E 1,00
mensile di cultura cinematografica
Oleotto e Battiston: la certezza di fare centro Arriva la commedia agrodolce distribuita da Tucker Film
Inizia da Roma il lungo viaggio di TIR
Venerdì 15 novembre il film in concorso al Festival di Roma
Giornata Mondiale dell’infanzia e dell’adolescenza Unicef e Cinemazero insieme per celebrare i diritti dei minori
Occhi dell’Africa: God... save the Festival
Al via la VII edizione della rassegna regionale di cinema africano
UNESCO: i paesaggi della bellezza
Proiezioni e incontri per la settimana per lo sviluppo sostenibile
San Sebastian: ai ministri zuppa d’anitra
13 Novembre
XIII Edizione degli incontri del Cinema d’Essai a Mantova
2013 numero 10 anno XXXIII
Servono ancora i multiplex?
Cronache dal 61 Festival Iinternazionale del Cinema
A Pasolini: l’omaggio di Isabella Ceciliot
Il Fondo Pasolini si arricchisce di una nuova e preziosa donazione spedizione in abbonamento postale L. 662/96 art. 2 comma 20/b filiale di pordenone - pubblicità inferiore al 45% contiene i.p. in caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Pordenone per la restituzione al mittente previo pagamento resi
XIII edizione degli Incontri del Cinema d’Essai a Mantova tra criticità e nuove sfide
Andrea Crozzoli
Editoriale
Servono ancora i Multiplex ? Si è svolta a Mantova dal 7 al 10 ottobre la XIII edizione degli Incontri del Cinema d’Essai promossi dalla Federazione Italiana Cinema d’Essai (FICE) per fare il punto su questo travagliato ini zio di stagione cinematografica. Una recente indagine sul pubblico francese che frequenta il cinema ha rilevato come, negli ultimi venti anni, gli spettatori con più di 50 anni abbiano superato quello under 25. Paolo Mereghetti, giornalista e critico del Corriere della Sera, nel focus tenutosi a Mantova durante la tre giorni FICE: “L’esercizio d’essai tra crisi e rilancio”, è partito da questa considerazione per chiedere, provocatoriamente, se convenga ancora puntare sui multiplex costruiti ai margini delle città o se, piuttosto, non sia il caso di puntare sulle sale di città più vicine al gusto del pubblico adulto. L'innalzamento dell'età media dello spettatore è, infatti, un fenomeno che interessa anche l’Italia, Cinemazero compreso. I dati emersi al focus hanno evidenziato inoltre come film, quali La migliore offerta di Giuseppe Tornatore o La grande bellezza di Paolo Sorrentino, debbano il 40% del totale dei loro incassi alle sale d’essai, per arrivare a percentuali pari all’80% degli incassi per film come La religiosa di Guillaume Nicloux, Royal Affair di Nikolaj Arcel o Che strano chiamarsi Federico di Ettore Scola. Il d’essai, quindi, ha un notevole impatto sull’andamento degli incassi grazie anche al suo pubblico adulto e fedele. Se cominciano i primi dubbi sugli investimenti nei multiplex, anche nel resto della filiera cinema serpeggia un certo spaesamento dovuto all’ingresso della tecnologia digitale che ha scompaginato il mercato e aperto, ora, a infinite possibilità di contenuti extra film. «Quello che è certo è che non abbiamo il controllo della situazione. Siamo in balia dell’industria, possiamo solo seguire quello che l’industria ci dice di fare. Il nostro potere contrattuale è vicino allo zero... - ha dichiarato recentemente Paolo Cherchi Usai, Senior Curator alla Motion Pictures e direttore della Eastman House's L. Jeffrey Selznick School of Film Preservation - la conservazione delle immagini digitali costa undici volte di più di quella della pellicola! Questo rapporto sui costi non proviene dalle cineteche ma dalla hollywoodiana Academy Motion Pictures Art and Sciences, quindi dai rappresentanti dell’industria. Le società di Hollywood non lo dicono ma loro continuano a conservare i film in pellicola e fanno bene perché un negativo su pellicola se lo metti in uno scaffale refrigerato a bassa umidità può restare lì per decenni e si conserva bene. Se su uno scaffale lasci un hard disk, dopo 5 anni non sai se ritroverai il contenuto. Tra qualche anno ci sarà il nuovo formato laser che soppianterà il DCP. Mentre i vecchi proiettori andavano ancora benissimo, previa adeguata manu tenzione, ora stiamo tutti passando in massa ai proiettori digitali che però saranno presto obsoleti e tra poco dovremo comprare i proiettori laser... ». Cadono certezze consolidate negli anni e si aprono scenari che ci riserveranno a breve non poche sorprese.
In copertina: Giuseppe Battiston, protagonista di Zoran, il mio nipote scemo in sala grazie a Tucker Film a partire dal 31 ottobre.
cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Novembre 2013, n. 10 anno XXXIII Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Marianita Santarossa Direzione, redazione, amministrazione P.zza della Motta, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Grafiche Risma Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica
In sala l’ultimo film Tucker: una commedia agrodolce girata interamente in Friuli
Marco Fortunato
Paolo Bressan trascorre le sue giornate da Gustino, gestore di un’osteria in un piccolo paese vicino a Gorizia. Paolo è un quarantenne alla deriva, cinico e misantropo, professionista del gomito alzato ma anche della menzogna compulsiva, che lavora di malavoglia in una mensa per anziani e insegue senza successo l’idea di riconquistare Stefania, la sua ex moglie. La sua vita improvvisamente cambia con l’entrata in scena di Zoran, un quindicenne occhialuto lasciatogli in “eredità” da una lontana parente slovena, che parla in modo strano e sembra anche un po’ ritardato. Scopre così di essere zio, e la cosa lo disgusta. Solo quando si accorge che suo nipote Zoran è un vero fenomeno con le freccette, si ricrede. Ogni anno si svolgono i campionati mondiali di freccette con un montepremi di 60 mila euro e Paolo non ha nessuna intenzione di lasciarsi scappare questa opportunità. Grazie a Zoran comincia a pensare di poter fare finalmente centro nella sua vita... Ci riuscirà? Una