E 1,00
mensile di cultura cinematografica
Nel nuovo film dell’Archibugi il racconto di un poeta e di un popolo
Cannes 2014: les jeux sont faits
Tutto pronto per la partita decisiva alla conquista della Croisette
Giovani note per grandi capolavori Ritorna l’appuntamento con i giovani musicisti e i capolavori del Muto
Un Paese di primule e caserme
La ricostruzione della memoria collettiva al cinema e in DVD
Alla scoperta dei Curdi tra noi
Dal 6 maggio il Festival organizzato dall’Associazione Via Montereale
Resnais lo sperimentatore classico
14
Maggio
Parole Povere: un incontro tra cinema e poesia
2014 numero 05 anno XXXIV
Dedicato a quelli che “con la cultura non si mangia”
Dal 14 al 25 maggio la 67ma edizione del Festival di Cannes
Ricordo di un maestro del cinema scomparso il 1 marzo scorso
Italia fuori d’Italia
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Dal 14 al 25 maggio la 67ma edizione del Festival del Cinema di Cannes
AndreaCrozzoli Crozzoli Andrea
Editoriale
Dedicato a quelli che “con la cultura non si mangia”! «Da quella curva spunterà/quel naso triste da italiano allegro/tra i francesi che si incazzano/e i giornali che svolazzano» cantava Paolo Conte in Bartali. Ora i francesi non si incazzano più, ma tirano dritti alla volata finale, dal 14 al 25 maggio, per il loro 67mo Festival del Cinema di Cannes, divenuto ormai la rassegna cinematografica più prestigiosa al mondo. Nasce nel 1939 il Festival, sull’onda delle proteste per l'ingerenza nazifascista alla Mostra del Cinema di Venezia; ma è l’anno dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la prima edizione arriverà soltanto nel 1946 con la Palma a Roma città aperta di Roberto Rossellini, che in Italia era stato accolto tiepidamente. Cresciuto di anno in anno ed esploso nei primi Anni ‘80 con la costruzione del nuovo Palais, il prestigio internazionale del Festival è ormai consolidato e indiscusso. Cannes con i suoi 30.000 abitanti vede più che raddoppiarsi la popolazione durante gli undici giorni di festival; solo i giornalisti accreditati sono oltre 4.500, più delle Olimpiadi che si tengono ogni quattro anni. Il tutto con un indotto di svariate decine di milioni di euro, con un’organizzazione perfetta e puntuale delle innumerevoli proiezioni ed eventi che si susseguono giorno per giorno sulla Croisette. Una “macchina da guerra” che ormai non ha rivali e che costa solo 14 milioni di euro rispetto ai 21 milioni di euro della nostra Mostra del Cinema di Venezia, neanche lontanamente paragonabile alla “potenza di fuoco” della corazzata francese. E’ stato, quello di Venezia, il primo festival cinematografico; il Leone d’Oro ha fatto conoscere al mondo occidentale le cinematografie poco note (Giappone, Cina), ha lanciato autori, dibattito e cultura ma è sprofondato, negli anni, nell’indifferenza, nella sciatteria, nella malversazione della nostra politica, che non sa e non vuole gestire la cultura. Al Lido, tra l’abbandono e la desolazione, dove doveva sorgere il nuovo Palazzo del Cinema a fianco del Casinò, c’è ora solo un enorme buco con il fondo pieno di amianto. Buco costato alla collettività ben 40 milioni di euro e che ben rappresenta il fallimento della politica culturale italiana. L'UNESCO, nel recensire i siti culturali del Patrimonio Mondiale dell'Umanità, su un totale di 725 ha riconosciuto all’Italia ben 44 siti. Siamo il paese con il maggior numero di siti culturali, il 6,06% (non certo il 50% o 60% come favoleggiano alcuni) sul totale di quello che più di ogni altra cosa si avvicina al concetto del patrimonio artistico mondiale. Nonostante questo il primo museo italiano nella classifica mondiale per numero di visitatori è al 21mo posto (Galleria degli Uffizi di Firenze) mentre da solo il Louvre di Parigi (che è saldamente al primo posto, seguito dal Metropolitan Museum of Art di New York e dal British Museum di Londra) totalizza lo stesso numero di visitatori di tutti i musei italiani messi assieme (circa 10.000.000). Al sesto posto ci sono i Musei Vaticani a Roma, ma non sono gestiti dallo Stato italiano. A distanza di tempo sembrerebbe quasi che si rivolgesse agli affamati politici italiani l’ex Ministro dell’Economia Tremonti con la sua funesta frase: «Con la cultura non si mangia!».
In copertina: Nicole Kidman protagonista di Grace di Olivier Dahan film d’apertura del Festival di Cannes 2014.
cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Maggio 2014, n. 05 anno XXXIV Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Marianita Santarossa Direzione, redazione, amministrazione P.zza della Motta, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 Cassa: 0434-520527 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Grafiche Risma Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica
Nel nuovo film di Francesca Archibugi la storia di un poeta, di una terra, di un popolo
Gianmatteo Pellizzari
Prima di essere un documentario, Parole povere è un incontro. È la dolce collisione tra gli occhi di una regista e le parole, tutt’altro che povere, di un poeta. Lei, Francesca Archibugi, offre il suo sguardo, costruisce l’ascolto, lui, Pierluigi Cappello, offre la sua identità sorridente, restituisce la complessa naturalezza di chi è nato «al di qua di questi fogli». Vita e creazione letteraria: quali distanze alimentano il rapporto? E di quali vicinanze, invece, si nutre? La telecamera cerca risposte facendo sempre un passo indietro, con affettuoso pudore, e documenta la verità, la realtà, senza mai ricorrere a sovrastrutture intellettuali o cinematografiche. Il montaggio racconta, non estetizza, la musica di Battista Lena diventa scansione narrativa, non arreda i silenzi, e la piccola storia di Pierluigi, che è necessariamente anche la grande storia di una terra e di un popolo, scorre sullo schermo così come scorre nella quotidianità. Le radici friulane e le testimonianze divertite degli amici. I luoghi e i ricordi. L’ombra scura del 1976 e il profilo verde delle montagne. La sedia a rotelle che spezza la libertà di un sedicenne e disegna, millimetro dopo millimetro, la libertà di un uomo. Di un poeta. Di un guerriero mite e gentile che abita «fra l’ultima parola detta e la prima nuova da dire». Parole povere disinnesca, molto dolcemente, il lessico cinematografico. Lo rende insufficiente, dissonante. È improprio dire “set”, è improprio dire “ciak”, è improprio dire “lavorazione”… Quell’insufficienza e quella dissonanza, se ci pensi bene, sono le stesse che normalmente derivano dall’azione poetica: la poesia rovescia i significati e li riempie di linfa nuova. Su questo terreno ibrido, dove appunto il cinema diventa poesia e la poesia diventa cinema, ho capito che un regista e un poeta sono accomunati dallo stesso amore per l’immagine: la cercano, la trovano e, quando l’hanno trovata, ne cesellano accuratamente i dettagli. Francesca ha parlato di “totale autenticità”: è davvero possibile essere “totalmente autentici” sotto l’occhio di una telecamera? La telecamera è invadente per natura: all’inizio non è stato facile dimenticarsi della sua presenza, sarei bugiardo se sostenessi il contrario, ma il tocco leggero di Francesca e l’assoluta discrezione degli operatori hanno reso tutto naturale. Tutto “normale”. Del resto, quando s’innesca da subito una sincera volontà di scambio, un’affettuosa volontà di condivisione, l’approdo finale non può divergere dall’autenticità: il racconto si fa vita e la vita si fa racconto. Nel mio caso, la storia di un uomo che, per ventura, scrive poesie. Un uomo che, ancora una volta, ha accettato di mettersi completamente in gioco. Parole povere ha rappresentato, per me, una doppia sfida: sul piano fisico – una bella fatica! – e sul piano emotivo. Sul piano fisico, i problemi sono stati attenuati dalla dimensione “collettiva” del progetto: l’entusiasmo di fare le cose assieme, di costruirle con i miei vecchi amici e con gli amici nuovi come Francesca e gli operatori, mi ha dato la forza quotidiana di cui avevo bisogno. Sul piano emotivo, invece, ogni piccolo dubbio è stato neutralizzato dalla mia filosofia poetica: spalancare se stessi agli altri non è mai semplice, e non so quanti altri poeti lo avrebbero fatto, ma se la poesia non scende in mezzo alla gente, se non si “sporca le mani” con la terra, che poesia è? Il mio desiderio più grande è che le mie poesie vengano stropicciate dai lettori. Scendere in mezzo alla gente: è questa, dunque, la necessità più profonda della poesia? La poesia indaga, gratuitamente, sulla nostra postura esistenziale. Sottolinea l’umano che c’è dentro di noi e sottolinea ciò che di umano è ancora rimasto nel mondo. Questo mondo completamente dominato dai poteri economici e dalla grande finanza, questa società ormai estinta da moventi. La poesia, a differenza dei poteri economici e dalla grande finanza, moventi non ne ha: per questo è rivoluzionaria. Per questo è necessaria.
