Le mani tremano, i ricordi no

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Le mani tremano i ricordi no...

Le mani tremano i ricordi no...

Quaderni del Volontariato 2015

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sociale Centro Servizi per il Volontariato Perugia Terni



ISBN 9788896649442




LE MANI TREMANO I RICORDI NO…

A cura di Fiammetta Burani



Un sogno realizzato‌ Una promessa mantenuta a loro‌ che volevano raccogliere i loro ricordi, ma se ne sono andati via troppo presto per farlo‌. Ai miei genitori, che, con il loro esempio, mi hanno reso ciò che oggi sono e mi hanno trasmesso quei valori che oggi io trasmetto ai miei figli.



Se penso alla casa in cui sono nato, in cui ho vissuto più intensamente la mia infanzia, ricordo che…

“La casa della mia infanzia si trovava a Pilonico Paterno ed era la Casa del Padrone. Il mio papà era un casengolo, ovvero un contadino che lavorava nell’orto del Padrone ed era affittuario dell’abitazione in cui viveva con la famiglia e in cui lavorava anche per conto suo. Era una casa in cui vivevano sei persone ed era composta da una stanza e da una cucina. Era freddo in quella casa e così i miei genitori mettevano i forati sopra la stufa a legna, perché, una volta che si erano scaldati, venivano utilizzati come termosifoni per gli abitanti della casa. Il ricordo più bello che ho di quella casa è l’immagine di mio nonno, severo e intransigente, che si metteva sempre sotto l’olmo ad arrotare la falce e mi raccontava le sue storie…erano il mio cinema”.


“Era una casa nel centro storico di Cannara, con quattro stanze, in cui vivevano cinque persone: io, i miei genitori e i miei nonni materni. Era una casa semplice: la casa di una famiglia povera che viveva del raccolto di circa un ettaro di terreno, coltivato un po’ a cipolle e un po’ a grano. Di quella casa mi ricordo un particolare: nella soffitta c’era un trave bruciacchiato perché la casa del nostro vicino era andata a fuoco e le fiamme erano arrivate fino alla nostra soffitta”.

“La mia casa d’infanzia si trovava in centro a Perugia ed era composta da due camere, una cucina e un bagno. La mia famiglia era formata da quattro persone ed era in affitto in quella casa. Mi piaceva stare in casa e soprattutto mi piaceva giocare nella mia camera”.

“Si trovava a Castelvieto ed era una casa colonica con quattro stanze e una cucina; ci vivevano tredici persone. Ricordo ancora il profumo delle salsicce cotte per Carnevale…era un profumo che invadeva tutta la casa ed era buonissimo”.


“Era la casa colonica del padrone con la terra da coltivare; si trovava a Colle Umberto ed era formata da quattro stanze. Ci vivevamo in quindici persone…era bello giocare nell’aia”.

“La casa della mia infanzia si trovava a San Marco ed era una casa del padrone data in affitto al mio papà, che faceva l’ortolano. Era formata da tre stanze in cui vivevamo in sei. Il posto più bello di quella casa era il focolare, grande e spazioso, in cui la mamma cucinava ed io osservavo tutto quello che lei faceva. Il ricordo più bello di quella casa è legato al Natale: lì ho ricevuto in dono da mia zia la mia prima bambola di coccio…era bellissima”.

“Era una casa colonica e si trovava a Pozzo – Cisterna; aveva tre camere da letto e ci dormivamo in diciassette persone: c’erano tre letti per ogni camera e in ogni letto dormivano tre persone. I materassi era fatti con le foglie del granoturco e ricordo che il tetto era bucato. I bambini più piccoli dormivano con i genitori: era il luogo più bello della casa per noi bambini”.


“La mia era una casa colonica a Pila e si trovava vicino alla casa del Conte. C’erano quattro camere in cui vivevamo in otto persone. I miei pomeriggi però non trascorrevano in quella casa, ma nella casa del Conte, in cui andavo sempre a giocare, tanto che ero diventata di famiglia. Il ricordo più bello della mia casa d’infanzia è il mio papà, che purtroppo è morto quando io ero piccola: era un papà bellissimo”.

“Era una casa di campagna a Loreto Aprutino ed aveva il tetto bucato. C’erano quattro camere ed era abitata da otto persone. Di quella casa ricordo le lunghe chiacchierate con il nonno e la stalla, dove svolgevo i miei doveri, ma ascoltavo anche i racconti degli anziani. Ero un bambino vivace e ne combinavo di tutti i colori: ricordo che sapevo a malapena camminare, quando un giorno fuggii nel campo vicino a casa per andare a mangiare i cocomeri. Ricordo la nascita di mia sorella in quella casa ed io che per dispetto tagliavo i fiocchi della sua copertina”.


“Si trovava a Sant’Enea ed era una casa colonica con due stanze e cinque persone che l’abitavano. Non c’era il bagno in casa. Eravamo dei soccetti, cioè dei piccoli coltivatori con poca terra. Ricordo che mi piaceva tanto fuggire a casa dei vicini”.

“Era una bella casa nel Centro di Perugia ed era composta da cinque stanze, da un bagno e da un grande salone. Qui vivevamo in sette persone ed io in particolare dormivo in stanza con i miei nonni. La cosa più bella di quella casa era l’atmosfera dei giorni di festa ed in particolare stare nel tinello, che diventava la stanza delle

riunioni di famiglia”.

“Si trovava al centro del paese di San Martino in Colle. Era una casa a mezzadria: un ettaro di terra del padrone lavorata dalla mia famiglia. Aveva due camere, una cucina e un tinello; il bagno non c’era. Ci vivevamo in sei persone ed io ero in camera con i miei genitori. In quella casa ho vissuto la morte della mia nonna…”


“La mia casa era nel centro storico di Ponte Valleceppi ed era di nostra proprietà. Era composta di due camere ed una cucina, che era la mia stanza preferita; ci vivevamo in quattro persone. Mi ricordo che in occasione del Natale, la mia famiglia era solita fare il presepe e un anno in particolare avevamo vinto il primo premio per la realizzazione del miglior presepe. Tanta era stata la contentezza che avevamo fatto un rinfresco in cucina per tutto il vicinato”.

“Si trovava nel paese di Moricone ed era una casa composta di due camere, un bagno e la cucina. Ci vivevamo in sette persone ed io in particolare dormivo con i miei genitori. La mia stanza preferita era il bagno perché lì mi rinchiudevo per cantare e per leggere i giornalini. Ero un bambino alquanto dispettoso e mi ricordo che in quella casa avevo fatto cadere la nonna…le avevo tolto la sedia mentre si stava sedendo!”.


