€ 1,00 mensile di cultura cinematografica
Dieci anni di cinema in FVG - seconda parte
Il 28 dicembre l’anteprima italiana alla presenza del regista
Piccolo Festival dell’animazione
Appuntamento con la migliore produzione del disegno animato
Teodora e l’espressività dei colori I film che non vorresti vedere se non al cinema
Un nuovo pubblico è possibile?
Cinemazero protagonista al seminario di Europa Cinemas
Da Méliès al 3D, la Macchina cinema
I tesori di Henri Langlois alla Cinématheque Française
1.200 Km di bellezza: in viaggio con Italo Moscati Tra le immagini dell’Italia alla ricerca di un’utopia possibile
Domani accadrà
Ovvero se non si va non si vede
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2016 numero 11 anno XXXVI
Close Encounters with Vilmos Zsigmond
Dicembre
Nel 2006 l’approvazione della “legge cinema”, la prima in Italia
spedizione in abbonamento postale L. 662/96 art. 2 comma 20/b filiale di pordenone - pubblicità inferiore al 45% contiene i.p. in caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Pordenone per la restituzione al mittente previo pagamento resi
Nel 2006 l’approvazione della prima legge “organica” in materia di cinema e audiovisivo
In copertina Vilmos Zsigmond (in una foto di scenacon Jack Nicholson) a cui è dedicato il documentario Close Encounters with Vilmos Zsigmond di Pierre Filmon in anteprima italiana a Cinemazero alla presenza del regista.
cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Dicembre 2016, n. 11 anno XXXVI
Piero Colussi
Da anni la nostra regione è riconosciuta come “la regione più cinematografica d’Italia” merito anche dei suoi numerosi festival (forse anche troppi) alcuni dei quali di assoluto rilievo internazionale: ci riferiamo in particolare alle Giornate del cinema muto, a Far East Film Festival, al Trieste Film Festival e a SciencePlusFiction. Purtroppo negli ultimi tempi si è assistito al proliferare di molte (troppe) nuove iniziative non sempre di grande interesse con l’unico risultato di disperdere ulteriormente le limitate risorse disponibili. Importante, per garantire continuità ai programmi di queste grandi manifestazioni e di tutto il comparto cinematografico, si è rivelata la triennalità nella garanzia dei finanziamenti introdotta nell’ultima finanziaria grazie alla volontà dell’assessore alla cultura Gianni Torrenti. Passi da gigante si sono registrati sicuramente nel settore della tutela del patrimonio cinematografico con il pieno riconoscimento del ruolo della Cineteca del Friuli (che ha assorbito, con non poche difficoltà, anche le funzioni e le attrezzature dell’ormai dismesso Servizio di cineteca regionale di Trieste). Grazie ad una convenzione tra Regione FVG e Regione Veneto la Cineteca del Friuli assolve alla funzione di tutelare, conservare e valorizzare i diversi fondi cinematografici raccolti nel corso di decenni. Inoltre dal 2013 è operativo a Gemona – grazie ad un finanziamento regionale di 1,2 milioni di euro introdotto nel 2004 - l’Archivio cinema del Friuli Venezia Giulia moderno deposito climatizzato capace di conservare secondo gli standard internazionali decine di migliaia di pellicole. L’Archivio da qualche anno è dotato anche di un attrezzato laboratorio di restauro digitale. In questo particolare settore va ricordato infine l’importante laboratorio di restauro La camera ottica del DAMS dell’Università di Udine operativo presso la sede di Gorizia. Un’altra scommessa vinta riguarda senz’altro la creazione della prima rete regionale di mediateche pubbliche finalizzata alla gestione di servizi per l’accesso alle opere e ai documenti audiovisivi, alla promozione della cultura cinematografica e alla diffusione della cultura del linguaggio cinematografico, progetto che potrà dirsi completato quando entrerà a farne parte anche la Cineteca del Friuli che dispone di un patrimonio librario e di film in dvd davvero impressionante. Già oggi con la tessera MediatecheFVG si può accedere al prestito gratuito di un dvd come di un libro in tutte le sedi. Completamente disattesa la parte della legge dedicata alla didattica degli audiovisivi nella scuola, dove i finanziamenti inizialmente messi a disposizione delle scuole dalla Giunta Illy sono stati azzerati. Riteniamo, invece, si tratti di un aspetto molto qualificante dell’offerta formativa contemporanea e ci auguriamo possa trovare l’attenzione che merita. Per concludere segnaliamo i dati riguardanti le risorse destinate al comparto dall’assessorato alla cultura (senza considerare i fondi assegnati al Fondo regionale per l’audiovisivo e alla FVG Film Commission che fanno capo alle attività produttive). Per i 5 festival di livello nazionale sono stati stanziati 1,2 milioni di euro, per i 4 enti cinematografici 689 mila euro, per i 2 premi di cinema 80 mila euro, per le 4 mediateche 270 mila euro, per le 7 manifestazioni 195 mila euro. La Cineteca del Friuli per l’attività istituzionale e la gestione dell’Archivio cinema del FVG riceve 400 mila euro. L’intero settore complessivamente è stato finanziato quest’anno con 2,8 milioni euro a conferma della maturità raggiunta nel corso del tempo da questo importante segmento della cultura regionale che prima di ogni altro ha avuto la capacità di promuovere la promulgazione di una legge di sistema originale e innovativa. [segue sul prossimo numero]
Dieci anni di cinema in FVG
Dieci anni di cinema in Friuli Venezia Giulia (II parte)
Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Manuela Morana Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Elena d’Inca Direzione, redazione, amministrazione Via Mazzini, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 Cassa: 0434-520527 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Sincromia - Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica
Mercoledì 28 dicembre l’anteprima italiana alla presenza del regista Pierre Filmon
Marco Fortunato
Intervista a Pierre Filmon
Close Encounters with Vilmos Zsigmond
Quale modo migliore per festeggiare un anno davvero ricchissimo di incontri con gli autori (Giuseppe Tornatore, Pif, Giuseppe Piccioni, Roberto Andò solo per ricordarne alcuni) che un grande regalo agli appassionati di cinema? Con questo obiettivo mercoledì 28 dicembre Cinemazero ospiterà l’anteprima italiana del documentario Close Encounters with Vilmos Zsigmond firmato da Pierre Filmon, dedicato a uno dei più grandi direttori della fotografia della storia del cinema, recentemente scomparso. Incontri ravvicinti del terzo tipo, Blow Up, Il cacciatore, sono solo alcuni delle decine di film che l’hanno visto protagonista.. dietro la macchina da presa. Pierre Filmon ci ha raccontato, in esclusiva, come è nato il progetto e che cosa ci aspetta. Un documentario su un direttore della fotografia è piuttosto inconsueto, com’è nata l’idea? È vero non ce ne sono moltissimi, nel mio caso il motore è stata la passione per il cinema. Lavoro come proiezionista in una sala e, anche da spettatore, sono sempre stato impressionato dal lato visivo del film. Ciascuno di noi, credo, ha un rapporto diverso e personale con il film: c’è chi è molto toccato