CinemazeroNotizie febbraio 2016

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€ 1,00 mensile di cultura cinematografica

Aspettando il Festival, tre film da non perdere

Pere Portabella racconta Mirò Il regista catalano ospite a Villa Manin

Ich bin ein Berlinaler

Anticipazioni dal ricco programma della 66ma Berlinale

L’Italia con gli occhi di un bambino

Nicola Campiotti incontra il pubblico per presentare Sarà un Paese

Rosso Perca e il cinema

Scompare una delle figure più significative del cinema in FVG

L’argomento decisivo? È quello della qualità!

Perchè vedere un film al cinema

16

Febbraio

Le Voci dell’Inchiesta scalda i motori

2016 numero 2 anno XXXVI

Hollywood, l’impero dei numeri

Il cinema americano sempre più verso film multimilionari

Trumbo contro tutti Lista nera a Hollywood

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Il cinema sempre più verso film multimiliardari

Andrea AndreaCrozzoli Crozzoli

Editoriale

Hollywood l’impero dei numeri Il bene più esportato dagli Stati Uniti nel mondo, dopo le armi, è il cinema con un giro d’affari miliardario. Questo spiega l’estrema attenzione che riservano a questo comparto chiamato entertainment. Un intrattenimento che gira montagne di dollari e, stando a quanto scrive il New Yorker, che dovrebbe vedere, nei prossimi tre anni, i gloriosi studios non più in grado di competere con la distribuzione digitale offerta dalla galassia internet composta da Google, YouTube, Amazon, Facebook, Netflix. La Paramount, quindi, alla fine del prossimo triennio non sarà in vita, la Sony sparirà, la Fox comprerà la Warner Bros. e avremo alla fine solo Fox, Disney e Universal. Hollywood ormai si è rassegnata a volgere lo sguardo verso l’unico nuovo grande mercato ancora da conquistare: quello cinese, che dispone di un enorme potenziale sia finanziario che di pubblico da avviare alle sale. Basti pensare che entro il 2018 il mercato cinese dovrebbe superare quantitativamente il mercato nordamericano. Nonostante questi sconvolgimenti di scenario Hollywood, la macchina dei sogni, rimane il business più stabile nella storia degli Stati Uniti. Nel 1927, quando l'America aveva un terzo della sua attuale popolazione e i biglietti del cinema costano solo venticinque centesimi; gli studios registravano ricavi al botteghino fra i sette e gli ottocento milioni di dollari, ovvero dieci miliardi e seicento milioni di dollari odierni. Ben trecento milioni di dollari in più rispetto a quanto incassato dagli gli studios nel 2014. Nel 1927 venivano realizzati e distribuiti 200 film l'anno; nel 2014 gli studios hanno licenziato solo 178 film. L’industria cinematografica statunitense si muove, quindi, cautamente nel sfornare pellicole ed Adam Fogelson, presidente della Universal, ovvero il manager che fa tendenza, ha dichiarato: «Pur avendo un rapporto di amore/odio, mi piace l'idea degli Stati Uniti e la Cina partner nella prossima guerra mondiale sul cinema!». Quello cinese è il secondo mercato più grande, e in crescita annualmente più del 50%. Fogelson, pagato 15 milioni di dollari all'anno dalla Universal per decidere ciò che vedremo in sala nei prossimi due anni, nel scegliere quali film realizzare assume decisioni del valore di centinaia di milioni di dollari in quanto a Hollywood, ormai, le energie si concentrano su film che costano più di trecento milioni di dollari. Ogni film è per lui una scommessa: «Sono disposto a rischiare fino a 3 milioni. Se The Gift incassa 15 milioni, è un cattivo risultato, e perdiamo i 3 milioni - disse Fogelson - ma se ne fa 40, facciamo 5 milioni di utile.». Il film, opera prima di Joel Edgerton, non ancora uscito in Italia, è costato 5 milioni ed ha incassato, solo negli Usa e Australia, 59 milioni di dollari. Film non solo e non più incentrati su singoli attori, ma su personaggi e storie che il pubblico conosce già dai libri o dai fumetti o dai videogiochi. Tutto questo con il semplice scopo di piacere a tutti e ovunque. Convinto che il 75% del successo di un film è dovuto alla sua commerciabilità, Fogelson ha introdotto alla Universal, queste regola: "fare solo film sapendo già come venderli" e concentrando la maggior parte delle energie su film costosissimi per irrobustire il budget complessivo. Ha approvato 53 film alla Universal, di cui 39 costavano meno di 80 milioni di dollari, ed ha fatto incassare allo studios sette miliardi e trecento milioni di dollari in tutto il mondo, con un ritorno sugli investimenti di un più 153%. Avranno ragionato così anche i tycoon della Medusa per il film di Checco Zalone?!

In copertina Michael Keaton protagonista di Il caso spotlight che verrà proiettato a Cinemazero nell’ambito delle anteprime del festival Le Voci dell’Inchiesta

cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Febbraio 2016, n. 2 anno XXXVI Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Manuela Morana Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Elena d’Inca Direzione, redazione, amministrazione Via Mazzini, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 Cassa: 0434-520527 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Sincromia - Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica


Le voci dell'inchiesta scalda i motori

Mercoledì 3 febbraio | Ore 21.00 | Incontro con il regista

Un film di DANTE SPINOTTI

Le buone tradizioni vanno coltivate, e così Le voci dell'inchiesta non solo torna (dal 13 al 17 aprile), ma riprende la collaudata forma di presentare in anticipo rispetto al festival alcuni film che “preparino il terreno”, coi quali prendere confidenza e sintonizzarsi con lo strumento articolato dell'inchiesta. Il primo film ad aprire ufficialmente il percorso di avvicinamento alla nona edizione de Le Voci dell’Inchiesta, é Inchiesta in Carnia, del pluripremiato e due volte nominato all'Oscar (per la direzione della fotografia di Insider – dietro la verità e L.A. Confidential) Dante Spinotti, che sarà a Cinemazero mercoledì 3 febbraio in veste di regista. Il suo film raccoglie una moltitudine di testimonianze e d'immagini che raccontano con partecipazione e passione (Dante Spinotti è originario di Muina, frazione di Ovaro) quel microcosmo che è la Carnia. Nel documentario, prodotto da La cineteca del Friuli, trovano spazio le voci delle persone che hanno deciso di raccogliere la sfida della modernizzazione, senza abbandonare le proprie origini, e che sono il punto di partenza per il futuro di un territorio complesso, il cui destino sta in un recupero della montagna che passi attraverso politiche adeguate e scelte di vita personali in controtendenza rispetto ai modelli correnti. Mercoledì 17 febbraio è la volta de Il caso spotlight di Thomas McCarthy, che racconta l'articolata inchiesta che rivelò centinaia di casi di abusi sessuali commessi su minori da oltre 70 sacerdoti locali e sistematicamente coperti da parte della Chiesa cattolica. Guidati dal coraggioso giornalista Marty Baron, giunto a Miami nel 2001 come direttore del quotidiano "Globe”, un team di reporter d’inchiesta, denominato appunto Spotlight, indaga su un prete di Boston accusato di aver abusato sessualmente di decine di giovani parrocchiani nel corso di 30 anni. Malgrado l’ostruzionismo dell’intera città i giornalisti Sacha Pfeiffer e Michael Rezendes e il ricercatore Matt Carroll iniziano a scavare profondamente nel caso, documentando, in oltre 600 articoli, più di mille casi di violenze. Con grande ricchezza di documenti, il reportage – reso pubblico nel gennaio 2002 e vincitore del Premio Pulitzer – ha permesso di portare alla luce uno dei più grandi scandali della storia degli Stati Uniti denunciando non solo gli abusi ma soprattutto la sistematica collusione tra il sistema religioso, legale e amministrativo. Ed è proprio l’analisi di questa forma di connivenza, volontaria o meno, che coinvolge tutti – anche gli stessi autori dell'inchiesta -, la domanda “Io dov’ero?” – che dà a McCarthy l’occasione di spingersi al di là di un semplice approccio documentaristico per analizzare (quasi fosse un’inchiesta nell’inchiesta) la vita dei reporter investigativi stritolati nel “tritacarne” mediatico. Il terzo appuntamento da segnare sul calendario - mercoledì 16 marzo - è quello con Truth - Il prezzo della verità esordio alla regia del talentuoso di James Vanderbilt e titolo d’apertura dell’ultima Festa del Cinema di Roma. Solido e coinvolgente dramma politico, il film si presta a una duplice chiave di lettura: da un lato quella del rapporto tra giornalismo e politica, dall’altro quelle tra verità e faziosità analizzando quanto nel riportare una notizia si possa essere influenzati da tesi precostituite. Basato su una storia vera, Truth racconta la vicenda di Dan Rather (Robert Redford), noto anchorman della tv americana CBS e Mary Mapes (Cate Blanchett), giornalista e produttrice televisiva, che per anni hanno lavorato insieme alla trasmissione della CBS "60 Minutes". Nel 2004, nel corso della trasmissione Rather rivela di essere in possesso di alcuni Accreditati al festival fin d'ora! documenti che in seguito daranno vita al controverso caso noto come "Rathergate", sui presunti favoritismi ricevuti da George W. Bush Oltre a tutti gli eventi dal 13 al 17 aprile, potrai entrare gratuitamente anche per andare alla Guardia Nazionale anziché in Vietnam. Una storia non confermata che, a due a tutte le anteprime e ai workshops mesi dalle elezioni presidenziali americane, fino all'inizio della manifestazione! provoca le dimissioni di Rather e il licenziamento di Mapes, portando tutta la CBS News a PUOI FARLO AL CINEMA E IN MEDIATECA un passo dal collasso. Il film racconta così anche l’evoluzione dell’informazione e della cronaca dal “vecchio stile” - affamato di sco- Accredito Sostenitore: dai 70 euro in su (posto assegnato in sala a tutti gli eventi) perte e coraggioso fino all'incoscienza - e quella attuale in cui le notizie non si cercano ma rimAccredito Standard: 40 euro balzano con scarso controllo delle fonti sul web. Accredito CinemazeroCard

e Under25: 25 euro

Aspettando Le Voci dell’Inchiesta

Aspettando il festival, tre film da non perdere


Quattro documentari raccontano il prolifico rapporto tra i due artisti

Piero Colussi

Pere Portabella

Due catalani a Villa Manin Pere Portabella racconta Mirò Pere Portabella, classe 1927, è una delle figure di maggior spicco del cinema spagnolo contemporaneo e dell’opposizione al regime franchista, convinto sostenitore nella causa dell’autonomia della Catalogna. Nel 1977 con la caduta del franchismo viene eletto in parlamento come senatore partecipando attivamente alla stesura della nuova costituzione spagnola. La sua attività e la sua opera si è sempre dispiegata fra questi due poli: cinema e impegno politico. Il suo incontro con il cinema avviene alla fine degli anni cinquanta nelle vesti di produttore collaborando con registi esordienti come Carlos Saura con Los Golfos (1959) e Marco Ferreri El cochecito (1960) o con maestri consacrati come Luis Bunuel Viridiana (1961) – che quell’anno vinse la Palma d’oro al Festival di Cannes. L’esordio dietro la macchina da presa avviene nel 1967 con No contéis con los dedos in cui si avvale anche della collaborazione del poeta catalano Joan Brossa. Da allora Pere Portabella non si è più fermato componendo una filmografia vastissima con opere di finzione e documentarie sempre vicine al mondo dell’arte. Fra gli altri ricordiamo Nocturno 29 (1968), Vampir – Cuadecuc (1970) con Christopher Lee, Play Back (1970) sul musicista Carles Santos impegnato a realizzare la colonna sonora di un film su Gaudì, Umbracle (1972), Action Santos (1973), Informe General (1976), Pont de Varsòvia (1989), El silencio antes de Bach (2007), Mudanza (2008) Uno de aquellos (2010). L’ultimo film da poco realizzato Informe General II. El nuevo rapto de Europa (2015) che riprende le modalità del precedente Rapporto Generale del 1976 riflette sulla situazione politica ed economica della Spagna odierna verrà presentato in questi giorni al Festival di Rotterdam. Tutti i suoi film sono stati auto prodotti dalla sua casa di produzione Films 59: testimonianza coerente della sua volontà di essere un autore assolutamente indipendente. Nonostante la sua bella età Pere Portabella è in continuo movimento e dopo le fatiche per seguire il lancio e le anteprime del suo nuovo film ha accettato di venire a Villa Manin per raccontare il suo rapporto con il conterraneo Joan Mirò e la collaborazione che fra il 1969 e il 1973 ha permesso la realizzazione di quattro brevi documentari: Aidez l’Espagne, Mirò l’altre (1969), Mirò la forja e Mirò tapis (1973). I primi due furono realizzati in occasione della mostra organizzata a Barcellona nel 1969 dal regime franchista che tentava di recuperare l’opera di Mirò in precedenza sempre boicottata. Mirò l’altre documenta l’azione del pittore catalano che, su proposta di Pere Portabella, prima realizza un murale sulla facciata della facoltà di architettura e poi lo cancella in segno di protesta in una sorta di happening che anticipa le azioni tipiche dell’arte concettuale. Gli altri due film – Mirò, la forja e Mirò, tapis – furono realizzati nel 1973 con il sostegno della Fondazione Maeght in occasione della mostra Domenica 28 febbraio 2016 ore 17 parigina al Grand Palais. Il primo documenta le Sala convegni Villa Manin varie fasi della lavorazione delle gigantesche sculture chiamate puertas mallorquinas realizzate nella fonderia della famiglia Parellada. Il MIRO' SULLO SCHERMO secondo – Mirò, tapis – è stato girato a Montroig nella casa del pittore in Terragona Conversazione con: Pere Portabella (regista e produttore) durante la realizzazione di un grande arazzo (6 metri di larghezza per 11 metri di lunghezza) Esteve Riambau (direttore della ispirato ad un suo quadro. Filmoteca de Catalunya) L’incontro con Pere Portabella verrà condotto dall’amico Esteve Riambau direttore della Proiezione dei film Filmoteca della Catalogna di Barcellona, grande MIRÒ, L'ALTRE (1969), AIDEZ L'ESPAGNE (1969), studioso dell’opera di Orson Welles ed autore di un bel documentario sui rapporti con la MIRÒ FORJA (1973) E MIRÒ TAPIS (1973). Spagna: Orson Welles al paìs del Quixot (2000).