“Era una casa nel centro storico di San Martino in Colle ed era composta da cinque stanze nelle quali vivevamo in quattro persone. Il bagno non c’era: un fusto nell’orto era il nostro bagno. La mia stanza preferita era la cucina e soprattutto il grande focolare in cui giocavo sempre. Mi ricordo che mi divertivo a contare i topi che passavano”.

“Eravamo una famiglia di sette persone e vivevamo nel Centro di Perugia, in una casa che aveva tre camere, un bagno, la cucina e il tinello. Proprio il tinello era la stanza in cui mi piaceva stare di più perché era il centro di raccolta di tutta la famiglia. Mi piaceva tantissimo giocare con i miei fratelli in quella casa”.

“Era una casa con tre camere da letto e il negozio a piano terra. In sette abitavamo quella casa ed io dormivo con i miei genitori. La stanza in cui mi piaceva stare di più era la bottega, perché era un luogo di ritrovo per tutti. Mi ricordo ancora la contentezza di mio padre quando finalmente riuscì a riscattare tutta questa casa”.


“Si trovava a Ponte Valleceppi ed era una casa antica di nostra proprietà; era composta di due camere e una cucina, ma non c’era il bagno. Qui vivevamo in cinque persone. Mi ricordo che la stanza da me preferita era la cucina perché ogni giorno diventava il punto di raccolta per tutta la famiglia”.

“Si trovava a San Giovanni del Pantano e in sette/otto camere vivevamo in quindici/diciannove persone. In questa casa ho vissuto il periodo della Seconda Guerra Mondiale, e ricordo di aver dormito sul pagliericcio per trentacinque giorni. Mi piaceva tantissimo lo sport, ed in particolare mi piaceva salire sugli alberi e inventarmi qualche radiocronaca. Proprio questa mia passione, per le radiocronache e per il mio mito Nicolò Carosio, mi ha portato a coltivare questo hobby per tutta la vita, tanto che mi è valso il soprannome di Martellucci”.


“La mia casa era il seminterrato di un palazzo signorile al quartiere Parioli a Roma, dove mio padre faceva il custode. Era composta di tre camere, un bagno e la cucina; qui abitavamo in cinque persone. Ricordo ancora la grande difficoltà di vita per la mia famiglia ed io che mi rifugiavo nella lettura. I momenti più belli sono legati all’arrivo di uno zio di Napoli che ci veniva a trovare e ci portava i dolci e le prelibatezze tipiche napoletane”.

“Era una casa colonica e si trovava a Balanzano. In otto stanze vivevamo in tredici persone, ed avevamo il bagno. La cucina era lunga tredici metri ed era larga undici metri; era davvero immensa e al centro la cetilena illuminava per quanto poteva. Ricordo, d’inverno, gli spifferi che entravano dai vetri rotti della casa e il gioco dei pop corn che ci inventava la nostra mamma: lei lanciava i pop corn lungo la cucina e noi correvamo a raccoglierli”.


“La mia casa d’infanzia si trovava a San Nicolò di Celle ed era una villetta al centro del paese con quattro stanze. La mia famiglia era composta da quattro persone e sia io che mio fratello eravamo appassionati di musica. Lui suonava il pianoforte ed io amavo tanto suonare la fisarmonica in soggiorno”.

“Si trovava ad Umbertide ed era composta di due camere, una cucina e un bagnetto; mio padre era un casengolo, perciò aveva la terra del padrone in affitto. Mi piaceva la tranquillità di quella casa e della mia famiglia composta da quattro persone. Il mio compito in quella casa era aiutare nell’orto e dare l’erba agli agnellini; per gioco, mi divertivo a svitare i bulloni delle rotaie. Durante la guerra, quando iniziavano i bombardamenti, caricavamo sul carro le nostre cose e ci dirigevamo verso i rifugi; lungo la strada noi bambini, per paura che le bombe ci prendessero, ci nascondevamo scioccamente sotto il carro. Finita l’allerta, tornavamo alla nostra cara casa”.


“Era una casa che si trovava a Piccione ed era composta di sei camere nelle quali vivevamo in sei persone. Durante i bombardamenti della guerra, correvamo a nasconderci in cantina. Mi piaceva tanto giocare a pittlo (tiri di tappini o monetine con il pollice e l’indice) nel cortile di casa”.

“La mia casa si trovava a Ponte della Pietra ed aveva due stanze ed una cucina. Ci vivevamo in cinque persone. Mi divertivo tanto nel cortile di casa: facevo delle trappole per gli uccellini”.

“Era una casetta che si trovava a Morleschio (Gubbio), che la mamma aveva costruito durante i sette anni nei quali il papà era in guerra. Aveva solo una stanza e una cucina. Giocavo spesso a fare le polpette con la terra e con le uova che sottraevo dal pollaio della mamma. Mi piaceva anche costruire il dluio, o diavolaccio, una rete con il vischio al quale facevo rimanere attaccati gli uccellini”.


“Si trovava a Perugia ed era una casa piccolina in cui abitavamo in cinque persone. Io dormivo in stanza con mio fratello ed ero a mio agio in quell’ambiente. Mi piaceva stare soprattutto nella cucina riscaldata, in cui giocavo spesso ai soldatini. Un giorno, tornando a casa da solo, trovai in casa un uomo, il quale, vedendomi rientrare, scappò. Da allora mio padre cambiò la serratura della porta con una Yale”.

“Era una casa a Pomarance (Pisa) con cinque stanze e tredici persone che ci abitavano. Io ero la più piccola della famiglia e dormivo con i miei genitori. In quella casa ho imparato a fare i lavori di cucito. A Natale era una grande festa perché si faceva una grande riunione di tutti i familiari; purtroppo però in quella casa ho vissuto anche la morte di mio padre”.


“A Belvedere di Gubbio si trovava la mia piccolissima casa, con due camere, la cucina e un ripostiglio. Il mio papà faceva il muratore ed era fuori casa per molto tempo, tanto che quando tornava era una grande festa per noi. La mia passione erano le macchine da battere: mi piaceva osservarle e vederle passare. Mi ricordo che un giorno, vedendo passare le macchine, decisi di prendere una banconota dai miei risparmi, intenzionato a volerne comprare una. Fermai il guidatore e gli feci la proposta. Lui rispose che si poteva fare e mi promise che al ritorno mi avrebbe lasciato la macchina….però ancora oggi lo sto aspettando”.

