€ 1,00 mensile di cultura cinematografica
I, Daniel Blake, proletario sulla Croisette
Palma d’Oro 2016 al britannico Ken Loach
Marilyn Monroe, novant’anni di mito
Un mostra per celebrarla al Cinecity di Lignano Sabbiadoro
Wild, weird, West!
Giugno
Come da tradizione Cinemazero sarà protagonista dell’estate in città
Il misterioso, selvaggio West in Mediateca grazie allo Young Club
[Celebrazione senza titolo sul cinema]
16
2016 numero 6 anno XXXVI
R...estate in città!
I film che non vorresti vedere in alcun altro posto che non sia un cinema
Brilla il cinema in Friuli Venezia Giulia
Le Giornate della Luce a Spilimbergo dall’11 al 19 giugno
C’era una volta la caméra
Daniele Nannuzzi alle Giornate della Luce di Spilimbergo
Dieci anni di “A colpi di note”
“One of the treasure of Le Giornate del Cinema Muto” D. Robinson
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Palma d’Oro 2016 a Cannes al britannico Ken Loach
Andrea Crozzoli
Editoriale
I, Daniel Blake un proletario sulla Croisette
«Un altro mondo è possibile e necessario» ha esclamato Ken Loach nel ritirare la Palma d’Oro del 69mo Festival di Cannes per il suo ultimo capolavoro I, Daniel Blake, seconda Palma conquistata nella sua lunga carriera, questa volta per mano della giuria presieduta dal regista australiano George Miller e composta dall'italiana Valeria Golino, dal regista francese Arnaud Desplechin, dall'attrice statunitense Kirsten Dunst, dall'attore Mads Mikkelsen, dal regista ungherese László Nemes, dal'attrice francese Vanessa Paradis, dalla produttrice iraniana Katayoon Shahabi e dall'attore canadese Donald Sutherland. Il Festival del red carpet, degli abiti da sera, dello smoking a tutte le ore ha premiato il grido contro l'attuale sistema liberale del “rosso Ken”. Il maestro anarcocomunista a 79 anni infila la sua seconda Palma d’Oro (nel 2006 aveva vinto per Il vento che accarezza l’erba, oltre ad essere stato premiato altre sei volte) e torna a raggiungere le sue vette più alte, seguendo il percorso di un disoccupato costretto a chiedere assistenza sociale in quell'inferno burocratico creato dalle istituzioni stesse. Una storia che passa dal dramma all’horror sociale che terrorizza per quanto possa essere vera. Una vicenda profondamente proletaria, dunque, pregna del rigore e della coerenza con cui Ken Loach filma il dramma di Daniel Blake, al quale restituisce, anche nel titolo, una sua definita visibilità, e di tutti quelli che si perdono nei labirinti folli e inestricabili della burocrazia statale che anziché prenderli in cura li scaricano, portandoli allo sfinimento con regole e formalità senza senso. Nel denunciare tutto questo Ken Loach prende bene la mira e colpisce forte il governo britannico e i suoi muri invalicabili fatti di scartoffie da riempire per ricevere il sus-
sidio statale. Questa grande ragnatela del sistema sanitario britannico non riconosce la pensione di invalidità dopo un infarto e Daniel Blake non ha difese davanti ai colpi dello Stato. Un percorso di dolore e sofferenza da cui difficilmente si torna indietro. Ken Loach nel raccontare senza tesi precostituite questa storia dal sapore kafkiano attua un’azione binaria: da una parte agisce sull’impianto drammaturgico per raccontare il mondo dei nuovi poveri e la solidarietà e comprensione tra esseri umani, mirando così al cuore dello spettatore. Dall’altra accende il sacro fuoco della collera e dell'ira alimetata dalla frustrazione che le autorità e i suoi solerti funzionari somministrano a Daniel Blake. E di Blake, purtroppo, è pieno il Regno Unito. Per vedere in Italia I, Daniel Blake di Ken Loach dovremo aspettare l’autunno, quando sarà distribuito da Cinema di Valerio De Paolis, storico distributore di Loach.
In copertina Marilyn Monroe, che quest’anno avrebbe compiuto 90 anni e Cinemazero celebrerà con una mostra a Lignano Sabbiadoro.
cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Giugno 2016, n. 6 anno XXXVI
Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Manuela Morana Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Elena d’Inca Direzione, redazione, amministrazione Via Mazzini, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 Cassa: 0434-520527 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Sincromia - Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica
Come da tradizione Cinemazero sarà protagonista dell’Estate in Città con molte proposte
R...estate in Città!
