Come in un film

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n i e m o C n film maite carranza

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Al piccolo Marc Carranza, che ha appena debuttato nel film della sua vita

Editrice Il Castoro è socia di IBBY Italia

Leggere per crescere liberi

Maite Carranza Come in un film Traduzione di Francesco Ferrucci © 2018 Editrice Il Castoro Srl viale Andrea Doria 7, 20124 Milano www.castoro-on-line.it info@castoro-on-line.it Copertina di Annalisa Ventura Pubblicato per la prima volta nel 2016 da Cruïlla Titolo originale La pel·lícula de la vida © Maite Carranza, 2017 Questa edizione è pubblicata in accordo con Tempi Irregolari di Stefano Bisacchi La traduzione di questo libro è stata possibile grazie a un sostegno economico dell’Institut Ramon Llull

ISBN 978-88-6966-371-0


maite carranza

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Traduzione dal catalano di francesco Ferrucci



IL GIOCO DI VIVERE

Olívia si considera una bambina come le altre, né meglio né peggio delle sue amiche e con la loro stessa fortuna e sfortuna. Sa che la vita distribuisce le carte a caso, che ognuno deve giocare con quelle che gli sono toccate e che non si può barare perché è una cosa molto brutta. Le carte di Olívia sono una madre attrice, un padre assente, un fratello fifone, dei nonni misteriosi, dei vicini rompiscatole, delle amiche schizzinose, una scuola con una sola sezione, una tele guasta e un appartamento all’Eixample, piccolo e carino, orientato a sud. Se Olívia avesse messo bocca in questa presentazione, probabilmente avrebbe voluto aggiungere molte altre cose che riteneva importanti. Per esempio, la collezione di pietre vulcaniche che ha iniziato quando è salita sul Teide, o la bici blu con cui ha imparato ad andare in bicicletta e che ha regalato a Tim, o la biblioteca di libri d’avventura ereditata dal nonno materno e che le ha te1


nuto compagnia per tutta l’infanzia… e tante altre cose che pensava di avere per sempre. Ma tutto ciò era prima dell’inizio di questa storia. Adesso Olívia non darebbe così tanta importanza a queste bazzecole. Ora sa che spesso i ricordi possono stare in una tasca, e che gli oggetti, come le parole, li porta via il vento, e che tutto ciò che le persone normali credono immutabile forse non lo è. La vita è un pozzo di sorprese, e da un giorno all’altro può accadere che le cose che fino a quel momento erano solide e stavano in piedi, come la Torre Eiffel, l’Empire State Building o l’Hotel Arts, crollino all’improvviso e si sgretolino. Olívia ha imparato che i terremoti non sono solo quelli che fanno tremare le città, le montagne e le valli, e si vedono al telegiornale intorno a mezzogiorno. Ci sono anche movimenti sismici personali che colpiscono molte famiglie, ma che restano nascosti nelle case e di cui non si sa niente. È normale, non fanno notizia e non interessano a nessuno. Olívia sa che un bel giorno che potrebbe essere normale, come qualsiasi altro, non lo è. Non c’è nessun avviso in cielo con su scritto occhio, state attenti o vi farete del male. Non arrivano i pompieri a sirene spiegate per salvare i sinistrati. Non ci sono nemmeno file di persone disposte a donare sangue alle vittime. 2


Ma quel giorno speciale, che è nascosto in mezzo a tanti altri, le cose cambiano posto, nome e importanza, finchĂŠ, all’improvviso, manca la terra sotto i piedi e il mondo conosciuto, quello esistente fino ad allora, scompare in pochi secondi. Ve lo immaginate? Non se lo immaginava nemmeno OlĂ­via, eppure lo ha vissuto.

