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Fra Benvenuto Bambozzi OFMConv. Scritti 2: Metodi di vita religiosa

2010


fra Benvenuto Bambozzi OFMConv.

Un uomo straordinariamente ordinario Metodi di vita religiosa

da Vita del padre Benvenuto Bambozzi giĂ Maestro dei novizi dei Minori Conventuali scritta dal padre Nicola Treggiari pubblicata in Osimo nel 1876 e 1877 dalla tipografia dei Fratelli Quercetti


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Prefazione Nel mese di marzo 2010 concludiamo le celebrazioni per l’anno bicentenario della nascita del venerabile Benvenuto Bambozzi, frate minore conventuale di Osimo, vissuto in un periodo particolarmente interessante della storia moderna (1809-1875). La sua esperienza religiosa si colloca nell’alveo della spiritualità ottocentesca, imperniata sulla devozione alla passione e morte di Gesù Cristo, e che si sviluppa in un diffuso misticismo che si riflette all’interno dei diversi carismi che arricchiscono la Chiesa. Al tempo stesso la sua “sapienza francescana ci stimola a riprendere la nostra sequela Christi con maggior impegno e con rinnovato entusiasmo... a conoscere meglio questo nostro confratello che resta un modello luminoso di incarnazione del carisma francescano conventuale per i suoi contemporanei, ma che può anche risvegliare in noi il desiderio di viverlo con una simile intensità", come ricordava il nostro Ministro generale nella lettera per questo centenario, inviata a tutto l’Ordine francescano conventuale. Le celebrazioni bicentenarie hanno messo in risalto le caratteristiche della sua esperienza personale e della sua azione apostolica: è stato un francescano povero, obbediente, umile; un contemplativo dai tratti inconfondibili e originali. Apprezzato formatore di giovani, è stato anche ricercato apostolo della riconciliazione e instancabile buon samaritano per ammalati ed anziani. Perciò, continuando l’iniziativa della pubblicazione di suoi scritti, già editi o inediti, abbiamo deciso di presentare quest’anno tre testi in qualche modo simili, che rivelano la sua formazione religiosa e che egli propone anche ad altri perché crescano nella propria consacrazione a Dio.


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Il primo scritto risale al tempo del suo noviziato (nel 1833) e verrà da lui suggerito alla lunga schiera di novizi che egli guiderà. Ne esistono diverse redazioni manoscritte, nella grafia sua o dei suoi novizi, con varianti più o meno consistenti, e con diversi titoli (Riflessioni, Metodo di vita, Sentimenti di un religioso amante della perfezione). Per evitare complicazioni nel riportare le varianti, è stato deciso di utilizzare il testo stampato fin dalla prima edizione, pubblicata nel 1876, della sua biografia scritta da Nicola Treggiari. Il secondo scritto risale al momento di assumere il compito di maestro dei novizi in Osimo (nel 1844). Egli lo presentò al Ministro provinciale, nonché suo direttore spirituale, p. Camillo Arcipreti da Senigallia, per aver l’approvazione del metodo formativo che intendeva utilizzare (cfr. Autobiografia, XV, 107). Vi si nota una evoluzione considerevole della sua spiritualità e l’aumento delle forme devozionali. Il manoscritto reca come titolo aggiunto Metodo di vita scritto per uso privato. Anche in questo caso si è preferito stampare il testo che appare nella seconda edizione della biografia del Treggiari, uscita nel 1877. Infine il terzo scritto risale approssimativamente allo stesso periodo e gli fu richiesto dalla sorella Maria che, dopo il noviziato trascorso tra le Monache Benedettine di Mondavio (Pu) con il nome di Scolastica, in quello stesso 1844 era stata ammessa alla professione solenne. Anche questo testo, come gli altri, non porta un titolo proprio, ma il Venerabile si riferisce ad esso come al Metodo di vita cristiana e perfetta o Regolamento di vita. Qui viene presentato il testo pubblicato nella prima edizione della biografia del Treggiari del 1876, benché questo già rechi alcune varianti al testo manoscritto.


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Naturalmente questi tre scritti si ripetono in qualche modo perché, anche se preparati per diverse occasioni, si riferiscono ad un’unica realtà: la strada della perfezione. Vengono presentati insieme, proprio perché si completano a vicenda. Il fatto, poi, che questi tre scritti furono già pubblicati più di 130 anni fa, richiama la nostra attenzione alla notorietà di cui questo frate umile e ritirato, ma ricercato da tanti come maestro di spirito, era circondato presso i suoi contemporanei. Dal punto di vista linguistico, sono stati seguiti criteri simili a quelli usati per la pubblicazione dell’Autobiografia nel 2009: sono stati conservati i lemmi ancora comprensibili anche se oggi in disuso, completate le preposizioni articolate laddove erano state apocopate, adattata la punteggiatura all’uso attuale. Seguire testi già stampati ci ha evitato la difficoltà di dover interpretare una grafia non sempre facilmente comprensibile, fidandoci dei suoi contemporanei che meglio la comprendevano. Offriamo questi scritti del venerabile p. Benvenuto Bambozzi i quali, anche se riflettono una spiritualità forse non sempre confacente con quella del nostro tempo, tuttavia manifestano un grande desiderio di unione con Dio. Li offriamo all’attenzione dei lettori perché attraverso queste pagine ogni cuore possa aprirsi sempre più a Colui che unicamente dà senso alla nostra vita. fra Giancarlo Corsini Ministro provinciale delle Marche


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Messaggio augurale

Padre Benvenuto Bambozzi è da tanti decenni un punto di riferimento per moltissimi Osimani. La sua tomba, subito all’ingresso della basilica di san Francesco, è sempre meta di una breve sosta, o comunque d’un pensiero, da parte di chi entra ed esce dal santuario. Per tradizione consolidata, tutti salutano padre Bambozzi, tutti chiedono una benedizione. Molti invocano grazie e vi è in Osimo una radicata fama del fatto che parecchie preghiere vengano ascoltate ed esaudite per sua intercessione. La devozione a padre Benvenuto Bambozzi è grande, in città. Eppure di lui i fedeli non conoscono gesta particolari, o accadimenti straordinari, come nel caso di san Giuseppe da Copertino. Si sa solo che era un frate umile e austero, dedito alla contemplazione, alla evangelizzatore e alla educazione dei novizi francescani nel convento; e che frequentava essenzialmente il confessionale, i poveri e i malati. Ma è anche tutto ciò che è sempre bastato per rendere padre Benvenuto Bambozzi facilmente accessibile ai cuori di tutti, specialmente a quelli delle persone più umili, che in maniera istintiva lo sentono particolarmente vicino e sollecito. Oggi che grazie alla solerzia dei frati del convento, su padre Bambozzi e sui suoi scritti, sono stati realizzati studi importanti, risulta pienamente confermato quello che il sentimento popolare ha sempre saputo per naturale intuizione. E cioè che l’umiltà fu il tratto distintivo della vita e dell’opera di questo nostro amato Concittadino e che essenzialmente nell’umiltà sta la sua grandezza. Un’umiltà che lo ha portato alla dedizione più totale della sua vita verso tutto e verso tutti. Per questa ragione, oggi più che mai la figura di padre Benvenuto Bambozzi rifulge come un faro che indirizza gli animi verso le verità eterne. Stefano Simoncini Sindaco di Osimo


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Riflessioni

(alla fine del proprio noviziato nel 1833) Avendo io conosciuto il bene che è la santa Religione, e trovandomi nel mio noviziato, ne trascrivo le risoluzioni, onde rileggerle spesso, almeno una volta l’anno, per vedere se cresco nel servizio di Dio, e molto più per risvegliarmi a salute, se mi trovassi in qualche cosa mancante. Qui prostrato alla presenza dell’Angelo custode, dei santi miei avvocati, invocando con tutto il cuore l’intercessione poderosa di Maria santissima, con l’aiuto efficacissimo della santissima Trinità, non solo per scriverle come dettate dal cielo, ma per esercitarle in tutti i momenti della mia vita per giungere alla santa perfezione sempre con più calore.

Capo I

Della eccellenza della vocazione religiosa 1. Penserò spesso, che dopo la grazia che mi ha fatto Iddio di farmi nascere nel grembo di santa madre Chiesa, la più speciale è quella di avermi chiamato alla santa Religione. 2. Ricorderò sempre che il mio fine è di farmi santo e che tutti i buoni della terra e tutti i beati del cielo mi vogliono perfetto e santo. 3. Voglio a tal uopo imitare sempre l’esempio dei pochi e specialmente dei santi, ricordandomi che se io vorrò imitare l’esempio dei rilasciati, non troverò scusa al tribunale di


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Dio. Dunque risolvo di fare quel che debbo, non quel che fanno gli altri, anche a costo di essere perciò disprezzato e tenuto per sciocco. 4. Avendo imparato che il primo grado per salire a perfezione sono i santi desideri, procurerò sempre averne molti; e sembrandomi di non aver forza di eseguirli, non mi turberò, ma pregherò il benedetto Gesù e Maria a darmela: venendomi poi desideri di cose grandi e future, li porrò nelle mani del Signore, ed intanto verrò praticandoli nelle cose piccole, che posso fare al presente. 5. Vivrò sempre nel santo timore di Dio, finché cerco di fuggire il peccato anche veniale avvertito, e di adempiere per quanto posso i miei doveri, considererò sempre Dio qual mio padre amorosissimo e mio tesoro. Se per disgrazia poi mi dessi alla tiepidezza o facessi poco caso di qualche abito di venialità, e peggio poi se dormissi in peccato, allora considererò sempre Iddio qual giudice terribile che mi sta sopra per condannarmi, se non mi scuoto a piangere e ad amarlo con tutta l’anima. 6. Richiamerò spesso a memoria, che essendo io religioso, sono vittima che si consuma sull’altare di Gesù Cristo, porterò dietro Lui la mia croce qualunque sia, senza lagnarmi, pensando che tutto ciò che mi accadrà dagli uomini o dai demoni, o dalle mie passioni, o dagli sconcerti della natura, per quanto a me sembri cattivo, tutto viene da Dio per mio gran bene; ed io debbo soffrire, tacere e unirmi alla divina volontà.


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Capo II

Della umiltà 1. Ricorderò sempre che io sono un povero nulla, che ho abusato delle grazie e dei talenti che Dio mi ha dato, per formare un mare d’iniquità. 2. Mirerò continuamente Iddio per il gran Tutto, a cui voglio vivere unito, come una stilla in un mare infinito, pensando che quanto più mi vedo misero, tanto più posso coll’aiuto del cielo. Quando mi sembrerà essere qualche cosa, ricorderò che sono un ingannatore di me stesso, e fin da ora stampo nel cuore, che sono il più misero di tutti, e che m’inganno assai, se mi preferisco ad un solo. Se poi vedrò che non posso avere di me concetto, come del più gran peccatore, come si vedevano i santi, ricorderò essere questa la massima delle mie miserie. 3. Per conservarmi ed avanzarmi in questa virtù, godrò colla volontà che tocchino a me gli uffici più vili, le cose più abiette, e che non siano conosciute le mie capacità, anzi godrò che facendo qualunque cosa di bene, me ne venga disprezzo dagli uomini. Ancorché mi riuscisse di convertire il mondo, procurerò sempre riconoscermi come servo inutile. 4. Ricorderò che la correzione è il bene più grande, che io possa ricevere su questa terra: mostrerò sempre che desidero esser corretto anche nelle cose più piccole; e se mi sembrasse non essere reo, penserò tuttavia che ciò può provenire dalla mia fina superbia, od almeno mi abbasserò come reo per tanti altri debiti, che ho avanti a Dio; e se per disgrazia non amassi esser corretto, penserò che comincio a camminare di male in peggio. 5. Qualunque bene farò in vita, dirò sempre che nulla


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ho fatto, perché possono mescolarvisi mille difetti. Poi qualunque bene farò, tutto dipende dalla grazia di Dio, ed altro non dovrò cavarvi che confusione, pensando che potevo far meglio. Mi applicherò a considerare quello che vorrei aver fatto in punto di morte. 6. Stampo indelebilmente nel cuore che il testamento del mio padre Maestro fu che io debba imitare i pochi, annegare quanto posso me stesso, soffrire tutto ciò che Dio vorrà, ed unirmi sempre più alla divina volontà. 7. Non amerò mai di comparire dotto o atto a qualche cosa, non cercherò mai uffici e dignità. Per timore di vanagloria poi non lascerò mai il bene, né di studiare, confessarmi, orare; e dirò anche apertamente al bisogno che debbo essere buon religioso. 8. Ricorderò poi che soprattutto debbo mortificare l’interno, ed a questo effetto ogni giorno fino alla morte godrò che tutto mi avvenga di contro genio. Contrarierò più che posso me stesso, e giudicherò aver fatto qualche cosa di buono, sol quando non posso fare la mia volontà; e tutte le cose buone cercherò farle per piacere a Dio, non mai per soddisfare la mia volontà. Pregherò anche chi avrà cura di me a rompere pure la mia volontà. Insomma terrò a memoria che tanto approfitto, quanto più imparo ad abnegare me stesso.


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Capo III

Della carità 1. Voglio avere carità grande con tutti, mentre devo considerare in Dio ogni persona, per quanto mi sembri cattiva, ma specialmente l’avrò coi miei fratelli con cui convivo, coi quali voglio fare almeno quello che farei con una madre carissima, come dice la santa Regola, ed in particolare coi vecchi, ammalati, e coi naturali di contro genio. 2. Vedendo del male specialmente nei fratelli, parendomi espediente correggerò caritativamente a tempo opportuno, altrimenti posto il consiglio, ricorrerò ai superiori, ma solo per motivo di carità. 3. Se Dio mi desse grazia di predicare, voglio farlo in modo vantaggioso a tutti specialmente agli ignoranti, non mai con stile ricercato né per riceverne lodi, né per guadagnar denari. Se ciò non potessi, procurerò almeno predicare tutti i momenti di mia vita col buon esempio, col discorrere spesso di Dio, delle massime eterne, del merito che ha Gesù di essere amato, del disprezzo del mondo, affinché sia conosciuto traditore qual è; e specialmente voglio far molto colla orazione, che intendo fare tutti i momenti di mia vita, per distruggere il peccato, e tirar tutto il mondo a salvezza. Soprattutto pregherò caldamente per gli ecclesiastici, poiché santificati questi, il mondo sarebbe riformato; perciò voglio piangere sempre per i loro peccati, che più di tutti trafiggono il cuore a Gesù. 4. Se andrò qualche rara volta, e per motivi solo di carità o di pietà, a trovare i parenti, mi tratterrò fra loro poco tempo in discorsi profittevoli alla loro anima, mostrando esemplarità in ogni mia azione, col non cercare mangerie, visite né


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divertimenti. Assente scriverò loro assai di rado e solo per motivi santi, mostrando lo spirito del mio stato: e che il maggior bene sia mio che loro consiste appunto in un perfetto distacco. Farò loro qualche dono devoto o rimuneratorio, e terrò stampato nel cuore che il soverchio affetto verso i parenti è una empietà contro Dio nelle persone religiose.

