che io f appi ) da ucruno fcrittore ,fe non dal Vach/io fra le fretic de i Diafrri. Vicinamente dico, che non mi pare punto uenfmile, che Turchina, ¿Turche*, fa fra noce damata da Thijte, non offendo tra quefie due uoci analogia ucrunu. Ma piu prcfto mi ridurrò io a ere* d cre, che il nome ¿¡Turchina Jhderiuato dalla nofira lingua Italiana. lmperoche chiamando noi Italiani il eo *

Nomi.

lare ceruleo, credette Turchino non può d’altronde quefta pietra hauerprejo il nome di Turchina. Thijte ch ia m o i Greci) *iQoi$vÌTny ;iLatini,lapis Thyites.

Della Pietra Giudaica. Pietra Giudai cafcritta da G a l.

Nomi.

Cap.

La pietra \

C X IÍ.

L a p i e t r a Giudaica nafeein G iudea, di figura fiorile à una ghianda, bianc*, bella, figurata con certe linee diilaoti luna dall altra ugualmente,come le fullero fatte con 1 indù il ria del torno . Quando li disfa nell’acqua >non rappresola al gutto alcuna manifcfta qualità. La quantità d’un cece disfatta fopra alla pietra d’arrotare,Si beuuta con tre ciarlìi d’acqua calda,può prouocare l’orma rite­ nuta , & rompere la pietra della uefcica. L a p i e t r a Giudaica è àitempi tioftri famitiarißima a tutte le fretiarie. E [in ufo de i medici non fola* mente per rompere le pietre della uefcica > ■ ma anchora quelle delle reni, feguitando in ciò la doUr.na di Galeno. il quale ne feriffi l'hifiorìa,? le faculta al 1x .delle faculta de femplici, cojì dicendo'. E una altra pietra nelle uirtù (ice ualcrofa, la qual nafre in Palcfiina di Soria, di colore bianca,di firma dighianda,con ceri e linee, come fefuffe* ro fatte al torno. Cbiamanla dal luogo,oue nafre, Giudaica ; er ufanía trita in fu la pietra d'arrotare, er pojcia dandola à bere con tre ciathi di acqua calda, per rompere le pietre della uefcica. m a ueramente in coloro,ne qua* li noi Sbabbiamo ¿fermentata, mai non hafatto alcuno profitto per la pietradeüa uefcica : ma in quelle delle reni e neramente efficace. chiamano i Greci la pietra Giudaica,ai3*i 1 ivo m m <, i Latini, lapis ludaicus.gli Arabi, Hager alyeudi, Hagiar aliheud : i Tedefehi, luden ¿lein.

)

Della pietra Amianto.

Cap.

CX III.

N a s c e l’Amianto in C ip ro , fimileall’alumefcisfile. Fanfene per efTere arrendeuole,tele per fa- J° re fpcttacolo alla gente : percioche meflc nel fu o c o , s accendono,& fanno fiam mate pero per que­ llo s’abbrulciatio m alcuna parte, ma diuentano piu fplendide. C h ia m a n o i nofiri frettali Italiani la pietra Amianto, er parimente i medici ( comefu detto di fopra nel PietraAmian difeorfo degli alami) A lume di piuma : penfandofi,che fu ella il uero Alume fcifrile. Ma per mia opini one singan * t o , & fua efl'a nano,auenga che cotale A lume di piuma non habbia punto del colettino,ma ben dell’acuto,ne s abbrufri meffò nel mina tiene. fuoco : il che è propria dote dell’ Amianto. Hebbi già io,cofi come altri rintracclatori delle cofre metalliche, la me* defima opinionefin tanto che l'ecceUentifrimo medico M. Luca Ghini mi mandò da Pifa il uero,cr legittimo Alume fcifrile,cofi ftmile all’Amianto, chefe il g u fo non mifuffe fiato tefiimonio dellafacilità fua coñrettiua.che uififen teu4oro(ìfrima, non hauerei neramentefaputo difrernere con l’occhio, che fuffi tra l ’uno,er l'altro differenza ueruna. come che fi cognofca l'un dall’altro anchora con l’efrerienza del fuoco,in cui reña t Amianto fenza abbru fc ia r fi,c r t Alume [cifrile prefio ui f i confuma. Onde fi può ragioneuolmenté credere,che l'Alume di piuma del commune ufo fia il nero Amianto. Sono alcuni truffatori ( come frriue il Brafauola da Ferrara ) che ingannando Fraude de i truffatori. le femplicidonniciuole, uendono loro l’ Amianto per legno della Croce del Saluatornoflro le fu chrifio. Il che per* f iadono loro ageuolmente,per non abbrufeiarfl nel fuoco,er per batterfembianza parimente di legno, effóndo tut* to'uenofo. Dell’Amianto firiffe Plinio al x 1 x.capo del xxxv 1 .libro,cofi dicendo. L ’ Amianto è fimile all’alume. JMcffo nel fuoco non fi guafia, ne fi confuma. Vale contra tutti gli incanti, er contra tutte le malie, er maßtmámente contra quelle, che fi fanno per arte magica. La pietra Amianto chiamano i Greci, tJfa'a’p ia n « : i

Nomi.

Latini, lapis Amiantus.

Della pietra Saphiro.

50 Cap.

C X IIII.

II. s a p h i r o beuuto, fi crede, che gioui al morfo de gli feorpioni. Bcuefi anchora pcrconfoli dare l’ulcere delfinteriora. prohibifee le crcfcenze,l’uue, & le puftule de gli occhi, & unifee le toni • che lo ro , quando fono rotte.

Saphiro , < l i s a p h i r o è connuméralo tra le gioie. E pietra à tempi nofiri, che fi conofce da ciafc uno, di colore fua eflàmin. cianeo, trafrarente. Vfrft nelle anelli, er ne i pendenti delle collane a i tempi nofiri da molti. Plinio al nono ca* podel x x x v i i .libro diffe, che i Sapbiririfr¡endono di punti d’oro. Ala in quelli, che fono hoggiinufoinlta 60 tia, non fi difeerne altro,che colore azurro trafrarente. il perche f i puocredere, cherari fieno i ucri Saphiri in Italia,*? che quefii che nanne comunemente attorno, fieno piu prefio ciani, che Saphiri, per effir il Cianofimile


Nel quinto lib. diDiofcoride.

~zj

molto di colore al faphiro : meramente bfogna direbbe in queRo habbia errato Vlinio, cr prefo forfè per il S.:pbi ro il lapis Lazttli, cofi chiamato dagli Arabi, imperccbe nonfo io altra pietra che quefla,che nffknda iralc gioie difogni, c? di punti d'oro. Trattando delle virtù del Saphiro Galeno al i x .dellefacilità de i fcmphciydiffefoLan( te, chefi credeva, che beuuto giouaffe a i morjì de gli f arpioni. Mettonfi hoggi nelle medicine cordiali, ne i re~ ^ flauratiui, cr ne i pretiofl lettouari, che fi compongono per la pefte, per li veleni, cr per uiuifìcdre il cuore, non 0 ^ 0 6 .°° folamente i Sapbiri, ma gli Smeraldi, i Rubini, i Granati, cr i Ghiacinthi. Il che non corrijponde alle notte alle opinioni, che tengono ì medici : pcrciocbe rarifimi fono quegliffietiali »che habbiano i ueriframmenti pretiofl. Et però auertifano i medici di non lafciarfr ingannare. cr hauendone bifogno, conftglinfr con peritifim i gioiellieri, et pofeiafopra la pietra del porfido glifracciano ridurre in polucre impalpabile: perciocheftcjfc volteji prende una * ° gioiaper una altra,comefauniuerfaImentc il vulgo. Il quale per li ghiacinthi teglie i chrifopatij di giallo colore, effendo i ueri ghiacinthi di color fametbifìo. Et il filmile facciano con k perle, c r con i coralli,cr non comefanno alcuni f ciocchi, che macinano i coralli nel mortaio di bronzo, cr non s’accorgono i poueri ignoranti ( qucjlo dico però, che à molte fapute donne ho uedutofar quello) che piu bronzo,cr piu fèrro ne traggono,che coralli. Et cojì dandogli pofeia à i peneri amalati del tutto deboli, gli danno ò la morte,ò tomento maggiore. percioche ho uedu* io Ipelfe volte efferfiato nociuto non poco, cr quafi fino alla morte, per effer flato lor dato dafempliei donniciuole i coralli, cr le perle macinate ne i mortai di bronzo. Chiamano il Saphiro i Greci ,> !& { <r«cVf>wpo* ; i Latini, Nomi. lapis Sapphirus,

3.0

Delia pietra Memphite.

Cap.

CXV.

R i t r o v a s i la pietra Memphitc in E gitto appreso àMemphi, grande come ciottoli, grafìa, & di diuerficolori. DiceG.che trita,&impiallratafopra quelle membra, che fi uogliono ò legare,ò abbruiciare, le ftupidifee fenza pericolo, di modo che non Temono dolore alcuno.

Della pietra Selenite.

Cap.

C X V I.

L a p i e t r a Selenite, la quale alcuni chiamano aphrofeleno,è coli chiamata , percioche fi ritro­ ua piena la notte nel crefcere della luna,con cui crefce parimente,& fccma. Nafcein Arabia,candida >trafparente, & leggiera. Dannoliifuoi frammenti ¿bere per lo mal caduco. Porcanla al collo le ì>° donne per le malie. Credei], che appiccata àgli alberi, aumenti il fruttificar loro. L a p i e t r a Memphitenon fi porta à quefli tempi d'Egitto, ch’iofappia : quantunque non poco la defiderì* Pietra Meni­ no i chirurgici, quando ¿ bifogno di fegare qualche membro del corpo. Ma la Selenite fe ben prima non batteva Selemai ueduto ; bolla nondimeno comprata gli anni paffuti da uno pellegrino T edefcho, il qual ueniua dafan 1acomo di u_ oro Galitia, cr ritornauafene à cafa. E quella pietra trafparente come il uetro, cr sftnlejì agevolmente infottilifrimc lamine. 1/perche s’ufa in alcuni luoghi, otte ella nafce in cambio di uetro, perferrare lefineflre delle cafe. Onde è chiamata anchoraffieculare, cr per effer.trafparente,CT lucida,come fono gli fpecchi, cr ancho perche fc nefanno anchora occhiali, i quali chiamano 1 Latinifpecilla. Ma hauendomi la traflarenza della pietra Selenite ridotto crilhllo, & à memoria il CriflaUo,fapendo io,che attchor ejfo s’ufajfieffe uolte nelle medicine, non ho voluto tralafciare di feri - fila hiftoria. 4 ° ucrne l'biftoria, cr parimente le uirtù. 11 Crtflallo adunque ( come fcriUe Vlinio al i l . capo del x x x v 1 1. libro) fi congiela di fligidifrimo ghiaccio,ne altrove fi ritroua egli fe non dove fernpre giace la neue : cr è cofa certa, che egli non é altro, cheghiaccio, onde gli è {lato dato il nome dai Greci. Et quella è la opinione di Plinio intorno al generarli del Crtflallo . Ma da cotale opinione eia noflra molto dtuerfa( come ritrouo effer anchora quella Opinione di deU’ecceUentifrimo Agricola) cr nonfenza efficaci ragioni. Imperoche non crediamo effer altrimenti itero, che Kpr0_ nafta, ò fi generi il CriRaUo di neue, ò dighiaccio, ma di quello fleffo humorc, di cui nelle tufeere della terra fi generano i berilli, i diamanti, cr altre fìmili gemme. Che adunquefi generi il Criftallo d’uno humorc piu puro, cr piu limpido, di tutti gli altri , parmi veramente effer cofa chiara, per effer egli piu lucido, piu trafparente , c r piu chiaro di tutte Poltre gemme. Vruouafi, che fi generi cofi, cr non di ghiaccio, ó di neue : percioche ogni frigidif fimo ghiaccio congelato di piu, cr piu dicine d’anni ne i frigidifiimi monti, da cui ne il ucrno, ne la fiate mai fi 50 parte la neue, anchora che fta di quello delle parti piu profónde, portato in luoghi caldi finalmente fi liquefa tut* to nonfolamente al fuoco ; ma anchora al fole. Il che interuerrebbe parimente al Criftallo,fe fufle fatto di ghiac* c iò , quando fi metteffe alfuoco, òfiotto à caldifiimofole : ne altrouefi ritrouarebbe, che ne i monti,che fernprefo* no ricoperti di neue. Ma ritrouandoft egli ueramente nelle caue de marmi,de metalli, cr d'altreforti di pietre in Spagna, in Germania, in Scithia, in Cipro, in Carnali! a, cr in Nerone , c r Chi ti ¡fole del mare roffo, cr alle voi • te anchora ne i campi arandofi la terra ingrandìfiimi pezzi, è cofa chiarifiima,che fi generi il CriflaUo d’altra ma* feria, che di ghiaccio, òdi neue. Imperoche quello, che fi ritroua nella fuperfrete in alcuni ftogltdi montagne, non credo io,cheui fi generi d’altro, che d’uno humore purifiimoatto à conuertirfi in pietra :cr che poi uifia flato difcopertodal corfo delle pioggie, le quali in cotali luoghi precipitofi leuano uia la terra,fino al Jdffo puro. E t però non fenza ragione fcrijfe Eludo,che eglipoteuaper nero affermare, che nafceua U. CriflaUo nelle monta* ¿0 gite in alcuni luoghi cofi malageuoli, che non potendovi andare gli huomini per altra uia, ui fi fanno «aitare con le fu n i, cr cofi lo cavano. Oltre à ciò mettendoli il ghiaccio nell'acqua vi nuota, cr ¡1 Criftallo fubito fe ne va al fondo. il che dà fegno,che il CriflaUo fi.1 pietra, cr non ghiaccio. L'ottimo è quello, che è bianca, Pp 3 & c o fl


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Difcorfi del Matthioli

£ ’ 2.r'ù. * & cr cofì trafdrente, come c km acqui chiaritimi, cr limpidifrima.

Nomi.

Ha »7CriflaUo uirtù di riUrìgnere : cr però (1 dà egli con utilità grande trito in poluerc impalpabile,.nella difaiteria con itino brufeo. Rifi agni i melimi bian chi, crfa copiofo latte i il che ho io imparato dalle donne di Trento. ¥aceuano del Criftallo gli antichi alcune pai* le , in cui battendo i raggi del fo le, accendeuano il fuoco in ciò,chefi poneua loro all’oppofito. Onde furono ufa* ' te da i medici per cauterizare in alcuni, chefaunti dal fuoco uiuo, ricufauano i cautèri). Il che pojfo anchor io per cofa uera afermare, per hauer di ciò fatto piu d'una uolta eferienza. Chiamano i Greci la pietra Man » phite , a/3»»M : i Latini, lapis Mempbites. La Selenite chiamano i Greci, t ifa « ain in i : i Lati* ni, Selenites.

Della pietra Iafpide.

Cap.

C X V II.

S o n o le pietre, che fi chiamano Iafpidi ,ueramente'diuerfe .-percioche alcune fi raffembranoal lo fmeraldo : altre al criftall o , di colore limile alla pituita : altre fono Binili all’aria, chiamate aeree : altre fono come affumicate,& impero chiamate fumofe *alcune Tono diuife da linee bianche, &. rffple denti, chiamate Aslìrie : alcune limili alla terebinthina,chiamate terebinthtrone; & altre fi raffembra no al colore di quella gemma,che fi chiama callaida. Dicefi,che tutte uagliono per le malie,& che ap piccate alla parte di fuori delle cofcie, accelerano il parto. Pietra Tafpid e .& fu elp e-

tie’

» d a Sai.

Nomi.

p i e t r e chiamate la fid i, chiamiamo noi D ia fr i, cr fono di molte piu f e t i e , che non ferine Diofcoc imperoche ue nefono alcune compiutamente azurrc, alcune manco, cr alcune d’un colore come uerde me* fchiato con latte. Altre fono porporec, comefono quelle, che nafeono in Phrigia. Altre fono di colore di rofe, cr come tinte di f o r i , comefono quelle, che f i ritrouano nel monte I da in alcune profèndifrimef cionche. Sonuene di quelle, che ncll’azurro porporeggiano, cr tali fono quelle di Cappadocia. Altre nel rojfo nereggiano. cr altrefo* no come di colore di fégato : delle quali quelle, chefono piufeure, hanno alcune linee chiare del colore medefimo, oueramcntc nere . Alcune altrefono bianche, come la neuc, ma tutte punteggiate di rofo. Altre hanno punti di onichite, oueramente che dall’una banda fono d ia fro , cr dall'altra onichite. Nefonò anchora di quelle, che nel* Tuna partefono ro fe, cr nell’altra uerdi, ma non però trasparenti, fe non in quella parte uerde.Iti fomma la natura de i D iafri è molto uaria, cr diuerfa. Dicefi che appiccate al collo, ò alle braccia riflagnano il fangue in qual fi voglia parte del corpo, non Infoiano [conciare le donne grauide, prohibifeono il coito , cr cacciano le fèbbri, cr l’bidropifia. Nemancano fuperftitiofì, che dicono, che portate addofo fanno gli buomini grati a ciafcuno, cr pa 3 ° rimente,fìcuri,cr potentine prima che ¡’appicchino al collo,ui fi dicono[opra alcuni incantefimi di parole. Scrif* f e ie l Duf r0 Galeno al i x M e facuità de i [empiici, cofì dicendo. Sono alcuni, che danno alcune proprietà alle pietre perfèto tcflimonio,come neramente ha il Diafro Uerde di giouare alla bocca dello flomaco accoHandouelo. cr imperòfono alcuni,che lo legano nelle aneUa,cr intagliatigli dentro un drago con certi raggi intorno, comefcrif fe Nicbefo re nel decimo quarto libro. Veramente ho io piu mite fatto iferimento di coiai pietra, appiccandone 4 eolio ima collana fatta di cotali diafri, di modo che le pietre toccafero la bocca dello flomaco : cr pareua uera* mente, che giouaffero, anchora che non uifufc fcolpito il drago,fecondo che ferine michefo. Chiamano il Dia* f r o i Greci, tiàtsìavw ; i Latini, Ia f i s . le

Della pietra Aetite. Q

vando

Cap.

C X V III.

rimcna la pietra Aetite ,rifuona come fefuffc pregna, Schaueffe dentro di fc una al­

tra pietra. Legata al braccio finiitro delle donne groffe> fa ritenere fi parto nella lubricità,& rilaffatione della madricc : ma quando é il tempo del partorire/! debbe feiogliere dal braccio,& legarla al­ la c o fc ia , acciochefi partorifeafenza dolore. Manifeftaquefta pietrailadri/e ella figli dàafeofa nel pane : percioche il ladro non potrà inghiottire il boccone mafticato. O ltreà ciò non poffono i ladri inghiottire alcuna cofa,che fia cotta in compagnia fua. Incorporata trita con cera, ouero con olio li gultrino,ò gleucino, ò altro, che fia calido, gioua grandemente al mal caduco. L a p i e t r a chia m a ta A e t i t e , chiam iam o n o i h o g g i u o lg a m e n te p ie t r d d’ A q u ila ,p e r r itr o u a r fl a lle u o lte Pietra A eti­ t e , & fu a h i- n e i lo r n id i. S on o d iuerfe d i c o l o r i , d i g r a n d e z z a « F ece n e m en tio n e P lin io a l x x i . ca p . d el x x x v i . l i b r o , ftoria, Se uirc o f ì d icen d o , L a p ietra A d i t e h a g ra n fa m a p e r l ’a r g o m en to d el nom e fèto. R itr o u a f ì n e l n id o d eU 'a qu ile,com e di tù.

cr

c em m o n e l d ecim o u olum e. D ic o n o ,c h e u i f e n c r itro u a n o d u e,m a fcb io c iò c ,

p o f o n o p a r t o r i r e i a quile , c r im p erò fo la m e n te d u e. E n n e d i q u a ttr o f e t i e . la ,

er

fèm in a :

cr c h e f e n z a

q u e lle n o n

Q u e lla ,c h e n a fee in A f r ic a , è p ic c ia

cr te n e r a , cr ha n e l c o rp o c o m e una c r e ta f o a u e ,c r bian ca : cr q u e jla , la q u a le ¡U m a n o frm in a , è fr a n g ib ile .

n ta fe b io , i l q u a l n afee in A r a b ia , é d u r o , &

Il

r o fr ig n o , fim ile à una g a lla , c r ha n el c o r p o una p ie tr a d u r a . L a t e r z a

n a fee in C i p r o , d e l i i f l e f o c o lo r e di q u e lle , c h e n a feo n o in A f r ic a

; ma

p iu a m p ia ,c r p iu la rg a : im p ero ch e le altre

h a n n o férm a r ito n d a . Q u e l l a ha nel co rp o una aren a g io c o n d a , c r a ltr e p ie tr e : m a è ta n to tenera, c h e f i sfreg o la a g cu o lm e n te c o n le d ica . C h ia m a li quella della q u a rta f e t i e T a p h i u f ì a f e r n a feere in T a p b iu fa a p p r e fo à L e u c a d e . R it r o u a f ì n e i f iu m i b ia n c a , c r r ito n d a ,n el c u i u en tre ¡ I n f e r r a qu ella p ie t r a , c h e chiam an o c u lli n o . d elle p ie tr e a q u ilin e fè r ijf c P l i n i o .

Nomi.

g li

Arabi >uagcr achtamacb.

.

Q u e flo

tu tto 6 o

C hiam ano i G r e c i la p ie tr a A e t it e , t i f a d t r h n t : » L a t i n i , la p is A e t it e s :


Nel quintolib. diDiofcoride Della pietra Ophite,cio è Serpentina.

Cap.

727 C X IX .

L a p i e t r a Ophite è di piu fpetie. N e fono alcune ponderofe,& nere : alcune altre fono di co lor di cenere >rna uariate di certi punti : altre fon diuife da alcune lince bianche. Giouano tutte ap • piccate al collo,al dolore di tefta,& ì i morfi de i ferpenti.Diceft,che quelle, che hanno le linee bian che,giouano 3 i lethargici,& à i dolori di tetta, IO

N on fintrouMo colonne ( diceua Plinio a l v u . cap. del x x x v i . libro) fitte dìpietrachiamata Ophite , fe non picciole. E queita pietra di due frette, un<t bianca ® tenera, ® l’altra nera ® dura. Dicejì, che amendue fiori*. acquetano i dolori di tefta, legateui attorno, ® che giouano parimenteà i morfi de i ferpenti. Commandano alcu* ni, che 4 i phrenetìci,® <ì i lethargìci s’adoperifolamente quella,che biancheggia : er contra al morfo delle ferpi quella, che è dal colore di cenere,chiamata tephria. Quefto tutto della pietra Serpentinafcriffe Plinio. Ma quel* la, che noi chiamiamo volgarmente Serpentino, durifima quafì come il porfido, non è ne nera, ne bianca,nè di colore di cenere,comefi richiede ah’bidona,che neferiffero Diofcoride, c r Plinio ; ma tuttaaicrdefcura, er macchiata di verde chiaro. Il chearguifce,che'l Serpentino degli antichifuffe molto differente dal noftro. Chiama* Nomi, no la pietra Serpentina i Greci,hidor ; »Latini,lapis Ophites.

Delle pietre delle Spugne.

Cap.

CXX.

S i r it r o v a n o pietre nelle fpugne: le quali beuute con uino, rompono le pietre della uefeica.

.

*

L e p i e t r e , che ftritrouano nellefrugne,fono notiftime a ciafcuno -.imperoche poche fono le frugne, che non n’habbiano dentro qualch’una. facendo di quelle mentione Galeno al 1x . dellefacilità de i [empiici, diceva. Le pietre, che firitrouano neDefrugne , hanno virtù di rompere : ma non però cofiualorofi, che pofiano rompere le pietre della uefcica, c r imperò coloro,che lo fcrijfero, hanno neramente mentito. Ma rompono bene quelle,che fono nelle reni, comefon quelle, che fi portano di Cappadocia,le quali dicono nafeere in Argeo. Qucftefi rifòluo no in liquore di color di latte. Il perche è maniftdo, che hanno virtù d’affottigliarefenzafcaldar troppo euidente mente. Le pietre dellefrugne chiamano i Greci, AÌSos t’t *>i( ,j latini,Lapides infrongijs reperti : gli Arabi,Plagiar alfeftngi.

Della Colla delle pietre.

Cap.

*>ietre ^ l!e ^ Acuità °" *° ^

Nomi.

C X X I.

P a s s i la Colla,con la quale s incollano le pietre, di colla taurina, di marmo, & della pietra chi*-! mata Pario.Quefta meda con uno itile infocato iniu le palpebre,ui radetti i p eli.

Della pierra Oftracite.

Cap.

C X X II.

R a sse m b r a s i la pietra chiamata Oftracite à un tettoie croftofa,& laminofa. vfanla le donne in cambio di pomice,per cauar fuori i peli.Beuuta al pefo d’una drama con uino,riftagna il meftruo, prohibifee l‘impregnarfi,beuuta quatro giorni dapoi alle purgationi al pefo d’un dedico. Applicata con mele,mitiga le infiammagioni delle mammelle,& ferma lulcerc corrofiuc.

*

Q v a l fi fiala pietra Oftracite, che ufauano anticamente in cambio di pomice per cauarfuori ¡p eli, non ho fin bora ueduto, ne ritrouato chi me la iim odri. quantunque affermi l’Agricola ritrouarfl in alcuni luoghi di Ger mania, fiutile aUefcorze delle oftriche, ma di roftigno colore. Scriffe delle uirtùfue Galeno nel 1 x . libro delle / acuità defemplici, cofi dicendo. Predicano alcuni, che lapietra Oftracite hafacuità ualorofa di diffeccare, ma temperata nell’acutezza,Gr nel riftringere,come quella che[chiama Geode: er dicono, ch’ella può chiarificare le pupille de gli occhi,& fanare le infiammagioni delle mammelle,® de i tcfticoli, ® fr ettalmente applicata con ac* qua. Chiamano la pietra oftracite i Greci,tiSoièrpMÌTnci Latini,Lapis oftracitcs.

Della pietra Smiri.

Cap.

C X X III.

L a s m ir i pietra,con la quale i gioiellieri polifcono le gemme,c utile per corrodere,& abbrufciare.Gioua alla humidità dell e gengiue,& commendali per fregare i denti.

D ell’Arena marina.

Cap.

CX X IIIL

L a a r b n a dei lidi del mare fcaldata dal fole diffeccail tumore dell’hidropide, quandó ui fiierpelifcono dentro i patienti fino alla tetta.Scaldali in cambio di miglio ,ouer di Cale ,per far fomenti difleccatiui. ' '* * ' * L a pietra

pietra oilr.3 ? te’ cX "’ *

Nomi.


728

Diicorfidel Mattinoli

L a p i e t r a Smiri fi chiama uclgarmcnte Smeriglio, er è notifima pietra : er è quella iftefia , con la qual S m ir i,& f»e trita fi pollfcono le gioie , fi brunifeono le armi. Questafegna il uetr 0, comefa il diamante. Scrìflhie Galeno facultà ferie-»

te da Gal»

al 1 x »delle facultà de i femplicì, cefi dicendo. Che la Smiri fla molto asterfìua,fi dimostra per l’ufo, che[e ne ueie appreffo à i gioiellieri :eyhabbiamo anchora (¡ferintentato,ch'ellafa b ia n c h in e tta bemfiimo 1 denti,BeU’Are* ita marina,effondo eofa chiara,non è che altro piu diciamo, di quanto ferine Diofcoridc. Chiamano lo Smeriglio i Greci,mSo; ataxisti li latini, lapis Smyris. l ’Arena marina chiamano i Greci, A V fw aà?i*\hts : i Latini, m *

Nomi»

na litorali}'

Della pietra Naxia.

Cap.

CXXV,

L a a r r o t a t v r a fatta con ferro,che fi confuma delia pietra chiamata Naxia, fa applicata, ri- 10 nafccre i capelli calcati per pelagioneinon lafcia crefcere le mammelle delle fanciulle Ui.rgmi.Bcuuta con aceto,fminuifee la milza,& gioua al mal caduco»

Della pietra Geode.

Cap.

C X X V I.

E ’ LA PIETRA chiamata G eode coftrettiua>di(Teccatiua:rifolue le caligini de gli occhi. Impia­ strata con aqua,fpegne le infiammagioni de i teilicoli,& delle mammelle. LA VERA pietra Naxia,O- parimente la Geode non ritrouo k i tempi noftri portarfi in Italia: quantunque Pietra Na*ia. fcriua l'Agricola, che nafeano in Mifnia, ey in Saffonia. La Naxia, per quanto ferine Galeno, nonfolamente prò & Geode, Nomi.

bibifee l’ingroffare delle mammelle nelle fanciulle uergini ; ma non lafcia crefcere i tefticoli ne i fanciulli, come partecipe di facultà frigida. Chiamano la pietra Naxia 1 Greci, A noni vuoici¿Latini,lapis Naxius, La Geode chiamano i Greci,tdhosytàiiìs : i Latini,lapis Geodes,

D i tutte le Terre.

Gap.

C X X V 1I.

H a ocnx terra che fi prende per l’ufo della medicina, uirtù primamente di rinfrefeare, & di ferrare,& chiudere i meati.ma è però differente luna dall’altra di fpetie ; imperoche con alcune cofe aggiunte luna à quella coià,& l’altra all’altra fi conuiene. ,0

Della terra E retria.

Cap.

C X X V III.

L a e r e t r i a è di due ipetied'una è grandemente bianca, & 1 altra di color di cenere. Lottim a è quella,che ha color di cenere,che è tenerifsima, & quella che fregata in fu 1 rame, ui Infoia fu una li nea di color di uiole.Lauafi come lacerufa, ouero in quello m odo. T ricali da per fe, 9uero con ac­ qua , lafciafi pofeia ripofare, & come ha fatto la refidenza, fc ne fcola fuor leggiermente 1 acqua> & feccafi al fole : ritritali,& lauafi di nuouo nell acquali giorno >accioche la riotte faccia la refidenza,& la mattina àbuon’hora fi cola : finalmente trita al fole(potendofi fare ) fi compartifccin pai belli- Ala dcfidcrandofi d’ufarla abbrufciata»fi mettono i fuoi paflelli, formati prima come c e ci, in un uaid di terra pertugiato; & pofeia hauédogli prima ben ferrato la bocca,fi mette fopra a i carboni beniisimo acccfi>& fobfiafi continuamente con il mantice : & come la cenere fi conuertifcc in fauillc,ouero che diuenta di color di aria,fi cauano fuori i pallelli,& fi ripongono. Hauirtu di rillagnare, & di infrigidare:mollifica leggiermente,& riempicle concauita dell ulcere,Se confolida le ferite frefehe.

Della terra Samia.

Cap.

C X X IX .

L a m i g l i o r terra Samia è quella,che è bianca,leggiera,che tocca con la lin gu ali s'attacca co ine colla,tenera,fuccolà,& frangibile: come è quella, che alcuni chiamano collirio. N e fono di due fpetié.'dcll’unahabbiamo già detto : la fecondali chiama aflcr, la quale e crollofa , & ferrata, come una pietra. Abbrufciafi,& lauafi come l’eretria,& ha le uirtu medefime. Riftagna gli Sputi del fangue: Baisi con fiori di melagrano (aluatico alle donne per lo fluiTo del meiìruo.Impiaftrata con olio rofado,& acqua,fpegne le infiammagioni de i teflicoli,& delle mammelle: prohibifceil (udore. Leuuta con acqua,gioua al morfo de i ferpcnti,Se à tutti i uelcui beuuti.

Della pietra Samia.

Gap.

CXXX.

R i t r o v a s i la pietra Samia nella terra Samia, ufanla gli orefici per polirei o ro , accioche me­ glio rifplcnda. L ’eletta è quella,che è piu bianca, & piu dura. Ha uirtù coftrettiua, & infrigidatiua. Vale beuuta àgli (lomachi debolinmbalordifce ifenfi:ma è efficacifsima con latte perii flufsi,&rii-

cere de gli occhi. Cred eliche legata addo ffo, faccia predo partorire, &ctìnfcrui la concettione nel­ le donne. L A TERRA


Nel quinto lib. di Dioico ride.

7*9

L a t e r r a chiamata Sanila, nanfo lietamente ia,fe piu di Samo[i ci perù in Italia, quantunquefitjjè in ufo J fa j d tm p o di Galeno, il quale adoperòfempre per la migliore quella dellafeconda ¡fede chiamata after : quantun que Diofcoride molto piu lodila prima chiamata collirio. Sono alcuni che fi credono, che quella che jì chiama After,fia quello,che communemente fi chiama T alcho. Ma cojloro, per miogiudicio , s ingannano. impcroche il Talcho accoftato aliai ingiù nonni s'attacca in modo ut runo, è malageuole da tritare ,n ec du ro,ne denfo come la pietra chiamata cote. non è croftofo,mafquamofo,traft>arente come il uetro,cr leggiero 1(3- tale,che mejfo nelfito corion fi brufeiafenza lungafatica,er compagnia d’altri medicamenti, il che non interuiene alla terra Samia pre detta, abbrufeiandofl ella come la terra erctria. Oltre à ciò é dafapcre, che beendofi il Talcho non frangola man* ^ i o co,che fi faccia il gejfo . Et per lo contrario la tèrra Samia detta After, gioita come la terra Lemnia, grandemen* te contra i uelcni,contra i morfi,cr contra le punture de uelenofì animali ; e? attaccafi gufata, come quella, alla

alla lingua, come la terra Lemnia : ergioua a i tteleni>ey al morfo de uelenofi animali. La pietra Samia poi, coti cui anticamente poliuano l’oro, er l'argento gli orefici, nonfa io affermareifefi porti in Italia : quantunqueferi= ua l'Agricola ritrouarfi copiofa in Germania. La terra Samia chiamano i Greci, >» 2 ; i Lai ini, terra Sa Nomi. mia. La pietra Samia chiamano i Grec&iSos M Latini,lapis Saminus.

Della terra Ghia;

1•

Cap.

C X X X I.

L a e l e t t a terra Chia è la bianca, che tende al color di cenere,limile alla Samia, è adunque ero ftofa,& bianca,ma differente di forma.Ha le uirtù medelìme della Samia. diftende la pelle della fac­ c ia l e toglie le grinze,& la fa fplendidaffa buon colore nella faccia,& in tutto il corpo. Viali nei ba­ gni per nettare il corpo in cambio di nitro.

Della terra Selinuiìa.

Cap.

C X X X II.

F a 1 L medefimo effetto la Selinulia. & quella piu fi loda,che grandemente rifplende,cbe è bian , 0 ca,frangibile, & che pretto fi diffoluc,quando fi bagna.

Della terra Cimolia.

Cap.

C X X X III.

L a t e r r a Cimolia è diduefpetie : una ciò è , che è bianca : & ra!tra,chctendealporporeo. L ’ottima è quella,che naturalmente ègraffa,& che fi fentc fredda al toccarla. L’una & l'altra trita, & disfatta nell’aceto,rifolue le pofteme,che nalcono doppo rorecchie,& i piccioli tumori.Impiaftrate fubito in fu le cotture del fu o co , non ui laiciano leuar le uefciche:rifo!uono le durezze de i tetticoli, Si le pofteme di tutto il corpo : mettonfi in fu’l fuoco facro. In fomma l’una, & l’altra c molto com­ mendatamene medicine,pur ch’ellafia della ucra,& non faliificata. 4*

Della terraPnigite.

Cap.

C X X X IIII.

L a t e r r a chiamata Pnigite è quafifimilenel colore all’eretria, ma fono le fue glebe m aggio­ ri . toccata con mano,rinfrefca: & toccandoli con la lingua,è cofi uifeofa, che pendendo ui s’attacca fopra. H a le uirtù medefime della cim olia, quantunque non fia cofi ualorofa. Vcndonlo alcuni in cambio deH’eretria.

D e iT e fti delle fornaci. 5*

Cap.

CXXXV.

I t e s t i dellefornaci lungamenteabbrufeiaticaufanol’efchara ncH’ulcerc: & impeto medica­

no le puftule,c’l prurito.Giouano à i gottolì : & incorporati ne i ceroti,rifoluono le fcrofole. D ella Terra delle fornaci. L

a

terra

Cap.

C X X X V I.

delle fornaci, che per effer bene arrofiitadiuenta rotta, ha le uirtù medefime, che

hanno i tetti.

D ella terra Melia.

Cap.

C X X X V II.

L a t e r r a Melia imita nel color di cenere l’eretria : è ruuida al toccarla. fregata con le dita, {Iride,come fa la pomice rafehiata. Ha uirtù aluminofa, ma piu rimetta. il che agcuolmente fi com­ prende nel guftarla : imperoche diffecca alquanto la lingua. purifica il corpo,& fa buon coIore:aiTot tiglia i peli:& fpegne le uiciligini,& la fcabbia. Vfanla i dipintori per far durar piu lungo tempo la ui

1


730

DifcorfidelMatthioli

uacità de icolori.mettefi efficacemente ne gli empiaftri uerdi.Di tutta la terra melia, & uniuerfafmé te d’ogni altra terra fi dcbbe elegger la frefca , tenera,non fafiQfa,frangibiIe,& che ageuolmente fi ri folua nell’acqua. > Q v a n t v n q v e la terra Eretrilla Chia,la Selinufìaja Cimolia, la Pnigite,& la Melia fuffero nell’ufo dei T e r re , Scio-, medicamenti degli antichi, cr da loro benifiimo conofciute, come fi ttede per l'hiftoria, che nefcriffe Galeno al ro edàm.

Nomi.

nono dellef,acuità de i femplici:nientedimeno fono cofì da noflri anteceffori fiate quefìe terre tralasciate,che nonfe ne ritroua appreffo à i moderni cognitione alcuna.er imperò me ne pajfaròfenza dirne piu altro. La terra Chia, Selinufia,Cimolia, Pnigite.w Melia chiamano i Greci,y» Latini,terra Cbia,Se tinujìa, Cimolia, Pnigitis, Melia ; gli Arabi la Cimolia, Ter«' chimolea, er Thin cbimulia : er la Vnigite, Ter« 10 banem, >

Della terra Ampelite

Cap.

C X X X V 1II.

L a t e r r a Ampelite,la qual chiamano alcuni pharmacite, nafee in Seleucia di Soria, Lodali piu dell’altrc la nera, limile à lunghi carboni di p ezzo, poco laminofa, & ugualmente fplendida, & chei trita,& mefehiata con o lio , fi disfa ageuolmente. La bianca,& parimente la cenerea, che nop fi dis« fanno,non fono buone- H a uirtu di rifoluere,& d’infrigidire. Vfafi per acconciar le ciglia, & per tingere i capclli.E in ufo per ungerne le uiti, auanti che gittino gli occhi : perciocho uammazza tut- ^ ti i uermicclli,che ui nafeono. Terra Ampe L a t e r r a Ampelite, fecondo che recita Galeno al 1 x .dellefacuita de i femplici ,fi chiama Ampelite, per lite,& fila efèffer in ufo per conferuar le u iti, acuì fi mette attorno : come facciamo noi co’l uifchio in Tofcana, per prohibi» famin.

Nomi,

re, che i bruchi non ui manginogli occhi. Pharmacite poi fi chiama,per effere molto medicamentofa, come dimoa ftra l'ammazzare, che fa ella de fuddetti uermicelli. E oltra ciò molto bituminofa ; anzi ( fecondo che recita Vii* nio, e r Pofiidonio ) è fimile al bitume. Del che dà uerofegno il disfar/ì ella ageuolmente ncKòlio. Et però ere» derono alcuni, chefujjè terra Ampelite quella pietra croflofa, che nel predetto libro fcriffe hauer già ritrouato Galeno ne i lidi di Licia, er nella caua Soria : le quali mejfe nelf io c o , 5 accendeuano dipi cciolafiamma. Del ì he par che ne dia non poco M ic io , il dir Galeno d'hauer tal pietre ritrouato in un colle circondato in gran parte dal lago Sodomco, oue nafte il bitume,che ui cola dentro. Il perche riprendono alcuni Galeno,che non conofc effe tali pietre non efiere altro, che terra Ampelite . La quale effendo ( come dice Diofcoride)dura, come il carbone di pcz Zo,nonè marauigiia,fe dimostri efferefpetic di pietra. Et però è da credere, che nonfìa gran differenza dalla terra Ampelite alla pietra Gagate, di cui dicemmo di fopra, per effere amendue compone di terra,& di bitume. La ter ra Ampelite m'é fiata nuouamente portata di Camola, oue fi ritroua copiofa, con tutte le fembianze, che uifl ri t chieggono. La terra Ampelite chiamano i Greci,y» AywATr/r ; »Latini, terra Ampelitis :gli Arabi, Thin alcharin. t

Della F uligine pitcoria.

Cap.

5a

C X X X IX .

S vol s i ricogliere la Fuligine, che ufano i dipintori, delle fornaci di uctri cpstcioche a quella fi 4® dà il primo luogo. Ha uirtù ualorofa di coilrignerc, & di corrodere. Incorporata con cerato rofa« do,falda le rotture.

DeH’Atramento librario,

Cap.

CXL. • '

. 'j .

.

.

ì

L o a t r a m e n t o , con il quale fermiamo, fi ricoglie dalla fuligine condenfata dal fumo della tcda.mettonfi in ogni libra di gomma tre oncie di fuligine di ted a. Fafsi anchora della fuligine delle ragie, & della fuligine pittoria detta di fopra. Prendefi adunque una mina di fuligine, una libra & meza di gommaidi colla di toro.d’atramenio futorio,di ciafcuno una oncia & meza. Metrefi conue- , , neuolmente ne i medicamenti corrofiui. faflene utilmente linimento groflo con acqua alle cottur 50 re del fuoco : ma non bifogna leuarnelo,fe prima non è fatta la cicatrice : percioche dapoi che ha fal­ dato l’ulcere,fe ne cafea uia per fe tteflo. Hora finalmente hai, carifsimo A r io , tutto quello, che ci crediamo eflere à baftanza per la lunghezza di quefta opera,& per la copia della materia, & di rime­ di; medicinali. *•< ■;'•

Nomi.

•. . - . . A C he c o s a fuffe ¡a Fuligine de i dipintori, er parimente flnchiofìro, con cui fcriueuano gli antichi ilibri loro, è affaiflato chiaramente ne due prefenti capitoli dichiarato daDiofcoride. Et però non parendomi, chefìa di bifogno di diruifopra altro,faccio qui fi ne al quinto, er ultimo libro : dando laude di ciò al grande,er omnipo* tenie Iddio,da cui è il tutto. Chiamano i Greci la Fuligine de pittori, A V v » {aypupM» :i Ldtini,Fuligopiilo* r « . Vatramento librario chiamano i G reci, Mìa « ypa.fix.0v: i Latini,Atramentum librar ima. I L F I N E D E L Q .V I N T O L I B R O . I DISCORSI


I DISCORSI DI M- PIEA N D R EA M ATTH IO LI Medico Sanefe, *« N E L

E T

S E S T O

L IB .

D E L L A

D E

V E L E N I

M O R T IF E R I,

P R E S E R V A T I O N

E, E T

C V R A T I O N E L O R O , DI P E D A C l . O

Diofcoride Anazarbeo.

Proemio di Diofcoride.' te I s o p r a ne gli altri libri habbiamo trattato, Ario carifsimo, degli odoramenti,de gli olij, de gli unguenti,de gli alberi,& parimente de i frue t i , ragie,& gomme toroide gli animali,del mele,del latte, de i grafsi »del­ le biade, delle herbe de gli horti,& delle campagne: delle radici, de i fuc chi,de i uini,& de i minerali.Ma hora in quello ultimo libro di rutta l’ope ra,trattarono le facilità, & le uirtù di quei medicamenti, che ne polfono & giouare,& parimétenuocere.Il perche lafciata ogni prolifsità,diremo breueméte il concetto nortro in tal materia.Et perche quello trattato fa _____________ rà diuifo in due parti, in quella ciò è,che n’infegna ad ouuiarc, che i ueleni 3 ° non ne ingannino nel torgli,ouero che quelli,che nafeofamente fi danno,non nuocano, facendo lor perdere la malignità, & il ualore : & in quella, che n’infegna à focorrerc à coloro,che già ne fentono il nocum ento. Diremo adunq; prima del modo di ouuiare. il qualc(fccondo che credono alcuni no ilrim aggiori)è ucramente difficilifsimo da olieruare : percioche coloro, che auclenano altrui nafeo famente, fono di tal forte cauti, & fo ttili, che ingannano ogni peritifsimo giudicio.Spogliano co fioro i ueleni della loro amaritudine,mefcolandoli con le cole dolci,& incorporando quelli,che puz zano,con cofe odorifere: ouero componendoli con quei medicamenti,che li fogliono dare per con feruarc la fanità>& mafsimamente nelle malattie,come con aflenzo, tragorigano,hiiTopo,thimo, iri­ de,origano , abrotano,ca(torco,& con ogni altro medicamento,che habbia facultà di purgare.Me fchiano oltre à ciò cotali ueleni con i liquori,che fi beuonojcio è con uini, chehabbianoalprofapo 4 ° r e , brodi ufuali, uinopaffo, acqua melata, & mollo. Nafcondonlianchora nei fucchi.ncl brodo fpefsito delle lenticchie,nella polenta,& in altre cofe, che s’ufano ne i cibi cotidiani. Et però colo­ ro,che Hanno con timore di eflere auelenati, guardinfi da quei cibi, che fi miilurano, & fi compon­ gono di uarij & diuerfi condimenti: & parimente da tutti quelli,che hanno apparentiisimi,& gagliar difsimi fapori,come fono i dolci,i falati, & gli acetofi .N e bifogna à c o ilo ro , le ben fono alletati, bere molto con auidezza,ne fecondo che l’appetito gli trafportaine fc fono affamati,mangiare ingor damente : ma guilare, & confiderar bene il fapore di tutto quello,che mangiano, & bcono.Dcbòeli in cotali timori bere alianti palio dell’acqua frefea : percioche fpento che fia l’appetito, malagcuolméte fono abbracciate, & digerite dallo rtomaco l’altre qualitadi. Poffonfi oltre à ciò nelle malattie ageuolmente rifiutare le medicine, & le beuande,che fotto coperta dr dar la falutc,danno i ribaldi,& 5 ® improbi uenefici : percioche gli amalati non hanno da farli ilima,fe benfontalfati d'inubidicnza.Et quella è la ragione,la cautela, e’1 modo da guardarli da gli inganni,& fraudolenze di cotal auelenato ri.M a ui è anchora una altra maggiore,& piu efficace cautela ; ciò è,che coloro,che Hanno con con tinuo fofpctto,fi preparino,mangiando per auanti di quelle cofe,la cui facultà è d’indebiliré,& di di flruggere la maluagità,& la portanza de ueleni. Il che fanno i fichi fccchi mangiati con le noci, & pa­ rimente i cedri, oueroilfem ede inauonitolto conuinoalpefo.d’una dramma:& fimilmcntelefron di della calamintha, ouero la terra chiamata Lemnia,togliendone il pari pefo con uino.uagliono ol tre à ciò aifai lefrondi della ruta,mangiate infieme con una nocc:& due fichi fccchi,& un granello di fiale. Querte cofe adunque tolte per auanti,prohibifeono il nocumento di ciafcun ueleno. Sono per ciò rimedio potentifsimo gli antidoti bcuuti con uinoRra i quali è il Mithridato grande,& parimen 6 o te quegli altri antidoti,che fi compongono di fcinchi,& di fangue.Refirtono alcune uoltc alla malua gità de i ueleni alcune proprie complefsioni d'huomini coHituiti ad un certo modo, & cofi teperaci con una certa qualità di cibo,8c di bere,& parimente con una certa copia di uino,che del tutto diué

tano

V


Difcorfi del Matthioli 7 ? 2 tano contrarij à i ueleni : impcroche rompono la forza del ueleno già mangiato, per ritrouarfi piene le uene,& i meati dal già prefo nutrimento : il che impedifce, che non portano per uia di digefiione penetrare i ueleni per le membra del corpo. Ma perche fpefic uolte accaggiono ne i uiaggi alcuni ca it all’improuifojfeuza che uencfico ueruno ui s’intramctta.parmi però, che fia neceflario l'infegnare , com e fi gli porta ouuiare. E t però dico,che ne i uiaggi fi deono far cucinare le uiuande, & preparare ¡1 mangiare,& parimente il bere di fuori aH’aria.& fc pur per forte per qualche oflacolo non fi poteffe farqueflo,faccianfi tutte quelle cofe dentro in cafa. M aall’hora bifognaauertire molto bene al palco di fopraiimpcroche molte uolte cafcano & dal pa!co,& dal tetto alcuni animali uelenofi,i quali quatunquc piccioli fieno polfono nondimeno riufcirc in gì adifsimo danno; come fono quei ragni, che chiamano phalangi,ftellioni>& altre fpetie di ferpi.Bifogna anchora con non poca diligenza riue io derei uafi,dondeficauaiI uino.'pcrciochele ferpi, fentcndonc l’odore, il quale molto loro aggrada, ageuolmente ui corrono: & coli qualche uolta beuendone, ui ruttano dentro il ueleno, & qualche uolta anchora ui s’annegano, dando morte pofeia à coloro , che beono di tal uino.Quello tutto habbiamo uoluto dire per auertire le caute,& prudenti perfone ; accioche fappiano, che molte uolte à cafo,& fenza inganno alcuno fottogiacciono gli huomini à i pericoli de i ueleni. E anchora piu o l­ tre da fapere.che accadendo,che togliefie alcuno il Ueleno per le llcflb.ò che nafeoftamente gli iurte dato da altri,è uerame te bifogno di (occorrergli nel principio, impcroche dandoli ad afpettare tutti i fegni del già prefo ueleno,non fi gli può pofeia rimediare: imo che malageuolmente fi gli rimedia, quando ogni poco per negligenza fi lafcia operare.Et però,fe gli auelcnati manifeltaranno di che for tc fia dato il ucleno.ouero che fi polla fapere da gli aflanti,potralsi ageuolmente in tal cafo correre à 10 irimedij appropriati,& rellituire i patienti nel primo naturalehabitoloro.il perche non ciaccodia mo all’opinione di coloro, che contendendo dicono, che in uano fi fanno i rimedij,che ui s’adopera no . percioche fe quei morbi, le cui cagioni fono afeofe dentro ne i corpi,fi curaranno con le medici n e , perche adunque quei ueleni ederiori, che fi danno, & fi to lgo n o , non debbono efler curabili <* D i tutti i morbi ueramente,chc accaggiono ne i corpi,parte fono curabili,& parte incurabilijfecondo l’impeto delle caufc, onde procedono, & fecondo le precedenti difpofitioni, & proprie qualità de i co rp i. M a fe accadefie, che alcuni di co lo ro , che hanno prefo il ueleno,per la malignità d’erto, perdettero il parlare,ò che come ebbriachi farneticaflero, ò che non uoleflero palefare la forte del ue leno già prefo,per non eifernc liberati,debbefi all’hora in tal cafo ricorrere à quei communi rimedi), le cui facoltà fono di relìdcrc à tutti i ueleni,che fi tolgono dentro per bocca. Fra i quali niuno è uc 3 ramente migliore, ne piu efficace,che il procurare con ogni diligenza di cacciare fuori il ueleno per ilprofsimo luogo,auàti che Iamaluagità fuas’attacchi,&crefcanel corpo.Etperòènecefiario di co flringere gli auelenati à uopaitare,dando loro à bere olio caldo puro,ouero melcolato con acqua.Sc fe per forte il paefe non produceflc o lio , debbefi, in cambio d’eflo, dare del burro con acqua calda, ouero con decottione di malua, di feme di lino, ò di trago, ò di ortica, ò di fiengreco, oueramente di halica. Imperoche quelle cofe hanno non folamente facultà di far uomitare,per mollificare elleno 10 ftomaco,& far naufea grande; ma anchora per purgare per di fotto:& ifpegnédo l’acutezza del ue leno,di prohibire,chc non roda, ne ulceri le membra interiori. Il che fi può ageuolmente conofcere per manifeilo argomento. Percioche dato, che fia alcuno che uoglia ulcerare un membro ò con cal cina uiua,ò con feccia,ò con cantarelle,ò con qual fi uoglia acuto medicamento, ungendoli prima il 4 ° luogo con olio,è cofa certa, che non fi ulcerarà quel luogo.ne meno fipoflbno moltoferrare, ne infrigidire quei corpi,che da prima fono (lati unti con olio.O ltre à ciò è da fapere,che il uomito nò folamente gioua in quello cafo per tirar fuori il ueleno,& i maligni humori ; ma perche anchora ne manifefta qualche uolta con l’odorc,co’l colore,co i grumi condenfati infiemc,& có altri fegni, qual fia (lato il già prefo ueleno. imperoche all’odore, & parimente all’amaritudine fi conofce l’opio : al colore,la cerufa,e’l geflb : à i grumi,il latte,& parimente il fanguc beuuto caldo, che s’apprende nel­ lo flomaco ; S i all’odor graue, & fimilmente alla qualità del u om ito, fi conofce il ueleno della lepre marina,& delle botte, di modo che per cotale cognitione fi può pofeia ricorrere à i rimedi; particola ri di ciafeun ueleno. Mettefi utilmente con l’olio,che fi dà per far uomitarc,la decottione della mal­ ua, ouero il glaucio, ò il graffo dell’oca,ò il brodo della carne grafia,oueramente la lifeia fatta con la 5 ° cenere delle legna. Fatto adunque il uomito diligentemente, accioche non rcfti nel corpo parte al­ cuna di ueleno, bifogna parimente euacuare per di fotto co i crifteri acuti,quel che già fi potette effe re attaccato alle budella. Al che gioua il nitro poluerizato, & beuuto con acqua melataci uinouecchio copiofamente beuuto, i brodi delle galline,i pefei grafsi,le carni grafìe de gli animali uecchi,Se generalmente tutte quelle co fe , che fi preparano con affai graffo,& boturo.Imperochef come di fo pra è flato detto)quellecofe foluono il corpo, rilaffano lo fìomaco,incitano ualentemente il uomi­ to,fpengono l’acutezza de i ueleni:& ferrando le uie,& i meati interiori,prohibifeono, che non cofi pretto fi fpargano le lor forze per le membra. Dannofi anchora in tal cafo tutte quelle medicine, che communemente hanno u irtù ,& proprietà di giouare, cio cia terra Lemnia,l'agarico, l’abrotano, l’irione, la radice dell’iringo,il feme della paflinaca,& della calamintha, la fpica Celtica,il caftoreo, 11 midollo della ferula uerde, il fiore del ncrio, il fucco del m arrobio, il lafcro, il fagapeno, il fucco del peucedano,ouero della panacea) la radice chiamata magudari,l’ariflolochia lunga, il feme delia

tuta


Nel quinto lib. di Diofcoride.

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rutafaluatica,&Icfrondi deliabetonica. & debbonfi quelle tali cole darecon «inoal pefo d’unadra inaallauolta. Giona perrioanchoraladecactiorredel polio,il fcfeli, & parimente lapeceliquidain=» ghioteita. Valorofifsimi fonoinciòanchoragli antidoti.dei quali diremo nella finedi quellaopera. Coli adunque (làl’ordine.e'l mododi rimediarecommunementeài uclcni. PolTonli oltradi quello pergli accidenti,confueti di ueniredopo al torre deuelcni.ufar Temprei rimedi; comuni. imperoche molti fono i uelcni,checonlamaluagitàloro induconone i corpi confimili accidenti, percheàmolti confcrifcono i rimedij ufitati>&comuni.Varie ueramentefonolefpetiedei ueleni.ma nondimeno non fono moltolecommuni di(poiitioni,che nefeguono, imperoche ècofaimposfibile.chetutti gli accidenti,chefogliono concorrere nei ueleni,feguitino dopo ciafcunoparticolarueleno. Il che, fé *0 cofi fuHt, farebbe ueramentefupcrfluo,che gli auttori trattalferoparticolarmented’ogni uelcno,& deproprij rimedij, chefi gli conuengono. Malageuolmente adunquefi ritrouaun folo ueleno, che caufiinfieme eccesfiui dolori di ftomaco, di budella, di fegato, di reni,&di ucfcica : che inducafinghiozzo, rodimento, paura, &frigiditàdi tuttoil corpo : cheleui laloquela, facciafpafimo, occulti il batter del polfo, impedifeail reipirare, ftupefaccial’intelletto, cauli uertigini, feurifea il uedere, corrompa i fentimenti, induca fete, facciafluflòdi fangue,accenda lafebbre, ritengal’orina, ecciti dolori di budella, promuoualanaufea, e’1continuo uomito : arrosfifea, inliuidifca, & impalidifea: facciafarneticare, dormirc,&infiemementefarnacare :perderleforze, & cauli finalmente molti al­ tri accidenti, &però riduttetuttequellecofe ingenerali accidenti, dimoftranocfler poche,&com muni quelle, chefogliono inciò accadere. Il perchenonèageuol cofail conofcereper ciafcùnadel 10 lecofe predette, qual fiaegli flato il già prefoueleno, imperocheil rodimento, che fi fentenellalin­ gua,& nello ftomaco;lc infiamagioni del uentre,dellauefcica,&dellereni,-il nonpotere orinare, ouc ro formar del fangue, chequalcheuoltainteruiene;il fentirfi llracciareindiuerfeparti del corpo,ac cadenonfolamenteàcoloro,che hanno beuutelecantarelle;maanchoraàchi ha beuuto i bruchi de i pini,le buprefli,& lafalamandra. Parimentenonfolo dormono,&infiemementefarnacano, diuentano liquidi, pigri, llupidi, &frigidi,fentono pruritointutto’lcorpo, &perdono i fentimenti colo■ ro chehanno prefoperboccal’opio; maanchoraquelli,chehannotolto lamandragora,&lacicuta. Cofi nonfolamentefaimpazzire, & dir cofe fuor di propofitoil iufquiamo ,• ma anchora il toslìco, l’aconito ,& parimente il mele,chenafcein Heraclcadi Ponto. Non folamente par,chefiftrangoli* nocoloro,chehannomangiato i fonghi malefichi;maanchoraquelli,che mangiano il fanguedel to3 ° ro, il latteapprefo, l’aconito,la ceruià.e’Igeflo. Et peròdico che affai èdiffidi cofail ritrouare il prò prio fegno,chenedimollri ficuramcntequaleegli li fiail ueleno;& masfimamente per generarli an­ choratali accidenti communementenei corpi,cheperintrinfechecagioni, & humori cafcanonelle malattie. Mainquelli,che prello ammazzano,bifognafubito conofccrc il nocumento loroperli fegnijcomehorainfegnaremo. Ma inquelli,chefi conuertono inlunghemalattie,le benperfegni non fi conofce qual fiafiato il ueleno;nonperòperquellocmalagcuol cofa il curaregli accidenti, chene feguitano.imperocheperdendoi uelcnilaprefentanea&maluagialoro opcratione,&permutandola inlunghi morbi,fi curanopofeiacoi rimedij communi,che richieggonoi morbi giàcaufati,pcrnon rimanerui facultàalcunauelenofa. Et cofi fel’accidente,chenefeguita, c lungo, termina finalmente inqualcheinfirmitàlunga: laqual fi curapofeiaageuolmcnteconi proprij medicamenti.Queileadii 40 quefono quellecofe,lequali communementegiouanoài uelcni.Al cheaggiungeremoanchora i par ticolari,& propri rimedij, efponendo primaad unaperunaquelle cofe, cheinciafcuno ordineIran* no potcftà malefica, & mortale. Et accioche coloro, chefono ftudiofi dellamedicina,polfanocauta menteolTeruaretuttoquello, chefi ricercaperla falute.nonmi rlncrefcerà punto l’infegnare quelle cofe,lequali quantunquefienocónumeratetrale fpetiedei ueleni; fononondimeno inqualcheufo* Imperochelatrafeuragginegenerafpcifograuisfimi nocumcnti;&parimctcil lungoufo di fimili me dicamenti molteuolte caufalamorte. Et peròè dafapere,cheg!i animali uclenofi, & mortiferi fono* quelli,-ciòè le cantarelle,lebruprefti,lafalamandra,i bruchi dei pini,lalepre marina, le botte terreftrije ranocchiemuredellepaludi,&lemagnane,ouerfanguifughe inghiottite uiue. I femi uclenofi fono,quellodel iufquiamo,del coriandro,deliacicuta,del gith,&del pfillio. I liquori mortiferi fono* 5o l’opiojl'opocarpafo, il fuccodellathapfia, quello dellamandragora, &l’elaterio. Tra le radici fono quelle del chameleone, l’aconito, lathapfia, l’elleboro, l’ixia, l’agarico nero, & l’ephcmero Colchi­ co. Tra gli alberi, &altrepiantefono uelenofi,lo fmilace,chiamato damolti tithimalo,Ìc da Lati­ ni taffo, iì folatromaniaco»chiamatoparimentedoricnia.l’herba di Sardignaconnumerata tra le fpetiedei ranuncoli, il papauerocornuto,il pharico,il rosfico, larutafaluatica,&i fonghi. Sonuene alcuni,chefi cauanodagli animali,ciòèil fanguedel toro frefco,il latte apprefo,& il melechefi fa in Heracleadi Ponto. Trai minerali cil geiTo, lacerufa, lacalcina,l’orpimento., amenducle fandarachc,illithargiriojl’adarce,il piombo,&I’argento uiuo. Fanno l’effetto del ueleno tra i liquori ufuali, &domeftichi, il uino beuuto dopoal bagno copiofamente, Si fenzamifura, il uinopaffo, Si parimente l’acqua. 60

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D ISC O R SO


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Difcorfi del Matthioli DISCORSO

Rande

DEL

MATTHIOLI.

panni neramente, che fu l'obiigo, che debbono bavere non follmente i medici di tutto il mondo; ma tutta inficme la generatione Lumina, alfapientifiimq Diofcoride, per battere egli iUuflrato lafetenza della medicina co i cinque pajfati li lbere i medici bri di tutte le nere hijloric , cr gloriofe [acuità tfinfinit i [empiici medicamenti :fen a Diofc. Za cui non fi potrebbe in modo alcuno operare nelle malattie diftrugitrici della ui-<. tanoSlra. Maanchora molto piiigrande obligatione fi gli deèbattere ,perbauere egli pofeia cofìdegnamente trattato in quello fello libro confeienza, e r arte mura ttiglioft j non follmente in che modo fip offa ciafcv.no preferuar da tutti i veleni mor. tiftri ; ma anebora come fipojfa ficaramente ouuiare, che non dièno la morte,cr non, tutocano quelli,che già ò per trafeuraggine,ò per mahtia,ó per ingannifono flati prefi dentro nel corpo. Impero* efe quantunque tanto nelle generali, quanto nelle particolari malattie, che giornalmente occupano, er affliggono gli buomini, fieno molto neceffiri\,ergioucuoli medicamenti ; nondimeno infinitifim i fono quelli,che fe ne fanano, ffruando le debite diete, follmente per beneficio della natura. Ala altrimenti interviene à coloro, che fono Siati aue lettati : percioche fe per auanti non fi fono preparati con ualentiflimi antidoti, ò che dipoi al già prefo ucleno non fletto foccorfupoco veramente, ò niente iti uale l'operatione della natura nel refiflere alle mortiferefòrze loro rimo che’l piu delle volte muoiono gli auclenati ,fe con preSlezza grande non fi gli danno i rtmedij. De i quali cofì am» i» piamente, er con tal fteura dottrina fcriffe Diofcoride, che il magno Galeno con tutta la caterva degli altri Greci fuoi fuccejfori, er dopo loro Avicenna con tutto il reSlo degli Arabi l’hanno in ciò diligentemente imitato, er da lui imparatone la dottrina. Del chefa ampliflimafide eflb Galeno nelfuo libro de gli antidoti. Il perche può effere ebiarißimo à ciafcuno,chc fia Diofcoride Sialo cofì in quefta [acuità,come in quella de i [empiici principale,cr vet­ Et però bauendo già io per auanti interpretati in lingua uolgare Italiana i cinque flìoi libri Cagione dei ro maeftro di tutti. difcorfi fatti deU’bifloria, er /acuità di tutte le piante, degli animali,er delle cofe metalliche,di cui fcriffe egli nellafu i lingua nel letto li - . Greca ; cr fattovi oltre à ciòf opra lunghi,cr forfè non inutili difcorfi, er commenti, confìderando poi, che fenza bro. queSlofeßo libro tutto il refto era un corpo fenza cuore ; non ho uoluto mancare di non tradurre, er commentare anebor queflo : er maßmamente conof:endo io quanto fia cofa utile, er necejfaria ilfar f apere,c r conofcere à eiafeuno il modo, er la via di preferuarfl, er di curarfl da ì uelcni, che non follmente flprendono per bocca ; ma da quellianchora,che co i mortiferi morjfcr acutißimepunture infettano,cr auelenano i corpinoilri molte uolte i ue 3° lenofi, cr rabbiofUnimali. 1mperoche la malvagità de ucleni c cofì grande,cr potente nimica ( piu che d'ogni aU tra) della natura bimana, er cofì ueloce nelfuo crudele operare, che molte uolte fa ne i corpi bimani quel medefl* mo effetto, chefa ilfvoco ardentißimo, quando s'accende nella aridißima paglia. Di modo che il piu delle uolte> quandofi chiamano i medici,hanno di tal forte occupato i uelcni tutti gli humorì del corpo,cr inflememente le me« bri, cr le virtù principali,che poco,ò niente uigiovano pofeia i rimedij, cr gli antidoti, quantunque ualentifiimi fieno. Onde diceua Galeno al x x m . cap.del n i . libro delle [acuità de[empiici,che quando il ueletto putrefai* tiuo,cr corrofìuo hafatto grande impreßione nel corpo, c impoßibile che fi poffa piu uincere, òfuperare, ò con ci * bi,ò con antidoti. Il perche ho comprefo,cr chiaramente conofciuto,ché fe non haucßi io tradotto,cr commenta* to injìeme coligli altri cinque anebora queflofefio libro,batterei veramente lafciato adietro la piu necejfaria parte per la tutela della uita humana, che nhabbia deferitto Diofcoride. ha quale ritrouandofl bora in lingua uolgare 4 °, Italiana,accompagnata per maggiore intelligenza da quefti noSlri difeorfufarà potißima cagione di liberare huo* mini infiniti dalla morte. Imperoche ciafcuno,che fi dilettar! di vedere,cr confìderare bene quefle noftre fatiche anebora che medico nonfia, potrà effere ciò nonfollmente àfe Slcjfo gioucuole ; ma à ciafcuno altro, che bifogno vhaueffe. Percioche tifando in cotali accidenti i f empiici medicamenti,cr parimente i compoflti appropriati, de i quali dirò io i piu nobili, er i piu ualorofi, c r oltre à ciò le debite cautele, potranno alle uolte del tutto ammazza re il ueleno, c r alle uolte cofì trattenere i paticnti, che foprauenendo poi i diligentìfiimi medici, i quali il piu delle volte fono lontani, oueramentc affenti, ritrouaranno ampliflimo campo di potere ftcurainente operare. Ma auanti che uenga io ad infegnare il modo di preferuarfl da i ueleni, è neceffario di dir prima per maggior dottrina [opra ciò alcune cofe generali,che neceffariamente bifogna fapere :fenza le quali reftarebbe l opera diminuta,cr imperfitta• Ef imperò dico prima(comc parimenteferine il Conciliatore Pietro ¿Abano nel fuo trattato de ueleni)che ogni Veleno , & . veleno, che entra ne i corpi noflri, è del tutto contrario in ogni fu i operatione al cibo ,che gli nutrì) ce. Impe fu i operatio' roche come il cibo fl conuertifee nel [angue del noflro corpo,er fafii in ogni fua parte fimile alle ntembra,chefpe» ne. tialmentcnutrifce ,intrindo in luogo di quellefuflanze che del continuo fi rifoluono in noi ; cofi per lo contra* rio tira, er conuertifee il ueleno il corpo ,c r le membra ,à cui prima s'accoila( come nel proceffo piu ampia* mente diremo ) nella fua propria uelenofa natura. Di modo che come tutti quegli animali, cr parimente frut* ti,c h e produce la terra,che fi poffono comertire in nutrimento, mangiati da noi fl conucrtifcono in noflro nutrimento, c r in noftra Jpetie ; cofi per lo contrario, le cofe uelenofe , mangiate da noi, fanno diventare le, membra de corpi noflri uelcnofe. Percioche effèndo’ ogni agente piu firte del fuo patiente ,fupera il ueleno con la ualorofa attiuitàfua la foüanza noftra, cr la converte nellafua uelenofa natura nel modoj che conitene il fu o co con la fua attività potentifilma la paglia [libito infe Stejfo. Et però dijfero gli antichi ffleculàtori delle cofena 6o, turali, che il ueleno ucciieua gli buomini ,difiruggendo la compleßione,cr parimente la cómpofitione de i cor* p i. Il che conférma Galeno al z ì i . libro delle facuità de [empiici. In queflo (dicendo)c differente l’alimento dal , , -v \ .-a medicamente t

Obligo, che debbono ha­


Nel ieiìo Jib. di Diofeoride.

