william wenton 2

Page 1

Bobbie Peers


Bobbie Peers William Wenton e il portale segreto Traduzione di Laura Bortoluzzi Š 2018 Editrice Il Castoro viale Andrea Doria 7, 20124 Milano info@castoro-on-line.it www.castoro-on-line.it Pubblicato per la prima volta da Aschehoug con il titolo Kryptalportalen Š 2016 Bobbie Peers Pubblicato in accordo con Salomonsson Agency Illustrazione di copertina di Nikolai Lockertsen

ISBN 978-88-6966-314-7


Bobbie Peers

WILLIAM WENTON E IL PORTALE SEGRETO

Traduzione di Laura Bortoluzzi



A Daniel. Sei la mia ispirazione.



Deposito di Archeologia Impossibile Pontus Dippel appoggiò la fronte sullo scanner accanto all’ascensore. Voleva fare un ultimo giro prima di andare a casa. Gli oggetti nel sotterraneo, raccolti ai quattro angoli del globo, erano fra i manufatti più rari e preziosi del mondo. Adesso erano al sicuro, custoditi nel Deposito di Archeologia Impossibile sotto l’Istituto per la Ricerca Post-Umana. Un raggio verde gli illuminò la fronte e le porte dell’ascensore si aprirono con un suono metallico. Pontus entrò e due Guardia-bot su ruote lo seguirono mentre le porte si richiudevano. Quando si riaprirono, Pontus era molti metri sottoterra. Percorse un lungo corridoio e si fermò davanti a una porta d’acciaio. Né lui né i Guardia-bot si accorsero della figura nera che stava prendendo forma alle loro spalle. Pontus appoggiò la fronte a un altro scanner. «Benvenuto», disse una voce elettronica. La porta si aprì con un lieve sibilo. 1


A un tratto uno dei Guardia-bot gridò: «Altolà!». Pontus si girò di scatto e scorse una sagoma che veniva verso di loro. Il corridoio era buio, non si vedeva quasi niente. Ma era una donna. I capelli neri e scarmigliati, come tentacoli, le coprivano parte del viso, e le labbra ritratte in un ghigno mostravano una fila di denti marci. Nella penombra, qualcosa le baluginò nella mano sinistra. «Altolà!», ripeté il Guardia-bot. Ma la donna avanzò ancora. Poi, con un gesto fulmineo, sollevò il braccio e sparò un raggio che fece evaporare i due robot. «No, non può essere...», disse Pontus cercando di proteggersi con le mani. «Non è possibile. Tu dovresti essere... morta!» Pontus continuava a scuotere la testa mentre indietreggiava nella stanza buia. La donna lo seguì, chiudendosi la porta alle spalle.

2


CAPITOLO 1

William alzò gli occhi verso una lampada rossa sul soffitto. Sopra c’era scritto a grandi lettere: live. Sentiva il calore irradiato dai potenti riflettori a pochi passi da lui. Guardò una donna dall’aria stressata con un paio di cuffie in testa. Era in piedi non lontano, mentre tecnici indaffarati le passavano dietro, con in mano grossi cavi e riflettori. William teneva gli occhi fissi sulla donna. Quando avesse alzato il pollice, sarebbe toccato a lui. La sua prima apparizione televisiva. Mai, nemmeno nei suoi sogni più sfrenati, aveva immaginato di ritrovarsi in una situazione del genere. Era come se tutto si fosse ribaltato. Dopo aver vissuto sotto falso nome a un indirizzo segreto per quasi tutta la vita, adesso sembrava che tutti sapessero chi era, o che quantomeno avessero sentito parlare di lui. E stasera, avendo decifrato il codice più difficile del 3


mondo, sarebbe apparso sulla Tv nazionale. Piano piano, stava diventando una celebrità. E non era sicuro che la cosa gli piacesse. La donna con le cuffie alzò il pollice. Dietro la parete di scena, William sentì il pubblico applaudire e gridare il suo nome. C’era un che di minaccioso nell’essere acclamato da centinaia di sconosciuti. William rimase pietrificato. «William Wenton... dove sei?», lo chiamò dal palco la voce del presentatore. «Magari là dietro ha trovato un codice che doveva assolutamente decifrare prima di uscire.» Il pubblico ridacchiò. Qualcuno cominciò a scandire il suo nome: «William... Will-iam...». Ben presto, centinaia di voci gridavano all’unisono: «Will-iam... Will-iam... Will-iam...». La gente batteva mani e piedi. La donna con le cuffie gli corse incontro, facendogli cenno di sbrigarsi. Non sembrava contenta. William trasse un respiro profondo e sgusciò attraverso un’apertura fra due pareti di scena. Si bloccò quando l’intensità delle luci lo colpì in faccia. Il pubblico lo acclamò con grande entusiasmo. William cercò di distogliere lo sguardo, ma era completamente accecato dai riflettori. «Da questa parte!», disse la voce del presentatore da un punto illuminato. Dopo pochi passi, William inciampò col piede in un cavo e cadde disteso a terra. 4