cosa è certa: Paolo s’è svegliato da un letargo che durava da sempre e ha iniziato a inseguire un riscatto personale. Ma Paolo l’inaffidabile, l’insopportabile, l’alcolista, prima di vincere qualsiasi gara di freccette, dovrà essere in grado di sconfiggere se stesso. Il giovane regista goriziano Matteo Oleotto, dopo solida formazione e lunga esperienza nella capitale, decide di tornare nella sua terra natale, il Friuli, per dirigere il suo primo lungometraggio. Un film dolceamaro che dipinge, grazie all’ottima interpretazione di Giuseppe Battiston, un personaggio, quello di Paolo, talmente ostico, cattivo, solo e disincantato che è impossibile non stare dalla sua parte. “Emblema” – scrive lo stesso Oleotto - “delle tante persone che animano la sua piccola città (d’origine). Persone che passano le loro giornate a fantasticare sui luoghi in cui vorrebbero andare, anche se sanno benissimo che non si muoveranno mai. Figure concrete, rassegnate, appassionate, ironiche, che parlano molto per colmare i silenzi, che chiaccherano per nascondere quello che non riescono a dire, che temono più di ogni altra cosa di fare brutta figura. Ma soprattutto che bevono. E bevono vino. Perché è il vino il vero collante del film. Un vino che fa prendere delle decisioni importanti e perdere importanti occasioni; vino che confonde, enfatizza, stordisce o rallegra a seconda dei momenti. Un vino complice di Paolo nei suoi piani inconcludenti, che accompagna la sua ostinata solitudine e annacqua i suoi sentimenti. Vino, insomma, che gioca nella vita di Paolo un ruolo fondamentale. Almeno fino all’arrivo di Zoran, che rappresenta il corto circuito. L’ingranaggio che inceppa il sistema. La variabile inattesa che, forse, può rimettere in discussione le sorti dell’intera partita. E qui entra in scena l’abilità di Oleotto nel padroneggiare il racconto e la macchina da presa. Il rapporto forte che si instaura tra Paolo e Zoran è raccontato con la giusta efficacia e, anche nei momenti della storia in cui sarebbe stato più comodo sfociare nel sentimentalismo, con la necessaria coerenza narrativa. Il protagonista non compie un cambiamento impossibile e repentino ma, al contrario, gradualmente e in maniera verosimile, si mette in discussione, sempre a suo modo, fino a ritornare bambino, fino, quindi nella regressione, a farsi ri-educare fidandosi e affidandosi al suo giovane nipote ritrovato permettendogli, addirittura, di volergli bene per quello che è e non per quello che vorrebbe essere. Il film è stato prodotto dalla Transmedia, realtà emergente nella produzione cinematografica del Nord-est, e verrà distribuito nelle migliori sale dalla TuckerFilm nata nel 2008 quando, dopo più di trent’anni dedicati all’esercizio, Cinemazero di Pordenone e il Centro Espressioni Cinematografiche (C.E.C.) di Udine hanno congiunto le forze per avviare una nuova attività distributiva e produttiva per sostenere e diffondere le produzioni legate al territorio e alla cultura regionale di cui Zoran, il mio nipote scemo rappresenta un bellissimo esempio.
Zoran il mio nipote scemo
Oleotto e Battiston, la sicurezza di fare centro
Venerdì 15 novembre in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma
Andrea Crozzoli
TIR un film di Alberto Fasulo
Inizia da Roma il lungo viaggio di TIR «Ancor prima che un film su un camionista questo e un film su un paradosso: quello di un lavoro che ti porta a vivere lontano dalle persone care per cui infondo stai lavorando. Il processo di scrittura e durato piu di quattro anni. Durante questo tempo ho alternato fasi di ricerca sul campo ad altre in cui ci fermavamo a riflettere sul materiale raccolto, in una continua tensione creativa fra elementi di finzione e di documentario. Questo, mentre attorno a noi esplodeva una crisi senza precedenti, che definire solamente economica, ormai suona riduttivo se non addirittura sbagliato. Ma più che fare un racconto sociologico mi interessava entrare sotto la pelle del mio personaggio e riprenderlo in un momento di crisi personale, in cui si vedesse obbligato a compiere una scelta non solo pratica, ma anche etica ed esistenziale. In questo senso, la mia ambizione e che il film possa essere letto come una metafora della vita contemporanea e lo considerero “riuscito”, solo nella misura in cui sapra parlare a tutti coloro che vivono sulla propria pelle questo paradosso. » racconta così la sua ultima impresa il regista friulano Alberto Fasulo, che sarà in concorso all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma con TIR . La scelta del direttore artistico Marco Müller testimonia il momento d’oro che sta vivendo la scena cinematografica del Friuli Venezia Giulia. TIR infatti ha anche una distribuzione friulana che porta il marchio della Tucker Film , nata dall’unione fra Cinemazero e CEC di Udine. Il film rcconta la storia di Branko che da qualche mese e diventato camionista. Una scelta più che comprensibile dato che adesso guadagna tre volte tanto rispetto al suo stipendio d’insegnante di prima. Eppure tutto ha un prezzo, anche se non sempre quantificabile in denaro. Dicevano che “il lavoro nobilita l’uomo”. Sembra, invece, diventato vero il contrario: e Branko, con la sua efficienza, la sua ostinazione, la sua buona volonta, cerca di nobilitare un lavoro sempre piu alienante, assurdo, schiavizzante. La sceneggiatura, che nel 2010 si è aggiudicata il Premio Solinas, unisce le firme di Fasulo, Carlo Arciero, Enrico Vecchi e Branko Zavrsan. Il film è prodotto dalla società friulana Nefertiti Film (Nadia Trevisan e Alberto Fasulo) e coprodotto dalla croata Focus Media (Irena Markovic), in collaborazione con Rai Cinema. Il ruolo di Branko è stato affidato all’attore sloveno Branko Zavrsan ( Rosencrantz e Guildenstern sono morti , No Man’s Land ), che ha saputo indossare con magnifica e sorprendente naturalezza i panni del camionista tanto da aver preso tutte le patenti appositamente per il film.
