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Il futuro dell’Endurance

L’ETÀ DELL’ORO

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QUAL È IL FUTURO DELL'ENDURANCE CON LE NUOVE REGOLE HYPERCAR, IN PARTICOLARE NELLA DECLINAZIONE LMDH? MAX ANGELELLI, CHE DOPO LA FINE DELLA CARRIERA DA PILOTA SI OCCUPA DEI RAPPORTI CON LE CASE COSTRUTTRICI PER DALLARA, CI SPIEGA QUALI SONO LE CARATTERISTICHE E LE ASPETTATIVE

uella che sta per arrivare per l’Endurance sembrerebbe un’era dell’oro. Oltre alla Toyota, che ha dominato (praticamente da sola) il primo anno della formula Hypercar, nuovi contendenti si apprestano ad entrare in gioco utilizzando sia il regolamento per prototipi “costruiti da zero”, come per l’appunto Toyota, Peugeot e Ferrari, sia quello LMDh, che a costi nettamente inferiori, promette performance bilanciate e ha già calamitato l’interesse di tanti player.

In primis il gruppo Volkswagen con i marchi Audi, Lamborghini e Porsche, ma anche Renault, Honda, Cadillac e BMW, tutte pronte a debuttare tra 2023 e 2024. Le regole LMDh prevedono la possibilità di realizzare prototipi basati sull’esistente classe cadetta LMP2 e “potenziati” con motori differenti per ogni marchio, oltre a estetica e aerodinamica personalizzate.

E in questa rivoluzione per le gare di durata l’Italia avrà un ruolo da protagonista grazie a Dallara che svilupperà la propria LMP2 in LMDh per due costruttori, BMW e Cadillac-General Motors.

A capitanare questi progetti ci sarà Max Angelelli, ex pilota e ora manager, che di gare di durata se ne intende parecchio. Plurivincitore in IMSA e campione GrandAm, dopo il ritiro dalle corse è entrato in Dallara con un ruolo manageriale, fungendo da interfaccia con le case automobilistiche.

Prima di tutto, cosa fa Max Angelelli oggi, dopo la fine della carriera da pilota?

“Mi occupo in particolare della gestione dei

rapporti con alcune case automobilistiche, nel mio caso sono sette. Il mio lavoro è raccogliere le loro necessità, e stabilire come lavorare insieme, analizzando idee e sinergie sui progetti”.

Come è nata la tua collaborazione con Dallara?

“Già quando correvo ho sempre pensato al dopo e non ho fatto altro che osservare i miei colleghi più "anziani". C’era chi si inventava nuove attività, e magari altri che sperperavano tutto. Ho osservato chi trovava le aperture migliori, guardando la loro carriera a ritroso. Sono fortunato a fare parte di una generazione che ha avuto una carriera lunghissima, con tanti campioni, che poi in un certo senso si sono ritrovati dopo in vesti diverse, come Maassen, McNish e altri. Sono sempre stato innamorato di tecnica e ingegneria, il concetto di lavorare su un’auto nuova, i problemi da risolvere… Devo ringraziare Giampaolo Dallara, Andrea Pontremoli e Aldo, per quest’opportunità, e spero di poterli ripagare”.

Parliamo di endurance, sembra di essere all’inizio di una nuova era…

“E’ entusiasmante vedere una rivoluzione in atto ed essere tra i protagonisti. E’ un’ondata simile a quella che avevo visto nel 1999. Osservare i nomi delle Case coinvolte quell’anno era qualcosa di straordinario… ma purtroppo è durato poco. Oggi, c’è una nuova chance”.

Oltre alla capacità di contenere i budget,

quali sono secondo te gli elementi più importanti di questa rivoluzione?

“Il contenimento dei costi è fondamentale. Se alle case automobilistiche dai la possibilità di correre spendendo cifre ragionevoli, ci saltano dentro, ma se correre in Endurance significa spendere centinaia di milioni (più della F.1)… semplicemente scappano. E fanno bene.

I pilastri principali sono due. Il primo è il messaggio comunicativo, la possibilità di essere rappresentati anche visivamente, con stilemi che promuovono il DNA della casa automobilistica, e un motore che può derivare dalla produzione di serie. Il secondo è il BOP, che va intesoin modo corretto; non come qualcosa di artificioso, ma come una linea invisibile sulla quale è in grado di rimanere il più bravo. E se un costruttore realizzerà una cattiva vettura, non arriverà mai a quella linea”.

