CinemazeroNotizie Ottobre 2017

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€ 1,00 mensile di cultura cinematografica

Appuntamento durante Le giornate domenica 1° ottobre al Teatro Verdi alle 14.30

Le Giornate del Cinema Muto, la meraviglia del cinema Dal 30 settembre fino al 7 ottobre la 36ma edizione del Festival

Giovani critici crescono... Pubblichiamo le recensioni vincitrici del concorso di critica cinematografica Scrivere di cinema

Rischiare e sognare: l’eterna storia d’amore per il cinema(zero) “Lo spettatore al centro”, un progetto ambizioso anima il futuro del cinema in città

La vittoria della regina Dalla Mostra del cinema di Venezia l’ultimo acclamato film di Stephen Frears

Al centro dell’attenzione la sala cinematografica Dal 9 al 12 ottobre la XVII edizione della manifestazione FICE spedizione in abbonamento postale L. 662/96 art. 2 comma 20/b filiale di pordenone - pubblicità inferiore al 45% contiene i.p. in caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Pordenone per la restituzione al mittente previo pagamento resi

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Ottobre

A colpi di note: cinema, musica e didattica

2017 numero 9 anno XXXVII

Beatrice Banfi il rigore nel cinema Ricordo di una grande collaboratrice di Pier Paolo Pasolini


Ricordo di una grande collaboratrice di Pier Paolo Pasolini

Andrea Crozzoli

Editoriale

Beatrice Banfi il rigore nel cinema «Nell’ultimo capitolo de I baroni di Aleppo Marco Tosatti e Flavia Amabile raccontano di noi e del nostro soggiorno in Siria durante la lavorazione di Medea, quando alloggiavamo al Baron. Leggilo! È bellissimo!» così mi segnalò Beatrice Banfi, al telefono, anni or sono, il libro appena uscito. Continuava a seguire con entusiasmo tutto ciò che riguardava Pasolini. C’eravamo conosciuti durante le ricerche per la grande mostra del 1995 a Villa Manin su Pasolini. Prestò per l’esposizione le sceneggiature dei film Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle mille e una notte e Salò o le 120 giornate di Sodoma. «Mi raccomando, ci tengo molto. Sono le uniche sceneggiature che ho conservato dei tanti film ai quali ho collaborato. Pasolini era una personalità unica!» mi disse consegnandomi i preziosissimi volumi pieni di appunti, annotazioni e foto Polaroid. Da allora ci sentivamo telefonicamente spesso, sia per aggiornarla sul nostro lavoro a Cinemazero o anche, semplicemente, per salutarci. Beatrice Banfi è stata la fedele e insostituibile segretaria di edizione di Pasolini per la maggior parte della sua filmografia, ruolo che ha ricoperto con la sua dolce e rigorosa austerità di nordica scesa a Roma da Merano. Nel magnifico caos che regna sul set la segretaria di edizione, con sceneggiatura alla mano, deve annotare tutto il girato quotidiano, le indicazioni del regista per ogni ciak, la loro durata etc.. Deve assicurare al film la continuità narrativa delle diverse scene, insomma coadiuvare da vicino il regista nel tenere le fila di un set con decine di attori e centinaia di comparse; con trasferte in Cappadocia o in Persia o nelle campagne inglesi. Questa è stata Beatrice Banfi, ombra discreta e collaboratrice solerte, puntuale e rigorosa. Dopo 40 anni trascorsi nella capitale, dove aveva fondato anche una propria casa di produzione ed era stata aiuto regista in Al di là delle nuvole di Michelangelo Antonioni, Beatrice Banfi era tornata a Merano, nella sua città natale. Noi continuavamo a sentirci telefonicamente, senza mai interrompere quella passione cinematografica che ci accomunava. Dovevamo incontrarci per registrare una sua lunga intervista nella quale si raccontava e ci raccontava della sua vita trascorsa nel cinema, quando il cinema italiano era grande, premiato, riconosciuto e amato in tutto il mondo. Beatrice Banfi, sempre gentile e disponibile, era felicissima di raccontarsi davanti alla cinepresa. Da grande professionista sapeva anche valutare esattamente il valore delle immagini e voleva dare il meglio di se stessa davanti l’obiettivo. Mi disse di pazientare un attimo, che era un po’ stanca, aveva un periodo di difficoltà, ma non si perse mai d’animo. Anche in clinica continuava a dirmi, al telefono, che per filmare l’intervista, saremmo stati ospiti suoi a Merano in un albergo gestito da alcuni suoi amici. A fine agosto, nella nostra ultima telefonata, tutte le sue energie erano spese per recuperare fiato e sussurrarmi, con un filo di voce, che dovevamo rimandare. In silenzio e con la sua abituale discrezione, sabato 16 settembre Beatrice Banfi ci ha lasciato, per sempre, portando con sé un pezzo di storia del grande cinema.

In copertina Louise Brooks nel film Now we are in the air (1927) fotografia di Eugene Robert Richee

cinemazeronotizie mensile di informazione cinematografica Ottobre 2017, n. 9 anno XXXVII Direttore Responsabile Andrea Crozzoli Comitato di redazione Piero Colussi Riccardo Costantini Marco Fortunato Sabatino Landi Tommaso Lessio Silvia Moras Maurizio Solidoro Collaboratori Lorenzo Codelli Luciano De Giusti Manuela Morana Elisabetta Pieretto Segretaria di redazione Elena d’Inca Direzione, redazione, amministrazione Via Mazzini, 2 33170 Pordenone, Tel. 0434.520404 Fax 0434.522603 Cassa: 0434-520527 e-mail: cinemazero@cinemazero.it http//www.cinemazero.it Progetto grafico Patrizio A. De Mattio [DM+B&Associati] - Pn Composizione e Fotoliti Cinemazero - Pn Pellicole e Stampa Sincromia - Roveredo in Piano Abbonamenti Italia E. 10,00 Estero E. 14,00 Registrazione Tribunale di Pordenone N. 168 del 3/6/1981 Questo periodico è iscritto alla: Unione Italiana Stampa Periodica