Qualcuno trattenne il fiato. Ma ci fu una persona che scoppiò a ridere. William riconobbe subito quella risata. Apparteneva a Vektor Hansen, genio autoproclamato ed esperto decifratore di codici. Lo stesso genio autoproclamato che William aveva battuto risolvendo l’Enigma Impossibile, il codice più difficile al mondo. E adesso Vektor Hansen rideva così forte da restare quasi senza fiato. William liberò il piede dal cavo e si rialzò. «Spero che tu sia assicurato», disse il paffuto presentatore, avvicinandosi con passo ondeggiante per aiutarlo. William, confuso, guardò Ludo Kläbbert, i cui denti bianchissimi risplendevano in un largo sorriso. Non lo vedeva da quando aveva presentato la mostra dell’Enigma Impossibile, dove William aveva risolto il codice che gli aveva rivoluzionato la vita. Ludo accompagnò William a un divano e gli fece cenno di sedersi. Vektor Hansen smise di ridere appena i loro sguardi si incrociarono. Si fece serio e fissò William in cagnesco, poi si spostò di lato per mettere fra loro quanta più distanza possibile. Ludo scivolò dietro una scrivania e si lasciò cadere sulla sua poltrona. Rimase seduto per un po’ a sorridere a William e Vektor. William guardò di fronte a sé le due telecamere mobili che si spostavano da una parte all’altra dello studio. Una era puntata su di lui, e William si vedeva in uno schermo su un lato del palco. Aveva sempre avuto una carnagione 5


pallida, ma sotto i riflettori sembrava ancora più smorta. «Allora, come ci si sente, William... a stare seduto di fianco all’uomo cui hai inferto una clamorosa umiliazione qualche mese fa?», chiese Ludo. William guardò Vektor, che aveva gambe e braccia incrociate. Il linguaggio del suo corpo era una chiara manifestazione dell’odio che provava per William. William sapeva di non aver mai cercato di umiliare nessuno. «Come ci si sente?», ripeté Ludo con una certa impazienza. «Non lo so», rispose William. «Cioè, io non volevo decifrare il codice.» «Non volevi decifrare il codice», disse Vektor. «Come si fa a decifrare un codice così difficile senza nemmeno volerlo?» «Vektor ha ragione», intervenne Ludo guardando William. «Come hai fatto a risolvere l’Enigma Impossibile... per caso?» A William non veniva in mente niente da dire, così rimase in silenzio. A sua discolpa, avrebbe potuto raccontargli del luridium. Spiegargli che il quarantanove per cento del suo corpo era fatto di questo super-metallo ad alta tecnologia. Un metallo che gli permetteva di decifrare complicati codici come in una sorta di trance. «Probabilmente conosceva già da prima la soluzione», disse Vektor, guardandolo di traverso. 6


«È così, William?», lo incalzò Ludo. «Conoscevi già la soluzione?» «No... non la conoscevo», replicò William. Lanciò un’occhiata agli spettatori che, sporgendosi dalle loro poltroncine, li fissavano rapiti. «È la verità. Non sapevo niente. È successo... e basta.» Rimasero seduti in un silenzio glaciale per quella che sembrò un’eternità. Poi Ludo batté le mani e sorrise. «Ma bando alle ciance... ricordiamoci perché siamo qui oggi.» Si mise a ridere, saltando in piedi e indicando il pubblico. «Voi siete pronti?» La platea scoppiò in un applauso scrosciante. «E tu sei pronto per la sfida?», chiese Ludo, questa volta indicando William. «Ehm...», fece William, esitante. Nessuno gli aveva parlato di una sfida. «Ottimo!», esclamò Ludo, schioccando le dita grassocce. Una donna dal sorriso ingessato e un lungo vestito argento comparve da dietro le quinte. Spingeva un carrello su cui era appoggiato un grosso vassoio con sopra un coperchio lucente. William si chiese cosa nascondesse il coperchio. Poteva essere qualunque cosa, ma sapeva che in un modo o nell’altro aveva a che fare con un codice. Ludo si rivolse al pubblico. «Siete pronti?», urlò e poi indicò il percussionista dell’orchestra di fianco al palco. Un caloroso rullo di tamburi fece vibrare l’aria dello studio. Gli spettatori ripresero ad acclamare. 7


