Le voci delle Rondini

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Le voci delle Rondini

Centro Studi Ornitologici "Antonio Valli da Todi"

sociale Centro Servizi per il Volontariato Perugia Terni

CESVOL PERUGIA EDITORE

Quaderni del volontariato 2018

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Quaderni del volontariato 3

Edizione 2018


Cesvol Centro Servizi Volontariato della Provincia di Perugia Via Campo di Marte n. 9 06124 Perugia tel 075 5271976 fax 075 5287998 www.pgcesvol.net pubblicazioni@pgcesvol.net

Edizione gennaio 2018 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono Illustrazioni di Ornella Cobianchi Foto di Stefano Laurenti Stampa Digital Editor - Umbertide

tutti i diritti sono riservati ogni produzione, anche parziale, è vietata ISBN 9788896649695


Le parole che trasformano Con la collana “I Quaderni del Volontariato”, giunta alla sua undicesima edizione, il Cesvol con ben 116 titoli, concretizza una delle proprie finalità istituzionali, che rimane quella di promuovere la cultura del volontariato, della solidarietà e della cittadinanza attiva. Si tratta di testimonianze e di esperienze di vita che possono contribuire a tessere un filo di coesione e di dialogo positivo, contaminando il nostro immaginario collettivo con messaggi valoriali ed equilibrati, in perfetta controtendenza rispetto al flusso, ormai pervasivo, di contenuti volgari ed, in molti casi, violenti ed aggressivi di cui è piena la contemporaneità con le sue “vie brevi” di comunicazione (come i social). Se consideriamo la nostra mente come un bicchiere, sarebbe da chiedersi di quale liquido si riempie quotidianamente. Se la nostra rappresentazione della realtà viene costruita dai programmi televisivi, se il nostro punto di vista su un tema specifico viene condizionato dai commenti della maggioranza dei nostri amici di facebook, se abbiamo appreso tutti la facilità con la quale è possibile trattar male una persona, mascherati e non identificabili, senza che questo produca qualche tipo di turbamento alla nostra condizione psicologica, se nel postare i nostri punti di vista ci consideriamo degli innovatori solo perché siamo ignoranti e tutto quello che sappiamo lo abbiamo ricavato da ricerche lampo su Google… ebbene, se riflettiamo su tutto questo, forse non va ricercata molto lontano la risposta alla domanda ormai cronica del perché di una polverizzazione delle relazioni, di un isolazionismo nelle nostre “case elettroniche”, dell’adesione acritica ai vari estremismi di turno che, quelli sì, sono perfettamente consapevoli del potere trasformativo della parola e della sua comprensione sia razionale che emozionale. Eppure, le parole (e quindi i pensieri e le emozioni che vi sottendono) creano la realtà. Non occorre scomodare tanta letteratura per


comprendere quanto i pensieri siano potenti nel determinare la nostra realtà, nel convincerci che una cosa è in questo modo piuttosto che in quell’altro. Lo abbiamo sperimentato più o meno tutti nella nostra esperienza di ogni giorno, ma poi perdiamo la consapevolezza della nostra stessa origine: all’inizio era il Verbo ed il Verbo era presso Dio. Il verbo era Dio. Più laicamente, questa “sequenza” è stata ripresa in tutte le millenarie tradizioni sia orientali che più vicine a noi. Ma ancora una volta, oggi se ne è persa la consapevolezza. La parola è un “fattore” unico nel suo genere, una vera e propria bacchetta magica. Ascoltare, leggere, udire solo parole negative produce nel destinatario un vero a proprio campo energetico negativo. L’energia altro non è se non un trasferimento di informazioni. Un trasferimento che avviene attraverso il filo sottile della comunicazione. Oggi, forse inconsapevolmente, l’umanità sta letteralmente usando il potere della parola senza rendersi conto di quanto questa stia trasformandola, conducendola agli estremi di qualsiasi punto di vista. E, quindi, l’un contro l’altro armati. Dice il noto psichiatra Vittorino Andreoli, “Ci troviamo ad un livello di civiltà disastroso, regrediti alla cultura del nemico”, ma a noi, come osservatorio della sottile realtà dell’associazionismo e del volontariato, piace conservare e consolidare la speranza che, ad un certo punto, rispuntino da qualche parte parole come amicizia, solidarietà, condivisione e, perché no, amore. Le parole, non urlate, che appartengono e che ispirano il comportamento di quella parte di cittadinanza che ha preso in carico la sua quota di responsabilità nella società che abita. E che non resta alla finestra, o peggio, dietro al rassicurante schermo di un computer. Sono queste le parole che popolano il piccolo mondo della Collana del Volontariato, che con queste testimonianze prova a riempire con il liquido magico della parola trasformante quel bicchiere ancora mezzo vuoto. Salvatore Fabrizio Cesvol Perugia I Quaderni del Volontariato


Le voci delle Rondini a cura di Daniele Iavicoli

Associazione Centro Studi Ornitologici “Antonio Valli da Todi�



Le voci delle rondini

Prologo Che cosa facciamo, andiamo? No, aspettiamo un altro paio di minuti, fino al buio completo. Ascolta, lì si sentono ancora dei rumori. Dai, prendi la lampada frontale, i sacchetti e non ti dimenticare il bastone, quello per abbassare le reti ! Con un piccolo gruppo di amici mi immergo al buio nel fitto canneto per raggiungere i transetti. Qui, tese tra i pali conficcati nel fango della palude, tra nuvole di zanzare affamate, ci aspettano le “reti nebbia”, traduzione letterale dall’inglese mist-net, particolare tipo di rete verticale in nylon, leggera e resistente, utilizzata per la cattura degli uccelli. A centinaia aspettano immobili nelle sacche che si sono formate sotto il loro peso. Una vicina all’altra, sembrano essersi posate in questo intreccio di fili neri. Le Rondini sono uniche, si tolgono dalle reti con facilità, non si impigliano come gli altri uccelli, sono docili, sono affascinanti con il loro colore blu metallico, la lunga coda con piccoli cerchi bianchi sulle timoniere interne, la gola e la fronte color ruggine. Finito il controllo delle reti, raccolte le rondini in sacchetti di cotone raggiungiamo il posto dove preparare qualcosa da mangiare, trovare una branda per riposarsi e soprattutto svolgere l’attività di inanellamento. Pronto? Si, iniziamo, ho già pronta la scheda per registrare i dati. Ognuno sa cosa fare, quando e come farlo. Siamo un gruppetto di persone affiatate, le Rondini vengono prese una ad una dai sacchetti, osservate minuziosamente, inanellate, misurate e pesate. 7


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A189914, tre, zero, milleduecentrotrenta, novecento-sessanta, quattro, due, peso 18 grammi e due … Si va avanti fino a notte fonda, i numeri si susseguono veloci, nel silenzio dello svolgimento dell’attività di raccolta dati. Ad ogni uccello viene apposto un anello di metallo con inciso un numero di serie, poi con dei codici si assegna, quando è possibile, l’età ed il sesso in base alle caratteristiche del piumaggio. Seguono le misure della lunghezza dell’ala e della terza penna remigante, espresse in decimi di millimetro: si stima l’accumulo di grasso sottocutaneo e la dimensione dei muscoli sul petto, infine la Rondine viene pesata. Una manciata di secondi in cui mani esperte e delicate maneggiano gli uccelli che poi vengono custoditi in una grossa scatola di cartone. Si dorme poco e prima dell’alba siamo già di ritorno in palude. é il momento più bello del giorno, gli uccelli iniziano a cantare, l’aria è ancora fresca. L’umidità della notte ha ricoperto tutto costringendoci a indossare vestiti impermeabili che presto spariranno sotto il caldo asfissiante. Il sole sorge dietro il monte Orve e liberate dalle scatole di cartone dove sono state ospitate per la notte, le Rondini si alzano in cielo formando subito una nuvola compatta. è un’emozione forte, indescrivibile a chi non l’ha mai provata. è come lanciare un messaggio nello spazio, in attesa di una risposta. Si spera che qualche altro ricercatore ne ricatturi una e segnali attraverso il network internazionale, la località e la data del suo ritrovamento. In questo modo si sono potute ricostruire le rotte migratorie di molte specie di uccelli e i dati raccolti sul campo dagli ornitologi formano il più grande database europeo sugli animali selvatici. Ci auguriamo che il prossimo anno siano 8


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di ritorno e siano ancora tra quelle Rondini che dormono nel canneto della palude di Colfiorito. Non ci pesavano le lunghe giornate afose che facevano appiccicare gli indumenti, né di dormire poco e tantomeno sentivamo la fatica di avanzare con gli stivali nel fango assediati da insetti affamati o sotto il caldo torrido. Gli uccelli e la ricerca ci avevano affascinato, quei meravigliosi paesaggi, con tutte le forme e i colori degli esseri viventi erano un’esperienza unica. Avremmo fatto tutto quello che era possibile per scoprire i loro segreti, per aggiungere una briciola di conoscenza alla nostra infinita ignoranza. Siamo andati avanti per anni, cercando risposte alle nostre domande, che si arricchivano nel tempo. Nella ricerca è così, ogni risposta porta con sé una nuova domanda. Si formulano ipotesi e si cercano nuove strade per percorrere i nuovi orizzonti alla ricerca di prove, di conferme sulla validità della nostra ipotesi iniziale. Anche se molte risposte sono arrivate nel corso degli studi, affinati via via dalle varie tecniche, ad ogni risposta la meraviglia aumenta, arricchendosi di nuovi particolari. Lo stupore resta immutato, anche sminuzzato in tanti piccoli dettagli necessari alla comprensione di un fenomeno così complesso come la migrazione e l’ecologia di una specie in forte diminuzione in tutto il suo areale distributivo. La perfezione non è una cosa piccola ma sta anche nelle piccole cose. Lo scopo di questa pubblicazione è di avvicinare le persone all’osservazione delle Rondini e delle specie simili con le quali sono a volte confuse, suggerendo un itinerario di visita che consenta di osservarle nei loro ambienti naturali e di scoprire la loro presenza nell’arte in Umbria. 10


Le voci delle rondini Introduzione

La Rondine con il suo canto annuncia il ritorno della primavera. L’uomo doveva averlo notato già all’epoca delle caverne, quando entrambi utilizzavano gli stessi spazi per trovare rifugio. La loro presenza nei villaggi e nelle città in una vasta area che va dall’Europa al Giappone, doveva essere talmente comune che i riferimenti a quest’animale si trovano in numerosi testi, di tutte le epoche e in tutte le lingue e potevano essere compresi in una vasta area geografica, permettendo riferimenti culturali comuni tra epoche storiche e territori lontani. Tra gli uomini e le Rondini si è creato un rapporto, narrato e raffigurato nell’arte dai tempi delle civiltà più antiche, che testimonia il loro fascino ed il rispetto che l’essere umano gli attribuisce, ancora oggi.