ENTRATA LIBERA


Anticipazioni dalla Berlinale 2016

Andrea Crozzoli

Mentre la Festa di Roma diventa sempre più de noaltri e la Biennale Cinema di Venezia subisce, ormai da anni, una programmata, lenta e (apparentemente) irreversibile eutanasia, il FilmFestSpiele giunge alla sua 66ma edizione più rinvigorito che mai. A cominciare dal suo funanbolico direttore Dieter Kosslick, che non si limita a duettare con Donovan intonando Mellow Yellow alle feste del cinema italiano, ma prende posizione sui rifugiati che arrivano in Europa, sottolineando che, per la prima volta, stiamo iniziando a capire, molto concretamente, che cosa significano milioni di persone che fuggono perdendo tutto quello che hanno, e che non sanno se e quando potranno tornare al proprio paese. La ferma convinzione di Kosslick è che dobbiamo fare tutto il possibile per trattare queste persone con dignità. Lui intanto ogni anno estrae dal cilindro un’idea per il cinema del terzo millennio o una nuova sezione. Dopo il Talents Campus che quest’anno ospiterà circa 100 conferenze, workshop ed eventi di networking per la collaborazione, lo scambio e l’esplorazione di nuovi metodi di lavoro con il pubblico entro e oltre i confini politici, economici e culturali; o la sezione Culinary Cinema che quest’anno ha sposato lo slogan “Make Food Not War”, prende vigore la sezione Books at Berlinale ovvero saranno presentati ai produttori di tutto il mondo undici lavori letterari con evidenti potenzialità per essere portati sullo schermo. I produttori avranno così l'opportunità di conoscere i titolari dei diritti a livello internazionale, i rappresentanti di case editrici, gli agenti letterari per negoziare direttamente eventuali opzioni di film per le opere presenti. Quest’anno l’emergente sezione Books at Berlinale ha ricevuto ben 130 libri da più di 25 paesi. Gli undici libri selezionati per il 2016 includono nuove prestigiose uscite, best seller e vincitori di premi letterari e sono tutti con un grande potenziale per l'adattamento cinematografico. Gli undici, inclusa anche una graphic novel, provengono da case editrici e agenzie del Regno Unito, Paesi Bassi, Svizzera, Spagna, Turchia, Francia, Svezia e, ovviamente, Germania, con uno spettro di temi piuttosto vasto. Ma torniamo ai film, veri protagonisti come sempre anche di questa 66ma edizione, che vede Meryl Streep, già Orso d’Oro alla carriera nel 2012, in veste di Presidente di Giuria per il 2016. Inutile affannarsi a cercare titoli italiani nel vastissimo e polimorfico programma berlinese. L’unico presente, forse perchè parla di rifugiati in Europa, tema che Kosslick ha eletto a filo conduttore di questa edizione, è Gianfranco Rosi con Fuocoammare (per gli smemorati è quello del Leone d'oro a Venezia per il Sacro Gra, documentario sul Grande Raccordo Anulare) il quale, nella sua perenne ricerca dell’invisibile, è andato per un anno a Lampedusa per capire cosa vuol dire vivere sul confine più simbolico d'Europa e raccontarlo. Per il resto ci saranno film da tutto il mondo a Berlino, dall’apertura riservata ai fratelli Coen con Hail, Caesar!, al film superstellare Genius con Colin Firth, Jude Law, Nicole Kidman, Laura Linney, Guy Pearce, Dominic West. Da Kollektivet del talentuoso danese Thomas Vinterberg, al premio Oscar bosniaco Danis Tanović con Mort à Sarajevo e tanti, tanti altri. Da segnalare infine la gaya sezione Panorama che festeggia i 30 anni del queer Teddy Award e promette fuoco e fiamme!