Appuntamento durante Le Giornate domenica 1° ottobre al Teatro Verdi alle 14.30

Cinema&Didattica

A colpi di note: cinema, musica e didattica

Manuela Morana

“Prof.ssa, che film fate quest’anno al festival?”. Questa è la domanda che rieccheggia per i corridoi della scuola e che per Maria Luisa Sogaro, professoressa di musica della scuola "Centro Storico" di Pordenone costituisce l'inconfutabile prova del valore e dell'efficacia del progetto didattico A colpi di note di cui è stata ideatrice insieme con Cinemazero e Le Giornate del cinema muto oltre 10 anni fa. Tornano dunque domenica 1 ottobre al Teatro Verdi a dimostrare di cosa siano capaci al pubblico internazionale del più importante festival del mondo dedicato al cinema delle origini, Le Giornate del cinema muto, gli studenti delle scuole pordenonesi, dopo un intero anno di lavoro di rimusicazione, lavorando alacremente, come una vera e propria orchestra. "Abbiamo pensato di far conoscere al pubblico un comico straordinario che, purtroppo, non è molto visibile nel nostro panorama cinematografico – ha commentato Sogaro - dopo le lezioni teoriche curate dai formatori all'audiovisivo di Cinemazero, i miei studenti della scuola secondaria di primo grado “Centro Storico” hanno scelto “Don’t tell everything” (1927) di Max Davinson". Si tratta di una commedia degli equivoci dove la maschera Davidson vuole nascondere rocambolescamente alla sua seconda moglie di avere un figlio piuttosto pasticcione. "Per musicarlo – continua Sogaro - abbiamo rielaborato un noto brano klezmer, “Freilechs from Bukovina”. L’orchestrazione mette in rilievo lo strumentario Orff ed alcuni interventi solistici affidati ai due violini, alla fisarmonica, allo xilofono soprano ed al trombone, sostenuti dagli altri strumenti. Una nostra versione della celebre “Pizzicato Polka” di Strauss ci è sembrato il miglior modo di sonorizzare l’incontro tra Max e la futura sposa. Nelle gag successive abbiamo adattato altri temi della letteratura del Novecento come “Oggi non si va a passeggio”, dall’Album per fanciulli di Aram Khachaturian, per il “funerale dell’automobile” di Max, un “Saltarello”, dalle Miniature pianistiche di Ernesto Merlini, per la scena in sartoria e due Sonatine di Franco Margola per il tormentone con Spec travestito. La strumentazione ha privilegiato i piccoli gruppi, in particolare, le due pianiste. Fondamentale l’apporto della sezione ritmico-rumoristica che è il collante indispensabile all’orchestrazione". Oltre all'orchestra della scuola "Centro Storico", domenifoto di elisa caldana ca 1 ottobre, con inizio alle ore 14.30 e a ingresso libero, sul palcoscenico del Teatro Verdi si esibirà l'orchestra della scuola secondaria di primo grado “P. P. Pasolini” di Pordenone che con la direzione artistica della professoressa Avon si confronterà con le immagini di Call Of The Cockoo (1927), film noto al pubblico italiano come Una famiglia di matti. Il protagonista, ancora una volta uno strepitoso Max Davidson, vede come comprimari nientemeno che la coppia Stanlio e Ollio. Il film segue le vicende di un pover'uomo esasperato dal fracasso dei vicini di casa e deciso a permutare la propria villa con un'altra. Il sollievo sembra a portata di mano, ma è solo una illusione. "Per comporre la colonna sonora – spiega Avon - abbiamo incluso nella nostra orchestra archi, sax, flauto traverso, flauti dolci, percussioni e pianoforte. Le nostre musiche originali sono leit motiv che si arricchiscono di temi blues e swing, valzer e che a tratti elabofoto di elisa caldana rano melodie popolari. Sono musiche che accompagnano le scene e i personaggi ispirandosi all’epoca in cui è realizzato il film e che mettono in rilievo l’humour tipicamente yiddish di Max Davidson". A colpi di note, il progetto didattico che celebra il sodalizio tra musica e immagini, lo ricordiamo, è promosso da Cinemazero e Mediateca di Cinemazero con Le Giornate del Cinema muto e Cineteca del Friuli ed è reso possibile da FriulAdria Crédit Agricole, Regione FVG e dal prezioso contributo di Lions Club Pordenone Naonis che rende possibile l'acquisto di strumenti per tutte le orchestre coinvolte. Per informazioni sullo spettacolo e sul progetto A colpi di note, scrivere a didattica@cinemazero.it.


Dal 30 settembre fino al 7 ottobre, la 36ma edizione del Festival

Le Giornate del Cinema Muto

Le Giornate del Cinema Muto, la meraviglia del cinema Partite un po’ prima del solito, a fine settembre, le Giornate del Cinema Muto proseguono al Teatro Verdi di Pordenone per tutta la prima settimana di ottobre, con un calendario fittissimo di proiezioni e accompagnamenti musicali dal vivo eseguiti dagli straordinari musicisti del festival, a cui si aggiungono tanti eventi speciali. Speciale per i pordenonesi, come per la platea internazionale delle Giornate, è sicuramente l’appuntamento “A colpi di note”, con le giovanissime orchestre delle scuole locali che quest’anno hanno rimusicato due esilaranti comiche con Max Davidson (domenica 1° ottobre, ore 14.30, ingresso libero). Procedendo per suggestioni e richiami fra le diverse parti del programma, i temi dominanti di questa 36a edizione, la seconda diretta da Jay Weissberg, sono indubbiamente le donne, i viaggi e la Storia. La figura femminile è declinata in molteplici varianti. Accanto alla splendida Louise Brooks, prototipo di bellezza moderna, rivedremo dive come Pola Negri e Theda Bara, che solo una decina di anni prima rappresentavano un ideale estetico completamente diverso, più legato a stereotipi decadenti ed esotici. Polacca dalle origini misteriose, cresciuta in miseria, ballerina e attrice di notevole talento, Pola Negri si trasferì nel 1917 in Germania su invito del grande impresario teatrale e regista Max Reinhardt. Successivamente andò negli Stati Uniti dove la sua fama fu alimentata più che dall’arte, dalle sue vicende sentimentali piuttosto movimentate (celebri i suoi flirt con Charlie Chaplin e Rodolfo Valentino). Scopo dell’omaggio a questa attrice, di cui si presentano tre film, tutti del 1918, è proprio quello di rivalutare il suo talento, che si espresse al meglio nel sodalizio con Ernst Lubitsch. La vedremo diretta da lui in Carmen, con la partitura composta ed eseguita da Gabriel Thibaudeau, e poi nei rarissimi Mania di Eugene Illés e Der Gelbe Schein (La tessera gialla), quest’ultimo accompagnato da Alicia Svigals, considerata la più grande violinista klezmer vivente, fondatrice del gruppo The Klezmatics, e dalla pianista Marilyn Lerner. Il termine vamp deriva da vampira – femmina dissoluta e tentatrice – e l’attrice più famosa che ha impersonato questo tipo di donna è Theda Bara, lanciata dal film A Fool There Was di Frank Powell, che si vedrà accompagnato da un quintetto di musicisti con la partitura di Philip Carli. La versione italiana della femme fatale, la sciantosa, è incarnata dalla tarantina Anna Fougez, al secolo Maria Annina Pappacena, stella del varietà che tra il 1916 e il 1922 spopolava nei teatri italiani. All’apice del successo, la Fougez approdò anche al cinema ma dei film da lei interpretati sopravvive solo, e incompleto, Fiore selvaggio, 1921, di e con Gustavo Serena. Oltre alla proiezione, a questa diva nazionale è dedicata anche una mostra allestita al Teatro Verdi. In un dibattito preelettorale, il presidente Trump ha bollato Hillary Clinton come “nasty woman”, attirando le ire di milioni di persone, soprattutto donne. Appropriandosi della definizione, le Giornate hanno intitolato “Nasty Women” la rassegna che raccoglie le varie Léontine, Rosalie, Cunégonde, Lea, Bridget, Tilly, ovvero le donne “cattive” della commedia, che si fanno beffe del potere maschile, trasgrediscono le norme sociali basate sul genere, e combinano ogni sorta di sconquasso. Occhio a queste donne in cerca di guai, ma il divertimento è assicurato! THE CROWD (La folla, US 1928) di King Vidor Infine, le donne che volano. Il fascino Credits: Photoplay Productions, London esercitato dalle prime aviatrici come


