CinemazeroNotizie Aprile 2016

Page 1

i!

8

€ 1,00 mensile di cultura cinematografica

L’attrice protagonista di Sole Alto della Tucker Film

Perchè così seri?

Ridere fa bene. Va bene. E io rido ancora più forte

Un bacio è per tutti

Il film di Cotroneo recensito da uno dei vincitore di Scrivere di Cinema

Le Voci dell’Inchiesta 2016: cinema del reale

Un ricco programma per 5 giorni di proiezioni, incontri ed omaggi

Le Voci dell’Inchiesta 2016: l’inaugurazine

Ospiti e contributi inediti per ricordare i 40 anni dal terremoto

16

Aprile

Tihana: è nata una stella

2016 numero 4 anno XXXVI

La quantità della qualità: quanto “pesa” la cultura?

La cultura sfida la crisi mostrando i suoi numeri

Le Voci dell’Inchiesta 2016: photo/shops

Negozi e pareti diventano gallerie virtuali per i reporter d’inchiesta

Il Far East Film Festival diventa “maggiorenne” Il festival dedicato al cinema dell’Oriente festeggia la 18ma edizione

spedizione in abbonamento postale L. 662/96 art. 2 comma 20/b filiale di pordenone - pubblicità inferiore al 45% contiene i.p. in caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Pordenone per la restituzione al mittente previo pagamento resi


La cultura sfida la crisi tra numeri e desiderio di oggettività

Andrea Crozzoli

Editoriale

La quantità della qualità: quanto “pesa” la cultura? All’aeroporto di Berlino si trova in vendita una bibita la cui etichetta ci avvisa che il contenuto ci darà più “immunità di Berlusconi”. Il tutto senza un velo di ironia. Questo ci racconta, più di qualsiasi altra cosa, quanto l’Europa sia ancora incredula sul fatto che per molti, troppi anni abbiamo votato un personaggio del genere, anticipando di 20 anni quanto stanno vivendo ora gli Stati Uniti con Donald Trump. Ma essere in Europa non è solo servito a rendere palese il nostro imbarazzo di fronte l’improponibile comportamento dei politici italiani di allora. Essere in Europa è servito, e serve tuttora, a svecchiare il nostro sistema con leggi più moderne ed efficaci. Serve a farci guardare, e a copiare, i nostri partner nei settori nevralgici come quello delle imprese culturali (che vanno dalle industrie creative alle performing arts, dalle attività legate al patrimonio storico artistico alle produzioni di beni e servizi nel settore creativo) dove in pochi anni siamo passati da “con la cultura non si mangia” a dedicare incontri e convegni per approfondire la realtà delle imprese nel mondo culturale. Il loro monitorare costantemente l’economia, fa delle banche un osservatorio privilegiato e competente e se da quelle stanze partono iniziative come il convegno, con tanto di pubblicazione, su Rapporto 2015 - Io sono cultura, l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi, significa che il comparto cultura ha i numeri per essere seriamente preso in considerazione, come da anni avviene in tutto il resto dell’Europa. E i numeri parlano di quasi 230 miliardi prodotti in Italia dall’intera filiera culturale con circa 450.000 imprese che danno lavoro a quasi un milione e mezzo di persone pari a circa il 6% degli interi occupati in Italia. Il nordest ha il 23% degli occupati nel settore cultura (contro il 32% del nordovest) e la regione Friuli Venezia Giulia ha il 2,4% degli occupati superando il Trentino Alto Adige. Delle 450.000 imprese culturali l’1,9% sono targate FVG contro, ad esempio, il 2,4% della Calabria o l’8,6% del Veneto. Lo sguardo europeo ha coinvolto, e non poteva essere altrimenti, anche la politica, che è stata in qualche modo obbligata a seguire le direttive europee, ad aggiornarsi per rendere le proprie azioni sembre piu scevre da pressioni clientelari, favoritismi o peggio ancora nepotismi. Per rendere il tutto valutabile con parametri il più oggettivi possibile la legge regionale sulla cultura ha introdotto i bandi di ispirazione europea. Ora quindi, limitata per quanto possibile l’area discrezionale sull’assegnazione dei fondi, i contributi vengono assegnati su una progettualità triennale e con parametri quantificabili e verificabili annualmente da una commissione cinema. Questo permette alle imprese culturali una programmazione a più ampio respiro (triennale) e una rappresentazione dell’attività culturale attraverso parametri quantomeno oggettivi nelle intenzioni. Sarà stata la crisi, che ci ha fatto raschiare il fondo e valorizzare tutte le risorse; sarà stata l’Europa, che ci costringe ad essere meno clientelari e più moderni, resta il fatto che lentamente ma in maniera costante e senza arretramenti la cultura ha segnato al suo attivo cifre importanti, che l’hanno posta all’attenzione dei soggetti istituzionali ed economici in maniera nuova, scientifica, con dati alla mano e non più solo voli pindarici o sterile chiacchiericcio sulle radici della “grande bellezza” della penisola. Non dimentichiamo, peraltro, che il cinema negli Usa, dopo l’industria delle armi, resta il secondo comparto per fatturato.

In copertina il manifesto della nona edizione del festival Le Voci dell’Inchiesta in programma a Cinemazero dal 13 al 17 aprile.

cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Aprile 2016, n. 4 anno XXXVI Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Manuela Morana Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Elena d’Inca Direzione, redazione, amministrazione Via Mazzini, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 Cassa: 0434-520527 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Sincromia - Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica


L’attrice sarà al cinema dal 28 aprile con Sole alto della Tucker Film

Gianmatteo Pellizzari

Da giovane promessa della scena croata a luminosa Shooting Star dell'ultima Berlinale: ecco Tihana Lazović, 25 anni appena compiuti, nuovo talento del cinema (Padre vostro), del teatro e anche sofisticata front girl di una jazz band. Una vera «forza della natura» (citando la stampa internazionale) che sta finalmente per incantare anche il pubblico italiano! Uscirà infatti nei migliori cinema il prossimo 28 aprile, sotto il segno della Tucker Film, l’attesissimo Sole alto di Dalibor Matanić (anteprime stampa a Milano, il 17 marzo, e a Roma, il 23 marzo). Una produzione che, in perfetta sintonia con il respiro della trama, vede cooperare la Croazia, la Slovenia e la Serbia, restituendo pienamente il percorso di ricostruzione culturale in atto nell'ex Jugoslavia. Premiato a Cannes, dalla giuria della sezione Un certain regard, Sole alto racconta l’amore fra un giovane croato e una giovane serba. Un amore che Matanić moltiplica per tre volte nell’arco di tre decenni consecutivi: stessi attori (Tihana è affiancata dal bravo Goran Marković) ma coppie diverse. I paesaggi sono utilizzati come orizzonti emotivi, prima ancora che geografici, e gli stessi attori come simbolo di ciclicità. I due ragazzi, invece, no: i due ragazzi non possono essere gli stessi, perché i loro vent’anni sono cristallizzati dentro una giovinezza, innocente e fragile, che ci parla (anzi: che ci deve parlare) di ieri, di oggi e, soprattutto, di domani. A 20 anni esatti dall’Accordo di Dayton, che nel 1995 pose fine alla guerra dei Balcani, la friulana Tucker Film scommette dunque su uno straordinario inno alla vita e su una straordinaria giovane attrice, Tihana, di cui sentiremo parlare sicuramente molto a lungo! Nata a Zara nel 1990, si è formata come attrice all’Accademia d’Arte Drammatica di Zagabria. Al cinema l’abbiamo vista in Padre vostro di Vinko Brešan (2013) e in Hush... di Lukas Nola (2013), ruolo per cui ha vinto il Breza Award (categoria “Miglior esordiente”) al 60° Festival di Pola. Con la compagnia EXIT del Kerempuh Theatre di Zagabria ha recitato nel musical Restless Legs (diretto da Saša Anočić) e in Acting Hamlet in the Village of Mrdusa Donja (diretto da Vinko Brešan). Dalibor Matanić è invece nato a Zagabria nel 1975 e, sempre a Zagabria, si è diplomato in regia all’Accademia d’Arte Drammatica. Nel 2000 ha scritto e diretto il suo primo lungometraggio, The Cashier Wants to go to the Seaside, cui sono seguiti, fra gli altri, Fine Dead Girls (2002), 100 Minutes of Glory (2005), Kino Lika (2008), Mother of Asphalt (2010) e il recente Handymen (2013). Uno dei suoi maggiori successi è il corto Party, presentato a Cannes nel 2009 e vincitore di 18 premi in vari festival nazionali e internazionali. «Come regista – racconta Matanić – sono sempre stato attratto dall’onnipresente odio interetnico che percorre i Balcani e da ogni fronte di guerra generato dalla politica o dalla religione. Con il mio film ho provato a raccontare tre differenti storie d’amore tra un ragazzo croato e una ragazza serba, ambientandole in tre differenti decenni: il 1991, il 2001, il 2011. Le azioni si svolgono tutte negli stessi luoghi, negli stessi villaggi illuminati dal sole, e i due innamorati hanno sempre poco più di vent’anni. Non sono l’unico a pensare che il nostro giovane secolo stia coltivando una preoccupante ostilità verso “l’altro” e gli esempi, purtroppo, non mancano: islamofobia, neonazismo, razzismo verso gli immigrati». E ancora: «Analizzare questo scenario cupissimo attraverso una prospettiva sentimentale era, a mio parere, il modo più efficace per renderne chiari i contrasti. Per sottolineare che, oggi come ieri, l’accettazione è l’opposto dell’intolleranza. Per sottolineare che, oggi come ieri, la speranza e il perdono sono l’opposto dell’odio. Il mio obiettivo, appunto, era quello di descrivere l’orribile collisione tra il mondo pacifico dei due ragazzi, un mondo illuminato dal sole come i villaggi da cui provengono, e le peggiori azioni umane, quelle che affondano le proprie radici malate in un passato lontano».

Sole alto

Tihana: è nata una stella


I film che non vorresti vedere in alcun altro posto che non sia un cinema

Michael Pattinson

E io rido ancora più forte

Perchè così seri? Parliamo di cose buffe. Non ho riguardato Tempi Moderni di Charlie Chaplin (1936) per forse Una scena di Tempi moderni di Charlie Chaplin (1936) mezza decade, finchè non l'ho rivisto al Gartenbaukino di Vienna il 1 Novembre del 2013. É stato proiettato in 35 mm – già di per se cosa meravigliosa – ma il motivo per cui mi è venuto in mente quando penso ai film che vorrei vedere solo al cinema è stata la reazione del pubblico. Stavamo guardando un film vecchio di quasi 80 anni, e alle dieci di un venerdì mattina c'era gente di tutte le età che rideva sguaiatamente. Ragazzini che vedevano il film per la prima volta, cinefili incalliti che lo guardavano per l'ennesima: tutti messi assieme da questo intramontabile clown sciocco e baffuto, che combina pasticci e dispetti un incontro dopo l'altro fra i burocrati del mondo del lavoro e le avversità sociali. Tempi Moderni fa ridere ancora oggi grazie al suo empatico quadro dello sfruttamento: è divertente e di rilievo proprio a causa della triste constatazione del fatto che per fin troppe persone mandare la macchina del profitto a farsi benedire sarebbe una prospettiva accattivante, ma proibita. In altre parole, non solo il capitalismo esiste ancora, ma è ora anche un esperto stratega nel perpetrare l'idea che non esista alcuna alternativa economica ad esso. La polizia meravigliosamente bardata, nel frattempo, reprime chiunque le vada contro. Chaplin prende a calci nel sedere dei poliziotti. In un'epoca di occupazione e altri movimenti anti-capitalistici, è il semplice gesto che conta. Ho una teoria sulle cose buffe. Ogni qualvolta una prestigiosa pubblicazione intervista i critici sui più grandi di tutti i tempi , il canone di riferimento che ne risulta è piuttosto rigido e severo. La precisione tecnica e l'innovazione formale sono solo requisiti apparenti. Non è decisamente un requisito una parvenza di presa di posizione politica. Più siamo, meglio è, così potrebbero dire i sondaggisti. Più siamo, più siamo esausti, o meglio: niente sintetizza meglio la solidarietà fra i clan sotto attacco di un numero sempre crescente di critici cinematografici di un mucchio di film autoreferenziali e pesanti, fatti da filmmakers che sono perlopiù bianchi, per la maggioranza maschi, piccolo borghesi e solitamente morti. Le cose stanno cambiando. Lo fanno sempre. Per il bene di questa argomentazione, osserviamo ad esempio che c'è uno spazio molto limitato per la commedia nei canoni cinematografici riconosciuti... perchè? Perchè la risata è un'emozione troppo gioiosa, troppo animata. É troppo poco prevedibile, troppo spontanea, troppo visibile e fin troppo udibile. É troppo nuda, in una sola parola, o troppo rivelatoria per dirla in altro modo – e non c'è dubbio nel suggerire che i creatori dei canoni cinematografici siano invece un branco di individui disastrosamente permalosi che si prendono fin troppo sul serio. Per queste persone, la risata è un mezzo troppo violento per dimenticare per un pò le proprie ansie, è un traumatico promemoria del fatto che si è seduti fra altre persone. L'opzione più gradevole e preferibile sarebbe di sostenere quelle opere [filmiche] risultato di una risposta „interiore“, una risposta apparentemente più intellettuale. Non sono d'accordo sul fatto che le commedie siano meno intellettuali dei film drammatici. Ma quando si tratta di prendere i film sul serio, un tipo di risposta emozionale tende ad essere favorita rispetto ad un'altra. Con l'opera Poetica, Aristotele ha stabilito i parametri di riferimento secondo i quali di lì in poi ogni tragedia sarebbe stata giudicata. Comunque, forme drammatiche di risata sono state analizzate e si sono sprecate speculazioni e disaccordi fin dai tempi in cui la guida alle commedie di Aristotele andò perduta. A livello critico, la risata si basa su fondamenta traballanti: come il termine “film di genere”, anche i migliori esempi di “commedia“ arrivano a noi con un'aura vagamente peggiorativa. Cambiare quel modo di vederla non è un punto molto in alto nella nostra personale lista delle priorità sulle avanguardie culturali. Lo sviluppo dell'Arte Occidentale – e della critica dell'Arte Occidentale – è stato un lungo cambiamento interiore. La risata è un'emozione veloce, un'emozione d'evasione. Noi ridiamo in mezzo al tran tran quotidiano. E per coloro che optano per uno stile di vita fatto d'incertezza economica e discutibile ambizione – ad esempio, i nostri amati critici cinematografici – divertirsi durante il tran tran non è cosa ammissibile. Non è affatto una coincidenza che la maggior parte dei piaceri proibiti siano commedie, o film cult la cui qualità tecnica è così bassa da risultare non intenzionalmente comico. Non penso che queste cose siano consciamente supportate. Ma l'auto-conservazione sembra essere un risultato inevitabile per chiunque si guadagni da vivere con qualcosa di tanto


