Pifferaio di Hamelin

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Q

uando gli antipatici cittadini di Hamelin si preparano a festeggiare i loro adorabili, bellissimi bambini (una banda

di mocciosi insopportabili), non hanno la minima idea di quello che sta per abbattersi su di loro. Un’orda di terribili ratti prende d’assalto la città, scatenando il finimondo. Solo il Pifferaio Magico potrà salvarli. Ma sapranno dimostrarsi all’altezza della sua magia?

U na gran de fiaba classica come non l’avet e mai vista

con le splen di de illust razioni di C hris R i ddell. , levisione dio e in te fico, noto ra in re resentato ematogra è attore, p e produttore cin d raio di n a r B l re Russel , cantante, doppiato spirito irriverente. Il Piffe tato e lo comico gazzi. ere sfron tt n ra a c bro per ra il li o per to un gra im r p i e ha vin 2015-2017, è il suo r b n li li e to m n a e H te ic ’s Laurea ato più d zi. ha realizz ominato Children dei libri per ragaz l el d id R Chris di premi. È stato n inglese nell’ambito Agata De Gotici. ento line e numero riconoscim delle serie di Otto o im s s a il m tore toro, è au Per Il Cas

€ 15,50 ISBN 978-88-6966-070-2

www.castoro-on-line.it





una volta, in un tempo misterioso che esiste in una finestra della vostra mente, un tempo che appariva a quelli di allora esattamente come appare oggi a noi – tranne che loro avevano i denti più sporchi e tantissime cose erano fatte di legno –, c’era dunque una volta una città chiamata Hamelin. Gli abitanti di Hamelin erano gente piena di boria, e amavano a tal punto se stessi e la loro città che, se solo fosse stato possibile, avrebbero passato tutto il giorno chiusi in una tuta spaziale a odorare le proprie flatulenze. Ma a quel tempo le tute spaziali non erano state ancora inventate, quindi non potevano farlo. Invece organizzavano gare e concorsi interminabili e pomposi per stabilire chi coltivasse le migliori verdure o avesse l’orto più rigoglioso, o la scrofa con le mammelle più belle. Ma la competizione più prestigiosa era Il bambino più bello di Hamelin. I concorsi erano un buon modo per controllare che tutto filasse liscio, ordinato e normale. Agli abitanti di Hamelin piaceva che tutto fosse liscio, ordinato e normale. Hamelin gli stava bene così com’era: ordinata, curata e controllata. Non gli andava che qualcuno o qualcosa arrivasse a Hamelin e buttasse all’aria la perfezione dei suoi confini e delle sue linee. Né idee, né stranieri, né animali. Se proprio avessero sentito il bisogno di gente nuova, pensavano gli hamelinesi, se la sarebbero procurata da soli, fabbricando bambini di Hamelin in perfetto stile hamelinese.


O

ra, per vostra informazione, i bambini di Hamelin erano uno squallido branco di mocciosi dalle guance rosa che si

abbuffavano di cioccolato, tracannavano limonata,

ruttavano a piacimento e avevano le tasche piene di ogni tipo

porcherie.

di


Non mi sarei mai avvicinato a nessun bambino di Hamelin con un premio per la “bellezza�, a meno che

non fosse la scusa per dargli una botta in testa.


V

a bene, d’accordo, sarò onesto, visto che l’onestà è

considerata COSÌ importante: tra tutti i bambini di Hamelin ce n’era uno a cui non avrei dato volentieri un calcio nel sedere. Il suo nome era Sam, e aveva una gamba malandata, nel senso che era tutta rinsecchita e sottile come quella di un passero. In hamelinese lo avrebbero definito “storpio”. Sam era arrivato sul pianeta Terra con un arto difettoso, e quando sua madre l’ebbe partorito i medici le dissero senza nessun garbo che il suo bambino era anormale.


«G

li vorrò bene lo stesso o forse di più», disse lei. I medici – con gesto poco professionale, lasciatemelo dire – alzarono gli occhi

al cielo con esasperazione. «C’è un posto adatto ai bambini come lui alla periferia della città; un posto per piccoli malmessi, con gli occhi sporgenti, la pelle troppo gialla o blu o non abbastanza rosea, con le gambe rinsecchite o con troppe dita. Lo piazziamo nel carretto, e per l’ora del tè sarà già a destinazione», disse il capo dei medici dando un’occhiata al suo gigantesco e sciccoso orologio, capace di cose di cui lui non aveva nessunissimo bisogno. Anche se viveva a Hamelin da tantissimo tempo e sapeva che le persone potevano essere veramente crudeli, la mamma di Sam era sconvolta. «Non se ne parla! Io amo questo bambino! E lui resterà con me. Il suo nome è Sam.» E se lo abbracciò stretto stretto. «Forse sarebbe più felice sistemato in quell’assurdo deposito per bambini sgorbi alla periferia della città», disse il padre di Sam, con una sigaretta accesa in bocca davanti alla finestra, proprio sotto la scritta «Vietato fumare».


A

l padre di Sam riusciva difficile amare le persone perché i suoi genitori erano stati un po’ freddini ed egoisti. Forse dovremmo

dimostrargli empatia, cioè cercare di comprenderlo senza giudicarlo; ma mi dispiace così tanto per il piccolo Sam appena nato che penso di buttar fuori dalla storia quel poco di buono di suo padre fin da subito, così.

