CinemazeroNotizie novembre 2014

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E 1,00

mensile di cultura cinematografica

Ancora il lavoro al centro del cinema dei fratelli Dardenne

Ozu Yasujiro: il flusso della vita

Grazie a Tucker Film sei capolavori del Maestro torneranno in sala

Trieste Science+Fiction Un omaggio speciale a Mario Bava nel centenario della nascita

Gli Occhi dell’Africa: cinema e non solo

Al via l’ottava edizione della rassegna dedicata al Continente Nero

Scrivere di Cinema e il territorio

Le recensioni vincitrici del Premio del Territorio FriulAdria

Vermut doppio sulla Concha

Novità in diretta dal Festival di San Sebastian

Domani accadrà

Se non si va, non si vede - Gli appuntamenti del mese

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Novembre

La solidarietà in tempi di crisi

2014 numero 10 anno XXXIV

Friuli al cinema

Alle Giornate della FICE il cinema d’essai fa il punto della situazione

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A Mantova il consueto incontro tra esercenti d’essai per fare il punto della situazione

AndreaCrozzoli Crozzoli Andrea

Editoriale

Friuli al cinema “Una scossa al mercato” era il titolo dell’incontro organizzato dalla F.I.C.E. (Federazione Italiana Cinema d’Essai) a Mantova nella prima decade di ottobre. La quattordicesima edizione di questi incontri annuali con “scossa”, il cui sottotitolo recitava: “L’identità del cinema d’essai e il pubblico di riferimento”, doveva rispondere ai laceranti quesiti che l’intera categoria degli esercenti d’essai, che sembra ormai giunta alla canna del gas, si sta ponendo. Crisi di identità della categoria aggravata dal passaggio al digitale, che ha rimescolato ulteriormente gli elementi e i punti di riferimento classici e consolidati. Rimescolamento che ha, naturalmente, coinvolto anche il pubblico di riferimento, logico terminale delle azioni degli esercenti d’essai. La liturgia dell’incontro, apertasi con una intricata relazione del presidente FICE, è proseguita all’interno dei rigidi binari del politically correct con una serie di intenti (o stenti) reiterati dagli interventi degli anni passati tanto che gli applausi più calorosi e non di circostanza li ha raccolti Nicola Borrelli, direttore generale cinema del MiBACT. Da sottolineare, infine, anche la concretezza delle proposte di Francesca Cima, solida produttrice di origine friulana, che ha dato quella “scossa” che richiedeva il titolo del convegno. Sul fronte dei film proposti in anteprima a Mantova, una serie di conferme da registi affermati come Ken Loach con il suo film di lotta per la libertà Jimmy’s Hall; i fratelli Dardenne con un preciso ritratto di quello che significa la crisi in Due giorni, una notte o Richard Linklater con Boyhood, opera dallo spessore antropologico. A questi si è affiancato un giovane esoridiente friulano di nome Ivan Gergolet che ha presentato Dancing With Maria, intenso ritratto di danzaterapia dell’argentina Maria Fux. Il tutto aspettando Alberto Fasulo, l’altro friulano, al lavoro su Menocchio titolo provvisorio del suo prossimo film centrato sulla figura di Domenico Scandella, il mugnaio di Montereale Valcellina finito sul rogo nella piazza di Portogruaro nel 1599 accusato di eresia. «Un uomo umile, che cerca la verità, che si immola per le proprie idee - ha dichiarato Fasulo - La storia che sto scrivendo è liberamente tratta dai verbali originali dei processi a Menocchio e ad altri personaggi legati alla vicenda. Come per TIR e ancora prima Rumore bianco, sarà un film sul lavoro: Menocchio non è solo un mugnaio ma anche un falegname, è un uomo della terra, un umile, un autodidatta che combatte per essere legittimato dalgrande sapere, si batte per la parità dei diritti, contro il potere della Chiesa.» Dopo i trionfi romani di TIR e il giro del mondo nei vari festival, aspettiamo il prossimo lavoro di Fasulo con ansia. Una salutare boccata di ossigeno per tutto il comparto d’essai!!

In copertina un primo piano di Marion Cotillard protagonista di Due giorni, una notte di Jean-Pierre e Luc Dardenne

cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Novembre 2014, n. 10 anno XXXIV Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Marianita Santarossa Direzione, redazione, amministrazione P.zza della Motta, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 Cassa: 0434-520527 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Grafiche Risma Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica


Ancora il lavoro al centro del cinema dei fratelli Dardenne

Marco Fortunato

E con questa sono sei. Tante sono le volte che i fratelli Dardenne sono stati chiamati in competizione ufficiale a Cannes, nella più importante kermesse cinematografica mondiale. I due registi belgi sono talmente degli habituèe sulla Croisette da far dichiarare a Thierry Frémaux - il direttore del Festival - che: "Ormai i Dardenne a Cannes sono come la Germania nel calcio, alla fine sono sempre loro a vincere…". Purtroppo quest’anno non è andata così e, senza nulla togliere al bellissimo Winter sleep di Nuri Bilge Ceylan che si aggiudicato la Palma d’Oro, non vedere Due giorni, una notte nel palmarès ufficiale ha fatto storcere il naso ai molti che si erano già sbilanciati in favore dell’opera che sembrava aver messo tutti d’accordo. Un film asciutto, stilisticamente ed esteticamente impeccabile, che mette al centro il tema del lavoro (e questa non è certo una novità per i due registi autori di un cinema sociale, centrato sull'umano e sulle sue dinamiche) con un efficacia e una lucidità che non possono lasciare indifferenti. Che cosa significa, nella vita di ogni giorno, l’equazione dignità=lavoro? Quali sentimenti entrano in gioco quando una persona si rende conto che da una propria rinuncia dipende, in maniera diretta, il destino di un’altra persona? Da questa difficile e allo stesso tempo affascinante domanda, trae origine la storia che nel titolo Due giorni, una notte riassume il tempo rimasto a Sandra – una perfetta Marion Cotillard – per convincere la maggioranza dei suoi colleghi di lavoro a votare in suo favore al sondaggio indetto dal titolare della sua azienda. Se lo faranno perderanno il proprio bonus di produzione di 1000 euro ma eviteranno il suo licenziamento, diversamente Sandra sarà costretta a lasciare il suo impiego. Un weekend e nulla più, tanto rimane alla protagonista per fare una scelta, di lavoro e prima ancora di vita: rassegnarsi o combattere? La sfida è superare la propria depressione e lasciarsi convincere dal marito Manu (un altrettanto convicente Fabrizio Rongione) a lottare per difendere il proprio posto di lavoro e con esso la propria dignità contro i suoi sfruttatori. In quello che sembra un pellegrinaggio forzato, tra successi, delusioni e pillole di Xanax Sandra incontrerà uno a uno i suoi colleghi entrando in contatto con diretto con loro, sperimentando sulla propria pelle i tanti modi diversi di vivere la dimensione del lavoro, della famiglia e della vita che ciascuno di essi porta con sé. Lo spunto, e c’era da aspettarselo, nasce da una storia vera, da quando, nel 1998, un team di Peugeot France diede il consenso a far licenziare uno dei loro per ottenere premi di produzione maggiori. La vicenda suscitò scalpore ma poco dopo iniziarono a registrarsi dei casi opposti, di “solidarietà aziendale”, e alcune piccole imprese ricevettero la proposta spontanea, da parte dei propri operai, che si dicevano disposti a rinunciare al 2 o 3% del proprio salario per impedire il licenziamento dei colleghi. Già vincitori della Palma d’Oro con Rosetta (1999) e L’enfant (2005), i fratelli Dardenne sono alla quinta collaborazione con la Cottilard a cui affidano un ruolo non facile, quello di disegnare un ritratto credibile di una lavoratrice di fronte alla perdita del lavoro e della sua crisi con tutte le conseguenze sulle dinamiche sociali e personali che esso porta con sé. Il risultato è un’opera asciutta e molto ben calibrata, che arriva diretta al cuore del problema in tutta la sua drammatica attualità ed evidenziando tutta la complessità del problema. Sandra ha un marito amorevole, dei figli, ma questa stabilità familiare da sola non basta alla sua completezza. Ha bisogno della solidarietà degli altri per riacquistare fiducia in se stessa, per non avere più paura. Senza raccontarne la fine, i due registi riescono a rendere grazie ai volti di Sandra il vero significato della trasformazione della crisi, da economica a sociale.