66mo FilmFestSpiele

Ich bin ein Berlinaler


Nicola Campiotti ospite a Cinemazero in collaborazione con Il Dialogo Creativo

Elisa Cozzarini

Sarà un Paese

L'Italia con gli occhi di un bambino «Volevo fare un volo d’uccello sull’Italia di oggi, un’esplorazione perlustrativa, una proposta parziale, imperfetta, che sia abbrivio per i bambini e i ragazzi per un cammino da proseguire oltre il film, ciascuno con la sua anima e le proprie gambe», afferma Nicola Campiotti, regista del film Sarà un Paese, che verrà proiettato, alla presenza dell'autore e ad ingresso libero, venerdì 26 febbraio alle 20:45 a Cinemazero e sabato 27 febbraio alle 9: 00 per gli studenti delle scuole superiori della provincia di Pordenone nell'ambito del progetto Il dialogo creativo, realizzato dall'associazione per il commercio equo e solidale L'Altrametà di Pordenone. Quello di Nicola Campiotti e di suo fratello Elia, di dieci anni, è un viaggio in Italia, alla ricerca di un nuovo linguaggio, per restituire un senso alle parole. Incontrano volti, luoghi, realtà dolorose e memorie storiche, in un percorso di formazione ed esplorazione immaginaria. Al confine tra documentario e finzione, il film racconta le speranze del paese che sarà. Il regista afferma: «non parlo di cose nuove, ma provo a raccontarle in maniera inedita, attraverso lo sguardo di un bambino». Nicola Campiotti, nato a Roma nel 1982, è regista di documentari e fiction. Ha lavorato sul set dei lungometraggi Non bussare alla mia porta di Wim Wenders e di Quantum of solace di Marc Foster come assistente di produzione. Nel 2009 ha firmato il cortometraggio 399 BC, liberamente tratto dall'Apologia di Socrate di Platone. Sarà un Paese è il suo primo lungometraggio. I temi trattati nel film sono moltissimi, vanno dall'inquinamento ambientale all'incontro con culture e tradizioni diverse, dalla disoccupazione giovanile alla decrescita, con un ampio capitolo sul tema della cittadinanza e l'identità culturale, sviluppato soprattutto in riferimento ai bambini nati in Italia da genitori stranieri. L'originalità sta nello sguardo, nel modo in cui vengono affrontati questi temi. Immaginare il futuro del nostro paese si può fare solo considerando la presenza dei nuovi cittadini, i figli dell'immigrazione, al di là delle ideologie e degli allarmismi. Il progetto Il dialogo creativo nasce proprio da questa premessa e vuole creare spazi di riflessione e confronto sulla società plurale contemporanea. La presenza di persone di origini, religioni e culture diverse nel nostro territorio coinvolge soprattutto la popolazione più giovane: Pordenone è tra i comuni con maggiore presenza di studenti con cittadinanza straniera in Italia, con più di duemila bambini e ragazzi, oltre il 16% del totale nelle scuole di ogni ordine e grado. Il dialogo creativo propone la visione del film di Nicola Campiotti come stimolo per guardare all'Italia, e anche alla nostra città, con uno sguardo libero dai pregiudizi, con la purezza e l'innocenza di un bambino e con la speranza di porre le basi per una società migliore. Il film, poi, è costruito attorno al dialogo per immagini tra il regista e suo fratello minore, raccontando il rapporto tra generazioni diverse. Dare voce ai giovani significa inevitabilmente aprirsi a nuovi punti di vista, a una visione inedita del futuro e coinvolgere anche i ragazzi di origine straniera, di altre religioni. Il film è un invito alla partecipazione di tutti, italiani e stranieri, per una positiva interazione all’interno della comunità e lo sviluppo di una cittadinanza consapevole e solidale. Le proiezioni a Cinemazero, a ingresso libero fino a esaurimento posti, vengono realizzate grazie al sostegno del Centro Servizi Volontariato del Friuli Venezia Giulia, con la preziosa collaborazione di Cinemazero, del Comitato Unicef di Pordenone (l'alto valore del messaggio contenuto nel film è stato riconosciuto dal Comitato italiano per l'Unicef),


Scompare una delle figure più significative del cinema in Friuli Venezia Giulia

Rossetto, occhiali scuri, una grande passione per il cinema, determinazione e energia da vendere... La Perca sarà sempre così per noi. Di origine istriane, nasce a Trieste, dove nel 1977 si laurea in Storia del Cinema con Lino Micciché di cui ammirava la tenacia e la passione con cui portava avanti i suoi progetti e festival e con cui rimarrà in rapporti amichevoli fino agli ultimi anni di vita del critico romano. Nel 1968, assieme al fratello Piero, è stata fra i soci fondatori del centro ricerche audiovisive e cinematografiche La Cappella Underground, primo centro di cultura cinematografica nato in Italia assieme a FilmStudio di Roma negli anni '60. Dal 1977 al 1991 cura numerose trasmissioni radiofoniche e televisive per la RAI, come autrice di testi, regista, conduttrice di trasmissione in diretta, autrice di special televisivi su vari argomenti sociali economici, artistici ma soprattutto cinematografici. Dal 1981 al 1986 è stata consulente artistico dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste per cui ha curato una serie di convegni internazionali, fra cui tutto il settore audiovisivo e cinematografico del grande progetto Trouver Trieste presentato a Parigi (1985-86), curando in particolare la rassegna Un regard retrouvé, che viene presentata al Centro Pompidou. È stata socio fondatore e membro del primo consiglio di amministrazione di Bonawentura-Teatro Miela di Trieste. Nel 1988 dà vita a Trieste al festival cinematografico internazionale Alpe Adria Cinema che nel 2000 diventa Alpe Adria Cinema - Trieste Film Festival. Ed è proprio Trieste Film Festival a diventare la sua creatura 'prediletta', il festival che continua a dirigere nonostante tutto fino a poche settimane prima della sua morte. Nella prima edizione il comitato scientifico conta 17 persone, fra studiosi, critici e storici di cinema delle varie aree che compongono la macro regione di Alpe Adria, da Giorgio Tinazzi ad Alberto Farassino, da Klaus Eder a Silvan Furlan e Ante Peterlić. Dalle note introduttive del catalogo della prima edizione effettiva, quella del 1989, leggiamo quelle che sono le intenzioni e le finalità del festival - che in qualche modo riflettono le caratteristiche della città in cui nasce - che si sono pressoché mantenute inalterate nel corso di tutti questi anni: “Alpe Adria Cinema nasce a Trieste con un preciso scopo: fare in modo che questa città, già crocevia per tanti aspetti, diventi anche un crocevia importante per tutti coloro che lavorano nel cinema o che solamente lo amano… Il cinema proveniente dall'Alpe Adria ha sviluppato a più riprese, nell'ultimo decennio, alcune fra le più interessanti ondate del nuovo cinema internazionale… di questo variegato panorama, Alpe Adria Cinema vuole restituire una mappa che sia naturalistica e utopistica insieme, che informi correttamente sullo stato attuale dei confini, ma che sia anche in grado di disegnare nuove aree possibili o di far scoprire territori finora inesplorati.”(1) Ed è soprattutto il cinema della vicina Jugoslavia il primo a essere indagato a fondo, proprio in quel primo anno con la rassegna “L'albero del desiderio. Cinema in Croazia”. Annamaria scrive: “Il primo errore di valutazione compiuto dalla critica occidentale nei confronti del cinema jugoslavo è quello di considerarlo un'entità organica e unitaria. Mentre è in realtà più un'esistenza nominale, un intreccio complesso di diverse cinematografie nazionali: la slovena, la bosniaca, la macedone, la serba, la croata e, persino, montenegrina. Culture, storie e religioni differenti le separano. Ma anche differenti sistemi produttivi, almeno in parte, differenti mercati e possibilità distributive. Un film macedone o sloveno per essere distribuito nelle repubbliche diverse dalla loro deve essere sottotitolato … eppure si è sempre parlato, erroneamente, di un cinema jugoslavo.” (2) Nel corso di questi 27 anni innumerevoli sono state le retrospettive, gli omaggi, le iniziative anche 'fuori festival' dedicati ad autori, cinematografie, intellettuali, scrittori, periodi storici dell'area di interesse: fra i tanti citiamo Żuławski, Wajda, Walerian Borowczyk, Jakubisko... A noi la sfida e il compito di portare avanti l'eredità di questa vulcanica signora del cinema dai capelli rossi. Il rosso Perca. (1) Introduzione generale alla prima edizione del catalogo Alpe Adria Cinema, Trieste 1989 (2) Introduzione alla Rassegna monografica “L'albero del desiderio. Cinema in Croazia”, 1989.

