Indice
1. Volume “L’eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee”. 1
1.1. Presentazione presso Centro Studi Americani in collaborazione con American University of Rome. [Lingua originale: inglese. Traduzione di cortesia in italiano]............................................2
1.2. Presentazione nell’ambito del Festival della Cultura Americana: gli Italiani in America. Lasciti Italiani sulla Costa Est USA: storie tratte dal libro. Centro Studi Americani. [Lingua originale: italiano] 22
1.3. Presentazione presso Charles Library, Temple University. [Lingua originale: inglese. Traduzione di cortesia in italiano].................................................................................................35
1.4. Presentazione presso Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani. [Lingua originale: italiano]..........................................................................................................................................53
1.5. Presentazione presso Senato della Repubblica. [Lingua originale: italiano] 73
1.6. Presentazione presso Triennale Milano [Lingua originale: italiano] 96
Table of Contents
2. Volume “The Italian legacy in Philadelphia. History, Culture, People and Ideas.” 114
2.1. Presentation at the Center for American Studies in collaboration with American University of Rome. [Original language English]..................................................................115
2.2. Presentation at the American Culture Festival: Italians in America. Italian Legacies on the East Coast of the USA: stories from the book. Center for American Studies. [Original language: Italian. Courtesy translation in English.] 137
2.3. Presentation at Charles Library, Temple University. [Original language: English] 150
2.4. Presentation at the Institute of the Italian Encyclopedia Treccani. [Original language: Italian. Courtesy translation in English.]................................................................................169
2.5. Presentation at the Italian Senate. [Original language: Italian. Courtesy translation in English.] 190
2.6. Presentation at Triennale Milano. [Original language: Italian. Courtesy translation in English.] 212
1. Volume “L’eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee”. Acura diAndrea Canepari e Judith Goode.
Edizione italiana pubblicata da Treccani, 2023.
Edizione americana pubblicata da Temple University Press, 2021.
1.1. Presentazione presso Centro Studi Americani in collaborazione con American University of Rome. [Lingua originale: inglese. Traduzione di cortesia in italiano]
Volume “L’eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee”. A cura di Andrea Canepari e Judith Goode.
Edizione italiana pubblicata da Treccani. Edizione americana pubblicata da Temple University Press.
25 maggio 2022
Centro Studi Americani in collaborazione con American University of Rome
Via Michelangelo Caetani 32, Roma
SALUTI:
Giusy De Sio, Direttore Associato del Centro Studi Americani
Scott Sprenger, Presidente - American Univesity of Rome
INTERVENTI:
Andrea Canepari, Co-curatore
Lisa Colletta, Direttore del Programma “English Writing, Literature, and Publishing”American Univesity of Rome
Joseph Torsella, Tesoriere del Commonwealth della Pennsylvania dal 2017 al 2021
Chris William Sanchirico, Professore di “Law, Business, and Public Policy,” - Samuel A. Blank e Co-Diretttore di “Center for Tax Law and Policy” - University of Pennsylvania Carey Law School
MODERATORE:
Neil Tanner, Vicepresidente Senior e Consigliere Generale per le finanze, la strategia ed i mercati internazionali del Cigna Group
Giusy De Sio, DirettoreAssociato del Centro StudiAmericani: "Siamo molto contenti di ospitare la presentazione del libro del Consigliere Canepari per due motivi principali. Innanzitutto perché si sposa perfettamente con la missione del Centro che è sempre stata, fin dalla sua fondazione nel 1918, la promozione dello scambio culturale, politico ed economico tra l’Italia e gli Stati Uniti. In secondo luogo perché, a partire da quest'anno, organizzeremo la prima edizione di un festival della cultura americana e per questa prima edizione abbiamo scelto proprio il tema della cultura italo-americana. Quindi questo sarà un primo incontro - diciamo - del festival e poi avremo un secondo incontro con la presentazione dell‘edizione italiana del libro.Aquesto proposito, vorrei anche ringraziare in modo particolare il Presidente Scott Sprenger, non solo per il contributo che fornisce alla biblioteca e al festival, ma anche per la grande opportunità che ci ha dato oggi di ospitare la riunione del Consiglio diAmministrazione dell'American University of Rome. Vorrei dare il benvenuto a tutti i membri del Consiglio di Amministrazione e mi auguro che possiate apprezzare il vostro incontro al Centro. Infine, mi dispiace per i problemi causati dai lavori di restauro. Sapete, si tratta di un edificio molto storico, risalente al XVI secolo, che deve essere restaurato e spero che tornerete l'anno prossimo per godere della bellezza complessiva dell'edificio. Se qualcuno di voi è interessato all'edificio, alla fine della presentazione potremo fare un rapido tour della nostra sede, così chi vorrà potrà partecipare alla visita. Quindi, senza ulteriori indugi, lascio la parola al Presidente Sprenger. Grazie."
Scott Sprenger, Presidente -American University of Rome: "Grazie. Vorrei anche fare eco al suo benvenuto e dare il benvenuto a tutti: al Consiglio di Amministrazione e al pubblico italiano in generale, per essere venuti a questo evento. Sono onorato, anche, di dare il benvenuto ad Andrea Canepari, sia come nostro prossimo Dottore Onorario, cosa che avverrà giovedì - sarà insignito di un dottorato onorario dall' American Univesity of Rome- ma anche come curatore di questo bel libro che ho avuto modo di leggere nelle scorse settimane: "The Italian Legacy in Philadelphia", pubblicato nel 2021 dalla Temple University Press. Sono entusiasta di potergli dare il benvenuto e di poter organizzare la presentazione del libro di questa recente pubblicazione. Come ha detto il DirettoreAssociato, credo che questa sia un'illustrazione che incarna i principi del Centro Studi Americani, che sono la promozione delle relazioni italo-americane, quindi è perfettamente appropriato che lo facciamo qui oggi. Oltre ad Andrea Canepari, vorrei anche presentare i relatori di oggi, avremo una tavola rotonda. All'estrema sinistra c'è la mia collega Lisa Colletta, docente di inglese all'American University of Rome, autrice di numerosi libri e articoli, tra cui il “Grand Tour” e un capitolo di questo libro su Filadelfia.Accanto a lei c'è Joe, Joseph Torsella, politico ed ex diplomatico americano, il cui ultimo incarico è stato in Pennsylvania, come tesoriere dal 2017 al 2021. È stato anche rappresentante permanente degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite
per “Managment and Reform”, una carriera illustre.Abbiamo anche ChrisWilliam Sanchirico - spero di averlo pronunciato correttamente - professore di “Diritto commerciale e politiche pubbliche” presso la Samuel A. Blank e co-direttore presso il Centro per il diritto e le politiche fiscali dell'Università della Pennsylvania. Quindi benvenuto, non ci siamo mai incontrati, piacere di conoscerti. Oltre all’editore e ai collaboratori, abbiamo un moderatore di questa discussione, Neil Tanner, vicepresidente senior di Cigna Insurance e membro del Consiglio di Amministrazione dell'American University of Rome. La formula di oggi prevede una breve presentazione del libro da parte di Canepari, poi Neil potrà porre delle domande ai collaboratori del libro e subito dopo apriremo la discussione alle domande e risposte, se avete domande sull'impatto dell'Italia su Filadelfia. Con questo passo la parola al Consigliere Canepari."
Andrea Canepari, Co-curatore:
"Buongiornoatutti.Vorrei ringraziareil Direttore del CentroStudiAmericani el'ex DirettoreRoberto Sgalla per averci ospitato, e il Direttore Associato Giusy De Sio per le sue gentili parole. È davvero un piacere salutare tutto il pubblico, presente sia in questa splendida sala, sia gli early birds che si stanno collegando virtualmente dagli Stati Uniti e anche qui, con una menzione speciale per l'Ambasciatore Raful e tutto il Corpo Diplomatico. Ringrazio in particolare American Univesity of Rome, il suo Presidente Dr. Scott Sprenger per aver organizzato la presentazione odierna e per le sue gentili parole e anche il Consiglio di Amministrazione per la sua presenza. Ringrazio anche il Presidente e il Consiglio diAmministrazione per avermi conferito il dottorato Honoris Causa, di cui sono profondamente onorato e grato. Siamo qui oggi per presentare il libro "L'eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee", un progetto letterario nato nel 2016 e che ora viene pubblicato dalla Temple University Press negli Stati Uniti [edizione accademica]. L'edizione italiana del libro sarà pronta quest'anno e sarà pubblicata dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana “Treccani” È un grande onore partecipare a questo panel, che sarà moderato da Neil Boyden Tanner, vicepresidente dell'Università e Consigliere Generale del gigante assicurativo “Cigna”. Lo ringrazio per aver moderato oggi questo panel sul libro, al quale partecipano anche tre autori: Lisa Colletta, Joseph Torsella e Chris Sanchirico. A loro va un doppio ringraziamento per essere presenti qui oggi, per aver creduto nel progetto del libro e per aver accettato di lavorare insieme ad altri 30 autori provenienti da diverse istituzioni americane per tratteggiare il libro come una sinfonia di voci diverse, che raccontano tutti aspetti diversi del ricco dialogo culturale, economico e accademico tra l'Italia e la regione di Philadelphia. Quando ho assunto il mio incarico di Console Generale a Filadelfia, mi sono reso conto che esisteva un enorme patrimonio di amicizia tra la regione di Filadelfia e l'Italia, cementato da innumerevoli legami culturali, artistici, sociali e storici che, tuttavia, non erano compresi nel loro interezza. Ho pensato che fosse mio dovere, di Console Generale, far conoscere
questo patrimonio di relazioni, facendo raccontare a studiosi di diverse istituzioni aspetti diversi della stessa storia, creando un dialogo ricco e produttivo. Il progetto ha coinvolto diverse università, tra cui due università della Ivy League, l’University of Pennsylvania e Princeton, ma anche grandi musei e grandi istituzioni culturali della regione di Filadelfia. Come co-curatore del libro, ho avuto l'onore di collaborare con una grande studiosa, la dottoressa Judith Goode, professoressa emerita della Temple University ed ex presidente della Society for the Anthropology of North America. L'obiettivo del libro edel progetto eraquellodi presentare,in modo sistematico,lastoriadegli italo-americani aFiladelfia. Non si trattava solo della storia di quella comunità. Volevamo raccontare come la città di Filadelfia fosse diventata una città cosmopolita e raccontarla attraverso le lenti dell'italianità. Volevamo analizzare come la comunità italo-americana fosse cambiata e avesse influito sull'ascesa e sulla formazione della regione di Filadelfia. Il libro e tutte le iniziative sono state interamente finanziati da sponsorprivati americani, comel’American Airlines e KPMG USA, con l'unicaeccezionedi Fedegari Technologies, un'azienda tecnologica italiana del settore farmaceutico con una sede nella regione di Filadelfia. Ringrazio il Presidente Giuseppe Fedegari per essere qui con noi oggi. Sottolineo il contributo degli sponsor americani per testimoniare il più ampio sostegno di cui ha goduto il libro e il progetto, che è stato percepito come aperto non solo alla nostra vecchia e nuova comunità italoamericana sul territorio, ma anche a quel vasto mondo di “Amici dell'Italia”. È per questo che alle attività culturali organizzate dal Consolato hanno partecipato non solo importanti Centri culturali e Università, parchi nazionali, musei e associazioni italo-americane, ma anche associazioni come l'American Jewish Committee o l'Anti Defamation League che avevano colto il carattere estremamente inclusivo e non etnico degli eventi italiani a Filadelfia. Le iniziative culturali sono diventate uno strumento per internazionalizzare la regione attraverso l'illustrazione delle radici italiane a Filadelfia e hanno dato l'opportunità di discutere, ad esempio, dei diritti umani e dei valori comuni condivisi con gli Stati Uniti.Perquesto sottolineo comeil finanziamento maggioreperil libro sia arrivato da uno Stato del Commonwealth della Pennsylvania, che nella sua legge di bilancio, con un intervento bipartisan, ha eccezionalmente fornito un significativo contributo a questa iniziativa italiana del libro. Crediamo che ci sia una “Filadelfia italiana”, per citare un articolo, un grande articolo in realtà, scritto da Paolo Valentino sul Corriere Della Sera, uno dei due giornalisti, insieme al premio Pulitzer Ingwa Saftran, che hanno scritto dell'iniziativa e poi hanno deciso di scrivere nel libro. Già nel 2014, insieme a 50 organizzazioni pubbliche e private, il Consolato Generale d'Italia ha promosso e organizzato la prima settimana di eventi culturali per celebrare i legami tra l'Italia e la regione di Filadelfia. Questa settimana si è trasformata subito in un mese di celebrazioni noto come "Ciao Philadelphia". Oggi "Ciao Philadelphia" è giunto alla sua ottava edizione ed è diventato una cornice annuale permanente di eventi in cui la protagonista è la comunità italo-americana e il modo in cui ha contribuito a ciò che la regione di Filadelfia è oggi. "Ciao Philadelphia", ai tempi in cui ero
Console Generale, ha avuto l'onore di avere come ospite speciale l'Ambasciatore italiano dell'epoca, Sua Eccellenza Claudio Bisogniero e poi Sua Eccellenza Armando Varrichio. Oggi "Ciao Philadelphia" può contare sull'importante presenza a Washington dell'Ambasciatore Mariangela Zappia. Ci sono stati centinaia di eventi nell'ambito di "Ciao Philadelphia", ma ne voglio ricordare solo uno: una particolare conferenza nel Consolato Generale che collegava virtualmente Filadelfia con Roma e il Colle Gianicolo, con professori e studenti dell'American University of Rome. Oggi, dopo la pandemia, siamo tutti abituati a connetterci virtualmente, organizzando conferenze come questa, a cui partecipano persone da tutto il mondo, ma nel 2015 c'è voluta la determinazione di Lisa Colletta e Maurizia Garcia dell'American University of Rome - che mi fa davvero piacere rivedere oggi e che ringrazio - per organizzare quella conferenza virtuale e contribuire a creare un piccolo ponte tra l'Italia e la regione di Filadelfia. Il ponte vivente è creato attraverso la storia tra l'Italia e la regione di Filadelfia che è raccontate nel libro, con un ricco apparato fotografico, utilizzando foto d'archivio, ma anche foto artistiche del fotografo italiano Joe Martorana, con l'obiettivo di immortalareFiladelfiaancheconunocchioitaliano.Sonomoltofeliceche,grazieavoi,oggi abbiamo l'opportunità di raccontare alcune pagine di quella storia di amicizia e collaborazione tra l’Italia e Filadelfia. Mentre vi parlo oggi, ho il grande privilegio di lavorare nella struttura guidata dall'Ambasciatore Lorenzo Angeloni, che si occupa della promozione delle imprese economiche all'estero anche attraverso le lenti della cultura italiana. Con il Ministro Cecilia Piccioni l'idea è quella di creare iniziative di promozione integrata, come questa di cui stiamo parlando oggi, che parta da un elemento culturale e poi apra le porte per creare vere e proprie opportunità economiche. Il fondatore di una banca privata negli Stati Uniti mi ha proposto uno slogan che mi sembra riassuma perfettamente sia il libro che lo spirito di tutte queste iniziative italiane e anche di questa conferenza di oggi. Ha detto: "Italia e Philadelphia, perfetti insieme". Credo che sia un concetto bellissimo. Il nostro libro e anche la conversazione di oggi, spero spiegheranno perché. In generale, credo che sia necessario creare opportunità nel futuro e, per farlo, bisogna conoscere il passato e capire il presente. Tutte le persone presenti qui, oggi, quelle evidenziate nel libro, sono ponti viventi tra il passato e il futuro, non solo tra le sponde dell'Atlantico. È importante far conoscere queste storie, le loro storie, e permettere la realizzazione di iniziative concrete, come la prima laurea in medicina transatlantica tra la Jefferson University e l'Università Cattolica "Policlinico Gemelli" di Roma. Questo è solo uno dei principali esempi di ponti che si possono creare. Celebriamo il passato per capire il presente e creare un futuro di nuove iniziative. Vorrei, a alla fine, anche, ringraziare in particolare mia moglie Roberta, che mi ha aiutato enormemente a dare forma a tutti questi progetti e mio padre che mi sostiene. Questo è anche, come sapete, un evento italiano, un'iniziativa familiare, a cui hanno partecipato tutti. Vorrei davvero ringraziare tutti: l'American University of Rome, il Centro Studi
Americani, tutti i relatori e il pubblico qui presente, per aver contribuito ad iniziare questa conversazione sulla creazione di ponti viventi. Grazie di cuore."
Neil Boyden Tanner, Vicepresidente Senior e Consigliere Generale per le finanze, la strategia ed i mercati internazionali del Cigna Group: "Grazie Andrea. Buongiorno a tutti, buongiorno, buonasera e buon pomeriggio a chi si unisce a noi da tutto il mondo via Zoom. È una bella sala quella in cui ci troviamo. Per coloro che non possono vederla online, è un posto meraviglioso e sono entusiasta di essere qui per dare il via a questa discussione. Alcuni di voi si staranno chiedendo perché sia proprio un dirigente assicurativo a moderare questo panel, ma in realtà è così, perché in un modo o nell'altro, ho un legame con tutti i membri di questo panel. Sono quindi lieto di chiamareAndrea un amico, da molti anni, fin da quando era di stanza a Filadelfia, come Console Generale. Chris e io abbiamo, invece, entrambi delle affiliazioni con l’'Università della Pennsylvania, l'istituzione Ivy League di Filadelfia, e conosco abbastanza bene i membri della sua facoltà. Lisa Colletta, ovviamente, professoressa ex Decano dell'American University of Rome, di cui sono stato vicepresidente e membro del Consiglio di Amministrazione per oltre un decennio. Posso dire onestamente che è uno dei miei membri preferiti della facoltà, quindi benvenuta. Infine, JoeTorsella, che conosco da molti anni, è stato Tesoriere della Pennsylvania, il mio Stato di origine, un amico, un collega del Consiglio di Amministrazione e un vicino di casa. Joe mi ha promesso che se avessi partecipato alla presentazione di oggi avrebbe tenuto i suoi cani lontani dai miei cespugli di rose, quindi... (ridacchia). Ma in tutta serietà, spero che questa diventi una discussione aperta e che anche voi abbiate delle domande. Per iniziare, ho pensato di ripercorrere la storia e il punto di partenza più ovvio:Andrea hai parlato della stesura di questo libro, che sentivi come un dovere e sono curioso di sapere qual è stata la tua ispirazione per questo libro straordinario? Cosa ha dato il via all'idea?"
Andrea Canepari, Co-curatore:
"Grazie Neil. L'idea è nata dopo centinaia di incontri con le comunità italo-americane. Pensavo che ci fosse un enorme patrimonio tra i due Paesi, un potenziale di nuove opportunità, ed ero un po'... non sconvolto, ma veramente sofferente, per il fatto che non stavamo creando tutte le iniziative che questa grande amicizia poteva sviluppare. Ho sentito il dovere morale verso il mio Paese, ma anche verso la grande regione della Pennsylvania, di fare di più e di far capire alla gente tutte queste potenzialità. Perché possiamo davvero fare di più. Se capiamo la storia del passato possiamo capire i giorni che stiamo vivendo e possiamo capire insieme quali nuove opportunità possono nascere per tutti, quindi è questo che mi ha motivato."
Neil Boyden Tanner, Vicepresidente Senior e Consigliere Generale per le finanze, la strategia ed i mercati internazionali del Cigna Group: "È fantastico e posso testimoniare, come persona che ha forti legami con l'Italia e che è nativa di Filadelfia, che ho imparato molto dal libro e non avevo idea che esistessero così tanti collegamenti. Penso quindi che abbiate raggiunto l'obiettivo. Allora, cominciamo con l'inizio del libro, con l'introduzione, che è stata scritta da Joe Torsella. Joe stesso è stato un ex diplomatico. Joe, nella tua prefazione hai detto di considerare questo libro come una sorta di continuazione della grande diplomazia iniziata da Andrea quando era a Filadelfia e mi chiedevo se potessi parlare un po' di più di ciò che intendevi."
Joe Torsella, Tesoriere del Commonwealth della Pennsylvania dal 2017 al 2021: "Certo e per la cronaca: non ho fatto alcuna promessa riguardo ai cani fuori dal suo prato (ridacchia anche lui). È molto generoso includermi come "co-autore" del libro. Ho scritto l'introduzione, a differenza dei veri autori. Per coloro che condividono con me lo status di nonno, scrivere una prefazione è un po' come non fare nulla del lavoro, ma prendersi un po' del merito. Ritengo che il marchio di diplomazia diAndrea fosse superbo e credo che oggi se ne possa avere un'idea: creatività, inventiva fuori dagli schemi e un pensiero ampio sulle relazioni, non ristretto alle transazioni. Secondo il mio giudizio - e ci sono giudizi più autorevoli sulla diplomazia nel nostro pubblico di oggi - e secondo la mia esperienza, che è stata all'ONU, che è diverso da un luogo di carattere "bilaterale" - l'ONU è stato notoriamente descritto da Madeleine Albright, che ha detto "per capirlo bisogna immaginarlo come una impresa con quasi 120 membri nel Consiglio di Amministrazione, ognuno di loro parla una lingua diversa, ha una serie diversa di valori e priorità e ha un cognato che ha bisogno di un lavoro" - quello che mi è apparso chiaro è che la concezione che tutti noi abbiamo della diplomazia, secondo cui essa esiste semplicemente per rappresentare un punto di vista o per influenzare un particolare interesse o transazione, è ristretta e di solito inefficace. Il modo migliore perfarelamaggiorpartedellecosenellavitaècostruirerelazioni,primadidoverlesfruttare,epensare in modo ampio. Quello che Andrea ha fatto con questo libro, a mio avviso, è esattamente questo. Anche il Dipartimento di Stato per anni - credo che lo faccia ancora - ha avuto una sezione dedicata alla diplomazia pubblica, comprendendo che quando si ampliano e si approfondiscono i legami, sia tra due nazioni che con istituzioni multilaterali, si creano circostanze in cui fare una richiesta difficile diventa molto più facile, così come per le persone dire di “sì”. E per certi versi credo che questo libro faccia proprio questo. Per le città o i luoghi in cui la popolazione italo-americana è numerosa, la tentazione è quella di considerarla solo come un omaggio al luogo. Quello che il libro fa - per chi l'ha letto lo saprà e per chi non l'ha fatto dovrebbe farlo - è esplorare invece questo aspetto e guardare indietroein avanti nel tempo e guardareattraverso settoriche non ci si aspetta.Capire che a Filadelfia
- e in qualche misura anche in Pennsylvania - le connessioni sono così longeve da risalire all'epoca coloniale e sono così ampie da trovarsi in tutti questi luoghi sorprendenti. L'effetto di questo, credo, e del lavoro intorno al libro, è quello di creare nel lettore un apprezzamento per qualcosa che era prima un po' - come dire - più ristretto. Ho sempre pensato che Andrea, e forse soprattutto Roberta, fossero diplomatici straordinari, perché era quello che facevano, e lo facevano in questi modi molto creativi e insoliti, che rendevano molto, molto, molto difficile per chiunque nella vita pubblica - come lo ero per me all'epoca - dire di no, quando arrivava una richiesta ufficiale di qualsiasi tipo. Penso quindi che sia un libro superbo, un'interessante illustrazione della profondità di questi legami che la maggior parte di noi, anche quelli che sono nativi di Filadelfia, in Pennsylvania, non comprendevano e un vero tributo a lui come autore e un modello, credo, per un modo di approcciare la diplomazia che sia efficace e interessante."
Neil Boyden Tanner, Vicepresidente Senior e Consigliere Generale per le finanze, la strategia ed i mercati internazionali del Cigna Group:
"Grazie Joe e non potrei essere più d'accordo. Questo libro, voglio dire, si può guardare attraverso la lente diplomatica, attraverso un bellissimo libro da tavolo, attraverso un serio lavoro accademico, e, sapete, alcuni dei membri di questo gruppo di autori hanno fatto incredibili quantità di ricerca e hanno scritto alcuni pezzi davvero affascinanti. Lisa, forse comincerò con te perché hai scritto un capitolo su Filadelfia e il Grand Tour e forse potresti spiegare a tutti coloro che magari non sanno cosa fosse il Grand Tour, un po' di cose al riguardo, ma soprattutto perché l'approccio della società di Filadelfia al Grand Tour era così diverso da quello di Boston o di New York."
Lisa Colletta, Direttore del Programma “English Writing, Literature, and Publishing” - American University of Rome: "Come ha detto lei, in questo libro sono un po' un'anomalia, perché non stavo cercando in particolare i contributi degli italoamericani a Filadelfia, ma le tradizioni del Grand Tour, che ha fatto da ponte tra molte, direi, esperienze culturali. Filadelfia è sempre stata una città importante negli Stati Uniti, coinvolta nella costruzione della nazione, nella creazione di un'identità nazionale, e con le sue radici puritane, ha avuto un approccio al Grand Tour molto diverso da quello di Boston o New York, che non avevano quella base puritana. L'influenza puritana della città era interessante perché una volta che le persone diventavano ricche - e stiamo parlando di persone che originariamente si erano arricchite con gli affari, di solito mercanti, petrolieri, costruttori, e poi nella seconda generazione c'erano avvocati e medici - avevano bisogno di essere acculturati, quindi mandavano i loro figli nel continente per avere un po'di cultura. Non troppa, perché non volevano che fossero sedotti dai piaceri di un'Italia cattolica, quindi c'era molta tensione tra le vecchie famiglie di Filadelfia che andavano in
Italia e ciò che avrebbero dovuto fare al loro ritorno. Si trattava di un modello molto diverso, la maggior parte del mio lavoro riguarda la tradizione britannica del Grand Touring, soprattutto l'eredità del Grand Tour e il modo in cui questo ha influenzato l'idea di cosa sia l'Italia e di come si inserisca nella scena mondiale, spesso definita da altre persone. L'Italia è intrinsecamente una terra di contraddizioni. Gli inglesi sembrano essere molto sicuri nello scrivere libri su come siano gli italiani e questo deriva dalle loro radici legate al Grand Touring. Quindi, questo è stato il mio interesse principale e questo libro, in particolare, è stato interessante perché non sapevo molto degli italiani a Filadelfia. Lo sapevo dalla mia famiglia, che è composta interamente da italo-americani ed abbiamo parenti sparsi per tutta la East Coast. Le famiglie del Tour andavano in Italia con una missione specifica. Venivano mandate lì con i loro figli per riportare un certo tipo di cultura, perché non era sufficiente fondare una nazione su principi mercantili. Stiamo parlando della prima parte del XX secolo, fine XIX, inizio XX secolo, quindi a quel punto la terza generazione di questi capitani d'industria doveva andare a riportare un po' di cultura, non troppa, perché non volevano che rimanessero [in Italia]. Un paio di loro lo fecero e alcune delle storie più interessanti sono quelle di coloro che decisero di non tornare e di rimanere in Italia a vivere una sorta di vita decadente e lussuosa, che non sarebbe andata molto bene a Germantown... ok, non sarebbe andata molto bene a Filadelfia. L'idea principale era quella di tornare e portare con sé l'eredità dei loro viaggi all'estero, dove imparavano a conoscere le culture. Parigi era il luogo in cui si andava per imparare le buone maniere, ma l'obiettivo principale del Grand Tour era sempre Roma, più che la Grecia, anche se era considerata la base della civiltà occidentale. Era il luogo in cui si andava per acculturarsi. Spesso gli americani e gli inglesi si consideravano eredi di quell'impero e avevano bisogno di quel tipo di capitale culturale per costruire la città sulla collina, per trasferire quei valori nel nuovo mondo. Così molti di loro mandarono in patria i loro figli e molti di loro contribuirono davvero, come dico nel libro, alla vita culturale di Filadelfia. Fondarono orchestre, fondarono il primo zoo, fondarono università e furono coinvolti nella costruzione di una parte culturale di Filadelfia. Dovevano tornare indietro e acquisire la cultura e riportarla in un modo particolarmente americano. Quindi, questo è il mio interesse e vorrei solo dire una cosa. Vorrei ringraziareAndrea per aver fatto questo libro perché, sequalcunohamai curatounlibro,sappiateche èl'esperienzapeggioredel mondo. Si trattadi mettere insieme 30 collaboratori ed è difficile crederci, ma è più facile scrivere un proprio libro perché è come radunare dei gatti. La tua grazia e pazienza sono state molto apprezzate. Se posso dire un'altra cosa, perché mi sento un po'un impostore in questo gruppo, vorrei ringraziare, oltre al Presidente Sprenger, anche il nostro ex Presidente Richard Hodges, che è stato colui che mi ha presentatoAndrea ed è stato l'ex Direttore del Penn Museum, quindi se c'è qualcuno che dovrebbe essere quassù dovrebbe essere Richard e la sua eredità - a proposito di eredità – e la serie di connessioni culturali che ha creato. Credo che ne stiamo ancora facendo un importante esperienza con l'AUR. Volevo ringraziarlo in
contumacia perché è così che ho conosciutoAndrea, quindi non so se questo risponde alla domanda. Credo che lei volesse che parlassi di George Verts, che è il più interessante."
Neil Boyden Tanner, Vicepresidente Senior e Consigliere Generale per le finanze, la strategia ed i mercati internazionali del Cigna Group: "GrazieLisa.OrapassiamoaChris,cheharealizzatoduecapitolidellibrosuargomentimoltodiversi. Ho pensato di iniziare con il capitolo sul Jazz. Sono un grande appassionato di Jazz, ma non avevo idea dei collegamenti tra l'Italia e Filadelfia per quanto riguarda il Jazz. Sapevo certamente chi era Eddie Lang, ma non sapevo che il suo vero nome fosse Salvatore Massaro. Questa è stata una novità per me e l’ho scoperto leggendo il suo capitolo. Mi chiedevo se potesse parlare un po' di più di queste connessioni con il padre della chitarra Jazz e in generale con il Jazz di Filadelfia in Italia."
Chris Sanchirico,Professoredi “Law,Business,and PublicPolicy,”-SamuelA.Blank e Co-Diretttore di “Center for Tax Law and Policy” - University of Pennsylvania Carey Law School:
"Sì,SalvatoreMassaro -EddieLang-èconsideratoilpadredellachitarraJazzecredocheladomanda sia: perché? Penso che se si ascoltasse un piccolo ensemble o una band Jazz prima di Eddie Lang, si vedrebbe un banjo e dopo Eddie Lang si vedrebbe una chitarra e si vedrebbe anche la chitarra come uno degli strumenti principali, magari suonando un assolo, ed Eddie Lang ha il merito di questo cambiamento. Penso che quando la gente dice che è il padre della chitarra Jazz è a questo che si riferisce. Se ascoltate Eddie Lang sentirete qualcosa di molto simile a Django Reinhardt. Forse conoscete meglio Django Reinhardt grazie a film recenti e altre cose. Questo era il suono di Eddie Lang e Django Reinhardt è stato molto influenzato dal suono di Eddie Lang. Eddie Lang è di South Philadelphia. Sì, sono cresciuto a South Philadelphia e c'era un signore a South Philadelphia di nome Carmen Azzaro che cantava canzoni italiane a sua moglie e credo che, continuando a corteggiarla, decise che doveva migliorare il suo gioco e imparare a suonare anche la chitarra. Così scese in strada e prese lezioni da Eddie Lang. Carmen Azzaro non divenne mai un grande chitarrista Jazz, credo si possa dire che rimase sposato per molto tempo, ma suo figlio Pat Azzaro cambiò il suo nome in Pat Martino e direi che fino al novembre del 2021, purtroppo, è stato probabilmente il più grande chitarrista Jazz vivente. Dal momento che - ancora una volta - l'importante è suonare, qual era la differenza tra il modo di suonare di Eddie Lang e quello di Pat Martino? Il suono della chitarra Jazz suonata da Pat Martino è più propriamente quello che oggi consideriamo il suono della chitarra Jazz. È un suono più profondo, meno filiforme, gli accordi sono meno ritmici come quelli di Django Reinhardt, lasingolalineamelodicaèenfatizzataequandovengonosuonati gli accordisono sincopati e così via. Pat Martino era assolutamente spettacolare. Quando suonava a South Philadelphia, ci fu
un giovane che andò a sentirlo e pensò che fosse la cosa più bella dopo il pane a fette. Siamo negli anni '70, con i suoi occhiali da sole, il suo atteggiamento e il suo incredibile virtuosismo, si trattava di Jimmy Bruno, un fantastico chitarrista Jazz anch'egli di South Philadelphia, dello stesso quartiere. La storia continua con persone che non suonano necessariamente la chitarra. Un tizio di nome Joe Venuti, che è un precursore di Stefan Grappelli - forse conoscete meglio il violino Jazz di Stephen Grappelli - condivideva un leggio con Eddie Lang negli anni '10. Andarono a un banco dei pegni e comprarono una chitarra e un violino e lanciarono la monetina: Eddie Lang prese la chitarra e Joe Venuti il violino e suonarono insieme per molti anni. Hanno fatto registrazioni l'uno con l'altro. C'è poi la famiglia De Francesco e JoeyDe Francesco in particolare, fu un fantastico organista jazz, Tony Miceli, un fantastico vibrafonista, e la lista continua. Quindi credo che se si chiedesse a questi musicisti che cosa fanno, non direbbero che sono musicisti di Jazz italo-americani, ma che sono musicisti e che sarebbero felici di suonare con chiunque sia in grado di tenere il loro passo, o meglio ancora, di aprire la strada. Ma è interessante notare quanto, ovviamente, la storia del Jazz negli Stati Uniti sia fondamentalmente o soprattutto una storia afroamericana, ma è interessante notare quanto anche gli italoamericani siano stati coinvolti, quanto abbiano contribuito e come gran parte del contributo italo-americano al Jazz provenga da un quartiere relativamente piccolo, South Philadelphia. È stato un piacere conoscerlo."
Neil Boyden Tanner, Vicepresidente Senior e Consigliere Generale per le finanze, la strategia ed i mercati internazionali del Cigna Group:
"Grazie Chris, sono rimasto incredibilmente colpito da quel capitolo perché è insolito per un abitante del luogo imparare così tanto sulla propria casa, quindi grazie per questo. Andrea, è chiaro che hai messo insieme dei collaboratori straordinari per questo libro, che copre tutto, dalla politica alle arti, alla musica, ai club privati di Filadelfia, davvero tutta la gamma, e mi chiedo come hai fatto a mettere insieme questa incredibile collezione di individui."
Andrea Canepari, Co-curatore:
"È stata davvero la parte più divertente: essere un diplomatico ti dà il privilegio di incontrare tutti, di conoscere tutti, è un titolo che apre le porte, ed è anche un dovere perché si è obbligati a farlo in modo efficiente, ma è davvero un piacere incontrare tutte le persone e ascoltare le storie. Le persone, ad esempio, mi hanno raccontato storie che sentivano il dovere morale di raccontare, perché se avessero raccontato la storia quella storia sarebbe stata salvata. Una di queste storie è stata scritta nel capitolo di Chris sulla UPENN. Non voglio rovinare la sorpresa, ma in un'istituzione della Ivy League, ho saputo, da alcune delle persone che ne sono state testimoni, come un portiere italiano, un povero immigrato arrivato senza alcuna risorsa, è stato in grado poi di fare la differenza. Negli Stati Uniti è
riuscito a guadagnarsi da vivere a Filadelfia, investendo saggiamente un piccolo capitale e poi è riuscito a contribuire alla fondazione, dopo la sua morte, del primo centro culturale italiano e della prima cattedra di studi italiani in un'università della Ivy League nella regione di Filadelfia. Io amo la UPENN, che è anche la mia alma mater, ma all'inizio, da quello che ho capito, tendevano ad apprezzare di più il denaro della donazione invece che l’idea di istituire la cattedra. Così la comunità italiana ha dovuto lottare per ottenerla. Abbiamo qui un'altra mia amica ed ex Console Generale d'Italia,Anna Della Croce, che forse conosce la storia poiché ha fatto parte del team che ha sostenuto l'istituzione di quella cattedra. Quindi, se ci pensate, un povero immigrato ha avuto l'idea di fondare la cattedra di Studi Italiani all'interno di un'istituzione che non era sempre amichevole con la massa dellamigrazioneitalo-americana, e altre personehannoreagito affinchéquestacattedrafosseistituita. Dopo decenni queste persone vennero nel mio ufficio, mi diedero un manoscritto e mi dissero: "Devi leggerlo!" e io non lo feci subito perché ero molto impegnato, ma dopo anni, in realtà, capii cosa era successo.CosìhocondivisolastoriaconChrisegli hochiesto:perfavore,inseriscilanellibro.Questo è solo un esempio, ma c'erano così tante persone affascinanti di South Philadelphia, delle grandi istituzioni culturali, e tutti aggiungevano un pezzo. Per me era davvero importante creare questi affreschi e lasciare che queste storie diventassero permanenti e fossero salvate dal tempo. Perché altrimenti non c'è più nulla. Quindi è importante mettere tutto insieme, anche dal punto di vista architettonico: sul retro di Market Street c'è una copia del ponte "Rialto" di Venezia [Ponte dei Sospiri] e io non ci sono mai stato. Nessuno aveva idea di questa ispirazione italiana, ma Inga Saffron ha scritto un articolo a riguardo e abbiamo inserito la fotografia nel libro. Quindi ci sono tanti elementi, cosi come anche la migrazione di massa. Sono felice che ci sia qui un altro esperto di immigrazione italiana, Eugenio Marino, con cui stiamo lavorando per creare altre iniziative, per far conoscere queste persone e queste storie e che sa come, a volte, l'alta cultura italiana e l'emigrazione di massa siano viste, anche dagli italoamericani, come parole diverse che non hanno nulla in comune. In realtà, al contrario, sono la stessa cosa, hanno gli stessi valori, hanno lo stesso amore per il lavoro serio, il rispetto della famiglia e la creazione di un posto migliore per la famiglia e per la società. È così che Filadelfia è stata migliorata, in un certo senso, dagli italoamericani. Quindi, conoscendo tutte queste storie e ascoltando queste sinfonie, provenienti da così tante voci diverse, dovevamo lavorare per metterle in un libro e così lo abbiamo fatto. Abbiamo anche organizzato centinaia di eventi con tutte le istituzioni che volevano partecipare. Poi ho sentito il dovere morale di scrivere il libro e ho lavorato con la dottoressa Judith Goode.Anche lei ha fatto uno sforzo enorme per creare una sinfonia con tutti gli standard accademici americani, perché volevo che la storia fosse pubblicata da una casa editrice universitaria americana, perché credevo che queste storie fossero storie serie e che avrebbero dovuto essere pubblicate da una casa editrice universitaria americana, per far capire a tutti
l'importanza e la serietà delle storie. Tutti i grandi nomi che abbiamo nel libro fanno parte della storia e contribuiscono a creare nuove storie."
Neil Boyden Tanner, Vicepresidente Senior e Consigliere Generale per le finanze, la strategia ed i mercati internazionali del Cigna Group: "Sono lieto che abbia commentato l'esperienza italo-americana nel libro, perché penso che sia un'altra lente davvero importante, alcune delle storie che vanno dagli stracci alla ricchezza, alcune delle storie di contributi meravigliosi, sia nelle arti che nella donazione, a cui ha fatto riferimento. Storie che francamente non sono state raccontate abbastanza e vorrei tornare a Joe perché lei è un italoamericano della Pennsylvania ed ero curioso di conoscere la sua reazione alle molte storie dell'esperienza italo-americana e forse di capire come questo possa riguardare lei o la sua famiglia."
Joe Torsella, Tesoriere del Commonwealth della Pennsylvania dal 2017 al 2021: "Certo, beh sì, ora vivo fuori Filadelfia, ma sono cresciuto in una zona diversa della Pennsylvania, che ha una geografia molto varia, sociale e politica, in una piccola città, nella parte centrale dello Stato, chiamata Berwick Pennsylvania. Si può paragonare Filadelfia a Pittsburgh, con caratteristiche molto più da Midwest.Avolte, di solito da parte dei commentatori politici, viene accomunata al resto dello Stato della Pennsylvania, che è molto rurale e diverso. Io sono cresciuto in quella parte e sono un filadelfiano d'adozione, più o meno dagli anni dell'università. Gli elementi illustrati nel libro erano ampiamentericonoscibili nellapartedello Stato incui sono cresciutoesono ampiamentericonoscibili nella Pennsylvania occidentale, che ha anche una grande popolazione italoamericana, ma con alcune differenze. Penso che si debba apprezzare Filadelfia per i primi Stati Uniti, perché era di straordinaria importanza sotto ogni punto di vista. All'epoca della Rivoluzione Americana, Filadelfia era la più grande città dell'Impero Britannico al di fuori di Londra, più grande di qualsiasi altro luogo, anche di quello che oggi è il Regno Unito, e veniva spesso chiamata la nuovaAtene; per questo motivo, credo che ci sia un legame tra Filadelfia e una delle sue città modello, Roma, diverso dal resto del mondo. Mettiamola così: nella città in cui sono cresciuto, Berwick, Pennsylvania, 5.000 abitanti, nessuno in nessuna generazione ha fatto un Grand Tour, ma Filadelfia ha comunque gli stessi elementi. È una città meravigliosa, ma provate a capire cos'è stata per la maggior parte della prima epoca della sua esistenza,cioèunasortadinuovomondo,ecredochequestosiaunasortadi sovrapposizionespeciale. Credo che poi vi sia un altro aspetto, un po' diverso, da considerare. Una delle cose meravigliose di questo libro è che dice che il modo in cui pensiamo all'influenza italiana in qualsiasi parte degli Stati Uniti è quello legato dell’’all'immigrazione della fine del XIX e dell'inizio del XX secolo. Questo è comprensibile, perché probabilmente è a questo periodo che la maggior parte di noi può far risalire il proprio status di italo-americano, ed è meraviglioso, ma in un certo senso oscura una più lunga
tradizione di scambio di influenze italiane e americane, che ha letteralmente plasmato l'intero mondo che ci circonda, sia che si tratti di architettura e di design, sia che si tratti di concetti politici, sia che si tratti di moda o di commercio o di jazz.Tutte questi elementi erano riconoscibili nella parte dello Stato in cui sono cresciuto. Voglio dire, la fondazione di istituzioni, il protagonismo nel commercio, nella politica e nella cultura. Solo che non in modi così eclatanti e celebrati come a Filadelfia, ma credo che i contorni della storia siano veri. In Pennsylvania c'è circa un 10% di italo-americani, ma credo che ci sia una storia più universale che ha implicazioni che vanno ben oltre Filadelfia e Pittsburgh."
Neil Boyden Tanner, Vicepresidente Senior e Consigliere Generale per le finanze, la strategia ed i mercati internazionali del Cigna Group: "Ottimo. Grazie Joe. Spostandoci dall'altra parte dell'Atlantico, tornando in Italia, sarei negligente se non facessi notare che l'American University of Rome si trova al Gianicolo, un luogo bellissimo, se non ci siete mai stati venite a trovarci. Mi ha sorpreso molto, Lisa, leggere nella tua rubrica un collegamento tra la società della vecchia Filadelfia e il Gianicolo e mi chiedevo se potessi commentare rapidamente la cosa."
Lisa Colletta, Direttore del Programma “English Writing, Literature, and Publishing” – American University of Rome:
"Ok, certo. In realtà, proprio in questo edificio in cui ci troviamo in questo momento è dove i Wurtz hanno vissuto, nel Palazzo Mattei, e con grande stravaganza come si può immaginare. George Wurtz faceva parte della delegazione americana. Era un giovane perfetto per il Grand Tour, non era particolarmente intellettuale, ma aveva grandi maniere e grande gusto e aveva un interesse per il mondo più ampio. Presto seguì la carriera diplomatica e fu a Roma per un po', poi a San Pietroburgo. Proveniva da una famiglia estremamente ricca e, alla morte della prima moglie, sposò una donna ancora più ricca, Henrietta Potts Tower, anch'essa originaria di Filadelfia. Qui crearono, in questo Palazzo, un salotto che stupì tutti in quell'epoca di incredibile ricchezza. La loro collezione d’arte era scandalosa, e gran parte di essa, dopo la morte di George, Henrietta la donò a Mussolini, così come Villa Sciarra. Quando lasciarono il Palazzo non era di loro proprietà, così acquistarono Villa Sciarra, che si trova proprio di fronte all'American University of Rome, sul Gianicolo, e alla sua morte, nel 1933, Henrietta donò anche quella, a cui era molto affezionata, a Mussolini, a condizione che fosse messa a disposizione del popolo italiano. La loro collezione d’arte si trova ora in Piazza Venezia, una collezione permanente, ed è una collezione molto grande di arte eclettica che non si vede facilmente in Italia. Ci sono molte cose provenienti dalla Russia e dall'Estremo Oriente, dai loro viaggi, e anche questo è molto interessante. Ma il legame principale tra la cultura di Filadelfia e il Gianicolo e
l'edificio stesso ruota attorno alla loro nascita e alla loro interessante eredità. E ho pensato che anche quello che diceva Joe fosse interessante, perché sarebbe piuttosto difficile trovare un italoamericano che sia andato a fare un Grand. Il Grand Tour è stato un viaggio di massa solo molto più tardi. È sempre stata una cosa riservata alle classi alte ed è per questo motivo che è difficile rintracciare gli americani nel Grand Tour perché, a differenza degli inglesi, che hanno viaggiato fino alla fine del XIX secolo, era ancora piuttosto limitato all'aristocrazia o almeno alle classi molto alte. Quindi ci sono molte più prove d'archivio, le loro lettere, i loro documenti di famiglia, le loro storie, ma le famiglie americane che viaggiavano... bisogna andare ai manifesti navali per trovare qualcosa. È un lavoro d'archivio molto difficile, non c'è stata una grande raccolta, ma nel mio capitolo la vera differenza è che si concentra su quella classe alta di Filadelfiani che andò in Italia e cercò davvero di creare legami culturali, ma questo accadde anche - come ha detto lei – prima, per esempio con la famiglia con cui Charles era sposato, Catherine Adams, pronipote e figlia di presidenti degli Stati Uniti e che viveva a Firenze. Il loro interesse era rivolto al Risorgimento, erano molto impegnati nel pamphleting e nella lotta per lo Stato italiano e lo vedevano come una causa celebre, tanto da creare moltasimpatianegli StatiUniti peril Risorgimento elabattagliaperlacreazionedi un'Italiaunificata. Quindi i legami culturali e politici sono precedenti a quello a cui la maggior parte di noi pensa, cioè l'immigrazione di massa intorno all'inizio del secolo. Sono molto più in là nel tempo."
Neil Boyden Tanner, Vicepresidente Senior e Consigliere Generale per le finanze, la strategia ed i mercati internazionali del Cigna Group: "Grazie Lisa. Vorrei concludere con Chris e poi aprire al pubblico per le domande. Chris te ne farò una molto aperta, perché nel capitolo sulla Penn c'erano molte cose interessanti, ancora una volta piene di sorprese, cose che non sapevo, soprattutto la storia che hai raccontato credo sia una grande storia. Che cosa ti ha sorpreso di più nel metterla insieme?"
Chris Sanchirico,Professoredi “Law,Business,and PublicPolicy,”-SamuelA.Blank e Co-Diretttore di “Center for Tax Law and Policy” - University of Pennsylvania Carey Law School: "Credo che la cosa che più mi ha interessato sia il modo in cui la storia dell'Università della Pennsylvania - che è stata un pezzo di storia di Filadelfia e degli Stati Uniti per circa 275 anni, e che tra l'altro dall'altra parte dell'oceano sembra un numero elevato, seduti in questa stanza è difficile immaginarlo, ma è un numero elevato -abbia riflesso, in quanto piccolo pezzo di Filadelfia e degli Stati Uniti, la storia degli Stati Uniti, soprattutto in termini di interazione con l'Italia e gli italoamericani. Un periodo particolare che ritengo interessante è la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, in cui si verificano due cose allo stesso tempo. Ci sono persone di grande spirito pubblico nella società di Filadelfia, come William Pepper, Sarah York Stevenson e altri, che si interessano molto
all'Italia e fondano il Penn Museum in quel periodo, e si impegnano in modo molto proattivo per ottenere manufatti, in particolare reperti etruschi manufatti provenienti da tombe a nord di Roma. Quello che dovettero fare e come dovettero continuare a fare per portare quelle cose al Penn Museum e farle arrivare in una forma in cui si potesse dire dove il manufatto era stato scoperto, in quale tomba era stato scoperto, dove si trovava nella tomba quando fu scoperto fu un'impresa incredibile e di grande successo. Mentre cercavano di portare - in modo molto proattivo - pezzi del passato italiano negli Stati Uniti, nello stesso momento il presidente italiano si stava recando da solo negli Stati Uniti. Nel 1870, quando iniziarono a pensare al Penn Museum, (c'erano) 300 italiani a Filadelfia, nel 1910 c'erano 77.000 italiani a Filadelfia, un aumento di 250 volte in quel periodo. All'epoca, quando la popolazione della città stava raddoppiando. Questo è stato un grande cambiamento per Philadelphia e ciò che credo sia interessante è che è importante tenere a mente, e questo è stato menzionato, è la provenienza di questi italiani. C'è un libro fantastico che noi non conosciamo bene, ma che gli italiani conoscono molto bene, mi dicono, che si chiama "Cristo si è fermato a Eboli" di Carlo Levi. Carlo Levi descrive - lui che era un critico di Mussolini e che in quel periodo fu esiliato per alcuni anni nel Sud Italia-lecondizioni di vitadellagentee raccontadi comesi vivevain stanzesingole. Immaginate il vostro primo appartamento, il monolocale che avete preso subito dopo la laurea, solo che tutta la vostra famiglia vive lì con voi e anche tutto il vostro bestiame vive lì con voi in quell'appartamento di una sola stanza. Ecco com'era e Carlo Levi dice: "Ma sulla parete a destra, accanto al quadro della Madonna, c'era una foto di Franklin Delano Roosevelt e forse un dollaro americano appuntato tra loro". Non lo intendiamo proprio come bidirezionale, ma c'era un flusso bidirezionale tra l'Italia e gli Stati Uniti in quel periodo, nel Sud Italia e negli Stati Uniti, e Levi dice che gli italiani del Sud vedevano New York come la loro capitale, tanto quanto Roma o addirittura Napoli. Così arrivarono negli Stati Uniti, in massa, e credo sia giusto dire che la generazione che arrivò da adulta ebbe ben poco a che fare con l'Università della Pennsylvania. Forse erano impiegati, ma possiamo chiederci: e i loro figli, che sarebbero nati intorno al 1905? Se si consulta l'annuario dell'Università della Pennsylvania degli anni '20, tra le pagine si vede una fotografia di circa 20 o 30 ragazzi e sotto circa 50 o 60 nomi che sono inequivocabilmente italiani e che appartengono al Club Italiano. Facendo un controllo incrociato con gli annunci di laurea e con altri nomi di italo-americani, sembra che la conclusione giusta sia che tutti gli italo-americani della Penn all'epoca facessero parte di questo club. La domanda che ci poniamo è perché fosse così. Credo che ci siano diverse ragioni. Una ragione è, credo, che dobbiamo ricordare che all'epoca in cui sono state scattate queste fotografie, il Congresso stava approvando restrizioni sull'immigrazione che in superficie erano generalmente applicabili, ma appena sotto la superficie erano chiaramente contro l'immigrazione dal sud dell'Europa e suppongo, sapete, che ci sia un'altra ragione. Niente come l'opposizione congiunta per creare coerenza e forse allora tutti gli italoamericani si sono riuniti in questo club. La seconda ragione per cui credo che il
club fosse così popolare, e così quasi unanime, è che crediamo sia stato creato da un professore molto carismatico della Penn, Domenico Vittorini, che è stato alla Penn per 40 anni, all'incirca dal 1920 al 1960. Insegnava italiano e faceva ricerca su Pirandello, anche su Dante, ed era considerato la principale presenza italo-americana nel campus in quel periodo. Oggi è celebrato, ci sono borse di studio a suo nome, premi a suo nome e quando la Penn è tornata a sollecitare alcuni dei membri di maggior successo di quella fotografia, parte della loro proposta è stata quella di ricordare agli studenti questo Domenico Vittorini e alcuni di loro hanno donato molto generosamente, forse come risultato di quel ricordo."
Neil Boyden Tanner, Vicepresidente Senior e Consigliere Generale per le finanze, la strategia ed i mercati internazionali del Cigna Group:
"Grazie Chris e ora, come promesso, vorremmo aprire al pubblico se ci sono domande da parte del pubblico."
Domande e Risposte
Prima domanda:
"Grazie mille per l'iniziativa. È stato molto interessante e sembra che tutti voi abbiate scoperto storie che forse non avevate previsto di scoprire. Mi chiedo quale sia stata la reazione al libro a Filadelfia e se le persone stiano ancora cercando altre storie o - sapete - dove vedete che andrà a finire? Perché, sebbene sia apparentemente un bellissimo libro da tavolo, sembra anche che ci sia ancora molto da raccontare."
Andrea Canepari:
"È una bella domanda, perché tutte queste iniziative partono dall'idea di creare ponti, quindi qual è la fine del ponte? In realtà è una storia che non finisce mai, speriamo. Sono molto felice del fatto, non so se sto rovinando qualcosa, che c'è un gruppo di grandi persone, di diverse generazioni che sta lavorando ora per creare un sito web chiamato "Ciao Philadelphia", che era lo stesso nome di questa iniziativa culturale. Stanno raccogliendo storie e presto annunceranno questo sito web, che è il prossimo passo. Sono molto felice di avere qui la sorella di uno dei protagonisti di questa iniziativa, Joanna Della Valle e sua figlia Margo. Joanna ha insistito con Stacy Storm e stanno lavorando con un mio grande amico, Joe Giacovini, che è un gigante nell'arena legale, ma non solo di Filadelfia, e con altre grandi persone, come Dominic Caruso, ex direttore finanziario di Johnson & Johnson, Philip Rinaldi e mia moglie, che è nel consiglio di amministrazione, Roberta e Dominica Valucci che insieme ad altri stanno lavorando per creare questo nuovo progetto. L'idea è quindi quella di
continuare e non appena avremo consapevolezza, conoscenza, credo che il prossimo passo possa esserefattoin questadirezione.perviadel Covid abbiamo appenainiziatolepresentazioni eleattività pubbliche su questo progetto che è iniziato nel 2016, quindi tutti sono stati estremamente pazienti tra gli autori, ma è stato anche un lavoro enorme farlo. Quindi ora è il momento di vedere quale sarà la prossima direzione, grazie."
Seconda domanda:
"Quali erano i dati demografici in termini di lavori che gli italiani svolgevano quando sono arrivati a Filadelfia? Conosco soprattutto persone i cui antenati, come mio nonno, sono venuti qui e hanno lavorato nelle miniere, quindi molti di loro hanno lavorato nelle miniere, anche se credo che la mia famiglia italiana fosse altamente alfabetizzata e avesse effettivamente un lavoro semi-professionale qui in Italia. È riuscito a studiare questo aspetto nel libro? Di ciò che le persone facevano a Filadelfia quando arrivavano, a parte la deliziosa storia dei musicisti e altre cose?”
Andrea Canepari:
"Beh, dipende anche in questo. Ci sono sette strati di italiani che sono arrivati a Filadelfia e con background e aspettative molto diverse. I primi erano mercanti, soprattutto genovesi, o intellettuali che portavano nuove idee per la nuova Repubblica e avviavano commerci di grande successo. Poi c'è stata la grande migrazione e naturalmente, come lei ha ricordato, la maggior parte di loro è andata in Pennsylvania a lavorare nelle miniere. Ricordo storie terribili, ho avuto il dovere di assistere a Monongah, inWest Virginia, al confine con la Pennsylvania, dove si è consumata una delle più grandi tragedie dei minatori italo-americani, anzi dei minatori italiani all'estero, e sentire quella storia è stato doloroso, ma da quella storia è nato il successo. Per esempio, il nostro amico - sto guardando Joanna - Chuck Pennoni, la cui famiglia era originaria di Scranton, da dove proveniva il vicino Presidente Biden, Scranton Pennsylvania, e che aveva un lavoro duro nel settore minerario ha creato una società di ingegneria di 1000 persone ed è diventato presidente dell'associazione degli ingegneri statunitensi. Quindi,vogliodire, questoèstatopossibileeoraabbiamomediciescienziatichevengonoaFiladelfia per lavorare in ospedali e istituti di ricerca. Quindi, diversi background, diversi inizi, è molto diverso lavorare in una miniera vicino a Scranton o a Monongah, o andare al Children Hospital o in qualche altro istituto di lusso, perché sono istituti di ricerca. I valori sono gli stessi però: persone laboriose che creano ponti, che si collegano attraverso il passato, anche se a volte - soprattutto le nuove generazioni - non ne sono consapevoli e a volte non lo colgono, ma in realtà fanno parte di una parte comune. Credo che le opportunità si presenteranno se proseguiremo su questo percorso, se seguiremo le istituzioni, come l'American University of Rome. Abbiamo avuto grandi dialoghi con il suo
Presidente, su come stanno creando ponti, stanno mescolando le culture. Questa è la mia considerazione."
Terza domanda:
"Sono molto grato per le ultime due domande, perché completano un po' quello che avrei voluto chiedere. La prima domanda chiedeva come i Filadelfiani hanno visto questo libro e io vorrei continuare chiedendo come gli Italiani stanno vedendo questo libro? E la seconda domanda parlava di classe, e anche se sembro inglese al 100%, poiché è ovviamente inglese la mia formazione, guardo e ascolto con orecchie italiane perché sono romana e voglio chiedere: lei parla di Filadelfia come distinta da Washington e New York, eppure Filadelfia ha più cose in comune con Washington e New York di quanto Genova abbia con Napoli e Napoli abbia con altre città italiane... quindi quello che ho notato nel discorso è che c'è una classe superiore che aiuta l'unità d'Italia, che è un'idea del nord, e che probabilmente ha spinto fuori gli autoctoni e li ha impoveriti e costretti in America? Quindi immagino, in realtà, che tutte le grandi cose culturali che sono state fatte a Filadelfia siano state fatte esclusivamente da italiani del Sud della Magna Grecia. È così?"
Joe Torsella:
"Beh, non credo. "Esclusivamente" è una parola forte, ma credo che, data la natura dell'immigrazione di massa e la sua provenienza, come è stato discusso, ci sia stata un'enorme influenza dell'Italia meridionale, solo che, quando si esce da quel periodo e si guarda, in un certo senso, all'indietro e in avanti, si vedono più variazioni."
Neil Boyden Tanner:
"Sì, sono d'accordo. Penso anche che - come ha accennato Lisa - le nostre radici quacchere ci rendano piuttosto diversi a Filadelfia rispetto a questi altri luoghi, ma ciononostante credo che si possa sostenere che ogni massiccia ondata di immigrazione, a partire dagli inglesi, ai tedeschi, agli italiani, ai vietnamiti, abbia portato con sé i propri meravigliosi contributi alla nostrasocietà, che hanno creato questo grande esperimento davvero unico, come è stato chiamato dai nostri antenati, e credo che tutti noi ne abbiamo beneficiato immensamente e gli italiani hanno un ruolo non piccolo in questo, ma molto grande."
Lisa Colletta:
"Posso approfondire un po' l'argomento. Come ho detto, i miei interessi e il prossimo libro a cui sto lavorando riguardano il Made in Italy e il modo in cui l'Italia è stata definita da altre persone. È molto interessante perché anche i ricchi espatriati, non solo i grandi turisti, che hanno deciso di rimanere
hanno scritto dell'Unità d'Italia. È molto interessante perché per molti versi è profondamente radicata l'ideadell'ereditàdell'ImperoRomanoecisidomanda:chisaràilprossimoerededell’Impero? Boston si definisce l'Atene d'America. Chi sarà il prossimo? Direi che la cultura anglo-americana si considerava davvero l'erede di quella cultura. Quindi gli italiani normali che erano lì, il fatto che siano stati invasi dai papi e da ogni altro regno, era una sorta di prova che, beh, gli italiani normali non sono quelli veri,quelli veri erano già nellastoria. Quindi c'èsempreunanostalgia associata aciò chel'Italia - sapete - era e a ciò che è in pratica. Spesso si trascuravano le persone che si trovavano nel paesaggio, che erano solo pittoresche, ma le grandi narrazioni che si scrivevano sull'impero e sulla sua identità, spesso lasciavano che gli italiani normali fossero rappresentati come pastori o affascinanti o rustici o più autentici di quanto lo fosse il mondo anglo-americano. Quindi vengono rappresentati in modo molto diverso nella letteratura dei grandi turisti. Non so se questo risponde alla sua domanda, ma..."
Andrea Canepari:
"Vorrei aggiungere un breve commento su Washington e Filadelfia. Credo che Filadelfia abbia una particolarità. Se si va a Washington, il centro di Washington si chiama downtown, come tutti i centri delle città americane, e nel centro si lavora e si trovano uffici pubblici. Una delle eccezioni è Washington, dove il primo edificio è stato realizzato da italiani: si tratta del Watergate, realizzato con capitali del Vaticano e di investitori romani, costruito da una società di ingegneria milanese ed è il primo edificio di Washington con appartamenti, uffici commerciali e negozi insieme. Ma di solito questo tipo di edifici non si trova a Washington, non si è abituati a trovarli a Washington, fin dalla fondazione. Ma a Filadelfia non c'è un “Downtown”, c'è il "Center-City", che credo sia di marca italiana, visto che la traduzione italiana è "Centro Città". È un concetto completamente diverso, è quello che si trova qui a Roma, in ogni città d'Italia, un luogo dove si lavora, si vive, si fa shopping, si hanno scuole, tutto insieme. Credo che questo sia il simbolo di quanto sia diversa Filadelfia e di come sia stata plasmata dall'influenza europea e italiana.”
Neil Boyden Tanner, Vicepresidente Senior e Consigliere Generale per le finanze, la strategia ed i mercati internazionali del Cigna Group: "Grazie Andrea e grazie a tutti voi per esservi uniti a noi oggi, e vorrei ringraziare tutti i relatori e naturalmenteAndrea per aver messo insieme tutto questo oggi."
1.2. Presentazione nell’ambito del Festival della Cultura Americana: gli Italiani in America. Lasciti Italiani sulla Costa Est USA: storie tratte dal libro.
Centro Studi Americani. [Lingua originale: italiano]
Volume “L’eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee”.
A cura di Andrea Canepari e Judith Goode.
Edizione italiana pubblicata da Treccani.
Edizione americana pubblicata da Temple University Press.
23 settembre 2022
Festival della Cultura Americana: gli Italiani in America
Lasciti Italiani sulla Costa Est USA: storie tratte dal libro
Centro Studi Americani
Via Michelangelo Caetani 32, Roma
INTERVENTI:
Andrea Canepari, Co-curatore
Ignazio Marino, Vicepresidente Esecutivo della Thomas Jefferson University
Emilia Zankina, Decana della Temple University Rome
Andrea Canepari, Co-curatore:
“Buongiorno a tutti, sono Andrea Canepari. Sono molto contento di essere qui con il Prof. Ignazio Marino che è stato sindaco di Roma, Senatore, e soprattutto, dico soprattutto, dato il tema della giornata di oggi, Vicepresidente Esecutivo di Jefferson, che è la prima scuola di medicina negli Stati Uniti, nata a Filadelfia e adesso anche gruppo medico di ricerca avanzata con un bilancio di circa dieci miliardi di dollari, quindi una grande entità. E perché parliamo di questo e di questo futuro, ma anche del passato? Perché parliamo oggi, prendendo spunto da un libro di cui sono curatore, sull’eredità italiana a Filadelfia, di quello che è stato l'apporto della cultura italiana e degli italiani nella costa Est degli Stati Uniti, in particolare a Filadelfia. Sono stato recentemente Ambasciatore d'Italia in Repubblica Dominicana e prima ancora Console Generale a Filadelfia, da cui nasce questo lavoro, questo progetto. Sono contento di essere qui al Festival della Cultura Americana organizzato dal Centro Studi Americani, con tanti amici collegati da Filadelfia, ma anche dall’Italia, e di vedere come queste iniziative creano ponti, come dimostra la presenza del Dean di Temple a Roma, Emilia Zankina e altri docenti e professori. Quindi sono anche contento che questo Festival della Cultura Americana ponga l'attenzione anche sugli italo americani e su questa cultura. Su questo libro ho lavorato 6 anni insieme a Judith Goode, Professoressa Emerita di Temple University Stati Uniti, fondatrice e, prima, Presidente della Società Nord Americana di Antropologia. Ho voluto lavorare con lei perché queste sono storie serie che talvolta vengono trattate un po’ solo nell'ambito italo americano ed è bello invece farle uscire, lavorare con qualcuno che non ha legami con l'Italia, anche etnici, e studiarle queste storie con un approccio scientifico serio come quello di una casa editrice americana accademica che, come voi sapete, richiede una serie di controlli numerosi. Il libro verrà anchepubblicato nel 2023,l'annoprossimo,dall'Istitutodell’EnciclopediaTreccani nellasuaedizione italiana. Ecco, amepiace questaimmagine(indica il monitor presente in sala)per farvedere -sempre perché parlavamo di futuro e questo è un fotomontaggio, nel senso che il grattacielo è stato messo quattro volte giustapposto, ma le scritte sono vere - un grande mese italiano che avevamo iniziato attorno al giorno di Cristoforo Colombo. Doveva essere una celebrazione di tre giorni, ma poi è diventata di una settimana, di un mese, poi di un anno ed ora è diventata permanente, per celebrare questa eredità italiana negli Stati Uniti e farla conoscere. Questo (indica il monitor presente in sala) è il grattacielo della società dell'energia di Filadelfia, PECO, che era uno dei nostri partner, altri partner erano American Airlines e altri, perché tanti credevano che grazie all’eredità italiana, grazie al vedere Filadelfia con le lenti italiane si poteva internazionalizzare anche la città. Tanti hanno cominciato a crederci. Mi piace questo titolo (indica il monitor presente in sala) del Corriere della Sera: “Da Rocky a Botticelli, la Philadelphia italiana” che fa vedere la connessione dallo stereotipo di Rocky a Botticelli, nel grande museo dell'arte, e poi a grandi scienziati come Ignazio Marino e mette tutto insieme per far vedere una Filadelfia diversa, per questo contributo degli italo americani.
Questo è un articolo di Paolo Valentino, due pagine pubblicate sul Corriere della Sera nel 2015. Questa (indica il monitor presente in sala) è un'altra illustrazione che ha fatto Monteverdi, il disegnatore del Corriere, che a me piace perché sintetizzava così i vari punti più importanti di questa collaborazione italo americana: dal museo d’arte al sandwich di Filadelfia, la cheesesteake, pesantissima, nel quartiere più iconico italo americano del passato; la statua di Rocky, ma anche quello che pochi vedono ovvero quell’auto d'epoca che fa riferimento ad un museo fatto da uno dei più grandi neurochirurghi americani che ha scritto un trattato importante, Fred Simeone, che ha una collezionedicinquecentomilionididollaridiautoitalianeepernoiquestofattoeraimportanteperché tramite le auto italiane era possibile far vedere che eravamo capaci di fare queste auto e di fare la prima auto con le sospensioni indipendenti ed il perché esportiamo, ad esempio, adesso nell'area di Philadelphia e New Jersey macchinari per l'industria farmaceutica. Ecco, qui (indica il monitor presente in sala) abbiamo appunto il professor Marino che fa una lecture a Temple University. Ecco, lui è una delle nostre eccellenze, insieme alle Ferrari, insieme a Botticelli. Lui è l'esempio di questi italiani che sono andati negli Stati Uniti, nella regione di Filadelfia, hanno trasformato non solamente la cultura, ma anche i rapporti, perché il professor Marino ha creato, ad esempio, una prima laurea transatlantica di medicina che permette non solo studiare nei due mondi insieme, ma anche poi di poter lavorare in un mondo difficile, chiuso, in un ambito come quello della medicina nei due mondi. È un'operazione, questa, anche burocratica. Dicevamo me lo ricordo: “È impossibile…è impossibile non ce la farà mai..” e invece ce l’ha fatta. Ecco qui (indica il monitor presente in sala) è la firma. col Policlinico Gemelli, col Rettore, il professor Marino. Qui (indica il monitor presente in sala) ecco vediamo sempre a Temple University un altro docente italiano, il professor Giordano con la Sbarro Foundation, nel contesto delle attività svolte per legare la cultura alla ricerca scientifica.”
Segue riproduzione di un contenuto video in sala: “Ciao Philadelphia Video – Cinema, Music, Culture”
“Questo video era per far vedere tutte queste iniziative come erano fatte. Perché creando le iniziative non solo si valorizzava la città, gli italo americani, ma si creavano relazioni accademiche.Avete visto qui in questo video alcune delle università in cui si creavano relazioni, si creavano ponti, si creavano opportunità. Questo (indica il monitor presente in sala) è il nostro flyer: vedete che come sponsor figuravano le primarie istituzioni americane, daAmericanAirlines a KPMG Stati Uniti, che credono e addirittura finanziano iniziative italiane. Questo (indica il monitor presente in sala) è il libro di Drexel sul loro anniversario e citano nel loro libro le attività fatte insieme al Consolato d'Italia per promuovere le relazioni e ricerche nei settori di ricerca del futuro. Questa (indica il monitor presente in sala) è la collezione di cui vi parlavo, il museo d'arte con eventi, con l'Italia che ritorna nei luoghi
più importanti e più iconici. Ecco, questo è stato un po’ il senso raccontato anche in questo libro: partire dalla storia – abbiamo 40 studiosi che hanno scritto - per creare consapevolezza, creare opportunità per il futuro. Per mantenere un po’di dialogo io darei la parola all'amico Ignazio Marino per vedere cosa ne pensa. Lui è stato negli Stati Uniti molto più di me. Quindi, cosa ne pensi di questo?”