Due giorni, una notte

La solidarietà in tempi di crisi


Primavera e autunno. Il cinema di Ozu Yasujiro

Giorgio Placereani

Ozu Yasujiro

Ozu Yasujiro il flusso della vita “In sostanza gli stranieri non fanno altro che seguire la storia: la vita degli impiegati, il falso orgoglio e così via. Non comprendono assolutamente l'atmosfera, che è altro dalla storia. Non capiscono proprio - ed è per questo che tirano in ballo lo Zen o cose simili". Ozu Yasujiro Ozu Yasujiro! Chi era costui? - c'è il rischio che chiedano manzonianamente diversi spettatori d'oggigiorno alla menzione di questo gigante fra i giganti del cinema giapponese. Così, è tanto più opportuna l'iniziativa della Tucker Film che in autunno distribuirà in versione restaurata sei capolavori del periodo culminante della sua produzione. Nel corso della carriera Ozu progredì verso una definizione sempre più depurata e geometrica del suo stile. Lo caratterizzano le sue famose inquadrature, comunemente definite “all'altezza del tatami” (le stuoie usate in Giappone): un'inquadratura bassa (non angolata) che serve a una disposizione geometrica ed equilibrata dell'immagine, in dialogo col sistema di linee orizzontali e verticali della casa giapponese. Queste scene sono intervallate da inquadrature “vuote” che rappresentano un momento di ambiguità sul piano narrativo e quindi di sospensione, quasi un intervallo musicale. Si tratta di racconti di ambiente familiare, la cui levità e simmetria rima con quella delle inquadrature; al complesso gioco di tessitura entro il singolo film risponde il gioco di somiglianze e variazioni fra un film e l'altro. Ozu rifugge dagli artifici della drammaturgia cinematografica. Mostra l'incessante fluire della vita, in pacati racconti impreziositi da tocchi di sottile umorismo, e mostra come l'irrevocabile logica del cambiamento influisca sui rapporti familiari. Alla base del suo cinema c'è quello che i giapponesi chiamano mono no aware: il sentimento leggermente malinconico della consapevolezza dello scorrere eterno e inevitabile delle cose. Nei suoi film si fondono mirabilmente concretezza e astrazione, commozione e serenità; il suo cinema possiede l'ingannevole leggerezza di uno haiku. Se vogliamo definire il cinema di Ozu in una formula, potrebbe essere questa: l'effimero della vita e l'eterno dello stile. Amava lavorare sempre con le stesse persone. I suoi collaboratori - da menzionare in particolare lo sceneggiatore Noda Kogo - ricordano di lui la precisione quasi maniacale sul set ma anche il carattere gentile, l'amore per il sakè, sempre presente nel suo cinema, l'umorismo spesso e volentieri scollacciato. Ozu nacque a Tokyo nel 1903, figlio di un piccolo industriale. Nel 1913 la madre e i figli si trasferirono, mentre il padre restava a Tokyo per lavoro, e la famiglia si ricompose solo dieci anni dopo. Il padre morì nel 1934. Ozu non si sposò mai e visse tutta la vita con la madre; pochi mesi dopo la scomparsa di lei, morì di cancro il 12 dicembre 1963, giorno del suo sessantesimo compleanno, mentre stava preparando un nuovo film. Indubbiamente questi dati biografici giocano un ruolo nella presenza continua, nei film di Ozu, di famiglie monoparentali con madri o padri vedovi. Nella gioventù ribelle di Ozu il tratto fondamentale è la sua passione per il cinema americano (a scapito degli studi), che gli resterà per tutta la vita. Nel 1923 entra alla casa di produzione Shochiku; fra il 1927 e il 1962 girerà 54 film, di cui purtroppo alcuni sono perduti. La sua opera giovanile è influenzata da Chaplin, Lubitsch e Harold Lloyd, come mostrano bene i film del periodo muto: drammi, noir e molte commedie, perlopiù di ambiente studentesco, in cui compaiono già quei bambini terribili che saranno una costante della sua produzione. Nel 1936 Ozu passò al sonoro, col bellissimo, commovente Figlio unico. Militare durante la guerra, fu profondamente colpito da Quarto potere di Welles, visto in una copia catturata a Singapore. Nel dopoguerra aprì con Tarda primavera (1949) il suo periodo più famoso, e


continuò a fare dei film in questa vena (seppure con interessanti variazioni) fino all'ultimo, Il gusto del sakè. L'attore Ryu Chishu, presente fin dagli inizi in quasi tutti i suoi film, divenne l'uomo-simbolo del suo cinema. Non è però corretto limitare la sua considerazione ai film dell'ultimo periodo, come a volte ha fatto la prima critica “ozuiana”. Bisogna valutare la sua opera nell'insieme, riconoscendone tutta la bellezza e l'originalità. Sarebbe affascinante (ombra delle nostre antiche vaste rassegne de Lo Sguardo dei Maestri!) presentare tutta l'opera di Ozu, in modo di poterne apprezzare le sfumature e assaporare il suo eterno dialogo tra unità e variazione. Ma questi sei film sono sufficiente a farsi un'idea approfondita di questo genio del cinema – e lasciare a chi abbia la ventura di scoprirlo in quest'occasione un'impressione indimenticabile.

I SEI CAPOLAVORI RESTAURATI Far conoscere – e rendere accessibili – al pubblico i grandi protagonisti del cinema di oggi e di ieri è sempre stato l’obiettivo dei focus dedicati alla storia del cinema orientale, presentati durante le varie edizioni del Far East Film Festival nel corso degli anni. Un obiettivo che oggi, grazie all’attività di distribuzione nazionale della Tucker Film (formata dal C.E.C. di Udine e da Cinemazero di Pordenone), è diventato un approdo concreto. Avere la possibilità di riportare sul grande schermo lo splendore di alcuni capolavori del cinema non ha prezzo: e così la Tucker, appunto, ha acquistato i diritti per l’Italia di 6 capolavori del maestro Ozu Yasujiro, restaurati digitalmente dalla major nipponica Shochiku. I film – in formato 2K – saranno distribuiti nelle migliori sale italiane all’inizio del 2015 e permetteranno al pubblico italiano anche udinese di riscoprire i gioielli di un cineasta con la C maiuscola. Se Tokyo Story (1953) viene considerato dall’autorevole Sight & Sound come il più bel film di sempre dell’intera storia del cinema (votato da 358 registi di tutto il mondo), non sono certo da meno gli altri titoli restaurati. Il FEFF 16 (2014) presentò il meraviglioso Good Morning, uno dei primi film a colori di Ozu, dove possiamo riscoprire la cura e la poetica raffinatissima con cui Ozu utilizzava la tavolozza cromatica. Il pacchetto Ozu, è un regalo prezioso per tutti, un pacchetto inaspettato che ci arriva dall’Oriente, ancora più prezioso se pensiamo al fatto che molti dei film di Ozu sono andati distrutti durante la seconda guerra mondiale e molti altri sono stati conservati senza la cura necessaria. In sei film, potremo così riscoprire l’avanguardia, la poesia, la semplicità profonda del suo realismo dove l’elemento sociale dell’incontro tra modernità e tradizione viene raccontato con uno stile unico nella storia del cinema. Late Spring (Tarda primavera, 1949) è il film quintessenziale di Ozu. Storia di un vecchio professore e sua figlia (lei non vuole sposarsi per non lasciar solo il padre, lui si sacrifica per spingerla al matrimonio), è una descrizione potente e insieme lieve dell'inevitabile mutevolezza delle cose umane. Tokyo Story (Viaggio a Tokyo, 1953) è ancora oggi il più famoso dei film di Ozu, e lo celebra con estese citazioni Wim Wenders in Tokyo-ga. E' la cronaca venata di amarezza del viaggio di un'anziana coppia per far visita ai figli sposati nella metropoli. Equinox Flower (Fiori d'equinozio, 1958) ironizza pacatamente sulla perdita dell'autorità paterna: un padre che si oppone al matrimonio della figlia viene battuto dalle forze coalizzate del mondo femminile. Good Morning (Buon giorno, 1959), remake alla lontana del capolavoro muto Sono nato, ma..., è una deliziosa commedia sullo sciopero del silenzio di due fratellini che vogliono che la famiglia compri un televisore; e insieme è una divertita riflessione sul linguaggio: di cosa parliamo quando parliamo? Late Autumn (Tardo autunno, 1960) è un ironico film, pieno di nostalgia agrodolce, su tre vecchi amici, ex corteggiatori di una donna ora vedova. Cercano di combinare il matrimonio della figlia di lei, col pensiero che pure la madre si possa risposare. An Autumn Afternoon (Il gusto del saké, 1962), ultimo film di Ozu, è un'elegia del tempo che scorre e della nostalgia del passato, imperniato ancora sul tema del matrimonio, ma con un accenno sul filo del ricordo agli ambienti studenteschi dei vecchi tempi.


