Design mon amour

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Design Mon Amour



CREDITS

Edizioni De Lux srl Agenzia - Equos Advertising srl Foto di Moda - Silvia Tenenti Foto Design - Archivio Contrasto, Fondation Le Corbusier Coordinamento Generale - Marta Mastrogregori Grafica e impaginazione - Stefano Arduini

Responsabile Redazione - Sara Lucci Redazione - Marta Golfrè Andreasi, Francesco Antinolfi Cristina Mania, Angela De Lizio, Mauro Caprioli

Traduzione - Language Translations & Services Stampa - Telligraf srl Civita Castellana (VT)

Cesare Attolini S.p.A. Via Nazionale delle Puglie, 42 80013 Casalnuovo (NA) Tel. +39 081 844 4411 www.cesareattolini.com - info@cesareattolini.com Showroom Milano - Via Visconti di Modrone, 19 Tel. +39 02 763 16 757 Showroom New York - 610 Fifth Avenue Suite 318 Tel. +1 212 246 0085 Shop Napoli - Via Filangieri, 15 Tel. +39 081 1950 6066


di Francesco Antinolfi

LA FORMA DELL’ELEGANZA Forma e Materia. Categorie apparentemente antitetiche, da sempre oggetto della dialettica del pensiero occidentale, la cui sintesi dà vita, attraverso un metodo che le unisce e le integra, alla realtà sostanziale.

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Cesare Attolini


The Shape of Elegance. Shape and Matter. Apparently opposite categories, forever subject of western dialectic, that gives life, through a method that brings them together, to the substantial reality. [...] The substratum is substance, in which, in a way, means the matter ( for matter I mean what is not determinate in action, but only in power), in second sense it means the essence and the shape (which, being something not determinate, can be apart from the thought), and, in a third sense, it means the shape and matter composite [...]», that’s what Aristotele wrote in his Metafisica. And so when following times we use English words as design and designer, without knowing, we borrow his words creating that tale, endless and atavistic, made by the definable theme of the creating act, or more literally, of creating something, and of its more or less famous protagonists. Even if we habe to recognize, that with years, this two words were the victims of a drastic impoverishment of meaning, using them to indicate the esthetic qualities of an object. This is a very limited and limiting idea if we think to Aristotele, father of the modern western thought, who calls Ousia, the substance, as sinolo, that means indissoluble union of shape and matter. Borrowing a Paul Rand affirmation, famous American designer of the XX century, we could paraphrase and coarsen, defining the design as «[...] that method that brings together shape and matter giving life to a new contents». A new substantial reality. You could wonder where do I want to ends up telling about the Hellenic “immanence bard”, quoting words from his fourteen books of the famous Metafisica. To show it I will have to coarse even more the question: after all, we are talking about the best way to shape the matter giving it a specific reason of life. This is the real meaning of that creative, planning process that we call, often wrongly, design. In the same way we can consider true designers only who know, or have known for at list one time, how to be the author and interpreter of this creative process. Traverses to all the fields of doing something. In the male costume history, many were the men capable of giving new shape to the matter, creating innovative items to answer above all to a new substantial necessities more than esthetics. Among them – here we are finally, you could think! – there is, without any doubt, Vincenzo Attolini name. A young Neapolitan tailor that in 1930, in his store in via Vetriera, knew how to give new lines (shape)

«[...] E sostanza è il sostrato, il quale, in un senso, significa la materia (dico materia ciò che non è un alcunché di determinato in atto, ma un alcunché di determinato solo in potenza), in un secondo senso significa l'essenza e la forma (la quale, essendo un alcunché di determinato, può essere separata con il pensiero), e, in un terzo senso, significa il composto di materia e di forma [...]», così scrive Aristotele, nel suo Metafisica. E così, quando con fare al passo con i tempi usiamo i termini anglofoni design e designer, non facciamo altro che prendere inconsapevolmente in prestito le sue parole contribuendo a quel racconto, atavico ed infinito, che sviluppa la sua narrazione intorno al tema definibile come l’atto del creare, o del progettare più letteralmente, e dei suoi più o meno illustri protagonisti. Anche se dobbiamo essere consapevoli che, nel corso degli anni, queste due parole sono state vittime di un impoverimento drastico del proprio significato, tendendo ad essere scomodate per rappresentare meramente quella componente che fa riferimento alle qualità estetiche di un oggetto. Concezione a dir poco limitata e limitante se pensiamo ancora ad Aristotele, padre del pensiero occidentale moderno, che definisce l’ousia, la sostanza, come sinolo, ossia unione indissolubile di forma e materia. Prendendo in prestito un’affermazione di Paul Rand, celebre designer statunitense del ventesimo secolo, potremmo parafrasare ed involgarire, definendo il design come «[...] quel metodo che unisce ed integra forma e materia dando vita ad un nuovo contenuto». Una nuova realtà sostanziale. Vi starete chiedendo dove diavolo voglio arrivare scomodando l’ellenico “vate dell’immanenza” e citazioni tratte da tre dei quattordici libri del suo celebre trattato Metafisica. Per indicarvelo sarò costretto ad involgarire e semplificare ancor di più il filo del pensiero: in fin dei conti, non stiamo parlando d’altro che dell’arte di dare alla materia la forma più adatta per assumere una specifica ragione d’essere. Questo è il significato pregnante di quel processo creativo, progettuale, che chiamiamo, fin troppo spesso incompiutamente, design. Così come possono esser definiti veri designer solo coloro che sanno, o hanno saputo almeno una volta, essere artefici ed interpreti di tale processo creativo. Trasversale, quest’ultimo, a tutti gli ambiti del sapere e del saper fare. Nella storia del costume declinata al maschile, molte sono state le figure in grado di dare nuova forma alla materia creando capi innovativi capaci di rispondere a nuove necessità sostanziali prima ancora che estetiche. Fra loro – ci siamo finalmente, starete pensando! -, si inscrive, senza ombra di dubbio, il nome di Vincenzo Attolini. Un giovane sarto partenopeo che nel 1930, nella sua bottega di via Vetriera, seppe dare nuove linee (forma) ad un capo ormai consueto, la giacca (materia), conferendogli una rinnovata opportunità di utilizzo oltre

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Massimiliano Attolini


to an article of clothing, the jacket (matter), giving it a newly opportunity of being wore together with an extraordinary and innovative esthetic personality (substance). Thanks to the union between a technical ability and an uncommon manual skill, a great creative intuitive mind and a deep equilibrium and harmony sense, this unique artisan, that today we would call “designer”, was capable to rewrite the rules of rigid and eminent Britannic elegance, creating the first unstructured jacket, since then on called “to the Neapolitan way”. He done this just to help his fellow citizens, who has to face a climate very different from the English one, but still has to wear, to be elegant, the symbolic weight of the volumes and the rigid constructions of the Britannic jacket. So drawing after drawing, proof by proof, molding by molding, year after year, Vincenzo passed his art to the son Cesare, after giving it absolute rules, who passed it to his successors Massimiliano and Giuseppe. Today, world ambassadors of that idea of endless elegance – typical characteristics of items made by a creative and true planning idea – union of traditional sartorial ability and contemporary touch. Untirable interpreters of Cesare Attolini taste, always thinly refined, never too serious or rigid, and always distinctive. Of which the iconic clothing item is the jacket. Characterized by a unique shape and line. By an incomparable sartorial construction, created by grandfather Vimcenzo and that today still lives of that secrets, found after years of experience by Cesare, continuing on the wings of a refined and discrete modernity with the fame of Massimiliano and Giuseppe Attolini. By details that made it soft as a second skin. By a disarming simplicity, appreciated around the world, by all the people tired of the boring tendencies turning and of the conformist severity of pure formality. Choosing a realising elegance, of shape and matter. Or, as Aristotele would write, maybe after having the pleasure to wear a Cesare Attolini creation, of a new and authentic substance!

che un’innovativa e straordinaria personalità estetica (sostanza). Grazie ad un irripetibile connubio fatto di un’abilità tecnica e una sapienza manuale fuori dal comune, una spiccata intuitività creativa e un profondo senso dell’equilibrio e dell’armonia, questo inarrivabile artigiano, che oggi avremmo denominato “designer”, ebbe l’ardire di riscrivere le rigide regole dell’ingessata ed eminente idea britannica di eleganza, dando vita alla prima giacca destrutturata, da allora in poi denominata “alla napoletana”. Spinto semplicemente dalla volontà di alleviare le pene dei suoi concittadini che, in barba al clima partenopeo tutt’altro che vicino al freddo grigiore londinese, per poter vantare titoli di raffinatezza erano costretti a sopportare il peso, materico e simbolico, dei volumi e delle irrigidite costruzioni della giacca di scuola inglese. Così disegno dopo disegno, prova dopo prova, modellatura dopo modellatura, anno dopo anno, Vincenzo trasferì la sua arte al figlio Cesare e questi, dopo averle conferito canoni di compimento assoluto, ai suoi successori Massimiliano e Giuseppe. Oggi, ambasciatori appassionati nel mondo di quell’idea di eleganza senza tempo – carattere tipico dei prodotti figli di un’idea creativa e progettuale autentica -, connubio di sapienza sartoriale tradizionale e sapore contemporaneo. Interpreti e divulgatori instancabili del gusto Cesare Attolini, sempre sottilmente raffinato, mai serioso ed impettito, per niente autoreferenziale pur se quanto mai distintivo. Il cui capo icona è, neanche a dirlo, la giacca. Caratterizzata da una linea e da un taglio unici. Da una costruzione sartoriale impareggiabile, che affonda le sue radici nella modellatura rivoluzionaria di nonno Vincenzo e che oggi si alimenta dei segreti messi a punto, in anni e anni di esperienza, da Cesare per spiccare il volo sulle ali di una raffinata e discreta contemporaneità ricercata con successo da Massimiliano e Giuseppe Attolini. Da dettagli che la rendono morbida come una seconda pelle. Da una semplicità disarmante, apprezzata, in giro per il mondo, da coloro che vogliono rifuggire il noioso ed anacronistico rincorrersi delle tendenze ed i conformisti rigori della pura formalità. Scegliendo una leggerezza liberatoria, di forma e materia. O, come avrebbe scritto Aristotele, magari dopo aver avuto il piacere di indossare una creatura Cesare Attolini, di nuova ed autentica sostanza!

