Piccola Peg e la montagna di plastica

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Piccola Peg e la montagna di plastica Alessandro Gatti Illustrazioni di Giulia Sagramola Š2014 Editrice Il Castoro viale Abruzzi 72 - 20131 - Milano www.castoro-on-line.it info@castoro-on-line.it

ISBN 978-88-8033-817-8



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1. Venti camion e due lettere

«S

ignor Acklethorpe, non c’è… qualcosa di strano?», domandò Piccola Peg all’amico posato sul comodino. «Quel rumore là fuori, direi!», rispose senza esitazioni l’orsacchiotto. Era vero! Dalla strada proveniva un baccano fastidioso, del tutto insolito per una tranquilla mattinata nel villaggio di Millygreen. Piccola Peg corse ad aprire le persiane e guardò fuori. Ciò che vide la portò, d’istinto, a stropicciarsi gli occhi e poi a riaprirli. Stava forse ancora sognando? Perché quella interminabile fila di ingombranti mezzi incolonnati sulla strada che portava al villaggio aveva davvero qualcosa di irreale! Piccola Peg, gli occhi sgranati, guardò sfilare ruspe, autobotti, betoniere e altre decine di camion dall’aria arcigna, 5


vagamente simili a carri armati. Il suono rauco dei motori in salita riecheggiava nella vallata e la colonna di veicoli proseguiva fin giù oltre la prima curva. La ragazzina si voltò verso il signor Acklethorpe e lo guardò con aria perplessa. «Mi saprebbe dire che cosa diavolo sta succedendo?!» Ma il saggio orsacchiotto, che aveva sempre una risposta per tutto – anche se poteva sentirlo solo Peg –, questa volta non trovò niente da dire. Piccola Peg si grattò vigorosamente la nuca e ripensò a una cosa che la maestra Blainey aveva detto in classe, poco prima della fine della scuola: ora non siete più piccoli e dovete cominciare a pensare come degli adulti. Bene. “Che cosa avrebbe pensato un

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adulto in quella situazione?”, considerò allora Peg. Che si trattava soltanto di una lunga fila di camion che, così com’era arrivata, molto presto se ne sarebbe andata. Una cosa che si poteva quindi tranquillamente dimenticare, per dedicarsi a qualcosa di più utile. Forse era proprio così che avrebbe pensato un adulto… «Al diavolo!», mormorò Piccola Peg. E come se una scarica elettrica l’avesse appena centrata in pieno fondoschiena, scattò di corsa e si precipitò giù dalle scale. Uscì con un balzo dalla fattoria e continuò a correre verso la strada principale, dove stavano passando gli ultimi automezzi della colonna. «Piccola Peg! Dove vai?», strillò una voce alle sue spalle. La ragazzina la riconobbe subito, era quella di nonno Mint. Ebbe perciò un attimo di esitazione, si voltò e vide il nonno davanti alla fattoria, con i pugni appoggiati sui fianchi. «Solo un attimo!», fece Peg, riprendendo la sua corsa. Quando sbucò sulla strada principale vide che l’ultimo camion era appena passato. Quei bestioni, in salita, procedevano lentamente, e Peg calcolò che ta7


gliando per il prato dei signori Dolan e correndo veloce sarebbe riuscita a raggiungerli alla curva successiva per dar loro un’occhiata più da vicino. Ma la voce di nonno Mint alle sue spalle tornò a brontolare. Peg si fermò sul bordo della strada e sospirò. La scia di fumo puzzolente dell’ultimo camion appena passato le riempì le narici. Si voltò e vide il retro del grande container che il mezzo stava trasportando. Era di colore celeste, con delle vaporose nuvolette bianche che creavano un buffo contrasto con l’aspetto arcigno del camion. «Un incrocio tra un carro armato e un pacco regalo…», fu lo strano pensiero che passò nella testa di Peg. E prima che il veicolo scomparisse oltre la curva, dietro il profilo scuro della segheria abbandonata, la ragazzina fece in tempo a scorgere due lettere blu dipinte tra le nuvolette del container: erano una “R” e una “D”. Ma fu tutto ciò che riuscì a vedere, perché

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poi arrivò il momento di tornare sui suoi passi, prima che nonno Mint si arrabbiasse davvero. «Piccola Peg!», la redarguì il nonno al suo ritorno. «Si può sapere dove stavi scappando? Non ricordi che dobbiamo accompagnare Kyle in città? Abbiamo appuntamento con suo zio Harry e siamo già in ritardo. Vatti a preparare, su!» Piccola Peg annuì e si fiondò in camera sua. In realtà non aveva dimenticato proprio nulla. Aveva semplicemente cercato di non pensarci, perché l’idea di doversi separare da Kyle non la rendeva per niente allegra. E mentre si tuffava nell’armadio per cercare la salopette blu, quella delle occasioni importanti, ripensò a come il suo nuovo amico fosse finito lì alla fattoria dei Mathison. Era stata l’avventura più grande della sua vita e Piccola Peg pensò che ci si sarebbe quasi potuto scrivere un romanzo, su quella storia. Peg era andata in città per togliere il nonno da un brutto guaio, e alla fine era riuscita a salvare anche Kyle, che era tornato in montagna insieme a loro. Guardandosi nello specchio, cercò di sorridere. Non voleva che Kyle la vedesse con una faccia da funerale! E 9


poi ora anche lui poteva ricominciare una nuova vita, ma per farlo avrebbe dovuto tornare in città e sistemare un bel po’ di vecchie faccende. Quello era un viaggio che portava dunque verso cose nuove e belle, e Peg si ripromise di non dimenticarselo. Così, quando lei e Kyle si sedettero sul sedile posteriore della vecchia auto di nonno Mint, cominciarono subito a parlare fitto fitto di tutto ciò che avrebbero voluto fare prima della fine dell’estate. Si parlò, là dietro, di tuffi acrobatici, notti al parco dentro una tenda e colossali mangiate di cocomero. E si rivelò un ottimo modo per tenere lontana la tristezza.

