AIUTO, arrivano i Brutti! Il signore e la signora Brutti sono burberi e scontrosi ma anche strambi e imprevedibili: mangiano vecchi pneumatici arrostiti e usano la pinza da barbecue per togliersi i peli dal naso! Meno male che il loro quasi-figlio Sunny non è così strano... a parte le orecchie una su e una giù, i capelli dritti in testa e quel vestito azzurro che indossa ogni giorno. Dal genio comico di Philip Ardagh e con i disegni di Alex Scheffler, illustratore del Gruffalò, un’avventura sorprendente, con tanti incredibili personaggi.
Il divertimento è assicurato!
€ 13,50 ISBN 978-88-6966-063-4
www.castoro-on-line.it
A FCRC, con un grazie per il permesso di usare il nome “Ginger Biscuit” (Tigrotto Biscotto).
Philip Ardagh I Brutti nei guai illustrazioni di Alex Scheffler Traduzione di Giovanna Pecoraro © 2016 Editrice Il Castoro Srl viale Andrea Doria 7, 20124 Milano www.castoro.on-line.it info@castoro-on-line.it Pubblicato per la prima volta da Nosy Crow Ltd.con il titolo The Grunts in Trouble Copyright testo © 2012 Philip Ardagh. Copyright illustrazioni © 2012 Alex Scheffler La presente traduzione è pubblicata in accordo con Nosy Crow Limited ISBN 978-88-6966-063-4
C pitolo uno
Ecco voi, i Brutti
Il signor Brutti si svegliò con la testa al posto dei piedi e i piedi al posto della testa. E siccome non lo sfiorò nemmeno l’idea di essersi messo a letto all’incontrario la sera prima, decise che qualcuno aveva rigirato la stanza durante la notte. E a chi diede la colpa? Ma a sua moglie, la signora Brutti, naturalmente. Il signor Brutti RIBOLLIVA di rabbia. Allungò una mano fuori dal letto e, tastando una cosa compatta e morbidosa, la strinse tra quei salsicciotti pelosi che aveva per dita. Era la coda di Tigrotto Biscotto. Tigrotto Biscotto non era un biscotto e, pur avendo l’aspetto 1
di un gattone tigrato, non era neppure un gattone tigrato. Tigrotto Biscotto era un fermaporta: un fermaporta imbottito di segatura e mooolto pesante (che diamine, era un fermaporta!). La signora Brutti adorava quel gatto imbottito al punto che il signor Brutti doveva aggiungere altra segatura ogni volta che ne usciva un po’ da qualche scucitura sul groppone. (E se si rifiutava di farlo, lei gli nascondeva il suo cappello preferito dietro il frigo finché non cedeva.) Il signori Brutti lottò per uscire dal letto e andò piedon piedoni verso la finestra. Ma per sbaglio urtò la coda di Tigrotto Biscotto, che andò a solleticare il naso della signora Brutti. La donna russava come una pentola a pressione lì lì per esplodere, con la bocca semiaperta da cui faceva capolino una manciata di denti gialli e verdi. «Checcheccosa?», farfugliò, scattando come una molla. «Che ti piglia, marito?» «Ti insegno una lezione, moglie!», disse il signor Brutti a brutto muso, aprendo la finestra e lanciando fuori il gatto a mo’ di frisbee. 2
La signora Brutti lo guardò volare via con un misto di stupore e rabbia. «Una lezione? E quale lezione?», chiese. (Non aveva mai sopportato le lezioni, neanche a scuola, a parte quelle di scienze quando facevano le esplosioni – ahhh, non c’è niente di meglio che una bella esplosione! – e di certo non le andava che fosse il signor Brutti a dargliene una di primo mattino.) Slanciò le gambe da un lato del letto e infilò i piedi in due vecchie pantofole a testa di coniglio con le orecchie tutte mangiucchiate dalle tarme. «Non mi ricordo quale lezione!», sbraitò il signor Brutti, ed era la verità: proprio non se lo ricordava. «Voglio la colazione.» (Io di solito non faccio colazione, ma c’è chi dice che sia il pasto più importante della giornata. Di certo, chi parla così non ha mai fatto colazione a casa Brutti.) «E allora PREPARATELA!», sbuffò la signora Brutti. «Ma tocca a te!», insisté il signor Brutti. «Io ho cucinato quella deliziosa minestra di tasso ieri mattina.» (I Brutti avevano l’abitudine di cucinare con quel che trovavano 4
spalmato sulla strada. Avevano un debole per gli scoiattoli spiaccicati, ma non disdegnavano nemmeno i vecchi pneumatici, purché salati e pepati al punto giusto.) «Era STUFATO di tasso, non minestra!», disse la signora Brutti. «E l’hai preparata a pranzo, non a colazione. Quindi, TOCCA A TE!» «Ah!», ululò di brutto il signor Brutti. La signora Brutti aveva ragione. Ora ricordava la tazza di becchime e segatura che lei gli aveva servito il mattino prima. Niente male. Niente affatto male. La guardò strascicare i piedi in quelle sue sgangherate ciabatte conigliose. Com’era bella! O almeno, bella per lui. «Dove vai?», chiese. «Devo recuperare il gatto», disse la signora Brutti. Uscì dalla camera, inciampò in qualcosa sul pianerottolo e capitombolò giù dalle scale.