Ignazio Marino, Vicepresidente Esecutivo della Thomas Jefferson University: “Innanzitutto grazie al Centro Studi Americani per ospitare questa conversazione basata sul bellissimo libro, curato dall'Ambasciatore Canepari. Sono molto contento di essere qua oggi anche con Emilia Zankina, la Decana di Temple a Roma che, per chi non lo sa, ha avuto una straordinaria idea di mettere una bellissima installazione luminosa, che si adatta molto a quello che stiamo raccontando oggi, alle partenze dell'aeroporto internazionale di Roma, che dice in inglese più o meno:
“Inizi a Temple a Roma e ti laurei a Temple a Filadelfia”. Io vorrei fareAndrea, se me lo permetti, un piccolo passo indietro, perché ciò che tu hai dimostrato con queste bellissime slide rappresenta molto bene il sentimento e la visione che Filadelfia oggi ha, credo in maniera più o meno diffusa, della presenza degli italiani e del contributo degli italiani. Io mi sono spostato a Filadelfia molti anni prima perché desideravo diventare un chirurgo nel settore del trapianto del fegato e l'unico luogo dove si svolgeva questo intervento era a Pittsburgh, quindi una città allora pesantemente industriale, con oltre 70 acciaierie - Emilia Zankina ha vissuto anche lì, nel suo itinerare per il per il pianeta – e allora il sentimento nei confronti degli italiani, anche da parte da parte degli stessi italiani, era profondamente diverso. Io mi accorsi quasi subito, parlo degli anni 80, che gli immigrati italiani, di fatto è quasi incredibile dirlo oggi con questo grandissimo amore che invece Filadelfia e la Pennsylvania esprimono per l'Italia, proibivano ai propri figli di parlare italiano perché avevano timore che venissero discriminati rispetto ai loro compagni di scuola. In questo luogo straordinario, certamente fantastico dal punto di vista della capacità tecnica, nel 1990 e nel 1991 effettuammo a Pittsburgh più di 500 trapianti di fegato all'anno, un record davvero quasi insuperato. In questa cattedrale della tecnologia voglio ricordare un aneddoto: una caposala straordinaria della terapia intensiva un giorno mi chiese nel 1987 se in Italia avevamo i frigoriferi e io dissi che effettivamente si, lì avevamo anche da molti anni. Un altro aneddoto che voglio raccontare è relativo al Console D'Andrea, Console onorario italiano a Pittsburgh: a un certo punto venni promosso al ruolo di primario, volevo la cosiddetta certificazione di ruolo anche dal ministero della Salute italiana e quindi riempimmo tutti i moduli che servivano, li mandammo a Roma e ce li rimandarono indietro perché dicono sì, va bene, tutto perfetto, ma non ci sono timbri e nella cultura italiana il timbro…(è importante).Adesso penso che in Pennsylvania tutti sanno che abbiamo i frigoriferi, mentre la questione dei timbri non è ancora, credo, completamente risolta. Tutto è certamente cambiato moltissimo negli ultimi trenta
quarant’anni. L'immigrazione attuale italiana è un'immigrazione di scholars, di persone che vogliono proseguire nei loro studi, specializzarsi in vari settori. Noi abbiamo una grandissima azienda, l'Agusta, che ha il suo eliporto per la costruzione di alcuni elicotteri proprio alle porte di Filadelfia ed è un orgoglio italiano il fatto che l'Agusta in passato, circa 20 anni fa, abbia vinto la competizione per produrre il Marine One e poi il governo americano ha deciso che anche se aveva vinto, non poteva permettere che il Presidente degli Stati Uniti si spostasse su un elicottero di fabbricazione non americana. Però, l'anno scorso, nel 2021 hanno dovuto riconoscere che il miglior elicottero per la formazione dei marines americani è un elicottero modello Agusta, che quindi adesso verrà fornito in oltre cento esemplari alle forze armate Americane, quindi è cambiato tutto. Filadelfia ospita non più semplice manodopera che proviene dall'immigrazione italiana, ma grande contributo intellettuale nel settore dell'ingegneria, nel settore della giurisprudenza, nel settore della ricerca biologica, nel settore anche della medicina. Quello a cui faceva riferimento Andrea è una delle cose di cui sono più orgoglioso, il fatto di aver fatto parlare due burocrazie, che insomma con l'episodio dei timbri sembrava difficile che potessero parlarsi, e abbiamo avviato nel 2019, all'inizio con un grande aiuto dallo stesso Ambasciatore, allora Console Generale Canepari, un percorso di doppia laurea in medicina e chirurgia che è il primo e per adesso l'unico che permette agli studenti di studiare tre anni in Italia, tre anni negli Stati Uniti ed avere poi la laurea che gli permette di esercitare la professione in tutti e due i continenti, tutti i 50 Stati americani, nei 27 Stati europei e anche nel Regno Unito, adesso che non è più Unione Europea. Io direi che questo percorso, in qualche modo illustrato per grandi linee dall'Ambasciatore Canepari, sta continuando e non coinvolge soltanto Jefferson. Filadelfia è così attrattiva perché ha diversi centri accademici, tra cui uno importantissimo appunto, qui rappresentato dalla preside di Temple Roma, l'Università di Temple, che ha anche uno straordinario compito, perché è l'unica università, l'unica facoltà di medicina pubblica di tutta quell'area geografica e quindi permette anche - questo è veramente molto, molto importante - a studenti meritevoli, ma che non abbiano le risorse economiche per affrontare il percorso così costoso della scuola di medicina di laurearsi in medicina e chirurgia. Ecco io mi fermerei qua, poi magari posso parlare,Andrea, se tu vuoi anche di altri progetti di scambio che abbiamo avviati grazie anche all'aiuto e al supporto dell'Unione Europea.”
Andrea Canepari, Co-curatore:
“Grazie, grazie. Molto, molto interessante tutto quello che hai raccontato. Mi colpiva l'episodio dei frigoriferi perché effettivamente mancava e forse manca la consapevolezza sia di cosa l’Italia sia adesso sia di cosa è stata l'Italia, pur con un grande amore, magari una conoscenza. Qui (indica il monitor presente in sala) vediamo questo museo che è un'istituzione veramente delle principali per lo studio dell'arte anche rinascimentale, non solo degli Stati Uniti, e abbiamo questi italo americani,
alcuni incredibili che sono riusciti partendo da storie di alcuni di dolore e di fatica, lavorando in miniere a elevarsi nella società, ma tuttavia ci sono ogni tanto dei cortocircuiti per cui ritornava in mente magari solamente l'Italia della fine 800, dall'Appennino, senza acquedotti, senza sistemi di raccolta delle acque. Che poi, insomma, non è che gli Stati Uniti in quel periodo avessero queste infrastrutture e cose diverse, però ecco, come se ogni tanto ci fosse questa immagine cristallizzata, quindi l'idea del frigorifero.Apersone che magari sono state anche in Italia scattava l'idea di un'Italia dei nonni dei bisnonni, tramandata anche disunita. Per cui c’era bisogno di metterle insieme queste storie e farle parlare. Quindi l'idea è stata creare queste iniziative. Poi raccontarle nel libro per far vedere che Ignazio Marino, Botticelli, ma anche coloro i cui nonni hanno lavorato nelle miniere, hanno contribuito al successo degli Stati Uniti - e chi mangia la chessesteak sopravvive, dico sopravvive perché è una bomba calorica, non so se l'avete mai provata, ma un'esperienza quasi devastante per il fegato è un panino così, con formaggio fuso a cui aggiungono cetrioli piccanti, tutta una serie di altre cose per cui mangi questa cosa e appunto diventi poi cliente dal Jefferson hospital… veramente riuscire asopravvivere aquesta che èun'esperienzaintensa.Tuttoquesto èmettereinsieme i vari livelli della società. Mi sono reso conto che questi nuovi ricercatori di cui parlava Ignazio - lui ovviamente questo errore non lo fa e non l'ha mai fatto, magari perché è entrato nella società americana e la capisce, l'ha studiata e ne è anche parte pur essendo Italiano, ma non tutti magari si spostano - vedono anche loro con fastidio questa italianità, l'asinello, l'acqua portata (sulle spalle). All'inizio, quandocercavodi metteretutti insiemealavorare,dicoquesto, maanche altro,i più seccati erano alcuni giovani che erano arrivati che avrebbero dovuto essere più aperti, che magari in Italia sarebbero apertissimi verso altre culture, altre influenze, ma ai quali l'idea di collegarsi a questo dava quasi fastidio. Qualcuno direbbe a questi giovani: “Ma guarda che il chairman della tua università è italo americano i membri del board potrebbero anche aiutati”. Quindi ecco, mancava tutto questo, quindi è nata l'idea di metterli insieme e i primi che hanno sostenuto questa iniziativa che, ripeto, doveva essere di tre giorni, non sono stati né i nuovi italiani ricercatori, né gli antichi italiani di origine, ma gli amici dell'Italia. Quelli che stanno studiando qui Piero Bassetti con questa comunità di italofili e di italofoni che comunque conoscono l'Italia e sono stati i primi entusiasti. Le prime comunità etniche a partecipare entusiastiche al mese italiano non sono state le nostre, ma sono state quelle della comunità ebraica americana: l’American Jewish Committee e l’Anti Defamation League, che vedevano, parlavano, che hanno fatto un evento in una sinagoga perché il primo rabbino era arrivato con questa immigrazione intellettuale nel 700 e quindi dicevano “Meno male, mettendo in luce questi valori con l'Italia facciamo vedere che cos'è Filadelfia e parliamo di valori”. E quindi è iniziato un dialogo e poi sono arrivati tutti. Siamo arrivati appunto a questa celebrazione, una festa nazionale al museo di Filadelfia che è lo stesso davanti ai gradini di cui saliva Rocky. E’stata quindi
unasceltaquindi simbolicanei varisuoi elementi. Quellodi Filadelfia èun museobellissimoperaltro, adesso ci sta lavorando Gehry e chissà cosa farà, vediamo”
Segue riproduzione di un contenuto video in sala: “Ciao Philadelphia – In the Arts”
“Ovviamente non si poteva non parlare di arte ed è incredibile secondo me vedere come ancora stili artistici come quelli che adornano questa bellissima sala - credo che in Italia adesso sia inconcepibile - siano gli stessi che un giovane pittore si mette a dipingere, no? Invece lo avete visto (indica il monitor presente in sala) lo studio Incamminati, una scuola d’arte italiana creata da Nelson e Leona
Shanks che insegna ai loro allievi a dipingere come si faceva nell’Accademia secolare degli Incamminati. Sono storie secondo me incredibili e avete visto anche loro dentro il nostro Festival italiano a fare manifestazione, tutti contenti di legarsi all'Italia. Vi è poi (indica il monitor presente in sala) la PennsylvaniaAcademy of the FineArts, una delle prime accademie, ed altre degli Stati Uniti dovehastudiato anche David Lynch, maanche grandi pittori, che guardavanoall'Italiada secoli,dalla sua fondazione, quando venivano qui per il Grand Tour. Anche loro hanno creato delle lezioni in questa raccolta di gessi italiani ricordando l'Italia. Ecco quindi, l'idea poi, anche con i video, con una campagna di comunicazione, era di creare consapevolezza e lo vedrete nelle prossime immagini. Questi (indica il monitor presente in sala) sono i giardini all'italiana dei Dupont in Delaware, dello Stato di Biden che è come dire, non lo so Ostia per Roma, in termini di distanza.Anche qui (indica il monitor presente in sala) è presente l’ispirazione italiana, si tratta del Pennsylvania Museum con dietro l’Hospital, University of Pennsylvania Medical Center, lo stadio della Ivy League, dove gli italiani all'inizio sì, c'erano,manonsono stati iscritti nel libro,fondato da Benjamin Franklin.Èanche il luogo dove, questa è un'altra storia incredibile, un portiere d'albergo che è arrivato più di ottant'anni fa con pochi soldi è riuscito con investimenti oculati e i suoi guadagni da portiere, però con una testa funzionante a finanziare la prima cattedra di studi italiani all'Università Pennsylvania, creando quello che poi è diventato il Center for Italian Studies di UPENN. E quindi pensare che una persona che è arrivata praticamente analfabeta si è educata, ha capito la strategia - quindi queste storie vanno dette - di creare una cattedra a UPENN, che è stata talmente contenta di questo gesto che per vent'anni si è tenuta la donazione senza creare la cattedra, ma poi c'è stata una rivolta della comunità che a questo punto ha detto: “ma insomma usateli” e hanno creato il centro. È stato un momento a cui io sono molto legato perché nel millennio scorso ho studiato nella loro Law School e c'era qualche italiano, ma non era all'università dove studiavano i nostri emigranti, che andavano soprattutto nell’università pubblica come Temple o Drexel che erano università all'epoca professionalizzanti e altre istituzioni, quindi un tipo diverso. Questo (indica il monitor presente in sala) è un capitolo, il ponte dei Sospiri di Venezia. Solo due non accademici hanno scritto in questo libro, uno sono io e l'altro è la Inga
Saffron, vincitrice del premio Pulitzer negli Stati Uniti, che ha trovato queste citazioni di architettura, citazione dell'Italia nel tessuto di Filadelfia che non conosceva nessuno eppure, ecco, c'è questa, c'è una delle varie citazioni che fanno vedere comunque un amore che c'era e che c'è un’ispirazione. Questo (indica il monitor presente in sala) è il Franklin Institute, un monumento federale e anche qui l’ispirazione del Pantheon ovviamente è profonda. E poi ecco un'altra dimensione (indica il monitor presente in sala): il mercato. Poi Rocky che ho fatto conoscere a tutti.”
Segue riproduzione di un contenuto video in sala: “Ciao Philadelphia Video – Around the City”
“Ogni tanto partono questi video, ma per far vedere come tutte le istituzioni, tutte le dimensioni poi sono state entusiaste ed è stato bellissimo lavorare insieme ai giovani ricercatori che hanno creato delle bellissime iniziative, gli esponenti della collettività, i direttori di musei e abbiamo visto da qui andavamo dall'opera dove c'era un amico Corrado Rovaris direttore dell’opera, abbiamo visto Jefferson che aveva creato delle sue iniziative e anche si parlava in maniera diversa di un tema che adesso è incandescente, che è quello di Cristoforo Colombo. Questo Cristoforo Colombo, che bene o male, non è mai stato negli Stati Uniti, adesso viene visto in maniera così negativa, eppure, e lo esaminiamo nel libro con un professore di Miami University in Ohio, Steve Conn, non c'entra niente con l'Italia. come nasce anche la festa di Columbus Day negli Stati Uniti? È una festa federale che nasce, tra l'altro a Filadelfia, con una contrapposizione tra comunità italiana e quella ispanica, per vedereseallafinesarebbedovuto essere “Columbus day”o “Colón day”. Allafinevinserogli italiani. Ma perché? Perché era il modo delle autorità, anche federali, di far sentire dopo dei linciaggi – gli italiani era il secondo gruppo etnico linciato negli Stati Uniti - e per far vedere come questa comunità all'epoca richiedeva grandi difficoltà a essere integrata e per trovare un modo di farla sentire parte dell'identità fondante gli Stati Uniti, Colombo. E credo che se uno la spiegasse anche in questo modo, la figura di Colombo verrebbe forse vista come simbolo di una minoranza all'epoca oppressa e come simbolo di farla sentire parte, di includerla. Quindi un messaggio che secondo me è anche molto positivo e molto e molto attuale, oltre che essere un collante con l'Italia del passato, ma anche con l'Italia di oggi, quindi un po’un'idea era di vederlo in quest'ottica. Ecco – riferito ad Ignazio Marino – cosa ne pensi?”
Ignazio Marino, Vicepresidente Esecutivo della Thomas Jefferson University: “Io volevo aggiungere qualche piccola informazione e poi approfittare della tua presenza anche per chiederti cosa pensi di un tema. Per quanto riguarda la collaborazione tra i centri accademici di Filadelfia i centri accademici italiani devo dire che l'Unione Europea ha permesso di accedere agli Stati Uniti afondi europei che permettano lo scambio di studenti,di professoriuniversitari, di studiosi
enoiaJeffersonabbiamopartecipatoadiversibandi,dal2019aoggiogniannoabbiamovintoalmeno un bando e nel 2022 mettendo insieme i numeri degli studenti e dei professori di Jefferson e degli studenti e dei professori Italiani che si spostano nelle due direzioni dell'OceanoAtlantico, avremo più di cento scambi, il che veramente è un numero, per essere un progetto iniziale, davvero molto, molto grande. Scambi che poi sono non soltanto occasione di conoscersi e di apprezzare diverse culture, diverse capacità, ad esempio nel settore della medicina, tecniche o tecnologiche, ma anche di sviluppare maggiore consapevolezza. Si è passati, appunto, dal dubbio se l'Italia avesse i frigoriferi al riconoscere che in Italia esistono tecnologie che ancora non sono state approvate dalle agenzie governative americane nel settore della chirurgia, quindi addirittura alcuni chirurghi americani sono venuti in Italia a vedere, attraverso questi fondi comunitari, come vengono utilizzate queste tecnologie. Insomma, c'è veramente adesso uno scambio e una reciprocità che veramente produce molti, molti frutti. Io sono convinto che molti di più ne produrrà nei prossimi anni. Questo va detto di fronte all'Ambasciatore Canepari, non, perché è un ambasciatore di un paese europeo, ma sicuramente l'Unione Europea sta dimostrando una visione straordinaria avanzata perché credo che sia l'unico continente che offra in maniera così importante con somme – parliamo solo per il programma Erasmus di oltre 20 miliardi di euro in 7 anni - ed un supporto così importante a questo tipo di scambi internazionali, anche nei confronti di un paese che tuttora è la prima potenza del pianeta. Volendo dire che al di là di essere primi o secondi, è molto importante nel mondo attuale avere questo tipo di contaminazione tra culture e popoli diversi. Poi volevo anche dire che il sospetto, chiamiamolo così, nei confronti del patrimonio culturale, artistico e forse anche tecnologico dell'America nei confronti dell'Europa non era solo nei confronti dell'Italia. Vedendo le tue belle slide con la Universityof Pennsylvania mi èvenuto in menteche a Filadelfia esistelapiù grandecollezione privata della terra di Impressionisti e Post Impressionisti, da Picasso, Van Gogh, Modigliani, Matisse, Monet, parliamo di oltre 350 opere in una sola collezione che apparteneva a un signore che a un certo punto della sua vita aveva provato a donarla interamente all'università di Pennsylvania ed essa il secolo scorso ha detto che non gli interessava. Stiamo parlando della collezione di impressionisti più grande della terra. Quindi il sospetto non era solo nei confronti del frigorifero italiano, ma anche di Picasso, Matisse e Monet. Quello che volevo chiedere è una tua interpretazione, perché ovviamente hai una prospettiva, una visione diciamo diversa da quella che possono avere tanti altri attori che hanno vissuto a Filadelfia o in Pennsylvania o comunque negli Stati Uniti: io penso, e non so se sia una mia interpretazione errata, che appunto, fino agli anni 70 o inizio 80 gli italiani che arrivavano negli Stati Uniti come i migranti guardavano al modello americano come un modello da non solo seguire, ma da emulare mentre oggi mi sembra, ed è quasi paradossale, che quegli italiani che sono, grazie agli Stati Uniti, diventati molto benestanti e attori anche importanti nella società americana siano meno interessati a promuovere l'italianità negli Stati Uniti rispetto agli americani, che adesso
invecesono essi a guardareal mondo culturale,artistico,allamoda, allamusicaitalianacon un grande interesse, anche con grande generosità filantropica. Io mi sono sempre chiesto, ma come mai questo accade? No, nel senso come mai alcuni personaggi che di fatto non hanno mai vissuto in Italia, che sono cresciuti negli Stati Uniti, che magari fino a quando avevano trenta, quarant'anni, non avevano neanche il passaporto oggi ritengono che la meta più importante dei loro viaggi debba essere l'Italia e vogliono promuovere la cultura italiana, vogliono promuovere la musica italiana, vogliono promuovere l'arte italiana, gli scambi italiani? E invece coloro che sono arrivati prima della mia generazione, magari anche diventando dei leader veramente con storie di sacrifici incredibili, partendo letteralmente da lavori come pavimentare i marciapiedi della città a essere grandissimi e influenti imprenditori della città e della regione, abbiano meno interesse rispetto a questa contaminazione con l'Italia? Ecco, io questo non lo so, non ho mai avuto l'occasione di chiedertelo, ma dentro di me, non sono mai riuscito a spiegarlo.”
Andrea Canepari, Co-curatore:
“Grazieperquestadomanda. Innanzituttoè già importantechete lasei posta,perché giàponendosela si trova una soluzione. Dico in maniera problematica perché credo che tra queste parti del mondo per una consonanza di valori, di idee e di storie, di percorsi, di amore l'uno per l'altro, si possono creare tante opportunità, si possono creare ponti verso il futuro e si possono creare iniziative accademiche, di ricerca, economichee culturali, di tutto si puòfare.Quindi, più c'è consapevolezza, più questeporte si possono aprire.E facciamo solo il caso di questo micropunto negli Stati Uniti,chepoi tantopiccolo non è perché siamo al centro del più grande mercato di consumatori al mondo, la Filadelfia. Filadelfia ha 103 università insomma, 103 è un numero spaventoso in senso positivo, due della Ivy League, University of Pennsylvania e Princeton. Quindi è un posto importante che da un lato ha sempre avuto questo amore per l'Italia e dall'altro chi ci arriva un po’ se ne distanzia. Perché dico che c'è sempre stato?Atal proposito si può parlare di Barnes, questo collezionista che ha creato questi musei tuttora i più belli al mondo perché per lascito testamentario non possono cambiarne gli interni e quindi non posso cambiare la posizione dei quadri, quindi ci sono centinaia di quadri un po’affastellati, ma per le sue idee, una cosa bellissima, l'hanno spostato dalla periferia al centro, di fatto ricostruendo la casa e facendo una battaglia in tribunale per formare una cosa bellissima. Questo Barnes è un personaggio incredibile, un filantropo ed ha sostenuto ad esempio la famiglia Pinto, che sono degli artisti arrivati poveri negli Stati Uniti, poi adottati da lui mandati a studiare con Matisse.Anche la terza generazione ha fatto il memoriale dell'emigrante sul Delaware, un’installazione modernissima. Quindi questo ci fa capire che si credeva all'Italia e anche e anche agli italiani. Secondo me quello che serve è anche un orgoglio da parte della comunità. Un orgoglio basato su motivi seri, cioè sulla comunanza di questi valori con gli Stati Uniti,sul far conoscere tutto quello che è stato fatto, sul riconoscere le storie anche
dei più poveri, sul commuoversi su quello che hanno passato gli italiani, non so, nelle miniere della West Virginia al confine con la Pennsylvania, Monongah, il più grande disastro minerario degli Stati Uniti. Ecco, far vedere come queste persone che hanno sofferto, hanno lavorato, hanno sviluppato gli Stati Uniti, sono le stesse persone legate a Botticelli, sono le stesse che Barnes ha mandato a studiare, a conoscere Matisse, che sono le stesse che hanno i valori di chi ha costruito le case in pietra di Chesnut Hill, un quartiere nella parte nord della città, sono gli stessi che hanno successo nei centri di ricerca, nella finanza. È l’esempio anche di uno dei miei sponsor, ChuckPennoni, a capo di un gruppo di ingegneria di 1000 ingegneri, è Stato il Presidente degli ingegneri Stati Uniti, cioè uno che stava alla Casa Bianca, un uomo con influenza, i cui genitori hanno fatto una vita difficilissima nelle miniere della parte nord orientale. Ecco, cercare di unire. Alla fine, ecco, queste iniziative hanno motivato anche loro a ripensare cosa fosse questa loro eredità, perché poi nella campagna - non so se avete visto eravamo nella metropolitana, nei giornali - una volta che si crea entusiasmo si aprono porte e si possono fare le iniziative. Vi sono poi altre storie: per esempio quella dei cantanti italoamericani di cui alcuni si sono nascosti, tipo ad esempio Eddie Lang, un grande jazzista americano il cui cognome era in realtà Santoro, insomma, un italiano. Questa (indica il monitor presente in sala) è la cattedrale di Filadelfia, il grattacielo di Comcast dietro, che è una citazione di una chiesa romana di San Carlo e Ambrogio in via del Corso a Roma, con le finestre alte perché all'epoca volevano evitare che gli rompessero con le sassate. Questo (indica il monitor presente in sala) è il libro che racconta queste storie e la copertina è la cattedrale, è stata dipinta da un pittore italo americano, Brumidi, che è chiamato il Michelangelo degli Stati Uniti, perché lui ha dipinto la cupola del Congresso degli Stati Uniti da qui, tra l'altro, il mio primo libro. Quindi adesso ormai ogni libro ha sempre una cupola. E questo nasce, il primo, con la prefazione dell'allora speaker Nancy Pelosi, perché ci aveva fatto vedere il suo ufficio decorato da Brumidi e da lì è nato tutto. Nancy disse “Dovete fare un libro” e allora l'ambasciatore Castellaneta disse “Sì! Volentieri” Pelosi e c’era anche Luca Ferrari, l’attuale ambasciatore a Pechino, che disse loro, “Beh, allora sì, fatelo, va bene allora”. Nancy, molto pratica, rispose: “Allora il 5 ottobre lo presentiamo qui in un Congresso”. Si è dovuto fare un libro da luglio al 5 ottobre. Ecco, insomma, è stata un'esperienza unica. Per l’altro libro ci ho messo 5 anni. Però ecco, a rendergli l'idea che c'è un bisogno di raccontarle queste storie, nessuno lo sa che Brumidi è italiano e lui ha dipinto anche qui a Villa Torlonia e la cupola del congresso, che è uno dei posti più sacri per fare un evento, noi l'abbiamo visto perché per fare la presentazione ci vuole una legge... Gli americani insomma sono più semplici nelle cose, ma è talmente sacra quella rotonda che per fare un evento ci va una legge approvata dal Senato e dalla Camera. Insomma, ecco, per dire, sono riusciti a farla perché ci tenevano, per dire quanto è sacro, ed è stato fatto da un italiano. Questa invece (indica il monitor presente in sala) è quella della cattedrale di Filadelfia, fatta dallo stesso pittore, mentre qui abbiamo la mostra che adesso è stata fatta grazie a Emilia e Shara Wassermann a
Temple University Roma e che porteremo anche negli Stati Uniti in un evento di presentazione che ci sarà il 3 novembre. Ecco questa (indica il monitor presente in sala) è la prefazione di Nancy Pelosi al libro di Washington. Ecco qui (indica il monitor presente in sala) un'altra copertina dell'ultimo libro, l’edizione americana viene pubblicato da St Joseph Università Press, la copertina è un'altra rotonda, è la cupola del Palazzo presidenziale domenicano, che è ispirato a San Pietro. Le cupole, almeno per me, insomma, sono in simbolo di italianità e di valori italiani nel mondo. Io ne ho parlato troppo. Ignazio se vuoi chiudere tu.”
Ignazio Marino, Vicepresidente Esecutivo della Thomas Jefferson University:
“Non ho nulla da aggiungere a tutto quello di affascinante che hai raccontato tu, forse possiamo chiedere alla preside Zankina se vuole fare un commento su tutto quello che abbiamo detto, vista la sua profonda conoscenza dell'Europa degli Stati Uniti, di Filadelfia, con il suo ovviamente legame professionale importante con la città attraverso la Temple University e la città di Roma dove adesso svolge questo importante ruolo accademico. Forse può lei concludere dicendoci cosa pensa di tutto quello che abbiamo detto, ma anche il suo pensiero su queste due realtà culturalmente così diverse, ma anche ormai, così, progressivamente integrate.”
Emilia Zankina, Decana della Temple University Rome:
“Grazie professor Marino, io prima vorrei condividere quanto sono impressionata per il lavoro dell'Ambasciatore Canepari. Noi ci siamo conosciuti tramite email, in un modo molto formale. Infatti mostrandomi quel libro sulla Repubblica Domenicana e abbiamo capito subito che la Temple deve fare qualcosa insieme con l'Ambasciatore, quindi ora c'è la mostra e poi il 3 novembre facciamo un altro bellissimo evento a Filadelfia, nella nostra biblioteca, mostrando di nuovo non solo il libro, ma parlando di come si sviluppano le relazioni tra l'Italia e Filadelfia. Mi sembra importantissimo che lei sia sempre riuscito in qualsiasi posto andando ad interessarsi di fare una ricerca molto rigorosa sui quei legami. E qui devo anche riconoscere il ruolo di Roberta Fusaro che ci ha messo tante ore di lavoro aiutando in qualsiasi modo, ma anche in un modo molto professionale per far arrivare quei a quel livello. Io come una persona europea che ha vissuto a Pittsburgh anche ora Filadelfia, devo dire che ha l'etnicità e l'origine è una cosa importantissima per gli americani e anche se magari cent'anni fa era una cosa che molta gente nascondeva perché voleva lasciare la sua identità, dagli anni 90 c’è stato quel movimento per riconoscere, ricercare la propria origine e si nota in tante comunità etniche in America e la tradizione italiana esce fuori dappertutto perché gli italiani e la cultura italiana è stat un fattore enorme nel contribuire a formare proprio l'identità americana. Non c'è nessun italiano americano che non guardi l'Italia come un posto di storia, ma anche di tecnologia, di disegno, di finanza,quindipernoiconilprofessorMarinoediochesvolgiamoancheprogrammiinerenti aqueste
università americane qui in Italia non è mai un problema convincere i docenti o gli studenti di venire qui e scoprire le ricchezze che Italia ha da offrire. Poi la cosa interessantissima è come questa cultura viene sommersa nella cultura americana e poi mischiata in un modo che la cultura italo americana acquisisce anche un carattere molto specifico, un po’ diversa da quella italiana qui in Italia, che comunque è molto importante e anche che è diventata parte della cultura americana per tutti quanti.
Quindi di nuovo ringrazio tanto per l'opportunità di essere qui oggi con voi e per il lavoro importantissimo che lei continua a fare. Di questo libro di Washington ho sentito proprio oggi. Complimenti e in attesa del prossimo.”
Andrea Canepari, Co-curatore:
“Ringrazio allora, innanzitutto il Centro StudiAmericani per averci ospitato, le parole di amicizia del Dean Emilia Zankina, mia moglie, giustamente, Roberta, per tutto il lavoro che ha fatto, che è di più di quello che in realtà emerge e naturalmente l'amico Ignazio Marino per aver condiviso questo momento di riflessione. Un saluto ai nostri amici americani che si sono svegliati presto per assistere questa diretta, ma poi la guarderanno grazie a Temple University Press anche in differita e a tutto il pubblico che è venuto oggi. Grazie davvero a tutti. Grazie.”
1.3. Presentazione presso Charles Library, Temple University. [Lingua originale: inglese. Traduzione di cortesia in italiano]
Volume “L’eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee”.
A cura di Andrea Canepari e Judith Goode.
Edizione italiana pubblicata da Treccani.
Edizione americana pubblicata da Temple University Press.
3 novembre 2022
Charles Library, Temple University Filadelfia, USA
INTERVENTI:
Andrea Canepari, Co-curatore
Judith Goode, Co-curatrice
Cristiana Mele, Console Generale d’Italia a Filadelfia
Inga Saffron, Critico di architettura per “Philadelphia Inquirer” e vincitrice del Premio Pulitzer
William Valerio, Direttore del “Woodmere Art Museum”
Domenic Vitiello, Professore di “Urban Studies” - University of Pennsylvania
MODERAZIONE:
Richard Englert, già Presidente e attuale Cancelliere della Temple University
Richard Englert, già Presidente e attuale Cancelliere della Temple University: “Grazie mille. Mi vedrete spesso con una mascherina perché ho un nipote di sei settimane a casa, e c'è qualcosa in giro, ma comunque, benvenuti a tutti. Sono Dick [Richard] Englert, Cancelliere della Temple University, ed è un grande onore dare il benvenuto a tutti qui al campus per celebrare la nostra ricca storia e le relazioni tra Filadelfia e l'Italia, ma anche per celebrare questo grande volume “L'eredità Italiana a Filadelfia”. Noi della Temple siamo particolarmente lieti di ospitare questo evento perché, tra le altre cose, questo libro è pubblicato dalla Temple University Press, quindi per noi è davvero speciale. Siamo inoltre molto orgogliosi di avere un campus a Roma da oltre 50 anni. Abbiamo un panel eccezionale per discutere il libro sull'eredità italiana e le relazioni tra Italia e Filadelfia, ma prima di introdurre il panel, vorrei dire che abbiamo anche un pubblico eccezionale qui oggi. Vorrei, a rischio di dimenticare qualcuno perché tutti qui meritano di essere presentati, menzionare solo alcune persone con relazioni molto speciali con questo libro e con l'Italia e l'eredità italiana. Alzate la mano quando chiamerò il vostro nome, ma per favore niente applausi; avrete l'opportunità di parlare tra di voi e con i membri del panel durante il ricevimento successivo. Quindi, rappresentando la Temple University di Roma, abbiamo Emilia Zankina, è la nostra Preside di Temple Roma e Vice Provost per l'Impegno Globale. Abbiamo anche con noi, di nuovo rappresentando Temple Roma, il Presidente del Consiglio di Amministrazione della Temple Roma, John Ryan. Abbiamo uno dei nostri grandi membri del Consiglio di Amministrazione, Sandy [Sandra] HarmonWeiss, consigliere della Temple University, di grande supporto. Un altro consigliere che non sarà qui, molti di voi la conoscono, è la Senatrice [Christine] Tina Tartaglione; mi ha chiamato questa mattina per un problema con la sedia a rotelle e si trova bloccata al secondo piano, quindi manda il suo amore e grande rispetto a tutti. E anche Patrick O’Connor, che è stato un grande sostenitore, già Presidente del consiglio di amministrazione nonché membro da lungo tempo, egli manda i suoi saluti a tutti, la sua famiglia è molto affettuosa. Voglio anche riconoscere i Presidi della Temple University che sono qui: Joe [Joseph P.] Lucia, Preside della biblioteca della Temple; David Boardman, Preside di “Media and Communications” [“Media e Comunicazioni”]; James Davis - alcune persone sono in ritardo e arriveranno più tardi quindi potrebbe non essere ancora qui - Preside di “Education and Human Development” [“Educazione e Sviluppo Umano”]; e John Mattiacci, Preside di “Podiatric Medicine” [“Medicina Podiatrica”]. Abbiamo anche delle persone che parteciperanno e potrebbero non arrivare fino a più tardi, ma voglio riconoscerle: Ali Houshmand -felice di averti qui - è un grande amico dell'istruzione superiore e, naturalmente, Presidente della Rowan University in New Jersey, apprezziamo molto la sua presenza alla Temple; Guido Pichini, Presidente di lunga data del Consiglio dei Governatori del Sistema Statale della Pennsylvania e membro del Consiglio de di Amministrazione della Kutztown University, felice di averti qui; Joseph Jacovini, non so se Joseph è ancora qui, ma è stato Presidente del Consiglio Amministrativo della Drexel e Vice Presidente
dell’Orchestra di Philadelphia; Michelle Masucci, che è qui, è Vice Cancelliere per “Research and Economic Development” [“Ricerca e lo Sviluppo Economico” ] per il Sistema Universitario del Maryland. Noi tutti alla Temple apprezziamo molto le nostre relazioni con la città di Filadelfia, quindi è fantastico che Michael DiBernadinis sia qui, è stato Direttore Generale della città di Filadelfia,Vice Sindaco e Commissario del Dipartimento “Parks and Recreation” [“Parchi e Ricreazione”].
Abbiamo anche un Direttore del Congresso attuale per la città di Filadelfia, Anne Abel, quindi il governo della città di Filadelfia è ben rappresentato. Anche Robert DiBiase, Presidente della Commissione del Patrimonio Italiano del New Jersey, probabilmente sarà qui per il ricevimento. [Qui con noi c'è anche] John Padova, giudice distrettuale degli Stati Uniti per il distretto orientale della Pennsylvania. Abbiamo anche il Direttore Esecutivo della U.S. Semiquincentennial Commission e presidente dei Philly Pops, Frank Giordano... e la cosa straordinaria è che oggi è il compleanno di Frank Giordano! [seguono applausi].Abbiamo anche, oltre alle persone del panel, gli autori di alcuni capitoli del libro: Gilda Battaglia [Rorro Baldassari]; Pietro Frassica, Pietro, grazie per essere qui; Jeremy Goode, Albert Gury e Chris William Sanchirico. Ora sono onorato di passare la parola al Console Generale d'Italia a Filadelfia, Cristiana Mele, che ci porterà i saluti dall'Italia.”
Cristiana Mele, Console Generale d'Italia a Filadelfia: “Buon pomeriggio a tutti. Per chi non mi conosce già, sono una buona amica diAndrea e non potevo mancare a questa occasione. Inoltre, non potevo dire 'no' al Cancelliere Englert poiché siamo buoni amici della Temple. Questa è una connessione davvero forte ed è anche una connessione personale. Io e Andrea ci siamo incrociati in molte occasioni: quando ero a Roma, abbiamo iniziato la nostra carriera insieme nella stessa Direzione Generale per l'Europa; ci siamo poi incontrati brevemente a Washington mentre io ho trascorso molti anni a New York, e la prima persona a cui ho detto quando sono stata nominata a Filadelfia è stata Andrea. Ho chiesto adAndrea: 'Com'è la città? Hai lavorato lì, non ne avevo idea!' e Andrea è stato estremamente gentile e mi ha dato un grande quadro della città, quindi ho detto: 'Ok, vengo!'. Quindi, per ringraziare Andrea, volevo ricambiare il suo contatto con la città dove ha molti amici, inclusa la Temple University – fatto curioso, mio marito era alla Temple la scorsa settimana per una conferenza – quindi sono felice di incontrarvi tutti qui e di partecipare alla presentazione. Solo alcune osservazioni rapide sul libro: è arrivato sulla mia scrivania la seconda settimana che ero a Filadelfia, ed è stato molto gentile da parte diAndrea accogliermi con questo regalo perché ho avuto l'opportunità di capire così tanti fatti di cui non avevo idea, e penso che molte altre persone a Filadelfia non ne abbiano idea. È un libro ben fatto ed è stato utile per me e per molte altre persone. Il motivo per cui mi è piaciuto è perché non solo parla dell'eredità italiana a Filadelfia, ma racchiude anche diverse idee. Le idee ci collegano con il futuro, e il futuro inizia con l'istruzione superiore che alla Temple e in tutte le istituzioni qui in città apprezziamo molto. Quindi,
questa connessione e la forza che abbiamo trovato è ancora più forte ora nel futuro, e questo è ciò che facciamo al Consolato Generale, e Andrea lo capisce molto bene: cerchiamo di connettere i nostri paesi, le nostre persone, soprattutto i giovani, gli studenti, gli imprenditori, e tutti coloro che hanno interesse per la nostra cultura, ma anche per il nostro background economico. Questo è solo per dire che dovremo apprezzare e continuare questa relazione tra di noi. Con questo, lascerò la vera discussione del libro agli altri. Ringrazio tutte le persone che hanno contribuito al libro, che hanno scritto in modo così approfondito e mi hanno permesso di aprire questo capitolo della mia vita in questo modo. Grazie mille.”
Richard Englert, già Presidente e attuale Cancelliere della Temple University: “Grazie, Console Generale. Grazie per tutto quello che fai per la relazione tra l'Italia e Filadelfia. Il piano per oggi è di avere una sessione fino alle 15:30, seguita da un ricevimento che si terrà al piano superiore. Introdurrò molto brevemente i membri del panel che parleranno uno dopo l'altro, quindi non vi saranno altre introduzioni. Naturalmente, ci sarà un tempo durante il ricevimento per interagire con tutti qui presenti. Il nostro primo oratore non ha bisogno di presentazioni, qui dall'Italia l'AmbasciatoreAndreaCanepari,uncaroamicodiFiladelfia,dovehaservitocomeConsoleGenerale; è sia co-curatore del libro che autore di sezioni sulla storia del Consolato Generale a Filadelfia e di 'Ciao Philadelphia.' Sarà seguito dalla co-curatrice del libro, JudyGoode, che è ora in pensione come Professoressa e responsabile del Dipartimento di Antropologia e Studi Urbani della Temple; ha scritto i capitoli sul sud di Filadelfia, la gastronomia italiana e la connessione italiana della Temple. Successivamente, dopo di lei, parlerà Inga Saffron, giornalista e vincitrice del Premio Pulitzer e critica di architettura per il Philadelphia Enquirer; ha scritto un capitolo sull'influenza italiana sull’architettura della città, intitolato “Bricks and Mortar”. Sarà seguita da [William R.] Valerio, che è il Direttore e CEO del “Woodmere Art Museum” a Filadelfia; ha scritto sugli artisti italiani di Filadelfia. Infine, volevamo avereuncommentatorechenonfossecoinvolto nel libro,quindi abbiamo contattato Domenic Vitiello, professore di “City Planning and Urban Studies” [“Pianificazione Urbana e Studi Urbani all'Università della Pennsylvania”]; il suo nuovo libro si intitola “The Sanctuary City: immigrant refugee and receiving communities in post-industrial Philadelphia” [“La Città Santuario: Comunità di Immigrati, Rifugiati e Riceventi nella Filadelfia Post-Industriale”] ed è ad accesso libero e scaricabile gratuitamente. Dopo i commenti del Professor Vitiello, inviterò domande, se ci sarà tempo, dal pubblico, quindi se avete domande... altrimenti il ricevimento sarà un ottimo momento. Quindi andiamo direttamente al punto. Sono lieto di passare il microfono all'AmbasciatoreAndrea Canepari.”
Andrea Canepari, Co-curatore:
“Buona sera, buon pomeriggio. Grazie mille, professore Englert, non solo per aver organizzato e ospitato questo evento, ma in particolare per la tua amicizia. Sono grato ai relatori, ma in realtà a tutti in questa sala; penso che condividiamo storie, relazioni, e abbiamo lavorato insieme. Penso che la prima persona che ho incontrato in questa sala sia stata il Console Generale Mele Cristiana, grazie per essere qui. Infatti, qui a Filadelfia, abbiamo forgiato relazioni, ed è stato davvero un piacere incontrarti. In realtàhoscrittotuttiinomidariconoscereeunarigasuciò cheabbiamofatto[insieme], ma mia moglie si è avvicinata e ha detto: 'Parlerai dei tuoi amici, quindi non sarà necessario.' Quindi grazie [rivolto a sua moglie] per avermi accompagnato in queste iniziative perché questo è anche un progetto di famiglia.Mia mogliemi haaiutato ancheconil librosullaRepubblicaDominicana,quindi le sono grato per i suoi consigli e il suo aiuto. Perché siamo qui? Ho menzionato questa relazione personale che abbiamo condiviso con molti di voi perché questo libro è stato anche un atto d'amore. Abbiamo lavorato, io e Judy Goode, su questo progetto dal 2016, e ovviamente c'è stata la pandemia, ed è stato un progetto difficile perché dovevamo occuparci di diverse dimensioni dei legami tra l'Italia e Filadelfia. E quindi [ci siamo avvicinati al progetto] subito con molta serietà e approfondimento, quindi grazie ancora per essere qui. Quando sono arrivato a Filadelfia, ho cercato molti aspetti dell’Italia nella vita quotidiana: monumenti, cibo, storie. La storia moderna avrebbe dovuto essere messa da qualche parte, avrebbe dovuto essere ricordata, e la risposta è stata questo libro. E non è solo qualcosa che appartiene al passato, qualcosa di finito. Con Emilia Zankina abbiamo creato, per esempio, una mostra a Roma nel campus della Temple per gli studenti sulle immagini di questo libro, quindi il libro è ancora vivo. [Indica lo schermo in sala] questa è in realtà un'immagine dell'edificio PECO, sul quale viene proiettata la scritta: 'Il Consolato Italiano celebra Ciao Philadelphia' e l'hanno tagliato così. Perchél'hannofatto? Perchéc'èquesta grandedimensioneitaliananella città.Mi sentivo un po' come un archeologo. Parlavo con le generazioni italiane e le istituzioni per creare ponti nel futuro, ma se si vuole conoscere il futuro, è necessario conoscere il proprio passato. Come un archeologo, stavo indagando su diversi aspetti, e ciò che ho trovato non era qualcosa di morto nella giungla, ma in realtà qualcosa di molto vivo, e ciò che ho visto è stato ciò che io e Judy abbiamo curato e messo nel libro. [Indica lo schermo in sala] questa è anche l'Italia: questo è un articolo di due pagine sul 'Corriere della Sera,' il giornale italiano più importante che ci fa riconoscere cos'è Filadelfia, [Il titolo dell'articolo è:] 'Da Rocky a Botticelli: Filadelfia Italiana.' Il giornale italiano più importante è venuto qui e ha sviluppato due pagine su cos'è la città, quali sono i legami italiani, cosa possiamo fare insieme. Questi [indica lo schermo in sala] sono i suoi disegni originali, sono belli. Si possono vedere le macchine italiane, Rocky naturalmente, si sta godendo la sua pizza, è possibile vedere i monumenti sul fiume Delaware, Gino’s, e tutte quelle cose. Tutto insieme per ricordare. A seguire c'è un video…
Segue il video “Ciao Philadelphia in the city”
…E poi [indica lo schermo in sala] abbiamo il bellissimo Longwood Garden. Segue il Penn Museum che presenta una facciata tipica di una basilica italiana. Qui [indica lo schermo in sala] Inga Saffron ci ha effettivamente aiutato a trovare una copia del Ponte dei Sospiri [identico a quello di Venezia] vicino a Market Street, e nessuno sapeva della sua esistenza. [Indica lo schermo in sala] questa è una Cattedrale, che è simile ed è stata ispirata da una chiesa italiana a Roma. Poi abbiamo il PNA con eventi ispirati all'Italia e il Museo dell'UPenn con eventi dedicati all’Italia. Ecco un altro video…
Segue il video “Ciao Philadelphia”
…E poi abbiamo [indica lo schermo in sala] macchine italiane, musicisti di origine italiana, naturalmente Rocky, il mercato italiano, Eddie Lang – abbiamo fatto l'inaugurazione del murale con Richard che è qui oggi – e la Union League che è stata uno dei nostri sponsor. Poi abbiamo [indica lo schermo in sala] un evento alla Independence School con i Rangers; l'Italia sponsorizzava il programma educativo. È stato facile? Non tanto, ma è chiaro quanto siano profonde le radici italiane nella città e questo era importante. Se si scava un po' di più, si può trovare qui alla Temple un esempio di ciò che il Consolato ha fatto nell’ambito del progetto, con la lezione organizzata da Hai-Lung Dai, una combinazione di scienza, musica e spettacolo. Abbiamo molti scienziati che creano connessioni e l'università ha creato molte di queste attività. Qui [indica lo schermo in sala] abbiamo immaginato un altro evento con i professori qui alla Temple. Molti eventi in città con Rowan, la comunità italiana, tante università che insieme volevano far parte di questo progetto. Qui [indica lo schermo in sala] in un altro libro curato dalla Temple University Press, c'è il riconoscimento per il Consolato Italiano, insieme alla stampa, per aver contribuito a creare ponti e forgiare opportunità per la città. E questo [indica lo schermo in sala] è il nostro elenco di eventi e degli sponsor, American Airlines e molti altri. E dopo tutto questo riconoscimento e queste iniziative che hanno aperto nuove opportunità è stato creato il primo corso di laurea transatlantico in medicina che permette alle persone di laurearsi in entrambi i continenti e di poter esercitare la professione medica sia in Italia che negli Stati Uniti, grazie alla collaborazione tra il Policlinico Gemelli e l'Università Cattolica in Italia e la Jefferson University qui negli Stati Uniti. Abbiamo visto così tante opportunità ed iniziative. Ciò che questi ponti hanno creato insieme al progetto è parte di un lungo viaggio che ho iniziato con il mio primo libro sull'eredità italiana a Washington D.C. Nella copertina di tale libro, vedrete alcune somiglianze con il libro di oggi perché la copertina è un altro dipinto di Costantino Brumidi che ha realizzato gli affreschi della cupola di Capitol Hill a Washington. Il libro è iniziato con una conversazione con
l'allora presidente della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi – vediamo nei prossimi giorni se cambierà lavoro. Ci ha detto: 'Bisogna fare un libro e raccontare la storia!'e lo abbiamo fatto. Questo è [indica lo schermo in sala] il prologo scritto da Nancy. Poi ho seguito queste orme e ho pubblicato un altro libro nella Repubblica Dominicana. Di nuovo [vediamo] una cupola che prende ispirazione dalla Chiesa di San Pietro in Italia, ed è la cupola del Palazzo Presidenziale della Repubblica Dominicana. Quindi vedete che in tutto il mondo, l'Italia è nel cuore di altri paesi. E [questo libro] è stato anche curato qui negli States dalla Saint Joseph’s University Press. E poi abbiamo [indica lo schermo in sala] i fumetti della Repubblica Dominicana: 240.000 copie stampate di questi fumetti sono state distribuite grazie al giornale più importante della Repubblica Dominicana. Quindi questi libri, questi progetti possono aiutare a creare storie e opportunità, e questo è ciò che volevamo fare con questo grande, straordinario, gruppo di collaboratori che hanno lavorato al libro. Alcuni di loro sono qui in questa stanza, e sono davvero grato a loro perché abbiamo lavorato dal 2016 per elaborare capitoli, insieme a Judith, per scegliere le immagini che avrebbero potuto evidenziare al meglio ciò che era la connessione tra Filadelfia e l'Italia. Con un alto livello di serietà, l'amore che ho per l'Italia, che tutti hanno per l'Italia, mi ha spinto e ci ha spinto a fare un progetto serio e bello, e spero che ci siamo riusciti. Quindi grazie mille per essere qui, per la vostra amicizia, per averci aiutato a creare ponti vivi tra l'Italia e Filadelfia. Grazie mille!”
Judith Goode, Co-curatrice:
“Ciao, ora che avete visto le immagini, sapete che in molti modi, il grande connettore tra Filadelfia e l'Italia, il grande raccoglitore di autori e immagini che mi ha coinvolto in questo progetto, che è stato una vera gioia, è Andrea. È stata davvero un'esperienza, e quello che farò è parlare di gatti stranieri [ride]. Quindi, niente immagini per me, parlerò invece di come una ragazza del nord-est degli Stati Uniti, che ama l'Italia, ma che ama anche Filadelfia, ha incontrato un altro sostenitore di Filadelfia in Andrea e come questo abbia funzionato. Ho lavorato sulle differenze socio-culturali nelle città degli Stati Uniti e soprattutto sulle spinte dalle città straniere poiché producono una importante varietà e contrasto. Quindi, questo è stato un modo per utilizzare la mia capacità di inquadrare Filadelfia e la grande capacità di connessione di Andrea; ha un'incredibile capacità di connessione. Il mio primo progetto è stato sull'immigrazione italiana come porta di accesso per studiare come si formano e si mantengono i confini etnici, ma poi sono passata a studiare altre radici a Filadelfia. Filadelfia offre un ricco contesto, e ho iniziato a studiare il quadro generale di Filadelfia, grazie agli studiosi in questa stanza che hanno svolto un sacco di lavori meravigliosi sull'economia politica e la storia di Filadelfia. C'erano molti ponti tra di noi e modi in cui potevamo completarci a vicenda. La nostra visione per il libro era di creare un volume accessibile, uno che catturasse le persone e raccontasse per lo più storie ma che avesse anche qualcosa da dire agli studiosi, qualcosa di nuovo da dire. È stato un progetto
impegnativo, come si è rivelato con il tempo. Sembrava semplice, ma per evitare stereotipi e generalizzazioni eccessive, ci siamo ritrovati con una grande varietà di prove e una grande varietà di competenze disciplinari. Ad esempio, c'erano persone che guardavano alle relazioni tra Italia e Stati Uniti, e tra Italia e Filadelfia, attraverso le lenti degli attori e degli agenti che stabilivano queste connessioni e le interazioni tra le persone; c'erano persone che studiavano le istituzioni e come si erano sviluppate nel tempo; c'erano persone che osservavano individui inseriti in famiglie e comunità locali che portavano l'Italia a Filadelfia; c'erano persone che lavoravano a stretto contatto con comunità e individui; persone che avevano lavorato sulle storie degli individui e persone che stavano lavorando sulle storie delle comunità. C'era una grande diversità nei metodi di ricerca e nella natura delle prove. Oltre alle immagini, c'era una grande varietà di informazioni e queste cose abbiamo cercato di mantenerle, perché non volevamo essere didattici, non volevamo essere inaccessibili, non volevamo fare lezioni, ed è per questo che oggi vi sto facendo una lezione [ride]. Sto solo scherzando. Questo è un tema che attraversa tutto il libro: ci rivolgiamo ad un pubblico variegato, cerchiamo di parlare ai filadelfiani in generale, così come agli accademici di specifici settori, e ci occupiamo di due luoghi diversi che a loro volta erano diversi.All'inizio abbiamo trattato due giovani Repubbliche che si stavano formando con background storici molto diversi e che avevano relazioni tra loro principalmente relazioni bilaterali da stato a stato e, più tardi, relazioni tra le istituzioni. Le relazioni individuali elerelazioni trale personesi sviluppavanoper lo più traélite, tra 'prominenti'e il pubblico americano, perché le altre voci e le altre relazioni sono rimaste nascoste nel tempo. Man mano che ci avviciniamo al presente, otteniamo una visione molto più ampia degli attori e delle azioni intraprese edei diversi agenti checreanola comunitàdi Filadelfiae la sua relazione conl'Italia.Quindi, lenostre due giovani Repubbliche hannosempre comunicatotraloroprincipalmente attraversotesti,attraverso la corrispondenza epistolare, illustrata in un capitolo, attraverso la lettura di libri, illustrata nel capitolo sull'arteel'architetturaeattraversoi viaggi dei diplomatici,perlo più.Vi invito tutti aleggere l'articolo di Andrea sulla storia dei Consolati Generali a Filadelfia perché mostra davvero la varietà di diplomatici, i luoghi e le diverse regioni che rappresentavano, tutte rappresentanti di diverse pratiche governative, alcuni erano regni, altri erano Repubbliche sin dall'inizio. Quindi, le relazioni si sono sviluppate con un'Italia diversa, in tempi diversi e il tipo di connessioni sono molto diverse così come le esperienze. Vediamo una metropoli in crescita che guarda all'Europa per il gusto e la civiltà, guardano all'Europa per la cultura classica e la cultura rinascimentale per migliorare la propria comprensione del mondo. Quindi, stiamo parlando qui del Grand Tour, stiamo parlando dei cambiamenti nel Grand Tour man mano che si passa da un periodo in cui i nuovi intellettuali americani andavano in Italiaperimpararel'arteela culturaitaliana,eallafine vediamomoltefamiglie consumatrici, come nell'articolo di Lisa Colletta sugli americani espatriati in Italia, che sono per lo più consumatori vistosi, il cui consumo è finalizzato al mantenimento del loro status a Filadelfia.
Quindi, stiamo ottenendo un set di contatti e attori completamente diversi che si comportano in modi diversi. Allo stesso tempo, otteniamo lo sviluppo delle istituzioni, che cercavano sempre più di incorporare il grande pubblico, cercando di elevare la popolazione di Filadelfia e di sviluppare le istituzioni, i musei e le fiere. Una delle cose che amo davvero di questa sezione è lo sviluppo delle istituzioni in Italia che aiutavano a mediare l'acquisto di oggetti d'arte italiani da parte delle istituzioni qui, come le fiere che portavano cultura a Filadelfia. Un articolo confronta i diversi modi in cui l'immagine è stata formata nel Centennial, alla fiera, e poi la confronta con la celebrazione del 150° anno nel 1926, in cui Filadelfia era in un posto molto diverso e l'Italia era in un posto molto diverso, e l'intera rappresentazione di ciascuna verso l'altra si è rivelata molto diversa. Quindi ci sono molti esempi di cambiamento: cambiamento in Italia, cambiamento negli Stati Uniti e i modi in cui questi cambiamenti hanno influenzato ciò che stava accadendo. Poi, naturalmente, man mano che arriviamo alla terza sezione, ci occupiamo di qualcosa che non accade in tutte le città americane e che non necessariamente sarà un buon caso comparativo, ma lo sarà per alcune città come, parlando di Nancy Pelosi, San Francisco, dove l'intero flusso migratorio dall'Italia agli Stati Uniti proveniva da diverse regioni e si sviluppava in modo diverso nel contesto di una città in via di sviluppo nell'ovest. Sapete, non è paragonabile in modo meccanico allo sviluppo delle relazioni a Filadelfia. Questa particolarità è ciò che rende così interessante, credo, il libro. In ogni caso, questo è uno studio di un caso e di un luogo particolare, in cui si forma una comunità, ed è anche un caso interessante. Richard Giuliani, che è un po' il principale storico della formazione della comunità italiana a Filadelfia, ha sottolineato che l'insediamento originale qui proveniva dalla Liguria ed è avvenuto prima della migrazione di massa che molti di noi conoscono dai libri e dalle storie, e questo è ciò che ha formato la comunità, le istituzioni, le chiese, il mercato, gli imprenditori. Quindi, è un'immagine molto diversa. Poi passiamo attraverso un periodo di terre di nessuno che considero - perché passiamo attraverso un lungo periodo di fragilità e gli Stati Uniti sono tagliati fuori dalla guerra e dalla depressione - siano state tagliate fuori, quindi una delle cose di cui sono curiosa è: quali sono state le relazioni in quel periodo? Non siamo riusciti a incorporarle, non siamo riusciti ad andare in questa direzione, stavamo cercando di trattare un'enorme area di conoscenza ed è stato molto difficile da domare, ma il libro solleva domande sulla ricerca futura e lacune durante quel periodo. La Grande Città in cui viviamo oggi è una città molto più facile da vedere, eppure ci fornisce troppe informazioni che dobbiamo selezionare per ottenere una narrazione per essa, e quindi il libro si conclude con la Branded City, in cui le città deindustrializzate cercano di salvarsi attraverso modi molto simili di sviluppo economico delle aziende di servizi e commercio, attirando a loro volta aziende e le loro sedi nella città, così come anche i turisti dall'estero. Per fare ciò, abbiamo bisogno di cibo, architettura e musica, e qui di nuovo gli italiani e la cultura italiana giocano un ruolo tremendamente importante e gli agenti si muovono avanti e indietro. Le aziende italiane investono a Filadelfia, le aziende filadelfiane investono in Italia,
abbiamo un'intera ondata di flussi incrociati, ed allo stesso tempo interessanti, di persone: studenti laureati, studenti alla Temple, alla Penn e alla Drexel, e scienziati che si spostano avanti e indietro, insieme alle figure del mondo della medicina ... questa è la città, dopo tutto, di 'Eds and Meds' educazione superiore e educazione medica. [È importante] vedere che la circolazione di italiani e persone italiane, famiglie e così via, poiché è una parte davvero importante della città. L'ultima sezione, probabilmente, potrebbe essere un libro a sé stante.Abbiamo seguito le prove, erano minori in alcune aree rispetto ad altre. Siamo davvero orgogliosi di ciò che siamo riusciti a dire sul periodo coloniale, anche se è così invisibile perché le persone sono così invisibili. Alla fine, cerchiamo di incorporare la cultura alta e l'aumento dell'attenzione alla cultura popolare che l'America ha sperimentato. Il cibo italiano è importante nella cultura alta e nei simboli popolari della città. Cerchiamo di guardare da più punti di osservazione e poi alle persone, agli attori, gli agenti situati in tutta la mappa sociale per vedere come si connettono. Come ho detto a un certo punto, parlerò delle lacune per fornire un bel futuro. Grazie mille.”
Inga Saffron, Critico di architettura per “Philadelphia Inquirer” e vincitrice del Premio Pulitzer:
“Grazie. Grazie Judith e Andrea e a tutti per essere qui. È meraviglioso vedere così tante persone e così tanti nomi che conosco nella vita reale. Sono Inga Saffron e scrivo di architettura per il Philadelphia Enquirer. È stato circa otto anni fa che l'Ambasciatore Canepari mi ha parlato per la prima volta del suo piano di mettere insieme un libro sull'eredità italiana di Filadelfia e appena me l'ha descritto ho capito che era un'ottima idea. Filadelfia è il prodotto di molti gruppi, ma gli italiani hanno lasciato il loro segno sulla città e sulla sua cultura in modi visibili e indimenticabili, e ciò è stato particolarmente provato quando si tratta di architettura e ambiente, la mia specialità. Il libro, come avete sentito, ha impiegato del tempo per essere completato e negli anni intercorsi abbiamo assistito a un dibattito pubblico sempre più intenso su un emblematico simbolo del patrimonio italiano: Cristoforo Colombo. Questo, naturalmente, non è il luogo per entrare nel merito della questione, ma mentre noi come nazione continuiamo a rivalutare la sua eredità, è altrettanto importante, per me, trovare un altro modo per onorare il contributo italiano alla storia americana. La buona notizia è che i monumenti alla cultura e alle realizzazioni italiane esistono già intorno a noi, dobbiamo solo sapere dove cercarli. Dicono che l'imitazione sia la forma più sincera di adulazione, e bene, Filadelfia è piena di copie di grandi architetture della penisola italiana. Roma ha un’enorme Tempio Romano,il Pantheon,eanche Filadelfiane hauno,èil Franklin Institute. Il PantheonaRoma fu costruito nel II secolo d.C., mentre Filadelfia non ha aperto il suo pantheon fino a 17 secoli dopo, progettato da John [T.] Windrim, per onorare il grande eroe di Filadelfia, il giornalista, inventore, statista Ben Franklin. Firenze aveva il formidabile Palazzo Strozzi del XVsecolo, costruito dal feroce
rivale della famiglia De Medici, Filippo Strozzi il Vecchio. Filadelfia ha la sua versione del Palazzo Strozzi, costruito nel 1925 dal finanziere Edward Stotesbury come sede per la potente banca Drexel e Co. Ci sono diverse somiglianze interessanti tra questi due edifici. Strozzi morì prima di poter abitare il palazzo, e poi la famiglia De Medici riuscì a metterci le mani sopra. La permanenza di Stotesbury nella sede di Drexel a Filadelfia fu interrotta dalla Grande Depressione. Fortunatamente, entrambe le opere architettoniche sopravvissero alla perdita dei loro patroni e il Palazzo di Filadelfia domina ancora l'angolo tra la 15ª e Walnut Street. Firenze aveva la grande sinagoga ed era uno dei templi ebraici più importanti costruiti dopo che le mura del ghetto di Firenze furono abbattute nel 1840. Ricevette un trattamento particolarmente sontuoso come modo per gli ebrei in Italia di celebrare il loro nuovo status legale. L'interno fu magnificamente decorato con dettagli stilizzati, moreschi e bizantini, che riportano l’altare a l’età dell’oro. La Congregazione Rodeph Shalom di Filadelfia prese ispirazionedaquellafamosasinagogaitaliana,specialmentenelladecorazionedell'interno. Progettata dallo studio di architettura Simon&Simon negli anni '20, le sue mura dorate e le sue splendide decorazionimetallicherealizzateamanoraffigurantivitiefoglie.Lefinestresonoun'operadel grande artista del vetro nato in Italia, Nicola D'Ascenzo. Questo [indicando lo schermo] lo avete già visto, è il Ponte dei Sospiri, il piccolo ponte coperto, del canale che collega il Palazzo Ducale alla sua prigione. Sono affascinata dalle parole di Lord Byron che immaginava i prigionieri sospirare mentre davano il loro ultimo sguardo ai movimenti turchesi delle acque di Venezia, prima di essere gettati nelle loro celle. Filadelfia ha un simile, ma prosaico ponte coperto che collega il vecchio magazzino del Lit Brothers Department Store in Market Street Invece di gondole e canali, è possibile osservare la vista del traffico lungo Filbert Street, mentre si trasportano le merci avanti e indietro attraverso il ponte. Mi sembra molto chiaro che trattiamo un grande magazzino come un palazzo italiano [ride]. È affascinante confrontare i dettagli di design di queste due opere architettoniche: la fascia veneziana è costruitain pietraindustrialebianco-latte[mentre] gli architetti filadelfiani CastoreStearnprogettano il loro ponte utilizzando i materiali più tradizionali di Filadelfia, il mattone rosso; invece delle teste scolpite che fanno riferimento alla mitologia romana, ci sono chiavi di volta che modellano e fanno riferimento alla geografia e alla storia coloniale della Pennsylvania. Castor e Stearn utilizzano un'opera iconica dell'architettura italiana come punto di partenza e poi la americanizzano completamente. Questi esempi sono tutte copie letterali di architetture italiane. Naturalmente, Filadelfia abbonda di architetture che usano il vocabolario classico dell'antica Roma per creare qualcosa di distintamente americano. Mescolano colonne, frontoni e cupole per adattarle alle loro esigenze ed è possibile immaginare che il vecchio negozio dei Figli di Jacob Reed su Chestnut Street mostri una divina toscanità sfruttandola per collegare il proprio abbigliamento alla tradizione italiana della sartoria di alta qualità. L'architettura americana non è mai stata pura: ci piace prendere in prestito, mescolare e abbinare, vediamo elementi dell'architettura romana abbinati a quella greca o
spagnola. È difficile immaginare come gli edifici principali di Filadelfia avrebbero potuto essere costruiti, qualunque sia il loro stile o i loro antecedenti, senza l'abilità di un passato italiano, persone che emigrarono a Filadelfia. La lavorazione della pietra italiana, il vetro colorato è possibile vedere tutti i tipi di esempi nell'atrio del Divine Lorraine su Broad Street esulla famosatorreRCAaCamden. Anche oggi, le persone di discendenza italiana chiamano queste caratteristiche edili “filadelfiane”. Il mio contributo al libro include saggi sugli edifici costruiti dagli immigrati italiani per servire gli italiani a Filadelfia. Ne vediamo molti a South Philadelphia, come gli edifici della Immigrant Bank che punteggiano gli angoli di South 7th Street. Furono costruiti da intraprendenti uomini d'affari italiani per aiutare i nuovi arrivati a risparmiare, per comprare case qui e mandare soldi alle loro famiglie in Italia. Ci sono molte, molte chiese, ovviamente, come Santa Maria Maddalena de’ Pazzi che potrebbe somigliare a diverse chiese di paese italiane. Ci sono anche opere architettoniche davvero interessanti e originali che fondono elementi culturali americani insieme a quegli italiani, creando qualcosa di completamente nuovo. Questo è il mio esempio preferito [indica lo schermo in sala] 'Nostra Signora di Loreto' una chiesa moderna a sud-ovest di Filadelfia - intendo, immagino sia moderna,fu costruitanegli anni '30 - che riesce acombinareriferimenti alla modernaaviazione,storie bibliche, racconti popolari italiani, tutto in questo stile streamline endurance. Fu progettata dall'architetto italiano FrankPetrillo.Questo èuna rapidadisamina esperochevi diaun'ideadi quanti monumenti alla cultura italiana esistano a Filadelfia. Ci sono tanti esempi, molti più di quanti possano essere mostrati in questo breve programma. Potete acquistare il libro per conoscerli meglio. C'è una cosa che sappiamo di questi contributi architettonici: Filadelfia sarebbe una città molto meno bella senza di essi. Grazie mille.”
William Valerio, Direttore del WoodmereArt Museum: “Voglio dire graziee descriverequanto abbia apprezzato il progettodi scrivereun capitolo sugli artisti italiani a Filadelfia. Mi chiamo William Valerio e vengo dal Woodmere Art Museum, che è dedicato all'arte e agli artisti di Filadelfia. Il Woodmere Museum fu fondato con l’idea che esso avrebbe costantemente costruito una collezione d'arte e questo progetto mi ha dato l'opportunità di guardare allanostracollezione,daunalentemoltoparticolare.Gliitalianipotrebberodomandare: 'Questo come racconta una storia?'. Io vi guiderò nella versione breve di una storia. L'Italia è ovviamente il luogo dituttelecosemeravigliose,l'arteècentraleinquestoel'arteèunaparteprofondadelsensodiidentità italiano. Naturalmente, sapete, non è affatto sorprendente che gli artisti italiani e gli artisti americani a Filadelfia guardino costantemente agli esempi di arte italiana. E ho scelto due esempi per illustrarlo. Larry Day è nato Lorenzo Del Giorno, nel nord di Filadelfia, è andato alla Tyler School of Art, che è ovviamente la grande scuola d'arte della Temple University, e ha imparato a disegnare esaminando e ridisegnando una bella stampa del 17° secolo dell'artista Primaticcio - è una storia oscura su Ercole
dove egli si veste da donna e, naturalmente, sapete, è l'episodio più eccitante della vita di Ercole per il pubblico di oggi. Larry Day ha fatto un viaggio di ritorno nella tecnica del disegno e l'ha trovata nella storia dell'arte italiana, a cui era così attratto. All'altro estremo dello spettro, gli artisti italoamericani, i grandi maestri antichi, guardano all'arte del 20° secolo. Sto mostrando qui [indica lo schermo in sala] un'opera di un artista di nome Joe Amarotico [chiamata] 'Large Space Dream'queste sono, tra l'altro, tutte opere che fanno parte della collezione del Woodmere di cui vi stavo parlando. 'Large Space Dream' di JoeAmarotico è ispirato al grande artista metafisico del 20° secolo in Italia, Giorgio De Chirico. Quindi potete vedere come possiamo prendere queste misteriose interazioni tra due figure fatte di scatole e forme architettoniche che si avvicinano l'una all'altra nell'operadi JoeAmarotico.Cisonotanterelazioni,sapete,trasingoliartistiitalo-americanielastoria dell'arte italiana quanti sono gli artisti. La storia che voglio raccontare è molto legata all'interazione degli artisti come persone con istituzioni e scuole, in particolare. Questo per me, mentre guardavo questo materiale, è diventata la storia dell'eredità italiana. Ha tutto a che fare con lo sviluppo delle scuole, il cambiamento e l'equilibrio delle relazioni sociali tra la popolazione italiana e le istituzioni di arte e apprendimento nella città. Il primo artista italo-americano che ho potuto trovare è Giacinto Riboni e questo [indicalo schermo in sala] è un dettaglio, che vedete a sinistra, di un suo quadro del 1836 raffigurante una giovane donna che guarda in uno specchio e sto mostrando Riboni insieme a Costantino Brumidi. Questi due hanno molto in comune: arrivano a Filadelfia nella prima metà del 19° secolo, sono persone istruite che hanno frequentato, sapete, accademie. Riboni ha frequentato l'Accademia Nazionale delle Arti di Roma e ha lavorato come artista professionista a Roma per 10 anni, poi è venuto a Filadelfia all'età di 28 anni in cerca di lavoro. Ha sentito che Filadelfia era una cittàin crescita,c'eranopersonericchequi che avevanobisognodi ritratti ehafattounabuonacarriera come artista lavorando a Filadelfia. È una storia molto simile a quella di Brumidi che abbiamo già visto nel Capitol a Washington D.C. Tra i suoi vari progetti a Washington, stava lavorando a questa Cattedrale di San Pietro e Paolo qui a Filadelfia. Devo dire che se non avete letto il capitolo di Barbara Wolnanin del libro su Brumidi e le interazioni tra Washington e Filadelfia è davvero un capitolo interessante e ho imparato molte cose che non sapevo, il che mi fa sempre piacere. Quindi questi sono artisti, sapete, all'inizio del 20° secolo che sono istruiti, che sono andati all'accademia e vengono a Filadelfia in cerca di lavoro. Ora, la storia è molto diversa nella seconda parte del 19° secolo, quando gli artisti arrivano a Filadelfia come immigrati, le loro famiglie lasciano il trauma di terribili circostanze economiche, specialmente nel sud dell'Italia nel 19° secolo. Avete già visto la Congregazione Rodeph Shalom di Nicola D'Ascenzo che arriva a Filadelfia all'età di 11 anni con i suoi genitori, sono immigrati, ha avuto un po' di formazione nelle arti del vetro colorato in Italia, ottiene un lavoro durante il giorno nelle arti edilizie e frequenta le lezioni la sera - è importante frequentarelascuolacorrettamente-alla Scuola del Museo per le Arti Industriali epoiavviailproprio
studio. Questo è uno studio che finisce per essere uno dei più grandi studi di arte decorativa negli Stati Uniti d'America. Non solo realizza la Congregazione Rodeph Sholom qui a Filadelfia, ma anche la Cattedrale Nazionale a Washington D.C. e ottiene un enorme contratto per decorare numerose ed importanti parti d'arte in tutto il paese. Sono sicuro che i dettagli della componente della finestra che ora abbiamo sull'edificio Horn su Chestnut Street sono la sua arte. Quando arriva a Filadelfia come bambino con la sua famiglia, arriva anche il grande Harry Bertoia, che è diventato, sapete, uno dei grandi artisti italo-americani dell'arte americana del 20° secolo. Sto mostrando la sua 'Interpretazione libera delle forme delle piante' al Woodmere. Bertoia, come D'Ascenzo, arriva a Filadelfia come adolescente con la sua famiglia, sono immigrati, avevano pochissimi soldi, vanno a Detroit dove ha un fratello maggiore che lavora nelle fabbriche automobilistiche, ha una sorta di passione per le arti, poi va a Cranbrook, dove fa amicizia con Florence Knoll. Poi viene a Filadelfia per lavorare per Florence Knoll, fuori città, a Valley Pennsylvania, e guadagna così tanti soldi sulla sedia Knoll, che diventa una sorta di icona famosa in tutta l'America, tanto che può dedicare il resto della sua carriera a fare arte e scultura. Sto mostrando la 'Interpretazione libera delle forme delle piante' ora al Woodmere, commissionata dalla città di Filadelfia quando fu costruito il vecchio Centro Congressi a Filadelfia. Il supporto delle istituzioni italiane agli artisti ha avuto inizio nel 1931 con artisti come Severo Antonelli - e sto mostrando il suo ritratto di Mussolini - che era un fotografo. Arrivò a Filadelfia da bambino con la sua famiglia, ma fu affascinato dal futurismo italiano e andò avanti e indietrotral'Italiae Filadelfia.Negli anni '20attirò l'attenzionedel Ducee realizzòunritrattoufficiale del Duce, ma molto presto tornò negli Stati Uniti e rimase qui e non tornò mai più.Antonelli avviò lo studio di Antonelli a Glenside, Pennsylvania. Ma ciò che è importante qui è che Severo Antonelli, Ben Badura, insieme ai fratelli Papale, che erano artisti che avevano un negozio di cornici a South Philly, fondarono un club sociale che chiamarono 'The Da Vinci Art Alliance' nel 1930. Molto rapidamente divenne un club sociale per italiani interessati alle arti o che erano artisti e venne creato uno spazio espositivo. Molti artisti, il cui lavoro vedremo, hanno tenuto le loro prime mostre presso 'The Da Vinci Art Alliance'. Questa è la prima istituzione che conosco che ha sostenuto gli artisti italiani e ha dato loro un luogo per esporre il loro lavoro. Poi le famiglie possono diventate quelle strutture (di sostegno) e non potremmo parlare di artisti italo-americani senza parlare degli Studi di Design Commerciale Martino che erano un negozio unico per «Tutte le tue esigenze artistiche». Facevano: «...grafica pubblicitaria, arte decorativa per la casa, interior design, pittura di insegne e marchi di alta qualità in qualsiasi colore desideri». Questa era una citazione presa da loro annuncio pubblicitario. I membri della famiglia Martino erano Antonio, Giovanni, Filomena, Guglielmo, Roberto, Francesco e Edmondo e la generazione successiva, che sono Nina ed Eva. Nina Martino lavora ancora con noi a Filadelfia oggi - sto mostrando la sua arte - e Antonio Martino divenne un pittore di freschezza estremamente famoso il cui lavoro è parte di ciò che chiamiamo impressionismo
americano. Il primo artista italo-americano nato negli Stati Uniti che conosco, che ci ha dato il modello, è di nuovo qualcuno molto associato alla Temple University e cioè Raphael Sabatini. Nato negli Stati Uniti, ha frequentato la scuola distrettuale pubblica di Filadelfia, che aveva un eccellente programma artistico - che non ha più - ha ottenuto una borsa di studio per andare alla scuola d'arte superiore e poi alla Temple University Tyler School of Art, con una borsa di studio. Poi, sapete, è andato in Italia, si è connesso con artisti d'avanguardia lì e, oltre a insegnare alla Tyler School of Art, Sabatini per molti decenni è stato il presidente dell'Art Alliance di Filadelfia a Rittenhouse Square Quando il Woodmere divenne nel 1940 il museo dedicato a collezionare artisti di Filadelfia, l'Art Alliance era la sorella del Woodmere dedicata a esporre l'arte e gli artisti di Filadelfia, quindi quando queste missioni furono formate dagli stessi gruppi d'arte di Filadelfia, Sabatini fu incredibilmente importante nel contribuire a creare un'ancora culturale per gli artisti italiani. Sto anche mostrando l'edificio N.W. Ayer, dove ha fatto la scultura architettonica che è possibile vedere camminando intorno a Washington Square. La famiglia Pinto è una delle grandi dinastie delle arti di Filadelfia. Abbiamo già parlato un po' di Jody Pinto, ma questi [indica lo schermo in sala] sono gli zii di Jody Pinto, Salvatore e Biagio, e suo padreAngelo. Furono presi sotto l'ala diAlbert Barnes. Quest’ultimo era una sorta di jolly nelle arti di Filadelfia e li vede nelle classi scolastiche pubbliche di Filadelfia che erano venute in visita alla Lawrence Foundation e disse: «Questi tre fratelli hanno davvero qualcosa!». Li prende sotto la sua ala, li manda nel sud della Francia a lavorare con Matisse. Questo [indicalo schermo in sala] èundipinto di Salvatore Pintoche fecesulla spiaggia di NizzaconMatisse e naturalmente ispirarono la generazione successiva di artisti. Gli artisti, inoltre, crescono attraverso le scuole pubbliche diventando insegnanti importanti a Filadelfia. Filomena Dellaripa negli anni '50, '60 e '70 aveva una scuola d'arte ed era un'insegnante e ispiratrice importante per molti artisti. Peter Paone, che è uno - ancora oggi credo - dei grandi portavoce senior e una sorta di nonno nelle arti per molti giovani studenti. Sto arrivando alla fine, da qualche parte.Anthony Visco è un italo-americano di terza generazione. Gli artisti italo-americani che lavorano oggi non provengono da condizioni di vita marginalizzate, hanno frequentato tutte le scuole di belle arti che, sapete, vorremmo frequentare. Anthony Visco, sapete, voglio collegarlo di nuovo a Brumidi e alla sua idea di decorazione architettonica. Anthony Visco lavora a Filadelfia ed è probabilmente il principale creatore di arte e tesori in tutto il mondo. Lavora regolarmente per il Vaticano ed è necessario prenotare il suo tempo con un decennio di anticipo. Questo è un lavoro [indicalo schermo in sala] che abbiamo al Woodmere, è un frammento che ama molto e che era preparatorio per la chiesa di Santa Rita da Cascia a South Philly. Poi abbiamo Mariel Capanna ed esempi di artisti italo-americani che esplorano la loro esperienza come artisti americani inAmerica oggi. Grazie.”
Domenic Vitiello, Professore di “Urban Studies” - University of Pennsylvania: “Non ho diapositive, ma mi chiamo Domenic Vitiello, sono professore di “Urban Studies” all'Università della Pennsylvania. Mi sono trasferito qui con i miei genitori quando avevo un anno, nel 1974, perché mio padre andò a insegnare alla Temple per oltre 30 anni - non ricordo esattamente il numero, ma insegnò quanto più poteva. Quindi, grazie mille, professore Englert, e Console Canepari e Judith, che per me si distingue come studiosa della migrazione delle comunità migranti negli ultimi 20 anni a Filadelfia. Il lavoro di Judith è stata una vera fonte di ispirazione fondamentale. […] Come ho detto, sono principalmente uno studioso della migrazione e quindi voglio riflettere in granpartesullamigrazione,manonsolodellepersone[maanche]sui filicheattraversanotuttoquesto libro. Avete sentito meravigliose discussioni e illustrazioni dei fili che attraversano questo libro sull'arte, l'architettura e molti altri argomenti importanti. Penso che sapete che il tema della migrazione italiana abbia dato contributi davvero ricchi e sostanziali alla storia dell'immigrazione a Filadelfia e negli Stati Uniti. Quindi, dalla prima pagina - Console Canepari nel tuo prologo - stai esplorando ciò che, per coloro di noi che hanno studiato la storia della migrazione degli Stati Uniti o delle colonie britanniche in particolare prima degli Stati Uniti, si può definire una storia davvero familiare e importante che collega i luoghi attraverso la migrazione. [Un esempio potrebbe essere rappresentato] dal Console Generale della Repubblica di Genova, Giuseppe Ravara, che lavorava per Willing Morris and Company, che uno potrebbe pensare sia una qualche casa mercantile oscura, ma no,questaèlaprincipalecasamercantileaFiladelfia,eprobabilmenteinAmericaaquelpunto, gestita dai mercanti che finanziarono la guerra d'indipendenza americana.Anche Robert Morris ebbe effetti davvero profondi sui legami regionali, i rapporti in tutta l'America, l'Europa e altre parti del mondo. La migrazione dei mercanti in larga misura ha davvero definito Filadelfia come un certo luogo, non solo riguardo l'economia, ma anche plasmando così tanto del denso scambio culturale transnazionale, influenze intellettuali, guidandola migrazione di altre persone. Questi sono tutti temi davvero importanti, di questa esplorazione in grande profondità e dettaglio che caratterizza il libro, nei suoi diversi capitoli. In molti dei capitoli vi è un lavoro meraviglioso di ricerca che illumina le grandi idee e pratiche culturali dei migranti. Abbiamo già avuto una bellissima illustrazione di questo sin dall'inizio di questa presentazione: nella prima sezione del libro, nel capitolo di Maurizio Valsania sul mercante Joseph Mussi e la sua amicizia con Thomas Jefferson; il capitolo successivo di Carmen Croce sui migranti gesuiti, educatori e i loro grandi contributi alla crescita dell'istruzione superiore americana in questa regione e in molte altre regioni che si possono identificare con la presenza dei gesuiti. È tutto sui migranti - giusto? Diversi tipi di migranti e migrazioni che hanno avuto diverse influenze su Filadelfia e i suoi legami con l'Italia. La maggior parte dei saggi, nella seconda parte del volume, sulla metropoli industriale in espansione, dettagliano anche come le idee e le pratiche dell'arte e della cultura siano migrate dall'Italia a Filadelfia, come discusso anche da Judith. E poi
nella parte tre del libro, la fine degli anni '30 e il 20° secolo, arriviamo al periodo di maggiore migrazione di persone dalle regioni meridionali a Filadelfia. Ma il libro non racconta solo le solite storie ben note su questa era.Anche Judith dice ciò che ha notato, giustamente, sulla comunità ligure registrata in precedenza e Jeff Cohen, un altro storico dell'architettura, ci ricorda che gli italiani non si concentrarono a South Philadelphia prima del 1870 - dirò qualcosa su questo tra un momento. I capitoli di Jeff e Judith all'inizio della parte tre sull'ambiente e su come South Philadelphia divenne nota come italiana fanno un ottimo lavoro di sintesi del grande lavoro che altri studiosi dell'Italia di Filadelfia - inclusi Giuliani Richard Barbero e molti altri - hanno scritto sulla migrazione di massa della fine del 19° e dell'inizio del 20° secolo. E questo è ovviamente il motivo per cui Filadelfia divenne uno dei principali centri di insediamento italiano in America. San Francisco è anche un centro,così comeNewOrleans,maFiladelfiaeramoltopiùgrande.Apprezzodavveroilvostrolavoro di questi capitoli, nella terza parte del volume, e altri che hanno catturato le relazioni transnazionali diverse e intense tra Filadelfia e l'Italia, dagli agenti delle industrie di Filadelfia che andarono a reclutare italiani per lavorare in città fino alle connessioni culturali e gastronomiche, davvero ricche. è importante ricordare anche quanto fosse intenso quel modello di migrazione di uomini italiani, in particolare, di cui parliamo maggiormente, della fine del 19° e dell'inizio del 20° secolo che andava avanti e indietro. Gli uomini italiani non venivano solo qui e si stabilivano e vivevano il resto della loro vita qui. Questa migrazione andava avanti e indietro. Questo è un modo molto più corretto e accurato di comprendere come la migrazione è avvenuta storicamente, specialmente per gli italiani, ma non solo per gli italiani È più frequente pensare nella nostra immaginazione 'Oh sei migrato da lì a qui e quella è la tua storia giusto?'. Ma non è così e vorrei portarti anche solo l’esempio della storia della mia famiglia: sul manifesto della nave che registra l'arrivo dei miei bisnonni e dei loro tre figli maggiori a Ellis Island nel 1905 da Bosco Reale, proprio accanto a Pompei, la colonna che elenca se erano stati negli Stati Uniti prima è così affollata di date che è difficile da leggere. Mostra che il mio bisnonno -Alfonso Vitiello - come il 60% degli uomini italiani alla fine del 19° secolo - è tornato più volte in Italia e ha fatto avanti e indietro e ha trascorso solo pochi anni in America. È venuto negli Stati Uniti nel 1899, 1901, 1903 e poi con la mia bisnonna Maria Bacilero e il loro primo figlio, il mio prozio Luigi, nel 1904, tutto prima che si trasferissero permanentemente con il resto della famiglia a New York nel 1905. In questo periodo i miei antenati erano completamente diversi dai migranti italiani di quest'epoca. Questo movimento avanti e indietro e tutti i movimenti di cose che le persone portavano con sé, merci, capitali e idee che venivano con loro, creavano relazioni intense tra luoghi e comunità in Italia, in particolare nel sud, e negli Stati Uniti, in particolare a Filadelfia e NewYork e nelle vicine parti del nord-est perché era davvero lì che gli italiani erano così concentrati. Questo è uno dei motivi per cui è importante che questo libro parli di Filadelfia e ciò che i discendenti italiani fanno ancora in queste regioni in modo evidente. Se si osserva una mappa delle origini
ancestrali nel 21° secolo negli Stati Uniti, è possibile notare questa concentrazione persistente. La parte quattro di questo libro, sull'attualità, illumina davvero magnificamente ed in tanti modi come queste connessioni rimangono vive oggi. E infine, voglio dire che un altro contributo davvero importante che questo libro offre, al quale alcune persone hanno accennato brevemente, è che non solo racconta la storia di Filadelfia, ma parla abbastanza ampiamente e in modi importanti di tutta la regione. Diversi capitoli ci portano a Handler o ai Giardini Trump del sud del New Jersey, fattorie e città di Vineland e Bridgeton e campi di internamento a Gloucester City, New Jersey - fuori da Glassboro, New Jersey - che ospitarono italiani che non avevano naturalizzato assetti dalla Seconda Guerra Mondiale. Alla fine della sezione quattro, voglio solo citare due capitoli in più: i fili della migrazione continuano in modi davvero importanti e il capitolo di Salvatore Mangione parla dello studio della migrazione dei medici. Questo è così cruciale per la salute e l'economia di Filadelfia alla fine degli anni Venti e del 21° secolo che è ovvio per tutti voi. è una parte grande, dello studio sull'immigrazione, soprattutto della migrazione post 1965, che chiamiamo nuova immigrazione. E infine, e non meno importante, voglio celebrare un altro capitolo che penso faccia un lavoro meravigliosoneltracciarelerelazioniintimetrapersoneeistituzionidiFiladelfia;sitrattadelcapitolo di Judith sulla Temple. Quindi grazie mille per avermi incluso in questo evento e passo di nuovo la parola al Cancelliere Englert.”
Richard Englert, già Presidente e attuale Cancelliere della Temple University: “Grazie un'altra volta a tutti coloro che sono intervenuti. C'è un po' di tempo per le domande. Prima domanda: qualcuno ha una domanda? Se no, quello che faremo è: ci sposteremo al piano superiore. Lasciatemi concludere dicendo che voglio ringraziare tutti! Grazie ad un grande panel, avrete l'opportunità di interagire tra di voi tra pochi minuti. Usciremo di là, comunque al ricevimento ci sarà l'opportunità di acquistare il volume e di farlo firmare da uno degli autori. Grazie a tutti!”
1.4. Presentazione presso Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani. [Lingua originale: italiano]
Volume “L’eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee”.
A cura di Andrea Canepari e Judith Goode.
Edizione italiana pubblicata da Treccani.
Edizione americana pubblicata da Temple University Press.
6 dicembre 2023
Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani
Sala Igea, Palazzo Mattei
Piazza della Enciclopedia Italiana 4, Roma
SALUTI:
Franco Gallo, Presidente dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani e Presidente Emerito della Corte Costituzionale
Fra’John Dunlap, Principe e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta
Gian Marco Centinaio, Vicepresidente del Senato della Repubblica
Maria Tripodi, Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale
DIALOGANO CON IL CO-CURATOREANDREACANEPARI:
SamuelA.Alito Jr., Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti
Cardinale Silvano Maria Tomasi
Gilda Rorro, New Jersey Italian Heritage Commission
Paolo Valentino, Corrispondente Diplomatico Corriere della Sera
CONCLUSIONE:
GiulianoAmato, Presidente Emerito della Corte Costituzionale e membro del Comitato d’Onore dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani
Franco Gallo, Presidente dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani e Presidente Emerito della Corte Costituzionale:
“Devo dire che è con grande piacere e orgoglio che oggi qui in Treccani presentiamo questo prestigioso volume dal titolo: “L’eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee”. Il libro, come sapete edito dallaTreccani, è stato curato con passione e con competenza dal presente qui Andrea Canepari, diplomatico italiano, per chi non lo sapesse, già Ambasciatore italiano nella RepubblicaDominicana eConsoleGeneraledell'Italiaproprio aFiladelfia,e da Judith Goode, stimata professoressa Emerita di antropologia e di urbanistica alla Temple University. Questo libro nasce con l'obiettivo, leggendolo questo ho dedotto, di svelare agli studiosi e al pubblico quel reticolo prezioso di storieidee escambi,di cui io personalmentenon sapevo molto edi cui ho appreso attraverso questo libro, che hanno caratterizzato una intensa interazione tra l'Italia e la città di Filadelfia, in cui questa influenza è stata abbracciata, sviluppata e tramandata con orgoglio. Credo che chi va a Filadelfia ancora riesca a percepire il senso di questo passato così, diciamolo pure, glorioso. Per sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti del patrimonio culturale italiano di Filadelfia Canepari ha istituito a partire dal 2014 un programma diplomatico aperto al pubblico che ha svolto un ruolo fondamentale, dal quale ho avuto l’impressione trae la propria genesi questo libro, chiamato “Ciao Filadelfia’’che ha visto la collaborazione di numerose istituzioni culturali e universitarie ed ha potuto coinvolgere molti filadelfiani e raccontare le storie di tanti italiani e italo-americani che hanno contribuito a modellare quella che è una delle città più antiche e più importanti degli Stati Uniti d'America. Una città, me la ricordo anch'io quando l’ho visitata tanti anni fa, cuore della cultura politica e civile statunitense, culla della Dichiarazione d’Indipendenza e della Costituzione e antica capitale del grande paese. Dalla partnership con la professoressa Goode, che è una profonda conoscitrice della comunità e delle politiche di sviluppo urbano della Filadelfia del dopoguerra, è nato un lavoro di grande valore storico e scientifico, corredato da un ricco apparato di immagini, nel quale i legami fra Filadelfia e l'Italia vengono esaminati attraverso il flusso di persone, il traffico di beni e gli scambi di idee fra i due paesi, nonché dal punto di vista dell'inclusione di elementi italiani nell'ambiente architettonico, nelle relazioni sociali, nelle istituzioni della città. L'Istituto della Treccani ha da sempre, fra le sue missioni fondamentali, quella di migliorare la comprensione della presenza italiana in altre culture e in altri paesi lontani e quindi io ho letto e ho riletto con molto piacere, a questo proposito, la corposa voce dedicata a Filadelfia, pubblicata novanta anni fa, nel 1932, proprio nell'Enciclopedia Italiana di Scienze della Treccani a firma del grande geografo Piero Landi. Sono andato a riprenderla ed ho visto che la Treccani già si era occupata di Filadelfia tanti anni fa e in questa voce già si rilevava non solo l'importanza della presenza italiana nella composizione etnica di Filadelfia, ma anche il notevole ruolo dell'arte italiana nel suo patrimonio culturale. Questo lo trovate già scritto 90 anni fa dalla Treccani. Trovo quindi più che mai significativo che questa realtà abbia
potuto essere approfondita in modo articolato e completo attraverso la pubblicazione, anche in Italia, diquest'operacosì“pesante”ecosìimportante,contemporaneamente,originariamenteeditaininglese nel 2021 a cura della Temple University Press. Quindi ringrazio tutti i presenti, che non ho avuto occasione di salutare direttamente, ma avremo occasione di stringerci la mano e ringrazio anche il pubblico tutto e i relatori che parleranno dopo di me e in particolare SuaAltezza Eminentissima Fra’ John Dunlap, Principe e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta; Maria Tripodi, Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale; Sua Eccellenza Jack Markell, Ambasciatore degli Stati Uniti; l'Onorevole Samuel Alito Jr., giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti; Sua Eminenza Cardinale Silvano Maria Tomasi che conosco; Gilda Rorro in rappresentanza della New Jersey Italian Heritage Commission e Paolo Valentino che tutti conosciamo, il corrispondente diplomatico del Corriere della Sera. Ringrazio anche Giuliano Amato che concluderà l'incontro. Naturalmente la mia profonda gratitudine va soprattutto a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa straordinaria opera: ai ricercatori, agli storici, agli artisti, alle persone comuni che hanno condiviso le loro storie e ai suoi curatori per il loro instancabile impegno nella cura e nella condivisione di questa preziosa testimonianza della cultura italiana a Filadelfia. Il mio ringraziamento, ripeto, va ad Andrea Canepari a nome di tutti voi. Vi ringrazio e buon lavoro.’’
Andrea Canepari, Co-curatore:
“Buonasera a tutti, ringrazio innanzitutto il Presidente Franco Gallo per le sue parole e per il benvenuto e con lui ringrazio Treccani, non solo per ospitarci, ma anche per aver creduto in questa importante opera di rafforzamento della conoscenza tra Italia e Stati Uniti. Un saluto a tutti voi, ad un pubblico così importante e così qualificato che veramente onora me e tutti gli amici di Filadelfia, che sono collegati tramite i canali YouTube di Treccani. Prima di dare la parola a Sua Altezza Eminentissima, Fra’ John Dunlap, Principe e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di San Giovanni, volevo ringraziare tutte le autorità presenti o che hanno inviato un saluto, tra cui il Vicepresidente del Senato della Repubblica, il Senatore Centinaio, che è stato trattenuto in aula, ma chehaappenatrasmesso unsuointervento.RingraziomoltissimoilSottosegretariodiStatoagliAffari Esteri MariaTripodi, ancheleihamandato unsuo saluto Vedremo l'intervento del GiudiceAlito della Corte Suprema degli Stati Uniti. Ringrazio e saluto il Cardinale Silvano Maria Tomasi per essere presente. Vedremo anche Gilda Rorro e ringrazio Paolo Valentino. Sono onorato di avere i colleghi diplomatici, ringrazio tutti gli Ambasciatori italiani e stranieri presenti, gli onorevoli e i professori. Ecco intanto un primo saluto a tutti loro. Ci tengo adesso a dare la parola a Sua Altezza Eminentissima, che ringrazio perché essendo lui canadese e anche newyorkese di adozione, oltre che di adozione anche italiano, è un perfetto conoscitore di questi ponti transatlantici, è un conoscitore
dell'importanza della nostra collettività e in generale della presenza italiana al di là dell'oceano. Quindi è veramente un grandissimo onore potergli dare la parola.”
Fra’ John Dunlap, Principe e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta: “Good evening, I’d like to thank my good friend Andrea Canepari, former ItalianAmbassador to the DominicanRepublic,forinvitingmetothispresentationandextendmygreetingstheotherdignitaries present. WhatAndrea didn't tell you, maybe he does not know, is that I am Canadian by birth, I lived in NewYork for many years, but my familyare from Philadelphia, and they fled during theAmerican Revolution to go to Canada. So, it's both a fortune and gratifyingto encounter a book that expansively covers centuries, the long mutually enriching relationship between the People of Italy and Philadelphia and the surrounding area. The Italian edition of the book, published by Treccani a few weeks ago, constitutes the most recent stage of a journey of study and valorization of Italian communities abroad, especially, along the East Coast of United States, carried out byAndrea. I have knownAndrea Canepari since 2007, when I first met him when he was serving at the Italian embassy inWashington DC,with his lovelywifeRoberta.And Ihavesincedevelopedalong-lastingfriendship with him and his family and I have the honor to serve as godfather to their twins, Matteo and Bianca. Even back then, Andrea shared with me the idea of presenting a renewed image of Italy throughout the study of the interchange between Italy and the Italian American communities, not only from a cultural perspective In fact quotingAndrea “the Italian community can become a bridge between the two sides of the ocean’’. One of the aspects of the book, which I find particularly interesting, is the idea of Italy as a Global Ambassador for Western culture. In all its most magnificent forms it has contributed so much to creation, development and maintenance of one America's grandest and most historic sites, Philadelphia. It also informs the reader of the significant contribution of Italians and Italians-Americans to the creation of the United States over the centuries. Given the value of the volume, and its potential for other cities around the world, I applaud the brilliant initiative ofAndrea who recognized the need for documentingin multivolume series, how the presence of Italians abroad, Italian ideas and indeed Italian ideals have contributed so much to the cultural development of other land throughout the world. I leave you to enjoy this presentation and discussion of the book, with the distinguish guests at your presence.”
Andrea Canepari legge i saluti e le considerazioni del Vicepresidente del Senato, Senatore Gian Marco Centinaio e del Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale, Maria Tripodi: “GrazieaSuaAltezzaEminentissima,acuihochiestodiparlareiningleseinsiemeadaltriduerelatori il GiudiceAlito e Gilda Rorro, proprio per creare questo dialogo tra le due sponde dell'oceano. Grazie
anche per aver condiviso questo suo legame con la città di Filadelfia, veramente un grande onore. Grazie. Vi leggo adesso un messaggio del Vicepresidente del Senato, il Senatore Centinaio che dice:
“Mi spiaceinformarladellamiaimpossibilità apartecipareallapresentazione del volumedalei curato dal titolo L'eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee a causa di impegni istituzionali sopraggiunti. Nel ringraziarlaperl'invito desidero condividere conleie coni partecipanti all'evento la consapevolezza di quanto il nostro paese possa fare affidamento su una sorta di diplomazia della cultura, che lo rende protagonista assoluto a livello mondiale. É di poche ore fa la notizia dell'iscrizione da parte dell'Unesco del canto lirico italiano nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Si tratta di un importante riconoscimento per uno dei tratti distintivi della cultura italiana in tutto il mondo e attendiamo con fiducia il medesimo risultato anche per la candidatura della nostra cucina. Sono questi tratti culturali che legano i connazionali immigrati e i loro discendenti tra loro e con la Madre Patria. Coltivare le radici italiane, far conoscere, mettere a frutto il nostro patrimonio culturale, creare occasioni di confronto e condivisione: tutto ciò consente di creare veri e propri Ambasciatori dell'italianità che poi possono evolversi anche in investitori, consumatori e visitatori. Il passato, la cultura e i prodotti che abbiamo ereditato possono affermarsi ancora di più per Italia, come uno strumento di sviluppo. Ma perché questo possa avvenire abbiamo bisogno di adattarli alle sfide della modernità, a cominciare dalla doppia transizione ecologica e digitale. Abbiamo quindi il dovere di investire in ricerca e formazione e l'esperienza con i connazionali presenti in paesi più avanzati può essere molto utile anche in questo campo. In conclusione, coltivare il legame tra l'Italia e gli italiani all'estero può rivelarsi uno straordinario strumento di Soft Power per il nostro paese, anche grazie alla valorizzazione in tal senso delle nostre ricchezze culturali secondo l'efficace esempio delle attività da lei stesso promosse durante il suo mandato di Console a Filadelfia. Nell'augurare a lei e a tutti i partecipanti un'ottima riuscita dell'evento odierno,leporgoi miei più cordiali saluti,SenatoreGianMarco Centinaio.’’Quindi grazie anche alVicepresidente Centinaio per queste sue parole e colgo l'occasione di salutare anche gli amici dell'Accademia italiana della cucina perché li aveva onorati anche della sua presenza per la cerimonia dei 70 anni di fondazione. Adesso un saluto, che mi fa veramente molto piacere, che ha chiesto di condividere il Sottosegretario di Stato, l’Onorevole Maria Tripodi, competente tra l'altro perAmerica Latina, un continente pieno di ricchezza culturale italiana e di collettività importanti e competente anche per la cultura e che, purtroppo, non è potuta giungere questo pomeriggio, ma mi ha pregato di leggervi questo messaggio: “Buon pomeriggio a tutti voi saluto le autorità presenti gli esponenti delle istituzioni edelmondo politico ein particolareFrancoGallo, Presidentedell'Istituto dell'Enciclopedia Treccani, che gentilmente ospita questo evento, il Principe e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta, SuaAltezza Eminentissima Fra’ John Dunlap, Sua Eccellenza l'Ambasciatore degli Stati Uniti Jack Markell, l'Onorevole Samuel Alito, Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti,
Sua Eminenza il Cardinale Silvano Maria Tommasi, Gilda Rorro della New Jersey Heritage Commission, Paolo Valentino del Corriere della Sera, Presidente Emerito dellaCorte Costituzionale
Giuliano Amato e infine un saluto speciale ai curatori di questo bellissimo libro, la Professoressa
Judith Goode e il nostro Ambasciatore Andrea Canepari. “L'eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone ed Idee” è capace di guidare il lettore in un meraviglioso viaggio illustrato alla scoperta della notevole influenza italiana nella città, dall'America coloniale a oggi. Gli italiani hanno da sempre esplorato nuove terre e creato comunità lontano dal suolo natale dimostrando un forte spirito di intraprendenza e adattabilità, portando con sé la loro cultura, il loro ingegno e la capacità di integrarsi. Non costituisce un'eccezione la città di Filadelfia, che a oggi è il secondo distretto metropolitano degli Stati Uniti per numero di residenti italoamericani. La città che conta con l'insediamento di Liguri già dalla metà del Settecento è stata protagonista del progressivo fiorire di stili artistici e architettonici italiani che hanno contribuito all'affermarsi dell'influenza del nostro paese. Il retaggio italiano di Filadelfia deriva soprattutto da influssi culturali, l'eco palladiana nell'architettura di alcuni edifici coloniali, la musica operistica che artisti di passaggio fecero conoscere in città alla metà del Settecento, l'influenza del pensiero di Cesare Beccaria sulla Convenzione Costituzionale di Filadelfia, gli affreschi di Costantino Brumidi nella Cattedrale di San Pietro e Paolo, il contributo di Gesuiti come Pietro Folci all'istruzione, l’attrattiva dell'Italia sull'élite locale che intraprendeva il Grand Tour europeo. L'ingente contributo dell'Italia si è affermato in seguito anche in ambito economico, nei decenni di crescita della Metropoli il cui sviluppo è dipeso in modo significativo dalla manodopera fluita dal meridione. L'emigrazione italiana, e questa è un’ulteriore caratteristica distintiva, non ha toccato solo la Pennsylvania bensì tutti i continenti, dalle Americhe all'Europa, spingendosi all'Africa all'Asia fino all’Australia, dove la presenza della nostra nazione si è distinta per aver partecipato attivamente allo sviluppo dei territori. Si tratta di una realtà non sufficientemente riconosciuta nel contributo che può portare alla crescita del nostro paese e per cui è fondamentale ed è encomiabile il lavoro del nostro Ambasciatore Andrea Canepari. Dobbiamo valorizzare il ruolo della diaspora italiana, fondamentale non solo per i paesi che hanno beneficiato della presenza e del talento dei nostri concittadini, ma per l'Italia stessa, perché ha contribuito a diffondere l'impronta italiana all'estero. Se ci pensassimo come una comunità diasporica avremo una presenza diffusa su scala globale come pochi altri paesi al mondo. Nel leggere questo fenomeno occorre però un cambio di prospettiva, la diaspora non dovrebbe più essere vista in termini di talenti perduti bensì come una risorsa diffusa nel mondo che l'Italia ha a disposizione e questo libro costituisce un chiaro esempio dell'impegno del paese per far aumentare la consapevolezza del ruolo storico della nostra emigrazione anche come mezzo per creare ponti vivi e di opportunità. Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale è al vostro servizio per portare avanti questa narrativa e valorizzare il potere della diaspora italiana globale. La diplomazia culturale rappresenta
una priorità nella politica estera del nostro paese ed è uno degli strumenti principali per radicare l'italianità nel mondo. La cultura, come testimonia il libro, rappresenta un elemento essenziale cui attingere per affrontare le sfide della contemporaneità, ma anche un fattore chiave nell'immagine che l'Italia proietta all'esterno. Ribadendo il mio pieno sostegno i miei più fervidi auguri per la presentazione di questo volume, vi invio i miei più affettuosi saluti.’’Ringrazio il Sottosegretario che ha valorizzato il lavoro che il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale quotidianamente fa, insieme a tutta la rete, e devo dire per me è stato un grandissimo onore avere per questo libro la prefazione del Segretario Generale l'Ambasciatore Riccardo Guariglia che ha descritto proprio questo libro come un libro di servizio perché non solo al servizio della collettività per far conoscere queste sue storie, ma perché racconta e crea dei collegamenti che sono parte della nostra attività quotidiana. Ed è importante questa attività, come dice il nostro Vicepresidente del Consiglio, il Ministro degli Affari Esteri Tajani, proprio quando collega in tante occasioni la nostra collettività all'azione diplomatica. L'Ambasciatore americano non è potuto venire, ma ci manda anche lui i suoi saluti, ringraziamo lo spoke-person dell'ambasciata che è qui in sua rappresentanza. Conoscevo l'Ambasciatore Markell da quando io ero Console Generale a Filadelfia e lui era Governatore del Delaware, quindi lo Stato vicinissimo a Filadelfia, e condividevamo l'importanza proprio di far conoscere anche queste storie di realtà, magari meno immediatamente percepite, che tuttavia, come ci ricordava il Presidente Gallo, sono state studiate da tempo, sono importanti ed hanno un grande sostrato culturale. Quindi adesso chiederei di mandare l'intervento di Samuel Alito, Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti che eccezionalmente ci ha mandato un suo messaggio.”
Samuel A. Alito Jr., Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti [traduzione dell’intervento originale in lingua inglese]:
“Sono lieto di avere l'opportunità di spendere qualche parola su questo magnifico libro che racconta e celebra i numerosi e importanti effetti che l'Italia, gli italiani e gli italo-americani hanno avuto sulla città di Filadelfia e sul suo ambiente in campo giuridico, governativo, musicale, architettonico, delle arti visive, culinario e in altri campi. Un’influenza che è stata duratura e significativa. Con saggi penetranti e affascinanti e splendide illustrazioni, questo volume cattura questo aspetto della storia americana. Siamo tutti in debito con l'Ambasciatore Canepari e la Professoressa Goode per il loro meraviglioso lavoro, che è ovviamente un lavoro d'amore. Questo libro mi ha toccato perché sia l'Italia che Philadelphia occupano un posto speciale nella mia vita. Sono un fiero italo-americano e Filadelfiahafatto partedellamiavitapermoltepliciragioni.Durantei miei trent'annidi carrieracome giudice, gran parte del mio lavoro è stato incentrato sulla Costituzione degli Stati Uniti e Philadelphia ha avuto un ruolo centrale nella creazione della Costituzione e nella fondazione della nostra nazione. FulìcheilCongressoContinentalevotònel1776persepararsidallaGranBretagnaefulìcheThomas
Jefferson ha redatto la dichiarazione di indipendenza. Filadelfia è stata anche la sede della famosa Convenzione Costituzionale del 1787, che ha elaborato, discusso e approvato la nuova Costituzione.
Thomas Jefferson, l'autore della dichiarazione d'indipendenza e nostro terzo Presidente, leggeva e parlava italiano ed era un ammiratore delle cose italiane. James Maddison, che elaborò la prima bozza della Costituzione, si preparò alla Convenzione del 1787 immergendosi nella storia delle repubbliche del passato, tra cui naturalmente l'antica Repubblica Romana e le città-stato repubblicane dell'Italia rinascimentale. A livello personale, sono cresciuto vicino a Filadelfia e la corte d'appello in cui ho prestato servizio per15 anni si trovaapochi isolati dal luogoin cui furedattalaCostituzioneequando mio padre e sua madre arrivarono negli Stati Uniti nel 1914 sbarcarono proprio in quel luogo. Questo bel volume mi ha dato molto piacere, spero che faccia lo stesso per molti altri.”
Andrea Canepari, Co-curatore:
“Abbiamo ascoltato le parole del GiudiceAlito, un'autorità costituzionale negli Stati Uniti, proprio a significato dell'importanza anche da lui attribuita a questo libro, alla riscoperta dei collegamenti tra Italia e la regione di Filadelfia Sono davvero molto grato ai presidenti Gallo e Amato di essere qui oggi e di dire parole autorevoli ed importanti perché da servitore dello Stato, vedere autorità delle corte costituzionale italiana, ma anche di quella americana che partecipano a questa operazione culturale e diplomatica è veramente un grandissimo segno di importanza per il lavoro che stiamo che stiamo facendo. Quindi sono veramente molto grato. Ecco, con altrettanto piacere e onore vorrei adesso introdurre il Cardinale Tommasi che è stato Nunzio Apostolico in vari paesi, ma è qui soprattutto in quanto appartenente alla Congregazione Religiosa dei Missionari di San Carlo, ovvero gli Scalabriniani. Per me è stato un onore conoscere anche suo fratello, Padre Lidio, della chiesa di HollyRosarydiWashingtonequindi loascoltiamodavverocon grandeinteresse.Grazie,Eminenza.’’
Cardinale Silvano Maria Tomasi:
“Andrea Canepari, con Judith Goode, ha prodotto un libro che rappresenta una conquista perché è molto difficile nel contesto italoamericano sviluppare dei progetti culturali ed è anche un simbolo, in qualche modo, di quello che si può fare. Io ho vissuto negli Stati Uniti la parte più lunga della mia vita e lavorando soprattutto nel mondo italoamericano e poi in quello americano. Il risultato di questa esperienza si era tradotto nella ricerca di espressioni culturali tipiche degli italiani negli Stati Uniti e abbiamo cominciato la American Italian Historical Association, per tentare di recuperare l'identità dell'esperienza italo-americana e allo stesso tempo di avere un'apertura verso la grande cultura italiana. Poi abbiamo lavorato peridentificarelefonti che avrebberopotuto dareinformazioni corrette sull'esperienza italoamericana, pubblicando dei volumi che indicavano i posti dove veramente è possibilefarericerca,ricercaseria,suquellacheèl'esperienzaitaloamericana. Questovolumeèanche
un simbolo di comelecomunitàculturali italianenei paesi di immigrazionepossono crearedei legami nuovi non solo con l'Italia, ma anche tra queste comunità stesse. Ci sono forse 14 milioni di italoamericani, certi studi mostrano che sono anche di più. Comunque, se noi guardiamo anche solo la carta geografica delle Americhe vediamo che la presenza quantitativa degli italiani è stata determinante per lo sviluppo ulteriore, dopo il loro arrivo, di questi paesi. Determinante nel senso che gli sviluppi culturali, ma anche quelli politici sono stati condizionati da questa presenza. La presenza italiana ha avuto un influsso diretto su questi paesi:Australia, Canada,Argentina soprattutto, ma Stati Uniti in maniera particolare e questa presenza veniva influenzata dalla grande cultura italiana, la cultura classica: Dante, Michelangelo, Raffaello, tutti gli italiani di origine sono orgogliosi di questi nomi. A livello quotidiano queste comunità culturali italiane erano unite dalla cultura popolare, una cultura che li aggregava come comunità e che non si basava sulla grande cultura italiana perché i nostri emigrati erano contadini, braccianti, minatori, ed è interessante notare che in uno degli ultimi censimenti il reddito medio della famiglia di origine italiana, è più alto di quello delle famiglie di origine inglese. La mobilità delle comunità italo americane, italo canadesi ed italo brasiliane hanno avuto un processo di sviluppo e di influenza incredibile. Questi nostri emigrati, che alle volte non sapevano scrivere e leggere poiché c'era ancora un tasso di analfabetismo alto, specialmente nelle ondate migratorie del primo Novecento, sono riusciti ad arrivare ad avere una ventina di presidenti di università americane. Un altro aspetto interessante che io amo citare perché ho un po' vissuto quei tempi è che quando c'è stato l'impeachment di Nixon la commissione del Congresso che giudicava la situazionepoliticadiNixonavevapercapoPeterRodino,colqualemangiavolapastaasciuttaqualche domenica assieme, e il giudice che era coinvolto direttamente dal punto di vista giudiziario era un altro figlio di emigrati italiani. Quindi questo pensare, questo rivalutare la presenza dello della cultura e dell'architettura nei vari saggi del volume che viene presentato, mostra esattamente tutti gli aspetti della vita che la presenza italiana è riuscita ad influenzare. In questa maniera si continua ad avere un legame con l'Italia che viene dai legami familiari, i distanti cugini. C’è ancora un legame familiare che esiste e che continua a essere influente. Ma poi c'è l'orgoglio di queste persone di origine italiana di conoscere che l'Italia ha avuto nella storia un ruolo fondamentale nello sviluppo di quello che è bello, di quello che è interessante. E poi se permettete cito anche una un'altra dimensione che lega queste comunità all'Italia: la tradizione cattolica. Quando i primi emigrati italiani arrivarono a New York, il clero irlandese disse che non erano cattolici, e che erano pagani perché facevano le processioni coi Santi, secondo la tradizione che c'è in Sicilia o in Campania. In questa maniera li avevano un po' emarginati anche nella chiesa Però questi italiani che erano considerati poco religiosi - a parte che c'è sempre stato un filone radicale nella emigrazione italiana che qualcuno ha studiato, come il professoreVecoli e altri, e che è molto interessante - e che erano contadini e braccianti hanno prodotto più di 500 parrocchie e scuole parrocchiali, coi piccoli spiccioli da emigrati. Questa è stata
una forma di cultura che ha fatto maturare la presenza italiana nel campo politico, cioè il passaggio da un un'aggregazione basata su una tradizione religiosa che poi è diventata influenza politica, perché i candidati dei vari partiti cercavano di coltivare il voto italiano, usando l'etnicità come base per portare avanti i loro interessi politici. Comunque, continuare la tradizione avviata da questo volume vale non solo per gli Stati Uniti, il caso di Filadelfia, potrebbe essere il caso di New York, potrebbe essereilcasodi Boston, maanchedialtripaesidovegliitalianisonostatiunostrumentofondamentale dello sviluppo, come l'Argentina che ho menzionato prima, il Brasile, il Canada. La comunità italiana di Toronto, per esempio, che conosco abbastanza bene, ha prodotto un gruppo di imprenditori di costruttori che ha fatto fortuna, ma che ha anche dato forma allo sviluppo urbanistico della città. È interessante appunto il riferimento alla cultura che c'è nel volume diAndrea, questa influenza pratica, quotidiana. Di solito si fa riferimento alla cucina italiana che ha influenzato la cucina inglese, ma c'è molto di più. Gli italiani sono bravi non solo per le salsicce e le polpette, ma anche perché hanno creato uno sviluppo urbanistico molto interessante. C'è stato un tentativo, alcuni anni fa, di concentrarci sull'aspetto culturale delle migrazioni italiane, di solito si parla dell'aspetto sociale, dell'emarginazione, della discriminazione subita dagli italiani, del caso in Louisiana dove sono stati impiccati gli emigrati italiani perché accusati falsamente di aver ucciso un poliziotto, un ufficiale della polizia. Queste enormi comunità che adesso sono sviluppate, che hanno un ruolo politico chiave nei paesi in cui si trovano può essere un legame con l'Italia che produce non solo interessi economici, ma anche un esempio di come si può convivere assieme diversi, con delle priorità diverse, con delle tradizioni diverse Si può convivere assieme e costruire assieme un futuro che è interessante ed è bello, accettabile, e che non che non crea problemi per la società. Io ho fatto più di 50 anni negli Stati Uniti, prima che fossi “rapito” dalla Santa Sede per altri lavori e posso dire che la presenza italiana a livello quotidiano è reale, ma dobbiamo essere intelligenti abbastanza da utilizzare questa presenza per costruire un mondo più pacifico, di lavorare assieme e di creare dei legami e dei contatti. La presenza italiana è partita da zero, bisogna dirlo, e dobbiamo utilizzare queste risorse umane, che anche a livello sociale portano un peso enorme, che può essere un peso per fare del bene come anche un peso manipolato alle volte da politici poco intelligenti. Quindi per concludere vorrei dire grazie per questo lavoro ad Andrea e la Professoressa Goode poiché hanno messo assieme un valoro che è riuscito bene, e da ammirare, perché è difficile trovare risorse per lavori intellettuali e culturali nel contesto italoamericano. Però è possibile farlo e cominciano a esserci delle persone che capiscono il valore di questa presenza e di questa ricchezza umana che abbiamo esportato un po' in tutto il mondo e questa tradizione umanitaria Che gli italiani fossero di destra o di sinistra non importa, perché avevano nell'anima questa tradizione che è parte della loro storia e della loro attività culturale e che ha portato del bene dappertutto. La prima volta che la Treccani si interessa di emigrazione, mi pare,
ed è un segno anche questo che Bisogna ricordarsi che l'emigrazione italiana rappresenta il legame vivo tra l'Italia e il resto del mondo. Grazie.”
Andrea Canepari, Co-curatore: “Grazie. Devo dire abbiamo ascoltato con grandissimo interesse le parole di Sua Eminenza il Cardinale Tommasi, che ha fatto capire veramente la densità del rapporto della nostra collettività con l'Italia, quello che l'Italia ha dato tramite i suoi migranti, ma anche tramite lo scambio di idee. Ed effettivamente, ecco, come diceva Sua Eminenza non è semplice farlo, non è semplice suscitare interesse, però le storie sono talmente forti che questo interesse lo suscitano e l’esempio di questo libro, appunto, ne dà l'idea. Vediamo adesso in collegamento Gilda Rorro Baldassarri, Dottore con un PHDnegli Stati Uniti,cheha dato parte dellasua vitaper creareponti culturali,soprattuttoper portare l'italianità nel curriculum scolastico americano, che tiene tantissimo al titolo di Cavaliere, Cavaliere della Repubblica. Saluto Gilda che tra l'altro è collegata, ascoltiamola.”
Gilda Rorro, New Jersey Italian Commision Heritage [traduzione dell’intervento originale in lingua inglese]:
“Buongiorno, i miei sinceri apprezzamenti e congratulazioni sono rivolti all'exAmbasciatore italiano Andrea Canepari, per avermi invitato ad unirmi al gruppo così illustre di relatori per il lancio del suo meraviglioso libro: “L'eredità italiana a Philadelphia”. Questo volume, splendidamente illustrato, racchiude i migliori contributi del patrimonio italiano alla città dell'amore fraterno e, per estensione, alla realizzazione (creazione) dell'America. Ha influenzato la nostra Commissione, la New Jersey Italian Heritage Commission, a sviluppare un nuovo video sulla creazione dell'America intitolato “L'eredità italiana”, grazie al libro dell'Ambasciatore. Il mio contributo è intitolato "Dal sud Italia al sud del New Jersey". L’amore per la mia eredità italiana è nato nel 1951, quando ho avuto un'udienza privata con Papa Pio XII a Castel Gandolfo. Il Pontefice mi chiese di promettergli che avrei imparato a parlare italiano e che non avrei mai dimenticato le mie origini italiane. Quell'incontro mi ha spinto a scrivere il libro "Gilda, promettimi", basato su quell'evento. Nel 2003 sono stata nominata dal Governatore membro della Commissione per l'Eredità Italiana nel New Jersey. Sono stata molto orgogliosa di prestarvi servizio poiché il New Jersey è stato il primo Stato a emanare una legge per combattere i pregiudizi e le discriminazioni nei confronti degli italiani. U.S. News & World Report ha recentemente rilasciato questa dichiarazione: “L’Italia è il paese culturalmente più significativo al mondo’’. È triste che molti dei nostri giovani o altre persone non ne siano a conoscenza, ma quanti studenti sarebbero felici di saperlo. Questo perché il nostro patrimonio è la nostra identità. Per preservare e promuovere tale eredità, il mio Comitato per lo Sviluppo dei Curriculum insieme alla Commissione Italiana ha sviluppato il curriculum sull’universalità dell'eredità italiana dalle scuole
elementari alle superiori in tutte le materie. Ho lavorato con il Presidente della Commissione, Robert Di Biase, e il Presidente nazionale della Conferenza dei Presidenti, il Cavaliere Besorusso, che ha affermato: “Distribuite il nostro curriculum a ogni principale amministratore scolastico statale in tutto il paese”. Questo è stato fatto in parte in risposta alle statue di Colombo che sono state distrutte o vandalizzate in tutto il paese, circa 50 di esse sono state rimosse. È triste perché l'intera storia dell'America si basa sui quattro viaggi di Colombo, un evento che ha cambiato il pianeta. Per riassumere, il nostro curriculum e altro ancora, sono disponibili sul nostro sito web NJItalianHeritage.org. "L'unione fa la forza", lavoriamo insieme, con questo libro, per garantire che la nostra gloriosa lingua e la nostra eredità rimangano vive e fondamentali per questa e per le future generazioni. Grazie, arrivederci.’’
Andrea Canepari, Co-curatore:
“È stato un piacere ascoltare Gilda Rorro che ha fatto vedere anche il libro americano da cui questa bellissima edizione è nata. É un libro che è costato circa 6 anni di lavoro, essendo stato pubblicato da una casa editrice accademica americana, la Temple University Press, la quale ha tutto quel sistema di controlli accademici americani, che appunto hanno richiesto questo lavoro, e ne avete visto la copertina. Ma d'altronde le nostre storie sono serie, come tutti gli oratori finora hanno mostrato, e quindi èbene chevenisseromostratein Italiadaun'istituzioneculturalechefa parte proprio del nostro DNA istituzionale e culturale come Treccani e in America da forse la più prestigiosa casa editrice accademica nel settore dell'antropologia, proprio perché le storie che abbiamo raccontato sono importanti ed è importante che venissero raccontate in questo modo. Prima di chiamare l’amico Paolo Valentino per una breve discussione a cui poi seguiranno anche l'intervento del Presidente Amato, che ringrazio, e le domande del pubblico se il tempo lo consente, come da tradizione di Treccani, volevo usare veramente qualche secondo per dei ringraziamenti per: il Presidente della Commissione Affari Europei, il Senatore Terzi, che è passato prima e che è stato uno dei miei capi a Washington e quindi lo ringrazio; l'Ambasciatore Bisogniero, anche lui è stato un mio capo a Washington, mentre io ero a Filadelfia, ho imparato tantissimo anche da lui; poi saluto il Presidente della Commissione Giustizia, l'Onorevole Ciro Maschio, che è nel gruppo di amicizia tra Italia e Repubblica Dominicana ed era stato molto attivo, quindi lo ringrazio di essere venuto oggi; ringrazio l'Ambasciatore Vattani, con il quale ho avuto l'onore di lavorare soprattutto per il Distretto del Contemporaneo recentemente e quindi ringrazio anche lui di essere qui oggi; ringrazio l’Ambasciatore Sequi per essere presente e anche lui per tutto quello che mi ha insegnato. Devo dire, ecco, sono gratissimo a tutti loro perché ho avuto la fortuna di stare in alcuni momenti della mia vita professionale sulle spalle di “giganti” e quindi di poterne imparare. Ringrazio gli Ambasciatori presenti: l'Ambasciatore Di Nitto, l'Ambasciatore Ronca, l'Ambasciatore di Iraq, l'Ambasciatore di Turchia, il Commissario Generale
di Expo Osaka, Mario Vattani, con cui abbiamo immaginato delle iniziative proprio per valorizzare questo dialogo tra le nostre collettività e l'Italia in Expo Osaka. Ringrazio i colleghi diplomatici, gli amici presenti, il Consigliere del Ministro, l'Avvocato Rago, come pure il Consigliere del Vicepresidente Tajani, l'Onorevole Spena per essere presenti, tutti i professori presenti, i confratelli dell'Ordine di Malta, tutte le autorità, i Segretari Generali di Union Camere Tripoli, di Assocamerestero, Mauriello, il Direttore Generale del MIMIT, Romeo, il Segretario Generale di Aspen, Petroni, ma anche i partner attuali delle attività che facciamo al Ministero adesso, e permettetemi a tal proposito di citare dalla prefazione del Segretario Generale, l'Ambasciatore
Guariglia: ”Tutte le iniziative messe in campo dalla nostra Amministrazione, sempre diverse, per meglio adeguarsi ai diversi contesti culturali in cui opera la nostra diplomazia rispondono a un'unica finalità: lo sforzo corale di promozione del sistema paese sul quale pone incessantemente l'accento il Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Affari Esteri l’Onorevole Tajani” Questo mi dà l'occasione di citare iniziative nuove, come quelle della Cucina delle Origini, ringrazio Maddalena Fossati, Direttrice di Cucina Italiana per essere qui con noi, oppure quelle connesse con il sistema del design, ringrazioAndrea Cancellato, il Direttore diADI per essere qui.Avevo già citato gli amici dell'Accademia Italiana della Cucina con il Segretario Generale RobertoAriani. Un saluto anche a Joe Martorana che è venuto a Filadelfia e ha letto queste storie di italianità in America con gli occhi di un fotografo italiano e che sono quelle che vediamo nelle immagini proiettate sullo schermo. Quindi per un breve anche scambio di vedute chiederei a Paolo Valentino, che tutti conoscete, ha intervistato per il Corriere della Sera alcuni delle più grandi personalità mondiali da Schröder, Merkel, Barack Obama, Putin e ho avuto il privilegio di conoscerlo quando si trova negli Stati Uniti: è venuto a Filadelfia nel 2015, per la seconda edizione di Ciao Filadelfia, per raccontare la Filadelfia italiana sul Corriere della Sera. Non so se lui si aspettasse di trovare questa italianità’’
Dialogo fraAndrea Canepari, Curatore e Paolo Valentino, Corrispondente Diplomatico del Corriere della Sera.
Paolo Valentino: “Buonasera, grazie Andrea dell’invito. Sì in effetti ho avuto questo grande privilegio di essere invitato, grazie adAndrea, dal Comune di Filadelfia, a Filadelfia, in occasione della seconda edizione di Ciao Filadelfia. Quello di cui rimasi impressionato, e su questo sarà anche la prima domanda che voglio fareAndrea, anche se voglio aggiungere una piccola cosa, fu la coralità con cui la città si fece coinvolgere e trascinare in questa settimana in cui le sue istituzioni culturali, i suoi musei, i ristoranti, qualsiasi luogo, le fondazioni, tutti avevano aderito con entusiasmo a questa iniziativa che dava l'impressione di un grande Big Bang. Mi ricordo che nel mio reportage per il Corriere della Sera, in
realtà io introdussi per cominciare il pezzo un elemento spurio, nel senso che comincia il pezzo descrivendo e raccontando la statua di Rocky Balboa, protagonista del famoso film di Johansen che vinse l'Oscar, che sta ai piedi della scalinata del Filadelfia Museum of Art E’ una cosa un po' strana perché in fondo è la statua a un eroe del cinema “di celluloide”, avremmo detto nella nostra generazione,, ma celebra anche una cosa che non è affatto cinematografica perché celebra il sogno americano ovviamente, che Rocky incarna e Rocky è italiano e in questo senso mi piace dire che probabilmente nessuno come gli Italo americani hanno interpretato meglio il sogno americano.Allora la mia prima domanda Andrea è “What were you thinking’’, cioè come ti è saltato in mente? Nel senso che un festival del cinema italiano c'è sempre, una settimana culinaria italiana la troviamo dappertutto ma mettere insieme tutte queste cose coinvolgendo, per dirla in un gergo giornalistico, altiebassi,cioè,coinvolgendolagastronomiaeicentridieccellenzadellaTempleUniversity,i grandi musei, le grandi istituzioni museali di Filadelfia e la politica, come ti è venuta l'idea e soprattutto quali difficoltà hai incontrato?’’
Andrea Canepari:
“Grazie. È una domanda che ci porta proprio alle origini di Ciao Filadelfia, così l'abbiamo chiamata questa manifestazione. Io sono arrivato in questa città dove c'era questo enorme patrimonio di italianità, come ha detto il cardinale Tommasi, il Gran Maestro dell'Ordine di Malta, il Presidente Gallo, che era palpabile. Tuttavia, il giorno di Columbus Day davanti all'obelisco - fatto tra l'altro da Robert Venturi, un bellissimo monumento moderno, molto bello - eravamo in sei. Quindi mi sono detto:“c'èqualcosachenonva”enonsiallineaconQuestinumeridi Italodiscendenticosìimportanti, quest' amore dell'Italia per una città che ha il centro che si chiama Center City, -di solito in America si chiama Downtown e il Center City è un posto a Filadelfia dove vivi, mangi e abiti, cosa che per noi è scontata in un centro città, ma non lo è in un Downtown americano, dove si lavora – o con il fatto che davanti a Filadelfia, c'è New Jersey con contee che avevano, secondo il censimento degli Stati Uniti, il 40% o più di abitanti di origine italiana. Quindi come è possibile che il giorno di Columbus Day fossimo in sei? C’era un problema. Come dicevo appunto prima, ho avuto la fortuna sempre di avere grandi capi, sia quando ero in ambasciata a Washington, ma anche quando ero a Filadelfia, che spronavano per fare iniziative, promuovere una rinnovata immagine dell'Italia - alcuni sono qui anche oggi- e quindi sentivo una grande responsabilità e vedevo questo amore per l'Italia non solo nella comunità, ma anche in quelli che all'epoca io chiamavo “friends of Italy”, ovvero coloro che non erano etnicamente legati all'Italia, ma tuttavia la stimavano, volevano partecipare all'italianità, quelli che Piero Bassetti chiama ‘’gli italici’’. Ecco c'era tutto questo, però davanti all’obelisco eravamo soltanto in sei. E allora ho detto: “bisogna cambiare la narrativa, bisogna fare qualcosa”. Così ho cominciato prima a parlare alla nostra comunità e ho trovato una comunità che
mi sembrava un po' segmentata, quindi c'era la vecchia immigrazione con i suoi valori, i suoi cibi, le sue ritualità e la nuova immigrazione con i medici, avvocati, professionisti che tuttavia non capiva e non si collegava a questa vecchia immigrazione, non capiva neanche l'etica del lavoro che questi hanno portato, l'amore, come avevano cambiato anche gli Stati Uniti e tutti e due non si collegavano ai pensatori che hanno influenzato i padri fondatori ed i costituenti. Quindi c'era bisogno, secondo me, di rimetterli un po' tutti insieme. Quindi attorno al Columbus Day, ho pensato di andare anche un po' all'esterno, nei grandi musei, nelle grandi università - ce ne sono 103 a Filadelfia, di cui due dell’Ivy League - per cercare di parlare d’Italia attorno al giorno di Colombo. Il programma era di fare tre giornate d'Italia, ma già nel primo anno sono diventate un mese e mezzo, perché l'entusiasmo è stata come una slavina. Diventava sempre di più ed io più mi aprivano porte più andavo ad aprirne altre, perché mi sembrava ci fosse grande interesse. Insomma, già dal secondo anno poi Ciao Filadelfia è diventata una manifestazione annuale, non si fermava più, c'erano decine di eventi ogni mese tutti organizzati da grandi istituzioni ma anche da quelle della collettività e quindi c'era questa coralità che Paolo Valentino poi ha riassunto in questo titolo dell'articolo, che poi abbiamo messo anchenel libro, cheè “Da Rocky a Botticelli: Filadelfia italiana”.Quinditutto insieme etuttiinsieme, la cultura alta, quella più popolare, la vecchia immigrazione, la nuova. e Vedrete nel libro ci sono immagini fantastiche (degli eventi):c'è l'immagine della Rangers, -proprio quelli dei film Ranger dei parchi nazionali americani- del parco nazionale dell'Indipendenza americana, luogo simbolico fondante dell'identità degli Stati Uniti, che fa dei tour del contributo italiano alla Costituzione e alla Dichiarazione d’ Indipendenza, quindi una cosa sacra per gli Stati Uniti, ed ha questa raccolta di fogli da cui legge con lo stemma della Repubblica italiana e con i nostri colori della bandiera e il logo di Ciao Filadelfia. Quindi fa vedere come tutte le istituzioni dalle più prestigiose alle, non lo so, l'associazione degli italiani emigrati più recentemente -saluto qui gli amici di Filitalia che sono venuti a trovarci con il loro museo- ecco tutti insieme parlano d'Italia perché vogliono creare ponti con l'Italia.’’
Paolo Valentino:
“GrazieAndrea. In una intervista che il Presidente Mattarella ha dato al mio giornale in aprile, se non sbaglio il titolo era “Per un nuovo rinascimento in Europa ripartiamo dalla cultura’’ che tra l'altro echeggia anche una famosa frase di Monnet “se dovessi ricominciare, ricomincerei dalla cultura’’, mi ha colpito una frase che a un certo momento il Presidente Mattarella dice: “Il modello di vita italiano fa sì che dopo più di un secolo e mezzo di migrazioni nelle Americhe, in Australia, o nell'Europa del Nord, accanto agli italiani di quarta e quinta generazione che rivestono ruoli significativi nei paesi di approdo, si facciano strada tanti tantissimi aspiranti italiani che apprezzano la nostra cultura, italici appunto, che cementano quel soft power di cui c'è tanto bisogno in tempi di
resipiscenza di violenza’’. Allora, a me è sembrato di averne incontrati tanti a Filadelfia di questi aspiranti italiani e quindi a te chiedo conferma di questo, ma soprattutto: come possiamo farne tesoro?’’
Andrea Canepari:
“Effettivamente le parole del Presidente sono veramente un faro per tutti noi che operiamo all'estero, mad'altrondeanchequellecheleggevo del Segretario Generale edel nostro Ministro, Questi aspiranti italiani, anni prima che il Presidente pronunciasse queste parole, io li chiamavo in modo diverso, li chiamavo appunto: “Gli amici dell'Italia’’ ed erano quelli che volevano spendersi per il nostro paese, quasi in maniera tale che noi qui italiani, in Italia, non lo comprendiamo e un grande banchiere della zona, non di origine italiana, Vernon Hill, miliardario in dollari, a un certo punto mi ha voluto incontrare e mi aveva detto “guarda ti do lo slogan (dell’iniziativa) perché non puoi permetterti una mia consulenza”. Lo slogan era: Everybody likes Italy. Quindi l'abbiamo elaborato con lui ed è affascinante se si pensa a questo banchiere che viveva in una villa in New Jersey, che si chiamava la collina, che non aveva niente a che fare con l'Italia e tuttavia viveva su questa villa, la Collina, perché appunto amava il nostro paese e a un certo punto ha anche comprato una delle principali vetrerie di Murano, una delle più storiche proprio perché sentiva che doveva fare qualcosa con l'Italia ed impazziva dall'idea che i nostri vetri non venissero valorizzati come avrebbero dovuto. Quindi lui ha coniato questo slogan:’’ Everybody likes Italy, let's give everybody the chance to be Italian for one day in Philadelphia’’. Questo slogan ha funzionato tantissimo e c’è qui mia moglie Roberta, che ringrazio non solo per avermi sopportato dire questa frase in continuazione, ma anche per tutto il lavoro, perché operazioni del genere non si fanno da soli e c’era anche tutto il personale che faceva assistenza ai connazionali e quindi insomma era diventata abbastanza un'opera di volontariato anche nostra coinvolgere questi aspiranti italiani. E questa frase funzionava e una delle prime comunità che ha creduto a questo è la comunità ebraica di Filadelfia, l’American Jewish Committee o anche l’Antidefamation League, con cui abbiamo scritto editoriali per ricordare la Giornata della Memoria, per ricordare i valori comuni, ed i quali hanno organizzato dei tour ad italianità Anche questi quindi, da Vernon Hill, erano tutti a aspiranti italiani e li trovavi nei grandi musei, erano i direttori dei grandi musei, i presidenti delle grandi università, persone che potevano smuovere. Questo aspirare all'italianità è quello che poi quasi da subito ha smosso anche le grandi aziende.Ad esempio il nostro primo sponsor è stato American Airlines e devo dire sono venuti loro in Consolato per dire: “stiamo osservando questa iniziativa e ci piace molto e vogliamo sostenerla perché tramite le lenti dell'italianità state valorizzando Filadelfia e quindi attraete turisti e questo ci serve anche a noi”. Poi è venuta KPMG Stati Uniti e alla fine sono venute, e qui torniamo al Soft Power, leggi del parlamento della Pennsylvania, che nella legge di bilancio con provvedimenti bipartisan, con un Governatore
democratico ed un Senato repubblicano, hanno dato dei fin finanziamenti nell'ordine di centinaia di miliaria di dollari al Consolato Generale d'Italia per finanziare queste iniziative, cosa piuttosto inusuale nel contesto statunitense. Proprio perché questa aspirazione era diventata forte e quindi televisioni CBS, NBC, ABC, Fox hanno rilanciato questi messaggi proprio perché c'era un'aspirazione vera e tutti volevano partecipare a questa iniziativa. Quindi queste parole che che hai citato credo che siano un grande un grande sprone per continuare questo lavoro.”
Paolo Valentino:
“Io ho un'altra sola curiosità così non rubiamo più tempo al Presidente Amato. Penso alla vicenda della statua di Colombo a New York e ti chiedo: ci sono stati degli episodi di cancel culture nei confronti dell’Italian Heritage a Filadelfia?’’
Andrea Canepari:
“Ci sono stati, ma non quando ero io Console Generale e devo dire nessuno ha osato e neanche i miei
Ambasciatori a Washington avrebbero permesso. Tuttavia, capivo che stava accadendo ed era quello che cercavo di spiegare anche alla nostra collettività: “guardate che si arriva a questo”. Allora spieghiamo la mia idea anche agli amici americani, del perché c'è un Columbus Day Innanzitutto, perché c'è un Columbus Day e non un Colon Day o Dia alla spagnola, visto che in America Latina pensano che Colombo sia solo spagnolo e non abbia relazioni con l'Italia.? Proprio a Filadelfia ci fu una zuffa tra italoamericani e ispano-americani, documentato nel libro, e vinsero gli italiani anche fisicamente e venne scelto il nome Columbus Day. Ma da dove nasce Columbus Day, perché si crea questa festa federale? Perché, ce lo ricordava prima (il Cardinale Tomasi) quando abbiamo ascoltato le parole sui linciaggi, gli italiani erano il secondo gruppo etnico più linciato negli Stati Uniti e ad un certo punto le autorità federali hanno deciso di creare questa festa per inserire nel DNA identitario del paese che li aveva accolti questo gruppo etnico discriminato. Adesso c'è questo ribaltamento per cui si pensa a Colombo come un colonizzatore, ma era stato scelto come simbolo di una minoranza che era stata oppressa e stava cominciando faticosamente a integrarsi. Ci sono storie tragiche, il libro è più sul positivo sul creare ponti, ma io Roberta siamo stati a Monongah e abbiamo visto che cos'è la più grande tragedia mineraria del NordAmerica, dove sono morte centinaia di italiani e di bambini, perché i bambini con le loro manine fino a 7 anni prendevano il carbone e per ogni minatore cerano sette od otto bambini, quindi i numeri che abbiamo sono infinitesimi inferiori alla realtà. Quindi ci sonoquestestorietragicheeilprofessorKohne,nonitaloamericanodellaMiamiUniversity,dell'Ohio racconta nel libro come e perché nasce questa festa, quindi, secondo me, è bene ricordarcelo. Io cercavo di spiegarlo anche alla nostra comunità più tradizionale che devo dire era abbastanza restìa, soprattutto all'inizio, a comprendere l'importanza di pensare a questa esigenza, di contrastare una
cancel culture che stava arrivando. Quindi la mia idea era di pensare all'Italia di oggi, legare le loro celebrazioni anche all'Italia di oggi, l'Italia della storia ed anche l'Italia del passato, della cultura e in questo modo aggregare attorno a loro, ma anche all'Italia, i giovani italoamericani di terza e quarta generazione che non si sentivano completamente legati né all'Italia, perché magari la pensavano e la vivevanocon gliocchideiraccontideibisnonni,deitrisnonni,un'Italiachenon esistepiù,maneanche completamente alle tradizioni che venivano portate avanti. Quindi io pensavo che il collante di quest'altra Italia della cultura e dell'Italia di oggi, l'Italia contemporanea, potesse essere quello che avrebbe, da un lato, salvato le loro tradizioni, anche queste feste di Colombo e dall’altro, avrebbe salvato la stessa comunità portandoci i giovani. Ecco questa era un po' l'idea ed il senso di questo grande lavoro che è stato fatto per creare entusiasmo. Grazie. Ora passiamo la parola al Presidente Amato ed è un grandissimo onore ascoltarlo”
GiulianoAmato, Presidente Emerito della Corte Costituzionale e membro del Comitato d’Onore dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani: “Riflettendosulletantecosechesonostatedette,neescechedavveroèstatomolto opportunoscrivere questo libro, spiegarne le ragioni e anche coltivare per anni una iniziativa come Ciao Filadelfia, che ha proprio fatto vedere che seminando veniva fuori qualcosa da quel terreno. Io sono grato a sua eminenza e poi Paolo Valentino che hanno introdotto il tema in un giorno in cui sembrava che celebrassimo la grande cultura italiana e l'impatto che tutti le riconoscono, per aver ricordato le difficoltà della nostra comunità negli Stati Uniti e non solo. Perché quelli che arrivavano là erano gli stessi che andavano a morire a Marsinella e avevano, come diceva Sua Eminenza, la cultura degli analfabeti che hanno oralmente qualcosa, qualcosa che attinge anche al classico. È verissimo quello che Benigni è venuto raccontando, l’ho sperimentato io stesso vivendo in Toscana: contadini toscani analfabeti che ti recitano un canto della Divina Commedia, che lo sanno poiché fa parte della loro cultura. Quindi c'è una propensione al mixage che poi verrà fuori nell’italianità. Ma non c’è dubbio che la nostra comunità arriva negli Stati Uniti essendo vista come una delle tante processioni di straccioni che hanno venduto il materasso per pagarsi il biglietto sulla nave e che vanno a cercar fortuna e che vengono sistemati da qualcuno in luoghi non particolarmente felici, come le donne che trovano un marito crialese, - (Begnini) nel suo bel film ce lo ha fatto vedere, questo fatto delle donne che arrivano e per poter entrare devono essere sposate e allora c'è uno che le sposa lì per lì, proprio a Ellis Island prima che entrino in città. Non dimentichiamo noi abbiamo portato “questo”, che è stato fortemente discriminato, pure gli irlandesi ci discriminavano, questo è il colmo farsi discriminare dall’irlandese, poi hanno smesso (ride). Poi abbiamo portato la mafia e questo ha pesato moltissimo. Guardate io ho un ricordo personale di mio figlio che faceva una classe corrispondente alla nostra terza media a Bethesda, quando io stavo a Washington moltissimi anni fa, e rientrava a volte
piangendo perché era stato tormentato tutta la mattina con frasi come “Lorenzo mafia spaghetti, Lorenzo mafia spaghetti” elui poverinoinizialmentenonsi rendeva neanche conto di che cosaquesto potesse significare. Sono i vissuti di molti delle passate generazioni prima che nascesse nelle varie comunità etniche, l'orgoglio delle radici, Roots. Io ricordo ancora un libro scritto da un italiano ed era firmato David Richardson, che in realtà era Davide Riccardi, ma per integrarsi aveva modificato il cognome in modo da non essere percepito come italiano. Questo quando lo vidi mi fece male vederlo, ecco dover nascondere. C'è voluto molto di questi stessi italiani, dei loro figli e devo dire delle nostre rappresentanze diplomatiche Ora lui è particolarmente portato a fare questo tipo di esercitazione sul campo, però hanno dato molto le rappresentanze diplomatiche italiane per consentire di far vedere il crescere degli italiani, che è stato insieme il collegarli alla grande cultura italiana, poiché esiste un paradosso: io ho vissuto in università americane per anni e non c'è il minimo dubbio che Botticelli è un grande artista come Rembrandt e come Rubens e che Leonardo e Michelangelo fanno parte di una comunità transnazionale di grandi artisti e che sono italiani, ma che non venivano collegati. con quei poveri cristi che arrivavano da emigrati, Ecco allora che qui c’è stata una grande operazione, quella di creare il collegamento e lo hanno creato gli stessi italiani crescendo, lo fanno ancora ora. Colui che m'ha portato ieri sera al Kennedy Airport perché io venissi oggi per tempo qua – insomma sarei tornato lo stesso, non esageri che ora sono tornato solo per lei, ma ho cercato di prendere un aereo che mi consentisse di farlo - era arrivato negli anni 70, bambino di una famiglia di immigrati. Alla domanda di mia moglie “Ma perché siete venuti qua?” Lui ha risposto con un grande sarcasmo: “Per trovare l'America, the American Dream”. Sua figlia ha un Dottorato di ricerca in Psicologia e ha uno splendido lavoro in Texas, curando da patologie psicologiche il personale della polizia. Tanti Italiani sono riusciti a fare questo, tanti italiani sono riusciti ad eccellere. Andando per ricordi personali io ero particolarmente infelice nella Washington dei primi anni 80 del fatto che i ristoranti dove andavano le persone importanti erano quelli francesi e noi avevamo le trattorie. Nel giro di un anno noi abbiamo soppiantato i francesi, non dovrei dirlo così data la fraternità che ci unisce nell'Unione Europea, tuttavia, lo dico, insomma, gli italiani seppero eccellere in quello. Questa unione tra la grande cultura e la cultura di cui riescono poi via via ad essere portatrici le generazioni di italiani che noi abbiamo visto crescere lì, ha un grande senso perché allora il paese non è più visto come era visto quando ce li linciavano e come era visto con Sacco e Vanzetti, ma come gli stessi che appartengono alla stessa tribù di Michelangelo, Leonardo e Davide Ricardi che si può chiamare Davide Riccardi e non necessariamente David Richardson. Questo fa molto per dare un senso giusto a quello che noi siamo e siamo stati in quel paese e che alla fin fine continuiamo ad essere perché poi nella storia è emerso che la cultura italiana non finisce con Leonardo e con Botticelli in realtà. Per dire, sempre nella stessa area, Renzo Piano, che comincia ad avere i suoi anni, continua a lavorare ed è apprezzato là come altrove. E gli italiani nelle università americane quanto hanno fatto: io sto leggendo un libro
che m'ha riportato alla nascita del centrosinistra in Italia, ma la nascita del centrosinistra è tutta sulla stima che Arthur Schlesinger aveva per Salvemini. la conoscenza che ne aveva fatto a Harvard e quindi l'affidabilità che di lì derivava di questa evoluzione italiana, convincendone il Presidente Kennedy. Questo Schlesinger me lo ha detto personalmente, ne abbiamo parlato più volte quindi non ho dubbi che anche questo è accaduto Per non parlare di tutto il resto come il design per esempio, anche se a volte ci secchiamo quando veniamo a constatare che le nostre eccellenze sono nella cucina e nel design. Poi Nostro Signore in Alto Adige ha inventato Yannick Sinner e ora abbiamo anche un bravo tennista da aggiungere. C'è comunque qualcosa che ha a che fare col bello e questo senza che ci prendiamo in giro è qualcosa che dell'Italia fa parte, che della stessa conformazione storico fisica naturale dell'Italia fa parte. Quindi c’è una nuova identificazione di Italia e cultura, di italiani e cultura ed in questo senso vi è un ruolo che l'Italia può giocare, anche nel rapporto con gli Stati Uniti, che si è consolidato Parliamoci chiaro, se oggi in Europa c'è un paese che ha una special relationship con gli Stati Uniti, questa è l'Italia. Aparte che gli inglesi non fanno più parte (dell’Unione Europea) per ora, però sono già pentiti, anche se non lo possono dire e secondo me torneranno, ma in realtà la special relationship ce l'abbiamo più noi di quanto non ce l'abbiano loro. Non tutti hanno presente una cosa: quando l'Europa decise di farsi l'aereo commerciale suo contro Boing, l’Italia non partecipò al consorzio Airbus, ma continuò a far parte della catena produttiva di Boing, con alcuni pezzi che hanno continuato ad essere fatti qui da noi. Quindi questo rapporto c'è, questo rapporto nel mondo di oggi è utilissimo. Non abbiamo ora il tempo di sviluppare questo tema, ma guardate che in un mondo che tende al conflitto, che tende facilmente alla contrapposizione e oggi ci accorgiamo con orrore che questacontrapposizionesi avvaleanchedellearmi, del conflitto armato, mantenerei rapporti culturali con paesi anche con i quali si hanno delle difficoltà, diventa un tessuto prezioso. Perché può evitare che si arrivi a delle rotture definitive. Insomma, l'unica bella notizia di questi ultimi due mesi è il lungo incontro tra il Presidente Biden e Xi Jinping, un lungo incontro nel quale hanno parlato di più versanti compreso il versante culturale e Xi Jinping è arrivato a promettere una cosa impossibile: avere cinquanta mila studenti americani all'anno in Cina. Ma questo significa qualcosa, questo significa appunto, stendere tra paesi che possono trovarsi in conflitto quei tessuti coesivi che potranno impedire che il conflitto esploda in modo irreversibile e che potranno anzi permettere che accada il contrario. L'Italiain questo puòal fiancodegli StatiUniti assolvereunruolo acui magaridirettamente gli Stati Uniti non sono in condizioni di assolvere, ma con una intesa con l'Italia. Ecco che allora Ciao Filadelfia può diventare il prototipo di qualcosa che servirà non solo così al nostro giusto orgoglio nazionale. Prendiamo, allora, questo volume non solo come un'ottima opera in sé, di cui siamo grati agli autori, ma anche come un prototipo che può servirci addirittura per migliorare le condizioni del mondo – l’ho sparata un po’grossa, ma così lui è contento.”