“La casa in cui sono nato ed ho vissuto la mia infanzia si trovava in Via Bella a Porta Pesa (Pg). Era formata da due camere, una cucina, un tinello e un piccolo gabinetto. Ci abitavamo in quattro persone. Ricordo che faceva alquanto freddo in quella casa e per scaldarci utilizzavamo la parigina, una stufa che veniva alimentata a carbone coke. Avevamo anche il focolare, ma quello non lo accendevamo mai: lo utilizzavamo a Natale per fare il presepe”.


“La mia casa si trovava a Cava della Breccia ed era composta da sei stanze e un grande cucinone. Ho un ricordo molto bello di quella casa, anche se la mia mamma mi rimproverava spesso ed io andavo a rifugiarmi da uno zio, che faceva il calzolaio e che era allora il mio difensore. Ho dormito sino all’età di 15 anni con la mia nonna…erano anni di guerra ed il mio papà era prigioniero… Ho un vago ricordo di lui da piccola, perché lo rividi solo nel 1945, quando tornò dalla guerra e mi portò dall’Albania un paio di scarpine nocciola, che ancora mi sembra di vedere… Mi piaceva tanto giocare con la terra e mi ricordo che, ogni Natale, Gesù Bambino mi portava un bambolotto di nome Marco, che poi puntualmente il vecchione si portava via, per poi riportarlo l’anno dopo! Mi divertivo a rubare le uova alla nonna, ma lei se ne accorgeva sempre perché ogni mattina contava le scoccodate che non ridicevano mai con le uova nel pollaio!”.


“A Porta Pesa ho vissuto la mia bellissima infanzia, in una casa di tre stanze in cui vivevamo in cinque persone. Il ricordo più bello di quella casa era il ritrovarsi nella Piazzetta di Via del Roscetto: lì c’era un signore che caricava noi bambini sul cofano della macchina e ci faceva fare un giro! Ricordo che quando sono nata ero molto piccola…pesavo appena 1 kg! Eravamo in tempo di guerra e la mia mamma mi vestiva con i vestiti della bambola! Poi mi metteva nella scatola delle scarpe, che mi faceva da culla! Giocavo sempre con le bambole…anche se poi mi divertivo a romperle tutte!”.

“Ricordo un particolare della mia infanzia: mi dissero che dovevo aiutare nella raccolta delle olive e mi promisero che ogni dieci olive che avrei raccolto, un’oliva sarebbe stata mia. Alla fine dopo tanto lavoro, mi dissero che non ne avrei avute così tante ed io arrabbiato detti un calcio al secchio e le feci cadere tutte!”.










Se penso alla mia vita da bambino, ricordo che…

…la Domenica indossavo… …le scarpe di cuoio… …un abito grigio con un fiocco bianco e scarpe nere lucide… …pantaloni alla Zuava… …un berretto di velluto… …i vestiti di mia sorella… …i calzoni corti anche d’inverno… …un vestito largo con la sottoveste inamidata, un fioccone in testa e una borsina fatta all’uncinetto… …i pantaloni corti ed un giacchino… …i vestiti da Balilla o da Figlio della Lupa… …un vestitino a quadretti…







…a scuola… “Ci andavo a piedi; avevo una maestra molto cattiva ed un compagno alto e brutto”.

“Avevo due maestre meravigliose: la maestra Rosmunda e la maestra Lavinia. Ricordo con tanto affetto un mio caro compagno: Mario”.

“Ricordo che una volta il mio maestro, arrabbiato con un mio compagno che era seduto dietro di me, gli tirò il calamaio, che, quando passò sopra di me, rilasciò tutto l’inchiostro che aveva…mi fece una bella doccia d’inchiostro!”.

“Avevo un maestro cattivissimo che dava spesso le bacchettate sulle mani; il mio compagno preferito era un bambino che si chiamava Pipino”.


“La mia maestra incuteva terrore a tutti e dava le bacchettate sulle dita con un righello di ferro. La mia compagna di banco era una bambina precisissima”.

“Avevo una maestra severa ma molto brava. Andavo d’accordo con tutti i miei compagni e le mie compagne”.

“Eravamo una classe molto numerosa e spesso la maestra ci mandava dietro la lavagna in punizione. Indossavo un grembiule bianco con un fiocco azzurro”.

“La mia maestra era molto buona; in classe avevamo la stufa a legna e lo scaldino di coccio”.

“Avevo una maestra buona e una maestra cattiva, che spesso era solita darci gli schiaffi per punizione”.


“Sono andato a scuola dalle Suore e devo dire che non erano così buone. Mi ricordo che usavano spesso le mani e, in particolare, quello che io chiamavo il colpo doppio: la maestra dava uno schiaffone sulla nuca e con quel colpo si andava a sbattere la testa sulla lavagna, che assestava così il secondo colpo. Mi ricordo anche che ero un bambino molto irrequieto e una volta la maestra si arrabbiò perché avevo fatto troppo bene il tema…”.

“La mia maestra si chiamava Nucci Dedonna Filomena ed arrivava sempre a scuola su un carretto. A scuola ero bravo, anche se l’inizio non era stato dei migliori: presi due ceffoni dalla maestra perché, dopo essermi sporcato un dito con il calamaio, pensai bene di pulirlo sul muro. Solo una volta ricordo di aver preso un votaccio: 1 meno meno…il dettato con le Z fu un vero disastro!”.

“All’inizio frequentai la scuola dalle Suore, ma non mi piacevano per niente. Poi mi trasferii in un’altra scuola e lì ebbi un maestro molto severo e all’antica, ma molto bravo”.


“Non ero molto bravo a scuola, anche perché stavo sempre male e facevo molte assenze. Mi ricordo che la maestra dava spesso le bacchettate sulle mani, soprattutto quando facevamo salina e, invece di andare a scuola, andavamo a giocare a carte sotto il ponte…”.

“La cosa peggiore della scuola erano le tabelline…mi ricordo che quando la maestra ce le chiedeva era un disastro. Se non le sapevamo, ci faceva mettere le mani sul tavolo e poi ci bacchettava…poi a casa c’era la giunta dei genitori. Mi ricordo anche che ci facevano lavorare il legno ed io molto orgogliosamente avevo costruito un piccone. Anche il conteggio delle decine era fatto con bastoncini di legno…”.

“Avevo una maestra molto cattiva….ci facevano marciare sempre…”.


