CinemazeroNotizie Novembre 2015

Page 1

€ 1,00 mensile di cultura cinematografica

Da Mantova una preoccupante fotografia del mercato d’essai

Tutto il cinema da leggere

Ogni mese in Mediateca presentazioni di libri e incontri

Pier Paolo Pasolini, i film degli altri

Una rassegna per ricordare il Pasolini critico cinematografico

Gli Occhi dell’Africa 2015

Al via la nona edizione della rassegna di cinema e cultura africana

Sole alto: quando l’amore vince

Presto in sala il nuovo film Tucker, vincitore a Cannes

“Mi scusi questo è il punto in cui sono entrato”

Ian Christie racconta il suo modo di “andare al cinema”

San Sebastián: orizzonti di gloria latino-americani Annata aurea per i paesi del Sud America

15

Novembre

Il cinema italiano non è un malato immaginario

2015 numero 10 anno XXXV

1975 - 2015 Officina Pasolini

Cinemazero e Pier Paolo Pasolini: quarant’anni di ricordi

spedizione in abbonamento postale L. 662/96 art. 2 comma 20/b filiale di pordenone - pubblicità inferiore al 45% contiene i.p. in caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Pordenone per la restituzione al mittente previo pagamento resi


Cinemazero e Pasolini: quarant’anni di ricordi

Andrea AndreaCrozzoli Crozzoli

Editoriale

1975-2015 Officina Pasolini Era il 1979 quando Cinemazero propose la prima completa retrospettiva di tutti i film di Pasolini compreso quel Le mura di Sana’a che si erano già allora perse nel buio. Quell’appello sulla conservazione delle mura di Sana’a, che da allora sono salvaguardate dall’Unesco, venne girato da Pasolini agli inizi degli anni Settanta con due rulli di pellicola avanzati dal Decameron. Se ne erano perse le tracce de Le mura di Sana’a e la loro riproposizione all’interno della nostra retrospettiva fece molto scalpore. Era in assoluto la prima manifestazione in Italia su Pasolini, a soli quattro anni dalla morte. Lino Miccicchè, intellettuale, critico, storico del cinema, saggista e organizzatore culturale, uomo di rara intelligenza, subito definì il nostro omaggio a Pasolini una captatio cadaver, rifacendosi alla ben nota captatio benevolentiæ. Ma non volevamo catturare nessuna benevolenza, semplicemente volevamo ricordare Pasolini, poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo, giornalista ed editorialista italiano, attraverso le sue opere cinematografiche, visto che di cinema ci occupiamo. Nel 1979 accanto a questo omaggio organizzammo anche una mostra fotografica e una mostra dei fantastici disegni originali, fatti da Pasolini, per La terra vista dalla luna, episodio del film collettivo Le streghe. Ricordare attraverso le sue opere Pasolini, uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani del XX secolo, ci sembrava il modo più giusto, più consono per far conoscere la sua sfaccettata poliedricità. Da quell’ormai lontano 1979 non abbiamo mai smesso di raccogliere materiale, di riproporre i suoi film, di far conoscere la sua figura in giro per il mondo. Abbiamo organizzato mostre fotografiche dal Canada all’Australia all’Argentina e in tutta Europa; portato i suoi film sugli schermi più lontani ad un pubblico nuovo, fatto di giovani che non hanno conosciuto il mondo che ha vissuto Pasolini. E continuiamo a fare quest’opera di diffusione e di studio, anche ora, che sono passati 40 anni dalla sua morte, con una nuova mostra fotografica di inediti dal titolo Inafferrabile. Lo sguardo di Pier Paolo Pasolini presso gli Spazi espositivi della Provincia di Pordenone, cento ritratti inediti di Pasolini scattati da Gideon Bachmann nel corso degli anni. O la partecipazione alla riedizione restaurata di Salò, la sua ultima travagliatissima opera cinematografica, uscita postuma e di nuovo in sala dopo quattro decenni. O la piccola rassegna Pasolini: i film degli altri, sull’attività di recensore cinematografico svolta per molto tempo da Pasolini. Insomma un percorso di conoscenza della sua “eretica” figura, del suo essere mosso dallo sdegno e dalla pietà, del suo talento visionario e straordinariamente anticipatore, della sua capacità di vedere la poesia anche nel fango di una baracca. Percorso che proseguirà costante e puntuale anche nel 41mo, nel 42mo, e così via, anno dalla morte; come lo è stato, del resto, lungo tutti questi primi quaranta anni appena trascorsi!

Pasolini sul set di Salò - Foto di Deborah Beer, Archivio Cinemazero Images

In copertina Pier Paolo Pasolini sul set di Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) - Foto di Deborah Beer © Archivio Cinemazero Images Il film verrà presentato a Cinemazero in versione restaurata giovedì 5 novembre

cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Novembre 2015, n. 10 anno XXXV Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Manuela Morana Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Elena d’Inca Direzione, redazione, amministrazione Via Mazzini, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 Cassa: 0434-520527 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Sincromia - Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica


Al convegno FICE una preoccupante fotografia dello stato di salute del cinema d’essai