Raymonde de Laroche, la prima donna a ottenere un brevetto di volo nel 1910, sta tutto ne L’autre aile di Henri Andreani, 1924, i cui costumi sono stati disegnati dal grande stilista Paul Poiret. Il film è preceduto da quattro cinegiornali dedicati ad altrettante aviatrici famose. L’altro filone affascinante che si può individuare nel programma è costituito dalla presenza di tanti film di esplorazione che troviamo nelle varie sezioni, a cominciare da “Film di viaggio sovietici”, che ci conduce nel grande mosaico degli stati della neo costituita Unione Sovietica, così diversi per lingue, tradizioni ed etnie, come la Cecenia, l’Azerbaigian, la Siberia, la Crimea, il Kirghizistan. Nomi che in molti casi ci riportano a situazioni non risolte e di scottante attualità. Il viaggio continua in Africa, con alcuni cortometraggi etnografici di produzione norvegese realizzati intorno al 1920 su tre tribù, i Kavirondo del Nilo, i Kikuyu del Monte Kenya e i più noti Masai. Dall’Africa al Polo Nord, con alcune delle più antiche immagini di caccia artica nel film Captain F.E. Kleinschmidt’s Arctic Hunt del 1914. Immigrato tedesco trasferitosi in Alaska, animato da un insaziabile spirito di avventura, Kleinschmidt (il Capitano, come amava farsi chiamare) fu anche reporter di guerra durante la prima guerra mondiale. Il tema della Storia torna nella terza e ultima parte della retrospettiva dedicata a Luca Comerio, pioniere italiano del cinema e della fotografia, con le immagini della guerra italo-turca in Libia, della prima Anna Fougez guerra mondiale e dei primi raduni fascisti, e nella sezione dedicata agli effetti della guerra sui soldati e sui civili. Ed è proprio questa la sezione che più ci invita a riflettere e a stabilire delle connessioni tra le distruzioni di città, la diffusione di malattie, lo sterminio di popolazioni innocenti di allora e quanto avviene oggi in Siria, in Iraq, in Yemen, in Afghanistan e in tante altre parti del mondo. Ampio spazio è dedicato anche alla Scandinavia e in particolare all’influenza che il cinema nazionale svedese, sulla scia dei maestri Victor Sjöström e Mauritz Stiller, esercitò sulle produzioni degli altri paesi dell’area, Norvegia, Danimarca e Finlandia. Ci sono poi i western europei, i titoli del “Canone rivisitato”, fra cui il primo colossal di fantascienza sovietico, Aelita, regina di Marte di Yacov Protazanov, e il film simbolista di Febo Mari, Fauno. E ancora, i tesori della Cineteca Italiana, nata a Milano 70 anni fa, due saundo-ban (fra cui Una locanda di Tokyo di Ozu), ovvero i film post-sincronizzati giapponesi, che arriveranno più numerosi l’anno prossimo. Nella lunga lista dei ritrovamenti e restauri, spiccano i frammenti da Now We’re in the Air (Aviatori per forza, 1927) con Louise Brooks, e da uno dei film più ricercati di sempre, la versione del 1915 di Der Golem di Paul Wegener, di cui sopravvivevano solo una decina di minuti, che sono raddoppiati dopo la scoperta fatta WWW.GIORNATEDELCINEMAMUTO.IT nel Museo del Cine Pablo Ducrós Hicken di Buenos Aires (lo stesso dove sono state ritrovate le parti Infoline: 0434 188 10 11 mancanti di Metropolis). (fino al 7 ottobre) E c’è anche l’ultimo Méliès riscoperto, l’incantevole Le Rosier miraculeux (Il roseto miracoloso, 1904). Infoline biglietteria: 0434 1703668 Lo si vedrà insieme all’evento che sabato 7 ottobre (in Facebook: pordenonesilent replica domenica 8) chiude le Giornate 2017 nel segno e con l’inconfondibile tocco di Ernst Lubitsch, twitter.com/PORDENONESILENT la commedia di ambientazione mitteleuropea The Student Prince in Old Heidelberg (Il principe studenwww.flickr.com/photos/ te, 1927), con l’Orchestra San Marco di Pordenone giornatecinemamuto/ diretta da Mark FitzGerald che eseguirà dal vivo la partitura di Carl Davis.


Pubblichiamo le recensioni vincitrici del concorso di critica cinematografica Scrivere di cinema

Scrivere di Cinema

Giovani critici crescono... Scrivere di Cinema Premio Alberto Farassino ha i suoi nuovi vincitori. A conquistare il podio del concorso di critica per ragazzi dai 15 ai 25 anni - promosso da Cinemazero, Fondazione Pordenonelegge.it, il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani e MYmovies.it in collaborazione con Far East Film Festival, minima&moralia e Le Voci dell'Inchiesta e grazie al sostegno di Crédit Agricole FriulAdria - sono stati un manipolo di aspiranti critici che, insieme ad altri coetanei e numerosi curiosi, hanno assistito all'incontro con la madrina della giornata, Matilda De Angelis, giovane attrice reduce dai successi al Lido di Venezia, dove ha appena presentato il film di Sebastiano Riso, Una famiglia, giunta a Pordenone direttamente dal set dell'ultima stagione della fiction RAI Tutto può succedere. Nell'incontro condotto da Enrico Magrelli di Hollywood Party, in cui la De Angelis ha ripercorso la strada che l'ha portata dal mondo della musica a quello del cinema - nasce infatti cantante per il gruppo Rumba da Bodas - la giovane attrice, scoperta da Matteo Rovere in Veloce come il vento, ha parlato alla platea di ragazzi, soffermandosi sul suo rapporto con la critica. Ha dichiarato infatti di leggere molto i critici, sia quelli autorizzati che i cosiddetti "leoni da tastiera", riconoscendo però ai primi un importante ruolo, come risorsa e come sguardo che, da esterno, restituisce un'immagine più completa del suo operato, aggiungendo degli importanti pezzi alla sua percezione, inevitabilmente soggettiva, completandola con aspetti che non sempre è possibile cogliere quando si è coinvolti nell'opera. Le premiazioni vere e proprie hanno poi visto salire sul palco di Cinemazero, per la sezione Young Adult, Leonardo Strano (1° classificato, con Paterson); Bianca Delpiano (2° posto con Elle); e Alice De Luca (3° posto con Tutto quello che vuoi). Per gli Under 25 invece sono sfilati Lorenzo Ciofani (1° posto con Allied); Elvira Del Guercio (2° classificata con Knight of cups); e Marco Castelli (3° posto con Neruda). I vincitori sono stati scelti dalla giuria composta da Viola Farassino, Mauro Gervasini, Enrico Magrelli e Adriano De Grandis. Di seguito pubblichiamo le due recensioni vincitrici delle rispettive sezioni.

