€ 1,00 mensile di cultura cinematografica
Estate in MOVIEMENT
Giovedì 27 giugno Sonja Prosenc presenta il film a Cinemazero
Cibo, vino, paesaggio e grande cinema
Presentata a Cannesa la prossima edizione di Cinemadivino
Inafferrabile: il volto di Pier Paolo Pasolini
2019 numero 6 anno XXXIX
History of love
In mostra le eccezionali foto di Bachmann/Beer dall’archivio Cinemazero
Gli autori della fotografia illuminano Spilimbergo Dall’8 al 16 giugno Le giornate della Luce
Miserabili! Traditori! Parassiti! Cannes 2019: dalle stalle alle Palme
19
Giugno
Al via il progetto per “allungare” la stagione cinematografica italiana
Musica d’inizio estate
A Colpi di Note inaugura l’estate del cinema sotto le stelle Spedizione in abbonamento postale POSTE ITALIANE SPA L. 662/96 art. 2 comma 20/b filiale di pordenone. Pubblicità inferiore al 45% contiene i.p. e i.r. in caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Pordenone per la restituzione al mittente previo pagamento resi
Estate in Moviement
Andrea Crozzoli
Editoriale
Al via il progetto condiviso per prolungare anche d’estate la stagione cinematografica
Ha aperto il 72mo Festival di Cannes e virtualmente aprirà anche, il 13 giugno, l’estate al cinema 2019 con lo straordinario I morti non muoiono, l’ultimo film di Jim Jarmusch con un cast stellare che va da Bill Murray a Adam Driver, da Tilda Swinton a Chloë Sevigny passando per Steve Buscemi. Un horror che, nelle mani di Jarmusch, è anche una commedia godibilissima, un film dall'ironia sottile e spesso involontaria, ma irresistibile. Un’opera tanto attesa che spiazzerà lo spettatore con le sue invenzioni senza, però, mai tradire lo stile autoriale di Jim Jarmusch che, in questo caso, assume una valenza anche morale. Il 10 luglio, poi, arriverà pure un blockbuster per alimentare le tante multisale che non possono chiudere d’estate per gli alti costi fissi di gestione. Ecco quindi Spider-man: Far from Home di Tom Holland, secondo episodio della saga, che vanta nel cast anche Jake Gyllenhaal nei panni di Mysterio. L'uscita negli Stati Uniti d'America, prevista per il 2 luglio, in anteprima mondiale, anticipa di pochi giorni quella italiana. La politica di uscire quasi contemporaneamente in tutto il mondo è attuata dagli Usa per combattere l’alto tasso di pirateria che oggi il digitale permette. Uscendo in tutti i paesi sperano di saturare il mercato prendendo in contropiede i truffatori. Anche agosto avrà le sue uscite fra cui ci piace segnalare Il signor diavolo di Pupi Avati ovvero il ritorno all’horror/thriller del maestro bolognese dopo oltre 40 anni da La casa dalle finestre che ridono. Per riuscire ad avere questi risultati si sono mossi produttori, distributori, esercenti, Anica, Mibac e David di Donatello, elaborando il progetto Moviement, un piano triennale che punta a portare in sala gli spettatori 12 mesi l’anno. Questa strategia istituzionale si pone come obiettivo, a fianco del rilancio dell’industria cinematografica, anche (e soprattutto crediamo) la destagionalizzazione dei botteghini. Siamo infatti, come sistema Italia, il fanalino di coda del cinema estivo rispetto a Francia, Germania e Spagna. Confrontando i dati l’Italia è risultata essere la peggiore negli ingressi nel periodo giugno/settembre. Ma l’affluenza al cinema in estate cala, soprattutto, per la verticale diminuzione dell’offerta, sia quantitativa che qualitativa, dei film oltre che per la scarsa promozione. Attraverso Moviement, dopo una serie di incontri, anche con il governo, si sono raggruppate varie azioni volte a cercare di invertire questa tendenza. Oltre a un preciso calendario di uscite importanti durante l’estate, ci sarà a disposizione anche un fondo specifico a sostegno di coloro che terranno aperte le sale nei mesi caldi. Speriamo che tutto questo possa funzionare da stimolo e che non si traduca, come frequentemente accade, in“molto rumore per nulla”!
In copertina Jim jarmusch, regista di I morti non muoiono, film che “inaugura” la stagione cinematografica estiva
cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Giugno 2019, n. 6 anno XXXIX ISSN 2533-1655 Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Manuela Morana Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Elena d’Inca Direzione, redazione, amministrazione Via Mazzini, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 Cassa: 0434-520527 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Sincromia - Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica
Giovedì 27 giugno a Cinemazero ospite la regista Sonja Prosenc
Marco Fortunato
La diciassettenne Iva ha un problema all'udito e vive insieme al fratello maggiore e alla sorella minore. Hanno da poco perso la madre e non sanno ancora bene come fare per andare avanti, soprattutto quando scoprono alcuni segreti che la madre gli ha tenuto nascosto. Confusa, la ragazza lentamente si immerge in un mondo strano, quasi onirico, sempre più lontano dalla realtà. Dopo il suo esordio internazionale - con l’applaudito The Tree - Sonja Prosenc torna al Festival di Karlovy Vary con la sua seconda opera di finzione, History of love, prodotto dalla friulana Nefertiti Film (guidata da Nadia Trevisan) che giovedì 27 sarà presentato a Cinemazero dalla regista a cui abbiamo chiesto di anticiparci qualche curiosità sull’opera. Da dove nasce l’idea del film? Come si è sviluppata? E’ legata al tuo film d’esordio? Ancor prima di realizzare The Tree avevo cominciato ad esplorare l’idea di un film su delle persone che si trovano a fare i conti con la perdita di una persona cara. Durante le riprese di The Tree, una persona a me molto vicina, membro della mia famiglia, stava morendo. E’ stato un momento molto difficile. Più tardi ho iniziato a pensare alla società contemporanea che richiede che tutto sia piacevole e per stare bene nella "cultura selfie" in cui viviamo, anche noi stessi, dobbiamo diventare un contenuto piacevole. Sopprimiamo le nostre emozioni ed esperienze più intime, diventiamo alienati dagli altri e da noi stessi. Come in The Tree, anche in History of love, con la storia di Iva e della sua famiglia, mi avventuro in una riflessione su un problema sociale. L’obiettivo era esplorare l'incapacità dei personaggi di connettersi l'un l'altro nel momento peggiore della loro vita. Ancora una volta l’ispirazione viene da una riflessione sulla società: il nichilismo prevalente, la violenza e il distacco emotivo del mondo contemporaneo. Parliamo della sceneggiatura, perché hai scelto il punto di vista Iva? Hai mai pensato di raccontare la storia da un altro punto di vista (ad esempio quello del marito o degli altri figli)? All'inizio l'attenzione era concentrata sul direttore d'orchestra. Solo dopo aver ripreso in mano la sceneggiatura, dopo aver realizzato The Tree, mi sono sentita più attratta dal punto di vista di Iva, per seguire la sua strada nell’affrontare la perdita, e per esplorare come i membri della famiglia sono alienati gli uni dagli altri in un momento della loro vita in cui hanno più bisogno l'un l’altro. E dall’altro