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medicamento, che queño altera il corpo nofiro nelle fue qualità,er quello fi conuertifce, er lì fa finite allafúñan* Za del corpo. Oltre à ciò e da fapcre, fecondo che dijfe Auicenna, er parimente Auerroe,cbc uniuerfalmente i Veleni, & lo­ veleni fono di trefpetie, ciò è,ò di piante, ó di ammali, ó di miniera. Tra le piante adunque tutte quelle fono uele ro ipecie. nofe, che del tutto ripugnano, or fon contrarie alla natura de cibi : er che nonfono naturalmente tali,che mangia* te fi peffano comertire in nutrimento : ma che piu preflo fon difpofle à conuertire le membra già nutrite in fe fieffe. come è l'elleboro, l’aconito, il napello, la cicuta, l’herba Sardonia, il ncrio chiamato da i moderni Oleandro, cr al» tri affai,di cui nel proceffo piu particolarmente diremo. Tra gli animali tutti quelli fon uelenofi, la cui natura è del tutto contraria alla natura humana, comefono le uipere,gli affidi, i baftlifcbi,le lepri marine, le bottelli feorpio* l o W**phalangi, le tarantole, gli animali rabbiofì, i pefei, er le carni arrofiite,erfubito foffocato in uafl.che non pof fano punto rejpirare : er parimente le morderne,er 1‘ammazzate da i folgori, onero da uelenofi, & rabbiofì anima li. Intorno al che,quantunque dicano alcuni,che il uelenofe ne muore inficine con l’animale, dando per ejfempio, che i ceruì, i lupi, i cignali, ergli altrifaluaggiumi, che ¡’ammazzano con le faette auelenate ,fi mangiano fenza nocumento alcuno -, nondimeno è daf apere,che quella regola non tiene in quelli, che muoiono ò di morbo, ò di raba bia, ò di morfura di uelenofi animali. Imperoche molti ho ueduto io morire, folamcnte perfafi-ticare alcuni buoi morti di morbo, cr enfiarfì tutti,come fefuffero fiati lungamente hiiropici. Tra i minerali,tutti quellifono ueleno* fi, chefi intronano hauere maligna, er mortifera natura,come fono l’argento uiuo, l'arfenico,la fandaracha, Corpi* mento, la pietra calamita, er altrifìmili. Oltre à ciò è dafapere, che non folamente uccidono alle uolte i ueleni Veleni, S fio ­ tolti dentro per bocca ; ma anchora applicati difuori per uarie, er diuerfe uie . Et però dico, che quelli tolti per ro m odi, co i bocca ammazzano,chefi dannofotto Jpede di cibi,onero di medicine. Ma quelli,che auelenanofolamente di fuori, quali uccido­ no. a o fono per la maggior parte caufati da uelenofi, er mortiferi animali. perciocbe quefii no folamente uccidono gli Imo mini co l mordere,& c o l trafiggere ; ma anchara co’l guardare,co’l fibilare, er co'l toccare, sono dopo quefti al* cani altri ueleni,chefolamente nel guflargli, er nell’odorarglifubito ammazzano, fenza intcrmifionc alcuna. er quelli fono i peggiori, er i piu atroci,che tra tutti gli altri fi ritrouino :pernoche portandofeco la morte prefeit* tane#,non danno¡patio di tempo alcuno difoccorrere à i inferi patienti. Dico adunque, che co’l mordere, cr c o l trafiggere ammazzano le uipere, gli affidai cani rabbiofì, gli fc orpioni, i phalangi, le tarantole,le pañmache mari ne, c r altri fìmili. Co’l guardare,er co’l fibilare (come dice Galeno nel libro della tberiaca à Fifone ,/e però é di ejfo Galeno) uccidefubito il bafilif:o. Co'l toccare uccide un'altroferpente.del qualefrinendo Auicenna alla v i . fèndei u n . libro,dice che ejfendo un di quelli tali ñato ammazzato con la lancia da unfaldato, paffmdo la fòrza del ueleno per il corpo ddl'hafta, cr peruenuto alla mano,gliela mortificò infierne con tutto’l corpo. Et in colpir* ì ° matione di quefio, iofio ben certo,che effendo un contadino infu i diflretto di Trento in unafua uignafopra un pie* ciol coUiceUo, donde riguardala,che non glifuffero rubbateiuue,er uedendo ungiorno nel baffo al pie del colle un graffo,cr ifpauenteuolferpe, gli ficcò, ñando in cìma,un'affai lungofpontone nel mezo della teñater hauédolo cofì infilzalo,mentre che gagliardamente fi dibatteua il feroce animale, ecco chefubito un gran tremore gli occupò l ut ’7*rs*> y to’l corpo, dal chefpattrito non poco,cominciò cofi fòrte àgridare,che odendolo alcuni uicini uiUanì, là oue la uo • et fentita Inumano,carraio fc ne ucnnero,er lo ritrouarono quafi mezo morto.Et intefa la cagione delfuo male, ricorfero alla tberiaca, cr altri rimedij,co i quali pure gli camparono la iuta, maflette dipoi piu di due anni in let to quafi flroppiato di tutta la perfona,cr molto piu del braccio, co'l quale haueua ferito il mtmifiroferpe. Del che non ci dobbiamo marauigliare, uedendo noi ogni giorno (come parimente fcriue Galeno al v i .libro de i luoghi in* fitti)chc tocca la torpedine marina dal pefeatore con ¡afufcina,fubitogli addormenta,er gli fiupidifee la mano. il 4° c h e f ellajìmilmentc pafftnio tal fua qualità per la chorda della rete. Et però i prattiebi pefeatori, quando ntl far delle trattefentono jhtpidirfì le mani, fon certifiimi,che qualche torpedine è nella rete, quantunque molto luti* gafla la chorda, che tirano. Et però c da credere, chefe cotali qualità paffando per lo corpo d’una baña, er d’una cofì lunga chorda, infettano correndofino alla mano, qr auelenanogli buomini, tanto maggiormente poffano cf* fe nuocere, quando cotali animali fi toccano ó con le mani,à con qual fi uoglia altra parte del corpo. Et però ue diamo, che non è cofì ualido, er fòrte braccio, che poffafoñenere troppo in lungo una torpedine uiua. Il perche non ci marauigliaremofe (come dice Galeno a lv i, dei luoghi infitd)lafpiuma,che efee di bocca de i cani rabbiofì, tocca la carne ignudai'alcuno, lo faddentare rabbiofo, comefe da efii cani fuffe fiato morduto : come à i tempi nofiriiniiuerfi luoghi fette fono già ueduti glieffetti. Ne manco ci dobbiamo marauigliare, che lofruto dell’a* (fido, chiamato Ptyas, dueleni ciafcuno, che da ejfo lia infettato. Quefio medefimo fanno anchora alcuni ueleni 5 ° crudelifim i artificiali,cofì acuti, er penetrai iui, che ungendofene (come dicono) le flaffe delle felle, penetrano ì chi uincorre, gli ñiuali, fin che peruenuti alle piante igrnde de i piedi, entrano per li pori della carne, er cor* rompono le inombra di tutto'l corpo. er di cotali ufano fpeffa i Turchi. Del che non ci dobbiamo punto maraui* gliare : perciocbe ( come teflifica Galeno al i n . libro deÒc faculta defemplici ) le arterie del corpo nofiro tira* no à fe dentro nel corpo ogni cofa uicina, che le circonda, nel dilatarfì che fanno continuamente, come ueggiamo ogni giorno con le untioni, che fi fanno per lo mal Erancefe : le quali tirate dentro dalle arterie, caufano molte uolte crudelifiimi accidenti, quando fono troppo cariche ò d’argento uiuo, ò di cinabro, ò di folimato. Kitro* uanfi alcuni altri ueleni, che oiorandofl ( come dice Kafis duna certa¡fede defònghi ) fubito ammazzano, chi odo randa f ig li mette alnafo. Di cotale natura adunque doueuaeffer quello, co’l quale batiendo infittalo un fiore di garofano un di queñi circonfòranei, che fanno la profefiionc di mangiare i ueleni fenza nocumento alcuno, e r 6.0 datolo ad odorare ad un fuo concorrente infula piazza di Siena, lo fece fubito di banco cader morto in terra. Ammazzano oltre à ciò alcuni ueleni folamente gufìaniofi, fenza inghiottirgli .e r quefio fa la faliua delia« (pido fordo : con la quale miricordoio efferfiaueleiuti alcuni inauertentemente. Et tra gli altri vidi io una uolta flit r¡A t 1 unuiüano,


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Difcorfi del iMatthioh

un uilLno, che fegando fieno in un pretto, tagliò con la falce per mezo un di queiti animali: ey pigliando pofcia egli in mano il tronco della tefta per inoltrarlo à i compagni, come colui, che fi credcua, ckefuffe morto,fi torfe il mezo ferpe indietro,e? morfelo crudelmente nell’ijlejfa mano :ey mettendo egli fubito la bocca alla morfura per fucchiar VeJg«;SJ° fuori Hfangue, cafcò fubito morto in terra fenza parlar mai piu parola. Dopo quefìo è dafapere,cbe i ueleni non duierfe'caufe operano tutti a un medeftmo modo,ne per una medeflma cagione. Et però differo i fapicntifiim pkilofophi, che al cimi operano con le eccefin e qualitadi de i temperamenti loro elementari : altri con una qualità,onero fórma¡feci* fica ( onero come dicono i moderni medici ) con una proprietà occulta, introdotta ne i compofiti inferiori per l'in fluenza delle linee diritte radicali,che procedono dallofflendore delle [Ielle fi/fe,fecondo che ricerca la proporlo* ne, onero la diffofitione della materia de i detti compofiti : ey altri operano con qualitadi elementari, inficine con lo quella proprietà loro, che chiamano fórmaffecifica. Et però dico prima,che tutti quei ueleni, che operano con Da qualità eccefin e qualità de i temperamenti loro, uariano le operationi,fecondo le diuerfità di effe qualitadi,per effer chi c<t eccedenti. lido, chi frigido, chi fecca, er chi humido. Quegli adunque,chefono eccefiuamente calidi, ammazzano in due modi : ciò èfcaldando, tolti dentro, ey correndofino al cuore : onero corrodendo, ey mangiando, applicati di fuo*. ri, le membra, er la carnefino all'offa, comefa la lepre marina : onero, chefcaldando eccefiuamente, infiammano dentro, ey difuori fino al cuore,comefa i'cuphorbio,ey l’elleboro. Amazzano fimilmente in due modi ; frigidi : ciò è, facendo con l'cccefiua frigidità loro tutto'l corpo flupido fino à tanto, che fi congela inflemementè anchora il cuore, comefa l'opio : ouero che ferrando la uia del fiato,¡affocano,ey flrangolano,comefanno il piombo abbrtt feiato, ey i frughi maleficbi. Opera il fecco anebora egli in due modi : imperoche ò che confuma f humidofanguineo del cuore, come fa la calcina uiua : ouero che fepara, ey partifee una parte dai’altra, fino che tutte le membra 20fifeparino,ey fi diuidano in minime parti fino al cuore,comefa il nfagallo. L ’humido poi, quantunque dicano aU cuni non ritrouarfi, per non effer cofa alcuna,che fia humida nel quarto grado ; nondimenofe ne dimostra il contra rio per colui,che effendo morfo la notte dormendo nel letto da un ferpente (come recita Gilberto Anglico nei'ulti* mo trattato delfuo uolume) ey effendo prefo la mattina per un braccio da unfuo famigliare, credendo cofi fuegliar lo dal lungo fonno,caf:à nel tirarlo tutta la carne putrefatta in terra, rimanendo di carne l'offa del tutto ignude. 11 che ueramente non puote per altra cagione accadere, che per l'humidità eccefina del ueleno di quel notiamo fer* p e. Il che parimente opera la falamandra,beuuta in poluere,come nel proceffo al proprio luogo fcriue Diofcori* d e . Ne altrimenti interuiene à coloro,che fon morduti dal cenchroferpente. Et però ben diceua Galeno di mente d'Hippocrate al primo libro de i temperamenti, che effendo llato tutto un'anno pio uofo,humido,ey auflrino ,fu ta­ le humidità potifiima cagione difar nafeere la feguente Hate alcuni carboni : i quali per {humidità loro corrotta, & uelenofa in alcuni di talforte putrefecero le braccia, chefinalmente putrefacendoli tutte,fifepararono, cafcanio 5 °' in terra,del tutto dallegombita : in altri poi fi putrefece di talforte la carne delle cofcic, delle gambe, ey de i piedi, che l’offa ne rimafero del tutto ignude : ey in altri finalmente nonfolo fi putrefece la carne ; ma infiememente i ner* ni,le giunture, i legamenti, ey l'offa. Il che chiaro ne dimagra, che fi ritrouino ueleni cofi largamente humidi, che ammazzano gli kuomini ¡facendo putrefare le membraxomefa l'argento uiuo, il quale con la intenfafua humidità fa alle uolte putrefare la naturale humidità del cuore,come cotidianamente uediamo in coloro, chefi ungono per lo mal Erancefe, à cui nonfolo ordinariamentefa putrefare legengiue, i denti, il palato con le altre parti circonuici ne ; ma molte uolte, quando le untionifono troppo gagliarde,ammazza,putrefacendo tutta la maffa del fangue, fo* lamente applicato di fuori : come che poffa anchora egli, beuendofi in troppa quantità, uccidere, congelando con lafua frigidità ualorofifima gli fo riti uitali ,’ey parimente lafuftanza del cuore, come interuenne à quello fotia* le, chefe lo bebbe in fallosi cui narra ampiamente {¡littoria il Conciliatore Pietro d‘Abano. In quefio modo adun* 4 ° qu e,cr ne gli altri [addetti, operano tut ti i ueleni, ì quali con le loro eccefiue qualitadi uccidono gli huomini. Uia quelli, chefolatnente ammazzano con la focifica fórma loro,non uccidono,perche fieno eccefiuamente calidi» D a forma fpccifica. ò fi-igidi, ò humidi, ófecchi ; ma per effer di fua natura cofi fatti, perglinflufi in loro introdotti(come dicemmo po co qui di fopra)da i raggi ¿'alcune ¡Iellefiffeceletti : i quali gli hannofatti, ey creati del tutto eppofiti alla natura,. Cr compléfione bimana■ Quettt adunque,quantunque fi tolgano in cofi poca quantità, che quafì nonfia fenfibile; nondimeno tanta è la maluagità loro, che tanto in breue tempofi moltiplicano, conuertendo in loro ftefii l’humidi* tà del corpo,che pofcia quàfì in un momento dittruggono, ey ammazzano gli huomini, comefuol fare il napello, i tofico, ey pai imente l’aconito . I l che benfapendo Galeno, toccò quefia cofa molto bene al primo libro del feme cofi dicendo. Cofi come ogni minima particella d’humore uelenofo, ey mortifero,che entra nel corpo degli anima* li, lo muta tutto in breuifinto tempo, alterandolo, er facendolo fimilc àfefleffo ; non altrimenti fanno anchora gli 5« antidoti, che fi dannoper foce onere al danno de ueleni .*pcrcioche quefii per efferc contrarij alle cofe uelenofe, ey mortifere, immutano, ey alterano anchora efi tutto il corpo ; non però perche lafuttanza fua penetri per tutto (percioche non può cofi poca quantità di cofa in breue fratto riempire cofi gran maffa) ma ben perche la qualità loro fi diffonde per tutto, come uediamo fuor di noi diffonderli le qualitadi del lume del fole ncU’aria, che ne circonda, ey in noi parimente diffonderli le qualitadi del cuore per le arterie, ey quelle del cerueUo per li ticrui- E-tal x i x . capo del v. libro delle facultà de [empiici. I medicamenti (diceua) che ne fono contra­ ri/, con tutta la fusìanza, ey proprietà loro ,togliendofenc ogni minima parte, è neceffaria cofa, cheneoffcn* dono. Q neito tutto al luogo predetto diffe Galeno : udendo ,che nel modo medefimo, che operano i uele* loro o° era & w » operino parimente ne i nottri corpi gli antidoti che danno contra di loro. Et al i n . libro delle facilità itone. de f empiici. I medicamenti (diceua) corrofiui, ey putrefattiui, tutto che fi prendano in poca quantità, ammaz* 6 o zano nondimeno, eycorrompono i corpi : imperoche quelle cofe »che fon fuggette alla putrefattionè ,f ì fogliano putrefare percalidità,ey humidità. ¡¿¿certamente il [angue è cafido , k? humido, ey però non poffono cefftre . diputrefare

, fi


Nel leiìro lib. di Dioico ride.

757

di putrefare continuamente. Et Usuim ene, che tolte alcune di quefle cofe dopo lungo tempo ammazzano, & mafiimamente quelle, chefono graffe, er terrestri dififlanza • Tutte queflefon parole di Galeno. Ma ritornare do agli antidoti,e pero da fapere.che quelli operano con piuftcurczza.cbe fi prendono da prima per b refn u rfi, che quedt, ch e f tolgono dapoi. perciochefe il ueleno per ualorofo che/la, poco d niente nuoce à coloro, che per auantt IIfono preparati ( come mteruenne à Mithridate ) cofi parimente per quefla ragione poco d nulla lugliono gli antidoti,che fi danno dapoi ,fe nonfi tolgono piu er piu uolte in maggiore quantità, accioche maggiormente fimoltiplichi lauirtn loro ne t corpi. Del chefa tefltmonio Galeno al principio del primo libro de gii antidoti, coll dicendo. Ilmithridato, erfimilmcntc la theriaca non hanno in aero quella poffanza,quando f i betono dopo al già t o prefo ueleno,che hanno quandofi prendono per auanti. imperoche quella portioneSantìdoto, che tolta una uoltt fola per aitantibaueffepreferitalo alcuno dalla morte, togliendoli dipoi,tgiouaràneramente niente, fe non fe « O prende quattro, ouer cinque tanti per uolta : ne quellofarà eUa prefa una uoltafola, ma bene continuandoli di tor la ogni giorno due uolte. Queflo tu tto fi ciò tra tta n d o le Galeno. Quelli ucleni ultimamente, che operano' con le qualità manifrfie, er infiemcmente con le occulte, operano nell’uno & nell'altro modo, che gli amendue P f l'uoa già detti, comefa l'euphorbio : il quale quantunquefaccia la operatione di ueleno con l'ecccfiua calìdità, che pofi qilalt' fiede ; opera nondimeno anchora con lafu i fiecifica firma, er qualità occulta. Il chefi conofce,percioche datala theriaca, la cui proprietà è difuperare tutti i ucleni, che operano con la Verifica firma loro, opera ualorofmente oue [la flato prefo l’euphorbio. imperoche effendo la theriaca non poco calda, ui nocerebbe neramente, ogni noitu che operaffe l’euphorbio follmente con la fui eccefiua caldezza Oltre à ciò è dafaperc, che tutti i ucleni non Veleni mio fc0 nuocono primieramente al cuore. Percioche fe ne ritrouano alcuni, i quali per loro propria naturafono cofi fatti cere à d.ucr( fecondo Fefierienga che fe ne uede ) che tolti per bocca, hanno proprietà di nuocere particolamento chi ad un fc membra* membro, er chi ad uno altro.come parimentefi ritrouano medicine, che confinano fpedilmente il cuore, come fa il Zaffirino, c r il hiacintho : altre il ceruello, cr la tefla, comefa lofmeraldo, la ficchi, er la betonica : er altre 10 stomaco, carne fa il corallo, il cinnamomo, c r il gengcuo : er altre membra del corpo. Et però Galeno nel libro della theriaca à Pifone. Sono ( diceua ) motti medicamenti,i quali in ffet ialiti confrrifcono, chi a queflo, cr chi à quell'altro membro. La onde ha molte uolte giouato l’eupatorio alfegato grandemente : la gbiandaunguenta ria non poco alla milza : lififiifragia, er la betonica affai alle reni : cr altri parimente ad altre membra del corpo (come per lunga efierienga habbiamo ojferuato ) ¡ferialmente fi conuengono. Tali proprietà adunque dico ritro* uirfi anchora ne i usleni. percicche manifiSlamentefi uede, che le cantarelle nuocono fferialmente alla tiefiica, la cicuta al ceruello,la lepre marina al polmone, cr altri ad altre membra particolari del corpo,come meglio nel prò * 3 0 ceffo dimoflraremo, quando particolarmente trattaremo di ciafcuno. Il chefapendo benifim o Galeno,lo dimostrò nel luogo qui di fopra allegato, cofi dicendo. Sono alcuni ucleni, che hanno proprietà di nuocere particolarmente i diuerfe parti del corpo. imperoche uediamo.cbe la lepre marina ulcera il polmone,cr le cantarelle la uefiica. M i è però dafapere,chc quantunque (come dice Gentile) ciafcuno di quelli ueleni, che hanno proprietà di nuocere fre* tialmente à qual fi uoglia membro determinato,facciano cotale effetto ; non però refiaper quello, che non nuocano infiememente al cuore. imperochefe altrimentifuffe, non ucciderebbono gli huomini. Et però non mi diffiace l'o* pinione di coloro, che tengono,che tutti i ueleni uccidano,occupando la uirtù del cuore. imperoche poco importa, fe facciano cotale effetto nocendo primieramete al cuore, à pure per altri mezi. Del chefa manifilto tcllimonìo Gaa lenoni principio del v. libro de luoghi infetti, cofi dicendo. Quali fieno gli accidenti proprij del cuore, er quali quelli,che patifeono Faltre membra per il confenfo, che tengono con effo.fipuò intenderè per quelle cofi per auanti 4 ° dimostrate in altri libri : doue è fiato dichiarato effere il cuore la finte del calore natiuo, a-che non poffa l’animale morire, fe il cuore non patifee. Diffutafi dopo quello, fe pofiibile (la, chefipoffano i ucleni dare à termine, ciò è diforte temperati, che poffano ucciderei uno certo prefìffo termine tuerbi gratta in un mefe,onero in due, ó fino à p.osfibi,e uno anno.gr non piu prefio,ne piu tardi del tempo determinato. Nel che non è da lafciar di dire quello,che ne feri leao im m a­ ne Tbeophrafio approuatifiimo autore a lx v i .cap.del 1 x .libro dell’hifloria delle piante,trattando dell'aconito con ri à termine' quefle parole. Dicono aleuni,chefi può comporre l’aconito di tal forte,che può egli ammazzare in determinati tem pi, ciò è in due mefi,in tre,in fei, in uno anno intero,cr alle uolte in due. Coloro(come dicono) muoiono con gran* difimi flenti, che piu poffono refiliere allafòrza del ueleno : imperoche è neceffario, chefi corrompa loro il corpo pian piano, er uadafl confumando con lunghifimo languore. Ma quelli,in cui obera con breue tempo,muoiono fa* cilif imamente. quello tutto diffe Tbeophrafio. Nondimeno io ritrouo^he quafì tutti i ualenti.er dotti medici con 50 eludono,che quantunque nel numero de i ueleni fe ne ritrouino di quelli,che uccidono chi piu prefio, c7 chi piu tar­ di ; non però per quello fi può fapere il termine prefiffo, al quale habbiano da uccidere,come fi credono alcuni. Ver cioche Fuccidere,chefa il ueleno piu prefio, ò piu tardi, nonfi caufafollmente dalla operatione, er naturale effet* to del ueleno ; ma da piu, er manco refiftenza, clic gli fa la natura deUauelenato. i l che manifeflamente ne dima« ftra l ’efferienza.imperochè dato il medefinu ueleno nella medefìma quantità à diuerfe perfine, fi uede fenfatamente uccidere chi in una bora,chi in quattro,chi in uno giorno,er à chi nonfarefe non poco nocumento. Il chcparimcn te 1leggiamo cotidianamente nelle medicine,che fi danno perfiluere il corpo. percioche una medefìma medicina da« ta a diuerfe perfine opera in chi prefio, in chi tardi,in chi poco, in chi affai,in chi niente,in chifinga molellia, er in chi con non pocofallidio. Ne però interniene quello per altroché perla uarietà delle nature de i paticnti : le qua» 11 nonfi poffono conoficre cofi minutamente,chefi poffafapere quanto tempo poffa il loro naturale calore refifiere 6 o contri il ueleno. Et quantunque dir fi poteffe, chefi ritrouì alcuno cofifittile auelenatore, che per lunga prat* fica accompagnaia dalla fetenza, conofca cofi minutamente er la natura, e’I ualorc della uirtù tritale d’a h cuno, che poffa far commura fino À che termine poffa durare, dandogli il ueleno à f io modo preparato; non* O ff

3

però


73 8

Difcorfidel Matthioli

però con tutto quello potrà egli fapere determinatamente il giorno,ne l'bora delld morte dell’anelenato. Percioche non è pofiibile,che fi poffa limitare ,fe non per giudicio ditiino, quanto ¡la fbumido radicale, er parimente il calar naturale di qual[ì uoglia corpo : e r mafiimamenteperche fempre non fi ritrouano le uirtù principali in uno fiato medcftmo;dxl che procede poi,che fi ritroua l'buomo piibzr manco gagliardo : nel che oltre à ciò non poco alterano le caufe efieriori,chiamate da i Greci procatarélice. Aggiungeuijì anchora, che gli antidoti, che jpeffo danno i medici àgli auelenati, quantunque nonfuperino il ueleno per effere ìnuincibile ; nondimeno impedirono, che egli non ammazzi in alcun tempo determinato. Et però fciocchezza mi pare il credere,che le cofe interiori de i corpi nofiri fi poffano co’l folo giudicio cofìageuolmente pefare con le bilancie, comefi pcfa il zaffarano. Ma è però da fapere,che quantunque quello in buona parte poJJ'aprocedere per finezza di natura,che piu in un corpo,che in uno altro fi ritroua maggiore; nondimeno procede parimente per ritrouarfl in alcuni le arterie, per cui fe ne paffx il ue leno al cuore, molto firette, er in alcuni per lo contrario molto ampie. Percioche nonfedamente può con uelocità cambiare il ueleno, quando ritroua la Strada larga, e r aperta ; ma uien tirato anchora infime con i'aria, che entra per refrigerio de! cuore, con facilità molto maggiore. Il che non interuiene k coloro,che hanno ( per effere i loro cuori manco caldi) le arterie molto piu firette,cri’attrattila degli ¡piriti ttitali molto piu debile, Etperòdiceua Galeno al 1 1 1 • deUefacultà de i fempiici, cra i 1 1 . de gli alimenti, che la cicuta uccide mangiandofela gli huomi n i, er non gli fornelli. percioche quefii hanno le arterie loro cofiferrate,che non può in modo alcuno pxjfxr per quelle la facultà uelenofa della cicuta al cuore : quantunque maggiormente s'intenda quefio de frigidi che de calidi. Apprejjo à quello è dafapere,che è cofa molto malageuole,che 1 uelcni,i quali fi danno à termine da i maluagi auele natori, fieno d'altra forte, che di quelli,che folamente uccidono con le qualità eccefriue loro. Percioche quelli, che ammazzano con la¡pecifica firma, che poffeggono, per poca quantità,che fene dia, malageuolmcntefipojfono cofi raffrenare, che non ammazzino in brenfiano tempo. Ma fono anchora alcuni, i quali affermano per cofa cera­ ta,che tutti i ueleni fi pojfono con certa arte acconciare,che poffono ammazare chi gli toghe piu prefio, er piti tar Se alcuno fi . ¿fa cui opinione non uoglio però contradire,fapendo molto bene quanto fieno grandi ifecreti della natura. D i à c io ,fe pofiibil fia, che ftpoffa cofi affuefare alcuno al ueleno , mangiandolo à poco 4 poco ne i cibi > ueleno lenza chefinalmente fe ne nutrifeafenza nocumento, come recita d'autorità di Kufò A uicennx effer ;già fiata nutrita una nocumento, fanciulla di ueleno, per auelenare (percioche beìlifiima era) alcuni re, & prencipi, che carnalmente canuer[afferò con lei. Sopra’l che dico,che quantunquef i ritrouino alcuni,che tengano tal cofa per pofiibile ; nondimeno non ere derò mai, che un corpo humanofi poffa nutrire di ueleno, c r mafiimxmente di napello, di cui la piu parte de i com* »tentatori affermano effere fiata nutrita quellafanciulla. Percioche cotale hifioria piu prefio mi pare una delle fa* uole de gli A rabi, che cofa, che chiaramente per nera fi poffa prouare con tutta la pbilofophia naturale. Et però fi uede, che Gentile fopra quefio paffo ,dcfiderofo di mantenere cotale opinione, come è l’ufficio d’ogni fedele com­ mentatore , pofeia chea ciò hebbe contradetto con firtifiimi, er «eri argomenti, fi sforzò con autorità à'Auer* roe, er di Dino di foficnere al fine l’opinione d’Auiccnna, er di Kufò con affai debili, er inferme ragioni. Tra le quali quella mi par effere la migliore, quando attendendo egli piu all’autorità, che alla ragione, dice che non fop* porta il douere, che fieno cofi grandi, er fapienti autori, chiamati mentitori,a1bugiardi : credendoli egligagliar* damente, che Kufò , er parimente Atiicenna accettaffero quella hifioria per nera, er non perfauolofa. Ma per* che non mi par di perder tempo in quefio con lungo contradire, per effer finalmente nella cura de ueleni di poca im­ portanza » tengo in ciò férmamente con Galeno. Il quale al 1 n .delle facultà de (1empiici uuole, che i ueleni cali* di, er fccchi ( come c il napello, di cui dicono effere fiata nutrita quella fanciulla ) non fi poffano in modo alcuno , anchora che in pochifiima quantità fi tolgano,conuertire in nutrimento ; mafi bene ifrigiii.perciochc quefiifrome dice egli, mettendo in effimpio la cicuta, il papauero, il iufquiamo,zr la mandragora) non auclenanoper natura » ma folamente con la qualità frigida loro. N el che recita egli pofeia l'hifioria d'una uecchia d’Atbene, che fi man* giaua la cicuta fenza nocumento diclino : effendofi con effa affilefatta pian piano, fino à tanto che dagran quantità, la quale in lei fi conuertiux in nutrimento, nonfentiua ella iieruna moleftia. Dal chef i uede,che non concede Ga* Uno in modo alcuno, che fi poffano i calidi attuare al nutrimento : er confeguentemente manco anchora quelli, che fono ueleni per fórma ffecifica loro : trai quali per uno de piu falerni fi nomina il napello. Et\però errano non poco alcuni interpreti : percioche quello, che con effetto diffe Galeno della cicuta, dicono, confondendo, er falfì* ficando il tefio già detto, del napello, cr del iufquiama, interpretando diuerfamente la cofa, come fece Atiicenna. Quanto poi, che dicono alcuni, che la qualità del ueleno già digefia, er trafmutata in queUafanciuUa, fi poteffe per uia deH'anhelito trasferire in altri, er auelenarli, è ucramente cofa da riderfene, er di poca confidcratione. Se gli anima- Olir a di quello , perche fi ritrouano alcuni animali, che naturalmente f i pafeono, er fi nutrifeono di cibi ueleno li, che fi ciba- fi,come (fecondo che dice Galeno al 1.1. degli alimenti,er a l n i , dellefacultà de i femplici)fi nutrifeono gli fior* no di cofe uc- jxHì ¿efa cicueu , ^ ¡e quaglie d’elleboro : er come giornalmente uediamo anchora noi, che le anitre, che fiatino

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no mangian- nt‘^e fèffe *fl nutrifeono di botte, le cicogne di uelenofe, er mortifere ferpi , er qualche uolta le galline fi pafeono doli, nuocere, difcorpioni,di ragni, d’affidi,e r <faltri uelenofi dnimali;non c però fe non buono il fapere,fe cotali animali mangia

ti da gli huomini, gli lìcito uelenofi,er nocini. Sopra l che ritrouo,che la piu parte,anzi quafl tutti i moderniferie tori tengono fermamente, che mangiati quefii animali non poffano auelenare, nefar nocumento alcuno ; anzi nutrì re nel modo, che nutrifeono gli altri ; per effer (come dicono) cofa certifima,che efiì comicrtifcano quei cibi ueleno fi nella natura loro. Il che quantunque effer paia affai apparente, er conueneuole ragione ; parmi però da credere, che quantunquef i digerìfca, er fi trasformi il ueleno in quefii animili, che del continuofe ne cibano; non però refii 60 per quello, che la carne, che fi genera di cotal nutrimento ,fia mangiandoli, fenza nocumento,er che forfè con­ tinuandoli di mangiare, non poteffe mortalmente nuocere. Percioche di quefio ce nefanno teflimonio Diojcoride, er Galeno


Nel ieito lib. di Diofeoride.

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c r Galeno, affermitelo m eniuc, che il latte , il quale non è altro che[angue lue uolte cottoci qualfi uoglia ani

- io

»0

io

male , cheji paHuri di fcammonea, d elleboro, di mercoreUa, di uolubile,cr di tithimalo, follie »untandofi ua* lorofamente il corpo -fi [he dimoftra apertamente, che le qualità ditali herbefoliitiue, cr uelenofe fduantunaue piu ey piu uolte dtgeftcfieno, non perdono però del tutto la[acuità loro[o h m *,& uelenoia. Il che parimentefi conofce nei tordi, eoe fi nutrirono di bacche di ginepro, & nelle galline, che mangiano W en Zo: perdoche k c.ffne dlcj!iclh reJplraf 0>,P°c° di ginepro, cr l'uoua di quefle non poco amareggiano . Dal che hanno imparato i dihgentijlimi media a nutrire le capre d'berbe appropriate, quandofan penfìero d'ufare il latte loro per oli h e f tici, oper qual fi uoglia altra mala difrofltione ,à cuifi conucnga. Et qtteflo medefimo afferma pure Galeno trai* landò della uiperaaU x i .delle[acuità de[empiici. doue[acendo certo [uo di[cor[o[opra al dipftde, afferma di fa* per egli molto bene, che le carni de gli animali fi permutano dal cibo, cr dal nutrimento, che prendono . Il perche concludo, che cotali animali non fieno in alcunmodo da accettare nei cibi, per lo contrario gli accettano alcu* ni. E-ancbora dopo quello dafapere, che alcune uolte iueleni,cr le medicine uelenofe, tanto dico tolte per bjun ueIeno bocca, quanto amminiSlrate difuori, già,tana in alcuni morbi incurabili, e r qualche uolta anchora fono la tutta u t h c S f di theriaca di molti altri ueleiu. Imperocbc uediamo maniftjlamente,cbe nellefuperftue uigilie, ne i fiufi foffocatiui unVlm?. del catarrho , m quelli delle donne, cr dtfenteriei, ne i dolori colici, della madrice, cr delle reni, oue l'altre me* dicine non giouano, dandof Copio , la Mandragora,cr il iufquiamo, onero i compojlti opiati, che fi tengono pre* parati nellefretiarie, liberano freffe uolte dalla morte i patienti. come dandof} anchora lafcammonea, la coloquin tida, il turbith,gli hermodattili,gli ellebori, cr flmili, nelle medicinefolutiue,doue i morbifieno renitenti, c r con tu m ei, uediamo (come che tutte quelle cofe fieno uelenofe ) manififii giouamenti, cr manifèsta [alme. Danfì le cantarelle con utilità grande ne i morfi de i cani rabbiofì, l’euphorbio nelle punture de gli fcorpwnì,cr uaglio no efifeorpiom mefi[opra le proprie punture. come parimente uagtiono le uipere impiafirate,pelle prima fenza capo,zr fenza coda[opra i morfi loro, come piu ampiamente nel proceffo à i propri) luoghi diremo. Ma auanti Cautele , che che ueniamo alle cure particolari,feguitando l’ordine di Diofeoride,diremo in che modo, cr con che cautele fi poi* fi- debbo,-° [ano preferire dai udeni coloro,che temono continuamente d’effere anelenati : cr come parimentefi palpi [oc* f a S T S T i correre a quelli, che già haueffèro prefo il uelcno .perii chefare, dimofiraremo tutti i ualorofì rimedi) cantofan* ueieni. plici, quanto compoftti, non piamente ritrouati,cr ifermentati dagli antichi Greci ; ma da gli Arabici ambo ra,cr da moltifamofì moderni. De i quali approuati antidoti, quantunque nel prefente prologo prometnffe note referiuere Diofeoride nell'ultima parte di queflo uolume ; nondimeno non lo fece però egli, come fi legge al x x x i i l i.capo di quefìo libro : doue pofciafcufandofì, affegna per che ragione. Ma temendo hormai alpropofito noSlro di uolere infegnar prima, comefi poffanogli huomini, che temono, preferuare da i ucleni mortiferi ; dico che molti fi penfano, chefìaper li grandifim i prcncipi non poca cautela il farfi far la credenza (come generalmen te fì coftuma ) delle molte uiuande, che fegli portano. Il che in tal timore per tre manifeste ragioni,poco, ò niente Cautela com mi par, chefia dafilmare. Per la prima dico, chefe il credenziere, alteramente lo [calco uuolfare il tradimento, !'uinc r<-propuo ageuolmente preparar/}per auanti di ualentifimi rimedi) al ueleno, che uuol dare, accommodati : cr cofi afi* baU‘ curar fe,CT ammazzare il padrone. Per la feconda dico, che quantunque ingannato dal cuoco il credenziere,man gi nel far la credenza di qualche cibo auclenato , ne prende in tanta poca quantità,che poco,ó niente in quello in* fante lo puomolejìare .Perla terza dico, che la maggior parte de i ueieni, che fi danno per uccidere nelle uiuan*■ de, fon quafìfempre di talforte preparati da i ribaldi, crfalfl allenatori,che nonfanno f effetto loroffe non dopo alcunofratto di tempo. Et però uengo à concludere, che la migliore, cr la piu ficura credenza, chefìpcffano farfare i prencipi ,è ,c h e procurino di tenere tal uita chri/Uana,cr mongeraia,cr cofi diritta giuStitia,che tutti ifuddettiglihabbiamo-in ueneratione, cr infìemementegli amino,cr gli temano. Et pofeia, che cerchino ¿'batte* re i ministri, per le cui mani hanno da paffare le uiuande loro, nobili, ben nati,fedeli, non auari, non inuidiofì, cr che lungamente fieno Stati conofciuti per huomini di buona uita, CT di migliori cottumiicr oltre à ciò,tenergli del continuo rimunerati di non piccioli benefìcij. Ne meno debbono procurare ¿'battere alfcruitio loro doti fim i, cr peritifim i medici, i quali[appiano motto bene preparare gli antidoti contra i ueieni ( come di fua propria mano preparatta Galeno ) di buoni,creletti medicaménti,crnon di quelli,che fi penfano molti cfjcre ì ueri, cr nonfono. Impcroche quando gli antidotifono legittimamente preparati, crfecalmente la theriaca, e’I mithridato, fono ueramente baflanti per [curarci da ogni ueleno. Da tutte adunque quelle cofe ritrouaranno afai maggiore utilità, che fe ufaffero mille altre cautele. Non menor cautelafi debbe ufare nel tener monde, crnette le argenterie, dan* ione il carico a perfine fidatifiime : perdoche in cotali predofi metalli,ufati per le uiuande dai gran principi, sa* [condono piu ageuolmente i ueieni, che ne i uafi di uetro, ò di maiolica. Comnmdano alcuni [ciocchi de moder opi n i, che quandogli orefici liquefanno l'oro, cr l’argento ne i crucinoli perfare i piatti,cr gli altri uafi, che sufi* ^ ° fC1 nìonc d'aleun o , uifi debba mescolare injìeme della theriaca, cr parimente del mithridato, affermando, che cofifacendo, dh uh venta fimilmcnte il metallo tbcriacalc. Il che quanto habbia dello [ciocco ,g iudichinlo coloro ( fenza che uifaccia io altra difruta ) che fono periti,cr nelle cofe naturali,cr nelle metalliche. Debbefi oltre à ciò hauer cufiodia, che iuafellamenti, douefi ripongono i condimenti de i cibi.fi tengano ben coperti, c r ferrati ; accioche ne ragni, ne feorpioni non ui poffano entrare. A uift Diofeoride,chefi debbanoSlmilmente tener ferrate le botti dei uino. per* cioche piacendo molto il unto alle uipere, ridonandole aperte, ui corrono à bere: cru i lafcianoconlafaliuaìl ueleno, crqualche uolta ui s'annegano. Et imperò diceua A rrotile al i n i .capo dell’vi 1 1.libro deU'hiflork de gli animali, che alcuni prendono le uipere in campagna, mettendo uafipieni di uino ncUé macchie, cr ap* prèffo alleflepi, onde pofeia le cauano del tutto ebbriache. Come fi legge in Galeno all’undccimo libro dellefacuì* tà de i [empiici l'hiStoriaM noi recitata di[opratici fecondi) libro, di quelle due uipere annegate perfefkffe nel

uino


740

C o ltale qua­ li fcuoprono il ueleno, & che fofpefe addofl'o gli re iìftono.

Modo dipre feruarfi da i ueleni per uia de medica­ menti.

Difcoriì del Matthioli

uino, con cui furono infcientemente curati quei due leprofl .V er oc che non dice Galeno, che il nino delle uipere fia uelenofo; ma cofi falubrc, che guarifcefenza alcun dubbio la lepra. il chetare e)]èr contrario all'opinione di Diofcoride. Se già non uolefiimo dire, che ne i leprofl fia il ueleno delle uiperefalubre, crficuro ; er in ogni al* tro , mortifero, er diflruttiuo. Schifi chi teme di ueleno, li cibi di bianco, er di uerde colore, er parimente le uiuandefatte di[angue. porci oche nel bianco ageuolmente fi poffono nafcondere alcuni ueleni minerali : nel uerde, Uarieiy diuerfe herbe mortifere t e r nel[angue de gli animali, chefì mangiano, [i puòfacilmente na[conderc il [angue di qualche animai uelenofo. Bifognafopra tutto, che i cuochi, er tutti gli altri miniflri di cucina non [0* lamente fieno fedeli, er incorrottibili ; ma delicati, aueduti,zr prudenti: per [aperjì molto ben guardare dalle in« fidie efteriori:o' perfaper ben tenere in cuflodia ciafcuna uiuanda, ò altra cofa, che fi tenga per l'ufo de i cibi. Ma ¡ferialmente debbono ufire fomma diligenza in cufiodire i uafi da cucinare,che[anno (opra, ò per intorno al 10 fuoco : accioche non ui poffa dal tetto cadere per la concauita del camino animale uelenofo ueruno : comefono al ■ cuni affidi piccioltni, chefìricourano fotto à i docci, onero tegole de i tetti delle cafe, ragni, feorpioni, er altri (imiti. Impcroche ( come recita il Niccolo Fiorentino famofo moderno ) sauelenò in Fiorenza tutto un conuento difrati , per effere cafcato un ragno molto nero nella pignatta della minestra loro. Debbono parimente procurare ì grandifim i prencipi Shauere fidelifimi camerieri. Perciocbe ( come ¿flato detto di[opra) fi poffono con alcune forti di ueleni infettare i letti, lecamifcie, er tutto il reflo de i ueftimenti. Et però cofiumano alcuni difarle pri* ma maneggiare per buono¡patio di tempo à iferuidori, auanti che fegli mettano addoffo. Cofiumano fimilmente di far caualcare à qualche paggio molte uolte le felle ,fu le qualifono ufati di caualcare eglino. Commandano an~ .chora à i maeflri di ftaUa, che tengano cofi benferrate le felle, er le briglie, che non poffa alcuno non conofciuto, ò non[dato batter[acuità di uederle, non che d’accollarui[. Piu oltre è dafapere, che (introitano alcune cofe, zo le quali per propria uirtà loro dimostrano per alcuni fegni la prefenza del ueleno. Tra le quali c il corno, ouero la lingua, che chiamano di ferpente. la qualfuda ( come dice il Conciliatore Pietro d1Abano¡quando[ g l i appre* fenta il napello, ò la uipera, ò il fieie del leopardo : il che non fa con altra forte di ueleno alcuno. Altri dicono per cofa nera,che la pietra prafina, chiamata uolgarmente Plafma, perdefubito la fua lucidezza,quando fi porta al la prefenza di qualfiuoglia ueleno. Dicono fimilmente,che legandofi la pietra della botta in uno anello d’oro, di forte che tocchi la carne del dito, fubito che fig li apprefenta il ueleno (fed i tanta [d e fon degni coloro, che lo fcriffero) induce in quel dito della mano tanta caldezza >che par neramente uno accefo carbone, che tabbrufci.il che quantunque poco fia da credere; pure perfédisfare à ciafcuno,non ho uoluto tralafciarlo.Vagliono,fecondo al xum,concra a i mortif r i ueleni alcunifigilii,oueramente charatteri,ò uogliamo pur direimagini, i [gure portate al collo, ò nelle aneUa nel dito. Etperòdiceua Alberto nelfuo libro delle imagini, che intagliandof lafgura del Serpentario con tutte lefue[elle in qual fi noglia pietra prctiofa>uale marauigliofamente portata‘addoffo contra tutti i ueleni, er mafimamente de iferpenti. Il perche diffepoi Pietro d’Abano hauer ritrovatofcritto in un libro anticamentefiato de ire di Pcrfta, chefacendofi[colpire nella pietra chiamata hematite unhuomo ìnginoc chiato, cinto d’un ferpente, la cui tefla tenga egli con la delira, er la coda con la [mitra mano, erfarla pofeia legare in uno anello di purifimo oro, preferua, portandofl in dito, da ogni mortifro ueleno. llchefe pure ef* fitto alcuno douejfefare ( come che da dubitar ui fìa)tengoferma opinione, che nel tempo, che fifcolpifce cotale imagine,fia neccjfario cjfcruare alcune cofìellationt, da cui s’influifica tal uirtit nellafuddetta imagine. Differo oU tre à ciò alcuni antichifapienti, che fi ritroliano pietre pretiofe, le quali per ¡frettai dote deUà natura hanno am* plifima facilità dirompere,^ di dijìruggere la maluagità dei ueleni .11 perche dtffe Alberto Magno, che pers tandof un diamante orientale legato al bracciofniftro trai gombito, er la[falla, rompe lafèrza di tutti i ueleni. 4 ° il che attribuì egli parimente all’agata, al hiacintbo,cr alfaphiro orientale. Altri danno la pari uirtit allo fine* raldo, er altri alla pietra, che dicono ritrouarfi nel capo del dragone, chiamata dragonitc . Ma parmi in uero,che poco [a da confdarfi in cotalifallacifofreufìoni, per non hauer di ciò mai io ueduto efrerienza alcuna cofi appa* rente,che fig li poffa prefiafe alcuna[incerafede. quantunque però non mi diff taccia il credere, che lo fmeraldo, ilhiacintho,l'agata,e’I faphiro, macinati infiottilifima poluere ,poffano prefi per bocca, liberare molte uolte gli anelatati dalla morte,per effere propria natura loro di [correre alle uirtù del cuore. Ma che portati addoffo pof f ano impedir la fòrza, er parimente ioperatione del già prefo ueleno, non crederò io cofi ageuolmente, come fe timaginano, v f e lo credono alcuni. Può oltre à cio(come nel prefente prologo fcrijfe Diofcoride ) preferuarfi ciafcuno da i ueleni,togliendo per auanti un preparamento d’alcuni medicamenti tanto [empiici,quanto compofiti: le cui facuità fieno cfficacifime per vincere ogni ueleno, chefi gli mangi di p o i. I [empiici adunque,che laudò Dio 50 fcoride,fono i fichi fecchi mangiati con le noci communi: i cedri, mangiati cofi crudi : ilfcme de i nauoni, beuuto c o l uino : lefiondi della calamintba,zr la terra Lemnia tanto celebrata da Galeno, togliendo di ciafcuna di quelle cofe una dramma alla uolta. L odo parimente egli le fiondi della ruta mangiate con una noce,duefichifecchi,et un granello difale. De i compofiti propofe meritamente à tutti gli altri antidoti il Mithridato. il quale ( comefi legge nelle antiche biflorie, er parimente appreffo à Galeno nel primo, er nel fecondo libro degli antidoti) di tal forte haueua preparato per lo continuo ufo il corpo di \\ithridate redi Ponto, che uolendo egli, per non effere prigione de Romani, torre il ueleno per ammazzarli, non gli fece nocumento alcuno.Il perche lodò per ciò Gale no la theriaca per cofa piu efficace, affermando effere imponibile, che poffa nuocere ueleno alcuno à coloro, che habbiano in confueiudine di tome ogni giorno la quantità d’unafaua d’Egitto, come alfuo tempofaceva Aurelio Antonino Imperai ore. Gli altri poi, che fono fiati dopo Diofcoride, er Galeno, er mafiimamentc gli Arabici , 6 0 hanno anchora eglino ritrouato , che molto uagliono im d cafo le caftagne, le nefpole, i pijlaccbi, l'aglio, il ra* pbanotzr le nccauolc ; laudando però f opra tutte quejìe cofe l'ottima theriaca. Ef quefto dico quanto alla cura, che


N elíefto lib.diDiofcoricle.

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cheji ha id tenere per preferitaci da i M eni. Quanto poi un’ordine, chefeguir fi dee in curare,'& fritture dulia morte coloro, che già hanno mangiato* ò bcuuto il ueleno ; dico prima ( come di’[opra \breucmentc èJlato detto) che [apereJì dee, che il ueleno già tolto dentro nel corpo, non corre[libito, come vogliono alcuni, ad offendere il cuore yfenza offendere prima in altra parte le interiora, *? corrompere il [angue. Alá per cjfcreegli ualorofimen te attiuo, per laforma, e7 proprietà atrocísima, che pofiede, comerte ciò che tocca nel corpo humano,nellafua ftejjà uelenofa natura : e? cofìjì uà egli moltiplicando, *? paffando auanti, infettando cr conuertendo in ueleno il [angue, infierne congti altri humori,perfin che arriua,già crefcrito in quantità grande , al cuore,il quale in breue [fatto conuertifce nella naturafua uelenofa. Dal c h e f caufa, che non battendogli [finti uitalipiu il [olito luogo della propria, *? naturale reftdenza loro ,fe n’efcono fuori, cedendo allafòrza del ueleno : cr cofì refla il corpo priuo inflemementc de gli fpiriti, er deria uita. Dopo qucjlo è da[apere, che le arterie infierne co i ucntricoli del cuore naturalmente,per lo mouimcnto che hanno di tirare à[e,cr di rejfirare indietro fuori l’aria, che ne circón* da, per refrigerio della molta caldezza de gli ¡fin ti tritali, tirano per tal necefiità à fe ogni ffirito, che fi gli ritroua allo intorno : di modo che le minutifime arterie, che[ì diffondono per tutto il corpo noftro fin[otto la pel le, tirano àfe per li pori che hanno, l’aria efieriore che ne circonda,*? la conduconofino al cuore: cr per le medefl me arterie rimanda poi indietro tifleffo cuore il calore,er parimente il fumo, che gli foprabonda. Et però ínter* uiene, che fe l’aria, che ne circonda è infettata,uelenofa,cr peHilentiale, infètta, cr ammorba il cuore per la[ r i ­ detta uia. Et queflo non interuicne, perche le arterie, e l cuore difua natura habbiano proprietà di tirare àfr il ueleno, ma ben di tirare continuamente l’aria, che ne circonda, per lo cui mezo tirano contra la lor natura pa­ rimente il ueleno. Et di qui procede, che dormendo alle uolte alcuni[otto gli alberi uelenofl, comefono il tuffo , c r ii nerio, chiamato da i moderni Oleandro ; ò in terrafòpra piante di napello, er d’aconito ; onero apprcjfo ì cauerne di uelenofe ferpi ,fi fono inaucrtentemente auelenati, folamente per effere quitti l’aria, che circonda cota* ti piante, c r cauerne,infètta,*? uelenofa. Ma uenendo hormai à dire,come curarfi debbano generalmente gli aue lenatì, c r máximamente quelli, che non dannofegni cofì manifèlìi, da cui fi pojfa conofcere qualJia laforte del ueleno già prefo; dico,che ogni medico di buono intelletto ageuolmcnte fi può accorgere per li manifèlìi ,* ? cru* deli accidenti, che nefeguitano, quando habbia alcuno beuuto, ò mangiato ueleno. Perctoche tempre dopo à quel­ li , che operano con la fórmajfecifìca, ò uogliamo dire proprietà occulta, Jubito cafca la itirtii, er la fòrza di titt to il corpo ì tramortifeono con non poco dolor di cuore ipatienti : lafaccia lor diuenta Huida, cr la lingua infierne con le labbra nereggiano ifannofì le membra ellreme del corpo, c r mafimamente le unghie di color di piombo: vengono continue vertigini, con continuo mormorio di uoce,cr ñrauolgimento d’amendue gli occhi ; dopo alche feguita quafìfempre unfudorfreddo per intorno ariafronte,*? arie tempie . I quali accidenti danno manifèsto in* dicio di cotali mortifèri ueleni,cr ¡[ferialmente quandofuccedono Jubito dopo al mangiare, c r à perfone che non fieno nel reggimento cotidiano loro difordinate. Percioche tale potrebbe effere il mal reggimento del mangiare, c r del bere <Jtalcuno,che fi potrebbero di tal forte corrompere,& diuentar uelenoft gli humori in lui ( come feri» ue Galeno al v 1 .de i luoghi infètti,cr parimente nel libro de i cibi, che danno buono, cr cattiuo nntmicntofche muouendofi àfar uiolenza aria natura,caufarebbono i medefimi[addetti accidenti. Il perche bifogna, che aùcdu* ti,cr di buono intelletto fieno i medici,informandofi infìmHi accidenti diligentemente d’ogni cofa. Fanno paria mente i loro accidenti, cr datinone manifeflifognigli altri ueleni, che operano con le qualità loro manifefte. Per cioche quelli,chefono eccejtiuamente caldi,infiammano non poco in breue tempo tutte le membra intcriori, fanno ardentifima fete, infiammano gli occhi,caufano continua [mania,*? continuo[udore: & fe oltre all’effer caldi ec* cefi inamente,fono parimente corrofìui,*? putrefattiui,come èl’arfenicofolimato, l’orpimento, il rifagario, cr al* tri fìmili, fanno punture ,* ? dolori intolerabili nerio flomaco ,c r nelle budella infierne con non poco brugimento di corpo : à i quali accidenti feguitano fpeffe uolte nomiti, naufee,[udori hor caldi, hor freddi, cr uarij muta» menti di colori. I frigidi per lo piu fanno profondifim o fonno, di modo che molte uolte nonfi pofonofe non ma ìageuolmente,[vegliare i parienri. Et arie uolteflupefanno il cervello, di tal forte chei patienti ¡Fanno mille strani mouimenti con la perfona, con gli occhi,con la bocca,cr con tutte le altre membra del corpo, come fe[afferò im­ pazziti,overamente ebbriachi. Caufano dopo quefiofrigidità grande in tutto’l corpo,*? parimentefrigidi fudo* ri, *? nellafaccia un coloremolto Huido,*? ff attentofra, con uno ftupore uniucrfale in tutta la perfona.lnducono ifecchi fìccità grande nella lingua,*? nel gorgozzule fete ineflinguibile, Atticità di corpo,riferimento d’orina, aridità di tutte le membra, cr lunghifime uigilie. Gli humidi finalmente inducono fanno profóndifim o , flutti del corpo, dislogagioni di giunture,*? rildffmenti di nerui : di modo che aUe uolte in tanto fi rilaffano i legamenti, e? i nerui de gli occhi, che efeono per loro[lefi pendentifuor della tefia : *? molte uolte fi putrefanno le membra efreme del corpo,come è flato detto di[opra. Ma è però da notare, che quei ueleni,che operano con le qualità ec cefiue elementari, cr inflemementc con lafórma[pacifica, che poffeggono men ualorofa, ariafin dell'operar loro caufano i medefhri accidenti,che nafeono da quelli,che operanofolamente con là occulta proprietà loro. Impe* roche il ualore delle qualità elementari fupera in eft quello della proprietà occulta, che poffeggono. Et pe» rò fanno prima gli accidenti delle qualità elementari eccef rie ,*? pofeia quelli delle proprietà occulte, che fi con» tengono in loro. Del che daremo pofeia piu ampia notitia,quando particolarmente parlarono di ciafeuno. Que » fti adunquefono i piu neri, et i piu manifrfiifegni uniucrfali di tutti i ueleni, tra tutti gli altri, ebefipoffano nar­ rare : co i cui indicij poffono i diligentifimi medici ¡¡caramente giudicare. Imperoche quandofiuede, che gli acridenti fuddetti non folamente uanno perforando; ma aumentandoli hora per bora di male in peggio,*? che in modo alcuno non cedono à i rimedij, ne alla refifienza della natura , è ucramente fegno manififlo di morte : *? di faiute, per lo contrario, quando ceffanogli accidenti, erg// amatati ritornano. D ebbonfl cibaregli auelenati (fa tti

Ordine di curare chi li., bla preio il ue lcno.

S e g n i,

denti

St -irci

uDiuer*

faìi de ii eleni prefi.


742

DifcorfideJMatthioli

(fitti però che fieno i rimedi), che fi diramo ) di quelle cofe , che non follmente hannofacuiti di nutrire il corpo ,

Regola di ci­ bategli aue- ma d'ostare parimente alla maluagità de i ueleni. Nel chefi loda molto illatte i'a fina, di capra,di pecora, di uac* cd , cr flmilmente l'humano,bcuuto fubito ebefìa monto dall'animale : come che afai piu uagltano ne i caldi ueleni» lenau.

er corrofiui, che in ogni altra f e t t e . Sono conueneuo/i in tal cafo il boturo, i brodi delle carni grafie, er paria mente de i pefei, aggiungendogli, accioche piu grafi fieno, boturo crudo, c r graffo d'altri ufitati animali. Irape*. roche queSte cofe untuofe giouano,opptlando le uie, dal che fi prohibifee il tranfito del ueleno. E oltre a ciò quan* do i ueleni fon calidi, cr corrofiui,ffengono le cofe untuofe la mordacità loro : e r però conuenientifime fono in tal cdfole ceruelld,cr le midolla dell’ojfa. Comengonuifì parimente diuerfe, er uarie piante, meffe nei cibi: tra le quali fi loda il colamento,l’origano, ilferpoUo,tl pulegio, ilfìfembro, la ruta, la borragme, la buglofa, l’e* chio, lafilipendula, la cicerbita, la pimpinella, c r altre appropriate : di cui ampiamente poco qui difiotto dire* 19 mo. Tenganfigli anelatati in luoghi Imninofi.cr doue l’aria fia fenza infittiate alcuna : abbruciando nelle carne re quelli odoramenti, che hanno proprietà di rompere, er difminuire l'anione,cr la fòrza del ueleno. Tal prò.* prietà hanno i fondali, la mirrha , f aloe,il belgioino, l'agaUocho, lo fiordto, la cafia, la Stirace, le f o r z e fec* che del cedro, le bacche del ginepro, er ilfuo legnofecco,cr altri fimili. Lofi tanfi oltreà ctoi patienit(co* me commanda Galeno al 1 ì.libro de gli antidoti) poco, ó niente dormire, percioche il forno ritiene il ueleno nel* le interiora,er lo fa penetrare ageuolmente al cuore : er allo incontro lo tirano le uigilie dal centro alla circonfi* renza nelle membra citeriori. Dopo qucSto è principalmente da procurare con ogni arte pofibile, er ogni in* Rimedi) con. gegno di cauxrc fuori del corpo, er dello Stomaco il già prefo ueleno .A lc h e non è ucramente miglior fuffragio » tra i ueleni che con ogniprefìezzaprouocare il 1tornito, quando il ueleno è anchora nello Stomaco : er far de i criften,qtm* prefi. do fi conofie,chegià fia deelinato alle budella. Nel che debbefi con ogni diligenzafeguir l’ordine,e’l modo,che nel l(y prefente prologo n’infegna Diofcoridc. percioche di tal materia trattò egli cofi diurnamente,che tutti i fuoi fucccf fori hanno ricauato da lui quafi tutto quello, che ne fcrijfero. Ala queSto bene gli aggiugnerò io, c io è , che fe per forte bauejfe alcuno prefo il ueleno, er chefatto ogni rimedio, nepoteffe uomitare ,fi debba in quello cafo ( come dice Kafis) procedere con le medicinefolutiue,cr parimente co i alfieri.Le medicine adunquefolutiue conuenien* ti fono, l'agarico, er il rheubarbaro. percioche amendue, oltre alla uirt'ufolutiua, che pojfeggono, hanno pròprietà non poca cantra i ueleni. Il che dicono alcuni ritrouarfi fimilmente nella centaurea minore. Votrebbefi ragioncuolmente ufare anchora in tal cafo la cafia,er l’aloè hepatico. percioche quello, oltre aUafdcultà foluti* ua, ha particolare intentione contra alla putrefaitione degli humori, la qualfempre, ò il piu delle uolte, caufano i ueleni : er qtwlla, per lubricare ualorofamente il corpo, f ic c a dalle pareti dellofilomaco il ueleno,fegne l’acui=> tà de i corrojiui>zx conducegli finalmentefeco per di fotto fuori del corpo. Dopo al che benfìconucngono po* 5® fciaicriftcri, i quali (fecondo l’opinione di D iffo n d e) debbono tjfere acuti, er molto attrattiui .Dopo ài qua* li credo neramente, che i fatti con brodi grafi,latte, f u i , er grafie liquide, accioche piu auanti nonpoffano penetrare, come fifuole ufare nelle difenterie, non fanbbonofuor di propofito, er mafimamente, quando fico * nofeeffe,che il ueleno haueffe nel paffarc ulcerate le budella. Et però diceua Auicenna, che molto utile è il bere co* piofamente del latte,dapoi che fifiottofatti i uomiti,zr i crifieri : percioche rompe, er fatta il nocumento del uelc* no . G tonano anchora marauigliofamente, fatti prima il uomito, er i crifieri,lefòrti, er ualorofe diuerflonitper* cioche nonfolamente prehibifiono, che il ueleno non uada contra al cuore; ma lo tirano dalle membra nobili in* teriori alle ignobili efieriori. Et però dico che molto ttigiouatto le uentofe, meffe confuoco [opra lenatiche, er /òpra le polpe delle gambe. Similmente ui uagliono le fregagioni fatte con pezze ruuide: er le legature Strette di modo, che facciano dolore alle dita delle mani, c r de i piedi, er parimente alle braccia, er alle gambe. Ditterei* 4® f e f i mirabilmente il ueleno dalle membra interiori,mettendo ipatienti in un bagno d'acqua calda, fatto con medi* cine appropriate, onero iti unfudatorio afiutto : percioche cotal caldo efteriore hafacultà potentifima di tirare fuori il ueleno alla pelle. Puofi fimilmente in luogo del bagno,ouero delfudatoriofare aprire il corpo ad un mulo > onero ad un cauaUo uiuo, er fubito che ncfon tratte le interiora, metterui dentro il pallente : er come fi comincia à raffreddare, farne fuentrare un’altro. Nel che i muli, e r le mule uagliono (fecondo la uolgare opinione, fòr* fe perche habbiano in fe maggior calidità)molto piu d'ogni altro animale. Con quefio rimedio fu curato dal ueleno il duca Valentino,figliuolo di Papa Alefjandrof f t o . ìmperochc (comefi dice ) uolcndo egli in una cena auelenare alquanti Cardinali, auelenò imprudentementefe fteffo infieme con fuo padre. Ma è però dafapere, che quan* Semplici me tunque i fuddetti rimedi) fieno generalmente tutti ualorofi,Cf potenti contra i ueleni ; non bif ogna però lafciar di dicamcnti, dare continuamente à gli auelenati per bocca tutti gli approuati antidoti tantofemplici, quanto compoflti, che 50 cheuagliono pojfono ammazzare la maluagità di qualfi uoglia ueleno. I femplici adunque,che in tal cafofi lodano da Diofco concra luele ride con tutti gli altri Grecifuoi fucceffori ,fono il uin uecchio coptamente beuuto, la terra Lemnia, l’agarico t ni. l’abrotano, l'irionc, la radice deliiringo , il feme delle pafiinache, er de i ¡¡.tuoni,la calamintha, laf ic a Celtica J il caftoreo, la midolla della ferula uerdc : il fior del nerio, chiamato da i moderni Oleandro (quantunque non l'ac* retti però Galeno,cr parimente ognifuo feguace,fe non per cofa mortifera,cr uelenofa : ) i l fucco del marrùbio % del laferpitio, c r della panacea : il fagapeno, l'arifiolochia lunga, il feme della ruta faluatica>la betonica, la pece liquida inghiottita : la decottione del polio,cr del fefelifia ualeriana, il cinnamomo, la cafia, le bacche del gine* prò, il cedro, i limoni, gli aranci, cr il lor feme : le ghiande beuute con latte humano , il fucco delle radici del cinqucfòglio, il caglio della lepre ; la carne della donnola falata,cr fecca all’ombra, bcuuta con uinotil latte delle eagne del primo parto, i ap p a ri, la radice della chameleonta bianca, la decottione dell’apio, la radice della pole ¿0 monta,il fucco de i triboli terrestri, gli acini dello fmilace a fr o , lo feordio, il th la fi, cr il dittamo di Candii. Oltre à quefii, lodano gli Arabi con alcuni de i moderni le caftagne, le noeduole, le nefole,i pistacchi, (4 zedoa

ria,


Nel fefto lib. diDiofcóHde.

7 4 .)

rii,le cacche del l.uiro : la radice dettagentuna, del dittano bianco, detta tomentitta, deli'irìds ,-dctt’amphodìl* l o , deU'enola , &■ del millefiglio: il rbeubarbaro, le bacche delihedera, il bolo Armeno, l'Imeneo, LtfabiM, la vitimu ,U pimpinella, la centaurea minore, l'imperatoria, l'angelica, il ficco della berbena : il topo,tr 1 mofeo«

.. ~

— j ........— 7 > imi in ¡empiici, eoe fonojcrtttt tanto dagl: an­ tichi, quanto dei moderni. De icompofìti poi dico, che quando la tberiacafl ritrouafie buona, nonfarebbe hi- Me"'car"en“ fogno di ricercare altro pei- tal cura. Ma perche affai malageuol cofa mi par chef u , il mrouarla debitamentefa f i " compofitl ‘ ■ ta,per mancarne il cinnamomo ,il baifim o, il petrofclino Macedonico, la mìrrba, il figlio , il meo, il dulciti ( il I® qualfiero pur d’hauerritrouato)l'amomo,Fafialatko, o~ il calamo odorato, cofe tutte di graniifinta importanza; però non reputo, che lauenierecciafi poffi ficuraniente.ufare. Pcrciocbe fino al tempo di Galeno, nel quale baueuano i Romani ampliamo imperio,non fi poteua compiutamentefar la theriacafcome fi legge al primo libro degli antidoti) fe non dagli Impcradori. come che al tempo d'Antonino fuffero alcuni ricchi magnati, che la fa*, ceffero con gran mancamento. Et però dico ,chefc in ciò theriaca alcuna moderna fidebbe ufare, cerchino i dili* gentifimi medici 1{battere almanco di quella,chefila compofia con ogni debita diligenza per collegio de ualentifì* mi dottori : er ch’ella (la protuta nel modo,che infigna Galeno, [emendo a Pifin e . Cofifacciano parimente del Mithridato, il quale non è in ciò rnen ualorofo,cr puofii piu ageuolmentcfar e,che la theriaca. La onde è da guar= darfi dalle teriache contrafatte, che ttendono inf i le publiche piazze i ceretani di banca : le quali il piu delie uol ti da chi nonfa le malitie,cr gli inganni loro,fono reputate tra tutte le altre le migliori', er le piu ualorofc ; per a© uederfi da i circofianti,che fi mangiano cofioro i pezzi tutti interi dell'arfenico,cr del rifigallo : à i cui nocumen­ ti ufanp in prefenza di tutto il popolo la theriaca loro .11 chefipendo benifiimo Galeno nei libro dedicato à Pifo* ne, cofi diceua.Eannofi n ella theriaca dagli improbi ingannatori infiniti inganni te r cofi il uulgo ignorante, in* gannato dal nome dell’antidoto, la comprala cofioro, la cui arte èfolamentc di cattar danari,con affai fiefa, come che ella fia peruerfamente fatta. Ma accioche ciafcuno fi p o f guardare da queiìi manigoldi truffatori, intendo j bora di manififtare,per beneficio uniucrfale,lagloriofi, er beroica ribalderia di cotali a ffim i. Et però dico, che quando coloro,tfacendofopra le banche di fc ficttacolo 4 i popolici uogliono ingannare,co mostrargli,che fi man» ite* che mali giano il ueleno fenza nocumento alcuno, comefefuffepane, ufano diuerfe cautele, er inganni. Tra i quali quefii Slno ’* uclcdue.che dirò bora tengono per li loro piu chari ruffiani. Il primo inganno adunque, che tifino quefii [fiutati bar "urnem^ n°~ r i, è che fipendo,che quando lo flomaco è ben pieno di cìbo(comc di fopra nel proemio ferme Diofioride, er pa* umcm°•3 ° rimente recita Auicctma alla v i . fèndei m i ,libro)non pofiono i uclcni, fe non poco nuocere, aitanti che [alti* no in banca, mangiano 4 crcpa corpo, mafiimamente la Rate, quantitàgrande di lattuclie crude, acconcie in infi« lata,con tanto olio,che quafi iti nuotino. Et perche di quefie tenere malageuolmcnte pofiono ritrouareil ¡terno in ogni luogo,mangiano in lor cambio trippe de buoi ben grafte,& ben cotte, fino che lo flomaco fia bene tef i , come un tamburro. Il chefanno, accioche quelle con la g r a fz z a del brodo, Crgroffizza dellafufianza loro, er le Iattuebe con la frigidità, er col molto olio, che ui mettono, oltre atto impedimento chefanno al tranfito del ucle* no, co l ferrare delle uit intcriori ,ficngono anebora lacutezza corroftua dell'arfenico,cr del rifigaUo,chc i ma* nigoldifì mangiano. Tolto adunque, che hanno il ueleno, il quale per e)fere lo flomaco ben tc fo ,v bene ingraffa* t o , poco ò niente gli nuoce,prendono in bocca la loro faif i miSluraggincr.facendo credere al popolo, ch'ella fa il primo antidoto, che fia al mondo contra ogni ueleno. Il che tanto feritore induce negli accecati circonStanti, che' 4 * con piu fólta,che non fi dati le pagnotte al tempo della careflia, corrono co 1 danari à torre la mentitrice theriaca. D i modo che uotandofl in uno momento lafcatola ,finontano i ceretani fibito dt banca, er ridottifi in breue mo­ mento atleftanze loro , uomitano con certa artefecreta farfenico inficine co'l cibo delle Iattuebe, ò delle trippe, prefo da prima : ne mangiano quel giorno altro , che latte , uomitandolo,cr riuomitandolo piu er piu uolte . tanto può la cupidità deWoro in cotali affifiini, che uolontariamente s’efpongono à manififii pericoli della morte. L'altro - . affinam ento, chefanno, è in quejlo modo. Vanfene cofioro una bora, onero due, auanti che {aitino in banca,fi ¡.ano de i me unafietiaria la piu m in i che fia al cantone deda piazza,doue uogliono predicare. Et fattofi inoltrare dallo fica definii. tiale lafcatola dell’arfenico, ne adocchiano due ouer tre p e z z i, fecondo lo intento loro : er {annoio piegare in un figlio di diaria, cr lafcianlo nella ifteffi fcatola ; pregando lo ftetialc, che quando faranno in banca, lo ¡tagliano dare à chi da loro farà là mandato per ejJo.Et cofi procedono pofeia alle prediche loro , laudando la ¡orfi'alfa thè* S ° riacaper la prima del mondo con unficco di bugie.Dopo al che,per dare piu credito alla c o fi, mandano uia alla fietiaria 4 torre il già da loro apparecchiato ueleno. Aprono in tanto unafcatola grande,piena tutta di bofioli del* la loro a ffin a theriaca: al coperchio detta qualefino di dentro attaccati con cera diuerfl pezzi d'una mifturafat ta di zucchero candito,farina ia m id o,cr altre cofe,che del tutto fi raffembra in faltezza ,CT in grandezza à quei pezzi di uero arfenico, prima adocchiato da loro nettafietiaria. Difcoperchiano i ladri la fcatola, per poter tanto meglio celar lo inganno, {landò in alto infi'I banco con gràndifima cautela ; tirando la parte di dentro del coperchio , done è attaccato quell'arfenico contrafatto uerfo loro,accioche niuno fi pojja accorgere dell’affafina* mento, chefanno. Et cofi danno fubito in mano il coperchio già detto al compagno, ò ra ga zzone fi tengono i canto : il quale à mano aperta lo tiene co’l contrafai to ueleno uerfo il cielo, accioche da niunofi p o f uedere. Itt tanto arritta il meifo con i'arfenico ucro tolto dalla fietiaria : c r prefilo pofeia nette fie mani il ccrctano, lo mo* fio (Ira al popolo con le piu fai) e parole, che dirfi p o f no ■ Et hauendo finalmentefattogli fopra lunga diceria ,fin *> gcndo, per fare la cofa piu netta, di uoler rimunirfi le maniche detto [cariato, ouer uelluto affino,fino atte goni* bit4 > pofi l'arfenico nel coperchio predetto : fin e per Ì altezza del cerchio, nonf i può in yiodo alcuno dal baffi <>■

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u edere.