Intervista a Pierluigi Cappello
Parole povere un incontro tra cinema e poesia
Tutto pronto per la partita decisiva alla conquista della Croisette
Marco Fortunato
67mo Festival di Cannes
Cannes 2014, les jeux sont faits... Fa bene Marcello Mastroianni, protagonista dello splendido manifesto del 67/mo Festival di Cannes, a sistemarsi gli occhiali, in quell’immagine felliniana che racchiude un omaggio a lui e a quel 81/2 che esattamente mezzo secolo fa vinse l’Oscar come miglior film straniero dopo essere stato presentato in Concorso proprio sulla Croisette. Fa bene perché di film da vedere – e con grande attenzione – ce ne saranno davvero molti nei dieci giorni della kermesse cinematografica più importante dell’anno in programma dal 14 al 25 maggio prossimo. Nella sezione principale, quella del Concorso, la parte del leone la faranno (ed era prevedibile) i cugini d'Oltralpe che forti di giocare in casa, caleranno un poker di tutto rispetto. A partire dall’ultima, attesissima, fatica del maestro Jean-Luc Godard che in Adieu au langage, di soli 70 minuti ma in 3D, si concentra sul rapporto tra un uomo e una donna che sembrano parlare due lingue diverse, metafora di un’incomunicabilità sempre più diffusa nella società moderna. Un argomento che è stato sempre di moda e il cui trattamento, almeno al cinema, è stato spesso foriero di opere interessanti, pensiamo a Babel di Inarritu o a Quello che gli uomini non dicono di Nicole Garcia. Si prosegue con Sils Maria di Olivier Assayas, storia di celebrità e tradimenti tutta al femminile che vede protagonista l’insolita coppia formata dalla giovane Kristen Stewart, la celebre Bella Swan di Twilight, e la pluripremiata Juliette Binoche. Quindi The Search, che celebra il ritorno del regista Michel Hazanavicius dopo il successo di The Artist, per chiudere il quartetto con Saint Laurent di Bertrand Bonello, biografia non autorizzata del noto stilista Yves, che si annuncia come opera di grande irriverenza. Di certo dalle tinte meno sfumate da quelle adoperate recentemente da Jalil Lespert per raccontare lo stesso, complessissimo, personaggio. L’inclusione nella selezione ufficiale conferma la vitalità di un genere, quello del biopic, particolarmente gettonato quest’anno. Impressione ulteriormente confortata dalla scelta del film di apertura, quel Grace di Olivier Dahan che ha già fatto parlare di sé per la straordinaria somiglianza tra Nicole Kidman e la Principessa di Monaco. Ma se la Francia ha delle ottime carte in mano anche le altre nazioni e relativi rappresentati hanno i loro assi nella manica. E’ il caso del canadese David Cronenberg, in gara con Maps to the Stars thriller sul lato oscuro di Hollywood con Julianne Moore, Mia Wasikowska, John Cusack e Robert Pattinson, e dell’inglese Mike Leigh con Mr. Turner, biopic sul celebre pittore William Turner, icona assoluta della pittura romantica inglese. Altrettanto titolati i fratelli Dardenne con Deux Jours, Une Nuit con protagonista Marion Cotillard, Ken Loach con il combattivo film di rivolte e politica nell’Irlanda degli anni ’20 Jimmy’s Hall e il russo Andrej Zvjagincev (Leone d’oro alla Biennale del 2003 con Il ritorno) che presenterà Leviathan. Da tenere d’occhio anche Bennett Miller (quello di In cold blood, il bellissimo film su Truman Capote con protagonista il fu Philip Seymour Hoffman) in corsa con un dramma tra wrestling e omicidi, ispirato ad una storia vera, intitolato Foxcatcher, l’altro veterano Atom Egoyan, che presenterà Captives e Tommy Lee Jones in versione regista-attore con l’originalissimo e surreale western The Homesman con Meryl Streep e Hilary Swank. E ancora il giovanissimo (e inarrestabile) regista Xavier Dolan, classe 1989, che dopo aver presentato all’ultimo Festival di Venezia Tom à la ferme arriva a Cannes con Mommy. Una carta davvero speciale è quella in mano al cinema italiano che siede al tavolo dei finalisti con Le meraviglie opera seconda della giovane regista fiorentina Alice Rorhwacher che torna sulla Croisette, dopo l'esordio con Corpo Celeste, con cui debuttò proprio a Cannes nel 2011 e che fu in seguito premiato con il David di Donatello e il Nastro d'Argento per
miglior regista esordiente. La pellicola, girata prevalentemente sul territorio toscano e prodotta ancora una volta da Tempesta con Rai Cinema e il sostegno della Cineteca del Comune di Bologna, vede nel cast la sorella Alba al fianco di Monica Bellucci, oltre a Maria Alexandra Lungu, Sam Louwyck, Sabine Timoteo, Agnese Graziani. Il film racconta la storia di Gelsomina, una ragazza che vive con le sorelle e il padre in equilibrio con la natura, lontana dalla corruzione cittadina, dalle sregolatezze e dalle piccole manie che insidiano le persone nella vita di tutti i giorni. Al riparo da un realtà esterna e "volgare", le quattro sorelle vivono felici nella loro dimensione privata, forti dell'affetto che le lega tra loro, finché il delicato equilibrio di questo piccolo mondo sarà messo a dura prova dall'arrivo di un ragazzo venuto da fuori e in corso di rieducazione e dall'incursione sommessa e subdola di un concorso televisivo a premi. L’Italia ha le sue carte da giocare anche nelle sezioni parallele, in particolare in Un certain regard, dove un’altra donna, Asia Argento, presenterà Incompresa che ha come protagonista una bambina di nove anni costretta a vivere la violenta separazione dei genitori e nel ruolo della madre e del padre rispettivamente Charlotte Gainsbourg e Gabriel Garko. Ma portare a casa un premio in questo caso non sarà semplice: dovrà vedersela infatti, tra gli altri, con l'atteso La chambre bleue della star francesce Mathieu Amalric, con The Salt of the Earth firmato dai maestri Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado e, a sorpresa, con Lost River, esordio registico di Ryan Gosling, che molte anticipazioni davano addirittura nel concorso ufficiale. Sarà presentato all’interno delle proiezioni speciali anche un altro pezzo di tricolore, il documentario I ponti di Sarajevo, prodotto per l'Italia da Mir Cinematografica in collaborazione con Rai Cinema, un progetto europeo per un film a episodi sulla Prima Guerra mondiale, realizzati da tredici registi europei tra i quali gli italiani Leonardo Di Costanzo e Vincenzo Marra. Delle proiezioni speciali che meritano una segnalazione per l'urgenza delle vicende politiche a cui fanno riferimento ricordiamo Silver Water del regista siriano Mohammed Ossama, focus sulla situazione siriana, e Maidan di Sergei Loznitsa sull'Ucraina. Poche le defezioni. Confermato che Knight of Cups di Malick non è pronto (ma in questi casi il dubbio che la produzione preferisca i festival autunnali resta sempre) così come l’assenza del film di Abel Ferrara – e qui i motivi sono tutti da attribuire ai selezionatori – il vero “caso” è stata la scelta del regista Fatih Akin il quale, poche ore prima dell'annuncio ufficiale, ha ritirato il suo The Cut dal festival senza fornire spiegazioni. Piccolo giallo anche intorno al corto A passo d'uomo di Giovanni Aloi che avrebbe dovuto rappresentare l’Italia nella categoria Short Films. In un primo momento la pellicola era stata annoverata tra quelle in gara, ma poi ne è stata esclusa per aver "contravvenuto alle regole della selezione", sparendo anche dal sito web del festival. Le cause dell’esclusione restano ancora ignote. L’impressione generale, in conclusione, è che il Festival abbia scelto di puntare sulla qualità e sulle certezze lasciando ampio spazio di espressione ai registi più affermati, insomma al gotha del cinema mondiale, evitando così di prendersi troppi rischi. E’ una scelta di campo che può essere condivisa o meno, ma non significa che per questo la partita per la vittoria sarà meno affascinante o che sarà più agevole il compito dei giurati - guidati da Jane Campion, unica donna ad aver vinto la Palma d’Oro (con Lezioni di piano nel 1993) – chiamati ad assegnare la preziosa Palma.