Le regole LMDh hanno riscosso molto successo, qual è la filosofia alla loro base?

“La filosofia è quella tipicamente americana che già era alla base delle DPi, ovvero permettere di correre con cifre ragionevoli. Questo vale sia per il tipo di piattaforma e approccio tecnico, ma anche per la gestione stessa delle gare. Non ha senso spendere milioni per trovare due decimi quando poi viene data una bandiera gialla e hai cinque macchine davanti da doppiare. Il punto è trovare l’efficienza complessiva”.

Si è chiusa in Bahrain con un atteso successo Toyota la prima stagione delle regole Hypercar. La categoria ha visto solo tre vetture presenti a tutte le gare. Per l’appunto le due GR010 e una Alpine, in realtà una vecchia LMP1 ammessa in deroga. Anche nelle tre corse a cui hanno partecipato le Hypercar Glickenhaus, non c’è stata storia contro Toyota. Si è trattato del secondo mondiale consecutivo per José Maria Lopez, Kamui Kobayashi e Mike Conway, capaci anche di trionfare per la prima volta a Le Mans dopo la sfortuna del passato. Anche per il 2022, ci si attende un esito simile, mentre dal 2023, con l’arrivo di numerose altre case, la strada per i giapponesi sarà assai più complicata

Nel caso di General Motors ci si può immaginare che abbiano voluto continuare con Dallara dopo la positiva esperienza IMSA, ma come è nato l'approccio con BMW?

“E' nato tutto da una visita che feci per cercare di capire se ci fosse la possibilità di salire di grado, dato che erano confinati sul mondo GT. Dopo il cambio di governance, hanno fatto un serio studio su quattro costruttori, con delle valutazioni approfondite. Non è solo una questione di soldi, c'è stata un'indagine completa, tecnica, economica a anche di storia e persone”.

E’ però inevitabile che chi scelga il concetto più costoso si aspetti di avere maggiori risultati?

“In questa formula non sei obbligato a spendere centinaia di milioni. Nessuno ha l’obbligo. Se qualcuno sceglie di spendere per avere dei vantaggi che considera importanti, buon per lui, ma comunque sarà soggetto al BOP e alle regole sul cost cap”.

Il concetto base della LMDh è quello della “spine”, ovvero della vettura LMP2 che ne fornisce la base e ha costi contingentati. Ma non potrà accadere che qualcuno realizzi una “spine” costosissima senza poi offrirla realmente ai privati e, lavorando con un solo marchio, diventando di fatto iperufficiale?

“In primo luogo, l’esclusività con questo regolamento non esiste, ogni costruttore LMP2 deve dare la possibilità al marchio che glielo chiede schierare delle vetture. E tutti e quattro i costruttori si devono impegnare a produrre e vendere le LMP2.

Non si può fare una “spine” da due milioni e vendere le auto a 500.000 euro come da cost cap. Sarebbe contro lo spirito delle regole”.

La governance quindi sarà fondamentale…

“IMSA e ACO hanno messo a disposizione due piattaforme, hanno dato l’opportunità alle case di prendere in esame due tipologie. C’è chi ne ha scelta una, e chi l’altra… per agioni interne, di costi, di opportunità… non è importante. Ma il fatto che la stragrande maggioranza abbia detto di si non ha precedenti. Adesso che le case hanno raccolto l’invito, tocca a IMSA e ACO confermare le promesse. Ci deve essere una parità, senza vantaggi ingiusti, altrimenti non funziona. Ci stanno lavorando, e ho fiducia”.

Cosa trova oggi una casa automobilistica in Dallara?

“Quello che una casa trova in Dallara sono soprattutto la competenza e il livello di tecnologia, che non sono solo al passo coi tempi ma vanno oltre. In Dallara si usano sistemi così all'avanguardia, che una casa automobilistica non riesce a dotarsene; parliamo di compositi, meccanica, aerodinamica e delle loro applicazioni. Per le gare, ma soprattutto per il prodotto. Perché se nell’ambito racing ci sono vincoli regolamentari per limitare le tecnologie, al contrario nell'automotive c'è molta più libertà...”.

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