Desideria

Page 1

ILLUSTRAZIONI DI ILARIA URBINATI

€ 13,50 ISBN 978-88-6966-213-3

www.castoro-on-line.it

ELISA CASTIGLIONI

DESIDERIA

P

rovenza, fine dell’anno Mille. Desideria è figlia di un conte ed è cresciuta con privilegi rari: studia, sa cavalcare, è abituata a dire quello che pensa. Ma come può sentirsi libera se vive chiusa nel suo castello e sono gli altri a decidere del suo destino? L’avventura però abbatte qualunque porta, e quando il padre è costretto a partire, Desideria si ritrova sola a combattere le sfide del presente: l’improvvisa ondata di intolleranza verso i musulmani, per esempio, e un predicatore che vuole convincere i bambini ad andare in guerra. A complicare le cose, il giovane Filippo, venuto al castello per farle il ritratto, e i misteri che cominciano a emergere dal passato. Ma un cuore sincero sa sempre trovare la sua strada, e Desideria, all’occorrenza, saprà trasformarsi in una vera dama guerriera.

ELISA CASTIGLIONI


A mia mamma con amore e gratitudine per avermi insegnato a vivere a cuore aperto.

Desideria di Elisa Castiglioni Illustrazioni di Ilaria Urbinati Š 2017 Editrice Il Castoro Srl viale Andrea Doria 7, 20124 Milano www.castoro-on-line.it info@castoro-on-line.it ISBN 978-88-6966-213-3


ELISA CASTIGLIONI

ILLUSTRAZIONI DI ILARIA URBINATI



1 IO SONO ALTRO

Mi ha scoperta. Non so come abbia fatto a capire che stavo cercando di ingannarlo, ma l’ha fatto. Forse perché ho esitato a rispondergli. Stamattina, mi sono nascosta nel suo studio a leggere. Pensavo che oggi andasse a caccia di cinghiali nella foresta. Invece deve aver cambiato idea. Quando è entrato nella stanza, ero seduta al suo tavolo da lavoro. Il piano di quercia era coperto di carte e pergamene. La punta del suo pennino era incrostata d’inchiostro secco. Deve aver passato un’altra notte a lavorare. Mi è apparso davanti. «Desideria.» Ha pronunciato il mio nome come se fosse un ordine e io sono sbiancata. Mio padre, il Conte De Cavallion, non è alto ma ha la corporatura compatta e muscolosa di chi passa molte ore a cavallo. Cammina, parla, mangia, respira come un no5


bile abituato a non essere contraddetto. Le spalle larghe, la mascella quadrata, gli occhi profondi e sottili, il volto serio, la voce calma e profonda sono la conferma fisica della fierezza spigolosa del suo carattere. L’animo, secondo mio padre, deve assomigliare alla pietra delle nostre montagne. Deve essere forte. Solido. Davanti a lui, io mi sento sempre debole. Sempre in errore. «Padre», farfuglio con voce incerta. Chiudo il libro, e premo forte la copertina contro il tavolo. Lui si avvicina e prende una pergamena. «Cosa ci fai qui?» Arrossisco. «Di sopra stanno riordinando la mia stanza. Cercavo un po’ di tranquillità per studiare», mento. «Ah, capisco. E cosa stai leggendo?» La bocca mi diventa asciutta. «I salmi.» Lui annuisce e lentamente srotola la carta. Mi alzo e con il libro sotto il braccio faccio qualche passo verso la porta. Proprio quando sto per uscire in corridoio, proprio quando credo d’essermela cavata, la sua domanda mi blocca con la mano sulla maniglia. «E qual è il salmo che stavi leggendo con tanto interesse?», mi chiede con tono distratto. Ma lui è tutto fuorché un uomo poco attento. Mi volto per rispondergli. Non appena incontro il suo sguardo, non so più cosa dire. «Il salmo 148», balbetto. È il primo che mi viene in mente. In realtà ero immersa 6