Si rinnova l’appuntamento con i giovani musicisti che musicheranno i capolavori del muto
Manuela Morana
A colpi di note
Giovani note per grandi capolavori Iniziare insieme e finire insieme: sono le due regole d'oro per ogni orchestra che si rispetti e i ragazzi e le ragazze di A colpi di note lo sanno bene e sono pronti a dimostrarlo, anche quest'anno, di fronte al pubblico pordenonese e internazionale de Le Giornate del Cinema Muto. Nato con lo scopo di offrire a studenti e insegnanti una inedita esperienza musicale a partire dalle suggestioni del cinema delle origini, il progetto didattico speciale A colpi di note approda quest'anno alla sua ottava edizione dimostrando una longevità e una continuità ammirevoli. Il merito è delle due insegnanti coordinatrici, ormai veterane del progetto, Maria Luisa Sogaro per l'Istituto comprensivo Pordenone Centro e Emanuela Gobbo per l'Istituto comprensivo “A. Manzi” di Cordenons, e della preziosa collaborazione tra Cinemazero, Mediateca Pordenone, FriulAdria - Crédit Agricole e Le Giornate del Cinema Muto, che in tutti questi anni e in modo sinergico hanno scommesso su A colpi di note e sul suo potenziale formativo. L'idea che sta alla base di A colpi di note è molto semplice: valorizzare l’indissolubile legame tra musica e cinema attraverso la scoperta dei film delle origini, inducendo un approccio concreto e attivo a partire dall'esperienza dell'ascolto. Per farlo, ogni anno, negli istituti scolastici che aderiscono al progetto, viene creata una vera e propria orchestra. Musicisti in erba e insegnanti seguono nella prima fase un ciclo di lezioni teoriche tenute da esperti di cinema e musica e finalizzate all'analisi del linguaggio cinematografico e musicale; quindi, in una seconda fase, quando gli allievi hanno acquisito tutti gli strumenti necessari per una lettura critica del film e per una sua rielaborazione, partecipano ad un laboratorio pratico. Con strumenti alla mano, dai flauti alle percussioni, dalle chitarre ai gong, i giovani orchestrali realizzano l’accompagnamento musicale originale di un breve film comico (slapstick). Quali sono le migliori scelte nell'accostamento suono-immagine? Quale effetto sonoro sottolinea nel modo più adeguato quella torta in faccia? Si tratta di un'intensa e arricchente attività espressivo-creativa che implica la messa in atto di operazioni cognitive, affettive, sociali e psicomotorie divergenti: dalla capacità di riprodurre con la pratica strumentale modelli musicali dati, alla capacità di offrire un contributo personale alla loro realizzazione, per giungere alla capacità di dare forma visiva alle idee musicali. Dopo un'attenta analisi di film comici del cinema delle origini, quest'anno la scelta si è concentrata su The Boat (La barca, 1921) di Buster Keaton ed Edward F. Cline, dove la grande maschera del muto deve affrontare una rocambolesca avventura tra le onde del Pacifico. Al suo fianco, a bordo di un'imbarcazione piena di insidie che ricorda la navicella di 2001: Odissea nello spazio, ci sono moglie e bambini. Le gag e le risate sono assicurate per il film che verrà rimusicato dal vivo dall'orchestra degli studenti della Scuola Media di Cordenons guidati dalla Professoressa Gobbo. E' invece Charlie Chaplin il protagonista del film scelto dalla Scuola Media di Pordenone Centro: The Immigrant (L'emigrante, 1917). L'adorabile vagabondo solitario è alle prese con il Nuovo Mondo, la Statua della Libertà e le nebbie del porto di New York. Dal viaggio in piroscafo fino alle prime peripezie sul suolo straniero, Chaplin infila una gag dopo l'altra mentre a fare da contrappunto ci pensano gli orchestrali diretti dalla Professoressa Sogaro. Le due orchestre debutteranno a giugno presso l'Auditorium del Centro Culturale Aldo Moro di Cordenons con la consueta formula del matinée e della prima serale di fronte a tutta la cittadinanza (data e orari saranno presto resi noti). Bisogna invece attendere ottobre 2014 per la sfavillante esibizione sul palco internazionale de Le Giornate del Cinema Muto di Pordenone. Per informazioni sul progetto A colpi di note, scrivere a didattica@cinemazero.it.
Una ricostruzione della nostra memoria collettiva attraverso un mosaico di storie
Riccardo Costantini
Il documentario Un paese di primule e caserme grazie al contributo di oltre 150 persone ha raggiunto e superato l'obiettivo fissato per il crowdfunfing e, a tempo di record, è stato preparato per la “première”, calendarizzata come “anteprima” dell'imminente Adunata Nazionale degli Alpini a Pordenone (9-11 maggio). Il film, prodotto da Cinemazero, DMovie e Tucker Film, con il sostegno di ARPA LaREA Friuli Venezia Giulia e la partecipazione dell'Associazione Culturale per la promozione sociale Città domani, sarà infatti proiettato in anteprima assoluta a Cinemazero il 6 maggio e il 7 maggio a Udine al Visionario. Inoltre, viste le innumerevoli richieste, il film verrà programmato sempre a Cinemazero nelle giornate dell'Adunata, durante la quale sarà possibile anche acquistare il DVD, sia al Cinema che all'apposito stand in Via Mazzini. Sicuramente saranno in molti, fra gli ex soldati, ad apprezzare questa possibilità, già che sono più di tre milioni i soldati che hanno fatto il militare in Friuli Venezia Giulia, e il documentario si concentra proprio sulle storie delle persone che con le caserme, ora abbandonate, vivono e hanno vissuto. Ma il film è anche molto altro. Il Friuli Venezia Giulia è infatti una terra ricca di storia fatta di dominazioni e battaglie, una terra che in 100 km di “lunghezza” raccoglie la montagna, la collina, la pianura e il mare, con due grandi confini, uno a Nord e uno a Est. Quante storie si sono susseguite in una regione dove sono passate tre guerre in meno di un secolo? Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e l’instaurarsi di quel periodo che prende il nome di Guerra Fredda la regione venne completamente militarizzata. Per difendere i confini si schierò più del 50% dell’Esercito Italiano. Nel 1989 cadde il muro di Berlino, la situazione geopolitica dell’area cambiò in pochi anni, l’Italia scelse di abrogare la leva obbligatoria e nel 2004 caddero anche i confini ad Est con la Repubblica di Slovenia diventata indipendente nel 1991. L’Esercito smobilitò e circa 400 siti vennero abbandonati, per un totale di 102 Km quadrati di opere militari, con servitù militari sul 50% del restante territorio: un paesaggio mutato, un caso unico al mondo per vastità, tipologia e storia, che parla di uomini, economia, società, politica, ambiente. Se Pasolini scriveva di questa terra come di “Un paese di temporali e primule”: oggi si potrebbe dire che resti solo “Un paese di primule e caserme”. Il documentario racconta questa trasformazione incompleta e le testimonianze di chi ha vissuto nelle caserme, di chi si è visto cambiare la vita in tempi rapidissimi a causa della scomparsa di decine di migliaia di soldati che per decenni hanno fatto da pilastro per le economie di interi paesi. Arrivano così sullo schermo sia le storie delle persone che hanno vissuto l'area più militarizzata d'Europa, sia la rassegna di alcuni di questi luoghi abbandonati, di cui si può vedere l'incomprensibile stato di degrado in cui versano. Emerge il recente passato di “Guerra Fredda” che lo sguardo di oggi fatica a credere possibile; si attraversano paesi ormai deserti, ma ancora segnati dal via vai dei giovani costretti al servizio di leva; si rintracciano storie note e rivelazioni sconosciute, arrivando a mettere insieme le tessere di un mosaico che non si può più ignorare. Sono pochi gli scenari di riconversione da documentare, ma grande è la speranza che questa denuncia possa provocare un virtuoso cambio di rotta. Il progetto, nella volontà degli autori, vuole raccontare il problema dell'abbandono militare tramite un microcosmo di piccole storie, raccontando i singoli personaggi, uomini e donne che hanno vissuto e vivono la dismissione delle caserme in modo differente, personale, a seconda della loro passione, professione, storia, militare o civile che sia. Il pensiero di fondo è stato che "ogni mondo contiene infiniti mondi, e il crollo di uno di questi, porta con se la sparizione degli altri". Abbandonate infatti non rimangono solo le caserme dismesse, ma anche le storie delle persone che con loro hanno vissuto. Tutto il progetto di ricerca, nato nel 2009 da una fotoinchiesta (curata da Paolo Fedrigo e Fabrizio Giraldi) prodotta nell'ambito del Festival Le voci dell'inchiesta, cresciuto nel tempo con collaborazioni di ogni specificità (la storia dei luoghi, la mappatura delle caserme, gli scenari di riconversione, le problematiche ambientali...) e la partecipazione di molti cittadini, è visibile su www.primulecaserme.it