«Che ne dite?», gridò Ludo rivolto alla platea. «Diamo un’altra chance a Vektor Hansen?» Il pubblico rispose con un «sìììì» così forte da far tremare il pavimento. «Volete vedere cosa c’è sotto?», disse Ludo indicando il coperchio sul carrello. «Sìììììììì!!», gridò la gente, ancora più forte. E, con un gesto teatrale, Ludo afferrò il manico del coperchio e lo sollevò. Il pubblico rimase a bocca aperta. William non riusciva a credere ai suoi occhi. Sul vassoio c’erano due parallelepipedi di cartone colorato grandi pressappoco come scatole di scarpe. Davanti, a grandi lettere dorate, luccicava la scritta il rompicapo. Sotto c’era una finestrella di plastica che ne svelava il contenuto: un cilindro oblungo che assomigliava all’Enigma Impossibile. Quello che William aveva risolto battendo Vektor Hansen. «Ti ricorda qualcosa?», disse Ludo, sorridendo a William. Alzò una scatola per farla vedere anche al pubblico.«Questi saranno in vendita da domani in ogni negozio di giocattoli», spiegò. Gli spettatori restarono a bocca aperta per la sorpresa. William era esterrefatto. Guardò l’altra scatola sul vassoio. Non riusciva a crederci. Una versione giocattolo dell’Enigma Impossibile. «Chi vuol vedere sfidarsi due dei migliori criptologi del mondo per scoprire chi risolve prima il Rompicapo?» 8


Il pubblico scoppiò in un applauso fragoroso. William lanciò un’occhiata a Vektor, che sorrideva compiaciuto all’altro capo del divano. La gente voleva davvero che si sfidassero a risolvere una cosa che sarebbe stata in vendita nei negozi di giocattoli? Ludo Kläbbert alzò le mani per zittire il pubblico. Poi si girò verso William. «Bene, che ne dici, William? Sei pronto per la sfida?» William guardò il pubblico. Poi Hansen. Si sentiva in trappola. Nessuno gli aveva detto che ci sarebbe stata una gara. Vektor gli rivolse un sorriso beffardo, e William ebbe la sensazione che il suo avversario sapesse tutto sin dall’inizio. Lo avevano incastrato, e adesso non c’era via d’uscita. «Ma non sono... veri», disse William. «Fantastico», lo liquidò Ludo. «E tu che ne dici, Vektor?» Hansen si tolse la giacca di pelle e fece ondeggiare la coda di cavallo. «Sono sempre pronto per un bell’enigma.» Si scrocchiò le dita. «Le regole sono semplici», disse Ludo. «Il primo che risolve il Rompicapo vince.» Rivolse un cenno del capo alla donna col vestito argento. Lei aprì le scatole e sistemò i due cilindri sul tavolo davanti ai due sfidanti. Ludo alzò le braccia come se dovesse dare il via a una gara di velocità fra auto e poi guardò il pubblico. Dopodiché si girò verso William e Vektor. «Siete pronti?» Vektor annuì. 9


Ancora una volta, William era sul punto di protestare, ma si trattenne. Sì, lo avevano incastrato e costretto a fare una cosa che non voleva, ma la situazione era questa... e non c’era modo di venirne fuori. In una frazione di secondo si ricompose, guardò l’enigma davanti a sé e annuì. «Sono pronto!» «Ottimo», gridò Ludo. Poi cominciò il conto alla rovescia. «Tre... due... uno!» Le sue braccia paffute rimasero sospese in aria per un paio di secondi. Poi si abbassarono di colpo e Ludo urlò: «Via!». In un lampo, Vektor agguantò il cilindro che aveva davanti. William fece altrettanto. Capì subito che il giocattolo non era di buona qualità come l’Enigma Impossibile: era fatto quasi interamente di plastica ed era molto più leggero. Il cilindro era diviso in tanti quadratini che si potevano spostare su e giù. Dentro ognuno c’era un piccolo simbolo. William doveva muovere i quadratini in un ordine preciso fino a decifrare il codice. Lanciò un’occhiata a Hansen, che si era già messo all’opera. Le sue lunghe dita passavano sopra il cilindro, torcendolo e ruotandolo. Vektor era così preso da quello che stava facendo che sul labbro superiore cominciò a formarglisi una goccia di saliva. William chiuse gli occhi e si concentrò, come faceva sempre quando doveva decifrare un codice. Rimase seduto per un po’, in attesa che il luridium nel suo corpo prendesse il sopravvento. 10


