Vision care journal 4

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N° 4 | OTTOBRE

A PROPOSITO DI PREVENZIONE

L’ASTIGMATISMO E LE SOLUZIONI OTTICHE

OCCHIO E SALUTE: A CHE PUNTO SIAMO

LO STRESS OSSIDATIVO E GLI ANTIOSSIDANTI ESOGENI

I COLLIRI COME SCHERMI FISICI ALLE RADIAZIONI ELETTROMAGNETICHE

VARIAZIONI DELLO SPESSORE CORNEALE DOPO CROSS- LINKING DEL COLLAGENE CORNEALE

VISIONCARE NEWS

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EDITORIALE Addio a Costantino Bianchi, un grande tra i grandi Costantino Bianchi è stato senza dubbio uno dei maggiori esperti di quella che può essere definita la vera

Oftalmologia;

quella

basata

su conoscenze approfondite, rigore scientifico, metodo clinico e tanta, tantissima umanità e umiltà. Era un

oculista

della

vecchia

scuola,

di livello altissimo, mai invasivo nei comportamenti ma sempre incisivo nei contenuti. Una persona sempre disponibile a dare consigli, aiutare e, quando necessario, redarguire tutti coloro che, come me, hanno avuto la fortuna di collaborare con lui, e di imparare da lui. Un giorno mi chiese di dargli del tu, ma rinunciai a tale privilegio: un maestro va trattato da maestro. Era uno di quegli oculisti tosti. La sua scomparsa è sicuramente una perdita per tutto il mondo dell’Oculistica ma, ancor di più, per il mondo dei giovani, che con lui hanno perso un punto di riferimento nell’Oftalmologia “a 360°”: la semiotica oculare, la refrazione, la diagnosi e la terapia eseguite e messe in pratica secondo la scuola dei grandi maestri, sicuramente infallibili ma che oggi, in un’epoca in cui si guarda tanto alla chirurgia all’avanguardia e alla diagnostica avanzata con strumentazioni sofisticatissime, forse si sono un po’ dimenticate. Ci mancheranno tutti i suoi insegnamenti, tutte le belle relazioni che ha tenuto in tanti anni di partecipazione ai Congressi SOI. Ci mancherà tutto di lui. Luigi Mele

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SOMMARIO

A PROPOSITO DI PREVENZIONE

15.

OCCHIO E SALUTE: A CHE PUNTO SIAMO

19.

LO STRESS OSSIDATIVO E GLI ANTIOSSIDANTI ESOGENI

22.

I COLLIRI COME SCHERMI FISICI ALLE RADIAZIONI ELETTROMAGNETICHE

26.

VARIAZIONI DELLO SPESSORE CORNEALE DOPO CROSSLINKING DEL COLLAGENE CORNEALE

30.

VISIONCARE NEWS

FGE Srl Reg. Rivelle, 7/F - 14050 Moasca (AT) Tel. 0141 1706694 - Fax 0141 856013 e-mail: info@fgeditore.it - www.fgeditore.it

Anno II - N. 4 - 2017 Registrazione al Tribunale di Asti n. 1729/16

7.

L’ASTIGMATISMO E LE SOLUZIONI OTTICHE

Gruppo Editoriale

S.r.l.

EDITORIALE

10.

FABIANO

FGE

3.

Direttore Editoriale e scientifico Luigi Mele

Direttore Responsabile Ferdinando Fabiano

Comitato scientifico Mario Bifani Manuela Bonci Carlo Cagini Decio Capobianco Ciro Caruso Barbara Kusa Caterina Gagliano Michele Lanza Luigi Mele Andrea Piantanida Bruno Piccoli Massimiliano Serafino Pasquale Troiano Salvatore Troisi

Segreteria di redazione 0141 1706694 n.togni@fgeditore.it Impaginazione e stampa FGE Srl Moasca (AT)

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Chiuso in redazione Settembre 2017


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A PROPOSITO DI PREVENZIONE

Filippo Cruciani Membro del Consiglio Direttivo IAPB Nazionale

In un momento in cui si arriva a contestare tutto in medicina, anche certezze scientifiche che hanno salvato milioni di vite umane come i vaccini, un settore viene sempre risparmiato, anzi viene ricoperto di elogi: la prevenzione. Tutti ne parlano esaltandone la bontà, l’importanza che riveste, la necessità che venga attuata. Le stesse organizzazioni sanitarie, in prima fila quella mondiale, la elevano a regina della medicina, anzi affermano che la sanità pubblica dovrebbe identificarsi con essa. Tutto ciò a parole, nei fatti è tutto il contrario. E’ come una giovane donna di cui tutti esaltano la bellezza e la personalità, ma poi nessuna la chiede in sposa. Nessuno d’altra parte ha il coraggio di contestare l’affermazione che, invece di curare una malattia quando si è già manifestata e ha prodotto danni più o meno irreversibili, è meglio far sì che non insorga, creandole corazze impenetrabili oppure stroncandola al suo furtivo apparire, senza la possibilità che possa minimamente attecchire. Proprio sulla nobiltà di questi obiettivi nasce la grande reputazione – scevra quasi sempre da critiche - che circonda tutto il mondo della prevenzione. Ma sono obiettivi realizzabili o sono solo utopia? OTTOBRE 2017 | 7

In una buona percentuale di casi si possono avere risultati conclamati, soprattutto quando sono ben note le vere cause delle malattie da prevenire. Meno, quando si conosce solo qualche fattore di rischio che favoriscono queste ultime. Molto meno ancora quando la loro eziologia è completamente sconosciuta. Il presupposto, comunque sempre necessario, è che vengano attuati programmi scientificamente validati e fondati su certezze scientifiche, senza mai scadere nelle teorie che si alimentano nelle mode del periodo storico. Le possibilità della prevenzione cosa a tutti ben nota - si possono attuare su due livelli: Li ricordiamo sinteticamente: 1. a livello primario, agendo sul soggetto sano, educandolo ad uno stile di vita appropriato (ma anche sull’ambiente allontanando le noxae patogene, sulla collettività favorendo una sana vita d’insieme); 2. a livello secondario, agendo sul soggetto malato, quando non si è ancora manifestata clinicamente la malattia attraverso la diagnosi precoce. La prevenzione primaria trova oggi molto spazio sui mass media, ma non sempre viene perseguito il suo scopo fondamentale


che è quello di creare nella popolazione una coscienza sanitaria. Qualche volta cerca il sensazionalismo; altre volte persegue interessi commerciali; altre volte si abbandona a teorie tutt’altro che scientifiche. Il principale intento dei mass media è, infatti, quello di catturare l’interesse del singolo, più che cercare di sensibilizzarlo sull’importanza della difesa della vista e sulla conoscenza e controllo dei fattori di rischio che possono minarla. Lo stesso tentativo di intrattenere su questioni molto specialistiche e tecniche, il lettore o lo spettatore, tenendo quasi una lezione accademica, non arreca alcun frutto positivo. Seppilli ha scritto che informazione sanitaria non vuol dire creare una sorta di facoltà di medicina aperta a tutta la popolazione, ma educare ad uno stile di vita che tenga lontane le malattie. Oltre ai mass media, oggi, molti si arrogano il diritto di fare prevenzione primaria in campo oftalmologico. Sono fondazioni, associazioni no profit, enti privati, associazioni professionali. Alcune volte sono azioni indubbiamente meritevoli, altre volte rischiano arrecare confusione e disorientamento. Attenzione poi al rischio di creare terrorismo - rischio purtroppo molto frequente – che spinge alcuni allo shopping sanitario e a ricercare esami strumentali inutili, costosi e, qualche volta, pericolosi. Degna di nota è l’attività, che dura ormai da decenni, dell’Agenzia Internazionale per Prevenzione della Cecità (IAPB Italia Onlus). Costituita da oftalmologi della SOI e da componenti della UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) con una capillare presenza sul territorio, ha realizzato e realizza campagne di prevenzione primaria a tutti i livelli.