Primule e caserme
Un paese di primule e caserme, al cinema e in dvd
Dal 6 al 20 maggio ritornano gli appuntamenti dell’Associazione “via Montereale”
Lludovica Cantarutti
Festival Curdo
Alla scoperta dei Curdi tra noi Dopo la deposizione delle armi da parte del PKK che per anni aveva combattuto la Turchia, avvenuta nel 2013, il popolo Curdo ha potuto celebrare nel marzo scorso il suo Capodanno (Newroz) con una nuova speranza. Non quella di vedere riconosciuta, anche attraverso le elezioni (che si sono peraltro svolte il 30 marzo scorso) almeno la propria autonomia, se non vogliamo dire indipendenza ( poichè il Kurdistan è uno stato che attraversa varie nazioni oltre a quella turca, cioè Iran, Iraq, Siria, Armenia ed alcune zone dell’ex territorio dell’Unione Sovietica), ma almeno l’inizio di un nuovo discorso sulla propria identità che tuttavia stenta a decollare proprio per le resistenze turche. Una volta cessata la guerriglia è stato dato il via a un tentativo di dialogo attraverso una Conferenza Internazionale e l’enunciazione da parte dei Curdi di tre fasi per la risoluzione delle loro questioni. Già questo fatto accenna alla complessità della condizione del popolo Curdo del quale le immagini cinematografiche hanno sempre fortemente testimoniato Storia, aspirazioni, ideali e ciò che meglio indica il malessere di un Paese “che non c’è”. Questo è uno dei motivi per cui l’Associazione “via Montereale” ha avviato da qualche anno la realizzazione di un festival del cinema Curdo per dar modo di avvicinare le coscienze questa antica cultura ed a tutte le sofferte problematiche connesse con il loro vivere. L’edizione 2014 prevede quattro serate, diluite fra il 6 ed il 20 maggio, che segneranno la quarta edizione di questo Festival intitolato “Curdi tra noi” promosso e realizzato dall’Associazione “via Montereale” con il sostegno del Comune di Pordenone, Pnbox di Torre di Pordenone e la collaborazione di Cinemazero. Quattro giornate in cui si snoderanno proiezioni di film, ma anche la presentazione del volume “Kawa il Kurdo” (Alle origini di un popolo negato) scritto da Sandrine Alexie, bibliotecaria dell’Istituto Curdo di Parigi e tradotto da Laura Anania per Pentagora edizioni. E sarà proprio la Anania a presentarlo a Pordenone nel tardo pomeriggio del giorno 15 maggio presso la Sala Incontri del Comune di Pordenone, anteprima ragionata della cena curda (si consiglia la prenotazione 0434/551781) che seguirà più tardi al ristorante Pnbox di Torre dove, come di consueto, oltre ad apprezzare il Kurdistan dei sapori, primo connotato culturale di ogni popolo, si parlerà anche dell’attuale situazione dei Curdi attraverso le parole di David Issamadden, presidente della Comunità Curda in Italia. Ma chi è veramente Kawa il Kurdo? Appartiene al mito di fondazione dei Curdi, capolavoro della letteratura orale trascritto dall’autrice e per la prima volta raccolto in volume. Una chicca, in altre parole, da non perdere per chi volesse andare alle origini di una storia anche contemporanea estremamente articolata e molto spesso dolorosa. Quest’anno le proiezioni delle pellicole che fanno parte del corpo centrale del Festival costituiscono i finalisti del Premio Internazionale voluto dall’Associazione “via Montereale” per onorare la madrina e l’ispiratrice del Festival, Mirella Galletti studiosa ed appassionata, morta prematuramente. Un premio biennale che vedrà nella prossima edizione l’alternanza con una tesi di laurea sull’argomento. Lo spirito del premio vuole essere una testimonianza forte per tutti coloro che dedicano una vita allo studio e all’approfondimento e alla conoscenza di aspetti della storia dei popoli senza voce per i quali non c’è abbastanza diplomazia da spendere. Causa dell’incapacità del genere umano che riduce tutto alla convenienza economica piuttosto che alla giustizia sociale. I finalisti del premio sono quattro e le pellicole verranno proiettate a Cinemazero di Pordenone, nelle serate del 6 e del 13 maggio. La proiezione del film vincitore sarà poi riproposta al pubblico la sera della premiazione, il 20 maggio. I docufilm spaziano fra la cronaca di viaggio, il documentario storico antropologico e la testimonianza. Saranno proiettati in lingua originale con sottotitoli in inglese.
Ricordo di un maestro del cinema scomparso il 1° marzo 2014
*L’articolo è apparso integralmente su CinecriticaWeb
Aldo Tassone
Il cineasta che più invidiavamo ai francesi, il più immaginativo, curioso, discreto, elegante, diciamo pure il più geniale della sua generazione, se ne è andato in punta di piedi a 91 anni così come era vissuto: nell’ombra, da perfetto outsider, cresciuto fuori dai gruppi (la Nouvelle Vague non riuscì né ad annetterselo, né ad eguagliarlo), libero quindi di offrirsi tutte le sperimentazioni possibili. Le ambizioni del ricercatore onnivoro, dello sperimentatore in continua evoluzione convivevano in lui con un rispetto assoluto per la tradizione classica: il surrealismo (ne era profondamente impregnato), la passione per la letteratura fantastica e popolare (fumetti compresi), il teatro, il music hall, la commedia musicale. Autodidatta confesso (per motivi di salute non poté seguire corsi regolari), rifiutò sempre il titolo di Autore: si accontentava di definirsi un artigiano in un’arte collettiva com’è il cinema [...] Paradossalmente, Alain lo si potrebbe definire una sorta di anti-Godard: mai posato a caposcuola, a rivoluzionario, mai sfruttato le mode del momento. Forse per questo i suoi film invecchiano meglio di molti di quelli della Vague [...] Il segreto di Resnais? (Avendo avuto la fortuna sfacciata d’organizzare quarant’anni fa la sua prima retrospettiva completa, sono stato ammesso nel novero dei confidenti.) Per il regista bretone ci sono due modi fondamentali di far cinema. Il realista: mettere la cinepresa davanti alle cose, ai personaggi, e riprendere. E il surrealista: collocare la cinepresa “dentro” la coscienza dei personaggi, e come un “esploratore dell’immaginario” registrare quanto vi accade. «A me interessa la vita mentale, esplorare il mondo dell’inconscio, il cervello umano. I miei film sono un tentativo, ancor grossolano e primitivo, di avvicinarmi alla complessità del pensiero umano. Sono, diciamo, un realista della vita mentale. Se ci fate caso anche i ricordi li riviviamo al presente, che è poi l’unico tempo della coscienza. Nella mente umana, reale e immaginario, passato e futuro, si alternano senza soluzione di continuità; il pensiero cambia continuamente di ritmo, non c’è cronologia. Nei miei film io cerco di restituire questi cambiamenti di ritmo del pensiero. E cerco di creare una struttura drammatica completamente fondata sulle emozioni; i miei film non sono affatto cerebrali, sono interamente basati sull’istinto.» Resnais è stato forse il primo cineasta che abbia tentato con successo di ricomporre i diversi frammenti di coscienza della vita mentale dei personaggi; a esplorare i meccanismi, i miti che condizionano il comportamento dell’animale uomo [...] Nell’ultimo decennio il regista ultraottantenne dirige ancora quattro film di tutto rispetto: Coeurs, Les herbes folles (Gli amori folli, un poema surrealista di prodigiosa genialità), Vous n’avez encore rien vu, liberamente tratto da Eurydice di Anouilh; chiude la serie Aimer boire et chanter (ultimato un mese prima di morire, il film uscirà in questi giorni postumo). Sentendo giungere prossima la fine, Resnais decide di giocare uno scherzo alla sua troupe (lo spunto gli viene da pièce minore di Anouilh). Nell’ouverture di Vous n’avez encore rien vu (2012) il regista della troupe teatrale fa convocare bruscamente i suoi attori e, a sorpresa, annuncia loro la propria morte; come favore chiede alla troupe di recitare un’ultima volta la loro commedia preferita [...] Presentato un mese e mezzo fa al festival di Berlino, Aimer, boire et chanter (le imprevedibili reazioni di tre amiche alla ferale notizia che un loro amico avrebbe i giorni contati) ha ricevuto un curioso premio. “Per un cinema giovanilmente innovativo”, dice la formula sibillina. A ben pensarci i giurati di Berlino non potevano scegliere meglio. Vincere il “Premio Jeunesse” a 91 anni sembra una trovata alla Lubitsch. Resnais ci teneva a lasciarci con il pié levato. Prima di spegnersi, aveva appena terminato un ultimo soggetto, pronto da girare: “Arriver, partir”[...] Questo titolo surrealista qualifica perfettamente Alain Resnais, l’eterno sperimentatore.
