Manuale pratico Protezione e prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche

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Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche

Luigi Mele - Pasquale Troiano - Marco Giovanni Iorio - Michele Lanza Decio Capobianco - Marco Bifani - Gioacchino Gesmundo
Manuale pratico

© Copyright FGE srl

ISBN 978-88-31256-28-5

Ristampa Febbraio 2023

Prima Edizione Gennaio 2021

FGE srl

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Luigi Mele

Medico Chirurgo - Oculista

U.O.C. Oculistica, U.O.S.D. Trapianti Corneali - Università degli Studi della Campania

“Luigi Vanvitelli” Ministero della Salute USMAF-SASN - Napoli

Pasquale Troiano

Medico Chirurgo - Oculista

Direttore Istituto di Oftalmologia “F. Trimarchi”

Unità Operativa Complessa di Oculistica - Ospedale Fatebenefratelli “Sacra Famiglia” - Erba (CO)

Marco Giovanni Iorio

Medico Chirurgo

Dipartimento di Specialità Medico Chirurgiche e Odontoiatriche - Clinica Oculistica

Seconda Università di Napoli

Michele Lanza

Medico Chirurgo

Dipartimento di Specialità Medico Chirurgiche e Odontoiatriche - Clinica Oculistica

Seconda Università di Napoli

Decio Capobianco

Medico Chirurgo - Oculista

ASL NA1 Centro - PSI Napoli EST-UOSD Oculistica

Marco Bifani

Farmacista

Pharamcognosis researcher

Napoli

Gioacchino Gesmundo

Ottico, Formatore

Salmoiraghi & Viganò

1 Le radiazioni elettromagnetiche 7 1.1 Cenni storici 7 1.2 Le caratteristiche fisiche .......................................................................................... 10 1.3 La polarizzazione 12 1.4 Lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche 12 1.5 La radiazione del visibile 16 1.6 La spettrofotometria 18 2 Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia 21 2.1 Le interazioni fisico-chimiche ................................................................................ 21 2.2 Le interazioni con l’ambiente: l’effetto serra e il buco dell’ozono 22 2.3 I radicali liberi e gli antiossidanti endogeni 27 2.4 La visione dei colori 30 3 Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con le strutture oculari 37 Introduzione 37 3.1 Radiazioni infrarosse (IR) 38 3.2 Radiazioni del visibile 39 3.3 Radiazioni ultraviolette 39 4 Le patologie oculari correlate alle radiazioni ultraviolette 41 Introduzione 41 4.1 Dermatiti palpebrali 41 4.2 Pinguecola 42 4.3 Pterigion .......................................................................................................................... 43 4.4 Cheratocongiuntivite attinica 44 4.5 Cataratta 45 4.6 Maculopatia 46 Indice
5 Le lenti filtranti 49 Introduzione 49 5.1 Filtri solari 50 5.2 Filtri selettivi 54 5.3 Filtri medicali 55 5.4 Filtri fotocromatici 56 5.5 Filtri polarizzanti 57 6 La prevenzione meccanica 59 Introduzione 59 6.1 La prevenzione meccanica: i filtri fisici o inorganici 59 6.2 La prevenzione meccanica: i filtri chimici o organici .................................. 60 6.3 La prevenzione meccanica: i filtri naturali o verdi 60 7 La prevenzione nutrizionale 65 Introduzione 65 7.1 La prevenzione nutrizionale: lo stress ossidativo e gli antiossidanti esogeni 65 7.2 La prevenzione nutrizionale: la nutraceutica e gli alimenti antiossidanti 67 Bibliografia ..................................................................................................................................... 75

1 Le radiazioni elettromagnetiche

Nonostante già gli antichi egiziani si fossero interessati alla luce ed al sole dal punto di vista astronomico e agricolo, il 1666 segna, per certi aspetti, un punto fermo di partenza nella storia delle radiazioni elettromagnetiche, quando Sir Isaac Newton scoprì lo spettro ottico (“spectrum”) aprendo la strada ad una scienza, la spettroscopia, che portò fondamentali contributi alla nascita e allo sviluppo di discipline scientifiche, come la chimica inorganica, la fisica atomica, l’astrofisica e l’ottica.

Newton mostrò, accoppiando opportunamente due prismi con una lente convergente, che lo spettro ottico altro non era che l’immagine della scomposizione della luce solare rifratta da un prisma nelle sue componenti cromatiche. Dimostrò inoltre, isolando le diverse componenti cromatiche, per mezzo di più prismi, che le varie componenti cromatiche venivano separate per via del loro diverso grado di rifrangibilità.

Nel 1800 l’astronomo William Herscel studiando gli effetti termici dei colori dello spettro, osservò un aumento del potere termico spostandosi dal violetto verso il rosso. Posizionando il termometro poco fuori la regione del rosso notò un ulteriore aumento della temperatura portando alla scoperta dell’infrarosso. Nel 1801 Johan Wilhelm Ritter, utilizzando del cloruro d’argento, osservò che lo spettro ottico doveva avere anche un’estensione non visibile al di là della regione violetta.

Joseph von Fraunhofer, esaminò tra il 1817 e il 1823 lo spettro della luce dei pianeti e delle stelle riscontrando che lo spettro della Luna mostrava le linee nere più marcate di quelle del Sole, gli spettri di Venere e Marte erano più deboli dello spettro solare con linee comuni alle linee principali e che gli spettri delle altre stelle mostravano linee comuni allo spettro solare.

Fraunhofer così costruì il reticolo di diffrazione, strumento ottico che permetteva oltre che la dispersione della luce nelle sue componenti cromatiche, più accurate misurazioni delle lunghezze d’onda e delle radiazione luminosa.

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1.1 Cenni storici

Nel 1821 Fraunhofer pubblicò la sua prima teoria sui reticoli di diffrazione, teoria derivata in continuità con la teoria corpuscolare di Newton.

Nel 1826 John Herscel e Fox Talbot studiarono i cambiamenti di colore delle fiamme in aggiunta di sali di sodio, potassio e litio; ogni sostanza mostrava una luce con un proprio spettro che poteva servire ad identificarla.

Gli studi del 1823 di John Herscel riguardarono invece l’assorbimento della luce da vetri colorati. La scoperta di un assorbimento selettivo di ben definite bande dello spettro trovò completamento negli studi di David Brewster del 1832.

Brewster comparò lo spettro solare con gli spettri di assorbimento dei gas da lui studiati, osservando peculiari coincidenze tra le ultime righe dello spettro solare e le righe di assorbimento del “gas di acido nitrico” (oggi noto come perossido d’azoto).

Le righe nere dello spettro solare, secondo Brewster, dovevano essere attribuite ad un selettivo assorbimento dell’atmosfera del Sole.

Nel 1842 John Herscel e Edmond Bequerel confermarono l’estensione, nell’infrarosso e nell’ultravioletto, delle righe di Fraunhofer.

L’impiego di nuove sorgenti luminose, come le scariche elettriche tra elettrodi di metalli diversi, permise a Charles Wheatstone di esplorare gli spettri di alcuni metalli.

Nel 1849 Jean Foucault utilizzò, per le sue ricerche, una lampada ad arco sui cui poli depose diverse sostanze, osservando nuovi spettri nei quali riscontrò, in ogni occasione, le due intense linee gialle già identificate da Fraunhofer. Un passo avanti fu compiuto da George Stokes che attribuì la presenza delle linee D di Fraunhofer a vapori di sodio presenti nell’atmosfera del Sole e delle stelle. Gustav Kirchhoff e William Bunsen nel 1859 esposero finalmente e chiaramente la relazione esistente tra spettri di emissione e di assorbimento. Usando come sorgente luminosa una limeligth (luce di una sorgente luminosa realizzata nel 1826, costituita da una bacchetta di calce immersa in una fiamma di idrogeno e ossigeno che per incandescenza irradiava luce bianca con uno spettro continuo), ne osservarono il passaggio attraverso una fiamma in cui era presente del sodio. Esattamente nella posizione delle linee D di Fraunhofer erano presenti due linee nere. In questa maniera Kirchhoff fu in grado di dimostrare la piena reversibilità dell’assorbimento e dell’emissione dei gas: “dentro lo spettro, un elemento assorbe la luce nell’esatta posizione della luce che emette”

Gli studi di Bunsen e Kirchhoff portarono alla costruzione del primo spettroscopio. Anche l’astronomia peraltro beneficiò dei vantaggi che lo spettroscopio forniva come potente strumento di analisi.William Huggins fu in grado di determinare la velocità (nel riferimento terrestre) di alcune stelle dal proprio spettro in forza della teoria di

1 - Le radiazioni elettromagnetiche 8 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano
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Doppler del 1842. Ciò portò Slipher nel 1912 ad osservare che le galassie avevano spostamenti Doppler verso il blu o il rosso se, rispettivamente si avvicinano o si allontanano dalla nostra galassia.

Dieci anni dopo Hubble, con un sistematico studio degli spettri delle galassie, giungerà alla legge che esprime la velocità di allontanamento delle galassie lontane. Le due leggi fisiche fondamentali che descrivono i fenomeni elettromagnetici furono scoperte da Ampere (legge di concatenazione delle linee di forza del campo magnetico generato da un circuito elettrico) e da Faraday (legge dell’induzione elettromagnetica, 1831).

Maxwell infine, nel 1873 pubblicò il trattato “Treaty of electricity and magnetism”, nel quale espose le sue quattro celebri equazioni che descrivono sinteticamente ed in forma matematica ineccepibile tutti i fenomeni elettromagnetici.

Maxwell sviluppò ed elaborò dal punto di vista teorico il concetto di campo, già introdotto da Faraday con considerazioni sperimentali.

Per Maxwell il campo elettromagnetico è una realtà fisica che non ha bisogno di alcun mezzo per propagarsi, diversamente da quanto sostenevano altri fisici, tra i quali Hertz, che ipotizzavano la presenza nello spazio di uno speciale mezzo elastico, l’etere cosmico, attraverso il quale si sarebbero dovute propagare le onde elettromagnetiche, ed in particolare quelle luminose, in modo analogo alla propagazione delle onde sonore nell’aria.

L’ipotesi dell’esistenza dell’etere cosmico fu definitivamente abbandonata in seguito ai reiterati risultati negativi della celebre esperienza di Michelson e Morley il cui scopo era appunto quello di dimostrare, con uno speciale interferometro, l’inesistenza dell’etere cosmico.

Hertz, parecchi anni dopo la morte di Maxwell, riuscì a dimostrare sperimentalmente, attraverso una serie di celebri esperienze, che le onde elettromagnetiche da lui generate con speciali oscillatori a scintilla, si comportano, in determinate condizioni sperimentali, come le onde luminose, ed evidenziò fenomeni di riflessione, rifrazione, interferenza e polarizzazione, fornendo la prova definitiva della natura elettromagnetica della luce, stabilita teoricamente da Maxwell.

Guglielmo Marconi, basandosi sulle esperienze effettuate sulle onde elettromagnetiche da Hertz in Germania e da Augusto Righi, ebbe tre geniali idee:

1. utilizzare le onde elettromagnetiche, prima di lui studiate senza finalità pratiche, per trasmettere segnali telegrafici;

2. utilizzare, sia nel trasmettitore che nel ricevitore, un sistema irradiante basato sull’antenna e sul collegamento a terra, per favorire la propagazione delle onde

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elettromagnetiche a grande distanza;

3. utilizzare lunghezze d’onda molto maggiori (onde decametriche edettometriche) di quelle impiegate nelle esperienze effettuate da Hertz e Righi (onde decimetriche e millimetriche).

Marconi nel 1895, nella sua villa di Pontecchio, riuscì a trasmettere segnali elettrici, prima da una stanza all’altra e poi al di là di una collina.

Perfezionando i dispositivi, riuscì a raggiungere distanze sempre più grandi fino alla celebre esperienza del primo collegamento radiotelegrafico transatlantico, effettuato tra la stazione trasmittente di Poldhu (Cornovaglia) e l’isola canadese San Giovanni di Terranova.

Successivamente, dopo il 1906, utilizzando i tubi a vuoto (valvole termoioniche) introdotte da Fleming (diodo) e De Forest (triodo), perfezionò notevolmente i suoi apparati, dando impulso allo sviluppo della radiofonia.

Il resto della sua vita di sperimentatore lo dedicò alla realizzazione ed al perfezionamento dei sistemi di radiocomunicazioni ad onde corte (decametriche), cortissime (metriche) ed a microonde.

A Marconi fu conferito nel 1909, assieme al Prof. Braun, il premio Nobel per la fisica. Nel 1905 Einstein postulò la teoria della relatività e nel 1924 Louis de Broglie ipotizzò che tutta la materia avesse proprietà ondulatorie; ad un corpo con quantità di moto p veniva infatti associata un’onda di lunghezza d’onda λ.

Tre anni dopo i fisici Davisson e Germer confermarono le previsioni della formula di De Broglie.

Da allora la storia della fisica quantistica è passata attraverso momenti di orgoglio per l’umanità, quali lo sbarco sulla Luna, a pagine buie, quali la bomba atomica lanciata su Hiroshima.

1.2 Caratteristiche fisiche

Alcuni fenomeni fisici possono essere spiegati assumendo che l’energia luminosa sia costituita da onde, mentre altri fenomeni vengono spiegati accettando che, la stessa, sia costituita da particelle discrete (fotoni), ciascuna dotata di una energia E legata alla frequenza della radiazione dalla relazione di Einstein del 1905.

Oggi con il termine radiazione s’intende ogni forma di energia che si propaga mediante onde e particelle in moto.

La materia è formata da atomi costituiti da un nucleo, dotato di carica elettrica positiva, e da elettroni dotati di carica elettrica negativa.

1 - Le radiazioni elettromagnetiche 10 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano

Un elettrone immobile genera, a causa della sua carica, una forza elettrica nello spazio circostante, il campo elettrico. Questo campo elettrico, generato dall’elettrone, viene perturbato dal cambiamento di distanza, dall’elettrone stesso, durante la sua oscillazione attorno al nucleo.

La variazione del campo elettrico genera un campo magnetico. La radiazione elettromagnetica, quindi, è un fenomeno ondulatorio dovuto alla propagazione di perturbazioni periodiche di un campo elettrico e di un campo magnetico, oscillanti in piani tra di loro ortogonali.

Essa viaggia nel vuoto alla velocità di 2.99x108 m/s, mentre nell’acqua (mari, oceani...) si riduce a circa 2.2x108 m/s, e può essere descritta matematicamente dalle equazioni di Maxwell, in base alla quale: ”…ogni qual volta si verifica una variazione di campo elettrico si genera un campo magnetico; viceversa, da un campo magnetico variabile nel tempo si genera un campo elettrico. Una perturbazione elettromagnetica, una volta che si è generata, si propaga nello spazio anche quando viene a cessare la causa che l’ha originata…”.

I parametri che caratterizzano le radiazioni elettromagnetiche sono:

– Lunghezza d’onda (λ), ovvero lo spazio percorso da un’onda per compiere un’oscillazione completa. Essa viene definita anche come distanza tra due creste o due ventri vicini;

– Velocità di propagazione nel vuoto (c), ovvero la distanza percorsa da un’oscillazione nell’unità di tempo e che, nel caso delle radiazioni elettromagnetiche, è la velocità della luce che nel vuoto raggiunge il suo valore massimo e viene indicata con co = 3x108 m/s; negli altri mezzi invece tale velocità è pari a co/n, dove n è una costante tipica del mezzo nel quale si propaga l’onda ed è detta indice di rifrazione assoluto del mezzo. Non esistono mezzi nei quali n sia minore di uno, cioè la luce nel vuoto si propaga con la massima velocità possibile;

– Frequenza (n), ovvero il numero di oscillazioni nell’unità di tempo. Essa è espressa in Hertz (Hz, dove 1 Hz = 1s-1);

– Periodo (T), ovvero l’intervallo di tempo che intercorre tra due passaggi consecutivi della cresta in uno stesso punto.

Tutti questi elementi caratteristici delle onde elettromagnetiche sono legati tra loro dalle seguenti relazioni:

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1 n = ––T c c ⇒ λ = –– → n = ––n λ

Benché la velocità c sia la stessa per tutte le onde elettromagnetiche, la lunghezza d’onda e la frequenza possono variare notevolmente. Esse sono, naturalmente, l’una inversamente proporzionale all’altra: quanto maggiore è la lunghezza d’onda tanto minore è la frequenza.

1.3 La polarizzazione

Il campo elettromagnetico, la cui variazione nel tempo e nello spazio provoca le onde elettromagnetiche, è un vettore caratterizzato da una vibrazione, cioè da un modulo di direzione e verso. La direzione del vettore campo elettrico è denominata “direzione di polarizzazione”.

Le onde elettromagnetiche sono trasversali, il che sta ad indicare che il vettore campo elettrico giace sempre in un piano perpendicolare alla direzione di propagazione, detto piano di vibrazione.

Quando il campo elettrico-magnetico oscilla su una linea retta si parlerà di polarizzazione lineare, ma se la direzione di polarizzazione cambia nel tempo, il vettore campo elettrico potrà vibrare lungo una circonferenza, polarizzazione circolare, oppure su una ellissi, polarizzazione ellittica. In natura è presente la radiazione non polarizzata, cioè quella radiazione la cui polarizzazione varia continuamente in maniera casuale. Per ottenere una radiazione polarizzata si usano i polarizzatori, dispositivi che, investiti da una radiazione priva di una ben precisa direzione di polarizzazione danno luogo a luce completamente o parzialmente polarizzata. Un esempio tipico di polarizzatore della luce visibile è il materiale Polaroid, che consiste di un sottile strato di piccoli cristalli di herapatite (un sale di iodio e chinino) tutti allineati con i loro assi paralleli. Questi cristalli assorbono la luce quando le oscillazioni sono in una direzione, mentre non l’assorbono quando le oscillazioni sono in un’altra direzione. Gli occhiali muniti di lenti Polaroid sono quindi particolarmente adatti a ridurre la luce non polarizzata, quale è quella che si ottiene per riflessione su superfici quali acqua, asfalto e neve.

1.4 Lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche

L’insieme di tutte le lunghezze d’onda elettromagnetiche costituisce il cosiddetto spettro elettromagnetico, suddiviso in regioni parzialmente sovrapposte.

L’intervallo di frequenza entro il quale le onde elettromagnetiche sono oggetto di applicazione e di studio è estremamente ampio essendo compreso fra un migliaio di Hertz e circa 1025 Hertz (e oltre). A seconda della loro frequenza, le onde elettro-

1 - Le radiazioni elettromagnetiche 12 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano

Prevenzione

dei danni da radiazioni elettromagnetiche

Manuale Pratico di Vision Care

onde corte, le onde radar, i segnali radio AM (amplitude modulation, modulazione di ampiezza) e FM (frequency modulation, modulazione di frequenza) sono particolari tipi di radioonde. Vengono generati da circuiti elettronici che fanno oscillare cariche elettriche le quali, quando vengono accelerate, emettono energia.

magnetiche sono prodotte da tipi di sorgenti diverse, hanno proprietà diverse e in particolare hanno diverse modalità di interazione con la materia. In base al loro livello energetico, verranno distinte in ionizzanti e non ionizzanti (Fig. 1).

Le radiazioni non ionizzanti sono dotate di livelli energetici bassi e non interagiscono con la materia a livello molecolare quanto a livello superficiale illuminandola e causandone l’innalzamento termico. Ne fanno parte le radiazioni del visibile (luce), le radiazioni infrarosse, le microonde e le onde radio.

In base al loro livello energetico, verranno distinte in ionizzanti e non ionizzanti (Fig. 1).

Le onde radio sono impiegate in radiotelegrafia, nelle trasmissioni radiofoniche, telefoniche, televisive, radar, nei sistemi di navigazione e nelle comunicazioni spaziali.

Le radiazioni ionizzanti, invece, sono quelle a più alta energia in grado, quindi, di interagire con la materia a livello molecolare modificandola e/o alterandola. Ne fanno parte le radiazioni UVA, UVB, UVC, i raggi X, i raggi gamma ed il nucleare.

Le radiazioni non ionizzanti sono dotate di livelli energetici bassi e non interagiscono con la materia a livello molecolare quanto a livello superficiale illuminandola e causandone l’innalzamento termico. Ne fanno parte le radiazioni del visibile (luce), le radiazioni infrarosse, le microonde e le onde radio.

Le microonde hanno frequenze comprese tra 10 9Hz e alcune unità di 1011Hz e lunghezza d’onda compresa tra 0,3x10 9 nm e 0,3x10 6 nm e sono generate da dispositivi meccanici (cavità risonanti, guide d'onda).

Le radioonde, onde invisibili del tipo generato e rivelato per la prima volta da Hertz, hanno frequenza compresa tra 103 Hertz e circa 109 Hertz. I segnali televisivi, le onde corte, le onde radar, i segnali radio AM (amplitude modulation, modulazione di ampiezza) e FM (frequency modulation, modulazione di frequenza) sono particolari tipi di radioonde. Vengono generati da circuiti elettronici che fanno oscillare cariche elettriche le quali, quando vengono accelerate, emettono energia.

Le radiazioni ionizzanti, invece, sono quelle a più alta energia in grado, quindi, di interagire con la materia a livello molecolare modificandola e/o alterandola. Ne fanno parte le radiazioni UVA, UVB, UVC, i raggi X, i raggi gamma ed il nucleare.

Le microonde attraversano l'atmosfera terrestre senza subire interferenze, come accade invece per le onde radio, e possono penetrare attraverso nubi e foschia, a differenza della radiazione visibile e infrarossa (che hanno lunghezza d’onda inferiore).

Le onde radio sono impiegate in radiotelegrafia, nelle trasmissioni radiofoniche, telefoniche, televisive, radar, nei sistemi di navigazione e nelle comunicazioni spaziali.

Le radioonde, onde invisibili del tipo generato e rivelato per la prima volta da Hertz, hanno frequenza compresa tra 103 Hertz e circa 109 Hertz. I segnali televisivi, le

ENERGIA 

Sono usate nella ricerca (studi atomici e molecolari) e in telecomunicazioni (radar e GPS). Vengono inoltre facilmente assorbite dalle molecole d’acqua contenute negli alimenti, facendoli riscaldare rapidamente (forno a microonde).

La radiazione infrarossa (IR) occupa l’intervallo di

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Le microonde hanno frequenze comprese tra 109Hz e alcune unità di 1011Hz e lunghezza d’onda compresa tra 0,3x109 nm e 0,3x106 nm e sono generate da dispositivi meccanici (cavità risonanti, guide d’onda). 11
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L'intervallo di frequenza entro il quale le onde elettromagnetiche sono oggetto di applicazione e di studio è estremamente ampio essendo compreso fra un migliaio di Hertz e circa 1025 Hertz (e oltre). A seconda della loro frequenza, le onde elettromagnetiche sono prodotte da tipi di sorgenti diverse, hanno proprietà diverse e in particolare hanno diverse modalità di interazione con la materia.
IONIZZANTE Frequenze in Hz Lunghezza d'onda (m) 10 0 102 104 10 6 108 1010 1012 1014 1016 1018 1020 1022 1024 1026 10 6 104 102 1 10 -2 10 -4 10 -6 10 -8 10 -10 10 -12 10 -14 10 -16 10 -18 Basse frequenze Elettrodotti Radio Telefono
Calore
Radioattività Alte frequenze Onde lunghe, medie, corte, ultracorte, microonde Luce infrarossa
Raggi X Raggi gamma Radiazione secondaria di quota
Fig. 1 Lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche
NON
cellulare
Luce Radiografia
- visibile - ultravioletta
IONIZZANTE
Figura 1 Lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche

Le microonde attraversano l’atmosfera terrestre senza subire interferenze, come accade invece per le onde radio, e possono penetrare attraverso nubi e foschia, a differenza della radiazione visibile e infrarossa (che hanno lunghezza d’onda inferiore). Sono usate nella ricerca (studi atomici e molecolari) e in telecomunicazioni (radar e GPS). Vengono inoltre facilmente assorbite dalle molecole d’acqua contenute negli alimenti, facendoli riscaldare rapidamente (forno a microonde).

La radiazione infrarossa (IR) occupa l’intervallo di lunghezze d’onda (frequenza) compreso tra 1mm e 750 nm (300 GHz e 400 THz). La banda dell’infrarosso è comunemente divisa in tre parti: FAR, MID, NEAR. La regione FAR è vicina alla banda delle microonde, la NEAR è vicina alla banda della luce visibile.

Circa il 50% della radiazione solare è emessa nella regione infrarossa (NEAR, vicina al visibile), il resto è emesso nel visibile e, in piccola parte, nell’ultravioletto. La terra, a una temperatura media di circa 15°C, emette nell’infrarosso.La radiazione infrarossa viene spontaneamente emessa dai corpi caldi, in cui gli atomi vengono eccitati tramite gli urti causati dall’agitazione termica. Se assorbiti da una molecola, i quanti hanno un’energia sufficiente a provocare un moto vibrazionale, che si traduce in un aumento di temperatura. L’emissione infrarossa è utilizzata in medicina per terapie fisiche e, nella ricerca, per lo studio dei livelli energetici vibrazionali. Molti animali, come i serpenti, sono sensibili all’infrarosso. Il vetro è opaco all’infrarosso, il che spiega il cosiddetto effetto serra. Infatti la luce che attraversa il vetro di una serra viene assorbita dalle piante e riemessa sotto forma di infrarosso, il quale rimane intrappolato provocando l’aumento di temperatura all’interno della serra. La radiazione visibile (o semplicemente luce) (Fig. 2) ha frequenza compresa tra 3,8x1014 Hz e 7,9x1014 e lunghezza d’onda compresa tra 380 nm e 780 nm. Il campo della luce del visibile è molto ristretto rispetto all’intero spettro delle radiazioni, ma è estremamente importante per gli organismi viventi poiché l’occhio della maggior parte di essi è sensibile a queste radiazioni. La luce viene emessa da atomi e molecole quando i relativi elettroni compiono transizioni da uno stato metastabile o instabile alla stato fondamentale, o da cariche microscopiche in movimento per agitazione termica a temperature molto elevate. In particolare il Sole (la cui temperatura superficiale è prossima a 6000 gradi) emette uno spettro di radiazioni il cui massimo è centrato intorno ad una lunghezza d’onda di circa 5000 U.A. (1 U.A.=10-7mm) e si estende dall’ultravioletto al vicino infrarosso.