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Giuseppe Attolini



10 IL GIOCO DEGLI SPECCHI DEFORMANTI 16 L’ENFANT TERRIBLE DEL DESIGN 24 VOGLIO CAMBIARE IL MONDO



di Angela De Lizio

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G I O C O D E G L I S P E C C H I D E F O R M A N T I Ron Arad e la sua visione ricurva della realtà

e opere di Ron Arad sono dei vortici avviluppati. Le sagome si flettono, si avvolgono su loro stesse, per poi protendere verso l’infinito. Se questo designer israeliano fosse una forma sarebbe una spirale, sinonimo di crescita, espansione. Eclettico e innovativo, trapiantato a Londra, Arad può essere definito cittadino del mondo, perché del mondo rappresenta l’essenza, e la sua arte pare non avere confini. La libreria “Oh, the farmer and the cowman should be friends” ad esempio, è un vero e proprio monumento celebrativo agli Stati Uniti d’America. La sua forma ripropone le fattezze di un’enorme cartina geografica americana. La Tinker Chair del 1988 pare invece il lavoro di uno scalpellino su di un materiale magmatico, fluido, quasi provenisse dagli ambienti del centro della Terra. Non solo il globo, Ron Arad si spinge nello spazio smisurato con la sedia Chair di Moroso, progetto del 2008 ha la forma emblematica di un otto rovesciato, che richiama il simbolo matematico dell’infinito, a ricordare le sembianze delle lontane galassie. La sua ascesa inizia nei favolosi 80, gli anni della pop-art, dei graffiti, dell’esplosione della dance. Il primo successo fu la Rover Chair del 1981, ricavata dal sedile di un’auto, che attirò l’attenzione di Jean Paul Gaultier, suo primo cliente illustre. Materiali riciclati presi dalle discariche sono le sue prime scelte, come per il Concrete Stereo, un impianto stereo del 1983, corredato di giradischi che oggi definiremmo vintage, ricavato da scarti di cemento armato. Da lì, un’escalation di creazioni, per delle opere curvilinee e ricercate. La lampada Pizzakobra è la metafora della mutazione. Avvolta su se stessa pare una pizza, o una cromata rotella di liquirizia. Come al suono di un’ipnotica melodia, la lampada si anima e appare un boa constructor, pronto ad avvilupparsi attorno alla sua preda con le sue spire design. Il suo lavoro è eterogeneo e il suo design non si presta a catalogazioni di nessun genere. Arte fine a se stessa o design d’arredamento? Non c’è risposta esaustiva perché i due aspetti risultano complementari, si rincorrono, compenetrano nelle sue creazioni.

The game of distorting mirrors. Ron Arad's works are of entangled whirled vortices. The shapes bend in on themselves, folding, then stretch back out to infinity. If this designer were a shape, he would be a spiral, synonymous with growth and expansion. This eclectic and innovative Israeli designer, who having moved to London, can be defined as a citizen of the world, since being of the world, he represents its essence, and his art seems to have no boundaries. The Oh! The farmer and the cowman should be friends bookcase, for example, is a real tribute celebrating the United States of America. Its shape reproduces the State borders in a huge outline map of the United States of America. His Tinker Chair of 1988 seems rather the work of a stonemason on a magmatic fluid material, almost as it were coming from the inner circles of the Earth's center. Not only is there this world, but Ron Arad goes into space with his enormous Chair by Moroso. His 2008 project has the symbolic form of an inverted eight which recalls to the mathematical symbol for infinity, in an attempt to portray the appearance of distant galaxies. His rise to fame began in the fabulous 80s, the years of pop-art, graffiti, and the explosion of dance. The first success was his Rover Chair in 1981, which he retrieved from the seat of a car and caught the eye of Jean-Paul Gaultier, his first famous client. Recycled materials taken from landfills are his first choices, like the Concrete Stereo, a stereo system of 1983, together with its turntables made from waste concrete, which nowadays we would call vintage. From there, an escalation of creations and on to curvilinear and much sought after works. The PizzaKobra lamp is a metaphor for mutation. Wrapped around itself, it looks like a pizza, or a chrome licorice wheel. As the sound of a hypnotic melody, the lamp comes to life and is a boa constrictor, ready to wrap itself around its prey with its design coils. His work is very diverse and his designs are not suitable for catalogs of any kind. Art for its own sake or as furniture design? There is no complete answer because the two aspects are complementary. They chase after each other and permeate his creations.

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Senso di leggerezza, impalpabilità per la poltrona Well Transparent Chair, costruita con fogli di policarbonato trasparente. La poltrona tende quasi a sparire, ad essere funzionale senza aggredire con la sua visibilità. E per questo motivo risulta ancor più accattivante per lo sguardo. Silicone, acrilico o corian per le ali delle farfalle della sedia Oh-Void. La sensazione è quella di movimento, dove l’inerzia pare scomparire, anche se la seduta è ben ferma. Design malleabile, multiforme,in un processo evolutivo continuo del battito delle ali che si propaga nello spazio. L’astrattismo dell’arte figurativa diventa con lui tridimensionale, tangibile, contemporaneo. La Lovely Rita Kartell è una singolare mensola da appendere al muro. Ricorda i nastri delle ballerine di ginnastica artistica, e pare volteggiare come raso fluido sulla parete. La seduta Uncut, in alluminio, offre un senso di incompiutezza, la percezione di un oggetto ancora in costruzione. La sedia infatti è costituita da una lastra di alluminio ripiegata, incisa con la classica voluta a spirale, i cui bordi non vengono rifiniti, e sembrano lasciati in sospeso, pieni di infinita forza trasformistica. A volte irriverente, graffiante, come per la collezione Bodyguard, con sculture in alluminio bucherellate da ipotetici colpi di pistola. L’ironia di questo designer traspare anche dalla Big easy, una vera cartoonizzazione di una sedia. Una sorta di caricatura, con braccioli oversize, interamente in acciaio, e l’immancabile sinuosità tondeggiante. D’altronde, quando si sorride, la bocca s’incurva.

There is a sense of lightness, of intangibleness surrounding his Well Transparent Chair, made from transparent polycarbonate sheets. The armchair tends to disappear and is functional without attacking with its visibility. This is why that is all the more appealing to the eye. Silicon, acrylic polymer or corian are used for the butterfly wings of his Oh-Void chair. The feeling is that of movement, where inertia seems to disappear, even if the seat is very stationary. This is a malleable, multi-faceted design, in a continuous evolutionary process with the flapping of wings spreading into space. The abstract nature of figurative art becomes three-dimensional, tangible and contemporary for him. Ron Arad’s Lovely Rita bookshelf manufactured by Kartell is a unique shelf to hang on any wall. It brings to mind the ballet shoe ribbons of artistic gymnasts and looks like fluid satin whirling on a wall. His Uncut chair, in aluminum, offers a sense of incompleteness, a perception of an object still under construction. In fact, the chair is made from a sheet of folded aluminum, engraved with a classic spiral volute whose edges are not finished, and which seems to be in left in abeyance, full of infinite transforming strength. It is sometimes irreverent, biting, as in the Bodyguard collection, with its perforated aluminum sculptures as if the result of gunshots. The irony of this design is also reflected in the Big Easy, a real cartoon version of a chair which is a sort of caricature, with oversized all-steel rounded sinuous arms. It is just like when you smile, your mouth takes on a curved shape.






di Cristina Mania

L’ENFANT TERRIBLE DEL DESIGN Pensate ad un oggetto. Lui l’ha ideato, o perlomeno l’ha trasformato in qualcosa di unico. La sua arte contamina la quotidianità. Non c’è nulla che il suo estro non abbia plasmato. Il suo nome è Philippe Starck e il suo genio è una garanzia. Dall’architettura al design, quest’uomo ha tenuto alta la bandiera della Francia dando vita ad opere che affascinano anche i non addetti ai lavori



utto è iniziato nei favolosi anni Sessanta quando la Pop Art si appropriava dei linguaggi della nuova società consumistica, i muri si riempivano delle iconiche pitture di Andy Warhol e nel mondo si respirava aria di rivoluzione sociale e culturale. Nell’anno in cui Woodstock avrebbe per sempre segnato la storia della musica, proprio nel 1968, l’artista di origine francese dava inizio alla sua carriera con la produzione di mobili gonfiabili. Da quel momento in poi la vita di Philippe Starck sarebbe cambiata e con lui anche le sorti del design. Così dopo una parentesi americana durata due anni, torna nella sua amata Parigi e fonda la Starck Product, un’impresa attraverso la quale riesce a commercializzare i suoi prodotti. Da qui nasce il famosissimo Juicy Salif creato per Alessi. Riduttivo definirlo semplicemente uno “spremiagrumi”. Ha le fattezze di un ragno dalle lunghe zampe e si colloca a metà strada tra scultura e oggetto di arredo così innovativo e artisticamente affascinante che il Moma di New York lo tiene esposto tra i capolavori contemporanei. Ma la sua fama si deve anche all’arredamento d’interni. Molte celebri abitazioni portano la sua firma inconfondibile. Basti pensare che sono state ridisegnate proprio da Monsieur Starck le sale dove Lady Carla Bruni e suo marito Sarkozy consumano i pasti, il tempo libero e le ore notturne. Tra i suoi lavori figura infatti anche la ristrutturazione degli appartamenti privati dell’Eliseo, il palazzo che ospita il Presidente di Francia. Suoi sono gli arredi e le ristrutturazioni di molti ristoranti, locali, night club in Europa e negli States. Un esempio? Il Felix restaurant-bar di Hong Kong conosciuto per la vista mozzafiato che offre ai suoi ospiti. Ma è negli hotel che il designer ha dato il meglio di sé. Dal Delano Hotel di Miami al Mondrian Hotel di Los Angeles, passando per i londinesi St. Martins Lane e Sanderson Hotel. In ognuno ritroviamo il suo tocco unico, elegante, raffinato e mai banale. La sua fama, però, si deve soprattutto alla progettazione di complementi d’arredo che l’ha portato a lavorare spesso con Kartell, azienda leader del settore capace di attrarre un pubblico internazionale grazie all’originalità e all’ampia gamma dei prodotti di cui dispone. Da questa collaborazione sono nati pezzi storici come la Bubble Club resa celebre dalla serie televisiva

Design's enfant terrible. Think of an object. He has created it, or at least transformed it into something unique. His art touches everyday lamps, furniture, clocks, cars, clothes, and accessories. There is nothing which his creativity has not shaped. His name is Philippe Starck and he is a guaranteed genius. From architecture to design, this man has flown the flag for France, giving life to works which appeal even to non-experts. It all began in the fabulous sixties when the Pop Art was taking over the language of the new consumer society. Walls were covered with iconic paintings by Andy Warhol as the world was breathing an air of social and cultural revolution. Just back in 1968, the year when Woodstock changed forever the history of music, this French-born artist began his career producing inflatable furniture. From that moment on, the life of Philippe Starck would be changed and, with it, the fortunes of design. After a two-year stint in America, he returned to his beloved Paris and founded Starck Product, a company which was to market his products. It was at this point that he designed the famous Juicy Salif for Alessi. It would be too simplistic to call it a lemon squeezer. It has features reminiscent of a long-legged spider and is half way between innovative and artistically fascinating sculpture and furniture. So much so, that the Museum of Modern Art (MOMA) in New York keeps it on display among its contemporary masterpieces. But his fame is also due to interior furnishings. Many famous houses bear his unmistakable signature. Suffice it to say that the rooms where Carla Bruni Sarkozy and her husband take their meals, spend their free time and evenings have been redesigned by Monsieur Starck. Among his works, in fact, is the restructuring of the private apartments of the Elysée Palace, the home of the President of France. He has also furnished and renovated many restaurants, bars, night clubs both in Europe and in the United States. An example or two? There is the Felix Bar and Restaurant in Hong Kong known for the breathtaking views offered to its guests. But it is, however, with hotels that the designer has given of his best. From the Delano Hotel in Miami to the Mondrian Hotel in Los Angeles, to London's St Martin's Lane and the Sanderson. In each one, his elegant, tasteful and never boring touch is to be found.