Il ricordo di un maestro*
Resnais, lo sperimentatore classico
Da Annecy a Parigi, da Lisbona all’Africa al Brasile
Lorenzo Codelli
Italia fuori d’Italia
Italia fuori d’Italia Si ha l’impressione che il cinema italiano mantenga ancora quel forte impatto internazionale che aveva avuto nel millennio scorso - nell’era pre-berlusconiana e pre-televisiva per intenderci - solo quando abbiamo la chance di degustarlo ad una rassegna monografica allestita all’estero. Meglio se allestita da appassionati cinefili, esuli o autoctoni, anziché da autorità ministeriali preposte all’obsoleta propaganda del “made in Italy”. Mi baso su due recenti esperienze: la prima nell’ottobre 2013 alla 31 edizione della rassegna “Cinéma Italien” ad Annecy, Alta Savoia, coordinata dallo storico veterano Jean A. Gili; la seconda nell’aprile 2014 alla 7 edizione della “Festa do Cinema Italiano” a Lisbona, coordinata dal giovane studioso veneto Stefano Savio. Ambedue queste manifestazioni annuali mirano anzitutto a far conoscere una vasta selezione di pellicole recenti in Francia e in Portogallo. In ambedue i casi però, buona parte delle pellicole non scompaiono affatto dai rispettivi Paesi a fine festival, anzi continuano ad essere diffuse tramite vari canali. Se la Francia è da tempo iper-ricettiva alla “meglio gioventù” italica grazie al suo capillare sistema di sale d’essai decentrate e di circuiti culturali e didattici, in Portogallo sta prendendo piede un fenomeno d’interattività TV-theatrical-homevideo. Ancor prima d’essere proiettati nella vasta sala São Jorge del centro storico della capitale - ove ogni singola settimana dell’anno si svolge un diverso festival cinematografico -, alcuni film pre-acquistati dagli organizzatori vengono trasmessi in esclusiva sulla rete TV-Cine. È stato il caso di Viva la libertà di Roberto Andò, pellicola inaugurale applaudita al São Jorge da un migliaio di spettatori. Un cofanetto DVD con quattro hit della scorsa annata tra cui Romanzo di una strage e Scialla! - è approdato contemporaneamente in tutte le videoteche con il logo e il poster della “Festa 2014”. Alla sua conclusione le festività migrano via via in altre metropoli portoghesi fino a raggiungere, in estate, le lontane spiagge lusofone dell’Angola e del Brasile. Daniele Gaglianone, Vittorio Storaro, Gianluca Arcopinto, Lorenzo Bianchini erano tra i cineasti che hanno animato le serate lisbonesi. Ad Annecy, presieduta da Ettore Scola, è stato consegnato a Roberto Andò il premio Sergio Leone alla carriera. Il cineasta siciliano si trovava in buona compagnia, attorniato da una ventina di colleghi di diverse regioni e generazioni, da Bruno Oliviero a Giorgio Diritti, Silvio Soldini, Giancarlo Basili ecc. Delle due sezioni in concorso, fiction e non fiction, è stata la seconda a riservare le maggiori emozioni; l’ha vinta la “compagna” 101enne Giovanna Marturano, Bimba col pugno chiuso, dipinta a tutto tondo da Claudio Di Mambro, Luca Mandrile e Umberto Migliaccio. L’amico Jean Gili, autore di fior di volumi dedicati al cinema italiano, sostiene alacremente a Parigi e altrove l’uscita sugli schermi, in DVD o alla TV, della quarantina di film lanciati ad Annecy. In Francia, incredibile a dirsi, l’opera omnia di Carlo Verdone risulta del tutto sconosciuta; l’ho constatato introducendo (mea culpa) ad Annecy una serie di ”commedie popolari italiane anni 2000” che comprendeva tra l’altro Posti in piedi in paradiso e Manuale d’amore. Ad Annecy sta per riaprire in versione espansa il palazzo tradizionale del Festival, il modernissimo Centre Culturel Bonlieu sul lungolago, lo stesso che a giugno ospita il famoso Festival International du Film d’Animation. A Lisbona, a pochi passi dal cinema São Jorge, la Cinemateca Portuguesa-Museu do Cinema, col suo placido caffé-terrazza, la sua cupola stellata e il suo pubblico di fedelissimi, accoglie vari eventi clou della “Festa”. Lamberto Bava vi ha celebrato commosso il centenario del padre, il geniale Mario Bava. Oui, sim, l’Italia fuori dall’Italia ci appare un’altra cosa, uno specchio assai più luccicante, un regalo quasi immeritato...