deteriorabile quanto lo è un'opinione. A volte è come se noi critici ci facessimo in quattro per vendicare la nostra posizione culturale, per provare a tutti che ciò che facciamo è una seria e nobile causa. Come risultato di questa crociata, la risata è ammissibile in questo club d'elite solo passando dalla porta di servizio – e dopo il confessionale, grazie. Ma ogni club ha margine di manovra. La commedia è sempre stata accolta alla meglio, forse, con cappa e spada. Ho visto il capolavoro di Tod Browning The Unknown (1927) alla Cinemateca Portoghese di Lisbona il 27 aprile 2013. É forse la sala cinematografica più buia dove ho avuto la possibilità di godermi un'opera, e il film muto è stato proiettato senza colonna sonora. Come ho scritto all'epoca, il silenzio amplificava la richiesta di attenzione da parte del film così come l'elemento sociale e fisico del cinema in sè: ogni brontolio di stomaco, ogni aggiustamento di posizione sul posto, ogni piccola vibrazione o movimento bucava l'oscurità, fornendo una colonna sonora naturale allo scorrimento dell'immagine. É in questo spazio, penso, oscurato ma in qualche modo nudo, che una persona diventa pericolosamente consapevole del fatto che lui/lei condiziona ed è condizionato dall'ambiente circostante. Avendo visto il film in precedenza, sono arrivato ad anticipare e ri-apprezzare quell'ultima scena, quando la star Lon Chaney realizza che un'operazione di radicale cambiamento del corpo è stata compiuta invano, poichè l'oggetto del suo desiderio (Joan Crawford) si è fidanzata con un altro uomo. I protagonisti di The Unknown di Tod Browning (1927) L'orrore di Chaney è indescribile: è combattuto fra il fingere gioia per il suo amore e seppellire la disastrosa verità nel profondo, dietro la sua scavata espressione facciale. Nella sequenza della reazione che segue, la risata di Chaney diventa sempre più delirante ogni qualvolta la ripresa torna su di lui, e le mie risate fragorose pervadevano la sala, traendo energia e influenzando quelle degli intimi sconosciuti attorno a me. Il silenzio è spesso imbarazzante. La risata raramente lo è. Quest'ultima sembra infatti essere un logico meccanismo di difesa nei confronti del primo. Il pio silenzio imposto all'interno della sala cinematografica dalla gente, sperando in tal modo di elevare il suo status culturale a quello di un museo o di una galleria d'arte, è in verità funereo. Chi stiamo cercando di prendere in giro? Ecco a voi la più democratica di tutte le arti, quella che raccoglie tante persone assieme in un unico luogo, la sola con il più alto “potenziale politico“, se vi piace, e tutto ciò che riusciamo a fare è soffocare quel potenziale con chiacchere sulla “purezza“ e la serietà, con asociali ritirate negli angoli più reconditi dell'oscurità. “Hey salve, le scrivo per chiedere se ci sia la possibilità di ricevere uno screener online...“ E ancora, chi voglio prendere in giro io? Sono uno dei più feroci militanti frequentatori di cinema che io conosca, anti-chiacchere, anti-agitazione, anti-tutto. Sono uno di quelli che zittisce e punta il dito, che rimprovera e fa versi di disapprovazione. Sono quello che ha assistito al Nightfall (2011) di James Benning il 3 marzo 2012 totalmente immobile e pietrificato dai suoi brutali impercettibili cambiamenti di luce in una foresta della Sierra Nevada, e dello stesso regista ho visto BNSF (2013) il 5 aprile 2014 compiendo un conscio sforzo di far combaciare l'immobilità del film col mio non cambiare postura per tutte le tre ore della sua durata. (Come breve digressione vi dirò che la disciplina del corpo e della mente richiesta da queste opere cinematografiche rende questi di Benning e altri film di paesaggio dei must “solo per la sala“.) Ma per tutte le esitazioni alle quali noi cinefili ci esponiamo ad accuse di prenderci troppo sul serio – accuse che non possiamo controbattere senza sembrare che ci prendiamo troppo sul serio – per tutta l'esasperazione che proviamo a ricordarcelo e ad essere distratti da altri esseri umani al cinema, per tutta la pignoleria e per tutte le lagnanze... Ridere va bene. Fa bene. Benvengano le risate. E io rido ancora più forte – sempre. Michael PATTISON è uno scrittore e un critico cinematografico freelance di Gateshead, Inghilterra. I suoi scritti sono stati pubblicati da testate quali Sight & Sound, Little White Lies, Fandor e molte altre.


Il nuovo film di Ivan Cotroneo recensito da uno dei vincitori di Scrivere di Cinema