nella lettura della scena in cui Rolando cerca di convincere Carlo Magno a non accettare l’offerta di pace di Marsilio. Lui inclina la testa e fissa il libro che tengo incollato al petto. Lo stringo ancora più forte. Si sarà accorto che non è Il Libro delle Ore? «Ah. E di cosa parla?» Mi mordo il labbro. «Parla… parla delle opere del Signore che sono molto… molto… importanti e…» I suoi occhi si induriscono. Viene verso di me, e senza dire una parola mi sfila il volume dalle mani. Lo gira, legge il titolo inciso in oro sulla copertina di cuoio e avvampa. La Chanson de Roland. Mi strizzo dentro le spalle. Vorrei tanto scomparire. «Lasciatemi spiegare, padre.» Lui scuote il capo. «La Chanson de Roland.» La rabbia cresce nella sua voce. Sigillo gli occhi al bordo della sua tunica rossa. Lui fa cadere il libro sul tavolo e mi volta le spalle. Lo fa sempre quando vuole prendere distanza da una situazione che non gli piace. Per un lungo minuto resta a osservare i libri che tiene sulla mensola alla destra del tavolo. Non c’è niente al mondo che per lui abbia più valore. Sono esemplari rari che ha trovato durante i suoi viaggi in Spagna. Da bambina ne ero gelosa. Lui li preferiva a me. Ed è così che mi è venuta la voglia di leggerli. Volevo capire cosa avessero di tanto speciale da essere più 7


interessanti di me. Ora che li ho letti, lo so. Ci sono mondi lì dentro. Mondi di carta che possono essere più veri di quelli reali. Raddrizza la schiena e si gira verso di me. «Quante volte devo ripeterti che non voglio che tu perda del tempo prezioso leggendo libri inutili?» Serra nel pugno il crocefisso d’oro che porta al collo. Mi faccio coraggio. «Ma La Chanson de Roland non è un libro inutile. Parla di battaglie e avventure e…» «Appunto. Cose inutili, anzi peggio, dannose per una ragazza. E già che ci siamo non seccarmi più con la storia degli addestramenti. La risposta è e sarà sempre no. Tu non ti rendi conto di quanto sei fortunata a ricevere l’educazione che ti do. Le altre ragazze della tua età sanno a malapena leggere e scrivere. Devi imparare ad accontentarti di quello che hai.» Lascia andare il crocefisso e il suo viso diventa triste. «Sono tuo padre e so quello che è giusto per te. Fa’ come ti dico e avrai una vita serena.» Intreccia le mani dietro la schiena e si affaccia alla finestrella quadrata del suo studio. «Ma io non voglio una vita serena. Voglio una vita emozionante. Felice. Avventurosa.» Le sue spalle si piegano in avanti. «Anch’io ragionavo così alla tua età, ma poi crescendo ho capito come stanno le cose. La serenità è un cavallo affidabile, la felicità invece è un purosangue difficile da controllare. Quando meno te 8


lo aspetti, magari proprio dopo la più spettacolare delle galoppate, ti disarciona e ti trovi a terra nel fango.» «Ma, io…» Mi interrompe, levando la mano a mezz’aria. «Sei tu uno scolaro?» «Sì, lo sono.» Abbasso il capo. «Che cos’è uno scolaro?» Il suo tono è neutro. Ecco che adesso mi lancia addosso le domande che il suo maestro alla scuola vescovile gli faceva ogni mattina all’alba prima dell’inizio delle lezioni. Mi schiarisco la voce. «Chi impara con sollecitudine le virtù.» «Dove sei tu scolaro?» «Qui e dovunque e in tutti i luoghi onesti.» Incrocia le braccia. «Quanti sono i luoghi onesti?» Piego il pollice sul palmo della mano e allargo le altre dita. «Quattro: la chiesa, la scuola, la casa dei genitori e il convitto dei sapienti.» «Perché sei scolaro?» «Perché studio e imparo a leggere.» Annuisce. «Quante sono le opere dello scolaro?» «Sei. Alzarsi la mattina, subito vestirsi, poi pettinarsi, le mani lavare, Dio adorare, e andare volentieri a scuola.» Continuo a rispondere a tutte le domande di rito, mentre lui mi sonda il viso per essere sicuro che abbia capito il senso di ogni singola parola. Di solito sono le 9