1.5. Presentazione presso Senato della Repubblica. [Lingua originale: italiano]
Volume “L’eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee”.
A cura di Andrea Canepari e Judith Goode.
Edizione italiana pubblicata da Treccani.
Edizione americana pubblicata da Temple University Press.
6 marzo 2024
Senato della Repubblica Sala Caduti di Nassirya Piazza Madama, Roma
DIALOGANO CON ILCO-CURATOREANDREACANEPARI:
Gian Marco Centinaio, Vicepresidente del Senato
Stefania Craxi, Presidente della Commissione Permanente Affari Esteri e Difesa
Giuliomaria Terzi Di Sant’Agata, Presidente della Commissione Permanente Politiche dell'Unione Europea
Roberto Menia, Vicepresidente della Commissione Permanente Affari Esteri e Difesa
Christian Di Sanzo, Deputato eletto nella Ripartizione Nord e Centro America
GiovanniPuglisi, Vicepresidente dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani
INTERVENTO:
Edmondo Cirielli, Viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
CONCLUSIONI:
Pasquale Ferrara, Direttore Generale della Direzione Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
MODERA:
Annalisa Gaudenzi, Giornalista Rai Italia
Annalisa Gaudenzi, Giornalista Rai Italia:
“Benvenute e benvenuti all’evento, che si tiene qui, in Sala Caduti di Nassirya del Senato della Repubblica. Io sonoAnnalisaGaudenzi, autriceeregistaRai, emi pregio di condurrelapresentazione e di condividerla con voi. “L’Eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee” è un libro edito daTreccani. Il volume affronta argomenti interdisciplinari, attraverso 42 saggi, corredati da 250 immagini di grande pregio e raggiunge, attraendolo, un pubblico molto vasto, che include anche specialisti ed esperti di settore. Èdunque unostrumento culturale, ma al contempo politico, con effetti economici, sociali, scientifici e proiettivi e il consesso bipartisan qui riunito ne è evidente dimostrazione. Leggendo questo raffinato coffee table book si ha la sensazione di una sinfonia. In effetti, è una raccolta armoniosa di temi italiani e italoamericani, frutto del sapiente lavoro diAndrea Canepari e Judith Goode. Il volume che abbiamo davanti a noi nasce da un’edizione accademica statunitense curata dalla Temple University Press di Filadelfia nel 2021, dopo un lavoro di preparazione durato sei anni. Judith Goode, stimata Professoressa Emerita di antropologia e urbanistica alla Temple e fondatrice della Società Nordamericana di Antropologia, non è potuta intervenire all’incontro e dunque inviamo a lei i più cari saluti. È con noi invece Andrea Canepari, convinto promotore di questo evento, ma soprattutto diffusore di una serrata e intensa narrativa, volta a concretizzare iniziative in Italia e all’estero, finalizzate a promuovere un’adesione sempre più corroborante tra Italia e Stati Uniti. Canepari è stato Console Generale a Filadelfia dal 2013 al 2017, poi Ambasciatore in Repubblica Dominicana e attualmente è capo della struttura del MAECI per la Diplomazia dei Territori ed Esposizioni Internazionali. Nel 2022 ha ricevuto la laurea Honoris Causa dall’American University of Rome proprio per la sua attività di creazione di iniziative culturali e promozione della cultura italiana negli Stati Uniti. CaroAmbasciatore, caroAndrea, a te la parola per il saluto ai nostri ospiti,ma prima una piccola premessa. Premetto che, per ragioni per lo più connesse agli impegni parlamentari in corso, non sarà possibile seguire strettamente il protocollo cerimoniale e per questo chiedo venia io, a titolo generale, augurandomi di poter contare sulla vostra preziosa pazienza. L’incipit dell’incontroodierno arrivadirettamentedal CapodelloStato,il PresidenteSergio Mattarella. Cito testualmente un estratto di un’intervista di Marzio Breda sul Corriere della Sera, risalenteaqualchemesefa,masempre attualissima. Il Capo delloStato hadetto: «Il contributo recato dalla civiltà italica al sentire globale rappresenta una grande occasione per proseguire sulla strada di una osmosi, che consolidi sempre più la piattaforma comune di valori sui quali si fonda la Casa Europea. L’incontro e il dialogo tra culture offre l’opportunità di conoscersi al di fuori di consolidati stereotipi e crea, nel confronto, le condizioni per superare la fragilità di una interpretazione
sull’identità basata sulla chiusura e il rifiuto dell’altro». Su questi principi, certamente condivisi, mi appresto a dare la parola al Senatore Gian Marco Centinaio, Vicepresidente del Senato. Grazie” Seguono applausi.
Gian Marco Centinaio, Vicepresidente del Senato: “Grazie mille. Innanzitutto benvenuti in Senato. Benvenuti a tutti voi e voglio ringraziare in modo caloroso l’Ambasciatore Canepari per aver scelto il Senato per questo momento di confronto e soprattutto per questa presentazione. Momento di confronto importante perché io, in ogni presentazione lo dico sempre, tutte le volte che ci troviamo in questa sala: il Senato della Repubblica è la casa degli italiani. È una delle case degli italiani e il fatto di avere tanti cittadini italiani che quotidianamente si confrontano con noi parlamentari su argomenti diversi, ma con la possibilità di potercrescereognuno di noi unpochino di più nellanostra consapevolezza, èunmomento importante e come Vicepresidente del Senato mi rende orgoglioso di questa istituzione che sempre di più apre le proprie porte ai propri connazionali e ai propri concittadini. Io voglio ringraziare l’Ambasciatore Canepari, ripeto, per aver scelto il Senato della Repubblica, per aver condiviso con me – posso dirlo Andrea? – in modo anche simpatico, arrivando tutti e due dalla stessa città e avendo le stesse radici e quindi quando ci siamo ritrovati a confrontarci su quest’opera mi sono immediatamente messo a sua disposizione e mi è piaciuto il fatto di poter lavorare insieme e di poterci confrontare insieme su una cosache ritengo molto importante,cioèla culturaitaliana, nonsolamentein Italia, maanchelacultura italiana nel mondo. Il fatto che noi abbiamo una rete diplomatica di altissimo livello nel mondo dobbiamo esserne orgogliosi e una rete diplomatica che permette alla cultura italiana di poter essere incisiva e soprattutto di entrare nelle comunità che magari non ci conoscono, ma soprattutto rendere i nostri connazionali, che sono italiani che per motivi di lavoro o per motivi personali sono dovuti emigrare, oppure italiani di seconda generazione, comunque cittadini italiani che non sono nati in Italia, ma che l’Italia la conoscono attraverso i propri nonni e i propri genitori, e permettere loro di continuareatramandare,potercontinuareacoltivarequellacheèlaculturadelnostropaese,lacultura del loro paese di origine. Penso che questa sia una cosa importante e penso altresì che, e quindi qua ringrazio l’Ambasciatore, ringrazio i colleghi e ringrazio tutti voi, perché il lavoro che dobbiamo fare è un lavoro non solamente accademico, ma un lavoro quotidiano, un lavoro di tutti i giorni, è un lavoro dove dobbiamo anche lavorare per evitare che ci sia quella cultura del cancellare il passato. È una cosa che sta diventando sempre più di moda, soprattutto nei paesi anglosassoni, soprattutto negli Stati Uniti, dove ci sono tendenze a cancellare quello che è arrivato prima di noi, quello che ci hanno
tralasciato, quello che ci è stato lasciato da chi ha fatto grandi i vari paesi. E pensare di cancellare la cultura penso che sia un atto - lasciatemi passare il termine poco istituzionale - di ignoranza perché se noi abbiamo paura del nostro passato vuol dire che avremo altrettanta paura del futuro. Io molto spesso ho a che fare con i ragazzi delle scuole che vengono a trovarci in Senato e dico sempre ai ragazzi che possono diventare anche il Presidente della Repubblica, ma se dimenticano o che non sanno quali sono le loro radici, se non sanno il lavoro che faceva il loro nonno, o la loro nonna, il lavoro che fanno i loro genitori, tu puoi diventare anche il Presidente della Repubblica, ma senza le radici, senza la tua storia, non sei nessuno. E quindi oggi come oggi anche la nostra società deve continuare a ricordare quello che è ed essere orgogliosa di quello che è stato fatto. Non dobbiamo essere una società museo e l’Italia non deve essere solo un paese museo, perché l’Italia ha un grande passato, ma deve anche andare nell’ottica futura, guardare al futuro e deve sapere che le nuove generazioni sono quelle che permetteranno al nostro paese di andare avanti, di andare avanti a testa alta, non solamente in Italia, ma anche in giro per il mondo. Quindi questo abbinamento, un passato solido e un occhio al futuro, permettono al nostro paese di essere quello che siamo, un paese importante non solamente dal punto di vista culturale, non solamente dal punto di vista storico, ma un paese che guarda all’innovazione tecnologica, alla ricerca scientifica, a tutte quelle sfide che ci vengono lanciate da chi ha meno anni di Gian Marco Centinaio. Penso ad esempio a mio figlio che ha otto anni e ogni tanto mi dice: «Papà non sai usare questo (indicando il telefono, ndr.)». Ecco io dico, io non so usare questo, ma io ti insegno da dove arrivi. Quindi questo è il lavoro che dobbiamo fare quotidianamente e lo devono fare le istituzioni. Lo fa la nostra rete diplomatica e lo ribadisco il ringraziamento per tutto il lavoro che fanno quotidianamente, ma io penso che dobbiamo farlo anche noi cittadini quotidianamente con chi arriva nel nostro paese, che magari il nostro paese non lo conosce, e con chi magari si dimentica da dove arriviamo. Grazie.”
Seguono applausi.
Annalisa Gaudenzi, Giornalista Rai Italia:
“E allora è il momento dell’AmbasciatoreAndrea Canepari per il saluto e il benvenuto.”
Andrea Canepari, Co-curatore:
“Buongiorno a tutti, grazie davvero a tutti voi per essere presenti, ma innanzitutto al Vicepresidente del Senato, il Senatore Centinaio, agli autorevoli relatori di cui poi dirò qualche parola cominciando
dal Presidente Terzi, il Senatore Menia, l’Onorevole Di Sanzo che è collegato dagli Stati Uniti – ha un evento all’estero – e il Professor Puglisi, Vicepresidente di Treccani. Ringrazio veramente tutti i presenti, in particolare il Presidente Tremonti, è un grande onore che sia qui con noi, tutti i parlamentari, i membri del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, il Segretario Generale di Aspen Petroni, la Direttrice dell’American Academy Elisa Wang, il Presidente dell’American University Scott Sprenger, ma anche la Dean di Temple University a Roma Emilia Zanchina, il Vicepresidente dell’UCOI – l’Unione dei Consoli – i rappresentanti di Confcommercio e di tutte le associazioni di categoria, chi mi ha preceduto a Filadelfia, Anna della Croce, che è stata Console Generale. Ringrazio tutti loro. Ringrazio anche il Viceministro Cirielli che non è potuto intervenire fisicamente, ma ha mandato delle importanti parole che ascolteremo. Ringrazio anche la Presidente Craxi che, comesappiamo,èa Budapest peril Congresso del PPE,mahamandato anche leidei saluti. Ringrazio tutti i colleghi. Come dicevo prima, io ho avuto la fortuna di lavorare con grandissimi Capi Missione,Ambasciatori, alcuni sono qui, quindi chi è andato sulle spalle dei giganti ha potuto avere una bella visione, quindi ho avuto questa fortuna dall’Ambasciatore Terzi, ma anche l’Ambasciatore Carlo Marsili che è qui.Anche le iniziative che sono state portate avanti, alcune delle quali sono state ispirate dai centocinquant’anni dell’Unità d’Italia che il PresidenteTerzi ha avviato aWashington con un anno culturale, portato poi avanti con l’Ambasciatore Claudio Bisogniero eArmando Varricchio, queste sono state le mie fortune. La Senatrice Gelmini si scusa, ha avuto un problema e non può intervenire. Tuttavia, è importante la presenza del soft power della diplomazia parlamentare. Ringrazio anche gli amici imprenditori, come l’amico Giuseppe Fedegari che ha creduto a questa iniziativadellibroelasuaaziendaècitatatrai promotoridiquestolibroedi questeiniziative,insieme all’American Airlines, KPMG Stati Uniti e altre realtà che hanno creduto a questa iniziativa. Ringrazio tantissimo Rai Italia, Annalisa Gaudenzi per la sua professionalità e amicizia e il suo Direttore Maurizio Ferragni per tutto l’impegno che hanno profuso e per far conoscere anche nella collettività queste iniziative. Iniziative di un libro, perché oggi parliamo di un libro, che il nostro Segretario Generale, l’Ambasciatore Guariglia, ha definito nella sua prefazione “un libro di servizio” perché fa vedere lo sforzo che il MAECI, sotto l’egida del Ministro Tajani, porta avanti e mi ha fatto molto piacere che il Vicepresidente del Senato l’abbia riconosciuto. Porta avanti con convinzione un lavoro per far conoscere quello che fanno e che hanno fatto gli italiani nel mondo, che ha fatto la nostra collettività e questi ponti tra l’Italia e gli Stati Uniti. Sono iniziative che si conoscono, ma non come si dovrebbe. Certe volte io a Filadelfia mi sentivo un po' come un archeologo, andavo a vedere delle rovine che tuttavia non erano rovine morte, erano momenti di scambio culturale portato avanti
da secoli, che tuttavia non si comprendevano nella loro complessità e nella loro unione. Ognuno magari sapeva dell’eccellenza, per esempio si sapeva che a Filadelfia c’era Riccardo Muti che ha diretto l’opera, ma non si vedeva tutto il dialogo. Quindi, per questo è stato necessario fare questo libro per far emergere tutta l’italianità che c’è in questo caso a Filadelfia. Vediamo ad esempio queste immagini - riferito alle immagini proiettate sullo schermo in sala - che fanno vedere cosa ha raccontato questo libro e anche far vedere che opportunità ci sono.Annalisa Gaudenzi citava il Capo dello Stato che parla dell’importanza di valorizzare gli aspiranti italiani e Paolo Valentino che è venuto a fare un reportage su queste iniziative, ha testimoniato – nella presentazione in Treccani –che lui di questi aspiranti italiani a Filadelfia ne ha visti tanti. E chi sono questi aspiranti italiani? È gente che non è etnicamente magari legata all’Italia, ma che tuttavia apprezza quello che ha fatto l’emigrazione italiana nei vari paesi e vuole sentirsi collegata con l’Italia di oggi, apprezza il modo di vivere italiano, la cultura dell’Italia e come l’Italia abbi contribuito, “contaminato”, la cultura degli altri paesi in cui è andata. Allora l’idea che abbiamo avuto è quella di pensare come far tesoro di questi lasciti e connettere gli amici dell’Italia che ci sono, io ne ho visti tanti. Do il benvenuto all’Ambasciatore Pasquale Ferrara, Direttore Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza, che ringrazio. Ad esempio, c’era uno slogan, di queste iniziative che sono poi raccontate nel libro, che è stato creato da un miliardario non di origine italiana, un banchiere che ha fondato banche negli Stati Uniti e nel Regno Unito e che ha una villa che si chiama Villa Collina, quindi in italiano, e a un certo punto ha fatto degli investimenti anche a Venezia perché diceva che fosse impossibile che la tradizione vetraria non venisse portata avanti anche in maniera professionale e manageriale. Mi ha proposto questo slogan per le iniziative italiane che è “Everybody likes Italy, let’s give everybody a chance to be italian for one day in Philadelphia”. Quindi, importante è connettere questa dimensione, creando delle manifestazioni di cui il libro parla. È un libro scientifico, quindi fatto da studiosi, i meno titolati da un punto di vista accademico sono io e una giornalista che ha vinto il premio Pulitzer, gli altri sono grandi nomi della scienza internazionale. Ma è un libro che parla non solo di storia, di quello che è accaduto, ma anche di quello che si può fare. Racconta quindi questa cornice che si ispira all’Anno della Cultura Italiana del Presidente Terzi, prende proprio ispirazione da questo, per creare una cornice che mette insieme la nostra collettività, quella tradizionale, le sue organizzazioni, la nuova collettività, gli expat di cui ci parlerà credo anche l’Onorevole Di Sanzo, ma anche l’Italia di oggi e gli aspiranti italiani. Quindi, tutta questa galassia di istituzioni culturali, economiche, politiche che hanno un giudizio positivo dell’Italia, che vogliono essere connessi ancora di più con l’Italia, ma tuttavia non sanno come farlo. Quindi, l’idea è stata quella di creare una cornice per fare ad esempio
un tour dell’italianità nel Parco Nazionale dell’IndipendenzaAmericana, vedrete prima o poi la foto di questa ranger - riferito alla proiezione in sala - come quelle dei film, con la brochure con lo stemma della Repubblica per questa manifestazione. È una pervasività andare in ogni punto della dimensione americana. Facendo questo che cosa si è fatto? Si è anche dato un motivo alle nuove generazioni di collegarsi all’Italia e all’emigrazione tradizionale, alla tradizione che stavano perdendo. Per tanti di questi l’immigrazione cos’era diventata? Era diventata un qualcosa del passato, ma senza un valore attuale. Invece, bisogna sempre creare delle iniziative vere, vive, che interessino. Vedo qui, a proposito dei giganti del Ministero degli Esteri, l’Ambasciatore Umberto Vattani che ha creato il Distretto del Contemporaneo che è un’iniziativa a Roma che collega attori, anche qui, per valorizzare la rigenerazione urbana di una parte di Roma e creare una nuova narrativa. Questo è un esempio di come queste iniziative fatte in America si ricolleghino anche con altre iniziative in Italia. Quindi, il libro parla anche di questo e fa vedere come anche i giovani possono essere collegati a questo dialogo e riscoprire le radici di cui parlava il Vicepresidente Centinaio e creare ponti, ponti vivi con l’Italia di oggi per fargliela scoprire e creare opportunità. Ad esempio, è stata creata la prima laurea in medicina transatlantica tra il Jefferson di Filadelfia e il Gemelli. Oppure iniziative per portare avanti investimenti o comunque valorizzare quello che sta succedendo e farlo conoscere anche all’Italia di oggi. Valorizzare, questo è quello che piaceva agli amici americani, Filadelfia tramite le lenti dell’italianità. Per questo le iniziative hanno avuto grandi sponsor di cui vi dicevo e addirittura anche dei finanziamenti bipartisan e qui siamo in Senato, sapete quanto sia difficile per uno Stato straniero. Tramite la legge di bilancio dello Stato della Pennsylvania sono state finanziate le nostre iniziative con un Senato repubblicano e un Governatore democratico perché hanno creduto a questo progetto e credo che sia una testimonianza dell’importanza che danno a queste manifestazioni. Quindi, credo chetuttoquestoelavostraautorevolissimapresenzaquioggicidàunostimoloperfareunariflessione su come tutto questo ci possa invitare a vedere ancora di più la collettività come un valore, la collettività come una creatrice di ponti e come sia necessario uno sforzo per riconnetterla con l’Italia. Il Ministro Tajani ha lanciato varie iniziative su questo punto, dal Turismo per le Radici, questo è l’anno delle Radici, per creare connessioni e iniziative come quelle che facciamo per invitare non solo i nostri discendenti italiani, ma anche chi dall’estero vede questo secolare dialogo con l’Italia, a vedere ancora di più l’Italia al di fuori da Firenze, Venezia e Roma come mete di attrazione turistica, ma anche di investimenti. Anche con questo spirito il Ministro Tajani ha inaugurato la scorsa settimana la Settimana della Cucina Italiana nel Mondo con un’enfasi sulla cucina delle radici, delle origini e si sta facendo un progetto con La Cucina Italiana e Condé Nast per raggiungere queste varie
dimensioni dell’italianità e sensibilizzarle tramite un valore come quello della cucina, ma trasformandolo anche in uno strumento di soft power. Soft Power che secondo me è importante, non solo per citare le parole del Capo dello Stato, ma devo dire che anche nella mia esperienza di Capo Missione in Repubblica Dominicana grazie a iniziative analoghe - che per altro sono state presentate proprio qui in Senato e ringrazio l’Onorevole Porta che ha partecipato alla scorsa presentazionehanno permesso di raggiungere risultati, come ad esempio, la stipula del trattato di estradizione e cooperazione giudiziaria che sembravano difficile da raggiungere. Ma in realtà l’entusiasmo c’è per questa italianità e questi obiettivi che sono stati raggiunti. In generale queste manifestazioni che seriamente mettono insieme e fanno scoprire l’Italia credo che siano molto utili. Qui vedo anche l’amico, che ringrazio essere presente, il Commissario Generale del padiglione italiano di Expo Osaka, l’Ambasciatore Mario Vattani, che sta facendo un lavoro proprio in questo senso e su cui stiamo dialogando per vedere come eventualmente collaborare per far conoscere tramite il padiglione italiano anche questa valorizzazione della collettività e la sua riconnessione con l’Italia. Un ringraziamento ancora all’Ambasciatore Pasquale Ferrara per essere qui, non solo perché un grande intellettuale ed ha pubblicato libri importanti, ma anche perché è un grande conoscitore degli Stati Uniti. Io ho avuto il piacere anche di lavorare insieme a lui a Washington. Egli è anche il Direttore Generale della Direzione per gli Affari Politici e di Sicurezza del MAECI e si occupa anche delle relazioni con gli USA. È un grande onore anche per me averlo qui oggi. Io credo molto a questo tema, credo che si sia visto, credo che questo libro e queste iniziative possano essere replicate. Con il Ministero degli Esteri ci stiamo lavorando, stiamo per annunciare una serie di progetti. Quindi, noi ci crediamo, ci lavoriamo e pensiamo che, come promozione integrata al Ministero degli Esteri, ci possano essere opportunità concrete che possono essere sviluppate e che possono essere utili davvero per tutti. Queste sono le mie riflessioni, ma veramente tengo a ringraziare tutti voi, non solo i relatori, ma tutti gli amici che ci ascoltano qui collegati virtualmente per il tempo che hanno dedicato e per condividere l’attenzione a un tema che credo sia importante per il nostro Paese. Grazie davvero.”
Seguono applausi.
Annalisa Gaudenzi legge il messaggio scritto dell’Onorevole Edmondo Cirielli, ViceministroAffari Esteri e Cooperazione Internazionale:
“Io ho già tantissime curiosità e domande da rivolgere ai nostri illustri ospiti, ma mi trattengo perché i tempi sono assolutamente serrati. Questo è il momento della lettura del messaggio dell’Onorevole
Edmondo Cirielli, Viceministro Affari Esteri e Cooperazione Internazionale: «Desidero innanzitutto salutare: il Vicepresidente del Senato, Sen. Gian Marco Centinaio; il Sen. Stefania Craxi, Presidente della Commissione Permanente Affari Esteri e Difesa; il Sen. Giulio Terzi, Presidente della Commissione Politiche dell’Unione Europea; il Sen. Roberto Menia, Vicepresidente della Commissione Permanente Affari Esteri e Difesa; il Sen. Mariastella Gelmini, Presidente della Sezione Interparlamentare di amicizia Italia-USA; l’On. Giulio Tremonti, Presidente Commissione
Affari Esteri e Comunitari, l’On. Christian Di Sanzo, Deputato eletto nella Ripartizione Nord e Centro America e il Prof. Giovanni Puglisi, Vice Presidente dell’Istituto della Enciclopedia Italiana
Treccani. Rivolgo un saluto particolare all’Ambasciatore Pasquale Ferrara, Direttore Generale della Direzione Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza del MAECI. Impegni istituzionali precedentemente assunti mi impediscono di essere con voi, ma mi fa piacere indirizzare un saluto a questa presentazione del libro curato da un diplomatico italiano, il Consigliere d’Ambasciata Andrea Canepari, insieme a Judith Goode, ex Presidentessa e fondatrice della Società Nordamericana di Antropologia. Si tratta di un volume che, valorizzando la nostra collettività, ben illustra l’azione del MAECI per promuovere l’Italia nel mondo. Sono convinto che sia giusto far emergere i contributi e gli scambi con l’Italia evidenti nelle singole realtà dei diversi Paesi destinatari della nostra emigrazione, talvolta conosciuti nella loro singolarità ma non sempre percepiti nel loro insieme. John Dunlap, Gran Maestro dell’Ordine di Malta, ha evidenziato nel suo intervento introduttivo al libro come quest’ultimo documenti l’azione dell’Italia quale Ambasciatrice globale della cultura dell’Occidente che ha contribuito in modo determinante alla creazione e allo sviluppo, non solo culturale, di altre terre, come anche riconosciuto, sempre nel volume, dal Giudice della Corte Suprema Statunitense, Samuel Alito. Penso che queste voci di autorevoli personalità internazionali evidenzino l’importanza di strumenti, come il libro oggi presentato. Il volume sull’eredità italiana a Filadelfia, dove il curatore Andrea Canepari ha servito come Console Generale, è ispirato e nasce come naturale continuazione della manifestazione culturale “Ciao Philadelphia”, una serie annuale di eventi italiani che tra il 2014 e il 2022 hanno coinvolto e attratto non solo la nostra collettività in loco, ma anche le tante persone che apprezzano la cultura e il modo di vita italiano. L’idea è quella di costruire attorno agli Italiani all’estero una cornice più ampia che dia loro riconoscimento, opportunità e maggior successo nel valorizzare la loro e la nostra storia, coinvolgendo al contempo come co-protagonisti anche i “non italiani” che amano la nostra cultura. Riconnettendo tra di loro le due dimensioni culturali dell’italianità, quella popolare sviluppatasi attraverso i media nel secondo dopoguerra e quella formale espressa all’interno dei musei, delle accademie e delle
università, gli eventi raccontati nel libro hanno offerto da un lato agli italoamericani la possibilità di esprimere pubblicamente il legame con le proprie radici italiane, in una maniera che fosse diversa da quella delle generazioni precedenti, ma senza trascurare le tradizioni; e dall’altro, si è data la possibilità ai “non italiani” di scoprire la nostra anima classica, rinascimentale e illuminista. L’eredità italiana a Filadelfia è la manifestazione plastica di come la cultura italiana, fortificata dalla presenza della nostra collettività, abbia contribuito alla creazione dell’identità odierna degli Stati Uniti d’America e sia anche la base per creare nuove opportunità tra i due Paesi, nel solco della recente visita di grande successo effettuata a Washington dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni». Passiamo ora invece all’Ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, Presidente della IV Commissione Politica dell’Unione Europea del Senato a cui mi pregio di dare la parola, grazie.”
Seguono applausi.
Giulio Terzi di Sant’Agata, Presidente della Commissione Permanente Politiche dell'Unione Europea: “Grazie mille. È veramente un grande piacere e onore vedere tanti colleghi e amici, amici parlamentari e amici di lunghi percorsi di carriera. In effetti sono stati tessuti i doverosi e dovuti meritatissimi elogi di alcuni astri del firmamento Farnesiano, come si può dire. Ma consentitemi di dire che questo libro, e vorrei subito dire che è un libro di storia, ma io lo vedo come un libro di attualità, è di grandissima attualità e spiegherò fra un attimo il perché. Nel vedere il lavoro concreto io a Canepari l’ho visto Console Generale a Filadelfia in full action, come si può dire, quando gli era capitata sopra la testa la tegola di un estroso, strano, imprevedibile Ambasciatore che stava a Washington all’epoca - non sto parlando male di nessuno ma sto parlando di me stesso - che a un certo punto, scoperto che l’Italia stava per celebrare, con un grande impegno del Presidente Napolitano, il Sottosegretario Peluffo e altri protagonisti concreti di questo progetto, il centocinquantesimo anniversariodell’Unitàd’ItaliacivenneinmenteinAmbasciatadi darvimaggior enfasi possibile perché negli Stati Uniti, ad avviso di quelli che servivano lì, si parla spesso di locofilia, cioè ognuno sta in un posto e dice “Il mio posto è più importante di altri, etc”, ma se si guarda alla realtà americana e alla realtà italiana, la storia dei due Paesi, ci son poche discussioni che Italia e USA hanno fra di loro una relazione straordinariamente forte, intensa e basata su delle questioni di fondo. Quindi, Andrea fu veramente un protagonista a Philadelphia nel costruire questo percorso che poi non fu un percorso di un anno, cioè dell’anno del centocinquantesimo anniversario,
perché una cosa tira l’altra e a qualcuno venne in mente, dico sempre questo, forse l’Ambasciatore o qualche suo collaboratore che stava aWashington, di dichiarare un po'inaspettatamente che avremmo celebrato l’anno successivo l’Anno della Cultura Italiana negli Stati Uniti. Devo dire, che per le persone come il Professor Puglisi, come la Professoressa Federica Olivares, come le persone che avevano incarichi di responsabilità al Ministero, al Quirinale in quel momento, fu un grossissimo impegno basato su contributi essenzialmente privati. E fu un successo di decine e decine, forse centinaia, di manifestazioni in tutto il paese. Questa è forse una rievocazione così anche ad uso propagandistico personale, ma oggettivamente desidero ricollegarmici in queste brevissime parole, perché torno al tema dell’attualità di questo libro. Ora, quando noi andiamo a vedere la Dichiarazione per la Presidential Proclamation del Presidente Obama di quel marzo 2011, in cui dice che – tradotto in italiano – «L’Italia e gli Stati Uniti sono legati dall’amicizia, dalla comune dedizione alle libertà civili e principi democratici, diritti umani universali, ideali che entrambi i paesi rispettano, sostengono e promuovono nel mondo» e poi andiamo a rileggere i Comunicati congiunti fra la prima visita del Presidente del Consiglio Meloni negli USAe quel Comunicato congiunto che molto ricco, molto intenso, di grande impegno sulle questioni internazionali, geopolitiche, scientifiche, culturali, umanitarie, di pace, di sicurezza, sono esattamente questi i principi che si ripetono, che si confermano e si rafforzano. Quindi, la grande attualità di questa comunità di valori e il tema, la lotta di quelli che stavano a Filadelfia con la Liberty Bell, con la Proclamazione d’Indipendenza, la lotta degli esploratoriitalianichevagavanoperl’Americaperscoprirelefoci,l’origineelafontedelMississippi, passando anni con Sioux e con altre popolazioni non proprio pacifiche - fu fra l’altro un bergamasco, Costantino Beltrami - e che si esponevano così tanto nei confronti di questo paese, con questo spirito indomito che li aveva portati a servire Napoleone nella Rivoluzione francese post napoleonica e poi fuggire dalle restaurazioni nei paesi europei perché massoni, perché sapevano di essere perseguitati, perché sapevano di poter fare una brutta fine. Ma era una comunità di persone, di intellettuali, ma anche di popolo che credeva nelle stesse cose, che voleva le stesse cose dell’attualità, della lotta alla libertà che stiamo portando avanti e che portiamo avanti noi, che aiutiamo a portare avanti dei popoli in una condizione veramente così difficile oggi. E allora questo spiego anche ed è stato parlato di soft power di diplomazia culturale, di cose assolutamente importanti che sono in forte crescita. Ma vediamo che non soltanto per noi, ma per l’intero mondo che si basa sullo stato di diritto, sui diritti umani, sui valori democratici gli Stati Uniti, l’America, non è soltanto la città della collina che ha spento le luci, perché non le ha spente, ma è un gigante di cultura, è un gigante di attrazione culturale, è un gigante di soft power perché si basa su dei valori precisi e non è un caso che questi valori sono
esattamente i nostri. Ora, sono loro che li han dati a noi o noi li han dati a loro o li abbiamo fatti maturare insieme? Li abbiamo integrati, li abbiamo fatti comprendere, li abbiam fatti evolvere, adattare alle nostre realtà, magari trasformare in negativo tante volte? Si è parlato di woke culture e di altre questioni che non ci piacciono assolutamente - parlo naturalmente per me e per la mia parte politica, ma anche per la coalizione di Governo, come ha detto giustamente il Vicepresidente Centinaio - ma questi sono i punti fondamentali che fanno sì che l’attuale Governo, presieduto dal Presidente Meloni, ma di cui fanno parte come abbiamo detto anche i Vicepresidenti Tajani e il Segretario Salvini della Lega, la componente del quarto partito che sostiene con Maurizio Lupi, la coalizione, questa coalizione di governo e il governo che viene sostenuto dalla coalizione, dimostrano come ci sia come punto di riferimento essenziale, e questo è scritto in ogni programma elettorale e in ogni dichiarazione, in ogni atto di governo, il riferimento al valore della libertà e allo stato di diritto e dei valori democratici. Per dire un’azione che si sta svolgendo proprio negli USA, si è svolta recentemente, quella del Ministro Sangiuliano quando è stato New York ed ha affermato, in sede di Nazioni Unite, ma anche in via bilaterale in ambito statunitense, l’importanza del riconoscimento dei beni immateriali della cultura del nostro paese, del fatto che esistono dei valori fondamentali che hanno un riflesso non soltanto culturale, economico, ma anche di proprietà, di appartenenza identitaria che devono essere tutelati e difesi. Insieme a questi valori immateriali, il Ministro Sangiuliano, il Ministro alla Cultura, ha potuto poi manifestare in concreto quanto sia determinante l’azione di governo anche nel riportare dei beni tutelati che erano stati – Dio sa come o forse si sa come – esportati illegalmente, anche in musei e centri americani, di ottenere il rimpatrio di ben diciannove di questi beni. Ecco, per concludere, quindi per cercare di dare ulteriore sostanza ad alcuni aspetti contenuti nel libro, io credo che l’influenza politica e culturale americana dei pensatori inglesi come Locke, Hume e Smith o i francesi, come Montesquieu, si è certamente ben nota, ma forse non ancora sufficientemente nota ed è questo un pregio di questo libro, che l’Italia, i suoi filosofi, studiosi, grandi illuministi, e non solo, ma anche la gente, la gente comune, ha portato un valore enorme alla cultura americana, come avevo citato la Proclamation del Presidente Obama all’inizio e questo è chiaramente un elemento molto importante. I padri fondatori americani avevano ricevuto una solida istruzione in materie come il latino, la storia romana antica, molti di loro avevano competenze linguistiche, erano capaci di leggere l’italiano, e questo dettaglio prova - come fra l’altro lo studio di Beccaria in italiano, lo studio dei classici dalla romanità ai quali, sottolineo ancora una volta, questo Governo si ispira nella sua politica estera di sicurezza, ma anche e soprattutto nella sua azione culturale come elemento di politica estera - come questi valori classici sono ancora oggi l’elemento
formativo essenziale. Mi è capitato di incontrare dei giudici,Anthony Scalia, SamuelAlito, ma anche altri, Roberts, Presidente da anni della Corte Suprema e parlando con loro il nome di Beccaria viene fuori, così come viene costantemente quello di Filangieri, l’autore della Scienza della Legislazione, il quale fece una cosa che riscoprimmo, in qualche modo con il giudice Sinisi che era il legal adviser all’epoca a Washington, nei carteggi, che ancora erano conservati dalla famiglia Filangieri a Napolic’erano delle copie della Scienza della Legislazione, del primo tomo e poi credo anche di alcuni successivi, che andavano praticamente di qua e di là dall’Atlantico, Dio sa come ancora con i mezzi di fortuna dell’epoca. Appena stampati Filangieri li faceva leggere a Benjamin Franklin, Benjamin Franklin li annotava, li rimandava con note e sottolineature a Napoli, all’autore. E quindi, diciamo (che vi era) la crasi, l’osmosi culturale. Filippo Mazzei non è un mito che fosse vicino a Jefferson e “All men are born equal” e che “Truth is self evident”, chi lo sa, magari non è l’assoluta certezza, ma nella tradizione e anche nel mito di questa straordinaria comune identità fra pensiero americano e pensiero italiano, questo è qualcosa che sopravvive. Grazie.”
Seguono applausi.
Annalisa Gaudenzi, Giornalista Rai Italia:
“Come sappiamo il tempo è tiranno e quindi chiederò ai prossimi relatori di tenersi entro i 5 minuti. È il momento del Senatore Roberto Menia, Vicepresidente Commissione Permanente Affari Esteri e Difesa. Grazie.”
Senatore Roberto Menia, Vicepresidente della Commissione Permanente Affari Esteri e Difesa:
“Grazie. Cercherò di rispettare l’invito ai cinque minuti, anche se è evidente che si vorrebbe dire qualcosa di più, quindi eviterò i saluti, tutte le cose che prendono inutilmente tempo. Il ringraziamento, prima di tutto, però questo lo devo, al Vicepresidente del Senato e all’Ambasciatore Canepari che mi ha voluto invitare per un momento che trovo estremamente stimolante, e non lo dico con la banalità che si dice sempre in principio. Io di queste cose non me ne occupo, non essendo un italiano all’estero, avendo visitato Filadelfia una volta sola e avendo quindi su questo libro imparato molte cose in realtà. Sono uno che cerca di studiare di solito. Si dice spesso che la politica studi poco, ma io non credo che sia così, penso che qua dentro tante idee si sviluppano, tante cose si imparano e anche questo per me è stato un momento per imparare tante cose e imparare mi piace soprattutto quando riesco in qualche modo a cullare quella che è una mi aspirazione quasi naturale. Vedete, tu
puoi essere figlio della tua patria senza accorgetene, puoi essere figlio di una nazione dandolo per scontato, puoi esserlo in maniere non scontata. Io so che faccio parte dell'Italian heritage e qui si parla di eredità italiana a Filadelfia, ma io l’eredità italiana la leggo ovunque, la leggo prima di tutto nel mio paese, l’aria che respiro, nella grande cultura che è quella che è figlia della civilizzazione italiana, quella che è nell’aria che rispiri e che ti hanno trasmesso i tuoi padri. Ma è qualcosa di più grande, un concetto soprattutto spirituale, qualche cosa che vola. Io non sono soltanto figlio di questa Italia e dei sessanta milioni che oggi la abitano o dei sei milioni di cittadini italiani che sono in giro per il mondo, ma magari di quei sessanta, settanta, ottanta, che sono oriundi italiani e che hanno lasciato tracce profonde in tutto il mondo. Ma di che cosa poi? Di una civilizzazione della quale bisogna essere orgoglioso. L’America è un paese strano. Ci sono delle cose bellissime che ha appena citato, per esempio, il Senatore Terzi: Filadelfia è magnifica per mille cose, per la Dichiarazione d’Indipendenza, nella Convenzione Costituzionale di Filadelfia si legge l’eco di Beccaria, ed è tutto vero, nell’istruzione ci sono i gesuiti, ci sono gli affreschi nella cattedrale, c’è la musica operistica, per me che parlo con accento veneto ci sono le ville palladiane, ci sono tante cose e tutto questo c’è. Ma, ripeto, deriva da qualche cosa di più, non è un incidente della storia, non è qualcosa di banale. L’italianità è tutto ciò – ed io devo essere orgoglioso – che è italianità nel continente americano, che è un continente strano. Oggi è affetto da qualcosa di strano, da quel morbo della cancel culture che vorrebbe cancellare tutto questo. C’è chi vive un’altra malattia, che un filosofo ha definito come oicofobia, cioè una specie di odio verso te stesso, la tua storia, la tua famiglia e la tua nazione. Ecco per me questo libro invece è un modo di leggere l’esatto contrario, di leggere in qualche modo la riconquista di tutto ciò. Anche qua mi avvalgo di una bella citazione, e penso a Gustav Mahler, che diceva «Il culto della memoria, ma perché da questo cresca altro, non è l’adorazione delle ceneri ma è piuttosto il ravvivare la fiamma». Questo per me è leggere questo libro e parlare di tutto ciò, e poi vivificare tutto questo. Non è soltanto adorare le ceneri, non è soltanto vedere le vestige di quello che era, ma è come si vive nell’oggi, come si vive nel domani, come io posso far sì che questa voglia di Italia, l’Italian sounding, tutte queste belle cose, il soft power, di cui si parla spesso a sproposito, sia qualcosa di vissuto, e che l’Italia stessa ricominci a viverlo e a riconoscerlo e che questa Italia ricominci ad occupare tanti spazi in qualche modo. Non lo dico certamente in modo aggressivo o da intendere male, ma perché no? Tu sei figlio di questa cultura, tu sei figlio di questa italianità bellissima. Papa Giovanni Paolo ci diceva parole bellissime che ha scritto a proposito della discendenza spirituale che passa attraverso la pietas e che passa dal Quarto Comandamento «Tu onori tuo padre e tua madre anche quando tu fai vivere l’eredità di tutto quello che ti han dato, ti han dato
la patria che li ha concepiti». Tutte queste cose, come dire, sono un modo di vivere. Per me questa è la sollecitazione che da qua esce in cinque minuti.Avrei voluto dirne molte di più, ma questa voglia d’Italiaperme èquesto e quindi dicodi viverlaall’estero,dove abbiamo comunquetanti ambasciatori di italianità, sono quelli che creano, quelli che producono, quelli che insegnano, quelli che illustrano l’italianità. L’italianità è stata tante cose, non tutte belle poiché ci sono stati tanti che sono stati ambasciatori anche di infezioni italiane, perché mica non lo dobbiamo dire, anche negli USAi poveri italiani, tanto tempo fa, quando magari venivano trattati con spregio, ci siamo fatti valere per tutte le cose belle che sappiamo di portare con noi. Questo è non solo adorare le ceneri ma far vivere qualche cosa di più. Questo è un po' quello che io credo che dovremmo fare da italiani, quello che dovrebbe fare la nostra diplomazia, quello che deve fare la politica, ma quello che devono fare gli italiani per bene, che sono per davvero ambasciatori con il loro lavoro, con la loro cultura, con quello che sanno insegnare in giro per il mondo. Grazie.”
Seguono applausi.
Annalisa Gaudenzi, Giornalista Rai Italia:
“Grazie. E ora dovremmo avere un collegamento pronto con l’Onorevole Christian di Sanzo. Buongiorno. Prima di essere parlamentare (per la RipartizioneAmerica settentrionale e Centrale) lei è emigrato negli Stati Uniti come scienziato, ricercatore in Ingegneria Nucleare, per poi essere manager in una multinazionale di consulenza (McKinsey). Ci descrive l’emigrazione italiana di oggi e il (cosiddetto) sentiment che la contraddistingue? Cosa ne pensa di questo libro e come può essere uno strumento?”
Christian Di Sanzo, Deputato eletto nella Ripartizione Nord e Centro America:
“Grazie. Ringrazio l’Ambasciatore Canepari che come Console Generale ha fatto un lavoro che ancora rimane nella storia della comunità di Filadelfia, perché proprio mesi fa ero a Washington dove ho avuto l’onore di conoscere il giudice della Corte Suprema Samuel Alito che tra le prime cose che mi ha nominato era se conoscevoAndrea Canepari. Quindi, insomma la fama lo precede proprio per il lavoro che aveva fatto che, come su “L’eredità Italiana a Filadelfia” si desume, aveva lasciato una grande impronta nella comunità italo-americana. Quindi, veramente ringrazio per questo invito, ringrazio il Vicepresidente del Senato per aver ospitato questa conferenza perché per me, come eletto all’estero, come persona che ha vissuto e vive da diciotto anni negli USA, il lavoro che ha fatto e lo
sforzo che c’è dietro questo lavoro, di Andrea Canepari, è proprio lo sforzo con il quale dobbiamo confrontarci in maniera quasi quotidiana come comunità italiana all’estero, cioè il come riusciamo a mettere insieme tutte le parti della nostra comunità che molto spesso sono variegate proprio per le differenti ondate migratorie che vi sono state dall’Italia che non sempre sono state omogenee ed i motivi per cui la storia dell’emigrazione italiana è cambiata sono vari. Io ora mi trovo a New York, quindi molto vicino a Filadelfia e mi dispiace non essere lì con voi in sala, ma proprio perché la presenza anche qua sul territorio è importante per riuscire proprio a dare – anche come istituzioni italiane e come deputato eletto dagli italiani all’estero – la propria presenza come istituzioni a queste comunità che non sempre l’hanno vissuta in primo piano. Quindi, lo sforzo che Andrea Canepari ha fatto,creandoquestaseriedieventicon“Ciao Philadelphia”èpoilosforzocheveramentecipermette di poter parlare di Sistema Italia, cioè di riuscire a mettere insieme tutte le galassie che si sono venute a creare nella nostra storia dell’emigrazione e trovare un modo per farle parlare l’una con l’altra. Ed è questo veramente un po' lo sforzo politico che dobbiamo fare come istituzioni, come parlamentare, perché la diplomazia parlamentare credo che sia importante da questo punto di vista e abbiamo appunto una forte sfaccettatura della comunità che Andrea descrive benissimo in questo libro parlando, appunto, di come vi sia una comunità italo-americana ancora molto forte, ma che ha spesso perso quella che è la realtà di quella che è l’Italia di oggi e, di conseguenza, è legata all’Italia più per una questione di tradizioni o di storia familiare, ma nutre ancora un profondissimo affetto verso l’Italiaeallorac’èdacapirecometrovareilmododiriuscireacomunicareancheconquellacomunità, quella che è l’Italia di oggi e che non è più ovviamente l’Italia del tempo in cui le loro famiglie sono migrate nel secondo dopoguerra o addirittura anche prima, agli inizi del Novecento, e cercare di comunicare quella che è l’Italia di oggi perché l’Italia è tanto altro. Questo sforzo riesce poi a portare un beneficio a quello che è il Sistema Italia. Cito alcune iniziative, in particolare una che ho letto nel libro di Canepari, che era questa iniziativa per celebrare la figura di Guglielmo Marconi, che ricordiamo è stata una figura importantissima, che è stata fatta con l’Associazione “Professionisti Italiani Philadelphia”, che ricordo ho conosciuto, ed è proprio un’associazione che esprime la nuova emigrazione, l’emigrazione di giovani professionisti, ricercatori, e diventa quindi un punto chiave trovare i modi di farla dialogare con la emigrazione storica, delle ondate precedenti, perché troppo spesso si è creata questa divisione. Trovare una chiave di lettura, di riuscire a mettere il Sistema Italia tutto insieme, con un dialogo, come ha fatto Andrea con le Università, quindi parlare, incontrare i giovani ricercatori e andare poi a cercare nella storia, nel tessuto della comunità di Filadelfia quelli che sono gli imprenditori italo-americani, i professori italo-americani e cercare di riunirli tutti, legati
da un amore per l’Italia, fa sì che poi l’immagine dell’Italia, - del Consolato come primo approccio sul territorio, ma poi di tutta l’Italia - diventi poi una immagine che si modernizza in modo da far vedere che l’Italia, ancora oggi, può essere una terra di opportunità per gli amanti dell’Italia, per chi ama l’Italia e per chi vuole bene a questo paese. Quindi, si crea poi un sistema che alla fine si riflette su quelle che possono essere le nostre opportunità come Paese. Mi faceva piacere – so che il tempo è poco – ricordare questo sforzo continuo, che credo Andrea abbia descritto molto bene nel suo libro, e credo che debba servire un po' da modello di quella che debba essere la nostra azione come istituzioni, come parlamentari, come Governo, di far cercare di dialogare le varie comunità insieme perché l’emigrazione è cambiata, continua a cambiare. Riuscire a trovare un filo comune è quello che ci può poi rendere importanti e far vedere – per citare – il nostro soft power nel mondo. Grazie.”
Seguono applausi.
Annalisa Gaudenzi, Giornalista Rai Italia: “Molte grazie. Ricordiamo che l’Onorevole è una testimonianza in prima persona, perché lei prima di emigrare negli stati uniti ed essere eletto come parlamentare è arrivato negli Stati Uniti come scienziato e ricercatore in ingegneria nucleare, poi è stato anche manager di una multinazionale. E siamo arrivati al Professore Giovanni Puglisi, Vicepresidente Istituto Enciclopedia Italiana Treccani. Grazie.”
Giovanni Puglisi, Vicepresidente dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani: “Grazie a lei. Come vecchio professore universitario dopo tante cose che abbiamo sentito potrei uscirmenecomesi faalle sedutedi laurea: mi associo.Forsecosì risponderei al meglioallaDottoressa
Gaudenzi sull’invito al contenimento dei tempi però credo che sarebbe scortese per questo autorevole pubblico e per tanti amici presenti e mi pare giusto dire almeno due cose. La Treccani è onorata di essere l’editore italiano di questo volume, ma non tanto perché è all’interno dell’identità Treccani. È uno splendido volume, raccoglie testimonianze – e non aggiungo nulla a quello che è stato detto – di alta qualità, ma soprattutto aggiunge uno spirito di italianità che in qualche maniera è il collante di tutti i saggi che sono raccolti in questo volume. La dottoressa Gaudenzi ha parlato di raccolta armoniosa, all’inizio, e io credo di poter dire che mai espressione fu così azzeccata perché si tratta di un testo che riesce a mettere insieme una quantità di prospettive che ne fanno un prisma della cultura italiana nel mondo. La Treccani non poteva essere assente in un’operazione del genere, almeno per
due ragioni. Primo, perché è l’istituto della memoria e della cultura italiana nel mondo. Voglio ricordare a questo autorevole pubblico due cose: primo che andiamo verso il centenario della Treccani, nel 2025 la Treccani compie cento anni di vita, che non sono poca cosa. Ma non sono poca cosa per un istituto di cultura che è sempre stato al centro nevralgico dello sviluppo e della memoria della cultura italiana con un grande rispetto morale, con poche risorse, ma con grande tensione verso i processi della crescita della coscienza civile delle giovani generazioni. La seconda cosa che mi piace ricordare è che questo volume, come è stato detto, che si colloca all’interno della filiera dell’anno delle Radici del Ministro Tajani. Bene, la Treccani si colloca all’interno dell’anno delle Radici del Ministro Tajani. Anche perché si colloca nel suo ante centenario, ma soprattutto si colloca perché sono lieto oggi in questa aula di ringraziare il Parlamento italiano, il Governo italiano, che per la prima volta, poco più di un mese fa – Senatore Centinaio lo sa bene – ha varato una legge dedicata allaTreccani, grazie Senatore, a lei, al Governo, al Parlamento perché è stata una legge unanime, con la quale – non sottolineo tanto la parte economica, per quanto ringrazio per la parte economica, ma non è quella importante perché per una realtà come il nostro istituto è un contributo moralmente significativo più che finanziariamente significativo - è la prima volta che il Parlamento italiano mette l’accento sul ruolo morale, culturale e di politica culturale di questo Istituto come luogo della memoria e della lingua, della tradizione, della presenza italiana nel mondo. Credo che questo volume che viene fuori oggi qui nella presentazione italiana, paradossalmente nel Parlamento italiano, sia la migliore icona di questo incontro fra la cultura viva, il Parlamento, il mondo militante della cultura italiana nel mondo e soprattutto coloro che ancora oggi, e da sempre, testimoniano questa presenza italiana che è data attraverso una miriade di rami. Io dico sempre che l’Enciclopedia di Giovanni Gentile aveva una funzione importante, purtroppo spesso dimenticata, che era quella di contribuire alla crescita della coscienza critica degli italiani, un secolo fa amici miei, ed è stata un’impresa coraggiosadi Gentile,peròconsentitemi di dire,conlaserenitàdi un secolo dopo, dellaclassepolitica di quel tempo perché mettere in piedi un’Enciclopedia di quella natura non era una cosa tanto facile e soprattutto era una cosa all’interno di una filosofia politica di quegli anni certamente rischiosa. Nessuno sene preoccupò, fumandata avanti e fu completata.Oggi, dopol’eradigitale,i nativi digitali – espressione orripilante – dopo tutte queste cose, oggi parlare di Enciclopedismo per andare verso la cultura non serve più. La Treccani oggi si apre, cento anni dopo, alla coscienza civile dei giovani; quindi,continualamissioneattraversolaformazione,laricerca,lascuola,leuniversità,leoperecome questa che sono dei fasci di luce su pezzi della cultura italiana nel mondo. La cultura italiana nel mondo è un grande mosaico e i mosaici se tolte le tessere singolarmente dal mosaico probabilmente
non dicono nulla. Il grande mosaico della cultura italiana dice l’importanza. Oggi noi presidiamo il G7, ma presidiamo il G7 un po' perché la sorte ce lo consente nei turni, ma lo presidiamo moralmente perché l’Italia oggi ha una capacità di essere il centro, il nucleo di una tradizione morale del nostro paese nel mondo che forse è unica. L’ultima annotazione e spero di stare nei cinque minuti. L’Ambasciatore, scusami, il Senatore Terzi ha ricordato un’altra mia vita e molti amici presenti del Ministero degli Esteri la ricordano. È stata una vita per me molto importante, non ho mai avuto modo di dirlo, mi consentirete un minuto per dirlo. Io, per più di vent’anni, sono stato dentro gli Esteri senza essere un diplomatico e dicevo pure che avevo maturato il diritto a pensione da esterno. Ma mi occupavo agli Esteri di un angolino molto importante, quello della cultura, un po' come Presidente dell’Unesco, ma soprattutto quello che mi ha ricordato il mio amico Giulio, me ne occupavo dalla Commissione per la Cultura Italiana all’Estero, dove ho svolto il ruolo di Vicepresidente con molti ministri degli esteri. Lì in quel sistema avevo molta funzione esecutiva e ho visto come la cultura italiana ha rappresentato e rappresentava l’attrazione per intere generazioni di italiani, ma anche di non italiani nel mondo. Un solo piccolo episodio. Una volta arrivò una forte richiesta dall’Africa di avere delle antenne italiane in diversi paesi dell’Africa in contrapposizione o per evadere l’oppressione di alcune culture egemoni della tradizione colonialista. Il Segretario Generale dell’epoca che è presente, l’Ambasciatore Vattani, che era in quegli anni molto sensibile, come lo è stato sempre – con Vattani, con Terzi ne abbiamo fatte di tutti i colori a Washington con l’Italian Academy – ma a malincuore in quegli anni dovette dire “non abbiamo le risorse”. Quindi, alcune richieste di quei paesi le abbiamo dovute disattendere, ma mi è rimasto nella mente quel passaggio.
La grande attrazione dell’Italia nel mondo. Non siamo noi che andiamo a invadere il mondo, è il mondo che ci chiama. Questo volume è la testimonianza di come il mondo che ci chiama e noi che rispondiamo creanoeformanodelleesperienzesolidecherestanocometutti i librinei secoli.Grazie.”
Seguono applausi.
Annalisa Gaudenzi legge il messaggio scritto della Senatrice Stefania Craxi, Presidente della Commissione PermanenteAffari Esteri e Difesa: “Questo è un momento molto piacevole perché stiamo scaldando un po' l’ambiente però abbiamo anche il tempo a questo punto di leggere il messaggio della Senatrice Stefania Craxi, Presidente Commissione Permanente Affari Esteri e Difesa: «Desidero rivolgere un sentito ringraziamento al Consigliere Andrea Canepari per l’invito formulatomi a intervenire alla presentazione del suo
pregevole lavoro. Nell’impossibilità di essere con voi, affido ad un testo scritto alcune brevi riflessioni, muovendo dall’assunto che l’opera di Canepari e della professoressa Judith Goode rappresenta un inno alle virtù, alla magnificenza delle arti, della cultura, del gusto e dell’ingegno italiano. La storia del nostro Paese è, per lunghi tratti, storia di emigrazione. Interi nuclei familiari, nei secoli scorsi, furono costretti ad abbandonare le loro città, i loro borghi, le loro comunità, per cercare fortuna altrove, per garantirsi condizioni di vita dignitose e per offrire speranza di futuro ai propri figli. Donne, uomini, giovani e meno giovani, che la miseria, l’assenza di lavoro, la devastazione delle guerre, spinsero via, lontano dall’Italia. Donne e uomini chiamati a reinventarsi un’esistenza, a confrontarsi con usi, costumi, culture diverse, a integrarsi in contesti che non erano i loro, a costruire nuove reti di relazioni, lavorando in osmosi con le realtà di accoglienza. Questo pregevole volume alza il velo su tante storie di successo, sull’influenza che lo stile italiano ha esercitato sull’altra sponda dell’Atlantico, sul contributo alla definizione dei lineamenti identitari di una realtà come quella di Filadelfia. Lo sappiamo, l’Italia è una grande potenza industriale, ma non è “la” grande potenza economica e industriale del mondo; siamo un’ottima potenza militare, ne abbiamo prova grazie allo straordinario prestigio e alla preparazione delle nostre Forze Armate, sempre più spesso chiamate ad offrire supporto nell’addestramento delle altrui Forze Armate, a impegnarsi sui fronti caldi in funzione della stabilità e della pace, ma non siamo “la” superpotenza militare del globo. Il nostro Paese, invece, è “la” superpotenza della cultura, della bellezza, del gusto, della moda, del design: tutto questo qualifica in essenza uno stile di vita all’italiana che certamente non teme confronti. A tutti voi sarà capitato, girando per il mondo, di provare orgoglio ed emozione dinanzi alle storie di connazionali che ce l’hanno fatta, di aziende che hanno avuto successo, che hanno vinto sui mercati internazionali, in una competizione globale straordinariamente complessa. A me, personalmente è successo. Da presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato, ho fin da subito cercato di valorizzare il filone della diplomazia parlamentare nel convincimento che potesse fungere da stimolo e affiancare l’operato dei governi nel rafforzamento delle relazioni bilaterali fra gli Stati. E non manca mai, nel corso delle mie missioni internazionali, il confronto, la discussione, l’ascolto attento alle storie e alle esperienze delle comunità di italiani che vivono e lavorano all’estero. Sono essi stessi ambasciatori d’Italia, straordinari interpreti e megafono dei nostri punti di forza, e certamente anche delle nostre fragilità, delle nostre contraddizioni. Diplomazia “tradizionale”, diplomazia parlamentare e diplomazia economica sono tasselli che compongono un mosaico di enorme valore, che trova risvolti nel sostegno alle esportazioni, nell’attrazione degli investimenti e nella promozione del brand Italia. Sostenere lo
spirito imprenditoriale e nutrire la voglia di esportare delle aziende italiane, pur in un contesto internazionale su cui oggi pesano fattori geopolitici ed economici non facilmente prevedibili, è obiettivo che deve vedere l’azione sinergica e strutturata di una pluralità di attori. Ѐ con questo spirito che rinnovo i miei ringraziamenti, formulando all’iniziativa odierna i migliori auguri. Stefania Craxi.»
Seguono applausi.
Le conclusioni sono affidate all’Ambasciatore Pasquale Ferrara, Direttore Generale della Direzione Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Mi pregio di dare a lei la parola. Grazie.”
Ambasciatore Pasquale Ferrara, Direttore Generale della Direzione Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza del Ministero degliAffari Esteri e della Cooperazione
Internazionale:
“Grazie, molto gentile e sarò veramente molto breve. Alcune rapidissime considerazioni. Innanzitutto, io devo ringraziareAndrea Canepari perché questo suo lavoro si inserisce in una grande tradizione, la tradizione dei diplomatici scrittori. Non sono esercizi di stile, al punto che oggi c’è una riconsiderazione delle stesse relazioni internazionali e si sviluppa una teoria diplomatica delle relazioni internazionali. Non è possibile guardare oggi al mondo se non attraverso anche il contributo di analisi di studio dei diplomatici. Quindi, innanzitutto, questo è un tema centrale e quindi ringrazio Andrea per questo. La seconda questione: si è parlato prima del rischio di locofilia, che per tutti noi che siamo stati in missione all’estero è un rischio da cui bisogna guardarsi, ma che è molto lontano da questo lavoro di Canepari perché io direi – per utilizzare una parola greca – che Andrea riesce a cogliere il Kairos, ossia lo spirito dei tempi e dei luoghi. Una volta si diceva con uno slogan legato alla globalizzazione, “Think globally, act locally”, cioè, pensa globalmente e poi agisci localmente. Oggi forse è vero il contrario, “Think locally, act globally”, perché le migliori idee, come vediamo dalle storie delle grandi città che hanno fatto l’America, ma che hanno plasmato anche la storia del pensiero politico contemporaneo, si muovono a partire dagli stimoli che nascono sul territorio. Un’altra questione che mi sembra importante sottolineare e che emerge dal lavoro di Canepari è che non c’è una “storia” con la S maiuscola, la Histoire-Bataille, è una storia con la S minuscola dove ci sono le collettività, le diaspore, eccetera. Nell’esperienza americana, ma anche in altri contesti, ormai
è chiaro che questa divisione sia molto artificiale e il contributo dell’Italia, del pensiero italico e degli italiani alla costruzione del grande edificio degli Stati Uniti, che poi ha irradiato in molte parti del mondo, si deve anche a questa storia che noi spesso consideriamo più minuta. Si è parlato dell’influenza dell’Illuminismo italiano, naturalmente il nome di Cesare Beccaria è stato menzionato e la concezione della giustizia è molto chiara se noi leggiamo alcuni emendamenti della Costituzione americana,ilVEmendamentoel’VIIIEmendamento,nelsensodel “Due process of Law”,lagaranzia dei diritti esoprattutto il divieto di peneinumane.Mac’èancheun’altracorrentedel pensieroitaliano, che ha influenzato lo sviluppo anche della storia americana, che è il grande tema del liberalismo politico che arriverà da un tema della giustizia, inteso come salvaguardia dei diritti a un tema della giustizia intesa anche come giustizia sociale. Quindi, la grande opera di John Rawls sul liberalismo politico. Concludo dicendo che io personalmente ritengo che ci sia una storia della democrazia che affonda le sue radici non solo nel pensiero illuminista, ma risale addirittura alla Roma Repubblicana. Se noi pensiamo all’opera di Polibio sulla Costituzione mista, che è molto presente nell’articolazione della Costituzione americana, cioè, creare i check and balances in modo da evitare la degenerazione delle democrazie verso sistemi illiberali, capiamo quanto sia cruciale questa impronta italiana. Io non credo nel declino della democrazia americana, le risorse intellettuali, la disseminazione dei poteri, la vivacità della società civile in tutte le sue manifestazioni ne fanno ancora un punto di riferimento anche per l’Europa. Diciamo che tutte le democrazie stanno vivendo una sorta di stress test dovuto al fatto che si sono sovraccaricate le aspettative rispetto al potere politico, rispetto a quello in realtà è possibile fare in considerazione anche delle restrizioni, anche di bilancio, che bisogna considerare. Infine, l’idea del soft power che emerge anche in modo molto chiaro, questa irradiazione dell’italianità a Filadelfia, credo che vada sicuramente considerata come elemento importante però talvolta bisogna anche guardarsi da un certo abuso di questa definizione perché l’Italia ha qualcosa di più e di diverso rispetto al soft power. Ha quello che io chiamo il “potere connettivo”, cioè, la capacità di tenere insieme sponde diverso dell’Atlantico ma anche culture, tradizioni, ma soprattutto anche paesi e situazioni che sembrano in uno stato critico che è difficile da poter affrontare in un modo costruttivo. Ebbene, noi nel mondo siamo visti come un paese adamantino che non ha un’agenda nascosta, che non ha secondi fini, un paese di cui ci si può fidare. Questo “potere connettivo”, secondo me, è molto più forte oggi rispetto solamente al soft power. Nella Costituzione Americana, nel Preambolo, c’è una menzione affascinante per molti noi, cioè la parità dei diritti, ma anche la “ricerca della felicità”. Sicuramente, l’influenza dell’italianità è stata molto rilevante per alcuni articoli e alcuni emendamenti della Carta Costituzionale. A me piace pensare che ci sia
un’influenza italiana anche in questo aspetto qui della “ricerca della felicità” perché forse non è totalmente vero – ahimè – quello che pensava Dostoevskij cioè che la bellezza salverà il mondo, ma almeno la bellezza renderà il mondo più sostenibile.”
Seguono applausi.
Annalisa Gaudenzi, Giornalista Rai Italia: “Grazie. E allora è stato un piacere quello di riconoscerci qui oggi nella nostra identità italiana, una soddisfazione non retorica, non fine a sé stessa, al contrario aperta, coraggiosa, fonte di ispirazione certamente attuale, un volano proiettato verso sodalizi. Saluto e ringrazio gli illustri relatori e i gentili ospiti. Grazie.”
1.6. Presentazione presso Triennale Milano. [Lingua originale: italiano]
Volume “L’eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee”.
Acura diAndrea Canepari e Judith Goode.
Edizione italiana pubblicata da Treccani.
Edizione americana pubblicata da Temple University Press.
20 marzo 2024
Triennale Milano
Viale Emilio Alemagna, 6, Milano
SALUTI:
Carla Morogallo, Direttrice Generale di Triennale Milano
Marco Sammicheli, Direttore del Museo del Design Italiano di Triennale Milano
Verónica Crego, Decana del Corpo Consolare di Milano e Console Generale dell’Uruguay
DIALOGANO CON IL CURATORE ANDREA CANEPARI:
Luca Molinari, Direttore di “Platform, Architecture and Design magazine”
CarloSecchi, Vicepresidente dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale e Professore Emerito di Politica Economica Europea all’Università Bocconi di Milano
MODERA:
Maria Vittoria Dalla Cia, Caporedattore di “La cucina italiana”
Marco Sammicheli, Direttore del Museo del Design Italiano di Triennale Milano: “Buonasera a tutti e benvenuti in Triennale. lo sono Marco Sammicheli, Direttore del Museo del Design Italiano e sta a me indirizzare a tutti voi i saluti di benvenuto da parte del Presidente Stefano Boeri, che in questo momento si trova in Cina, a Shanghai, per l'Italian Design Day. Cito questa manifestazione perché sta molto a cuore a noi di Triennale e all'autore di questo libro, Andrea Canepari, che è un amico di Triennale e avvocato di una causa molto importante per noi, quella dell'Esposizione Internazionale grazie alla quale Triennale ogni tre anni parla al mondo e offre gli spazi del Palazzo dell'Arte per raccontare quelle che sono le frontiere della disciplina. E anche quello di Carla Morogallo, Direttrice Generale. Ho pensato a come introdurre questa conversazione che vedrà l'approfondimento del testo “L'eredità italiana Philadelphia. Storia, cultura, persone e idee”, un lavoro a cura di Andrea Canepari e Judith Goode, edito da Treccani, in una maniera che fosse meno ingessata e più irrituale. Allora mi sono messo a leggere a studiare questo libro e l'ho trovato particolarmente interessante. Da addetto ai lavori non posso nascondere che mi sia particolarmente appassionato al saggio di Luca Molinari, però ho pensato anche a dove e come Filadelfia ha a che fare con la storia della Triennale e ho trovato due episodi: uno è un oggetto della nostra collezione che si chiama Joe ed è una grande poltrona a forma di guantone da baseball, è un lavoro del 1970 per Poltronova di De Pas, D’urbino, Lomazzi ed è un chiaro omaggio al campione di baseball. L'altro è quello di Renzo Piano che nel ‘69, dopo essere stato a bottega prima da Zanuso poi da Jean Prouvé, alla fine approda a Filadelfia nello studio di Louis Kahn per un progetto, in verità, tutto italiano che era il tetto dello stabilimento di Olivetti. Questo per dire, che come spesso accade, per chi si occupa di cultura e di diplomazia culturale, in casa di Andrea Canepari, ciò che succede al singolo diventa daparticolare auniversalecioè riguarda tutti noi. Percui sono molto felicechein Triennalesi presenti questo libro. Grazie ancora di essere venuti e passo il microfono ad Andrea Canepari.”
Andrea Canepari, Co-curatore: “Ringrazio davvero il Direttore del Museo del Design italiano di Triennale Marco Sammicheli per le sue parole, per ospitarci. Ringrazio anche il Presidente Boeri, la Direttrice Carla Morogallo e questi grandissimi relatori che mi fanno l'onore di essere qui insieme a me. Ma innanzitutto darei la parola alla Console Generale, la Decana del corpo consolare di Milano e Console Generale dell’Uruguay, Verónica Crego.”