Ecco fatto. Non ne

sentiremo

più

parlare.


P

er fortuna Sam aveva sua madre, e lei compensava più che abbondantemente il suo essere nato con una gamba più magra di quelle

delle altre persone, e perfino più magra dell’altra sua gamba. «Sam, tu sei perfetto così come sei, una perfetta espressione dell’amore che provo per te. Non cambierei niente del tuo aspetto perché non mi sognerei di tentare di aggiustare la perfezione.» Questa era una cosa bella da dire, e dava a Sam grande conforto e pace interiore, due cose di cui aveva bisogno perché, ogni volta che usciva di casa, gli altri bambini di Hamelin si comportavano come delle vere carogne con lui.


Q

uando era piccolo e imparava a camminare, Sam saltellava sulle grucce cercando di unirsi a quel branco di vomitevoli perdigiorno,

ma loro lo respingevano con gli insulti più ignobili. «Sparisci Sam, mostriciattolo storpio!»

«Ma sì! Va’ a zoppicare dentro un fosso!»

«Non sei nessuno e non varrai mai un fico secco!»


S

am ci restava malissimo, ma non lo dava mai a vedere. Anzi diceva mentendo: «Pietre e bastoni possono rompermi le ossa, ma le

parole non mi feriranno mai». Questa sua dichiarazione, interpretata letteralmente, indusse in realtà alcuni bambini a prenderlo a sassate. «Devo trovare qualcosa di meglio come risposta tagliente», pensò Sam sfregandosi il bozzo che gli era venuto sulla testa.



D

i tutti i mangiacaccole, tirasassi, buoni a nulla fatti e finiti di Hamelin, il peggiore in assoluto era Bob il Grasso, una palla

di puro egoismo rivestita di cioccolato. Forse perché aveva vinto i concorsi per il bambino più bello, per non parlare di tutta una serie di altre competizioni, meno importanti ma pur sempre prestigiose: rutto più cavernoso (tre anni di fila), scoreggia bagnata (finalista di zona), cacca più squacquera (premiato con la coccarda beige di Hamelin). Di quest’ultima onorificenza andava talmente fiero che se l’appiccicava sul petto quasi tutte le mattine, e una volta, in occasione delle vacanze di metà trimestre, momento di grande eccitazione per Bob il Grasso, era talmente ansioso di indossarla che si trafisse il petto gommoso con la spilla da balia. Di solito andava in giro vestito come Paperino, ovvero con una casacca da marinaio, ma con le mutande. Aveva un dente d’oro, le ginocchia piene di croste, e guance talmente rosee che, se fossi stato sicuro di farla franca, gliele avrei punzecchiate con una forchetta. Come molti bulli, Bob il Grasso si muoveva con banda al seguito. Così evitava di fare i conti con il senso di vuoto e di solitudine che abitava in un angolino nascosto del suo cervello; poteva vivere nel frastuono variopinto del giorno creando scompiglio con i suoi seguaci e cogliendo l’attimo fuggente a suon di canzonacce e cortei.


G

retel, che di solito ruotava nella sua orbita, adorava Bob il Grasso. Le guance,

la coccarda, il rosso alone di sangue sul suo petto erano per lei i segni caratteristici di una brava persona. Ora, dovete sapere che Gretel era quella che si dice una gran bella ragazza. Alta, alta come un grattacielo edificato su cumuli d’amianto (lo fanno, sapete), occhi blu scuro come le acque degli oceani più profondi dove la gente scarica i rifiuti (succede anche questo) e i capelli un’aggrovigliata massa d’oro senza ovvie connotazioni di crudeltà o irresponsabilità. Devo riconoscerlo, aveva dei gran bei capelli.


A

nche Dennis andava dietro a Bob il Grasso. Dennis era talmente poco degno di nota che fingeva di essere

qualunque cosa gli venisse richiesto di essere in qualunque momento, solo per poter far parte del quadro. Guardate i disegni che lo ritraggono. Ăˆ sempre diverso.

Visto?


Q

uando gli antipatici cittadini di Hamelin si preparano a festeggiare i loro adorabili, bellissimi bambini (una banda

di mocciosi insopportabili), non hanno la minima idea di quello che sta per abbattersi su di loro. Un’orda di terribili ratti prende d’assalto la città, scatenando il finimondo. Solo il Pifferaio Magico potrà salvarli. Ma sapranno dimostrarsi all’altezza della sua magia?

U na gran de fiaba classica come non l’avet e mai vista

con le splen di de illust razioni di C hris R i ddell. , levisione dio e in te fico, noto ra in re resentato ematogra è attore, p e produttore cin d raio di n a r B l re Russel , cantante, doppiato spirito irriverente. Il Piffe tato e lo comico gazzi. ere sfron tt n ra a c bro per ra il li o per to un gra im r p i e ha vin 2015-2017, è il suo r b n li li e to m n a e H te ic ’s Laurea ato più d zi. ha realizz ominato Children dei libri per ragaz l el d id R Chris di premi. È stato n inglese nell’ambito Agata De Gotici. ento line e numero riconoscim delle serie di Otto o im s s a il m tore toro, è au Per Il Cas

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