Poi la sentì. Quella sensazione inconfondibile che avvertiva tutte le volte. Cominciò con un fremito allo stomaco, che poi risalì la colonna vertebrale fino alle mani. Fu come se attorno a lui tutto sparisse. William vedeva solo il cilindro che teneva in mano. Era come se prendesse a brillare e poi si scomponesse in tante sezioni che gli fluttuavano davanti agli occhi. Sapeva che tutto questo non era reale. Lo vedeva solo lui. Era così che il luridium lo aiutava a decifrare i codici. Era come se una forza estranea gli desse le risposte che gli servivano, ma poi era lui a dover fare tutto il lavoro. William guardava i simboli fluttuanti roteare e avvolgersi a spirale davanti a lui. Come se cercassero di mettersi al posto giusto. E in un certo senso era proprio così. Poi i loro movimenti iniziarono a seguire un disegno. Alcuni simboli andavano verso l’alto, altri di lato. William abbassò lo sguardo sul cilindro e cominciò a spostare i quadratini, riproducendo i movimenti dei simboli fluttuanti. Le sue mani lavoravano sempre più in fretta. Giravano e ruotavano le varie sezioni del cilindro a una velocità vertiginosa. E William sapeva di avere la vittoria in pugno. Adesso niente poteva fermarlo. Un raggio di luce brillante gli sfrecciò davanti agli occhi. All’inizio pensò che qualcuno gli avesse puntato dritto in faccia uno degli enormi riflettori dello studio televisivo, ma poi il raggio si scompose in tanti piccoli lampi. Gli sembrava di averli dentro la testa. Saettavano da una 11


parte all’altra come uno sciame di stelle in stato confusionale. E quasi senza dargli il tempo di rendersene conto... sparirono. Lasciandosi dietro solo il buio. Il dolore gli esplose nella testa come una bomba, e sentì il corpo afflosciarsi. C’era qualcosa che non andava. Le dita gli tremavano violentemente. Faceva fatica a tenere in mano il Rompicapo, e il bagliore che lo aveva circondato un attimo prima era svanito. C’era proprio qualcosa che non andava. Il suo corpo cominciò a tremare, William non riusciva più a controllarlo. Le mani erano così fredde che quasi non se le sentiva più. Poi un’immagine gli balenò davanti agli occhi. Era come se si trovasse in una grande caverna dove un grosso anello dorato fluttuava nell’aria. E poi William fu di nuovo nello studio televisivo. Abbassò gli occhi sul cilindro. Si sforzò di tenerlo in mano, ma gli scivolò dalle dita intorpidite cadendo come al rallentatore. William, in stato di shock, guardò il marchingegno sfracellarsi a terra. In preda alla confusione, non riuscì a far altro che fissare i pezzi sparsi sul pavimento. Il Rompicapo si era rotto. William alzò la testa e poi guardò il pubblico. Vedeva la gente sporgersi e bisbigliare. Si portò una mano alla fronte e guardò Hansen, che stava sollevando i due pezzi del giocattolo in segno di trionfo. 12


L’aveva diviso in due. L’aveva risolto. Hansen cominciò a saltellare per il palco come un canguro impazzito, gongolando: «Ho vinto! Ho vinto! Ho battuto William Wenton!».

13


Un antico manufatto scomparso. Un nuovo terribile nemico da combattere. Dalla Norvegia, all’Inghilterra, alle vertiginose vette dell’Himalaya, William Wenton deve prepararsi per la sua avventura più pericolosa. FENOMENO EDITORIALE IN NORVEGIA. TRADOTTO IN 37 PAESI.

«Immaginate Hogwarts con robot e piante carnivore meccaniche... e aggiungete una cascata di colpi di scena che sorprendono di continuo: questo è William Wenton.» – BOOKLIST «Un po’ Alex Rider, un po’ Artemis Fowl, un po’ Il codice da Vinci per ragazzi: questo è un libro per chi cerca azione e mistero.» – SCHOOL LIBRARY JOURNAL

€ 13,50

ISBN 978-88-6966-314-7

www.castoro-on-line.it


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.