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E cosa si fa da parte delle Istituzioni, a cui spetterebbe primariamente la responsabilità della sua attuazione? Proprio qui troviamo le più ampia carenze. Se si esclude il Ministero della Salute, che stabilisce le linee programmatiche e che ha insediato – sulla spinta della IAPB – il Comitato Tecnico Nazionale per Prevenzione della Cecità (CTNPC), che ha come presidente il prof. Mario Stirpe e ha sostituito la precedente Commissione Cecità, possiamo affermare senza rischio di smentita che le Regioni a livello territoriale si siano quasi dimenticate che esista la prevenzione. E a livello individuale, nella pratica clinica quotidiana, esiste una propensione a dedicare tempo per un’attività di prevenzione primaria? Siamo troppo concentrati nella diagnosi e terapia per farlo. Eppure il paziente oftalmico individua proprio nella figura dell’oculista colui che deve fornire norme igieniche per la tutela dell’organo visivo. Ma a questo settore si dedica troppo poco tempo, anche per quanto riguarda l’approfondimento e l’aggiornamento. E se si lasciano degli spazi, subito altre figure vanno ad occuparli. Comunque ci sono segnali che una certa sensibilizzazione verso la tutela dell’organo visivo si vada formando nella popolazione, almeno in alcune fasce d’età. Un esempio per tutti: da un ampio studio della IAPB su nove Regioni italiane, condotto con questionario e che ha interessato più di 40.000 famiglie, è emerso che la visita oculistica ai bambini solo a scopo preventivo viene fatta per l’80% su iniziativa degli stessi genitori e solo per il 20% su richiesta del pediatra. Veniamo ora alla prevenzione secondaria. Data la vastità dell’argomento e le tante criticità, ci si soffermerà


solo su alcuni punti fondamentali. Anche in questo campo purtroppo si registrano tante iniziative che spesso esulano dal mondo sanitario. Prevenzione secondaria – come si è ricordato – si identifica con la diagnosi precoce. Ne deriva immediatamente che si tratta di un atto medico, perché la diagnosi spetta solo al medico. La sua presenza in un’indagine di screening deve esserci sempre e se il progetto prevede un lavoro di équipe a lui spetta il coordinamento. A proposito di screening, esiste in oftalmologia la possibilità di realizzarlo secondo le direttive che ne stabiliscono i requisiti? Essi sinteticamente sono: patologia molto diffusa tra la popolazione con forte carattere invalidante, possibilità di trattamento al momento della diagnosi, buon rapporto costo/beneficio e disponibilità di una metodica o di una tecnica semplice ed affidabile. Le malattie oftalmiche sociali per prevalenza ed incidenza sono molte (ametropie con le loro complicanze di ambliopia e strabismo, glaucoma, retinopatia diabetica, distacco di retina…) e di tutte sono prevenibili i danni irreversibili con opportuni interventi. Ciò di cui non si dispone è un test diagnostico unico che dia garanzia nelle singole patologie. Dopo tante sperimentazioni cliniche ormai tutti concordano che la prevenzione secondaria in oftalmologia richieda nella maggior parte dei casi la visita oculistica completa o, qualche volta, mirata; comunque l’ideale sarebbe il check-up oculistico eseguito nelle varie fasce di età. Purtroppo oggi si assiste nell’ambito della sanità pubblica ad una carenza di programmi di prevenzione secondaria, specie in campo oftalmologico. Ad esempio il mondo della scuola è

quasi completamente abbandonato: eppure i primi screening nella storia della medicina furono realizzati nella seconda metà dell’Ottocento per l’individuazione dei vizi di refrazione proprio in questo contesto. Questa mancanza di intervento fa sì che tanti si sentano in diritto di intervenire. Così assistiamo ad un’invasione di associazioni, di figure professionali che, in nome della positività assoluta della prevenzione secondaria, propongono ed eseguono programmi di screening. C’è la convinzione che la medicina preventiva sia scevra da preoccupazioni di tipo etico, tanto si hanno solo effetti benefici in ogni singolo caso. Non è così. I rischi connessi all’attività di screening sono molti e si determinano frequentemente. Possono anche registrarsi dei contenziosi. I più seri sono la creazione di “falsi positivi”: il paziente è affetto dalla malattia allo stato silente, però il test non l’ha individuata, però conferisce la patente di integrità al soggetto. Al contrario si possono avere i “falsi negativi”, per cui un individuo, pur essendo completamente sano deve sottoporsi ad ulteriori esami, spesso complessi, con grande dispendio di tempo e di denaro, e soprattutto con grande disagio psicologico. In conclusione, ciò che emerge da queste sintetiche riflessioni sulla prevenzione in oftalmologia allo stato attuale è che molto si debba ancora fare in questo settore importante della medicina. Purtroppo nei nostri tanti congressi la prevenzione figura molto raramente. L’interesse che suscita nelle Istituzioni e nel singolo oftalmologo è scarso. C’è molto lavoro da fare in tal senso. L’obiettivo è non abbandonare, riappropriarsi di quanto trascurato e sviluppare gli studi di prevenzione.

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L’ASTIGMATISMO E LE SOLUZIONI OTTICHE

Manola Stefanelli Medico Chirurgo Empoli

Generalità L’astigmatismo è un’ametropia molto frequente tra la popolazione ed interessa ogni fascia di età. La cornea normalmente presenta una forma essenzialmente sferica, con la particolarità di essere leggermente più curva sul meridiano verticale rispetto a quello orizzontale. Tale configurazione è di solito compensata da una curvatura uguale ed inversa del cristallino, che rende il sistema oculare bilanciato. Quando si accentua o si riduce la differenza di curvatura tra i due meridiani corneali principali ed il cristallino non è più in grado di neutralizzare tale condizione, l’immagine si può formare contemporaneamente davanti e dietro la retina e risulta quindi essere deformata (Figura 1).

Di conseguenza il soggetto percepisce un’immagine distorta e più o meno annebbiata (Figura 2), questo è ciò che accade nel soggetto astigmatico. Perciò, come una persona affetta da miopia od ipermetropia può vedere un punto come un cerchio sfocato, un astigmatico può arrivare a vederlo come un ovale sfocato. Infatti il nome di questa ametropia sembra derivi dal greco “stigma”: punto, e conseguentemente se ne deduce che la parola “astigmatismo”possa intendersi come “immagine senza punto”. Classificazione La classificazione dell’astigmatismo può essere fatta in base a diversi criteri: posizione dei fuochi, orientamento dei meridiani,

FIGURA 1. Occhio astigmatico.

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NORMALE

MIOPIA

IPERMETROPIA

ASTIGMATISMO

FIGURA 2. Confronto tra visione di soggetto normale, miope, ipermetrope ed astigmatico.

regolarità e correlazione con le altre strutture oculari. A seconda di come i due fuochi sono posizionati rispetto alla retina si parla di: - astigmatismo ipermetropico semplice quando un fuoco si trova sulla retina mentre l’altro è focalizzato dopo; - astigmatismo ipermetropico composto quando entrambi i fuochi sono focalizzati dopo la retina, ma si trovano su posizioni diverse; - astigmatismo miopico semplice quando un fuoco è posto normalmente sulla retina mentre l’altro è focalizzato prima; - astigmatismo miopico composto quando entrambi i fuochi sono focalizzati prima della retina, ma si trovano su posizioni diverse; - astigmatismo misto quando un fuoco è focalizzato prima della retina mentre l’altro è focalizzato dopo. Prendendo in considerazione l’orientamento dei meridiani: astigmatismo diretto o secondo regola (ASR) se il meridiano più curvo è il meridiano verticale; astigmatismo indiretto o contro regola (ACR) se il meridiano più curvo è quello orizzontale; astig-

matismo obliquo (AO) se gli assi non sono né orizzontali né verticali. Si parla infine di astigmatismo lieve medio e forte in base alle diottrie mancanti: lieve 0-1 D, medio 1-2 D, elevato > 2 D. Epidemiologia Nonostante l’astigmatismo non sia stabile nel corso della vita, è nei primi anni di vita che vi è una netta prevalenza con una maggiore diffusione tra gli individui caucasici. Inoltre, sempre nei primi anni di vita sembra prevalere l’ACR, mentre dopo i tre anni e durante tutta l’età scolare (Figura 3), aumenta la frequenza dell’ASR. E’stata inoltre descritta una maggiore probabilità di sviluppare una miopia nei bambini con ACR.

FIGURA 3. Bimba corretta.

