5 minute read

Fiat Campagnola - VIDEO

Next Article
chemacchina

chemacchina

Quando la Fiat era la Fiat (ovvero fabbrica Italiana Automobili Torino) e le sue vetture erano orgogliosamente “fatte in Italia”, si compì un’impresa che ancora oggi in pochi potrebbero ripetere e portare a termine senza problemi. Attraversare l’Africa tutta d’un fiato è infatti, tutt’ora, un viaggetto appena appena impegnativo…

Advertisement

Ma prima di ripercorrere con la Campagnola le piste d’Africa facciamo un passo indietro.

Nel 1950 l’Esercito Italiano bandì una gara per la fornitura di veicoli polivalenti per impieghi speciali (in inglese MPV, cioè Multi Purpose Vehicle), che ricalcassero lo schema della Jeep Willys, il fuoristrada impiegato dalla truppe americane durante la campagna europea del secondo conflitto mondiale.

Alfa Romeo e Fiat parteciparono costruendo ciascuna il proprio prototipo di “A.R. 51”, secondo la denominazione militare italiana di Autoveicolo da Ricognizione modello 1951. L’esercito scelse la versione Fiat progettata da Dante Giacosa, perché risultò più semplice ed economica nella manutenzione.

Iniziò così, nel 1951, la produzione su larga scala della vettura, che non fu prodotta solamente per l’impiego militare.

Il nome Campagnola infatti fu scelto proprio con l’intento di promuovere un mezzo utile anche (se non soprattutto) per l’impiego agricolo.

Il veicolo era dotato di un telaio in acciaio a longheroni e traverse, ponte rigido su balestre al retrotreno e sospensioni indipendenti, innovative per quel periodo, all’avantreno. Il motore (tipo 105) da 1901 cm3 erogava 53 Cv a 3.700 giri/minuto ed era accoppiato ad un cambio a 4 rapporti con riduttore, trazione normalmente posteriore con anteriore inseribile in aggiunta solo dopo l’innesto delle ridotte.

Nell’autunno del 1951 la dirigenza Fiat decise, per scopi pubblicitari, di provare a battere il record di percorrenza da Città del Capo ad Algeri, attraversando l’Africa nel minor tempo possibile.

La scelta del pilota cadde su Paolo Butti, forte dell’esperienza maturata nel corso di precedenti rally in terra d’Africa, affiancato da un collaudatore Fiat con profonda conoscenza della Campagnola, Domenico Racca, che si era occupato qualche tempo prima della messa a punto del prototipo destinato all’Esercito. La compagine era completata dalla moglie di Butti e dall’operatore cinematografico Aldo Pennelli.

In realtà non si trattò “solamente” di percorrere il tragitto Città del Capo-Algeri bensì di effettuare prima il percorso al contrario, partendo da Algeri per raggiungere Città del Capo, organizzando via via le tappe ed i punti di rifornimento per il raid vero

Attive dal 2015 presso la sede di Abarth & C. in via Plava a Torino, le Officine Classiche di FCA ospitano le attività di riparazione, restauro e certificazione delle auto storiche di FCA, sia quelle dei collezionisti sia quelle appartenenti alla collezione di FCA Heritage. L’accuratezza degli interventi è garantita dall’utilizzo dei dati di produzione e dei disegni tecnici originali, custoditi negli archivi aziendali. Qui i possessori di vetture storiche Alfa Romeo, Fiat, Lancia e Abarth possono trovare competenze e standard qualitativi unici a disposizione della loro passione. Oltre agli interventi di restauro e riparazione, le Officine Classiche procedono alle attività legate alla “Certificazione di autenticità”. Dopo aver analizzato in dettaglio la vettura in esame FCA Heritage attesta l’autenticità dell’auto d’epoca, evidenziandone il valore

e proprio; per i componenti dell’equipaggio fu quindi una doppia traversata nord-sud-nord del continente africano. Racca e Butti utilizzarono due identiche Campagnole, una per ciascuna tratta, in modo da poter avere quella “fresca”, spedita da Torino, per il tentativo di record.

Il viaggio di andata fu portato pertanto a termine con una “A.R. 51” dotata di carrello per l’apparecchiatura cinematografica, per poi utilizzare la vettura gemella “nuova” nella tratta di ritorno, da Città del Capo ad Algeri, e tentare di stabilire il record.

Per quell’epoca si trattava davvero di un’avventura epica, tanto per le condizioni avverse del vasto e vario territorio africano, quanto per l’isolamento a cui fu costretto il team durante le tratte più impervie.

Venne scelta una versione a passo lungo della Campagnola, con carrozzeria speciale chiusa, attrezzata con un robusto portapacchi sul tetto, due fari ausiliari sui parafanghi, taniche per la benzina ancorate alla carrozzeria, pala, diversi ricambi meccanici tra cui una balestra intera, fissata al paraurti anteriore.

FIAT la Campagnola recitava la scritta sulla portiera, mentre sulle fiancate correva la scritta Algeri – Città del Capo e ritorno, in italiano e francese.

Non basterebbe un libro per descrivere quell’impresa, contrassegnata da insormontabili problemi

causati dalle pessime condizioni del percorso, spesso reso pressoché impraticabile dalle più che abbondanti precipitazioni, che erano in grado di trasformare in pochissimo tempo sottili rigagnoli in veri e propri fiumi, impossibili da guadare. In molte zone dell’Africa era inoltre vietato circolare di notte (e lo è ancora oggi) e questo elemento costituiva un ulteriore ostacolo per il tentativo di stabilire il record.

Superata persino la neve, sulle cime del piccolo Atlante, la Campagnola raggiunse finalmente il traguardo, presidiato dal cronometrista dell’Automobile Club Francese, attorno al quale si era radunata una gran folla.

Il viaggio era stato compiuto in 11 giorni 4 ore 54’ 45”: un record tuttora imbattuto!

Resta un piccolo mistero sulla distanza percorsa: sulle mappe di allora si calcolarono 14.193 km, ma il contachilometri della Campagnola indicava di averne percorsi ben 15.256… e non era una differenza di poco conto.

FCA Heritage conserva nella sua collezione l’eroica Campagnola del record, che fa bella mostra di sé all’Heritage HUB di Torino per ricordare l’impresa ed il record e sottolineare (a quasi settanta anni dalla spedizione) la solidità di un veicolo che è stato in grado di compiere una traversata continentale che resterà per sempre impressa nella storia dell’automobile.

This article is from: