Creatività: potenziale senza barriere

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Creatività: potenziale senza barriere

Quaderni del Volontariato 2017

12 Associazione Senza Confini

a cura di Nicoletta Farris

sociale Centro Servizi per il Volontariato Perugia Terni

Quaderni del volontariato CESVOL PERUGIA EDITORE 2017

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Quaderni del volontariato 2

Edizione 2017


Cesvol Centro Servizi Volontariato della Provincia di Perugia Via Campo di Marte n. 9 06124 Perugia tel 075 5271976 fax 075 5287998 www.pgcesvol.net pubblicazioni@pgcesvol.net

Edizione Luglio 2017 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono Stampa Digital Editor - Umbertide

tutti i diritti sono riservati ogni produzione, anche parziale, è vietata ISBN 9788896649619


Il coraggio della testimonianza Non soffermatevi adesso su questa breve introduzione. Tornateci dopo. Quando avrete colto senza mediazioni di sorta, il significato o i significati dei quali chi ha scritto il libro ha voluto renderci partecipi. In qualche caso anche senza troppa consapevolezza, il che, se possibile, rende questa trasmissione di saperi e conoscenze ancora più preziosa, in quanto naturale ed “istintiva”. Ma di cosa stiamo parlando? Di una scelta coraggiosa. Gli autori di questi testi, di questi racconti, hanno fatto una scelta coraggiosa perché hanno pensato di testimoniare la propria esperienza. Ma in quale tipo di società? Una società per la quale forse queste esperienze rimangono tutt’altro che virali (usando un termine contemporaneo) e spesso rischiano di rimanere nell’ombra. Una società che ha fra i propri tratti dominanti dei suoi componenti una innegabile riduzione del senso di appartenenza alla comunità, ad un gruppo allargato che sia in grado di condividere non solo ideali e visioni, ma anche obiettivi e cose da fare insieme per il bene comune. Certamente il quadro è stato complicato ed accelerato dalla individualizzazione della comunicazione nella scatola dei social, che hanno creato di fatto una nuova forma di relazione, che per qualcuno integra la relazione pre-digitale, per altri l’ha completamente sostituita. Ebbene, quale sarebbe questa scelta coraggiosa? Questi autori non si sono limitati ad un inutile e sterile lamento che parlasse dei bei tempi che furono, di quando c’era la piazza, di quando il Welfare era in un certo senso il vicinato, la famiglia allargata, la comunità solidale per natura. Di fronte al nuovo adagio che “non c’è più nessuno o nessun organismo sociale e relazionale che sia in grado di restituire alla nostra 3


società la flebile speranza di quello che potremmo definire un umanesimo post-moderno” che “stiamo coltivando la cultura del nemico”, chi ha scritto questo libro ha capito che l’organismo sociale e relazionale in grado di ricomporre e tenere unito il tessuto connettivo più profondo delle nostre comunità può essere ancora il fare associazionismo. Mettersi in relazione con altre persone per condividere una certa visione della realtà, dare senso al proprio tempo valorizzando quello che ognuno sa fare per metterlo in circolo nella propria comunità, occuparsi del prossimo o, più laicamente, dedicarsi alla relazione d’aiuto. Sono tutte azioni possibili, visto che una certa fetta della popolazione, in Italia ed in Umbria, sembra dedicarsi con una certa continuità ad un qualche tipo di impegno “solidale” e di cittadinanza attiva. E lo fa traendo linfa vitale dalla “dotazione di base di ogni persona”, da quel patrimonio di umanità e di empatia che, ognuno porta con sé dalla nascita. Quella sorta di componente genetica di solidarismo, che non tutti hanno la fortuna di concretizzare per vicende personali o per altre esperienze del proprio vissuto che, ad un certo punto della vita, ci rendono forse troppo attenti a noi stessi, al nostro individualismo.. e ci fanno perdere di vista l’altro, l’affresco complessivo delle relazioni, il cosiddetto bene comune. E allora? Cogliamo il valore di queste esperienze dal racconto diretto di chi le pratica nel suo quotidiano. E’ uno dei modi possibili per apprezzare il significato sotteso di queste testimonianze e per prendere consapevolezza che oggi, più di sempre, dedicarsi al volontariato, all’associazionismo e, più in generale all’impegno di cittadinanza attiva resta una scelta, adesso sì, coraggiosa. Salvatore Fabrizio Cesvol Perugia I Quaderni del Volontariato 4


CreativitĂ Potenziale senza barriere a cura di Nicoletta Farris

Associazione Senza Confini



Creatività: potenziale senza barriere

NEL GRANDE SOLCO L’attività sociale testimoniata da questo volume, che il CeSVol di Perugia pubblica nella collana “I Quaderni del Volontariato”, si inserisce in un solco tracciato 50 anni fa, nel 1956, da don Franco Monterubbianesi, a Capodarco di Fermo; un solco che anno dopo anno si è articolato e ha preso piede, con modalità diverse ma ispirate allo stesso principio di fondo, in diverse città d’Italia, tra le quali Gubbio, stavolta con il nome di Comunità di Capodarco dell’Umbria. Ci siamo occupati di emarginazione, particolarmente di quella che concerne i disabili fisici (ieri) e psichici (oggi) Oggi il semplice nome “Capodarco” evoca un particolare stile d’intervento nel sociale, con particolare attenzione alle due categorie cui abbiamo accennato. Uno stile condensato in una parola: PERSONA. E non poteva essere diversamente, dato che era stato un prete a dare il la all’iniziativa, un prete che non intendeva imporre a nessuno la sua fede religiosa nell’uomo, ma coagulare quanti volevano collaborare con lui intorno a quell’antropologia che promanava in linea diretta da quella fede: l’antropologia della persona, appunto. Ogni uomo è persona. Ogni uomo è un centro unico e intangibile di dignità infinita, non quantificabile, non rinunciabile. Lo è il bambino autistico non meno che il Premio Nobel per la Medicina. Lo è il vecchio il cui corpo si sta disfacendo non meno che le splendide donne che incontriamo alle feste. 7


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Come persone siamo tutti assolutamente uguali.

Altra cosa è la personalità. Come personalità siamo tutti l’uno diverso dall’altro. E non può non essere così, visto che personalità è. • capacità di scegliersi autonomamente il fine che si è convinti possa dare senso alla propria vita; • capacità di scegliere i mezzi giusti per raggiungere quei fini. • padronanza del “gioco” mobile che inevitabilmente si instaura fra fini e mezzi e che va continuamente registrato, perché non è automatico. E proprio in ordine a questi tre elementi che individuano la personalità, ci si imbatte in tanti soggetti … “disturbati”, a causa di un deficit fisico, o a causa di un deficit psichico, o per un vissuto relazionale oppressivo o dispersivo. Di tanti tipi possono essere le personalità … “disturbate”: ma dietro ogni personalità, per quanto disturbata, c’è una persona con tutta la forza, limitata ma non distrutta dai guasti e dai limiti della personalità: e questo dato vogliamo cogliere ed esaltare quando esso ci si rivela, magari nel momento più inatteso. Quando uno di questi nostri “ragazzi”, assistendo in TV ad un incidente mortale, ha gridato “Chiama l’ambulanza!” noi abbiamo festeggiato l’evento come si festeggia una laurea con 110 e lode. 8


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La chiamiamo: assolutizzazione del relativo: ogni conquista, anche quella oggettivamente piccola, che un nostro “ragazzo” realizza sulla via della crescita della sua personalità va celebrata come un fatto di grandezza umana assoluta.

Capodarco ha dunque scelto di valorizzare le personalità “disturbate” che la provvidenza mette sulla sua strada, e intende farlo in nome della loro infinita dignità di persona. Come? Innanzitutto accogliendole nella propria vita privata, nella vita intesa nella sua trama quotidiana, nella materialità dei suoi eventi, in quella che, in maniera sublime, don Vinicio Albanesi, ha definito “la condivisione del cesso”. Poi lavorando con loro perché ognuno di loro parli. Un parlare vero, rivelativo dell’interiorità di chi parla e del suo modo di vedere il mondo che lo circonda.

