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24 ANNI DI PRESENZA Le nostre iniziative Periodico di cultura, informazione e pensiero del Centro Studi Bruttium (Catanzaro) Registrato al Tribunale di Catanzaro n. 50 del 24/7/1996. Chiunque può contribuire alle spese. Manoscritti, foto ecc.. anche se non pubblicati non si restituiranno. Sono gratuite (salvo accordi diversamente pattuiti esclusivamente in forma scritta) tutte le collaborazioni e le prestazioni direttive e redazionali. Gli articoli possono essere ripresi citandone la fonte. La responsabilità delle affermazioni e delle opinioni contenute negli articoli è esclusivamente degli autori.

Anno XXIV Numero 2 - 2020 Direttore Responsabile Giuseppe Scianò Direttore editoriale Pasquale Natali Presidente Raoul Elia Progetto Grafico Centrostudibruttium.org info@centrostudibruttium.org 1996 – Torneo Scacchi Viventi Catanzaro

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1997 – Il Libro e la Leggenda di Lao – Tzu

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Anche questo mese ci siamo!

EDITORIALE

Pasquale Natali

Nel prossimo numero

Il mese di Febbraio ci sta lasciando e il Centro Bruttium ci (ri) lascia un secondo numero della rivista La Ciminiera. Fulcro di questa rivista, come di tutte le riviste di questo 2020, è l’incontro con l’artista calabrese. Nel numero di febbraio viene presentato il pittore catanzarese Pino Lavecchia. L’incontro con l’artista Pino Lavecchia è stato per me un momento emozionante (reciproco) in quanto non ci vedevamo/ sentivamo da quasi 40 anni e mi ha ricordato i primi anni della mia esperienza di docente del Liceo Artistico, io giovane tra i giovani e Pino tra questi. Ho seguito la sua crescita artistica e la sua conclamata e ormai indiscussa presenza nella cultura pittorica a cui oggi noi rendiamo omaggio. Raoul Elia, nostro amato e stimato Presidente, ci apre un interessante spiraglio sulla discussione scientifica della possibile esistenza di molteplici Terre parallele che, come illustra nel suo intervento, è fonte di ispirazione continua per gli autori di fantasy e fantascienza, sia in versione cartacea che cinematografica. Io non credo sia impossibile ma, se è vero che tutto quello che riusciamo a pensare è possibile, evito di scommettere. Continua con il presentarci la storia della famosa Bibbia del diavolo, libro alquanto sorprendente e non solo per le sue enormi dimensioni. Con grande piacere apriamo nuovamente le pagine della rivista al prof. Domenico Caruso che, come sempre, ci stimola alla ricerca letteraria proponendoci una analisi di testi danteschi che interessano la Calabria nel rapporto con l’Italia tutta. Rientra con noi anche il dott. Angelo Di Lieto che dal prossimo numero avrà una rubrica fissa e ci diletterà con le sue stupende ricostruzioni storiche di avvenimenti e personaggi che hanno segnato la nostra regione e tutto il Sud Italia. Seguono altre pagine piacevoli e veloci nella lettura che, siamo sicuri, apprezzerete. Buona lettura e al prossimo numero.

Il Bruttium incontra gli artisti

Calabresi Terza puntata

Benito CRISTINI la Ciminiera 3


E DUE

Raoul Elia

E due. Due riviste a distanza di 30 giorni. 3 se contiamo anche l’ultima del 2019. Non mi par vero. E non è mutata la foliazione, sempre sulle 24/28 pagine, né tanto meno la qualità degli articoli che la rivista ospita. Anzi, con la ricomparsa di una firma storica della rivista, il prof. Caruso, lo spessore de la Ciminiera cresce esponenzialmente, e spero che possa continuare così, visto che, già dalla prossimo numero, alle firme già presenti si affiancherà una firma prestigiosa da troppo tempo assente da queste pagine, quella di Angelo Di Lieto. E altre firme ancora sono in dirittura di arrivo. Non senza un certo orgoglio noto l’entusiasmo con cui vecchie e nuove firme abbracciano l’idea di scrivere la Ciminiera. E noterete che non ho usato “per”. Normalmente, infatti, gli autori sono distaccati freelance, mentre, in questo caso, la penna è non solo esperta e sicura, ma anche entusiasta e partecipe, membro di una redazione che, più che una redazione di giornale, sembra piuttosto un Bullpen Bulletin della Marvel degli anni d’oro, mi si perdoni la citazione dal mondo dei fumetti (ma, visto che ancora una volta, proprio sulle pagine di questa rivista appare un mio articolo sul mondo dei comics, penso di poter dire la mia in materia), vulcanico e creativo coacervo di idee e proposte. Non sembrano neanche passati tanti anni da quando tutto è cominciato. E invece sono 25, gli anni. Un quarto di secolo. Spero li festeggeremo insieme, su queste pagine e non solo. A presto, per nuove anticipazioni e riflessioni. Vostro Raoul Elia

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Il Bruttium incontra gli Artisti

Calabresi Seconda puntata

di Raoul Elia

Ci parli un po’ di lei e della sua formazione...

Intervista a: PINO LAVECCHIA

Copertina: BAGNO (Olio su tela 2009 ) di Pino Lavecchia https://www.artmajeur.com/it/ pinolavecchia/artworks

Nel 1972, terminati gli studi presso il Liceo artistico di Catanzaro, decido di iscrivermi all’Accademia delle Belle Arti di Firenze dove frequento il corso di scenografia. Le visioni della città di Firenze ed i suoi musei hanno lasciato tracce indelebili nel mia mente e, di conseguenza, nella mia formazione artistica; così come gli studi di scenografia, visibili in molte mie opere. Al periodo fiorentino segue il rientro a Catanzaro, caratterizzato dalla mostra realizzata con il gruppo Mauthausen “La violenza oggi ed un’ipotesi di pace”. Successivamente ha inizio il periodo del “postatomico” nome attribuito ad un gruppo di opere molto intense in cui la violenza della pittura è messa in risalto dalla potenza dei colori. Con la mostra di Parigi del 1994 si apre definitivamente il sipario sulla pittura surreale e metafisica che caratterizza la mia intera produzione artistica in cui emerge anche la mia formazione legata alla tradizione classica e alle suggestioni da parte dei Maestri del passato. Recentemente la mia ricerca è incentrata sull’inquinamento, il cui tema è sviscerato in una lunga serie di lavori tra cui la serie “Anthropology”, dove è possibile scorgere riferimenti alla mitologia greca, ed una serie di lavori che hanno come soggetto i fondali marini del nostro meraviglioso mare Jonio. Infine, le ultime tele “Vulcano”, “L’ira di Zeus” e “ La morte di Kronos” rappresentano uno scenario apocalittico dove il tempo (La morte di Kronos) non è più sufficiente a recuperare questo paradiso perduto che è la terra. la Ciminiera 5


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L’incredibile maestria nella resa della natura fluida e luminosa dell’acqua è un suo marchio di fabbrica. Come è riuscito a creare un effetto ottico così complesso e spettacolare? Sono sempre stato affascinato dalla semplicità della luminosità dell’acqua e questo mi ha spinto a studiarne la sua dimensione facendo centinaia di immersioni in bellissimi fondali. La luce presente sott’acqua è una luce in divenire, ricca di effetti ottici non visibili nel quotidiano, diversa dalla luce statica che noi conosciamo. L’effetto ottico è dovuto al movimento della luce che si crea in acqua e alla sinergia con gli elementi marini. Il resto è esperienza, acuta osservazione e bravura tecnica.

creato. I miei corpi sono contestualizzati in ambienti onirici dove la bellezza dell’oggettività non è mai persa di vista e, quindi, il contrasto tra la fisicità dei corpi e l’astrazione degli spazi vuoti – punto di attrazione della cultura zen- è molto evidente. La libertà che ci è stata trasmessa dai maestri surreali e metafisici consiste nel far convivere oggetti antitetici che, comunque, messi uno accanto all’altro creano un nuovo linguaggio poetico; un esempio è Canto d’Amore di De Chirico dinnanzi al quale Magritte dichiarò di aver visto per la prima volta il pensiero. Nelle sue opere, accanto ad una ricerca sulla luce e il colore, si legge chiaramente un rapporto quasi post moderno con la storia dell’arte.