Marco Fortunato

Con oltre ottocento schermi e una quota di mercato che si aggira attorno al 15% di quella complessiva (pari a circa 575 milioni di euro) il comparto d’essai continua a rappresentare una parte importante del mercato cinematografico italiano, ma all’orizzonte la situazione appare sempre più critica. Se ne è discusso a Mantova, dove dal 6 all’8 ottobre scorso si sono svolti gli Incontri del Cinema d’essai, organizzati ogni anno dalla Fice (Federazione italiana cinema d’esMattia Palazzi, Sindaco di Mantova, Domenico Dinoia, Presidente sai) e giunti ormai alla XV edizioFICE e Mario Mazzetti, Responsabile dell'Ufficio Cinema dell'AGIS ne. Una tre giorni di lavori che quest’anno ha riunito più di 600 professionisti tra produttori, distributori, ma soprattutto esercenti – ultimo anello della filiera – che, tra un’anteprima e l’altra, hanno provato a confrontarsi su cause e possibili soluzioni ai problemi della sala cinematografica. Alcuni dati parlano da soli. Quest’anno la quota di mercato del cinema italiano sugli incassi complessivi è scesa al 18 per cento rispetto al 26 per cento dello scorso anno, a fronte di un maggior numero di titoli immessi sul mercato. Ciò significa che si producono più film ma ciascuno di essi incassa sempre meno. Negli anni Settanta in Italia si staccavano 525 milioni di biglietti l’anno, in Francia 180. Oggi in Italia se ne staccano 100 milioni e in Francia 210. Perché alcuni mercati crollano e altri no? Cosa è successo? In molti provano a dare delle risposte. Da Gianluca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna che spiega “In Francia sono state emanate leggi appropriate per far crescere il cinema, in Italia leggi per farlo scardinare. L’estrema difficoltà delle sale è dovuta a leggi totalmente sbagliate” a Francesco Melzi della Good Films che ha dichiarato: “Ho prodotto film che sono stati presentati a festival come Toronto ed il Sundance e che io stesso non ho distribuito. Forse ci sono tanti film italiani che non interessano al pubblico. Cerchiamo di fare un po’ meno film, ma un po’ meglio”. Inadeguatezza del contesto legislativo attuale e difficoltà distributive sono di certo due temi centrali. Di una seria ed organica legge di riforma del settore cinema si discute da anni ma ancora la situazione non si sblocca. Di fatto il sostegno statale al cinema d’essai dal 1995 ad oggi considerando anche il progetto speciale Schermi di qualità, è fermo a circa 7 mila euro annui per schermo, mentre continuano a crescere i costi d’esercizio. Dei problemi relativi alla distribuzione ha parlato Valerio De Paolis, fondatore della BIM, che ha confessato di aver lasciato la sua casa di distribuzione perché si era ritrovato a fare un mestiere che non gli piaceva più: il manager. Ed effettivamente molti esercenti hanno sottolineato come l’errato posizionamento delle uscite, troppo concentrato in alcuni periodi dell’anno, spesso penalizzi il risultato al botteghino, confondendo il pubblico e disperdendo la comunicazione. Per non parlare dei perduranti fenomeni distorsivi della concorrenza che, si auspica, potranno essere in parte limitati dai nuovi provvedimenti dell’antitrust che, finalmente, affronteranno la presenza di posizioni dominanti. Ma il tema centrale per chi, come le sale d’essai, è consapevole di avere un ruolo non solo dal punto di vista economico ma anche e soprattutto culturale resta quello della qualità del prodotto filmico. E su questo tema sono proprio gli esercenti a poter fare qualcosa di concreto. Prima di tutto nella selezione dei titoli, tanto più importante e necessaria di fronte al proliferare dell’offerta, quindi nella loro “difesa”, tentando di resistere alle pressioni del mercato. Da ultimo, ma non certo per importanza, riaffermando il proprio ruolo con un atteggiamento propositivo. In questo senso a fianco alle innegabili difficoltà del momento lo scenario attuale offre infatti molte possibilità: dall’ingresso in campo di nuovi attori (le nuove case di distribuzione indipendenti), ai nuovi meccanismi distributivi che stanno radicalmente cambiando (dalla tendenza all’”eventizzazione” all’avvento di Netflix). Chi tra esercenti saprà leggere al meglio i nuovi scenari che si stanno aprendo saprà essere il primo promotore di nuove soluzioni e potrà giocare un ruolo da protagonista in questa sfida.

Giornate del cinema d’essai 2015

Il cinema italiano non è un malato immaginario


Ogni mese la presentazione di una pubblicazione dedicata alla settima arte

Silvia Moras

Libri e incontri in Mediateca

Tutto il cinema da leggere La Mediateca di Cinemazero è da sempre impegnata nella diffusione della cultura cinematografica e audiovisiva, mettendo in atto una sinergia di diversi servizi: gli archivi audiovisivi e librari completi, indispensabili strumenti di approfondimento alla ricerca, la consulenza e reference di personale specializzato, laboratori di formazione e didattica dell'audiovisivo, premi, concorsi di critica cinematografica, festival ed incontri. Il trasferimento presso le sale di Palazzo Badini è stato concepito con l'intento di rinnovare la Mediateca, per farla diventare non solo un luogo dove prendere in prestito film o libri dedicati alla settima arte, ma anche un ambiente nel quale film e libri sono solo una delle molte possibilità di scoperta e di apprendimento offerte agli utenti. Uno spazio accogliente, che offre la possibilità di conoscere divertendosi e che allo stesso tempo apre le porte all'uso consapevole dei nuovi media. Un luogo di incontro, formazione e scoperta, un filtro di qualità, un canale di scelta e ricerca nel patrimonio culturale, un teatro di sperimentazione e fruizione del nuovo. La Mediateca dunque non è solo un archivio: la sua volontà è quella di coinvolgere la cittadinanza, trasversalmente, con iniziative sempre nuove ed originali. Sulla base di questa spinta prendono avvio una serie di presentazioni di libri, con cadenza mensile, caratterizzati dalla presenza dell’autore. Questo nuovo appuntamento è stato inaugurato nel mese di ottobre da Paolo Zelati autore di American Nightmares. Conversazioni con i maestri del new horror americano. Giornalista e scrittore mantovano, Zelati ha raccolto in dieci anni di lavoro 33 interviste ai più importanti registi e sceneggiatori del genere, da Cronenberg a Hooper a Romero. Un libro fondamentale, ricco di fatti e aneddoti, che non può mancare sullo scaffale dei veri appassionati. Seguirà venerdì 20 novembre la presentazione del volume Giuseppe Bertolucci. Il cinema probabilmente, incontro con Lucilla Albano e Andrea Martini (modera Giorgio Placereani). Inserito nella collana Il cinema ritrovato, edizioni Cineteca di Bologna, della quale Bertolucci è stato presidente dal 1997 al 2001 con «l’idea che la Cineteca stesse compiendo una missione culturale necessaria e impossibile». Un libro e tre dvd che sono il «risultato di un lungo lavoro, di una ricerca compiuta con molti amici, ma vorremmo fosse solo un primo passo, verso il pieno recupero dell’opera». Così nella presentazione al testo, Farinelli, attuale Direttore della Cineteca, spiega la genesi di una dedica familiare, amicale e professionale di coloro che hanno riempito, riempiendosi, la vita di Bertolucci. A iniziare dalla professoressa e ultima compagna Lucilla Albano, di seguito i ricordi del fratello maggiore e Premio Oscar Bernardo e poi il compagno di fughe Roberto Benigni. E Marco Tullio Giordana, Mario Martone, Vincenzo Cerami, Mimmo Rafele; gli attori Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco protagonisti degli spettacoli teatrali diretti da Bertolucci come L’Ingegner Gadda va alla guerra e Karenina. Venerdì 18 dicembre sarà la volta di L'uomo fa il suo giro, incontro con Giorgio Diritti (modera Manlio Piva). In quest’occasione, partendo dalla sua esperienza di autore e regista, Giorgio Diritti racconta come sia possibile oggi fare cinema di qualità sfidando le logiche di mercato, come sia possibile realizzare un film senza perdere di vista le relazioni umane, ponendo attenzione al legame speciale fra autore, opera e spettatori. Seguirà le presentazioni un brindisi Paolo Zelati, a destra, primo autore ospite in Mediateca offerto dall’Associazione Nazionale Le in una foto con H.G. Lewis Donne del Vino, sezione FVG.