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DifcoriIdelMatthioh

edere. Kimunitcfi adunque te maniche, er tolta infu lafpaUa unafattile m aglietta, fifa portare un bicchiere d'acqua, onero di uino,CT lafciato l’arfinico nero da un canto del coperchio , prende con cautela in mano un pez =» ZO di'quel contrafatto,e? lo gratta con un coltello nel uino,onero ncÙ'acqua del bicchiere. Eí co/i pofcia fe lo bc » ve jlcurifimamcnte,facendo fcnza fcropolo alcuno credere a gli gettatori, che habbia egli bevuto di quello iftef» Hiftoriad'u-* fo,che fu portato dallajpetiaria. Ricordami già hauer ueduto uno di coftoro, che haueua dato un Jimil ueleno Qi fraude, contrafatto ad unfuo ragazzo, erfìngendo di non volerlo aiutare, fino a tanto che non haueffe perduto il polfo, er fuße prefio alla morte, per dar maggior riputatone alla fua furfanterà thcriaca ; batiendo prima bene inftrutto il ghiotto del ragazzo , che teneffe il fiato,acciochefi cambiaße di colore , er che in quel tanto (travolgetegli oc* ch i, er torceff? la bocca, e'I collo ; chiamò un medico di buona palla, quiuifalariato dalla terra, che gli toccaf* fe il polfo, accioche à tutti facejfe teftimonio, come l'h.Mieua perduto. Il chefacendo quel buono medico, giàfata 19 to , no Ifapendo,ruffiano del ciurmadore,faceva teftimonio à ciafcuno, che niun polfo gli ritrouaua: non ha* vendo egli firfe mai letto, chefi poffa con arte prohibiré il battere del polfo, comefcnue Galeno nel fefto libro de i precetti d'Rippocrate, er di Platone, cofl dicendo. Vedefi neU’arterie la medefima natura : imperoebe in effe cofi come ne i nervi, quando fi troncano, ouero s’allacciano, non fi fentc piu ne polfo, ne movimento ueruno. Il che fe haueffe egli letto,agevolmente fi farebbe potuto accorgerebbe haueua il ragazzo due legature in ogni brac ciòfopra algambito cofìfirette, che impedivano del tutto il tranfitode gli giriti aitali per le arterie, che fe ne fccndono alle mani : c r che l'altro feruitore, che lo foftentaua, come giàfuffe morto, fotto alle braccia, voltando uncerto bottone, 4 cui erano attaccate le firettoiefiringeua,quando uoleuafar perdere il polfo ,c r aUargaua poi pian piano, quando hauendogià tolto l’ammaefirato ragazzo lafaifa theriaca, cominciaua à fingere di ritornare infcfteffo. Il perche, accioche fipoffafchifare ciafcuno dalle ladrarie di quefli afftßini, ho uoluto qui lungac 10 mentcfarie palef i. Del che ho io da nngratiare non poco il mal Yranccfi : percioche effendo egli entrato merita­ mente nell'offa d'uno'fie piufamofi di quefii mangia ueleno ; defiderando egli d'effere da me curato ; mi riuelò, men* tre che feci la cun(cffendone però da me ricercato) tutte lefuddette trufferie, che ufano i manigoldi, per cauari danari dalle borfe altrui. Le cautele poi,cr le falfità,che ufano qucUi,chc/l chiamano della cafa difan Paolo ( del chefi mentono per Ugola) me le riferbo à dire,quando nel proceffo fcriuerò di quei veleni,che lafciano co i morfi, . A n t i d o t i n o -er con le punture diuerfl mortiferi animali. Ma accioche non fe ne vadano quefle miefatiche del tutto uacue di (fri a ffa m a lo r o ß c o n t r a i qualche ualorofo antidoto, mi c paru(o coffa da nero, erftdelißimo medico di fcriuerne in queftoluogo alcuni miei u e lc m . particolari molto ualorofl. de i quali ho ritrovato nelle cure de i veleni tanto tolti per bocca,quanto dati co'l morfo degli animali, ficuri, er prejentanei giovamenti. E t quantunque à i tempi noftri pochi fieno i medici, che uo= gliano nudare ifecrcti loro , quandofi ritrovano hauerne qualche bel particolare; nondimeno hauendo già iopre» 3Q fo il carico di uolere con quefte miefatiche gicuaregeneralmente à tutti, parebbemi cofa veramente inhumana, fe A n tid o to p ii in ciò mi taeeßiperinuidia, ò per auaritia alcuna cofa, chegiouare poteffe. Il primo antidoto adunque, di cut w o ,& f u a d e ho uifio molte volte miracolofe proue contra i veleni, f i rompe in queflo modo. Togliefi di rhabarbaro, di rhafc r ittio n e . pontico vero, di radici di ualeriana, d’acoro , il quale hoggi chiamano calamo aromatico, di cipero,di cinquefig lio , di torméntiÜa, d'ariftolochia ri tonda, di peonia, d’enola, di ccfto, d’iride, di chameleonte bianco,di ciafcu« no tre dramme : di galanga, dfimperatoria, di dittamo bianco, diangelica, di millefiglio, difilipendola, di doro* vico,di zedoaria,di gengeuo, di ciafcuno dramme due : d’agarico, dramme tre : di rofmarino mafcbìo della prima fpetie digentiana, del morfus diaboli, di ciafcuno dramme due er meza : dl ferne di cedro, di uitice, di granafina, di frafino, i acetofa , di paflinacafalualica, di nauoni, di nigella,di peonia, di bafìlico,i ¡rione, di thlafpi, di fi ■ nocchio, d'ammi, di ciafcuno dramme due : di bacche di lauro, di ginepro, d’bedera,difmilace affro, di cubebe, 4 ° di ciafcuno dramma mia er meza : difiondi di fioràio, di chamedrio, dì chamepitio, di centaurea minore,difie * cha, di ¡fica Celtica, di calaminthd, di ruta, di menta, di betonica, di berbena, difeabbiofa, di cardo fanto , di meliffa, di ciafcuno dramma una er meza : di dittamo di Candia, dramme tre id i maiorana ,d’hiperico, di giunco odorato, di marrobio, di galega, di fabina, di pimpinella, di ciafcuno dramme due : di fichi ficchi, di noci com* munì, di pifiacchi, di ciafcuno onde tre : di mirobalani emblici, dramme quattro : difiori cordiali, di rofe,di la« uanda, di faluia, di rofmarino coronario, di ciafcunofiropoli quattro : di zaffarano, dramme tre: di caßia odora ta,la quale hoggi chiamano cinnamomo,dramme dieci : di garofani, di noci mofiade, di mace, di ciafcuno dram• me due er meza :di pepe nero, di pepe lungo, di tutti i fandali, di legno aloe, di ciafcuno dramma una er meza : di corno di ceruo crudo, dramme quattro : d'alicorno, dramma una : d¡ offo di cuore di ceruo,di limatura d’auorio, di verga di ceruo, di caftorio, di ciafcunofiropoli quattro : di terra Icmnia, dramme tré : di opio, dramma una 5° e r meza : di perle orientali, di frammenti di fmeraldo, & di hiacintho : di coralli roßi, di ciafcuno dramme una Cr meza • di camphora, dramme due : di maftice, d’ineenfi, di ftirace, di gomma Arabica, di ragia diferebintho, di fagapeno, dì opopanaco,di laferpitioji ciafcuno dramme due cr meza : di mofiho odorifero, di ambragrìgia, di ciafcuno dramma una : di olio di uetriolo,meza oncia : di Jpetie cordiali temperate, di diamargarite, di diamu* f i o , di diambra, di lettouario di gemme, di trochifii di camphora, difcilla, di ciafcuno dramme due cr meza : di trochifii di uipera,oncie due : di fucco d'acctofa, di cicerbita,di fioràio,d"echio, di borragine, di meliffa, di eia* fiuno libra meza : d'hipociflide, dramme due : di theriaca eletta, di mithridato ottimo,di ciafcuno onciefei: di ititi vecchio odorifero, libre tre: di zucchero di Medera, ouero di elettißimo mele, libre otto c r meza. Di tuttè que* fie cofefiiclte, c r elette con ogni poßibije diligenza >er artefe nefaccia un lettouario nel modo, che fi compone la theriaca,ouero il mìtridato. Di cui flpuo dare una, due,cr tre dramme alla uolta,fecondo il bifogno, la età, 6 o c r lo fiato depaticnti. Etpoffo ingenuamentefar fide à ciafcuno,che non filo confirifie egli (come habbiamo det to ) in ogni ueleno tolto per bocca, er parimente in quelli, che lafciano co i morfi loro gli ammali mortifiri ; m . nella


Nel iefto libidi Diofcoride.

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neUd peñe ancho*a fa mirabili effetti, er maßimamente in preferuure ì funi . Ma uoleniofi, che operi prefen* tuncamente ,ficctafi in quello modo. Togli una libra delfudietto antidoto, una di flropo di feorze di cedro, Acqua del jwedetco an­ & cinque d’acqua di tute fatta ie le i tifano nino, la quale fu tante uolte lambiccata, che fla ridotta ¿firma di tidoto , Si lue quinta effenza . Metti ogni cofa in una boccia di uetro,che fia cCaltrettanta tenuta :e r ferra pofeia la bocca del uirtù. uafo, che non pojfa remirare, er con defirezza sbatti cofi dentro nel uafo l'acqua co'l lettouario, tanto che tut­ to s’incorpori infime : c r pofeia lafcialacojì fiare per un mefe continuo ; sbattendola però due uolte la ¡ottima* na, come faceñi da prima , pcrciodw ageuolmente il lettouario f i riduce al fondo. Et cofipaffato che fia il det to tempo, ritrouardi l'acqua colorita, er chiarafopraflarc al lettouario,cr hauernegià tratto fuori ogni uirtude. AÜ'hora adunque aprirai la bocca del uafo, er declinandolo pian piano ne cauarai fuori l'acqua chiara in un'altro uafo di uetro : il qualeferrarai con ogni diligenza con cera ,crco n charta pergamena. pernoche fe ti rcüaffe apertoinun fol giorno, tutta fe n andarebbe in fum o . Quefia acqua adunque è di tanta uirtù,come infinite uolte ho ¡¡fermentato io ,che data alia quantità di meza oncia con altrettanto uino, onero con qualche acqua lam■» biccatadi qual fi uogliapianta appropriata, onero cofi pura fenza altra compagnia, à chi per morfo, ò per pun tura di qual fi uoglia animale uelenofo fuße cofi ideino alla morte, che haueffe infierne con la loquela perduti i fentimentiffueglia connon poca ammiradone de i circoñanti, come da lungo fanno, i patiniti, w loro fa il piu delle uolte uomitaregran quantità d’humori già infittati. D el che può far teflimonio la capitanía del ca* ¡ielle di Vi pao, la quale effondo ñata morduta da una uipera, er hauendo già patteggiato del nolo con Charon* te ,fu riuocdta al mondo con qusña acqua miracolofa. come parimente è dipoi accaduto con unapouera Schiatta, pur morduta nella mano fi ancha daunaaltra uipera fìmile. liehe fa finalmente- in quelli, che fìprendono per bocca : percioche tanto è ella fottile, attiua, er penetratila, che in un momento paffa con la uirtù fua per tutte le itene del corpo . E t i medefìmi effetti fa parimente in itarie, er diuerfe altre infirmitadi, le quali per breuità trapaffo : percioche ogni dotto medico potrà, confìderando con ragione le faculta fue, applicarla, ouc ella fi conuenga. Valtro gloriofo, er raro antidoto è quello ifieffo olio, di cui di ¡opra nel fecondo libro al capito Antidoto fe­ lo degli feorpioni »er nel quarto al capitolo dell'aconito ,fu fatto ne i noñri difeorfi mentione. Qucfio adunque condo , & l'uà deferirtione , unto di fuori à i polfi piu apparenti, come fono quelli delle tempie, delle mani,cr dei piedi, er parimente alla Se uirtù. regione del cuorereiterando le untioni di tre bore in tre bore, libera ficuramenteda tutti i ueleni tolti per bocca, che nonfieno corrofìni, er parimente da i morfi delle uipere, degli affidi, er di qual fi uoglia altro animale tic* lenofo, comepiu ampiamente diremo nel proceffo di queño. Et acciocbe conofca tutto il mondo la liberalità del mio cuore, ecco qui bora il nero modo difarlo. Togli nel principio di Maggio d’olio commune di cento anni, òfe non di tanto tempo, almeno del piu antico, che puoi ritrouarc, libre tre : d’hipericofrefeo in herba,manipoli tre. Metti l’olio in una boccia di uetro d’altrettanta capacità, er infóndigli dentro ¡'hipérico. alquanto prima peflo , er ferra il uafo : er mettilo mezo fepolto in fottilifiima arena, oue tutto il giorno fia fcaliato dal fole : cr Infria tolo cofi fiare dieci, ouer dodici giorni continui, mettilo poi nel bagno, che chiamano di Maria, per uer.t¡quattro höre, er pofeia(fremi l'olio dall'herba. Yatto queño,togli d'hipenco,di chamcdno, di caUntinthaì, di cardo fan* t o , di ciafcuno un manipolo : er peña, er infondi, er metti nel bagno per tre giorni continui. tiralo pofeiafuori, colalo, & ¡fremilo, come èfiato detto, Prendi dipoi tre manipoli grandi difiori d'hipérico, er nettagli bene da i fu ñ i ,g r infondigli ben pefii nell'olio già detto , e r riponlo al medefimo bagno per tre giorni continui;cr pofeia ca ualo fuori, er ¡frem i, come prima. Et cofifarai, rei terando le infufìoni de i fiori tre,ouer quattro uolte, fino à tanto che l’olio uenga roffo, come fatigue. Yatto quef io , prendi dell’hipérico già sfiorito, cr tira dalle cime quel* le granella uerdi, fimilià grani d'orzo,in cui c dentro il ferne : cr pofeia prendine tre buoni manipoli : cr peñagli, irrorandogli alquanto con uino bianco, er infondigli nell’olio predetto, arponi al fole co’l uafo confitto, fepolto nella arena per otto giorni continui. Dipoi mettilo nel bagno per tre giorni, cr pofeia cola, cr ffremi nel modo medefimo di prima, reiterando con queftoferne tremerò quattro infufioni ftmili, fino à tanto eh:prenda nero co lore di fanguefeuro. Dopo queño togli di feordio frefeo,di calaminthaji centaurea minore,di cardofanto,di ber« bena,ii dittamo di Candía,di ciafcuno mezo manipolo : crpcfta,cr infondi, cr poni al bagno per due giorni conti* m i , cr pofeia cola, c r ffremi,come difip ra . Togli poi di zedoaria, di radici di dittamo bianco, di gentiana, di tormentala, darifi elogia ritonda, di ciafcuna dramme tre : difeordio frefeo, manìpolo uno. Et pefia,cr infondi, CT metti nel bagno per tre giorni continui : cr pofeia cola, cr ffremi . Infondigli di nuouo di fioracc calamita, di belgioino, chiamato dai Greci lafero, di ciafcuno drammefei : di bacche di ginepro, dramme quattro : di nigella, dramme due : di cafiia odorata,dramme noue : difandali bianchi, dramme quattro : di fquinantboji cipero, di eia» feuno dramma una cr meza. Peña ogni cofa,cr infondi, cr poni à bagno per tre giorni continui, cr cola,cr frre* mi, fecondo l’ordinefuddetto. Habbi dipoi trecentofeorpioni uiui, colti ne ¡giorni canicolari, er mettigli in una boccia di uetrofopra la cenere calda : cr come uedi,che per lo caldo fidano, cr f i ñizzano, metti lorfopra tutto l’olio già detto caldo ; ma non però cofi bollente, che faccia crepare il uafo : cr fubito ferra la bocca del uafo, c r metti nel bagno per tre giorni continui, cr pofeia cola, cr fiorenti. Gitta uia gli feorpioni già cotti, cr rinfondi nell'olio di rheubarbaro elettifiimo »di mirrha commune, dìaloe hepático, di tutti dramme tre: di frigo nardo, dramme due : di zaffarano, dramma una : di tbcriaca eletta,di mith ridato perfitto,di ciafcuno oncia meza. Peña* c r infondi, cr poni à bagno per tre giorni : cr pofeia fenza colarlo piu altrimenti, ¡erbaio, comefe fujfc baifumo, percioche ne i uelenifuddetti è miracolofo rimedio, cr minimamente contra al napello : di cui furono auelenati quei due Corfi affafiini, la cui biflor¡4 recitammo di fopra nel quarto libro al capitolo dell'aconito : doue ricor* rer può ciafcuno, che defideri ¡aperta. Lodò oltre al mithndato, Diofcoridc nel prefentc prologo due altri udorofi antidoti : quello cio è, cbc fi chiama di ftincbi : cr quello parimente,che nominano difangue. ma non però Rr ritrouo,


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Difcorfi del Matthioli

ritrouo, che nc dia egli in luogo alcuno il modo di comporgli ■ La onde per jbdisfare <ì eiafelino, gli deferiuerò Antidoto di qui io nel modo , che nel fecondo libro de gli antidoti gli mette l’un dopo l'altro Galeno ,cofi dicendo. Lanti, fingile deferii doto, chiamato di[angue, conucneuole a i ueleni, e t à i morft d ogni animale uelenofofì ja in quefio modo. Togli tona Gal. di pepe lungo, di pepe bianco, dicojìo, diacoro, di zaffarano, di ualeriana, di meo, di dittamo di Candía, (far*

moniaco, d'agarico,di ciafcuno dramme due : d’amomo, di liquore di balfamo, diferne di ruta faluatica, di cimino Ethiopico, d’anefi, di [angue fecco di anitra, di mafehio ciò c , cr difanina, di[angue di capretto, er di oca, di ferne di unioni Jaluatichi, di ciafcuno dramme tre : di gentiana. di trißglio, di fquinantho, d incenfo, di rofe fece che,di ciafcuno dramme quattrotdi pctrofclino,di polio di Candía,di ciafcuno dramme cinqueidi cinnamomo, drant, me fei : di fiori di fcordio ¡dramme otto: di mirrba,di [figo nardo, di cufcitno dramme dodici : di cafiia,dram­ ia me otto. Pcfta tutte quefte cofe condiligepza, er pofetafacciale fot tilmentc,er incorpora con tanto di quel me le, che fi porta a Athene,bene¡piumato,quanto ti baña : er riponlo poi in un tufo d’argento>er tifalo per medicina grande. Quello , che fi compone di sìtnchi, lo recita Galeno in queño modo. L ’antidoto, che fi chiama di stin­ Antidoto di chi , di Mithndate Eupatorio, che confirifce à i ueleni,er ad ogni materia, onero parte mortifera de uelenofi ani a ftinchi defcrìtto da Ga n u li, er parimente à i morfi mortiferi loro, fifa in queflo modo. Togli diflinchi, di fagapeno, d acoro, di uale* riana, di coñoj'hipérico, d’acacia, d’iride, di meo, di gomma, di ciafcuno dramme due: di rofefecche, digentiana, leno. di cardamomo,di ciafcuno dramme quattro, di opio oboli due : di ñirace,dramme otto : di polio,di cafiia odorataci fefeli, di bdcllio, di balfamo, di pepe bianco, di ciafcuno dramme cinque e r oboli due : di ficco di hipociftide, di opopanaco, di mìrrha, d.’incenfo maf:hio, di caftoreo, di pepe lungo ,d ic ipbi, di filio ,di ciàfiuno drammefeiidi feordio, difquinantho, di galbano, di ragia di terebintho, di ciaftuno drammefei er oboli due : di nardo Soriano, di liquore di balfamo, di tblafri, di dauco di Candia, di ciafcuno dramme due er oboli tre : di zaffarano, di gen* 1& geuo, di ciafcuno dramme fei e r oboli due : di fucco di radice dolce, d’agarico, di ciafcuno dramme otto er oboli tre. Fa macerare il cipht, l’bipociftide, il fagapeno, l’opio, laftiruce, er l'opopanaco in tanto di nino aromatico, quanto ti baña,fino à tanto che del tutto /i diffidano : cr tutto il rcfto pefiafot tilmente,er faccia con diligenza e r incorpora con le altre cofe già macerate nel uino : er pofeia componi ogni cofa con tanto di quel mele bene firn mato, che fi porta d’Athene, quanto tibifogna : cr in ultimo aggiungiui il liquore del balfamo, er [erbaio in uafo d'argento. di cui fi dà per uolta quanto pífano tolerare i patienti. QueÜi fono adunque i due antidoti lodati me* ritamente da Diofcoride, cr ferini per cofe ualorofifiime da Galeno. Ma fecondo che di[oprafu detto della thè Succedanei. & il loro ufo riaca, per mancarne affai [empiici, che ui fi conuengono ,nonfo come à i tempi noftri fi poteffero realmente coma, quando con- porre :fe già non uolefiimo ufare i ficccdanei, mettendo un femplice in cambio d’uno altro, come fogliono ufare uenga. alcuni medici, c r parimente frettali. liehe fe ben pareffe ad alcuno, che concedeffe Galeno, per haucte egli detto, ì © che mancandone il cinnamomo,fi può in fio luogo mettere la doppia quantità di cafiia; non però per queftofi può concludere, che fi pojfa fare il medefimo con ogni altro femplice, che ne manchi, come fi credono alcuni, che be tie non intendono Galeno, percioche neramente intende egli altrimenti ¡trattando di queftacofa al primo degli antidoti, cofi dicendo. Bifognami fare hora mentione di quanto in molti libri di medicina fi ritrouafcritto, del* la cafiia do è , che hauendofi bifogno di cinnamomo, c r non ritrouandofene ,fi può in fuo luogo mettere il doppio pefo di cafiia. Del che facendoji beffe Satiro mio precettore, diceua effere queflo una delle facetie di Quinto. percioche filena egli dire, che coloro, che commandano douerfi mettere il doppio pefo di cafiia, quando ne manca il cinnamomo ,fono fiutili à coloro, che dicono, che mancandone quel uino, che fi chiama Ehalerno, pofiiamo in tal cafo bere il doppio di quello, chefi tiende nelle tauerne : er cofi, quando ne manca l’elettifiimo pane, mangiare il doppio piu del [embolofo. Sopra al che determinando dico, che f i quefla facetia di Quinto s intendefilameli 4 ° te di unafola qual fi uoglia cofa, la quale uogliamo ufare, parmi ueramente ch’eÜa f u ineprenfibile : ma f i d’uno, cofa, che fi debba mettere in compagnia con molte altre, dico, che cotale opinione non è nel medefimo modo nera. Imperochefe di qualfi uoglia cofa, che fola ft debba applicare al corpo, come farebbe à dire il rhu, l affenz° » lin d e, la gentiana, oueramente qual fi uoglia altra femplice medicina, prenderà alcuno della manco buona in luogo di quella, che fi può chiamare ualorofifiìma, er l amminifiraraalcorpo, tanto di dentro, quanto di fuori, nuocerà fenza dubbio doppiamente. Ma fe infierne con molte cofe bifognaffe mettere alcuna cofa cofi ottima,che doueffe aumentare lefòrze dell’altre, mancandone in ciò quella, che ottimafía, dico, che non peggio farà per que* ño fufare il doppio di quella cofa, anchora che fi conofiaejjere manco buona, che habbia le proprietà medefime di quella, chefia della medefima fretie, oueramente natura. La cafiia ueramente è di tal forte propinqua al einnamomo, che qualche uolta fi genera di lei l'ìftejfo cinnamomo : cr tteggonfi alle uolte gli interi alberi di cafiia, da i cui rami pendono alcune uergelic di cinnamomo. Et però dico, che quefia cofa èfintile non al uino, 0 al pane, come diceua Quinto, ma aide operazioni della uitxnofira, in edificare cafe, in fabricare naui, er in portare, e r trasferire da luogo à luogo materiali di1gran pefo. imperoche in tutte quefte attioni della uìta tutto quello, che f i fuffè potuto fare dann folohuomo fòrte ¡eyrobuño , mancandone eg li,fi può ageuolmente effeguireda due, che menfòrti fieno. Q uefio tutto dijfe Galeno. Dal chefi può chiaramente conofcere, che il mettere ne i compo fiti un femplice per uno altro, non concede egli, fe non di quelli, che fono d una natura medefima, come la cafiia t e'I cinnamomo. Et però concludendo,dico,che peruerfamentefanno coloro,che altrimenti intendono la cofa. Lo* Antidoto di dò pofeia anchora Galeno al ii.hbrodegliantidotinon poco qucDÌaltro antidoto, che fi fa di bacche di ginepro, terra Lemnia e r di terra Lcmpia,cofi dicendo, Queño è uno antidoto,il quale prefo per boccata l’buomoflcuro da i ueleni. Et deferirte da queñoufauailre Nicomede ¡quando chiamato dai fuoi magnati alle cene,fi dubitaua di ueleno. percioche prefo 60 Galeno. per aitanti, mangianiofi pofeia (ibi audenati,fubitoprouocalananfca>0‘ il uomito, dimoio che anchoraegli


Nel le ito lib. di Diofcoride.

747

efee dello Stomaco infime col ucleno : mafe ueleno alcuno non c nei cibi, nanfa alcuna molefiia, ne f i [ente di lui nocumentoueruno. Faffi in quello modo. Togli di bacche di ginepro, dramme due: di terra Lemma,dramme due er oboli due. Fa di tutto fottilifiima poluere, c r incorpora con mele, onero con olio , ty[erbaio :<yquando n haurai bifogno, danne la quantità d'una nocciuola alla uolta infieme con acqua melata. Et qucflo bafti per bora, quanto al methodo unìuerfde di tutti i ueleni. percioche de i particolari, er degli antidoti loro à i proprii luoghi qui di [otto ampiamente diremo. r e i u

g

Delle Cantarelle.

Cap.

I.

A ppaiono ueramente grandissimi accidenti in coloro, àcùi fono date datene i cibilecantarellc. Percioche fi fentono corrodere tutte le interiora, che fono dalla bocca alla uefcica:& par lo ro , 7 7 fiaCo ^oro kppiadi pece,ouero di cedria : intìammanfi nei precordi] dalla parte delira.- orinano ditficilmente, & molte uol te inficine con l'orina efee parimente fanguc. uanno perdi fotto radiature,come interuiene nella dìfenteria:tramortifcono,danno in anfiecà grande,diuentanouertiginofi,&

finalmente efeono anfanando fuori di ceruello. Nel che bifogna,auanti che cotali accidenti s’aumen tino, fargli uomitare,dando loro à bere dell’o lio , onero qual fi uoglia altra cofa delle già dette. Si fu bico che hanno uomitato affai,è neceflàrio far de i cridcri con brodo bene fpesfito di halica,ò di rifo, ò di trago,o di ptifana,ò con decottione di malua, ò di feme di lin o, ò di fiengreco, ò di radici dal thea,chiamata da i Latini ibifeo. Dopo al che fi gli dee dare à bere del nitro, infieme con acqua mela i o ta,accioche quelle parti,che anchora tufferò attaccate allo domaco,& alle budella, fe ne didacchino, & fene feendano al baflo.ma fe per forte,cofi facendo,non fi fpiccaflero.tl debbono medefimamente tirar Suore con i crideri, fatti co’l nitro,& con l’acqua melata. Dcbbefi pofeia dare à bere de i pinoc­ chi , & del feme de ccdriuoli, pedi infieme con uino,ò con palfo,ò con latte,ò con acqua melata,oue 10 grado d’oca liquefatto co’l palio. Dopo al che bifogna impiadrarc le parti infiammate con farina d orzo, cotta con acqua melata. Ma è però da fapere,che nuocono cotali impiadri,quando s'ammi» mitrano in principio: percioche eccitando il calore,fanno ritenere il già prefo ueleno, & confcgucr» temente palfare nelle membra principaliicomc che pofeia in fuccelfo di tempo giouino, per mitigare eglino,& lenire i dolori moledisfimi di cotali infiammagioni. Dcbbefi oltre à ciò ungere tutto’l cor po con qualche olio,che fcaldi>& pofeia mettere i patienti nel bagno à Iauarfi, acciochc aprédofi i po 5 ° r i, fe n’efcafuori per queda uia anchora tutto quello, che di nociuofulfe attaccato nelle propinque parti del corpo.Nefi deelafciareintal cafo di tentare ogni forte di euacuationc; acciocheilnocumé to non fi confermi,& non fi dabilifca. Mangino i patienti carni di galline,di capretti,& porcclletti te neri, & grasfi, cotti però infieme con feme di lino, percioche i cofi preparati non fidamente foluono 11 corpo,ma fpengono,& ingralfano marauigliofamente l’acutezza del ueleno.Beuano oltre à ciò copiofamente del uino dolce. Gioua in tal calo il tor per bocca la corteccia dell’in « n fo , Si la terra Sa­ mia, chiamata ader; togliendone di ciafeuno quattro dramme con uino palio. Giouaui anchora il pu legio poluerizato,& beuuto con l’acqua:& cofi l’olio rofado,& Tirino,beuuti con la decottione del­ la ruta: & i tralci teneri delle uiti,pedi,& beuuti con palio. Ma piu di ciafcuna cofa fono in ciò ualoro fisfimi gli antidoti beuuti al pefo di quattro dramme con acqua melata. 4°

Che cosa fieno questi piccioli animali,chiamati uolgarmente Cantarelle,dicemmo noi ii>[opra [ufficiente mente nel fecondo libro. Et peròfuperfluo[arebbe il tornar qui a rinarrarne l'bistorta. Sono di fuanatura,per ejjere calde nel quarto,er [ceche nel fecondo ordine, uclenofe, ulceratiue, er corrofìue. Hanno proprietà parti* colare di nuocere alla uefcica,ey parimente alle uie deU’orina. il che nonfolamentefanno elleno prefe per bocca,ma molte uolte applicate difuori ne i uefcicatorij : er mafimamente quando fi fanno in luoghi propinqui alla uefcica, oucramente cofi grandi (come interuiene nelle fciatiche)cbe occupano affaifratto di carne. Ei però tra i molti acci denti, chefi caufano da effe ( come dice Diofronde ) il piu manififto, e’I piu graue è il nocumento, che tUe fanno alla uefcica : come che fe nefenta il dolore di lungo per tutte le interiora, per ejfcre elleno ulceratiue, er uelenofe: con la qual maluagità ulcerano,uefcicano, er ifcorticano tutte le uie, per cui pajjano. Il chefa, che non ci dob* 5 o biamo marauigliare, fe fanno orinare il fangue, ulcerando, er corrodendo le uenc ,0-fealle uolte (come ferino * no alcuni famofi moderni ) fanno apoflemare la uerga, i testicoli ,ilputtinecchio, e'I collo della uefcica. Dal che fìcaufa pofeia,che non orinano i patienti, fé non gocciolando, con dolori, er anguflie intolerabili. L ’odore, er parimente il fapore, chefentono nel palato, er nel nafo fimile à quello della pece, er della cedria,da altro ueramente non procede,che dal uapore degli humori adulti nello fìomaco,et nelfégato dalla intenfa caldezza loro. nella quale adustionefanno una certa commiflione, la quale acquistafacuità propria $infettare il guSto, er l’odorato di cotal fapore. Infiammanfi i precordij dalla parte dejlra : percioche ¿affando la malit ù loro ulceratiua piu prefto nel figa t o , che nella milza, caufano quiui, er non nell'altro precordio l'infiammagione. Fanflgli accidenti della difente* ria,facendo ufeir per di fitto le rollature delle budella : percioche quelle, chefendono dallofiomaco al baffo, ulce* rano, er ifcorticano tutti i luoghi, ch’elle toccano. Caufafi il tramortire, er l’anfietà grande, parte per il do* é o lore , per l'ardore, er per l’infiammagione intolerabile, er parte per la facuità uclenofa, che fi ritroua in lo* ro : la quale rifluendo ,e r infettando gli fririti uitali, debilita tanto la uirtù del cuore, che ne feguitano a* gcuolmente i fuddetti accidenti. Diuentano uertiginoft, anfanano, er parlano cofe fuor di propofito i pa* Kr z tientiz

Cacarelle, & loro ueleno.

Caufedegli accidenti.’


74-8

Difcoríl del Matthioli

Cantarelle & *lenl:l : perciochc imolti uapori uelenofi , chefileuano daglihumori,che fi diffoluono nelle membra inferiori, fu* cura del loro mano uerfo'l ceruello, er ¡’ infettano diforte,che corrompono lo intelletto,i frentimenti ,c r lu ragione. Ma ue* ueleno. nendo alla cara, debbefi principalmente ( come dice Diofcoride ) procurar di tirare effe cantarelle fuor del corpo

co i uomiti, i quali Fun dopo l'altro freffe uolte far fi debbono con le cofe ampiamente narrate di fopra nel prologo da Diofcoride, c r parimente da noi : cr futilmente co i cnñeri acuti. perciochc tirato che fia il ueleno fuor del corpo, ageuolmcnte poi fi rimedia a gli decidenti. Fatto adunque qucfto ,bifogna pofcU attendere al nocumento caufrtto nelle membra interiori già infiammate, ulcerate,!? [corticate;!? máximamente alla uefcica,d cui per propria natura piu ntiocono, che ad ogni altro membro interiore. Il che fi fa con le cofe frigide, con le uifeofe,!? con le untuofe infierne. perciochc le frigidefrengono l’inßammagione, er mitigano i dolori : le untuofefi cantra* pongono dirittamente alla acuità del ueleno : er le uifeofe, attaccandofl per Finteriora,non fríamente fanno rima* nere la uirt 'ude i rimedi ne i luoghi offefì ; ma difèndono parimente le membra ,àcu i non è penetrato il ueleno. Il perche fi loda in tal cafo il figgere del latte humano dall’iflcjfe mammelle, L'inghiottire il burro fatto di ¡refio : la iiiucillagine del ferne del pjiäio,ey di quello delle mele cotogne, er della maina : il firopo uiolato, il nenupharino, e r quello che chiamano di papauero : il fucco della procacchia, della lattuca, de i cedrinoli,cr delle zucche : il lat* te del fané del papauero, de i melloni, de i cedrinoli, delle zucche, de i cocomeri,che altri chiamano angurie, cr della lattuca, canato con acqua di uiolc, ò di radici d’althea, ò d'halicacabo : le cui reffe bacche, che fi ritrouano ferrate nelle uifciche, inghiottite fino al numero di dieci, ouero dodici, prima diffoluie in acqua di procacchia, oue ro in acqua etorzo, fono in queflo cafo rimedio prefentaneo, cr molto ualorofo. Lodaß in ciò non poco Folio deh le mandorle dolci,beuute al pefo di meza libra : cr piu di quefro,ilfatto di pinocchifrefehi : cr molto piu d'amen* due queñi, quello chefi caua dalle granella del papauero bianco. percioche quefto, oltre al giouamento, che porge con la grajfezza fita,ha pofria proprietà particolare difregnere le infiammagli, l'acuità del ueleno,cr di mitiga* re ogni acuto dolore. Lodano alcuni l'acqua, fatta per bagno delle radici d’althea,della maina,!? delle zucche fre* fche : per hauere proprietà particolare di fregnere gli ardori dell’orina, cr di leuare le infìammagioni interiori. Alle budella ulcerate poi fi foce orre co i rimedij iflefri, che fi conuengono nella difenteria; facendo de i crifieri con brodi grafi, cr feuo di becco, ò di ceruo: c r parimente con olio rofado omphacino,lattato con acqua di piantagine, ouero di procacchia . Rimedialià i uapori,chefumano al ceruello con le medicine cordiali,c? theridcali, tolte per bocca, la cui poterà fia di prohibiré la putrefattone de glihumori: cr parimente con le infu fiotti de i fracchi , ex empiañri frigidi, applicati fopra alla commißura coronale della teña, cr allafronte. Ammazzafi la malitia del ueleno (come dice Diofcoride) congliantidoti piu famofì,come fono la theriaca,c'l mithridato : ouero(come feri* ue Galeno al r x Aeüefaculta de i[empiici, parlando della cerra Lenmia ) con quello antidoto da noi fcritto di fo pra, che fi compone parte con effà terra, cr parte con bacche di ginepro. Vanno oltre à ciò in tal cafogiouamcn to grande le epitime cordiali,!? le untioni appropriate:!? maßimamente con Folio noñro contra i ueleni,ferino di Controuerfia fopra. Rifirifce Galeno al fecondo degli antidoti di mente d’Afclepiade, che il proprio rimedio delle cantarelle tra gli Arabi, fono i piedi, crle ali loro, compoñc con mele in modo di lettouario,lambendo inghiottite pian piano. Il che toccò & i Greci. egli parimente aÜ'x i .éeüe faculta de i [empiici,come di fopra nelfecondo libro di capitolo proprio delle cantarelle fu da noi ne inoftri difeorfìnotato. Qucño medefimo ( togliendolo per auentura da Galeno ) afferma parimente Aetio al x l i x .cap.del x i u .libro, dicendo, che i piedi, crle ali delle cantarelle, beUute con puffo ,fono in ciò piu ualorofo rimedio di qualfi voglia altra medicina. Ma in itero per effer cofa piu preño fofrettofa, che altrimenti ( quantunque fia pero da crederla à Galeno ) non è accettata da molti. Il perche non battendone io fatto mai effe* rlenza, non voglio ne dannare cotal rimedio, ne manco uituperarlo. come che tenganogli Arabici per cofa certa, che tutta la malignità uelcnofa, che hanno le cantarelle, fia nel capo, ne i piedi, cr nelle ali loro. Et però contra quello, che nefcrittono i Greci, quando le pongono ne i medicamenti loro tanto interiori, quanto efieriori, co» mandano efrreffimente, che f i tronchino loro da prima il capo, le ali, cr i piedi. quantunque fia da credere,che male habbiano intefo la cofa >e r la uera opinione d'Hippocrate, come commentandolo fcriue Galeno all’ultimo libro d’amminiñrare i cibi ne i morbi acuti. Pur come fi fia,ho uoluto qui recitare le opinioni cFamcnduè queñe parti,accioche poffa ciafcuno giudicarefecondo ilfentimento fuo. Benchéfempre fia ñata mia ufanza,cr mio cofia* me dilafeiarefiare diparte le cofe litigiofe , c r [off ette: cr attaccami fríamente à quelle, che chiarißime,!? li quidißime nefono. Lodano oltre à ciò alcuni uolgari Faceto, affermando per cofa certa efferc egli rimedio pre­ fentaneo contra le cantarelle. Ma non però fo io affermarlo : percioche non ricrouo, che fia alcuno antico, ne manco moderno, che tal prerogatiua gli conceda. Appreffo à queño,non fríamente fi foce orre allo incendio dell'orina, cr alle infìammagioni delle parti naturali co i rimedij, che fi danno per bocca ; ma con quegli an­ chora , che s’amminifirano di fu o ri. Et però dico, che fi dee ungere il pettinecchio, i teñicoli,e? la uerga,quan do fono infiammati, con Folio rofado omphacino, co'l uiolato, col nenupharino ,c? con quello anchora , che fi fa di quei frutti chiamati baifammi ,cr caranzi, di cui frememmo nel quarto libro nel difreorfo della ulte nera. Mettonfi parimente dentro per il canale della uerga con lafirìnga delle chiare dett’uoua, lungamente sbattute infie me con gli olij fuddetti, oueramente con quello che fi ¡freme dal freme del papauero, ó confucco di procacchia, ò di frempreuiuo,ó di lattuca. Giouaincio anchora Ufare un bagno mucillaginofro didecottionedi radici d'althea,di figlie di malua, difiori di uiole, difreme di mele cotogne, di pfillio, difiengreco, d’orzo, t ? di fiondi di iufrquia* mo, crfarui pofreia freder dentro i patienti fino al bellico per due, ò tre bore di lungo. Fatte tutte quefte cofre, per confumare ogni radice,che ui fuffe rimafra, per fortificare le membra già offefre, cr leuar uia ogni mala compleßio ne di quelle,è ueraméteficurißimo rimedio il torre per piu,!? piu giorni continui due uolte il giorno und oncia per uolta deÜ'infrafcrittQ lettouario diffoluto,ó con latte di dorma,ò d'afina, ó dì capra ; di cui quefta è la deferittione. : ■ . Jì •' Togli

19

IO

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6o


Nel icftolib. di Dioico ride.

745»

Togli di pinocchi mondi, onde tre : di noce f Indiafrefca, onde due : di pidacchi,oncia una e r me**: di [c iu d i melloni, di zucche, di cedrinoli, di cocomeri, d i p t e r o , di nudua, di ciafcuno meza onda : di corteccia dUncetm Lettouario , & Tua defcric f o , dramme tre :di perle, di coralli,di [andati bianchi, di cia[cuno dramma una er meza : di[ucco di liquiritia,dram none. medile : di bacche di ginepro,dramma una : di gomma Arabica, onda una er meza : di terra Umilia,dramme[ci: difucco di bacche ahalicacabo, di procaccia, di ciucino oncie[ei : d'infufìone di molende otto : di macinatine di [ente di cotogni, fatta con acqua di mole, onde [et :[tropo uiolato, di nenupharino, di quello di papaucro, di ciascuno oncie dieci. Ei di tutte quede co[e con ogni diligenza fecondo che l'arte richiede ,[ ì [accia unletouario in buona forma : er uflfi, come di [opra è flato detto.

10

De i Bruchi de pini.

Cap.

II.

S F. c v 1 t a , fubito che fi fono bcuuti i Bruchi de pini,non poco dolore nella bocca,& nel pala­ to. Inhammafi grandemente la linguaio ltomaco,& il ucntrc:&fannofi dolori acutisfimi nelle bu* delladimodo che par difentirfi rodere tutteleintcriora.ognipartedel corpo abbrufeia di caldo;& fentefi unfaftidio intolerabile. N el che uagliono tutti quei rimedij,che ficonuengono nelle can tarcllc. M a deefi in ciò priuatamentc ufar 1 olio,che fi fa delle mele cotogne in cambio del commuue,& dell’inno.

Delle Buprefti.

Cap.

III.

IN f E t T a non poco il gufto di coloro,che hanno prefo le Buprefti, un fapore puzzolente, li­ mile al nitro : & fanfi nello ftomaco , & nel corpo non folamentcgrauisfimi dolori; ma fi ¿ronfiano anchora i patienti.come intcruiene à gli hidropici.diucnta la perfona in tutte le fue parti humida : & ritienfi l’orina nella uefcica. Al che fi foccorre con gli iftesfi rimedij,che fi danno nelle cantarelle.Óltre al che,fatte che fieno le euacuationi co’l uomito,& crifteri,fono gioueuoli i fichi fecchi, ouero il uino della loro decottionc. Ma paiTando il pericolo,fono in ciò non poco appropriati i dattoli che fi ci portano da Thebe,mangiati coli fcmplici,ò triti, & beuuti con uino melato,oueramente con lat te. Giouano dopo quello le percdiqualfiuoglia forte, mangiate n ei cibi ;& parimente il latte humano beuuto. 3®

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elie evpresti parimente de i Bruchi de pinifu afufficienza narrata di[opra l'hifloria nel[e* tondo libro . Q aedi adunque,come che beuuti, ò prefl altrimenti per bocca, caufìno alcuni accidenti affai diuerfl da quelli, chefanno le cantareUc ; nondimeno ricercano la cura medeflm con quegli iflefli rimedij.quantunque hab biano anchora efli alcuni rimedij particolari, come nel teflo diligentemente n’infegna Diofcoride.

Della Salamandra.

Cap.

IIII.

B e v y t a che fi fia la Salamandra,s’infiamma la lingua : impediteli l'intelletto,& la loquclaiuen gono tremori, triftezza, paure,& debilezzc grandi: diuentano oltre à ciò alcune parti del corpo tut4 ° te liuide: le quali, reftando il ueleno, finalmente fi putrefanno,&cafcano in terra. Giouano in ciò i rimedij iftesfi, che furono detti nelle cantarelle. Come che particolarmente fia in ciò conueneuole, & appropriato rimedio la ragia del pino,oueramente il galbano comporto con mele in forma di lettouario : & parimente i pinocchi triti,& beuuti con la decottione del chamepitio:& le frondi dell’or tica,cotte con i gigli,& con o lio . Gioueuoli ui fono anchora l'uoua delle telluggini marine, oucramente delle terreftri ; la decottione delle ranocchie, con cui fieno cotte inficme le radici dell’iringo. N o n foiamentc auclenano le Salamandre, di cui recitammo l'hifloria di foprane! fecondo Ubrojbeuute fecche Salamandra, in polucre, oueramente mangiate ne i cibi ; ma mordendo, comefanno le uipere, gli affidi, er ogni altro mortifero & Tua ueleno ferpe : er parimente infaliuanio con la bocca, & imbrattando con la muciUagine, la quale loro rifuda per tutto'l fa natura. 50 corpo, f herbe, er i flutti, che caminando calpeftano. Onde fi fono ritrouati alcuni, che mangiando herbe, ò frutti infilzati del fio uelcno,fc nefono morti rniferamente. Et però differo alcuni fumofi moderni, che qualche uolta fi fono mone le famiglie tutte intere : per bauer beuuto dell’acqua di qualche pozzo,oue caminando le Salamandre ui erano dentro cadute : er parimente per bauer mangiato del pane flato cotto in un fórno con legna infaliuate, cr infettate da quefti pefliflri animali. Veroc chenonmì pare da dare molta fide a colloro, non offendo ueleno che il fuoco non fuperi ned’abbruciarlo. Ma ben piu predo m'accodarci io aRafcrittura di Plinio,il quale a l n i 1.capo del x x i x.libro, non diffe altrimenti che giàfujfero morti alcuni,per hauere mangiato pane cotto ne i forni[calda* ti con legna infettate dallefalamandre ; ma per hauer mangiato una corteccia di pane, la quale arreflendofl alf io * co hauea tocco un legno,fipra al quale lafalamandra haueua podo il piede,cofi dicendo. Tra tutti gli animali uele* nofì c neramente graniamo il nocumento della falamandra. Imperocbegli altri trafiggono unfolo, ne piu d’uno 60 inficme ammazzano'.per tacermi quello che fi dice, che dopo l’homicidto perifrono di confeienza cotali uclenofl animali, er che la terrapiu notigli riceue. Ma la falamandrapuo ammazzare tutto unpopulo imprudente, impe rochefefe nefole fopra uno albero, può infettare tutti i frutti delfuo ueleno,cr cofi ammazza chife li mangia con

3

lapotenza


7

) 0

Difcorfidel Mattinoli

,

la potenz* frigida : nel che èfintile all'aconito. Immo che toccando co'l piede alcun legno,con cui s’drroftifca una crolla di pane, fa il medtfimo effetto £auclenare: cr parimentecafcanlo in qualche pozzo d’acqua. Et però non t marauialia, fe toccando la fuafaliua qua l fi uog Ha parte del corpo, ancbnra che toccale follmente la piu baffi par te del piede, faccia cafcare ipeli in ogni parte della perfona. Quefio tutto della Salamandra dijji' Plinio. Induco* ■ no ( fecondo che nel x 1 1.libro nftrifce Actio )con il lor ucleno lefrlamandre, oltre k gli accidenti'ferini da Dio*feoride , affai macole bianche per tutto’! corpo : le quali, diuentando in breue tempo roffe,cr pofeia nere,fanno ca Salamandra , fcar via tutti i peli della perfona . La atra adunque di cotal veleno fi fa (fecondo D iafon ie) con gli ifiefit rime* ■ Secura del fuo di),chefi danno per le cantarelle. Il che par però ad alcuni-, che non poco ripugni alla ragione. percloche effondo ■ Heleno. il ueleno dellefrlamandrefrigidifiimo, e r humidifiimo, cr quello delle cantarellecaiidifiimo, e r (ècco ; par ucra* mente non effere per alcun modo cdnfcntaneo, che gli ifiefit rimedij, chegiouano all uno, giouiiÀparimentc all al* tro . Al che credo,che realmentefi poffa rifondere, che quando dice DioJ'coride; Gioivano in ciò i rimedi) ifitfii, che furono detti nelle cantarelle ; intenda egli folamente de i rimedi) uniucrfrli, ciò è di cattar fuori il ueleno dello forn ico, cr delle interiora co’l vomito,cr co i criteri, er parimente di [occorrere alle virtù del cuore conia thè riaca,co’l mithridato,cr con ciafcur.o altro ualorofo antidoto, che uniuerfrlmcntefi conuenga in qual fi uoglia ite* leno. Conciojla che nel capitolo delle cantarelle,primo cr principale di quefio fefto libro, g lifi necejfrria cofr di narrare il methodo uniuerfrle,per non batter fempre in ogni capitolo che feguita, k narrare una cofr medefima. Et però rimette qui egli i lettori al capitolo delle cantarelle. Auicenna dice,che la cura medefima fi-ricerca nella Sai lamandra tolta per bocca, che ficonuiene ncU'cpio, per effere amettdue di frigidifiimo temperamento. Ver il che fare loda non poco latheriaca, il mhhridato,la ragia del terebinti.-o, lafiirace, le fondi del cipnfjo, e'l ferne del* Stellioni , & [ortica. Ma battendomi le Salamandre ridotto k memoria gli S t e l l i o n i mortiferi animali, non fa* loro hiftor.& ccndofiiie da Diofroride mentione alcuna, non uoglio in ciò mancare, di non dirne l'hifioria, er parimente in che elìàmin. modoJi ripari al nocumento del lor ueleno. Ma che animale fieno] i neri Stellioni (quantunque la volgare, er pi« commune opinione tenga, che fieno quelli, che noi chiamiamo R amarri, er altri chiamino RaCani, altri Liguri, c r altri Lucerti ) non fo io utramente determinare. percioche Vlimo al xxv.er x x v i . capo dell x i . libio dice, che gli Stellioni fono di figura fimili alle lucertole, er che non hanno fungile, & che fono di natura quafi fimi* li k i chamekonti : percioche uiuono di rugiada, c r di ragni, Il che dimofira maniffHamente, che non fie* no gli lidiioni, cr i ramarri una cofr medefima : percioche i ramarri mangiano naturalmente le chiocciole, le cavallette, le quali noi chiamiamo frlrelli, er altri chiamano locufte, le cigale ,.t grilli, cr fimili animali, appref fo k quefio hanno conuenientemente [angue nelle uene, er fegato nelle interiora, cr è animale molto beniuolo al* l'buomo. A cui ( come fi legge in Vlimo al x . capo del x x v . libro) del tutto fono contrari) gli fleBioni. Oltre k ciò ( come nel luogo medéfimo dice pure egli ) Hanno,cr s inuernano gli Stellioni ne i pertugi delle cafe, er maßi* miniente nei cantoni de gli tifici, cr delle fineitre,cr parimente nelle camere, cr nelle fepolture. doue nell'ufcir fuori fi prendono con te trappole tejfute di canne la primauera, per bavere la foglia loro, di cui fi fgtifriano o* gniamioin quel tempo, come fatinole ferpi, uirtìt ualorofifihna contrai mal caduco : percioche e lor coftume di mangiacela, come loro efee da dojfo. Il che anchora arguifee, che gli Hettionì fiano non poco differenti da i rimani : percioche queflife nefiatino in campagna per le Jìepi, cr per le macchie : cr quelli fe ne /lamio per le ca * fe ,cr nellefepolture. I /cheJapendo ben Diofroride,diceva,che chi teme di ueleno,pro curi di far di tal forte la fra cucina,che dal palco,¿dal tetto twnpoffano cadere nelle pignatte, ¿altri uafi.fcorpioni, ne ragni, ne Hcllioni. Che fieno olirei ciò queHi animali in Italianefa. teftimonio Annotile al x x i x.cap. dell' v u r . libro dell’biftoria de gli animati, dicendo,che in alcuni luoghi d'Italiafono i morfi degli {telim i uelenojficr mortali. Ma non peròfo io ritrovare con uero teffmarno,quali efiifìfieno. Se già non uolefiimo dire,che i neri Stellioni fuffero quelli, chef! ri trovano in Tofana nelle nofire cafr, cr mafiirnamcnte in alcuni pertugi delle mura apprefio tei ra, chiamati da noi Terrantole, di cui dicemmo di fopra nel fecondo libro al capitolo della fiepa, onero lucertola Chalcidica. perciò* che quefio animale è fìmile alle lucertole , c r uiue di ragni come dijfe Plinio ne ¡luoghi predetti. A rrotile al 1. capo del ix. libro delihifona de gli v.imali dice,che fono gli Helhoni nel dorfo per tutto macchiati come di Helle, dal che per auentura hanno prefo il nome di Stellioni. In Tofcanaperfaperfi che fono 1 lor morfi tielencfi, er mor tiferi,contefi ritrovano,frbito s ammazzano. In Soria (per quello che io modo) fono quefte T errdntole abonian* tifiime nelle cafe, cr Hanno volentieri [opra i camini. Vane neramente fono le fretie di cotali animali, parlando in genere delle lucertole,de i ramarri,de i chameleonti, degli film hi,de i crocodili, degli fiellioni, cr delle frlaman* dre : imperoche in ogni frette di queflife ne ritrouano de i differenti l’un dall’altro di grandezza, Cr di colore. Et però non è marauigha ,fr in alcuni bofehi paludofi £ Alamagna fi ueggono caminare lungo le publichc Hrade le Sa* ¡amandre tutte nere di ¡opra,come un velluto,cr fiotto alla pancia rojfr. Et fienei contado di Goritia, in vdine,cr altri luoghi della patria del t'rioh nelle ßffe dell’acqua fi veggono di quelle,che hanno coda d’anguilla,moftaccio ton dotfchena nera, cr pancia tutta piccherata,di rofiifiimo colore. Come anchora fi ritrouano gli (linchi in Italia in alcuni laghi in quel di Vicenza piccioli, cr neri,molto difilmili da quelli, che fi ci portano d’ Aicffandria. Et come parimentefi ritrouano in Arabia le lucertele lunghe ungombito : nel monte Nife d'india lunghe ventiquattro pie* di,di diuerfi colori : cr fimilmentc in una deliifio'e Fortunate,chiamata Caprai ia, di molto grandi, cr in grandifii* ma copia. Rimediaft k i morfi degli Stellioni con la theriaca,co’l mithridato,cr con altri antidoti, i quali confi* S te llio n i, & rifrono uniuerfalmente k i ueleni ,c r k i morfi uelenofi. Mettonfi fiòpra i lor morfi con non poco giouamento gli r im e d i) à i lo [carpioni triti. Et però molto uidebbe conferire il nofiro olio de gli feorpioni ,di cui di [opra habbumo fritto. r o m o r ii. Ma doue haueffe alcuno mangiato, ò bcuuto quefio animale, è primamente neceffario di prouocare il uomito, cr di fare de i criäeri, cr poi [occorrere al cuore con gli antidoti piu ualorofi. Scriue Vlinio,chebecndofi U nino,in cui .A fi*

io.

Ì.Q

40

50

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N el lei to lib. di Diofcoride.

7^ 1

( * jnnf f ° un0 Stesone, fa diitentare tutto il corpo lentìginofo : et che però alcuni, che lutino m id ie <tÜub e l k z z f d alcuna donna, lofanno morire negli unguenti,con cuifogliano Ufdarfila faccia. Ma 4 ciòfi rimedia un* gendoji con moria di uouajnelc,ct nitro incorporati infime.

D ell’Ephemero.

Cap.

V.

S e n t o n o coloro, che hanno mangiato, ò bonito PEphemer o , chiamato da alcuni C olchico, ouero bulbo laluatico,un prurito in tutta la pei fona come fentono co!oro,chc fon pati dall’ortica, 0 c^e h *on feg ati con la cipolla fquilla.Scntono oltreàcio non poco rodimento nelle interiora : & 0 grauità grande con ardore intenlifsimo nello lìomaco. dopo al che,crefcendo il m aledicono flufsi di corpo con fangue, & raftiaturc di budella. Al che (I foccorre co i uomiii,& co i criltcri, come è ltato detto nella cura delia falamandra.maauanti che il uelcno s’impadronifca del corpo,bifogna dar b e rci 1pallenti la decottione delle frondi della quercia,delle ghiande ,ò de i gufei de melagrani mal maturi.Gìoua anchora il dare à bere del latte,in cui ila flato prima cotto il ferpollo : & giouaui pari­ mente beuuco con uino il fucco dell heroa chiamata fanguinale,o de tralci teneri delle ulti, ò delle ci me de i roui,ò del midollo frefeo della ferula, ò dei mirto. Conuienuifi anchora l’infulione fatta nel 1 aequa delle bacche del mirto trite da prima,& pofeia macerateui dentro. Il che opera parimente la feconda,& lottil corteccia delle caftagnc,beuuta cruda con qual li uoglia de i luce hi predetti; Si l ori gano beuuto con la lifeia. 1 anto in tal calo e appropriato per bere il Jattcd’alina, onero di uacca,& pariméte per tenerlo in bocca,che haucdoli copia di quello,non la bifogno di cercare altri rimedij. Ch e c o sa f u l’Ephcmero Colchico dicemmo noi difopra nel quarto libro .Lacur.t de! quale trattò Dio* feoride qui cofi ampiamente, che non ritrouo alcuno de ifuoi [uccefo n , che altro piu di lui ne dcjcriua. faccìanfi adunque i uomiti, et i crijkri ordinari]:cr ufinjì pofeia ifuoi rimedij particolari,er mafimamente il latte a aßtu, c r di uacca :non tracciando però gli antidoti, ckeuagliono contra tutti'.i ueleni.difopra da noi piu cr piu notte ricordati. Ma perchefi connumerano anchora tra 1 uekni gli Attacardi, di fòrma non molto difiimih da quejìo c* phemsro Colchico, quantunque quelli nella loro efierior corteccia non poco nereggino,cr quejìofotta il fuo fot* tile intuglio non poco biancbcggi:cr parimente la Staphis agria,non molto dagli anacardi lontana ne i tempera* mentifuoi, le cui Inßoric dicemmo di fopra nel primo,cr nel quarto libro ; non hauendonefatto Diofcoride me* 3° moria alcuna, cr effendo tutte cofe, che generalmente s’adoperano da i medici ne i medicamentifolutiui, mi par* rebbe ueramente hauer mancato della folita diligenza,à non batterneJcritto, trattato, cr narrato i propri] rime di] , chefi gli conuengano. Mafimamente ckejpcffo accade,per ignoranza d'alcuni medicafri, che non fanno pur leggere, non che medicare,i quali danno cotali medicinefolutiue ad occhio,fenzi pefarle, ne correggerle ,che in corrono i patienti in graniißimi trattagli, cr horrendi accidenti ; onde fe con le cofe appropriate nanfe gli foq* correffe, ageuolmcntefe ne morrebbono ¡cornee già auenuti 4 molti. Gli a n a c a r d i adunque, quando jl beuono,ouerofi mangiano, fanno non poco incendio nellagola,cr nel gorgozzule, cr cofi parimente nello foniac o , infiammando tutto l corpo, cr generando la fèbbre. Caufano oltre 4 ciò parahfia in alcune membra del cor* p o , cr corrompono lo intelletto ; percìoche con l’eccefiuo calore, che pojjèggono,abbruciano l’bumor malinco * nico. La cura di questi fi f a , dando à bere, pofeia ch e f fon fatti i «omití, cr i crifieri, dell'olio delle mandorle 40 dolci, di pinocchi, di noci Indiane, di fefamo, cr diferne dipapanero : il che fa parimente il boturo tanto crudo, quanto cotto , c r i l latte di uacca copiofamente beuuto. Conuengonuifi anchora tutte le cofe untuofe,comefono brodi delle carni graffe, il difirutto del corpo, ò dell’oca, le ceruella,c; le midolla dell'offa:per hauere cotali co* fe untuofe amplifmafacultà{comc in piu luoghi s’c detto ) diftegnere l’acuità, c l firuorc a ogni calido ucletio, Giouanuimirabilmente tutte le cofe frigide ai natura, & parimente infrigidate per arte. Et però lodò molto A uicenna il latte di uacca acetofo, l'olio uiolato, cr la ptifana d’orzo ; ma però che fieno tutte quefte cofe infingi date prima col ghiaccio,oueramente conia neue. Ma la loro theriacd, ouero antidoto proprio fono le noci em ù* ni,er parimente i pinocchi abbruftiti. La s t a p h i s a g r ia poi (come poco qui di fopra dicemmo) peref* fer molto calda, cr aduftiua ,fa qtiafì i medefimi accidenti, che fanno gli anacardi, cr le cantarelle, abbruciati* do il palato, il gorgozzule, inducendo uomiti eccefiiui, rodimenti dijìomaco, cr parimente flußi jìmili à i difinte 50 rici : dopo al che ,fe prefio nonfigli foccorre,frangola,cr ammazza. Et però facendo ella di fra propria natura molto uomitare, bifogna diligentemente uedere, f i infierne co i uomitife ne fie ella del corpo : il che non ricromn dofi ,fi loda il dare à bere dell’olio delle mandorle dolci con molta acqua melata, facendo caminare i patienti per co. mera : perdockefuol queño rimedio tirarla ualorofamente per uomitofu o ri. Debbonft oltre àciò fare icrifte,rì piu uolte da noi ricordati, acciochefe parte alcunafuffe fiefa nelle budella,fi poffa con quefi 1ficuramente cauare, Tut to’l refio della curafi fa pofeia,comefu detto nelle cantarelle,non lafcianio gli antidoti u n im fili.

Ephcmero, & cura del fuo nclcno.

Anacardi ,& loro acci dui ci,Hi cura.

i

D elD oricnio.

Cap.

V f.

B e v v t o che fi fía il Doricnio chiamato da alcuni folatro furiofo, rapprefenta fubito al gufto un •60 fapore di latte : dopo a! che feguitano continui finghiozzi.humidità di lingua , fputi di (angue,& di=> fpolìtioni di corpo con rafliaiure di budella, come luole accadere nella di lentcrìa. Nel che, auanti cheinteruenga alcuna di quefte cofc,giouano i rimedi; predetti,ciò è , i uom iti, i criftcri, & ciafcu-

Staphis .1-

griajSt fui)»« cimiento, cura.


7 J2

Difcorfi del Matchioli

na altra cofa, la cui poteftà ita da cacciare fuor del corpo il ueleno.Sono oltre à ciò particolarmente in tal cafo gioueuoli l’acqua melata.il latte di capra.il umo dolce beuuto tepido infieme con anefi, le mandorle amarc.i petti delle galline cotti & mangiati.& tutte le fpetie delle gongole tanto crude, quanto arroftite. Conuengonuifi anchora i gambari,& lelocuftc marine,& parimente i lor bro­ di beuuti. . Fv d e l Doricnio à bafianza detto da noi di fopra nel quarto libro. Ne però è da penfare che una cofi me* lcno Cn& >fua àefimafia il Doricnio,el folatro furiofo:pcrcioche per due diuerfi capitoli l'un dopo l'altro nsfcriffe Diofconde. efl'am. Et come che diceffe qui egli, che fono alcuni, che chiamano il Doricnio Solatrofurtofo, non lo dice affermatiua* to S 1 ma mnte > che c°/‘ 'lo chiamano alcuni : à cui, cofi dicendo, piu prejlo contradice,che altrimenti. Ma è ben uè* niacoj&fuoi ro , che il Solatro maniaco, ouer furiofo, fa à chi fe lo bcue ( come ferine Diofcoride nelquarto libro) accidenti nocuméti, & quafifimilt à quelli del Doricnio. percioche data la radice al pefo d'una dramma, infettando lo intelletto ,gli rap* cura* prefenta diuerfe cofe gioconde : ma duplicandone il pefo ,fa jlare in eflafl per tre giorni continui : et finalmente ammazza, quandofe ne beue il pefo di quattro dramme. 1/ rimedio di quello è il bere dcWacqua melata, per ecci * tare il uomito piu et piu uolte. Tutto queflo del Solatrofuriofo diffe Diofroride nel luogo predetto : quantunque qui tra i ueleni non nefaceffe egli mentione alcuna. Et però direi io, che tutti i rimedifehefi conuengono nel Doricnio, fi poteffero fìcuramente dare in queflafpetie diSolatro. Auicenna chiama il Doricnio uua di uolpe, ne altro di piu di quel, chefcriuono Diofcoride, et Paolo,u’aggiunfe egli ( come che affai inettamente ) per la cura del fuo.ll perche non è dd partirfi dalla curafcritta dtt Diofcoride, et da quello,che fermeremo al capitolo ddl'opio.

Dell5Aconito.

Cap.

io

VII.

S v e t t o che fi beue l’Aconito, fi fente nella lingua un fapore dolce con alquato del coftrettiuo: & nel procedo poi, quando fi uoglionoleuar in piedii patientUorcaufauertigini, lagrime, grauità nel petto,& ne i precordij, & fa tirare infinitifsime petta. Nel che è neceflario di tirare il ueleno fuor del corp o, co i uom iti, & co i criilcri. D opo al che è falutifero il dare à bere co’l uino dell’aflenzo, l’origano, la ruta, il m arrobio, la decottionc dclFaiTenzo.il fcmprcuiuo, l’abrotano, la chamelea, e’I chamepitio.Giouaui parimente il liquore del balfamo,beuuto al pefo d’una drama con mele, ouc ro co’l latte infieme co’l pari pefo di caftoreo,di pepe, & di ruta con uino. Dafsi oltre à ciò il caglio 3 ° del capretto,della lepre,& del ceruo:& parimente la fpiuma del ferro. Daisi con utilità fimilmente à bere il uino, in cui fia (lato fpento il ferro, l’argento, & Foro infocati. Giouaui la decottionc del* le galline cotte nella lifcia>& nel uino -& parimente il brodo delle carni graffe de i buoi beuuto co’l uino. Dicefi,anchora che particolarmente il chamepitio ui fia molto gioueuolè. Aconito ueQ v a n t v n q v e fieno gli Aconiti (come di fopra fu detto nel quarto libro)di diuerfefpetie, ciò èpardaiian leno, & lua che, licoólono, et cinodono,che rilicua {Zangolatori di leopardi, di lupi, et di cani ; nondimeno ricercano tutti efl'amin. uncl cltra medefima. Rifirifce \ctio, oltre a quello, che nefcriue Diofcoride, che coloro,che fi bcuono la « conito, dopo alla dolcezza,et ag rezza , chefentono nella lingua, fentono parimente amaritudine : dopo al che fi gli coftringono le mafceìle, et gli fuccedono morft, et rodimenti, di ftomaco. A l che quando prefio non fi 4° [occorre, feguitanpofeia, facendo gli occhi torbidi, & fxnguinofi, tremori in tutte le membra del corpo, con enfiagione uniuerfale, come accade à gli hidropici. Per la cura adunque di queflo,deefifeguire con ogni diligenza l'ordine, er i rimedij, che gli attribuire Diofcoride : percioche cfficacifimi fono, ne piu ne ritrouo appreffo A c * tio, ne Auicenna. Scritte il Conciliatore Pietro d’Abano nel fuo trattato de i ueleni, che l’aconito fi cura,beuen* dofl due dramme di terrafigiUata con l'acqua calda, er procurarepofeiafubito il uomito : dopo al che uuole egli , chefi dia à bere con uino, dottefia fiata cotta la radice della gentiana, la theriaca al pefo di due dramme. er tiene, che la fua uera medicina,er principale antidoto fia la radice deU’ariftolochia lunga. Ma ricordandomi io, chefi SciI la ueleno connmer<tno ^ j He/fm, \e Scilie cattiue, la fiammola, il Seme dell’ortica,& dellaferpentaria; non mi è paruto ffLm Tocu- fuor di propofito trattarne in queito luogo. Et però trattando prima delle s c i l l * , dico,chefene ritrouano di cattiue naturalmente ueknofc, er parimente di buone per l'ufo della medicina. Quefte nuocono, quandofe fo menti. ne mangia piu del douere-.er quelle con la maluagitàdel ueleno, chepoffeggono,anchoracheinpoca quantitàfl mangino,come parimentefanno anchora i fònghi. he uelenofe SciUe adunque (fecondo che fcriue Mefite, er altri dellafetta Arabica)nafconofemprefole in luoghi puzzolenti, et fporchi, et appreffo alle acque de bagni. Ei pe­ rò cerchino i diligentifiimi jfctiali d’ufar di quelle, che nafeono accompagnate, che fieno nelfapore infiememente dolci, amare, et acute, et che habbiano le lamine loro fptendenti : percioche in quefte non fi ritroua malitia alcu• na di ueleno, ne poffono nuocere al corpose già nonfe ne mangiajfe oltre al douerc. Et però trattandone Auiccn* natrai ueleni alla vi./rn del quarto libro, cofi diceua. ha Scilla cattiua ouèramente il troppo lungo tempo ufat la buona,ulcera lo fiomaco, le budella, et parimente le uie, che tirano al fegato. Ondefi cauftno prima punture , et dolori acuti nelle interiora ; dal che poi ageuolmentefi caufa la difenteria. Et peròf i cura lafua maluagitk acu* ta fcorticatiua, beuendofi latte, nel quale fia flato fpento dentro l’acciaio infocato, et mangiando le tuorla dell’uo 6 o ua cotte nclCaceto, cibi ¡fritti, brodi grafi, boturo crudo, et piedi di uitelli, et altre cofe conueneuoli ; come piu diffufamentefu detto nel capitolo delie cantarelle, doue ricorrer fi dee per la cura della Scilla, percioche quelle

cofe;


Nelfeftolib.diDiofcoricie.