Capo IV

Della scelta di un buon direttore 1. Procurerò avere un buon direttore e mi aprirò più che posso a lui, specialmente in principio le mie inclinazioni cattive e buone, i desideri, le tentazioni notabili o scrupoli che avessi, o la troppa larghezza di coscienza; il modo di camminare, le orazioni vocali e mentali ed anche i frutti di esse. Dirò se studio a dovere cose convenienti al mio stato, se adempio i miei uffici. Dirò le penitenze e mortificazioni notabili che faccio, ed i desideri o contro genio che sento in farle; le conversazioni, il ritiro, e tutto l’impiego del tempo: insomma gli farò note tutte le cose. Almeno una volta l’anno gli aprirò tutto l’interno di quel tempo, onde veda, dietro le nozioni della vita passata che gli darò, se vado avanti o indietro nella via del Signore. 2. Procurerò essere aperto più che posso coi miei superiori rispettivi, ai quali il Signore dà sempre lumi maggiori per dirigere i sudditi. Terrò sigillato nel mio cuore che tutto il mio bene viene dal saggiamente consigliarmi.


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Capo V

Della rinnovazione dei voti 1. Rinnoverò spesso i voti fatti e specialmente quelli nei quali mi sentirò più tentato, ricordando che i voti sono le mie ali per volare alla santità. 2. Essendo i voti l’essenza del mio stato, terrò l’obbedienza per mia propria divisa e perciò ove non conosco manifestamente peccato, eseguirò tutto ciò che mi viene comandato senza replica, anzi dove posso, preverrò il comando. Se per disgrazia cercassi di stare in conventi, uffici o cariche o aver altro di mio genio, ricorderò che non sono più francescano, e che cerco mansioni in questa terra. 3. Di più, per far tutte le cose col merito dell’obbedienza, mi assoggetterò dopo quella del superiore a quella del direttore dell’anima mia anche nelle cose più minute. In una parola penserò sempre che non sono le molte azioni che mi devono far santo, ma solo l’esatta obbedienza. 4. Ricorderò spesso che entrando in Religione, lasciai nel secolo la propria volontà e ogni mia ragione: e godrò quando vedrò morire le mie ragioni, né mai mi difenderò, se la carità, o il bene altrui non mi obbligheranno a farlo; e dirò le ragioni con santa semplicità, egualmente contento se sarò creduto, o no. Non dirò mai “questo tocca a te, non tocca a me”, ma godrò essere servo di tutti, e sarà mio piacere far tutto ciò che gli altri lasciano. Temerò in questi casi che lo Spirito di Dio si allontani da me e divenga religioso solo di nome. 5. La castità fa simili agli Angeli, e innalza alla cognizione delle cose celesti, ci unisce strettamente allo sposo delle anime Gesù Cristo, sarà la mia prediletta e la osserverò più esattamente che posso, guardandomi da geni carnali, da


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discorsi anche leggermente osceni, dalla lettura di romanzi, e da qualunque altra cosa, che insensibilmente porta al vizio opposto, come fuoco muto che brucia senza avvedersene. Fin da ora prendo Maria per mio sostegno, il suo santo sposo Giuseppe per testimonio; l’Angelo mio custode per maestro e difesa, e soprattutto Gesù Cristo sposo unico del mio cuore mirando sempre a che l’ha ridotto l’amore per me! La castità è la carrozza che mi conduce a Gesù! 6. Non cercherò mai attillature e morbidezze per ricoprire me stesso; terrò sempre almeno la camicia e mutande anche dormendo, e nella necessità di cambiarmi procurerò di non guardar mai me stesso. 7. Prenderò il letto, come lo dà la Religione, senza lagnanze, godendo anche sia il peggiore di tutti, e non avendo molte brighe lo aggiusterò da me. 8. Ricorderò che devo custodire i miei occhi non solo da novizio, ma sino alla morte, e perciò li chiuderò a molte curiosità e svagamenti, mortificandomi anche in cose lecite non necessarie, affinché mi riesca più facilmente farlo nelle illecite. 9. Mortificherò l’odorato, e godrò di soffrire qualche male odore, specialmente per assistenza agli infermi, vecchi, poveri, o altre persone sudice, che avrò in compagnia. Terrò in cuore che è un gran vitupero sentire un religioso che cerca odori e che si lagna dei cattivi. 10. Nella necessità di prendere cibo, dirigerò a Dio quest’atto, pregandolo della sua grazia per non peccarvi; e potendo bacerò la terra o rammenterò quello che facevano i santi, e quel che fanno tanti mendici privi di tutto. Assisterò devotamente alla benedizione della mensa e attenderò quanto posso alla lezione che ivi si fa, quindi osserverò rigoroso silenzio. Attenderò a praticare qualche mortificazione di gola, anche


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in minima parte. Mi contenterò di tutto ciò che mi sarà presentato e mi guarderò dallo scegliere le vivande. Voglio essere molto parco nel vino, e fra giorno ordinariamente non berrò mai meno che acqua per grave necessità. Se poi avrò spirito di fare mortificazioni notabili, dipenderò dal direttore, e tutto lascerò in mano degli ufficiali religiosi per distribuirlo ai poveri come piace al superiore. Ricorderò essere venuto in Religione a fare penitenza, perciò ogni giorno mortificherò i sensi esterni; soffrirò rassegnato il caldo, il freddo, l’infermità e qualunque disagio. Cercherò qualche piccolo incomodo nel sedere, nello stare, nel dormire. Quando non vi sarà disciplina comune, la farò in privato secondo che mi sarà permesso. Per memoria del cuore ferito del Redentore porterò o qualche catenella a punta od un cuore con punte di ferro, premendole qualche volta specialmente nelle tentazioni e inquietudini, sempre però con dipendenza. 11. Mirerò questa terra come luogo dove si sta pochi momenti, per prendere quante ricchezze vogliamo, per goderle in eterno; perciò voglio distaccarmi da tutto ed immergermi nei beni del cielo. 12. Per conservare l’altissima povertà francescana, mirerò tutte le cose che uso come avute per carità; mi guarderò da ogni lindura nel cappello, nella tonaca, ricordandomi che in me tutto deve essere povero, e mi adatterò all’esempio dei frati più assennati e non al genio giovanile. I sottabiti cercherò che siano fatti solo per bisogno e pochi: anzi godrò che tutte le cose di mio uso eccedano nella semplicità, per esserne contento in morte. Nei libri non cercherò legature squisite, ma mi contenterò averli scelti di morale, ascetica, vite dei santi e cose simili, e sarò contento farli leggere ad altri, perché imparino ad amare molto Iddio. 13. Nell’uso del denaro mi atterrò scrupolosamente alla


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Regola spiegata dalle nostre Costituzioni, e se il superiore vorrà che io tenga qualche cosa in denaro per le spese minute, procurerò di spendere soltanto in cose necessarie e per i poveri. 14. E qui soggiungo che siccome la nostra natura, nell’uso delle cose e del denaro, non dice mai basta; così godrò pure che mi manchi il necessario, facendovi spesso l’esame con la morte presente. La sentenza del mio p. Maestro è che “Molti religiosi si dannano per la povertà non osservata”. 15. Se l’obbedienza mi porrà a fare gli affari del convento, mi regolerò secondo la modestia e povertà religiosa. Sarò proclive che il convento faccia limosine, e mi assoggetterò ad avere qualche cosa di meno a tale effetto. 16. Non giocherò mai ad alcun gioco, e chiamerò veleno profondere in simile guisa il denaro. Mi adatterò ai giochi indifferenti per non essere singolare, e sarò indifferente ad aver compagni bravi, o stupidi, a perdere o vincere, rammentando che il religioso è un uomo tutto di Dio, che non deve esser trascinato dalle passioni, e che deve essere mortificato in ogni cosa.


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Capo VI

Della devozione 1. Cercherò sempre una devozione sostanziale che so non consistere in tenerezze, consolazioni, dolcezze, ma nell’essere sempre pronto a servire Dio egualmente in mezzo alle pene. Penserò che giova assai la quiete e la devozione sensibile, quando possono aversi; ma che Dio vuol sempre opere e coraggio, per fuggire il peccato ed esercitarsi nelle sante virtù. Terrò sempre in memoria che Dio dà molte grazie, e comunica se stesso alle anime generose che perseverano nel suo servizio nelle aridità di spirito, avversità, e disturbi. 2. Mi guarderò dal deridere mai la devozione o i devoti, né mi unirò con chi li avvilisce. Che se alcuni fossero falsi devoti, non per questo li disprezzerò, anzi pregherò per essi, li istruirò potendo, perché diventino veramente devoti. 3. Farò sempre gran pregio di tutte le solennità e misteri che ci fa celebrare la santa Chiesa, ed anche delle feste di Maria santissima, e cercherò prepararmici più che colle preghiere, con qualche virtù, con lo spogliamento di tanti difetti, con l’imitazione delle virtù di quei santi di cui si fa festa. 4. Praticherò spesso la visita della Via Crucis, ed ogni giorno visiterò il santissimo Sacramento: rammenterò spesso la passione di Gesù, e guarderò il suo cuore ferito, in cui vorrei sempre abitare, ed ivi mirar di continuo quanto costi l’anima mia e quelle del mio prossimo. Farò spesso memoria dei dolori di Maria santissima, mia dolce madre, e tengo per certo che quanto più mirerò in questi in tempo di pene o tentazioni, tanto più mi farò santo. 5. Farò gran conto di acquistare tutte le indulgenze che posso, e applicarle a suffragio delle anime purganti, per le


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quali intendo offrire anche tutto ciò che farò di bene, o che soffrirò di male. 6. Quanto più mi sembrerà indebolire nel servigio di Dio, tanto più senza diffidenze, mi darò con pace alla fuga dei peccati, alla mortificazione di me stesso ed all’esercizio delle virtù; e se mi sembrasse anche disperata la mia eterna salvezza, pure, invece di avvilirmi, voglio darmi ad opere sante, rammentando al mio cuore che chi confida molto non perirà in eterno. 7. Avrò grande amore alla Madre di Dio, all’Angelo mio custode, agli altri santi dell’Ordine, a s. Giuseppe sposo di Maria, ai principi degli apostoli, al mio protettore, e a tutti i santi del cielo, che tutti desiderano vedermi santo. 8. Farò concetto altissimo della santa Messa, e ne ascolterò più che posso. Se Dio benedetto mi innalzerà al sacerdozio (di cui mi confesso indegnissimo, né mai ardirò desiderarlo) celebrerò con somma devozione, modestia, e posatezza, e stimerò veleno ciarlare, guardare od altro d’improprio nell’appararmi, o spogliarmi dei sacri abiti. Mi propongo attendere alla preparazione remota col distaccamento dalla terra, con la devozione ed unione al grande Iddio: né lascerò mai la preparazione prossima con detestare sempre più i peccati, e con dare a Dio tutto me stesso, e vivere come perfetto olocausto del suo cuore dolcissimo; pregherò in particolare Maria a supplire per la mia indegnità. Dopo la Messa mi propongo fare mezz’ora di ringraziamento, e lo abbrevierò qualche poco, ove mi chiamassero o l’obbedienza o la carità del prossimo o il servigio della Chiesa, per rimetterlo ad altro tempo. 9. Praticherò l’esame di coscienza su qualche difetto particolare, che prendo a distruggere, e sulla recita dell’Ufficio ed altri miei religiosi doveri: quindi chiederò


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pacifico perdono di tutto ciò che conosco di male in me; farò propositi di emenda e procurerò eseguirli. 10. Mi confesserò una o due volte alla settimana ed anche più secondo il bisogno. Farò la confessione annuale, ed avendo esercitato uffici notabili, la farò generale in fine. Mi propongo fare la preparazione per dispormi, ma senza inquietezza e sollecitudine appoggiato alla grazia del Signore. Accusati con umiltà e dolore i miei peccati nel sacro tribunale, e ricevuta la santa assoluzione e la penitenza, ringrazierò cordialmente il benedetto Signore, e farò la penitenza. 11. Per non aver distrazioni nella recita del divino Ufficio, e di tutte le altre pratiche di devozione, procurerò vivere mortificato e raccolto in Dio benedetto, e in totale diffidenza di me stesso. Se ad onta della diligenza che mi propongo usare, verranno pensieri, tentazioni, senza prendermi pena richiamerò pacificamente l’attenzione all’azione che fo; ritornando nuovi disturbi, mi umilierò avanti a Dio e farò poco caso della mia pazza fantasia. Se ciò non bastasse, farò mille atti di rassegnazione di dover soffrire simili miserie, o domanderò perdono di quanto mancai. 12. Farò ogni giorno qualche poco di lezione spirituale. Ogni settimana leggerò qualche punto della Regola, e fin da ora mi propongo studiare di proposito teologia morale e direzione di anime. Quando piacerà a Dio abilitarmi ad ascoltare le confessioni voglio farlo con carità e zelo; e ricorderò che per stare al confessionale dovrei avere un mare di pazienza, e sarà mio piacere togliere sonno agli occhi, e soffrire altri incomodi per confessare in qualunque tempo e circostanza sarò richiesto. Mi mostrerò contento pure assistere ai moribondi, quantunque avesse a costarmi anche la vita. Se gli uomini si perdono per acquistare la terra, non farò io di tutto per guadagnare le anime redente col sangue divino? Non mi


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affaticherò per abilitarmivi; non mi esporrò a qualunque incomodo per esercitarmivi? 13. L’unico mezzo che debbo adoperare per effettuare i miei propositi è la orazione; perciò la farò sempre o almeno pregherò Iddio a darmene lo spirito. Quanto alle orazioni vocali, ne dirò piuttosto poche e buone che molte e strapazzate. Di queste orazioni vocali accrescerò il numero, quando mi troverò meno abile alla mentale. In altre circostanze le diminuirò; e per non sbagliare farò a piacere di chi mi guida. Ma la massima mia necessità è la orazione mentale o sulla passione di Gesù, o sui dolori di Maria, o sulle massime eterne, o in altro che mi sembrerà più vantaggioso. Non trascurerò poi specialmente nei ritagli di tempo recitare sante giaculatorie per ripararmi dalle tentazioni, ed unirmi con Dio. E ad ogni orazione procurerò cavarne profonda cognizione del mio niente, della pessima mia corrispondenza alla grazia, confidenza in Dio e grande amore verso di Lui. Insomma m’empirò la mente delle grandezze del cielo pensando che sebbene la mia miseria mi rende degno di mille castighi, pure non debbo sgomentarmi, ma chiedere perdono, darmi alla fuga del peccato, alla pazienza nelle avversità, all’esercizio della virtù, specialmente dell’abnegazione di me stesso. 14. Cercherò di approfittare in queste cose coll’esercizio della presenza di Dio, ricordando che io son penetrato da Dio, più che una stilla d’acqua gettata in mezzo al mare: non potendo poi approfittare in questo modo, procurerò almeno far tutte le cose mie come se vedessi Dio a me presente.


