CinemazeroNotizie Aprile 2017

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€ 1,00 mensile di cultura cinematografica

Il 19 aprile l’anteprima del film con Lino Guanciale girato a Udine

Sotto il segno del gallo

Far East Film Festival - A Udine dal 21 al 29 aprile

Inchiesta sul cinema in Friuli Venezia Giulia

Francesca Cima: una produttrice sacilese di fama internazionale

Raccontando la realtà, senza perdere la tenerezza Il meglio del “cinema del reale” grazie a Le Voci dell’Inchiesta

Domani accadrà

Aprile

The space between - Intervista a Ruth Borgobello

17 2017 numero 4 anno XXXVII

La censura è sempre strumento politico (F. Fellini)

Cinema Aquila: da bene confiscato a bene censurato. Il caso

Ovvero se non si va non si vede

Piani paralleli, la musica si fa film

A Cinemazero l’anteprima della “jazz suite” ambientata da Fazioli spedizione in abbonamento postale L. 662/96 art. 2 comma 20/b filiale di pordenone - pubblicità inferiore al 45% contiene i.p. in caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Pordenone per la restituzione al mittente previo pagamento resi


La censura è sempre strumento politico, non certo intellettuale (F. Fellini)

Andrea Crozzoli

Editoriale

“Se non ci fosse la censura gli italiani se la farebbero da soli” (F. Fellini) "Signori, magistrati, moralizzatori: vorrei sapere in quale forno crematorio sarà bruciato il negativo di Ultimo tango a Parigi...”, iniziava così la lettera aperta scritta da Bernardo Bertolucci ai maggiori quotidiani. La tormentata storia censoria del suo film ebbe inizio nel 1972, a soli sei giorni dall’anteprima, quando venne sequestrato e successivamente mandato al rogo con una sentenza che verrà annullata solo nel 1987. Ora, a quarant’anni da quella storica riabilitazione, la nuova legge sul cinema abolisce la censura di stato e le commissioni ministeriali che valutavano i film. Come già avviene in altri settori e sostanzialmente in tutti i paesi occidentali, saranno gli stessi operatori, ovvero produttori e distributori cinematografici, a definire e classificare i propri film. Lo Stato si limiterà a sanzionare solo in caso di abusi. Ma, come afferma la scrittrice americana Laurie Halse Anderson, ”la censura è figlia della paura e madre dell’ignoranza”, rieccola quindi apparire in versione municipalizzata, ma non certo meno insidiosa e insopportabile. A Roma, lo Spazio Comune Cinema Aquila, costituito da associazioni, cittadini del quartiere e il V municipio della Capitale stava sperimentando, dall’ottobre 2016, una gestione partecipata, dopo un lungo periodo di chiusura, del cinema Aquila che fu confiscato alla criminalità organizzata. Il mese scorso il comune di Roma ha, però, deciso unilateralmente di togliere dalla programmazione tre film che denunciavano l’apartheid del popolo palestinese e un documentario sugli ex lavoratori di un canile municipale in quanto contenente critiche all’at-

tuale sindaco pentastellare. La politica italiana, ancora una volta, cerca di censurare, di imbavagliare ogni aspetto di legittima critica. Il movimento del “vaffa!”, aldilà dei proclami, alla prova dei fatti, ha messo a capo del Comune di Roma un’avvocatessa che si è fatta le ossa nello studio Previti: non certo uno studio qualsiasi quello dell’ex ministro forzista. Anzi uno studio, il suo, molto particolare, dove si acquisisce una serie di importanti relazioni; dove si diventa presidente di società per “requisiti tecnici”. Tecnica la professionalità, politica la relazione, in un intreccio dai confini evanescenti. Ed è proprio in questo orizzonte sfumato e confuso, che, forse, trovano la loro genesi i comportamenti censori giustificati con dichiarazioni del tipo: «È stato diffuso un programma non autorizzato dal Municipio in cui vi erano dei film che presentavano punti di vista unilaterali e senza contraddittorio...» quasi che un film debba rispettare le regole politiche della par condicio, trasformarsi in qualcosa di assimilabile ad una tribuna elettorale. Dopo aver emendato i titoli scomodi il Municipio romano ha scritto: «...i film in programma sono per ogni fascia d’età, rispettosi delle diversità e dei diritti dei popoli.», Rispetto e diritto, quindi, reinterpretati negandoli! Dall’altra parte, fortunatamente, quelli del SCCA hanno proiettato ugualmente i film sgraditi, affermando così, contro ogni tipo di censura, “disobbedienza civile”. Siamo convinti che, in ogni caso, “la museruola non è mai un segno di forza, bensì di paura” (Clara Zetkin, 1857/1933).

In copertina un’immagine tratta dal film La Chana di Lucija Stojevic, film di chiusura della decima edizione de LE VOCI DELL’INCHIESTA (5-9 aprile 2017)

cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Aprile 2017, n. 4 anno XXXVII Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Manuela Morana Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Elena d’Inca Direzione, redazione, amministrazione Via Mazzini, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 Cassa: 0434-520527 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Sincromia - Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica


Mercoledì 19 aprile anteprima alla presenza della regista Ruth Borgobello

Marco Fortunato

Marco è un ex chef talentuoso. Una sera, durante una cena, conosce Audrey, una ristoratrice australiana. Innamoratasi della cucina di Marco, Audrey gli offre un lavoro in Australia. Marco non ha lo spirito per accettare. Ma un tragico evento e l'incontro con Olivia, una ragazza australiana affascinante e piena di vita, gli aprono gli occhi sul futuro. Parte da qui la storia di The space between, presentato nella sezione Alice nella Città - KINO Panorama│Italia, prodotto da Ideacinema, Mondo Studio Films, con il contributo del MiBACT, Fantastificio, con la partecipazione e il sostegno del Fondo Audiovisivo Friuli Venezia Giulia, con il sostegno di Friuli Venezia Giulia Film Commission. Il prossimo mercoledì 19 aprile l’anteprima a Cinemazero alla presenza della regista Ruth Borgobello che abbiamo intervistato. The space between nasce da una storia vera e precisamente da un episodio autobiografico? R. B.: In parte sì. La storia è ispirata al mio primo incontro con Davide, mio marito, avvenuto a Gorizia diversi anni fa, lo stesso giorno in cui è mancato il suo migliore amico. È stato un momento molto “strano” della mia e della sua vita, tragico e bello nello stesso momento. Il dramma di una perdita e la gioia dell’amore, insieme. Ho riflettuto molto su questa “coincidenza”, sul suo possibile significato e mi è sembrato un ottimo spunto su cui costruire una storia che, naturalmente, è stata poi adattata per poter diventare un film. Dall’Australia al Friuli, come mai hai scelto di ambientare il film a Udine? Le mie origini sono in parte friulane, mio padre è nato a Gorizia, e io ho sempre avuto un grande legame con questa terra. Mi sento molto legata soprattutto ai luoghi e mentre ragionavo sul film mi sembravano perfetti. Il loro essere bellissimi e ricchi di contrasti allo stesso tempo li rendeva perfetti per ambientarvi la mia storia. Per questo ho scelto di tornare a Udine, dove ho vissuto per ben otto anni, durante tutta la lavorazione del film. Un periodo molto lungo in effetti, come si è “evoluto” il film rispetto all’idea iniziale? Beh di fatto è completamente cambiato. All’inizio avevo pensato di ambientarlo metà in Austriali e metà in Friuli. Poi quando siamo arrivati qui -era il 2010 - ci siamo accorti di quanto stesse cambiando in quel periodo questa terra: era l’inizio della crisi, un evento che ha sconvolto radicalmente il nostro modo di vedere le cose. Così abbiamo scelto di riscrivere molte parti del film con l’aiuto di uno scrittore friulano Mario Muceni, che tra l’altro ha una nonna di Pordenone. La storia d’amore è centrale ma volevo che il mio film riuscisse a parlare anche di questo momento storico, che è vissuto in modo molto diverso rispetto a quanto avviene qui in Australia. In Friuli si vive “il momento” e questo mi interessava molto, anche a livello narrativo. Qui [in Austrialia] può sembrare che ci sia una maggiore positività, ma deriva dal nostro modo di essere di pensare sempre avanti. Da un certo punto di vista è bello, dall’altro però ti priva della possibilità di vivere la concretezza, ecco questo è quello che volevo descrivere. The space between, oltre ad essere il tuo film d’esordio è anche la prima coproduzione tra Italia e Austrialia? Che ruolo hanno avuto in questo il Fondo per l’Audiovisivo e la Film Commission regionale? Guarda, sono stati importantissimi, anzi fondamentali. Il loro supporto, i loro consigli sono stati molto prezioni , non solo dal punto di vista tecnico ma anche umano. Sapere di poter contare su due strutture così efficienti mi ha permesso di superare le difficoltà e le persone con cui ho avuto modo di collaborre sono state determinanti nel darmi il coraggio necessario per portare un’avventura lunga e complessa come quella di realizzare un film. Oltre alla storia, all’ispirazione e al ruolo delle istituzioni c’è un altro pezzo importante di FVG – e precisamente di Pordenone - nel film: le musiche di Teho Teardo. Come è nata questa collaborazione? È stato un’incontro molto fortunato, in tutti i sensi. Una sera ero andata a vedere IL DIVO di Paolo Sorrentino – un film che ho adorato – e appena rientrata a casa l’ho consigliato alla mia coinquilina, spiegandole in particolare il ruolo della musica nel film…salvo poi scoprire che non solo lei conosceva il compositore, ma addirittura erano stati a cena insieme la sera precedente! E così mi sono fatta lasciare il numero e la sera succesiva sono andata io a cena con Teho. Quando gli ho raccontato il mio progetto l’idea gli è piaciuta così tanto che ha deciso subito di parteciparvi e da quell’incontro ha sempre seguito il percorso del film. Un’altra bellissima coincidenza legata a questo film!

Incontrando l’autore

The space between Dall’Austrialia al Friuli (e ritorno)


A Udine, dal 21 al 29 aprile, la più grande vetrina mondiale dedicata al cinema popolare asiatico

Gianmatteo Pellizzari

Il Far East Film Festival di Udine (FEFF per gli amici, #FEFF per gli amici smanettoni) è, da quasi 20 anni, la più grande vetrina mondiale dedicata al cinema popolare asiatico: oltre 70 titoli da più di 10 nazioni, 9 giorni di fittissimo calendario, incontri con i protagonisti, approfondimenti tematici quotidiani e sezioni retrospettive. Una finestra aperta (anzi: spalancata!) sul lontano Est e anche una piattaforma di business che permette un rapporto di reciprocità tra i due continenti (Asia e Europa). Le novità targate Cina, Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud, Filippine, Giappone, Singapore, Thailandia, Indonesia, Malesia e Vietnam sono affiancate da personali, omaggi e tributi che legano presente e passato, scavando nella memoria e nella storia di cinematografie tanto ricche quanto inedite e in gran parte sconosciute sia in Italia che nel resto d’Europa. Tra gli eventi speciali della 19ª edizione, attesissima al Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” e al Cinema Visionario dal 21 al 29 aprile sotto il segno del gallo (lo zodiaco cinese non specifica se si tratti di un gallo da combattimento, ma il FEFF è decisamente un Festival guerriero!), spiccano sicuramente la rassegna Creative Visions: Hong Kong Cinema 1997-2017 (10 grandi classici presentati in collaborazione con CreateHK e HKIFF) e l’omaggio a Suzuki Seijun, recentemente scomparso, che il FEFF e CG Entertainment saluteranno presentando in anteprima mondiale lo splendido restauro (griffato Criterion e Nikkatsu) della Farfalla sul mirino. Il super cult di Suzuki sarà pubblicato da CG Entertainment in un cofanetto da collezione contenente anche il volume Time and Place are Nonsense curato da Tom Vick. Verrà, inoltre, pubblicato un cofanetto monografico con una selezione di 5 film in Dvd (Youth of the Beast, Tokyo Drifter, Detective Bureau, The Woman Sharper, Fighting Elegy). A proposito di cinema di genere: quale piazza migliore, se non Udine, per presentare e discutere un progetto che poi diventerà un film thriller, action, fantasy, horror, melò? Se lo scorso anno, con Focus Asia, il FEFF aveva sperimentato la sua prima esperienza Industry, mettendo a disposizione dei buyer asiatici ed europei la possibilità di confrontarsi sulle produzioni cinematografiche di genere (cioè sui “prodotti finiti”), quest’anno passerà alla fase successiva: Focus Asia 2017 diventerà mercato, uno spazio operativo dove Asia ed Europa, oltre ovviamente a tutti gli interlocutori che vorranno aggiungersi, progetteranno il cinema di genere del futuro. L’idea è quella di stabilire nuove connessioni già durante la fase di sviluppo dei film, mettendo assieme progetti di alta qualità e key-player provenienti da entrambe le industrie cinematografiche. La nona edizione del workshop internazionale Ties That Bind Asia/Europe Co-Production Workshop, inoltre, organizzato dal Fondo Audiovisivo FVG insieme ad EAVE con il supporto di Creative Europe Programme of the European Union, affiancherà il Far East Film Festival, anche nel 2017, nell’analizzare possibili compenetrazioni produttive e co-produttive tra Asia e Europa. Durante il FEFF 19, la cui immagine ufficiale è firmata dal graphic designer Roberto Rosolin, si terrà anche la terza edizione del FEFF Campus (scuola di giornalismo cinematografico) con la partecipazione di 10 giovani (under 26) aspiranti giornalisti, asiatici ed europei, selezionati nei due continenti per partecipare sul campo al progetto formativo.