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(Un altro)
(Questo è ancora più grande)
Il qualcosa che l’aveva fatta inciampare era Sunny. Sunny non era proprio il vero figlio dei Brutti. I due non avevano un figlio loro, ma la signora Brutti ne aveva sempre desiderato uno e così, in uno dei rari momenti in cui il signor Brutti era di buonumore e in vena di fare il piccioncino con la moglie, gliene aveva preso uno. O meglio, rubato. (Non che ne avesse avuta l’intenzione, sia chiaro. No no, niente piani premeditati. Era capitato, tutto qui.) 6
Il signor Brutti stava perlustrando il marciapiede in cerca di qualcosa (va’ a sapere cosa) quando gli era caduto l’occhio oltre il muro di un giardino (o forse una staccionata, mai che se lo ricordi) e aveva visto un filo per stendere i panni. Su quel filo c’era un vario assortimento di cose stese ad asciugare, e tra queste cose quasi certamente un calzino a pois, e un bambino. Il bambino era appeso per le orecchie con due vecchie mollette da bucato. E prima che qualcuno potesse dire: “Ehi, metti giù quel bambino, non è roba tua... e poi non è neanche asciutto!”, il signor Brutti si era già sporto oltre il muro (o la staccionata) e aveva staccato il bambino dal filo. La signora Brutti ne fu arcicontenta. Sunny era il più bel regalo che il signor Brutti le avesse mai fatto (a eccezione, forse, di un paio di sandali dorati costosissimi e di una pinza da barbecue tenuta insieme col nastro adesivo che lei usava per strapparsi i peli dal naso). La signora Brutti non ci capiva un granché di bambini, ma qualcosa le diceva che questo era un maschio. La signora Brutti sapeva che i maschi vanno vestiti sempre di azzurro, perciò aveva preso una boccetta 7
d’inchiostro azzurro dalla scrivania del signor Brutti e l’aveva versata in un gran pentolone colmo d’acqua bollente. Poi aveva scovato certi vecchi abiti di quando era piccola e li aveva ficcati in quel brodo scuro. Dovevano servire come stracci per la polvere, ma così, tinti di fresco, non erano niente male. Poi, dato che odiava gli sprechi, pensò di servire quella bollente brodaglia azzurra al signor Brutti, a cui piacque così tanto da chiedere il bis. Anche se poi non fu troppo felice di ritrovarsi la lingua e le labbra azzurre per otto settimane. Sunny aveva già un aspetto abbastanza strambo, con quell’orecchio sinistro più alto del destro e i capelli sparati sulla testa, di quelli che non stanno MAI giù, neanche se ci metti la colla e li appiccichi al cranio con un rotolo intero di nastro adesivo... ma con quei vestiti azzurri cuciti male e tinti peggio, aveva un aspetto molto, MOLTO strambo. Ve lo ripeto:
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(Magari potete annotarlo su un pezzo di carta e tenerlo sotto la barba finchÊ non ve lo chiedo, piÚ avanti. Se non avete la barba, potete sempre farvene regalare una per il vostro compleanno.) Sunny era molto piccolo quando era stato strappato da quel filo da bucato, perciò non ricordava molto dei suoi veri genitori. Il padre non se lo ricordava per niente (solo la vaga immagine di un paio di scarpe nere lucidissime). Quanto a sua madre, il