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americana Boston Legal. Alla fine di ogni episodio i due protagonisti, con un sigaro e un bicchiere di scotch in mano, commentano gli eventi che li hanno visti coinvolti proprio comodamente sdraiati sulla seduta di Starck, posta nel balcone adiacente l’ufficio di Denny Crane. Ma questo non è l’unico mobile “starckiano” ad aver avuto visibilità sul piccolo schermo. Nel simpatico telefilm Ugly Betty, dove la protagonista non proprio affascinante riesce a farsi strada nel difficile mondo della moda, compare la sedia Louis Ghost, inconfondibile nelle sue trasparenze. Persino il magnate dell’informatica Steve Jobs ha subito il fascino creativo dell’artista francese che nel 2008 ha disegnato gli altoparlanti senza fili per iPhone e i Pod, prodotti cult del noto marchio dalla mela morsa. Ma la sua genialità si è messa anche a servizio dell’ambiente sanitario. Nel 2004 per Violight, azienda newyorkese per l’igiene dentale, ha progettato un disinfettante per spazzolini che gli ha fatto vincere un ambito riconoscimento, l’Industrial Design Excellence Award. Nonostante i premi, la stima e i complimenti che gli giungevano da ogni parte del mondo, Philippe Starck non si sentiva pienamente soddisfatto del suo operato. “Questo lavoro fatto per ragioni prettamente estetiche o culturali non ha senso. Oggi l'urgenza è di tipo politico, occorre lavorare sulla ridefinizione della produzione, sulla riscoperta del rapporto uomo e materia perché l'uomo possa ritrovare il proprio spazio senza essere attanagliato, asfissiato, ricoperto da un mucchio di cose futili, generalmente portatrici di simbolismi estremamente dubbi”. Non nella bellezza, quindi, ma nell’utilità deve risiedere l’essenza di un oggetto. Il suo spirito attento alle problematiche ambientali lo ha condotto a lavorare per il gruppo Pramac che si occupa di energia. "L'ecologia non è solo una preoccupazione per l’economia e la tutela del nostro mondo- ha rivelato il designer -ma anche qualcosa di necessario per la creatività". Così nasce il prototipo per dei mulini a vento,fonti di energia rinnovabile, capaci di coprire in una singola abitazione circa il 40-60% del fabbisogno familiare. Questo

Starck’s fame, however, is mainly due to the design of furnishings which frequently led to his working with Kartell, the Italian industry sector leader. This collaboration was able to attract an international audience thanks to the originality and wide range of products available. This partnership created historical exhibits such as the Bubble Club made famous by Boston Legal, the US television series. At the end of each episode of Boston Legal, the two leading actors, each with a cigar and a glass of Scotch in hand, would comment on their trials and tribulations, comfortably ensconced on Starck armchairs, located on the balcony beside Denny Crane's office. But these were not the only pieces of Starck furniture to appear on the small screen. In delightful film, Ugly Betty, where the star could make no headways in the difficult world of fashion, there appears the unmistakably transparent Louis Ghost chair. Even the computer technology magnate, Steve Jobs, has been fascinated by this creative French artist who, in 2008, designed the wireless speakers for the new iPhone and iPod, cult products of the bitten Apple brand. But Starck’s genius has also been placed at the service of the health environment. In 2004, he designed for Violight, the New York dental hygiene company, a toothbrush sanitizer which won him coveted recognition with the Industrial Design Excellence Award. Notwithstanding the awards, esteem and praise which have come from all over the world, Philippe Starck has never felt fully satisfied with his work. "Work made for purely aesthetic or cultural reasons makes no sense. Today, there is a type of political urgency. We need to work on the redefinition of production, on redefining the relationship between man and matter, so that man can find his own space without being smothered, covered or trapped in the grip of a pile of useless things, usually the bearers of extremely doubtful symbolism." The essence of an object must


not then reside just in its beauty, but in its utility. Starck’s spirit, being attentive to environmental issues, has led him to work for the Pramac Group which deals with energy. "Ecology is not just a concern for the economy and the protection of our world," the designer has said, "but also it is something necessary for creativity." In this way, a windmill prototype, as a source of renewable energy, was created, capable of providing in a single room approximately 40-60% of the family's energy needs. The power generator has a small wind turbine, made of polycarbonate, resting on a wooden platform. All of this is housed in a room whose walls are lined with phrases and pictures referring to eco-sustainability. The project is called Green Energy Design and is part of a larger program called Democratic Ecology. As the name implies, the idea is to provide new technology at an affordable price so that it can be acquired and used by a growing number of people. That's why he recently stated, "For twenty years, I have created objects which could be bought by as many people as possible, against any elitism of design. Now, I want ecology to be affordable for everyone." A Starck item is light, cheap and environmentally friendly. Everything, from production to consumption, from packaging to transportation, is designed according to these principles. He knows how to be different, how to break through with a pure need to express himself. He is capable of entertaining and having fun. He loves to surprise and to be surprised. He is conscious of the fact that the human species is unique in being able to control its own evolution but that this does not preserve it from the criticism of not using its intelligence in the most appropriate manner. Suffice it to look at the majestic nests where man often likes to take refuge. "These houses are generally built to show that these men have achieved success, rather than to show that they live happily in them. There are myriads of things like this still to be debunked. And this is a bit of my job. "

generatore di energia presenta una turbina a vento di piccole dimensioni, realizzata in policarbonato, poggiante su di una piattaforma in legno. Tutto ciò si trova all’interno di una stanza le cui pareti sono foderate con parole e immagini dedicate all’ecosostenibilità. Il progetto prende il nome di Green Energy Design e fa parte di un programma più ampio definito Democratic Ecology. Come si intuisce dal nome, l’idea è fornire una nuova tecnologia ad un prezzo accessibile che possa così essere acquistata ed utilizzata da un numero sempre crescente di persone. Per questo ha recentemente affermato: “Per vent'anni ho creato oggetti che potessero essere acquistati da più persone possibile, contro l'elitarismo del design. Ora desidero che l'ecologia sia alla portata di tutti”. Un oggetto di Starck è leggero,

“Sono ciò che sono a causa del caso e della necessità. Non giudico i risultati del mio lavoro, giudico l'impegno, e quello per me è totale”. economico, rispettoso dell’ambiente. Tutto, dalla produzione al consumo, passando dal packaging al trasporto, è concepito secondo questi principi. Lui sa di essere diverso, di avere "sfondato" per un puro bisogno di esprimersi. È capace di divertire e divertirsi; ama meravigliare e meravigliarsi. È cosciente del fatto che la specie umana sia l’unica in grado di poter controllare la propria evoluzione ma ciò non la preserva dalla critica di non utilizzare la sua intelligenza nel modo più appropriato. Basta osservare i “nidi” maestosi dove spesso l’uomo ama rifugiarsi. “Le case generalmente vengono costruite per dimostrare che nella vita si è raggiunto il successo, piuttosto che per vivere felici al loro interno. Ci sono miriadi di cose come queste da decifrare. E questo è un po' il mio lavoro”.

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di Marta Golfrè Andreasi

V O G L I O C A M B I A R E I L M O N D O Creatività sensuale, genialità cosmopolita, il designer Karim Rashid invade ogni spazio concesso all’arte, firmando creazione di lusso e oggetti di design democratico

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clettico e geniale, Karim Rashid. Creatività pura che scorre nelle vene insieme alle sue origini egiziane e inglesi. Nato a Il Cairo, studia Industrial Design alla Carleton University in Canada e si specializza con Ettore Sottsass e Rodolfo Benedetto in Italia. Oggi vive e lavora a New York. Oltre tremila gli oggetti da lui realizzati, divisi tra le collezioni permanenti di quattordici musei, tra cui il Moma. Non si contano, invece, i nomi stellari e le aziende con cui collabora. Qualche esempio? Alessi, Georg Jensen, Estée Lauder, Cappellini, Umbra, Prada, Miyake, Method, Horm, Kenzo, Magis, Giorgio Armani, Foscarini, Sony, Coca Cola, Unilever. Suo l’interior design del ristorante Morimoto a Philadelphia e dell’Hotel Semiramis a Atene, sue le installazioni 3D all’interno della fermata “Università” della metropolitana di Napoli. Un vulcano Karim Rashid. Un designer “democratico” che ha come obiettivo sensibilizzare il pubblico e renderlo partecipe della sua arte. Creatore di cultura, interprete sapiente del contemporaneo, il suo genio ha ricevuto oltre trecento riconoscimenti internazionali, tra i quali il Red Dot Award, il Chicago Athenaeum Good Design Award, l’I.D. Magazine Annual Design Review e l’IDSA Industrial Design Excellence Award. Le sue opere invadono tutti gli spazi, dal design di prodotto all’arredamento di interni, dalla moda all’illuminazione passando per l’arte. Sensuali, poetiche e visionarie: queste le caratteristiche delle forme da lui create, declinate spesso nel rosa, nel bianco, nel giallo neon o nell’arancione fosforescente, i suoi colori preferiti. Ed è proprio il colore l’elemento fondamentale del suo lavoro, la componente comunicativa e espressiva senza pari che anima le creazione firmate Karim Rashid, dal cestino Garbo alle decolté di plastica disegnate per il brand Melissa, dal packaging realizzato per il profumo di Hugo Boss alla Oh Chair di Umbra. Inarrestabile, cosmopolita e innovativo, Karim Rashid persegue l’ideale della sperimentazione e dello stimolo, con una capacità senza precedenti di spaziare dal lusso del Veuve Clicquot, per il quale ha realizzato la Veuve Clicquot Globalight, una lampada- portabottiglia nata dall’interpretazione in chiave moderna delle linee classiche del candelabro francese, all’orologio Kaj firmato insieme ad Alessi. Reinventando la forma e la funzione degli oggetti che ci circondano questo designer è realmente in grado di cambiare il mondo.

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I want to change the world. Eclectic and brilliant, Karim Rashid. Pure creativity flowing through his veins along with his Egyptian and English roots Born in Cairo, he studied Industrial Design at Carleton University in Canada and then he specialized with the Italian architect and designer Ettore Sottsass and Rodolfo Benedetto in Italy. He now resides and works in New York. He has created more than three thousand designs, divided among the permanent collections of fourteen museums, including the Museum of Modern Art (MOMA). The stellar names and companies with which he has collaborated cannot be counted. Some examples? Alessi, Georg Jensen, EstÊe Lauder, Cappellini, Umbra, Prada, Miyake, Method, Horm, Kenzo, Magis, Giorgio Armani, Foscarini, Sony, Coca Cola, and Unilever. Then, there are his interior design of the Morimoto restaurant in Philadelphia and of the Semiramis Hotel in Athens, not to mention his 3D installations at the University stop of the Naples underground. Karim Rashid is a volcano. He is a democratic designer who aims at raising public awareness and involving the public in his art. Creator of culture, scholarly interpreter of the contemporary scene, his genius has received over three hundred international awards, including the Red Dot Award, Chicago Athenaeum Good Design Award, the ID Magazine Annual Design Review and the IDSA Industrial Design Excellence Award. His works invade all fora, from product design to furnishing interiors, from fashion to illumination passing through art. Sensual, poetic and visionary, these are the characteristics of the forms which he has created, often expressed in pink, in white, in neon yellow or phosphorescent orange. These being his favorite colors. Color is the cornerstone of his work being the unparalleled expressive and communicative component which drives the signed creations of Karim Rashid from a Garbo waste can to a plastic cleavage designed for the Melissa brand, from packaging designed for Hugo Boss scent to Umbra's Oh Chair. Unstoppable, cosmopolitan and innovative, Karim Rashid is pursuing the ideal of experimentation and stimulation, with an unprecedented ability to range from the luxury of Veuve Clicquot, for which he created the Veuve Clicquot Globalight – a lamp-bottleholder designed in a modern way along the classic lines of the French candelabra, to a signed Kaj watch for Alessi. In reinventing the form and function of objects which surround us, this designer, Karim Rashid, is really able to change the world.