#FEFF 2017

FAR EAST FILM FESTIVAL 19: sotto il segno del gallo


La produttrice in sala a Cinemazero con Slam - Tutto per una ragazza di Andrea Molaioli

Lorenzo Codelli

Inchiesta sul cinema in Friuli Venezia Giulia

Francesca Cima, produttrice sacilese di fama internazionale L.C. In Friuli Venezia Giulia hai prodotto diversi film, oltre ad averne girati parecchi da altre parti. Come ti sembra qui la situazione generale? F.C. È un po' come chiedere all'oste se gli piace il suo vino! Nel senso che sono una grande sostenitrice del lavoro che è stato fatto, e non solo da parte della Film Commission. Dietro ci sono un pensiero, una strategia, che tendono ad abbracciare un po' tutti i segmenti della filiera. Non è un caso che in FVG ci sia stata la prima legge regionale, il primo discorso legato alla formazione, alle cineteche. Una regione che ha fatto un ragionamento a 360 gradi sul cinema, dalla promozione alla volontà di aprire una sala e tenerla viva, dal legame con il territorio. La produzione deve partire proprio dal legame con il territorio. Oltre agli ovvi benefici economici che derivano dal fatto di girare in un territorio piuttosto che in un altro, noi ricerchiamo l'atteggiamento accogliente, propositivo. Si tende ad andare a girare nei luochi in cui si percepisce la portata sia artistica che economica. La ricaduta più profonda consiste nello stabilire una relazione con il territorio. Il cinema improvvisamente non è più una cosa astratta, ma una cosa che ha a che fare con la vita delle persone. Vi sono dei ragazzi che pensano che il mestiere del cinema sia interessante. Nel corso degli anni ho conosciuto giovani che hanno iniziato come stagisti sui nostri set e poi sono diventati dei professionisti veri. A volte si sono trasferiti, ed è il segnale di come oramai la gente sia mobile, viaggi, e poi magari ritorni a casa. La Film Commission FVG alla pari di altre - non proprio di tante altre però - ti mette in condizione di lavorare, non è uno scambio meramente amministrativo: partecipi a un bando, prendi un finanziamento e poi t'arrangi. Non è questo. È parlare d'un progetto, capire di cosa ha bisogno partendo dalla sceneggiatura, avere delle persone che interagiscono con la produzione consigliandoti delle location, dei professionisti, dei territori ai quali tu magari non avevi pensato. È la competenza che ti fa cambiare un po' il percorso produttivo e organizzativo d'un film. Io non posso non citare La ragazza del lago [Andrea Molaioli, 2007, di cui vediamo una scena qui sotto], che è ripassato giorni fa in tv e abbiamo avuto un sacco di commenti positivi perchè era da tanto che non si vedeva. Il racconto originale era ambientato in Norvegia, e noi abbiamo cercato di renderlo credibile radicandolo in una regione come il Friuli. Penso che ci siamo riusciti. Quando poi siamo andati da Karim Fossum, l'autrice del romanzo, a intervistarla per il DVD, ci ha portato a visitare i luoghi dove aveva ambientato la storia ed erano sorprendentemente identici a quelli del film! Abbiamo ottenuto questo risultato grazie ad un'atmosfera positiva, alla gente che ci ha aperto le proprie case, i propri negozi, che era contenta di partecipare. Persone che hanno capito il progetto, questa è la cosa fondamentale. E che con umiltà - una qualità che devi avere per fare il cinema - si sono messe a totale disposizione del progetto. Negli anni ho