Una rassegna per ricordate Pasolini critico cinematografico

Andrea Crozzoli

«… La corazzata Potëmkin è proprio un brutto film ...» scriveva nel 1973 Pier Paolo Pasolini con acume precursore del ragionier Fantozzi, ma, da grande pedagogo qual’era, spiegava sempre, ogni sua allocuzione; in questo caso aveva aggiunto: «... dove il conformismo con cui sono visti i rivoluzionari è quello della più faziosa propaganda …». Pasolini, da sempre grande appassionato di cinema, durante gli anni friulani era capace di andare in bicicletta da Casarsa a Udine per vedere Roma città aperta, una volta trasferito a Roma era ineludibile, per lui, l’incontro con il mondo del cinema, non solo come sceneggiatore, regista e attore ma anche come “recensore cinematografico”, così lo definisce Tullio Kezich nell’introduzione al bel libro Pier Paolo Pasolini: i film degli altri che il grande critico di origine triestina curò nel 1996 per la Guanda Editore. “Attività occasionale - scrive Kezich nell’introduzione al volume - che si estende a larghe intermittenze sugli ultimi tre lustri della sua vita”. Ed è su questa attività di recensore cinematografico che Cinemazero vuole ricordarlo in occasione dei quaranta anni trascorsi da quel fatidico 2 novembre 1975. Fu l’anno che vide l’ascesa in Gran Bretagna di Margaret Thatcher; l’Oscar per Amarcord a Federico Fellini; l’approvazione in Parlamento della legge Reale per la tutela dell'ordine pubblico; la creazione della Microsoft; il Premio Nobel per la medicina a Renato Dulbecco e tanti altri avvenimenti, ma quel 1975 resta segnato, soprattutto, dalla barbara uccisione di Pier Paolo Pasolini sul litorale di Ostia. Si è spenta così la sua voce sempre politicamente scorretta; la voce del poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo ed editorialista considerato oggi uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani della seconda metà del XX secolo. Sul suo aspetto, forse oggi poco noto, di recensore Cinemazero lo vuole ricordare con quattro “film degli altri” per vedere come “lo sguardo di Pasolini fosse in grado di perforare idealmente la pellicola per scoprirvi dietro dell’altro: finzioni, calcoli, sottintesi, - come scrive sempre Tullio Kezich nell’introduzione - ma anche cose positive, allusioni importanti, fugaci frammenti di bellezza che i più non avrebbero saputo cogliere... una specie di rabdomante, un notomizzatore infaticabile, uno psicanalista selvaggio.” del cinema contemporaneo. Pasolini, “più moderno di ogni moderno”, nelle sue acute recensioni denunciava passioni così come idiosincrasie, facendo nomi e cognomi, gettandosi nella mischia a corpo morto, come amava sempre fare. L’omaggio inizia con Il bell'Antonio di Mauro Bolognini (giovedi 12 nov.) ovvero il calvario, sia sociale che umano, di Antonio (Marcello Mastroianni), tormentato da un'impotenza mascherata con il sotterfugio per salvaguardare le apparenze. Ma l'impotenza è psicologica e “l’angoscia che proviene al bell’Antonio dalla sua anormalità ha accenti straordinariamente nuovi e attuali...” come scrisse lo stesso Pasolini concludendo che “... Bolognini si rivela finalmente un regista di prim’ordine.”. Secondo appuntameno con Deserto rosso di Michelangelo Antonioni (giovedì 19 nov.), Leone d'oro a Venezia nel 1964, dove, sono parole di Pasolini stesso “... c’è una profopnda, misteriosa, a tratti altissima intensità, nel formalismo che accende la fantasia di Antonioni...”. Da sottolineare, infatti, lo straordinario risultato ottenuto da Antonioni nella ricerca sul colore dopo aver abbandonato, per la prima volta, il bianco e nero. Terzo appuntamento con Ostia di Sergio Citti (giovedì 26 nov.), dove il sottoproletario Citti narra dei figli dell’Italia delle province, delle borgate, dei paesini. Un’umanità di brulicante e di rara bellezza, inconsapevolmente cinematografica in cui “... oltre a un’opera di poesia dà un documento di ciò che è in realtà ancora il mondo italiano.” scrisse all’epoca Pasolini lamentandosi come la critica fosse stata fredda nei confronti di Sergio Citti ad eccezione di Morando Morandini su «Il Tempo», “...ma Morandini è un puro ...” aggiunse. Ultimo appuntamento, infine, con Milarepa di Liliana Cavani (giovedì 3 dic.) “... un film veramente bello ... - scrisse Pasolini - non lo si ricorda come un film, ma come una perfetta geometria, in cui si sia sintetizzata e cristallizzata un’esperienza visiva vissuta nella realtà ...”.