I raggi ultravioletti (UV) (Fig. 3) occupano l’intervallo di lunghezza d’onda compreso tra la luce visibile e i raggi X, ossia tra: 400 nm e 10 nm (750 THz e 30000 THz) ed energie tra 3 eV e 124 eV. In fisica la radiazione ultravioletta è divisa in quattro regioni:

1 - Le radiazioni elettromagnetiche 14 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano

l’aumento di temperatura all’interno della serra.

La radiazionevisibile (o semplicemente luce) (Fig. 2)

ha frequenza compresa tra 3,8x1014 Hz e 7,9x1014 e lunghezza d’onda compresa tra 380 nm e 780 nm. Il campo della luce del visibile è molto ristretto rispetto all’intero spettro delle radiazioni, ma è estremamente

importante di radiazione UV è il sole.

La radiazione UV che raggiunge la superfice terrestre è circa il 9% (circa 120 W/m2) della radiazione solare al top dell´atmosfera. L´atmosfera terrestre, tramite processi di assorbimento e diffusione, agisce come un filtro rispetto alle radiazioni provenienti dal sole.

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Near (400-300 nm), Middle (300-200 nm), Far (200-100 nm), Extreme (sotto i 100 nm). Quando si considera l’impatto dei raggi UV sull’ambiente e sulla salute umana, sono evidenziate tre regioni dello spettro UV: UV-A (400-315 nm), UV-B (315-280 nm) e UV-C (280-100 nm). La sorgente naturale più importante di radiazione UV è il sole. La radiazione UV che raggiunge la superfice terrestre è circa il 9% (circa 120 W/m2) della radiazione solare al top dell´atmosfera. L´atmosfera terrestre, tramite processi di assorbimento e diffusione, agisce come un filtro rispetto alle radiazioni provenienti dal sole.

In particolare:

– la radiazione UV- C (la più dannosa per la vita a causa del suo alto contenuto energetico) viene completamente assorbita dall´ozono e dall´ossigeno degli strati più alti dell´atmosfera; – la radiazione UV-B viene anch´essa in buona parte assorbita, ma una non trascurabile percentuale (circa il 15-20%) riesce a raggiungere la superficie terrestre; è responsabile di bruciature solari e di cancro alla pelle.

– la radiazione UVA riesce in buona parte (circa il 55-60%) a raggiungere la superficie terrestre.

Sono utilizzati nelle lampade germicide (UV-C), dove distruggono microorganismi quali batteri, virus, muffe, ecc., e sono usate per assicurare la sterilità di utensili e ambienti ospedalieri. Trovano largo uso nelle lampade UV (UV-A), per favorire l´abbronzatura, e nel laser UV (UV-B) in applicazioni industriali (incisioni con laser) e in medicina (dermatologia).

I raggi X hanno frequenza compresa fra circa 3x1017 Hz e 5x1019Hz e lunghezza d’onda compresa tra i 6x10-1nm e 6x10-3 nm. I raggi X hanno energia sufficiente per pro-

1 - Le radiazioni elettromagnetiche 15
Fig. 2 La radiazione del visibile
400 450 500 550 600 650 700 750 400 430 VIOLA BLU SCURO AZZURRO BLU/VERDE VERDE GIALLO/VERDE GIALLO ARANCIO ROSSO CHIARO ROSSO SCURO 460 490 520 545 575 590 630 660 760 nanometri
Fig. 3 Lo spettro dell’ultravioletto Figura 2 La radiazione del visibile Figura 3 Lo spettro dell’ultravioletto

vocare transizioni di elettroni atomici più interni, danneggiare le cellule viventi e possono penetrare nei tessuti biologici.

L’atmosfera terrestre assorbe al 95% i raggi X provenienti dall’universo, cosa che rende merito del fatto che la maggior parte è prodotta artificialmente dall’uomo.

Il loro diverso assorbimento ad opera dei tessuti di diversa consistenza e densità rende possibile il loro impiego in diagnostica medica (radiografia e radioscopia). Trovano inoltre applicazioni in radiochimica e Medicina.

Rosalind Franklin, al King’s College di Londra, utilizzò la diffrazione a raggi X per studiare fibre di DNA. Con i risultati che ottenne (tra il 1951 e il 1953) diede un contributo fondamentale alla scoperta della struttura a doppia elica del DNA. James Watson e Francis Crick ebbero modo di conoscere foto e dati elaborati (non ancora pubblicati) dalla Franklin: i risultati della Franklin furono per loro molto utili nell’elaborazione del modello della doppia elica del DNA (marzo 1953).

I raggi gamma hanno frequenze superiori a 3x1018 Hz con lunghezze d’onda minori a 10-1 nm e sono prodotte nei decadimenti radioattivi gamma, in interazioni tra particelle (annichilazione elettrone-positrone, decadimento del pione neutro); processi tipici delle reazioni nucleari.

Raggi X e raggi γ hanno un intervallo energetico di sovrapposizione. Tipicamente, quando possibile, le due radiazioni sono distinte e definite (X o γ) in base alla loro origine: raggi X se emessi da elettroni al di fuori del nucleo, raggi γ se emessi dal nucleo (decadimenti radioattivi). Vengono impiegati nella medicina nucleare attraverso varie metodiche diagnostiche quali SPECT (Tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli), PET (Tomografia a emissione di positroni), oppure in applicazioni terapeutiche quali la Cobalto terapia.

1.5 Le radiazione del visibile

All’interno dello spettro elettromagnetico, solo una piccolissima porzione appartiene al cosiddetto spettro visibile (Fig. 4), cioè all’insieme delle lunghezze d’onda a cui l’occhio umano è sensibile e che sono alla base della percezione dei colori. Le differenze individuali possono far variare leggermente l’ampiezza dello spettro visibile. In linea di massima, comunque, esso si situa tra i 380 e i 780 nanometri: alla lunghezza d’onda minore corrisponde la gamma cromatica del blu-violetto, alla lunghezza d’onda maggiore corrisponde invece la gamma dei rossi.

Il termine luce (dal latino lux) si riferisce, quindi, alla porzione dello spettro elettromagnetico visibile dall’occhio umano, ed è approssimativamente compresa tra 400 e 700 nanometri di lunghezza d’onda. Questo intervallo coincide con il centro della

1 - Le radiazioni elettromagnetiche 16 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano

cellule viventi e possono penetrare nei tessuti biologici.

L’atmosfera terrestre assorbe al 95% i raggi X provenienti dall’universo, cosa che rende merito del fatto che la maggior parte è prodotta artificialmente dall’uomo.

Il loro diverso assorbimento ad opera dei tessuti di diversa consistenza e densità rende possibile il loro impiego in

dal nucleo (decadimenti radioattivi). Vengono impiegati nella medicina nucleare attraverso varie metodiche diagnostiche quali SPECT (Tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli), PET (Tomografia a emissione di positroni), oppure in applicazioni terapeutiche quali la Cobalto terapia.

regione spettrale della luce emessa dal sole che riesce ad arrivare al suolo attraverso l’atmosfera. I limiti dello spettro visibile all’occhio umano non sono uguali per tutte le persone, ma variano soggettivamente e possono raggiungere i 720 nanometri, avvicinandosi agli infrarossi, e i 380 nanometri avvicinandosi agli ultravioletti.

La presenza contemporanea di tutte le lunghezze d’onda visibili, in quantità proporzionali a quelle della luce solare, forma la luce bianca. La luce, come tutte le onde elettromagnetiche, interagisce con la materia.

I fenomeni che più comunemente influenzano o impediscono la trasmissione della luce attraverso la materia sono: l’assorbimento, la diffusione (scattering), la riflessione speculare o diffusa, la rifrazione e la diffrazione. La riflessione diffusa da parte delle superfici, da sola o combinata con l’assorbimento, è il principale meccanismo attraverso il quale gli oggetti si rivelano ai nostri occhi, mentre la diffusione da parte dell’atmosfera è responsabile della luminosità del cielo.

La rifrazione (Fig. 5) è la deviazione subita da un’onda che ha luogo quando questa passa da un mezzo ad un altro nel quale la sua velocità di propagazione cambia. Quando l’onda passa in un materiale che ne aumenta la velocità la nuova direzione forma un angolo meno ampio mentre se passa in un materiale che ne riduce la velocità la direzione forma un angolo più ampio. È responsabile delle distorsioni ottiche. La riflessione è il fenomeno per cui un’onda cambia di direzione a causa di un impatto con un materiale riflettente. Se il materiale ha una superficie levigata e regolare si parlerà di riflessione lineare, il cd. effetto specchio. Mentre quando la superficie è irregolare si parlerà di riflessione diffusa responsabile dello scattering della luce, il cd. abbagliamento.La dispersione è la separazione di un’onda in componenti spettrali con diverse lunghezze d’onda, a causa della interazione con il mezzo attraversato, il cd. effetto arcobaleno.

1 - Le radiazioni elettromagnetiche 17
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SPETTRO ELETTROMAGNETICO radio INFRAROSSI 1500 1000 700 600 500 400 300 ULTRAVIOLETTI SPETTRO VISIBILE TV microonde infrarossi raggi X raggi gamma raggi cosmici UV
Fig. 4 Lo spettro della luce visibile è solo una piccola porzione dell'intero spettro elettromagnetico Figura 4 Lo spettro della luce visibile è solo una piccola porzione dell’intero spettro elettromagnetico

Manuale Pratico

1.5 Le radiazione del visibile

In seguito ai suddetti processi fisici, la luce monocromatica (bianca) che attraversa un prisma di cristallo trasparente (come dimostrato da Newton nel 1966) viene suddivisa in bande colorimetriche (bande spettrali) nelle quali viene, classicamente suddiviso, lo spettro della luce visibile (Fig. 6). Una cosa simile accade nell’arcobaleno: la luce che passa attraverso le piccole gocce d’acqua, sospese nell’aria dopo una pioggia, si scompone nei sette colori dello spettro (con tutte le relative gradazioni intermedie).

All'interno dello spettro elettromagnetico, solo una piccolissima porzione appartiene al cosiddetto spettro visibile (Fig. 4), cioè all'insieme delle lunghezze d'onda a cui l'occhio umano è sensibile e che sono alla base della percezione dei colori. Le differenze individuali possono far variare leggermente l'ampiezza dello spettro visibile. In linea di massima, comunque, esso si situa tra i 380 e i 780 nanometri: alla lunghezza d'onda minore corrisponde la gamma cromatica del blu-violetto, alla lunghezza d'onda maggiore corrisponde invece la gamma dei rossi.

1.6 La spettrofotometria

I fenomeni che più comunemente influenzano o impediscono la trasmissione della luce attraverso la materia sono: l'assorbimento, la diffusione (scattering), la riflessione speculare o diffusa, la rifrazione e la diffrazione. La riflessione diffusa da parte delle superfici, da sola o combinata con l'assorbimento, è il principale meccanismo attraverso il quale gli oggetti si rivelano ai nostri occhi, mentre la diffusione da parte dell'atmosfera è responsabile della luminosità del cielo.

La spettrofotometria (o spettrometria) UV-visibile si basa sull’assorbimento di radiazioni elettromagnetiche dell’intervallo del visibile e del vicino ultravioletto da parte di atomi o di molecole. Questa tecnica trova applicazione nella determinazione qualitativa e quantitativa di numerose sostanze sia organiche che inorganiche nel campo ambientale, farmaceutico e alimentare. Quantificare l’interazione della radiazione visibile con un campione chimico, di varia natura, permette ad esempio la determinazione della concentrazione di un campione incognito o di seguire l’andamento di una reazione in funzione del tempo. Le tecniche spettroscopiche sono basate sullo scambio di energia che si verifica fra l’energia radiante e la materia.

La rifrazione (Fig.5) è la deviazione subita da un'onda che ha luogo quando questa passa da un mezzo ad un altro nel quale la sua velocità di propagazione cambia. Quando l’onda passa in un materiale che ne aumenta la velocità la nuova direzione forma un angolo meno ampio mentre se passa in un materiale che ne riduce la velocità la direzione forma un angolo più ampio. È responsabile delle distorsioni ottiche.

Il principio si basa sulla registrazione dell’intensità della radiazione trasmessa da un campione (IT) in funzione dell’intensità della radiazione incidente (I0) al variare della lunghezza d’onda incidente (λ).

Il rapporto tra la radiazione incidente sul campione e quella trasmessa determina la trasmittanza (T) del campione stesso (T=IT/I0).

Il termine luce (dal latino lux) si riferisce, quindi, alla porzione dello spettro elettromagnetico visibile dall'occhio umano, ed è approssimativamente compresa tra 400 e 700 nanometri di lunghezza d'onda. Questo intervallo coincide con il centro della regione spettrale della luce emessa dal sole che riesce ad arrivare al suolo attraverso l'atmosfera. I limiti dello spettro visibile all'occhio umano non sono uguali per tutte le persone, ma variano soggettivamente e possono raggiungere i 720 nanometri, avvicinandosi agli infrarossi, e i 380 nanometri avvicinandosi agli ultravioletti. La presenza contemporanea di tutte le lunghezze d'onda visibili, in quantità proporzionali a quelle della luce solare, forma la luce bianca. La luce, come tutte le onde elettromagnetiche, interagisce con la materia.

L a riflessione è il fenomeno per cui un'onda cambia di direzione a causa di un impatto con un materiale riflettente. Se il materiale ha una superficie levigata e regolare si parlerà di riflessione lineare, il cd. effetto specchio. Mentre quando la superficie è irregolare si parlerà di riflessione diffusa responsabile dello scattering della luce, il cd. abbagliamento La dispersione è la separazione di un'onda in componenti spettrali con diverse lunghezze d'onda,

La trasmittanza viene visualizzata attraverso un grafico dove sull’asse delle ascisse

1 - Le radiazioni elettromagnetiche 18 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele -
Pasquale Troiano
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Fig. 5 La rifrazione
interface P n1 n2 Oi Or Ol O Q R normal Colore rosso arancione giallo verde blu viola Lunghezza d'onda ~ 700-630 mm ~ 630+590 mm ~ 590-560 mm ~ 560-490 mm ~ 490-450 mm ~ 450-400 mm Frequenza ~ 430-480 THz ~ 480-510 THz ~ 510-540 THz ~ 540-610 THz ~ 610-670 THz ~ 670-750 THz
Fig. 6 Bande spettrali della radiazione visibile Figura 5 La rifrazione Figura 6 Bande spettrali della radiazione visibile

classicamente suddiviso, lo spettro della luce visibile (Fig. 6).

Una cosa simile accade nell’arcobaleno: la luce che passa attraverso le piccole gocce d’acqua, sospese nell’aria dopo una pioggia, si scompone nei sette colori dello spettro (con tutte le relative gradazioni intermedie).

campione stesso

( T=IT / I 0).

La trasmittanza viene visualizzata attraverso un grafico dove sull’asse delle ascisse è riportata la λ e su quello delle ordinate la percentuale di energia, relativa alla λ, trasmessa.

1.6 La spettrofotometria

è riportata la λ e su quello delle ordinate la percentuale di energia, relativa alla λ, trasmessa.

In particolare, la spettrofotometria di assorbimento è interessata ai fenomeni di assorbimento delle radiazioni luminose della regione dello spettro elettromagnetico appartenenti al campo del visibile (350 – 700 nm) e del vicino ultravioletto (200 – 350 nm).

In particolare, la spettrofotometria di assorbimento è interessata ai fenomeni di assorbimento delle radiazioni luminose della regione dello spettro elettromagnetico appartenenti al campo del visibile (350 – 700 nm) e del vicino ultravioletto (200 – 350 nm).

Viene interessato anche l’UV lontano (10 – 200 nm), anche se in questo caso si opera sotto vuoto o in atmosfera di gas inerte, perché l’ossigeno atmosferico copre i segnali delle altre sostanze.

Viene interessato anche l’UV lontano (10 – 200 nm), anche se in questo caso si opera sotto vuoto o in atmosfera di gas inerte, perché l’ossigeno atmosferico copre i segnali delle altre sostanze.

In campo ottico la spettrofotometria è fondamentale per valutare l’assorbimento delle diverse radiazioni elettromagnetiche da parte dei diversi materiali che costituiscono le lenti (Fig. 7-8).

In campo ottico la spettrofotometria è fondamentale per valutare l’assorbimento delle diverse radiazioni elettromagnetiche da parte dei diversi materiali che costituiscono le lenti (Fig. 7-8).

La spettrofotometria (o spettrometria) UV-visibile si basa sull'assorbimento di radiazioni elettromagnetiche dell’intervallo del visibile e del vicino ultravioletto da parte di atomi o di molecole. Questa tecnica trova applicazione nella determinazione qualitativa e quantitativa di numerose sostanze sia organiche che inorganiche nel campo ambientale, farmaceutico e alimentare. Quantificare l’interazione della radiazione visibile con un campione chimico, di varia natura, permette ad esempio la determinazione della concentrazione di un campione incognito o di seguire l’andamento di una reazione in funzione del tempo. Le tecniche spettroscopiche sono basate sullo scambio di energia che si verifica fra l’energia radiante e la materia.

È interessante notare come le lenti in policarbonato bloccano (T=0 ) tutte le radiazioni UV cosa che non accade con le lenti in vetro minerale.

È interessante notare come le lenti in policarbonato bloccano (T=0) tutte le radiazioni UV cosa che non accade con le lenti in vetro minerale.

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Fig. 7 Spettrometria vetro minerale
100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 300 300 400 400 500 500 UV UV visibile visibile infrarossi infrarossi 600 600 700 700 1000 1000 1800 1800 2600 2600 3400 3400
Fig. 8 Spettrometria lenti in carbonio CR39 Figura 7 Spettrometria vetro minerale Figura 8 Spettrometria lenti in carbonio CR39

Prevenzione

Manuale Pratico di Vision Care

Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

2.

2 Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

2.1 Le interazioni fisico-chimiche

Le radiazioni elettromagnetiche possono interagire fisicamente con la materia in modi diversi a seconda dell’energia che trasportano (Fig. 9), attraverso un:

2.1 Le interazioni fisico-chimiche

• Effetto oscillatorio: si verifica quando una radiazione elettromagnetica dotata di bassa energia colpisce un atomo, rilasciando una piccola parte di energia che causa l’aumento di velocità di rotazione degli elettroni attorno al nucleo. Una volta terminata l’esposizione gli elettroni rallentano rilasciando energia sotto forma di calore. È caratteristico delle radiazioni a bassa energia quali microonde e infrarosso.

• Effetto Compton (transizione elettronica): consiste nella collisione di un fotone con un elettrone debolmente legato. Dalla collisione emerge un nuovo fotone con energia inferiore e traiettoria diversa da quella originale ed un elettrone con energia pari all’energia persa dal fotone incidente È caratteristico delle radiazioni a media/alta energia quali quelle dell’ultravioletto.

Le radiazioni elettromagnetiche possono interagire fisicamente con la materia in modi diversi a seconda dell’energia che trasportano (Fig. 9), attraverso un:

– Effetto oscillatorio: si verifica quando una radiazione elettromagnetica dotata di bassa energia colpisce un atomo, rilasciando una piccola parte di energia che causa l’aumento di velocità di rotazione degli elettroni attorno al nucleo. Una volta terminata l’esposizione gli elettroni rallentano rilasciando energia sotto forma di calore. È caratteristico delle radiazioni a bassa energia quali microonde e infrarosso.

• Effetto fotoelettrico (transizione elettronica): si verifica quando una radiazione collide con un elettrone orbitale e lo espelle dall’atomo. La radiazione incidente viene totalmente assorbita.

• Produzione di coppie (diffusione): consiste nella creazione di una coppia elettronepositrone (particella del tutto simile all’elettrone ma di carica +). Si verifica nelle vicinanze di un nucleo a causa dell’interazione del fotone con il campo elettrico creato dal nucleo. È caratteristico delle radiazioni a alta energia quali raggi X e raggi γ

– Effetto fotoelettrico (transizione elettronica): si verifica quando una radiazione collide con un elettrone orbitale e lo espelle dall’atomo. La radiazione incidente viene totalmente assorbita.

Gli elettroni degli orbitali superiori scendono a ricoprire la vacanza e rilasciano energia. È caratteristico delle radiazioni a bassa/media energia quali quelle del visibile.

Gli elettroni degli orbitali superiori scendono a ricoprire la vacanza e rilasciano energia. È caratteristico delle radiazioni a bassa/media energia quali quelle del visibile.

2.2 Le interazioni con l’ambiente: l’effetto serra e il buco dell’ozono L'effetto serra è un fenomeno naturale che entra a far parte dei complessi meccanismi di regolazione dell'equilibrio termico di un pianeta o di un satellite grazie alla presenza di un'atmosfera contenente alcuni gas. L’atmosfera terrestre, infatti, è costituita da una miscela di gas che lasciano passare le radiazioni del visibile, gli UV- A e gli UV-B, ma riflettono gli UV-C e gli infrarossi. I raggi solari a corta lunghezza d'onda (UV-A, UV-B e Visibile) penetrano l’atmosfera, raggiungendo in buona parte la superficie del pianeta, dove vengono in parte riflessi ed in parte assorbiti dalla superficie e convertiti in energia termica.

Il buco dell’ozono è una porzione di atmosfera, più

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dei danni da radiazioni elettromagnetiche
Fig. 9 Le interazioni fisico-chimiche delle radiazioni con la materia L'interazione della radiazione con la materia Figura 9 Le interazioni fisico-chimiche delle radiazioni con la materia

2 - Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

Effetto Compton (transizione elettronica): consiste nella collisione di un fotone con un elettrone debolmente legato. Dalla collisione emerge un nuovo fotone con energia inferiore e traiettoria diversa da quella originale ed un elettrone con energia pari all’energia persa dal fotone incidente È caratteristico delle radiazioni a media/alta energia quali quelle dell’ultravioletto.

– Produzione di coppie (diffusione): consiste nella creazione di una coppia elettrone - positrone (particella del tutto simile all’elettrone ma di carica +). Si verifica nelle vicinanze di un nucleo a causa dell’interazione del fotone con il campo elettrico creato dal nucleo. È caratteristico delle radiazioni a alta energia quali raggi X e raggi

2.2 Le interazioni con l’ambiente: l’effetto serra e il buco dell’ozono

L’effetto serra è un fenomeno naturale che entra a far parte dei complessi meccanismi di regolazione dell’equilibrio termico di un pianeta o di un satellite grazie alla presenza di un’atmosfera contenente alcuni gas. L’atmosfera terrestre, infatti, è costituita da una miscela di gas che lasciano passare le radiazioni del visibile, gli UV- A e gli UVB, ma riflettono gli UV-C e gli infrarossi. I raggi solari a corta lunghezza d’onda (UV-A, UV-B e Visibile) penetrano l’atmosfera, raggiungendo in buona parte la superficie del pianeta, dove vengono in parte riflessi ed in parte assorbiti dalla superficie e convertiti in energia termica.

Il buco dell’ozono è una porzione di atmosfera, più o meno estesa, dove sono assenti determinati gas che, non schermando le radiazioni UV-C e infrarosse, lasciano passare tutta la radiazione solare causando l’innalzamento della temperatura terrestre oltre limiti di soglia.

La terra quindi, in condizioni normali ed in virtù del suo riscaldamento, emette radiazioni verso lo spazio sotto forma di radiazioni infrarosse, secondo la legge del corpo nero o legge di Stefan-Boltzmann, che resteranno “intrappolate” nello spazio tra superfice ed atmosfera. La presenza dei gas serra alla dissipazione della radiazione infrarossa comporta l’innalzamento della temperatura superficiale fino al raggiungimento di un punto di equilibrio tra radiazione solare in arrivo e infrarossa in uscita.

In assenza di gas serra la temperatura superficiale media della Terra sarebbe di circa -18°C mentre il valore effettivo è di circa +14°C, molto al di sopra del punto di congelamento dell’acqua, il che consente la vita come noi la conosciamo.