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Per molto tempo la Rondine è stata avvolta nel mistero. Si era certi di vederla tornare in primavera senza sapere dove avesse trascorso l’inverno. Questa sincronia ai moti celesti, unita alla capacità di tornare negli stessi luoghi di nascita, lasciava increduli i nostri antenati. Dall’osservazione degli uccelli e delle Rondini sono nate idee ed ipotesi, detti popolari ed aforismi, poesie ed opere d’arte. Oggi la maggior parte delle persone ha pochi contatti con l’ambiente naturale, non sa più distinguere la Rondine dalle specie simili e ha una limitata conoscenza della natura e degli animali. Un tempo l’osservazione degli uccelli, l’auspicio, era una pratica divinatoria di cui abbiamo una testimonianza nelle Tavole Iguvine, o Eugubine, realizzate nel II e I sec. a.c. e conservate nel Palazzo dei Consoli a Gubbio. Oggi l’osservazione degli uccelli, o Birdwatching, termine inglese con cui è più conosciuta, è praticato da migliaia di appassionati. Quest’attività consente di “immergersi nel silenzio” della natura, di osservare e di ascoltare, solo per puro divertimento o per raccogliere informazioni sulla fenologia, l’etologia o l’ecologia delle differenti specie. Gli uccelli sono indicatori della qualità ambientale; le osservazioni condotte con metodologie standardizzate di ricerca hanno importanti finalità pratiche. Come i canarini tenuti in gabbia nelle miniere, ci avvertono in anticipo della presenza nell’ambiente di sostanze dannose per la nostra salute. Le attività umane possono avere un forte impatto sull’ecosistema che può e deve essere evitato, ridotto o mitigato il più possibile. 12


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Addetto alla sicurezza nelle miniere all’inizio del 1900 13


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Gli uccelli oltre ad essere una componente essenziale e vistosa dei nostri ambienti, forniscono una serie di servizi necessari al funzionamento degli ecosistemi difficilmente sostituibili, come ad esempio, la predazione degli insetti o la dispersione dei semi. L’accresciuta conoscenza e coscienza del mondo in cui viviamo e al quale siamo intimamente legati, ha portato alla necessità di accordi internazionali sulla protezione dell’ambiente, come la direttiva 147/2009, con cui tutte le Nazioni dell’Unione Europea si sono impegnate nella tutela degli habitat e delle specie. In Italia il progetto Mito2000 raccoglie i dati sull’andamento delle specie nidificanti ed elabora per conto dell’istituto di protezione e ricerca ambientale (ISPRA) alcuni indici sintetici che permettono di valutare l’evoluzione delle popolazioni di queste specie nel tempo, il trend, e di verificare l’efficacia della politica agricola e delle azioni di conservazione e sviluppo. Un trend negativo caratterizza le specie tipiche degli ambienti agricoli e di prateria. La diminuzione maggiore è stata osservata in quelle specie che, per comportamento ed alimentazione, sono maggiormente esposte ai prodotti fitosanitari utilizzati in agricoltura e nell’allevamento. Sarà ancora possibile ascoltare le voci delle rondini? Spetta a noi sviluppare quella consapevolezza che ci consenta di comprendere quello che questa specie ha ancora da raccontarci.

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Per iniziare Per iniziare il nostro viaggio è necessario saper distinguere la Rondine (Hirundo rustica) dalle specie che le assomigliano per abitudini e dimensione. Rondone (Apus apus) e Balestruccio (Delichon urbicum) frequentano gli stessi ambienti, nidificano nei pressi delle nostre abitazioni e sono spesso confuse con le Rondini. PiÚ localizzate in Umbria sono altre tre specie apparentemente simili, la Rondine montana (Ptyonoprogne rupestris), il Topino (Riparia riparia) ed il Rondone maggiore (Tachymarptis melba). Sono tutte abili volatrici, trascorrono la maggior parte del tempo in volo, alla ricerca degli insetti di cui si nutrono. La forma delle ali e del corpo, la coda tipicamente forcuta sono gli elementi necessari a compiere le giuste evoluzioni nel cielo per predare gli insetti al volo. 15


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Ogni giorno ne consumano una quantità incredibile, fino a dieci volte il loro peso corporeo. Sono i nostri migliori alleati nella difesa biologica, in città come in campagna. Conoscono i luoghi dove trovare il cibo e sanno che la disponibilità di questa risorsa è legata al ciclo delle stagioni. Per questo motivo arrivano da noi nell’emisfero settentrionale in primavera, nidificano e allevano la prole, dando origine ad una nuova generazione, per poi scomparire fino alla prossima primavera.

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La Rondine (Hirundo rustica) La caratteristica più evidente della Rondine è la presenza di due timoniere esterne più lunghe delle altre, che conferiscono alla coda il suo aspetto tipicamente biforcuto. La colorazione del dorso e delle ali, che appaiono nere in lontananza, è dovuto alla struttura della penna, che riflette la luce in modo differente, donando alla Rondine un intenso blu elettrico se osservata con la giusta angolazione. Il ventre è di colore rosato, a volte anche bianco, e presenta una zona sotto la gola e sulla fronte di color vinaccia, più scuro negli adulti che nei giovani. Per molto tempo le stalle sono state un ottimo posto per nidificare ed allevare la prole, anche per la presenza nelle immediate vicinanze dei letamai, vere e proprie riserve alimentari dove trovare i numerosi insetti necessari per l’alimentazione e l’allevamento dei nidiacei.

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Il massiccio uso d’insetticidi e il cambiamento delle pratiche di allevamento, soprattutto per le mucche da latte, hanno contribuito alla scomparsa della Rondine in molte aree ed una forte diminuzione del numero di individui nelle zone dove ancora sono presenti. I dati raccolti in tutta Europa mostrano un evidente declino della specie negli ultimi 30 anni.

La popolazione umbra, indagata nell’ambito del monitoraggio delle specie nidificanti nel periodo 2001– 2015, non sembra aver subito questo declino ed è considerata stabile. Il periodo delle osservazioni utilizzate per analizzare l’andamento delle popolazioni è molto più breve di quello del progetto Europeo e nasconde il forte calo che è stato registrato negli anni precedenti tramite l’attività di cattura ed inanellamento svolta a Colfiorito. Il nido della Rondine è costruito con fango e pagliuzze 18


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ed ha la forma di una mezza coppa, aperta nella parte superiore. La femmina depone due – otto uova ed il nido ospita mediamente cinque rondinotti, accuditi da entrambi i genitori.

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Lasciato il nido, i piccoli sono nutriti ancora dai genitori per un breve periodo, poi iniziano ad esplorare autonomamente i dintorni per trovare siti idonei da utilizzare l’anno seguente al ritorno dai quartieri invernali, quando saranno diventati adulti e saranno pronti a formare un altro nucleo familiare.

Al loro ritorno saranno in grado di ritrovare il nido in cui sono nati o di trovare immediatamente un altro sito idoneo nelle vicinanze. Le coppie si formano in primavera e talvolta restano unite negli anni successivi riutilizzando anche lo stesso nido per deporre. Le uova deposte tra aprile ed agosto, sono incubate per 13–20 giorni prevalentemente dalla femmina. Di solito sono deposte due covate l’anno, in alcuni casi tre, ed il numero di piccoli involati in media è compreso tra 20


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tre e quatto nelle colonie ed è invece più basso per i nidi isolati. Una coppia può far nascere fino a 18 nuovi piccoli, ma pochi di loro riusciranno a superare le difficoltà e le insidie della migrazione. La mortalità è elevata anche negli adulti, circa il 60%, e si stima che in media una Rondine viva un anno e mezzo.

Dopo il periodo riproduttivo, alla fine dell’estate, giovani ed adulti si radunano insieme nel fitto dei canneti per passare la notte. In questi dormitori notturni, le Rondini si riposano e sostano prima e durante la migrazione, trovando nelle aree circostanti un’area ottimale di foraggiamento. Talvolta in questi dormitori, alle Rondini si aggregano altre specie come i Balestrucci (Delichon urbicum) ed i Topini (Riparia riparia), due specie migratrici con abitudini simili. 21


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Il Balestruccio (Delichon urbicum) è leggermente più piccolo della Rondine e si distingue per la colorazione differente del groppone e della gola, entrambi bianco candido, ed una coda più corta e meno forcuta. Il volo è più lento e sfarfallante rispetto a quello della Rondine, ed è molto più comune nei centri abitati dove utilizza i ripari offerti di cornicioni dei tetti per costruire il nido. Questi, talvolta addossati uno all’altro, sono fatti esclusivamente utilizzando il fango ed hanno una piccola apertura nella parte superiore.