dalla storia, chi dalla performance degli attori, io personalmente sono molto attento all’immagine. Quando ho scoperto Vilmos Zsigmond, la potenza delle sue immagini, il loro mai essere artificiali, al servizio del film, è nato l’interesse verso questa figura. Un giorno ho incontrato Darius Khondji (direttore della fotografia di Seven di David Fincher ndr), mentre stavo scrivendo la sceneggiatura di un mio film per il quale stavo appunto cercando un direttore della fotografia e gli ho espresso il sogno incontrare Vilmos, e lui, che lo conosceva molto bene ci ha subito messo in contatto. Ci siamo conosciuti quando è venuto a Parigi e io, per l’occasione, avevo organizzato una rassegna e un incontro con lui – tieni presente che lui non aveva mai parlato in pubblico in Francia dal 1972, l’anno di uscita di McCabe & Mrs. Miller di Altman – e da lì è nata l’idea di fare un film su di lui. Quella di Pordenone sarà l’anteprima italiana, ma il film ha già raccolto numerosi riconoscimenti in tutto per il mondo... Il film è nato a Cannes, dove è stato presentato in selezione ufficiale a Cannes Classic quest’anno. Poi ha girato diversi festival, in Francia ai Festival de La Rochelle e di Deauville, in Polonia a Camerimage - il festival più importante al mondo per i direttori della fotografia- in Germania a Monaco, poi l’abbiamo presentato a Goa in India e nelle Filippine. Anche la proiezione più bella (dopo Cannes) è stata sicuramente quella fatta a Széged in Ungheria, la sua città natale, dove esiste un cinema con una sala a lui intitolata. Il documentario è costruito con un collage di interviste e frammenti dei film a cui ha lavorato Vilmos, come hai raccolto tutto questo materiale? È stato un lavoro molto lungo e complesso, in cui ho proceduto per tappe. Avevo ben chiaro il mio obiettivo: volevo realizzare un film su Vilmos e non solo sulla sua (incredibile) carriera. Le prime persone che ho incontrato, grazie ad amicizie comuni, sono stati John Boorman e Jerry Schatzberg, poi il vostro conterraneo Dante Spinotti con il quale è nata subito una bellissima sintonia. Pensa che alla fine della nostra intervista Dante mi ha proposto di coinvolgere Vittorio Storaro - io naturalmente ne ero felicissimo - e lui l’ha subito chiamato per raccontargli del mio progetto. Naturalmente molti incontri importanti (Peter Fonda, John Travolta…) li ho fatti nella trasferta a Los Angeles, ma tutto è arrivato grazie alla passione e all’amicizia che scaturiva dalla figura di Vilmos e di chi aveva lavorato con lui, nessuno è stato pagato per rilasciare le interviste che vedrete. Qual è stata la difficoltà maggiore del film e il ricordo più bello della lavorazione? Fin dal principio ho voluto documentarmi moltissimo, ho rivisto tutti i suoi film e fatto numerose ricerche d’archivio perché volevo realizzare un film che potesse interessare un pubblico più ampio possibile e che fosse accessibile anche a coloro che non hanno mai sentito parlare di Vilmos ma che quasi sicuramente lo conoscono in maniera indiretta attraverso i suoi film. Per quanto riguarda il ricordo più bello, potrà sembrare banale ma è la verità, la fortuna di aver potuto passare del tempo con Vilmos. Non solo dal lato professionale ma soprattutto da quello umano è stata un’esperienza molto arricchente: il suo entusiasmo, la sua semplicità, la sua gioia mi hanno davvero cambiato la vita. Nel film c’è anche un collegamento con Pordenone… (ride)… più di uno in realtà. Ma questo ve lo racconto di persona a Cinemazero!
Appuntamento con la migliore produzione del disegno animato d’autore
Piccolo Festival dell’Animazione
Paola Bristot
PFA 2016
Trieste, Udine, Lignano, Dobbia, Pordenone e anche Venezia: queste sono i luoghi dove a dicembre prenderà forma la nuova edizione del Piccolo Festival dell'Animazione, l'evento promosso dall'associazione Viva Comix con Animateka di Lubiana, il supporto di Regione Friuli Venezia Giulia e con la direzione artistica di Paola Bristot. Concepito per portare alla ribalta la migliore produzione di disegno animato d'autore proveniente da tutto il mondo, una realtà di sperimentazione e innovazione artistica tra le più effervescenti e variegate di questi anni, il Piccolo Festival dell'Animazione farà tappa anche a Cinemazero, dopo le anteprime d'eccezione a novembre: la presentazione del documentario Bozzetto non troppo di Marco Bonfanti, alla presenza di Bruno Bozzetto, la masterclass sul cinema di animazione al Centro Sperimentale di Cinematografia di Torino a cura di Paola Bristot e la partecipazione al Short Market Torino Film Festival. Dopo la Opening triestina, il 12 dicembre, il Piccolo Festival dell'Animazione darà, dunque, appuntamento al pubblico pordenonese martedì 13 con una serata dal doppio programma. Si comincia alle ore 20.30, infatti, con la proiezione dei film in competizione che il pubblico in sala potrà votare con una apposita scheda consegnata all'ingresso. Tra le opere che si succederanno sul grande schermo, anche quelle degli italiani Lucio Schiavon, El Mostro, Donato Sansone, Le Journal Animè, Nerdo, Beer by Charles Bukowski. Ampio spazio, inoltre, troverà nella selezione la produzione esteuropea con la rappresentanza di Russia, Estonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Croazia e la Slovenia di Špela Čadež, in gara col suo Nočna ptica e giovane animatrice già protagonista insieme ad altri 9 artisti del film collettivo Re-Cycling ideato e prodotto da Viva Comix. Si proseguirà alle 22.30 coi film della nuova sezione del Festival Visual&Music, tutti caratterizzati da inedite relazioni tra musica e immagini. Ospite d'onore dell'edizione 2016 del Festival, sarà uno tra i migliori animatori contemporanei, l'americano Chris Landreth, Oscar 2005 per il cortometraggio Ryan, dedicato all'artista di culto canadese Ryan Larkin. Landreth, che utilizza la classica animazione CGI (computergenerated imagery) e che rinnova aggiungendovi la tecnica assolutamente originale dello Psychorealismo capace di donare un tocco surrealista a ogni sua opera, incontrerà il pubblico lunedì 12 dicembre allo Studio Tommaseo di Trieste insieme all'artista Anna Budanova e a Igor Prassel, fondatore e direttore artistico del festival Animateka di Lubiana. Il Piccolo Festival dell'Animazione è organizzato da Associazione Viva Comix in partnership con Animateka Film Festival, Stripburger (Ljubljana), Mediateca Mario Quargnolo del Visionario, CAV Centro Arti Visive, C.E.C (Udine), Cinemazero, Biblioteca Civica (Pordenone), Trieste Contemporanea, Casa del Cinema, La Cappella Underground, Mediateca de La Cappella Underground (Trieste), DobiaLab (Dobbia). Si svolge in collaborazione con Comune di Udine, Comune di Lignano, Istituto Italiano di Cultura di Lubiana, Centro Nazionale del Cortometraggio, WunderKammer (Trieste), La Fabbrica del Vedere (Venezia), OTTOmani Laboratori (Bologna), nell’ambito di Viva i Fumetti 17a edizione col supporto di Regione FVG. Hashtag: #PiccoloFestivalAnimazione, www.piccolofestivalanimazione.it, www.vivacomix.net, www.facebook.comPiccoloFestivalAnimazione www.instagram.com/vivacomix.
