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sociale Centro Servizi per il Volontariato Perugia Terni

CESVOL EDITORE

Quaderni del volontariato 2015

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Quaderni del volontariato 2015

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Edizione 2015


Cesvol Centro Servizi Volontariato della Provincia di Perugia Via Campo di Marte n. 9 06124 Perugia tel 075 5271976 fax 075 5287998 www.pgcesvol.net pubblicazioni@pgcesvol.net

Edizione Ottobre 2015 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono

Copertina di Elena Bussolotti

Stampa Digital Editor - Umbertide

tutti i diritti sono riservati ogni produzione, anche parziale, è vietata

ISBN 9788896649435


Ci sono tanti modi per raccontare l’impegno e la cittadinanza attiva. Anche chi opera nel volontariato e nell’associazionismo è ormai pienamente consapevole della potenza e della varietà dei mezzi di comunicazione che il nuovo sistema dei media propone. Il Cesvol ha in un certo senso aderito ai nuovi linguaggi del web ma non ha mai dimenticato quelle modalità di trasmissione della conoscenza e dell’informazione che sembrano comunque aver retto all’urto dei nuovi media. Tra queste la scrittura e, per riflesso, la lettura dei libri di carta. Scrivere un libro per un autore è come un atto di generosa donazione di contenuti. Leggerlo è una risposta al proprio bisogno di vivere il mondo attraverso l’anima, le parole, i segni di un altro. Intraprendendo la lettura di un libro, il lettore comincia una nuova avventura con se stesso, dove il libro viene ospitato nel proprio vissuto quotidiano, viene accolto in spazi privati, sul comodino accanto al letto, per diventare un amico prezioso che, lontano dal fracasso del quotidiano, sussurra all’orecchio parole cariche di significati e di valore. Ad un libro ci si affeziona. Con il tempo diventa come un maglione che indossavamo in stagioni passate e del quale cerchiamo di privarcene più tardi possibile. Se poi i contenuti parlano di impegno, di cittadinanza attiva, di solidarietà, allora il piatto si fa più ricco. Diventa come altri grandi segni che provengono dal passato recente o più antico, per consegnarci insegnamenti e visioni. Quelle visioni che i nostri cari autori di questa collana hanno voluto donare al lettore affinché sapesse di loro, delle vite che hanno incrociato, dei sorrisi cui non hanno saputo rinunciare. Il Cesvol propone la Collana dei Quaderni del Volontariato per contribuire alla diffusione e valorizzazione della cittadinanza attiva e dei suoi protagonisti attraverso la pubblicazione di storie, racconti e quant’altro consenta a quel mondo di emergere e di rappresentarsi, con consapevolezza, al popolo dei lettori e degli appassionati. Un modo di trasmettere saperi e conoscenza così antico e consolidato nel passato dall’apparire, oggi, estremamente innovativo. Salvatore Fabrizio



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Prospettive per un’educazione antropofisiologica ecopsicosociopedagogica di Elena Bussolotti



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Cosa mi ha spinto a realizzare questo tipo di studi? L’Amore per la mia materia d’indagine Nuove Strategie Educative è nato grazie alla modalità adottata dalla prof.ssa Romina De Cicco, che ha adottato il Cinema e l’esperienza di “cattivo bambino” del regista Francois Trauffot, per accostare alla materia noi studenti di Master in Consulenza pedagogica, unita al progetto familiare del Festival di Cinema Giffoni. Parleremo di tante cose: di Ecologia, EcoSofia, EcoPsicologia e ci avvicineremo a delle elevate tematiche di studi come gli studi Sistemici delle Società complesse e all’idea di Ecumene globale, come in Antropologia e nella precisione in Ulf Hannertz, si intende la nostra attuale comunità mondiale. Il locale ci interessa quanto e come il globale, anzi forse di più, poiché è portatore di novità indipendenti che possono giovare all’insieme degli abitanti del Pianeta. Io partirò dall’esperienza e dal confronto dialogico con una cara maestra della Materna in pensione, Antonella Pugliese, che gestisce un’azienda agricola di sussistenza e di raccolta, agrituristica con il Giappone, i cui meriti sono il fattore umano e l’elevata qualità del concetto di Permacultura, da lei applicata. Buona lettura

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INDICE ABSTRACT

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PREMESSA Pag. 12 PROCESSI FORMATIVI NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA: DECRESCITA; ECOCENTRISMO ED EMPATIA INTRODUZIONE Pag. 22 PER UNA PEDAGOGIA DELLA “COOPERAZIONE PARTECIPATA”: LA RICETTA, GLI INGREDIENTI, I MAESTRI CUOCHI, LA PASTA MADRE CAPITOLO 1 Pag.42 LA FIGURA DEL WWOOFER 1.1 Il WWOOFER e l’Agricoltura Biologica: una scelta di vita 1.2 Il Viaggio: Contadini nel mondo 1.3 Lo Scambio di Opera: dal passato, nel presente, per il futuro CAPITOLO 2 Pag. 48 CASO STUDI: L’AZIENDA AGRICOLA ACQUASANTA 2.1 La Mission: Permacultura e Impegno Sociale per Diversabilità 2.2 La storia personale.. Attività di educatrici e il nostro incontro CAPITOLO 3 Pag. 57 FOCUS: CONSULENZA PEDAGOGICA NEI CONTESTI DI FORMAZIONE PERMANENTE 9


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3.1 Lo Sviluppo di Nuove Strategie Educative 3.2 Proposte di ‘nuove strategie educative’: cenni di ecologia applicata all’educazione 3.3 Metodi: l’ autonarrazione, la propriocezione, il divertimento 3.3.1 La narrazione come cura di sé: la crescita personale ed il mutuo aiuto 3.3.2 L’educazione ambientale e filosofico - propriocettiva 3.3.3 Il divertimento Ecocompatibile: Arte varia e riuso, Celebrazione della Natura 3.4 Educazione degli adulti RIFLETTIAMO Pag. 88 LA COMPLESSITA’: IO ED IL DIVERSO IN ECOSOFIA: LA COSCIENZA TRA PEDAGOGIA; PSICOLOGIA; SOCIOLOGIA; ANTROPOLOGIA CAPITOLO 4 Pag. 95 PROGETTI PER IL FUTURO: CONCLUSIONI E METODI 4.1 Il divertimento Ecocompatibile: arte varia e riuso, celebrazione della Natura 4.2 NOI SIAMO COME GLI ALBERI BIBLIOGRAFIA

Pag. 107

SITI E MATERIALI WEB Pag. 109

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ABSTRACT Io e la maestra Antonella ci siamo incontrate casualmente, anche se il caso a volte è più significativo di ricerche volontarie. Madre di una mia amica conosciuta in un contesto di danze meditative, nel momento del trasferimento di questa in Svizzera, si è dimostrata una persona vicina ed amica e condividente il bisogno di agire sul territorio portando la propria esperienza personale e di azienda, luogo incantato sulle colline umbre, dal nome Acquasanta (la cui sorgente è avvolta da due ‘leggende’ di santità) sconosciuta ai più. Io, in cerca di un’attività in linea con la mia formazione antropologica e versata all’olismo, innamorata del luogo in cui vive e lavora, l’ho ascoltata e trovata vicina a proposte di grande utilità sociale, anche secondo i miei attuali studi nel ‘Master Consulenza Pedagogica nei contesti di formazione permanente’, sui quali ci siamo confrontate a lungo. Cura di sé, o auto-cura (in termini di Antropologia Medica) e spontanea forma di “autoguarigione”, per noi ha significato cominciare a pianificare un progetto comune attraverso l’Auto-narrazione e la creatività, intrecciando saperi pedagogici e neo-contadini. Questo un invito alla lettura, con le parole del maestro Mario Lodi: “I vecchi contadini delle mie parti dicevano sempre che i potenti sono come la pioggia: se puoi, da essa, cerchi riparo; se no, te la prendi e cerchi di non ammalarti e, magari, di fare in modo che si trasformi in refrigerio e nutrimento per i tuoi fiori”.

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PREMESSA PROCESSI FORMATIVI NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA? DECRESCITA; ECOCENTRISMO ED EMPATIA Con questa tesi mi voglio inserire nel dibattito contemporaneo sulla Decrescita serena e felice e sui temi cari all’Educazione Ambientale. Per entrare in queste due aree di dibattito e pedagogia, prendo in particolare ad introduzione una conferenza a cui ho assistito di Serge Latouche, teorico della decrescita serena, ed un articolo di un numero di Infanzia 111 , che parla di Educazione Ambientale. Mi pare evidente da questi due preziosi documenti che ormai i temi dell’ambientalismo e dell’esistenzialismo siano fortemente connessi tra loro, come dimostrano numerosi scritti sul tema del sapere (Arne Naess, Gregory Bateson, Raymon Panikkar, di cui si parla in Riflettiamo a pag. 89), numerose iniziative contemporanee come Le scuole nel bosco2 , fino alla tesi della materia dell’Ecopsicologia3 . Senza un ripensamento sul modo in cui viviamo la terra non possiamo trovare una chiave per radicare una felicità duratu1. Infanzia, n 11, Rivista Informazione Educazione Ambientale in Emilia Romagna, Alberto Perdisa Editore-Airplane S.r.l., Ozzano dell’Emilia (BO). 2. Il fenomeno delle Scuole nel bosco nasce in Danimarca negli anni ‘50 e si è diffuso poi in Germania ed in Svizzera ed è arrivato fino in Giappone. In Italia il fenomeno è recente: il metodo si basa sull’apprendimento dalla Natura attraverso il gioco. Si sviluppa la sensorialità, l’amicizia e l’approccio naturale ad una lingua straniera (Pedagogia Generale e Sociale). 3. Ecopsicologia. Crescita personale e coscienza ambientale, Marcella Danon, Urra, Grafica Sipiel, Milano 2006 (v. anche N. 94).

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ra e instaurare delle proficue e sincere relazioni nella nostra società. (Questa il nocciolo duro di tutto il mio lavoro). Questo è quello che emerge da entrambi gli elaborati che presento di seguito. Riporto di seguito i contenuti della Conferenza valevoli per i temi che noi trattiamo. Importantissimo nel nostro frangente è uno studioso, Ivan Illich4 che ha parlato di una società vernacolare e conviviale, di condivisione, che dobbiamo recuperare per poter godere di una riscoperta cittadinanza attiva e per preservare il nostro pianeta da piani di sviluppo scellerati. Karl Polanyi5 ancora, dice che la competitività distrugge i legami sociali e Carlo Petrini6 che si sta distruggendo la comunità del cibo, che è sacro (Max Weber7), portando disincanto tra gli umani. È necessario quindi sviluppare la Resilienza, ossia la capacità di un sistema, o di un Ecosistema, di ritrovare uno stato di equilibrio, per non perdere se stesso. 4. CONFERENZA “Felice o no la decrescita è inevitabile”, 7 Luglio 2014 Montepulciano. Ivan Illich è stato uno scrittore, storico, pedagogista e filosofo austriaco. Personaggio di vasta cultura, viene citato spesso come teologo, linguista, per la sua vasta conoscenza di svariati idiomi, e storico. 5. CONFERENZA “Felice o no la decrescita è inevitabile”, 7 Luglio 2014 , Montepulciano. Karl Paul Polanyi è stato un sociologo, filosofo, economista e antropologo ungherese. È noto per la sua critica della società di mercato espressa nel suo lavoro principale, La grande trasformazione. 6. Carlo Petrini, conosciuto come Carlin, è un gastronomo e scrittore italiano che ha fondato l’Associazione Slow Food. 7. Karl Emil Maximilian Weber è stato un economista, sociologo, filosofo e storico tedesco. È considerato uno dei padri fondatori dello studio moderno della Sociologia e della Pubblica Amministrazione.

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In agricoltura la Biodiversità garantisce la resilienza e garantisce l’interfertilità delle sementi, che quindi possono essere scambiate e non acquistate, come avviene ad Acquasanta. Per far girare i prodotti bio-diversi, che sono buoni da mangiare e buoni da pensare, l’azienda partecipa anche a GAS, in cui, dice Latouche, i prodotti sono buoni, puliti, ossia senza veleni e “giusti”, che provengono da un lavoro sano. Questo a favore anche di un sistema che non si basa sul trasporto di cibi, ma su un autoconsumo di base. Ciò anche in ottica di un recupero di autonomia da quella mano invisibile che ci regola la vita e ci crea dei bisogni indotti e non reali, che è anche il progetto della contemporaneità. Lo studioso fa riferimento alla “Carta dei Diritti e dei doveri del cittadino” e dice che se i diritti sono stati concordati ed approvati dagli umanisti che parteciparono alla stesura del documento, i doveri no, e così l’economia ha preso il sopravvento. Adesso si deve recuperare l’autonomia e l’armonia, per ritrovare la gioia di vivere della convivialità, per decolonizzare l’immaginario, nella scia dell’amerindiano BUEN VIVIR. “Buen vivir” significa vivere bene, non meglio, rispetto a qualcuno o ad un modello; questo è stato uno dei temi di partenza del dialogo tra me ed Antonella, che nella sua azienda cerca di tramettere questo ai ‘suoi’ Wwoofer, che sono lì per imparare l’agricoltura: la Permacultura e l’Agricoltura naturale, con un occhio alla sinergica e al Bioregionalismo (Etain Addey e Martin Lanz8). Secondo la studiosa 8. Il Bioregionalismo è un teoria ecologista, basata sull’individuazione di aree naturalmente definite chiamate ecoregioni, aree omogenee in cui i sistemi naturali e viventi sono fortemente interconnessi, in una Comunità naturale. Formulata da Peter Berg e Raymond Dasmann alla fine degli anni ’60, ha risvolti politici, economici ed ambientali. Nelle figure di Etain e Martin, trova dei punti di riferimento in Italia.

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Etain questi tipi di coltivazioni uniscono persona e terra, in un’attenzione all’individuo che fa armonizzare in esso le due ‘azioni’ del vivere e del produrre. In questa scommessa, su un tipo di agricoltura alternativo, ci siamo soffermate su come l’individuo possa ricevere giovamento dalla permanenza ad Acquasanta, investendo anche le nostre competenze umanistiche: pedagogiche ed antropologiche, artistiche. Anche nella rivista ‘Infanzia 11’ che parla di Educazione Ambientale, si mette in relazione umanità e biosfera, concetto da cui dagli anni ’60 siamo arrivati a teorizzare lo sviluppo sostenibile (Rio 1992) e la metodologia partecipata delle Agende 21 locali (Aalborg 1994). Questa pedagogia è utile per sviluppare la capacità di gestire la società in modo intersettoriale, guidando e seguendo il sistema ambientale, per una cittadinanza ambientale, attiva anche a livello ambientale. Si vuole ottenere una pedagogia che abbia qualità dinamiche, coerenza tra le conoscenze, i valori, le azioni. In un percorso educativo che sia significativo a livello esistenziale, cognitivo, operativo e metodologico. In particolare è importante il capitolo 36 dell’Agenda 21, in cui si parla di sensibilizzazione anche delle imprese, dei modelli produttivi, dei mercati, dei mezzi di comunicazione di massa (incluso il teatro popolare) per cambiare i comportamenti collettivi ed i modelli di consumo, per indurre processi educativi e partecipativi, stili di vita attenti all’ambiente ed alla giustizia sociale. L’educazione formale ed informale è coinvolta globalmente in questa indicazione di processo, alla cui base sta una filosofia sistemica e costruttivista che scommette sulle potenzialità e possibilità della specie umana di aumentare le 15


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proprie capacità regolatrici e di autocorrezione (come sostengono anche Clifford Geertz9 e Latouche). Quest’azione sociale per la sostenibilità prevede una Formazione permanente, che coinvolga tutte le fasce della popolazione, soprattutto le sfavorite, o disagiate e gratuitamente, come da legislazione europea, per una possibile società della conoscenza (vedi Educazione degli adulti) e logiche ‘Open source’ (vedi Nuove strategie educative) in cui è in ballo lo statuto stesso della conoscenza. Si cerca una coodeterminazione tra il sapere, il saper essere ed il saper fare10 in campo scientifico, etico e politico, ridefinendo cornici interpretative, costruendo responsabilità, con il saper cambiare (poiché, come dice Jean Piaget, l’Equilibrio Psicologico è Stabilità nella mobilità, Capacità di compensazione alle perturbazioni, Azione...)11. Questa coodeterminazione, auspicata anche da Jeremy Rifkin12, elaborando il proprio pensiero nelle opere successive a “La civiltà dell’empatia”, è cara alle Scienze Psicopedagogiche, come all’Antropologia dell’educazione13 e per esempio all’approccio educativo Stei9. Clifford James Geertz è stato un antropologo statunitense che ha proposto un’impostazione riflessiva della materia, che trae spunto dall’ermeneutica. 10. Orientamento in linea con l’attivismo ed il pragmatismo del pedagogista John Dewey, la cui filosofia si articola intorno ad una teoria dell’esperienza vista come l’ambito dello scambio tra soggetto e natura, scambio attivo, che trasforma entrambi i fattori e che resta costantemente aperto (da Pedagogia generale e sociale, pag.10) 11. Psicologia e sviluppo mentale del bambino, Jean Piaget, Giulio Einaudi Editore, Milano, 1970 12. Jeremy Rifkin è un economista, attivista e saggista statunitense. A proposito del suo pensiero ho seguito una Conferenza il 29/12/2014 a Città della Pieve. 13. Modelli per le scienze umane: antropologia, scienze cognitive, sistemi complessi, M. Bloch, U. Fabietti, S. Borutti, Trauben, Torino, 2007.

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neriano o alla Psicomotricità, di cui riporto una scheda di un corso di Maria Grazia Dal Porto, a cui mi piacerebbe partecipare per specializzarmi, che mi sembra anticipi bene molti dei temi che tratteremo... “L’orientamento pedagogico attuale offre agli allievi la possibilità di lavorare in gruppo. Affinché il lavoro in équipe sia piacevole e allo stesso tempo proficuo, è utile sensibilizzare gli allievi così da rendere la loro partecipazione attiva nella realtà concreta, arricchita da risposte non stereotipate che aprono più vie all’azione. Le dinamiche di comunicazione sono strumenti che favoriscono l’integrazione. Non hanno scopo terapeutico, non sono dinamiche per indagare interrelazioni, né per diagnosticare conflitti… Esse rendono più facile la comunicazione, la provocano, la favoriscono, aprono l’Io al tu e al noi. Conducono ad autentico scambio di esperienze, pensieri, pareri. È un comunicare per condividere attraverso i ruoli in atto in una determinata situazione. La struttura di un gruppo in termini di comunicazione è la rete formata dalle interazioni. Esse sono come una mappa nella quale si possono percepire tante vie aperte. Quando nel gruppo le cose avvengono in modo automatico è visibile un impoverimento, una perdita di possibilità. Nelle dinamiche di comunicazione non è possibile “osservare da fuori”. Il coordinatore pur non impegnandosi in modo personale ha un ruolo di importanza vitale. Non è “protagonista”, ma nemmeno passa inavvertito. Il suo compito è condurre, orientare, coordinare la dinamica; partecipa con un Io osservatore, che conosce le proprie reazioni, e ha imparato a gestirle. Per svolgere il suo ruolo avrà un comportamento empatico e comprensivo. Si potrebbe dire che il coordinatore è presente con tutto se stesso, ma non per 17


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se stesso. Uno degli obiettivi della dinamica è favorire l’interazione tra i membri affinché essi possano esprimersi senza difficoltà né barriere. Sentirsi parte di un gruppo è molto di più che condividere alcuni momenti. Integrarsi è percorrere la strada dell’incontro che può portare a realizzazioni comuni; così sarà più facile consolidare gli obiettivi e le mete. Il coordinatore terrà presente che queste dinamiche sono progressive. Inoltre nulla è lineare, presentazione e integrazione avvengono parallelamente ad altre aree di funzionamento del gruppo. Il ruolo del coordinatore sta nel definire le condizioni nelle quali le dinamiche avvengono: luogo fisico, materiale occorrente, tempo di durata dell’esperienza ecc... È necessario esporre le consegne in modo chiaro, in modo che esse possano svolgersi in condizioni ottime. Occorre essere sicuri che tutti abbiano recepito la consegna. Il coordinatore ricorderà sempre che le dinamiche di comunicazione aiutano a sciogliere i blocchi individuali o socio-affettivi che pesano sul gruppo o su alcuni dei suoi membri, specialmente inibizioni, atteggiamenti eccessivamente critici, paure, ecc. Egli osserverà cosa succede durante l’esecuzione della consegna, ricordando che osservare non è giudicare. È imprescindibile riflettere assieme quando l’esperienza sarà terminata, fare delle sintesi, rivedere come ha interagito il gruppo, ecc. È di fondamentale importanza ricordare che il coordinatore è un agente di cambiamento e trasformazione e che le conclusioni alle quali si è arrivati non sono contributi rigidi privi di sfumature e soprattutto non sono definitivi. Costituiscono dei segnali, delle indicazioni su alcuni atteggiamenti. Tutto mira a trovare una armonia nella comunicazione tra ruolo, persona, gruppo e ambiente sociale. È stato riscontrato che apprendere assieme 18


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ad altri è più efficace della solitaria compagnia di manuali o computers. Questi strumenti, adoperati in gruppo, riescono ad essere più funzionali, meno aridi ed aiutano a ridurre il tempo per l’apprendimento. La metodologia delle dinamiche consiste nell’imparare facendo, con una comunicazione più fluida tra persone che hanno un obiettivo comune.” Tornando all’Antropologia dell’Educazione, seguirò ciò che dice Mario Pollo nel suo libro “Fondamenti di un’antropologia dell’Educazione”14, in cui: “Muovendo dalla concezione dell’uomo come progettuale, culturale e simbolico, e affrontando le profonde trasformazioni che la cultura sociale contemporanea ha prodotto nella definizione del fondamento umano, ha trovato un ponte tra contemporaneità e tradizione grazie alla fisica contemporanea, in particolare alla meccanica quantistica e alle teorie sistemiche biologiche ed ecologiche. Esse hanno consentito di recuperare una concezione olistica della realtà e di affrontare la conoscenza del mondo, in una prospettiva non meccanicistica e deterministica, aiutando l’essere umano a riconoscere, al di là delle trasformazioni culturali, le strutture fondanti dell’Umano”. Questi processi vanno a vantaggio di una prospettiva Ecocentrica, piuttosto che Antropocentrica, perché paradossalmente, man mano che si approfondisce lo studio dell’Umano, si scopre che il suo esistere armonico non può prescindere dal sentirsi parte e non vertice del Sistema Terra (vedi Noi siamo 14. Fondamenti di un’antropologia dell’educazione, Mario Pollo, FrancoAngeli s.r.l, Milano, 2013.