1975-2015: 40 anni senza Pasolini

Pier Paolo Pasolini I film degli altri


In novembre la nona edizione della rassegna di cinema e cultura africana

Martina Ghersetti

Gli Occhi dell’Africa

Gli Occhi dell’Africa libri, arte, incontri e cinema Gli Occhi dell’Africa è la rassegna di cinema e cultura africana, giunta alla sua nona edizione, nata da una collaborazione tra Caritas della Diocesi di Concordia-Pordenone, Cinemazero e L’Altrametà, con il contributo del Comune di Pordenone e dell’Amministrazione Provinciale. All’edizione di quest’anno partecipano anche il Centro Culturale Casa A. Zanussi e l’associazione UNASp/ACLI (Unione Nazionale Arte e Spettacolo) di Pordenone. Gli occhi dell’Africa vuole dare voce agli artisti di questo continente, nel modo più diretto possibile: protagonisti sono registi e attori africani, che descrivono e interpretano i loro Paesi secondo la visone che hanno direttamente della realtà che conoscono da vicino, e la porgono al pubblico internazionale senza i filtri della cultura occidentale. Anche il modo di fare cinema è diverso: le storie che vengono narrate hanno un ritmo riconoscibile, originale, che le distingue dal cinema al quale siamo abituati. In genere non ci sono la ricerca di effetti speciali o di toni spettacolari nella narrazione, ma c’è la voglia di mettere in evidenza un proprio linguaggio che racconta storie che narrano la tradizione o le diverse realtà che questo continente esprime. Un esempio è il film Timbuctu, visto anche in Europa lo scorso anno e riconosciuto come un capolavoro africano dalla critica cinematografica internazionale, tanto che ha ricevuto, nel festival di Cannes 2014, il Premio della Giuria Ecumenica e il François Chalais Prize, nonché diversi Premi César e la nomination all’Oscar 2015 come miglior film straniero. I film africani presentati nella rassegna vengono proiettati di solito in lingua originale, con sottotitoli in italiano, per rendere ancora più efficace la visione di queste opere. Un modo, anche questo, per coinvolgere le comunità africane presenti sul territorio. In particolare, quest'anno, si darà spazio ai cortometraggi, spesso produttivamente “più facili” per la cinematografia africana, da sempre alle prese con budget estremamente ridotti, compensati dal contributo di una creatività sempre sorprendente. Accanto al cinema, la rassegna offre altre proposte culturali quali mostre, incontri, presentazioni di libri, momenti conviviali, a sottolineare che la cultura africana è varia e complessa, formata da una cinquantina di Paesi diversi, che racchiudono ciascuno mille sfaccettature differenti, somma di culture dalla storia millenaria. I film e i documentari scelti sono l’espressione della più recente filmografia africana, o descrivono l’esperienza di vita, sul territorio italiano, di alcune comunità africane. Gli incontri in programma sono con persone che operano, in modo diverso, in Africa o con gli africani: ci sarà la presenza di chi lavora in Africa, che porterà la sua testimonianza di come agisce oggi un’organizzazione che da cinquant’anni dimostra il suo impegno per la giustizia combattendo contro la fame nel mondo e promuovendo stili di vita sostenibili. Sarà presente e incontrerà anche gli studenti un operatore di pace africano che gira da una città all’altra d’Italia per promuovere la pacifica convivenza tra i popoli. Verrà presentato un libro di due operatori della Caritas udinese che lavorano con gli immigrati. Non mancherà un incontro conviviale aperto a tutti che, a gennaio 2016, concluderà la manifestazione incontrando le comunità africane presenti sul territorio pordenonese. Per tutto il tempo della rassegna sarà presente, nel Centro Culturale Casa A. Zanussi, una mostra fotografica del fotografo Marco Denicolò, che illustra un viaggio in Africa in moto, con due tappe fondamentali in due ospedali seguiti dal Medici con l’Africa Cuamm di Padova. Gli appuntamenti al cinema inizeranno lunedì 9 novembre e proseguiranno per quattro settimane (ore 20.45 con ingresso a 3€). Il programma dettagliato di film ed eventi è disponibile sul John Mpaliza, viaggiatore a piedi attraverso l’Europa uno degli ospiti de Gli Occhi dell’Africa 2015 sito: www.cinemazero.it


Presto in sala il nuovo film Tucker, vincitore della sezione Un certain regard a Cannes 2015

Gianmatteo Pellizzari

Dopo la Slovenia di Class Enemy, la Tucker Film guarda ancora al vicino Est: prossimamente, infatti, porterà nei migliori cinema Sole alto, il capolavoro del regista croato Dalibor Matanić. Un’opera che si alimenta di contrasti e simmetrie. Un’opera dove il buio, per quanto si sforzi, non riesce mai a soffocare la luce. E la luce, qui, non è solo una metafora: è anche un contesto visivo. È lo zenit (citando il titolo originale, Zvizdan) che illumina il cielo di due paesi e la pelle di due giovani. 1991: Ivan e Jelena, un amore allegramente spudorato. 2001: Ante e Nataša, un amore tragicamente mutilato. 2011: Luka e Marija: un amore affannosamente riconquistato. O, se non altro, una concreta ipotesi d’amore. Premiato a Cannes, dalla giuria della sezione Un certain regard, e appena presentato dalla Tucker all’Internazionale di Ferrara (anteprima italiana), Sole alto racconta l’amore fra un ragazzo croato e una ragazza serba. Un amore che Dalibor Matanić moltiplica per tre volte nell’arco di tre decenni consecutivi: stessi attori (i bravissimi Tihana Lazović e Goran Marković) ma coppie diverse, dentro il cuore avvelenato di due villaggi balcanici. Il 1991 e l’ombra scura della guerra. Il 2001 e le cicatrici che devastano l’anima. Il 2011 e la possibile (impervia) rinascita. Un inno alla vita che ha trafitto la critica internazionale. Una sorprendente riflessione sulla natura umana che racconta il dolore per raccontare la speranza. Una produzione che, in perfetta sintonia con il respiro del film, vede cooperare la Croazia, la Slovenia e la Serbia, restituendo pienamente il percorso di ricostruzione culturale in atto nell'ex Jugoslavia. «Il detonatore di Sole alto – ricorda Matanić – è una frase che ripeteva puntualmente mia nonna, ogni volta che le parlavo dei miei flirt o delle mie relazioni sentimentali: ‘…fino a quando non è una di loro...’. Per lei, cioè, andava tutto bene, a patto che evitassi le ragazze serbe. Un punto di vista che mi ha sempre disorientato, considerando l’affetto che la nonna era capace di darmi e la bontà che, in generale, era capace di esprimere. Una scena del film Sole alto Sono un testimone diretto dell’intolleranza sociale, politica, religiosa radicata nella mia terra e sono anche un testimone diretto dei suoi effetti devastanti. Della miseria e del dolore che ha provocato per anni. Con Sole alto ho voluto vedere se fosse possibile collocare l’amore sopra ogni cosa, in un contesto del genere, e ho tradotto in riflessione cinematografica quella frase così agghiacciante. Così agghiacciante e, purtroppo, così vicina a me». E ancora: «L’odio interetnico non cesserà mai di essere un’emergenza. Cinque o sei anni fa, quando ho iniziato a progettare Sole alto, le acque sociali erano forse un po’ più calme. Ora, sfortunatamente per noi e fortunatamente per l’attualità del film, il male è tornato ad essere un elemento quotidiano: non solo nella regione dei Balcani, ovviamente, ma in tutto il mondo. Se non siamo ostili a un’altra nazione, allora siamo ostili a un’altra religione, a un’idea politica o a una scelta sessuale diverse dalle nostre, a un vicino di casa con una macchina più bella, e così via. Mi piacerebbe che tutti gli intolleranti si specchiassero nel mio film e si chiedessero: Sono proprio sicuro di vivere una vita felice, odiando sempre qualcosa o qualcuno?». Matanić, sviluppando la narrazione lungo lo spazio di tre diversi decenni, utilizza gli stessi villaggi come orizzonti emotivi, prima ancora che geografici, e gli stessi attori come simbolo di ciclicità. I due ragazzi, invece, no: i due ragazzi non possono essere gli stessi, perché i loro vent’anni sono cristallizzati dentro una giovinezza, innocente e fragile, che ci parla (anzi: che ci deve parlare) di ieri, di oggi e, soprattutto, di domani. «Non dire una parola che non sia d’amore», cantavano i CCCP di Giovanni Lindo Ferretti, e il regista sembra aver costruito l’intero film su quella splendida strofa: «Se c’è una cosa di cui sono profondamente convinto – ha dichiarato, infatti, Matanić – è che il nazionalismo estremo non vincerà mai. L’amore sì».