È importante rilevare che l’acqua, sotto forma di vapore, costituisce essa stessa il più potente gas serra atmosferico. L’inquinamento atmosferico dovuto alla continua e

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da radiazioni elettromagnetiche
Mele
danni
Luigi
- Pasquale Troiano
γ.

crescente combustione di fonti fossili a scopo energetico, alla deforestazione tropicale, all’agricoltura industrializzata e all’estensione della zootecnia, comporta un aumento dei gas serra in atmosfera in particolare dell’anidride carbonica, del metano, del protossido di azoto o ossido di diazoto e dell’ozono. Nel sistema solare, oltre che sulla Terra, l’effetto serra regola le condizioni termiche su Marte, Venere e Titano, mentre la nostra Luna, priva di atmosfera e quindi di effetto serra, presenta escursioni di temperatura fortissime fra il giorno e la notte e fra le zone in ombra e quelle illuminate. Quando si parla di aumento o diminuzione dell’effetto serra ci si riferisce proprio all’aumento o alla diminuzione della capacità di trattenere calore da parte dell’atmosfera: è ovvio che se l’atmosfera riesce a trattenere più calore si avrà un innalzamento della temperatura, se l’atmosfera riesce a trattenere meno calore si avrà una diminuzione delle temperature. Molti sono i fattori che contribuiscono ad alzare o abbassare l’effetto serra: alcuni sono interni all’atmosfera (piogge, spostamenti masse d’aria umide, annuvolamenti, contenuto di vapore acqueo, CO2, metano) altri sono esterni (evaporazione dei mari, scambio CO2 tra mare e atmosfera, respirazione del mondo vegetale e animale, azione batterica nei terreni, emissioni vulcaniche). In una situazione di equilibrio termico ideale (tanta energia viene assorbita e tanta ne viene riemessa) tutti questi fattori partecipano insieme, chi apportando un’azione di aumento dell’effetto serra chi un’azione di diminuzione, in maniera tale che le varie azioni si annullano a vicenda facendo rimanere il sistema in equilibrio termico. L’effetto serra si ripercuote anche sull’apparato visivo in quanto l’innalzamento della temperatura atmosferica determina un aumento dell’evaporazione del film lacrimale con conseguente alterazione della sua osmolarità che rende merito di condizioni di Dry Eye evaporativo più o meno severe a seconda della zona climatica.

Le onde elettromagnetiche sono parte integrante dell’ambiente in cui viviamo e lavoriamo, e la loro origine è in parte artificiale (per esempio le onde radio, radar e nelle telecomunicazioni), e in parte naturale (la luce visibile, i raggi X o i raggi gamma).

Ciascuno di noi, quindi, è immerso costantemente in campi elettromagnetici, un fenomeno per molti aspetti inevitabile e dal punto di vista fisico assolutamente unitario, nel senso che tutti i campi e i loro effetti si basano sui medesimi principi. Il parametro determinante è la frequenza. La frequenza indica il numero di oscillazioni dell’onda elettromagnetica al secondo. L’unità di misura è l’Hertz (Hz). 1Hz indica 1 oscillazione al secondo, 1 kilohertz (kHz) 1000 oscillazioni al secondo, 1 megahertz (MHz) 1.000.000 oscillazioni al secondo, 1 gigahertz (GHz) 1.000.000.000 oscillazioni al secondo.

L’effetto biologico delle onde elettromagnetiche dipende essenzialmente dalla loro intensità e dalla loro frequenza. Di conseguenza lo spettro elettromagnetico viene

2 - Le interazioni
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delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

2 - Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

suddiviso in due tipologie principali: le radiazioni non ionizzanti, come le onde radio, le microonde e la radiazione visibile e le ionizzanti quali radiazioni ultraviolette, raggi X e raggi γ

Fra i due tipi di radiazione c’è una differenza fondamentale dovuta alla diversa capacità che hanno di interagire con gli atomi e le molecole che compongono la materia. Radiazioni non Ionizzanti (NIR – Non Ionizating Radiation): Le radiazioni non ionizzanti non sono in grado di ionizzare (staccare dalla loro struttura singoli elettroni) le molecole di cui è costituito il nostro organismo. Il principale effetto che riescono a produrre sulle molecole è quello di farle oscillare producendo attrito e di conseguenza calore: il riscaldamento è proprio l’effetto principale delle radiazioni non ionizzanti. Onde radio: I campi elettrici dell’onda radio variano troppo rapidamente rispetto ai tempi di risposta delle membrane biologiche eccitabili elettricamente e non sono in grado di produrre blocchi neuromuscolari tanto che, per questo tipo di onde, si è soliti adottare un’ulteriore differenziazione in:

– Onde a frequenza estremamente bassa (ELF): si formano prevalentemente in corrispondenza di apparecchiature o cavi elettrici in ambienti domestici o lavorativi, oppure a ridosso delle linee ad alta tensione o dei trasformatori. Per le ELF il campo elettrico ed il campo magnetico possono essere considerati separatamente. Il fattore determinante è però il campo magnetico, che a differenza del campo elettrico è assai più difficile da schermare. L’effetto biologico principale dei campi a bassa frequenza è di produrre all’interno del nostro organismo la cosiddetta induzione delle correnti elettriche che si possono sovrapporre a quelle naturali dando vita, soprattutto in presenza di elevate intensità di campo, a sovreccitazioni nervose e muscolari (azione irritativa sul sistema nervoso centrale). Si parla anche di una possibile correlazione tra i campi a bassa frequenza ed alcuni casi di leucemia infantile insorti in bambini residenti in prossimità di linee ad alta tensione.

– Radiofrequenze: i campi a radiofrequenza (RF), vengono utilizzati soprattutto nelle telecomunicazioni, per esempio nei trasmettitori, nella telefonia mobile. Per l’alta frequenza il campo elettrico e magnetico sono un fenomeno unico, interdipendente, denominato campo elettromagnetico. Esso è relativamente facile da schermare (per esempio coi muri degli edifici, i tetti di lamiera o le tappezzerie a conduzione elettrica). Alle alte frequenze, soprattutto in presenza di elevate intensità di campo, predominano gli effetti cosiddetti termici, ossia il riscaldamento dei tessuti corporei dovuto all’assorbimento delle radiazioni.

Riguardo agli effetti biologici delle onde radio, in generale, si distingue tra effetti termici (acuti) ed effetti atermici (cronici); strettamente connessi all’assorbimento di

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elettromagnetiche
danni da radiazioni
Luigi Mele - Pasquale Troiano

delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

energia ed al conseguente aumento della temperatura nel tessuto irradiato. Effetti “termici” sono normalmente causati da esposizioni brevi ma intense. Per misurare l’energia radiante assorbita dal corpo umano nell’unità di tempo si utilizza il cosiddetto SAR (acronimo di specific absorption rate) o anche “tasso d’assorbimento specifico” (TAS) espresso in watt per chilogrammo di massa corporea (W/kg). Il valore di base del SAR ha una corrispondenza diretta con gli effetti biologici dell’esposizione elettromagnetica.Alcune ricerche condotte su cavie animali hanno dimostrato che l’esposizione può causare effetti di vario genere (per esempio disturbi metabolici, nervosi e comportamentali) a partire da un aumento della temperatura in tutto il corpo di circa 1°C, che corrisponderebbe ad un valore di SAR mediato su tutto il corpo di circa 2 W/kg. Oltre i 4 W/kg si cominciano a registrare dei danni veri e propri, sicché questo valore è abitualmente considerato la soglia di rilevanza per la salute umana nell’assorbimento energetico. Quando poi l’assorbimento supera i 10 W/kg i danni all’organismo diventano irreversibili. Utilizzando un cellulare, l’assorbimento energetico nel capo è inferiore a 2 W/kg. Occorre però ricordare che l’attività fisica, la presenza di temperature esterne elevate, l’alta umidità dell’aria e lo scarso ricambio d’aria possono aumentare ulteriormente gli effetti termici dovuti alle alte frequenze. Inoltre, la soglia di tolleranza termica solitamente riscontrabile nelle persone sane può essere notevolmente ridotta negli anziani, nei malati o in chi assume alcuni tipi di farmaci. Una particolare attenzione va rivolta ai bambini. In presenza di tassi d’assorbimento elevati sono particolarmente a rischio gli organi poco vascolarizzati, quelli cioè con una scarsa circolazione sanguigna e quindi un decongestionamento termico più lento, come gli occhi o testicoli. Essi si riscaldano più velocemente e sono quindi più esposti al rischio rispetto ad altre zone del corpo. In alcuni studi è stato ipotizzato un effetto negativo delle radiofrequenze del cellulare sul cervello (riscaldamento), in particolare per i bambini (International Expert Group on Mobile Phones – IEGMP – Stewart report). Tuttavia svariate ricerche su questo problema non hanno potuto avvalorare l’ipotesi di un possibile rischio per la salute. Oltre agli effetti termici prima descritti, le radiazioni elettromagnetiche determinano nell’uomo degli effetti biologici associati a valori di SAR molto più bassi (‹ 0,01 W/kg), e che non si spiegano con il solo riscaldamento dei tessuti. Ecco perché si suole definirli “effetti atermici”. Si tratta normalmente di esposizioni di lunga durata però di bassa intensità.

La ricerca scientifica non ha ancora fatto piena luce sulle conseguenze reali che tali effetti atermici possono avere per la salute umana. In alcuni casi si dispone soltanto di dati sperimentali. In altri, i risultati ottenuti appaiono contraddittori.

Dai vari studi eseguiti emergono i seguenti effetti: alterazioni dell’attività enzimati-

2 - Le
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interazioni

2 - Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

ca della ornitinadecarbossilasi, modifica del flusso di calcio nelle cellule, alterazioni delle proteine della membrana cellulare e modifica del trasporto di ioni attraverso la membrana stessa.

Tutti questi effetti possono tradursi in alterazioni più o meno manifeste della funzione cellulare, con conseguenze sulla salute umana ancora tutte da approfondire e verificare.

Attualmente, analogamente ad altri agenti i cui effetti biologici sono in parte ancora ignoti, le ricerche stanno cercando di chiarire alcuni aspetti considerati particolarmente critici: l’eventuale rapporto tra i campi ad alta frequenza o quelli a bassissima frequenza e alcuni tipi di tumori, i disturbi della funzione riproduttiva, alcune malformazioni congenite, l’epilessia, le cefalee ed altri disturbi neurofisiologici (come amnesie o depressioni), disturbi del sistema immunitario, degenerazione del tessuto oculare, l’aumento del rischio dell’insorgenza di effetti negativi in alcuni soggetti come i bambini, le gestanti o gli anziani.

Fino ad oggi non si possono ancora valutare gli effetti sulla salute prodotti dagli effetti atermici delle radiazioni ad alta frequenza o a bassissima frequenza, nè si possono stabilire dei limiti di legge “assolutamente sicuri”. Per il momento, comunque, sono da ritenere validi i parametri di sicurezza stabiliti dalla Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP), che però sono principalmente riferiti agli effetti termici documentati.

Microonde: Per gli effetti biologici si può ripetere quanto detto per le onde radio, ovvero penetrano distanze di centimetri nei tessuti biologici, e disturbano il delicato bilancio termico di organi interni. A parità di intensità, sono in genere più pericolose delle onde radio in quanto vengono assorbite in percentuali maggiori.

La radiazione infrarossa: è completamente assorbita dalla nostra pelle, e noi l’avvertiamo provenire da fiamme o altri corpi caldi grazie alle terminazioni nervose che ci avvertono dell’aumento di temperatura dell’epidermide.

Le radiazioni del visibile: è una regione di confine tra le più elevate energie vibrazionali non ionizzanti e le energie di ionizzazione. Siamo portati a pensare che la luce visibile sia un bene, più che una minaccia per la nostra salute, ma la luce intensa è dannosa. Al crescere dell’intensità di un raggio luminoso, la parte superficiale del tessuto colpito aumenta via via la sua temperatura: oltre i 50°C si hanno danni irreversibili per la maggior parte dei tessuti; a 100°C si ha rapida perdita di acqua; a temperature ancora superiori si ha carbonizzazione e sublimazione del residuo secco. Un esempio è rappresentato dalla luce del laser che può essere focalizzata in fasci minuscoli e intensissimi capaci di produrre tali effetti in regioni ben definite. I laser trovano impiego

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elettromagnetiche
danni da radiazioni
Luigi Mele - Pasquale Troiano

delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

in chirurgia in quanto possono tagliare e cauterizzare allo stesso tempo.

Le radiazioni ionizzanti (IR – Ionizating Radiation): sulla base delle loro caratteristiche di ionizzare (staccare dalla loro struttura singoli elettroni), possono rompere dei legami chimici di molecole dei tessuti e creare, in esso, sostanze particolarmente reattive (radicali liberi), che a loro volta possono causare danni rilevanti al sistema biologico. È infatti risaputo che anche piccole dosi di raggi ultravioletti o raggi X possono determinare patologie anche molto gravi come i tumori della pelle o la leucemia.

Le radiazioni ultraviolette sono in grado di estrarre elettroni dalla superficie di metalli, di portare elettroni nella banda di conduzione di semiconduttori e di attivare molte reazioni chimiche.

La nostra epidermide blocca la maggior parte dei raggi ultravioletti. L’abbronzatura è una reazione naturale di difesa ai raggi ultravioletti: l’epidermide è ricca di cellule contenenti un pigmento, la melanina, che ha un elevato potere assorbente per questi raggi schermando le parti profonde e vitali dell’epidermide.

Le radiazioni ultraviolette, in virtù del loro potere ionizzante, attraverso processi fotoelettrici e di Compton sono in grado di rimuovere elettroni di valenza da atomi e molecole creando per breve tempo specie chimiche instabili e altamente reattive, quali i radicali liberi.

I raggi ultravioletti possono essere utilizzati per sterilizzare le superfici di oggetti in quanto capaci di uccidere microbi e batteri che non hanno come protezione un’epidermide specializzata come la nostra.

Raggi X: Anche se la materia biologica è relativamente trasparente ai raggi X, questi costituiscono un pericolo per la capacità di ogni fotone assorbito di ionizzare, e rendere chimicamente instabili, molti atomi.

Raggi γ: gli effetti biologici della radiazione dipendono innanzitutto dall’energia assorbita per unità di massa, o dose assorbita, che, nel sistema SI, è misurata in gray (Gy, in onore di Harold Gray). Agiscono sul DNA rompendo i legami tra le basi azotate favorendo l’apoptosi cellulare. A seconda della dose/tempo si può arrivare fino alla morte.

2.3 I radicali liberi e gli antiossidanti endogeni

Sono molecole particolarmente instabili in quanto presentano uno o più elettroni diversi nell’orbitale più esterno. Tale stechiometria induce alla ricerca del proprio equilibrio chimico tramite acquisizione degli elettroni mancanti da altre molecole che, di conseguenza, diventano a loro volta instabili e cercano un altro elettrone da altre molecole, innescando così un meccanismo di instabilità a “catena”. L’alta reatti-

2 - Le
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interazioni

2 - Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

vità dei radicali liberi può causare reazioni spesso indesiderate e lesive per le cellule e, quindi, per i tessuti e per gli organi.Tra le molecole altamente reattive rientrano le “specie reattive dell’ossigeno” (ROS) che, tra l’altro, includono il radicale superossido, il radicale idrossilico, il radicale perossidico e l’ossido d’azoto, nonché specie non radicaliche, come il perossido d’idrogeno, l’ossigeno singoletto, l’acido ipocloroso e l’ozono.

Il radicale idrossilico è il ROS più reattivo e dannoso nei sistemi biologici. Tale radicale è generato dalla reazione dello ione ferroso (Fe++) con il perossido d’idrogeno. In questo processo, noto come reazione di Fenton, la quantità di radicale prodotto è direttamente proporzionale alla concentrazione di ferro o rame.

La produzione endogena di ROS ha luogo principalmente nei mitocondri, dove avvengono i processi ossidativi con trasporto di elettroni (respirazione cellulare) e nei quali l’ossigeno funge da accettore finale di elettroni per la produzione di energia.

L’ossigeno, quando svolge azione ossidante, viene esso stesso sottoposto ad una serie di riduzioni in cui sottrae elettroni da altre molecole, dando luogo ad una serie di intermedi radicalici. I ROS sono prodotti anche dal metabolismo degli acidi grassi polinsaturi a partire dall’acido arachidonico durante la produzione degli eicosanoidi (prostaglandine, trombossani e leucotrieni), molecole che svolgono importanti funzioni a livello dell’apparato vascolare. Un altro caso in cui la produzione di radicali liberi è considerata fisiologica ed utile all’organismo, è quello che si realizza nei macrofagi, in cui il radicale superossido viene utilizzato come “killer” contro batteri e virus patogeni. Oltre ai meccanismi endogeni, i fattori che causano la produzione di radicali liberi sono: stress, diete sbilanciate, alcool, fumo, intenso esercizio fisico, inquinamento e radiazioni ionizzanti.Le conseguenze della perossidazione lipidica comprendono la perdita di grassi polinsaturi, che comporta una diminuzione della fluidità delle membrane, con conseguente alterazione della loro permeabilità. Altra conseguenza è la modificazione dell’interazione fra lipidi e proteine associate alle membrane, con conseguente alterazione delle attività enzimatiche e del trasporto ionico. L’alterazione dell’integrità della membrana plasmatica e il conseguente aumento della permeabilità agli ioni Ca2+ può portare alla distruzione irreversibile della cellula.

I danni da radicali liberi possono coinvolgere anche le proteine. L’ossidazione degli amminoacidi costituenti le proteine da parte dei radicali provoca inattivazione di enzimi, modificazione delle proprietà fisiche e strutturali delle proteine con conseguente frammentazione, aggregazione e suscettibilità alla digestione proteolitica.

L’azione dannosa delle ROS può esplicarsi anche a livello del DNA sia nucleare sia

28 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele -
Troiano
Pasquale

mitocondriale; in particolare il radicale ossidrilico è il principale responsabile dei danni sia alle basi puriniche e pirimidiniche, sia allo scheletro del DNA. Particolarmente suscettibile alle ROS è il DNA mitocondriale, sia perché esso si trova a stretto contatto con un’importante fonte di produzione delle ROS, sia perché esso non è associato, come quello nucleare, a proteine che possono fungere da sistema di cattura per tali specie.

I meccanismi di difesa, nei confronti dei radicali liberi, sono costituiti essenzialmente da sistemi di enzimi antiossidanti e sostanze antiossidanti a basso peso molecolare, detti “free radical scavengers”. Essi sono ulteriormente distinti in antiossidanti di tipo enzimatico, presenti nel nostro organismo, e in antiossidanti non enzimatici, introdotti nell’organismo con la dieta, di cui si parlerà nel capitolo della prevenzione.

Fra gli enzimi antiossidanti si annoverano:

Superossido dismutasi (SOD): catalizza la conversione del superossido in H2O2. Esistono due tipi di SOD: una Mn-dipendente, localizzata nei mitocondri dove interagisce con il superossido derivato dalla catena di trasferimento elettronico. L’altra, Cu e Zn-dipendente, è localizzata nel citosol cellulare, dove svolge una funzione catalitica più generica. Affinchè la protezione da parte della SOD sia valida, è necessario che l’H2O2 sia immediatamente convertito in H2O, impedendo in questo modo che l’intervento dei complessi degli ioni metallici lo trasformi nel radicale idrossilico altamente tossico.

– Catalasi (CAT): decompone H2O2 in acqua e ossigeno. Tal enzima mostra elevata attività nel fegato, nel rene e negli eritrociti e nei mitocondri di cuore; è localizzato in piccole particelle subcellulari denominate perossisomi. L’attività enzimatica della CAT aumenta in concomitanza all’aumento della produzione del perossido di idrogeno.

– Glutatione perossidasi (GPX): rimuove l’H2O2, formatosi dalla dismutazione del superossido, utilizzandolo come substrato da ossidare il glutatione. L’enzima GPX è ampiamente distribuito nei tessuti animali, ma è principalmente presente nel citosol, mentre la matrice mitocondriale contiene circa il 10% del totale. La capacità dei sistemi che utilizzano il glutatione per rimuovere l’H2O2 dipende dall’attività della GPX e dalla concentrazione del GSH; quindi per assicurare la massima efficienza del sistema in ogni momento della vita cellulare, il glutatione ossidato, derivante dalla riduzione del GSH ad opera della GPX, deve essere ridotto a sua volta a mezzo dell’intervento catalitico dell’enzima antiossidante glutatione reduttasi (GR) a spese del NADPH, prodotto nel ciclo dei pentosi-fosfato. L’enzima GR mantiene il rapporto GSH/GSSG a un livello relativamente alto (> 10:1).

2 - Le interazioni
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delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

basso peso

". Essi sono enzimatico, antiossidanti non la dieta, di prevenzione.

annoverano: catalizza la H2O2. Esistono localizzata superossido elettronico.

nel citosol catalitica più parte della l’H2O2 sia impedendo complessi degli idrossilico in acqua e attività nel mitocondri di subcellulari

enzimatica della all’aumento della rimuove l’H2O2, superossido, ossidare il distribuito principalmente presente mitocondriale contiene sistemi che l’H2O2 dipende concentrazione del efficienza

vita cellulare, riduzione del

Manuale Pratico

di Vision Care

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Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche

2 - Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

2.4 La visione dei colori

GSH ad opera della GPX, deve essere ridotto a sua volta a mezzo dell’intervento catalitico dell’enzima antiossidante glutatione reduttasi (GR) a spese del NADPH, prodotto nel ciclo dei pentosi-fosfato. L’enzima GR mantiene il rapporto GSH/GSSG a un livello relativamente alto (> 10:1).

Il colore è la percezione visiva generata dai segnali nervosi che i fotorecettori della retina mandano al cervello quando assorbono radiazioni elettromagnetiche di determinate lunghezze d’onda e intensità.

Dal punto di vista fisico il colore ha come caratteristiche:

2.4 La visione dei colori

1. Tinta: la lunghezza d’onda delle radiazioni emesse dalla fonte di luce;

2. Luminosità: la quantità di chiaro/scuro presente nella tinta che dipende anche dal contesto in cui è inserito lo stimolo luminoso;

3. Saturazione: il grado di purezza del colore di una singola lunghezza d’onda.

Il colore è la percezione visiva generata dai segnali nervosi che i fotorecettori della retina mandano al cervello quando assorbono radiazioni elettromagnetiche di determinate lunghezze d'onda e intensità. Dal punto di vista fisico il colore ha come caratteristiche:

1. Tinta: la lunghezza d’onda delle radiazioni emesse dalla fonte di luce;

2. Luminosità: la quantità di chiaro/scuro presente nella tinta che dipende anche dal contesto in cui è inserito lo stimolo luminoso;

3. Saturazione: il grado di purezza del colore di una singola lunghezza d’onda.

I colori possono essere ottenuti per sintesi additiva sovrapponendo su uno schermo fasci di luce colorata oppure affiancando piccole sorgenti di luce dei colori primari, sia come punti di colore su una superficie (stampa a colori, alcuni tipi di fotografia istantanea a colori), sia come sorgenti attive di luce (monitor a colori di TV e computer); oppure per sintesi sottrattiva dove si mescolano i pigmenti dei colori primari che assorbono solo un certo tipo di radiazione. La sintesi sottrattiva è quello che avviene quando mescoliamo fisicamente dei colori, come le tempere e le vernici e i colori nelle stampanti. La percezione del colore è possibile, nell’occhio umano, grazie ai fotorecettori presenti nella retina, in particolar modo i coni. Questi reagiscono a diversi livelli di illuminazione consentendoci la visione diurna dei colori.

Gli esseri umani e i primati possiedono tre classi di coni (Fig 10), che, quando stimolati dalla luce, generano una risposta elettrica costante indipendentemente dalla lunghezza d’onda della radiazione. Per tale motivo i singoli coni non sono in grado di trasmettere informazioni relative alla lunghezza d’onda dello stimolo luminoso,

I colori possono essere ottenuti per sintesi additiva sovrapponendo su uno schermo fasci di luce colorata oppure affiancando piccole sorgenti di luce dei colori primari, sia come punti di colore su una superficie (stampa a colori, alcuni tipi di fotografia istantanea a colori), sia come sorgenti attive di luce (monitor a colori di TV e computer); oppure per sintesi sottrattiva

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Fig. 10 I coni maculari nell’uomo Figura 10 I coni maculari nell’uomo

colori primari che radiazione. La sintesi quando mescoliamo tempere e le vernici percezione del colore ai fotorecettori i coni.

illuminazione colori. possiedono tre classi di luce, generano indipendentemente dalla tale motivo i trasmettere informazioni stimolo luminoso, stessa; quello d’onda invece è la dal pigmento. Di preferenzialmente nervoso non è in cono se l’occhio è rossa. È questa possiedono un unico riconoscere i colori. presenza di almeno spettrale diversa grado di fornire ciascun oggetto cosa distinguere i colori. numero di classi di discriminazione delle primati hanno solo come i piccioni, tre (Fig. 11). short-wavelength assorbimento meno del 10% quasi del tutto

assenti nella fovea. La loro massima sensibilità è per il colore blu-violetto ed il pigmento in essi contenuto è detto cianolabile.

• I coni-M (in inglese M-cone: middle-wavelength sensitive) hanno il loro picco di assorbimento intorno ai 533 nm, sono sensibili principalmente al colore verde ed il pigmento in essi contenuto è detto clorolabile

poiché la loro risposta sarà sempre la stessa; quello che varia al variare della lunghezza d’onda invece è la probabilità che un fotone venga assorbito dal pigmento. Di conseguenza, i singoli coni rispondono preferenzialmente a determinati colori, ma il sistema nervoso non è in grado di distinguere dalla risposta di un cono se l’occhio è stato illuminato da una luce blu e da una rossa. È questa la ragione per cui i soggetti che possiedono un unico tipo di coni non sono in grado di riconoscere i colori. La visione dei colori, infatti, richiede la presenza di almeno due tipi di fotorecettori con sensibilità spettrale diversa ovvero un sistema divariante che sarà in grado di fornire due valori diversi di luminosità per ciascun oggetto cosa che consentirà, al sistema nervoso, di distinguere i colori. Come regola generale, maggiore è il numero di classi di coni nella retina, migliore sarà la discriminazione delle lunghezze d’onda. I mammiferi non primati hanno solo due fotorecettori (dicromia), gli uccelli, come i piccioni, ne hanno cinque mentre l’uomo ne ha tre (Fig. 11).