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Nel soggetto adulto assistiamo a molteplici variazioni influenzate soprattutto dal fenotipo e riguardanti prevalentemete la miopizzazione, mentre le modifiche concernenti l’astigmatismo restano sempre modeste con una maggiore tendenza ad un incremento dell’astigmatismo stesso. (R.Volpe Firenze 2011). Dopo i quaranta anni sembra poi che ci sia un’inversione di tendenza con un incrementto dell’ACR Eziologia Le cause di questa ametropia sono molteplici e spesso vi è, come in molte altre affezioni, una componente ereditaria. Alcuni ricercatori sostengono che, data la multifattorietà dell’astigmatismo e spesso, la sua lieve entità, la quasi totalità delle persone lo può presentare sin dalla nascita e si può protrarre per tutta la vita senza che sia rilevato. L’astigmatismo regolare può essere causato dal peso della palpebra superiore che si appoggia sul globo oculare creando distorsioni o da vari traumatismi corneali, tumori palpebrali, calazi o, semplicemente, da un fattore genetico. L’astigmatismo irregolare può residuare inoltre da cicatrici di varia tipologia o può essere evidenziato nelle prime fasi del cheratocono, di solito ad esordio nell’adolescenza e più frequentemente nelle donne. Nel caso in cui sia referto di un esito cicatriziale va considerata l’età del soggetto, dato che la cicatrizzazione viene molto a dipendere sia dalla capacità mitotica delle cellule connettivali che dalla struttura delle fibre collagene e dalla quantità di ac. ialuronico presente nello stroma corneale, cosicchè, a parità di lesione, la cicatrice avrà un’entità diversa e diversamente influenzerà la curvatura corneale stessa.

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FIGURA 4. Dislacrimia dello strato acquoso.

Alcuni casi di astigmatismo possono inoltre essere causati da variazioni minime di curvatura del cristallino: astigmatismo lenticolare. Infatti in alcune patologie come il diabete insulino-dipendente, tassi glicemici mal controllati possono causare minimi cambiamenti della forma del cristallino; sappiamo però che il ritorno a livelli glicemici normali spesso riporta l’occhio alla sua corretta funzionalità. Sintomi I sintomi variano a seconda del tipo di astigmatismo e della sua gravità. Oltre alla distorsione e sfocatura delle immagini a tutte le distanze, possiamo aver sensibilità alla luce, pesantezza agli occhi, irritazione, cefalea associata ad astenia, sensazione di disagio oculare generalizzato e dislacrimia marcata, soprattutto evidenziabile a livello dello strato acquoso, (Figura 4). I sintomi si possono aggravare, se l’astigmatismo non è trattato, con dolori ai muscoli oculari, forti emicranie, strabismo. Rilevare l’astigmatismo Durante l’esame refrattivo si determina l’astigmatismo, mediante la retinoscopia o la refrazione automatizzata od entrambe, i risultati vengono poi affinati mediante la rifrazione


FIGURA 5. Visione corretta.

FIGURA 6. Visione corretta.

manuale. Se i dati oggettivi hanno evidenziato un’astigmatismo si può eseguire il test di cilindri crociati di Jackson (JCC) dopo aver determinato il massimo potere positivo per la massima acuità visiva (MPMAV monoculare). I JCC, costituiti da due cilindri puri ad assi ortogonali, di potere +/- 0,25 o +/-0,50, spostano le focali senza spostare il cerchio di minima confusione e servono per raffinare il potere e l’asse dell’astigmatismo. In tutte le ametropie con componente astigmatica si può utilizzare il quadrante per astigmatismo che va presentato all’esaminato in condizione di annebbiamento; ciò forza un astigmatismo miopico semplice o composto; successivamente l’ametrope indicherà quale meridiano vede più nitido (facendo riferimento alle cifre dell’orologio) e questo ci indicherà quale focalina si trova più vicina alla retina. Si procede poi alla compensazione con un cilindro negativo ad asse opposto rispetto al meridiano che il paziente vede più marcato. Molto utilizzata e precisa è la topografia corneale che permette di ottenere una mappatura punto per punto della curvatura della cornea. Questo test è importante sia nella contattologia che in chirurgia refrattiva. Ma quali che siano le metodologie per arrivare a determinare l’astigmatismo, importante è la sua correzio-

ne che può essere effettuata sia con lenti oftalmiche, che con lenti a contatto o con la chirurgia refrattiva. La correzione con lenti oftalmiche Sicuramente la correzione più immediata per questa ametropia è quella effettuata con lenti oftalmiche (Figure 5 e 6). Come sappiamo l’astigmatismo si può presentare in forma semplice, quando l’occhio esaminato evidenzia un difetto puro, non associato ad altri, ed in forma composta, quando si manifesta unitamente a miopia o ipermetropia. Se ci troviamo nel primo caso si usano lenti di potere cilindrico, orientate in una particolare direzione; mentre nel secondo lenti di potere sferico-cilindrico, che neutralizzano entrambi i difetti. Le lenti cilindriche generano un aumento o una diminuzione del potere rifrattivo, in modo differente per ciascun meridiano creando un’unica immagine puntiforme. L’asse della lente deve essere ovviamente orientato in modo da neutralizzare l’astigmatismo, per permettere la visione nitida e definita degli oggetti. La correzione con lenti a contatto Sicuramente la correzione più semplice ma meno utilizzata è quella con lenti a contatto. Questo “ausilio visivo” può essere

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FIGURA 7. Lente a contatto morbida

FIGURA 8. Applicazione di lente a contatto morbida

“indossato” con facilità da tutti i portatori senza differenze di età (Figura 7). Le lenti a contatto per la correzione di questa ametropia sono le toriche. Queste lenti posseggono una zona più spessa verso la base per impedire loro di ruotare nell’occhio. Se si portano lenti a contatto morbide toriche la prescrizione dovrà ovviamente includere un potere sferico, un potere cilindrico e l’asse. Se optiamo per la correzione con lenti a contatto gas permeabili, queste essendo fisicamente più rigide sostituiscono otticamente la cornea come superficie rifrangente dell’occhio e possono non essere necessari un potere cilindrico e l’asse a seconda del tipo e della gravità dell’astigmatismo richiesto. Di particolare importanza durante questo tipo di applicazioni è la manutenzione, che riguarda non solo le lenti a contatto settimanali, quindicinali e mensili, ma anche quelle giornaliere. Occorre mantenere un’igiene accurata con il lavaggio mani sia per l’applicazione che per la rimozione di questo presidio. Occorre che siano effettuati test per la valutazione dell’habitat oculare ed della stabilità del film lacrimale, dato che esso rappresenta il primo mezzo “ottico” con

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cui la lente a contatto va a rapportarsi ed integrarsi. Test ottimale risulta essere il Fe.l.S test. Il film lacrimale stabilizzato permette infatti una visione più nitida. Occorre poi utilizzare lacrime specifiche diverse a seconda del polimero contattologico utilizzato: così per le morbide toriche si utilizzerà l’istillazione di ac. ialuronico allo 0,1% mentre per le gas permeabili l’HCP od i suoi derivati. Lo stesso dicasi per i sistemi di manutenzione che privilegeranno perossidi e trattamenti enzimatici per le morbide toriche tensioattivi anionici per le lenti gas permeabili, risciacquo con salina monodose prima dell’ inserimento nell’occhio per entrambe le tipologie. Dopo la rimozione si può procedere ai bagni oculari, dato che l’occhio, come ogni altro organo necessità di igiene e pulizia per prevenire le infezioni. La stabilizzazione del film lacrimale può precedere od accompagnare il porto di questa tipologia di lenti a contatto, dato che la pecularietà dei materiali esistenti ad oggi sul mercato ne permette l’applicazione anche in caso di dislacrimie e la loro correzione contemporaneamente al porto, con l’ottimizzazione della visione soprattutto nei soggetti astigmatici. Perché ad oggi sappiamo che un’immagine deformata influisce negativamente sulle nostre percezioni, può facilmente ostacolare la nostra visione spaziale, può avere, e non raramente, come conseguenza un’ambliopia e, l’ambliopia può essere curata con successo solo nei primi anni di vita. Quindi perchè non utilizzare al meglio sin dall’età infantile, questo semplice presidio che ci può accompagnare con le corrette indicazioni tutta la vita, migliorandola ed ottimizzando tutte quelle che sono le normali attività quotidiane, dallo sport, alla lettura, al lavoro?