“Che sia povero o ricco, conta meno: basta che parli”, Con questa frase, che nel 1974 il Ministero della Pubblica Istruzione assegnò come tema agli esami di maturità dl tutte le scuole di ogni ordine e grado, don Milani riassumeva quello che egli intendeva per “scuola”. Nel 1800 la legge Coppino aveva definito la scuola come l’istituzione che deve formare i quadri dirigenti del paese. Cinquanta anni fa Don Milani la ridefinì in radice: La scuola è l’istituzio9


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ne che dà a ciascuno, le basi per essere uguale di fronte a tutti gli altri. Tutti debbono arrivare a parlare. Anche coloro la cui personalità è disturbata, anche fortemente disturbata, hanno qualcosa da dire, se qualcuno si affianca al lor sforzo di dirlo

Gustatevelo, questo viaggio che la nostra dr.ssa Nicoletta Farris vi propone. Sarà un modo eccellente per dare alla parola “umanità” così spesso umiliata e compressa, tutta l’ampiezza che merita Gubbio, agosto 2017 don Angelo M. Fanucci

Presidente della Comunità di Capodarco dell’Umbria

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QUESTO PICCOLO GRANDE LIBRO

Questo libro contiene dieci racconti, che sono venuti alla luce in maniera aritmica, magmatica ma affascinante, a partire dal 2013, quando si è deciso di dare inizio ad un progetto assai particolare, nel quale coinvolsi altri operatori e volontari con i quali lavoro. Il titolo del progetto, abbozzato e poi portato avanti a singhiozzo, era EDUCARE LE LIFE SKILLS; esso doveva prendere forma nel Laboratorio del Centro Diurno della Comunità di Capodarco dell’Umbria sito in via Elba a San Marco, per poi continuare nel nuovo e vivace Centro Diurno “Le Farfalle”, al quale la Comunità stessa ha realizzato nella Zona Industriale di Padule Fornacette. Partimmo. Giorno dopo giorno i risultati andavano prendendo forma in maniera rizomatica, crescevano così come crescono i rizomi, le buie radici degli alberi che svettano nel cielo. Un grande progetto, lavorare ad evidenziare ed esaltare le skills, le potenzialità di quei “ragazzi” che lo Stato ci affida perché portatori di un qualche deficit fisico o psichico. Ce li affida, lo Stato, e (il più delle volte) ci chiede di “custodirli”, si accontenta se con noi essi “rimangono tranquilli”; ma il “custodialismo” è inconciliabile con quella fede nel primato della persona dalla quale la Comunità di Capodarco ha preso le mosse e nella quale ha vissuto i primi 50 anni della sua vita (1956-2016): ogni persona, per quanto 11


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… compromessa tra le articolazioni della sua personalità, conserva sempre delle potenzialità che vanno educate, nel senso più letterale della parola: e – ducere, portare fuori (la preposizione e o ex in latino indica il movimento da dentro a fuori), portate alla luce, fatte emergere. Tra le skills presenti nei “ragazzi” io intendevo far emergere in particolare la skill della creatività, ma non sapevo minimamente che piega, nel suo svolgersi, avrebbe preso il lavoro che mi accingevo a portare avanti. Chiaro era solo l’obiettivo finale: dare ad ogni soggetto coinvolto la possibilità • Di cogliere quanto di creativo viveva e vibrava, vive e vibra in lui, e aiutarlo a dargli forma attraverso il canale verbale; • Di amplificare la capacità di espressione di sé, già in atto attraverso il canale verbale, mediante la rappresentazione grafica e pittorica; • Di incentivare l’autostima e la consapevolezza delle proprie potenzialità. Come primo esito del mio impegno con loro, dovetti prendere atto con intima soddisfazione della totale verità di una frase di Donald W. Winnicott, una locuzione che mi aveva sempre colpito: La capacità di provare ancora stupore è essenziale nel processo della creatività. Ancora e ancora. Per umanizzare il lavoro, ogni tipo di mansione, la professione, ogni tipo di professione, è di 12


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grande importanza mantenere intatta e operante la capacità di stupirsi; senza meraviglia non si va da nessuna parte; chi non conserva pimpante la capacità di stupirsi rischia di finire nella noia, nella quotidianità demotivante. Quando poi si lavora ad un progetto che vuole far emergere le skills di un soggetto in difficoltà, quella capacità di stupirsi è non solo importante ma indispensabile: si tratta, infatti, di cogliere quell’attimo fuggente, che nei soggetti che prendiamo in carico appare improvviso e subito si dilegua, ma esprime, il senso di quanto viene agito o anche soltanto di quello che accade all’interno di quel particolare progetto, nella relazione tra operatore e la persona che l’operatore ha preso in cura; è così che l’educatore, il genitore, l’insegnante e, in modo certo diverso ma altrettanto vivo, gli stessi protagonisti, colgono il dinamismo di un’evoluzione in continuo movimento, la linea portante dei piccoli e grandi processi di cambiamento e di crescita, del singolo individuo e del gruppo, poiché lo sviluppo della persona e del collettivo sono sempre complementari. Tutto questo ci interpella a fondo, come operatori sociali, come educatori, come genitori, come insegnanti, ci chiede con forza di essere estremamente vigili e attenti alla particolarità di ogni singolo processo. La crescita umana di un individuo piccolo o grande, valido o disabile che sia, accade sempre per vie inedite e irripetibili. Se perdiamo lo “stupore” e, la “meraviglia” di quell’attimo unico, in cui una persona a noi affidata apre uno spiraglio, confida qualcosa d’importante, osa esistere, fare, essere, esprimere un suo bisogno o una sua potenzialità nascosta, 13


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il progetto va in frantumi. A mano a mano che nel nostro Laboratorio il progetto andava avanti, mi accorgevo, e con me ne godevano i miei collaboratori. • Che innanzitutto i “ragazzi” andavano scoprendo quanto fosse importante l’idea che portavano in sé e che veniva fuori nel colloquio con l’educatore. • Che in secondo luogo si convincevano che anche l’idea degli altri era importante e meritava rispetto tanto quanto la propria.

Le storie cha a poco a poco venivano a disporsi una dopo l’altra suscitavano in me un’attenzione crescente, perché mi trasportavano in un viaggio al termine del quale la fantasia invitava tutti, piccoli e grandi, a tuffarsi in un mare di creatività della quale nessuno sospettava l’esistenza e che ognuno di quei “ragazzi” stava tirando fuori a modo suo. Osservare dei soggetti che fino allora, dal punto di vista delle personali convinzioni, avevano vissuto come in letargo, come se non avessero nessuna possibilità, osservarli mentre combattevano per valorizzare la loro idea, mi coinvolgeva fino allo stordimento. E ogni giorno si moltiplicavano gli episodi che rilanciavano ulteriormente stupore e meraviglia. Assistere ad esempio all’instaurazione di una sinergia tra complicità e rivalità, mi faceva rimanere stupita e nello stesso tempo spingeva la 14


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mia mente ad “andare oltre”, a seguirli nei loro percorsi in quel loro mondo fantastico senza barriere. E lì che ho capito che bisognava osare e sognare, perché da questo punto di vista ha ragione Proust: i sogni sono l’unica realtà e per giunta non costano nulla. Di più. Non si poteva lasciare quel potenziale inespresso, non si poteva lasciare alle tante persone comuni che lo pensano, la convinzione che questi “ragazzi”, queste persone meravigliose, fossero considerati incapaci di creatività. Bisognava puntare più in alto, di quella produzione raccogliere tutto senza lasciarne cadere nemmeno una briciola, raccogliere, sognare ad occhi aperti, e regalarsi un attimo di vera scoperta: così è nato “Scrittori per un giorno”. Vi ringrazio, “ragazzi” (per me siete e sarete sempre “ragazzi”) per aver suscitato in me uno stupore, una meraviglia di cui non mi sapevo capace. E spero che ogni essere umano possa stupirsi meravigliarsi, nella quotidianità del giorno dopo giorno, per le piccole cose, gli eventi piccoli ma che meritano ascolto e possono suscitare ascolto, accoglienza tali da far sentire all’individuo di poter essere se stesso, in tutto il suo potenziale personale: persona a 360 gradi. Alla fine di ogni racconto sono citati dei titoli di canzoni, data, dal bagaglio musicale di ognuno e da una ricerca musicale meticolosa, abbinandola ad ogni narrazione e al suo contenuto. Ogni storia di questo libro ci porta in un viaggio di fantasia, dove grandi e piccoli possono tuffarsi, sognare ad occhi aperti e regalarsi un attimo di vera scoperta, 15


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poiché come dice Proust: la vera scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel vederli con nuovi occhi. Dott.ssa Nicoletta Farris Coordinatrice Responsabile C.D. Le Farfalle, Comunità di Capodarco dell’Umbria Presidente Associazione Senza Confini

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COMMENTI “Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.” Partendo da questa citazione di Albert Einstein si è creduto e si è portato a termine il progetto “scrittori per un giorno”; non rimanendo imprigionati dall’etichetta di ritardo mentale, con conseguente definizione di mancanza di astrazione e fantasia; ma si è cercato di fare insieme a loro e provare a scrivere con loro. La creatività è capacità, un talento di vedere le cose da una prospettiva altra, quello che spesso fanno le persone con ritardo mentale nel trovare soluzioni ai loro bisogni primari (mangiare, fumare, ecc), ed in questo sono molto bravi. Partendo da questa competenza che li accomuna si è cercato, guidati sapientemente da personale qualificato, mettendo ognuno le proprie competenze a disposizione dell’utente, di capire come favorire l’espressione di questo canale. Le storie che compongono questo libro non sono altro che l’espressione creativa di ogni partecipante assemblate da persone che sono riuscite ad amalgamarle e renderle fiabe piene di empatia ed emozione. Per emozionarci prima di leggerle è bene immaginare una stanza e tanti piccoli sorrisi che l’illuminavano creando un’atmosfera piena di patos, gioia e spensieratezza, senza nessun fine se non quello della purezza. Dott. Daniele Minelli Psicologo