Primo classificato della sezione Young Adult Leonardo Strano con la recensione del film Paterson Che poesia sa maneggiare Jim Jarmush, che filma ancora in silenziosa e toccante contraddizione ai guinzagli delle nuove epiche fragorose, delle nuove regole dello spettacolo a ruggito confezionato. Che poesia in “Paterson”, toccante prova di amore per un cinema in via d'estinzione: ambientato nei piccoli dettagli a margine della vita e svestito dei vezzi stucchevoli di quel sogno americano che ha sempre marcato stretto lo schermo. Paterson guida l'autobus nella cittadina omonima e scrive poesie nei ritagli di tempo, ama la moglie e ne sopporta le bizzarrie acromatiche, porta a passeggio il cane e si ferma al bar per una birra e due chiacchiere. Sette giorni e sette quadretti di intimità raccontati con orientale metodicità, sottili inquietudini, ironia posata e qualche verso surreale (su tutti i gemelli a tappeto e il magnifico incontro con un giapponese). Il film è lancinante nel raccontare il ritmo delle cose umane con misura; pur spiando dalla serratura dell'intimità, lo fa senza una ubiquità invasiva o un voyeur fine a sé stesso. Protagonista è la dignità, che ignora qualsiasi pregiudizio e dona eco poetiche alle sfuggenti ‘piccole cose'. Ma l'atto di coraggio è del regista, che sceglie il cinema come vaso comunicante per la poesia, retino per cercare la bellezza nascosta nel quotidiano. Il risultato è un atto di pacifica anarchia stilistica fuori dal tempo frettoloso e un inno, nell'inesorabile sfumarsi di giorni quasi uguali, alla fragilità delle foto di elisa caldana cose semplici.


Primo classificato della sezione Under 25 Lorenzo Ciofani con la recensione del film Allied Come tutta l'opera di Robert Zemeckis, anche Allied è un trattato sulla finzione. Anche quando non sembra parlarne, il suo cinema si esalta nel capire quanta finzione si possa accogliere entro i limiti della realtà e di quanto cinema sia capace in potenza la vita. Il cinema di Zemeckis parla sempre di cinema, si fonda su un intrattenimento nutrito dall'esigenza dello stupore. Formalmente tecnologico sin dai tempi degli uomini che interagiscono coi cartoon (Roger Rabbit) fino a diventare essi stessi animazioni (The Polar Express), senza mai dimenticare la persistenza dell'umano, con la tecnica più avanzata ma trasparente al servizio di un progetto sull'umanità della nazione (Forrest Gump, The Walk). Allied, così sfacciatamente anacronistico, classicheggiante, falso, appare del tutto organico al pensiero di Zemeckis. Non fosse altro per Marion Cotillard, la più recente quintessenza dell'ambiguità (europea) nel cinema americano: «non mento mai sulle emozioni», dice. È la magnifica illusione qui giunta ad una limpida consapevolezza teorica: l'inganno dentro l'inganno, il doppiogioco della messinscena che gioca con la mitografia, l'iconografia, l'immaginario. La storia è quella di due agenti segreti, l'uno canadese del Quebec e l'altra francese, in missione a Casablanca per uccidere un ambasciatore tedesco nei primi anni della seconda guerra mondiale. S'innamorano, si sposano (lei: «dobbiamo ridere, siamo sposati»; lui: «e cosa c'è da ridere?»), si ingannano. Scontato pensare, perlomeno sulla superficie del romanticismo, a Bogart & Bergman che avranno sempre Parigi, che per Cotillard e Brad Pitt è solo un'ipotesi da accarezzare. Ed è lecito farsi suggestionare da Pitt, in uno dei suoi apici (con una vulnerabilità nuova data dall'incidenza del gossip: notare la perplessità di fronte alla fede finta da mettere al dito), che plana nel deserto come in un esotico kolossal di David Lean. Sono le evocazioni più lampanti di un film, dall'impeccabile ricostruzione visiva (costumi di Joanna Johnston), che, senza rifugiarsi nel citazionismo, ha coscienza di quanto la nostalgia abbia permeato la generazione del foto di elisa caldana regista. Laddove lo sceneggiatore Steven Knight innesca la possibilità di riconoscere la reminiscenza del cinema che fu, Zemeckis indebolisce l'epica per concentrarsi sulla moralità dell'uomo che osa scontrarsi col destino. In questo sontuoso e magnetico melodramma sul bene, il male e l'arte di mentire alla vita, Pitt e Cotillard, nella prima parte, sono gli attori di una spy story ove recitano l'amore a cui sono destinati: cedono durante una tempesta di sabbia nel deserto, che però resta fuori dall'auto in cui consumano, permettendo a Zemeckis di circondarli con un carrello opprimente ed eccitante. Eppure, sostiene Cotillard: «in queste situazioni a fottere non è il sesso ma sono i sentimenti». Perciò, nella seconda parte, Zemeckis sguazza nello sgrovigliare la tensione data dallo sgretolamento delle certezze. Cattura, foto di elisa caldana affascina, scuote, as time goes by.


“Lo spettatore al centro”, un progetto ambizioso anima il futuro del cinema in città

Riccardo Costantini

Cinemazero

Rischiare e sognare: l'eterna storia d'amore per il Cinema(zero) La quarta sala e la completamente rivoluzionata Sala Grande di Cinemazero si offrono da ottobre 2017 al pubblico di Pordenone, della Regione e – per gli eventi nazionali come Le giornate del cinema muto e Le voci dell'inchiesta – al pubblico di tutta Italia. Sale confortevoli, con standard tecnologici e di visione, in particolare per la Sala Grande, di altissimo livello. Il nostro impegno? Il Cinema con la C maiuscola, nella sua massima espressione, in particolare per quello che riguarda la qualità, di forma ma soprattutto di sostanza e contenuto. 4 sale, un sogno possibile grazie anche a chi ci ha sempre sostenuto (Regione Friuli Venezia Giulia e Comune di Pordenone). 4 sale per alzare l'asticella, come da quarantennale tradizione. Spieghiamoci meglio. Il primo dato è l'incremento della proposta: non solo il mero calcolo matematico, che già di per sé vedrebbe aumentare le proiezioni del 25%, ma la nuova sala sarà l'occasione per un vero rilancio del progetto culturale. I nuovi spazi infatti andranno a ospitare stabilmente una proposta ad hoc, che si declina tra film in lingua originale, la promozione dei giovani talenti e le attività cinematografiche del territorio, ma anche luogo d'incontro priviliegiato in cui si darà appuntamento tutto l'anno l'affezionato pubblico de Le Voci dell'Inchiesta, prevedendo una costante programmazione di documentari con cui seguire l'evoluzione del cinema del reale . Uno spazio in più che, dunque, permetterà di sottrarsi, almeno parzialmente, alle logiche distributive - perlopiù puramente commerciali - di respiro più corto, in favore di una pianificazione a cadenza mensile animata invece da un pensiero culturale definito e organico. Cinemazero cercherà di costruire sempre di più il suo programma sulle esigenze di visione del pubblico (“lo spettatore sempre al centro della proposta”), offrendo sempre più contenuti di qualità e con un programma di lungo periodo, cadenzando nella settimana i vari contenuti che il ricchissimo mondo dell'audiovisivo oggi offre: il pubblico potrà così trovare l'abitudine che soddisfi di più i propri gusti. Il lunedì i restauri cinematografici, i classici e i film in lingua originale, il martedì spazio all'arte e ai contenuti alternativi (teatro, mostre, concerti...), il mercoledì gli incontri con l'autore, il giovedì i documentari e le rassegne, i primi pomeriggi per bimbi e famiglie...tutti selezionati con l'idea di cinema di qualità. La quarta sala, in particolare, con i suoi 50 posti (un luogo raccolto ma non esclusivo) consentirà di rischiare di più, di mostrare quel che normalmente non si riusciva, proprio perchè forse stritolati dalle logiche distributive che spesso impongono prodotti e pretendono standard di risultato. Dunque un percorso in controtendenza con il frettoloso e disordinato consumo di audiovisivo di oggi: vedere meglio, di più e con maggiore qualità. Tra le novità, alcune sono state introdotte negli ultimi mesi – dalla tessera unica per le sale e la Mediateca, che agevola uno scambio tra i due poli di attività, alla possibilità di acquistare online i biglietti in prevendita senza costi aggiuntivi – a cui si è aggiunto dal giorno dell'inaugurazione un sito nuovo e in crescita, pensato per rappresentare al meglio tutte le iniziative e soprattutto caratterizzare l'esperienza dell'utente. Una sezione in particolare, che si chiamerà “MyCinemazero”, mira a costruire una community che segnali la proposta più adatta al palato di ciascuno, applicando un sistema di targetizzazione della programmazione che registri i gusti a ogni utilizzo della CARD e che il singolo utente può arricchire per rendere il proprio profilo più definito, potendo viaggiare nel suo “percorso” dei film visti e scelti, come se fosse un diario della visione, da poter condividere e commentare con la propria cerchia di amici o nella comunità ampia degli amanti del cinema che è Cinemazero nel suo complesso. Il ruolo centrale dato al pubblico ha già ricevuto riscontro anche nella vicinanza e nell'interesse dimostrati dalla campagna di raccolta fondi legata alle poltrone. Con partecipe entusiasmo sono già diverse decine le importanti donazioni ricevute da privati cittadini o imprese, e molti protagonisti del mondo del cinema. Persone che condividono con noi un percorso importante, fatto di amore per il cinema. Perchè in fondo, quella di Cinemazero è una storia di grande passione per la settima arte, condita da una buona dose di realismo (mai dimenticare che lo zero da cui il nome significa concretezza...e un po' di follia: quando si rischia si riparte sempre da capo!).