All’interno del Science+Fiction Festival dal 29 ottobre al 3 novembre

Lorenzo Codelli

Bava 100

Mario Bava: un omaggio nel centenario della nascita Il divo Ryan Gosling in Lost River, il suo film d’esordio come regista presentato con successo al Festival di Cannes 2014, rende omaggio a Mario Bava: Barbara Steele, immobile e silenziosa, domina una dimora incantata che verrà divorata da un rogo purificatore; tutt’attorno, atmosfere da incubo e cromatismi surreali. Joe Dante in Burying the Ex, applauditissimo alla Mostra di Venezia 2014, rende omaggio a Mario Bava inquadrando affettuosamente una vecchia locandina italiana di Terrore nello spazio; tutt’attorno, humour noir in dosi venefiche. Lamberto Bava sta girando il mondo per festeggiare il centenario dell’illustre genitore. Un centenario che coincide tra l’altro con quello di Cabiria, il colossal di Giovanni per il quale suo nonno Eugenio Bava aveva curato trucchi ottici ed effetti speciali mirabolanti. Ho ritrovato l’amico Lamberto alla Festa do Cinema Italiano di Lisbona la scorsa primavera. Ha introdotto una proiezione de La maschera del demonio nel prezioso antro della Cinemateca Portuguesa. Folla di fan, probabilmente degustavano quel celebre capolavoro per l’ennesima volta. Martin Scorsese ha definito Mario Bava “an artist in spite of himself”, tentando di razionalizzare lo stato d’ebrezza ipnotica che i suoi film gli procuravano. La sua introduzione al megatomo Mario Bava: All the Colors of the Dark di Tim Lucas (www.videowatchdog.com) esalta il talento disorientante caratteristico del regista sanremese. Riccardo Freda, nella sua prefazione allo stesso volume, ricorda che “Mario Bava era divenuto davvero leggendario per la sua abilità nei trucchi fotografici”. Tim Lucas, sommo biografo baviano, dedica un fittissimo capitolo a Terrore nello spazio (1965), ricordando l’antica passione del regista per la fantascienza. Professionalmente messa in pratica una prima volta nel 1958 con La morte viene dallo spazio. In questo low budget italo-francese diretto da Paolo Heusch, Bava aveva lavorato sia come direttore della fotografia che come regista di sequenze spaziali e manipolatore di stock footage. A Terrore nello spazio, ricorda Lucas, collabora il quasi ottantenne Eugenio Bava in qualità di consulente agli effetti speciali. Le infinite “copie” derivate da questo luminoso prototipo sci-fi/horror includono tanto la rinomata serie Alien quanto miriadi di epigoni, di serie A, B e Z. Nel maggio 1976 assieme a Giuseppe Lippi avemmo la fortuna d’intervistare Mario Bava al caffé Rosati in Piazza del Popolo. Placido, beffardo, simpaticissimo. Lui rilesse il testo dell’intervista e lo riscrisse caricandolo d’autoironia. Fu pubblicata sul catalogo Fant’Italia, in occasione della retrospettiva del Festival triestino di quell’anno. Ho riparlato al telefono con Bava quasi ogni volta che andavo a Roma, e lui sembrava sempre più amaro a causa, credo, della sotto-occupazione. Non molto tempo dopo che Bava ci ha lasciato, sono entrato in contatto epistolare con Tim Lucas, all’epoca freelance per riviste fanta americane. Ho seguito passo passo il suo sovrumano progetto d’una biografia baviana edificata pazientemente, per decenni, senza un editore alle spalle, senza mai porre piede sul suolo italico. Ricordo, tra i tanti aneddoti, d’avergli descritto alcuni peripli della protagonista de La ragazza che sapeva troppo lungo la scalinata di Trinità dei Monti (lato destro guardando dal basso). “FINALMENTE! What a long, strange trip this has been!”, ha scritto Tim col pennarello sulla copia della sua bibbia che mi ha dedicato nel 2008. Forse a Mario Bava non sarebbe importato granché, peccato però: nessuna grande mostra, nessun omaggio di ampie dimensioni, nell’anno del centenario. Mario e il “clan” bava “Figlio d’arte”, Mario Bava (1914-1980) nasce cent’anni fa da Eugenio (1886-1966), pioniere degli effetti speciali fotografici, autore di classici come Quo Vadis (1913) e Cabiria (1914). L’esempio paterno avvicina Mario all’ambiente cinematografico e la sua abilità ne fa uno dei più stimati direttori della fotografia (1939-1960), permettendogli di lavorare con i maggiori registi di Cinecittà, da Rossellini a Soldati, Comencini e Freda. La collaborazione con quest’ultimo lo porta sul set del primo horror italiano I Vampiri (1956). Nel 1960 debutta alla regia del capolavoro La maschera del demonio, con l’esordiente Barbara Steele. Gli anni ’70 lo consacrano autore capace e versatile. La Venere di Ille (1979) è l’ultimo film che firma insieme al figlio Lamberto, quale ideale passaggio di consegne.