Almeno in un caso in Umbria è stato osservato il riutilizzo, con parziali modifiche, di un nido di Rondine. Un altro caso documentato è la nidificazione di una coppia di Balestrucci in una colonia di 30 coppie di Rondine, all’interno di una stalla di mucche da latte, in una località vicino a Vigne di Narni. Non sono rare coppie miste e l’osservazione d’ibridi tra le due specie. 22


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La loro presenza non sempre è gradita e nonostante i nidi siano protetti, sono talvolta distrutti dall’uomo a causa degli escrementi che si accumulano a terra; questo atto pertanto costituisce uno dei fattori di minaccia alla sopravvivenza della specie. E dire che basterebbe poco per ovviare a questo problema considerando che, come le Rondini e i Rondoni, i Balestrucci sono instancabili mangiatori d’insetti, tra cui mosche e zanzare, e contribuiscono alla difesa biologica dagli insetti. Alcuni aspetti della loro vita sono ancora parzialmente sconosciuti. è una specie migratrice su lunghe distanze, l’unica specie di passeriformi ad avere piume anche sulle zampe. Sempre in volo, anche a quote superiori rispetto alla Rondine, si posa a terra solo per raccogliere il fango necessario alla costruzione del nido. Arriva in primavera, in leggero anticipo rispetto alle Rondini, depone generalmente due covate, mediamente composte di 4 o 5 uova, incubate da entrambi i genitori per due settimane. Mediamente il successo riproduttivo è di 3 pulli/nido. Ampiamente diffuso nei centri storici della Regione, nidifica fino a 1452 metri di quota a Castelluccio di Norcia. La popolazione europea ha subito un calo dagli anni 80 del secolo scorso, come evidenziato dalle osservazioni raccolte anche nell’ambito del progetto italiano già citato. In Umbria la popolazione nidificante sembra essere in buona salute e, nel periodo compreso tra il 2001 ed il 2015, ha registrato un aumento moderato. Prima della migrazione post riproduttiva si possono osservare gruppi composti da poche decine fino a migliaia di individui nei canneti o su edifici elevati in zone antropizzate. Non si conoscono con precisione le aree di svernamento situate a sud del Sahara 23


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fino all’estremità meridionale del continente africano. Come per la Rondine, aumentano, anno dopo anno, le segnalazioni in periodo invernale nelle aree più meridionali della nostra penisola, testimonianza concreta dei mutamenti climatici in corso. Il Rondone comune (Apus apus) è più grande sia della Rondine sia del Balestruccio, sembra completamente nero a parte una zona più chiara sotto la gola. Il corpo appare più tozzo e più aerodinamico, la coda forcuta è più corta e le ali sono più lunghe, simili a piccole falci.

Sono loro che si rincorrono senza sosta per i vicoli dei borghi, emettendo il loro caratteristico verso, simile ad un fischio acuto e stridulo. In primavera sono gli ultimi ad arrivare ed i primi a partire dopo la nidificazione e l’allevamento della prole. Passano l’intera esistenza in volo, 24


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non si posano mai a terra e se per caso ci finiscono, spesso giovani caduti dal nido, non sono in grado di spiccare il volo da soli. Le moderne tecnologie di ricerca, grazie all’utilizzo di piccoli trasmettitori collegati ai satelliti, hanno consentito di scoprire gli aspetti unici di questo maratoneta dei cieli. Il Rondone è capace di dormire continuando a volare, alternando il riposo dei due emisferi cerebrali. I giovani spesso rimangono nei quartieri di svernamento, restando sempre in volo, fermandosi solo quando, almeno dopo il secondo anno di vita, daranno inizio ad una nuova generazione. Seppur legata agli ambienti antropici per la nidificazione, utilizza anche anfratti naturali nelle pareti rocciose e nidi costruiti da altre specie nelle cavità degli alberi. L’unica covata l’anno, ma recentemente in Europa centrale ne vengono segnalate due, è composta di 2 – 3 uova incubate da entrambe i genitori. Il nido, costituito da poco materiale di origine vegetale, unito a piume ed impastato con la saliva a formare una coppa piatta e schiacciata, è posto in una cavità, al riparo sotto i coppi, nei buchi dei muri o nel cassone delle serrande. Questa sua abitudine è stata sfruttata dall’uomo che ha messo a loro disposizione una costruzione particolare, la torre rondonaia, diffusa soprattutto in Italia settentrionale, dove alcune sono state recentemente recuperate dopo anni di abbandono, per favorire la loro nidificazione. Come nel caso dell’allevamento dei piccioni “torraioli”, le cavità erano provviste di un’apertura sul lato interno della torre per consentire il prelievo di uova e nidiacei. Oggi queste strutture rendono possibile lo studio della biologia riproduttiva di questa specie. Ad esempio è stato osservato che nei giorni di maltempo, quando la 25


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disponibilità degli insetti nell’aria è nulla o insufficiente, i genitori sono costretti ad allontanarsi alla ricerca di cibo ed i piccoli cadono in uno stato di torpore che gli consente di sopravvivere fino al loro ritorno. I giovani che escono dal nido sono autosufficienti nella ricerca di cibo e sebbene possano già riprodursi nella stagione successiva, raramente le uova sono fertili prima del quarto anno di vita. Migrano a piccoli gruppi per raggiungere il continente africano, dove svernano in una vasta area geografica compresa tra l’equatore ed il tropico del Capricorno. Nelle indagini compiute per il monitoraggio delle specie nidificanti dal 2001 al 2015, il Rondone comune è, tra le specie qui considerate, la specie più diffusa nella regione con una popolazione in aumento moderato. La Rondine Montana (Ptyonoprogne rupestris) è leggermente più grande della Rondine, di colore grigio bruno con un profilo più robusto e la coda meno forcuta ma sempre provvista delle macchie circolari bianche sulle timoniere interne. I nidi, a forma di coppa, simili a quelle delle rondini, sono costruiti prevalentemente sulle pareti rocciose delle strette valli fluviali, al riparo sotto uno sperone di roccia. Si possono osservare così piccole colonie composte di alcune decine di coppie, che restano fedeli al sito di nidificazione nel corso degli anni. Sono deposte generalmente due covate l’anno, composte di tre-quattro uova, incubate prevalentemente dalla femmina. I giovani lasciano il nido dopo due settimane circa e il successo riproduttivo è di 2-3 giovani/nido. La Rondine montana è una specie che compie migrazioni 26


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parziali, non affronta il viaggio attraverso il Mediterraneo ed il deserto sahariano per raggiungere le aree di svernamento. I suoi spostamenti sono limitati nell’areale riproduttivo e la portano, durante il periodo invernale, a frequentare quote inferiori rispetto a quelle di nidificazione. Così, se nel periodo riproduttivo è presente in alcuni ambiti montani della Valnerina, l’inverno è possibile osservarla mentre vola intorno campanili delle chiese, come quello del Duomo di Spoleto e nei borghi della bassa Valnerina. Il progressivo utilizzo di reti metalliche poste a protezione delle pareti rocciose, sta spingendo la specie ad utilizzare alcuni manufatti presenti nelle aree montane, come edifici o ponti per la costruzione del nido. In Umbria è considerata una specie rara e l’andamento della popolazione nel periodo 2001-2015 è incerto.

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Il Rondone maggiore (Tachymarptis melba) si distingue dal Rondone comune per le dimensioni maggiori e per le parti inferiori bianche. Non sempre si riesce ad apprezzare il leggero collare grigio bruno che separa il ventre dalla gola chiara ed in alcuni casi la sua sagoma può assomigliare a quella di un piccolo falco. Migratore a lungo raggio, in Umbria nidifica negli anfratti delle pareti rocciose ed utilizza lo spazio aereo alla ricerca di cibo, trascorrendo la maggior parte della vita in volo. Ricerca il cibo anche in luoghi distanti dalla colonia, per ciò frequenta una varietà di ambienti aperti, come le praterie montane dei rilievi della media Valnerina. Depone due covate composte di due o tre uova, incubate da entrambi i sessi, da cui si involeranno quasi sempre due giovani. Ancora poco conosciuto l’areale di svernamento in Africa, che comunque sembra limitarsi alle aree situate al nord dell’equatore. In Umbria il numero di colonie è diminuito dagli anni 70 del secolo scorso, ed oggi è una specie rara; l’andamento della popolazione nel periodo 2001-2015 è incerto.

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Il Topino (Riparia riparia) si caratterizza per il colore marrone grigio del dorso, le parti inferiori chiare con la presenza di uno stretto collare che separa il ventre dalla gola. Leggermente piÚ piccolo della Rondine è molto piÚ simile al Balestruccio per le sue dimensioni, ma con la coda meno forcuta.

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Si tiene a quote più basse rispetto a quest’ultima specie descrivendo traiettorie meno regolari. Come suggerisce il nome scientifico, questa specie si può osservare principalmente lungo i fiumi, dove le sponde sabbiose sono utilizzate per la nidificazione. A differenza della Rondine e del Balestruccio, il Topino scava i suoi nidi, esclusivamente nelle vicinanze di stagni o corsi d’acqua presso i quali può trovare sufficiente nutrimento. Come la Rondine ed il Balestruccio, nidifica in colonie costituite da qualche decina a qualche centinaia di nidi. La nidificazione di questa specie in Umbria è limitata ad alcune zone lungo i principali corsi d’acqua e nel corso del tempo questi uccelli hanno iniziato ad utilizzare le sponde sabbiose delle cave, ancora attive o trasformate in laghetti di pesca sportiva che nel corso degli anni sono sorte nelle vicinanze dei corsi d’acqua. Il nido, dotato a volte di due ingressi, contiene 4-5 uova che sono incubate da entrambi i genitori per circa due settimane. Sono deposte due covate l’anno ma non si hanno informazioni sul successo riproduttivo, ovvero quale sia il rapporto tra il numero di uova deposte ed i piccoli involati con successo. è stata osservata un’elevata fedeltà al sito riproduttivo, con le femmine che tendono a disperdersi maggiormente rispetto ai maschi, andando a riprodursi nelle colonie presenti anche a centinaia di chilometri di distanza. In Umbria è considerata una specie rara e l’andamento della popolazione nel periodo 2001-2015 è incerto. Il Topino è una specie migratrice, le popolazioni Europee ed Asiatiche svernano in Africa, tra il Sahel ed il Mozambico. 31


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Tra mitologia e storia La tradizione mitologica dei greci e dei romani ci presenta alcune specie di uccelli come la trasformazione o l’incarnazione di divinità avvenuta in seguito ad eventi nefasti o prodigiosi. La Rondine, animale sacro ad Afrodite, dea dell’amore, era rispettata e ammirata per le sue abilità nel costruire i nidi; la confidenza tra l’uomo e questa specie è narrata nelle favole di Esopo. Nelle isole greche i ragazzi festeggiavano la fine dell’inverno ed il ritorno della primavera intonando la canzone: “è arrivata, è arrivata la rondine/ che porta il buon tempo e la buona stagione/il suo petto è bianco, nero il dorso/ Suvvia, tira fuori dalla tua casa ben fornita/ pane imbottito di frutta secca, una coppa di vino/ e un piatto di formaggi”.