Il 18 novembre Unicef e Cinemazero insieme per ricordare i diritti dei bambini
Emiliana Moro e Manuela Morana
L’anniversario della Convenzione, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989 e che il prossimo 20 novembre compirà 24 anni, anche quest’anno vede il Comitato per l’Unicef di Pordenone e Cinemazero assieme per portare il loro apporto affinché questo fondamentale documento sia sempre più conosciuto. Si tratta della Convenzione più ratificata al mondo, che per la prima volta ha messo nero su bianco i diritti civili e sociali dei bambini, riconosciuti non soltanto come persone da proteggere e tutelare ma anche come soggetti di diritto protagonisti delle scelte che li riguardano e capaci di dire la loro. Il nostro Paese l’ha ratifica nel 1991 impegnandosi insieme ad altri 191 Paesi a conformare le proprie legislazioni e ad attuare politiche nel rispetto dei bambini, sotto l’osservazione del Fondo delleNazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), incaricato tra gli altri di promuovere la effettiva attuazione dei contenuti della Convenzione. Al di là del formale impegno degli Stati, tuttavia, la conoscenza della Convenzione è però poco diffusa. È questo il motivo che spinge Unicef a collocare tra i propri obiettivi quello informativo e lo fa a Pordenone grazie a Cinemazero attraverso pellicole in grado di stimolare la conoscenza e la riflessione sulla situazione dell’infanzia e dei suoi diritti violati. Diritti a volte dati per acquisiti come quello ad una famiglia, al gioco, all’educazione ma spesso frustrati o peggio negati. Quest’anno il filo conduttore degli eventi firmati Unicef in occasione della Giornata Mondiale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza sarà il diritto al rispetto e il diritto ad essere rispettati anche nel bisogno e nel desiderio di acquisire conoscenza. Questa scelta è stata guidata anche da quanto accaduto a Malala Yousafzai, attivista pakistana appena quattordicenne, ferita gravemente dai talebani in Pakistan per la sua battaglia a favore del diritto allo studio delle bambine. L’istruzione e, per suo tramite, la cultura sono tra le più potenti armi di avanzamento della società in generale e della condizione delle donne in particolare. Per questo non si può restare indifferenti di fronte al coraggio di Malala ma ci si può impegnare affinché questo diritto sia garantito a tutti i bambini e bambine. Il diritto e il desiderio di imparare caratterizzano dunque la scelta cinematografica di Cinemazero per celebrare, insieme a Unicef Pordenone, la Giornata Mondiale dell'infanzia. Sarà infatti Vado a scuola - il documentario del francese Pascal Plisson che racconta l'avventura quotidiana vissuta da quattro bambini a diverse latitudini del mondo per raggiungere la propria scuola - ad essere proposto a scuole e cittadinanza il prossimo 18 novembre. Film rivelazione lo scorso agosto al Festival Internazionale di Locarno, amatissimo da pubblico e critica, Vado a scuola è una lezione di vita (A. Levantesi, La Stampa) e un documentario obbligatorio (M. Bertarelli, Il Giornale) che mette in scena storie bellissime capaci di generare emozioni cinematografiche inedite. I protagonisti sono Jackson e la sorella che ogni giorno macinano 15 chilometri di savana kenyota per entrare in aula; la dodicenne Zahira e le sue amiche che il lunedì attraversano 22 chilometri di Marocco per raggiungere il proprio banco; Carlito e la sorella che di chilometri ne fanno 25 in Patagonia e infine il piccolo bengalese Samuel che a scuola arriva su una carrozzella sospinta dalle braccia dei fratelli per 8 insidiosi chilometri. La scuola è "un'avventura alla Indiana Jones” ha scritto Le Monde nella sua accorata recensione ma è anche poesia, pura e semplice poesia, grazie a questi bambini invincibili. Vado a scuola sarà proiettato nel corso di un matinée per le scuole lunedì 18 novembre alle ore 9:00 in Aula Magna di Cinemazero e nella stessa giornata per la cittadinanza alle ore 20:30 (ai partecipanti verrà richiesta una piccola donazione a favore di un progetto didattico per i bambini della Siria).
Giornata Mondiale dell’UNICEF
Giornata Mondiale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
Al via la VII edizione della rassegna regionale di cinema africano
Lisa Cinto
Gli Occhi dell’Africa
Gli Occhi dell’Africa God...save the Festival! Si dice che il settimo anno sia l’anno della “crisi”, ma Gli occhi dell’Africa ha retto! La crisi c’è e i fondi scarseggiano, ma la rassegna resiste, grazie soprattutto all’ormai collaudato lavoro di rete tra enti e associazioni del territorio regionale, uniti dalla volontà di promuovere la conoscenza e il dialogo tra le culture. La rassegna Gli occhi dell’Africa, fin dalla sua prima edizione, nel 2007, si propone di dar voce agli africani, creando spazi in cui possano raccontare le loro culture e dialogare con quella italiana e locale. Il titolo della rassegna indica proprio questo: la volontà di guardare alla realtà con gli occhi degli africani. E come canale abbiamo scelto l’arte: il cinema, la musica, la fotografia, la scultura, ottimi strumenti di mediazione culturale, molto efficaci in quanto immediati e, per certi aspetti, universali. L’arte come modo alternativo e coinvolgente per imparare a conoscere l’Africa nelle sue diverse sfaccettature, attraverso lo sguardo degli artisti, ma anche il dialogo e il confronto degli africani che vivono nella nostra regione. Dal 2012 la rassegna ha assunto un carattere regionale, estendendosi, dopo Pordenone e Udine, a Trieste e Gorizia (dove si proponevano già eventi analoghi), grazie alla collaborazione con realtà locali fortemente motivate e in linea con gli obiettivi di questa iniziativa. In questi anni, dunque, la rassegna è notevolmente cresciuta, migliorandosi sia in termini di qualità sia in termini di quantità di eventi proposti, costituendo un appuntamento ormai atteso dal pubblico affezionato e in crescita anno dopo anno. Tanti gli appuntamenti, nelle città di Pordenone, Gorizia, Trieste, Udine, San Daniele, tra film (tutti in lingua originale con sottotitoli in italiano), incontri di approfondimento, presentazioni di libri, mostre, musica e cucina, per scoprire e gustare i vari Paesi dell’Africa. “Dov’è casa mia? In Italia, dove vivo da quando sono nato, o in quel Paese lontano che non conosco da dove vengono mamma e papà?”. Questa la domanda centrale di Sta per piovere, film d'apertura a Cinemazero, mentre in occasione della Settimana Unesco di educazione allo sviluppo sostenibile, ci sarà una doppia proiezione: Waste Africa, mockumentary sui rifiuti tecnologici in Ghana, e God save the green, ovvero il ritorno alla terra come reazione alle storture del consumismo. Si proseguirà con An African election, sulle elezioni del 2008 in Ghana, e con Town of runners, documentario sui giovani atleti dell’Etiopia. Chiuderà le proiezioni Medici con l’Africa, un reportage di Carlo Mazzacurati sul lavoro di Medici con l’Africa nel territorio sub-Sahariano. Accanto ai film molte altre iniziative, per cogliere il continente africano nelle sue molteplici sfaccettature, come la mostra di dipinti Tinga Tinga, un originale stile pittorico della Tanzania che a partire dagli anni sessanta ha reinventato i temi della fauna africana. La mostra sarà allestita dal 9 al 30 novembre a Pordenone presso la Bottega del Mondo L’Altrametà.Protagonista della rassegna anche il mondo dei Tuareg, con i libro Il deserto negli occhi, presentato nell’ultima edizione di Pordenonelegge. “Un Tuareg abbandona la sua terra solo se non ha altra scelta”: la storia di Ibrahim e di come è arrivato a Pordenone, la “capitale” dei Tuareg d’Italia. E poi ancora la festa Africa, chi sei?, che come sempre propone un mix allegro di musica, danza e cucina. Richiamando lo slogan di una delle prime edizioni, lanciamo il nostro invito: “Guarda l’Africa. Ascolta l’Africa. Gusta l’Africa”!