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come un albero). In questo ponte proposto tra Antropologia e Pedagogia, il sapere va verso una nuova definizione di cultura nell’ecumene globale, sostenendo un approccio Sistemico Complesso: • Ulf Hannerz15 dice che la distribuzione dei significati e delle forme significanti nelle relazioni sociali e personali in tutto il mondo oggi è talmente complicato che qualsiasi unità sociale di cui intraprendiamo lo studio in termini culturali rischia di rivelarsi un obiettivo più o meno arbitrario. L’idea di culture al plurale quindi risulta problematica; è poco più di un espediente limitato di organizzazione intellettuale di cui è difficile sbarazzarsi, ma con scarsa validità scientifica. L’idea di cultura al singolare invece, in grado di abbracciare tutta la diversità organizzata di idee ed espressioni, può rivelarsi importante per esplorare il modo in cui l’umanità abita l’ecumene globale. Suggerisce comunque che: “Nello svolgere un’opera educativa, per la comunità locale, è di fondamentale importanza conoscere e capire l’ambiente che la circonda e l’ambiente in cui si svolgono tutti i momenti educativi, da quelli familiari a quelli amicali sino a quelli scolastici. Ribadisce che la pluralità delle prospettive che caratterizzano gli attori e le agenzie di inculturazione e di socializzazione impone l’adozione di una molteplicità di strumenti e l’attenzione ad aspetti diversi.” 15. Ulf Hannerz è un antropologo svedese, professore di Antropologia Sociale all’Università di Stoccolma.

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Ed infine possiamo tener presente, volendo lavorare anche con l’Arte povera, che l’immagine ha una grande forza inculturativa, ed in particolare: “L’immagine barocca (l’immagine contemporanea) trasmette un ordine visuale e sociale, diffonde modelli di comportamento e di credenza, anticipa nel campo visuale evoluzioni che ancora non hanno dato luogo ad elaborazioni concettuali e discorsive”16. Così a raccordare questi elementi, per formulare un messaggio comprensibile da tutti, o quasi, che sia molteplice e polisemico, ma allo stesso tempo efficacemente centrato su un contenuto universale, utilizzeremo anche strumenti come la Land art, confidanti nella forza della triade ‘Earth, Art, Heart’.

16. Antropologia dell’educazione, Saggio di Ivo Giuseppe Pazzagli, Unirsm. Cit. Callari Galli, 2004: 14 (Pag. 25).

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INTRODUZIONE PER UNA PEDAGOGIA DELLA “COOPERAZIONE PARTECIPATA” La Ricetta La nostra ricetta è “La Pedagogia della Cooperazione Partecipata”17. Per parlare di futuro è necessario fare un salto nel passato per vedere su quale terreno poggiare, come i nani sulle spalle dei giganti (Bernardo di Chartres e Isaac Newton); passiamo dunque in rassegna alcuni dei pedagogisti che ci saranno utili nel nostro agire quotidiano per accogliere con cognizione di causa i nostri ospiti. Poiché queste pratiche, che andiamo ad elaborare attraverso teorie, sono già in atto nella struttura e nel mio modo agire nel precedente lavoro con i diversabili, lo scoprirle come codificate è stata una piacevole sorpresa. Attraverso l’auto narrazione, l’educazione ambientale e la celebrazione della natura mediante l’arte ed il gioco, vogliamo dipanare il nostro progetto, ma è necessario esplicitare l’aspetto pedagogico su cui si poggia la nostra azione. Qui cito uno dei teorici pedagogisti che mi ha ispirato nella scelta del termine da affiancare a Cooperazione. Entriamo ora nel terreno di Barbara Rogoff18 e della partecipazione guidata. 17. La natura culturale dello sviluppo umano, Barbara Rogoff, Raffaele Cortina Editore, Maggio 2004. 18. Barbara Rogoff è un’educatrice californiana, afferente all’esperienza delle Community Scholl, (che ha scritto un Manuale di psicologia infantile, nel cui capitolo 14° tratta la Cognizione come un processo collaborativo).

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Ella pone molte distinzioni tra senso di appartenenza e partecipazione. Si appartiene a un solo contesto specifico in cui bisogna riconoscersi in modo esclusivo e totale. Si può partecipare a più contesti, anche senza doversi riconoscere completamente in uno specifico. L’apprendimento deve avvenire all’interno di contesti partecipati, cioè all’interno di una comunità culturale dinamica, un gruppo di persone che: • condivide stabilmente una stessa struttura sociale, usanze, tradizioni, conoscenze e valori;• coopera per uno scopo comune;• implica comunicazioni strutturate e durature. Rogoff, parlando della Cooperazione nell’apprendimento, infatti introduce la pratica della Partecipazione guidata, in cui: • lo sviluppo avviene attraverso la partecipazione ad attività di routine socioculturali; • c’è una condivisione di significati attraverso il linguaggio verbale e il riferimento sociale; • la strutturazione del lavoro è collaborativa: si impara interagendo con gli altri, grazie all’osservazione e all’iniziativa; • c’è un trasferimento di responsabilità per cui gli utenti mettono naturalmente in pratica ciò che apprendono. L’apprendimento è un apprendistato e avviene grazie all’ osservazione e all’iniziativa, in cui si realizza un interscambio reciproco di significati e la strutturazione reciproca di possibilità di apprendimento. Tramite la partecipazione alla comunità, esso: 1. è integrato nei compiti familiari e comunitari, con l’aspettativa e l’opportunità di contribuire all’obiettivo 23


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2. è motivato dal desiderio dell’individuo di essere inserito nella comunità e dare il proprio contributo 3. ha una modalità privilegiata che è l’attenzione 4. avviene all’interno di una comunità collaborativa, con leadership variabile 5. la comunicazione privilegiata è di tipo non-verbale, si condividono le attività 6. l’obiettivo educativo è trasformare la partecipazione in responsabilità 7. si valuta il progresso di chi apprende in base al suo contributo all’interno della comunità Abbiamo inserito il termine Partecipata e potremmo integrare anche con “Paritaria” perché vogliamo porre l’attenzione sul fatto che, seppur sia presente un facilitatore che tramanda il proprio sapere e propone delle attività, questo non significa che ci sia una gerarchia o un codice univoco al quale sia necessario conformarsi per partecipare positivamente alle azioni. Tutti partecipiamo alla pari a ciò che si fa, quindi potrebbe essere chiamata anche paritaria, ma confidiamo che, se c’è partecipazione, c’è anche democraticità ed egualitarismo. Questo si inserisce molto bene nel concetto di Scuola Democratica teorizzata e praticata da Celestin Freinet nella sua école Vivante19 e nella recente Scuola Libertaria di Giulio Spiazzi e Francesco Codello (Esperienze: Kiskanu, Kether e Centro Mirò). Fondamentale perché avvenga uno scambio è l’aspetto 19. École vivante. A partire dagli anni Freinet ‘30 elabora la sua proposta pedagogica, che si basa sul trasmettere fiducia al bambino, che è al centro della pedagogia. Attraverso la creatività egli può crescere ed imparare il proprio ritmo. Non esistono i compiti e punizioni e si lavora collaborando ed autovalutandosi.

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emotivo dell’interazione, che richiede non solo pratiche del gioco, ma messa in gioco, per far sì che le esperienze rimangano nella memoria a lungo termine. “L’epistemologo cileno Francisco Varela coniò alcuni anni fa un neologismo di grande interesse e utilità. Dal verbo anglosassone to enact, che ha diversi significati come mettere in atto, promulgare (una legge), rappresentare (uno spettacolo) [...] coniò la parola che in italiano traduciamo con enazione. Essa era inizialmente riferita soltanto al fatto che nella conoscenza soggetto e oggetto sono coimplicati.[...] È inutile dire quanto concepire il processo enattivo abbia potenzialmente enormi ricadute sull’insegnamento e come destituisca di ogni legittimità l’insegnamento di tipo trasmissivo, poiché l’idea stessa di poter veicolare un sapere che passi indenne da un individuo (l’insegnante) a un altro (l’alunno) è pura illusione e vano sforzo. Ma la stessa conoscenza, in quanto azione incarnata è enattiva, nel senso che, lungi dall’essere mera registrazione di dati, consiste inevitabilmente in un’azione del pensiero, in un’elaborazione personale, che comporta emozione e che esige motivazione e senso. Dunque, nei contesti di apprendimento nei quali tale elaborazione personale viene delegittimata per premiare invece la passiva incamerazione, da parte dello studente, dei dati forniti dall’insegnante, la conoscenza non avviene: vi è solo offerta di informazione. Privata della possibilità di elaborazione personale e di gruppo, l’informazione si deposita nella memoria a breve termine [...] per essere poi cancellata al più presto” 20. 20. Riflessioni sistemiche, N 10 (Maturana H. R., Verden- Zoller G., 2008 The Origin of Humaness in the Biology of Love, Ed, Pille Bunnel. Imprint Academic), saggio di Nicoletta Lanciano.

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Gli Ingredienti Questo pensatore si va ad inserire in una storia della Pedagogia della Cooperazione che avuto diverse fasi, ma che prende forma con il Cooperative Learning nei paesi anglosassoni, l’Apprendimento Cooperativo in Italia, ed in paricolare Il Movimento di Cooperazione Educativa. Cito ora alcuni degli studiosi che mi hanno più colpito, ma non dimentico gli insegnamenti dei nostri Maria Montessori, senza la quale il senso di democrazia, giustizia e libertà non avrebbe facilmente riformato la scuola italiana, il contributo di Don Milani, che di quella dolcezza fece praticamente una rivoluzione culturale e Mario Lodi, che con il suo pacato entusiasmo praticò il gioco come modalità di interazione primaria tra i soggetti coinvolti nel processo educativo. Per fare questo excursus sulla cooperazione e sui modelli recenti che ci hanno offerto una grande ispirazione utilizzo due testi molto significati per il percorso: “Cooperazione ed Apprendimento, crescere insieme a scuola” di Rinaldo Rizzi21 e “Pedagogia, un’arte in divenire”, di Adele Caprio22. Dicevamo che nella Pedagogia della Cooperazione, oltre i maestri del pensiero pedagogico, che andiamo a scoprire nel prossimo paragrafo, sono importanti gli educatori che ne hanno fatto pratica educativa in diversi contesti.

21. Cooperazione e apprendimento, Rinaldo Rizzi, Edizioni Junior Gruppo Spaggiari, Parma, 2014. 22. Pedagogia, un’arte in divenire, Adele Caprio, Anima Edizioni, Milano, 2014.

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Dal primo testo: “Cooperare per apprendere comporta una gestione diversa del tempo e dello spazio a scuola: il passaggio da una scuola centrata esclusivamente sull’insegnante, sulla prescrittività del programma e la centralità del libro di testo, ad una diversa modalità formativa. Una scuola in silenzio inibisce invece che stimolare l’esercizio della parola, e dunque, del pensiero. Una scuola centrata essenzialmente sul libro di testo riduce la motivazione e le opportunità di arricchimento (…). Un’azione didattica che abbia come obiettivo la formazione (cognitiva, affettiva, relazionale e operativa) di un cittadino competente richiede dunque il passaggio dalla trasmissione di contenuti ad una progressiva pratica laboratoriale, progettuale e di ricerca” (pagg. 22-23). Il Regolamento dell’autonomia delle Istituzioni scolastiche (DPR 275/1999) e le Indicazioni Nazionali per il Curricolo (2012), permettono di recepire questi enunciati, favorendo metodi come ‘La classe educativa Freinet’, il ‘Cooperative Learning’, che seguono i principi seguenti. La prima, considerata ‘comunità di vita ed alfabetizzazione’, offre una pedagogia popolare basata sulle tecniche di vita, su piani di lavoro temporali, su un ‘metodo naturale’ che usa: - Apprendimento della lettura e scrittura attraverso l’espressione orale, il testo libero individuale e collettivo - Il giornale scolastico - La corrispondenza interscolastica - La libera espressione pittorica e manipolativa - Approccio socio-antropologico tramite ricerca sul 27


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campo, sull’ambiente - Il calcolo vivente Schedari autocorretivi - Ci sono inoltre diverse proposte metodologiche che vanno sotto il nome di “Cooperative Learning” e ne cito le più significative: L’apprendere insieme di David e Roger Johnson, con - la strutturazione del lavoro di gruppo cooperativo Il gruppo studentesco di apprendimento di Robert E. - Slavin, in cui importanti sono l’obiettivo di gruppo e la responsabilità individuale Il gruppo di ricerca di Yael Sharan e Shlomo Sharan, - con i loro laboratori - L’approccio strutturato di M. Kagan e Spenser Kagan, basato sull’interazione simultanea (uguaglianza nella partecipazione, interdipendenza positiva e responsabilità) - Le istruzioni complesse di Elisabetta G. Cohen, che riconoscono le diversità etno-sociali e la pluralità delle intelligenze (H. Gardner 23) - La comunità di apprendimento di Anne L. Brown e Joseph Campione, che facilitano gli studenti (costruttivismo) - L’approccio collaborativo di Helen Cowie e J. A. Reid, in cui l’ascolto reciproco, anche critico, facilita la riflessione a spirale - L’apprendistato cognitivo di Allan Collins, John S. Brown e Susan Newman, che si rifà alla concettualizzazione 23. Howard Gardner è uno psicologo e docente statunitense di origine ebraica che ha distinto “Sette intelligenze umane”.

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nella pratica (J. S. Bruner24) e al concetto di interiorizzazione di L.S. Vygotskij25 ed usa l’articolazione, la riflessione e l’esplorazione La composizione a puzzle di Elliot Aronson, - Il gruppo di quattro di Marilyn Burns - I circoli per l’apprendimento di Margaret Riel, reti - socio-tecniche tematiche Il tutoraggio di Keith Topping - Tutte sono importanti perché sviluppano interdipendenza positiva, responsabilità individuale, interazione costruttiva, competenze sociali e valutazione di gruppo. Esse costruiscono la co-conoscenza a partire dal contenuto e dal contesto con la negoziazione sociale, presentano consegne autentiche e realistiche, prospettano visioni e rappresentazioni multiple e diverse, sollecitano osservazione, riflessione e formalizzazione. Oltre a queste importantissime esperienze in campo pedagogico, ci sono alcune altre che vorrei citare, utilizzando una ricerca svolta da Adele Caprio sulla Nuova Pedagogia, che dovrebbe portare a costruire: “Una scuola del saper essere, del saper fare e del sapersi trasformare, utile a sostenere i nuovi cittadini affinché possano diventare” gli uomini del futuro “in accordo al proprio naturale talento. Donne e uomini per i quali creatività, innovazione, valori etici e motivazione siano elementi portanti con cui vivere una vita piena e, quando serve, affrontare crisi e caos”. 24. Jerome Seymour Bruner è uno psicologo statunitense che ha contribuito allo sviluppo della Psicologia Cognitiva e Culturale nel campo della Psicologia dell’Educazione. 25. Lev Semenovic Vygotskij è stato uno psicologo e pedagogista sovietico, padre della scuola Storico-Culturale, che presento di seguito.

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“I docenti diventerebbero le pietre miliari dell’innovazione sociale e i catalizzatori di una visione integrata e compartecipata. Sarebbero i primi ad incarnare la trasformazione, modificando significativamente il proprio ruolo in facilitatori, motivatori, coach, mentori per divenire il modello cui ispirarsi, i primi ad imparare a rispondere alle domande senza tempo e, quindi a vivere con responsabilità un benessere diffuso ed una felicità sostenibile. Una scuola totalmente integrata con l’ambiente, con la Natura, con la comunità, compartecipata, in cui non si difendono più pseudo-diritti e paure, ma si anticipa il futuro che emerge”. (pag. 12) Di questa ricerca, oltre alle Scuole Montessoriane, con l’attenzione al silenzio e all’esperenzialità, alle Scuole Steineriane, con l’interesse alla coltivazione dell’immaginazione e della praticità, mi ha colpito l’esperienza delle Scuole Libertarie, in cui si decide volontariamente quale lezione seguire o quale posizione corporea assumere nell’ascolto, costruttivo di conoscenza co- prodotta grazie alla guida del facilitatore e quella delle Homeschooling e Unschooling, in cui è il bambino a condurre chi guida l’insegnamento, tramite la propria sensibilità... In particolare i principi comuni a questi orientamenti, potrebbero essere riassunti in questa piccola lista di buone teorie e pratiche educative (pag. 92): 1. 2. 3. 4.

Stare dalla parte del bambino L’apprendimento è libero per sua natura I bambini non sono un problema da risolvere Imparare non vuol dire essere ‘scolarizzati’

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Io aggiungerei un 5° punto: 5. La competizione porta distrazione dall’obiettivo, distacco dalla situazione, paura del giudizio e quindi inazione. ĂŠ necessario quindi non incoraggiarla.

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I Mastri Cuochi Farò quindi un piccolo excursus sulle teorie della Cooperazione: partendo dallo studio di Jean Piaget in merito, poi citerò Lev Vygotskij, Michael Tomasello26, Carol Dweck 27. Premetto che: “Il processo educativo si occupa dello sviluppo individuale (cognitivo-affettivo) e dello sviluppo sociale. I processi di sviluppo permettono una migliore comprensione di sé, della realtà e delle relazioni con gli altri. Quindi il processo educativo favorisce la conoscenza di sé e del mondo; inoltre, si è più liberi se si ha una maggiore possibilità di scelta” (R.B.Pippin 28). L’individuo, necessariamente, gode di una più ampia libertà personale nel momento in cui conosce più alternative possibili di agire, pensare, fare, comportarsi... In sostanza, la conoscenza permette di autodeterminarsi (Contenuti comuni alle materie ‘Nuove Strategie Educative’ ed a ‘Educazione degli Adulti’). L’educazione è fondamentale perché finalizzata all’organizzazione delle conoscenze di sé e della realtà di un individuo, in modo che egli possa integrarsi con se stesso (integrando differenti aspetti di sé) e nella società (mediando gli stimoli e le pressioni che derivano dall’esterno). 26. J.Michael Tomasello è uno psicologo statunitense co-direttore dell’Istituto per l’Antropologia Evoluzionistica a Lipsia e sostiene che la Cooperazione sia un tratto distintivo dell’Evoluzione Umana. 27 Carol Dweck è professoressa di Psicologia all’Università di Stanford ed ha fatto studi sulla motivazione e ha elaborato il modello delle ‘teorie implicite di intelligenza’. 28 Robert Buford Pippin è un filosofo statunitense che insegna all’Università di Chicago e si è occupato di studi storico-filosofici sulla Filosofia Tedesca.

