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€ 1,00 mensile di cultura cinematografica
Cinemazero, aperto per lavori
Un bilancio importante per i primi dieci anni di attività
Gideon Bachmann: l’ebreo errante
Il ricordo di un grande amico del cinema e di Cinemazero
Raccontando il mondo. Senza perdere...di realtà Ad Amsterdam una grande selezione di documentari
Bigger than life
Avatar e “Il mondo di Pandora”
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2017 numero 1 anno XXXVII
Dieci anni di Fondo Audiovisivo in FVG
Gennaio
Dopo un anno di successi l’attenzione è sempre rivolta al futuro
Shoah: guardare per imparare, riflettere per capire Tanti film per superare i confini dei manuali di storia
Il Rumore bianco dell’Ultima spiaggia Attività & passività del Friuli Venezia Giulia
Domani accadrà
Ovvero se non si va non si vede
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Cinemazero, aperti per lavori
Andrea Crozzoli
Editoriale
Un “cantiere culturale” sempre in fermento
Con il 2017 si apre il trentanovesimo anno di attività di Cinemazero, l’anno in cui si affilano le armi per affrontare degnamente il quarantesimo. Quello che ci preme, pertanto, è guardare avanti, al futuro, più che fare un bilancio dell’anno appena trascorso. Bilancio del resto positivo, ma più che osservare il proprio ombelico vogliamo rivolgere l’attenzione a quello che verrà! I lavori per la quarta sala procedono sul fronte organizzativo e troveranno realizzazione nei mesi estivi per poter partire, nell’autunno 2017, con i fatidici, e tanto attesi, quattro schermi. Ma il mondo cambia, si evolve, e con esso i gusti, così come le modalità interrelazionali. I social impazzano, condizionano addirittura l’elezione del presidente americano, e noi come realtà culturale siamo chiamati a porre in essere una riflessione su tutti questi nuovi strumenti. Se il cinema ormai transita su tutti i supporti visuali, se ci sono in atto concentrazioni economiche per mettere sempre più film, sempre più nuovi e sempre più allettanti nei canali televisi a pagamento; se gli schermi catodici diventano sempre più piatti, più ad alta definizione e i pollici di sprecano in un tripudio di “chi ne ha di più”; il fascino della sala cinematografica resta intatto. Uscire di casa è socializzante, vedere un film sul grande schermo in mezzo ad altra gente, con audio perfetto, avvolgente, sono tutte benefiche sensazioni che solo la sala può dare. Su queste benefiche sensazioni della fruizione in sala, dobbiamo abituare soprattutto i giovani a praticarle. Quella generazione duepuntozero, abituata fin da piccola a fruire di immagini dallo smartphone dei genitori, deve essere aiutata a comprendere l’utilità e la bellezza di una visione in sala. Su questa necessità, vitale per i giovani, Cinemazero intende, lungo tutto il 2017, avviare una lunga serie di iniziative. Di alcune già parliamo in altre parti del giornale ed altre si concretizzeranno mese dopo mese. Cinemazero guarda con grande attenzione al ricambio generazionale nella fruizione del cinema. Un problema che tocca tutti i cinema, non solo in Italia, ma che Cinemazero vuole non subire ma affrontare come soggetto attivo. La positiva esperienza dello YoungClub, formatosi all’interno di Cinemazero, dove un gruppo di giovanissimi amanti del cinema si sono messi in rapporto diretto con il fare cinema, ci induce a continuare a lavorare sui giovani, per i giovani, ossia sul futuro. In questo ambito una lodevole iniziativa di supporto ai giovani è quella del bonus cultura di 500 euro. Una opportunità che i giovani non dovrebbero lasciarsi sfuggire, perchè (come scrive la Treccani) cultura è l’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio, la lettura, l’esperienza, diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a sviluppare o migliorare le facoltà individuali, specialmente la capacità di giudizio. E tutto questo non è certo poca cosa!
In copertina Gideon Bachmann scomparso poche settimane fa. Fu fotografo, giornalista, studioso di cinema, critico, intellettuale, regista e grande amico di Cinemazero (Foto Andrea Crozzoli)
cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Gennaio 2017, n. 1 anno XXXVII
Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Manuela Morana Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Elena d’Inca Direzione, redazione, amministrazione Via Mazzini, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 Cassa: 0434-520527 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Sincromia - Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica
Dieci anni di Fondo Audiovisivo
Paolo Vidali
“Il settore audiovisivo occupa oltre un milione di persone nell'U.E., e costituisce la prima fonte di informazione e di divertimento degli europei.” “Negli ultimi anni questo settore si è fortemente evoluto, grazie alla rivoluzione digitale nel cinema, nei video e nella televisione.” Non sono parole nostre, ma citazioni da documenti ufficiali della Commissione Europea. Che ci aiutano a introdurre e spiegare quanto è successo in FVG, e, soprattutto, perché è successo. Prima del 2006 nessun film o documentario realizzato da un’impresa di produzione regionale aveva avuto mercato fuori dal FVG. Il Fondo per l’Audiovisivo fu istituito appunto nel 2006 dalla L.R. 21, e nei suoi quasi 10 anni di attività ha operato per favorire la realizzazione di opere cinematografiche e televisive che sono state diffuse in tutta Europa (con qualche exploit in Giappone e in America). TIR, Zoran, The special need, L’estate di Giacomo, Dancing with Maria, L’ultima spiaggia, sono solo alcuni dei film che hanno vinto premi prestigiosi e che sono stati visti in giro per il mondo. Non vogliamo parlare di questi successi per vantare dei meriti: e del resto sarebbe una presunzione ridicola, visto che il merito dei risultati non può che essere degli autori e dei produttori. Quello che vorremmo evidenziare è il metodo che il Fondo ha seguito per rendere il settore audiovisivo regionale competitivo su scala internazionale. Per farlo, cominciamo con un chiarimento per i non addetti ai lavori (e non solo per loro). Il decentramento della produzione audiovisiva rispetto ai poli storici è stato reso possibile dal passaggio dall’analogico al digitale: l’abolizione della pellicola ha permesso la nascita, pressoché ovunque, di strutture agili ma complete, in grado cioè di rispondere a tutte le esigenze poste dalla realizzazione di un audiovisivo. Ma le possibilità offerte dalle nuove tecnologie non generano automaticamente “nuova produzione”. Certo