Trieste Film Festival

Rosso Perca e il cinema


I film che non vorresti vedere in alcun altro posto che non sia un cinema

Christine Dollhofer

Un’esperienza fisica

L’argomento decisivo? È la qualità! Senza negare la rivoluzione digitale e i suoi vantaggi nel campo del cinema (e home cinema), guardare un film sul grande schermo in un "vero e proprio" cinema è comunque un'esperienza unica. L'impatto sociale della proiezione collettiva è parte della storia di successo del cinema ormai da oltre 110 anni. Si tratta di un evento sociale, senza un codice di abbigliamento, e il cinema è un luogo dove si può scegliere di mescolarsi e parlare con la gente o semplicemente sgattaiolare e guardare un film in forma anonima. Vedere film in modo molto concentrato e senza distrazioni, al buio, con un pubblico per lo più di sconosciuti, condividere (e nascondere) la paura, l'amore, la lussuria, l'entusiasmo o delusione: questi sentimenti non possono essere sostituiti da qualunque altra esperienza di proiezione. Tuttavia, sono certamente d'accordo che l'argomento decisivo è quello della qualità, dato che i cinema sicuramente hanno i migliori standard tecnici e architettonici per la visione di film. Non c'è posto migliore al mondo per vedere i film che in un cinema ben attrezzato. Così la più fantastica delle esperienze cinematografiche per me è sempre stata guardare un film in un cinema di qualità, con una proiezione di qualità e un pubblico devoto. Ma l'ingrediente più importante per un vero viaggio cinematografico è, naturalmente, il film stesso. Permettetemi di darvi alcuni esempi molto personali di esperienze cinematografiche veramente fisiche. Questi film non sarebbero stati un'esperienza fisica così forte, una sorta di viaggio cinematografico o addirittura di estasi, se li avessi guardati in DVD o in televisione, o anche in un cinema all'aperto (di cui non sono una fan, a causa della distrazione intorno). Un'estasi di cinema indimenticabile, un viaggio cinematografico tropicale ed erotico, è stata la proiezione di Blissfully Yours (Sud sanaeha, Apichatpong Weerasethakul, 2002) al Gartenbaukino a Vienna nel 2003. Poi ci sono stati Under the Skin (Jonathan Glazer, il 2013, con la misteriosa Scarlett Johansson) e The Master (Paul Thomas Anderson, 2012), entrambi visti al Festival di Venezia nel 2012 e nel 2013. Sono rimasta senza fiato dal film di Glazer a causa del vortice quasi psichedelico sostenuta dalla colonna sonora di Mica Levi, e, infine, dalle performance fisiche di Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix. Holy Motors (Leos Carax, 2011), visto a Cannes e con la performance del famoso Denis Lavant, è stato il mio film preferito nel 2011, un altro esempio di narrazione imprevedibile. Recentemente ho visto Boyhood (2014) di Richard Linklater al Moviemento Cinema a Linz, e, a parte il fatto che mi piace molto questo film, non potrei immaginare di guardare con la stessa concentrazione o apprezzamento in qualunque altro luogo che non sia una accogliente sala cinematografica - con abbondanza di posti vuoti ma in un clima simile a quello dell'andare a messa in una chiesa. Ogni proiezione del film è un evento unico in se stesso, e, naturalmente, questi sono solo alcuni esempi presi a caso dall'eccentrico mondo del cinema, in un certo senso, perché adoro anche l'intero corpo dei film di Claire Denis, Joanna Hogg e Nanouk Leopold e di moltissimi altri grandi registi. Per fortuna, ho avuto la possibilità di vedere la maggior parte dei film che ho guardato in festival di cinema, ma è una triste prospettiva pensare che la prossima generazione probabilmente guarderà questo genere di film per lo più su piattaforme digitali. Pertanto, mettiamo costantemente in pratica l'unicità del guardare film in sale cinematografiche, insieme, per salvare il futuro del cinema! Christine Dollhofer è stata alla guida di Diagonale (che si teneva a Graz fino al 2003) finchè, nel 2004 è stata invitata a creare un festival dedicato al cinema contemporaneo tra la Viennale e Graz, e così è nato il Linz Crossing Europe Film Festival (www.crossingeurope.at) di cui è attuale direttore artistico.


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Lorenzo Codelli

Lista nera a Hollywood

Trumbo contro tutti L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo, scritto dal romanziere Bruce Cook con la piena collaborazione di Trumbo, venne pubblicato da un piccolo editore americano nel lontano 1977, l'anno successivo alla scomparsa del celebre cineasta perseguitato dalla "lista nera" del senatore Joseph McCarthy. Nella prefazione all'edizione 2015 del libro, che sta uscendo da Rizzoli, lo sceneggiatore John McNamara racconta com'è riuscito a convincere dei produttori che non conoscevano neppure il nome di Trumbo a trasformare quella biografia in un film. E rievoca inoltre com'era entrato in contatto con Arthur Laurents, il noto sceneggiatore e romanziere blacklisted che aveva narrato le proprie esperienze in Come eravamo (The Way We Were, Sidney Pollack, 1973). Pur non possedendo le ambizioni epiche di quello splendido affresco, il biopic Dalton Trumbo diretto da Jay Roach mette in luce parecchie contraddizioni e atrocità del periodo maccartista a Hollywood. Il bravo protagonista Bryan Cranston, candidato all'Oscar e al Bafta 2016, si sforza di somigliare al beffardo e virulento Dalton Trumbo così come lo possiamo ancora gustare in frammenti d'interviste sul web. Oltre che in decine di libri, scritti da lui o dedicati a lui e alla sua epoca in vari Paesi, disponibili tra l'altro sugli scaffali della Cineteca del Friuli a Gemona. Per esempio la sceneggiatura che Trumbo scrisse assieme a Luis Buñuel per Johnny prese il fucile, ispirata al proprio best seller pacifista; in seguito lo scrittore decise di dirigere l'adattamento cinematografico lui stesso. O il voluminosissimo epistolario, solo in minima parte tradotto da Bompiani nel 1977 su iniziativa di Oreste del Buono col titolo Lettere dalla guerra fredda. Riguardo al suo più bel film, un nerissimo anti-western contemporaneo del 1962, ecco cosa scrisse in un telegramma inviato al protagonista e produttore Kirk Douglas: «Ogni tanto quando Dio ci aiuta e il vento soffia a nostro favore qualche cosa succede. Viene dal di dentro e rivela come siamo realmente. Penso sia successo a te in Solo sotto le stelle. Penso che usciranno dal cinema dicendo: "Ecco cosa sono realmente. Per lo meno quello che voglio essere nella mia ora migliore". Ce l'hai fatta. Hai fatto vedere il cuore di un uomo. Mi senti amigo? Il vecchio Sam ti manda la sua riconoscenza e il suo affetto». (L'imperdibile Lonely Are the Brave di David Miller si trova su You Tube). Commuove sentire che l'intramontabile Kirk abbia visto e amato Dalton Trumbo, rammaricandosi soltanto del fatto di non aver potuto interpretare il ruolo di se stesso da giovane! Caso vuole che quasi contemporaneamente al film sia uscita in America un'ulteriore, volumiDalton nosa biografia: Trumbo: Blacklisted Hollywood Radical, scritta da Larry Ceplair assieme a Christopher Trumbo, il figlio dello scrittore, per la collana curata da Patrick McGilligan presso la University Press of Kentucky. Ecco l'ultima parola sulle traversie pubbliche, la vita privata, i lavori di Trumbo. Tre suoi versi in esergo al tomo: «Perché l'unica cosa / Che ha senso nella vita / È la lotta!».


