Armand Baltazar Timeless. Diego e i Ranger del Vastatlantico Traduzione di Alessandra Orcese Š 2018 Editrice Il Castoro Srl viale Andrea Doria 7, 20124 Milano www.castoro-on-line.it info@castoro-on-line.it Titolo originale: Timeless. Diego and the Rangers of the Vastlantic Pubblicato per la prima volta nel 2017 da Katherine Tegen Books, imprint di HarperCollins Publishers Š 2017 Armand Baltazar ISBN 978-88-6966-360-4 Finito di stampare nel mese di settembre 2018 presso Rotolito S.p.A. - Seggiano di Pioltello (MI)
Traduzione di Alessandra Orcese
A Dylan & Sharon Baltazar e al mio amico Kevyn Lee Wallace
h Prologo
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a fine del nostro mondo non è arrivata come ce la saremmo aspettata. Non è stata causata da nessuna delle cose di cui oggi si fa un gran parlare: guerre, disordini, cambiamento climatico. Non sono stati la nostra arroganza, l’orgoglio, l’egoismo. No, alla fine sono stati la creatività e il genio. Pensavamo di fare la storia cambiando il futuro. E, alla fine, abbiamo fatto entrambe le cose. È giunto da dietro le stelle, un evento cosmico che mai avremmo potuto predire, una rottura del continuum spazio-temporale che ha sconvolto la nostra intera esistenza. Non solo il nostro presente, ma il passato, il futuro, tutto ciò che gli esseri umani erano o sarebbero stati. Sparito. E ciò che è rimasto era un vuoto, dove echeggiavano i deboli sussurri di un mondo che non esisteva più. Non è stata la fine, però. Al genere umano è stata data una seconda opportunità. Dal grande silenzio, la terra è rinata, come mai ce la
saremmo immaginata. I dinosauri abitavano le grandi pianure accanto a mammut dal pelo lungo e a mandrie di bufali di milioni di capi. Grandi battelli a vapore e velieri attraversavano i porti passando sotto le gambe di imponenti robot. Il passato, il presente e il futuro, rimescolati. Rimodellati i continenti, riformati gli oceani e le montagne scolpite da zero. Questo era il mondo dopo la Collisione Temporale. Il centinaio di milioni di esseri umani sopravvissuti al cataclisma provenivano dalle più svariate epoche storiche e si sono ritrovati sparpagliati sulla superficie del pianeta. La gente del passato civilizzato è stata chiamata Popolo del Vapore, quella tra le due epoche Popolo di Mezzo, e quella del futuro i Superiori. E dato che questi rifugiati delle diverse ere lottavano per la sopravvivenza in un mondo pericoloso senza più ordine, il conflitto è stato inevitabile. Non ci è voluto molto, perché questo nuovo paesaggio selvaggio e splendido al tempo stesso diventasse lo sfondo di una guerra.
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Ma dopo anni di battaglie, questa gente disperata si è finalmente resa conto dell’inutilità del farsi male a vicenda e ha compreso di dover collaborare. Ha proclamato la fine di quella che sarebbe passata alla storia come la Guerra del Tempo e si è riunita suo malgrado dando vita a governi, leggi e comunità. La fragile pace ha fatto sì che le città superstiti fossero ricostruite e le nazioni si ricostituissero. Hanno ripreso a nascere bambini, e i misteri e le meraviglie di questo nuovo mondo sono diventati oggetto di esplorazioni. L’oscurità non era stata sconfitta, però. Nonostante tutti gli sforzi del genere umano, c’era ancora chi vagava per le terre selvagge e non si sarebbe mai sottomesso alla pace e all’ordine, e avrebbe colpito chiunque si fosse frapposto fra lui e il potere…
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… per appropriarsi di quel mondo.
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PA RT E PR I M A
Un mondo ricostruito
I due giorni piĂš importanti della tua vita sono quello in cui nasci, e quello in cui ne scopri il motivo.
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h CAPITOLO UNO
Sognando di volare
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a mattina del suo tredicesimo compleanno, Diego Ribera ebbe una fugace visione del proprio futuro in un sogno. Era un sogno che aveva già fatto, di cui aveva paura, e cominciava sempre con suo padre che lo chiamava attraverso l’oscurità. «Diego. Ci serve più luce.» La voce di Santiago echeggiava nell’ampio laboratorio. Se ne stava in alto, sopra un’impalcatura blu sbiadito, tra gli enormi robot disposti tutto intorno nel locale. Armeggiava con una chiave inglese grande quanto il suo braccio e si sporgeva pericolosamente fin dentro gli ingranaggi unti di un’enorme articolazione della spalla. La testa, le braccia e le gambe del robot erano sparse sul pavimento in vari stadi di completamento. 5
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h Seduto su uno sgabello, Diego fissava uno degli enormi occhi di robot sistemato sul banco da lavoro centrale. Ne stava studiando i ghirigori geometrici nell’iride. Funzionava come il diaframma di una fotocamera dell’Era di Mezzo. Diego immaginò le placche di metallo che si aprivano in sequenza, come petali di un fiore. Si figurò i piccoli pistoni che scattavano uno dopo l’altro, e come si connettevano ai processori a vapore. Gli pareva di sapere come avrebbero funzionato quei meccanismi, ne intuiva lo scopo. Si chiese se fosse così che la viveva suo padre. Tutti a New Chicago consideravano Santiago un genio: la mente più brillante della nuova era. Era un meccanico, un inventore, un visionario. Qualcuno gli aveva anche dato del ciarlatano, asserendo che le sue creazioni fossero tanto ingegnose da implicare necessariamente un qualche tipo di trucco o imbroglio, ma quelle persone non avevano mai osservato Santiago assorto nel proprio lavoro. «Diego, mi hai sentito?» «Sì, scusa, papà.» Diego si lasciò scivolare giù dallo sgabello. In un batter d’occhio fu in piedi davanti a una delle imponenti finestre dell’officina. Si era mosso senza muoversi. Sto sognando, pensò Diego, anche se si trattava di una consapevolezza vaga. I contorni del sogno erano diluiti in un’oscurità acquosa. Spalancò le pesanti tende. La luce brillante del mattino si riversò nella stanza. «Così va bene?», chiese Diego senza voltarsi. Nessuna risposta. «Papà?» 8
h Diego si voltò. Si ritrovò nuovamente al centro della stanza… Ma suo padre era sparito. Così pure il robot al quale stava lavorando. E tutti gli altri. Niente impalcature, il pavimento dell’officina vuoto in ogni direzione. Fatta eccezione per il tavolo al quale prima sedeva Diego. Anche l’occhio del robot era sparito, solo che adesso al suo posto era apparso qualcosa di ancora più interessante, splendente nella luce dorata. Una tavola gravitazionale. Lunga un metro e mezzo, in legno di ontano, Kevlar e lega cromata, decorata a strisce bianche e rosse. Lo zainetto a vapore portatile e i guanti direzionali appoggiati lì accanto. Di tutte le strabilianti invenzioni di suo padre, la tavola gravitazionale era la preferita di Diego. Lui e il suo amico Petey ci avevano sfrecciato in lungo e in largo nell’officina diverse volte. Cionostante, la visione della tavola lo riempì di preoccupazione: aveva già fatto quel sogno. La tavola compariva sempre dopo che suo padre era sparito. C’era un sentore di pericolo. Qualcosa che non riusciva ad afferrare. «Diego.» «Papà?» Diego diresse lo sguardo nell’ombra. Ma non sembrava la voce di suo padre. «Chi è là?» L’inquietudine si fece largo nella sua pancia. Quello poteva anche essere un sogno, ma la sua paura era fin troppo reale. Scorse una sagoma nello spazio scuro tra due finestre. La figura avanzò nella luce del mattino. Non era suo padre. Più 9
h bassa. Una ragazza? Difficile dirlo. Indossava spessi occhiali protettivi e un cappello da aviatore. Sembrava avere più o meno la sua età. «Chi sei?», chiese Diego. La ragazza rimase immobile. E quando parlò di nuovo la sua bocca non si mosse, mentre la sua voce riecheggiò nella mente di Diego. Vola. Poi sparì. Una folata di vento. Diego si voltò appena in tempo per vedere la ragazza che balzava fuori dalla finestra. «No, aspetta!» Diego le corse dietro. Guardò giù, verso la strada affollata dieci piani più in basso, ma la ragazza non giaceva inerte sui binari della ferrovia, né galleggiava riversa nel canale. Sfrecciava via a mezz’aria, invece, sopra la propria tavola gravitazionale. Vola! La voce divampò fra le tempie di Diego. Doveva muoversi. Doveva agire. Prese la tavola gravitazionale dal tavolo. Infilò lo zaino a vapore sulle spalle. Il peso della caldaia in ottone miniaturizzata e del convertitore di pressione gli fecero perdere l’equilibrio, ma si rimise diritto e scattò verso la finestra. Si infilò gli spessi guanti di pelle, coperti di pulsanti e collegati allo zaino da tubicini. Agganciò il regolatore e indicatore di potenza, fece scattare gli interruttori e rimase in ascolto del familiare sibilo della caldaia che entrava in funzione… Un attimo dopo sfrecciava verso il cielo. 10
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Il vento gli vorticava intorno. Le finestre gli passavano accanto velocissime, sfocate. Diego si tuffò in picchiata giù, verso la strada, ma tenne stretta la presa sulla tavola con entrambe le mani e la fece scivolare sotto i piedi. Premette un interruttore sul guanto, attivando gli agganci magnetici, e gli scarponcini si fissarono in posizione. Fece forza sulle gambe e spostò il peso, mentre il terreno si avvicinava in velocità... Alla massima potenza la turbina a vapore gemette, la tavola fendette l’aria e Diego planò in avanti, sfiorando i tendoni dei negozi e gli alti cappelli delle signore del Popolo del Vapore. Finalmente riprese a respirare, il volto immerso nella brezza. Sì! Provò una sorta di eccitazione luminescente, 14
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mentre si librava nell’aria, un sentimento agognato per tutta la vita, che sapeva di avere nel sangue. Fece forza sulla tavola contro il vento, virando a destra e sinistra. I movimenti gli risultarono naturali quanto quelli del camminare, solo che questo era molto meglio. Sfrecciava sopra New Chicago, i canali e i binari del treno ostruiti dal traffico mattutino di piroscafi e filovie, i marciapiedi gremiti di soprabiti, tuniche in pelle e mantelli di raffinata fattura, un mondo in cui si scontravano suoni e colori, odori di sterco di cavallo e olio di motore, di granturco arrostito nei chioschi e di mare. In lontananza, gli sbuffi di fumo delle grandi navi a vapore e dei robot portuali dipingevano l’alba del colore dell’oro. 15
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Diego individuò la ragazza dritto davanti a sé, che fendeva il cielo. Doveva raggiungerla, prima che fosse troppo tardi. Non sapeva perché, sapeva solo di doverlo fare. Qualcosa che aveva a fare con il tempo, pensò. Si trattava sempre del tempo, che in quel mondo scorreva in avanti e indietro, ma nel sogno… Era agli sgoccioli. Diego era il vento. Era il cielo. Si sentiva leggero come l’aria e sapeva che quello era ciò che aveva sempre desiderato, proprio come sua madre. Di volare libero. 18
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Scorse di nuovo la ragazza, che spariva dietro la curva successiva. Tagliò l’angolo così stretto che la spalla rimbalzò contro il muro di mattoni, ma le era quasi arrivato alle spalle. Se fosse riuscito a raggiungerla, avrebbe potuto strappare il tubo principale dal suo zaino a vapore per disattivare la tavola. E avrebbe potuto scortarla giù fino al canale, così sarebbe stata al sicuro. Al sicuro da cosa? Diego non ne aveva idea. 19
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Svoltarono bruscamente dentro una grande piazza dalle parti del municipio. L’edificio era una torre imponente, un misto di architettura Superiore e dell’Era di Mezzo, la piazza una serie di camminamenti che galleggiavano sull’acqua, tra fontane che gorgogliavano in disegni intricati. Diego fu sorpreso di trovarla gremita di persone, una folla enorme. Tante altre confluivano da ogni lato, ciascuna guardando all’insù e indicando qualcosa. 22
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Ma l’umore della folla mutò: i mormorii passarono dallo stupore alla preoccupazione. Quelli che non indicavano il cielo si spintonavano l’un l’altro, nel tentativo di scappare. Diego si guardò attorno per localizzare la sua compagna di volo, ma della ragazza non c’era più alcuna traccia. Sparita.