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La socializzazione che deve creare assolve due funzioni fondamentali: l’Integrazione e la Differenziazione; ossia provvede alla partecipazione efficace alla vita sociale e alla formazione dell’identità, sviluppando le seguenti formae mentis positive: • Senso di appartenenza, • Costruzione di legami • Senso di sé • Scoperta della propria identità. Vediamo come si può facilitare questo processo: secondo Jean Piaget, per poter cooperare, è necessario superare l’egocentrismo, favorendo il decentramento cognitivo (riuscire a superare il proprio e unico punto di vista, considerando anche quelli altrui) e la condivisione. È la competenza di individuare le prospettive altrui e porle in relazione. Piaget quindi distingue due tipi di solidarietà: La Solidarietà Esterna (il gruppo accetta regole già esistenti, decise da altri), che prevede quindi obbedienza alla regola in un’unilateralità in cui uno impone la sua volontà, obbligatoria per tutti. Nella solidarietà Interna (i componenti del gruppo si impegnano a trovare un accordo) la regola elaborata è soggetta a revisioni e aggiustamenti, nella Reciprocità. Tutti si impegnano per un accordo comune reciproco. Le condizioni che favoriscono la cooperazione in un gruppo a Solidarietà Interna sono i seguenti: 1. Gli individui devono possedere una scala di valori intellettuale comune per comprendere i termini della questione nello stesso modo; 2. Le proposizioni degli individui devono essere compatibili tra loro, e non contraddittorie; 3. Ci deve essere una reciprocità tra gli individui, tale che le loro proposizioni siano intercambiabili. 33


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Secondo Lev Vygotskij lo sviluppo del Linguaggio nella Cooperazione, generalmente e in modo particolare nelle situazioni di condivisione, tende all’abbreviazione, intesa non come eliminazione, ma come predicazione: con questo processo viene conservato il predicato, e anche sottinteso il soggetto e gli attributi di una frase. Questo tipo di linguaggio può essere compreso solo dagli interlocutori che condividono gli stessi pensieri o la stessa conoscenza comune. Da alcuni è definita una “comunicazione per accenni” (Lev Tolstoj29 la chiama “laconica”). Il monologo interiore e il linguaggio utilizzato dai bambini piccoli, invece, sono tipi di linguaggio egocentrico: si usano abbreviazioni, ma senza condivisione di significato con altre persone. Per superare questa modalità di linguaggio, è necessario ricorrere al decentramento: in questo modo si cerca di rendere più esplicito il linguaggio per favorire la comprensione anche da parte di chi non ha la stessa conoscenza di chi parla. Vygotskij sostiene che, per raggiungere la comprensione e la cooperazione tra gli individui utilizzando la predicazione, è necessario che i punti di vista dei diversi interlocutori siano coniugabili, che ci sia quindi un sistema di significati condiviso. Egli sostiene che i saperi possano essere trasmessi attraverso la partecipazione e critica il metodo di valutazione dello sviluppo cognitivo del bambino, poiché esso viene misurato solo in base alla sua capacità di svolgere compiti autonomamente, senza considerare la cooperazione. 29. Lev Nikolaevic Tolstoj è stato uno scrittore, filosofo, educatore e attivista sociale russo.

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Egli propone di valutare invece la “Zona di sviluppo prossimale”: ossia è la distanza tra il livello effettivo di sviluppo (ciò che il bambino sa fare, la capacità autonoma di riuscire nel problem-solving) e il livello di sviluppo potenziale (ciò che il bambino può imparare con una guida, la capacità di riuscire grazie a una collaborazione). Si sposta così l’accento su quello che la persona può recepire dalla relazione (potenzialità e risorse), e non sulle caratteristiche già acquisite. L’apprendimento avviene all’interno di una relazione. Il processo educativo è volto a: • esplorare le capacità e le potenzialità, • trasformare le potenzialità in capacità. Secondo Michael Tomasello la Cooperazione è il fondamento delle attività umane, della comunicazione e delle convenzioni sociali. Dal gioco imitativo si passa al gioco cooperativo già verso il primo anno di vita: il bambino segue e imita il comportamento dell’adulto, e già a questa tenera età è capace di sollecitare nell’adulto la partecipazione al gioco e di comprendere la natura cooperativa dell’interazione. Avere un obiettivo comune implica l’impegno da entrambe le parti per raggiungerlo; se uno si ritira, l’altra la sprona a continuare. Le attività cooperative implicano la presenza di: • obiettivo condiviso; • ruoli interdipendenti; • intenzionalità condivisa: si reagisce alle azioni altrui e si formulano intenzioni sulle intenzioni altrui. È necessario cercare forme di attenzione condivisa in risposta alla proposta di attenzione congiunta. Da un’analisi sulla comunicazione tra le scimmie è emerso che l’aspetto gestuale risulta più importante di quello vocale, infatti la gestualità è 35


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sempre direzionata e flessibile ed è finalizzata ad essere recepita dagli altri; come avviene anche per gli uomini, è utilizzata per dirigere l’attenzione dell’interlocutore verso qualcosa. La vocalità invece è fissa e indiscriminata, poiché può anche prescindere dagli altri, ed essere solo una semplice espressione di sé non volta a modificare intenzionalmente qualcosa. Per Tomasello la comunicazione implica la cooperazione: se indico qualcosa a qualcuno, sto presupponendo che quella persona sia intenzionata a condividere con me. Affinché si sviluppi la cooperazione, devono esserci: intenzionalità condivisa e obiettivo comune. Quindi bisogna sviluppare: 1. le motivazioni sociali per andare in aiuto degli altri, le motivazioni a cooperare, l’aiuto a condividere. Gli interlocutori interagiscono cooperativamente per permettere al messaggio di “passare”, cioè affinché il ricevente arrivi a conoscere l’intenzione sociale del comunicatore. Significa che il comunicatore si sforza di trasmettere al ricevente messaggi che lui possa comprendere, e il ricevente si sforza di arrivare alla comprensione chiedendo spiegazioni. Ci sono tre motivi pro-sociali per comunicare: chiedere, informare, condividere. 2. Le abilità cognitive necessarie a creare intenzioni e attenzione congiunta per favorire il “terreno comune”, ossia tutto quello che è noto a entrambi gli interlocutori, e che permette a ciascuno di loro di capire su cosa l’altro vuole condividere l’attenzione e per quale motivo. Più è “ricco” il materiale condiviso, meno bisognerà ricorrere a un linguaggio palese; lo sviluppo del terreno comune può avvenire con il superamento della prospettiva egocentrica delle cose da parte degli interlocutori. 36


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Il terreno comune si fonda su tre distinzioni: • Può essere basato sull’ambiente percettivo immediato (da attenzione congiunta) o su esperienze condivise passate; • Può essere creato da processi top-down (esempio: si persegue un fine condiviso e si sa che ci si concentra su cose rilevanti per quel fine) o bottom-up (esempio: entrambi gli interlocutori odono un rumore e sanno di averlo udito entrambi); • Può basarsi su cose generalizzate e mai esplicitamente riconosciute tra gli interlocutori oppure su cose palesemente riconosciute (bagaglio culturale comune). Infine Carol Dweck ritiene sbagliato elogiare una persona per aver svolto bene un compito, poiché in questo modo si va a rafforzare la sua motivazione al successo, ma non quella della competenza. Piuttosto che dire “bravo”, bisognerebbe orientare l’apprezzamento a ciò che viene fatto, non mischiare il valore personale con quello che una persona sa fare. Evitando il giudizio complessivo sulla persona, si può puntare alla valutazione del suo operato; in questo modo si possono dare suggerimenti per il metodo utilizzato, favorendo un vero miglioramento delle competenze, piuttosto che etichettare la persona come “capace” o meno di fare una determinata cosa: azione questa che può essere controproducente (si pensi all’Effetto Pigmalione30 in Psicologia Sociale) e ridurre l’effetto sorpresa della creatività.

30. Esperimento sulla profezia che si auto-avvera del 1972 di Robert Rosenthal.

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La Pasta Madre Per noi, che siamo arrivate per gradi alla formulazione di quello che era la nostra “Pedagogia della Cooperazione Partecipata”, è importante non tralasciare come siamo arrivate a questi contenuti, che i teorici sopraddetti avevano teorizzato molto prima di noi, il punto di partenza. Innanzitutto per noi Interagire con i nostri “simili”, significa imparare ed insegnare ad avere coscienza o consapevolezza del vivere, per essere realizzati e soddisfatti di sé, del proprio Io Profondo. Dato che la presenza significante è attiva nel percorso di vita già nei piccoli, fornendo il prima possibile, nello scambio interpersonale, degli elementi (calibrati secondo l’età e la sensibilità) di aiuto nella codifica per capire la stessa (inserita in un contesto anch’esso significante), da adulto l’individuo può acquisire un metodo concreto con cui affrontare il quotidiano, e ne diventa portatore. Attraverso l’input “impara l’arte e mettila in movimento”, si è artigiani e “artisti del vivere” (come dalla MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi31); ciò che ci viene richiesto dalla complessità in cui viviamo e che permette di ricavarci una nicchia felice, per noi confortevole. Partendo dalla propria personale esperienza, “facilitata” da indicazioni di percorso, e adottando lo stesso metodo di ascolto che si è trovato per sé, per noi due, Elena ed Antonella, a dialogo sui temi di “Sviluppo di Nuove Strategie Educative”, che per noi è stato fondante, proponiamo di utilizzare questo metodo verso gli altri, gli utenti. 31. Essere, Habere, Habitare secondo la Globalità dei linguaggi, Saggio di Stefania Guerra Lisi (Pag. 35).

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Potrebbe essere una pratica di Antropologia Ecologica, poiché a partire dalla conoscenza dell’altro incontrato, si diventa, unendo il tema della Natura, rispettosi anche del “diverso” in senso lato, non solo tra umani: l’ambiente, gli esseri viventi tutti, le emozioni, anche le cose e ciò con cui si viene in contatto e in ascolto, proteggendo l’esistente. Importante a proposito dell’etica dell’agire risvegliando i nostri sensi ad un contatto più genuino con la terra, con l’altro e con ciò che ci circonda, è un saggio di Rossella Mascolo, dal titolo “La responsabilità di essere coscienti del mondo che produciamo con il nostro vivere”, apparso su Riflessioni Sistemiche32. Qui si prende ad esempio il pensiero di Humberto Maturana33 che parla di biologia dell’amore ed etica della responsabilità, che nasce dal convivere quotidiano e non da precetti esterni. In particolare la responsabilità, che è un termine di recente acquisizione nella storia delle idee degli umani, può essere inteso come principio fondante un’etica profondamente radicata nel quotidiano. Nella trasformazione autopoietica che si realizza nella convivenza tra uomini, come esseri dell’amore, in cui si è solo nella relazione e tramite il linguaggio, si crea una sorta di trascendenza della responsabilità, e nel conversare su di essa, sorge la libertà, che la espande. “Poiché il mondo sorge solo nel dominio delle coerenze razionali - operative della realizzazione del nostro vivere e non 32. Riflessioni sistemiche, N 10 (Maturana H. R., Verden- Zoller G., 2008 The Origin of Humaness in the Biology of Love, Ed, Pille Bunnel. Imprint Academic). 33. Humbero Romesin Maturana è un filosofo e biologo cileno che ha calcato le orme di Gregory Bateson ed elaborato ill concetto di Autopoiesi.

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pre-esiste al vivere stesso, non possiamo che essere consci sempre dell’impossibilità di dire nulla su qualsiasi cosa che si supponga esista indipendentemente da quello che noi facciamo nella realizzazione del nostro vivere. L’esistenza umana è in sé una continua trascendenza, dato che noi esseri umani esistiamo nelle relazioni dinamiche alle quali partecipiamo con la nostra corporeità, ma è una esperienza spirituale senza postulazione di alcuna realtà pre-esistente, piuttosto un’espansione dell’amore. Il nostro convivere può assumere lo statuto di sistema sociale solo se l’emozione che lo costituisce è l’amore. Conversando insieme, etimologicamente parlando (da volgersi insieme, praticare con altri), in una danza tra languaging ed emotioning, si espande l’Homosfera e si crea quel rispetto, legittimità e amore che ci fa recuperare la dimensione umana ed affettiva necessaria alla nostra realizzazione integrale. L’etica autopoietica che si autosostiene nel vortice del vivere è pluralistica. Lo spazio dell’agire etico sorge come conseguenza spontanea del nostro muoverci nella riflessività, da un moto interno, in un’epigenesi che ci fa diventare quello che siamo, nel vivere il nostro vivere. Vivendo nell’amore e nella vicinanza dell’Altro, siamo esseri etici e non rischiamo di venire intrappolati nella cultura della dominazione e della sottomissione o nella cultura dell’indifferenza. Per conservare il nostro star bene dobbiamo rispettare noi stessi, la nostra responsabilità nella generazione e conservazione dello star bene, come uno spazio di ecologia umana in armonia con tutti gli altri esseri viventi. Può esserci una sorta di grande abbraccio universale, che si costituisce come emergenza da ogni singola relazione inter-umana, nel rispetto reciproco, derivato dalla messa in atto del principio di responsabilità immanente nel 40


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nostro vivere-agire. Siamo responsabili nel momento in cui ci rendiamo conto di quello che vogliamo e non vogliamo, delle conseguenze delle nostre azioni, e quando siamo responsabili della nostra responsabilità esercitiamo libertà. In una dinamica sociale, la riflessione sull’amore ci libera dalla cecità e ci guida all’apertura verso i desideri altrui e il cosmo”34. In questo senso, da questi concetti, si manifesta il bisogno di un’umanità rinnovata e pacificata; e con le attività proposte ad Acquasanta vorremmo contribuire a tale processo di mutamento, cooperando nelle attività e cercando di creare un tempo fuori dal tempo che faccia spegnere, anche solo per un frangente, quell’incessante flusso di pensiero martellante e talvolta distruttivo del momento presente, che viene da un abuso di attività egotica e centrata sulla mera produttività.

34. Riflessioni sistemiche, N 10 (Maturana H. R., Verden- Zoller G., 2008 The Origin of Humaness in the Biology of Love, Ed, Pille Bunnel, Imprint Academic).

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CAPITOLO 1 LA FIGURA DEL WWOOFER 1.1 Il WWOOFER e l’Agricoltura Biologica Quando si parla di Wwoofer, figura nata in Inghilterra negli anni ’90, si deve far riferimento al movimento che si è diffuso poco dopo anche in Italia, grazie a tre host che stavano tentando di replicare l’esperienza inglese. Tra questi un grande ruolo è stato svolto da Claudio Pozzi, oggi presidente dell’Associazione, che si è impegnato a mettere in rete Wwoof Italia con gli altri movimenti nostrani che avevano a che fare con l’agricoltura naturale. “In questi quindici anni abbiamo avuto una esponenziale crescita quantitativa – nel 2013 c’erano circa seicento host e oltre cinquemila soci viaggiatori – ma la crescita è stata soprattutto partecipativa. Oggi alle assemblee prendono parte centinaia di persone, che decidono sulle sorti e la direzione del Wwoof Italia”35. Oltre a organizzare gli scambi, l’associazione sostiene progetti di educazione e promozione dell’agricoltura naturale e segue i lavori del comitato di agricoltura contadina, per tutelare le piccole realtà contadine; obiettivo del comitato è lavorare alla stesura di una legge che permetta di fare agricoltura anche su piccola scala e che riconosca la figura del contadino in Italia, oggi ancora non riconosciuta. 35. Articolo ‘Wwoof Italia: la libera circolazione dei saperi contadini.’ Intervista a Claudio Pozzi su Programma radiofonico Terranave 06/03/2014. Informazione Amisnet.

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Quando si parla di WWoof non si può non parlare di Agricoltura biologica, di Permacultura, di Agricoltura sinergica e ne daremo un assaggio di seguito, soprattutto per inquadrare l’azienda che ci fa da caso studi. Anche io ho avuto per una stagione, un’esperienza di wwoofer, e sono rimasta affascinata dal mondo dell’agricoltura biologica, che ha un’etica ed un’estetica che rivoluzionano il modo di vedere le cose che ci è stato culturalmente inculcato. Per esempio, si impara subito che i campi biologici sono quelli irregolari, i cui frutti sono più piccoli, più storti e meno perfetti. Ma il sapore degli ortaggi o dei cereali cambia di lunga questa incertezza nel dare fiducia all’irregolare e al diverso, al biologico, da cui si ha un’esplosione di sapori e di genuinità. E così imparare a legare i pomodori insegna anche che non è tutto oro quello che luccica, che un ortaggio, un po’ meno bello in apparenza, è più buono e nutriente di uno perfetto per gli occhi e che, quindi, prima di dare un parere o un giudizio bisogna provare in prima persona (una sfumatura del concetto che invita a non fidarsi delle apparenze). Inoltre con l’agricoltura biologica, Naturale e Sinergica, si impara anche ad ascoltare i ritmi e le esigenze della terra, che troppo spesso diamo per scontate, con interventi preconfezionati, ed invece di intervenire su larga scala, si interviene al dettaglio. Ogni giorno, anche se non si operano delle azioni sulle piantine, è necessario andare a controllare il loro stato di salute, intervenendo sul piano dell’accudimento, piuttosto che su quello dell’intervento diretto alla materialità fisio-biologica dell’azione, che pure in certi passaggi è necessario. La mia prima esperienza di wwoofer si sta arricchendo quindi di nuovi elementi, che sono propri di tecniche che prima non conoscevo, come la Permacultura (di cui più avanti). 43


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1.2 Il Viaggio: Contadini nel mondo Per quanto riguarda il viaggio, tema caro a poeti e ad antropologi, come a scrittori ed a pedagogisti e psicologi, qui voglio prendere ad esempio il wwoofer come figura di un viaggiatore che sceglie un turismo responsabile e verde: si muove per piccoli o grandi tratti di strada ma poi si ferma nell’azienda prescelta ed impara a rispettare il luogo ed a curarlo con l’impiego del proprio tempo. Da sempre il viaggio porta con sé tematiche di crescita, arricchimento interiore e parabole simili a passaggi di stato, riti di passaggio, in cui la personalità si forgia e in cui si affrontano degli ostacoli, utili alla propria crescita. Come gli eroi di opere come l’Odissea, i viaggiatori cercano qualcosa, una parte di sé ancora sconosciuta, che nello spostamento, lontani dal proprio mondo di origine e “tana”, viene allo scoperto, rivelando spesso una nuova persona, libera da condizionamenti. Io penso che oggi, dopo che si è fatta quest’esperienza, qualcosa deve necessariamente scattare dentro di noi, indurre un cambiamento se non c’è ancora stato, a livello di paradigmi; e raccolgo continue testimonianze in merito. Il fatto inoltre che non esista transazione economica, che si viva, seppur per un determinato periodo di tempo nella stessa squadra con il proprietario, che ci trasmette i propri saperi legati alla terra, alla crescita ed al mantenimento pulito delle piante, qualcosa deve necessariamente smuovere, se tutto funziona mediamente bene nel rapporto con l’host, nel rispetto delle regole dello statuto. Oltre ad incontrare il diverso spaziale, si incontra il diverso antropico.

