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STAMPA .LA GIOVEDÌ 4 APRILE 2013
Geppy Cucciari per il 1° maggio Il Concertone del primo maggio sarà condotto da Geppi Cucciari. L’attrice comica eredita così lo scettro che in passato è stato di Claudio Bisio, Paola Cortellesi e Neri Marcorè. Come di consueto, l’evento organizzato da Cgil, Cisl e Uil ha un tema conduttore: quello del 2013 è «musica per il nuovo mondo». Guest star sarà Nicola Piovani, tra le novità la grande orchestra rock diretta dal compositore e produttore Vittorio Cosma che renderà omaggio a Dalla, Celentano, De Gregori e Battisti.
GABRIELE FERRARIS
I
n vent’anni di frequentazione, mi è capitato spesso di discutere con Francesco De Gregori della smania di tanti colleghi suoi di scrivere libri. De Gregori è estremamente tollerante, su questo come su molti altri argomenti: rispetta le scelte altrui, ma lui preferisce chiamarsene fuori. «Faccio il mio mestiere – mi ripete ogni volta – e scrivere canzoni è tutt’altra cosa dallo scrivere romanzi, o poesie. Io sono un cantante, non ho mai pensato di diventare uno scrittore. Sono lavori diversi, entrambi molto rispettabili, entrambi belli. Ma io questo so fare, non altro». Oggi De Gregori compie 62 anni, e li festeggia a Torino con un incontro pomeridiano, alle 15, al Circolo dei Lettori e un concerto serale al teatro Colosseo. È in forma splendida: con il recente album Sulla strada ha firmato uno dei suoi lavori più ispirati e convincenti di sempre, e intanto si è lanciato sul web e per il solo formato digitale è disponibile da oggi un’antologia di suoi brani rimasterizzati. Ma l’aspetto più sorprendente del momento di grazia degregoriano è la notizia dell’imminente pubblicazione del primo libro «autorizzato» che lo riguarda. Un libro di foto e testi ai quali, si dice, De Gregori stesso avrebbe messo mano. Di qui a parlare del «primo libro di De Gregori», il passo è breve. Ma le cose non stanno esattamente così. «Non vorrei proprio che si dicesse che l’ho scritto io – si affretta a precisare –, anche se in qualche modo questo libro lo considero figlio mio, perché l’ho visto nascere. È la prima volta che succede. Di solito, quando hanno pubblicato dei libri su di me, l’ho saputo per caso, magari l’ho scoperto in libreria. Questo, invece, l’ho voluto. Me lo ha proposto Alessandro Arianti, il mio tastierista, che è anche un ottimo fotografo. È arrivato con questa idea, e io me ne sono innamorato. Mi è piaciuto l’entusiasmo suo e di Silvia Viglietti, l’editrice torinese che lo ha curato con lui, e mi sono messo a disposizione». In che senso?
«Sono andato a rovistare nei cassetti di casa – non sono così pomposo da parlare di “archivi” – e ho recuperato vecchie foto dimenticate, immagini anche private, e poi manoscritti, ricordi, persino il libretto universitario. E li ho dati ad Alessandro e Silvia, che ne hanno fatto un libro. Fotografico, ma non solo». Un album dei ricordi?
«Assolutamente no. Non c’è nulla di nostalgico, anzi, lo trovo molto attuale: gran parte delle fotografie riguarda gli ultimi anni, gli ultimi tour».
Maèancheunlibro«scritto»,conl’intera storia discografica di De Gregori ricostruita attraverso dichiarazioni e interviste concesse nel corso degli anni.
«Beh, sì, e lì un po’ ci ho lavorato: proprio perché volevo che il libro fosse un ritratto del De Gregori di oggi, ho rivisto alcuni passaggi, qualche afferma-
CULTURA SPETTACOLI
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De Gregori: amo Conrad, Céline e Checco Zalone Parla il cantautore che oggi a Torino festeggia i 62 anni con un concerto e un incontro al Circolo dei lettori
Dal «suo» libro ai suoi autori Ho rovistato nei cassetti, ho recuperato vecchie foto, manoscritti, ricordi, persino il libretto universitario: ne è nato un volume fotografico Sono un lettore onnivoro anche se preferisco i classici, i capolavori dell’800 e ’900 Però non faccio distinzioni tra letteratura alta e bassa
Francesco De Gregori è nato a Roma il 4 aprile 1951. Nella foto sopra (dal volumetto Sulla strada-Photo edition, che raccoglie le immagini delle session di registrazione del suo ultimo album) il cantautore con Nicola Piovani
Oggi a Torino e in diretta streaming Francesco De Gregori sarà in concerto oggi a Torino, ore 21, teatro Colosseo. Prima, alle 15, sarà ospite del Circolo dei lettori, con Steve Della Casa e Gabriele Ferraris, per una chiacchierata a partire dal volumetto fotografico Sulla strada-Photo edition. L’incontro sarà trasmesso in diretta streaming su www.lastampa.it, www.degregori.net, www.circololettori.it e su Youtube. zione che mi sembrava datata, fuori contesto. Ma sono stati piccoli interventi, l’insieme funzionava benissimo».