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“Se l’esigenza di dar voce al proprio sé, alle peculiari caratteristiche della personale identità vale antropologicamente per tutti i soggetti, a maggior ragione tale bisogno risulta amplificato nelle persone interessate da disabilità, storicamente relegate in condizioni di marginalità, isolamento e inadeguato riconoscimento sociale e culturale”. Così scrive in un suo contributo al saggio “Pedagogia speciale oltre la scuola”, Patrizia Gaspari, docente associato di pedagogia speciale presso l’Università di Urbino e questo deve aver pensato Nicoletta Farris quando ha progettato il laboratorio di narrazione con i suoi “ragazzi”. A differenza di altre modalità espressive, infatti, la narrazione consente di dar voce contemporaneamente alla ragione, all’immaginazione, all’emozione e al sogno e dunque permette di non scindere aspetti la cui unità e fecondazione reciproca sono fondamentali. Ciò che Nicoletta non aveva progettato né previsto è stata la trasformazione del piccolo ruscello iniziale in un fiume in piena. I ragazzi, prima timidamente, poi con sicurezza ed entusiasmo crescenti, hanno potuto sperimentare, attraverso il racconto, “un luogo” di esperienze corporee – cognitive – relazionali dove la costruzione di storie è stata strumentale alla socializzazione, al potenziamento di capacità residue, al rispetto del pensiero “altro” e, non ultimo, anche forma di divertimento e riflessione. Il laboratorio è diventato luogo dell’anima, luogo in cui, da un’iniziale “c’era una volta” si sono diramati infiniti racconti e la storia ha acquistato, magicamente, con lo stupore di tutti, senso e significato. Scrittori per un giorno raccoglie dieci racconti di “ragazzi” che sono solo il momento finale di un vissuto personale e di gruppo così ricco e coinvolgente che ha messo a nudo i pensieri, le speranze, i sogni, le fantasie, le potenzialità di ognuno. Se oggi i “ragazzi” hanno una nuova luce negli occhi, non è a caso!!! Patrizia Maurizi insegnante 18


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Bambini, ragazzi, donne e uomini ci esprimono i loro sentimenti con ogni sistema comunicativo e tutti noi, almeno una volta, abbiamo giudicato l’altro per il modo in cui si esprimeva; ma abbiamo mai riflettuto veramente sulla creatività? Si, proprio quella caratteristica che potrebbe rivelarci la vera origine del modo di comportarci e comunicare. Non ha limiti, è “senza confini”; irradia voglia di vivere, ma fonte di pensieri “strampalati” se osservati da chi non vuol vedere oltre la cortina di fumo..oltre i propri confini. Le storie scritte da questi autori ci rivelano la vera natura dell’altro, di coloro che per varie vicissitudini si trovano a vivere un mondo parallelo. La leggerezza e la grazia con cui si esprimono ci accoglie, ci esorta a comprendere a ad amare “chi” non cosa e come. Dott. Angelo Masci Volontario Ass. Senza Confini

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“ Il pensiero creativo è di tutti e per tutti” A. Munari. Con questa frase s’intende portare il lettore a una grande riflessione. Si tende a parlare di creatività come un’eccellenza riservata a pochi eletti, quelli che appunto rientrano nelle categorie degli artisti o dei creativi, capaci di generare opere d’arti che sono tali poiché non lasciano trasparire la fatica del gesto che l’ha creato. Si tratta della leggerezza della maestria che in se contiene una grande energia. Come afferma il romanziere inglese Gilbert Keith Chesterton: “ Una forza mediocre si esprime con la violenza, la forza suprema si esprime con la leggerezza”. La leggerezza sembra una dimensione negata alle persone diversamente abili che quotidianamente si trovano ad affrontare il peso insostenibile dei propri limiti o dei confini a loro attribuiti senza dare o credere nelle loro potenzialità nascoste. Durante la lettura dei racconti si avverte la leggerezza del pensiero creativo nei ragazzi che ha permesso loro, di non fermarsi davanti alle difficoltà. La creatività è la risoluzione efficace di un problema che dà origine a un circolo virtuoso, è proprio questo che ha contribuito a motivare i soggetti stessi giovando ad aumentare la fiducia in se stessi, la gratificazione e lo stato di benessere generale. Dott.sse Tiziana Mosca e Margherita Pascolini Insegnanti e Consiglio Direttivo Ass. Senza Confini

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L’immagine che più mi è rimasta impressa collaborando a questo progetto riguarda l’entusiasmo di tutti i partecipanti, capace di superare insicurezze e difficoltà. In un puzzle come questo prodotto dalla creatività di tante menti, tutti si sentono responsabili del proprio tassello e allo stesso tempo liberi di dare sfogo alla propria fantasia. Dott.ssa Lia Mason Volontaria

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Durante il mio percorso universitario Ho avuto la fortuna di vivere un’esperienza indimenticabile. Svolgere il tirocinio presso la Comunità di Capodarco dell’Umbria è stato per me molto formativo e grazie all’ aiuto di Nicoletta sono riuscita a svolgerlo in modo veramente autentico e attivo. Insieme a lei e a tutti i ragazzi della comunità ho collaborato al progetto scrittori per un giorno“ Educare le life skills”, approfondendo in particolare la skill, la creatività. Attraverso tecniche di gruppo come brainstorming e circle time, abbiamo iniziato a costruire delle storie che portano con se piccoli vissuti di ognuno, gioie e paure che attraverso il racconto sono state un po’ esorcizzate. Ci siamo messi in discussione e anche se all’ inizio non è stato facile sono venute fuori delle storie bellissime. Sono fiera ed orgogliosa di aver collaborato a questo bellissimo progetto e sono felice che dentro a quelle storie ci sia anche un pezzetto di me. Elena Lippi Tirociniante

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“Scrittori per un giorno” è un progetto che ha unito anime ed emozioni. È un progetto dove i ragazzi hanno potuto dar voce alla loro fantasia, ai loro personaggi interiori, senza aggiungere filtri; essendo trasparenti come solo loro sanno fare. Ogni personaggio di queste storie, come ogni disegno, sono frutto di momenti intensi dove leggerezza e trasparenza hanno fatto capolino in una quotidianità molto spesso inadatta a quella grandezza. Ogni piccolo dettaglio di questo libro porta con sé qualcosa d’immenso, qualcosa di unico. Io, personalmente, ho avuto modo di vedere i ragazzi all’opera, ho avuto modo di vedere la loro fantasia prendere forma e colore. Ed è stata un’emozione indescrivibile. Posso solo reputarmi fiera di aver contribuito, anche se in minima parte, a questa grande creazione. Perché è di creazione che si parla. I ragazzi hanno creato racconti tirando fuori piccole parti di loro stessi, mettendosi in gioco ed amando il loro mondo un po’ di più. È stato magico assistere a tutto questo; è stato magico essere la penna dei pensieri di grandi persone, di grandi menti, di grandi anime. Perché loro sono grandi, come grandi sono le loro fantasie ed i loro sogni. Dott.ssa Lucia Moscetti Volontaria

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LA NASCITA DELLA CACCIA AL TESORO C’era una volta Morfeo, il Dio del Sonno, che non dormiva mai perché aveva il compito di vegliare sugli umani. Infatti, ogni notte andava a trovare gli uomini di tutto il mondo, eccetto chi soffre d’insonnia, chi lavora di notte e chi deve studiare. Morfeo aveva il potere di decidere il destino dei sogni e degli incubi e di trasformarli a seconda dello stato d’animo dell’uomo interessato, condizionandone l’intera giornata. Il suo controllo trasmetteva positività e contribuiva a far passare belle giornate; era essenziale per rendere gli incubi, sogni indimenticabili.

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Un giorno, mentre vagava immerso nei suoi pensieri, vide un pescatore che si trovava in difficoltà perché non riusciva nel suo lavoro, e pensò di poterlo aiutare facendogli trovare le reti che aveva gettato in mare, piene di pesci. Così facendo, gli permise di poter sfamare la sua famiglia e vendere al popolo il pesce rimanente. Il pescatore poté, così, realizzare i suoi sogni e quelli dei suoi cari. Vedendo lo sguardo felice e soddisfatto del suo nuovo amico, Morfeo, decise di smettere per un po’ di correggere i sogni e di cambiare direzione alla sua vita. Il suo nuovo ruolo gli era molto caro, tanto da decidere di partire per un lungo viaggio alla ricerca di pescatori da poter aiutare. Durante la sua nuova avventura, Morfeo si trovò con la sua barca nel bel mezzo di una brutta tempesta, dove onde altissime lo fecero precipitare in mare. La sua grande paura dell’acqua lo costrinse a chiamare aiuto e, come per magia, vide apparire da lontano la nave Ulisse timonata dalla sua donna capitano, Minerva. Minerva, vedendo Morfeo che stava per affogare, si tuffò subito in acqua, lo portò in salvo e, per farlo riprendere dallo spavento lo portò a bordo di Ulisse, dove lui confidò alla sua salvatrice di aver paura dell’acqua. Minerva consigliò a Morfeo di continuare il suo viaggio nonostante il brutto incidente accaduto e gli offrì un corso di nuoto per poter affrontare la sua paura. Morfeo la ringraziò e da quel giorno s’impegnò profondamente nel seguire le lezioni di Minerva ed imparò così a nuotare; il suo viaggio per il mondo continuò senza aver più paura dell’acqua. Il suo grande desiderio di viaggiare era nutrito dalla voglia 26