LE IMMAGINI E LE COSE | IL BIG-BANG CINEMATOGRAFICO. VERSO L’IMMAGINE SATURA

OLTRE IL FILO.

Chiesa di San Lorenzo, San Vito al Tagliamento (Pn) fino al 14 febbraio 2016

Oltre il filo - Tracce di memoria del campo di concentramento di Gonars (UD) - è una mostra, curata da Paola Bristot e organizzata all’interno della manifestazione Viva i fumetti! Viva l’animazione!, che presenta i disegni originali degli artisti internati nel campo di concentramento di Gonars (UD) e provenienti dalla collezione della famiglia Cordaro , inoltre il percorso espositivo prevede la proiezione del documentario di Dorino Minigutti “Oltre il filo” e le tavole originali del libro "L’inverno d’Italia" di Davide Toffolo. La mostra sarà visitabile di sabato e domenica (10.3012.30 e 15.30-19.00). Info: Punto I.A.T. tel. 0434 833295

TINA MODOTTI. LA NUOVA ROSA.

Udine, Casa Cavazzini - fino a domenica 28 febbraio

La città natale di Tina Modotti ospita una mostra con materiali fotografici inediti a livello internazionale: è possibile vedere la raccolta più vasta degli scatti della fotografa di origini udinesi, tratte dai negativi originali e arricchita dalle più recenti acquisizioni riferibili alla storia familiare della Modotti, all’arte fotografica e all’impegno politico-sociale. Viene inoltre esposta, per la prima volta in Italia e in Europa, la nuova documentazione fotografica sulle “Scuole libere di agricoltura” con una serie di 18 istantanee, realizzate dalla Modotti, rimaste in gran parte sconosciute fino a tempi recenti. Info: www.udinecultura.it

IL TRENO. SPETTACOLO TEATRALE A EPISODI Udine, Teatro Palamostre

CSS Teatro stabile di innovazione del FVG ha prodotto lo spettacolo teatrale a episodi Il treno, ideato e diretto da Rita Maffei con la collaborazione, per quanto riguarda immagini e video, di Cinemazero. Rita Maffei pone l’opera di Pasolini al centro di uno sviluppo drammaturgico, in questo caso ispirato al viaggio del poeta dal Friuli a Roma, nel 1950. E’ un viaggio che ha cambiato la vita di Pasolini e un po’ di tutti noi, è un pretesto per parlare del viaggio che cambia tutto, che cambia le prospettive di vita, che promette, che fa sognare, che tradisce, che stupisce. Si immagina un treno che parte da Casarsa e arriva a Roma, ripercorre le tappe del viaggio che Pier Paolo Pasolini fece nel 1950, ma è, allo stesso tempo, il viaggio di chi parte oggi con il bagaglio, esperienziale, culturale e artistico, di Pier Paolo Pasolini. Con la sua eredità viva di cui siamo portatori, cercando uno spazio di relazione molto intimo con la sua memoria in noi.In scena una sorta di site specific in cui si siede insieme ai compagni di viaggio che raccontano le storie, condividono ricordi, esperienze, e si vede l’Italia che passa dal finestrino, con immagini girate nei luoghi che quella linea ferroviaria attraversa e con immagini visionarie di repertorio e delle interferenze dettate dal pensiero di noi contemporanei, compagni di viaggio di Pier Paolo Pasolini. Il viaggio in treno oggi dura circa 6 ore. Il treno sarà diviso in 12 episodi di 30 minuti l’uno, visibili e raggruppati in più serate o tutto d’un fiato in una maratona di sei ore. Info: www.www.cssudine.it

Domani accadrà ovvero se non si va non si vede

Pordenone, Biblioteca civica - 2 febbraio 2016, ore 18.00

Ogni buona conversazione sull'audiovisivo inizia dai fratelli Lumière: inventori del cinema, si dice, ma non certo inventori dello “sguardo cinematografico”, che ha invece una sua evoluzione frutto di impulsi ora costruttivi ora de-strutturanti. Un percorso che parte dagli incunaboli dell'immagine in movimento per arrivare agli scenari interattivi attuali della realtà virtuale, ipotizzando quale sia il “collante culturale” che lega lo sguardo delle sperimentazioni di oggi con quelle degli inizi della storia del cinema. Un cammino a brevi tappe per riconsiderare secondo un'ottica progressiva quali siano le forze elementari che hanno portato all'eccesso di immagine in movimento di oggi, ponendosi una serie di interrogativi sul momento attuale, su un possibile cammino di riordino, dove l'irruzione del digitale (non più l'immagine basata sulla fotografia chimicamente analogica) apre a scenari tuttora incerti. Info: www.comune.pordenone.it/biblioteca


i film del mese

Un film di Atom Egoyan. Con Christopher Plummer, Martin Landau, Bruno Ganz. Canada, 2015. Durata 95 min.

Un film di Tom Hooper. Con Eddie Redmayne, Amber Heard, Alicia Vikander. Gran Bretagna, 2015. Durata 120 min.