lato ero interessata a raccontare come due persone che hanno solo una cosa in comune, ovvero che hanno perso la persona che amavano, possono connettersi attraverso questo vissuto comune. Come hai scelto gli attori e come hai lavorato con loro sul "character building"? Ho scelto Doroteja Nadrah per il ruolo del personaggio principale più di un anno prima delle riprese che hanno avuto luogo da fine giugno ad agosto 2017. Ho fatto alcune prove con lei, ero fiduciosa che potesse dare al ruolo tutto ciò che era necessario e abbiamo lavorato bene insieme. Ho lavorato con lei da zero, per un anno, attraverso discorsi, esplorando stati emotivi, costruendo situazioni con altri attori. Dovendo interpretare un personaggio che si tuffa a livello agonistico e che ha un deficit uditivo, ha dovuto seguire corsi di nuoto, allenarsi duramente, imparare a sentirsi a proprio agio nell'acqua e anche ad esplorare la sensazione di isolamento che l'acqua, soprattutto sott'acqua, può offrire. Kristoffer mi è stato suggerito da Jarle Bjorknes, il nostro co-produttore norvegese. Ho visto alcuni dei film in cui Kristoffer ha recitato e mi piaceva che fosse in grado di interpretare ruoli così diversi tra loro. Ma prima di prendere una decisione volevo vedere se lui e Doroteja avevano una connessione necessaria sullo schermo e vedere anche come lavoravamo tutti insieme. (...) I due attori avevano con me (come regista) un rapporto molto diverso relativamente al bisogno di “direzione”, di guida. Kristoffer è molto autonomo, ha molta esperienza e voleva comportarsi in modo realistico Nel film, il suono ha un ruolo decisivo, come hai lavorato su questo aspetto? In questo film il suono non è un suono descrittivo e narrativo. Volevo che il suono creasse un'esperienza simile a quella prodotta dall'immagine. Funziona su più livelli: si tratta di suggerimenti sottili, di creare atmosfere speciali. In altri momenti il suono è a servizio della narrazione: nelle sequenze che potrebbero altrimenti essere percepite come un salto avanti o indietro, tra il presente e il passato, le immagini sono legati agli eventi, ai ricordi e ai pensieri grazie al suono e alla musica. In altri momenti ancora, usiamo il suono per creare tattilità nell'esperienza visiva, per renderla concreta, viva.
Incontro con l’autore - L’intervista
History of love
Cibo, vino, paesaggio e grande cinema
Marco Fortunato
Cinemadivino 2019
Tutto pronto per la quinta edizione della rassegna per “degustare” il grande cinema in cantina
Cibo, vino, paesaggio e grande cinema, quattro semplici ingredienti per una ricetta collaudata, quella di CinemadivinoFVG, che festeggia quest’anno il suo primo “lustro” di attività. Era infatti l’ormai lontano 2015 quando Cinemazero ha scelto di raccogliere l’invito di Carlo Catani – l’ideatore del progetto – a portare nella nostra Regione un’iniziativa che nasceva in Emilia Romagna con l’obiettivo di valorizzare le eccellenze nazionali e, nel caso del FVG, anche locali. Declinata nella nostra regione, la rassegna ha da un lato l’incredibile ricchezza enogastronomica del territorio e le sue bellezze paesaggistiche, dall’altro la capacità di Cinemazero – frutto di oltre 40 anni di storia – di portare la magia del grande cinema anche fuori dalle sale cinematografiche, creando delle arene en plein air anche laddove potrebbe sembrare impossibile. Ecco spiegato il “fiorire” di schermi nella campagna pordenonese, tra i filari o nelle suggestive volte di antichi casali, dove capita sempre più spesso di imbattersi in un manipolo di appassionati, armati del rigoroso bicchiere d’ordinanza, reduci dalla scoperta delle migliori cantine, di ottimi vini e delle fantasiose invenzioni culinarie degli chef pronti a immergersi nelle emozioni che solo un film sul grande schermo sa regalare. Seppur in serate sempre diverse vi è, però, un minimo comune denominatore: il grande cinema che da sempre ha il compito di concludere gli appuntamenti della rassegna. Protagonisti, in questi anni, i più importanti titoli che hanno visto proprio il vino giocare un ruolo centrale nella sceneggiatura, per diventare spesso un vero e proprio “personaggio” della storia. «Chi non beve con me, peste lo colga!» era la celeberrima battuta di Amedeo Nazzari nel film La Cena delle Beffe di Alessandro Blasetti del 1942; un film tratto dall'omonimo dramma in versi di Sem Benelli, che rese famoso, con quella battuta, il buon Nazzari. Ma il vino nella storia del cinema ricorre spesso, anche come vero e proprio attore, a volte protagonista, altre meno, in decine e decine di film, tanto che alcuni attori e registi hanno spinto la propria passione per Bacco fino al punto di riscoprirsi vigneron. Come Francis Ford Coppola e la sua cantina in Napa Valley, tra barrique e bottiglie. Coppola, in un’intervista ha affermato: «Ho salvato la mia vita con la mia etichetta di vino, per fortuna la gente, che continua a bere, ogni anno si mantiene costante, mentre il pubblico di un film è sempre un’incognita fino all'ultimo!». Resta il fatto che il vino ha attraversato costantemente oltre un secolo di cinema, da Charlie Chaplin fino alle cantine del nordest, quando venne girato da Patroni Griffi Addio fratello crudele (1971) con Charlotte Rampling e le musiche di Ennio Morricone, un film che, all’epoca, fece grande scandalo. Nel nordest arrivò anche Pasquale Festa Campanile che utilizzò cantine e grandi botti per alcune scene del Merlo Maschio con Lando Buzzanca e Laura Antonelli. Ma il vino è stato al centro anche del cinema anglosassone dove ha avuto un suo spazio; come in Hustle (Un gioco altamente pericoloso) del 1975, firmato da Robert Aldrich, con Burt Reynolds e Catherine Deneuve. Mentre nel pluripremiato Il Silenzio degli Innocenti di Jonathan Demme, il serial killer Hannibal Lecter (Anthony Hopkins) afferma che il vino che ama di più è l'italianissimo Chianti. Il programma di quest’anno è stato presentato nella prestigiosa cornice del festival di Cannes dove sono stare rese note le prime location che ospiteranno gli eventi che si svolgeranno tra fine giugno e luglio. Cinque appuntamenti in altrettante tra cantine e Ville (sempre più numerose in questi anni le residenze storiche che hanno scelto di aderire al progetto) tra gradite conferme e immancabili novità. A fianco alle ormai “storiche” partecipazioni della Tenuta Vistorta dei Conti Brandolini d’Adda di Sacile e delle Tenute Tomasella di Mansuè, si aggiungono le new entry come la splendida Villa Luppis di Rivarotta. Un vero e proprio percorso, reso possibile grazie al prezioso sostegno dell’Associazione Donne del Vino FVG – partner più che mai confermato e partecipe nell’organizzazione degli eventi – che continua a garantire, con la sua fitta rete di associate, supporto logistico ed organizzativo. Il programma completo verrà annunciato nei prossimi giorni, ma per essere sempre aggiornati e non perdersi nulla è sufficiente cliccare “Mi piace” sulla pagina facebook Cinemadivino Friuli Venezia Giulia
In mostra le eccezionali foto Bachmann/Beer dagli archivi di Cinemazero