Il cinema non va in vacanza
“Il cinema non va in vacanza”. Con questo slogan da oltre trent’anni Cinemazero è protagonista dell’offerta culturale della città grazie ad un ricco calendario di eventi – dall’arena di Piazza Calderari a Visioni Sonore, passando per FMK e gli appuntamenti di Cinemadivino – tutti giocati attorno alla magia del grande schermo. Quest’anno ad aprire ufficialmente la stagione estiva sarà l’evento inaugurale di Cinemadivino in programma giovedì 23 giugno (dalle 19:30) presso il Relais La Collina della cantina Zorzettig che ospiterà la proiezione del film The Duel of Wine di Nicolas Carreras, che vede protagonista il celeberrimo Charlie Arturaola, considerato tra i 10 sommelier più famosi al mondo. La serata sancirà l’avvio ufficiale della manifestazione nata per portare il cinema in alcuni dei luoghi più belli e suggestivi del territorio, alla scoperta delle eccellenze enogastronomiche della nostra terra e dei film “a tema” che Cinemazero ha selezionato per l’occasione nei più importanti festival internazionali. In Piazzetta Calderari, verrà ricreata la consueta “arena sotto le stelle” che ospiterà i migliori titoli della stagione appena trascorsa e una ricca proposta di anteprime ed eventi speciali che si rivolgeranno in particolare alle famiglie ed al pubblico dei più giovani, animando le calde serate estive. Circondato dalle ormai tradizionali palme, l’area dietro al Municipio si trasformerà così in uno spazio vitale, nel cuore di Pordenone, il cui ruolo non sarà solo quello culturale ma anche sociale, creando un’occasione di incontro per quanti trascorrono l’estate in città. Ai nastri di partenza anche Visioni Sonore il cui programma prende forma in questi giorni e già si annunciano alcuni appuntamenti da non perdere. Come da tradizione (quest'anno ricorre il decennale della manifestazione!), arriveranno “sotto la bella stella” dell'estate pordenonese i più originali connubi di immagini e musica. Jazz in FVG volume 4: Visioni Sonore (la scelta del nome era davvero obbligata), sarà una serata speciale proprio per celebrare il decimo anniversario di Visioni Sonore. Agli spettatori verrà consegnato con il biglietto in omaggio il quarto volume della collana discografica Jazz in FVG (edita da Artesuono) che contiene materiale in gran parte inedito delle diverse sonorizzazioni di pellicole realizzate in questi anni. Nel Cd estratti dalle colonne sonore di Seven Chances e The Playhouse della Zerorchestra, di Atto di dolore di Massimo De Mattia, di Non son tornati di Claudio Cojaniz e di Ornithology di Enrico Terragnoli. Nel corso della serata sonorizzazioni dal vivo con la partecipazione di Zerorchestra, Massimo De Mattia, Claudio Cojaniz e altri. Una festa, una serata di film e musica, ma anche una produzione che dura e resta nel tempo, e che grazie al cd potrà vivere anche nelle fredde serate d'inverno, con nostalgia per il clima particolare di Visioni sonore. Lee Morgan: il cinefumetto è invece un video originale realizzato dal disegnatore Giulio De Vita su sceneggiatura del noto critico di musica jazz e curatore di eventi Flavio Massarutto. Il filmato verrà sonorizzato dal vivo, con le note del Bruno Cesselli 5et che accompagneranno il protagonista del progetto, il noto trombettista Lee Morgan, la cui vita sarà raccontata in una serie di episodi, fino alla morte cruenta: Morgan infatti morì per mano della moglie, ucciso da un colpo di pistola al termine di un concerto. Ma non c'è estate senza FMK: la vetrina per i giovani filmmakers di tutto il mondo da quest'anno di trasferisce in piazzetta Calderari, dove potrà raggiungere e accogliere un pubblico ancora più ampio, rispetto alla storica sede al chiostro. Inoltre, da quest'anno verrà introdotta una sezione che mette alla prova anche i selezionatori, scelti per formare un team che metta al servizio del cortometraggio le competenze di professionisti di diversi ambiti ed età.
Una grande mostra rende omaggio ai 90 anni del Mito al Cinecity di Lignano Sabbiadoro
Andrea Crozzoli
Marilyn Monroe
Marilyn Monroe novant’anni di mito
«Non essere gelosa se vedi il tuo ex con un'altra. La mamma insegna che devi dare i giocattoli usati ai meno fortunati...». È questa una delle tante frasi attribuite a Marilyn Monroe, ma è anche una delle più probabili in quanto racchiude quel tanto di generosa ingenuità che caratterizzò tutta la sua vita e, inoltre, cita una figura, la mamma, che conobbe di sfuggita e la cui assenza segnò il resto della sua vita. Avrebbe oggi novant’anni, se l’insaziabile ricerca d’amore non l’avesse portata via a soli trentasei di anni. Nacque il 1° giugno del 1926 al Country Hospital di Los Angeles dove venne registrata dalla signora Gladis Pearl Monroe, la mamma, come Norma Jean Mortensenn ovvero col cognome del compagno di quel momento, un norvegese, e solo qualche anno dopo chiese di cambiarlo in Baker, ossia il cognome del marito scomparso. Più probabilmente, però, il padre sembra essere un certo Stanley Gifford che nel settembre del 1925 ebbe una breve ma intensa relazione con Gladis Pearl Monroe. Siamo ancora in pieno Roaring Twenties (i ruggenti anni venti) con l'esplosione del jazz e Francis Scott Fitzgerald che dava alle stampe Il grande Gatsby per descrivere indelebilmente quell'epoca. Il cinema, nel 1926, sta vivendo uno dei suoi momenti di massima popolarità con Buster Keaton in testa al box office con The General, mentre Douglas Fairbanks furoreggiava ne Il pirata nero e la coppia John Gilbert e Greta Garbo amoreggiava languidamente ne La carne e il diavolo di Clarence Brown, mentre la fragile Lillian Gish era protagonista dello scabroso La lettera scarlatta di Victor Sjöström. Ma il 1926 fu soprattutto l’anno della prematura morte di Rodolfo Valentino e dell’uscita del suo ultimo film Il figlio dello sceicco. In questo magico mondo della celluloide si muoveva anche la mamma della futura Marilyn: guardarobiera, stiratrice, sarta, addetta al montaggio. Un duro lavoro aggravato dalla grande crisi del 1929 e dalla successiva depressione che segnò tutti gli Anni Trenta e che non le permisero di seguire la crescita della figlia. Furono undici, in totale, le famiglie che passarono davanti agli occhi di Norma Jean Baker mentre la madre dava sempre più segni di squilibrio fra ricoveri, dimissioni, e nuovi ricoveri. Un’infanzia triste, difficile per la piccola futura Marilyn, segnata da profondi dolori per lei, bambina tanto sensibile da aver, in seguito, paura di balbettare quando doveva parlare in pubblico. «Al momento della mia apparizione, preferivo abbagliare i presenti con i miei abiti cuciti letteralmente addosso che lasciavano tutti col fiato sospeso.» dichiarò in una intervista «Riuscivo a respirare, stretta com’ero, solo grazie alle profonde scollature. Ricorrevo poi all’arma migliore delle persone che balbettano: cantavo.» La giovane Norma Jean Baker, prima come modella per svariati fotografi, poi come generica e comparsa, riuscì un po’ alla volta ad entrare nel mondo del cinema e firmò il suo primo contratto il 24 agosto del 1946 ma dovette aspettare il 1953 e Gli uomini preferiscono le bionde di Howard Hawks con Jane Russell per entrare definitivamente nell’immaginario pop del XX secolo. Nel film Marilyn Monroe oltre a recitare, canta e balla insieme a Jane Russell celebri brani come Bye Bye Baby e Diamonds Are a Girl's Best Friend. Di lei la Russell dirà: «È una ragazza molto timida, molto dolce e molto più intelligente di quanto la gente possa credere». Questa sensibilità sarà per Marilyn Monroe un’arma a doppio taglio: strumento indispensabile per avvicinarsi ai personaggi da interpretare sullo schermo ma fonte di ferite insanabili nello spirito, di fronte alle crudeltà del mondo. La sua prorompente bellezza, l’incontenibile sensualità, unita al velo di malinconia dello sguardo faranno di lei, nel decennio successivo, la diva più fotografata, più desiderata, più osannata di tutta la storia del cinema e nel contempo una donna sola e infelice, che non riusciva ad avere una storia d'amore duratura, che soffriva perchè si sentiva, ed era, sottovalutata.