I film che non vorresti vedere in alcun altro posto che non sia un cinema
Simon Popek
Qualcosa che non si fa più
Il grande schermo: Teodora e l'espressività dei colori Siamo tutti abituati a guardare film su ogni tipo di media alternativo al cinema; rispetto alla nostra generazione, per i giovani di oggi appare meno “eretico” vedere streaming di film su schermi di computer o tablet. La nostra generazione è cresciuta (anche) su videocassette pirata di qualità orribile, con sottotitoli in serbo-croato che coprivano sottotitoli in cinese, che a sua volta coprivano quelli giapponesi. Generazioni prima della nostra guardavamo film a colori in Cinemascope su televisori in bianco e nero in formato 4:3, e un po' prima - avveniva nei cinema - gli spettatori di provincia erano facilmente abbindolati con la proposta di brutti trasferimenti in 16mm. In breve, le possibilità sostitutive alla visione dei film “canonica” - se consideriamo con questo termine la visione di una copia in 35mm al cinema come l'unica e sola opzione legittima - sono esistite durante almeno tutti gli ultimi 60 anni, cioè per più della metà della storia del cinema, ma i film e il cinema come punto di incontro e luogo educativo sono sopravvissuti a tutte le previsioni apocalittiche. Oserei dire che una delle ragioni di questo è che gli amanti del cinema, quando impressionati da un film visto su un mezzo di qualità "inferiore" hanno poi sempre voglia di farne esperienza nella piena gloria del grande schermo, che si tratti di un film classico in bianco e nero o l'ultimo successo di un festival offferto a un pubblico mondiale simultaneamente in Video On Demand, Blu-ray e nei cinema, in linea con la logica di distribuzione corrente. La gente è sempre stata attirata dall'esperienza artistica originale, irripetibile; il pubblico è disposto a percorrere grandi distanze per questo scopo; nessuna riproduzione dei colori può sostituire l'esperienza dal vivo, in piedi, davanti a una tela rinascimentale, nessuna registrazione - sia essa su LP o CD - può sostituire l'esperienza fatta in una sala da concerto acustico, e no, nemmeno la copia, vista a casa, più raffinata e restaurata digitalmente può sostituire il fascino dell'immagine propria della pellicola un po' graffiata, "morbida" e granulosa. Teodora, imperatrice di Bisanzio (1954), non è forse un classico del cinema mondiale (non può esserlo, semplicemente, perché è così raramente proiettato e di conseguenza quasi mai discusso), ma è un esempio perfetto per illustrare il nostro discorso attuale. Si tratta letteralmente di una pietra miliare del cinema italiano ed europeo, un evento storico nel miglior senso della parola. Riccardo Freda, all'epoca un regista relativamente non affermato, ha avuto l'onore di essere il primo regista europeo a girare un film in Technicolor, un'innovazione Eastman-Kodak che ha portato l'esperienza del colore del cinema a raggiungere nuove vette: così è stato semplicemente logico che potesse disporre di un budget enorme, di una moltitudine di comparse e di un set sontuoso. Teodora, uno dei rari film ottimisti di Freda, non è un tipico esempio di peplum, o il cosiddetto spettacolo di cappa e spada, anche se è considerato un prodotto che ha ravvivato l'interesse per questo sottogenere dimenticato all'interno del cinema italiano. Teodora, ambientato nel periodo d'oro di Bisanzio, racconta la storia di una donna zingara e rinnegata, una ballerina piena di carica erotica che in un periodo di conflitti politici e religiosi seduce l'imperatore Giustiniano, diventando imperatrice. Questo favorisce gli avversari di Giustiniano, che per mezzo di Teodora manipolano l'imperatore e ribaltano il suo potere. Il film non solo è girato in modo spettacolare, ma gode di scene d'azione d'eccezionale coreografia, di una tavolozza di colori equilibrata ...e narrativa, che non era esattamente il tratto distintivo di Freda. Il regista girò anche alcune scene nella famosa Basilica di San Vitale a Ravenna, mettendo in primo piano i mosaici che celebrano Giustiniano. E sono stati proprio questi mosaici a recitare una parte importante per l'avvicinamento di Freda al Technicolor; nello stesso anno, poco prima di iniziare le riprese di Teodora, realizzò infatti un breve documentario (I mosaici di Ravenna, 1954), un esercizio di utilizzo del colore in cui ha esaltato tutta la gloria dei mosaici bizantini della cattedrale e del Mausoleo di Galla Placidia. Il percorso di Freda per la padronanza del nuovo standard tecnico era logico: prima viene la pratica, poi il capolavoro. Qualcosa che, semplicemente, non si fa più. [traduzione a cura di Riccardo Costantini]
Cinemazero protagonista dell’Audience Development & Innovation Lab di Sevilla
Un nuovo pubblico è possibile?