Prendo per buona l’affermazione. Tanto, anche se l’avesse riscritto da capo a fondo, non lo ammetterebbe mai. In aperturadelvolumecisaràinoltreun’intervista inedita, e curiosa, perché l’intervistatore è Steve Della Casa, fine uomo di cinema, non un critico musicale.
«È andata così: Steve mi ha chiesto di essere per una settimana l’ospite fisso di Hollywood Party, la trasmissione di Raitre di cui è uno dei conduttori. Io mi sentivo un po’ in imbarazzo. Mi piace il cinema, e un po’ lo conosco, però sono solo uno spettatore, uno che va d’istinto: per dire, amo Fellini e Hitchcock, ma pure Checco Zalone. Invece loro, Steve e i suoi compari, del cinema sanno tutto, ma proprio tutto, persino le date di nascita dei truccatori. Alla fine però ho accettato, e ho fatto bene. Mi sono sentito come un topo nel formaggio. Davvero divertente. Così, quando ho dovuto scegliere l’intervistatore per il libro, ho pensato che Della Casa fosse la persona giusta: curioso, intelligente, ma non il classico espertone di musica che ti fa le solite do-
mande protocollate. Domande diverse, risposte diverse. Molto interessante».
E parla anche il bassista Guido Guglielminetti, lo storico «capobanda», che racconta del vostro lungo sodalizio artistico.
«Infatti. Quello che Alessandro e Silvia sono riusciti a fare non è un libro che racconta la storia di De Gregori, bensì di un gruppo di musicisti. Una storia collettiva».
Prima di quest’opera «monumentale», però, Arianti e la Viglietti hanno preparato anche una sorta di «anteprima», che esce giusto oggi.
«Sì, è un volumetto fotografico del formato di un cd: si intitola Sulla stradaPhoto edition. Sono le immagini delle session di registrazione dell’album, io, la band e gli ospiti, da Malika Ayane a Nicola Piovani. E ci sono anche i testi delle canzoni. Servirà per il merchandising del tour». A proposito del tour. Come sta andando?
«Bene, ogni sera mi piace vedere tante facce felici, persone di ogni età. E adesso, quando cambio gli arrangiamenti dei pezzi classici, il pubblico apprezza,
LA STAMPA
GIOVEDÌ 4 APRILE 2013
42, il film che commuove Obama e Michelle
Sabato la «Giornata Sergio Quinzio»
42, il film che racconta la storia del giocatore di baseball Jackie Robinson che negli anni Quaranta ruppe le barriere razziali nel campionato di baseball, con Harrison Ford nei panni dell’allenatore (nella foto), è stato presentato alla Casa Bianca, alla presenza della moglie novantenne del defunto campione dei Brooklyn Dodgers, che aveva appunto la maglia 42. Il film ha commosso la coppia presidenziale: Robinson diventò il primo afroamericano a giocare nella Major League, arrivando dalla Negro Baseball League.
Si terrà sabato presso il monastero di Montebello di Isola del Piano (PU) la «Giornata Sergio Quinzio 2013», annuale incontro di teologia organizzato dalla Fondazione Girolomoni e dedicato alla memoria del teologo e biblista scomparso nel 1996, che per questa 16a edizione partirà da un passo della lettera di Paolo ai Romani (8,22) - «Il creato tutto geme, anzi con-geme assieme a noi» - per una riflessione sul tema della sofferenza associato a quello della speranza. Partecipano Silvio Barbaglia, Daniele Garota, Vito Mancuso e Piero Stefani.
Hong Kong, nuova frontiera dell’arte contemporanea A maggio Art Basel sbarca in Estremo Oriente mentre si aprono gallerie e si progettano musei ILARIA MARIA SALA
A HONG KONG
è contento. Una volta c’era sempre chi storceva il naso. Credo abbiano capito che se rivisito una mia canzone non lo faccio “contro” il pubblico, anzi: tento di dare qualcosa di più, qualcosa di nuovo. E apprezzano il risultato».
Torniamo ai libri. Lei non ne vuole scrivere, in compenso è un lettore appassionato
«Beh, leggere mi piace, e molto. Soprattutto al mattino, oltre che la sera a letto, come tutti. E poi nel mio mestiere ci sono i tempi morti, i viaggi, le attese in camerino: insomma, il tempo per leggere non mi manca». Che cosa legge?