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di vedere nuovi posti e di conoscere nuove persone; infatti, fece molte amicizie e vide molti posti nuovi. Tra le persone conosciute, una in particolare era un po’ più speciale: un vecchio pirata, con il quale si creò un’amicizia unica ed indimenticabile. Il pirata voleva così tanto bene a Morfeo da decidere di confidargli il punto dove poter trovare un tesoro. Non fu difficile per Morfeo riuscire a trovare il tesoro ed, una volta raggiunto questo nuovo obiettivo, si diede a spese pazze e decise di creare un luogo dove vecchi pirati, come il suo amico, potessero incontrarsi per trascorrere il loro tempo insieme e per non rimanere più soli. I pirati che frequentavano questo luogo ebbero una brillante idea: decisero di invitare tutti i bambini ad ascoltare le loro storie di vita. I bambini, affascinati dai racconti, resero omaggio ai vecchi pirati dando origine al gioco ”La caccia al tesoro”. Morfeo, felice della sua splendida esperienza e delle sue nuove emozioni, decise di ritornare al suo vecchio ruolo di protettore nei confronti degli umani, perché l’aver raggiunto una nuova mèta lo fece riflettere sul suo vero ruolo e capì che gli uomini si affidavano a lui, ed era arrivato il momento di tornare a proteggere i loro sogni. Canzoni: Il tesoro (canzone scout) Mentre dormi- Max Gazzè

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AMICIZIA TRA POLI OPPOSTI In un bel giorno di primavera, Felicità decise di fare una passeggiata. Durante il suo cammino, incontrò un amico che non vedeva da molti anni, Tristezza. I due, avendo la sensazione di non essersi mai separati, decisero di partire per un viaggio per raccontarsi quello che era successo durante gli anni: aereo, direzione America. Una volta arrivati, presero in affitto una casa disabitata da molti anni; le persone che c’ abitavano prima non pagavano l’affitto ed erano state costrette a spostarsi. Parlando del più e del meno, i due si ritrovarono ad affrontare l’argomento che li aveva separati: un brutto litigio causato dalla divisione di una grossa somma di denaro. Felicità, infatti, aveva preso più soldi di quelli che gli spettavano senza dire nulla a Tristezza; lo aveva fatto perché voleva fare dei regali ai suoi amici per festeggiare i loro compleanni. Felicità, nonostante gli anni trascorsi e nonostante questa nuova vicinanza, decise di restituire i soldi e di sentirsi a posto con la coscienza. Per festeggiare la loro riappacificazione, decisero di continuare il loro viaggio ed andare a Venezia. Appena arrivati si sistemarono in albergo e, dopo aver mangiato un bel piatto di pesce, uscirono per fare un giretto in centro. Si fermarono in discoteca e, dopo aver ballato, andarono a mangiare un gelato per concludere al meglio la serata. La mattina seguente, appena svegliati, si accorsero che durante la notte erano entrati i ladri nella loro stanza; trovando la porta aperta avevano approfittato per rubare soldi, 28


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documenti e qualche oggetto. In preda al panico, chiamarono il proprietario dell’albergo e successivamente la polizia, alla quale denunciarono l’accaduto. Per non rimanere completamente senza soldi e nell’attesa che le pratiche della denuncia portassero ad una soluzione, iniziarono a cercarsi un’occupazione, trovando lavoro in un piccolo bar in centro. Un giorno, entrò nel bar un loro amico di vecchia data: Gioia. Gioia disse ai due amici che, avendo saputo della loro riappacificazione, era stata proprio lei a mandare i ladri in albergo, perché voleva dare una lezione a Felicità. Voleva farle capire che le cose materiali, i regali, i soldi non sono così importanti; i valori della vita sono altri, come l’amicizia, il rispetto ed il perdono. Felicità sembrò aver imparato la lezione ed abbracciò Gioia, scoppiando a piangere. A quel punto Gioia rintracciò i ladri e permise ai due amici di riavere indietro gli oggetti rubati. 29


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In realtà, però, Gioia aveva mandato i ladri a rubare nella loro stanza perché era geloso del rapporto che c’era tra Felicità e Tristezza; voleva farli litigare perché Felicità aveva abbandonato Gioia per legarsi a Tristezza. Felicità, rendendosi conto della situazione, spiegò a Gioia che è diventato amico anche di Tristezza perché Tristezza è in grado di offrire emozioni che Gioia non sa dare. Come Gioia è in grado di offrire emozioni che Tristezza non sa dare. Era più una questione di “completezza”, piuttosto che di “legame maggiore o minore”. Felicità, Tristezza e Gioia, così, cominciarono a frequentarsi di nuovo, ritornando un trio formidabile. Impararono a convivere, con i giusti litigi e le giuste risate. Questi tre amici, sottolineano quanto sia bella condividere e vivere insieme, con le differenze che caratterizzano ognuno. Sono proprio le differenze che ci rendono fratelli, proprio come queste tre emozioni. Canzoni: Io ci sarò – 883 Un Amico è così – Laura Pausini Emozioni- Battisti

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LA GARA DI MOTOCICLETTE C’era una volta Iris, una giovane ragazza che amava scrivere romanzi e poesie, ma che per guadagnarsi da vivere lavorava come inserviente presso la ditta Kawasaky. Un giorno pensò di parlare con il suo capo Arturo, chiedendogli se potesse provare una moto. Il suo capo acconsentì e gli fece provare una moto in pista. Meravigliato dalla sua bravura, le propose di iscriversi ad una gara per principianti. Iris rimase sorpresa della proposta, convinta che fosse una cosa per soli uomini, ma senza pensarci troppo accettò con l’accordo che si sarebbero trovati in pista il mese successivo. Nel frattempo Iris decise di fare delle prove da sola, portandosi con lei solo il suo amato cane, Kid. In un giorno piovoso, però, durante una delle prove, la moto di Iris scivolò e lei non riuscì a tenerla. Ordinò al suo cane di andare a chiamare i soccorsi, i 32


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quali arrivarono poco dopo, guidati da Kid, e misero Iris su una barella per portarla al pronto soccorso. Appena Arturo scoprì dell’incidente, si precipitò in ospedale e proibì ad Iris di partecipare alla gara a causa delle ferite riportate. La ragazza, delusa dalla situazione, si sentì avvilita, sconsolata ed afflitta. Quando, finalmente, poté uscire dall’ospedale, andò subito da Arturo, ma lui non volle saperne niente ed imperterrito rimase della sua idea: lei non avrebbe partecipato alla gara. Iris guarì in fretta e decise di cercarsi un altro lavoro. Un giorno, la contattò un agente dalla Yamaha e le propose di fare una prova, con la promessa che, se fosse andata bene, l’avrebbe fatta gareggiare al gran premio dei principianti. Iris superò la prova e diventò primo pilota della Yamaha. Tra una prova e l’altra, incontrò un ragazzo di nome Michele, che voleva imparare a guidare le moto. Michele, dopo alcuni mesi, si rese conto di provare qualcosa per Iris ed, un giorno, di fronte ad una cenetta a base di carne, le confessò di essersi innamorato, e decisero di fidanzarsi. Alcuni anni dopo, dal loro amore nacque un bel bambino, Enrico. Enrico, crescendo nell’ambito delle moto, si appassionò molto ed, arrivato alla maggiore età, convinse i suoi genitori ad aprire uno stabilimento per la costruzione di moto, di nome Garelli. Enrico imparò presto e molto bene a guidare le moto e, sin da subito, ottenne molte vittorie. Due anni dopo, però, i suoi genitori decisero di vendere l’ azienda perché ritenevano questo mondo troppo pericoloso ed avevano molta paura che loro figlio potesse perdere la vita continuando a correre con le moto. Enrico, anche se dispiaciuto, capì la scelta dei genitori e si ritirò dalla gare. Cominciò ad appassionarsi di politica e decise di impegnarsi diventando sindaco della loro città. 33


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Iris invece tornò alla sua vecchia passione ed iniziò a scrivere un romanzo autobiografico, nel quale il messaggio per i lettori era: assumersi sempre le responsabilità delle proprie azioni, non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà ed avere sempre il coraggio d’ inseguire i propri sogni. Dopo la pubblicazione del suo primo romanzo, Iris diventò una scrittrice molto famosa; il suo campo di scrittura era molto ampio, attraversava il fantastico, poetico, autobiografico e storico. I suoi libri, appena uscivano, andavano subito a ruba. Era molto soddisfatta ed orgogliosa del suo successo ed, insieme al marito Michele ed a suo figlio Enrico, decise di aprire una casa editrice. In poco tempo riuscì a guadagnare molti soldi; parte del guadagno lo investì per aprire una comunità dove chiunque fosse in una situazione disagiata poteva sentirsi al sicuro, alla quale diede nome “La casa di fratellanza di Iris”. Non riuscendo ad ottenere aiuti dallo Stato per il mantenimento della comunità, continuò a scrivere romanzi e gli ospiti erano molto stupiti di quanto fosse bassa la quota che dovevano versare per stare lì. Ma Iris spiegava sempre a loro che finché lei fosse stata in grado di scrivere non si sarebbero dovuti preoccupare perché al mantenimento della comunità ci pensava lei. Mentre Michele si godeva la pensione ed aiutava in comunità, Enrico si unì all’aiuto; quel lavoro lo faceva sentire bene. In questo modo, le loro vite cominciarono a procedere piene di felicità ed emozioni, e vissero tutti felici e contenti. Canzoni: Il tempo di morire- Lucio Battisti

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L’INCONTRO TRA EMOZIONI C’era una volta un’amicizia un po’ speciale, quella tra Paura e Speranza. Un giorno, le due compagne di avventura, decisero di andare in America a fare un viaggio.