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È risaputo che l’incontro tra culture, sempre esistito dai tempi dei tempi, non ha un codice di comportamento universale, sempre valevole, ma si sa dagli studi antropologici in particolare che è necessario farsi l’altro, assumere le sue tradizioni, anche solo per un determinato periodo di tempo, per poter comprendere appieno il significato delle azioni, la deontologia che c’è alla base di una prassi, come nella pratica dell’Osservazione Partecipante. Nella Isole Trobriand, studiate da Bronislaw Malinowski36 in principio, la reciprocità del dono era un elemento fondamentale dell’economia, in cui la moneta di scambio erano delle conchiglie, il kula, bianche e rosse (il ciclo di scambio era terminato quando allo scambiante tornavano le conchiglie del colore iniziale). Quest’economia si basava su: l’obbligo di dare, l’obbligo di ricevere, l’obbligo di restituire più di quanto si è ricevuto. Il wwoofer fa un po’ questo, entra in una realtà altra da quella di provenienza ed entra in sintonia con l’host, al quale offre in cambio il suo bagaglio di competenze, il suo tempo, la sua deontologia di wwoofer. Spesso si creano dei rapporti simbiotici, che spingono a creare una nuova realtà, in cui i due si avventurano in un nuovo progetto insieme ed il rapporto può diventare di tipo lavorativo, consociativo. Ci sono delle aziende che auspicano e prendono scelte proprio in questa costruttiva direzione e desidererebbero misure burocratiche aggiuntive per favorire tale passaggio di consolidamento e crescita. 36. Bronislaw Malinowski è stato un antropologo polacco naturalizzato britannico, considerato uno dei più importanti studiosi funzionalisti del 20° secolo. Definì i dettagli dell’Osservazione Partecipante.

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1.3 Lo Scambio di Opera: ...Dal passato, nel presente, per il futuro Da sempre e da tempo immemore si effettuano scambi, oltre che nel mondo animale e naturale, anche in quello umano. Un tempo non esisteva moneta, come noi la conosciamo, universalmente riconosciuta come misura dello scambio, e appunto, si scambiavano oggetti, animali, prestazioni. Nel mondo contadino succedeva che durante i grandi lavori (la trebbiatura), si andava tutti, del vicinato, e anche un po’ più in là, a prestar aiuto ai ‘protagonisti’ del momento dei lavori agresti, che ringraziavano fornendo un lauto pasto ai commensali, cosa episodica nel mondo povero di cui si parla. E così, a turno, tutti ricambiavano e le persone si conoscevano, si frequentavano e nascevano amori e si rinforzavano le alleanze. L’attività del wwoofer è simile a quella suddetta perché, in cambio dell’apprendimento di saperi (attraverso le alleanze), il soggetto presta forza lavoro, ricevendo vitto e alloggio. Questa pratica moderna dello scambio, a mio parere dovrebbe essere molto incentivata, perché porta crescita, arricchimento e novità nei metodi, nelle azioni, nelle conoscenze. Si tratta di una tematica che in antropologia fa riferimento alla Teoria del dono di Marcel Mauss37 ed in particolare alla triade donare-ricevere-contraccambiare. L’economia del dono è una forma di scambio economico basata sul valore d’uso degli oggetti e delle azioni, ossia la capacità di un bene o di un 37. Saggio sul dono, Marcel Mauss, Einaudi, Torino 2002 - L’autore fu un antropologo, sociologo e storico delle religioni francese, massimo esponente della scuola di Emile Durkeim. Elaborò la teoria del fatto sociale totale.

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servizio di soddisfare un dato fabbisogno, la sua utilità, non sul loro valore commerciale. Le economie del dono sono comunità economicamente autosufficienti, che producono da sole gran parte di ciò di cui hanno bisogno, e che si affidano all’economia mercantile solo per quei pochi prodotti che non riescono a produrre direttamente, scambiando o rivendendo le eccedenze (non necessariamente materiali). La comunità è in sostanziale equilibrio con l’ambiente esterno, con cui tende ad integrarsi armonicamente. Nel mondo contemporaneo si deve parlare di Comunità Immaginate (Benedict Anderson), di Economia di Comunione (Chiara Lubich ad esempio) e di Ecovillaggi. Nella società dell’informazione ci sono pratiche di coproduzione nelle comunità on line, nel mondo del free software e dell’open source, ed esse sono state analizzate come pratiche di dono moderno da Marco Aime e Anna Cossetta. Ad Acquasanta questo avviene, si attua uno scambio di opera tramite la figura del wwoofer ed il restituito è sempre maggiore del dato, se il rapporto ha funzionato bene, se gli interessati hanno “giocato” bene nella comunicazione, hanno tentato una reciprocità reale, abbandonando le resistenze e lasciandosi coinvolgere dal dialogo e dalla gioia dell’apprendimento biunivoco.

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CAPITOLO 2 CASO STUDI: L’AZIENDA AGRICOLA ACQUASANTA 2.1 La Mission: Permacultura e Impegno sociale per Diversabilità Bill Mollison38, l’ideatore della Permacultura, è nato a Stanley, un piccolo villaggio di pescatori in Tasmania, nel 1928. Come tutti gli altri abitanti del suo paese, ha imparato a fare ogni sorta di lavoro necessario per la sopravvivenza: pescare, coltivare, cacciare, lavorare il metallo, fare il pane, realizzare abiti, scarpe, mobili, abitazioni... Nel 1968 ha iniziato a insegnare all’Università della Tasmania e insieme a David Holmgren nel 1974 ha messo a punto un sistema di agricoltura sostenibile, basata sulla coltivazione consociata di alberi perenni, arbusti, erbacee (legumi e “malerbe”), funghi e tuberi. Per questo metodo ha coniato la parola “permacultura”. Passando molto tempo a concettualizzare i principi della permacultura e a costruire un orto ricco di specie diverse. Questa ricerca culminò nella pubblicazione del libro “Permacultura 1” nel 1978, al quale seguì l’anno dopo “Permacultura 2”. I principi etici che stanno alla base sono: • Prendersi cura della terra, • Avere cura delle persone, • Limitare il nostro consumo alle nostre necessità per condividere in maniera equa e solidale le risorse della terra. Questo è quello che si cerca ad Acquasanta, grazie anche 38. Permacultura, Bill Mollison e David Holmgren, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1992.

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all’incontro di Barbara Garofoli, figlia maggiore di Antonella con Saviana Parodi, di ZEBRAFARM (zona di Orvieto): anche ad Acquasanta sono stati fatti dei corsi di Permacultura (ed oggi in Svizzera Barbara ne fa per istituzioni pubbliche e private). Qui una breve sintesi dei principi che costituiscono le linee guida per la progettazione, le cui applicazioni e interazioni costituiscono la materia di studio dei corsi teorico-pratici che vengono organizzati in tutto il mondo. “Lavora con e non contro. Tutto influenza tutto: individua le relazioni funzionali fra i vari elementi. Rifletti prima di agire e fai il minimo cambiamento per ottenere il massimo risultato. Gli errori sono occasioni per imparare. Ogni elemento in un sistema naturale svolge molte funzioni, cerca di sfruttare tutte le potenzialità di ogni elemento. Ogni funzione può essere esercitata da più elementi. Progetta in modo che tutte le funzioni importanti possano essere svolte anche quando qualche elemento non funziona. Il tutto è più della somma delle parti. Ogni problema contiene in sé la soluzione: trasforma i limiti in opportunità. Favorisci la biodiversità: progetta in modo da aumentare le relazioni fra gli elementi piuttosto che il numero di elementi. Minimizza l’apporto di energia esterna, progettando sistemi che sfruttano le risorse presenti in loco, ricicla e riutilizza il più possibile. Pianifica gli sviluppi futuri”39 . Questi principi sono quelli che costituiscono le radici profonde di Acquasanta, come anche quelli dell’Agricoltura Sinergica (Emilia Hazelip) e dell’Agricoltura Naturale (Masanobu 39. Introduzione alla Permacultura, Bill Mollison, Reny M. Slay, Editrice Aam Terra Nuova Edizioni, Firenze, 2007.

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Fukuoka)40. Entrambe nascono dall’osservazione dei processi naturali, dalla presa di coscienza che è necessario mantenere l’organismo suolo autonomo, in grado di rigenerarsi, mettendo in relazione i diversi elementi in modo che possano essere equilibrati e protetti. Sostengono che la causa reale dell’impoverimento del suolo è data dal modo in cui lo manipoliamo per la produzione, pensando alla “forma del frutto” come unico elemento da salvaguardare, ignorando la capacità delle piante di sintetizzare e convertire elementi ad esse necessari. I nutritivi utili alle piante vengono dal Sole, dai gas atmosferici e dall’acqua per il 95% del loro volume, le piante prendono dal suolo solo azoto, fosforo, zolfo, calcio, magnesio, potassio e oligoalimenti, che un suolo destrutturato non ha. La scoperta del dottor Alan Smith del Dipartimento Agricolo del New South Wales - Australia (uno specialista della materia), è uno schema che vede coinvolti i microrganismi del suolo, che vengono stimolati per alterare il suolo attorno le radici, al fine di mobilitare gli elementi necessari. Per praticare quest’agricoltura è necessario sentire prima di tutto un’empatia molto forte con l’organismo terra/suolo. Realizzare la complessità straordinaria d’interrelazione microscopica tra le specie presenti su un suolo selvaggio, vuol dire mantenere un equilibrio di salute; in un suolo non lavorato questo benessere si trasmette alle piante che crescono nel suo seno. Masanobu Fukuoka è stato un microbiologo ed agricoltore giapponese, che negli anni ’30 cominciò a sperimentare un nuovo metodo di produzione vegetale che ha un significato 40. Autore del libro: La rivoluzione del filo di paglia, Libreria Editrice Fiorentina, 2011.

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rivoluzionario perché ha eliminato l’aratro a favore di una copertura del suolo con una “pacciamatura vivente” permanente durante la crescita delle colture. Egli ha dimostrato che l’agricoltura, la programmazione delle colture, può essere praticata rispettando la dinamica degli organismi viventi che si trovano naturalmente nel suolo. Infatti le piante sulla terra e nell’acqua formano la base della piramide energetica e sostengono quasi tutte le altre forme di vita; quindi sono certamente in grado di sviluppare e mantenere la materia organica e le comunità di vita del suolo. Il lavoro di Emilia Hazelip consiste principalmente nell’adattamento ai nostri climi ed alla nostra cultura, dei principi che Fukuoka individua per l’agricoltura naturale: 1. Fertilizzazione continua del suolo tramite una copertura organica permanente. 2. Coltivazione di specie annuali in associazione a colture complementari, con l’integrazione d’alberi azoto-fissatori. 3. Assenza d’aratura o di qualsiasi altro tipo di disturbo del suolo: il suolo si lavora da solo. 4. Il suolo si area da solo se noi evitiamo di provocarne il compattamento. Con queste metodologie e con una modalità poi strutturata da Antonella, ad Acquasanta si coltivano l’olio e lo zafferano. Per quest’ultimo prodotto c’è il progetto Rebecca, che apre gli interessi dell’azienda ad un mondo che sta a fianco dell’etica nella natura, vicino e indissolubilmente legato ad esso, nell’etica della cultura: il mondo della diversabilità. Dopo la costituzione del nostro gruppo ad Acquasanta si 51


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pensa di organizzare settimane del Benessere dove vengano proposte giornate sulle pratiche e tecniche sopra dette: per quanto riguarda l’Ortoterapia e le metodologie olistiche (approfondite in METODI), per il sistema corpo-mente. 2.2 La storia personale? ...Attività di educatrici e il nostro Incontro Antonella è conosciuta a Città della Pieve per essere stata una maestra molto aperta, lungimirante e saggia; passeggiare con lei per le vie del borgo è un continuo saluto di persone che le offrono un sorriso di gratitudine. Negli anni di insegnamento ha accumulato il materiale che adesso sto trattando e studiando, sull’aiuto degli altri ed il miglioramento dell’autostima e quindi della qualità della vita in generale, temi che non ha mai perso di vista nel suo quotidiano contatto con i bambini, che lei chiama Maestri. Le nostre storie si sono unite proprio qui, quando io, al termine di un anno di Servizio Civile con bambini diversabili, cercavo delle risposte ed ulteriore materiale utile, che non fosse quello convenzionale (mi ha per esempio fornito un testo sui Bambini Indaco, che mi ha molto colpito41), per gli spunti di riflessione emersi in questa esperienza interessantissima ed emotivamente molto intensa. Le nostre storie allora si sono saldate, come nel lavoro di Mary Catherine Bateson42 “Comporre un vita” (…in cui grazie all’incontro di quattro donne dalla formazione completa41. I Bambini Indaco, Lee Carroll e Jan Tober, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena (FC), 2003. 42. Comporre una vita, Mary C. Bateson, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano 1992.

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mente diversa sono nati progetti sociali molto importanti): narrando noi stesse, abbiamo cercato di pensare un’umanità diversa, forse nuova, forse riscoperta. Abbiamo scoperto una necessità: “La necessità di favorire la crescita umana dovrebbe essere una questione di vitale interesse per l’intera società, ancora più fondamentale della necessità di favorire la crescita produttiva. Questo sicuramente è il compito più grande che tocca a chi gestisce ruoli di responsabilità…” dice Antonella e quindi “Costruire e sostenere uno scenario in cui gli individui possano crescere ed espandersi, in cui non si insegni loro a “stare al proprio posto” ma li si metta in condizione di realizzare al massimo il proprio potenziale, non è solo il compito di genitori ed insegnanti, ma il fondamento dell’amministrazione e della leadership politica - e una solida base per il fiorire dell’amicizia”43. E questo passo citato è sicuramente parte del manifesto di quella “Pedagogia della cooperazione partecipata” che con Antonella abbiamo ipotizzato per Acquasanta. “Il nostro impegno reale deve essere quello di trasformare il nostro atteggiamento verso il mondo produttivo nel suo complesso, e in generale nei confronti del pianeta, in espressioni di sollecitudine domestica, che creino e sostengano la possibilità della vita. Può darsi che occorra un termine per definire la responsabilità personale che unisce coloro, maschi o femmine, che si occupano delle cure domestiche agli uomini e alle 43. Comporre una vita, Mary C. Bateson, p.53.

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donne che lavorano nei campi… e operano per creare forme di scambio efficaci e per costruire un mondo all’insegna della pace. Questo termine potrebbe essere “ecopoiesi”, che contiene la radice greca di fare da cui ha origine la parola poesia. Ma creare versi e parole è ancora insufficiente; il problema è capire le materialità che rendono possibile la vita: le foreste e le pentole di cucina, il tempo di riposo indispensabile ai campi e ai lavoratori, gli spazi privati della vita in cui lo spirito fiorisce, e le regioni boscose ancora intatte”44. Ancora: “Se pensiamo che la vita che ci aspetta sarà sempre più lunga e con compiti sempre diversi, è chiaro che l’intercambiabilità dei ruoli, la consapevolezza che una capacità può essere applicata in un nuovo contesto sono gli elementi che rendono possibile il trasferimento di conoscenza. L’attenzione e l’empatia sono capacità, non caratteri biologici che appartengono a ogni donna. La sollecitudine può essere appresa da tutti gli esseri umani, può essere intessuta nella trama di ogni vita, rispondendo a un bisogno dell’individuo ma anche a un’esigenza profondamente radicata nel sociale. Abbiamo bisogno di attenzione e di empatia ovunque si incontrino altri esseri viventi, ne abbiamo bisogno per nutrire e proteggere tutto ciò che ci sta a cuore” [...]45 Attraverso l’autopoiesi, l’attenzione e l’empatia che vogliamo ad Acquasanta, sempre con le parole di Mary Bateson, ci pia-

44. M. C. Bateson, Giangiacomo, citato, p.111. 45. M. C. Bateson, Giangiacomo, citato, p.128.

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cerebbe prenderci cura degli altri, allargando la nostra cerchia conosciuta, perché tutti si meritano di sperimentare la cura nella vita, tenendo presente che “Farsi carico degli altri, e anche farsi carico di se stessi, implica sempre un impegno e richiede sempre del tempo. Di solito l’impegno è vicendevole”46. Sappiamo anche che lavorare con la creatività, che noi abbiamo chiamato anche arte dell’arrangiarsi o artigianato della vita, richiede pacatezza ed umile guida, e allora teniamo presente quest’ultimo suggerimento: “Ci sono due cose da tener presenti quando si ha a che fare con persone creative. Innanzitutto occorre prendere atto della loro creatività, esplorarla con loro, ottenere che si impegnino a fare qualcosa di diverso che non semplicemente parlarne; e poi bisogna aiutarle, perché è un processo difficile e non ci si può permettere che si scoraggino. Quindi bisogna essere presenti per parlare con loro dei problemi via via che sono posti sul tappeto, e metterli in grado di affrontarli alla radice. Ma il vantaggio di trattare con persone creative è che esse realmente desiderano portare a compimento la propria creazione. Hanno bisogno di un piccolo aiuto quando perdono fiducia in ciò che fanno, e hanno bisogno che sia qualcun altro a dire che sono sulla buona strada. A farli andare avanti non è il carisma - questo serve all’inizio per coinvolgerli - ma i risultati. Con la pratica, con l’esercizio costante al confronto, si potranno più facilmente creare le condizioni in cui i risultati possano essere raggiunti e riconosciuti come tali”47. 46. M. C. Bateson, Giangiacomo, citato, p.122. 47. M. C. Bateson, Giangiacomo, citato, p.128.

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Parlando con Antonella del suo passato nella formazione per diventare maestra di Scuola Materna, lavoro che ha svolto fino allo scorso anno, in cui ha deciso di dedicarsi alla propria azienda, mi ha raccontato della sua formazione. Dopo essersi formata come maestra in una Scuola Magistrale Paritaria gestita da suore, emigrata a Milano, ha partecipato ad un progetto della Scuola di Sesto S. Giovanni, dal ’74 all’ ’82. Tale esperienza, improntata sull’idea di Scuole Nuove di Franco Frabboni e Francesco De Bartolomeis48, aveva il suo progetto pilota in un esperimento dell’Università di Architettura di Torino. Ai bambini veniva proposto di partecipare a dei laboratori, in cui essi stessi si autogestivano lo spazio, rientrando nelle sporadiche indicazioni che il personale scolastico dava loro. Questo fu un modo nuovo di insegnare ed imparare, che prevedeva un’attribuzione di grande importanza alla libertà di azione dello scolaro, che faceva inoltre le cose veramente, ossia giocava sul serio. Questa per Antonella è stata un’esperienza altamente fondativa del suo modo di agire e di gestire i piccoli, che ha ricevuto apprezzamenti per la genuinità e spontaneità nelle scuole di Ponticelli, Città della Pieve e Vaiano (Pg).

48. Scuole Nuove: attraverso l’opera dei due pedagogisti, che si ispiravano ai principi di: Porre al centro il bambino con i suoi bisogni, il fare, L’apprendimento attraverso lo scambio con l’ambiente e non da un sapere già codificato. Gli scolari potevano quindi lavorare per progetti e laboratori (Pedagogia Generale e Sociale, Pag. 7).

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CAPITOLO 3 FOCUS: CONSULENZA PEDAGOGICA NEI CONTESTI DI FORMAZIONE PERMANENTE 3.1 Lo sviluppo di Nuove Strategie Educative Partendo dalla visione critica della società odierna presentata da Umberto Galimberti49 (…) faccio alcune considerazioni sulla materia, frutto dell’incontro con Antonella di Acquasanta; infatti è successo che mentre io studiavo i contenuti ne parlavo con Antonella, ed insieme abbiamo sviluppato considerazioni e proposte per far fronte allo stato attuale delle cose. In questo poi successivamente è venuto anche in aiuto un libro sull’ Ecopsicologia, che ci ha aperto una strada che volevamo già percorrere. Nella vita di oggi molto spesso si va incontro a disagi ed a problemi che la società ci dice di risolvere in un modo che spesso non corrisponde alle nostre esigenze profonde. Per esempio, se si ha un lutto od un momento di basso tono psicofisico, si ricorre subito ai farmaci, prescritti talvolta da medici che nemmeno ti hanno ascoltato fino in fondo e non hanno individuato con te strade psicologiche risolutive, percorsi terapeutici integrati, in cui l’individuo possa mantenere attive la dignità e la facoltà di scelta e, quindi, di affermazione di personalità. Non stiamo dicendo che ci se la può fare completamente da soli, ma anzi che nei momenti difficili si ha bisogno di un aiuto e di un sostegno; sostegno che però non deve esse49. Umberto Galimberti ha elaborato il suo pensiero nelle opere “L’ospite inquietante, il nichilismo e i giovani”, “Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica” (citate in Dispensa di Romina De Cicco) ed ha concepito il presente come tempo senza speranza per i giovani, che invece trovano una motivazione nell’eco-cittadinanza.