Il destino di Marilyn Monroe, sia cinematografico che nella vita, fu quello di non essere mai stata veramente amata, ma di essere considerata solo una bomba sexy, una preda, seppur magnifica, come recitava il titolo di un suo film. Produttori e registi le assegnano sempre ruoli che riflettevano, in qualche modo, il suo vissuto. Marilyn era considerata un corpo che si muoveva dentro un tripudio di artifici, studiati nei minimi dettagli, per apparire eccessivo, quasi al confine del buon gusto, debordante e iperfemminile tanto da diventare, già in vita, icona del mondo omosessuale. Il corpo di Marilyn ha creato un vero e proprio corto circuito davanti alla macchina da presa o davanti all’obiettivo del fotografo, esplodendo in un trionfo di sensualità e catturando l'America puritana di allora. Gli anni cinquanta sono quelli della guerra fredda, del maccartismo ed è in quest’atmosfera che esplode il corpo caldo di Marilyn, della bionda svampita il cui marchio le verrà cucito addosso come una seconda pelle. Lei che, lontana dai riflettori, era fragile, smarrita, percorsa dai tormenti più profondi, la cui amara solitudine era riversata nelle sue poesie, a sottolineare la cosciente consapevolezza di donna profondamente malinconica. Marilyn non è una protagonista di quell’epoca, Marilyn è quell’epoca e ne è la sua rappresentazione ideale, è l’essenza stessa degli anni 50, del desiderio e del non detto, del corteggiamento e degli amori infiniti. Marilyn è, insomma, il sogno e il segno di una realtà incontaminata, ricca di desideri; icona e mito cantato dai poeti dell’underground americano soggiogati dalla sua fragilità, dal suo erotismo. Andy Warhol l’ha eletta a musa della pop art, facendone una delle figure più significative della cultura popolare americana. Con la sua vitalità, il suo candore, la sia ingenuità, Marilyn ha reso la sessualità un fatto senza peccato, da consumarsi alla luce del sole, un eros senza problemi, semplice e naturale, quasi un elemento stesso dell’esistenza. Anche Pier Paolo Pasolini, con accorati versi poetici, colse le mille sfacettature dei suoi sentimenti e nel 1963 per il film La rabbia scrisse questi versi “Del mondo antico e del mondo futuro / era rimasta solo la bellezza, e tu, / povera sorellina minore, / quella bellezza l’avevi addosso umilmente, / te la sei portata dietro come un sorriso obbediente. / L’obbedienza richiede troppe lacrime inghiottite, / il darsi agli altri, troppi allegri sguardi. / Così ti sei portata via la tua bellezza ...“. Per i novant’anni di Marilyn Monroe Cinemazero e il Comune di Lignano, presso lo spazio espositivo del cinema Cinecity renderranno omaggio all’intramontabile mito con una grande mostra di cartoline, gadget e poster aperta dal 17 giugno al 18 settembre (Info: facebook/cinecitylignano - tel 345/5912233 da lun a ven 17-20, sab e dom 10-22)
Dopo la maratona dello scorso anno ritorna l’appuntamento curato dallo Young Club
Young Club
Wild , Weird West
Il misterioso, selvaggio West in Mediateca
Sequel. Remake. Reboot. Sul fronte hollywoodiano tutti vogliono in qualche modo proporre sul grande schermo i grandi film del passato, seppur (scusate il gioco di parole) con “qualche dollaro in più” e con strumenti più accessibili. Questo può significare una mancanza di idee innovative, oppure la volontà degli autori contemporanei di omaggiare i colossi del cinema che, purtroppo, sono entrati nel dimenticatoio del grande pubblico. Tra i generi maggiormente riprodotti sul grande schermo, spicca in particolare il western, che negli ultimi anni ha visto moltissime rivisitazioni sia da parte di registi emergenti, sia da quelli che di cinema se ne intendono. Da Il Grinta dei fratelli Coen, al personaggio di Django e agli Odiosi Otto di Tarantino, negli ultimi 5 anni i paesaggi del Grand Canyon e i saloon delle città ottocentesche americane stanno tornando a essere protagoniste. Basti pensare che prossimamente si tornerà a vedere in sala il ritorno dei Magnifici 7, o alle storie di vendetta e di giustizia come nei film Jane Got a Gun o in In a Valley of Violence. È evidente, dunque, che il pubblico vuole tornare a vivere le esperienze del selvaggio West, dove criminali e cowboy, con la pistola attaccata alla fondina in pelle, non ci pensavano due volte prima di premere il grilletto l’uno contro l’altro. Anche la Mediateca non vuole essere da meno, con la rassegna “Wild, Weird, West”, nata dall’idea dei ragazzi del Cinemazero Young Club. Negli ultimi due anni il gruppo si è contraddistinto grazie a una serie di attività che hanno in comune la passione per la settima arte, dalla maratona cinematografica “Una notte di ordinaria follia” a progetti strettamente legati al campo multimediale, come le collaborazioni quest’anno a “Le voci dell’Inchiesta”, con servizi, interviste e riprese per tutta la durata del festival. Anche quest’anno lo Young Club vuole sorprendere il pubblico di Cinemazero con una rassegna che raggiunge il livello di follia dell’anno scorso. Pallottole, duelli, pistole, fuorilegge e, dulcis in fundo, cowboy robot. Nei tre appuntamenti, in programma dal 7 giugno ogni martedì alle 21 nella sede della Mediateca di Palazzo Badini, verranno proposti tre film tutti da scoprire che hanno segnato il genere per originalità, dal classico spaghetti western a pellicole che hanno saputo sperimentare diversi linguaggi in un unico prodotto di qualità, unendo stili differenti e creando un’opera assolutamente rivoluzionaria. Uno di questi sarà scelto direttamente dal pubblico durante il terzo appuntamento, denominato non a caso Roulette Russa, per via dell’imprevedibilità del film selezionato, mentre la serata conclusiva di “Wild, Weird, West” sarà ricca di sorprese per chi ama immergersi nel clima rovente del tempo, con esperienze ludiche che vanno dal torneo di carte Bang! a quello più dinamico con il Laser Tag, dove verranno messi in palio numerosi premi, dai film, libri agli ingressi al cinema. Tutto questo in collaborazione con il club InnerCircle e l’A.S.D. Barbari Softair Team. Un appuntamento da non perdere per gli appassionati del selvaggio West, e non solo.