Verónica Crego, Decana del Corpo Consolare di Milano e Console Generale dell’Uruguay:
“In primis Ambasciatore vorrei ringraziarla per avermi invitato. È un onore per me e per il corpo consolare di Milano, della Lombardia, essere presente a questo importante evento poiché è molto rilevante per noi Consoli Generali l’interazione con il rappresentante del Ministero degli Affari Esteri italiano. Il corpo consolare di Milano e la Lombardia è il più numeroso al mondo, essendo rappresentate tutte le culture del pianeta. Il fatto che Milano sia la città non capitale con il maggior numero di rappresentanze consolari dimostra la sua grande importanza nella politica estera di ciascuno dei paesi rappresentati. Per questo crediamo che incontri come questo siano molto preziosi per promuovere la collaborazione istituzionale. Ambasciatore Canepari permettetemi di estendere le nostre congratulazioni per questo libro che celebra la storia, l'impatto e l'eredità della comunità italiana nella bellissima città di Filadelfia e valorizza la comunità e la presenza Italiana all'estero. Desidero sottolineare due elementi essenziali di questo tipo di opere, oltre al grande valore che hanno per la promozione di un paese. Il primo è il fondamentale lascito che costituiscono per le generazioni più giovani italiane al fine di mantenere viva e presente l’influenza di un paese come l’Italia in altre culture, così come nel mio paese, dove la presenza italiana ha avuto un impatto diretto ed è stata la colonna portante della società. L'avvicinamento dei giovani a questo patrimonio italiano all'estero può portare sempre nuove ispirazioni per costruire un mondo basato sui progetti di giustizia e solidarietà, valorizzando al servizio dell'uomo le molteplici forme espressive della cultura italiana, che la rendono una superpotenza culturale. I paesi della storia, dell'arte, della civiltà, del saper vivere, della bellezza e del ben fatto sono alla base delle norme soft power dell'Italia. Secondo elemento che desidero sottolineare è il ruolo inequivocabile della cultura nella conduzione della diplomazia. Le complessità del contesto internazionale attuale ci mostrano quanto sia importante la diplomazia culturale in questi tempi. Essa ci consente di affrontare queste sfide in un clima di reciproca comprensione e cooperazione. Per tutto ciò vanno di nuovo le nostre congratulazioni Ambasciatore Canepari per questo prezioso contributo alla promozione di questi valori universali. Grazie.”
Andrea Canepari, Co-curatore:
“Ringraziando davvero il professor Carlo Secchi, Luca Molinari, darei io la parola alla moderatrice che è Maria Vittoria Dalla Cia, ringraziandola molto, grazie.”
Maria Vittoria Dalla Cia, Caporedattore di “La cucina italiana”: “Buonasera e un benvenuto a tutti, ringrazio tutti della vostra presenza. Sono MariaVittoria Dalla Cia equestaseraqui rappresento La cucina italiana,lastoricarivistagastronomicachequest'annocompie novantacinque anni, quindi una bella data raggiunta, e la sua Direttrice Maddalena Fossati. Sono anch'io davvero onorata di essere qui e di poter parlare brevemente del libro entrando un po’più nel merito dell'oggetto, quindi descrivendo, così come vedete nelle immagini che scorrono, com'è strutturato “L'eredità italiana a Filadelfia. Storia, cultura, persone e idee” che è curato appunto da Andrea Canepari e da Judith Goode, che è professoressa di antropologia e urbanistica alla Temple University di Filadelfia e nonché fondatrice della Società nordamericana di antropologia. Quindi già questi nomi danno un'idea del valore scientifico di questa operazione e della forte valenza culturale. Il libro è strutturato in quarantadue saggi di diverse discipline, in una narrazione che ho trovato molto svelta, molto accattivante e per nulla paludata seppure ricca di contenuti. Designa un panorama che mostra davvero come la cultura italiana, dalla fine del ‘700 fino ai giorni nostri e anche in futuro, perché questo si intuisce perfettamente dal libro, è stata fondamentale, addirittura direi dalla fondazione della città di Filadelfia ed è stata fondamentale, naturalmente nel suo sviluppo, fino al sommario oggi, laddove Filadelfia è una delle città più importanti degli Stati Uniti. Ci sono alcune cose molto sorprendenti per cui il mio invito è veramente di aprire questo libro con curiosità perché darà senz’altro soddisfazione. L'influenza che l’Italia ha esercitato in questa città parte addirittura dal pensiero di Cesare Beccaria, quindi da una nostra cultura alta che si radica, quindi, addirittura nelle istituzionienellemaggioriistituzioniamericane.Sepensiamo cheThomasJefferson,terzoPresidente degli Stati Uniti - a parte il fatto che parlava e leggeva perfettamente l'italiano e questo credo merito del gran tour a cui aveva partecipato - si ispirò probabilmente a questi principi giuridici anche per la stesura dei più importanti documenti che furono appunto redatti a Filadelfia verso la fine del ‘700. Quindi la varietà dei saggi spazia appunto dall'elemento storico, architettonico e artistico, tracciano un'idea di quella che è anche stata l'influenza di tutte le istituzioni nell'economia, nella medicina, addirittura attraverso i contributi teorici, attraverso persone che hanno portato la loro esperienza e la loro sapienza nell'ambito delle attività filadelfiane, toccando anche alcuni aspetti, come la cucina, che non è uno degli ultimi aspetti e non è la ragione più importante per cui lo sono qui stasera, e nemmeno il panino di Filadelfia cioè il cheesesteak che è una specie di sfilatino di pane morbido imbottito con della carne macinata e del formaggio. Questo panino è diventato uno dei simboli più importanti della città ed è stato inventato da due italiani negli anni ‘20, quindi anche l'influenza gastronomica è importante. Ma non la gastronomia vista solo nel suo aspetto materiale, ma proprio come cultura
generale, con un portato carico di tantissimi elementi. Il libro è anche un libro ricchissimo di immagini, ce ne sono, ve lo dico subito, duecentocinquanta. Però l'immagine serve per attrarre la curiosità e per portare il lettore a cercare la storia a cui l'immagine si riferisce, quindi non è un oggetto decorativo per quanto sia molto bello, l'avete visto prima, un bellissimo oggetto, è uno strumento educativo secondo me. Ho scoperto anche questa dimensione molto importante, molto particolare per cui questo libro è bello, ma è un'opera importante, un'opera di grande valore scientifico e un'opera educativa, cioè uno strumento in mano a quella diplomazia culturale che fa sì che la nostra consapevolezza, sia di cittadini italiani nei confronti del nostro patrimonio, ma anche dei cittadini stranieri e in questo caso gli americani, ci rende veramente più prossimi e più attenti a tutti i valori della nostra cultura che sono dei valori fondanti per quello che anche è stato appena detto questo potere di penetrazione, potere persuasivo ovvero soft power. Ancora due dati molto veloci perché ci tengo a dire che questo libro, edito in Italia da Treccani, quindi dalla maggiore istituzione culturale italiana,ècomunquelaversionedi unlavoroaccademicocheèstatopubblicatonel 2021dallaTemple University Press ed è costato ben sei anni di lavori e di ricerche. Questo è un ulteriore elemento che vi fa capire l'importanza e la serietà di questo lavoro. È stato presentato lo scorso 6 dicembre presso l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani e il 6 marzo scorso in Senato. Ecco quindi questa è la terza presentazione, forse un po’più informale, un po’più discorsiva. Concludo, prima di presentare gli ospiti, che sono seduti qui con me, dicendo brevemente la ragione per cui ho l'onore di moderare questo incontro: da diverso tempo La cucina italiana collabora con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e conAndrea Canepari a un progetto che racconta la cucina delle origini attraverso i cosiddetti “Racconti delle radici” che non sono altro che una narrazione che ripercorre la storia dei grandi flussi migratori da fine ‘800 ai giorni nostri attraverso la cucina che gli italiani hanno sviluppato nei paesi di origine, ed è un osservatorio interessantissimo che conferma, ma aggiunge anche degli elementi ulteriori a quei valori culturali che vedremo sviluppati nel libro di cui stiamo parlando questa sera.Allora, a questo tavolo lo avevo detto, ma in realtà su questi “troni”, è seduto Andrea Canepari, qui alla mia destra, che è curatore dell'opera ed è in servizio presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ed è a capo della struttura della diplomazia dei territori e di esposizioni internazionali. Andrea Canepari è stato Console a Filadelfia dal 2013 al 2017 ed è la ragione per cui è l’importante curatore di questo libro e poi Ambasciatore della Repubblica Dominicana. Una cosa che vorrei far notare è questo Dottorato Honoris Causa in lettere umane che è stato conferito dall'American University of Rome ed è un riconoscimento molto importante perché gli stessi americani si sono resi conto del valore di un'operazione come questa,
come la pubblicazione di questo libro e tante altre abilità che Andrea Canepari usa per creare un legame tra la tradizione italiana e i cittadini americani, porti a creare un ponte tra le due culture e offrire continuamente dei motivi di incontro. Ma ci racconterà lui come sono partite le cose. Altro ospite questa sera è Carlo Secchi che è Vicepresidente dell'Istituto per gli studi di politica internazionaleeprofessoreemeritodi politicaeconomicaeuropeaall'UniversitàBocconi di cui èstato anche rettore; e poi Luca Molinari che è architetto, curatore e professore di teoria e progettazione architettonica all'Università Luigi Vanvitelli della Campania, nonché direttore di Platform, che è questa rivista internazionale di architettura e design. Partirei con Canepari e vorrei cominciare la narrazione chiedendogli di raccontare a voi un episodio molto particolare che lui racconta nella postfazione del libro, dove si parla di una manifestazione e di una celebrazione a cuiAndrea Canepari ha partecipato appena arrivato a Filadelfia all'inizio del suo mandato, che non è veramente andata come avrebbe dovuto andare ed è da qui che è scaturita un po’tutta questa iniziativa.”
Andrea Canepari, Co-curatore:
“Grazie.Grazieancheperquestapresentazioneedavvero grazieatutti gli amici presenti perchévedo amici da Genova, Brescia, Pavia anche Roma insomma da tutta Italia, è un grande piacere e un onore essere qui insieme. Come nasce quindi questa iniziativa? Come nasce il libro? E tra l'altro sono state menzionate le foto, sono foto molto belle, alcune di archivi e altre fatte da Giò Martorana che saluto, è anche qui in sala, che ha visto Filadelfia con gli occhi italiani. Qui vediamo il libro (si riferisce alle foto proiettate in sala), l'edizione italiana, l'edizione americana con questa cupola, in tutti i miei libri in copertina c'è una cupola, poi vi racconto. Il libro nasce da quando sono arrivato ad agosto del 2017 e sono andato in questa città meravigliosa con tantissima italianità e c'era questo obelisco, per i 500 anni di Cristoforo Colombo, fatto da un grande architetto italo americano che è RobertVenturi ed ero, appunto, in questa città dove mi dicevano che l’Italia era ovunque. Era una delle principali città per immigrazione italiana. Al di là del fiume Delaware c'è il New Jersey con alcune contee che hanno addirittura il 40% di abitanti, dice il census americano, di origine italiana. Eppure davanti a questo bellissimo obelisco di Venturi per il Columbus Day eravamo in sei. Com’è possibile con tutta questa italianità, in una città dove il centro della città si chiama “Central City” cioè centro città, e non downtown come usualmente avviene in America? Vediamo tutta questa italianità: (indicando le foto proiettate in sale) abbiamo questa foto fatta da Giò Martorana, abbiamo la musica con grandi personaggi alcuni jazzisti come Eddie Lang che era un italo americano ed è uno di questi personaggi, abbiamo queste pasticcerie che tutt’ora ci sono e mi sembra l’Italia degli anni 50, la vecchia
emigrazione; questo è l'Italian market, adesso è quasi un po’asiatico è diventato molto cool; abbiamo Rocky di cui abbiamo tutti visto il film; questo è Geno e Pat di quella terribile, cioè terribile molto gustosa, ma se la mangiate vi distrugge lo stomaco, cheesesteak...”
Maria Vittoria Dalla Cia, Caporedattore di “La cucina italiana”: “..beh dipende, bisogna accettare le versioni gourmet…”
Andrea Canepari, Co-curatore: “...mi hanno distrutto anche quelle, ma insomma qualche volta le vuoi mangiare, per gli amici giornalistichecredol'abbiamomangiatoinsieme,sipiuttostomassiccio;qui c'èlaparatadiColumbus Day; il museo d'arte il Philadelphia Museum ofArt, museo splendido che è pieno di collezioni di arte italiana, Botticelli e tanti altri; vedete la Banca d'Italia, quindi gli edifici dove c’erano queste banche delle migrazioni; il ponte dei sospiri, una coppia che ho rinvenuto grazie a una giornalista che ha vinto il premio Pulitzer, che ha scritto nel libro e che mi ha fatto scoprire delle citazioni dell'architettura italiana che lei conosceva, dietro Market Street; le citazioni palladiane, ne abbiamo tante… eppure davanti a questo obelisco eravamo in sei. Perché eravamo in sei? Perché c'era bisogno di una riconnessione tra le differenti anime della nostra collettività.Avevamo un'antica emigrazione, addirittura la prima immigrazione era quella delle idee dei mercanti, alcuni milanesi che erano stati dafine‘600,inizio‘700adialogare,acommerciarenellaprimacapitaledegli StatiUniti.Poiabbiamo la grande migrazione, milioni di italiani che hanno lasciato il paese per cercare un futuro migliore da fine ‘800, inizio ‘900. Poi adesso abbiamo i giovani ricercatori e gli altri. Come diceva il Console Generale dell’Uruguay, però, bisogna riconnettere anche con i giovani. Queste dimensioni andavano per conto loro e andavano per conto loro anche rispetto all'Italia. Quindi c'era tutta questa italianità, ma era come se fosse un po’scomposta e come se non riuscisse a dialogare con se stessa e con l’Italia. Quindi di fronte a tutta questa italianità che cosa succede? Che, secondo me, questo mosaico dell'italianità andava ricomposto di fronte a tutto questo patrimonio di amicizia. Come farlo?
Attraverso delle iniziative che creano una sorta di sinfonia di italianità. Chi mi ha visto all'opera in quegli anni ripetevo alla nausea lo slogan: “Everybody likes Italy. So, let’s give everybody a chance to be Italian for one day in Philadelphia”, cioè “Tutti amano l'Italia e diamo a tutti l'opportunità di essere italiani per un giorno in Filadelfia”. Questo è anche un po’ambizioso, però effettivamente era bello dare a tutti l'opportunità di partecipare. Quindi non solamente quei tre segmenti della nostra collettività che dicevo: la vecchia emigrazione, la nuova, chi veniva da certo passato ma anche “gli
amici dell'Italia" cioè quel vasto maggioritario gruppo di persone che non era etnicamente legato all’Italia, ma amava il nostro paese, il suo modo di vivere e voleva legarsi a questo. Quindi che cosa succede? Ad esempio organizzazioni come l'American Jewish Committee organizza visite della Filadelfia ebraica italiana, le prime sinagoghe del ‘600 oppure i grandi musei che parlano di questa cultura alta. Vedremo un articolo di Cerisano di “Italia oggi”, che tra l'altro saluto perché è qui in sala, ma anche un altro di Paolo Valentino che parla sul Corriere, pubblicando due pagine e mettendo:” Da Rockya Botticelli: Filadelfiaitaliana”. Quindi lega ledueculture: daRockyBalboa, che èunacultura un po’popolare, a Botticelli la cultura alta del museo. Quindi mettendo insieme chi rappresenta tutte queste culture, queste diverse espressioni si può creare qualcosa. E le grandi università ci seguono: Filadelfia, pensate, ha centro tre università, due della Ivy League, e la potenza di fuoco accademica è notevole. Mettendo insieme tutte queste persone a organizzare tutti questi eventi si ricorda l'importanza dell'area di Filadelfia e si fa capire anche quanto è importante internazionalmente. Per questo grandi aziende, come l’American Airlines e KPMG Stati Uniti, decidono di sostenere il progetto. E alla fine anche lo Stato della Pennsylvania, con una legge finanziaria bipartisan, decide di sostenere con un contributo di oltre $100.000 questa iniziativa. Non era tra i più grandi, ma insomma pensate a uno Stato straniero che sostiene un’iniziativa dell'Italia. Grazie a questa consapevolezza che è stata creata da questa matrice italiana, che non era presente, che cosa succede?
Succedono tante cose: ad esempio la prima, credo, laurea transatlantica, sicuramente in Italia, di medicina, che permette quindi di superare tutta una serie di viscosità e di problemi per cui i nostri dottori avrebbero dovuto rifare la laurea in medicina, quando fossero andati ad operare in quel paese e viceversa. Addirittura adesso ci sono dei progetti per far studiare, cominciando con facoltà di infermieristica, in Italia, gli americani. Il programma di attività “Ciao Filadelfia” nasce, appunto, come reazione a queste sei persone. Ho detto: «Coinvolgiamo la città creando iniziative culturali insieme e facciamoli lavorare insieme, cominciamo con tre giorni». I tre giorni immediatamente son diventati una settimana, un mese, ed è diventata senza soluzione di continuità, una manifestazione annuale con centinaia di eventi che hanno continuato, creando relazioni, contatti ed opportunità tra i due paesi. Continuiamo a costruirli questi ponti perché sono proprio ponti tra passato e futuro. Aspettate che mi fermo un attimo: (indica le foto proiettate in sala) non so se avete riconosciuto quell’edificio, è del film famoso “Trading places - Una poltrona per due”, quello era il centro del poteredell’establishment americano dellazona.Questa(continuaadindicare lefotoproiettatein sala) è l’Union League. Avete visto quell'edificio che sembra un posto tristissimo? Non so se vi ricordate il film, bene, quello era stato creato per sostenere il presidente Lincoln nel 1862 - Union League da
“l’unione” - verso gli anni ‘70 quel posto triste del film stava per chiudere, un posto noiosissimo, ma due italoamericani hanno raccolto circa $150.000.000 dell'epoca per ristrutturare l'edificio principale. Gli italiani fino a, insomma, un po’ di anni prima erano ammessi solamente come camerieri, tranne che per rarissime eccezioni e per tanti di questi vedere questo club con la bandiera italiana - come avete visto, ci hanno fatto le feste nazionali e anche tanti eventi, uno anche di un’industria di Paviafaceva commuovere i nostri italoamericani perché vedere la loro bandiera nel centro di potere, quello del film, era un qualcosa che colpiva molto. Anche qui (indica) non so se avete visto tutte le varie iniziative dei tour dell’italianità nel parco dell'indipendenza nazionale americana. Questo è soft power, riuscire a fare organizzare agli americani dei tour che celebrano l'Italia nei posti per loro più simbolici e importanti. In questo elenco (indica) vedete tutti gli sponsor: daAmericanAirlines a tanti altri; il grattacielo della società elettrica che celebra anche lui l'Italia e queste nostre iniziative; questo era appunto il Corriere della Sera che fa vedere la cultura alta, quella popolare dell'italianità insieme al rettore dell'Università Cattolica che firma con Jefferson questa prima laurea. Libri scientifici che studiano la storia per esempio dell’università di Drexel e parlano delle attività del Consolato. Qui (indica) alcuni di tutti questi eventi: musei, accademie d'arte, Eddie Lang appunto che si chiama Massaro, uno dei jazzisti, e queste alcune mostre che stiamo facendo e che abbiamo fatto a Roma. Quindi ecco questa carrellata per far vedere la quantità di italianità che c’è, la quantità di opportunità per l’Italia e quante cose si possono fare ecco. Quindi grazie ancora per la domanda.”
Maria Vittoria Dalla Cia, Caporedattore di “La cucina italiana”: “Vorrei fargliene un’altra (di domanda), ne approfitto. Lei diceva che all'inizio di questa esperienza di “Ciao Philadelphia” aveva riscontrato una distanza delle giovani generazioni italo discendenti rispetto proprio al nostro patrimonio culturale e l'unico legame era un legame del quotidiano, quindi legato al cibo e alle pratiche domestiche che collegavano l’Italia. Allora mi piacerebbe sapere, e immagino che la risposta sia positiva, se nel corso di tutte queste numerose manifestazioni, immagino anche molto accattivanti per un pubblico giovane, è un po’cambiata questa relazione dei giovani italo discendenti in Filadelfia rispetto a una consapevolezza più piena e a una vicinanza più attenta a un matrimonio, anche culturale, più vasto rispetto alle pratiche materiali.”
\ Andrea Canepari, Co-curatore:
“Certo, l'idea è proprio di favorire questo. Sono processi lenti, lunghi. Tanti italoamericani si sono avvicinati non solamente all'Italia, ma anche, tramite l'Italia di oggi, alle loro origini. Questo è anche
bello perché tante associazioni, anche italoamericane, vedevano un distacco tra la loro leadership, i loro membri, e anche queste nuove generazioni. Per tenerle sempre più attaccate dobbiamo creare opportunità concrete di dialogo, di scambio e di vicinanza, ci sono anche tante esperienze che possiamo pensare che sono utili. Credo che ci sono alcune iniziative che possiamo anche replicare, tipo quella che abbiamo fatto per…”
Maria Vittoria Dalla Cia, Caporedattore di “La cucina italiana”: “…anche quella, interessantissima, sullo studio, sullo scambio per la reciprocità…”
Andrea Canepari, Co-curatore: “…esattamente: per lo studio, per la cucina. Tante iniziative che il ministro Tajani sta promuovendo. Sono iniziative per ravvivare questi contatti.”
Maria Vittoria Dalla Cia, Caporedattore di “La cucina italiana”: “Ecco, un concetto che mi ha colpito è il concetto non di italianità, ma di italicità, che lei menziona sempre in questa famosa postfazione che vi consiglio veramente di leggere. Italicità è intesa come un modo di sentire, da parte di chi non è italiano, di sentire il nostro patrimonio culturale come un patrimonio universale a cui tutti aspirano, che tutti vorrebbero avere e esperire in tutte le sue diverse manifestazioni: l'arte, la musica, l'architettura e poi appunto anche le espressioni materiali, tutto il nostro modo di vivere, di vestirci, di abitare. La domanda che lo mi faccio, me la faccio in questa occasione,mamelafacciocostantemente,èunadomandadifficilissima,èladomandadelledomande, ma solleva sempre una questione e tiene sempre animato lo spirito sull'argomento: che cos'è che soprattutto agli stranieri piace? Che cosa amano? Esiste un comune denominatore in tutte le nostre espressioni culturali che fa sì che lo straniero sia attratto da noi e che ci voglia bene?”
Andrea Canepari, Co-curatore:
“Sì, credo che l'abbiamo visto almeno per quanto riguarda Filadelfia in tutte queste immagini, è un misto: dalla cucina, alla tradizione, al guardare il futuro, al design, alla moda, l'arte, la musica e l'architettura. Questo mix unico che colpisce gli stranieri che amano il nostro modo di vivere. Il presidente Mattarella autorevolmente li ha definiti in un'intervista al Corriere del 21 aprile scorso “aspiranti italiani” che quindi sono queste persone che, per tutti questi motivi che abbiamo elencato, vogliono sentirsi parte del modo di vivere italiano, della nostra cultura, e sono disposti a lavorare per
questo. Credo che sia una delle sfide più importanti che abbiamo davanti perché può essere un grande strumento per creare ponti e relazioni.”
Maria Vittoria Dalla Cia, Caporedattore di “La cucina italiana”: “Bene, la ringrazio molto. Passerei adesso a una domanda a Luca Molinari, che non solo ha partecipato con un suo bellissimo contributo a questo volume su Filadelfia, ma è stato forse anche antesignano nel lanciare questa serie di libri, perché l'auspicio che io faccio qui, che sarebbe una cosa meravigliosa, è di comporre un tessuto con tanti elementi, tanti di questi libri, in modo che alla fine potremmo avereun panoramadi quanto laculturaitalianasiadiffusa nel mondo edi qualeimportanza ha avuto nello sviluppo dei paesi stranieri. Non è solo una cultura che viene fruita perché è gradevole, è una cultura che ha avuto un impatto molto importante, come si è visto qui con Filadelfia. Luca Molinari ha curato, soprattutto da un punto di vista dell'architettura, del design e dell'arte un lavoro su Washington, sull'influenza degli italiani a Washington, su cui le farò una domanda, ma dopo, perché la prima si collega sempre a questa pubblicazione: sull'articolo dedicato a Robert Venturi, che è questo architetto che è stato uno dei maestri del postmodernismo inAmerica e che aveva un legame strettissimo con l’Italia, aveva frequentato a lungo Roma e viaggiato in Italia, leggendo di questi giri di queste gite che faceva Venturi in Italia scopro una parola che secondo me è una parola chiave, forse anche per rispondere alla domanda che ho fatto prima adAndrea Canepari. La parola è “vernacolare”. Venturi era appassionato senz'altro dell'arte aulica ufficiale, ma andava a cercare quegli elementi più vernacolari quindi domestici di paese, legati in un certo senso alla lingua madre, al mondo degli affetti, al cuore e alla famiglia. E qui secondo me nel significato di vernacolare cogliamo forse uno degli aspetti più importanti che attraversano in modo diverso tutte le manifestazioni della nostra cultura, che forse la rendono così amabile e così condivisibile da tutti gli uomini del mondo. Ecco quindi ho fatto proprio questo pensiero. Quindi mi piacerebbe approfondire, soprattutto dal punto di vista dell'arte e dell'architettura, questo concetto di vernacolare e il successo che ha avuto.”
Luca Molinari, Direttore di “Platform, Architecture and Design Magazine”:
“Allora intanto grazie per l'invito, è sempre un piacere tornare in Triennale. La prima avventura americana è un'avventura a Washington, che tra l'altro mi ha fatto permettere di cominciare una lunga conoscenza con Andrea Canepari perché Andrea era un giovane addetto all'ambasciata americana e quindi abbiamo lavorato per un anno e mezzo insieme per questo libro molto importante pubblicato da Skira, che poi presentammo alla National Gallery a Washington, dedicato alla presenza degli
italiani a Washington. Quel libro fu molto interessante perché di fatto scoprimmo che la maggior parte delle grandi istituzioni, la National Library e anche il Campidoglio “Capitol Hill” sono affrescate da artisti italiani, dai nostri artigiani che dal gesso, al marmo, agli affreschi hanno dato forma a un immaginario che oggi è un immaginario di uno Stato nuovo. Mi ricollego anche a un'altra cosa molto importante, prima è stato citato Thomas Jefferson: Thomas Jefferson allora parlava in italiano perché allora l'italiano tra le persone colte era come per noi oggi l’inglese fondamentalmente, e Thomas Jefferson viaggiava con un best seller di allora che è “I quattro libri dell’architettura” di Andrea Palladio che lui leggeva perfettamente, tant'è che la Casa Bianca è una villa palladiana, è ripresa direttamente da Jefferson che interpreta Palladio e quindi, come dire, la casa degli Stati Uniti, la casa dei primi presidenti americani, si rifà a un immaginario che è proprio transnazionale e parte da Vicenza e arriva diciamo a Washington. Per arrivare al vernacolare. Robert Venturi è stato citato tante volte, ma questo obelisco è molto divertente perché racconta di alcune cose interessanti perché Robert Venturi, post moderno, ossessionato dall’Italia e dalla classicità, fa questo meraviglioso e divertentissimo obelisco, tagliato a fette orizzontali e si appoggia su quattro enormi sfere, quattro enormi palle di marmo, quindi giocando sul rapporto tra peso e ironia. Questo trovo che sia un'immagine molto potente. Il postmodernismo è questo modo anche ironico di giocare con la storia e Robert Venturi in questo modo è assolutamente un maestro. Il vernacolare cos'è? Anche rispetto alla domanda fatta prima ad Andrea Canepari, credo che uno degli elementi che affascina tanto gli stranieri è che noi riusciamo a produrre un'idea di domesticità anche quando costruiamo una cattedrale. Questo è il tema centrale, cioè ogni cosa per noi è domestica ed insieme è classica. Questa capacità di reinterpretare un linguaggio universale che si rinnova nel tempo tende sempre con questo calore e questa idea di accoglienza che è tipico della cultura italiana. Quello che tutti ci apprezzano ogni volta, tutti abbiamo viaggiato molto il mondo, e ogni volta ci viene, come dire, ritornano le memorie o comunque le esperienze di chi si è sentito sempre a casa ovunque. E questo mette insieme cibo, vestiti, moda, architettura e design perché è “A way of life”: non è un oggetto, è un modo di vivere. Allora cercare bellezza e costruirla da tremila anni vuol dire qualcosa e questa è la cosa che noi produciamo e riproduciamo costantemente, tradendo le tradizioni, come si dice, e rinnovandole senza perdere la matrice. In questo Robert Venturi era ossessionato. Allora il vernacolare è questa capacità di guardare diciamo ai grandi templi romani e di riportarli in un giardino, a Bomarzo ad esempio, a mettere un tempio che quasi sembra crollare in mezzo ai boschi dell’alto Lazio. Tant'è che Robert Venturi in un suo libro famosissimo che si chiama “Complexity and Contradiction in Architecture” che è l'inizio del postmodernismo, un libro fondamentale del ‘66, mette insieme il
barocco di Borromini, Bernini e Bomarzo e delle immagini di case popolari agricole, di contadini nella campagna, diciamo italiana, parlando di un unico modo di pensare e di costruire. Da questo lui trae materiale, materia viva, per fare poi la sua architettura e generare il suo pensiero.Quindi diciamo che èun po’trail pittorescoe il sublime,è stato orientatocome concetto,ma trasformato in unaforma gravitabile e diffusa.”
Maria Vittoria Dalla Cia, Caporedattore di “La cucina italiana”:
“Sono molto soddisfatta di questa definizione, di questa guida che ci ha dato per farci capire davvero che cosa ci avvicina a tutti gli abitanti del mondo e da che cosa sono attratti. Era proprio questo che volevo sapere e la ringrazio moltissimo. Vorrei che aggiungesse però, tornando al libro su Washington, come è riuscito a raccogliere i contributi, naturalmente dal punto di vista della sua posizione professionale e del fatto che comunque lei è un testimone del design italiano del mondo, di testimoni anche molto particolari come NancyPelosi? Che tra l'altro è italoamericana, la prima donna e la prima italoamericana a ricoprire l'incarico che ha ricoperto come speaker.”
Luca Molinari, Direttore di “Platform, Architecture and Design magazine”: “Diciamo che l'aiuto di Andrea è stato fondamentale, questo va detto, perché tutto è nato da un'idea di fondo che era quella di raccontare la presenza degli italiani a Washington e poi, come sempre, in questi casi più scavi più trovi. Questo è capitato a Washington, poi è capitato a Filadelfia quindi dimostra l'importanza, l'entità del volume e dei contenuti. Ma la presenza della Pelosi, come di tanti altri studiosi e di altri personaggi, deriva dal fatto che nel momento in cui tu hai un progetto forte, che risuona, tutti sono straordinariamente felici di parteciparvi, al di là dell'importanza della carica politica. Questo è un senso di appartenenza a una comunità ampia che genera l'idea di dare voce a qualcosachefinoaquel momentononavevavoce,edèquellocheè“Ciao Philadelphia”mapotrebbe essere un “ciao” distribuito in tutte le città degli Stati Uniti, cioè il bisogno che ha una comunità di riconoscersi e di dare voce e forma a uno sforzo collettivo, che è durato per secoli, e che noi tutti riconosciamo, ma che non vediamo più. Allora questi libri ti riportano agli occhi e alla lettura un contributo, che è un contributo importante, per una comunità stabile e strutturata di un paese con cui abbiamo un rapporto molto forte. Questo credo che sia il senso che si moltiplica negli Italian Design Days di cui Andrea, come dire, è il portavoce. lo sono tornato stanotte da Amman, dove ho parlato in Giordania e ho avuto la fortuna di fare tutti e sette gli Italian Design Days, quindi come dire sono “long traveller” da questo punto di vista, e la cosa importante e straordinaria di questa iniziativa è
che, negli stessi giorni, 150-200 protagonisti del design della cultura del progetto italiano presentano contemporaneamente il loro punto di vista su design, l’architettura e la bellezza italiana in altrettanti capitali del mondo. Che io sappia non esiste altro Stato al mondo che abbia pensato a una cosa di questo tipo. È una cosa straordinaria di cui secondo me non si parla abbastanza, perché è incredibile pensare che lo Stato italiano investe in questo modo mandando contemporaneamente tante persone che vengono da tanti mondi diversi: professionisti, accademici, intellettuali, designer, architetti e artisti, ognuno porta la sua storia e contemporaneamente. Questo è uno sforzo, è una visione dello stato, quindi questo credo che sia una cosa importante da sottolineare e che si lega perfettamente a questo libro, a questa pubblicazione, cioè all'idea di dare voce e di renderla forte, visibile, concreta e molto condivisibile.”
Maria Vittoria Dalla Cia, Caporedattore di “La cucina italiana”:
“Grazie. Siamo uno stato diffuso allora e per questo mi piacerebbe porgere l'ultima domanda, a conclusione, a Carlo Secchi che naturalmente come grande autorità nell'ambito proprio della politica internazionale e dell'economia, vorrei che sottolineasse il valore diplomatico del nostro patrimonio culturale in senso lato, e poi ci indicasse, secondo lei, qual è il modo migliore e più efficace in cui l’Italia lo deve adoperare nel mondo per poter esercitare, nel modo più costruttivo, questo suo potere di persuasione, cioè questo cosiddetto soft power, per creare ponti tra civiltà diverse. È una domanda un po’ generale ma che credo alla quale lei può dare una risposta.”
Carlo Secchi, Vicepresidente dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale e Professore Emerito di Politica Economica Europea all’Università Bocconi di Milano: “Ci provo, innanzitutto grazie e buonasera a tutti. Rallegramenti cordialissimi all'Ambasciatore Canepari per quest'ottima opera, che poi è stata preceduta da un altrettanto pregevolissimo volume studio sulla Repubblica Dominicana e da tante altre attività legate a questo filone importantissimo. Io tento di rispondere da economista e da persona che, se non erro, per i molti anni passati ha avuto qualche esperienza qua e là. Non c'è dubbio che ciò di cui si è parlato sinora: la cultura, le abitudini, il vernacolare come è stato sintetizzato quale concetto, fa sì che vi sia una diffusissima presenza italiana nel mondo che potrebbe essere la base di un soft power efficiente ed efficace, ma che, salvo alcune iniziative, compresa l'ultima appena citata dal professor Molinari, non è stato a mio modesto giudizio assolutamente valorizzato nel modo più opportuno. I fattori dello sviluppo sono molteplici, ma ruotano tutti attorno a qualche concetto di capitale: il capitale finanziario, il capitale fisico, le
macchine eccetera, il capitale umano ovviamente, ma anche il capitale sociale cioè questo concetto sviluppato inizialmentedai sociologi, poi fattoproprio dagli economisti,messo appunto mirabilmente da Robert Putnam non moltissimi anni fa, si basa sull'esistenza di un insieme di relazioni interpersonali anche di tipo informale, non necessariamente strutturate e formalizzate, alla base di un qualche tipo di fiducia reciproca su cui è possibilecostruire molto. Ecco questa possibilità di costruire molto,nelnostropaese,amiomodestogiudizio,nonèstataassolutamentesfruttatainmodoadeguato. Potremmo fare mille esempi di occasioni in cui vi è stato un forte impegno da parte italiana: ad esempio nell'attirare giovani del continente africano per una formazione in campo bancario finanziario in una struttura non lontana da qui. Un ciclo durato una quindicina se non vent'anni, che ha formato circa 2000 funzionari e poi dirigenti nel sistema bancario di tutta l'Africa e di cui non si ha nessuna traccia. Prima di tutto nessuno ha pensato di tenere i contatti, ma non c'è neanche un elenco di chi sono queste persone che potrebbero essere per noi degli interlocutori importantissimi. È solo un esempio, ma che dà l'idea del fatto che forse noi ci puliamo anche alla luce dei recenti boom nel campo turistico, nel campo diciamo così della vita quotidiana, culinaria, eccetera, dove i successi del nostro paese sono lì da vedere, però ci sono anche i successi di altri paesi con meno legami forti dei nostri. Ci accontentiamo di questo e non pensiamo che invece questo patrimonio di italiani nel mondo, di italianità o italicità nel mondo e di persone che dal mondo son venute in Italia a partire dal "Grand Tour”, che tutti ricordiamo dei bei tempi, ai tempi più contemporanei, vuoi come turisti, ma soprattuttocomestudenti,come giovanilavoratori,comepersoneimpiegate inqualchetipodiattività, questo tipo di patrimonio non viene valorizzato con modalità che altri paesi invece mettono in atto attraverso una rete di istituzioni che abbiamo anche noi ma che hanno una dotazione di mezzi, sia economici che umani, neanche lontanamente paragonabili a quella di altri paesi. Faccio un esempio: io mi sono occupato delle relazioni internazionali della mia università per trenta o quarant'anni, guardo la Dottoressa Zancan che ora se ne occupa laggiù, e dei rapporti coi nostri laureati. Ogni volta che mi trovavo in qualche importante capitale dell'America Latina uno degli interlocutori era la sede locale della fondazione Adenauer, non di un qualcosa di italiano, che pure c'era e dava tutto quello che poteva, ma penso di rendere l'idea di come sia necessario un progetto molto importante, che non è un progetto di finanziamenti o di sostegni di tipo tradizionale, ma è un progetto di mettere a sistema questo patrimonio importantissimo che deve la sua esistenza, questo patrimonio umano, a ciò di cui avete parlato prima. Quando lei ha detto: “Ma perché c'è questo effetto magico?” Il perché io non sono in grado di dirlo, però siccome l'effetto magico c'è, cerchiamo di usarlo per finalità che siano negli interessi di tutti, che siano non solo ovviamente di tipo economico, data l’università da cui
provengo, maanchedi buonerelazioni trai popoli,di solidarietà,di rapporti pacifici, di cooperazione, eccetera, eccetera. Sono ben lieto che un nostro brillantissimo laureato come qui presente Andrea Canepari sia attualmente presso il Ministero degli Affari Esteri della Cooperazione Internazionale, occupato in questo tipo di attività, spero proprio che da lì qualche passo in avanti significativo possa avvenire. E sono convinto che c'è una domanda importantissima in giro per il mondo affinché ciò goda di un salto di qualità, mettiamolo in questi termini. Mi viene in mente - scusate se salto un po’ di palo in frasca - l'Istituto culturale italiano a Tokyo costruito grazie a una donazione di un signore giapponese, che aveva questo pezzo di terra bellissimo in pieno centro e che ha quasi la vista sul giardino dell'imperatore, perché voleva fare un favore all’Italia. Quindi dobbiamo sfruttare tutto ciò, non in maniera ovviamente così un po’ “meschinotta”, ma per far sì che possa produrre i frutti che è in grado di produrre. D’altronde la nostra presenza nelle varie istituzioni internazionali, dal Sistema delle Nazioni Unite al Parlamento Europeo ad altre simili, perlomeno sulla base della mia modesta esperienza nell'ultimo che ho citato, vede sempre gli italiani quasi spontaneamente giungere a posizioni apprezzate dagli altri, mettiamola in questi termini. Non voglio dire di leadership o di traino che sarebbe un'esagerazione, ma insomma c'è una domanda che va soprattutto in quella direzione e sta a noi a cercare di dare una risposta e darla soprattutto nell'interesse dei più giovani, che si trovano confrontati con un mondo così complicato e diciamo problematico per essere gentili. Concludo con un esempio relativamente a ciò, ai giovani e al loro interesse per l’Italia e come l’Italia può in tanti campi fare delle cose molto importanti: ieri e l'altro ieri abbiamo avuto nella mia università, in collaborazione con l'Istituto di cui sono Vicepresidente cioè l’ISPI, un'iniziativa rivolta a un migliaio di giovani “Future leaders”, infatti si chiamava “Next for future leaders”, che sono venuti a Milano per confrontarsi con degli autorevoli esperti su tutte le varie tematiche circa ciò che probabilmente, o possiamo immaginare, il futuro possa riservarci. Sono venuti ben volentieri e chi non è potuto venire si è collegato in vari modi e ha seguito questa attività. Cioè ogni volta che organizziamo qualcosa come sistema Italia è difficile sentirsi dire “Ah ma perché andare in quel posto lì, scomodo e noioso?!” Nonostante i problemi dei taxi di Roma, ma anche di Milano e mille altri guai, tutti molto volentieri guardano a noi e sta a noi cercare di valorizzare ancor di più, non solo nei campi già citati dove vi sono attività encomiabili in corso, ma anche in altri campi, anche a favore dello sviluppo economico e dell'occupazione dei nostri giovani, diciamo questo enorme potenziale che abbiamo a disposizione.”
Domande e conclusioni:
Maria Vittoria Dalla Cia:
“Grazie, grazie molte. Ha lasciato un invito importante a essere più bravi nel fare sistema, abbiamo tantissime doti e grave difetto, peccato, ma comunque un po’ alla volta ce la faremo. Grazie anche alla diplomazia culturale e a tutte le meravigliose attività di cui abbiamo parlato questa sera. Quindi ringrazio i nostri ospiti, è stato un incontro bellissimo e ringrazio anche voi.”
Interviene Matto Lo Presti:
“Scusi, io non voglio intervenire abusivamente, ma ho un rapporto d'amicizia con il Consigliere Canepari e ho ottenuto per due ore di questo pomeriggio il titolo di Ambasciatore dal sindaco di Genova Marco Bucci per avere l'onore di ospitare in un convegno, penso nell'area del 12 ottobre, perché venga a parlarci di questa sua riflessione e di questo suo importante contributo. Io mi permetto di aggiungere una piccola cosa: mi diverte il fatto che storicamente Lincoln abbia cercato Garibaldi come conduttore delle truppe negli stati del Nord, che mi diverte molto che (?) fosse un milanese che si chiamava Martini e che la mia amica Fernanda Pivano, in questo rapporto con l'America, abbia donato al nostro paese una brillantezza suggestionata da quell'altro grande personaggio che è stato Cesare Pavese. Un legame molto molto forte. Io sono un figlio della guerra: mio padre siciliano, mia madre friulana. Mio padre girava per il mondo: è stato a New York e il parente siciliano negli anni 60, nell'hangar, aveva già un aeroplano. I parenti di mia madre andati in Argentina hanno continuato a fare i muratori per tutta la vita quindi c'era un riflesso anche di tipo economico importante. Genova attraversa un momento in cui questa compenetrazione, questo dialogo, questo dilemma tra industria e turismo sta vivendo una fase epocale in una crisi democratica pazzesca. lo spero che il contributo del Dottor Canepari a Genova riesca a rimpolpare queste relazioni e questo quarto di Genova città della cultura. L'anno scorso a maggio, con l'aiuto del Ministero degli Esteri, dove io ho lavorato per un paio d'anni e ho girato il mondo eccetera, abbiamo organizzato una giornata a Genova, città della pace. Avremo questa ambizione, sulle orme di Colombo, di diventare il punto di riferimento per i momenti drammatici che il nostro paese vive. Quindi benvenuto a Genova Consigliere Canepari.”
Maria Vittoria Dalla Cia:
“Grazie, grazie della sua testimonianza. C'è qualcun altro di voi che desidera fare qualche domanda qui ai nostri ospiti?”
Ospite:
“Buonasera. Aveva detto che apre sempre quei libri con le cupole, può spiegare il perché?”
Andrea Canepari:
“Nasce proprio con l'amico Luca Molinari. Il primo libro ha questa copertina che è una bellissima foto di Mckenzie, la cupola è stata affrescata da Brumidi che è un patriota e quindi da questa prima cupola è venuta una seconda che è quella del Palazzo Presidenziale della Repubblica Dominicana, che è ispirato a San Pietro. Fu Nancy Pelosi poi a permetterci di presentare il libro alla National Gallery. Il libro nasce proprio da Nancy Pelosi che ci fece vedere i suoi studi affrescati da Brumidi e poi la cupola, da qui nacque il libro. Il secondo libro, eccolo qua, con la cupola della del Palazzo Presidenziale. E il terzo sempre Brumidi perché affrescò, nello stesso tempo in cui dipingeva il congresso degli Stati Uniti, anche la cattedrale di Filadelfia. E quindi da qui le cupole. Grazie ancora a tutti. Grazie. Grazie a tutti voi, grazie alla moderatrice, al professor Secchi, al professor Molinari. E grazie a tutti che avete riempito questa sala e avete fatto alcuni chilometri. Grazie davvero.”
2. Volume “The Italian legacy in Philadelphia. History, Culture, People and Ideas.”
Edited byAndrea Canepari and Judith Goode. Italian edition published by Treccani, 2023. American edition published by Temple University Press, 2021.
2.1. Presentation at the Center for American Studies in collaboration with American University of Rome. [Original language English]
Volume “The Italian Legacy in Philadelphia: History, Culture, People, and Ideas”. Edited by Andrea Canepari and Judith Goode. Italian edition published by Treccani.
American edition published by Temple University Press.
May 25, 2022
Centre for American Studies in collaboration with the American University of Rome Via Michelangelo Caetani 32, Rome, Italy
GREETINGS:
Giusy De Sio, Associate Director - Centre for American Studies
Scott Sprenger, President - American University of Rome
INTERVENTI:
Andrea Canepari, Co-editor
Lisa Colletta, Director of the “English Writing, Literature, and Publishing” ProgramAmerican University of Rome
Joseph Torsella, Treasurer of the Commonwealth of Pennsylvania from 2017 to 2021
Chris William Sanchirico, Professor of “Law, Business, and Public Policy,” - Samuel A. Blank and Co-Director of the “Center for Tax Law and Policy” - University of Pennsylvania Carey Law School
MODERAZIONE:
Neil Tanner, Senior Vice President and General Counsel for Finance, Strategy, and International Markets at the Cigna Group
Giusy De Sio,Associate Director - Centre forAmerican Studies:
“We are really glad to host the presentation of the book of Councillor Canepari for two main reasons. First, because it perfectly matches with the mission of the Centre that has always been, since its foundation in 1918, the promotion of the cultural, political and economic exchange between Italy and U.S. Secondly because, starting from this year, we are going to organize the first edition of a festival on American culture and for this first edition we have precisely chosen the topic of the ItalianAmerican culture. So this will be a first meeting - let's say - of the festival and then we’ll have a second meeting with the presentation of the Italian translation of the book. On this regards, I would also like to particularly thank President Scott Spranger, not only for the contribution he provides to the library and to the festival, but also for the great opportunity that he gave us today to host the meeting of the board of the American University trustees. I would like to say welcome to all the members of the board and I hope you will enjoy your meeting at the Center. Last but not least, I'm sorry for the trouble caused by the restoration works. You know, this is a very historical building as it dates back to the 16th century so it needs to be restored and I hope you will be back next year so that you will enjoy the overall beauty of the building. If someone of you is interested in the building, at the end of the presentation we can provide a quick tour of our headquarters so, who likes, can join the tour. So, with no further delay I leave the floor to President Sprenger. Thank you.”
Scott Sprenger, President -American University of Rome:
“Thank you. I'd also like to echo her welcome: welcome everybody, the Board of Trustees and the general public from Italy to come to this event. I'm honoured, also, to welcome Andrea Canepari, both as our almost honorary Doctor, which will happen on Thursday - he's going to be awarded with an honorary doctorate from the American University of Rome - but also as the editor of this lovely book that I had a chance to read this past couple weeks: “The Italian Legacy in Philadelphia” published in 2021 by Temple University Press. I'm thrilled to be able to welcome him and to do a book launch for this recent publication. So,as theAssociate Director said, Ithink this is anillustration that sort of incarnates the principles of this particular institution of the Centro Studi Americani, which is a promotion of Italo-American relations, so it's perfectly fitting that we're doing this here today. In addition to Mr. Andrea Canepari, I want to also introduce the panel: we are going to have a panel discussion. I have my colleague Lisa Colletta, on the far left, she is a professor of English at the American University of Rome, has written several books and articles, including on The Grand Tour and a chapter in this particular book on Philadelphia. Next to her we have Joe, Joseph Torsella, who's
an American politician and former Diplomat and who's most recent post was in Pennsylvania, as the Treasurer from 2017 to 2021. He also served as the U.S representative to the United Nations for Management reform, illustrious career. We also have Chris William Sanchirico - I hope I pronounced that right - who is the SamuelA. Blank professor of Law business and public policy at the Centre for Tax Law and Policy at the University of Pennsylvania. So welcome, we have never met, nice to meet you. In additiontotheeditorandthecontributors,wehaveamoderatorofthisdiscussion,NeilTanner, who is a senior vice president at Cigna Insurance and is, also, a board member of the American University of Rome. So the format today will be that Mr. Canepari will give a brief presentation of the book, then we'll turn it over to Neil to ask questions from the contributors to the book and shortly thereafter we'll open it up to Q&A, if you all have questions about the Italian impact on Philadelphia. So with that I'll turn it over to Mr. Canepari.”
Andrea Canepari, Co-editor:
“Good morning everybody. I would like to thank the Director of the Center forAmerican Studies and the former Director Roberto Sgalla for hosting us and Associate Director Giusy De Sio for her kind words. It is reallya pleasure to greet all the audience, present both in this wonderful hall and the early birds who are connecting virtually from the United States and also here, with special mention to Ambassador Raful and all the Diplomatic Corp. I especially thank theAmerican University of Rome, its President Dr. Scott Sprenger for organizing today's presentation and for his very kind words and also the Board of Trustees for attending. I, also, thank both the President and the Board for conferring on me tomorrow the 2022 honorary doctorate for which I am deeply honoured and grateful. We are heretodayto present the book “The Italian legacy in Philadelphia. History, culture, people and ideas” a book project born in 2016 and which is now published by Temple University Press in the United States. The Italian edition of the book will be ready this year and we’ll be published by the Institute of the Italian Encyclopedia Treccani. It is a great honour to be in this panel, which will be moderated by Neil Boyden Tanner, Vice Chair of the university and General Counsel of the insurance giant Cigna. I thank him for moderating this panel on the book today, in which three authors are also participating: Lisa Colletta, Joseph Torsella and Chris Sanchirico.Adouble thanks to them for being present here today, for believing in the book project and for accepting to work together with other 30 authors from differentAmerican institutions to sketch the book as a symphony of different voices, all narrating different aspects of the rich cultural, economic and academic dialogue between Italy and the Philadelphia region. When I assumed my duties as Council General in Philadelphia, I realized
that there was a huge heritage of friendship between the Philadelphia region and Italy, cemented by countless cultural, artistic, social and historical ties that were, nevertheless, not understood in their entirety. I thought it was my duty as Consul General to make this heritage of relations known, by having scholars from different institutions to tell different aspects of the same story, creating a rich and productive dialogue. The project involved various universities including two Ivy League universities, such as University of Pennsylvania and Princeton, great museums and great cultural institutions of the Philadelphia region. As co-editor of the book, I had the honour to partner with a great scholar, Dr. Judith Goode, professor emerita of Temple University and former President of the Society for the Anthropology of North America.The aim of the book and of the project was to present, in a systematic way, the story of Italian-Americans in Philly. It was not only the history of that community. We wanted to tell how the city of Philadelphia had become such a cosmopolitan city and tell it through the lenses of Italianess. We wanted to look at how the Italian-American Community had changed and impacted the rise and shaping of the Philadelphia region. The book and all the initiatives were entirely financed by private American sponsors, such as American Airlines and KPMG USA, with the onlyexception of FedigariTechnologies, an Italian technology company in the pharmaceutical sector with a branch in the Philadelphia region. I thank President Giuseppe Fedigari for being here today with us. I am highlighting the contribution of theAmerican sponsors to show the wider support enjoyed by the book and by the project, which was perceived as open not only to our old and new Italian-American community in the area, but also open to that vast world of Friends of Italy. This is why the participants to the cultural activities organized by the Consulate were not only the important cultural Centres and Universities, National Parks, museums and Italian-American associations, but also associations such as the American Jewish Committee or the Anti Defamation League who had grasped the extremely inclusive and not ethnic character of the Italian events in Philadelphia. The cultural initiatives became a tool to internationalize the region through the illustration of the Italian roots in Philadelphia and gave the opportunity to have discussions about, for example, humanrights andthecommonvalues sharedwith theUnitedStates.This is whyIemphasize how the largest funding for the book came from a state from the Commonwealth of Pennsylvania, which in its budget bill, in a bipartisan intervention, exceptionally provided a significant grant to this Italian initiative into the book. We believe that there is an Italian Philadelphia, to quote an article, a big article actually, written by Paolo Valentino on Corriere Della Sera, one of the two journalists, together with the Pulitzer Prize winner Ingwa Saftran who wrote about the initiative and then decided to write in the book. Back in 2014, together with 50 private and public organizations, the Italian
Consulate General promoted an organized the first week of cultural events celebrating the ties between Italy and the Philadelphia region. This became immediately a month of celebration known as “Ciao Philadelphia”. Today “Ciao Philadelphia” is in its eighth year and has become a permanent annual framework of events where the protagonist is the Italian-American community and how it has contributed to what the region of Philadelphia is today. “Ciao Philadelphia”, back in the days, when I was Consul General, had the honour of having a special guest the Italian Ambassador at the time, His Excellency Claudio Bisogniero and then His Excellency Armando Varrichio. Today “Ciao Philadelphia” can count on the important presence in Washington of the Ambassador H.E. Mariangela Zappia. There were hundreds of events as part of “Ciao Philadelphia”, but I want to rememberjust one: aparticularconferencein theConsulateGeneral virtuallyconnectingPhiladelphia with Rome and the Gianicolo hill, with professors and students from the American University in Rome. Today, after the pandemic, we are all used to connect virtually, organizing conferences such as this one, attended by people from all over the world, but back in 2015 it took the determination of Lisa Colletta and Maurizia Garcia from theAmerican University of Rome - which I'm really pleased to see again today and that I thank - to organize that virtual conference and help create a little bridge between Italy and the Philadelphia region. The living bridge is created through the history between Italy and the Philadelphia region that are recounted in the book, with a rich photographic apparatus, using archival but also artistic photos by the Italian photographer Joe Martorana, with the aim to photograph Philadelphia with an Italian eye as well. I'm very happy that, thanks to you, today we are having the opportunity to tell some of the pages of that story of friendship and collaboration between Italy and Philadelphia. As I speak to you today, I have the great privilege of working in the structure headed by Ambassador Lorenzo Angeloni, which is dealing with the promotion of economic opportunities abroad through the lenses of Italian culture as well. With Minister Cecilia Piccioni the idea is to create integrated promotion initiatives as this one that we are discussing today, which starts with a cultural element and then opens doors to create actual economic opportunities. The founder of a private bank in the US offered me a slogan that seems to me to perfectly summarizes both the book and the spirit of all these Italian initiatives and also of this conference today. He said: “Italy and Philadelphia, perfect together”. I think it is a beautiful concept. Our book and also today's conversation will, I think, explain why. In general, I believe that you want to create opportunities in the future, and if you want to do that, you have to know the past in order to understand the present. All the people here, today, the people highlighted in the book, are living bridges between the past and the future, not just between sides of the Atlantic. It’s important to Make these stories, their stories,
known and allow the realization of concrete initiatives, such as the first transatlantic medical degree between the Jefferson University and the Catholic University “Policlinico Gemelli” in Rome. This is just one of the main example of bridges that can be created. We celebrate the past to understand the present and create a future of new initiatives. I would like, at the end, also to thank especially my wifeRoberta, whohelpedmetremendouslyinshapingalltheseinitiativesandmyfatherwhosupports me. This is also, as you know, an Italian event, a family initiative, everybody participated. I really would like to thank everybody: the American University of Rome, the Center for American Studies, all the panellists and the public here, to start this conversation about creating living bridges. Thank you very much.”
Neil Tanner, Senior Vice President and General Counsel for Finance, Strategy, and International Markets at the Cigna Group:
“Thank youAndrea. Buongiorno everyone, good morning, good evening andgoodafternoonto those joining us from around the world via Zoom. This is quite the room that we are in here. For those of you that cannot see it online it is a wonderful place and I am thrilled to be here to kick off this discussion. Now some of you may be wondering why this insurance executive is moderating this panel, well it is actually, because I actually connect in one way or another to everyone on this panel. So I'm pleased to callAndrea a friend, from many years ago, when he was stationed in Philadelphia. Chris and I have affiliations with the University of Pennsylvania, the Ivy League institution in Philadelphia and I know members of his faculty quite well. Lisa Colletta, obviously, professor at the American University, former Dean where I have been Vice Chair and member of the board for over a decade. I can honestlysay she is one of my favourite members of the faculty, so welcome.And then lastly, JoeTorsella, who I've known for a number of years, was the Treasurer for Pennsylvania, which is my home state, a friend, fellow board member and next door neighbour. Joe promised me that if I did this today then he would keep his dogs off my rose bushes so…(chuckles). But in all seriousness, I do hope this will become an open discussion and that you will all have some questions as well. To kick us off, I thought I would just kind of go down the line and the obvious place to start:Andrea you talked about the writing of this book, you felt it was a dutyand Iam curious what was your inspiration for this amazing book? What really kicked off the idea?”
Andrea Canepari, Co-editor:
“Thank you Neil. The idea came after hundreds of meetings with the Italian-American communities. I thought there was a huge heritage between the two countries, a potential of new opportunities, and I was a little bit… not upset, but truly suffering, that we were not creating all the initiatives that this great deal of friendship could develop. I felt a moral duty to my country, but also to the great region of Pennsylvania to do more and to let people understand all this potentiality. Because we really can do more. If we understand what happened we could understand the days we are living in and we can jointly understand which new opportunity can arise for everybody, so that that's what motivated me.”
Neil Tanner, Senior Vice President and General Counsel for Finance, Strategy, and International Markets at the Cigna Group:
“Now that's great and I can attest as someone who has strong affiliations with Italy and is a native Philadelphian, that I learned so much from the book and I had no idea so many of those connections existed. So I definitely think you met that goal. So maybe we will start with where the book begins, with the forward, which was written by Joe Torsella. Joe himself was a former Diplomat. Joe, in your forward you talked about how you viewed this book as kind of a continuation of the great diplomacy started byAndrea when he was in Philadelphia and I was wondering if you could talk a little bit more about what you meant by that.”
Joseph Torsella, Treasurer of the Commonwealth of Pennsylvania from 2017 to 2021:
“Sure and for the record: Imade no such promise about dogs off his lawn (chuckles as well). It's very generous to include me as a “co-contributor” to the book. I wrote the forward, unlike the actual authors here. For those of you who may share with me the status of grandparenthood, writing a forward is kind of like doing none of the work but get to take a little of the credit. I do thinkAndrea's brand of diplomacy was superb and you can, I think, get a sense of it from him a little today: creative, inventive outside the box and thinking broadly about relationships, not narrowly about transactions. In my judgment - and there are more credible judgments about diplomacy in our audience today –and in my experience, that was at the UN, which is different than a “bilateral” place - the UN was famously described by Madeleine Albright, she said «to understand it you have to think of it as a company with nearly 120 members of the board of directors, each of whom speaks a different language, has a different set of values and priorities and has a brother-in-law who needs a job»what was clear to me is that the kind of conception we all have of diplomacy is that it exists to simply
represent a point of view or to affect a particular interest or transaction, is narrow and usually ineffective. But the better way with most things in life is to build relationships before you need to draw down on them and to think about that broadly. WhatAndrea has done with this book, I think, is exactly that. The State Department for years - I think they still do – had a public diplomacy section, understandingthat when you kind of broaden and deepen the connections, either between two nations or with a multilateral institution, you create circumstances in which making a difficult request becomes a lot easier for people to say yes to.And in some ways I think that's what this book does. It is very tempting for cities or places with large Italian American populations to think of it just as a contributor to the place. What the book does - for those of you who've read it, will know and those of you who haven't you should - is kind of explore that and sort of look back and forward in time and look across sectors that you never expect. Understanding that in Philadelphia - and at some degree also in Pennsylvania - the connections are so long that they go back to colonial times and they're so broad that they're in all these surprising places. The effect of that, I think, and the work around the book, is to create in the reader an appreciation for something that was kind of a - you know - sort of narrower. I always thought Andrea, and maybe more importantly Roberta, were extraordinary diplomats, because that's what they did, and they did it in these very creative and unusual ways, that made it very, very, very hard for anyone in public life - as I was at the time - to say no, when he came with an official request of any kind. So I think it's a superb book, it's an interesting illustration of the depth of these connections that most of us, even those of us who are native Philadelphians of Pennsylvania, didn't understand and a real tribute to him as an author and a model, I think, for a way to approach diplomacy that's effective and interesting.”
Neil Tanner, Senior Vice President and General Counsel for Finance, Strategy, and International Markets at the Cigna Group:
“Thanks Joe and I couldn't agree more.This book, I mean, you could look at it through the diplomatic lens, through a beautiful coffee table book, through a serious academic work, and, you know, some of the members of this panel did incredible amounts of research and wrote some really fascinating pieces. Lisa maybe I'll start with you because you covered a chapter on Philadelphia and The Grand Tour and maybe you could just explain to everyone, who may not know what The Grand Tour was, a little bit about that, but then more particularlywhyPhiladelphia society's approach to The Grand Tour was so different from the one of Boston or New York.”
Lisa Colletta, Director of the “English Writing, Literature, and Publishing” ProgramAmerican University of Rome:
“As you said, I'm a little bit of an outlier in this book because I wasn't looking particularly for the contributions of Italian Americans in Philadelphia but the traditions of The Grand Tour, which bridged a lot of, I would say, cultural experiences. Philadelphia was always an important city in the U.S and it was involved in nation building, creating a national identity, and with its puritan roots it has a very different kind of approach to Grand Touring than Boston or New York, which didn't have that puritan bedrock. So, the puritan influence of the city was interesting because once people got wealthy - and we are talking about people who originally made their wealth in business, usually merchants, oil, building and then by the second generation there were lawyers and doctors - they needed to be cultured, so they sent their sons to the continent to get a little culture. Not too much, because they did not want them to be seduced by the pleasures of a Catholic Italy, so there was a lot of tension among the old Philadelphia’s families that went to Italy and what they were exactly supposed to do when they got back. It was a very different model, most of my work actually deals with the British tradition of Grand Touring , mostly the legacy of The Grand Tour and how that has gone on to affect ideas of what Italyis and how it fits onto the world stage, always often beingdefined by other people. Italy is inherently this, Italy is a land of contradictions, the British seem very confident in writing books about what Italians are like and so I was kind of fast and it comes from their roots in Grand Touring. So, that's mostly my interest, but this particular one was interesting because I didn't know a whole lot about Italians in Philadelphia. I knew it from family, you know we are all Italian Americans, it seems like, so we have family spread across the East Coast, but touring families went to Italy with a specific kind of mission. They were sort of sent there with their sons to bring back a certain kind of culture, because it wasn't just enough to found a nation on mercantile principles. We're talking about the early part of the 20th century, late 19th early 20th century, so by that time the third generation of these captains of industry needed to go and bring back some culture, not too much, because they did not want them to stay. Which a couple of them did and some of the more interestingstories or those that decided not to return and stay in Italy and live a kind of decadent and luxurious life, which wouldn't have gone over very well in Germantown… okay it wouldn't have gone over very well in Philadelphia. The main idea was to come back and bring the legacy of their trips from abroad where they were learning about the cultures. Paris was the place where you went to sort of get manners, but the main focus of The Grand Tour was always Rome, more than Greece, even if it was seen as the foundation of Western civilization. It is where you went to get cultured.
Oftentimes theAmericans andthe Britishsawthemselves as inheritorsofthat empire and theyneeded to have that kind of cultural capital in order to build that City on a Hill, in order to transfer those values to the new world. So a lot of them sent their sons mostly back and many of them really contributed, as I say in the book, to the cultural life of Philadelphia. They founded orchestras, they founded the first zoo, they founded the Athenaeum, and they were involved in really building a cultural part of Philadelphia. So theydid their job, theywere supposed to go back and acquire cultural culture and bring it back in a particularlyAmerican way. So, that's my interest and I would just like to say one thing. I really want to thank Andrea for doing this because, if anyone has ever edited a book, it is the worst experience in the world. It's like I mean 30 contributors and I couldn't believe it, it's easier to write your own book and it's really a lot like herding cats and your grace and patience was much appreciated. If I could say one more thing, because I feel a bit of a fraud in this group, but I would like to also thank in addition to President Sprenger, our former President Richard Hodges, who was the one who introduced me to Andrea and he was the former Director of the Penn Museum so if anyone should be up there it should be Richard and his legacy. speaking of legacy, of the sort of cultural connections he's forged, I think we still are living with AUR and the importance of those. I wanted to thank him in absentia because that is how I met Andrea so, I do not know if that answers the question. I think you wanted me to talk about George Verts who's the most interesting.”
Neil Tanner, Senior Vice President and General Counsel for Finance, Strategy, and International Markets at the Cigna Group:
“Thank you Lisa. Now we turn to Chris who actually did two chapters of the book and on very different topics. I thought maybe we would start with the chapter on Jazz. I'm a big fan of jazz but I had no idea of the connections between Italy and Philadelphia in regards to Jazz. I certainly knew who Eddie Lang was, but I did not know his real name was Salvatore Massaro. That was news to me in reading your chapter I was wondering if you could just talk a little bit more about these connections to the father of jazz guitar and generally Jazz Philadelphia Italy.”
Chris William Sanchirico Professor of “Law, Business, and Public Policy,” - Samuel A. Blank and Co-Director of the “Center for Tax Law and Policy” - University of Pennsylvania Carey Law School:
“Yes, SalvatoreMassaro -Eddie Lang- is regarded as the fatherofjazz guitarand Iguess thequestion is why would that be? I think if you were listening to a small ensemble or a jazz band before Eddie
Lang, you'd see a banjo and after Eddie Lang you'd see a guitar and you'd also see the guitar as one of the featured instruments, perhaps playing a solo, and Eddie Lang gets the credit for that change and I think when people say that he is the father of jazz guitar that's what they are referring to. If you listen to Eddie Lang you'll hear something very similar to Django Reinhardt. You may know more about Django Reinhardt based on recent movies and things. That was the sound that Eddie Lang had and Django Reinhardt was very influenced by Eddie Lang's sound. Eddie Lang is from South Philadelphia. Yeah, I grew up in South Philadelphia and there was a gentleman in South Philadelphia named CarmenAzzaro who used to sing Italian songs to his wife and I guess a continued wooing her and decided that he needed to up his game and learn how to play the guitar also. So he went down the street and took lessons from Eddie Lang. CarmenAzzaro never became a great jazz guitarist, I guess it’s safe to say he did remained married for a long time, but his son Pat Azzaro changed his name to Pat Martino and I would say up until, unfortunately, November of 2021 was probably the greatest living Jazz guitarist. Since - again - the playing is the thing, what was the difference between Eddie Lang's playingand Pat Martino's playing? The sound of the jazz guitar played byPat Martino, is more what we think of today as the sound of the jazz guitar. It's a deeper sound, less of a stringy sound, the chords are less chomping rhythmic chords like Django Reinhardt, and the single melodic line is emphasized and when chords are played they would be syncopated and so on. Pat Martino was absolutely spectacular. When he was playing in South Philadelphia, there was a young man who went to see him play and thought he was the greatest thing since sliced bread. It is the 1970s, with his sunglasses and his attitude and his incredible virtuosity, and that was Jimmy Bruno who is a fantastic Jazz guitarist also from South Philadelphia from the same neighbourhood and it actually goes on and on people who are not necessarily playing guitar. A fellow named Joe Venuti who is a precursor to Stefan Grappelli - you maybe more familiar with the jazz violin playing of Stephen Grappelli- shared a music stand with Eddie Lang back in the tens and they went to a pawn shop and theybought a guitar and a violin and they flipped the coin and Eddie Lang got the guitar and Joe Venuti got the violin and they played together for many years. They made recordings with each other, there is also the De Francesco family and Joey De Francesco in particular, a fantastic jazz organist, Tony Miceli, a fantastic vibraphonist, and the list goes on. So I think if you ask these musicians what it is they do they wouldn't say that they were Italian-American Jazz musicians, they would say that they were musicians and they would be happy to play with anyone who could keep up with them or even better lead the way. But it's actually quite interesting to note how much, of course, the story of jazz in the United States is fundamentally or most centrally an African-American story, but it is interesting to
note how involved Italian Americans also were, how much they contributed also. And how much of the Italian-American contribution to Jazz comes from a relatively small neighbourhood, South Philadelphia. So that was a delight to learn about.”
Neil Tanner, Senior Vice President and General Counsel for Finance, Strategy, and International Markets at the Cigna Group:
“Thank you Chris, I was incredibly impressed by that chapter because it's unusual as a local to learn so much about your own home, so thank you for that. So Andrea it's clear you pulled together some amazing contributors for this book, covering everything from politics, to theArts, music, the private clubs of Philadelphia, really the whole gamut and I'm wondering how you assembled this incredible collection of individuals?”
Andrea Canepari, Co-editor:
“That was really the fun part, I mean being a diplomat you have the privilege to meet everybody, to know everybody, it's a title that opens doors, and it's also a duty because you are compelled to do that efficiently, but it's really a pleasure to meet all the people and listening stories. People for example were telling me stories that they felt their moral duty to tell me, because if they were telling the story that story would have been saved. One of these stories was written in Chris’s chapter about UPENN. I don't want to spoil the surprise but in an Ivy League institution, I understood from some of the people that witnessed it, how an Italian doorman, a poor immigrant that came without any resources to the U.S was able to make his living in Philadelphia by investing a little capital wisely and then he was able to contribute to the founding, after his death, of the first Italian cultural center and the first chair of Italian studies at an Ivy League University in the Philadelphia region. I love UPENN it is my alma mater as well, but at the beginning, they tended, from what I understood, to love the money of the endowment instead of the idea to establish the chair. So the Italian community had to fight for it. We have here another friend of mine and former Consul General of Italy, Anna Della Croce, that maybe knows the story for being a part of the team that supported the establishment of that chair. So if you think about it, a poor immigrant had the idea to found the chair of Italian Studies inside an institution that was not always friendly with the mass of the Italian-American migration, and other people reacted to have this chair to be established. After decades these people came to my office, gave me a manuscript about it, and said “You have to read it” and I did not do it immediatelybecause I was extremely busy, but after years, actually, I grasped what happened. So I shared the story with
Chris and asked him: please insert it in the book. That is just an example, but there were so many fascinating people from South Philadelphia, from the great cultural institutions and everybody was adding a piece. That was really important to me, to create these frescoes and let these stories become permanent and to be saved from time. Because otherwise it is gone. So it's important to put it together, even architecturally: on the back of Market Street there was a copyof the bridge “Rialto” fromVenice and I've never been there, nobody had any clue about that Italian inspiration, but Inga Saffron wrote an article about it and we put the photograph in the book. So there are so many elements and also the mass migration. I'm happy that there is here another expert of Italian immigration, Eugenio Marino, who we are working with to create other initiatives, to let these people and these stories to be known and he knows how, sometimes, Italian high culture and mass migration are looked, even by Italian Americans, as some different words that do not have anything in common. In reality, on the contrary, they are the same, theyhave the same values, theyhave the same love of workingseriously, to respect the family and create a better place for the family and for the society, it's how Philadelphia was improved, in a sense, by Italian Americans. So knowing all these stories and listening these symphonies from so many voices, we had to work to put them in a book and so we did it. We also had hundreds of events with all the institutions that wanted to take a part in it. Then I felt the moral duty to write the book and I worked with Dr. Judith Goode. She made a tremendous effort, also, to create a symphony with all the U.S academic standards because I wanted the story to be published by anAmerican universitypress, you know, because I believed that these stories were serious stories and that they should have been published by an American University Press, in order to let everybody grasp the important and the seriousness of the stories. All the great names we have in the book are part of the story and they help to create new stories.”
Neil Tanner, Senior Vice President and General Counsel for Finance, Strategy, and International Markets at the Cigna Group:
“I'm glad you commented on the Italian-American experience in the book because I think that's another really important lens, some of the rags to riches stories, some of the stories of wonderful contributions whether in theArts or thedonationthat youreferenced.Stories thatfranklyhaven't been told enough and I want to turn back to Joe because you are an Italian-American from Pennsylvania and I was curious about your reaction to the many stories of the Italian American experience and maybe how that might relate to you or your family.”
Joseph Torsella, Treasurer of the Commonwealth of Pennsylvania from 2017 to 2021: “Sure, well yeah, I live outside of Philadelphia now but I grew up in a different part of Pennsylvania which has a very varied sort of geography, social and political, in a small town, in the central part of the state, called Berwick Pennsylvania. You can think broadly of Philadelphia as Pittsburgh which has a much more Midwestern quality. Sometimes, usually by political commentators, it gets slumped together as the rest of the state which is very rural and different, and I grew up in that part and have been a Philadelphian, by adoption, since, roughly, my college years. The elements of this story were broadly true in the part of the state that I grew up in and are broadly true in Western Pennsylvania, which also has a large Italian American population but with some differences. I think you have to appreciate Philadelphia for the early United States, because it was of extraordinary importance in every kind of way. Philadelphia was the largest city in the British Empire outside of London at the time of theAmerican Revolution, larger than anywhere else, including in what's now the UK and was often called the new Athens and I think because of that, there's this back and forth between Philadelphia and one of its, you know, kind of model cities, Rome, in a way that, you know, might not have been true in the rest. Put it this way: in the town I grew up, in a 5 000 people Berwick Pennsylvania, no one in any generation went on a grand tour, but Philadelphia does have this and we think of it now. It's a wonderful City but try to understand what it was for most of its early existence, which is a kind of new world realm, and I think that's sort of a special overlay. I think the other thing might be a little different. One of the wonderful things about this book is that it says the waywe think of the Italian influence in any part of the United States tends to be thinking about immigration and the surge of immigration at the end of the 19th and early part of the 20th century. That's understandable because that's probably where most of us, you know, can date our Italian American status to, and it's wonderful but to some degree that obscures this longer bigger tradition of Italian andAmerican exchange of influence, that has literally shaped the entire world around us, whether it's architectural and played in design, whether it's political concepts ,whether it's fashion or commerce or jazz and all those things were true in the part of the state I grew up in. I mean the founding of institutions, you know, the prominence in commerce and politics and culture. Just not in such kind of resounding and celebrated ways as they are in Philadelphia but I think the outlines of the story are actually true. Pennsylvania itself has about a 10% of Pennsylvanians that are Italian-American, but I think there is a more universal story here that I think has implications way beyond Philadelphia and Pittsburgh.”