OCCHIO E SALUTE: A CHE PUNTO SIAMO

Ciro Caruso Medico Chirurgo Oculista - Napoli

Sono ancora tanti i paesi del mondo in cui la salute degli occhi non può essere preservata come dovuto. Le ultime stime mondiali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in materia di difetti della vista, prevedono che le persone affette da “cecità funzionale” dovuta a deficit visivi non corretti hanno raggiunto circa 285 milioni. Di queste, circa 246 milioni sono ipovedenti e oltre 39 milioni non vedenti. Le cause maggiori dei deficit visivi sono rappresentate dai vizi di refrazione (42%): miopia, ipermetropia, astigmatismo e presbiopia: in questi casi è possibile rimediare con la prescrizione di occhiali adeguati, e dalla cataratta (33%). Il 70% delle persone che presentano disturbi visivi con ipovisione, vale a dire quella condizione di acutezza visiva limitata, hanno un età superiore ai 50 anni. Sempre secondo i dati divulgati dall’ OMS, l’85% della cecità nel mondo è evitabile se si applicano per tempo tutti i presidi di cura e prevenzione. Spostando l’attenzione al nostro paese, si stima che oltre alle consuete patologie comuni dell’occhio precedentemente elencate, esistono 2 milioni di italiani (età OTTOBRE 2017 | 15

superiore a 65 anni) che soffrono di degenerazione maculare senile, 500.000, con glaucoma e circa 250.000 di italiani che non sanno di averlo. Gli ultimi dati confermano che circa 500.000 italiani si sottopongono all’intervento di cataratta, patologia che colpisce 1 italiano su 3 in età avanzata. Tra i difetti più comuni della vista, riscontriamo i vizi di rifrazione. Miopia: quando i raggi luminosi vanno a fuoco davanti alla retina, in tal caso è la visione per lontano ad essere deficitaria. Può essere un difetto congenito o familiare oppure causato da un eccessivo utilizzo della vista. Si tratta di un difetto progressivo che tende ad aumentare con lo sviluppo fisico e richiede quindi ripetute messe a punto degli occhiali o delle lenti a contatto. Ipermetropia: quando l’immagine si forma posteriormente alla retina, formando su questa cerchi di diffusione e quindi ne deriva un’immagine confusa. È un difetto visivo che non consente una buona visione né da vicino né da lontano: l’occhio ipermetrope è un occhio più “corto” del normale, la curvatura della cornea tende ad essere più piatta e questo provoca la messa a fuoco delle immagini dietro la retina.


Astigmatismo: termine per definire il difetto di curvatura della cornea. È una condizione di asimmetria della geometria della lente corneale, il più potente diottro oculare, con conseguente difetto di rifrazione oculare che produce un’ineguale rifrazione dei raggi luminosi di una immagine nei vari meridiani; per questo motivo un punto luminoso, invece di formare un punto focale, risulta messo a fuoco su due linee focali disposte ad angolo retto, una anteriore ed una posteriore. Presbiopia: rappresenta la naturale e fisiologica perdita con l’età da parte del cristallino, altro potente diottro all’interno dell’occhio, della capacità di accomodare e cambiare la forma del cristallino per vedere da vicino. Studi recenti attribuiscono la perdita dell’accomodazione al cristallino stesso e non più, come si credeva fino a qualche anno fa, alla muscolatura intrinseca (muscolo ciliare) la cui contrazione regola la variazione di curvatura del cristallino. Il cristallino invecchiando, formerebbe dei ponti legami tra le fibrille collagene in seguito all’aumentare con l’età dei radicali liberi, inducendo il tessuto del cristallino a diventare più rigido e quindi resistente ai cambiamenti di forma. Il risultato è una graduale riduzione dell’accomodazione e una maggiore dipendenza dagli occhiali da lettura. La presbiopia colpisce circa 2 miliardi di persone nel mondo e circa 28 milioni solo in Italia, soprattutto nella popolazione che ha superato i 45 anni. Sono ancora milioni le persone che non utilizzano un’adeguata correzione per guardare da vicino e continuano con difficoltà a svolgere le proprie attività senza supporto correttivo. OTTOBRE 2017 | 16

il divario è più accentuato nei paesi in via di sviluppo a causa dell’insufficiente presenza sul territorio di centri e di strutture di supporto che garantiscano la possibilità di usufruire di occhiali correttivi per vedere vicino. Le tecniche chirurgiche che utilizzano il laser sono ancora in fase sperimentale e limitate a un numero ristrettissimo di pazienti selezionati. Tra le patologie più frequenti riscontriamo Occhio secco: la persistenza in spazi chiusi, l’aria condizionata, le luci artificiali, ma anche l’aumento delle temperature medie ambientali, lo stress e l’alimentazione non corretta sono causa della patologia oculare più comune, il cosiddetto “occhio secco”. Si definisce così la riduzione del film lacrimale, cioè lo strato di lacrime che è sempre presente sulla superficie della cornea e nel sacco congiuntivale che può essere prodotto in minore quantità oppure essere soggetto ad aumentata evaporazione. Oltre alle cause ambientali, questa patologia insorge spesso in età avanzata: dopo i 60 anni è frequente riscontrare un deficit del film lacrimale. Ma vi possono essere anche altre cause: l’assunzione di alcuni farmaci, quali beta bloccanti, diuretici, miorilassanti e ansiolitici sono in grado di determinare, nel tempo, sintomi molto simili a quelli clinicamente osservabili nelle forme da iposecrezione lacrimale primaria. Anche alcune patologie della superficie oculare possono modificare la quantità e la composizione del fluido lacrimale: il caso più evidente è quello delle blefariti (infiammazioni palpebrali), in cui l’infiammazione delle palpebre crea alterazioni nella pro-


duzione del secreto delle ghiandole contenute in esse, con conseguente alterazione del film lacrimale. L’uso non corretto di lenti a contatto, di qualsiasi tipo, indossate per troppe ore durante la giornata può essere causa di un’alterazione del film lacrimale. Bisogna sempre ricordare che le lenti a contatto sono comunque un corpo estraneo e che il loro uso deve essere subordinato a un ottimo stato del film lacrimale. La disidratazione comporta un continuo fastidio oculare, la sensazione di avere un corpo estraneo all’interno dell’occhio, prurito, bruciore, difficoltà ad aprire gli occhi. Gli occhi arrossati sono quasi sempre segnale di cattivo stato di idratazione della superficie oculare. Ecco alcuni rimedi: Oltre all’utilizzo di sostituti lacrimali a livello topico (in Italia ne esistono più di 120 tipologie) grazie ai quali è possibile ristabilire la giusta quantità di film lacrimale con dosaggi che variano secondo le indicazioni del medico, può essere utile invece: • Evitare l’esposizione diretta a sistemi di condizionamento o ai luoghi ventosi • Evitare ambienti troppo secchi • Non fumare • Sospendere, se possibile, l’uso delle lenti a contatto • Effettuare una pulizia frequente dei margini della palpebra • Usare gli occhiali da sole • Seguire un’alimentazione ricca di vitamine B3, B6 e B12 oltre che di Omega3 e Omega6 • Bere almeno 1 litro e mezzo di acqua lontano dai pasti. Esistono poi patologie importanti che colpiscono l’occhio La degenerazione maculare senile: è una malattia che colpisce la macula (porzione centrale della retina de-

putata alla visione nitida) e rappresenta la principale causa di cecità dell’anziano. È legata all’invecchiamento, conseguenza di progressive modificazioni all’interno dell’occhio: retina, membrana di Bruch e coroide. La malattia inizia con la formazione di depositi e può evolvere in due forme: atrofica o “secca” a progressione più lenta ma irreversibile ed ineludibile neovascolare o “umida” più rapida nel compromettere la vista, ma con più possibilità terapeutiche. Per accorgersi dell’insorgenza della patologia è necessario un autoesame con la “griglia di Amsler”, ovvero un foglio a quadretti con un punto centrale. Coprendo prima un occhio e poi l’altro ci si può accorgere se c’è una distorsione delle linee rette nella zona visiva centrale; in questo caso bisogna consultare con urgenza l’oculista. Altri segnali sono uno sfocamento delle parole nella lettura e un’area scura o vuota al centro del campo visivo. La cataratta: è una progressiva e costante opacizzazione del cristallino (la lente trasparente all’interno dell’occhio), causata solitamente dall’avanzare dell’età ma non solo. Le cause sono molteplici: congenite presenti già alla nascita, patologie come il diabete, l’uso di farmaci come il cortisone o i chemioterapici, traumatiche, senili. Il calo della vista solitamente avviene in modo lento; altri sintomi sono il facile abbagliamento, la sensazione di sdoppiamento delle immagini. L’unica terapia è al rimozione chirurgica, ma gli scienziati hanno dimostrato che anche per la cataratta si può parlare di prevenzione. Secondo uno studio effettuato negli ultimi anni, l’assunzione di sostanze OTTOBRE 2017 | 17


antiossidanti come le vitamine sarebbero in grado di ritardare e o evitare lo sviluppo della cataratta. Il glaucoma: causato da un aumento della pressione intraoculare e provoca la progressiva riduzione della vista e del campo visivo. È una delle più frequenti cause di cecità nel mondo. L’aumento della pressione interna dell’occhio è provocata o dall’umore acqueo che, prodotto in continuazione, non riesce ad essere riassorbito e/o eliminato, oppure da una ostruzione delle vie deputate al deflusso del liquido oculare. L’aumento della pressione danneggia le fibre nervose del nervo ottico. Vi possono essere diverse forme di glaucoma. Glaucoma cronico ad angolo aperto: è la forma più frequente e si verifica in seguito al restringimento progressivo delle vie di deflusso dell’umor acqueo. Glaucoma acuto ad angolo chiuso: è meno frequente. È causato da un’ampiezza ridotta dell’angolo formato da iride e cornea. I sintomi principali sono l’offuscamento della vista, gli aloni attorno alle luci, il dolore oculare violento, la nausea. Glaucoma congenito: il sistema di drenaggio, sin dalla nascita, non consente il deflusso regolare dell’umore acqueo causando l’aumento della pressione intraoculare. Il bambino presenta fotofobia (fastidio alla luce) e lacrimazione. Questo tipo di glaucoma colpisce un neonato ogni 10.000. Il glaucoma si cura solitamente o con

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l’uso di colliri, o attraverso un intervento parachirurgico tramite laser e con terapia chirurgica, in modo tale da ripristinare il deflusso normale dell’umore acqueo. Retinopatia diabetica: complicanza frequente di chi soffre di diabete di tipo 1 insulino dipendente. La retinopatia diabetica è la conseguenza di un danno ai piccoli vasi sanguigni (capillari) che irrorano la retina. Dopo 20 anni di diabete quasi tutti i pazienti affetti presentano almeno qualche segno di retinopatia. Sono presenti 2 forme di retinopatia, non proliferante e proliferante. Nella forma non proliferante si forma un edema maculare che potrebbe portare a una riduzione della vista. La forma proliferante, invece, prevede la formazione di nuovi vasi sulla retina, sulla testa del nervo ottico, nel corpo vitreo e, nei casi più gravi, sull’iride. Questi hanno tendenza a sanguinare nel corpo vitreo, che perde così la sua trasparenza,provocando gravi e improvvise perdita della vista. Con il passare degli anni questi vasi neoformati tendono a retrarsi provocando il distacco di retina. Per prevenire l’insorgenza della retinopatia diabetica e rallentarne la progressione è indispensabile un buon controllo della glicemia, della pressione. Finora l’unico trattamento della retinopatia diabetica è la fotocoagulazione della retina tramite laser. Se il trattamento laser è adeguato e tempestivo è possibile evitare una progressione del danno retinico.


LO STRESS OSSIDATIVO E GLI ANTIOSSIDANTI ESOGENI

Mario Bifani Medico Chirurgo Oculista - Napoli

Lo stress ossidativo è quella condizione biochimica caratterizzata dallo squilibro tra produzione di radicali liberi e attività dei sistemi di difesa intracellulare “scavangers enzimatici”, con predominanza dei primi e conseguente danno cellulare. L’unico modo per riportare in equilibrio il sistema è quello di fornire all’organismo “scavangers non enzimatici”, cioè antiossidanti presenti nella alimentazione. Fra gli antiossidanti non enzimatici, distinti in idrosolubili o liposolubili, sono compresi: - Il β-carotene fa parte di un gruppo di sostanze presenti nelle piante che fungono da precursori delle vitamine A. Studi recenti, hanno suggerito che il β-carotene aiuta nella prevenzione del cancro e che può esercitare questo effetto indipendentemente dal suo ruolo di precursore della vitamina A. Il β-carotene è un antiossidante solubile nei lipidi ed uno dei più potenti scavengers dell’ossigeno singoletto nei sistemi biologici, nei quali sono stati trovati diversi isomeri del β-carotene che presentano una diversa reattività biologica. - L’acido ascorbico, o vitamina C, è considerato il più importante antiossidante nei fluidi extracellulari. In studi effetOTTOBRE 2017 | 19

tuati con i lipidi del plasma umano, è stato mostrato che l’ascorbato è molto più efficiente a inibire la perossidazione lipidica di altri componenti del plasma. L’ascorbato può proteggere le biomembrane contro il danno perossidativo intrappolando efficacemente i radicali perossilici nella fase acquosa prima che essi avviano il processo perossidativo. Inoltre, l’ascorbato è in grado di proteggere le membrane biologiche anche attraverso un potenziamento dell’attività del tocoferolo. È stato, infatti, dimostrato in vitro che l’ascorbato riduce il radicale tocoferossile e quindi restaura l’attività di spazzino dei radicali del tocoferolo. - Il Coenzima Q, o ubichinone, è un componente di tutte le membrane cellulari dei mammiferi, dove svolge una attività antiossidante che può essere ascritta ad un sinergismo con la vitamina E o ad una diretta attività di scavenger. Con il termine coenzima Q (ubichinone) si indica un gruppo di composti chimicamente simili alla vitamina E. Questi composti hanno una struttura basica di anello chinonico a cui sono attaccati 30-50 atomi di carbonio, come unità iso-


prenoidi in posizione 6. Il numero di unità isoprenoide varia da 6 a 10. Il coenzima Q agisce come trasportatore di elettroni nella catena respiratoria mitocondriale ed è presente anche in altre membrane cellulari e lipoproteine circolanti. La forma ridotta dell’ubichinone, l’ubichinolo, inibisce la perossidazione dei lipidi, agendo come scavenger fenolico dei radicali. Le sue proprietà antiossidanti sono dovute alla sua capacità di essere ossidato a radicale semichinone, il quale può essere ulteriormente ridotto a ubichinolo attraverso un ciclo redox.

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- Il glutatione (GSH), antiossidante idrosolubile, è il più abbondante tiolo a basso peso molecolare presente nelle cellule dei mammiferi. La concentrazione è generalmente di 0.5 mM; esso è in uno stato costante di turnover metabolico, per cui la sua vita media è di soli 4 giorni negli eritrociti umani e di 3 ore nel fegato di ratto. La principale sorgente di GSH plasmatico è il fegato, il quale sembra possedere almeno due meccanismi di trasporto e due diversi carriers per esportare il GSH nel plasma e nella bile. Il glutatione è coinvolto in molti processi in cui svolge


funzione antiossidante, che sembra essere strettamente legata al suo gruppo tiolico. Esso protegge i tessuti dai danni provocati dai radicali in maniera diretta, ossia reagendo con le specie radicaliche, oppure in modo indiretto, mantenendo nella forma ridotta sia i gruppi sulfidrilici delle proteine sia di alcuni antiossidanti, come α-tocoferolo. - La vitamina E, l’antiossidante più abbondante in natura, è dotata di un anello fenolico e una lunga catena isoprenoide, di cui si conoscono almeno otto isomeri strutturali; tra cui l’α-tocoferolo. La vitamina E è una sostanza liposo-

lubile, e l’α-tocoferolo è la forma che viene preferenzialmente accumulata, essa viene concentrata nei siti idrofobici delle membrane, dove svolge la sua azione antiossidante. La sua attività antiossidante è legata alla capacità di donare il proprio atomo di idrogeno fenolico ai radicali perossilici e di interferire con le trasformazioni autocatalitiche della perossidazione lipidica. In seguito a tale reazione l’α-tocoferolo si trasforma in un radicale scarsamente reattivo, si degrada con estrema lentezza ed è riconvertibile in vitamina E mediante l’intervento della vitamina C.