I film che non vorresti vedere in alcun altro posto che non sia un cinema
[Celebrazione senza titolo sul cinema]
Olaf Möller
Il cinema al cinema
Perchè solo un film? – come se non ci fossero miriadi di ragioni per andare al cinema! E non è uno degli elementi chiave del cinema il senso di unione, di comunità? Agli esseri umani non piace stare da soli, e nemmeno ai film – loro amano averci attorno, allo stesso modo in cui apprezzano la compagnia di altri film. Quindi, sceglierò due film, entrambi del 2014, anche per insistere sul fatto che il cinema è qualcosa di contemporaneo, attuale. Prima un corto: Spectrum Reverse Spectrum di Margaret Honda, che è stato girato esclusivamente esponendo una pellicola 70mm alla luce colorata, col risultato di puro cinema, del tipo più sensuale ed emozionante. Se proiettato come si deve, Spectrum Reverse Spectrum diventa una presenza materiale come poco altro si è visto al cinema. Per dieci minuti lo spettro cromatico si dipana lentamente in una direzione, poi per dieci minuti nell'altra. La pellicola in 70 mm dona all'esperienza un particolare peso e magnificenza – il cinema va in fiamme; nessun suono, solamente silenzio – ad eccezione dei respiri, i mormorii o il colpetto di tosse che viene dal pubblico. E poi, un film molto breve su un soggetto molto vasto: il monumento al montaggio Socialism (Sosialismi) di Peter von Bagh – un saggio beffardamente melancolico ma fondamentalmente pieno di speranze sul più grande sogno nonchè fonte dei più oscuri incubi del ventesimo secolo. Conformemente alle buone prassi in uso per i film socialisti, Socialism è stato composto (prevalentemente) appropriandosi di filmati del passato, alcuni
dei quali potrebbero essere utilizzati anche in futuro. Socialism si apre con una delle prime immagini in movimento della storia del cinema, L'uscita dalle officine Lumière a Lione (La Sortie de l'Usine Lumière à Lyon, 1895), realizzato appena un quarto di secolo (più o meno) dopo la Comune di Parigi; finisce ai giorni nostri, quando le icone di una speranza per un mondo più giusto e gentile si sono trasformate in comodità del mercato, mercanzie, ostentazione di opinioni al posto di uno stemma di condanna – solo una quarto di secolo (più o meno) dopo che il comunismo di stato è collassato in tutta l'Europa orientale sulla scia della caduta del Muro di Berlino. In termini pratici, queste coordinate storiche non sono altro che teste di ponte, poichè il film è tutto fatto da digressioni, aneddoti, aforismi, osservazioni, righe cancellate o dettagli eliminati di un'immagine o una canzone – un onestissimo gioco di associazione, sessantacinque minuti di gioco della campana con l'eternità. Von Bagh, forse il più sincero Benjaminiano del cinema moderno, ci mostra come il socialismo e il cinema – tutto il cinema, che sia documentario o fiction – siano una cosa sola, e quanto la vita sia un non sentirsi mai soli, ma bensì parte di una grande anima, e di quanto quindi cinema e socialismo saranno sempre lì, presenti, come lo sa Tom Joad. Spectrum Reverse Spectrum ci invita a vedere, Socialism a credere (di nuovo). Cosa si potrebbe chiedere di più? Alcuni potrebbero rispondere l'amore, ma esso è fatto in parti eguali dal vedere e dal credere, giusto? [traduzione a cura di Valentina Lanza] Olaf MOLLER instancabile divoratore di pellicole, critico cinematografico fra i più prolifici e scrittore, le sue colonne su Cinema Scope e Film Comment ne hanno alimentato la fama in tutto il mondo. Collabora con molti festival internazionali per i quali cura rassegne e retrospettive.