non nel settore audiovisivo, dove continua a prevalere l’aspetto contenutistico. Un film, un documentario, lo apprezziamo per quello che ci racconta, per come ci emoziona, non certo perché è girato in 4K, invece che in 35mm. E quindi il lavoro del Fondo è stato quello di favorire la produzione di contenuti, finanziandone lo sviluppo, e finanziando la formazione di quelli che i contenuti li creano. Ma, si sa, i soldi non sono tutto… Non vogliamo sminuire il valore dei contributi che il Fondo ha concesso ai progetti audiovisivi, soprattutto perché la selezione è fatta da un Comitato Tecnico di grande professionalità, e questo garantisce di concentrare i finanziamenti sulle idee migliori, evitando dispersioni. Quello che vogliamo raccontare è che, parallelamente alla gestione dei contributi, abbiamo intrapreso un’azione di sostegno e accompagnamento delle imprese verso un’internazionalizzazione che è ormai indispensabile in ogni ambito produttivo. E che, come abbiamo verificato, è stata la vera chiave di volta per la crescita del settore audiovisivo del FVG. Ad esempio When East Meets West, forum di coproduzione per nuovi progetti audiovisivi: professionisti provenienti da una trentina di paesi si riuniscono a Trieste, ogni anno a gennaio, per dare vita a nuove collaborazioni. O Ties that bind, workshop per produttori cinematografici europei e asiatici: una sessione a Udine, durante il Far East, una a Singapore, ospiti di South Asia AudioVisual Association. O Re-ACT, programma di formazione e co-sviluppo tra Fondo FVG, Fondo sloveno, Fondo croato: i professionisti della nostra regione hanno la possibilità di sviluppare insieme a colleghi sloveni e croati nuovi progetti di comune interesse. Insomma, l’apporto economico è essenziale, ma non sufficiente. Il sostegno alle imprese deve esplicitarsi anche, se non soprattutto, nella fornitura di specifiche competenze."Internazionalizzazione" è una bella parola, e di gran moda. Ma deve essere sostanziata da iniziative concrete e misurabili; altrimenti finisce per essere sinonimo di "velleità". La valorizzazione del fattore umano, attraverso la formazione, è prioritaria. Una “ubriacatura da tecnologia” ha portato molti a credere che la digitalizzazione, in sé, rappresenti la soluzione dei problemi. Forse dimenticando ciò che ebbe a dire un guru dell’informatica qualche anno fa: “Nessun computer è più intelligente di chi gli sta seduto davanti”. L’augurio che ci facciamo, e che facciamo a chi si occupa in FVG di imprese culturali, è che il modello rappresentato dal Fondo Audiovisivo possa essere usato per far crescere l’intero settore, ancora molto legato ad iniziative meritorie, certamente piene di entusiasmo, ma troppo amatoriali per poter aspirare a risultati rilevanti e ripetibili.
Fondo Audiovisivo FVG
Anche il Fondo per l’Audiovisivo festeggia 10 anni di importante attività
Ci lascia un grande amico del cinema e di Cinemazero
Andrea Crozzoli
Ricorco di Gideon Bachmann
Gideon Bachmann l’ebreo errante Nel 1979 abbiamo conosciuto Gideon Bachmann, e la sua compagna Deborah Beer, in occasione della prima retrospettiva completa in Italia che Cinemazero dedicava a Pier Paolo Pasolini. Manifestazione che comprendeva, oltre naturalmente a tutti i suoi film, una mostra fotografica sul cinema pasoliniano. Graziella Chiarcossi, nipote ed erede di Pier Paolo Pasolini, ci segnalò Gideon Bachmann, un giornalista/fotografo ebreo che aveva seguito Pasolini in maniera particolare negli ultimi quindici anni. Bachmann, smentendo i pregiudizi sugli ebrei, all'epoca ci donò gratuitamente tutto il materiale per allestire la mostra. Da buon collezionista aveva, oltre alle fotografie da lui e da Deborah Beer scattate, anche moltissime foto di tutti i film pasoliniani. Nel corso del tempo il rapporto con Gideon Bachmann è rimasto sempre intenso e costante. Nato in Germania, dalla quale scappò con i genitori durante il nazismo per evitare i campi di concentramento, Gideon studiò e crebbe a New York ospite di uno zio. Si manifestarono subito i suoi interessi per la fotografia e il cinema tanto che condusse per anni una trasmissione radiofonica diffusa all’epoca in tutti gli States. Ancora lo scorso anno un critico a Cannes ricordava con ammirazione quelle trasmissioni alla radio sul cinema. Alla fine degli anni 50 conobbe Federico Fellini, in trasferta a New York per presentare Le notti di Cabiria, film premio Oscar, e in quell'occasione lo intervistò per la sua rubrica radiofonica. Subì il fascino e la seduzione del magico mondo felliniano tanto da decidere di venire in Italia per seguire la lavorazione di Otto e mezzo e scrivere un libro su Fellini per conto di un editore americano. Non rientrò più negli States e si stabilì definitivamente in Europa. A Roma visse nella mitica torre del Grillo, con affaccio sui fori imperiali. Un giorno, appena acquistata, gli rubarono sotto casa l'Alfa Romeo cabrio rossa fiammante. Lo stesso giorno tornò al concessionario ed acquistò una nuova, identica, auto. A Roma, nei mitici anni 60, scriveva per varie testate americane lunghi articoli che corredava con sue foto, registrava centinaia di interviste tanto da ritrovarsi, alla fine della sua carriera, un poderoso archivio sonoro. In quegli anni seguiva a Roma non solo il lavoro di Fellini ma anche quello di Pier Paolo Pasolini con il quale stabilì un solidissimo legame di amicizia. Questo grazie anche alle sue interviste che erano lunghe, approfondite discussioni sui più svariati argomenti: dal cinema alla politica, alla filosofia. Una capacità empatica e intellettuale unica e irripetibile ha sempre caratterizzato il lavoro di Gideon Bachmann. Sul set di Fellini Satyricon girò in 16 mm il primo backstage della
storia del cinema quel Ciao Federico! che raccontava, in maniera spesso sottilmente ironica, il lavoro del maestro riminese sul set del film. Gideon riuscì a fare di Ciao Federico! non solo un backstage ma un film sul film, un lavoro che aveva una sua anima e una sua struttura vitale sganciata dal film di Fellini. Gideon Bachmann nel 1975 si trovò a seguire tutta la lavorazione dell'ultimo film di Pasolini Salò, dove la sua compagna Deborah Beer era fotografa di scena esclusiva. Bachmann avrebbe dovuto girare il backstage che non portò a termine anche per la tragica, violenta morte di Pasolini nel novembre dello stesso anno. Alla fine degli anni 90 donò tutto il suo poderoso archivio a Cinemazero. Con il suo materiale sono state organizzate bellissime mostre in diversi prestigiosi luoghi, come al Festival di Cannes per le foto scattate sul set di Otto e mezzo quaranta anni prima, o l'inaugurazione del museo nella casa natale riminese di Fellini. Momenti che vedevano sempre la sua presenza in forma di testimonianza. Nel corso della sua lunga carriera Gideon Bachmann ha prodotto una quantità incredibile di interviste con moltissimi autori del cinema tanto da voler creare un qualche museo della voce. Una piccolissima parte di queste interviste, quelle con Pier Paolo Pasolini, sono state raccolte da Cinemazero nel prezioso volume Pier Paolo Pasolini. Polemica politica potere – Conversazioni con Gideon Bachmann per le edizioni Chiarelettere. Con una parte del materiale e le foto sul set di Salò Giuseppe Bertolucci ha portato a termine uno dei suoi ultimi poetici lavori: Pasolini prossimo nostro. Tantissimo altro materiale resta ancora da scoprire, rivalorizzare e catalogare. Bachmann girò, infatti, anche tre documentari sul movimento culturale newyorkese degli anni '60 e con uno dei quali vinse un Leone d'Argento a Venezia. Gli ultimi anni li ha trascorsi nella terra natale, quella Germania dalla quale era scappato da bambino. A Karlsruhe diresse per anni una scuola di cinema a livello europeo, dove avviava giovani laureati, delle diverse facoltà di cinema, per svolgere stage formativi, pagati dalla scuola di cinema stessa, sui set dei diversi film che erano in produzione in quel momento. La personale conoscenza di centinaia di registi gli permetteva di piazzare giovani laureandi sui set europei con grande facilità. A volte si lamentava di aver lavorato tanto nella sua vita e di ritrovarsi infine senza una pensione, ma rispondeva con ironia yiddish ai miei tentativi di rincuorarlo dicendogli che aveva, però, avuto un sacco di soddisfazioni conoscendo Fellini, Pasolini e tutti i grandi del cinema: «Sai che sapore strano hanno le soddisfazioni fra due fette di pane?». Solo negli ultimi due anni era mancato alla Berlinale dove usavamo festeggiare in febbraio il suo compleanno. Nessuno come lui ha girato tanti festival cinematografici in tutto il mondo: da Venezia, dove per anni ha condotto le conferenze stampa, a Tel Aviv, a San Sebastian, vero cittadino del mondo – conosceva sei lingue – sempre con uno sguardo acuto e attento. A febbraio 2017 avrebbe compiuto 90 anni Gideon Bachmann, fotografo, giornalista, studioso di cinema, critico, intellettuale, regista e tanto altro ancora. Con lui se ne va un pezzo di storia del cinema anche se, fortunatamente, non ha mai dimenticato di raccogliere testimonianze, documenti e materiale e lasciar poi tutto in custodia. È stato un maestro, senza mai farlo pesare, come quel giorno, che uscendo da una proiezione festivaliera dissi: «Che noia, il regista fa sempre lo stesso film!», lui mi guardò suotendo leggermente la testa e sorridendo rispose: «Approfondisce i temi della sua poetica!». Grazie Gideon! Riprendere in mano i suoi materiali farà sentire meno il peso della sua assenza. Parafrasando il suo lavoro su Fellini: Ciao Gideon!
Aspettando Le voci dell'inchiesta, ad Amsterdam un'importante selezione di documentari
Riccardo Costantini
International Documentary Film Festival
Raccontando il mondo Senza perdere...di realtà L'International Documentary Film Festival di Amsterdam (16-27 novembre 2016) continua a essere la principale vetrina europea di cinema del reale. La selezione appare davvero monstre: 297 titoli presentati (su 3.495 candidature), di cui 102 documentari in prima mondiale sono il biglietto da visita del festival. Non sono biechi numeri, ma un'efficace cartina di tornasole di quello che sta accadendo, non solo ad Amsterdam, ma in generale nel mondo del documentario: produzioni in crescita esponenziale, occasioni di visibilità aumentate, mercati in rapido sviluppo. Il mondo là fuori, insomma, è in attesa di essere raccontato. E il problema, sensibile, è proprio qua. Avendo avuto il privilegio di vedere (seppur a spizzichi e bocconi, o nello splendido cinema decò Pathé Tuschinski [davvero vale il viaggio anche per i non addetti ai lavori], o nelle confortevoli sale del Pathe de Munt o nelle scomodissime e affollate postazioni del Film Market, dove le contrattazioni dei primi giorni sono da vero Suk, alla presenza di tutti i principali buyers internazionali...) circa un quinto dei titoli, la conclusione – seppur non definitiva e assoluta – è che la quantità non è sinonimo di qualità. E fin qua, con questo detto antico come l'uomo (almeno quello industriale), nulla di particolare: la riflessione che si impone è invece che bisogna stabilire con una certa priorità e urgenza che cosa sia “il racconto del reale”, come funzioni e a chi si rivolga. Ormai si può girare di tutto e dappertutto, con mezzi tecnologici anche semplici e affidabili, con ottimi risultati visivi ma...non è sicuramente il carattere esotico del soggetto o la stranezza del luogo/contesto di ripresa a garantire la qualità della narrazione. Donne cannone e nani Bagonghi non si sono visti, ma siamo abbastanza vicini al limite: non necessariamente a fare un buon documentario concorre principalmente un buon soggetto (nel senso anche di “elemento/protagonista/accadimento centrale su cui si concentra il racconto”), ma sono i modi e le scelte autoriali proprie della narrazione a tenerlo in piedi. Così, fra una messe di stranezze, originalità, particolarità sociali o umane, più di altri anni è stato difficile scovare lavori decisamente solidi. La guerra a l'ISIS, il terrorismo, il fondamentalismo religioso sono certo stati un tema trasversale molto forte, ma spesso i film si sono concentrati sulla particolarissima occasione di ripresa (“sulla linea del fuoco” et similia). Radio Kobani, dell'olan-
dese Reber Dosky, racconta invece la vicenda bellica con straordinaria intensità, alternando scene che mostrano la cruenta realtà della città curdo-siriana devastata dalle bombe con la storia rigenerante di Dilovan Kiko, intraprendente giovanissima che nei giorni immediatamente successivi alla liberazione inaugura una radio libera, collante di sogni e aspirazioni della sua città, pronta a ripartire, nonostante il confine caldo e in casa (il confine con la Turchia è praticamente all'interno di Kobani). Fa piacere riscoprire il lavoro di Marco De Stefanis, italiano che produce da tempo in Olanda, che con il suo Waiting for Giraffes, con la scusa di narrare la toccante storia del direttore dell'unico zoo palestinese, realizza un semplice e comunicativo affresco, molto più efficace di tanti saggi nel narrare la complessa situazione israelo-palestinese.
Qui entra in campo un altro elemento cruciale: gli input produttivi provenienti da film commission, fondi per l'audiovisivo, progetti europei... Dove i fondi sono strutturarti e costanti, innervati su network internazionali collegati a Tv e festival, la qualità della produzione è in crescita costante, con sviluppo di professionalità specifiche e chiarezza di obbiettivi, con conseguenti risultati. Olanda (citata per i due lavori suddetti) e Israele sono un ottimo esempio. Infatti, da questo secondo paese vengono molti dei prodotti più interessanti, su tutti Forever Pure di Maya Zinsthein e Shalom Italia di Tamar Tal (entrambi non in premieré ad Amsterdam). Il primo, racconta l'incredibile evoluzione della squadra di calcio Beitar Jerusalem, roccaforte del tifo e dei manifestanti della destra sionista più accesa, che acquisita da un magnate russo con ambizioni politiche si trova alla mercé delle sue provocazioni (come inserire in squadra artatamente due giocatori mussulmani): un film che con la scusa – e il fascino – dello sport, parla di razzismo, integrazione religiosa e politica internazionale. Shalom Italia racconta la toccante vicenda di tre fratelli ebrei fiorentini, che ritornano cinquant'anni dopo da Israele in Toscana alla ricerca della grotta dove – consolati dai racconti fantastici del padre – hanno trascorso un lungo periodo di nascondiglio per sfuggire alle persecuzioni razziali. Vince il premio del pubblico a mani basse La Chana, capitanando il vasto filone di film documentari biografici (vero genere a sé stante) che racconta le vicende della omonima anziana ex ballerina star assoluta del flamenco: i 280.000 spettatori (!) del festival non hanno avuto dubbi...e vedere la protagonista ballare ancora, grazie anche la delicata regia di Lucija Stojevic, è un piacere per gli occhi e per l'animo. Non basta invece (ed è conferma della riflessione espressa all'inizio) una star famosa come Iggy Pop o Michelle Houellebecq, che lavorano insieme per To stay alive – A method, per garantire un film godibile. Inseguire l'eccentrico (o il limite del patologico, come in questo caso) a tutti i costi fa soffrire il pubblico, per quanto preparato su musica o letteratura. Lo stesso teorema vale per prodotti che saccheggiano internet come The road movie di Dimitri Kalashnikov (speriamo sia davvero uno pseudonimo), che assembla in modo disordinato e insignificante i cliccatissimi video su youtube (sì, con milioni di visualizzazioni, ma nella loro forma breve) di incredibili incidenti registrati dalle cam di cui tutte le auto russe sono dotate per ragioni assicurative. Ci conforta di più sapere che la diversità è raccontabile con correttezza e partecipazione, come fa la cilena Maite Alberdi incentrando il suo The Grown Ups su una scuola/collegio per ragazzi down. Qui, non c'è alcun tipo di esotismo (e guai se fosse così, ma il rischio è elevato con questi progetti), tanto da – in maniera imprevedibile – ritrovarsi con un finale spiazzante, inatteso dai protagonisti e dalla regista: l'amore, per i down, non vince. Questa è la realtà, che – nel documentario d'autore – può avere una forza, magari anche distruttiva, che va al di là dell'afflato narrativo. Dalla Cina (altro paese con produzioni attivissime e coordinate) arrivano poi due film complementari per contenuto: China's Van Gogh di Haibo Yu/Kiki Tianqi Yu ci racconta la storia di “fini copisti” cinesi che per decenni creano ad uso dei turisti europei riproduzioni fedelissime dei dipinti del grande pittore olandese, la cui aura però filtra attraverso la produzione seriale ossessiva tipica dell'economia di sfruttamento cinese, e trasforma (e frustra) i sogni dei locali pittori cinesi; Plastic China di Jiuliang Wang (premiato come miglior mediometraggio) non lascia dubbi fino dal titolo: dietro ai successi produttivi del colosso asiatico c'è il contrasto quotidiano di una società stritolata dai rifiuti, senza regole e tutele. Menzione a parte meritano i programmi di Realtà Virtuale e il DocLab Elastic Reality: entrambi, in estrema sintesi, tentano di interrogarsi – ora con prodotti riusciti, ora con altri provocatori, irriverenti o semplicemente irricevibili – su quali siano i confini delle possibilità di racconto audiovisivo di oggi, in particolare con riferimento all'evolversi della tecnologia digitale: “il futuro non è scritto”, diceva Joe Strummer, ma - aggiungiamo noi-, vedendo il successo e la qualità dell'esperienza virtuale, è, in modo un po' inquietante, estremamente affascinante. Per il momento, meglio nutrirsi della realtà “vera”, osservata e ben narrata: molti dei titoli suddetti, speriamo, saranno a Le voci dell'inchiesta ad aprile 2017.
I film che non vorresti vedere in alcun altro posto che non sia un cinema
Kennet Turan
Il mondo di Pandora
Bigger than life Se ami veramente il cinema, sai che il film non è stato fatto per essere visto in altri luoghi che non siano una sala cinematografica. Anche i più piccoli, più intimi racconti - forse soprattutto i più piccoli e più intimi - beneficiano notevolmente dal senso di condivisa esperienza emotiva che nulla più di un grande spazio scuro popolato da una folla empatica può fornire. Ma, parafrasando il George Orwell de La fattoria degli animali, alcuni film sono più uguali di altri. E ci sono certamente quelli che - per far sì che ci si immerga in un mondo al quale non si potrebbe accedere in alcun altro modo - fanno un uso così eccezionale dei grandi schermi e delle tecnologie moderne, che se non li si vede esattamente nella modalità confacente alle intenzioni dei produttori, davvero si rischia di non averli visti affatto. Il primo di questa lista per me, a causa dello shock e della meraviglia che ha generato, è lo straordinario atto di immaginazione visiva di James Cameron: Avatar (2009). Quando l'ho visto ho avuto la sensazione di non aver mai provato niente di simile, e penso che che la cosa sia valsa per tutti. Il film, raccontando avventure futuriste su una luna chiamata Pandora, ricrea un senso di stupore per l'esperienza cinematografica di cui si sentiva l'assenza da troppo tempo. Non è solo l'intensità e il dettaglio con cui è stato creato il mondo di Pandora che rende Avatar diverso; non lo rendono tale i 500 diversi tipi di piante e le creature che lo trasformano in un luogo allo stesso tempo indescrivibile e un po' familiare. Piuttosto, il cambio di passo di Avatar è come permetta per la prima volta di comprendere quali siano la natura e le possibilità del cinema in tre dimensioni. Nelle mani di Cameron, il grande schermo in 3D non appare - come successo spesso in passato – una trovata “forzata”, ma risulta invece una modalità efficace, utilizzata per inserirci in modo perfetto in una realtà alternativa, dandoci la sensazione dell'“esserci effettivamente stato”, non semplicemente del “aver visto su uno schermo”. Se godere del piacere dello spettacolo e dell'avventura è uno dei motivi per cui si va al cinema, Avatar è dunque qualcosa da non perdere. James Cameron è stato una delle poche persone che il regista Alfonso Cuarón ha ringraziato nei titoli di coda alla fine del suo Gravity (2013), ringraziamento che non poteva essere più appropriato. Se Avatar ha inaugurato l'uso moderno, artistico del 3D, Gravity rappresenta il capitolo successivo, il più compiuto, più persuasivo uso di quella tecnologia visto finora. Dalla prima immagine dello Shuttle Explorer e della manciata di astronauti che galleggiano a circa 400 miglia di altezza, con un pianeta Terra “mammut”, enorme, dietro di loro, Gravity delizia per la capacità di creare immagini che trasmettono la bellezza, enormità e il terrore che l'essere così lontano, lassù, può trasmettere. Ma non ci manda al tappeto solo la sequenza di apertura: Cuarón & Co. alzano la posta con un pezzo di bravura trasformando le prime immagini in un continuum di tredici minuti senza un taglio. Combinando perfettamente recitazione, animazione e generazione di immagini al computer, Gravity raggiunge un livello senza precedenti per verosimiglianza nella narrazione delle avventure spaziali. Anche se Avatar e Gravity sono al top della mia lista dei film da vedere in sala, voglio spendere una buona parola per il David Lean del magistrale Lawrence d'Arabia (1962). Qui non si tratta di effetti speciali, ma semplicemente del modo in cui un maestro “creatore di immagini” utilizza le notevoli possibilità offerte dal grande schermo, facendoci immergere in una storia profondamente drammatica e di grande complessità psicologica. Non è dunque solo l'esperienza teatrale ad essere in via di estinzione nel 21° secolo, ma anche l'intelligente racconto epico (di grande budget) destinato agli adulti pensanti, a scomparire sotto i nostri occhi. [traduzione a cura di Riccardo Costantini] Kennet Turan è critico cinematografico per Los Angeles times e National Public Radio’s ‘Morning Edition’. Uno dei suoi ultimi libri s’intitola Not to be missed: Fifty-four Favorites from a Lifetime of Film
Shoah: guardare per imparare riflettere per capire
Manuela Morana
Diventare cittadini consapevoli e responsabili si può. Cinemazero, che come ogni anno non manca l'appuntamento col Giorno della Memoria (27 gennaio), e che nel 2017 collabora col Comune di Pordenone - Servizi Educativi e Scolastici - Ufficio Istruzione nella organizzazione e promozione degli eventi cinematografici legati al ricordo della Shoah, che possano dare un aiuto concreto agli insegnanti che intendano superare i confini delle pagine dei manuali di storia, invitandoli insieme ai propri studenti al cinema. La visione di un film sulla tragedia della Shoah contribuisce ad ampliare il dibattito e a rafforzare la consapevolezza. Attraverso la visione, infatti, è possibile focalizzare analogie e diversità, continuità e discontinuità, e rendere più persistente la traccia di memoria di una delle stagioni più cupe della cronaca del nostro mondo. La proposta cinematografica è orientata a studenti delle scuole superiori di primo e secondo grado, ma non mancano proposte per i più piccoli, delle classi quarte e quinte. Ciascuno studente potrà riflettere sulle vicende di singoli personaggi o di un intero popolo, sul particolare locale o sul contesto più ampio e generale in cui la Shoah si è tragicamente espressa. Per i più piccoli non mancano Il bambino con il pigiama a righe, trasposizione dell'omonimo romanzo di John Boyne, e La vita è bella di Roberto Benigni, che secondo diverse sensibilità offrono una rappresentazione delle vicende, una loro rilettura, utile per capire ma anche per avviare un proficua attività sulla esegesi delle fonti. Parlare di Shoah significa parlare di persecuzione degli ebrei durante il fascismo, il nazismo e la seconda guerra mondiale; di politica e strategia razziali che condussero allo sterminio. La cinematografia, vastissima, include: Remember di Atom Egoyan (2015), dove un ebreo affetto da demenza senile si ritrova in una clinica privata con Max, con cui ha condiviso un passato tragico e l'orrore di Auschwitz; La verità negata di Mick Jackson (2016) con Rachel Weisz, sulla causa di diffamazione del saggista britannico negazionista ed esperto di Adolf Hitler, David Irving contro l'editore Penguin Books e l'accademica americana ebrea Deborah Lipstadt; Il figlio di Saul di László Nemes (2015), opera con protagonista un ebreo ungherese deportato ad Auschwitz-Birkenau che reclutato come sonderkommando riconosce nel cadavere di un ragazzino suo figlio; Francofonia - Il Louvre sotto occupazione di Aleksandr Sokurov (2015), che narra l'incontro tra Jacques Jaujard, conservatore in carica nel momento in cui la Francia fu occupata dai nazisti, e il conte Franziskus WolffMetternich, uomo mandato da Berlino per ispezionare il patrimonio artistico del museo parigino e trasferirne in Germania una parte; Kapò di Gillo Pontecorvo (1960), dove una giovanissima ebrea si schiera per paura dalla parte dei nemici e diventa guardiana delle proprie compagne di sventura; Hanna Arendt di Margarethe von Trotta (2012), ricostruzione di un periodo fondamentale della vita del libro La banalità del male: Eichman a Gerusalemme (1963), dove emerge la sua celebre teoria; The Eichmann Show di Paul Andrew Williams (2015), narrazione del processo contro L'SS-Obersturmbannführer Adolf Eichmann, responsabile del traffico ferroviario che trasportava gli ebrei nei campi di concentramento, sotto i riflettori e le luci televisive; Una volta nella vita di Marie-Castille Mention-Schaar (2014), che nella Banlieu di Creteil, a sud-est di Parigi, scopre come il crogiolo di etnie e differenti confessioni religiose, ricordando la Shoah, possa riceverne vantaggio per la crescita e la consapevolezza di se; i documentari Der Klang der Worte - Il suono delle parole di Gerhard Schick (2008), sulla cultura ebraica e sul suo rapporto con la lingua di Goethe; L'orologio di Monaco di Mauro Caputo (2014), nato dalla raccolta di racconti omonima di Giorgio Pressburger e cronaca di una famiglia centroeuropea in cui confluiscono i nomi dei più grandi protagonisti della storia degli ultimi due secoli Karl Marx, Heinrich Heine, Felix Mendelssohn, Edmund Husserl, Emeric Pressburger; Dove vi portano gli occhi - A colloquio con Edith Bruck di Fausto Ciuffi, Ivan Andreoli (2012), testimonianza della scrittrice Edith Bruck, dalla deportazione ad Auschwitz fino all'arrivo in Italia. Per informazioni scrivere a didattica@cinemazero.it.