Riccardo Costantini
La mostra “Inafferrabile – Il volto di Pier Paolo Pasolini”, in corso al Centro Studi PPP a Casarsa della Delizia ed aperta fino al 1 settembre 2019, ha uno scopo preciso: vuole mettere in contatto lo sguardo del pubblico con quello del poeta-scrittore-regista. Vuole restituire la possibilità - con la calma e senza la fretta “divoratrice” tipica di questi tempi – di incrociare i suoi occhi, di comprendere meglio il suo volto, le sue espressioni, di considerarlo una persona, prima ancora che un'icona o addirittura un simbolo. Le fotografie esposte, scatti di Gideon Bachmann e della sua compagna Deborah Beer, costruiscono un percorso di luoghi, per la maggior parte privati o vissuti come terreno della concentrazione, del pensiero interiore (il suo studio, la sua biblioteca, le terrazze da dove “guardare il mondo”, il ritiro – nella campagna “ariostea” - della Torre di Chia...). La Beer è fotografa discreta, dai modi delicati, capace di stare in disparte, ma di seguire con attenzione quel che accade per alzare l'obbiettivo delle macchine che ha al collo e fermare l'attimo cruciale. La sua è una fotografia calda, piana, dai toni smussati, conciliante ed equilibrata. Bachmann ha altre caratteristiche, che vengono dal suo essere (genialmente istrionico, alla ricerca costante della qualità e del guizzo creativo) e dal particolare rapporto con il poeta, sviluppato in quindici anni di amicizia. La loro relazione è molto diretta e personale, passando dalle formalità delle interviste degli inizi (Bachmann è non solo fotografo, ma anche giornalista e regista) a un vero e proprio dialogo alla pari: la confidenza che ha nel stare al fianco di Pasolini, conversando di politica, attualità, cinema, arte, di seguirne le tappe artistiche e l'evoluzione poetica, di accompagnarlo in molti viaggi, si traduce nella possibilità di scattargli ritratti che vanno fino ai primissimi piani, violando quasi la soglia del privato. Controluce, toni contrastati, fuoco sempre perfetto, inquadrature ricercate, ora per catturare le spigolosità del volto di Pasolini – proprietà che è spesso anche delle sue parole - ora per smussarne le espressioni e farlo vivere in foto con tutta la sua tenerezza, i suoi modi gentili. La mostra, con le loro foto, vuole essere un percorso che ci conduce “dentro Pasolini”, per tornare a trovare motivo di conoscerlo. Per ricordare la sua vis polemica e la sua vita fatta di parole, ma anche per comprendere che accanto a ciò c'è ora del silenzio, talvolta dell'allegria e, sempre e comunque, un'infinita generosità. Per dargli la dignità di uno sguardo che non sia quello dei rotocalchi che tanto lo tormentarono in vita, alla costante ricerca Inafferrabile Lo sguardo di di occhi ora diabolici ora corrotti, Pier Paolo Pasolini Fotografie di sempre da denunciare perché Gideon Bachmann intrinsecamente ammantati di e Deborah Beer scandalo. Foto, dunque, inedite, non utilizzate dai media, che servono proprio – nel loro essere non viste – ad aprire una finestra, una possibilità, uno spiraglio di partecipazione finalmente reale e non ridondante perché “socialmente dovuta” (e perciò vuota). Uno sguardo, quello di chi cura e organizza la mostra, non celebrativo, ma rispettoso e partecipe. Per dialogare con quello di Pasolini, capace sempre di condividere – com'era nel suo modo di fare – con chiunque la possibilità di ragionare, di discutere, di confrontarsi. Ora con severità e precisione, ora con dolcezza e partecipazione. Pier Paolo Pasolini, “uomo reale”, esistente, pieno di vita, vorace nei confronti del mondo e della conoscenza: inafferrabile, per sua – meravigliosa, sempre spaesante – complessità.
Inafferrabile
Inafferrabile Il volto di Pier Paolo Pasolini
Gli Autori della fotografia illuminano Spilimbergo Le Giornate della Luce
Presentate a Cannes le anticipazioni della quinta edizione in programma dall’8 al 16 giugno
Dopo il successo delle quattro prime edizioni, torna a Spilimbergo - con incursioni anche a Sequals, Casarsa della Delizia, San Vito al Tagliamento, Codroipo e Pinzano al Tagliamento - il festival che celebra il ruolo degli Autori della Fotografia del cinema italiano contemporaneo. Le Giornate della Luce, una realtà ormai consolidata nel panorama delle manifestazioni festivaliere della regione, è in programma quest’anno tra l’8 e il 16 giugno sempre con l’ideazione e la curatela artistica di Gloria De Antoni con Donato Guerra. Dopo la presenza dei curatori al Salone del libro di Torino, alcuni “highlights” del programma 2019 del festival sono stati adesso presentati al Festival di Cannes, all’interno del Padiglione Italia, nell’ambito degli incontri di Istituto Luce Cinecittà, tra i partner del festival assieme a Rai Cinema. Il festival conferma anche quest’anno la sua riuscita formula con proiezioni dei film in concorso, incontri con fotografi di scena, registi e attori, seminari e percorsi espositivi, per culminare nell’attribuzione del premio Il Quarzo di Spilimbergo-Light Award, assegnato alla migliore fotografia di un film italiano dell'ultima stagione, insieme al consueto premio dei Giovani e premio del Pubblico. Il riconoscimento principale verrà come sempre assegnato da una giuria formata da nomi di spicco nel panorama cinematografico: il regista, sceneggiatore e interprete Edoardo Winspeare, l’attrice-icona degli anni Settanta Stefania Casini, ora regista impegnata e di talento, l’attrice Anna Bonaiuto, i critici cinematografici Oreste De Fornari, Fabio Ferzetti e Fulvia Caprara, l’Autore della fotografia Francesca Amitrano e Chiara Omero, direttore artistico di ShorTS festival. La quinta edizione de Le Giornate della Luce si aprirà anche quest’anno a Spilimbergo con una serie di mostre a contenuto cinematografico e con gli Incontri di 8 ½, con noti esponenti del cinema italiano. Attesa per mercoledì 12 giugno a Casarsa della Delizia una serata che festeggia i 60 anni dal primo ciak de La Dolce Vita di Federico Fellini presenti con l’attrice Valeria Ciangottini: la camerierina miraggio di un’impossibile redenzione, ricorda quella primavera del 1959 sul set del capolavoro di Federico Fellini. A tre anni dalla sua presenza come presidente di Giuria e docente alla Masterclass che ogni anno offre un momento con maestri della cinematografia nazionale ed internazionale, è atteso quest’anno il ritorno al festival del regista Pupi Avati, in assoluto tra i maggiori protagonisti del nostro cinema di sempre. Quella di Cannes è stata anche l’occasione per presentare in anteprima la sigla che accompagnerà le proiezioni di questa edizione, frutto di un bando a cui hanno risposto numerosi autori. Vincitori di questa edizione è risultato il lavoro firmato da Sara Beinat, Federica Pagnucco e Matteo Sabbadini. E sarà proprio la loro opera che aprirà tutti gli eventi del Festival a giugno. L’intero programma, le ulteriori presenze esclusive di questa edizione e i tre film finalisti in concorso saranno presentati a breve per ricomporre l’intero calendario che animerà la quinta edizione delle Giornate della Luce.