Molto interessante è anche l’attenzione al corpo e alla sua fisicità, che risalta nello spazio astratto della metafisica. Quali sono le ragioni di questo contrasto? Nel corpo umano converge tutta l’energia cosmica e quindi la bellezza del

Quali sono gli autori a cui fa riferimento? Gli autori a cui faccio riferimento sono in modo particolare i maestri Dalì, De Chirico ed Yves Tanguy, il quale mi ha fatto capire quanto sia importante il

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vuoto della tela. In effetti, questo vuoto suggerisce un non spazio da riempire di sogni e poesie, acque e rocce, templi, colonnati e chiostri in cui la divina architettura ritrova echi della geometria celeste e dell’armonia cosmica. Cosa ne pensa degli strumenti digitali? Li usa? Da questo punto di vista voglio considerarmi un barbaro. Non mi sono mai avvicinato agli strumenti digitali perché li trovo freddi e preferisco adoperare gli strumenti tradizionali della pittura che considero altamente poetici.

stato anche Caravaggio. Nelle mie nature morte la luce staglia come un colpo di frusta. Gli sfondi neri trasformano la realtà in iperrealtà. Un occhio attento può cogliere i particolari degli oggetti da me rappresentati e dietro la cui realizzazione si cela una profonda indagine. Nel fare creativo, i particolari risultano essere le note più assordanti di un’armonia complessa e virtuosa. Il particolare diventa rispetto per la bellezza e compiutezza tecnica. Così lo sguardo si trasforma in un bisturi necessario per comprendere lo spirito che esiste in ogni oggetto.

Come si è avvicinato alla pittura? Avevo non più di 10 anni quando ricevetti in dono dei colori. Da quel momento iniziò questa emozionante e “maledetta” avventura che continua ancora oggi. A quali artisti contemporanei guarda o ha guardato? Il panorama contemporaneo mi suscita poco entusiasmo perché non ci sono più maestri. Tutto si svolge tra happening, performance ed eventi, opere effimere ed installazioni temporanee. Tutto piuttosto che creare qualcosa di concreto. Secondo Jean Clair: “questo panorama ricorda l’annaspare di un uomo che si dibatte nell’acqua con gesti sempre più disordinati fino ad annegare. L’arte contemporanea è il racconto di un naufragio e di una scomparsa”. Anche nelle nature morte si legge l’influenza della tradizione dell’arte italiana, ad esempio, Caravaggio. Accanto però a queste influenze, si legge una particolare attenzione al dettaglio e all’uso della luce e del colore, ad esempio, nella definizione dei liquidi e delle bucce della frutta e della verdura. Cosa ha determinato questa attenzione ai particolari e al loro rapporto con la luce il colore? Uno dei grandi maestri che ha influenzato la mia operazione artistica è

Il tempo delle ciliegie

Ciliegie30x60 .jpg

Ci sono tecniche o formati che predilige? L’unica tecnica che adopero è la tecnica tradizionale della pittura ad olio, impiegata prevalentemente dai Maestri del Rinascimento. La pittura ad olio mi permette di realizzare un disegno con la Ciminiera 7


Waterlilies-2

Pollusion-1

relativo abbozzo o prima stesura del colore a cui seguono una seconda stesura, ritocchi e velature che mi danno la possibilitĂ di ottenere effetti di luce difficilmente raggiungibili con altre tecniche pittoriche. Quali strumenti di lavoro privilegia? I miei strumenti di lavoro sono quelli della pittura tradizionale. 8 la Ciminiera

L’ira di Zeus


Giochi di luce e metafisica del domani

di Raoul Elia

Malinconica poesia

La luce, i suoi riflessi, il corpo, il rapporto fra materiale ed immateriale, il rapporto con la tradizione dell’arte italiana, soprattutto Caravaggio e la Metafisica, ma anche l’arte del Rinascimento, sono i temi che propongono ad un pubblico meravigliato per la perizia tecnica così come per le scelte formali l’opera di Pino Lavecchia. Nei due quadri con le donne in costume da bagno, Waterlilies 2 e 3, ad esempio, queste figure sono riprodotte in modo decisamente originale: sfruttando un punto di vista dal basso, quindi da sotto la superficie del mare, le fanciulle appaiono come moderne ninfe circondate dai riflessi della luce ma anche da scarti, rifiuti i tutti i tipi. Buste di plastica, bottiglie, lattine, panni resi con incredibile precisione e resa realistica, quando non sono in primo piano, unico soggetto L’obelisco del sole di una natura morta del XXI secolo, come in Pollusion 1 e 2, circondano le donne immerse completandone la danza misteriosa e coinvolgente che viene suggerita anche dalla disposizione dei mantelli, rossi e bianchi, le cui venature e pieghe, bagnate e zuppe, sono ben riprodotte dalla mano sapiente di Pino Lavecchia. Anche nelle opere dalla più forte connotazione metafisica, le scelte cromatiche sono spesso radicali, mai scontate. Nella serie di quadri, dedicata alla revisione dell’arte classica e rinascimentale, ad esempio, i paesaggi, resi irreali dall’utilizzo di sfumature del viola e del blu, fungono da sfondo immagini che riecheggiano la tradizione, come il ponte spezzato, mentre è sicuramente originale il corpo femminile in primo piano disposto a comporre un’irreale scogliera in Il ponte tra le nuvole. O ancora il ciclo di quadri che dialoga con l’Arte, come nel quadro Anthropology 4, in cui il leonardesco Leda col cigno è inserita in uno spazio irreale dominato da uno sfondo azzurro e circondato da rottami di bottiglie di vetro. In altri, in cui predominano i corpi maschili e maggiore drammaticità nella messa in scena, la luce dà un effetto irreale alla muscolatura dei corpi immersi in uno spazio anch’esso irreale, reso poco tridimensionale dalle scelte cromatiche del fondo che contrastano con i fuochi degli pneumatici in L’ira di Zeus o della città incendiata in lontananza in La morte di Kronos, quasi fiamme di un novello La morte di Kronos la Ciminiera 9


Dali Ade contemporaneo. In questo spazio si inseriscono elementi che chiaramente richiamano i temi della Metafisica, come la colonna e la clessidra, segni rispettivamente della persistenza del passato e del tempo che tutto consuma, ma anche segni più recenti, come l’obelisco de L’obelisco del sole e l’elefante con le zampe lunghe e sottili di Dalì. L’attenzione per la tradizione novecentesca si vede anche in Bagno, in cui ritorna anche l’effetto acqua, mentre il nudo femminile di schiena, quasi una Paolina Bonaparte impegnata ad osservare attentamente la vasca da bagno che assomiglia ad un antico cenotafio ci riporta ai temi e alle inquietudini del Realismo magico degli anni ’30 del Novecento. Ed è proprio nelle nature morte, genere dimenticato dalla pittura contemporanea, più attenta alle sperimentazioni e alle sirene dell’informale, che la volontà metafisica e la precisione della luce e della fisicità si sublimano, con il vino di cui si notano le bollicine, l’arancio rosso di Sicilia sbucciato in parte, il panino dalla forma assolutamente realistica perché irregolare come solo il pane fatto a mano può presentarsi, così vividi e realistici in Natura morta con bicchiere. Per non parlare dei frutti, come le ciliegie in primo piano, che sembrano pronte per essere mangiate, riprodotte in Ciliegie e Tempo di Ciliegie, oppure i frutti custoditi nel Canestro da frutta, illuminati da una luce in parte caravaggesca che è forse la cifra stilistica più evidente: recupero del passato, come nel quadro Fammi ammirare il riposo del guerriero, in cui una perla (azzurra) in una conchiglia pende, come nel celebre quadro, sulla testa della fanciulla, moderna Madonna, rimembranza della Pala di Brera di Piero della Francesca. Da una parte, dunque, i segni dello studio e dell’amore per la tradizione artistica, 10 la Ciminiera

Fammi ammirare il riposo del guerriero italiana e non, dei secoli precedenti. Dall’altra una ricerca spasmodica di nuove soluzioni formali, che aprano un nuovo campo di ricerca sia tecnico (la resa della luce e del colore, ad esempio) sia tematico (una nuova metafisica). Un occhio al passato, uno al futuro. Come ogni grande artista insegna.