visto crescere questo fenomeno. A partire da Apnea [Roberto Dordit, 2007], girato in Friuli quando la legge regionale aveva visto la luce da pochi mesi. È bello tornare a presentare i film in un territorio che sai come risponde. Eccoci infatti di nuovo qui con Andrea Molaioli per la prima del suo film, peraltro girato a Roma, Slam Tutto per una ragazza [nella foto in basso i protagonisti]. Pensi che sarebbero utili dei teatri di posa e degli studi di post-produzione in FVG? Se ci fossero delle strutture permanenti che offrissero spazi per gli uffici, per mettere in piedi la sartoria - magari dotata di un repertorio di costumi - , delle attrezzerie in collaborazione con gli artigiani locali, sarebbe un modo per implementare maggiormente delle professionalità che adesso lavorano in modo estemporaneo. Penso che sarebbero utili in particolare per la lavorazione delle fiction tv. I materiali utilizzati potrebbero essere archiviati e divenire oggetto di mostre da allestire. Inoltre, un polo di questo genere si potrebbe far visitare ai ragazzi, mostrandogli come il nostro tipo di lavoro rimanga tuttora molto artigianale. Sulla linea di certe "factory" nate all'estero, nelle quali si possono realizzare molteplici cose. Per quanto riguarda la post-produzione, sarebbe interessante raggruppare vari laboratori per le musiche, il suono, in sinergia con altri settori culturali. Le produzioni che vengono a girare in FVG tendono a non fermarsi, anche perché la post-produzione implica mesi e mesi di lavoro. Credo sarebbe interessante piuttosto dar vita a un luogo in cui scambiarsi delle esperienze, mettendo assieme anche il teatro, la musica. Il primo Ragazzo invisibile e il sequel che hai prodotto implicano molti effetti speciali. Si potrebbe creare in loco un laboratorio ad hoc? Ci sono delle realtà decentrate da altre parti che sono nate da esperienze legate al mondo dell'animazione, dei fumetti. È difficile farle sorgere dall'alto. Per Il ragazzo invisibile stiamo lavorando con dei giovani che non si trovano neanche in Italia. Io vedrei più interessante creare in FVG una vera e propria scuola di effetti digitali. È anche vero che in Italia abbiamo creato piccole università un po' ovunque e così abbiamo depotenziato i luoghi dell'eccellenza. Ci sarebbero qui tante altre cose da sviluppare legate al patrimonio, alla Cineteca. Hai visto i film dei cineasti friulani e giuliani? Eccome! Mi sembrano il risultato d'un lavoro di semina che si fa da tanti anni. Dei registi come Alberto Fasulo che si dedicano in particolar modo al cosiddetto "cinema del reale", seguendo le proprie sensibilità. Mi sembra un movimento molto forte e spero che continui. Dopo i due film di Gabriele Salvatores e quello di Ivan Cotroneo [Un bacio, 2016] hai altri progetti in vista nel FVG? Per i prossimi mesi non ancora. Importante adesso - lo dico anche come presidente dei produttori - è che realtà molto attive e virtuose come quella del FVG siano parte in causa nel processo di scrittura e d'ideazione dei nuovi decreti legislativi sul cinema. Soprattutto per quanto concerne la formazione, le sale, la circolazione dei film. Siamo in un momento di possibile cambiamento di alcune cose nel nostro cinema. Sei ottimista sulle riforme? Sì, sono ottimista, se diventa una riforma veramente partecipata. I decreti sono ancora all'inizio, staremo a vedere. Due parole su Slam di Molaioli. Più lo rivedo e più mi pare che abbia degli elementi in comune con La ragazza del lago, pur su un altro registro. La trasposizione d'un romanzo, in questo caso di uno scrittore famoso come Nick Hornby, molto radicato in un contesto inglese, e la sfida di ambientarlo in Italia rendendolo credibile.


Dal 5 al 9 aprile la decima edizione del festival di cinema del reale

Riccardo Costantini

Le Voci dell’Inchiesta

Raccontando la realtà, “senza perdere la tenerezza” È anche il felice il titolo di una puntata televisiva di “Diario Civile”* (RAI) dedicata al compianto – ma non sufficientemente ricordato – Giuseppe (Joe) Marrazzo (nella foto qui sotto): “Senza perdere la tenerezza”. La consueta retrospettiva-omaggio a un “maestro dell'inchiesta, in questa decima edizione, è – doverosamente - dedicata a lui. La tenerezza... Epoca strana, questa, dove in pochissimi anni il documentario contemporaneo è esploso come il genere cinematografico oggi maggiormente vivo, interessante e denso di contenuti: mai come ora – con strumenti di ripresa leggeri, a costo contenuto e di qualità eccellente – il reale irrompe con forza inusitata sugli schermi. A raccontare le “Realtà mai viste”, sono spesso registi giovanissimi. Coraggiosi, determinati, capaci di trasformare con la giusta partecipazione il racconto del reale in una grande narrazione, che può parlare al pubblico vasto. Ma sono in pochissimi quelli che a questi elementi aggiungono la capacità della misura, della delicatezza, dello sguardo partecipe ma discreto. Senza perdere la tenerezza. Il festival dà spazio a questi registi – indipendentemente se il loro nome sia o meno conosciuto perchè lo meritano, perché convinceranno il pubblico con le loro opere, senza fronzoli e parole accessorie. E, come festival, questo lavoro di selezione e proposta, è importante anche perché alla qualità, alla forza, all'originalità della produzione, spesso non corrisponde in Italia un'adeguata distribuzione... Quello che sta accadendo, in generale nel mondo del documentario, è un fenomeno di portata enorme: produzioni in crescita esponenziale, occasioni di visibilità aumentate, mercati in rapido sviluppo. Il mondo là fuori, insomma, è in attesa di essere raccontato. E il problema, sensibile, è proprio qua. La quantità non è sinonimo di qualità. Detto quasi antico come l'uomo (almeno quello industriale). La riflessione che si impone è invece che bisogna stabilire con una certa priorità e urgenza che cosa sia “il racconto del reale”, come funzioni e a chi si rivolga. Ormai si può girare di tutto e dappertutto, con mezzi tecnologici anche semplici e affidabili, con ottimi risultati visivi ma... Non è sicuramente il carattere esotico del soggetto o la stranezza del luogo/contesto di ripresa a garantire la qualità della narrazione. Siamo abbastanza vicini al limite, il mostruoso, il diverso, l'esotico, il folklorico, l'insolito a tutti i costi la fanno da padrone: la Tv non è certo ancora soppiantata dalla rete (anche se quasi ci siamo...), ma i canali on demand, l'offerta digitale, sommata al web offrono una babele incontrollata di contenuti, spesso di dubbia qualità e di pessimo gusto. O se anche esteticamente validi, spesso brutali e ineleganti. Bisognerebbe non perdere la tenerezza. Esercitare la memoria dell'oggi, ricordare da dove siamo venuti, almeno ripensare, rivedere i modelli che hanno formato il nostro sguardo, il nostro modo di vedere, è forse oggi diventato un imperativo. I grandissimi, per fare degli esempi Zavoli, Minà, Cavani, Gregorett...i già omaggiati e ricordati, presenti a Pordenone -, e ora Marrazzo, avevano un pregio: sapevano aspettare, sapevano rispettare, sapevano cogliere quanto si infila nelle pieghe delle immagini, e stupisce per bellezza, per intensità, per assoluta certezza. Coloro che giravano – per fare un esempio significativo – con la cinepresa 16 mm e il microfono collegato al Nagra a tracolla conoscevano la pazienza. La capacità dell'attesa. Che forse nasceva dal girare e montare in pellicola, materiale prezioso, che non andava sprecato, che si poteva vedere solo a distanza di tempo, non nell'immediatezza. Un'ecologia naturale dell'immagine, dell'informazione, del racconto. Non è nostalgia, ma riflessione sulle enormi possibilità che gli strumenti odierni offrono. Altrettanto, non necessariamente a fare un buon documentario concorre principalmente un buon soggetto (nel senso anche di “elemento/protagonista/accadimento centrale su cui si concentra il racconto”), ma sono i modi e le scelte autoriali proprie della narrazione a tener-