Dalle stalle alle Palme
Lorenzo Codelli
72 Festival di Cannes
Miserabili! Traditori! Parassiti! Alejandro González Iñárritu, presidente della giuria del 72 Festival di Cannes alla cerimonia conclusiva ha proclamato orgoglioso: «La maggioranza dei film che abbiamo premiato affronta temi di giustizia e d'ingiustizia sociale». La Palma d'oro assegnata all'unanimità dai giurati al coreano Bong Joon-ho (nella foto a lato durante la cerimonia di premiazione) per Parasite ci ripaga dell'assoluta mancanza di riconoscimenti ufficiali lo scorso anno a Cannes al capolavoro d'un altro maestro coreano, Burning di Lee Chang-dong. I due film affrontano un identico tema, lo squilibrio crescente tra ricchissimi e poverissimi nella stessa metropoli di Seoul. E ambedue gli apologhi brechtiani si concludono con un olocausto vendicatore. Incredibile ma vero, ambedue sono tratti da fonti letterarie nipponiche. Burning da un racconto di Haruki Murakami, Parasite da un manga di Hitoshi Iwaaki già adattato in Giappone sia per lo schermo che come serie animata. Bong Joon-ho ha trasformato però i parassiti alieni invasori di corpi di Iwaaki in un'umanissima famigliola di parassiti proletari, residente in uno squallido scantinato invaso da scarafaggi, che invade una villa très chic dei quartieri alti abitata da una famigliola upper class. Lo spietato humour nero del regista - autore dei bellissimi L'ospite e Snowpiercer - ricorda quello di Luigi Comencini e dello sceneggiatore Rodolfo Sonego ne Lo scopone scientifico (1972), un analogo duello all'ultima mazzata tra spiantati e onnipotenti. La giuria cannense d'impronta «bolscevica», secondo la definizione di Natalia Aspesi, ha distribuito gli altri premi in base alla più rigida correttezza geo/sessuale. Cioè a palestinesi (Elia Suleiman), africani (Mati Diop), cineaste (Diop, Céline Sciamma, Jessica Hausner), brasiliani anti-Bolsonaro (Kleber Mendonça Filho & Juliano Dornelles), belgi anti-islamisti (Jean-Pierre e Luc Dardenne), gay (Pedro Almodóvar), Misérables della banlieue parigina (Ladj Ly). Fa ridere che in un'epoca di egalitarismo e giustizialismo così smaccati nove bravissimi cineasti-giurati internazionali non si siano resi conto quanto arcaici e anacronistici risultino ormai tutti quanti i premi, dalle Palme agli Oscar ai Leoni. Un autore poliedrico, un tempo osannato e ora all'indice, come il geniale Woody Allen ha sempre rifiutato di mandare i propri film in concorso ai festival, affermando saggiamente che non ha senso comparare l'opera di Tizio con quella di Caio. Onde dargli ragione mi lancio ad assegnare Palme d'oro ad libitum meum ad alcuni dei più bei film visti a Cannes, piantandoli tutti sullo stesso palmizio. Palma per il miglior epos antimafia a Il traditore di Marco Bellocchio. Un'opera lirica verdiana messa in scena sulle tuonanti note di Nicola Piovani e cantata in ben tre lingue dal tenore Pierfrancesco Favino. La psicanalisi della mens insana degli «uomini d'onore», che in realtà non sono altro che dei miserabili contadini retrogradi secondo Bellocchio. Palma per il miglior film fischiato - dai protagonisti, non dal pubblico, anzi - a La Gomera di Corneliu Porumboiu. Un intrigo poliziesco rumeno-canario degno di Hitchcock in cui Porumboiu riesce via via ad abolire la lingua parlata dai personaggi sfociando in uno spettacolarissimo sons et lumières finale interpretato nientemeno che dai baobabrobot dei Gardens by the Bay singaporesi! Palma d'oro permanente e inamovibile a Ken Loach, il quale di film in film continua a scavare nelle piaghe più attuali. In Sorry We Missed You analizza lo sfruttamento brutale dei precari con contratto a zero ore raccontando il calvario tragicomico d'un padre di famiglia agli ordini d'una miniAmazon di Newcastle. Palma ai neon di Sunset Boulevard a Quentin Tarantino che in Once Upon a Time... in Hollywood riprende piuttosto svogliatamente vari topoi dei suoi pulp precedenti. Chi ha vissuto a Hollywood nel 1969 - l'anno fatidico della strage di Bel Air da parte degli adepti di Charles Manson - come l'amico Ken Turan, eminente critico del Los Angeles Times, afferma che Tarantino ha saputo cogliere brillantemente la Weltanschauung dell'epoca. Palma von Sacher Torte per le più verdeggianti immagini dell'Austria collinare - riprese però tra Bressanone, Brunico e Sappada - dai tempi di Tutti insieme appassionatamente (1965) di Robert Wise, a Terrence Malick per A Hidden Life. A La famosa invasione degli orsi in Sicilia, esordio animato di Lorenzo Mattotti, Palma per la più straordinaria resurrezione dello spirito caustico di Dino Buzzati.