“Ogni mattina facevo 2 km a piedi attraverso il bosco per andare a scuola. Ricordo che spesso le maestre ci allungavano dei ceffoni. Mi ricordo che sul banco davanti a me erano sedute tre femmine, che si alzavano sempre in piedi e mi coprivano sia la maestra che la lavagna. Un giorno, stufo di richiamarle sempre, tolsi la sedia ad una di quelle che si erano alzate in piedi e, quando lei si rimise a sedere, cadde e batté la testa…che ceffoni che presi dalla maestra! Per punizione, alla recita di Natale, la maestra scelse quella bambina per la parte della Madonna e me per la parte di San Giuseppe!”.

“Ricordo che ogni venerdì la mia mamma faceva il pane casareccio e mi faceva l’arvoltolo da portare a scuola. Tutte le volte la maestra me lo prendeva e se lo mangiava per sé…alla fine chiesi alla mamma di farmi due arvoltoli: uno per me e uno per la maestra!”.


“La mia maestra era molto brava ed io le portavo i fiori. Andavo a scuola a piedi, con la mia borsa di cartone. C’era un bambino che mi dava sempre fastidio e mi dava le botte sulla borsa lungo il tragitto per andare a scuola”.

“Le mie insegnanti erano le Suore ed erano molto buone…io andavo volentieri a scuola”.

“Il mio maestro era molto anziano, fascista…e molto cattivo!”.

“Ricordo che tutte le maestre arrivavano a scuola con il pullman e noi eravamo così felici che andavamo incontro al pullman…era una festa!”.

“Il mio maestro Bernini era uno che non sopportava che si fischiettasse in classe…a me, invece, piaceva tanto fischiettare e dopo un’intera giornata senza farlo, alla fine chiesi al maestro:

posso fa’ ‘na fischiatina?...”.


“Avevo un’insegnante terribile che, per punizione, ci faceva mettere in ginocchio sul granoturco. Ricordo che, una volta, chiese ad un mio compagno di portare in classe una canna di bambù lunga quanto l’aula. Lui la portò, ma alla fine della giornata di scuola, a forza di dargliela in testa, la maestra non ne lasciò nemmeno un metro e mezzo…”.

“Ero un bravo ragazzino, con il grembiule nero e il fiocco verde. A quel tempo nel mio paese era abitudine che i bambini maschi avessero un insegnante maschio, e le bambine avessero un’insegnante femmina. Quando io iniziai la scuola, ebbi invece una maestra… Mi ricordo che avevamo l’ora di musica e ci facevano cantare l’Inno di Mameli. Alla fine dell’Inno, noi ragazzi urlavamo sempre un bel SI, ma la cosa non piaceva molto all’insegnante. Un giorno, in cui io ero assente, l’insegnante decise di vietare l’urlo del Si alla fine dell’Inno. Tornato a scuola, cantammo come al solito l’Inno ed io, inconsapevole del divieto della maestra, gridai il mio solito SI….e la maestra minacciò di darmi il voto 1 di media perché lei diceva che l’assente è sempre presente, si era giustificati solo in caso di morte!”.


“A scuola ci andavo volentieri…ho un buon ricordo della mia maestra Vincenti…ma la voglia era poca e la mia mamma era molto severa!”.

“Nella mia famiglia i maschi non studiavano mai e allora neanche le femmine dovevano studiare. Io ricopiavo i compiti dai miei fratelli e a scuola ero una peste: picchiavo tutti indistintamente!”.






…la filastrocca, la poesia o la canzone, imparata a scuola, che ancora ricordo…

“Io non ho niente da regalare al Bambino Gesù, ho soltanto il mio zufolino. Suonerò la più bella canzone, che canta per lui il mio piccolo cuore”.

“Entrare nel mondo, togliere un solo sassolino dal sentiero dove altri passeranno: non avremo vissuto invano”.

“Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove su i pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti…”.


“Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro, così percossa, attonita la terra al nunzio sta, muta pensando all’ultima ora dell’uom fatale; né sa quando una simile orma di piè mortale la sua cruenta polvere a calpestar verrà…” “Avanzava pel campo direttamente, con una lentezza misurata. Gli copriva il capo una berretta di lana verde e nera con due ali che scendevano lungo gli orecchi, all’antica foggia frigia. Un saccolo bianco gli pendeva dal collo per una striscia di cuoio, scendendogli davanti alla cintura, pieno di grano...” “Col nasino a patatina, le treccine e gli occhi blu, ecco qui davanti a te una bambina, o Buon Gesù”.


“Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Me ne andavo al mattino a spigolare, quando ho visto una barca in mezzo al mare: era una barca che andava a vapore; e alzava una bandiera tricolore; all'isola di Ponza s’è fermata, è stata un poco e poi si è ritornata; s’è ritornata ed è venuta a terra; sceser con l'armi, e a noi non fecer guerra…”

“La nebbia a gl’irti colli piovigginando sale, e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar; ma per le vie del borgo dal ribollir de’ tini va l'aspro odor de i vini l’anime a rallegrar. Gira su’ ceppi accesi lo spiedo scoppiettando: sta il cacciator fischiando sull’uscio a rimirar tra le rossastre nubi stormi d’uccelli neri, com’esuli pensieri, nel vespero migrar”.

“Sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa”.


“O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; tu capivi il suo cenno ed il suo detto! Egli ha lasciato un figlio giovinetto; il primo d’otto tra miei figli e figlie; e la sua mano non toccò mai briglie. Tu che ti senti ai fianchi l’uragano, tu dai retta alla sua piccola mano. Tu ch’hai nel cuore la marina brulla, tu dai retta alla sua voce fanciulla…”

“Se tu dall’altipiano guardi il mare, Moretta che sei schiava fra gli schiavi, vedrai come in un sogno tante navi e un tricolore sventolar per te. Faccetta nera, bell’abissina aspetta e spera che già l’ora si avvicina! Quando saremo insieme a te, noi ti daremo un’altra legge e un altro Re…”


“Odio l’allor, che quando alla foresta le nuovissime fronde invola il verno, ravviluppato nell’intatta vesta verdeggia eterno, pompa de’ colli; ma la sua verzura gioia non reca all’augellin digiuno; che’ la splendida bacca invan matura non coglie alcuno. Te, poverella vite, amo, che quando fiedon le nevi i prossimi arboscelli, tenera l’altrui duol commiserando sciogli i capelli …”

“Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa. Dov’è la Vittoria? Le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò, sì!...”