Manuela Morana
Europa Cinemas
Possono i cinema essere linfa vitale per le comunità che le abitano? Of course è la risposta adeguata, senza alcuna incertezza. E con quale potenza i cinema esercitano questa azione rivitalizzante, arricchente, meramente nutriente, dunque, su coloro che la animano? Ebbene, qui, un'esitazione è più che attesa e tollerata. La risposta dipende da molteplici fattori: primi fra tutti lo stato in cui i cinema stessi versano, la loro salute finanziaria, quindi le condizioni e le caratteristiche dell'ecosistema in cui sono collocati e da cui, secondo la più banale meccanica della catena alimentare, essi traggono cibo. Questo nodo di non facile scioglimento, questa risposta che come un vaso di Pandora apre a numerosi altri interrogativi, è stato al centro delle attività dell'Audience Development & Innovation Lab di Sevilla, svoltosi dal 10 al 13 novembre 2016 a Sevilla, città culla dell'Andalusia. Patria di tapas, salmorejo e cerveza, ma anche di cinema: tanto, tantissimo cinema. E' infatti nell'ambito di uno dei maggiori festival di cinema europei, il Festival del Cine Europeo de Sevilla, che ha preso forma uno dei alti progetti formativi promossi da Europa Cinemas (Creative Europe – Media Sub-Programme) e che ha visto la partecipazione di una quarantina di enti cinematografici da tutta Europa. In rappresentanza dell'Italia è stato scelto Cinemazero che, insieme a Cinema Lumiére e Cinema Odeon di Bologna, è stato chiamato ad illustrare i suoi progetti innovativi in tema di rinnovamento del pubblico. Nella sua seconda edizione, il Lab di Europa Cinemas ha avuto come obiettivo quello di ricreare uno spazio di riflessione e analisi il più possibile dinamico e articolato sull'identità del pubblico cinematografico. Dalle oltre 30 ore di attività ne è emersa un'istantanea tutt'altro che scontata: la condivisione e socializzazione delle esperienze dei cinema di tutta Europa ha raccontato lo stato di un'arte che deve molto alla capacità strategica e che punta al virtuosismo nell'incontro tra domanda e offerta. Come attrarre e trattenere nel tempo il pubblico; come costruire un programma di cultura cinematografica; come far dialogare l'identità di un cinema col luogo in cui questo cinema opera. Tutti quesiti che hanno chiesto d'essere investigati toccando temi e argomenti di marketing, demografia, urbanistica, architettura, dando così la chance di oltrepassare i confini dello specifico cinematografico. Diretto da Jon Barrenechea (Head Of Marketing & Projects dei Picturehouse Cinemas in Inghilterra) e Barak Epstein (Exhibitor per Texas Theatre di Dallas in Texas), il laboratorio ha costituito un'esperienza formativa assolutamente arricchente ai fini della conoscenza e dell'analisi delle opportunità di business in un settore che ne ha costante bisogno, nel quotidiano, di sfide continue all'insegna della innovazione, della digitalizzazione, della soddisfazione massima e continua dello spettatore. Cinemazero non poteva mancare all'appuntamento. Di fronte alla folta platea di attori dei cinema provenienti da Austria, Germania, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Grecia, Lituania, Polonia, Russia, Svezia, Inghilterra e ovviamente Spagna, Cinemazero si è riservata un posto di rilievo. Infatti, è in questa occasione che è stato ufficialmente presentato e illustrato il progetto dello Cinemazero Young Club, una manciata di semi adagiati sul terreno della Mediateca nel 2015 che in poco meno di 12 mesi sono germogliati fino a costituire una delle piante più preziose del nostro cinema. Costituito da un gruppo spontaneo di giovani tra i 15 e i 25 anni, uniti in una vera e propria factory dove lo scambio e la socializzazione della passione per la settima arte sono il passepartout per accedervi, il Club convive parallelamente alle attività di Cinemazero, organizzando e promuovendo rassegne cinematografiche, laboratori, spazi di critica cinematografica e parentesi di sperimentazione. La risposta percepita e raccolta dagli operatori di tutta Europa rispetto al Cinemazero Young Club è stata positiva, in alcune occasioni entusiastica. L'esperienza di coltivare all'interno del proprio ecosistema cinema una sorta di colonia dove sperimentare il lavoro del cinema, dove scoprirne le possibili variazioni per azione di coloro che professionisti del cinema non sono (i giovani young clubbers che però il cinema lo seguono, lo curano e amano e che per questo possono contribuire a cambiare e aggiornare), porta con se la suggestione magica di certi esperimenti di vita su Marte. Un altro mondo è possibile? Certo! Un altro pubblico è possibile? La risposta la si può leggere sui volti di ciascuno di questi ragazzi.
I tesori di Henri Langlois
“Da Méliès al 3D, la Macchina cinema”
Lorenzo Codelli
Una mostra alla Cinémathèque Française
«La collezione di macchine della Cinémathèque Française [CF] è tra le più ricche del mondo. Comprende tra l'altro apparecchi unici del XVII e XVIII secolo, le prime caméras di Marey, Lumière, Méliès, la sontuosa macchina da presa Technicolor, le Aaton di Beauviala, le Mitchell BNC degli studios americani, le Panavision e ARRI, gli enormi proiettori Todd-AO 70mm, i più recenti proiettori digitali. E inoltre tutti gli altri macchinari e materiali che contribuiscono in vario modo a far esistere un film, dall'idea originaria fino al contatto con il pubblico. Alla collezione, che comprende oltre 6000 pezzi, diede inizio nel 1939 un visionario, Henri Langlois, il fondatore della CF, con l'aiuto dell'infaticabile Lotte H. Eisner, storica del cinema. Da notare che nel 1959 riuscirono a convincere André Malraux, da poco nominato segretario di stato alla cultura, ad aiutarli ad acquisire la magnifica collezione inglese di Will Day, interamente consacrata alle tecnologie. L'esposizione De Méliès à la 3D, la Machine cinéma ambisce a mostrare le straordinarie invenzioni tecniche al servizio del cinema, ma anche le vere opere d'arte che sono le macchine, compagne indissolubili dei cineasti». Costa-Gavras, presidente della CF, nell'introduzione al catalogo. Mentre sto scrivendo queste note, apprendo la scomparsa di Raoul Coutard (Parigi 1924 - 2016). Visitando la mostra ad ottobre l'avevo fotografato ripetutamente sullo schermo gigante ove venivano proiettate a ciclo continuo sequenze de Il disprezzo (1963) di Jean-Luc Godard. Caso raro di chef op (direttore della fotografia) che inquadra se stesso, più volte, nell'atto di realizzare lente carrellate e panoramiche, avvinghiato alla sua grossa Mitchell, sia in un angolo délabré di Cinecittà, che sul meraviglioso terrazzo di Villa Malaparte a Capri. Frédéric Bonnaud, neo direttore della CF, nel catalogo, e Laurent Mannoni, curatore della mostra e del lussureggiante catalogo, su http://www.cinematheque.fr/cycle/de-melies-a-la-3dla-machine-cinema-356.html, elogiano ambedue il ruolo rivoluzionario di Raoul Coutard negli anni 60. Nessuno meglio di Mannoni, archeologo sommo del cinema - e ideatore della mostra del centenario realizzata alle Giornate del Cinema Muto presso il Chiostro di San Francesco a Pordenone nell'autunno 