/))

cofe, che fon conuencuolincUc medicine acute, cr ulceratine, quitti copiofamenteferittemmo. Nonfa minori accidenti la f i a m m o l a , di cui dicemmo di[opra nel quarto libro, trattando della clematide. Perciocbe Fiammola,& fiu maligni­ per cjjerc, oltre alla uclenoftta, che poftede, calda nel quarto grado,utfeieatiua, cr ulceratiua ; cavia ardor prati* tà, con i rime diurno nella gola, nello /torneo,cr nel corpo,J'ete intolerabile,ficeità di linguagrandifima,fiorticameuto dtbudèl d i ; . la,w ardore tntenfpimo d orina, di modo che tanto[conica profóndamente alle volte i luoghi, ch’ella tocca che orinano ipatiénti purismo[angue con intolerabile dolore. A l chefi[occorre, fatti prima i nomiti, cr i crìfitri, c o l dare à bere latte di vacca infieme con copiojo botatofiefeo]: cr parimente il dar l’olio delle mandorle dolci, deipinocchi, delle noci Indiane, cr del[ente del papavero. percioche ( come piu uoltes'c detto) la cura di que* ite cofe acute fi contiene nelle medicine graffe, cr untuofe. Vale oltre à ciò in tal cafo l'impiaftrarc la regione del 1 ° feguto conficco di lattuca, d’endivia, di procaccia, <facqua rofa, cr con[andati infufìin acqua rofa : cr il dare per l’ardore dell’orina le bacche deU’halicacabo,cr impiastrare le reni,il pettinecchio, cr la uerga, per far rista* gnare il[angue, con ficco di rofe, di piantagine,di poligono, cr di cinogloffa. Giovanni oltre a ciò i crifcri [atti di latte, di brodig ra fi, cr d'olio rofado inficine conficco di bacche di mirto, come piu ampiamente fudetto di [opranclle cantarelle. Calidifimo , c r uelenofo èanchorailfeme dcU'o r t i c a , c r mafimamente quello, Seme d’Orri c h e f raffembraalfeme del lino, ufato da molti nelle ueneree medicine. Et però efjendo egli defìinato all’ufo de gli c . i , & f u o i n o ­ c u m e n ti, c o n huomini, c però molto ben da auertire, che non fi dia in gran quantità, ne manco per f cfoto,ma compofto,cr cor l a c u r a . retto con quelle cofe, che poffonoffegnerc l’acuità,cr cahdita eccefitta,che pofiede ; comefono i pinocchi,lena* ci Indiane,le mandorle, le nocciuole, i pi/ìacchi, cr parimente ilfeme del fifamo mondo. Percioche quandof i to'* glie ilfeme dell’ortica in maggior quantità dì quello, ch ef richiede, confa (fecondo che allafettafin del quarto li• * ° brorifirifee Auicenna)non¡diamente tutti quegli accidenti,che caufalafatta, maparticolarmente unacontinua toffe. Et però f cura nel modo medefimo, che la falla : conte cheper ouuiareaUa toffe, uifìa contiamole l’olio delle mandorle dolci, ilfìropo uiolato,il giuggiolino, il zucchero candito, ilzticcharo uiolato, ipiniti, i diadra gantifrigidi, la ptifana dell’orzo con zucchero, c r altre cofe lenitiue appropriate. Rifirifce il Conciliatore Pie* tro d’Abano, che il vero antidoto delfinte dell’ortica, c il fiente delle mele cotogne trito,cr beuul o con acqua cal* da. T>icalidifima natura è anchora il feme della s e r p e n t a r i a : crperòbeuendofl,ò mangianiof nei cibi, Seme di Sercaufa agrezza,CT ardore,cr punture nella gola, c r parimente ne i denti,cr nellegengiue, infiammando uniuer* p c n t a r i a , Si falmente tutte le membra del corpo. A l c h e f [occorre,beuendofuò mangiandofì,il boturo frefeo. m aparticolari luo nule,con i r im e d i;. mente il fuo nero antidotofono ifugoli difarina £ orzo con pin itif con zucchero candito.

D el Mele Heracleotico.

Cap.

V ili.

R i t r o v a s i in Heraclia di Ponto, doue nafte gran copia d’aconito,un certo mele, il q u a l e man giato , ouero beuuto,non fa minori accidenti,che fi faccia l’aconito.Ht però tutte q u e l l e c o f e , che conferifcono nell’Uno » uagliono parimente nell’altro. Nondimeno è in ciò fciicifsimo rimedio, il dar continuamente a bere il uino melato,infieme con frondi di ruta.

40

D e l m e l e Heracleotico dicemtno di [opra nel fecondo libro quantofe ne richiedeva. N e i qual luogo difi M e |e Her.i fe Diofcoride ( quantunque in quello fc lo taceffepoi ) che fa cotal mele diventarefun ofl, crfidare coptoffima,-- d e d i c o , "& mente coloro, chefe lo mangiano : c r che fi cura il fuo nocumento,dandofà bere la falamuoia della canta Ma per fuoi accidéu. nonfi portare à i tempi nofiri in Italiamonfa bifogno darne qui altra cura, cr maf imamentefapcndof,che un me defimo ueleno è quefio, cr quello dell’aconito.

DelCoriandro.

Cap.

IX .

I l c or i a nd r o nonfi può afconderc per l’odore molto acuto, che pofsiede.Bcuuto adun­ que che fi fia,arrochire la uocc, fa ufeire dello intelletto, & direm olteuane,& dishonefte parole, come fanno gli cbbriachi: inducendo oltre à ciò in tutto’l corpo l’odore acuto,che elfo (Vedo pofsic de. Al che fi foccorre,hauendo prima fatto iuoroiti, con l’olio chiamato irino , come ne gli altri è flato detto, co'l dare a bere à i patienti il uino puro, ouero infieme con aifenzo. Giouaui parimente ,5 ° l’olio beuuto : & coli anchora le uoua,cotteui dentro aperte,& beuute pofeia liquefatte con la falamuoia. Conuienfigli anchora la falamuoia pura, i brodi delle galline,& delle oche ben falati:& fimil mente il uino pafifo beuuto con la lifeia. D i s o p r a nel terzo libro fu danai lungamente trattata l'hittoria del Coriandro : c r dimostrato, come s’ ingannino manifittamente hoggi tutti i medici,che danno il fuo feme confitto con zucchero,figurando la dot tri C oriandro, na Arabica, per riprimere i vapori, che afeendono alla tetta, c r per confortare il cervello. perciochefi uede ma* J^u“' leno mattamente, che Dio/:oride dice, chefa il coriandro tutto’l contrario. 11perche è da penfare, che alla rouer* ^ g! ; [eia intcndefferogli Arabi la cofa. Auicenna uuole, chefolmcnte il Coriandro verde, cr non i lf ecco habbia fa* Arabi. cultà uelenofa, c r iftupcfattiua, et caufi uertigini, furore , ebbriacchezza , et pazzi* •' et che il[ecco faccia tut 6 0 io’/ contrario. il che ne confentanco, ne ragioneuole mi pare : percioche quantunque nelfemeficco del coriandro nanfa tanto bumore, quantofi ritrova nelfrefeo ,, et nett’herba ; non però per queflo fi può ragionevolmente di« re, che non poffegga. fe ben meno ualorofa], là[acuità medefmajeomefa il feme del papavero,del \ufquiama,deU c 7 ..Ct (a cicuta»


7 y4

Difcorfldcl Mattinoli

,

U cicuta, er d'altri infiniti. Et però fcìoccbezza grande mi pare, il credere, che ilfeme del coriandre operifec* co tutto l contrario di quello,che fa egli uerde. Il che fefuffe uero ( come s'imaginano alcuni )farebbe neceffario, che jl permutaffe ilfeme del coriandro in altra frette del tutto contraria allafui .Sono oltre à cio alcuni, che uo ■ tendo difendere , e r mantenere l'opinione degli Arabici, dicono, che fi leua uia al Coriandro il nocumento, che fa egli al cerueüo, con la preparadone, che figli fa con l’aceto. A l che ( fecondo il parer mio)nonfìpuo in modo aU cimo confentireipercioche,quantunque le preparationi, che fi fanno nelle medicine, frengano alquanto iacutez* Z a , cr malignità loro; non però lepoffono elleno permutare inmodo alcuno, che operino il contrario di quello, che auanti alla preparatone operauano per natura. Quanto poi li ricerchi aHa cura del fuo nocumento, ritrouo Cenando ^ , Quello,che ne ferine Diofconde, che molto ui confrrifce la theriaca, bcuuta con ottimo uino : er che il fuo cut*"0' proprio antidoto è quella pianta conofciuta, er uolgare,che chiamano Vincitofico, di cui facemmo mentione di ì o Copra nel terzo libro al capitolo dcll’afclepiade. Alla rochezza della uoce, che fi caufa da effo ,ftfoccorre co i gargarifmi appropriati,er con le cofe pettorali. Et al difturbo del cerueüo, f i rimedia con lefretie del diamofcho, della diandra,cr etaltri medicamenti fimili capitali,cr parimente con le cofe cordiali.

D elPiìliio.

Cap.

X.

I l p s i l l i o beuuto,infrigidifcetutto’I corpo, inducendo una certa pigritia ,debilezza,& triflezza.che pare che gli fpiriti, ¿1 uigore tutti fi yifoluano in fu m o. Al che fi foccorre co gli iftefsi ri« medij del coriandro. io .....

,

il

p s i l l i o

,

er parimente ilfio feme.il quale è infrequentiamo ufo nelle fretiarie( come dicemmo difo*

ueleno' cóla pra nel quarto libro)è notifi imo, cr conofciuto.Quefto adunque beuuto, induce oltre àgli altri accidenti detti da cura. ’ Diofcoride,ferramento difiato,gonfiamento di corpo,cr finalmente tanta anfietà di cuore, che molte uoltè tramor

tifeono con freddo[udore ipacienti. La cura di quefto è principalmente difar uomitare, ufare ì cr iter i, dargli antidoti uniuerfali.cr far tutti i rimedifteome dice Diofcoridejcbefi conuengono nella cura del coriandro.

Della Cicuta.

Cap.

XI.

M a n g i a t a , ò beuutachefi fu la C icuta, offufea tanto la uirtu uifiua degli occhi, & genera eoli fpelfe uertigini, che non lafcia difccrnere alcuna cofa. Induce dopo quefto linghiozzi, anfana- j o m enti, pazzia,& frigidità grande delle parti eftreme del corpo. & finalmente, ftringendo il fiato nel la canna del polmone,fc ne muoiono i patienti ftrangolati,& ifpafimati. Il perche nel principio (co­ me s’è detto ne gli altri)fi dee cauar fuori del corpo co iuom iti :& p o fc ia c o i crifteri,acciocheanchora quel tanto,che fe ne fufle fcefo alle budella, parimente fc n'efca : dopo al che è cofa ueramente utilifsima il dare à bere piu & piu uolte copiofamente purifsimo uino. Giouaui il dare piu uolte à be re il latte d’alìna,ouero di uacca.’oueramente l’aiTenzo con pepe,& con uinorò il caftoreo con la ruta, & con la menta,beuuto con uino : oueramente una oncia d’am om o, di cardamomo,& di ftirace : ò il pepe co’l feme dell’ortica,beuuto nel uino ; ò Je frondi del lauro, finalmente ui gioua il lafero dato con olio,& con uino paiforoueramente il uino paifo puro largamente beuuto.

c

. f DELLA Cicuta dicemmo l’hMom di[opra nel quarto libro, c r parimente come piu in un luogo, che in uno ueleìlofa n i- altro nafea ella uelenofa : cr però non accade piu qui à ridirlo. Mangiata adunque cheflfia ,fa ueramentefeome tura. dice Diofcoride)occupando UnteUetto^infmare,far pazzie,& perder la uifla.ll che ho io piu uolte fenfatamen* te ueduto, Ne lungo tempo è paffato , che zappando in una uigna un uiUano lauoratore del fignor Giouanni dalla Hiftoria d’ai T o m wc(n0 a[ caftello di Goritia,ritrouò alcune radici di Cicuta molto belle :c r credendo/!, cbefujjeropaftina* cunicaii. che,fele mangiò la fera cotte ( percioche diquarefimacra)infieme conlamoglie. Dal chefucceffe, che [uè* gliandofi la notte,& ritrouandofi del tutto balordi, leuatifì anfanandofenza lume, cr uolendo caminare per cafa, fi percoffero di forte nelle mura la tefla, la faccia, c r gli occhi, che la mattina, per il tumore grande, cr per la nerezza del [angue corfoui, parettano borrendomi mostri. A l che effendo io chiamato, c r inueftigando dagli altri di cafa quel,che la pajfata notte mangiato haueffero, ritrouai efferefiate uere radici di cicuta. Percioche là , oue quelle canate haueua il uiUano in compagnia d’altri lauoratori,ne ritrouai alcune altre radici,che già comincia uano à mettere fuori le fo n d i . Et cofl conofciuta la cofa, gli ridufii in breue tempo nel/olito intelletto. come che affaifuffe piu lunga la cura delle percoffe, che del ueleno. lngannosfl anchora injleme con tutta la fuafamiglia nel modo medefimo nella città di Vdene una nobilifimagentildonna da Coloreto, hauendo prefe le radici della cicuta^ nell’borio in cambio di radici di bietola. Et già conobbi unfrate di fan Erancefco, che diuentò pazz° Per molti mefl, per bauerfene mangiate le frondi in cambio di petrofeUo co’l pefee. Et però guardifi ciafcuno da limili er* .. r ori. ■ Lodò in quella cura Actio(oltre à quello, che ne fcriue Diofcoride ) il bere con uino il fentè dell apio, la no^fz fuTcu- radice dell’iride,cr il fefcli Mafiilienfe, ouero il nitro beuuto con affai dequa. Lodò oltre à ciò, lo [caldure tutto ra.* il corpo, c r mafimamente i precordij : cr accioche quello fi faccia uniuerfalmente, uuole egli , chefi coflringano ipatientià correre,w ifealdarfi. Commenda il Conciliatore Pietro tf Abano in ciò molto la theriaca dataalpefo di due dramme,cr beuuta con la decottione del dittamo : ouero il pari pefo della radice della gentiana, beuutd co’l uinojffermndo effere quefto il uero antidoto della cicuta.


Nel iefto lib. dìDiofeoride. Dello Smilace oueroTaflo.

Cap.

/i f

XII.

Lo s m i l a c e , ilqualechiamano alcuni tithimalo, chiamano] Latini taflo. T olto quello a* dunque per bocca,intrigidifce tutto il corpo, ilrangola, & finalmente ammazza in breue tempo.Al che,fi conuengono gli ilteisi rimedij della cicuta. N on solamente auelenailTofio, di cui dicemmo l'hiftoria difopra nel quarto libro, gli htiominì, che [e lo mangiano,o ne beuono ilfucco ; ma anchora tutti gli animali quadrupedi da Corneggiare, che non ruminano ■ T ì n° come ¡ano tc<tua!li,i muli, CTgli afini,cr altrifilmili. come che uoglia P lutarcho nel terzo commentario dei Cuoi ¡ ¿ H ” [imposi], che non f k uelenofo il Tuffo, fe non quando, effendo egli pregno d’humore, già comincia à fiorire,

ita *

DtJJe, trattandone Diofcoride difopra nel quarto libro, che tanto in N arbona è tielenofo il tuffo, che dormendo* u i, o fedendoui fiotto alcuni aU ombra, s ammalano, cr atte uoltefie ne muoiono. Il che(fecoitdo che rifvrifce Vii* tuo al X. capo del XVI.libro) dijfie Se&io ìntcruemre parimente m Arcadia : cr che in H/Jfiagnafiono le fitte bacche mortifere : cr mortif r i par mente in trancia i bariletti, oueramente i fiafichi, chefi fanno per portare il nino per h mandanti, del legno del tuffo. Nafcono i Tufi alberi coptamente per tutte le montagne del Trentino cr ifpetialmente in quelle di Furne > cr della ualle Anania, nelle gran fiche de gli abetine i p ezzi >de ipini , c r dei larici . Doucfio io per cofiacerta ( quantunque dicano alcuni, che non ammazzi il tuffo ,fie nongli animali,che non Z0 ruminano ) che molti buoifin e fono morti per bauerlo mangiato. Et però i uiUani del paefiefogliano dire, quando ne ipafcolidelle montagne s'ammalano i buoi, che fi debba hauere auertenza, che non habbiano mangiato il Raffio (percioche coftlo chiamano:) fiapendo eglino molto bene.effer loro mortifero. I fruttifici fono quiut parimenteue lenaf i , come che non del tutto mortiferi, percioche mi ricordo hauer curati alcuni bofe lucri, e~ pallori,che non conoscendo la maluagità loro, tirati dalla dolcezza delfapore, fegli hautuano mangiati: dopo al che ejfendo ca* fiati nella fèbbre,cr nelfiuffo del corpo, Rauano affai male. Ma panni però oltre à quello non poco da dubitare, Dubitati«»* fefia il Tuffo da connumerare tra le piantefrigide, ó tra le calidc. Dimoftrano manifrflamcnte Diofcoride,cr tutti intorno alla tfuoifeguaci, che fieno i temperamenti del Tuffo frigidi,uolendo, che i medeflmi rimedij giouino al tuffo, che alla dd cicuta. Il else veramente non mi contenta. percioche l'amaritudine, che fi ritrotta nellefue fiondi, cr parimente 1 nella cortecciaUo Ilare egli fempre uerde,crfiondata tanto di uerno, quanto di fiate, come fanno parimente i pi* n i, cr g li abeti, à cui molto fi raffontiglìa : la dolcezza , cr acutezza, chefi gufa ncìlcfue bacche: cril far que i fie dtuentar neri gli uccelli, che fe le mangiano ; arguìfce fenZa alcun dubbio, chefia il tuffo eccefimmente caldo. E t però fi uede manifeflamente, che cafcano coloro, che f i mangiano i fuoifrutti,per infiammarfi gli ¡piriti, e l fangue , nellafebbre, crnelfiuffo del corpo, fubitodopo al torgli .Sopra l che quantunque poteffe dire alcuno, che le febbri,cr iflufrifi generano in quefto cafo per uia di putrefattione,cr bollimento ¿¡¡tumori, come mteruicnc per lo mangiare de gli altri frutti frigidi della fiate, cr dell’autunno :cr che il color nero può cofi caufarfi dal freddo, come dal caldo ; dico però, contradicendo à quefto ,.che le notefuddette de ifaporì tanto delle frrondi, cr della corteccia, quanto de ifiu ti, cr parimente il tenere egli perpetuamente le fiondi, arguifee manifedamente , che cotali febbri,crfiufri fi generino principalmente piu per uia di infiammagione ( come interuiene negli anacar di ) che diputrefattione. Et dico appreffo, che fe la nerezza,che fi genera negli uccelli, che mangiano ì[noi fruì t i, procedeffe perfrigidità,[libitofe ne morrebbono : pcrcioch^la qualità frigida ccccfiua non induce nerezza, ** f i non mortificando le membra. ma non però cofì interuiene nella nerezza, ohefi caufa per aduftione, come ueggia mo negli Ethiopi. Questo adunque ho uoluto dire io, non per contradire alle opinioni, cr à gli feruti di coji gto* riefi autori ; mafolamente per recitarne l’opinion mia, cr per auertircgli altri, che f òpra ciò decadendo confidi* rino, cr penfino anchora eglino . Ma bauendomi il Tuffo ridotto à memoria l o l e a n d r o , chiamato da . , i Greci nerio, rododendro, cr rbododaphne ; c r ritrouando io , che Galeno con tutti ifuoifeguaci dicono , che '' non fidamente è il Nerio uelenofo à gli Immini¡ma anchora à gli animali quadrupedi, non mi c paruto(per efferne natura. Vltalia copiofa ) di poffare aitanti,fenza trattarne. Et come che,non forfèfenza ragione, dicefre difopra Dtofco* ride nel quarto libro , cr pannante nel prologo del prefente, che lefiondi, cr i fiori del Nerto giouano mangiati, ò beuuti contro l morfo delleferpi mortifere, cr chefia fermamente da crederglielo,per hauerne egli hauuto,cr ui fio iejfierienza, che non n’hanno uedutoforfè i fuoi pofleri ; cr che fi poteffe credere, che egli gioui in ciò ¡come ,5 0 contro à i morfi de cani rabbioftgiouano le cantarelle, cr gioua l’euph orbio beuuto alle punture deglifcorpioni ; nondimeno uedendofi, che Galeno infieme con tutta la caterua de Greci, cr parimente Auicenna con tutti uJiAra bici non accettano tal cofa, pormi però, che ragioneuolfio di non ufare à i tempi noftri l'Oleandro per rimedio de i morfi deficienti, hauendo noi altri infiniti antidoti in ciò ualoroflfrimi,cr fi curifim i.Et però flandò in quefto con Auicenna, dico,che l’Oleandro ammazzagli huomini, cr parimente gli animali:#» che, quantunque, fi prenda in poca quantità, fa anguftie intolerabili, enfiagione di corpo, crgrandifiima infiammagione.percioche è egli caldo c r ficco,inciftuo,cr ulceratino : cr non [olamentc nuoce egli beuuto, ò mangiatoria anchora esteriormente,fluii* dottifiotto all'ombra,òbeuendofi le acque dei fiumi, cr dei Ughi, nelle cui ritte nafte egli copiofo. Curafiiifuo n , nocumento, beuehdofi la decòttione del fiengreco, crmangiandofi daitoli, Ò ilfeme, cr lefiondi del uitice, ò he* jemT & ft^ Mcndofì la loro decottione. Conttengonuifi anchora i fichi [cechi mangiati co l mele,coi zucchero, oucro co’Lgiu rimedij. PO leppo, crfwiilmente lafapa, cr le cofegroffe, cr untuofe, non Ufi iondo difare i nomiti, cri crifteri, come in tutti gli altri c fiato detto. Loda in ciò il Conciliatore, ildiacaftoreo, d:to àbere al pefo di due dramme: cr pari* mente il pari pefo di bacche diginepro. Albero parimente uelenofo è quello, che chiamano uolgarmente,centra k


6

Difcorfi del Matthiòli

frf ueriti,in Italia Sicomoro, de i cuifruttifi fanno le corone de pater noRri. Di' queRofornendo Auìcenna atta v i f i n del quarto libro,lo chiana a z a d a r a c h t , cofi dicendo . hefiondi dell Azadaracht ammazzano

g li animali,& cofì parimente il fio legno .Curafi co i rimedij uniuerfali degli altri ueleni, ® particolarmente^ con la iRefracura dell'oleandro. Del che ho uoluto qui auertire il mondo, accioche alcuno inaucrtentemcnte non s’aue* lenape con effo. Mafc fuffe alcuno, che dubitale, che nonfuffe queRo albero t‘Azadaracht d'Atticenna, legga * finonomi Arabici del Bcluncnfe nel principio del uolume, ® c°flfipotrÀchiarire.

& cura.

D el fucco del Carpalo.

Cap.

XIII.

I l s v e c o del Carpalo induce bcuuto profondifiitno io t i n o , p i eft amento Gangola. Al che C foccorrecon gli iiefsi rimedij della cicuta. C h e c o sa Jìail Carpafo à i giorni noftri in Italia, à me neramente non è manifcRo : ne penf), che altri Carpalo, o* pìu di me nefappia. Percioche, quantunque qui tra i ueleni lo deferiueffi Diofcoride ; nondimeno non ritrouo, che pocarpafo, & £ . •ne •ci /.¿n } ,w c/,e alCUno altro tanto antico, quanto moderno,ne deferiua cofa aleuna:fopra’l che loro edam.

^ ^ C0„icttura di potere inuefligare, quale apprefio à gli antichifuffe il Carpafo. chiama Paolo Egineta il Carpafo ( togliendo da Diofcoride)nel quinto libro, Carpefia. il che hafatto credere a molti, che il Carpafo, la Carpefia,® il Carpefio , di cui dicemmo di fopra nel primolibro, fieno una cofa medefìma. Ma non è quello in modo alcuno da credere : percioche del Carpefio non fi ritroua ( comefi legge appreffo Galeno, ® Paolo )fe non che Ha delle ¡Refe facilita della ualeriana,® che non poco uaglia nelle compofltioni degli antidoti. Et però diceua Galeno, che Quinto lo metteua nella theriaca in cambio di cinnamomo,Rimandolo egli tanto, quanto l’elettif i* ma cafiia. Ma chi diceffe, che l'Opocalpafo, del qualeferine Galeno(ragionando dell'ottima mirrba ) al primo de gli antidoti per ueleno mortifero, fuffe una cofimedefìina con lOpocarpafo ,di cui ferine qui Diofcoride, credo^ neramente, che non deuiarebbe dal nero. quantunque nel primo libro delle compofltioni de medicamenti fecondo i luoghi narrando alcune cofe,chefanno i captili ricci: ® nel quinto, nella compendone di uno empiaflro per il dolore dei denti mafccUari ,faccfreegli mentione delficco del Carpafo,chiamandolo opocarpafo, ® nonopocaU p a fi, comc chiamò quello ebegiù fimefcoìaua con la mirrba nel primo libro degli antidoti. Non conofceniofiadunque in Italia,non è neceffario dire altro dellafia cura : perciochefarebbefatica del tutto uana,® inutile.

Dell'herba Sardonia.

Cap.

XIIII.

30

L a h e r b a Sardonia fi connumera nelle fpetic dei ranuncoli. Quella adunque mangiata, fa ufeir de! ferino,& genera un certo Ipafimo nelle la b b r a te par ueraméte,chc fempre ridano coloro, che fe la mangiano. Dal che trai uulgo è nato quello infelice prouerbio ; 11 rifo di Sardigna. Al che lì ioccorre, latti che fieno i uomitidando particolarmente à bere l’acqua melata, & copiofifsimo lat_ t e . Gioua oltre à ciò il bagnare,oucro unger tutto’l corpo con medicamenti calidi,e’l fare entrare i patienti in un bagno caldo,fattoinfiememéte d’olio commune,&d’acquatdentroalqualc fi debbon pofeia fregare,& ungere con ogni diligenza. Ma per dirne fommariamente, dico che la cura di quefta è quella iftdfa,che fi fa nello fpafimo. ^

Q v a l t r a le frette d ei Ranuncoli fia quelo, che per nafcere in Sardigna, f i chiamaherba Sardonia, di* chiaro à fuffìcienza Diofcoride di fopra nel fecondo libro. D i cuifcriuendo la cura Aedo n e l x i n . libro,non de & rime tiia punto aaU'inftituto di Diofcoride : imo che commentando egli queflo luogo, dichiara con quali medicamenti fi di) dia lua UC debba curare queflafrede di frafimo, per eficre gli frafimi di diuerjefrette : er però ricercaruifi diuerfe curatiom. lenofa natu- \lperche infogna egli , che fi a conueniettdfimo in ciò il caRorco, tolto per fefolo , oueramente beuuto inpoluere «• col uino dolce. Ma (fecondo chefcriue Pietro d’ Abano)la cura dell'Apio rifo(cofl chiamano i figliaci de gli Ara* bi l'herba Sardonia fri fa imbriacando i patienti con uini dolci potenti, accioche lungamente domano : ® il fio 'vero, er appropriato antidoto c il ficco della melifra, beuuto con l'aceto. Et perche non poco in curar lo frafimo (come fcriue Diofcoridefrono gioueuoli i bagni,® le ¡tufi,ftccianfì con le decotdoni di quelle cofe, le cui fono difcaldare,® di diseccare, di confortare,® di giouarefr edulmente a i nerui: comefono laflccha, f biffo* po,la filuiaflaruta, la betonica, l'biperico, il chamepido, lamaiorana, l'origano,il calamento, ilpulcgio, il dittamo di Candiaja camamillaja thtmbrd,l'acoro,lafrica Celtica,® la Soriana,l afaro,la ualeriana, il cipero, il rofmarino,® altri fìmili.Pacetanfi oltre a ciò le undoni alla parte poflcriore della tefla,al colo,® ala nucba,con olio di gigli,di caftoreo,di uermini terreflri, di cofro, d'bipcrico,® uolpino,® pariménte con l unguento arago*

tuo,agrippina,& altrilimili.

DeirHiofciamo.

Cap.

XV.

B e v v t o , ò mangiato che fi fia il H iofciam o, fa fare le medefime pazzie, che la ebbriachezza del uino : ma cede però ageuolmcnte il fuo nocumento à i rimedij. Nel che è molto conueneuole ° l'acqua melata copiofamente beuuta, & parimente il latte d’afinamel cui mancarpento fupplifce quel di uacca, ò di capra, oueraraente la decottione de i fichi fecchi. Giouanui oltre à ciò ipinocchi,e 1


Nclfcílo lib.di Diofcoride.

75-5

femé de i cocomeri, beuuto co’l uino dolce,chiamato palfo : il u¡no falato,beuuto con graffo di por­ co frefco,& uino paffo : il feme dell’ortica, & fimiimenteil nitro.beuuto con l’acqua Conferifceui la cichorea, la fenape, il nafturzo, le cipolle,le radici,& l’aglio,togliendo ciafcuna di quelle cofc co’l nino . dopo al che faccianfi npofare, & dormire i patienti,fin che fraaltifeano, come fi coftuma di fa re con gli ebbriachi. R i p a r a s i aUamaluagità del Uiofciamo ( dì cui ferìffe rhifioria Diofcoridenel quarto libro ) ageuolmcn* t e , quando pur fi poffono 4 tempo dare i debiti rimedij. Ma è però dafapere (comefcriue Aetio nel x 11 1 . libro) che molte uolte, oltre alle note preferitte, caufa egli/torcimenti di membra, debilezze di cuore, roffezza negli occhi, prurito, c r tremore tn tutto l corpo : cr uannofigutando 1patiniti di qucfto luogo in quello,aedendofian fanando, d’effere bastonati. E t però in alcuni luoghi delTrentino ( come, augnandone la ragione, dicemmo nel quarto libro) meritamente chiamano ilhiofciamo Difiurbio : percioche dìfturba egli neramente tutti i fentimenti del corpo. Scriffene tra i ueleni del bianco, c r del nero[epuratamele Auìcenna,cofi dicendo. Caufa il Hiofaamo bianco motlificatione di giunture, aposteme nella lingua ,friuma intorno alla bocca, roffezza,cr torbidezza negli oc chi ,/lrcttura dì fiato, uertigini,[ordita, prurito nelle gengiuc, er in tutto l corpo, ebbriaebezza, pazzia, phrenefia, epilefiia, er diuerfìtà di noci : percioche ragghiano alle uolte i patienti, comefanno gliafini,cr i muli, e r annitrifeono,comefanno i caualli. Uñero poi infrigidifce le membra efireme del corpo,off,ufea la uiftafa per dere lo intelletto, erpofeia ferrando la uia del fiato, frafima ,c r affoga. I quali nocumenti attribuirono Diofco ride, cr Paolo Egineta alla cicuta , er non a ll ufquiamo nero. Et però è da penfare, che quello fia ceri¡fiimo erro 1 re in Auìcenna,come in molti altri luoghi fi ritrouano poJH molti nomi di[empiici mefii [cambieuolmente l’uno in luogo dell’altro, i quali per breuità trapaffo. Oltre a ciò lodò egli per la cura del bianco gli ifiefiì rimedij, che fcrifje qui indifferentemente Diofcoride : er ampliandone pofeia la dottrina, propofe in ciò il mitbridato, er la thè riaca ad ogni altro medicamento, che darfi gli poffa. Per la cura del nero, fatti prima i nomiti, er i crifieri, lodò il uino purofrefje uolte beuuto, il latte di uacca, l’affenzo, il pepe, il cafioreo.la rutada menta,il lafero, le fondi er le bacche del lauro, la[apa, e’ifeme dell'ortica, la radice del lafcrpitio, il cardamomo, er la fiirace,dando eia* [cuna à quefte cofe co'l uino. Propofe appreffo à qucftofimiimente ladecottione della corteccia delle radici del moro, l’opobalfamo,beuuto co’l latte : er parimente l'impiagare[opra lo Stomaco, cr [oprai uentrc,h farina del grano incorporata con uino. Qucfto tuttofcriffe Auìcenna'. Oltre al che ritrouo alcuni[amofi moderni, che dan* no à bere per ficuro rimedio contra il Hiofciumo il pepe lungo alla quantità di due dramme : affermando piu oltre, 3° che il proprio fiito antidoto fono i pifiacchi, mangiati coptamente,

Della Mandragora.

Cap.

Hiofcianw,& lua uelenof* natura

Errore d’Aui cuma. H jofcùm i ue lenolì, & loro cura.

XVI.

L a m a n d r a g o r a beuuta.ò mangiata che fia,addormenta fubito, toglie l e forze di tutto’! corpo,& fa cofi profondissimo Tonno,che non è punto differente da quello,che fi caufa nella le t a r ­ gia. Al che, auanti che accaggiano quelle cofe, fi foccorre,prou ocando il uom ito, & dando fubito à bere dell’acqua melata,& pofeia del ni tro,& dcll’alfenzo con uino dolce,ouero palio. Gioua, oltre à ciò l’infonder foprala teda de i patienti olio rofado, & aceto.fc fuegliarli, & farli muouerc : & pa­ rimente odorare l’eupatorio, il pepe, la fenape, il ca(loreo,& la ruta, trite tutte quelle cofe, & infufe 4 ° nell'aceto : & fimiimente la pece liquida,e’1 fumo delle lucerne, fubito che fe ne fpegne la fiamma. & fe con quelli rimedij non fi fdormentano, faccianfi llarnutare co gli ilarnutatorij, & ufinfi tutti gli al­ tri rimedij conueneuoli. F v d e l l a Mandragora ferina,cr narrata thiStoria difopra nel quarto libro. Et però qui filamente di* remo de gli accidenti mortiferi, er pericolofì, che fi caufano dallafua radice, cr da ifiuoi pomi : erparimente del modo di(occorrergli, imperoche lafciando prolungare la malitia delfitto ueleno ,fenza ouuiargli co i debiti rimedij, ageuolmentefe ne potrebbe morire chife l’haueffe mangiata. Et però dico infierne con Aetio,che malagcuolmente fi può ella afeondere tra i cibi,ò tra le beuande, per bauere uno odore moltograuc, er faStidiofo, er effere al gufio amara, er difriaceuole ; er bifognare, chefe ne dia una certa prefiffa quantità. Nuoce oltre à ciò non poco, & fa 50 intolerabile molefiia, come che non ammazzile non con lunghezza di tempo. E il fuo nocumento (come ben difi• fe Diofcoride) fimile à gli accidenti, chefi caufano nella lethargia. percioche induce ella cofl profòndifiimo fomw, che quantunque chiamati ,fìfueglino i patienti .fubito fi raddormentano come infenfati. Nel che, oltre à i rimedij affegndti da Diofcoride, fi loda (fatti chefieno i uomiti ) il dare à bere il [eme de i coriandoli trito, c r parimente il ptdegio con i acqua calda, ò il foluerc il corpo con le medicine appropriate. Ma fedopo al uomito nonfìpoffono fuegliarc i patienti, diafl loro in tal cafo à bere l’origano con l'acquafiefea : percioche molto ui gioua quello rime dio. Vjìnfl anchora in tal cafo i crifteri acuti : le fregagioni fatte per tutto il corpo con pezze groffe : le uentofe di uetro meffe con fuoco nella parte poficriore della tefia, fopra lefrolle, cr fopra le natiche : ìeligature iolorofe fatte alle dita delle mani, er dei piedi : la poluere dell'elleboro bianco, meffa nel nafo per fare Starnutare : er pa* rimentegli empiaftriucfcicatorij, applicati alla parte poficriore della tefia , er dopo aU’oreccbie. percioche tutte ¿Q quelle cofe dimtifcono mrauigliofamente il nocumento del cerueUo. Oltre à ciò è da auertire, che Diofcori de comanda, che fi debbia infondere fopra la tefia dei patienti per ripercuotere il uelenofo Aapore, che ui afeen* de, olio rofado, c r aceto, U che pare fimiimente ,ebe conceda Galeno ( comejl legge al x m .libro del methodo)

Sf

nel

Mandragora, & fua ueleno fa natura

¡Mandragora ueleno &‘fuoi rimedij

Dubitatone intorno allo lio rofado.


7j8

Difcorfi del Mattliioli

nel principio principiante della lethargid .A lc h e confìderando/ì bene, par che non poco ripugni nUd ragione. Ef però Jiui’de, che Paolo Egineta, Actio, Alcffandro Trainano, eraltri imitatori di Galeno, conofcendo, che la le* thargia fi caufa fempre per Intmori eccefiiuamentefrigidi, al che f olio rofado, erl’aceto nonfi conuengono, fe non con pericola dìinfrigidare il membro maggiormente; trattando ciafcuno di quelli particolarmente della cura de, I lethargid,correffero, alterando quello opirhodino con caftoreo, con chamepuio,con pulegio,con nepita,con fem pollo, ercon thimo. Il che mi dimostra,che Galeno intendeffe dìinfondere d’olio rofado, er dìaceto la tefla in quel­ le lethargie,con il cui humorefrigido (conte molte uolteaccade )ftritrouaalcuna parte ibumore cholericofottile: il quale quifl fempre ¡infoine ne i primi giorni. Et però conflderi qui bene ciaf:uno, fcnel fonno,caufato dalla Man dragora.fr poffa cotal rimedio puro applicare, fenza compagnia di caftoreo,à dìaltro caldo medicamento, parendo mi,che ninna caldezza d'bumori per malitia d’ejfa Mandragora ui concorra : percioche molto laudabile cofa mi pa­ Pomi di Mi re il giocar di ficuro. I Pomi poi della mandragora, quantunque fi mangino da alcuni,quando fon maturi, fenza dragora. freme con ninno apparente nocumento ; nondimeno quelli, c h e f mangiano immaturi infieme co’l feme, cauftno uera mente mortiferi accidenti : ciò c, ardore intolerabik in tutta lafupcrfieie del corpo, e r (lecita gradifiima di lingua, e r di bocca, dal chefi caufa, che tengano i patienti la boccafempre aperta, tirando a fe l’aria frefea, che gli cir* tonda .A lc h e fe prefto non fi foccorrc,fe ne muoiono miferamente ffafmati : mafe con preftezza fig li fanno i ri medij conueneiioli, ageuolmente fi curano. He fi ritroua in ciò piu ualorofo, er inedito rimedio,che la theriaca di Andronucho.beuuta con [acqua percioche quefta libera in un memento da ogni moleftia. Lodò oltre alla theria­ ca,Pietro etAbano per le radici, per li pomi.cr per lo fucco della Mandragora indifferentemente, lo ftarfenza ma giare per un continuo giorno, il bere affai d'uno elettifiimo uino, er l'odorar dell’aceto co’l caftoreo : affermando pofeia,che il uero antidoto di tutte quefte cofe è il raphano domeftico, chiamato da noi particolarmente radice > mangiato per tre giorni co’l pane,er co’l f i l e . ma hauendomi i pomi della mandragora ridotto à memoria le n o * Noci Metti* c i m e t e l l E i di cui dicemmo l’hiftoria difopra nel primo libro, cr fapendo, che mangiate nonfolamente le, & loro ue per lor propria natura ammazzano t cani,ma anchora gli huomini ; non effendonefatto da Diofcoride memoria al* leno,& cura . cuna, non ho uoluto lafciar di dire, che accidenti elle facciano, cr con che medicine fi poffa oftare à i nocumenti lo r o . Il perche dico, che mangiate, ò beuute chefieno le noci MeteUe, caufano uertigini, roffezza, er feurità ne gli occhi,ebbriachezZdtO' profóndiamofonno, dopo al che feguita un fudor freddo, uero prefagio della morte ui cina. A l che fi (occorre,facendo uomitare i patienti con acqua calda,cr olio : dopo al che non poco ui fi conuiene il boturo, & parimente il bere affai d’un purifimo uino infieme con pepe »pirethro, bacche di lauro, cinnamomo , Cr caftoreo. Gioua anchor molto il far mettere à i patienti le mani,c? i piedi nell'acqua calda, cr futilmente f é * garli con pezze ruui de, accioche fi ¡caldino tutte le membra del corpo : le quali, fatto quefto, fi debbono ungere con olio di cofto, oueramente di noce unguentaria, chiamato uolgamente olio di Ben . Oltre à ciò è neceffario di far caminare.cr effercitare i patienti, acciochefi (caldi tutto il corpo : cr cibarli dopo aU’effercitio con cibigraf* fi, cr con uino dolce. In fomma è da(¡pere,che tutta la cura, che fi fa ncll’opio, di cui diremo nel feguente capito lo, fi richiede parimente nelle noci Mettile.

Del Meconio,& Opio.

Gap.

19

IO

XVII.

P r e s o che fiail M econio per bocca,caufa profondisfimo fonno,rifca1damento,& prurito in* tolcrabiÌe,di modo cheaumentandofj alleuoltela forza del ueleno,tanto crefce l’acutezza del pruri to,che fdormenta dal profondisfimo fonno i patienti:& féntefi oltre à ciò l’odor del medicamento 4® in tu tto ’l corpo. Curafi, fatti che fieno prima iuom iti, co i criftcri acuti,& co’l dare à bere l’aceto melato co’l fale,oueramente il mele con l’olio rofado caldo. Giouauiilberecopiofamente d’uno' clettisfirno,& purisfimo uino infieme con aifcnzo,ò con cinnamomo,oueramente l’aceto caldo per fe folo. Conuienuifi il nitro bcuuto con l’acqua,l’origano con la lifcia,ouero co’l uino pallori! fe­ me della ruta faluatica con pepe,con uino,& con panacea. Dasfi parimente il pepe con caftoreo à be re nell’aceto,oueramente nel uino,oue fia ftato cotto dentro fatureia,& origano.Bifogna appreffo à quefto fdormentare i patienti co gli odori acuti,& abomineuoli.& per lo pturito,mettcrgli in un ba gno d’acqua calda. Dopo al che non poco gioua il dargli à bere de i brodi grasfi con uino,ò con pai* io:8c parimente le midolla dell’oila diltemperate con olio. ì<j

Del Papauero cornuto.

Cap.

XVIII.

I l p a p a v e r o , chiamato cornuto, quando fi mangia, oueramente fi beue, fa gli accidéti me definii,che fa l’opio,& però fi cura egli co i remedij medefimi. O io Se tua N o n fi può cofl nafeofaménte ( comefu parimente detto delia mandragora ) dar l’o p ìo , oueramente il Me* uele'noCt na- conto tant0 nc 1 »fw#*» nefle medicine,che nonfi fenta il fuo abomincuolc odore;cr mafrimaménte per non nuo tura. cere eglifino alla morte, fe non fe ne toglie una certa quantità determinata. Et però rarisfìme uolte accade, che da

I

ì maluagi allenatori fi dieno, per paura di non effer difeoperti, quefti coft apparenti uelcni. Come che alle uolte interuenga, che ò per poca prattica de i medici,ò per negligenza, c r ignoranza degli ffe fiali, ¿per malitia d’alcu 60 ni,che fanno alcuni fonnifiri gagliardi per far dormire un certo tempo determinato,come 4 lor piace,che dandofì le medicine opiate in maggior quantità di quel, che porta la r e g o la ,v U ragione, cafcano ipatienti ne i nocumenti •ii (addetti


Nel lefto lib. di Diofeoride.

7

)

9

Mct ■*r*r+”*Ji!m frrs^nk&**••* / •«* • ¡™m** **& L La cioè, che cafcanoi ponenti,n profondarne forno , cr in unfreddo, cr prurito di tutto il corpo, di modo che per loflimolo di elodie uclte [ìfdormentano fenici l'odore deH'opio in tutte le pam del corpo.lt m a d id i [ L o *9 cafcuno, le labbra s "graffino , con continuiJbghiozzt , il tufof i torce,tutto il corpo diuenta pallido, M i e A fanno laude, i precord,¡fi dilacerano, f anhdito mane*, cr fa f i freddo, gli occhi s'annebbiano]er finalmente n i fee unofaafimo mortale. Nel che ualoraffim i fono i rimedij, che ne ricorda Diofeorideine piu diquelli ritrouo o 0;a „ i appresa gli altri Greci fypifucceffori. Come che lodi molto Auicenna nella curadeWopio ilifero , V parimente "«! & £ ' « 1/ caforeo .dopo al che afferma, non effere per l opto piu ualorofa medicina,¡che la thcriaca, lafagzcnca, cl mu «• ibridato co l nino ; e r parimente l’irritare del continuo i paticnti con gli flarnutatorij, c o l tirar loro la barba, er »capelli,con fargli odorare ilmufcbio.il cafloreo, il lafero, l'ambra, cr ilfumo del folfò:con unger loro tutto l cor po con olio di gigli, & di cefo , cr con ogni altro ingegnosi cui dicemmo nel precedente capitolo . E oltreaciò rimedio prefrntaneo nell apio, & « tutti i ueleni frìgidi,la noflra quinta ejfenza theriacaleM cui fu detto di fopra

ao f a( p y

no!ìr° lung° dlf eorf ° ’f 4tt0 fa ™ ^ o lo g o di quedofedo libro. Ne altrimentifi c u r a c i hauejfe tol•

DelPharico.-

Cap.

X IX .

Q v e u o , che chiamano Phartco, e limile nel fa porcai nardo faluatico. Quello adunque bcuu t o , induce paralilia, fpafimo, & pazzia. Ne] che, fatte le purgationi, fi dee dare à bere il uinodel1 alienzo infierne co 1 cinnam omo, Güeramente con la mirrila, ò con la fpica Celtica*» dar due dratn me di fpigo nardo con duq oboli di mirrha nel uino dolce: onero la radice dell’iride con zafferano,& con in no. oltre al che lì conuiene il far radere la tella,& applicarle fopra in forma d’impiailro farina d o rzo, ruta trita ,& aceto. • r * r ° VO, *lcunf > c u i f p o f f a cauarc,àfaperc,che cofa fuffe il Pharico appref . fio a gli antichi,ne anchofefuffefempltce pianta, ò compofto ueleno didiuerfe cofe. Ne ritrouo oltre à ciò,ondefa i l neramente derm toú fio nome, per ritrattare io di qaeflo diuerfe opinioni. Perciochefono alcuni (tra i quali r io Cam. Scboliaf e di Nicandro d. authonta di Praxagora) che dicono efer cofl chiamato,pereflcrneflato l'inucntlrePhari co federammo uenefìco : altri,per ntrouarfi in Pluride <fArcadia,onero di Laconia : c r altri, per hauere hauti*

** ~

r °nu ì'" i ^ heri> dl Thefliglu: I lf>er^ enonef t nio eZl i P‘ u neconofciuto,ne in confiderai,one,fuperfiuo farebbe il ragionarne piu auanti : non effendomi in animo difar lunghi difeorfl fopra cofe incerte. '

40

Del Tosfico.

Cap.

XX.

C reo e s i , che il Tosfico fia flato coli chiamato, per eiTer coilume de Barbari d’auelenar con eflo le iaette lo ro , le quali eh .amano toxeumata. Quello adunque beuuto che iìa.caufa infiam m alo nc nelle labbra,& nella lingua : & pofcia tanto furore, & pazzia, che non lì poffono in alcun modo te ner termi i patienti, per rapp refe ntarli al già corrotto intelletto diuerfe ¿macini,& chimere.il perche malageuolmente lì gli rimedia, & rare uoltefcampa dalla morte chi fe lo beue. E adunque necef* farlo legar prima i paticnti, & pofcia collringergli per forza à bere dell’olio rofado inlìeme connino dolce,& fargli uomitaremel che,per l’effetto medclimo,fi conuiene il feme delle rape beuuto c o i nino. Conferilceui fpetialmente la radice del cinquefog!io,& Umilmente il fangue del becco, onero della capra,tolto nel medefimo modo.Giouaui la corteccia della querelarci faggio,oueramente del 50 1 elice trita, &beuuta con latte : & le mele cotogne mangiate, ouer beuute pelle nell’acqua inficine con pulegio. Conuienuifi 1 amomo,& parimente il carpobalfamo.beuuti con uino.Ma è però da Tape re , che coloro, che ne fcampano il pericolo, Hanno dipoi lungamente come perduti nel letto •& fe pur fe ne leuano.utuono il rcllo del tempo,come infenfati. ^ N o n fio ritrouare io neramente ne qui appreffo à Diofeoride, ne à qualfi uoglia Greco autorete cofa fuffe Tosfco, & anticamente il Tofitco, di cui auelenauano t Barbari lefaette loro nelle guerre, acciochefìcuramente portalfc orni fua cflamfletta feco l* morte al nimico. Etperononfipuo,tfe nonmalageuolmente determinare,feài tempi n f a i f Ì n Z i i , o fi conofcad tafico mEuropa : effendo propriamente dati nominati Barbari da gli antichi quei populi, che habi* tana inEtbioptaUrcgwne clnamata Trogloditica. Ma nondimenofono flati alcuni de imoderni, tra i quali rU trouo il Maliardo da Ferrara huomo dottifimo,che uogliono,chel Tofico degl, antichi fì.t flato quello iàe(T0 uele no,che hanno chiamatogli Arabici Napello. La quale opinione dimodra ueramente hauere infe,à chi piu oltre no ha confiderai, qualche apparente ragione, percioche fi ritroua appreffo Auicenna,che del napello s'audenauano, pJobatÌ “ Sf

1

c r s'infri


7

6oDifcorfidelMatthioli Cr s’infittauano le [dette : chefa egli mangiato apoñemare Id lingua, c r le labbro. : cr che pochifiimi fono coloro

che lo mangiano, che [campino dalla morte. il che ¡i rit rotta[are medefmamenle il tofiico de Greci. Oltre a ciò il dire Auicenna , che la cura fifa confar uomitare i patienti co'l [ente delle rape, o con dar loro à bere igufci delle ghiande ; par che non poco fi concordi co i rimedij del topico. impcrochc Diofcoride lauda parimente per far ito* mitarc, il fcme delle rape beuuto con uino , er la[corza della quercia, delfaggio,& deR’elice, alberi che produco no tutte le ghiande. Le quali corrijpondcnze inducono altrui a credere, che una cofa medefima fieno il tofiico de I Greci, er il napello degli Arabi. Ma uolendofì diligentemente ruminare, er confiderai ben la cofa, nonfipuo, che cofi fia , ragioneuolmente determinare. percioche quantunque per le notefudiette paiano effere il topico, e’I napello una cofa medefima ; nondimeno tante pofeia fono le altre note,che tra l'uno,cr l'altro fi difeonuengono, che fanno cofi fòrti argumenti in contrario, che non fi puo,fe non giudicare, che fieno quefli maluàgifiimi ttcleni affai 1 ® l ’uno dall’altro differenti. Percioche prima nonfiritroua apprcjfo àgli Arabici, chefaccia il Napello cofi furioft pazzia,che bifogni legare i patienti,comefa il tonico. Del che poffofare io indubitata fide : percioche quelli due Corfi affafi int , che fi mangiarono il Napello in un marzapane (come >recitandone l'biñoria, dicemmo di fiòpra nel quarto libro al capitolo dell’aconito) quantunque dimofirajfero tutti gli altri accidenti fcritti del napello da A ni* cenna; non però incorfero in furore, ne in pazzia alcuna. Oltre à ciò dice Auicenna, che il Napello fa ufeire gli occhi fuor di luogo, caufa uertigim,[incopi, er dcbilczz* graniifilma nelle gambe. Del che non fi ritroua,che ne dicefife parola Diofcoride, narrando gli accidenti del tofiico. Vediamo appreffo a queño,dire Auicenna,che colo* ro,cbe guarirono del Napello, diuentano quafi fempre ò hettici, ò cpilentici. Il che non inter¡tiene à coloro , che habbiano prefo il Tofiico : percioche fcriue Diofcoride ,chefe pur qualch’unofbampa dal tofiico, uiue il refio del tempo, come ìnfenfato. I quali argumenti concludono,che non poca differenza fia tra l’uno c r Valtro di quefii. 1 9 Imperochc maggiori, er molto piu crudeli fono gli accidenti del tofiico, che del napello, come apparentemente fi Tojfico, & uede per quello, che ne fcriffe Nicandro nei fuoi alexipharmaci,con queñe,ó filmili parole. Accioche tu pofii cono fcritrida Ni- f ctre ' ^olori ^ Tofiico mortifero uelcno, c r accioche tu impari ¡I modo di curarlo,quando alcun huomo l'hauefifie condro. prefo ; [appi, che la lingua dell'attoscato s’ingrojfa nelle radici dellafua origine, le labbra s'ingrofifano, c r gli ¡fu * ti fono aridi ; le gengiue fi rilafiano nella parte di fiotto, cr muouonfiidelfuo luogo. Stupefai ffejfe uolte il cuore, Cr tutti i[entimemi f i perdono. Mughiano oltre à ciò i patienti,belano,cr ufeendo dell'intelletto, cr impazzendo, dicono infinitefauole,cr fandonie : cr dolendofi continuamente, gridano ad alta uoce,come fe fi uoleffe tagliar lo* ro la tefta. Piangono anchora gridando agitati dalla rabbia, urlanofuggendo come lupi, rimirano in trauerfo co me i tori,cr arruotano l'un con l’altro i dentifacendo lajfiuma alla bocca. Queftotutto fcriffe Nicandro. Olire à d o la cura del tofiico è differente affai da quella del napello. I mperoche io ritrouo, che Diofcoride cura il Tof* fico con l'olio rofado, beuuto co’l puffo, con la radice del cinquefòglio, co’l [angue del becco,cr della capra, con le mele cotogne, con l’amomo, cr co’l carpobalfamo. Et Auicenna cura il Napello c o l uino, col boturo,co'l mu= fchio , con la radice de i cappari, c r con quel topo, che fìpafee delle radici del medeflmo napello. tutte cofc uerame te non poco differenti da quelle,che per il tofiico ne ricorda Diofcoride : il quale nondimeno è imitato da effo Aui* cenna ne i rimedij de gli altri ueleni quafi di parola in parola. A l che confiderandofi bene non fi puofie non conclu­ derebbe fieno il Tofiico,él Napello di gran lunga differenti. Ne ripugnano a quefli argumenti le ragioni afiignaié di [opra infauoredel Manardo, percioche,fecóndo che apertamente fi uede in tutto quello trattato, f i ritrouano anchora de gli altri ueleni, che paiono, per la conformità degli accidenti, c r per curarfi l’uno co gli iñefii rimedij dell’altro, una cofa medefima : come fono la mandragora, il hiofeiamo, l’opio, cr molti degli altri. Ma ritornando al propofito, credo bene io, che nonfaUarebbe punto, chi dicefife, che fuffe il Tofiico appreffo ad Auicenna quello, 4 ° che chiama egli (quantunque incognito gli fuffe ) Tufom. percioche dice,che caufa quefio infiammagione \neUe lab* bra,cr nella lingua,alteratone nell intelletto,cr furiofifiima p a zzia . I quali accidenti fino quegli iñefii, che attri butfee Diofcoride al tofiico. il quale non credo,che fuffe ad effo meno incognito,che ad Auicenna : percioche fe no to gli fuffe ñato, nhaurebbe egli ferii to l'hiftoria nel quarto libro,doue fcriffe dellaltre piante uelenofe. Dimofìra cltra di quefio che il tufom degli Arabici fta il tofiico de i Greci, l’analogia del uocabolo corrotto : percioche Tu * Napello uel* fom non mi pare,che uoglia nlcuare altro, che Toxicon. Ma battendomi il tofiico dato occafione di ragionar del nò, & fuoi ri- n a p e l l o , parmi conueneuol cofa, cr per non preterire il nofiro ordine, cr per dare il modo di curarlo, ejfendo medij. eg¡¡ copìofo tn j ta¡ia, di feriuerne qui tutto quello,che in tal cura fi conuenga. Et però djco, per quanto ho ritroua to fcritto da gli Arabici,cr per quanto ne nidi già io in quei Corfifuddetti,beuuto che fia il Napello,fa quafi fiubi* to apoñemare le labbra,cr di tal forte infiammare,cr ingrojfare la lingua,che malageuolmcnte fi può tenere in hoc J O ca : c r parimente gli occhi di tal forte s'ingrofifano,che efeono non pocofuor della refidenza loro : le uertigìni, Cr iefincopifono frequentifiime,cr le gambe per la molta debikzza diuentano immobili : fafii dopo queño tutto l cor po Huido, cr gonfianfì tutte le membra. di modo che in breue[patiofe ne muoiono i miferi auelenati. Il che non è marauiglta : percioche tanta c la maluagità di quefio uelcno, chefe nel principio nonf i gli fanno i debiti prepara• menti,non fi ritroua antidoto,che gli pojfa refiñere : cr pochi fono coloro,che ne[campano,che non diuentino (co­ me habbiamo detto) ò thifici,ò hettici, ò epilcntici ; quantunquef i dicno loro ualorofifiimi rimedij. Dcbbefi adun* que uenire in tal maluagio ueleno con ogni prefiezz<t ulla cura,facendo prima iuomiti ( come dicù Auicenna ) co l jeme de i nauoni,cr delle rape : cr pofeia con dar per bocca piu cr piu uolte del boturo di uacca cotto, cr mcfcolato con uino,et ftnulmente la decottione de igufci delle ghiandefatta nel uino. Sonuigioueuoli molto lefyetie del diamo fcbo,et della diambra : Cr parimente il mufchio,cr l'ambra cofi foli beuuti con la terra figiüata nel uino. Et queño C<? fieramente è uno de i piu ualorojì antidoti,che dar fi pojfano : percioche non molto uigiouano la theriaca,e’l mithri iato. Et però diceua Auicenna,che li ib ern a non ui gioua ,fe nonfino à un cato temine. Lodanjì in d o le radici


NclÌeitoiib.diDioicoride.

de ì cappari,per batter detto alcuni degli antichi, ch'ellefono il uero rimedio del napello. Prepone il Conciliatore Pietro d'Abano lapoluere dellofmeraldo beuutojìno al pefo di due dramme nel uino. il che maldgeuolmenteflpoirebbe dare,fe non ingran perfinaggi,come fino i Papi,gli Imperadori.cr altrifognatati prencipi : pcrciocbepo ca fide tengo io nei frammenti delle fietiarie. Concorrono oltre a ciò tutti i moderni, feguitando però Auicen* tta, che il rimedio udrò, c r fremo del Napello è un certo topo picciolo, il qual ftpafee delle fue radici. Queflo ho piu uolte tteduto io,a- prefo nelle piu alte montagne della uaHeAnania ; come difopra nel quarto libro dicemmo, trattando dell'aconito. Ma non però è conceffo à ciafcuno di fapere il modo di ritrouarlo : pcrcioche uifa piu bifo» gno dipatienza, cr di uigilanza,che d’altro. Et però non mi marauiglio, cheferina unfamofo moderno,che hauen do ungranflgnorphilofopho, cr medico cercato d'kaucr colali animali, non rìtrouandonc,al fine prefeper fare il 10 fuo antidoto in uece loro alcuni mofconi,che ritrouò pafeerfi dellefiondi, er de ifiori del napello. Con effo amido Antidoti in* ramgliolì. to , il quale era compoflo di ucntiqiuttro di quelli mofrani, di due oncie di terrafigliata, di due di bacche di lauro, di due di mitbridato, cr di tanto olio er mele, che balli per incorporare ,frce miracolofi effetti, non fiblamente nel Napello dato perfar la prona à diuerfi animali, c r prefo à pofla da lui medefìmo; ma in ogni altra forte di crudeli/fimo ueleno. Ma che diremo noi (fe peròfi può fenza nido lodare le cofé proprie) della uirtù miracolofa,che tiene in ciò il noflro olio de gli feorpioni, fcritto qui difopra alla fine del nolbo lungo difrorfo, fatto fopra l prologo,li* berandò egli in brette tempo,unto folamente difuori, da cofì crudel ueleno <Veramente altro non potremo dire ,fe non che in quello,cr in ogni altro ueleno non corrofiuo, cr parimente ne i morfl, cr nelle punture di qual fi uoglia mortifero animale (faluando la pace di tutti gli altri) non ha pari tra tutti i rimedij del mondo. Vngejì con effof i ed do,oue i uelenifreno acuti/imi,bora per bora : cr dotte meno acuti, di tre bore in tre bore, non folamente la regio10 ne del cuorefatto lafiuiéra mammella ; ma anchora i polfr delle tempie,delle mani, cr de ipiedi.

Della Ixia.

Cap.

XXI.

B evendos i la Ixia,chiam ataulophono, rapprefentaal gufto,& parimente all’odorato odore» & faporc limile albafilico: dopo al che infiamma grandemente la lingua, fa tifcirc del ferino,ritiene tutee le fuperfluità del corpo, & cauli fincopi, & ftrepito nelle budella ; ma non però dee fuori del corpo fuperfluità alcuna per di fotto. Al che fi rimedia, fatti che lìeno iuom iti,& : uotato che liba il corpo >co’l dar à bere l’infufione delPaflenzo con aliai uino,oucramcnte con aceto melato : & pa­ rimente il feme della ruta faluatica,& la radice del laferpitio. Conuienuiii anchora la dccottione del 3 0 tragorigano infieme con alcuna delle cofe predette,oucro con latte, ò ragia del terebintho, ò con nardo,ò con caftoreo, ò con laferpitio tolti al pefo d’uno obolo. Giouanui Umilmente le noci com* munì trite con ragia,caftoreo, & ruta, ciafcuna di c]ucfte cofc al pefo d’una dramma,& bcuute con ni n o . Conferifceui anchora il dar due oboli di fucco di chamelea, ò di thapfia, ò d’alfcnzo con acqua melata ; & parimente il ber l’aceto caldo folo. E' l ’ i x 1 a (come dicemmo di fopra nel terzo libro ) un certo humor uifiofo,U qual fi ritroua congelato nelle Ixia ueleno, radici del chameleone bianco, mortifero, er perniciofo : cr però meritamente chiamato Vlophono. Scriffc degli ae & lua cura. cìdenti dellIxia Nicandro poetane i fuoi aìcxiphamaci quafl tutto quello, che forfè togliendolo daini ne frriffe Diofcoride, cofr dicendo. La Ixia beuuta rende fapore frmileal bafllico :fa la lingua ruuida nelle parti piu cflre=» 4 ° me,cdufando ardori nellinteriora : conturba il cuore,di forte chefa quafl impazzire,onde fi mordono i patìcnti la lingua. Stanno oltre à ciò come attoniti, il uentreloro fi ri(lringe,cr non poffono orinare : cr peròfenandofì den* tro il uentofa nelle budeUa non poco mormorio. Serrafì dipoi il petto,cr difficilmente fi rifpiraietfinalmente fi uà del corpo cofe,come uoua. queflo tutto diffe Nicandro. Chiamano gli Arabi lixia Aldabac : il che tanto rilieua , quanto uifchio. A i cui accidenti fi rimedia co'l teflimonio dAuìcenna con i nomiti,cr con i criteri lenitiui,cr leg Ix ia ,& fua gieri. Lodafi oltre à ciò,il dare a bere la theriaca,cr parimente il mitbridato con la decottionedcll’affinzo Roma* uelcnofa natu no,oucro del Santonico -.lapplicarealla regione del cuore le cofe cordiali-.crii dar per boccale confrrue de i fio­ ra. ri della borragine,cr della buglofra,cofl hoggi chiamata da moderni, compofte, er incorporate con perle, coralli, frammenti, frette cordiali, cr mufehio : er con applicare (u f i però prima i capelli) fopra la commlffura coronale i primi giorni con pezze di tela l'olio rofado sbattuto con altrettanto aceto. Co i quali rimédij nonfolamentefi uic* Jo ne ad occupare,cr ad annullare la fòrza del ueleno ; ma à[occorrere à tutti i fuoi accidenti. Oltre à ciò è da f ape re, che la radice di effo bianco chameleone, chiamata uolgarmente Carlina,non è ( toltone uia quello humor chiù« muto Ixia ) in alcun modo nociua àgli huomini : come che ammazzi ella i cani, i porci, e r i topi , che fe la mangia• no. Percioche fi 1tede manifidamente effere in ufo nelle medicine de i morbi pcflilentiali fenza nocumento alcuno; Cr che la dà parimente Dio/roride à bere per ammazzare i uermini,pcr il morfo delleferpi uelenof i , per fi liidropifie,cr per prouocare l’orina. Maèperà molto ben daguardare, quando ella fi caua, di non lafiiaruiffi punti fi'ritroua) lixia attaccata; accioche,feccandouifi fopra,nonammazzaffepoi per inauertenza chil'adoperaffi in cofe, che fi mangiano per medicina. Quantunque non habbia mai io ritrouato in I talia radici di bianco chameleone, che producano queflo uifio. Mabenehointefo da un peritifimo fimplicida, che in Candia fi ricoglie cotal uifchio dalle radici della carlina, cr che s'adopera per incollare le penne nelle faette de gli archi. Et non filameli* 60 te dicono ritrouarfi nella carlina, che nafie fenzafuflo; ma nellaltra anchora, quantunque non cofr copiofo. il Chameleone nero, & fuo che tanto piu mi fa credere, che i Chameleonì, cr le Carline fieno una cofa medefinta. Ma che il C u m a e » ueleno,co i ri l e o n e nero fra piu uelenofo del bianco, come ferine Galeno ,e r dopo lui Pauolo , er A etto, feguittn» medi]. S f

3

do


7 62

• Difcorfi del Mattino li

¿0 Ufu i opinione,non poffo neramente cofifidlmente credere : udendoli, che Diofcoride fcriue, chetlxla fi ri. troui follmente nel banco. Ma con tutto quefto nonperò tralafciarò di dire quello,che del ueleno del nero dame leone, cr de i fuot rimedij fcrifjero Pauolo, e r Aedo, cofi dicendo. Beuuto che fi fu il nero Chameleonc feguita rodimento di fornico,cr di budella : mgroffafi non poco la lingua, cr fentefì continuo brugimento nel corpo: emù biajì, torcendoli la faccia. dopo al che feguono nomiti (piumoji, tremori,conquaffàmsnto di membra¿ 7 noce intcr rotta. Fafii la cura di quello con quelle medicine,clic ft contengono nc ¡fanghi matefiebi. come che fi gli conuenga priuatamente il thiajpi, ilfucco della bietola, il fucco della ptifanafatta di grano, cr beuuto con uino dolce,la de* codione dell'affetto, cr parimente il nitro beuuto con l'aceto melato. Mafatti che fieno i nomiti, è molto gioite* uole il bere del latte, [libito che s'è monto daWanimale : & il far de i crifieri lenitiui.cr lubrificatiti con la decottio nc del fiengreco, c r delle radici dell'alchea. Mct tonfi oltre ù ciòfopra i i precordij,per modo di fòmcntatione,aicu

0

ne di quelle cofe,che hanno f acuità di fcaldare.

Della Cerufa.

Cap.

X X II.

D a' m a n i f e s t o indicio.che fi fia beuuta la Cerufa,il fuo colore : percioche fubito lafcia la fua bianchezza nel palato,nella lingua,nelle gengiue,& nelle commiflure de denti : dopo al che fi cau fa finghiozzo,tofie,ficcità di lingua, frigidità nelle membra eftreme del corp o, anfanam elo nell’in­ telletto, & pigritia in tutte le membra. Al che fi rimedia, dando à bere acqua melata, ò decottione di malua,ò difichi fecchi,ò latte caldo,ò fifamo trito nel uino, ò lifeia fatta con cenere di farmeli ti di ^ u iti,ò olio di maiorana,ò d’iride, ò noccioli di pefche con decottione d’orzo. Giouanui le uoua delle colombe infieme con incenfo,& decottione d’o rzo. conferifcetii la gomma del fidino, & quel­ lo humo re, cheli ritroua ferrato nelle uefciche de gli olmi, beuuto con acqua tepida: ma pero fi dee anchor all’hora prouocare il uom ito. Conuienuifi parimente il fucco della thapka>ouero della fcam monca, beuuto con acqua tepida. C o m e fi faccia la Cerufa del piombo ,fu à bastanza detto di fipra nel quinto libro. Q uefla adunque,'qua» C iru fa,& fu* uelenofa na- tunque alle uolte molto filutifira fia per le medicine efieriori dell’ulcere; nondimeno tolta per bocca,ammazza,co

me fi faccia ogni altro mortifero ueleno. I cui accidenti fcrijfe affai piu coptamente Meandro ne ifuoi alexiphar maci,che nonfece Diofcoride,con qucfle, ò quafifìmili parole. La Cerufa è di\colore fìmile à un latte,che fio. mone to la primauera difrefco,che labbia anchora la (piuma per fopra. Onde beuuta tinge legengiue, cr le ristringe in fieni c con lafuafrigidezza ■ caufa oltre a ciò nella lingua, cr nel gorgozzule una afprezza grande, er eccita una tojfefecca, battimento di palpebre ,grauezza d’ occhi, cr rutti. Dal che nafte non poco difturbo nell intelletto, naufea,cr lamenti. Pare appo ciò a i patienti uedere jpeffe uolte nel giorno chiaro qualche uana phantafma: cr flan fene quafi comefopiti,con lajjèzza grandifiima nelle mani, cr ne i piedi : di modo che non effendo aitatile ne muo* iono opprefii dal trauaglio, cr dal dolore. Quello tutto diffe Meandro. M a, fecondo chefcriue Auicenna, coloro che hanno prefa la Cerufa, nonfolamentepatifcono tutti gli accidenti, che nota Diofcoride ; ma anchora fincopi, afprezza nel gorgozzule,punture nello ftomaco,cr nel corpo,gonfiamento ne i fianchi,tfirettura di fiato, frango* Cerufa uele­ lagione, bianchezza in tutto il corpo,cr orina hor nera, cr hor ài colore di fangue. Per la qual cura loda pur no, & fua cu­ egli, oltre ài rimedij di Diofcoride (come anchora fece Aetio) la fcammonea beuuta nell’acqua melata, c r tutte le ra. cofe, che prouocano Corina : dopo queflo i criteri,il non lafciare dormire i patienti, c r il fargli uomitare con acqua cotta con mele,con olio di gìgli, et di narcisi. Altri prepongono i nomitifatti conia decottione delfems del* ìatriplice , et delle rape : i crifieri fatti con brodo di cauolo,et olio fenza fale : il dare 4 bere con tino il mitbrida• t o ,e t k tberiaca,et parimente il tino bianco puro copiofamcnte.

tuta.

u

D eiF on gh i.

Cap.

3Q

XXI II .

N v o c o n o i Fongbi,òperefferenaturalm enteuelenofi,oueram enteper mangiarfene troppi: nondimeno tutti rtrangolano, ferrando il fiato,come ftrangolano i lacci gli appiccati. Al che fi dee communemente foccorrerc,& far uomitare i patienti con dar toro à bere dell olio, ouero della lifeia fatta con cenere di farmcti di uiti,ouero di rami di pero faluatico,con fale,aceto inacquato, & nitro. 5° Lcuano in tutto la maluagità,che hanno i fonghi diftrangolare,le pere faluatiche,& parimele le fron di dell’albero loro cotte inficine con esfi : & il medefimo fanno le ifteflepere faluatiche, mangiate ne i cibi infieme con esfi loro.Giouanui le uoua delle galline,beuute con aceto inacquato infieme con una dramma d’ariftolochia ritonda,l’afienzo raefcolato co’l tiino,& co l mclc,& beuuto con l’acqua : la mclifla,co’l nitrorta radice d ella panacea,beuuta con uino.la feccia del uino abbrufeiata, prefa con l’acqua : il u etriolo, tolto con l’aceto : & le radici, ò la fenape,ò il nafturzo ne i cibi.