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re imposto ‘contro tempo’, solo per rimettere in fretta in carreggiata l’individuo come forza lavoro. Il soggetto invece avrà bisogno di tempo di recupero, di riflessione, di accudimento. Quello che pensiamo noi ad esempio è che la natura offra lo scenario ideale per favorire l’ascolto, lo sfogo, il cambiamento, al fine di riemergere dopo il fatto traumatico, non mettendoci un tappo ma lasciando che la ferita, attraverso la condivisione e l’attività, possa mostrarsi apertamente per essere risarcita in modo naturale. Attraverso il racconto e la sua elaborazione in una comunità a dimensione artistica, attraverso anche gesti significativi, ‘rituali’ nel senso di semplicemente apotropaici, riteniamo possibile far rinascere l’avventore ad una nuova fase del proprio percorso. In questo modo di approcciarsi ai problemi, bisogna pensare necessariamente di poter essere sempre attori e autori della propria vita, cercando di prenderla in mano anche nei momenti più complessi e portando con orgoglio le redini del nostro agire. Questo al fine anche di una riabilitazione e di un’indipendenza proficua dal terapeuta, che pur ci sarà sempre come riferimento e guida. Osserviamo inoltre che chi risolve i problemi nella nostra società e chi ha il problema di solito vivono separati, invece non dovrebbero camminare da soli ma frequentarsi, e ad Acquasanta si vorrebbe creare anche questo, per instaurare un mutuo-aiuto e quindi l’auto-aiuto, azioni di sostegno emotivo che premiano tanto ed arricchiscono reciprocamente nel tempo, perché intessono reti sociali. L’OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) definisce l’automutuo-aiuto (A.M.A.) come l’insieme di tutte le misure adottate da figure non professioniste per promuovere, mantenere o recuperare la salute, intesa come completo benessere fisico, 58


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psicologico e sociale di una determinata comunità. L’AMA è, pertanto, considerato come uno degli strumenti di maggiore interesse per ridare ai cittadini responsabilità e protagonismo, per umanizzare l’assistenza socio-sanitaria, per migliorare il benessere della comunità. Di seguito riporto le caratteristiche principali dei gruppi di Auto-Mutuo Aiuto: 1. Condividono le proprietà dei piccoli gruppi: un numero ristretto di partecipanti (solitamente 10 persone) facilita l’interazione tra i soggetti, l’espressione dei sentimenti, la nascita e lo sviluppo di amicizie e relazioni profonde; 2. Sono centrati su un problema e organizzati in relazione a specifici problemi; 3. I membri del gruppo tendono ad essere dei pari: è il fatto di vivere, o di aver vissuto, una stessa condizione che definisce l’appartenenza al gruppo; 4. Condividono obbiettivi comuni; 5. L’azione è azione di gruppo: l’energia e la forza che il gruppo è in grado di esprimere, sono sicuramente maggiori e più significative delle possibilità che ogni singolo partecipante ha a disposizione per la soluzione del problema; 6. Aiutare gli altri è una norma espressa dal gruppo: ognuno, con la propria esperienza e competenza, attraverso il confronto e la condivisione, trae aiuto per sé e per gli altri; 7. Il gruppo è democratico: ogni decisione, cambiamento, regola, viene formulata, discussa e accettata democraticamente; 8. La comunicazione è di tipo orizzontale: non ci sono modelli strutturati di comunicazione: ognuno esprime liberamente il proprio pensiero, rispettando gli altri e senza accentrare su 59


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di sé la discussione; 9. Il coinvolgimento è personale: ogni persona decide autonomamente se e come prendere parte al gruppo. Non è una decisione imposta da altri, partecipare al gruppo volontariamente aumenta la sicurezza nelle proprie capacità di scelta; 10. La responsabilità è personale: ogni persona è protagonista del cambiamento che vuole ottenere, la persona stessa è la prima risorsa per sé e per il gruppo; 11. L’ orientamento è all’azione: le persone imparano e cambiano facendo. Uno degli scopi dei gruppi è quello di sperimentare nuovi stili di vita e di comportamento, nuovi modi di sentire e trasmettere i propri vissuti. Attraverso gli sforzi ed i successi conseguiti e riconosciuti nel gruppo, la persona ha la possibilità concreta di aumentare la propria autostima e di credere nelle proprie risorse. Il Mutuo aiuto così come lo conosciamo noi nasce negli anni ’60-’70 (dalla precedente esperienza di terapie di gruppo iniziata negli anni ’20), da quando la comunità ed i professionisti del benessere, magari temporaneamente in difficoltà per cause socio-economiche, vennero in contatto per risolvere insieme i diversi problemi di integrazione sociale, fino a che anche i non professionisti poterono avere la licenza di aiutarsi reciprocamente, avendo vissuti simili e diversi problem solving utili da condividere. Per parlare più accuratamente di questa tipologia di aiuto, diffusa in Italia sicuramente dopo la Legge Basaglia50 ed il suo 50. Legge Basaglia n.180/1978 voleva modernizzare l’impostazione clinica dell’assistenza psichiatrica, assicurando qualità di vita, psicoterapia e rapporti umani nella società. Decretò la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici.

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pensiero, cito uno sviluppo interessante e fiducioso che ha portato oggi in alcune Regioni d’Italia più illuminate (Liguria, Emilia Romagna), a istituire la figura del Facilitatore Sociale, Utente o ex Utente dei DSM ritenuto in grado di facilitare i processi di guarigione dal disagio grazie ad interventi ad hoc e opportunamente formati dal Team Istituzionale. Teoricamente è quindi necessario introdurre il concetto di solidarietà di base: con le parole di Lambert Maguire51; da un certo grado di intesa intersoggettiva con chi è relazionalmente vicino, le persone ricavano un inconsapevole ed indifferenziato sostegno nel corso della vita fintanto che questa si mantiene “normale” svolgendo un’azione che si potrebbe designare come di prevenzione informale, nonché di aiuto più diretto nei momenti caratterizzati dalle avversità e dalle difficoltà (dando corpo al cosiddetto sistema informale di aiuto). Le relazioni e la solidarietà di base formano delle vere e proprie reti (networks) di supporto, nonché dei veri e propri interventi despecializzati di aiuto. Definito il benessere come il grado in cui le persone raggiungono per loro stessa perizia gli obiettivi che si danno, perché le persone possano auto-aiutarsi e quindi muoversi in percorsi più o meno impegnativi di automodificazione, occorrono appunto dei presupposti o delle potenzialità che potremo genericamente indicare in motivazione, competenze ed eventualmente risorse esterne di sostegno. Per concludere, nel mutuo aiuto, essendoci un vissuto comune di disagio, che nel nostro caso è rappresentato dalla neces51. Operatori sociali e lavoro di rete, Fabio Folgheraiter, Edizioni Centro Studi Erickson, Milano 1989 (Pag. 88, L. Maguire, lavoro sociale di rete).

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sità di interazione positiva verso le istituzioni, per un cambiamento sociale; è necessario adottare creatività. L’efficacia risiede particolarmente nel fatto che ogni persona partecipa, condividendola in gran parte, della situazione e dei problemi dell’altro; che ogni persona è nello stesso tempo oggetto ed agente di aiuto ed è responsabile non solo dei progressi suoi personali ma anche, in parte, di quelli degli altri. Se ne ricava così un’attivazione impensabile con terapie formali ed anche con lo stesso aiuto informale del network. In questo luogo, tra bosco e campagna, che accoglie le nostre peregrinazioni psico-fisiche vorremmo facilitare questa via terapeutica, come operatori umanistico-ambientali con orientamento olistico, ed aiutare, attraverso esercizi di Ecopsicologia, (che non devono essere necessariamente condotti da psicologi o da scienziati naturali, ma che possono essere presentati anche da persone col nostro tipo di bagaglio) ad ampliare la coscienza di sé e la conoscenza del mondo che ci circonda, con una maggiore attenzione agli altri e alle interazioni. Mettendo insieme ricerca psicologia (Transpersonale, Gestalt, Psicosomatica e Psicosintesi) e impronta ambientalista, l’Ecopsicologia ci è sembrata la materia adatta a dare una risposta costruttiva ai possibili utenti che incontreremo, offrendo un antidoto all’alienazione52 e amplificando il potere di ricarica naturale della Natura. Fritjof Capra, al Terzo Congresso di Educazione Ambientale a Torino nel 2005 disse: 52. Ecopsicologia. M. Danon, Urra, Grafica. Crescita personale e coscienza ambientale, Sipiel, Milano 2006.

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“L’ecologia è la scienza delle relazioni. Gli ecosistemi sono comunità che vivono insieme ed interagiscono… prima di tutto per insegnare la scienza delle relazioni occorre che ci siano relazioni tra insegnanti, coi ragazzi, con le famiglie. Si tratta di creare… comunità di relazioni con feedback, cooperazione, network, tutti concetti dell’ecologia che possono essere applicati alle comunità”53. In questo vorremmo far sì che lo spirito del Wwoofer, che incarna in parte queste peculiarità, si espanda anche a chi quest’esperienza non l’ha ancora fatta, ma che è interessato ad intessere una rete che intrecci luoghi, persone, concetti, atteggiamenti, in una condivisione di valori che crei gruppi coesi ed in espansione. In una disposizione Open Source dei saperi Parlando di tribù post-moderne ad esempio, si può dire che quella dei Wwoof è una tribù che cerca nell’apprendimento dell’agricoltura biologica e nello scambio umano, una risposta al deludente stato complessivo attuale della società, che spesso ci lascia scontenti, perché c’è tanta differenza tra ciò che è scritto nella legislazione europea e ciò che avviene comunemente nei fatti; e perché non ha sviluppato uno stato sociale che ci segue costantemente nei nostri passi e ci fa sentire a casa nell’oggi del pianeta. Infatti non ci si incontra fuori dal lavoro per costruire qualcosa insieme e non si mettono a disposizione le proprie competenze in cambio di altro, che non sia denaro (come invece avviene in realtà felici quali le Banche del tempo). Ciò rende le comunità tendenzialmente sem53. M. Danon, Urra, citato, pag. 162. Fritjof Capra è un fisico e saggista austriaco. Teorico dei sistemi (La rete della vita) e saggista internazionale.

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pre più estremamente alienanti e calcolatrici e poco a misura d’uomo. Spesso si sfocia anche in un autismo delle relazioni che può portare cattive conseguenze e trasformare la solitudine che sarebbe stato creativo, in una condizione forzata e dannosa. Il Wwoof è in controtendenza perché non tratta il denaro, infatti, in alcune realtà come questa, fortunatamente il mondo cammina anche lontano da esso, ma ci sono delle cose che vanno fatte in fretta, che sono urgenti: “Sarebbe opportuno che il linguaggio del cuore, delle emozioni, della tolleranza e dell’accoglienza fossero reintrodotti nella vita quotidiana e non lasciati alle arti” dice Antonella. In una prospettiva di psicologia popolare, necessariamente da sviluppare nella complessità della società moderna, facciamo alcune considerazioni sul dolore, che attraversa le vite di ognuno di noi, in un modo o nell’altro. Secondo noi, in base alle nostre esperienze e letture, questo va vissuto fino in fondo, accolto in un contesto in cui il sociale dovrebbe aiutarti comunque ad avere una visione armoniosa di te stesso, ricordarti di quello che sei ed invitarti a vivere il tuo io come dovresti veramente viverti. Anche in una ricerca sulle favole e fiabe locali si può trovare una ‘terapia del territorio’, poiché veicolano significati di crescita e di rito di passaggio a livello sociale. Questo è importante anche perché, rispetto a 50 anni fa, quando si ‘affabulava’ agli angoli delle strade, c’era il modo anche di parlare delle gioie e dei guai. Oggi di quel momento del racconto popolare, rimane solo l’intrattenimento; si è perso completamente l’aspetto di condivisione e invece mantenu64


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to quello di critica degli altri (in una filosofia del pettegolezzo degenerata, studiata anche dagli antropologi). Quello che è importante comunque ribadire è che se noi facciamo delle azioni positive per la Terra (Gaia nella terminologia ambientalista), possiamo giovare anche di cambiamenti negli atteggiamenti verso noi stessi, spesso “corrotti” da esperienze negative che ci rendono disfattisti, e giovare anche di una rinnovata socialità negli atteggiamenti positivi verso gli altri. In questo modo possiamo agire il cambiamento che Umanisti, Psicologi, Pedagogisti (penso in particolare all’esperienza delle prime scuole nel bosco) e Scienziati favoriscono da almeno cinquanta anni. Un cambiamento che è necessario sia alla Società che alla Terra. Per favorire concretamente tutto ciò sono necessarie delle pratiche che si possono ricondurre alla Comunicazione ecologica (con il pensiero di Jerome Liss54), in cui si mettono in atto azioni per favorire la vita in gruppo non gerarchica, cosa che richiede una grande capacità di autoregolamentazione, in cui non si pensi ad un’affermazione di sé in un senso puramente egoico, ma piuttosto funzionale ad un fine comune, condiviso. Per questo nei gruppi spontanei, come anche in dimensioni educative, diventa necessario stabilire ruoli, ma non gerarchie ad esempio, essere “servizievoli” verso l’obiettivo, per cui serve un focalizzatore, non un leader, in un’organizzazione strutturale non gerarchica e paritaria.

54. Comunicazione Ecologica, Jerome Liss.

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3.2 Proposte di “Nuove strategie educative”: cenni di ecologia applicata all’educazione Introduciamo la nascita dell’Ecologia: “Il termine Ecologia, dal greco oikos, è stato introdotto da E. Haeckel nel 1868, per indicare lo studio dei rapporti tra gli esseri viventi e il loro ambiente naturale. Riservata, in principio, all’osservazione delle piante e degli animali nel loro habitat, l’ecologia, come branca della geografia, si è poi interessata ai rapporti fra uomo e ambiente. Opzione adoperata anche dalla medicina, dove ecologia diviene sinonimo di epidemiologia, per lo studio della diffusione di malattie ed epidemie. L’ecologia studia oggi il comportamento degli uomini nella trasformazione, distruzione o valorizzazione delle risorse naturali. La società umana costituisce una minaccia per tutti gli organismi dell’ecosistema, a causa dell’inquinamento e dello sfruttamento intensivo delle risorse fornite dall’ambiente. L’approccio ecologico viene dagli anni Venti in poi, ad influenzare discipline come la sociologia e l’antropologia in quanto permette di “localizzare” meglio le comunità umane, di concepirle nei loro ambienti concreti al fine di comprendere come le popolazioni crescano o decrescano, si organizzino o distribuiscano occupando i diversi spazi e aree naturali.” 55 Sulla scia di una chiara indicazione nella direzione di un ambientalismo cosciente che si trova nella prefazione del libro “Il principio di responsabilità”, di Hans Jonas56, seguiamo un ammonimento: 55. Sociologia dei rapporti etnici, 3) I pionieri: La Scuola di Chicago, Dispensa Enzo Lombardo (Pag. 8). 56. Hans Jonas è stato un filosofo tedesco naturalizzato statunitense, di origine ebraica.

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“Il Prometeo irresistibilmente scatenato, al quale la Scienza conferisce forze senza precedenti e l’Economia imprime un impulso incessante, esige un’Etica che mediante auto-restrizioni impedisca alla sua potenza di diventare una sventura per l’uomo.” Cerchiamo così di seguire una Nuova Etica e metterla in pratica senza indugio, nell’interesse non solo nostro, ma di tutte le creature viventi sulla Terra. Ci sono molte esperienze positive di contatto e relazione tra lo studente e la Natura, pensiamo ad esempio agli orti didattici (esperienza di Maria De Biase, Dirigente dell’Istituto di Santa Marina-Policastro e di Caselle in Pittari, all’interno del Parco Nazionale del Cilento), condotti ad esempio dai nonni dei bambini, arricchendo delle nuove conoscenze agricole i passati saperi legati alle coltivazioni come avviene nella vicina Scuola Elementare di Cetona (SI) e come l’Associazione Gruppo Ecologisti Il Riccio vorrebbe mettere in atto a Città della Pieve (PG), dove abito. Attività in linea con la recente decisione, da parte del Ministero dell’Ambiente e del Ministero dell’Istruzione sull’obbligatorietà dell’Educazione Ambientale nelle Scuole, che verrà inserita nei programmi dall’infanzia alla maturità, a partire dall’a.s. 2015-2016, i cui fruitori diventeranno i primi ‘nativi ambientali’. 57 Ma è un cambiamento radicale nel modo di intenderci nell’universo, che può permetterci di compiere il giro di volta, di 57. Educazione Ambientale: introdotta l’ora di ambiente obbligatoria nelle scuole, Marta Albè, Articolo su GreenMe.it,16/01/2015.

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recuperare l’importanza del nostro genere, senza travalicare i confini dell’Etica: “Negli esseri umani è presente sia l’auto-assertività che deriva loro dall’essere un tutto sia l’umile riconoscimento di essere un sottosistema, cioè una parte di un tutto di livello superiore. In altre parole, l’uomo è diventato consapevole della condizione di essere un tutto e una parte, e questo gli ha fatto scoprire nuovamente la condizione di anfibio tra due mondi che la desacralizzazione della modernità sembrava avergli fatto perdere” 58. Per Mario Pollo al fine di recuperare questa dimensione, l’uomo deve recuperare i linguaggi perduti, grazie ai quali sperimentava il proprio legame con il tutto di cui è parte, quelli della veglia e del sogno (in cui il simbolo, l’immagine, il rito assumono un valore di tipo cognitivo e comunicativo e cooperativo). Tali linguaggi, che possono essere esemplificati nelle metodologie utilizzate nella realizzazione del documento sull’Albero, usato nella Giornata Nazionale degli Alberi per l’Associazione Il Riccio. Fondamentale nel riattivare questi processi conoscitivi e pedagogici è usare La Comunicazione Ecologica, grazie alla quale avviene una Mutua Partecipazione ed in cui: • Descrivere i propri sentimenti 58. Mario Pollo, Pag. 147.

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Approccio totalmente positivo della critica costruttiva Costruire la fiducia rafforzando la relazione di base Utilizzare giochi cooperativi Chiarezza di obiettivi e scadenze Evitare le trappole ideologiche Attenzione al feedback

Con questi accorgimenti sarà possibile: • Arrivare a decisioni collegiali • Soluzioni integrate • Espressione individuale • Valorizzazione dei talenti • Fiducia e senso di gruppo In questo modo oltre che un cambiamento sociale si potrà ottenere un alto fine pedagogico: quello di riacquistare la fiducia nella collettività, che tanto sembra necessaria in una società globale piuttosto decadente. Concludendo sullo stato attuale del socio-ambientalismo in Italia mi sembra utile citare la ricerca di Franco Tassi, in “Riflessioni Sistemiche”59, poiché mette insieme i temi fin qui trattati: Ecologia, Antropologia, Scienze dell’educazione ed Etica delle relazioni60. Tassi parla di diverse tappe dell’umanità nel suo passaggio 59. Riflessioni sistemiche, N 10 (Maturana H. R., Verden- Zoller G., 2008 The Origin of Humaness in the Biology of Love, Ed, Pille Bunnel. Imprint Academic). 60. Connubio questo che mi sembra poter auspicare anche quella “nuova forma di apprendimento per educare alla convivenza civile e al futuro”, proposta da Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente (GreenMe.it cit.).

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sulla Terra, sulla Pacha Mama: da uomo consumatore che mira alla mera sussistenza, si passa ad essere distruttore, ossia sfruttatore di presunte risorse illimitate; poi si arriva ad esserne utente e quindi a decrescere felicemente; ed infine nel Terzo Millennio, custode, ossia un’ entità che persevera in attività che favoriscano una vita che uno sviluppo, seppur sostenibile, mette a repentaglio. Noi, con il nostro intervento, vogliamo diventare custodi del pianeta e trasmettere alle persone con cui veniamo in contatto questo sentimento, nella speranza di essere uomini nuovi, ossia sereni abitatori di una Terra risanata. Questo anche per evitare quello che Jared Diamond61 chiama il “Collasso: come le società scelgono di morire o vivere” (2005), o Ecocidio. Oggi siamo nell’urgenza, “Per la prima volta nel corso della storia, ci troviamo di fronte al rischio di un declino globale. Al tempo stesso, però, siamo anche i primi ad avere l’opportunità di imparare velocemente dalle esperienze di altre società a noi contemporanee o del passato”62. In Italia, al Convegno di Camerino nel 1980, diverse Università (Camerino, Napoli, Siena-Grosseto), studiando l’estinzione di passate civiltà per evitare la nostra, elaborarono la ‘Sfida 10%’, per raggiungere questa percentuale di territorio con parchi in Italia. Tassi scrisse nell’occasione “Conservazione in Italia: alla ricerca di una nuova Filosofia”, saggio in cui veniva 61. Jared Mason Diamond è un biologo, fisiologo e ornitologo statunitense che opera all’Università di Cambridge. Noto a livello mondiale per il Premio Pulitzer con il saggio Armi, acciaio e malattie. 62. Riflessioni sistemiche, N 10.