Neil Tanner, Senior Vice President and General Counsel for Finance, Strategy, and International Markets at the Cigna Group: “Great. Thanks Joe. Moving to the other side of the Atlantic, back to Italy, I'd be remiss if I didn't point out that theAmerican University of Rome is on the Gianicolo, a beautiful location, if you have not been please come visit us. I was really surprised, Lisa, to read in your own section a connection between Old Philadelphia society and the Gianicolo and I was wondering if you could quickly comment on that.”
Lisa Colletta, Director of the “English Writing, Literature, and Publishing” ProgramAmerican University of Rome:
“Okay sure. Actually, in this very building that we're in is where the Wurtz has lived, in the Palazzo Mattei, and with great extravagance as you can imagine. George Wurtz was a part of the American delegation. He was a young man who was perfect for The Grand Tour, he was not particularly intellectual, but he had great manners and great taste and had an interest in the larger world, so early on he followed the diplomatic career and he was in Rome for a while, then he was in Saint Petersburg. He came from an extremelywealthyfamilyand when his first wife died he married an even wealthier woman, Henrietta Potts Tower, who was also from just outside of Philadelphia. Here they created, in this Palazzo, a salon that stupefied everyone in that era of unbelievable wealth, their collection was outrageous, much of which, after George died, Henrietta went and donated to Mussolini as well as the Villa Sciarra because when they left this they didn't own this Palazzo, they bought the Villa Sciarra, which is just across the street from the American University of Rome on the Gianicolo and in at her death in 1933 she also donated that to Mussolini, who she was quite fond of, under the condition that it was made available to the Italian people. The collection is in Piazza Venezia, a permanent collection, and it is very large collection of very eclectic art that is not easily seen in Italy. There's lots of things from Russia in the far East, from their travels, so that's quite interesting as well. But the main connection between the Philadelphia culture and the Gianicolo and this building itself revolves around the births and their interesting Legacy. And I thought what Joe was saying was interesting too because it’d be pretty hard-pressed to find an ItalianAmerican who went on a Grand Tour and in fact mass touring wasn't something that happened until much later. It was always something reserved for the upper classes and it's for that reason that it's hard to track Americans on the Grand Tour because, unlike the British, who sent up until the late 19th century, it was still pretty much restricted to the aristocracy or at least the very upper classes.And so there's a lot more archival
evidence there, their letters, their family papers, their histories, but American families who travelled… you have to go to boat manifests to find something. You know, it's very difficult archival work, there hasn't been a big collection of it, but in my chapter the real difference is that it's focused on that upper class of Philadelphians who went to Italy and really tried to forge cultural connections, but that happened even - as you mentioned – earlier: with the family who Charles was married to, CatherineAdams, great-granddaughter and daughter of U.S presidents and who lived in Florence, but their interest was during the Risorgimento, they were very engaged in pamphleteering and fighting for the Italian State and they saw it as a cause celeb and they really built a lot of sympathy back in the States for the Risorgimento and the battle for creatinga unified Italy. Sothe connections culturally and politically do predate the thing that most of us think about, which is mass immigration around the turn of the century. They run much before that.”
Neil Tanner, enior Vice President and General Counsel for Finance, Strategy, and International Markets at the Cigna Group:
“Thanks Lisa. So I'd like to conclude with Chris but then open it up to the audience for questions. Chris I'm going to ask you a very open-ended one because there were so many interesting things in that chapter on Penn, again full of surprises, things I never knew, especially the story you told I think is a great story. What surprised you the most in pulling that together?”
Chris William Sanchirico, Professor of “Law, Business, and Public Policy,” - Samuel A. Blank and Co-Director of the “Center for Tax Law and Policy” - University of Pennsylvania Carey Law School:
“Well I think I was most interested in how the history of the University of Pennsylvania, which has been a piece of Philadelphia and American history for 275 years or so and which by the way on the other side of the ocean seems like a large number, sitting in this room it's hard to imagine but that's a large number, how the Universityof Pennsylvania's history reflected as a small piece of Philadelphia and the United States reflected the history of the United States, especially in terms of the interaction with Italy and Italian Americans. One particular period that I think is particularly interesting is the end of the 19th century coming into the 20th century, where you have two things happening at the same time.You have some very public spirited people in Philadelphia society, William Pepper, Sarah York Stevenson and others who are very interested in Italy and are founding the Penn museum at the time and are engaged very proactively in obtaining artefacts, in particular in this case it was Etruscan
artefacts from tombs just north of Rome. What they had to do and how they had to keep at it to get that stuff to the Penn Museum and have it, it comes to them in a form in which they could tell where the artifact was discovered, which tomb it had been discovered in, where it was in the tomb when it was discovered and it was an amazing endeavour and a quite a successful endeavour, but as they were trying to bring - very proactively trying to bring - pieces of the Italian past to the United States at the same time the Italian president was flowing all by himself to the United States. In 1870 when they're getting started with their ideas of the Penn Museum, (there were) 300 Italians in Philadelphia, by 1910 there are 77 000 Italians in Philadelphia, a 250-fold increase during that period. At the time, when the population of the city is doubling. That was a very big change for Philadelphia and what's I think interesting is that it's important to keep in mind, and this has been mentioned, from where these Italians came. There's a fantastic book that we don't know as well, but Italians know very well I am told, which is called “Christ stopped at Eboli” by Carlo Levi. Carlo Levi describes - he was, a critic of Mussolini and he was internally exiled to the south of Italy for a few years during that era - he describes the living conditions of the people and he talks about how they lived in single rooms. So imagine your first apartment, the studio apartment you got right after you graduated from college, except your entire family lives there with you and all of your livestock are also living there with you in that one room apartment. That is what it was like and Carlo Levi says «But on the wall right, next to the picture of the Madonna, was a picture of Franklin Delano Roosevelt and maybe a dollar a U.S dollar pinned between them». We don't really understand it as bi-directional but there was a bidirectional flow between Italy and the United States at that time in southern Italy and the United States and Levi says that they the Italians of the South saw New York as their Capital as much as Rome or even Naples. So they came to the United States, in droves, and I think it's fair to say that the generation that arrived as adults had very little to do with the University of Pennsylvania. Perhaps they were employees, but we can ask the question: what about their children, who would have been born sometime around 1905? So if you go into the yearbook of the University of Pennsylvania from the 20s, through the pages, you will see a photograph of about 20 or 30 young men and then underneath about 50 or 60 names that are unmistakably Italian and that was the Italian Club and these people belong to the Italian Club. If you cross-check with the graduation announcements and with other Italian-American names, it seems as if, a fair conclusion is that, every ItalianAmerican at Penn at the time was in this club. Our question is why was that so. I think there are several reasons. One reason is, I think, we have to remember is that at the time these photographs were snapped, Congress
was passing immigration restrictions that were on the surface, generally applicable, but just below the surface were clearly against immigration from southern Europe and I suppose, you know, there's nothinglikejointoppositiontocreatecoherenceandperhapsthenalloftheItalianAmericans grouped togetherin this club.The second reason Ithinkthattheclub was so popular, andso almost unanimous, was that we believe it was created bya verycharismatic professor at Penn named DomenicoVittorini, who was at Penn for 40 years, from roughly 1920 to 1960. Taught Italian and did research on Pirandello,alsoonDante,andwas regardedasthemajorItalian-Americanpresenceoncampusduring that time. He is now celebrated, there are Scholarships in his name, prizes in his name and when Penn went back to solicit some of the more successful members from that photograph, part of their pitch was to remind the students of this fellow DomenicoVittorini and some of them gave very generously, maybe as a result of that memory”
Neil Tanner, Senior Vice President and General Counsel for Finance, Strategy, and International Markets at the Cigna Group:
“Thank you Chris and now as promised we'd like to open it up to the audience if we have any audience questions.”
Q&A
Question No. 1:
“Thank you very much for this. It was really interesting and it sounds like you all uncovered stories that you maybe hadn't anticipated uncovering. I'm wondering what the reaction to the book has been in Philadelphia and if people are, still, pursuing other stories or - you know - where you see this going? Because, while it is apparently a beautiful coffee table book, it also sounds like there is a lot there.”
Andrea Canepari:
“It’s a great question because all this initiative starts with the idea of creating bridges, so what's the end of the bridge? Actually, it is a never-ending story, hopefully. I am very happy, I do not know if I'm spoilinganything, but there’s a group of great people, different generations working now to create a website called “Ciao Philadelphia” which was the same name of this cultural initiative. They are collecting stories and they will announce soon this website, which is the next step. I'm very happy
that we have her the sister of one of the protagonists of this initiative, Joanna Della Valle and her daughter Margo, I'm happy that they are here. Joanna insisted with Stacy Storm and they are working with a great friend of mine as well, Joe Giacovini, who is a giant in the legal arena, but not only of Philadelphia, and with other great people, Dominic Caruso, former CFO of Johnson & Johnson, and Philip Rinaldi and mywifeactually,she's in the board, and Robertaand DominicaValucci andothers are working to create this new project. So the idea is to continue and as soon as we have awareness, knowledge, I think next step can be done. Due to Covid we are actually just starting with presentations and public activities about this project that started in 2016, so everybody was extremely patient among the authors, but also it was a huge work in doing that. So now it's time to see what the next direction will be, thank you.”
Question No. 2:
“What were the demographics in terms of the jobs of what the Italians were doing when they came to Philadelphia? I know mostly people whose forbears, like my grandfather, came here and worked in the mines, so many of them worked in mines, even though I believe my Italian family were highly literate and actually had semi-professional jobs here in Italy. Were you able to study that in the book? of what people did in Philadelphia when they came, other than the delightful story about musicians and other things?
Andrea Canepari:
“Well it depends also. There are seven layers of Italians that came to Philadelphia and with very different backgrounds and expectations. So the early ones were merchants especially from Genoa, or intellectuals who brought new ideas for the new Republic and they started very successful trades. Then we have the big migration and of course, as you were mentioning some of them, the majority went in Pennsylvania working in the mines. I remember terrible stories, I had the duty to witness Monongah in West Virginia at the border with Pennsylvania, where one of the greatest tragedy of Italian-American miners, actuallyItalian miners abroad, happened and hearingthat story was painful, but from that story success came. For instance, our friend - I'm looking at Joanna - Chuck Pennoni, his family came from Scranton, where nearby President Biden came from, Scranton Pennsylvania, and they had a hardworking job for the mining sector which created a 1000 engineering firm and he became president of the association of U.S Engineers. So, Imean, that was possible and now we have the doctors and scientists that are coming to Philadelphia to work in hospitals and research institutes.
So different backgrounds, different beginnings, it's very different to work in a mine in near Scranton orMonongah, or goingto ChildrenHospital or someother fancyinstitute,becausetheyare, Iresearch institutes.Thevaluesare thesame:hardworkingpeoplecreatingbridges, connectingthroughthepast, even if sometimes - especially the new generations - they are not aware of that and sometimes they do not grasp it, but actually, they are part of a common part. I believe that opportunities will arise if wehavethispath,ifwefollowinstitutions,suchastheAmericanUniversity.Wehadgreat discussions with his President, on how they are creating bridges, they are mixing cultures. So that's my take.”
Question No. 3:
“I'm very grateful for the last two questions because they fill out a bit of what I would like to ask. The first question asked how the Philadelphians have seen this book and I would like to follow up with asking how Italians are seeing this book?And the second question talked about class, and I think that both of these things, even if I sound 100% English, which is obviously my education, I look and I listen to this with Italian ears because I’m Roman and I want to ask: you talk about Philadelphia as distinct from DC and New York, yet Philadelphia has more in common with DC and New York than Genova has with Napoli then Napoli has with, you know, etc… so what I've noticed in the discourse is that you've got an upper class helping unity of Italy, which is a northern idea, and which idea arguably pushed out the self and impoverished them and forced them into America? So I imagine, actually, that all the great cultural things that have been done in Philadelphia are done exclusively by Southern Italians of the Magna Grecia? Is that right?”
Joseph Torsella:
“Well I don't think so. “Exclusively” is a strong word but I think just given the nature of the mass immigration and where it was from, as has been discussed, there was an enormous Southern Italian influence, except that, when you go out of that period and you, sort of, look backwards and forwards, you see more variation.”
Neil Tanner:
“Yah I'd agree with that. I also think - as Lisa alluded to - our Quaker Roots make us quite different in Philadelphia from those other places but nonetheless I think you could argue each massive wave of immigration, going all the way back from the English, to the Germans, to the Italians, the Vietnamese, each has brought with it its own wonderful contributions to our society that have created
this really unique grand experiment, as it was called by our forefathers and I think we've all benefited from that immensely and the Italians play no small role in that, but a very big role.”
Lisa Colletta:
“I can follow up a little bit on that.As I said my interests and actually the next book I'm working on was made in Italy and the way that Italy has been defined by other people. So it's very interesting because even the wealthy expats, not just grand tourists, that decided to stay were writing about the Italian unification. It's very interesting because in many ways it's deeply rooted in the idea of the inheritance of the Roman Empire, who are going to be the next? I mean Boston calls its the Athens of America. You know: who's going to be the next one? I would say Anglo-American culture really saw itself as the inheritors of that. So regular Italians who were there, the fact that they've been overrun bypopes and everyotherkingdom, was asortofevidencethat, well,theregular Italiansaren't really the real ones, the real ones were back in history. So there's a nostalgia associated always with what Italy - you know - was and what it actually is practically. It often overlooked the people who were in the landscape, they just happened to be picturesque, but the grander narratives that they were writing about empire and its identity, often left the regular Italian people to be represented as either shepherds or charming or rustic or more authentic than the Anglo-American world was. So they get represented in a verydifferent wayin the literature of grand tourists. Idon't know if that answers your question but…”
Andrea Canepari:
“And I'd like just to add a quick comment about Washington and Philadelphia. I do believe there is a specialty about Philadelphia. If you go to Washington the centre of Washington it's called downtown , as all the centre ofAmerican cities are called downtown, and in downtown you basically work and you find public offices. One of the exception is Washington where the first building was made by Italians and it's the Watergate actually, it was made with capital from Vatican and Roman investors, built by a Milanese engineering company and it's the first building in Washington with apartments, commercial offices and shops together. But usually you don't find that in Washington, you are not used to find that inWashington, since the foundation. But in Philadelphia you don't have a downtown, you have “Center-City” whichis, Ibelieve, Italian branded, as the Italiantranslation is “CentroCittà”. It is a completely different concept, it is what you find here in Rome, in every city in Italy, a place
where you work, you live, you shop, you have schools, all together. So I think that's the symbol of how different is Philadelphia and how it was shaped by this European and the Italian influence.
Neil Tanner, Senior Vice President and General Counsel for Finance, Strategy, and International Markets at the Cigna Group:
“Thank you Andrea and thank you everyone for joining us today, and I'd like to thank all of the panellists and of course Andrea for putting this together today.”
2.2. Presentation at the American Culture Festival: Italians in America. Italian Legacies on the East Coast of the USA: stories from the book. Center for American Studies. [Original language: Italian. Courtesy translation in English.]
Volume “The Italian Legacy in Philadelphia: History, Culture, People, and Ideas”.
Edited byAndrea Canepari and Judith Goode. Italian edition published by Treccani.
American edition published by Temple University Press.
September 23, 2022
Festival of American Culture: Italians in America
Italian Legacies on the East Coast of the USA: stories from the book Centre for American Studies
Via Michelangelo Caetani 32, Rome, Italy
PANEL:
Andrea Canepari, Co-editor
Ignazio Marino, Executive Vice President of Thomas Jefferson University
Emilia Zankina, Dean of Temple University Rome
Andrea Canepari, Co-editor:
“I am very pleased to be here with Professor Ignazio Marino, who has served as Mayor of Rome, a Senator, and, most notably given today's theme, as Executive Vice President of Jefferson the first medical school in the United States, founded in Philadelphia. Today, Jefferson is also an advanced medical research institution with a budget of approximately ten billion dollars, making it a major global entity. Why are we talking about this, about the future, but also about the past? Because today, we are drawing inspiration from a book I curated on the Italian legacy in Philadelphia, focusing on the contributions of Italian culture and Italians to the East Coast of the United States, particularly in Philadelphia. I was recently theAmbassador of Italy to the Dominican Republic, and before that, the Consul General in Philadelphia, from which this work and project originated. I am glad to be here at the Festival of American Culture, organized by the Center for American Studies, with many friends connectedfromPhiladelphiaandItaly,andtoseehowtheseinitiativescreatebridges,asdemonstrated by the presence of the Dean of Temple University Rome, Emilia Zankina, and other professors. I am also happy that this Festival of American Culture highlights Italian-Americans and their culture. I have worked for six years on this book with Judith Goode, Professor Emerita at Temple University in the United States, and a founder and former president of the American Anthropological Association. I chose to work with her because these are important stories, which are sometimes treated only within the Italian-American community, and it is wonderful to bringthem to a wider audience.Working with someone who has no ethnic ties to Italy allowed us to study these stories with a serious scientific approach, as demanded by an academic American publishing house, which, as you know, requires numerous rigorous checks. The book will also be published in 2023, next year, by the Treccani Institute in its Italian edition. I like this image (points to the screen in the room) because it illustrates our discussion about the future. This photomontage features the skyscraper repeated four times, but the inscriptions are real highlighting a significant Italian month that we initiated around Columbus Day. It was supposed to be a three-day celebration, but then it became a week, a month, a year, and now it has become permanent, to celebrate and raise awareness of this Italian legacy in the United States. This (points to the screen in the room) is the skyscraper of the Philadelphia energy company, PECO, which was one of our partners, along with American Airlines and others, because many believed that by showcasing Philadelphia through Italian lenses, the city could become more international. Many started to believe in this. I like this title (points to the screen in the room) from “Corriere della Sera”: “From Rocky to Botticelli, the Italian Philadelphia” which shows the connectionfromtheRockystereotypetoBotticelli inthegreat artmuseum, andthento greatscientists
like Ignazio Marino, combining it all to present a different Philadelphia, thanks to the contribution of Italian-Americans. This is an article by Paolo Valentino, a two-page piece published in “Corriere della Sera” in 2015. This (points to the screen in the room) is another illustration by Monteverdi, the illustrator for “Corriere”, which I appreciate because it summarizes the key aspects of this ItalianAmerican collaboration: from the art museum to the iconic Philadelphia cheesesteak quite heavy, indeed found in the most renowned Italian-American neighborhood of the past; the Rocky statue; and also the less visible elements, such as that vintage car, which refers to a museum established by one of America’s greatest neurosurgeons, Fred Simeone. He authored an important treatise and possesses a collection valued at five hundred million dollars, featuring remarkable Italian cars. This was significant to us because through Italian cars, we could show that we were capable of creating such vehicles and making the first car with independent suspension, and why we now export, for example, machinery for the pharmaceutical industry to the Philadelphia and New Jersey area. Here (points to the screen in the room), we have Professor Marino giving a lecture at Temple University. He is one of our excellences, alongside Ferrari and Botticelli. He represents those Italians who went to the United States, particularly to the Philadelphia area, and transformed not only culture but also relationships. Professor Marino, for example, created the first transatlantic medical degree, which allowsstudents not onlyto studyin both worlds but also to work in both, in thechallengingand closed field of medicine. This initiative involved bureaucracy as well. I remember people saying, “It’s impossible… it’s impossible… he’ll never make it…” but he did. Here (points to the screen in the room)is thesigningwith theGemelli Polyclinic,theRector,andProfessorMarino.Hereagain (points to the screen in the room), we see another Italian professor at Temple University, Professor Giordano, with theSbarro Foundation,in the context ofactivitiesaimed at linkingcultureto scientific research.”
Follows video: “Ciao Philadelphia – Cinema, Music, Culture”
“This video was meant to show how these initiatives were organized. By creating these initiatives, we not only highlighted the city and the Italian-Americans, but we also built academic relationships. In the video, you saw some of the universities where connections were made, bridges were built, and opportunities were created. This (points to the screen in the room) is our flyer: as you can see, the primary American institutions, from American Airlines to KPMG United States, were listed as sponsors, supporting and even funding Italian initiatives. This (points to the screen in the room) is the Drexel University book celebrating their anniversary, in which they mention the activities carried out
in collaboration with the Italian Consulate to promote future-focused research and relationships. This (points to the screen in the room) is the art collection Imentioned, featuring events where Italyreturns to the most important and iconic locations. This was the essence also conveyed in the book: starting from history - we have 40 scholars who contributed - to raise awareness and create opportunities for the future. To continue our conversation, I would now like to give the floor to my friend Ignazio Marino to hear his thoughts. He has spent significantly more time in the United States than I have, so, Ignazio, what are your reflections on all of this?”
Ignazio Marino, Executive Vice President of Thomas Jefferson University:
“First of all, I would like to thank the Center forAmerican Studies for hosting this conversation based on the wonderful book curated by Ambassador Canepari. I am very pleased to be here today, along with Emilia Zankina, the Dean of Temple University Rome. For those who may not know, she had the brilliant idea of placing a beautiful light installation at the departure area of Rome’s international airport, which fits perfectly with today’s theme. It says something like: “Start at Temple in Rome and graduate at Temple in Philadelphia”. Andrea, if you do not mind, I would like to take a small step back, because what you have demonstrated with these beautiful slides perfectly represents the feeling and the vision that Philadelphia has today, I believe, in a fairly widespread way, about the presence and contribution of Italians. I moved to Philadelphia many years earlier because I wanted to become a surgeon in the field of liver transplantation, and the only place where this surgery was being performed was in Pittsburgh a heavily industrial city at the time, with over 70 steel mills. Emilia Zankinaalso lived thereduringherjourneyacrossthe globe. Back then,thesentimenttoward Italians, even among Italians themselves, was profoundly different and I quickly realized, back in the 1980s, that Italian immigrants almost unbelievably, considering the affection that Philadelphia and Pennsylvania now express for Italy would often forbid their children from speaking Italian for fear of discrimination by their schoolmates. In that extraordinary place, certainly remarkable for its technical capability, in 1990 and 1991, we performed more than 500 liver transplants annually at Pittsburgh a record that remains nearly unmatched. In that cathedral of technology, I recall an anecdote: in 1987, the extraordinary head nurse of the ICU asked me if we had refrigerators in Italy, and I told her that indeed we had, and had for many years. Another anecdote I would like to share is about Consul D'Andrea, the honorary Italian Consul in Pittsburgh. At one point, I was promoted to chief of surgery, and I wanted to obtain certification from the Italian Ministry of Health. We filled out all the necessary forms, sent them to Rome, and they were sent back saying, “Yes, everything is
perfect, but there are no stamps”. In Italian culture, stamps (or seals) are very important. Today, I think everyone in Pennsylvania knows we have refrigerators, but the issue of stamps is still, Ibelieve, not fully resolved. Everything has certainly changed dramatically in the last 30 or 40 years. Today's Italian immigration consists of scholars, people who want to continue their studies and specialize in various fields. We have a great company,Agusta, which has its helicopter production site just outside Philadelphia, and it is a source of Italian pride. About 20 years ago, Agusta won the competition to produce Marine One, but theAmerican government later decided that, even thoughAgusta had won, they couldn’t allow the U.S. President to fly in a non-American-made helicopter. However, last year, in 2021, theyhad to admit thatthebest helicopter fortrainingU.S. Marines is anAgustamodel, which will now be supplied in over 100 units to the U.S. military. Therefore, everything has changed. Philadelphia is no longer home to just Italian laborers; it now hosts significant intellectual contributions in engineering, law, biological research, and medicine. One of the things Andrea referred to, of which I am most proud, is the fact that I managed to bring together two bureaucracies. With the stamp story, it seemed unlikely that this would happen, but in 2019, with significant help fromAmbassador Canepari, who was then Consul General, we launched the first-ever dual degree in medicine and surgery. t remains the only program that enables students to study for three years in Italy and three years in the United States, ultimately earning a degree that qualifies them to practice medicine across both continents in all 50 U.S. states, the 27 EU member states, and the UK, which isnowoutsidetheEU.Thisprogram, whichAmbassadorCaneparioutlinedinbroadterms,isongoing and involves more than just Jefferson. Philadelphia is attractive because of its multiple academic centers, including one that is particularly important, represented here by the Dean of Temple Rome, part of Temple University. This institution also plays an extraordinary role as the only public medical school in that geographic area, making it possible this is crucial for deserving students who lack the financial resources to afford the costly medical school education to graduate in medicine and surgery. I’ll stop here, but Andrea, if you’d like, I can also talk about other exchange projects we’ve initiated, thanks to the help and support of the European Union.”
Andrea Canepari, Co-editor:
“Thank you, thank you. Very, very interesting, everything you have shared. The anecdote about refrigerators struck me because, indeed, there was - and perhaps still is - a lack of awareness of what Italy is now and what it used to be, despite a great love for it, albeit with perhaps superficial knowledge. Here (points to the screen in the room) we see this museum, which is truly one of the
main institutions for the study of Renaissance art, not only in the United States. We also have these Italian Americans, some of whom have remarkable stories, rising from hardship, working in mines, and elevating themselves in society. Yet, sometimes, there are mental short circuits that bring back only the image of Italy from the late 1800s, the Apennine region without aqueducts, without water systems. However, let us be clear, the United States at that time did not have all those infrastructures either, yet there is this crystallized image, hence, the idea of the refrigerator. Even for those who may have visited Italy, the image that often comes to mind is that of their grandparents' or greatgrandparents' Italy passed down through generations and fragmented. There was a need to bring these stories together and let them speak. Therefore, the idea was to create these initiatives and then tell these stories in the book, to show that Ignazio Marino, Botticelli, and even those whose grandparents worked in the mines contributed to the success of the United States. Moreover, anyone who eats a cheesesteak survives, and I say “survives” because it’s a calorie bomb; I don’t know if you’ve ever tried it, but it’s almost a devastating experience for your liver. It is this huge sandwich with meltedcheese,spicypickles, andall kinds ofotherthings, so when youeat it, youalmost become a patient at Jefferson Hospital It really is an intense experience to survive. All of this is about connecting different layers of society. I realized that these new researchers Ignazio mentioned - he, of course, doesn’t make this mistake and never has, maybe because he became integrated into American society, understood it, studied it, and is part of it while still being Italian - but not everyone moves in that way. Some young Italians find this Italian identity, like the image of the donkey or carrying water on their shoulders, annoying. In the beginning, when I was trying to get everyone to collaborate among other things those who seemed most irritated were some of the young people who had just arrived and were expected to be more open-minded. Ironically, these individuals, who in Italy would have been very receptive to other cultures and influences, found the idea of making connections here almost frustrating. Someone would say to these young people, “Look, the chairman of your university is Italian-American, and the members of the board could even help you”. Therefore, all of this was missing, and that is how the idea of bringing them together was born. The first to support this initiative, which, I repeat, was supposed to last three days, were neither the new Italian researchers nor the older Italian descendants, but the friends of Italy. Those studying here like Piero Bassetti with this community of Italophiles and Italian speakers, who know Italy well, were the first to show enthusiasm. The first ethnic communities to enthusiastically participate in the Italian month were not ours, but the American Jewish community: the American Jewish Committee and the AntiDefamation League. They saw this, talked about it, and even organized an event in a synagogue
because the first rabbi arrived with that intellectual immigration in the 1700s. They said, “Thank goodness, by highlighting these values with Italy, we show what Philadelphia is all about and talk about values”. Therefore,, a dialogue began, and then everyone joined in. We arrived at a national celebration at the Philadelphia Museum, the same one in front of the steps Rocky climbed. It was a symbolic choice in many ways. The Philadelphia Museum is beautiful, by the way. Gehry is working on it now, and who knows what he’ll do - let’s see.”
Follows video: “Ciao Philadelphia – In the Arts”
“Obviously, we couldn't avoid talking about art, and I find it incredible to see how artistic styles like the ones adorning this beautiful room - something that I think would be inconceivable in Italy today - are the same styles that a young painter might still adopt, right? And yet, as you saw (points to the screen in the room), there's the “Studio Incamminati”, an Italian art school created by Nelson and Leona Shanks, teaching their students to paint as they did in the centuries-old “Accademia degli Incamminati”.Theseare, in myopinion, incredible stories,and yousawthem too as partofourItalian Festival, proudly linking themselves to Italy. Then (points to the screen in the room), there's the Pennsylvania Academy of the Fine Arts, one of the first academies in the U.S., where even David Lynch studied, along with many great painters who have looked to Italy for inspiration for centuries, since its founding, when people traveled here for the Grand Tour. They also created lessons with their collection of Italian casts, remembering Italy. The idea, with these videos and a communication campaign, was to create awareness, as you will see in the next images. These (points to the screen in the room) are the Italian-style gardens of the DuPonts in Delaware, the state of Biden, which is, let us say, like Ostia to Rome in terms of distance. Here too (points to the screen in the room), there is Italian inspiration - this is the Pennsylvania Museum, with the University of Pennsylvania Medical Center and the Ivy League stadium behind it. Italians were present at the beginning, but they were not included in the founding documents, which were established by Benjamin Franklin. It is also where, and this is another incredible story, a hotel porter who arrived more than eighty years ago with very little money managed, through careful investments and his earnings as a porter, to fund the first Italian Studies chair at the University of Pennsylvania. His sharp mind helped create what eventually became the Center for Italian Studies at UPenn. Moreover, to think that someone who arrived practically illiterate managed to educate himself, understand the strategy - and these stories need to be told - of creatinga chair at UPenn.The universitywas so pleased with this donation that for twenty
years they held onto the money without creating the chair, but then there was a revolt from the community, who finallysaid, “Come on, use it!” and theycreated the center. This was a moment I am very attached to because, in the last millennium, I studied at their Law School. There were a few Italians, but this was not the university where our immigrants typically studied; they mostly attended public universities likeTemple or Drexel, which at the time were more professional schools, so it was a different type of institution. This (points to the screen in the room) is a chapter about the Bridge of Sighs in Venice. Only two non-academics wrote in this book: one is me, and the other is Inga Saffron, a Pulitzer Prize winner in the United States. She discovered these references to Italian architecture within the fabric of Philadelphia that no one knew about. Yet, here it is - one of the many references showing a love and inspiration that existed and still exists. This (points to the screen in the room) is the Franklin Institute, a federal monument, and here too, the inspiration from the Pantheon is obviously deep. And then, another dimension (points to the screen in the room): the market. And, of course, Rocky, whom I introduced to everyone.”
Follows: “Ciao Philadelphia – Around the City”
“Sometimes these videos serve to show how all institutions and dimensions were enthusiastic about theseinitiatives. It was wonderful to workwith youngresearcherswho createdamazingprojects, with community representatives, museum directors - we saw how we moved from the opera, where our friend Corrado Rovaris was the director, to Jefferson, which created its own initiatives. We also discussed a topic that has now become highly controversial - Christopher Columbus. This figure of Christopher Columbus, who, whether for better or worse, never actually set foot in the United States, is now viewed in such a negative light. Yet, as we explore in the book with Steve Conn, a professor from Miami University in Ohio, it is not directly connected to Italy. How did Columbus Day even come to be in the United States? It is a federal holiday that originated, interestingly, in Philadelphia, through a rivalry between the Italian and Hispanic communities, debating whether it should be “Columbus Day” or “Colón Day.” In the end, the Italians won. But why? It was a way for the authorities, even on a federal level, to acknowledge the struggles faced by the Italian community, which, at that time, was the second most lynched ethnic group in the U.S. The holiday served as a way to help this community, which was finding it extremely difficult to integrate, feel like part of the nation's foundational identity through Columbus. I believe that if this perspective were explained, Columbus might be seen as a symbol of an oppressed minority at the time, a way to help the Italian-
American community feel included and accepted. In this sense, I think it's a positive, relevant message, one that also serves as a link to Italy’s past but also its present. Therefore, this was part of the idea, to look at it from this angle. Now - refering to Ignazio Marino - what are your thoughts on this?”
Ignazio Marino, Executive Vice President of Thomas Jefferson University:
“I wanted to add a few small pieces of information and then take advantage of your presence to ask you your thoughts on a certain topic. Regarding the collaboration between academic centers in Philadelphia and Italian academic institutions, Imust saythat the European Union has allowed access to U.S. funding that supports the exchange of students, university professors, and researchers. At Jefferson, we have participated in several calls for proposals, and from 2019 to today, we have won at least one each year. In 2022, counting both Jefferson’s students and professors and their Italian counterparts who are traveling in both directions across the Atlantic, we will have more than 100 exchanges. This is truly a very large number for an initial project. These exchanges are not just opportunities to get to know and appreciate different cultures and capabilities, for example in the medical field, but also to develop greater awareness. We've moved from questioning whether Italy had refrigerators to recognizing that there are technologies in Italy that haven't yet been approved by U.S. government agencies in the field of surgery. In fact, some American surgeons have traveled to Italy, thanks to these EU funds, to see how these technologies are used. Therefore, there is now a real exchange and reciprocity that is producing many, many positive results. I am convinced that it will yield even more in the coming years. This must be said in front ofAmbassador Canepari, not because he is an ambassador of a European country, but because the European Union is certainly demonstrating an extraordinarily advanced vision. I believe it’s the only continent providing such significant funding just the Erasmus program alone allocates over 20 billion euros over seven years and offers strong support for international exchanges, even with a country that remains the world’s leading power. Beyond being first or second in the world, it is crucial in today’s global landscape to have this kind of cultural and people-to-people exchange. I also wanted to say that the skepticism, if we can call it that, toward the cultural, artistic, and even technological heritage of Europe from the U.S. was not limited to Italy. Seeing your beautiful slides about the University of Pennsylvania reminded me that Philadelphia is home to the largest private collection of Impressionist and Post-Impressionist works on Earth - Picasso, Van Gogh, Modigliani, Matisse, Monet - we are talking about over 350 works in a single collection. This collection belonged to a man who, at one
point in his life, tried to donate it entirely to the University of Pennsylvania, and the university declined, saying they weren’t interested. We are talking about the largest collection of Impressionist works on Earth! Therefore, the skepticism was not only about the Italian refrigerator, but also about Picasso, Matisse, and Monet. What I wanted to ask is for your interpretation. You obviously have a perspective and vision that is different from that of many others who have lived in Philadelphia, Pennsylvania, ortheUnitedStates in general. Ihavethis sense -and Idonotknowifmyinterpretation is wrong - that up until the 1970s or early 1980s, Italians who arrived in the U.S. as migrants looked to the American model not just to follow it but also to emulate it. Yet today, paradoxically, it seems that those Italians whobecameverysuccessful and prominentinAmerican society,thanks to the U.S., are less interested in promoting Italian culture in the U.S. compared to Americans. Americans, by contrast, are now the ones who are deeplyinterested in the Italian cultural, artistic, fashion, and music worlds, with great philanthropic generosity. I have always wondered why this happens. Why is it that some individuals who have never lived in Italy, who grew up in the United States, and perhaps did not even obtain a passport until their 30s or 40s, now consider Italy the most significant destination for their travels? They want to promote Italian culture, music, art, and exchanges. Yet, those who arrived before my generation, often becomingleaders with incredible stories of sacrifice - starting out paving city sidewalks and eventuallybecoming major, influential entrepreneurs in the city and region - seem less interested in maintaining these connections with Italy. I don’t know, I’ve never had the chance to ask you, but I’ve never been able to fully explain this to myself.”
Andrea Canepari, Co-editor:
“Thank you for this question. First of all, it's already important that you've asked yourself this question, because by just asking it, you start to find a solution. I say this with some thought, because between these parts of the world, with our shared values, ideas, stories, and mutual affection, we can create so many opportunities, build bridges for the future, and establish academic, research, economic, and cultural initiatives - anything is possible. The more awareness there is the more doors we can open. Let us consider just one small example in the U.S., which, in reality, is not so small since we are talking about the center of the largest consumer market in the world: Philadelphia. The latter has 103 universities, a truly astounding number, and among them are two Ivy League institutions, the University of Pennsylvania and Princeton. Therefore, it’s an important place, where on one hand there has always been a love for Italy, and on the other, those who arrive there sometimes distance themselves from it. Why do I say there has always been a love for Italy? Take the example
of Barnes, a collector who created some of the most beautiful museums in the world. Due to the terms ofhis will, theinteriors ofthesemuseums cannot bealtered, meaningthe arrangement ofthepaintings can’t be changed. Therefore, there are hundreds of paintings, somewhat clustered together, but his vision was wonderful.Theyeven relocated his museum from the suburbs to the citycenter byliterally reconstructing his home and fighting a legal battle to achieve this incredible outcome. Barnes was an amazing philanthropist, and he supported, for example, the Pinto family, artists who arrived in the U.S. in poverty. He adopted them and sent them to study with Matisse. Even the third generation of that family created the modern installation memorial for immigrants on the Delaware River. Therefore, you see, there was belief in Italy and in Italians. I think what is needed now is a sense of pride within the community. A pride based on real foundations: on shared values with the United States, on recognizing everything that has been accomplished, on understanding the stories of even the poorest Italians. We should be moved by the struggles of those Italians who, for example, worked in the mines of West Virginia, near the Pennsylvania border - like Monongah, the site of the worst mining disaster in U.S. history. Byshowing how these people, who suffered and worked hard, helped build the United States, we can connect them to figures like Botticelli. These are the same individuals that Barnes sent to study with Matisse, the same people who embody the values of those who built the stone houses in Chestnut Hill, a neighborhood in the northern part of Philadelphia, and the same individuals who now find success in research centers and finance. Take, for example, one of my sponsors, Chuck Pennoni, head of an engineering firm with 1,000 engineers, who was President of theAmericanSocietyofCivilEngineers,someonewhowasattheWhiteHouse,amanwithinfluence, whose parents lived extremelydifficult lives working in mines in the northeastern part of the country. Therefore, it’s about tryingto connect thesestories. Intheend,theseinitiatives havemotivatedpeople to rethink their heritage. Once enthusiasm is generated, whether through campaigns on the subway or in newspapers, doors open, and initiatives become possible. There are many other stories: for example, the case of Italian-American singers, some of whom even hid their heritage, like Eddie Lang, a great American jazz musician whose real surname was Santoro - an Italian. This (points to the screen in the room) is the Cathedral of Philadelphia, with the Comcast skyscraper in the background, a reference to a Roman church, San Carlo and Ambrogio, on Via del Corso in Rome, with high windows that were designed at the time to prevent people from breaking them with stones. This (points to the screen in the room) is the book that tells these stories. The cover features the cathedral,paintedbyanItalian-Americanpainter,Brumidi,knownas the"MichelangelooftheUnited States" because he painted the dome of the U.S. Capitol. That, by the way, is from my first book -
now every book I publish has a dome. This first one had a foreword by then-Speaker Nancy Pelosi, who showed us her office decorated by Brumidi, and from there, everything took off. Nancy said, "You need to write a book," and then Ambassador Castellaneta replied, "Yes, gladly!" Luca Ferrari, who is now the ambassador in Beijing, said, “Well, yes, let’s do it then.” Nancy, ever practical, responded, “Let’s present it here at Congress on October 5th”. Therefore, we had to create a book from July to October 5th. It was quite the experience - one book took me five years to complete. However, it shows the need to tell these stories. Nobody knows that Brumidi was Italian and that he also painted in Villa Torlonia, or that the dome of the U.S. Capitol, the most sacred place for events, was painted byhim. For our book presentation there, a special law had to be passed bythe Senate and the House, because it is such a sacred space. The fact that we were able to do this shows how much they valued the project. This (points to the screen in the room) is the Philadelphia Cathedral, also painted by Brumidi, while here we have the exhibition that was organized thanks to Emilia and Shara Wassermann at Temple University Rome, which we will also bring to the U.S. for an event on November 3rd. This (points to the screen in the room) is the foreword by Nancy Pelosi in the Washingtonbook.Here(points to the screen in the room)isanothercoverofthelatestbook,published by Saint Joseph’s University Press. The cover shows another dome, this one from the Dominican Presidential Palace, which was inspired by St. Peter’s Basilica. Domes, at least for me, are a symbol of Italian culture and values around the world. I have talked too much. Ignazio, would you like to wrap things up?”
Ignazio Marino, Executive Vice President of Thomas Jefferson University:
“I have nothing to add to all the fascinating things you've shared. Perhaps we can ask Dean Zankina if she would like to comment on everything we have discussed, given her deep knowledge of both Europe and the United States, as well as her connection to Philadelphia through her important professional role at Temple University and her current academic position in Rome. Maybe she can conclude by sharing her thoughts on everything we've discussed, and also her perspective on these two culturally different realities that, over time, are becoming increasingly integrated.”
Emilia Zankina, Dean of Temple University Rome:
“Thank you, Professor Marino. First, I would like to share how impressed I am with the work of Ambassador Canepari. We first met via email in a very formal way, when he introduced me to the book on the Dominican Republic, and we immediately realized that Temple had to collaborate with
him. Now, we have the exhibition, and on November 3rd, we will have another wonderful event in Philadelphia, at our library, where we will not only showcase the book again but also discuss how the relationship between Italy and Philadelphia has evolved. I find it incredibly important that Ambassador Canepari has consistently taken a rigorous approach to researching these connections, no matter where he has been. I must also recognize the role of Roberta Fusaro, who put in so many hours of work, helping in every way and doing so very professionally to bring things to this level.As a European who has lived in Pittsburgh and now in Philadelphia, I must say that ethnicity and origins are incredibly important to Americans. Even though, a hundred years ago, many people hid their heritage because they wanted to leave behind their identity, since the 1990s, there has been a movement to acknowledge and rediscover one's origins.You can see this in manyethnic communities in America, and Italian traditions are present everywhere because Italians and Italian culture have played a huge role in shapingAmerican identity. There is not a single Italian-American who does not see Italy as a place of history, but also of technology, design, and finance. For those of us like Professor Marino and me, who run programs for theseAmerican universities here in Italy, it’s never difficult to convince professors or students to come here and discover the richness Italy has to offer. What is fascinating is how this culture merges with American culture, blending in such a way that Italian-American culture acquires a unique character. While it differs slightly from Italian culture in Italy, it remains very important and has become an integral part of the broader American culture for everyone. Therefore, once again, thank you so much for the opportunity to be here with you today and for the important work you continue to do. I only heard about this Washington book today. Congratulations, and I look forward to the next one.”
Andrea Canepari, Co-editor:
“I would like to start by thanking the American Studies Center for hosting us, Dean Emilia Zankina for her words of friendship, my wife, Roberta, for all the work she has done, which is even more than what might come across, and of course, my friend Ignazio Marino for sharing this moment of reflection.Aspecial greeting to ourAmerican friends who woke up early to join us for this live event, but who will also be able to watch it later, thanks to Temple University Press.And to all the audience who joined us today, thank you so much. Thank you, everyone.”
2.3. Presentation at Charles Library, Temple University. [Original language: English]
Volume “The Italian Legacy in Philadelphia: History, Culture, People, and Ideas”. Edited by Andrea Canepari and Judith Goode.
Italian edition published by Treccani.
American edition published by Temple University Press.
November 3, 2022
Charles Library, Temple University Philadelphia, PA, USA
GREETINGS:
Cristiana Mele, Consul General of Italy Consulate General in Philadelphia
IN CONVERSATION WITH EDITORSANDREACANEPARIAND JUDITH GOODE:
Inga Saffron, Pulitzer Prize-winning architecture critic for the Philadelphia Inquirer
William Valerio, Director of the “Woodmere Art Museum”
Domenic Vitiello, Professor of “Urban Studies” - University of Pennsylvania
PANELMODERATOR:
Richard Englert, Former President and current Chancellor of Temple University
Richard Englert, Former President and current Chancellor of Temple University: “Thank you so much. You will see me often in a mask, it is because I have a 6-week-old grandson at home and there is something going around, but anyway, everybody is welcome. I am Dick [Richard] Englert, Chancellor ofTemple University and it is a great honor to welcome everybodyto the campus and celebrate our rich history and the relationships between Philadelphia and Italy, and also to celebrate this great volume “The Italian Legacy in Philadelphia”. We at Temple are especially delighted to host this event because, among other things, this book is published byTemple University Press, so that makes it really special to us.Also we are very proud because we have had a campus in Rome, on the title, for over 50 years.We have an outstanding panel to discuss the Italian Legacybook and relations between Italy and Philadelphia, but before I introduce the panel, I also want to say that we have an outstanding audience here today. I would like to, at the risk of missing people because everybody here deserves to be introduced, to just mention a few people with very special relations to this book and with Italy and the Italian Legacy. Please raise your hand when I call your name, but please, no applause, you will have an opportunity to talk to each other and to the panel members at the reception afterwards. So, representing Temple University of Rome, we have Amelia Zankina, she's our Dean of Temple Rome and Vice Provost for Global Engagement. We also have with us, again representing Temple Rome, the Chair of the Temple Rome Board of visitors John Ryan. We have one of our great trustees Sandy [Sandra] Harmon-Weiss, Temple University trustee, very supportive.Another trustee, who is not goingto be here, manyof you know her, is Senator [Christine] Tina Tartaglione, she called me this morning for a wheelchair problem, and she is stranded on her second-floor waiting, so she sends her love and great respect to everybody. And also Patrick O’Connor, who was a great supporter, our former Chairman of the board and longtime board member, he sends his regards to everyone, his family is very endearing. I do want to recognize the Temple UniversityDeans who arehere: Joe[JosephP.] Lucia,theDeanofTemplelibraries; David Boardman, Dean of “Media and Communications”, James Davis - some people are late and are going to here later, so he may not be here yet - the Dean of “Education and Human Development” and John Mattiaci, Dean of “Podiatric Medicine”. We also have a number of people who are going to be attending and they may not come until later, but I do want to recognize them:Ali Houshmand, happy to have you. He is a great friend of higher education and, of course, President of Rowan University in New Jersey, we really appreciate his presence at Temple; Guido Pichini, longtime Chairman of the Pennsylvania State System Board of Governors and member of the Council of Trustees of Kutztown University, great to have you here; Joseph Jacovini, I don’t know if Joseph is here yet, but he was
previous Chairman of the Board of Drexel and previous Vice Chair of the Philadelphia Orchestra; Michelle Masucci who is here, she's Vice Chancellor for “Research and Economic Development” for the University system of Maryland. We also, here at Temple, all of us, really value our relationships with the city of Philadelphia so it is great that Michael DiBernadinis is here, he is former Managing Director of the city of Philadelphia, Deputy Mayor and commissioner of the Parks and Recreation Department. We also have a current Congress Director for the city of Philadelphia,AnneAbel, so the Philadelphia city government is well represented. Also, Robert DiBiase, Chair of the New Jersey Italian Heritage Commission is probably going to be here for the reception. [Here with us there is also] John Padova, senior United States district judge for the eastern district of Pennsylvania. We also have the Executive Director of the U.S. Semiquincentennial Commission and president of Philly Pops, Frank Giordano.. and the amazing thing about Frank Giordano is, today is his birthday! [applause follows]. We also have, in addition to the people on the panel, the authors of some of the chapters of the book: Gilda Battaglia [Rorro Baldassari]; Pietro Frassica, Pietro thank you for being here; Jeremy Goode, Albert Gury and Chris William Sanchirico. I am now honored to recognize the Italian Consul General for Philadelphia, Cristiana Mele who will bring us greetings from Italy.”
Cristiana Mele, Consul General of Italy Consulate General in Philadelphia: “Good afternoon everybody. For those who already do not know me, I am a good friend of Andrea and I could not miss this occasion.Also, I could not say “no” to Chancellor Englert, since we are very good friends withTemple.This is areallystrong connectionandis also a personal connection.Andrea and I, we crossed paths in manyways: when I was in Rome we started our career together in the same Directorate Generale for Europe; we then intersected briefly in Washington while I spent many years in New York and the first person I told, when I was appointed to Philadelphia, was Andrea. I asked Andrea “How is the city? You worked there, I had no idea!” andAndrea was so kind and also gave a great picture of the city, so I said “Ok, I am coming!”. So to thank Andrea, I wanted to reciprocate him for his contact with the city, where he has very good friends, and also Temple University - fun fact my husband was in Temple last week for a conference - so I am glad to meet you all here and to join the presentation. Just some quick remarks on the book: it was on my desk the second week I was in Philadelphia and it was very kind of Andrea to welcome me with this gift because I had a chance to understand so many facts I had no idea about and I think many people in Philadelphia have no idea as well. It is a book that is well done and it was useful for me and for many other people. The fact that I liked it was because not only it talks about the Italian legacy in Philadelphia, but also
because of the ideas it has. Ideas connect us with the future and the future starts with the higher education that, at Temple and in all of the institutions here in the city, we appreciate so much. So, this connections and the strength that we found, is even stronger now, in the future, and that's what we do at the Consulate General, and Andrea understands it very well: we try to connect our countries, our people, especially the young people, the students, the entrepreneurs and everyone who has an interest in our culture, but also our economic background. This is just to say that we will have to cherish and to continue this relationship among us. With that said, I will leave to the real discussion of the book, I thank all the people that contributed to the book, that wrote so deeply and let me open this chapter of my life in this way. Thank you very much.”
Richard Englert, Former President and current Chancellor of Temple University: “Thank you, Consul General. Thank you for everything you do, for the relationship between Italy and Philadelphia. The plan for today is to have a session until 3:30 p.m. followed by a reception that is going to be upstairs. In this time, I am just going to very briefly introduce the members of the panel and they will speak one after the other, so we do not take a lot of time to do introductions. Of course, there will be a time at the reception for you to interact with everybody here. Our first speaker needs no introductions, here from Italy Ambassador Andrea Canepari, a beloved friend of Philadelphia, where he has served as Consul General, he is both co-editor of the book and author of sections on the history of the Consulate General in Philadelphia and “Ciao Philadelphia” . He will be followed by the co-editor of the book Judy Goode, she's now retired as an accounting professor and former Head of “Anthropology and urban studies”, she also offers chapters on the south of Philadelphia, Italian Gastronomy and Temple’s Italian connection. Next, after her, will be Inga Saffron, the Pulitzer Prize winning journalist and architecture critic with the Philadelphia Enquirer, she authored a chapter on the Italian influence on “Bricks and Mortar” around the city. She will be followed by [William R.] Valerio who is the Patricia Benberg Allison’s Director and CEO of the “Woodmere Art Museum” in Philadelphia, he wrote about the Italian artists of Philadelphia. Finally we wanted to have a commentator who wasn't involved in the book and so we reached out to DomenicVitiello, a professor of “City Planning and Urban Studies” at the Universityof Pennsylvania, his new book is called “The Sanctuary City: immigrant refugee and receiving communities in post-industrial Philadelphia”, it is open access and free to download. Following Professor Vitiello's comments, I will invite questions, if time remains, from the audience, so if you have any questions..otherwise the reception will be a
great time. So, let's get straight to it. I'm pleased to turn the microphone over to Ambassador Andrea Canepari.”
Andrea Canepari, Co-editor:
“Buona sera, good afternoon. Thank you so much professor Englert, not only for organizing and hosting this event, but particularly for your friendship. I am grateful for the panelists, but actually, everybody in this room, I think we share stories, relationships and we worked together. I think the first person I met in this room was Consul General Mele Cristiana, thank you for being here. In fact, herein Philadelphiaweforgedrelationships, andit was reallya pleasuremeeting you. Iactuallywrote all the names to be recognized and a line about what we did [together], but my wife approached me and said: “You will be talking about all of your friends so it will not be necessary”. So, thank you [referred to his wife] for accompanying me in these initiatives, because this is also a family project. Mywife helped me also with the book about the Dominican Republic, so I’m thankful for her insights and her help. Why are we here? I was mentioning this personal relationship we shared with many of you, because this book was also an act of love. We have been working, me and Judy Goode, on this project since 2016, and of course there was the pandemic, and it was a tough project because we had to take care of several dimensions of the links between Italyand Philadelphia.And so [we approached it] immediatelywith a lot of serious investigation and serious stuff, so thank you again for being here. When I arrived in Philadelphia, I searched for so many Italian aspects in everyday life: monuments, food and stories. Modern history should have been put somewhere, it should have been remembered, and the answer was this book. And it is not just something that is past, something finished, with Zankina we created an exhibit in Rome in the Temple campus for the students, about the pictures of this book, so the book is still alive. [Pointing the screen] this is, actually, a picture of PECO building and they put on top of it: “The Italian Consulate celebrates Ciao Philadelphia” and chopped it like that. Why did they do it? Because there is this big Italian dimension in the city. I felt a little bit like an archaeologist. I was speaking to Italian generations and institutions, in order to create bridges in the future, but if you want to know the future, you have to know your past. As an archeologist, I was investigating different aspects and what I found was not something dead in the jungle, but actually something very alive and what I saw, was what Judy and I edited and put it in the book. [Pointing the screen] that is also Italy: this is a two-page article in “Corriere della Sera”, the most important Italian newspaper, that lets us recognizewhat is Philadelphia,[Thetitleofthe articleis:] “From Rocky to Botticelli: Italian Philadelphia”. The most important Italian newspaper came here and developed
two pages about what is the city, what are the Italian links, what we can do together. These [pointing the screen] are his original illustrations, they are nice. You can see the Italian cars, Rocky of course, he is enjoying his pizza, you can see the monuments on the Delaware River, Gino’s, and all that stuff. Everything together to remember. Next there is a video…
Follows video “Ciao Philadelphia in the city”.
And then [pointing the screen] we have the beautiful Longwood Garden. Follows the Penn Museum with the basilica style façade. Here [pointing the screen] Inga Saffron actually helped us to find a copy of the Bridge of Sighs [identical to the one in Venice], near Market Street and nobody knew about that. [Pointing the screen] this is the Cathedral, which is similar to and was inspired by an Italian Church in Rome. Then we have the PNAwith Italian inspired events and the UPenn Museum with Italian events. Here is another video
Follows video “Ciao Philadelphia”.
And then we have [pointing the screen] Italian cars, Italian origin musicians, of course Rocky, the Italian market, Eddie Lang -we did the inauguration of the mural with Richard who is here todayand the Union League that was one of our sponsors. Then we have an event at the Independence School with the Rangers, Italywas sponsoring the educational program.That was easy? Not so much, but it is clear how deep the Italian roots were in the city and that was important. If you dig a little bit more you can find here, at Temple, an example of what the Consulate did, with the lecture arranged byHai-LungDai andthatwassupposedtobeacombinationofscience,musicandspectacles,because we have a lot of scientists creating connection and the university created a lot of these activities. Here [pointing the screen] we have been imagining another event with the professors here at Temple.Alot of city events, with Rowan, the Italian community, so many universities wanted to be part of that. Here, [pointing the screen] in another book edited by Temple Press there is the recognition for the Italian Consulate, together with press, to create bridges and forge opportunities for the city. And this [pointingthescreen] is ourlist ofevents, thesponsors,everybody, fromAmericanAirlines to so many others.And after all this recognition, these opportunities, was created the first transatlantic degree in medicine that allows people to graduate in both continents and be able to practice medicine in Italy and in the US, between “Policlinico Gemelli” and “Università Cattolica” in Italy and Jefferson
University here in the U.S. So, we saw so many opportunities. What these bridges created, together with the project, is a part of a long journey that I started with my first book about the Italian legacy in Washington D.C.. In the cover you'll see some similarities with today's book, because the cover it is another painting of Costantino Brumidi who painted the dome of Capitol Hill in Washington. The book started with a conversation with the then speaker Nancy Pelosi - let’s see in the next few days if she will change her job. She told us: “You have to make a book and tell the story!”, and we did. That is [pointing the screen] the forward wrote by Nancy. Then I followed in these footsteps and published another book in the Dominican Republic. Again [we see] a dome that is an inspiration of Saint Peter's Church in Italy, and it is the Presidential Palace of the Dominican Republic. So, you see that around the world, Italy is in the heart of other countries as well. And [this book] was also edited here, by Saint Joseph’s University Press. And then we have [pointing the screen] the comics of the Dominican Republic: 240,000 printed copies of these comics were distributed thanks to the most important Dominican paper. So, you see that these books, these projects can help create stories and opportunities, and that's what we wanted to do with this great, amazing group of contributors of the book. Some of them are here in this room and I am really thankful to them because we worked since 2016 to craft chapters, with Judith, in order to choose the right pictures, in order to highlight what was the connection between Philadelphia and Italy. With a high level of seriousness, the love that I have for Italy, that everybody has for Italy, compelled me and compelled us to make a serious and beautiful project and I hope we were able to do. So, thank you so much for being here, for your friendship, for having helped us to create living bridges between Italy and Philadelphia. Thank you so much!”
Judith Goode, Co-editor:
“Hi, now that you have seen the visuals you know that in many ways the great connector of Philadelphia and Italy, the great collector of authors and pictures, who got me into this project, which has been a real joy, isAndrea. It has reallybeen an experience and what Iam going to do is talk about foreign cats [giggles]. So, no visuals for me, but instead I'm going to talk about how a new north eastern U.S girl who loves Italy, but who loves Philadelphia as well, met another booster of Philadelphia in Andrea and how this worked out. I have been working on socio-cultural differences in the cities in the United States and mostly on the rebound from foreign cities, as they produce array and conflict. So this was a way of using my ability to frame Philadelphia and Andrea’s great connection facility, he has an amazing facility for connection. My first project had been on Italian
immigration, as a gateway to study how ethnic boundaries form and are maintained, but then I went on to study other roots in Philadelphia. Philadelphia offers this context and I began to study the big picture of the Philadelphia, thanks to scholars in this room who drew a lot of wonderful work on the political economy and history of Philadelphia. There were a lot of bridges between us, and ways in which we could complement each other. Our vision for the book was to create an accessible volume, one that would grab people and mostly tell stories, but would still have something to say to scholars, something new to say. It was a tall order as it turned out. It sounded simple, but in order to avoid stereotypes and over-sentencing we ended up with a huge variety of evidence and a huge variety of disciplinary expertise. For example, there were people who were looking at Italy-U.S, at ItalyPhiladelphia relationships through the lenses of the actors and agents who made the connections and theinteractionsbetween people;therewerepeoplelookingatinstitutionsandhowtheyhaddeveloped over time; there were people looking at individuals embedded in households and lawful communities who were bringing Italy to Philadelphia; there were people who had worked up close and personal with communitiesandindividuals; peoplewhohaddonehistories of individuals andpeoplewhowere doing histories of communities. There were a wide variety of diversity in the techniques of research, the nature of the evidence. In addition to the visuals there was an awful lot of variety and these things we tried to sort of keep in, because we didn't want to be didactic, we didn't want to be inaccessible, we didn't want a lecture and that's why I'm lecturing to you today [laughs]. I am just kidding. It is sort of running throughout the book: we were addressing the book to multiple audiences, we were trying to talk to Philadelphians in general, as well as to academics, in specific literatures, and we were dealingwith twodifferent places thatthemselvesweredifferent.We'vebeen dealing,at thebeginning, with two young Republics forming out of very different backgrounds, historically, and having relationships with each other, mostly state-to-state relationships and later institution-to-institution relationships.Theindividualrelationships and relationships betweenpeoplearethosemostlybetween Elites, between “prominenti” and the American public, because the other voices and the other relationships are hidden in time.As you get closer to the present, we get much more of a view of the actors and the actions that get taken and the different agents who create the Philadelphia Community and its relationship to Italy. So, our two young Republics had always, mostly, communicated to each other through text, through letter writing in one chapter, through book reading in the chapter on art and architecture and through the travel of diplomats, mostly. I urge all of you to readAndrea's article on the history of the Consulates General in Philadelphia, because it really shows you the variety of diplomats, the places and the different regions they represented, all representing different
governmental practices, some kingdoms, others were Republics to begin with. So you're dealing with a different time, a different Italy and the kind of connections are very different as well as the experiences. We see a growing Metropolis which looks to Europe for taste and civilization, they look to Europe for the classical culture and the Renaissance culture, to improve their understanding of the world. So, we're dealing here with the Grand Tour, we're dealing with the changes in The Grand Tour as it moves from a period in which the new, sort of, intellectuals of America went to Italy to learn about Italian arts and culture and at the end you're getting a lot of consuming families, as in Lisa Colletta's article about expatriate Americans in Italy, who are mostly consuming for conspicuous consumption and were maintaining their status in Philadelphia. So you're getting a totally different set of contacts and actors behaving in different ways. We are getting the development of the institutions at the same time, which were increasingly trying to incorporate the large public, were trying to make the uplifting of the Philadelphia population by developing the institutions, the museums, the kind of not-to-be-too-crazed fairs. One of the things I really love about this section is the development of the institutions in Italy that were helping broker’s purchases of Italian art objects bythe institutions here, like the fairs, that were bringingculture to Philadelphia. One article compares the different ways that image is formed in the Centennial, at the fair, and then compares that to the 1926’s 150th year celebration in which Philadelphia was in a very different place, and Italy was in a verydifferentplace,andthewholerepresentationofeachto eachother,turnedouttobeverydifferent. So, there are a lot of examples of change: change in Italy, change in the U.S, and the ways in which these changes affected what was happening. Then, of course, as we get to the third section, it deals with something that doesn't happen in all theAmerican cities, and that isn’t necessarily going to be a good comparative case, but it will be for certain cities, like, speaking of Nancy Pelosi, San Francisco where the whole migration stream from Italy to the U.S. came from different regions, developed differently in the context of a developing City in the west. You know, it doesn't compare in a cookie cutter way, to the development of relationships in Philadelphia. This particularity is what is so interesting, I think, about the book. Anyway, this is a case study of a particular place in which a communityforms, and that is an interesting point as well. Richard Giuliani, who's the sort of premiere historian of the formation of the Italian Community in Philadelphia, had pointed out that the original settlement here was from Liguria and occurred earlier than the mass immigration, that so many of us know from books and stories, and that is what formed the community, the institutions, the churches, the market, the entrepreneurs. And so that it's a very different picture. Then we go through a period of no man's lands which, I consider - because we go through a long period of fragility and the United
States are cut off by war and depression - weren't cut off, so one of the things I'm curious about is: what in fact were the relationships at that time? We could not incorporate them, we could not go in this direction, we were trying to deal with a huge area of knowledge, and it was very hard to tame, but the book phrases questions about future research and gaps during that period.The Grand Citythat we live in today is a much easier City to see, and yet it provides us with too much information, we have to weed it out to get a narrative for it, and so the book ends with the Branded City in which deindustrialized cities are trying to save themselves, through very similar ways of developing service economies or trade and commerce and lowering businesses and their headquarters to the city, as well as luringtourists from abroad. In order to do that we need food, architecture and music and here again Italians and Italian culture play a tremendous role and agents are moving back and forth. Italian companies invested in Philadelphia, Philadelphia companies invest in Italy, we have a whole sort of unencompassable, but interesting circulation and flow of people: graduate students, students at Temple, Penn and Drexel and scientists who moved back and forth; the theme of medical practice and the relationships between [the two sides]… this is the city after all of “Eds and Meds”, higher education and medical education. [It’s important] to see that the circulation of Italians and Italian people and families, and so on, is a really important part of the city. The last section probably could be a book of itself. We followed the evidence, it was smaller in some areas than others. We are really proud of what we were able to say about the colonial period even though it is so invisible, because the people are so invisible. In the end we try to incorporate High culture and the increasing focus on popular culture that American has experienced. Italian food is important in high culture and the popular symbols of the city. We try to look at vantage points, and then the people, and then the actors and then the agents located all over the social map and see how they connected.As Isaid, at one time, I would talk about the gaps to provide a beautiful future. Thank you very much.”
Inga Saffron, Pulitzer Prize-winning architecture critic for the Philadelphia Inquirer: “Thank you. Thank you Judith and Andrea, and everyone for being here. It is wonderful to see so many people and so many names that I know, in real life. I am Inga Saffron and I write about architecture for the Philadelphia Enquirer. It was something like eight years ago that Ambassador Canepari first told me about his plan to put together a book about Philadelphia's Italian Legacy and as soon as he described it, I knew that it was a great idea. Philadelphia is the product of many groups, but Italians have put their stamp on the city and its culture in so many visible and unforgettable ways and that was especially proved when it comes to architecture and environment, my specialty. The
book, as you heard, took a while to come together, and in the intervening years, we saw a growing public debate about one high profile emblem of Italian Heritage: Christopher Columbus. This of course isn't the place to get into the issue, but while we, as a nation, continue to reassess his legacy, it is sort of equally important to me that we find another way to honor the Italian contribution to American history. The good part is monuments to Italian culture and achievements already exist all around us, we just have to know where to look. They say that imitation is the serious form of flattery, well, Philadelphia is full of copies of a great architecture from the Italian peninsula. Rome has an enormous Dome Temple and so does Philadelphia, it is the Franklin Institute. The Pantheon in Rome was built in the second CenturyA.D,. Philadelphia didn't open its pantheon until 17th centuries later, designed by John [T.] Windrim to honor the great Philadelphia hero, the multi-hyphenate, printer, journalist, inventor, states man Ben Franklin. Florence had the formidable 15th century Strozzi Palace, built by the De Medici family’s fierce rival, Filippo Strozzi The Elder. Philadelphia has its ownversionoftheStrozziPalacebuiltin1925bythefinancierEdwardStotesburyastheheadquarters for the powerful banking house Drexel and Co. There are several interesting similarities between these two buildings. Strozzi died before he could inhabit the palace and then the De Medici family managed to get their hands on it. Stotesbury tenure in Drexel's Philadelphia headquarters was cut short by the Great Depression. Fortunately, both works of architecture survived the loss of their patrons and Philadelphia's Palazzo still dominates the corner 15th and Walnut Street. Florence had the great synagogue and it was one of the most important Jewish temples, built after that the walls of Florence ghetto were torn down in 1840. It was given an especiallylavish treatment as a wayfor Jews in Italy to celebrate their new legal status. The interior was magnificently decorated with stylized Moorish and Byzantine details which bring back to a Golden Age into an altar. Philadelphia's Congregation Rodeph Shalom took its inspiration from that famous Italian synagogue, especially in the decoration of interior. Designed by the architecture firm Simon&Simon, in the 1920s, it's soaring golden walls and beautiful hand stencils, like vines, leaves and metallic. The windows are a work of Philadelphia’s great Italian-born glass artist, Nicola D’Ascenzo. This [pointing the screen] , you’ve seen it before, is the “Bridge of Sighs”, the small, covered bridge over the canal, that links the Doge’s palace to the prison. I am fascinated by the words of Lord Byron who imagined the prisoners sighing as theytook their final glimpse ofVenice’s turquoise movements before being thrown into their cells. Philadelphia had a similar but prosaic covered bridge and it links the former Lit Brothers Department Store in Market Street to the building that served as its warehouse. Instead of gondolas and canals, so many of the views of the traffic along Filbert Street, as they shuttle, in carton, the goods back and
forth across the bridge. Seems very apparent to me that we treat a sprawling department store like an Italian Palace [laughs]. It's fascinating to compare the design details of these two works of architecture: the Venetians' band is built from the milky white industrial stone, [while] the Philadelphians architects, Castor and Stearn, designed their bridge using the most traditional Philadelphia materials, red brick; instead of carved heads that reference Roman mythology, there are keystones that pattern and reference Pennsylvania's colonial geography and history. Castor and Stearns use an iconic Italian work of architecture as their starting point and then they thoroughly Americanized it. These examples are all literal copies of Italian architecture. Of course, Philadelphia abounds with architecture that uses the classical vocabulary of ancient Rome to create something distinctlyAmerican. They similarly mix columns, pediments, and domes to suit their needs and you can imagine that the old Jacob Reed’s Sons store on Chestnut Street shows a distinguished Tuscan divine as a way of connecting their clothing to a tiny tradition of fine tailoring.American architecture has never been pure: we like to borrow, to mix and match, we see elements of Roman architecture matched together with Greek or Spanish. It is hard to imagine how Philadelphia's spine buildings could have been constructed, whatever their style or antecedents, without the skill of an Italian past people who emigrated to Philadelphia. Italian stone carving, stained glass… you can see all sorts of examples in the lobby of the Divine Lorraine on Broad Street and on the famous RCA Tower in Camden. Even today, people of Italian descent denominate those building traits “Philadelphia”. My contribution to the book includes essays on buildings that were built by Italian immigrants to serve Italians in Philadelphia. You see many of them in South Philadelphia, like the Immigrant Bank buildings that punctuate the corners of South 7th Street. They were built by enterprising Italian business people, to help newcomers save up to buy homes here and send money back to their families in Italy. There are many, many churches, of course, like Saint Mary Madelaine de Pazzi, which could resemble any number of Italian village churches. There are also really interesting original architectures works that so thoroughly blend American and Italian cultural elements so that they would be something completely new. This is my absolute favorite [pointing the screen] “Our Lady of Loreto”, a modern church in southwest Philadelphia - I mean, I guess modern, it was built in the 30s - and it manages to combine references to modern aviation, biblical stories, Italian folk tales all in this streamlinedendurancestyle. It was designed byan Italian architect, FrankPetrillo.This is aquick survey, and I hope it gives you some sense of just how many monuments to Italian culture exist in Philadelphia. There is so many examples, far more than can be shown in this short program. You can
buy the book, but there is one thing we know about these architectural contributions: Philadelphia would be a much less beautiful city. Thank you very much.”