Sole alto

Sole alto quando l’amore vince


Film che non vorresti vedere in alcun altro posto che non sia un cinema

Ian Christie

Andare al cinema

”Mi scusi, questo è il punto in cui sono entrato...” Quando ho iniziato ad andare al cinema, a Belfast negli anni '50, non si usava arrivare per l'inizio di un film. Di solito, si entrava semplicemente al cinema con un film già in corso, si trovava una poltrona, e si cercava di capire cosa stava accadendo sullo schermo. Quando lo racconto a persone più giovani oggi, sono spesso stupite. Come facevate a seguire il film? Beh, tutto sommato ci siamo riusciti sorprendentemente bene, anche se a volte, quando si arrivava finalmente a vedere l'inizio, ci sono state alcune sorprese - a meno che non ci si alzasse per andare, come era comune, borbottando alle persone che dovevamo scavalcare: 'questo è il punto in cui sono entrato'. Se questo semplice e comune fatto sull'andare al cinema in Gran Bretagna durante gli anni '50 e '60 sembra strano oggi, può essere utile illustrare due questioni generali. Una è che il cinema non è sempre stato il posto ideale per vedere un film, ma è stato per molto tempo l'unico posto. E l'altro è che l'andare al cinema è sempre stata un'attività sociale, profondamente diversa nei diversi tempi e luoghi, e non necessariamente mirata al vedere un particolare film. Più spesso, è stato 'andare al cinema', indipendentemente dal cosa c'era al cinema. Naturalmente, la visione di film da metà sarebbe stata un problema con molti dei nuovi tipi di film che iniziarona ad uscire negli anni '60; e fu Hitchcock ad insistere per la prima volta che nessuno spettatore fosse ammesso dopo l'inizio di Psycho nel 1960. L'andare al cinema "seriamente" richiedeva sempre più che i film fossero visti dall'inizio, anche se non necessariaLa celeberrima scena di Psycho di A. Hitchcock mente in condizioni ideali. L'ascesa del 16mm, e di particolari film che potevano essere visti solo in televisione, furono entrambi caratteristici degli anni '60 - così come lo furono i grandi spettacoli come Lawrence d'Arabia (1962) e Il dottor Zivago (1965) di Lean, concepiti per essere visti su schermi giganti, con "overtures" musicali e suoni ambientali preferibilmente in stereo. E non c'è dubbio che funzionino tuttora al meglio su questa scala, non solo per le affollate scene di 'azione', ma soprattutto per il magnifico uso del 'vuoto' di Lean. Ma la scala non è solo una questione di dimensioni dell'immagine che offre un'esperienza coinvolgente; si tratta anche di durata, velocità e ritmo della narrazione. E, naturalmente, di nostri ricordi personali di singoli primi incontri. Ad esempio, stavo recensendo i film per la radio durante i primi anni '70, e la mia impressione duratura di alcuni film chiave è intimamente connessa con l'averli visti sullo schermo cinematografico. Tra questi ci sono Il Padrino (1972), Lo squalo (1975), Barry Lyndon (1975) e un favorito in particolare, il meravigliosamente nero/dark The Ruling Class di Peter Medak (1972). Avrei reagito alle stesso modo a questi film se non li avessi visti la prima volta in un pomeriggio di domenica al cinema? Impossibile dirlo, così come con Apocalypse Now di Coppola, che ho visto prima alla sua leggendaria proiezione a Cannes nel maggio 1979. Certo, il senso di occasione ha contribuito a questo indelebile ricordo, insieme alla scala e alla qualità delle proiezioni della riproduzione del suono nel festival. L'aver frequentato festival internazionali a partire dalla metà degli anni '70 significa che i miei ricordi di molti film sono legati a quelle occasioni - non necessariamente solo la perfezione delle proiezioni dei film in concorso al Palais a Cannes, ma anche i luoghi più piccoli utilizzati per le sezioni collaterali come la Quinzaine des réalisateurs e il Market. E anche, naturalmente, alle reazioni di chi mi stava intorno. Quanto è lunga la lista dei film in cui mi coprivo gli occhi, invece di guardare quello che immaginavo stesse per succedere (da La notte dei morti viventi, 1968, al Festival di Edimburgo, a Antichrist 2009, a Cannes); o dove una premiere era accompagnata dai sussulti di sorpresa o dalle grida involontarie degli altri (come alle proiezioni londinesi di Cape Fear, 1991, e Quei bravi ragazzi, 1990, di Scorsese). Il 'sentire' di un pubblico intorno durante la visione può assumere molte forme, dal sentirsi


Irreversibile di Gaspar Noe fu presentato in concorso al 55º Festival di Cannes

parte di un'ondata di entusiasmo - quando si guarda la prima folla divertita di Michael Moore, o un buon Woody Allen - al senso di disagio che si prova nell'accorgersi che il resto del pubblico non si sta divertendo quanto te. O che sono catturati dalla stessa emozione collettiva. Ho guardato Irreversibile (2002) di Gaspar Noe a San Sebastian dalla prima fila di un grande schermo multiplex, contemporaneamente assorbito e respinto, e non riesco a immaginare che cosa sarebbe potuto essere questo film intenso e viscerale in un'altra situazione. Un'altra indimenticabile esperienza "di cinema" è stata Caché di Haneke (2005), visto al Renoir a Londra, dove si poteva percepire la crescente perplessità del pubblico. Sperimentare anche il grande momento vicino all'inizio, in cui l'immagine si riavvolge all'improvviso, e ci rendiamo conto che stiamo guardando un'immagine video che i personaggi principali stanno guardando sulla loro TV, cosa che certamente non avrebbe lo stesso impatto su uno schermo TV o un computer. Ma per la maggior parte oggi abbiamo diverse scelte di visione. Siamo in grado di decidere quando e dove vedere un film, con la relativamente nuova esperienza di guardare su un piccolo schermo portatile durante l'ascolto in cuffia. Direi che non è un'esperienza da disprezzare; infatti ha molto in comune con la lettura di un romanzo durante un viaggio, un'esperienza che tutti noi possiamo assaporare, con le stesse opportunità di mettere in pausa, fermare, mandare indietro - un modo molto privato di entrare in contatto con il lavoro. Ma ci sono film che non vorrei vedere se non al cinema? Odio l'idea di spettatori che incontrano per la prima volta A Matter of Life and Death (1946) di Powell e Pressburger su un piccolo schermo, o addirittura il loro The Red Shoes (1948), ora entrambi restaurati per adattarsi ai più grandi schermi disponibili. In entrambi, l'idea di essere trasportati in altri mondi dà perfetta misura di come sia importante l'uso di tutte le potenzialità del grande schermo al cinema. E tra i registi contemporanei, il Wes Anderson di Grand Budapest Hotel (2014) fa un uso glorioso e consapevole di contrasti estremi in shot-scale, mentre Gravity di Alfonso Cuarón (2013) è un film che esige di essere visto in niente meno che un IMAX. [traduzione a cura di Marianita Santarossa] Ian CHRISTIE è uno storico del cinema, curatore e giornalista. Ex vice presidente di Europa Cinemas, Slade Professor di Belle Arti all'Università di Cambridge nel 2006, Fellow della British Academy, Professore di Cinema e Storia dei media al Birkbeck College e direttore del London Screen Study Collection. Ha scritto e pubblicato libri su Powell e Pressburger, cinema russo, Scorsese e Gilliam; e ha contribuito a mostre che vanno da 'Film as Film' (Hayward, 1979) a 'Modernism: Designing a New World' (V & A, 2006). Tra le sue pubblicazioni recenti ci sono L'arte del cinema: John Box e Scenografia (2009), e gli articoli su Méliès, Patrick Keiller, copyright nel cinema delle origini e cinema nei musei. Ha curato il libro Audiences: Defining and Researching Screen Entertainment Reception (Amsterdam University Press, 2012).