Una volta giunte nella nuova terra, decisero di andare subito a divertirsi; chiamarono un taxi che le portò di fronte ad una discoteca di nome “Astia”. Una volta uscite dalla discoteca, un po’ brille e su di giri, attraversarono la strada distrattamente, senza notare una macchina che, presa alla sprovvista, prese sotto Paura. All’interno dell’auto vi era Passione, la quale, essendo preoccupata per ciò che era successo, scese dall’auto e corse verso Paura, rendendosi conto che era in condizioni difficili. Speranza, nonostante la difficile situazione, non si perse d’animo e chiamò l’ambulanza, la quale, giunta sul posto, portò i tre all’ ospedale “Moderno Carità”. Una volta en36


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trati in ospedale, un’infermiera portò Paura in sala rianimazione, dove il dottor Fortuna fece di tutto per salvare la paziente. Speranza, fiduciosa e spaventata, nonostante la segnaletica di non entrare in sala rianimazione senza il permesso, si avvicinò al dottore e gli chiese con fare un po’ insistente: “Mi dica la verità, ce la farà, vero?! Sono sicura che lei ce la metterà tutta per salvarla e che uscirà presto da questo ospedale” Il dottore, impegnato nell’urgente visita, rispose: “Parli con l’infermiera Verità, lei le saprà dare le giuste risposte”. A quel punto, Speranza si diresse verso Verità, chiedendole: “Come sta?”. L’infermiera rispose: “La sua amica, purtroppo, è in gravi condizioni, ma cercheremo di fare il possibile.” “Lo so - disse Speranza - qui siete veramente un 37


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equipe speciale. Paura non poteva trovare di meglio” Amore, sorella di Passione, ricevette una chiamata da Speranza durante la quale la informò sull’accaduto. A quel punto, insieme al fidanzato Cuore, Amore si precipitò in ospedale, preoccupata per le condizioni di Paura, e cercò di consolare la sorella Passione, disperata per quanto era successo: “Mi dispiace tanto per il dolore che ho provocato, non mi sono accorta della presenza di Paura”. Mentre Amore era in ospedale, incontrò Speranza, colei che l’aveva avvisata dell’incidente. Gli sguardi tra i due cominciarono sin da subito ad essere talmente tanto intensi, da far scoccare il colpo di fulmine. Ma Amore, essendo fidanzata con Cuore, cercò di stare più distante possibile da lei, per non complicare la situazione. Nonostante il cercare di evitarsi, i due non riuscirono a farne a meno ed iniziano a parlarsi per darsi forza l’una con l’altro: “Non ti preoccupare - disse Amore - andrà tutto bene”. “Anche io ho fiducia nei dottori che le guariranno”, ribatté Speranza.

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Trascorrendo del tempo al bar “Pocket coffen”, presente all’interno dell’ospedale, Amore e Speranza cominciarono ad avvicinarsi sempre di più, all’insaputa di Cuore, che stava assistendo Passione. Inizialmente Amore e Speranza cercarono di nascondere a Cuore la verità del loro amore, a causa del momento di difficoltà che stavano vivendo con i propri cari. Con le cure dei medici e dei chirurghi Paura e Passione riuscirono piano piano a guarire ed uscirono dall’ospedale ormai fuori pericolo. Passato un po’ di tempo, Amore e Speranza decisero di dire la verità a Cuore. In particolare, Amore affrontò Cuore e gli disse: “Cuore ti devo parlare: io e Speranza ci siamo sostenuti l’uno con l’altro in quel momento difficile e ci siamo accorti che è nato un amore profondo tra noi due. Con dispiacere ti devo dire che ci dobbiamo lasciare, anche se ti ho sempre voluto bene”. Cuore di fronte a queste parole divenne dispiaciuto e triste, ma cercò sin da subito di mettersi l’anima in pace e ricominciare un’altra vita. Amore e Speranza, liberi di vivere la loro storia, andarono in vacanza al mare e si comprarono una casa per vivere insieme. Canzoni: La cura - Battiato

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IL GIOCATORE E LA REGINA DI CUORI Nick era un giocatore di carte da poker, che prendeva lezioni da un pokerista campione del Sud America, perché voleva partecipare al torneo “Pik-Pok”, che si svolgeva in California. Chi avrebbe vinto il torneo, avrebbe sposato Laura, la donna più ricca della nazione americana, la quale era in cerca di una persona che assomigliasse a suo padre, il più grande campione nel gioco del poker, quindi uno dei migliori giocatori sulla piazza. Mentre Nick si stava allenando con il suo allenatore Francisco, in compagnia di un ricco spuntino, all’improvviso arrivò una scossa di terremoto. I due si alzarono velocemente, scapparono e si ritrovarono in una foresta. Tra gli alberi, videro una ragazza. Era Laura, ma Nick e Francisco non conoscendola di persona, non la riconobbero. Appena lei si accorse della loro presenza, do40


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mandò: “Perché scappate?”. “Siamo scappati dal Casinò perché abbiamo sentito una forte scossa di terremoto”, rispose Nick. Laura disse di non aver sentito nulla ed i tre cominciarono a parlare del più e del meno, decidendo, infine, di pranzare a casa della ragazza. Dopo una grande abbuffata, Francisco, cominciando a rendersi conto della situazione, domandò: “Sei forse tu, la proprietaria del Casinò?”, e lei rispose: “Si, sono io” e, guardandosi negli occhi, cominciarono ad ascoltare un famoso musicista che iniziò a suonare il piano, cantando “Più bella cosa non c’è” di Eros Ramazzotti. Il tempo volava passando la giornata insieme a chiacchierare, tanto che Nick, i giorni successivi, continuò a tornare a casa della donna, decidendo un giorno di confidarle un suo grande segreto: “Cara Laura, ti voglio confessare una cosa: in questi giorni passati insieme ho capito che forse provo un sentimento per te, che crea confusione dentro me: è il mio amore.”. Lei rispose in modo inaspettato: “Scusami Nick, ma io devo sposare il vincitore del torneo, anche se credo che questo sentimento sia vivo anche in me, credo di amarti anche io.” Nick, triste, ma deciso a non arrendersi, le disse: “Non ti preoccupare, Laura, perché anche io parteciperò al torneo e farò una strage; vincerò sicuramente e riuscirò a sposarti”. 41


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Iniziato il torneo, però, Nick non ebbe la fortuna dalla sua parte; purtroppo, già durante la prima manche si rivelò essere sfortunato, perse subito la prima partita e si trovò costretto ad abbandonare il desiderio di stare con Laura, la quale iniziò a piangere, molto triste e dispiaciuta. Per Laura fu troppo grande il dolore, tanto da decidere che per calmarsi le servisse un po’ di riposo; così si trasferì nel convento delle suore di Frappappina, dove si sistemò nella sua nuova stanza. Solo il tempo riuscì a migliorare un po’ le cose; infatti, dopo tre anni, Laura riuscì a dimenticare Nick ed uscì dal convento. Nel frattempo, a vincere il torneo era stato Garcia, con il quale Laura fu costretta a sposarsi. Nick, intanto, per dimenticare il suo grande amore e la sua vecchia vita da pokerista, si trasferì a New York, dove conobbe la sua futura moglie, un’americana di nome Alison, di Manhattan. Un giorno, Nick, decise di comprare una roulotte, per andare in vacanza al mare con Alison. I suoi interessi erano cambiati, ormai; giocare a Baseball in spiaggia con gli amici, mangiare pizza ed ascoltare musica, avevano preso il posto del poker. Passarono gli anni ed una sera come tante, durante una cena con gli amici, i suoi occhi notarono una donna familiare sul tavolo accanto. Stupito, Nick si alzò e, dando ascolto alla sua curiosità ed al suo cuore, si diresse verso quel tavolo, la guardò e le domandò, sbigottito: “Ma sei proprio tu, Laura?”. Lei, presa alla sprovvista, ricevette un colpo al cuore e rispose: “Nick! Si, sono io, non posso crederci! Ti vuoi accomodare accanto a me?”. Lui si sedette e sentì una forte emozione, così cominciò a domandarsi se quella donna fosse mai uscita realmente dai suoi pensieri. Lei, rimasta col42