lo in piedi. Così, fra una messe di stranezze, originalità, particolarità sociali o umane, nell'ampia selezione (più di 160 opere visionate) più di altri anni è stato per noi complesso scegliere i lavori maggiormente efficaci per l'edizione di quest'anno. Sembra che l'urgenza e “il curioso” sovrastino altri moventi produttivi. Esempio: innumerevoli i film prodotti nell'ultimo anno sulla guerra all'ISIS, sul terrorismo, sul fondamentalismo religioso, molti senza forza, simili, concentrati solo sulla particolarissima occasione di ripresa (“sulla linea del fuoco” et similia). ISIS I tre film sul tema proposti da Le voci dell'inchiesta 2017 (The Confession, Nowhere to Hide, Dugma - The button) tracciano una linea interpretativa chiara: siamo in un epoca di postverità, dove possiamo credere a quello che vediamo, ma dovremmo sapere che ciò che ci è mostrato può non essere reale. Sono tre film solidi quelli che proponiamo, che spostano anche il nostro giudizio e le nostre categorie interpretative: chi sono davvero i terroristi e fino a dove arriva la propaganda religiosa nell'animarli? Possono i kamikaze essere gente comune, semplice, che crede genuinamente e senza fanatismi? La guerra all'ISIS è di una tale violenza e illogicità che anche chi ha vissuto già decenni di conflitti è completamente privo di bussola, e – nella fuga, unica soluzione – davvero perde la strada... In mezzo, fra scontri a fuoco, esplosioni, prigioni e sofferenze, appare – inaspettata – la dolcezza e lo splendore dell'uomo, che non importa chi sia e in cosa creda, ma ha sempre sogni, sentimenti, affascinante varietà d'ingegno. Senza perdere la tenerezza. FARE POLITICA Una necessità di riflessione di grande attualità è legata al “distacco” dalla/della politica. Nella prima edizione de Le voci dell'inchiesta, nel 2007, affrontavamo il tema dell'“antipolitica”, fenomeno allora nuovo e inaspettato. A dieci anni di distanza, ci interroghiamo se i rigurgiti estremisti di oggi siano fuori dalla storia o siano naturale evoluzione, forse inevitabile: populismo, memoria, educazione politica sono temi trasversali e intimamente collegati. Dalla Scandinavia arriveranno Matse Agren e Miranda, quattordicenne che siede nel parlamento Svedese, attivista di estrema Destra, che ci racconterà, di persona e su schermo cosa significa costruirsi una carriera politica fin da giovanissima. Percorso diventato raro nel nostro paese. E in un cammino a ritroso Lise Birk Pedersen dalla Danimarca con Tutti a casa darà il suo punto di vista su Grillo e il Movimento 5 Stelle, sui quali si è scritto e visto di tutto, ma spesso partendo dall'interno del nostro paese, senza oggettività o con troppa partecipazione. Lo sguardo di Francesco Munzi – uno dei grandi registi italiani di oggi - racconterà invece la parabola dei ragazzi che animarono le lotte politiche extraparlamentari negli anni compresi tra il 1967 e il 1977 e che tra slanci e sogni, ma anche violenze e delitti, inseguirono l’idea della rivoluzione, tentando l''Assalto al cielo”. Senza perdere la tenerezza. ...Quella che ammanta le immagini di Kristen Johnson, una vita da videoreporter, da direttrice della fotografia, raccontata nel collage di Cameraperson, un viaggio entusiasmante nel bello, che si manifesta (inaspettato) nelle immagini, inseguendo la stupenda varietà dei popoli e dei luoghi. Una riflessione profonda e commovente su cosa voglia dire raccontare attraverso le immagini la vita, con le sue sofferenze e le sue gioie. Fa piacere riscoprire il lavoro di Marco De Stefanis, italiano che produce da tempo in Olanda, che con il suo equilibrato Waiting for Giraffes, con la scusa di narrare la toccante storia del veterinario dell'unico zoo palestinese, realizza un semplice e comunicativo affresco, molto più efficace di tanti saggi nel narrare la complessa situazione israelo-palestinese. Con un messaggio fortissimo: la pace, la gente la potrebbe (e vorrebbe) realizzare, anche subito. Qui entra in campo un altro elemento cruciale: gli input produttivi provenienti da film commission, fondi per l'audiovisivo, progetti europei... Dove i fondi sono strutturarti e costanti, innervati su network internazionali collegati a tv e festival, la qualità della produzione è in crescita costante, con sviluppo di professionalità specifiche e chiarezza di obbiettivi, con conseguenti risultati. Olanda e Israele sono un ottimo esempio. Infatti, da questo secondo paese vengono molti dei prodotti più interessanti, su tutti Forever Pure (qui sopra una scena del film) di Maya Zinsthein e Shalom Italia di Tamar Tal. Il primo, racconta l'incredibile evoluzione della squadra di calcio Beitar Jerusalem, roccaforte del tifo e dei manifestanti della destra sionista più accesi: un film che con la scusa – e il fascino – dello sport, parla di razzismo, integrazione religiosa e politica internazionale. Shalom Italia racconta, con grazia e ironia, la toccante