Dal 18 al 24 novembre un ricco calendario di appuntamenti sul tema della sostenibilità
Paolo Fedrigo
I paesaggi della bellezza: dalla valorizzazione alla creatività è questo il titolo della prossima Settimana UNESCO per l’educazione alla sostenibilità che si svolgerà in regione dal 18 al 24 novembre con il coordinamento del Laboratorio regionale di educazione ambientale (LaREA) dell’ARPA FVG. Come ogni anno sarà protagonista il cinema ambientale con la rete regionale delle mediateche (per saperne di più www.mediatecambiente.it). Tra i film in programma God Save the Green, nuovo documentario ambientale, prodotto in Italia nel 2012. Ne abbiamo parlato con i due registi e autori, Michele Mellara e Alessandro Rossi che presenteranno il documentario venerdì 22 nelle sale di Cinemazero. Partiamo dalla scelta del nome: God Save the green. Nasce da God save the Queen nella versione punk dei Sex Pistols, di cui siamo grandi fan. È un gioco che si basa principalmente nell’assonanza delle parole e che allo stesso tempo evidenzia l’importanza di salvaguardare il verde in ambito urbano. Come è nata l’idea di questo documentario e quanto tempo avete impiegato per realizzarlo. Abbiamo iniziato il lavoro circa tre anni fa, all’inizio pensavamo a un documentario che fosse centrato sui temi del diritto al cibo, poi, approfondendo il percorso di ricerca, il soggetto si è venuto a definire in un altro senso. È diventato sostanzialmente un documentario su come gruppi di persone, a varie latitudini nel mondo, attraverso il verde urbano, hanno dato un nuovo senso alla parola comunità e allo stesso tempo hanno cambiato in meglio il tessuto sociale e urbano in cui vivono. God Save the Green affronta quella che voi avete definito “trasformazione antropologica”, di cosa si tratta?Dal 2007 la maggior parte delle persone che popolano il nostro mondo, per la prima volta nella storia, vive nelle periferie delle città e non più nelle campagne. Una trasformazione antropologica si sta compiendo a livello globale: l’uomo da pastore e agricoltore che era, si è trasformato in cittadino. Eppure nelle ferite delle metropoli, tra i grattacieli brillanti di cristallo, negli slum fatiscenti delle megalopoli, riemerge prepotente il bisogno degli uomini di immergere le mani nelle zolle di terra. Quell’essere agricoltori, quel bisogno costitutivo della nostra specie, in ogni cultura, di lavorare la terra, riaffiora scardinando ritmi e obblighi del vivere urbano. God save the green si sviluppa in un mosaico di storie, è l’affresco di un mondo che attraverso il verde urbano ha ridefinito la propria esistenza. Da un giardino di Casablanca alle coltivazioni idroponiche in Brasile, passando per la bidonville di Nairobi, gli orti comunitari di Berlino fino ai giardini pensili di Torino e Bologna. Come sono state scelte le varie storie?Alcune le abbiamo trovate un pò per caso nel percorso di ideazione del documentario e ci hanno da subito conquistato. È stata fondamentale poi la collaborazione con il CEFA (Comitato europeo per la formazione e la cultura), una ONG che opera nel paesi del sud del mondo e lavora sui temi legati allo sfruttamento del territorio. In particolare nella fase di ricerca hanno dato un contributo importante Giorgio Prosdocimi Gianquinto, professore di orticoltura e Francesco Orsini, ricercatore di orticoltura, entrambi all’Università di Bologna, senza dimenticare il prezioso contributo nella fase di scrittura dell’autore americano Michael Pollan. Il documentario lavora su un mix interessante tra riscoperta del valore estetico del verde e un lato più sperimentale con buone pratiche in ambito urbano. Quale dei due aspetti secondo voi è il prevalente?Entrambi sono importanti. Il primo, quello estetico, è un diritto, imprescindibile, il diritto al bello, che in un contesto urbano coincide con la possibilità ad avere una maggiore qualità della vita. Il secondo, le buone pratiche, ci garantiscono cibo fresco e salutare e un ambiente nel quale creare comunità e poter vivere più in armonia con gli altri. Nel cinema di oggi, c’è un regista che considerate più sensibile ai temi ambientali? Più che un regista diciamo che esiste un cinema-documentario che, specialmente nel nord Europa, è in grado di affrontare temi ambientali declinandoli attraverso un utilizzo del codice visivo molto cinematografico. Questo tipo di cinema ci appassiona e coinvolge. State già pensando a progetti futuri sempre su temi ambientali? Assolutamente sì ma per adesso è rigorosamente top secret..
Settimana Unesco 2013
I paesaggi della bellezza dalla valorizzazione alla creatività
61 Festival Internazionale del Cinema
Lorenzo Codelli
Diretta dal Festival
San Sebastián, ai ministri zuppa d’anatra Ricordate Duck Soup, alias Zuppa d’anatra, alias Zuppa d’anitra, alias La guerra lampo dei fratelli Marx? Groucho, Harpo, Chico & Zeppo – proprio l’anno in cui Hitler prendeva il potere! –, trascinati a ritmo infernale da un Leo McCarey in stato d’ebrezza, scatenavano il conflitto incendiario Freedonia contro Sylvania. Tra le infinite, immortali battute del Primo Ministro Rufus T. Firefly, alias Groucho: “Se credete che il Paese stia andando in malora, aspettate che me ne occupi io!”. Esattamente 80 anni dopo quel capolavoro di satira politica, ecco Bertrand Tavernier che si avventura, in stato d’ebrezza, sullo stesso cammino con Quai d’Orsay. Premio della giuria per la migliore sceneggiatura e Prix FIPRESCI al 61 Festival di San Sebastián, ove peraltro meritava, e di gran lunga, la Concha de Oro. Ispirato ai due volumi della premiatissima graphic novel I segreti del Quai d’Orsay , oltre 100.000 copie vendute in Francia nel 2012 (edizione italiana Coconino Press-Fandango, 2013), creata dal noto disegnatore Christophe Blain assieme a “Abel Lanzac”, pseudonimo d’un funzionario diplomatico che preferisce, saggiamente, mantenere l’incognito. A San Sebastián, la première mattutina, davanti a un migliaio di accreditati nell’austero Teatro Eugenia Victoria, ha scatenato tali risate a valanga che i palchi e gli arazzi dell’antico tempio della lirica hanno rischiato di crollare. Avrò perso metà delle gag e delle battute deliranti, un po’ come m’era successo la prima volta che vidi A qualcuno piace caldo. Alla seconda proiezione a cui ho assistito nello stesso teatro, affollato stavolta da un pubblico borghese da soirée elegante, Quai d’Orsay ha suscitato risate, sì, ma anche sconcerto: pamphlet di sinistra, di destra, anarcoide, libertario, autolesionista, qualunquista, idealista, terrorista? Tavernierista di sicuro. Il suo régard ferocissimo, impietoso, vendicativo, ilare, esorcistico, sui meccanismi assurdi del potere, e soprattutto del linguaggio del potere. Riscrivendo per il 40%, assieme a Blain e Lanzac, la bande dessinée originaria, e ambientandola sui posti reali: i saloni del Quai d’Orsay, l’Assemblée Nationale, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’Africa in rivolta. Mentre l’Iraq, che sta per essere bombardato da G. W. Bush, diventa il “Lousdemistan”. Il regista di classici quali Coup de torchon trascina a ritmo infernale una troupe affiatatissima di maschere impagabili che sembrano uscite dalle farse di Eugène Labiche o di René Clair. Capitanati da un genialissimo Thierry Lhermitte. Questo ex pivot dello Splendid, il popolare gruppo cabarettistico che negli anni ’70 aveva rivoluzionato la comicità transalpina, non “rifà” qui l’illustrissimo ministro degli esteri Dominique de Villepin – ribattezzato marxianamente “Alexandre Taillard de Worms” –, bensì lo sublima, lo “peter-sellersizza”, ne fa un’über-karikatur alla Grosz. Senza disumanizzarlo, tutt’altro. Non perdetevi i titoli di coda, da sbellicarsi pure quelli, che si chiudono con un credit irriferibile. Tra l’altro, anche alla seconda proiezione, tra una spanciata e l’altra, ho capito meglio le innumerevoli citazioni di Eraclito, però quella battuta fulminea del ministro, nel post-finale, su Demostene m’è sfuggita ancora, sacrebleu! Fortunatamente il film esce in Francia a novembre. E chissà come il doppiaggio lo strazierà da noi, mon dieu? A San Sebastián, festival sponsorizzato in pompa magna da TVE, l’ente statale televisivo – altro che la Rai al Lido, svaporata ormai –,il ministro della cultura, tale José Ignacio Wert, è intervenuto personalmente per consegnare sul palcoscenico l’annuale Premio Nacional de Cinematografia. Attribuito al regista Juan Antonio Bayona per il