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Capo VII

Della regolare disciplina 1. Avrò sempre a cuore la regolare disciplina e la religiosa osservanza, senza mai desiderare rilasciamenti e dispense, ma voglio sempre attenermi alla Regola ed alle Costituzioni. 2. Ricorderò che tutte le conversazioni devono essere condite di santa modestia e buon esempio, lontane anche dal minimo peccato veniale, e se mai amassi conversazioni differenti da queste, penserò che torno ad attaccarmi alla terra e fuggo dal fine prefissomi. 3. Una sola è la vera amicizia, cioè Iddio: perciò mi guarderò da ogni amore di genio e da corrispondenze sciocche. Tutte queste le sacrificherò a Dio per godere nella patria beata, e ricorderò che di ogni affetto negato alle creature riceverò il centuplo da Dio in questa vita, e la gloria eterna nell’altra. Tuttavia sarò amico di tutti secondo il vangelo, ed anche con persone di controgenio, e che mi fanno del male; e secondo che posso li beneficherò tutti, mi mostrerò misericordioso con i poveri, riconoscente a quei che mi faranno del bene. Userò poi verso tutti quegli atti di civiltà e cortesia, confacenti ad un religioso modesto. Aborrirò i trattenimenti vani, in una parola tratterò con gli uomini per necessità e carità soltanto, onde aver tempo di trattare col mio Dio; e mi guarderò con scrupolo dal dare scandalo, o arrecare il minimo pericolo a me o agli altri. 4. Confesserò schiettamente che sono inimico dei doni e dei regali: abborrirò sempre le protezioni o le lodi; mi terrò lontano dal cercare notizie, lettere di complimento e tante altre sciocchezze, ove spesso si perdono anche i saggi.


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5. So che il silenzio è l’anima del religioso, e lo amerò più che posso; sarò assai parco nel proferir parole, e lontano sempre dalle secolaresche, piccanti ed equivoche. 6. Terrò sempre da me lontano l’ozio, padre di tutti i vizi: applicherò il mio tempo migliore nella orazione e studio, e a compiere esattamente gli uffici che avrò. Finita la moderata ricreazione, mi ritirerò subito in cella per rientrare in me stesso, e attendere più santamente che posso alle coserelle mie. Il tempo vale tanto quanto vale Dio! Quando sarò stanco dello studio mi applicherò ad altre cose più leggere, come visitare la chiesa, guardare il crocifisso, o altre immagini devote, ed anche opere manuali proprie di un religioso, salvi sempre i miei doveri. 7. Sarò amico tanto dell’abito religioso, che per quanto posso non mi farò mai vedere, né riceverò alcuno in camera senza questo. 8. Ricorderò sempre che non si potrà mai essere buon religioso senza mortificazione interna ed esterna, ritiro ed orazione, e molto meno voglio essere di quelli che vivono fuori di sé e sono come le bandieruole del campanile. 9. Al passeggio ordinariamente uscirò soltanto la sera, meno i giorni di grande concorso di popolo: fuggirò quanto posso le strade o passeggi più frequentati, e godrò avere per compagno qualche mio confratello o prete di santo pensare. Cercherò di visitare qualche chiesa e gli infermi specialmente poveri e derelitti, e tornerò in convento prima dell’Ave Maria. 10. Non voglio mai andare a caccia, tenere uccelli in camera, ma ricorderò che debbo essere cacciatore di anime, e che invece di pensare agli uccelli, debbo pensare ai poverelli di Gesù Cristo. 11. Fuori di gravissima necessità ricorderò essere molta dissipazione e contrario al mio stato l’andare a feste, a fiere,


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ad altri spettacoli pubblici benché innocenti. 12. Ricorderò ancora che è un veleno al religioso far viaggi per veder città e cose grandi del mondo sotto aspetto di visitar santuari o istruirsi; molto meno a musiche strepitose, a conversazioni, pranzi, villeggiature di secolari, meno che lo esigesse la causa di Dio, non essendovi ombra di peccato. 13. Ricorderò pure che il tempo del carnevale e di altre letizie mondane per il buon religioso è tempo di lacrime, di orazioni, di ritiro e di esortazione ai fedeli a ritrarsi da simili pazzie. 14. Procurerò soprattutto ogni giorno mortificare la lingua; non interromperò mai gli onesti discorsi degli altri, né rinfaccerò mai il male alle persone nel tempo che penano per averlo commesso; non deriderò mai alcuno, meno qualche innocente lepidezza con chi ne è contento. Procurerò di dire il bene che posso di tutti; del resto tacerò. Non loderò le persone quando la lode può esser motivo di vanagloria. Parlerò sempre bene assai della Chiesa, dei pastori, prelati, e degli ordini religiosi. Prudentemente correggerò o mi allontanerò dai mormoratori; e se non posso allontanarmi, né correggere, mostrerò almeno serietà per non cooperare. Ricorderò che prima di parlare debbo pensare. 15. Qualunque contesa o vertenza incontrerò, prima di parlare e di risolvere, aspetterò che si calmi il mio naturale; specialmente non farò alcun passo senza i miei superiori, ove anche pericolasse la mia fama. 16. Sapendo che la pace è la santità stessa dell’anima, mi mostrerò sempre pacifico e cortese con tutti, specialmente coi religiosi, ancorché ve ne possa essere alcuno di controgenio. Condiscenderò per lo più in tutto ciò che si può senza peccato; per impedire qualche male, sacrificherò in qualche cosa l’interesse temporale per provvedere alle anime.


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17. Procurerò non ingerirmi in affari di secolari se non quando ciò suggerisse la carità, la giustizia, l’obbedienza o altra virtù propria del mio stato. 18. Non imiterò mai quei politici che si mostrano tutto a tutti, e forse non fanno nulla, o s’immergono in cose improprie del loro stato; ma voglio piuttosto far molto a pro di chiunque sia, ed in ciò che non posso, o che non conviene al mio stato, dirò schiettamente di no, guardandomi soprattutto da qualunque raggiro. 19. Fuggirò quanto posso la malinconia, pensando che la vera allegrezza consiste nella pace del cuore, nel vivere santamente e riconcentrati in noi stessi, mostrandoci allegri con tutti con santa modestia e religiosità. Non voglio certo essere di quelli che vivono quasi sempre in mille leggerezze, e credono camminare alla perfezione. Voglio insomma imitare l’allegrezza che avevano i santi e non quella degli sciocchi, che solo allontana dalla via del Signore.


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Metodo di vita

(sottoposto al suo direttore spirituale nel 1844, all’inizio del suo servizio come maestro dei novizi) Sempre che mi desto la notte, purché non rimanga preoccupato da qualche atto di contemplazione ammirativa, faccio almeno coll’interno assidui atti d’amare, lodare ed encomiare il grande Iddio, specialmente dicendo: “Gloria al gran Dio, al gran Re, al gran Tutto, gloria in eterno, gloria, gloria, gloria in eterno. Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo; a Maria, ai santi tutti del cielo, gloria in eterno”. Destandomi per alzarmi, mi trovo per lo più in simili atti: se mi sta in testa che la levata è troppo sollecita, o se mi si para davanti altro incomodo, faccio atti di esser contento di far penare in quel modo il mio corpo, e se non gli basta, gli darò un poco di più disciplinandomi. Se mi sembra che l’ora sia più tarda della prefissa per alzarmi, faccio atti grandi di rassegnazione, di umiliazione, o di amore al grande Iddio, in modo assai più intenso per rifarmi del passato. Nulladimeno però, per non uscire dalla pratica ordinaria di santa Chiesa, principio a vestirmi facendomi il segno della santa croce, poi vengo recitando posatamente gli atti di fede, speranza, carità e contrizione, quindi tre Ave Maria alla Madonna, un Pater ed Ave all’Angelo custode, altro al santo di cui porto il nome, ed altro per tutti i santi miei avvocati; di poi “Eterno Padre, vi offro il sangue ecc.”. Se poi ancora vi è tempo, vado ripetendo queste orazioncine o gli usati atti del cuore, o d’esser tutto di Dio. Col pensiero alla passione e morte del buon Gesù, prendo la disciplina: prostrato in terra, adoro e ringrazio la santissima Trinità, baciando tre volte la terra.


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Dico l’orazione “Eccomi, o mio amato e buon Gesù ecc.” e termino “Foderunt ecc.”. Battendomi dico il salmo “Miserere ecc., Deus misereatur nostri, De profundis”, quindi “A fulgure et tempestate” fino al n. 4, come si dice al benedire le campagne: “Ut Ecclesiam tuam sanctam ecc.; ut domnum apost. ecc.; ut inimicos sanctae Ecclesiae ecc.; ut regibus et principibus christianis pacem, ecc.; ut omnibus fidelibus defunctis, ecc.” poi nove volte “Kirie eleison”, come si dicono nella Messa: “Christus factus est pro nobis obediens ecc.” col versetto “Te ergo quaesumus ecc.” e l’orazione “Respice ecc.” quindi alla Madonna la “Salve Regina ecc. Sancta Maria succurre ecc.” col versetto e l’orazione in proposito. Aggiungo poi l’Angelus Domini, se è circa il suono dell’aurora; di più qualche altra cosa secondo i giorni ed altri bisogni particolari che avessi. Al lunedì, come dedicato in modo speciale a suffragare il purgatorio, dico tre volte “Ut omnibus fidelibus defunctis requiem aeternam ecc.”, poi qualche lode replicata a tutti i troni degli angeli, ponendoli con preghiere in proposito come tanti intercessori per liberare le anime ed onorare il gran Tutto. Al martedì qualche lode e preghiera a s. Antonio di Padova, qualche offerta del sangue preziosissimo di Gesù e lode al santissimo Sacramento. Al mercoledì varie lodi e preghiere a s. Giuseppe sposo ed al patriarca s. Francesco, ai quali dedico questo giorno, e dai quali spero grandi cose; da s. Francesco per esser io nella sua Religione, e per esser egli l’imitatore vivo di Gesù, da s. Giuseppe per essere il padre putativo di Gesù, custode fedelissimo di tutti specialmente mio, che da molto tempo spesso me lo vedo attorno. Oh, glorioso santo ora principio ad amarvi molto, e vorrei vedervi amato da tutti.


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Al giovedì qualche lode e preghiera forte al santissimo Sacramento, mentre questo è ogni mio bene e il mio gran Tutto. Ogni giovedì è divenuto un gran memoriale e giorno di amor nuovo per me. Al venerdì disciplinandomi colle stellette, lascio il salmo “Deus misereatur ecc.” mettendo invece varie offerte del sangue prezioso di Gesù; alla Madonna lascio la Salve Regina, mettendo invece la maggior parte dello Stabat Mater. Questo giorno, per aver patito Gesù e Maria è l’unico che mi conforta in questa valle di pianto, e mi fa sperare grandi cose per la sposa di Gesù Cristo, e specialmente per sanare le piaghe pressoché insanabili della povera anima mia, e per vivere e morire entro la piaga, o cuor ferito del benedetto Gesù, sostenuto e protetto dal cuor trafitto di Maria. Al sabato qualche preghiera e lode grande a Maria, quale io miro come unico sostegno e vita. In questo giorno fo anche memoria del beneficio della creazione, che sempre sembrami nuova, e lo tengo come un preparativo sia in figura che in realtà della domenica. Alla domenica faccio qualche preghiera e lode in proposito di un tal giorno, ed è questo per me il giorno di tutti i giorni, che solo in paradiso ne saprò dire qualche cosa. Termino la disciplina baciando tre volte la terra, e recitando un Pater ed Ave per tutti i bisogni di santa madre Chiesa. Principiando l’orazione più formale, farò tre volte il segno della santa croce, ripetendo ogni volta: “Sia benedetta la santissima Trinità adesso e sempre e per tutti i secoli dei secoli. Amen.” Quindi umiliato tutto, e come immerso e confidato nel sangue del mio Gesù, esaminerò la mia povera coscienza e per lavare, cancellare e purgare tutti i peccati ed imperfezioni che mi ritrovo di quella notte e dopo l’ultima confessione, e


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poi per tutte le infinite mie colpe, ingratitudini e miserie offro questo sangue preziosissimo ed i meriti infiniti di Gesù e di Maria, dei santi e beati tutti e dai quali riconosco il mio essere e vita, specialmente il non essere caduto da gran tempo nel luogo più terribile dell’inferno. Farò una delle sette adorazioni che faccio entro il giorno per ringraziare nuovamente, ottenere i sette doni dello Spirito Santo e per altri fini infiniti. Alla prima genuflessione e prostrazione del corpo dico: “Vi adoro, o infinito torrente, o Padre eterno Iddio, ed ecco il sangue e la mia vita per confessarvi, non ostante la mia infinita indegnità, che abbiate solo a riguardarmi, pure spero di fare in tutte le cose la vostra somma volontà”. Alla seconda genuflessione e prostrazione dico: “Vi adoro, eterno Verbo Iddio, ecco la mia vita e sangue, per confessarvi quello che veramente siete, ma sebbene mi conosca indegnissimo che abbiate solo a guardarmi, pure aiutatemi e farò in tutto la vostra santissima volontà”. Alla terza genuflessione e prostrazione dico: “Vi adoro, o eterno Spirito Iddio, ecco la mia vita e sangue per confessarvi: sono indegnissimo che abbiate solo a soffrirmi vivo, pure per vostra bontà infinita, fate che io possa adempire d’amarvi infinitamente come meritate e volete”. Per adorare e confessare Gesù fatto uomo, vero Dio e vero uomo, dando la mia vita e sangue com’Egli ha fatto per me, a vista del mio niente e miserie infinite, prostrato profondamente bacio cinque volte la terra in segno di croce, come se baciassi le cinque piaghe fattegli sul calvario. Quindi cinque Gloria Patri, come mandando da ciascuna piaga saluti degni alla santissima Trinità. Poi per adorare in qualche modo tutto il cielo col mezzo di queste piaghe amorosissime dico per cinque volte: “Vi adoro, o bella Maria, serafini, cherubini, troni, dominazioni, virtù, potestà, principati, arcangeli, angeli”.