vicenda di tre fratelli ebrei fiorentini, che ritornano cinquant'anni dopo da Israele in Toscana alla ricerca della grotta dove – consolati dai racconti fantastici del padre – hanno trascorso un lungo periodo di nascondiglio per sfuggire alle persecuzioni razziali. IL LAVORO, SE C'E' Un'urgenza, più di altre. Una realtà davvero più reale delle storie che mostreremo su schermo. La catena di mercato globale, capitalismo spinto, speculazione rendono complicatissimo, doloroso, il contesto sociale quotidiano. Merci Patron, “grazie padrone, che mi hai licenziato e mi hai lasciato sul lastrico, che hai delocalizzato per aumentare i profitti”, ma anche “grazie” perchè con la complicità di François Ruffin – vero Michel Moore francese – una famiglia vittima di queste pratiche riesce incredibilmente e con coraggio a recuperare un indennizzo e un lavoro. Dalla Cina (altro paese con produzioni attivissime e coordinate) arriva China's Van Gogh (qui sopra una foto dal film) di Haibo Yu/Kiki Tianqi Yu: “fini copisti” cinesi per decenni creano a uso dei turisti europei riproduzioni fedelissime dei dipinti del grande pittore olandese, ma l'aura del maestro filtra però attraverso la produzione seriale ossessiva tipica dell'economia di sfruttamento cinese; e trasforma (e frustra) i sogni dei locali pittori cinesi, che sognano davvero di essere Van Gogh... Senza perdere la tenerezza. L'AMBIENTE, LA DIVERSITA' È tradizione di lungo corso per il festival concentrarsi sulle tematiche ambientali più attuali, offrendo riflessioni che spesso si possono trasformare in strumenti di azione quotidiana, buone pratiche da imitare e diffondere. Un concetto chiave? Forse oggi “sognare il possibile”, cioè essere concretamente determinati a fare subito quanto è effettivamente realizzabile, con semplici sforzi: tutelare la biodiversità, ricordare che tutta la natura nasce dall'evoluzione di semi, e che la loro tutela corrisponde alla sopravvivenza della nostra terra (Seed: the untold story). O, ancora, riflettere sul fatto che anche scegliere ciò che mangiamo con consapevolezza possa essere un atto rivoluzionario che può cambiare il mondo, perché la sommatoria di piccole azioni alimentari di ciascuno di noi può avere effetti globali (Food ReLovution). Poi, l'idea, la scintilla, il genio umano (There Will Be Water): dallo studio meticoloso della natura – che tutto ha già “risolto”, per storia e rivoluzione – si può addirittura arrivare a inventare serre a zero impatto, che nel deserto alimentano colture vegetali con acqua di mare desalinizzata: in fondo, certi scarabei vivono nel deserto facendo condensare l'acqua all'interno del loro carapace... Le serre funzionano, ma non verranno mai prodotte, perché é più redditizio importare che produrre. Le multinazionali, i governi, il profitto riequilibrano i sogni romantici degli uomini. Senza perdere la tenerezza. All'ultimo International Documentary Filmfestival di Amsterdam, il principale festival d'Europa (se non del mondo) per il documentario ha vinto il premio del pubblico a mani basse La Chana, che racconta le vicende della omonima anziana ex ballerina star assoluta del flamenco: i 280.000 spettatori (!) del festival non hanno avuto dubbi...e vedere la protagonista ballare ancora, grazie anche la delicata regia di Lucija Stojevic, è un piacere per gli occhi e per l'animo. Quando “La Chana” è apparsa ad Amsterdam alla fine della proiezione, il cinema è letteralmente venuto giù: tutti in piedi a cercare di avvicinarsi e ad abbracciarla, molti con le lacrime agli occhi. È una delle più grandi artiste, ingiustamente dimenticata, del nostro smemorato continente. Senza perdere la tenerezza, perché questa è la dote che caratterizza chi fa “il grande cinema documentario”: la realtà è la fuori, ma in pochi la sanno rispettare, foss'anche per raccontarla con un film. *Giuseppe Marrazzo. Senza perdere la tenerezza. A cura di Alessandro Chiappetta, Regia di Agostino Pozzi.


A Cinemazero l'anteprima della Jazz Suite “ambientata” da Fazioli

PIANI PARALLELI

IN COLLABORAZIONE CON CIRCOLO CONTROTEMPO - PIANO JAZZ 2017

Gianni Di Capua

Sacile: nel pordenonese, la città-porta del Friuli, nell’area della nota fabbrica di pianoforti, sorge la Fazioli Concert Hall trasformata nel set per la registrazione di Piani Paralleli, una Suite per quartetto jazz e orchestra d’archi del compositore e pianista siciliano Giovanni Mazzarino. Il film aggiunge ulteriori tasselli di senso e narrazione al progetto musicale: la Concert Hall diventa l’esclusivo campo d’indagine della Suite del compositore per il quale il Jazz costituisce un momento di grande integrazione e dove c’è integrazione c’è la possibilità di raccontare e raccontarsi. Giovanni Mazzarino s’intrattiene, così, in un dialogo intimo con la propria musica che, parallelamente, sta per essere allestita in un serrato confronto tra ingegneri del suono e i musicisti chiamati a interpretarla, tra loro: il grande contrabbassista e compositore statunitense Steve Swallow, Adam Nussbaum considerato tra i migliori percussionisti di oggi e il trombettista Fabrizio Bosso che fonde le sonorità virtuosistiche del proprio strumento nei raffinati arrangiamenti di Paolo Silvestri anche alla direzione dell’orchestra d’archi Accademia“Arrigoni”. Musicisti dalle caratteristiche peculiari che apportano sensibilità e opportunità di confronto che la cinepresa documenta affiancando il processo creativo musicale rivelando infine un’opera composita, impregnata dalle suggestioni provenienti dalla terra di origine dell’eclettico compositore, forgiata dalle tradizioni musicali più disparate. Una musica del mondo che scorre sul movimento del piano sequenza, esaltazione filmica dell’unità tripartitica di luogo, tempo e azione, messa in atto di equivalenze fra il linguaggio delle immagini e quello dei suoni dove l’ultima nota, in chiusura del film, eseguita dall’insieme strumentale ora immobile, riverbera nel chiaroscuro della Fazioli Concert Hall evocando un tempo sospeso che il cinema consegna, perché ne ha la prerogativa, al suo essere di nuovo, epifania dell’istante, anima del Jazz. Sul progetto, Giovanni Mazzarino dice: “Piani paralleli rappresenta la summa del mio pensiero sulla musica. La musica, per me, è una sola, scevra da qualunque etichetta che voglia suddividerla in classica, jazz, pop e così via. Le estetiche cambiano, perché la musica risponde all’ambiente e ai tempi nei quali viene prodotta, ma i meccanismi di base restano identici. Nel Ventesimo Secolo, però, è successo qualcosa di straordinario: è entrata in scena la batteria. Di conseguenza, è cambiato un aspetto fondamentale della musica, ossia il ritmo. La concezione ritmica della musica occidentale, che si era mantenuta più o meno costante dal Medioevo fino al Romanticismo, è mutata radicalmente. Il jazz è l’arte dell’incontro, perché nasce dall’incrocio fra popolazioni con storie musicali diversissime: gli africani, gli ebrei, persino i siciliani che portarono con sé la tradizione della banda. Tutto ciò poteva succedere solo in una terra come gli Stati Uniti d’America, che erano per certi versi vergini rispetto all’Europa. In questo modo, le stesse note e gli stessi accordi cominciarono a suonare in modo diverso. Per molto tempo, il mondo accademico ha cercato di non tenere conto del jazz, uno degli eventi più straordinari nella musica dell’ultimo secolo. Per fare un paragone, è come se nelle scuole si insegnasse ancora che il Sole gira intorno alla Terra. Io ricordo di aver parlato per una notte intera con Dizzy Gillespie, che fu il vero grande teorico del be bop, e che mi raccontò di aver studiato moltissimo la musica del passato, per riuscire a incorporarla nelMARTEDÌ 11 APRILE | Ore 21.00 | CINEMAZERO l’improvvisazione. Allora mi sono chiesto: che cosa posso fare io, che non PROIEZIONE DEL FILM CONCERTO sono certo né Stravinskij né Dizzy Gillespie? Posso cercare di esprimere quest’idea, che la musica è una e non ci DI GIANNI DI CAPUA sono separazioni tra i generi. E l’ho fatto nell’unico modo in cui potevo farlo: (DALLA) SUITE PER QUARTETTO JAZZ E ORCHESTRA D’ARCHI DI GIOVANNI MAZZARINO attraverso un disco. Io non sono un politico e non posso cambiare il mondo, ma --sono un musicista e posso esprimere le Alla presenza del regista mie idee attraverso la mia musica. Così Introduce Roberto Calabretto è nata l’idea di Piani paralleli”