Giornata della Memoria
Tanti film per superare i confini delle pagine dei manuali di storia
Il Rumore bianco dell'Ultima spiaggia
Lorenzo Codelli
Attività & passività nel Friuli Venezia Giulia
Prosegue il dibattito sulla situazione del cinema, partendo dalla realtà del FVG
Rumore bianco (2008) di Alberto Fasulo e L'ultima spiaggia (2016) di Thanos Anastopoulos e Davide Del Degan rappresentano, a mio avviso, due tra gli apici raggiunti in Friuli Venezia Giulia anche grazie al piano di interventi regionali nel campo del cinema discussi nei mesi scorsi da Piero Colussi su queste colonne. Due esperienze "non fiction" - genere artistico low budget par excellence -, e nello stesso tempo due nostalgici peana, perfettamente speculari, in onore dell'immutabilità, dell'arcaismo, insiti nei contesti sociopolitici friulano e giuliano. È cambiato qualcosa in questo decennio nel panorama cinematografico regionale? I concittadini riescono a fare più o meno film radicati nelle tradizioni autoctone, quelle di Frontiera care a Franco Giraldi, quelle d'alta quota care a Dante Spinotti? E ci vuole più o meno tempo per realizzarli? Professionalizzando il lavoro oppure in stile semi-amatoriale? A quanto sento, sia dai tre giovani cineasti citati all'inizio che da altri, ci vogliono come minimo tre anni per la ricerca dei fondi necessari per un lungometraggio, fiction o non. Una lunga attesa riempendo gli infiniti formulari e fornendo le documentazioni necessarie, senza garanzie a priori di riuscire a retribuire le troupes, né d'arrivare un bel dì sugli schermi. L'intricato linguaggio burosaurico dei concorsi regionali mira - non solo in FVG beninteso a premiare i candidati più proni a valorizzare a qualunque costo le "grandi bellezze" turistico-paesaggistiche. Non certo quelli che s'azzardassero ad affrontare temi scottanti, Vip discussi, scandali attuali. Vedi I custodi dell'acqua - La Carnia si ribella (2015) di Giulio Squarci, polemico reportage prodotto grazie al crowdfunding. Regolamenti e bandi pubblici emessi a grappolo "per un pugno di dollari" scatenano le bande rivali. Non solo quelle dei pistoleros aspiranti tycoons. Pure quelle dei caballeros in sella ai festival, maggiori e minori, sorti come funghi nelle praterie belligeranti F. Vs VG. Oltr'alpe, la Région Auvergne-Rhône-Alpes impone per legge la diffusione sul territorio delle attività di ciascuno della cinquantina abbondante di festival annuali, riuniti in un consorzio. Ad esempio, al popolare Cinéma Italien di Annecy, al confine con la Svizzera, ogni mattina alle 9 arriva da Lione, un'ora di tragitto, un treno pieno di scolaresche e insegnanti. Si godono proiezioni e dibattiti e rientrano a casa nel pomeriggio. Il Festival Grand Lyon Lumière, che attira una media di 150.000 spettatori ogni seconda settimana d'ottobre, si chiama così perché si svolge in una quarantina di sale dislocate attraverso tutta la vasta area urbana e extraurbana della capitale regionale, dal maestoso Teatro dell'Opera ai ricreatori di campagna. In base all'esperienza - non solo mia, chiedete a Giordana, Scorsese, Almodóvar, Forman, Tarantino, Sorrentino -, per raggiungere dal centro città le sale periferiche ci s'impiega più o meno lo stesso tempo in auto come da Pordenone a Trieste. Va aggiunto che in Auvergne-Rhône-Alpes, qualora il decentramento non venga concertato e concretato, i contributi pubblici, idem i dirigenti dei festival, decadono l'anno successivo. Come indotto del Grand Lyon, e del suo innovativo Marché International du Film Classique, sono sorti nell'area circostante nuovi laboratori digitali e nuovi studios d'animazione. Sul virtuoso sistema culturale & cinematografico integrato in vigore nella confinante Repubblica di Slovenia andrebbe aperto un discorso a parte (www.culture.si/ en/Slovenian_Film_Centre). [questo intervento si concluderà sul prossimo Mappa delle 44 location del Festival Grand Lyon Lumière numero di CinemazeroNotizie].
i film del mese
(Tit. Or.: Forushande) Un film di Asghar Farhadi. Con Shahab Hosseini, Taraneh Alidoosti, Babak Karimi. Iran, 2016. Durata: 124 min.