• I coni-L (L-cone: long-wavelength sensitive) hanno il loro picco di assorbimento intorno ai 564 nm, sono sensibili principalmente nella gamma dei rossi ed il pigmento in essi contenuto è detto eritrolabile

quando tutti e tre i tipi di coni risultano massimamente stimolati (Teoria tricromica).

La strutturazione tricromatica non è in grado però, come alcuni colori sembrino miscelarsi tra loro contrariamente ad altri (ad es. non immaginare un rosso verdastro o un giallo-bluastro).

Per spiegare ciò è ipotizzabile l’esistenza differenti di sistemi di neuroni al livello genicolati: per la coppia ROSSO-VERDE, GIALLO-BLU e per la coppia BIANCO-NERO

I sistemi avrebbero campi contrapposti centro-periferia (Teoria dell’opponenza).

– I coni-S (in inglese S-cone, ovvero short-wavelength sensitive cone) hanno il loro picco di assorbimento intorno ai 437 nm, costituiscono meno del 10% del totale complessivo e sono quasi del tutto assenti nella fovea. La loro massima sensibilità è per il colore blu-violetto ed il pigmento in essi contenuto è detto cianolabile

Dato un simile modello tricromatico di percezione dei colori, la visione, ad esempio, del colore giallo è l'effetto di una situazione in cui i coni-M (sensibili al verde) ed i coni-L (sensibili al rosso) sono massimamente stimolati, mentre l'eccitazione dei coni-S (sensibili al blu) è del tutto trascurabile. La visione del bianco si ha, invece,

Sensibilità

Le risposte dei tre coni sono messe a fine di rendere possibile la discriminazione Tale confronto è effettuato proprio mediante opponenti. Esistono tre meccanismi opponenti: compara la differenza di risposta tra verdi, il secondo compara la differenza blu e la somma dei coni rossi e verdi il meccanismo finale è di tipo acromatico nero) e rileva le differenze di luminanza. ragione il sistema visivo umano è tricromatico, quanto confronta i quattro colori primari di meccanismi opponenti. Le basi di questo

2 - Le
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interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia
Fig. 11 I tre coni nell’uomo Lunghezza d'onda (nm) Fig. 12 I sistemi neuronali collegati ai coni Blu Giallo Verde Rosso Coni-S Coni-M Coni-L Figura 11 I tre coni nell’uomo

2 - Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

I coni-M (in inglese M-cone: middle-wavelength sensitive) hanno il loro picco di assorbimento intorno ai 533 nm, sono sensibili principalmente al colore verde ed il pigmento in essi contenuto è detto clorolabile

– I coni-L (L-cone: long-wavelength sensitive) hanno il loro picco di assorbimento intorno ai 564 nm, sono sensibili principalmente nella gamma dei rossi ed il pigmento in essi contenuto è detto eritrolabile

Dato un simile modello tricromatico di percezione dei colori, la visione, ad esempio, del colore giallo è l’effetto di una situazione in cui i coni-M (sensibili al verde) ed i coni-L (sensibili al rosso) sono massimamente stimolati, mentre l’eccitazione dei coni-S (sensibili al blu) è del tutto trascurabile. La visione del bianco si ha, invece, quando tutti e tre i tipi di coni risultano massimamente stimolati (Teoria tricromica).

La strutturazione tricromatica non è in grado di spiegare, però, come alcuni colori sembrino miscelarsi insieme tra loro contrariamente ad altri (ad es. non si potrebbe immaginare un rosso verdastro o un giallo-bluastro). Per spiegare ciò è ipotizzabile l’esistenza di 3 tipi differenti di sistemi di neuroni al livello dei nuclei genicolati: per la coppia ROSSO-VERDE, per la coppia GIALLO-BLU e per la coppia BIANCO-NERO (Fig. 12). I sistemi avrebbero campi contrapposti centro-periferia (Teoria dell’opponenza).

Le risposte dei tre coni sono messe a confronto al fine di rendere possibile la discriminazione dei colori. Tale confronto è effettuato proprio mediante processi opponenti.

Esistono tre meccanismi opponenti: il primo compara la differenza di risposta tra i coni rossi e verdi, il secondo compara la differenza tra i coni blu e la somma dei coni rossi e verdi (giallo), ed il meccanismo finale è di tipo acromatico (bianconero) e rileva le differenze di luminanza. Per questa ragione il sistema visivo umano è tricromatico, in quanto confronta i quattro colori primari per mezzo di meccanismi opponenti. Le basi di questo meccanismo opponente risiedono nell’antagonismo centro periferia.

La differenza d’illuminazione tra il centro e la periferia dei campi recettivi delle cellule gangliari costituisce la base per il meccanismo acromatico, ma questa proprietà è fondamentale anche per il colore. Se il centro è composto da coni appartenenti ad una classe, mentre la periferia da coni di un’altra classe, l’opponenza centro-periferia

è in grado di produrre un’opponenza cromatica. Le cellule gangliari retiniche e i neuroni principali del corpo genicolato laterale possono venire suddivisi in due grandi categorie funzionali:

Le cellule concentriche a largo spettro: portano informazioni sulla luminosità. Hanno campi recettivi organizzati sulla base dell’antagonismo tra centro e periferia. Sebbene queste cellule ricevono afferenze dai coni M e L (ma non S) queste afferenze si

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da radiazioni elettromagnetiche
Mele
danni
Luigi
- Pasquale Troiano

delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

quando tutti e tre i tipi di coni risultano massimamente stimolati (Teoria tricromica).

sommano in modo indipendente sia al centro che alla periferia dei campi recettivi, non danno quindi alcun contributo alla percezione dei colori.

La strutturazione tricromatica non è in grado di spiegare, però, come alcuni colori sembrino miscelarsi insieme tra loro contrariamente ad altri (ad es. non si potrebbe immaginare un rosso verdastro o un giallo-bluastro).

Per spiegare ciò è ipotizzabile l’esistenza di 3 tipi differenti di sistemi di neuroni al livello dei nuclei

genicolati: per la coppia ROSSO-VERDE, per la coppia

GIALLO-BLU e per la coppia BIANCO-NERO (Fig. 12).

I sistemi avrebbero campi contrapposti centro-periferia (Teoria dell’opponenza).

Le cellule ad opponenza cromatica: ricevono afferenze dai coni M ed L con carattere antagonista. Se il centro del campo recettivo riceve afferenze da un certo tipo di coni (M o L), la parte periferica del campo riceve afferenze dall’altro tipo di cono. (Fig. 13) Queste cellule vengono chiamate ad opponenza semplice per distinguerle da quelle ad opponenza doppia della corteccia visiva. Le cellule concentriche ad opponenza semplice rispondono vivacemente a grandi macchie di luce monocromatica di lunghezza d’onda opportuna. Le cellule centro L/sfondo M rispondono massimamente alla luce rossa, mentre quelli centro M/sfondo L rispondono più vigorosamente alla luce verde.

Le risposte dei tre coni sono messe a confronto al fine di rendere possibile la discriminazione dei colori. Tale confronto è effettuato proprio mediante processi opponenti. Esistono tre meccanismi opponenti: il primo compara la differenza di risposta tra i coni rossi e verdi, il secondo compara la differenza tra i coni blu e la somma dei coni rossi e verdi (giallo), ed il meccanismo finale è di tipo acromatico (bianconero) e rileva le differenze di luminanza. Per questa ragione il sistema visivo umano è tricromatico, in quanto confronta i quattro colori primari per mezzo di meccanismi opponenti. Le basi di questo meccanismo

opponente risiedono nell’antagonismo centro periferia. La differenza d’illuminazione tra il centro e la periferia dei campi recettivi delle cellule gangliari costituisce la base per il meccanismo acromatico, ma questa proprietà è fondamentale anche per il colore. Se il centro è composto da coni appartenenti ad una classe, mentre la periferia da coni di un’altra classe, l’opponenza centro-periferia è in grado di produrre un’opponenza cromatica. Le cellule gangliari retiniche e i neuroni principali del corpo genicolato laterale possono venire suddivisi in due grandi categorie funzionali: Le cellule concentriche a largo spettro: portano informazioni sulla luminosità. Hanno campi recettivi organizzati sulla base dell’antagonismo tra centro e periferia. Sebbene queste cellule ricevono afferenze dai coni M e L (ma non S) queste afferenze si sommano in modo indipendente sia al centro che alla periferia dei campi recettivi, non danno quindi alcun contributo alla percezione dei colori.

Le informazioni provenienti dai coni S vengono ritrasmesse da una classe particolare di cellule ad opponenza semplice, le così dette cellule coestensive ad opponenza semplice. Le afferenze dei coni S vengono antagonizzate con quelle dei coni M ed L che sono combinate insieme nell’intero campo recettivo. I diversi tipi di cellule gangliari retiniche interessate all’analisi del colore possono venir classificate in cellule M o P, a seconda che i loro assoni vadano a terminare negli strati magnocellulare o parvicellulare del Nucleo genicolato laterale (NGL). Le cellule gangliari a largo spettro possono essere sia di tipo M che P, mentre le cellule ad opponenza semplice sono solo gangliari di tipo P. Di conseguenza gli strati parvicellulari del NGL trasmettono alla corteccia tutte le informazioni relative ai colori accanto ad

Le cellule ad opponenza cromatica: ricevono afferenze dai coni M ed L con carattere antagonista. Se il centro del campo recettivo riceve afferenze da un certo tipo di coni (M o L), la parte periferica del campo riceve afferenze dall’altro tipo di cono. (Fig. 13)

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Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche
Manuale Pratico di Vision Care
Manuale Pratico di Vision Care
Fig. 12 I sistemi neuronali collegati ai coni
Tre tipi di coni
Fig. 13 Teoria dell’opponenza cromatica
Cellule orizzontali Cellule amacrine
Cellule bipolari Cellule ganglionari Blu Giallo Verde Rosso Luminosità Coni-S Coni-M Coni-L Figura 12 I sistemi neuronali collegati ai coni Figura 13 Teoria dell’opponenza cromatica

opponenza semplice doppia della ad opponenza grandi macchie di opportuna.

massimamente M/sfondo L verde.

S vengono di cellule ad cellule coestensive coni S vengono

L che sono recettivo.

retiniche interessate

classificate in cellule vadano a terminare parvicellulare del Nucleo

gangliari a largo

P, mentre le gangliari di parvicellulari del NGL

informazioni relative riguardanti i magnocellulari relative alla visione

e rossi siano

deputato alla

quello sensibile

spiegherebbe perchè i

largo intervallo assorbimento

cristallino mette a lunghezza d’onda. Se e verdi fosse

la lunghezza

stimola ciascuno significamene diversa e

2 - Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

in questo caso la luce sarebbe messa a fuoco per una classe di coni e non per l’altra classe (aberrazione cromatica). Se l’assorbimento spettrale dei due tipi di coni differisse molto, inoltre, una luce di specifica lunghezza d’onda e intensità stimolerebbe fortemente una classe e debolmente l’altra.

alcune informazioni riguardanti i contrasti di luminosità, mentre gli strati magnocellulari trasmettono invece solo informazioni relative alla visione acromatica. Il fatto che le risposte dei coni verdi e rossi siano utilizzate non solo dal sistema deputato alla discriminazione dei colori, ma anche da quello sensibile alle variazioni di luminanza spiegherebbe perchè i pigmenti rossi e verdi presentano un largo intervallo di sovrapposizione nelle loro curve di assorbimento spettrale. Infatti, il punto in cui il cristallino mette a fuoco la luce dipende dalla sua lunghezza d’onda. Se l’assorbimento spettrale dei pigmenti rossi e verdi fosse ulteriormente distanziato lungo lo spettro, la lunghezza focale della luce che principalmente stimola ciascuno dei due tipi di coni, sarebbe significamene diversa e in questo caso la luce sarebbe messa a fuoco per una classe di coni e non per l’altra classe (aberrazione cromatica).

Se l’assorbimento spettrale dei due tipi di coni differisse molto, inoltre, una luce di specifica lunghezza d’onda e intensità stimolerebbe fortemente una classe e debolmente l’altra.

caratterizzata dalla presenza di cellule colori. Le proprietà funzionali delle cellule doppia potrebbero costituire il substrato cui si basa il fenomeno psicologico cromatica in quanto nelle diverse parti recettivi è presente un antagonismo coni aventi selettività spettrale diversa. ci sono numerosi neuroni la cui frequenza correlata con il colore apparente di un cellule danno la massima risposta ad mentre le variazioni della composizione d’onda della luce che illumina l’oggetto grado di modificare la loro frequenza cellule, quindi, danno informazioni sulle lunghezze d’onda.

Le afferenze delle cellule ad opponenza semplice del NGL convergono nell’area 17 della corteccia (Fig 14), sulle cosiddette cellule concentriche ad opponenza doppia. Anche queste cellule possiedono campi recettivi con antagonismo tra centro e periferia, ma ogni parte del campo recettivo riceve afferenze da più tipi di coni. Per es. i coni L eccitano il centro mentre inibiscono la periferia e i M esercitano un’azione opposta. Pertanto queste cellule sono assai più selettive delle cellule concentriche ad opponenza semplice per gli stimoli cromatrici. Esistono anche altre tipi di cellule ad opponenza doppia: quelle che danno una massima risposta a una macchia di luce verde su sfondo rosso, e quelle che rispondono in modo massimale a una macchia blu su sfondo giallo e viceversa. Queste cellule sono concentrate soprattutto nella zona dell’area corticale V1. Il sistema parvicellulare è organizzato come una via distin-

Le afferenze delle cellule ad opponenza semplice del NGL convergono nell’area 17 della corteccia (Fig 14), sulle cosiddette cellule concentriche ad opponenza doppia. Anche queste cellule possiedono campi recettivi con antagonismo tra centro e periferia, ma ogni parte del campo recettivo riceve afferenze da più tipi di coni. Per es. i coni L eccitano il centro mentre inibiscono la periferia e i M esercitano un’azione opposta. Pertanto queste cellule sono assai più selettive delle cellule concentriche ad opponenza semplice per gli stimoli cromatrici. Esistono anche altre tipi di cellule ad opponenza doppia: quelle che danno una massima risposta a una macchia di luce verde su sfondo rosso, e quelle che rispondono in modo massimale a una macchia blu su sfondo giallo e viceversa. Queste cellule sono concentrate soprattutto nella zona dell’area corticale V1. Il sistema parvicellulare è organizzato come una via distinta in cui le cellule hanno campi recettivi circolari e non sono perciò selettive per l’asse di orientamento degli stimoli. Da V1 il sistema parvicellulare proietta alle strisce sottili di V2 e di qui a V4, che è un area

34 Prevenzione dei
da radiazioni elettromagnetiche
danni
Luigi Mele - Pasquale Troiano
Fig. 14 Le aree dei Nuclei Genicolati Laterali coinvolte nell’opponenza cromatica Fig. 14 Le aree dei Nuclei Genicolati Laterali coinvolte nell’opponenza cromatica Fig. 15 La clorofilla e il suo spettro di assorbimento Figura 14 Le aree dei Nuclei Genicolati Laterali coinvolte nell’opponenza cromatica

caratterizzata dalla presenza di cellule selettive per i colori. Le proprietà funzionali delle cellule ad opponenza doppia potrebbero costituire il substrato nervoso su cui si basa il fenomeno psicologico dell’opponenza cromatica in quanto nelle diverse parti dei loro campi recettivi è presente un antagonismo fra afferenze di coni aventi selettività spettrale diversa. Nell’area V4 ci sono numerosi neuroni la cui frequenza di scarica è correlata con il colore apparente di un oggetto. Queste cellule danno la massima risposta ad un certo colore, mentre le variazioni della composizione della lunghezza d’onda della luce che illumina l’oggetto non sono in grado di modificare la loro frequenza di scarica. Queste cellule, quindi, danno informazioni sui colori e non sulle lunghezze d’onda.

In pratica, quindi, quando la luce incide sulla superficie degli oggetti, parte delle radiazioni che la costituiscono sarà assorbita, mentre parte verranno riflesse e percepite dalle strutture oculari come diverse bande colorimetriche permettendo, all’uomo la visione, la percezione dei colori e la sensibilità al contrasto. Il colore di un oggetto non è quindi una dimensione oggettiva della realtà ma un’attribuzione dell’uomo. Il mondo è a colori perché l’uomo è in grado di percepirli grazie al proprio apparato visivo.

ta in cui le cellule hanno campi recettivi circolari e non sono perciò selettive per l’asse di orientamento degli stimoli. Da V1 il sistema parvicellulare proietta alle strisce sottili di V2 e di qui a V4, che è un area caratterizzata dalla presenza di cellule selettive per i colori. Le proprietà funzionali delle cellule ad opponenza doppia potrebbero costituire il substrato nervoso su cui si basa il fenomeno psicologico dell’opponenza cromatica in quanto nelle diverse parti dei loro campi recettivi è presente un antagonismo fra afferenze di coni aventi selettività spettrale diversa. Nell’area V4 ci sono numerosi neuroni la cui frequenza di scarica è correlata con il colore apparente di un oggetto. Queste cellule danno la massima risposta ad un certo colore, mentre le variazioni della composizione della lunghezza d’onda della luce che illumina l’oggetto non sono in grado di modificare la loro frequenza di scarica. Queste cellule, quindi, danno informazioni sui colori e non sulle lunghezze d’onda.

Tutti gli oggetti che ci circondano assumono il colore che denominiamo e percepiamo perché la propria superficie riflette o assorbe radiazioni luminose in maniera diversa, tanto che se la superficie riflette tutte le radiazioni essa apparirà bianca, se assorbe tutte le radiazioni apparirà nera, mentre se la superficie riflette solo un tipo di radiazione assorbendone le altre apparirà colorata .

Le piante, ad esempio, devono il loro colore verde –giallo alla clorofilla (Fig. 15). Le lunghezze d’onda assorbite dalla clorofilla sono nella regione blu e del rosso dello spettro del visibile. Di fatto la clorofilla non è di colore blu - rosso, ma verde, ed il suo colore è dovuto al resto delle lunghezze d’onda della luce visibile, meno quelle del blu e rosso (in quanto assorbite dal composto).

In sintesi, il colore della luce assorbita dalla molecola non è il colore che vediamo, ma è quello che non vediamo.

Concludendo quindi è possibile affermare che senza i processi retino/corticali non esisterebbe il colore.

2 - Le
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interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia
Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche 25 Manuale Pratico di Vision Care 27 Manuale Pratico di Vision Care
Fig. 15 La clorofilla e il suo spettro di assorbimento Figura 15 La clorofilla e il suo spettro di assorbimento

2 - Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con la materia

In pratica, quindi, quando la luce incide sulla superficie degli oggetti, parte delle radiazioni che la costituiscono sarà assorbita, mentre parte verranno riflesse e percepite dalle strutture oculari come diverse bande colorimetriche permettendo, all’uomo la visione, la percezione dei colori e la sensibilità al contrasto. Il colore di un oggetto non è quindi una dimensione oggettiva della realtà ma un’attribuzione dell’uomo. Il mondo è a colori perché l’uomo è in grado di percepirli grazie al proprio apparato visivo.

Tutti gli oggetti che ci circondano assumono il colore che denominiamo e percepiamo perché la propria superficie riflette o assorbe radiazioni luminose in maniera diversa, tanto che se la superficie riflette tutte le radiazioni essa apparirà bianca, se assorbe tutte le radiazioni apparirà nera, mentre se la superficie riflette solo un tipo di radiazione assorbendone le altre apparirà colorata. Le piante, ad esempio, devono il loro colore verde – giallo alla clorofilla (Fig. 15). Le lunghezze d’onda assorbite dalla clorofilla sono nella regione blu e del rosso dello spettro del visibile. Di fatto la clorofilla non è di colore blu - rosso, ma verde, ed il suo colore è dovuto al resto delle lunghezze d’onda della luce visibile, meno quelle del blu e rosso (in quanto assorbite dal composto).

In sintesi, il colore della luce assorbita dalla molecola non è il colore che vediamo, ma è quello che non vediamo.

Concludendo quindi è possibile affermare che senza i processi retino/corticali non esisterebbe il colore.

36 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano

Introduzione

Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche

Manuale Pratico di Vision Care

3 Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con le strutture oculari

Introduzione

La cute palpebrale ed i tessuti del bulbo oculare assorbono, con diverse modalità, le radiazioni elettromagnetiche manifestando effetti diversi a seconda della radiazione assorbita (Fig. 16).

l'effetto si verifichi dipende dall'esposizione radiante accumulata dall'individuo nel corso della sua vita conseguendone, quindi, che la prevenzione completa dell'effetto si realizza soltanto se l'esposizione è nulla; si parlerà, in questo caso, di effetto stocastico. Sono questi gli effetti a carico, principalmente, della cute quali tumori ed elastosi.

La cute palpebrale ed i tessuti del bulbo oculare assorbono, con diverse modalità, le radiazioni elettromagnetiche manifestando effetti diversi a seconda della radiazione assorbita (Fig. 16).

Fisicamente i danni oculari da radiazioni elettromagnetiche sono suddivisibili in due categorie:

Tecnicamente i danni da radiazioni elettromagnetiche possono avere un ben preciso rapporto di causaeffetto dove, cioè, è possibile stimare una dose di soglia affinché il danno si manifesti. È dimostrato che la gravità aumenta con l’esposizione ed è possibile prevenirli attraverso sistemi di protezione o restando nei limiti soglia di dose; si parlerà, in questo caso di effetto deterministico.

• Danni termici: dipendono dalla quantità di energia assorbita (dose) e dalla velocità con cui avviene l'assorbimento (rateo di dose cioè energia assorbita nell’unità di tempo). La gravità della lesione termica è funzione della capacità del tessuto di dissipare il calore (vascolarizzazione e idratazione del tessuto).

Sono questi gli effetti a carico della cute e dell’apparato visivo quali quelli termici e fotochimici. Nel caso in cui, invece, non si abbia un ben preciso rapporto di causa-effetto dove, cioè, non sia individuabile una dose di soglia e la probabilità che l’effetto

Tecnicamente i danni da radiazioni elettromagnetiche possono avere un ben preciso rapporto di causaeffetto dove, cioè, è possibile stimare una dose di soglia affinché il danno si manifesti. È dimostrato che la gravità aumenta con l’esposizione ed è possibile prevenirli attraverso sistemi di protezione o restando nei limiti soglia di dose; si parlerà, in questo caso di effetto deterministico. Sono questi gli effetti a carico della cute e dell’apparato visivo quali quelli termici e fotochimici. Nel caso in cui, invece, non si abbia un ben preciso rapporto di causa-effetto dove, cioè, non sia individuabile una dose di soglia e la probabilità che

• Danni fotochimici: il meccanismo dipende dalla banda spettrale della radiazione. Un danno

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3. Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con le strutture oculari
Lunghezza d'onda (nm) Assorbimento (%) Cornea Acqueo <280 300-315 320 340 360 400-1400 dai 1400 ai 1950 >2000 100 92 48 37 34 90 100 6 16 14 12 10 2 36 48 52 1 1 2 80 - 90
Fig. 16 L’assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche da parte delle strutture oculari Cristallino Fovea Figura 16 L’assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche da parte delle strutture oculari

3 - Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con le strutture oculari

si verifichi dipende dall’esposizione radiante accumulata dall’individuo nel corso della sua vita conseguendone, quindi, che la prevenzione completa dell’effetto si realizza soltanto se l’esposizione è nulla; si parlerà, in questo caso, di effetto stocastico Sono questi gli effetti a carico, principalmente, della cute quali tumori ed elastosi. Fisicamente i danni oculari da radiazioni elettromagnetiche sono suddivisibili in due categorie:

– Danni termici: dipendono dalla quantità di energia assorbita (dose) e dalla velocità con cui avviene l’assorbimento (rateo di dose cioè energia assorbita nell’unità di tempo). La gravità della lesione termica è funzione della capacità del tessuto di dissipare il calore (vascolarizzazione e idratazione del tessuto).

– Danni fotochimici: il meccanismo dipende dalla banda spettrale della radiazione. Un danno fotochimico avviene quando l’energia del fotone è sufficiente a mutare la molecola colpita in altre molecole provocando denaturazione e coagulazione delle proteine, frammentazione del nucleo, rottura di legami chimici e produzione di radicali liberi. Le lesioni fotochimiche, che rappresentano il risultato dell’eccitazione delle molecole colpite, sono “puntuali” e restano confinate alla zona irraggiata. Non si diffondono ai tessuti adiacenti come le lesioni termiche.

Effetti fotochimici ed effetti termici non sono nettamente separati, ma l’uno sfuma nell’altro attraverso una parziale sovrapposizione. La banda di transizione è quella della luce visibile, al cui interno vi è la massima coesistenza di effetti fotochimici e termici.

Per tale ragione, l’energia assorbita attraverso un evento iniziale di carattere fotochimico tende gradualmente a degradarsi in energia termica e quindi un piccolo effetto termico, di solito biologicamente trascurabile, accompagna sempre, sovrapponendosi, l’effetto fotochimico.

Clinicamente, infine, i danni da radiazioni elettromagnetiche possono essere distinti in acuti e cronici a seconda del rapporto tra tempo di esposizione alla radiazione e tempo di insorgenza del danno.