34 L’ARTE CONTEMPORANEA DIVENTA ARCHITETTURA 40 LA MAGNIFICA REALTÀ DI NOUVEL




di Sara Lucci Noseda

L’ A RT E CONTEMPORANEA DIVENTA ARCHITETTURA La sua attività artistica spazia dalla pittura all’architettura e design, muovendosi liberamente nel campo progettuale dall’intervento a scala urbana alla creazione d’oggetti d’arredamento

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na mente geniale quella dell’irachena Zaha Hadid che a soli vent’anni consegue un master in matematica pura presso l’Università americana di Beirut. Ma è la progettazione la sua vera passione e così studia Architettura a Londra imponendosi in breve tempo per l’originalità e per il design inconfondibile. Si fa portavoce di un linguaggio architettonico nuovo, dinamico, e asimmetrico che l’ha condotta nell’olimpo dei designer. Tutto il mondo ammira le sue creazioni e non esiste città che non ne desidererebbe una per sé. Il suo ultimo lavoro ha confermato l’indiscusso talento. A lei si deve infatti la costruzione dell’Opera House di Guangzhou in Cina che, come un ciottolo nel fiume, si inserisce perfettamente nello scenario naturale di questo luogo. In ogni suo lavoro si ritrova la concezione estetica legata a quello che lei definisce "un fluido nuovo”. La maestria di Lady Hadid risiede proprio nel saper adattare le prospettive multiple ad una vita moderna sempre più caotica e veloce. Nella sua architettura si ritrova un senso di movimento e leggerezza: piegando e plasmando le forme crea una dimensione contemporanea attorno allo spazio metropolitano senza però alterarne l’identità culturale. È il caso del Maxxi, il museo capitolino di arte contemporanea, che Zaha Hadid ha incastonato nel cuore di Roma come una pietra preziosa. Questo perché il contesto in cui s’inseriscono è sempre ben calibrato e tale da determinare una sinergia totale con l’intorno. Sia a scala urbana che nello studio del particolare, il punto di partenza è l’intuizione sulle potenzialità delle forme e della loro percezione visiva. I volumi disegnati si caricano di tensioni e creano atmosfere particolarmente suggestive. Le sue architetture rileggono il movimento moderno e le avanguardie artistiche del Novecento, diventando punto di connessione di materie e tecnologie che evidenziano dinamismi, contrazioni ed esplosioni. Le medesime intenzioni si ritrovano nella sua idea di design. I complementi d’arredo

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Contemporary art becomes architecture. The Iraqi genial mind Zaha Hadid was only twenty when she got a Masters in Pure Mathematics at the American University of Beirut. But planning is her true passion and so she studied Architecture in London where she made her mark in a very short time with her originality and unique designs. She acts as a spokesperson for a new dynamic and asymmetric architectonic language that led her in the designers Olympus. Her creations are appreciated by the whole world and every city would like to have one of them. Her last work confirmed her absolute talent. We owe to her the Guangzhou Opera House in China that, like a pebble in a river, perfectly fit in the natural scenario of this place. In every works she made we can find the esthetic conception connected to what she defines “a new fluid”. Lady Hadid artistry stands in adapting multiple prospective to a more and more chaotic and accelerated modern life. In her architecture we can find a movement and a lightness sense: folding and forging shapes she creates a contemporary dimension around the metropolitan space without altering cultural identity. It is the Maxxi case, the roman museum of contemporary art, that Zaha Hadid mounted in the heart of Rome as a precious gem. This is because the contest in which they get in is always well calibrated so it can determinate a total synergy with the space around. Both in a urban scaling and in the study of the detail, the starting point is the intuition on the shapes potentiality and of their visual perception. Volumes designed are laden with tension and create a particularly striking atmosphere. Her architectures reread modern movement and the XX century artistic vanguards, becoming a connection point of technologies and materials that highlight dynamism, contractions and explosions. We can find the same intention in her design idea. The furniture signed by her are seductive and visionary. Here too there’s the esthetic that refuses the finiteness, absolute sense , that escapes




che portano la sua firma sono seducenti e visionari. Si ritrova anche qui l'estetica che rifiuta il senso del finito, dell’assoluto, che sfugge la percezione dello statico, del pesante e monumentale, basandosi invece su una sensibilità dell’impalpabile. Basta osservare “Mesa”, il tavolino ideato per Vitra, per rendersene conto. La materia viene modellata in una struttura in cui la forma non segue un’unica funzione ma è guidata dal flusso dello spazio, divenendo così qualcosa di plastico ed elastico. Nelle composizioni visionarie domina quindi il contrasto tra pieno e vuoto, la mancanza di limite e di staticità. Lo spazio, dapprima omogeneo e continuo, viene da lei frammentato e ricostruito in una molteplicità di visioni creando prospettive sempre sorprendenti. Un lavoro complesso in cui si dissolve l'idea dell'opera architettonica intesa come unità, per esaltare invece una composizione di elementi aggregati in un unicum contemporaneo di linee fluide che si muovono nello spazio. In questo modo Zaha Hadid si è imposta nella corte degli architetti più significativi del momento. Come un demiurgo del XXI secolo, dalle sue mani sono stati plasmati lavori capaci di interpretare lo spirito contemporaneo e stimolare una nuova sensibilità.

the static, heavy and monumental perception while it is based on impalpable sensitivity. It is enough to observe “Mesa”, the table created for Vitra, to realize it. The material is modeled in a structure in which the form is without a unique function but it is led by space flow, becoming something plastic and elastic. In the visionary compositions reign the contrast between empty and full. Space, at first considered to be homogenous and continuous, becomes fragmented and reconstructed in a varied multiplicity of visions which create ever surprising perspectives. A complex task emerges where the idea of architecture understood as a unity dissolves so as to enhance a composition of aggregated elements in an exceptional contemporary design of flowing lines which move in space. Like a XXI century demiurge, with her hands she can shapes and interprets the contemporary spirit stimulating a new sensitivity.


di Mauro Caprioli

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M A G N I F I C A R E A L T À D I N O U V E L L’immagine torna al centro dell’attenzione e l’uomo moderno riscopre l’importanza del bello grazie a Jean Nouvel uno degli architetti - designer più apprezzati dei nostri tempi.




be a painter. In 1966, he was admitted to the École nationale supérieure des Beaux-Arts in Paris, so beginning an artistic career spanning two decades, and which has led him to become today a world-renown established architect. His project portfolio is truly broad and spans the world. Famous examples are his Torre Agbar in Barcelona, the Conference Center in Tours, France, the Fondation Cartier in Paris, the Galeries Lafayette in Berlin, the Dentsu Building in Tokyo, and his most recent project, the Kilometro Rosso, a scientific-technological park in Bergamo, Italy. These are but some of the 70+ projects which have earned him numerous achievement awards, including his award of France’s Ordre des Arts et des Lettres and the prestigious Pritzker Prize which is considered the Nobel Prize of architecture. Jean Nouvel’s designs are not limited to buildings or residential areas but also includes many items for interiors. His many designs have included collaborations with Alessi, Figueras, Matteograssi, Moroso, Poltrona Frau, Molteni & C., Unifor, and Zeritalia. He encapsulates the model of modern man, fully the master of the world in which he lives. His ideas are full of cross references and mystery. The lines of his designs cut the air, molding spaces, and capturing reality. Demanding and original, he draws liberally from the world of art, film, literature, and philosophy in creating a positive new global network. Jean Nouvel’s works seem to be connected to each other, their flowing

’atto creativo diviene arte visiva, la luce e le superfici diventano protagonisti di creazioni che abbattono la barriere dello spazio e del tempo per fondersi con l’ambiente che le circonda. Questa è la filosofia creativa di Jean Nouvel. Il famoso architetto francese voleva fare il pittore, ma nel 1966, fu ammesso alla Scuola superiore di Belle Arti di Parigi, iniziando un percorso artistico che attraversa due decenni, e che l’ha portato a diventare oggi un consolidato designer a livello mondiale. Il suo corpus di progetti è davvero ampio e spazia da una parte all’altra del pianeta. Celebri esempi sono la Torre Agbar di Barcellona, il centro congressi di Tours, la Fondation Cartier di Parigi, la Galleria Lafayette a Berlino, la Dentsu Tower di Tokio o il più recente Kilometro Rosso, parco scientifico-tecnologico di Stezzano. Queste sono solo alcune delle opere che gli hanno valso il conseguimento di numerosi riconoscimenti, tra cui la nomina di Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere francese e il prestigioso Premio Pritzker, considerato il Premio Nobel dell’architettura. La sua produzione non si limita solo a palazzi o quartieri residenziali ma comprende anche innumerevoli oggetti per interni. Tra le sue collaborazioni si annoverano infatti quella con Alessi, Figueras, Matteograssi, Moroso, Poltrona Frau, Unifor, Zeritalia e Molteni&C. Jean Nouvel incarna il paradigma dell’uomo contemporaneo, pieno padrone del mondo in cui vive. Le sue idee sono ricche di rimandi e di mistero. Le linee del suo design tagliano l’aria, plasmano gli spazi, catturano la realtà. Esigente ed originale, attinge a piene mani dal mondo dell’arte, del cinema, della letteratura e della filosofia e crea una nuova rete globale positiva. Le sue opere sembrano connesse una all’altra, le loro linee fluide scorrono lungo i confini della Terra, moltiplicando e fondendo le realtà sparse per il globo. Un racconto della storia collettiva mondiale in continuo sviluppo e mutamento. La sua è un’arte open-source, cangiante, aperta e pulviscolare. Nouvel è l’architetto del concetto e del contesto, della smaterializzazione e dell'immagine. Come lui steso afferma “Non ci entusiasma più vedere come vola un aereo o come è fatto dentro un orologio. Oggi proprio la tecnologia ci permette di nascondere il tecnicismo. Pensiamo agli schermi piatti dei nuovi televisori: il "motore" è miniaturizzato, non resta che l'immagine. È l'estetica del miracolo ". A testimonianza di ciò ci sono le sue creazioni di interior design. Sedie, tavoli, divani, lampade e letti che esprimono a pieno il suo modo di intendere l’arte. Basta dare un’occhiata alla lampada al Led, Micro Telescopic, presentata all’ultimo Salone del Mobile di Milano, con una tecnologia che permette di scegliere l’intensità della luce in base alle esigenze. Ai divani creati per il marchio austriaco Wittmann o all’originale arredamento pensato per diversi hotel sparsi sul pianeta. Tutto riflette una visione del mondo particolare, la voglia di creare oggetti senza tempo che diventino padroni dello spazio e incantino gli occhi di chi guarda. Jean Nouvel porta l’architettura nel mondo del design, li fonde insieme per dare origine a idee nuove e a linee definite senza mai dimenticare però l’importanza dell’estetica. Una visione d’eccellenza che solo un genio dell’arte può possedere.