successo planetario del suo film Lo imposible/The Impossible, applaudito a San Sebastián 2012. Il giovane cineasta barcellonese è finito sulle prime pagine grazie alle frasi dirompenti rivolte al ministro nel corso della cerimonia: “Sin cultura ni educación no vamos a ninguna parte”. Ha criticato inoltre l’aumento dell’Iva e i micidiali tagli alla cultura, e a al cinema in particolare. Pochi giorni dopo, il ministro Wert, rientrato nel suo gabinetto, s’è vendicato della figuraccia ghigliottinando ulteriormente i contributi al cinema. Il Fondo de Protección de Cinematografia nel 2014 ammonterà a 33 milioni di euro. I giornali spagnoli li raffrontano ai 770 della Francia, ai 340 della Germania, ai 120 della Gran Bretagna. El País, in due ampie inchieste tuttora leggibili sul web, calcola che, tra il 2010 e il 2014, i tagli inferti al settore superino il 62%. 92 film previsti nel 2013 rispetto ai 129 del 2012. 1,4 milioni di spettatori in meno rispetto al 2012. Viaje a ninguna parte, ovvero un vicolo cieco, titola l’editoriale del giornale, citando la battuta di Bayona e echeggiando il titolo del capolavoro diretto e interpretato nel 1986 da Fernando Fernán Gómez. L’odissea d’una troupe di attori teatrali e cinematografici in moto perpetuo verso un orizzonte zero. Sia pur “comatoso”, il cinema spagnolo non è spirato. Lo conferma l’eccellente thriller Caníbal del catalano Manuel Martín Cuenca (premio della giuria per la migliore fotografia a Pau Esteve Birba). Aggiornamento sado-maso-cristico della libido antropofaga di Hannibal the Cannibal, ambientato in una Granada oppressiva e misteriosa come la San Francisco di Vertigo. Qui due sorelle immigrate rumene – interpretate ambedue dalla stessa attrice, Olimpia Melinte, una Kim Novak rediviva – finiscono letteralmente nelle fauci d’un sarto interpretato dall’impassibile Antonio de la Torre. Come sta di salute il cinema latino americano, ovvero la seconda colonna portante su cui si regge abitualmente il veterano festival basco? Non benissimo, mediamente, in base alla dozzina abbondante di film visti nelle molteplici sezioni, tra cui quella ad hoc, “Horizontes Latinos”. Interessante ma non memorabile Pelo malo, l’opera terza della venezuelana Mariana Rondón, alla quale è stata attribuita la Concha de Oro. Todd Haynes, presidente della giuria, che da tempo si dedica ad esplorare tematiche gay, non poteva rimanere insensibile davanti alle tribolazioni d’un ragazzo di 9 anni che vorrebbe i capelli lunghissimi, femminei; sua madre glielo impedisce per timore atavico che diventi omo anziché uomo. Prodotta dalla FiGa Films (sic!), questa commedia dolceamara culmina nelle sequenze irresistibili in cui la nonna estroversa canta e danza, assieme al bizzarro nipotino, il refrain“Mi limón, mi limonero”. Manca spazio per accennare alle due mirabili retrospettive, con altrettanto superbi cataloghi, in castigliano e inglese: “Animatopia”, sulle nuove tendenze dell’animazione internazionale, e “Nagisa Oshima”, personale arci-completa del maestro nipponico. “Culinary Zinema”, ogni sera un film gastro-ludico seguito da un banchetto preparato da un diverso super-chef multistellare. Infine, la neo-varata “Savage Cinema”, sette pellicole dedicate ad altrettante esplorazioni o sport estremi. In primis il surf, praticatissimo da orde di biondissime e biondissimi ariani e non, sulle ribollenti onde oceaniche della concha. PS. Di borse belle, brutte e cattive, i festival, non solo cinematografici, traboccano; una elegante e desiderabile come quella offerta in omaggio a tutti gli accreditati da Desigual (nella foto) non c'è mai stata sull'intero pianeta!
Fondo Pasolini: una preziosa donazione dell’artista pordenonese
Pier Paolo Pasolini
A Pasolini: l’omaggo di Isabella Ceciliot
Maurizio Solidoro
Pasolini era scomparso da più di 20 anni quando una donna, ma anche una artista, intraprende un viaggio che ha come meta il ricongiungimento ideale con i valori che il poeta di Casarsa aveva incominciato a manifestare proprio nei suoi anni friulani. Isabella Ceciliot ha 45 anni e si definisce modestamente “una casalinga con due figli” che si diletta di grafica. Certo è da più di dieci anni che si cimenta in questo settore della produzione artistica quando intraprende il lavoro di riproduzione di alcune poesie in lingua friulana di Pier Paolo Pasolini creando un quaderno (in 12 copie) dove le poesie vengono riprodotte con la tecnica dell’acquaforte, mentre le immagini, erbe di campo, sono realizzate con la tecnica collagraph. Il tutto è rilegato su tela da lenzuolo, tela grezza e spago, perché materiali poveri. La copertina è stampata su matrice xilografica. Il libro, A Pasolini, inizia con una dedica da cui traspare evidente l’omaggio alla sua terra, il Friuli, ed agli antichi valori imparati dai genitori e termina con la più famosa Dedica di Pasolini: “Fontana d’acqua del mio paese. Non c’è acqua più fresca che nel mio paese. Fontana di rustico amore.” Lo stesso Amore che sembra proprio avvicinare Isabella a Pier Paolo quando proclama l’orgoglio della discendenza contadina e la sua fede nel Lavoro. E la riflessione di Isabella prosegue cercando di approfondire l’aspetto più intimo di Pasolini: realizza Per una Madre. Omaggio a Susanna Colussi. Si tratta di un libro (in 5 copie) realizzato sotto forma di rotolo. Sì, come la Torah, il rotolo di pergamena che raccoglie la Bibbia ebraica, ma anche l'arazzo di Bayeux che con 68 metri di immagini ricamate ci illustra i fatti relativi alla conquista normanna dell’Inghilterra oppure la versione originale Isabella Ceciliot è nata a Pordenone nel di On the Road di Jack 1952, vive e lavora a Cordenons. Il suo Kerouac il romanzo scritto primo approccio all’Arte è stato con la su di una striscia di carta calcografia. Si è formata sotto la guida lunga 120 piedi infilata nella del Maestro incisore Cesare Baldassin di macchina da scrivere e che Cordignano. Dal 1993, per alcuni anni, ha srotolata sul pavimento frequentato la Scuola Internazionale di sembra proprio una strada. Grafica di Venezia estendendo il suo inteIl rotolo della Ceciliot è resse alla grafica sperimentale, alla xilolungo 20 metri di tela grezza grafia, alla realizzazione di libri d’artista, da lenzuolo tinta, sul quale alla fabbricazione della carta a mano. Ha sono cucite immagini ricerpartecipato per lungo tempo alle attività cate su libri-riviste-quotidiadel Gruppo Incisori presso la Bottega del ni ed anche scaricate da Tintoretto di Venezia. Inoltre si dedica ad attività pittoriche ed all’arte della ceramica e del mosaico. È parte internet, fotocopiate su attiva del laboratorio di mosaico dell’UTEA di Cordenons. Si dedica carta riciclata e cucite saldaal volontariato nella scuola primaria e dell’infanzia insegnando ai mente. bambini l’arte della ceramica. Ha partecipato a numerose mostre, È un viaggio lungo la vita ed oltre: si parte con le prime sia in Italia che all’estero, ottenendo premi e riconoscimenti. immagini dell’albo di famiglia con una giovane mamma Susanna che posa con il figlioletto, poi c’è anche il fratello Guido, entrambi crescono e c’è la prima tragedia: l’eccidio di Porzus. La vita prosegue e Pier Paolo e Susanna vanno a Roma. Lì vediamo un Pasolini civile conoscere le borgate, scrivere Supplica a Mia Madre, coltivare l’amicizia di Alberto Moravia e Dacia Maraini, incontrare il cinema senza dimenticarsi della sua grande passione: il calcio. Ma Pasolini sa, anche se non ha le prove, e la morte purtroppo arriva nel pieno della sua maturità facendo sprofondare in un dolore incolmabile la madre Susanna. Brutalmente separati, torneranno insieme nella quiete del cimitero di Casarsa. Le due opere, donate a Cinemazero dall’artista, sono andate ad incrementare il Fondo Pasolini depositato presso la Mediateca di Pordenone.