Al via l’ottava edizione della rassegna dedicata al Continente Nero

Martina Ghersetti

Anche quest’anno, nonostante le difficoltà economiche, parte l’ottava edizione de Gli occhi dell’Africa, la rassegna cinematografica dedicata ad un continente che, anche nel campo della settima arte, presenta un panorama vario e originale: l’iniziativa è nata dalla collaborazione tra Caritas della Diocesi di Concordia-Pordenone, Cinemazero e l’Altrametà, con il contributo del Comune di Pordenone e dell’Amministrazione Provinciale. Partecipa anche l’associazione UNASp/ACLI (Unione Nazionale Arte e Spettacolo) di Pordenone. La rassegna raggiungerà Gorizia, San Daniele e Gemona, con proiezioni e iniziative collegate. Spesso i film presentati sono delle coproduzioni tra locali realtà di produzione e altre di Paesi occidentali: ma ben vengano, se questo è l’unico modo per valorizzare la creatività e il talento di registi e attori che, pur non avendo la notorietà internazionale, sono conosciuti e apprezzati nella realtà d’origine. Spesso gli autori e le autrici sono giovani talenti che riescono ad essere interpreti delle istanze, dei desideri, delle denunce dei grandi Paesi africani che descrivono nelle loro pellicole. L’idea della rassegna è sempre quella di dare voce agli artisti di questo continente, nel modo più diretto possibile: le storie sono ambientate nei loro Paesi, spesso partono dalla vita nei villaggi, a volte, invece, nelle grandi metropoli africane, descrivendo le vicende personali dei personaggi, uomini e donne con le loro paure, desideri, sogni e aspirazioni. Altre volte le pellicole raccontano la nostra realtà europea, filtrata attraverso gli occhi, e la macchina da presa, di registri africani che vivono e lavorano accanto a noi. Così si rilegge in modo altro il nostro mondo, in maniera che a noi vengano suggeriti percorsi dettati dalla sensibilità e dall’esperienza di chi appartiene anche ad un’altra cultura. I film africani, in particolare, vengono presentai nella lingua originale, con sottotitoli in italiano, per rendere ancora più efficace la visione di queste opere. Non mancano attività collaterali: mostre, incontri, presentazione di libri e uno spettacolo teatrale. Tanto per sottolineare che la cultura è la somma di fattori diversi, che tutti, con uguale dignità, contribuiscono a far conoscere un’Africa complessa, un continente che noi sbrigativamente definiamo con una parola sola, ma che, in realtà, cela migliaia di identità differenti. La rassegna inizia il 10 novembre con tre brevi proposte: Afronauts, un corto che narra il tentativo di un far partire una missione lunare dal Ghana, il documentario Wind of change e il cartone Les trois vérités . Si prosegue il 15 novembre, con la presentazione, a cura de Il dialogo creativo, del libro Urban Cairo. La primavera araba dei graffiti, con l’autrice Elisa Pierandrei. Seguiranno, il 17 novembre, Andalousie, mon amour e, il 24 novembre, Ni Sisi, che racconta il Kenya pre elettorale del 2008. Il 1 dicembre sarà la volta di Bastardo, sull’ascesa di un rifiutato dalla società che diventa ricco e poi, a conclusione il 15 dicembre, il cartone animato Aya de Yapougon, sugli adolescenti della periferia di Abdjan negli anni ’70. Tra le proposte di questa edizione anche uno spettacolo teatrale: è Bilal, tratto dal libro del giornalista Fabrizio Gatti, adattato dalla compagnia ConsorzioScenico di Trieste. L’autore ha assunto i panni del migrante e, insieme a centinaia di africani, ha ripercorso il loro cammino dall’Africa centrale al Mediterraneo, passando per il deserto. Questa lettura scenica sarà ospitata dall’Ex Convento di San Francesco il 21 novembre.

Gli Occhi dell’Africa

Gli Occhi dell’Africa: cinema e non solo


Settimana UNESCO di Educazione allo Sviluppo Sostenibile

Paolo Fedrigo e Manuela Morana

Settimana Unesco

Settimana UNESCO: educare alla sostenibilità Dal 24 al 30 Novembre si svolge su tutto il territorio nazionale la nuova edizione della Settimana UNESCO di Educazione allo Sviluppo Sostenibile. Si tratta di un'occasione di riflessione e dibattito rivolta alla cittadinanza e al mondo della scuola che proprio nel 2014 celebra il suo decennale. Con l'obiettivo di costruire un futuro più equo e armonioso, rispettoso del prossimo e delle risorse del pianeta, sono state davvero moltissime le iniziative progettate e proposte in questi anni che hanno contribuito a educare alla sostenibilità, a stimolare il pensiero critico, inducendo il senso di collettività e responsabilità nei confronti del mondo in cui viviamo e incoraggiando nuovi stili di vita. A Cinemazero di Pordenone, come in tutta la Regione, verranno dunque ripercorse le buone pratiche e le prassi educative attorno ai temi dell'inquinamento, della biodiversità e della sostenibilità grazie al contributo del promotore di questo percorso di crescita e formazione lungo dieci anni: il Laboratorio Regionale di Educazione Ambientale (LaREA) dell’ARPA FVG, ente di spicco regionale che tra le molte attività promosse, lo ricordiamo, coordina la Mediatecambente.it, uno spazio online tutto da scoprire dove risiedono progetti, sperimentazioni e novità sull’educazione ambientale attraverso l’audiovisivo e a cui collabora la Rete Regionale delle mediateche del Friuli Venezia Giulia (Mediateca Pordenone di Cinemazero, Mediateca Mario Quargnolo di Udine, Mediateca di Gorizia Ugo Casiraghi, Mediateca di Trieste La Cappella Underground). Al fianco di LaREA e ARPA FVG fa inoltre il suo ingresso quest'anno come partner anche il Comune di Pordenone – Assessorato all'Ambiente che insieme a GEA spa e nel contesto della Settimana UNESCO intende accendere i riflettori sulla parallela Settimana europea della riduzione dei rifiuti (22-30 Novembre 2014). Giunta alla sua sesta edizione e nata all’interno del Programma LIFE+ della Commissione Europea con l’obiettivo di sensibilizzare le Istituzioni, gli stakeholder e tutti i consumatori alle strategie e alle politiche di prevenzione dei rifiuti, messe in atto dall’Unione Europea e che gli Stati membri devono adottare, essa sarà dedicata alla lotta allo spreco alimentare. Quella novembrina sarà dunque per studenti, insegnanti e cittadinanza di Pordenone e provincia una doppia occasione di riflessione sui temi della sostenibilità e della tutela del nostro pianeta che culminerà con la proiezione del film Food Savers - I risparmiatori di cibo di Valentin Thurn. Già autore di Taste the Waste, lo sconvolgente documentario sulla distruzione globale del cibo dove si analizzano i motivi dello spreco e della distruzione di cibo nel mondo e le possibili soluzioni al fenomeno, il tedesco Thurn affonda il colpo e con la sua nuova opera entra nelle profondità del mondo occidentale, dove lo spreco alimentare è un’emergenza sempre più attuale. Solo negli Stati Uniti il fenomeno, infatti, riguarda il quaranta per cento dei prodotti acquistati. Thurn racconta chi oggi combatte la propria battaglia per recuperare quella considerazione del cibo andata via via scomparendo nella moderna civiltà dei consumi e determiMARTEDÌ 25 NOVEMBRE 2014 nante le gravi e pesanti conseguenze ORE 11.00 MATINÉE PER LE SUPERIORI DI I E II GRADO anche a livello ecologico. ORE 21.00 PROIEZIONE PER IL PUBBLICO I Food Savers del film sono agricoltori, direttori di supermercati, cuochi o semplici casalinghe, tutti testimonial cruciali di FOOD SAVERS un tema centrale del dibattito ambientale di Valentin Thurn contemporaneo. Documentario, Germania, 2013, 44' Per maggiori informazioni sulla Settimana v. originale con sottotitoli italiani UNESCO di Educazione allo Sviluppo Entrambi gli eventi sono a ingresso libero e resi Sostenibile a Cinemazero consultare: possibili da Cinemazero con Arpa FVG – LaREA, Comune di www.cinemazero.it, www.ea.fvg.it o scriPordenone - Assessorato all'Ambiente e GEA spa vere a didattica@cinemazero.it.