Il ponte tra le nuvole


Tonino Ceravolo

“Mille e una notte più una” Rubbettino Editore

Letture consigliate recensione di Francesca Ferraro

Tonino Ceravolo, storico e saggista, nel libro “Mille e una notte più una” affronta un tema privato che lo tocca nel profondo, la malattia della moglie. La scrittura è uno strumento potente e formidabile che consente di lenire e metabolizzare ansie e dolore. Come nella vicenda di Shahrazàd che, grazie alla parola, riesce a sconfiggere la morte, così come storia dopo storia, mille e una notte, Shahrazàd riesce a far mutare al sultano il concetto che aveva sulle donne e la loro infedeltà, rinunciando definitivamente alla legge omicida che lui stesso aveva stabilito, così Ceravolo, aggiungendo una parola, una frase, una storia, e poi ancora un’altra storia, procrastina il tempo, in modo che il male possa essere allontanato sempre più, Mille e una notte più una. La narrazione comincia conquanto vissuto di persona dall’autore: la notizia della scoperta di un nodulo sospetto al seno della moglie. Nellanarrazionesi dispiegano fatti, episodi, immagini e affreschi dei vari ambienti attraversati dai protagonisti: Ceravolo e la moglie. Leggendo il libro apprendiamo che si trattadiuna coppia consolidata, che si conosce dai tempi giovanili, quelli del liceo e dell’università, quando si incontravano “sotto copertura” per trascorrere assieme un fine settimana nella città universitaria lontana da casa. Ora sono sposi fedeli, affettuosi, complementari, che vivono l’uno in relazione all’altro. I due hanno legami molto importanti e consolidati, sia pure nelle differenze. Lei ha “l’insuperabile capacità di dire molto con poco”. E così, con solo tre parole “medici e paure” è capace di concentrare tutto quello che si vive in un momento di attesa tra una cura e l’altra, tra un’analisi e l’altra. Scrive Ceravolo: “a te non servono i discorsi prolissi e le lunghe catene di spiegazioni, non ti avviluppi, come me, in ragionamenti contorti e in faticose genealogie alla ricerca delle cause di quanto accade. Perché vai subito all’essenziale, a quello che ti sembra contare davvero…”. Sorprende e piace molto scoprire in un uomo contemporaneo, così impegnato nella vita professionale, la capacità direndere pubblici i propri sentimenti. Questo può avvenire perché, come ha notato il direttore della comunicazione della Rubbettino, Tonino Ceravolo è dotato di “un’umanità dolcissima e piena di sentimento” e, come scrive nella nota alla fine del libro Sonia Serazzi “Tonino Ceravolo in queste pagine è capovolto, eppure mantiene intatta la compostezza del pudore, e come una speranza di consolazione che verrà dalla vita salvata sulla carta e dalla donna che gli respira accanto. E il respiro è tutto”. Si tratta del racconto di una malattia in cui il tema fondamentale è però l’amore, quell’amore maturo e pieno, che consente all’autore di mettersi alla prova e di trovare nella letteratura la potente medicina che cura il dolore e procrastina la vita. la Ciminiera 11


Splendore e miseria della continuity dei fumetti, soprattutto d’Oltreoceano, la struttura degli universi narrativi coerenti, caratteristica dei fumetti statunitensi, soprattutto (ma non solo, pensiamo almeno a Martin Mystere e Dampyr di casa Bonelli), è l’essere “multilivello”, in parole povere stiamo parlando del concetto di Multiverso. Cosa sono i Multiversi Raoul Elia

La fisica dei Supereroi: Le Terre parallele

Immaginate di essere davanti ad un bivio, e di dover compiere una scelta. Si può andare solo a destra o a sinistra (al limite, rimanere fermo, ma non è un’opzione utile). Ora abbiamo, è evidente, il 50% di possibilità che si decida di andare a destra e il 50% che si decida di andare a sinistra. In condizioni normali, nel momento in cui prendiamo una decisione, questa diventa definitiva: si può andare a destra o sinistra, ma non contemporaneamente a destra e a sinistra. L’esperienza, in effetti ci dice proprio questo. Ma se non fosse così? Supponiamo che, ad ogni nostra scelta, ad ogni un bivio, le possibilità non decadano nella scelta adottata ma determinino invece due realtà alternative, una in cui siamo andati a destra, l’altra in cui invece abbiamo preso a sinistra. Ed ecco, questo, in sintesi, è un Multiverso.

I Multiversi Fra tutti, i fumetti statunitensi sono quelli più “fissati” con la coerenza narrativa. Pensate, ad esempio, al mondo di Spiderman, in cui gli eroi operano tutti in un unico universo “condiviso”, anzi, all’inizio nella stesa città, New York, per cui se, per esempio, la città è attaccata dai mostri di Mole Man, non solo i Fantastic Four se ne accorgono, ma anche 12 la Ciminiera

Spiderman, Iron Man, Thor ecc.... La coerenza, sebbene non sia proprio “strettissima”, è fondamentale anche nell’universo DC, soprattutto quando occorre coordinare i crossover, cioè gli eventi che fanno interagire le serie dell’universo della casa editrice (uno fra tutti, la celeberrima Crisi of infinite Earths). Se ne può dedurre, dunque, che la continuity, più o meno ferrea, serve per garantire la coerenza della narrazione. Ovviamente, questa “continuity” è il risultato di un processo ampio sviluppatosi nel corso degli anni, che nasce da lontano. Dai primi anni ‘50, in particolare, sebbene abbia le sue basi nel decennio precedente. Gli incontri/scontri fra supereroi, negli anni ‘50, non erano una novità: esisteva addirittura una testata, World’s greatest Comics, che ospitava regolarmente i team up (ovvero gli incontri) fra Batman e Superman. Ma si parla ancora dei prodromi di un universo condiviso. Solo con la nascita della Marvel si inizia a parlare di un universo condiviso. Ma universo. E il Multiverso? Che ci crediate o no, è nato prima dell’universo condiviso. Il Multiverso per eccellenza, come sanno tutti i lettori affezionati di fumetti d’Oltreoceano, è quello nato in casa DC Comics, la casa editrice di Superman, Batman ecc... La sua nascita è legata alla storia stessa degli eroi della casa editrice e a quella della DC. La nostra storia inizia


negli anni ‘50. L’allora National, infatti, sopravvissuta alla crisi di fine anni ‘40 - primi anni ‘50, si ritrova nella possibilità di riportare in vita i suoi personaggi più amati. A parte Superman, Batman e Wonder Woman, però, tutti i suoi supereroi sono scomparsi da anni dalle edicole. Nel frattempo, i vecchi lettori sono cresciuti e una nuova generazione di lettori si è affacciata, generazione che ha poco da condividere con gli eroi della Golden Age. Così, nel momento in cui devono riavviare il Pantheon DC, le alte sfere della casa editrice decidono di rinnovare il franchising riscrivendo origini e poteri dei nuovi/vecchi eroi. Nascono così i nuovi Green Lantern, Green Arrow, Aquaman, e soprattutto il nuovo Flash. E sarà proprio quest’ultimo a creare il problema Multiverso. Infatti, la DC, resasi conto che i supereroi stavano tornando di moda si ritrova a dover affrontare molti sceneggiatori nostalgici degli eroi della Golden Age, soprattutto Gardner Fox, che molti di quelli eroi aveva contribuito a creare o rendere famosi; così, ad un certo punto, la DC Comics ha un sussulto di orgoglio e avviene l’impensabile: gli eroi della Golden Age devono tornare. Ma come risolvere il conflitto fra la nuova e la vecchia versione dell’eroe mascherato? Come fare interagire fra loro e nello stesso universo due Flash, due Green Lantern ecc...? Riprendendo un’idea già accennata nella narrativa fantascientifica: gli universi paralleli.