Ian Christie


Annata aurea per il cinema dei Paesi del Sud America

Lorenzo Codelli

In diretta da San Sebastián

Orizzonti di gloria latino-americani al Festival di San Sebastián Facendo seguito alla doppietta veneziana - Leone d'oro al venezuelano Desde allá di Lorenzo Vigas e Leone d'argento all'argentino El clan di Leonardo Trapero -, al 63 Festival Internazionale di San Sebastián una foltissima schiera di cineasti latino-americani ha fatto incetta di riconoscimenti e applausi. Non va dimenticato che, da tempo, il locale mercato/laboratorio "Cine en Construcción" garantisce finanziamenti iberici ed europei a innumerevoli progetti ambiziosi concepiti in Sud America. Due successi internazionali made in Argentina quali il citato El clan e Storie pazzesche di Damian Szifron hanno visto la luce grazie alla compagnia madrilena dei fratelli Almodóvar. Alla Berlinale 2015 l'Orso d'argento era andato al cileno Pablo Larraín per El club, il Prix Alfred Bauer al guatemalteco Jayro Bustamante per Ixcanul, e quello per la migliore sceneggiatura al cileno Patricio Guzmán per El botón de nácar. A Cannes invece l'argentino Santiago Mitre aveva ottenuto il Prix Fipresci e quello per il miglior film alla Semaine de la Critique per Paulina; e la Caméra d'or era stata assegnata al colombiano La tierra y la sombra di César Augusto Acevedo. Paulina, mélo politico-sessuale a forti tinte riproposto nella sezione "Horizontes Latinos" di San Sebastián, si è aggiudicato ben tre premi, tra cui quello votato dai giovani. La giuria del concorso ufficiale - tra i membri i connazionali Luciano Tovoli e Uberto Pasolini - ha coronato miglior attore il popolarissimo divo argentino Riccardo Darin, ex aequo con la sua gustosa "spalla" spagnola Xavier Cámara, per Truman diretto dal catalano Cesc Gay. Menzione della giuria e Prix Fipresci a El apóstata del venezuelano Federico Veiroj, una commedia antireligiosa con echi buñueliani. Tra le scoperte del Festival basco, Magallanes del peruviano Salvador del Solar, thriller d'azione che denuncia le atrocità militari del passato recente. Protagonista il grintoso attore messicano Damián Alcazar, affiancato, in un impietoso ruolo muto, dal veterano argentino Federico Luppi. L'esordiente Eugenio Canevari con Paula riconferma il vero e proprio stato di grazia del cinema argentino. In soli 67', e con dialoghi ridotti all'osso, assistiamo alla tragedia d'una piccola badante svillaneggiata dai ricchi proprietari terrieri. Beninteso anche su quel vasto continente si stanno profilando certe tendenze che, sul nostro, hanno spalmato "europudding" su vaste zone dell'industria cinematografica. Ad esempio El rey de La Habana del maiorchino Agustí Villaronga - premio per la migliore attrice a Yordanka Ariosa - trasforma il bestseller cubano di Pedro Juán Gutierrez in un polpettone sensazionalistico quanto anonimo. Capitali francesi, spagnoli e argentini hanno imposto un cast ridicolmente multinazionale a Eva no duerme, mini-affresco storico del patagone Pablo Aguero. Auguriamoci insomma che prevalga laggiù il savoir faire della valente cuoca peruviana Sonia Mamani, la quale in El sueño de Sonia di Diego Sarmiento Pagán presentato nella muy jugosa sezione "Culinary Zinema" - insegna antiche ricette e tradizioni esclusivamente autoctone alle nuove leve.

P


TRIESTE SCIENCE+FICTION - 15MA EDIZIONE

Domani accadrà ovvero se non si va non si vede

Trieste, dal 3 all’8 novembre 2015

Dal 3 all'8 novembre Trieste diventerà la capitale europea del cinema fantastico, con la convention annuale della European Fantastic Film Festivals Federation e la cerimonia di consegna del Méliès d'or per il migliore lungometraggio e cortometraggio europei. Per festeggiare il prestigioso traguardo dei 15 anni Trieste Science+Fiction presenta lo show dei Goblin di Claudio Simonetti che celebrano i 40 anni di Profondo Rosso di Dario Argento, con la sonorizzazione dal vivo della colonna sonora che li ha resi celebri nel mondo. La selezione ufficiale presenta un'anteprima mondiale e venti anteprime italiane della miglior produzione di fantascienza, fantasy e horror. Due i concorsi internazionali: il Premio Asteroide, per il miglior film sci-fi di registi emergenti a livello mondiale e il Méliès d’argento per il miglior lungometraggio e cortometraggio europei. Il presidente della Giuria internazionale sarà lo scrittore statunitense Joe R. Lansdale, forse il più geniale autore contemporaneo di fantascienza, horror e noir. Da non perdere gli Incontri di Futurologia tra scienza e letteratura, il premio alla carriera Urania d'argento, il focus Spazio Italia, la mostra di retrogaming Play It Again, La Notte degli Ultracorpi con Alexander Robotnick e il ritorno al futuro di Doc e Marty Mc Fly nel 2015 a bordo della DeLorean! La sede principale sarà la Sala Tripcovich. La Casa del Cinema di Trieste sarà il quartier generale e ospiterà le sezioni collaterali al Teatro Miela. Altre iniziative si terranno nella sala d'essai del Cinema Ariston. Info: www.sciencefictionfestival.org