1995 -, avrebbe potuto imbrigliare, entro spazi relativamente ristretti, una tale mole di bisonti e elefanti d'acciaio d'ogni epoca e Paese. Mentre la monografia edita da Lienart rappresenta una guida voltairiana, anno per anno, invenzione per invenzione, dal 1895 ad oggi, la mostra appare un dedalo vitalmente caotico, un accumulo casual ma non troppo. Un percorso perfettamente in sintonia con il "genius loci" Henri Langlois. Il quale era stato uno specialista dei labirinti e del caso. Sia nei suoi inenarrabili cicli di proiezioni che nello stile espositivo al proprio Musée du Cinéma. Lo conobbi verso il 1966, andando a fare ricerche sui film rari di Joseph Losey. Me ne fece proiettare alcuni sull'immenso schermo del Palais de Chaillot, la mattina, grazie all'intercessione del suo prezioso assistente Simon Mizrahi. Visitando regolarmente la cavernosa sala della CF due o tre volte l'anno - e la CF gemella in rue d'Ulm - scoprii capolavori e navets a dosi di 5 o 6 al giorno. I film annunciati nei programmi a ciclostile e quelli proiettati spesso non combaciavano, erano comunque perle invisibili. Il 14 giugno 1972 Langlois aprì finalmente al pubblico la mostra permanente dei tesori accumulati, occupando l'intera, lunghissima ala sinistra di Chaillot. Lo ricordo bene, seduto ogni giorno all'ingresso, custode e vigile. Guardava con aria torva i non numerosi visitatori. Inoltrarsi da soli in quei meandri mal illuminati, tra resti non restaurati di Metropolis, pezzi di décor di Intolerance, redingote ingiallite della Garbo, incuteva paura. Chissà se saremmo mai riusciti a trovare la sortie? Raoul Coutard ne Il disprezzo Mannoni ha dedicato a miti e realtà di Langlois il documentato tomo Histoire de la CF (Gallimard 2006). Ha ripescato persino la ricevuta di pagamento, firmata da Truffaut, per la mia tessera di aderente al "Comité de défense de la CF", creato il 16 febbraio 1968 da Resnais, Chabrol, Godard, Truffaut, Rivette, Clouzot e molti altri cineasti onde esigere che il nume Langlois venisse rimesso in sella all'istituzione dalla quale Malraux, rimbecillito, l'aveva detronizzato. Proteste di piazza, repressione poliziesca, occupazioni, meno di tre mesi prima dello scoppio fragoroso del Joli mai francese. La macchina cinema (1978), guarda caso, era il titolo d'uno dei massimi pamphlet post-sessantotteschi. In 3 ore e 45', Marco Bellocchio, Silvano Agosti, Sandro Petraglia e Stefano Rulli, membri della Cooperativa Centofiori, dinamitavano metodicamente funzioni e finzioni della "settima arte". L'imperdibile mostra parigina, aperta fino al 29 gennaio 2017, ci rammenta due perle museali che abbiamo elogiato recentemente su queste colonne: la Fabbrica del Vedere di Carlo Montanaro a Venezia e il Museo AIC (Associazione Italiana Autori della Fotografia Cinematografica) a Cinecittà.
A Cinemazero il viaggio per l’Italia, tra passato e futuro, con Italo Moscati
Nel profondo delle immagini alla ricerca di un’utopia possibile
Italo Moscati
1200 Km di belezza
La voglia di scoprire fra passato e presente un futuro su cui scommettere mi è scattata lentamente nel tempo. Si è formata nel crogiolo della curiosità e del sogno a occhi aperti davanti alla foresta di immagini che ci cadono addosso da tutte le parti. Non solo dagli schermi della tv e del cinema, ma dagli sciami di immagini che raggiungiamo o ci raggiungono come api, per succhiare la nostra attenzione, senza garantire il miele per gli occhi e, diciamolo pure, per la mente. Cosi è nato il soggetto del film 1200 KM Dl BELLEZZA che ho girato (e non solo “montato”) con gli archivi del Luce Cinecittà. Le potenzialità dei documenti non hanno, non impongono limiti, o divieti, se non quelli del buon gusto. Forniscono preziose indicazioni, immagini e parole. Sono sceneggiature che non stanno sulla carta, vivono nelle stesse immagini che esistono, giacciono, negli archivi, attendono un riscatto. La stessa cosa è accaduta, accade per le immagini del Paese, abbandonate alla cancellazione sistematica. Sonni pesanti e duri. La sveglia spesso avviene con il tuono o le macerie dei terremoti, incubi tenaci. Sveglie diverse che scoprono scopre dimenticanze imperdonabili nella tutela della Bellezza. Crimini, non venali e compiuti nelle notti dell'oblio e delle offese. L'idea di rifare un grand tour mi è venuta quando, lavorando tra i documenti del Luce, ho sentito la possibilità, il desiderio di immaginare più che rifare l'epoca dei grandi viaggiatori, dei filosofi, scrittori, artisti, sofisticati abbienti. Partire dai documenti e "girarli" di nuovo scegliendo e innestandoli in riprese nuove e originali, a colori, HD; rielaborando, scrivendo una vera e propria sceneggiatura. Fare un film, un viaggio che parte da quel poco che esiste e seguire il corso di sequenze spettacolari, aggiungerne delle altre, andare al cuore di nuove storie e suscitare nuove emozioni. Un viaggio di milleduecento chilometri: quanto è lunga l'Italia, dalle montagne del Nord al mare del Sud; dal bianco della neve all'azzurro del mare. Un' Italia articolata, bellissima, fatta di diverse forme di Bellezza, in un territorio sottile e lungo che presenta caratteristiche particolari per ogni regione. Storia del territorio, del paesaggi, vita della gente e arte si mescolano da sempre. Campagne e città sono cariche di storie, d'arte e di musica d'ogni tipo. Lo spettacolo della natura s'intreccia con lo spettacolo del lavoro e della creatività italiana, aperta al mondo, amata e visitata dal mondo. Il film racconta questa Italia. Scenari, arte, lavoro, panorami, grandi personaggi, perfetti sconosciuti. Bianco e nero, e colore in immagini filmate in luoghi da cui scattano confronti e scontri. Un grand tour accompagnato da una colonna sonora articolata: canzoni, folklore, classica, operistica di autori ed esecuzioni italiane fino ai cantautori, ricca di parole (brevi citazioni poetiche) e rumori d'ambiente Il racconto si richiama o cita i diari di grandi viaggiatori del gran tour: Stendhal, Goethe, Mark Twain, Mary Schelley, Bernhard Berenson e tanti altri, tra cui Giovanni Comisso, Dino Buzzati, Carlo Emilio Gadda. Un grand tour che include momenti di apertura verso il cinema italiano che nei suoi film ha presentato più volte i modi e le storie del viaggiare, poche e brevi scene ricavate dai cinegiornali del Luce; e verso il cinema che viene da fuori, reso protagonista del grand tour. Cosi pure apre alle fotografie, illuminanti, per la qualità, il significato e gli aspetti storici, le curiosità. I suoi abitanti, ecco un punto importante. Nel viaggio non si vedranno solo monti, campi, paesi e città ma si vedranno proprio gli abitanti, con i loro usi e costumi, i riti, le loro lingue, i dialetti, e naturalmente la lingua italiana in continuo divenire. Il titolo? Ispirato a una frase del poeta Vittorio Sereni, "L'Italia una sterminata domenica" frase che prosegue toccando il grande tema della Bellezza di un territorio pieno di sorprese. Per un unico viaggio sulle orme della Bellezza "sterminata" che si affaccia nelle Immagini del Luce; e che da tempo ha sofferto e continua a soffrire.