3.1 Radiazioni infrarosse (IR)

Determinano un effetto deterministico, termico, ed acuto più spesso a carico di soggetti impiegati negli altiforni e nella lavorazione del vetro. Per λ > 1,4 μm vengono assorbite a livello delle palpebre manifestando effetti a breve termine, quali vasodilatazione, eritema e flittene a livello della superficie corneale, causando Dry Eye secondario all’evaporazione del film lacrimale. Per λ < 1,4 μm vengono assorbite dal cristallino e, in minima parte, dalla retina (Fig. 17). Manifestando effetti a lungo ter-

38 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele -
Pasquale Troiano

3.1 Radiazioni infrarosse (IR)

mine quali opacità polari anteriore note come “cataratte dei vetrai” e lievi alterazioni maculari.

3.2 Radiazioni del visibile

Determinano un effetto deterministico, termico, ed acuto più spesso a carico di soggetti impiegati negli altiforni e nella lavorazione del vetro.

Per λ > 1,4 μm vengono assorbite a livello delle palpebre manifestando effetti a breve termine, quali vasodilatazione, eritema e flittene a livello della superficie corneale, causando Dry Eye secondario all’evaporazione del film lacrimale. Per λ < 1,4 μm vengono assorbite dal cristallino e, in minima parte, dalla retina (Fig. 17). Manifestando effetti a lungo termine quali opacità polari anteriore note come "cataratte dei vetrai" e lievi alterazioni maculari.

Caratterizzate da un effetto deterministico, fotochimico, sia acuto che cronico, più spesso a carico dei lavoratori in luoghi aperti e fortemente illuminati. Per λ tra 560 nm e 490 nm si ha il picco massimo di assorbimento a livello della retina (Fig. 18) determinando fotoretinite, caratterizzata da una fase acuta dove vengono colpiti i segmenti interni dei coni maculari con esaurimento del pigmento visivo e conseguente abbagliamento (effetto eclisse), a cui segue una fase cronica che colpisce i segmenti esterni dei cono stessi con irreversibile alterazione della funzionalità maculare fino, anche, alla discromatopsia.

fotochimico avviene quando l’energia del fotone è sufficiente a mutare la molecola colpita in altre molecole provocando denaturazione e coagulazione delle proteine, frammentazione del nucleo, rottura di legami chimici e produzione di radicali liberi. Le lesioni fotochimiche, che rappresentano il risultato dell’eccitazione delle molecole colpite, sono "puntuali" e restano confinate alla zona irraggiata. Non si diffondono ai tessuti adiacenti come le lesioni termiche. Effetti fotochimici ed effetti termici non sono nettamente separati, ma l'uno sfuma nell'altro attraverso una parziale sovrapposizione. La banda di transizione è quella della luce visibile, al cui interno vi è la massima coesistenza di effetti fotochimici e termici.

3.2 Radiazioni del visibile

Recentemente l’attenzione è stata rivolta anche alle radiazioni del primo visibile, con λ tra 470 nm e 440 (blu e viola), che quando superano la “dose di soglia” possono essere potenzialmente lesive per gli epiteli corneali e, giungendo all’epitelio pigmentato della retina, possono essere concausa della maculopatia legata all’età.

Per tale ragione, l'energia assorbita attraverso un evento iniziale di carattere fotochimico tende gradualmente a degradarsi in energia termica e quindi un piccolo effetto termico, di solito biologicamente trascurabile, accompagna sempre, sovrapponendosi, l'effetto fotochimico.

3.3 Radiazioni ultraviolette

Determinano un effetto stocastico, fotochimico sia acuto che cronico più spesso a carico dei lavoratori in luoghi aperti e degli appassionati della abbronzatura.

Clinicamente , infine, i danni da radiazioni elettromagnetiche possono essere distinti in acuti e cronici a seconda del rapporto tra tempo di esposizione alla radiazione e tempo di insorgenza del danno.

Caratterizzate da un effetto deterministico, fotochimico, sia acuto che cronico, più spesso a carico dei lavoratori in luoghi aperti e fortemente illuminati. Per λ tra 560 nm e 490 nm si ha il picco massimo di assorbimento a livello della retina (Fig. 18) determinando fotoretinite, caratterizzata da una fase acuta dove vengono colpiti i segmenti interni dei coni maculari con esaurimento del pigmento visivo e conseguente abbagliamento (effetto eclisse), a cui segue una fase cronica che colpisce i segmenti esterni dei cono stessi con irreversibile

Visibile (560nm - 490 -nm)

3 - Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con le strutture oculari 39
Manuale Pratico 2830
Fig. 17 Assorbimento oculare delle radiazioni infrarosse Fig. 18 Assorbimento oculare delle radiazioni visibili
the retina
Near IR (< 1400nm) Affects
the retina
IR
cornea and aqueous humor
Affects
Far
Affects
Figura 17 Assorbimento oculare delle radiazioni infrarosse Figura 18 Assorbimento oculare delle radiazioni visibili

Recentemente l’attenzione è stata rivolta anche

alle radiazioni del primo visibile, con λ tra 470 nm e 440 (blu e viola), che quando superano la "dose di soglia" possono essere potenzialmente lesive per gli epiteli corneali e, giungendo all’epitelio pigmentato della retina, possono essere concausa della maculopatia legata all’età.

La cute palpebrale assorbe tutte le radiazioni UV, particolarmente le UV-A e UV-B, presentando danni deterministici e fotochimici a breve termine caratterizzati da eritema, mentre a lungo termine danni stocastici e fotochimici caratterizzati da fotopigmentazione e neoplasie (Fig. 20).

3.3 Radiazioni ultraviolette

Determinano un effetto stocastico, fotochimico sia acuto che cronico più spesso a carico dei lavoratori in luoghi aperti e degli appassionati della abbronzatura.

Per λ comprese tra 100 nm e 280 nm (UV-A) si ha il picco massimo di assorbimento a livello del film lacrimale con effetti, prevalentemente, a breve termine, caratterizzati da un Dry Eye evaporativo.

Recentemente l’attenzione è stata rivolta anche alle radiazioni del primo visibile (blu e viola) che, pur facendo parte del visibile, quando superino la "dose di soglia" possono essere potenzialmente lesive per gli epiteli corneali e, giungendo all’epitelio pigmentato della retina, possono essere concausa della maculopatia legata all’età.

Per λ comprese tra 100 nm e 280 nm (UV-A) si ha il picco massimo di assorbimento a livello del film lacrimale con effetti, prevalentemente, a breve termine, caratterizzati da un Dry Eye evaporativo. Per λ comprese i 280 nm e 315 nm (UV-B) si ha il picco massimo di assorbimento a livello della cornea e della congiuntiva con effetti a breve termine caratterizzati da cheratocongiuntivite attinica, mentre quelli a lungo termine prevedono l’insorgenza di Pterigion. Per λ comprese tra i 315 nm e i 400 nm (UV-C) si ha il picco massimo di assorbimento a livello del cristallino con effetti, prevalentemente a lungo termine, caratterizzati dall’insorgenza di cataratta (Fig. 19).

La cute palpebrale assorbe tutte le radiazioni UV, particolarmente le UV-A e UV-B, presentando danni deterministici e fotochimici a breve termine caratterizzati da eritema, mentre a lungo termine danni stocastici e fotochimici caratterizzati da fotopigmentazione e neoplasie (Fig. 20).

Recentemente l’attenzione è stata rivolta anche alle radiazioni del primo visibile (blu e viola) che, pur facendo parte del visibile, quando superino la “dose di soglia” possono essere potenzialmente lesive per gli epiteli corneali e, giungendo all’epitelio pigmentato della retina, possono essere concausa della maculopatia legata all’età.

Per λ comprese i 280 nm e 315 nm (UV-B) si ha il picco massimo di assorbimento a livello della cornea e della congiuntiva con effetti a breve termine caratterizzati da cheratocongiuntivite attinica, mentre quelli a lungo termine prevedono l’insorgenza di Pterigion. Per λ comprese tra i 315 nm e i 400 nm (UV-C) si ha il picco massimo di assorbimento a livello del cristallino con effetti, prevalentemente

UV-C (100-280nm)

Cornea surface

UV-A (315-400nm)

Affects the lens

UV->B (280-315nm)

40 Prevenzione
elettromagnetiche
dei danni da radiazioni
Luigi Mele - Pasquale Troiano 3 - Le interazioni delle radiazioni elettromagnetiche con le strutture oculari
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Fig. 19 Assorbimento oculare delle radiazioni ultraviolette Fig. 20 Penetrazione degli ultravioletti nella cute
Melanoma UV-A UV-B Strato corneo Epidermide Strato Basale Derma Carcinoma
RADIAZIONE ULTRAVIOLETTA E TUMORI CUTANEI Basale Carcinoma Squamoso Figura 19 Assorbimento oculare delle radiazioni ultraviolette Figura 20 Penetrazione degli ultravioletti nella cute

4 Le patologie oculari correlate alle radiazioni ultraviolette

Introduzione

Durante il corso di un’ordinaria giornata, l’occhio entra in contatto con una moltitudine di fattori che possono in qualche modo modificarne la sua fisiologia. Per alcuni di essi, pensiamo ad esempio alle polveri, i cosmetici, i liquidi e sostanze urticanti in genere, ci appare scontato che il contatto diretto con gli occhi possa recare danno o comunque fastidio, ma per altre, come nel caso delle radiazioni elettromagnetiche, ci appare quasi paradossale che l’eventuale interazione con l’apparato visivo possa essere responsabile di danni. Le radiazioni infatti, se da un lato interagiscono con le componenti visive dell’occhio allo scopo di garantire la percezione delle immagini e del colore, dall’altro prendono contatto con il tessuto vivente determinando modificazioni di varia natura ed entità, con conseguenze più o meno gravi per la salute stessa dei tessuti oculari e degli annessi. In questo capitolo verranno illustrate le principali patologie per cui è riconosciuta una patogenesi correlata all’esposizione protratta alle radiazioni ultraviolette, sottolineandone nello specifico la presentazione clinica.

4.1 Dermatiti palpebrali

La dermatite palpebrale da radiazioni, è una dermatite o fotoallergia, che rappresenta un “avvelenamento” cutaneo indotto dai raggi UV, rappresentando una forma di dermatite allergica da contatto in cui l’allergene deve essere attivato dalla luce per sensibilizzare la risposta allergica e causare il caratteristico rash cutaneo. Con le successive esposizioni si producono vere e proprie fotoallergie spesso a carattere eczematoso.

La patologia è più diffusa fra gli uomini che fra le donne, mentre per quanto riguarda l’età il disturbo può insorgere sia fra i bambini che fra gli adulti. I soggetti maggiormente predisposti sono quelli che soffrono di dermatite atopica.

I meccanismi eziopatogenetici alla base della dermatite palpebrale vanno ricercati

41

4 - Le patologie oculari correlate alle radiazioni ultraviolette

Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche

Manuale Pratico di Vision Care

o culari c orrelate ultraviolette

l’occhio entra che possono fisiologia. Per alle polveri, i in genere, ci con gli occhi ma per altre, elettromagnetiche, ci l’eventuale interazione responsabile di interagiscono allo scopo di e del colore, tessuto vivente natura ed gravi per la degli annessi. le principali patogenesi correlata ultraviolette, presentazione clinica.

nell’interazione tra differenti fattori che, coesistendo, cooperano nel determinismo della patologia, in cui la radiazione ultravioletta costituisce un elemento fondamentale. L’esposizione a tali radiazioni causa una fotosensibilizzazione dello cute palpebrale, molto più sottile rispetto alla cute delle restanti parti del corpo, cui consegue attivazione mastocitaria, a seguito della quale la pelle risulta maggiormente suscettibile agli stress provocati da stimoli esterni di varia natura, quali umidità, cosmetici e polveri. A lungo andare l’esposizione non protetta della cute palpebrale alle radiazioni ultraviolette, può provocare dermatiti attiniche fino a quadri di vera degenerazione neoplastica (Fig. 21).

La patologia è più diffusa fra gli uomini che fra le donne, mentre per quanto riguarda l'età il disturbo può insorgere sia fra i bambini che fra gli adulti. I soggetti maggiormente predisposti sono quelli che soffrono di dermatite atopica.

Clinicamente la condizione si manifesta con arrossamento e raggrinzimento cutaneo, prurito e bruciore primariamente lamentato al bordo palpebrale, nei casi più gravi si può osservare la lichenificazione palpebrale, con indurimento ed ispessimento della cute; il paziente può lamentare sintomi oculari quali fotofobia e senso di corpo estraneo. Nei casi in cui la condizione si manifesti frequentemente è possibile la sovrainfezione batterica o virale, con dei quadri conclamati di congiuntivite, determinati dalle secrezioni e desquamazioni palpebrali che alterano il film idrolipidico lacrimale.

una dermatite "avvelenamento"

rappresentando una forma l'allergene deve sensibilizzare la risposta cutaneo. Con vere e proprie eczematoso.

La terapia prevede l’applicazione topica di pomate antibiotiche, idratanti e lenitive.

La prevenzione fonda il suo cardine sull’utilizzo di lenti filtranti con schermo totale UV.

4.2 Pinguecola

I meccanismi eziopatogenetici alla base della dermatite palpebrale vanno ricercati nell’interazione tra differenti fattori che, coesistendo, cooperano nel determinismo della patologia, in cui la radiazione ultravioletta costituisce un elemento fondamentale. L’esposizione a tali radiazioni causa una fotosensibilizzazione dello cute palpebrale, molto più sottile rispetto alla cute delle restanti parti del corpo, cui consegue attivazione mastocitaria, a seguito della quale la pelle risulta maggiormente suscettibile agli stress provocati da stimoli esterni di varia natura, quali umidità, cosmetici e polveri.

La pinguecola è una formazione degenerativa a carico della congiuntiva bulbare, conseguente generalmente ad una condizione infiammatoria cronica di tale tessuto. Clinicamente appare di colorito dapprima bianco poi giallastro, a localizzazione principalmente paralimbare, soprattutto al versante nasale, senza alcun effetto sulla funzione visiva.

Tale manifestazione si presenta in rapporto ad alterazioni linfatiche indotte dall’azio-

A lungo andare l’esposizione non protetta della cute palpebrale alle radiazioni ultraviolette, può provocare dermatiti attiniche fino a quadri di vera degenerazione neoplastica (Fig. 21).

42 Prevenzione dei
radiazioni elettromagnetiche
Mele
danni da
Luigi
- Pasquale Troiano
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Fig.21 Dermatite palpebrale Figura 21 Dermatite palpebrale

ne delle radiazioni ultraviolette. Difatti è diffusa soprattutto nelle zone tropicali, tra le persone di mezza età solite a trascorrere molto tempo al sole, senza comunque risparmiare le persone più giovani ed anche i bambini (Fig. 22).

Istologicamente, trattasi di un’ipertrofia congiuntivale con degenerazione del tessuto elastico fibrillare del collagene della congiuntiva che si organizza in un ammasso amorfo di colore giallastro costituito da fibre degenerate, talvolta calcificate, con assottigliamento dell’epitelio congiuntivale. Generalmente non dà grossa manifestazione di sè, se non un eventuale problema estetico che, se importante, può necessitare dell’escissione chirurgica. In altri casi, generalmente a seguito dell’esposizione a fattori irritanti, come la polvere, il vento o il sole, la pinguecola può diventare sintomatica, tendendo ad infiammarsi acutamente, configurando un quadro di pinguecolite. In casi estremi propende alla metaplasia ed iperplasia, sconfinando frequentemente con evoluzione in pterigion.

La terapia prevede l’utilizzo di antinfiammatori e vasocostrittori topici. La prevenzione fonda il suo cardine sull’utilizzo di lenti filtranti con schermo totale UV.

4.3 Pterigion

Lo pterigion è anch’esso una malattia della congiuntiva bulbare, caratterizzato da una crescita anomala della congiuntiva sulla cornea.

Tale patologia può risultare più o meno lenta nella crescita e si presenta con maggiore frequenza negli adulti, età che si anticipa sensibilmente nei paesi Tropicali per la maggior esposizione a fattori scatenanti. Si presenta frequentemente in maniera bilaterale. Lo pterigion spesso costituisce l’evoluzione di una lesione pinguecolare, la cui causa va comunque ricercata nell’esposizione prolungata ad agenti atmosferici, in particolare al sole e al vento, ragion per cui tende a colpire specialmente gli alpinisti, marinai e contadini (Fig. 23).

Anatomicamente è formato da una testa, un collo e un corpo. Nelle fasi iniziali la testa si innesta al livello del limbus, avanza sulla cornea fino ad invadere la zona ottica, determinando spesso una riduzione dell’acuità visiva secondaria ad un astigmatismo spesso irregolare. Il collo rappresenta la porzione intermedia dello pterigion, mentre il corpo ne costituisce la parte basale, estendendosi a ventaglio verso la caruncola e la plica semilunare.

La terapia prevede l’escissione chirurgica quando esteso alla zona ottica della cornea. La prevenzione fonda il suo cardine sull’utilizzo di lenti filtranti con schermo totale UV.

4 - Le patologie oculari correlate alle radiazioni ultraviolette 43

paralimbare, soprattutto al versante nasale, senza alcun effetto sulla funzione visiva.

4.3 Pterigion

4 - Le patologie oculari correlate alle radiazioni ultraviolette

Tale manifestazione si presenta in rapporto ad alterazioni linfatiche indotte dall'azione delle radiazioni ultraviolette. Difatti è diffusa

soprattutto

Lo pterigion è anch'esso una malattia della congiuntiva bulbare, caratterizzato da una crescita anomala della congiuntiva sulla cornea.

Tale patologia può risultare più o meno lenta nella crescita e si presenta con maggiore frequenza negli adulti, età che si anticipa sensibilmente nei paesi Tropicali per la maggior esposizione a fattori scatenanti. Si presenta frequentemente in maniera bilaterale. Lo pterigion spesso costituisce l'evoluzione di una lesione pinguecolare, la cui causa va comunque ricercata nell’esposizione prolungata ad agenti atmosferici, in particolare al sole e al vento, ragion per cui tende a colpire specialmente gli alpinisti, marinai e contadini (Fig. 23).

4.4 Cheratocongiuntivite attinica

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Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche

Manuale Pratico di Vision Care

infiammazione di cornea (cheratite) e congiuntiva (congiuntivite), determinata dalla prolungata esposizione alle radiazioni ultraviolette. Tale manifestazione morbosa è più frequente al mare, sulla neve e dopo l’esposizione a lampade abbronzanti, proprio a causa dell'esposizione prolungata o intensa della superficie oculare alle radiazioni UV e infrarosse che, alterando l'ultrastruttura congiuntivale ed il film lipidico lacrimale, inducono uno stato inizialmente di iperreattività dell'occhio, che risulta molto più sensibile agli stimoli esterni, fino ad evolvere in una flogosi che interessa anche lo stroma corneale (Fig. 24). Le ulcere congiuntivali sono visualizzabili con la colorazione rosa bengala. Il primum movens è costituito dall'evaporazione del film lacrimale, dovuto all’effetto termico degli UV e IR, che causa la formazione di Dry Spot (Fig. 25) con conseguente esposizione dell’epitelio superficiale,

Anatomicamente è formato da una testa, un collo e un corpo. Nelle fasi iniziali la testa si innesta al livello del limbus, avanza sulla cornea fino ad invadere la zona ottica, determinando spesso una riduzione dell'acuità visiva secondaria ad un astigmatismo spesso irregolare. Il collo rappresenta la porzione intermedia dello pterigion, mentre il corpo ne costituisce la parte basale, estendendosi a ventaglio verso la caruncola e la plica semilunare. La terapia prevede l’escissione chirurgica quando esteso alla zona ottica della cornea. La prevenzione fonda il suo cardine sull’utilizzo di lenti filtranti con schermo totale UV.

Tale patologia può risultare più o meno lenta nella crescita e si presenta con maggiore frequenza negli adulti, età che si anticipa sensibilmente nei paesi Tropicali per la maggior esposizione a fattori scatenanti. Si presenta frequentemente in maniera bilaterale. Lo pterigion spesso costituisce l'evoluzione di una lesione pinguecolare, la cui causa va comunque ricercata nell’esposizione prolungata ad agenti atmosferici, in particolare al sole e al vento, ragion per cui tende a colpire specialmente gli alpinisti, marinai e contadini (Fig. 23). Anatomicamente è formato da una testa, un collo e un corpo. Nelle fasi iniziali la testa si innesta al livello del limbus, avanza sulla cornea fino ad invadere la zona ottica, determinando spesso una riduzione dell'acuità visiva secondaria ad un astigmatismo spesso irregolare. Il collo rappresenta la porzione intermedia dello pterigion, mentre il corpo ne costituisce la parte basale, estendendosi a ventaglio verso la caruncola e la plica semilunare. La terapia prevede l’escissione chirurgica quando esteso alla zona ottica della cornea. La prevenzione fonda il suo cardine sull’utilizzo di lenti filtranti con schermo totale UV.

La cheratocongiuntivite attinica è una condizione patologica carat terizzata dalla simultanea infiammazione di cornea (cheratite) e congiuntiva (congiuntivite), determinata dalla prolungata esposizione alle radiazioni ultraviolette.

Tale manifestazione morbosa è più frequente al mare, sulla neve e dopo l’esposizione a lampade abbronzanti, proprio a causa dell’esposizione prolungata o intensa della superficie oculare alle radiazioni UV e infrarosse che, alterando l’ultrastruttura congiuntivale ed il film lipidico lacrimale, inducono uno stato inizialmente di iperreattività dell’occhio, che risulta molto più sensibile agli stimoli esterni, fino ad evolvere in una flogosi che interessa anche lo stroma corneale (Fig. 24).

4.4 Cheratocongiuntivite attinica

La cheratocongiuntivite attinica è una condizione patologica caratterizzata dalla simultanea

infiammazione di cornea (cheratite) e congiuntiva (congiuntivite), determinata dalla prolungata esposizione alle radiazioni ultraviolette. Tale manifestazione morbosa è più frequente al mare, sulla neve e dopo l’esposizione a lampade abbronzanti, proprio a causa dell'esposizione prolungata o intensa della superficie oculare alle radiazioni UV e infrarosse che, alterando l'ultrastruttura congiuntivale ed il film lipidico lacrimale, inducono uno stato inizialmente di iperreattività dell'occhio, che risulta molto più sensibile agli stimoli esterni, fino ad evolvere in una flogosi che interessa anche lo stroma corneale (Fig. 24). Le ulcere congiuntivali sono visualizzabili con la colorazione rosa bengala. Il primum movens è costituito dall'evaporazione del film lacrimale, dovuto all’effetto termico degli UV e IR, che causa la formazione di Dry Spot (Fig. 25) con conseguente esposizione dell’epitelio superficiale,

Le ulcere congiuntivali sono visualizzabili con la colorazione rosa bengala. Il primum movens è costituito dall’evaporazione del film lacrimale, dovuto all’effetto termico degli UV e IR, che causa la formazione di Dry Spot (Fig. 25) con conse-

4.4 Cheratocongiuntivite attinica

La cheratocongiuntivite attinica è una condizione patologica caratterizzata dalla simultanea

44 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele -
Pasquale Troiano
3234 bianco poi giallastro, a localizzazione principalmente
Fig. 22 Pinguecola Fig. 23 Pterigion Figura 22 Pinguecola Figura 23 Pterigion
33
35
Fig. 24 Congiuntivite attinica Fig. 25 Dry spot del film lcrimale Fig. 26 Le caratteristiche ulcere corneali fluoro test positive Figura 24 Congiuntivite attinica Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Manuale Pratico di Vision Care Manuale Pratico di Vision Care Fig. 25 Dry spot del film lcrimale Figura 25 Dry spot del film lacrimale

una condizione

simultanea Fig. 25 Dry spot del film lcrimale

33

guente esposizione dell’epitelio superficiale, di cornea e congiuntiva. Questo epitelio, non più protetto, lubrificato e nutrito si sfalderà causando la formazione di microulcere (Fig. 26).

Il quadro clinico è dominato dapprima dal bruciore oculare associato alla sensazione di corpo estraneo, strutturandosi successivamente in un reale dolore bulbare, associato a fotofobia, intensa lacrimazione ed iperemia a carico della congiuntiva. In casi severi il paziente può lamentare deficit visivi determinati dall’interessamento corneale che, in casi gravi, può sfociare fino all’edema del tessuto stromale.

La terapia prevede l’utilizzo di pomate favorenti la riepitelizzazione e sostituti lacrimali. La prevenzione fonda il suo cardine sull’utilizzo di lenti filtranti con schermo totale UV.