IL CLIENTE
LIBERAMENTE ISPIRATO A “MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE” DI ASGHAR FARHADI Emad e Rana sono due coniugi costretti ad abbandonare il proprio appartamento a causa di un cedimento strutturale dell’edificio. Si trovano così a dover cercare una nuova abitazione e vengono aiutati nella ricerca da un collega della compagnia teatrale in cui i due recitano da protagonisti di “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller. La nuova casa era abitata da una donna di non buona reputazione e un giorno Rana, essendo sola, apre la porta (convinta che si tratti del marito) a uno dei clienti della donna il quale la aggredisce. Da quel momento per Emad inizia una ricerca dell’uomo in cui non vuole coinvolgere la polizia. Asghar Farhadi torna a Teheran per proporre una vicenda in cui azione teatrale e quotidianità finiscono con il ritrovarsi in una specularità significante. Il regista fa sì che sin dall’inizio questa dimensione venga sottolineata facendo diretto riferimento alla messa in scena. Ci ricorda cioè la nostra posizione di spettatori invitandoci a leggere la duplice finzione (teatrale e cinematografica) e ad individuarne gli scambi. Chi conosce il testo di Arthur Miller sa che seppe descrivere un momento di svolta nella dimensione sociale degli States attraverso le vicende familiari del suo protagonista. È quello che anche Farhadi vuole fare, individuando in questa fase storica dell’Iran una trasformazione così veloce dal finire con lo schiacciare chi non è pronto per adattarvisi. Questa lettura sociologica viene filtrata attraverso quella che per il regista è la cartina al tornasole delle dinamiche umane: la coppia. Emad (che è anche insegnante) e Rana sono una coppia affiatata sia nel privato che sulla scena ma nella loro vita irrompe l’atto violento che ne modifica profondamente le coordinate esistenziali. Se nella donna si insinua un senso di instabilità e di paura prima ignoto, nel marito si fa strada un desiderio di fare giustizia misto ad un atavico senso di onore perduto. Finiranno con il trovarsi anch’essi dinanzi a un ‘venditore’ del quale dovranno decidere la sorte. Sarà proprio in questa occasione che la tenuta della loro coppia verrà messa alla prova. In tutto ciò, anche se en passant, Farhadi non si astiene dal ricordarci che in Iran la censura è ancora attiva e può decidere sulla messa in scena o meno di uno spettacolo. Come a dire che molto sta cambiando in quella società ma che alcuni vincoli sono ancora ben presenti.
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LA SCUOLA AL CINEMA - GENNAIO 2017
Al prezzo di € 3,00 a studente (insegnanti e adulti accompagnatori non pagano), è possibile partecipare alle proiezioni mattutine presso le sale di Cinemazero. Ogni proiezione è un evento, accompagnato dal commento critico di un esperto. E' obbligatoria la prenotazione scrivendo a didattica@cinemazero.it Ogni mese insegnanti e segreterie didattiche ricevono tramite mail la lista di tutti gli appuntamenti in sala. Per essere inseriti nella mailing list, inviare il proprio contatto a didattica@cinemazero.it
In occasione della Giornata della Memoria, dal 23 al 28 gennaio saranno programmate numerose matinée coi film dedicati al tema deIla Shoah in collaborazione con il Comune di Pordenone -Servizi Educativi e Scolastici - Ufficio Istruzione per favorire la riflessione su ciò che essa ha significato nella storia italiana ed europea. Per studenti della scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado, si propongono opere cinematografiche di produzione nazionale e internazionale capaci di far emergere analogie e differenze e che facciano riflettere sulle vicende dei singoli e sul contesto generale. Il calendario delle proiezioni con leschede dei film in programma sarà inviato nel mese di dicembre a insegnanti e segreterie didattiche via mail.
REMEMBER di Atom Egoyan. Con Christopher Plummer, Martin Landau, Bruno Ganz. Canada, 2015, 95' Zev Guttmann, ebreo affetto da demenza senile, è ricoverato in una clinica privata con Max, con cui ha condiviso un passato tragico e l'orrore di Auschwitz. Max, costretto sulla sedia a rotelle, chiede a Zev di vendicarli e di vendicare le rispettive famiglie cercando il loro aguzzino, arrivato settant'anni prima in America e riparato sotto falso nome.
LA VERITA' NEGATA di Mick Jackson. Con Rachel Weisz, Tom Wilkinson. USA, Gran Bretagna 2016, 110' Nel 1966 il saggista britannico negazionista ed esperto di Adolf Hitler David Irving intentò una causa di diffamazione contro l'editore Penguin Books e l'accademica americana ebrea Deborah Lipstadt. Ne seguì una lunga istruttoria che culminò nel 2000 in un processo di 4 mesi tenuto a Londra. Dalle vicende processuali, la Lipstadt scrisse un libro nel 2005 intitolato "Denial: Holocaust History on Trial" a cui si ispira il film. IL FIGLIO DI SAUL di László Nemes. Con Géza Röhrig, Levente Molnar. Ungheria 2015, 107' Ottobre 1944. Saul Ausländer è un ebreo ungherese deportato ad Auschwitz-Birkenau. Reclutato come sonderkommando, Saul è costretto ad assistere allo sterminio della sua gente. Perduto ai suoi pensieri e ai compagni che lo circondano, Saul riconosce nel cadavere di un ragazzino suo figlio. La sua missione adesso è quella di dare una degna sepoltura al suo ragazzo.
FRANCOFONIA - IL LOUVRE SOTTO OCCUPAZIONE di Aleksandr Sokurov. Con Louis-Do de Lencquesaing, Benjamin Utzerath. Francia, 2015, 87' Jacques Jaujard era il conservatore in carica nel momento in cui la Francia fu occupata dai nazisti. Il conte Franziskus Wolff-Metternich era invece l'uomo mandato da Berlino per ispezionare l'inestimabile patrimonio artistico del museo parigino e trasferirne in Germania una parte. I due erano molto diversi, un funzionario e un aristocratico, e molto nemici, ma collaboreranno per preservare i tesori dell'arte e ciò che rappresentano.
HANNA ARENDT di Margarethe von Trotta. Con Barbara Sukowa, Axel Milberg.Germania, 2012, 113' Il film ricostruisce un periodo fondamentale della vita di Hannah Arendt: quello tra il 1960 e il 1964. Nel 1961, quando il Servizio Segreto israeliano rapisce il criminale di guerra nazista Adolf Eichmann, nascosto sotto falsa identità a Buenos Aires, la Arendt si sente obbligata a seguire il successivo storico processo che si tiene a Gerusalemme. Dai suoi resoconti, e in seguito dal suo libro, "La banalità del male: Eichman a Gerusalemme" (1963), emerge la sua teoria sulla banalità del male. UNA VOLTA NELLA VITA di Marie-Castille Mention-Schaar. Francia 2014, 105' Nella Banlieu di Creteil a sud-est di Parigi, il crogiolo di etnie e differenti confessioni religiose ha numeri ben sopra la media. Al liceo Léon Blum, in particolare, c'è una classe multiculturale litigiosa e indisciplinata che crea problemi al preside e al corpo docente. Solo la professoressa di storia, Anne Gueguen, pare essere in grado di farsi ascoltare da quei ragazzi. L'incontro con la memoria della Shoah avrà un impatto indelebile sulla vita e sul comportamento dei ragazzi della banlieu.