A inaugurare il cinema estivo il consueto appuntamento didattico-musicale
Manuela Morana
Iniziare l'estate in musica. Al cinema, e non in spiaggia! Sembra paradossale, invece è quanto ogni anno prende forma nella nostra città grazie agli studenti e alle insegnanti impegnati nel progetto didattico A colpi di note, promosso e sviluppato da Cinemazero e da La Cineteca del Friuli col festival Le Giornate del Cinema muto più due istituti scolastici del pordenonese, il comprensivo "Centro Storico" e il "Rorai-Cappuccini" a cui si aggiunge da due anni ormai il veneto, di Conegliano, Liceo "Marconi". L'appuntamento cade precisamente a giugno quando in occasione dell'apertura dell'Arena Calderari curata da Cinemazero al fine di proporre un cinema sotto le stelle di qualità nel corso dell'estate pordenonese, e grazie alla collaborazione col Comune, oltre cento studenti divisi in orchestre si trasformano in musicisti per dare vita a uno degli spettacoli musicali più originali dell'intero cartellone di intrattenimento pensato per chi resta in città. Si tratta di un corto circuito dall'effetto dirompente e travolgente, quello tra schermo cinematografico e musica eseguita dal vivo targato A colpi di note, che trova origine in un lungo percorso di studio lungo un anno scolastico e che coinvolge gli studenti delle scuole superiori di primo e secondo grado, nel nome della grande passione per il cinema delle origini. Parte tutto, infatti, dallo sconfinato archivio di produzioni cinematografiche del cinema muto, quello celebrato ogni mese di ottobre a Pordenone da Le Giornate del Cinema Muto, per intenderci, il progetto didattico che avvicina i più giovani alla settima arte. Con una predilezione per le comiche brevi (le cosiddette “slapstick”) e per le maschere più note della risata, studenti e insegnanti a inizio anno scolastico scelgono infatti un film, scovandolo tra migliaia, e con l'aiuto delle insegnanti ne inventano una nuova partitura musicale e di rumori. Il programma dello spettacolo dell'edizione 2019 di A colpi di note mostra come le orchestre abbiano voluto confrontarsi quest'anno con i volti più giovani della commedia delle origini: Baby Peggy, al secolo Diana Serra Cary, (nella foto in alto) di cui nel 2018 si sono celebrati i 100 anni dalla nascita, e le simpatiche canaglie, arci note al pubblico italiano per la loro assidua programmazione sulle reti televisive generaliste italiane! La scuola secondaria di primo grado “Pasolini” eseguirà dal vivo le musiche per il film Carmen, Jr., un cortometraggio del 1923 diretto da Alfred J. Goulding che vede come protagonista la popolarissima attrice bambina Baby Peggy. Il film è una divertente parodia della Carmen. Il Liceo “Marconi” di Conegliano, invece, sceglie la rocambolesca mischia di Our Gang, i mocciosi e insieme tenerissimi bambini noti al grande pubblico anche come The Little Rascals, o "simpatiche canaglie", protagonisti di una serie di brevi commedie. Sotto allo schermo dell'Arena Calderari daranno suono e musica alle immagini di Saturday Morning, quinta commedia in ordine di produzione creata da Hal Roach e datata 1922. La scuola “Centro Storico” di Pordenone, infine, ha scelto Baby Brother, anno 1927, un film che vede ancora una volta protagoniste le canaglie di Our Gang. La storia: Joe è ricco ma solo e vuole un fratellino. Insieme con l'amico Farina affonta un sacco di disavventure per trovarsi da se un compagno di giochi in famiglia. Nel frattempo la pazza gang cerca di fare soldi con uno “sgarruppato” baby parking. Lo spettacolo A colpi di note presso l'Arena Calderari (nella foto di Elisa Caldana l’esibizione dello scorso anno) – spazio d'eccezione che consente di offrire a tutti i giovani musicisti di mostrare il proprio talento e le proprie abilità di musicisti e spettatori di cinema non solo alle famiglie ma anche a tutta la cittadinanza -, è un evento reso possibile grazie alla collaborazione col Comune di Pordenone. La partecipazione è aperta a tutti. La data dello spettacolo sarà resa pubblica fra pochi giorni, per informazioni, scrivere a: didattica@cinemazero.it
A colpi di note
Musica d’inizio estate
Oltre 80 opere da 30 Paesi in corsa nella XX edizione
ShorTS 2019
ShorTS International Film Festival Torna l'appuntamento estivo con il grande cinema di ShorTS International Film Festival. Giunta alla sua 20° edizione, la manifestazione organizzata dall’Associazione Maremetraggio e diretta da Chiara Valenti Omero insieme a Maurizio Di Rienzo si terrà dal 28 giugno al 6 luglio 2019 a Trieste. Dopo il successo dello scorso anno, il festival conferma ShorTS Virtual Reality, la sezione competitiva dedicata ai corti girati in realtà virtuale a cura di Francesco Ruzzier. Per quattro serate nel foyer del Teatro Verdi si terranno le proiezioni delle opere in concorso: gli ambienti dello stabile triestino si trasformeranno in una sala cinematografica virtuale, dove gli spettatori potranno sperimentare questa nuova tecnologia attraverso una visione collettiva. Il corto vincitore si aggiudicherà il premio EstEnergy - Gruppo Hera del valore di 2.000 euro. Tutti i giorni, inoltre, sarà possibile provare gratuitamente la realtà virtuale in piazza della Borsa, dove verrà allestito uno spazio ad hoc con postazioni singole dotate di visore e poltrone girevoli. Torna, inoltre, la storica sezione Maremetraggio, sempre a cura di Francesco Ruzzier, dedicata ai corti premiati nei maggiori festival internazionali. La selezione 2019 vede concorrere 82 opere provenienti da 30 paesi diversi. Dietro la macchina da presa tantissimi registi italiani, che firmano ben 20 dei corti in concorso, cimentandosi nei generi più disparati. Le 82 opere in gara si contenderanno il prestigioso premio EstEnergy - Gruppo Hera da 5.000 euro assegnato da una giuria internazionale, composta tra gli altri da Hrönn Marinósdóttir (direttrice del Reykjavik International Film Festival), Heinz Hermanns (direttore di Interfilm Berlin Short Film Festival), Alvaro Gago Diaz (vincitore del premio al miglior corto nella scorsa edizione di ShorTS IFF), Pippo Mezzapesa (regista e autore). In programma anche Nuove Impronte, selezione dedicata alle migliori opere del cinema italiano emergente curata da Beatrice Fiorentino, giornalista e critica cinematografica, che quest'anno vedrà concorrere 11 registi italiani non ancora affermati ma già apprezzabili per coraggio e talento. Undici opere in cui commedia, dramma sociale, sport movie e opere sperimentali si affiancheranno al documentario d’autore. Ampio spazio anche ai ragazzi con Shorter Kids’n’Teens, la sezione dedicata ai giovanissimi. Un vero e proprio “festival nel festival”, diviso in due fasce di età, con due distinte giurie: la sezione Kids, dedicata ai corti per bambini dai 6 ai 10 anni, e la sezione Teens con opere per ragazzi dagli 11 ai 15 anni. Anche quest’anno saranno i ragazzi stessi a comporre le due giurie che decreteranno i vincitori della sezione. Tantissimi gli ospiti del mondo del cinema attesi a Trieste, tra cui il giovane e talentuoso Francesco di Napoli, protagonista dell'acclamato film di Claudio Giovannesi La paranza dei bambini, tratto dal romanzo di Roberto Saviano e presentato con successo alla 69° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, dove è stato insignito dell'Orso d'argento per la migliore sceneggiatura. Al festival triestino il giovane attore verrà insignito del Premio Prospettiva, riconoscimento che la manifestazione dedica ogni anno ai talenti emergenti del cinema italiano. Il 4 e 5 luglio, invece, appuntamento con ShorTS Pitching Training, workshop organizzato dall’Associazione Maremetraggio in collaborazione con Nisi Masa e il Fondo per l’Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia, che si terrà a Trieste presso la Mediateca in via Roma 19. Il workshop aiuterà i partecipanti a realizzare presentazioni efficaci e persuasive dedicate, in particolare, alla presentazione di progetti destinati alla realizzazione di cortometraggi.