N

on

s o l a m e n t e

nuocono i Fonghi(come dice Diofcoride) per ritrouarfene di quéUi,che fono natu*

fanghi^ & 1° ralmente uelenofi; ma anchora per mangiarfene alle uolte piu quantità,che non tolera la uirlù digeftiua dello fiot to uelenofa maco . Percioche effendo eglino molto kumidi, et uifcofì, non potendogli in tanta quantità regolare la natura, 60 natura. fuffocano, ftrangolano, et danno la mone , quando con prefiezza non fi gli danno i debiti rimedij. Conofconfi i mortiferi da chi n’ha la prattica ( come dicemmo difopra al proprio capitolo nel quarto libro : ) percioche fubito

chi


Nel lefio lib. di Diofcoride.'

j

che firompono, fi cambiano, putrefacendoli in un momento, di dìuerfl colori. Et però diceud Auicenna, che i uerdi, cr quelli che fono dì colore pauonazzo,tutti fono uelenofi. Ma ègran coft, che tanto pofft Í appetito, & la dolcezza della gola ne gli buonanimehe f ¿pendofi,che molte uolte alberga ne i fònghi lu morte, cofi. unidamente, crfenza penftrui punto,¡i mangiano con non pocafolennità nelle menfe. Ma pofeia che cofi dilettatoli al gufo fono ì bonghi,che nonfe nefanno aftenere gli huomini,imparino efti »¡meno, per aficurarfi dalla maluagitu more tiferà loro , a fargli cuocere con le pere faluatiche, ò con le frondi,ò con lafeorza dell’albero, che k produce. Et non ritrouandofi dellefaluatiche,fi puòfar queflto parimente con le domeftiche,pur che di quelle fieno, che di na­ tura fono autiere, c r che non altrimenti fi mangiano, che cotte : nel che cr fi-efche,er fecchefi poffono ufare. Lo* dò di fopra Diofcoride nel quarto libro, al proprio capitolo de i funghi, oltre ¡i i rimedij, che n’infegna in quefto 10 luogo, la decottione dell'origano, c r dellafaturegia, cr fimilmcnte lo fterco dei galli, cr dellegalline, beuuto con aceto, oucramente con mele. il quale ñerco ( fecondo che ferine Philagrio ) deceffere bianco,cr non d’altro, colore .Non fi debbe però lafciar dìfar uomitare i patienti con le cofe appropriate, piu uolte dette : cr parimente l'ufo de i crifteri alquanto fòrti. Kd é però da fapere, che molto piu nociui fono quelli, chefono naturalmente ma* leficbi,CT uelenofi. percioche nonfolamente affogano, cr ftr angolano chife li mangia-,ma ulcerano le budella,fan no gonfiare lo ftomaco, e'I corpo : caufano fìnghiozzo,]punture,er giallezza in tutta la perfona,cr ritengono Torina : dopo al che feguitano altri mortiferi,er ft>auentofl accidenti, ciò è freddo, tremore, perdimento di polfo, fincopi, fuior di ghiaccio, c r finalmente morte. Al che oltre a irimedij già detti, gioua molto il far uomitare i patienti con ogni preftezza, dandogli à bere il fucco delle radici, le frondi peñe della rutaftorigano, er il mele. Dopo al che molto gioua l'ufo della theriaca, c r del mìtbridato con fèrtiftimo aceto, ò con oftìmelefciüino, ó con z# acqua di uite. Et però in tal cafo è neramente miracolofa la noftra quinta cjfenza thtriacale,fritta di fopra. Lo * dà in ciò A uicenna tutte le cahde confittioni, come fono il diapipereo, il diaciminoja diagalanga, e'I diamufchio. Commenda il Conciliatore Pietro d’Abano il dare m tal cafo k bere ottimo uìno,in cui fia flato cotto prima il pepe CT il mangiar dapoi dell'aglio crudo, comefanno la piu parte de uillani,ufaniolo{come dice Galeno ) per. theriaca loro in ogni male.

D el Ceffo.

Cap.

ponghi,' & joro pt¿para tione.

Fonglii,& cu j*n ® oro Ul

XX111I.

S t r a n g o l a il C e d o co lo ro , che fe Io beuono, per indurirli come pietra nello ftomaco. 11 perche fi conuengono in curarlo tutti quei rimedij,che fi danno per gli fonghhufando però in luogo 3® dell’olio la decottione della malua: percioche per eflerc ella untuofa.&lubrificatiua, non folamente fa con facilità uomitare: maprohibifce.chc nel uomitare non ulceri, & non ifcortichi il gelfolepar ti interiori della gola, il che fuole egli fare,quando già s’è condenfatoin pietra.Giouaui oltre à ciò il bere dell’olio con acqua melata,oueramente con la decottione de i fichi fecchi: & parimente la lifeia fatta con cenere di rami di ficaia, ouero di farmcnti di aiti, beuuta con affai uino: & fimilmcnte I o* iig a n o , oueramente il thimo, bcuuii con la lifeia,ò con l’aceto,ò co’l uino palio; & il fare oltre à ciò de i crifteri con la decottione della malua. N o t i s s i m o è il Geffo <ìcìafcuno : c r beendofi, <5mangiandofì(come dice Diofcoride ) frangola, ftringenc Ge(i-0 ^& ^ dolerne del fiato. Di queftoficriuendo Auicenna alla v i. feti del quarto libro, cofi diccua. llgcfjocauft i medefi* uelenofici,co 40 mi accidenti, che la cerufa: come che piu ualorofimente, erpiu preño ftrangoli. Et però fidee curare, comefi i rimedij. curala cerufa ,c r i frughi. dopo alche fii debbono darek bere le decottionimucillaginofe di malua, (Talthea, di fiengreco , c r difeme di lino. Sem e oltre k ciò Pietro d'Abano,che fii cura il Geffo beuutofacendo torre ài pa­ tienti l’acqua calda infierne con boturo, cr fargli pofeia uomitare.cr dargli di nuouo, facendogli pur uomitare, l’acqua calda mcdeflma co'l mele. dopo al che uuole egli, che fi gli diano k bere con ottimo nino due dramme di mi* ibridato: cr che rimanendo il corpoferrato, fi facciano de i crifteri con graffo di anitra,et olio : et che fe gli una ga il corpo con olio ricino : et finalmente loda per proprio antidoto lo fterco de i topi, beuuto in poluere co'l nino épefo d'una dramma. Auicenna poi uuole,che fi purghino piu uolte con la fcammonea,et altri folutiui appropriati.

D el Sanguedeltoro.

Cap.

XXV.

B e v v t o il Sangue del toro, fubitofcannatojimpedifce il refpirare, & affoga, ferrando la Ara­ da dello inghiottire, con grauifsimo fpafimo de i nerui. la lingua refta rofla, & parimente le commif fure de i denti : percioche agcuolmcnte ui s’apprende quél fangue, che ui s’attacca. Nella cui cura non fi conuengono in modo alcuno i nomiti: percioche cfÌendofi già apprefo il fangue in gran pez zi nello ftomaco, ritornando in dietro , & incolcandofi nella g o la , farebbono maggiormente affogarc.Etperò bifogna ufar quelle c o le , le cui faculta fieno di farlo difapprendere ndlo ftom aco, & & che foluano il corpo .N e l che uagliono i fichi primattici mal maturi, & pieni del lor latte,beuuti conuino:& parimente il nitro per fefolo . Conucngonuifi tutti i cagli de gli animali,beuuticó ace­ to ,& con radice di laferpitio,onero con lafero.uaglionui il feme del cauolo beuuto có lifeia di cene 60 redi fico,le frondi della coniza con pepe, & il fucco delrouo beuuto con aceto :& deefi oltre à ciò foluere il corpo con le medicine.Sogliono coloro,che ne fcapano,andar del corpo materia ftercoro fa liquida con grandifsima puzza,& infopportabil feto re. Giouaui oltre à ciò lo impiaftrarc fopra lo fto m aco, & fopra’l corpo farina d’ orzo,ridotta à forma di empiaftro con acqua melata.

N on


7 6"4

DifcorfidelMatchioJi

N on s i può neramente dare a bere il Sangue del toro, che nonfi conofca efferfangue da chife lo bene. Et

Sigue dí to­ ro, & fuá mal peró non credo, che con ejfofi pafft tradire, ne ingannare alcuno: percicchefe non bene in gran quantità, cr

cofi caldo,contefe n'efce delle acne , auanti che s'apprenda, non puòfare egli fe non poco nocumento.Et però con* eludo, chefittamente fipoffano ammazzare co’l fangue del toro coloro,i quali ò per effere cafcati in malincholia,ò per iHigatione di maligni¡piriti, ¿per fuggire qualche morte crudele, cr obbrobriofa, ó per porfine a qualche infermità infopportabile(come recita Plinio a l a v i i l . capo del xx.librobauerfatto conl'opio il padre di Liei* nio Lecitina Romano ) cercafiero di uoler uolontariamcnte morire. Onde à quefto propofìto ne i fuoi alexipharma ci ben diceua Meandro quelle parole. Se alcuno per pazzia haueffe beuuto il fangue del toro,di talforte geme per il troppo dolore, chefinalmente fe ne muore : percioche appropinquandofi quelfangue al cuore, (ì condenfa, cr s’apprende neUoJlomaco : di qui anchora s'oppilano tutti i meati degli ¡piriti, creo fiferrata la gola fi faffocano. Q netto tutto diffe Meandro. Ma quando ciò per forte accadeffe, debbono i medici, che uifuffero chiamati da i parenti, ufare i rimedij,che per ciò ferine Diofeoride. Ma bauendomi il fangue del toro ridot to a memoria il San* gite meftruo delle donne, il fiele del leopardo,della uipera,cr del pefee cane,il ceruello del gatto, la parte eUrema della Coda del ceruo, il Sudore di diuerfì animali, er il cafloreo cattino : er non ritrouando, chefaceffe di loro Diofconde mcntione alcuna tra i ueleni, uolendo io ficriuere i rimedi) di tutti,ho penfitto non effere fenoncofit Sangue me- laudabile il trattarne in quello capitolo. Et però dico prima, che quando fi beue, ouer fi mangia il Sangue m e * lin io , & cura s t Rvo delle donne, c r mafiimamente di quelle, che fon choleriche, roffe, baldanzofe,cr ardite,ammalia di tal del fuo uele­ forte chife lo beue, che diuenta lunatico ,infenfato , e r mentecatto A l chemolte uoltefanno lemaluagie fimine ño • guaflando ò i proprij mariti, ò altri che fi prendano in odio. Curanfl i patienti con dar loro <ì bere una dramma di perletrite con acqua di meliffa : e r confargli bagnare nell’acqua tepida. Confirifceui il conuerfare (come dice Pietro d'Abano ,fe pur fi può far nonfacendo ingiuria alla legge nofira)cr ufar carnalmente congiouani faneiul* le,Hxndofene con effe loro lungamente infolhzzo • Gioua in ciò molto il continuare per alcun tempo di torre ogni giorno una dramma di theriaca con acqua difumoterre:cr parimente i trocifci di uipera, togliendone uno fcropo Fiele di L eo­ pardo , & fuo lo atta uolta, con altrettante perle macinate, er altrettanta theriaca. Il f i e l e del Leopardo beuuto che ueleno , co i fia ,fa uomitare cholera gialla,oueramente uerde, mandando al nafo uno odore, er atta bocca unfapore fimile al* rimedi]. (aloe. Caufa una giallezza in tutto'l corpo fimile al trabocco del fiele : er inducefinalmente tutti gli accidenti del napello, er del morfo detta uipera : er però èmortalifiimo ueleno. mafe in¡patio di tre bore non ammazzali può pofeia jferare qualchefallite. Curafi, prouocando prima il uomito con le cofe piu c r piu uolte recitate:&po feia con tutti quegli antidoti, che fi conuengono al napello, cr al merfo dette uipere. Come che lodi per quello par ticolarmente Auicenna una theriaca propriafatta duna parte di terra Lemma, i altrettante bacche di lauro, di quattro parti di caglio di capriuolo, di meza parte di mirrha, cr di meza difeme di ruta, cr di tanto mele, quanto badi per incorporare: dando di quefta la quantità d'una noce per uolta, c r pofeia prouocare il nomi* Fiele di uipe to ,c r far poi entrare ipatienti in un bagno di decottione di cofe aromatiche, fatta nell’acqua. Quello detta ra, & fuo ue­ v i p e r a è ueramente tanto crudele, chefubito, beuuto che fi fia,fa tramortire. Et però rare uolte ui gioua leno , con la no gli antidoti :percioche non concede tempo di preparargli. Mafe pur per la breuità ’del tempo qualche cofa:ui cura. gioua, è il uomito, fatto, beuendo prima il boturo cotto liquefatto alfuoco,reiterando i nomiti con effigi’uno do* po l’altro. Ne dopo quefto, fi ritroua in ciò antidoto piu falubrè,cr piu efficace, che la theriaca/ 1 mithridato, Cr parimente il mufebio, ( ambragrigia, cr le loro confittioni. Et quando perfeuerano lefìncopi, cr le angofeie, diali in tal cafo à bere del uino, onero i confumati della carne de patti, chefia rifoluta in bagno in uafo di uetro, ò di terra uetriata. Molto neramente ui potrebbe conferire ilnodroolio difcorpioni,fcritto difopra neldifcorfo fatto fopràl prologo : cr molto piu la noflra quinta effenza theriacale : percioche con laf u attiuità potentifiimx Fiele di pe- penetra in un battere d’occhio per tutte le parti interiori del corpo. Qnetto del p e s c e c a n e tolto fola* fee cane, fuo mente atta quantità etuna lenticchia, ammazza in unafettimanx. Curafi, dando à bere à i patienti boturo uac* ueleno, Se fua cino infime con radice di gentiana, cinnamomo,cr caglio di lepre. Alche non poco finalmente gioua (unger tut* cura. Il Ceruello del g a t t o , mangiato chef i fia» Ceruellode to'l corpo con olij odoriferi : cr Ufar fare fottilifiima dieta. g a tti, & loro ammalia di talforte gli huomini, che diuentano uertiginofi, pazzi, cr infenfati.il che nonfi cura, fe non malage* natura u e le - uolmentc,cr con lunghezza di tempo. E adunque neceffario in tal cafo,far uomitare i patienti, dando loro prima nofa, co i ri­ à bere detta terra Lemnia, c r continuando di far quello due, ouer tre uolte il mefe . Giouaui oltre à ciò il torre medi]. ogni giorno della confettìonedi diamttfchio la mattina tre, ouer quattro bore auanti paltò. Et però differo alcuni, che il fuo nero antidoto è il dare à bere mezo fcropolo di mufebio trito nel uino. Ma è oltre à ciò dafapere, che non folamente infettano gli huomini i Gatti co’l ceruello,quando ingannati fe lo mangiano; ma co i peli, co'l fiato, et co’lguardare:pcrciocbe quantunque la natura di tutti t peli mangiati inauertentemente ne i cibi fia difuffocare, ferrando la uia delfiato ; nondimeno quelli de gatti fono panatamente maligni, cr uelenofi. vede fi parimente tal malignità nelfiato loro:percioche ho conofciuto io alcuni, che per tenergli nel letto à dormire, diforte fi fono in* fettati, tirando àfe l’aria già ammorbata da quelli animali, che finalmente effenio diuentati hettici, cr marafma• ti ,fi fon morti miferamente. Il che interuenne, non é lungo tempo, in un conuento defiati : i quali hauendoattc* usto copia grandifiima di gatti, cr tenendogli àfchiera nel conuento, nette camere, cr fu per li letti, 3i tal forte fi infettarono, che in breue tempo non ui fi cantò piu mejfa, ne ucfpero. Offendono anchora marauigliofamente, riguardando fiffo con gli occhi, c r parimente uenendo atta prefenza ¿'alcuni : cr queflo non follmente interuiene per la qualità maligna, CT uelenofa, che fi ritroua in loro ; ma anchora per una certa qualità, che fi ritroua in co* loro, che gli ueggano, àgli fentono miaulare. percioche colloro hanno particolarmente tal qualità influffa dal eie* lo , la qual non fi muoue mai afar uiolenz<*alcuna, fe nonfigliprefenta l’obietto, che naturalmente la può irrita•

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Nel féilo lib.diDiofconde. r e . Et di qucSti tali, che non pojjono uedergli,ne fentirli, io ne ho conofciuti tra Tedefchi non pochi: de i quali ne fono alcuni in Garitta. Et che (la il uero, che proceda queflo timore, parte per la qualità uelenofa >che fi ritratta ne igatti , cr parte per quella altra propria qualità, che regna in coloro, chegli temono, cr non uniuerfilmente in tutti gli huomini, me l'hanno dimojlrato alcuni di cofioro. Vercioche ritrouaniofl meco un giorno uno di quejli 4 cena in una Stufa, doue era nafeofo in una caffa un gatto, quantunque non lo uedeffe egli,ne lofentiffe miaulare, hauendo già gufato dell’aria iui infettata dall'animale, cr efjendo da effafuegllata in lui quella proprietà, cr qua lità inimica di cotale obietto, fubito cominciò 4 fudare, à uenir pallido, à tremare, à gridare, er batter grandmi* ma paura : dicendo, che un gatto era nafeofo in qualche canto della Stanza • A l ckepenfo io , che non pocogiouar poteffero i rimedij, chegiouano à coloro, che fe n'hanno mangiate le cerueUa. Ritrouafi oltre à ciò nella punta IO della coda del c e r v o un certo humor uerdc, ouer giallo, il quale c ueleno crudelifiimo. Imperoche beuuto, cuer mangiato caufa anguftia intolerabile, flncopi, cr tutti gli altri accidenti, che accafcano nel napello. A l che fi[occorre, beuendo delboturo, er uomitando con effo : er dando dopo queSto à bere à ipatienti mezo fcropo'.o dipolueredi fmeraldo con uino: cr parimente confargli mangiare pifiacchi,cr nocciuole. Dopo al chegioua fre­ gare tutto'l corpo con olio di [ente di cedro, er dare à bere due dramme di buona theriaca. Nuoce non poco,fa * cendograuifSimi accidenti,il s v o o r degli animali, c r mafimamente quello de i cattalli,de gli afini, cr dei muli : come che tutti gli altri fiato anchora cattiui. QueSto adunque beuuto, ouer mangiato ,fa diuentar lafac* eia uerde, er enfiata,cr fafudare per tutto’l corpo un[udore puzzolente,cr mafimamente[otto alle diteUa. Con -■ turba oltre à ciò lo Stomaco, e'icorpo, inducendo ucntofìtà grande nelle budella : cr beuuto nel uino, fa ufeir del fenno. Alchefirimediafacendoiuomiticonl’acquatepidatcr dando pofeiaà bere del uino infìeme con olio ro£0 fado. Confirifceui il rheubarbaro, dato al pefo di meza dramma infìeme confai gemma. come che il proprio fuo antidoto (ia quello, chefifa di terra Lemma,cr di bacche di lauro ; di cui poco qui difopra nella cura delfiele del leopardo dicemmo,come(idebbiapreparare. Velenofo, cr mortale è anchora il c a s t o r e o putrefatto, ne* ro ,c r contaminato .benché ( fecondo Strabone ) fia ucienofo dt [uà propria natura tutto quello, che fi porta di Tonto. A l che,per effer medicina ufìtata molto, debbono auertire i diligentifimi flettali, cr parimente i medici. Tercioche ilcofi fatto è di tanta malignità,chefa diuentare chifelo mangiafarnetico,cr furiofo:fa ufeir la lingua fuor di bocca,induce lafebbre, c r uccide quafifempre in unfol giorno. Curafi co'¡far uomitare i patienti, tante uoltebeuendo, c r ribeuendo boturo,cr acqua melata,che il 1tornito non habbia piu odore alcuno di caftoreo.Dopo al che gioua il dare à bere il diamuron,oueramcnte il fìropo de limoni, ò del fucco de cedri. Come che il fuo prò* prio antidoto[ìa il [ente del coriandro arrofiito,cr dato al pefo di due dramme.

S*

Del Latte mefehiato co’l caglio.

Cap.

Codi del cer uo, & fuo ue­ leno, & cura.

Sudore d’ani­ mali , & fuo ueleno , co 1 rimedi).

Caftorco, & fua uelenola natura,&curatione.

XXVI.

B e v e n d o s i il latte in cui fia fiato metto dentro il caglio, affoga, & (frangola con impeto grande, per apprenderti egli nello fiomaco poi in ritondi pezzi. Al che fi dee con ogni preftezza foccorrcre. nc ui fi ritroua migliore antidoto,che il dare à bere di qual fi uoglia caglio fpefle uolte có l’aceto. Danuifi anchora utilmente le foglie fecche della calamintha, & parimente il fucco delle uer di : oueramente il liquore,ò la radice del lafcrpitio, beuuti con aceto inacquato. Giouaui il thimo, beuuto co’l uino : & la lifeia di coloro,che fanno le uafa di terra. E da guardarfi di non dare in ciò co fa alcuna falata : percioche lofà'retSe molto piu apprendere, & indurire in cafcio . Ne bifogna fare 4 0 uomitare i patienti : percioche incoiandoti ilgià indurito latte con impeto ni,’* ftretta uia della go la,ageuolmente affogarebbe.

Pensano alcuni interpreti di Diofioride,che il latte, chefi nuinga apprefo ne ' ci ,j,chiamar0uij alcuni ca* Latte m e gliata,fia quello, di cui fi debba qui intendere nel prefinte capitolo : comedimofìra il kuellto, cr parimente il Ma e fchiato co’l nardo da Ferrara in quella fua cofi lunga epiflola,doue corregge l’interpretatione di Marcello in tutto Diofioride. ua H el che amendue, quantunque fieno fiati huomini de tempi noftri dottifiimi, manifiSlamente,crfenza alcun dub* Errored*a]CII hio s ingannano. percioche il cofifatto nutrifee, cr non affoga, ne frangola,come nel tempo della primauera ne ni interpreti. fa teSlimonio la molta quantità, che ne mangiano tutte le genti, c r mafiimamente quelle, che Stanno nelle monta• gite . Et però diremo,che intende qui Diofioride fidamente di quel latte, che fi bee infìeme co'l caglio, diStémpe« So ratoui dentro, auanti che s’apprenda. Percioche quello, che fi mangia apprefo, fubito fi difgrega, c r conuertefl in nutrimento, ne piu fi rapprende : cr queflo fubito, che alquanto rifiede neUoftomaco, ui s’apprende dentro,et cofifattofl ritrofo alla digcftione, affoga, cr Strangola,comefa il[angue del toro. Et però diceua Diofioride,che il [angue del toro nonfa queflo effetto ,fe non quando fi beue caldo, auanti che sapprenda. percioche non nuoce egli, per effire uelenofo, ma per congelatone, che fa egli neUoftomaco, come fa parimente il latte beuuto co'l caglio, ouero fenza >quando per altre cagioni nifi congela. fonciofia che inter uiene aUe uolte, che effendo il lat• ,te,che fi beue, di molta groffa fufianza >c r la temperatura deUo Stomaco, cr del fegato eccefittamente calida, cr ficca ,fi congela il già beuuto latte,auanti chefi digerifea. percioche per la troppa caldezza >Crficcità di qttcUc membra ,fì rifolue tutta l'humidità, che ui fi ritroua in picciol momento di tempo, cr cofi fi congela,cr fi flefiifie . ageuolmente la parte groffa. Il che parimente interuìene aUe uolte per troppa frigidezza >¡fremendone eUa ogni 60 partefiottile, che ui fi ritroua, cr congelandoui il refio , come fa nel ghiaccio, cr nella neue :come fe ne legge la dottrina in Ariftotilc al quarto detta metèora. A l che hauendo auertenza ilfapientifiimo Galeno, comanda a l n i , degli alimenti, perfuggire eotal mortale nocumento, ehe non fi dee bere U latte, ne mangiare, fe prima nonfi mette


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Difcorfi del Matthioli

mette con elfi ò file, ámele ;accioche non s’apprenda nello ¡lamico .Ne fi munitigli però alcuno, che comandi Diofcoride,che nonfi debba dare ne falene cofefalate à chi haueffi il latte già apprefo neüo ftomaco. Perciocbe come il cagliofa apprendere il latte mejfogli da prima, Cr tutto il contrario opera p o lla n d o fi mette nel già cote gelato ; cofi parimente >nejjo da prima il fale nel latte,auanti c h e f congeli, impcdifce la congelatione, c r pofto* L in e ippre- gli dapoi, Cindurifie non poco : come uediamo manifèftamente, chefa egli nel cafciofrefco, quandofìfala . Ma fo nello Ito- ritornando borimi à dire della cura, dico , che non é differente da quella del f angue del toro : perciocbe tutta la maco, & lui cu u di meniue Metti non ¡¡li i„ altro,che in quelle cofe,che gli poffono difgregare, e r difapprenicre. Nel che

CLuogo cor- non è cofa ueramentc migliore, che gli iftefti cagli, er le cofe incifue, comeé Laceto puro, lo fcillino, er la li* recto in D io - foia. Oltreà ciò non ho uoluto tralafciare di non auertire i lettori, che douef legge in quefta capitolo nel Greco ,

fronde.

-¿gì 7„'v ®nto-rot» tikùv kovìav, ciò è , cria lifeìa di coloro, che fanno le uafa di terra, er non come interpreta il R ueUio, er la lìfcij con il fio fango. penfa il Gefnero nel fuo gran libro degli animali quadrupedi trattando del toro ,che molto meglio fl debba leggere,*#* rnv'xtKorotix.rìvm v 'km ,cio é>er lifeiade i cappeilari : er riprende i/i ciò il Cornario, per hauer egli creduto che coloro, chefanno le uafa di creta, facciano una loro particolar lifeìa per lauare quella lor terrafangoft. Ma per mia opinione panni neramente, che fa di gran lunga migliore l’opiniq ne del Gefnero, che del Cornario. imperoche non hauendo mai io udito, ne ueduto, ne manco letto in ucruno au « thors, che i maeftri, chefanno le uafa, lanino quella lor cretafangofa con forte alcuna di lifeia ; non mi pare, che ui f a ne coniettura, ne ragione,che induca altrui à crederebbe Diofcoride intendeffe di quefia : ma ben piu preño di quella, che ufano i maeftri, che fanno i cappelli per purgar le lane, accioche meglio piglino i colori.lmperoche facendoli quefta per il piu di alume di fèccia di uino abbrufiata, è neramente molto piu fòrte, er piu ualorofa di quella,chefifa communementeper lauar la tefta, er i capelli : er però molto piu àpropofito per far difapprende 20 re il latte già apprefo nelloJlomaco. Il Tèucbfìo poi nellefue dottifime annotationifatte fopra il uolttme da lui tra dotto di NicolaoMirep/ico Aleffandrinoinquellaparteoue iglitrattade gliunguenti al x x v m . capo, altro non penfa chefa quefta lifeia, che acqua,che habbia lauatofango, o che fa paffuta per ilfango, er nonfatta con cenere,ne co calcinaMa ejfendo quelli cretafangofa,di cui fi fanno i boccali,er altre uafa,piu preño coñrettiua, che aperitiua,moWfìc4tiud,ey digeftitta, non fo neramente ritrouar alcuna ragione, perchefi debbadarelalifcia di quefta terra à bere à coloro, che haueffiro latte apprefo nello ftomaco • A l che nonpare, che uerutia augrtenza habbia quiui battuta il t'uchflo, oue cita queño luogo di Diofcoride.

Della Spiuma dell’argento.

r

Cap

X X V II.

^

I n d v c e , beuuta che fi fia la Spiuma delf argento, grauezza nello ftom aco, nelle budella, Se in tutte l’interiora con grandiisimi dolori : ulcera qualche uolta anchora,& rópe,per edere molto pon derofa le budella : ritiene Torinada gonfiare il corpo, & induce in tutte le membra un colore fafeo, fimile à quello del piombo. Al che fi (occorre,dando à bere,fatti prima i uom iti, il Teme del hormino faluatico , co’I uino ,& parimente otto dramme di mirrha.òadenzo.òhiiTopOiò Teme di apio, òpe* p e ,ò fiore di liguftro, ò fterco di colombi con (pico nardo,& uino. Spiuma d’arc h e c o s a fa la Spiami deffargènto, dicemmo noi di [opra ampíame 'e nel quinto libro. Et però là fe ne gente. & funi ^ >chi brma di fiperne l’biñoria. Quefia adunque beuuta ,fa {come ' Diofcoride ) mortiferi accidenti. nocumenti. o/^ ¿ ^ ^ ^ A f (l0jCr p4r¿mei & Auicenna, fifirdo-;,, er incendio nelle giunture, er ri* 4° tienefilamenti l'orina, ma anchora ferra, eyftittica d * >rpo, c o 'c Cftc qualche uolta lo faina accidentalmente : aggrauaL loquela, fa u fiirfw n il ^ federe , & finábante affoga, ftr angola, er ammazzi* S ia , f i* condo ¿he p o i óy. .u.s-'Sjcriue Nicandro,coloro che beono il lithargiro, fintono nel uentregrandísima moléis >er aggi : fi u nto intorno aü'ombilico, er inmezo al corpo con non poco brugimcnto,come inter uipteM i dolori deli e uuaetla, che fino maligni. Non pojfino orinare,er par loro, che tutte le membra del corpo r'atbnifiino ger\ ilgrancaldo : e r alfine diuentano liuidi, come di colore di piombo.Mac d'auertire, che dice Diofcoride, cho> egre aÙ'dtre cofe ,fl debbano dare à bere otto dramme di mirrha. Nel che penfi, che f a fior* retto,cr fd‘ , peato il tefto : perciocbe Nicandro non ne dà piu di due oboli: et Auicenna non ne dà piu di tre dram,j'ar- me: ' a i o non piu di tre oboli. Ldprincipalcura adunque di quefta cofa ñá nelfar uomitarcipatienti, et nc-ou»eno > t“ ' 'i,:íí uf*re 1rimedi]fcritti qui dall'autore.Oltre à i quali loda Pietro d'Abano i criñeri fatti con acquamelata, et 5° & (liguri. g raffi di gallina, ouero di anitra : l’olio beuuto delle mandorle dolci, i fichificchi mangiati ne i cibi, et l ungere lo ñomaco conficco di apio, e’I uentre c o l boturo. Loda egli piu cfogni altra cofa perfuo proprio antidoto il f i . me della cherua , dato à bere al pefi di due dramme. Ma ejfendo qitefto medicamento molto utramente ualorofi, io Pióbe 'ima- non ardirei di paffare il pefi d!una dramma A medefmi accidentifa parimenteil p i o m b o limatofittile , et to,8t".oin0" curafl nel modo medefimo. perciocbe la fiiunta dell’argento none altro, che piombo calcinato, et mefehiato coi* C i dittatura fèccia d'argento, et dirame. Nociua è anchora, fecondo che rifèrifie Auicenna, la limatura del f e r r o , l i a , & ' et fmìlmcnte la [caglia, et la¡piuma. come che tutte s'adoperino preparate nell’aceto nelle medicine della dìfinte* v.umadi fer r/à, et parimente in alcuni lettouari ,cheft fanno per le rotture inteñinali,et per difoppHare lamilz* • Piperò

cutnéri & cu" ‘ < ...lie ti,

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Penf are »c^e lnten<^d »chefaccia nocumento la limatura,et la fiuamma del fèrro,quando ella fi toglie non pre* ^ et ¡n tTQppogran quantità. Il perchefa ella in tal cafo dolori granifim i di corpo,(lecita nella bocca, ca*

lore uniucrfale, dolore di tefta, het tica, et /lecita di tutte le membra del corpo. Curafi con dare àbere del latte > con le medicinefolutiue fòrti : et poftia con dare il boturo tanto crudo, quanto cotto coft lungamente, che ¡i fien* gano

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Nel fefto lib. di Dioicoride.

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gdno i dolori : er in tanto infondendo[opra alla tefia olio rofado, violato, er nenupharino >sbattutiinfame con aceto. Conftnfceut oltre a cio(fecondo che ferine il Conciliatore Pietro i Abano ) ilfar bagnare, pallenti,per hu n e tta r i , nell acqua, douefano bollite dentro le testuggini, le ranocchie, er la maina : £ ilfar de cr,Steri col brodo de 1piedi de capretti, onero di radici di maluauifco : c r il dare ne i cibi boturo crudo alfa,, er brodi orati, MA {come ferme Auicenna) il fuo proprio antidoto i la pietra calamita,data à bere in poluerc al peto d'una dram ina con altrettantofuoco di mercorella, oueramente di bietola. Ala non però crederei io, chefipotcljè far queSto fenza qualche pericolo. percicche quantunque la pietra c a l a m i t a habbia proprietà ditirare àie ilìcrro- Piefra« !am' non pero fi può affermare per queSto, che habbia ella parimente proprietà dì frcgnere,cr didiStruooeré Punii' “ ’r& fuaueJe r a .e r la malitiafua. Et tirandolo a fe , è neramente caufa di ritenerlo piu l i g m e n S o f a m a T , £ ¡ 5 « t S corpo. Et oltre a ciò,effondo ella velenofa,cr facendo diuentare, chi fe la beue,òfe la manria non preparata,'lu. natico,cr me ancholico, non unipare troppo ragionevole il darla per bocca ; come che Iodica anchora Autccm na. Lodano alcuni, effendofl quella beuuta, il dare à bere co l uino la limatura dell'oro, c r il pari pefo de i fram­ menti fmeraldini : c r il fare de i criSteri con latte, cr olio di mandorle dolci nuovamentefatto ; c r il fuo proprio antidoto e il dare a bere nel uino tre volte la poluere dello fmeraldo in nouegiorni, ciò è ogni tre giorni una noita. Mortifera c r di non poco nocumento à anchora la s q v a m a del rame: perciocke beuuta, fafaffo into» Squama dira lerabile di corpo, oueramente vomitare con dolore gratidtfimo, erpuntur di flomaco, c r di corpo Curati me> & fuoi *c co Ifarc entrare 1 patienti (fatti però prima i uomitifa un bagno d’acqua, dovefieno fa tte cotte dentro tede di & lecchi,oueramente chiocciole: co'l dare à bere ilfucco della menta :c r cor. ungerelo Stomaco, cr parimente il J' corpo con olio rofado caldo. Ma il fuo proprio antidoto è di tor per bocca due, ouero tre dramme di radice d’aco* ro, ouero altrettanto fucco cauato da quelle : benché diffidi cofafuffe il ritrovarlefrefrhe in Italia, comefi ritro* tuno in Polonia,in Lituania, c r nelle Tariarie vicine à Ponto,comefu detto difopra nel primo libro.

Dell’argento uiuo.

Cap.

XXVIII.

L o a r g è n t o uiuo bcuendofi, fa imedefimi accidenti, che fa la fpiuma dell’argento Ilper che Hdebbono nella Tua cura ufare i rimedij medefimhcomc che ila manifeito, che molto ui’cioui il latte beuuto,facendo poicia uomitare i patienti. ° " N on m i pare, che Diofcoride, ne Galeno haueffero in tutto la utra cognìtionc dell’Argento uiuo : cr pe* Argento ufi <«* uei? difeorfo fatto fopra l prologojuccide beuuto coptamente con lafra ecccf.iuafrigidità,cr humidità, che pofiie* no[i ultula; de : putrefacendo con quella la naturale bumidità del cuore: cr congelando con quella ilfangue, gli fa n ti cr la fufanza di elfo cuore. Del che diedefegni manifrfli quello frettale, dicuirecitalhiftoria Pietro d'Abano (fere* ■ v ro tanto creder fi debbe :) che andando anfanando la notte congranfete, ò come altrimenti fuffe la cofa , fìbebbe 1nauertentemente, ouolontar,amente l’argento uiuo . Il che fu conofeiuto, percioche tffendo la mattina trovato morto nel letto, fu ueduto l’argento uiuo,che per il federe fe n’ufciua fuoridelcorpo :cr cofieffcndopofdafcor* forato da 1 medici, gli fu ritrovato nello Stomaco piu d’una libra d’argento uiuo, e'ifangue congelato infieme con UfrSSanza del cuore. Onde defiderofi i medici di voler fapere,come fuffe paffuto il fatto, ritrovato nellafretiaria il tufo dell argento uiuo uacuo,fu confiderai, che quel miferofuor dife per l'ardentifrimafete ,fe l’hauefie bette» 4 ° to in cambio di qualche acqua lambiccata. Dal cui effettofi dim oia, che eccefriuamcntefra eglifrigido Quan­ to poi 1 appartenga difare intorno aUa cura,bifogna confiderare,fefra flato beuuto cofì puro, ófr e n i conia fa« • 'A ™ncmc bua, ò con altri liquori,ò precipitato con acqua fòrte,ouero fenza,ó frimaio con vetriolo, comefi fuol fare 0* Z T ° fiero coi, arfenico .percioche tutte queStefrétte ricercano nella cura loro particolari intentioni, per eficrc ¡'una ptu dell altramortifrra. Et però dico, che il piu mortifero è ilfolimato : men di quefio è il precipitato¡er di qucflo affai men lofr e n i conia faliua, ò con altri liquori : er meno di tutti quefli ilfemplice, c r puro uiuo. percioche quefio ,per efiereflufiibilifiimo, er grave, agevolmentefi cavafuori del corpo co i crifteri. Il che non interviene negli altri, per attaccarli atto Stomaco,corrodendolo, er lacerandolo. Ilfemplice argento uiuo adunque fa ime dcfimi accidenti dettafriuma dell’argento : il che fa parimente lof r e n i , e'I precipitai , inducendo fempre fito re grandifimo difiato, come euidentemente ueggiamo in coloro,che s'ungono con efiiper lo mal trancefc. 1/ che ne SO dà manifèsto fegno, che con lahumiditàfua eccefiiuafaccia egli putrefare, ciò che ritroua nettoflomaco er nel* l ’altre membra circonuicine. Ma il Solimatofubii chefi beue, caufa netta lingua, er netta gola?una afaezza grandifima, come fe fi fafferò mangiateforbe immature. La quale ne congargarifmi afterfìui, ne lenitiui fipuo tor ma. n e cofì prefio c egli arrivato nettoflomaco, che ui s’attacca,ulcerandolo, er corrodendolo, inducendo fete inestinguibile, er angufiia mfrpportabile. Dopo al che ingroffa la lingua, induce,[incapi, ritiene torina,Stringe t l f i a i , caufa dolori grandmimi netto Stomaco, e r nette budeUa. A l chefe prefio nonf i [occorre, corrode di forte le interiora, chefinalmente le paffa, er pertugia, perefiere egli eccefriuamcnte corrofluo. Curafi il puro ( come dice Dtofcortde, A etio,& P aolo)co i rimedij medefimi, chefi cura la friuma dett'argento : perciochefe non fe ne Arf mof ' vo

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W « » / 'Wtuigha ,fe amendue cofi parcamente neferiffero. Q uefto adunque ( comefu detto difopra nel noflro

^eingunqua,Ma,nonammazza,pérufaTfenecgliilpiudetteuolteperàìfottoauant,,che lo Stomaco, per la molta gravezza,crflufifahta, che pofiiede. Et però diceva Auìcenna.che molti flrìtrouano, i o che lo bevonofenza nocumento alcuno,per ufcirfcne egli del corpo in breve momento,pur che fi camini. Vfano le ncoghtnci a Garitta, quando le donne non poffono partorire, di dar loro à bere uno[crepolo, er qualche uolta

p u di argento uiuofenza nocumento alcuno. Il chefanno parimente alcuni altri,i quali,il danno à ifanciulli per i vermini

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Difcorfi del Matthioli

(termini aUx au n titi di due gratti di miglio,con mirabilefucceffo ¡quantunque non lo àienofe non in cafidifieratt. Ma per la cura degli altri ui fi richieggono i nomiti,i crifieri,il tor le cofe untuofeper bocca, CT ogni a tra medi. tina, che refifia alle cofe corrojìue. Et però per non fiare à perdere tempo arifcriuerc w ogni luogole cojegià Cerine, ulìnjìdico, in quefio cafo tutti i rimedij narrati di [opra nel-capitolo delle cantarelle : perctochepm effica ci,ne piu ualoroft di quelli non{intronano. Etti medefimofi dee fare 4 chi kaueffi beuuto il cinabro tanto minerà le,quanto artificiale.

Della Calcina,$andaracha,& Orpimento»

Cap. X X I X .

T o g l i e n d o s i la calcina, la fandaracha,& l’orpimento per bocca,caufano dolori, & rodimen 10 ti intolerabili di ftom aco, &: di budella . Al che fi foccorre, dando a bere tutte q uellecofe, che mcfcolatecon d ie , poflono fpegnerc,& leuar uia l’acutezza loro,& fare il corpo lubrico,& folubilc, come è il Cucco della malua,& del maluatufco: perciocheamendue fono lubricilsime medicine. Dal fi in ciò parimente à bere la decottione del Cerne del lino,di quell’herba che ti chiama trago,ouerame te del riCo, il latte con acqua melata copiofamcnte,& i brodi grafsi,& di buon nutrimento.

,

N on s o l a m e n t e inducanola Calcina,Usandaracha, er [Orpimento de qualifu detto Chifioria di [opra nel quinto libro , dolori, e r rodimento intolerabile nello ftomaco, er nelle budelli, comefenue Diofcori* de; mafete infopportabile, agrezza nellagola, tafie, finltura di fiato ,ritenimento donna : cr {luffa di corpo con f,anguefimili alla difenteria. A l che fi deeouuìare ( come benifiimo infegnaDtofcoride )' conte cofeuntuofe,et lenitiue, cr parimente con alcuni cremori, cr muciUagini d'alcuni femi Seguitando tutto Cordine ferm o ampia= mente da noi nella cura delle cantarelle.percioche la cura di quefti ueleni corro,(lui non e punto differente da quel la , ne piu fe gli può aggiugnere di quello, che quiui è fiato detto : er, però la rimetto ciafcuno,chedi btfigno ri ha* ueffe, Imedcfimi accidenti fanno parimente C a r s e n i c o fìolimaio, il Verderame,il RtfagaUo, l Arfenico Ioli tei cr'la Maeftra, di che fi fa il fanone :c r ricercano la medefima cura .come che I Acquafòrte, e r laM. aettr* mato, Scaltri del fanone fieno piu difficili da curare : perciocbc ejfendo liquide ,fono piu pcnetratiue. La cura di tutti quejti e ueleni. la medefima fuddetta della calcina,cr dell’orpimento : quantunque Cun piu dell'altro fia acuto, cr corrofiuo. So* pra’ l che feriuendo Pietro d’Abano, dice,che CArfenicofilmato,fi cura facendo bere ai p ie n t i ilboturo con Arfenico foli la decottione delfrne delle rape,cr pofeia fargli piu er piu uolte uomitare:reiterando fteflo la beuanda Crinomi »nàto, & fua ti co i crifierifatti di cofe untuofe, cr lenitine,cr confucco di ptifana, c r di balica, c r parimente con muciUagini j o cura. fatte di Cerne di pfiUio, di cotogni, er di malua : er con cibare i patienti con olio di mandorle dolci,cr con brodi grafi divalline : affermando, che il uerofuo antidoto c il criftaHo di montagna macinatofottilmente.cr dato a he re al pefo d'ima dramma con olio di mandorle dolci. Il v e r d e r a m e poi, oltre àgli accidenti predetti, oppi­ Verderame , la , cr ferra grandemente la uia del fiato, di modo tche alle uolte affoga con grande impeto i patienti. A lche Se curadelfuo pur fi foccorre, facendogli uomitdre con boturo, cr acqua calda, come fi fa nell arfenico : c r co Iftr dei enfien ueleno. coniane d’afina, cr olio di mandorle dolci : co'l dare à bere una dramma alla uoltadi te r r ific a ta infleme con ut no bianco : er co'l mettere i patienti ignudi in un bagno d'olio communefino allo ftomaco. come che u fuo uero un tidoto fieno i coralli rofifieuuti macinati fottilmente al pefo di due dramme con uino. A l n i s a g a l l o , Rìfagallo, & il quale per effere oltre modo diffeccatiuo ,fa diuentare l’huomo contratto, non fi conmene altra cura, che quella, rimedii alfuo che fi fa neU'arfenico, nelfolimato, cr nel uerderame. come che particolarmente gtoui m tal cafo l unger tutto l 40 ueleno. corpo co;« olio di mandorle dolci,fiegner lafete co'lgiuleppo molato,cr dare a berefei onde dotto di pinocchi> onero di noci lndixne-.ricordaodo però à ciafcuno, che tutti i rimedi] ferini da noi nella cura delle cantarelle fono

Calcina, fandaracha, orpiméco, & lo ro uclenola natura, Se cu­ ratone.

in tal cafo efficacifimi.

Della Lepre marina.

Cap.

XXX.

S en tono nella bocca coloro ,'che hanno beuuto la Lepre m a rin a n o odore Cimile a quello de pefei corrotti. dopo al che fi Centono dolori nel c o rp o , ne poflono ormare : & fc pure ormano , e fa loro orina di pauonazzo colore.Hanno oltre à ciò in odio ogni forte di pefee, Cudano un (udore puzzolente,& uomitanohumori cholerici >& alle uoltem efcolaticon fangue. c e i occorre» dando continuamente à bere del latte d’afina,& del uino paflb : oueramente la decottione delle tron di,& delle radici della malua.’oucro la radice del pan porcino trita, & beuuta con uino «ounadram ma d’elleboro ncro.ò di Cucco difeammonea con acqua melata, & fiocini di me agrani.tthcacUsima è in ciò la gomma del cedro trita,& beuuta co’l uino ; & parimente il fangue dell oca,beuuto coli cal d o , come fi caua dall'animale. Ma quantunque habbiano in odio coftoro tutte lelorti de pelei; ma ciano nondimeno uolentieri i granchi de i fiumi, & beuongli con uinoidal che ntrouano giouame to, percioche gli fanno digerire. Danno manifesto fegno di falute quando cominciano a e 1 erar il pefee,& che io mangiano uolentieri. t

Fv TiRLLA Lepre marina detta Thifior ia difopra nel fecondo libro : degli accidenti della quale feriffe Ni*

M f & Tcgn’i caniro ne ifuoi alexipharmaci con tali, 0fimili parole. Conoftefi, che fi fia beuutala lepre del fuo uele- che fifentc nei patientifintile nìle fquame ,crintaglte del pefee. Ilgufto de iqualt e comefe hauijjero /cmP

60

.r


Nel leíto lib. diDiofeoride. b o c c a p r fc i p u t r e f a t t i . Fanno fi t p a t ie n t i t u t t i v e r d i , c o m e fe fu ffe ló r o tr a b o c c a to i l

/o 9

fiele : f c m f c o n f e g l i

e li o c .

c h i , e t i p o c o a p o c o f e g l ! co n ta m in a la c a r n e n e l c o r p o . P erd on o l'a p p e tito , e t hanno in o d io o g n i f o r t e d i c ib i. D w e n ta n o m t u t t o i l c o r p o t u m id i, e t c a c c ttic t : p a tife o n o a r d o r i n e i ta llo n i , g l i o c c h i f i r itir a n o in d e n t r o , e t le g o t e rem eggiano di c o lo r e d i r o f e . g u v ie a p i u a e l d o v e r e . q u e l l o d ijje e g l i .

R itìe n fia p p o c iò l ’ orin a : c r f e p u r e fe e , è d'uà c o lo r e c o m e p o r p o r e o , & fa n -

O d ia n o g l i a l l e n a t i i l p e f e e , n e p o fjo n o to le ra re d i u e d e r lo , n on c h e d i m an giarlo . T u t t o

M e quali p a r o le p a r e c h e [ o tto fc r iu o n o A e t i o , c r A u ic e n n a

:i

q u a li o lt r e à g l i in d ici! g i à d e tti ,

n e d e fe n u o n o d e g l i a lt r i,c o fi d ic e n d o . L a le p r e m arm a f a d i fo r te tr a b o c ca r e i l fie le ,c h e i p a tie n ti d iven tan o t u t , t i g i a l l i , o r d ì c o lo r d 'oro : c o m e c b e p o fc ia fa c c n d o fi l a i d i , f i g o n fin o n ella f a c c i a . S e n to n o o ltr e

«o

àc iò

in cen d io

n o n p o c o n elle p ia n te d e i p i e d i , o r im p ed im en to g r a n d e n e l p e t t o , nel p o lm o n e , c r n el reffiirare c o n r o f f e z z a n o = ta b d e n e g l i o c c h i . P a tifeo n o to ffe fe c c a c o n f u t o d i fa n g u e , d o lo r e , o r a n g o feie n elle r e n i,o r in fia g io n c nella u er g a : di m odo c h e p o c h i fo n o c o l o r o , c h e fc a m p in o d i q u e llo u e le n o ,c h e n on d iu e n tin o t h i f i c i .

E t p erò d iceu a G a *

letto n e l lib r o della theria ca à T i f o n e , c h e i l p r o p r io della L e p r e m arina è d i n u o c e r e a l p o lm o n e .

D a tfe g li ( co* Lepre miTÌ D lo f c o n d e ) a b ere in p r in c ip io c o n tin u a m en te il la tte d ell’afina c o n u in o d o lc e M a r n a t o p a jfo ,o r parim en »»,& cura del d e c o ttto n e della m a lu a . Ne q u e llo p e r a ltr o ,c o m e d ichia rò A e t io , c h e p e r p r o u o c a r e i l u o m it o ,c r f i e g n e r e i n iuo uelen0-

m e d ic e t e la

p a r te ia c u it a d e l v e le n o . L ’elleb o ro p o i f i d à , c r p a rim en te i l pan p o r c in o , c r la fca m m o n e a ,p a rte p e r f a r u o m ita r e , c r p a r te p e r fo lu e r e i l c o r p o : c r t u t to l r e f i o , p e r om tiare à i n o c u m e n ti, c h e f u o lf a r e e g l i n elle in t e r io r a . L o d a n o in c iò a lcu n i m od ern i i l fa n g u e h u m a n o , b e v u to caldo c a r n e d i u o lp e , m angiata a rro stita :

2>0

; i l la tte d i d o n n a , p o p p a to d a tt'ifteffe

m am m elle : U

cr la th e r ia c a d ia te jfe r o n , to lta p e r tr e g io r n i co n tin u i.

Delle Botte tanto terreftri,quanto paluftri.

Cap.

X X X I.

B E t' V T E che fi fieno le Botte tanto terreftri, quanto paluftri, fanno enfiare, & diuentar’giallo tutto il corpo,come fe fulTe di boiTo : ftrmgono il petto,& le uie del refpirare:* fanno puzzare il fia­ to . dopo a che inducono finghiozzo,& alle uolcc fanno centra la uoglia de i patienti ,ufcir fuori la iperma . AI che fi foccorrc,fatti che fieno 1 nomiti,con bere copiofamente d’uno eicttisfimo uino, & con tor due dramme di radici di canna,oucramcnte altrettanto di quelle di cipero. Finalmente bifa­ s e coltngnerc 1 pallenti à correre,ò cambiar uelocemente.accioche fi fciolgano dalla pigricia gran de,che lentono in tutte le membra. Bifogna oltre à ciò anchora,che ogni giorno fi lanino. Ì®

L i B O T T E , chiamate da molti Rojpi ¡fono di due frette. Ma le terreftri chiamate dai Latini rubeta; per Botte,& loro iftare elleno nelle flepi tra 1 roui, cr da 1 Greci phrim, delle quali intende qui Diofcoride, fono piu ueknofc, che uelen° k nata 50 queUe,chefi fianno nette paludi, c r nelle¡òffe dell'acqua ( quantunque,per miogiudicio,non intendelTero bailicofa Afoigi mndetta Brefcuno allottava epiHola delfuo uolume : ) cr tanto piu fono uelenofe, c r maligne le terreflri quanto piu fi ritrovano in luoghi fHgidi.cr opachi. Et però uelenofifiimefon quelle,che Hanno ne ibofchi ombrofl delle uattt, & ne 1canneti dette uigne. Hanno le graffe durifiima pelle, di modo che atte uolte malagevolmentefi paf f a , quando s infilzano ( come fogliano fare i uittani ) in qualche bene appuntato palo. Qjieflc quando vogliono infettare alcuna pianta, o qualfi uoglia animale, che uadapafeendo, d campando là entro, ouc ette¡Intronano, /? gonfiano, ntirandofi tnfe fteffe, c r ut un tratto fchizzano, er ifeompifeiano ciò , che hanno d'intorno. Et aerò molte uolte nel mangiare herbe, fraghe, òfrughi feompifeiati, ò infaliuati da effe ,f i fon già molti auelenati, er morti. pcrciochela [attua loro non e manco mortifrra,cbeflfia il napello : c r cofi parimente il fangue loro. Et Pe. ro non e marauiglta.fe bcuutefeccbe, fatte in polucre,confino le Botte mortifrri accidenti ■ c r fe mordendo anebo 60 ra, quantunque nonfacciano grande imprefiionc nella carne, parimente auelenino. percioche penetrando il veleno detta mortifrra¡attua loro perii pori atte ucne,cr atteArterie,auelena pofria ciò, che ritroua ; come piu à lungo fu. Bocte’ &,or° detto nel difeorfo del prologo. Le fecche.èeuutein poluere (fecondo che recita Autcam ) oltre à gliaccidenti, & Té

che


Difcorfi de 1Matthioli

77©

c h e r e c ita D Ì o f r o r id c , fa n n o f è c o r e , z r [ le c ita g r a n d e netta g o la : n o cu m e n to n e g l i o c c h i , v e r tig in i,ffia fim o , d i* fe n te r iì , n a u fea , n o m i t i , [ in c a p i , d ià u r b o d i n t e l l e t t o , a n f a n a m e l i , a n ch o r a c h e ne g u a r iv a n o i p a tie n ti b e v u to

-I l

c h e [a n n o p a r im e n te i f r u t t i ,

er m o lte v o lte [a n n o er l'b e r b e i n f i lia t e da

ca fca re t u t t i i d e n t i , lo r o

,e r

il lo r [a n g u e

L o d a li,p e r cu ra re i l v e le n o d i q u e fle , f a t t i c h e fie n o i v o m ita la t b e r ia c a ,w p a r im e n te il m itb n d a t o ,to l*

t i c o n o ttim o v in o p e r t r e g io r n i c o n tin u i : & [ im a m e n te i l [a n g u e dette t e f lu g g in i m arin e in fie m c co n c im i n o , c a ­ g l i o d i le p r e ,

er u i n o .

M ir a b ile è in c iò la n ofzrd q u in ta e ffe n z a tb e r ia c a le , [ c r it t a d i [o p r a n e l d ifeorfo d e l p r o io

. e t c o fl a n ch o ra i l n o fir o o lio d e g l i S c o r p io n i . L o d a i l C o n c ilia to r e i l d a r e à b e r c o n urna u no ¡c r e p o lo d i p o i

L

u ere d i [>n era ld o , é t p o feia fa r e en tr a r e i l p a tie n te n el c o r p o d'un m u lo a m m a z z a t o , e t ifu e n tr a to , f i n c h e u t dura i l ca ld o : e t a p p reffo a q u e llo in un’ a l t r o , tra sfe re n d o lo d i m ulo in m u lo , ò d i cauatto in ca v a llo n o n f i p o te ffe r o

) fr i che

d o p o lu n g o fu dare f i r i d a n o g l i a c c id e n ti,

e l m a le in fte m e .

( quando b a u er

m u li

L o d o m u c c e d i q u c fto A c *

ia

t i o , i l m e tte r e i p a tie n ti in un [ o r n o ta n to c a ld o , q u a n to f i p o ffa to lc r a r e , o n e r o in u n [ u d it o r io a r tificia le , co m e f i c o Z u m a fa r e c o n a lc u n i b id r o p ic i. L a cu ra d e i q u a li n on p o c o f i co n u ien e { c o m e d ic e A u ic e n n a )in q u e llo c a fo . E t p e r ò u ig io u a m o lto i l rb eu b t r b a r o , la d ia e n r e m n a , e t la d ia la c c a . com e c h e d ica il C o n c i lia t o r e , che i l p iu n e r o , €t p iu a p p r o u a to a n tid o to co n tra l e B o tte flit quella p ie tr a

>c h e f i g l i r it r o u x

Delle Magnatte,ouero Sanguifughe.

nella tcjix*

Cap.

X X X II.

Q V a n d o fi beuono inauertentementele M agnane nell’acqua, fe per forte s’attaccano alla boc cad d ìo fto m aco , fanno fentire in quella parte un certo tiramento , come fe hiflc uno che fuggdte. il che dà manifelìo indicio , che le ne fia beuuta qualch’una. Rtmediafi a quefto, dando a bere de,la falam uoia , & parimente del liquore^ delle (rondi del laferpitio, ò della bietola con aceto, o la neuc inficine con l’aceto inacquato. Conucngonuifi i gargarifmi fatti d. nitro, & acqua, o di u etnolo, & aceto .M a e (Tendo le magnatte attaccate al gorgozzule, faccianfi entrare i partenti m bagno di ac­ qua calda,& tengano continuamente in bocca della fredda .-percioche per quella uia ageuolmente

fi ritirano in bocca. Ma-natte, & loto uocumé «•

L

e

m a g n a t t e , c o f i ch ia m a te da n o i in

,¿

f e f a m o in a lt r e A cq u c} c h e d i

To fe a n a , c r da m o lti a ltr i S a n g u e tte , er S a n g u ifu g h e ,

di U g h i

: p e r c io c h e

nette fó n ti dette b u o n e a c q u e

fa ffojì n on u o le n t ie n Z a n n o e lle n o , p e r effere lo r p r o p ria n atu ra d i (la r fc m p r e n el lim o ,

,e r nei f u m i

er n el fa n g o

ra re tto U c tr e n o ji,o

. E t p e r o e da

S a r d a r f e n e n e i lu o g h i, d o u e f o n o i n u f o c o ta li a c q u e [ o m e t t e . i l c h e n on [a p en d o atte u o lte g liin e f f i e r tim a n d a n ti, c a c c ia ti d a l c a ld o , &

d a lla [e te ,

er b eu en d o d’ o g n i a cq u a c h e ritro tta n o n e l ca m in o ,fi b e u o n o atte u o lte

le fa n g u tfu

o h e in a u e r te n te m e n te . D o p o a l c h e n o n [ o la m e n tt J ìfe n to n o i p a tie n ti[ u g g e r e - il[ a n g u e ( c o m e d ice D to jc o r iJ c .) m a a n c h o r a ( c o m e d ic e A v ic e n n a atta i x . f i n d el t e r z o l i b r o ) ¡fiu ta n o i l [ a n g u e , & fa n n o fi m a lin c o n ia p e r lo t i *

, u u te , & cura

more,che gliene[eguita. Al che uolendofi[occorrere,bifogna confiderarefe fia attaccato I animale alla bocca del lo ftomaco,ouero a meza la g o k ,à pur nel principio del gorgozzu le. Il che agevolmente fi può conofcere perdei*

^ . , t i .p rcioche U A u e ^ f a t o n o u tim e , quivi m an cam en te e attaccata la mignatta. Il perche[e ella farà attaccata nella bocca dettoftomaco, nifi conuiene la falamuoia, bcuendola pian piano,o ¡affa fetida# la li * [eiainfteme confale er aceto, ò il fucco del raphano con l’aceto, ò il mangiare dell olio crudo, il quale per )e foto le ammazza : oueramente con tutte quelle co[e,che fi lodano per ammazzare i uermim. Gtouanui oltre a cio,quan*

^

do elle fono m meZo attagola, i gargarifmi[atti di lifeia fòrte, ouero d’acqua alumtnofa inficine con aceto,o con al 40 quanto vetriolo, onero d’acqua [alata , lifeia,aceto ,W fenape. Quando poi ette fono nel principio del gorgoz* . z u le , uigioua molto il rimedio mfegnato qui del bagno dell’acqua calda da Diofcoride : percioche cacciata la ma* matta dal caldo dell'acqua ,[e ne corre atta frefea tenuta in bocca, onde pofeia ageuolmente fi [fiuta fu o ri . Mae cerò da[attere, che quando ella fi ritroua attaccata nel principio detta gola, di modo che aprendoji la bocca conio (fieculo, fi coffa ella comprendere con l’occhio facendo federe il patiente in luogo luminofo, ageuolmente [e ne le* ua uta con quello fr u m e n to , che chiamano i chirurgici roftro digru , ¿con altro fecondo la confiieratione del buono, er ijficriinentato artefice.

D ell’ Elleboro bianco, Thapfia, Agarico nero, Elaterio, & altre cofe , che fi danno per medicina. Cap. X X X III.

So

V e r a m e n t e bifogna con prudenza trattare, & amminillrare alcune cofe anchora, le quali fi danno per ricuperare la fallite : auenga che alle uolte non facciano minori accidenti, che fi Tacciano eli altri ueleni. come fono l’elleboro bianco, la thapfia, Telacerio, & l’agarico nero : percioche non fidamente alle uolte ftrangolano i patienti ; ma lor purgano il corpo molto piu del douere. Soccor refi adunque allo ftrangolare,che alle uolte fanno,con tutte quelle cofe, che fi conuengono a 1 onohi malefichi : & quando fuperfluamente purgano . ui fi ripara con quelle medicine,che riltagnano il corpo. N on fono oltre à ciò da effere menconfiderate alcune altre c o fe , le quali par che alterne nuo cano,& nondimeno mettono alle uolte la uitain grandisfimo pericolo, nel numero delie quali e la ru ta faluatica, il m e!anthio,& la lanugine frefea dei fiori di quella fpetic di cardi, che fi chiama cacTos. ¿0 A i quali nocumenti fidamente co’l uornito fi rimedia.

Ha v e n d o


NeliefèoJib.diDioicoride.

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771

H a v EN, DO fin qui trattato Diofcoride degli accidenti di tutti ìucleni,che mangiati,, ò beuuti ammazza* ttojftroppiano g li htiomini,er parimente de i rimedi], & antidoti loro Rapendo egli benipinocb$ fìntrouano Ordine di Dìofcoride alcune medicinale quali date, ò tolte fenza i debiti,er condendoli preparamenti,ó in maggior quantici di quello, dichiarato. ebefla neceffario,fono di non manco pericolone fi fieno gli altri ufileni ;pcr non lafciare in ciò pericolare gli luto mini, uolfe in questo capitolo ammonire i medici, che netfamminiftrare cotali medicamenti debbano ufare ogni pru denza, er ogni loro arte. E t come che tra tutti quelli,chefono in ufo, non nominale egli ,fc non l'Elleboro bian* co, la T hapfia, l’Elaterio, e r l’Agarico nero ; non però è da effere acctifato,che nonfapeffe, che oltre à quelli mal ù altrife ne ritrouano, che poffono er ugualmente,& maggiormente nuocere. Perciochegli parue,che affai fui -« fe l’accennare il pericolo, che fi ritroua ne i folutiui à i dotti, er ifperimentati medici, fenza nominargli tutti, con l’cffempio di quefti. Ma accioche in tuttofi fodisfaccia k i lettori, mi sfirzaródifupplirequiioàtutto quel­ lo , che pareffe ad alcuno, che haucjfe co l fuo parco ragionare tralàfciato Diofcaride. Et però non folamente di quelli ; ma del Pan porcino , dell’Elleboro nero, delTurbitb, de i Titbimali, della Scammonea, della Coìoquintida, della Brionia,della Cataputia chiamata da (Greci lathiri, del Ricino chiamato dagli Arabici eherita maggiore, della Thimelea, er della ebamelea con ogni diligenza diremo. Percioche adoperandofi tutte quelle cofe condiana mente da i medici perfolucre il corpo, perfar uomitare nelle pericolofe malattie farebbe ucramcntc non poco er* rare à lafciarle da banda : er maßimamente,chcfieffo accade per ignoranza d’alcuni medicafiri ( de glifietiali ho* ra non neuoglio dire, fapendoftche anchor efii molte uoltc facendo dormono ) che non fanno pur leggere, non che medicare : i quali danno quefte medicine follatine fòrti ad occhio,fenza mifura, er fenza preparamento alcuno, non confìierando le completori,ne le altre circonfianzc,chefi richieggono nell'arte, nonfolamente à i uillani; ma ancborajfeffo a perfine nobili mal pratiche di quanto importi l'hauere i medici periti. Onde intéruienc poi, che il piu delle uolte incorrono i patienti ingrandifiimi trattagli,er horrendi accidenti : à i quali fe con le cofe appropria* te nonfificcorreffi,agcuolmcntefe ne morrebbono, come già è intervenuto a molti. Et però dico, che l’Ellebo­ Elleboro bi» ro bianco,la Thapfìa, l’Elaterio, l’Agarico nero,e'l P a n porcino fanno alle uolte anchor efii mortiferi acciden* co,Scaltri fo ti, indurendo uomiti,fiußi di corpo dolorofl,er fuperfiui,flraugolagiom,er firettura difiato, da cui fi caufa Jtitiui, Seloro tanta debilità delle uirt'u principali di tutto’l corpo, che in un momento i patienti tumortifconomnfiano, cr fida* nocumenti.Si cura. nofudor di ghiaccio : er finalmente, quando prefio non fig li foccorre, cafcano in un continuo finghiozzo, co l quale meramente fe né muoiono ftrangolaci, erfiafimati. A l che principalmentefi foccorre co i uomiti , er co i en fiai piu uolte detti icrpofcia con gli antidoti generali,fini quali èualorofifiima la theriaca d Andromacho, quando ellafuffefatta legittimamente. Imperochc quefta ( come in piu luoghi ferine Galeno ) ha particolar tiirtìi tolta dopo i medicamenti folutiui, d’impedire totalmente la loro operatone. Particolarmente poi per ffiegnere la malitiadeÜ’ Elleboro bianco f i corniate il dare laequa melata, er i fiori della nìmphea in poluere, al pefi di due dramme per uolta :percicche quefio è ilfuo nero rimedio .- A l Panporcino giouano le bacche del lauro trite,alpe* f i di due dramma er Ufio nero antidoto è il pepe biancopoluerizato, al medefimopefi. L ’Elateriofi cura con la theriaca d'Andromacho, tolta al pefi difei fcropoli con la decottione delle bacche del lauro,cr co l mele: come che il fuo proprio antidoto fia il fic c o della menta. Curafi la T hapfia,& l’Agarico nero nel modo medefimo, chef i cu* ra l’Elleboro bianco : percioche inducono i medefimi accidenti. Fa l’Elleboro n e r o anchor egli alle uolte Elleboro ne­ (fecondo che rifirifee Auicemajftauenteuoli danni,ciò èfiußi intolerabili di corpo,{lrangolagioni,fiafimo, batti* ro, Secura di cuore, fìccità di lingua, ferramento di dentifopra effa,rutti infiniti, cr infiammagli : dopo di che , f i notifi por* fuoi nocumége aiuto, nafee un tremore in tutto l corpo, crmuoionfii patienti. La cura è dare à bere l'afienzo co'l uino crpa ti. rimonte due dramme di poluere, fatta ugualmente di cimino, d'anefi, di ¡fico nardo, cr di cailorco, pur bevuta con uino ; ponendofopra le infiammagioni delle pezze calde, crdelle cofe carminatine : crcibando i patienti con cu* feio frefco,con mele, con botttro, tanto crudo, quanto cotto,con brodi di carne graffe, cr con uino dolce, chiamato puffo : non lafilando però à dietro gli antidoti ualorofi uniuerfuli, cril dare ifiori ficchi dellanimphea, come di* cemmo nella cura del bianco . L’ e v p h o r b i o poi induce à chi fe l beue, incendio grandißimo nel palato, nel gorgozzule, crnella,gola, infiammatone,cranguftia terribile in tutto l corpo,rodimento intolerabiie iiettoftoma EuphorbioSi altri medica­ co, cr nelle budella,finghiozzo, crcontinuofluffi di corpo. Il chefanno parimente il t v rb 1 TH,fc Scammonea, rne», Seloro la Coloquintida, tutte lejpetic de i Tithimali, il Lathiri,crparimente il Ricino,il qual chiamano Cbertta maggiore’, malignanatu come che non cofi ecceßiuamente nuoca,comefa l'euphorbio. Nafcono anchora dalla t h i m ele A,er dalla C.bamc ra. ha uomitiflemmaticifiumofi, fiußi di corpo, intolerabili rodimenti,crdolori intenfl nello flomaco,et nelle budella, anguflie,infiammagioni,dolori in tutto l corpo, fite ineflinguibile,finghiozzo,fiaftmo,er perdimento di noce- acci denti veram entecrudeli,i quali eccedono alle uolte quelli,chef i caufano dall'euphorbio. Curanfi tutti quefti uniuer falmente da prima col methodo uniuerfale de i uomiti,de i criteri,crde gli antidoti communi. Ma particolarmente Cura dell'eu phovbio,8;de fi curano con cofe untuofe,acciochefiffienga l'acutezza loro ; er con cofe frigide,accioche ßfuperil'ecccßiua cali gli altri. dito,che poffeggono. Et però lodò A incettila il latte acetofi,la camphora beuuta con acqua rofa,ilficco de i mela­ grani brufihi, de i cocomeri, de i cedrinoli,delle zucche,delle mele acetofe, er parimente l’acqua d'orzo infrigidì ta con la neue,er la terrafìgillata. Ma l ’antidoto nero deU'eupborbio, i ilfime del cedro,bcuuto con uino, ouc fia fiata cotta l’enola. Quello della Scammonea,è il latte,da cuifiafiato canatofuori il boturo,ilficco deile mele,er delle cotogneti rhu.er ilficco del ribes. Quello della Coloquintida,é il latte di uacca,il boturofrefio, la tèrrafi* giOata,er la poluere dello fineraldo, data piu e r piu uolte. Quello del Turbiti), er di tutti i Titbimali, è la theria* cad’ Andromacho,beuutanel uino,otte fiafiato bollito il dittamo di Candia, er la minia poluerizata, e r beuuta al pefi d’una dramma con purißimo uino. Quello della Brionia,è il dar prima la theriaca con la decottione deU’eno* la fatta nel uino, er pofiia del pepe nero poluerizato. Quello del Lathiri, er parimente del Ricino , è il fic co Ti

i

deUhiperico,


772

DifcorixdelMatthioli

dcü’hiperico, ouermente l'herba beuuti in poluere. Q nello ultimamente della Tbimelea,cr della Chamelea, è il flrcpo rofado, benino con acqua d'orzo, beuendofì dapoi l’origano di Candia, prima arroflito, er poi poluerizd* to. Et tutto quefto s'intende per iffegnere folamente la malignità uclenofa di tutte queñe cofe , che cotidianamente Rimedi) ì. di fono in ufo a i medici. Ma perche Jpeffo accade,che cotali uclenofi medicamenti fanno uarij cr diuerfì mortiferi lierfi accidéci caufatidaue- accidenti , alianti che in modo alcuno figli poffa darfoccorfo, come uomiti, e r continui fiufii di corpo,coft di puro lenofi medica fanguc, quando s’aprono le bocche delle tiene, come d'ogni altro humorefajimi, (Irangolagioni, er debilezze in« menci. fopportabili ; però non folamente è neceffirio attendere à diflruggere la maluagità del ueleno ; ma anchora à rime« diare con ogni diligenza àgli acciden ti ■ percloche jpeffofono quelli di tanta importanza, che ricercano maggior cura, che non ricerca la caufa principale. Soci orrejì adunque à i uomiti fuperflui ( pur che il ueleno inficine con gli humorife ne fia ufeito fuori ) con le cofe jlitttche, che confortano lo flomaco, er mafimamente impiagate di 10 fuori : et con le legature dolorofe delle membra eñreme del corpo. Giouano in ciò dati per boc ca i mirobalani ci* trini conditi, et parimente crudi : le noci condite, la cotognata, il zucchero rofado uecchio con la terra Lemma : il uino delle mele cotogne, de i melagrani, et delle prugne faluaticht: le bacche del mirto,il rhu,le rofe fecche, il feme delle rofefaluatiche, il corno del ceruo brufciato,ifandari, i coralli, fagrcfto, l’aceto, et altre cofe limili. Di fuori giouano poi applicati in firma di'impiaftro,ouero d'untione, lo¡pico nardo, et parimente il Celtico, la menta, le ghiande, 1 bolaujli, il maflice, Uncenf i , i mirobalani citrini,i mirti, i fomachi, l'olio delle mele cotogne, quello dellofpico nardo, il maflicino, il rofado, et parimente il mirtino. Ne folamente uagliono tutte quefte cofe per riftagnare i continui uomiti ; ma hanno anchora la pari facilità nel riflagnare gli eccefiiui fiufii del ’corpo, ungendo, et impiafirando non folamente con efii lo ñomaco, ma tutto'l corpo di lungo fino al pettinecchio. Ne/ che ancl -ra gioua non poco il fafeiare le b raccia ftrettamente dallefa lle fino alle mani,cr legambe dalle anche fino a i piedi, z 0 Gioua fìmilmcnte per diuertire la cofa aüe parti cfleriori, Ufar fidare i patienti, tenendogli ben caldi, cr ben co­ perti nel letto, ouero ne ifudatorij, er bagnifatti per arte ;facendo però fempre tener la teña di fuori al difeoper* to, ouero co'l far tenere le gambe, e r le braccia nell’acqua calda. dopo al che molto uifi conuiene il dar per bocca le medicine fiittiche, er confortatine, dette qui difopra. Confinano molto in tal cafo tutte le uirtù principali gli odoramenti aromatichi, comefono lerofe fecche, la camphora, i garofani,1’agaUocho, la Jlirace, il bclgioino, le bacche del ginepro, i fandali bianchi, er citrini, er altrifimili - Lodò in cotali f u f i Auiceima alla quarta fin del primo libro per ottima medicina il dar per bocca tre dramme di feme di nafturzo prima arroñito, er pofeia cotto nel latte acetofo ,fino chefi fefiifea. Et quando tutte queñe cofe non giouano, fìpuo fìcuramènte fenza timore al amo ricorrere al plutonio, aU'athanafla, alla requie, er ad ogni altra medicina opiata, pcrcioche quantunque in alcuna parte pur nuocano, per ricetto dell’opio ; nondimeno tanto grande è ilgiouamento.che pofeia nefeguifee, 3 ® che non è da curarfl in modo alcuno di cotale infenfibile nocumento. Conclufìuamentefe la theriaca dikndromacho fi ritrouaffe à i tempi noñri debitamente preparata non haurebbe cofa alcuna,che la pareggiale infuperare la fòrza de i medicamenti folutiui. Imperoche Galeno (come piu auantifì dirà) in piu luoghi del fuo libro fritto à Pifonet er parimente nell’altro fr itto à Pamphiliano, afferma che la proua di conofcer la perfètta theriaca c il darla à chi haueffe prefo qual fi uoglia medicina per purgarli : per effer cofa certifirn a, che lafatta comef i richiede,di tal far* tefupera la fòrza del medicamentofolutiuo, che non folamente ne impedife del tutto íoperatione; ma non lafcia di ciò fentire in alcuna parte del corpo nocumento alcuno. Il che fa parimente il noftro antidoto theriacale fr itto qui di fopra nel difeorfo del prologo. Puofii non poco oltre à ciò giouare ne i uomiti , c r n c i flufii predetti, co i ci bi appropriati, dandofolamente quelli, le cuifacuità fieno /ìittiche, er coftrettiue, infrigiditi artificiofamente con la neue, ò co'lghiaccio,ò co'l tenergli fo fe fi conlunga fune in qualche profóndo, er frigidifim o pozzo fino ap* 4 ® preffo all'acqua. Allo fafìmo po i, che infintili fòrti euacuationi fuole accadere, bifogna foccorrere con tutte Rimedi) per quelle cofe, che fi comengono per rifiaurare i corpi inaniti, er diflrutti. Nel che marauigliofornente gioua il latte lo fpafuno. humano, poppato daü’iñcjfe mammelle : il lattefatto delle mandorle dolci, e r parimente il fuo olio, beuuto,cr ufa » to ne i cibi : i pinocchi, i piñacchi, le noci Indiane, e’l feme de i melloni peño, cr paffuto per la ñamigna con brodi confumati di capponi>er buona quantità di zucchero candito,ouero di pineti fatti di zucchero fino. Conuengon nifi Umilmente i capponi, cr ifagiani mefii crudi, pelati, fuifccrati, c r tagliati minuti nelle boccie di uetro benfer rate, cr pofeia fatti riflu ire in liquore nel bagno di Maria, dando pofeia di coiai liquorefe ffe uolte à bere à i pa­ tienti . pcrcioche (come in quel uolumetto delle fòrze del cuorefr iffe Auicenna) ha ucramente quefto riflauratiuo maggior uirtù di foccorrere alle debilezze del cuore, che ogni altra qualfi uoglia medicina. Confirifconui oltre à ciò le tuorla dclTuouafrefche rotte ne i brodi confumati di cappone con buona quantità di zucchero : cr parimente <,o te polpe de polli pelle fono in tal cafo ualorofifiimc, cr buone. Soccorrefi finalmente alle (Irangolagioni, che po* teffero indurre queffe medicine fòrti, c r uelenofe cogli iñefii rimedij, che dicemmo nella cura de i fonghi malefichi. fece oltre alle medicine fuddette, memoria in quefto capitolo Diofcoride del melanthio, della rutaìfaluatica,cr della lanugine di quei cardi, che fi chiamano catti, delle quali piantefu da noi à bañanza fr it t o difopra à i fuoi Ino ghi ne gli altri libri . Ne pero fempre caufano queñifaftidiofl accidenti. Ma pur quando nuocono,la propria cura loro è, il uomitare con la decottione della maina,cr latte, cr hoturo crudo : dopo al che f i comengono i brodi graf» jfl,cr tutte le cofe lubriche. A uertifeano adunque bene i faggi cr fideliferiali, che nel pefare delle medicine folu * tiue,ó Í occhio, ò la manofi qualche trafeuraggine non gli ingannaffe. Et oltre à ciò quando gli capitano alle mani alcuni medicañri indotti, cr ignoranti,non manchino di riprenderli, et di denuntiarli ò à protomedici, ò à retto* ri delle terre, acciochc i poueri infirmi fitto f i f i publica nonfieno da efii affafiinati, et morti. Co

Dèile


Nel íeflo Jib. di Diofcoride. Delle colé, che íbno in ufo cotidiano.