DAL REGISTA DI PHILOMENA UNA COMMEDIA CON UNA SUPERBA MERYL STREEP
FLORENCE
DI StEPhEN FREARS New York, 1944. Florence Foster Jenkins è una melomane facoltosa che si crede dotata per il canto. Fiaccata da una malattia che cova dietro le perle e nella penombra della sua stanza, Florence decide di perfezionare il suo 'talento' con un maestro compiacente. Perché marito ed entourage hanno deciso di tacitare la sua mediocrità. Cantare per Florence non è un capriccio ma una terapia che le permette di vivere pienamente, ricacciando i fantasmi. Ma quello che doveva essere un trastullo colto per apprendere il repertorio classico, diventa il desiderio incontenibile di trovare un palcoscenico. Maestro e consorte si prestano al gioco e l'accompagnano, uno al piano, l'altro in attesa dietro le quinte, sulle tavole celebri della Carnegie Hall. Nella speranza che il concerto non volga in fiasco..Incarnata da Meryl Streep con gesto manierato e consolidato, Florence è una sopravvissuta a un matrimonio combinato, a una malattia ereditata dall'ex consorte, alla solitudine che la ghermisce nella camera da letto, alla perfetta incoscienza della sua splendida voce falsa, ai tradimenti del nuovo compagno, l'aristocratico charmeur interpretato da Hugh Grant, che trova un altro ruolo a misura del suo cambiamento interrogandoci daccapo sulla longevità di un artista. Frears, alla maniera di St. Clair Bayfield, protegge la sua eroina, 'corrompe' i critici e convince lo spettatore del valore del suo canto. E poco importa se la nota non è quella giusta. Se la prima categoria non si piega reputando Florence inconciliabile con un sistema stabilito di criteri tecnici ed estetici, la seconda abbraccia commossa il sogno di Florence, la purezza del suo desiderio. Come Frears, ci scopriamo tutti innamorati, per ridere troppo a lungo di lei, un fenomeno da freak show che s'ignora magnificamente. Divertissement sentimentale con una fibra comica pronunciata e una lacrima trattenuta, Florence si accorda con Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg, attori impareggiabili e antitesi di una donna investita totalmente dal suo desiderio, priva del loro dono ma la cui ingenuità e autenticità ne definiva tutto lo charme. Il motore, in Marguerite e Florence, è la fiducia. La fiducia in qualcuno. Ma se il sostegno di Georges Dumont per Marguerite Dumont è condizionato e affatto sincero, quello di St. Clair Bayfield per Florence è assoluto, indecifrabile e sposta il baricentro del personaggio di Hugh Grant, che sublima il ridicolo e converte la mediocrità in sentimento. Risvegliata dal suo sogno, Florence Foster Jenkins morirà colpita al cuore dai detrattori. Perché non c'è niente che centri il cuore come il grande talento o l'assoluta mancanza di talento.
i film del mese
(Tit. Or.: Florence Foster Jenkins) Un film di Stephen Frears. Con Meryl Streep, Hugh Grant. Gran Bretagna, 2016. Durata: 110 min.
(Tit. O.: Juste la fin du monde) Un film di Xavier Dolan. Con Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, Léa Seydoux, Francia, 2016. Durata 95 min.
UN POTENTE DRAMMA FAMILIARE SULL’INCOMUNICABILITÀ
è SOLO LA FINE DEL mONDO
DI XAVIER DOLAN Da dodici anni Louis, drammaturgo affermato, è lontano da casa. Si è chiuso la porta alle spalle e non è si più voltato indietro. Ma adesso Louis sta morendo e a casa ci vuole tornare. Imbarcato sul primo aereo, rientra in seno alla famiglia che lo attende tra premurosità e isteria. Sulla soglia lo accoglie l'abbraccio di Suzanne, la sorella minore che non ha mai visto crescere, Antoine, il fratello maggiore che si sente minacciato dal ritorno del fratello che aveva monopolizzato l'attenzione dei genitori durante tutta la sua infanzia, Catherine, la cognata insicura e mai conosciuta che esprime le sue verità balbettando, la madre, affatto preparata al ritorno di un figlio mai compreso. Adesso che Louis è tornato lei vorrebbe tanto che le cose funzionassero, che i suoi figli trovassero le parole per dirsi ma nessuno dice e tutti sentenziano. Nessuno sa più niente dell'altro, la morte si appressa e la voce per annunciarla si spegne su un indice che chiede il silenzio. Il film mette in scena un'impossibile riconciliazione familiare e chiude i conti col soggetto, convocandolo un'ultima volta in un interno e dentro il caos più assoluto in cui nevrosi, gelosie, frustrazione, rancori ma anche amore e ammirazione si mescolano. Atto unico, baleno di disagio assoluto, arco di isteria incontenibile, È solo la fine del mondo annuncia la fine del mondo, la fine del sé-mondo, quello del protagonista e quello dell'autore che si fanno silenti. Perché gli altri non vogliono sentire, perché gli altri non possono sentire. Odio e amore, rabbia e gioia, perdono, rancore e qualche risata si susseguono così nel giro di pochi secondi gestiti al massimo della credibilità. Ci mette poco lo spettatore a sbattere contro il vero protagonista di questa storia, l'incomunicabilità che regna tra i personaggi. E la loro solitudine. Il ventisettenne regista adatta la piece omonima di Jean-Luc Lagarce e assembla il cast perfetto, è un film di attori, tutti in stato di grazia mentre la forza visiva di Dolan fa la differenza e spinge il teatro filmato verso il grande cinema. Sin dall'inizio, in cui ci mostra cosa sia tornare a un mondo che non ti appartiene più, al finale in cui ormai il regista sa bene quale sia l'unica cosa da fare, alzare il volume di una bellissima canzone - Natural Blues di Moby - e passare in dissolvenza...
i film del mese
(Tit. Or.: Ma vie de courgette) Un film di Claude Barras. Svizzera, 2016. Durata: 66 min.