“La donzelletta vien dalla campagna in sul calar del sole, col suo fascio dell’erba; e reca in mano un mazzolin di rose e viole, onde, siccome suole, ornare ella si appresta dimani, al dì di festa, il petto e il crine. Siede con le vicine su la scala a filar la vecchierella, incontro là dove si perde il giorno; e novellando vien del suo buon tempo, quando ai dì della festa ella si ornava, ed ancor sana e snella solea danzar la sera intra di quei ch’ebbe compagni nell’età più bella…”

“Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente… …Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare…”


“Su, compagni in forti schiere, marciam verso l’avvenire Siam falangi audaci e fiere, pronte a osare, pronte a ardire. Trionfi alfine l’ideale per cui tanto combattemmo: Fratellanza nazionale d’italiana civiltà. Giovinezza, giovinezza primavera di bellezza, nel fascismo è la salvezza della nostra libertà. Non più ignava né avvilita resti ancor la nostra gente, si ridesti a nuova vita di splendore più possente. Su, leviamo alta la faccia che c’illumini il cammino, nel lavoro e nella pace sia la vera libertà...”

“Tra le rose e le viole, anche un giglio ci sta bene, noi vogliamo tanto bene alla Madre Superiora”.

“Salve, o popolo d’eroi, Salve, o patria immortale! Son rinati i figli tuoi con la fe’ nell’ideale. Il valor dei tuoi guerrieri, la virtù dei pionieri, la vision dell’Alighieri oggi brilla in tutti i cuor. Giovinezza, Giovinezza, Primavera di bellezza, della vita nell’asprezza il tuo canto squilla e va!...”


“L’albero a cui tendevi la pargoletta mano, il verde melograno da’ bei vermigli fior, nel muto orto solingo rinverdì tutto or ora e giugno lo ristora di luce e di calor. Tu fior della mia pianta percossa e inaridita, tu dell’inutil vita estremo unico fior, sei ne la terra fredda, sei ne la terra negra; né il sol più ti rallegra né ti risveglia amor”.

“Andiamo a tavola compagni cari, che questa è l’ora di desinare. Tutto è buonissimo, tutto mi piace, quando si desina in Santa Pace”.

“Consolati, Maria, del tuo pellegrinare! Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei. Presso quell’osteria potremo riposare, ché troppo stanco sono e troppo stanca sei. Il campanile scocca lentamente le sei…”


“Forse perché della fatal quïete Tu sei l’imago a me sì cara vieni O sera! E quando ti corteggian liete Le nubi estive e i zeffiri sereni, E quando dal nevoso aere inquïete Tenebre e lunghe all’universo meni. Sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni…”

“…Non sete, non molli tappeti, ma, come nei libri hanno detto da quattro mill’anni i Profeti, un poco di paglia ha per letto. Per quattro mill’anni s’attese quest’ora su tutte le ore. È nato! È nato il Signore! È nato nel nostro paese! Risplende d’un astro divino La notte che già fu sì buia. È nato il Sovrano Bambino. È nato! Alleluia! Alleluia!”.


“L’orologio del mattino dice ai bimbi dell’asilo non sporcate il grembiule che le ore sono già. I bambini verso sera se ne vanno alla casina, dove il babbo e la mammina se ne stanno ad aspettar. Din Don Dan”. “I sette re di Roma sono sei, di questi cinque ne conosco quattro, ne dico tre, Romolo e Remo”. “Oh! Valentino vestito di nuovo, come le brocche dei biancospini! Solo, ai piedini provati dal rovo porti la pelle de’ tuoi piedini; porti le scarpe che mamma ti fece, che non mutasti mai da quel dì, che non costarono un picciolo: in vece costa il vestito che ti cucì”.

“La Filumena giù pel filo ha maculeto con sette filamaculini dietro”.


“Vecchia casa, tu che mi hai visto nascere, sei stata la culla della mia infanzia, dove ho passato tutta la mia gioventù. Mia cara amica, quando durante il giorno, sentivi gli schiamazzi di noi bambini, quando giocavamo, il cinguettio delle rondini che ospitavi, che facevano il nido sotto le grondaie del tetto. Mi ricordo una civetta sul tetto che cantava, lo scricchiolio delle finestre vecchie, quando soffiava il vento, il rumore dell’acqua di un ruscello che scorreva vicino, le rane che con il loro gracidare ci tenevano compagnia. Dopo tanti anni passati con te, conservo tanti ricordi. Vecchia casa, da quando sei rimasta sola, ti sei lasciata andare, mi sento molto triste vedendoti ricoperta di rovi e di erbacce… anche le piante che ti circondavano si sono seccate, le tue pareti si stanno sgretolando, il tetto ti sta crollando addosso; anche l’acqua del ruscello non scorre più. Oh vecchia casa, quanti ricordi, quanti segreti seppellisci con te… che non scopriremo mai.


‌i miei giochi e passatempi preferiti‌

Costarella (lanciare tappini piĂš vicino possibile al muro) Battimuro (far rimbalzare le monetine sul muro; vinceva che riusciva a far andare piĂš lontana dal muro la monetina tirata dopo il rimbalzo)

Spaccamattone I quattro cantoni Tennis (con racchette fatte con corde di agnello) Figurine Bambole (fatte di stracci o vestite con pezze di stoffa)


Carrozzoni (Carretti realizzati artigianalmente, mettendo le ruote anche ai vecchi mobili)

Biglie (spesso erano fatte di coccio o vetro) Pallone (realizzato con stracci o pezze di stoffa) Campana (disegnata sulla terra con dei rametti) Palla prigioniera Nove buche Nascondino Mina (realizzazione di una vera e propria bomba, grazie ad una bottiglia riempita di carburo e poi infilata in una buca sotto terra)


Fischietti (realizzati con le canne raccolte lungo il fiume) Carro armato o trattore (realizzato con i rocchetti del filo) Morra Cowboy – Guardie e ladri Lippa (bastone lanciato in aria, poi ripreso e tirato) Soldatini Altalena Carte (molto spesso era un gioco invernale che si faceva la sera in casa a lume di candela)

Fionda Camioncino di legno


Pittlo (tiri di tappini o monetine con il pollice e l’indice) Ruba-bandiera/Fazzolettino Caccia al tesoro (venivano fatte delle buche sul terreno e poi ci venivano nascosti dentro dei fiori o dei pezzetti di carta argentata ricoperti da un pezzetto di vetro e da della terra).