Le recensioni vincitori del Premio del territorio FriulAdria

DISCONNECT di Fiorella Guerra - Liceo "Leopardi - Majorana" (Pordenone) Motivazione: L'autore, con una riflessione personale matura, presenta in modo essenziale e accattivante la trama evidenziando con linguaggio incisivo lo stretto legame tra la finzione filmica e la realtà che può essere vissuta dagli spettatori e motivando efficacemente la propria valutazione. Uno schermo. È questo quello che accumuna i protagonisti del film di Henry Alex Rubin Disconnect che, a discapito del titolo, sono tutti connessi, in qualche modo, a Internet. Una madre che si confida solo con il suo “amico di mouse” e un padre che gioca d’azzardo online per dimenticare la morte del loro figlio, una giornalista che si imbatte in un giovane costretto alla prostituzione minorile sul web e un ragazzino vittima di atti di cyber bullismo compiuti da due suoi coetanei. Ma, scavando un po’ più a fondo, si scopre che sono tutti scollegati dentro, con i loro problemi che non riescono ad esternare e uniti da un filo conduttore: la solitudine e la mancanza di comunicazione, che vengono risolti, appunto, sulla rete. L’intensità dell’ interpretazione degli attori (sorprende Jason Bateman in un ruolo per lui inconsueto) e il continuo susseguirsi di scene con diversi protagonisti tengono lo spettatore incollato allo schermo fino all’ultimo, creando suspense e grande curiosità riguardo allo svolgersi della storia. La domanda che sorge spontanea dopo averlo visto è: a cosa può portare Internet? Può servire come valvola utile di sfogo o è un pericolo? È una tematica che tocca molto la nostra società, perché ormai è diventato indispensabile e lo si usa praticamente sempre, senza pensare alle conseguenze. Spesso è un mezzo per confidare ciò che non si ha il coraggio di dire a voce a degli estranei che si conoscono solo per il loro nickname e che, nonostante o proprio per questo, fanno sentire meglio. Ma, come il film insegna, bisogna fare attenzione e pensarci due volte prima di rivelare informazioni troppo riservate a persone che in realtà non si conoscono veramente. Perché Internet non è il mondo reale e sì, a volte usarlo può consolare e sollevare gli animi, ma c’è pur sempre un limite, un confine invisibile che è bene guardarsi dall’attraversare. Dopotutto, la vita vera è fuori da quello schermo e, per quanto si possa cercare di nascondersi da essa, prima o poi reclamerà il suo diritto di essere affrontata e vissuta. Il film lascia allo spettatore il difficile compito di trarne le sue considerazioni e non esprime mai un suo giudizio. Ma una cosa ce la concede: fa riflettere e insegna che l’amore vince su tutto ed è in grado di far superare anche gli ostacoli più duri, che sembrano insormontabili. In fondo, a volte basta guardarsi in faccia e non dietro a un computer per capire quello che l’altro prova e cercare di superarlo insieme. E, come i personaggi, che devono disconnettersi per cercare di “connettere” di nuovo loro stessi, dovremmo cercare anche noi di farlo per recuperare quei rapporti umani che sembrano ormai andati perduti. In conclusione, per citare il regista, “Disconnect is a grand experiment” che, con il suo mix di generi che spaziano dal thriller al drammatico, pare ben riuscito. MALEFICENT (MENZIONE SPECIALE) di Linda De Marchi - I.T.S.S.E. Odorico Mattiussi (Pordenone) Motivazioni: Con un'esposizione accattivante e vivace, l'autore ha colto gli elementi di originalità del film producendo un testo equilibrato e coeso in cui gli aspetti descrittivi si coniugano armonicamente con gli aspetti di argomentazione personale Rivisitazioni delle favole classiche Disney ne sono state fatte molte, Maleficent è una delle poche ad avere un tocco di originalità. Con il cartone animato ha in comune solo i tratti salienti, per poi sviluppare una storia totalmente nuova ed indipendente. Uscito il 28 Maggio 2014 nei cinema italiani, prodotto da Robert Stromberg qui nella sua prima esperienza da regista, Maleficent riprende l’amata storia de “La Bella addormentata nel bosco” dal punto di vista della “strega cattiva”. Malefica è una piccola fata che vive insieme alle creature incantate nel regno della Brughiera, confinante con quello degli uomini, tra i quali è presente da lungo tempo un rapporto tutt’altro che felice. Un giorno incontra Stefano, un ragazzo con il quale stringerà un’amicizia che con il passare degli anni lascerà posto all’amore. La sua vita subisce una svolta nel momento in cui viene tradita dal giovane: diventa accecata dall’odio e dal desiderio di vendetta. La fata riversa la sua rabbia sulla piccola Aurora, figlia di Stefano, divenuto re, e della regina. Malefica cerca in tutti i modi di odiare la bambina ma senza riuscirci e, invece, diventa per lei un punto di riferimento. Non sempre l’atto del vero amore arriva dal principe azzurro… La storia è un susseguirsi di emozioni e non manca quel pizzico di ironia che da un tocco in più al film, rendendolo allo stesso tempo più coinvolgente per lo spettatore. Nella veste di Malefica, la splendida Angelina Jolie che ha interpretato questo ruolo con grande carattere, riuscendo a immedesimarsi nel migliore dei modi nel personaggio. Di grande effetto il trucco e i costumi scelti per la protagonista, i quali hanno contribuito a creare intorno a lei un’atmosfera tenebrosa ed elegantemente dark, in linea con la parte. Il film è ricco di effetti speciali che rendono l’intera proiezione accattivante, senza appesantirla e di conseguenza annoiare lo spettatore. Grande è la fotografia con immagini mozzafiato e il paesaggio che riflette le emozioni dei personaggi. L’attesa di questo film è stata lunga, ma alla fine è riuscito a soddisfare le aspettative senza deludere. Incredibile è l’accostamento alla storia della bella addormentata, dalle più piccole cose come ad esempio la casa nel bosco a quelle più spettacolari, come l’ombra della fata Malefica durante l’entrata alla cerimonia. Il risultato è stato una favola nuova e moderna, che però non abbandona il classico Disney.

Scrivere di Cinema

Scrivere di Cinema il premio del Territorio


62° Festival Internazionale di San Sebastián

Vermut doppio sulla Concha

Lorenzo Codelli

Dirette dal Festival

"È l'anno della riconciliazione tra il cinema spagnolo e il pubblico. Si parla tanto dei politici, però il cinema in ultima analisi si deve farlo per il pubblico. Quest'anno incassi e qualità si stringono la mano. Credo sia possibile che molti gradiscano i film basati più sui personaggi che sulla trama, un cinema che punti più sulle atmosfere, gli elementi visivi, le sensazioni. Certo all'inizio possono apparire complicati, ma sono storie che ti spingono in un mondo strano, che ti fanno percepire le cose in maniera più irrazionale". Così riflette Carlos Vermut su El País (2/10/14), dopo aver conquistato la Concha de Plata per il miglior regista e la Concha de Oro per il miglior film al 62° Festival di San Sebastián con Magical Girl. La seconda bellissima opera del trentaquattrenne regista madrileno è da considerarsi quasi un esordio, in quanto la precedente, Diamond Flash (2011), applaudita a Sitges e ad altri fantafestival, era stata distribuita unicamente sul web (https://www.filmin.es/pelicula/diamondflash). Sia in quel psycho-horror inclassificabile - scaricato magno cum gaudio persino dalla regina Letizia di Spagna! - che in questo Magical Girl, l'autore s'ispira da un lato all'universo dei comics e dei manga nel quale egli stesso si era esercitato, che all'eredità autoctona, un po' fanée, del surrealismo buñuel-daliano. Nel momento preciso in cui la seducente protagonista (Bárbara Lennie) sta per lanciarsi nuda in un'indicibile orgia, ecco lo stesso ronzio amplificato che emanava il magico scrigno erotico di Belle de jour; ed ecco un'ellissi provocante, un salto narrativo che ci radica ancora più a fondo nei labirinti vermutiani. Aspra critica sociale, feroce ironia, personaggi perversamente attraenti. Il massimo attore spagnolo contemporaneo, il veterano José Sacristán, incarna un insegnante che.... (ellissi) Un altro film spagnolo doppiamente premiato a San Sebastián: La isla mínima di Alberto Rodríguez, per il migliore attore (Javier Gutiérrez) e la migliore fotografia (Alex Catalán, creatore di inquadrature alla Mondrian riprese dall'alto dei cieli). L'inchiesta d'una coppia di poliziotti sulla sparizione di due ragazzine tra le paludi del Guadalquivir. Siamo nel 1980, l'era della transizione post-franchista, e uno dei due agenti era stato (o no?) un massacratore del regime dittatoriale. Suspense melmosa con svolte cruente. Rodríguez indaga su piaghe tuttora purulente ribaltando i cliché del giallo. Loreak ("Fiori"), di Jon Garaño e Jose Mari Goenaga, il primo lungometraggio parlato in basco selezionato in concorso nei 62 anni del Festival basco, sonda le vite parallele di tre donne collegate dal caso e da una serie di mazzi di fiori. Malgrado il look televisivo, questo mélo minimalista ha commosso gli spettatori e ha rilanciato sui media il cinema regionale. Rappresentato anche, fuori concorso, da Lasa eta Zabala di Pedro Malo, mediocre ricostruzione d'un caso di cronaca sullo sfondo delle passate, feroci lotte per l'indipendenza nei Paesi Baschi. Inoltre da Negociador di Borja Cobeaga, satira politica sul lento processo di pacificazione tra governo e terroristi dell'Eta. Come accade regolarmente a San Sebastián, Carlos Vermut (il primo a sinistra) festeggia la vittoria la maggior parte dei numerosi e spesso innovatori film latino-americani proposti nelle varie sezioni erano co-prodotti assieme a enti statali e compagnie private della penisola iberica. Ad esempio l'argentino Relatos selvajes di Damián Szifrón, esilarante horror comedy già applaudita in concorso a Cannes e record d'incassi in patria. È stata votata dal pubblico del Festival come "miglior film europeo", complice il red carpet dei fotografatissimi fratelli Almodóvar, abili co-finanziatori del film. Il premio Fipresci ha coronato Phoenix di Christian Petzold, scintillante dramma ambientato tra le rovine di Berlino alla fine della guerra. Alex Catalán premiato per miglior fotografia in La isla mínima