Gianluca Giraudo

Vincitore del concorso SdC 2015

Un bacio è per tutti Com’è che qualcosa che vorremmo ricordare a tutti i costi si trasforma improvvisamente, come un incidente, in qualcosa che desideriamo disperatamente dimenticare? Qual è il momento in cui un episodio che ci prepariamo a trasmettere agli altri per la sua bellezza diventa quello che vorremmo rimuovere, cancellare in un colpo, pur sapendo di essere costretti a riviverlo giorno dopo giorno? La forza di un trauma, dirompente in ogni periodo della vita, lo è certamente di più nell’adolescenza, controversa fase dell’esistenza che Un bacio, seconda prova da regista di Ivan Cotroneo per il cinema e tratto liberamente dal suo omonimo romanzo, racconta in profondità e senza filtri. Dando voce a tutti quegli smottamenti esistenziali apparentemente piccoli ma destinati, nessuno può prevederlo, ad avere conseguenze decisive. Di traumi Lorenzo, Blu e Antonio sono pieni: immersi a pieni polmoni nella precarietà della loro adolescenza i protagonisti del film si tengono le loro problematicità ben vicine, appiccicate come etichette che volenti o nolenti sono costretti a portarsi dietro. Lorenzo, estroso e geniale, sempre sopra le righe, è considerato il “frocio” della scuola, il liceo che si ritrova a frequentare a seguito un complicato percorso di vita, sempre in bilico a livello di dinamiche familiari. Per Blu l’etichetta dice “troia”, così come le scritte rosse a caratteri cubitali che ogni giorno la accompagnano a scuola lungo la strada: solitaria, ribelle e molto sensuale, Blu deve scontare le conseguenze di un episodio sconveniente, dai tratti poco chiari, che ha completamente minato la sua reputazione. Antonio porta sulle spalle il peso di un grave lutto che ne ha acuito la riservatezza e la scontrosità: solo il talento nel basket gli fa guadagnare il rispetto dei compagni senza tuttavia sottrarlo alla nomea di “scemo” della scuola. Tre vite che avanzano indipendenti fino a quando si incontrano dando vita a un nuovo inizio. Si chiama amicizia e niente si era rivelato più salutare per attutire i drammi che ognuno dei protagonisti teneva nascosti per sé: insieme parlano, giocano, evadono e maturano difese agli attacchi dei compagni di liceo consapevoli che quello che dicono gli altri “nove volte su dieci sono stronzate”. Si fanno più forti. E anche Blu, già appesantita da un cinismo adulto che la aiuta ad affrontare la solitudine, racconta nelle lettere che immagina di scrivere alla sua sé quarantenne che l’amicizia è l’unica cosa da salvare di quando si hanno sedici anni. Una presa di coscienza che il film incarna silenziosamente nei suoi colori, alternando i toni caldi di quando i protagonisti stanno insieme o momentaneamente al riparo nella loro stanza alle luci fredde dei corridoi della scuola dove spesso si consumano i drammi. Un bacio non si risparmia niente: l’adolescenza viene presa e smontata, mostrata in ognuna delle configurazioni, belle e spaventose allo stesso tempo, che può assumere. C’è la rincorsa all’accettazione sociale che costringe i ragazzi a un duello sfinente: o rispetti la norma o preparati all’emarginazione. C’è la carenza di affetto, la ricerca di un rifugio solo per sé e l’amore non corrisposto. C’è l’incomprensione dei grandi: i più illuminati disposti al dialogo e al perdono, gli altri propensi, almeno inconsapevolmente, a legittimare il bullismo. Eppure agli adulti non è estraneo lo spaesamento di quell’età in cui tutto è in divenire e contemporaneamente definitivo: dopo aver rimproverato i figli si chiedono se devono fare un passo indietro e irrompere nella loro stanza aspirando alla riappacificazione, certi che quando da adolescenti si facevano le canne i genitori mica portavano loro la tisana in camera. Oltreché essere un film riuscito, una storia dove tensione drammatica e leggerezza si equilibrano dando una perfetta chiave di lettura delle polarità che muovono l’adolescenza, resta la sensazione che Un bacio sia anche un film utile. Per gli adulti, che possono ritrovare qualcosa di se stessi e fare uno sforzo in più per capire i figli adolescenti riflettendo, sicuramente più a fondo di quanto consentano le cronache giornalistiche quotidiane, sui temi caldi di quell’età. Ma soprattutto per i ragazzi stessi: in ogni inquadratura, ogni battuta, ogni sguardo che passa da una porta socchiusa si capisce che il film è stato fatto per loro e a loro vuole parlare. Dimostrazione ne è anche che il film adotta il tono e il lessico, stravagante se non esagerato, che eppure tutti sappiamo essere prerogativa dei giovanissimi. Il risultato è un livello di aderenza alla realtà sorprendente, tale che tutti, adulti o adolescenti, non possiamo non riconoscere qualcosa di noi nelle fragilità che affliggono i personaggi. Restiamo spaventati da come a volte può essere crudele la vita, ma anche consapevoli che, come ammette Blu, a volte non te ne accorgi “perché sei ubriaco o contento o perché finalmente fai qualcosa che non avevi mai fatto”.

[Gianluca Giraudo fa parte della redazione di Scrivere di cinema Premio Alberto Farassino; per sapere tutto del concorso e partecipare: www.scriveredicinema.mymovies.it]


Spazio al cinema del reale per una cinque giorni di proiezioni, incontri e omaggi

Aprire uno sguardo sulla più stretta attualità è da sempre il centro de Le Voci dell’Inchiesta, che torna con la sua nona edizione a Pordenone dopo un anno di pausa “obbligata”, per aver utilizzato le risorse che Cinemazero solitamente dedica al festival al progetto della nuova Mediateca a Palazzo Badini, in pieno centro città. Il programma di quest'anno vede nel “cinema del reale” il cardine di tutte le proposte. Il documentario contemporaneo ci sembra sempre più essere il genere cinematografico maggiormente vivo, interessante e denso di contenuti: mai come ora – anche per la disponibilità di strumenti di ripresa leggeri, a costo contenuto e di qualità eccellente – il reale irrompe con forza inusitata sugli schermi. “Realtà mai viste”, quelle che vengono raccontate: perché alla qualità, alla forza, all'originalità della produzione, non corrisponde spesso in Italia un'adeguata distribuzione. ...In questo anno di pausa, molti ci hanno spronato, sostenuto, chiesto con partecipazione vera di “tornare”, perché film di questo tipo – si dice “passano solo a Le voci dell'inchiesta”. Speriamo il programma sia all'altezza della lunga attesa: con fatica e passione abbiamo costruito 5 giorni d'incontri e omaggi ai protagonisti del cinema e del giornalismo, selezionando documentari italiani e internazionali pluripremiati fra i più importanti festival del mondo (IDFA, Sheffield Doc/Fest, Götheborg, Toronto, Tribeca, New York Doc...). Molti dei film appariranno in anteprima assoluta per l’Italia, e – anche se i registi non sono conosciuti ai più – ci sembrano tra le cose più belle viste negli ultimi tempi. La ricognizione sui festival internazionali ci ha permesso di individuare temi universalmente condivisi. Se il fenomeno migratorio senza precedenti che sta investendo l’Europa chiede di essere compreso, con altrettanta urgenza ci si deve interrogare sui nuovi tipi di famiglia che di fatto esistono. Alcuni importanti anniversari hanno trovato posto nel programma: dal quarantennale del terremoto che sconvolse la regione nel 1976, al trentennale del disastro di Chernobyl. E poi l’omaggio a Liliana Cavani, che proprio col documentario ha mosso i primi passi nel cinema, senza dimenticare lo spazio per sorridere e individuare buone pratiche, in particolare legate all'ambiente, da portare a casa insieme al bagaglio d’informazione che il festival da sempre vuole portare al suo pubblico. Tornano le foto d'inchiesta, con reporter d'eccezione, ospitati in speciali gallerie virtuali.Dopo un anno di silenzio, siamo orgogliosi di non aver mollato la presa, convinti che di questo festival ci sia bisogno, offrendolo – con modestia – al nostro pubblico come un occasione per riflettere (con sfumature articolate dal riso al pianto) su quel che ci circonda, per esercitare, in un'epoca troppo sbrigativa, la “memoria dell'oggi”.