AmeRICAn AnImAlS
PERFETTA FUSIONE TRA FICTION E DOCUMENTARIO PER UNA STORIA TRASCINANTE DI bARt lAyton Spencer è uno studente d'arte che sente nella sua vita l'assenza di qualcosa di significativo che lo ispiri, fosse anche un evento tragico. Il suo miglior amico d'infanzia, Warren, ha ottenuto una borsa di studio come giocatore di calcio ma è insoddisfatto del college e della sua mediocrità borghese. Quando Spencer scopre che nella biblioteca della Transylvania University di Lexington in Kentucky, sono custoditi testi di grande valore, i due iniziano ad architettare una rapina e coinvolgono anche Erik e Chas. Oltre al colpo nello stesso college che frequentano, Warren progetta anche come piazzare successivamente una refurtiva così rara, entrando in contatto con mercanti d'arte europei. Raccontato dagli stessi ragazzi, ormai cresciuti, che hanno commesso il colpo nel 2003, American Animals porta la fusione tra documentario e finzione al suo ultimo stadio e segnala il talento di Bart Layton nel maneggiare anche i meccanismi della fiction. Il regista si era finora fatto notare solo per alcuni documentari e in particolare per The Imposter, vincitore di diversi premi tra cui il BAFTA per il miglior debutto di un autore inglese nel 2012. La mitomania era al centro di quel film, dove un truffatore francese si spacciava per il figlio scomparso di una famiglia americana. Anche uno dei ragazzi di American Animals pur non spingendosi oltre una linea morale così estrema, potrebbe essersi comportato come un mitomane finendo per trascinare gli altri con false promesse. Layton però non vuole trovare colpevoli e anzi schiva la pretesa di verità che il film stesso dichiara nel primo cartello, lasciandoci senza una risposta univoca su come siano davvero andate le cose. Il senso del film è del resto un altro: siamo di fronte a quattro giovani bianchi americani più o meno di buona famiglia, che nonostante le occasioni che gli aprono la loro condizione privilegiata e il college non sanno che fare delle proprie vite. Il loro orizzonte ultimo è la celebrità o la ricchezza e quello che gli offre la propria vita non sembra sufficiente. L'assenza di orizzonti ideali fa così di loro anime perse pronte a inventarsi una folle impresa pur di trovare finalmente qualcosa di eccezionale e unico. In questo ha un forte peso anche la mentalità del gruppo, dove le idee più balzane ricevono sostegno dai compagni fino a sembrare sensate e prendere corpo. Abbiamo visto questo tipo di situazioni al cinema - e nella vita reale - portate fino al delirio delle sparatorie nelle scuole, ma qui non c'è quel tipo di rabbia, quanto piuttosto la ricerca di avventura. I quattro vogliono vivere come in un film e Layton li accompagna rendendo il suo stile sempre più da cinema di finzione, con molta musica, un montaggio ritmato e una tecnica tipica degli heist movie come lo split screen. D'altra parte il racconto rimane punteggiato delle testimonianze dei veri esecutori del colpo, che esprimono una sorta di rimpianto per come sono andate le cose. American Animals è dunque un'opera squisitamente metacinemtaografica che però non si accontenta di sofisticazioni cerebrali e riesce a essere sia trascinante e divertente sia dolorosamente umana. [www.mymovies.it]
i film del mese
Un film di Bart Layton. Con Evan Peters, Barry Keoghan, Jared Abrahamson. Or.: USA 2018, 116’.
Un film di Jesse Peretz. Con Rose Byrne, Ethan Hawke, Chris O'Dowd,. Or.: Granz Bretagna, 2018, 105.
JUlIet nAKeD
UNA DELICATA COMMEDIA TRA SENTIMENTI E SIMPATIA DI SASKIA boDDeKe Duncan (Chris O’Dowd) è ossessionato da un cantautore attivo negli anni ’90, tale Tucker Crowe, poi improvvisamente scomparso: ne diviene un cultore, per cui Crowe è una sorta di divinità minore. Apre pure un sito, una sorta di bibbia con notizie e teorie stravaganti su questo astro nascente, morto però troppo presto. Trasferitosi in Inghilterra, Duncan incontra Annie (Rose Byrne); insieme instaurano una lunga relazione, sebbene, dopo anni appunto, sembra essere arrivata a un punto morto. In maniera assurda, oltre che non cercata, Annie si mette in contatto con Tucker Crowe (Ethan Hawke), quel Tucker Crowe, ed il palesarsi di quest’ultimo diventa un’occasione per tutti di passare a quello step successivo per troppo tempo rinviato. Tutto in Juliet, Naked grida forte e chiaro il nome di Nick Hornby e di una tipizzazione dei rapporti umani che si ripete con variazioni minime da "Alta fedeltà" in poi. Un Peter Pan brizzolato, anzi due: fan e artista, differenti declinazioni della figura di perdente cara all'autore di "Febbre a 90". Il differente punto di vista, americano e non britannico, di Jesse Peretz rischia di rendere più stereotipata la visione dell'inglesità, fatto che, non a caso, la critica britannica ha mostrato di non gradire. Ma quel che si perde in britishness si guadagna nella componente a stelle e strisce, visto il casting perfetto di Ethan Hawke come Tucker Crowe (è l'attore a interpretare tutti i brani musicali). La sagacia di Nick Horby viene sfruttata dalla sceneggiatura, ironizzando sui personaggi e le situazioni in cui si trovano immischiati, ma ammorbidendo gli angoli del romanzo per mantenere una delicatezza che sa comunque come farsi apprezzare. Rischiando forse un po’ meno di quanto avrebbe potuto, ma raggiungendo, come si augura ai protagonisti, i suoi propositi. Coincidenze, musica, venerazione e famiglia. La commedia Juliet, Naked amalgama tutto insieme nelle atmosfere tipicamente britanniche di Nick Horby e senza sorbirsi il peso di nessuno di questi aspetti, ma rendendoli piuttosto i punti da cui partire per parlare di sentimenti con simpatia. [www.cinematographe.com]
i film del mese
Un film di Felix Van Groeningen. Con Steve Carell, Maura Tierney, Jack Dylan Grazer. Or.: USA, 2018. 111’
Un film di Jim Jarmusch. Con Bill Murray, Adam Driver, Tilda Swinton,. Or.: Italia, Francia, USA 2019, 109’
beAUtIFUl boy
DUE OTTIME INTERPRETAZIONI PER UN COINVOLGENTE DRAMMA FAMILIARE DI FelIX VAn GRoenInGen Nick Shelf è un bellissimo ragazzo. Lo è sempre stato, fin da bambino. Il bellissimo ragazzo del suo papà. Buono, bravo, intelligente. Cresciuto con amore dal padre giornalista e dalla sua seconda moglie, Karen, artista, che ha dato a Nick due bellissimi fratelli. Da adolescente, comincia a sperimentare qualche droga, la sua preferita è la metanfetamina, ma in mancanza va bene anche l'eroina, anche in vena. Nick vorrebbe venirne fuori, ma non ci riesce: si pente, chiede aiuto, si disintossica e ci ricade. Il resto è la storia di un calvario che investe tutta la famiglia e in particolar modo quel padre che farebbe qualsiasi cosa per poterlo aiutare. I tempi non sono dei migliori se si è tornati a produrre questo genere di racconti e lo conferma la didascalia finale, che denuncia la droga come la prima causa di morte negli Stati Uniti sotto i cinquant'anni. Steve Carell e Timothée Chalamet prestano la loro notorietà e la loro bravura per dire al mondo che capita anche nelle migliori famiglie e che certe volte l'amore non è abbastanza. Se la parte più emotivamente impegnativa da sostenere è quella di Carell, la responsabilità più grande è invece nelle mani di Chalamet, giovane divo dal grande seguito, che non deve correre il rischio di infondere il suo fascino