William Valerio, Director of the “WoodmereArt Museum”:
“I also want to say thank you and describe how much I enjoyed the project of writing a chapter about the Italian artists in Philadelphia. My name is William Valerio and I am from the “Woodmere Art Museum”, which is dedicated to Philadelphia's art and artists. One year was founded as a collective institution, the idea that Woodmere would be constantly building a collection of art and this project gave me the opportunity to look at our collection, just from a very particular lens.All the Italians can say: “Now, how does this tell a story?” and I enjoy it and I am going to take you on the brief version of it. Italyis, of course, the place of all wonderful things, art being central to that and art being a deep part of Italian sense of identity. Of course, you know, it is no surprise at all that Italian artists and American artists in Philadelphia are constantly looking at examples of Italian art. And I just pulled two out really quickly [pointing the screen]. Larry Day was born Lorenzo Del Giorno, he was born in north of Philadelphia , he went to Tyler School of Art, which is, of course, the great art school of Temple University, and he learned how to draw by examining and redrawing a beautiful print from the 17th century by the artist Primaticcio - it's an obscure story about Hercules where he gets dressed as a woman, and of course, you know, it's the most exciting episode of the life of Hercules to today's audiences. Larry Day made a journey back into the craft of draftsmanship and he found it in the history of Italian art, which he was so much drawn to. Then, just on another end of the spectrum, Italian-American artists, the great old masters, they look at 20th-century art. I am showing you a work by an artist's named Joe Amarotico, [called] “Large space dream” – these are, by the way, all works part of Woodmere's collection that I was telling you. JoeAmarotico’s “Large space dream” is very much inspired by the great metaphysical artist of 20th century in Italy, Giorgio De Chirico So you can see how we can take these mysterious interactions, two figures made out of boxes and architectural forms that are narrowing to each other in Joe Amarotico’s work. There are as many relationships, you know, between individual artists, Italian-American artists, from the history of Italian art, as there are artists. The story that I want to tell is very much about the intertwinement of artists as people, with institutions and schools especially. That to me, as Iwas looking at this material, came to be the story of Italian Legacy. It has everything to do with the development of schools, the change and the equilibrium of social relationships between Italian population and the institutions of arts and learning, in the city. The first Italian-American artist that I could find is Giacinto Riboni and
this [pointing the screen] is a detail you're seeing on your left, the young woman looking at a mirror, from [his painting from] 1836 and I am showing Riboni together with Constantino Brumidi. These two have very much the same story: they come to Philadelphia in the first half of the 19th century, they are educated people who have attended, you know, academies. Riboni attended the NationalArts AcademyinRomeandworkedas aprofessionalartistinRomefor10years,thencametoPhiladelphia at the age of 28 looking for work. He heard that Philadelphia was a growing city, there were rich people here who needed portraits and he made a good career for himself as an artist working in Philadelphia.And it's a very much similar story to the one of Brumidi who we've seen already in the Capital in Washington D.C.. In between his different projects in Washington he was working on this Cathedral of Saint Peter and Paul, here in Philadelphia. I have to say, if you haven't read Barbara Wolnanin’s chapter in the book about the community and the Washington-Philadelphia interactions, it is really good, really interesting chapter and I learned actually quite a bit that I didn't know, which I’m always happy about. So, these are artists, you know, early in the 20th century who are educated, who've been to the academy and they come to Philadelphia looking forward. Now that's a very different story in the later part of the 19th century, when artists are coming to Philadelphia as immigrants, their families leaving the trauma of terrible economic circumstances, especially in the South of Italy in the 19th century.You have already seen the Congregation Rodeph Shalom byNicola D’Ascenzo, who comes to Philadelphia at the age of 11 with his parents, they’re immigrants, he's had a little bit of training in the stained glass arts in Italy, he gets a job during the day building trades, attends classes at night -important to go to school properly - at the Museum School for the Industrial Arts and then starts his own shop. This is a shop that ends up being one of the biggest decorative art shops in the United States of America. He not only does the Congregation Rodeph Sholom here in Philadelphia, but the National Cathedral in Washington D.C. and he gets an enormous contract to decorate all the important part arts all across the country. I am sure the details of the component part of the window that we have now on the Horn Builiding, on Chestnut Street, is his art.When he comes to Philadelphia as a kid with his family, so does the great Harry Bertoia, who made, you know, one of the great Italian-American artists of 20th century American art. I am showing his “Free interpretation of plant forms” at Woodmere. Bertoia, liked D’Ascenzo. He comes to Philadelphia as a teenager with his family, they are immigrants, they had very little money, they go to Detroit where he has an older brother working in the automobile industry factories, he has kind of a passion for the arts, he goes to Cranbrook, he makes friends with Florence Knoll. He then comes to Philadelphia to work for Florence Knoll outside of the city in Valley, Pennsylvania and he makes so much money on
the Knoll chair, which becomes kind of a famous icon across America, so much that he can devote the rest of his career to making art and sculpture. I am showing the “Free interpretation of plant forms”, now at Woodmere, commissioned by the City of Philadelphia, where the old Convention Center was built in Philadelphia. Italian institution’s support to artists had a beginning in 1931, with artists like SeveroAntonelli – and I’m showing his portrait of Mussolini – who was a photographer. He arrived in Philadelphia as a kid with his family, but he was fascinated by Italian futurism and went back and forth between Italy and Philadelphia. In the 1920s got the attention of il Duce and made an official portrait of il Duce, but very soon after, came back to the United States and stayed here and never went back. Antonelli started the Antonelli’s studio in Glenside, Pennsylvania. But what's important here is that Severo Antonelli, Ben Badura together with the Papale brothers, who were artists who had a frame shop in South Philly, founded a social club that they called “The Da Vinci Art Alliance” in 1930. That very quickly became a social club for Italians who were interested in theArts or who were artists and they created an exhibition space. Alot of artists, whose work we’re going to see, had their first exhibitions at “The Da Vinci Art Alliance”. This is the first institution, that I know, that supported Italian artists and gave them a place to show their work. Then families can be that structure and we could not talk about Italian-American artists without talking about the Martino Commercial Design Studios, which was one-stop shop for «All of your art needs». They did: «
…graphic design, advertising, art for home décor, interior design, sign painting and fine mark in any color you want».This was correctly from their advertisement. Members of the Martino’s familywere Antonio, Giovanni, Filomena, Guglielmo, Roberto, Francesco and Edmondo and the next generation that are Nina and Eva. Nina Martino is still working with us in Philadelphia today – I’m showing her art – andAntonio Martino became an extremely famous freshness painter whose work is part of, you know, what we call American Impressionism. The first US-born Italian-American artist that I know of, who established, who gave us the pattern, is again somebody very much associated with Temple University and that's Raphael Sabatini. Born in the United States, went to the district school of the Philadelphia Public Schools, which had an excellent art program – which it no longer has – got a scholarship to go to art high school and then Temple University, Tyler School ofArt, on scholarship. He then, you know, went to Italy, connected with avant-garde artists in there and aside from then teaching at Tyler's School Board, Sabatini, for many decades, is the president of the PhiladelphiaArt Alliance on Rittenhouse Square. When Woodmere became in 1940 the museum dedicated to collect Philadelphia’s artists, the Art Alliance was Woodmere’s sister dedicated to exhibit Philadelphia's art and artists, so when this missions were formed by the same art groups of Philadelphia, Sabatini was
incredibly important for creating a cultural anchor for Italian artists. I'm also showing the N.W.Ayer Building, he did the architectural sculpture that you can see when you walk around Washington Square. The Pinto’s family, it's one of the great dynasties that has been in the arts of Philadelphia. We've already talked a little bit about Jody Pinto, but these [pointing the screen] are Jody Pinto’s uncles, Salvatore and Biagio, and her father Angelo. They were taken under the honor of Albert Barnes. He’s kind of a wild card in the arts of Philadelphia and he sees them in Philadelphia’s public school classes, that have come to the Lawrence Foundation, and said: «These three brothers really have something!». He takes them under his wing, he sends them to the south of France to work with Matisse. This [pointing the screen] is a painting by Salvatore Pinto that he made on the beach in Nice with Matisse,andtheyofcoursetheninspiredthenext generationartists.Artists also comeupthrough the public schools, becoming important teachers in Philadelphia. Filomena Dellaripa in the 1950s, 60s and 70s had an art school and was an important teacher and inspiration to many artists. Peter Paone, who's one of – still to this day Ithink - the great senior spokespeople and kind of a grandfather in the arts for so many young students. I am coming to the end, somewhere. Anthony Visco is a third generation Italian-American. The Italian-American artists working today are not coming from marginalized living conditions, they have attended all fine schools that, you know, we would want to. Anthony Visco, you know, I want to sort of tie him back to Brumidi and his idea of architectural decoration.AnthonyVisco works in Philadelphia and it's probably the lead maker of arts or treasures around the world. He works for the Vatican on a regular basis and you have to reserve his time a decade in advance. This is a work [pointing the screen] that we have at Woodmere, it's a fragment that he really loved and that was preparatory for the church of Saint Rita in Cascia in South Philly, andthenwehaveMariel Capannaandexamplesof Italian-Americanartists exploringtheirexperience asAmerican artists inAmerica today. Thank you.”
Domenic Vitiello, Professor of “Urban Studies” - University of Pennsylvania: “I don't have any slides but my name is Dominic Vitiello, I'm a professor of “Urban Studies” at the University of Pennsylvania. I moved here with my parents, when I was one, in 1974 because my father went to teach at Temple for 30 some years - I do not remember the exact number, but he taught as much as he could. So, thank you so much Professor Englert and Counselor Canepari and Judy, who distinguishes for me as the scholar of migration of the migrant communities over the last 20 years in Philadelphia. Judy’s work has been a really fundamental inspiration. […] As I said, I'm mainlya scholar of migration and so I want to reflect largely on the migration, but not onlyof people,
[but also] on threads that run throughout this book. You have heard wonderful discussions and illustrations ofthreads, thatwent throughthis book,on thearts,architecture andmanyotherimportant topics. I think, you know, the migration threads makes pretty rich and substantial contributions to the history of immigration in Philadelphia and the United States. So, from page one, Counselor Canepari in your prologue, you're exploring what we, for those of us who studied the migration history of the United States or British colonies, in particular before the United States, find a really familiar and important history of connecting places through migration. [An example of it could be] Council General of the Republic of Genova, Giuseppere Ravara, who worked for “Willing, Morris and Company”, thatonewouldthinkis someobscure merchant house, but no,this is thepremiermerchant house in Philadelphia and probably in America at this point, run by the merchants who financed the American war of independence. If you know him, also Robert Mars had really profound effects on the regions ties reports throughout theAmericas, Europe, and other parts of the world. The migration of merchants, really, to a great extent defined Philadelphia’s certain places, not just about the economy, but also shaping so much of the intense transnational, cultural exchange, intellectual influences and also lead other people's migration. These are all really major themes of this exploring, in great depth and detail, all across different chapters. So many of the chapters spoke to such a wonderful job of illuminating great ideas and cultural practices of migrants. We got a lovely illustration of it already from the start: in the first section of the book, in Maurizio Valsania’s chapter on merchant Joseph Mussi and his friendship with Thomas Jefferson; the next chapter by Carmen Croce on Jesuit migrants educators and their major contributions to the growth of American higher education, in this region and so many other regions that you can identify with the presence of Jesuits. It is all on migrants – right? Different types of migrants and migration that had different influences on Philadelphia and its ties to Italy, in these chapters. Most of the essays in part two, on the expanding industrial metropolis, also detail how ideas and practices of arts and culture migrated from Italy to Philadelphia, as Judy discussed as well. And then, in part three of the book, the late 1930s and 20th century, we get to the period of greater migration of people from mainly southern regions to Philadelphia. But the book doesn't just tell the usual, well-known, stories about this era. Judy also says what she noted right about the earlier Ligurian recorded community and Jeff Cohen, another architectural historian, reminds us that Italians did not concentrate in South Philadelphia before the 1870 – I will say something about that in a moment. Jeff and Judy's chapters at the start of part three, on the environment and on how South Philadelphia became known as Italian, do a really nice job of synthesizing the right deal that other scholars of Italian Philadelphia - including Giuliani, Richard
Barbero and many others - have written about the mass migration of the late 19th and early 20th century. And this of course, is why Philadelphia became one of the foremost centers of Italian settlement in the Americas. San Francisco is a center too as well as New Orleans, but Philadelphia was so much larger. I really appreciate your help from these chapters, in part three and others, that havecaptured thediverse andintensetransnational relationships between Philadelphiaand Italy, from the agents of Philadelphia industries who went to recruit Italians to work in the city, to really rich cultural and gastronomic connections. I am also reminded of how intense that pattern of migration was, of especially Italian men, we are talking about the majority of Italian men in the late 19th and early 20th century that went back and forth. They did not just come here and settle and lived the rest of their lives here. This back and forth migration, right, is a much more normal and accurate way to understand how migration happened historically, especially for Italians, but not only for Italians, that are more typical in our imagination. “Ohh you migrated from there to here and that's your story right?”. So, for example, just for my own family story: on the ship manifest that records my great grandparents and their three oldest children's arrival in Ellis Island in 1905, from Bosco Reale, right next to Pompei, the column that lists whether they had been to the United States before is just so crowded with dates, that it's hard to read. It shows that my great grandfather – Alfonso Vitiello – as the the 60% of Italian men in the late 19 century, returned to Italy multiple times and went back and forth and spent just a few years. He came to the US in 1899, 1901, 1903 and then with my great grandmother, Maria Bacilero, and their first child, my great-great uncle Luigi, in 1904, all before they moved permanently with the rest of the family to New York in 1905. In this time my ancestors were entirely different from Italian migrants in this era. This moving back and forth and all of the movements of things people brought with them, goods, capitals and ideas that came with them, created such intense relationships between places and communities in Italy, especially the South, and in the US, especially Philadelphia and New York and nearby parts of the Northeast, because it really was where Italians were so concentrated that it’s overwhelming. That is one reason it is important that this book it is about Philadelphia and what Italian descendants still do in these regions overwhelmingly. If you look at a map of ancestry in the 21st century in the United States, it’d shows this very persistent concentration. Part four of this book, about the present, illuminates really beautifully and is so many ways that these connections remain alive today. And finally, I want to say thatanotherreallyimportantcontributionthatthis bookmakes,thatsomepeoplereallybrieflyalluded to, is that it's not just a history of Philadelphia but it talks quite broadly in important ways about the region. Different chapters take us to Handler, or the Trump Gardens of South Jersey, farms and towns
of Vineland and Bridgeton, and internment camps in Gloucester City, New Jersey - outside of Glassboro, New Jersey - that helped the talents who had not natural assets since World War 2.At the end of section four, I just want to call out two more chapters: the migration threads continue in really important ways and Salvatore Mangione’s chapter talks about the study of migration but of medics. This is so crucial to the health and economy of Philadelphia in the late Twenties and 21st century that is obvious to all of you.And it's such a big part, I think, in immigration scholarship and just really the part of the post 1965 immigration, what we call new immigration. And finally, and not unrelated, I really just want to celebrate one more chapter that I think just does such a wonderful job tracing the intimate relationships between people and institutions of Philadelphia and that's Judy’s chapter on Temple. So thank you so much for including me in this event and I'll turn it back to Chancellor Englert.”
Richard Englert, Former President and current Chancellor of Temple University: “Thank you one more time to all who intervened. There is some time for questions. First question: does anybody have a question? If not then, what we are going to do is: we are going move upstairs. Let me end up by saying that I want to thank everybody! Thank you for a great panel, you will have an opportunity to interact with each other in a few minutes. We are going exit that way, however, at the reception, there will be an opportunity for you to get to purchase the volume and to get it signed by any of the authors. Thank you everybody!”
2.4. Presentation at the Institute of the Italian Encyclopedia Treccani. [Original language: Italian. Courtesy translation in English.]
Volume “The Italian Legacy in Philadelphia: History, Culture, People, and Ideas”.
Edited by Andrea Canepari and Judith Goode.
Italian edition published by Treccani.
American edition published by Temple University Press.
December 6, 2023
Institute of the Italian Encyclopedia Treccani
Igea Hall, Palazzo Mattei
Piazza della Enciclopedia Italiana 4, Rome
OPENING REMARKS:
Franco Gallo, President of Treccani and Chief Justice Emeritus of the Italian Constitutional Court
Fra' John Dunlap, Prince and Grand Master of the Sovereign Military Order of Malta
Gian Marco Centinaio, Vice President of the Italian Senate
Maria Tripodi, Italian Undersecretary of State for Foreign Affairs and International Cooperation
IN CONVERSATION WITH CO-EDITORANDREACANEPARI:
SamuelA.Alito Jr., Associate Justice Supreme Court of the United States
Cardinal Silvano Maria Tomasi
Gilda Rorro, New Jersey Italian Heritage Commission
Paolo Valentino, Diplomatic Correspondent for Corriere della Sera
CONCLUSION:
GiulianoAmato, Chief Justice Emeritus of the Italian Constitutional Court and Former Italian Prime Minister
FrancoGallo, Presidentof Treccani andChiefJusticeEmeritusoftheItalianConstitutional Court:
"I must say that it is with great pleasure and pride that today here at “Treccani” [Institute of the Italian Encyclopedia] we present this prestigious volume by the title "The Italian Legacy in Philadelphia. History, Culture, People and Ideas." The book, as you know published by “Treccani”, was passionately and expertly edited by the present hereAndrea Canepari, an Italian diplomat, for those who don't know, former ItalianAmbassador to the Dominican Republic and Consul General of Italy in Philadelphia, and by Judith Goode, esteemed Professor Emerita of “Anthropology and Urbanism” at Temple University. This book was created with the aim, as I have deduced by reading it, of unveiling to scholars and the public that valuable network of stories ideas and exchanges, of which I personally knew very little and have learned about through this book, that characterized the intense interaction between Italy and the city of Philadelphia, where this influence was embraced, developed and passed on with pride. I believe that those who visit Philadelphia still get a sense of this past that is so, let's say, glorious. In order to raise awareness of Philadelphia's Italian cultural heritage, Canepari has established since 2014 a diplomatic program open to the public that has played a fundamental role and from which I have the impression this book originated, called "Ciao Philadelphia''.This project saw the collaboration of numerous cultural institutions and universities and was able to involve many Philadelphians as well as telling the stories of many Italians and Italian-Americans who contributed to shaping what is one of the oldest and most important cities in the United States of America. A city, which I also remember when I visited many years ago, that represents the heart of U.S. political and civic culture, the cradle of the Declaration of Independence and the Constitution, and the ancient capital of the great country. The partnership with Professor Goode, who is a profound connoisseur of the community and urban development policies of post-war Philadelphia, has resulted in a work of great historical and scholarly value, accompanied by a wealth of images, in which the ties between Philadelphia and Italy are examined through the flow of people, the traffic of goods and the exchange of ideas between the two countries, as well as from the perspective of the inclusion of Italian elements in the city's architectural environment, social relations, and institutions of the city. One of Treccani's fundamental missions has always been to improve the understanding of the Italian presence in other cultures and in other distant countries, and so I read and re-read with great pleasure, in this regard, the meaty entry devoted to Philadelphia, published ninety years ago, in 1932, in the Treccani Italian Encyclopedia of Sciences under the signature of the great geographer Piero Landi. I went to pick it up and saw that the “Treccani” had already dealt with Philadelphia so many years ago and in this entry already noted not only the importance of the Italian
presence in the ethnic composition of Philadelphia, but also the remarkable role of Italian art in its cultural heritage. You can find this already written 90 years ago by the “Treccani”. Therefore, I find it more significant than ever that this reality could be deepened in an articulate and complete way through the publication, also in Italy, of this work so "heavy" and so important, at the same time, originally published in English in 2021 by Temple University Press. So I thank all those present, whom I did not have a chance to greet directly, but we will have a chance to shake hands, and I also thank the whole audience and the speakers who will speak after me and in particular His Most Eminent Highness Fra' John Dunlap, Princeand GrandMasteroftheSovereign MilitaryOrderofMalta; MariaTripodi, [Italian] Undersecretaryof State for ForeignAffairs and International Cooperation; His ExcellencyJack Markell, U.S. Ambassador; the Honorable Samuel Alito Jr, judge of the U.S. Supreme Court; His Eminence Cardinal Silvano MariaTomasi whom Iknow; Gilda Rorro representing the New Jersey Italian Heritage Commission; and Paolo Valentino whom we all know, the diplomatic correspondent of “Corriere della Sera”. I also thank Giuliano Amato who will conclude the meeting. Of course, my deep gratitude goes above all to all those who contributed to the realization of this extraordinary work: to the researchers, the historians, the artists, the ordinarypeople who shared their stories, and to its curators for their tireless efforts in curating and sharing this precious testimony of Italian culture in Philadelphia. My thanks, I repeat, go to Andrea Canepari on behalf of all of you. I thank you and good work.’'
Andrea Canepari, Co-editor:
"Good evening, everyone. First of all, I would like to thank President Franco Gallo for his words and his warm welcome, and with him, I also would like to thank “Treccani”, not only for hosting us but also for believing in this important project aimed to strengthen the knowledge between Italy and the United States.Awarm greeting to all of you, to such a distinguished and esteemed audience, which truly honors me and all the friends from Philadelphia who are listening and watching us via Treccani's YouTube channel. Before giving the floor to His Most Eminent Highness, Fra' John Dunlap, Prince and Grand Master of the Sovereign Military Order of Malta, I would like to thank all the authorities present or who have sent their regards, including the Vice President of the Italian Senate, Senator Centinaio, who was held up in the chamber but has just sent his remarks. I am very grateful to the [Italian] Undersecretary of State for ForeignAffairs, Maria Tripodi, who has also sent her greetings. We will hear also a message from U.S. Supreme Court JusticeAlito. I thank and greet Cardinal Silvano Maria Tomasi for being here. Wewillaswellhearfrom GildaRorro,and IthankPaoloValentino. Iam alsohonoredtohavediplomatic colleagues here. I thank all the Italian and foreign ambassadors present, the honorable guests, and the
professors. So, a first greeting to all of them.I would now like to give the floor to His Most Eminent Highness, whom I thank because, being Canadian and also a New Yorker by adoption, as well as Italian byadoption, he is a perfect connoisseur of these transatlantic bridges, and he understands the importance of our community and, in general, the Italian presence across the ocean. So it is truly a great honor to give him the floor."
John Dunlap, Prince and Grand Master of the Sovereign Military Order of Malta [original speech]:
"Good evening, I’d like to thank my good friend Andrea Canepari, former Italian Ambassador to the Dominican Republic, for inviting me to this presentation and extend my greetings the other dignitaries present. WhatAndrea didn't tell you, maybe he does not know, is that I am Canadian by birth, I lived in New York for many years, but my family are from Philadelphia, and they fled during the American Revolution to go to Canada. So, it's both a fortune and gratifying to encounter a book that expansively covers centuries, the long mutually enriching relationship between the People of Italy and Philadelphia and the surrounding area. The Italian edition of the book, published by “Treccani” a few weeks ago, constitutes the most recent stage of a journey of study and valorization of Italian communities abroad, especially, along the East Coast of United States, carried out byAndrea. I have knownAndrea Canepari since 2007, when I first met him when he was serving at the Italian embassy in Washington DC, with his lovely wife Roberta. And I have since developed a long-lasting friendship with him and his family and I have the honor to serve as godfather to their twins, Matteo and Bianca. Even back then, Andrea shared with me the idea of presenting a renewed image of Italy throughout the study of the interchange between Italyand the ItalianAmericancommunities,not onlyfrom acultural perspective. Infact quoting Andrea: “The Italian community can become a bridge between the two sides of the ocean’’. One of the aspects of the book, which I find particularly interesting, is the idea of Italy as a GlobalAmbassador for Western culture. In all its most magnificent forms, it has contributed so much to creation, development and maintenance of one America's grandest and most historic sites, Philadelphia. It also informs the reader of the significant contribution of Italians and Italians-Americans to the creation of the United States over the centuries. Given the value of the volume, and its potential for other cities around the world, I applaud the brilliant initiative of Andrea who recognized the need for documenting in multivolume series, how the presence of Italians abroad, Italian ideas and indeed Italian ideals have contributed so much to the cultural development of other land throughout the world. Ileave you to enjoy this presentation and discussion of the book, with the distinguish guests at your presence."
Andrea Canepari reads greetings and remarks from the Vice President of the Italian Senate, Senator Gian Marco Centinaio and the Italian Undersecretary of State forForeignAffairs and International Cooperation, Maria Tripodi:
"Thank you to His Most Eminent Highness, whom I asked to speak in English along with two other speakers, Justice Alito and Gilda Rorro, precisely to create this dialogue between the two sides of the ocean. Thank you also for sharing your connection with the city of Philadelphia, which is truly a great honor. Thank you. I will now read a message from the Vice President of the [Italian] Senate, Senator Centinaio, who has sent the following message: «I regret to inform you that I am unable to attend the presentation of the volume you curated, titled “The Italian Legacy in Philadelphia. History, Culture, People, and Ideas”, due to unforeseen institutional commitments. In thanking you for the invitation, I wish to share with you and the participants of the event the awareness of how much our country can rely on a sort of cultural diplomacy, which makes it an absolute protagonist on the global stage. Just a few hours ago, UNESCO announced the inscription of Italian opera singing in the list of Intangible Cultural Heritage of Humanity. This is an important recognition for one of the distinctive traits of Italian culture worldwide, and we confidently await the same result for the candidacy of our cuisine. These cultural traits bind Italian immigrants and their descendants to each other and to the Motherland. Cultivating Italian roots, promoting, and utilizing our cultural heritage, creating opportunities for discussion and sharing: all this allows us to create true Ambassadors of “Italianity” who can then also evolve into investors, consumers, and visitors. The past, the culture, and the products we have inherited can assert themselves even more for Italy as a tool for development. However, for this to happen, we need to adapt them to the challenges of modernity, starting with both the ecological and the digital transitions. We, therefore, have a duty to invest in research and training, and the experience that our compatriots bring back from more advanced countries can be very useful in this field as well. In conclusion, cultivating the bond between Italy and Italians abroad can prove to be an extraordinary tool of soft power for our country, thanks also to the enhancement of our cultural richness in this regard, following the effective example of the activities you yourself promoted during your tenure as Consul in Philadelphia. In wishing you and all participants the best of success for today’s event, I extend my most cordial greetings. Senator Gian Marco Centinaio». So thank you also to Vice President Centinaio for his words, and I take this opportunity to also greet the friends of “Accademia Italiana della Cucina” [“Italian Academy of cuisine”], since the Senator Centinaio honored them with his presence for the 70th-anniversary ceremony. Now, I am pleased to share a message from the [Italian] Undersecretary of State, the Honorable Maria Tripodi, who is responsible, among other things, for Latin America - a continent rich
in Italian cultural heritage and important communities - and is also responsible for culture. Unfortunately, she could not join us this afternoon, but she asked me to read this message to you: «Good afternoon to all of you, I greet the authorities present, representatives of institutions and the political world, and in particular Franco Gallo, President of the “Treccani Encyclopedia Institute”, who kindly hosts this event, His Most Eminent Highness Prince and Grand Master of the Sovereign Military Order of Malta Fra’ John Dunlap, His Excellency the U.S. Ambassador Jack Markell, the Honorable Samuel Alito, Justice of the United States Supreme Court, His Eminence Cardinal Silvano Maria Tomasi, Gilda Rorro of the New Jersey Heritage Commission, Paolo Valentino of “Corriere della Sera”, Former President of the Constitutional Court Giuliano Amato, and finally, a special greeting to the curators of this beautiful book, Professor Judith Goode and our Ambassador Andrea Canepari. “The Italian Legacy in Philadelphia. History, Culture, People, and Ideas” takes the reader on a wonderful illustrated journey to discover the remarkable Italian influence in the city, from Colonial America to the present day. Italians have always explored new lands and created communities far from their native soil, demonstrating a strong spirit of enterprise and adaptability, bringing with them their culture, genius, and ability to integrate. Philadelphia is no exception, as it is now the second-largest metropolitan area in the United States by number of Italian-American residents. The city, which saw the settlement of Ligurians as early as the mid-18th century, has been a protagonist in the progressive flourishing of Italian artistic and architectural styles that have contributed to the establishment of our country's influence. The Italian legacy of Philadelphia primarily derived from cultural influences: the Palladian echo in the architecture of some colonial buildings, the opera music that passing artists introduced to the city in the mid-18th century, the influence of Cesare Beccaria’s thought on the Philadelphia Constitutional Convention, the frescoes by Constantino Brumidi in the Cathedral of Saints Peter and Paul, the contribution of Jesuits like Pietro Folci to education, and the allure of Italy to the local elite who embarked on the European Grand Tour. Italy’s significant contribution later extended to the economic field, during the city's decades of growth, which depended significantly on the labor that came from the south of Italy. Italian emigration, and this is another distinctive feature, has touched not only Pennsylvania but also all continents, from the Americas to Europe, extending to Africa, Asia, and even Australia, where our nation's presence has developed through active participation in the local development. This reality often goes underappreciated for its potential contributions to our country’s growth, making Ambassador Andrea Canepari’s work all the more vital and commendable. We must enhance the role of the Italian diaspora, which is essential not only for the countries that have benefited from the presence and talent of our fellow citizens but also for Italy itself, as it has played a key role in spreading the Italian influence
abroad. If we were to think of ourselves as a diasporic community, we would have a presence on a global scale like few other countries in the world. However, understanding this phenomenon requires a change of perspective; the diaspora should no longer be seen in terms of lost talents but rather as a resource spread throughout the world that Italy has at its disposal, and this book is a clear example of the country’s commitment to raising awareness of the historical role of our emigration as means of creating living bridges and opportunities. The Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation is at your service to help you carry forward this project and enhance the power of the global Italian diaspora. Cultural diplomacy is a priority in our country’s foreign policy and is one of the main tools for rooting “Italianity” in the world. As the book demonstrates, culture represents an essential element to face modern challenges and is also a key factor in the image that Italy projects abroad. Reiterating my full support and my best wishes for the presentation of this volume, I send you my warmest regards». I thank the Undersecretary for highlighting the work that the Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation carries out daily, along with the entire network.And I must say it was a great honor for me to have the foreword of this book written by the Secretary General, Ambassador Riccardo Guariglia, who described this book as a “service book”, not only at the service of the community to make these stories known but also because it tells and creates connections that are part of our daily activities. This activityis important, as our DeputyPrime Minister, Minister of ForeignAffairsTajani, often emphasizes when linking our community to diplomatic action. The American Ambassador could not come, but he also sends his greetings, and we thank the spokesperson of the embassy who is here representing him. I knew Ambassador Markell from when I was Consul General in Philadelphia, and he was Governor of Delaware, the state very close to Philadelphia, and we discussed the importance of making known even these lesser-known realities that, as President Gallo reminded us, have long been studied, are important, and have a great cultural foundation. So now, I would ask to play the video message of Samuel Alito, Associate Justice of the Supreme Court of the United States, who has exceptionally sent us a message."
Samuel A. Alito Jr., U.S., Associate Justice Supreme Court of the United States [original speech]:
"I am pleased to have this opportunityto say a few words about this magnificent book, which chronicles and celebrates the many important effects that Italy, Italians and Italian-Americans have had on the city of Philadelphia and its environments in law, government, music, architecture, the visual arts, cuisine and other fields. The influence has been lasting and significant. With insightful and fascinating essays and stunning illustrations, this volume captures this aspect of the American story. We are all indebted to
AmbassadorCanepari andProfessor Goode fortheirwonderfulwork, which is obviouslyalaborof love. This book touched me because both Italy and Philadelphia have occupied a special place in my life. I am a proud Italian-American and Philadelphia has figured in mylife for multiple reasons. During my 30 years as a judge, much of my work has centered on the. Constitution of the United States, and Philadelphia played a central role in the creation of the Constitution and in our nation’s founding. It was there that the Continental Congress voted in 1776 to separate from Great Britain, and it was there that Thomas Jefferson drafted the Declaration of Independence. Philadelphia was also the site of the famous Constitutional Convention of 1787, which framed, debated and approved the new Constitution. Thomas Jefferson, the drafter of the Declaration of Independence and our third President, read and spoke Italian and was an admirer of things Italian. James Maddison, who produced the first draft of the Constitution, prepared for the 1787 Convention by immersing himself in the history of the republics of the past, including, of course, the ancient Roman Republic and the Republican City-States of Renaissance Italy. On a personal level, I grew up near Philadelphia, and the court of appeals in which I served for 15 years is located just a few blocks away from the spot where the Constitution was drafted, and when my father and his mother arrived in the United States in 1914 they landed near that very place. This beautiful volume has given me much pleasure, I hope it will do the same for many others."
Andrea Canepari, Co-editor:
"We heard the words of Judge Alito, a constitutional authority in the United States, just to signify the importance he also attached to this book, to the rediscovery of the connections between Italy and the Philadelphia region. I am truly grateful to Presidents Gallo and Amato for being here today and for sharing their authoritative and significant insights.As a public servant, it is deeplymeaningful to witness the participation of esteemed figures from both the Italian and American constitutional courts in this cultural and diplomatic initiative. Their involvement underscores the importance of the work we are undertaking.Therefore,Iamreallygrateful.Withequalpleasureandhonor Iwouldnowliketointroduce Cardinal Tommasi who has been Apostolic Nuncio in various countries, but he is here as a member of the “Religious Congregation of the Missionaries of St. Charles”, the “Scalabrinians”. It was an honor for me to also meet his brother, Father Lidio, from Holly Rosary Church in Washington, D.C., and I am really pleased to listen to him. Thank you, Your Eminence.''
Cardinal Silvano Maria Tomasi:
"Andrea Canepari, along with Judith Goode, has produced a book that represents an achievement in itself because it is very difficult to develop cultural projects within the Italian-American context. It is also, in a way, a symbol of what can be done. I have spent most of my life in the United States, working primarily within the Italian-American community and later in the broader American context. This experience has led me to search for cultural expressions typical of Italians in the United States, and to start the American Italian Historical Association to try to recover the identity of the Italian-American experience, while also opening up to the great Italian culture. We worked to identify sources that could provide accurate information about the Italian-American experience, publishing volumes indicating the places where serious research on this experience could be conducted. This volume is also a symbol of how Italian communities and their culture can forge, in immigrant countries, new links not only with Italy but also among themselves. There are perhaps 14 million Italian-Americans, and some studies suggest there are even more.Anyway, if we look at the map of theAmericas, we see that the significant presence of Italians was decisive for the further development of these countries after their arrival. Decisive in the sense that both cultural and political developments of these countries have been influenced bythis presence.The Italian presence had a direct impact on countries likeAustralia, Canada, Argentina especially, but particularlythe United States.This presence was influenced bythe great Italian culture, the classical culture: Dante, Michelangelo, Raphael; all Italians of origin are proud of these names. On a daily basis, these Italian communities were united by popular culture, a culture that bound them together as a community and was not based on the grand Italian culture because our emigrants weremostlyfarmers,laborers,andminers. It is interestingto notethatin oneofthemost recent censuses, the average income of Italian-origin families is higher than that of English-origin families. The mobility of Italian-American, Italian-Canadian, and Italian-Brazilian communities has undergone an incredible process of development and influence. These emigrants, who at times could not read or write due to the high illiteracy rate, especially in the early 20th-century migration waves, managed to produce about twenty American university presidents. Another interesting aspect I like to mention, because I lived through those times, is that when Nixon was impeached, the Congressional committee judging Nixon’s political situation was led by Peter Rodino, with whom I used to have pasta on Sundays, and the judge involved from a judicial standpoint was another child of Italian emigrants. So this observation, this reevaluation of the presence of Italian culture and architecture in the various essays of the presented volume, shows exactly all the aspects of life that the Italian presence has managed to influence. In this way, there continues to be a connection with Italy that comes from family ties, distant cousins. There is
still a family connection that exists and continues to be influential. But then there is also the pride of these people of Italian origin to know that Italy has played a fundamental role in the development of what is beautiful and interesting. And then, if you allow me, I also would like to mention another dimension that links these communities to Italy: the Catholic tradition. When the first Italian emigrants arrived in NewYork, the Irish clergy dismissed them as non-Catholics, and instead pagans because they held processions with saints, according to the tradition from Sicily or Campania. By doing so, they had somewhat marginalized them even in the church. However, these Italians, who were considered somewhat irreligious -apartfrom thefact thatthere has always beenaradical strandin Italianemigration that some have studied, like Professor Vecoli and others, which is very interesting - and who were farmers and laborers, managed to establish over 500 parishes and parochial schools funded by the small contributions of emigrants. This form of culture helped to establish the Italian presence in the political field, and the transition from a religious based community to a politically involved one, as candidates from various parties sought to cultivate the Italian vote, using ethnicity as a basis to advance their political interests. Continuing the tradition started by this volume is worthwhile not only for the United States -Philadelphia, New York, Boston - but also other countries where Italians have played a fundamental role in development, such as Argentina, Brazil, and Canada. The Italian community in Toronto, for example, which Iknow quite well, has produced a group of construction entrepreneurs who have prospered and have also shaped the urban development of the city. It is indeed interesting to note the references inAndrea’s volume, to this practical, daily culture and its influence. Usually, reference is made to Italian cuisine influencing English cuisine, but there is much more. Italians are good not only forsausages and meatballs but also becausetheyhavecreatedveryinterestingurban development.There was an attempt, a few years ago, to focus on the cultural aspect of Italian migrations, usually discussing the social aspect, the marginalization, the discrimination faced by Italians, such as the case in Louisiana where Italian emigrants were lynched for being falsely accused of killing a police officer. These enormous communities that are now developed and play a key political role in their countries could represent a linkwith Italythatproduces not onlyeconomicinterests but also anexampleof howdifferent people with different priorities and traditions can coexist and build a future that is interesting and beautiful, inclusive, and that does not create problems for society. I spent over 50 years in the United States beforebeing 'kidnapped'bythe HolySeefor otherpurposes, and Ican saythat the Italianpresence on a daily level is real, but we must be smart enough to use this presence to build a more peaceful world, to work together, and to create links and contacts. The Italian presence started from zero, it must be said, and we must use these human resources, which also bring an enormous social weight, as a tool for doing
good and not let it be manipulated by unintelligent politicians. So, in conclusion, I would like to thank Andrea and Professor Goode for this work because they have put together something valuable that has been truly admirable, especially given the difficulty of finding support for intellectual and cultural endeavors within the Italian-American context.. Yet it is possible, and there is a growing recognition of the value of this presence and the values we have exported around the world,in our humanitarian tradition. Whether Italians were on the right or the left does not matter, because they had in their soul this values that is part of their history and cultural activity and that has brought good everywhere. This is the first time “Treccani” took an interest in emigration, it seems, and this is also a sign that we must remember that Italian emigrationrepresents thelivinglinkbetween Italyand therest ofthe world.Thank you."
Andrea Canepari, Co-editor:
"Thank you. I must say we listened with great interest to the words of His Eminence Cardinal Tommasi, who really made us understand the density of the relationship of our community with Italy, what Italy has given through its migrants, but also through the exchange of ideas. And indeed, here, as His Eminence said it is not easy to do that, it is not easy to arouse interest, however, the stories are so strong that they arouse this interest and the example of this book, precisely, gives the idea. We now see in connection Gilda Rorro Baldassarri, a Doctor with a PHD in the United States, who has given part of her life to create cultural bridges, especially to bring Italianism into the American school curriculum, who cherishes so much the title of “Cavaliere”, Knight of the Italian Republic. I salute Gilda who by the way is listening to us, let's listen to her."
Gilda Rorro, New Jersey Italian Commision Heritage [original speech]:
"Buongiorno. My sincere appreciation and congratulations are extended to former Italian Ambassador Andrea Canepari for inviting me to join such an august group of speakers at the launch of his marvelous of his book, "The Italian Legacy in Philadelphia." This beautifully illustrated volume encapsulates the best contributions of Italian heritage to the city of brotherly love and, by extension, to the making of America. It influenced our Commission, the New Jersey Italian Heritage Commission, to develop a new videoon themakingofAmerica "The Italian Legacy,"thanksto this book bytheAmbassador.Mypieces titled "From Southern Italy to Southern New Jersey." My love for my Italian heritage was engendered in 1951, when I had a private audience with Pope Pius XII at Castel Gandolfo. The Pontiff asked me to promise him that I would learn to speak Italian and never forget my Italian ancestry. That encounter
prompted me to write this book [indicates the book in her hands] "Gilda, Promise Me" with that event. In 2003, I was appointed by the Governor to the New Jersey Italian Heritage Commission. I was very proud to serve there because New Jersey is the first state to enact legislation to confront prejudice and discrimination towards Italians. U.S. News & World Report recently issued this statement: «Italy is the most culturally significant country in the world». It is sad that manyof our young people or other people do not know about this fact, but how many students would be happy to learn about it. This is because our heritage is our identity. To preserve and promote that heritage, my Curriculum Development Committee with the Italian Commission developed the universality of Italian heritage curriculum from K grade to twelfth, all subjects areas. I worked with the Commission Chairperson, Robert Di Biase, and the National President of the Conference of Presidents, Cavaliere Besorusso, who said: «Distribute our curriculum to every Chief State school administrator in the country» This was done partly in response to the Columbus statues that have been destroyed or vandalized thought the country, about 50 of them have been taken down. It is sad because the whole history of the Americas stands from those four voyages of Columbus, a planet changing. To summarize, our curriculum and more are available on our website “NJItalianHeritage.org”. ''L’unione fa la forza''“Together there is strength”, let’s work together, with this book, to ensure our glorious Italian language and heritage remain alive and vital for this and future generations. Grazie, arrivederci.''
Andrea Canepari, Co-editor:
"It was a pleasure to listen to Gilda Rorro, who also showed us the American edition of the book from which this beautiful Italian edition was born.This book took about six years of work to complete, having been published by an American publisher, Temple University Press, which adheres to the rigorous American academic standards , necessitating such extensive work, , and rightly so, because our stories are serious, as all the speakers have demonstrated so far. It is fitting that these stories are showcased in Italy by a cultural institution like “Treccani”, which is part of our institutional and cultural DNA, and in America by perhaps the most prestigious academic publisher in the field of anthropology, precisely because the stories we have told are important and deserve to be told in this way. Before inviting my friend Paolo Valentino for a brief discussion, which will be followed by remarks from PresidentAmato, whom I thank, and audience’s questions, if time would allow it, in Treccani’s tradition, I would like to take just a few seconds to express my gratitude: to the President of the European Affairs Commission, Senator Terzi, who was here earlier and was one of my mentors in Washington, for which I am thankful; toAmbassadorBisogniero,whowasalsomymentorinWashingtonwhileIwasinPhiladelphia,Ilearned
a great deal from him as well; to the President of the Justice Commission, Honorable Ciro Maschio, who is part of the friendship group between Italy and the Dominican Republic and has been very active, so I thank him for being here today; to Ambassador Vattani, with whom I had the honor of working, especially on the “Distretto del Contemporaneo” [“Contemporary District”] project recently, and I also thank him for being here today; toAmbassador Sequi for his presence and for all that he has taught me. I must say I am deeply grateful to all of them because I have had the good fortune, at various points in my professional life, to stand on the shoulders of giants and to learn from them. I also thank the Ambassadors present: Ambassador Di Nitto, Ambassador Ronca, the Ambassador of Iraq, the Ambassador of Turkey, the General Commissioner of Expo Osaka, Mario Vattani, with whom we have envisioned initiatives to highlight this dialogue between our communities and Italy at Expo Osaka. I thank my diplomatic colleagues, friends present: Minister’s Advisor, Lawyer Rago, as well as the Advisor to Vice President Tajani, Honorable Spena, for being here; all the professors present; the confrères of the Order of Malta; all the authorities; the Secretary General of “Unioncamere” Tripoli; Assocamerestero’s Mauriello; the Director General of MIMIT, Romeo; the Secretary General of “Aspen”, Petroni, as well as the current partners in the cultural projects we are now carrying forward at the Ministry. Allow me, in this regard, to quote from the preface to the book, written by the Secretary General of Italian Ministry of ForeignAffairs,Ambassador Guariglia: «All the initiatives undertaken by our Administration, always diverse to better adapt to the different cultural contexts in which our diplomacy operates, serve a single purpose: the collective effort to promote the national system, which is constantly emphasized by the Deputy Prime Minister and Minister of Foreign Affairs, Honorable Tajani». This gives me the opportunity to mention new initiatives, such as those of the “Cucina delle Origini” [“Cuisine of Origins”]. I thank Maddalena Fossati, Director of “La Cucina Italiana” [“The Italian Cuisine” Magazine] for being here with us as well as those connected with the design system. I thankAndrea Cancellato, Director ofADI['Industrial Design Association'],for beinghere. Ihad already mentioned the friends from the “Accademia Italiana della Cucina” [“Italian Academy of Cuisine”] with Secretary General RobertoAriani.A greeting also to Joe Martorana, who came to Philadelphia and saw these stories of Italian heritage in America through the eyes of an Italian photographer, which are the images we see projected on the screen. Therefore, for a brief exchange of views, I would like to invite Paolo Valentino, whom you all know. He has interviewed some of the world's greatest personalities for “Corriere della Sera”, from Schröder and Merkel to Barack Obama and Putin. I had the privilege of meeting him when he was in the United States: he came to Philadelphia in 2015 for the second edition
of “Ciao Philadelphia”, to report on Italian Philadelphia for “Corriere della Sera”. I am not sure if he expected to find this vibrant Italian community. ''
Dialogue between CouncilorAndrea Canepari, Co-Editor, and PaoloValentino, Diplomatic Correspondent for Corriere della Sera.
Paolo Valentino:
"Good evening, thank youAndrea for the invitation. Yes actually I had this great privilege to be invited, thanks to Andrea, by the City of Philadelphia, to Philadelphia, on the occasion of the second edition of “Ciao Philadelphia”. What I was impressed with, and this is also going to be the first question I want to ask Andrea about, although I want to add a little something, was the chorality with which the city got involved and dragged into this week, in which its cultural institutions, its museums, restaurants, all kinds of places, foundations, had enthusiastically joined this initiative that gave the impression of a big Big Bang. I remember that in myreportage for “Corriere della Sera”, I actually introduced, in the beginning of the piece, a spurious element, in the sense that I begin the piece by describing and telling about the statue of Rocky Balboa, star of the famous Johansen film that won the Oscar. The statue stands at the foot of the steps of the Philadelphia Museum ofArt. It is kind of a strange thing because, basically, it is a statue to a hero of "celluloid" cinema - an expression we used in our generation - but it also celebrates something that is not cinematic at all, because it celebrates the “American dream” which Rocky embodies. Rocky is Italian and in that sense I like to say that probably no one like Italian Americans have interpreted the American dream better. So my first questionAndrea is: "What were you thinking?'', meaning how did you come up with that? In the sense that an Italian film festival is always there, and we find everywhere as well the celebration of the Italian culinary week, but to put all these things together and involve, to put it in a journalistic jargon, “highs” and “lows”, which means involving both gastronomyand the centers of excellence at Temple University, the museum institutions of Philadelphia and politics.. how did you come up with the idea and especially what difficulties did you encounter?''
Andrea Canepari:
"Thank you. It's a question that takes us right back to the origins of “Ciao Philadelphia”, that's what we called this event. I came to the city of Philadelphia noticing that there was this enormous heritage of Italian-ness -as Cardinal Tommasi said, as well as the Grand Master of the Order of Malta and President Gallo - that was palpable. However, on Columbus Day in front of the obelisk done by Robert Venturi,
bythe way, a beautiful modern monument, verybeautiful there were just six of us [Italians and ItalianAmericans]. So I said to myself: "There's something wrong…" and it does not line up with the numbers of Italo descendants that are so important. This love of Italy, for a city which center is called “City Center” - usually in America the center of a city or town is called Downtown and it is a place in Philadelphia where you live, you eat, you work, which for us, Italians, is a given, but is not a given in an American Downtown, where you just, usually, work - wasn’t visible. This was not aligning with the fact that in front of Philadelphia, there is New Jersey with counties that had, according to the U.S. Census, 40 percent or more inhabitants of Italian origin. So how is it possible that on Columbus Day there were just six of us? There was a problem. As I was saying before, I was always fortunate to have great leaders, both when I was in the embassy in Washington, but also when I was in Philadelphia, who were spurring to do initiatives, to promote a renewed image of Italy - some are here even today - and so I felt a great responsibility and I saw this love for Italy not only in the community but also in what I called at the time ''friends of Italy,''. Friends of Italy are those who were not ethnically linked to Italy, but nevertheless esteemed it, wanted to participate in the spirit of Italiannes’s, those who Piero Bassetti calls ''the Italics'' [“Italici”]. There was all this, however, in front of the obelisk there were only six of us. So I said: ''We have to change the narrative, we have to do something''. Therefore, I started to talk to our community and I found a community that seemed to me a bit segmented. There was the old immigration with its values,its cuisine,its rituals, traditions and thenewimmigration formed bydoctors, lawyers, professionals who nevertheless did not understand and did not connect to this old immigration, did not even understand the work ethic that these brought, the love, how they had changed the United States. Both of them did not connect to the thinkers who influenced the founding fathers and the constituents. So there was a need, in my opinion, to bring them all back together. So around Columbus Day, I thought I would also go a little bit outside, to the big museums, to the big universities - there are 103 in Philadelphia, including two Ivy League universities - to try to talk about Italy around Columbus Day. The plan was to do three Italy days, but in the first year it already became a month and a half, because the enthusiasm was like an avalanche. It became more and more and the more I went the more doors opened, because there seemed to be great interest. Right from the second edition “Ciao Philadelphia” became an annual event, and it did not stop there. There were dozens of events every month, all organized by big institutions but also by those in the community. There was this chorus that Paolo Valentino then summed up in this title of the article, which we then also put in the book, which is "From Rocky to Botticelli: Italian Philadelphia." So all together, the grand culture, the more popular culture, the old immigration, the new came together it these celebration events. You'll see in the book
that there are fantastic images (of the events): for example there's the image of the Rangers- as the ones in the Ranger movies of the American national parks- of the American Independence National Park, a symbolic foundational place of the identity of the United States, which makes tours educating scholars on the subject of the Italian contribution to the American Constitution and the Declaration of Independence, so a sacred thing for the United States, and they have this collection of papers with the coat of arms of the Italian Republic and with our Italian flag and the logo of ”Ciao Philadelphia”. So it shows how all the institutions, from the most prestigious to, I don't know, the association of the most recentlyemigrated Italians-Igreetherethefriends of“Filitalia” whocametovisituswiththeirmuseumthey gathered together to talk about Italy because they wanted to build bridges with Italy.''
Paolo Valentino:
"Thank youAndrea. In an interview that President Mattarella gave to my newspaper inApril of 2023, if I'm not mistaken, ofwhich thetitlewas: "For a new renaissance in Europe let's start again from culture,'' [translated from Italian] - which by the way also echoes a famous phrase of Monnet's: "If I had to start over, I would start over from culture,'' - I was struck by a sentence that at a certain moment President Mattarella says: "The Italian way of life means that after more than a century and a half of migration to the Americas, Australia, or Northern Europe, alongside the fourth- and fifth-generation Italians who play significant roles in the countries of arrival, there are many, many aspiring Italians who appreciate our culture, italics in fact, who cement that soft power that is so much needed in times of resipiscence of violence '' [translated from Italian]. Therefore, it seemed to me that I met a lot of these aspiring Italians in Philadelphia, and so I'm asking you to confirm that, but more importantly: how can we build on that?''
Andrea Canepari:
"Indeed, the President's words are really a beacon for all of us who operate abroad, but then again, so are the words Iread, just a few moment ago, from the SecretaryGeneral and our Minister.These aspiring Italians, years before the President used these expression, I used to call them differently, I used to call them "Italy's friends'' and they were the ones who wanted to spend for our country, in a way that we Italians living in Italy, don't understand. For example, a big banker from the Philadelphia’s area, not of Italian origin, Vernon Hill, a billionaire in dollars, at one point wanted to meet me and had said: "Look I'll give you the slogan (of the initiative) for free because you can't afford my advice." The slogan was: “Everybody likes Italy. Let’s give everybody give a chance to be Italian for one day in Philadelphia”. So it's fascinating when you think about this banker who lived in a villa in New Jersey, which was called
“La Collina” [“The Hill”], which had nothing to do with Italy and yet he loved our country and at one point he even bought one of the main glass factories in Murano [Italy], one of the most historic ones precisely, because he felt that he had to do something with Italy and he was going crazy with the idea that our glass was not being valued as it should have been. So he coined this slogan: '' Everybody likes Italy, let's give everybody the chance to be Italian for one day in Philadelphia.'' This slogan worked so much and here is my wife Roberta who can assess to that and who I thank not only for putting up with me saying this phrase all the time, but also for all the work she has done for the project, because operations like this are not done alone and there was also the entire staff of the Consulate who helped and assisted the compatriots and in short it had become quite a volunteer work for us too, to involve these Italian aspirants. And this phrase worked and one of the first communities that believed in this is the Jewish community in Philadelphia, the American Jewish Committee or even the Anti-defamation League, with whom we wrote editorials to commemorate the Memorial Day, to remember the common values, and organized tours for Italians. Therefore, these people, including Vernon Hill, were all “aspiring Italians”. They were directors of great museums, presidents of great universities, people who could contribute to the cause through their connections. These “aspiring Italians” almost immediately moved the big companies as well. For example, our first sponsor was American Airlines and I have to say they came to the Consulate to say: “we are observing this initiative and we like it very much and we would like to support it because through the lens of Italian-ness you are enhancing Philadelphia and therefore you are attracting tourists and we need that as well." Then came KPMG U.S. and eventually came, and here we are cycling back to the concept of Soft Power, laws of the Pennsylvania legislature, which within its state’s budget, approved a bill, with the bipartisan support of a Democratic governor andaRepublicanSenate,throughwhichitprovidedfunds,intherangeofhundredsofmillionsofdollars, to the Consulate General of Italyto fund these initiatives, which is quite unusual in the U.S. context. this happened because the sentiment among the community had become strong and so CBS, NBC,ABC and Fox networks launched these messages through their channels and everybody started to support, even more, this initiative. So these words that you quoted I think are a great spur to continue this work.”
Paolo Valentino:
"I have just one more question, so we don't steal more of President Amato's time. Thinking about Columbus statue affair in New York I want to ask you: have there been any incidents of cancel culture towards Italian Heritage in Philadelphia?’'
Andrea Canepari:
"There were, but not when Iwas Consul General and Imust sayno one even dared andmyAmbassadors in Washington would not have allowed it. However, I understood that it was happening and that was what I was trying to explain to our community as well: 'look it's coming to this.' So let's explain my idea to ourAmerican friends as well, of why there is a Columbus Day. First of all, why is there a Columbus Day and not a Colon Day or a Spanish sounding Dia, since in Latin America the general belief is that Columbus was Spanish and has no connection to Italy? Right in Philadelphia there was a tussle related to this between Italian-Americans and Spanish-Americans, documented in the book, and the Italians won and the name Columbus Day was chosen. But where did Columbus Day come from, why this federal holiday was created? Because, as Cardinal Tomasi reminded us earlier, by referring to the lynching historical episodes, Italians were the second most lynched ethnic group in the United States and at some point, the federal authorities decided to create this holiday to include in the identity DNA of the country that had welcomed them, a celebration dedicated to this discriminated ethnic group. Now that the matter is reversed and Columbus is seen by many as a colonizer, but he had been chosen as a symbol of a minoritythat had been oppressed and was beginning to struggle to integrate.There are tragic stories, the book is more on the positive side, about building bridges, but Roberta and I have been to Monongah and we saw what was the biggest mining tragedy in North America, where hundreds of Italians and children died, because children with their little hands up to 7 years old were catching coal and for everyminer there were seven or eight children, so the numbers we have are infinitesimallylower thanthereality.Professor Kohne,non-Italian-Americanfrom Miami University,Ohio,writes in thebook about how and why this holiday was born, so in my opinion, it is good to remember it. I was trying to explain it even to our more traditional community, which I must say was quite reluctant, especially in the beginning, to understand the importance of thinking about this need, to counteract a cancel culture that was coming. So my idea was to think about today’s Italy and to tie these type of celebrations to the history of Italian communities and also the Italy of the past, its culture, and by doing so to aggregate the community around both the old and the younger generations of ItalianAmericans, those of the third and fourth generation who did not feel completely tied neither to Italy -because maybe they thought and lived it through the eyes of the stories of their great-grandparents and great-great-grandparents, an Italy that no longer exists - nor completely to the traditions that were carried on. So I thought that the glue that could hold together this “old” Italytogether with today's Italy, could be on one hand traditions, even these Columbus festivals, and on the other hand, the integration and engagement of the younger generations. Therefore, that was kind of the idea and the sense of this great work that was done to create
enthusiasm. Thank you. Now we turn the floor over to PresidentAmato, and it is a great honor to listen to him."
Giuliano Amato, Chief Justice Emeritus of the Italian Constitutional Court and Former Italian Prime Minister:
“Reflecting on the many things that have been said, it becomes clear that writing this book was indeed very timely, and was also important to explain the reasons behind it and nurturing for years an initiative like “Ciao Philadelphia”, which has truly shown that by sowing, something would emerge from that ground. I am grateful to His Eminence and Paolo Valentino, who introduced the topic, on a day when it seemed we were only celebrating the great Italian culture and the impact everyone recognizes, for reminding us of the difficulties faced by our community in the United States and beyond. Because those who arrived there were the same ones who went to die at Marsinella and had, as His Eminence said, the culture of the illiterate, who possessed something orally, something that also draws from the classics. What Benigni has been telling us is absolutely true, I’ve experienced it myself living in Tuscany: «illiterate Tuscan farmers can recite a canto from the Divine Comedy, because it’s part of their culture». So there is a propensity for mixing that later emerges in Italian identity. But there’s no doubt that our community arrived in the United States being seen as one of many processions of ragged people who sold their mattresses to pay for their ship tickets, seeking fortune, and who were placed by someone in not particularly happy places, like the women who tried to marry Crialese’s man Benigni, in his beautiful film, showed us this, the fact that women who arrived in the U.S. had to be married to enter, so some man would marry them on the spot, right at Ellis Island, before they entered the city. Let’s not forget, we brought 'this,' which was heavily discriminated against, even the Irish discriminated against us can you imagine,beingdiscriminatedagainst bythe Irish? Eventually, theystopped [laughs)].Then we brought the Mafia, which weighed heavily. Look, I have a personal memory of my son, who was in a class equivalent to our third year of middle school, in Bethesda, when I was in Washington many years ago, and he would sometimes come home crying because he was tormented all morning with phrases like: 'Lorenzo mafia spaghetti, Lorenzo mafia spaghetti,' and he, poor thing, initially didn’t even understand what that could mean. These are the experiences of many from past generations, before the emergence of pride in ethnic roots, I still remember a book written by an Italian, signed David Richardson, who was actually Davide Riccardi, but to fit in, he decided to changed his last name so as not to be perceived as Italian. When I saw that, it pained me to see it, having to hide its own name. It took manyof these same Italians, their children, and Imust sayour diplomatic representations to change
the narrative. He is particularly talented to do this type of fieldwork [referring to Councilor Canepari], but our Italian diplomatic representations contributed a lot in order to make more visible the growth of Italians, connecting them to the great Italian culture. There is still this paradox: I’ve lived in American universities for years, and there’s no doubt that Botticelli is a great artist like Rembrandt and Rubens, and that Leonardo and Michelangelo are part of a transnational community of great artists and they are Italian, but they were not associated with those poor souls who arrived as immigrants. So here, a great operation took place, in creating that connection, and it was created by Italians as they grew, and they still do today. The person who drove me to Kennedy Airport last night so I could arrive here in time today - well, I would have returned anyway, don’t exaggerate, I didn’t come back just for you [speaks to Councilor Canepari], but Itried to take a flight that allowed me to do so [laughs] - arrived in the 1970s as a child of an immigrant family. When my wife asked: 'Why did you came here?' he answered with great sarcasm: 'To find America, the American Dream.' His daughter has a PhD in Psychology and a splendid job in Texas, treating police personnel for psychological issues. Many Italians have managed to do this, many Italians have excelled. Going back to personal memories, I was particularly unhappy in Washington in the early 1980s about the fact that the restaurants where important people dined were French, and we had trattorias. Within a year, we outdid the French - I should not say this given the fraternitythat unites us in the European Union, but I’ll sayit: Italians knew how to excel in that [laughs]. This union between great culture and the culture that following generations of Italians have gradually been able to carry, has great significance because then the country is no longer seen as it was when they lynched us, or as it was seen with Sacco and Vanzetti, but instead as the same country of Michelangelo, Leonardo, and Davide Riccardi, who can call himself Davide Riccardi and not necessarily David Richardson. This just to give a sense of who we are and have been in that country, and who we continue to be because, after all, Italian culture did not end with Leonardo and Botticelli. For instance, still in the same area, Renzo Piano, who is beginning to age, continues to work and is appreciated there as well as intherestoftheworld.Andlet’snotforgetwhat ItalianshavedoneinAmericanuniversities: I’mreading a book that brought me back to the birth of the center-left political movement in Italy, but the birth of the center-left is entirely based on the esteem Arthur Schlesinger had for Salvemini, the knowledge he had gained at Harvard, and the reliability this gave to that Italian evolution, convincing President Kennedy. Schlesinger told me this personally, we talked about it several times, so I have no doubt that this happened. Not to mention everything else, like design, although sometimes we get annoyed when werealizethat ourexcellencelies in cookinganddesign.Then,the Lordin SouthTyrolinventedYannick Sinner, and now we also have a great tennis player to add to the list of great Italian things [laughs].There
is something that has to do with beauty, and without fooling ourselves, this is something that is part of Italy that is part of the historical, physical, and natural form of Italy. Therefore, there is a new identification of Italy and its culture, of Italians and their culture, and in this sense, there is a role that Italy can play, even in its relationship with the United States, which has been consolidated. Let’s be clear: if today in Europe there is a country that has a special relationship with the United States, it is Italy.Apart from the fact that the British are no longer part of the European Union, for now, though they are already regretting it, even if they cannot say it, and I believe they will return, but in reality, we have a special relationship more than they do. For instance, not everyone is aware of one thing: when Europe decided to create, its own commercial aircraft to compete with Boeing, Italy did not participate in the Airbus consortium, but continued to be part of Boeing’s production chain, with some parts still being made here by us. Therefore, this relationship exists, and in today’s world, it is very useful. We do not have time to develop this topic now, but keep in mind that in a world that tends toward conflict, that easily tends toward confrontation, and today we realize with horror that this confrontation also involves weapons and armed conflict, maintaining cultural relations with countries, even those with whom we have difficulties, becomes a precious fabric. Because it can prevent definitive breaks. In short, the only good news in these last two months is that the long meeting between President Biden and Xi Jinping, a long meeting in which they talked about many issues, including the cultural aspect, Xi Jinping went so far as to promise something impossible: to have fifty thousand American students in China every year. But this means something; it means, in fact, that laying down those cohesive fabrics between countries that may find themselves in conflict, could prevent the conflict from exploding in an irreversible way and could even allow the opposite to happen. Italy, in this, alongside the United States, can play a role that perhaps the United States itself cannot directly fulfill, if not in partnership with Italy. Therefore, “Ciao Philadelphia” could become the prototype of something that will not only serve our rightful national pride. Let’s take this volume, then, not only as an excellent work in itself, for which we are grateful to the authors, but also as a prototype that could even help us improve the world’s conditionsI may have exaggerated a bit, but it will make him happy [laughs]."
2.5. Presentation at the Italian Senate. [Original language: Italian. Courtesy translation in English.]
Volume “The Italian Legacy in Philadelphia: History, Culture, People, and Ideas”. Edited by Andrea Canepari and Judith Goode. Italian edition published by Treccani.
American edition published by Temple University Press.
March 6, 2024
Senate of the Italian Republic
“Caduti di Nassiriya” Hall, Piazza Madama, Rome, Italy
IN CONVERSATION WITH THE CO-EDITORANDREACANEPARI:
Gian Marco Centinaio, Vice-President of the Italian Senate
Stefania Craxi, Chair of the Commitee on Foreign Affairs and Defence
Giuliomaria Terzi Di Sant'Agata, Chair of the Committee on European Union Policies
Roberto Menia, Vice-Chair of the Commitee on Foreign Affairs and Defence
Christian Di Sanzo, Member of the Italian Parliament elected in the North and
Central America district
Giovanni Puglisi, Vice-President of the Institute of the Italian Encyclopedia Treccani
REMARKS:
Edmondo Cirielli, Deputy Minister of the Italian Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation
CONCLUDING REMARKS:
Pasquale Ferrara, Director General for Political Affairs and International Security at the Italian Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation
PANELMODERATOR:
Annalisa Gaudenzi, Journalist of Rai Italia
Annalisa Gaudenzi, Journalist of Rai Italia:
«Welcome to the event taking place here in the “Caduti di Nassirya” Hall at the Senate of the Italian Republic. My name is Annalisa Gaudenzi, a Rai author and director, and I am honored to lead this presentation and share it with you. "The Italian Legacy in Philadelphia: History, Culture, People, and Ideas" is a book published by Treccani [The Institute of the Italian Encyclopedia]. This volume covers a range of interdisciplinary topics through 42 essays, complemented by 250 high-quality images, and appeals to a wide audience, including specialists and experts in various fields. It is both a cultural and political tool, with economic, social, scientific, and forward-looking implications, as demonstrated by the bipartisan gathering here today. Reading this elegant coffee table book is like experiencing a symphony. It is a harmonious collection of Italian and Italian-American themes, the result of the skilled work of Andrea Canepari and Judith Goode. The book originated from a U.S. academic edition curated byTemple University Press in Philadelphia in 2021, following six years of preparation. Unfortunately, Judith Goode, an esteemed Professor Emerita of Anthropology and Urban Studies at Temple and founder of the North American Society for Anthropology, could not attend today, so we send her our warmest regards. However, we are fortunate to have Andrea Canepari with us, a passionate advocate for this event and a tireless promoter of initiatives aimed at strengthening ties between Italy and the United States, both in Italy and abroad. Canepari served as Consul General in Philadelphia from 2013 to 2017, later asAmbassador to the Dominican Republic, and he currently leads the MAECI's [Italian Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation] structure for Territorial Diplomacy and International Exhibitions. In 2022, he received an Honorary Doctorate from the American University of Rome for his efforts in creating cultural initiatives and promoting Italian culture in the United States. Dear Ambassador, dear Andrea, I now invite you to address our guests. But before you do, a brief note: due to ongoing parliamentary commitments, we may not be able to strictly adhere to the ceremonial protocol. I apologize in advance and ask for your understanding and patience.The openingremarks for today's meeting come directly from the Head of State, President Sergio Mattarella. I would like to quote an excerpt from an interview by Marzio Breda in “Corriere della Sera” [Italian newspaper] a few months ago, which remains highlyrelevant. ThePresident said: «The contribution of Italian civilization to global culture represents a significant opportunity to continue along the path of an osmosis that increasingly strengthens the common platform of values on which the European House is founded. The meeting and dialogue between cultures offer the opportunity to understand each other beyond established stereotypes, creating conditions through comparison to overcome the fragility of an identity based
on exclusion and rejection of others». With these shared principles in mind, I now hand the floor to Senator Gian Marco Centinaio, Vice President of the Senate. Thank you."
Applause follows.
Gian Marco Centinaio, Vice President of the Italian Senate:
"Thank you very much. First and foremost, welcome to the Senate. I want to warmly welcome all of you and extend my heartfelt thanks toAmbassador Canepari for choosing the Senate as the venue for this important discussion and presentation. This is a significant moment for dialogue because, as I always emphasize in every presentation, especially when we gather in this room: the Senate of the Republic is the home of the Italian people. It is one of their homes, and the fact that so many Italian citizens regularly engage with us parliamentarians on various topics, allowing each of us to grow in our awareness, is a vital and meaningful experience. As Vice President of the Senate, I take great prideinthisinstitution,whichisincreasinglyopeningitsdoorstoourfellowcompatriotsandcitizens. I would like to once again thankAmbassador Canepari for choosing the Senate of the Republic and for sharing this journey with me - may I say,Andrea? - in a warm and friendly manner. We both hail from the same cityand share the same roots, so when we began discussingthis project, Iimmediately offered my support. I truly appreciated the opportunity to collaborate and engage in discussions on something I consider extremely important: Italian culture, not only within Italy but also around the world. We should take pride in having a highly respected diplomatic network worldwide, a network that enables Italian culture to make a significant impact and, more importantly, to reach communities that may not yet be familiar with us. This also helps our fellow Italians - whether they are those who have had to emigrate for work or personal reasons, or those of second-generation Italian descent who may not have been born in Italy but have come to know it through their grandparents and parentscontinue to pass on and cultivate the culture of our country, the culture of their country of origin. I believe this is crucial, and I also believe - and here I express my gratitude to the Ambassador, my colleagues, and all of you - that the work we need to do is not just academic, but a dailycommitment. It is work that involves resisting the trend of erasing our past. This trend is becoming increasingly prevalent, particularly in Anglo-Saxon countries, especially in the United States, where there are tendencies to erase what came before us, to erase the legacies left to us by those who made our countries great. I believe that attempting to erase culture is an act - if I may use a less formal termof ignorance because if we fear our past, it means we will equally fear our future. I often speak to
schoolchildren who visit the Senate, and I always tell them that they can aspire to become the President of the Republic, but if they forget or do not know their roots, if they do not know what their grandparents did for a living or what their parents do, they might become the President of the Republic, but without roots, without their history, they are nothing. Therefore, our society must continue to remember who we are and take pride in what has been achieved. We must not become a museum society, and Italy must not be just a museum country. While Italy has a great past, it must also look toward the future, knowing that it is the new generations who will propel our country forward, allowing us to hold our heads high, not only in Italy but around the world. This balance between a solid past and a forward-looking vision is what enables our country to be what it is: an important nation, not only culturally and historically, but also one that embraces technological innovation, scientific research, and all the challenges brought by those younger than Gian Marco Centinaio. For instance, Ithink of myeight-year-old son, who sometimes says: «Dad, you don't know how to use this (pointing to the phone)» and I respond: «I may not know how to use this, but I can teach you where you come from». This is the work we must do every day, and it is the responsibility of our institutions. Our diplomatic network already does this, and I want to reiterate my gratitude for all the work they do on a daily basis. But I believe it is also something we, as citizens, must do every day - especially with those who come to our country and may not know it, and with those who may forget where we come from. Thank you."
Applause follows.
Annalisa Gaudenzi, Journalist of Rai Italia:
"And now, it's time forAmbassadorAndrea Canepari to give his greetings and welcome."
Andrea Canepari, Co-editor:
"Good morning everyone. I am truly grateful to see you all here today. First, I want to extend my deepest thanks to the Vice President of the Senate, Senator Centinaio, and to our distinguished speakers, including President Terzi, Senator Menia, and the Honorable Di Sanzo, who is joining us remotely from the United States. I also want to express my sincere appreciation to Professor Puglisi, Vice President of Treccani. A special thanks goes to President Tremonti - your presence here is a great honor - as well as to all the parliamentarians, members of the General Council of Italians Abroad, the Secretary General of Aspen, Ms. Petroni, the Director of the American Academy, Ms.