4.5 Cataratta

La cataratta è un processo caratterizzato dalla progressiva perdita di trasparenza del cristallino che determina il progressivo calo del visus. Può interessare uno o entrambi gli occhi, a sviluppo spesso lento ed insidioso, soprattutto con l’aumentare dell’età. Nonostante le avanzate tecniche chirurgiche e la tempestività diagnostica, la cataratta costituisce ancora la causa principale di cecità nel mondo, in particolare la cataratta indotta da radiazioni ultraviolette, molto frequente nei paesi tropicali. Le radiazioni ultraviolette ed infrarosse modificano la struttura originaria delle proteine del cristallino a cui è legata la sua trasparenza, così determinando l’accumulazione di pigmenti che provocano l´opacizzazione del cristallino determinando una progressiva perdita del visus. Anche se la cataratta è una patologia collegata all’invecchiamento che si manifesta a vari livelli di gravità, l´esposizione al sole e, in particolare l’esposizione alla radiazione UVB, sembra essere il principale fattore di rischio per il suo sviluppo. È stato inoltre recentemente osservato che l’uso di medicinali fotosen-

4 - Le patologie oculari correlate alle radiazioni ultraviolette 45
35
Fig. 26 Le caratteristiche ulcere corneali fluoro test positive Figura 26 Le caratteristiche ulcere corneali fluoro test positive

4 - Le patologie oculari correlate alle radiazioni ultraviolette

di cornea e congiuntiva. Questo epitelio, non più protetto, lubrificato e nutrito si sfalderà causando la formazione di microulcere (Fig. 26).

sibilizzanti accoppiato all’esposizione solare aumenterebbe il rischio di cataratta. Le radiazioni infrarosse determinano un innalzamento termico della corticale anteriore che si traduce in una denaturazione delle β- cristalline con conseguente perdita della trasparenza localizzata negli strati più superrficiali. Questo meccanismo interessa tutti i lavoratori delle fonderie e degli altiforni dove predominano, appunto, radiazioni IR. La cataratta che ne deriva, prevalentemente polare anteriore, è anche definita cataratta dei “vetrai” (Fig. 27).

Il quadro clinico è dominato dapprima dal bruciore oculare associato alla sensazione di corpo estraneo, strutturandosi successivamente in un reale dolore bulbare, associato a fotofobia, intensa lacrimazione ed iperemia a carico della congiuntiva. In casi severi il paziente può lamentare deficit visivi determinati dall'interessamento corneale che, in casi gravi, può sfociare fino all'edema del tessuto stromale.

Le radiazioni ultraviolette, invece, ionizzano le β-cristalline causando la perdita della loro stechiometria. Le proteine così denaturate precipitano dando merito della comparsa di una cataratta corticale anteriore (Fig. 28).

La terapia prevede l’utilizzo di pomate favorenti la riepitelizzazione e sostituti lacrimali. La prevenzione fonda il suo cardine sull’utilizzo di lenti filtranti con schermo totale UV.

Indipendentemente dalla etiofisiopatologia, i sintomi sono generalmente caratterizzati da una progressiva perdita del visus, ma il disturbo della vista è tanto più evidente quanto più estesa è l’opacizzazione del cristallino.

La terapia è chirurgica mediante asportazione. La prevenzione fonda il suo cardine sull’utilizzo di lenti filtranti con schermo totale UV e IR.

4.5 Cataratta

4.6 Maculopatia

Le radiazioni ultraviolette ed infrarosse modificano la struttura originaria delle proteine del cristallino a cui è legata la sua trasparenza, così determinando l'accumulazione di pigmenti che provocano l´opacizzazione del cristallino determinando una progressiva perdita del visus. Anche se la cataratta è una patologia collegata all'invecchiamento che si manifesta a vari livelli di gravità, l´esposizione al sole e, in particolare l'esposizione alla radiazione UVB, sembra essere il principale fattore di rischio per il suo sviluppo. È stato inoltre recentemente osservato che l’uso di medicinali fotosensibilizzanti accoppiato all’esposizione solare aumenterebbe il rischio di cataratta. Le radiazioni infrarosse determinano un innalzamento termico della corticale anteriore che si traduce in una denaturazione delle β- cristalline con conseguente perdita della trasparenza localizzata negli strati più superrficiali. Questo meccanismo interessa tutti i lavoratori delle fonderie e degli altiforni dove predominano, appunto, radiazioni IR. La cataratta che ne deriva, prevalentemente polare anteriore, è anche definita cataratta dei "vetrai" (Fig. 27).

Il termine maculopatia identifica in generale qualsiasi malattia che colpisce la macula, la zona deputata alla visione distinta. È una malattia progressiva che costituisce una causa molto frequente di riduzione e perdita della visione centrale. È una condizione morbosa che interessa principalmente le persone anziane, tant’è che in generale si tende a parlare di degenerazione maculare legata all’età (Age related Macular Desease), ma alla base del determinismo e successiva evoluzione della condizione morbosa c’è la comparte-

La cataratta è un processo caratterizzato dalla progressiva perdita di trasparenza del cristallino che determina il progressivo calo del visus. Può interessare uno o entrambi gli occhi, a sviluppo spesso lento ed insidioso, soprattutto con l'aumentare dell'età. Nonostante le avanzate tecniche chirurgiche e la tempestività diagnostica, la cataratta costituisce ancora la causa principale di cecità nel mondo, in particolare la cataratta indotta da radiazioni ultraviolette, molto frequente nei paesi tropicali.

Le radiazioni ultraviolette, invece, ionizzano le β -cristalline causando la perdita della loro stechiometria. Le proteine così denaturate precipitano dando merito della comparsa di una cataratta corticale anteriore (Fig. 28).

46 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche
Mele -
Luigi
Pasquale Troiano
3436
Manuale Pratico
Fig. 27 Cataratta polare anteriore Fig. 28 Cataratta corticale anteriore Figura 27 Cataratta polare anteriore Figura 28 Cataratta corticale anteriore

prevenzione fonda il suo cardine sull’utilizzo di lenti filtranti con schermo totale UV e IR.

4.6 Maculopatia

Indipendentemente dalla etiofisiopatologia, i sintomi sono generalmente caratterizzati da una progressiva perdita del visus, ma il disturbo della vista è tanto più evidente quanto più estesa è l'opacizzazione del cristallino.

etiofisiopatologia, i sintomi progressiva vista è tanto l'opacizzazione

asportazione. La sull’utilizzo di e IR.

generale qualsiasi zona deputata progressiva che di riduzione interessa tant’è che degenerazione related Macular determinismo e condizione morbosa fattori che l’invecchiamento maculare gli infrarossi giungere alla formando radicali perossidazione

cipazione di numerosi fattori che in maniera sinergica strutturano l’invecchiamento retinico ed il conseguente danno maculare irreversibile. Le radiazioni del visibile e gli infrarossi che penetrano i diottri oculari fino a giungere alla retina, interagiscono con l’ossigeno formando radicali liberi (ROS) che, causando una perossidazione lipidica della membrana dei coni, ne provocano la morte. Dalle cellule danneggiate si producono materiali di scarto che si depositano sotto forma di cumuli giallastri sulla membrana di Bruch, le drusen (Fig. 29).

La terapia è chirurgica mediante asportazione. La prevenzione fonda il suo cardine sull’utilizzo di lenti filtranti con schermo totale UV e IR.

Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Manuale Pratico di Vision Care Manuale Pratico di Vision Care

importanti alterazioni visive, ma nel tempo può evolvere in due forme, seriamente invalidanti, una maculopatia secca ed una maculopatia umida. La forma secca (Fig. 30), denominata anche non essudativa, è caratterizzata da lenta e progressiva atrofia del tessuto retinico, mentre la forma essudativa (Fig. 31) è caratterizzata dalla formazione di neovasi particolarmente fragili, che rompendosi danno luogo a emorragie le quali, alterando il tessuto circostante, innescano fenomeni cicatriziali che esitano nella formazione di una membrana detta "neovascolare".

lipidica della membrana dei coni, ne provocano la morte. Dalle cellule danneggiate si producono materiali di scarto che si depositano sotto forma di cumuli giallastri sulla membrana di Bruch, le drusen (Fig. 29).

4.6 Maculopatia

lipidica della membrana dei coni, ne provocano la morte. Dalle cellule danneggiate si producono materiali di scarto che si depositano sotto forma di cumuli giallastri sulla membrana di Bruch, le drusen (Fig. 29).

Il termine maculopatia identifica in generale qualsiasi malattia che colpisce la macula, la zona deputata alla visione distinta. È una malattia progressiva che costituisce una causa molto frequente di riduzione e perdita della visione centrale. È una condizione morbosa che interessa principalmente le persone anziane, tant’è che in generale si tende a parlare di degenerazione maculare legata all’età (Age related Macular Desease), ma alla base del determinismo e successiva evoluzione della condizione morbosa c’è la compartecipazione di numerosi fattori che in maniera sinergica strutturano l’invecchiamento retinico ed il conseguente danno maculare irreversibile. Le radiazioni del visibile e gli infrarossi che penetrano i diottri oculari fino a giungere alla retina, interagiscono con l’ossigeno formando radicali liberi (ROS) che, causando una perossidazione

Il termine maculopatia identifica in generale qualsiasi malattia che colpisce la macula, la zona deputata alla visione distinta. È una malattia progressiva che costituisce una causa molto frequente di riduzione e perdita della visione centrale.

In una fase iniziale, la maculopatia non comporta importanti alterazioni visive, ma nel tempo può evolvere in due forme, seriamente invalidanti, una maculopatia secca ed una maculopatia umida. La forma secca (Fig. 30), denominata anche non essudativa, è caratterizzata da lenta e progressiva atrofia del tessuto retinico, mentre la forma essudativa (Fig. 31) è caratterizzata dalla formazione di neovasi particolarmente fragili, che rompendosi danno luogo a emorragie le quali, alterando il tessuto circostante, innescano fenomeni cicatriziali che esitano nella formazione di una membrana detta “neovascolare”.

In una fase iniziale, la maculopatia non comporta importanti alterazioni visive, ma nel tempo può evolvere in due forme, seriamente invalidanti, una maculopatia secca ed una maculopatia umida. La forma secca (Fig. 30), denominata anche non essudativa, è caratterizzata da lenta e progressiva atrofia del tessuto retinico, mentre la forma essudativa (Fig. 31) è caratterizzata dalla formazione di neovasi particolarmente fragili, che rompendosi danno luogo a emorragie le quali, alterando il tessuto circostante, innescano fenomeni cicatriziali che esitano nella formazione di una membrana detta "neovascolare".

È una condizione morbosa che interessa principalmente le persone anziane, tant’è che in generale si tende a parlare di degenerazione maculare legata all’età (Age related Macular Desease), ma alla base del determinismo e successiva evoluzione della condizione morbosa c’è la compartecipazione di numerosi fattori che in maniera sinergica strutturano l’invecchiamento retinico ed il conseguente danno maculare irreversibile. Le radiazioni del visibile e gli infrarossi che penetrano i diottri oculari fino a giungere alla retina, interagiscono con l’ossigeno formando radicali liberi (ROS) che, causando una perossidazione

In una fase iniziale, la maculopatia non comporta importanti alterazioni visive, ma nel tempo può evolvere in due forme, seriamente invalidanti, una maculopatia secca ed una maculopatia umida. La forma secca (Fig. 30), denominata anche non essudativa, è caratterizzata da lenta e progressiva atrofia del tessuto retinico, mentre la forma essudativa (Fig. 31) è caratterizzata dalla formazione di neovasi particolarmente fragili, che rompendosi danno luogo a emorragie le quali, alterando il tessuto circostante, innescano fenomeni cicatriziali che esitano nella formazione di una membrana detta "neovascolare".

4 - Le patologie oculari correlate alle radiazioni ultraviolette 47
3537
Fig. 29 Drusen maculari Fig. 30 Forma atrofica Fig. 31 Forma neovascolare Fig. 30 Forma atrofica
Prevenzione dei danni da
35 Manuale Pratico
37 Manuale
radiazioni elettromagnetiche
di Vision Care
Pratico di Vision Care
Fig. 29 Drusen maculari Fig. 30 Forma atrofica Fig. 31 Forma neovascolare Figura 29 Drusen maculari Figura 30 Forma atrofica Figura 31 Forma neovascolare

percentuale di scurimento e con schermo totale UV, nonché supplementazione alimentare con antiossidanti quali Luteina e Zeaxantina.

4 - Le patologie oculari correlate alle radiazioni ultraviolette

I sintomi principali che il paziente lamenta sono rappresentati dalla riduzione della acuità visiva centrale con permanenza di quella periferica, distorsione delle immagini, alterazione della percezione dei colori e presenza di scotomi centrali.

La terapia prevede l’iniezione intravitreale di anticorpi monoclonali mirati al blocco della cicatrizzazione (Fig. 32). La prevenzione fonda il suo cardine sull’utilizzo di lenti filtranti ad alta percentuale di scurimento e con schermo totale UV, nonché supplementazione alimentare con antiossidanti quali Luteina e Zeaxantina.

48 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano
3638
Fig. 32 Iniezione intravitreale Figura 32 Iniezione intravitreale

5. L e lenti filtranti

5 Le lenti filtranti

Introduzione

Per lenti filtranti si intendono l’insieme dei "presidi ottici" atti a modulare l’arrivo della luce sulle strutture oculari attraverso il "taglio" di una o più lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico e si distinguono in: filtri solari, filtri selettivi, filtri polarizzanti e filtri fotocromatici (Fig. 33).

di radiazione UV che i mezzi oculari possono assorbire prima di risultarne danneggiati è assai simile per tutte le persone.

Introduzione

Per lenti filtranti si intendono l’insieme dei “presidi ottici” atti a modulare l’arrivo della luce sulle strutture oculari attraverso il “taglio” di una o più lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico e si distinguono in: filtri solari, filtri selettivi, filtri polarizzanti e filtri fotocromatici (Fig. 33).

Un occhiale da sole deve certo ridurre l’abbagliamento, ma deve anche proteggere dalle radiazioni più nocive, quali l’ultravioletto, e nello stesso tempo non deve essere così filtrante da alterare la percezione dei colori. È da notare che mentre il livello di protezione relativo all’abbagliamento varia da persona a persona, il livello

Le lenti filtranti, di cui sono dotate le lenti da sole, devono quindi essere in grado di assorbire la radiazione in uno spettro compreso tra 300 e 400 nm, propria dell’ultravioletto, scientificamente acclarata come la più dannosa per le strutture oculari.

Un occhiale da sole deve certo ridurre l’abbagliamento, ma deve anche proteggere dalle radiazioni più nocive, quali l’ultravioletto, e nello stesso tempo non deve essere così filtrante da alterare la percezione dei colori.

Filtrare la luce implica una riduzione della luminosità complessiva, ma è proprio a causa delle variazioni della sensibilità dell’occhio umano che vi sono grandi differenze tra tagliare certe radiazioni invece di altre. Tagliare la radiazione compresa tra i 380 e i 430 nm corrisponde generalmente a una riduzione della luminosità di solo lo 0,05%, mentre un taglio tra i 380 e i 480 nm equivale a una riduzione del 2,63%. Se però estendiamo ulteriormente il taglio fino ai 530 nm la luminosità diminuisce del 21%.

L’effetto filtrante, nei confronti delle radiazioni elettromagnetiche, varia a seconda del tipo di colore e della percentuale di scurimento, cosa valutabile attraverso l’analisi spettrometrica di ogni singolo filtro.

Le lenti filtranti, inoltre, possono essere utili non solo per la protezione di un occhio sano dalle radiazioni dannose, ma anche in tutte quelle patologie oculari quali cataratta, afachia, retinopatia, degenerazione maculare o simili; dove possono alleviare la sintomatologia visiva associata alle patologie oculari sopra descritte, quali fotofobia, abbagliamento e perdita di contrasto.

49
Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche 37 Manuale Pratico di Vision Care 39 Manuale Pratico di Vision Care
FILTRI SOLARI 400 UVC UVB UVA VIOLA AZZURRO
VERDE AZZURRO GIALLO VERDE ARANCIONE 450 500 550 600 650 700 750 FILTRI SELETTIVI FILTRI POLARIZZATI FILTRI FOTOCROMATICI
Fig. 33 Panoramica dei filtri
VERDE GIALLO ROSSO
Figura 33 Panoramica dei filtri

È da notare che mentre il livello di protezione relativo all’abbagliamento varia da persona a persona, il livello di radiazione UV che i mezzi oculari possono assorbire prima di risultarne danneggiati è assai simile per tutte le persone.

Le lenti filtranti, di cui sono dotate le lenti da sole, devono quindi essere in grado di assorbire la radiazione in uno spettro compreso tra 300 e 400 nm, propria dell’ultravioletto, scientificamente acclarata come la più dannosa per le strutture oculari. Filtrare la luce implica una riduzione della luminosità complessiva, ma è proprio a causa delle variazioni della sensibilità dell’occhio umano che vi sono grandi differenze tra tagliare certe radiazioni invece di altre. Tagliare la radiazione compresa tra i 380 e i 430 nm corrisponde generalmente a una riduzione della luminosità di solo lo 0,05%, mentre un taglio tra i 380 e i 480 nm equivale a una riduzione del 2,63%. Se però estendiamo ulteriormente il taglio fino ai 530 nm la luminosità diminuisce del 21%. L’effetto filtrante, nei confronti delle radiazioni elettromagnetiche, varia a seconda del tipo di colore e della percentuale di scurimento, cosa valutabile attraverso l’analisi spettrometrica di ogni singolo filtro.

Le lenti filtranti, inoltre, possono essere utili non solo per la protezione di un occhio sano dalle radiazioni dannose, ma anche in tutte quelle patologie oculari quali cataratta, afachia, retinopatia, degenerazione maculare o simili; dove possono alleviare la sintomatologia visiva associata alle patologie oculari sopra descritte, quali fotofobia, abbagliamento e perdita di contrasto.

5.1

Filtri solari

Manuale PraticoProtezione e prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche

Sono definiti coloricamente neutri in quanto abbattono quasi in egual modo tutte le lunghezze d’onda medio basse (Fig. 34).

5.1 Filtri solari

Sono definiti coloricamente neutri in quanto abbattono quasi in egual modo tutte le lunghezze d’onda medio basse (Fig. 34).

Per i soggetti emmetropi, non c’è una particolare preferenza cromatica da rispettare, e si possono utilizzare filtri delle principali colorazioni considerando che il grigio ha la proprietà di attenuare in modo più uniforme le radiazioni luminose di tutte le lunghezze d’onda, alterando in questo modo in misura inferiore, rispetto alle altre tipologie di filtri, la percezione cromatica. Per questo motivo è un colore ben tollerato da tutti gli occhi.

Perché un occhiale da sole sia realmente protettivo e confortevole deve essere in grado di assorbire completamente le radiazioni ultraviolette (UV), comprese fra i 300

Perché un occhiale da sole sia realmente protettivo e confortevole deve essere in grado di assorbire completamente le radiazioni ultraviolette (UV),

Per gli ipermetropi è consigliabile l’uso di lenti di colorazione verde, in quanto enfatizzano la luce di lunghezza d’onda più vicina a quella blu a cui sembrano essere più sensibili.

Per i miopi invece la lente di colore marrone, li porta ad aumentare la focalizzazione delle componenti "rosse" a cui sono più sensibili a livello di discriminazione foveale.

50 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano 5 - Le lenti filtranti
Fig. 34 L’abbattimento dei filtri solari Figura 34 L’abbattimento dei filtri solari

Protezione e prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche

5.1 Filtri solari

Sono definiti coloricamente neutri in quanto abbattono quasi in egual modo tutte le lunghezze d’onda medio basse (Fig. 34).

Per i soggetti emmetropi, non c’è una particolare preferenza cromatica da rispettare, e si possono utilizzare filtri delle principali colorazioni considerando che il grigio ha la proprietà di attenuare in modo più uniforme le radiazioni luminose di tutte le lunghezze d’onda, alterando in questo modo in misura inferiore, rispetto alle altre tipologie di filtri, la percezione cromatica. Per questo motivo è un colore ben tollerato da tutti gli occhi.

e i 400 nm, e di assorbire in modo progressivo ed efficace le radiazioni visibili ad alta energia, comprese tra i 400 e 500 nm, denominate “luce blu”, lasciandone filtrare almeno il 4-5%, così da non alterare la percezione cromatica.Hanno diverse colorazioni quali verde, grigio,marrone (Fig. 35) o specchio la cui scelta potrebbeessere indirizzata oltre che da motivazioni estetiche,anche da ragioni refrattive.

Per i soggetti emmetropi, non c’è una particolare preferenza cromatica da rispettare, e si possono utilizzare filtri delle principali colorazioni considerando che il grigio ha la proprietà di attenuare in modo più uniforme le radiazioni luminose di tutte le lunghezze d’onda, alterando in questo modo in misura inferiore, rispetto alle altre tipologie di filtri, la percezione cromatica. Per questo motivo è un colore ben tollerato da tutti gli occhi.

Per gli ipermetropi è consigliabile l’uso di lenti di colorazione verde, in quanto enfatizzano la luce di lunghezza d’onda più vicina a quella blu a cui sembrano essere più sensibili.

Per gli ipermetropi è consigliabile l’uso di lenti di colorazione verde, in quanto enfatizzano la luce di lunghezza d’onda più vicina a quella blu a cui sembrano essere più sensibili.

Perché un occhiale da sole sia realmente protettivo e confortevole deve essere in grado di assorbire completamente le radiazioni ultraviolette (UV), comprese fra i 300 e i 400 nm, e di assorbire in modo progressivo ed efficace le radiazioni visibili ad alta energia, comprese tra i 400 e 500 nm, denominate "luce blu", lasciandone filtrare almeno il 4-5%, così da non alterare la percezione cromatica. Hanno diverse colorazioni quali verde, grigio, marrone (Fig. 35) o specchio la cui scelta potrebbe essere indirizzata oltre che da motivazioni estetiche, anche da ragioni refrattive.

Per i miopi invece la lente di colore marrone, li porta ad aumentare la focalizzazione delle componenti "rosse" a cui sono più sensibili a livello di discriminazione foveale.

Per i miopi invece la lente di colore marrone, li porta ad aumentare la focalizzazione delle componenti “rosse” a cui sono più sensibili a livello di discriminazione foveale. Il colore percepito dall’occhio umano dipende, oltre che dal colore effettivo dell’oggetto osservato dalla composizione della luce che lo illumina. Ad esempio la luce del sole al crepuscolo o le luci artificiali modificano significativamente la percezione del colore. Tale fenomeno chiamato “metamerismo” si ha quando colori che appaiono all’occhio identici sotto una certa luce mostrano tonalità differenti se illuminati con una luce diversa.

Il colore percepito dall’occhio umano dipende, oltre che dal colore effettivo dell’oggetto osservato dalla composizione della luce che lo illumina. Ad esempio la luce del sole al crepuscolo o le luci artificiali modificano significativamente la percezione del colore. Tale fenomeno chiamato "metamerismo" si ha quando colori che appaiono all’occhio identici sotto una certa luce mostrano tonalità differenti se illuminati con una luce diversa.

5 - Le lenti filtranti 51
38
Manuale Pratico Fig. 35 I colori dei filtri più comuni Fig. 34 L’abbattimento dei filtri solari OCCHIO NUDO FILTRO MARRONE 75% FILTRO GRIGIO 75% Figura 35 I colori dei filtri più comuni

Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche

Categoria Tipologia di lente Percentuale di luce trasmessa Utilizzo

0 Lenti bianche o leggermente colorate Lenti fotocromatiche allo stato più chiaro 80-100% Luoghi chiusi, cielo coperto

1 Lenti leggermente colorate

Così, ad esempio, due filtri possono apparire uguali se osservati a mezzogiorno e diversi se osservati al tramonto, quando la luce del sole assume una diversa luminosità. Questi colori che appaiono uguali in definite condizioni di luce, ma che posseggono spettri con forme diverse, vengono definiti “colori metamerici”. Poiché le prestazioni di un filtro dipendono, oltre che dalla qualità dei materiali, anche dall’andamento delle curve spettrali che ne determinano il colore, filtri caratterizzati dallo stesso colore, ma con curve spettrali diverse possono essere caratterizzati da prestazioni completamente diverse.

2

3

Nella realizzazione di un filtro solare, quindi, la scelta del colore, deve essere subordinata alla definizione della sua curva spettrale al fine di consentire l’assorbimento ottimale della luce nell’ottica di privilegiarne le prestazioni richieste (massima protezione, aumento del contrasto, visione colori).

4

Dal 1° luglio 1995 tutte le lenti da sole devono riportare in etichetta l’indicazione del potere filtrante, da zero a 4, e il marchio CE (UNI-ENISO 1836) (Fig. 36-37):

Così, ad esempio, due filtri possono apparire uguali se osservati a mezzogiorno e diversi se osservati al tramonto, quando la luce del sole assume una diversa luminosità. Questi colori che appaiono uguali in definite condizioni di luce, ma che posseggono spettri con forme diverse, vengono definiti "colori metamerici". Poiché le prestazioni di un filtro dipendono, oltre che dalla qualità dei materiali, anche dall’andamento delle curve spettrali che ne determinano il colore, filtri caratterizzati dallo stesso colore, ma con curve spettrali diverse possono essere caratterizzati da prestazioni completamente diverse.

Nella realizzazione di un filtro solare, quindi, la scelta del colore, deve essere subordinata alla definizione della sua curva spettrale al fine di consentire l’assorbimento ottimale della luce nell’ottica di privilegiarne le prestazioni richieste (massima protezione, aumento del contrasto, visione colori).

Dal 1° luglio 1995 tutte le lenti da sole devono riportare in etichetta l’indicazione del potere filtrante, da zero a 4, e il marchio CE (UNI-ENISO 1836) (Fig. 36-37):

• Categoria 0-1: filtro trasparente, molto chiaro o chiaro, per locali chiusi e giornate con poca illuminazione.

• Categoria 2 : filtro medio, per illuminazioni medie e giornate nuvolose.

• Categoria 3 : filtro scuro per uso generale in pieno sole.

• Categoria 4 , filtro molto scuro per forti illuminazioni, alta montagna e superfici riflettenti, non idoneo alla guida.