Flash dei due (e più) mondi

Crisis volume Copertina dell’edizione in volume di Crisis on infinite Earths, disegni di Alex Ross

In principio fu il velocista scarlatto: nella celebre storia “il Flash dei due mondi”, il nuovo Flash, Barry Allen, attraversa una “barriera dimensionale” e finisce su una Terra parallela, ribattezzata in seguito Terra 2, dove incontra il suo predecessore, ovviamente un po’ invecchiato, ovvero Jay Garrick, il Flash della Seconda Guerra Mondiale. I due, dopo il classico misunderstanding, si alleano per sconfiggere i loro nemici e si lasciano con la promessa di rivedersi presto. Tutto qui, la

Crisis n. 1 Copertina del n. 1 di di Crisis on infinite Earths, disegni di George Perez

storia poteva cadere nel dimenticatoio come tanti altri spunti di quegli anni fertili, invece la storia piace, tanto che gli incontri non solo si ripetono, ma si moltiplicano, fino all’incontro degli incontri, quello fra i due super gruppi delle due dimensioni, la Justice League of America (Terra 1) e la Justice Society of America (Terra 2), uniti per affrontare una minaccia “larger than life”, come dicono gli statunitensi: una Crisi. Da questo momento in poi, è un delirio di invenzioni pseudo fantascientifiche (nel senso che le spiegazioni scientifiche lasciavano alquanto a desiderare già all’epoca, figuriamoci ai tempi della mente quantistica) e di Terre parallele. Accanto a Terra 1 (la Terra del nuovo Flash) e a Terra 2 (la Terra degli eroi della Golden Age), viene fuori una Terra 3 (una Terra in cui tutto è invertito, Colombo ha scoperto l’Europa e gli eroi di Terra 1 sono qui super criminali, mentre l’unico eroe è Lex Luthor, Terra X, in cui alcuni esuli della JSA si scontrano con i Nazisti, vincitori della Seconda Guerra mondiale), una Terra con i figli di Batman e Superman che fanno squadra e via così, con Terre sempre più improbabili (cosa ne pensate di una Terra abitata da animali antropomorfizzati stile Disney ma con superpoteri tipo Justice League?). Inoltre, siccome la coerenza non è mai stato un valore fondamentale della DC Comics, ogni sceneggiatore si sente libero di “sperimentare”, per cui la stessa Terra poteva avere strutture, personaggi o vicende differenti, ma tutto ciò, a causa dell’assenza di alcun controllo, finisce per creare doppioni incoerenti che si trasformavano, nel corso degli anni, in ulteriori Terre parallele. A questo si aggiunge che la DC, acquisite, nel corso degli anni, altre case editrici di fumetti fallite, decide di incorporare i personaggi di queste case editrici (ad esempio, i personaggi della Fawcett, ovvero la famiglia di Capitan la Ciminiera 13


Marvel, oppure gli eroi della Come possono esistere Charlton, come Blue Beetle e Peacemaker, divenuti poi Fin qui la fantasia degli modello per la Terra del autori di fumetti. Ma esiste capolavoro di Alan Moore una valenza scientifica Watchmen) nel multiverso per questa teoria multi DC ma in ulteriori Terre universale? parallele. Ebbene, ni. Tutte queste Terre, separate Nel senso che esiste si solo da differenti “frequenze una teoria che potrebbe vibrazionali”, non sono poi spiegare una realtà così separate le une dalle altre multidimensionale, ma è e gli eroi finiscono spesso per un po’ diversa: è la teoria incontrarsi/scontrarsi fra loro quantistica nota come e scambiarsi nemici e cast di “teoria a molti mondi”, supporto. proposta nel 1956 da Hugh Il caso più celebre di Everett III. Il fisico sostiene questi scambi è la storia del che ci sono tante copie eprsonaggio noto come Black del nostro mondo quante Canary che, nata su Terra 2, sono le possibili variazioni per seguire il suo amato Green Arrow, si stabilisce su Terra 1 Secret Wars 9 Coertina del n.9 di Se- quantistiche delle particelle che lo compongono. Ne definitivamente, finendo per divenire il primo supereroe cret Wars, disegni di Alex Ross risulterebbe, dunque, un numero altissimo di mondi membro sia della JSA di terra (o dimensioni) paralleli (altro 2 che della JLA di terra 1. che le 52 Terre parallele di quella tirchia della La DC ha poi l’idea di mettere ordine in DC). questo caos e di farlo in maniera spettacolare: Come è possibile tutto ciò? Fermo restando partorisce così il primo e più grande dei che, quando si ha a che fare con la meccanica crossover, che chiama Crisis (come, del resto si quantistica, c’è da farsi scoppiare il cervello, chiamavano tutti i crossover annuali fra JLA e proviamo ad approcciare il problema con un JSA) on Infinite Earths che,oltre ad eliminare esempio. moltissime (ma non tutte) queste incoerenze Supponiamo di essere seduti ad una scrivania insieme ad eroi di spessore come Flash 2 e e di fronte vi sia un interruttore collegato a due Supergirl, cancella il multiverso ridefinendo lampadine. Ora, alla pressione dell’interruttore, un universo unico in cui interagiscono tutti i una delle due lampadine si accenderà ma non supereroi superstiti. è possibile sapere in anticipo quale lampadina, Bello il crossover, disegnato divinamente dato che l’interruttore è aleatorio: vi è quindi da George Perez, incredibile quando si tratta solo il 50% delle probabilità che si accenda la di animare tavole con decine e decine di lampadina A o la B. supereroi e bella anche l’idea. Peccato che non In questo esperimento vi sono un osservatore regga a lungo. E infatti il Multiverso ritorna a seguito del megacrossover Infinity Crisis con e il sistema osservato (interruttore e lampade). ben 52 Terre parallele, alcune nuove di zecca, Le due possibilità sono racchiuse in quella presentate poi in parte sulla miniserie di Grant che viene chiamata funzione d’onda, una Morrison Multiversity. elaborazione matematica che dice quello Nel frattempo, anche la Marvel, anche che potrebbe accadere (probabilità, quindi, se più discretamente, si è dotata di un non certezza, come prevede invece la fisica Multiverso. Accanto alla Terra di Spiderman classica); la funzione d’onda dell’esperimento & Co si affaccia prima la Terra parallela dello in questione contiene due possibilità (si Squadrone Supremo, poi quella del New accende la lampadina A o la B), ma, quando Universe, quella che porta al futuro di Killraven si aziona l’interruttore e si accende, ad e dei Guardians of the Galaxy e poi tante altre. esempio, la lampadina B, la funzione d’onda E anche la Marvel decide in seguito di muta in quanto la possibilità di accensione cancellare il suo universo in un megacrossover della lampadina A cessa di esistere. Questo (i è presa di invidia per la furia distruttrice della fenomeno si chiama “collasso della funzione DC?), Secret Wars, al termine del quale, però, d’onda”: svaniscono tutte le possibilità tranne il multiverso viene ricostruito dai Fantastic quella concretizzatasi. Prima che l’osservatore accerti che la Four e dalla Future Foundation dei loro figli lampadina B è accesa, però, vi è una potenzialità e amici. multipla (dove abbiamo già visto questa 14 la Ciminiera