madri che si occupano dell’educazione dei figli, e in loro mancanza le balie, ma nel mio caso è mio padre a seguirmi. Pretende che studi come se fossi un ragazzo. Sotto la sua supervisione devo imparare le materie del trivio: la grammatica, la retorica e la dialettica; e del quadrivio: l’aritmetica, la geometria, l’astronomia e la musica. Ma devo anche saper ballare e cantare e suonare la lira per intrattenere gli ospiti dell’uomo che sposerò. E ricamare e tessere per avere qualcosa da fare al posto di pensare, al posto di voler vivere una vita piena, mentre mio marito sarà preso a vivere la sua. Infila La Chanson de Roland fra la Bibbia e un trattatello di storia romana. Passa il dito sulla costola dei volumi che tiene in ordine d’altezza e si ferma sul penultimo. Lo scosta dagli altri con la punta dell’indice e me lo porge. È Il Libro delle Ore. «Per dopo. Ora vai a fare il tuo dovere di scolaro.» C’è ancora uno spiffero di collera nella sua voce. Prendo il libro. «Quante cene dovrò saltare?», gli chiedo prima di uscire. Non leva gli occhi dal foglio che tiene in mano. «Nessuna per questa volta. È arrivato un ospite importante che ti voglio presentare.» Fa un gesto veloce con la mano. «Ora scusami ma devo rimettermi al lavoro. Questioni urgenti che potrebbero rovinare la serenità del nostro castello.» 10


Vorrei dirgli che ogni volta che dice la parola serenità a me sembra che intenda noia o assenza di vita, ma non dico niente. Meglio non sfidare la buona sorte che oggi mi ha evitato un castigo. E poi sarebbe inutile. Lui ha già impugnato il pennino e lo tiene sospeso sulla carta. Si mette a scrivere di getto, poi si blocca e leva lo sguardo verso la porta. I suoi occhi sono su di me eppure non mi vede. Apro la porta ed esco in corridoio. Lo studio di mio padre si trova al secondo piano del mastio, la torre più sicura del castello perché costruita al centro dei bastioni. Passo accanto all’armeria. Qui sono custodite le armi più costose che possediamo: scudi, lance, corazze, alabarde. Una voce rimbomba nel corridoio. Viene dalla sala delle guardie. Incuriosita, faccio capolino. I soldati sono in fila davanti al Connestabile che cammina avanti e indietro. Tengono le gambe divaricate e le braccia rigide lungo i fianchi. Il Connestabile si ferma e appoggia la mano sulla daga, la spada corta che porta sempre nella cintura di cuoio. I suoi occhi rimbalzano sui visi dei soldati. Le guardie più anziane sostengono il suo sguardo, mentre quelle più giovani chinano il capo. È alto e asciutto. Porta una tunica scura con uno spacco nel mezzo per fare meno fatica a salire e scendere da cavallo. Ha i capelli corti e ispidi, e la punta del naso schiaccia11


12


ta. Da piccola pensavo che il suo naso avesse quella forma strana a causa del rettangolino di ferro dell’elmo che lo preme all’ingiù. Eppure le serve della cucina dicono che è un uomo di grande fascino. Sarà, ma di sicuro non è bello. È un tipo piuttosto misterioso. Si sa pochissimo del suo passato. Pare che abbia già trent’anni e che venga dal nord della Francia. Nessuno sa quale sia il suo vero nome. Lo chiamano tutti il Connestabile, persino mio padre. Al castello è secondo solo a Enrico, il Sovraintendente. «Avete fatto un buon lavoro.» Scandisce bene le parole. Del resto non è uno che ripete quello che ha già detto una volta. «Le gallerie che avete scavato sotto il perimetro delle mura sono ormai pronte. Vi ho fatto posizionare dai servi dei barili di grasso di maiale e fasci di rami secchi. In caso d’attacco, daremo fuoco al grasso e alla legna. In questo modo le mura crolleranno in testa agli assalitori, mettendoli fuori gioco per un po’.» «Sì, signore.» Battono gli stivali. «Adesso andiamo e mi raccomando che tutte le quattro torri siano ben sorvegliate. Non voglio che passiate il tempo a giocare a dadi come al solito. Dobbiamo essere sempre pronti.» «Sì, signore.» A passo di marcia escono dalla stanza e mi sfilano davanti senza notarmi. Sarà meglio che mi sbrighi anch’io e che mi metta a studiare. Mi affretto verso la scala a chiocciola di legno 13