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h Le esclamazioni sotto di lui si tramutarono in grida di terrore. Panico. Persone che si spingevano a terra a vicenda per fuggire via. Diego seguì con lo sguardo le dita puntate fino al grande orologio in cima al municipio, che brillava nel sole del mattino. Sulle prime, pensò che l’orologio doveva essersi rotto, perché sembrava che mancassero le lancette. A volte capitava ancora che si verificassero dei terremoti, dovuti alle nuove faglie dove la crosta terrestre si era rifusa, ma non si trattava di questo. Le lancette erano ancora al loro posto: solo, stavano vorticando tanto in fretta da apparire sfocate. E giravano all’indietro. Quell’immagine gli annebbiò la vista. Dovette chinarsi e afferrare i lati della tavola per mantenere l’equilibrio. Così facendo, vide la piazza sotto di sé deserta. Tutte quelle persone. Sparite. Anche le strade limitrofe erano vuote, i binari e i canali sgombri, niente velivoli in cielo, né fumo dai piroscafi nel porto. C’era un silenzio di tomba. Il suo stesso respiro gli faceva eco nella testa. L’unico altro rumore che sentiva era il ronzio delle lancette dell’orologio. La tavola di Diego prese a vibrare. I palazzi cominciarono a tremare. Le lancette dell’orologio si fermarono di colpo, e il mondo parve arrestarsi. Persino Diego, il respiro bloccato in gola, la tavola ferma a mezz’aria… Poi, il mondo si mise a ruggire. Diego sfrecciò via il più velocemente possibile. Dietro di lui vortici di acqua e cenere che si avvicinavano. Barche e tram 27
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h sbalzati per aria, sospinti dalla forza dell’esplosione. Il cielo divenne scuro, nuvole e polvere tutt’intorno, che inghiottivano Diego. Perse di vista il cielo, i palazzi e… Una voce lo raggiunse, portata da un vento infinito, e scandiva una sola parola che pareva arrivare da centinaia di chilometri di distanza. «Avanti.»
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h CAPITOLO DUE
I Ribera di New Chicago
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li occhi di Diego si aprirono di scatto, la visione della città che si sgretolava ancora vivida nella mente. Sbatté le palpebre e sopra di sé vide un incavo di metallo punteggiato di rivetti. L’interno del letto. Fece un respiro profondo. Era stato solo un sogno… un incubo. Si issò sui gomiti, facendo attenzione a non sbattere la testa contro la vecchia cisterna di propano che suo padre aveva modificato perché assomigliasse a un sottomarino dell’Era di Mezzo. Il letto era stato un regalo per l’ottavo compleanno di Diego. Adesso, quando dormiva, i suoi piedi ne sfioravano il fondo. Perlustrò la stanza con gli occhi e constatò che ogni cosa era al proprio posto. Diego rabbrividì. Durante il sonno aveva scalciato via le 31
“Baltazar è riuscito a creare un mondo vivido e dei personaggi brillanti, rendendo Timeless una lettura indimenticabile. Un viaggio meraviglioso che rimarrà con voi molto dopo l’ultima pagina del libro.” —RIDLEY SCOTT, regista di Alien, Blade Runner e The Martian “Timeless è una grande avventura arricchita da meravigliose illustrazioni, piena di idee fantasiose ed emozionanti che fanno venire voglia di entrare nella storia e vedere cosa accadrà dopo!” —PETE DOCTER, regista di Inside Out, Up, e Monsters & Co.. “Dinosauri! Capolavori meccanici! Steampunk! Macchine volanti! Mistero! Avventura! Pulp! Tutto in un unico mondo. Armand Baltazar ha fuso i generi in modo tanto brillante da far sembrare impossibile che finora siano stati separati. Timeless è una straordinaria avventura visiva.” —MARK ANDREWS, regista di Ribelle - The Brave “ Timeless è un’incredibile combinazione di storico e futuristico, fantasia e avventura, familiare e romantico. E tutto bilanciato alla perfezione!” —BRENDA CHAPMAN, regista di Ribelle - The Brave e di Il principe d’Egitto “Il mondo straordinariamente immaginifico di Baltazar apre la mente e ispira a vedere oltre le convenzioni.” —CARLOS SALDANHA, regista di L’era glaciale e Rio
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