Cap.

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X X X I1II.

L ’ a c q v a fredda bcuutai in una gran tirata,& parimente il uino puro beuuto in gran quantità, onero il dolce chiamato paflo, & fpetialmcnte dopo al bagno, ò dopo al correre, ò dopo al grande eflercirio, affoga, (frangola, & induce dolori . Al c h e fi foccorrc co’l cauar del fanguc, & con le cua cuationi : pcrciochc per quella uia fi liberano dal pericolo i patienti. Et coli fin’hora ¿abbiamo dee to àbaflanza de gli accidenti, & parimente de i medicamenti, che conferifeono à i ueleni, & fimil* l o niente del m odo, che tener fi deca guardacene. Al chefifarebbono anchora potuteaggiugnere le deferittioni de gli antidoti conueneuoli, i quali in quello cafo operano contra i ueleni ualorofamcte & fono del continuo del noftro ufo, come c il Mithridato, quello che fi fa di fangue,& l'altro che fi fa di ftiuchi. Ma perche fono (lati ferini in altri luoghi tra gli antidoti diligencisfimamentc, lafciarc* m odi fcriuerne in quello luogo. N o n s o l a m e n t e trale eofe,chefono in ufo cotidiano per nutrimento, eyfoflcntacoloieUauìtadcU l'huomo, l’acquafredda, er parimente il uin puro,onero il dolce chiamato pajfo,pojJono beuuti nel modo che [crine Diofcoride, caufare mortali c r pericolo/i accidenti ; ma anchora le carni »erri pefei. Percioche quefli cotti,ey fer bati lungamentefreddi in luoghi humidi, & pofeia mangiati, fanno i medefrmi accidenti de ifonghi malefrcbhquan funque non dimagrino alle uolte la malignità loro, fe non paffato un giorno, ouer due. Le carni poi prima ano = te /lite, erpofeiafuffocate co/l calde tra due piatti, ey coperte, er rauolte tra tonagliele punto non poffano euapo rare, diuentano anchora effe uelenofe. Tali parimente fono le morticinc,lc ammazzate daferpenti, ò da rabbiojì animali,oucramente dalfolgore,comefreJJ'o .internate : caufando calicajriftezzafruffo di corpo,frenefla, letbar* gia,ey morte. Et pcròèdaguardarfì da quefle cofe con ogni diligenza : ne neramente è dafarfene beffe.perciccbe bo conofciuto alcuni,che miferamentefe nefon morti. Non manco è da guardar/ì dalle uoua de i pefei',chiamati Bar bi : perciochefono non poco uelenofe et mortifere, come fanno tejlimonio le galline, che muoiono quando le man giano. Eafii la cura de i pefei cogli iQefri rimedi) de i fonghi malefichi. benché non confente il Conciliatore, che fi conuengano ne i pefei, come ne ifonghi,le perefanatiche. Kimediafi pofeia alla maluagità delle carnifuffocate, facendo uomitare i patienti,amminiforando crifteri,dando à bere ottimo, et odorifero uino infieme con quello delle mele cotogne. Conuienuifi molto la terrafrgillata,bcuuta dopo al uomito in/ìeme con agaUocbo, et mallicc. come i ° che la cura fra quella mcdefima, che fi fa nella colica.

De gli animali, che auelenano col mordere , & col trafiggere,

Cap.

XXXV.

O n P e r altra cagione è fiato il configlio noftro di trattare de i ueleni m ortiferi & pare mente di quegli animali, che ne lafciano il ueleno co'] mordere ; fe non perche fi riducefie al fi ne tutto ! methodo de i rimedi), parimente la ragione del curare,che fpctta alla medicina. Jm* 4 ® peroche quella parte non è manco necclfaria à coloro,che s'dfercitano nel medicare,che fi fi* ciafcu* na delle altre per liberarli gli huomini con le cofe,che ui fi trattano,da pericoli,dolori, anguftie,& di neri! altri mali. Diuidefi adunque quella ( come fu detto nel principio) in due fupreme parti. di cui quella,che tratta degli animali,che lafciano il ueleno co’l mordere,& co’l trafiggere, fi chiama theriaCa:& alcxipharmaca quella,che infegna il modo di ripugnare co gli antidoti à i mortiferi ueleni. Della quale cflendo da prima fiato trattato,diremo al prefente di tutti gli accidenti, & parimente de i ri* m e d ich e giouar polfono nell’altra. Ma bifogna ueramente,che l’artefice habbia tutte quelle cofeap parccchiate,& pronte alle mani,per la necesfità.chefpeire uolte lo coftringc. Imperoche pochi fono i ueleni,che lafciano co’l mordere,& co’l trafiggere i mortiferi animali,che cesfino,ò che operino có lungo tempo : auenga che la maggior parte in breuc,& quafi prefentaneamente diano àgli huamini 50 la morte. Interuiene il medefimo anchora in quelli,che fi prendono per bocca.percioche gli lederà» ti,che pacatam ente, & fogguattoni uogliono auelcnare alcuno, preparano in tal modo la cofa, che non lafciano il piu delle uolte alcun libero fpatio al medico di poter curare. Il che interuiene fimilmc tc in coloro,clic rimorfi dalla confidenza di qualche lpro enormisfimo delitto, oueramente oppresfi da qualche miferabile infortunio,prendono fpontaneamente il ueleno,fati) di uiuere, per ammazarfi prefloii quali cflendo pofeia ritrouati in tal fallo.ouero pentiti d’elferfi anelenati,& defiando di uiue re,& d’efler curati,ricercano prcfentanci,& prefti rimedi). N e manca chi aueleni le fàette, le fonti, & parimente ¡ pozzi di tal miftura di ueleno,che pofTa indubitatamete ammazzare (fenza afpcttar rime» d io jl’inimico. D el che quantunque non fi fenta cofi fubito il nocumento,ma con alquanto proceflb di tépoynondimcno fc non fi gli rimedia nel principio,in uano ucraméce fi gli foccorrc poi,quado la 60 forza del ueleno ha occupato in ogni parte il corpo. Il perche non fon da trattare quelle cole, fe non confiderataméte,& có diligéza grade.acciochc l’arte non dia manco falutc in qucfto cafo, che fi fac» eia ella in tutti gli altri incòmodi fiumani. Credemmo gli antichfiche quello modo di curare, s’appar

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Cofe,eli e fo­ no in ulo co­ tidiano, & lo to nocuuiéci.

Pefei,carni, & cura de ilo io ueleni.


Difcorfi del Matthioli 7 7 4 tenelfc à quella parte,che fi chiama curatiua.oueramente rherapeuticamondimeno i piu nuoui, ingan nati fuor di mododaunaleggerisfimaperfuafione da non farfene conto,la partirono da quella,chiamandola precauùone,& modo di aotiuedere,mettendola in mezo tra quella che chiamano curatimi, & quella che conferua la falute. Percioche dicono,che tre fono le coftituciom de! corpo humano.Ia prima ciò è,in cui fiamo fani : la feconda,nella quale ci ritrouiaino infermi:^ la terza,mezana tra ame due q u elli. In cui tutti c o lo ro , che fi ritrouano, quantunque in apparenza fi filmino fani ; calcano agevolmente nelle malattie, & ne i pericoli,per la facultà corrott.ua.che fi tiene co i corpi noltri: co me fi può uedere in coloro.i quali fe ben fono morfi dal cane rabbiolo ; non pero anchora hano egli no in odio l’acqua : & in quelli,che hanno bcuute le cantarelle, & non anchora fentono nocumento j alcuno nell’orinarc. Et però hauendo per quefta ragione dato tre coftitutiom del corpo tem an o , uogliono.che per la medefima fia diuifa l'arte in tre parti, che proportionalmentc corrilpondono a quelle, ciò è in quella,che guarda, & conferua la famtà noftrann quella,che peruenendo procura,che’ non fi cafchi nel male : & in quella ultimamente, che cura, & fana co i rimedi;, & con le medicine le malattie. A i quali fi può contradicendo primieramente nfpondere.che da quello loro dilcorio non fidamente tre,ma quattro fi poiTono dire eiTerele coftitutiom del corpo .im peroche coli come fi ri trouano alcuni, i quali come che non fieno ammalati,nondimeno fon difpofii, & parati a calcar nel' m ale, per eflcr già la caufa prefente ; cofi parimente ce ne fono de gli altri,i quali quantunque fieno ufeiti fuor del male di nuouo partito,non però fono compiutamente fani: come fi può facilmente ue dere in coloro,che elTendo pur all’hora ufeiti di malattia,defiderano di ricuperare,& di ricreare le lor perdute forze. Ma cofi come ragioneuolmente il methodo,& la ragione del curare 1 morbi s appar* tiene à quella parte,che chiamano medicamentaria,-cofi parimente gli è fottopofta qneHa, che chia­ mano precautione,& modo di preuenire. Imperoche per prohibire,che non incorranogli huomim nelle malattie,ufiamo noi efficacisfimi,& grandisfimi rimedi;, ciò è fcanficatiom profonde, cauteri) attuali,& potentiali,incifioni,beuande,& altri rimedi;. Ma fono alcuni cofi rozi,& tuo r di ragione, che uogliono, che non fi poffano chiamare rimedij quelli, che preuenendo ufiamo, per ouuiare, che non uengano i m orbi.Ne però è facil cofa il dimofrrare,per qual ragione fe lo dicanomedendoli ma nifeflamente.che quefta precautione,ò uogliamo dire preuemmento, & parimente il modo di ope­ rare nelle malattie,fenza dubbio dimottrano.che quelli fono rimedi;. Et perche adunque non lotto pongono a quella diuifion loro quelli,che ftando nella pellilenza tra gl. ammorbati, non lono pero anchora appellati : come che per l’infettione dell'aria,& del luogo fieno difpoftì ad a m m o r b a i 1 o irebbe oltre à ciò direalcuno , che le regole, & fimilmente ì precetti, che fpettano al cultodire, & preferuare la fanìtà, non fulTero altro, che una parte di preuemmento : percioche con quelli ci sfor­ ziamo di ftabilire,& di fortificare i corpi di forte,che fi conferumo nella famta, & non habbiano coli ageuolmentc à cafcarc nelle malattie. E t però è da dire principalmente non cOer di biiogno, che le Parti della medicina habbiano à corrilpondere con altrettante di quelle,che fpettano alla cofticutione del corpo humano,ma bene eiTaminare,& cercar di conofcere la natura di tutte quelle c o le , & iaperle diftinguere l’una dall'altra per li fuoi propri; fcgni;come ne ì fuoi luoghi particolarmente chraoitra remo. N on è adunque da dire piu contracotloro. Q uello oltre à ciò li dee ben confiderarc, che 1 morbi,& gli accidenti,che fi caufano da i ueleni,& da gli animali uelenofi,fi chiamano ctechnper non fe ne poter rendere alcuna ragione. il che parimente fi può dire de i rimedi; loro. Et pero li fogliono 40 tonnumcrare con le quelliom di quella arte,che confifte nella ofleruanza delle cofe: & parimente co quelle di quella altra, che fi gouernainueftigando con la ragione. Ma non però del tutto fi ntroua clfer u cro , che fieno quelli morbi cièchi. imperoche non fi può fe non malageuolmente conolcere quella cofa, che del continuo fi prolunga, & che non fa in ale unc cofe neceflanc giouameto alcuno, quando perfettamente c anchora ella priuata del proprio modo di poter ragioneuolmente inueitigar le caufe : il che è confucto d’interuenire ne i ueleni mortiferi, & parimente in quegli ani mali, che aue lenano glihuomini co’l m o r d e r e i co’l trafiggere. Percioche quello,che fi ritroua efkrc inutile nel l'opera,& che ne d ì occafione di curare con le medicine,non è impercettibile,ne manca del modo di poter con ragione inueftigar le caufe : ma piu ueramentc potrà alcuno, fpinto da quello, hauer la dimoftratione, & confermare l’opinione della cognitionc delle cofe nafeofte. percioche quantunque jó fpefle uolte fieno minori di quello, che fi pofTa comprendere co i fornimenti ; nondimeno fi compre dono euidentementc nel conferire l’una con l'altra infieme. Seguitò quello modo non poco Diocle in quel fuo commentario dedicato à Pliftarcho.cofi dicendo . Può molto bene conolcere cialcuno non folamente in non pochi de gli altri ; ma nelle uipere, ne gli feorpioni, & in altri fimili : & con 1derarc infra fe ftclfo,che quantunque fieno piccioli di corpo,& che a fatica difeernere fi pollano;cau* fano nondimeno grandisfimi pericoli, & d o lo ri. de i quali uelenofi animali non però altro fi può uc d Crc,fe non una poca quantità di corpo,& che fon piu debili,& men ualorofi de gli altri. Et quanta ucramente, hauendo rifpctto alla puntura, è la grandezza del corpo d’uno feorpione, & d’altri limili animali,che auclcnano co’l mordere,& co’l trafiggere è di cui fono alcuni, che tanno grauislimi do­ lori, altri corrodono, & putrefanno le membra, & altri che in breuisfimo tempo danno la morte. (,<> Ouéramente quanto è poca cofa quella,che fi caccia nel corpo per la morfura d’un ragno, & pure atflige tutta la perfona i non potrà ueraméte conofcere alcuno la grandezza loro,efkndo del tutto pie


Nel fello lib.diDiofcortde.

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cìoli di quantità di corpo. E adunque chiaro apprcfTo à tutti, che fi riferifeono quefte cofe alle difpo fitioni,& alle malattie.Ma che fia fiato molto ben conofciuto,che fia in quelli animali una certa fot za mortifera,la quale,entrata ne i corpi nofiri,fia uera cagione de gli accidenti,& delle molcftie,che ui fi fentono ,e ucramente chiaro,5t creduto da tu tti. Il perche non fi ricrouarà alcuno coli contcn* tiofo,& oftinato,il quale uoglia,che fi caolino quefte moleltic da altro, che da una materia mortifera,che tocchi in alcuna parte il corpo ■ Et quefio ueramente era quello,che infra tutte le utili opera *• tioni dell’arte fu in ogni opera necefl'ario dire, ciò è, che colà fi richiegga à fare, che in alcun modo h non intefa ragione della caufa commune, che fi ritroua nelle particolari,non ne molcfii: percioche alfbora li può euidentementegiudicare,quando fia ella ben conofciuta.Et però accufando Erafiftri to con graui contétioni la pertinacia de gli empirici, aflegnò le caufe de i morbi cicchi,negido, che fi ritroui in efsi la caufa commune, & fuprema incomprenlibife : come diligentemente la difiinfe egli in quel fuo commentario,che fenile delle caufe. Nie uolic olcre a ciò, che fuflcro da tolerar coloro , chedicono di contentarli ne i ueleni,& parimenti ne i morii,& nelle punture de uclenofi animali, & altri limili,fidamente d una cura confueta. non fodisfacendofi.che li debba ofieruare quella cura,che fia del tutto feparata dal rendere la ragione delle caufe; percioche fi poflbno prima commodamente comprendere in generale. Ma quefio : che ila la faculca mortifera,che corrompe,& contamina di tal forte i corpi,che finalmente ammazza,dimofira,che (1 debba far la cura, con cui li pollino fpegnerei & fuperarc quefte cofe,'procedendo generalmente,& non particolarmente. Quando poi foggiunge Erafiftrato,dicendo. Viene alcuno all’acqua dolce buona da bere,& auanti all’ofleruar cofa alcuna.fi riduce al uomito,aI dilatar della piagaci fugger della parte della morfina, a! metter delle uentofe, al tagliar della carne per intorno alla morfina,all’applicar de i cauterij,& altri corroliui forti,& finalmé te al legar del membro già putrefatto : riputando, ite difeorrendo in fe ftellò,che i rtmedijrfhe fon fo liti farli di fuori,fulfero per ripugnare alla corrottela già entrata nelle parti piu intime del corpo. D trnoftra ueramente Erafiftrato, che quefte cole dette dadui fienoucre, ite che non ripugnino all’arte* M a è ben da marauigliarfi de i m cthodici, non udendo eglino, che la facultà mortifera, entrata nc i corpi fia cagione delle operationi,chc ui fa ella dentro,ma elfer folamcnte modo: tanto inettamen­ te,& fenza cófideratione perfiftono coftoro ne i lignificati delle uoci,& de i nomi.Vcdcfi manifellamente che appreflò di loro la facultà uelenofa,entrata ne i corpi,fi chiama pSopo^us, cio è mortifera •• ma l’elTer mortifera alcuna cofa nó può edere ufficio,ne opera d’altro,che della caufa. D icono oltre* cio,che quefte uoci,uerbi grafia /**>'*•*«,& ( la prima delle quali lignificala boria, & Tal tra difcoprire)fono limili à tutti gli altri,in cui lì comprendono alcune parte delledittioni non fecód o la poteftà loro,ma fecondo la nuda enunciatione. Il perche è da dire,che cofi come in quefte uoci fuddette/z*f>a-/™>f)& o.W « àvz?«i/„e{Te parti non ritengono i principali,nc certe lignificacioni; coli ?0ì P<W ì ha dimoftratione di mouiméto,& non poteftà alcuna. D i qui pofeia palfano eglino alle d if ferente delle caufe,affermando ritrouarfi alcune caufe euidenti,le quali caufa to che hanno il male,fu t i t o fi feparanojcomc fono il freddo,il calalo,la fatica,& altre fimili:& alcune altre continentUe qua 1 i dopo al male caufato da loro.rimangono ftabili,& ferm e. & però effendo elleno prefenti, Se par j* menteprefenteil ma!e,crefcendo elleno, crefccanchorail male: calando elleno,cala fimilmenteil male:& mancando elleno del tutto, del tutto fi finifee il male : di modo che (landò quefte fole caufe, teftano infiememente le malattie. Et quefte fono le approuatifsime differéze delle caufe,à ninna del­ le quali uogliono, che fi polla fottoporre quella uoce phthoropceos.impcroche dicono nó elfere el la caufa euidente :pcrcioche il male ftà fermo,ne efta però li fepara dal corpo, ne manco dicono efler •caufa continente: percioche d’altronde uiene quel,che nuocejcomc accade à coloro,che fono morii dal cane rabbiofo. Ma fe ella non farà caufa euidente,ne contincte,non farà caufa per fe fo la, ne per compagnia d’altra caufa.Et però non potédofi collocare quella uoce phthoropceos fra niuna di que­ lle caule,blfogna confcgucccméte concedere,ch’ella non (ìa caufa.il perche dando le predette ragio ni in quello modo.bifogna confeguétem éte concedere,che fieno alcuni uocaboli,te cui parti nó bab biano lignificatione di cofa alcuna,ma che fieno finti có la femplice toro,& nuda enunciatione.Niétedimeno è da (limare,& parimcte da credere,che nó tutte le noci,ma molto poche fieno quelle, che babbiano cotal conditione.Et però quello uerbo fi proferifee in quella uoce vS*po2iay, come cofa finita,ma ottiene però in cio egli lignificato molto principale.Et cofi comequefta uoce ssSo?«' fi gnificamutatione in peggio; cofi parimente fi debbe confiderarc, che quello uerbo dichiari piu auanti di quello,che poflegga quella uoce phthorame ueramente del tutto lignifica quello , che tutti apertaméteintédono.Rallembranfi anebora à quello,quelle u o c i,v a J 'tfy w ,S c J 'i 4 i { .M a f c e o n cedono,che li faccia ne fani il male per corrottele d humori,conccdono parimente ritrouarfi tal po­ teftà in quello uerbo »»/«»(che lignifica farc;)perciochc è pur qualche cofa,che fa la corrottella. Ma fi dimoftra tutto quello,che fa qualche cflFetto per ciafcuna caufa,che fi ritroui nei corpi : & quello tanto nei ueleni mortiferi,quanto in quelli, che entrano ne i corpi perlem orfure, ò punture de gli animali.Nondimeno uogliono efsi eflfer cofaneccfiària, che ciafcuna caufàfia fottopoftaà qualche forte di caufe.Errano anchora non facendo eglino in cio l’intera diuifionc come fi richiede . Quelli p o i, che fi chiamano dogmatici, d ico n o , che caufa è anchora quella,la quale in parte è preparante,& in parte continente,c ome è l’ulcera,& la febbre dell’anguinaia, & parimcte quelle che ftanno iniìe me


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Difcoriì del Matthioli

me co’l male.&r che fi feparano da eflb.come è il cadere in terra per rottura di qualche mébro.In foni ma ogni uolta che alcuna cofa (ara caufa per Tua propria natura>& che non fi comprende in alcuna di liifione di caufc.farà quello ueramentc uitiofo, & non accettabile. Ma che quella uoce fia caufa, ce nc fa teftimonio l’iftelTo nome, & dimoftrafici piu apertamente ne gli effetti, che interuen gono.E t che alcra caufa penfano colloro,che fia dopo al mordere del ferpe,che quella facultà ueleno la,che entra ne i corpiinon potendo efsi dar la cagione ne a freddo, ne a caldo, ne a ferite, ne accu­ d ita le ad altre cofe iimili.Ma pofeia che cofi piacciono à coftoro le differenze delle caufc, fi può lo 10 rilpódcrc effer da chiamare quella caufa elùdente per 1 uno & per 1 altro di quelli modi, ciò e per precedere ella al male,3f parimente per preoccupare lafuitanzadel corpo:& la contincute»per effei ^q Tempre prefentc co’ l male,la quale feparata che fi fia>fepara anchora il malei che uenne con ella. Ma non è piu hormai da difputare di quefte cofe.E adunque da ftatuire, che la caufa maniicfiifsima fia la facultà uelenofa già penetrata dentro nel coipo:& bifogna hauer quello per principale intetione. Il perche è neceiFano,auanti thè i mali fi profondino ne i corpi,di combattere in diuerfi modi co loro, fino à tanto che tutto quel ueleno fe ne tiri fuori.-riuocandolo hora per l’iilefTo luogo,che fc n’entrò nel corpo : & hora tirandolo,& riftringendolo in altra parte,che non fia principale, auanti che profondandofi dentro nel corpo, tocchi le piu nobili interiora : & dando delle beuande appropriate per jfpegnere la forza fua,quando già fi comincia à diffondere per le membra di tutto'l co rp o . E t però fi tirano fuor del corpo quelli, che fi fonbeuuti, co’l frequentare i nomiti : & quelli, che fono entrati co ’l mordere,& col trafiggere de gli animali,con lo fcarificareilluogo,co 1 mettergli fopra tientofe, ^ co’lfuggere la morfura,co’l tagliarne allo intorno tutta la carne infetta, & qualche uolta cod tagliar. uia del tutto il m em bro, quando accadelfela morfura in qualche parte eftrema del corpo.Ritégonfi oltre à ciò i ueleni, & riflringonfi, che non fi fpargano,infondendogli, & applicando lor di fopra le medicine caulliche,& acute. & quelle fono le cofe, che polfono infamemente cacciar fuori,& leuar uia il ueleno. Spengonfi, & fupcranli i ueleni co’l bere purifsimo u in o, & Umilmente di quel dolce chiamato pa(To,in cui non fia détro alcuna parte d’acqua: oueramente co 1 mangiar cibi acuti,che lor fieno contrari). Conferifccui finalmente il fudorc del c o rp o , il prouocare il ludore, & altre cole ge nerali.come particolarmente dimofiraremo.Ma in nero non fidamente bifogna confiderai la mate zia mortifera; ma anchora Ja fua grandezza,& parimente il tempo:percioche di qui prendono i rime di crandifsimadifconucnenza.Bifogna dico con fid erai la granoezza:per ritrouarfi tra i ueleni che fi prendono per bocca,& parimente eia quelli che lafciano co I mordere, & co 1trafiggere gli animali 5 uelenofi,alcuni che fubito caufano i pericolnaltri che putrefanno profondamente,onero efteriormé tc:altri,che fanno grandifsimi dolori,oueraméte piu inlopportabili:& altri,che malagetiolmcte cedo zio alle medicine,caufando l’un piu dcllallro nei corpi maggiori,& minori accidenti . Ut peto bifognafuperar quelli,che portano fecofubiti pericoli, con efficacifaimi, & potentifsimi antidoti: & i manco pcricolofi >con piu leggiere medicine : pexcioche non farebbe debita, ne ragioneuol cofa il mettere i patienti in pericolo, ufando ne i forti ueleni,deboli iimedij:& pofeia lacerargli,tifando me dicine forti,nei manco maligni. Quel poi, che importi il tempo e molto ben chiaro,per faperlì,che alcuni ueleni fubito operano,inducendo m olefiic, & pericoli:& altri con dilazione di piu, o manco tempo.Il perche è necellario di rimediare à quelli,che operano fubito,con (ubiti,& uarij medicameli ti:& prouedere piu tardamente in quelli,che fono piu tardi. Hora adunque eflendo tutte quelle co» 4 ? fe fiate dette da noi per dare all’arte qualche forma,ucniamo hormai a trattarne particolarmente. Ordine del H a v e n d o fin qui trattato D iofeoride di tutti i uden i, i quali tolti dentro ne i corpi noftri li corrompono, trattato de 11 permutano,li diftruggono,*? finalmente li priuano della aita,per fodisfire in tal cofa interamente al tutto, uolfe gli animali piu oltre con ogni diligenza trattare anchor di quelli, che co’l mordere ,* ? c o 'l trafiggere lafciano gli animali uelenofi.

uelenofi. pcrfaperc egli molto bene,che non minori pericoli, anzi molto maggiori riportano quefli à gli buomini, che tutti gli altri :percioche fempre aU’improuifo Rincorrono, *? il piu delle uolte nelle campagne, er ne i mon* t i , oue malageuolmentefi ritrouano i rimedij pronti . Et però fi uede, che non con manco dottrina, e? diligenza ne trattò egli generalmente,or particolarmente, che di tutti gli altri fuidetti. onde ueggiaigo, che non uolfe dei rimedij uniuerfali per un fol prologo, ma per piu narrarne ogni pofibil dottrina • Il che uedetido alcuni de i ino» 5 derni interpreti,hanno penfato,che quello feflo libro fia diuifo in quattro libri,ciò èjefto,fettimo, ottauo, e? no» no. Il che facendo, dimollrano(faluando fempre la pace de dotti ) non bauere conJtderato,ne letto come fi richie* dcua quel, che dice Diofcoride nel principio del prologo di queflo feflo libro : percioche chiaramente lo nomi* nafejio, e r ultimo di tutta quella opera. Et però fecondai intcntione deUifiejfo autore,*? non fecondo leopinio ni erronee di coftoro, uogliamo noi affermare efjcre tutto quello uolume de i ueleni, er de gli animali uelenofi un libro foto : quantunque diuiderc fi pojfa in piu trattati, er dare il primo à i ueleni,chefi prendono per bocca: il fe (ondo atla cura de imorfl del cane rabhiofo: il terzo à ife g n i,c r àgli accidentide ¡ueleni, che II caufano nei corpi per li morfi,*? per le punture degli animali uelenofi:*? il quarto,*? ultimo alla cura di quelli. Ma non pe* rò bifognadire, che fieno libri dipinti l'uno dall’altro, come fi fono imaginati alcuni moderni, *? Jpetialmcnte il Nuouo ordi­ Manardo da f errara^cioche quefto ripugna del tutto al tcfto ifteffo di Diofcoride. A l che confidiamo io , ° ne di quello per leuar uia tante dmfloni di libri, *? di trattati, ho congiunti iufieme tutti i capitoli de ifegni , *? de gli acci* libro. ¿enti di efsi ueleni,con quelli detta cura loro,aceioche piu commodamente poffa ciafctm in unfol capo ntrouare ¡1


Nel feiìo lib. diDioicoride.

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tutto fe n u cercare i fegni,cr g li accidenti in un trattato,cr la cura nell’altro ;facendo cofi di due trattati fepara* tì Unfoto . 1/ chefece purintente Diofcoride trattando dì [opra de uelcni>chefi tolgono dentro nel corpoidoue non diuife egli altrimenti ifegni dalla cura.Onde piu prejlo ne douerò io effere laudatoyche uituperato da alcuno : per* ciocbe quanto miglior commodità fi ntroua in qualji foglia cofa,tanto piu fi loda, cr ¡'apprezza da ciafcuno , & in nano ¡ì facci con piu cofe, quel che fì puòfare con manco. Ne però per quefto potrà dire alcuno, che habbia io falfificato,ne corrotto in alcun luogo iltefto : ma bene » che ueramente l’babbia io ridotto in affi migliore fórma. Ne altrofarmi, chefta da direfopra il prefente prologo, il quale à molti per effere dato difficile ( come dimofìra il fecretario Fiorentino)da intendere,per nonhauere forfè hauuto egli quella pratica,e? faenza della dialettica.che IO uiflrichiedeua; fenon che non fìa altro, che un contrailo, che fa Diofcoride, imitando A rrotile ,contra tutti coloro, chefuperficialmente cianciano in medicina[opra lafemplice ,e y nuda interprctatione de i uo caboli, c r minimamente di quelli, che fono comprili di uarie, crdiuerfe uoci. Verciocbe coiai diRrutta interpretai ione di efii uocaboli piu prcflofi conuicne à fiyphilìi,cr fauolofi autori, che a ¡fermentati,cr neri medici;comc fe ne può agevolmente chiarire ciafcuno negli irreprenfibili effempi de i uocaboli compofli di piu uocaboli, che pone Ari* Rotile nella perihermenia. Imperoche conofceua effe Diofcoride,che tanto alcuni methodici,quanto dogmatici non feguitauano in efsi uocaboli compofli l intendono de ueri.cr effercitati medici,nominata per cotali uocaboli. o h tre ic io nonpoco impugna,cr riprende tutti coloro,i quali fi mettono àfar diuifloni neUecaufc fenza dialettica alcuna. percioche errando nella diuifienc,errano pofeia confeguentemente in tutto il reflo. Et però chi (ìa defide* rofo di uedere fopraquefio ogni ragione, legga in Ariflotile alfecondo della phifica : percioche quiui ritrouarà am 20 pio campo perfodisfir fi. tìaueremmo noifopra ciò ueramente potutofare lunghi difeorfi: ma per non ¡offendere f iftituto nritro in quefla opera difcriuere in tal materia,non accade àfcriuerne piu auanti.

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D e i legni del Cane rabbiofo,& di coloro,che fono flati morii da quello. Cap. X X X V I.

H a b b i a m o uoluto trattare del morfo del can c rabbiofo prima di tutti gli altri, per c/Tcre ani­ male domeftico >Se nel continuo commertio dell’huom o, & per faper noi, che fpeffe uoltc incorre egli nella rabbia,di cui pofeia fi muore, & malageuolmente fi può fchifare. Dal che incorrono po­ feia gli huomini in perico li irrcmediabili, fe non figli ufano molti & molti rimedij. Arrabbiali adunque il cane ne i tempi de gli ardcntifsimi caldi,& parimente de gli eftremi freddi. Fatto adun­ q u e , che fia egli rabbiofo, non uuole mangiare,ne manco fi cura di bere:gitta una fpiuma flemmati­ ca per lo nafo,& per la bocca : rimira tiranamente,dimoftrandofi piu del folito malinconico: all'al­ ta tutti fenza abbaiare,& morde indifferentemente cofi le beftic,come gli huom ini, tanto domelli chi,quanto foreftieri. N el mordere non caufa altri accidenti,che il dolore,che fi fente per la ferita • $0 ma in certo proceffo di tòpo caufa quel male,che per hauere i patienti paura de H’acqua, fi chiama da i G reci hidrophobico. il che interuiene con ifpafimo di nerui, con rolfezza di tutto il corpo,& maf {imamente della faccia,con fudore, & con una certa lamentatone. Sono di quelli alcuni, che fuggono la chiarezza della luce : altri continuamente Hanno con dolori:& altri abbaiando,come fanno i cani,alfaltano,uolendo m ordere, chi lo uiene incontra, & mordendogli, g li fanno diuentare pari* mente rabbiofi. D i quelli adunque,che cafcano in cotali accidenti,mai non habbiamo' ueduto fa narfene alcuno: come che habbiamo ritrouato nelle hilloric efferfene liberato uno.oucr d u e. Impe* roche afferma Eudemo hauerne egli liberato uno.altri dicono,che effendo flato morfo Them ifone medico,& cafcato in quello furore, fe ne liberò parimente anchora egli. Se altri dicono, che medi cando di quello male un fuo charifsimo amico,& feruendogli in tutto domcllicamentc, fe n’infettò egli,per la molta conferenza della natura, che era tra ambidue loro:ma che dopo molti dolori,final­ mente fu liberato . E ueramente quello morbo molellifsimo: nientedimeno molti morii fono flati liberati da noi,& parimente da altri medici,auanti che fieno incorfi inolio. N on si


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, Difcorfì del Matchioli

N on s i ritroua neramente dninule al mondo piu domenica del cane, ne chehabbid tante diuerfefrctie nel*

Cani rabbiolafua generatione. Ef però uedumo, che glibuomini, le donne, er i piccioli fanciulli conuerfano piu domcttis l ì , & loro uelenofa natu­ camente co i cani, che con qual fi uoglia alerò animale, che per domefiicofi tenga nelle noHre cafr: quantunquefat ra,& feg n i. tijpofcia rabbiofi,diuentino uelenofißimi, er mortali. Ef perche^ffendo i cani nel continuo confortio deghhuo*

mini, fono molto piu atti a morderlo, quandofon carichi di rabbia, che qual fi uoglia altro animale mortifero ; meritamente,& con firma ragione ne trattò prima di tutti gli altri Diofcoridefapendo molto bene egli di quanta grande importanza fieno i pericoli,che ne fuccedono. Ef come che non dicefjè egli la ragione,perche diuentino la fiate ne igrandmimi calori,er parimente il uerno ne gli ecceßiuifreddi,rabbiofi i cani; nondimeno fapendofl, che la rabbia loro non procede da altro, che da Immoti malinconici generati in loro, fi può ageuolmentc confiierare, IO che gli ecceßiui caldi della fate loro caufino tale aduftione ne gli bumori : er gli ecceßiui freddidel uerno di tal forte loro ingroßino.o1congelino il ¡angue,che gli fanno diuentare malinconici,zr rabbiofi, Scriffe de i fegni del cane rabbiofo Galeno alquanto piu diffufamènte nel libro della theriaca,dedicato à Pifone(fe pero di baleno è quel uolume ) cofi dicendo , Se tu uedrai, che il cane, il quale habbia morduto alcuno, fta afeiutto ,fecco, cr magro di corpo, che habbia gli occhi rofii,porti la coda dondoloni, habbia la¡piuma alla boccaporti la lingua fuori liuida, ò gialla, affiti ciaficuno che gli uiene incontra, corra fienza alcuna ragione,er firmifi nel corfio att’improuifo, er dimoürifi piu furiofio, er crucciato, er che cambiando morda chi daprima non ha ueduto; fappi, che facilmente potrai giudicare effiere cotal cane arrabbiato. Portano oltre à ciò, fecondo alcuni altri piu moderni,i cani rabbiofi le orecchie buffe, cambiano lentamente, non abbailo ad alcuno, tengono latefla come fiefuffiero balordi,cr infien fa ti, er mordono non(blamente glibuomini all’improuifo ; ma tutti gli animali, che rincontrano. N efia maraui• io gliofo ad alcuno, che.cofi mordano il padrone,& tutti gli altri domeftiebi di cafrfienza rijfetto alcuno. percioche battendo quella loro malinconia occupato ogni loro conofcimento,ct diflrutto la memoria, non piufiene ricorda* no, ne lo poffiono riconoficere. li che fi uede medefimamente negli huomini, i quali diuentanio malinconici,nonfio Cani,& cau- lamente hanno alle uolte ammazzato i padri, le madri, le mogli, er ifigliuoli ; ma anchorafefleßi. Poltre a ciò fe della loro dafitpere, che non)blamente diuentano rabbiofi i cani per lo troppo caldo della Hate, er per l ecccfiiuofreddo del rabbia. uerno ; ma molte uolte anchora per mangiare le carni degli animali, che muoiono da per loro, già fiatte putride,er uerminofe : er parimente il lor fiangue, già di piu giorni corrotto : er fie per forte fono cotali carni d’animali mor* ti ò di morbo, ò di morfio di uelenofi animali, oueramente ammazzati dalfulgure, diuentano fienza alcun dubbio maggiormente rabbiofi. A l che non poco anchora gli induce il bere deliacque torbide>c r putrefatte : percioche tutte quefie cofie gli riempiono di putrida malinconia. Et tanto piu incorrono nella rabbia per tali caufeicani, quanto piu fono l’uno dellaltro naturalmente malinconici. A uertificano anchora le gentilißimc madonne di non da 30 re a i loro cagnoletti, che per trafittilo s allenano, cibi, ne brodi, otte fieno dentro frettane, e r maßimamente pe pe,cr gtngeuo. percioche cotali cofe ecceßiuamente calide, c r fiecche, gli fanno per lamedefima ragione,chefu detudäl’ecccßiuo caldo della fiate, diuentare rabbiofi. Per queito uolentieri lene aucrtifco ,accìochenon loro interuenijfe quello,che internenne aü’ecccUentißimo dottore Baldo leggifla nella città di Trento, il qualefcherzan do con unfuo cagnolino,famorfo leggiermente da lui in unlabbro della bocca: er trafeorrendo la cofa, crnon fapendo, chefujfie rabbiofo, incorfie quattro mefi dapoi nella rabbia, er nel timore dell’acqua;er cofi nongiouan« 'dogli rimedio alcuno,fie ne mori miferabilmente. Apprefifio à quello c dafapere, che nonfidamente i cani ( quan* Altri animalijche ¿meta­ tunque però quefti più , che tutti gli altri incorrano nella rabbia) diuentano rabbiofi -, ma anchora molti degli altri no rabbiofi. animali, comefono le uolpi, i lupi, le donnole, le faine, le martolefi babbuini, er altri fìm ili. Et però nonfio co* me diceffe Galeno alfeflo libro de i luoghi infitti, chefolo ¡1 canefra tuttigli animali diuenta rabbiofo.Se già non 4 ° uoleffe dire cgli(comc credo anchora io)che la rabbia fra piu propria paßione de i cani, che d’ogni altro animale. Rifrrifie Annotile aU’v u 1. libro deü'hifioria degli animali, che anchora i cameli, er i caualli diuentano rab* bioft. Et già mi ricordo io hauer ueduto in uilla ufeire un cauallo rabbiofo d’una flalla : il quale ritrouando al pri ino(contro una pouera uecchia, la prefe co i denti nella fommità del capo nella cuffia , c r n e i capelli, er portolla uia di pefo piu di dieci paßt : ma non però gli fece altro male,fe nongrandißima paura. Diuentano rabbiofì(come rifitijce Auicenna)anchora i muli. er già fe ne fono ritrouati di quelli, che mordendo i padroni, er iferuidori, gli hannofatti diuentare rabbiofi, er come fr ir itati. Saprai che è dafapere,che cotali animali foglionoper il piu diuentare rabbiofi,per effere fiati morfi da altri animali rabbiofi. Dice oltre à ciò Diofcoride, che nonfono i morfì del cane rabbiofo dißimili,ne differenti dal morfo de gli altri cani: percioche nonfi(ente nel principio piu dolore, tic piu alterationc in quelli, che in quefti. Ma bene è uero,che non amminiftrandofi la debita cura,fanno incorrei re gli huomini netta rabbia, er nel timore dell’acqua. Il che conférma Galeno nel libro della theriaca à Pifone, er parimente in quell’altro dellefette, fcritto à coloro, chefiuogliono introdurre alla medicina. Et pero auertifcafi con ogni cura, quando qualche cane mordeffe alcuno, à tutti i fegni predetti. percioche trafeurandofi la cofa ,fi cafra poi in incurabili accidenti. Affermano Oribafio, Paolo, Aedo, Auicenn.u&altrifamofifcrittori,che mef* fr le noci communi pefte per tutta una notte benfa fidate [opra alla morfura,et d4te pofria à mangiare ad un gallo, ouer gallina,fr ne muoiono il giorno feguente, quando il morfo fia fatto da rabbiofo animale. Altri dicono, che imbrattandoli il pane co'l [angue,che efee dalla morfura,v gettandolo à i cani,non lo mangiano, ne manco lofiu* tano. Ma non è però del tutto da fidarfi di quefie cofe, come che fieno fcritte da autori degni di fede. er però at­ nó ftj tenda/} con ogni diligenza anchora à gli altri frgni fuddetti. Trafeurandofi adunque il morfo del cane rabbiofo, k Tuoi cominciano dopo alcunofratio di tempo i patiniti à penfare à cofe firane,er fuor di natura, c r del confueto loro: 60 perciochc già comincia il uelcno à corrompere l'imaginatiua dell’intelletto , Et cofi paffando auanti, dormono co’lfomto interrotto, fuegliandofi freffo con paura : diuentanof i m i da putticare, 1tanno mormorando tra loro fteßb


Ncllcilo jib.diOioicoride.

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flcßi »non rifondono alcune uolte al propofito, afiondonfi dal confortio dcÜe genti,er parimente de i domeüii bi di cafa ,ftandoftfoli : hanno in odio la luce,a- tutte le cofe bianchr.diuentauo roßi infaccia,tnconono malte uol* te nello f i fimo de 1 nenn detteparti streme ; & finalmente uengono à tanto, che non vogliono, ne pedono in mo* do alcuno ueder l acqua. il che potißtmofiglio che del tutto fila confirmato il ueleno. Eì però ben diceva Dioica ride, che quandofono 1 patienti ridotti à queüo termine, la cura loro é del tutto impoßibile. Prcfentandofi loro adunque l'acqua, la quale neramentefe beuefjero, lifinarebbe ; gridano, abbaiono comefanno i cani, iremano,fu» dano, tramortirono, anfanano, w ft fiauentano, comefe doueffero entrar ncl'fuoco. liehe accade,perche (fen­ do fatti malinconìa,& hauendogià corrotto tutte le potenze dello intelletto, ricufano ipouerini quel, che libera* reh potrebbe. Ne intcruiene quello per altra cagione,fe non perche, efendoflgià impadronito il ueleno di tut» ti gli humon, er uirtn principali di tutto l corpo , cr già hauendo ridotto ogni fua difiofitione attafua natura, ß muoue àfare uiolenza alfuo contrario, ciò c aliacqua, quando fi gli rapprefenta. Eì però ilfapientißimo Galeno nel libro detta thtriaca àPifone, cofì diceva.Non folamentefi difeccano in tutto l corpo, fi frafmano,wpatì[cono febbri ardentißime interiori coloro, che efendo morfida i cani rabbioflgià temono l’acqua; ma anfanano coni'in* tettetto, er incorrono in grauifiimi accidenti. Pcrciocke hanno paura grandißima dell’acqua,er fenrendofi gran* demente dijfeccare, defiderano di humettarfi : er nondimeno non uogliono in alcun modo bere, percioche efendo ufeiti deljenno, non conof o n o , ne confiderano quello,che gli potrebbe aiutare. Et cofifuggendo dall’acqua, er hauédonepaurafc ne muoiono duna mifera morte.Tutto queflo dife Galeno. Q uefte aduquefono le caufe capacit C f ragtoneuoli, che gli inducono àfiaucitarfl dell’acqua . Beuche afermino alcuni, che accaggia parimente queflo, percioche par loro di uedere nell'acqua un cane,chegli uoglia mordere. Et però rifirifee Aetio,tallendo* ne l’hifloria da K u ß , er da Poßidonio,che effondo un certo philofopho incorfo nel timor dett’acqua,per eßere flato morfo dal cane rabbiofo, rcfijlcnio con la virtù firtifiima dell’animo à cotale accidente, efertdogli {lato prefenta* to il bagno dell'acqua, er uedendoui dentro il cane imaginatiuo, elette cofl alquanto penfìerofe-.cr pofiia diffèfa fe {leffo ; Et che cofa hanno àfare i cani col bagno ? & fubitofacendo fòrza atta natura, intrepidamente dentro dentro , beuendo à fuo modo dell’acqua, & [operando cofl la maluagità.cr lafirZa del ueleno con la coüanza del l’animo, onde hebbe pofiia origine quel prouerbio,chefl dice, Quid cani cum balncpt Kifirific Accenna,che quantunque temano i patienti [acqua;fi può tenere nondimeno feranza difalute,pur che rimirando nettof i ecchio, rtconofianofeflcßi. Il che dimofira, chefipofjà hauere feranza di curare nel timor dell’acqua,quando il ueleno non fia di tal forte confirmato,che remino anchora i patienti con qualche conofiimento.Et però non è maraviglia, Je quel philofopho,di cui narra l’kiüoria Aetio , f i ne curafe, uedendoflmanififtamente, che ildifiorfo dettar/* gione era poco, ò niente in lui ofefo . D ife oltre a do A uicemut, che fi ritrouano atte notte alcuni di coloro, che fono flati morfi, i quali orinano con non poco dolore alcune carnofltà quafi di firma fimili à i piccioli cagnoletti, il che ho parimente intefo dire ad alcuni de noflri tempi. Ma perche par cofa,che non poco ripugni alla ragione, er atte cofe naturali, udendo alcuno udire ò intendere per lunghe diß>ute,come paßi la cofa,legga Gentile in Aricene na [opra quello paffo,&parimente il Conciliatore atta differenza 179 . percioche ritrovaràquiui, come poto queflo intervenire. Finalmente dice in queflo capitolo Diofloride, che difero alcuni, che quel medico chiamato Tbemifonefl infitto di rabbia, per haucré medicato,anzi feruito domeflicamenteà quel fuo amico folamente per pratticar con lui, perefere gran conferenza tra loro netta compleßione, er nd [angue. Soprai che piu prefio fi potrebbe dire,che qualche volta hauefe il medico bevuto, er mangiato con lui,per eccitarlo al cibo , er all’acqua : cofl hauefe egli in qualche modo tocca, oucr beuuta dettafua faliua. Percioche (Je come dice Galeno al fello U r o dei luoghi infitti) toccando lafiiumadel cane rabbiofo qual fi uoglia membro dett’huomo in fu la carne ignuda, fa diventare cofl rabbiofo colui,come fefufe veramente morfo ; tanto piu può intervenir queflo, toccando la carne ignuda lafaliua ddi'huomo già fatto rabbiofo. Et però diceua Auicènna,che fl debbano molto ben guarda re coloro,cheferuono à quefli patienti,di non mangiare,ne di bere di quelle cofe,che alle volte lorfogliono avanza* re.No fi faccia veramente befle alcuno,che la [piuma pofa cofi mortalmente infettare: percioche ne poffo fare ioli curo,w fermo tefiimonio,per hauerne due uolte veduto l’effetto. Leggcfial x x n .cap.del v 11 uhbro deü'ki* floria de gli animali in Ariflotile, che tutti gli animali morduti dal cane arrabbiato diventano rabbiofl eccetto [Intorno.liehe per quanto fe ne vede giornalmente à i tempi noflri, er/i dimoflra per lefuddette ragioni, è uera• mentefaljißimo.Et peròèfenza dubio da credere, che fia quel tefto flato guaflo , er corrotto dai poco diligenti fcrittort.pcrcioche non è in modo alcuno da imaginarfl,che di cofl trita, & manifesta cofa fuffe iiato ignorante Aristotile. " 0

e

to

So

D e i rimedij,con cui fi curano i morfi del Cane rabbiofo. Cap. X X X V II. D ve sono le ragioni del medicare i morii de i cani rabbiofi . l’una delle quali è co m m u n e,& generale,& puofsi ularc in tutti i morfi de gli animali uclcnofi : & l'altra è propria,^ particolare dei morfi de cani rabbiofi. & quella ha dato neramente à molti la defiderata falute ; come che à coloro, che già di lungo topo fono flati motii.molte uolte non habbia ella giouato. Il perche narrarono prì mame'te tutte le cofe,che fi ricercano in pofeia corfiuamente tutte quelle, che fi richieggono «So nella generale, Bifogna adunque hauer Tempre preparata, & fottilme'tc trita della cenere de i gràchi de fiumi,abbrufciati co i farmcnti delle ulti bianche: & parimente hauere alle itani della radice della gentiana,pefta, & fottilmente ftacciata. E t come alcuno fia flato morfo dal cane arrabbiato,tolgali :

quattro


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Difcorfìdel Matthioli

quattro ciathi di uinopuro,di polucrc di granchi abbrufciati due cucchiari, & di polucrc d ig e n tiV Ha un cucchiaro folo:& mefcolifi ogni co fa inficme à ingdo d una liquida polenta, Si diali à bere per quattro giorni continui.Et queflo s'intende iolamemjKfl coloro >cheli curano nel primo principio della morfura.Impcrochein coloro,di cui fi c o m ijjjB a cura dopo due, ouer tre giórni,bifogna tri plicare la quantità del medicamento (opra quell^^Bfaicem mo douerfi dare nel principio . Q uello fieramente tra tutti i medicameli de i morii dcyjatfgrabbiofo e efficacilsimo,con cui folaméte mol ti & molti (ono Itati liberati: & però fi può e g jfip r e ficuramcntc. Ma accioche ci fortifichiamo anchora con altri rimedij contra'l pericolo ineijjpraltie.non è cofa,che ci uieti, che non polsiamo ufare anchora de gli altri.percioche è molto meglio rolerare i faftidij,& i dolori, che fi caolino dalle medi ^ cine,quantunque alle uolte niente giouino,£he lafciarfi pericolare per negligenza, & per trafeuraggi ne.Debbonfi ucramcnte in quelli morii molto piu temere le piaghe picciole, limili alle graffiature. che le grandirperciorhe ufccndo Tempre per le piaghe maggiori piu quantità di lingue,può elio fan* gue agcuolrocntc condor Ceco qualche parte di uclenoul che non accade nelle picciole morfurc - B i­ sogna oltre à ciò nelle morfure grandi tagliar uia allo intorno della piaga tutta la carne lacerata, & fcarnare bene allo intorno le labbra della ferita: & fe per forte fi fuflero già riattaccate infieme, è ne ceffario di fepararle con l’uncino, & pofeia liberamente tagliarle uia. Bifogna oltre à ciò tanto nelle grandi quanto nelle picciole.graifiare profondamente per intorno tutta la carne fana co’Jrafoio,ac­ cioche ufeendone copiofamcnte il fangue,ritardi,che il ueleno non entri dentro nel corpo.Sono do po quello ualorofifsime per tirar fuori,le ucntofe mcflegli fopra con molta fiamma,acciochepiu ualorofamente tirino. Cura dei T a n t o /iugularmente, er bene tn tt a in quello capitolo D iofeoride li cu n del cine rabbiofo,non tralafcian morii del ra- do partictìlarità alcuna, che non ucciderebbe afargli fopra altro particolar difcorfo.Ma per non preterire il ne rabbioio.

y0/tto ordine nojlro, e r per [odisfare anchora in .parte à i lettori, i qu ii femprefono aulitami d’intendere cofe

moue ; non ho potuto mancare di non illustrarlo alquanto di tutto quello,che mi è paruto, & utile, er conuenien te per quefta cura. Et però è prima dafapere che Galeno, come fi legge ali'x 1. dellefacuità de i femplici, altri­ menti componcua il medicamento de igranchi defiumi,cr della gentiana,che nonfaceua Dofcoride, come mattififi unente dimofiranofopra ciò le Jue parole, le quali fono quefie. La cenere de i granchi defiumi, quantunque ella fia cojì dijfeccdtiua, come è quella delle chiocciole ; nondimeno ha mirabile proprietà in coloro, chefon 0fiati mor(i dai cani rabbioft: il quale effetto fi uede in effa fola, come che compatta poi con incenfo, ergentiana fia ella 3° molto piu efficace. Toghefi adunque per comporla, una parte d’incenfo,cinque digentiana, c r dieci dì cenere di granchi. Et in uero logli ho ufati rare uolte altrimenti abbruciati : ma benfpeffo al modo,che gli ufaua Efchriont empirico, uccchio peritìfiimo ne i medicamenti, mio compatriota er precettore. Haueua egli a tale effetto un<t padella di rame raffio , nella quale mefii fopra’lfuoco ¡granchi uiui, uigli abbrufeiaua tanto,che ficonuertiffero in cenere,accioche fi poteffero tirare infotfilifiima, er impalpabile polucrc. D ella qualefempre teneua in cafapre* parata, cr la facèua dopo al nafeere della Canicola, effóndo il fole in Leone à diciotto dì della luna. Et cojì la da* ua pofeia à bere à coloro,che erano fiati morfi da i cani rabbiofi, inorata con acqua, alla mifura d’un gran ettechiaro per uolta,quarantagiorni continui. Ma fe da principio non gli ueniuano i morfi in cura, gliene daua ogni giorno due cucchiari nelmedefimo modo,applicando alla piaga un ccrotofatto à’una libra di pece,à'unfefixrio Ita* Errore di lixno di fortifiimo aceto, & di tre onde d’opopanaco. Quello tutto diffe Galeno. Ma è ben dafapere,che erra 4 ® molti. no hoggi non poco tutti i medici, che per li granchi defiumi prendono ¡[gambari, comefu da noi à ballanza dichia rato difopra nelfecondo libro al proprio capitolo de i granchi. percioche altra cofa rileua appreffo i Greci carci noi.er altra cammaris, craftacos. Scùffie quefta poluere Dxmocrate in uerfficomcfì legge alfecondo degli an* tidoti di Galeno ) nel modo medefìmo, che la ferine Diofcoride. come che appreffo à qualcb’un altro degli antichi ui fi ritrouì in cambio dello incenfo, che ui metteua Efchùone precettor di Galeno, la refina terebinthina . Cofe tnarauigliofe fìferiuono di queflo antidoto , di modo che dice Galeno non hauer mai ueduto perire alcuno, che de* bitamente l’ufafie. Le medefìme lodi dettero gli antichi 4 quella pianta,che chiamarono Miffo, togliendola,crfec» can dola, cr dandola pofeia in poluere per quaranta giorni continui, cominciando dal giorno primo della morjura, con acqua melata. Del che fa tefiimonio Galeno al fecondo libro degli antidoti, doue pone per tal cura alcuni ua* lorofi medicamenti d’ Afclcpiade. Ma in uero malageuolmente fi può hoggi indouinare,qual fia il uero Alifjo, co * 5° ura ferina mefu 4 baStanza detto di fopra nel terzo libro. Lodò Actio nelfecondo, c r nelfeflo libro per li morfi dei cani da Accio. * rabbiofi, il bitume Giudaico, dicendo, che beuuto al pefo d’una dramma con l’acqua, nonfolamentefi curano ipa* tienti dal timor dell’acqua ; ma cheguarifce anchora quelli, che già la cominciajflro à temere. Commendo oltre 4 ciò in tal cafogli hippocampi marini, triti con aceto nero,cr mele, tanto beuuti, quanto applicati alla morfura. Confèrifce molto 4 1morfi de cani rabbiofi la rombice, che uolgarmente f i chiama lapatico acuto.ll perche rifiùfee Actio,che un certo uccchio curaua in queflo cafofolamente con effa : lauando la piaga con lafua decottione.cr po * fida impiaftrandoui[opra Cherba,cr parimente dandola à bere in poluere,per battere ella facuiti ualorofa di pur= gare per orina: il che non poco confèrifce in tal cafo .E t però lodò Auìcenna alcuni compojìti ,in ciiientrano le cantarelle, accioche ualorofamentefi prouocaffe nonfolamente l’orina ; ma anchora ilfangue:affermando poco da* p o i, che il uerofcgnojhc fieno i patiénti liberi da coiai maluagio ueleno, è , quando dopo al torre de gli antidoti, 60 orinano il fangue. L o ti Galeno nel libro della thcriaca à Vifone, la ifteffa theriaca tanto tolta per bocca, quanto applicata di fuori fopra’l male. Ma pofeid che quella de tempi nofiri non è tale, quale era quella, che componcua


Nclfeicolib,diDiofcoricic.

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G a le n o ; p a n n i n e r a m e n te , c h e non c e n e p o fiia m o c o f t (¡ca ram en te fid a r e :f c g i à n on f u f ii m o c e r ti d elle f u e o p era * t io n i , fa c e n d o n e la p r o n a n e i g a lli) c o m e fo c e n a G a le n o • C o n u en g o n u ifi ilp o ta m o g e to , im p ia stra to c o n f a le Copra ¡a m o r fu r a : la c o r t e c c ia d ei f i c o fa lu a tic o p e s t a i b e v u ta n e ll’acqua ; l'a f f e n z o j a g lio , la cen ta u r ea m in o r e ,l’a r o * i t o l o c b i a , l a r te m ifia , i l ch a m p d r io , l o j c o r d i o , la r a d ice della b r io n ia , i l p u le g io , c r i l la fe r o , ta n to a p p lica ti d i T e n g o n o a lc u n i p e r f c u r i f i m o rim ed io dare à m angiare a l p a t i r n e i l fe g a t o a r r o Rimedij ib-

f u o r i , q u a n to t o l t i d i d e n t r o .

f ì t t o d el m ed e fim o ca n e r a b b io fo ,c h e l'Ira m o r f o . i l c h e diffc p a rim en te D io fc o r id e

; ma n on

p er ò a ffer m a tiv a m en te,

c o m e n e l fe c o n d o l i b r o f t p u ò m o lto b en c o n fìd e r a r e al p r o p r io ca p ito lo de i f è g a t i di d iu erfì a n im a li.

fpetti.

E t p e r ò d ic e

u a G a le n o aU’ x i . d e lle fa c ilità d e i f e m p l i c i , c h e i l fe g a to d e l ca n e r a b b io f o , co m p o fìo c o n a lt r i u a lo r o fì a n tid o ti, b a ueu a c u r a to m o lti 10

: ma c h e m o lti fe n 'era n o

m o r t i, i q u a li f e ih a u e u a n o m a n g ia to c o f ìf o lo fe tid a a ltr o . A l t r i ,c o *

m e p u r r e c ita D io fc o r id e n el lu o g o m e d e fìm o ,c r e d o n o ,c h e to g lie n d o fì u na fa u n a d el m eiefim o ca n e, c r p o r ta n d o li le g a t a in u n f a c c h e t to d i c u o io a l b r a c c io ,lib e r i dal tim o r d ell’acqu a . D e l c h e u eram en te p a r m i

( co m e nel d ife o r fo

n oSlro u n iu e r fa le ,fa tto n el p r in c ip io di q u e llo l ib r o , f u d e tto d elle p ie tr e p r e t i o f e ) c h e p o c o , à n ie n te f i d eb b a n o fi d a re i m e d ic i,

cr p a r im e n te i p a tic n ti : p e r c io c h e ( tim o ejfere m o lto m e g lio tifare fe m p r e i rim ed ij flc u r i. C o n fìtte cr le u a m e p e r in to r n o tu tta la c a r n e la

o lt r e à c iò la m a g g io r p a r te d i q u e fta c u r a n eU 'a p rire la rg a m en te la p ia g a ,

c e r a ta : p e r c io c h e c o f i f a c e n d o c i dà la n ia la rg a à r iu o ca re i l v e le n o f u o r d e l c o r p o ,f i t o g li e u ia la p a r te p iu in f it* tu ,

crfa c e n d o fì tifa r e affai f a n g u e , n on p o c o (ì d iu e r tife e la m a lv a g ità della c o f a . I l ch e f i f a p a r im e n te, g r a ffa t i cr tir a n d o n e p o feia f u o r i i l f a n g u e ,c r Ì h u m o r e c o n le u en to fe

d o p e r in to rn o alla p ia g a c o l r a fo io p r o fo n d a m e n te ,

f o r t i , c r c o n t e m a g n a tte . L e m ed icin e f o lu t i u e , c r p a r im e n te i l cattar d el fa n g u e p e r la u e n a , non f i co n u e n g o n o in m od o a lcu n o n el p r in c ip io ,p e r c io c h e battendo f a c i l i t à d i tir a r e dalle p a r ti t fte r io r i a lle in t e r io r i, n on p o t r e b b o *

40

n o >fe n o n m o rta lm en te n u o c ere,d o u en d o fì r iu o c a r e i l v elen o p e r la p ia g a . C om e c h e nel p r o c e f f o p o i,c r d o u e p e r è f f e r e fia ta fe r r a ta p e r tra fe u r a g g in e la m o r fu r a fu ffe i l u elen o p en etr a to nel c o r p o ( c o m e p iu aita n ti d irem o )p o ffa n o l e p tir g a l l o n i ,o - i l c a v a r d el fa n g u e ,n e lle ft n g u in c e c o m p le f io n i,n o n p o c o g io v a r e . I l p e r c h e lodano t u t t i g l i a n ti* c h i , c r p a rim e n te i m oderni a u th o r i n e l p r in c ip io i l p r o u o c a r e tl fa n g u e dalla m orfura co n l e f c a r i f c a tio n i, le u e n t o je : p e r d iu e r t ir e ,c b e l u e le n o n o n p e n e t r i,c r p er t ir a r lo (im ilm en te d i f u o r i .

cr c o n

M a vera m en te p o c h i f o n o

à i te m p i n o fir i, c h e fie n o m o r fi da i c a n i r a b b io f l,c h e f i c u r in o p e r le m ani de i m ed ici, p e r c io c h e la p iu p a r te r ic o r *

Rim edij reli gioii.

r o v o c h i à fa n D o n in o , c r c h i ù fa n B c t l in o , d o u e f i e r a m e n t e f i cu ra n o da i fa c e r d o ti c o n a lcu n i ejfo rcifm i, c r co n c e r t o lo r p a n e ,i p a t i c n t i . I l c h e v era m en te n on è b u g ia : p e r c io c h e m o lt ic o n o f c o .c r h o c o n o fc iu to i o , c h e fo la m e n t e p e r c o ta l uia f i f o n o lib e r a ti.

S o p ra ' l c h e pen fim d o io a lcu n e u o lte ,h o c o n fid e r a to ,c h e p o ffa in terv en ir q u e flo p e r

d iu erfe c a g io n i. P rim a p e r v ir tù diuina: p e r c io c h e i m a lig n i j f i n t i n o n p o c o p o jjo n o in ta l co fa o p er a r e, p e r e jfere 3

0

i l lo r f e g g i o n cll’hu m o r m a lin co n ico , c r c o f i ced en d o à g l i e jfo r c ifm i, la fcin o i co rp i lib e r i, p o r ta n d o fe n e f e c o n el p a r tir li o g n i u e le n o . Secon da riam en te è da p e n fa r e ,c h e c o ta li fa cerd o ti h abbian o q u a lch e a p p ro u a to m e d ic a m e n to , i l q u a l danno in q u e l lo r p a n e ,c h e chiam an o B e n e d e tto ,o n e r o in a ltra f o r t e d i b e u a n d a . A l c h e aiuta non p o c o la J i de g r a n d e de ì p a t ie n t i , c o n c o r r e n d o v i p e r ò fe m p r e la g r a tta d e ll'o n n i p o t e n t e ,c m agno I d d i o , i l q u a l ¿fin a lm en te q u e l f o l o , c h e cu ra o g n i la n g u o r e .

D e iCauterijj che s’uiàno in quefta cura.

Cap.

X X X V III.

E v e r a m e n t e il Cauterio ifpedicntisfimo rimedio contrale morfure,& le punture di tut­ ti gli animali uclenofi.imperoche eflcndo il fuoco piu potente d egn i altra cofa,non folamente uince 4 ° egli il ueleno, ma prohibifee parimente,che non fc n’entri dentro nelle membra del corpo: & perche anchora rimanendo la parte cauterizara lungamente u lceratale dà amplisfimo fondamento di poter curare. Et però c con ogni diligenza da auertire,che nel cader dell’efchara caufata dal cauterio,la pia ga non lì faldaile : ma potendofi fare,fi dee tenere la bocca dell’ulcera aperta fino al tempo determina to,quantunque ui fuflc infiammagione.ò fordidezza. Il che fi può agevolmente fare, mettendogli fo pra cofe ¡alate,aglio faJuatico trito, & parimente cipolle,& masfimamente il liquore Cirenaico, oueramente quello che fi chiama M edico,ouero Parthico. Fanno il medefimo le granella del grano ma« fticatc, & parimente intere: percioche ingroflandofi co’l tirare à fe l’humorc, dilatano del continuo la piaga. Sono alcuni,che fi credono,che molto piu giouino cotali granella, quando fi manicano da digiuno,affermando hauere elleno coli per propria natura uirtù piu ualorofa di fpegnere il ueleno. 5 0 ma in uero quello non è certo,ne ficuro rimedio:come che nel principio fi polla egli ufare. Et fe per forte aceadefle(come fpelTo interuiene) che la piaga fi faldafle atlanti al tempo determinato.è uerame te neccflàrio di uenire all’opera manuale,& coli aprirla,tagliarla,& cauterizarla di nuouo. Ma quan­ do fia pallàio il tempo determinato,Iafcifi del tutto confolidare.dopo al che fe gli dee por fopra quel lo empiailrojche fi compone di fali ; & dopo pochi giorni della fenape pefta. Il cavterio

a ttu a le f a t t o c o n f è r r o , ou era m en te c o n o r o ,ò a r g e n to in fo c a to non fo la m en te è r im e d io f a

l u t i jc r if i m o nella m orfu ra d el ca n e ra b b io fo

; m a a n ch o r a d i m o lt i a ltr i a n im a li

uelenofì,<zr parim ente in d iu e r fe in

c u r a b ili m a la ttie . E t p er ò n on c m a r m à g lia , fe in q u efto lu o g o p e r n o b iU fiim o r im ed io Io com m em orò D i o jc o r i * de. 60

F a c c ia li ad u n qu e in ta l ca fo c o n o g n i c o n fid e n z a ,

er c o f ì a m p io , c h e

n o n fa c ilm e n te in b rev e te m p o f i p offa

fa i

d ar la p ia g a . F i f e p e r f o r t e f i rìtro u a ffe a lc u n o c o f ìt im id o , c h e n on u o leffe p a tir e il ca u terio d e l f u o c o a t t u a l e , f i

pno in ta l c a fo u fa re un c a u stico m o r t o . “f f t ig g a ) c o n q u a lc h e u n g u en to f r i g i d o .