…i miei compiti o faccende in casa… …grattare il formaggio…

... “maneggiare” (impastare) il pane…

…contare le formiche insieme alla mamma…

…dare l’erba ai conigli e prendere l’acqua alla fonte…

…apparecchiare la tavola…

…andare a prendere il vino alla bottega…

…studiare, fare i compiti ed essere bravo a scuola…

…curare e dare da mangiare alle bestie…


…guardare mio fratello più piccolo…

…stirare e cucire…

…portare al pascolo una pecorina (e piangere puntualmente ogni volta che poi questa veniva venduta)…

…raccogliere le ghiande…

…guardare le oche…

…accompagnare il nonno cieco alla bottega a fare un bicchiere…

…fare il chierichetto…


…in paese si faceva festa quando… “Ad Orvieto le feste più grandi erano per il Corpus Domini e per la Pentecoste, quando si faceva il volo della Palombella”.

“Per la fiera del Paese il 3 luglio…grande festa e tanta gente”.

“A maggio, nel giorno della Madonna della Rosa…”.

“Mi ricordo che ci fu una grande festa quando, nel 1958, arrivò la luce in paese…fu un grande evento, tanto che vennero fatti anche i fuochi di artificio!”.

“A Sant’Enea si faceva festa a febbraio per la festa del Patrono: Sant’Agnese”.

“Per San Vincenzo, a maggio, tanta gente partecipava alla festa paesana organizzata proprio in onore del Santo”.


“A Loreto Aprutino, la festa più grande è quella del Patrono San Zopito, che si festeggia il lunedì di Pentecoste. Durante questa festa c’è la processione e l’Adorazione del Bove: un Bove tutto agghindato, che porta in groppa un bambino biondo con in bocca un garofano rosso, si inginocchia davanti alla statua del Santo. Ogni volta c’è tantissima gente ed è sempre una grande emozione”.

“Le feste più importanti di Cannara erano quella del Corpus Domini con la famosa infiorata e la festa del Patrono San Matteo, il 21 settembre”.

“Per me che abitavo nel Centro di Perugia, la festa più grande era la Fiera dei Morti, che si svolgeva per quattro giorni a partire dal giorno dei Santi”.

“A giugno al mio paese c’era un grande movimento per la Festa della Madonna Ausiliatrice”.


“A Castelvieto, una delle feste più grandi del paese era quella di Santa Croce, il 3 maggio. Durante questa festa venivano messe le Croci nei campi per proteggere i futuri raccolti”. “La festa più grande era quella che si svolgeva in agosto, in occasione della Fiera del paese”.

“Il 18 giugno era sempre una grande festa al mio paese, perché era San Giustino; in quell’occasione c’era tanta gente che partecipava alla Fiera del paese”.

“Era bello partecipare alla Fiera del paese, che si svolgeva il 19 marzo in occasione della festa del Patrono San Giuseppe”.

“L’8 settembre si festeggiava la festa della Madonna consolatrice e per Sant’Orfeto al mio paese c’era una fiera che durava ben otto giorni”.



Se penso alla mia gioventù ricordo che…

…il mio cantante e la mia canzone preferita erano… Patty Pravo “La Bambola” …Tu mi fai girar, tu mi fai girar come fossi una bambola…

Johnny Dorelli “L’immensità” …Sì, io lo so, tutta la vita sempre solo non sarò e un giorno io saprò d'essere un piccolo pensiero nella più grande immensità.....

Claudio Villa “Arrivederci Roma” …Arrivederci Roma, goodbye, au revoir Si rivede a spasso in carrozzella e ripensa a quella "ciumachella" ch'era tanto bella e che gli ha detto sempre no!...


Gino Latilla “Vecchio Scarpone” …Vecchio scarpone, quanto tempo è passato! Quante illusioni fai rivivere tu! Quante canzoni sul tuo passo ho cantato, che non scordo più…

Adriano Celentano “24000 baci” …Con 24000 baci oggi saprai perché l'amore vuole ogni istante mille baci, mille carezze vuole all'ora. Con 24000 baci felici corrono le ore, d'un giorno splendido, perché ogni secondo bacio te…

Beniamino Gigli “Mamma” ..Mamma, solo per te la mia canzone vola, mamma, sarai con me, tu non sarai più sola! Quanto ti voglio bene! Queste parole d'amore che ti sospira il mio cuore forse non s'usano più, mamma!, ma la canzone mia più bella sei tu! Sei tu la vita e per la vita non ti lascio mai più!


Little Tony “Cuore matto” …Un cuore matto, matto da legare, che crede ancora che tu pensi a me, non è convinto che sei andata via, che m'hai lasciato e non ritornerai...

Paul Anka “Diana” …Oh, please stay by me, Diana…

Fred Buscaglione “Love in Portofino” …I found my love in Portofino perché nei sogni credo ancor lo strano gioco del destino a Portofino m’ha preso il cuor…

Camaleonti “L’ora della’amore” …L'orologio della piazza, ha battuto la sua ora. E’ tempo di aspettarti, è tempo che ritorni, lo sento sei vicina. E’ l'ora dell’amore…


Nilla Pizzi “Vola colomba” …Vola, colomba bianca, vola Diglielo tu che tornerò Dille che non sarà più sola E che mai più la lascerò…

Massimo Ranieri “Rose rosse” …Rose rosse per te ho comprato stasera e il tuo cuore lo sa cosa voglio da te…

Vittorio De Sica “Parlami d’amore Mariù” …Parlami d'amore, Mariù! Tutta la mia vita sei tu! Gli occhi tuoi belli brillano Come due stelle scintillano Dimmi che illusione non é Dimmi che sei tutta per me! Qui sul tuo cuor non soffro più Parlami d'amore, Mariù!...


Gino Paoli “Il cielo in una stanza” …Quando sei qui con me questa stanza non ha più pareti ma alberi, alberi infiniti. Quando sei qui vicino a me questo soffitto viola no, non esiste più... Io vedo il cielo sopra noi… Giacomo Rondinella “Malafemmena” …Femmena, tu si na malafemmena… chist’uocchie ‘e fatto chiagnere.. lacreme e ‘nfamità. Femmena, si tu peggio ‘e na vipera, m’e ‘ntussecata l'anema, nun pozzo cchiù campa’… Alberto Rabagliati “Ba-ba baciami piccina” …Ba… ba… Baciami, piccina, sulla bo… bo… bocca piccolina; dammi tan tan tanti baci in quantità…


Domenico Modugno “Nel blu dipinto di blu” …Volare oh oh, cantare oh oh oh, nel blu dipinto di blu, felice di stare lassù, e volavo volavo felice più in alto del sole ed ancora più su, mentre il mondo pian piano spariva laggiù, una musica dolce suonava soltanto per me… Adriano Celentano “Il tuo bacio è come un rock” …Il tuo bacio è come un rock, che ti morde col suo swing. E' assai facile al knock-out, che ti fulmina sul ring. Fa l'effetto di uno choc, e perciò canto così: "Oh-oh-oh-oh-oh-oh-oh il tuo bacio è come un rock!... Jimmy Fontana “Il Mondo” …Il mondo non si é fermato mai un momento. La notte insegue sempre il giorno ed il giorno verrà…