TRAME DI CINEMA - DANILO DONATI E LA SARTORIA FARANI A completamento della mostra ospitante la straordinaria collezione di costumi disegnati da Danilo Donati, nel corso della sua carriera di scenografo e costumista, e realizzati dalla storica Sartoria Farani, oggi diretta dal friulano Luigi Piccolo ogni fine settimana verranno presentati a Villa Manin, sul grande schermo, i film per i quali Danilo Donati ha lavorato grazie al suo straordinario talento di scenografo e costumista. Un’occasione preziosa per rivedere o vedere per la prima volta i film diretti dai maestri Fellini, Pasolini, Zeffirelli, Citti, Lattuada e Faenza. Non mancheranno anche le occasioni per conoscere ed ascoltare dal vivo le voci di collaboratori e studiosi che hanno avuto l’opportunità di seguire da vicino la nascita di queste opere. Info: www.villamanin-eventi.it
CRESCERE LEGGENDO - LE PROPOSTE DELLA MEDIATECA Pordenone, il 12 e il 14 maggio 2014
Crescere Leggendo, che nella sua terza edizione ha come tema Ri-leggere i classici, è il progetto di una comunità educante che si riconosce nel valore primario della lettura. Capillarmente diffuso sul territorio della regione Friuli Venezia Giulia, ha l’obiettivo di favorire un ambiente educativo ricco di storie e di libri e di promuovere la lettura ad alta voce e la narrazione in ambito familiare, scolastico ed extrascolastico, anche quando i bambini crescono e intraprendono l’impegnativo cammino che li porterà alla lettura autonoma. In quest’ambito la Mediateca di Cinemazero propone il 12 e il 14 maggio un laboratorio curato da Andrea Princivalli a cui fa seguito la proiezione del film IL CASTELLO NEL CIELO, capolavoro dell'animazione di Hayao Miyazaki, ispirato al classico per ragazzi I viaggi di Gulliver di John Swift. Ogni studente potrà partecipare a laboratorio e proiezione pagando un biglietto unico di € 5,00. Nel costo del biglietto è incluso il servizio di Bibliobus n. 75 per la sola mattinata di lunedì 12 maggio. Un prezzo di favore verrà applicato agli istituti scolastici che intendono estendere la partecipazione a più classi. Per informazioni e prenotazioni, contattare Elena D'Incà, referente del progetto Crescere Leggendo 2014 per Cinemazero, t. 0434520945. Info: crescereleggendo.it
ETICAMENTE - ANTEPRIMA Concordia Sagittaria, CinemaC - 15 maggio 2014
In attesa della 12ma edizione di Etica-mente, quest'anno dedicata al lavoro, l'associazione culturale Eticamente, in collaborazione con Cinemazero, ha organizzato come evento anteprima la proiezione del documentario ATLANTIS, con il quale il regista Massimo Ferrari ha vinto il Workers Unite Film Festival di New York. Il documentario racconta la storia di due donne molto speciali che reagiscono in modo virtuoso e non convenzionale alla crisi economica e morale che stiamo vivendo: un viaggio alla ricerca della nuova realtà del mondo del lavoro, alla ricerca di esempi e di speranze. Il regista e le protagoniste del documentario saranno presenti in sala. Info: www.eticamente.eu
VICINO/LONTANO
Udine, dall’8 al 18 maggio 2014
La volontà di approfondire le questioni cruciali del nostro tempo è alla base della decima edizione del festival vicino/lontano. Nel corso delle undici giornate, incontri, dibattiti, conversazioni, conferenze, lezioni, letture, mostre, spettacoli e proiezioni "occupano" il centro storico e alcuni dei suoi edifici più suggestivi. Uno spazio rilevante è come sempre riservato al Premio Letterario Internazionale Tiziano Terzani, promosso dall'associazione vicino/lontano insieme alla famiglia del giornalista-scrittore e "cuore" del festival fin dalla sua prima edizione. Viene consegnato sabato 17 maggio, nell'ambito di una serataevento, a Pierluigi Cappello e Mohsin Hamid. Info: www.vicinolontano.it
ÈSTORIA 2014 - TRINCEE
Gorizia, dal 22 al 25 maggio 2014
Trincee è il titolo scelto per l'edizione 2014 di èStoria - Festival internazionale della storia. Giunto quest'anno alla decima edizione, il Festival sarà dedicato al centenario della Grande Guerra, e vedrà riuniti a Gorizia i maggiori studiosi del settore provenienti da tutto il mondo. èStoria 2014 toccherà dunque le tematiche legate alle origini e alla nascita del mito della Grande Guerra: diversi eventi in programma esploreranno il legame tra storia e letteratura, tra storia e cinema e teatro, per finire con la musica e la storia dell’alimentazione. Info: www.estoria.it
Domani accadrà ovvero se non si va non si vede
Villa Manin (Passariano di Codroipo), fino al 22 giugno 2014
i film del mese
(Tit. Or. The Broken Circle Breakdown) Un film di Felix Van Groeningen. Con Veerle Baetens, Johan Heldenbergh. Belgio 2012. Durata: 100 min.
Un film di Olivier Dahan. Con Nicole Kidman, Paz Vega, Tim Roth. - USA, 2014. Durata 103 min.
DUE PROTAGONISTI ECCEZIONALI UNITI DAL DESTINO, NELL’AMORE E NELLA SOFFERENZA
ALABAMA MONROE
DI FELIX VAN GROENINGEN Elise è una tatuatrice che ha inciso sul corpo la propria storia, cancellando via via i nomi degli uomini che ha amato per coprirli con nuovi tatuaggi. Didier è un cantante di musica bluegrass che suona il banjo in un gruppetto belga innamorato del mito dell'America rurale. Quando si incontrano, è amore a prima vista e il riconoscersi reciproco di due outsider nel Belgio conformista e ordinato. Ad unirli indissolubilmente, oltre all'attrazione profonda, è l'amore per la musica. E per la prima volta nella loro vita Elise e Didier, che si credevano destinati alla precarietà dei sentimenti, decidono di impegnarsi fino in fondo, mettendo al mondo la figlia Maybelle. Ma anche il più eterno dei vincoli può essere reversibile, e i due innamorati lo scopriranno a proprie spese. Felix Van Groeningen, il regista fiammingo di Alabama Monroe, sceglie inequivocabilmente la strada del melodramma e spinge la narrazione al di sopra delle righe, sia nel raccontare la storia d'amore assoluta e totalizzante fra i due protagonisti, sia nell'addentrarsi coraggiosamente nell'evoluzione tragica degli eventi. Perché come nelle canzoni bluegrass che Elise e Didier cantano insieme, il dolore va consumato fino in fondo, senza mai sottrarvisi. Alabama Monroe diventa dunque la storia di due esseri umani che maneggiano sentimenti forti e vivono fino all'estremo le proprie passioni, siano esse musicali, artistiche o sentimentali. Van Groeningen però ha l'accortezza di decostruire la narrazione in modo da inframmezzare il dolore del presente con il ricordo dolcissimo e straziante del passato, attraverso continui passaggi avanti e indietro nel tempo, fino alle ultime scene che invece procedono con la linearità inesorabile di una conclusione annunciata. Dunque vediamo Elise e Didier nei vari momenti della loro storia cogliendo l'intensità e l'immediatezza del loro rapporto tanto nella gioia quanto nel dolore. E riusciamo a gestire l'andamento melodrammatico grazie alle boccate d'ossigeno fornite dai momenti sereni ripercorsi dalla storia. I due attori protagonisti diventano Elise e Didier con un livello di autenticità e identificazione raramente visti nel cinema recente. Johan Heldenbergh, che è anche autore della pièce teatrale da lui diretta in palcoscenico su cui si basa Alabama Monroe, interpreta Didier come una creatura primordiale con un'inesauribile energia vitale e una dirompente carica rabbiosa quando la vita gli riserva il suo lato più oscuro e le politiche degli uomini non fanno nulla per aiutarlo. Veerle Baetens, vincitrice dell'European film award per il ruolo di Elise, ha una recitazione epidermica perfettamente consona ad una donna che usa la propria pelle per esprimere ogni suo sentimento. Pluripremiato in Europa e negli Stati Uniti, principale rivale de La grande bellezza ai premi Oscar, Alabama Monroe è un film quintessenzialmente europeo nell'impianto narrativo e nella recitazione (in fiammingo), ma ispirato alla cultura folk americana e agli stilemi del cinema indipendente d'oltreoceano. Il risultato non è un'ibridazione senza carattere ma, al contrario, una testimonianza di quanto le due culture cinematografiche possano rivelarsi profondamente complementari.
IL FILM D’APERTURA DEL 67MO FESTIVAL DI CANNES
GRACE DI MONACO DI OLIVIER DAHAN
Il 14 maggio prossimo, in “avant-première mondiale”, Grace di Monaco, il biopic di Olivier Dahan con Nicole Kidman, avrà l’onore di inaugurare ufficialmente, fuori concorso, al 67mo Festival di Cannes. Il film che nello stesso giorno uscirà e in svariati Paesi nel mondo focalizza un momento nella vita dell’attrice americana, quando all’apice della gloria aveva da poco vinto l’Oscar - sposò il Principe Ranieri (Tim Roth) nel 1956, diventando Grace di Monaco. Sei anni dopo, mentre si apprestava ad assumere le proprie principesche funzioni, Alfred Hitchcock le offrì di tornare a Hollywood per recitare il suo nuovo film, Marnie, proprio mentre la Francia minaccia di annettere il Principato… Prodotto da Pierre-Ange Le Pogam, Uday Chopra e Arash Amel, che ha scritto anche la sceneggiatura, il film vede tra i suoi interpreti anche Frank Langella, Parker Posey, Jeanne Balibar, Sir Derek Jacobi e Paz Vega, nel ruolo di Maria Callas ed è stato girato, oltrchè nel Principato, in diverse località nel sud della Francia, a Parigi, Ventimiglia, Gand e Bruxelles. Nato nel 1967, Olivier Dahan è stato autore di moltissimi videoclip nonchè regista, tra gli altri, de La vie en rose, che nel 2008 valse a Marion Cotillard l’Oscar migliore attrice protagonista.