Spilimbergo, 11-19 giugno 2016
Elena Tommaselli
Le giornate della luce
Brilla il cinema in Friuli Venezia Giulia Senza scomodare il maestro riminese Federico Fellini che soleva dire: «Il film si scrive con la luce», ci piace ricordare il maestro “friulano” Pier Paolo Pasolini il quale, all’inizio della sua carriera cinematografica, si accorse che: «... In fondo fare il cinema è una questione di sole...». Giustamente, quindi, Gloria De Antoni, dopo l’edizione “zero” de Le Giornate della Luce, festival nato a Spilimbergo da una sua intuizione, per celebrare gli Autori della Fotografia, ritorna anche questo giugno 2016 con la prima edizione ufficiale. Lo scorso anno Le Giornate della Luce hanno avuto ospiti come il direttore della fotografia Dante Spinotti, Chiara Caselli, Rocco Papaleo e Isabella Ragonese. La direttrice del festival, regista, conduttrice e autrice televisiva, Gloria De Antoni, udinese di nascita, vive tra Roma e Spilimbergo e nel corso della sua variegata carriera ha anche realizzato diversi film documentari. Per l’edizione 2016 de Le Giornate della Luce Gloria De Antoni ha preparato un ricco programma di avvenimenti fra cui una mostra fotografica di Pupi Avati, in collaborazione con Antonio Maraldi, del Backstage Film Festival di Cesena e una grande mostra “Pino Settanni” grazie anche alla collaborazione fondamentale dell’Istituto Luce Cinecittà. Pino Settannti, scomparso nel 2010, è stato uno dei migliori fotografi italiani degli ultimi trent'anni. Nato a Taranto nel 1949, Settani era immigrato a Roma nel 1973 e tra i più bei ritratti fotografici che portano la sua firma troviamo quelli di due protagonisti della "dolce vita" come Federico Fellini e Marcello Mastroianni. L’anedottica narra che Settanni andò a prendere Fellini in taxi a via Margutta e da lì si trasferirono nel suo studio in via Ripetta. Settanni aveva raccomandato a Fellini di indossare qualcosa di nero, e quello se n'era dimenticato. In seguito al telefono Fellini disse che aveva sbagliato fotografo, Settanni gli rispondeva che aveva sbagliato colore dell'abito. Allora Fellini indossò un maglione nero e si presentò nuovamente a Settanni che gli aveva preparato alcune matite colorate e dei fogli bianchi. Fellini, dopo aver disegnato un po’, cominciò a lanciare matite e fogli in aria alla maniera di un giocoliere. Nello stesso studio di via Ripetta passarono nel corso degli anni, Moravia, Baj, Wertmuller, Benigni, Troisi, Morricone, Leone, Manzù, Bolognini e tanti altri. Le Giornate della Luce, accanto ai film in concorso giudicati da una prestigiosa giuria composta da Pupi Avati, giurato (sicuri finora, Luca Zingaretti, Nicoletta Romeo, Oreste De Fornari e Antonio Maraldi, proporranno anche, tra gli altri eventi, un omaggio ad Alessandro D’Eva. In occasione dei 100 anni dalla nascita, non mancherà un doveroso omaggio a David Maria Turoldo con la proiezione del film Gli ultimi di Vito Pandolfi alla presenza di Daniele Nannuzzi, figlio dell’autore della fotografia del film Armando Nannuzzi. Saranno poi ospiti di Spilimbergo durante il festival gli allievi delle scuole di cinema de: DAMS di Gorizia, Università Ca’ Foscari di Venezia, Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Milano Civica Scuola di Cinema ZeLIG Scuola di Documentario, Televisione e Nuovi Media di Bolzano e l’Accademia di Teatro, Radio, Film e Televisione AGRFT (Università di Lubiana). Evento speciale, poi, con i responabili del festival polacco Camerimage, cui farà seguito la proiezione dei film vincitori del festival stesso, nel 2015, rispettivamente del Golden Tadpole e del Bronze Tadpole. Molti anche gli incontri che costellano Le Giornate della Luce, da: Ieri e Oggi-Fotografare il Friuli Venezia Giulia con relazioni di Daniele Nannuzzi, Alessandro Pesci e Italo Petriccione; a: Il rapporto tra il regista e l'autore della fotografia nel reportage-documentario con relatori come Noemi Calzolari, Francesco Conversano, Alberto Fasulo e Biagio Ingenito con la collaborazione dell'ordine giornalisti del Friuli VG. Non mancherà nemmeno una Masterclass con lezioni di Avati, Fasulo, Alessandro Pesci, Debora Vrizzi e Krzysztof Zanussi; oltre ad altri incontri in via di definizione nel momento in cui scriviamo.
Daniele Nannuzzi alle Giornate della Luce di Spilimbergo
C'era una volta la caméra
Lorenzo Codelli
Il Museo AIC a Cinecittà
“Cinecittà è un ricordo stupendo per me, è tutta la mia vita. Entrato a Cinecittà ho incomiciato a vedere e a imparare tutto. Ne sono passati tanti di anni e devo dire che Cinecittà per me è sempre lo stabilimento migliore del mondo. Qui mi sono sempre trovato più a mio agio". Così dichiara, sul sito cinecittastudios.it, Daniele Nannuzzi. L'attuale presidente dell'AIC, la prestigiosa Associazione Italiana Autori della Fotografia Cinematografica, è un illustre figlio d'arte. Suo padre Armando Nannuzzi (1925-2001) ha concepito luci strabilianti per capolavori del nostro cinema postbellico, diretti da maestri quali Luigi Comencini, Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Alberto Lattuada, Antonio Pietrangeli, Luigi Zampa. Due scintillanti restauri recenti hanno meritatamente rilanciato la sua fama: Il brigante di Renato Castellani, girato in Calabria nel 1961, e Gli ultimi degli esordienti Davide Turoldo e Vito Pandolfi, girato in Friuli nel 1963. Daniele Nannuzzi sarà presente alle Giornate della Luce di Spilimbergo per parlare sia dell'opera del padre, con il quale ha collaborato a lungo, che della propria carriera in qualità di richiestissimo autore della CINEMATOGRAFIA (guai chiamarli "direttori della fotografia", Dio Vittorio Storaro vi fulmina!). C'interessa qui sottolineare una divorante