UN PICCOLO CAPOLAVORO
LA mIA VItA DA ZUCChINA
DI CLAUDE BARRAS Zucchino non è un ortaggio ma un bambino (il cui vero nome era Icaro) che pensa di essersi ritrovato solo al mondo quando muore sua madre. Non sa che incontrerà dei nuovi amici nell’istituto per bambini abbandonati in cui viene accolto da Simon, Ahmed, Jujube, Alice e Béatrice. Hanno tutti delle storie di sofferenza alle spalle e possono essere sia scostanti che teneri. C’è poi Camille che in lui suscita un’attenzione diversa. Se si hanno dieci anni, degli amici e si scopre l’amore forse la vita può presentarsi in modo diverso rispetto alle attese. Ci sono dei film (rarissimi) capaci di infrangere una serie di tabù (anche della categoria del politically correct) consapevoli di avere dalla propria parte uno sguardo carico di quell’umanità profonda che rivela un’altrettanto profonda e partecipe conoscenza dei soggetti portati sullo schermo. Il film ha trovato il proprio punto di partenza nel libro “Autobiographie de une Courgette” ma è Céline Sciamma, al suo top nella scrittura, che ha saputo fornirgli il giusto equilibrio tra dramma, commozione e speranza. Perché ci viene ricordato quanto sia intensa la sofferenza di un bambino che vive una condizione familiare disastrata (la mamma di Zucchino era alcolizzata e lui conserva di lei come ricordo una lattina di birra vuota ma i suoi compagni non hanno vissuto meglio). Ci dice però anche che si può sfuggire allo stereotipo cinicamente pessimista secondo il quale ‘tutti’ gli istituti per minori sono luoghi di detenzione in cui trascorrere mesi o anni in cui i soprusi sono pane quotidiano. Non è così per Zucchino e i suoi amici anche se la speranza di trovare una possibilità di vita al di fuori resta non può venire a mancare. Claude Barras ha saputo mettersi ad altezza di bambino deprivato senza mai farsi tentare da uno sguardo dall’alto in basso. Lo ha fatto consegnando ad ognuno dei protagonisti (pupazzi animati in stop motion) dei grandi occhi capaci di attrarre qualsiasi spettatore (bambino o adulto che sia) che non sia privo di sensibilità.
LA SCUOLA AL CINEMA - DICEMBRE 2016
Al prezzo di € 3,00 a studente (insegnanti e adulti accompagnatori non pagano), è possibile partecipare alle proiezioni mattutine presso le sale di Cinemazero. Ogni proiezione è un evento, accompagnato dal commento critico di un esperto. E' obbligatoria la prenotazione scrivendo a didattica@cinemazero.it Ogni mese insegnanti e segreterie didattiche ricevono tramite mail la lista di tutti gli appuntamenti in sala. Per essere inseriti nella mailing list, inviare il proprio contatto a didattica@cinemazero.it
Martedì 6 dicembre ore 9.00 Proiezione-evento promossa da Comitato UNICEF Pordenone in collaborazione con Cinemazero IL GRANDE GIORNO di Pascal Plisson Francia 2015, 86' Dopo il grande successo di Vado a scuola (2013), Pascal Plisson torna a raccontare i sogni e le speranze attraverso le storie dei quattro giovani protagonisti de Il grande giorno, provenienti dai più disparati angoli del mondo. Per mesi, addirittura per anni, i quattro protagonisti del film attendono questo giorno speciale che cambierà le loro vite per sempre. I nostri quattro eroi affronteranno la prova che determinerà non solo il loro destino ma anche quello delle loro famiglie. Alla fine dopo tanto impegno e perseveranza il sogno sta per avverarsi.
Mercoledì 7 dicembre ore 10.30 LO AND BEHOLD - INTERNET: IL FUTURO È OGGI di Werner Herzog USA 2016, 108' Si può ancora immaginare un mondo senza connessione Internet? Quali sono i limiti dell'essere costantemente connessi? Siamo in grado di difenderci dalle minacce che si nascondono dietro all'utilizzo di questo mezzo così potente? Con lo sguardo disincantato, l'acume e l'ironia a cui questo straordinario cineasta ci ha abituato nel corso della sua lunga produzione di documentari, Lo and Behold (espressione che si potrebbe tradurre con "ammira!") tenta di riflettere su questi temi, esplorando anche le zone marginali, più controverse, che ne mettono in luce le contraddizioni. L'intento non è tanto quello dell'esaustività, quanto gettare delle basi per una riflessione più ampia sul mondo connesso in rete. Il regista lo fa suddividendo il documentario in 10 capitoli che si muovono tra la fascinazione, lo scetticismo e l'inquietudine derivante dall'utilizzo di questo mezzo che di fatto, come viene detto più volte nel film, è "fuori controllo".
Martedì 13 dicembre ore 9.00 Proiezione-evento firmata Le voci dell'Inchiesta e Tucker Film WALLS di Pablo Iraburu, Migueltxo Molina Spagna 2016, 82' Il 9 novembre 1989, quando il muro di Berlino fu abbattuto, molti sognarono un mondo senza più divisioni. Illusioni. Ventisette anni dopo, come racconta il documentario di Pablo Iraburu e Migueltxo Molina, i muri vivono e crescono intorno a noi. In tutto più di ottomila chilometri di cemento armato, reti, flo spinato, sensori elettronici installati ai quattro angoli del globo e utilizzati per tener lontani "nemici", "terroristi", "clandestini" e "contrabbandieri". Al confne tra Stati Uniti e Messico, incontriamo un veterano del Vietnam che per sua scelta pianta delle croci nei luoghi in cui i messicani hanno perso la vita cercando di trovare una vita migliore, tentando di oltrepassare la frontiera. In un'altra sequenza del flm viene ripresa una coppia messicana in attesa del momento giusto per tentare di passare attraverso le recinzioni. La telecamera ci porta poi in Africa: una sentinella pattuglia le rive del fume Limpopo, lungo il confne tra Zimbabwe e Sud Africa, dove molti rifugiati annegano nel tentativo di attraversare. Alla frontiera marocchina-spagnola si vede una donna portare degli enormi pacchi sulla schiena. Davanti agli occhi dello spettatore scorrono le immagini di queste zone di frontiera, scene che si fondono e si sovrappongono in modo armonico tra loro, stimolando le persone ad analizzare la questione in un'ottica globale, universale.