DALLA PAGINA ALLO SCHERMO - RACCONTI ITALIANI DEL NOVECENTO Pordenone, Biblioteca Civica - 3 novembre 2015, ore 18.00

Trent'anni, diconsi trenta è un racconto tratto dal più famoso libro di Giuseppe Marotta, L'oro di Napoli, pubblicato nel 1947 e da allora tra i long-sellers della Bompiani. Personaggi, ambienti e storie di una Napoli scomparsa vi rivivono attraverso il filtro del ricordo e dell'ironia. Sei dei trentasei racconti, già pubblicati come elzeviri sul Corriere della Sera, saranno portati sullo schermo sette anni dopo da Vittorio De Sica in un film, L'oro di Napoli, sceneggiato insieme a Cesare Zavattini e allo stesso Marotta. Il protagonista del racconto, don Saverio Petrillo, avrà come interprete il grande Totò in una delle sue più famose performances d'attore, il pazzariello che alla fine si ribella alle angherie di un guappo. Incontro a cura di Sabatino Landi, in collaborazione con Circolo Arcipelago di Cordenons, lettura di Carlo Rizzo. Ingresso libero. Info: www.comune.pordenone.it/biblioteca

GIUSEPPE BERTOLUCCI. IL CINEMA PROBABILMENTE

Pordenone, Mediateca di Cinemazero - 20 novembre 2016, ore 18.00

A tre anni dalla sua scomparsa, la Cineteca di Bologna, di cui per quindici anni è stato Presidente, rende omaggio al grande regista pubblicando un libro e tre dvd contenenti alcuni dei titoli più significativi della sua opera multiforme, molti dei quali inediti e ormai invisibili. A presentare la pubblicazione saranno presenti in Mediateca Lucilla Albano e Andrea Martini, moderati da Giorgio Placereani. Ingresso libero. Seguirà un brindisi offerto da "Le donne del vino FVG". Info: mediateca.cinemazero.it

OZU: SCATTA L’ORA DEL CROwDFUNDING!

La Tucker Film lancia una campagna online, sulla piattaforma Kickstarter

La grande avventura dei 6 capolavori restaurati e digitalizzati di Ozu Yasujiro, fortemente voluta dalla friulana Tucker Film e premiata dal successo nelle sale, continua online. Più precisamente, continua sulla piattaforma Kickstarter: la stessa Tucker Film, infatti, ha deciso di sviluppare ulteriormente il progetto,lanciando una raccolta fondi per realizzare un cofanetto Bluray con i “Fantastici 6”! L’operazione, molto preziosa sul piano culturale e altrettanto impegnativa sul piano economico, richiede giocoforza il supporto degli spettatori. Spettatori innamorati del cinema di Ozu, spettatori (cioè) innamorati del cinema. E portarsi a casa titoli come Tarda primavera, Viaggio a Tokyo, Fiori d'equinozio, Buon giorno, Tardo autunno, Il gusto del sake non significa soltanto portarsi a casa delle autentiche opere d’arte: significa possedere 6 opere d’arte che l’HD ha restituito alla loro versione migliore e definitiva. Concretamente: cosa deve fare lo spettatore che decide di supportare il crowdfunding della Tucker Film? Bastano un click (www.kickstarter.com/projects/tuckerfilm/i-grandi-classici-diozu-in-hd) e una manciata di minuti per scegliere l’entità del contributo: si va da un minimo di 5 euro a un massimo di 300. Info: www.tuckerfilm.com


Un film di Andrew Haigh. Con Charlotte Rampling, Tom Courtenay. Gran Bretagna, 2015. Durata 95’.

(Tit. Or.: Hrùtat) Un film di Grímur Hákonarson. Con Sigurður Sigurjónsson, Theódór Júlíusson. Islanda, 2015. Durata 93 min.

UNO DEI FILM ITALIANI PIÙ LIBERI, CAOTICI E APERTAMENTE ROMANZESCHI DELL’ANNO

ALASKA

Di CLAUDiO CUPELLiNi La storia d’amore tra l’istintivo italiano Fausto (Elio Germano) e la bella e pensierosa francesina Nadine (Astrid Berges-Frisbey) trafigge i loro cuori di spontaneità, errori e delusioni fulminanti già all’alba del loro primo incontro, avvenuto per caso in un hotel di lusso di Parigi, nel quale Fausto lavora in attesa di trovare di meglio. Un groviglio di fragilità e solitudine sembra essere la calamita che li tiene uniti nonostante le insormontabili prove che la vita gli presenta, tra carcere, omicidio, violenza e affari sbagliati. Il film di Cupellini ha una struttura narrativa interessante. L’autore gioca con lo spettatore, giostrando la narrazione, e destinandola ad una direzione per poi cambiarne improvvisamente l’oggetto d’interesse. Mostra lo scontro per creare l’amicizia, incontra la delusione di un amore per rivelarlo essere poi quello solo e unico, il più grande. Questo andare avanti ma tornare indietro, questo mostrare per poi nascondere, scontrare per poi solo amare, dà grande spessore e non convenzionalità a questo melò [www.filmforlife.it]

PREMIO AL FESTIVAL DI BERLINO 2015 PER GLI ATTORI PROTAGONISTI

45 ANNi

Di ANDREW HAiGH Kate e Geoff Mercer sono sposati da quarantacinque anni e sabato festeggeranno il loro anniversario. I preparativi fervono e Kate è occupata in città con l'organizzazione del rinfresco. A casa intanto Geoff riceve una lettera destinata a cambiare la loro routine e la loro relazione, fino a quel momento dolce e imperturbabile. La lettera comunica a Mr. Mercer il ritrovamento del corpo della ex compagna, conservato per cinquant'anni dai ghiacciai delle Alpi svizzere. Era il 1962, l'anno in cui Geoff si era promesso a un'altra, un'altra donna poi inghiottita dalla montagna durante un'escursione. Comprensibilmente scioccato, Geoff rassicura Kate sul suo stato d'animo e prova a voltare pagina. Ma qualcosa nel profondo si agita e dal passato riemerge, compromettendo una serenità a lungo coltivata. Stretta in un abbraccio e in un lento nel giorno del loro anniversario, Kate prova a capire se il loro è (stato) vero amore o fumo negli occhi. 45 Years è per forza un film sul tempo. Non solo sui ricordi, onnipresenti e spesso cercati (Kate deve ad esempio comporre per la festa una playlist musicale fatta di canzoni che ha in comune col marito), ma anche sulla percezione del tempo passato. Kate e Geoff dopotutto sono messi improvvisamente di fronte a quello che nessuno vorrebbe pensare: aver perso qualcosa o persino di aver fallito o addirittura di non aver capito nulla per un lungo periodo di tempo. Haigh gira con una sicurezza da maestro, e si dimostra ancora una volta molto intelligente persino nella composizione delle inquadrature. C'è una scena che ha per protagoniste delle diapositive e che, nella sua semplicità, mette i brividi per davvero. Per non parlare del sonoro che riesce a rendere "pesante" persino il sottile scroscìo del vento, e che nella scena appena citata ci ricollega in modo brillante ai titoli di testa. Il regista si concentra praticamente tutto il tempo solo sui due protagonisti, soprattutto su Kate, interpretata da una Charlotte Rampling che diventa il personaggio e regala primi piani, compreso il finale, da brividi. Così facendo fa passare in secondo piano la sua credibile e forte descrizione dell'Inghilterra settentrionale, quella del Norfolk, in cui si discute ancora di Thatcher e si è ormai adagiata a vivere nel proprio grigiore e nella propria lentezza. [www.cineblog.it]