che porta ai piani superiori. Quelli più sicuri in caso di attacco. Al terzo piano si trova la sala dei banchetti. Lancio un’occhiata alla porta chiusa della stanza. Immagino che l’ospite misterioso sia l’ennesimo vescovo che mio padre cercherà di convertire alle sue teorie sulla tolleranza religiosa. So già come andrà a finire la cena: prima che il prelato abbia finito la zuppa avremo un nemico in più nella Chiesa, convinto che mio padre sia un protettore degli infedeli. Nella migliore delle ipotesi, lo riterrà un originale da cui tenersi alla larga. Riprendo a salire le scale, buie anche di giorno. In questo vano non ci sono finestre. Quando sono quasi arrivata all’ultimo piano mi imbatto in Samar che scende di fretta. «Ma dov’eri finita? Ti stavo cercando!» Si sistema la ciocca che le scappa fuori dal velo. «Non ne avrai combinata un’altra delle tue?» Sulle sue parole resta l’ombra del suo accento spagnolo. Incrocio le braccia. «Ma perché ce l’avete tutti con me oggi?» «Forse perché ti cacci sempre nei guai?», ribatte lei. Una serva ci raggiunge sulle scale. Tiene in mano delle lenzuola. Sorride allegra a Samar. «Eccomi.» Samar fissa la biancheria e allarga le narici. «E il cuscino non l’hai preso?» La ragazza si gratta la testa. «Oh no! L’ho dimenticato in cucina! Adesso mi tocca riscendere al primo piano!» 14


«Corri a prenderlo. Il Conte vuole che la stanza per il nostro ospite sia perfetta!» La serva fa cenno di sì col capo, le consegna le lenzuola e si precipita giù per le scale. «Ma sbrigati, dobbiamo anche controllare che siano pronte le stanze per la scorta. Alloggeranno nelle baracche dei soldati», le grida dietro. Sbuffa. «Quanto lavoro! Dentro e fuori il mastio.» Appiattisce le pieghe che increspano il lino. «Comunque ne vale la pena. Non capita tutti i giorni di avere in visita il cavaliere di un nobile così potente.» La guardo stupita. «Di chi stai parlando, scusa?» «Ma del cavaliere del Duca di Avignone. Non dirmi che non lo sapevi!» Incrocio le braccia. «A quanto pare sono l’unica a non sapere cosa succeda in questo castello.» «Non direi, visto che non mi hai ancora detto dove eri prima… ma non importa.» Mi sorride, come se si fosse appena ricordata di qualcosa di molto importante. «Pare che il Duca stia cercando moglie. Forse il cavaliere è venuto qui per prendere informazioni su di te.» Congiunge le mani e le incolla la naso. «Ti prego, finché abbiamo ospiti, cerca di comportati come si addice a una ragazza del tuo rango.» «Va bene», rispondo rassegnata. «Adesso ti conviene non perdere altro tempo e andare a studiare. Ti raggiungo in camera appena mi libero.» 15


«Stai tranquilla, farò la brava.» Riprendo a salire le scale. Da quando il mese scorso ho compiuto quattordici anni, Samar non pensa ad altro che al mio matrimonio. La mia famiglia, i De Cavallion, sono lontani cugini del Re. Conti poveri e di campagna, ma pur sempre legati al trono di Francia. I miei antenati avevano un naso prominente e arguti occhi nocciola. Non erano di grande avvenenza. Tutti tranne nonna Sofia. Lei era bellissima. Una Madonna bionda. La nobildonna che mio padre vorrebbe che diventassi. Mia nonna partorì quattro figlie e un erede. Visse i suoi cinquant’anni ricamando nella sua stanza. Non lesse altro che la Bibbia. Penso ai suoi occhi turchesi, grandi e sereni, alle sue mani d’avorio, alla sua pelle mai sfiorata dal vento del Nord, e provo una grande inquietudine. Non voglio che la sua vita sia il mio destino. Io voglio essere altro. Solo che non so ancora come fare a diventarlo. Sono stati i libri a mettermi addosso la voglia di scoprire cosa ci sia fuori dalle mura. Mi hanno nutrita del bisogno d’essere libera. Libero, libro. C’è solo una e di differenza. Anche la curiosità d’osservare le esercitazioni dei soldati mi è venuta leggendo La Chanson de Roland. Subito dopo la messa del mattino, sguscio fuori dalla cappella, e vado in cima alla torre a guardare i soldati tirare con la balestra, caricare con la lancia, duellare con 16