Giovedì 15 dicembre ore 9.00 | Cinema Zancanaro - ingresso libero Martedì 20 dicembre ore 9.00 | Cinemazero - ingresso libero Proiezione-evento promossa da Cinemazero in collaborazione con il Garante regionale dei diritti della persona e Indigo Film UN BACIO di Ivan Cotroneo, Italia 2016, 101' Lorenzo, Blu e Antonio hanno molte cose in comune: hanno sedici anni, frequentano la stessa classe nello stesso liceo in una piccola città del nord est, hanno ciascuno una famiglia che li ama. E tutti e tre, anche se per motivi differenti, finiscono col venire isolati dagli altri coetanei. La loro nuova amicizia li aiuta a resistere, fino a quando le meccaniche dell'attrazione e la paura del giudizio altrui non li colgono impreparati... UN BACIO è un film sull’adolescenza, sulle prime volte, sulla ricerca della felicità. Ma anche sul bullismo e l’omofobia. Sui modelli e sugli schemi che ci impediscono, e che impediscono soprattutto ai ragazzi, di essere felici, di trovare la strada della loro singola, particolare, personale felicità. Un ritratto sensibile e coraggioso di tre adolescenti che escono dallo schermo per entrare nella memoria dello spettatore, nello spazio in cui stanno i film che non si dimenticano.
CORTOMONTAGNA 2016
Domani accadrà ovvero se non si va non si vede
Tolmezzo (Ud) - 7 e 8 dicembre 2016
Una due giorni cinematografica all'Auditorium Candoni di Tolmezzo, il 7 e 8 dicembre, in compagnia del noto direttore della fotografia - carnico di nascita, hollywoodiano di adozione - Dante Spinotti, qui impegnato in qualità di ideatore e coordinatore, assieme ad Adriana Stroili, di Cortomontagna 2016, sezione video del premio letterario Leggimontagna organizzato dall'ASCA. Si tratta di un concorso per autori di cortometraggi su temi legati alla montagna e all'alpinismo, realizzati anche con un telefonino. Oltre alla presentazione dei filmati pervenuti, il programma prevede proiezioni, dibattiti con i registi e seminari di studio. Dante Spinotti presenterà un breve documentario, Inchiesta su Inchiesta, girato nel 2016 allo scopo di riflettere sulle discussioni, polemiche in alcuni casi, che ha suscitato in Friuli Venezia Giulia da due anni a questa parte il suo reportage Inchiesta in Carnia (uscito in sala nel 2014 e ora disponibile, appena pubblicato dalla Cineteca del Friuli, in formato dvd e blu-ray). Evento speciale, realizzato con il patrocinio di National Geographic, sarà la proiePartners Partners : pr prenotazione contattare: ontattare: zione, giovedì 7 dicembre alle 21, delPPerer laCasa documentario prodotto e interpretato da Leonardo Di Casa San S Tommaso , 2 (e Vi.le T. T. Falzello Falzello - Linguaglossa (CT ) P.zza A.Gullo, (exxpianeta, Vi.le (CT) Caprio sulle emergenze ambientali del Before the Flood - Punto di non ritorno, che Email: info@casasantommaso.it tommaso.it .: +39 095 7763037 | F ax: 095 643455 - 393 9838239 Tel.: verrà commentato in sala da scienziati eFax: ambientalisti. Punto di non ritorno sarà proposto anche al Cinema Sociale di GemonaPer sabato 10 e domenica 11 dicembre. Info: www.leggipartecipazione tecipazione ccontattare: ontattare: Per la par l’Associazione vulcano ano ssociazione Festival F al del viaggio viaggio ascensioni ascensioni al vulc Email: festivuletna@gmail.com mail.com montagna.it. Info: www.albertina.at Cell.: Cell.: +39 392 0587477 - +39 329 6876373 - +39 347 5260740 SOCIETÀ SOCIETÀ TURISTICO TURISTICO ALBERGHIERA ALBERGHIERA RAGABO RAGABO
COMUNE C OMUNE DI LINGUAGLOSSA LINGU AGLOSSA
Regione Sicilia
Assessorato Assessorat Territorio ritorio ed Ambiente Ambiente A ssessorat Territorio ritorio Assessorato Identità Siciliana Identità Assessorato del Turismo, Turismo, Assessorato Sport e dello Spettacolo Spettacolo dello Sport
LIONS INTERNATIONAL INTERN AL CL UB DI T AO R M I N A LU TAO NA
INAFFERABILE - Lo sguardo di Pasolini nelle foto di Cinemazero Casa San Tommaseo (Ct) - 8 dicembre 2016 / 8 gennaio 2017
Nell’ambito del Festival del Viaggio, e in occasione del convegno di studi “Pier Paolo Pasolini e…la profezia del Mediterraneo”, s’inaugura l’8 dicembre in provincia di Catania la mostra “Inafferrabile” (presentata in prima assoluta con grande successo a pordenone nel 2015), viaggio nello sguardo del poeta/scrittore/regista attraverso i primi e primissimi piani “privati” scattati da Deborah Imogen Beer e Gideon Bachmann, custoditi e valorizzati da Cinemazero.
IL VOLO DEL JAZZ 2016
“Io sono una forza del passato” Sacile - mercoledì 7 sabato 10 dicembre 2016 Sponsor: Sponsor:
Ultimi appuntamenti con l’edizione 2016 de Il volo del jazz. Mercoledì 7 dicembre, presso la Fazioli Concert Hall, saranno in scena Julian e Roman Wasserfuhr, ormai considerati da tempo due tra i maggiori musicisti jazz della scena tedesca. Capaci di sperimentare e “volare” oltre le barriere stilistiche, i fratelli Wasserfuhr vantano già collaborazioni con Nils Landgren, Lars Danielsson, Wolfgang Haffner, DJs Blank & Jones e Bertil Mark e Thomas D. Il loro ultimo e celebrato album, Running mette in luce anche le loro qualità di compositori e arrangiatori. Un lavoro in cui la determinazione e la passione di Julian e Roman emergono con forza attraverso splendide composizioni, riconoscibili per la ricchezza di luce e la spensieratezza delle melodie. Sabato 10 dicembre, infine, al Teatro Zancanaro di Sacile di scena l’Orchestra Operaia di Massimo Nunzi: un progetto che va al di là della musica. Un’esperienza che è voglia di cambiare, reattività, gioia. L’Orchestra Operaia è la creatura di un musicista eccezionale, Massimo Nunzi, ed è il primo esempio in Italia di Orchestra “cooperativa”, diretta in condivisione con altri direttori. Libera da connotazioni politiche di qualsiasi genere, l’Orchestra Operaia prende vita nel 2013 e si è concretizzata in un’affiatata squadra artistica “in grado di suonare qualsiasi cosa: dal jazz degli anni ’30 alla musica contemporanea”, spaziando dai classici del jazz a Gil Evans, Laurie Anderson e Talking Heads passando per Django Bates, Ani Di Franco, Frank Zappa, John Adams, Mulatu Astatke, Thomas Adés e Prince. Info: www.controtempo.org