Le Voci dell’Inchiesta

Le Voci dell’Inchiesta: realtà mai viste


Inaugurazione del festival dedicata al 40mo anniversario del terremoto

Le Voci dell’Inchiesta

Le Voci dell’Inchiesta gli occhi, la terra, il cuore Se la peculiare caratteristica di attraversare la più stretta attualità connota anche questa nona edizione de Le voci dell’Inchiesta - in programma a Pordenone tra mercoledì 13 e domenica 17 aprile con proiezioni di documentari selezionati nei migliori festival internazionali, presentati spesso in prima italiana – l’apertura del festival di Cinemazero sarà dedicata al ricordo del terribile evento che ha profondamente segnato la storia recente del Friuli. Il 40.mo anniversario del terremoto che nel maggio del 1976 distrusse interi paesi del Friuli, sarà al centro della serata di mercoledì 13 aprile: una catastrofe senza precedenti che provocò quasi mille morti, oltre 100 mila sfollati, coinvolse 600 mila abitanti (il 60% della popolazione), provocò la distruzione completa di 45 comuni e il grave danneggiamenti di 52 centri. In prima linea nel raccontare le devastazioni, i danni, i soccorsi, ma anche la tenacia dimostrata dai friulani nell’opera di ricostruzione, una serie di agguerriti inviati della Rai, tra cui Gianni Minà, Paolo Frajese, Bruno Vespa. E proprio la voce di Minà e del suo collega Rai Edek Osser accompagneranno, tra gli altri, una serata piena di contributi video con la proiezione di immagini sinora inedite. Le Voci dell’Inchiesta vuole ricordare il ruolo fondamentale delle televisioni e della stampa, locale e nazionale, durante i mesi dell'emergenza e nei lunghi anni della ricostruzione. Insieme allo straordinario impegno del Messaggero Veneto - che con Il Gazzettino, Il Giornale e il Corriere della Sera si distinsero per l’apporto puntuale e appassionato - determinante fu anche l'attenzione della RAI, nazionale e regionale, che si concretizzò in tante trasmissioni giornalistiche e di approfondimento (i telegiornali, TG2 Dossier, Tam Tam). L’interesse su quanto accadeva nell'area terremotata ha contribuito ad arricchire il dibattito attorno a quella ricostruzione che, anni dopo, sarebbe stata guardata dal resto della nazione come "modello Friuli", un riconoscimento alla tenacia e alla speranza dei friulani che nei giorni del disastro e nei dieci anni successivi non crollò mai. Il terremoto del Friuli è un esempio davvero unico per la straordinaria opera collettiva di ricostruzione: i paesi, i centri storici, le case, e le fabbriche furono ricostruiti esattamente dov'erano. Dall'esempio del Friuli nacque la moderna "Protezione Civile". A coordinare la serata il caporedattore della redazione programmi della Sede Rai del Friuli Venezia Giulia Cristiano Degano. Ospite anche il direttore della Sede Rai regionale Guido Corso, che riceverà dal Presidente del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia Franco Iacop un riconoscimento ufficiale, che è testimonianza dell’enorme lavoro portato avanti dalla RAI nei mesi della tragedia. Il terremoto in Friuli fu anche uno straordinario esempio di solidarietà giunta da ogni parte del mondo, e proprio di questo sostegno e di questa fratellanza internazionale racconta il toccante documentario del regista Massimo Garlatti-Costa Quando la terra chiama, presentato in prima assoluta alla presenza dell’autore. Il documentario prodotto dalla Raja Films per l’Ente Friuli nel Mondo racconta il dramma del terremoto del 1976 dalla prospettiva dei friulani che lo vissero dalle loro terre di emigrazione: Australia, Canada, Francia, Svizzera, Argentina e da altre località italiane. Dai primi giorni dopo il terremoto, l’Ente Friuli nel Mondo ha agito come ponte tra i friulani lontani e la loro patria di origine. Il documentario racconta le innumerevoli iniziative pro Friuli da parte dei suoi figli lontani, come le raccolte fondi - valutabili in svariati miliardi di lire - le azioni di lobby politica presso i governi stranieri e le missioni per aiutare i propri fratelli in Friuli, che hanno permesso la costruzione di numerosissimi manufatti ancora oggi visibili: asili, scuole, case di riposo ed interi villaggi per i senza tetto.Il lavoro presenta materiale inedito trasferito direttamente dalle pellicole originali in 16mm e 35mm ed anche materiale fotografico e giornalistico dell’epoca. Realizzato in varie versioni linguistiche, il documentario sarà distribuito dall’Ente Friuli nel Mondo presso tutti i Fogolârs e lis Fameis Furlanis affinché il contributo dato in quella drammatica occasione possa essere raccontato e pienamente compreso nella sua straordinarietà.


Negozi sfitti e muri bianchi della città diventano gallerie virtuali per i reporter d’inchiesta

GLI SPAZI ESPOSITIVI Spazi Ex Carson - Corso Giuseppe Garibaldi, 47 Spazi Ex Gaudì – Piazza XX Settembre, 28

Novità di questa edizione è l’esposizione in alcuni negozi chiusi del centro di 5 reportage fotografici. Le Voci “Biancaparetebianca” dell’Inchiesta ha dunque invitato Georgios Makkas con la Piazza Cavour, sopra sua famosa inchiesta sulle serrande abbassate dalla crisi il “Caffè Nuovo” ad Atene; Fabrizio Giraldi e la sua delicatissima ricognizione sui transessuali in regione; Francesco Malavolta, fotografo per Frontex nelle acque solcate dai barconi affollati di migranti; Pierpaolo Mittica, pluripremiato fotografo friulano, con il suo fondamentale reportage, frutto di ricerche di oltre dieci anni, sui siti dei principali disastri nucleari; Mario Boccia, con i suoi notissimi scatti, che hanno raccontato – con un sano equilibrio fra forza e delicatezza - la guerra in Ex Jugoslavia. The Archeology of Now di Georgios Makkas Da alcuni anni Makkas sta curando il progetto The Archaeology of Now (“L’Archeologia di adesso”), per documentare i cambiamenti in corso nelle città greche negli ultimi anni. Il progetto è pubblicato su Instagram e raccoglie le fotografie di negozi di Atene, Salonicco e Giannina, che sono in difficoltà o che hanno chiuso a causa della recessione degli ultimi anni, insieme ai cambiamenti urbanistici e socio-culturali delle città. Tutti gli scatti sono stati realizzati con un iPhone. L'economia della Grecia ha avuto una contrazione del 25% negli ultimi cinque anni e questo è più visibile nelle città, dove decine di migliaia di negozi a conduzione familiare sono stati costretti a chiudere i battenti. L'artista spiega: «Atene sta cambiando rapidamente, il centro sta subendo molti mutamenti; per questo ho deciso di fotografare tutti quei negozi che non ci saranno più tra due o tre anni. Molti di questi negozi rappresentano, credo, il sogno di molti greci dopo la Seconda guerra mondiale: avere un’attività di famiglia. Ma è un sogno che sta scomparendo. Queste botteghe fanno parte dei miei ricordi d’infanzia ed è molto triste vederle scomparire». Io sono di Fabrizio Giraldi L’Italia è insieme all’Ungheria il paese nell’Unione in cui i transgender sono più discriminati. Lo rileva un nuovo rapporto sui risultati di un sondaggio condotto in tutta la UE, “Essere trans nell’Unione europea, un’analisi comparativa” pubblicato dall’Agenzia europea per i diritti fondamentali. Il percorso di transizione condotto in Italia è lungo e molto faticoso. Ambiguità fisiche e documenti discordi rendono i più banali momenti di vita un problema. Andare al lavoro, relazionarsi con la famiglia o presentare i documenti. Hai la barba ma ti chiami Lara, Cristina o Veronica, un trucco leggero capello lungo e tacco, ma ti chiami Enrico o Antonio. Il progetto a dittico raccoglie ritratti di persone che hanno deciso di raccontarsi per aiutare chi oggi come loro un tempo ha problemi a relazionarsi con il corpo in cui vive. Ad ognuno chiedo di portare una foto di loro prima della transizione. Molte le foto buttate, ne restano poche, a volte per caso. Dal Frontex di Francesco Malavolta Dalla sua pluriennale esperienza sulle frontiere e di conseguenza sul flusso migratorio dei popoli, in particolare su quello proveniente dal mare, nasce questa selezione di foto. Dal 2011 documenta, per conto dell'Agenzia dell'Unione Europea “Frontex”, quel che accade lungo i confini marittimi e terrestri del Continente. Souvenir from Jugoslavija di Mario Boccia Mario Boccia ha fotografato a Sarajevo dal dicembre 1992 al marzo 1996. La maggior parte delle sue foto sono state pubblicate su prestigiosi giornali, svariate riviste, libri, protagoniste di mostre in Italia e all'estero. Come un fotoreporter freelance ha coperto tutti gli eventi storici salienti relativi al “crollo” dell'ex Jugoslavia, dalla crisi slovena (1991) a quella macedone ( 2001). La trilogia del nucleare, Mayak, Chernobyl, Fukushima, di Pierpaolo Mittica Quello di Mayak, 1957, è uno dei più grandi disastri ecologici creati dall’uomo, ma ne sappiamo pochissimo. Il 26 aprile del 1986 esplose la centrale nucleare di Chernobyl. L’emissione di radioattività durò per dieci giorni e quasi tutta l’Europa ne fu investita. Uno dei più violenti terremoti di sempre, nel marzo 2011, seguito da uno tsunami devastante, colpisce il Giappone e l’impianto nucleare di Fukushima Daiichi, che rilascia nell’aria e nell’oceano massicce quantità di materiale radioattivo. Storie troppo vicine, che vengono dimenticate troppo in fretta: le foto di Mittica le tengono in vita.