Un film di Alice Rohrwacher. Con Maria Alexandra Lungu, Sam Louwyck, Alba Rohrwacher. Italia, 2014.
UNA
BALLATA ISPIRATA E ROMANTICA, ELOGIO DELL’ARTE COME PROVA D'UMANITÀ
SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO
DI JIM JARMUSCH Adam colleziona chitarre d'epoca e compone pezzi di musica elettronica, che i fan ascoltano appostati sotto la sua casa di Detroit, dalla quale pare non uscire mai. Eve vive a Tangeri, tra stoffe pregiate e libri in tutte le lingue, e trascorre le nottate in compagnia di Christopher Marlowe nel "Café Mille Et Une Nuits". Adam e Eve sono colti, bellissimi e vampiri. Osservatori privilegiati del divenire del nostro mondo, si muovono cercando di farsi corrompere il meno possibile dalle brutture del presente, cibandosi soltanto di sangue raro di laboratorio, apprezzando il silenzio e la compagnia reciproca. Adam, solitario e sensibile, chiuso nella sua roccaforte nella città simbolo della musica ma anche delle macerie del capitalismo, sta cedendo alla malinconia più oscura, al lamento funebre, al refrain senza fine uguale a se stesso. Tocca alla donna, anima più aperta e trasformista, forse anche più edonista e impermeabile, intraprendere il viaggio notturno che non può mancare all'appello in ogni pellicola del regista di Night on Earth e Mistery Train. Solo chi ama rimane vivo; chi sa amare letteralmente per sempre, chi rispetta il mondo che abita, la sua arte, la letteratura, il progresso della scienza, il suono dei nomi. Gli altri, quelli che credono di essere vivi solo perché batte loro il cuore, quelli che hanno perso il gusto, lo sguardo e il dizionario, sono creature noiose e pericolose. Sono loro - i cosiddetti esseri umani - i veri cannibali, gli zombie: gente che si sveglia sempre troppo tardi, che usa e getta, immemore del passato, incurante del futuro, impantanata in un presente più che mai buio, anche e soprattutto alla luce del sole. Jarmush politico, Jarmush esteta, Jarmush notturno, Jarmush rock. Jarmush puro. Con Solo gli amanti sopravvivono il più elegante e sottilmente spiritoso dei registi indipendenti americani gira un elogio dell'artificio artistico come prova di reale umanità, oltre che un'ispiratissima ballata romantica, capace di raccontare ancora l'amore come un'esperienza piacevolmente debilitante, che fa vacillare le ginocchia e girare la testa come gira la puntina sul giradischi, come gira il sangue che scende nell'imbuto, come l'effetto di una droga pesante. "Funnel of love" gracchia splendidamente il pezzo di apertura. Perché allo snobismo divertito dei nomi in codice, dell'allusione agli altri vampiri illustri, delle citazioni e delle battute sul talento che non rima mai con successo, corrisponde un trattamento dell'argomento amoroso tutt'altro che snob, leggero e discreto come la camminata di Tilda Swinton e intriso di sincera empatia e lunare post-romanticismo.
IL NUOVO, ATTESISSIMO, FILM DELLA ROHRWACHER, IN CORSA A CANNES 2014
LE MERAVIGLIE DI ALICE ROJRWACHER
La famiglia di Gelsomina funziona grazie a regole speciali. Prima di tutto lei ha dodici anni ma è capofamiglia. Le sue tre sorelle le devono obbedire, dormire quando decide lei, e lavorare sotto il suo assiduo controllo. E il mondo, fuori, non deve sapere niente delle loro regole, deve essere mantenuto separato e bisogna imparare a mimetizzarsi. Suo padre è uno straniero, Wolfgang, e vede in lei la principessa ereditaria del suo strano e improbabile regno. Certo, un maschio sarebbe meglio, ma Gelsomina è abbastanza forte e determinata e in più ha un talento speciale per il lavoro con le api e con il miele. È lei che cattura gli sciami sugli alberi, è lei che organizza la smielatura e sposta gli alveari.Mentre intorno il paesaggio brucia sotto l'effetto dei diserbanti e il mondo della campagna si sfalda e si trasforma, dalla città arriva un concorso televisivo che promette sacchi di soldi e crociere alla famiglia più “tipica”. Il programma è condotto dalla fata bianca Milly Catena, e si chiama Il paese delle Meraviglie. Gelsomina vorrebbe partecipare, ma Wolfgang non prende neanche in considerazione questa proposta. Un altro problema lo tormenta: le nuove normative europee per la produzione alimentare... Nell'assidua ricerca di manodopera a poco prezzo, Wolfgang prende a lavorare con sé un ragazzo difficile, Martin, che viene da un programma di rieducazione dello stato tedesco. La molla si carica: da una parte un bambino silenzioso e sfuggente in cui Wolfgang proietta il figlio maschio tanto desiderato, dall'altra la forza centripeta ormai inarginabile di Gelsomina, che è disposta a tutto pur di rivedere la fata bianca. Le meraviglie racconta una storia d'amore piccola e feroce tra un padre e una figlia, con tormenti, gelosie e ritrosie, regali smisurati e dolorosi tradimenti. Racconta il legame tra una famiglia e un territorio in profonda mutazione. E racconta anche di un grande fallimento, da cui però tutti usciranno più forti.
i film del mese
(Tit. Or. Olny Lovers Left Alive) Un film di Jim Jarmusch. Con Tom Hiddleston, Tilda Swinton, Mia Wasikowska. Gran Bretagna, 2013. Durata 123 min.
Un film di Roman Polanski. Con Jack Nicholson, Faye Dunaway, John Huston. USA 1974. Durata: 131 min.