N e l c h e vera m en te n on ha p a r i i l S o lim a to in co r p o ra to

( a c c io c h e

m a n co

P e r c io c h e i e f c h a r a , c h e f i caufa da q u e fto , J c n c ca fca uia i n d ue g io r n i,

VM

quando

Cauterio, & lua utilità.


7

g2

Difcoriì del Matthioli

quando continuamentefigli tiene[opra il boturo: il che nonfa ogni altra efchara caufatd in qualfi uoglia cauterio Mafe anchora ne con lo attuale, ne co'l potentiale cauterio operar fipoteffe (come per diuerfe caufe fuole fpcjfo auenire) attenda/l in tal cafo con ogni diligenza à tenere aperta la piaga,con applicarle [opra impiastri, zz cerati ua loro[amcnte attrattiui,[atti di pece,di ragia,di gomme, zz d’altri [imiti materiali. Ma[acendo[i i cauterìj, bi[ogna con ogni diligenza procurare,che l’efchara [e nefpicchi uia con ogni prettezza, acciochefi faccia larga uìa al itele no. perche rimanendoti l'efchara lungamente, terrebbe [errata la piaga con nonpoco danno, Eafii adunque cader prefio Ìefchara del cauterio attuale,impiallrandoui[opra la ucrnice liquida,incorporata con tuorla d'uoua, zz £o* turo : oueramente bagnando piu.cz piu uolte il giorno, ZZla notte lefaldella delle fila nel boturo crudo liquefatto al fuoco : il che ueramente piu gioua, che ogni altra cofa. Dopo al che falutifvro rimedio è il pomi [opra ogni giorno una uolta la poluere del Precipitato : percioche qttefta angelica, zz diurni[ima polucre non / blamente ha 10 proprietà grandifiima di prolungare il [arar della piaga ; ma di tirar ualorofamente il ueleno dal profondo alla cir confirenza.il che fa egli piu, che ogni altramedicina. Et non uolendofi adoperare in poluere, fi può comporre con qualche unguento, ò impiafiro attrattiuo, zz tenérlo femprc [opra alla piaga : certificando elafeuno,che me­ dicamento miglior di quello, per tirar dal profóndo, non ¡Introita in tutto’l campo della chirurgia. Et come che fi tenga per cofa certa, che bafii tenere la piaga aperta fino al termine de i quaranta giorni; nondimeno nonfi pii o errare à prolungarla piu auanti, accioche meglio fe rìefca fuori ogni refiduo di malignità, che rimaner ui potejfe.

D el reggimento del uiuere di coloro, che fono itati morii dal Cane rabbiofo. Cap. X X X IX . ' L e c o s e , che far fi debbono per far la cura della piaga della morfura fatta dal Cane rabbiofo, fono tali,quali habbiamo detto di fopra. E t però diremohoradel reggimento del uiuere, che ui fi conuiene, ordinandolo con quelle cofe,che fpengono naturalmente le forze del ueleno,& che pari­ mente prohibifeono, che non fi ftabilifca,ne fi diffonda nelle parti interiori del corpo. percioche il to rd i quelle cofe per auanti ripugnatile le forze mortifere non penetrino alle interiora. Può adun­ que fare l’una& l’altra di quelle cofe, il bere del uin opu ro, del dolce chiamato palio, & parimente del latte. imperochecoloro,che fi cibano di tutte quelle cofe, non folamente ripugnano al ueleno ; ma fpengono anchora la qualità mortifera,che posfiede. Fanno l’effetto medefimo l’aglio, le cipolle, & ¡porri mangiati nei cibi; per edere quefte cofe difficili da digerirli, & da rifoluerfi.onde rimango 3 ° no le qualità loro ne i corpi molti giorni: nel qua! tempo non fi lafciano uincere,ne corrompere dalla qualità uclenofa,anzi che per lo contrario uincono elleno la maluagità del ueleno. Conuienuifi oltre à cio molto l’ufo de gli antidoti,come fono latheriaca,il mithridato,& quello che fi dimanda d’eupa­ to r io , & finalmente tutti quelli, che contengono in loro quantità grande di medicamenti aromati chi .percioche quelli malagcuolmentc fi permutano nelle fuilanze>& facultè loro :& però hanno il dominio del co rp o . Et quello è il modo,e l reggimento del uiuere. Ma è oltre à ciò da fapere,chc il tim or dell’acqua non ha tempo alcuno determinato del fuo uenire : percioche quando per trafcurag ginc non fi curano per auanti i patienti, accade cotal timore alle uolte fra quaranta g io rn i, alle uolte fra lei meli, & alle uolte non fi manifella fino all’anno compito : come piu & piu uolte habbiamo ue duro n o i. quantunque dicano alcuni elferfi ritrouati di quelli, che fono incori! nel timor dell’acqua 4 ° nelfcttim o anno. E t quello è il modo di curare nel principio i morfi dal cane arrabbiato. Ma è oltre àciod aau crtire, che non facendofi ne i primi giorni le operationi, & i rimedij detti di fopra, non è pofeia piu bifogno di tagliar la carne allo intorno della morfura,ne manco d’abbrufciarla co’l caute­ rio : pernonefier piu posfibile di tirar fuori per quella uia il già penetrato ucIeno.Et però non poten dofcgli fare con cotali operationi giouamento alcuno,in uano ueramente fi tormentarebbono i pa­ tienti. La onde è ueramente neceflàrio di ritrouargli altra uia,ciò c procedere con le purgationi. per­ cioche quelle cacciando, & mouendo, trafmutano ageuolmente l’habito del corpo; nel che molto à propofito è la hiera,che fi chiama di coloquintida, & parimente il latte chiamato fch iflo, per hauere egli proprietà di foluere il corpo, & parimente di domare il nelcno. Debbonfi ufare i cibi acuti, e’1 ui no puro ogni giorno,per oliare esfi alle forze del ueleno. B ifogna.oltreàcio prouocate il fudore SO auanti al cibo,& parimente dapoi ; & applicare à tutto’] corpo hora dropacifmi,& hora fenapifmi, co me che fia piu di tutti quelli eftìcacisfimoper!purgare lelleborifm o; & però fi può egli (Scuramente «fare non una uolta.ne due,ma aflai piu fpeflò auanti,& dapoi i quaranta g io rn i. Ha quello rimedio tanta uirtù,chehauendolo tolto per bocca alcuni,! quali già cominciauanoad hauer paura dell’ac­ qua,& non elfendo del tutto incori! nel male, furono totalmente liberati. ma non però gioua l'elleBoro,quando fono i patienti del tutto incori! nel timore. Horahauendo noi primamente con breuitàefpoflo la cura del morfo del canearrabbiato,diremo hormai de gli altri animali, cheauelcnano c o ’l mordere,& co’l trafiggere ; narrando prima diilintamente i fegni di tutti : & pofeia, data la cura uniuerfal loro à tutti ueramente conueneuole,diremo di quei rimedij,che fono particolarmente apa 6o propria» ;& dim ollrarem o finalmente anchora quegli, à cui non firitroua rimedio alcuno.


N ell cito lib. di Diofcoride.

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D e b e e s 1 iutiere non poca diligenza nel cibare ipatienti,nonfolmente fecondo la dottrina datane da Dio* floride ; ma anchora nel procurerebbe la quantità del cibofìa proportionata alla cofa . Percioche in quello cafo * Ì gJùTre'n° molto nocerebbela dietafiottile, c r parimente il mangiar troppo. Etperóal vi. libro delfuo uolume,cóft diccua >morii de caA etio. Schifili nel reggimento del uiuerejl mangiare poco, cr parimente il troppo ; ma molto piu il poco, che il nirabbiofi. troppo : percioche il poco cibarfi aumenta molto in quefto cafo la malignità de gli humori : il che non f i cònuienc in alcuno modo nell!ulcere maligne. Il perche è neccjfiiria cofa di moderare il reggimento del uiuerc fecondo il bifo • g no : ne manco è da ftudiare nel prouocare f orina : il che nonfolamente fi puòfare con le cofe antedette ; ma ancho ra co l mettere ne i cibi delfinocchio, c r dellafcandice. La polte anchora muoue infiememente il corpo,cr l'orina: & l a cicboreafaluatica mangiata cruda molto confirifce allojlomaco. Conuengonuifi le cime del cauolo, gli fra* J ragi ricolti nellepaludi,crlarombice tanto domenica, quanto faluatica. Deipefci fono à propoflto quelli, che hanno la carne tenera >i granchi, igambari, cr i ricci marini. Lodanfi le membra diremo de gli aninuli, il uino dromatizato con mele, gli uccellini piccioli dei monti, chefono facili da digerire, crche danno al corpo mitri* mento laudàbile. Etpuofii dare anchora, quandofi uedejfe il btfogno, il uino bianco picciolo non molto uecchio, per preferuare la uirt'u del corpo. Quefto tutto dtffe Actio. Dal che fi può agcuolntente cauare,che molto aiuti alla cura il prouocare dell'orina. A l che attendendo Auicemta,come poco qui di fopra dicemmo, ne propofe alcuni medicamenti,in cui entrano dentro le cantarelle, accioche fi prouochi l'orina injìeme co'l [angue. Et però non ¿'ma rauiglia, fe alle uolte la natura fòrte de i patienti combattendo co’l ueleno,!0 caccia con dolorgrande per le uie deh farina à modo di pezzetti di carne liquida,quaft in firma d'animali. Gouernìnfi adunque i patienti nel modo, che fcriuono coftoro. cr potendo hauerc degranchi defiumi, c r de fijfati,de i quali è copiofi tutta Tofcatu,,laudo, che 20 ogni giorno tanto la mattina, quanto la ferafi gliene dieno da mangiare, per batter qucfti proprietà miracolofa di fuperare il ueleno de cani arrabbiati. Lodò Auicenna per lo bere, oltre al uino dolce,anchora l'acqua ferrata, ciò è douefia {lato ritinto dentro il fèrro,outro l’acciaio infocato. c r quefio baffi per lo reggimento del uiuerc. D if Fino ì che té fe oltre i ciò Diofcoride, che il timor dell'acqua non ba alcun tempo determinato : percioche alle uolte accade egli po naica il ci prima chefi finifeano i quaranta giorni : alle uoltefrafri mefì : cr alle uolte non fi tnanififta,fe non in capo dell'an- mor dellacno : come che in alcuni fifia ueduto ucnire nelfettlmo anno. Sopra al che diremo infìeme con Aedo,che questo non tllu' interuiene per altro, fe non perche fi ritrouano alcuni patienti piu gagliardi, cr alcuni piu deboli : altri,ihe han­ no i meati del corpo piu ferrati,cr altri piu aperti : c r alcuni,che fono piu pieni di mali humori,che nonfono alcu* ni altri.dal che pofeia procede la prefta,et la tarda uetiuta degli accidenti. 1n Tofcana fi guardano i patienti per tut to un’anno di non toccare il legno del coraiolo,cr del fanguino : affermandofi,che tenendo cotali legni in mano fino 30 che fi [caldano, [libito eccitano la rabbia in coloro, che per auanti fuffero [lati morf i . Del che ueramente [e nefono ueduti manifèfti effetti: cr io già mi ricordo,che un mio amico nella noftra città di Montalcino cafcò nella rabbia, per hauere uergheggiato ( percioche lanaiuolo era) la lana con le ucrghe del corniolo, non aricoriandofi, che g li fujfe flato uietato dai medici, crcofife ne mori egli miferabilmente. V ¡tintamente è da[apere, che incurabile è , il timore dell’acqua,quando la maluagità del ueleno è del tutto confcmataicome che accvrgcndofene nel principio, die c°raf f,° come fece quel pbilofopho, di cui dicemmo l'hiftoria.fiapofiibile, ufando buona diligenza, di curare. A l che aUu* polii il cimo de Diofcoride, dicendo, chela purgatione dell'elleborifmo reiterata piu cr piu uolte , ha qualche uolta curalo di dell'acqua. quelli, che già cominciauano à temer l’acqua. Et però diccua Auicenna,che fin tanto, che i patienti poffono rimi* rare nello jpecchio , cr che fono anchora cofi ¡inceri d1intelletto, che mirandoui, riconofcaiio la lor figura ,(ì può hauere anchora qualchefferanza di curare :percioche quefto dimoftra,che non fia anchora il ueleno del tutto con» 40 fermato. In tal cafo adunque fono da ufare le medicinefolutiue,cr il cauare del[angue. Nclcbcnonha pari Pel» leboro tanto bianco, quanto nero,preparato comef i richiede. Conferifceui l'cpithimoja fena,il fumoterre,i miro» Balani, l'elaterio, l’agarico, il rheubarbaro, la centaurea minore, il feme della gineftra, la thapfia, il lettouaro Amech, la hiera di coloquintida ,c r ia pietra America preparata nel modo, che infogna Aleffandro Tralliano ; à cui per purgare la malinconia nonfi ritroua pari ,\er però da efjo lodata marauigliofamente, c r da noi piu c r piu uolte fperintentata confelicifiimo fucceffo. Diafì in tal cafo ffeffo à bere il bitume Giudaico nell’acqua, al pefo di una dramma : il mithridato, la theriaca, la poluere de i granchi abrufeiati : il caglio della lepre, della uolpe, cr del capriolo. Mafopra tutto bifogna adoperare ogni ingegno, che beuano i patienti dell’acqua. Nel che faccufl tirarla dalla lunga con alcune cannelle fottilifabricate di metallo,onerofacendola con le medefime uie fccndcrc dal palco di fopra, per effere in quefla la filate loro. R ifèrifee Aetio,che dandofì à i patienti il caglio futi cagnuolo 5 0 con aceto una uolta fola, fubitofa, che i patienti addimandino l'acqua da bere: c r però lo lodò egli perfolennifiimo rimedio. Facciali bollire oltre deio anchora l'acqua, co i ceri neri: percioche diuentando anchora effa nera, cr perdendo lafu i chiarezza,non gli induce nel berla quel grandifiimo fpaucnto,che fa la chiara ; c r conferifce mol* to à prouocare l’orina. Lodano alcuni in tal timore ¡’applicare i uefcicatorij alla ricottola , cr parimente dopo alle orecchie. I quali quantunque non mi paiano à propoflto,per diffeccare eglino ualorofamente; nondimeno ouc il ca* fo fi uedejfe diffierato, fi poffono ufare fortifiimi rimedi].

Della cura generale de i morii , & delle punture de gli animali uelenoii. Cap. X L . 60

P e r l i morii,(meramente per le punture de gli animali uelenoii, è rimedio potentisiimo il fuc ehiar fuori il ueleno con la bocca. Ma è però da aucrtire.che non bifogna,che colui.chc fogge, fia di giuno;rtia chehabbia prima màgiato,& pofeia lauatafi la bocca co’l uinoidopo al che tolga in bocca Vu

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dell’o lio ,


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Difcorii del Matthioli

dell’olio,Em ettali poi à fucchiare. D cbbefi,fatto quello, fomentare il luogo con le fpugne calda, & ifcarificareper intorno la carne profondamente co’l rafoio,accioche la materia uelcnofa Tene poffa dal profondo ufeir fuori.com e che il tagliare,c’I circócidere la carne per intorno alla morfura mol to piu di gran lunga uigioui,che il graffiare co’l rafoio: perciochc da quelle operationi ne nafeono due grandisfimi giouamenti. de quali il primo è,che cofi facédo fi toglie uia la carne iui nel luogo auc lenata:& il fecondo,che ufeendone fuori copiofo fangue,fe n’efce parimente inficine con elfo quella parte di ueleno,chc già era penetrata piu dentro. Ma fe per forte il luogo non patifee d’eficr tagliato, ne circoncifo,mettanfigli fopra le uentofe con affai fiamma ; accioche piu ualorofamente tirin o. N e diremo altro qui del cauterio, per eflerne flato trattato di fopra, douc fu detto de i morii del cane ar rabbiato.Mafe la parte naorfa fi poteil'e còmodamente tagliar uia del tuttorfome farebbe, fe la mor; I£* fura fuife in alcuna parte eftrema del corpoj&masfimamente nei morii de ferpenti ptricolofisiìmi, cpme fono quelli de gli afpidi,delle cera(lc,& d'altri limili, fi può fenza peniaruifopra, tagliar uia net ta con maggior ficurezza.Conuenientisfimi fono per applicar fopra alla piaga quei medicamenti,che fi chiamano epithime.il perche ui fi ritroua non poco gioueuole la cenere de i farmenti delle uiti.oue ro dell’albero del fico incorporata con lifcia,garo,&falamuoiaacctofa. Giouanui i porri,le cipolle, & l’aglio minutamente p e fti,& pofeia accommodatiui fopra à modo d’impiaftro, & qualche uolta mesfi abbrufeiati dentro nella piaga.Conuégonuifi con giouamento grande anchora i pollaftri aper • ti cofi uiui,& mesfi fenza interuallo fopra alla morfura. V ogliono alcuni,che quello rimedio ui giotii, credcndofi,che naturalmente ripugnino le galline al ueleno:ma la ragione, perche faccia egli giouamento,è del tutto manifella. Imperocheeffendo le galline calidisfime(comc fi dimoltraper digerire z o elle il uelcnojchc fi mangiano,& per diffoluere i femi durisfimi di qual fi uoglia forte, & parimente le pietruzzo!e,& le granella dell’arena, che per golofità grande inghiottifeono ) applicate aperte cofi , calde alla morfura,accrefcono di forte il uigoreà gli fpinti,chemouendofi con impeto contra’lueleno.lo cacciano fuori del corpo inficine con loro. N on mi pare oltre à ciò di dimenticarmi di narra­ re quel,che fi colluma di fare in quelli cali in E gitto. Il perche è da faperc,che nel tempo, che m ieto­ no gh Egittij le biade lo ro , fi tengono Tempre apprcffo una pignatta piena di pece liquida, & pari­ mente una fafcia:petcioche molto in quel tempo temono i ferpenti, & per elfere i tempi degli ardentisfimi calori,& perche anchora fe ne Hanno quelle fiere nelle cauernede 1 campi, doue nòie p o f fono uederc per la foltezzadell’herbe,& delle biade, perciochc c cofa naturale dell'Egitto il generar ne i campi gran copia di ferpenti uelenofi. Mordendo adunque quelli alcuno, ò nel piede, ò in altra 3 ° parte, fubito due dei compagni intingono la fafeia nella apparecchiata p e c e ,& pofeia auoltandola due,ouer tre uolte al braccio,oueramcntc al piede percolfo .p o co fopra la morfura, ilringono g a ­ gliardamente il membro à uiua forza : dopo al che tagliano il luogo apprclfo alla fafeia,& lo riempio no di pece : il che continuando tanto, quanto lor pare effer ballante, dislegano pofeia la fafei«, ìmpialtrando fopra alla piaga le cipolle,& l’altre cofe predette. E ucramcnte rimedio prcfcntanco la pe ce,melfaui fopra fpeffe uolte inliemé con fale, Totalmente trito,& ben caldo. Conuienuifi anchora la cedria, & lo iterco delle capre cotto nel uino. Giouaui non poco il fomentare il luogo con l’ace­ to caldo,& parimente con la calamintha cotta ncH’orina,&: nell’acqua di mare, oueramcntc nella falamuoia acetofa. Oltra di quello non mancano impiaftri fortisfimi, & calidisfimi.che polTono gagliar damentecauarfuori, uincere,& rifoluercil ueleno.com e fono quelli, che ricom pongono di fale, 4 ° . oueramente di nitro, di fenape, & di cachri : de i quali pofeia trattaremo. Veramente non lenza ra* gionc riprefe Erafiflrato coloro, i quali fenderò in tal lacultà alcuni incogniti rimedij, come fono il fiele delle elephantc, il fangue del crocodilo, le uoua delle tcfluggini,& altri lim ili. Perciochc uolendo dimollrare d’hauerc fcritto cofe molto gioueuoli,pare,che cofi habbiano ingannato ciafcuno. E t imperò fono cotali difficili,& ardui medicamenti del tutto da fchifarc : per non poterli, fe non ma lageuolmente ritrouare,fenza l’aiuto,e’1 fauore di qualche Re potentisfimo. Ne parimente fi debbo no ricercare quelle cofe,che nonncpolfono dare per lunghisfimaolleruanzadi fe efperienza badan­ te à farne lede. E t però fi debbono torre quelle cofe gioueuoli nei morii dei ferpenti, le quali fi ritrouano nel continuo ufo di tutti,& che fi polTono in ogni tempo ageuolmcnte apparecchiare. I ali adunque fono l’cndiuia, l’erica, & lo a(lragalo,cbc beuute con aceto, uagliono contrale morfure di j o tutte le uelenole ferpi. fimilmentc il bitume,& le bacche ucrdi del platano cotte nel uino inacquato : la decottionc del paliuro,la radice della arillolochia,& dell’iringo : le bacche del lauro cotte, & man­ giate : il pepccopiofamente meffo nei cibi : la ruta,l’anetho, e’1 ciclamino: le frondidcl porro,man­ giate particolarmente co’l pane,oueramente l’aglio, ò le cipolle, & le cofe molto falatc : la decottione dell’origano>beuuta co’l nino ; & parimente il fucco del finocchio, del pulegio, della calamintha, & de i porri, beuuto con m ele. & quelle fono le cofe,che fi cauano dalle piante. Prendonfi anchora da gli animali alcuni altri rimedij molto utili,come fono le ceruella de i galli,& delle galline , mangia­ te ne cibi : il caglio della lepre, beuuto co!l uino : & parimente il callorco, tolto al pefo d’una drama: dicefi anchora,che molto ui giouano i tefìicoli delle telluggini marine : & le donnole, (erbate lungo tempo nel Tale, fono in quelto cafo molto riputate al propofito. delle quali quelle piu fi lodano, che C o cflendo prima Hate fuifcerate,& tagliate in pezzi,fidon pofeia ferbate lungamente ne! falc,dandofenc due dramme per uolta co ’l uino. E t q u eilifon oi rimedij femplici,che fono in ufo di darli. Gioua oltre


Nel íeítolib. cEiDioícoridc.

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oltre à d o il folucre il corpo, il prouocare il fudore,& copiofamente l’orina. Ritrouanfi anchora per ciò alcuni antidoti comporti di piu cofe,i eguali (come fi dice)fono in tal cafo ualorofisfimi: tra i Qua­ li quello fi loda. Togliefi di opio,di mirrha, di ciafcuno un obolo : di pepe, ond e due. incorpo, ranfi con mele, & dartene pofeia à bere con uino la quantità duna faua d’E g itto . Vn’altro fi fa c o fì Toglici! di firme di ruta faluatica,di melanthio, di cimino Ethiopico, darillolochia, di galbano, dì ciafcuno ugual parte, tri tinfi infierne,& fp rminfenc t rocifci con fucco di ruchetta di pefo di una dra­ ma 1 uno.'djafene uno alla uoka à bere con tre ciathi di uino. E t qucfto è tutto quello, che ho potuto dire de 1 rimedij umuerfali.chc s’appartengono 3 quella cura. Et però diremo hora de i particolari di cialcun morfp, òpunturad’animal uflenofo, r D i vi se Diofcoride per due trattiti la dottrini, cheferine egli de ueleni degli animili mortiferi : narrando nel primo i fogni, c r nel fecondo il modo del curare; preponendo à quefto ultimo ilprefcnteprologo della cura lo ro umuerftle. Ma perche (come dicemmo nel difeorfo dell’altro prologo auanti) non poco difiurbo dà à i lettori il cercare ifegni d un morbo in un luogo, cria cura in un’altro ; habbiamo però per maggior commodità di ciafcuno fatto di quefii due trattati unfolo, mettendo,cr conglutinando infierne i fegnùcr la cura dì ciafcun morfo di quefii ammali in un fai capitolo, doueprima,feparatamente/intronano in due,affaii'un dall’altro lontani. Et cofl habbia ino preposto il prefente prologo a tutto queflo trattato: nel quale quantunque cofl dottamente,cr copiofamcte trai tajfe Diofcoride la cura uniuerfale,che far fi debbe in ognifiera uelenofa,che meglio nonfi pojfa ritrouarc ; non* dimeno per ampliarne alquanto la dottrina, non mancará per fodisfareài lettori ,iqualliefideranofempre fin te ere uf]u¡}dí non dirne anchora in qualche cofa. Hi pero è prima da[apere >che i ueleni degli animali mortiferi fono di tre ffetie : ciò éacutifiimi, i qualifenza lafciarfì uincere da rimedio alcuno, ammazzano l'huomo in due, ò in tre bore, comefon quelli degli affidi, e r delle cerafie : altriin un giorno, oucr due,comefono quelli delle uipc-re : c r altri, che piu tardamente operano alla morte,come fono quelli degli fiorpioni,cr de i pbalangij. Ma quantunque accafchi queflo,per efferegli animali,che mordono, di diuerfefrette,nelle quali fono i ueleni anchora diuer* f i ; nondimeno accade anchora,che uno affido, c r una uipera alle uolte mordendo ammazzaraiino un’ktiomo in tre bore, alle uolte in un giorno,cr alle uolte con piu lungo tempo. Il che può interuenire per diuerfe cagioni:perciò che, parlando per effempio degli affidi, c r delle uìpere, piu uelenofefono lefimine, che i mafebi : i giouani fono piu mortiferi, che i uecchi ; quantunque alcunifieno,che tengano il contrario ; ì gròf i piu , che i piccioli : quelli, che babitano nei luoghifecchi, ne ì monti tra teff ine,cr trafafiùpiu di quelli uccidono,che Hanno in luoghi humi» 3 0 di,nelle paludi,ó ne i lidi defiumi. Quelli delle regioni orientali, cr di mezo giorno molto piu nuocono , che quel* l i , cheli ritrouano infettentrione :gli affamatifon peggiori de ifrtolli : i crucciati piu nuocono, che i quieti : c r quelli, che mordono la fiatefono molto piu mortali, che quelli, che mordono il verno. Il che può parimente acca* dere per la compiefilone piu , c r manco gagliarda di coloro, che fono fiati morfi : cr parimente per la complefiione delle membra loro. percioche ( come in piu luoghi difopra è fiato detto ) non cofl uelocemente penetra il ueleno in un corpo, che naturalmente habbia le uene fin ite , comefa in coloro che le hanno Urge. Oltre à ciò è dafapere ( come dice Auicenna ) che errano del tutto coloro, che tengono, che il ueleno de i ferpentì fia frigido, per ucderfl manifrfiamente, che i morduti da loro diuentano freddi, cr che efii ferpenti, per effer,fecondo loro .frigidifiimi ,fì rimettono il uemo nelle cauerne, crfitto a i fafii, come fr edulmentefanno le uipere : douefi ritrouanoffeffo tanto agghiacciate, chefatte quafì immobili, punto nonfi rifentono. Percioche ilfieddo, chef i caufa ne i corpi morfi , 4 ° non è per altro, che perla perdita del color nofiro naturale, quando uienfiperato dal ueleno. Nefono però iter * pentifrigidi dilor natura, f i bene il uerno fi ritrouano immobili ; percioche quefto à loro per altro non interniate, che per ejfere il freddo del tutto contrario alla natura loro, U quale è calidifiima. Il che ftuede parimente ne i pcf e i , i quali efjendofrigidi, diuentano immobili, comefi cauano dell'acqua : percioche lafrigida natura loro non può patire la contrarietà dell’aria, inimica della lor natura. Er però udiamo anchora, chele uejfe ,le qualifono cali* d e, crfeccbc, fi muoiono il uerno per qutfta medefìma ragione. Mauenendohormaià trattare della cura delle morfire,dico effer uero, che molto uigioita, come dice Diofcoride, Paolo, Aetio, c r ciafcun altro, il figgere la morjura con la bocca ( effonda però prima preparato colui, che figge ) er fiutare di continuo fuori il ueleno. Ma tn itero non c cotale opcrationefenza pericolo dell’operante, perciochef i in alcuna parte della bocca, della lingua, del palato, 0 delle gengivefitffc ( anchora che tanto leggiermente, che non fuffe ferìbile ) ulcerata la pelle, Jubito J o che il ueleno già tirato in bocca perueniffe à quel luogo, c r fi mefcolaffe co'ifangue , il quale per lo fucchiar fòr* tefin'efee agevolmente dalle géngiue, non ¿dubbio, che non deffela morte: er cofl uolendofene liberare uno, fe n’ammazzarebbe un’altro . Né manco pericolo farebbe, f i perforte f i n’ingbiottijfe qualche particella. Né pc* r ò i dir quello mi muovo iofenza ragione : percioche (come nel difeorfo mio uniuerfale fu dettodifipra ) nidi già io un uiHano, ckefegaua in un prat 0 , er bauendo aR’improuifi tagliato per mezo con lafalce una uipera ,fu morfo dal tronco della tejía m una mano, er mettendogli egli la bocca per fucchiarne fuori il ueleno, cafro fubi« to morto, fenza batter poif i , in terra. Et però ben duetta Aetio, che fi doueffero ben guardare coloro, che figgono, di non bauer e ulcere nella bocca. A lche attendendo con ogni diligenza alcuni famofi moderni, fanno figgere la morfura, pelando il culo <fun gallo, oueramente d’una gallina, er applicandotelofipra : crfubito che il primo è morto, ue ne pongono un'altro, cefi facendo fin tanto, che ne fia tirato ben fuori il ueleno. Il che fi 60 conofie, quando piu nonmuorei! gallo, che nifi pane. Lodò Aetio non filamente le galline, c r i galli aperti uiui, imitando Diofcoride, per metterfipra alla morfira ; ma ogni altra forte d’uccellami itiui, cr di piccioli qua* drupeéh Dopo alche comandò egli, ckefifaccffero ¡torniture i patienti con l’acqua calda : cr che fig li diano pofeia V«

3

per

Nuouo ord i ne di queito ^eito Mio.

Ve!,eni f 4ni d ìu e riS d “ «c effetti.

Opinion? d'a!cuni nata’

morii de(et peti uelenofi


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Difcoriì del Matthioli

per bocci gli Antidoti appropriati, come fono la theriaca, il mitbridato, e r altrijhm li. Mirabile è in tal cuf o l i nolirà quinti effendi theriacale, c r parimente il nojlro olio de gli [carpioni, di cui dicemmo di [opra nel nojìro di» fcorfo uniuerftle, percioche con questi due rimedi]foli, ¿mino ulte uolte con l'olio fola, ho liberilo io mólti, in cui nonj ì conoficua quujì alcun [agno di uitu. Conciofiu che tuntu è Cattiuità di qucfli due rimedi], che in un bitter d’occhio operino,?? ¿m itizzino il ueletto, come che con imggior uelocitì operi la quinti vfjènzd» Lodòfìmil* mente A elio in ambio d eli cenere de i [armenti, er del legno delfic o , queda del lauro. Il che molto piu mi piace, per hduer queflo albero non poca fòrza contra tutti i ueleni. Perfeuerando gli accidenti, e r doue il ueleno mala * geuolmentefl poffa,fe non con lungo tempo[uperare, è con ogni diligenza di auerti re,di non lafciar dormire i ps* tienti. percioche ( come in altri luoghi di [opra è fiato detto ) tira il dormire il ueleno ualorofamente dentro nel corpo. Molti oltre à cío [ono i rimedij,che lodano gli autori per applicar di fuori : tra i quali propofe Aedo per ■ IO tutti imorfl uelenofì, eccetto che de gli uff idi, la calcina uiua incorporata con olio, er con mele a modod’tmpiafir o . Altri lodano le radici frefche dell’elleboro nero, mejfi dentro per tafia nella morfura,delle quali ho ueduto io grandi efpericnze. Il che[apendo i uidani del Trentino,ogni uolta che i loro animali fono fiati morfi da i ferpetici, gli pertugiano appreffo al morfo il membro tra pelle,er carne con un puniamolo,cr caccianui dentro le radici del » Í elleboro nero,perficurifiimo rimedio; come piu diffufamehte dicemmo di [ opra al proprio capitolo nel quarto li» R im edij d iuerlì à i mor bro. Gioucuoli uifono anchora gli cmpiafiri [atti di cipolle, d’aglio, di porri, di fcalogne, di radici d’amphodil* li, er di [erpentaria, prima leffe nell’acqua, er pofcia incorporate infierne con theriaca, oueramente mitbridato, er fiu e k n o lì. olio di [corpioni : er in quefio ho molte uolte ritrouato io ficuraoperadone. Lodanfi per tale effetto fimilmente le radici della uuleriana, dell'iride], del chameleone, de g ig li, deU'hemerocalle, del martagón, deU'enola, del finoc­ chio , dellofmirnio, del gladiolo, della [ciUa, dello fparganio, del ciclamino, er del raphano tanto domefiico, io quanto [aluatico, tagliate in p e z z i, leffe nell'acqua, er pofcia peñe, er applicateui[opra. Oltre a ciò fi lodano anchora il bdeÙio, il bitume Sodomeo, la erica, la pece liquida, il cafioreo , lo Jlerco delle capre montane, l’hifjopo , l’origano il dittamo di Candía, er parimente le radici del bianco, la calamintha, Í opopanaco, f euphorbio, la coniza, la nerbata,t’balicacabo, il folfv mefcolato con l’orina, il [ale, l’aceto, il fiele del toro, la ruta tanto dome ftica, quanto [aluatica, la cicerbita, il fifembro, la[enapefi bruchi che fi mangiano le piante, lafarina del grano, il nafturzo, il Ufero odorifero, er fètido, er parimente il gaibano sfacendo di quefte cofe anpiaftri ,fòmcntationi, V altri fimili medicamenti per applicar difu o r i. Efficacifiimi per dar per bocca fon poi tutti quelli, chefurono fcr itti da noi nel noftro di)corfo uniuerftle per lungo catalogo, come che particolarmente per li morfi uelenofì fi lodino i cedri, er il feme loro, l’echio, il feme del uitice, i frutti uerii del platano, le bacche del ginepro,la coniza, il chamedrio, il chamepitio, lo fioràio, la carne del riccio terrejlre, il cerueüo de i galli er delle galline, il caglio della lepre er del cauako,beuuto con uino : il [angue della testuggine marina,beuuto con cimino : il ficco de i porri,beuuto con mele : il nafturzo, la radice della centaurea maggiore, il pulegio, il dittamo di Candía, il feme del li g u ftn o, er della peonia : la radice fuperiore del gladiolo, della gentiana,CT del dittamo bianconi thlafiija chioma deH'heliochrifo, il feme del biacintbo, le ranocchie cotte nell’olio, er condite co’lf il e , er parimente il brodo loro fatto con olio, er con falc,ZT la uerga del ceruoficca, er poluerizata. Cofegrandi ho ueduto io delle radici di quel la herbd,cbe chiamano a Goritia ( per effere ella ne i morfi dei firpenti ualorofifiima ) Serpentina, di cui dicemmo l’biftoria difòpra nel fecondo libro al capitolo del coronopo. percioche beuuta alla quantità ]d’un cucchiaro, [aita in breue fpatio i mordati da qual fi uoglia uelenof>fir p e . nefilamente itale ella contra’l morfo de i firpenti morti» fèri,ma parimente contra ogni ueleno prefo per bocca. Il che fannofimilmente (fecondo che ho intefo da perfine nobili,degne difide, che l’hanno¡fermentate ) le radici di quei fioretti, che chiamano alcuni garofani filu.it ¡chi. 4 P Celebrò Galeno [opra tutti gli antidoti tanto[empiici, quanto compofiti, nel libro à Pif~>nc, per li morfi uelenofì, T heriaca,& fue Iodi ferii la theriaca di Andromacho,cofidicendo. La theriaca ueramente è antidoto celebratifiimoappreffo à tuttiglihuo» te da Gal. mini,per offiruare egli tutto quello,che promette, er parimente per l’efficacia grande della fia operatione. Ima peroebe non s’è mai ritrouato, che alcuno, che fu fiato morfo dalle fiere,che fogliono ammazzare gli hitomini, fi4 morto, hauendo prefo dipoi la theriaca. Ne manco è mai morto alcuno,che l’babbia prima prefa,er non molto tem » po dipoi fia fiato morfo. Il che i)fermentano ffejfo alcuni pretoria quali hanno potcftà di dar la morte, er la ulta àgli huomini : imperoebe uoiendo eglino prouare quefìo medicamento,per uederef i può offeruare quello, che pro » mette,nefanno Ìefferienza in quelli,che per li misfatti lorofono giudicati alla morte. Ma noi non hauendofatui» tà di prouar quefìo neglihuomini, ci sforziamo difarne la uera proua in altri animali. Imperoebe prefi i galli fai uatichi, per effer di natura piuficchi di quelli, che fono alleuati, e r nutriti nelle nofìre cafe, er che kabitano infie­ SO rne con noi, gli lafiiamo mordere da uelenofifimefiere,cr cofi uediamo manifèftamente, che fi muoiono in un tratto quelli, che non hamo beuuta la theriaca : er quelli, à cui fu data per auanti,fi rifanano, er reftano uiui. Puòf i un» chora molto ben prouare ,fe queflo medicamentojìa flato falfificato,dandofì à coloro, che già haueffero tolta qual­ che medicina per purgarfi. imperoebe f i la theriaca farà buona, impedirà fenza dubbio l’operatione di effa medici na. Dal che poliamo pofcia giudicare, effer l’antidoto ualorofifiimo, er realmente compofto: per hauere egli impe­ dito la uirt'u purgatiua della medicinagià folita di purgare. Quefto tutto diffe Galeno . Saprai che è da[apere,che dgeuol cofa era appreffo àgli antichi del tempo dì Galeno (di quelli dico,la cui potcftà s'eflendcua in amminiftrar la giufiitia fiòpra la marte de i malfattori) à prouar f i la theriaca fuffe buona,ò pur cotrafatta: percioche in molti Ino» g hi fi coftumaua in cambio di tagliar la tefia à i malfattori, oueramente di dar loro altro fupplicio, di condurgli nel tkeatro,et di fargli mordere da gli affidi.Del chefa teftimonio Ìifteffo Galeno nel libro medeftmo à Fifone: doue ha 6 o ucndo egli narrata la morte di Cleopatra,cofi diceua. Ho piu uolte contemplato io nella grande Aleffandria quanto preftif únamete ammazzino gli ajfidi.imperoche quiui quàdo uoglm o uccidere humánamete,et predo alcuno,che


Nel le ito lib. diDioicoride.

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fld eondentutto atta mortegli attaccano uno affido al petto,et[annoio alquanto paleggiare,e^cofi in breue monicn to lofanno morire. ProuiJÌ adunque la theriaca,ckefi comprai i tempi nojlri, co i galli ( come infegna Galeno ) oueramente con qualche altro animale : c r fe prouarjì potejfe ella con le [àm ie, credo, che molto piufe ne uede vebbe l’efrerienza,per effer quefte piu, che ogni alno animaleftmili aU'huomo. Ritrouaronfl anticamente in di* uerfì luoghi del mondo alcune genti, le quali naturalmente pratticauano co iferpenti ,c r g li maneggiauanofenta G en ti ficu da i fcrpei" effer mai offefrne morfi da loro. Del che fa teftimonio Plinio alfecondo cap. del v i i .libro, cofi dicendo. Scrine & che fai C rate Pergameno efferji ritrouati in HeHefronto intorno à Pario una forte d'huomini chiamati Ophiogeni, i quali no iloro tu toccando i patientifanauano le morfure de ì ferpenti, er mettcndouifopra la mano,ne cau.11/ano il ueleno. Scritte Fu V airone ritrouaruifi anchora hoggi diqueUi,che medicano,er fanano 1 morfi de iferpenti con lafahua. Similifu» rono anchora in Africa i PfiUi, in cuifl ritrouò ueleno crudelifrimo, er mortale contra i ferpenti : imperochcfo* lamentecon l’odore di [egli ammazzatilo . Haueuano quefli per coftume,quando lor nafceuano i figliuoli, di met tergli auanti à i piu uelenofiferpenti, che ritrouar potejferofrolamente per prouarfe le mogli lorofuffero flate pu diche. percioche nonfuggiuano i ferpenti da quelli,che erano nati d’adulterio di fèreftierì. Fu quella gente pofeia dittruttd con le guerre, er con leuccifioni da i N affomoni,i qualifono bora ¡Ignori di tutto quel paefe. N ientedi* menofe ne ritrouanofino al di d’boggi alcuni,tanto di quelli, che fuggirono nel conflitto, quanto di quelli, che in quel tempofi rìtrouarono affenti dalla patria loro,quando fu tutto'l refto morto nella battaglia.Dura anchora in Italia la gente de i Morfi, i quali dicono hauer prefo origine da Marfofigliuolo di Circe : er imperò hauer coftoro tal uirtii naturale contra iferpenti.come che dicano alcuni altroché tal uirtù difuperare iferpenti lorfu infegnata da Medea, laquale habitògù in quelle parti. Q nello tutto dijfe P¡inio. Nondimeno, per quanto fi legge in Ga* 20 leno nel libro della theriaca i Pifone,i Marft,che alfuo tempofi ritrouauano, erano tutti ingannatori, ne haueuano alcuna[acuità naturale contrai ueleno de i ferpenti, ma con certa lorofraudeìngannauano di nafeofogli huo* mini . Ef però ne fcriffe egli con quefte parole. Quefli ciarmadori non pigliano mai le uipere nel fuo tempo cori* gruo, ma dipoi lungo tempo,quando non hanno piu uigore. Et come le hanno prefe, cercano di addomefticarle, nutricandole con cibi diuerfì dalla lor natura. immo che le fanno freffo mordere in alcuni pezzi di carne, accioche ui lafcino tutto il ueleno, che hanno nella bocca. Ef dannale ancora a mangiare alcune ficaccie, per empir loro i pertugi de i denti. Ef cofl interuien poi,che mordendofieno i lor morfi deboli, er di poco ualore : come che paia non poco miracolo à coloro, che gli rimirano, quandoft fanno mordere. Tale adunque è l’artificio di coftoro per ingannaregli ignoranti. Q uefto tutto Offe Galeno. L'itteffafraudo è pofeia rimafa à quefli ciarmadori del no* ftro tempo, che fl chiamano ( quantunque ferie mentanoperla golardella cafadìfan Paolo.perciochc fono lutti C iarm adori, 30 da Leccia di Puglia,ò di qualche altro luogo circonuicino/et però agcuolmentc difcefl da i Marfl lor propinqui uè* che fi rhian » lio delia ra .t cini, i quali furono piu er piu centinaia d'anni,auanti che nafeeffe fan Paolo. E adunque daguardarli da coftom di fan Paolo, percioche tutto quello, che dicono, ¿fanno, è confiaude, con malitia,v con inganno. Vanno coftoro à prende* Si loro nigan re i lor ammali per lapiu parte alla fine del uerno : er per piu afiicurarfl di] non effer morfi da quefte fiere, s’ungo ni. no le mani con certo loro ungucto appropriato à cotale effetto, compofto con olio difeme di rapirano[abiatico,fuc co di drangantea, cerueUo di lepre, fucco di radici cfamphodili,fòglie di fauina, bacche di ginepro, er altre loro mtfturaggini. percioche affermano,che offendo unti di coiai rimedio, non poffono i ferpenti in alcun modo morder* gli. Il che ageuolmente fi può credere,auenga chefi ritroui anchora appreffo di Nicandro nelle theriacke uno un­ guento , il quale ungendofene prohibifee il morfo deferpenti. Ef tale unguento defcriffe egli con quefte, ò ftmili pa role. Seà caforitrouarai in firada ferpenti l’uno attaccato con l’altro nel coito,er metteraili in una pignatta, ha* 4 ° uerai ueramente un rimedio contra i nocumenti uelenofi. Mefii adunque che hauèrai i ferpenti nella pignatta, ag• Vnguento di Nicandro. giungiui ¡opra trenta dramme di cerueUo, onero midollo di cen o Huouamcnte morto : d’olio rofado, in cui fieno fiate infufe, er f fremute le rofe tre uolte,quattro cotile : altrettanto d’olio crudo, er chiaro, er una cotila di ce« r a . Scalda poi preftamente ogni cofa al fuoco, fin che le fquame de i ferpenti,fi lafcino, er fi liquefavano. Fatto quefto habbia una mcincUa fatta à quefio effetto, er macina tutto infìeme. Ma auertife i di cauar prima uia le fri ne deferpenti : perciochefono uelenofe. Etfe ti ungerai le membra con quefio unguento,potrai dormirfìcuro , er andar lafiate per tutto fenza hauer timore alcuno,che ferpente ti morda. Tutto quefio diffe Nicandro. Prendongli adunque per la piu parte in quefio modo : cr prefi che gli hanno,gli fiutano da digiuno fopra la tefia. il che nò po* cogli auilif:e,per effer lafahua dell’huomo naturalmente contraria alla natura uelenofa loro. Quando poi,perfar di fe marauigliofofretUcolo à i popoli, fi uoglionfar morder da efii infu le publiche p ia z ze , gli porgono poco a5® «tónfi alcun pezzo di carne dura, er fannogliela lungamente affannare (come diceua Galeno ) accioche alcune ue* fcichette, che fono appreffo à i denti mortiferi loro, nelle quali dicono, che flà dentro il ueleno, (ì rompano, er f i diftruggano. come che alcune uolte anchora gliele taglino con le fòrbicette, accioche mai piu ui fi generino. Ei cofi uanno quefli barri ingannando tutto l mondo.Et però molte uolte fi uede,che quando fi ritrouano diuerfì di lo* ro fòpra qualche piazza, c r che uengeno alle mani per parere l’un piu, che l’altro della uera enfia difan Paolo ,fì fanno mordere dagli animali,a i quali non hanno cauato di bocca il ueleno. onde(quantunqucfi preparino per auatt ti con lefalf : theriache loro )frej[c uolte uinti dal ueleno cafcano de lor banchi come morti per terra:er alle uolte fe ne muoioiio,lafciando l’anima al Dianolo, e’I corpo alleferpi. Et già mi ricordo offendo io nella città\di Perù** già, che due di quefti ciurmadori, i quali l’un l’altro s’eranfatti mordere da due morttftrifiimi marafii in tre luoghi della perfona, fi farebbero morti ,fr il Carauita Bolognefe, mio precettore in chirurgia, notigli hauejfe con l’olio 6 0 de gltfcorpiom da noi fritto di [opra,liberati: ne lor farebbe ualuto perciò la lor pietra, che per cofi molto [leu* ra danno à ciafcuno. Come non ualfe punto à quegli altri due, che fi ficer mordere in fu la piazza di Trento : i quali effeudo portati per inerti M e tte rla , furono anchor efii fanati con folio nofiro mcdcflmo. E ben nero , che pare,


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Difcorfi del Mattinoli

pare, c&e quella pillotti di tèrra, l i qual Jì fanno portare dili'ifola di Malta, babbi* non poca proprietà contu’l heleno delieferpi, come ba quella, che per portar/} daU’ifoli di temno fi chiama terra Lcmnia,ouerJìgtUata. Ma in nero douefta morfo alcuno da qualche algido fordo „ ò d i qualche uipera, poco ò nulia ui uale. Et però non è in modo alcuno da fdarfì, che il pane., ò il nino dannato da loro, poffa beuuto, ò mangiato,af¿curare alcuno per tut to quell’anno(come efimettendofene, promettono ) dal ueleno deferpenti,cr d'ogni altro animale .percioche ho conofciuto io alcuni, i quali confidandofì d’bauer per ciò hauuta la gratia di fan Paolo, uolendo pigliare in cam* pigna degli affidi, fc ne morirono miferabilmente, cjfcndo morjì da loro , Ma non però per queflo dirò io , che non fi ritrouino alcuni,che per una certa uirtìi del cielo acquiftata por alcuno infiuffo delle stelle fijfc neU'hora dèlia lor generatione, non habbiano propria uirtù di non potere effer morfìda i ferpenti. Percioche ho conofciuto io alcu nifejnplici uttanUi quali fenza alcuna arte,per certo ¿finto di natura pigliano le uipere, c r gli affidi uiui, cr f i 10 gli portano lungamente in fino,fenza effer mai ne morfine offefl da loro; fe ben alltmprouifo gli calpeflano. Sunti mente non fa anchora negare, che con parole,cr incanti non¡i coftringano queñi animali aü'ubidienza, perciò* Cura de mo c^]e ^ < l ue^ 0fe nef on u?dute non picciole ijferienze. Ma poje ia che queflo luogo ricerca, che fi dica fopra la cu* fi da ferpenti r j uniuerfale quanto dirfe ne poffa,non mancará però di mauifiñare (come che non fia cofa, che appartenga al me* iecódo un ro dico ) come curaua in fu quel di R orna un uecchio romito molto mio amico tutti coloro, che erano morfì da quefie jnic°. fier£ mortifere fenza uedere il pallente. Subito adunque, che qualch'uno era morf0, maniaua un meffo al romito. da cui intefia la cofa ,g li addimandaua,fe uoleua tor la medicina per colui, che era ñato percojjo : crfe rijfondeua dif t , glifaceua mettere il piede deñro nudo in terra, c r con un coltello lo circondaua tutto per intorno, di modo che la forma rimaneffe. dopo al che, fatto leuar uia iì piede,fcriueua in detta fórma con la punta del coltello quefte parole; c a r o c a r v z e , s a n v m r e d v c e , r e p v t a s a n v M, e m a n v e l p a = 20 r a c l e t v s . poficia raftiaua uia la terra ,fin che tutte le lettere fuffero disfatte : c r metteua quella poluere in unaficuieüa dìacqua, cr Inficiatala andare al fóndo la colaua con la camifcia del meffo: cr poficia,fattouifopra il fegato della croce,gliela daua à bere. Dopo al ch ef ritrottaua per cofa certa, che in queÙ’hora fi rifattamiam* malato. Kiuelomi un giorno il romito qutña cofa,dicendomi effer queflo il maggiorfccreto, che habbiano i dar* madori.Et però,per fodisfare à ciafcuno,non me l'ho uoluto qui tacere.

Dellepunture delle Vefpe,&delle Api.

Gap.

X LL

N on p i r e m o fegni alcuni delle punture delle uefpe, & delle api, per effer n o ti, & chiari à ciafeuno :& parimente perche non caufano alcuno accidente coli notabile, che meriti d’eiTcr confidò- 3? ra to . ma non però per quello habbiamo uoluto tralafciare di non fcriuerne i rimedij. E t però è.da fa pere,che al morfo d’amendue quelli animali gioua non pocolamaluaimpiaflratauj (opra, & la fari­ na d’orzo incorporata con l’aceto.Giouaui parimente il latte del fic o , gocciolatoui fopra ; & fimilmente il fomentar la puntura con la falamuoia,oueramente con l’acqua marina. Q v a n t v n q v e le punture delle V e ffe , cr delle A pi non fieno ne pericolofe, ne mortali ; nondimcn 0 cattVcfpe,& api, & loio nocu­ fandò elle alle uolte intenfiftimi dolori, none peròfe non buono il fapere, come mitigare f i debbano. Et però ne menti , & ri­ recitarò qui io , oltre alla dottrina di Diofcoride,tutto quello,che molto diligentemente neferiffe Actio nel x 1 1 1 . medi;.

libro , coli dicendo. Volendo alcuno non efiere trafitto, ne offefo tanto dalle Veffe, quanto dalle A p i, ungali tutte le parti difeoperte della perfona con malua pefta infieme con olio onero co i bruchi, che mangiano l’herbe ne gli 4® fiorii, incorporati pur con olio. Ma perche interviene alle uolte, che alcunifono nafeofamente trafitti daquefii animali, cr [emendo intenfìfiimo dolore, fi credono ejfere flati pcrcofii da qualche altro mortifero animale ; parmi però cofa ncccffaria di dire i fegni, cr g li accidenti, che ne feguitano. Sentono adunque quelli,che fono fiati tra* fitti dalle Api , fubito data la puntura,il dolore : dopo al che diuenta roffo il luogo, cr enfiaft per intorno, c r ri* trouaft fiempre la{fina dell'animale rimafa nella piaga. I medefimi accidentifanno le V effe, quantunque molto mag giori: ma nella puntura loro non ui fi ritroua alcuna ¡fina . Curanfi, mettendouifopra delfango, oueramente dello fterco de i buoi con aceto inacquato : òfiondi di maina co’l medeftmo : ò la terra Cimolia con malua, aceto, cr ac* qua infieme: ouero il fefiamo con l'aceto inacquato. Giouaui naturalmente la ueneranda,cr uiuifica imagine di quel concbilio, che fi chiama (trombo, fcolpita in unfiglilo di fèrro, c r imprefiafopra la puntura : percioche ella non lafcia generare dipoi alcuna iifiammagione. Quetto tutto difie Aetio. E flato oltre à ciò (fermentato, che an* J® chora le mof;he trite,cr impiafirateui fiprafubito ne leuano il dolore, il che fa parimente la thimbra, la melifia, e’iflfembro.

D e i morfì de Phalangi.

Cap.

X LII.

R o s s e g g i a ueramcnteilluogo della morfura fatta daiPhalangi, come fefufie flato trafitto con la fpinatma non però s’enfia,ne ui fi fente calore allo intorno, come che s’inhumidifca mediocre mente.Seguita,come fi celia di fare i rimedij,tremore di tutto’l corp o, ilorcimento di ginocchia, & d’anguinaie,fimile allo fpafim o. oppilanfi le parti uicineà i lom b i, dal che fi caufà una continua uo-* lontà d’orinare, ma non però poffono i patienti, fe non con difficultà grandifsima orinare, & andar 6 ó del corpo. Efce oltre à ciò fuori per tutta la perfona un fudor fred d o, & lagrimano, & annuuolanfi gli occhi.AI che fi foccorrej mettédo fopra la morfura la cenere del fico infieme co’l fale trito fottilmente


Nel iefto iib.diDiofcoride.

78ft

mente: onero la radice delmclagrano faIuaticopefta,ò quella dellariftolochia incorporata con fari na d’orzo,& a ce to . Fomencifi oltre à cio il luogo con l’acqua marina, atteramente con la decorna­ ne della melilìa,la cui hctba ui (1 conuicne pai ¡mente impiaitrata. Conuienuifi andiora in continuo bagnare de patienti,dando però à bere,mentre che li fanno tutte quelle cofe, il feme dell’abrotano, gli aneli,! anfìolochia,i ccci fuluatichi, il cimino lithiopico.le cedride trite, Ja corteccia del platano^ il feme del trifoglio.dando di ciafc.ma di quelle cofe due dramme alla uolta , con una hemina di ui> n o . Dannofi anchora con utilità grande i frut ti del tamarigio, & Ja dccottionc del cham cpitio, & delle noci ucrdi del cipreflo infieme con uino. D icono alcuni che dadofi à bere il fucco dei "ranchi aQ de fiumi con latte, & feme di apio, libera fubitoi patienti da ogni accidente. • °

fcriuefjero gli antichi ritrouarfipur affaifpetie di Phalangi ; nondimeno Aetioal x v i ’i r , P f u l a i i g i , * ; .libro non ne nomino piu difci,cajì dicendo. Le fpetie de phalangifono neramente molte,come che l ° r ° fpetie* filamento fei fpetie ne ritroni io definite da coloro, che trattarono degli animali utlenofì. Chiamarono adunque f c r ic t e d a A c " cofloro il primo, rhagio : il fecondo, lupo: il terzo, formicario ; il quarto,cranocolaptc: il quinto, ftlerocepha* tl°' Q

v a n t v n q v e

capo del x

x11

10 : er ilfefloyfiolecio. Il Rhagio,ciò è acinof i , è fimile à uno acino di uua nera, da cui s’ha egli prefi il nome ha la bocca nel mezo del uentre,cr i piedi da ogni banda bremfiimi. Il fecondo chiamato Lupo,prende,or ammaz Za le mofche,zr cibafì di loro : ha il corpo largo, c r uolubile, cr le parti, che fono appreffo al collo intagliate : e r ha la bocca in tre luoghi rileuata. Il Formicario cofi chiamato, per effer di corpoftmile alle piu grofie fòrmi* che,è di colorefuliginofo, con certe macole per tutto il corpo, er mafiime infu i doffo, come fo lle . Il Cranoco* * laPte è dih u™ lunghetto, e r di uerde colore : er ha unafiina appreffo al collo, con la quale trafigge, offendendo l'buomoper il piu nelle parti uicine alla tefla. Il Sclerocephalo ha la tefia dura,come uno ftfio : er ne i lineamenti del corpo è del tuttofinole allefarfalle. Lo Scolecio poi fi rajfembra 4 un uermine macchiato tutto, er mafiima* mente appreffo al capo. Et quefoinfomma fono lefietie, che fi numerano de i Phalangi.Quefo tutto diffe Aetio. 11 quale nondimeno non defiriffe ifegni particolari del morfo di ciafeuno (imperoche la diuerfità dellefpetie fa an* chora diuerfità d’accidenti:)ma defiriffe di tutti uniuerfalmente. Et però uolendofiftperne gl’tnditii di tutti par* ticolarmcnte, leggafi quello, che ne ferine Meandro. Imperoche egli,oltre alThauernc definito afidi piu fpetie } che nonfece Aetio,ftrifie particolarmente ifegni de i marfi di ciafeuno nellefue theriache in uerfi : dette cui paro* le questa è lafufianza. Qui fono da confiderai bora i nocumenti, ¿r 1figni de i morfi de i Plialangi. Il primo, . il quale ¿ffilendido chiamato Rbox, è quafi nero, c r camina con ipiediferrati infieme, er ha la bocca,er i denti £ Z ; f. 3 ° in mezo del uentre. Mordendo adunque quefìo, non Ufiia figno ucruno di morfura: mafa diventare gli occhi re fi■ P e g n i f e r i t i fi nelle parti difitto ,c r infrigidire il corpo. Caufa oltre a ciò fubito dolore, di modo che i trafitti uanno gittando da Nicand. le braccia dal capo à i piedi .La ucrga s’indurifce,cr il freddo,che occupa i lombi,fa rilafiare le ginocchia.L’ Afte* r io , il quale é il fecondo, ha il dorfo, in cui rilucono alcunegrafiezze,cr lucidi lineamenti. Bai morfi diqueflo mfieall'improuifo uno honorem tutto il corpo, con una certa uentofità, cr unafannolentia, che aggraua non poco la tefla, er fentefì nelleginocchia, c r nolialtre giunture di tutto il corpo non poca debolezza. L'altro poi Chiamato Cianco, è alto, crinito,cr ruuiio in tutto il corpo. Quefto trafigge acerbamente,onde s’affanna il cuo re, gli occhi s'abbagliano, c r perdono la lorfolita luce, er uomitano i trafitti alcune cofc fintili alle tele de ragni : dopo al che fpeffo perdono la uita. Il chiamato A grofo, , fintile al chiamato lupo, il quale ammazza le mofihe,le , aPl >& * rafani, che fi pigliano nellafua tela, trafigge debilmente.ne fa alterarne. Ma quello,che chiamano Dif* ' 4 ® dero,onero Specco, rojfo, cr fimile alla ueffa, caufa,mordendo ¡intorno al morfo grande enfiagione, dolori nel* le ginocchia, nelle eborde de i nerui¡tremore di uene,fincopi, di modo che fpeffo lacera tutto il corpo,oueramente ammazza . Imperoche finalmente induce cofì profóndofinito,che libera l'huomo dallefatiche di quefto mondo : tanto c egli eftremamente malefico. Il Formicario, cofì chiamato per effere ella di corpo fimile alle fòrmiche,ha il collo rojfo,cr tutto il refto del corpo neregno : ha il dorfo largo,per tutto punteggiato,come di fi elle, cr le tèpie cleuate,cr picciolo cono. Dal cui morfo nafeono dolori fintili a gli altri uelenofipredetti. Sono alcuni altri p lungi piccioli fimili à gli fcarafaggi, i quali uiuono ne i campi de i legumi. Qu/fti mordendo caufano intorno alla morfura piccioli tumori, & alcune brozzette,battimento di cuore, ftralunaniento d’occhi, cr mormorio di pa* rolefenzapropofito. Quello, che chiamano Cranocolapte,fi trotta in Egitto tra lefiondi detta perfea, fimile al* le farfalle, che uolano la notte intorno atte lucerne. Quefto fempre rimena il capo, c r tiene il uentre baffo: cr jo quando trafigge con ¡affilila, la quale ha egli prefio A cotto, ageuolmcnte ammazza. Quefto tutto difieMcdndro.Da cui difeorda però A et io folamcntcjiell'batter facto egli il filerocephalo ftmile atte farfalle , crMeandro, il cranocolaptc, D c figni uniuerfali de morfi de i phalangi,cr parimente della curaficrijlc complicatamente il me P!l . defimo Am o nel luogo fopradetto, cefi dicendo. Il morfo de i falangi è neramente fit t ile , di modo che à pena f i loro acide«* plto egli aifccrnere: il tumore, che lo circonda per intorno, è liuido, cóme che in alcuni fi rit rotti parimente rubi- t i , & c u r a . condo : dal chefi caufafiùgidità nette ginocchia, ne i lombi, e r nettefpatte : agg rauafì atte mite tutto l corpo : j. R i m e d i ) lem dolori punto non cefiano, ilfanno fi perde, c r f f i i la faccia non poco pallida, o'fm a m ta . Inalami nafte netta ?hci' uerga un non poco ¡limolo del cotto,con prurito di tdla,cr di gambe,fannofì gli occhi lagrimofi,torbidi, er con* carnai uentre wequalmcntcfi gonfia ,<?gonfiafl oltre à ciò tutta la pérfona, & lafaccia, er infimamente quel* le parti, che fino intorno atta lingua, di modo che non poco impedifiono la loquela.Sono alcuni patienti, che non Co pojjbno orituy e , (¡iwttunquc: n babbiuno de’¡Ìderio,fe non con dolore : cr quantunque pure orinino sfanno l'orina acquofa,nellaqualjiueggono alcune coftfm ilt alle tele de ragni : il chefimilmente fi uede ne i „orniti loro, et nel le f e d e , eie uanno ad corpo. Mcfii i patienti nell'acqua,s'alleggerifcono d'ogtii dolore: ma come fette uengono

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7 5

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DifcorfidelMatthioli

fuori, fi dogliotw non poco nelle parti uergognof, er lor tira la uerga fuori di modo. come che ne i piu uec-hì in t cruenga tutto l contrariotperciochein loro quelle membra del tutto fi muffino, Etquefiì foro gli accidenti, che communementefogliano interuenire in tutti queftimorji. M i quando morde particolarmente quello,che chiama no cranocolapte,caufa dolore graniifimo di tefta, uertigini,freddo uniuerfale, anfanameli, fmania, er puntura di stomaco,Ciouano ne i morfi di tutti, i continui bagni, il bagnare parimente il morfo con la decottione del trif= gito buuminojo, erfungere tutto'l corpo con unguento liquido,fatto d'olio, erdi cera. Il chefanno parimente le fòmencattoni,fatte con lefpugne intinte nell'aceto caldo, er applicatefpeffo alla morfura. Conjìrifconui empiastrifatti con bulbi Sanguinaria, porri, erfembole cotte nell'aceto : lafarina dorzo cotta confondi di lauro nel uino, oueramente nel mele : la ruta, i fichi grofi primattici,lo flerco di capra col uino, la maiorana con face* toda rutafaluatica co'l medefimo, er il cipero anchora. Quefto tutto dtffe Aedo. Lodò oltre a ciò Diofco* 1 ° Rimedi; feto ride, per li morfi de i Phalangi in uarij erdiuerfiluoghi in tutti i cinque libri de ifemptici,molte altre cofe da tor filici. per bocca, oltre a quelle,di cui fa mentione in quejlo luogoicio è,il fucco delle bacche del mirto,beuuto nel uino, ilfucco dellefiondi del moro afta mifura cfun ciatho, la lifciafatta con cenere difico tanto faluatico, quanto do» mesiico, la decottione dette radici de gli afaragi, la lattuca faluatica, ilfirme del cori, il fucco dell’belerà be• unto con aceto, la ruta prefa co'l uino, er parimente il hieracio: ilfeme del dauco, la nigella beuuta con l’acqua al pefo d’una dramma,f aparine, la melijfa, e’Iphalangio herba, beuute con uino : il cinquefòglio, la radice del'hia* ciutko, erfimi[mente il fempreuiuo minore, Per applicare difuori lodò pur egli il mutto pefee tagliato in pezzi, la detottione detta malua, l’acqua marina, er lefondi tenere de i giunchi marini. Galeno fcriffe poi nel fecondo libro degli antidoti per tale effetto di mente di piu ualentifiimi medici, alcuni ualorofifiimi rimedij. er però quiui fe ne ricorra cufcuno, che dejideraffefipergli, come che la buona theriaca,cr l'ottimo mitbridatofieno in ciò mi 10 Spetie ueran\ente di Phalangifono anchora quei ragni, che noi in Tofana chiamiamo t a r a nt ole . Tarantole, & gliori, di cui parimente feriuemmo di f opra l'biftoria nel fecondo libro co i phalangi ; er nett’ifleffo luogo narrammo gli lor ueleno. frani accidenti, che caufano in coloro,che mordono : er parimente comefi curi il lor ueleno con la muflca de ifuo n/,er co'l lungo ballare. Et però cjfendone quiui fato detto à bafian^a, non accade a dir quel medefimo qui una altra uolta.

Della Scolopendra.

Cap.

X LIII.

a n d o morde quella Scolopendra chiamata ophioftone, diuenta il luogo allo intorno della morluraliuido,& putrefacendoli,!! ulcera:&alle uolte,quantunque di radoidiuentail luogo di colo 3° re limile alla feccia del uino, oueramente rodò . Comincia l’ulceragione Tempre dal proprio luogo del morfo,& fattafi finalmente molto maligna,malageuolmentc fi cura.dopo al che fi lente un pru= rito per tutto’l corpo.Curali impiaftrandoui fopra del fiale fottilmentc trito infieme con aceto,oue* ramente la ruta faluatica pefta. Giouaui parimente il fomentare il luogo con la falamuoia acetofa : il dare à bere l’ariftolochia nel uino,ò il ferpollo,ò la calamintha?ò la ruta faluatica.

C h i a m i a m o noi le Scolopendre terref r i , cento gambe. Sono animali conofciuti da tutti, rofiigni di Scolopendra colore, er di diuerfef e d e , tra le quali quellefolamente fono uelenofe nel mordere, che per ammazzare elle i fer * uelenofa , & penti,ft chi mano da i Greci ophioftone, er di quellefole credo, che intendejfe qui Diofcoride. Ma quali tra tut= lua citimi. te quefle f e d e fieno le ueléiofe,non ritrouo neramente chi ne'l dichiari. In alcuni luoghi tanto moltiplicarono già 4 ° le Scolopendre, che feero abbandonare le città à ì popoli. er però diceua Thcophrafto, che gli Arerietì furono cacciati dalleficolopendre. Quefie caminano ueramente tanto ali’indietro, quanto att'inanzi >Et però diceua A ri = f olile al v i i . capo d e l i a 1. libro deli'billaria de gli animali, che diuifa la Scolopendra uiua per mezo,una parte cantina alianti, er l'altra à dietro. Onde pare, che credeffe N leandro nelle theriache, che la fcolopendra haueffe due tefle, cofi dicendo. ha Scolopendra picciolo animale ha due tefle. Raffembrafi nel caminare à una galea, che filafin ta dai remi. Comparatane ueramente degna di Meandro ipercioche per la moltitudine grande de ¿piedi, che ha la Scolopendra da i lati, camìnando eUa uelocementefiraffomiglia del tutto à una galea cacciata al corfio del mare detta moltitudine de i fuoi remi• Lodò Diofcoride ne i libri de i[empiici,oltre à t rimedij qui afognati, per lo morfo di quello animale, ilfem e , er i fiori dell’àmphodillo, beuuti nel uino.Aetio di)Je,che tutti i rimedij, che Scolopendra & rimedi) al fi conuengono à i morfi del topo ragno(di cui diremo poco qui dì fiotto)/! conuengono parimente à quello dellafico* fo iuo morio. lopendrj. Lodarono alcuni altri de gli antichi, per metterefopra al morfo, la cenere impattata con Faceto, er parimente la fitta : er per dare à bere il pulegio, la ruta,zr la menta ne’l uino. Dette marine Scolopendre nar* rammo Chifloria di fopra nelfecòdo libro.ne ritrouo però,chefacciano elleno altro tiocuméto,che prurito netta car ne,che toccano, caminando(comcfcriue Arifiotile,w parimente Diofcoride nelfecondo libro ) come fanno alcuni bruchipclofUZT mafimamente quelli,che iiafcono ne ipini.

D ello Scorpione.

Cap.

X LiIII.

T r A ri t t o che habbiano alcuno gli feorpioni, fubito s’infiamma il luogo della puntura, &r en­ fiandoli,diuenta duro, & roflb.ll dolore hor con impeto crefce,& hor fubito cala, di modo che ho • 60 ra è freddo, & hora è caldo il luogo della puntura, dopo al che feguitano horror), fudori trepiori. Diucntano oltre à ciò tutte le parti eftreme del corpo fredde,le anguinaie s’enfiano,efee con iftrepito


Nel fefto lib. diDiofcoride.