Tra suoni e immagini

Piani Paralleli, la musica si fa film


i film del mese

(Tit. or.: Toivon tuolla puolen) Un film di Aki Kaurismäki. Con Sherwan Haji, Sakari Kuosmanen. Or.: Finlandia, 2017. Durata: 98 min.

( Tit. or.: The Secret Scripture) Un film di Jim Sheridan. Con Vanessa Redgrave, Rooney Mara. Or.: Irlanda, 2016. Durata: 130min

ORSO D’ORO A BERLINO, PER UNA “LEZIONE DI VITA” TRATTEGGIATA CON IRONIA

L’ALTRO VOLTO DELLA SPERANZA DI AKI KAURISMAKI

Khaled è un rifugiato siriano che ha raggiunto Helsinki dove ha presentato una domanda di asilo che non ha molte prospettive di ottenimento. Wilkström è un commesso viaggiatore che vende cravatte e camicie da uomo il quale decide di lasciare la moglie e, vincendo al gioco, rileva un ristorante in periferia. I due si incontreranno e Khaled riceverà aiuto da Wilkström ricambiando il favore. Nella società che li circonda non mancano però i rappresentanti del razzismo più becero. Kaurismäki impartisce importanti lezioni senza dimenticare di fa sorridere, come solo i grandi del cinema hanno saputo fare. A volte, il modo migliore di trattare un problema serio è quello di utilizzare toni poco seri. O che sembrano tali. A volte, per far fronte ai colpi duri della vita, bisogna tenere la bocca chiusa e il cuore aperto: niente recriminazioni, niente polemiche, niente giudizi, ma la capacità di accettare sé stessi e gli altri. Pare facile, ma non lo è. Aki Kaurismäki è uno di quelli che lo sa fare, e bene. Che lo sa fare bene, e lo fa sembrare la cosa più naturale e lineare del mondo. Come tutti i film del finlandese, anche The Other Side of Hope dà l'impressione di sgorgare così com'è dalla mente del suo autore, a dispetto dell'evidente costruzione, dello stile antinaturalista, dell'intreccio della trama. E possiede un calore umano e una forza politica che non solo non vengono mai ostentati, ma che anzi vengono trattati con quell'atteggiamento quasi distratto e casuale che fa sembrare il cinema del finlandese e le vita dei suoi personaggi un succedersi di eventi paradossali e surreali che però non potrebbero essere altrimenti. La straordinaria capacità che ha Kaurismäki di raccontare con questa impassibile naturalezza l'assurdità delle cose e del mondo si sposa perfettamente con l'assurdità dei nostri tempi, con la follia delle guerre, la crisi dei rifugiati, quella economica, e la loro sconsiderata gestione da parte delle istituzioni politiche e non. E lo sguardo del regista è sempre imperturbabile: tanto di fronte alla storia di un rifugiato siriano sbarcato quasi per caso a Helsinki, al suo chiedere asilo, raccontare la sua storia, vivere una condizione di clandestino, quanto davanti a quella di un uomo che cerca di cambiar vita e lo fa vincendo una somma enorme a poker come fosse una cosa ovvia, e comprando uno squinternato ristorante. Bocca chiusa, cuore aperto: nessuno svolazzo retorico, puro racconto di un'umanità che è fatta delle stesse cose, che ha le stesse esigenze. Tutto quello che possiamo fare, dice The Other Side of Hope, è fare del nostro meglio. Anche quando i nostri sforzi si traducono i gesti assurdi e paradossali, e i risultati sono comici e demenziali, irresistibili come certe scene e certe battute ambientate in un ristorante indimenticabile che si chiama "La pinta dorata". Kaurismäki impartisce importanti lezioni senza dimenticare di fa sorridere, come solo i grandi del cinema hanno saputo fare. [www.comingsoon.it]