“Affresco della primavera”, Akrotiri, isola di Santorini, 1500 a.c.

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La presenza dei nidi delle rondini era considerata una benedizione per gli abitanti della casa e questi uccelli saranno paragonati agli asceti, che si svegliano al levar del sole per cantare le lodi. Ma non tutti la tenevano in tanta considerazione e si narra che Pitagora facesse distruggere i nidi delle rondini che erano presenti nella sua casa, cosa che avrebbe fatto inorridire chi invece le considerava sacre ad Afrodite. Presso gli antichi greci si pensava che la Rondine trascorresse l’inverno sotto terra, come fosse morta, in attesa della rinascita legata al ritorno del sole primaverile. Il ritorno delle Rondini scandisce il ritmo delle stagioni da migliaia di anni e in Cina l’arrivo delle Rondini era fatto coincidere con la data degli equinozi. Lao-tse racconta che in inverno le Rondini discendono nell’acqua trasformandosi in conchiglia per poi tornare uccello in primavera, seguendo appunto il ritmo stagionale yin-yang. La colomba, l’aquila, il gallo o il corvo nero, il cardellino, la cicogna sono tutti portatori di un significato simbolico attribuito dalle varie tradizioni popolari di cui possiamo rintracciare origine e significato. Anche la Rondine facevano parte di questo “olimpo” zoologico e nell’immaginario collettivo avevano proprietà miracolose. Il loro ciclico ritorno aveva affascinato anche gli antichi egizi che le raffiguravano sulle mummie o sulla barca che conduceva all’aldilà. Per questo popolo mediterraneo la Rondine simboleggiava l’anima del defunto, a cui si augurava di tornare in un prossimo futuro, sana e salva dal misterioso viaggio che le attendeva.

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Le conoscenze naturalistiche che si basavano principalmente sui testi di Aristotele, sono rimaste come punto di riferimento per i molti autori latini dei secoli successivi, restando attuali fino al 1700, quando Linneo e Cuvier incominciarono ad utilizzare il metodo sistematico per descrivere e catalogare gli esseri viventi. Fino ad allora, le conoscenze sul mondo animale erano descritte nei Bestiari medievali, che raccoglievano le scarse conoscenze e le molte legende sulla loro vita. L’origine di questi testi si può rintracciare nel Fisiologo, testo scritto in greco probabilmente ad Alessandria d’Egitto tra la fine del II secolo d.C. e i primi anni del III, dove culti e misteri provenienti dal Mediterraneo e dall’Oriente venivano a contatto tra di loro. Il predominio dell’uomo sulla natura e sugli animali, sancito nei testi sacri delle religioni monoteiste diffuse nel bacino mediterraneo, s’intrecciava con altre religioni e filosofie orientali. Le storie tradizionali delle varie culture, tradotte in latino ed inserite nel processo di cristianizzazione dell’occidente, costituiranno la fonte a cui attingeranno numerosi scrittori antichi e la base delle 34


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raffigurazioni simboliche. Il fine dei Bestiari medievali non era quello di tramandare le conoscenze acquisite sulla vita degli animali, quanto quello di descriverne le proprietà allegoriche partendo da alcuni aspetti del loro comportamento. Sulla traccia dei bestiari medievali diffusi in Europa, nel XIII e nel XIV secolo vengono redatti in Italia da autori anonimi il “Libro della natura degli animali” ed il “Bestiario moralizzato di Gubbio” che descrivono le proprietà di alcuni animali ed esseri fantastici, nel rispetto della tradizione biblica. Alcuni di essi erano benvoluti, altri guardati con sospetto e diffidenza, superstizioni che in qualche caso ancora resistono, come quelle riguardanti gufi e gatti neri. La natura era in stretto rapporto con il sacro e gli uccelli hanno sempre avuto un posto particolare nell’immaginario collettivo. Simbolo dell’amicizia tra uomini e divinità, gli uccelli sono appollaiati sull’Albero del Mondo. L’uomo e la Terra al centro dell’universo, tutto era così com’era stato creato all’inizio dei tempi, opera e manifestazione del creatore. Gli uccelli sono stati considerati in molte culture i messaggeri tra noi e le divinità: si racconta che la musica sacra, tuttora eseguita nelle chiese copte ortodosse, fu ispirata da tre uccelli a San Jared, vissuto ad Axum in Etiopia nel VI sec. d.c. Nelle raffigurazioni di carattere religioso alcune divinità, o gli intermediari tra queste e gli uomini, sono dotate di ali, in una gerarchia evidenziata dal numero di ali dipinte. Negli affreschi e sui portali delle chiese romaniche quattro figure alate simboleggiano gli autori dei vangeli, Matteo (uomo), Marco (leone), Luca (bue) e Giovanni (aquila). I bestiari medievali tramandano la credenza che il pellicano 35


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dopo aver ucciso i suoi piccoli e averli pianti per tre giorni, li riporti in vita lacerandosi il petto e nutrendo i piccoli con il suo stesso sangue. Anche se poco rassomigliante al vero pellicano, quest’animale diventa il simbolo dell’amore e della passione di Cristo che sacrifica se stesso a favore di altri, e per molti secoli sarà dipinto, scolpito, intagliato o modellato, come si può osservare ad esempio nel duomo di Spoleto. è probabile che nel Medioevo gli uccelli simboleggiassero anche le differenti classi sociali. L’aquila, manifestazione di Giove, re degli dei, è per analogia il simbolo del potere del Re o dell’Imperatore, mentre i falchi diventano in questo periodo simbolo dei nobili che, spesso a cavallo, li utilizzano per la caccia. Gli uccelli di campagna e delle paludi rappresentavano il popolo e la gente del contado. La presenza nelle città medievali della Rondine è testimoniata ad esempio nel ciclo di affreschi “ Allegoria ed effetti del buono e del cattivo governo”, realizzata nel Palazzo Comunale di Siena tra il 1338 e il 1339 da Ambrogio Lorenzetti, che nell’affresco “ Effetti del Buon Governo in citta”, la dipinge sotto ad un balcone con il suo caratteristico nido. La Rondine, annunciatrice della primavera, simbolo di rinnovamento e di rinascita, è raffigurata talvolta nella scena dell’Annunciazione e più spesso nelle raffigurazioni della Madonna con il Bambino. Nella chiesa di San Francesco a Montone, in un affresco di attribuzione incerta realizzato verso la fine del 1400, si può riconoscere una Rondine nella mano del Bambino. Probabilmente la più celebre tra queste opere in cui compare 36


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la Rondine è la Pala Ottoni o “Madonna della Rondine”, dipinta a tempera e oro su tavola da Carlo Crivelli alla fine del 1400, conservata alla National Gallery di Londra. Più frequenti sono le raffigurazioni della Madonna con Bambino nelle quali è raffigurato un Cardellino, come nell’affresco “Madonna della salute” realizzato nel 1462 da Ottaviano Nelli nella Basilica inferiore di Assisi, od in altre opere esposte alla Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia. L’opera più famosa, in questo caso “Madonna del Cardellino”, dipinto ad olio su tavola realizzato da Raffello ai primi del 1500 è conservata alla Galleria degli Uffizi.

Affresco, particolare, chiesa di San Francesco (Montone) 37


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Itinerario tra arte e natura Il detto popolare “San Benedetto, torna la Rondine al tetto” ci porta a Norcia, luogo di nascita del fondatore dell’ordine dei monaci benedettini e patrono d’Europa dal 1964. Benedetto da Norcia muore il 21 marzo 547 nell’abbazia di Montecassino e la tradizione vuole che quel giorno siano tornate al nido le Rondini. Qualche sporadica Rondine si può osservare prima di quella data ma è solo con l’inizio della primavera che si osservano i primi contingenti d’individui intenti a controllare lo stato dei nidi dove sono nati l’anno precedente. Molte cose sono cambiate nel tempo, a cominciare dalla data in cui si ricorda San Benedetto, che è stata spostata al 21 luglio nel 1582 con la riforma del calendario fatta da Papa Gregorio XIII. A causa del movimento dell’asse terrestre, causato dall’attrazione del Sole e della Luna sulla Terra, non perfettamente sferica come la s’immagina, il momento in cui avvengono gli equinozi, in primavera ed in autunno, si sposta a ritroso di circa 20 minuti l’anno. Oggi la primavera astronomica inizia il 20 e non il 21 aprile. Questo lento movimento della Terra nello Spazio che ristabilisce il ciclo ogni 25.775 anni, è lento e impercettibile per noi e gli uccelli migratori hanno tutto il tempo di adattarsi. Per le Rondini il cambiamento più drastico e più veloce al quale è più difficile adattarsi, è la modifica dell’ambiente naturale. Nell’arco degli ultimi 70 anni, in epoche successive alla meccanizzazione e al cambiamento dei sistemi di 38


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allevamento, il massiccio uso di pesticidi ha ridotto fortemente le disponibilità alimentari per gli uccelli insettivori. Questo problema comune in molti Paesi industrializzati è aggravato in Africa dalla deforestazione e dal progressivo avanzare del deserto. I cambiamenti climatici rappresentano l’attuale e più grande sfida per gli uccelli migratori, che sebbene abbiano anticipato la data di arrivo nei quartieri riproduttivi devono attraversare ambienti divenuti ostili anche per la riduzione delle aree umide necessarie alla sosta durante i lunghi viaggi tra i continenti. Per le Rondini e le altre specie di uccelli migratori che attraversano il deserto del Sahara, significa fare voli più lunghi senza la possibilità di fermarsi o alimentarsi. Sono sempre maggiori le difficolta che gli uccelli migratori devono affrontare per sopravvivere ma tutti noi speriamo che riescano a tornare ogni primavera. Il nostro itinerario dedicato alla Rondine in Umbria inizia dalla statua di San Benedetto a Norcia, che è rimasta in piedi anche dopo il terremoto che nel 2016 ha distrutto la città ed interessato un ampia area del centro Italia.