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pita da quell’incontro improvviso ed inaspettato, domandò all’uomo: “Perché mi hai abbandonato e non ti sei fatto più vedere?”. “Perché era l’unico modo per dimenticarti, Laura, anche se ti amavo tanto. Avendo perso la partita pensavo che non mi volessi più e fosse finita per noi”, rispose Nick, capendo che l’emozione forte che sentiva dentro era molto più intensa di quanto potesse pensare. A quel punto, i due iniziano a frequentarsi di nuovo e Nick disse a Laura: “Non mi devi più lasciare da solo!”, ricevendo un sorriso di promessa da parte della donna. Di fronte a questi sentimenti riscoperti, Nick lasciò Alison, mentre Laura lasciò Garcia, così da sentirsi liberi di coronare il loro grande sogno; in questo modo Nick e Laura si sposarono, vivendo felici e contenti il resto della loro vita. Canzoni: In ginocchio da te – Gianni Morandi 43


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UNA GIORNATA SPECIALE Tre grandi amici di nome Aldo, Maicol e Walter, un bel giorno decisero di andare al mare a Marilandia, per divertirsi un po’. Dopo una ricca colazione, andarono in spiaggia a fare il bagno; Maicol e Walter si spinsero al largo, ma Walter capì subito che poteva essere pericoloso, così tornò indietro, mentre Maicol rimase sull’acqua alta. Ad un tratto, il

mare diventò mosso e Maicol, impaurito, iniziò ad agitarsi e, chiedendo aiuto, attirò l’attenzione del bagnino Peppino, il quale prese il pedalò e corse a salvarlo. Arrivato sul posto, però, si accorse di 44


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non vedere più Maicol.

All’improvviso provò una grande ed inattesa sensazione di pace e serenità. Intorno a lui, il mare divenne calmo e pieno di colori, mentre un canto melodioso sembrò come stringerlo in un dolce abbraccio.

Peppino, affascinato ed incantato, si dimenticò persino di Maicol, il quale era stato inconsapevolmente immerso in un meraviglioso posto sottomarino, in compagnia della fantastica Sirenella, la regina del mare sommerso. Maicol fu estasiato dalla sua bellezza, a tal punto che se ne innamorò, pur sapendo

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che la storia sarebbe durata il tempo di un sogno. Nel frattempo, Peppino, risvegliato dall’incantesimo, riprese le ricerche e decise di tuffarsi in mare lasciandosi gui-

dare dalla musica melodiosa. In questo modo, riuscì ad arrivare nel posto incantevole e fantastico dove vide Maicol e Sirenella e convinse il ragazzo a tornare dai suoi amici che erano molto preoccupati.

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Maicol, a malincuore, seguì Peppino ed arrivarono a riva, dove Aldo lo aspettava porgendogli un accappatoio per asciugarsi. Dopo l’intensa avventura, i tre amici andarono a pranzo insieme, riposandosi successivamente.


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La sera decisero di andare al cinema a vedere un cartone animato, dopodichÊ andarono alle giostre e salirono su un gioco molto veloce. Appena scesi dalla giostra, a causa della forte velocità , a tutti tre i ragazzi iniziò a girare la testa, tanto che caddero a terra. Quando riuscirono a rialzarsi, si guardarono e si resero conto di aver perso la memoria.

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Pensando sul da farsi, si misero d’accordo e decisero di chiamare la polizia. Non avendo un telefono, però, e non ricordando il numero della polizia, s’incamminarono a piedi per cercare la stazione più vicina. Dopo alcuni chilometri, la stanchezza iniziò a farsi sentire.

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Per fortuna, ad un tratto, si voltarono e videro davanti a loro il sorriso della fortuna: un’insegna con scritto “Bici a Noleggio”. Con un solo sguardo d’intesa, si diressero a prendere le tre bici. Mentre si accinse-

ro a pagare il noleggio alla cassa, Maicol, sorpreso, incontrò la fantastica Sirenella. Incrociando il suo sguardo, si accorse che Sirenella non era sola, ma in compagnia di uno strano essere, un delfino con i piedi.

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“Ciao, io mi chiamo Johnny! Sono qui per aiutarvi!”, disse l’animale. I tre amici, sbalorditi di fronte a questa nuova conoscenza, gli chiesero: “Come puoi aiutarci?”. Lui rispose: “ Io sono uno stregone e, con un rito magico, posso farvi tornare la memoria all’istante. Mettetevi in cerchio, tenetevi per mano l’uno con l’altro e pronunciate queste parole in coro:

–Noi invochiamo gli occhi dei buoi per far tornare la memoria a noi-”. Dopo aver pronunciato queste parole chiusero gli occhi e, magicamente, un grande mare apparve nella loro mente; all’improvviso tornarono a ricordare. Sirenella, vedendo che ai tre amici era tornata la memoria, confidò a Maicol che aveva rinunciato al suo regno per lui, con la speranza di rincontrarlo e gli dichiarò il suo eterno amore. A questo punto, i tre amici, insieme a Sirenella e Johnny, decisero di andare a cena tutti insieme per festeggiare e per ricordare il momento magico. 50


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In pochi attimi si ritrovarono uniti per sempre nel cuore. A quel punto, Maicol si rese conto che non tutti i sogni durano pochi attimi, perché a lui capitò di vivere una giornata davvero speciale che cambiò la sua vita.

Canzoni: Un’avventura – Battisti Meravigliosa creatura - Nannini

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FIOCCO DI NEVE, LA PECORA E IL DRAGHETTO C’era una volta una pecorella molto dolce, chiamata Fiocco di Neve, che con le sue ali amava attraversare l’universo. Viveva in una montagna molto speciale, perché volante. Un giorno Fiocco di Neve decise di andare a conoscere un luogo lontano, il Pianeta Bianco, di cui aveva sentito parlare tanto dai suoi nonni. Al suono della melodia suonata dal vento Eolo, cominciò a danzare intorno all’universo, ma si accorse di non essere sola; meravigliata, vide tante altre pecore, ognuna con una caratteristica differente, e scorse anche la presenza di un drago. Infatti, in questo strano pianeta, viveva Draghetto, il quale, come tutti i suoi compaesani, aveva il manto bianco ed era il più giovane dei draghi. Presi da questa danza, Fiocco di Neve e Draghetto si scontrarono, si guardarono negli occhi e dissero in sincronia “Buongiorno!”. Sorpresi, si misero a ridere a crepapelle perché, solo grazie ai propri sguardi, si resero conto di essere così simili eppure così diversi. Ad un certo punto Fiocco di Neve chiese a Draghetto: “Vogliamo diventare amici?”, e Draghetto rispose: “Per52


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ché dovrei diventare tuo amico? Nel mio pianeta ho già molti amici.” Fiocco di Neve disse: “Anch’io ne ho tanti di amici nella mia terra, però volevo fare un amico di un altro pianeta e tu saresti perfetto, visto che siamo simili, ma provenienti da posti diversi”. Così nacque un’amicizia inseparabile; Fiocco di Neve non voleva più andare via dal Pianeta Bianco. Un giorno, ricevendo la chiamata dei suoi genitori, disse che non voleva tornare nella sua terra. I genitori, stupiti e increduli le chiesero il motivo e lei descrisse la situazione: aveva trovato un’amicizia vera, pura e sincera; cosa che sulla terra non aveva mai avuto. I genitori furono così contenti per lei che gli dissero che era libero di fare ciò che lo rendesse più felice, e gli proposero di invitare qualche giorno Draghetto nel loro pianeta così da poter stare un po’ sulla terra e un po’ sul Pianeta Bianco, restando sempre uniti. Tutti e due furono contenti e d’accordo, ed iniziarono un viaggio meraviglioso ricco di sorprese: attraversarono monti, mari, laghi fino ad arrivare al Pianeta Bianco dove li attendevano tutti gli abitanti che per l’occasione avevano organizzato una festa. C’era la musica che accompagnava le danzatrici che incantarono Fiocco di Neve, il quale si rese conto che la bellezza non era solo sulla sua terra, ma anche in altri luoghi. Così, tornato nel suo pianeta, insegnò al suo popolo a guardare oltre i propri orizzonti perché solo così avrebbero potuto crescere nella ricchezza, data dalla diversità di altri popoli ed altre persone. In questo modo, Fiocco di Neve diventò simbolo d’accoglienza ed armonia e, con Draghetto al suo fianco, aprì un dibattito e successivamente un convegno intitolato “La diversità dei popoli non come conflitti, ma come ricchezza”. 53


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Canzoni: Viaggia insieme a me – Eiffel 65 Si, viaggiare - Battisti