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“Il design e l'architettura sono un atto di modifica, temporanea, del luogo. Non costruiamo uno spazio, ma costruiamo nello spazio. Che è in continua mutazione, in perpetua trasformazione”. lines running along the earth's confines, multiplying and merging realities scattered around the globe. It is an account of global public history in continuous development and change. His is an open-source art which is at the same time both changing, open and dusty. He is both an architect of concepts and contexts, of dematerialization and of images. As he himself states, "It no longer excites us seeing a plane flying overhead or how the inside of a watch works. Today, technology allows us to hide technicality. If one thinks of the new flat screen TVs, when the internal parts are miniaturized, nothing remains but the image. It is the aesthetics of a miracle." His creations in interior design are evidence of this – chairs, tables, sofas, lamps, and beds which express a full understanding of his art. It is enough to take a look at his Micro Telescopic light-emitting diode lamp, displayed at the last Salone del Mobile in Milan, with a technology which allows the user to choose the required intensity level of light. He also created sofas for brand leader Wittmann of Austria, and has designed original furnishings for many hotels worldwide. All of this reflects a particular view of the world, the desire to create timeless objects which become masters of space to enchant the eye of the beholder. Jean Nouvel takes architecture into the world of design, blending them together so as to give rise to new ideas and to define lines, without ever forgetting the importance of aesthetics. His is a vision of excellence which only a genius of the art can possess.

Creative act becomes a visual art. Light and surfaces become the protagonists of creations which break down the barriers of space and time to blend in with the surrounding environment. This is the creative philosophy of Jean Nouvel, the famous French architect who wanted to

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COLLEZIONE FALL / WINTER 2011






























































108 IL POETA ARCHITETTO 114 VOGLIA DI MINIMALISMO 118 A MISURA D’UOMO



di Cristina Mania

I L P O E TA ARCHITETTO Le sue opere sono la sintesi perfetta di artificiale e naturale. I suoi edifici sono celebri in tutto il mondo. Dal neworkese Guggenheim alle suggestioni create dalla “Casa sulla Cascata�. Ovunque lo si osservi, comunque lo si guardi Frank Lloyd Wright rivela tutto il suo estro, nelle forme architettoniche come nel design




The Architect poet. Individual, space, nature. From these components, the modern architecture of Frank Lloyd Wright came to life. The key to understanding him is to find their perfect balance. Aesthetic taste is banned as is purely superficial taste. What he pursued was architectural space in which all its artificial components, arising from the work of man, had to find their rightful place alongside those of nature. There was a struggle in which the real victory was in the exact co-penetration, in the union between the parts, in the interconnection between the living elements. A harmonic space to share and in which to live. This solution was pursued and realized by the famous American designer, father of organic architecture. His most successful and pragmatic example of this theory was most certainly Fallingwater or Kauffman House, named after its owner. This is a truly lovely house built in 1936 over an actual waterfall, which seems to emerge naturally from the waters. Here, both the built and natural environments are fully integrated like the instruments of an orchestra which, skillfully led by its conductor, give birth to a single happily sounding harmony. In just admiring this masterpiece of modernity, it is possible to understand Wright's own words: "By organic architecture I mean an architecture which develops from the inside out, in line with the conditions of its being." He also asserts that “the time has arrived for architecture to recognize its nature, to

ndividuo, spazio, natura. Da queste componenti prendeva vita l'architettura moderna di Frank Lloyd Wright. La giusta chiave di lettura risiede nel trovare il loro perfetto equilibrio. Bandita la ricerca estetica o il puro gusto superficiale, ciò che andava perseguito ero lo spazio architettonico in cui tutti gli elementi artificiali, derivanti dal lavoro dell'uomo, dovevano trovare la giusta collocazione accanto a quelli propri della natura. Una lotta in cui la vera vittoria consiste nell'esatta compenetrazione, nel connubio tra le parti, nell'interconnessione tra gli organismi. Uno spazio armonico da vivere e condividere. Questa la soluzione inseguita e realizzata dal famoso designer americano, padre dell'architettura organica. Il suo esempio più riuscito e pragmatico di questa teoria è sicuramente “The Fallingwater” o “Casa Kauffman”, dal nome del suo proprietario. Si tratta della suggestiva casa sulla cascata costruita nel 1936 che sembra naturalmente emergere dalle acque. Qui ambiente costruito e ambiente naturale si integrano pienamente come gli strumenti di un orchestra che, sapientemente guidati dal direttore, danno vita ad un'unica eufonica sintonia. Soltanto ammirando questo capolavoro di modernità si riescono a comprendere le parole di Wright: “per architettura organica io intendo un'architettura che si sviluppi dall'interno verso l'esterno, in sintonia con le condizioni del suo essere affermando anche che - è giunta per l'architettura l'ora di riconoscere la sua natura, di comprendere che essa deriva dalla vita come oggi la viviamo e di essere quindi una cosa intensamente umana”. Ma il nome di questa straordinaria personalità, tra i maggiori esponenti del Movimento Moderno, si lega ad altre innumerevoli creazioni. Tra le tante è impossibile non citare il luogo divenuto simbolo dell' arte contemporanea: il Salomon R. Guggenheim di New York. La struttura occupa la celebre Fifth Avenue. Nato come tempio per le avanguardie, l’edificio stesso si impose come capolavoro artistico attirando su di sé l’attenzione della critica mondiale. Dalla strada, l'edificio appare come un gigantesco nastro bianco che si avvolge attorno a un cilindro la cui ampiezza aumenta con il crescere dell’altezza. Il suo aspetto contrasta fortemente con i più caratteristici grattacieli di Manhattan che lo circondano. Per questo c’è chi lo ha accostato a una Torre di Babele rovesciata che rimanda simbolicamente al potere della cultura che accomuna invece di separare. Oltre ad opere maestose questo genio dell’architettura ha lasciato traccia di sé e del suo pensiero innovativo anche in numerosi testi. Basti citare “Modern Architecture”, datato 1931, che raccoglie i discorsi pronunciati durante un ciclo di conferenze tenute l’anno precedente nell’università di Princeton. I suoi rapporti con Sullivan, considerato il padre del Movimento Modernista negli Stati Uniti, vengono ripercorsi in “Louis Henry Sullivan, Beloved Master e Louis Sullivan. His Work” (1924) in segno di commemorazione nei riguardi del maestro appena scomparso. Ma il punto di partenza lavorativo di Lloyd Wright erano state le cosiddette "prairie houses". Si trattava di costruzioni edilizie destinate ad un singolo nucleo familiare e generalmente complete di un proprio giardino. Queste case unifamiliari costituirono l’aspetto dominante del suo primo periodo. Qui si ritrovano i concetti di semplicità e comodità: la casa non è più un

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"Pensare semplice", come il mio vecchio maestro diceva, significa ridurre l'intero in parti più semplici, tornando così ai principi primari. understand it comes from life and has life as we live it today as its aim. Therefore, it has to be an intensely human thing.” However, the name of this extraordinary personality, one of the greatest exponents of the Modern Movement, is linked to many other creations. Among the many, it is impossible not to mention the place which has become the symbol of contemporary art – the Salomon R. Guggenheim Museum in New York. The building is located on the city’s famous Fifth Avenue, created as a home for avant-garde painting. The building itself is imposing as a master work of art which attracts the attention of critics worldwide. From the street, the building looks like a giant white ribbon which wraps around a cylinder whose width increases as it rises up. Its appearance contrasts sharply with the more typical Manhattan skyscrapers which surround it. There are those therefore who have juxtaposed it with an overturned Tower of Babel pointing back symbolically to the power of culture which unites rather than separates. In addition to majestic works, this architectural genius has left traces of himself and his innovative thinking in many written texts. Suffice it to mention Modern Architecture (1931), which collected the talks given by him during a course of lectures at Princeton University the previous year. His relationship with Louis Sullivan, considered the father of the Modernist Movement in the United States, is highlighted in Louis Henry Sullivan,

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qualcosa da esibire, uno status symbol, ma un luogo da vivere con la propria famiglia. Per lui le mura domestiche si identificano con il nido familiare, quel luogo accogliente che gli venne a mancare negli anni giovanili in seguito alla separazione dei genitori. Sicuramente tra le molte “prairie houses” vale la pena ricordare la “Robie House” che l’architetto disegnò per Frederick Robie nel quartiere di Hyde Park a Chicago. Anche qui la forma dell’edificio si plasma intorno all’ambiente naturale che la ospita. Ma non solo le mura dell’abitazione riportano la firma del grande architetto-designer. Anche gli interni, la disposizioni delle stanze, le luci, le finestre e gli arredamenti sono stati da lui ideati. A tal proposito lui stesso ha detto “è decisamente impossibile considerare l'edificio come un elemento ed il suo arredamento come un altro - aggiungendo che sono entrambi semplici dettagli strutturali della sua natura e completezza”. Nel suo lavoro troviamo tutta la creatività di una mente progressista capace di anticipare mode e tendenze. In lui ritroviamo l’architetto, il designer, il genio ma soprattutto l’uomo. Lo stesso che riflettendo sulla sua vita e sul suo mestiere amava ripetere “ogni grande architetto deve necessariamente essere un grande poeta. Deve essere un’originale interprete del suo tempo, dei suoi giorni, della sua epoca”.

Beloved Master and in Louis Sullivan. His Work (1924). These books were a token of remembrance of his teacher who had just died. But the point of departure in Lloyd Wright's work was the so-called prairie house. This was a building designed for housing a single family unit and generally complete with its own garden. These single-family homes constituted the dominant aspect of his first period. Here, the concepts of simplicity and convenience are to be found together. The house is no longer something to be shown, a status symbol, but a place in which to live with the family. For him, the walls of the house were identified with the family nest, that place which was missing from the years of his early youth following the separation of his parents. Most certainly, among the many prairie houses, the Robie House is worth remembering which the architect designed for Frederick Robie in the Hyde Park neighborhood of Chicago. Here too, the shape of the building is shaped around the natural environment which acts as its host. And not only the walls of the house carry the signature of the great architect-designer. Even the interiors, the layout of the rooms, the lights, the windows and furnishings were designed by him. In that regard, he said "It is definitely impossible to think of the building as one thing and its furnishings as another" adding that "They are both simple structural details of its nature and completeness." In Frank Lloyd Wright’s work, we find all the creativeness of a progressive mind capable of anticipating fashions and trends. In him, we find the architect, the designer, the genius, but above all, we find the man. When reflecting on his life and his job, he was fond of repeating, "Every great architect needs to be a great poet. He must be an original interpreter of his time, his days, of his age."



di Angela De Lizio

VOGLIA DI MINIMALISMO Le opere di Mies van der Rohe, quando l’eleganza è sinonimo di semplicità