Le Voci dell’Inchiesta

Le Voci dell’Inchiesta photo / shops


Dal 22 al 30 aprile, a Udine, la diciottesima edizione del FEFF

Gianmatteo Pellizzari

FEFF 2016

Il Far East Film diventa “maggiorenne” Cosa c'è dall'altra parte? Questa domanda nutre l’animo umano da millenni e non importa se "l'altra parte" sia fisica o metaforica, una porta chiusa o una distanza geografica: importa soltanto la curiosità. L'istinto della scoperta, dell'indagine. L'istinto dello sguardo. Ne sa qualcosa il Far East Film Festival di Udine, che dal 1999 esplora "un'altra parte" chiamata Asia, e ne sa qualcosa il grafico Roberto Rosolin, che ha cristallizzato quell'esplorazione in un'immagine. Il nuovo poster del FEFF, dunque, tratteggia una risposta possibile attraverso un doppio movimento degli occhi: i nostri, che al termine del viaggio impattano nel profilo di una ragazza dai tratti orientali, icona del futuro prossimo o (perché no?) del passato remoto, e i suoi, che a propria volta guardano lontano, cercando "un'altra parte" da esplorare. L'Occidente, forse? Lasciando aperta l’interpretazione, Rosolin ha operato con la tecnica del light painting (i fasci di luce derivano dall’uso di led e sono stati proiettati direttamente sul viso della modella, senza l’ausilio di software) e ha messo a punto un ritratto luminoso dove l’hi-tech contiene elementi di tradizione e dove l’estetica sci-fi contiene elementi onirici. Tra sogno e realtà, dunque, il Far East Film Festival si appresta a diventare “maggiorenne”: dal 22 al 30 aprile, infatti, vedrà accendere i riflettori internazionali sulla sua diciottesima edizione! I 60 titoli del programma attingeranno, come sempre, alle migliori produzioni dell'ultima stagione (blockbuster, cult movie, outsider su cui scommettere, ma anche “oasi d’autore” da tutta l'Asia). Il calendario del #FEFF18 – questo l’hashtag ufficiale – sarà ancora una volta impreziosito da un fittissima rete di eventi collaterali, disseminati nel centro di Udine, e, ovviamente, non mancheranno il FEFF Campus, la scuola di giornalismo per giovani talenti europei e asiatici, e il workshop internazionale Ties That Bind, che ormai da anni mette in connessione produttori occidentali e orientali. Tra le novità della diciottesima edizione, spicca sicuramente Focus Asia, l’appuntamento di business che si svolgerà al Cinema Visionario di Udine il 27, il 28 e il 29 aprile e vedrà il FEFF collaborare con MIA – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo di Roma (assieme al Fondo Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia e alla DG Cinema – MIBACT). Un primo passo per il rafforzamento delle relazioni tra Europa e Asia, sotto il segno del cinema di genere, per offrire ai buyer europei una panoramica sulle produzioni asiatiche recenti ad aprile durante il FEFF. Nel corso dei suoi 18 anni di attività, il FEFF è servito a far conoscere i mercati asiatici e a far capire le regole che li governano, i meccanismi produttivi che li caratterizzano, mettendo in luce le potenzialità per il pubblico europeo e creando così le basi per un successivo percorso bilaterale: una corrispondenza reciproca con al centro l’audiovisivo targato Europa. Basi che ora Focus Asia può concretamente sviluppare guardando all’Oriente, grande protagonista internazionale del prodotto di genere, in una prospettiva di business a medio e lungo termine. Per quanto riguarda la line-up, il FEFF ha già anticipato uno dei titoli più forti: l’attesissimo Three Stories of Love di Hashiguchi Ryosuke. Uscito in patria lo scorso novembre per la Shochiku Broadcasting, il film appare subito una lucidissima (e meravigliosa) indagine sentimentale costruita con un meccanismo narrativo quasi altmaniano. Sull’asfalto ruvido delle strade metropolitane, sotto i ponti e nelle periferie urbane, tre “personaggi in cerca d’amore” sono impegnati in una lotta quotidiana constante. Dal mosaico di America oggi, dunque, al mosaico di tre storie che raccontano implacabilmente la passione nelle sue declinazioni più universali e dolorose (un uomo distrutto dall’assassinio della moglie, un avvocato gay che ama non riamato, una casalinga trascurata dal marito). Tre storie che si sfiorano e una tessitura geometrica che rivela tutta l’abilità di Hashiguchi Ryosuke, classe 1962, collezionista di premi e di talenti.


8 E 1/2, IL VIAGGIO DI FELLINI

Domani accadrà ovvero se non si va non si vede

Lisbona Cinema São Jorge e Cinema UCI - El Corte Inglés, dal 30 marzo al 07 aprile

100 fotografie su più di tremila scatti realizzati da Gideon Bachmann sul set del capolavoro di Fellini 8 e 1/2 e custoditi da Cinemazero, saranno esposte a Lisbona e in Portogallo, regalando al pubblico lusitano l'imprevedibile sensazione di conoscere ancora qualcosa di nuovo del percorso del regista italiano più amato in tutto il mondo. Una chance non convenzionale per ripercorrere la genesi di un film come 8 1/2, diventato un classico del grande schermo già a pochi anni dalla sua uscita in sala. Le splendide immagini di Bachmann ci rimandano in maniera nitida l'atmosfera da caravanserraglio che regnava sul set, l'andirivieni di visite, il superattivismo del regista demiurgo, oltre ai corpi e ai luoghi che sono poi diventati 'felliniani' per antonomasia. Una miscela che solo il grande regista riusciva, alchimisticamente, a rendere perfetta. Un iniziativa organizzata da Festa do cinema italiano, Cinemazero e Associazione “Il Sorpasso” in collaborazione con l’Instituto Italiano di cultura di Lisbona.