È fondamentale, quindi, evitare di acquistare lenti prive di marchiatura CE in quanto non in possesso dei requisiti di sicurezza e, quindi, sicuramente dannose.

52 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele -
5
Pasquale Troiano
- Le lenti filtranti
Categoria Tipologia di lente Percentuale di luce trasmessa Utilizzo 0 Lenti bianche o leggermente colorate Lenti fotocromatiche allo stato più chiaro 80-100% Luoghi chiusi, cielo coperto 1 Lenti leggermente colorate 43-79% Luce solare attenuata 2 Lenti mediamente colorate 42% Luce solare media 3 Lenti scure Lenti fotocromatiche allo stato più scuro 48-17% Luce solare forte 4 Lenti molto scure 3-7% Luce solare molto
(alta montagna,
intensa
neve, ghiaccio
Figura 36 Potere filtrante di una lente Figura 37 Indicazione d’uso di una lente filtrante dannose.
39
Vision
41
Pratico
Vision
Manuale Pratico di
Care
Manuale
di
Care
Fig. 37 Indicazione d’uso di una lente filtrante Fig.36 Potere filtrante di una lente
43-79%
Luce solare attenuata
Lenti mediamente colorate 42% Luce
solare media
Lenti scure Lenti fotocromatiche allo stato più scuro 48-17% Luce solare forte
Lenti molto scure 3-7% Luce solare molto intensa (alta montagna, neve, ghiaccio) Categoria Indicazioni d'uso Guida diurna Guida notturna 0 SÌ SÌ 1 SÌ SÌ/NO 2 SÌ NO 3 SÌ NO 4 NO NO

– Categoria 0-1: filtro trasparente, molto chiaro o chiaro, per locali chiusi e giornate con poca illuminazione.

L’analisi spettrometrica dei diversi filtri solari permette di valutarne la trasmittanza e l’influenza sulla percezione colorimetrica.

– Categoria 2: filtro medio, per illuminazioni medie e giornate nuvolose.

Filtro verde (Fig. 38):

– Categoria 3: filtro scuro per uso generale in pieno sole.

• 100% protezione UV

Filtro marrone

• 100% protezione

• visibilità proporzionale

– Categoria 4, filtro molto scuro per forti illuminazioni, alta montagna e superfici riflettenti, non idoneo alla guida.

• scarsa visibilità in ambienti scuri

• media influenza sulla percezione dei colori

• influenza proporzionale

Filtro specchio

È fondamentale, quindi, evitare di acquistare lenti prive di marchiatura CE in quanto non in possesso dei requisiti di sicurezza e, quindi, sicuramente dannose.

Manuale Pratico

Filtro verde (Fig. 38):

Filtro grigio (Fig. 39):

• 100% protezione UV

• 100% protezione

• Buona visibilità

L’analisi spettrometrica dei diversi filtri solari permette di valutarne la trasmittanza e l’influenza sulla percezione colorimetrica.

– 100% protezione UV

– scarsa visibilità in ambienti scuri

L’analisi spettrometrica dei diversi filtri solari permette di valutarne la trasmittanza e l’influenza sulla percezione colorimetrica.

– media influenza sulla percezione dei colori

Filtro verde (Fig. 38):

Filtro grigio (Fig. 39):

• 100% protezione UV

– 100% protezione UV

• scarsa visibilità in ambienti scuri

• media influenza sulla percezione dei colori

• visibilità in ambienti scuri inversamente proporzionale alla tinta

Filtro marrone (Fig. 40)

• influenza sulla percezione dei colori inversamente proporzionale alla tinta

• 100% protezione UV

• visibilità in ambienti scuri inversamente proporzionale alla tinta

• influenza sulla percezione dei colori inversamente proporzionale alla tinta

• Scarsa

Filtro grigio (Fig. 39):

Filtro specchio (Fig. 41):

– visibilità in ambienti scuri inversamente proporzionale alla tinta

– influenza sulla percezione dei colori inversamente proporzionale alla tinta

Filtro marrone (Fig. 40)

• 100% protezione UV

– 100% protezione UV

• visibilità in ambienti scuri inversamente proporzionale alla tinta

• influenza sulla percezione dei colori inversamente proporzionale alla tinta

• 100% protezione UV

• Buona visibilità in ambienti scuri

• Scarsa influenza sulla percezione dei colori

visibilità in ambienti scuri inversamente proporzionale alla tinta

influenza sulla percezione dei colori inversamente proporzionale alla tinta

Manuale Pratico 4042

5 - Le lenti filtranti 53
Fig. 38 Grafico della trasmittanza di un filtro verde Fig. 40 Grafico della trasmittanza di un filtro marrone Fig. 38 Grafico della trasmittanza di un filtro verde Fig. 40 Grafico Fig. 41 Grafico Fig. 39 Grafico della trasmittanza di un filtro grigio Figura 38 Grafico della trasmittanza di un filtro verde Figura 39 Grafico della trasmittanza di un filtro grigio

proporzionale alla tinta

• influenza sulla percezione dei colori inversamente

proporzionale alla tinta

(Fig. 42).

Sono caratterizzate da una colorazione ambra o blu.

dei colori inversamente inversamente

Filtro specchio (Fig. 41):

• 100% protezione UV

• Buona visibilità in ambienti scuri

• Scarsa influenza sulla percezione dei colori

5 - Le lenti filtranti Filtro specchio (Fig. 41):

– 100% protezione UV

– Buona visibilità in ambienti scuri

– Scarsa influenza

5.2 Filtri selettivi

Si lasciano attraversare solo da una o più radiazioni elettromagnetiche con lunghezza

d’onda medio alta (Fig. 42).

Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Manuale Pratico di Vision Care Manuale Pratico di Vision Care

Sono caratterizzate da una colorazione rossa, gialla, ambra o blu.

5.2 Filtri selettivi

Filtro rosso, giallo e ambra (Fig. 43):

Filtro rosso, giallo e ambra (Fig. 43):

• 100% protezione UV

100% protezione UV

Buona visibilità in ambienti scuri

Si lasciano attraversare solo da una o più radiazioni elettromagnetiche con lunghezza d’onda medio alta (Fig. 42).

• Buona visibilità in ambienti scuri

• Scarsa influenza sulla percezione dei colori

– Scarsa influenza sulla percezione dei colori

Sono caratterizzate da una colorazione rossa, gialla, ambra o blu.

Filtro blu (Fig. 44):

• 90% protezione UV

• Buona visibilità in ambienti scuri

• Elevata influenza sulla percezione dei colori

5.3 Filtri medicali

Anche detti a nanomeri controllati (Fig. 45) in quanto bloccano solo una radiazione del visibile lasciando passare tutte le altre (Fig. 46).

Sono utilizzati in caso di patologie a carico della retina al fine di migliorare la percezione dei colori e la sensibilità al contrasto.

54 Prevenzione dei
da
danni
radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele -
Pasquale Troiano verde Fig. 40 Grafico della trasmittanza di un filtro marrone Fig. 41 Grafico della trasmittanza di un filtro specchi grigio Fig. 43 Grafico della trasmittanza di un filtro giallo Fig. 44 Grafico della trasmittanza di un filtro blu
4042
Fig. 42 L’abbattimento dei filtri selettivi Fig. 38 Grafico della trasmittanza di un filtro verde Fig. 40 Grafico della trasmittanza di un filtro marrone Fig. 41 Grafico della trasmittanza di un filtro specchi Fig. 39 Grafico della trasmittanza di un filtro grigio Figura 40 Grafico della trasmittanza di un filtro marrone Figura 41 Grafico della trasmittanza di un filtro specchi
Fig. 42 L’abbattimento dei filtri selettivi Figura 42 L’abbattimento dei filtri selettivi

5.4 Filtri Fotocromatici

5.4 Filtri Fotocromatici

Sono costituiti da pigmenti fotocromatici (Alogenuro di argento, Spirossazina, Indolinospironaftossazina)

Sono costituiti da pigmenti fotocromatici (Alogenuro di argento, Spirossazina, Indolinospironaftossazina)

5.5 Filtri polarizzanti

5.5 Filtri polarizzanti

i quali hanno la caratteristica di modificare la loro colorazione (stato cromatico) a seconda della radiazione elettromagnetica incidente attraverso un processo chimico reversibile in presenza di calore (Fig. 47).

i quali hanno la caratteristica di modificare la loro colorazione (stato cromatico) a seconda della radiazione elettromagnetica incidente attraverso un processo chimico reversibile in presenza di calore (Fig. 47).

Basati sul principio della polarizzazione, permettono il passaggio della radiazione elettromagnetica in una sola direzione, impedendo il passaggio di tutte le altre.

5.4 Filtri Fotocromatici

Basati sul principio della polarizzazione, permettono il passaggio della radiazione elettromagnetica in una sola direzione, impedendo il passaggio di tutte le altre.

La luce riflessa dagli oggetti, assume svariate direzioni di polarizzazione che cambiano senza regolarità nel corso del tempo dando origine alla luce non polarizzata.

La trasmittanza si modifica a seconda del grado di scurimento (Fig. 48).

La trasmittanza si modifica a seconda del grado di scurimento (Fig. 48).

Sono costituiti da pigmenti fotocromatici (Alogenuro di argento, Spirossazina, Indolinospironaftossazina) i quali hanno la caratteristica di modificare la loro colorazione (stato cromatico) a seconda della radiazione elettromagnetica incidente attraverso un processo chimico reversibile in presenza di calore (Fig. 47). La trasmittanza si modifica a seconda del grado di scurimento (Fig. 48).

La colorazione potrà essere grigia, marrone o verde.

La colorazione potrà essere grigia, marrone o verde.

La colorazione potrà essere grigia, marrone o verde.

Questi filtri contengono al loro interno delle fibre allineate regolarmente che filtrano solo le radiazioni luminose perpendicolari assorbendo tutte le altre.

In questo modo la luce incidente, non polarizzata, verrà trasformata in luce emergente polarizzata con eliminazione dei riflessi e conseguente miglioramento della sensibilità al contrasto (Fig. 49).

Il trattamento polarizzante può essere associato a qualsiasi tipo di colorazione della lente.

La luce riflessa dagli oggetti, assume svariate direzioni di polarizzazione che cambiano senza regolarità nel corso del tempo dando origine alla luce non polarizzata. Questi filtri contengono al loro interno delle fibre allineate regolarmente che filtrano solo le radiazioni luminose perpendicolari assorbendo tutte le altre. In questo modo la luce incidente, non polarizzata, verrà trasformata in luce emergente polarizzata con eliminazione dei riflessi e conseguente miglioramento della sensibilità al contrasto (Fig. 49). Il trattamento polarizzante può essere associato a qualsiasi tipo di colorazione della lente.

56 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano
5 - Le lenti filtranti
Manuale Pratico 4244
Fig. 47 Principio di funzionamento di un filtro fotocromatico Fig. 48 Grafico della trasmittanza di un filtro fotocromatico nei diversi stati cromatici
4244
Fig. 49 Confronto tra lente polarizzata e non polarizzata
WITHOUT POLARIZED WITHOUT POLARIZED WITH POLARIZED WITH POLARIZED
Fig. 47 Principio di funzionamento di un filtro fotocromatico Fig. 48 Grafico della trasmittanza di un filtro fotocromatico nei diversi stati cromatici
WITHOUT POLARIZED WITHOUT POLARIZED WITH POLARIZED WITH POLARIZED
Fig. 49 Confronto tra lente polarizzata e non polarizzata Figura 47 Principio di funzionamento di un filtro fotocromatico Figura 48 Grafico della trasmittanza di un filtro fotocromatico nei diversi stati cromatici

(Alogenuro Indolinospironaftossazina)

modificare la seconda della attraverso un calore (Fig. 47).

del grado di marrone o verde.

5.5 Filtri polarizzanti

Basati sul principio della polarizzazione, permettono il passaggio della radiazione elettromagnetica in una sola direzione, impedendo il passaggio di tutte le altre. La luce riflessa dagli oggetti, assume svariate direzioni di polarizzazione che cambiano senza regolarità nel corso del tempo dando origine alla luce non polarizzata. Questi filtri contengono al loro interno delle fibre allineate regolarmente che filtrano solo le radiazioni luminose perpendicolari assorbendo tutte le altre. In questo modo la luce incidente, non polarizzata, verrà trasformata in luce emergente polarizzata con eliminazione dei riflessi e conseguente miglioramento della sensibilità al contrasto (Fig. 49).

6.

5.5 Filtri polarizzanti

La prevenzione

Basati sul principio della polarizzazione, permettono il passaggio della radiazione elettromagnetica in una sola direzione, impedendo il passaggio di tutte le altre. La luce riflessa dagli oggetti, assume svariate direzioni di polarizzazione che cambiano senza regolarità nel corso del tempo dando origine alla luce non polarizzata. Questi filtri contengono al loro interno delle fibre allineate regolarmente che filtrano solo le radiazioni luminose perpendicolari assorbendo tutte le altre. In questo modo la luce incidente, non polarizzata, verrà trasformata in luce emergente polarizzata con eliminazione dei riflessi e conseguente miglioramento della sensibilità al contrasto (Fig. 49).

Introduzione

L’utilizzo di sostanze topiche mira a creare meccanica sulla superficie oculare nei confronti radiazioni elettromagnetiche, i cd. filtri solari l’utilizzo di sostanze alimentari mira a processi enzimatici finalizzati alla riparazione cellulare secondario ad uno stato di stress la cd. nutraceutica.

Il trattamento polarizzante può essere associato a qualsiasi tipo di colorazione della lente.

Il trattamento polarizzante può essere associato a qualsiasi tipo di colorazione della lente.

I filtri solari, presenti nei colliri dedicati, essere di sintesi, ed allora si parlerà ochimici, oppure, quando provenienti vegetale, naturali ed allora si parlerà di L’assunzione di sostanze nutraceutiche, invece, attraverso l’alimentazione sia sotto forma propri nutrienti quanto sotto forma di alimentari.

6.1 La prevenzione meccanica:

o inorganici

i filtri

Costituiscono una barriera fisica alla penetrazione radiazione solare, riflettendola o disperdendola. tratta solitamente di sostanze minerali micronizzate, che si utilizzano in forma di sospensione e concentrazione; non sono solubili e vanno dispersi e mantenuti in sospensione all’interno prodotto.

I filtri fisici più utilizzati sono il Diossido (TiO2) e l’Ossido di Zinco (ZnO), Talco e Per l’Ossido di Zinco la massima efficacia particelle di dimensione media pari a 0,1 il Biossido di Titanio con una micronizzazione maggiore compresa tra 20-30 millimicron.

5 - Le lenti filtranti 57
fotocromatici
fotocromatico
WITHOUT POLARIZED WITHOUT POLARIZED WITH POLARIZED WITH POLARIZED
fotocromatico nei diversi Fig. 49 Confronto tra lente polarizzata e non polarizzata Figura 49 Confronto tra lente polarizzata e non polarizzata

6 La prevenzione meccanica

Introduzione

L’utilizzo di sostanze topiche mira a creare una barriera meccanica sulla superficie oculare nei confronti delle radiazioni elettromagnetiche, i cd. filtri solari; mentre l’utilizzo di sostanze alimentari mira a stimolare i processi enzimatici finalizzati alla riparazione del danno cellulare secondario ad uno stato di stress ossidativo, la cd. nutraceutica I filtri solari, presenti nei colliri dedicati, possono essere di sintesi, ed allora si parlerà di filtri fisici o chimici, oppure, quando provenienti dal mondo vegetale, naturali ed allora si parlerà di filtri verdi.

L’assunzione di sostanze nutraceutiche, invece, avverrà attraverso l’alimentazione sia sotto forma di veri e propri nutrienti quanto sotto forma di integratori alimentari.

6.1 La prevenzione meccanica: i filtri fisici o inorganici

Costituiscono una barriera fisica alla penetrazione della radiazione solare, riflettendola o disperdendola. Si tratta solitamente di sostanze minerali micronizzate, che si utilizzano in forma di sospensione e all’opportuna concentrazione; non sono solubili e vanno finemente dispersi e mantenuti in sospensione all’interno del prodotto.

I filtri fisici più utilizzati sono il Diossido di Titanio (TiO2) e l’Ossido di Zinco (ZnO), Talco e Caolino

Per l’Ossido di Zinco la massima efficacia si ottiene con particelle di dimensione media pari a 0,1 micron, per il Biossido di Titanio con una micronizzazione ancora maggiore compresa tra 20-30 millimicron.

Al di sotto di tali valori la capacità schermante diminuisce, al di sopra la formulazione presenta l’effetto bianco che ne limita l’accettabilità cosmetica.

Il loro meccanismo di azione è diverso rispetto ai filtri chimici, essi agiscono per diffusione (scattering), e i fenomeni di assorbimento della radiazione, pur presenti, concorrono in misura minore.

59

6 - La prevenzione meccanica

Il problema principale di questo tipo di filtri è l’ottenimento di dispersioni stabili ed omogenee nel tempo.

6.2 La prevenzione meccanica: i filtri chimici o organici

Sono sostanze di sintesi che hanno la proprietà di assorbire la radiazione solare in maniera diversa nelle varie zone dello spettro a seconda della loro struttura chimica. Le principali classi di filtri chimici oggi in commercio e approvati dalla normativa CEE

sono:

– Derivati del PABA: i composti di questa famiglia (peg 25 paba, octyldimethylpaba, ecc.) filtrano gli UVB con picchi di massimo assorbimento che vanno da 285 a 310 nm.

– Cinnamati: i composti di questo gruppo (octyl methoxycinnamate, ora rinominato in ethyhexyl methoxycinnamate, isoamyl p-methoxycinnamate, ethyldiisopropylcinnamate, ecc.) sono dotati di efficace capacità protettiva nei confronti degli UVB, i picchi massimi d’assorbimento vanno da 308 a 311 nm.

– Derivati della benzildencanfora: i componenti di questa classe (4- methylbenzylidene camphor, ecc.) filtrano le radiazioni UVB con picchi massimi di assorbimento che vanno da 289 a 298 nm.

Derivati del dibenzoilmetano: i composti di questa classe (butyl methoxydibenzoylmethane, isopropyldibenzoylmethane, ecc.) sono efficaci nei confronti delle radiazioni uva con picchi di massimo assorbimento che vanno da 350 a 355 nm.

– Benzofenoni: i derivati di questa classe (benzophenone-3, benzophenone-4, ecc.) presentano picchi di massimo assorbimento sia nell’UVB che nell’UVA che vanno da 285 a 323 nm.

– Salicilati (octylsalicylate): sono dotati di un discreto potere assorbente nell’ambito degli UVB, con picchi di massimo assorbimento attorno a 305 nm.

I filtri chimici utilizzati maggiormente sono l’OCTYL METHOXYCINNAMATE (filtro UVB) e il BUTYL METHOXY DIBENZOYLMETHANE (filtro UVA). A tutt’oggi il loro meccanismo d’azione non è del tutto chiaro e hanno come limite la potenziale tossicità e, nel caso di molecole fotosensibili, si può anche verificare un danno strutturale con formazione di prodotti di degradazione che possono essere molto dannosi per le cellule.

6.3 La prevenzione meccanica: i filtri naturali o verdi

Sono costituiti da derivati vegetali come estratti od oli essenziali. Rientrano nel grande gruppo degli “officinalis”, termine che trae origini dall’antico laboratorio artigia-

60 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano

nale medioevale in cui si preparavano le droghe vegetali, e viene oggi utilizzato per indicare l’ampio complesso di specie vegetali che contengono principi attivi utilizzabili per vari impieghi industriali. L’OMS definisce “officinalis” tutte le specie che, direttamente o tramite i principi attivi estratti da esse, possiedono interesse preventivo, terapeutico o aromatico e vengono comunemente utilizzati in medicina o erboristeria.

Nell’ambito delle “officinalis” l’OMS distingue.

– Piante medicinali: definite come ogni vegetale che contiene in uno o più dei suoi organi sostanze che possono essere utilizzate a fini terapeutici o che sono precursori di emisintesi chemiofarmaceutiche;

– Piante aromatiche o da essenza: definite come ogni vegetale il quale contiene sostanze penetranti che conferiscono particolari caratteristiche organolettiche e che siano utilizzabili come condimento al fine di aumentare l’appetibilità degli alimenti e per diversi impieghi industriali (bevande, profumi);

– Piante cosmetiche: definite come ogni vegetale il quale contiene sostanze utilizzate nella preparazione di prodotti per l’igiene, la protezione e la cura del corpo.

Al gruppo delle piante medicinali appartengono i vegetali destinati all’estrazione delle droghe (dal tedesco troken = secco, parte della pianta che contiene i principi attivi), definite dall’OMS come sostanze in grado di modificare una o più funzioni quando introdotte nell’organismo. La fitoterapia, dal greco phyton (pianta) e therapeia (cura), è quella pratica terapeutica che si avvale di piante medicinali la cui sostanza attiva è costituita da una droga associata ad altri estratti naturali, i fitoterapici; oppure dall’insieme di più fitoterapici ritenuti responsabili di una specifica attività biologica, i fitocomplessi. La pianta medicinale più conosciuta è la Segale Cornutae la cui droga è la Digitalis, largamente utilizzata per il suo effetto inotropo positivo sulla funzionalità cardiaca.

Al gruppo delle piante aromatiche appartengono quei vegetali che contengono sostanze, sotto forma di estratti o olii essenziali, di odore o colore gradevole utilizzate per colorare le bevande o per profumare gli ambienti.Al gruppo delle piante cosmetiche, invece, appartengono quei vegetali che contengono sostanze sotto forma di estratti o olii essenziali, utilizzabili su diverse parti del corpo con lo scopo di pulirle, proteggerle o mantenerle in buone condizioni.

Gli olii essenziali derivati dalle piante aromatiche e cosmetiche non hanno attività biologica e la loro interazione con l’organismo è tale da non provocare effetti clinici degni di nota non rientrando quindi, secondo normativa 93/35/EEC nella classe di farmaci. Quando gli estratti o gli olii essenziali di queste piante presentano proprietà

6 - La prevenzione meccanica 61

meccaniche nei confronti delle radiazioni elettromagnetiche si parlerà di filtri verdi, tra i quali troviamo:

– Gli antrachinoni: quali estratti di Aloe, (Aloe barbadensis), Frangola (Rhamnus frangula) e Cascara (Rhamnus purshiana) che contengono un certo potenziale di assorbimento dei raggi UV.

– Il licopene: si ritrova nel succo di pomodoro (Solanum lycopersicum); in associazione sinergica ad altri antiossidanti naturali, ha effetti protettivi sulle linee cellulari di fibroblasti esposti a irraggiamento UV. La sua capacità si manifesta in particolare nell’inattivare l’ossigeno singoletto (O) e i radicali perossidi (ROO).

– La luteina: una xantofilla contenuta nelle foglie di molte piante, oltre che possedere attività antiradicalica-antiossidante, funge da filtro della luce blu ad alta energia ed è quindi in grado di ridurre effetti dannosi indotti da radiazioni UV.

Gli acidi fenolici (clorogenico, caffeico, ferulico, cinnamico): contenuti nel caffè verde (Coffea arabica) ha rivelato una forte attività assorbente i raggi UV con uno spettro particolarmente marcato tra 280 e 330 nm, non perfettamente identico, ma assai vicino a quello di un filtro UV sintetico di largo uso cosmetico (ottil-metossicinnamato).

– I polifenoli: in particolare flavonoidi (quercetina, canferolo, galangina, naringenina, pinocembrina) e carotenoidi (violaxantina); in grado di assorbire l’80% delle radiazioni UV tra 320 e 400 nm e il 100% tra 340 e 380 nm.

– Il Resveratrolo, il tetraossi metossi-stilbene e alcune saponine steroidee (convallamarogenin): contenute nell’estratto metanolico della corteccia di yucca (Yucca schidigera), una pianta nativa della California, sono stati identificati composti quali assorbenti UV.

L’etil-metossicinnamato: estratto ottenuto dai rizomi di galanga (Kaempferia galanga), una pianta diffusa nel sud-est asiatico e Indonesia a ben nota attività filtrante, tanto che questa sostanza, tal quale, col suo trade name, viene commercializzata come ben noto filtro UV.

– Gli isoflavoni: contenuti nella soia (Glycine soja) esplicano un particolare effetto protettivo cutaneo da raggi UV: sono infatti in grado di inibire la necrosi di cheratinociti danneggiati a seguito di prolungata esposizione a radiazioni UV, inibiscono il rilascio di H2O2 e la fosforilazione delle proteine.

– I polisaccaridi (costituiti da miscele più o meno complesse di galattosio, mannosio, arabinosio): estratti dal tiglio (Tilia tomentosa), dalla senna (Cassia senna) e dall’olmo (Ulmus japonica). Si sono rivelati funzionali nella protezione della cute da danni indotti da raggi UVA. Dopo irradiazione a 3 J/cm, il recupero cellulare dei fibroblasti umani è risultato di 2 volte più alto di quello di cellule controllo non trattate.

62 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano 6
- La prevenzione meccanica

– I tocoferoli e fitosteroli (sitosterolo): contenuti nell’olio ottenuto da bacche di olivello spinoso (Hippophae rhamnoides), hanno indicato la sua efficacia nel ridurre l’irritazione cutanea conseguente all’esposizione prolungata a radiazioni solari e nella rigenerazione dei tessuti.