PIERPAOLO PASOLINI E LE TERRE FRIULANE Casarsa della Delizia, sabato 15 novembre 2014 Pordenonelegge propone una serie di appuntamenti per approfondire la conoscenza del territorio attraverso la voce, le esperienze e la visione di alcuni interpreti della nostra terra. Una giornata intera in cui i partecipanti saranno guidati lungo strade, paesi e luoghi che rendono unici la nostra terra. Si parte sabato 15 novembre per una giornata alla scoperta di luoghi in cui si incrociano scrittura, cultura, storia e sapori, nel segno del Friuli di Pier Paolo Pasolini ma anche del Friuli ‘da bere’, quello dei vigneti della Grave. Prima tappa (con partenza in pullman alle 9.00 dal parcheggio dell’Ospedale di Pordenone in via Montereale) sarà naturalmente la città di Casarsa, per visitare la casa e la tomba di PPP, oltre al Centro Pier Paolo Pasolini accompagnati da una guida preziosa, il responsabile della Biblioteca civica del Comune di Casarsa Marco Salvadori. Nel pomeriggio, dopo un ristoro che non mancherà di valorizzare il patrimonio agroalimentare e le tipicità del territorio, si punterà verso Rauscedo per scoprire le “radici” del vino della Grave, e addentrarsi in realtà vinicole del territorio accompagnati dall’agronomo Enos Costantini, docente e autore di molti saggi dedicati alla cultura enologica. Info: www.pordenonelegge.it INTORNO A MAN RAY - INCONTRI, FILM, CONCERTI Villa Manin (Passariano di Codroipo), gli appuntamenti di novembre 2014 In occasione della mostra Man Ray a Villa Manin ogni mese vengono organizzati molteplici eventi collaterali. Di seguito il calendario degli eventi di novembre. Domenica 2 ore 17.00 – L'INHUMAINE (1923) regia Marcel L’Herbier, d. 120’ Un film che riesce a coniugare la ricerca estetica con l’intreccio romantico prefigurando in ambienti di grande suggestione formale (un laboratorio progettato da F. Léger) istanze fantascientifiche. Sabato 8 ore 17.00 – LEE MILLER: THROUGH THE MIRROR (1995) regia Sylvyan Roumette, d. 54’ Lee Miller, musa, modella e compagna di Man Ray a Parigi fra il 1929 e il 1932, raccontata in questo bel documentario. Domenica 9 ore 17.00 – PROIEZIONE DI CORTOMETRAGGI ...INTORNO A MAN RAY La fotografia e il cinema vivono di luce, trasformano la luce in dinamismo, spesso con espedienti semplici ma efficaci, e comunque sempre con una grande dose di distacco e ironia. Venerdì 14 ore 21.00 – salone centrale/musica - SOIREÉ DADA DU COEUR BARBE Concerto con Massimo De Mattia flauti, Luigi Vitale vibrafono, Nicola Guazzaloca pianoforte, Roberto Pagura voce recitante Domenica 16 ore 17.00 – PROIEZIONE DI CORTOMETRAGGI ...INTORNO A MAN RAY L’avanguardia più che “raccontare” cerca di interpretare la città. E si sa, a Parigi bastava camminare e guardare per sorprendersi… Domenica 23 ore 17.00 – LES MYSTÈRES DU CHATEAU DU DÈ (1929) regia Man Ray, d. 25’ - LE SANG D'UN POÈTE (1932) regia Jean Cocteau, d. 53’ Due film affidati a due artisti a loro modo geniali ma rappresentanti universi contrastanti. Domenica 30 ore 17.00 – UN CHIEN ANDALOU (1929) regia Luis Buñuel e S. Dalì, d. 19’ - L'AGE D'OR (1930) regia Luis Buñuel e Salvador Dalì, d. 63’ Due opere che rappresentano compiutamente il movimento surrealista.

La partecipazione agli incontri e alle proiezioni è libera fino ad esaurimento dei posti disponibili (ad esclusione del concerto di venerdì 14 novembre evento a numero chiuso - 99 posti, costo 10,00 euro) Info: 0432.821211, www.villamanin.it

Domani accadrà ovvero se non si va non si vede

TORINO FILM FESTIVAL Torino, dal 21 al 29 novembre 2014 Diretto da Emanuela Martini con Paolo Virzì “Guest Director”, il TFF si è affermato negli anni come una manifestazione culturale centrale per la promozione del “nuovo cinema”, anche grazie all’accostamento del cinema d’autore e delle retrospettive alle opere più sperimentali. Ad aprire la manifestazione sarà il film Gemma Bovery di Anne Fontaine (Francia, 2014), una commedia eccentrica e amara che racconta le disavventure sentimentali di una giovane donna, Gemma, alla prese con gli inganni dell’amore e con la potenza della creazione artistica. Info: www.torinofilmfest.org


i film del mese

(Tit. Or. 3 coeurs) Un film di Benoît Jacquot. Con Benoît Poelvoorde, Charlotte Gainsbourg, Chiara Mastroianni. Francia, 2014. Durata 100 min.

Un film di Ermanno Olmi. Con Claudio Santamaria, Alessandro Sperduti, Francesco Formichetti. Italia, 2014. Durata 80 min.