al personaggio e per questo si muove su un range interpretativo estremamente trattenuto, liberando il sorriso solo nelle scene giuste, perché la speranza è tra gli argomenti del film, anche se siede nella fila degli imputati. Beautiful Boy è dunque soprattutto un film di attori e di sentimenti, concepito in maniera classica e realistica, a volte fin troppo calcolata e prudente, come il viaggio di presa di coscienza di un padre della propria impotenza, ad un passo dal rischio di perdere anche gli altri figli, perché a sua volta divorato dal faro di una missione quasi impossibile. La disperazione di padre e figlio procede su binari paralleli, per questo ogni incontro è destinato al fallimento, ma il film di Felix Van Groeningen lavora con cura per non attribuire colpe, o quanto meno per distribuirle in egual misura, annullando il senso di tale la ricerca. Perché Nick fa quello che fa? Perché ha un genitore emotivo, che gli ha fatto più da madre che da padre, e da cuscinetto d'atterraggio? Per il peso delle aspettative di cui si sente investito? Per trovare se stesso? La verità è che quel "perché?" è irraggiungibile, è nel vuoto che Nick vorrebbe riempire di antidolorifico per non sentirlo, e che nemmeno un film, per quanto armato di ottime intenzioni, può forse raccontare in maniera esaustiva. Ma può servire a mostrare gli effetti che ha. [www.mymovies.it]
I moRtI non mUIono
IRRESISTIBILE COMMEDIA CHE SPIAZZA LO SPETTATORE CON LA SUA VISIONE DEL MONDO
DI JIm JARmUSCh L'abuso spropositato delle risorse del pianeta ha provocato la frattura della calotta polare e lo spostamento dell'asse terrestre, scambiando il giorno con la notte e risvegliando i morti dal riposo eterno. A Centerville, da qualche parte in Ohio, il mondo chiede il conto agli uomini, divorati nei diner, dentro i motel 'old school' alla Psyco, nei centri di detenzione, nelle fattorie, nelle stazioni di servizio. A difendere l'ordine e la cittadina ci sono soltanto Cliff Robertson, capo della polizia di Centerville, Ronnie Peterson, agente che sembra sapere tutto di zombie e di eradicazione dei morti-viventi, e Mindy Morrison, poliziotta fifona che vorrebbe tanto fuggire lontano. Attaccati alle loro fissazioni terrene (caffè, Chardonnay, telefonini, chitarre, antidepressivi...) e risoluti a divorare ogni essere vivente, gli zombie dovranno vedersela anche con Zelda Wiston, impresaria di pompe funebri e virtuosa della katana. Spade o fucili, le cose volgono al peggio, a meno di non essere di un altro mondo... Sei anni dopo aver immaginato dei vampiri decadenti e misantropi (Solo gli amanti sopravvivono), disattivando tutte le convenzioni del genere, i vampiri non gli interessavano come predatori ma come immortali, spettatori di quel tempo immobile che è l'eternità, Jim Jarmusch realizza una commedia sui morti viventi e conferma l'orrore che gli ispira il mondo contemporaneo. Un mondo che non ha più niente da offrire. I suoi migliori frutti sono già stati colti. "L'idea degli zombie - ha dichiarato il regista - mi è tornata prepotentemente in mente quando nel 2016 mentre realizzavo il documentario Gimme Danger su Iggy Pop ho notato gli zombie che con i loro smartphone giravano per le vie di Miami. Non erano veri zombie, chiaramente, ma persone che camminavano come assenti o sonnambuli, incollati ai loro telefoni cellulari. Mi sono allora chiesto: cosa accadrebbe se i non morti tornassero nuovamente in vita bramando le stesse cose che li preoccupavano nel regno dei vivi? Siamo tutti attaccati a qualcosa di materiale e, in un modo o nell'altro, siamo tutti zombie. Diversi sono stati i modelli a cui mi sono ispirato: dal classico L'isola degli zombies con Bela Lugosi a Ho camminato con uno zombie, splendido b-movie di Jacques Tourneur. Ma è La notte dei morti viventi di George Romero che mi ha fatto quasi da spirito guida. Numerosi sono in I morti non muoiono i riferimenti e i cenni a quello che è il classico dell'horror americano low budget, usato come allegoria sociale per la guerra in Vietnam o le lotte per i diritti civili o come metafora del tardo capitalismo e del consumismo. Il sottotesto sociopolitico permea del resto anche il mio film". [www.mymovies.it]
Lignano Sabbiadoro, dal 19 al 23 giugno 2019 Il Premio Ernest Hemingway di Lignano Sabbiadoro è un prestigioso evento letterario giunto nel 2019 alla XXXV edizione. Ma è anche l’occasione per scoprire o ritrovare lo scenografico approdo di uno degli scrittori più noti e amati di sempre. Lignano e la sua laguna furono il buen retiro di Hemingway in periodi diversi della sua vita: una scelta non casuale. L’autore de ‘Il vecchio e il mare’ amava profondamente Venezia e proprio “via laguna” nacque il suo speciale rapporto con la piccola penisola friulana, tra Venezia e Trieste, che lo scrittore amava definire come ‘La Florida d’Italia’. I protagonisti della 35ma edizione: saranno lo scrittore francese Emmanuel Carrère - Premio Hemingway 2019 "Letteratura"; la saggista Eva Cantarella - Premio Hemingway 2019 "Avventura del Pensiero"; il giornalista Federico Rampini - Premio Hemingway 2019 "Testimone del nostro tempo"; il fotografo Riccardo Zipoli - Premio Hemingway 2019 "Fotografia" e la giornalista Franca Leosini - Premio Hemingway 2019 Premio Speciale Città di Lignano "Dentro la cronaca, dentro la vita". Info: hwww.premiohemingway.it
EUGANEA FILM FESTIVAL
Colli Euganei, al 20 al 30 giugno 2019 Un festival cinematografico senza fissa dimora, che attraversa in lungo e in largo i Colli Euganei per dare forma concreta e definita alle tante sinergie (artistiche e non solo) presenti sul territorio. Euganea Film Festival coinvolge molti comuni del comprensorio euganeo (Battaglia Terme, Due Carrare, Este, Monselice, Montegrotto Terme, Rovolon...) e location suggestive come ville e castelli dove vengono proiettati i film in concorso divisi tra cortometraggi, documentari e video animazioni. Info: www.euganeafilmfestival.it
BIOGRAFILM FESTIVAL
Bologna, dal 7 al 17 giugno 2019 Biografilm Festival - International Celebration of Lives è un festival cinematografico che indaga le nuove tendenze del documentario e della fiction internazionali. A partire dalle opportunità narrative e produttive aperte dalla rivoluzione digitale, Biografilm festival propone una chiave di lettura della contemporaneità per rispondere alla grande questione: “Life, the Universe and Everything”. Il principio fondante del festival è che la biografia sia un catalizzatore che attiva domande e risposte sulle questioni cruciali della contemporaneità, un’occasione di riflessione e di incontro su temi complessi di stringente attualità. Biografilm Festival ha contribuito in modo determinante al progressivo affrancamento del documentario dall’idea di genere cinematografico di nicchia, portandolo all’attenzione di un pubblico sempre più vasto e attento. Info: www.biografilm.it
Domani accadrà ovvero se non si va non si vede
PREMIO HEMINGWAY - 35MA EDIZIONE
GLI EVENTI DEL MESE AL CINEMA | GIUGNO 2019 Per essere sempre informati sugli eventi di Cinemazero iscrivetevi alla newsletter o lasciate il vostro numero di telefono per ricevere un whatsup. La programmazione potrebbe subire variazioni, vi invitiamo a consultre il sito ww.cinemazero.it e la pagina facebook Cinemazero per tutti gli aggiornamenti.