«Sono un lettore caotico, onnivoro, ma preferisco i classici. I grandi romanzi dell’Ottocento – a parte i russi che frequento poco – e poi Kafka, un autore che mi ha sempre appassionato, e Céline, di cui ammiro lo stile, indipendentemente dalle implicazioni politiche. Leggo soprattutto i capolavori del Novecento. E Melville, naturalmente. Però non faccio distinzioni tra letteratura alta e bassa. Mi piacciono anche la fantascienza, il noir, Stephen King. Penso che se Simenon, ad esempio, non avesse scritto certe pagine, mi sarei perso molte serate di felice lettura. Insomma, c’è un libro adatto a ogni situazione. In camerino mi sta benissimo un Urania, mentre, che so, un bel viaggio dev’essere accompagnato da un libro speciale: qualche hanno fa siamo andati in Grecia con mia moglie, e ho portato con me l’Odissea, che non aprivo dai tempi del liceo. Beh, in quei posti faceva un effetto diverso. Rileggere Omero in quel contesto è stata una grande gioia». Lei ha anche dato la sua voce a Cuore di tenebra per la collana di audiolibri della Emons.
«Conrad è un altro autore che amo, come Stevenson e altri scrittori di mare. Quando mi hanno proposto di registrare l’audiolibro di Cuore di tenebra, me lo sono letto e riletto, tre volte in sei mesi, per capirne le sfumature, la struttura profonda. E ogni volta lo scoprivo diverso». Senta, De Gregori, io so che lei detesta le domande sulla politica.
«E io la ringrazio per non farmene».
Però, come cittadino, è preoccupato per la situazione?
«Beh, come non potrei? Se non fossi preoccupato vorrebbe dire che sono cieco e sordo. O che vivo in un altro Paese».
rt HK, la fiera d’arte internazionale di Hong Kong nata dal nulla nel 2007 da un’idea del curatore Magnus Renfrew e divenuta uno degli appuntamenti più importanti in Asia del suo genere, cambia pelle: acquistata al 60 percento da Art Basel, entra così a far parte del circuito globale del gruppo MCH Swiss Exhibition, insieme all’originale Art Basel in Svizzera e alla più recente Art Basel Miami Beach. La nuova fiera si terrà questo maggio (seguendo dunque il calendario consueto), e l’essere parte del circuito Basel significherà «una maggiore visibilità a livello mondiale», secondo Sam Talbot, del gruppo Sutton, incaricato di presentare al mondo la nuova creatura di MCH. L’entusiasmo è palpabile: 245 gallerie arriveranno a Hong Kong per la settimana della fiera, delle quali più del 50% dall’area dell’Asia-Pacifico, e fra cui almeno una cinquantina non ha mai esposto a Hong Kong prima. «L’organizzazione di Basel aiuta l’internazionalizzazione della fiera di Hong Kong, grazie alla rete estesa di gallerie e alla capacità di garantire un’enorme influsso di collezionisti del marchio Basel, creando così una reale opportunità per consentire al mondo dell’arte di darsi appuntamento in Asia», dice Talbot. Hong Kong in un certo senso si ritrova a giocare questo ruolo privilegiato quasi per difetto: a lungo chiamata un «deserto culturale», per la sua propensione più commerciale e finanziaria che non artistica, per tacere dei costi dell’immobiliare proibitivi tanto per gli aspiranti artisti che per galleristi privi di finanziamenti significativi, il suo essere alle porte della Cina senza le restrizioni politiche del continente, ma con un sistema legale di cui la maggioranza si fida, l’ha resa un’attraente meta per galleristi internazionali: «Hong Kong consente una nuova conversazione», aggiunge Talbot: «è libera. Ed è senz’altro il centro asiatico del mercato dell’arte. Art HK ha avuto un’altissima qualità fieristica senza paralleli nella regione, pur iniziando in modo spontaneo ha potuto contare su buonissime infrastrutture ed ha gettato le basi per Art Basel HK. Non solo: Hong Kong ha un sistema di importexport privo di tassazione, il che la rende attraente anche per opere che possono avere un etichetta del prezzo importante, ed è situata in posizione strategica. E non va dimenticato che è una città internazionale, dove l’inglese è diffuso, e dove l’afflusso di visitatori internazionali è vissuto con naturalezza. Un luogo ideale per noi, e per l’ambizione di Art Basel».