DAL FESTIVAL DI VENEZIA L’INCONTRO TRA DUE PERSONE IL CUI FUTURO È IN MANO AL CASO

TRE CUORI

DI BENOIT JACQUOT Marc, ispettore delle imposte in temporanea trasferta da Parigi in una cittadina di provincia, una sera perde il treno che doveva riportarlo nella capitale. Incontra casualmente Sylvie a cui chiede indicazioni per un hotel. I due iniziano a camminare per le strade deserte raccontando di sé il meno possibile. Scatta però un sentimento intenso che spingerà i due a darsi appuntamento a Parigi qualche giorno dopo senza però avere i reciproci numeri di telefono e neppure conoscendo il nome l'uno dell'altra. Marc avrà un contrattempo di natura fisica e arriverà troppo tardi. Sylvie, delusa, se n'è già andata. Qualche tempo dopo lui incontrerà nel corridoio dell'Ufficio delle tasse una donna che ha dei problemi con le dichiarazioni dei redditi. È Sophie, sorella maggiore di Sylvie. Marc però non lo sa e inizia una relazione con lei. "Il caso non esiste" affermano in molti. I credenti nella religione cattolica dicono che in quei momenti Dio stia intervenendo in incognito e i non credenti si affidano ad attribuzioni di responsabilità al destino. Sta di fatto che è su questo elemento che la sceneggiatura si basa non peccando di inverosimiglianza. Molti debbono ammettere che certe coincidenze 'cinematografiche' vengono a volte superate dalla realtà. Ciò che però rende più originale la visione di Jacquot è l'elemento cardiaco. Marc soffre 'di' cuore e 'per il' cuore. La prima condizione si materializza in Tomografie Assiali Computerizzate che confermano un avvenuto infarto. La seconda trova la propria sostanza in sguardi, nel gesto della richiesta di un sorriso per poi cercare inutilmente di inabissarsi nella quotidianità di un mènage familiare. Non è un caso poi che Marc sia un ispettore delle tasse rigoroso che non si tira indietro nel promuovere ispezioni fiscali su un politico locale in forte odore di evasione. Il problema nasce (per lui come per molti) quando ad 'evadere' sono i sentimenti, quando ciò che si cerca di nascondere non ha dinanzi a sé un fisco più o meno esigente ma la consapevolezza di non poter barare con quel giudice ancor più esigente che siamo noi stessi quando sappiamo che la risposta "non lo so" non può essere ammessa. Per nessuna ragione. Benoit Jacquot muta il punto di osservazione rispetto al suo cinema precedente: non sono più i tormenti dei personaggi femminili ad essere al centro della lente del suo microscopio dei sentimenti ma un uomo. Si assume quindi un rischio, per quanto calcolato, e riesce a vincere in gran parte la scommessa con un dramma dei sentimenti che omaggia i grandi film d'amore del passato.

UNO SPACCATO DELL'ITALIA DURANTE LA GRANDE GUERRA TRATTO DA UNA STORIA VERIA

TORNERANNO I PRATI

DI ERMANNO OLMI Siamo sul fronte Nord-Est nel 1917, in una trincea italiana, al preludio di Caporetto: “Dagli alti comandi vien l’ordine di trovare un posizionamento per spiare la trincea avversa: si finirà sicuramente accoppati, ma l’ordine è arrivare là”. Tutto si svolge nel tempo di una sola nottata, basandosi su fatti realmente accaduti, e gli accadimenti si susseguono sempre imprevedibili: a volte sono lunghe attese dove la paura ti fa contare, attimo dopo attimo, fino al momento che toccherà anche a te, tanto che la pace della montagna diventa un luogo dove si muore e poiché il passato appartiene alla memoria, ciascuno lo può evocare secondo il proprio sentimento Quella trincea è un avamposto militare e insieme morale, perché Olmi inquadra “due soldati che fanno prevalere la propria coscienza sulle esigenze militari: disobbediscono ai comandi, e la disobbedienza è un atto morale che diventa eroicità quando la paghi con la morte. Uno è un alto ufficiale, l’altro un anonimo soldatino: entrambi hanno la coscienza di disobbedire, ma non ci sono ordini quando un ordine è un crimine”. Pace senza –ismi, questo l’imperativo morale e categorico dell’84enne Olmi, che dopo Il mestiere delle armi (2000) racconta l’ineludibile necessità di dire no alla guerra, un’urgenza dalla memoria lunga: “Sui monumenti che ancora oggi ritraggono quegli alti comandanti, bisognerebbe scrivere sotto criminale di guerra”. Corteggiatissimo dalla Mostra di Venezia e non solo, Torneranno i prati arriva al cinema senza passare da un festival, per esplicita volontà del regista già Palma d’Oro (L’albero degli zoccoli, 1978), Leone d’Oro (La leggenda del Santo Bevitore, 1988) e Leone d’Oro alla carriera (2008): “Non ho fatto questo film per il cinema, ma di cinema”. Torneranno i prati, e arriverà la pace.


(Tit. Or.: Relatos Salvajes) Un film di Damián Szifron. Con Ricardo Darín, Leonardo Sbaraglia, Darío Grandinetti. Argentina, 2014.

UNA STRAORDINARIA MARION COTILLARD PER RACCONTARE LA PRECARIETÀ

DUE GIORNI, UNA NOTTE

DI JEAN-PIERRE E LUC DARDENNE Sandra ha un marito, Manu, due figli e un lavoro presso una piccolo azienda che realizza pannelli solari. Sandra 'aveva' un lavoro perché i colleghi sono stati messi di fronte a una scelta: se votano per il suo licenziamento (è considerata l'anello debole della catena produttiva perché ha sofferto di depressione anche se ora la situazione è migliorata) riceveranno un bonus di 1000 euro. In caso contrario non spetterà loro l'emolumento aggiuntivo. Grazie al sostegno di Manu, Sandra chiede una ripetizione della votazione in cui sia tutelata la segretezza. La ottiene ma ha un tempo limitatissimo per convincere chi le ha votato contro a cambiare parere. I Dardenne fecero il loro esordio con un lungometraggio di finzione nel panorama cinematografico mondiale nel 1996 con La promesse in cui si trattava il tema del lavoro clandestino. Con il successivo Rosetta tornarono ad affrontare l'argomento occupazione conquistando non solo una Palma d'oro a Cannes ma anche e soprattutto una legge a tutela del lavoro giovanile che prese il nome del film in quanto originata dalle discussioni che in Belgio questo aveva suscitato. Sono solo due esempi dell'attenzione portata all'argomento dai due registi che ora torna al centro del loro cinema. Gli appassionati (cinefili e non) ricorderanno certo lo straordinario esordio di Sidney Lumet dietro la macchina da presa. Si intitolava La parola ai giurati e in esso Henry Fonda doveva convincere una giuria, in gran parte favorevole a una condanna per parricidio, a mutare parere. La condanna che i Dardenne individuano oggi è quella, endemica, della perdita del posto di lavoro. Venute meno le tutele, con l'assenza nelle piccole aziende del nucleo sindacale, le decisioni restano appannaggio dei proprietari. Oppure, come in questo caso, possono essere subdolamente delegate a una guerra tra poveri che spinga ognuno a guardare ai propri bisogni azzerando qualsiasi ideale di solidarietà. Quella solidarietà che i due registi riescono ancora a rinvenire nella famiglia (quella di Sandra con un marito solido al fianco e i bambini che l'aiutano a individuare gli indirizzi dei colleghi da cercare per convincerli a cambiare decisione). Anche se non per tutti è così. Il percorso della protagonista ci pone di fronte alle situazioni più diverse: c'è chi si nega, chi ha paura, chi ricorda un suo gesto di generosità del passato. Le etnie di provenienza sono le più diverse ma il senso di insicurezza profonda accomuna tutti. I Dardenne non hanno mai edulcorato la loro rappresentazione della realtà e non lo fanno neppure in questa occasione. C'è chi cambia idea così come c'è chi si irrigidisce ancora di più. Poi c'è Sandra. Questa giovane madre incline al pianto e alla disistima di se stessa che nella sua ricerca di consensi ritrova progressivamente la forza di reagire senza umiliarsi, di chiedere comprensione per sé conservandola per gli altri. Sono così i personaggi dei Dardenne. Veri perché fragili. Veri perché umani.