MARTEDì 11 GIUGNO | ORE 21.00 | INCONTRO CON L’AUTORE
IL CORPO DELLA SPOSA
di Michela Occhipinti. Con Verida Beitta Ahmed Deiche, Amal Saad Bouh Oumar. Italia, 2019, 94’ Verida, una ragazza della Mauritania, viene svegliata dalla mamma una mattina con una comunicazione speciale: è stato trovato il suo futuro marito, e ora inizia la pratica del gavage, secondo cui una futura sposa deve ingrassare decine di chili prima del 'sì' per soddisfare i criteri estetici degli uomini del luogo. Sottoposta a una dieta ferrea di dieci pasti al giorno, Verida subisce in silenzio l'influenza della madre e il volere di un uomo che non ha scelto. Nel frattempo, il ragazzo taciturno che viene a casa a pesarla è l'unico che le regala un sorriso. È un film sul corpo delle donne, e su come venga piegato all'ubbidienza dei canoni maschili, l'esordio nella finzione di Michela Occhipinti, già documentarista e viaggiatrice che è andata a scovare una ragazza dagli occhi profondi in Mauritania e ha deciso di raccontarne la storia. Occhipinti lo fa, benissimo, senza limitarsi a puntare un riflettore su una pratica così dolorosa, ma intessendola di precisi motivi cinematografici. Michela Occhipinti ci mostra, attraverso gli occhi di Verida, un mondo contrapposto al nostro ma tematicamente universale. Un manifesto femminista genuino, necessario, e mai urlato che ci porta a chiederci fino a quando la donna sarà legata da una cultura di massa stereotipata, o da tradizioni rituali tipiche del luogo in cui vive – come in questo particolare caso. La cinematografia è al servizio della storia ne Il corpo della sposa. La sofferenza e l’incapacità di reagire della protagonista vengono mostrate attraverso i silenzi dei suoi pasti, sferzati dai soli rumori di masticazione o sorseggio, fastidiosi all’orecchio umano, come a voler enfatizzare il patimento di questa pena obbligata. Un lavoro autentico, quello della Occhipinti, palpabilmente mostrato da una regia precisa, determinata ma anche fortemente empatica. PROSSIMAMENTE | INCONTRO CON L’AUTORE
DICKTATORSHIP - FALLO E BASTA
di Gustav Hofer, Luca Ragazzi. Italia, 2019, 80’ Gustav e Luca vivono insieme da tanti anni. Un giorno, a colazione, una battuta infelice rischia di mettere in crisi il loro rapporto di coppia: possibile che Gustav non si sia mai reso conto che Luca è un maschilista? E come mai anche un uomo progressista come Luca è capace di atteggiamenti sessisti senza neanche accorgersene? La discussione è il pretesto per iniziare un’analisi puntuale del loro – e nostro – Paese. Un viaggio alla scoperta delle storie di ordinario sessismo dell’Italia di oggi, tra integralisti cattolici, improbabili raduni per “uomini veri”, esperimenti scientifici rivelatori… Incontrando diversi esperti nel campo della sociologia, della scienza, delle arti e persino del porno, provando ad orientarsi nell’intricato mondo dei rapporti di potere tra uomo e donna, Gustav e Luca guidano lo spettatore in un viaggio caleidoscopico e a tratti esilarante che li porterà a una conclusione inevitabile: sono gli uomini a dover cambiare, perché le donne, a quanto pare, lo hanno fatto già da tempo. GIOVEDì 27 GIUGNO | ORE 21.00 | INCONTRO CON L’AUTORE
HISTORY OF LOVE
di Sonja Prosenc. Con Kristoffer Joner, Doroteja Nadrah, Zita Fusco. Slovenia, 2018, 94’ La teenager Iva (Doroteja Nadrah, da Class Enemy), sommozzatrice, sta cercando di far fronte alla perdita di sua madre, una cantante d'opera morta in un incidente d'auto. Suo padre, un apicoltore, sembra essere appena in grado di gestire le proprie emozioni, figuriamoci quelle dei suoi figli – una figlia più giovane e un figlio adolescente. Vivono in una grande casa in quella che sembra la periferia di Lubiana e quando un corriere consegna in ritardo un pacco alla madre defunta, la famiglia scopre che aveva una relazione con il direttore della sua orchestra, uno straniero di nazionalità sconosciuta, interpretato dall'attore norvegese Kristoffer Joner. Ora che ha un obiettivo su cui proiettare il suo dolore, la ragazza si fissa su di lui e inizia a perseguitarlo. Questo porterà all'atto finale del film che i due trascorrono insieme su un fiume, in una sorta di segmento sognante e allucinatorio in cui la realtà è fluida come l'ambientazione. La regista slovena, il cui primo lungometraggio, The Tree, ebbe la sua prima mondiale a Karlovy Vary nella sezione East of the West nel 2014, conferma positivamente la grande attesa che circondava il suo secondo lavoro. La Prosenc ha mantenuto il suo approccio profondamente sensoriale che affascinò pubblico e critica nel suo primo film, ma si è allontanata dall'angolo socio-politico che aveva, concentrandosi sulle relazioni familiari intime, e in particolare sul mondo interiore della protagonista principale.
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