la daga. Imparo dai loro errori e da come il Connestabile li corregge. Samar mi concede quest’infrazione alle regole. «Saperti difendere da sola non può farti male», dice. «Nella vita non si sa mai. E poi di fatto tuo padre non ha mai detto che non puoi guardare le esercitazioni delle guardie. Quello che ti è proibito è partecipare.» Nel pomeriggio dopo la nostra cavalcata in cortile, ci appartiamo dietro alle stalle e le faccio vedere quello che ho imparato. Uso come arma una vecchia spada che ho trovato in armeria. A volte duelliamo e Samar si difende con un bastone. «Sembri El Cid», mi ha detto l’altro giorno, dopo che l’ho disarmata. Per lei è un grandissimo complimento. El Cid era il coraggioso cavaliere spagnolo che lottò per Re Alfonso di Castiglia. Quando Samar mi racconta la sua storia, non mi stanco mai di ascoltarla. Quella è la vita che vorrei. Entro in camera mia e scosto la tela oleata che chiude la finestra. I campi di lavanda sono distese lilla che dalle mura arrivano fino alla Foresta dei Cedri, oltre la quale spuntano le nostre montagne. Quanto vorrei saltare su Soleil, partire al galoppo, e fermarmi solo dopo aver raggiunto il Cedro Millenario che cresce al centro del bosco. Ho sentito dire che è abitato da uno spirito che sa leggere il cuore delle persone. Basta abbracciarlo e ti dice il tuo destino. Ma dubito che potrò mai vederlo. Sono confinata qui dentro. 17


Non posso uscire dalle mura senza essere accompagnata da mio padre. Non posso cavalcare Soleil da sola. Non posso partecipare alle feste del villaggio. Non posso scegliere quello che voglio leggere. Non posso fare domande su mia madre. E poi mi si dice di vivere una vita serena.

18


2 IL CAVALIERE

«E con questo ho finito.» Versa l’ultimo secchio d’acqua nella grande tinozza di legno che sta al centro della mia stanza. Ha fatto su e giù dalla cucina per riempirla. «Che fatica!» Si passa un telo umido sul viso sudato. Samar ha il busto morbido e le braccia tornite. I suoi capelli sono nerissimi e lucidi, la pelle è scura e le labbra sono spesse. Dice d’essere grassa e che dovrebbe dimagrire, ma a me piace affondare nei suoi abbracci. «Neanche durante il Ramadan perdo un grammo!», mi ha detto ieri. È la persona al mondo che conosco meglio. So tutto di lei, o almeno credo. Samar detesta fare le scale. Odia il freddo. Quando è nervosa, parla in spagnolo. Ama il colore viola e passerebbe la giornata a ricamare. Adora la focaccia al rosmarino. Quando ride, le trema la pancia. Quando è triste, il suo viso si allunga e assume un’espressione stanca. Quando si arrabbia, mangia tanto. 19


ILLUSTRAZIONI DI ILARIA URBINATI

€ 13,50 ISBN 978-88-6966-213-3

www.castoro-on-line.it

ELISA CASTIGLIONI

DESIDERIA

P

rovenza, fine dell’anno Mille. Desideria è figlia di un conte ed è cresciuta con privilegi rari: studia, sa cavalcare, è abituata a dire quello che pensa. Ma come può sentirsi libera se vive chiusa nel suo castello e sono gli altri a decidere del suo destino? L’avventura però abbatte qualunque porta, e quando il padre è costretto a partire, Desideria si ritrova sola a combattere le sfide del presente: l’improvvisa ondata di intolleranza verso i musulmani, per esempio, e un predicatore che vuole convincere i bambini ad andare in guerra. A complicare le cose, il giovane Filippo, venuto al castello per farle il ritratto, e i misteri che cominciano a emergere dal passato. Ma un cuore sincero sa sempre trovare la sua strada, e Desideria, all’occorrenza, saprà trasformarsi in una vera dama guerriera.

ELISA CASTIGLIONI


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.