UNA DELLE PIÙ FELICI E ORIGINALI RILETTURE DEL DETECTIVE MOVIE
CHINATOWN DI ROMAN POLANSKI
i film del mese
Los Angeles, 1937: investigatore privato scopre un omicidio collegato a un caso di corruzione pubblica e una terribile e scandalosa vicenda privata. È un film profondamente chandleriano senza Chandler, dunque foscamente romantico. Chandleriano è anche l'umorismo che ne sorregge il pathos nella descrizione di un mondo corrotto non solo politicamente in cui la presenza del male - incarnato dal vegliardo capitalista J. Huston - è ossessiva e sinuosa, mostruosamente ambigua. Pur senza abbandonarsi a esercizi di nostalgica archeologia, fece scuola nel campo della rivisitazione del cinema nero. 11 nomination (tra cui J. Nicholson e F. Dunaway) e Oscar per la sceneggiatura di Robert Towne. Chinatown è considerato una delle più felici e originali riletture contemporanee del detective movie di eredità chandleriana. La qualità dei dialoghi e della ricostruzione d’epoca, l’accurata gradualità con cui viene alimentato lo spessore dei personaggi e dei loro anfratti psichici, l’eleganza visiva della messa in scena sono in realtà al servizio di una severa disamina di ogni mondo possibile, senza appello o riscatto. […] Nel finale, riscritto da Polanski senza accordo con lo sceneggiatore, Chinatown diviene la metafora dell’impossibilità di tutto (la vita, l’amore, il potere) a essere diverso […]. Il mistero viene risolto, ma il caos della violazione e del sopruso, sotto l’ordine apparente, è riconfermato per sempre. Polanski imprime a questa rilettura la radicalità di uno scetticismo tipico dei suoi film migliori. migliori, quasi nascosto da una ricostruzione preziosa di cui tutti sono complici: John Huston (il padre del noir, qui nei panni di un patriarca onnipotente: la storia si svolge nel 1937, qualche anno prima che egli desse vita al genere con Il mistero del falco), Faye Dunaway (alla sua prova migliore), e naturalmente Nicholson: forse il più riuscito dei discendenti contemporanei di Philip Marlowe. Un film di Steven Knight. Con Tom Hardy, Ruth Wilson, Olivia Colman. USA 2014. Durata 85 min
SI CONFERMA IL TALENTO REGISTICO DI KNIGHT CON UNA STORIA RITMATA ED AVVICENTE
LOCKE DI STEVEN KNIGHT
Ivan Locke guida nella notte verso Londra. È un costruttore di edifici, ma questa notte si consuma la demolizione della sua vita. All'alba avrebbe dovuto presiedere alla più ingente colata di cemento di cui si sia mai dovuto occupare. Gli americani e i suoi capi hanno incaricato lui, perché per nove anni è stato un lavoratore impeccabile, il migliore: solido come il cemento, appunto. Ma la telefonata di una donna di nome Bethan riscrive l'esistenza di Locke. Prima di quella telefonata, e del viaggio che ha deciso di intraprendere di conseguenza, aveva un lavoro, una moglie, una casa. Ora, nulla sarà più come prima. L'attesa opera seconda di Steven Knight non solo soddisfa ma supera piacevolmente le aspettative. Sceneggiatore talentuoso, per Frears e Cronenberg, con Locke eccelle nell'esercizio di scrittura, ideando un percorso di quasi novanta minuti nel quale il tempo della storia e il tempo del racconto coincidono e non c'è altro luogo al di fuori dell'abitacolo della Bmw in movimento e nessun altro personaggio oltre a quello del titolo, impegnato in un dialogo telefonico pressoché ininterrotto con gli altri nomi del copione: Bethan, dall'ospedale di Londra, la moglie Katrina e i due figli da casa, Garreth, il capo furioso, e Donal, l'operaio polacco al quale Ivan Locke ha affidato la delicata gestione di ogni preparativo in sua assenza. A riscattare, però, Locke da una natura puramente letteraria (viene alla mente un altro portentoso viaggio in macchina su carta, "Wyoming", firmato da Barry Gifford) è la performance di Tom Hardy, per la prima volta spogliato delle maschere che l'hanno imposto all'attenzione internazionale e messo alla prova nei panni di un uomo medio, dall'aspetto medio, nell'attimo della sua esistenza che fa la differenza. Nel modo in cui Hardy increspa le onde del testo, suscitando tanto l'ironica commedia quanto l'umana tragedia, con poche battute e il proprio volto come unici strumenti, si conferma il bravo attore, ma nella scelta di adottare esclusivamente i toni bassi, impedendosi l'appiglio anche solo una volta alla scena urlata o al sussurro autocommiseratorio, sta il contributo d'eccezione. Il resto è il documento di un circolo creativo e produttivo virtuoso, che conta una manciata di settimane di distanza tra la consegna della sceneggiatura e l'inizio della preparazione, e un tournage di sole otto notti, per un film che non porta con sé alcuna traccia di rinuncia o compromesso e parla nel momento giusto del tema del giusto, dell'assunzione di responsabilità, per scomoda e punitiva che sia, e dell'estrema fragilità degli edifici morali sui quali costruiamo le nostre famiglie e le nostre sicurezze.
I PROSSIMI EVENTI A CINEMAZERO Per informazioni:
0434-520404 | cinemazero@cinemazero.it Martedì 6 maggio - ore 21.00 | Anteprima regionale
MAZERO PRESENTANO
ULE E CASERME
UN PAESE DI PRIMULE E CASERME
GO CLERICUZIO DIEGO CLERICUZIO RICCARDO COSTANTINI PAOLO FEDRIGO OSTEGNO DI ARPA LAREA FRIULI VENEZIA GIULIA
di Diego Clericuzio. Italia, 2014, 70 min.
Finisce la guerra fredda. Fra Italia e Slovenia cade nel 2004 l’ultimo brandello della “cortina di ferro”: l’esercito abbandona quella che è una delle aree più militarizzate d’Europa, il Friuli Venezia Giulia, con più di 400 siti e 102 km² di superficie occupati. Un sistema intero collassa, inghiottendo con se infinite storie, professioni, passioni e lasciando come veri “relitti”caserme disabitate e opere militari di enormi dimensioni. Un viaggio fra i luoghi e le personeche hanno vissuto e vivono tutto questo, chi senza saperlo, chi conoscendone ogni dettaglio...
nel 2004 l’ultimo brandello della “cortina lle aree più militarizzate d’Europa, il Friuli rficie occupati. Un sistema intero collassa, passioni e lasciando come veri “relitti” nsioni. Un viaggio fra i luoghi e le persone saperlo, chi conoscendone ogni dettaglio...
www.primulecaserme.it .primulecaserme.it
Mercoledì 14 maggio - ore 21.00 | Esclusiva regionale
THE BEST BAR IN AMERICA
In un paese dove sono passate tre guerre in meno di un secolo, che ne è delle storie dei singoli, di chi ha vissuto e lavorato con, per, dentro le caserme e nei siti militari? Un documentario costruito sui risvolti umani di una militarizzazione. Una ricostruzione della nostra memoria collettiva attraverso un mosaico di racconti. Il Friuli Venezia Giulia è terra ricca di storia, di dominazioni e battaglie, una terra che in 100 km di “lunghezza” raccoglie la montagna, la collina, la pianura e il mare con due grandi confini, uno a nord e uno a est. Dopo la fine della seconda guerra mondiale e l’instaurarsi di quel periodo che prende il nome di guerra fredda la regione viene completamente militarizzata. Per difendere i confini viene schierato più del 50% dell’Esercito Italiano. Nel 1989 cade il Muro di Berlino, la situazione geopolitica dell’area cambia in pochi anni, l’Italia sceglie di abrogare la leva obbligatoria e nel 2004 cadono anche i confini a est con la Repubblica di Slovenia diventata indipendente nel 1991. L’esercito smobilita, circa 400 siti vengono abbandonati: restano oltre 100 km2 sul 50% del restante territorio, un paesaggio mutato, un caso unico al mondo per vastità, tipologia e storia, che parla di uomini, economia, società, politica, ambiente. Pasolini scriveva di questa terra come di “un paese di temporali e primule”: oggi si potrebbe dire che resti solo “un paese di primule e caserme”. utto il progetto di ricerca, nato nel 2009 da una fotoinchiesta prodotta nell’ambito del festival oci dell’Inchiesta” di Pordenone, cresciuto nel tempo con collaborazioni di ogni specificità (la storia dei luoghi, la mappatura delle caserme, gli scenari di riconversione, le problematiche ambientali...) e la partecipazione di molti cittadini, è visibile sul sito
www.primulecaserme.it
di Eric Ristau. USA, 2013
Sanders è un tormentato veterano che ha perso diversi affetti trovando però in cambio una libertà che lo porta a vivere sempre nuove avventure in una ricerca quasi spirituale di una vita più semplice. Gira gli Stati Uniti dell'Ovest in sella ad una BMW R60/2 del 1960 con sidecar per scrivere una guida ai bar della regione... "Abbiamo speso di più in alcool che benzina. E abbiamo fatto quasi 10.000 miglia!" ha dichiarato Ristau che ha tenuto a precisare che il suo lavoro - giù diventato un piccolo cult - è costato meno di un Harley nuova.
Lunedì 19 maggio - ore 21.00 | Alla presenza dei registi
PER ALTRI OCCHI
di Silvio Soldini e Giorgio Garini. Italia, 2013, 93 min. Enrico è un fisioterapista che ha imparato ad andare in barca a vela a cinquant'anni. Gemma una studentessa che suona il violoncello e vince gare di sci. Luca è pianista, compositore e fotografo. Felice uno scultore con tanti amici in galera. Che cosa unisce loro e gli altri protagonisti di Per altri occhi? La cecità, ma anche la voglia di impostare la propria esistenza come "una sfida che comunque va vissuta". Silvio Soldini entra nelle loro storie per farci vedere (noi che possiamo) l'esempio positivo di chi ce la fa con "qualcosa di meno" senza manipolazioni, pietismi o luoghi comuni.
TOTÒ
FA N S C LU B
PORDENONE
IL CORAGGIO
regia di Domenico Paolella 1955 - dur. 95’
Venerdì 30 maggio 2014 - ore 19.30 Saletta Incontri San Francesco - Piazza della Motta, PN con il patrocinio del Comune di Pordenone - INGRESSO LIBERO Dopo il film i totofili si incontreranno per una pizza alla Pizzeria Plaza di piazza Risorgimento a Pordenone