passione nannuzziana. Per l'AIC ha raccolto assieme ai suoi colleghi, nel corso di decenni, una straordinaria serie di apparecchi di ripresa, antichi e moderni. Li ha salvati, poi ricostruiti, ripuliti e rimessi in grado di funzionare. E infine ha trovato loro una dimora, al terzo piano d'una palazzina un po' nascosta, sul fianco destro dei teatri di posa di Cinecittà. Sulla soglia del Museo Storico delle Macchine da Presa, 1900-1980 (http://www.aicine.it/museo.html), la scritta: "Catturare e trasformare emozioni in energia che, convogliata da un fascio di luce nel buio di una sala cinematografica, unisce prodigiosamente la pellicola allo schermo, su cui si crea quell'illusione che da più di cento anni ci fa ancora sognare. QUESTA È L'ARTE DELLA CINEMATOGRAFIA(*). Daniele Nannuzzi". Da una cinepresa Debrie Parvo 1908 con cavalletto in legno (foto in alto), alla leggendaria Pathé 1913, alla Caméréclair Radio 1932, alla Technicolor 3 Strip 1935, unica in Europa e perfettamente conservata, come quando venne usata per Ben Hur, fino all'imponente, quasi umana, Super Parvo, con cui vennero girati, a Cinecittà e in esterni, La corona di ferro (1941) di Blasetti, Ossessione (1943) di Visconti, Ladri di biciclette (1948) di De Sica, Le amiche (1955) di Antonioni, Le notti di Cabiria (1957) di Fellini e tanti altri classici, italiani e stranieri. Daniele, trascinante guida, ci fa annusare le interiora e i muscoli cervicali di tutti questi miracolosi congegni. Facendoci quasi scordare i ristrettissimi spazi, stile ufficio di Fantozzi, in cui simili tesori sono costretti a convivere, uno addossato all'altro. In altri musei internazionali del cinema, da Los Angeles a Parigi, i curatori darebbero un occhio pur di acquisire una collezione del genere, e poi la esporrebbero su diversi piani strutturati da Renzo Piano. A fine 2016, annuncia il ministro della cultura, una parte degli studios di Cinecittà si trasformerà in museo/laboratorio permanente, incluso un innovativo gabinetto di restauro analogico. Auguriamoci quindi che gli innumerevoli apparecchi amorevolmente custoditi da Nannuzzi trovino una sede, e un utilizzo, degni del loro valore storico inestimabile.
(*) L'arte della cinematografia s'intitola il volumone Skirà al quale ha collaborato Nannuzzi, assieme a Storaro, Luciano Tovoli, Bob Fisher, Lorenzo Codelli: http://www.skira.net/books/l-arte-della-cinematografia.
“A colpi di note is one of the treasures of Le Giornate del Cinema Muto” D. Robinson
Manuela Morana
A colpi di note
Dieci anni di A colpi di note
Si celebra quest'anno il decennale di A colpi di note, il progetto ideato e promosso da Cinemazero con Le Giornate del Cinema Muto, il più importante festival internazionale dedicato al cinema delle origini. In questi dieci anni di attività, tante sono state le personalità e le scuole che hanno concorso ad animare uno dei progetti di punta della didattica firmata Cinemazero, a riprova del successo di un format laboratoriale che favorisce lo studio della teoria e della pratica musicale in relazione alle opere cinematografiche del muto. L'obiettivo, condiviso tanto da studenti e insegnanti quanto dai migliaia di spettatori che in dieci anni di A colpi di note hanno affollato le esibizioni pubbliche, è unico: fare del cinema muto un'esperienza attiva mettendolo al centro di una pratica educativa. Il progetto didattico si articola in due fasi durante l'intero anno scolastico. La prima, di studio teorico del linguaggio audiovisivo e musicale da parte degli studenti, a cura dei formatori di Cinemazero, la seconda, di costruzione ed esecuzione di una partitura originale che possa accompagnare musicalmente la visione di un film muto, coordinata dalle insegnanti di musica degli istituti coinvolti. La decima edizione di A colpi di note vedrà esibirsi due orchestre: quella composta dagli studenti dell'istituto comprensivo Rorai Cappuccini, diretti dalla professoressa Patrizia Avon, e quella animata dagli studenti dell'Istituto Centro Storico di Pordenone, guidata dalla professoressa Maria Luisa Sogaro, già fondatrice del progetto insieme a Cinemazero. La prima assoluta è in programma in SalaGrande, lunedì 6 giugno alle 21.00, grazie alla collaborazione con Lions Club Naonis Pordenone. La seconda e ultima esibizione si svolgerà invece a ottobre, come di consueto nell'ambito de Le Giornate del cinema muto, sul palcoscenico internazionale del Teatro Verdi. Il protagonista dei film musicati quest'anno dagli studenti è Buster Keaton, che proprio nel 2016 si vede omaggiato nel cinquantennale della sua morte. Joseph Frank Keaton, questo era il suo vero nome, è stato un artista assai prolifico, interprete, come pochi altri, di una comicità che era mimica, fisica e addirittura acrobatica. Stralunato e a volte triste, il suo volto è scolpito nella memoria di ogni cinefilo che si rispetti. Di Buster Keaton l'orchestra dell'istituto Rorai Cappuccini ha scelto di musicare Neighbors (Vicini, 1920). La trama è la seguente: un ragazzo e una ragazza, vicini di casa si amano di un amore puro e sincero, ma le loro famiglie, come nel migliore dei drammi, si odiano. Non avranno vita facile i due giovani, che si vedono ostacolati nel loro intento di sposarsi anche dalle pubbliche autorità. Ce la faranno a convolare a nozze? The Ballonatic (1923), anche noto in Italia come Il matto nel pallone, è invece il film scelto dall'orchestra dell'Istituto Centro Storico. Ricchissimo di gag e peripezie acrobatiche, il film si svolge in un luna park. Qui un ragazzo, tra un giro di giostra e l'altro, strizza l'occhio a qualche fanciulla. La vera svolta arriva quando sale per un giro sulla mongolfiera. Qui ne succederanno di tutti i colori e incontrerà la fanciulla che (forse) si innamorerà di lui, in un susseguirsi di trovate comiche che strapperanno un sorriso anche al più indifferente degli spettatori.. “A colpi di note is one of the treasures of Le Giornate del cinema muto” aveva dichiarato David Robinson, direttore emerito del festival, negli anni in cui il progetto prendeva forma e iniziava a conquistare pubblico e riconoscimenti di valore. Dopo dieci anni di attività, questo tesoro brilla più che mai e noi, insieme a insegnanti, studenti e a tutte le loro famiglie ne siamo sempre più convinti. [foto di Elisa Caldana]