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per la prima volta chiaramente denunciata, con sintetica analisi interdisciplinare, la continua devastazione della Natura in Italia, perpetrata senza sosta in un’atmosfera di inconsapevolezza culturale della società e di incoscienza ecologica degli individui. Nessun miglioramento della drammatica situazione appariva possibile, senza estirpare alle radici questo vero e proprio “Analfabetismo Ecologico”. È necessario quindi fare un passo indietro e preservare, fermare anche nel piccolo l’idea sfrenata di consumo, come si fa ad Acquasanta, dove non si butta via niente e tutto si ricicla, in un’ottica di sana austerità che ricrea e rigenera ricchezza e benessere. Il 10 % è stato raggiunto e anche ad Acquasanta c’è l’idea del Parco, seguendo un’idea che fu del capo pellerossa Sealth dei Duwanish, che disse al Presidente degli Stati Uniti d’America, che voleva acquistare le terre degli indiani nel 1855: “Come si possono comprare e vendere il cielo e il calore della Terra?”. E come dice Tassi, riteniamo anche noi che la filosofia dei pellerossa ha, ancor oggi, moltissimo da insegnare al mondo occidentale, oppresso dai propri egoismi e avviluppato nella perversa spirale della violenza contro la natura, che torna fatalmente a danno della stessa umanità. Infatti, “Tutte le cose sono connesse: tutto ciò che accade alla Terra, accade anche ai suoi figli - affermava ancora il capo Sealth un secolo fa - non è l’uomo che ha tessuto la trama della vita! Egli ne ha soltanto il filo. Tutto ciò che egli fa alla trama, lo fa a se 71


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stesso”63. Anche Al Gore, nella sua “Terra in bilico”64, parlando dell’aspetto spirituale dell’ambientalismo e passando in rassegna lo stesso nelle diverse religioni, soprattutto dei monoteismi, cita l’intervento di questo capo pellerossa, a dimostrazione di come tale popolazioni abbiano avuto un rapporto molto sano con la natura. Sicuramente sono nella storia un esempio da seguire per tutti noi, figli di “platonismo e cartesianesimo, che ci hanno distaccato da ciò che ci circonda. Ma non sono i soli, un altro esempio importante sono i monaci Zen, come dice la Danon in “Ecopsicologia” e, a risalire alle origini, quelle popolazioni che ancora non conoscevano la tecnica e celebravano la Dea madre e quelle che lo fanno tuttora. Noi, alla luce di tutto ciò, calcheremo queste orme per riavvicinarci non solo alla TERRA ma anche a noi stessi, e lo vogliamo proporre anche agli altri.

63. Riflessioni Sistemiche, F. Tassi. 64. La terra in bilico, Al Gore, Edizioni Bompiani, Milano 2007.

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3.3 METODI: L’ Auto-narrazione, la Propriocezione, il divertimento 3.3.1 La narrazione come cura di sé Riepilogando il percorso che c’è stato ad Acquasanta: si può affermare che, tutti i processi sono nati partendo dalla narrazione di sé, (come è stato tra noi due e come è in potenza con tutti gli altri wwoofer) o se non apertamente da essa, comunque dall’impostazione mentale che conoscenza e collaborazione passano necessariamente attraverso l’accoglienza dell’altro, che anche inevitabilmente comunica se stesso, implicitamente o esplicitamente. Siamo arrivate ad elaborare compiutamente che la cooperazione si basa su una disponibilità all’ascolto, anche narrativo, o auto-narrativo, che l’individuo è invitato a condividere, attraverso l’espressione orale diretta o indiretta, cioè attraverso racconti, durante le attività. È risaputo, ed è stata anche materia di studio in Sviluppo di nuove strategie educative, che l’autonarrazione ha in sé un grande potere terapeutico. Nel nostro caso, da un’autonarrazione reciproca è nato un progetto e in particolare il fatto di voler lavorare attraverso la fiaba in questo ambito. Questo perché la fiaba, oltre ad essere catartica ed a fornirci un avatar che può sperimentare situazioni e luoghi della fantasia che a noi stessi non è concesso esplorare, ci permette di utilizzare anche la metafora. Attraverso cambiamenti di punti di vista e superamenti di situazioni di impasse del nostro eroe, noi stessi possiamo operare un mutamento, anche radicale, rispetto a prima del racconto:

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“La nostra mente può individuare la via maestra verso una condizione migliore, più felice e soddisfacente.” Ma vediamo qualche caratteristica della metafora, dal lavoro di Paola Calliari, Mara Degasperi, ‘I bambini pensano con le storie’ : “La metafora è un linguaggio figurato, e con questo termine si fa riferimento anche ad altre forme letterarie, come l’allegoria, la poesia, la leggenda, il racconto, la storia, la fiaba, la parabola, l’aneddoto, la similitudine, l’espressione fantastica. Etimologicamente il termine deriva dal greco e significa portare attraverso, trasferire, cioè trasferire un concetto da un ambito ignoto a uno noto per poter comprenderlo meglio. Il linguaggio è per sua natura originalmente metaforico, il meccanismo della metafora fonda l’attività linguistica e ogni regola o convenzione posteriore nasce per ridurre e disciplinare (e impoverire) la ricchezza metaforica che definisce l’uomo come animale simbolico; la lingua (e ogni altro sistema semiotico) è meccanismo convenzionato retto da regole, macchina previsionale che dice quali frasi si possono generare e quali no, e quali tra le generabili siano ‘buone’ o ‘corrette’, o dotate di senso e di questa macchina la metafora è il guasto, il sussulto, l’esito inspiegabile e al tempo stesso il motore di rinnovamento...” La metafora è dunque una figura retorica, ossia una figura del discorso o espressione verbale, ma quando si cerca di andare più in profondità, oltre la definizione, ci si accorge che è qualcosa di estremamente complesso e misterioso. Umberto Eco 74


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afferma che si ha metafora ogni qualvolta avviene qualcosa di inspiegabile che gli utenti della lingua avvertono come metafora. “Ciò che, in ogni caso, collega la mente umana a un enigma che rivela, pur rimanendo inspiegabile, la sua presenza è il simbolo, che, come un’epifania, si dà allo stupore e, in parte, alla comprensione; mai alla spiegazione. Ricorda ancora Carlo Dallari che la capacità di creare simboli è una caratteristica fondamentale e peculiare dell’essere umano. Essa corrisponde alla tendenza della nostra mente a trasferire: trasferiamo significati, affetti, emozioni da un oggetto a un altro, dal mondo interno al mondo esterno e viceversa. La poesia può rappresentare un esempio di questo trasferimento (…) La linguistica cognitiva la considera fondamentale nel processo cognitivo perché serve a riorganizzare le nostre strutture percettive e concettuali, una modalità non logica di concettualizzare la realtà, un’espressione del pensiero creativo, una nuova modalità di comprendere l’esperienza. G. Lakoff e M. Johnson sostengono che la metafora è una forma del pensiero prima ancora che di linguaggio, una forma concettuale prima ancora che espressiva e sottolineano che lo sviluppo del linguaggio e del ragionamento astratto si basa sui nostri schemi senso-motori e sui concetti pre-verbali. (…) Il pensiero metaforico è dunque uno strumento di rappresentazione della realtà ed è fondamentale per l’interazione con l’ambiente e per la costruzione della conoscenza. “Nel momento in cui riceve un input sensoriale, percettivo e cognitivo, l’individuo cerca ad un livello consapevole o in75


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consapevole di trarne un senso, ovvero di rappresentarselo in modo che abbia un significato e possa utilizzarlo. La metafora in questo processo ha il potere di rendere visibile un concetto astratto, mentre dal punto di vista psicolinguistico è efficace quando avvicina e fonde elementi lontani fra loro e fa cogliere una novità.” La competenza metaforica è già presente in età prescolare (1-2 anni); quando i bambini iniziano a nominare gli oggetti sono in grado di estendere deliberatamente le parole sulla base della somiglianza metaforica, non solo sensoriale ma anche relazionale, come nel caso delle metafore del gioco simbolico. Per quel che riguarda la metafora, la comprensione non precede la produzione, come invece è quasi sempre il caso con il linguaggio in generale... La metafora potrebbe quindi benissimo essere l’oggetto di interventi educativi anche precoci. Invece, cosa fa in genere l’adulto di fronte alle produzioni metaforiche spontanee del bambino? Il più delle volte si mostra divertito, altre volte le rifiuta come delle inesattezze. Ma sia in un caso come nell’altro egli trasmette al bambino un chiaro messaggio di squalifica... Un maggior rispetto per il pensiero metaforico e l’allestimento di regole che permettano la scoperta e l’esperienza della trasgressione, sono le condizioni elementari da osservare se si vuole contribuire a ridurre gli ostacoli che ancora si contrappongono allo sviluppo di un rapporto creativo con il sapere. La metafora favorisce un rapporto creativo con il sapere e con la realtà perché permette di costruire un ponte tra un concetto astratto e un’immagine concreta: il linguaggio metafo76


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rico ha infatti un dinamismo creativo che facilita il legame tra l’esperienza soggettiva e la realtà oggettiva ed espandendo le interconnessioni tra sentimenti, pensieri e immagini, continuamente li arricchisce: si potrebbe dire che il linguaggio metaforico rinnova e reinventa la vita. “La metafora permette di sopperire alla mancanza o povertà di parole per esprimere sensazioni od emozioni altrimenti non dicibili. In questo senso si parla di una funzione euristica del linguaggio metaforico, che crea nuovi codici, genera vocaboli, fa emergere nuovi modi di sapere e di comunicare che vanno com-presi (presi dentro) piuttosto che spiegati.” Il valore della metafora, in particolare in un percorso di educazione linguistica volta a stimolare una comprensione creativa della realtà, è ampiamente sottolineato da F. Frasnedi che afferma: “La metafora appare come un miracolo quando la voce che parla, nel testo, con un enunciato riesce a cambiare il volto del mondo; o, per essere più precisi, a comunicarci una visione radicalmente nuova di un angolo del suo mondo. Siamo allora invitati a condividere quella visione, a seguire la voce attraverso la soglia ch’essa apre alla visione. Il nostro dialogo con la voce che enuncia la metafora diviene confronto avventuroso... L’energia di rinvio della figura è un invito a sperimentare la differenza tra il noto e l’ignoto e a trovare il coraggio di superare il limite del noto: il noto della lingua e il noto del mondo. La metafora è un miracolo quando non solo insegna, come sempre fa, ma spalanca di fronte a noi, in un attimo, un nuovo 77


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universo di possibile esperienza. Anche per questo, allora si può chiamare ‘metafora viva’.” Parlando del potere della parola mi è venuto in mente un libro di Antropologia, “Le lacrime degli eroi” di Laura Faranda, che tratta, tra gli altri temi, di come il verbalizzare il proprio disagio, la propria sofferenza, sia parte del superamento del momento critico, dell’ostacolo, della tragedia. Anche per gli eroi greci la parola è guarigione, così per noi, piccoli eroi del quotidiano. La parola è creazione, di nuovi significati, di nuovi contenuti, è una risposta allo shock della non presenza che ognuno di noi ha dovuto superare nei momenti di più grande difficoltà, e parlando, e a volte cantando, come nei momenti di coro delle tragedie greche, si entra di nuovo nella comunità, si socializza l’evento traumatico e si rientra nella società. Senza ricorrere a tecniche coreutico-musicali, quali quelle utilizzate nel nostrano tarantismo o neo-tarantismo, cerchiamo le condizioni di agio per poter esprimere il proprio sé, dialogando sinceramente ed esplicitamente con noi stessi. Se ci sarà volontà condivideremo con gli altri parti della nostra riflessione, diretta o indiretta, attraverso il racconto o la metafora, che saranno ascoltati così come sono e non giudicati, al fine di raggiungere condizioni di benessere. Questo è avvenuto nella prima giornata che abbiamo passato insieme ad Acquasanta.

3.3.2 L’Educazione Ambientale e Filosofico Propriocettiva Dai progetti scolastici che sono scaturiti dall’Agenda 21 si è messo in luce il fatto che attraverso l’educazione ambientale, 78


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per un miglioramento della situazione della biosfera, si può intervenire anche sulla cittadinanza e renderla attiva, come si legge in ‘Infanzia 11’. Questo perché nell’ambiente l’uomo trova la misura di se stesso e, anche se si può sentir piccolo, nella comunicazione con i suoi simili, che vivono la sua stessa esperienza e nella condivisione di attività e di obiettivi, senz’altro può migliorarsi. Si può raggiungere ciò mettendo a fuoco le proprie personali e uniche caratteristiche, che in queste condizioni e situazioni emergono particolarmente e trovando, o incominciando a cercare, i mezzi per esprimersi secondo quello che si ha dentro. Pensiamo che spesso la campagna possa fare un po’ da svelamento del velo di Maya e ripristinare un equilibrio un po’ più vero nella vita delle persone. Imparando qualcosa degli elementi della natura, apprendiamo qualcosa in più delle sue leggi, che hanno tanto da rivelare anche delle leggi della cultura, per darci indicazioni su una Cultura più consapevole e sostenibile. A riconnettere l’uomo alla natura, un metodo che ci sembra molto valido e funzionale è quello delineato da Marcella Danon in ‘Ecopsicologia’ . Grazie a degli esercizi di ascolto di noi stessi e delle nostre micro e macro percezioni che abbiamo nell’ambiente, possiamo connettere l’attenzione al nostro io, ai nostri compagni di viaggio e a ciò che ci circonda, dando un valore reale a tutte le componenti delle interazioni che ci sfiorano e poi ci occorrono. Intendiamo proporre ai visitatori del luogo un cammino di questo genere. La psicologa e giornalista autrice del libro, parla di Noosfera 79


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(come anche Tassi più avanti), dicendo che ciò su cui si deve lavorare maggiormente per l’equilibrio ecologico è la sfera della mente, la mente superiore, dal greco nous, ossia l’insieme dei pensieri, delle convinzioni, delle idee, degli ideali e dei valori dell’umanità; quella parte culturale dei tanti livelli terrestri (Biosfera, Troposfera, Stratosfera), sulla quale possiamo intervenire direttamente attraverso esperienze formative, di conoscenza. Vorremmo applicare tutto questo attraverso delle modalità d’insegnamento, che, tra gli altri, sono proprie dell’MCE, Movimento di Cooperazione Educativa, che vede nella ripetizione dell’esempio buono il migliore metodo di apprendimento, nell’ascolto vero il miglior veicolo di informazioni, nell’autovalutazione un’occasione di crescita, nel rispetto una modalità di interazione col genius loci, nell’errore uno spunto da cui partire per un superamento, un cambiamento di livello e nella maieutica attraverso domande l’unica via per una reale comprensione. Per questo aderiamo al Manifesto di Mce. Introdurremo degli elementi di Cooperative Learning (Apprendimento Cooperativo, AC), in una modalità di apprendimento che si basa sull’interazione all’interno di un gruppo di allievi che collaborano, con coinvolgimento emotivo e cognitivo del gruppo, al fine di raggiungere un obiettivo comune, attraverso un lavoro di approfondimento e di apprendimento che porterà alla costruzione di una nuova conoscenza. La Propriocezione, ossia la sensazione di occupare un frangente spazio-temporale nel qui ed ora, è alla base della sensa80


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zione di presenza positiva che vogliamo stimolare. Essa è una percezione che viene utilizzata in moltissimi training psicologici, ma noi abbiamo utilizzato, nella giornata di prova che abbiamo passato insieme, lo Yoga Nidra. Lo Yoga Nidra è una pratica molto semplice, che si svolge da sdraiati, in posizione Savasana, ascoltando una guida che ci fa rilassare progressivamente diverse parti del corpo; in una sequenza studiata dal medico yogi e swami Satyananda Paramahansa e portata in Europa nel 1968, si sviluppa lo yoga della conoscenza e del sonno. Questa pratica ha diverse fasi: Il rilassamento, l’immaginazione, la ripetizione di un’affermazione, il sankalpa, che permettono la rotazione della coscienza, che ci fa percepire come unità e il rallentamento del metabolismo, che ci rende più coscienti del respiro guaritore. Attraverso l’attenzione al nostro corpo, in questa pratica tantrica del Nyasa, la percezione dello stesso e la consapevolezza di essere presenti al momento, aumenta la propriocezione psico fisiologica e quindi il benessere. Ciò armonizza la salute, abbandona le tensioni e genera scoperta di risveglio. Questa pratica è usata per sciogliere lo stress, abbandonare le dipendenze, dare un impulso positivo alla propria vita. Per coadiuvare la propriocettività possiamo introdurre degli elementi di massaggio bioenergetico.

3.3.3 Il divertimento Ecocompatibile: Arte varia e riuso, Celebrazione della Natura Per star bene insieme è necessario divertirsi (Edutainment) e così parliamo di quello che diverte noi, e quindi delle no81


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stre esperienze passate nel mondo del teatro, del canto e della danza nel mio caso e nel mondo dell’ affabulazione e dell’artigianato educativo, realizzato attraverso il riuso di materiali che non servivano più alla scuola e agli amici, della mia compagna di dialogo. In tutto ciò ci è venuto in mente di realizzare degli happening ad Acquasanta in cui, in vari angoli del posto vengano realizzate delle opere d’arte con oggetti o “scarti” della natura, racconti di fiabe da noi elaborate, musiche dei e per i nostri visitatori. Tutto questo per dare il giusto spazio alla nostra grande ispiratrice, la Natura, e riconsegnarle in parte tutto ciò che gentilmente o comunque generosamente ci dà e ci fornisce. Inoltre, a celebrazione della Natura, possiamo offrire delle danze in cerchio, ispirate al collegamento con la Madre Terra, (apprese dall’Associazione Italiana Danza Sacra in Cerchio), che oltre ad apportare elementi di musica, utilizzano il cerchio come buona pratica di condivisione e scambio paritario, grazie anche alle tecniche di cooperazione proprie di questo insegnamento e provenienti dall’Ecovillaggio scozzese di Findhorn. Questo tipo di pratica è infatti considerata anche terapeutica per i mali della contemporaneità, ponendo attenzione alla convivialità, al gioco e all’ascolto del sé, senza cadere in un egocentrismo, a volte dannoso per il Noi. La Danza Sacra in Cerchio fu portata all’ecovillaggio da Bernard Wosien nel 1976, un danzatore russo che aveva fatto ricerca in vari paesi fino alle colonne d’Ercole, raccogliendo quelle danze che poi hanno dato il via ad una ricerca più estesa, la cui fondamentale testimone è stata Anna Barton. Questa unione di manifestazioni coreutiche dal mondo cerca di 82


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travalicare l’errore umano del sentimento troppo localistico, rispettando e valorizzando il tipico, ma inserendolo nel progetto globale di una società senza guerre, che auspichi socialità e solidarietà umana, scevra da “cattive” intenzioni. Le danze ci parlano di questo, di come, danzando la multiculturalità si possa viverla, costruire nuova coscienza di Insieme. La danza ha sempre avuto esiti propiziatori: per questo veniva eseguita sia da Iniziati per ottenere il favore delle divinità, sia da Profani e per celebrare convivialità. Sappiamo oggi dall’esperienza di Kiskanu, che è molto utile per sviluppare sentimenti di fraternità, di rilassatezza, creatività, di condivisione e collaborazione non competitiva, senza per questo reprimere la vitalità, anzi canalizzandola. Alcuni giochi pratici inoltre, di contatto con la Natura dell’Ecopsicologia, possono essere proficuamente utilizzati in questo frangente: i consigli pratici per una Comunicazione Ecologica di Jerome Liss, il lavoro sui simboli di Mario Polli. Per quanto riguarda la celebrazione della natura ad Acquasanta è rimasta nella memoria una Festa dei Folletti. Per quanto riguarda il riuso ed il riciclo, con le nostre azioni vorremmo far arrivare il messaggio di un proverbio giapponese che dice che un oggetto aggiustato ha un valore aggiunto rispetto ad un integro. Nella tradizione di questo popolo (con cui l’azienda ha uno scambio diretto tramite Reiko, che organizza anche importazione di olio di oliva da Acquasanta) ad esempio, veniva fuso dell’oro nelle scodelle che si erano rotte, come collante dei pezzi, che così, non solo non erano più da buttare, ma potevano avere anche una funzione di grande e addirittura maggiore pregio.