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Prostrato di nuovo in terra, la bacio tre volte in onore della santissima Trinità, ossequiando il mistero o santo protettore dell’anno, il santo di cui porto il nome, il Re e santi tutti del cielo; perciò dico tre volte: “Vi adoro, s. Giovanni, s.Benvenuto, Re e santi tutti del cielo, vi adoro in eterno”. Qui do tutto me stesso e cento milioni di vite, se le avessi, alla santissima Trinità, mirandomi come tutto di Dio e costituito avanti alle tre divine Persone, avendo al lato destro il Redentore, e al sinistro Maria, all’intorno s. Giuseppe sposo, s. Francesco, s. Pietro, s. Paolo, gli altri avvocati e beati tutti del cielo: inabissato come sotto tutti i dannati per le mie brutture, come morto e perduto tutto nel mio sposo Gesù, affidato a tutti quei del cielo, rinnovo la santa professione, dicendo: “Grandissimo mio Dio, mio Tutto, con tutta la purità, amore e semplicità di affetto, rinnovo il gran sacrificio di vita ed osservanza religiosa già fatto, e intendo rinnovare questa santa professione adesso e quante volte prenderò fiato in questo giorno ed in tutta la mia vita: intendendo di farla con quella perfezione di volontà, con cui l’hanno fatta tanti santi e il mio patriarca s. Francesco. Anzi la unisco alle operazioni del Redentore, e intendo di presentarla all’eterno Padre in unione e con quella perfezione (per quanto è da me) con cui Egli diresse al Padre le sue operazioni stando fra noi in carne mortale. Perciò unisco e consacro a Gesù tutti i miei pensieri, parole ed opere, pregandolo sempre ed infinitamente, onde si adempia in me il suo santo volere, per cui mi ha creato, fatto cristiano e chiamato alla santa Religione. Amen.” Coll’aiuto infinito di Dio mi metto avanti il mio gran niente, penetro gli abissi delle mie grandissime miserie, nere ingratitudini e peccati: mi confesso il peccatore più scellerato di tutti i demoni dell’inferno e di tutti gli uomini che sono stati e saranno mai sulla terra ed anche indegnissimo di fare quest’atto.


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“Innalzandomi poi nel più alto del cielo godo adesso ed in eterno, che voi, o mio Dio, siate il Tutto ed imperscrutabile; godo infinitamente delle infinite vostre perfezioni. Godo che tutte le creature, che sono in cielo e in terra, vi diano gloria, lodino e magnifichino; godo che sebbene facciano quanto possono, pure non fanno niente a confronto di quanto voi meritate; godo, e sebbene è impossibile, vorrei esser Dio per godere e rallegrarmi degnamente, che voi siate quel gran Dio che siete. Conoscendovi sommo bene, infinitamente amabile per voi stesso, vi amo infinitamente, e desidero amarvi con tutta quella perfezione ed amore, con cui vi hanno amato, vi amano e vi ameranno in eterno tutte le creature ed i beati tutti del cielo, con tutta quella perfezione divina, colla quale avete amato, amate ed amerete voi stesso, ringrazio vostra divina Maestà che amando se stesso, supplisce al debito, che abbiamo noi di amarla. Amen.” Adorando di nuovo la santissima Trinità, piango tutti i miei peccati, quanto li hanno pianti o li piangeranno mai tutti gli uomini della terra; anzi vorrei piangerli con tanta profondità ed intensità, quanto furono profondi ed intensi i dolori di Maria e del Verbo umanato. “Oh, potessi qui consumare mille vite ogni momento, per dare qualche ombra di soddisfazione e di ringraziamento alla misericordia infinita di Dio, che non mi ha cacciato nel profondo abisso dell’inferno, come avrebbe potuto! Grandissimo Iddio, giacché del mio non ho altro da darvi, che fango e miseria, perciò vi offro tutte le vostre divine perfezioni, tutti i meriti infiniti di Gesù e di Maria vergine, di tutti i beati e di tutti gli eletti, mentre tutto questo e tanto più vi darei, se l’avessi.


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Passato che sia per la misura della santissima volontà di Dio (quale solo voglio per mia Regola) desidero patire ed operare per amor vostro, Bontà infinita, quanto si è patito ed operato, si patirà ed opererà da tutte le creature a vostro onore e gloria. Desiderando in eterno e particolarmente in quest’oggi di potervi lodare, magnificare, esaltare, quanto vi lodano, magnificano, esaltano ed onorano tutte le creature ed i beati insieme; e quanto fate da voi stesso in amandovi.” Qui spandendomi tutto avanti a Dio col massimo fervore ed umiltà, dico il Veni Creator Spiritus, con i versetti ed orazione in proposito allo Spirito Santo, a Maria santissima, al patriarca s. Francesco ed altri santi per riempire tutta la terra dello Spirito Santo, e specialmente la povera anima mia, onde operare e vivere tutto infiammato della luce divina in tutta la vita, ed in modo particolarissimo in questo giorno, specialmente per uscire dalla prima meditazione, che sono per fare, uomo tutto nuovo secondo Gesù Cristo, e per ricevere ed amministrare i santi sacramenti in questo dì, con tutta quella purità e perfezione di volontà, con cui l’hanno ricevuti e amministrati tutti i santi sacerdoti e lo stesso Gesù Cristo nello istituirli. Ohimè, che al riverbero della luce dello Spirito Santo sembrami vedere tutto il mondo ripieno della luce dei celesti doni mille volte più che non fa il sole di mezzogiorno; ed oh, come gli uomini chiudono gli occhi alla luce divina! Ed oh, le grandi miserie e peccati! Oh, chi potrà concepire quanto saranno profonde le miserie ed iniquità della povera anima mia! Angelo mio custode, s. Benvenuto mio caro, diletto Giovanni, mio amato protettore s. Francesco, mio caro padre s. Giuseppe sposo, che continuamente guardate me, ed altri cari avvocati, deh, santificatemi quanto lo desiderano Gesù


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e Maria, e aiutatemi a santificare tutta la Chiesa militante e purgante. Ma per meglio conoscere quello ch’io sono ed ottenere l’effetto dei miei accesi desideri, innalziamoci ad implorare l’aiuto di tutto il cielo. I. Angeli benedetti ed anime fortunate, siano a voi gloria e lode. Presto offrite il sangue prezioso di Gesù alla santissima Trinità per ottenere il perdono dei miei peccati, per quelli di tutto il mondo, e per cavare tutte le anime dal purgatorio, onde tutta la Chiesa viva unita al suo sposo Gesù. In particolare ottenetemi profondissima umiltà, quanta ne desiderano da me Gesù e Maria; e io riconoscendomi il più misero dei redenti dal Verbo incarnato mi pongo sotto i piedi di tutti i demoni, e vi prego ottenermi al doppio questa bella virtù dell’umiltà per tutta la sposa di Gesù, in modo speciale vi prego per il papa, i pastori, i religiosi o persone dedicate a Dio in modo speciale, e per tutti gli uomini di buona volontà. Assai più poi vi prego per i miei religiosi, parenti, sudditi o figli spirituali, e per tutti quelli che a me si raccomandano, e per quelli pei quali devo celebrare quest’oggi. II. Arcangeli ed anime grandi e pure sublimate a tanta gloria “Quis ut Deus”. Sì che il solo Dio è degno di tutto l’onore e lode, deh, offrite il sangue prezioso di Gesù alla santissima Trinità per lavare i miei peccati infiniti e di tutto il mondo, e per cavare tutte le anime dal purgatorio. In particolare ottenetemi una purità altissima, quanto ne desiderano da me Gesù e Maria, ed io riconoscendomi il più impuro dei redenti da Cristo, mi pongo sotto i piedi dei più impuri che scesero mai nell’inferno, e vi prego caldamente ad ottenere al doppio lo spirito di purità per tutta la sposa di Gesù: in modo speciale


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vi prego per il papa, i pastori, religiosi o persone consacrate a Dio, e per tutti gli uomini di buona volontà; assai più poi vi prego per i miei religiosi e benefattori, parenti, sudditi, figli spirituali, per tutti quelli che a me si raccomandano, e per quelli pei quali celebrerò in quest’oggi. III. Principati diletti ed anime generose nella obbedienza, per cui siete innalzate a tanta gloria: per carità offrite il sangue prezioso di Gesù all’eterno Padre per lavare i miei innumerevoli peccati, quelli di tutti i redenti da Gesù, e per cavare tutte le anime dal purgatorio. In modo speciale poi per ottenere a me una perfettissima obbedienza e soggezione al divin volere e a tutte le creature per amore del Creatore, quanto lo desiderano da me Gesù e Maria: ed io considerandomi il più disobbediente dei rendenti da Cristo, mi pongo sotto i piedi di tutti i superbi, che scesero mai nell’inferno, e prego di ottenere al doppio lo spirito di obbedienza e soggezione a tutta la Chiesa, onde divenga un solo ovile e un solo pastore; in modo speciale vi prego per il papa, i pastori, tutti i regnanti, per i religiosi, o persone a Dio dedicate; molto più poi vi prego per i miei religiosi, benefattori, parenti, sudditi, figli spirituali, per tutti quelli che a me si raccomandano, e per quelli pei quali celebrerò in quest’oggi. IV. Potestà gloriose ed anime veramente mortificate, che a tanta altezza siete giunte, offrite il sangue prezioso di Gesù all’eterno Padre per lavare tutti i miei gravissimi e innumerabili peccati, quelli di tutti i redenti da Gesù Cristo, e per cavare tutte le anime dal purgatorio. In modo speciale per ottenermi di mortificare e raffrenare tutti i sensuali appetiti e dirigerli a Dio con gran perfezione, quanto lo desiderano


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da me Gesù e Maria. Ed io considerandomi in questa parte il più reo dei redenti da Gesù Cristo, mi pongo sotto i piedi di tutti dannati, e vi prego caldamente ad ottenere al doppio lo spirito di raffrenare e dirigere a Dio tutti gli appetiti per tutti i redenti da Gesù Cristo, specialmente vi prego per il papa, pastori, religiosi o persone a Dio dedicate, e per tutti gli uomini di buona volontà, assai più poi vi prego per i miei religiosi, benefattori, parenti, sudditi, figli spirituali, e per tutti quelli che a me si raccomandano, o pei quali celebrerò in questo giorno. V. Gloriose Virtù ed anime tutte trionfatrici dei vizi, che sublimate io vedo a tanta gloria, offrite il sangue prezioso di Gesù all’eterno Padre per lavare i miei innumerevoli peccati, e quelli di tutti i redenti da Gesù Cristo, e per cavare tutte le anime dal purgatorio. In modo speciale ottenetemi tutte le sante virtù, costanza, fermezza e stabilità nel bene operare in modo tanto perfetto, quanto lo desiderano da me Gesù e Maria: riconoscendomi pieno di vizi, mi pongo sotto i piedi di tutti i viziosi che scesero mai nell’inferno; vi prego ottenere al doppio le sante virtù e l’esercizio in esse per tutti i redenti da Gesù Cristo; in particolare vi prego per il papa, i pastori, i religiosi o persone a Dio dedicate e per tutti gli uomini di buona volontà; assai più poi vi prego per i miei religiosi, benefattori, parenti, sudditi, figli spirituali e per tutti quelli che a me si raccomandano, o pei quali celebrerò in questo giorno. VI. Dominazioni angeliche ed anime generose che sapeste tenere uniti a Dio tutti gli affetti del vostro cuore e dominare le passioni, per cui foste sublimate a tant’altezza: per carità offrite adesso e sempre il sangue prezioso del Verbo


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umanato all’eterno Padre, per mondare la pover’anima mia da tutti gli innumerabili peccati, e di tutti i redenti da Cristo, e cavare le anime tutte dal purgatorio. In modo speciale vi prego ottenermi un alto dominio di tutte le passioni, direzione perfetta di tutti gli affetti del cuore a Dio, quanto lo desiderano da me Gesù e Maria; ed io riconoscendomi il più misero di tutti i redenti da Gesù Cristo, mi pongo sotto i piedi dei più disordinati, che scesero mai nell’inferno, e vi prego ottenere al doppio il dominio delle passioni e direzione di tutti gli affetti a Dio per tutti i redenti da Gesù Cristo, in modo speciale vi prego per il papa, i pastori, i religiosi, persone dedicate a Dio, e per tutti gli uomini di buona volontà, assai più poi vi prego per i miei religiosi, benefattori, parenti, sudditi, figli spirituali, e per tutti quelli che a me si raccomandano, o pei quali celebrerò in questo giorno. VII. Troni risplendenti e grandiosi ed anime tutte, che per il distacco profondo dalle cose terrene ed opere grandi e copiose di carità siete giunte a gloria sì inesplicabile, presto conducetemi a Maria... Ah, che già sono abbracciato da questa cara mamma! Maria, io sono il vostro peccatore: aiuto, perdono, pietà per me, per tutti i viventi, per tutte le anime del purgatorio. Gloria, o Maria, gloria infinita, gloria, gloria in eterno! Vi amo, Maria, vi desidero ogni bene: oh, potessi amarvi, e farvi amare da tutti i viventi quanto lo meritate! Voi siete mia vita, mie ricchezze, mio cuore, mio tutto dopo Dio. Voi fatemi tutto vostro, fatemi amare Gesù quanto lo merita od almeno quanto desiderate voi. Io non parto più dal vostro seno: vivo o morto starò sempre con voi, e voglio che santifichiamo tutti i viventi, specialmente il papa, i pastori, i religiosi e persone dedicate a Dio, e tutti gli uomini di buona volontà: assai più poi vi prego per i miei