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I COLLIRI COME SCHERMI FISICI ALLE RADIAZIONI ELETTROMAGNETICHE

Barbara Kusa Medico Chirurgo Oculista - Monza

Introduzione Esistono numerose sostanze topiche che sono in grado di creare una barriera meccanica, sulla superficie oculare, nei confronti delle radiazioni elettromagnetiche, i cd. filtri solari. I filtri solari, presenti nei colliri, possono essere di sintesi, ed allora si parlerà di filtri fisici o chimici, oppure, quando provenienti dal mondo vegetale, naturali ed allora si parlerà di filtri verdi. I filtri fisici o inorganici Costituiscono una barriera fisica alla penetrazione della radiazione solare, riflettendola o disperdendola. Si tratta solitamente di sostanze minerali micronizzate, che si utilizzano in forma di sospensione e all’opportuna concentrazione; non sono solubili e vanno finemente dispersi e mantenuti in sospensione all’interno del prodotto. I filtri fisici più utilizzati sono il Diossido di Titanio (TiO2) e l’Ossido di Zinco (ZnO), Talco e Caolino. Per l’Ossido di Zinco la massima efficacia si ottiene con particelle di dimensione media pari a 0,1 micron, per il Biossido di Titanio con una micronizzazione ancora maggiore compresa tra 20-30 millimicron. Al di sotto di tali valori la capacità schermante diminuisce, al di OTTOBRE 2017 | 22

sopra la formulazione presenta l’effetto bianco che ne limita l’accettabilità cosmetica. Il loro meccanismo di azione è diverso rispetto ai filtri chimici, essi agiscono per diffusione (scattering), e i fenomeni di assorbimento della radiazione, pur presenti, concorrono in misura minore. Il problema principale di questo tipo di filtri è l’ottenimento di dispersioni stabili ed omogenee nel tempo. I filtri chimici o organici Sono sostanze di sintesi che hanno la proprietà di assorbire la radiazione solare in maniera diversa nelle varie zone dello spettro a seconda della loro struttura chimica. Le principali classi di filtri chimici oggi in commercio e approvati dalla normativa CEE sono: - Derivati del PABA: i composti di questa famiglia (peg 25 paba, octyldimethylpaba, ecc.) filtrano gli UVB con picchi di massimo assorbimento che vanno da 285 a 310 nm. - Cinnamati: i composti di questo gruppo (octyl methoxycinnamate, ora rinominato in ethyhexyl methoxycinnamate, isoamyl p-methoxycinnamate, ethyldiisopropylcinnamate, ecc.) sono dotati di efficace ca-


pacità protettiva nei confronti degli UVB i picchi massimi d’assorbimento vanno da 308 a 311 nm. - Derivati della benzildencanfora: i componenti di questa classe (4methylbenzylidene camphor, ecc.) filtrano le radiazioni UVB con picchi massimi di assorbimento che vanno da 289 a 298 nm. - Derivati del dibenzoilmetano: i composti di questa classe (butyl methoxydibenzoylmethane, isopropyldibenzoylmethane, ecc.) sono efficaci nei confronti delle radiazioni uva con picchi di massimo assorbimento che vanno da 350 a 355 nm. - Benzofenoni: i derivati di questa classe (benzophenone-3, benzophenone-4, ecc.) presentano picchi di massimo assorbimento sia nell’uvb che nell’uva che vanno da 285 a 323 nm. - Salicilati (octylsalicylate): sono dotati di un discreto potere assorbente nell’ambito degli uvb, con picchi di massimo assorbimento attorno a 305 nm. I filtri chimici utilizzati maggiormente sono l’OCTYL METHOXYCINNAMATE (filtro UVB) e il BUTYL METHOXY DIBENZOYLMETHANE (filtro UVA). A tutt’oggi il loro meccanismo d’azione non è del tutto chiaro e hanno come limite la potenziale tossicità e, nel caso di molecole fotosensibili, si può anche verificare un danno strutturale con formazione di prodotti di degradazione che possono essere molto dannosi per le cellule. I Filtri naturali o verdi Sono costituiti da derivati vegetali come estratti od oli essenziali. Rientrano nel grande gruppo degli “officinalis”, termine che trae origini dall’antico laboratorio artigianale medioevale in cui si preparavano le

droghe vegetali, e viene oggi utilizzato per indicare l’ampio complesso di specie vegetali che contengono principi attivi utilizzabili per vari impieghi industriali. l’OMS definisce “officinalis” tutte le specie che, direttamente o tramite i principi attivi estratti da esse, possiedono interesse preventivo, terapeutico o aromatico e vengono comunemente utilizzati in medicina o erboristeria. Nell’ambito delle “officinalis” l’OMS distingue. - Piante medicinali: definite come ogni vegetale che contiene in uno o più dei suoi organi sostanze che possono essere utilizzate a fini terapeutici o che sono precursori di emisintesi chemiofarmaceutiche; - Piante aromatiche o da essenza: definite come ogni vegetale il quale contiene sostanze penetranti che conferiscono particolari caratteristiche organolettiche e che siano utilizzabili come condimento al fine di aumentare l’appetibilità degli alimenti e per diversi impieghi industriali (bevande, profumi); - Piante cosmetiche: definite come ogni vegetale il quale contiene sostanze utilizzate nella preparazione di prodotti per l’igiene, la protezione e la cura del corpo. Al gruppo delle piante medicinali appartengono i vegetali destinati all’estrazione delle droghe (dal tedesco troken = secco, parte della pianta che contiene i principi attivi), definite dall’OMS come sostanze in grado di modificare una o più funzioni quando introdotte nell’organismo. La fitoterapia, dal greco phyton (pianta) e therapeia (cura), è quella pratica terapeutica che si avvale di piante medicinali la cui sostanza attiva è costituita da una droga associata ad altri estratti naturali, i fitoterapici; oppure dall’insieme di più fitotera-

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pici ritenuti responsabili di una specifica attività biologica, i fitocomplessi. La pianta medicinale più conosciuta è la Segale Cornutae la cui droga è la Digitalis, largamente utilizzata per il suo effetto inotropo positivo sulla funzionalità cardiaca. Al gruppo delle piante aromatiche appartengono quei vegetali che contengono sostanze, sotto forma di estratti o olii essenziali, di odore o colore gradevole utilizzate per colorare le bevande o per profumare gli ambienti. Al gruppo delle piante cosmetiche, invece, appartengono quei vegetali che contengono sostanze sotto forma di estratti o olii essenziali, utilizzabili su diverse parti del corpo con lo scopo di pulirle, proteggerle o mantenerle in buone condizioni. Gli olii essenziali derivati dalle piante aromatiche e cosmetiche non hanno attività biologica e la loro interazione con l’organismo è tale da non provocare effetti clinici degni di nota non rientrando quindi, secondo normativa 93/35/EEC nella classe di farmaci. Quando gli estratti o gli olii essenziali di queste piante presentano proprietà meccaniche nei confronti delle radiazioni elettromagnetiche si parlerà di filtri verdi, tra i quali troviamo: - Gli Antrachinoni: quali estratti di Aloe, (Aloe barbadensis), Frangola (Rhamnus frangula) e Cascara (Rhamnus purshiana) che contengono un certo potenziale di assorbimento dei raggi UV. - Il licopene: si ritrova nel succo di pomodoro (Solanum lycopersicum); in associazione sinergica ad altri antiossidanti naturali, ha effetti protettivi sulle linee cellulari di fibroblasti esposti a irraggiamento UV. La sua capacità si manifesta in particolare nell’inattivare l’ossigeno

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singoletto (O) e i radicali perossidi (ROO). - La luteina: una xantofilla contenuta nelle foglie di molte piante, oltre che possedere attività antiradicalica-antiossidante, funge da filtro della luce blu ad alta energia ed è quindi in grado di ridurre effetti dannosi indotti da radiazioni UV. - Gli acidi fenolici (clorogenico, caffeico, ferulico, cinnamico): contenuti nel caffè verde (Coffea arabica) ha rivelato una forte attività assorbente i raggi UV con uno spettro particolarmente marcato tra 280 e 330 nm, non perfettamente identico, ma assai vicino a quello di un filtro UV sintetico di largo uso cosmetico (ottil-metossicinnamato). - I polifenoli: in particolare flavonoidi (quercetina, canferolo, galangina, naringenina, pinocembrina,) e carotenoidi (violaxantina); in grado di assorbire l’80% delle radiazioni UV tra 320 e 400 nm e il 100% tra 340 e 380 nm. - Il Resveratrolo, il tetraossi metossi-stilbene, e alcune saponine steroidee (convallamarogenin): contenute nell’estratto metanolico della corteccia di yucca (Yucca schidigera), una pianta nativa della California, sono stati identificati composti assorbenti UV quali. - L’etil-metossicinnamato: estratto ottenuto dai rizomi di galanga (Kaempferia galanga), una pianta diffusa nel sudest asiatico e Indonesia a ben nota attività filtrante, tanto che questa sostanza, tal quale, col suo trade name, viene commercializzata come ben noto filtro UV. - Gli isoflavoni: contenuti nella soia (Glycine soja) esplicano un particolare effetto protettivo cutaneo da raggi UV: sono infatti in grado di inibire la necrosi di cheratinociti danneggiati a seguito di prolungata