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3.4 Educazione degli adulti Esiste una materia di studi nel percorso del Master che si chiama ‘Educazione degli adulti’ e accenno qui al fatto che ad Acquasanta vorremmo costituire un gruppo di formazione che si trasmette saperi e competenze, in un’ottica di formazione continua, caro alle recenti normative europee, in cui le competenze siano considerate sapere in azione. Questo dovrebbe contribuire allo sviluppo personale e all’accrescimento del benessere individuale, in modo da ridefinire talvolta delle identità adulte che ci vanno strette o che non ci appartengono più. La nostra società (learning society, Aureliana Alberici65) è una società della conoscenza e dell’informazione; ma per dare senso alle informazioni è necessario avere autonomia cognitiva e questo è possibile soltanto secondo noi condividendo esperienze e conoscendo persone esperte e facendole conoscere ai più, che possano spiegarci ciò che noi intuiamo (come è stata la partecipazione alla conferenza di Latouche per noi, v. INTRODUZIONE). La stessa Unione Europea, nel ‘Rapporto Delors’ e nel Libro Bianco della Commissione Europea, dice che per rendere produttive le risorse umane è necessario lo sviluppo della cultura generale, al fine di cogliere il significato delle cose, comprendere il mondo. Tutto questo nella socialità in cui la diversità e la coesione siano elementi per saper lavorare insieme, essendo creativi e colti, per affrontare i cambiamenti. Questo atteggiamento è estremamente democratico, equo e solidale e favorisce la strada al cittadino attivo per la realizzazione 65. Imparare sempre nella società della conoscenza, Aureliana Alberici, Mondadori, Milano, 2002. Dispensa Educazione degli Adulti, Daniela Giorgetti (Pag. 10).

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personale, l’inclusione sociale e anche l’occupabilità. Ponendo fiducia nell’impegno e nelle capacità di ogni individuo, anche lo svantaggiato, egli potrà accrescere globalmente e integralmente la sua persona, attraverso i quattro pilastri di Jacques Delors: imparare, imparare a fare, imparare a convivere, imparare ad essere e quindi imparare ad imparare. In questo frangente si cercherà di fornire un patrimonio di conoscenze, attraverso strutture e metodi (Louis Lengrand) che portino uno sviluppo duraturo dell’individuo, seguendo i principi guida del “Rapporto sull’educazione permanente”66: • il principio di partecipazione; • il principio di globalità; • il principio di uguaglianza delle opportunità. In questa proposta di educazione degli adulti, in cui possono essere valide le metodologie della Comunità di pratica, Formazione in affiancamento On the Job Training, (rispetto alle attività proposte dal gruppo in Azienda), l’Action Learning; per noi sarà molto importante, per garantire il terzo principio, utilizzare pratiche non violente, che qui dipano, utilizzando le parole sulla resistenza non violenta di Alberto Vitali, nel suo saggio - PRATICHE NON VIOLENTE67, tenendo conto che per noi il nemico da sconfiggere è il pessimismo e l’idea che non si debba avere fiducia nel cambiamento, come spesso i poteri forti, per il loro mantenimento, ci vogliono costringere 66. Rapporto sull’educazione permanente. Documento finale presentato al Consiglio d’Europa, Bertrand Schwartz, A. De Blignieres, Editrice Sindacale Italiana, Roma, 1981. Dispensa Ibidem (Pag. 18). 67. Globalizzazione e Cooperazione Internazionale, Edizioni Punto Rosso, Atti del corso sulla Cooperazione organizzato della Provincia di Milano, Collana Libri/ FMA n 15, Impressioni Grafiche, Aqui Terme (AI).

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a pensare (La violenza strutturale68 in Etnopsichiatria). La resistenza non violenta evita non solo la violenza fisica esterna, ma anche la violenza interiore dello spirito. Il resistente non violento rifiuta anche di odiare l’avversario, perché al centro della concezione sta il principio dell’amore. L’amore nel senso dell’agapé greca, trattando di una volontà redentrice nei confronti di tutti, per il bene comune. La resistenza non violenta si basa sulla convinzione che l’universo è dalla parte della giustizia, che esiste una finalità positiva nella logica della natura, che va rispettata e seguita. La non violenza si oppone ad ogni forma di violenza, diretta o strutturale e spezza il circolo vizioso della violenza rifiutando a priori l’idea di poterla utilizzare. La rifiuta a livello culturale, quella nascosta nelle pieghe delle nostre convinzioni religiose, morali e sociali. Tale violenza va smascherata e rimossa, secondo un’idea laica dello stato contro ogni discriminazione, in un insieme di valori, che va oltre la libertà e la giustizia e comprende l’equilibrio ecologico ed il benessere (diverso dal benestare, secondo Fromm69). è necessario portare la pratica della non violenza a stile di vita personale, partendo da piccoli sacrifici quotidiani, a volte poco appariscenti, impostati all’onestà e alla disciplina interiore. Occorre resistere giorno per giorno a processi di giustificazione sciorinati dalla cultura dominante individualistica 68. “Un’antropologia della sofferenza sociale, che vuole andare oltre l’esame della costruzione culturale del disagio, cessando di essere esclusivamente un prezioso strumento di critica culturale, per ergersi a strumento di critica politica e di azione trasformativa” da Antropologia, Sofferenza Sociale, Anno 6 n° 8, rivista diretta da Ugo Fabietti. 69. Erich Pinchas Fromm, è stato uno psicanalista e sociologo tedesco afferente alla Scuola di Francoforte.

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e consumistica, che mirano a convincerci che non ci siano alternative all’attuale modello di sviluppo ed ai suoi consumi: una scelta di semplicità volontaria che significa vivere in una sobrietà che permetta a tutti di vivere dignitosamente. La pratica richiede un attaccamento alla verità, la voglia di conquistare l’amicizia e la comprensione dell’avversario, con un metodo attivo dal punto di vista spirituale, in una resistenza trasformativa. Non si tratta di cambiare una bandiera con l’altra, ma di arrivare ad una medesima logica; questo spesso il non violento lo ottiene attraverso azioni di non cooperazione o di boicottaggio, attaccando il male, non le persone. Satyagraha, attaccamento alla verità e ahimsa, pratica dell’amore: questa la non violenza per Gandhi. Virtù da praticare se non vogliamo che l’esperimento umano si concluda sulla Terra (Noam Chomsky70). “Solo lentamente e faticosamente, giorno dopo giorno, con alti e bassi, in un processo che dura tutta la vita, come ci hanno insegnato i grandi maestri della non violenza, da Gandhi ad Aldo Capitini e a tanti altri, si arriva a essere persuasi della non violenza e capaci di viverla”. Con le parole di Nanni Salio. Ma abbiamo il dovere di provare, anche sulla scia dell’idea di uomo nuovo, nata in America Latina dopo Che Guevara71. 70. Avram Noam Chomsky è un linguista, filosofo, teorico della comunicazione e anarchico statunitense. Professore emerito al Massachussetts Institute of Technology è riconosciuto come il fondatore della grammatica generativo-trasformazionale (linguistica teorica). 71. Globalizzazione e Cooperazione.

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RIFLETTIAMO LA COMPLESSITA’: IO ED IL DIVERSO IN ECOSOFIA: LA COSCIENZA TRA PEDAGOGIA; PSICOLOGIA; SOCIOLOGIA; ANTROPOLOGIA Incontrandoci ad Acquasanta, abbiamo fatto e faremo esperienza di conoscenza del diverso, ed i principi a cui ci ispiriamo sono quelli del rispetto reciproco totale, con una modalità che viene dalle nostre esperienze personali lavorative (maestra con 30 anni di esperienza Antonella, operatrice socioculturale ed antropologa Elena). Ci ispiriamo a dei documenti che esistono ma che non vengono spesso divulgati come la Carta dei diritti dello studente72, che prevede soprattutto il diritto all’ascolto senza giudizio personale e la possibilità di essere considerati paritariamente agli altri, senza distinzione di alcun tipo. Nell’approccio con l’altro teniamo conto anche di alcuni principi di psicologia ed antropologia: ci poniamo sull’onda di idee di voler essere d’aiuto per gli altri, senza operare condizionamento, come abbiamo fatto con noi stesse, attraverso una disposizione d’animo non offuscata da preconcetti, dannosi per il confronto paritario, ma esclusivamente sulla possibilità di poter scambiare esperienze e condividere conoscenze. Non vogliamo essere “dominatrici” ed indicare una via univoca, solo trasmettere una parte del percorso che abbiamo fatto insieme perché per noi ha funzionato, rendendoci operative e coscienti del nostro bagaglio, sovente da noi stesse sottovalutato. 72. La Dichiarazione dei diritti del fanciullo, promulgata nel 1924 dalle Nazioni Unite, a Ginevra.

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Non saremo osservatrici, ma parteciperemo al contesto, adoperandoci per sintetizzare al meglio, in una centratura sintonica, il nostro intervento, preservando l’armonia e la pace. In antropologia si insegna che il primo ostacolo da affrontare per approcciarsi allo studio di altro culture è quello di abbandonare la nostra struttura di pensiero per immedesimarci nell’altro e per capire e comprendere appieno il suo punto di vista ed il suo sistema di valori. In questo l’antropologia mi pare più democratica della sociologia, che invece usa parametri occidentali per elaborare una teoria su un tema o un accadimento storico; ma entrambe giovano l’una dell’altra, perché nei momenti in cui l’antropologia può cadere nel relativismo culturale più ingenuo, la sociologia arriva a metter pace e a ribadire che comunque ci sono dei valori, come quelli contenuti nella Dichiarazione dei diritti umani73, dell’uomo e del cittadino , che non possono essere violati, indipendentemente dalla validità del proprio sistema culturale. La psicologia aiuta a sanificare ogni dubbio epistemologico, portando l’attenzione sul singolo e sulla dignità che ogni essere umano necessita per avere quella Dignità che permette il libero sviluppo di ogni individuo, privo di condizionamenti negativi e distruttivi. La Pedagogia è fondamentale perché ha il compito di tramandare, oltre che di stimolare, attraverso l’esperienza diretta sulle nuove generazioni, tutto ciò che le altre Scienze Umane teorizzano, con esperimenti equilibrati dalla propria Storia di Pensiero, in cui sono a mio avviso necessari dei nuovi termini che sono: 73. Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, promulgata a Parigi nel 1948 dalle Nazioni Unite.

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“L’Ecocentrismo che supera l’Antropocentrismo, l’Ecosofia che ricapitola la Filosofia, l’Ecopsicologia che aiuta la Psicologia, la Comunicazione Ecologica che approfondisce la Scienza della Comunicazione”. Per concludere parlerò sinteticamente di Ecosofia, questa parola che mi ha reso così interessata al primo ascolto, e che hanno teorizzato due pensatori assai distanti tra loro: Arne Naess, norvegese, teorizzatore e praticante della Deep Ecology e Raimon Panikkar, indiano, conosciuto in tutto il mondo per essere portatore di spiritualità della terra74. Arne Naess, da “Ecosofia, Ecologia, società e stili di vita”. “Lo studio dell’ecologia prevede un approccio ed una metodologia che possono essere riassunti nella massima ‘tutto dipende da tutto’. Questo approccio può essere applicato in modo calzante ai problemi affrontati dalla filosofia: la collocazione dell’umanità all’interno della natura e la ricerca di nuovi metodi per spiegare tale collocazione tramite l’utilizzo di sistemi e prospettive relazionali. Lo studio di questi problemi comuni sia all’ecologia sia alla filosofia sarà qui chiamato ecofilosofia. È uno studio descrittivo, non prescrittivo, adatto a una ricerca di tipo accademico; esso infatti non opera una scelta tra differenti priorità fondamentali di valore, ma cerca semplicemente di esaminare dei problemi che trovano al confine tra i 74. Raimon Panikkar ha partecipato agli incontri tenuti ad Assisi sul tema della religiosità moderna, dalle cui interviste è tratto il pensiero che riporto appena più avanti, dal libro degli atti; Ecosofia: la nuova saggezza, per una spiritualità della terra, Raimon Panikkar, Cittadella Editrice, Assisi, 1993.

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domini ben circoscritti delle due discipline. Ma tali priorità di valore sono essenziali ogni qualvolta sono in gioco questioni concrete. La stessa parola ‘filosofia’ può avere due significati. - Area di studi, approccio alla conoscenza - Codice individuale di valori e visione del mondo che orienta le decisioni di una persona (nella misura in cui sente ed è pienamente convinta che ci siano decisioni giuste). Applicata alle questioni che riguardano noi stessi e la natura, la ‘filosofia’ intesa in quest’ultimo significato, la chiamiamo ecosofia. È bene studiare l’ecofilosofia, ma per affrontare le situazioni concrete in cui ci troviamo coinvolti dobbiamo elaborare una nostra ecosofia personale. […] la parola ‘ecosofia’ è composta dal prefisso –Eco, presente in economia ed ecologia, e dal suffisso –Sofia, presente in filosofia. Nella parola ‘filosofia’, - sofia indica la saggezza, la capacità di andare a fondo nelle cose, e filo- denota inclinazione, amore. La sofia non ha necessariamente pretese scientifiche, a differenza delle parole composte da logos: biologia, antropologia, geologia, eccetera), ma tutte le forme di saggezza dovrebbero avere rilevanza diretta per le nostre azioni. È attraverso le azioni che le persone o le organizzazioni esplicitano la propria sofia (intelligenza o saggezza) o viceversa la sua mancanza. Il termine sofia suggerisce l’idea di conoscenza intima e di capacità di discernimento, anziché quella di un sapere impersonale e astratto. Etimologicamente la parola ‘ecosofia’ è composta dai termini greci oikos e sophia (casa e saggezza). … La traduzione più adeguata sarebbe ‘casa Terra’”75. 75. Ecosofia, Ecologia e stili di vita., Arne Naess, Red Edizioni, Como 1994, pag. 20.

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Per arrivare al grande pubblico, Naess e Sessions, svilupparono otto punti del programma dell’Ecologia profonda, necessari per un’Ecosofia etica e responsabile: 1. Il benessere e la prosperità della vita umana e non umana sulla Terra hanno valore per se stesse (in altre parole: hanno un valore intrinseco o inerente). Questi valori sono indipendenti dall’utilità che il mondo non umano può avere per l’uomo. 2. La ricchezza e la diversità delle forme di vita contribuiscono alla realizzazione di questi valori e sono inoltre valori in sé. 3. Gli uomini non hanno alcun diritto di impoverire questa ricchezza e diversità a meno che non debbano soddisfare esigenze vitali. 4. La prosperità della vita e delle culture umane è compatibile con una sostanziale diminuzione della popolazione umana: la prosperità della vita non umana esige tale diminuzione. 5. L’attuale interferenza dell’uomo nel mondo non umano è eccessiva e la situazione sta peggiorando progressivamente. 6. Di conseguenza le scelte collettive devono essere cambiate. Queste scelte influenzano le strutture ideologiche, tecnologiche ed economiche fondamentali. Lo stato delle cose che ne risulterà sarà profondamente diverso da quello attuale. 7. Il mutamento ideologico consiste principalmente nell’apprezzamento della qualità della vita come valore intrinseco piuttosto che nell’adesione a un tenore di vita sempre più alto. Dovrà essere chiara la differenza tra ciò che è grande qualitativamente e ciò che lo è quantitativamente. 8. Chi condivide i punti precedenti è obbligato, direttamente o

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indirettamente, a tentare di attuare i cambiamenti necessari76. Questi sono dei principi che sradicano l’etnocentrismo e l’antropocentrismo e indicano una strada da percorre, che secondo Panikkar, deve passare attraverso il riequilibrio nel rapporto tra il divino, l’umano e il cosmico, in ciò che egli chiama intuizione cosmoteandrica. Dio, Uomo e Cosmo sono le tre dimensioni di una stessa realtà, l’uomo ha scoperto gli dei prima di conoscere se stesso e ha scoperto la natura nello stesso tempo in cui ha scoperto la propria riflessività. La coscienza implica autoscienza: in questa coscienza l’uomo scopre la realtà, che si apre a ciò che noi chiamiamo coscienza, che è il rendersi conto dell’esistenza. E la costatazione che questa coscienza esiste anche in altri esseri rende possibile il linguaggio. E poiché ogni conoscenza si basa su una non-conoscenza l’uomo si rende conto che tale coscienza ha un origine di cui lui non è cosciente e che il conoscibile è inesauribile. Si rende conto dell’infinito e della libertà, della regolarità del comportamento delle cose, che diventa legge terrestre. Ma il divino è miracolo, perché infinito e libero. Ma una volta perduta l’innocenza non si può tornare indietro, ma quello che può essere reale è una nuova innocenza cristica che è l’unica speranza dell’umanità, in una scala di valori in cui il massimo valore è la vita, la situazione ecologica del pianeta. Noi siamo un tutt’uno in questa Trinità interculturale. Che ci impone di avere fiducia, di cercare di vivere nell’armonia, in un equilibrio trovato ed equo, trasformando il reale accettandolo (qualità femminile, dice Panikkar), non disturbando, convinti che le 76. Ecologia Profonda. Vivere come se la Natura fosse Importante. Bill Devall e George Sessions, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1989, pag. 78.

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cose possano funzionare da sé, non interferendo troppo con una volontà all’occidentale che non rispecchia quella ‘altra’. Sono due posizioni molto differenti, che si toccano, si rincorrono, ma nell’esito finale si distanziano: io penso che sia necessaria la posizione di Arne Naess di fare il possibile perché le cose vadano bene, ma mantenendo la fede nel futuro e nelle sorti progressive di questa unità Dio, Uomo, Cosmo: in un ordine, che nella mia esperienza di antropologa mi porta a dire Cosmo, Uomo, Dio. Per non incorrere in aberrazioni e per parafrasare una celebre frase di Hubert Reeves77: “L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando.”

77. Hubert Reeves è un astrofisico francese canadese, divulgatore di scienza.

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CAPITOLO 4 PROGETTI PER IL FUTURO: CONCLUSIONI E METODI 4.1 CONCLUSIONI: Rapporti con l’esterno Non è certo facile trarre conclusioni da una così composita ricerca su fatti e persone ed idee, ma certo è che progetti di questo genere andrebbero premiati come salvaguardia della dignità umana, in un’etica del lavoro e dell’opera a favore dell’umanità, che ancora non è conclamata a livelli periferici, ma che può arrivarci, visto che siamo in Europa e che le leggi sono uguali per tutti. Ma prima di dipanare il programma, in riferimento proprio alla necessità di elaborare un sapere composito che possa interpretare in modo veritiero la complessità, utilizzo il saggio dell’antropologo Andrea Drusini78 “Riduzionismo, scienza e Globalizzazione”. -In un suo recente libro, l’intellettuale francese Edgar Morin (2000) cita una frase del fisico A. Lichnerowitz che dice: “La nostra attuale Università forma in tutto il mondo una proporzione troppo grande di specialisti di discipline predeterminate, dunque artificialmente circoscritte, mentre una gran parte delle attività sociali, come lo stesso sviluppo della scienza, richiede uomini capaci di un angolo visuale molto più largo e nello stesso tempo di una messa a fuoco in profondità dei problemi, e richiede nuovi progressi che superino i confini 78. Scienza, Riduzionismo e Socializzazione, Saggio di Andrea Drusini, Antrocom Veneto.