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religiosi, benefattori, parenti, sudditi, figli spirituali, e tutti quelli che a me ricorrono, e per quelli pei quali celebrerò in quest’oggi: molto più poi curate la santità dei vostri devoti, e degli amanti del Sacramento. O Maria, ora scorgo, come tutto il vostro bene parte e ritorna a Gesù: via dunque, senza lasciar voi, conducetemi a Gesù. Angeli e grandi tutti del cielo, che corteggiate Maria, presentatemi con lei alle braccia di Gesù. O Gesù misericordiosissimo, ecco il sommo ribelle abbracciato dalla vostra bontà. Ah, lavate, lavate infinitamente la povera anima mia, lavate tutte le anime redente dal vostro sangue, e cavate subito tutte le anime dal purgatorio. Gloria a voi, gloria, lode ed onore alla santissima Trinità in eterno, in eterno, in eterno... Gloria eterna, perdono, e misericordia infinita... Caro Gesù io vi do tutto me stesso, ma sono il nulla, ricevete dunque tutte le creature e il sangue vostro sparso per me in mia vece. Date tutto voi stesso all’eterno Padre e Spirito Santo per me. Gesù mio! datemi l’operare puro per voi e se è secondo la gloria che voi ricevete da me, fate che io operi e patisca per voi quanto fecero e faranno tutte le creature ragionevoli; o dirò meglio, operate voi in me, per me, mentre io sono capace solo di guastare e rivolgere in male tutte le grazie che mi date, più che non fecero i demoni e gli uomini tutti. Vi prego però dare al doppio di santa operazione a tutti i vostri redenti; in modo speciale al papa, ai pastori, ai religiosi o persone a voi dedicate, e a tutti gli uomini di buona volontà; assai più poi ai miei religiosi, benefattori, parenti, sudditi, figli spirituali e a tutti quelli che a me si raccomandano, o pei quali devo celebrare in questo giorno. VIII. Cherubini ed anime fortunate, che per essere state pure, molto contemplative o di profondo sapere sulla terra, siete sublimate in modo sì ineffabile, conducetemi ed


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eternatemi negli occhi purissimi e nella luce indicibile di Gesù. Già vi sono! Oh, luce infinita, o gloria infinita di Gesù! Gloria, luce in eterno, in eterno. Ah, caro Gesù, ecco riunito il cumulo delle tenebre colla luce ineffabile, l’infinita miseria coll’infinita grandezza, il niente al suo Tutto. Ah, caro Gesù, non lasciate mai più di essere mia luce, mia vita, mio tesoro, mio Tutto. Fatemi penetrare sempre più il nulla che sono tutte le cose terrene, la bruttezza del maledetto peccato, la grandezza e merito vostro e tutta la santissima Trinità quanto è mai penetrabile e quanto più piace a voi. Caro Gesù, fate che le medesime cose siano penetrate doppiamente da tutti i redenti, specialmente dal papa, dai pastori, religiosi, persone dedicate a Dio, e da tutti gli uomini di buona volontà; assai più ancora dai miei religiosi, benefattori, parenti, sudditi, figli spirituali; e da tutti quelli che a me si raccomandano, o pei quali offrirò la Messa in quest’oggi. Insomma date tanta luce a tutto il mondo e refrigerio al purgatorio, che tutti i viventi vivano uniti a voi in eterno. IX. Serafini amorosi, anime tutte d’amore ineffabilmente infiammate, spose fedelissime del Verbo incarnato, che foste trovate degne di esser sublimate al grado più alto di gloria stabilito da Dio; io sono la creatura la più indegna delle creabili da Dio; ma giacché Gesù si è incarnato ed è morto come unicamente per me, dunque aiutati da Maria e da tutti gli altri beati, gettatemi ed eternatemi nel sacratissimo cuore di Gesù. Oh, fiamme di carità; oh, amore più forte d’ogni fortezza; oh, dilezione amorosa del cuore del mio sposo Gesù; tu sei la mia vita, mio Tutto; sei mia infinita grandezza e l’anima mia stessa! Io sarò sempre un nulla, e figliolo del peccato, ma vorrei essere un altro voi stesso per amarvi a dovere... Gloria, gloria in eterno, gloria, gloria, gloria infinita...


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Maria, serafini e beati tutti, bruciate tutti, bruciate in eterno per il mio sposo Gesù. Caro Gesù, accendiamo tutti i redenti e tutto il purgatorio del vostro amore infinito, specialmente vi prego pel papa, i pastori, religiosi e persone a voi dedicate, ed uomini tutti di buona volontà; assai più poi vi prego per i miei religiosi, benefattori, parenti, sudditi e figli spirituali, e per tutti quelli che a me si raccomandano, o pei quali devo celebrare in questo giorno. Gesù mio, pel vostro amore che m’investe rinnovo con voi lo sposalizio amoroso. Adesso e sempre in eterno intendo fare con voi tutti quegli atti di amore e di dilezione, che fecero e faranno sempre tutte le creature ragionevoli della terra, ed i beati tutti del cielo specialmente Maria; anzi intendo di fare gli atti tutti di amore che voi o sposo fate con voi stesso e con tutta la santissima Trinità. Di più per mezzo vostro, o Verbo incarnato, adesso e sempre e in eterno rinnovo lo sposalizio, e l’essere tutto del Padre eterno per la creazione, di voi, Sapienza eterna per la redenzione, e dello Spirito Santo per l’amore e dilezione e mille altri titoli ineffabili... Per piacere alle tre divine persone ed amarle quanto desiderano da me, voi aiutatemi, o Verbo umanato, datemene l’efficacia e la grazia, e voi fatelo assolutamente per me; mentre io non posso far altro che cantare con tutta la persona “Gloria, gloria, gloria infinita! Gloria all’Altissimo, gloria al gran Tutto. Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo; a Maria, ai santi tutti del cielo, gloria in eterno”. Vedendo poi come il caro Gesù sta preparato a fare la volontà del Padre, e come in ogni istante si offre vittima d’infinito valore, per qualunque cosa può mai desiderarsi, sebbene io sia la creatura la più schifosa e indegna delle create e creabili da Dio, pure appoggiato ai meriti di tutti i buoni e santi del cielo, specialmente scortato da Maria e dalla natura di Dio (cuius natura bonitas), con ardore incredibile


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chiedo all’eterno Padre, che mi dia questa vittima. “Eterno Padre, datemi il mio caro Gesù con tutto il sangue sparso. Oh, cieli, come Gesù si dà tutto a me! Caro Gesù lava, lava ed arricchisci la pover’anima mia! Sangue prezioso, a te consacro ogni pensiero, parola, opera ed affetto del cuore, che farò in quest’oggi e in tutta la vita. Adesso ed in eterno io offro all’eterno Padre questo sangue prezioso, per lavare, santificare e condurre a Dio tutti i redenti; l’offro pel purgatorio per cavare tutte le anime che vi sono; e poi mi porrò sulla bocca di esso per lavare e condurre a Dio ognuna che laggiù cadesse. Offro ed offrirò sempre questo sangue prezioso per disarmare l’ira di Dio, per convertire tutto il mondo e santificare ciascuno dei viventi. In modo speciale offro ed offrirò tutta e ciascuna parte di questa vittima immacolata per lo zelo, riforma e santificazione di tutti i pastori, superiori ed ecclesiastici, religiosi e religiose e con più calore ancora per i miei religiosi, benefattori, parenti, sudditi o figli spirituali, e per tutti quelli che a me si raccomandano o pei quali devo celebrare in questo giorno. Caro Gesù, voi misticamente mi avete dato questa vostra sposa santa Chiesa: dunque non vi è scusa; io voglio che la santifichiamo tutta tutta, dunque principiamo dagli ecclesiastici e religiosi: è vero che tanti non lo meritano, ma lo merita il sangue vostro. Via adunque infiammiamoli tutti della carità insegnata da s. Paolo, specialmente nell’amministrare i santi sacramenti e la parola divina. Caro Gesù, almeno aprite strada, in cui possano santificarsi tutti gli uomini, che in qualche modo sono di buona volontà, tanto quelli che sono tra i cristiani, che fra le estere e barbare nazioni si trovano. Qui, o caro Gesù, sebbene io sia la creatura la più vile che voi possiate mai avere, ed indegna ancora di questo atto, pure mi pongo e mi eterno nel mezzo del vostro cuore; prendo


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la vostra volontà e tutti i vostri meriti infiniti per miei, così con ardore e perfezione di volontà infinitamente più grandi di quello seppero fare le creature tutte, li offro e li offrirò tutti i momenti all’eterno Padre per tutti i viventi. Eterno Padre, guardate quanto son grandi e d’infinito valore i meriti ed opere di Gesù: prendete e gustate di essi in eterno con tutta la compiacenza; col mezzo di essi glorificate sempre più le altre divine Persone, e tutti e ciascuno dei beati; in particolare date sempre più gloria a Maria, ai serafini, cherubini, troni, dominazioni, virtù, potestà e principati, arcangeli, angeli e tutti gli uomini, che fra essi sono saliti e saliranno. Con i meriti ed opere di Gesù, cavate tutte le anime dal purgatorio, conducete alla vera fede ed a salvamento tutti gli uomini, che sono o saranno al mondo. In particolare vi prego per il papa, i pastori, religiosi o persone a voi dedicate, ed uomini tutti di buona volontà; assai più poi vi prego per i miei religiosi, benefattori, parenti, sudditi, figli spirituali e per tutti quelli pei quali debbo pregare celebrando, o che a me si raccomandano; ed infinitamente più vi prego per quelli che desiderano salire alla perfezione. Intendo rinnovare questi atti santi tutti i momenti, e sempre ch’io prendo fiato; ed intendo farli grandi ed intensi quanto è grande e lunga l’eternità. Finalmente vi prego sempre a santificare e glorificare tutti senza fine: di me poi fate quello che vogliono Gesù e Maria, poiché io vedo solo il merito che ho di esser lasciato nell’infinito abbandono; e nulladimeno io voglio vivere e morire nei sacri cuori di Gesù e di Maria, con tutta l’uniformità e deformità che essi ebbero in vita e in morte. Amen.” “Gloria in excelsis Deo, gloria all’Altissimo: gloria quanto è grande e lunga l’eternità in eterno, in eterno. Gloria al Padre, al Figliolo, allo Spirito Santo; a Maria, a tutti i santi del cielo, gloria in eterno. Grande Iddio, vi amo in infinito, in


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eterno, in eterno, in eterno. Vi amerei quanto siete amabile, se lo potessi in eterno.” Compite le suddette cose, o lasciatene un poco delle ultime, secondo che viene a proposito il contemplare pacifico, anche meditando per lo più a fior di fiato seguito a dire: “Gloria al gran Dio, gloria in eterno, gloria, gloria, gloria” od altro secondo che viene a taglio. Del resto mi lascio trasportare dalla luce interna; non venendo o mancando questa poi, faccio infiniti atti di rassegnazione, di amare, lodare, ecc. Iddio in eterno, ritornando sempre a stabilire ed operare per amare tanto più Iddio, e tutti quei del cielo quanto più si allontanano da me. Per la prima meditazione cogli atti predetti tengo stabilito il tempo di un’ora ordinariamente; conoscendo di non avere altri tempi a portata, od avendo molta orazione ed altre simili cause, mi ci trattengo due ore e più, o sino all’ora degli atti comuni, o poco meno secondo le circostanze. Uscendo dal noviziato solo, prima del coro, oltre il baciare la croce, bacio tre volte la terra avanti la porta del superiore in segno di riverenza. Sempre che cammino per il convento ed in qualunque altro sia luogo, purché non faccia orazione vocale o debba ragionare con altri, do infinite lodi e glorie a Dio ancora coi piedi, come se calcassi tante corde e strumenti di musica per il gran Re: ciò mi viene più a taglio, se posso correre un poco, o ascendere le scale. Con le mani spesso faccio lo stesso. Nella meditazione comune ordinariamente poco ci cavo; e perciò per lo più faccio atti infiniti di rassegnazione, di lode, di gloria, di amore, sempre che vado in chiesa cerco fare atti grandi, e se sono quasi solo, mi prostro a baciare la terra, o faccio anche qualcuna delle solite adorazione: “Eccomi, o amato e buon Gesù ecc. Eterno Padre ecc. Beneditemi, Maria ecc.”


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Se attendo per principiare l’Ufficio in comune, vengo facendo atti grandi internamente: l’Ufficio poi cerco dirlo con perfezione e fini infiniti, che ebbero nel lodare Iddio tutti quelli che ci precedettero, specialmente Gesù e Maria. Accorgendomi poi che lo dico male, il che ordinariamente accade, faccio atti di rassegnazione, di dir meglio quello che mi rimane, fossi anche all’ultima parola, e di occuparmi e darmi tutto a Dio, comunque mi ritrovi. Se ascolto le confessioni, cerco di far molti atti buoni di pazienza, di rassegnazione ed infiniti altri secondo lo stato dell’anima mia e le varie e forti circostanze, che s’incontrano nel sacro ministero; nell’eccitare i penitenti a dolore ecc., cerco eccitare me stesso ecc. Se ho occasione di ascoltare Messe, lo stimo più che stare in paradiso; e con questa vittima infinita penso di far cose grandissime per tutta la Chiesa militante e purgante, e per tutti e ciascuno dei comprensori; poiché io so di certo che nulla posso; ma il mio caro sposo Gesù, che si offre farà quanto penso io, ed infinitamente di più. Il santissimo Sacramento è l’unica cosa che mi tiene contento nel mondo, perciò desidero stargli vicino più che posso: almeno non lascerò mai la visita, in cui faccio molti atti senza misura, e per lo più anche parte di quelli della mattina, ponendo l’intercessione degli angeli ecc. Tutte le genuflessioni e adorazioni che faccio in camera o in qualunque altro sito, le faccio sempre rivolto al Sacramento, perché questo è l’unico mio santuario; e se entro in chiesa, mi manca tutto se non vi è il Sacramento; sebbene ogni sacra immagine o corpo di santo lo stimi più che tutto l’oro del mondo. Dopo il primo coro, potendo, faccio altra meditazione di circa un’ora; ma se per carità del prossimo od altro ne vengo impedito, ciò prendo per mio gusto. Anzi sebbene io procuri