esposizione a radiazioni UV, inibiscono il rilascio di H2O2 e la fosforilazione delle proteine. - I polisaccaridi (costituiti da miscele più o meno complesse di galattosio, mannosio, arabinosio): estratti dal tiglio (Tilia tomentosa), dalla senna (Cassia senna) e dall’olmo (Ulmus japonica). Si sono rivelati funzionali nella protezione della cute da danni indotti da raggi UVA. Dopo irradiazione a 3 J/cm, il recupero cellulare dei fibroblasti umani è risultato di 2 volte più alto di quello di cellule controllo non trattate. - I tocoferoli e fitosteroli (sitosterolo):, contenuti nell’olio ottenuto da bacche di olivello spinoso (Hippophae rhamnoides), hanno indicato la sua effica-

cia nel ridurre l’irritazione cutanea conseguente all’esposizione prolungata a radiazioni solari e nella rigenerazione dei tessuti. - Le micosporine (serinol) aminoacido-simili, prodotte dalla Porphyra umbilicalis, che possiedono una marcata attività protettiva cutanea, attribuibile al fatto che assorbono le radiazioni UV. - Il fitoene e Il fitofluene: quali precursori di carotenoidi, contenti nell’alga Dunaliella salina, i quali presentano uno spettro di assorbimento entro il campo UVB sino a circa 287 nm il primo e più elevato il secondo (sino a circa 400 nm); praticamente coprono lo spettro di radiazioni UV responsabili del fotoaging cutaneo.

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VARIAZIONI DELLO SPESSORE CORNEALE DOPO CROSS- LINKING DEL COLLAGENE CORNEALE

Luigi Mele Medico Chirurgo Oculista - Napoli

RIASSUNTO E PAROLE CHIAVE Obiettivi: Il nostro studio si propone di analizzare e confrontare le variazioni dello spessore corneale in pazienti sottoposti a trattamento di cross- linking del collagene corneale con tecnica epi-off ed epi-on. Soggetti: 136 pazienti di età compresa tra i 21 e i 26 anni affetti da cheratocono divisi in due gruppi omogenei per classe, sesso e patologia. I pazienti appartenenti al gruppo A sono stati sottoposti a trattamento cross- linking del collagene corneale con metodica epi-off, mentre quelli appartenenti al gruppo B sono stati sottoposti a trattamento cross- linking del collagene corneale con metodica epi-on. Metodi: I pazienti del gruppo A sono stati sottoposti a trattamento cross-linking del collagene corneale con tecnica epioff. I pazienti del gruppo B sono stati sottoposti a trattamento cross-linking del collagene corneale con trattamento epi-on. Tutti i pazienti, di entrambi i gruppi, sono stati sottoposti a topografia corneale mediante orbscan a 3 mesi(T1), 6 mesi (T2), 9 mesi (T3) e un anno

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(T4); valutando le modifiche del thinnest medio (Δ th) di entrambi i gruppi e nei diversi tempi di studio. Risultati: Nel gruppo A al T1 il Δ th era di 347,06 µm (p 2,85E17); al T2 il Δ th era di 370,16 µm (p 2,4 E-11); al T3 era di 376,85 µm(p 5,29E-7) e al T4 il Δth era di 409,64 (p 2,7 E-12). Nel gruppo B al T1 il Δ th era di 360,18µm (p 7,10 E-6); al T2 il Δ th era di 371,33 (p 0,0001); al T3 era di 353,75 µm (p 0,00574)e al T4 il Δth era di 394,51 (p 0,05). Conclusioni: I risultati hanno evidenziato che la tecnica epi-on non determina, in tutto il follow up postoperatorio, una significativa modifica dello spessore corneale, cosa che invece si evidenzia in tutti i pazienti del gruppo di studio sottoposto a trattamento con tecnica epi-off; Parole chiave: cheratocono cross- linking, spessore corneale. INTRODUZIONE Il cheratocono è un’ ectasia corneale non infiammatoria, caratterizzata da un progressivo assottigliamento e sfiancamento della cornea, con conseguente


deformazione conoide che generalmente colpisce entrambi gli occhi anche se in modo asimmetrico. Dal punto di vista fisiopatologico la malattia è caratterizzata da un ingrowth epiteliale, frammentazione delle fibre collagene e retrazione elastica della membrana di Descemet, la cui causa, più accreditata in letteratura, è rappresentata dall’ azione proteolitica da parte di alcuni enzimi quali la pepsina e le metalloproteasi. L’unica strategia terapeutica in grado di eliminare il processo patologico è rappresentato dal trapianto di cornea nelle varianti a tutto spessore o a spessori differenziati. Da qualche anno è possibile effettuare una procedura parachirurgica atta a bloccare la progressione della malattia, il cross- linking del collagene corneale. Tale metodica si realizza attraverso l’utilizzo combinato di Riboflavina complessata con destrano al 20% e UVA a 370nm. La risposta tissutale si caratterizza in una attivazione dei radicali liberi dell’ ossigeno che inducono una desaminazione ossidativa del collageno con conseguente formazione di nuovi ponti molecolari intraelicoidali ed interfibrillari. Queste modifiche tissutali rendono il collagene corneale più resistente all’ azione digestiva della pepsina e delle metalloproteasi. L’esito finale di questo processo do-

vrebbe determinare un irrigidimento del tessuto corneale e conseguente blocco della progressione della malattia. La tecnica parachirurgica può essere effettuata attraverso due procedure; l’ una caratterizzata dall’ asportazione dell’ epitelio (tecnica epi-off), l’ altra realizzata senza asportazione dell’ epitelio (tecnica epi-on). L’orientamento alla scelta dell’ una o dell’ altra tecnica, a parte i valori di curvatura(Kmax) di posizione (centrale o periferica) e del visus, si fonda principalmente sul valore pachimetrico preoperatorio che, se inferiore o uguale a 400 µm, imporrà l’ esecuzione della tecnica epi-on. Nel nostro studio ci proponiamo di valutare gli effetti sulle modifiche dello spessore corneale medio (corneal thinnest) (Δ th) in pazienti sottoposti sia a trattamento con tecnica epioff che con tecnica epi-on ponendo inoltre i risultati a confronto. PAZIENTI Sono stati inclusi nel nostro studio 136 pazienti tutti affetti da cheratocono. Tutti i pazienti presentavano un’ età compresa tra i 21 e i 26 anni, una curvatura corneale massima all’ apice (KMAX) al di sotto delle 51 D , tessuto corneale trasparente, e conferma topografica, mediante orbscan, di progressione della malattia.

EPI-OFF

EPI-ON

T0

466.45

403.29

T1

347.06 (p 2.85E-17)

360,18 (p 7,10E-6)

T2

370,16 (p 2,43 E-11)

371,33 (p 0,00015)

T3

376,85 (p 5,29E-7)

353,75 (p 0,005)

T4

394.48 (p 0.05)

394,48 (p 0,05)

RIDUZIONE %

0,154

0,018

TABELLA 1

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GRAFICO 1.