RESTAURI E FRAMMENTI. WELLES INCOMPIUTO E RITROVATO Roma, Centro Sperimentale di Cinematografia - 21 aprile 2016

Giovedì 21 aprile al CSC la Sala Trevi del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma sarà teatro di un confronto sulle più attuali e urgenti istanze per chi si occupa di restauro cinematografico oggi, illustrato dalle preziose immagini del capolavoro perduto di Orson Welles “The Merchant of Venice” e dal “caso” che rappresenta. Sarà possibile calarsi concretamente nella riflessione che una simile sfida racchiude, vedendo prima la versione senza interventi di restauro e di ricostruzione, a cui seguirà la proiezione della versione restaurata a cura di Cinemazero e Filmmuseum – Wien e presentata da Luca Giuliani e Riccardo Costantini.

TAGLIA CORTI 2016

Trieste, Teatro Miela - giovedì 7 aprile 2016

È giunto alla settima edizione Tagli Corti, il festival di cortometraggi e videoclip musicali under 35 organizzato da RadioInCorso.it, la web radio dell’Università di Trieste. Nato con l’obiettivo di incentivare musica e cinema, dando spazio e occasioni di confronto a giovani talenti emergenti, la manifestazione ospita anche quest’anno registi provenienti da tutta Italia e tutta Europa. La serata finale, concepita come un vero e proprio show si terrà il 7 aprile a partire dalle ore 20.15, nella cornice del teatro Miela di Trieste. Durante la serata verranno proiettate e premiate le 20 opere finaliste delle tre categorie in concorso: Cortometraggi Professionali, Cortometraggi Esordienti e Videoclip Musicali. Info: www.radioincorso.it

PREMIO INTERNAZIONALE PER LA SCENEGGIATURA MATTADOR Scadenza bando venerdì 15 aprile 2016

Il Premio Internazionale per la Sceneggiatura Mattador è dedicato a Matteo Caenazzo, giovane triestino studente di cinema all’Università Ca’ Foscari di Venezia, scomparso prematuramente il 28 giugno 2009, mentre stava studiando con l’obiettivo di intraprendere la professione di sceneggiatore. Il Concorso, rivolto a giovani sceneggiatori italiani e stranieri dai 16 ai 30 anni, si propone di far emergere e valorizzare nuovi talenti che scelgono di avvicinarsi alla scrittura cinematografica, offrendo loro la possibilità di sviluppare i loro progetti lavorando a contatto con tutor professionisti. Dalla scorsa edizione il Concorso prevede una nuova sezione dedicata all'illustrare storie per il cinema: Premio MATTADOR alla migliore sceneggiatura per lungometraggio, Premio MATTADOR al miglior soggetto, Premio CORTO86 alla migliore sceneggiatura per cortometraggio e Premio DOLLY “Illustrare storie per il cinema” alla migliore storia raccontata per immagini. Info: www.premiomattador.it

TRENTO FILM FESTIVAL

Trento, dal 28 aprile all’8 maggio 2016

Il Trento Film Festival è una manifestazione dedicata alla montagna, all’esplorazione e all’avventura, con un’attenzione particolare al rapporto tra l’uomo e la natura, alle storie e alle culture dei paesaggi alpini ed estremi. Tantissimi i film iscritti quest’anno, con opere provenienti da tutto il mondo confermando come la rassegna rappresenti per il settore un importante punto di riferimento internazionale. Come di consueto, oltre alle proiezioni non mancheranno incontri alpinistici, mostre, spettacoli, la rassegna internazionale dell’editoria di montagna “MontagnaLibri”, il “Parco dei mestieri” per le famiglie e i ragazzi. Un’attenzione particolare sarà dedicata all’ambiente e ai cambiamenti climatici, in partiacolare dopo la Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici di Parigi. Info: www.trentofestival.it


Un film di Roberto Andò. Con Toni Servillo, Connie Nielsen, Pierfrancesco Favino. Italia, 2016. Durata 100 min.

Un film di Jean-Paul Rouve. Con Michel Blanc, Annie Cordy, Mathieu Spinosi. Francia, 2014. Durata 96 min.

IL FILM È TRATTO DALLA VERA STORIA DEL PRIMO CLOWN NERO DELLA SCENA FRANCESE.

MISt eR CHOCOLAt

DI ROSCHDy zeM Dal circo ai palcoscenici teatrali, dall'anonimato alla fama, ecco a voi l'incredibile storia del clown Chocolat, il primo artista nero della scena francese. Il duo unico che egli forma con il collega, nonché grande amico, Footit incontra un grande successo popolare nella Parigi della Belle époque. Ma poi il successo travolgente, i soldi facili, il gioco d'azzardo e la discriminazione usurano definitivamente la loro amicizia e rischiano di stroncare la carriera di Chocolat. Dopo lo straordinario successo di Quasi Amici, Omar Sy torna al cinema con l’incredibile interpretazione del primo artista nero della storia francese. Più di 8 milioni di spettatori in Francia, per un film che ha conquistato pubblico e critica. Il lungometraggio diretto da Roschdy Zem è un incredibile biopic che ripercorre la storia di questo straordinario artista. Una storia diretta con eccellente professionalità, un biopic ben inserito in un contesto storico molto preciso, che si avvale dell'ottima e consolidata prestanza fisica e mimica dell'irresistibile Omar Sy, una vera star francese e non solo. Ma è James Thiérrée il vero portento: l'uomo vero del circo che si presta anima e corpo a rendere un personaggio comico ma anche molto malinconico e solo, che rappresenta ala perfezione lo stereotipo più poetico e stimolante della figura del pagliaccio. Uno dei molti nipoti di Chales Chaplin, Thiérrée è nato da una famiglia circense e pertanto gioca in casa un ruolo che lo vede tuttavia anche intenso attore drammatico. Non sono certo un contorno ma validi ulteriori attributi del film, molti altri attori noti o notissimi del cinema d'oltralpe: la stupenda Clotilde Hesme (definita con spregio "la femme au negre") , Olivier Gourmet (titolare del circo più prestigioso di Parigi), Noémi lvovsky e Frédéric Pierrot, coppia circense da cui tutto ebbe origine, Alice de Lancquesaing nel ruolo della giovane amante di Chocolat. [www.filmtv.it]

LA COPPIA ANDÒ-SERVILLO ALLE PRESE CON UN INTRIGANTE THRILLER POLITICO

Le CONFeSSIONI

DI RObeRt O ANDò Un cast di grande richiamo internazionale per Le confessioni, il nuovo film di Roberto Andò. Le riprese, iniziate il 26 maggio in Francia, sono proseguite poi in Germania e Italia per una complessa coproduzione italo francese Bibi Film Barbary Film con Rai Cinema. Il film è incentrato sul ruolo del potere, quello vero, quello al di sopra di tutto, visto attraverso gli occhi di un monaco interpretato da Toni Servillo (che con Roberto Andò aveva già lavorato in Viva la libertà). Siamo in Germania, in un albergo di lusso dove sta per riunirsi un G8 dei ministri dell'economia pronto ad adottare una manovra segreta che avrà conseguenze molto pesanti per alcuni paesi. Con gli uomini di governo, ci sono anche il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Daniel Roché, e tre ospiti: una celebre scrittrice di libri per bambini, una rock star e un monaco italiano, Roberto Salus. Accade però un fatto tragico e inatteso e la riunione deve essere sospesa. In un clima di dubbio e di paura, i ministri e il monaco ingaggiano una sfida sempre più serrata intorno al segreto. I ministri sospettano infatti che Salus, attraverso la confessione di uno di loro, sia riuscito a sapere della terribile manovra che stanno per varare, e lo sollecitano in tutti i modi a dire quello che sa. Ma le cose non vanno così lisce: mentre il monaco - un uomo paradossale e spiazzante, per molti aspetti inafferrabile - si fa custode inamovibile del segreto della confessione, gli uomini di potere, assaliti da rimorsi e incertezze, iniziano a vacillare... .