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storici delle discipline”. Cosa voleva dire Lichnerowitz, e cosa sostiene Edgar Morin nel suo libro “La tête bien faite”? Vogliono dire che i nostri saperi istituzionali oggi sono sempre più disgiunti, frazionati, suddivisi in discipline, mentre nell’altra parte del mondo vi sono realtà sempre più polidisciplinari, trasversali, multidimensionali, transnazionali, globali e planetarie. Con l’approccio specialistico vengono tenuti nascosti: gli insiemi complessi, le interazioni e le retroazioni tra le parti e il tutto, le entità a più dimensioni, i problemi essenziali dell’umanità. La critica di Lichnerowitz e di Morin indica che l’iperspecializzazione, dove l’oggetto di studio è ridotto a un aspetto o a una parte, impedisce di vedere il globale (che viene ridotto a particelle) ma anche l’essenziale (che si dissolve, non potendo essere ulteriormente scomposto). Secondo il principio chiamato “riduzionismo” cui Ernst Mayr dedica un capitolo nel suo libro “The Growth of Biological Thought”. Non è possibile comprendere il “tutto” finché questo non è stato scomposto nelle sue “componenti”, queste componenti in altre componenti e così via, fino al livello gerarchico di integrazione più basso. La prima limitazione di questo modello è che i processi del livello gerarchico più elevato sono spesso ampiamente indipendenti da quelli del processo più basso. Ad esempio, la funzione di un’articolazione si può comprendere anche senza conoscere la struttura chimica della cartilagine (che tra l’altro si può sostituire con una protesi). Il riduzionismo analitico troppo spinto quindi fallisce, sostie96


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ne Mayr, perché non dà il necessario peso all’interazione delle componenti di un sistema complesso. Una componente isolata, infatti, ha invariabilmente delle caratteristiche che sono diverse da quelle che la stessa componente racchiude come parte di un sistema e non rivela, una volta isolata, il suo contributo alle interazioni. Cosa che aveva ben capito René Dubos fin dal 1965 quando scriveva che nei più comuni e importanti fenomeni della vita le parti costituenti sono così interdipendenti che esse perdono il loro significato e la loro essenza una volta separati dal contesto. Compiendo la nostra ricerca sul saper fare cooperativo partecipato e comunitario, uniamo al sapere psicopedagogico da tener presente nella pratica educativa, quello antropologico poiché è necessario (Mario Polli), in una società che ha perso il linguaggio comunicativo denso (Gregory Bateson79), anche riscoprire i patterns della nostra cultura e riconoscere il mondo simbolico che conosciamo, che ci offre metafore utili ad un apprendimento più consono alle esigenze dell’oggi, più contenutistico che nozionistico. La difficoltà quando si propone un’attività all’esterno è fare incontrare domanda ed offerta in un contesto attuale molto variegato e soprattutto in crisi: la questione è come reperire fondi che siano puliti (intendendo con ciò non vincolati a 79. Gregory Bateson è stato un antropologo, sociologo e psicologo britannico, il cui lavoro è un compendio di semiotica, linguistica, cibernetica, biologia e psichiatria, creando sintesi olistiche (Doppio legame, schismogenesi, vedi anche Psicologia Comunicazioni Sociali). Dall’antropologa Margareth Mead ebbe la figlia Mary Bateson.

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produrre un cambiamento snaturante dell’azienda) e far conciliare con questo la gratuità, che si vorrebbe poter mantenere per eventi ed attività. Sul lavoro, che in questo frangente si avverte essere un argomento spinoso, riporto una riflessione di Chris Carlsson80, riportata sul giornale on-line ‘Comune Info’. “Semplicemente non è consentito in una conversazione o, ancor di più, nell’immaginazione, il concetto che il lavoro sia di per sé un problema. Che l’ organizzazione degli esseri umani in un’economia capitalista fondata sul lavoro retribuito (a ore o annualmente) conduca necessariamente la grande maggioranza a una profonda solitudine, frustrazione sulla propria incapacità di influenzare il mondo che ci circonda attraverso ciò che facciamo tutto il giorno, disperazione per il vuoto della propria vita quotidiana. Non ci sono inoltre molti dubbi sul fatto che “fa ciò che ami” (do what you love DWYL) sia il mantra non ufficiale dei nostri tempi; il problema è che questo non porta alla salvezza, bensì alla svalutazione del lavoro reale, compreso il lavoro che finge di elevare e, cosa ancora più importante, induce alla disumanizzazione della vasta maggioranza dei lavoratori, in un circuito chiuso di confusione e auto-illusione verso se stessi che si autoriproduce. Abbiamo tutti vissuto sulla nostra pelle l’emergenza di una economia della cultura fondata sul presupposto che i produttori di cultura, siano essi musicisti, scrittori o performer, ci creino le loro opere gratuitamente. In questa assurda eco80. Il rifiuto creativo dell’ideologia del lavoro. Articolo su Comune Info, 24/03/2014; di Chris Carlsson: scrittore, editore, produttore e multimedia designer, fondatore della Critical Mass Idea

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nomia dell’attenzione, il compenso è il riconoscimento e la speranza che se si accumulino abbastanza riconoscimenti, un giorno potrebbero venire offerti soldi veri per scrivere o cantare o recitare. Abbiamo bisogno di virare verso il lavorare meno per orientare il trade-off consumo-tempo libero, verso il secondo a livello sociale e condividere più equamente il lavoro che resta. Trovare modalità per vivere agiatamente ma anche con leggerezza, adeguatamente ma non asceticamente, non sarà sempre facile. Ma, forse, nella società della post-post-scarsezza, da qualche parte, tra paure di una povertà generalizzata e sogni di generalizzata decadenza, possiamo ottenere le cose che non siamo mai riusciti ad avere nel tempo della supposta abbondanza: “abbastanza per ognuno e tempo per ciò che vogliamo”. Laddove sono le attitudini stesse ad essere produttive, una forte etica del lavoro garantisce il livello necessario di impegno della volontà e di investimento soggettivo. In particolare nel settore dei servizi e nelle professioni con componenti di efficacia o di comunicazione, l’atteggiamento e lo stato emotivo dell’individuo sono considerati competenze fondamentali, insieme all’empatia e alla socievolezza. In effetti, la distinzione stessa tra competenze e attitudini in un lavoratore diventa difficile da sostenere poiché, come nota Robin Leidner, la volontà e le capacità dei lavoratori di manipolare e progettare le loro attitudini nell’interesse dell’organizzazione sono centrali per la loro competenza professionale. Il rifiuto del lavoro non è infatti il rifiuto di un’attività e della creatività in generale o della produzione in particolare. Non è una rinuncia al lavoro tout court, piuttosto il rifiuto di un’ ideologia del lavoro come più alta vocazione e dovere morale, 99


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il rifiuto del lavoro come il centro necessario della vita sociale, mezzo di accesso ai diritti e alle rivendicazioni della cittadinanza, e il rifiuto della necessità del controllo capitalistico della produzione... Ma il rifiuto del lavoro, sia come attivismo sia come analisi, non si limita a porsi contro l’ attuale organizzazione del lavoro; dovrebbe essere inteso anche come una pratica creativa, che cerca di riappropriarsi e riconfigurare le forme esistenti di produzione e riproduzione... In questo senso, il rifiuto come l’esodo o l’uscita è un ritiro impegnato (o una presa di commiato fondante), una pratica creativa opposta alla semplice posizione difensiva. Il passaggio dal momento negativo del rifiuto al momento costruttivo dell’uscita e dell’invenzione, segna il cambiamento da un gesto di reazione o di ritirata a un’affermazione attiva dell’innovazione sociale. Con questo non viene detto che non sia giusto lottare per le migliorie, ma i margini, finché il sistema non muta, sono ristretti. Cosa propongo invece? Una trasformazione a livello mondiale della vita quotidiana basata su collettività orizzontali autogestite nei luoghi di lavoro, nel vicinato, nelle scuole, città, regioni, etc., confederate alla base in reti di comunità a democrazia diretta. Qualsiasi cosa questo significhi. Come interagirebbero i processi decisionali locali con quelli regionali, nazionali, continentali e globali? Esistono meccanismi di costrizione per una maggioranza globale su aree recalcitranti che, per esempio, rifiutano di smettere di bruciare il carbone, o di gestire bene le loro riserve di acqua potabile? Come diavolo faccio a saperlo? La rivoluzione è molto complicata e non possiamo più sventolare la bandiera rossa, o quella nera, e avere un ampio consenso o perfino una visione vagamente 100


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condivisa di ciò per cui stiamo combattendo.” La “rivoluzione” che qui si auspica è ovviamente quella di cui parla Latouche: si tratta di riforme della cultura, delle strutture del diritto e dei rapporti di produzione, la cui realizzazione obbedisce all’etica della responsabilità. Ho riportato gran parte dell’articolo per far comprendere da dove si parte e dove si vorrebbe arrivare: si parte dall’esperienza gratuita del wwooferaggio, per arrivare a costituire intorno ad Acquasanta un centro di collaborazione e cooperazione, che possa essere gratuito per gli utenti e remunerato, ma su standard e profili di sussistenza, in base a progetti di utilità sociale, da organismi pubblici che investano nel recupero di chi vive nella marginalità del sistema lavorativo e di chi ha voglia di aprirsi al cambiamento, non per arrampicarsi socialmente, ma per condividere utilmente il proprio ruolo nella comunità. Forse il punto di partenza per la nostra attività deve essere l’adesione a quel processo di DESTRUTTURAZIONE DELL’IMMAGINARIO, contenuta ad esempio nel progetto “Cambieresti?”81, di cui più sotto riporto alcuni passaggi. Questa azione sociale di Laotouchana memoria significa, tener presente le otto erre suggerite dallo studioso: Rivalutare, ossia mettere al primo posto l’altruismo, la collaborazione, il piacere del tempo libero e l’ethos del gioco, il locale, l’autonomia, il relazionale. Riconcettualizzare, ridefinire cioè il con81. Progetto di sensibilizzazione nato a Venezia nel 2005, di cui parla Eliana Caramelli in Il capitale delle relazioni, Tavolo per la Rete italiana di economia solidale, Altra Economia Soc.Coop, Massimo Acanfora, Impressioni Grafiche, Aqui Terme (AI), 2010.

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cetto di benessere, mettendo a fuoco il fatto che siamo ricchi se siamo uniti e su una Terra salva. Ristrutturare, ossia conformare la produzione al cambiamento sociale; Ridistribuire da Nord a Sud del mondo e della piramide dei beni materiali; Rilocalizzare, ossia far sì che i trasporti, soprattutto delle merci, ma anche delle persone, siano limitati all’indispensabile e che il fulcro dell’economia sia nel locale; Ridurre lo spreco, l’usa e getta, l’orario di lavoro retribuito, in favore di incoraggiare lo spazio nei confronti del tempo delle attitudini. Infine Riutilizzare e Riciclare, facendo di quest’antica arte dell’arrangiarsi, un’arte del vivere riconosciuta valorialmente. Tutto ciò fa parte anche di quella che Ernst Bloch82 chiama UTOPIA CONCRETA: “Senza l’ipotesi che un altro mondo è possibile non c’è politica, c’è soltanto la gestione amministrativa degli uomini e delle cose”; così si reintroduce nella società quella che gli antropologi chiamano reciprocità, che porta in essa libertà e democraticità. In altre parole, secondo Illich, questo circolo virtuoso permette alla convivialità di riportare lo spirito del dono nel commercio sociale. Il Progetto “Cambieresti?” è partito dal lavorare su: 82. Ernst Bloch è stato uno scrittore e filosofo tedesco, marxista e teorico dell’ateismo, profondamente pacifista e ottimista militante (Spirito dell’utopia, Il principio Speranza).

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“Il concetto di benessere, l’idea cioè che lo star bene dipenda dalla quantità delle merci possedute e consumate, piuttosto che dalla ricchezza di valori e di relazioni”. Ha cercato, nel connubio di diverse associazioni, di mettere in risalto il legame tra temi e problematiche che sembrano diversi e distanti tra loro e che sono invece strettamente collegati: è partire ponendo lo sguardo sul quotidiano per parlare di grandi temi. Ricostruire quindi le connessioni ha facilitato l’individuazione di alternative che valorizzano i territori e sostengono il lavoro di piccole realtà produttive, riducendo impatti e sprechi attraverso pratiche di riuso, riciclo, autoproduzione. Ha monitorato che ciò favorisce la costruzione di relazioni sociali, così difficile in una società frantumata, che fa sentire le persone sole e impotenti davanti a un sistema complesso e violento, attraverso il lavoro di gruppi di vicinato e la successiva costituzione di reti formali e informali tra i partecipanti. Per avere una misura delle proprie azioni, mai calcolate e sommate insieme nel tempo, delle quali raramente si percepisce il peso complessivo, il gruppo ha dato peso al monitoraggio tecnicamente, facendo ricerche e questionari ed ha visto che ciò assume un’importanza fondamentale, perché accresce la consapevolezza e costituisce uno degli stimoli più forti a mettere in discussione le proprie abitudini quotidiane e quindi cambiare stile di vita. Ha fornito alternative al mercato con il GAS, impegnandosi a diminuire la difficoltà di reperire sul mercato locale prodotti, beni e servizi alternativi. In questo frangente, i consumatori costituiscono un sostegno importante per la costruzione delle 103


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Reti di economia solidale, contribuendo alla mappatura dei produttori locali, sostenendoli direttamente, diventando essi stessi coproduttori, in definitiva assumendo una funzione di innesco di circoli virtuosi... Sarebbe infine utile partecipare allo Sportello della Cittadinanza e presentare pratiche semplici e accessibili alle famiglie coinvolte, offrire servizi che facilitano queste pratiche, crearli, aggregando persone intorno ad essi. Quindi la scaletta di procedura, prendendo a modello questa fortunata esperienza sarà: - Fissare le priorità tematiche e geografiche che dovranno costituire un preciso riferimento per l’attività - Promuovere rapporti stabili con gli Enti locali, associazioni e organizzazioni non governative del proprio territorio al fine di mettere a sistema e coordinare gli interventi da realizzare nelle medesime aree geografiche. Quindi creare gruppi di associazioni e far sedimentare la rete, poi mettersi in contatto con le amministrazioni e gli enti locali. Ciò significa dare organicità agli interventi di cooperazione decentrata (Importanti, a diverso titolo, sono ad oggi i rapporti con Ecologisti, Il filo di paglia, Badia Tedalda, MotoriaMente, SiripArte, Zebrafarm, I Macchiati, Il borgo dei semplici, Passaparola, Perpetuo Mobile) - Consolidare il rapporto con la regione dando attuazione per la propria competenza alla legge regionale sulla cooperazione decentrata ed al relativo documento di programmazione svolgendo un ruolo attivo di informazione tra regione e territorio - Promuovere progetti di educazione allo sviluppo sostenibile e alla pace sul territorio rivolgendo attenzione anche alle 104


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scuole. In tutto ciò cerchiamo delle vie per avere fondi sull’Educazione, Formazione Permanente, Sviluppo Sostenibile, Cooperazione Decentrata83, al fine di abbattere le spese e di mantenere la gratuità delle proposte. La conclusione finale riguardo ai rapporti con l’esterno a cui siamo arrivati è che è necessaria una pianificazione dinamica e strategica per poter agire correttamente. Potremmo ipotizzare di proporre, per svolgere il progetto, quella che John Knowles84 ha chiamato Comunità di Apprendimento, definendo quelle connessioni pratiche per fornire ai cittadini percorsi concreti, facendo dialogare l’uomo della risposta con quello della domanda, nel modo in cui li intende Louis Lengrand, mettendo cioè a dialogo la materia di Educazione degli Adulti, con quella Tra Adulti, valutando programmi settoriali europei.

83. Globalizzazione e Cooperazione Internazionale, Edizioni Punto Rosso, Atti del corso sulla Cooperazione organizzato della Provincia di Milano, Collana Libri/ FMA n 15, Impressioni Grafiche, Aqui Terme (AI). 84. Malcolm Sheperd Knowles è stato un educatore che ha sviluppato l’Educazione Umanistica, al cui centro è la persona, di cui è importante il sentire, l’essere motivati, oltre che l’imparare, per conseguire l’autonomia e la libertà di scelta consapevole. Il facilitatore deve creare un ambiente coinvolgente per l’apprendimento. Sviluppò il MODELLO ANDROLOGICO.

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4.2 Noi siamo un albero A concludere, una dedica: POESIA “Noi esseri umani siamo come gli alberi, radicati al suolo con un’estremità, protesi verso il cielo con l’altra, e tanto più possiamo protenderci quanto più forti sono le nostre radici terrene. Se sradichiamo un albero, le foglie muoiono; se sradichiamo una persona, la sua spiritualità diventa un’astrazione senza vita” Alexander Lowen

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BIBLIOGRAFIA Breve trattato sulla decrescita serena, Serge Latouche, Bollati Boringhieri, Torino 2008 Comporre una vita, Mary C. Bateson, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano 1992 Cooperazione e apprendimento, Rinaldo Rizzi, Edizioni Junior Gruppo Spaggiari, Parma, 2014 Ecologia Profonda. Vivere come se la Natura fosse Importante. Bill Devall e George Sessions, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1989 Ecosofia, Ecologia e stili di vita, Arne Naess, Red Edizioni, Como 1994 Ecosofia: la nuova saggezza, per una spiritualità della terra, Raimon Panikkar,Cittadella Editrice, Assisi, 1993 Ecopsicologia. Crescita personale e coscienza ambientale, Marcella Danon, Urra, Grafica Sipiel, Milano 2006 FATTORIA AGRICOLA Fondamenti di un’antropologia dell’educazione, Mario Pollo, FrancoAngeli s.r.l, Milano, 2013 Globalizzazione e Cooperazione Internazionale, Edizioni Punto Rosso, Atti del corso sulla Cooperazione organizzato della Provincia di Milano, Collana Libri/ FMA n 15, Impressioni Grafiche, Aqui Terme (AI) I Bambini Indaco, Lee Carroll e Jan Tober, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena (FC), 2003 I detti di Matteo, Celestin Freinet, La nuova Italia Editrice, Firenze, 1971 I diritti dei ragazzi e delle ragazze Il capitale delle relazioni, Tavolo per la Rete italiana di econo107


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mia solidale, Altra Economia Soc.Coop, Massimo Acanfora, Impressioni Grafiche, Aqui Terme (AI), 2010 Infanzia, n 11, Rivista Informazione Educazione Ambientale in Emilia Romagna, Alberto Perdisa Editore- Airplane S.r.l., Ozzano dell’Emilia (BO) L’arte di aiutare, Robert Carkulf, Edizioni Centro Studi Erickson, Milano 1987 L’autoterapia razionale emotiva, Albert Ellis, Edizioni Centro Studi Erickson, Milano 1994 La decrescita. I giovani e l’utopia. Comprendere le origini del disagio per riappropriarci de nostro futuro, Edizioni per la decrescita felice, Gruppo editoriale italiano, Roma 2013 La comunicazione ecologica, Jerome Liss, Edizioni la meridiana partenze, Molfetta (BA), 2005 La metafora terapeutica, Roberto Ausilio, Youcanprint SelfPublishing, Tricase (LE), 2013 La terra in bilico, Al Gore, Edizioni Bompiani, Milano 2007 Le progettazione degli interventi nel sociale L’ istinto di pace, Daniele Novara, Ed Gruppo Abele,1990 Migliorare l’autostima, Alice Pope, Susan McHale, Edward Craighead, Edizioni Centro Studi Erickson, Milano, 1992 Operatori sociali e lavoro di rete, Fabio Folgheraiter, Edizioni Centro Studi Erickson, Milano 1989 Pedagogia, un’ arte in divenire, Adele Caprio, Anima Edizioni, Milano, 2014 Permacultura, Bill Mollison e David Holmgren, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1992. Psicologia e sviluppo mentale del bambino, Jean Piaget, Giulio Einaudi Editore, Milano, 1970 Riflessioni sistemiche, N 10 (Maturana H. R., Verden- Zoller 108


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G., 2008 The Origin of Humaness in the Biology of Love, Ed, Pille Bunnel. Imprint Academic) RITORNO AL PASSATO Verso l’integrazione sociale, P. Wehman, A. Renzaglia, P. Bates, Ed Centro Studi Erickson, Milano 1988

SITI E MATERIALE WEB Amisnet, Articolo Wwoof Italia Antropologia dell’educazione, Saggio di Ivo Giuseppe Pazzagli, Unirsm Comune Info, Articoli su Scuole nel bosco, Scuole libertarie, Chris Carlsson Green me su Educazione Ambientale a scuola MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi, Saggi Psicomotricità, Presentazione corsi Isfar Scienza Riduzionismo e Socializzazione, Saggio di Andrea Drusini, Antrocom Veneto Studenti, Cooperazione

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