Dalla Mostra del Cinema di Venezia l'ultimo acclamato film di Stephen Frears

Marco Fortunato

La monarchia britannica è sempre stata famosa per la sua capacità di coprire gli scandali “reali” e, a quanto pare, quest’abilità, rimane immutata da molti secoli. I numerosi figli della Regina Vittoria, ad esempio, che rimase a capo del Regno della Gran Bretagna per quasi tutto l’800 riuscirono a nascondere quasi completamente l’amicizia fra la sovrana e un servo indiano, di nome Abdul Karim. Il “quasi” è d’obbligo perché pochi anni fa, nel 2010, il ritrovamento del diario personale dello stesso Abdul ha portato alla luce la storia di una relazione profonda ed articolata che potrebbe aver influito sulla politica inglese di fine Ottocento. Da qui nasce lo spunto dell’ultimo film di Stephen Freas Victoria e Abdul presentato come evento speciale all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, dove ha suscitato ilarità e applausi. Merito di una Judi Dench ancora una volta monumentale (82 anni all'anagrafe, 1 Oscar, 11 Premi BAFTA, 7 Olivier Awards per quella che è di fatto la Regina incontrastata del cinema britannico da diversi anni), carica di autoironia, anche quando rappresenta la massima autorità nel Castello di Windsor. Un’interpretazione maiuscola, da nomination agli Oscar (sarebbe la sua ottava), in grado di oscillare tra l'annoiato, l'affaticato, il malconcio, l'accigliato, il gioioso, l'addolorato e l'eccitato, concedendo agli spettatori un'invidiabile campionario espressivo, che chiude metaforicamente un cerchio. Lei, che aveva già lavorato con Frears in Philomena, nei panni di una madre alla disperata rincorsa del suo passato, qui torna ad avere la corona sul capo dopo La mia regina di John Madden, ambientato nel 1860, in un altro periodo dell’esistenza di Vittoria. Qui siamo a fine Ottocento, e l’indipendenza dell’India è ancora lontana. Arriverà solo nel 1947. Ad Agra, uno scrivano che tiene i registri dei prigionieri sta per far tremare la Gran Bretagna intera. Si chiama Abdul e, grazie alla sua bella presenza, viene mandato al cospetto della Regina Vittoria per consegnarle una prestigiosa moneta cerimoniale. Nella prima parte la macchina da presa segue stupita le scoperte del giovane Abdul che, con occhi ingenui, osserva la follia delle cucine prima di un grande banchetto per poi entrare, sempre di più, nelle dinamiche di palazzo scatenando risate genuine, fino al fatidico incontro con Vittoria, una regina certo, ma prima di tutto una donna anziana, sola, imprigionata negli incubi dell’età, con un figlio che aspetta la sua dipartita per salire al trono. L’incontro dei due, darà vita ad un legame casto, intenso, osteggiato dai benpensanti e da chi guarda con sospetto al nuovo secolo che incombe. La senilità si trasforma in un nuovo inizio. Gli stereotipi crollano sotto i colpi dei sentimenti e le barriere vengono superate. Vittoria e Abdul combatte il classismo con la forza della Storia, che continua a ripetersi. Non cambia l’atteggiamento dei potenti verso l’uomo comune, troppe volte povero e indifeso ma il messaggio finale è che tutti avremmo bisogna di una Vittoria che guardasse oltre l’apparenza per superare i confini di quelle che, ora come allora, si chiamano convenzioni sociali. La potenza del film, oltre che su Judi Dench, è anche nella storia: la finzione cinematografica incontra l’usurato “ispirato a fatti realmente accaduti”, ma il regista cambia subito le carte in tavola e aggiunge un “per lo più”. La verosimiglianza è servita, con alcune licenze poetiche che emozionano fin dalle prime sequenze. Un’amicizia impossibile, una favola di altri tempi, Vittoria e Abdul riscrive l’attualità per dimostrare che lo straniero non è (sempre) una minaccia. Stephen Frears affronta il problema dell’integrazione con la potenza di una storia vera, mentre l’ironia, inglese e non solo, diverte e aggiunge un pizzico di magia a una narrazione dal sapore orientale. L’Inghilterra colonialista deve piegarsi davanti a un uomo di colore, che si veste in modo bizzarro: un indiano alla corte della regina. Da non perdere!