In base ai dati pachimetrici, ottenuti attraverso orbscan, I pazienti sono stati divisi in due gruppi, A e B, omogenei per classe, sesso e patologia Il gruppo A era costituito da 68 pazienti che presentavano un Δ th di 466,45µm, mentre il gruppo B era costituito da 68 pazienti che presentavano un Δ th di 403,29µm. METODI I pazienti del gruppo A sono stati sottoposti a trattamento cross-linking del collagene corneale con tecnica epi-off. I pazienti del gruppo B sono stati sottoposti a trattamento cross-linking del collagene corneale con trattamento epi-on. A tutti gli occhi di entrambi i gruppi veniva somministrata una terapia postoperatoria, per 30 giorni, con netilmicina coll. una gtt. per 4 die, diclofenac coll. una gtt. per 4 die, acido ialuronico 0,5% 1 gtt per 4 die. Tutti i pazienti, di entrambi i gruppi, sono stati sottoposti a topografia corne-

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ale mediante orbscan a 3 mesi (T1), 6 mesi (T2), 9 mesi (T3) e un anno (T4); valutando le modifiche del Δ th di entrambi i gruppi e nei diversi tempi di studio. RISULTATI Nel gruppo A al T1 il Δ th era di 347,06 µm (p 2,85E-17); al T2 il Δ th era di 370,16µm (p 2,4 E-11); al T3 era di 376,85 µm(p 5,29E-7) e al T4 il Δth era di 409,64 (p 2,7 E-12). Nel gruppo B al T1 il Δ th era di 360,18 µm(p 7,10 E-6) ; al T2 il Δ th era di 371,33(p 0,0001) ; al T3 era di 353,75 µm(p 0,00574) e al T4 il Δth era di 394,51(p 2,7 E-12). (Grafico 1) CONCLUSIONI L’analisi dei valori medi del Δth con la relativa sensibilità di student hanno evidenziato che nel gruppo A si osserva un brusco abbassamento del valore del Δth che però si riduce nei tempi tardivi di studio fino ad arri-


vare ad un Δth a T4 molto vicino a quello del T0. Dall’ analisi dei dati in nostro possesso si può osservare una riduzione percentuale media del thinnest al T4 dello 0,154 % rispetto al T0. Nel gruppo B, invece, si osserva una lieve riduzione del Δth nei tempi precoci che riporta, nei tempi tardivi il Δth stesso, a valori pressocchè simili a quelli preoperatori. Si può osservare, in questo gruppo, una riduzione percentuale media del thinnest a T4 di 0,018% rispetto al T0.

Concludendo, in base ai dati in nostro possesso e allo studio statistico dei valori ottenuti, possiamo affermare che la tecnica epi on non determina, in tutto il follow up postoperatorio, una significativa modifica dello spessore corneale, cosa che invece si evidenzia in tutti i pz del gruppo di studio sottoposto a trattamento con tecnica epi- off; nonostante negli appartenenti a qst gruppo si verifica un sostanziale recupero dello spessore ad un anno dal trattamento. (Tabella 1).

BIBLIOGRAFIA 1)

Corneal collagen cross-linking using riboflavin and ultraviolet A for the treatment of mild to moderate keratoconus: 2-year follow-up.(Ophtalmology, Feb. 2013) Legare ME, Iovieno A, Yeung SN, Yonge-Eglinton Laser Center; Department of Ophthalmology, Toronto Western Hospital, University Health Network, Toronto, Canada 2) Corneal collagen cross-linking for progressive keratoconus in pediatric patients: a feasibility study.(J refract Surgery , Nov.2012) Zotta PG, Moschou KA, Diakonis VF,. Eye Center of Diathlasis, Thessaloniki, Greece. 3) Transepithelial corneal cross-linking in pediatric patients: early results.(j refract Surgery, Nov. 2012) Buzzonetti, Petrocelli , Ophthalmology Department, Bambino Gesù Children’s Hospital, IRCCS, Rome 4) Transepithelial corneal collagen cross-linking in ultrathin keratoconic corneas. (Clin Ophtalmology, 2012) Spadea, Mencucci, University of L’Aquila, Department of Biotechnological and Applied Clinical Sciences, Eye Clinic, L’Aquila 5) Epithelium-Off Corneal Collagen Cross-linking Versus Transepithelial Cross-linking for Pediatric Keratoconus. (Cornea May 2013) Magli A, Forte R, Tortori A *Eye Department,.

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NEWS IL CENTRO STUDI SALMOIRAGHI&VIGANÒ È LIETO DI PRESENTARE, IN COLLABORAZIONE CON LA SOCIETÀ OFTALMOLOGICA ITALIANA, L’OPERA EDITORIALE “OTTICA, REFRAZIONE E OCCHIALI NELL’ADULTO E NEL BAMBINO DALLA TEORIA ALLA PRATICA” Affrontare la rifrazione in tempi di computer potrebbe sembrare anacronistico e forse anche un po’ inutile. In realtà la pratica clinica quotidiana oftalmologica ci obbliga ad avere dimestichezza con tecniche che esulano dall’utilizzo di macchinari sofisticati. Ancora oggi utilizzare tecniche manuali per diagnosticare i difetti visivi nell’ adulto e, ancor di più, nei bambini risulta un passaggio non solo necessario ma anche inevitabile al fine di poter prescrivere una correzione “giusta”. È infatti sull’analisi accurata e precisa della rifrazione che si basa la gestione sia dell’ambliopia sia dello strabismo e di tutte le patologie oculari. Si potrebbe dire che proprio la rifrazione è la “pietra angolare” della terapia oculistica. E dunque bisogna considerare che risulta molto difficile se non impossibile richiedere al bambino quella collaborazione che permette l’utilizzo di computer o quant’altro con sufficiente precisione ed accuratezza. Per questi motivo spinti dalla esigenza di fornire un supporto a tutti i medici oculisti nascono i capitoli dedicati alla rifrazione ed in particolar modo alla rifrazione pediatrica. Molte delle regole descritte potranno essere agevolmente utilizzate “sul campo” laddove non esistano strumentazioni adeguate. Pur consapevoli della presenza di opere dedicate alla rifrazione che hanno rappresentato e rappresentano ancora oggi il punto di riferimento per “imparare a dare gli occhiali”, abbiamo ritenuto opportuno cercare di semplificare gli argomenti dando un taglio pratico alla loro descrizione, riservando al lettore la facoltà di approfondirli leggendo le opere già pubblicate in passato. Si spera che l’utilizzo di questo libro possa contribuire, anche, ad agevolare la pratica quotidiana di chi si troverà ad affrontare i problemi rifrattivi da cui dipendono il trattamento delle più comuni patologie infantili. Un sentito ringraziamento ai contributors: Matteo Piovella, Antonio Mocellin, Pasquale Troiano, Costantino Bianchi, Barabara Kusa, Italo Muzza, Roberta Nobili e Manuela Spera che con professionalità hanno contribuito alla stesura di alcuni capitoli di quest’opera, trasfondendo in essi il loro sapere e la loro esperienza. Luigi Mele, Andrea Piantanida, Mario Bifani

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VISTABIMBI: UN GIOCO PER LA VISTA Salmoiraghi & Viganò presenterà a ottobre un’innovativa Applicazione realizzata con la collaborazione del Professor Paolo Nucci, Direttore della Clinica Oculistica San Giuseppe di Milano, e con la collaborazione dei maggiori esperti nel campo dell’oftalmologia pediatrica: l’obiettivo è fornire ai genitori uno strumento in grado di aiutarli a capire se i propri bambini hanno problemi alla vista «Ormai il mondo della comunicazione veicola contenuti utilizzando strategie evolute e potentissime sotto forma di Applicazioni, che fanno dell’interattività l’elemento vincente - spiega Nucci - Usando uno smartphone o un tablet siamo sempre più connessi e disponiamo di App per ogni necessità: un plauso va a Salmoiraghi & Vigano che ha pensato di investire su VistaBimbi, elementare ma non naive, che ha il pregio di segnalare, e già questo è meritorio, l’importanza della prevenzione oftalmologica in età pediatrica e svelare con un semplice strumento grossolane problematiche». I test, presentati sotto forma di gioco, sono facili da capire e contengono le indicazioni sulle corrette modalità di somministrazione nella pagina iniziale. «Se il bambino è incapace di distinguere i colori in maniera completa o di distinguerli bene con entrambi gli occhi, o ancora se non riesce, testando prima un occhio e poi l’altro, a riconoscere con la stessa abilità e prontezza i simboli presentati, un controllo dal medico oculista è fortemente raccomandato - precisa Nucci - Non bisogna dimenticare però i limiti di questa specifica Applicazione: in nessun caso può fornire informazioni di integrità e salute, che solo un controllo medico specialistico è in grado di accertare. Questa App è solo un incoraggiamento a sottoporsi a quelle attività mediche di prevenzione, che naturalmente non possono essere sostituite neanche da prodotti più complessi. La prevenzione oculare è molto importante e vuole che nessun bambino manchi almeno un appuntamento con il proprio medico oculista entro i tre anni e mezzo di vita. I genitori potranno utilizzare VistaBimbi come un gioco e cogliere la possibilità per spiegare al proprio bimbo che quando si va dall’oculista la visita è molto simile a quello che si sta facendo insieme a lui: questo lo aiuterà a familiarizzare con un controllo in verità molto più divertente di quanto si pensi».

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