ANIMAZIONI ITALIANE - CORTOMETRAGGI D’AUTORE
Domani accadrà ovvero se non si va non si vede
Trieste - fino al 12 giugno 2016
Si presenta a Trieste, nella cornice della sala Veruda a Palazzo Costanzi, una mostra dedicata all’animazione italiana che fa una ricognizione a volo d'uccello sulla produzione contemporanea di cortometraggi d'animazione in Italia. Per questo si è scelta una suddivisione che mira a rendere espliciti i centri di riferimento, che non sono solo geografici, ma anche culturali e le conseguenti ricerche tecniche che si sviluppano per una specie di affinità linguistica da parte degli autori. La caratteristica tutta italiana di avere delle specificità che la diversificano e la rendono così interessante e unica per il suo policentrismo appunto territoriale, viene rimarcata in un percorso dove si può scorrere quanto sta avvenendo in questo settore, così particolare, qual è il cinema d'animazione d'autore. La selezione degli autori si collega alla recente uscita del 4°Dvd “Animazioni”, a cura di Paola Bristot e Andrea Martignoni, il quarto di una serie di Dvd antologiche iniziata nel 2010 che ha cercato di raccogliere i migliori cortometraggi d’animazione realizzati in Italia, in rapporto anche ad una sempre crescente attenzione e crescita di questo genere di film a livello internazionale. Info: www.vivacomix.net
BIOGRAFILM FESTIVAL
Bologna - dal 10 al 20 giugno 2016
Biografilm Festival è il primo evento internazionale interamente dedicato ai racconti di vita, che anche quest’anno propone un programma ricco di grandi anteprime cinematografiche, tra opere di grandi maestri e film ancora tutti da scoprire. Su 10 film del Concorso Internazionale, tre saranno presentati in anteprima mondiale: il malesiano Hoka Hey, l’italiano Il fiume ha sempre ragione di Silvio Soldini e un terzo film che per motivi di sicurezza sarà annunciato solo a ridosso dell’inizio del Festival. Anche nella sezione Biografilm Italia anteprime attesissime come Ninna nanna in prigione, Il filo dell’acqua e Goodbye Darling, I’m Off to Fight (film tutto italiano che è già stato capace di entusiasmare il pubblico americano all’anteprima mondiale al festival di Newport Beach). Info: www.biografilm.it
PREMIO HEMINGWAY - XXXII EDIZIONE
Lignano Sabbiadoro - dal 21 al 26 giugno 2016
Si rinnova da lunedì 21 a sabato 26 giugno 2015 l’appuntamento con il Premio Hemingway, giunto quest’anno alla 32^ edizione, come sempre promossa dal Comune di Lignano, con il sostegno dell’Assessorato alla Attività Produttive della Regione Friuli Venezia Giulia, attraverso la collaborazione con la Fondazione Pordenonelegge.it. Il Premio è un prestigioso evento letterario ma è anche l’occasione per scoprire o ritrovare il scenografico approdo di uno degli scrittori più noti e amati di sempre. Lignano e la sua laguna furono il buen retiro di Hemingway in periodi diversi della sua vita: una scelta non casuale. L’autore de ‘Il vecchio e il mare’ amava profondamente Venezia e proprio “via laguna” nacque il suo speciale rapporto con la piccola penisola friulana, tra Venezia e Trieste, che lo scrittore amava definire come ‘La Florida d’Italia’. In segno di ringraziamento, Lignano ha dedicato ad Ernest Hemingway il suo parco pubblico e istituito il premio che vanta un albo d’oro di altissimo profilo. Info: www.premiohemingway.it
IL CINEMA RITROVATO
Bologna - dal 25 giugno al 2 luglio 2016
Lumière! L’invenzione del cinematografo: questo il titolo della mostra dedicata agli inventori del cinema, Auguste e Louis Lumière, che verrà inaugurata il 24 giugno (per rimanere poi aperta fino a gennaio 2017), alla presenza Thierry Fremaux, direttore dell’Institut Lumière di Lione, che ha creato l’esposizione. La mostra dedicata ai fratelli Lumière è l’evento speciale per festeggiare i 30 anni del festival Il Cinema Ritrovato, promosso dalla Cineteca di Bologna dal 25 giugno al 2 luglio. Una eccezionale raccolta di materiali originali, strumento per i primi pionieristici esperimenti dei fratelli Lumière si intreccerà alla scenografia di proiezioni che porteranno alla scoperta della nascita del cinema. Per l’occasione, la Cineteca di Bologna pubblicherà un cofanetto con i film dei fratelli Lumière restaurati dal laboratorio della Cineteca, L’Immagine Ritrovata. Info: festival.ilcinemaritrovato.it
UN EMOZIONANTE RITRATTO DI FAMIGLIA CHE È ANCHE RIFLESSIONE SULLE RELAZIONI
SEGRETI DI FAMIGLIA