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PRIMA PARTE



LA LUCE

Oggi pomeriggio, a casa, è andata via la luce. Stavo navigando su Wikipedia in cerca di informazioni sull’Australia, per un elaborato da presentare domani durante l’ora di geografia. Avevo quasi finito la ricerca quando, all’improvviso, paf, lo schermo è diventato nero. E non lo avevo salvato. E chiaramente ho perso tutto. TUTTO vuol dire due ore di lavoro, come minimo. Ero contenta perché avevo trovato e scritto un sacco di cose sugli aborigeni australiani, che sono degli indigeni che vivono in quel continente da più di quarantamila anni. E avevo imparato anche che i primi europei arrivati laggiù erano inglesi e lo avevano utilizzato come prigione per tenere alla larga i delinquenti. Avevo persino scoperto che il nome Australia deriva da australe, cioè del sud. Mi sono arrabbiata molto, molto, moltissimo. «Mamma! La luce!» ho gridato. 7


Ho pensato che forse mamma stava stirando e si era dimenticata che la lavatrice era accesa. A volte, se abbiamo più di due o tre elettrodomestici in funzione contemporaneamente, capita che salti la corrente. Mamma dice che è per un eccesso di kilowatt e che non si può consumare tanta elettricità in una volta sola, e per questo, se io e Tim lasciamo la tele e il computer accesi, ci rimprovera, e quando usciamo di casa ci fa spegnere tutte le luci. Ultimamente è di pessimo umore. «Mamma! Ho paura!» ha gridato Tim dal soggiorno. Il mio fratellino è un fifone ed è venuto in camera mia barcollando. L’ho fatto sdraiare sul mio letto ma, siccome non voglio che me lo sporchi, gliel’ho permesso a patto che si togliesse le scarpe. Non ha aperto bocca. Poveretto, non ha potuto finire di vedere i cartoni animati alla tele, che è sempre guasta, e ci è rimasto male. «Puuuuuh! Come ti puzzano i piedi!» ho esclamato di getto. Com’è possibile che i piedi di un marmocchio di sette anni abbiano l’odore di due pezzi di camembert? Tim non si è difeso, non mi ha dato della scema e non mi ha nemmeno strofinato i piedi sul viso per farmi arrabbiare come fa di solito. È rimasto muto come una tomba e così anch’io. Tutto era buio e silenzioso, stranamente vuoto. Faceva 8


impressione. Il tempo si è fermato un istante, come se la vita scorresse al rallentatore. Il mondo senza luce ha una dimensione diversa, come un buco nero che ti risucchia verso l’ignoto. «Mammaaaaa!» abbiamo urlato all’unisono, un po’ impauriti visto che la luce non tornava per magia come altre volte. Ma il nostro grido non ha prodotto l’effetto desiderato. Non si è accesa nessuna lampadina e non si è sentito nessun piiiiip, e le cose non sono tornate come prima. Mamma non ci ha nemmeno risposto. Dopo un po’ abbiamo sentito il cigolio dei suoi passi che si avvicinavano lungo il corridoio. Camminava con due candele accese, una in ogni mano, molto lentamente per paura che il fuoco le bruciasse i capelli, e controllava che la cera colante non cadesse a terra. La sua ombra era lunga e sinuosa come un serpente e si muoveva su e giù. Sembrava un fantasma. Tim mi ha stretto molto forte la mano e ha squittito come una bestiolina spaventata. «Mamma?» ha domandato con sospetto, quasi non credesse che era lei, come per averne la certezza. E forse aveva ragione perché lei, al buio, sembrava più magra e più alta che mai. «Chi credi che sia?» ha risposto la sua voce mentre appoggiava una candela sul mio tavolo. «Sembri un fantasma» ha osato dire Tim. 9


Tim ha solo sette anni e dice le cose senza tanti complimenti. «Cosa è successo?» ho domandato incuriosita. «C’è un guasto, non si sa quando potranno ripararlo.» «In tutto il palazzo?» «No, a quanto pare è un problema di casa nostra.» Mi è crollato il mondo addosso. «E la mia ricerca? Come farò? Devo finirla per domani! Núria e Bet si arrabbieranno con me!» Ho immaginato le facce delle mie compagne quando gli avrei detto che ero rimasta senza luce proprio prima di stampare la ricerca e senza nemmeno averla salvata in una misera pen drive. Mamma non mi ha risposto. Non sapeva cosa dirmi. Certo, lei domani non deve andare a scuola e non se la deve vedere con il prof. Per lei è facilissimo. «Se domani siamo ancora senza luce, puoi andare a studiare in biblioteca» mi ha suggerito a bassa voce, dopo un momento che mi è sembrato un’eternità. Chiaramente mi sono agitata. «Come “domani”? Vuoi dire che domani non avranno ancora riparato il guasto?» «Non lo so, Olívia, non lo so» ha risposto con voce preoccupata. E se n’è andata facendosi luce con l’altra candela. 10