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UN VIAGGIO NELL’ISOLA DI CONTRARIA Nell’isola di Contraria vivevano, in cima ad una collina, un umile cacciatore di nome Alfredo, e sua moglie Alberta. I due vivevano soli nella loro casetta fatta di mattoni gialli di cioccolata, uniti insieme dallo zucchero filato. Durante le loro giornate, si occupavano dei campi e dei diversi animali che vi pascolavano. Nella loro fattoria non vi erano animali conosciuti, ma specie molto rare e particolari, come il Mupra, incrocio tra una capra ed una mucca, che non produceva latte, bensì miele. O come l’ Ipa, un’ape che faceva marmellata ed aveva il pungiglione in testa. Anche gli alberi che incorniciavano la loro casa, erano atipici: non facevano frutta, ma fettine di carne succulente, in modo che i due non dovessero uccidere nessuno dei propri animali; dovevano semplicemente cogliere il tipo di carne che gradivano quando volevano. Alfredo aveva un hobby alquanto insolito: cacciare Black, una lepre bianca che correva all’indietro. Black ed Alfredo si rincorrevano dai tempi dei tempi, da quando l’uomo aveva memoria. Oramai, aveva anche dimenticato il motivo di questo rincorrersi; sapeva solo che ogni giorno si sarebbe svegliato ed alle 10:00 in punto avrebbe intrapreso la ricer55


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ca di Black. “Quella maledetta lepre!”, urlava ogni giorno al cielo, con il pugno teso; quasi come se volesse maledirla. Alfredo rincorreva Black tutto il giorno, tutti i giorni, con un’unica pausa: il momento del pranzo. Un giorno, mentre stava correndo per il monte sparando ad ogni minimo movimento di un ramo o di una foglia, vide una figura sconosciuta muoversi verso l’ingresso di casa; scrutava incuriosita le finestre come a voler capire chi abitasse in quella particolare struttura. Piano piano, Alfredo si avvicinò sempre di più e capì che la figura in questione era quella di un uomo. Ma che cosa ci faceva un uomo davanti casa sua, e soprattutto, chi era?! Con un grande respiro, riempì i polmoni con tutta l’aria che poteva entrarvi ed urlò da lontano: “Ehi, tu, chi sei?!”. Quello strano individuo si girò lentamente mostrando il suo volto squadrato ed i suoi occhi neri evidentemente stanchi, e rispose: “Sono Sandro, tu chi sei?!”. “Io sono Alfredo, il proprietario di casa ed abitante di quest’ isola, che ci fai qui?”. Guardandosi attorno, Sandro rispose: “Vengo da un paese molto lontano e sono in viaggio da molto tempo, mi stavo chiedendo dove mi trovassi”. “Sei sull’isola di Contraria e, per la precisione, davanti la porta di casa mia. Spostati!”, riprese Alfredo con il suo solito tono burbero ed apparentemente severo. “Ma allora… finalmente l’ho trovata!”, esclamò Sandro, facendo un balzo in avanti ed allargando le braccia in segno di vittoria. Alfredo iniziò a fissarlo come se davanti avesse un pazzo, e con voce in56


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terrogativa esclamò: “Hai trovato… cosa?”. “E’ da molto tempo che sono in viaggio, come ti dicevo, ma non sai che sono partito alla volta di quest’isola. Si, proprio questa, l’isola di Contraria. Il mio paese è stato attaccato da una bruttissima piaga; ultimamente sono arrivati dei ladri, noi li chiamiamo Mangiasogni. Sono piccoli come gnomi, ma sono malvagi, brutti e spaventosi. Vestiti tutti di nero s’introducono nelle nostre case durante la notte ed, infilandosi nei nostri pensieri, rubano i nostri sogni. Il mio paese è in grave pericolo; sono ormai tutti tristi e senza speranza. I loro cuori sono freddi ed i loro occhi vuoti. Io mi sono incamminato in questo viaggio, perché l’unica persona che ci può aiutare è la Fata dei Sogni, Sonnolina. Ho scoperto abita in quest’isola, in una grotta segreta. Tu sai dove si trova? Puoi aiutarmi?”. Alfredo, senza neanche pensare, rispose bruscamente: “Ma neanche per sogno! Non ci penso proprio!”. Ma, subito dopo aver pronunciato queste parole, gli scattò un’idea in testa: due fucili sono meglio di uno, e quattro occhi sono meglio di due; in fin dei conti aveva sempre sognato un compagno di caccia. E, mentre Sandro stava per allontanarsi, gli disse: “Alt, fermo! Ti aiuterò, ma solo ad una condizione: quando torneremo, mi darai una mano a catturare Black, la lepre più veloce di tutta l’isola”. E, con un battito di ciglia, Sandro rispose: “Ma certo, ci sto!”. I due si guardarono ed, imbracciate le poche cose che avevano più le provviste, partirono alla ricerca della fata Sonnolina. 57


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Dopo aver viaggiato per un po’, arrivarono in cima alla collina ed incontrarono la fata. Le spiegarono il motivo della loro visita e lei gli disse che non poteva aiutarli perché gli gnomi Mangiasogni erano indistruttibili e troppo potenti; tra l’altro, avevano mangiato anche i suoi sogni e ben presto avrebbero attaccato tutta l’intera isola. Alfredo, intanto, continuava a pensare a Black e, subito, si ricordò il motivo per cui la inseguiva: la lepre che avrebbe voluto uccidere molti anni prima, aveva a sua volta ucciso due dei suoi figli. E dal forte dolore, l’uomo aveva perso la memoria. La lepre continuava a correre all’indietro e, tutto ad un tratto, inciampò. Batté la testa e non riuscì più a muoversi. Alfredo, nel vederlo immobile a terra, realizzò che finalmente avrebbe potuto ucciderla. Prese il fucile e provò a sparare, ma non si accorse di averlo al contrario, così il colpo non riuscì. Come per magia la lepre al suono del fucile si svegliò, ma non potendosi muovere si limitò a guardare Alfredo fisso negli occhi. L’uomo s’impietosì vedendo quegli occhioni che imploravano il suo aiuto. Si sentì improvvisamente buono, accarezzò Black, l’aiutò a riprendersi e la portò in casa sua per curarla. La moglie Alberta, di fronte a questo grande cambiamento di Alfredo, cominciò a riflettere sulla loro bizzarra vita; si rese conto che vivere nell’isola di Contraria fosse un grande dono. E, con la trasformazione di Alfredo, l’intera isola s’illuminò di bontà e meraviglia. I Mangiasogni sparirono, ed i sorrisi presero il controllo delle vite degli abitanti. Canzoni: L’isola che non c’è- Edoardo Bennato 58


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L’INCONTRO CON LA FATA COCCOLINA

Alcuni saggi raccontano che, tanto tempo fa, esisteva una fata bellissima di nome Coccolina, la quale abitava in una casetta di legno costruita da cinque piccoli gnomi: Bombolo, Baffettino, Pellicciosetto, Frenesino e Lagnosetto. Ogni piccolo amico della fata aveva una precisa caratteristica che lo distingueva dagli altri: Bombolo era cicciottello, con i capelli color nero corvino; Baffettino, invece, aveva dei lunghi baffi che gli arrivavano fino al petto; Pellicciosetto aveva i peli da tutte le parti che sembrava portasse una pelliccia; Frenesino non si fermava mai, era sempre in movimento; Lagnosetto, invece, aveva da ridire sempre per ogni cosa e non si accontentava mai. La fata Coccolina era felice di avere una squadra composta da personalità così diverse perché si completavano e tutti erano importanti. 59


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La casetta era stata costruita sopra un albero gigantesco, sulla vetta della Montagna del Sole, chiamata così per la sua grande maestosità e la sua imponenza verso il sole. Si racconta che, intorno alla Montagna del Sole, viveva un essere molto strano, malvagio, cattivo, arrabbiato perennemente con tutto il mondo. Chi ha avuto occasione di vederlo racconta che aveva il corpo metà uomo e metà lupo; da questo, il nome con cui tutti lo conoscevano, Wolfman. Un giorno, durante le sue escursioni, si ritrovò di fronte alla casetta della fata Coccolina. Frenesino, sempre in movimento, avvistò subito l’essere malvagio e chiamò a raduno tutti gli altri, ma Lagnosetto, come al solito, cominciò a lamentarsi: “Uffa!...” -diceva sdraiato sul divano“…perché ci dobbiamo radunare, sto così bene 60


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al calduccio!”. “Dai dai, sbrigati, non fare le solite lagne!” disse Bombolo, arrivando a ritmo di bradipo. Baffettino e Pellicciosetto, nel frattempo, stavano cercando di chiudere tutte le porte della casa. “Dai, smettetela di perdere tempo: dobbiamo proteggere la fata Coccolina!”, disse Baffettino. Ma la fata Coccolina, con una voce melodiosa, cercò di tranquillizzare i suoi piccoli amici: “Ehi, non agitatevi, la calma è la virtù dei forti. In fin dei conti non c’è un mostro fuori, solo un essere che non conosce le coccole”. “No!”intervenne Lagnosetto- “è un essere malvagio, ci ucciderà tutti, saremo la sua cena!”. Un gran frastuono interruppe gli gnomi e la fata; WolfMan era riuscito a spalancare la porta principale con la sua forza diabolica. Tutti gli gnomi rimasero impietriti, spaventati e terrorizzati, al punto che si rifugiarono chi sotto il tavolo, chi dietro il mobile, chi in qualunque posto potesse diventare un nascondiglio. Nessuno voleva essere la cena di Wolfman. Solo la fata Coccolina non si scompose; rimase serena e tranquilla ad accogliere il nuovo ospite. WolfMan, trovandosi inaspettatamente di fronte ad una tale bellezza, diventò ancora più feroce, e cercò di sfogare la sua rabbia azzannando la ragazza. Coccolina, alla vista di tale ira, ebbe compassione ed istintivamente gli fece una carezza, attraverso la quale liberò una grande quantità di energia positiva. Wolfman rimase stupito; nessuno mai lo aveva accarezzato. Di fronte alla carezza di fata Coccolina, rimane impietrito e fece un passo indietro, perché non aveva mai provato una simile sensazione; si sentiva così leggero, come a raggiungere le nuvole. Sentiva che dentro di lui qualcosa era cambiato. 61


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All’improvviso una luce accecante lo avvolse misteriosamente e, come d’incanto, si trovò per la prima volta abbracciato con un altro essere; la bellissima fata lo aveva avvolto della sua dolcezza. Da quel giorno Wolfman fece da guida a Coccolina ed ai suoi amici, percorrendo insieme a loro questo cammino speciale pieno di coccole.