75) 1

ìftrepito uentofità grande per ie parti di fotto : i p eli, Se i capelli tutti s’aricciano : tutto il corpo diuenta pallido: & fentelì un dolore fopra à tutta la pelle,come fé fuflero una mol titudine di fpine.che la pungelfero.Al che è fingularifsimo rimedio il latte del fico gocciolato nella puntura:& parimente meffoui fopra pefto il medefimo fcorpione,chetrafilfe. Il che fa egli per una occulta proprietà,che pofsiede contra’l fuo ueleno ,& però fa anchora il medefimo effetto ogni altro feorpione, che uiil ponga fopra con fale,maluauifchio,& feme di lino.Giouaui anchora il lotto uiuo impattato có ragia di terebintho,& applicatoui fopraiilgalbano diftefoàm odo di piaftrello:& parimente la calam inta trita.Conlerifceui la farina d’ orzo: comporta con u in o, & con dccottione di ruta : & Umilmente il Q feme del trifoglio pefto, &m elfoui fopra. E t quefh fono i rimedi; conueneuoli per metterli fopra alla putura.Iniìemc co i quali ufinfi anchora quelle cofe,che ui fono effìcacilsime,tolte nelle beu.ìde: come fono l’ariftolochic, & mafsimamentc la feorza delle fue radici bcuuta al pefo di due drame có uino,la gcntiana pefta, il pulegio ben c o tto , le bacche del lauro poluerizate, la camintha cotta luiigamente nell’aceto inacquato,e’1 cipero beuuto co’l uino, & con la ruta. II che fanno parimente il latte del fico,& il laferpitio : ma non ritrouandofi,diali in fuo luogo il fucco del peucedano.E in ciò efficace il feme del trifoglio,& del bafilico beuuto. Gioua quanto ogni altra cofa l’ufo continuo dei bagni,il prouocar con ogni arte il l'udore,& il bere il uino temperato con acqua. V a r i e er diuerfe ( come dicemmo di [opra nel fecondo librofionole ¡fede degli Scorpioni, er uarij confe* guentementegli effetti del trafigger loro , nuocendo quali piu , er quali manco. meandro nelle theriaebeferine z e ritrouarflottoforti di Scorpioni, conlimili parole. Tra le frette de gli feorpioni, di cui cantaro io bora, fono i bianchi, i quali non fono nocini, ne mortali. Ma i rofii infiammano trafiggendo tutto il corpo, er fanno grandifii mafuria : di modo che bora ardono i padenti, er bora tremano difreddo, con ardentifiimafete, come interuiene nellefèbbri. I liuidi inducono nelle membra tiarij er diuerjì mouimend inordinati, fanno gli buomini attoniti, er come infenfatU quali ridono alle uolte come pa zzi • I uerdi fubito dopo il trafiggere caufano fieddo , er tremore e r pare 4 i padenti, che loro pioua addojfo con grande impeto la tempefta ,fe bene il cielo èfereno, er illuflrato dalfole. Que/li medefìmi dolori, er accidentifanno parimente tutti quelli, che hannofette nodi nella coda. I IU vidi , chefono,corpulenti,mangiano l berba,di cui mai nonfiCadano. Mordono quelli gli buomini, er appiccadoft co’l morfo alle anguinaie,malageuolmentefe ne¡ficcano,tanto ui s'actaccano eglino fòrte con la bocca, er con le branche. Sonuene di quelli,chefono flmilì a igranchi marinile? di quelli,che fi raffembrano à ipaguri, grandi di 3 0 corpo, er duri molto, er robufti nelle branche, comefono i paguri, che habitano nelle tane tra ififii . Qnefiì nafeono de i paguri. imperoche nellepicche del marefentendo i paguri i pefeatori, che g li cercano fra i fafii nelle ripe, entrano in alcune fiffure,oue i topi hanno il nidore? quiui morendole? putnfaccndofigenerano quefiifiorpioni , i qualife nefiono pofeiafuori per le fiffure medeflme. Ne fono anchora di gialli,con certo poco di nero nel la piu alta parte del corpo. Quefiifanno grandifiimo ardore,er fono molto inimici delfhtiomo : er trafiggendo i fanciulli piccioli presogli ammazz<tno.Ritrouanfene anchora di quelli,che hanno le ale come le locufie. QUefto tutto de gli feorpionifin ffi Uicandro, Scrìffe degli accidenti del trafiggere degli Scorpioni, er parimente del* lacura Aedo al x 1 x.capo d c l x m .libro, commentando Diofioride con quefte parole. Coloro, chefono fiati trafitti dagli feorpioni , diventanofreddi ,fiupidi, et enfiati : dopo alchefeguita unfudore fieddo attorno alla piaga, et per tutto il corpo. Enfianfi le anguinaiefidamente a coloro, chefono trafitti nelle parti inferiori : et le 4 ° dùcila à coloro . che fon percofii nelle parti difopra . Et quelli cotali accidenti fi ¡leggonofidamente in quelli,che fono flati leggiermente trafitti. imperoche quelli, chefono fiati percofii pròfóndamente,fcotono uno odore gran= de intorno alla piaga, come interuiene nelle cotture delfuoco : nafeono 4 quefii intorno alle labbra, et per tutto'l corpo certe macchie rileuate, come porri,di modo che par,che fìano continuamentepercofii dallagrandine : lafaca­ cia lor fi torce ,g li occhi diuentano caccolofì, et piangoleggiùndunf:onfì le giunture di tutte le membrutefiefuo ri il budello delfedere, con uolontà grande d’andar del corpo :gittd la bocca una continua friuma: iuotniti non mancano , ne ancho i fìnghiozzi ■ dopo al chefeguita quello frafìmo,chc per tirare la tefla uerfo le fratte,chiama* no i Greci opifihotono. Rimediali à cotal ueleno, dando a bere à i patienti ilferpotto, le radici dett'althea, er l ’elaphobofco. imperoche quello foto mangiato fiefco,ò beuuto crudo,fa in tal cafo incredibile giouamento. V 0« lendoji prefentancamente leuar uia il dolore, tolgafi una chiocciola di quelle, chefi ritrovano ne gli borti, er pe* S ° ftifi infieme co'l gufi io, er mettafifopra alla puntura, il che(fecondo che f i dice)fanno parimente i lombrici ter refiri . P uofiifare il medefimo effetto , tritando un granchio difiumi, er dandolo 4 bere nel uino inficine con lafea r o . Confèrifceui la uerbenaca trita,impiastrata uerdefopra la piaga, oueramente bcuuta fecca iti poluere. Gio* uditi il fare poluere d’uguale parte di cimino,di melanthio,iy difeme di uitice, er darne una dramma per uoltaà bere nel uino. Cotiuienuifi oltre à ciò ilfame-delle paftiliache,e? le nocciuole : imperoche quelle portate in una cin tura,non lafciano trafiggere chi le porta, dagli feorpioni. Ein quifcriffi A ed o . Vfafìcomrnunemente in Italia per le punture de gli feorpioni il loro olio. Et però efficacifiimo è in quello cafo il noftro,dicui piu er piu uolte in quefio libro e fiato detto. Lodò Diofiorideper le punture de gli feorpioni, oltre à i rimedij in qtiefto luogo ferini da lui,per applicare fopra la puntura, l’amomo incorporato con mele, le chiocciole de fiumi, il mutto pefre fi’efcojo fmaridefalato,le lucertole pefic uìue,i topi domeftìchi firacciati uiuifia farina del grano incorporata co uino ò con aceto, il fucco detta cictrbùa, quello dellaendiuia, il bafilico confarina d’orzo, la maiorana confale e r con aceto, il hieracio, il lafero,la melijfa, il chamepitio, lefi-ondì del neriafro che produce il fiore tutto giallo, il feme delle iiiole gialle,& la radice della polmoniti) la (ficaie dicono alcuni efferc di tanta Mini,che gli feorpioni «

non

Scorpioni, & loro i'peiie ferineda Ni anidro.

Scorpioni, & loro puntura, Et curaferina daAcnVi

Rimedij loda ti daDiof.


792

DifcorfidelMatchioli

non t r i g o n o coloro,che la portano addoffo; er fe pur gli trafiggono, non lorfanno alcun d if lacere. Per tov per bocca lodò pur egli i granchi de i fiumi triti, er betoni con latte d'afina : lo üercq de gli afini , er dei cauatti, che (tanno alla pañtira, dijjcluto nel nino : il feme del lapatio acuto , er deU'acetofa beuuto nei nino, oueramente nettiacquarla lattina falu.nica,Tabrotano,ilfeme delle pastinache domeniche,quello del hiacintho ,er dell’ortica,i mau-róni,l'heliotropio,il cardamomo,la mirrba.el nino dette bacche del piirta. Et però fenza fa re à ferirn e qui filtri antidoti composti, potrà cìafcuno ufare di qu efi femplici afua intentionc.

D ella Paftinaca marina,& del Dragone.&Scorpione marino. Cap. XLV.

IO

C avsans i per la puntura della Paftinaca marina dolori in turto infopportabili, continui fpafi • |T>i,lafsitudini,debilezzc,& anfanamenti:dopo al che perdono i patienti la loquela, de la uifta.il lu o ­ g o della puntura infierne con tutte le parti circonuicine diuenta nero,& di force ftupido, che nó fen ton o i patienti chi lo tocca. Premendoli il luogo della puntura con le dita,ne falta fuori una marcia nera,groiTa,& puzzolente. N el che li conucngono tutte quelle co fe, che poco qui di fotto'diremo conuenirfi ne im orfi delle uipere. Sonoanchora uelcnofìi morti dei dragoni , & de gli feorpioni marim:& però fanno anchora efsi moleftifsimi dolori:& alle uolte(anchora che di rado accaggia)cau fano putrefattione di membra. Al che fi rimedia,dando à bere à i patienti la faluia, & l’alTenzo , oue­ ramente il folio trito con l’aceto. T u tti quefti animali tagliati,& mefsi in pezzi fopra la piaga fatta da i 9 loro,medicano ciafcuno da per fe al fuo ifteffo uelcno. D e l l a P a s t i n a c a marina, chiamata uolgdrmentc P efre colombo, dicemmo l’biñoria difopra nel fe * Paftinaca ma riña, & ítiauc condo libro. Di quefia adunquefacendo mentione Aedo a l x x x v n .cap.del x 11 1 .libro, cofì diceua ■ Difcerne* Jenola punti! fi in coloro,che fonoflati percoli dalla Paftinaca marina mamfifamente il luogo della puntura.dopo al che fegui* ra.

ta un continuo dolore,er uno ñupore in tutto’l corpo : imperoebe ha ella una ¡fina appuntata, er fermarla quale cacciando dentro nella carne con grandifiima fòrza,tanto laficca àfondo,che pugne oltre alla carne anchora i iter* m . Il perche interuicnc alle uolte, che fe ne muoiono repentinamente i patienti jfiafimati. Narrano alcuni, che tagliandi la coda di quella ifìeffa paftinaca, che trafiffe, er appiccandofifopra un’albero, er ferialmente d’una quercia,fccandoui dentro la fuafin a ,fi fecca l’albero,& l’amalato guarif e . Il che ritratto effer ñato primafcrtt ^q to nettefue theriache da Nicandro, con quefìe parole >ò fintili • La acutifima fin a del Trigone, rio è paftinaca, 5 fitta tic gli alberi gli fa feccare dalle radici, er à gli htmiinifa eUa putrefare la carne . queño dijfe Nicandro. Sentono i trafitti ( comefritte pure Aedo ) non poco giouamento, quelli dico, che patifeono per tutto’l corpo freddo, er ifiupore, delle itntioni,o~ impiañri caldi.Giouanui particolarmente le fembole cotte nell'aceto, er mef f u i fopra calde : er parimente l’aceto, doucfono fa te cotte dentro,applicatoui con le f u g n e . Conuengoiuuft an* chora molto piu le medicine attrattine, er mattam ente quelle,che fono calide , er penetratine s percioche que* ñe con la faculta attrattiua loro tirano il ttclcno dal profondo,con la calidità rimediano alle partigià infrigidite, er per effer molto penetratine, aggiungono tanto à dentro, quanto bifogna. Sono adunque per tale effetto er Paftinaca ma rina, & fuoi pronti,er conuenwnti medicamenti il folfò uiuo bagnato con la orina,\l marrobìo, le fòglie del lauro, l’echio, la radice della panacea, lafaluìa,et altri fimili. Ma mancando per forte queñe cofe, lor fi comtiene il licuito acctofo » riaicJij. mollificato con pece liquida: percioche marauigliofamente ui confrifce.Gioua molto il dare à bere con uino la de* 4® cottione del lauro,oueramente il liquore chiamato Cirenaico infierne con minha,cr pepe alla quantità d’una fatta, ò il filphio, ò il lafero leuuti fimiIntente con uino : onero cinque gocciole di latte di fico con tre grani diferpotto. Qucfio tutto diffe Aetio.Lodafi oltre à ciò per cofa [aiutifra molto la decottione dellafaluia beuutaconrinuair.cn te : lo feordio,tolto in poluere alla quantità di una dramma atta uolta con la fua ijléffa decottione: er parimente la berbena; non lafciando però à dietro la themcaj.1 mithridato, er la nofr a quinta effenza theriacale .Loda Ni* candro le fòglie dett’anckufajl cinquefòglio, i fiori de i rotti,Parèlio, l’acetofa , la licopfide, l’ordtlo, il chamepitio,la fo r za delfaggio,il feme della pañinaca faluaticaj frutti del tercbinthoM phtfco marino,1’adianto, lo finir* nio,l’eringio,il libanote,il cucini,er l'uno er l’altro papauero.

Del Toporagno,

Cap.

X L V I.

I n f i a m m a s i ne imorfi del T o p o ragno il luogo per tutto allo intorno deliamorfura: dopo al che ui uafee una pullula nera, piena d’humore acquofo, attorno alla quale tutte le propinque parti ¿mentano liuidc.Rottache fia la pullulale ne fa una ulcera corrofiua,&ferpiginofa. Nefeguitano anchora dolori di budella,menimento d’orina,& fudori freddi. Al che fi (o cco rre, mettendo fopra la morfura il galbano diftefo fopra un piaftrcllo,& la farina incorporata con aceto melato,& fatto* ne impiaftro.Giouaui oltre à ciò l’ifteflb topo ragno,che fece il morfo,tagliato,& meftbui fopra,per elfere egli rimedio del fuo ueleno. Giouanui parimente gli acini de i melagrani dolci cotti,& impia ftrati alla piaga: i porri,l’aglio pefto,& le fomentationi fatte con l’acqua calda. & quefti tutti fi conuengono applicati di fuori.N elle beuande poi ui gioua la decottione dell’abrotano,& mafsimaméte 6 ° fiuta con uinoiil ferpollo,iJ galbano,& la rucchetta bagnata co’l uino.Conferifconui le noci del cipreifo uerdi,il pan porcino con l’aceto melatoci pirethro co’l uino,& la radice del chjmeleonte her ✓ ba.


Nel feiìro lib. di Diofcoride. ba.Sono alcuni,che dicono ualerc l’ifld fo topo ragno trito,& prefo per bocca’. Il che mettiamo qui anchor noi,com e cofa tolta da altrui. Difiero oltre à ciò alcuni, che non s’ulcera il luogo della morfura,fc non quando i topi ragni fono pregni, & che all’hora ficuramente fi può curare il male. E' IL TOPO rignorarnefu detto difopra di mente d'Aetio nelfecondo libro) di colorefintile alla Donne » U n ti di grandezza non ¿però maggiore degli altri topi : erperò lo chiamano i Greci , d o ¿topo don* Toporagno, n o li . Ha egli la boca appuntata,cr púdola coda : i dentifottili, cr appuntati, ma doppi tanto nell'una, quanto & nell altra mafcelli. & però quando mordono quelli animali,fi ueggono lefitte de i denti loro fognate doppiamente io c4rne • Di ho ,ieduti io w P<« luoghi d'I talia,& di Germania, cr ¡¡penalmente nella uaÙe Annua del* la giunditione di Trento : ma non però fi tengono quitti per uelenofi. i l che potrebbe forfè ageuolmente accadere, per la qualità della regione affaifiigida:percìocl,egli feorpioni, i quali in altri luoghi d'Italiafono molto uelenofi, quitti non hanno infe ueleno alcuno. E adunque daftpere(come rifirifee Aetioyhc dopo al morfofatto,efie fuor Topo ueno prima per la morfurapurifiimofangue, come che poifì putrefaccia, c r conueriifia in marcia : imperoche uccide & regni %\ quefto animale coi far putrefare folamentc gli humori. N afeono alle uolte attorno alla morfura alcune ue[ciche : fuo m«rfo,& /otto le quali,quando fi rompono, fi uede la carne tutta corrotta a modo d'ulta feccia,cr parimente sfijfa per tul Cut4‘ to , con una enfiagione non púdola allo intorno, llpropriodi quefti animali, è di falir Cubito à i tefiidoli non filamente de gli huomini;ma anchora deÜebeftie. dottano in quiñi morfl, oltre a molti altri rimedii uniuerfali, Cr maf imamente quando le membrafi putrefanno, le fòglie tencredcl lauro, beuutè trite neluino al pefod'una dramma,ouero di due. Et oltre àdo ui conuengono tutti i rimedij communi, che giouano umuerfalmente à tutti i veleni, quandofi beuono co'l uino dolce. cr quefie medefime cofegiouano parimente alle befiie ,meffe lor nel nafo con acqua. Confirifceuìper mettere[opra alla morfura il cimino, cr parimente l'aglio con tutte lefue feo rze . Ma quando le uefcichefono rotte, cr che il luogo già è ulcerato, lattifl confalamuoia acetofa, cr poluerizifegli \ pof:ia fopra la poluere dell’orzo abbruciato: ouerámente ¡mpiaüriimfi fopra i gufici delle melagrane dolcfcr la* uift bene il luogo con la loro decottione, oueramente con quella del mirto. Scarificano alcuni ( fecondo ebeferiue Stratonefil luogo intorno aÜa morfura,cr impietramifopra con l'aceto Ciñeffo topo ragno abbruciato, ouera* mente lafcnape trita pur con l'aceto. Ma per torper bocca lodano la panacea,la ruchetta,le fo r z e de i cappari, la radice della Gentiana,cr la ucrbenaca diritta. Et tutte quefie cofe nonfilamente giouano in quefla curabeuu* te co i uino,ma anchora impiaftrateuifopra; dando però à bere gli antidoti ualorofifimi,erprouati. 3°

Della Vipera.

Cap.

X L V ÍÍ.

E n f ia s i dopo al morfo della Vipera il corpo , & inaridifeefi grandemente, diuentando di co ­ lor bianchiccio. Efccnel principio della morfura una marcia acquofa, & graisigna, & pofeiatutta tinta di fangue : & nafeono per intorno alla morfura alcune uefeiche fimili à quelle delle cotture del fuoco.Caufafi dalla morfura predetta una ulceragione, la qual non folamentefcncuapafcendo per le parti circondane,nella fuperficiejma anchora nel profondo. Sanguinano oltre a ciò le gengiue, & infiammane le parti,che fono intorno al fegato. Fannofi uomiti cholerici,dolori di corpo, fonno 40 profondo,tremori, pafsioni d’orina, & fudor freddo .A lch e gioua lo Aereo delle capre impiaftrato co ’l uino,& meifoui fopra con diligenza:& coli anchora i| lauro,l’abrotano,e’1 galbano diftefo à mo­ do di piaftrelIo.Conuienuifi l’origano uerdc,impiaftrato:i pollaflri aperti, & (tracciati uiui, & meffiui fopra Editamente caldina farina dell’eruo,incorporata co’l uino.lc feorze delle radici, pelle lun­ gamente: la fcilla arroftita:!a camamilla poluerizata,& la farina d’orzo ridotta in impiaflro có aceto melato,doue fia prima flato fomentato il luogo con l’aceto medefimo. & quelle fono le cofe, che ui mettono fopra di fuori.Gioua poi, tolto per bocca,ne i morfi delle uipere il rouo beuuto co’l uino: & fimilmentc faCfecondo che lì dice)!’anchufa,che fa le frondi piu fo ttili. Dannofi anchora in tal ca­ fo à bere nel uino tre oboli di caglio di lepre,&c Umilmente una hemina di lucco di porri nel uino pu­ ro ,& il fucco della melilla, & la ruta faluatica pur nel uino. Imperochc elTo folo beuuto fpefle uolte 50 m olto ui gioua:& coli anchora il mangiare fpefl'o dell’aglio,de i porri frefehi,delle cipolle,& deifaJumi acutilsimi,& maeflreuolmcnte fàtti.& quelle fono le cofefemplici,che ui fi conuen»ono. Tra i compofiti poi fi lodaquello.che fi fa di mirrha.di pepe,di calloreo,& di fiori, & di feme di procac­ c ia ,to g lié d o di ciafcuna mezo acetabolo.tritinfi tutte quelle cofe in nino paffo di Cadia, ò in qual fi uciglia al tro,che fia buono.Scrifie Erafiflrato ne! filo commétario de i rimedii,oltre àquefte,mol­ te altre cofe.le quali nó poco poffono giouare ne i morfi delle uipere. T ra le quali lodò egli per cofa ualorolifsima le ccruella de i galli beuute co’l uino,& co’l medefimo un’acetabolo di feme di cauolo p e d o . Lodafi il mettere un dito nella pece liq u id a i lauarlo pofeia nel uino,& darlo àbere.Et que­ lle fono le cofe,che giouano per li morfi delle uipere. tío

D e l i , k v i p r. r e fu lungamente narrata notoria di fopra nel fecondo libro. Et però diremo quifola* * fe mente,che fi conofie(com dice Aetio a l x x i .cap.del x 1 1 1 . libro) il morfo delmafibio, perritrouarfinel luogo «morfine deüa morfurafilamente due pertugm quattro neUa morfura deUafimina,per batter quefla due denti canini di piu, '

1

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Difcorfidel Matchioli

- u n m.if Va rfcediauiuihrimail fangtte puroye? di poi una certa acquojìtàfanguinofa,come?olio.Enpajì olio.l

uomtti cholerici, dolori

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. c\,cfeoueade ¡toltela morte infette bore, onero alla piu

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congiungeua al collo,[opra alla m o rf

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rT i4cludrta, fin che fe ne cani fu ori il ueleno.

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P.fone Offe,che nonfolamentc la tella della uipera ( come ¿ce Aetto ) m< e f e s i o

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fopraatU pU ga,ne cimafu o r i flcu r m é n te il a llen o f m m n

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i l morti acue MPCTC UiV] turtut,u*m.*»^vo*v..w; ---------X

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O “ del franino : la imbola del grano,cotta nella decottioiMelld ruta : la farina dello. — , ••---• --- - fciUa,cotta nell’aceto : laradice della lappola maggiore, quella dell cbuio,*? _e fam uco, co ■ ^ de ifarmenti,incorporata con aceto:et altre cofe anchora, le quali perbreuitd trapajJo tu . P K0 , la cafra odoratalo è il noftro uolgare cinnamomotil co^Ojii/eTOWe/^m^igio.tpi^cc^^^^^^g^^ ^

caxt fatta inpoluere:lachondriUa,ilfucco deli’ dtiagallideda midolla della ferula,dfucc

P uri effetti Quella

C (lefldrubbU,et de i triboli terrejlrvet la radice della brionia.Oltre ¿cio f a i o ^nlrìmentecomeeUaft 6 o radice,che chiamano a Goritia ferpétinaÀi cuifu detta difopra l'hijìorianelfecodo libro,*? p


Nel fe feo lib. di Diofcoride. f a r p i o m w y * c r ;d efinito d,fipra nel d,fior fi noflro p r u n o s uniucrfale.

79)

Spetie mámente di V,pcra ¿ a

A^oduc

t PV t É ^ í t ^ r í nZ" d,J neJ UMt0^ «‘■■‘ W r io.pernoche Jechio il mío guidino,fi nc ritrova in 1 * 5 ¿ Í £ luoghi általa,coficome mfu contado di Gorma,cr in fu l Carfo,chiamato dagli antichi ¡apidia. E quefia fiera quafi del tutto filmile vBavtpcratma ha piu larga teña,cr piu groffe mafceUe. Queño é veramente a j o ! che per battere una eminenza infu l najo,quafí come un porro alquanto lunghetto,lo chiamano i ciarmaion moderni A filio d, c0nr? 0 \ll qU*le n° m.e d AJfl( ° árm en te nonfigli difeonuiene : pernoche non ammazza con manco velocità, che fi facciano gh affidi. D el che poffo dare io nera tejhmonianza,per[apere, che non piu di due, ò tre bore fono [campati alcum,che all improuifofono fiati morjì da qucflc perniciofìfinte fiere. Et però l’Ammodite (diceva Ae* tio al \ x v. cap. del x 1 1 1 . libro ) e lungo un gombito, di colore d’arena,con alcune macchie nere (parie per tut• to l corpo :ha la coda moltodura, alquanto sfiffa di[opra : le mafceUepiu larghe della vipera, come che in molte ah tre cofe del tutto fele rafimugli. Quegli adunque, che joño morji da queño animale, per lo p iu ,preño fe ne Ammodite, m«o/on°. mam coloro,che non cofi preftofon uinti dal ueleno, efee primieramente[angue per la morfura, rr cn= & ,c?ni>& c» pafl fubito il luogo,cfcenefuori la marcia : dopo al che feguita gravezza grandifiìma di tefla , & mancamento " dclfuon,0r di cuore I forti, e r ben diffofli di corpo, effondo morfi da quefio animaic,uiuono al piu tre giorni : quantunque fi fieno pero ritrovati alcuni,chefono,flati uiuifino al fettimo giorno. Ma ben c nero,che molto piu velocemente mito tono quelli, chefono flati morfi dalla femma, che quelli, chefono flati fin ti dal machia. Curanfu morfi di quelle crudelifime, cr mortifir,[ime fiere co i rimedij uniuerfali, do è con le fcarificationi fatte attorno alla morfura, conte uentofe mefielefopra, con le legature dettamente fatte alquanto[opra alla piaga. Ma particolarmente ui a * co n fin a la menta, bevuta con l’acqua melata : il cafloreo, la cafiia, e lficco deÜ’artemifia, tolto con f acqua. Giouaui il darejpcffo a i patienti della theruca, c r parimente il metterla fopra alla morfura. Debbonfi ufare an• chora gli empiañn attrattivi,contutti gli altri medicamenti, chefi convengono nell’ulcere maligne, ferventi, cr corroftue. Simile atlaVipera c anchara quella altra ferpe, che fi chiama s e p a , di cui dicemmo l’hiñom di Sepa ferpe ue [opra nelfecondo libro al proprio capitolo. Doueferme D lofconde connumerarfi la Sepa tra le ¡bette delle lucer• lenófà, & fua tole, cr pero efjcr chiamata da alcuni lucertola Chalcidica. Onde ritrovando io uariare affai gli authori neU’hiflo» cil;nlinria di quefio uelenofo animale, mi riduco ageuolmenteà credere, che la Sepafi ritroui non fríamente tra le ¡ferie* dellelucertole ; ma anchara trale¡ferie deferpenti,erdeDeuipere.il chepar che feriva Nicandro nelle fue thè* nache, doue primamente dice. 11 monte Othri ajfro, cr neuofo getteranede fue concave valli, neWafire piagge, c r nelle bofeaghe del fuo promontorio, animali rubicondi cr uelenofi : tra i quali ¿la fìtibonda Sepa uefiita diua3 o m colon. Per le quali parole agevolmente fidifcerne, che in quefio luogo deferiue Nicandro piu prefio un firocifi fimoferpente, che una lucertola. Ma deferiuendopoi egli la Sepa lucertola nelle medefime theriache. E da guar• darfi (diceva) dada Sepa animale fimtle alle lucertole. Dal che non è du bbio se quivi non feriueffe egli dì queda, che chiamano lucertola Chalcidica. A Nicandrofottoferiue Diofcoride : il quale quantunque nel fecondo libro feri ueffe,cr connumerare la Sepa tra le lucertole per effer ella di corpo,cr difirma Jìnule à loro ; nondimeno nel quina to libro fice egli la Sepa una¡ferie di uipcrascrivendo le [acuità dell'aceto melato,cefi dicendo■ Vale l’aceto mela» to contra al morfo di quella vipera,chefi chiama Sepa,contra l’opio,cr contra l'ixia. Mafcriuendone Aetio, non fi ce mentionefe non di queda, che ¿¡ferie di vipera,cofi dicendo. Ilferpente,che chiamano Sepa, è per lo piu lungo due gombiti ; cr effenio grojfo dinanzi, fi ua afiotfigliando fino alia coda: camina dirittamente,ma tardi. ha il capo largala bocca appuntata,& per tutto’l corpo è piccherato„&fiaccato di bianco. Ma almmenticnfìe PaufauU 4 ° dellaforma della Separila fua grandezza,et delfuo caminare,come dicimo difopra nel fecondo libro al fuo luogo

Efce in coloro,che nefonofiati morfi ( comefcriuc Aetio) perla piaga mamfifto ¡angue, cr poco di poi una mar fi'?ni ni or eia puzzolente. Il tumore,cr parimente il dolore nonfono grandi:quantunque la parte infetta diventi bianca, cr fi fo &Ilio cura. putrefaccia,cr tutto il corpo diventi uitiliginofo. Dopo al che cafcano i capelli,cr parimente ¿peli dì tutto l coL ’ po:cr cofife ne muoiono pofeia i patìentì in tremerai,, quattro giorni. Giouano veramente in quelli morii tutte quelle cofe,che conferirono in quelli dede uipere,delle cerañe,cr delle ammoditi. Come che particolarmente non po coui conferifca il mangiare copiofa procaccia,cr il bere ingran quantità del uino del mirto,che fu puro Convita uifì ilfomentare la morfura con leffugne intinte nell'aceto caldo,cr fungere pofeia il luogo col boturo mefcolato con mele. Quefio tutto diffe Aetio. Dal chefi può comprenderebbe per effer queñi dueferpenti ¡ferie di vipere non altrimentifi dee curarq il loro ueleno,chefìcuri quello delle [effe vipere. ai, hauendomi quefii uelenofM* Acomia, & 5° mi ferpenti ridotto a memoria quel maluagifiimoferpe, che per lanàarfi addoffo afte perfine chiamano gliaiitichi «** hiflor» Greci a c o n t i a, nonfacendofene da Diofcoride memoria alcuna,crfapendo io,che in molti luoghi d'Italia fi ri* &c 3 troua eglt copwfo;non ho voluto mancare di dirne quanto n’ho ritrovato ferm o. Scrivendo adunque di quefio Ga fo fW mor­ Xeno nel libro della thenaca à Fifone : VAcomia ferpente (diceva) difiendendofi prima quanto di(fenderfi poifa, ' fi lanciapofcia nel corpo dell buomo, come un veloaffino dardo, cr cofif ammazza. Quiño (fecondo che rifen rifee Aetio) e lungo duegombiti, di colore verde, come cheappreffi al corpo fia tutto minutamente pintecchìato di macchie del tutto Jimth allegranella del miglio : cr però chiamato parimente condrite. Quefio adunque (diceua Aetio, imitando Galeno) quando vuole afjaltare alcuno,fi difiende molto,cr non altrimenti fi d,fierra, uolan* do ne i corpi, chefi faccia unda rdo, overamente unqfaetta : crin qutño modo batte, crfirifie. Recita un famofo moderno,che ejfendofi meffo uu povero pañore.4 dormire fitto unalbero,à cui erano vicini due altri, f o che allo intorno guardavano le pecore ,fu di tal forte pcrccffo da uno di quefii ferpenti afa fin i, il quale era faina mfu f albero, chcfubito lo fice morire,per efferefiata la battitura nel mezo della mammella finiftra. Il che vedendo i compagni, carichi di non poca paura, Ufciate le mandre ,fe ne fuggirono nella ¡ropinqua uiUa. x x

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Ritrouanfi


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fím bchejim w iw "'' — /- **ntirin t**. r o« m on do miferubilniente. miferabilmente.

Cap.

Della Cecilia,& Amphisbena. 1 MEDtóIMI accidcotífi defitni rimedi),che confenfcono nel

. qucfto luogo fubito dopo alla uipera. perciò

..

10

X LV1II.

.. • •».•a_••__ . yUfi rrriunnol’hiñorie de eli Animal

? KO* per* 3° .. con f altro, tuorli fono diitmte ad (¡miche mcm* iìcheuediamodÜeuoíte ancbord n e a« ¿ ^ ~7 / ¡ <niert >f enZtt^ cunafwri’e d* P tté . ^ T ”0« tram,che le tramezi >/o ne gtnei'itno ^‘¡o ^ ^ jì^ ^ ^ h ra n a ^ che gli tramezi, ne nafcono pofcia i poüimoñruofl Mafe le tuorli fi toccano,a- che non «‘ M c b„>ouerdmente con altrettante ali. perche /epar« ^peneri /J conun fol corpo,& unfol capolaron* « g ^ «¿«no: ) er /e par« in fio r i fi generano piu tardi, cenerino ncüacbiara, cr piu Soccorri. Et però fi fono già uedute ferpt condue tefteper la mede, quantunque il cibo medefinto non/ep r f ¿rcono d(Tdi uoua.Tutto queflo dtfìe A rro tile. Il che nefa c Amohisben* lima ragionetpercioche anchoraqueste pa f 4 ^ ~ alcuni,cheper effere queflo ferpe ugualmen*

c o a íc ó due re,che Í Amphisbena non Ubbia trite.

d a coda,CT per non poterfi aü'improuifo d,í cmf r¿ cf 3 tg u n t0 groffo appreso alla tefla,quanto PP I j, dichiari Aetio,il quale al x x x v i i . capo del 1. hanno penfatomiticheUbbia e g l i d u e t f a m a t à s c i t a l i i > cr parimente tAmphisbena, fono molto libro neferiffe in queflo modo, dicendo. LaCec il 1 ^ codiyCOmefanno gli altri ferpenti ; ma fono ugualmen*

40

fimili.imperocke non fi t u r n o ¿ ¿iflinguere, ouefid la tefla, ò la coda. Il che ued“ ™P*ff te strofi per tutto, di modo che citigli utde, P H * >^ par¡mente nelle magnane. Sono dtffe mente noi ne i uermini terreni, ne 1 bruchi, b Z e nioche\ uefla,cr non quella camina tanto aÙ innanzi,quan* retiti,diceuapure Aetio,la fatala,cr l am/rh J d'amphisbena. Galeno nel libro della theriacaa ?ifone(fc

però coral litro è di Galenofuuole parole . V Amphisbena ha d^tefle , com1 f che fe una donna pregna le paffa difopra,fubi

Segni,& cura

, che hanno la prorada amendue U n .B eon e,, ne j morfl tanto dell una, quanto dell altra m. ff ÌUM nwf cd. Et però fe ben mordono,,.non U m ^ g io n e t c o m e d o lea P Ì,crle uefre . Onde fi debbono |

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5

de 1morG d’ m m a zza no» ,m n n o fojamente fo la m e n te doJ°*e d o lo r e ’, % C T iTprrhino fi t? ^ ^ moryj p,„ u a lo r o fi m e d ic a m e n ti. Dal c h e f i p u ò U Aammazzino maafa fanno inoueflimo menduc. c u r a r e ,c o m e le p u n tu re di q u e lle : com e c h e f i . ^ h M U eQ(j u tef t d ^ p u n t a t a f lm d t m t u t to i q u e l comprendere,/acendo l’Amptistena co^picc 1 da,che non uifì poffa difeernere differenza »come non fi dtJ ^ r*

60 Del


-\ Nel lefio üb. di Diofccoñac. DelDrijno,

Cap.

75)7

xux.

N a s c o n o n e ico rp i, dopo a! mordere del D rijn o , grauisfimi,&moIeitisfimi dolori , & ne! luogo della rnoriura nlcuate ue ciche : dalla piaga poi efce fuori marcia acquofa : & fentonfi nelle bu­ della rodimenti, & dolori. Nel che e rimedio l'ariftolochia beuuta nel uino, il trifoglio, la radice deli’amphodillo : & le ghiande di qual fi uoglia albero, che le produca, pelle in polucre , & beuute. Giouanui anchora le radici dell’elice p elle, & melTe fopra la piaga. 10

1 L D R i i n o (per quanto firme N icandra nette theriache ) ha faßte cauerne appretto alle radici dette DH,no , & querele, emette concaulta dei faggi, crfretialmcnte ne ¿monti. Chiamanlo alcuni bidro : er altri chelidro, f,M hi<W , quando lafciando d'habitarpiu trale querdc, f i riduce ¿ilare nelle paludi, c r nei laghi. onde ufeendo pofeia nei ? fcgni ,-'id prati ßpafie di ranocchie, cr di moluride. E tfe perforte é trafitto dai tafano,fette corre fubitouiaattequercie, e r quiui apprejfo attefue radici ji fa il nido. Ha queßa fiera Udorfo bianco, c r il capo uguale, fimile all'hidro, ma lafcia dafe un grandißimo fetore, fimile à quello,che uapora da i luoghi, oue fi pelano,cr f i conciano (e cuoia. Nafce dal morfo di quefio animale per lo piufatto nel piede, un puzzolentißimo,er abominatole odore in tutto il corpo : cr enfiafi il luogo d’un tumore appuntato ; er tanto é il dolore, cr la triflezza, che non poco conturbano I intelletto, Alterafi 1effigie dellafaccia : cr erefce ilpuzz°re in tutto il retto del corpo, il quale par che perciò fi ficchi,cr fi confumifinalmente fi perde il uedere, er muoionfi i patienti. Alcuni altri morfi da quefia fiera bela 10 no,come fanno le pecore,cr le capre:er difficiiißimamenteficurano, per gli atroci dolori, c r iucommodi, che gli «fft’ggono. Nonpoffono orinare fe non malageuolmcntc,cr è l’orina loro di pallido colore. Dormendo farnacano,con continuo (ìnghiozzo; er uomitano bar cholera,cr bar[angue,con ardentißimafete, c r tremore finalmente di tutte le membra. Tutto quefio del Drijno firiffe Meandro. Cbiamafi quefio maluagioferpe Drìjno, per habitare egli apprejfo atte radici delle quercie : pcrciocbe i Greci chiamano la quercia drys. Et però drijno non uuol ri* leuare altroché quercino, come manifittamente dimofira Galeno nel libro detta tkeriaca a Pifin e, cofi dicendo. II Drijno fcrpente,cofi chiamato per uiuere egli nette radici delle quercie, ¿(fecondo che fidtte) nellammazzi* rcgli buomini cofi maligno, che nonfolamentefa fcorticareipiedi a chi gli calpefia addojfi, cr enfiare pofeia le gambe, come fe fuffero d’uno hidropico ; mafa il medefimo à i medici, che curano i patienti. imperoche accofian do eglino le mani alle membra ulcerate,fi gli ulcerano,cr fig li corrompono nel modo mcdeflmo. Et fe alcuno l’ajjal 5 o ta per ammazzarlo, lafcia andarfuor dafe un tanto fètido, & uelenofo odore, che infètta di tal forte l’odorato, che par pofeia à colui,che ogni gratißimo, er foauißimo odore gli diuenti cattino, cr che ogni cofa gli puzzi • Quello tutto del Drijno dijfi Galeno. Da cui prefe di parola in paròla l’hittoria,che ne trattò Actio : benché di piu difje egli, che cotali ferpenti abondano molto piu in Hettefionto, che in ogni altro luogo, dotte hanno le cauer ne fitto atte radici dette quercie . E il Drijno lungo duegombiti, pieno, tardo nell’andare, cr per tutta’l corpo armato <£afirißime fquame. Enfiafi nelfio morfo,cr diuenta nero il luogo : dopo al che [accede grauißimo dolore, ulcere corrofirn, anfanamelo d’intelletto,¡lecitidi corpo,fìnghtozzi ,uomiticholerici,ritcnimcntod’orin4, tremori, parlare interrotto, ttupore, cr mortificatane del membro morfo. Et però la maggior parte di coloro, che fon morfi da quelle crudelißimefiere, fe ne muoionofenza alcuno aiuto. Ne fi ricerca in questi morfi altra cu ra,che fi ricerchi in quelli, che fonfatti dalle uipere : quantunque molto conuenirui poffano i rimedi] uniucrfali,«ps 4Q pittati fecondo l i proportione de gli accidenti,

Drijno ferii-

io da Gal.

D rijno, & tua

l'?fcrittlouc > & CUW‘

Dell’Hemorrhoo,& della Dipfade. Cap. L. I n c o l o r o , che fono flati morfi dairHemorrhoo,nafconofubitocrudelis(ìmi dolori S q u a ­ li con il lor lungo durare fanno ritirare tutte le membra del corpo. Efce per la piaga copiofo fangue: & ritrouandofi nel corpo alcuna cicatrice, fubito s’apre,& rifuda fuori il fangue. Le feccie,che efeo j o no per di lotto del corpo, fono Umilmente fanguinofe : & cofi anchora la orina,con la quale efce fuo ri il fangue apprefo in pezzi. Sputano i patienti,toflendo parimente fu dal polmone il fangue, & fpeffo con impeto lo uomitano fenza rimedio alcuno. N e i morfi poi della Dipfade,feguita fubito una lafla enfiagione, & tanto ardentisfima fete,che mai non fipoflòno i patienti fatiar di bere, nc la pollo no con tutto quello mitigare in parte alcuna : & benché beuano continuamente à piena gorga,fubi­ to ricafcano in tanta fete, come fc mai non haueiTcro beuuto. & però fi chiama quefio ferpe, per l’ir rcmediabilcfctc, che caufa nei corpi noilri,prellero,caufone,&dipfade. I morii adunque di que­ lli fono di tanta maluagita,& cofi mortiferi, che fapendo gli antichi medici non ritrouaruifi rimedio alcuno,chefanar gli potelTe, gli lafciauano al tutto per incurabili. & però non ritrouandofi per que ili rimedio alcuno particolare, è neceiTario l’ufar di comm uni. [1 perche bifogna fubito fcarificare il 60 luogo, cadenzarlo,& tagliar uia del tutto il membro, quando però la rnoriura fia in tal parte del cor p o , che fi polla fare. dopo al che bifogna metterle fopra acutisfimi impiailri.di cui habbiamo fpeiTe uoltc trattato. G iouanui, come ho u ed u to ,i cibi acuti, & masfimamente di cofe l'alate; il uino Xx 3 pura


75)8

Difcorfi del Matthioli

puro c o p ta m e n te beuuto : & Umilmente i bagni. ma bifogna, che tutte quelle cofe fi facciano fu bito dopo al m ò tfo , & prima che nafcano gli accidenti : pcrciochc come quelli iono già prefentr, non fi g li ritroua rimedio alcuno. Sono adunque contrai morfo dell’hemorrhoo tutte quelle cofe : & oltre à que(le»tutte quelle che lbn communi d tutti,come fono le fcarificationi,i cauteri;,i cibi acu t i , il bere il nino puro, 8c tutte falere cofe predette. oltre alle quali ui conterifcono le foglie delle ui ti cotte >& trite con mele. L o h e m o r r h o o . ct parimente la Hemorrboa (diceua Galeno nel libro detta tberiaca à Fifone )in* HemorHoo, ducono ne i corpi degli huomini mortali accidenti fìmili a i nomi loro. perciocke à coloro,che fon percoli da que* & Tuo crude* lifs.uelenojfií ftefiere^fee il [anguefuori per la bocca, pe'lnafoiCT per tutta la perfona,fino à tanto che fe ne muoiono. So* pra'l che è da [apere, cheh.-emorragia in Greco nonlignifica altro, che copiofo fluffo di [angue. Et pero diceua biliaria,

Galeno, che caufano quetti animali accidenti mortali, fìntili al nome loro : pcrcioche daü'effetto ,chc fanno, fono flati chiamati Hemorrhoi. Scriffe di quella crudtlifima fiera Nicandro nelle thenackc, con quelle parole o limili . Habita,cr ha il nido l'Hemorrhoo nelle cauerne tra i[api. E lungo al più un piede, cr ancho fonile affai dal capo alla coda : di colore frleniiio di fuoco. Hailcollo [treno, e r la coda fattile, & flretta '.ha [opra gli occhi nel fronte due coma : cr la tefta bombile , cr afrra. Camina in fiotto comefa la cerasta, co l corpo per terra : cr fa nel caminare con le fquame un certo strepito, comefé paffaffe per un canneto. Caufa quefto bombile animale dopo al morfo una liuidezz* uniuerfale in tutto il còrpo, che tende al nero : dolore di cuore, er enfiagione acquoja nel uenire : et nel uemre della nottefluffo di [angue, per il nafo, per Ugola, et per le orecchie, confato dal[no cho- 20 letico ueleno, V orina diuentafanguinofa, et apronfi le cicatrici di tutto il corpo, uerfando il [angue. Rtttraft la peUeuniucrfornente, et fafti come fuliginofa. Il morfo della [emina è molto veramente peggiore. Ondentarden* dofubitofa infiammare le gengiue, et ufeirne fuori continuamente il [angue, il quale parimente rifudacon impeto da tutte le commiffure delle unghie. i denti puzzano , et i inumiditi malagevolmente mafiicano. Quefto tutto e di Nicandro. A cut corrifronde non poco quello che delTtìemorrhoo fenffe Aetio, coft dicendo. Sono queste pere (ciò è l'hemorrhoo, et l'hemorrboa ) di colore arenof o , lunghe per lo piu tre ¡fanne : hanno gli occhi frlcndenti, come difuoco,et cambiano dirittamente, ma tardi. Sono piccherate per tuttol corpo di nero, et di bianco, et tutte ricoperte di durefq turne : er però fanno, quando caminano >non poco rumore. La ¡emina caminaMando in fu i ventre, firmando il fuo andare nella parte piu appreffo aUa coda : ma il mafebio camina[opra à tuttol uentre, Hemorthoo, Cr nell'andare avanti fempre difende il collo . Mordendo adunque quefte maluagie fiere alcuno ,fl vede tutto il & accidenti luogo attorno aUamorfura di colore di fungue, ma nero, cr bombile : da cui non ef:e nel principiofe non un poco i del fuo mor- d'humore acquofo. caufafi dolore di ftomaco, v ftrettura di fiato. dopo al che feguita fluffo di [angue dal nafo, ío, & cura. Cr parimente dalla morfura : crfe nel corpo fi ritroua effere alcuna cicatrice ,fubito fi rompe con fluffo di [angue, c r quefti fono gli accidenti del morfo del mafebio. In quelli pofeia della flmina, oltre à tutti quejli predetti, efee c r corre fuori il [angue per li cantoni de gli occhi, per le gengiue, c r per te radici delle unghiedelle dita : er per dir finalmente con breuità il tutto, corre fuori [angue per tutte le parti del corpo. Putrefanno! oltre a ciò te gengiue, cr cafcanne fuori i denti. Et però il primo rimedio di quefta cura confitte m prohibiré con ogni poflibil modo il fluffo del[angue con tutti i medicamenti, in cui tal faculta fi ritroua : cr in un tempo medeftmo bifognam piaftrarefopra aUa morfura lefiondi delle «iti cotte, er pofeia pefte co’l mele, er le fiondi della procaccia infie­ rne con polenta. Mangino i patienti, auanti che l'orina cominci ad effer fanguinofa, copiofamente dell'aglio, er bcuano largamente del uino inacquato, crfaccianft poi vomitare. cr [ubilo dopo al uomito ,fi dia loro deUa thè- 4 ° fioca, cr faccianfì mangiare afidi pef :i conditi con aglio frefeo , c r con olio. Mangino ftmilmente affai uua pajja dolce co l pane,cr bevano quanto poffono del uino inacquato, c r [ubilo procurino di vomitare. Lauifl oltre deio la morfura con acquafredda ; er fomentifi la uefcica con lefrugne calde. La Dipfadc poi, coft parimente chia­ Dipfade, & mata da i Greci,per l’effetto, che eUafa nel caufare una incttinguibil fete (peranche dipfa in Greco figmflca fete et fuá hift. defìderiodi bere)fu commemorata da Galeno aü’ x i . ieüe faculta de i [empiici, dicendo, che di tal forte (fecon­ do che induceuano alcuni Marft. che fino à quel tempo faceuano la p rocion e delle ferpi ) fi ntrouaua m Libia,cr non in Italia tper effer quefta regione molto húmida, c r quella molto fecca. Benché dimoftra quiui Galeno a hauer preftato pocafide a cottoro,come parimente dobbiamo preftarne manco noi a quefti altri,che fi chiamano deUa cafa di fan Paolo. Perciochefefino al tempo di Galeno quetti tali andavano ingannando il mondo, è fácil cofa da crede re,che molto maggiormente ingannino quefti moderni,che nonftcerogli antichi : conciofta che [arte deUa loro afta j o tia da Galeno fino à quefta età noftra molto fi debba effer ragionevolmente affinata. Scrtffe ftmilmente della Dipfade effo Galeno nel libro deUa tberiaca à Fifone, cefi dicendo. Coloro, che fon morfi dalla dipfade,fono molto mal trattati dalla fèbbre chiamata caufone. perche coft effendo lungamente afflitti da intolerabil caldo ,e r infopportabil fete *fe ne muoiono : quantunque molte uolte crepino per lo troppo bere. Et pero trattandone h.etio al Dipfade,Se fe x x i i cap.del x i n . libro. La dipfade (diceua) ¿ frette di vipera, crntrouafì per lo piu nelle maremme. E lun­ gni , & cura del fuo m o r. ga un braccio,cr dal corpo fìtta affottigliaado ucrfo la coda : è oltreà ciò piccherata per tutto l corpo di roffo, er di bianco : er ha picchia tefta. Caufanft ne i morfi di quettafiera tutti gli accidenti, che fi ueggono ne i morfi delle fo. uipere : cr oltre à quetti, unafete tanto intolerabile,che non fi può cauare in modo alcuno, quantunque continua' mente bevano i patienti : ma non però fuperfluità alcuna loro efcedel corpo ,percioche non vomitano, non fu ano, Cr non orinano. Et però fe ne muoiono coftoro per due cagioni, ciò è , ò per abbrufeiarft di fete, quanto non beuo © no : ò per ber tantoché crepano nil fóndo del uentre,comefanno gli hidropici. La cura di quefti morfi c lamedeft m di quella deüe uipere ; conte che fi ricerchine in quefta prefente alcune beuade,che m ito piu prouocbino forimi.


Nel fefto lib. di Diofcoriide.

755>

S o ffitic o r p o coicritten, cr cerchiai prouocare il uomito con l’olio, er conle decotteoni. Mettafl oltre-à ciò [oprila piaga, dopo al fuggere, allocar,[cationi, al tirare delle uentofe, et al metter,«[opra le galline Urta, cute, della calcina urna incorporata con olio, et degli empiaftriattrattini, er della theriaca. Duetto tutto dite Aetio, etcofi copiofamcnte, er bene, che non accade àfarne maggior proceffo : er tanto piu, per faper/i, che di tah ammali pochi fé ncritrouano in Italia. Scrìfie della Dipfade particolarmente Eliano al x ¿capodeii x . IU bro,cofi dicendo. La dipfade aleninomene dichiara la fò r z a , et parimente la fu a natura, é ucrmentc d, corpo minore della uipera, quantunque nell occiderefia ella molto maggiore. Va quella , che coloro, che fono mordutida lei, quanto piu beuono di continuo, tanto piu ardono ogn'hor difete , di modo che[no à tanto ; accendono rei be* IO re,che dtao crepano prefi,[imamente. Sottrato la dipinge macolata di bianco con due linee nere nella coda. Et per quanto odo, c ella chiamata per piu et diuerft nomi : percioche alcuni la chiamano prcttere, altri caufone altri a* nombate,et altri melanuro Mafie tanto in Africa .quanto in Arabia, queflo fcrijje Eliano. Uchehaucndo Errore de pero per auanti ueauto il dihgentifumo Leoniceno,uonfo pcnUre come egli cofi refìajfe neOjfua faifa opinione te« ^eon*ceno » nendoper cofa certame nettefattezze del corpo alcuna differenza non[ritraili tra la dipfade, et la uipera. *

Della N atrice, chiamata da i Greci hidra.

Cap.

L I.

« I l m o r s o della Natrice fi dilata per fe IlelTo, & diuenta liuido,& grande. D acui efcep o ico pienamente una certa marcia nera, & puzzolente, fimile à quella , che iuole ufeire dell’ulcerc corroii ue. C o n fe rire al fuo morfo l’origano frefeo pefto;& incorporato con acqua, impiaftratoui l'opra : la lucia, incorporata con olio .■ la fcorza della ariftolochia.ò la radice della quercia, fottilmcnte trita, ò la farina d’orzo incorporata con mele,& con acqua. Danfi per bocca utilmente à bere due drame di ariilolochia in due ciathi d’aceto inacquato ¡oueramente il fucco|delmarrobio.-ò la decottione tanto di quello,quanto di quclla,beuuta co’l uino. Conuengonuifi oltre à ciò le fiale del mele cauate di frefeo, infieme con aceto.

S t a s s e n e per lo piu fHidra nettiacqua, da cui ueramente s'ha ettaprefo il nome. et però é fiata chiamataparimente Matrice, per nuotar quafifempre nell’acqua. Qnetta adunque quando, lafdando l’acqua,[ritira Hi<Jra>N3rr> 3 ° per habitare in terra„diuenta molto peggiore, et cbtamafi pofrìa cherfidra. Ma eperò differente dal druno, il ma a >& le ( come fu detto difopra ) chiama Meandro hidro. Impcroche dell'Hidro, di cui bora trattiamo, ferite egli nel le [te theriache f òtto nome di cherfìdro, con tali, ò fimiliparole. Il cherfidro è di firma fimile all'aff ido -dopo al cui morfofeguitano quefii fegni. La pellefi ¡picca dalla carne, et la piaga humiga, et diuenta putrida. Dopo al chefeguitano ardenti dolori, i quali alfine ammazzano. Efcono per le membra di tutto il corpo brozze bora in quefla, et bora in quell'altra parte. Il cherfìdro ufo prima diflarfene ne i laghi à mangiare delle ranocchie, nel fic carfi dell'acque fe ne refta in ficco .Etcofi diuenta terrcftre andandofene menando la lingua per le uie, et per ifol* chi. Cofìfommariamente dell’Hidro[riffe Nleandro. Seguendone anchor Aetio al xxxv. cap. delxn i.lU Cherfidn =• bro,cofi diceua. La cherfidra ¿cofi chiamata, percioche mentre che da prima fe tic uiueella nettiacque ,fi chiama naturi ! hidra, et natrice : et cherfidra f i chiama poi,quando di quindi partendoli,diuenta terrcflre. Me i luoghi humidi adun mori°, & 4 ° que non ha ella puroueleno,per la molta humidità del nutrimento-, maftandofipoi lungo tempofra terra,diuenta uea rauo“ e' rumente molto uelcnofa. Raffembraft molto att'ajpido terrcftre piedolo,ma nonperò ha ella cofi largo collo. Califanfi ne i morfi di quefta fiera tutti quegli accidenti che fogliono accadere nelle morfure de gli altri uelenofì ferpi, ciò è enfiagione,dolor continuo incenfiuo, color liuido intorno atta piaga, et marcia, che efee per la morfura : uerti gini intorno àgli occhi,mancamento di[piriti, fincopi, uomiti cholerici,et puzzolenti, et inordinati mouimenti di corpo, dopo al chefeguita in tre giorni la morte. Mei che confirifeono utilmente irimedij communi, et gli anti* doti theriaculi. Come che particolarmente confi»fa il dare à bere con uino melato,oueramente con mele rofada, una dramma di noci di ciprejfo con altrettante bacche di mirto trito : mettendo f òpra alla piaga calcina urna, incori parala con olio, et altre cofe fimili. Tutto quefio diffe Aetio. Ma è ueramente non poco da riderfi di coloro, che bauendo ueduto nette mani di quettixeretani, che uanno attorno con leferpi, alcune Hidre, contrafatte confette ti S° fie,perhauer coftfauolando def:ritta l’Hidra i poeti, fi credano ueramente che cofi fia.

a

DelCenchro.

Cap.

L II.

I l m o r s o delICcnchro è fimile à quello della uipera, da cui nafee una putrida ulceragione:& pofeia che la carne se enfiata,come fa ne gli hidropici, s’infracidifce, & ne cafra uia tutta. diuentano paticnti le ta r g ic i, & fonnolenti, di modo che lungamente dormono. DiiTc Erafiftrato, che i per cosfi da quello animale,fi fentono con grauisfimo dolore lacerare il fegato, il budello chiamato dii o giuno, & parimente quello che fi chiama eolon : di modo che fuifeerandofi dopo la morte i paticnti, fi ritrouano in tutte quelle parti quafi c o r ro tti. Al morfo del cenchro fi foccorre,mettendo fopra alla morfura il feme de Ha lattuca infieme co’l feme del lin oni ouaui la faturcia tritala ru u làluatica,& G

i

milmentr


800

Difcorfì del Matthioli

milmcnte il fcrpollo.beuuto in tre ciathi di uino infieme con due dramme d’amphodillo .conferifcc ui la radice dcll'aritìolochia, & (ìmilmente il cardamomo,& la gentiana, O v a n t v n q v e chiamale Aetio Cenchria l’ammoditeferpente , e r parimenteCenchrite ¡'¿conti*; non pe­ Cenehro,8c rò fi può dire,che intendere egli ejfer alcun di quefii il Cenchro,di cui in quello luogo tratta Diofcoride : impero* ftu edàm. che niuna conferenza iti fi ritroua tra efii. Chiamaft adunque quefìoferpente Ccncbro,per effer minutamente pie cherato nel corpo(come fcriue Lucano ) etalcune picciole punture gialle fìmili alle granella del miglio . Fece di quello memoria Paolo Egineta al x v a i .cap.del v .libro.imitando nel tutto Diofcondcicomefice parimente Aui eeiina,il quale lo chiamò Eamofo,aggiungendovi però alcune cofedelfuo,

Della Cernita.

Cap.

LUI.

E n f i a s i nel morfo della Cerafta il luogo,diuenta duro,& per tutto allo intorno nafeono uefei che.Efce per la piaga marcia hora nera, & hora gialla : enfiali tutta la perfona ¿ di modo che in ogni parte appaiono ipatienti con le uene enfiate : indurifeefi fuor di modo la uerga, 1 intelletto ua anfa­ nando,& gli occhi s’annebbiano.'finalmente nafee uno fpafimo di nerui, del qual pofeia li muoiono ipatienti. non miglior rimedio, che tagliarina al primo tratto il membro della morfura nettamenteioueramentenon potédoli far quello,fcauar molto bene la morfura co 1 rafoioi & leuarne uia ogni carne circonuici n a , & cauterizar pofeia fubito allo intorno per tu tto . imperoche que­ fìo ueleno èfim ileaquello delbafilifco. A l

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s 1 (fecondo alcuni antichi autori degni di fède) le Cerafle in Africa con due corna in fronte, fi­

ro maluagio ntili a quelle delle chiocciole,da cui hanno prefo elleno il nome: percieche ceraña non rilieua altro nella noñra Un ncleno', & ri- gua,che cornuta. Il cui ueleno a pochi perdona la morte, fe ( come dice Dio/roride ) fubito dopo al morfo non fi mcdij.

tega uia il membro, ó nonfi taglia la parte della morfura. E lunga queña micidiahfiima fiera ( fecondo che fcri­ ue Aetio ) un gombito, come che la maggiore arm i alle uolte à due. Ha il corpo arenofo, & nella parte appref» fo alla coda tutto nudo difquame. Sopra atta teña ha due eminenze, come due corna : e r per intorno al uentre è ordinatamente coperta difeaglìe. il perchefa ella nelferpeggiare un cèrto ftrepito filmile alfuono d'un [ufficio. i ■ Non camina dirittamente, mafempre ferpeggia in trauerfo, Caufafi nel morfo di quefiafiera un tumore al proprio luogo detta morfura fìmile atta tefla d’un chiouo,da cui efee una marcia nera, ouero uinofa, er memamente allo intorno detta piaga,come interuiene netteferite. A l che fuccedono tutti gli altri accidenti, chefogliono accadere ne i morfì dette utpere,ma con maggiore intenfìone. Viuono i morfì quafifemprefino al nono giorno. Curanfi co i rimedij medefími de i morfì dette uipere.Queflo tutto diffe Aetio.

Dell’Alpido.

Cap.

LIIII. 40

li. fi ritroua elfer fìmile alla puntura d’un aco, ne ui fi uede allo intorno ueruna enfiagionc.Efcenefuori un fanguc nero,quantunque poco;dopo al che gli occhi s’anneb lano: & tutto’l corpo diuerfamentc patifee"un certo dolore cofi piaceuole,che non par che molclti. li per che ben cantò Nicandro:Pallido,uerde, & fenza alcun dolore Se ne muor lim o n io . Nafee oltre a ciò nello llomaco un dolor mcdiocreiritirafi continúamete la fronterle palpebre de gli occhi trema no,come fe nel Tonno uegghiailero fenza fentimentorco i quali accidéti nafee la morte auatt, che pai fino tre giorni. Al che fi rimedia con le mCdefime operationi,& con l’iilefle cofe.che fono (tate (cric te del morfo della cerafta. impcroche quello ueleno congela ueloc.'fsimaméte il .angue nelle uene, gì gli ipiriti nelle arterie,come fa quello del bafilifco,& parimente il fangue del toro . m

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d e H ’a f p i d o

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R i t r o v o da diucrfi antichi ferii tori effere gli Affidi di treffetie, e r tutti m ortasim i, uelenofifiimi : A fp id f & lo­ di modo che rare uoltefcampano la uita coloro,che fono percofiida efii. Et però trattandone Galeno nel libi 0 del ro mortiferi jtiorli, & fpe- la theriaca à Pifone, cofidiceua. Tra gli affidi quello,chefi chiama ptias, quando mole offendere alcuno,di un­

ga alquanto il collo, er mifurando pofeia con la mente la lunghezza detto Ifatio , che fi ritroua traefio, er ^uo­ mo,come farebbe uno animale rationale, gli jfuta , non fallando punto, addoffo il ueleno. Vna ¡fette ueramente d’Afpidó ( imperoche tre fono le fpctie degliafpidi ,cio èptias ,cherfea, er chelidonia) fu quella fiera,concili s'ammazzò la reina Cleopatra.Queño tutto diffe Galeno : narrando pofeia con bettifiima Infiori*,comefuccedej* fela morte di cofi gloriofareina. Ma ¿anchora dafapere,chef Afpido chiamato ptias, s'ha prefo cotal nome dal l'effetto , chefa egli dettofputare addoffo il ueleno : percioche queño nerbo ptio in Greco, nonfignifica altro, che [pittare. quello,chefi chiama cherfea, c anchora egli cofi nominato, per effer terrefire. er l’altro, che fi chiama 6 © Afpidi & lo­ chelidonia, per effer dì [opra nero, e r bianco di [otto al corpo, come fono le rondini. Quefio (fecondo che n ro hiftorfe, firifee Aetio al x x .cap.del x 1 n . libro) ha quafi fempre le fue cauerne nette ripe iefiumucr pere affai fe ne ri*

tíe.

fegni,& cura.

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trouano


Nelíeílolib.diDiofcoride.

Sor

trottano intórno al Nife. I terreftri poifono coflgrandi, che alleuoltefe ne ritrattano di lungi, finoà cinque som bitt. Et quelli,che fi chiamano pttadt,fonograndmimi,di color di cenere, cr d'un certo ucrde indorato I tare» (trifono anchara efit di color cenericcio, conte chefe neritrouino dei uerdicci .G li accidenti che feguitatiàne i morji generalmente degli Afridifono i communi : come che la propria morfura loro fi raffcmbri del tutto alla ptm tura d’uriaco : ciò e nel morfo del mafchio due,cr quattro in quello della¡emina, con poco dolore : dalla qual mor­ fura non efcefuor cofa alcuna,fe l’animale,che morde,non morde per uiolenza,che fi glifaccia. Seguita dopo que ftoftupore nelle membra,pallidezza nellafronte,frigidezza in tutto’l corpo, fbadigli, tremolamelo di palpebre , torcimento di collo ,grauezz<t di tefta, pigritia in tutto’l corpo, er fanno profóndiamo : dopo al che feguita i o lofrafìmo, zi- la morte in tre bore. come che nel morfo di quello, che fi chiama chelidonia,fubito ioboalmorfo fìprefenti la morte. In quelli, i cui fruta addoffo l’Afrido ptiade, s’annebbianofubito gli occhi, au finii io* ¡ondi cuore tenfuft Ufaccia,mancatudire, er ¡tienefinalmente lamorte molto piu tardi, Gioua al uelcno degli sfr id i, er ifretìalmente iella ptiade, il dare a bere a i patienti fòrtifiimo aceto ,fin tanto che lo fintano penetrare nel deftro fianco : percioche die otto, che il primo membro, chefi llupidifce per lo morfo de gli Affidi,¿ il fi gato. Volendoli fapere,fi fieno per morire ,òper campare i patienti,diafl loro a bere la centaurea : imperoche uomiùndold, è uerofegno di morte; e r ritenendola,di uita . Comienuifiperfar nomitare il uelcno già corfo per tutto’l corpo,l’aglio trito,beuuto con la ceruifra fin tantoché indtteendo naufea, faccia uomitare ; oucramcnte l’opopa­ nacofiato à bere con uino inacquato : perciochefubito fa uomitare. Lodò Numio per dare à bere col uino l'ori* gano tanto uerde,quantoficco,fecondo lafortezza del patiente. vfìnfl dopo al uomito gli antidoti theriacali, e r gli altri rimedij communi. Mettefi con giouamento grandefopra alla piaga, fatte chefieno lefcarificationi, e r meffe le uentofe, la centaureapefla con la mirrha, & con un poco d’opto : ne ui nuoce punto impiafìraruifopra la rombice. Giouauì piu di quello, che fi pojfa credere,la theriaca tanto tolta per bocca, quanto meffafopra alia mor* fura. Confirifceui parimente non poco il tenere fuegliati i patienti, {torcendo loro le dica-, er le braccia : il fargli ejercitare,cr il fomentare il luogo con l'acqua marina. Quefto tutto de gli afridi diffi A edo . Effetti miracolofi f it t e i morfi degli Afridifordi noñri {Italia,la nolìra quinta efjenza tberiacale.percioche effindoeüa calidifiima, e r cofifittile,che penetra,cr fi diffonde in un batter d’occhio per tutte le uene, er arterie del corpo,prohibifie uà lorofamente,che non uifi congelinoglifririti,elfangue:& aumentandogagliardamente il calor naturale,fipera in Irene tempo U fòrza del uelcno.

DelBafililco.

Cap.

LV.

S c r i s s e Erafirtratonelfuo libro de irim edij,& de iueleni del Bafilifco in quello m odo.M or dendo il bafilifco.diucta il luogo della morfura come di color d’oro. Medicali il morfo del bafilifco (comefcrìucilmedefimo Erafiftrato)con dareà bere nel uino una dramma di caftoreo:& fimilméte l’opio.E t cofi quelli fono i fegni.che feguitano nella maggior parte de gli animalóche co’l mordere> & co’l trafiggere auelenano: & parimente i rimedij,che ui fi conuengono. R i t r o v o del bafilifco, chiamato da ¿Latini regulo, uarie er diuerfe hiñorie, percioche fono alcuni,che Bafilifco, & dicono, che in un batter d’occhio uccide egli fblamente con lo ¡guardo, altri co’l fihilare, altri co'¡fiato, er altri rua d ' uerk hi co’l mordere. Altri dicono(fecondo che fi crede ingannandoli il uulgo)ntfiere il Bafilifco delle uoua del gallo uec= chio: er però lo dipingono fimile ai un gallo con coda difirpente. Di modo che la uarietà deU’hiñorie mifa age uohnente credere che non fi pojfa determinare cofa alcuna di quefto animale : nefapere qual neramentefia tra tan* te la fra urrà hiftoria. Il che par molto bene,che conofceffe Diofioride : er però,per non efferne egli riprefi, dif f i , che cofi nefcriueua Erafiñrato. Servendone Galeno nel libro della theriaca à Pifone,cofi diceua. Il Bafilifco èeftia rofiiccia, ha tre punte rileuatefopra alla tefta, erfilamente con lofguardo, er co’lfìbilo, chefa entrare nell’orecchie,ammazzagli huomini : & fimilmentc ammazza fubito ogni altro animale,che lo tocca, anchor che fia morto. Et però dicono che naturalmente tutti gli altri animali lo figgono. M i firiuendone pofiia egli al pri« tno capo del x.libro dellefaculta defemplici, non par che del tutto n’approui íhiñoria.Eliano parimente dice, che J ° il Bafilifco è di tanto acuto ueleno,che quantunque nonfia egli piu lungo d’un palmo,ammazza filamente co’l fra« to ogni fmiftrato ferpente t e r che tocco filamente dalla lunga con un bqftone,fubito ammazza ■ Scriffenefìmil c mente ihifioria Plinio a l x x t .cap.ddT v m . libro, cofi dicendo. E appreffi à gli Ethiopi Uefreri quella fonte, fcritodaìSi che fi chiama N igris, capo er origine,comefi credono alcuni, del fiume Hilo : percioche gli argumenti già detti d i o . ageuolmentc lo perfuadono. Ritrouafì adunque quiut unafiera,chiamata Catoblepa, pìcciola, er molto pigra in tutte le fue membrana quale ha il capo cofi graue,che non potendolofifìenerejo portafimpre chinato uerfo terra. Altrimenti ammazzarebbe tutti gli huomini, che le rimiraffero gli occhi : cofi uelocemente frira fio rì da loro il veleno. La meiefima fòrza ha il Bafilifco ferpente, chefi ritroua nella regione Cirenaica, non lungo piu di dodi• ci dita. Hi quefto macchiata la teña di bianco à modo di corona. caccia co’l fifchio uia ogni altroferpentr.ne ca mina egli ferpeggiando, comefanno t altref a p i , ma dritto, er alto nel meZ o d’ogni luogo. Fi ficcar per tutto 60 doue prattica, le piante, er parimente l’berbc : er nonfilamente quelle, che tocca-, ma quelle,che fentono il fio fiato. Rompe con la¡ò r z i , che tiene, fimiìmente le pietre.Dicefi, che cjfendonegià ñato uccifo unoda unbuo mo a cauaUo con la lancia, nonfilamente ammazzò il ueleno, che corf i per ihafta, il cauaHiaejnd anchora il ca 4P


802

Difcorfi del Matthioli

uaUo. L 'inimico di dueño moñro é uermente la donnola : tanto i piaciuto aUa naturi, che n o n j ì ti­ cuna f e l z i ilTuo pari . Tutto queflo Offe Plinio. U quale (per quanto tome ne creda)«™ narra cofe del Bafilt Piufauolofa, Scornatilofaiolofe degli altri. Imperoche ammazzando egli gli huomtm.falamenteco ifM o , & co n lo [guardo: cheucra l’hi- non fo comefía flato pofiibile,ne come ¡la interuenuto,che nonfieno morti coloro,che louidero, er lo notarono, er ftoria del Sa* {onfiderarono talmente, che dalla loro relatìonefe ne fia poifcritto l'hiflona : er infimamente ejfendo egli cofi filifco. picciolo animale,che non flpoffa uedere >erconfidente fe non da preffo. Di modo che mi par cofa imponibile,che egU non uedeffe coloro, che lo rim ira no : er macam ente dicendo Plinto,che egli camma diritto, er non co l wrpoper terra,come fanno gli altri ferpcnti. Btfe pure ¿nero,che con,dfetoreanchora ammazzagli 1 circón* flauti porrei pur faper io , come anchara ilfetore non ammazzo coloro, che con tanta diligenza laminaronole 10 fuefa tte z z e . Onde può molto bene interuenire, che non dando Brafiiflratoforfè fede uerunaa cofi fatte /*«<*> Cr ^ P o ^ k c h e illa filifc o n o n im n u z z a fe n o n c o lm o r fo fu o u e le n o fo ,c o m e fa n n o M t^ {[non f e t mentione d’altro,che della cura del fuo morfo . Ma elfendo cojlma/K^io^iitóe . er di q u e L a,limale,che non fi può uincere conrimedio ueruno,non ho da dirne piu altro di quello,che da Praffha 10 ne fcriffe Diofcoride. 1l quale cofi come con queflo feftohbro impofe fientio al fuo dottiamo ,e r utilifimo ragionamento del fuo gloriofo uolume della materia medicinale ; non altrimenti ho uoluto fare io m por g fine à i miei difcorfi, fcritti non folamente per mia propria utilità ; ma anchara per coni multe utilità, er commodo di tutti gli ftudiofi di queña cofi glonofa , er ne ceffaria parte de i jempiici medicamenti. ^Dando femprc del tutto immenfe , er infinite gratie à D i o no* to ftro Signore , da cui ho confeguito il tutto , er à cui ne rendo la gloria, er I’honore in fièmpi * terno.

IL

FINE DEL SESTO ET VLTIMO LIBRO.

Stampato in Venetia N E L L A

B O T T E G A

V A L G R I S I .

DI M.

D .

V I N C E N Z O L X III.




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