Paul Anka “Ogni volta” …Ogni volta, ogni volta che torno, non vorrei, non vorrei più partir, pagherei tutto l'oro del mondo se potessi restarmene qui. La mia casa è laggiù, ma il mio sole sta qui, tu sei il sole per me, e non vorrei, lo sai, lasciarti mai perché… Gianni Morandi “In ginocchio da te” …Io voglio per me le tue carezze si, io t'amo più della mia vita ! Ritornerò in ginocchio da te, l'altra non è non è niente per me, ora lo so ho sbagliato con te ritornerò in ginocchio da te… Giuseppe Verdi “La Traviata” …Noi siamo zingarelle venute da lontano; d'ognuno sulla mano leggiamo l'avvenir. Se consultiam le stelle null'avvi a noi d'oscuro, e i casi del futuro possiamo altrui predir…


…i film che ricordo di aver visto al cinema sono stati… “Avevo circa dieci anni quando i miei genitori mi portarono a vedere Tempi Moderni …poi in occasione dell’inaugurazione del Cinema Lilli di Perugia andai a vedere Macario e fu divertentissimo…”

“Ricordo che il primissimo film che ho visto fu a 6 anni e si trattava di un Documentario sulle Olimpiadi di Berlino del

1936… poi venne Tempi moderni. Il mio attore preferito però era Gary Cooper, insuperabile nel suo

Mezzogiorno di fuoco”.

“Da bambino ricordo di aver visto al cinema Il bandito

Giuliano ed anche Quo Vadis, un vero colossal. Poi arrivò Amarcord, un film molto importante per me perché lo vidi insieme alla mia fidanzata…avevo 21 anni…”


“Il mio primo film lo vidi con i miei genitori e si trattava di

David Crocket…poi con gli amici vidi Ben Hur… ma la mia attrice preferita era Claudia Cardinale”

“Ricordo ancora con tanta tenerezza la mia prima volta al cinema a vedere Pinocchio, un grandissimo capolavoro di Comencini. I miei attori preferiti allora erano però legati al mondo dei western ed erano Gary Cooper e Gregory Peck…”

“I miei film, quelli che ho impressi nella mente sono Ladri di

Biciclette di Vittorio De Sica e La Dolce Vita. del grande Federico Fellini, con Marcello Mastroianni e Anita Ekberg. Poi dall’America arrivarono Ollio e Stanlio e fu tutta una risata…”

“Erano gli anni ’50 e ricordo che quando si andava a vedere un film al cinema, ad un certo punto c’era l’interruzione del film per lasciare il posto ad uno stralcio di Lascia o Raddoppia. Comunque il film che ricordo con più piacere è Amici Miei di Monicelli…”


“I film più belli che ho visto sono stati quelli del grandissimo Antonio De Curtis, in arte Totò… Miseria e nobiltà…Totò,

Peppino e la malafemmina”.

“A 17 anni vidi al cinema il film di 007, ma il mio attore preferito è sempre stato Giuliano Gemma con i suoi Spaghetti Western”.

“Al cinema ci andai la prima volta con i miei amici a 12 anni a vedere un film western, ma il mio attore preferito era Amedeo Nazzari, nei suoi film I figli di nessuno e Catene”.

“Il primo film che vidi al cinema fu un western in compagnia della mia fidanzata…avevo 16 anni; il mio attore preferito però è sempre stato il grande Alberto Sordi…La Grande Guerra, Il

medico della mutua, I vitelloni…”


“Ero piccolo e andai con i miei genitori a vedere Tarzan…poi arrivò Don Camillo e l’onorevole Peppone e infine i film western del mio attore preferito: Giuliano Gemma”.

“Mi piaceva andare a vedere i film western e i miei attori preferiti erano Clint Eastwood e Gian Maria Volontè”.

“Il primo film che vidi fu il grande capolavoro King Kong …”

“Andai per la prima volta al cinema con mio fratello a vedere il colossal Ben Hur con il grandissimo attore Charlton Eston”.

“Il buono, il brutto e il cattivo fu il mio primo film visto al cinema e il miei attori preferiti erano Giuliano Gemma e Marcello Mastroianni… I soliti ignoti e La Dolce Vita…”


“Il primo film che vidi fu Marcellino Pane e Vino…ma il mio attore preferito è sempre stato Alain Delon”.

“Mi ricordo un cartone animato…Il fagiolo magico…”

“I cannoni di Navarone fu il mio primo film al cinema e il mio attore preferito era Gregory Peck”.

“Il mio primo film al cinema fu Ulisse al Teatro Turreno…mi ricordo che la fila per entrare arrivava fino in Piazza della Repubblica…il mio attore preferito era Paul Newman…”

“Ricordo…bellissimo…L’amore è una cosa meravigliosa…”

“Il film che ricordo bene è Lady Godiva che vidi al Teatro Pavone di Perugia”


Gli eventi più importanti della mia vita sono stati…

“Il mio matrimonio…festeggiato nell’aia di casa....fu l’inizio della libertà per me…”

“Il regalo che mi fecero i miei genitori durante la mia adolescenza: il tanto agognato motorino…”

“L’evento più bello è stato sicuramente il fidanzamento, mentre quello più brutto è stato la morte di mio nonno…”

“Il matrimonio…il più bello…la morte del mio papà…il più brutto…”

“La nascita dei miei figli è stato l’evento più importante della mia vita…seguito dal trasferimento dal paesino alla città…”


“Ricordo con tanta tristezza la morte di un amico, mentre ricordo con tanta gioia il mio matrimonio…”

“Il giorno più bello della mia vita è stato quello della mia laurea, mentre il giorno più brutto è stato quello in cui è morto mio padre…”

“Romanticamente e orgogliosamente dico che l’evento più bello per me è stato l’incontro con quella che sarebbe diventata la mia futura moglie…”

“Il matrimonio è stato per me l’evento più importante della vita, sia in senso positivo che negativo: è stato il giorno più bello, ma in quello stesso giorno ho rischiato di morire in un incidente automobilistico, mentre andavo a ritirare il mazzolino da sposa…era la mattina del matrimonio…per fortuna tutto è andato bene…e mi sono andato a sposare!”