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di avere un tempo determinato per le cose dello spirito, pure venendomi impedito, interrotto ecc., faccio mille atti di rassegnazione, contentezza, ecc., quantunque nella parte inferiore ne provi contrarietà, specialmente quando mi trovo nelle orazioni più saporite. Quindi attendo a leggere qualche cosa, servire i ragazzi od altro, e poi la scuola per un’ora e mezzo incirca. In questi tempi cerco pure fare molti dei soliti atti di amare, lodare, glorificare Iddio: ma specialmente facendo scuola, me ne dimentico con facilità. Se vi è poi qualche altro tempo, prima del secondo coro, riprendo con calore i miei atti di amare, glorificare il benedetto Signore ecc., occupandomi a studiare qualche cosa ed altro in proposito. Suonando il segno di Terza, vi vado con gran piacere e stupore, perché penso che questo è il tempo della venuta dello Spirito Santo sopra gli apostoli, e che perciò sebbene tutto il giorno il grande Iddio tiene preparati infiniti mari di grazie per riempire tutto il mondo, in quest’ora più che mai quasi ci forza a riceverla in gran copia, il che dimostrano chiaramente il giorno colla sua maggior luce, la Scrittura con i grandi misteri e prodigi operatisi in quest’ora, e la Chiesa colle sue orazioni e solennità. Alle ore minori va unita la Messa cantata, cose tutte di tanto rilievo e consolazione per me, che non so come il grande Iddio avrebbe potuto trovare motivi migliori per farmi tutto amore, anche se fossi più duro del diamante. Entro la Messa cantata dico una coroncina di 33 giaculatorie, cioè “Gesù e Maria, misericordia; Gesù e Maria, esauditemi ecc.” ed un’altra di 33 Gloria Patri, in memoria dei 33 anni di vita del mio sposo Gesù e per i bisogni speciali. Del resto attendo alle cose della Messa specialmente al vangelo, do un’occhiata alla vita del santo che corre, od altra


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orazione che mi viene a proposito. Secondo che il benedetto Signore mi dà luce, cerco d’immergermi nella grandezza della vittima; in fare atti infiniti di lode, gloria, ecc., specialmente circa il tempo dell’elevazione, e dopo fino alla comunione aiutandomi anche colle mani ed altro che posso farlo senza mostrare singolarità. Facendo la comunione il sacerdote, cerco farla anche io spiritualmente. La preparazione per dire la Messa, io in parte tengo che può giovarmi quella dell’alzata, o la vado rifacendo in parte come quella mutatis mutandis, almeno vado facendo atti di umiltà profondissima, di confidenza grande in quei del cielo, i quali faranno il tutto per me; soprattutto cerco di eternarmi nel mio gran niente, e perdermi tutto nelle infinite grandezze di Dio, che formano mio principio, vita, cuore e tanto più di quello che possa dirsi. Se ho occasione di ascoltare la Messa, come ordinariamente accade, m’immergo tutto in quella, e parmi di non saper desiderare altro meglio in proposito. Se ho attorno qualche visione di Gesù e Maria, tutto mi rifugio in quella. Per l’intenzione prego Gesù a farmela celebrare con quella purità, perfezione, santità e fine che ebbero mai tutti i santi sacerdoti, e Gesù stesso quando lo istituì. Prima di appararmi, se posso trovarmi solo, faccio qualche partita forte di amare, glorificare Iddio, ecc., con dei moti e suonate di tutta la persona. Apparandomi cogli altri in proposito vado intromettendo in soliti moti di amore. Vado all’altare con qualche versetto del Miserere colla idea del calvario, con atti grandi di amore, e nuova vita a Dio, ed altro in proposito secondo le circostanze. Cerco poi di celebrare con tutto lo spirito di santa Chiesa. Vedo che non faccio cosa alcuna bene, anzi un cumulo di mancanze, che mi copre tutto; senza perdermi d’animo vado facendo internamente, secondo le azioni, atti grandi di pentimento,


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di amore, ecc.; ritorno a fare delle offerte quanto mai può farsi, ed a pregare che Gesù e quei del cielo facciano il tutto per me. Al memento faccio un ristretto degli atti di tutto il giorno, mi metto avanti anche tante persone, e spesso di varie ho la vista immaginaria. Dovendo consacrare, vorrei farlo con tutta quella perfezione, con cui l’hanno fatta tanti santi sacerdoti e Gesù stesso: adorandolo quanto mai è possibile, e come fece Maria “quem genuit adoravit”, ed offrendolo al Padre per dar gloria a tutta la Trinità quanto merita, e per aiutare e santificare tutta la Chiesa militante e purgante, quanto han bisogno e Gesù desidera... mi perdo in Lui, ond’Egli faccia il tutto per me! Fino alla comunione oltre quelle cose che portano con sé le azioni, gli atti di stupore, di ammirazione, ecc., sono di ordinario i più a taglio per me, specialmente sempre che tocco il corpo divinissimo del mio sposo Gesù. Nella comunione cerco fare un distillato di tutti gli atti di amore, lode rassegnazione, preghiera, ecc. di tutto il giorno ed anno; termino poi la Messa collo stare unito e fare gran cose con Gesù, più che posso. Quindi il Te Deum, il Magnificat, Nunc dimittis, fino a che mi spoglio dei sacri arredi; poi secondo che posso ritrovarmi solo, faccio la partita più grande di tutto il giorno di lodi, gloria, amore e preghiere molte anche col moto di mani, internandomi nelle grandezze del cielo ed unendomi ai beati, li prego ancora a fare il tutto per me, quanto mai è possibile. Quindi vado a parte a parte ai troni dei comprensori, come nell’alzata. Prima che termini il ringraziamento, od in altro tempo se vengo occupato da qualche atto comune, cinque o sei Pater ed Ave, “Eccomi, o mio buon Gesù; Eterno Padre; Beneditemi, o Maria”, qualche altra cosetta, secondo le circostanze. Se è prossima la refezione del giorno, ci vado colle interne lodi, se poi son libero, faccio prima una delle sette


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adorazioni suddette, la seconda delle tre solite al santo protettore, e del nome; e poi qualche croce in terra colla lingua, e poi vado a tavola coi soliti atti di gloria e lode viva. Fatta la benedizione, mi pongo a mensa ritornando all’interno ed anche all’esterno a fare come posso senza singolarità i soliti atti. Venuto il segno del mangiare, se è poco che ho detto Messa, mi trattengo qualche tempo, secondo che mi permette la obbedienza a norma del ringraziamento della Messa. Se si legge, attendo quel poco alla lettura, e a Dio in generale; del resto mi miro immeritevole del cibo; penso a tanti che stanno peggio di me, patiscano fame; sebbene tutti più degni di me, e perciò per me stimerei pure favore se potessi cibarmi delle miche dei cibi cadute in terra. Nulla di meno per obbedienza mi pongo a mangiare del comune (provando piacere se viene qualche cosa cattiva, e quanto più la veggo rigettata, tanto più la gusto), senza lasciare le solite lodi di gloria, ringraziamento, ecc., almeno tante volte quante pongo il cibo in bocca; e quante muovo i denti pel cibo tante toccate di strumenti musicali penso di fare a lode del gran Re, sebbene nell’atto di mangiare la minestra od altro cibo saporito facilmente mi sfugge questo devoto esercizio; ma accorgendomene, lo riprendo con pace, stimandomi debitore a Dio benedetto, se mi aiuta a farlo. Bevendo, cerco di fare qualche memoria del Redentore, della grazia, del purgatorio, ecc. Quando ho terminato a mangiare, riprendo con più calore le solite lodi. Compiuto il ringraziamento ordinario, ritornando via, per quanto posso vado facendo qualche partita più al vivo del solito, e canto e suono. Faccio poi l’altro ringraziamento coi giovani, se posso; quindi mi ritiro solo facendo una delle sette adorazioni ordinarie ed altro; se ho campo di passeggiare un tratto pel corridoio faccio le solite lodi e suoni del cammino;


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attendo a qualche cosa manuale, esaurisco altre cosette di ufficio e simili. Se devo stare in ricreazione cogli altri, potendo introdurre discorsi devoti e di erudizione, mi riesce gradevole, ma altrimenti mi dà pena non poca, sebbene la memoria che debbo starvi per dovere accomoda tutto. Compita la ricreazione, se non ho brighe e che posso ritirarmi solo, mi trovo subito in bella quiete con Dio; fatto qualche atto devoto degli ordinari, mi pongo a sedere per riposare un poco col corpo, e starmene pacificamente con Dio, secondo che viene a taglio; secondo le situazioni procurerò anche dormire e se posso farlo per soli cinque minuti ne provo gran vantaggio per quello che devo poi fare. Quindi leggo qualche cosa devota o di studio per istruire i giovani e se mi mancano altri tempi per l’orazione del cuore, ci starò almeno un poco, posto che non venga occupato da altra cosa più necessaria. Venendo l’orazione comune dei ragazzi, ci vado se non ho brighe. Giunta l’ora del Vespro, ci vado e fo alla meglio. Nel Vespro è un’idea per me assai bella: i cinque salmi per memoria delle cinque piaghe del caro Gesù: il Magnificat poi è il cantico il più sublime e memorabile rapporto a Maria, che possa io desiderare. La Compieta poi mi sembra una gran cosa per le forti preghiere, per il coraggio che istilla e per le infinite promesse di Dio di cui va ricolma. Quindi farò la visita al mio Tutto, il santissimo Sacramento. Essendo i giorni e l’ora di condurre a passeggio i giovani, previa la solita benedizione, vi vado volentieri: finché tengo essi in silenzio, ordinariamente camminando dico il rosario vivente con atti grandi infine per il papa, per tutta la Chiesa e specialmente per tutti i 15 soci, che immagino vedere riuniti a Dio per ottenere grandi cose; se non sono stato al rosario, come ordinariamente accade; proseguo le


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litanie alla Madonna, eccettuati i Pater, il Miserere, il De profundis in fine. Del resto faccio le solite lodi del cammino. Sciolto il silenzio, lascio che ciascuno parli onestamente, ed io ragiono con qualcuno di essi di cose spirituali ed istruttive. Interrogato da chiunque rispondo, e venendo a mano qualche avvertenza o fatto che faccia a proposito per tutti, li prego ad ascoltarmi, e poi li fo tornare alla loro libertà. Se il tempo del passeggio non è tanto breve, qualche mezz’ora e più faccio tacere di altre cose, mi pongo a parlare di cose istruttive o istoriche, promuovo difficoltà su di esse, o fo raccontare qualche cosa a qualcuno secondo le proprie capacità. Ravvicinati alla città, richiamo il silenzio, e torno io alle solite lodi del cammino o medito sopra quelle cose delle quali si ragionò. Giunto al convento, se ho campo di star solo, trovo gran facilità di star con Dio; faccio un’altra delle sette adorazioni, e detta la salutazione angelica, purché non abbia brighe speciali, o che avessi passato altre parti del giorno nella orazione profonda del cuore, o debba fare orazione in comune coi giovani, invocato brevemente lo Spirito Santo faccio altra meditazione di tre quarti o più, secondo che viene a proposito, o che ho tempo. Quindi altre cosette coi ragazzi, lettura o cose simili. Suonato il primo segno della cena, fo un’altra delle sette adorazioni, qualche croce in terra colla lingua, la corona delle dodici stelle della concezione immacolata di Maria. La benedizione della tavola al solito: mi pongo a mensa come al giorno, ma qui con l’aiuto di Dio benedetto mi è assai più facile di esaurire le solite lodi ed atti grandi di amore, ecc. verso il mio sposo e tutto il cielo, perché il mio mangiare è più ristretto e semplice. Oh, se potessi vivere come gli antichi solitari: che gran vantaggio ci trarrebbe il mio spirito! Ma mi piace più la volontà di Gesù che la santità di tutti


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gli uomini del mondo. Fatto il ringraziamento al solito ed anche in particolare coi giovani, se posso avere i novizi laici, attendo ad istruirli, secondo il tempo che ho, altrimenti mi confesso. L’esame di coscienza io credo di farlo col perdermi più che posso tutto in Dio, perché sebbene mi trovo all’esame comune, ma in pratica vedo che ogni poco di sollecitudine che ho per trovare i peccati, nulla vedo; per cui anche questo tempo per lo più lo passo nelle solite lodi e nel chiedere a Dio mille volte perdono, lo che faccio pure spesso al giorno. Certo è, che se avessi commesso una mancanza un poco notabile, desidero al più presto che posso il confessore per dirla: delle probabili ne porrò a parte di due o tre, specie il giorno, ma confessandomi le dico, se piace a Dio ricordarmele. Vero è però, che vi sono dei giorni o settimane, in cui andando ebro di allegrezza e ricolmo di spirito, pare che nulla veda delle mie miserie, ma pure anche in questi tempi, quando forse meno ci penso, avverto delle mancanze in me, anzi in ogni azione vedo dei difetti. Negli altri tempi poi più o meno ne vedo una pioggia o un mare; sì nella vita in generale che nelle azioni particolari: specialmente al riverbero della grazia, che m’insegna vivere sempre occupato in Dio, a dirigergli tutti gli affetti del cuore, ed a fare direttamente e con perfezione ciascuna cosa anche minima che sia tutta per Lui. Basta: alla vista di questo gran mare di mancanze, se non posso fare altro che umiliarmi, fare atti infiniti e grandi quanto è grande Iddio stesso, di pentimento, di amore, di lode e sopra tutto di principio di nuova vita mille volte il giorno. Se avessi a confessarle tutte, ci vorrebbe per più ore del giorno il confessore con me: perciò nell’atto di confessarmi dico le cose più rimarchevoli, e poi mi accuso di tutto in generale, e dei peccati della vita passata per assicurarne la materia per l’assoluzione, immergendomi tutto in Dio ed in


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quelli del cielo, faccio l’atto di dolore e sopra tutti quelli del giorno di amore, e fermo principio di nuova vita. Ricevuta l’assoluzione, mi getto in terra per ringraziare ed amare Dio benedetto più che posso, e fare la penitenza; altrimenti in tempo più opportuno. Se ho libero questo tempo della ricreazione, faccio la Via Crucis, se non l’ho fatta prima, perché questa è una pratica che io tengo più a cuore: perciò, purché non abbia gran brighe, procuro di non lasciarla; oppure faccio altre mie orazioni della sera, qualche devota coroncina, dicendo 33 giaculatorie per i 33 anni del caro Gesù: “Eterno Padre ecc.” ovvero: “Vi adoro ogni momento adesso e per tutta l’eternità, santissimo divinissimo Sacramento, abbiate di noi pietà”. Se non ho altro di premura fo gli atti soliti di lodare, amare, glorificare il grande Iddio. A tempo opportuno poi vado ai giovani; do qualche avvertenza, discorro almeno un poco del santo o del mistero del giorno, se non l’avessi fatto prima, ed altre cose istruttive, se si può; quindi, letto il diario spirituale fo una istruzioncina su quello che si è letto, più o meno secondo le circostanze, e dando la solita benedizione mi ritiro in cella. Qui se ho a sbrigare qualche cosa con qualche giovane, o che esso lo ricerca, lo faccio volentieri. Rimanendo solo ordinariamente mi trovo molto occupato in Dio, e proseguo il restante delle orazioni che non ho fatto prima; compio le sette adorazioni, l’ultima al santo protettore del nome, quindi le altre ordinarie orazioncine: “Eccomi, o buon Gesù, ecc.; Eterno Padre, ecc.; Beneditemi, Maria, ecc.”; poi almeno internamente rinnovo brevemente la santa professione, dono tutto me stesso al grande Iddio, lo ringrazio, lo prego ad aiutarmi in infinito; faccio atti brevi di amarlo, venerarlo in modo grande quanto mai può farsi; lo prego per i bisogni di santa Chiesa sia


