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VITA CONTADINA di FRANCO PILATO
Dedicato ai miei genitori, Fiore e Amelia e ai miei zii, Giuseppe e Aldovina, con i quali ho vissuto tutta la vita e ho condiviso i primi dieci anni in un sereno ambiente contadino, per avermi insegnato i veri valori della vita.
Franco Pilato è un grande esempio e fonte di ispirazione per tutti noi, pertanto è un onore, in qualità di Sindaco, avere l’opportunità di ribadirlo anche in questa splendida occasione.
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Sant’Ignazio di Antiochia diceva: “si educa molto con quello che si dice, ancor più con quel che si fa, molto più con quel che si è”. Una sintesi perfetta per descrivere al meglio Franco che, nonostante sieda in carrozzina sin da giovane a seguito di un incidente automobilistico, non si è mai arreso e al contrario è continuamente da stimolo per gli altri, grazie al suo impegno attivo su vari fronti della vita sociale. Come nel caso di questo testo che ricorda i tempi passati della vita contadina. Un libro veramente prezioso soprattutto per i giovani, come memoria di usi, tradizioni e vita vissuta della generazione dei loro nonni e bisnonni. Una fotografia di un sapere semplice e antico che sta scomparendo insieme al suo passato e che grazie a Franco le giovani generazioni potranno custodire e ritrovare.
Grazie di cuore per questo ulteriore dono di te alla nostra comunità.
Franco Pilato è senza dubbio un “personaggio” pievese. A Città della Pieve tutti conoscono Franco grazie al lavoro svolto sino alla pensione ma ancor più per essere persona molto attiva nella vita sociale della comunità. Questo attivismo si è sviluppato in tante iniziative a fine benefico tra le quali possiamo annoverare quella di scrittore.
Quando parlando con Franco è emerso che stava lavorando ad un nuovo testo riguardante la vita contadina ed i suoi valori intorno alla metà del secolo scorso, ci siamo resi disponibili come Associazione ad aiutarlo in questa pubblicazione ed abbiamo, per questo, aderito all’iniziativa del Cesvol Umbria sede di Perugia “Invito a proporre”, idee e contenuti per pubblicazioni su tematiche sociali e di interesse per il Volontariato. Siamo certi che leggendo queste pagine tutti possano ritrovare una serie di valori che sono alla base della nostra società ed uno stimolo per conservarli e tramandarli, nella speranza di costruire una società sempre migliore. Caro Franco siamo sicuri che tutti apprezzeranno questa tua nuova iniziativa, noi come fratelli di Misericordia vogliamo ringraziarti con il nostro antico motto CHE DIO TE NE RENDA MERITO.
Fabio Sberna
Governatore della Venerabile Confraternita della Misericordia di Gesù e S. Giovanni Decollato di Città della Pieve
Prefazione
Negli anni ‘50 la maggior parte della popolazione italiana era occupata nell’agricoltura. Con questo mio scritto intendo far conoscere ai giovani e far ricordare ai meno giovani quali erano i valori della civiltà contadina, valori fondanti di una società laboriosa e parsimoniosa, regolata dall’avvicendarsi delle stagioni, dove tutto era a misura d’uomo. Oggi il nostro modo di vivere in una società di consumi sfrenati, basata sull’usa e getta, ha poco da lasciare e tramandare alle generazioni future alle quali, al contrario dovremmo consegnare un mondo più sano, più pulito e vivibile come i nostri antenati hanno fatto con noi.
Quello contadino era un mondo in cui tutto si condivideva, dai dolori alle gioie, dove nessuno era mai solo, bastava una parola di conforto o una di apprezzamento di un vicino.
La famiglia patriarcale assicurava che le persone meno giovani avessero un’importanza e una considerazione che oggi purtroppo si sta perdendo: a loro si chiedevano consigli per tutto, perché possedevano un’esperienza di vita ed una saggezza tramandata da generazioni. Le piccole cose avevano un valore e quel poco che si aveva veniva conservato religiosamente, aggiustato e riparato all’infinito, perché tutto era prezioso, anche quello che oggi potremmo considerare banale.
I contratti di mezzadria
Le persone che lavoravano e vivevano in campagna facevano una vita dura e faticosa, poiché la maggior parte dei lavori veniva eseguita a mano ed in alcuni casi con il solo aiuto del bestiame.
Le persone che lavoravano la terra erano mezzadri, cioè lavoravano un podere per conto di qualcun altro tramite contratto di mezzadria e a condizioni gravose. C’era anche una esigua parte di coltivatori diretti che lavoravano un podere proprio.
Tra le condizioni del contratto vi erano soprattutto degli obblighi, come fornire al padrone per ogni ricorrenza religiosa le primizie del tempo e un certo numero di animali da cortile, uova, pollame e conigli, e in alcuni casi anche un agnello. Per Natale i mezzadri dovevano donare anche dei capponi, sapientemente preparati da una donna che li castrava con una delicata operazione chirurgica, cosa che sapevano fare in pochissime, tanto che la donna esperta in questa pratica lo faceva per tutti i contadini del vicinato ed in alcuni casi anche per quelli più lontani.
Il contadino era inoltre obbligato a fornire gratis delle giornate lavorative al padrone del fondo.
Il contratto era regolato da ferree regole redatte in un libretto colonico, ove erano riportati lo stato economico del fondo, gli animali, le attrezzature, i foraggi. Il libretto era aggiornato da una persona di fiducia del proprietario del podere, il cosiddetto fattore. Il mezzadro aveva l’obbligo di mantenere gli attrezzi in perfette condizioni, affinché fossero sempre pronti all’uso e non deteriorati. Ciò avveniva con l’aiuto di un fabbro per le parti metalliche, mentre in alcuni casi, per le parti in legno, si chiedeva l’aiuto di un contadino che si intendeva un po’ di falegnameria.
Al contadino erano richieste specifiche abilità, tra cui quella di prendersi cura degli animali e intuire il momento adatto per la riproduzione, che avveniva portando gli animali da un altro contadino che aveva tori e verri. Alcune volte quest’ultimo si trovava abbastanza distante e si doveva persino attraversare il bosco. A fecondazione avvenuta con esito positivo, il contadino dell’animale fecondato doveva aver cura che la gestazione procedesse regolarmente e al momento del parto cercare di essere presente stando alzato anche di notte, se necessario, per aiutare l’animale nella fase finale del parto. Il contadino doveva inoltre capire quando gli animali non stavano bene e, se era il caso, ricorrere al veterinario, cosa che si faceva con parsimonia, poiché erano spese straordinarie che non sempre erano ben accette dal padrone del fondo. Il rapporto tra il contadino e l’animale era vitale perché gli animali erano forza lavoro e alimento.
(Patto Generale di Mezzadria e Esempi di libretti dei conti sociali -Vedere Appendice)
Il carro era il mezzo di trasporto e di comunicazione più usato, nei campi serviva per trasportare la merce, era anche utilizzato per matrimoni e feste, per trasportare i morti, per i traslochi.
Carro con buoi per il trasporto merci