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Norcia è una cittadina medievale che sorge nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, ai piedi di un massiccio calcareo ricco di sorgenti e di luoghi dai nomi inquietanti. Il monte della Sibilla, le gole dell’Infernaccio, Pizzo del Diavolo, il Lago di Pilato, sono alcuni tra i toponimi che caratterizzano questi luoghi dell’Appennino che ricordano l’esistenza di una tradizione spirituale solo in parte assimilata in quella cristiana. Insieme ai borghi, dal Medioevo ci giungono le opere letterarie citate in precedenza ed altri racconti di cavalieri e dame provenienti principalmente dalla Francia, tramandate anche a voce, che narrano di onore e di coraggio, di pericoli e paesaggi fantastici, di dannazione o di salvezza eterna. Gli antichi culti legati alla natura resistevano in queste terre contese tra Imperatori e Papi, dove nuovi mercanti si arricchivano con i commerci ponendo le basi alla formazione dei Comuni, contrastando o stringendo alleanze con l’aristocrazia feudale o clericale che dominava sulle terre e sui coloni. Le montagne dell’Appennino ospitavano nelle grotte le Sibille, diversi eremiti e monasteri, le divinità custodivano le sorgenti e popolavano boschi secolari, allora molto più estesi e misteriosi di oggi, pieni di rumori sconosciuti e animali temuti, come i lupi, gli orsi o i banditi. Le antiche leggende di questi monti hanno ispirato i racconti medievali “Le paradis de la reine Sibylle” del cavaliere e scrittore francese Antoine de la Sale, e il “Guerin meschino”, opera di Andrea Barberino, traduttore, scrittore e cantarino fiorentino del XV secolo. Le Sibille sono raffigurate nel ciclo di affreschi Storie della Vergine, dipinte da Filippo Lippi nel quattrocento nella cattedrale di S. Maria Assunta a Spoleto, o nell’Incoronazione 41


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della Vergine, realizzato da Vincenzo Tamagni nel cinquecento per l’abside della chiesa di S. Maria Assunta ad Arrone. Abitata fin dalla preistoria, la piana di Santa Scolastica nella quale si trova Norcia, conserva le testimonianze di lavori di canalizzazione avviati già in epoca romana e dell’opera dei monaci benedettini che costruirono una rete di canali per drenare le acque superficiali, incanalarle ed utilizzarle per muovere le macine dei mulini. Oggi le marcite, i prati allagati che consentono numerosi sfalci l’anno, rappresentano la più antica testimonianza dell’agricoltura intensiva praticata dall’uomo nel XIII secolo. Lasciamo Norcia per raggiungere Monteleone di Spoleto, situato in un punto strategico di collegamento tra la piana ternana e quella reatina, abitato già in epoca etrusca, per osservare un tipo un po’ particolare di Rondine. Il portale romanico della chiesa, in origine dedicata a S. Maria o Madonna dell’Assunta, è stato costruito alla fine del 1300. Tra le 44 figure scolpite nella pietra, troviamo la Rondine su entrambi i lati. Sulla destra la Rondine, con la sua sagoma inconfondibile, è in volo, mentre a sinistra una Rondine si prende cura dei suoi piccoli nel nido. Quello che nel XII secolo era un oratorio benedettino, utilizzato dai francescani a partire dal 1280, dopo diversi interventi succedutesi nel tempo, è oggi il complesso monumentale di San Francesco. Al suo interno quella che è considerata la più antica raffigurazione di Francesco d’Assisi, a cui è inevitabilmente legato il nostro itinerario in Umbria. 42


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Il massiccio calcareo formato dai monti Coscerno, Civitella ed Aspra, con cime che superano i 1500 metri di quota, separa l’altopiano di Monteleone di Spoleto dalla Valnerina. Ad attraversare quest’area di Interesse Comunitario (Sic IT 5210063) e di particolare rilevanza ornitologica in Umbria, un antico percorso congiungeva l’Umbria al Lazio e all’Abruzzo. Una piccola area umida caratterizza il Piano, chiuso sotto le balze del Morrone dal castello di Navelli. Più avanti, incontriamo il castello di Caso, costruito tra il IX e X secolo per proteggersi dalle scorrerie dei saraceni e controllare il commercio che transitava nella Valcasana, con uno splendido panorama sul monte Civitella e sulle balze rocciose delle Muraglie. Vicino al cimitero, a valle dell’abitato, c’è la chiesa della Madonna delle Grazie (XV sec.), che conserva un affresco realizzato da uno dei maestri dell’arte umbra. 43


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Nella raffigurazione dell’Annunciazione, affresco realizzato tra il 1516 ed il 1522 da Giovanni di Pietro, detto lo Spagna, sono ben visibili quattro Rondini, di cui una è ritratta all’interno del suo caratteristico nido.

Le Rondini nidificano ancora nelle rimesse agricole vicino al borgo aggiungendo, come nell’affresco, un tocco di familiare eleganza al paesaggio che si offre come panorama al nostro sguardo. Per tradizione la festa dell’Annunciazione si celebra il 25 marzo, in prossimità dell’equinozio di primavera, la stagione che vede il risveglio della vegetazione ed il ritorno 44


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degli uccelli migratori, tra cui le Rondini. In una precedente raffigurazione dell’episodio biblico dell’Annunciazione, realizzata da Giovanni del Biondo nel 1385 per la chiesa dell’Annunziata di Poggio Croce, oggi piccola frazione del comune di Preci, compare una coppia di Rondini ed il loro nido ma, a seguito del recente terremoto, il dipinto a tempera è stato preso in custodia dalla Soprintendenza in attesa di una sua futura ricollocazione. Una coppia di Rondini è raffigurata nell’opera “Annunciazione e Santi”, realizzata dallo stesso autore per la chiesa di Santa Maria Novella e conservata oggi al Museo degli Innocenti a Firenze. In posizione strategica tra le antiche strade commerciali della Valnerina, incontriamo Ferentillo. All’interno della Pieve di S. Maria, costruita su un tempio paleocristiano nel 1494, è conservato l’affresco di S. Antonio Abate, realizzato nel 1593 ed attribuito a Jacopo Siculo. Con uno stile pittorico diverso dall’affresco visibile a Vallo di Nera, sulle pareti laterali della cappella sono dipinte alcune specie di uccelli caratteristici dell’ambiente agricolo. Qui possiamo riconoscere la Cappellaccia, l’Allodola, la Quaglia, la Gazza, la Civetta, il Passero, l’Usignolo e la Rondine.

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La Valnerina conserva un importante patrimonio naturalistico, storico e culturale, in un contesto paesaggistico unico in cui si possono osservare alcune specie di uccelli poco comuni in Umbria. In alcuni punti di questa valle profondamente incisa dal fiume, si vedono strati di roccia inclinati, piegati, fratturati, che lasciano intuire le enormi forze che agiscono nel plasmare il paesaggio di quest’area. Sulle pareti verticali scavate nel tempo dall’acqua e dall’uomo, nidifica la Rondine Montana (Ptyonoprogne rupestris). I suoi nidi si possono osservare alla Balza Tagliata percorrendo un breve tratto della ferrovia, dismessa nel 1968, che congiungeva Spoleto a Norcia. Risalendo il fiume Corno da Borgo Cerreto, nel comune di Cerreto di Spoleto, in breve tempo si raggiunge la stretta gola in cui già in epoca romana fu realizzato un percorso che permetteva fino all’800 di raggiungere Norcia seguendo un itinerario più breve. Con un po’ di fortuna si possono 46


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vedere in volo tra le pareti rocciose anche i Rondoni maggiori (Tachymarptis melba). Entrambe le specie frequentano la bassa Valnerina, le pareti calcaree ed i prati del monte Coscerno. A Vallo di Nera, appena fuori dalle mura del castello, la chiesa intitolata a Santa Maria Assunta, di cui troviamo testimonianze dalla fine del XII secolo, conserva sulla parete destra dell’abside un affresco del 1400, attribuito a Cola di Pietro da Camerino, che ci mostra un frate intento a predicare agli uccelli. All’origine la chiesa era dedicata a Francesco d’Assisi e quest’affresco ci mostra uno dei momenti più celebrati della sua esistenza, la “predica agli uccelli”.