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militante che purgante, anzi per quella rinnovo il voto di cedere tutte le opere satisfattorie che posso per le mani di Maria. Quindi mi alzo in piedi secondo che è tempo, sto con Dio meditando pacificamente e coi soliti atti di amore, gloria, ecc. Se ciò non venisse a portata, per ovviare il sonno dico qualche orazione, o corona di Maria, o del sangue prezioso. Avvicinato il tempo di dormire, se non l’ho fatto prima, faccio la disciplina colle funicelle come la mattina; eccettuate varie domeniche dell’anno, che non la faccio. Quindi spogliandomi dico qualche Pater noster ed Ave all’Angelo custode, al santo del nome, protettori ed avvocati, varie Ave Maria alla Madonna, ed “Eterno Padre, ecc.; Beneditemi, ecc.”; aspergo il letto e faccio il segno del cristiano. Finalmente postomi in letto, mi pongo quasi supino, prendo la croce sensibile della notte e stringendola al petto fra le braccia incrociate, come se morissi proprio. Qui mi do tutto a Dio, lo lodo, chiedo perdono in modo grande. Immagino d’avere attorno s. Giuseppe e tutti gli altri miei avvocati; ma conoscendo che il bisogno che ho è sempre più di quello che sappia pensare, perciò in unione di essi, m’innalzo per tutti i troni degli angeli più o meno come dissi la mattina; quindi mi rivolgo da parte per dormire; recito il De profundis, e le altre solite preci per il purgatorio e poi ritenendo la medesima croce e postura di mani suddetta, mi rimetto pacificamente in Dio benedetto, facendo internamente quegli atti di lode e gloria eterna di sempre. Qui molte volte vengono quelle orazioni interne di gran luce, ed io prendo tutto egualmente, tanto il sonno che qualunque altra cosa. La preparazione alla morte suddetta è la più lunga che faccio, perché più brevemente la fo molte volte entro il giorno; sempre che me ne ricordo, in ogni volta per lo meno faccio atti di gran pentimento, di amare, lodare quanto è grande


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Iddio, ed eternamente, e di principiare nuova vita. Spesso quando faccio questi atti, sembrami vedere che morendo mi si para attorno un gran mare di grazie e protezione celeste, che è come un ristretto di tutti i favori che mi ha fatto Iddio benedetto; quando morirò poi davvero, solo il mio sposo Gesù sa cosa sarà di me; io mi preparo sempre a morire senza prete, perché la poca carità che uso agli altri morendo mi fa meritare di peggio, e poi qualunque cosa io faccia nel mondo, voglio farla solo per Gesù e la sua sposa; perciò potendo vorrei far patto con Dio che non mi desse mercede alcuna. Quindi è che sebbene io meriti la dimenticanza del cielo più di qualunque creatura creabile, pure se Dio benedetto, per somma misericordia volesse che qualcuno mi assistesse morendo, mi suggerisca pure gli atti che mi abituo a fare io per la morte, ma pacificamente, perché altrimenti forse mi farà più male che bene; e si astenga di dirmi: “Sperate per il bene, la carità, ecc. che avete fatto”, perché per me è come un ingiuriarmi. Se per maggior misericordia di Dio, capitassero più sacerdoti confessori, io fin d’adesso chiedo a tutti la santa assoluzione dei peccati commessi in vita, anche milioni di volte; qualche parola che mi ecciti ad amare, lodare Iddio, il mio sposo Gesù, e Maria, quanto meritano; del resto se stanno lontani, e tacciano l’ho per gran carità. Morto che io sia (posto che possa farsi senza scandalo) si gridi pure ad alta voce, affinché niuno dica un Ave Maria, o Requiem aeternam, o che abbia memoria di me; poiché se merito la dimenticanza di tutto il cielo, quanto più della terra? “Domine non sicut ego volo, sed sicut tu”.


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Metodo di vita religiosa (inviato alla sorella monaca nel 1844)

Viva il sangue preziosissimo di Gesù Cristo Sorella amatissima nel Signore, ricevete questo metodo di vita cristiana e perfetta; e giacché lo avete desiderato e domandato, vedete di osservarlo esattamente, come appunto vi fosse mandato dal cielo. Riflettete che questo servirà a voi di gran conforto in punto di morte, o di gran rammarico e di agitazione, perché vi accompagnerà al divin tribunale per formare il vostro processo o favorevole o contrario. Oh, che dolcezza spirituale proverete in quegli estremi di vostra vita, se sarete stata osservatrice di questo metodo! Per eccesso di gioia vorrete baciare queste carte, che vi tennero unita al vostro Dio e sposo insieme. Ma non potendo ciò fare, sarete contenta di sfogarvi col crocifisso, che avrete accanto, o terrete stretto nelle vostre mani baciando le piaghe, ed abbracciando quel Gesù sposo celeste, per cui tutto questo eseguite, ed a cui foste sempre fedele: e con questi teneri baci accompagnati dai fervidi affetti del cuore, felicemente spirerete l’anima vostra, e volerete a quel Dio, che vi sta preparando una mercede propria veramente di Lui. “Esto fidelis usque ad mortem, et dabo tibi coronam vitae”. Siccome alla perfezione non si giunge se non per mezzo di una scala a gradino per gradino, eccoveli per ordine.


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Capo I

La perfezione, e questa ne sia il continuo vostro desiderio Il primo gradino di questa scala è il desiderio continuo che dovete avere della perfezione, e crescere deve in voi ogni giorno più, senza mai avvilirvi, benché vi paia di non aver fatto alcun profitto. Questo desiderio vi faccia alzare la mattina dopo aver dormito sei ore in unito circa, vi faccia vestire con tutta modestia, pregando il Signore che vi rivesta di tutte le virtù ed a non perdere tempo un momento. Vi faccia prostrare ai piedi di Gesù crocifisso o sacramentato adorandolo, ringraziandolo, umiliandovi, offrendovi tutta a Lui, e pregandolo a volervi indirizzare nella via della perfezione, e a tale oggetto dirigerete le vostre preghiere del giorno.


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Capo II

La osservanza della Regola, e questa ne sia la strada E perché la strada della perfezione è la osservanza della Regola, comincerete subito a metterla in pratica esattamente e prontamente, ed essere sempre la prima agli atti comuni. Considererete il suono del campanello come voce di Dio. Riflettete che nella osservanza di questa si può dire che consiste tutta la vostra perfezione. Come non può essere buon cristiano chi non osserva tutta la legge, così non può essere religioso perfetto chi non osserva tutta la Regola. Il voto di obbedienza richiede da voi lo spoglio della vostra volontà; quello di povertà vi priva di ogni proprietà, e vi concede solo l’uso delle cose necessarie per voi; e per custodire il voto della castità dovete usare ogni cautela non parlando con secolari, astenendovi dal parlatorio, tenendo sempre gli occhi modesti, la lingua custodita, che non faccia discorsi di mondo, e custodito il cuore, perché non accolga affetto sensibile a persona ancorché religiosa.


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Capo III

L’amor di Dio, e questo ne sia il motivo L’amor di Dio poi deve essere l’unico motivo della perfezione e della osservanza delle vostre regole. Ripetetene la protesta molte volte fra giorno. L’amore verso Dio essendo il vincolo della perfezione, sia quello che stringa la vostra unione con Lui, e così a misura che crescerete nell’amore di Dio, crescerete nella santità. E però abbiate un gran desiderio di amarlo e di dargli gusto, dicendo s. Teresa che Egli si compiace talmente dei desideri, che li considera come eseguiti. Il desiderio però deve essere unito colla risoluzione di fare quanto potete per dargli gusto. Soggiunge la medesima santa che era disposta a perdere ogni cosa ed anche la vita che dargli il minimo disgusto. E benché lo possiate amare anche per gratitudine, pure è bene che vi avvezziate ad amarlo puramente per Lui stesso, perché è un bene infinito in se stesso. Meditate sovente la sua bellezza, la sua bontà, le sue infinite perfezioni intrinseche, come vi suggerisce la fede. Ricordatevi che Dio è geloso, e non vuole vedere altri affetti, che non siano diretti a Lui in un cuore a Lui consacrato. Amate ciò che Dio ama, odiate ciò che Dio odia. Dal pensare a Lui, dal parlare o udire parlare di Lui, dal patire per Lui, dallo stare con Lui conoscete che amate Iddio.


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Capo IV

La gloria di Dio, e questa ne sia il fine dell’opera Non lo amerete però mai perfettamente, se in tutte le vostre operazioni non penserete che alla gloria di Dio, mentre questa sola deve essere l’unico fine di tutte le vostre azioni e parole, così di precetto come di supererogazione, facendone spesso la protesta per escludere da voi ogni amor proprio, che è l’impedimento maggiore all’amore perfetto di Dio, ed il ladro della sua gloria; e però vedete di fargli una guerra continua, opponendovi a tutte le sue voglie ed inclinazioni, per quanto vi sembrino buone ed utili. Per far questo, non fate e non dite mai cosa alcuna che non possiate offrire a Dio. Fate ogni giorno l’esame contro l’amor proprio, cercando il vostro spirituale profitto unicamente per la gloria di Dio.


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fra Benvenuto Bambozzi

Capo V

La volontà di Dio, e questa ne sia la regola Perché possiate riuscire facilmente a cercar sempre la gloria di Dio, abbiate per regola del vostro operare la volontà di Dio, che dovete riconoscere in quella dei superiori, del confessore, della madre abbadessa, o sua vicaria, od in qualunque creature, purché non si opponga a questi, ed anche in quelle cose che vi avvengono giornalmente, tenendo per fede che niente, fuori del peccato, può venire senza volere di Dio, il quale è sempre diretto alla sua maggior gloria e al vostro spirituale profitto. Onde dovete lodare e benedire il Signore nelle croci, malattie, aridità, miserie, come nell’abbondanza, sanità, consolazioni e dolcezze, cercando mostrarvi sempre ilare, indifferente, contenta ed eguale in ogni tempo. Protestatevi spesso che altro non volete che la volontà di Dio, dicendo: “Fiat Domine in me et super me, semper et in omnibus voluntas tua”.


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Capo VI

La grazia di Dio, e questa ne sia il principio e la mossa Niente però di tutto questo far potrete senza la grazia di Dio, che è il principio e la mossa, l’accompagnamento e il complemento di ogni cosa buona. Tutto quello che in voi piace al Signore dovete attribuirlo a Lui, tenendo per fede, non essere in voi merito alcuno, ma tutto essere effetto della sua liberalità che vi ha preferito a tanti altri, che meglio di voi avrebbero approfittato. Vorrei che conosceste il bisogno che avete di questa grazia, che vi fu comunicata nel santo battesimo e vi si dà nella sacramentale confessione, non solo, ma anche delle grazie attuali cioè delle sante ispirazioni, dei buoni esempi, delle ammonizioni e correzioni: e conoscendo abbondare di questi doni, non cessate ringraziare il datore di ogni bene e pregarlo di accrescerveli, persuasa che senza una continua assistenza di Lui, non siete capace che di offenderlo; s. Agostino diceva a Dio: “Da, Domine, quod jubes, et jube quod vis”. Ditelo anche voi.


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Capo VII

La confidenza in Dio, e questa ne sia l’anima Spesso ripetete questa preghiera, ma con gran confidenza in Dio, la quale è l’anima di tutto l’edificio spirituale e della perfezione. Non vi avvilite mai, non vi perdete di animo nell’intrapreso cammino, per quanti ostacoli spirituali e temporali possiate incontrare: non desistete dalle pratiche devote, dall’esercizio della virtù. Basta che diffidiate affatto di voi stessa, e di tutte le creature, e in Dio solo poniate ogni vostra speranza, persuasa che Egli solo può e vuole sovvenirvi in tutti i vostri bisogni. Fatevi coraggio nelle vostre tribolazioni, tentazioni, persecuzioni, desolazioni, aridità, malattie corporali, nelle quali non dovete confidare nelle medicine, di cui farete meno uso che vi sarà possibile. Dio vi assisterà sempre, se confiderete in Lui. Già ci ha avvisato, dicendoci “Expecta Dominum, viriliter age et confortetur cor tuum”. Persuadetevi, quando il vostro sposo vi sembrerà più lontano, allora vi è più vicino, e si diletta dei vostri sospiri, del vostro patire e della vostra pazienza: e quando vi pare che più vi odia, allora più vi ama. Guardatevi dal pensare male di Lui, che vi abbia abbandonato, che non voglia più sapere di voi. “Sentite de Domino in bonitate”.


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Capo VIII

La presenza di Dio, e questa ne sia lo stimolo E per stimolo di questa vostra confidenza abbiate familiare la presenza di Dio. Egli è sempre con voi in ogni luogo, in ogni tempo; e vi sta come in trono di maestà e di amore. Oh, che mezzo sicuro è questo per giunger presto alla perfezione! “Ambula coram me et esto perfectus” disse Iddio ad Abramo e lo ripete anche a voi. E con ragione, poiché pensando a Lui e credendolo a voi presente, non solo non avrete coraggio di offenderlo, ma quasi non potrete fare a meno di fare il più perfetto, quello cioè che è di suo maggior gusto e gloria. Credere Iddio presente ed offenderlo, è cosa impossibile. Miratelo come Dio, o come sposo, o come creatore, conservatore, glorificatore, benefattore, pensando ora la sua gloria, ora il suo amore, la sua provvidenza, onnipotenza, immensità, giustizia, misericordia, la passione di Gesù: o in un modo o in un altro abbiatelo sempre presente.