SEI STORIE SI INTRECCIANO TRA FARSA, SUSPENCE E KITCH CREANDO SUSPENSE E UMORISMO

STORIE PAZZESCHE

DI DAMIÀN SZIFRON Un uomo decide di vendicarsi di tutti quelli che gli hanno fatto del male riunendoli in un luogo improbabile; un gangster capita per caso nel diner dove lavora la figlia di una delle sue vittime; un diverbio fra automobilisti si trasforma in un massacro grandguignolesco; un ingegnere vessato dalle multe trova il modo di vendicarsi; un incidente automobilistico dà il via ad una gara fra avvoltoi; un matrimonio da favola sfocia in un'escalation di insulti e ricatti... Relatos Salvajes è un ottimo esempio del nuovo cinema argentino e riflette sui mostri della modernità lasciandosi dietro un retrogusto amaro. L'imprinting della commedia all'italiana è fortissimo, ma rispetto ai film comici a episodi prodotti in Italia in tempi recenti Relatos Salvajes rimane saldamente agganciata alla realtà del paese che racconta, e tanto i dialoghi quanto le svolte narrative mantengono un occhio alla contemporaneità e un orecchio al vero modo di esprimersi della gente. Lo stile di regia dei diversi episodi vive da rimandi ma il film riesce comunque a trovare una sua identità originale filtrando le varie influenze attraverso una discreta sensibilità autoriale. L'accento è sulla violenza e la brutalità ferina dei personaggi (di qui i ritratti di animali della giungla che appaiono dietro ai titoli di testa), ma anche sul potere di compressione di una società basata sulla sopraffazione e sulla disparità economica. Prodotto da Pedro Almodovar, Relatos Salvajes (che significa storie selvagge), colora di ironia e di spunti polemici ogni situazione, e il cast riunisce il meglio del talento argentino attuale, in un mosaico della contemporaneità dolorosamente realistico.

i film del mese

(Tit. Or. Deux Jours, Une Nuit) Un film di Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne. Con Marion Cotillard, Fabrizio Rongione. Francia, 2014. Durata 95 min.


LA SCUOLA AL CINEMA - NOVEMBRE 2014

Tutte le proiezioni si svolgono a Pordenone presso Cinemazero, in Piazza Maestri del lavoro. Il costo del biglietto è di € 3,00 a studente (insegnanti e accompagnatori non pagano). Per informazioni e prenotazioni scrivere a didattica@cinemazero.it o chiamare il 3920614459

Mercoledì 5 novembre 2014, ore 09.00 (Numero minimo: 4 gruppi classe) 12 ANNI SCHIAVO di Steve McQueen, biografico, 134’, 2013 Stati Uniti, 1841. Solomon Northup è un musicista nero e un uomo libero nello stato di New York. Ingannato da chi credeva amico, viene drogato e venduto come schiavo a un ricco proprietario del Sud agrario e schiavista. Strappato alla sua vita, alla moglie e ai suoi bambini, Solomon infi la un incubo lungo dodici anni provando sulla propria pelle la crudeltà degli uomini e la tragedia della sua gente. A colpi di frusta e di padroni vigliaccamente deboli o dannatamente degeneri, Solomon avanzerà nel cuore oscuro della storia americana provando a restare vivo e a riprendersi il suo nome. Per il suo popolo ci vorranno ancora quattro anni, una guerra civile e il proclama di emancipazione di un presidente illuminato. Venerdì 7 novembre 2014, ore 10.00 (Per informazioni: 02 49543500) LIBERTÀ, REGOLE E TRASGRESSIONI - GHERARDO COLOMBO INCONTRA GLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI. CON LA PARTECIPAZIONE DI CLAUDIO BISIO - Diretta live da Milano (120’) Una conversazione sulle regole, la libertà e la dignità della persona, per crescere come cittadini consapevoli dei propri diritti e delle responsabilità individuali. Una dialogo tra Gherardo Colombo e i ragazzi e tra i ragazzi, uno scambio di idee alla pari, facilitato dalle digressioni sagaci di Claudio Bisio che, al termine dell’incontro, risponderà in diretta alle domande postate dai ragazzi via social network. L’idea nasce dal grande successo della prima edizione dell'evento ("Come siamo messi con le Regole?" organizzato il 25 ottobre 2013), sempre incentrato su un incontro tra Gherardo Colombo e gli studenti che fu seguito da 14.000 ragazzi e 900 docenti di 170 scuole superiori collegate in diretta satellitare da 80 cinema di ogni parte d'Italia. Martedì 11 novembre 2014, ore 09.00 | Mercoledì 12 novembre 2014, ore 09.00 TORNERANNO I PRATI di Ermanno Olmi, storico, 80’, 2014 Siamo sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. Nel film il racconto si volge nel tempo di una sola nottata. Gli accadimenti si susseguono sempre imprevedibili: a volte sono lunghe attese dove la paura ti fa contare, attimo dopo attimo, fino al momento che toccherà anche a te. Tanto che la pace della montagna diventa un luogo dove si muore. Tutto ciò che si narra in questo fi lm è realmente accaduto. E poiché il passato appartiene alla memoria, ciascuno lo può evocare secondo il proprio sentimento. Giovedì 20 novembre 2014, ore 09.00 - In collaborazione con Comitato Unicef IL FIGLIO DELL’ALTRA di Lorraine Lévy, drammatico, 105’, 2012 Durante la visita per il servizio di leva nell’esercito israeliano, Joseph scopre di non essere il fi glio biologico dei suoi genitori, poiché appena nato è stato scambiato per errore con Yacine, palestinese dei territori occupati della Cisgiordania. La rivelazione getta lo scompiglio tra le due famiglie, costringendo ognuno a interrogarsi sulle rispettive identità e convinzioni, nonché sul senso dell’ostilità che continua a dividere i due popoli. Un’opera emozionante che aff ronta temi di drammatica attualità cercando le risposte nel cuore della gente comune e affi dando le speranze per il futuro alle donne e alle nuove generazioni. Martedì 25 novembre 2014, ore 11.00 EVENTO IN OCCASIONE DELLA SETTIMANA UNESCO DI EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE 2014 E SETTIMANA EUROPEA PER LA RIDUZIONE DEI RIFIUTI In collaborazione con ARPA FVG/LaREA - Laboratorio Regionale di Educazione Ambientale con Comune di Pordenone - Assessorato all'Ambiente


ASSOCIAZIONE AMICI DELLA MUSICA “SALVADOR GANDINO”

25° CONCORSO INTERNAZIONALE “CITTÁ DI PORCIA” - TROMBA 2014

BARCHESSA VILLA CORRER DOLFIN - PORCIA Giovedì 6 Novembre 2014, ore 20.30

INCONTRO con GABRIELE CASSONE Presidente di Giuria del Concorso sul tema "Un Concorso per Ottoni". Moderatore Roberto Calabretto

Concerto Harmonie Brass Quartet ________________________________

AUDITORIUM CONCORDIA - PORDENONE Sabato 8 Novembre 2014, ore 20.30

ORCHESTRA del CONSERVATORIO "J.TARTINI" di TRIESTE Corno Solista Felix Dervaux Vincitore Concorso "Città di Porcia" 2013 ________________________________

TEATRO COMUNALE “GIUSEPPE VERDI” - PORDENONE Sabato 15 Novembre, ore 20.30

SERATA FINALE PROCLAMAZIONE DEI VINCITORI

con la partecipazione della Orchestra Filarmonica del FVG diretta dal m° Maffeo Scarpis

Ingresso Libero a tutte le manifestazioni in programma Info: tel. 0434 590356, cell. 335 7814656, www.musicaporcia.it

DON FELICE SCIOSCIAMOCCA REWIND

TURCO NAPOLETANO UN regia di Mario Mattoli 1953 - dur. 92 ’

Venerdì 28 novembre 2014 - ore 19.30 Mediateca Cinemazero - Piazza Cavour, PN INGRESSO LIBERO

Dopo il film i totofili si incontreranno per una pizza alla Pizzeria Plaza di piazza Risorgimento a Pordenone


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