Dio è nei dettagli” è il suo motto. “Less is more” è la sua filosofia. Ludwig Mies van der Rohe è l’architetto e designer tedesco da considerarsi il padre del minimalismo, la cui opera attraversa la storia del Movimento Moderno. Grandi maestri hanno incrociato la sua strada, per un processo di interscambio creativo che ha portato alla realizzazione di opere immortali. La sua vita è un’odissea, una ricerca che lo spinge oltre le colonne d’Ercole della consuetudine per sperimentare le potenzialità di nuove forme e materiali. Le architetture volgono al cielo con una nuova veste, i suoi grattacieli si stagliano nell’azzurro come moderne torri di Babele di vetro ed acciaio. La struttura si basa sui cardini dei templi classici greci, con basamento, colonna, frontone. Un trinomio di antichità che incontra l’avanguardismo delle metropoli. Il vero monumento al razionalismo e al minimalismo, è il Padiglione per l’Expo di Barcellona del 1929. Caratterizzato da una pianta "libera", il che permette al visitatore di vagare attraverso ambienti privi di confine netto, regalando una completa sensazione di dinamismo, in un gioco di infiltrazioni di luce naturale e specchi d’acqua. Creatore di spazi neutrali, basici, basati su linee essenziali ma ricercate nei particolari. Le strutture da lui realizzate nascondono una dialettica interiore tra la rigidità degli elementi portanti e la libertà degli elementi secondari. Non solo architettura, Mies van der Rohe crea anche oggetti di design destinati a diventare classici intramontabili, senza tempo e lontani dal carattere fulmineo della moda. La realizzazione più famosa è senza dubbio la poltrona Barcelona. In acciaio, con la seduta e lo schienale imbottiti in pelle, lavorata a riquadri fissati con dei bottoni. Di nuovo troviamo il suo amore per l’antico. Barcelona si ispira alle “sella curtis” greche e romane, alla cui base troviamo però l’inconfondibile guizzo di genialità contemporanea. I piedi non sono più paralleli ma angolati. Sedersi non è mai stato così comodo. Anche la sedia “Cantilever”, detta sedia a sbalzo, invenzione di Mart Stam, nasce dalla geniale intuizione di Mies van der Rohe della flessibilità dei tubi d’acciaio. Il designer tedesco le rende ancor più ergonomiche sostituendo le linee verticali dei piedi anteriori con due semicerchi. Nascono così nel 1929 le sedie modello Brno, ideate per la casa Tugendhat, con struttura in tubolare di acciaio, quasi dondolanti, che si integrano con lo spazio in modo armonico, regalando benessere al corpo. Nella semplicità risiede una complessità costruttiva ed ideativa fuori dal comune. Inizia la ricerca dell’eleganza nelle forme, della linearità, dove traspare il desiderio dell’essenziale, per un processo di vera purificazione, sintetizzata nell’opera di Mies van der Rohe.

and designer who is considered the father of Minimalism and whose works span the history of the Modern Movement. Great masters crossed his path in a process of creative interchange which led to the creation of his immortal works. His life was an odyssey, a quest which led him beyond the customary Pillars of Hercules in order to experiment with the possibilities of new forms and materials. His architectures turned skyward with a new look. His skyscrapers of glass and steel pierced blue skies like modern Towers of Babel. Structure was based on the cornerstones of classical Greek temples with their base, column and pediment. An ancient trio of principles which met at the coalface of new cities. The real monument to rationalism and minimalism was the Pavilion for the 1929 International Exposition in Barcelona. Featuring an open plan, it allowed visitors to wander through rooms without clear boundaries, giving a full sense of dynamism together with a play of natural light and reflecting pools of water. He was the creator of neutral, basic spaces, based on clean lines with great attention to detail. The structures built by him hide inside a dialectic between the rigidity of the carrier elements and the freedom of the secondary elements. Mies van der Rohe created not only architecture.

“I miei pensieri guidano la mano e la mano dimostra se il pensiero è giusto”. He also created design objects which were destined to become timeless classics, far from the instantaneous character of fashion. His most famous achievement was undoubtedly the Barcelona chair, created in steel, with its seat and black leather upholstery designed in squares secured with buttons. Again, we find his love for the bygone. The Barcelona chair was inspired by the Greek and Roman sella curulis in which we find the unmistakable flash of today's genius. Its feet are no longer parallel to the ground but at angles. Sitting down was never so comfortable. The so-called Cantilever chair, invented by Mart Stam, which was born from the brilliant intuition of Mies van der Rohe about the flexibility of steel tubing. The German designer made it even more ergonomic by replacing the vertical lines of the front feet with two semicircles. Then in 1929, there was the Brno chair designed for the Tugendhat House, with its tubular steel, almost swaying structure which integrated harmoniously and spatially, providing a comforting wellness for the body. In simplicity, there lay a complex, ideational, and quite uncommon design. The search for elegance in form, in linearity which reflected the desire of the essential started through a process of sheer purification, summarizing the work of Mies van der Rohe.

Desire for minimalism. God is in the details was his motto. Less is more was his philosophy. Ludwig Mies van der Rohe was a German architect

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di Marta Golfrè Andreasi

A MISURA D’UOMO Il binomio forma-funzione nell’opera di Le Corbusier, uno dei primi architetti a rivolgere la sua attenzione al design




rmonia delle forme e funzionalità. Utilità contro decoro fine a stesso. Irriducibile bellezza espressa dalla semplicità dell’oggetto. Si potrebbe riassumere così il design dei mobili di Le Corbusier che, a Parigi, lasciarono senza parole i visitatori del “Salon d’Automne des Artistes Décorateurs” del 1929. Il padre dell’architettura moderna, seguendo il principio dell’utile e della necessità dell’uso, realizzò con la collaborazione di Pierre Jeanneret e Charlotte Perriand oggetti che erano l’espressione della loro stessa funzione. E proprio “utilità” e “a misura d’uomo” sono le parole d’ordine di tutta la multiforme e ininterrotta attività di questo architetto, urbanista, pittore, scultore e scrittore. Charles-Edouard Jeanneret, meglio noto come Le Corbusier, nato in Svizzera ma francese d’adozione, fu il principale esponente del Funzionalismo e del Movimento Moderno. Il suo stile rivoluzionario, osteggiato in prima battuta dagli accademici, segnò profondamente le teorie artistiche moderne e fu teorizzato da lui nei così detti “Cinque punti di una nuova architettura”: i pilotis, i tetti-giardino, il plan libre, la fenetre en longeur, la facciata libera. Emblema del binomio forma-funzione alla base di tutte le sue opere di design è la “Chaise longue”, ispirata alla celebre “Morris chaise” di Philip Webb e definita “la vera macchina per riposare”. Risultato di approfonditi studi sul corpo umano e sulle differenze anatomiche tra uomo e donna, la sedia fu pensata per ottenere il massimo comfort ed essere integrata nell’habitat quotidiano. La sperimentazione dell’architetto non si limitò comunque solo alle forme ma interessò anche i materiali. Degli stessi anni della “Chaise longue”, il famoso “Tavolo Le Corbusier”, considerato a buon diritto uno degli oggetti più importanti della storia del design, fu realizzato con lo stesso metallo usato nella costruzione degli aerei.

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People friendly. The harmony of form and functionality. Usefulness against decorum an end in itself. Irreducible beauty expressed by the simplicity of the object. The furniture design of Le Corbusier could be thus summed up, just as they left speechless those who visited in Paris the 1929 Autumn Exhibition of Artistic Decorators. The father of modern architecture in collaboration with Pierre Jeanneret and Charlotte Perriand, following the principle of usefulness and the necessity of use, created objects which were the expression of their own function. Usefulness and people friendly were the watchwords of all the varied and continuous activity of this architect, urban planner, painter, sculptor, and writer. Charles-Édouard Jeanneret, better known as Le Corbusier, born in Switzerland, but French by adoption, was the leading exponent of functionalism and of the Modern Movement. His revolutionary style, opposed at first by academics, deeply marked modern artistic theories and was expressed theoretically by him in his so-called Five Points of a new architecture – his stilt piles, roof garden, open floor plan, horzional ribbon windows, and freely designed façade. The combined emblem of form and function at the root of all his design works is the Chaise longue, inspired by Philip Webb’s famous Morris chaise and was called "the real machine for resting". As a result of extensive studies on the human body and anatomical differences between men and women, the chair was designed for maximum comfort and for integration into the daily way of living. Experimentation by the architect, however, was not limited only to form but he was also interested in materials. From the same period as the Chaise longue, the famous Table Le Corbusier, in its own right considered one of the most important objects of design history, was built with the same metal used in aircraft construction.



124 L’ECCELLENZA ITALIANA 126 ALESSANDRO MENDINI, LA MISURA E IL GIOCO


di Sara Lucci Noseda

L ’ E C C E L L E N Z A I T A L I A N A Gio Ponti rappresenta l’eccellenza italiana nel mondo; Il design l’ha ideato, insegnato all’università, descritto come teorico e divulgato attraverso Domus. “Non è il cemento, non è il legno, non è la pietra, non è l'acciaio, non è il vetro l'elemento più resistente. Il materiale più resistente nell'edilizia è l'arte”

Amate l'architettura perché siete italiani, o perché siete in Italia; essa non è una vocazione dei soli italiani, ma è una vocazione degli italiani.” affermava Gio Ponti, il primo architetto designer a credere fortemente nell’internazionalità del prodotto italiano. Eclettico e fantasioso, sin dagli esordi ha coniugato classicità e modernità, artigianato ed industria con uno sguardo sempre attento alle innovazioni. Ha operato magistralmente in tutti i settori aprendo in Italia la strada all’industrial design di qualità. Si è occupato di architettura, di scene e costumi per la Scala di Milano, di interni navali, di oggetti d’arredo, di ceramiche e persino di tessuti. Lungo il percorso ha incontrato artisti e professionisti di altissimo livello quali Nervi, Fornasetti, Mollino. Altrettanto grandi le sue prestigiose collaborazione con aziende quali Cassina, Venini, Olivari, Fontana Arte. Di particolare rilievo quella con Richard Ginori, di cui fu anche direttore artistico negli anni ’30, e per la quale disegnò una collezione completa, premiata all’Expò parigino del 1925, che lo rese famoso. La sua produzione inizia con la progettazione di mobili e con la rivista Domus da lui fondata nel ’27 e diretta fino alla sua scomparsa. Nel 1930 alla Triennale di Monza propone con Virginia Pollini, la Casa Elettrica, un modello abitativo costituito da varie zone assemblate, arredate con "nuovi materiali nazionali" come il linoleum e il plexiglass. Ma la vera innovazione avviene nel ’50 con lo studio e la progettazione di "pareti attrezzate" ovvero strutture prefabbricate che permettevano di soddisfare diversi bisogni, integrando in un unico sistema attrezzature fino ad allora autonome. In quel periodo progetta anche la "Superleggera" prodotta da Cassina realizzata partendo da un oggetto già esistente prodotto artigianalmente ma migliorato nei materiali. Il suo stile si esprime però pienamente nel suo edificio più significativo: il Grattacielo Pirelli, simbolo di Milano, costruito intorno ad una struttura progettata da Nervi. Il grattacielo in calcestruzzo armato più alto del mondo, ben 127,10 mt, che appare come una slanciata ed armoniosa lastra di cristallo, che taglia lo spazio architettonico del cielo.