DER KLANG DER WORTE - IL SUONO DELLE PAROLE di Gerhard Schick. Germania 2008, 74' Un documentario sulla cultura ebraica, sul suo rapporto con la lingua di Goethe e, quasi di conseguenza, con la memoria. A Gerusalemme un gruppo autodenominatosi eloquentemente Lyris, formato perlopiù da ultraottantacinquenni, si riunisce una volta al mese per un reading di poesie tedesche. Si tratta di loro composizioni. Contemporaneamente il film indaga sulla rinnovata tendenza da parte dei ragazzi israeliani a studiare proprio l'idioma parlato in Germania. L'OROLOGIO DI MONACO di Mauro Caputo. Italia 2014, 63' Il film è nato dalla raccolta di racconti omonima di Giorgio Pressburger, voce narrante del film. Storia di una famiglia centroeuropea in cui confluiscono i nomi dei più grandi protagonisti della storia degli ultimi due secoli Karl Marx, Heinrich Heine, Felix Mendelssohn, Edmund Husserl, Emeric Pressburger. Nel film sono presenti filmati di repertorio dell'Istituto Luce Cinecittà e il materiale video originale del regista Emeric Pressburger.
MICHELE SPANGHERO – NATURA MORTA
Domani accadrà ovvero se non si va non si vede
Pordenone, Casa Furlan - fino a domenica 8 gennaio 2017
Come da tradizione, la Fondazione Ado Furlan ospita negli spazi espositivi di via Mazzini (civico 51) una personale del vincitore dell’edizione 2015 del premio In Sesto, promosso dal Comune di San Vito al Tagliamento nell’ambito di Palinsesti, rassegna annuale d’arte contemporanea. In questo caso si tratta dell’artista goriziano Michele Spanghero che, oltre a Pebbles (ciotoli) – installazione sonora ideata per il fossato del Castello di San Vito – presenta al pubblico Natura Morta, un’opera che rivisita in chiave tridimensionale e acustica il celebre genere pittorico. Mentre in Pebbles i suoni vengono prodotti dall'interazione del visitatore con le sfere metalliche che compongono l'installazione, in Natura morta il suono è generato dalla conversione in energia elettrica dell'energia chimica propria della frutta. Info: www.palinsesti.org
TRIESTE FILM FESTIVAL
Trieste – dal 20 al 29 gennaio 2017
Il Trieste Film Festival aggiunge da quest’anno un’intera giornata di programmazione portando a 10 i giorni complessivi del suo calendario, per rendere visibile con ancora più determinazione un cinema altrimenti sommerso come evoca l'immagine 2017 del festival creata da Andreas Franke. Nei suoi 25 anni di attività l’associazione Alpe Adria Cinema e il suo progetto più importante, il Trieste Film Festival, hanno acquisito sempre maggiore rilevanza a livello nazionale e internazionale, divenendo un punto di riferimento unico nel suo genere, soprattutto per quanto riguarda le cinematografie dell’Europa centro orientale. A livello nazionale il festival ricopre un ruolo fondamentale, essendo l’unico festival ad aver seguito la produzione cinematografica di questi paesi con scrupolosa attenzione. Accanto alle selezioni ufficiali e i programmi collaterali, a partire dal 2010 il festival organizza i meeting internazionali di co-produzione When East Meets West, che coinvolgono più di 120 professionisti del cinema provenienti da tutta Europa. Info: www.triestefilmfestival.it
UNA GOCCIA DI SPLENDORE
Pordenone, Teatro Comunale G.Verdi – fino a lunedì 6 febbraio 2017
Si potrà visitare presso il Teatro Verdi di Pordenone, nel foyer del secondo piano, la mostra fotografica Una goccia di splendore, reduce dal fortunato allestimento nella basilica di San Carlo al Corso, a Milano: scatti che Luca d’Agostino, friulano, uno dei più apprezzati fotografi di spettacolo e cultura, ha dedicato a quelli che definisce “gli ultimi del nostro tempo” e ad alcuni personaggi simbolo, da padre David Maria Turoldo a Fabrizio De André. Ai loro ritratti si affiancano le immagini di premi Nobel per la Pace, preti di frontiera, sacerdoti da marciapiede, anarchici e illustri pensatori. E gli ultimi di India e Giamaica come prefigurazione di quelli che presto saranno i nuovi ultimi della società occidentale: cassintegrati, disoccupati, manager falliti. Info: www.comunalegiuseppeverdi.it
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I Nostri Viaggi di Gruppo 21/01: Il Castello del Catajo e Zandomeneghi 28-29/01: Le meraviglie degli Zar a Venaria, il Museo Egizio e la splendida Torino 04/02: Possagno e le terre del Canova 11-12/02: Il Modenese tra cultura e motori 18/02: La Monaca di Monza a Villa Reale 25-26/02: Benessere e cultura alle terme 04/03: Milano e la mostra del Canaletto 18-19/03: L¡antico Ducato di Parma e Piacenza 23- /¡LVROD GL 0DGHLUD LQ WRXU H /LVERQD 26/03: In navigazione tra le Ville del Brenta 07-10/04: Tour dei Balcani e Medjugorie 09/04: I giardini di Sissi a Merano 22- ,O ODJR G¡2UWD O¡DFTXHUHOOR GL 'LR 25/04-01/05: A spasso per la Corsica 19-22/05: Il Lago di Costanza 26/05-02/06: Malta e Gozo in tour 28/05: La laguna di Venezia sconosciuta 01-04/06: Viterbo e le terre degli Etruschi 10-11/06; 08-09/07; 02-03/09:Il treno del Bernina 15- /¡LQILRUDWD GL 6SHOOR H O¡8PEULD 16-20/06: La Spagna del Nord - I Paesi Baschi 30/06-08/07: La Romania, Budapest e Belgrado 08-15/07: Tour Mosca e San Pietroburgo 24-30/07: Soggiorno tra Livigno e la Svizzera 21-28/08: Santiago di Compostela e il Portogallo 07-11/09: In Polonia sulle orme di Chopin 17/09: Il Treno dei Sapori al Lago di Iseo 24-30/09: In Sicilia tra vulcani ed isole 01/10: Il Treno dell¡Olio al Lago di Iseo 15-22/10: Le Meteore,la Macedonia e i Patrimoni 8QHVFR GHOO¡$OEDQLD GHO 6XG
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