DI jOACHIM TRIER Un padre e due figli, il maggiore Jonah e l'adolescente Conrad, sono costretti a fare i conti con la morte per incidente stradale della madre, Isabelle Reed, apprezzata fotografa di guerra. Il lutto riverbera in modo diverso in ognuno di loro, coincidendo con un momento di difficoltà e di svolta, di cui è allo stesso tempo causa e conseguenza. Le circostanze della morte di Isabelle condizionano i sentimenti e i pensieri dei tre uomini, così come le scelte da lei fatte in vita hanno condizionato fino all'ultimo l'esistenza e i legami della famiglia. Il primo film in lingua inglese del norvegese Joachim Trier, e il terzo della sua promettente carriera, sa chiaramente dove andare a posizionarsi: nel melodramma negato, nevrotico e trattenuto, dove i movimenti della psiche -le accelerazioni, le ossessioni, le deviazioni, le epifanie- fanno più rumore delle bombe. Non a caso, tutto ciò che riguarda il lavoro di Isabelle, che riguarda la guerra, e che ha occupato il primo posto nella sua vita, non è veramente oggetto di indagine: Trier non si occupa né della natura degli scatti fotografici né del disagio della donna, liquidandolo con le informazioni più note e cronachistiche sull'argomento (dipendenza dall'adrenalina, perdita del senso delle cose, schizofrenia perpetua tra il presente e l'altrove). Tutto credibile, certo, ma niente di personale. Ciò che interessa al regista sono invece le ricadute di quel disagio e di quel destino su chi è sopravvissuto. Per raccontarle, Trier ricorre ad una forma piuttosto affascinante, che scivola fluidamente da un personaggio all'altro, da un capitolo all'altro, quasi da un film all'altro, come la macchina da presa scivola tra le diverse stanze della casa di famiglia, e avanti e indietro nel tempo, tra realtà e costruzione, e tra diversi punti di vista (anche se quello di Conrad risulta privilegiato, perché è lui a trasformare l'enigma in letteratura). Louder than bombs è un film corale nel quale “ci sono poi schegge di memoria, episodi solo immaginati, sogni. Ma niente è confuso, anzi: Trier non si smentisce rispetto ai lavori precedenti. Non vuole forzare nulla. Prova a fare delle associazioni emozionali, facendo sì che il film scorra come un flusso ininterrotto dove però ogni sequenza è riconoscibile. Il suo ultimo film è un tentativo di ridare allo spettatore le emozioni intime dei personaggi, impossibili da spiegare in altro modo se non con i puri elementi cinematografici (montaggio innanzitutto, ma anche la musica)(...) non è mica un film sull'elaborazione del lutto e sul vuoto improvviso lasciato da una madre/moglie, è anche un film in cui ci si pone delle domande sulle relazioni famigliari (figlio/genitore, fratello/fratello, moglie/marito) e non” [www.cineblog.it]
i film del mese
(Tit. Or.: Louder than bombs) Un film di Joachim Trier. Con Isabelle Huppert, Gabriel Byrne, Jesse Eisenberg. Norvegia, 2015. Durata 105’
(Tit. Or.: Rendez-vous à Atlit) Un film di Shirel Amitay. Con Géraldine Nakache, Yaël Abecassis, Judith Chemla. Israele, 2015. Durata 91 min.
I CONFLITTI DEL MEDIO ORIENTE IN UNA COMMEDIA SPONTANEA E RICCA DI
LA CASA DELLE ESTATI LOnTAnE
DI SHIREL AMITAy Israele 1995. Darel (Yael Abecassis), Cali (Geraldine Nakache) e Asia (Judith Chemla), sono sorelle emigrate dalla loro terra, si ritrovano nella casa dei loro defunti genitori, per venderne la proprietà. Vite umane che si intrecciano con la storia. Il 1995 è l’anno del processo di pace in terra di Israele e tre sorelle, come una parabola “cecoviana”, condividono speranze, ricordi, vecchi rancori e divertenti schermaglie entro un microcosmo in cui affondano le loro radici come la loro terra natale. Amitai, anch’essa emigrata in Francia, intende ricostruire un evento storico importante attraverso il legame e il punto di vista di Darel, Cali, Asia che, come la regista, hanno dovuto sradicare la loro vita, in un continuo conflitto fra le proprie origini e ciò che sono diventate. A testimoniare questo senso di doppia identità, il film si anima, con un tocco fantasioso delle “presenze”, il “mondo invisibile”, che ha abitato le mura. I fantasmi (nella eccezione positiva) dei genitori, una coppia di simpatici brontoloni, che interferiscono e vivacizzano come una ventata di positività quei giorni di attesa, mentre una terza e misteriosa “entità” diviene il simbolo di quella pace così vicina. Una prospettiva che si vanifica il 4 novembre con l’assassinio di Rabin e la violenta interruzione di quella svolta tanto sperata. La casa delle estati lontane è un film semplice e spontaneo, leggero, ma carico di implicazioni umane. Una pellicola in cui Amitai, nonostante la Storia, intende far passare un messaggio di speranza. Buona l’interpretazione del trio Abecassis, Nakache, Chemla, irresistibile Pippo Delbono attore imprestato dal teatro, nel ruolo del padre, uno spettro bisbetico e bonario. Rendez-vous à Atlit è un film simbolico, è questa la chiave per affrontare la visione della pellicola. Amitai descrive un microcosmo forse un po’ troppo chiuso, una scelta indubbiamente voluta nel parallelismo fra la terra divisa e ceduta e la “casa” coabitata fra tre sorelle e lasciata al miglior offerente. Questa “segregazione” trascina lo spettatore in una sorta di isolamento quasi voluto, un “fortino di speranza” sospeso nel tempo, che rende un po’ più difficile e meno visibile quello che c’è “fuori”.
ZERORCHESTRA, CINETECA DEL FRIULI E CINEMAZERO PRESENTANO
NOTE DAL FRONTE
MUSICA, PAROLE E IMMAGINI DELLA GRANDE GUERRA
G EMONA DEL F RIULI | 15 GIUGNO L IGNANO S ABBIADORO | 27 GIUGNO C ASARSA DELLA D ELIZIA | 30 GIUGNO
Concerto-spettacolo sulla Grande Guerra vissuta e raccontata dai suoi protagonisti, uomini dalle differenti divise schiacciati nelle trincee del fronte italo-austriaco, dalle montagne dell’Adamello alle trincee carsiche, dall’Alto Isonzo al fiume Piave. Un montaggio inedito di film “dal vero” girati sui vari fronti dagli operatori dei diversi eserciti, oggi prezioso patrimonio della Cineteca del Friuli.
Musiche originali composte da Angelo Comisso e Francesco Bearzatti e canti popolari della guerra eseguiti e arrangiati dalla Zerorchestra. Le parole tratte dai diari e dalle lettere dei soldati al fronte restituiscono le paure, le speranze, le disillusioni di quella tragica esperienza umana. PER
INFORMAZIONI:
0434-520404 | WWW.CINEMAZERO.IT