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Francesco d’Assisi è sicuramente il personaggio più famoso dell’Umbria medievale e la “predica agli uccelli” è uno degli episodi più conosciuti e rappresentati della sua vita: solo nella Basilica di Assisi ce ne sono due. Dei due affreschi, il più antico è stato realizzato nel 1235 da un maestro umbro, denominato dalla critica d’arte Maestro di San Francesco. La quercia, pianta sacra alle popolazioni mediterranee e nord europee, il libro e gli uccelli, non sono solo raffigurazioni, ma simboli di un immaginario collettivo condiviso. In questo affresco Francesco benedice gli uccelli, che sono bianchi, neri e di entrambi i colori contemporaneamente. Il rapporto con gli uccelli poteva essere a quei tempi assimilato alle pratiche divinatorie pagane, e comunque fuori dall’ordinario, cosi come lo sono le pitture di Giotto nella basilica superiore di Assisi.

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L’affresco realizzato da Giotto e dalla sua “bottega” tra il 1290 e il 1300 nella Basilica Superiore di Assisi, costituisce la nascita di un nuovo stile nelle rappresentazioni, in quanto queste opere introducono per la prima volta nella pittura, la prospettiva e la rappresentazione della natura. L’immagine che viene suggerita anche dai racconti dell’episodio tramanda l’idea rassicurante e consolatoria del dominio dell’uomo sulla natura; gli uccelli non portano messaggi ma sono lì ad ascoltare la “predica”. Tra le figure umane e l’albero, al centro dell’immagine si trovano una moltitudine di uccelli, ma a distanza di mille anni, i colori sono sbiaditi e non è possibile riconoscere che specie di uccelli siano stati raffigurati da Giotto. La stessa scena, sempre attribuita a Giotto o alla sua bottega, è inserita in un dipinto di grandi dimensioni, le “Stigmate di San Francesco” conservato al Louvre, che riprende alcune delle scene affrescate nella Basilica di Assisi. In quest’opera è possibile identificare alcune specie tipiche dei campi, dei rilievi circostanti ad Assisi e delle paludi presenti allora nel fondovalle. Possiamo riconoscere Gazze, Cardellini, Fringuelli, Merli, un Frosone in volo ed uno a terra, due Gracchi corallini, un Gallo, due tipi di Oche e due uccelli che ricordano specie di palude, forse il Tarabuso ed il Tarabusino. Il rapporto con l’ambiente e gli animali, tipico delle comunità agricole e pastorali di un tempo, considerato vicino alle tradizioni pagane era visto con sospetto, come sembra esprimere il frate che assiste alla scena, quasi potesse assumere proprietà demoniache.

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In quei secoli e in quelli seguenti furono condannate al rogo quelle persone che mostravano una qualche confidenza con certe specie animali, considerandola una prova del rapporto con il demonio. Per quanto riguarda le Rondini, Cecco D’Ascoli, bruciato in Firenze come eretico nel 1327, riporta alcune credenze ancora vive nel Medioevo. Si narrava di una pietra che questi uccelli portavano in grembo, di due qualità: una fulva con poteri antiepilettici che ispirava eloquenza e affidabilità, l’altra nera che avrebbe 50


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favorito il successo e sventato ogni minaccia mitigando anche l’ira dei sovrani. Inoltre si descrivono delle proprietà curative della celidonia, un’erba selvatica cui era associato il nome della Rondine fin dall’antica Grecia, capace di curare la vista. Nel Rinascimento si elogiava la capacità delle Rondini di scacciare i falchi predatori unendosi in gruppo, dando consistenza al detto “l’unione fa la forza”. In un altro episodio che ci è stato tramandato, Francesco si rivolgerà direttamente alle rondini, ma per trovare delle rondini raffigurate ad Assisi, bisogna visitare l’Oratorio del Pellegrino per osservare, tra gli affreschi presenti, la scena dell’Annunciazione, dipinta da Matteo da Gualdo nel 1468. Nella vicina piazza comunale, sotto al portico conosciuto come la Volta Pinta, grottesche affrescate risalenti al 1556, raffigurano alcune specie di uccelli, tra cui un nido con quattro piccole Rondini.

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Lo stile è completamente diverso, ma anche qui le figure rivelano l’esistenza di significati simbolici che oggi possono essere interpretati solo possedendone le chiavi di lettura. Tra gli uccelli è raffigurata anche un’Upupa, uccello guida e regale nelle tradizioni orientali e mediterranee, per via delle piume sul capo che vengono drizzate in alcune situazioni somigliando ad una corona. Per gli antichi Umbri, l’Upupa era una delle specie osservate nella pratica divinatoria degli auspici. L’Upupa è l’uccello al quale si rivolgono i due personaggi della commedia di Aristofane “Gli Uccelli”, alla ricerca di una città meno corrotta di Atene ed è eletta dagli altri uccelli come guida nella ricerca di Simurgh nel poema “Il verbo degli uccelli” scritto da Farīd ad-dīn ‘Attār, poeta persiano contemporaneo di Francesco d’Assisi. Molti altri uccelli sono raffigurati negli affreschi risalenti al I sec. d.C, scoperti in città sotto la cripta della chiesa di S. Maria Maggiore in quella che è considerata la villa del poeta Properzio.

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Poco distante dalla città si erge nella campagna, il Santuario di Rivotorto, considerato “la culla della Fraternità francescana” ovvero il primo luogo dove Francesco e la sua comunità si stabilirono. Nel piazzale adiacente al santuario, una statua donata dall’artista di origini inglesi Harry Marinski, sembra suggerire un’interpretazione della predica agli uccelli più gioiosa, unendo armonicamente gli uccelli ed i personaggi in un innocente e allegro girotondo.

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La località dove la tradizione vuole si sia svolta la predica agli uccelli è situata nella pianura che si estende tra le pendici del Subasio, il monte che sovrasta Assisi, e i primi rilievi dei Monti Martani. La piana, attraversata dal torrente Topino, era molto differente da come oggi si presenta ai nostri occhi. L’esistenza di una palude, menzionata fin dall’epoca romana, dove vegetava rigogliosa la cannuccia di palude, è all’origine del nome del borgo medievale che ancora sorge sulla riva sinistra del torrente, Cannara. Sulla facciata esterna della chiesa di San Francesco è ancora visibile un affresco nel quale si possono distinguere uccelli in volo che assomigliano a Rondini. Costeggiando il canale dell’antico molino, e proseguendo a destra sulla strada principale, incontriamo un segnale turistico che indica il percorso che conduce a Pian d’Arca. Tommaso da Celano nella biografia di Francesco, scrive: “… Francesco attraversava la valle Spoletana. Giunse ad un luogo presso Bevagna, dove era raccolta una grandissima quantità di uccelli di ogni specie, colombe, cornacchie e le cosi dette monachine.” Non si parla di Rondini e forse le monachine sono quelle che oggi conosciamo come “ballerine bianche”. Attraverso i campi, lungo l’antica strada che congiungeva il castello di Cannara a quello di Bevagna, una pietra segnala il luogo dell’avvenimento. La pietra originale è custodita secondo la tradizione nella chiesa a lui dedicata a Bevagna. Proseguendo la strada bianca si raggiunge una piccola edicola votiva, costruita nel 1926, meta del pellegrinaggio che si svolge la quinta domenica dopo la Pasqua. 54


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Nell’affresco e nel bassorilievo che lo incornicia, sono ben riconoscibili le Rondini.

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L’opera è del pittore Castore Vignaroli, mentre la cornice in ceramica intorno all’affresco è dello scultore cannarese Bruno Bini. La chiesa Madonna della Valle a Bevagna, oggi inagibile, ospita un affresco molto simile alla raffigurazione di Pian d’Arca, nel quale Francesco è raffigurato insieme alle Rondini e ad un Pettirosso. La palude, luogo di sosta ed alimentazione per molte specie di uccelli, non esiste più. Bonificata completamente nel secolo scorso, in questa pianura oggi, tra i fossi e i canali di bonifica, fiorisce l’agricoltura e l’allevamento che offrono ancora alle colombe, alle monachine ed alle Rondini, un ambiente ideale per la nidificazione e l’allevamento della prole. Oltrepassata Bevagna, sui primi rilievi dei monti Martani sorge il borgo medievale di Montefalco. L’episodio di Pian d’Arca ha ispirato un altro artista, Benozzo Gozzoli, che tra il 1450 e il 1452 realizza l’affresco nella chiesa museo di San Francesco in questo borgo.

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Il paesaggio assume un aspetto importante nell’opera, e l’episodio della predica agli uccelli acquista dei riferimenti geografici precisi. Lo sfondo delle montagne con Assisi sui rilievi del Monte Subasio e Bevagna nella piana sottostante, la città fortificata di Montefalco, i cui dignitari sono inginocchiati di fronte a Francesco ed un suo confratello. Qui si distinguono bene alcune specie di uccelli: la Cornacchia grigia, l’Upupa, il Merlo, la Taccola, l’Oca e, probabilmente, un Tordo bottaccio ed un Cardellino. Le colline circostanti oggi sono luoghi di produzione di prodotti di qualità, come l’olio ed in particolare il vino, la cui coltivazione ha plasmato fin dall’epoca romana l’assetto del territorio. Lasciamo la Valle Umbra per spostarci nella valle del Tevere. Attraversate le gole del Forello, tra Todi ed Orvieto, il fiume costeggia i rilievi dei monti Amerini dove troviamo altre testimonianze artistiche e naturalistiche che vedono protagonista la Rondine.

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In posizione dominante sulla valle, sorge Alviano. Situato lungo la via Amerina, antica strada di collegamento con Roma, il castello di Alviano e la piazza antistante sono stati testimoni di un altro evento narrato nella biografia di Francesco d’Assisi. Nella cappella all’interno del castello un affresco ci fa rivivere la scena di questo episodio, mentre nella piazza antistante l’ingresso una targa è stata posta a ricordo dell’avvenimento. In questo caso si parla proprio di Rondini, anche se guardando l’affresco del XVII secolo, opera di Giuseppe Bastiani, non si riesce a distinguerle con sicurezza.