Cinema&Festival

La vittoria della regina


Dal 9 al 12 ottobre 2017 la XVII edizione della manifestazione Fice

Andrea Crozzoli

Incontri del Cinema d’Essai 2017

Al centro dell’attenzione la sala cinematografica «Anche quest'anno – ha dichiarato Domenico Dinoia, Presidente FICE – gli Incontri del Cinema d’Essai proporranno numerosi film premiati nei grandi festival internazionali. Inoltre saranno l’occasione, attraverso un apposito seminario, per fare il punto sulla situazione del cinema d’essai, alla luce dei recenti decreti attuativi». È il nono anno consecutivo che Mantova, dopo Ravenna e Asti, ospita gli Incontri del Cinema d’Essai giunti ormai alla XVII edizione. La manifestazione, promossa dalla FICE (Federazione Italiana Cinema d’Essai), è il principale appuntamento professionale del cinema di qualità, al quale partecipano oltre 600 professionisti del settore. In programma numerose anteprime, trailer, incontri con i protagonisti del cinema, oltre alla consegna dei prestigiosi Premi Fice. Di fondamentale importanza per ogni esercente di cinema di qualità sono i momenti di riflessione per fare il punto sulla situazione del cinema d’essai, come il seminario "Identikit della nuova sala d'essai", in programma l’11 ottobre, e che vedrà confrontarsi sul tema della nuova legge cinema e sullo stato di salute del cinema italiano i diversi rappresentanti delle istituzioni, esercenti, produttori, distributori e autori. Fra la Multisala Ariston, il Cinema del Carbone, il Bibiena e Palazzo Ducale di Mantova si dipanerà il ricco programma degli Incontri del Cinema d’Essai che prevede circa trenta anteprime, diverse delle quali vedranno la presenza in sala degli autori e del cast. Fra queste il film di apertura Vittoria e Abdul di Stephen Frears con Judi Dench, presentato con successo Fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia; La battaglia dei sessi di Jonathan Dayton e Valerie Faris con Emma Stone e Steve Carrell, ovvero l'adattamento cinematografico della celebre partita di tennis, nota come la battaglia dei sessi, avvenuta il 20 settembre 1973 tra Bobby Riggs e Billie Jean King. Altra anteprima dal Festival di Cannes 2017 L'Atelier di Laurent Cantet dove una nota scrittrice tiene un atelier, ovvero un workshop, di scrittura a un gruppo di ragazzi; ci sarà anche l’incantevole docufilm Visages villages di Agnès Varda e JR. dove la storia si condensa in un incontro magico: quello tra Agnès Varda e JR, l'artista francese che utilizza la tecnica del collage; Abracadabra di Pablo Berger ovvero una commedia nera con un'ipnosi che non va a finire bene, sospesa fra dramma, suspense e fantastia; Goodbye Christopher Robin di Simon Curtis, incantevole e poetico film biopic su A.A. Milne, papà dell'orsetto Winnie the Pooh e della gang nel Bosco dei Cento Acri; mentre Nico, 1988, vincitore della sezione Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia, sarà proiettato alla presenza di Susanna Nicchiarelli e Trine Dyrholm, rispettivamente regista e protagonista dell’opera. Tra i Premi FICE 2017, sono stati annunciate le presenze della giovane speranza del cinema italiano Jonas Carpignano, già regista di Mediterranea, sua opera prima che uscirà grazie al successo riportato a Cannes quest’anno dal suo secondo film A Ciambra, un serrato docufilm sulla attività lecite ed illecite della comunità rom di Gioia Tauro prodotto grazie anche all’intervento di Martin Scorsese e candidato italiano agli Oscar 2017. Altri premi FICE anche a Carlo Verdone e Claudio Bisio. Ma molti altri saranno gli artisti presenti. Tra questi il giovane regista Roberto De Paolis, a cui sarà consegnato, nella serata di mercoledì 11 ottobre al Teatro Bibiena, un riconoscimento per Cuori puri, il suo film d’esordio, un’opera molto bella, molto sincera, molto attuale, che presenta motivi di interesse sia cinematografici sia sociali rispetto all’Italia di oggi. Nel corso della cerimonia sarà consegnato anche il premio del pubblico, assegnato dai lettori della rivista Vivilcinema, periodico della Fice. Più votato e vincitore di quest’anno è Manchester by the sea di Kenneth Lonergan, con Casey Affleck, che ha vinto l’Oscar 2017 come miglior attore protagonista. Il film ha anche vinto un altro Premio Oscar, oltre a 6 candidature ai Golden Globes, ha vinto 2 BAFTA, 1 candidatura a Cesar e vinto 2 London Critics. Nel corso degli Incontri del Cinema d’Essai sarà anche presentata la seconda edizione della Giornata Europea del Cinema d’Essai, che si svolgerà in tutta Europa domenica 15 ottobre e coinvolgerà oltre 1.000 cinema, pronti ad organizzare numerose iniziative per celebrare la creatività del cinema e per riaffermare la funzione fondamentale ed insostituibile della sala cinematografica. Agli Incontri del Cinema d’Essai di Mantova, città della cultura e della bellezza, contribuiscono il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Comune di Mantova, la Fondazione Banca Agricola Mantovana, la Mantova Film Commission e la Regione Lombardia. Il programma dettagliato su www.fice.it



i film del mese

di Antonio Manetti, Marco Manetti. Con Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Claudia Gerini, Carlo Buccirosso, Raiz, Franco Ricciardi. Italia, 2017, durata 134 minuti.

Regia di Robin Campillo. Con Nahuel Pérez Biscayart, Arnaud Valois, Adèle Haenel, Antoine Reinartz, Fe´lix Maritaud. Francia, 2017, durata 135 minuti.

di Tomas Alfredson. Con Michael Fassbender, Rebecca Ferguson, Charlotte Gainsbourg, Val Kilmer, J.K. Simmons. Gran Bretagna, 2017, durata 125 minuti.

UN VERO E PROPRIO MUSICAL CHE HA SORPRESO TUTTI AL FESTIVAL DI VENEZIA

AMMORE E MALAVITA DEI MAnETTI BROS.

Don Vincenzo Strozzalone, 're del pesce' e boss camorrista, scampa a un attentato e decide di cambiare vita. Stressato e braccato da criminali e polizia, si finge morto per ricominciare altrove con donna Maria, la consorte cinéphile che trova la risoluzione a tutto nelle trame dei film. Ma il suo segreto, condiviso dalla moglie e dai fedeli Ciro e Rosario, ha il fiato corto. Fatima, una giovane infermiera, ha visto quello che non doveva vedere. L'ordine adesso è di eliminarla. Ciro è il primo a trovarla, risparmiandole la vita. Perché Fatima è il suo primo grande amore. Un amore perduto ma mai dimenticato. Messa in salvo la fanciulla, Ciro deve rispondere della sua insubordinazione. Davanti a Napoli, a don Vincenzo e alla sua malafemmina. Da Scampia a Posillipo, passando per il rione Sanità e il porto di Pozzuoli, Napoli nel film dei Manetti agisce come un'amante: stordisce e innamora. E gli amanti sono il cuore e la voce di Ammore e malavita, dove la parola canta e le canzoni recitano, celebrando Napoli, il suo splendore e le sue miserie, la sua umanità irriducibile e barocca. Allacciati dalle manette di un sentimento ostacolato, Serena Rossi e Giampaolo Morelli sono i due volti di una stessa medaglia. Lei infila la maschera della commedia, lui quella della tragedia. Come se Serena Rossi avesse preso il sole e Giampaolo Morelli l'ombra. Alla sua Fatima le parole liriche e sonore, a Ciro il silenzio musicale e attonito. A lei la rotondità, la plasticità e la napoletanità debordante, a lui una fitta tranchant, nera, melanconica, recondita. Perché a Napoli è sempre una questione di doppio, di specchio. Di amanti (Fatima e Ciro) o 'fratelli' (Rosario e Ciro) contrari e inseparabili. (...) (da mymovies.it)