parola?) di sviluppo della funzione d’onda. Ma, quando si osserva ciò che accade, avviene il passaggio dalle tante possibilità iniziali ad una, dando luogo al cosiddetto “salto quantico” (passaggio da più probabilità ad una). Quindi, nell’esperimento delle due lampade inizialmente non vi sono tre dimensioni (lunghezza, larghezza e profondità), ma sei (tre per ciascuna lampadina); se le lampade fossero quattro, le dimensioni sarebbero 12 e così via. Va bene, non fate finta di aver capito, perché non è così semplice (mah!). Per capirlo, pensiamo ad un esempio fumettistico, la storia a bivi, come se ne leggevano tante fino a qualche anno fa. In quelle celeberrime storie (chissà quante ne ho lette io stesso su Topolino) il lettore veniva sottoposto ad uno stress di scelta, dovendo questi prendere decisioni che determinavano lo svilupparsi della trama. Il primo bivio introduce il massimo delle probabilità, ovvero il 50%. I successivi bivi perseguono uguale percentuale di probabilità ma, nel momento delle scelte, il tutto si azzera in un percorso unico (in questo caso preordinato). Al termine, la storia ha una conclusione differente, determinata dalla somma algebrica delle scelte operate. Nella realtà, invece, il processo è molto più aleatorio. Per chiarirci le idee, si fa per dire, ovviamente, pensiamo un povero elettrone solitario che ruota intorno al solo protone custodito nel nucleo dell’atomo più semplice che c’è, quello dell’idrogeno. Tale elettrone - secondo la meccanica quantistica - non ha un valore di energia ben determinato, ma si può solo dire che la sua energia sarà contenuta in un certo set di valori i quali possono avere solo una certa distribuzione di probabilità. In parole più semplici, l’elettrone ha una massa così piccola da essere quasi inesistente, per cui individuarne la posizione (e quindi la sua componente energetica) con precisione è impossibile (ancorché inutile). Si può solo determinare la probabilità della presenza dell’ “elettrone solitario” in una determinata posizione. Da ciò deriva che l’impredicibilità della natura (si intende a livello quantistico) è una caratteristica intrinseca. Orbene, questo è il presupposto del celeberrimo Principio di Heisenberg, secondo cui, in sintesi, l’azione stessa dell’osservare fa collassare la funzione d’onda dando vita ad una sola delle possibilità, per cui le altre svaniscono. O almeno dovrebbero. Perché il condizionale? Perché la meccanica quantistica sembra, per certi versi, più mistica che scienza e, come diceva Niels Bohr, “quelli

che non rimangono scioccati, la prima volta che si imbattono nella meccanica quantistica, non possono averla compresa”. Mentre il collasso della funzione d’onda è (teoricamente) dimostrato, non così l’annichilamento delle ulteriori possibilità, che è, al contrario, tutt’altro che certo. Se la teoria principale sostiene l’annichilamento, non tutte le teorie sono concordi con questo assunto. Secondo la teoria a molti mondi, ad esempio, per ogni livello di energia dell’elettrone esisterebbe un differente universo; e lo stesso avverrebbe per tutte le altre particelle. Dunque esisterebbe un universo per ogni stato di ciascuna particella che compone l’universo, e quindi esisterebbe un numero pressoché infinito di universi paralleli, per lo più di poco dissimili l’uno dall’altro. Anche se le variazioni, considerati gli universi all’interno di fasci di probabilità universale, potrebbero anche essere notevoli. Da questo al Multiverso DC o Marvel c’è ne corre, ovviamente, ma il presupposto rimane. Cosa succede se, dal microcosmo, si sale al macrocosmo? Se si procede dalle particelle verso le strutture complesse, atomi, molecole, esseri viventi e così via? La nostra realtà può essere una delle realtà possibili, ma vi sono elementi macroscopici che ci permetterebbero di notare le differenze? Il modello della storia a bivi si può adattare anche alla realtà della vita quotidiana, della storia? E, se si, come fare a dimostrarlo? Non è facile dirlo. Ma sarebbe bello, vero?

Multiversity schema dell’Universo DC post 52 con la disposizione delle 52 Terre parallele

la Ciminiera 15


Complessa e tormentata si rivela la vita politica di Dante, peregrino in ogni terra della nostra penisola. La storia e gli spettacoli naturali rimangono impressi nel suo cuore e vengono trasmessi nella sua grande opera. In particolare il poeta apprezza la Calabria, dimostrandolo nei paragoni e nei personaggi che incontra. Nell’Inferno avari e prodighi si percuotono il petto come le onde sopra gli scogli di Cariddi, nello Stretto di Messina, che si frangono scontrandosi con quelle di Scilla: «Come fa l’onda là sovra Cariddi, Domenico Caruso

La Calabria e l’Italia nella “Divina Commedia” di Dante

che si frange con quella in cui s’intoppa, così convien che qui la gente riddi». (Inf. VII, 22-24) Nel terzo canto del Purgatorio il protagonista, Manfredi d’Altavilla (1232-1266), è vittima della politica temporale del Papato. Per il poeta il re di Sicilia e suo padre Federico II rappresentano gli ultimi veri principi italiani. Il coraggioso giovane normanno-svevo, cadde eroicamente nella sfida a Benevento contro Carlo d’Angiò (incoronato re di Sicilia). Il cardinale cosentino Bartolomeo Pignatelli, su ordine del Pontefice Clemente IV infierì sul cadavere che, disseppellito dal tumulo eretto dalla pietà dei soldati, senza cerimonie religiose fu gettato sulle rive del Garigliano in balia della pioggia e del vento. Manfredi, riconosciuto dal suo fisico (“Biondo era e bello e di gentile aspetto”) - Purg. III, 107), asserisce: «Se il pastor di Cosenza, che alla caccia di me fu messo per Clemente, allora avesse in Dio ben letta questa faccia, l’ossa del corpo mio sarieno ancora in co del ponte presso a Benevento, sotto la guardia della grave mora. Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno, quasi lungo il Verde, dov’è le trasmutò a lume spento». (Purg. III, 124-132) Carlo Martello (1271-1295), figlio di Carlo II d’Angiò detto lo Zoppo (1254-1309) è collocato da Dante tra gli spiriti amanti del III Cielo di Venere.

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Il giusto principe, morto anzitempo, si rende disponibile a rispondere al poeta e descrive i confini del regno, compreso il Regno di Napoli, di cui sarebbero stati sovrani i suoi discendenti se il malgoverno angioino non avesse suscitato la rivolta dei Vespri (1292). Ricorda, così, quella parte estrema d’Italia che ha fra le sue città Catona alla periferia nord della provincia di Reggio Calabria: «[…] quel corno d’Ausonia che s’imborga di Bari, di Gaeta e di Catona da ove Tronto e Verde in mare sgorga». (Par. VIII, 61-63) Quando parla di regni Dante ne descrive i confini come Catona che, all’epoca, risultava un importante centro strategico. Il Regno di Napoli è indicato con Bari (Adriatico), Gaeta (Tirreno) e Catona (punta estrema calabra), costituenti i vertici di un triangolo geografico che segnava i confini settentrionali del Regno. Nel Paradiso figura l’abate cosentino Gioacchino da Fiore (1130-1202), teologo e scrittore, profeta di un grandioso rinnovamento, che la Chiesa venera come

beato: «il calavrese abate Giovacchino, di spirito profetico dotato». (Par. XII, 140-141) Secondo il francescano P. Raniero Cantalamessa, presbitero e teologo: «La storia sacra ha tre fasi. Nella prima, l´Antico Testamento, si è rivelato il Padre. Nella seconda, il Nuovo Testamento, si è rivelato il Cristo. Ora siamo nella terza fase, quando lo Spirito Santo brilla in tutta la sua luce e anima l´esperienza della Chiesa». La venuta di una terza e ultima età del mondo, quella dello Spirito Santo, è la profezia di Gioacchino. La tematica politica di Dante si sviluppa nelle tre cantiche. Nell’Inferno (III Cerchio - golosi) Ciacco (banchiere fiorentino) condanna la situazione di Firenze, indicando le cause delle divisioni in superbia, invidia e avarizia: Ed elli a me: «La tua città, ch’è piena d’invidia sì che già trabocca il sacco, seco mi tenne in la vita serena. Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa de la gola, come tu vedi, alla pioggia mi fiacco. (VI, 49-54) «Giusti son due, e non vi sono intesi; superbia, invidia e avarizia sono le tre faville c’hanno i cuori accesi». (VI, 73-75) Nel Purgatorio (Antipurgatorio, II Balzo negligenti), col trovatore Sordello da Goito, anima solitaria e sdegnosa, vi è la violenta invettiva all’Italia ed a Firenze:

Scilla e Cariddi in un dipinto di Johann Heinrich Füssli

[…] «O Mantoano, io son Sordello la Ciminiera 17


della tua terra!»; e l’un l’altro abbracciava. Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!». (VI, 74-78) Nel Paradiso (II Cielo - Mercurio: Spiriti operanti per la gloria terrena) vi è l’incontro con Giustiniano, simbolo della Legge terrena che risponde ai principi della Legge eterna di Dio. La prima opera dell’ideale imperatore bizantino fu la redazione del codice delle leggi romane per il mantenimento dell’ordine civile nel mondo. A lui è dedicato l’intero canto: «Cesare fui e son Iustiniano, che, per voler del primo amor ch’i’ sento, d’entro le leggi trassi il troppo e ‘l vano». (Par. VI, 10-12)

18 la Ciminiera

Il lato negativo del carattere di Dante si rivela all’incontro di personaggi crudeli, come verso le città che hanno dato un cattivo esempio al mondo. La prima invettiva è rivolta alla città di Pisa che ha permesso la straziante fine del Conte Ugolino della Gherardesca (1210-1289) assieme a due figli e due nipoti: «Ahi Pisa, vituperio de le genti del bel paese là dove ’l sì suona, poi che i vicini a te punir son lenti, muovasi la Capraia e la Gorgona, e faccian siepe ad Arno in su la foce, sì ch’elli annieghi in te ogni persona!». (Inf. XXXIII, 79-84) Fra i traditori, Dante pone nell’Inferno Branca Doria ancor vivo, reo d’aver fatto assassinare il suocero per impossessarsi dei suoi beni. Da qui l’invettiva:


«Ahi Genovesi, uomini diversi

nimico ai lupi che li danno guerra;

d’ogne costume e pien d’ogni magagna, perché non siete voi del mondo spersi?»

con altra voce omai, con altro vello

(Inf. XXIII, 151-153)

ritornerò poeta, ed in sul fonte del mio battesmo prenderò ’l cappello».

Anche verso le altre città (Siena, Pistoia, Lucca, Bologna, Padova) il poeta si sente superiore. Tutta la Nazione è da biasimare: «Ché le città d’Italia tutte piene son di tiranni, e un Marcel diventa ogni villan che parteggiando viene». (Purg. VI, 124-126) Dante manifesta la speranza di un trionfale ritorno a Firenze che lo ripaghi del lungo esilio e gli ottenga la corona poetica per la sua opera: «Se mai continga che ’l poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra, sì che m’ha fatto per molti anni macro, vinca la crudeltà che fuor mi serra

(Par. XXV, 1-9) Ma soltanto dopo il trapasso la sua opera sarà diffusa. Nella solenne rievocazione della figura di Romeo da Villanova, fratello spirituale del poeta, vittime entrambi dell’ingratitudine umana, vi è il lamento del giusto. Se il mondo conoscesse la dignità che egli ebbe, a mendicare il pane da un paese all’altro, lo loderebbe maggiormente di quanto lo loda: E se il mondo sapesse il cor ch’elli ebbe mendicando sua vita a frusto a frusto, assai lo loda, e più lo loderebbe. (Par. VI, 140-142) Anche Leopardi ha ammesso questa triste realtà affermando: «Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta».

del bello ovile ov’ io dormi’ agnello, la Ciminiera 19


Il CodexGigas è forse il manoscritto più grande al mondo e risale al Medioevo. Le sue origini sono avvolte nel mistero e ammantate di stregoneria e satanismo. E’ infatti conosciuto anche come “la Bibbia del Diavolo” per la raffigurazione del Maligno che appare a pagina 290 del codice. Il Codex

Raoul Elia

La Bibbia del Diavolo

Il Codex Gigas, chiamato anche è noto: Codex Giganteus (il Libro Gigante), Gigaslibrorum (il Gigante dei Libri), Fans Bibel (la Bibbia del Diavolo), HinHålesBibel (La Bibbia di Old Nick) e Svartboken (Il Libro Nero), è contenuto in una custodia di legno ricoperta di pelle, con alcuni ornamenti in metallo. Il nome “Gigas” (gigante) deriva dalle sue dimensioni, davvero straordinarie, e non solo rispetto ai codici dell’epoca: 92 centimetri di lunghezza, 50 di larghezza e 22 di spessore, misure che lo rendono il manoscritto più voluminoso di tutto il Medioevo. Era di sicuro anche il più pesante, con i suoi 75 kg pieni. Inizialmente il manoscritto era composto da 320 pagine di vello (pelle di asino), ma otto di queste sono state rimosse: non si sa da chi e nemmeno il motivo di questa rimozione, ma sembra che queste pagine contenessero le regole del monastero. Il libro è contiene: • Una trascrizione incompleta della Vulgata.

Multimedia

Il Codex è consultabile online all’indirizzo http://kb.se/codex-gigas/eng/ https://www.kb.se/hitta-ochbestall/codex-gigas.html 20 la Ciminiera

• Due lavori di natura storica di Giuseppe Flavio, vissuto nel primo secolo d.C., Antichità Giudaiche e La Guerra giudaica. • le Etimologie di Isidoro di Siviglia,vissuto in Spagna nel VI secolo, un trattato

contenente medicamenti, formule magiche, incantesimi. • la Regola di San Benedetto. • Cronache di Bohemia, una storia della Boemia di Cosma Praghese. Oltre a queste opere, vi sono però alcuni testi più brevi, come La città dei Cieli, Esorcismo degli spiriti malvagi, un elenco dei benefattori del monastero e un calendario con la lista di santi. Tra gli incantesimi contenuti nel manoscritto ve ne sonoalcuni di esorcismo, parecchi di protezione contro il demonio o di cura di diverse malattie la cui origine si sospettava fosse innaturale e malvagia. Ci sono incantesimi contro la febbre, contro alcune malattie, ed addirittura due formule magiche per catturare ladri.

La storia Il Codex, secondo la tradizione, venne realizzato nel monastero di Podlazice, sebbene ci siano dubbi anche su questo: in molti hanno fatto notare, infatti, che il monastero era all’epoca al tempo troppo piccolo e troppo povero per potersi permettere la creazione di un’opera così imponente, e che l’opera richiedeva un dispendio enorme di


Il custode Gustavsson con Codex Gigas nello showroom di KB 1929

risorse e la necessità di accesso a numerose fonti, cosa difficile per un monastero periferico come quello, fuori dalle principali rotte di circolazione della cultura medievale. Il CodexGigas sparisce dalla circolazione a cavallo del XIV secolo, a causa della distruzione del monastero di Podlazice. Ricompare in seguito nel monastero cistercense di Sedlec, e successivamente in quello benedettino di Brevnov. Dal 1477 al 1593 è stato custodito nella libreria di un monastero di Broumov, fino a quando non viene trasferito a Praga nel 1594, dove entra a far parte della collezione di Rodolfo II d’Asburgo. Alla fine della Guerra del Trent’anni, probabilmente nel 1648, il CodexGigas, insieme a gran parte della collezione, fu trafugato dall’esercito svedese e portato in Svezia. Entrò quindi a far parte della collezione della regina Cristina di Svezia, all’interno della biblioteca reale nel castello a Stoccolma. Nel 1697 un incendio si scatenò nel castello: per salvare il codice, pare che il pesante volume sia stato lanciato fuori dalla finestra. A causa di questo episodio, però, il Manoscritto ha perso alcuni fogli. Oggi il Codex è ospitato dalle capienti sale della National Library of Swedendi Stoccolma.

La leggenda Secondo la leggenda, il CodexGigassarebbe stato scritto da un monaco benedettino del monastero di Podlazice, nell’attuale Repubblica Ceca. Il presunto monaco benedettino, conosciuto come Ermanno il Recluso(Hermanusmonachusinclusus), sarebbe stato condannato ad essere murato vivo dopo aver rotto i suoi voti monastici. Allo scopo di evitare la terribile punizione, avrebbe promesso di creare in una sola notte un libro, il CodexGigas, che avrebbe dato gloria eterna al monastero, raccogliendovi tutto lo scibile umano. Verso la mezzanotte, essendosi reso conto di non poter compiere un’impresa del genere, si sarebbe messo a pregare. Ma non Dio: avrebbe rivolto invece le sue preghiere a Satana, chiedendogli di aiutarlo per completare l’opera eoffrendogli in cambio, secondo il più originale dei topoi medievali, la sua anima. Pare che il Diavolo abbia risposto e che abbia aiutato il monaco a finire l’opera. Come ulteriore riconoscimento dell’aiuto, il monaco avrebbe abbellitouna splash page, come si dice adesso, del manoscritto con l’immagine di Satana. Alla fine dell’ultima pagina, però, lo scriba la Ciminiera 21


benedettino si rese conto di quello che aveva fatto: aveva perso l’anima e la salute della mente. Nel delirio del rimorso, il monaco implorò l’aiuto misericordioso della Vergine Maria. La Madonna lo soccorse appena in tempo: il penitente morì, qualche istante prima di saldare il conto con il principe delle tenebre.