IL FILM VINCITORE DELLA SEZIONE UN CERTAIN REGARD AL FESTIVAL DI CANNES.

RAMS - STORiA Di DUE FRATELLi E OTTO PECORE Di

GRíMUR Há KONARSON In una valle islandese isolata, Gummi e Kiddiley vivono fianco a fianco, badando al gregge di famiglia, considerato uno dei migliori del paese. I due fratelli vengono spesso premiati per le loro preziose pecore appartenenti a un ceppo antichissimo. Benché dividano la terra e conducano la stessa vita, Gummi e Kiddi non si parlano da quarant'anni. Quando una malattia letale colpisce il gregge di Kiddi, minacciando l'intera vallata, le autorità decidono di abbattere tutti gli animali della zona per contenere l'epidemia. E' una condanna a morte per gli allevatori, per cui le pecore costituiscono la principale fonte di reddito, e molti abbandonano la loro terra. Ma Gummi e Kiddi non si arrendono facilmente, e ognuno dei due cerca di evitare il peggio a modo suo: Kiddi usando il fucile e Gummi usando il cervello. Incalzati dalle autorità, i due fratelli dovranno unire le forze per salvare le loro pecore, e se stessi, dall'estinzione.

i film del mese

Un film di Claudio Cupellini. Con Elio Germano, Astrid Berges-Frisbey, Valerio Binasco. Italia, 2015. Durata 125 min.


EVENTO SPECIALE GIOVEDÌ 5 NOVEMBRE ORE 20.45 Salò o le 120 giornate di Sodoma è l’ultimo lascito di Pier Paolo Pasolini, opera postuma, controversa, urticante, destinata ad ammantarsi di un’aura del tutto particolare che le ha conferito la morte drammatica di Pasolini. Un film osteggiato per quarant’anni e ora finalmente tornato a vivere grazie al restauro, realizzato dalla Cineteca di Bologna e da CSC – Cineteca Nazionale, in collaborazione con Alberto Grimaldi, e al coraggioso Leone per il miglior film restaurato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, primo riconoscimento mai ricevuto dal film. La proiezione si arricchirà della preziosissima intervista a Pasolini – conservata e messa a disposizione da Cinemazero di Pordenone – che il giornalista e amico Gideon Bachmann gli fece durante le riprese di questa cruciale ultima opera, di cui dà una fondamentale chiave di lettura.

LA SCUOLA AL CINEMA - NOVEMBRE 2015

Le proiezioni si svolgono a Pordenone presso Cinemazero, in Piazza Maestri del Lavoro. Il costo del biglietto è di € 3,00 a studente (insegnanti e accompagnatori non pagano). Per informazioni e prenotazioni, mail didattica@cinemazero.it, tel. 0434-520945 (mar-ven dalle 15.00 alle 18.00)

Martedì 3 Novembre 2015 A SUD DI LAMPEDUSA di Andrea Segre. Documentario. Italia, 2006, 31' i camion che attraversano il deserto del Teneré; le agenzie di viaggio che da Agadez, nel nord del niger, organizzano i passaggi; ma soprattutto i rimpatri coatti effettuati dalla Libia sotto le pressioni europee. Questo film racconta la faccia nascosta di un'emigrazione di cui noi spesso vediamo solo l'ultima tappa, lo sbarco nell'isola di Lampedusa. Martedì 3 Novembre 2015 MARE CHIUSO di Stefano Liberti, Andrea Segre. Italia, 2012, 60' Un documentario che denuncia la politica dei respingimenti sulle coste libiche da parte dell'italia. nel documentario sono proprio i migranti a raccontare in prima persona cosa vuol dire essere respinti: testimonianze dirette che mettono in luce le violenze e le violazioni commesse dall'italia ai danni di persone indifese, innocenti e in cerca di protezione. Martedì 10 Novembre 2015 - Biglietto speciale € 5 FIRENZE E GLI UFFIZI di Luca Viotto. Documentario. Italia, 2015, 95' Dopo il successo cinematografico internazionale di Musei Vaticani la stagione della Grande Arte al cinema riparte con un incredibile viaggio multidimensionale e multisensoriale nel Rinascimento fiorentino attraverso le sue bellezze più rappresentative. A parlare sono le opere stesse, oltre 10 location museali e 150 opere di cui il fulcro è rappresentato dagli Uffizi.

Martedì 17 Novembre 2015 - Alla presenza del regista GENITORI di Alberto Fasulo. Documentario. Italia, 2015, 82' Una famiglia con un figlio disabile è una famiglia disabile? Genitori racconta la quotidianità di un gruppo di auto-mutuoaiuto, formato da genitori di figli diversamente abili che riscoprono nel dialogo la possibilità di affrontare la vita di tutti i giorni. Un film sul dolore senza pietismo, dove si respira il coraggio della paura, accompagnato da desideri, commozione e sorrisi. Venerdì 20 Novembre 2015 - Giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza 2015 Evento promosso da Comitato UNICEF Pordenone | TITOLO DA DEFINIRE | Ingresso con donazione Martedì 24 Novembre 2015 - Ingresso libero Settimana dell'educazione allo sviluppo sostenibile 2015 | Evento promosso da ARPA FVG - LaREA con Cinemazero WE COME AS FRIENDS di Hubert Sauper. Documentario. Austria 2013, 110' Nel secondo capitolo della trilogia Saupert affronta il tema della colonizzazione come fenomeno umano, sociale ed economico. Ospite John Mpaliza, il Peace Walking Man, un camminatore per la pace. Alla platea di studenti racconterà la sua esperienza di vita e "la sua Africa"

C

2


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.