IL FILM PRESENTATO E PREMIATO A CANNES CHE RACCONTA LA STORIA DELLA NASCITA DI ACT UP

120 BATTITI AL MInUTO DI ROBIn CAMPILLO

All'inizio degli anni Novanta i militanti di Act Up-Paris moltiplicano le azioni e le provocazioni contro l'indifferenza generale. L'indifferenza che circonda l'epidemia e i malati di AIDS. Gay, lesbiche, madri di famiglie si adoperano con dibattiti e azioni creative, non violente ma sempre spettacolari, per informare, prevenire, risvegliare le coscienze, richiamare la società alle proprie responsabilità. In seno all'associazione, creata nel 1989 sul modello di quella americana, Nathan, neofita in cerca di redenzione, incontra e innamora Sean, istrionico attivista e marcatore della progressione del virus. Tra conflitti e strategie da adottare Nathan e Sean vivono forte il tempo che resta. 120 battiti e centotrentacinque minuti è il tempo (e il ritmo) necessario a Robin Campillo per richiamare un'epoca (gli anni Novanta) e fare esistere pienamente un gruppo, gli attivisti di Act Up-Paris accaniti e tenaci a combattere la passività dell'opinione pubblica intorno all'AIDS. Diventare sieropositivi in quegli anni equivaleva a una condanna a morte, a breve o lunga scadenza. Per questa ragione i protagonisti di 120 battiti al minuto vivono a tutta velocità. Sono giovani, sovente troppo giovani, per la maggior parte omosessuali, e vogliono vivere e fare accelerare la ricerca, scuotere una società paralizzata dai tabù sessuali, prevenire, informare, proteggere chi non sa, fare pubblicità e diffondere l'uso del preservativo. Nathan, Sean, Sophie, Gérémie e compagni non hanno tempo da perdere e allora riversano tutta la loro energia in quella battaglia. La sera poi, vanno a ballare e fanno sesso perché il desiderio e il piacere aiutano a sentirsi vivi, a restare vivi. E una storia d'amore emerge dal gruppo allacciando l'intimità con la politica, il romanzesco con il realismo. Una storia contro il tempo che Campillo prolunga e dilata dentro le fila dell'azione collettiva, alla quale i due amanti aderiscono visceralmente. Avvitato intorno alla parola politica, il film invita lo spettatore ai dibatti interni dell'associazione e a partecipare alle opposizioni morali e di stile (violenza, spettacolarizzazione, grevità, gaytudine), 120 battiti al minuto lotta, urla, dibatte, lancia gavettoni di vernice rossa sui responsabili dei laboratori farmaceutici che si fanno pregare per rendere pubblico lo stato della ricerca contro il virus. Fatti reali che qualcuno là fuori ha conosciuto e a cui il regista francese dona una forma che emoziona con rigore, senza scadere nell'aneddoto e lontana dalla fascinazione arty per il dolore. (...) (da mymovies.it)

SULLE TRACCE DEL PRIMO SERIAL KILLER UFFICIALE DELLA NORVEGIA

L'UOMO DI nEVE DI TOMAS ALFREDSOn

Riuscirà il film di Tomas Alfredson a trasformare l'idea del pupazzo di neve, da sempre associata all'infanzia e alla felicità di aprire gli occhi e vedere il mondo ricoperto di bianca morbidezza, in un oggetto in grado di far rabbrividire al primo sguardo? L'impresa non è facile, ma a compierla è una squadra d'eccezione, capitanata dal regista svedese Tomas


Regia di Susanna Nicchiarelli. Con Trine Dyrholm, John Gordon Sinclair, Thomas Trabacchi, Anamaria Marinca, Sandor Funtek II. Italia, Belgio, 2017, durata 93 minuti.

di Jonathan Dayton, Valerie Faris. Con Emma Stone, Steve Carell, Elisabeth Shue, Alan Cumming, Sarah Silverman, Eric Christian Olsen. USA, Gran Bretagna, 2017, durata 121 minuti.

GLI ULTIMI ANNI DI VITA DI CHRISTA PÄFFGEN, IN ARTE NICO

nICO, 1988 DI SUSAnnA nICChIARELLI

Gli ultimi anni di vita di Christa Päffgen, in arte Nico. Musa di Warhol, cantante dei Velvet Underground e donna la cui bellezza era indiscussa, Nico vive una seconda vita quando inizia la sua carriera da solista. Qui seguiamo gli ultimi tour di Nico e della band che l'accompagnava in giro per l'Europa negli anni '80: anni in cui la "sacerdotessa delle tenebre", così veniva chiamata, si è liberata del peso della sua bellezza e inizia a ricostruire un rapporto con il figlio. Non era un'impresa facile trasferire sullo schermo le fasi finali della vita di una personalità complessa come quella di Nico. Susanna Nicchiarelli è riuscita a portarla a compimento leggendola a partire da una condizione esistenziale che ormai (siamo al suo terzo lungometraggio) possiamo considerare come un tema che la appassiona: i segni che l'infanzia e la preadolescenza lasciano nelle persone che finiremo con il diventare. Dalla Luciana 'comunista' di 9 anni di Cosmonauta siamo passati alla Caterina adulta che parla con se stessa dodicenne in La scoperta dell'alba e ora il film si apre con Christa bambina che guarda da lontano i bagliori di una Berlino che brucia sul finire della seconda guerra mondiale. Quelle luci di distruzione lontane favoriranno la percezione e la condivisione delle tenebre esistenziali che costituiranno la base della sua produzione artistica così come rimarrà indelebile, divenendo a tratti un modo di nutrirsi vorace, il ricordo della fame sperimentata allora. (da mymovies.it)

LA STORIA DELLA TENNISTA KING E DELL'EX CAMPIONE RIGGS

LA BATTAGLIA DEI SESSI DI JOnAThAn DAyTOn, VALERIE FARIS

Nei primi anni 70 Bobby Riggs, tennista ormai di cinquant'anni ed ex campione, cerca di convincere Billie Jean King, sulla cresta del tennis femminile di allora, a sfidarlo. Lei inizialmente rifiuta e lui si accontenta di gareggiare contro Margaret Court, ma la vittoria che ottiene preoccupa King, scoraggiata per la differenza di compensi tra tennis femminile e maschile e più in generale per la battaglia di parità tra i sessi. Così Billie Jean King torna sui suoi passi e decide di accettare una sfida che diventerà leggenda. A noi donne si chiede di accontentarci delle briciole, ne parlo in tutti i miei discorsi: le donne si meritano la torta, la glassa e pure la ciliegina, esattamente come gli uomini. Questo comunque è un film per tutti, non solo per le donne, mostra quanto vulnerabili siano le persone e come la vita sia incasinata ma pure gioiosa. Nei panni di Bobby Riggs, che si ritirò dopo il match e non concesse interviste per decenni, troveremo Steve Carrell. L'attore comico, che di recente si è prestato con successo a ruoli drammatici in Foxcatcher, La grande scommessa e Café Society, avrà qui modo di scatenare tutto il proprio istrionismo, perché Bobby Riggs era un colorito provocatore che cavalcò i media il più possibile. Al film inoltre partecipano Alan Cumming, come amico e stilista di Riggs; Sarah Silverman come fondatrice della rivista World Tennis; Andrea Riseborough come parrucchiera e amante di Bili Jean King; Elisabeth Shue come moglie di Riggs. Il ruolo principale è però naturalmente quello della mitica tennista, che sarà interpretata da Emma Stone. L'attrice reduce dall'Oscar per La La Land, dove ballava con leggerezza, si è sottoposta a un duro allenamento, sia in palestra per irrobustire il proprio corpo, sia naturalmente sul campo da tennis, aiutata anche dalla stessa King. (da mymovies.it)