“Il giorno più bello della mia vita? Il giorno del mio matrimonio…anche perché così la suocera smise di leggere il Vangelo dieci volte per sera, ogni volta che andavo “a fare l’amore” a casa della mia fidanzata…”

“L’evento più importante è stato il matrimonio, mentre quello più brutto e tormentato è stato la malattia di mia suocera”.

“Il mio innamoramento per la ragazza, che poi sarebbe diventata mia moglie, è stato sicuramente l’evento positivo più importante della mia vita…la morte di mia madre invece fu l’evento più drammatico…”

“Il ricordo più curioso ed importante è stato sicuramente il mio matrimonio seguito dalla luna di miele, che di miele ne ebbe poco perché i soldi ce n’erano pochi e bastarono appena per tre giorni a Roma a casa dello zio di mia moglie. Anche un’altra notizia però fu importante per me: l’arrivo del congedo militare e la certezza che non sarei partito per il soldato”.


“L’acquisto della tanto desiderata motocicletta fu un grande evento della mia gioventù…turbata solo dall’aver vissuto il drammatico passaggio del fronte…”

“Il mio matrimonio è il ricordo più importante della mia vita…ma la morte del mio papà è sicuramente il più brutto…”

“Un grande evento: la mia Laurea in Medicina…ero diventato un Dottore! La morte della mia nonna, con la quale ero cresciuto, fu invece l’evento più drammatico per me”.

“Il mio matrimonio è stato bellissimo e molto importante nella mia vita…per questo il dolore più grande c’è stato quando mio marito è morto…era giovane…troppo giovane…”

“Senza dubbio il mio matrimonio, la nascita di mio figlio e la gioia di diventare nonna sono stati i più bei momenti per me…offuscati solo dalla perdita improvvisa di mio marito…”











Le persone che mi hanno “segnato” il cuore sono state… “Il mio papà è stata la persona che mi ha segnato il cuore in modo più positivo, mentre Suor Anna e Don Dario in modo negativo, perché erano cattivi con noi bambini e usavano spesso le mani”.

“Ricordo con tanto affetto e positività un caro amico e collega di lavoro, mentre ho un bruttissimo ricordo di un militare di carriera, precisamente un colonnello”.

“La persona positiva che ho nel cuore è il maestro della Banda Musicale, il maestro Bartolucci…con lui ho suonato la prima volta…è stato lui che mi ha dato tanta fiducia”.


“La mia insegnante di italiano delle scuole medie era una persona bravissima e speciale che mi ha aiutato tanto…della maestra delle scuole elementari invece ho un brutto ricordo perché era cattiva con i ragazzi in difficoltà”.

“Mia moglie Marina è stata ed è la persona più importante per me; ho un ricordo bruttissimo invece di un mio superiore, uomo alquanto cattivo”.

“La persona che più mi è stata cara è stato mio marito…” “Le amiche sono state sempre un punto di riferimento per me…care ragazze con cui ho diviso tante esperienze belle e brutte…tra tutte però ce n’era una che si metteva sempre in rivalità con me…” “Due grandissime persone ci sono state nella mia vita: il maestro calzolaio, che mi ha insegnato il mestiere che poi ho fatto per tutta la mia vita, e il mio grande nonno…”


“Mio marito è la persona che più mi ha aiutato e sostenuto nella vita…mentre mio fratello, a cui ho voluto e voglio tanto bene, a causa della sua malattia mentale, è stato sempre il grande dolore della mia vita…”

“La persona che più ha inciso positivamente il mio cuore è stato il mio nonno…mentre la persona più vigliacca della mia vita è stato un mio zio, che ha agito sempre e solo per interesse…”

“Mio zio è stato fondamentale per me e per la mia vita, perché, dopo il collegio, è stato una seconda famiglia…”

“I miei genitori occupano il posto più grande nel mio cuore, insieme a mia moglie…”

“Mio suocero era una grandissima persona ed è stato molto importante nella mia vita…”


“La persona più positiva della mia vita è stata sicuramente mia moglie, mentre le persone più negative sono state quegli amici che poi si sono rivelati dei grandissimi nemici per me…”

“Le persone più importanti sono state i miei genitori, mentre le persone più negative sono state alcuni miei parenti…”

“…Il capogruppo della sezione aspiranti sezione cattolica e i miei genitori…”


Egregio Signor Parkinson, sono trascorsi ormai alcuni anni da quando ci siamo incontrati la prima volta. Mi ricordo che si trattò di un incontro abbastanza breve,

ma

certamente

sufficiente

per

lasciare

un’impronta indelebile nella mia vita. Confesso che fino a quel giorno non sapevo niente di Lei. Per me Parkinson poteva essere benissimo il nome di un campione di pugilato oppure quello di un calciatore. Ho cercato di porvi rimedio ed ho chiesto aiuto all’Unione Parkinsoniani di Via del Giochetto a Perugia. Qui ho trovato persone splendide che prima di tutto mi hanno offerto la loro gradevole amicizia, facendomi sentire a mio agio. Certamente non potevo trovare alleati migliori per combattere un nemico irriducibile! Egregio Signor Parkinson, così uniti abbiamo più di un motivo per combattere e vincere questa battaglia!


Tutto ciò che è stato scritto deriva dal racconto diretto dei soci dell’Unione Parkinsoniani di Perugia, malati di Parkinson. Anche le poesie e le canzoni sono state interamente riportate da loro, con grande sforzo, ma anche con grande soddisfazione. In particolare si ringrazia: Vitelio Camilli Giuseppe Toccaceli Mario Maccherani Argentina Ghigarelli Stefano Spadolini Francesco Mosci Eliseo Fucelli Virgilio Monicchi Alfonso Famiani Carla Furiani Antonio Platoni


Amerina Perni Romolo Rocchi Franco Marinacci Angelo Gambacorta Remo Cerquiglini Mario Fiorucci Anna Vittoria Quintiliani Graziella Ricci Giuliano Cenci Nadia Tonnari Aurelio Tacconi Gabriele Miani Pier Giorgio Barcaccia Umberto Bravin Elvia Mastrini Enza Belardi Luciana Spera Pietro Pelli Ornella Fedeli Luciano Luneddi


Maurizio Ferrante Patrizia Baravetto Pietro Maramigi Carlo Goracci Piero Bartolucci Ivano Micucci Anna Maria Cicoria Mauro Borghesi Raimondo Tosti Perché con i loro racconti e le loro foto hanno contribuito a realizzare questo libro, dimostrando che…

LE MANI TREMANO, MA I RICORDI NO…

Un grazie speciale alla Presidente dell’Unione Parkinsoniani Lucia De Stuers per tutto quello che fa…



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