UN REGOLAMENTO DI CONTI CON LA STORIA, PERSONALE E COLLETTIVA

REMEMBER

DI ATOM EGOYAN Zev Guttman, ebreo affetto da demenza senile, è ricoverato in una clinica privata con Max, con cui ha condiviso un passato tragico e l'orrore di Auschwitz. Max, costretto sulla sedia a rotelle, chiede a Zev di vendicarli e di vendicare le rispettive famiglie cercando il loro aguzzino, arrivato settant'anni prima in America e riparato sotto falso nome. Confuso dalla senilità ma determinato dal dolore, Zev riemerge dallo smarrimento leggendo la lettera di Max, che pianifica il suo viaggio illustrandone i passaggi. Quattro le identità da verificare, uno il colpo in canna per chiudere una volta per tutte col passato. Tra America e Canada, Zev troverà il suo 'nazista' e con lui una sconvolgente epifania. Egoyan infila, dopo quello di Felicia, un altro viaggio straordinario. Quello di un sopravvissuto alla Shoah che soffre di demenza senile, che vorrebbe vendicare il suo passato, che intraprende il viaggio e dimentica regolarmente perché lo ha intrapreso. Remember ribadisce gli elementi tipici del cinema di Egoyan, a partire dalla sua attenzione per la struttura (a puzzle o a labirinto). Una struttura che produce un'abile premessa smentita poi dall'epilogo, lasciando lo spettatore solo col suo desiderio di coerenza. Perché una parola e un'immagine interrompono improvvisamente il processo di costruzione di senso, invalidando il lavoro compiuto e innescando un movimento di rivalutazione della vicenda che annuncia qualcosa fino a quel momento impensabile. Impossibile dire meglio e di più senza togliere allo spettatore il piacere frustrante (e frustrato) di una manifestazione inattesa. Thriller senile sulla Memoria e sulla mostruosità banale del totalitarismo, che ha privato l'uomo della percezione di sé e di tutte le categorie intellettive soggettive, quelle che permettono di discernere e di scegliere con coscienza tra il bene e il male, Remember ritrova l'autore e la strategia dello scarto del suo cinema, lo stravolgimento della percezione e il narcisismo con cui riconciliamo la frattura tra desiderio e identificazione.

UNA STORIA D’AMORE E DI CORAGGIO CON IL PREMIO OSCAR EDDIE REDMAYNE

THE DANISH GIRL

DI TOM HOOPER Pittore paesaggista della Danimarca dei primi anni del '900 Einar Wegener ha vissuto due vite, la prima con una moglie a Copenhagen, e la seconda a Parigi come Lili Elbe. Infine ha tentato la prima operazione chirurgica della storia finalizzata al cambio di sesso. Attratto dall'abbigliamento femminile dopo un gioco erotico con la moglie e sempre meno capace di smettere di vestirsi e atteggiarsi da donna, nel corso di diversi anni Einar vuole lasciare il posto a Lili, che percepisce come un'entità separata. Einar fugge dalla medicina del proprio tempo che lo vuole internare o dichiarare schizofrenico e si rifugia nella chirurgia sperimentale, conscio che quella che intende provare è un'operazione mai tentata prima e dai rischi immani. Raccontare la storia di Einar Wegener significa risalire alle origini di una rivoluzione che ha sfidato non soltanto la morale, ma anche la concezione stessa del corpo come un tempio immutabile, o una prigione da cui non c’è uscita. Tom Hooper, d’altra parte, possiede il mestiere e la sensibilità per confezionare un biopic di gran classe, e The Danish Girl conferma le aspettative. Il tema dell’immagine si riverbera lungo tutto l’arco della narrazione, ed è un gioco di specchi tra il soggetto guardante (l’uomo) e l’oggetto guardato (la donna), fino all’inevitabile ribaltamento di prospettiva: Einar deve abituarsi a diventare l’oggetto dell’attenzione maschile, diretta conseguenza della sua metamorfosi fisica e comportamentale. Eddie Redmayne, pur essendo a tratti un po’ sopra le righe, è bravo a interpretare un personaggio che in principio si comporta proprio come un attore, e deve adottare strategie mimetiche per acquisire la gestualità, la postura e le espressioni facciali di una donna, dando voce alla sua vera natura. Al contempo, però, Alicia Vikander gli tiene testa con grande eleganza, e lascia trasparire il conflitto interiore di una donna che “perde” gradualmente suo marito, sforzandosi di comprendere le sue esigenze; in tal senso è forse inevitabile empatizzare con lei, vittima e anche iniziatrice involontaria di questo cambiamento. Il processo, in effetti, s’innesca quando Gerda chiede a Einar di posare in abiti femminili, suggerendogli poi di assumere l’identità di Lili per gioco, e infine ritraendolo con il suo nuovo aspetto. Il dipinto è un altro specchio che denuda il vero volto dell’uomo, poiché l’arte riflette significati nascosti, squarcia il velo e mostra la realtà intima delle cose. Non c’è forse più verità emotiva nei quadri di Einar, filtrati attraverso la sua memoria, che nei paesaggi danesi a cui si è ispirato? Questo cortocircuito tra arte e vita imprime un andamento circolare a The Danish Girl, che si apre e si chiude sulle medesime suggestioni, riportando Einar/Lili dove tutto è cominciato.


GIANFRANCO ROSI RACCONTA CONTRADDIZIONI E SFUMATURE DI LAMPEDUSA

FUOCOAMMARE

DI GIANFRANCO ROSI Dopo aver viaggiato e raccontato il mondo nei suoi precedenti lavori (l'india in Boatman, gli Stati Uniti in Below Sea Level, il Messico in El Sicario Room 164) e dopo aver guardato Roma dalla prospettiva inusuale del Grande Raccordo Anulare in Sacro Gra (premiato nel 2013 con il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia), Gianfranco Rosi si è trasferito per un anno intero a Lampedusa per raccontare dall'interno la tragedia dei migranti e per capire da lampedusano - cosa significhi abitare in una terra di confine, in equilibrio tra l'Europa e l'Africa, tra l'innato senso di accoglienza e il rispetto di obblighi e normative europee. In Fuocoammare Gianfranco Rosi racconta Lampedusa attraverso la storia di Samuele, un dodicenne che va a scuola, ama sparare con la sua fionda e andare a caccia. Preferisce giocare sulla terraferma anche se tutto, attorno a lui, parla di mare e di quelle migliaia di donne, uomini e bambini che quel mare, negli ultimi vent'anni, hanno cercato di attraversarlo - spesso invano - alla ricerca di una vita nuova, migliore. Alla ricerca della libertà. Un film di Charlie Kaufman, Duke Johnson. Con David Thewlis, Jennifer Jason Leigh, Tom Noonan. USA, 2015. Durata 90’.