i film del mese

Alfredson. Quarta indagine del detective Harry Hole, L'uomo di neve, nato dalla penna di Jo Nesbø nel 2007, segna la prima apparizione cinematografica del poliziotto di Oslo e gli attribuisce le fattezze di Michael Fassbender, irlandese di origine tedesca. Hole dovrà andare a caccia di un assassino seriale, che colpisce le donne sposate con un figlio, e lascia la sua firma sotto forma di un inquietante pupazzo di neve. Il romanzo, pur trovandosi al centro di una serie di libri, è perfettamente autonomo e lo stesso varrà, a maggior ragione, per il film. Tra gli elementi di interesse del progetto, oltre alla garanzia di stile e serietà offerta dal nome del regista, c'è l'ambientazione norvegese, che con ogni probabilità potremo a tutti gli effetti contare come un personaggio del film, l'esperienza degli sceneggiatori, Hossein Amini e Matthew Michael Carnahan, e, non ultima, la bellezza di Rebecca Ferguson e la presenza di attori quali J.K. Simmons, Val Kilmer e Charlotte Gainsbourg nei panni di Rakel, la ex dalla quale Harry non riesce a prendere realmente le distanze. Tomas Alfredson, cui Martin Scorsese ha ceduto la regia del film, mantenendo per sé il ruolo di produttore esecutivo, sembra l'uomo giusto al posto giusto e non solo, banalmente, perché ha già dimostrato di saperci fare con la neve, nell'ottimo Let the right one in. (...) (da mymovies.it)


DETOUR. FESTIVAL DEL CINEMA DI VIAGGIO

Domani accadrà ovvero se non si va non si vede

Padova, cinema Porto Astra - 4 > 8 ottobre 2017 Detour, primo festival cinematografico di respiro internazionale dedicato al tema del viaggio, propone film provenienti dai principali festival internazionali e mai distribuiti nelle sale italiane: una selezione ricca ed eterogenea di opere cinematografiche che raccontano viaggi, scoperte, esperienze. Cuore del Festival è il Concorso Internazionale, che vedrà una giovane giuria qualificata, composta dall’attrice Valentina Lodovini e dai registi Marco Danieli e Andrea De Sica, assegnare un Premio per il Miglior Film alla migliore opera in Concorso e un Premio Speciale al film che meglio avrà interpretato l’idea del viaggio. Ad esso si affiancheranno la sezione Viaggio in Italia, dedicata al cinema italiano, e una serie di proiezioni speciali. Ospite speciale della sesta edizione di Detour. Festival del Cinema di Viaggio sarà Gianni Amelio, maestro del cinema italiano dei giorni nostri, autore di capolavori come Il ladro di bambini, Lamerica, Così ridevano e Le chiavi di casa. Amelio riceverà il premio Padova incontra il cinema per l’insieme della sua opera. Il Premio, che accompagna Detour fin dalla prima edizione, vuole omaggiare un regista che ha fatto del viaggio un elemento cardine della propria produzione - un cinema che, soprattutto nei (tanti) capolavori, è costruito su viaggi fisici e materiali che sovente si fanno morali, quasi astratti. In programma da segnalare, domenica 8 ottobre alle 20.30 presso il Teatro Verdi di Padova, l’esibizione della “nostra” Zerorchestra con la rimusicazione dal vivo del film Show People, capolavoro di King Vidor con Marion Davies. Info: www.detourfilmfestival.com

IL VOLO DEL JAZZ: MICHAEL NYMAN Sacile, Fazioli Concert Hall - sabato 21 ottobre 2017 Dal 21 ottobre al 2 dicembre, Sacile diventa palcoscenico per stelle del jazz e giovani promesse del territorio, tra nuove sonorità, avanguardie e sperimentazioni di assoluta qualità. Ad aprire la 13ma edizione de Il volo del jazz sarà Michael Nyman, tra i più illustri e popolari pianisti e compositori della sua generazione: scrive per enti lirici, cinema, compagnie di danza e teatro, compone colonne sonore per il cinema. In questa esibizione proporrà molti dei brani che lo hanno reso famoso in tutto il mondo tra i quali Lezioni di Piano, le colonne sonore di Le Bianche Tracce della Vita (the Claim), Il Diario di Anna Frank, Gattaca, Wonderland, Prospero’s Book. Info: www.controtempo.org

NOTE DAL FRONTE - MUSICA, PAROLE E IMMAGINI DELLA GRANDE GUERRA Cividale del Friuli, Teatro Ristori- domenica 29 ottobre 2017, ore 21.00 La Zerorchestra porta a Cividale del Friuli domenica 29 ottobre alle ore 21.00 lo spettacolo multimediale, “Note dal fronte - Musica, parole e immagini della Grande guerra”. I film “dal vero” girati sui vari fronti dagli operatori dei diversi eserciti sono stati miscelati con la ricca produzione musicale, sia popolare che d’autore, ispirata e composta durante il conflitto, rivisitata dalla Zerorchestra, inframmezzata da letture di diari e lettere dei soldati, per restituire la visione umana e tragica dell’esperienza bellica individuale e collettiva. Con questo progetto – realizzato insieme a Cinemazero e Cineteca del Friuli e sostenuto da Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e Fondazione Friuli e Banca Popolare di Cividale – si è voluto ridare corpo e voce agli uomini dalle differenti divise, schiacciati dallo stesso orrore. Sullo schermo si susseguono l’irreale atmosfera della Guerra Bianca combattuta sulle vette a 3000 metri, le battaglie del fronte del Carso e dell’Isonzo, lo sfondamento di Caporetto e l’invasione austro-tedesca del Friuli, la resistenza italiana sul Piave, l’arrivo delle truppe americane nell’estate del 1918, la battaglia finale e l’arrivo degli italiani a Trento e Trieste. Dal punto di vista musicale sono molti gli elementi di novità rispetto ai precedenti lavori, dal momento che, per scelta progettuale, l’accompagnamento partirà non da composizioni originali, ma dal ricchissimo materiale esistente proveniente dalle varie melodie (sia popolari che d’autore) ispirate e composte durante il periodo ‘15-‘18. A questa prima fase di selezione è seguito un lavoro vero e proprio di composizione firmata da Angelo Comisso e Francesco Bearzatti ed eseguita dalla formazione composta da Francesco Bearzatti (sassofoni e clarinetti), Mirko Cisilino (tromba, flicorno e trombone), Angelo Comisso (pianoforte), Didier Ortolan (clarinetti e sassofoni), Luca Colussi, Luigi Vitale e Luca Grizzo (percussioni), Gaspare Pasini (sassofoni) e Romano Todesco (contrabbasso e fisarmonica). Ulteriore integrazione allo spettacolo – anch’essa innovativa rispetto alla tradizionale messa in scena – la lettura da parte di Sandro Buzzatti di alcuni passi tratti dai diari dell’epoca.




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