Tommaso da Celano scrive: “Un giorno, recatosi ad Alviano a predicare e salito su un rialzo per essere visto da tutti, chiese silenzio, ma mentre tutti tacevano in riverente attesa, molte rondini garrivano con grande strepito attorno a Francesco. Non riuscendo a farsi sentire dal popolo per quel rumore rivolto agli uccelli, disse: 58


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«Sorelle mie rondini, ora tocca a me a parlare, perché voi lo avete già fatto abbastanza; ascoltate la parola di Dio, zitte e quiete, finché il discorso sia finito». Ed ecco subito obbedirono: tacquero e non si mossero fino a predica terminata.” Nell’affresco Francesco è rivolto ad una folla riunita e le Rondini al centro dell’episodio sembrano abbandonare la scena da una finestra in alto. è l’unico affresco in cui Francesco è raffigurato come un oratore di fronte ad una folla riunita all’interno di un edificio. Ad ascoltarlo molte persone appartenenti a diverse classi sociali, come si può intuire dagli abiti indossati. Gli uccelli, evocati nell’episodio della più famosa predica avvenuta a Pian d’Arca e raffigurati negli affreschi dei secoli precedenti, simboleggiano secondo alcune interpretazioni, tutte le persone a cui Francesco si era rivolto ottenendo quel largo consenso che porterà alla fondazione dell’Ordine. In posizione panoramica sui rilievi sopra il castello, a 2,5 km da Alviano sulla via Amerina in direzione di Lugnano, è stata realizzata nel 1980 la Cappella delle Rondini. Nel silenzio del bosco di leccio ci accolgono, all’entrata del parco, alcune statue. Qui l’episodio della predica alle Rondini è interpretato molto diversamente da quanto tramandato nel racconto. Francesco seduto in terra accoglie nelle sue mani un uccello, lo guarda con tenerezza suscitando lo stupore nei fanciulli che osservano la scena. Lo stupore che si percepisce nelle loro facce sembra di ritrovarlo in quello della statua di Francesco vicino all’ingresso mentre nella vetrata della chiesa Francesco sembra danzare con le Rondini. 59


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Alla bellezza delle raffigurazioni si aggiunge il nostro stupore nell’osservare che la vetrata e le statue portano evidenti i segni dell’inciviltà della nostra epoca. Guardando lontano si scorgono il Lazio e la Toscana, si riconoscono i monti Cimini e i rilievi dell’Amiata. Nella valle sottostante una distesa azzurra: il Lago di Alviano. Quest’area umida si è creata in seguito allo sbarramento del fiume Tevere, i terreni agricoli sono stati invasi dalle acque ed in breve si è sviluppato un fitto canneto ed è cresciuto un bosco ripariale. Una porzione del lago, dopo aspre e lunghe battaglie, ancora prima dell’istituzione del Parco Regionale, è diventata oasi di protezione, gestita dal WWF.

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Ai margini della palude, in località Madonna del Porto, un sentiero nel bosco igrofilo consente di raggiungere alcuni capanni per l’osservazione dell’avifauna realizzati all’interno dell’Oasi. Protetta dall’attività venatoria e dal disturbo delle attività produttive, questo luogo è ideale per la sosta e la nidificazione di molte specie di uccelli. Considerando la penisola italiana come un ponte tra i continenti, non è difficile immaginare che nei periodi della migrazione si possono osservare molte specie di uccelli, non solo Rondini, Rondoni, Balestrucci e Topini. Quest’oasi lungo il corso del Tevere potrebbe essere paragonata ad un area di servizio lungo un’autostrada e non è raro fare avvistamenti inconsueti o assistere a spettacoli unici. La visita all’oasi e l’incontro con chi la gestisce è un esperienza impagabile che invitiamo a fare. 61


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Ma che fine fanno le rondini in inverno? Questa domanda è rimasta senza risposta per molto tempo. O meglio, le risposte date in passato oggi ci appaiono fantasiose e persino un po’ assurde. Per capire da dove nascevano queste risposte è necessario recarsi nel Parco Regionale Palude di Colfiorito. Qui nella stagione estiva, al tramonto, si possono osservare migliaia di Rondini che si radunano sopra il canneto. Le voci si rincorrono in un carosello di voli, ed individui nati in un ampia area dell’Italia Centrale si radunano per passare la notte. Le vedi che corrono nel cielo, sembrano giocare tra di loro prima di andarsi a rifugiare tra le canne al calare dell’oscurità. Poi un giorno, senza apparente preavviso, le Rondini scompaiono. Da Aristotele (384 - 332 a.C) a Linneo (1707-1778) la soluzione all’enigma, suffragata dal ritrovamento nel fango di rondini morte, era che si nascondessero nel limo fino alla primavera successiva. Anche se il fenomeno migratorio era stato ipotizzato da Federico II di Svevia nel suo trattato “Venando cum Avibus” ( XIII sec.), non si poteva immaginare che uccelli così piccoli fossero in grado di coprire le enormi distanze che percorrono gli uccelli più grandi, come le Cicogne o i Falchi. Ma già alla fine del 1600 si faceva strada l’ipotesi della migrazione; ce lo racconta La Fontaine nella fiaba “La rondine e gli uccellini” e nel 1770 in un trattato di Zoologia, il naturalista Buffon afferma che le Rondini sono uccelli migratori. Sapere però che strada seguissero e dove andassero a passare l’inverno è rimasto un mistero per altri cento anni. C’è voluta l’idea di un professore danese, H.C.C. Mortensen (1856 – 1921), che nel 1889 diede inizio 62


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all’inanellamento degli uccelli. Questa pratica si è rilevata il metodo più adatto per lo studio del fenomeno migratorio e nel giro di pochi decenni ha prodotto il primo importante risultato, la pubblicazione, nel 1931, del primo atlante sulla migrazione degli uccelli, fornito di mappe con le rotte migratorie di diverse specie. L’inanellamento scientifico oggi è una pratica consolidata in tutto il mondo, gestita e coordinata al nostro livello nazionale dall’Istituto superiore di protezione e ricerca ambientale (ISPRA). Una grande quantità di dati sono stati raccolti in Italia a partire dal 1929, grazie al contributo di centinaia di inanellatori e decine di migliaia di cittadini che hanno trasmesso informazioni sul ritrovamento di uccelli inanellati. Le osservazioni registrate hanno permesso la realizzazione dell’Atlante della Migrazione degli Uccelli in Italia, consultabile sul sito dell’ISPRA. Così, osservando e studiando la Rondine in Italia ed in altri Paesi Europei, con progetti mirati ci si è accorti che le popolazioni si sono dimezzate tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni del 2000. Per comprendere un fenomeno così imponente e su vasta scala c’è bisogno di collaborazione tra i vari Paesi, di scambio di informazioni e di coordinamento. Ci pensa l’Ente Europeo per l’inanellamento, Euring, che nel 1997 lancia il progetto Rondine. Nella Palude di Colfiorito tra il 1995 ed il 1998 vengono inanellate 9.187 rondini, presso stazione di inanellamento situata ai margini del canneto. La Palude di Colfiorito è una zona umida d’importanza internazionale (convenzione di Ramsar), fa parte delle aree 63


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Natura 2000 come sito di importanza comunitaria (SIC) e zona di protezione speciale (ZPS) ed è un Parco Naturale Regionale. La sede del Parco ospita un piccolo museo naturalistico e offre al visitatore tutte le informazioni necessarie alla visita. Quest’area umida, l’unica presente sulle montagne dell’Appennino, è quanto rimane di un sistema di paludi che caratterizzavano questi piani carsici, trasformati già in epoca romana in campi fertili dalle opere di bonifica. Anche gli altopiani e i rilievi circostanti alla palude, frequentati già in età preistorica, meritano una visita ed ospitano specie ormai rare in Umbria. Oggi sappiamo, anche grazie alle nuove tecnologie, come e dove le Rondini trascorrono l’inverno. L’uso di piccoli e sofisticati congegni elettronici, ci hanno consentito di raccogliere una buona quantità di informazioni. I primi sono stati i geo-localizzatori, in grado di registrare la durata delle ore di luce consentendo agli studiosi di risalire alla latitudine. Il problema di questi strumenti, che vengono applicati come uno zainetto all’animale, è che bisogna recuperarli, cioè bisogna ricatturare l’individuo a cui è stato messo. Con i nuovi gps collegati ai satelliti questo non è più necessario ed i ricercatori possono sapere ogni giorno da casa la posizione dell’individuo marcato ed equipaggiato di questo strumento, dal peso di pochi grammi, ma ancora un po’ troppo pesante per le nostre Rondini. Si è scoperto comunque che le Rondini frequentano una vasta zona del centro e del sud Africa, con maschi e femmine che utilizzano porzioni differenti del Continente. Il ritrovo principale nel quale si riuniscono prima di tornare in Europa si trova in Nigeria. 64


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Il villaggio di Ebbaken Boje, nel Cross River National Park con le sue colline ricoperte di Erba elefante è stato segnalato per la prima volta da un ornitologo inglese nel 1987 che frequentava la zona alla ricerca di una rarissima specie tropicale. La notizia di un enorme dormitorio di Rondini si sparse rapidamente ed il villaggio diventò meta di alcuni ornitologi europei e grazie all’impegno di molte persone di nazionalità diverse nel 1995 è diventato “La città delle Rondini”. Anche qui le condizioni ambientali sono cambiate dagli anni ‘80 e stanno cambiando anche più velocemente di un tempo. La deforestazione, gli incendi e l’agricoltura industriale che fa largo uso di sostanze chimiche stanno minacciando la sopravvivenza delle rondini anche in questo posto. Niente in confronto a quanto poteva influire la tradizionale caccia a questi animali che, come gli altri animali della foresta, costituiscono una fonte di sostentamento per la popolazione del villaggio.