«Ma, ma…» mi sono irritata e ho gridato perché mi sentisse «io ho bisogno di caricare il cellulare e di guardare la serie dei robot e di avere la maglietta verde stirata per domani e…» «Anch’io ho bisogno di molte cose e non le ho!» ha detto mamma con un tono di voce che non ammetteva altri piagnistei. È così che le mamme smorzano le proteste: se tu dici che vuoi una cosa, loro dicono che ne vorrebbero due. E non è vero. Lei non è seduta accanto a Neus, che storce sempre il naso se ti puzza la felpa. Lei non ha i capelli arruffati come me, che se non me li liscio sembra che mi sia scoppiata una bomba di neutroni in testa. Lei non ha dieci gruppi di Whatsapp che commentano la serie Tv della sera e le foto di Instagram. Lei non è me e, di conseguenza, i suoi problemi non sono uguali ai miei. I suoi sono infinitamente più semplici. «Mamma come farà ad accendere il microonde?» ha chiesto Tim molto saggiamente. Anche se è piccolo a volte pensa, e ha completamente ragione. Perché mamma non cucina, lei prende le cose dal freezer e le mette direttamente nel microonde. Ora cosa mangeremo per cena? E come laveremo i panni senza la lavatrice? E come farò ad asciugarmi i ca11


pelli senza il phon? E come stireremo? E come caricherò il mio cellulare? E il portatile? «Povera mamma, è tutta sola in cucina e al buio» ha piagnucolato Tim. Potrebbe sembrare un bambino altruista, ma era spaventato a morte e non è stato capace di andare a farle compagnia. «Non mi fa per niente pena» ho risposto, molto arrabbiata. E non era una di quelle frasi dette tanto per dire. Gli adulti lo sono perché hanno vissuto molte cose e sanno ciò che fanno. Mia madre può decidere, agire, scegliere, muoversi e fare ciò che vuole della sua vita. Se le cose vanno male, non può dare la colpa agli altri. Io, invece, sono un’alunna di terza media. Ho solo tredici anni e non posso votare, non posso comprarmi un cane e nemmeno viaggiare in aereo da sola. Se è per questo, non ho nemmeno le chiavi di casa. La colpa è sua e basta!

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LA SCUOLA

A scuola non mi credono. Non credono che a casa siamo senza elettricità da una settimana e che mamma non riesca a farsi riparare il guasto dalla compagnia elettrica. «E come fate per la cena?» mi ha chiesto Meritxell con insolenza. «Pane e pomodoro e tonno, e succo d’arancia e ananas» ho risposto. «E basta?» «Mia madre fa l’attrice, lo sai.» Avere una madre attrice serve ad avere una risposta per tutto. Va benissimo per zittire le amiche maleducate. Una madre attrice fa cose eccentriche e diverse dalle altre madri, come dormire di mattina e lavorare di sera, guidare una moto, vestirsi con abiti da mercatino, portare i capelli colorati, pettinare sua figlia – cioè me – come Pippi Calzelunghe, preparare panini di crocchette fredde o prendere un furgone e andare in vacanza in Bretagna con 13


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livia ha tredici anni. Vive con il fratellino Tim e la mamma attrice, che in Tv interpreta la coraggiosa parrucchiera Eva in una telenovela molto seguita. All’improvviso però la produzione decide di eliminare il personaggio di Eva e, con la mamma senza lavoro, i conti della famiglia non tornano più. Per consolare il piccolo Tim, Olivia inventa un gioco e lo convince che stanno girando un film di Hollywood supersegreto: il freddo in casa, l’acqua che non c’è, la commessa che si rifiuta di dare la spesa a credito... fa tutto parte del copione che devono recitare. Tim affronta le difficoltà con impegno e allegria. E Olivia?

OLIVIA SA CHE anche quando il film della nostra vita sembra prendere una brutta piega, possiamo sempre cambiare le cose e trovare il finale perfetto!

€ 13,50

ISBN 978-88-6966-371-0

Illustrazione di Annalisa Ventura

www.castoro-on-line.it


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