IL VOLO DEL JAZZ 2013
Il Volo del Jazz giunge alla sua nona edizione: sarà ancora una volta un viaggio nel mondo del jazz internazionale, con uno sguardo sempre attento alle nuove proposte. Quello de “Il Volo” è un jazz che vuole parlare molte lingue, come è giusto che sia se si vuol crescere nell’offerta culturale, con l’obiettivo di offrire al pubblico sonorità ancora sconosciute e innovative. Ma “Il Volo del Jazz” vuole essere anche un’occasione di incontro per chi ama il jazz e per chi si avvicina a questo genere musicale per la prima volta. La rassegna si rivolge ad un pubblico che conserva intatto il desiderio di stupirsi e la curiosità per le nuove proposte di quello che è l’arcipelago della musica jazz. Quello de “Il Volo” vuole essere un jazz che unisce, perché nell’universalità della grande musica ci si senta tutti abitanti del mondo. Un euro a biglietto sarà devoluto a La Biblioteca di Sara, progetto di prestito libri in corsia, attivo nell’ospedale civile di Pordenone, nato con il lascito dei libri appartenuti a Sara Moranduzzo, scomparsa nel gennaio 2012. Info: controtempo.org
TRIBUTE TO FEDERICO FELLINI Atene, dal 13 al 24 novembre 2013
In mostra ad Atene, dal 13 al 24 novembre prossimo nella prestigiosa sede della Fondazione Michalis Cacoyannis, un’importate selezione di scatti da " 8 e 1/2 Il viaggio di Fellini" di Gideon Bachmann, proveniente dall’Archivio fotografico Cinemazero Images. L’evento, frutto della collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Atene e la Fondazione Cacoyannis, costituisce un importante tassello dell’omaggio organizzato dalle due Istituzioni per ricordare la figura del grande maestro del cinema a vent’anni dalla morte. Info: www.mcf.gr
TORINO FILM FESTIVAL
Torino, dal 22 al 30 novembre 2013
“Un festival caldo e accogliente, sostanzialmente inalterato nell’identita, che tentera di realizzare in nove giorni l’utopia di un cinema senza confini, dove lo spettacolo e l’intrattenimento popolare abitano nello stesso luogo dei percorsi d’autore, del documentario e del cinema sperimentale; ma anche un Festival 2.0, continuamente ‘connesso’ e fruibile dagli utenti del web”: ecco il Torino Film Festival di Paolo Virzì. Numerose e come al solito ricche di scoperte le sezioni non competitive del festival, che saranno sospese tra spettacolo e ricerca, anticipazioni e provocazioni, cinema mainstream e film di nicchia. Tra queste, una novità dell’edizione del 2013 è la sezione EuroPop, dedicata a film europei di gusto popolare, che spesso hanno avuto ottimi incassi in patria ma che rischiano di rimanere inediti e invisibili in Italia. Ad arricchire il programma la retrospettiva dedicata alla New Hollywood, che sara curata da Emanuela Martini e che presentera, nell’arco di due edizioni del festival, circa ottanta film americani realizzati tra il 1967 e il 1976. Info: www.torinofilmfest.org
ROBERT CAPA - LA REALTÀ DI FRONTE
Villa Manin (Passariano di Codroipo), fino al 19 gennaio 2014
Villa Manin di Passariano di Codroipo ospita una grande retrospettiva dedicata al celebre fotografo Robert Capa (1913 – 1954), considerato il padre del fotogiornalismo moderno. L’evento è un’esclusiva europea, in quanto è l’unica retrospettiva organizzata in concomitanza del centenario della nascita di Capa. Sono presenti in mostra tutte le principali esperienze che caratterizzano il lavoro del fotografo ungherese, naturalizzato statunitense: gli anni parigini, la Guerra civile spagnola, quella fra Cina e Giappone, la Seconda guerra mondiale con lo sbarco in Normandia, la Russia del secondo dopoguerra, la nascita dello stato di Israele e, infine, il conflitto in Indocina, dove Capa morirà prematuramente nel 1954. Ma la vera sorpresa è una ricca sezione di fotografie dedicate al mondo del cinema. Oltre al lavoro sul set di svariati film (Notorious, Riso amaro, La carrozza d'oro...) Capa ha anche realizzato il documentario di 26 minuti The journey, dedicato ai sopravvissuti della shoah che, emigrati in Israele, divengono cittadini israeliani. Grazie alla collaborazione con lo Steven Spielberg Jewish Film Archive e con la Cineteca del Friuli, lo straordinario documento sarà integralmente proiettato in mostra, assieme ad altri filmati d’epoca, permettendo così la conoscenza di questo importante e pressoché sconosciuto lavoro. Info: www.villamanin-eventi.it
Domani accadrà ovvero se non si va non si vede
Sacile e Pordenone - dal 1 Novembre al 30 Dicembre 2013
i film del mese
Un film di Alexandros Avranas. Con Themis Panou, Rena Pittaki, Eleni Roussinou, Sissy Toumasi, Kalliopi Zontanou. Grecia 2013. Durata 99 min.