Foto di Sara Riello 65


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Partecipare e condividere: citizen’s science Per quanto si possa fare, non è possibile fare tutto da soli. Gli atlanti ornitologici, che riguardino la distribuzione o le rotte di migrazione seguite dalle molte specie di uccelli presenti nel mondo, sono opere decisamente troppo grandi per poter essere realizzate da una persona sola. è necessaria l’unione di molte persone, ornitologi per passione o per professione. Sull’esempio di esperienze europee già collaudate, nasce anche da noi un sito web che consente di archiviare le osservazioni e di condividerle con i partecipanti. Il portale Ornitho.it è stato inaugurato nel 2009 e nel 2017 conta 8958 iscritti che in questi anni hanno raccolto e trasmesso più di 11 milioni di segnalazioni. Nato inizialmente per la raccolta di dati ornitologici, oggi consente l’inserimento di osservazioni relative anche ad altri gruppi animali, come insetti, rettili, anfibi e mammiferi. Uno dei progetti promossi dalla piattaforma è il censimento dei nidi di Rondine e Balestruccio, progetto attivato per la prima volta in Umbria a Monte Castello di Vibio. Con il patrocinio del Comune e la partecipazione di alcuni abitanti, nel 2016 è stato realizzato un primo censimento. (www.flipsnack.com/centrostudiornitologici/opuscolo-web.html) Situato sulle colline della media valle del Tevere, il borgo conserva le sue caratteristiche medievali ed ospita il Teatro della Concordia, costruito da famiglie locali, inaugurato nel 1808 e considerato il teatro più piccolo del mondo. Nelle sere di primavera ed all’inizio dell’estate, le sagome delle Rondini, dei Balestrucci e dei Rondoni interrompono con i loro voli e i loro richiami la quiete del panorama che 66


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si gode dalla piazza principale.

Nella campagna circostante le Rondini nidificano formando diverse colonie, quelle più numerose si trovano nei tre allevamenti ancora presenti nel territorio comunale. Gli allevatori sono abituati alla loro presenza e anche senza osservazioni precise hanno la sensazione che il numero delle Rondini sia diminuito negli ultimi anni. Gli adulti tornano nei luoghi dove hanno nidificato l’anno precedente, mentre i giovani cercano siti idonei nelle vicinanze. I maschi si allontanano più delle femmine dalla colonia dove sono nati, dando origine a nuove colonie, costruite utilizzando ambienti meno favorevoli, ma sempre confortevoli, al riparo dalle intemperie e adatti alla costruzione del nido ed all’allevamento della prole. Così in molti vecchi casali, nelle porcilaie ormai in disuso, nei magazzini si trovano queste colonie minori, la cui salvezza è affidata alla sensibilità dei proprietari. Una piccola 67


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colonia è ospitata nei locali di una falegnameria, incurante dei rumori provenienti dalle macchine. I Balestrucci sono numerosi ed i loro nidi, si possono osservare in tutto il comune, lungo i vicoli del borgo e soprattutto nella piazza intitolata a Garibaldi. Nella primavera 2017, nell’iniziativa “un due tre, conta i nidi insieme a me !” sono stati contati all’interno delle mura cittadine 160 nidi, di cui 98 attivi. I Rondoni comuni frequentano le cavità della cinta muraria e dei palazzi, rincorrendosi chiassosi per la valle circostante. Nella piccola frazione di Doglio, il signor Pio conserva con passione alcuni nidi di Balestruccio. Si può stare seduti sulla terrazza nel suo “bar alimentari” ed osservare i Balestrucci al nido a pochi metri di distanza, senza arrecare nessun disturbo alla loro attività. La maggior parte dei nidi in questa frazione è costruita sulla facciata esterna di Porta Fuje, da dove si può ammirare il panorama sulla valle del Faena ed i rilievi del monte Peglia.

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Tra passato e futuro Questo capitolo ha bisogno della vostra partecipazione e, in qualche modo, lo dovete scrivere anche voi. Noi non pensiamo infatti di aver esaurito l’argomento. Gli uccelli hanno attirato l’attenzione dell’uomo, li troviamo raffigurati nelle grotte fin dalla preistoria, la loro presenza si riscontra in tutte le culture umane e la loro attenta osservazione è stata utile per comprendere l’evoluzione della vita sulla terra. I cambiamenti climatici in atto e le modifiche ambientali operate dall’uomo impongono alle specie di evolversi in maniera molto più rapida di quanto fatto finora. Il numero di specie estinte negli ultimi cento anni rispetto ai secoli precedenti è aumentato in modo impressionante e oggi si parla di una estinzione di massa già in atto. Continuare l’osservazione ci aiuterà a capire i cambiamenti in atto, divulgare e condividere le osservazioni aiuterà a prendere coscienza di un fenomeno globale nel quale ogni piccola azione può fare la differenza. L’evoluzione è ancora in atto così come sono attive le altre forze che plasmano il nostro pianeta. Le conseguenze del terremoto che nel 2016 ha interessato l’Appennino, ed in parte la Valnerina e lo spoletino, sono ancora visibili. Le chiese di Monteleone di Spoleto e di Vallo di Nera citate nel testo hanno subito lievi danni e torneranno a essere agibili; se le trovate ancora chiuse riuscirete comunque a gustarvi la gita. Le dinamiche economiche e sociali hanno portato allo spopolamento di luoghi un tempo molto più frequentati e per vedere gli affreschi nelle chiese dei borghi 69


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più piccoli bisogna rivolgersi direttamente ai pochi abitanti rimasti: di solito sono loro che mantengono in vita questi monumenti. Oltre a queste persone, che hanno reso possibile l’ideazione e la realizzazione di questo testo, ringraziamo in anticipo i lettori che decideranno di dare il loro contributo inviando commenti e segnalazioni all’indirizzo centrostudiornitologici@hotmail.it. Il Centro Studi Ornitologici “Antonio Valli da Todi” è stato fondato nel 2007 per promuovere la ricerca ornitologica e la pratica del Birdwatching in Umbria. In questi anni abbiamo utilizzato il blog https://centrostudiornitologici. wordpress.com per diffondere le nostre iniziative a favore della fauna e dell’ambiente. Per contribuire al censimento delle Rondini e dei Balestrucci che nidificano in Umbria la nostra associazione ha presentato alla Galleria di Storia Naturale di Casalina nel 2016 l’iniziativa “Una Rondine non fa primavera” e aperto sul social network facebook il gruppo @rondineumbria, per condividere osservazioni, fotografie e disegni. Tra le segnalazioni ricevute, quella di una rondine albina osservata a Sigillo. L’ultima segnalazione archiviata sulla pagina nel 2017 riguarda due rondini fotografate nel mese di novembre al Lago di San Liberato (Narni), caso insolito per la nostra Regione.

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Le voci delle rondini Bibliografia Ornitologia Italiana. Brichetti P. & Fracasso G. 2003, Alberto Perdisia Editore, Bologna

La migrazione degli uccelli. Berthold P. 2003, Bollati Boringhieri Guida degli uccelli d’Italia. Svensson L. 2013, Ricca Editore

Ficedula n° 50. Speciale Rondine, anno XXIII, ottobre 2015. Rivista semestrale di ornitologia dell’Associazione per lo studio e la conservazione degli uccelli della Svizzera italiana. Dizionario dei simboli. Chevalier J. & Gheerbrant A. 1994, Biblioteca Universale Rizzoli

Bestiario Antico. Maspero F. 1997, Edizioni PIEMME

Volario. Cattabani A. 2000, Arnoldo Mondatori editore Storia delle credenze e delle idee religiose. Micrea Eliade. 2016 Biblioteca Universale Rizzoli Cristo in Valnerina. Polia M. 2014, Il Formichiere, Foligno

Umbria. 2004, Touring Club Italiano. Touring editore 73


Le voci delle rondini Collegamenti esterni Atlante della migrazione degli Uccelli in Italia http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/ pubblicazioni-di-pregio/atlante-della-migrazione-degliuccelli-in-italia Andamenti delle specie comuni in Europa http://www.ebcc.info/index.php?ID=612

Check list degli uccelli in Umbria http://www.ebnitalia.it/easyNews/NewsLeggi. asp?NewsID=132

Quaderni dell’Osservatorio Faunistico Regionale http://www.regione.umbria.it/turismo-attivitasportive/quaderni-dell-osservatorio

Euring, Unione Europea per l’inanellamento degli uccelli http://www.euring.org/files/documents/ brochure2007/EURNG_brochure_italian_2008.pdf

Le rondini nel Parco regionale Adda Sud https://www.parcoaddasud.it/portale/it/pubblicazionimenu/libri/item/59-la-rondine-nel-parco-regionaleadda-sud.html Rondoni, allevamento e migrazione in un video tedesco https://www.facebook.com/ZDFterraX/ videos/10154478982357931/ 74


Le voci delle rondini Chiesa museo di San Francesco a Montefalco http://www.museodimontefalco.it/it/chiesa-museo-disan-francesco_10.html

Museo civico di San Francesco a Montone http://www.sistemamuseo.it/ita/2/musei/29/montoneumbria-museo-civico-di-san-francesco/ Castello di Alviano http://www.sistemamuseo.it/ita/2/musei/3/alvianoumbria-castello-di-alviano/ Luoghi di culto http://www.iluoghidelsilenzio.it/ Oasi WWF Lago di Alviano http://www.oasidialviano.org/

Valnerina http://www.lavalnerina.it/index.php

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Rondine - raccolta materiale per il nido

Rondine al nido

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Rondine all’inseguimento dell’insetto

Balestruccio

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Balestrucci - raccolta materiale per il nido

Piccoli Balestrucci al nido

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Rondone comune

Rondone maggiore

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Topino, nidificazione in colonia sulle pareti sabbiose

Topino - femmina a sinistra, maschio a destra

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Rondine montana - giovani sul cornicione di un campanile

Rondine montana

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Rondine albina imbeccata dal genitore - Sigillo (Perugia)

Rondine albina - Sigillo (Perugia) 28/07/2017

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