La fiera, infatti, si pone come polo Hong Kong ha innalzato il suo profilo d’attrazione di collezionisti interessati come centro d’arte contemporanea, tanto all’arte contemporanea della re- tramite piccole gallerie locali che hanno gione che alla produzione internaziona- cominciato ad acquistare ed esportare le. E se i collezionisti di Hong Kong sono artisti cinesi contemporanei e introdurun gruppo ormai consolidato e con gu- re arte internazionale al pubblico locasti determinati, resta aperta l’incognita le. Poi, lo scorso anno, alcune fra le più dei collezionisti cinesi, che tutti voglio- importanti gallerie internazionali hanno attirare ed «educare»: così, per no aperto i battenti a Hong Kong, una esempio, già da qualche tempo le due dopo l’altra in rapida successione: ci socase d’asta Sotheby’s no White Cube, la e Christie’s portano DA BASILEA Gagosian, Sundaram avanti mostre itineche vanno Dopo il successo di Miami Tagore… ranti private per far ad affiancarsi ai pungli svizzeri guardano ti d’incontro locali di vedere a cinesi danaai collezionisti cinesi rilievo come PARA/ rosi dei Picasso, dei Van Gogh e dei MaSITE, o Chancery tisse e avvicinarli all’arte contempora- Lane. E nel futuro si trova anche l’ambinea – partendo dai classici e immagi- zioso progetto di M+, il grande museo nandosi come possibili clienti. d’arte contemporanea in costruzione, Ma per i collezionisti che decidono di diretto da Lars Nittve (ex Tate Mospingersi fino ad Hong Kong pronti a fa- dern). Art Basel è decisa a dare una mare acquisti, l’arrivo di Art Basel rappre- no per consolidare tutto ciò: «Quello senta allo stesso tempo una conferma e che vogliamo fare, è contribuire a sparil rinnovato vigore di una tendenza in gere la voce su quanto sta succedendo a atto già da alcuni anni. In modo organi- Hong Kong, e suscitare sempre maggioco, dapprima quasi senza farsi notare, re interesse», dice Talbot.
Un’immagine dall’ultima edizione di Art Basel
A Milano si inaugura oggi Miart 2013 Si inaugura oggi a Fieramilanocity l’edizione 2013 di Miart, la fiera d’arte moderna e contemporanea di Milano. 140 le gallerie presenti, divise in sezioni che vanno da Established, con gallerie italiane e straniere da anni attive sul mercato, ad Emergent la sezione riservata alle giovani gallerie d’avanguardia, con una riconosciuta attività di ricerca artistica sperimentale. Ci sono inoltre THENnow una sezione a invito nella quale si confrontano un artista storico e uno appartenente a una generazione più recente. Object presenta gallerie attive nella promozione di oggetti di design contemporaneo concepiti in edizione limitata e fruiti come opere d’arte A dirigere la kermesse, che tenta l’ennesimo rilancio, è da quest’anno Vincenzo De Bellis. Info www.miart.it.
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Elzeviro
MASSIMILIANO PANARARI
Se la fiction fa sparire la realtà storica
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iceva Leopold von Ranke, nel XIX secolo, che il compito dello storico è quello di «raccontare le cose come andarono effettivamente», un manifesto dell’oggettività in storiografia andato incontro, da quando venne pronunciato, a parecchie ridefinizioni. E, tuttavia, il «troppo stroppia», e la nostra epoca liquida ha fatto saltare, tra storytelling e postmodernismo spinto alla Hayden White (per il quale la storia è mera retorica), la nozione stessa di verità. A rivendicare con forza le ragioni del vero nelle discipline storiche, insidiate dalla proliferazione di prodotti culturali anfibi (se non «ambigui»), esce ora, per le interessanti Et al. edizioni, Tra storia e fiction, un battagliero volume della modernista Monica Martinat. Secondo questo «J’accuse», la storia (come la letteratura) si trova a subire da tempo l’offensiva di tendenze (veicolate dalla potenza di fuoco di cinema, tv, musei, e del marketing culturale), che mescolano deliberatamente fatti storicamente documentati a eventi e personaggi verosimili (quando non inventati di sana pianta). La finalità sarebbe quella di produrre divulgazione, nel migliore dei casi, e, più frequentemente ancora, fiction e intrattenimento, con l’effetto collaterale, non precisamente trascurabile, della «sparizione della realtà», sulla cui disamina si son già esercitati fior di sociologi della tarda modernità. Una problematica molto seria. Bene, quindi, fa la studiosa a mettere in guardia dalla minacciosa potenzialità della manipolazione (e della non veridicità). Bisognerebbe, però, anche evitare di finire nell’eccesso opposto, dietro il quale si intravede il rischio del purismo eccessivo della «primazia della storiografia». Perché, giusto per fare un esempio non secondario, la rivendicazione del cosiddetto «primato della realtà» (assai sussiegoso nei riguardi della dimensione simbolica), intorno a cui Pier Luigi Bersani ha costruito la passata campagna elettorale, si è infranta, per nulla paradossalmente, proprio contro il mondo reale. Dove l’immaginario conta, eccome, come ci insegnano i teorici postmoderni non integralisti (e non solo loro…).