DELICATO E IRONICO ADATTAMENTO DELL'OMONIMO ROMANZO DI DAVID FOENKINOS

LeS SOuVeNIRS

DI j eAN-PAu L ROu Ve Romain ha 23 anni e lavora di notte in un albergo. Fantastica una carriera come scrittore e il grande amore. Il padre è sulla via del pensionamento. L'adorata nonna, piena di vitalità, condotta dai figli in una casa di riposo, decide di scappare. Romain si mette sulle sue tracce. Un viaggio nei ricordi per questa commedia dolce-amara, assai brillante, che torna sui temi cari al regista: il tempo che passa, la possibilità di far marcia indietro, per riprendersi il destino e ritrovare il senso profondo della vita. Piccolo, stranamente caloroso, il discorso approntato in Les Souvenirs non si complica affatto la vita e cerca di andare dritto al sodo, ma d’altra parte l’intenzione non pare per niente quella di riempire questa vicenda di episodi. Colpisce perciò il placido andamento, attraverso cui viene filtrata una storia in cui solitudine ed il suo contrario affiorano quali componenti principali d una commedia sul senso della vita.

i film del mese

(Tit. Or.: Chocolat) Un film di Roschdy Zem. Con Omar Sy, James Thierree, Clotilde Hesme. Francia, 2015. Durata 110 min.


LA SCUOLA AL CINEMA - APRILE 2016

Le proiezioni si svolgono a Pordenone presso Cinemazero, in Piazza Maestri del Lavoro. Il costo del biglietto è di € 3,00 a studente (ingresso libero per gli insegnanti). Per informazioni e prenotazioni, mail didattica@cinemazero.it, tel. 0434520945 (mar-ven dalle 15.00 alle 18.00)

Giovedì 7 aprile ore 9.00 | Alla presenza del regista Ivan Cotroneo Evento realizzato col patrocinio del Garante FVG per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, dott.ssa Fabia Mellina Bares UN BACIO di Ivan Cotroneo. Con Rimau Grillo Ritzberger, Valentina Romani, Leonardo Pazzagli, Simonetta Solder. Italia 2016, 101' "Un bacio" ha come protagonisti tre ragazzi sedicenni, Lorenzo, Blu e Antonio, che hanno molte cose in comune: frequentano la stessa classe nello stesso liceo in una piccola città del nord est, hanno ciascuno una famiglia che li ama, e tutti e tre, anche se per motivi differenti, finiscono col venire isolati dagli altri coetanei. "Un bacio" è un film sull'adolescenza, sulle prime volte, sulla ricerca della felicità. Ma anche sul bullismo e sull'omofobia. Sui modelli e sugli schemi che ci impediscono, e che impediscono soprattutto ai ragazzi, di essere felici, di trovare la strada della loro singola, particolare, personale felicità. | Il film è destinato a studenti delle scuole superiori di primo e secondo grado. Per maggiori informazioni, scrivere a didattica@cinemazero.it Giovedì 14 aprile ore 10.30 Alla presenza di Don Pierluigi Di Piazza TEACHING IGNORANCE di Tamara Erde. Documentario. Francia 2015, 51' Il documentario racconta stralci di vita di insegnanti palestinesi e israeliani e i metodi educativi utilizzati nel trasmettere la storia del proprio paese, i valori religiosi e politici. Emergono contraddizioni, ma non solo. L’idea nasce dall’esperienza dell’autrice, che racconta di come durante gli anni della scuola non si fosse mai posta delle domande su come le venisse insegnata la storia nazionale o su come venisse diversamente raccontata in una classe palestinese. La videocamera riprende le dinamiche pedagogiche e dialettiche delle lezioni di storia e conduce lo spettatore, e gli stessi docenti intervistati, a una riflessione complessa sul valore della storia nel plasmare le identità dei giovani e il loro posto nel mondo (in questo caso un mondo di conflitto quotidiano). Da questo documentario emerge uno sguardo profondo sugli effetti che il conflitto israelo-palestinese avrà sulla prossima generazione di individui. L'opera della giovane filmmaker Tamara Erde si propone di sollevare il dibattito e la riflessione sul tema del pluralismo religioso e della convivenza di religioni diverse. Dopo la proiezione, Pierluigi Di Piazza dialogherà con gli studenti. Venerdì 15 aprile ore 10.30 Alla presenza dei registi Stefano Collizzolli e Michele Aiello FUORICLASSE - LA SCUOLA POSSIBILE di S. Collizzolli e M. Aiello. Doc., Italia 2016, 70' Una piccola scuola elementare in mattoni rossi, in una borgata in mattoni rossi: Montecucco, Roma. Inizia la primavera. In quarta A nasce Freccia Azzurra, una radio bambina. Viaggiando fuori dalla classe sulle onde radio, i giovani autori radiofonici si incontrano con loro coetanei di tutta Italia ed ascoltano i loro racconti. E si raccontano di una scuola fantastica. In un paese fra i boschi dell’Appennino toscano, una terza ed una quarta inseguono lupi per sentieri nebbiosi: quest’animale irriducibilmente selvatico mette più paura o fascino? Le asine nella Rho dell’Expo sono più rassicuranti; ma, se sono ospiti nel cortile della scuola, possono riservare sorprese… Anche nel rione Ascarelli di Napoli i corridoi scolastici ospitano un animale: un immenso e strepitoso cavallo rosso di cartapesta, Marco Cavallo. Il viaggio prosegue a sud, a Craco Peschiera, nella campagna materana, la terra dei calanchi, i bambini della “Padre Pio” indagano sulla storia del proprio paese abbandonato a causa di una frana che segna tutte le generazioni. Infine a Padova, nella scuola “Arcobaleno”, ci si appropria dell’Antigone di Sofocle, per ri-raccontarla in piazza, ad adulti stupiti. Attraverso gli affascinanti racconti di questi laboratori, i bambini della radio scoprono il nostro paese e noi scopriamo quanto può essere creativo andare a scuola, dentro e fuori classe, se la scuola è agita in modo aperto, curioso, orizzontale. Scopriamo che la scuola fantastica è una scuola possibile. E scopriamo, attraverso la dignità e lo stupore del pensiero infantile com’è vivere nella periferia lombarda, o nella campagna della Basilicata: com’è ora l’Italia, dal punto di vista dei bambini. Dopo la proiezione, i registi dialogheranno con gli studenti CINEMA E LETTERATURA. STRUTTURE NARRATIVE A CONFRONTO | Palazzo Badini, giovedì 21 e 28 aprile ore 15.00 Un corso in due lezioni destinato a insegnanti delle scuole secondarie di primo e secondo grado per indagare le caratteristiche della narrazione breve nella letteratura e nel cinema e per imparare a svolgere in aula la comparazione tra libro e film. Le lezioni frontali si svolgeranno in Sala Ellero (I piano di Palazzo Badini) e saranno condotte dal prof. Sabatino Landi. Le lezioni saranno arricchite dalla visione di sequenze cinematografiche. Per iscrizioni, scrivere a didattica@cinemazero.it


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.