Italian excellence. "Love architecture because you are Italian, or because you are in Italy. It is not just an individual Italian vocation. It is rather the vocation of Italians." Giò Ponti was the first architect and designer to believe strongly in the international nature of Italian products. He was eclectic and imaginative, and from the very beginning, he combined the classical and the modern, craftsmanship and industry with a watchful eye looking out for innovation and experimentation. He worked in a masterly fashion in all sectors in Italy by opening up the way for quality industrial design. He worked in areas of architecture, in scenery and costumes for La Scala in Milan, in ship interior design, on items of furniture, ceramics, and even on fabrics. Along the way, he met artists and professionals of the highest level such as Nervi, Fornasetti, Mollino, and collaborated with prestigious companies such as Cassina, Venini, Olivari, Fontana Arte. A particular importance was the collaboration with Richard-Ginori of which he was the artistic director in the ’30s and for whom he designed a complete, award-winning collection for the 1925 Exposition Internationale des Arts Décoratifs of Paris, which made him famous. His production started in furniture design which he publicized in the Domus magazine founded by him in 1927 and which he edited until his death. In 1930 at the Triennale di Monza, with Virginia Pollini, he exhibited the Electric House, a housing model consisting of various assembled parts, decorated with “new Italian materials” such as linoleum and Plexiglas. The real innovation happened in the 50s with the study and design of wall units or prefabricated structures which satisfied different needs and which integrated, into a single autonomous system, fixtures which where up till then separately autonomous. At that time, he also designed the Superleggera, the super light chair, produced by Cassina, the Milan furniture firm, starting from an already existing crafted product, but then using improved materials. His style was expressed fully and most significantly with the Pirelli Skyscraper, a symbol of Milan, built around a structure designed by Nervi. The world's highest skyscraper in reinforced concrete, some 416 feet high, looked like a sleek and smooth sheet of glass, which cut the architectural space of the sky. “The strongest and most resistant element is not concrete, nor wood, nor stone, nor steel, nor glass. The strongest material in a building is art.”

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di Sara Lucci Noseda

ALESSANDRO MENDINI L’ I R O N I A E I L GIOCO Architetto e designer, artista, decoratore e provocatore, Alessandro mendini è protagonista degli ultimi quarant’anni di architettura italiana e responsabile di quel deciso cambio nello stile e nei contenuti, avvenuto negli anni ’80.


Alessandro Mendini. Irony and gameplay. If the slogan of modern architecture were to be “From spoon to city”, in Alessandro Mendini's case the motto would become “From the minute to the infinite”, as the title of the exhibition hosted by the Ara Pacis in Rome. Multifaceted as few other figures on the Italian cultural scene, from the time he was a boy, Mendini was interested in drawing, illustration and painting. By cultivating these passions, which would accompany him during his professional career as he moved from one hectic and engaging sketch to the next. He decided to study for a degree in architecture in Milan in 1959, successfully completing all aspects of its projects from the smallest on an urban scale. His creations go from jewels to handbags, passing by theatrical performances and the many public buildings such as the Groninger Museum in Holland, Stuttgarter Bank in Stuttgart, Germany, to his various designs in Japan, from the Dinosaur Museum in Fukui, to the Paradise Tower memorial in Hiroshima and the Stella Park in Hokkaido. His life has been full of successes and experiments. He began working for Nizzoli Associates, but his creative restlessness lead him in 1970 to devote himself to publishing. He worked for the architectural Casabella magazine, and founded the Modo magazine which he edited until Giò Ponti had him take over the running of Domus, the bilingual design and architectural magazine. His links with design continued alive and well, and intensified during the period devoted to these magazines, which he regarded as an experience of ‘an industrial design item produced in thousands of copies’. Then in 1979 and 1981, Alessandro Mendini was awarded coveted Golden Compass prize. He has designed objects, furniture, interior environments, pictures, installations, architectural projects and together with his brother Francesco, he opened the Atelier Mendini. Bisazza dedicated to him an exposition during the last Milan International Furniture Show, where has been exposed his creation made with golden mosaic. During the years he has worked in collaboration with Alessi, Philips, Cartier, Swatch, Hermés, and Venini, and is a consultant and image designer for various other industries. Mendini is an honorary member of the Bezalel Academy of Arts and Design in Jerusalem and is honorary professor at the Academic Council of Guangzhou Academy of Fine Arts in China. Alessandro Mendini is a master architect, a polymath and an extraordinary designer who, first of all, has cultivated and supported the modern values of transversality, flexibility, listening skills, dynamism, and openness to the world. The decor of our house becomes the setting for a private life.

e lo slogan dell’architettura moderna è stato “Dal cucchiaio alla città”, nel caso di Alessandro Mendini il motto diventa “Dall’infinitesimo all’infinito”, come il titolo della mostra ospitata presso l’Ara Pacis di Roma. Poliedrico come poche altre figure del panorama culturale italiano, Mendini è sin da ragazzo interessato al disegno, all’illustrazione ed alla pittura. Coltivando queste passioni, che lo accompagneranno nel percorso professionale trasferendosi in schizzi febbrili e coinvolgenti. Decide di studiare e nel 1959 si laurea in architettura a Milano operando con successo in tutte le diverse scale di progetto, da quella più piccola a quella a scala urbana. Le sue creazioni spaziano dai gioielli alle borse, passando da perfomance teatrali e dalle tante architetture pubbliche come il “Groninger Museum” a Groningen in Olanda, la “Stuttgarter Bank” di Stoccarda, fino ai diversi interventi in Giappone, dal “Dinosaur Museum” a Fukui, alla “Torre del Paradiso” a Hiroshima e al parco “Stella” a Hokkaido. La sua vita è costellata di successi ed esperimenti. Inizia a lavorare per lo Studio Nizzoli Associati, ma l’irrequietezza creativa lo porta nel 1970 a dedicarsi all’editoria. Dirige la

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“L'arredamento della nostra casa diventa il teatro della vita privata”. rivista Casabella, poi fonda la rivista Modo che dirige fino a quando Gio Ponti gli affida la guida di Domus. Il legame con il design vive e si intensifica proprio durante il periodo dedicato a queste riviste, vissute come “oggetto di design industriale prodotto in migliaia di copie" e già nel 1979 e nel 1981 Alessandro Mendini riceve l’ambito premio: il Compasso d’Oro. Realizza oggetti, mobili, ambienti, pitture, installazioni, architetture e insieme al fratello Francesco, apre l'Atelier Mendini. A celebrare il suo genio creativo ci ha pensato una mostra che Bisazza gli ha dedicato durante l’ultima edizione del Salone Internazionale del Mobile di Milano,dove sono state esposte le sue preziose installazioni rivestite in mosaico d’oro. Negli anni collabora anche con Alessi, Philips, Cartier, Swatch, Hermés, Venini ed é consulente di immagine e di design di varie industrie. E' membro onorario della Bezalel Academy of Arts and Design di Gerusalemme ed è professore onorario alla Accademic Council of Guangzhou Academy of fine Arts in Cina. Alessandro Mendini è un maestro dell’architettura e del design colto e solare che prima di tutti ha colto, e sostenuto, i valori della contemporaneità: trasversalità, versatilità, capacità di ascolto, dinamicità e apertura al mondo.

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132 I FRATELLI CAMPANA GENIALI ARTISTI DEL RECICLO 136 QUANDO LA LUCE SEDUCE



di Sara Lucci Noseda

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F R A T E L L I C A M P A N A G E N I A L I A R T I S T I D E L R I C I C L O I fratelli Campana dicono di aver imparato il loro modo di fare design dalla vita di strada e dalle lussuose penthouse delle grandi capitali. Dalla storia dell’arte e dai graffiti

The Campana brothers – brilliant recycling artists. Today’s most famous Brazilian designers and brilliant recycling artists of recent years, are undoubtedly Fernando and Humberto Campana. They are unusual candidates due the fact that Humberto is an architect by profession while his brother Fernando is a law graduate. Their creations are known worldwide, are colorful and funny, in articulate and unusual shapes, created mainly with the use of common materials, which used daily and then reused by them, such as cardboard, rope, apuì, which is a typical Brazilian rainforest plant, soft toys, plastic, wood, glass, and industrial waste. At the root of the two brothers' every design is the burning desire to reuse ordinary traditional materials which their inventiveness imbues with typical energetic Brazilian happiness and color. The continual reference to their country, where extreme poverty exists side by side with economic progress and large urban areas and wild rainforests, is constantly evoked in their work where research and experimentation are to be found in the bold juxtaposition of dissimilar materials and in large works which are characterized by intricate designs forming bold armchairs, tributes to the local fauna, as well as very, very brightly colored sofas and carpets that hint back to Brazil's lush rainforests. This ironic and alternative complementary approach to design suggests furnishings which combine different materials, such as natural fibers mixed with colored plastics that create wicker chairs. This is how new forms of genetically modified mutant furniture, multi-seater armchairs, chairs with traditional backrests and seats in colored plastic, mixtures of materials and colors are created. All absolutely unique pieces! Courted by big galleries and collected by amateurs, they do not pretend to be artists but try and keep a positive contact with production realities. For them, ‘Beauty indeed lies in the creative moment. However, the most integral part of an object is to be sought in its production stages.’ For this reason, many of their prototypes become design objects thanks to their collaborative work with outside workshops and international companies, especially the Italian design factories such as Alessi, Vitra and Edra.

più famosi designers brasiliani, geniali artisti del riciclo degli ultimi anni, sono senza dubbio Fernando e Humberto Campana: personaggi atipici a cominciare dal fatto che Humberto è architetto mentre il fratello Fernando è laureato in legge. Le loro creazioni, note in tutto il mondo, sono colorate e divertenti, dalle forme articolate e insolite, create principalmente con l’utilizzo di materiali poveri, di uso comune e di riuso, come cartone, cordame, apuì, una pianta tipica della foresta pluviale, peluche, plastica, legno, vetro e scarti industriali. Alla base di ogni creazione dei due fratelli c’è il vivo desiderio di rilettura di materiali tradizionali, provenienti dal quotidiano, che la loro inventiva riesce a caricare di quell’ allegra e colorata energia tipica del mondo brasiliano. Il contino rimando alla loro terra, dove convivono estrema povertà e progresso economico, grandi metropoli e foreste selvagge, è rievocato continuamente nelle realizzazioni dove la ricerca e sperimentazione, si ritrova nell’ accostamento ardito di materiali dissimili e nelle grandi installazioni caratterizzate da grovigli che formano ardite poltrone, omaggio alla fauna locale, così come coloratissimi divani e tappeti che rimandano alle lussureggianti foreste brasiliane. Quest’approccio ironico e alternativo al design propone complementi d’arredo in cui si fondono materiali diversi, come le fibre naturali mescolate a plastiche colorate che modellano sedute in vimini. Nascono così nuove forme “geneticamente modificate”: mobili mutanti, poltrone multiposto, sedie con lo schienale tradizionale ed il piano seduta in plastica colorata: pezzi assolutamente unici. Corteggiati dalle grandi gallerie e collezionati da amatori non si atteggiano ad artisti ma mantengono un positivo contatto con la realtà produttiva. Per loro: «La bellezza sta sì nel momento creativo, ma la parte più integrante di un oggetto va cercata nelle fasi di produzione». Per questo molti dei loro prototipi diventano oggetti di design grazie alla collaborazione con i laboratori esterni e aziende internazionali e soprattutto Italiane: Alessi, Edra o Vitra.