LA SCOVOLGENTE STORIA DI VIOLENZA CHE HA SCIOCCATO IL FESTIVAL DI VENEZIA
MISS VIOLENCE DI ALEXANDROS AVRANAS
Sulle note struggenti di Dance me to the end of love di Leonard Cohen si consuma il compleanno tragico che apre Miss Violence. Una torta, una coppia di nonni, figlia e nipoti. Giri di valzer e candeline. La festeggiata, undici anni e un vestitino bianco, prima di scavalcare il balcone, sorride. Angeliki trova la libertà schiantandosi sulle lastre del cortile condominiale. Tra tutti i film presentati all'ultima Mostra di Venezia quello del greco Alexandros Avranas (in sala il 31 ottobre per Eyemoon) è il più disturbante. Perché il suicidio della ragazzina non è che il primo di una serie crescente di orrori consumati, come la cronaca anche italiana insegna, dentro l'apparente normalità di una famiglia borghese. Dietro il muro di omertà innalzato da vittime educate all'acquiescenza, che la società esterna non sa o non vuole penetrare. Incesti, abusi, violenze fisiche e morali che il regista disvela lentamente, in un'estetica quieta quanto implacabile. A Venezia Miss Violence ha scioccato la platea, diviso i critici e vinto due premi, il Leone d'argento e la Coppa Volpi a Themis Panou, che interpreta l'orco, ragioniere disoccupato e patriarca debosciato.
OZON RACCONTA IL MISTERO PERENNE DELL'ADOLESCENZA Tit. Or.: Jeune et jolie Un film di François Ozon. Con Marine Vacth, Géraldine Pailhas, Frédéric Pierrot Francia 2013. Durata 94 min.
Tit. Or.: La Jaula de Oro Un film di Diego QuemadaDiez. Con Ramón Medína, Rodolfo Dominguez, Brandon López - Messico 2013. Durata 102 min.
GIOVANE E BELLA DI FRANCOIS OZON
Isabelle è un'attraente studentessa diciassettenne che vive con il fratello minore, la madre e il patrigno. Dopo un'estate al mare durante la quale ha avuto il suo primo (e insoddisfacente) rapporto sessuale torna in città e inizia a prostituirsi fissando appuntamenti via internet. Guadagna molto ma non spende. Un giorno però, durante un rapporto con uno dei clienti più assidui, succede un fatto che muta profondamente il corso della sua vita. François Ozon torna a suddividere una propria opera in capitoli così come aveva fatto per 5x2. Questa volta non segue cronologicamente al contrario il progressivo deteriorarsi di una coppia. Sono le stagioni, con il loro procedere dall'estate alla primavera, che segnano qui il passaggio all'età adulta di Isabelle (Lea per i clienti). Per questa indagine, in cui mostra di possedere un'acuta capacità di indagine socio-psicologica, utilizza un elemento della cultura che molti ritengono (spesso a torto) 'bassa': la canzone della cosiddetta musica leggera. Così Françoise Hardy torna per la terza volta in un suo film e ne sottolinea l'evolversi con 4 brani del suo repertorio. Ozon mostra e dimostra in questo modo quanto la cosiddetta cultura popolare possa cogliere il difficile tempo dell'adolescenza con la stessa dignità del poema di Arthur Rimbaud "Nessuno è serio a 17 anni" che viene analizzato nel corso delle lezioni che Isabelle frequenta. Il regista la segue attraverso lo sguardo di quattro personaggi: il fratello, un cliente, la madre, il patrigno. Il loro, però è solo uno sguardo temporaneo e dettato da motivazioni diverse. Subito dopo si torna a lei con la sua profonda solitudine, a cui cerca una soluzione, che è umiliante ma che Ozon non giudica. Non lo fa non perché si rifiuti di esplicitare una propria morale dinanzi alle azioni della sua protagonista. Il motivo è un altro: anche lui, come molti (tranne i falsi moralisti dei settimanali a sfondo gossip) non può fare altro che assistere impotente al mistero perenne dell'adolescenza che ai nostri giorni è però sottoposta a pressioni che si manifestano in misura esponenziale rispetto al passato.
UN FILM IN CUI LA TEMATICA GEOPOLITICA ADERISCE ALLA LINEA NARRATIVA
LA GABBIA DORATA
DI DIEGO QUEMADA DIEZ Tre adolescenti guatemaltechi, Juan, Sara e Samuel, cercano di raggiungere gli Stati Uniti d'America per inseguire il sogno di un'altra vita, lontano dalla povertà in cui sono cresciuti. Alla frontiera, dopo il primo scontro con gli agenti, Samuel tornerà a casa, mentre Juan e Sara, cui si è aggiunto Chauk, un indio del Chiapas che non parla lo spagnolo, andranno avanti. Il loro sarà un percorso pieno di insidie, un cammino nella disperazione, contro tutto e tutti. Al centro dell'opera prima di Diego Quemada-Díez c'è il concetto di frontiera. Intesa come limite e separazione, linea immaginaria che separa i ricchi dai poveri, terre economicamente sviluppate da altre ferme sotto il giogo di una grande arretratezza. Un confine da aggirare, navigando su corsi d'acqua, strisciando in angusti cunicoli, camminando sulle rotaie di una ferrovia che dovrebbe portare al progresso, ad una realtà migliore, almeno sulla carta. Il viaggio di Juan, Sara e Chauk è quello di tutti i migranti, di uomini alla ricerca
Un film di Giovanni Veronesi. Con Elio Germano, Alessandra Mastronardi, Ricky Memphis, Sergio Rubini. Italia 2013.
Tit. Or.: Venus in Fur Un film di i Roman Polanski. Con Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric Francia 2013.
L'ITALIA ATTRAVERSO GLI OCCHI DI UNO DEI TANTI EROI DEL QUOTIDIANO
L’ULTIMA RUOTA DEL CARRO DI GIOVANNI VERONESI
La storia narra le vicende tragicomiche di Ernesto, un semplice autista di camion che per quarant'anni ha girato tutta l'Italia, su e giù per le scale a caricare e scaricare mobili. Dall'Italia della tv in bianco e nero anni '60, a quella dalle tinte cupe anni '70. Dai rampanti anni '80, agli anni '90 di Berlusconi. Attraverso il suo sguardo semplice e mille traslochi Ernesto vedrà scorrere il tempo dal ciglio della strada. Tra scandali e malaffare, speranze e delusioni, burrasche e schiarite, riuscirà a schivare gli ostacoli più insidiosi restando fedele alla famiglia, agli amici e ai propri ideali. Il film aprirà Fuori Concorso l’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma che si svolgerà dall’8 al 17 novembre presso l’Auditorium Parco della Musica. Il nuovo lavoro del cineasta toscano, uno dei più importanti registi e sceneggiatori italiani (ha scritto film per Carlo Verdone, Francesco Nuti, Leonardo Pieraccioni, fra gli altri) e autore di alcuni dei maggiori successi cinematografici degli ultimi anni (la trilogia di Manuale d’amore, Che ne sarà di noi, Genitori & figli - Agitare bene prima dell'uso), si riallaccia al grande filone della “commedia all’italiana”. Il film vede protagonista Elio Germano (due volte David di Donatello come miglior attore protagonista per Mio fratello è figlio unico e La nostra vita, che gli è valso anche il premio per la migliore interpretazione maschile al Festival di Cannes), ci saranno Alessandra Mastronardi, moglie di Ernesto, Ricky Memphis, Sergio Rubini, Virginia Raffaele e Alessandro Haber.