Aliza Wang, the President of the American University, Mr. Scott Sprenger, and the Dean of Temple University in Rome, Ms. Emilia Zankina. I would also like to acknowledge the Vice President of UCOI (the Union of Consuls), the representatives of Confcommercio and other trade associations, and mypredecessorin Philadelphia,Anna DellaCroce, whoserved as Consul General. Iam sincerely grateful to all of you. I also want to thank Deputy Minister Cirielli, who, though unable to attend in person, has shared important words with us that we will hear shortly. My thanks also go to President Craxi, who, as we know, is in Budapest for the EPP Congress but has sent her regards. I am grateful to all my colleagues. I have been fortunate enough to work with remarkable Heads of Mission and Ambassadors, some of whom are present today. Standing on the shoulders of giants has afforded me a broader perspective. I was privileged to work withAmbassador Terzi, as well as withAmbassador Carlo Marsili, who is also here today. Some of the initiatives we have pursued were inspired by the 150thanniversaryofItalianunification,whichPresidentTerzilaunchedinWashingtonwithacultural year, later continued by Ambassador Claudio Bisogniero and Armando Varricchio. These are some of the privileges I have enjoyed. Senator Gelmini sends her apologies for not being able to attend due to unforeseen circumstances. However, I want to emphasize how crucial the soft power of parliamentarydiplomacyis. Ialso want to thank myentrepreneur friends, suchas Giuseppe Fedegari, who believed in this book project and whose company is among the supporters of this book and related initiatives, along with American Airlines, KPMG USA, and other organizations. A heartfelt thanks goes to Rai Italia and Ms. Annalisa Gaudenzi, for her professionalism and friendship, and to her Director, Mr. Maurizio Ferragni, for their efforts in promoting these initiatives within the community. Today, we are discussing a book that our Secretary-General, Ambassador Guariglia, aptly described in his preface as a "service book." It highlights the work being undertaken by the Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation (MAECI) under Minister Tajani’s leadership. These efforts, as the Vice President of the Senate has acknowledged, are focused on highlighting the contributions of Italians worldwide, as well as the ongoing work of our community. While these connections between Italy and the United States are well known, they are not as widely recognized, as theyshould be. Sometimes, duringmytime in Philadelphia,Ifelt like an archaeologist uncoveringnot deadruins,but rathermoments ofcultural exchangethat havecontinuedforcenturies, though not fully understood in their depth and interconnectedness. For example, while many people knew about Riccardo Muti conducting Opera in Philadelphia, the broader cultural dialogue was often overlooked. This is why it was necessary to create this book - to shed light on the Italian essence present in Philadelphia. These images - referring to the projected visuals - capture what the book has
explored and the opportunities that exist. Annalisa Gaudenzi mentioned how the President of the Republic emphasized the importance of valuing "aspiring Italians." Paolo Valentino, who came to report on these initiatives, noted - during the presentation at Treccani - that he encountered many aspiring Italians in Philadelphia. Who are these aspiring Italians? They are people who may not be ethnically connected to Italy but nonetheless appreciate the contributions of Italian immigrants in various countries andwish to feel connectedto Italytoday.Theyadmirethe Italian wayoflife, Italian culture, and how Italy has contributed to and "contaminated" the cultures of other countries where Italians have settled.So, theidea wehadwas to think about howto cherish theselegacies andconnect Italy's friends, of whom I have seen many. I would like to welcome Ambassador Pasquale Ferrara, Director-General for Political and Security Affairs of MAECI, and thank him for being here. For instance, one of the slogans from these initiatives, which are mentioned in the book, was created by a billionaire who is not of Italian origin, a banker who founded banks in the United States and the United Kingdom, and who owns a villa called "Villa Collina," in Italian. At one point, he made investments in Venice because he believed it was crucial to continue the glassmaking tradition in a professional and managerial manner. He proposed this slogan for Italian initiatives: «Everybody likes Italy, let’s give everybody a chance to be Italian for one day in Philadelphia». So, it's important to connect this dimension by creating events, as discussed in the book. This is a scientific book, created by scholars -I'm among the least academically qualified contributors, along with a journalist who won the Pulitzer Prize - while the others are prominent figures in international academia. But this book doesn't just talk about history or what has happened; it also discusses what can be done. It outlines a framework inspired by the Year of Italian Culture initiated by President Terzi, aiming to create a framework that brings together our traditional community, its organizations, the new expatriate community - something the Honorable Di Sanzo will likelydiscuss - and also today's Italy and aspiring Italians. So, this entire galaxy of cultural, economic, and political institutions has a positive view of Italy and wants to be even more connected with it but doesn't know how. Thus, the idea was to create a framework, such as an Italian tour in the Independence National Historical Park, and you might eventually see a photo of this ranger - referring to the projected images - holding a brochure with the emblem of the Italian Republic for this event. This is a way to integrate into every aspect ofAmerican life. By doing this, we have also provided the younger generations with a reason to connect with Italy and the traditional migration heritage, a tradition they were losing. For many of them, immigration had become something of the past, but without any current value. Instead, it is always necessary to create genuine, lively initiatives that engage people. I see here, speaking of the
giants of the Ministry of Foreign Affairs, Ambassador Umberto Vattani, who created the Contemporary District, an initiative in Rome that connects various actors to enhance the urban regeneration of a part of Rome and create a new narrative.This is an example of how these initiatives inAmerica are also connected to other initiatives in Italy. The book also discusses how young people can connect with this dialogue, rediscovertherootsmentionedbyVicePresident Centinaio, and build vibrant bridges with today's Italy to discover it and create opportunities. For instance, the first transatlantic medical degree has been created between Jefferson in Philadelphia and Gemelli in Rome. There are also initiatives to promote investments or raise awareness of what is happening and make it known to contemporary Italy. Valuing this, which American friends appreciate, allows Philadelphia to be seen through the lens of Italian culture. That's why these initiatives have had significant sponsors, as I mentioned earlier, and even bipartisan funding, which, as you know, is challenging for a foreign country to obtain. Through the state budget of Pennsylvania, our initiatives were funded with a Republican Senate and a Democratic Governor because they believed in this project, which I think is a testament to the importance they attach to these events. I believe that all of this, and your esteemed presence here today, motivates us to reflect on how we can further recognize the community as a value, as a bridge-builder, and how crucial it is to reconnect it with Italy. Minister Tajani has launched several initiatives in this regard, including "Turismo delle radici” [Tourism of the Roots] - this is the year of Roots - to create connections and initiatives like those we are organizing to invite not onlyour Italian descendants but also those abroad who see this centuriesold dialogue with Italy to look beyond Florence, Venice, and Rome as tourist destinations, but also as places for investment. With this spirit, Minister Tajani inaugurated the “Settimana della cucina italiana nel mondo” [The week of the Italian cuisine in the world] last week, with an emphasis on the cuisine of the roots, and we are working on a project with La Cucina Italiana and Condé Nast to reach these various dimensions of Italian culture and engage them through a value such as cuisine, turning it into a tool of soft power. Soft power is essential, not just to echo the words of the President of the Republic, but I must saythat in myexperience as Head of Mission in the Dominican Republic, thanksto similarinitiatives -whichwerepresented right herein theSenate,and IthanktheHonorable Porta for participating in the previous presentation - we achieved results, such as the signing of the extradition and judicial cooperation treaty, which initially seemed difficult to achieve. But in reality, there is enthusiasm for this Italian culture and the goals that have been reached. In general, these events that seriouslybring Italytogether and make it known, Ibelieve, are veryuseful. I also see here my friend, who I thank for being present, the General Commissioner of the Italian Pavilion at Expo
Osaka, Ambassador Mario Vattani, who is doing work in this direction, and with whom we are in dialogue to explore possible collaborations to showcase and reconnect the Italian community with Italy through the Italian Pavilion. I would like to extend my thanks again to Ambassador Pasquale Ferrara for being here, not onlybecause he is a great intellectual who has published important books, but also because he is an expert on the United States. I had the pleasure of working with him in Washington as well. He is also the Director General for Political and Security Affairs at the Italian Ministry of Foreign Affairs and is responsible for relations with the USA. It is a great honor for me to have him here today. I strongly believe in this topic, as has been evident, and I think this book and these initiatives can be replicated. We are working on this with the Ministry of Foreign Affairs and are about to announce a series of projects. We believe in it, we are working on it, and we think that, as part of the integrated promotion by the Ministry of Foreign Affairs, there can be concrete opportunities that can be developed and truly useful for everyone. These are my reflections, but I sincerely want to thank all of you, not just the speakers, but all the friends who are listening to us here virtually, for the time you have dedicated and for your attention to a topic that I believe is important for our country. Thank you very much."
Applause follows.
Annalisa Gaudenzi, Journalist of Rai Italia, reads the message written by Edmondo Cirielli, Deputy Minister of the Italian Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation:
"I already have many questions and curiosities for our distinguished guests, but I must hold back as time is very tight.At this point, we will read the message from Honorable Edmondo Cirielli, Deputy Minister of the Italian Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation: «First and foremost, I wish to extend my greetings to: the Vice President of the Senate, Senator Gian Marco Centinaio; Senator Stefania Craxi, President of the Permanent Foreign Affairs and Defense Committee; Senator Giulio Terzi, President of the European Union Policies Committee; Senator Roberto Menia, Vice President of the Permanent Foreign Affairs and Defense Committee; Senator Mariastella Gelmini, President of the Italy-USA Interparliamentary Friendship Section; Honorable Giulio Tremonti, President of the Foreign and European Affairs Committee; Honorable Christian Di Sanzo, Deputy elected in the North and Central America district; and Professor Giovanni Puglisi, Vice President of the Treccani Encyclopedia Institute. I also extend a special greeting to Ambassador
Pasquale Ferrara, Director General for Political and Security Affairs at the Ministry of Foreign Affairs. Previous institutional commitments prevent me from being present, but I am pleased to address this presentation of the book curated by Italian diplomat Counsellor Andrea Canepari, along with Judith Goode, former President and founder of the North American Anthropological Society. This volume highlights our community and illustrates the Ministry of Foreign Affairs' efforts to promote Italy worldwide. I believe it is important to bring attention to the contributions and exchanges with Italy that are evident in the various countries hosting our emigrants, which are sometimes known individually but not always seen as a whole. John Dunlap, Grand Master of the Order of Malta, noted in his introductory remarks to the book how it documents Italy’s role as a global ambassador of Western culture. This role has significantly contributed to the creation and development - not only culturally but also in other respects - of other lands, as acknowledged in the volume by U.S. Supreme Court Justice Samuel Alito. These voices from prominent international figures highlight the importance of tools like the book being presented today. The volume on Italian legact in Philadelphia, where curator Andrea Canepari served as Consul General, is inspired by and continues the cultural event “Ciao Philadelphia.” This series of annual Italian events, held from 2014 to 2022, engaged and attracted not only our local community but also many individuals who appreciate Italian culture and lifestyle. The aim is to build a broader framework around Italians abroad, providing them with recognition, opportunities, and greater success in showcasing their and our history. At the same time, it involves “non-Italians” who love our culture as co-protagonists. By reconnecting the two dimensions of Italian identity - the popular culture developed through media in the post-war period and the formal culture expressed in museums, academies, and universities - the events described in the book have allowed Italian-Americans to publicly express their connection to their Italian roots in a way that differs from previous generations, while preserving traditions. At the same time, it has provided “non-Italians” with the chance to explore our classical, Renaissance, and Enlightenment heritage. The Italian Legacyin Philadelphia is a vivid example of how Italian culture, strengthened by our community’s presence, has contributed to shaping today’s American identity and serves as a foundation for creating new opportunities between the two countries, following the recent successful visit to Washington by Prime Minister Giorgia Meloni.» Now, I am honored to pass the floor to Ambassador Giulio Terzi di Sant’Agata, President of the IV Committee on European Union Politics in the Senate. Thank you."
Applause follows.
Ambassador Giulio Terzi di Sant'Agata, Chair of the Committee on European Union Policies
“Thank you very much. It is truly a great pleasure and honor to see so many colleagues and friends, parliamentary friends, and friends from long career paths. Indeed, the deserved and well-earned praises have been woven for some stars of the Farnese firmament, so to speak. But allow me to say that this book, and I would immediately like to say it is a book of history, but I see it as a book of current affairs it is highly relevant, and I will explain why in a moment. Seeing the concrete work, I saw Canepari as the General Consul in Philadelphia in full action, so to speak, when he had the challenge of an extravagant, unusual, unpredictable Ambassador who was in Washington at the time not speaking ill of anyone but talking about myself who at a certain point, discovering that Italy was about to celebrate, with great commitment from President Napolitano, Undersecretary Peluffo, and other key figures of this project, the 150th anniversary of Italian Unity, it occurred to us at the Embassy to give it as much emphasis as possible. Because in the United States, according to those who served there, people often talk about locophilia, that is, everyone is in a place and says “My place is more important than others, etc.,” but if we look at theAmerican reality and the Italian reality, the history of the two countries, there is little doubt that Italy and the USA have an extraordinarily strong, intense relationship based on fundamental issues. So, Andrea was truly a protagonist in Philadelphia in building this path, which was not just a one-year journey, the year of the 150th anniversary, because one thing leads to another. It occurred to someone, I always say this, perhaps the Ambassador or some of his collaborators in Washington, to declare somewhat unexpectedly that we would celebrate the following year the Year of Italian Culture in the United States. I must say that for people like Professor Puglisi, Professor Federica Olivares, and those who held responsible positions at the Ministry and the Quirinal at that time, it was a huge effort based mainly on private contributions. And it was a success of dozens and dozens, perhaps hundreds, of events across the country. This maybe a bit of a personal propaganda recount, but objectively, I want to connect to this in these very brief words because I return to the theme of the book’s relevance. Now, when we look at the Declaration for the Presidential Proclamation by President Obama from March 2011, in which he says - translated into Italian - «Italy and the United States are bound by friendship, a shared dedication to civil liberties and democratic principles, universal human rights, ideals that both countries respect, uphold, and promote around the world» and then we read the joint statements from the first visit of Prime Minister Meloni to the USA and that very rich and intense joint statement with great commitment on international, geopolitical, scientific, cultural,
humanitarian, peace, and security issues, these are precisely the principles that are reiterated, confirmed, and strengthened. So, the great relevance of this community of values and the theme, the struggle of those who were in Philadelphia with the Liberty Bell, with the Declaration of Independence, the struggle of the Italian explorers who roamed America to discover the mouth, origin, and source of the Mississippi, spending years with Sioux and other not-so-peaceful populations - among them was a man from Bergamo, Costantino Beltrami - and who exposed themselves so much to this country, with the indomitable spirit that had led them to serve Napoleon during the post-Napoleonic French Revolution and then flee from the restorations in European countries because they were Freemasons, because they knew they were persecuted, because they knew they could meet a bad end. But it was a community of people, intellectuals, and also ordinary people who believed in the same things, who wanted the same things of current affairs, the struggle for freedom that we are advancing and that we help to advance for peoples in a truly difficult condition today. And so, this explains also - and it has been talked about, soft power, cultural diplomacy, and other absolutely important things that are on the rise. But we see that not only for us, but for the entire world based on the rule of law, human rights, and democratic values, the United States, America, is not just the city on the hill that has turned off its lights, because it hasn’t turned them off, but it is a giant of culture, a giant of cultural attraction, a giant of soft power because it is based on precise values. And it is no coincidence that these values are exactly ours. Now, did they give these values to us, or did we give them to them, or did we mature them together? We integrated them, we made them understood, we made them evolve, adapt to our realities, perhaps transforming them negatively many times? There has been talk of woke culture and other issues that we do not like at all I speak naturally for myself and my political side, but also for the governing coalition, as VicePresidentCentinaiorightlysaid butthesearethefundamentalpointsthatshowhowthecurrent government, presided over by President Meloni, but which also includes Vice Presidents Tajani and Salvini ofthe League, the componentofthe fourth partysupportingthe coalition with Maurizio Lupi, this governing coalition and the government supported by the coalition, demonstrate how there is an essential reference point, and this is written in every electoral program and every statement, every act of government, the reference to the value of freedom and the rule of law and democratic values. To mention an action that is currently taking place in the USA, recently carried out by Minister Sangiuliano when he was in New York and stated, at the United Nations and also bilaterally in the US, the importance of recognizing the intangible cultural assets of our country, the fact that there are fundamental values that have a reflection not only cultural, economic, but also of ownership, identity
that must be protected and defended. Alongside these intangible values, Minister Sangiuliano, the Minister of Culture, was then able to demonstrate concretely how crucial government action is, also in bringing back protected assets that had been - God knows how or maybe we know how - illegally exported, even to American museums and centers, achieving the repatriation of nineteen of these assets. To conclude, in trying to give further substance to some aspects contained in the book, I believe that theAmerican political and cultural influence of English thinkers like Locke, Hume, and Smith or the French like Montesquieu is certainly well-known, but perhaps not yet sufficiently known, and this is a merit of this book. Italy, its philosophers, scholars, great Enlightenment thinkers, and not only them but also ordinary people, has contributed enormously to American culture, as I citedthePresidentObamaProclamationatthebeginning,andthisisclearlyaveryimportantelement. The American Founding Fathers received solid education in subjects like Latin, ancient Roman history, many of them had language skills, they could read Italian, and this detail proves as well as the study of Beccaria in Italian, the study of the classics from Roman times to which, I underline once again, this Government draws inspiration in its foreign security policy, but also and especially in its cultural action as an element of foreign policy how these classical values are still today the essential formative element. I happened to meet judges like Anthony Scalia, Samuel Alito, but also others like Roberts, who has been President of the Supreme Court for years, and talking to them, the name of Beccaria comes up, as does that of Filangieri, the author of the Science of Legislation. He did something that we rediscovered, in a way, with Judge Sinisi who was the legal adviser at the time in Washington, in the correspondence still preserved by the Filangieri family in Naples there were copies of the Science of Legislation, the first volume, and then I think also of some subsequent ones, that went back and forth across theAtlantic, God knows how, with the means of the time.As soon as they were printed, Filangieri had them read by Benjamin Franklin, who annotated them and sent them back with notes and underlinings to Naples, to the author. So, let’s say (that there was) the cultural osmosis. Filippo Mazzei is not a myth for being close to Jefferson and “All men are born equal” and “Truth is self-evident” who knows, perhaps it is not absolute certainty but in the tradition and also in the myth of this extraordinary common identity between American and Italian thought, this is something that survives. Thank you.”
Applause follows.
Annalisa Gaudenzi, Journalist of Rai Italia:
"As we know, time is a tyrant and so I will ask the next speakers to keep within 5 minutes. It is time for Senator Roberto Menia, Vice-Chair of the Commitee on Foreign Affairs and Defence. Thank you."
Roberto Menia, Vice-Chair of the Commitee on ForeignAffairs and Defence:
“Thank you. I will try to respect the five-minute invitation, even though it is clear that more could be said, so I will avoid greetings and all those things that unnecessarily take up time. First of all, I must thank the Vice President of the Senate and Ambassador Canepari for inviting me to a moment that I find extremely stimulating, and I don’t say this with the usual platitudes. I usually don’t deal with these things, not being an Italian abroad, having visited Philadelphia only once, and thus learning many things from this book. I am someone who usually tries to study. It is often said that politicians study little, but I don’t believe that’s the case. I think that many ideas develop here, many things are learned, and this has also been a moment for me to learn many things, and I particularly enjoy learning when I can somehow nurture what is almost a natural aspiration. You see, you can be a child of your homeland without realizing it, you can be a child of a nation by taking it for granted, or you can be so in less obvious ways. I know that I am part of the Italian heritage, and here we talk about Italian heritage in Philadelphia, but I read the Italian heritage everywhere. I read it first of all in my country, in the air I breathe, in the great culture that is a product of Italian civilization, the one that’s in the air you breathe and that was passed down by your ancestors. But it’s something greater, a concept that is mostly spiritual, something that soars. I am not only a child of this Italy and of the sixty million who live here today or the six million Italian citizens around the world, but perhaps of those sixty, seventy, eighty, who are Italian descendants and have left deep traces around the world. But what about? A civilization of which one should be proud. America is a strange country. There are many beautiful things, as Senator Terzi just mentioned, for example: Philadelphia is magnificent for a thousand reasons, for the Declaration of Independence, in the Philadelphia Constitutional Convention, you can read the echo of Beccaria, and it’s all true, in education there are the Jesuits, there are frescoes in the cathedral, there is operatic music, for me who speaks with a Venetian accent there are Palladian villas, there are many things, and all of this exists. But, I repeat, it comes from something more; it is not a historical accident, it is not something trivial. Italian-ness is all that - and I must be proud - that is Italian-ness on theAmerican continent, which is a strange continent. Today it is afflicted by something strange, by that disease of cancel culture that seeks to erase all of this.
There are those who suffer from another ailment, which a philosopher has called oikophobia, a kind of hatred towards oneself, one’s history, one’s family, and one’s nation. For me, this book is a way of reading the exact opposite, of somehow reading the reconquest of all of this. Here I also make use of a beautiful quote, and I think of Gustav Mahler, who said, “The cult of memory, but so that something else grows from it, is not the adoration of ashes but rather the rekindling of the flame”. This is how I read this book and talk about all of this, and then revitalize all of it. It’s not just about adoring ashes, it’s not just about seeing the vestiges of what was, but it’s about how we live today, how we live tomorrow, how I can ensure that this desire for Italy, Italian sounding, all these beautiful things, the soft power, often talked about inaccurately, is something lived, and that Italy itself starts to live it and recognize it and that this Italy starts to occupy many spaces in some way. I don’t say this aggressively or with any negative intent, but why not? You are a child of this culture, you are a child of this beautiful Italian-ness. Pope John Paul II used to say beautiful words about spiritual descent that passes through piety and through the Fourth Commandment: “Honor your father and your mother,' even when you keep alive the heritage of all they have given you, the homeland that conceived them”. All these things, so to speak, are a way of living. For me, this is the prompt that comes from here in five minutes. I would have liked to say much more, but this desire for Italy is this for me, and so Isayto live it abroad, where we still have manyambassadors of Italian-ness, those who create, those who produce, those who teach, those who illustrate Italian-ness. Italian-ness has been many things, not all beautiful because there have been many who have been ambassadors of Italian infections, because, let’s face it, even in the USA, poor Italians, a long time ago, when they were treated with disdain, we made ourselves valuable for all the beautiful things we know we carry with us. This is not just about adoring ashes but making something more live. This is what I believe we should do as Italians, what our diplomacy should do, what politics should do, but what good Italians must do, who are truly ambassadors with their work, their culture, and what they can teach around the world. Thank you.”
Applause follows.
Annalisa Gaudenzi, Journalist of Rai Italia:
"Thank you. And now we should have a connection ready with Honorable Christian di Sanzo. Good morning. Before becoming a parliamentarian (for the Northern and Central America district), you emigrated to the United States as a scientist, a researcher in Nuclear Engineering, and then worked
as a manager at a multinational consulting firm (McKinsey). Could you describe the Italian emigration of today and the so-called sentiment that characterizes it? What do you think of this book and how can it be a useful tool?"
Christian Di Sanzo, Member of the Italian Parliament elected in the North and Central America district
"Thank you. I thank Ambassador Canepari, who, as Consul General, did work that remains in the history of the Philadelphia community, because just a few months ago, I was in Washington where I had the honor of meeting Supreme Court Justice Samuel Alito, who among the first things he mentioned was whether I knew Andrea Canepari. So, his reputation indeed precedes him due to the work he did, which, as inferred from “The Italian Legacy in Philadelphia”, left a significant mark on the Italian-Americancommunity.So, Itrulyappreciate this invitation andthanktheVicePresident of the Senate for hosting this conference because, for me, as someone elected abroad, as a person who has lived and has been living in the USAfor eighteen years, the work and effort behindAndrea Canepari's work is precisely the effort we must confront almost daily as the Italian community abroad. It is about how we manage to bring together all the parts of our community, which are often varied due to the different waves of migration from Italy that have not always been homogeneous, and the reasons why the history of Italian emigration has changed are numerous. I am now in New York, very close to Philadelphia, and I regret not being there with you in person, but presence on the territory is also important to provide - both as Italian institutions and as a deputy elected by Italians abroad - our presence to these communities that have not always experienced it in the foreground. Therefore, the effortAndrea Canepari made bycreating this series of events with 'Ciao Philadelphia' is the effort that truly allows us to talk about the Italian System, that is, to bring together all the galaxies that have emerged in our emigration historyand find a wayto make them communicate with each other. This is really the political effort we need to make as institutions, as parliamentarians, because parliamentary diplomacy, I believe, is important from this point of view. We have a strong facet of the community that Andrea describes very well in this book, discussing how there is still a very strong Italian-American community, but one that has often lost touch with the reality of Italy today and is therefore tied to Italy more for reasons of tradition or family history, yet it still harbors a profound affection for Italy. We need to understand how to communicate with that community about today's Italy, which is obviously not the Italy of the time when their families migrated in the post-war period or even before, in the early 20th century, and try to communicate what Italy is today
because Italy is much more. This effort then brings a benefit to the Italian System. I would like to mention some initiatives, particularly one that I read about in Canepari’s book, which was an initiative to celebrate the figure of Guglielmo Marconi. Marconi, as we remember, was a very important figure, and this event was organized with the “Professionisti Italiani Philadelphia” Association, which I recall I have met. It is precisely an association that represents the new emigration, the emigration of young professionals and researchers, and it becomes crucial to find ways to connect it with historical emigration from previous waves because too often a division has been created. Finding a key to read, to bring the entire Italian System together, with dialogue, as Andrea did with universities, means talking to and meeting young researchers and then looking for Italian-American entrepreneurs, professors, and trying to bring them all together, united by a love for Italy, helps ensure that the image of Italy - the Consulate as the first approach on the territory, but then all of Italy - becomes an image that modernizes to show that Italy, even today, can be a land of opportunity for lovers of Italy, for those who love Italy, and for those who care about this country. Thus, a system is created that ultimately reflects on what our opportunities as a country might be. I wanted to - I know time is short - highlight this continuous effort, which I believe Andrea has described verywell in his book,and Ibelieveit should serveas amodel forouractions as institutions, as parliamentarians, and as the Government, to strive to make the various communities communicate with each other because emigration has changed and continues to change. Finding a common thread is what can make us important and showcase - to quote - our soft power in the world. Thank you."
Applause follows.
Annalisa Gaudenzi, Journalist of Rai Italia:
"Thank you very much. Let’s remember that the Honorable is a firsthand testimony, because before emigrating to the United States and being elected as a parliamentarian, he arrived in the U.S. as a scientist and researcher in nuclear engineering, and later was also a manager at a multinational corporation. And now we have Professor Giovanni Puglisi, Vice President of the “Istituto Enciclopedia Italiana Treccani”. Thank you."
Giovanni Puglisi, vice president of the Treccani Institute of the Italian Encyclopedia: "Thank you. As a former university professor, after hearing so many things, I could respond as one does at graduation ceremonies: 'I concur.' Perhaps this would be the best way to address Dr.
Gaudenzi’s invitation to keep the remarks brief, but I believe it would be impolite to this distinguished audience and to the many friends present, so I feel it is right to say at least two things. The Treccani is honored to be the Italian publisher of this volume, not just because it fits within the Treccani identity. It is a splendid volume, collecting testimonies - and I won’t add anything to what has already been said - of high quality, but above all, it adds a spirit of Italianity that somehow binds all the essays included in this volume. Dr. Gaudenzi spoke of a harmonious collection at the beginning, and I believe I can say that no expression could be more fitting because it is a text that manages to bring together a range of perspectives, making it a prism of Italian culture worldwide. The Treccani could not be absent from such an operation, at least for two reasons. First, because it is the institute of memory and Italian culture in the world. I want to remind this distinguished audience of two things: first, that we are approaching the centenary of the Treccani; in 2025, the Treccani will celebrate its hundredth anniversary, which is no small feat. But it is not a small feat for a cultural institution that has always been at the nerve center of the development and memory of Italian culture with great moral respect, with few resources, but with a strong commitment to the growth of civil consciousness among young generations. The second thing I’d like to mention is that this volume, as has been said, is part of the year of Roots of Minister Tajani. Well, the Treccani is part of the year of Roots of Minister Tajani. Also, because it fits into its pre-centenary, but especially because today in this room, I am pleased to thank the Italian Parliament and the Italian Government, which for the first time, a little over a month ago - Senator Centinaio knows this well - passed a law dedicated to the Treccani. Thank you, Senator, and to the Government and the Parliament, because it was a unanimous law, with which - not emphasizing the economic part, although I thank you for the economic support, but it is not the most important aspect for a reality like ours; it is more a morally significant contribution than financially significant - it is the first time that the Italian Parliament has emphasized the moral, cultural, and cultural policy role of this Institute as a place of memory and language, tradition, and Italian presence in the world. I believe that this volume, which is being presented today here in Italy, paradoxically in the Italian Parliament, is the best icon of this meeting between living culture, Parliament, the militant world of Italian culture in the world, and especially those who still today, and have always, testify to this Italian presence that is conveyed through a myriad of branches. I always say that Giovanni Gentile’s Encyclopedia had an important, though often forgotten, function, which was to contribute to the growth of Italians' critical consciousness, a century ago, my friends. It was a courageous endeavor by Gentile, but allow me to say, with the serenity of a century later, of the political class of that time because setting up an encyclopedia of
that nature was not an easy task and, above all, it was within a political philosophy of those years that was certainly risky. No one worried about it; it was pushed forward and completed. Today, after the digital age, with digital natives - an appalling expression - and after all these things, talking about encyclopedism to move towards culture is no longer necessary. The Treccani today opens up, a hundred years later, to the civil consciousness of young people; thus, it continues its mission through education, research, schools, universities, and works like this one, which are beams of light on pieces of Italian culture in the world. Italian culture worldwide is a grand mosaic, and mosaics, if you remove the individual pieces, probably mean nothing. The grand mosaic of Italian culture signifies its importance.Today, we presideovertheG7,butwepresideovertheG7not just becausefateallows us in therotations, but we presideoverit morallybecause Italytodayhas the capacityto bethe center, the core of a moral tradition of our country in the world that is perhaps unique.The last note, and I hope I stay within five minutes. Ambassador, excuse me, Senator Terzi recalled another part of my life, and many friends present from the Foreign Ministry remember it. It was a very important part of my life, and I have never had the chance to say it, so please allow me a minute to mention it. For more than twenty years, I was within the Foreign Ministry without being a diplomat, and I even used to say that I had earned my pension rights from outside. But I dealt with a very important corner of the Foreign Ministry, that of culture, somewhat like the President of UNESCO, but more specifically the part that my friend Giulio reminded me of, I dealt with it through the Commission for Italian CultureAbroad, where Iserved asVicePresident with manyForeignMinisters.There,in thatsystem, I had many executive functions, and I saw how Italian culture represented and represented the attraction for entire generations of Italians, and also non-Italians worldwide. Just a small episode. Once, there was a strong request fromAfrica to have Italian antennas in variousAfrican countries in opposition to or to escape the oppression of some hegemonic cultures of colonialist tradition. The Secretary General at the time, who is present, Ambassador Vattani, who was very sensitive during those years, as he has always been - with Vattani and Terzi, we did all sorts of things in Washington with the ItalianAcademy but reluctantly, at that time, he had to say, 'We don’t have the resources.' So, some requests from those countries had to be unmet, but that episode has stayed with me. The great attraction of Italy in the world. It is not us who go to invade the world; it is the world that calls us. This volume is a testament to how the world calls us and how we respond, creating and forming solid experiences that remain like all books through the ages. Thank you."
Applause follows.
Annalisa Gaudenzi reads the written message from Senator Stefania Craxi, Chairof the the Committee on ForeignAffairs and Defense:
“This is a very pleasant moment because we are warming up the atmosphere, but we also have the time at this point to read the message from Senator Stefania Craxi, President of the Permanent Foreign Affairs and Defense Committee: «I would like to express my heartfelt thanks to Counselor Andrea Canepari for inviting me to speak at the presentation of his valuable work. Unable to be with you, I am sending a written text with a few brief reflections, starting from the premise that Canepari’s and Professor Judith Goode’s work represents a tribute to the virtues, magnificence of the arts, culture, taste, and Italian ingenuity. The history of our country is, for long stretches, a history of emigration. Entire families, in past centuries, were forced to leave their cities, their villages, their communities, to seek fortune elsewhere, to secure decent living conditions, and to offer hope for the future to their children. Women, men, young and old, driven away by poverty, lack of work, and the devastation of wars. Men and women called to reinvent their lives, to confront different customs, cultures, and integrate into new environments, building new networks of relationships, working in synergy with their host communities. This valuable volume unveils many success stories, the influence that Italian style has had on the other side of the Atlantic, and the contribution to shaping the identity of a reality like Philadelphia. We know, Italy is a great industrial power, but it is not ‘the’ great economic and industrial power of the world; we are an excellent military power, proven by the extraordinary prestige and training of our Armed Forces, increasingly called to offer support in the training of other Armed Forces, and to engage on hot fronts for stability and peace, but we are not ‘the’ military superpower of the globe. Our country, instead, is ‘the’ superpower of culture, beauty, taste, fashion, and design: all these define an Italian lifestyle that certainly stands comparison. You all must have experienced, while traveling the world, pride and emotion in front of the stories of fellow countrymen who have succeeded, of companies that have thrived and won in international markets in an extraordinarily complex global competition. Personally, I have experienced this. As President of the Foreign Affairs and Defense Committee of the Senate, I have from the start sought to enhance the parliamentary diplomacy strand, believing it could serve as a stimulus and complement the work of governments in strengthening bilateral relations between states. And there is always, during my international missions, a comparison, discussion, and attentive listening to the stories and experiences of Italian communities living and working abroad. They themselves are ambassadors of Italy, extraordinary interpreters and megaphones of our strengths, and certainly also
of our weaknesses and contradictions. Traditional diplomacy, parliamentary diplomacy, and economic diplomacy are pieces that make up a mosaic of enormous value, which finds implications in supporting exports, attracting investments, and promoting the Italian brand. Supporting the entrepreneurial spirit and nurturing the desire of Italian companies to export, even in an international context affected by unpredictable geopolitical and economic factors, is an objective that requires the synergistic and structured action of a plurality of actors. It is with this spirit that I renew my thanks, extending my best wishes for today’s initiative.Stefania Craxi».
Applause follows.
The conclusions will be delivered by Ambassador Pasquale Ferrara, Director General of the Directorate General for Political and Security Affairs at the Italian Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation. I am honored to give the floor to him. Thank you.”
Pasquale Ferrara, Director General for Political Affairs and International Security at the Italian Ministry of ForeignAffairs and International Cooperation:
“Thank you, very kind, and I will be very brief. A few quick reflections. First of all, I must thank Andrea Canepari because his work is part of a great tradition the tradition of diplomat-writers. These are not mere stylistic exercises, to the point that today there is a re-evaluation of international relations and the development of a diplomatic theory of international relations. It is not possible to view the world today without also considering the analytical contributions of diplomats. So, first and foremost, this is a central theme, and I thank Andrea for that. The second issue: there was earlier mention of the risk of “locofilia”, which we all who have been on foreign missions need to be wary of, but it is very distant from Canepari’s work because I would say - using a Greek term - thatAndrea manages to grasp the Kairos, the spirit of the times and places. Once, with a slogan related to globalization, we said: “Think globally, act locally”. Today, it may be the reverse: “Think locally, act globally” because the best ideas, as seen from the histories of great cities that have shaped America and contemporary political thought, often originate from local stimuli. Another important issue highlighted by Canepari’s work is that there is no 'History' with a capital H, the Histoire-Bataille; rather, it is a history with a small h, involving communities, diasporas, and so forth. In theAmerican experience, and in other contexts as well, it is clear that this division is very artificial, and Italy’s contribution Italian thought and Italians to the construction of the great edifice of the United
States, which has then radiated to many parts of the world, is also due to this history that we often consider more minor. The influence of Italian Enlightenment thought was discussed, and naturally, the name of Cesare Beccaria was mentioned, and the concept of justice is very clear when we read certain amendments to theAmericanConstitution, such as the Fifth andEighthAmendments, in terms of “Due Process of Law”, the guarantee of rights, and especially the prohibition of inhumane punishments. But there is also another stream of Italian thought that has influencedAmerican history - the major theme of political liberalism that evolved from the concept of justice as the safeguarding of rights to justice as social justice. Thus, the great work of John Rawls on political liberalism. I conclude by saying that I personallybelieve there is a history of democracy that has its roots not only in Enlightenment thought but even dates back to Republican Rome. If we consider Polybius's work on the mixed constitution, which is very present in the articulation of the American Constitutioncreating checks and balances to prevent the degeneration of democracies into illiberal systems - we understand how crucial this Italian imprint is. I do not believe in the decline ofAmerican democracy; the intellectual resources, the dispersion of powers, and the vitality of civil society in all its manifestations stillmakeit areferencepoint forEurope. Let’s saythat all democraciesareundergoing a sort of stress test due to overburdened expectations of political power, considering also the restrictions and budget constraints that must be taken into account. Finally, the idea of soft power, which is also clearly reflected in this irradiation of Italian culture in Philadelphia, should definitely be considered an important element. However, we must also be wary of some abuse of this definition because Italyhas something more and different from soft power. It has what I call 'connective power,' meaningtheabilityto holdtogetherdifferent shores oftheAtlantic,cultures, traditions, andespecially countries and situations that seem to be in a critical state that is difficult to address constructively. Indeed, we are seen in the world as a country that is steadfast, without a hidden agenda or ulterior motives a country that can be trusted. This 'connective power,' in my view, is much stronger today than merely soft power. In theAmerican Constitution, in the Preamble, there is a fascinating mention for many of us: the equality of rights, but also the 'pursuit of happiness.' Certainly, the influence of Italian culture has been significant for some articles and amendments to the Constitution. I like to think that there is also an Italian influence in this aspect of the 'pursuit of happiness' because perhaps it is not entirely true – unfortunately - what Dostoevsky thought, that beauty will save the world, but at least beauty will make the world more sustainable.”
Applause follows.
Annalisa Gaudenzi, Journalist of Rai Italia:
“Thank you. It has been a pleasure to recognize our Italian identity here today, a satisfaction that is not rhetorical or self-serving, but rather open, courageous, and certainly, a source of current inspiration, a driving force aimed at fostering collaborations. I greet and thank the distinguished speakers and the esteemed guests. Thank you.”
2.6. Presentation at Triennale Milano. [Original language: Italian. Courtesy translation in English.]
Volume “The Italian Legacy in Philadelphia: History, Culture, People, and Ideas”. Edited byAndrea Canepari and Judith Goode.
Italian edition published by Treccani.
American edition published by Temple University Press.
March 20, 2024
Triennale Milano
Viale Emilio Alemagna, 6, Milan, Italy
GREETINGS:
Carla Morogallo, General Director of Triennale Milano
Marco Sammicheli, Director of the Italian Design Museum at Triennale Milano
Verónica Crego, Dean of the Consular Corps of Milan and Consul General of Uruguay
IN CONVERSATION WITH CO-EDITOR ANDREA CANEPARI:
Luca Molinari, Director of the magazine “Platform, Architecture and Design”
Carlo Secchi, Vice President of the Institute for International Political Studies ISPI and Professor Emeritus at Bocconi University of Milan
MODERATOR:
Maria Vittoria Dalla Cia, Chief Editor of the magazine “La cucina italiana”
Marco Sammicheli, Director of the Italian Design Museum at Triennale Milano: "Good evening, everyone, and welcome to “Triennale”. I am Marco Sammicheli, Director of the Italian Design Museum [at “Triennale”], and it is my pleasure to extend warm greetings on behalf of President Stefano Boeri, who is currently in Shanghai, China, for the Italian Design Day. I’m mentioning this because it is a very important event to us at Triennale, as well as to the author of this book, Andrea Canepari, a friend of “Triennal”e and a passionate advocate for a cause that means a great deal to us: the World Expo, which every three years allows “Triennale” to speak to the world and open the doors of the “Palazzo dell’Arte” to explore the frontiers of design. I also send greetings on behalf of our General Director, Carla Morogallo. As I thought about how to introduce this conversation, which will delve into the book “The Italian Legacy in Philadelphia: History, Culture, People, and Ideas”, edited by Andrea Canepari and Judith Goode and published by “Treccani”, I wanted to find a less formal and more engaging way to do so. Therefore, I took the time to read and study the book, and I found it especially compelling. As someone in the field, I must admit I was particularly drawn to Luca Molinari’s essay. But I also reflected on how Philadelphia connects with thehistoryofthe “Triennale”,andtwo examples cameto mind: thefirst is anitem from our collection called Joe, a large armchair shaped like a baseball glove, designed in 1970 for “Poltronova” by De Pas, D’Urbino, and Lomazzi - a clear homage to the great baseball champion. The second connection is Renzo Piano, who, in 1969, after training with Zanuso and Jean Prouvé, arrived in Philadelphia to work at Louis Kahn’s studio on a project that was, in fact, entirely Italian, the roof for the Olivetti factory. This shows how, for those involved in culture and cultural diplomacy, likeAndrea Canepari, individual experiences often transcend the personal, becoming something universal that resonates with all of us. For this reason, I’m delighted that we are presenting this book here at the “Triennale” today. Thank you all for coming, and I now pass the microphone to Andrea Canepari."
Andrea Canepari, Co-editor:
"I’d like to express myheartfelt thanks to Marco Sammicheli, Director of the Italian Design Museum at the “Triennale”, for his kind words and for hosting us today. My gratitude also goes to President Boeri, Director Carla Morogallo, and the distinguished speakers who honor me with their presence. But first, I’d like to hand the floor to the Consul General, Dean of the Consular Corps of Milan, and Consul General of Uruguay, Verónica Crego."
Verónica Crego, Dean of the Consular Corps of Milan and Consul General of Uruguay:
“First of all, Ambassador, I would like to thank you for inviting me. It is an honor for me and for the consular corps of Milan and Lombardy to be present at this important event, as interaction with the representative of the Italian Ministry of Foreign Affairs is highly significant for us Consuls General. The consular corps of Milan and Lombardy is the largest in the world, representing all the cultures of the planet. The fact that Milan is the non-capital city with the highest number of consular representationsunderscoresitsimmenseimportanceintheforeignpolicyofeachrepresentedcountry. This is why we believe that meetings like this one are incredibly valuable for promoting institutional collaboration. Ambassador Canepari, allow me to extend our congratulations on this book, which celebratesthehistory,impact,andlegacyoftheItaliancommunityinthebeautifulcityofPhiladelphia and highlights the importance of the Italian presence abroad. I would like to emphasize two key aspects of works like this, in addition to their immense value in promoting a country. The first is the essential legacy they provide for younger Italian generations, helping to keep alive and present the influence of a country like Italy in other cultures, just as it has in my own country, where the Italian presence has had a direct impact and has been a pillar of society. Engaging young people with this Italian heritage abroad can bring new inspiration for building a world based on justice and solidarity, while highlighting the many expressive forms of Italian culture that serve humanity and make Italy a cultural superpower. History, art, civilization, good living, beauty, and craftsmanship form the foundationofItaly’ssoftpower.Thesecondaspect Iwanttohighlightistheundeniableroleofculture in diplomacy. The complexities of today’s international context show us how important cultural diplomacy is in these times. It helps us to face these challenges in an atmosphere of mutual understanding and cooperation. For all these reasons, Ambassador Canepari, we once again congratulate you on this invaluable contribution to the promotion of these universal values. Thank you.”
Andrea Canepari, Co-editor:
"I’d like to extend myheartfelt thanks to Professor Carlo Secchi and Luca Molinari. Now, I will hand over to our moderator, Maria Vittoria Dalla Cia, with my warmest thanks. Thank you."
Maria Vittoria Dalla Cia, Chief Editor of the magazine “La cucina italiana”:
"Good evening everyone, and welcome. I would like to thank you all for being here. My name is MariaVittoriaDallaCia,andtonight Iamhereonbehalfof“La Cucina Italiana”,thehistoricculinary
magazine which celebrates its 95th anniversary this year, a remarkable milestone. I also represent its Editor-in-Chief, Maddalena Fossati. It is truly an honor for me to be here and to briefly discuss the book, delving a little deeper into its content, as you can see from the images displayed. I will describe the structure of “The Italian Legacy in Philadelphia: History, Culture, People, and Ideas”, edited by AndreaCanepariandJudithGoode,ananthropologyandurbanstudiesprofessor at Temple University in Philadelphia, as well as the founder of the North American Society for the Anthropology of Europe. These names alone, give you a sense of the scientific value and cultural significance of this project. The book is structured into 42 essays from various disciplines, presented in a narrative that I found tobebothengaginganddynamic,richincontent yetneverdullortedious. It offersabroadperspective that vividly illustrates how Italian culture, from the late 18th century to the present day and even into the future, as the book hints is a fundamental aspect of Philadelphia, not just in its founding but also in its ongoing development. Philadelphia is now one of the most important cities in the United States. The book contains some truly surprising insights, and my recommendation is to open it with curiosity you will not be disappointed. The influence that Italy has exerted on this city goes back as farasCesareBeccaria’sphilosophy,reflectingtheprofoundimpactofourintellectualtradition,which even extendstotheroots ofAmericaninstitutions.ConsiderthatThomas Jefferson,thethirdpresident of the United States not onlycould he speak and read Italian fluently, likely thanks to his participation in the Grand Tour, but he also drew inspiration from Italian legal principles when drafting some of the key documents in Philadelphia at the end of the 1700s. The essays in the book cover an expansive range of topics: from history and architecture to the arts, economics, and medicine. They shed light on how Italian institutions and individuals have contributed their expertise to Philadelphia’s development. Even culinary influences, though seemingly minor, play an important role. Take, for example, the famous Philadelphia cheesesteak - a soft roll filled with minced meat and cheese - which was invented in the 1920s bytwo Italians and has since become one of the city's most iconic symbols. However, the book does not just explore the material side of Italian gastronomy; it also delves into the cultural significance of Italian cuisine, which carries a wealth of historical and social context. The book is also richlyillustrated, with 250images. These visuals elements are not just decorative, though thebookitselfiscertainlybeautiful. Theyareintendedtosparkcuriosity,leadingthereaderto explore the stories behind the images. This is why I see it as not just a beautiful object but also an educational tool. In this sense, it serves as a key instrument of cultural diplomacy, enhancing the awareness of both Italian citizens and the international community in this case, Americans about the deep cultural heritage that Italy has shared with the world. It is a testament to Italy’s 'soft power,' the
persuasive influence of its culture. I would also like to highlight that this book, published in Italy by “Treccani”, the most important Italian cultural institution, is based on an academic work first published by Temple University Press in 2021. It is the product of six years of meticulous research. This underscores the importance and rigor of this project. The book was first presented on December 6th at the “Treccani Institute”, and then again on March 6th in the Italian Senate. Tonight is the third presentation perhaps a bit more informal and conversational. Before introducing the esteemed guests sitting with me this evening, let me briefly explain why I have the honor of moderating this event. “La Cucina Italiana” has been working with the Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation and Andrea Canepari for some time on a project called “Storia delle Radici” [“Stories of Roots”] which traces the history of major migration waves from the late 1800s to the present day through the lens of Italian cuisine as developed in their new countries. This is a fascinating perspective, adding yet another layer to the cultural values explored in the book we are discussing tonight. Now, seated at this table well, actually, more like these ‘thrones’ we have Andrea Canepari to my right. He is the editor of this book and currently serves at the Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation, heading the office responsible for territorial diplomacy and international exhibitions. From 2013 to 2017, Andrea was the Consul General in Philadelphia, a role that positioned him perfectly to curate this book. He later became the Ambassador to the Dominican Republic. I’d also like to mention that he was awarded an Honorary Doctorate in Humane Letters from the American University of Rome a highly prestigious recognition, showing how much even Americans value his efforts in bridging Italian and American cultures through projects like this book. I am sure Andrea will share more about how this journey began. Our other guest this evening is Carlo Secchi, Vice President of the “Italian Institute for International Political Studies” (ISPI) and Professor Emeritus of “European Economic Policy” at “Bocconi University”, where he also served as Rector. And finally, we have Luca Molinari, an architect, curator, and professor of “Architectural Theory and Design” at the “University of Campania Luigi Vanvitelli”, as well as the Director of “Platform”, an international architecture and design magazine. To begin, I’d like to ask Andrea Canepari to share with us a particular episode that he recounts in the afterword of the book a story about an event and celebration that took place shortlyafter his arrival in Philadelphia at the beginning of his tenure, which didn’t go quite as planned and ultimately set the stage for this whole initiative."
Andrea Canepari, Co-editor:
"Thank you. Thank you for the kind introduction and a heartfelt thank you to all the friends here today. I see familiar faces from Genoa, Brescia, Pavia, and Rome - really, from all over Italy. It is a great pleasure and an honor to be here with you. So, how did this initiative come about? How was this book born? As was mentioned earlier, the book features beautiful photos - some from archives, others captured by Giò Martorana, whom I would like to personally acknowledge as he is here with us tonight. Giò photographed Philadelphia through an Italian lens, and his work brings such a unique perspective. [Referringto theimagesbeingprojectedonthescreen]Hereweseethebook theItalian edition, the American edition with a dome on the cover. In fact, all my books feature a dome on the cover, and I will explain why in a moment. This book began to take shape after I arrived in Philadelphiain August 2017. Ifoundmyself in this wonderful city, steeped in Italian culture,standing before an obelisk designed by the great Italian-American architect Robert Venturi. The obelisk was built to commemorate the 500th anniversary of Christopher Columbus, and I was in this city where people constantly told me that Italy was everywhere. Philadelphia is one of the most important cities in the U.S. for Italian immigration. Just across the Delaware River, in New Jersey, there are counties where up to 40% of the population, according to the U.S. Census, is of Italian descent. Yet, despite all this vibrant Italian heritage, on Columbus Day, as I stood in front of this beautiful obelisk, made by Venturi, there were only six of us present. How could this be, in a city so rich in Italian history? This is a city where the center is even called 'City Center’ instead of 'downtown,' as is typical in most of America. [Referring to the images again] We see here, through Giò Martorana’s lens, the layers of Italian presence starting from music, for example. There were remarkable figures like Eddie Lang, an Italian-American jazz guitarist who left an indelible mark on the genre. We have images of the old Italian bakeries that still operate, taking us back to a time that feels like Italy in the 1950s, a testament to the older waves of immigration. This is the Italian Market though now it has become a bit more Asian-influenced and incredibly trendy. And, of course, there’s Rocky, who everyone knows from the famous film. [Pointing to another image] This is Geno’s and Pat’s, the famous rival cheesesteak joints. The sandwich may be delicious, but it’s heavy enough to do some serious damage to your stomach if you’re not careful!"
Maria Vittoria Dalla Cia, Chief Editor of the magazine “La cucina italiana”: “…well, it depends; one must be open to gourmet versions…”
Andrea Canepari. Co-editor:
“…those cheesesteaks really did a number on me too, but sometimes you just want to indulge. For the journalist friends who I believe enjoyed them with me, they are quite hefty; here you can see the Columbus Day parade; the Philadelphia Museum of Art, a magnificent museum filled with Italian art collections, including works by Botticelli and many others. You can also see the “Banca d'Italia” [“Italian Bank”], which represents the banks tied to immigration; the Sighs Bridge [“Ponte dei Sospiri”], well a copy of it, that I discovered thanks to a journalist who won the Pulitzer Prize and who contributed to the book and introduced me to references of Italian architecture she knew of, behind Market Street; the Palladian references are abundant... and yet, in front of this beautiful obelisk, there were only six of us. Why were there only six? Because there was a need to reconnect the different facets of our community. We had an old wave of immigration; indeed, the earliest immigration consisted of ideas from merchants, some from Milan, who engaged in dialogue and trade in the first capital of the United States from the late 17th to early 18th century. Then came the great migration, when millions of Italians left the country in search of a better future from the late 19th to early 20th century. Now we also have young researchers and others. As the Consul General of Uruguay mentioned, it is essential to reconnect with the youth. These dimensions were operating independently, even in relation to Italy. Therefore, despite all this Italian presence, it seemed somewhat fragmented, as if it could not engage in dialogue with itself or with Italy. In light of this, I believed that the mosaic of Italian identity needed to be reassembled in the face of this wealth of friendship. How to achieve this? Through initiatives that create a kind of symphony of Italian culture. Those who saw me in action during those years will remember how I repeatedlypromoted the slogan: “Everybody likes Italy. So, let’s give everybody a chance to be Italian for one day in Philadelphia.” This is somewhat ambitious, but it truly was wonderful to give everyone the opportunity to participate. So, not just those three segments of our community that I mentioned the old immigration, the new one, and those with a specific past but also the “friends of Italy,” that vast majority of people not ethnically connected to Italy but who loved our country, its way of life, and wanted to engage with it. So, what happened? For instance, organizations like the “American Jewish Committee” began organizing tours of the Italian-Jewish Philadelphia, highlighting the first synagogues from the 1600s as well as other “high culture” institutions like museums and universities. We’ll see an article by Cerisano from “Italia Oggi”, which I’d like to acknowledge as he’s here with us, and another by Paolo Valentino in the “Corriere della Sera”, which publishes two pages under the title “From Rocky to Botticelli: Italian Philadelphia.” This connects the two cultures: from Rocky
Balboa, representing popular culture, to Botticelli, representing the “high culture” of museums, and similar institutions. By bringing together those who embody these diverse cultures and expressions, we can create something meaningful. The major universities are also involved: Philadelphia is home tothreeuniversities,two ofwhichbelongtotheIvyLeague, andtheacademicfirepowerissignificant. By uniting all these people to organize these events, we can emphasize the importance of the Philadelphia area and demonstrate its international significance. This is why major companies, like American Airlines and KPMG USA, decided to support the project. Ultimately, the state of Pennsylvania, through a bipartisan financial law, decided to contribute over $100,000 to this initiative. While it may not be among the largest contributions, consider the significance of a foreign state supporting an initiative for Italy. Thanks to the awareness created by this Italian matrix, which had previously been absent, what unfolded? A multitude of developments occurred: for instance, the first transatlantic medical degree was established between Italy and the USA, allowing our doctors to overcome various bureaucratic hurdles that would have required them to earn their medical also in theStates in orderto practicemedicine there, andviceversa.There areeven ongoingprojects to allow Americans to study nursing in Italy. The “Ciao Philadelphia” initiative was born as a reaction to those six individuals. I said, “Let’s engage the city by creating cultural initiatives together and make them work together, starting with three days.” Those three days quickly expanded into a week, then a month, and eventually evolved into an annual event featuring hundreds of activities that fostered connections and opportunities between the two countries. We continue to build these bridges because they truly link the past to the future. Now, wait a moment while I pause: [referring the images displayed on screen] I do not know if you recognize that building - it is from the famous movie “Trading Places.” That was the center of American establishment power in the area. This [referring theimagesdisplayedonscreen]isthe Union League.Youmighthaveseenthatbuilding,whichseems quite dreary; I do not know if you remember the film, but that venue was created to support President Lincoln in 1862 hence “Union League,” representing the Union. By the 1970s, that sad place from the film was on the brink of closure, being a rather boring venue, but two Italian Americans raised about $150 million to renovate the main building. Italians had, until then, only been allowed in as waiters, except for a few rare exceptions, so for many of them, seeing this club with the Italian flag like you saw, where they held national celebrations and many events, including one from an industry in Pavia was deeply moving. Just to see their flag in the heart of power, as depicted in the film, struck a chord. Here [referring the images displayed on screen] you see the various initiatives of Italian heritage tours in the American national independence park. This is soft power: being able to
organize tours for Americans that celebrate Italyin their most symbolic and significant places. In this list [referring the images displayed on screen] you can see all the sponsors, from American Airlines to many others; the skyscraper of the electric company also celebrates Italy and our initiatives. This was indeed covered by the “Corriere della Sera”, showcasing both the high and popular aspects of Italian culture alongside the rector of the “Catholic University”, who signed the first degree with Jefferson. Academic publications studying the history, such as those from Drexel University, discuss the activities of the Consulate. Here [referring the images displayed on screen] are some examples of all these events: museums, art academies, Eddie Lang known as Massaro, one of the jazz musicians and some exhibitions we have organized and have held in Rome. Therefore, this overview highlights the vastness of Italian culture and the myriad opportunities for Italy, showing how much can be done. Thank you again for your question.”
Maria Vittoria Dalla Cia, Chief Editor of the magazine “La cucina italiana”:
“I’d like to ask another question, if I may. You mentioned that at the beginning of this ‘Ciao Philadelphia’ experience, you observed a disconnect among the younger Italian-descendant generations from our cultural heritage, with the only connection being tied to daily life, specifically through food and domestic practices that link them to Italy. I would love to know assuming the answer is positive whether, throughout all these numerous events (likely very engaging for a younger audience), this relationship has changed for young Italian descendants in Philadelphia.. Are they experiencing a deeper awareness and a more attentive closeness to a broader cultural engagement, beyond just these material practices?”
Andrea Canepari, Co-editor:
“Absolutely, the idea is precisely to foster this connection. These are slow and lengthy processes. Many Italian Americans have started to engage not only with Italy but also, through modern Italy, with their own origins. This is wonderful because many Italian American associations have noted a disconnection between their leadership and members, and these new generations. To keep them increasingly connected, we need to create concrete opportunities for dialogue, exchange, and closeness. There are also many valuable experiences we can consider. I believe there are initiatives we can replicate, such as the one we implemented for... …”
Maria Vittoria Dalla Cia, Chief Editor of the magazine “La cucina italiana”:
“…also that, which is very interesting, about the study and exchange for reciprocity…”
Andrea Canepari, Co-editor:
“…exactly: for study and for cuisine. Many initiatives that Minister Tajani is promoting. These initiatives aim to revitalize these connections.”
Maria Vittoria Dalla Cia, Chief Editor of the magazine “La cucina italiana”:
“Here's a concept that struck me: the idea of not just 'Italianità' but 'Italicità,' which you consistently mention in that renowned postscript that I truly recommend everyone read. Italicità is understood as a way of feeling by those who are not Italian toward our cultural heritage, perceiving it as a universal treasure that everyone aspires to, something they wish to experience in all its various forms: art, music, architecture, and indeed, our material expressions, encompassing our way of living, dressing, and inhabiting spaces. The question I continually ponder, which I pose in this context but reflect upon constantly, is an incredibly challenging one the question of questions: what is it that foreigners, in particular, appreciate? What do they love? Is there a common denominator in all our cultural expressions that draws them to us and fosters their affection?”
Andrea Canepari, Co-editor:
“Yes, I believe we have seen this, at least in relation to Philadelphia, through all these images; it’s a blend: from cuisine to tradition, from looking toward the future to design, fashion, art, music, and architecture. This unique mix resonates with foreigners who are captivated by our way of life. President Mattarella, in a recent interview with Corriere on April 21, referred to them authoritatively as ‘aspiring Italians.’ These are individuals who, for all the reasons we have mentioned, wish to feel part of the Italian way of life and culture, and they are willing to work toward that goal. I believe this is one of the most significant challenges we face, as it can be a powerful tool for creating bridges and fostering relationships.”
Maria Vittoria Dalla Cia introduces Luca Molinari, Director of the magazine “Platform, Architecture and Design”:
“Thank you very much. I would now like to turn to a question for Luca Molinari, who not only contributed a beautiful piece to this volume on Philadelphia but may also have been a pioneer in
launching this series of books. My hope, which I believe would be wonderful, is to weave together a tapestry of many elements through these books so that, in the end, we can gain an overview of how Italian culture is disseminated around the world and the significant role it has played in the development of foreign countries. This is not merely a culture to be enjoyed for its beauty; it is a culture that has had a profound impact, as evidenced here with Philadelphia. Luca Molinari has curated a work on Washington, focusing on the influence of Italians there, particularly from the perspectives of architecture, design, and art. Iwill pose a question about that shortly, but first, Iwould like to connect to this publication: regarding the article dedicated to Robert Venturi, this architect who was one of the masters of postmodernism in America and had a close relationship with Italy. He spent considerable time in Rome and traveled throughout Italy. While reading about the excursions Venturi made in Italy, I came across a term that I believe is key, perhaps even in response to the earlier question I posed to Andrea Canepari. The term is ‘vernacular.’ Venturi was certainly passionate about official high art, but he sought out those vernacular elements domestic and rural, in a sense connected to one’s mother tongue, to the world of affections, to the heart and family. In this sense, I believe the significance of ‘vernacular’ captures one of the most essential aspects that runs through all manifestations of our culture, perhaps rendering it so beloved and universally shareable by all people around the world. This is the thought I wanted to express. Therefore, I would like to delve deeper into this concept of the vernacular, particularlyin relation to art and architecture, and discuss the success it has achieved.”
Luca Molinari, Director of the magazine “Platform, Architecture and Design”:
“First of all, thank you for the invitation. It is always a pleasure to return to the “Triennale”. My first American adventure took place in Washington, which also allowed me to begin a long acquaintance with Andrea Canepari, as he was a young officer at the American embassy. We worked together for ayearandahalfonaveryimportantbookpublishedby Skira,whichwelaterpresentedattheNational Gallery in Washington, dedicated to the presence of Italians in the city. That book was fascinating becausewediscoveredthatmostofthemajorinstitutions,suchastheNational LibraryandtheCapitol Hill, are adorned with frescoes created by Italian artists. Our artisans, using plaster, marble, and frescoes, shaped an imagination that today reflects the identity of a new state. I also want to connect this to something else very important: previously, Thomas Jefferson was mentioned. At that time, Jefferson spoke Italian because, among educated people, Italian was akin to what English is for us today. He traveled with a bestseller of the time, I Quattro Libri dell'Architettura by Andrea Palladio,
which he read perfectly. In fact, the White House is a Palladian villa, directly inspired by Jefferson’s interpretation of Palladio. Thus, the house of the United States, the residence of the early American presidents, draws from an imagination that is inherently transnational, beginning in Vicenza and arriving in Washington. Now, regarding the vernacular. Robert Venturi has been mentioned many times, and this obelisk is particularly interesting because it illustrates some fascinating points. As a postmodern architect obsessed with Italy and classicism, Venturi created this wonderfully entertaining obelisk, sliced horizontally and resting on four enormous spheres of marble, playfully exploring the relationship between weight and irony. I find this to be a very powerful image. Postmodernism embodies an ironic approach to history, and Robert Venturi is undoubtedly a master ofthis. So, what is the vernacular? Referringback tothequestion posedto AndreaCanepari, Ibelieve one of the elements that fascinates foreigners is our ability to produce a sense of domesticity, even when constructinga cathedral. This is thecentral idea: forus, everythingis both familiarand timeless. This capacityto reinterpret a universal language that renews over time is always infused with warmth and the welcoming spirit typical of Italian culture. This is what people appreciate about us; everytime we travel the world, we are reminded of the memories or experiences of those who have always felt at home, no matter where they are. This intertwines food, clothing, fashion, architecture, and design because it embodies a “way of life.” It is not merely an object; it is a way of living. Seeking beauty and crafting it over three thousand years means something significant. This is what we continuously produce and reproduce, often transforming traditions while renewing them without losing their essence. RobertVenturi was deeplyconcerned withthis. The vernacular represents our abilityto look at grand Roman temples and reinterpret them in a garden, like in Bomarzo, for instance, placing a temple that appears to be crumbling amidst the woods of Upper Lazio. In fact, in his famous book Complexity and Contradiction in Architecture, which marks the beginning of postmodernism, published in 1966, he combines the baroque styles of Borromini, Bernini, and Bomarzo with images of agricultural homes, of farmers in the Italian countryside, discussing a singular wayof thinking and constructing. From this, he draws living material to shape his architecture and generate his thoughts. Thus, we find ourselves in a space between the picturesque and the sublime, oriented as a concept but transformed into a form that is both gravitational and widespread.”
Maria
Vittoria Dalla Cia, Chief Editor of the magazine
“La cucina italiana”:
"I am very satisfied with this definition and the guidance you have provided to help us truly understand what connects us to all the inhabitants of the world and what attracts them. This is exactly
what I wanted to know, and I thank you very much. However, I would like you to add, returning to the book on Washington, how you managed to gather contributions, especially given your professional positionand thefact that you area witness to Italiandesign worldwide,includingnotable figureslikeNancyPelosi?SheisalsoItalian-American,thefirstwomanandthefirst Italian-American to hold the position she has as speaker."
Luca Molinari, Director of the magazine “Platform, Architecture and Design”: "Let's say that Andrea's help was fundamental; this must be stated, because everything started from a basic idea, which was to narrate the presence of Italians in Washington. Then, as always happens in these cases, the more you dig, the more you find. This happened in Washington, and then it happened in Philadelphia, demonstrating the importance and significance of the volume and its contents. But the presence of Pelosi, like many other scholars and notable figures, comes from the fact that when you have a strong project that resonates, everyone is extraordinarily happy to participate, regardless of the importance of their political position. This reflects a sense of belonging to a larger community that generates the idea of giving voice to something that until that moment had no voice. This is what “Ciao Philadelphia” is, but it could be a “hello” expressed in all the cities of the United States the need for a community to recognize itself and to give voice and shape to a collective effort that has lasted for centuries and that we all acknowledge but can no longer see. These books bring to light and reading an important contribution for a stable and structured community of a country with which we have a very strong relationship. This, I believe, is the sense that multiplies in the Italian Design Days, of which Andrea is, shall we say, the spokesperson. I returned last night from Amman, where I spoke in Jordan and had the fortune to participate in all seven Italian Design Days. Therefore, from this point of view, I am a ‘long traveler.’ The important and extraordinary thing about this initiative is that, during the same days, 150-200 protagonists of Italian design and project culture present their viewpoints on design, architecture, and Italian beauty in as many capitals around the world. As far as I know, there is no other country in the world that has conceived something like this. It is an extraordinary initiative that I believe is not discussed enough, because it’s incredible to think that the Italianstateinvestsinthisway,sendingsomanypeoplefromvariousfields:professionals,academics, intellectuals, designers, architects, and artists, each bringing their story simultaneously. This is an effort, a vision of the state, and I believe this is an important point to emphasize, closely linked to this book and this publication, namely the idea of giving voice and making it strong, visible, concrete, and widely shareable.”
Maria Vittoria Dalla Cia, Chief Editor of the magazine “La cucina italiana”: "Thank you. We are a dispersed state, and for this reason, I would like to pose the last question, in conclusion, to Carlo Secchi, who is naturally a great authorityin the field of international politics and economics. I would like him to emphasize the diplomatic value of our cultural heritage in a broad sense, and then indicate, in his opinion, what is the best and most effective way for Italy to utilize it in the world in order to exercise, in the most constructive manner, its power of persuasion this socalled soft power to create bridges between different civilizations. It is a somewhat general question, but I believe you can provide an answer."
Carlo Secchi, Vice President of the Institute for International Political Studies ISPI and Professor Emeritus at Bocconi University of Milan: "I'll give it a try. First of all, thank you and good evening to everyone. My warmest congratulations to Ambassador Canepari for this excellent work, which was preceded by another highly valuable study on the Dominican Republic and many other activities related to this very important theme. I will attempt to respond as an economist and as someone who, if I am not mistaken, has had some experience here and there over the many years spent in this field. There is no doubt that what has been discussed so far the culture, habits, and the vernacular, as summarized in the concept indicates a widespread Italian presence in the world that could serve as the basis for an efficient and effective soft power. However, except for a few initiatives, including the most recent one mentioned by Professor Molinari, it has not been adequately leveraged, in my humble opinion. The factors for development are numerous, but they all revolve around some concept of capital: financial capital, physical capital, machines, and so on. Of course, human capital is crucial, but there is also “social capital” aconceptinitiallydevelopedbysociologistsandlater embracedbyeconomists,excellently articulated by Robert Putnam not many years ago. It is based on the existence of a network of interpersonal relationships, including informal ones, that do not necessarily have to be structured or formalized, and which are based on some type of mutual trust, on which it is possible to build a great deal. Now, this possibility of building extensively, in my humble opinion, has not been adequately exploitedinourcountry.Wecouldprovideathousandexamplesofinstances wheretherewasastrong commitment from Italy, such as in attracting young people from the African continent for training in banking and finance in a facility not far from here. This program lasted for about fifteen to twenty years, training around 2,000 officials and then executives in the banking system across Africa, yet there is no trace of it. Firstly, no one thought to maintain contacts, and there is not even a list of who
these individuals are, who could be immensely important interlocutors for us. This is just one example, but it illustrates the fact that perhaps we clean up in the light of the recent boom in tourism and in dailylife, culinaryexperiences, andso on, whereourcountry's successes areevident. However, there are also the successes of other countries with fewer strong ties than ours. We settle for this and fail to recognize that the heritage of Italians abroad, of Italian identity or "Italic-ness" in the world, and of those who have come to Italy from all over starting with the "Grand Tour" of past centuries to more recent times whether as tourists, but especially as students, young professionals, or individuals involved in various activities, is undervalued. Other countries preserve and promote this kind of heritage through a network of institutions, which we also have, but with resources, both financial and human, that are nowhere near comparable to those of other nations, for example, I have been involved in the international relations of my university for thirty or forty years, and I see Dr. Zancan, who is now handling this matter over there, and the relationships with our graduates. Every time Ifound myself in some important capital in Latin America, one of the interlocutors was the local officeoftheAdenauerFoundation,notanItalianentity, eventhoughtherewereItalianentitiespresent doing everything they could. However, I think I convey the idea that there is a need for a very significant project, whichis notaproject forfundingortraditional supportbut aproject to systematize this invaluable heritage, which owes its existence to what you have previously discussed. When you said, 'But why is there this magical effect?' I can't say why, but since the magical effect exists, let's try to use it for purposes that serve everyone's interests not only obviously economic ones, given the university from which I come, but also good relations among peoples, solidarity, peaceful relations, cooperation, and so on. I am very glad that one of our brilliant graduates, Andrea Canepari, who is here present, is currently at the Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation, engaged in this type of activity. I sincerely hope that some significant progress can be made from there. I am convinced that there is a very important demand around the world for this to enjoy a qualitative leap, let us put it that way. It comes to mind excuse me if I jump a bit from one topic to another the Italian Cultural Institute in Tokyo, built thanks to a donation from a Japanese gentleman who had this beautiful piece of land right in the center and that almost overlooks the emperor's garden because he wanted to do a favor to Italy. Therefore, we need to leverage all of this not in a limited or 'small-minded' way but to ensure it can yield the full potential it is capable of. Moreover, our presence in various international institutions, from the United Nations System to the European Parliament and other similar bodies, at least based on my modest experience in the latter, often sees Italians almost spontaneously reaching positions appreciated by others, let us put it this way. I don’t
want to suggest leadership or driving force, as that would be an exaggeration, but there is certainly a demand that tends in that direction, and it is up to us to try to respond to it, especially in the interest of the younger generations who are faced with such a complicated and, let’s say, problematic world to be gentle. I will conclude with an example regarding this, about young people and their interest in Italy and how Italy can do veryimportant things in many fields: yesterday and the day before, we had at my university, in collaboration with the Institute of which I am Vice President, namely ISPI, an initiative aimed at about a thousand young 'Future Leaders.' In fact, it was called 'Next for Future Leaders,' and they came to Milan to engage with authoritative experts on various topics regarding what the future may hold or what we can imagine. They came willingly, and those who could not attend connected in various ways to follow this activity. In other words, whenever we organize something as the Italian system, it is rare to hear someone say, 'Oh, why go to that uncomfortable and boring place?!' Despite the problems with taxis in Rome and Milan and a thousand other troubles, everyone looks to us with great interest, and it is up to us to seek to enhance this even more not only in the fields already mentioned where commendable activities are underway, but also in other areas, including those benefiting the economic development and employment of our young people this immense potential that we have at our disposal."
Questions and Conclusions:
Maria Vittoria Dalla Cia,
“Thank you, thank you very much. You have left us with an important invitation to be better at working together; we have so many strengths and a serious flaw what a pity but little by little, we will succeed. Thanks also to cultural diplomacy and all the wonderful activities we have discussed this evening. So I thank our guests; it has been a beautiful meeting, and I also thank you all.”
Matteo Lo Presti intervenes:
“Excuse me, I don’t want to intervene inappropriately, but I have a friendship with Counselor Canepari, and I have received the title of Ambassador from the Mayor of Genoa, Marco Bucci, for two hours this afternoon, in order to have the honor of hosting him at a conference, which I believe will take place around October 12th, to talk to us about this reflection and his important contribution. I’d like to add a small thing: I find it amusing that historically Lincoln sought Garibaldi as a commander of the troops in the Northern states, and Ifind it veryinterestingthat there was a Milanese
named Martini, and that my friend Fernanda Pivano, in this relationship with America, has given our country a brilliance inspired by another great figure, Cesare Pavese. A very strong connection. I am a child of the war: my father is Sicilian, my mother is Friulian. My father traveled the world: he was in NewYork, and theSicilianrelativein the1960s alreadyhadan airplanein thehangar. Therelatives of my mother who went to Argentina continued to work as bricklayers their whole lives, so there was also an important economic reflection. Genoa is going through a moment where this interpenetration, this dialogue, this dilemma between industry and tourism is experiencing an epochal phase in a crazy democratic crisis. I hope that Dr. Canepari's contribution to Genoa will help to strengthen these relationships and this quarter of Genoa as the city of culture. Last May, with the help of the Ministry of Foreign Affairs, where I worked for a couple of years and traveled the world, we organized a day in Genoa, the city of peace. We will have this ambition, following Columbus’ example, to become a reference point for the dramatic moments our country is experiencing. So, welcome to Genoa, Counselor Canepari.”
Maria Vittoria Dalla Cia
“Thank you, thank you for yourtestimony. Is there anyone elsehere whowould liketo ask ourspecial guests a question?”
Guest:
“Good evening. You mentioned that you always adorn the covers of your books with domes; could you explain why?”
Andrea Canepari:
“It all started with my friend Luca Molinari. The first book features a stunning cover photo by McKenzie, displaying a dome frescoed by Brumidi, a true patriot. From this initial dome, we were inspired to create a second book centered on the dome of the Presidential Palace of the Dominican Republic, which draws its design from St. Peter's Basilica. Nancy Pelosi played a crucial role in our journey by allowing us to present the book at the National Gallery. The project originated when she showed us herstudies adornedwith Brumidi's frescoes, which ledto theideaforthebook.The second book, which I have here, highlights the dome of the Presidential Palace, and the third book also features Brumidi, as he frescoed the Cathedral of Philadelphia around the same time he was painting the U.S. Congress. In addition, that is how the connection to the domes came about. Thank you once
again to everyone. Thank you to the moderator, Professor Secchi, and Professor Molinari. Moreover, a heartfelt thank you to all of you for filling this room and for traveling such distances to be here. I truly appreciate it.”
Nota: questa è una raccolta di trascrizioni che hanno la finalità di riprodurre il più fedelmente possibile i preziosi contributi di coloro che hanno preso parte alle presentazioni del volume “L’eredità italiana a Filadelfia. Storia, Cultura, Persone e Idee”, come registrati in sala. Le presenti trascrizioni si allegano al solo scopo di facilitare l’ascolto dell’audio originale.
Note: This collection of transcripts aims to faithfully capture the valuable contributions of those who participated in the presentations of the volume “The Italian Legacy in Philadelphia: History, Culture, People, and Ideas”, as recorded during the events. These transcripts are provided solely to facilitate the listening of the original audio.