ricordo principale era una sensazione di tepore coccoloso, profumato di talco. Di tanto in tanto un frammento di canzone gli attraversava la mente come portato da un refolo di memoria. La canzone parlava di agnellini batuffolosi che scuotevano le deliziose codine e, nella sua mente, la cantava sua madre, con la voce di un angelo che avesse preso lezioni da un insegnante strepitoso. A modo loro, i Brutti volevano un gran bene a Sunny, ma quel modo loro era un modo ben strambo. Vi offro qualche esempio (se poi non vi piacciono, me li potete sempre restituire). Tanto per cominciare, il signore e la signora Brutti sapevano che ai bambini non piace lavarsi, e cosÏ non 10
lo costrinsero mai a farlo. Sapevano che ai bambini non piace riordinare la camera, e cosÏ non gli diedero una camera. Lo facevano dormire sul pianerottolo davanti a camera loro. A dire il vero, in casa Brutti non c’era spazio per una seconda camera, perchÊ la loro non era una casa come tutte le altre. Era un carrozzone. Ma non un carrozzone di quelli belli, tutti di legno dipinto a colori vivaci. No, toglietevelo dalla mente. Non era affatto quel genere. E neanche un carrozzone moderno, di metallo lucido. No, non era nemmeno quel genere. Vivevano in un carrozzone che il signor Brutti aveva costruito con le sue mani insieme al padre (il Vecchio signor Brutti), usando robe varie. Per robe varie intendo un vecchio capanno da giardino, il seggiolino di un sidecar, un furgoncino dei gelati senza gelati e una montagna di carabattole, come una vecchia cuccia per cani, delle assi di legno e una macchina per fare il cappuccino (con la schiuma). Il risultato finale metteva in fuga qualsiasi persona di buon senso lo vedesse 11
svoltare l’angolo della strada trainato dai due asinelli dei Brutti, Clippete e Cloppete. Ah, Clippete e Cloppete. Mi stavo giusto chiedendo quando sarei riuscito a raccontarvi di loro, e finalmente ci siamo. Clippete e Cloppete erano sorella e fratello e/o fratello e sorella. Avevano entrambi due adorabili e lunghissime orecchie, e un adorabile e grossissimo naso. Per un bel pezzo i Brutti avevano creduto che esistesse solo uno dei due – sì, insomma, che fossero entrambi lo stesso asino – e lo chiamavano Clippete-Cloppete. Ma poi Sunny gli aveva fatto notare che se ne vedevano due in un colpo solo, l’uno accanto all’altro, e allora capirono che gli asini dovevano essere proprio DUE. (Lo so che a noi potrebbe sembrare assurdo, ma ricordate che è dei Brutti che stiamo parlando. Loro non sono certo uguali a noi. Di sicuro non sono uguali a ME. Quanto a voi, be’, non ci metterei la mano sul fuoco. In fondo, che ne so di quanto siete STRAMBI. A proposito: spero che abbiate ancora quel pezzo di carta ben nascosto, al sicuro, sotto la barba.) 12
Il modo più semplice per distinguere Clippete e Cloppete a colpo d’occhio era immaginare che le loro orecchie fossero le lancette di un orologio. Le orecchie di Clippete parevano indicare le undici in punto, quelle di Cloppete invece puntavano all’una. Se non vi è chiaro cosa intendo (è incredibile, ma capita ogni tanto) guardate l’illustrazione qui sotto. Visto? Bene.