POLANSKY SI INTERROGA SUL GIOCO DELLA SEDUZIONE EVIDENZIANDONE LUCI E OMBRE
VENERE IN PELLICCIA DI ROMAN POLANSKY
Tomas è un regista teatrale che sta cercando l'attrice giusta per il ruolo di Vanda nel suo adattamento per le scene del romanzo «Venere in pelliccia» di Leopold Von Sacher-Masoch. Arriva in teatro fuori tempo massimo Vanda, un'attricetta apparentemente del tutto inadatta al ruolo se non per l'omonimia. La donna riesce a convincerlo all'audizione e, improvisamente, Thomas viene attratto dalla trasformazione a cui assiste. Dopo poche battute si accorge che nessun'altra può aderire come lei al personaggio. Ha così inizio un sottile e ambiguo gioco a due. Dopo il quartetto di Carnage Roman Polanski torna con un duo ad affrontare un testo teatrale. Tutto il cinema di Polanski si nutre dell'ambiguità del vivere e del degrado che spesso si nasconde dietro apparenze di rispettabilità. Su questa scena in cui le identità di uno spettacolo da farsi e di uno che non si farà più si mescolano inestricabilmente, agiscono un uomo e una donna. Entrambi entrano ed escono da parti assegnate o scelte a schermi e scudo delle loro identità più profonde. Non smarrendo mai il fil rouge della commedia, Polanski vi annoda sviluppi di dramma esistenziale. Il teatro e il cinema (che ne espande a livello universalle la visibilità) sin dalle loro reciproche origini si sono interrogati sul gioco della seduzione. Polanski non ha mai smesso di indagarne i processi e la sua filmografia ne costituisce la migliore testimonianza.
i film del mese
di un luogo solo concettualmente distante in cui giocarsi la possibilità di essere diversi da quello che la geografia ha scelto per loro alla nascita. Nonostante la chiarezza delle riflessioni su cui si sviluppa, La gabbia dorata non è un'opera a tesi, realizzata esclusivamente per evidenziare uno scottante problema geopolitico, ma un film in cui le tematiche affrontate aderiscono alla linea narrativa, al respiro del racconto, allo sviluppo dei personaggi. Già dalla scelta di girare in Super 16, risulta chiara la volontà di avvicinarsi a una vibrazione dell'immagine d'impianto documentario oppure, ancor meglio, a una ricostruzione affidabile di una storia che ne racchiude mille altre simili, tutte autentiche. Dentro a una rigorosa organizzazione degli spazi, restituita da una direzione artistica secca e severa, si muovono tre attori adolescenti coi quali lo spettatore instaura subito una forte empatia: anche le evoluzioni dei loro rapporti, dall'iniziale avversità che il risoluto Juan prova verso Chauk fino al totale ribaltamento, stanno a sottolineare l'importanza della condivisione, della solidarietà, il falso mito dell'individualismo. Esordio riuscito e maturo, forse un po' troppo compiuto e definito nella sua misura di vero e falso, è il lavoro di un regista che sa benissimo come muoversi all'interno di un idea di cinema molto precisa. Non per niente, Diego Quemada-Díez ha maturato un'esperienza ventennale accanto a nomi come Ken Loach, Oliver Stone, Alejandro González Iñárritu e Fernando Meirelles.
Corso di aggiornamento sul diritto d’autore in biblioteca La proprietà intellettuale audiovisiva in biblioteca, in mediateca, nei musei, negli archivi, nei centri di ricerca e documentazione, nelle scuole:
IL DIGITALE IN BIBLIOTECA E MEDIATECA Mestre, 29 novembre 2013 Sala Conferenze, IV Piano Centro Culturale Candiani
L’Associazione videoteche mediateche italiane con il patrocinio della Regione del Veneto e in collaborazione con l’Associazione Italiana Biblioteche AIB – Sezione Veneto, la Regione del Veneto - Mediateca Regionale, il Comune di Venezia - Biblioteca Civica di Mestre e Centro Culturale Candiani, la Mediateca Pordenone di Cinemazero, organizza un corso di formazione e aggiornamento rivolto ai professionisti che operano nelle biblioteche, negli archivi, nelle mediateche e cineteche, sia pubbliche che private, nei musei, nelle scuole e università, nonché a tutti gli operatori culturali.
Per maggiori informazioni contattare Elena Chiara D'Incà allo 0434 520945 o via mail elena.dinca@cinemazero.it
ASSOCIAZIONE AMICI DELLA MUSICA “SALVADOR GANDINO”
24° CONCORSO INTERNAZIONALE “CITTÁ DI PORCIA” - CORNO 2013
TEATRO COMUNALE “GIUSEPPE VERDI” - PORDENONE Sabato 16 Novembre, ore 20.30
SERATA FINALE PROCLAMAZIONE DEI VINCITORI
con la partecipazione della Orchestra Filarmonica del FVG diretta dal m° Maffeo Scarpis Ingresso Libero Info: tel. 0434 590356, cell. 335 7814656, www.musicaporcia.it
LA SCUOLA AL CINEMA prenotazione obbligatoria presso la Mediateca (tel. 0434-520945 didattica@cinemazero.it)
RE MB E e OV on 8 N 9.00 rden Documentario di Pascal Plisson 1 DÌ RE , Po Francia/Cina/Sudafrica/Brasile/Colombia 2013, 75' E O N ero LU az Dalla savana del Kenia ai sentieri che solcano la catena dell'Atlante in m e Marocco; dall'altopiano della Patagonia al calore dell'India meridionale Cin
VADO A SCUOLA
seguiamo Jackson, Zahira, Carlito e Samuel , quattro bambini che per soddisfare il desiderio di imparare, affrontano percorsi lunghissimi e spesso pericolosi.
( In occasione della Giornata internazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza . Ingresso libero)
E BR M VE e NO 00 non 2 e . 2 Documentario di Michele Mellara, Alessandro Rossi. 1 d Ì 1 r RD RE , Po Italia 2013, 75' E N O ero VE z a Dal 2007 la maggior parte delle persone che popolano il nostro mondo, em per la prima volta nella storia, vive nelle periferie delle città e non più nelle Cin
GOD SAVE THE GREEN
campagne. Una trasformazione antropologica si sta compiendo a livello globale: l'uomo, da pastore e agricoltore che era, si è trasformato in cittadino. Proiezione alla presenza dei registi .
( In occasione della Settimana UNESCO di Educazione allo Sviluppo Sostenibile 2013 . Ingresso libero)
LA MUSICA DELLA FILARMONICA CITTA’ DI PORDENONE E LE IMMAGINI DEI FILM DI TOTO’ Sabato 30 novembre 2013 ore 20.45
TEATRO MIOTTO | SPILIMBERGO INGRESSO LIBERO