UN ANIMAZIONE PER ADULTI, GRAN PREMIO DELLA GIURIA MOSTRA DEL CINEMA

ANOMALISA

DI CHARLIE KAUFMAN, DUKE JOHNSON Michael Stone è marito e padre nonché noto autore del best seller "Come posso aiutarti ad aiutarli?" e si trova a Cincinnati per una conferenza. Michael prende alloggio all'hotel Fregoli e, dopo aver rivisto una donna con cui undici anni prima aveva avuto una relazione, incontra casualmente Lisa Hesselman la quale è arrivata in città con un'amica proprio per assistere alla sua conferenza. Tra i due si instaura un'immediata attrazione che potrebbe cambiare la vita di entrambi. Carlie Kaufman una volta ha affermato: "l'abitudine per uno scrittore è quella di consegnare una sceneggiatura e poi sparire. Questo non fa per me". Dopo aver trovato registi che rispettavano questa sua volontà (Gondry e Jonze) Kaufman si era messo in proprio con Synecdoche, New York e ora, grazie a un crowdfunding, con questo nuovo film in cui non smette di sperimentare utilizzando un'animazione stop motion che, sin dalle prime inquadrature, ripropone l'ormai nota originalità dell'autore a cui, per l'occasione, si affianca Duke Johnson. Se ci si ferma però al plot di base si può ricavarne l'impressione della ennesima riproposizione della storia di due esistenze chiuse nella propria più o meno affollata solitudine che cercano insieme una possibile via d'uscita. Kaufman ce l'aveva già proposta con intensità in Se mi lasci ti cancello. Con lui però non è (e non poteva essere) così. Perché i pupazzi sono sin dall'inizio tali in quanto mostrano le giunture di maschere che lasciano intendere che, sotto di esse, ci sia un aspetto non umano. Ma, come accade spesso nei suoi lavori, è presente un ulteriore livello di lettura che abbisogna di specifici strumenti di decodifica. Lo spettatore infatti si chiede inizialmente perché tutti i personaggi, tranne Michael, abbiano la stessa voce maschile sia che si tratti di uomini che di donne. Quando poi entra in scena Lisa si può finalmente ascoltare l'unica voce femminile e a questo punto le ipotesi potrebbero essere molteplici andando dalla disumanizzazione di un mondo di pupazzi a quella della messa in rilievo dell'unicità del possibile 'vero amore'.

DOMENICA 21 FEBBRAIO | ORE 15.00

ZERORCHESTRA IN SMILE Luca Grizzo - percussioni Didier Ortolan - clarinetto Romano Todesco – fisarmonica e tastiera Luigi Vitale – vibrafono e xilofono

i film del mese

Un film di Gianfranco Rosi. Documentario. Italia, 2015.


LA SCUOLA AL CINEMA - FEBBRAIO 2016

Le proiezioni si svolgono a Pordenone presso Cinemazero, in Piazza Maestri del Lavoro. Il costo del biglietto è di € 3,00 a studente (insegnanti non pagano). Per informazioni e prenotazioni, mail didattica@cinemazero.it, tel. 0434520945 (mar-ven dalle 15.00 alle 18.00)

Mercoledì 10 febbraio 2016 ore 9.00 | Mercoledì 17 febbraio 2016 ore 9.00 MALALA di Davis Guggenheim. Con Malala Yousafzai, Mobin Khan. Documentario, USA 2015, 93' A 11 anni, sotto falso nome, Malala Yousafzai scriveva un blog per la BBC, raccontando la vita quotidiana di una studentessa nella valle dello Swat. A 13 riceveva il Premio giovanile per la pace in Pakistan e rilasciava interviste sui media internazionali denunciando l'oscurantismo dei talebani nei confronti delle donne cui veniva negata l'istruzione. A 15 anni fu vittima di un attentanto che ha rischiato di ucciderla. Da quel momento Malala ha dato vita a un’organizzazione no profit, la Malala Fund, per sviluppare progetti educativi in tutto il mondo. Nel 2014, ha vinto il Premio Nobel per la pace. Martedì 23 febbraio 2016 ore 9.00 (Proiezione in v.o. con sottotitoli) MACBETH di Justin Kurzel. Con Michael Fassbender, Jack Reynor, Marion Cotillard. Gran Bretagna 2015, 113' Macbeth condottiero, cede alla propria sete di potere per seguire la profezia che lo ha indicato come il futuro re di Scozia, fomentato dalla moglie. L'ascesa al trono di Macbeth prevede l'eliminazione fisica del reggente in carica, e sarà seguita da una serie di delitti sempre più efferati. Superbo adattamento cinematografico che conserva nella loro interezza (e complessità linguistica) i dialoghi shakespeariani. Sabato 27 febbraio 2016 ore 9.00 | Alla presenza del regista Evento promosso da Il dialogo creativo in collaborazione con Comitato UNICEF Pordenone, Comune di Pordenone, Cinemazero. INGRESSO LIBERO SARÀ UN PAESE di Nicola Campiotti. Con Elia Saman, Raffaele Guarna, Matilde Gardini. Documentario, Italia 2014, 77' Il protagonista decide di intraprendere insieme al fratellino un viaggio alla scoperta dell’Italia di oggi. I difetti sono i primi che i due fratelli incontrano; i pregi arriveranno solo alla fine, ma chiuderanno il viaggio su una nota di speranza. Immagini dalla grande potenza evocativa sono al servizio di una narrazione attorno ai temi dei diritti dei bambini, spesso disattesi anche nel nostro Paese. Il film è stato scelto da UNICEF per celebrare il 25esimo anniversario della Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Per classi delle scuole primarie e secondarie di primo grado, sono programmabili matinée del film IQBAL - BAMBINI SENZA PAURA di Michel Fuzellier, Babak Payam Animazione, Italia/Francia 2015, 90' Iqbal è un ragazzino che vive in un villaggio in qualche parte del mondo ed ha imparato l'arte di annodare i tappeti con i raffinatissimi nodi. Un giorno, per poter comprare le medicine al fratello ammalato si lascia abbindolare da un uomo senza scrupoli e viene venduto al padrone di un fabbrica clandestina che fa lavorare come schiavi i bambini. Il film è ispirato dalla vicenda reale di Iqbal Masih, bambino pakistano che è divenuto il simbolo della lotta contro lo sfruttamento del lavoro minorile in ogni parte del mondo. Martedì 23 febbraio e martedì 1 marzo 2016 ore 15.00 LA NARRAZIONE BREVE, TRA PAGINA SCRITTA E FILM Un corso in due lezioni destinato a insegnanti delle scuole secondarie di primo e secondo grado per indagare le caratteristiche della narrazione breve nella letteratura e nel cinema e per imparare a svolgere in aula la comparazione tra libro e film. Le lezioni frontali si svolgeranno in Sala Ellero (primo piano di Palazzo Badini) e saranno condotte dal prof. Sabatino Landi. Le lezioni saranno arricchite dalla visione di scene e sequenze cinematografiche. Per ricevere maggiori informazioni e per conoscere le modalità di partecipazione, è necessario scrivere una mail a didattica@cinemazero.it


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