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di Marta GolfrĂŠ Andreasi

QUANDO LA LUCE SEDUCE Tra lampadine alate, reti di cristalli e lampadari d’acciaio e carta giapponese, prende forma la magia del light designer Ingo Maurer



forma della lampadina. Le gocce d’acqua incastrate nelle reti dei pescatori e i riflessi del sole mattutino nella Laguna di Venezia sono le immagini che danno vita a “Lacrime del pescatore”, un lampadario composta da tre reti di nylon e 350 cristalli. “Disegnare una lampada solo per illuminare una stanza ha poco senso – spiega Maurer – la luce non si deve limitare ad illuminare ma deve raccontare una storia.”

o chiamano il poeta della luce, ma lui odia questa definizione perché quando lavora non pensa alla poesia ma alla seduzione. Formatosi nel settore grafico e tipografico tra Germania, Svizzera e, successivamente, New York e San Francisco, Ingo Maurer è stato il protagonista dell’ultimo “Salone Internazionale del Mobile” di Milano con la sua “Spirits Flying High”, un’installazione a Led dai colori verde e bianco, e “Ablaze - sentimento (s)travolgente”, una piccola casa in fiamme dalle forme elementari e asimmetriche. La sua passione per l’illuminazione nasce quando era bambino e ammirava i giochi della luce con il vento e i riflessi sui muri. Per lui disegnare una lampada significa espressione, emozione, racconto ed è per questo che ogni sua creazione è unica e originale, un oggetto artigianale e metaforico dai molteplici significati. Ingo Maurer inizia la sua attività professionale negli anni Sessanta, quando fonda lo studio “Design M” e inizia la produzione di oggetti che fanno eco alla cultura pop e alle avanguardie artistiche di

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When light seduces. He is called the poet of light, but hates the name because when he is working he is not thinking of poetry but of seduction. Trained in graphics and typography in Germany, Switzerland and, later on in New York and San Francisco, Ingo Maurer has been the leading light, excuse the pun, at the latest International Furniture Exhibition – Salone Internazionale del Mobile – in Milan with his Spirits Flying High, a green and white colored LED installation and with his Ablaze – overwhelming upset feelings , a small house going up in flames in basic and asymmetrical shapes. His passion for lighting began when he was a child and used to admire the play of light caused by wind and reflections on the walls. To draw a lamp for him means expression, emotion, a story. That is why his every creation is unique and original, a hand-crafted and metaphorical object with multiple meanings. Ingo Maurer began his career in the sixties, when he founded “Design M” and began producing objects which echoed pop culture and artistic avant-garde items of that decade, such as Bulb Clear, an incandescent bulb enclosed in a giant lamp of blown glass with a polished chrome base, and Light Structure, a luminous set of six incandescent glass and plastic tubes. His Heart Attack, a chandelier with forty-eight adjustable hearts is made with plastic and mirrors, and Zettel 'z 6 consists of a host of sheets of Japanese paper attached to steel cables. These are fascinating works which combine design, art and sculpture, created to investigate the fascination of light through new forms. His trials and experimentation continue with lighting fixtures, both for interior design as well as for urban settings. He has received accolades from around the world, among which, the Munich Design Prize (1999), the Barcelona Primavera del Disseny (2001), the Copenhagen Georg Jensen Prize (2003), the title of Royal Designer of Industry (2005), while the Royal College of Art in London has conferred an honorary degree on him in 2006. The observation of the magic of light is, in fact, an inexhaustible source of inspiration for light designer Ingo Maurer who claims to be in love with the shape of the bulb. The drops of water trapped in fishing nets and reflected in the morning sun in the Venice Lagoon are the images which inspired Fisherman’s tears, a chandelier composed of three nets of nylon and 350 pieces of crystal glass. "Just designing a lamp to light up a room makes little sense," Maurer explains, "the light should not be limited to simply illuminating, but must tell a story."

“Ho tanti ricordi d’infanzia legati alla luce. Ricordo benissimo il gioco dei riflessi di luce sul muro, sul mare, sotto gli alberi.” quegli anni, come la “Bulb Clear”, una lampadina a incandescenza rinchiusa in una lampada gigante di vetro soffiato e base cromata lucida, e il “Light Structure”, un insieme luminoso formato da sei tubi a incandescenza in vetro e plastica. Sua anche la “Heart Attack”, un lampadario con quarantotto cuori orientabili realizzati con materiale sintetico e specchi, e la “Zettel’z 6” composta da una miriade di fogli di carta giapponese agganciati a cavi d’acciaio. Opere affascinanti che uniscono design, arte e scultura, volte ad indagare il fascino della luce attraverso forme inedite. E proprio la sua sperimentazione continua sugli apparecchi d’illuminazione, sia per il design d’interni che per le installazioni urbane, ha ricevuto riconoscimenti in tutto il mondo: tra gli altri, il “Premio di Design” della città di Monaco di Baviera (1999), il “Primavera del Disseny” a Barcellona (2001), il premio Georg Jensen a Copenhagen (2003), il titolo di “Royal Designer of Industy” (2005), mentre il “Royal College of Art” di Londra gli ha conferito la “Laurea honoris causa” (2006). L’osservazione della magia della luce nella realtà, è l’inesauribile fonte d’ispirazione di questo light designer, che si dichiara innamorato della

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di Sara Lucci Noseda

ANISH KAPOOR IL COLORE E IL VUOTO “Le opere di Kapoor sono configurazione di oggetti, diventano giardini o luoghi, invadono lo spazio della sala e lo assorbono fino a renderlo parte dell'opera stessa. Hanno titoli che suggeriscono immagini mitologiche induiste�.



Kapoor con le sue sculture vuole coinvolgere direttamente il pubblico. I lavori di Kapoor sono stati esposti in tutto il mondo sia in musei che in gallerie private, tra i quali la Tate Modern di Londra, il Museum of Modern Art di New York, il Reina Sofia di Madrid e lo Stedlijk Museum di Amsterdam.

nish Kapoor è uno degli artisti più significativi nel panorama dell'arte contemporanea internazionale. Nato a Bombay da padre indiano e da madre ebrea irachena vive e lavora a Londra sin dagli anni settanta affermandosi sulla scena mondiale come artista e architetto. Le sue opere indagano la dialettica degli opposti: uomo e donna, luce e tenebre, interno ed esterno, ed è l'utilizzo del colore nella sua purezza a diventare elemento costante delle sue creazioni e simbolo della sintesi tra oriente ed occidente. Il percorso artistico di Kapoor si compone di due fasi complementari. Alla prima appartengono le opere dei primi anni ottanta: oggetti scultorei con forme tra l'astratto e il naturale, realizzati in materiali naturali come granito, calcare, marmo, legno e gesso, completamente ricoperti di pigmento puro, in cui l’intenso colore nasconde l'origine del manufatto e suggerisce l'idea di sconfinamento. Gli oggetti di forma irregolare richiamano il cromatismo indiano dai toni caldi e sono arricchiti di una particolare energia che si crea sulle loro superfici specchiate che riflettono o assorbono la luce e la realtà che li circonda. Tra gli intensi colori utilizzati da Kapoor c’è il rosso in tre differenti tonalità: cadmio, porpora e

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Anish Kapoor. Color and vacuum. Anish Kapoor is one of the most significant artists on the contemporary international art scene. Born in Bombay of an Indian father and an Iraqi Jewish mother, he now lives and works in London since the seventies where he has established himself on the world stage as both an artist and architect. His work investigates the dialectic of opposites: male and female, light and darkness, inside and outside, and it is the use of color in all its purity which has become his creations' regular feature and the symbol of the synthesis between East and West. Kapoor's artistic path has been made up of two complementary phases. To the first belong the works of the early Eighties – works with sculptural forms between the abstract and the natural, made with natural materials such as granite, limestone, marble , wood, and chalk completely covered with pure pigment, where intense color hides the origins of the manufactured item and suggests an idea of crossing frontiers. Among the intense colors used by Kapoor in three different shades: cadmium, purple and vermillion, to enhance the passion and energy of volumes; yellow and black fixed to his sculptures with synthetic resin; orange and Prussian blue – the latter color especially loved by esoteric philosophy and used in many religions to describe all that is sublime, spiritual, transcendent, and infinite. It is used by Kapoor to dematerialize forms and make them untouchable, allowing us to comprehend the real nature of what we are observing. His works are the configuration of items. They become gardens or better places, invading the space of the room and absorbing the surrounding to make it part of the work itself. Yellow belongs to this period – a monochromatic work of 65 square feet, which due to its color emanates energy and makes the viewer daydream. It is overwhelming in size and makes a play with its concave-convex lines and how they are perceived by the individual. These concepts, honed by the artist in the Nineties, have produced what may be recognized today as his distinctive characteristics: more and more monumental size sculptures representing his staging of the vacuum, made tangible by a cavity which is filled or emptied. His works produced during this time seem to disappear into walls or floors, destabilizing assumptions about our physical world. From Inside Out in 1995, to the massive 125-ton sculpture Cloud Gate in 2004, on permanent display in Chicago's Millennium Park, Anish Kapoor has wanted to involve the public directly with his sculptures. Kapoor's works have been exhibited worldwide in museums and in private galleries, including the Tate Modern in London, the Museum of Modern Art (MOMA) in New York, the Reina Sofia in Madrid, and in the Stedlijk Museum, in Amsterdam. ‘I have made objects where things are not what they at first appear to be. A stone may lose its weight or an object in a mirror can blend into its surroundings so as to appear like a hole in space.’

“Ho fatto oggetti in cui le cose non sono quello che in un primo momento sembrano essere. Una pietra può perdere il suo peso o un oggetto in modo speculare può mimetizzarsi nei suoi dintorni da apparire come un buco nello spazio”. vermiglio, per intensificare la passione dei volumi, il giallo e il nero attaccati alle sculture con resina sintetica, l’arancio e il blu di Prussia. Quest’ultimo colore, particolarmente amato dalla filosofia esoterica e usato in molte religioni per indicare tutto ciò che è sublime, spirituale, trascendente ed infinito, è impiegato da Kapoor per smaterializzare le forme e renderle impalpabili, impedendoci di comprendere la reale natura di ciò che stiamo osservando. Le opere sono configurazione di oggetti, diventano giardini o meglio luoghi, invadono lo spazio della sala e lo assorbono fino a renderlo parte dell'opera stessa. Di questo periodo è Yellow, l’opera monocroma di 6 metri quadrati, che grazie al colore fa sognare ad occhi aperti. E’ travolgente nelle dimensioni e gioca sulle linee concave convesse e su come esse vengono percepite dall’individuo. Questi concetti, approfonditi dall’artista negli anni novanta, producono quelle che possono essere riconosciute come sue caratteristiche peculiari: sculture di dimensioni sempre più monumentali che rappresentano la sua messa in scena del vuoto, reso tangibile da una cavità che si riempie o svuota. Le opere realizzate in questo periodo sembrano scomparire in pareti o pavimenti, per destabilizzare le ipotesi sul mondo fisico. Da Inside Out del 1995, alla massiccia scultura da 125 tonnellate Cloud Gate del 2004, in esposizione permanente a Chicago's Millennium Park,

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