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Capo IX

La obbedienza, e questa ne sia la guida sicura Ma che farete voi nel cammino della perfezione senza una guida? Questa è l’obbedienza. Oh, quanto presto e con quanta facilità vi unirete al vostro sposo, se vi lascerete condurre da una cieca obbedienza! Ricordatevi che rinunziaste alla vostra volontà, e ne faceste sacrificio, avendola consegnata nelle mani del superiore e della superiora, che tengono il luogo di Dio, il quale ha detto di essi: “Chi ascolta voi, ascolta me”. Obbediteli adunque subito, ciecamente, e allegramente, anche nelle cose minutissime, senza esaminare, se la cosa sia giusta, se sia precettiva, o qual fine abbia avuto il superiore nel comandarla. Se foste perfettamente obbediente, dovreste eseguire ogni desiderio di chi comanda.


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Capo X

La umiltà, e questa ne sia il fondamento Se non avrete umiltà però non vi lascerete mai guidare, e così non arriverete mai alla perfezione che desiderate, essendo questa virtù il fondamento di tutto lo spirituale edificio, e quanto più sarà profondo questo fondamento, tanto più grande sarà in voi la santità. L’umiltà consiste nel bassissimo concetto che aver dovete di voi stessa, nel persuadervi di essere inferiore a tutte le altre in ogni cosa, nel vedervi meritevole d’ogni disprezzo. Per far ciò: 1. abbiate sempre innanzi agli occhi il vostro niente: nulla sapete, nulla potete senza Dio; di quanto adunque fate di bene, datene a Lui solo la gloria; 2. non dite e non fate mai cosa alcuna, da cui risulti a voi gloria e stima; non cercate mai onori, né impieghi più alti, anzi non dovete accettarli che per obbedienza; 3. non vi discolpate, quando siete incolpata a torto, se non in caso di scandalo o impedimento di maggior gloria di Dio; 4. non dispregiate né criticate mai le vostre consorelle di ciò che fanno o che dicono, fuori di ciò che è peccato; ed in questo dovete compatirle, persuasa che voi siete più difettosa di loro. Sopportate non solo ma rallegratevi nel vedervi disprezzata, ripresa, calunniata, perseguitata, senza mai lamentarvi o mostrarne dispiacere.


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Capo XI

L’esercizio continuo di virtù, e questo ne sia la fabbrica Posto il fondamento, si deve innalzare l’edificio, e questo consiste nell’esercizio delle virtù, che deve essere continuo. Dovete adunque aver desiderio non solo di acquistarle tutte, ma stimare perduto quel giorno, in cui non vi aveste aggiunto qualche pietra. S. Bernardino vi dice che chi non procura di acquistare tutte le virtù, non ne avrà nessuna. E siccome la virtù è un abito che si fa per mezzo di atti ripetuti, bisogna combattere, faticare, farsi violenza e vincere quanto è contrario alla virtù. Bisogna esercitarle tutte, ma prenderne una di mira per non confondervi; e su questa fare esami e studio speciale ed orazione: e la prima vorrei che fosse quella che è più contraria al vostro genio ed alla passione predominante. E questo farlo dovete senza avvilirvi mai, ma con tutta la confidenza in Dio, e con perseveranza instancabile, non pensando alla vostra miseria, ma alla grazia di Dio.


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Capo XII

La orazione, e questa ne sia l’appoggio Se dice s. Teresa che l’anima che lascia l’orazione è come si ponesse da se stessa nell’inferno, senza bisogno dei demoni, quale profitto potrete far voi, qual santità acquistare senza essa? Persuadetevi pure che l’orazione è il principio, il progresso, il tutto della perfezione a cui anelate. Né basta che l’abbiate fatta, ma bisogna seguitare con impegno e perseveranza, senza mai lasciare di appoggiarvi su di essa. O vi troviate consolazione o desolazione, dolcezza o aridità, non la lascerete mai sotto qualunque pretesto. In una religiosa l’orazione deve essere continua. Oltre la meditazione della comunità, fatene anche da voi, trattenetevi più che potete col vostro sposo divino, e ciò anche in mezzo alle occupazioni del giorno, recitando spesso giaculatorie, sospirando a Lui. Parlategli sempre col cuore, lodandolo, ringraziandolo, protestandovi di volerlo amare, pentendovi, domandandogli grazie con gran confidenza, per quanto vi sentiate fredda e senza mai cercare dolcezze spirituali, ma Lui solo.


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Capo XIII

La mortificazione, e questa ne sia l’antemurale Nulla però vi gioverà la orazione, se non sarà accompagnata dalla mortificazione, che di tutto lo spirituale edificio è l’antemurale e la difesa. Ricordatevi che mai potrete essere discepola di Cristo, se non abnegate voi stessa: “Qui vult venire post me abneget semetipsum”. Questa abnegazione non è legata né a tempo, né ad occasione, né a licenza, e consiste nel contraddire sempre a tutti i vostri appetiti, rimettendovi sempre al parere delle altre, e specialmente delle superiore senza mai dire le vostre ragioni. La mortificazione esterna poi, ossia del corpo, consiste nel non usar mai delicatezze, né nel mangiare, né nel vestire, né nello stare, ma nel mortificare tutti i sensi, specialmente gli occhi, tenendoli sempre bassi; la lingua stando in silenzio; l’udito non cercando sapere, se non quello che è di gloria di Dio e del vostro ufficio. Consiste pure nel trattare con asprezza il vostro corpo, facendolo patire nel dormire, nel mangiare, nell’usare qualche strumento di penitenza; non mai però di vostro capriccio, ma solo col permesso del confessore e della superiora.


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Capo XIV

La frequenza dei sacramenti, e questi ne siano i mezzi Non potendosi mai raggiungere il fine senza l’uso dei mezzi, uno di questi, e il più principale, è la frequenza dei sacramenti della confessione e della comunione. Alla prima vi accosterete secondo l’uso della comunità, e sempre dal confessore ordinario o dallo straordinario quando sarà mandato; e vi sbrigherete presto, parlando solo dei vostri bisogni spirituali, senza parlare degli altri; guardatevi dall’invidiare le altre che si trattengono e dal dolervi del confessore come poco premuroso di voi. Oh, quanto fanno male quelle gelosiette, e quanto pregiudizio portano all’anima! Alla santa comunione poi vi accosterete ogni volta che vi sarà permesso dal confessore, e guardatevi dal lasciarla né per scrupoli, né per dubbi, che tutti dovete deporre secondo quello che vi ha detto il confessore altre volte, ovvero con consiglio della superiora, o di altra religiosa assennata. Perché questo divin Sacramento abbia ad esservi gran mezzo alla perfezione, vi ci accosterete con fede grande, sommo rispetto ed amore acceso. E per ciò fare, considerate quest’azione come la cosa più grande, a Dio più cara, a voi più vantaggiosa. Desiderate continuamente comunicarvi e fatela spirituale più volte al giorno: fategli frequenti visite, e vivete sempre preparata a riceverlo, guardandovi da ogni anche minima venialità. In vicinanza poi di riceverlo, fate quegli atti necessari più col cuore però che colla lingua o col labbro. Dopo ricevuto il divino sposo, trattenetevi con Lui più lungamente che potete: statevene raccolta, orate molto più con la volontà e col cuore che con la lingua. Dice s. Teresa esser quello il tempo più opportuno per trafficare le grazie.


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Capo XV

Il silenzio, e questo ne sia il preservativo Quello poi che deve starvi molto a cuore per preservarvi da ogni difetto volontario e tenervi sempre unita collo sposo divino è il silenzio. Se sarete molto esatta in questo, Iddio parlerà sempre con voi e presto diverrete perfetta, come ci assicura il Signore in s. Giacomo: “Si quis in verbo non offendit, hic perfectus est vir”. Vi sia dunque carissimo, non solo nei tempi stabiliti dalla Regola, ma in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni circostanza non parlando, o parlando a voce bassa, quando l’obbedienza o la carità vi faranno parlare. Prima di dire una parola vedete se la potete offrire a Dio, e se no, non la direte. Guardatevi poi sempre dai discorsi di mondo, di notizie, di cose che appartengono ai secolari, dal parlare del confessore circa il regolamento delle altre, dal brontolare e raccontare i difetti anche noti, accusando sempre voi stessa. Circa gli interessi del monastero non v’interloquite, purché non siate in ufficio o non siate interrogata. Fate conto, vi dice s. Bernardino, di essere forestiera.


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Capo XVI

L’amore del prossimo, e questo ne sia la prova E perché la perfezione consiste nella carità, voi verrete a conoscere che amate Iddio, se amerete anche il prossimo in Lui e per Lui. La prova sicura adunque della perfezione è l’amore del prossimo. Per essere la carità del prossimo la virtù stessa di carità colla quale amiamo Iddio, conviene: 1. che nell’amare il prossimo non abbiate altro fine che Dio; 2. che si amino tutti egualmente, guardandovi da speciali affetti; 3. che vi crediate inferiore e molto più difettosa delle altre; 4. che non vi risentiate nelle contrarietà che riceverete ed astenendovi dal dire le vostre ragioni; 5. che non mai parliate a carico delle vostre consorelle; 6. che vi facciate in certo modo serva di tutte, prestando ad ognuna quei servigi che potete, anche alle converse.


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Capo XVII

Il distacco, e questo ne sia il segno Per aver poi in voi questo amor vero, questa vera carità, è necessario in voi un gran distacco da tutte le cose terrene, e perfino da voi stessa. Questo distacco sarà un gran segno della vostra perfezione e del vostro profitto. Già vi trovate averlo fatto coll’abbracciare la Religione, e specialmente col voto di povertà, nella osservanza del quale sarete esatta fino allo scrupolo, non solo col non disporre mai di cosa alcuna, ma col non avere affetto, né desiderio di cosa temporale, dovendo esser contenta di ciò che vi si dà per vostro uso attuale benché vi mancasse qualche cosa creduta da voi necessaria. Vi sarà lecito in tal caso far cenno alla superiora rispettosamente della mancanza, o della qualità tanto del vitto che del vestito. In modo particolare sappiate contraddire sempre a voi stessa, ai vostri gusti anche spirituali, perché sono di grande impedimento alla perfezione. Lo sposo vuole tutto il cuore per sé, non vuole compagni. Egli si protesta essere un amante geloso.


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Capo XVIII

La memoria della passione di Gesù Cristo, e questa ne sia il conforto Oh, quanto vi aiuterà ad operare questo distacco la memoria della passione di Gesù Cristo, se vi applicherete spesso alla meditazione di essa specialmente nelle afflizioni, tentazioni e patimenti! Vi assicura s. Agostino, che ne avrete lo scudo il più forte, l’arma la più sicura e potente contro i vostri capitali nemici. Sarà il crocifisso il vostro libro, che avrete sempre sotto gli occhi, mentre in esso leggerete tutte le virtù da acquistare e praticare, e vi animerà nel cammino della perfezione. Per maggior vostro profitto dividete i misteri della passione per i giorni della settimana. Pensate la domenica l’orazione all’orto; il lunedì il tradimento di Giuda, la cattura, l’abbandono degli apostoli e i quattro tribunali; nel martedì la flagellazione; nel mercoledì la coronazione di spine; nel giovedì il viaggio al calvario; nel venerdì la crocifissione; nel sabato la sepoltura e i dolori di Maria santissima, procurando acquistare da tale lezione quella virtù che avrete a prendere di mira. E siccome la santa Messa è stata istituita perché ci ricordiamo della passione, di quel gran sacrificio che in essa si rinnova, ascoltatela in tale meditazione.


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Capo XIX

La devozione a Maria santissima, e questa ne sia la sicurezza Tutti i santi sono stati devoti di Maria santissima e per mezzo di tale devozione sono giunti alla perfezione: ond’è che un devoto di Maria ha una certezza sicura di divenire perfetto. Dunque alla passione di Cristo dovete aggiungere la devozione alla Madonna, il qual sicuro appoggio avete avuto sino dalla fanciullezza; ma deve crescere in voi sempre più come cresce l’età; facendolo consistere in un affetto assai grande, in una gran confidenza nel suo patrocinio, tenendola qual madre la più affettuosa di tutte le madri, e imitandola nelle sue virtù, specialmente l’umiltà, la modestia, la obbedienza, la pazienza nei suoi dolori. Le farete una visita particolare al giorno, pregandola ottenervi il perdono dei peccati e una qualche virtù particolare. Farete le sue novene facendole consistere in poche preghiere ed in molti atti di abnegazione, che praticherete a suo ossequio. Mettetevi ogni mattina sotto il suo manto, raccomandatele la santa purità con quella preghiera di s. Luigi Gonzaga: “Per tuam sanctam virginitatem, et per immaculatam conceptionem tuam, purissima virgo Maria, muni cor meum et corpus meum ab omni contagione et labe peccati. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen”. Dopo Gesù, amatela sopra tutte le cose.


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Capo XX

La purità d’intenzione, e questo ne sia il compimento Soprattutto poi vi sia a cuore la purità d’intenzione, che dovete avere in ogni cosa, in ogni luogo. La rettitudine e purità d’intenzione consiste nel vedere in tutte le cose Dio, la sua gloria, il suo amore, in guisa che non vi sia altro fine nel vostro pensare, parlare, operare che quello di piacere a Dio. L’amore di Dio adunque, la gloria di Dio, la presenza di Dio, la grazia di Dio, sia sempre il vostro cibo, il vostro tutto, e sarete perfetta. Perché ciò avvenga, avvezzatevi a pensare, dire e fare ciò che potete offrire a Dio, e ciò che è di suo gradimento. Per l’amore di Gesù Cristo, serbate costanza e fermezza nelle risoluzioni fatte. Chi sa quante altre volte le avrete fatte, ma poi? ... Suppongo che le rinnoviate anche al presente, avendo in mano questo metodo. Ma se anche questa volta mancaste? Oh, Dio! ... Eppure chi sa? ... Ah, Iddio è così buono in se stesso, ed è stato sì benefico con voi, che non merita gli manchiate di parola! Ricordatevi che ha preparato una gran corona in cielo, per chi gli sarà fedele sino alla morte: “Esto fidelis usque ad mortem et dabo tibi coronam vitae”. Vivete in Gesù, e Gesù viva in voi.


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Indice

Prefazione.............................................................................. 5 Messaggio augurale............................................................... 9 Riflessioni............................................................................ 11 Metodo di vita...................................................................... 31 Metodo di vita religiosa....................................................... 61 Indice................................................................................... 95


Finito di stampare nel mese di marzo 2010 dalla Tipografia Luce di Osimo


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