Altre leggende

apparizioni di fiamme sulfuree, in piena notte, non appena estratto il codice dal suo scaffale. Altre leggende riguardano invece la mala sorte che il libro sembra portarsi dietro ovunque vada: si parla di maledizioni, malattie improvvise, morti inspiegabili e della presenza stessa di Satana all’interno del manoscritto.

Le teorie

Altre leggende circolano sul manoscritto. Nel TokroligaAnekdoter, pubblicato nel 1858, si legge che un custode della Biblioteca di Stoccolma rimase bloccato all’interno della sala lettura principale dopo essersi addormentato. Al risveglio, disse di aver visto i libri fluttuare nell’aria, spostandosi da uno scaffale all’altro. Dopo quel fatto il custode fu internato in un manicomio.

Cosa strana, malgrado la leggenda sia circolata fin dall’inizio, l’Inquisizione non ha mai proibito la lettura del libro, tanto che molti accademici hanno avuto accesso all’opera fin da subito per poterla studiare.

Eugène Fahlstedt, intervistato nel 1911, ha raccontato un avvenimento spaventoso capitatogli a causa del Codex: nel 1870, il suo amico August Strindberg portò alcuni suoi amici in biblioteca per leggere la Bibbia del Diavolo. Era notte tarda, non appena Strindberg tirò fuori il codice dallo scaffale, comparirono delle misteriose fiamme che consentirono di leggere il Codex in piena notte.

che abbia impiegato almeno 20 anni per completare il lavoro. “inclusus”, infatti, non denoterebbe in questo caso, come si riteneva precedentemente, una reclusione forzata, ma piuttosto un isolamento volontario per motivi religiosi, o un’altrettanto volontaria forma di penitenza.

Nel tempo sono state riportate misteriose 22 la Ciminiera

Una teoria, proposta da moderni linguisti, suggerisce che il monaco fosse in isolamento totale, probabilmente auto-imposto, e

Per quanto riguarda la stesura dell’opera, gli studiosi ne hanno datato la composizione ad un periodo abbastanza ristretto tra il 1204 ed il 1230.


Per la datazione del termine ante quem non ci si è basati sulla canonizzazione di San Procopio, santo boemo canonizzato nel 1204 e riportato nel CodexGigas, il che ci dice che il manoscritto non possa essere stato realizzato prima di quella data. Per quanto concerne, invece, il termine post quam non, nel manoscritto viene riportata la morte del vescovo Andrea di Praga (1223) ma non quella di re Ottokar I (1230), per cui il CodexGigas dovrebbe essere terminato tra il 1224 ed il 1230. Diverse analisi hanno rivelato che già soltanto a seguito di un’analisi calligrafica del manoscritto, potrebbero esserci voluti almeno cinque anni di scrittura costante. Vari studiosi che hanno “vivisezionato” il volume sono poi giunti alle stesse conclusioni: il “Libro Gigante” è opera di un solo uomo, che ha copiato con cura le antiche parole di fede e saggezza e, cosa rarissima e quasi miracolosa per l’età di mezzo, senza nemmeno un refuso. L’autore non era quindi un semplice scrivano ma un uomo di cultura. La grafia, inoltre, non mostra cambiamenti, segni di malattia, mutamenti di umore dell’autore o cedimenti causati dalla stanchezza o dai crampi alla mano, molto frequenti nell’esistenzadegli amanuensi.

e uniforme, pagina dopo pagina: il font utilizzato è la minuscola carolina, uno stile di scrittura creato durante il regno di Carlo Magno, ma, cosa strana, già caduto in disuso da tempo nel periodo in cui sarebbe stato redatto il manoscritto (la minuscola carolina verrà ripresa infatti dai primi umanisti italiani soltanto nella seconda metà del Trecento). Ma l’omogeneità non si ferma alla “firma”. Al contrario, si estende anche al materiale utilizzato: tutte le pagine sono vergate con il medesimo tipo di inchiostro, ottenuto dalle galle di quercia. Le graziose miniature, in rosso, blu, giallo, verde e oro, forse furono composte, come prevedeva la regola amanuense, da un altro autore dal tratto più dilettantesco rispetto ad altre opere dello stesso periodo. Spesso le maiuscole occupano lo spazio di una intera pagina. Tanta precisione, insieme al fatto che nella gran parte dei manoscritti medievali lo stile della scrittura fosse diverso per il logico alternarsi dei copisti, ha alimentato (e come avrebbe potuto fare altrimenti) la leggenda di un libro scritto in un periodo incredibilmente breve con l’aiuto del demonio. Perché mai Satana dovesse ghostwriter, non si capisce. Mah!

fare

La scrittura si ripete, invece, armoniosa

la Ciminiera 23

il


A Catanzaro un sacro reperto dimenticato

Angelo Di Lieto

La Madonna dipinta dall’Apostolo San Luca

La Ciminiera n. 7-8-9 Settembre 1997 24 la Ciminiera

L’ordine degli Ospedalieri fu fondato a Gerusalemme dagli Amalfitani intorno all’anno Mille. L’Ospedale, con una capienza di diecimila posti, fu realizzato dal Beato Gerardo Sasso, primo Gran Maestro di origine amalfitana. Trasformato in tempo di guerra in un Ordine Militare per difendere la causa cristiana, divenne in tempo di pace Ordine Religioso, con funzioni di aiuto degli infermi, dei pellegrini e del luogo. Da ciò il vocabolo “hospes”, “hospitium”, “hospitale”. Quando il Sultano Saladino nel 1187 cacciò i cristiani dalla Città santa, anche gli Ospedalieri dovettero abbandonare Gerusalemme. Dopo un breve periodo in Cipro, pensarono di impossessarsi dell’isola di Rodi, dominio dei Saraceni, che occuparono con uno strategemma. Infatti, coperti con una pelle di montone ed aiutati anche dalla nebbia, entrarono nella città, mescolandosi col gregge. Quando nel 1522 Solimano II° riconquistò l’isola, l’Ordine, su donazione di Carlo V°, si trasferì nell’isola di Malta e di Gozo, in feudo perpetuo. Proprio a causa dei vari possedimenti, l’ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Gerusalemme fu chiamato prima di Rodi e poi, sulla concessione di Carlo V°, Ordine dei Cavalieri di Malta. L’Ordine si ricostituì

a Roma sull’Aventino sotto la protezione della S. Sede nel XIX Secolo, con la presa de “la Valletta”, dal nome del suo Gran Maestro che guidava i Cavalieri, Jean del a Valette, da parte di Napoleone nel 1798. A Catanzaro il Tempio dei S.S. Giovanni Battista ed Evangelista, edificato il 1457, venne affidato alla Reale Arciconfraternita dei Cavalieri di Malta di Catanzaro. Protettrice della citata Arciconfraternita è Maria Odegitria di Costantinopoli, una Madonna rara e pregevole, che sembra sia stata dipinta da S. Luca, l’unico, pare, che abbia visto e riprodotto la vera effige della Vergine di Nazareth. Per conoscere la storia di questa preziosa Reliquia, bisogna risalire al III° Concilio Ecumenico di Efeso, del 433, (Martedì), ove su incarico del Papa

Chiesa di San Giovanni Battista (Catanzaro)


San Luca (pala) Olio su tela (261,5x166,3) Mattia Preti - Chiesa di San Francesco d’Assisi La Valletta - Malta