UN MELODRAMMA D’AUTORE CON UNA TRIPLICE CHIAVE DI LETTURA

IL SEGRETO

DI JIM SHERIDAN Da 40 anni Rose è internata in un manicomio dell'Irlanda del Nord, ed è lì che incontra il dottor Grene, un medico di buona volontà che dapprima impedisce il trasferimento della donna in un'altra struttura, poi si appassiona alla sua tragica storia. Rose è accusata di aver ucciso il proprio figlio appena nato, un figlio che il paese sostiene essere stato concepito con il prete cattolico locale, e che invece la protestante Rose dice essere il frutto del suo amore per un pilota che combatte per l'esercito inglese. L'indagine del dottor Grene sul passato di Rose sarà tanto un tentativo di penetrare l'oscurità che circonda la mente della donna, i cui ricordi sono stati in parte cancellati dai ripetuti elettroshock, quanto una sorta di inchiesta per ristabilire la verità su come siano andate le cose. Jim Sheridan porta sullo schermo un impressionante affresco di una società plagiata da una verità offuscata per anni, dove in quegli anni la chiesa in Irlanda aveva il potere di manipolare e di sovrastare la realtà. L’atroce conflitto interno di un uomo di chiesa causa una sovrastante sofferenza e perdita per un’innocente donna che ha la colpa di non dimostrar alcuna paura nel mantenere lo sguardo alto davanti all’altro sesso. Un sistema sociale malato soffocato da una menzogna che pone il controllo sulle menti altrui che non dimostrano volontà nel credere all’esistenza di un’altra verità. Vanessa Redgrave manifesta la forza di un’anziana donna che non ha mai abbandonato la speranza di salvezza, continua a suonare la Sonata al chiaro di luna attendendo la sua liberazione, vive aggrappata alle sue allucinazioni e ai suoi appunti scritti durante la reclusione. Sarà proprio la luce di speranza che convincerà il giovane dottor Grene ad aiutarla nel scoprire la verità, che per tanti anni gli era stata negata. Una storia intensa, una battaglia continua tra conflitti personali e sociali, una sofferenza perpetrata che otterrà giustizia quando sembrerà non ci siano più speranze. Un dramma familiare che pone al centro la forza di una donna che non ha spento la luce nei suoi occhi e confida fino all’ultimo che la sua verità venga ascoltata.


LA

Scrivere di Cinema 2017

Premio Alberto Farassino Farassino

Concorso nazionale per giovani aspiranti critici cinematografici (15 - 25 anni) (15-25

promosso da

TU T

CRITICA LASCRIVI SCCRIVII

Scrivi una recensione di un film del la stagione cinematografica 2016-2017 della entro il 15 giugno 2017 e potrai vincere premi esclusivi: una esperienza da inviato per MyMovies al FFar ar East Film FFestival, estival, collaborazione la col laborazione con minima&moralia e ingressi al cinema. nell’ambito Le premiazioni a settembre nel l’ambito di pordenonelegge - FFesta esta del libro con gli autori.

Info e bando

scriveredicinema.mymovies.it fb/concorsoscriveredicinema

in collaborazione collaborazione con


INTO THE FRAME: WORKSHOP DI FOTOGRAFIA PER IL CINEMA

Domani accadrà ovvero se non si va non si vede

Pordenone, Mediateca di Cinemazero - domenica 23 aprile 2017

Il Cinemazero Young Club, gruppo di giovani ragazzi appassionati di cinema, organizza mensilmente una serie di workshop dedicati ai mestieri del cinema. L’appuntamento di aprile si intitola Luci e ombre per il cinema ed è dedicato alla direzione della fotografia, all’importanza ed all’utilizzo della luce in ambito cinematografico. Relatore sarà Alberto Fasulo direttore delle fotografie di numerosi film tra i quali: Rumore Bianco, Genitori e Tir con il quale ha vinto il Marco Aurelio D'Oro per il miglior film al festival del Cinema di Roma. Il workshop è intensivo, dalle 9.00 alle 18.30 ed ha un costo di 50 euro, 40 euro per studenti e possessori Cinemazero card. Info: facebook.com/cinemazeroyoungclub

PREMIO MATTADOR PER LA SCENEGGIATURA Scadenza bando 15 aprile 2017

Il Premio Internazionale per la Sceneggiatura Mattador è dedicato a Matteo Caenazzo, giovane triestino studente di cinema all’Università Ca’ Foscari di Venezia, scomparso prematuramente il 28 giugno 2009, mentre stava studiando con l’obiettivo di intraprendere la professione di sceneggiatore. Il concorso, rivolto a giovani sceneggiatori italiani e stranieri dai 16 ai 30 anni, si propone di far emergere e valorizzare nuovi talenti che scelgono di avvicinarsi alla scrittura cinematografica, offrendo loro la possibilità di sviluppare i loro progetti lavorando a contatto con tutor professionisti. Dalla quinta edizione il concorso prevede una nuova sezione dedicata all'illustrare storie per il cinema: Premio Mattador alla migliore sceneggiatura per lungometraggio, Premio orto86 alla migliore sceneggiatura per cortometraggio e Premio Dolly “Illustrare storie per il cinema” alla migliore storia raccontata per immagini. Info: www.premiomattador.it

ÈSTORIA A TEATRO: L’ITALIA IN SCENA

Pordenone, Teatro Comunale G.Verdi - domenica 23 aprile 2017

Dopo l’esperienza avviata nell’aprile nel 2016 con l’incontro sulla schiavitù di Massimo Fini, èStoria e il Teatro Verdi di Pordenone proseguono e intensificano una collaborazione mirata alla divulgazione culturale da proporre a un pubblico sempre più attento, desideroso e capace di misurarsi con temi profondi. È stato costruito un programma di quattro appuntamenti, sviluppati a partire dal titolo Essere italiani: forme, invenzioni e prospettive di un’identità, pensato in collegamento a Italia mia – l’identità italiana, tema della tredicesima edizione del Festival internazionale della Storia (a Gorizia dal 25 al 28 maggio). L’incontro di aprile, L’Italia in scena, vedrà gli interventi di Claudio Longhi e Paolo Di Paolo e sarà un viaggio nella storia del teatro. Nel carattere degli italiani non mancano elementi istrionici, dalla natura farsesca all’amore per il dramma, dall’arte di improvvisare al gesticolare per abitudine. Tali tratti hanno saputo però esprimere anche grandi risultati culturali nelle arti performative, contribuendo alla formazione di marcati stereotipi e processi identitari. Info: www.estoria.it

65mo TRENTO FILM FESTIVAL

Trento - dal 27 aprile al 7 maggio 2017

Il Trento Film Festival è una rassegna cinematografica internazionale di film di montagna, esplorazione e avventura. Un programma all'insegna di una ricca sezione di film narrativi e documentari d'autore che presentano racconti emozionanti di uomini in relazione agli spazi della natura, della montagna e dell'avventura. Oltre al programma cinematografico il festival propone anche incontri, mostre tematiche, spettacoli e una rassegna internazionale dell'editoria di montagna. Dopo il Cile dello scorso anno, il "Paese ospite" della 65. edizione è l'Islanda, terra straordinaria per il suo ambiente naturale, dove è fortissimo e, allo stesso tempo, complicato il legame tra i suoi abitanti e il territorio. Info: www.trentofestival.it.


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