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Quando alla fine del viaggio, dopo aver girato per le vie di un tranquillo quartiere di case basse e piccoli giardini, nonno Mint accostò l’auto al marciapiede, i due ragazzi furono quasi colti di sorpresa. «Ecco lo zio Harry», disse Kyle. In effetti sul marciapiede si era fatto avanti, sorridendo, un uomo alto, robusto, col volto paffuto incorniciato da una barba rossiccia. Piccola Peg sentì un piccolo nodo pungente che le si formava in fondo alla gola. Conosceva quei piccoli, maledetti viluppi sui quali inciampa il respiro e sapeva che avevano la tendenza a esplodere attraverso gli occhi, sotto forma di lacrime. Perciò si sforzò di ricacciarlo giù. Kyle si sbracciò per salutare lo zio oltre il finestrino, quindi si voltò di scatto verso Peg. «È un tipo simpatico, il mio zio preferito», spiegò. «Sono sicuro che con lui riuscirò a mettere le cose a posto, anche con quei pazzi dei miei genitori! E poi…» «E poi?» «Tornerò alla fattoria a trovarti, no?»

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Il nodo traditore stava rimbalzando all’insù, nella gola, e Peg lo ricacciò giù un’altra volta. A Piccola Peg sembrò che anche gli occhi di Kyle luccicassero un po’ e si domandò se non stesse lottando anche lui con uno di quei nodi salterini nella gola. «Eccoci a destinazione, ragazzi!», annunciò non12


no Mint e, dopo avere aperto con un cigolio la portiera della sua vecchia berlina, scese, tendendo la mano al signor Harry, che la strinse in modo affabile. Peg e Kyle si scambiarono un ultimo sguardo, saltarono giù dall’auto e raggiunsero i due adulti sul marciapiede. Mentre zio Harry abbracciava Kyle e ringraziava il nonno, Peg ebbe il tempo di vedere, sullo sfondo, una donna alla finestra, con in braccio una bambina dai lunghi codini. Quell’immagine, così come il resto della casa e il giardino disordinato e pieno di giocattoli, le diedero un’impressione di allegria. Kyle si sarebbe trovato bene in quella famiglia! I saluti furono calorosi e zio Harry li invitò a fermarsi per la cena. Nonno Mint ringraziò, ma spiegò che il viaggio di ritorno sarebbe stato lungo e alla sua età non era il caso di compiere azzardi. Non restò così che risalire in auto e Peg rimase affacciata al finestrino, a ricambiare i saluti di Kyle e zio 13


Harry, che si sbracciavano dal marciapiede. Quando, svoltato un angolo, le due sagome scomparvero dalla sua vista, Peg continuò a guardare fuori, lasciando finalmente che le lacrime le riempissero gli occhi. Furono tuttavia lacrime piccole e discrete, e l’aria tiepida che le sfiorava la faccia le asciugò in fretta. Dopo una veloce sosta per mangiare un panino, Piccola Peg e il nonno si rimisero in viaggio e la loro auto imboccò lo svincolo della grande superstrada a otto corsie. Il traffico estivo era tutt’altro che intenso, il cielo al tramonto si faceva via via più scuro e Peg comin-

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ciò a inanellare dei grandi sbadigli, uno dopo l’altro. I lampioni nelle strade si erano appena accesi e la periferia punteggiata di luci sfilava sonnolenta al di là del finestrino. Piccola Peg si rese conto che, nella foga della partenza, aveva lasciato a casa il signor Acklethorpe. Così non solo ora non lo poteva abbracciare, ma al suo ritorno a casa – ne era certa! – avrebbe dovuto sorbirsi una buona dose di rimbrotti da parte del permaloso orsacchiotto. Sospirò. Per fortuna, sentiva che le sue palpebre si stavano facendo sempre più pesanti e pregustò il momento in cui sarebbe sprofondata nel sonno, cullata dal gracidio della vecchia radio. Quel piacevole momento sembrava essere quasi arrivato, quando Peg vide qualcosa fuori dal finestrino che la costrinse a scuotere bruscamente il capo e a scacciare via il sonno.

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Accanto alla superstrada erano infatti comparse le luci di un luna park, tra le quali spiccava il grande cerchio luminoso di una ruota panoramica. Non era tuttavia quello ad avere colpito Peg, bensì il grande cartellone illuminato che vi si trovava accanto. Un cielo azzurro attraversato da tante vaporose nuvolette, che andavano a circondare due gigantesche lettere blu, una “R” e una “D”.

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2. L’ispettore Peg indaga

C

i volle qualche secondo, ma alla fine la mente di Piccola Peg si snebbiò del tutto. Ma certo! Il camion in fondo alla lunga colonna che era arrivata a Millygreen, ecco dove aveva visto quel cielo a nuvolette e quelle due lettere blu. La ragazzina restò a guardare le luci del luna park fino a quando svanirono in lontananza, quindi si abbandonò sullo schienale con aria pensosa. Un’idea si fece subito largo nella sua mente, lasciandola con gli occhi sgranati. «Nonno Mint? Secondo te è possibile che su al villaggio qualcuno voglia costruire… un luna park?» Il nonno, le mani sul volante, le lanciò un’occhiata divertita. «Non voglio infrangere i tuoi sogni Piccola Peg, 17


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