– Le micosporine (serinol) aminoacido-simili, prodotte dalla Porphyra umbilicalis, che possiedono una marcata attività protettiva cutanea, attribuibile al fatto che assorbono le radiazioni UV.

– Il fitoene e Il fitofluene: quali precursori di carotenoidi, contenti nell’alga Dunaliella salina, i quali presentano uno spettro di assorbimento entro il campo UVB sino a circa 287 nm il primo e più elevato il secondo (sino a circa 400 nm); praticamente coprono lo spettro di radiazioni UV responsabili del fotoaging cutaneo.

6 - La prevenzione meccanica 63

7 La prevenzione nutrizionale

Introduzione

L’utilizzo di sostanze alimentari mira a stimolare i processi enzimatici finalizzati alla riparazione del danno cellulare secondario ad uno stato di stress ossidativo, la cosiddetta nutraceutica.

L’assunzione di sostanze nutraceutiche avverrà attraverso l’alimentazione sia sotto forma di veri e propri nutrienti quanto sotto forma di integratori alimentari.

7.1 La prevenzione nutrizionale: lo stress ossidativo e gli antiossidanti esogeni

Lo stress ossidativo è quella condizione biochimica caratterizzata dallo squilibro tra produzione di radicali liberi e attività dei sistemi di difesa intracellulare “scavengers enzimatici”, con predominanza dei primi e conseguente danno cellulare. L’unico modo per riportare in equilibrio il sistema è quello di fornire all’organismo “scavengers non enzimatici”, cioè antiossidanti presenti nell’alimentazione. Fra gli antiossidanti non enzimatici, distinti in idrosolubili o liposolubili, sono compresi:

1. Il β-carotene, fa parte di un gruppo di sostanze presenti nelle piante che fungono da precursori delle vitamine A. Studi recenti, hanno suggerito che il β-carotene aiuta nella prevenzione del cancro e che può esercitare questo effetto indipendentemente dal suo ruolo di precursore della vitamina A. Il β-carotene è un antiossidante solubile nei lipidi ed uno dei più potenti scavengers dell’ossigeno singoletto nei sistemi biologici, nei quali sono stati trovati diversi isomeri del β-carotene che presentano una diversa reattività biologica.

2. L’acido ascorbico, o Vitamina C, è considerato il più importante antiossidante nei fluidi extracellulari. In studi effettuati con i lipidi del plasma umano, è stato mostrato che l’ascorbato è molto più efficiente a inibire la perossidazione lipidica di

65

altri componenti del plasma. L’ascorbato può proteggere le biomembrane contro il danno perossidativo intrappolando efficacemente i radicali perossilici nella fase acquosa prima che essi avviino il processo perossidativo. Inoltre, l’ascorbato è in grado di proteggere le membrane biologiche anche attraverso un potenziamento dell’attività del tocoferolo. È stato, infatti, dimostrato in vitro che l’ascorbato riduce il radicale tocoferossile e quindi restaura l’attività di spazzino dei radicali del tocoferolo.

3. l Coenzima Q, o ubichinone, è un componente di tutte le membrane cellulari dei mammiferi, dove svolge un,attività antiossidante che può essere ascritta ad un sinergismo con la vitamina E o ad una diretta attività di scavenger. Con il termine coenzima Q (ubichinone) si indica un gruppo di composti chimicamente simili alla vitamina E. Questi composti hanno una struttura basica di anello chinonico a cui sono attaccati 30-50 atomi di carbonio, come unità isoprenoidi in posizione 6. Il numero di unità isoprenoide varia da 6 a 10. Il coenzima Q agisce come trasportatore di elettroni nella catena respiratoria mitocondriale ed è presente anche in altre membrane cellulari e lipoproteine circolanti. La forma ridotta dell’ubichinone, l’ubichinolo, inibisce la perossidazione dei lipidi, agendo come scavenger fenolico dei radicali. Le sue proprietà antiossidanti sono dovute alla sua capacità di essere ossidato a radicale semichinone, il quale può essere ulteriormente ridotto a ubichinolo attraverso un ciclo redox.

4. Il glutatione (GSH), antiossidante idrosolubile, è il più abbondante tiolo a basso peso molecolare presente nelle cellule dei mammiferi. La concentrazione è generalmente di 0.5 mM; esso è in uno stato costante di turnover metabolico, per cui la sua vita media è di soli 4 giorni negli eritrociti umani e di 3 ore nel fegato di ratto. La principale sorgente di GSH plasmatico è il fegato, il quale sembra possedere almeno due meccanismi di trasporto e due diversi carriers per esportare il GSH nel plasma e nella bile. Il glutatione è coinvolto in molti processi in cui svolge funzione antiossidante, che sembra essere strettamente legata al suo gruppo tiolico. Esso protegge i tessuti dai danni provocati dai radicali in maniera diretta, ossia reagendo con le specie radicaliche, oppure in modo indiretto, mantenendo nella forma ridotta sia i gruppi sulfidrilici delle proteine sia di alcuni antiossidanti, come α-tocoferolo.

5. La vitamina E, l’antiossidante più abbondante in natura, è dotata di un anello fenolico e una lunga catena isoprenoide, di cui si conoscono almeno otto isomeri strutturali; tra cui l’α-tocoferolo. La vitamina E è una sostanza liposolubile, e l’α-tocoferolo è la forma che viene preferenzialmente accumulata, essa viene con-

66 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano 7 - La prevenzione nutrizionale

centrata nei siti idrofobici delle membrane, dove svolge la sua azione antiossidante. La sua attività antiossidante è legata alla capacità di donare il proprio atomo di idrogeno fenolico ai radicali perossilici e di interferire con le trasformazioni autocatalitiche della perossidazione lipidica. In seguito a tale reazione l’α-tocoferolo si trasforma in un radicale scarsamente reattivo, si degrada con estrema lentezza ed è riconvertibile in vitamina E mediante l’intervento della vitamina C.

7.2 La prevenzione nutrizionale: La nutraceutica e gli alimenti antiossidanti

Il termine “nutraceutica” è un neologismo coniato nel 1990 dal farmacologo Stephen De Felice che ha unito i termini “nutrizione” e “farmaceutica”. Con questo termine si indica quella scienza che studia i componenti alimentari e i principi attivi, presenti negli alimenti, con effetti positivi per il benessere e per la salute; di cui fanno parte gli alimenti funzionali e gli integratori alimentari. Un alimento può essere considerato funzionale quando attraverso adeguati modelli sperimentali e successivi studi clinici è possibile dimostrare che è in grado di svolgere una o più azioni benefiche sull’organismo, ovvero può influire positivamente sullo stato di benessere psicofisico dell’uomo, migliorandone lo stato generale di salute e riducendo il rischio di patologie (Fig. 50). Un alimento funzionale deve essere:

– Un alimento naturale;

– Un alimento dal quale viene eliminato un ingrediente naturale che può avere effetti negativi sulla salute del consumatore; – Un alimento al quale si aggiunge un ingrediente non contenuto naturalmente i cui effetti positivi sono ampiamente documentati;

– Un alimento nel quale un ingrediente con comprovati effetti negativi viene sostituito con altri ad effetto positivo;

– Un alimento nel quale si migliora la biodisponibilità di un componente che apporta effetti benefici per la salute;

– Ogni combinazione delle suddette possibilità.

Gli alimenti funzionali, allo stato attuale, non sono previsti dalla normativa europea. Gli integratori alimentari, invece, sono disciplinati dalla Direttiva 2002/46/CE attuata con il D.L. 21 maggio 2004 n.169 e sono definiti come “i prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo e fisiologico, in particolare ma non in via esclusiva aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti sia pluricomposti, in forme

7 - La prevenzione nutrizionale 67

• Ogni combinazione delle suddette possibilità. Gli alimenti funzionali, allo stato attuale, non sono previsti dalla normativa europea.

predosate”. I termini “complemento alimentare”, “supplemento alimentare” e “integratore alimentare” sono da considerarsi sinonimi.

Gli integratori aliment ari possono essere ricondotti alle seguenti categorie (Fig. 50):

– Vitamine e minerali;

– Altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico;

– Estratti vegetali;

– Probiotici e prebiotici;

– Coadiuvanti di diete ipocaloriche.

1. β-carotene: Se assunto in combinazione con lo zinco e la vitamina C e Tocoferolo o vitamina E, può ridurre la progressione della degenerazione maculare. Le fonti alimentari naturali sono il cavolo nero, carote, patate dolci, spinaci, cavoli, zucca, melone, mango, albicocche, uovo, fegato, olio di fegato di merluzzo, burro. Con la cottura se ne perde il 20%.

In riferimento alle patologie oculari, i presidi nutraceutici scientificamente approvati sono (Fig. 51):

Gli integratori alimentari, invece, sono disciplinati dalla Direttiva 2002/46/CE attuata con il D.L. 21 maggio 2004 n.169 e sono definiti come "i prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo e fisiologico, in particolare ma non in via esclusiva aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti sia pluricomposti, in forme predosate". I termini "complemento alimentare", "supplemento alimentare" e "integratore alimentare" sono da considerarsi sinonimi. Gli integratori alimentari possono essere ricondotti alle seguenti categorie (Fig. 50):

2. Bioflavonoidi (flavonoidi): proteggono contro la cataratta e la degenerazione maculare. Fonti alimentari naturali sono: tè, vino rosso, agrumi, arance e limoni, succo di mandarino, mirtilli, ciliegie, albicocche, uva, papaya, melone, legumi e prodotti a base di soia.

1. β-carotene: Se assunto in combinazione con lo zinco e la vitamina C e Tocoferolo o vitamina E, può ridurre la progressione della degenerazione maculare. Le fonti alimentari naturali sono il cavolo nero, carote, patate dolci, spinaci, cavoli, zucca, melone, mango, albicocche, uovo, fegato, olio di fegato di merluzzo, burro. Con la cottura se ne perde il 20%.

• Vitamine e minerali;

• Altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico;

• Estratti vegetali;

2. Bioflavonoidi (flavonoidi): proteggono contro la cataratta e la degenerazione maculare. Fonti alimentari naturali sono: tè, vino rosso, agrumi, arance e limoni, succo di mandarino, mirtilli, ciliegie, albicocche, uva, papaya, melone, legumi e prodotti a base di soia.

• Probiotici e prebiotici;

• Coadiuvanti di diete ipocaloriche. In riferimento alle patologie oculari, i presidi nutraceutici scientificamente approvati sono (Fig. 51):

3. L' Astaxantina è un pigmento rosso, liposolubile, appartenente alla famiglia delle xantofille, estremamente diffusa nel mondo marino, che viene estratta dalla microalga Haematococcus pluvialis ed è responsabile della tipica colorazione rosacea di alcuni pesci (per esempio il salmone) e della maggior parte dei crostacei. Gli animali purtroppo non sono in grado di sintetizzarla ex-novo e per questo devono assumerla dall'esterno con gli alimenti. Una volta introdotta con il cibo viene assorbita nel duodeno, passa

3. L’ Astaxantina è un pigmento rosso, liposolubile, appartenente alla famiglia delle xantofille, estremamente diffusa nel mondo marino, che viene estratta dalla microalga Haematococcus pluvialis ed è responsabile della tipica colorazione rosacea

68 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano 7 - La prevenzione nutrizionale
Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche 49 Manuale Pratico di Vision Care 51 Manuale Pratico di Vision Care
Fig. 50 Esempio di Piramide alimentare particolarmente indicata per la Vista DOLCI E BEVANDE ALCOLICHE
LATTE, DERIVATI E CONDIMENTI
CARNE, PESCE, UOVA, LEGUMI E SALUMI
CEREALI E DERIVATI FRUTTA E ORTAGGI
Figura 50 Esempio di Piramide alimentare particolarmente indicata per la Vista

nel sangue, arriva nel fegato, dove si lega alle lipoproteine, e da qui viene poi distribuita all'intero organismo. La sua elevata lipofilia le consente inoltre di attraversare la barriera emato-encefalica e di arrivare alle strutture del cervello e dell'occhio. L'Astaxantina ha una forte azione antiossidante in quanto potente scavenger sia nei confronti dei radicali dell'ossigeno che dell'azoto. Diversi studi hanno dimostrato che la sua peculiare struttura chimica rende il suo posizionamento all'interno delle membrane cellulari più stabile consentendole una più efficiente azione antiossidante; i radicali liberi intracellulari vengono catturati dall'Astaxantina e trasferiti nel versante extracellulare dove sono inattivati grazie all'azione degli antiossidanti idrosolubili come la vitamina C.

In questo modo si spiega la stretta sinergia esistente tra le sostanze antiossidanti idro e liposolubili. In particolare, localizzandosi a livello dei fotorecettori oculari, l'Astaxantina è in grado di proteggere la retina dal danno foto-indotto prevenendo anche la perdita di rodopsina, il principale pigmento retinico fotosensibile importante per la visione notturna. Studi clinici effettuati sia su cavie che su volontari sani non hanno dimostrato effetti tossici dell'Astaxantina sia quando somministrata acutamente in forti dosaggi sia quando somministrata cronicamente.

4. La Luteina: appartiene alla famiglia delle xantofille, che l'organismo non è in grado di sintetizzare autonomamente ma deve introdurre con la dieta. É presente in natura nei vegetali, frutta e soprattutto verdure a foglia verde

di alcuni pesci (per esempio il salmone) e della maggior parte dei crostacei. Gli animali purtroppo non sono in grado di sintetizzarla ex-novo e per questo devono assumerla dall’esterno con gli alimenti. Una volta introdotta con il cibo viene assorbita nel duodeno, passa alle lipoproteine, e da qui viene poi distribuita all’intero organismo. La sua elevata lipofilia le consente inoltre di attraversare la barriera emato-encefalica e di arrivare alle strutture del cervello e dell’occhio. L’Astaxantina ha una forte azione antiossidante in quanto potente scavenger sia nei confronti dei radicali dell’ossigeno che dell’azoto. Diversi studi hanno dimostrato che la sua peculiare struttura chimica rende il suo posizionamento all’interno delle membrane cellulari più stabile consentendole una più efficiente azione antiossidante; i radicali liberi intracellulari vengono catturati dall’Astaxantina e trasferiti nel versante extracellulare dove sono inattivati grazie all’azione degli antiossidanti idrosolubili come la vitamina C. In questo modo si spiega la stretta sinergia esistente tra le sostanze antiossidanti idro e liposolubili. In particolare, localizzandosi a livello dei fotorecettori oculari, l’Astaxantina è in grado di proteggere la retina dal danno foto-indotto prevenendo anche la perdita di rodopsina, il principale pigmento

• Abbassano i livel li plasmatici di trigliceridi

• Azione antitrombotica

• Contrastano il colesterolo «cattivo»

• Proteggono da alcune forme cancerose

Indispensabili per:

• Lo sviluppo neuropsichico

• La sintesi del DNA

• La sintesi di aminoacidi e la formazione dei globuli rossi ACIDO ASCORBICO

• Elevate proprietà antiossidanti contro i radicali liberi

• Sintesi di aminoacidi, ormoni e collagene LICOPENE 5-15mg

• Forte azione antiossidante

• Prevenzione da patologie neurodegenerative e cardiovascolari

• Migliora la funzionalità intestinale

• Riduce il rischio di malattie cronico-degenerative

7 - La prevenzione nutrizionale 69
5052
Manuale Pratico
Nutraceutici RDA* Dove li posso trovare A cosa servono OMEGA-3 1,5 % del fabbisogno calorico giornaliero o circa 2-4 g 75g di salmone 15g di noci
Fig. 51 I nautraceutici più comuni
ISOFLAVONI 35-40mg 70g di tofu 200g latte di soia
seno) ACIDO FOLICO
150g
80g di legumi
(tumore al
250mg
di spinaci
720g di arancia 100g di
a
verde
60mg
verdura
foglia
200g di pomodoro fresco 80g di sugo di pomodoro
FIBRA ALIMENTARE 25-30g 200g di di
o pasta integrale 80g di crusca 160g di fagioli
pane
Figura 51 I nautraceutici più comuniNutraceuticiRDA

retinico fotosensibile importante per la visione notturna. Studi clinici effettuati sia su cavie che su volontari sani non hanno dimostrato effetti tossici dell’Astaxantina sia quando somministrata acutamente in forti dosaggi sia quando somministrata cronicamente.

4. La Luteina: appartiene alla famiglia delle xantofille, che l’organismo non è in grado di sintetizzare autonomamente ma deve introdurre con la dieta. É presente in natura nei vegetali, frutta e soprattutto verdure a foglia verde (spinaci, cavoli, porri, piselli, insalata, fagiolini, broccoli, carote, zucchine, prezzemolo, ecc.) e nel tuorlo d’uovo; in particolare, alcuni studi hanno dimostrato che la Luteina contenuta in quest’ultimo alimento sembrerebbe avere una elevata biodisponibilità. Nel nostro organismo la Luteina si trova in grande concentrazioni nella macula dove, in sinergia con la vitamina E, svolge sia un’azione antiossidante sia, attraverso la formazione dei pigmenti maculari, un’azione di filtro nei confronti della luce solare, impedendo alle radiazioni nocive (la “luce blu”) di raggiungere e danneggiare la retina. Numerosi studi, tra cui il LAST (Lutein Antioxidant Supplementation Trial), dimostrano che la Luteina, come l’Astaxantina, anche se in misura minore, è in grado di proteggere dal danno foto-indotto riducendo in tal modo lo sviluppo e l’evoluzione di alcune malattie tipiche dell’età avanzata come la cataratta e la degenerazione maculare retinica correlata all’età. Nel caso di quest’ultima malattia, che a tutt’oggi è la prima causa di cecità negli anziani, la Luteina si è inoltre dimostrata efficace nel migliorarne la sintomatologia. Sulla base di queste recenti ricerche e in mancanza di terapie in grado di contrastare l’insorgenza e l’evoluzione di queste importanti patologie dell’occhio, è consigliabile assumere ogni giorno delle quantità adeguate di alimenti che assicurino un giusto apporto di Luteina (in genere tra i 2 e i 6 mg al giorno). Purtroppo nel nostro paese, come del resto nella maggior parte dei paesi industrializzati, il consumo degli alimenti contenenti questa sostanza, cioè frutta e verdura, è spesso insufficiente a garantirne un adeguato introito. In questi casi, e in quelli in cui le suddette malattie si sono già manifestate, è consigliabile quindi aumentare il consumo di tali alimenti, ricordando che la cottura in genere ne altera i micronutrienti e che quindi sarebbe preferibile assumerli, quando possibile, crudi o privilegiando la cottura a vapore. Non sono al momento descritti effetti collaterali anche per assunzioni di Luteina maggiori ai 40 mg al giorno e per periodi di assunzione prolungati (anche oltre i due mesi) ed è inoltre riportato che gli abitanti del Sud Pacifico durante la loro vita introducono giornalmente una quantità di Luteina di circa 25 mg senza manifestare effetti avversi; ciononostante si ricorda che l’introduzione prolungata di 30

70 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale Troiano 7 - La prevenzione nutrizionale

mg o più al giorno di beta-caroteni è stata associata a carotenodermia e lo stesso potrebbe verificarsi con un forte e prolungato introito di Luteina.

5. La Zeaxantina: è uno stereoisomero della Luteina e quindi appartenente anch’essa alla grande famiglia dei carotenoidi e in particolare alla classe delle xantofille. Come la Luteina, si ritrova nella macula. Un recente studio ha dimostrato che la supplementazione di Zeaxantina sarebbe in grado di far aumentare le concentrazioni plasmatiche di Luteina. Ha anch’essa, come le altre due xantofille sopradescritte, una potente azione antiossidante contro i radicali liberi e sembrerebbe avere effetti protettivi nei confronti di malattie cardiovascolari, tumori e malattie

Xantofille

Luteina

β-criptoxantina

Zeaxantina

arance, angurie, pompelmi

Carote, mats, limoni, banane, pera, spmact, fragole, pomodori, angune, zucche, arance, peperoni gialli e rossi, pesche, nettarine, uva.

Limoni, patate, pesche, albicocche, arance, mandarini, prugne, peperoncini, peperoni gialli e rossi, cereali, papaya.

Mais, spinaci, peperoni verdi gialli e rossi, zucchine, peperoncini.

Broccoli, spinaci, zucchine, zucca, uva, mele, mango, arance, peperoni gialli, patate, papaia.

Funghi, crostacei, pesci (salmone), fiori.

Crostacei, pesci (salmone), fiori, alghe.

Peperoncini, peperoni gialli e rossi, arance.

Peperoncini, arance.

Arance, patate, peperoncini.

Uva, spinaci, mango, frutto della passione.

Zucche, uva.

Semi di tasso.

Guava, rosa.

7 - La prevenzione nutrizionale 71
Carotenoide Attività provitaminica (%) Distribuzione in natura Caroteni Trans-β-carotene Trans-α-carotene γ-carotene δ-carotene licopene 100 50 20-40 42-50 Inattiva ubiquitario
banane, zucche / /
Carote,
Pomodori,
Violaxantina
xantina Capsantina Capsorubina Antera xantina Neoxantina Flavoxantina Rodoxantina Rubixantina Inattiva 50-60 Inattiva Inattiva Inattiva Inattiva Inattiva Inattiva Inattiva Inattiva Inattiva Inattiva Inattiva
Cantaxantina Asta
Figura 52 Gli antiossidanti “oculari”

cutanee. Recenti studi hanno dimostrato che la Zeaxantina, come l’Astaxantina e la Luteina, svolge, a livello dell’occhio, un importante ruolo protettivo contro i danni provocati dalla luce blu. e sembrerebbe poter prevenire, rallentare e addirittura alleviare i sintomi della cataratta e soprattutto della degenerazione maculare retinica correlata all’età.

6. Omega-3 acidi grassi: contribuiscono allo sviluppo visivo, funzione retinica, e proteggono contro la sindrome dell’occhio secco e della degenerazione maculare.

Fonti alimentari naturali sono: avogado, spinaci, broccoli, lattuga e cavolo verde, pesci d’acqua fredda: salmone, acciughe, sgombro, aringa, trota, orata (non di allevamento), sogliola, halibut, tonno, supplementi di olio di pesce, fagioli, piselli, lenticchie, ceci e, soprattutto, la soia e i suoi derivati (come il latte e il tofu), noci, germe di grano, germe di avena, olio o semi di lino appena macinati.

7. Selenio: se combinato con carotenoidi e vitamineC e E, possono ridurre il rischio di AMD avanzato.

Fonti alimentari naturali: gamberi, granchi, salmone, halibut, frattaglie, noci del brasile e riso integrale.

8. Vitamina A: può proteggere dalla cecità notturna e dai danni alla superficie oculare fonti alimentari: fegato di bovino, di pollo, equino, frattaglie. Avocado, albicocche disidratate, mango, spinaci, broccoli, albicocche, patate dolci, meloni, carote crude, peperoncini piccanti, prezzemolo, pomodori maturi, basilico, rucola, zucca gialla, barbabietola rossa, verdure gialle e a foglia verde scuro (cavolo nero), pesche gialle, pompelmi rosa, papaya, anguille di fiume e di mare, olio di fegato di merluzzo tuorlo d’uovo, burro, latte intero, formaggio.

9. Vitamine del complesso B: possono contribuire a ridurre l’infiammazione cronica e prevenire elevati livelli nel sangue di omocisteina, che sono stati associati ai problemi vascolari che colpiscono la retina. Vitamine del gruppo B possono anche svolgere un ruolo nel ridurre il rischio di degenerazione maculare e nel trattamento di uveite. Fonti alimentari naturali sono: carne di maiale, interiora, pollo, manzo, tacchino, prosciutto, uova, salmone, tonno, soia, legumi, fagioli, lenticchie, ceci, germe di grano, cereali integrali, farina d’avena, riso integrale, pane e pasta. Noci, Latte e derivati, yoghurt, lievito di birra, banane, verdure a foglia verde, come cicoria, spinaci, rucola, bietole e asparagi.

10. Vitamina C: è stato dimostrato che può ridurre al minimo il rischio di cataratta e la degenerazione maculare senile. Fonti alimentari naturali: agrumi, papaya, kiwi, fragole, melone giallo, cavolo nero, barbabietola, peperoni (rosso o verde), cavoli, broccoli, cavolini di bruxelles, cavolfiori, verdure a foglia verde.

72 Prevenzione dei danni da radiazioni elettromagnetiche Luigi Mele - Pasquale
7 - La
Troiano
prevenzione nutrizionale

11. Vitamina D: può ridurre il rischio di degenerazione maculare. Fonti alimentari naturali: salmone, sardine, aringhe, pesce azzurro, alici, sgombro, olio di pesce, frutti di mare (cozze, ostriche, vongole), caviale e uova di pesce, latte, ricotta e uova.

12. Vitamina E: se in combinazione con carotenoidi e vitamina C, può ridurre il rischio di AMD. Fonti alimentari naturali: frutta secca (mandorle, noci, semi di girasole, anacardi, nocciole, germe di grano, pinoli, pistacchi, noci pecan), burro di arachidi, olio extra vergine di oliva, di soia, di cartamo, di mais, di fegato di merluzzo, avocado, spinaci, crescione, asparagi, ceci, marroni, broccoli, pomodoro, soia e derivati.

13. Lo Zinco: può svolgere un ruolo importante nel ridurre il rischio di AMD. Fonti alimentari naturali: ostriche, molluschi, granchio, crostacei, manzo, tacchino (carne bianca), fegato, carne rossa, pollame, latte, fagioli al forno, cereali integrali.

7 - La prevenzione nutrizionale 73

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