Uno dei tanti lavoretti di Sunny era sganciare Clippete e Cloppete dal carrozzone ogni sera perché così, se i due asinelli decidevano di farsi un giretto nel cuore della notte, la casa dei Brutti se ne stava ferma dov’era. Al tempo in cui il signor Brutti non aveva ancora tirato giù Sunny dal filo da bucato per regalarlo alla signora Brutti, staccare gli asini era compito loro. E, come avrete ormai capito, i Brutti non sono le due persone più affidabili del mondo. Spesso e volentieri, il signor Brutti pensava che la signora Brutti avesse staccato gli asini, mentre la signora Brutti pensava che lo avesse fatto il signor Brutti. Così non lo faceva nessuno dei due, e alla fine si risvegliavano a CHILOMETRI di distanza dal punto in cui erano certi di avere parcheggiato la casa la sera prima. Un giorno memorabile si svegliarono nel bel mezzo di un campo da golf, con Clippete che infilava il naso dentro una buca, Cloppete che ruminava con aria pensosa la bandierina lì accanto e un tizio MOLTO arrabbiato, con la faccia MOLTO rossa, che correva verso di loro imbracciando un fucile a due canne. Come sapeva il signor Brutti che era un fucile a due 14
canne? Lo sapeva perché gli spari uscivano DA TUTTE E DUE LE CANNE! La signora Brutti impiegò una settimana a estrarre i pallettoni (quelle piccole sfere che stanno dentro le cartucce dei fucili) dal didietro del signor Brutti con un paio di pinzette da sopracciglia arrugginite. (E per favore, non chiedetemi come si fa ad avere le sopracciglia arrugginite perché potrei arrabbiarmi molto, proprio come il custode del campo da golf con i due Brutti, e con gli asini.) La signora Brutti aveva un sorrisone stampato in faccia ogni volta che estraeva uno di quei pallettoni e il signor Brutti faceva “Ahi!”, ma ciò non significa che non lo amasse segretamente, come lui amava segretamente lei. (Sbalorditivo, lo so, ma è la verità.) Meno chiaro, invece, è quanto il signore e la signora Brutti amassero Clippete e Cloppete. Negli ultimi tempi, Sunny aveva sentito il signor Brutti brontolare che la coppia non lavorava più “sodo come una volta” e dire: «A che servono gli asini se non fanno il lavoro degli asini?». 15
Allora, dov’eravamo rimasti? Ah, sì. Quando la signora Brutti inciampò su Sunny davanti alla porta di camera loro e capitombolò giù dalle scale, continuò a rotolare anche fuori dalla porta del carrozzone e finì sul prato. Evitò di un soffio un cespuglio di ortiche molto urticanti, ma andò a conficcarsi di testa in una tana di talpa. «Se proprio vuoi cadere dalle scale almeno fallo in silenzio, moglie!», sbraitò il signor Brutti dal letto. «Qualcuno qui sta cercando di dormire un altro po’.» Si tirò il piumone sopra la testa, si rigirò su un fianco e piombò sul pavimento. Atterrò su Pungo, il riccio imbalsamato della signora Brutti. Un riccio vero. «AHIAAA!», gridò il signor Brutti. Il suo grido di dolore si poté udire forse fino a Villa Grande (a patto di essere degli uccelli esotici dall’udito finissimo). Sì, proprio Villa Grande, con la G maiuscola. Vi dirò di più in seguito. Mooolto di più. 16
C pitolo due
Tiri v ri Quando ormai il signor Brutti era tornato a letto e la signora Brutti era rimontata sul carrozzone col suo amato Tigrotto Biscotto sotto il braccio, Sunny aveva già dato la colazione a Clippete e Cloppete e li aveva legati ai loro posti. Era ora di mettersi in viaggio. Sunny si incamminò accanto agli asini, che lentamente iniziarono a trainare la pesante casa su ruote. Il sole splendeva e gli uccelli cantavano tra gli alberi. O perlomeno, alcuni uccelli. Altri erano impegnati a estrarre dalla terra dei succulenti vermicelli da colazione, assai poco convinti, e altri ancora volavano via 17
AIUTO, arrivano i Brutti! Il signore e la signora Brutti sono burberi e scontrosi ma anche strambi e imprevedibili: mangiano vecchi pneumatici arrostiti e usano la pinza da barbecue per togliersi i peli dal naso! Meno male che il loro quasi-figlio Sunny non è così strano... a parte le orecchie una su e una giù, i capelli dritti in testa e quel vestito azzurro che indossa ogni giorno. Dal genio comico di Philip Ardagh e con i disegni di Alex Scheffler, illustratore del Gruffalò, un’avventura sorprendente, con tanti incredibili personaggi.
Il divertimento è assicurato!
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