Celestino I°, il Patriarca S. Cirillo, poi Santo, che presiedeva l’Assemblea, condannando l’Eresiarca Nestorio, proclamò la Verginità della Madonna. L’Imperatrice dell’epoca, Pulcheria, per storicizzare questo eccezionale momento, fece edificare, in onore della Vergine Maria, tre Templi, il più grande a Costantinopoli, in una strada chiamata “Odeon”, perché lì esisteva un odeon, cioè un edificio dove venivano fatte le prove di canto. Da ciò la Chiesa fu chiamata dell’Odeon e la Vergine, per analogia, fu chiamata “Maria Odegitria di Costantinopoli”. Sull’altare di questo Tempio venne collocato il quadro di Maria, ricevuto in dono dalla cognata Imperatrice Eudosia, effige che divenne il simbolo di tutte le Chiese dedicate alla Vergine Maria. Il quadro, sempre clamorosamente miracoloso, fu oggetto di grande venerazione e preghiera da parte di chi voleva protezione,

sia prima di andare in guerra e sia da parte del popolo, memore di quando era stato salvato dalla siccità, dalla peste, dalla fame e dall’assedio. Ogni anno il popolo di Costantinopoli commemorava l’avvenimento, restando in piedi tutta la notte e pregando innanzi all’immagine. Da ciò l’usanza veniva chiamata “agatista”, dal greco “non seggo”, e, a ricordo dell’evento, fu messo nelle mani di Lei una medaglia d’oro con la scritta: “Ego defendo vos a fame, a site, a peste et bello”. Quando nel 718, l’Imperatore Leone III°, l’Iconoclasta, inviò in Italia una flotta con l’intento di distruggere tutte le immagini, i Basiliani, col rischio della propria vita, facendosi regolarmente imbarcare su una nave, nascostamente portarono a bordo l’immagine di Maria Odegitria, perchè anche Essa era stata condannata dall’Isaurico ad essere bruciata. Vicino Bari, però, una tempesta violenta fece affondare tutte le navi ad eccezione di quella dove vi erano i frati ed il quadro. L’evento straordinario avvenne di Martedì proprio nel giorno in cui era stato proclamato il dogma di Efeso. L’immagine della Vergine, divenuta protettrice dell’Arciconfraternita dell’Ordine dei Cavalieri di Malta di Catanzaro, dopo la costruzione del Tempio dei SS. Giovanni Battista ed Evangelista, arrivò miracolosamente in Catanzaro, condotta dai Basiliani di S. Basilio, che avevano raggiunto da Costantinopoli, come terra di maggiore distensione e tranquillità, il suolo della Magna Grecia. Comunque questa storia, quasi sconosciuta, andrebbe meglio approfondita e scientificamente documentata, perché se fosse vero, la Madonna di S. Luca, ad onore della Chiesa della stessa Arciconfraternita dell’Ordine dei Cavalieri di Malta di Catanzaro, dovrebbe avere, per l’eccezionalità del Reperto, una più fulgida collocazione ed una più ampia risonanza di pietà e di fede. Bibliografia: Vito Zappalà Nicolosi - “Contributo alla Storia del Sovrano Militare Ordine Gerosolomitano di malta” - II° Edizione a cura di Giuseppe Ballotta, per gentile concessione della Madre dell’Autore, Sua unica legittima erede - Edigrafica Roamana - Palermo la Ciminiera 25


Notizie dal mondo scientifico La peste di Giustiniano, un’epidemia che ha colpito l’impero bizantino all’inizio del VI secolo, non ha decimato la sua popolazione contrariamente all’opinione popolare tra gli storici, secondo una nuova ricerca.

La peste di Giustiniano La peste di Giustiniano nella tarda antichità non decimò la popolazione europea, afferma una nuova ricerca

La ricerca interdisciplinare condotta da un team di scienziati guidato da ricercatori dell’Università del Maryland (USA), mostra che la peste era molto più piccola. Fino ad ora, gli storici avevano creduto che la peste che prende il nome dall’imperatore romano d’oriente che governava quando iniziò l’epidemia e che attraversò l’Europa, subì un terribile tributo. Nella sola zona del Mediterraneo, si credeva che un quarto alla metà della popolazione (50 milioni di persone) fosse morta. Si credeva inoltre che la malattia avesse cambiato in modo significativo il sistema culturale ed economico alla fine dell’antichità.

Il team internazionale comprendeva lo storico Dr. Adam Izdebski dell’Università Jagellonica di Cracovia e il Max Planck Institute for the Science of Human History ha esaminato i cambiamenti del paesaggio nel periodo precedente, durante e dopo l’epidemia, analizzando i risultati di numerose opinioni di esperti sul contenuto di polline nei nuclei prelevati dal fondo dei laghi e dalle zone umide. Ciò mostra quali piante sono cresciute in un ambiente vicino e lontano e se ci sono stati cambiamenti nel corso degli anni, ad esempio nell’intensità delle colture di cereali o se la terra era ricoperta da foreste. “Il paesaggio rivela molte informazioni sulla demografia e sulla storia delle guerre, perché

Il Trionfo della Morte Acquaforte - Philip Galle (Haarlem 1537 - 1612) 26 la Ciminiera


massimo una dozzina. Secondo la dott.ssa Merle Eisenberg dell’Università di Princeton che ha preso parte alla ricerca, i risultati cambiano il modo in cui dovremmo guardare alla storia della tarda antichità in Europa, perché indica che la peste non era la causa più importante dei cambiamenti che stavano prendendo posto al momento. “Se questa piaga fosse un momento chiave della storia umana che ha ucciso tra un terzo e metà della popolazione del mondo mediterraneo in pochi anni, come spesso si afferma, dovremmo avere prove per questo, ma il nostro sondaggio di set di dati non ha trovato nessuno” - aggiunge l’autore principale, Lee Mordechai, dell’iniziativa per la ricerca sui cambiamenti climatici e la storia di Princeton.

Giustiniano (particolare mosaico in Santo Apollinare Nuovo - Ravenna)

si riflettono nel paesaggio come in uno specchio”, afferma il dott. Izdebski. Lo scienziato ha analizzato i dati sui pollini prelevati da dozzine di luoghi in Grecia, Bulgaria e Turchia. Alcuni campioni sono stati prelevati alcuni decenni fa. “Nessuno li ha analizzati in termini di conoscenza del paesaggio storico. Le mie osservazioni mostrano che al tempo della presunta epidemia nel VI-VIII secolo non c’erano cambiamenti significativi nel paesaggio, il che equivale alla mancanza di grandi cambiamenti demografici“, spiega lo storico. Ciò significa che l’epidemia non potrebbe essere stata così pericolosa come si pensava. Altri membri del team hanno analizzato le sepolture del periodo, numerosi testi in libri, papiri, iscrizioni e monete che dimostravano che la peste non reclamava tante vittime come si pensava in precedenza. “È stato sorprendente che tutti i risultati di queste analisi fossero così coerenti tra loro”, ha detto il dott. Izdebski. Le sue stime operative mostrano che lontano dalla morte della metà della popolazione che vive nella zona del Mediterraneo, era quasi al

Il dottor Izdebski sottolinea che la precedente visione della peste dai tempi di Giustiniano si basava su poche, ma vivide menzioni nelle cronache del tempo della peste. Descrissero la morte di metà della popolazione di Costantinopoli, la capitale dell’Impero Romano d’Oriente. “Ma ricorda che queste sono descrizioni letterarie che hanno esagerato la descrizione della realtà”, ha detto. I restanti numerosi testi che non hanno menzionato l’epidemia o i suoi effetti sono stati semplicemente ignorati dagli storici. Izdebski aggiunge che potrebbero esserci stati focolai locali e più mortali della peste, ma data la loro portata, erano certamente più piccoli di quanto precedentemente stimato. La sua ricerca, durata sei anni, è stata finanziata dal Ministero della Scienza (anche nell’ambito del Programma nazionale per lo sviluppo delle discipline umanistiche). Anche i ricercatori della Warsaw School of Economics, della Adam Mickiewicz University di Pozna e dell’Università di Bialystok sono stati coinvolti nel progetto. I risultati delle analisi sono apparsi negli Atti della National Academy of Sciences.

Fonte scienceinpoland.pap.pl

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