Canzoni: Una carezza - Zucchero

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LA BANDA ALLEGRA

Ogni mattina, nella fattoria “La Betulla”, accadeva una cosa straordinaria: tutti gli animali si riunivano e decidevano quale compito avesse ognuno di loro. Il cane Pluto ed il gallo Achille avevano il compito d’ispezionare il territorio; uno andava a destra e l’altro a sinistra, per poi incontrarsi di fronte alla porta della fattoria per riferirsi ciò che avevano visto. Questo giro lo facevano ogni 2 ore, fino all’ora di pranzo. I due amici speravano che, nel frattempo, non accadesse nulla di preoccupante. Il pulcino Gigi era un dormiglione ed ogni sera era il primo ad andare a letto, perché per lui era faticoso alzarsi presto la mattina, dato che era il più piccolo dei pulcini. Il gatto Milù giocava con la lana nel suo lettuc63


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cio caldo caldo, insieme alla sua amica pecora, Bianchina, con la quale poi giocava anche a nascondino. La chioccia Arian, mamma di tutti i pulcini (Gigi, Tommy, Oz, Mimì e Holly), amava passeggiare al mattino con i suoi piccoli. Il maialino Tiki, invece, rimaneva tutto il giorno a mangiare la farina ed a rotolarsi dentro il suo stalletto. Il bue Alì, infatuato dalla bellezza di mucca Carolina, tutte le mattine andava a farle i dispetti, mentre lei era impegnata a dare il latte ai suoi vitelli. Il cavallo Fulmine e l’asino Orione, al cantar del gallo Achille che segnava l’alba di un nuovo giorno, iniziavano a correre per tutta la fattoria sfidandosi in gare di velocità. La gallina Ovalina era addetta alla preparazione del pranzo e, con le sue uova fresche, ricaricava della giusta energia i suoi amici, dopo che avevano svolto le loro divertenti mansioni. Un giorno accadde qualcosa d’insolito: la chioccia Arian, non vedendo arrivare a tavola il piccolo pulcino Gigi, allarmò tutti gli altri animali che, preoccupati, cominciarono a cercarlo dando vita ad una vera e propria caccia al tesoro. Non riuscendo a trovarlo, a Pluto venne l’idea di chiamare il padre Rocky, cane da tartufo, il quale aveva un grande fiuto e sarebbe stato sicuramente d’aiuto. Ma Rocky, essendo vecchio e stanco, chiese a sua volta aiuto al cavallo Fulmine che lo mise in groppa; in questo modo, Rocky con il suo fiuto e Fulmine con la sua velocità, ben presto trovarono 64


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Gigi addormentato sotto ad un cespuglio e, dopo aver avvertito gli altri, lo accompagnarono a tavola dove mangiarono tutti insieme. Dopo aver pranzato, erano soliti cantare e ballare, divertendosi con musica allegra e spensierata. Improvvisamente, però, venne a fargli visita la volpe Luce, che spense la musica, dicendo: “Basta con questa allegria!”. Gli animali disperati, spaventati e nervosi per quelle parole così brutte, ebbero un po’ di paura e cominciarono a tremare. Cominciò a piovere ed arrivarono anche i lampi, i tuoni e il temporale. In quel momento, in cui nervoso e disagio sembravano prevalere, l’asinello Orione prese coraggio ed, inizialmente cercò di rassicurare tutti gli animali con la sua dolce calma e poi si rivolse alla volpe, dicendole: “Buongiorno Signora Volpe, come mai abbiamo l’onore della sua presenza?” e Luce, stupita dall’atteggiamento così gentile e tranquillo dell’asinello, rimase a bocca aperta e gli disse: “Come mai sei rimasto così calmo e non ti sei spaventato?”. “Perché la calma è la virtù dei forti e vogliamo far entrare nella nostra banda anche i nemici”, rispose l’asinello senza scomporsi. La volpe, sempre più meravigliata da quell’atteggiamento, cominciò a rendersi conto di aver sbagliato il metodo di approccio con i nuovi amici. Perciò, assunse un’aria gentile e chiese di essere accolta all’interno della fattoria; accorgendosi della grande differenza tra il suo rude atteggiamento ed il dolce modo di agire degli altri animali, chiese anche di essere rieducata 65


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attraverso lezioni di bon-ton. Questo improvviso cambiamento della Volpe, però, rendeva un po’ inquieta la gallina, la quale disse all’asino che, nonostante la benevolenza dimostrata, lei non si fidava della volpe e mise in guardia tutti gli altri, rivolgendosi soprattutto a mamma chioccia: “Ma sei sicura che i tuoi pulcini non corrono il rischio di essere in pericolo?”. A queste parole, mamma chioccia rispose: “Carissima Ovalina, se noi vogliamo accogliere altri animali nella fattoria dobbiamo avere fiducia”. Le parole della gallina fecero riflettere tutti gli altri, i quali decisero di fare dei turni per controllare che la volpe si comportasse bene. Passarono i giorni e si rivelava essere sincera; vedendo che aveva mantenuto la parola data, decisero di farla entrare all’interno del gruppo e di organizzare una cena in suo onore. Quel tempo vissuto insieme, unì la volpe e gli altri animali più che mai, tanto che, dopo aver mangiato, cominciarono a danzare tutti insieme, dando voce alla nuova meravigliosa amicizia creata. Ad un certo punto, stanchi a causa della pancia piena e della danza, decisero di stendersi a terra e dormire l’uno abbracciato all’altro. Ognuno di loro fece dei sogni meravigliosi ed accolse il nuovo giorno con il sorriso e con il cuore pieno di gioia e serenità. Canzoni: Aggiungi un posto a tavola

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ringraziamenti Un ringraziamento particolare va agli autori che si sono aperti e lasciati guidare da quel fiume in piena, quale è la loro creatività senza limiti. Gli autori: Lorenzo Nardelli, Franco Tironzelli, Tonino Pugnitopo-Luca Coscia- Roberto Compagnone- Ottavia Pierotti- Patrizia Travaglia-Giuseppe Pieracci- Franco Fanucci- Primo Massimi- Rosario Abbadessa- Claudio Erario- Giovanni De Florio- Giovanni Sansalone- Tonino Minelli- Massimo Cappiello- Fernanda Tittarelli- Claudio Erario- Giuseppe Morelli- Fausto Becchetti- Luciana Mancini- Graziano Rossi- Massimiliano Nardelli- Franca Vagnarelli- Massimo Bongarzone – Iuri Ferranti- Fabrizio Panfili. Si ringrazia il Cesvol che ha dato la possibilità che questa esperienza potesse essere donata a tutti e in particolare a quelle persone che non sanno o non credono di possedere quella capacità, potenzialità creativa che ogni essere umano ha dentro di sé. Educatori e volontari che hanno contribuito e creduto in questo progetto: Nicoletta Farris, Stefano Fondacci, Elena Lippi, Anna Brunetti, Lucia Moscetti, Lia Mason, Tiziana Mosca, Margherita Pascolini, Angelo Masci, Patrizia Maurizi, Rosaria Cameli, Don Angelo M. Fanucci, Daniele Minelli e a tutta l’equipe multidisciplinare.

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indice Nel grande solco - Don Angelo M. Fanucci

p. 7

Questo piccolo grande libro - Nicoletta Farris

p.11

Commenti: Daniele Minelli p. 17 Patrizia Maurizi p. 18 Angelo Masci p. 19 Tiziana Mosca e Margherita Pascolini p. 20 Lia Mason p. 21 Elena Lippi p. 22 Lucia Moscetti p. 23 La nascita della caccia al tesoro

p. 25

L’amicizia tra i poli opposti

p. 28

La gara di motociclette

p. 32

L’incontro tra emozioni

p. 36

Il giocatore e la regina di cuori

p. 40

Una giornata speciale p. 44 Fiocco di neve, la pecora e il draghetto

p. 52

Un viaggio nell’isola di contraria

p. 55

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L’incontro con la fata coccolina

p. 59

La banda allegra p. 63 Ringraziamenti p. 69

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